Alla ricerca di sé stessa

di Daphne09
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** È davvero finita? ***
Capitolo 2: *** Addio, Magix ***
Capitolo 3: *** Incertezze ***
Capitolo 4: *** Parola di Winx! ***
Capitolo 5: *** L'hai lasciata andare ***
Capitolo 6: *** Salto nel vuoto ***
Capitolo 7: *** Si muore solo due volte ***



Capitolo 1
*** È davvero finita? ***


ALLA RICERCA DI SÈ STESSA

di Daphne09


Attenzione: Questa storia è ambientata durante la fine della terza stagione, quindi le trasformazioni -come accennato nella trama- sono Enchantix.
Inoltre, ho cambiato la fine di Valtor e delle Trix per favorire la trama.

Brano consigliato per la lettura:
Is the moment of truth,
and the moment to lie,
the moment to live
and the moment to die,
the moment to fight
.
clicca qui: http://www.youtube.com/watch?v=9oUrmboNY0g

1. È davvero finita?

Il forte soffiare del vento poteva incitare macabri cori ad Alfea. Era primo pomeriggio, ma il cielo si stava già tingendo di scuro e coprendo di pesanti nuvole, come se l'Apocalisse fosse dovuta incombere in maniera imminente; forse era proprio così.
Al liceo per Fate, tutte le giovani donne si stavano schierando insieme agli Specialisti per proteggere la loro scuola ed il loro futuro. A dare le direttive erano la Preside Faragonda e le ragazze del Winx Club, diventate delle vere e proprie eroine in seguito al conseguimento del potere Enchantix.
Ormai la più grande fetta di lavoro era completata, non restava loro che attendere l'Esercito Oscuro.

 

*****

 

Il buio regnava in quella grotta sovrastata dall'umidità, ma sui presenti non parve fare alcun effetto; ormai erano abituati a tutto ciò. Quell'abitacolo era invaso da urla riecheggianti, non di terrore o dolore, ma da dei veri e propri ghigni sguaiati, stracolmi di perfidia. Ad un certo punto si interruppero improvvisamente e, tre paia di iridi femminili si fissarono con scambievole complicità.
«Dunque dunque.. -Iniziò la strega dai capelli azzurri e l'abito blu notte- ..Noi avevamo un accordo..» Ammiccò maliziosamente passando le sue lunghe unghie sul viso vissuto di un uomo che, nonostante fosse vivo da secoli, dimostrava poco più di trent'anni.
«Che cosa vuoi?!» Ringhiò lui minaccioso, come era solito agire in compagnia di quelle tre.
«All'inizio del nostro accordo.. -Proseguì la mora di loro girandogli intorno, facendo volteggiare i veli del suo costume- ..Hai detto che avresti scelto una di noi come tua Strega e, dato che ormai stiamo per governare la Dimensione Mmagica..» Alluse ammiccando sensualmente all'uomo.
Egli ridusse gli occhi a due fessure, come se stesse per rabbrividire.
«Beh -Iniziò lui alzando le mani, evitando quindi ogni tipo di contatto fisico con Darcy- Lo sapete che tutte e tre siete le mie ragazze..» Ammise piegando le labbra in un sorriso sghembo.
«Oh no! -Lo interruppe la sorella minore, quella dai capelli ricci- Ti sembriamo tipe che si bevono questo tipo di scuse?!» Esclamò quasi iraconda, puntandogli il dito proprio sulla punta del naso. Egli incrociò lo sguardo per seguire il tragitto della lunghissima unghia della sua alleata, per poi rabbrividire interiormente. Quel giorno si sarebbe giocato il tutto per tutto: l'alleanza delle Trix, il dominio sulla Dimensione Magica..
Nel suo freddo cuore -anche se non l'aveva mai mostrato- provava terrore. Non si poteva certo dire che lui fosse uno stregone di primo pelo e, ormai le forze gli stavano venendo a mancare. Nonostante la sua magia derivasse dalla Fiamma del Drago, il controllo su di essa stava svanendo.
«Allora?!» Lo interpellò con accidia Darcy.
«I-Io..» Si schiarì la voce e, cercando di rimangiarsi quel briciolo di umanità appena sfuggitagli, ritornò in men che non si dica risoluto e con la stessa perfidia nel tono. «Io non devo dare conto di quello che faccio a nessuno, chiaro?! Vi ho detto che voglio tutte e tre come alleate e che insieme potremo governare questo regno di fatine e spadaccini da strapazzo. Non costringetemi a usare le maniere forti..» Le minacciò piegando il palmo destro a coppa, per poi caricare un incantesimo che -per sua sfortuna- andò a scagliarsi verso la parete ammuffita ed irregolare di quel covo pietroso.
«Cos'è che fai tu?!» Esclamò prepotente Icy con l'espressione di chi aveva appena ingoiato un limone.
«Hai capito bene fattucchiera..» Soffiò Valtor avvicinandosi minacciosamente al viso di lei. La più grande delle Streghe roteò con agghiacciante rapidità lo sguardo verso le sue spalle e, con quel segnale le sue alleate compresero e corsero dal Mago.
«Che state facendo?!» Domandò minaccioso lui.
«Come se ancora potessi fare qualcosa..!» Ghignò Icy con accidia nel timbro, per poi iniziare a ridere sguaiatamente. Allargando le braccia riempì il suo petto di aria, cercando di iniziare a pronunciare le prime parole di un incantesimo.
«Potrai uccidermi -La interruppe lo Stregone, facendole semplicemente abbassare le pupille per guardarlo- Ma ciò non ti renderà più forte, non ti aiuterà per niente. Se perderai me, perderai colui che ti può dare la chiave per conquistare la Dimensione Magica.» 
Ghignando, l'altra rispose a tutte le sue domande: «Infatti noi non vogliamo ucciderti..» 
«..Vogliamo il tuo potere!» Conclusero tutt'e tre insieme.
«Virtutis intrat in nos.» Continuarono poi a recitare come un mantra, tenendo i palmi alzati ed ignorando le proteste del loro -ormai ex- alleato.
Quando i loro Gloomix apparvero e le loro mani si illuminarono, videro una forte luce verde veleno traspirare dal corpo di Valtor, con la stessa irrequietudine di un demone che abbandona una salma.
Ridacchiando perfidamente, dopo poco fuggirono in volo verso la loro missione, lasciando l'uomo che tanto egoisticamente le aveva aiutate inerme sul suolo ammuffito di quell'abitacolo. Il suo viso a poco a poco iniziò a riempirsi di rughe e numerosi dolori lo colpirono come se fosse caduto su un tappeto di spilli. Le perfide sorelle non gli avevano inflitto alcun attacco, gli avevano semplicemente risucchiando i poteri, non rendendolo altro che un uomo debole e vulnerabile abbandonato al suo destino.

