I Have a Dream

di shimichan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non sarà mai realtà ***
Capitolo 2: *** L'irriconoscenza dell'alfiere ***
Capitolo 3: *** I sogni non son desideri ***
Capitolo 4: *** Io sono qui ***
Capitolo 5: *** Eviteranno i nostri sbagli ***



Capitolo 1
*** Non sarà mai realtà ***


Non sarà mai realtà
[Shuichi e Akemi]
 
Controlla per l’ennesima volta l’orologio.
Mancano poche ore alla sua ultima missione ed è nervosa.
Ripassa mentalmente il piano che ha ideato, assicurandosi che non vi siano lacune,
che anche l’imprevisto non possa metterne a repentaglio l’esito,
ma i pensieri sfuggono al suo controllo e lo sguardo si posa sul cellulare.
Lui non ha ancora chiamato.
Si morde un labbro, cercando di resistere, ma alla fine cede.
Compone il testo in fretta, senza soffermarsi troppo sul contenuto per paura di non riuscire nel suo intento, digita il numero, poi preme il tasto d’invio.
Un bip risuona nella stanza.
Akemi si alza dal divano.
L’improvvisa leggerezza che prova la fa sorridere e, mentre si avvicina alla porta, sente il cuore battere con il ritmo fiducioso di quando si viene al mondo.
Tra poco saprà quale colore acquisterà la sua vita. E non sarà il nero, pensa, uscendo.
Ancora non lo sa, ma morirà con quella convinzione, con la consapevolezza che l'insuccesso fosse comunque il frutto di un tentativo e le lacrime vuote di chi aspettava una risposta.
 
 

Sguscia tra le vie della città, lasciandosi alle spalle una densa scia di fumo e rimorsi che non diverranno mai rimpianti.
Lei non ritornerà.
Stringe il filtro tra i denti, aspira, spera che il gusto del tabacco gli annebbi anche la mente.
Magari così riuscirà a dimenticare, a sostituire il ricordo di lei con una nube informe.
Sarebbe bello.
Invece Akemi è lì, dietro le palpebre quando chiude gli occhi, nelle nuvole quando alza lo sguardo,
perfino nelle vetrine illuminate che dovrebbero riflettere il suo volto.
Una risata fa ricadere la sua attenzione su una coppia. Si ferma ad osservarli.
Sono ciò che Akemi desiderava per loro.
Nostalgico, prende il cellulare, cerca il messaggio, compone la risposta e, dopo averla riletta, la cancella.
Come ha fatto quel giorno.
Vigliacco, pensa. Anche se non è vero, è meglio che credere in un sogno irrealizzabile.
La coppia, intanto, se n’è andata e Shuichi si stringe le spalle, riprendendo a camminare senza una meta precisa,
in un mondo che gli ricorda costantemente che lei esistita e che lui l'ha persa.
E che nessuna risposta, ormai, ha davvero importanza, nemmeno un sì.




Angolo Autrice
Eccolo qui! L'ultimo aborto della mia mente, nato un mese orsono e pubblicato solo oggi così...per pigrizia -.-
L'introduzione dice poco, quindi approfitto di questo spazio per spendere qualche parola in più.
Dunque, la raccolta è divisa in 8 capitoli (per il momento) dedicati ciascuno ad una coppia (non necessariamente una love couple).
Tema principale sarà un sogno o un desiderio di uno dei due personaggi.
Spero che sia tutto chiaro e....basta, non ho altro da aggiungere. Anzi sì....l'aggiornamento sarà ogni 15 giorni, quindi ci 'vediamo' il 12 maggio!
Grazie a tutti coloro che s'interesseranno alla fic!

besos

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Capitolo 2
*** L'irriconoscenza dell'alfiere ***


L’irriconoscenza dell’alfiere
[Amuro e Elena]
 