 

*****

 

Sopra le forze del Bene il cielo si stava scurendo sempre di più, segno che i loro più acerrimi nemici stavano incombendo con maggior rapidità. Musa stava facendo un controllo finale per assicurarsi che i vari gruppi di Fate e Specialisti fossero stati divisi correttamente per le varie aree del cortile e del Castello. Quando giunse davanti alle porte dell'ufficio della preside Fargonda, le cui librerie nascondevano incantesimi e stanze segretissime, vi erano Riven e Brandon, i due che -secondo Saladin- avevano la maggiore forza fisica.

«Stai attento..» Bisbiglio nell'orecchio del fidanzato, accarezzandogli fugacemente il viso. Egli non disse nulla, ma il suo sguardo valse più di mille parole, le pupille si dilatarono e il cuore iniziò a battergli all'impazzata.
«Eh eh, piccioncini!» Esclamò Brandon che non era di certo il tipo che si faceva intimidire da questo tipo di avvenimenti.

«Sta zitto.» Grugnì l'altro ritornando alla realtà. Quando il suolo iniziò a tremare a intermittenza, tutti iniziarono a stare veramente sull'attenti con un velo di timore che percorreva i loro corpi, sovrastato dal desiderio di vittoria, alimentato dalla tenacia e dalla combattività di ognuno. A poco a poco videro una grossa massa violacea farsi sempre più fitta e vicina.

«Oh no! Sono riuscite ad impadronirsi dell'Esercito Oscuro!» Esclamò la preside Faragonda. Il brutto di quelle bestie era che, anche se venivano colpite, avevano la facoltà di riprodursi dai loro resti; sarebbero scomparsi nel momento in cui i loro invocatori si sarebbero indeboliti a sufficienza.
Le sei fate si misero in posizione di combattimento, preparandosi allo scontro finale. Subito incomberono le Trix ma, con stupore i presenti realizzarono che la banda non era al completo.
«Ma dov'è Valtor?» Domandò stranita Flora, sperando non ci fosse un tranello.
«Pensa ai fatti tuoi fatina!» Le ordinò con superbia Stormy.
«Taci!» Gridò Bloom. Si capiva che il comando era stato impartito a secondi fini, era stracolma di rancore; voleva la vendetta più assoluta nei confronti delle Trix. Era colpa delle loro antenate se lei non aveva più una famiglia di sangue.
«Ma chi abbiamo qui...» Ghignò con perfidia Icy, volandole accanto e passandole un'unghia sulla guancia.
«Non toccarmi!» Ringhiò la fata dai capelli rossi, mollandole uno schiaffo sulla mano, facendola soltanto imbizzarrire.
«Questo è troppo!» Gridò lanciandole una folata di aculei di ghiaccio.
«Vuoi la guerra?» Accettò la provocazione l'altra, creando uno scudo incandescente. Notando che la situazione si stava surriscaldando e che le Trix non se ne sarebbero per certo state con le mani in mano, le Winx lanciarono un'occhiata alla loro leader, che si prese la libertà di dare le direttive: «Aisha, Flora e Tecna, voi difendete Alfea. Musa e Stella, voi venite con me.»
In quel momento il vento le scostò una ciocca color lava dalla fronte, mostrando il suo sguardo temerario.
Sicuramente nominò Stella come sua spalla perché il potere della luce del Sole avrebbe contrastato quello del perenne temporale di Stormy e, il motivo per il quale aveva scelto Musa era diverso. Oltre che ad essere una studentessa modello, lei ha da anni un conto in sospeso con Darcy, una cosa più sul personale: Riven.
Probabilmente potrebbe essere stata definita da chiunque una scelta moralmente infame, ma per salvare miliardi di persone non si può certo campare solo di studi ed incantesimi, ci voleva l'azione.
Le prime a fluttuare nel cielo furono Bloom ed Icy, tra le quali c'era sempre stato un forte disaccordo e partirono a suon di attacchi carichi di rabbia e sete di vittoria. Anche le altre due coppie iniziarono a battersi fra loro, ma con meno cruenza rispetto alle protagoniste.
Ad un certo punto Icy scagliò un potente attacco nei confronti di Bloom, la quale rischiò di perdere l'equilibrio e, sistemandosi, ebbe modo di mostrare un velo di impreparazione dallo sguardo color oceano.
«Fifa fatina?!» La derise la strega.
«Non credo proprio!» Si fece valere l'altra, emanando una potente fiammata che, però, venne parata molto facilmente dall'avversaria.
«È tutto qui quello che sai fare?» Continuò a provocarla con non-calanche, ancora integra e per nulla stanca.
"Ma come fa?" Pensò la fata, iniziandosi a preoccupare seriamente per la riuscita della missione. Proprio non capiva quale fosse la fonte di tanto potere, anche perché ormai sapeva a memoria i punti deboli della cara vecchia Icy.
Ogni volta che le scagliava qualche attacco notò qualcosa di diverso in essi: il colore. I suoi raggi d'energia solitamente erano azzurro pallido, proprio come il ghiaccio, mentre in quel momento si presentavano striature verdi, come il veleno per la precisione. Finalmente ci arrivò.
«Ti piace rubare il potere degli altri, eh!?» La provocò, convinta di avere tutto in pugno.
«Problemi? -Rise sguaiata l'altra- E fra poco avrò anche il tuo!» Esclamò lanciando un potente attacco di ghiaccio.
«Non credo proprio!» Esclamò la fata del fuoco un po' affaticata, riparandosi da quell'ondata di magia davvero potente. Non fece in tempo a far riemergere lo scudo che venne colpita da una forte raffica di ghiaccioli corrosivi che la scaraventarono immediatamente a terra.
L'avversaria alla vista di quello spettacolo ghignò dalla gioia; il suo riso era tanto altisonante e acuto quanto la sua folle malvagità.
«Dunque dunque.. -Sospirò atterrando vicino al corpo privo di forze della fata- ..Eri tu quella che voleva vincere?» 
Bloom non poteva reagire, non ce la faceva. Non riusciva nemmeno a muovere un braccio per portarsi la mano sugli occhi e coprirsi dalla vista dei fulmini in cielo che, d'improvviso, si stavano facendo sempre più accecanti.

Stella abbassò lo sguardo e, vedendo la sua amica sulla soglia tra la vita e la morte, non capendo con chi arrabbiarsi, si azzò nei confronti di Stormy.
«T-Tu.. -Ringhiò nel momento in cui le lacrime iniziarono ad inumidirle le palpebre inferiori- Voi non l'avrete vinta!»
«Detto da te è proprio esilarante, sai? Potrei tenerti come buffona di corte!» Si atteggiò Stormy, scoppiando in una sincera risata sguaiata.
«Io.. Una semplice schiava?!» Sbraitò di tutta risposta, in preda ad una forte ira che cancellò anche l'ultima lacrima che le stava inumidendo le iridi; cotanta rabbia non era di sicuro causata dall'insulto di poco gusto appena ricevuto.
La strega non fece nemmeno in tempo a sogghignare che un lampo di luce aspro e rapido si schiantò contro il suo collo, lasciandole una scottatura molto evidente; ciò le fece digrignare i denti dal dolore e, stringendo i pugni, aizzò due potenti tornado accanto a sé. Alzando rapidamente le braccia, fece in modo che questi si dirigessero verso la principessa di Solaria che, prontamente, gridò: «Rising Sun!» sovrastando il mal tempo con un potentissimo Sole splendente. Questo fece arrabbiare ancora di più la nemica che emise una grossa sfera elettromagnetica nel tentativo di colpirla.
Nello schivarla, alla bionda cadde lo sguardo a terra e vi trovò una Bloom ancor più debole e senza molte speranze di sopravvivenza; ciò le fece accrescere maggiormente il rancore che già covava. Digrignò i denti e strinse i pugni che le si illuminarono d'arancione e che -in pochi secondi- divennero incandescenti. Schiudendo i palmi in una posizione a coppa, riuscì a modellare una sfera lucente che divenne ancor più grande del normale e, continuandola a nutrirla con potere e rabbia, il suo diametro aumentò ulteriormente; quello che spaventò la Trix era -appunto- la consistenza di essa.
«In nome di Solaria, io ti dichiaro COLPEVOLE!» Gridò scagliandole addosso uno degli attacchi più potenti mai fatti. Stormy gridò per la disapprovazione e, travolta da quella lucente quantità di potere, si ritrovò a terra nelle stesse condizioni di Bloom.

Alla padrona della Fiamma del Drago quella scena strappò un sorriso che subito ritrasse. Il suo viso era tempestato di graffi e ogni mossa le risultava dolorosa.
La sua avversaria non sembrava tanto toccata dalle condizioni della sorella, probabilmente era tanto piena di sé che non le importava nulla degli altri, nemmeno della sua famiglia.
«Poverina, fa male?» La derise Icy con lo stesso tono con cui ci si rivolge ad un bambino. L'avversaria in risposta grugnì.
«Non ti preoccupare piccola Bloom, voi di Domino l'essere dei perdenti ce l'avete nel DNA, siete stati congelati tutti e a nessuno è importato di salvarvi. Se non sbaglio la tua mammina ed il tuo papino sono ancora lì..» La provocò. La fata ringhiò in preda alla rabbia e al dolore. Lei era l'ultima custode della Fiamma del Drago e non aveva saputo usarla a dovere.
«Ah, e dimenticavo! I tuoi genitori non erano altro che degli insulsi fannulloni. Infatti non sono stati capaci nemmeno di mandare avanti il loro stupido regno!» Ribatté l'altra con fare altezzoso.
«Cosa?!» Gridò Bloom. Il suo corpo si sollevò autonomamente dal suolo ed era contornato da uno strato incandescente; era la Fiamma della Vita capace di curare ogni male, anche il suo. Si poterono vedere tutti i graffi rimarginarsi a vista d'occhio e il suo viso riprendere un'espressione vitale.
«Domino!» Gridò poi, invocando il cuore del suo potere a sé. Un Drago di dimensioni impensabili la avvolse in una morsa di fuoco che avrebbe fatto rabbrividire chiunque, ma lei ci si sentiva come a casa. Il fuoco la venerava, la rispettava e la proteggeva, perché ne era la regina. Ad un certo punto la sua fedele bestia addomesticata si diresse verso Icy che, sbalordita stava assistendo alla scena, pensando -e sperando- che quello fosse stato solo un gesto curativo. Anche lei, come Stormy, venne sommersa dal potere dell'avversaria, crollando a terra.