Osserva la scacchiera.
La partita sta ormai volgendo al termine e sa che la prossima mossa sarà determinante per decretarne le sorti.
Gin, da bravo Cavallo, non esiterebbe a sacrificare qualche pedina; Vermouth, al contrario, metterebbe in atto una strategia più raffinata e, all’apparenza, inconcludente, muovendo la Torre.
Ma lui è l’Alfiere, un pezzo spesso sottovalutato, eppure imprescindibile dal gioco.
La sua doppia anima gli permette di coprire con disinvoltura tutte le caselle, passando inosservato finché l’avversario non ha più difese: se avanzasse verso il Re, lo scacco sarebbe inevitabile, ma lascerebbe la Regina senza protezione.
E la sua Regina non merita questo. Che fare, quindi?
Lo squillo del telefono ritarda la sua scelta.
Attende quella chiamata da giorni e quando riaggancia le sue labbra non riescono a trattenere una certa soddisfazione. L’aria ha una consistenza diversa ora.
Inspira. Elena aveva ragione: non si trattava di raggiungere la vetta più in fretta possibile, si trattava di sopravvivere durante la scalata. Adesso l’ha capito anche lui.
Gli anni spesi a pazientare, a soffocare il desiderio di rivalsa, a sopportare missioni che richiedevano capacità inferiori alle sue non sono stati vani.
Espira. Lo sguardo cade nuovamente sulla scacchiera.
Tutte le emozioni, compresa la riconoscenza, vengono respinte con orrore dalla sua mente fredda, precisa, mirabilmente equilibrata, eppure un pensiero lo accarezza come un granello di sabbia in uno strumento particolarmente delicato, tanto piccolo quanto fastidioso.
 
“Tornerà?”.
“Si”.
“Quando?”
“Purtroppo non lo so, Rei-kun…”.
“Che farò io fino ad allora?”.
“Tu, Rei-kun, cerca di diventare non qualcuno d’insostituibile, ma uno cui non si possa rinunciare”.

 
Le pedine insostituibili generano invidie e suscitano troppo interesse.
Sono il Re e la Regina, i pezzi pregiati, quelli che pongono fine al gioco e che per questo corrono più rischi.
Le buone pedine, invece, non escono mai dall’ombra, agiscono in segreto, colpiscono senza preavviso. Sono gli Alfieri, che non possono mai mancare dalla scacchiera.
 
“Non piangere, Rei-kun. Le lacrime non servono a nulla, annebbiano solo la vista. E saper vedere è la sola cosa che conta”.
“Ma io non voglio che se ne vada”.
“Devo. È una richiesta di quella persona. E noi non desideriamo deluderla, vero Rei-kun?”

 

Si avvicina allo specchio del salone.
È ciò che voleva essere, ciò che lei voleva fosse.
Per un attimo il respiro gli s’incaglia, comunque, in qualche risacca tra gola e polmoni.
 
“Vuole davvero andarsene?”
“Ha importanza? Le persone mentono continuamente, Rei-kun. Dicono una cosa e ne pensano un’altra. È sbagliato, ma in un mondo come questo, a volte, una bugia ti salva la vita se sei bravo a mascherarla”.
“Per questo indossa gli occhiali, dottoressa?”.
“Lo sguardo è sempre traditore, Rei-kun ”.

 
La mano che allunga verso il cassetto è scossa da un leggero tremore, che cessa non appena trova un paio di occhiali scuri. Li indossa.
La stanza piomba in un’oscurità confortevole. Il suo riflesso è solo un’ombra allo specchio.
Un professionista del ragionamento non può ammettere elementi estranei nel delicato macchinario di precisione del proprio pensiero.
 
“Io l’aspetterò, dottoressa. Non la dimenticherò mai. È una promessa”.
“…e se ti venisse chiesto, Rei-kun? Faresti la scelta giusta?”

 
Elena l’ha trasformato nell’Alfiere perfetto e l’Alfiere perfetto non può permettersi sogni.
“Sto andando a uccidere sua figlia, dottoressa”.
 

Scacco matto.
 

 
 




Angolo Autrice
 
Salve a tutti!! Posto con un giorno di ritardo (è appena scattata la mezzanotte…abbonatemela) causa esami…uff!! -.-
Comunque ecco l’ultima chicca che la mia mente celebrolesa vi propone.
Dal file 889 (si, piccolo spoiler per chi non segue il manga) ho ripensato molto spesso a quale tipo di rapporto potessero avere Amuro ed Elena (rapporto che aveva già stuzzicato la mia fantasia durante Mistery Train) ed è saltata fuori sta robetta qui…una sorte di madre putativa…una tutrice ecco! E che può fare una tutrice mibba? Ovvio! Allevare un mibbo con i controfiocchi!
La parte della scacchiera (premetto che non so giocare molto bene a scacchi e che quindi mi sono presa delle libertà letterarie) voleva essere una metafora sulla decisione da prendere: fare scacco al Re (l’obiettivo, cioè Shiho, alias Sherry, momentaneamente Ai) e lasciare sola la Regina (Elena) o no?
La scelta che prende Amuro si capisce nell’ultima frase.
E vi chiederete dov’è l’irriconoscenza? Beh, non l’ho voluta esplicitare, ma mi sembrava ovvio che quando si è legati molto a qualcuno il modo migliore per dimostrarglielo non è ammazzargli la figlia!! Tutti d’accordo?
Basta scrivere fregnacce…sono stanca e me ne vado a dormire…
Chi volesse lasciarmi qualche opinione, sappia che è ben accetta e che prima o poi risponderò.
Grazie e buonanotte! ^^
(anche se vista l’ora, lo leggerete più tardi, quindi: buongiorno!O__o)
 
besos


ps. Prossimo appuntamento a fine mese (30 maggio) con...Gin o Jodie? Bah, devo ancora decidere

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Capitolo 3
*** I sogni non son desideri ***


I sogni non son desideri
[Gin e Sherry]
 
Con la fronte appoggiata al finestrino, Sherry osserva i passanti immersi nella praticità della vita, i gesti ripetuti e ormai stanchi, quel non so che di abitudinario che avverte nelle loro parole. Li invidia, anche se è troppo arrogante per ammetterlo.
Rassegnata al fatto che il fascino mediocre della normalità resterà sempre per lei qualcosa da cui lasciarsi sedurre senza mai prenderne parte, continua a spiare, avida, la gente che riempie le strade. Due amici che si fermano davanti ad una sala giochi, un anziano in attesa del tram, una ragazza che fissa con aria colpevole una gelateria…
Non conoscono il reale valore delle loro scelte. Non sanno che dietro la decisione di provare un nuovo videogame, di prendere il mezzo con dieci minuti di ritardo o di gustarsi un cono infrangendo la dieta, si cela una quantità tanto esigua di libertà da risultare scontata.
Eppure a Sherry basterebbe. Si accontenterebbe anche solo di un singolo giorno vissuto come una sedicenne qualsiasi pur di fuggire alla monotonia della sua vita, se di vita si può davvero parlare.
Sospira, provando infelice conforto al pensiero che almeno nella sua immaginazione esista per lei un futuro diverso da quello prescritto.
“Smettila di guardare ciò che non potrai mai avere”.
La voce che rompe il silenzio è roca, pregna di fumo e cinismo.
Sherry stacca gli occhi dal vetro, ma non incrocia i suoi, che le scorrono addosso un istante prima di tornare a posarsi sulla strada. “Lo stesso vale per te, Gin” sibila in risposta, tirando l’orlo della gonna.
Il tono è freddo, dissimulante, troppo flebile, però, per nascondere l’effetto che quelle parole hanno provocato: fa male la verità, specie se è uno come Gin a ricordartela, specie se ci si scopre tanto fragili davanti ad un semplice sguardo.
All’ultima curva il paesaggio muta, i marciapiedi si svuotano, le case si diradano per lasciar posto all’aria di cemento della periferia. E i pensieri di Sherry si quietano, non avendo più nulla cui aggrapparsi; la sensazione di essere tremendamente vulnerabile, invece, aumenta.
 


Gin assapora il momento della sua sconfitta con sadico piacere.
Tra poco la lucidità che ancora conserva verrà cancellata dalla rabbia cieca ed incontrollata che sgorgherà lungo la ferita inflitta al suo orgoglio, ma per ora i suoi nervi sono saldi,
abbastanza saldi da permettergli di cogliere l’infinitesimale bellezza di quell’attimo.
Il gusto del fallimento non è come se lo immaginava, forse perché è stata lei a castigarlo.
E Sherry ha sempre saputo rendere tutto più dolce. Perfino i suoi errori.
Il più grande, fino ad ora, è stato credere nei sogni, nell’ingenua pretesa di cambiare il proprio destino. Lui si è prodigato per insegnarle che, al mondo, vale la pena inseguire solo i desideri, che sono voglie molto più miserevoli, superflue e per questo facilmente esaudibili.
Ma è stata una pessima allieva.
Sfila una sigaretta dal pacchetto e se la porta alle labbra, armate del ghigno di chi sa, nonostante le apparenze, nonostante quelle manette inspiegabilmente vuote, che tutto finirà male.
Perché la natura stessa del sogno racchiude in sé l’eventualità di essere infranto.
Aspettami, Sherry.
 