Nel frattempo, la situazione fra Darcy e Musa non era a favore dei buoni. La strega non percepiva fatica alcuna, mentre l'avversaria stava dando tutta sé stessa per contrastarla. In fin dei conti lo hanno sempre saputo tutti che il potere della musica non era né letale né eccessivamente incisivo sulla salute di qualcuno.
«Mega suono!» Gridò la fata, cercando di indolenzire la padrona delle tenebre con delle forti onde sonore molto fastidiose e cariche di bassi. Questo non gravò sulla sua incolumità e, se lo avesse fatto, le avrebbe danneggiato solo l'udito; cosa poco importante per una che sapeva gestirsi bene anche nell'oscurità.
«Allora che farai alla fine della battaglia?! -Le domandò la perfida- Tornerai dal tuo amore?!» 
«Almeno io ho qualcuno che mi ama!» Le rinfacciò la guardiana di Melody.
«Quanto ti servirà qualcuno che ti ama quando non avrai più poteri?!» La derise la nemica, alludendo alle sue intenzioni.
«Sfera di plasma!» Gridò lanciandole una palla magenta, astenendosi effettivamente dal rispondere. Non voleva nemmeno pensarci e non era tipa da dialogo provocatorio con le Trix, non avevano mai funzionato. L'ultima volta aveva rifilato uno schiaffo ad Icy, che la fece rincorrere da tutte le Streghe di Torrenuvola fino ad un vicolo cieco.
«E tu che faresti con questo?» La sminuì l'altra, riuscendo ad afferrare l'attacco e a rimpicciolirlo alla grandezza di una biglia, facendolo passare dal palmo alle dita.
«Accidenti!» Mormorò tra sé e sé la fata. Molto probabilmente aveva già fatto trasparire da tempo la sua preoccupazione, più che per i suoi poteri, per il benessere della Dimensione Magica, dato che ne era responsabile.
«Qualche problema?» Le domando scagliandole addosso diverse ondate di oscurità che, se parate con scarsa attenzione rischiavano di rendere l'avversario cieco se non allucinato. Musa fu previdente e si ricoprì di una barriera composta da onde sonore, repellenti per quelle della nemica. Anche lei, come le altre, notò una forte potenza da parte delle tre avversarie, ma non si soffermò sul motivo, anche perché sarebbe stato particolarmente futile. In quel momento non aveva nemmeno il tempo di pensarci, Darcy la stava bombardando di offese in tutti i campi, indebolendola fisicamente sempre di più. Non si era ridotta a strisciare al suolo come la leader del Winx Club e, avendo visto il suo stato, non voleva nemmeno sfiorarla quella condizione perché sapeva di non avere il potere di una creatura mitologica ammaestrata a difenderla; lei era da sola con la sua misera Magia, rafforzata solo grazie a tanto studio e dedizione.
«Ti si sono scaricate le pile?» Le domandò beffarda la strega, ancora assetata di vendetta. Nonostante ciò lei non si arrese e decise di proseguire quel combattimento all'ultimo sangue. Dopo l'ennesimo attacco scagliato verso la nemica, si accorse che ormai tutto era inutile.
«Non riesci a fare più di così?» La sminuì la perfida, con l'aria di chi non era stata sfiorata nemmeno da una piuma. Ella si limitò a nascondere lo sguardo languido di rabbia con la frangetta blu che, al pallido Sole nascosto dall'oscurità, scintillò.
«Non vedi che non sei altro che una povera illusa? -La continuò a sminuire Darcy- Ti illudi che oggi tu possa vincere, che Riven possa amarti -Si interruppe, dando spazio ad una risata sguaiata- Tanto non gliene importerà mai di te. Sei solo un contentino perché non può avere me!» Le riferì con veemenza.
«Mai! Maledetta!» Ringhiò l'altra stracolma di rabbia, con gli occhi che si stavano riempiendo di lacrime. Quelle parole taglienti la ferirono, perché -effettivamente- non aveva tutti i torti: Riven si fidanzò con lei e la notò solo dopo che quella maligna gli diede il benservito. La rabbia stava continuando a scorrerle nelle vene, non voleva mostrare agli altri le proprie debolezze. Il cuore prese a batterle all'impazzata facendole pulsare le tempie, permettendo a tutti i suoi muscoli di irrigidirsi dall'ira. In quel momento, la sua solita impulsività le fece prendere una decisione molto importante.
«In Melody nominum...» Iniziò a recitare. Era questione di vita o di morte; il momento di scoprire la verità e bruciare le bugie. L'ora di combattere seriamente.
«No Musa!» Scattò Bloom che assisté alla scena e che conosceva benissimo la formula.
L'altra, sospirando silenziosamente la ignorò e capì che quello non era di certo il momento di tirarsi indietro, a costo di perdere la vita. L'importante per la fata sarebbe stato che Darcy, la sua più acerrima nemica, avesse pagato per quello che aveva fatto a lei e alla Dimensione Magica.
«Beatus Fortis Subventio!» Gridò, facendo fuoriuscire dal cuore della strega una grossa fiamma oscura che, avendo un contrasto con quella magenta che penetrò dal petto della fata, si spense di botto.
«No!» Gridò la Trix avvolta da una forte luce multicolore, crollò a terra per poi svenire grazie al forte impatto della caduta.

In quel momento le nuvole si scostarono improvvisamente dal cielo e, non appena gli Specialisti colpirono con una delle loro armi sofisticate un grande membro dell'Esercito Oscuro, questi si frantumò, seguito da tutte le altre beste che, come vapore nell'aria, si dissolsero in un battito d'ali. Nel frattempo, la fiammella rappresentante il potere della musica, poco prima di rieffettuare l'ingresso nel cuore della Fata Guardiana, diventando sempre più tremula ed incerta, si spense improvvisamente.
Senza avere il tempo di ammirare il suo operato contro la malvagità, Musa perse la sensibilità del corpo. Rimase sospesa in aria per qualche secondo; la sua vista era offuscata e tutto intorno a sé si distorse. Improvvisamente percepì il suo corpo come un barattolo vuoto, come privo d'anima.
Ancor prima dell'impatto col suolo i sensi non furono l'unica cosa che abbandonarono la sua carne: Musa era diventata una mortale.



Spazio autrice:
Ciao a tutti, finalmente sono riuscita a pubblicarvi un mio lavoro.
Devo ammettere che questo capitolo non mi rende molto orgogliosa, so che avrei potuto fare qualcosa di più; purtroppo al momento sono davvero molto impegnata e non posso dedicarmi ad ulteriori revisioni e correzioni, quindi spero vi accontentiate di quello che -praticamente- può essere definito un "esercizio sperimentale".
Mi piacerebbe molto avere una vostra opinione, positiva o negativa che sia; l'importante è esporre il tutto con un minimo di educazione.. Sono un essere umano anch'io!
Ci 'rivedremo' lunedì 12 maggio con il secondo capitolo, decisamente più interessante.
Un abbraccio,
Daphne09.
PS: Spero vi piaccia la copertina di questo capitolo, forse ne realizzerò una anche per il prossimo. Se qualcuno di voi è esperto in disegno, gli chiedo per favore di darmi un paio di dritte. 

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Capitolo 2
*** Addio, Magix ***


Brano idoneo al capitolo:
All the times that we shared,
everyplace, everywhere,
you touched my life.
Yeah, one day we'll look back,
we'll smile and we'll laugh
but right now we just cry, 
'cause it's so hard to say goodbye.

clicca qui: https://www.youtube.com/watch?v=ngl-Hk1qOI4

2. Addio, Magix.

Passò all'incirca una settimana da quando la battaglia tra bene e male terminò e da quel momento Musa si trovava in un letto del reparto d'osservazione nell'ospedale di Alfea. Le sue amiche e gli Specialisti la venivano a trovare negli orari consentiti, ma si trattava solo di una breve manciata di minuti.

Non che fosse in pericolo di vita, non più almeno. L'unica cosa che potevano fare era attendere; la durata del coma poteva variare da ore ad anni, anche se l'ultima ipotesi venne praticamente esclusa.

 

*****

 

Ormai era passato un mese. In quella notte di luglio l'ambiente all'esterno era tiepido e sereno. Gli occhi della fata finalmente si schiusero ma, all'inizio fecero fatica a mettere a fuoco tutto ciò che c'era tutt'intorno; le sue iridi erano rimaste oscurate per tanto tempo.

Nonostante ciò, nel momento preciso in cui le sue narici inspirarono l'aria intrisa di disinfettanti e minestre, capì benissimo dove si trovava; troppe volte ci era stata in ospedale.

Rimase sdraiata supina a pensare e a cercare di ricordare ciò che era successo. Un terribile flashback le passò per la mente: durante il conflitto con le Trix utilizzò l' ad tellurem: un incantesimo che permetteva all' avversario di confrontare il suo potere con quello dell'incantatore. La magia sovrastante avrebbe cancellato definitivamente l'altra, ma non era certo che quella vincitrice sarebbe tornata nel corpo del proprietario. Musa non si ricordò come finì il processo, ma era sicura di non avere più magia, sentiva un'innata debolezza in sé.

Rimase sdraiata supina a pensare e a cercare di ricordare qualche dettaglio in più sull'accaduto per capire che cosa successe a Darcy e, internamente, ammise tra sé e sé che se fosse morta e sepolta non le sarebbe dispiaciuto affatto.

Finalmente i suoi occhi riuscirono a vedere con l'usuale nitidezza e, voltando lo sguardo qua e la per la stanza, cadde sul suo braccio notevolmente dimagrito e trafitto da una manciata di flebo che la nutrivano grazie a diverse sostanze e pozioni. Con gesto esperto se le sfilò -non era di certo la prima volta che accadeva- e si avviò verso la finestra. Non vi era cosa che le piaceva di più che ammirare il panorama.

Debolmente si resse sulle gambe lasciate scoperte dalla vestaglia e si avviò verso il vetro coperto da una tendina in pizzo bianco che scostò lentamente. Appoggiò il mento sui palmi, retti dalle braccia impiantate sul balcone. I suoi piccoli occhi blu ammiravano la notte di Magix, incantandosi in direzione di Selvafosca, dove qualche lucciola fungeva da lanterna. L'oscuro -ma innocuo- cielo stellato faceva da cornice alla Luna piena che si rifletteva nel lago di Roccaluce, il quale veniva illuminato dal passaggio di qualche Pixie.

Questo sfondo fu di grande aiuto per la sua mente a ritornare in esercizio. Dopo tutto ciò che le accadde decise che era ora di cambiare, di cambiare il suo futuro e le sue prospettive; ormai non si poteva più tornare indietro.

“A mente lucida si ragiona meglio.” Pensò.

Le sarebbe piaciuto ascoltare un po' di musica dal suo lettore mp3. Schioccò le dita per ottenerlo ma, con delusione, si accorse che non apparì nulla, realizzando che la magia ormai l'aveva veramente abbandonata.

Una lacrima amara le rigò la gota scarna e ancora graffiata, nel momento in cui -lentamente quanto goffamente- si rinfilò sotto le lenzuola. Tra un singhiozzo ed un altro si addormentò di nuovo. Internamente non si aspettava che sarebbe finita così.

 

L'indomani i pesanti raggi solari fecero schiudere con innocua violenza le palpebre della ex fata, pesanti ed impastate di lacrime piante la notte da poco passata. Notò con un leggero malcontento che qualcuno l'aveva ricollegata a quegli aghi. Le infermiere -e sicuramente la Direttrice- sapevano che era cosciente.

Guardando l'orologio capì che era mezzogiorno e mezza, quindi le addette al soccorso -ad eccezione di quelle del reparto terminali- erano in pausa pranzo.

Così, uscendo furtivamente dalla sua stanza e percorrendo dei corridoi ormai a lei familiari quanto le sue tasche, si ritrovò in quello principale. Il suo sguardo cadde su un giornale dentro un cestino e, in quel momento realizzò di non sapere nulla su ciò che stava accadendo da quelle parti. Raccogliendolo, le saltò immediatamente all'occhio il titolo che, in caratteri cubitali, era proiettato in prima pagina:

 

VALTOR TROVATO MORTO ALL'INTERNO DELL'ANTICA CAVERNA DELLA FENICE

Trix spostate nella Dimensione Omega, ormai senza poteri.

«Sì, siamo state noi e siamo fiere di ciò.» - L'agghiacciante dichiarazione di Icy a pagina 32.

 

La ragazza non poté non sorridere a quella notizia, almeno il suo sacrificio non fu completamente vano.

Proseguendo, notò che la grande porta vetrata dell'Aula Magna era aperta, così decise di dare un'occhiata. Tantissime ragazze erano sedute ai tavoli con un sandwich in una mano e fogli nell'altra. Tutto ciò accadeva soltanto nel periodo del ballo, durante il quale la Preside affidava alle alunne il compito di tirare fuori delle idee per rendere l'evento ogni anno diverso e unico.