 




Angolo Autrice
Salve a tutti! Aggiorno un pò in ritardo causa esami che finalmente ho terminato (yeah!!!!)!
Non ho molto da dire...quindi sfrutto questo spazio per ringraziare coloro che seguono la mia storia, per informarvi che il prossimo capitolo sarà pronto per il 20 giugno e per avvisare che segue 'Cuori nel Pallone' che tra poco aggiornerò (non so quando con esattezza ma abbiate fede! ^^).....è tutto!
Alla prossima!
besos

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Capitolo 4
*** Io sono qui ***


Io sono qui
[Conan e Ran]
 
 
“Com’è andata a scuola?”.
Conan sbuffa da dietro quella cartella troppo abbondante per le sue spalle e liquida la questione con un seccato “al solito”.
La sente sghignazzare. Un tempo l’avrebbe rimproverato di prendere poco seriamente la sua istruzione, ma alle elementari l’inettitudine suscita più divertimento che preoccupazione.
È uno dei privilegi che il suo metro e venti riesce a garantirgli.
“E a te?”. La sua è una semplice cortesia, che, però, non viene corrisposta.
Ran resta immobile, in silenzio, sul ciglio della strada anche quando lui le porge la mano per attraversarla - rituale che ha richiesto mesi di sgridate e comportato un tracollo della sua autostima. Sta fissando una locandina, ma i suoi occhi sembrano riflettere qualcosa di diverso rispetto ai volti allegri e patinati della pubblicità.
Una luce lontana, un ricordo scappato via da un tempo dimenticato che un semplice nome fa riemergere dall’abisso. Tropical Land.
Ritrae la mano e la caccia nella tasca dei calzoni, dove può conficcarsi le unghie nel palmo con rabbia e disprezzo verso se stesso, mentre la guarda soffrire ancora inutilmente.
È da tanto che non pensa a lui che quasi prova vergogna, ma, si sa, i pensieri sono tiranni, tornano senza regole a tormentarti e rinfocolano speranze che a sentirle di nuovo vive fanno male.
“Mi manchi. E vorrei che fossi qui” sussurra, denegando poi la testa: Shinichi non è lì e non può sentirla.
C’è solo Conan a raccogliere la sua confessione, il suo desiderio.
I suoi occhi sotto le lenti si macchiano di colpa, e di un conforto che non trova modo di esprimere, perché, un po’ come l’attesa, anche le parole finiscono logorate dal tempo.
Tuttavia sorride. Una volta le aveva detto che le distanze non sono insormontabili e che, pur non sapendo dove fosse Shinichi, doveva guardare il cielo perché, prima o poi, lui avrebbe fatto lo stesso e sarebbe stato un po’ come se fossero ancora insieme.
Ora basterebbe solo che Ran abbassasse lo sguardo. Lui è lì, a un battito di ciglia.
 “Sai, Conan, a Shinichi piacciono molto i luna-park”.
“Anche a me, Ranechan. Anche a me”.
 
 







 
Angolo Autrice
 
Salve!!! Si lo so, scusate il ritardo…-.-
Speravo almeno con questa raccolta di fare la figura di quella che sa rispettare gli impegni, e invece….amen! Non è nel mio stile evidentemente. Stavolta, però, in mia discolpa ho una scusa più che valida: SONO ANDATA AL CONCERTO DEGLI STONES!!!!!!!!!! Mamma mia, che roba!!!!
Una settimana c’ho messo per riprendermi!
Ma tornando alla fic…credo che questo capitolo dimostri la mia più totale incapacità nel scrivere su Ran Mouri (o Mori, qualsivoglia)…i fan del personaggio non me ne vogliano, ma non riesco a proprio a scriverci nulla di decente…boh! Sarò allergica….avrò la mourite (malattia infettiva che colpisce gli scrittori facendogli crescere un corno in testa che sopprime qualsiasi idea letteraria)…
E voi direte: perché scrivere di lei? Giusto. Volevo provarci e poi che raccolta di sogni sarebbe senza quello della novella Penelope??? ;)
 
Beh, basta…per oggi è tutto ci ‘vediamo’ eccezionalmente sabato (vi anticipo che i personaggi saranno: Elena e Atsushi Miyano)
 
besos
 
ps: approfitto per informare che anche il prossimo capitolo di ‘Cuori nel Pallone’ uscirà a breve…abbiate fede, come sempre!
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Eviteranno i nostri sbagli ***


Eviteranno i nostri sbagli
[Elena e Atsushi]
 