Ad un certo punto, il suo sguardo si spostò su un tavolo più animato degli altri: quello delle Winx. C'era Stella che agitava un plico di fogli con una mano e sul braccio opposto reggeva una moltitudine di abiti da dama dell'Ottocento e Bloom e Aisha ridevano fragorosamente per il gesticolare dell'amica. Al contrario, Flora e Tecna erano sedute composte sul fronte opposto del tavolo. La Guardiana di Zenith reggeva un palmare che proiettava una planimetria in verde-nero della Sala Grande e Flora, premendo delle icone, disponeva delle piante virtuali sulla proiezione. Loro erano sempre state le migliori per quanto riguardava l'organizzazione delle feste.

A quel punto, con l'amaro in bocca, Musa iniziò a chiedersi chi avrebbe provveduto alla musica; pensò che probabilmente sarebbe spettato alla principessa di Melody, Galatea.

Vedere quella scena le riempì l'animo di malinconia, perché ormai lei non centrava più nulla con tutto ciò; la magia non faceva più parte di lei.

Girando le spalle e riprendendo la sua strada, si convinse che doveva dire addio a quello che non sarebbe più stato il suo mondo. Una lacrima corse veloce sul suo viso, ma subito la soppresse; quello non era di certo il modo meno sofferente per iniziare una nuova vita. Piangere sul latte versato era una cosa che odiava, che riteneva altamente inutile.

A piccoli e deboli passi si ridiresse verso il luogo da cui era venuta.

«Musa!» La chiamò una voce a gran volume ed entusiasmo dietro di lei. Effettivamente la ex fata si sorprese che nessuno avesse ancora notato una pallida ragazza fantasma con indosso solo la biancheria e una vestaglia bianca. I capelli che, a ciocche irregolari, le cadevano lungo la schiena erano pesanti e spettinati; in più le conferivano una certa aria da anima in pena.

Girandosi mormorò un «Hey» con voce gutturale e spenta. Non si sforzò di mostrare nemmeno un finto entusiasmo nei confronti delle sue amiche.

«Come stai?» Le domandò Aisha stringendole delicatamente le braccia intorno al collo. Irrigidendo gli arti lungo il busto, l'altra ritirò l'istinto di abbracciare la sua amica.

«Bene.» Si limitò a rispondere neutralmente, come se si stesse riferendo ad uno sconosciuto. Questa freddezza provocò un forte brivido lungo la schiena delle ragazze del Winx Club.

In quel momento la fata dei Fluidi si staccò da quell'abbraccio non corrisposto, lasciando andare la collega verso la sua strada.

«Ma ha perso la memoria? -Domandò Stella- Va bene che spesso è scorbutica, ma non l'avevo mai vista così!»

«No, è matematicamente impossibile. L' ad tellurem non causa alcuna amnesia -la informò Tecna con fare neutro ed efficente, digitando una fitta serie di tasti da uno dei suoi dispositivi super tecnologici- L'unica soluzione logica è che.. Musa nasconde qualcosa!» Specificò con preoccupazione soffocante nel tono di voce.

«Per scoprire che Musa sia preoccupata non ci vuole un genio! -intervenne Flora mordace- In fin dei conti chiunque dopo aver perso i propri poteri in seguito a tutti questi anni di studio rimarrebbe perplesso..» Aggiunse abbassando lo sguardo, demoralizzata. Tutte le altre sospirarono in risposta.

Nel frattempo, Musa rientrò nella sua stanza accompagnata da un'infermiera e dalle sue raccomandazioni di non fare più nulla che avrebbe potuto compromettere la sua sanità fisica. Ella rise internamente: ormai l'impensabile era accaduto.

«Fra quanto potrò tornare ad avere una vita normale?» Domandò con tono neutro. Sapeva benissimo che ormai non ci sarebbe stato più nulla da fare per il suo concetto di normalità, ma non sarebbe riuscita a giacere ancora per tanto in un letto, in una situazione di peggiore impotenza. «Altri due giorni. Dopodomani potrà riprendere la sua routine senza troppi affaticamenti nelle prime settimane.» Si raccomandò la giovane fata. A giudicare dal camice rosa era una tirocinante. «Perfetto. -Rispose- I miei poteri non torneranno?» Domandò animando leggermente il tono. «Mmmh.. -Mugugnò la ragazza, guardando attentamente la cartella clinica e alimentando involontariamente le speranze della paziente- ..Sotto il punto di vista medico no. Mi spiace.» Aggiunse con faccia rammaricata e voce sinceramente mortificata.

Bahm, per Musa questo fu letteralmente un colpo al cuore; l'indicazione definitiva del suo triste futuro stile di vita. Era come se il mondo si fosse fermato, tutto le stava scivolando addosso senza nemmeno toccarla; perfino le spiegazioni scientifiche dell'altra ragazza non le importarono.

Al termine del discorso dell'infermiera si congedò con un saluto tramite un gesto del capo. Ormai era pomeriggio e, l'unico modo che la paziente di Alfea aveva per capirlo era tramite la posizione del Sole. Rimanendo seduta sul suo letto, stava fissando la finestra da chissà quanto tempo; non era solo noia, ma semplice voglia di pensare.

Ad un certo punto, quella fitta rete di parole che si stava intrecciando da ore nella sua testa, venne interrotta: bussarono alla porta. Essendo abituata al fatto che fossero le infermiere -che di solito lo facevano solo per prassi- non rispose nemmeno, aspettandosi che la porta si aprisse. Eppure un pugno continuava a picchiettare sul legno.

«Chi è?» Domandò la ex Guardiana di Melody, lievemente irritata.

«Sono io.» Rispose una voce maschile. Nell'immediato, la porta si aprì rivelando un ragazzo alto e robusto, di ampia massa muscolare. I suoi capelli erano di quell'inconfondibile color prugna ed i suoi occhi erano di un viola ancora più freddo ed oscuro. Musa represse un sorriso alla vista del suo ragazzo, rimanendo in assoluto silenzio.

«Beh, ti sei svegliata.. -Attaccò bottone lui sedendosi sul fondo del letto- Come stai?» Chiese con fare premuroso, stringendo la mano della ragazza, che subito ritrasse. Sapeva nasconderlo alla perfezione, ma dentro di sé ogni volta che Musa stava male lui soffriva e, ogni qual volta che un ragazzo si avvicinava a lei, il suo cuore prendeva a battere anormalmente, pompando talmente sangue al suo cervello da privare la sua mente della ragione.

«Come vuoi che stia?!» Ringhiò stringendo i pugni, dimostrando più sincerità rispetto alla risposta precedentemente data alle sue amiche.

«Mi hanno detto dei poteri.. -Soffiò, cercando di ignorare la rabbia della sua ragazza- Ma non c'è proprio più speranza?»

«Se ce ne fosse ti pare che starei qui a lamentarmi?!» Lo provocò lei con veemenza.

«Ma non devi avercela con te stessa, non è colpa di nessuno se è successo quello che è successo.» Cercò di calmarla lui. A dire il vero dentro di sé nutriva un forte odio per Darcy perché, oltre al male che gli fece in passato, in quel momento si aggiunse anche il dolore inflitto alla persona a cui teneva di più.

«Come faccio a non arrabbiarmi?! È colpa mia e delle mie scelte avventate se ora sono così! -Gridò lei, nel contempo in cui le lacrime iniziarono a irrigarle il volto, senza preoccuparsi che qualcuno stesse lì a contemplarla- Ed è colpa di Darcy. Sì, di quella sporca strega se ora sono ridotta così! E anche del mio stupido potere, di quanto esso non valga nulla! Se solo fossi potuta essere una fata più forte..» Singhiozzò in preda all'ira, perdendo visibilmente la ragione.

Riven rimase in silenzio, perché sapeva che in quei momenti nulla avrebbe potuto consolarla. Erano rimasti solo loro due in quella stanza, e nessun altro. Lei piangeva, urlava e si dimenava, mentre lui cercava di non mostrare alcun risentimento per non renderle le cose ancora più difficili. Non era solo il malessere della sua fidanzata a rendere così irrequieto il suo animo; da quando entrò nella stanza e Musa iniziò ad esternarsi, ebbe la sensazione che lei se ne sarebbe potuta andare via una volta per tutte, che avrebbero vissuto lontani definitivamente. Avrebbe voluto prenderla, stringerla, baciarla e dirle che tutto sarebbe andato a finire per il meglio, ma non poteva fare altro che starsene lì a guardare, bloccato dal suo grosso muro d'orgoglio e dal fatto che non voleva raccontarle bugie. Nulla sarebbe andato a finire per il meglio, Musa aveva appena perso tutto ciò che la rendeva speciale agli occhi degli altri, tutto ciò per cui aveva studiato una vita e tutto ciò su cui aveva progettato il suo futuro. Vederla così gli spezzava il cuore.

«Ora devo andare ad allenarmi. Ci vediamo domani, okay?» Mentì lui. In realtà sarebbe andato a poltrire a Fonterossa, non avrebbe sopportato tutta quella tensione per un minuto di più.

«No! Non voglio vedere nessuno! -Ringhiò l'altra ancora più in preda alla rabbia- Voglio stare da sola, perché tanto è così che sarò! Vattene!»

«Ma..» Sospirò lo Specialista e, sapendo che tanto non avrebbe posto rimedio a nulla, rimase in silenzio, chiudendo la porta alle sue spalle e andandosene scoraggiato.

 

*****

 

I due giorni di convalescenza della ragazza passarono lentamente, tra dormite e pensieri che ormai imparò a memoria. In un certo senso ci rimase male che nessuno la venne a trovare, sperava che le Winx avessero pensato a lei o, per lo meno, la Preside Faragonda. Forse qualcuno aveva riferito loro della sua perdita di ragione durante il colloquio con Riven, oppure potrebbe essere stato lui stesso a sputare il rospo.

Dopo aver mangiato un sostanzioso pasto che non prevedeva minestrina, con grande sollievo rientrò nei suoi vestiti abituali e, facendo le valige si diresse lentamente verso l'ingresso di Alfea; era anche in momenti come quelli che sentiva la nostalgia della magia, con la quale avrebbe potuto teletrasportare il tutto.

Giunta all'esterno, tirò un sospiro per la fatica e decise di fermarsi un attimo; in fin dei conti le avevano esplicitamente chiesto di non sforzarsi ed era in netto anticipo per l'arrivo dell'autobus interplanetare.

«Che significa?!» Le domandò una voce alle spalle. Voltandosi si trovò il gruppo delle Winx e degli Specialisti quasi al completo, con tanto di trombette e coriandoli in mano; non capiva se erano per festeggiare la sua dimissione o per il ballo.

«Buona guarigioneee!» Gridò allegra Stella intromettendosi nel gruppo con un notevole ritardo. «Hey, ma che succede?» Chiese poi con ingenuità, notando le espressioni insensibili di tutti i presenti.

«Non lo so, giudica tu..» Mormorò Aisha, lasciando all'amica bionda una notevole visuale delle valige che circondavano l'ex fata della musica.

«Cosa?! -Domandò shockata.- Perché lo fai?!»

«Proprio non ci arrivi, eh.. -Ghignò l'altra, amareggiata- Io qui non centro più nulla, non sono più una fata e ho fatto un cattivo uso delle mie potenzialità, pagandone le conseguenze.»

«Ma lo sai che ad Alfea sei sempre la benvenuta!» Intervenne Flora.

«Sì, ma io non mi sento più a mio agio qui. Cosa dovrei fare?! Vivere nella menzogna? Credere che potrei ritornare come prima?! È risaputo che quell'incantesimo ha reso le cose definitive.» Spiegò loro, abbassando lo sguardo.

«Ma ci deve essere sicuramente un modo! -Saltò su Bloom- Tu l'hai fatto per difendere la Dimensione Magica! Lo sai che le fate sono sempre premiate per questo tipo di azioni!»

«Ma io non l'ho fatto solo per difendere l'universo, ma per vendetta! -Gridò- Lo sappiamo tutti che non è un sentimento idoneo ad una fata.»