 
Quando la porta dello studio si spalanca, Akemi alza di scatto lo sguardo dal foglio per osservare suo padre ed il signore vestito di nero alle sue spalle. Parlano fitto fitto e lei non riesce a sentire, ma la mamma le ha detto che è un collega di lavoro e che deve fare la brava, perciò torna a dedicarsi al suo disegno, cercando di colorare dentro i bordi come le ha insegnato la maestra. Shiho, invece, lo squadra attentamente.
Solo due giorni prima Akemi le ha rivelato che se non la smetteva di fare i capricci veniva a prenderla l’uomo nero e, mentre lui s’inginocchia sul tappeto, si chiede se sia davvero così.
“Che bel disegno!” esclama, regalando un buffetto a sua sorella, che si sottrae solo per indicargli una macchia scura sul foglio. “Questo sei tu. Come ti chiami?”.
“Pisco”.
Akemi sorride con la sua solita dolcezza, ma i suoi occhi tradiscono una certa ilarità.
“Che nome buffo!” e riprende l’opera interrotta, stringendo le labbra e tirando fuori la punta della lingua per concentrarsi e iniziare a scrivere senza troppe imperfezioni.
“Già. E il tuo qual è, ojousan?”.
“Akemi. E lei è la mia sorellina, Shiho-chan!” risponde distratta dal pennarello con cui ripassa i contorni delle lettere. Pisco si volta, armato di un ghigno che vuole essere rassicurante.
“Così tu sei Shiho-chan. Papà mi ha detto che potresti aiutarmi. Vedi ho combinato un pasticcio…”. Nel parlare estrae dalla tasca una piccola confezione e ne rovescia a terra il contenuto. Sagome di legno di varie forme e misure.
“Questi – afferra un pezzo – formavano un cubo perfetto, ma io l’ho rotto e non riesco più a ricomporlo. Vuoi provarci tu, Shiho-chan?”.
Elena, che fino a quel momento ha assistito alla scena in silenzio, si lascia sfuggire un verso d’apprensione.
Sua figlia, a tre anni, è una bambina introversa e taciturna, di una curiosità indolente che la porta ad affezionarsi in fretta a qualsiasi cosa e a disinteressarsene altrettanto rapidamente.
Perciò, nell’istante in cui allunga la manina per raccogliere una figura, l’aria le s’incaglia tra i polmoni e il respiro le si ferma in gola.
Ancora non è chiaro se diverrà sospiro di sollievo o di disperazione.
Atsushi, accanto a lei, ha negli occhi la stessa angoscia, ma è la luce che gl’illumina ad essere diversa: sperano l’opposto.
“Shiho-chan, quel gioco è noioso!”.
Akemi fa una smorfia. Arriccia il naso e denega la testa, poi le porge un pennarello. Elena sorride alla sua primogenita, che a suo tempo aveva brillantemente fallito quel test, ma sa quanto inutile sia il suo invito. Shiho-chan ha una spiccata inclinazione per la competitività che la porta a voler primeggiare sempre, anche se non c’è alcun premio in palio. Ed è intelligente, molto più intelligente di qualsiasi altro suo coetaneo, motivo per cui fatica a simpatizzarsene qualcuno. Sua figlia è troppo simile a lei per accettare.
Infatti, in silenzio, raccoglie i pezzi, uno ad uno, e li incastra a formare il cubo originale.
“Ah, Shiho-chan! Ce l’hai fatta!” esclama con ingenua meraviglia sua sorella, donandole un affettuoso buffetto sulla guancia. Anche l’uomo pare soddisfatto.
Si complimenta, le accarezza il capo, ma qualcosa nella sua espressione la convince di aver commesso un errore. Così cerca rassicurazioni in sua madre.
Non la sta guardando. Fissa le proprie mani, strette a pugno sulle ginocchia.
Okaasan…”. È poco più di un sussurro.
A quel punto, semplicemente, Elena non può ignorarla, alza gli occhi e, nonostante senta quel successo, più che un traguardo, una condanna, le sorride orgogliosa.
In fondo è solo una bambina.
 
 
Elena entra nello studio di suo marito, si siede alla scrivania, medita su quel silenzio tanto ricercato un tempo ed ora così soffocante.
Medita sul fatto che Shiho non è mai stata chiassosa e da bambina obbediente non li ha mai disturbati mentre lavoravano, eppure senza di lei tutto sembra immensamente vuoto. Lei si sente immensamente vuota.
Perché vedersi strappare una figlia senza poter far nulla per impedirlo ti svuota.
La porta cigola.
Atsushi la fissa stranito, quasi sentisse il dovere di chiederle permesso.
Ha gli occhi stanchi, il viso scavato dalle delusioni, o dalle false illusioni, le labbra tirate dai rimorsi. Vorrebbe odiarlo, ma lo ama troppo.
“Akemi?” gli chiede.
“Ha smesso di piangere poco fa. È a letto ora”.
Annuisce, poi apre il primo cassetto, sulla sinistra, quello in cui tengono il registratore per documentare i progressi dei loro esperimenti. Ci sono poche cassette vergini da utilizzare, ma, per quanto ha in mente, spera siano sufficenti.
“Credi sia colpa mia, non è vero?”.
Sarebbe così facile mentire, dirgli di si solo per punire la sua cecità e fargli più male di quanto possa ancora sopportarne.
“Volevi il meglio per lei, per loro”.
Atsushi annuisce, ma non è sicuro che questo basti a perdonarsi. Vittima della propria ambizione, troppo tardi ha capito di essersi spinto oltre e di aver trascinato la sua famiglia in una voragine che ha solo una via d’uscita.
“Se smettessimo ora, se ci rifiutassimo…”.
“…ci ucciderebbero”.
Stringe i denti, si guarda attorno. Chissà se uno di quei tomi che coprono le pareti fino al soffitto contiene una risposta che non contempli la propria dipartita. Dovrebbe leggerli tutti, studiarne ogni paragrafo e comunque non avrebbe la certezza di giungere ad una soluzione.
Per quella ci vogliono le capacità di Elena. Lei sola possiede la chiave per completare il loro ultimo progetto, ne è sicuro, ma poi? Gira e rigira il risultato non cambierebbe: sono compromessi ormai.
Anche se l’organizzazione ottenesse ciò che vuole, li eliminerebbe.
“Cosa pensi di fare allora?”.
“Se hanno preso Shiho-chan, significa che non sanno come portare a termine i nostri studi. Quando sarà abbastanza grande la costringeranno a lavorare per loro. E così Akemi”.
L’analisi di sua moglie è lucida e inappuntabile, quasi non si trattasse del destino delle loro figlie, però la conosce, sa che sta escogitando qualcosa.
“Noi abbiamo commesso troppi errori, ma loro…”.
In quell’istante la voce le s’incrina e non riesce a concludere la frase, complici le lacrime che sente pizzicarle gli occhi.
Atsushi fruga nelle tasche, trova il pacchetto di sigarette, ne accende una.
Ad ogni boccata il compito da assolvere si fa più chiaro, nitido, finché, presa l’inevitabile decisione, raggiunge la scrivania e le stringe una mano.
Quando Elena solleva il capo, le sue paure s’infrangono contro il sorriso di suo marito, lo stesso sorriso che le aveva rivolto anni prima, sul volo diretto in Giappone, con la promessa che tutto sarebbe andato bene.
“Non devono ripercorrere i nostri passi, Elena. Trova il modo di farglielo capire, io intanto esco”.
“Dove vai?”.
Si stringe le spalle e amaramente risponde: “A sbagliare di nuovo”.
 







Angolo Autrice
 
Salve a tutti! Eheheh in ritardo come al solito…-.-
Questa flash (anche se somiglia più ad un one shot) mi ha messo in difficoltà, lo ammetto…perciò merita qualche appunto. Per prima cosa: nella mia personale idea Elena ha capito prima di suo marito quanto si sono inguaiati entrando nell’organizzazione, perciò, nella prima parte, guarda con paura l’esito del test (ispirato a quello che fanno fare a Shikamaru in Naruto); in sostanza credo che lei sapesse che se Shiho si fosse rivelata super intelligente, quei buon temponi degli uomini in nero non avrebbero esitato ad ingaggiarla, cosa che naturalmente la preoccupa, al contrario di Atsushi (che, sempre secondo la mia fantasia, ne era felice…ah, l’orgoglio paterno: c’è chi si accontenta di un disegno e chi vuole una figlia genio!). In secundis: ….della serie: e qui casca l’asino! Visto che il Gosho da un filino più risalto alla figura materna di Shiho, penso fosse lei la figura portante degli esperimenti. Qui ho immaginato le reazioni di entrambi quando la spediscono a studiare in America, con Elena che ha già in mente le famose cassette e Atsushi che, intuito come stiano le cose, va a commettere l’ultimo sbaglio…(magari discutere con il Boss o tentare di distruggere tutti i dati…fate voi…).
Spero sia abbastanza chiara la mia posizione…
Come sempre, grazie di seguirmi e a risentirci…quando? A questo punto meglio non fare promesse che non posso mantenere -.-“.
 
besos
 

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