Capendo a cosa si stesse riferendo, saltò su una Tecna -insolitamente- sentimentale: «Tu lo hai fatto per amore, non per vendetta! Hai voluto difendere i tuoi ideali e l'onore di Riven!» Subito dopo aver detto quelle parole, la fata della tecnologia lanciò una timida occhiata a Timmy, anche se sapeva che quello non era il momento per le smancerie.

Nello stesso istante, lo sguardo di Musa colpì quello dello Specialista tenebroso e, comprendendo che anche loro avrebbero avuto molto da dirsi, le ragazze si allontanarono.

«Che ne sarà di noi?!» Domandò lui scosso, non appena ottennero intimità. L'altra sospirò, e lui capì che cosa significava.

«Ci dobbiamo lasciare?!» Esclamò quasi impaurito, dando voce ai pensieri della partner.

«Sì, Riven. Ormai siamo di due mondi diversi, lo sai meglio di me che cosa significa stare in mezzo a persone con le quali non centri nulla.» Sibilò lei.

«Ma loro sono tue amiche, noi siamo tuoi amici! -Esclamò- Che ti importa se loro hanno dei poteri e tu no?»

«Lo sai benissimo. Non potrei sopportare di vedere tutte quelle persone che stanno facendo ciò che avrei voluto fare io. Non è invidia, ma mi si spezzerebbe il cuore comunque. Poi, che altra ragione avrei per stare qui?!» Domandò lei, sperando in una risposta dall'altro.

Lui la fissò intensamente, ma non riusciva a dirle ciò che voleva sentire; era bloccato. Sì, bloccato da quel terribile muro di orgoglio che lo circondava dall'infanzia. Voleva gridare a gran voce di non andarsene, perché lui la amava e sentiva che il suo destino era con lei, l'unica con la quale riusciva ad essere sé stesso; o quasi. I loro sguardi languidi si incontrarono e rimasero inchiodati l'uno all'altro per secondi o minuti; il tempo che passavano insieme non riuscivano mai a misurarlo. Comunicarono silenziosamente, ma lei aveva bisogno di parole, di garanzie e, se lui non riusciva a dargliele, non avrebbe avuto ragione alcuna di starsene lì a soffrire in silenzio.

Ad un certo punto, il resto del gruppo si avvicinò ai due, accompagnati dalla Preside e dall'Ispettrice.

«È ora..» Annunciò Musa abbassando lo sguardo sull'orologio. Le ragazze, senza dire altro, si aggrapparono a lei, cercando di dare il loro affetto in pegno della sua permanenza, ma la ex fata non parve cedere. Dopodiché, salutò Faragonda e Griselda con una stretta di mano formale, ma al contempo calorosa.

«Ricordati che sarai sempre la benvenuta.» Le disse Faragonda, guardandola con occhi carichi di speranza.

«Sei sicura di volertene andare?» Domandò Flora con fare demoralizzato.

«Sì.» Rispose secca l'interlocutrice.

«Ma non è che..» Tentò di intervenire Stella.

«Ho detto basta!» Gridò Musa, voltandosi violentemente verso la fermata dell'autobus, prendendo tutte le sue cose e cercando di accelerare il passo.

«Ma che..?» Si domandò turbata Stella ad alta voce, quando ormai non la poteva più sentire.

«Date del tempo al tempo..» Intervenne la Preside con la sua solita saggezza. Le altre fate rimasero in silenzio, forse in sovrappensiero o forse volevano solo osservare l'immagine della loro amica un'ultima volta; finché non sarebbe diventata un semplice puntino all'orizzonte. Quello che non videro fu la lacrima che le tagliò la guancia destra di Musa scambievolmente a metà.

«Addio, Magix.» Bisbigliò fra sé voltandosi un'ultima volta.

Sarebbe veramente stata Melody la dimora a lei destinata per il resto dei suoi anni?

 

Spazio autrice:

Innanzitutto vi ringrazio per le vostre recensioni al primo capitolo, mi avete veramente sorpresa.

Devo ammettere che il disegno questa volta non mi fa impazzire, quasi mi mette una certa inquietudine e, dato che lo scanner non ha catturato bene l'intensità dei colori, ho dovuto modificare leggermente l'immagine ponendo tutto su una scala prettamente di grigi; d'altro canto con 24 pastelli Carioca posso solo giocare con la pressione del tratto.

Stendendo un velo pietoso su ciò, devo ammettere che questo capitolo mi sa un po' di “allunga brodo”, un giorno capirete che a me piace l'azione.

Proprio per questo il prossimo aggiornamento sarà lunedì 19, almeno mi farò perdonare con un nuovo capitolo.. Magari più interessante.

Ringrazio tutti i lettori ed i seguaci silenziosi con un abbraccio,

Daphne09

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Capitolo 3
*** Incertezze ***


Brano idoneo al capitolo:
When the day is long and the night,
the night is yours alone, 

When you're sure you've had enough of this life,
well hang on 

Don't let yourself go,
everybody cries and everybody hurts sometimes.
 

Clicca qui: 
https://www.youtube.com/watch?v=ijZRCIrTgQc
 

 

 

3. Incertezze

Dopo aver mangiato una parsimoniosa quantità di riso, la ragazza posò sul tavolo le bacchette, spostandosi poi più indietro in segno di sazietà.

«Figliola, hai ancora il piatto mezzo pieno.» Le fece notare Ho-Boe.

«Lo so, papi.. -Sospirò la ragazza- Ma ho già fatto un'abbondante colazione ad Alfea.» Lo rassicurò, non lasciando notare che pronunciare il nome della sua ex scuola l'aveva ferita più di un proiettile nelle tempie. La verità era che quei sentimenti così malsani che stava provando non le facevano nemmeno percepire la fame anzi, ogni boccone che ingoiava era come se le tornasse su. Il suo corpo in quel momento poteva essere soltanto sazio di tristezza.

«Devi mangiare, devi rimetterti del tutto in forze. -Le fece notare il padre, che non parve assorbire quella bugia- Anche un paio di bocconi..» Tentò di convincerla con sfumature d'implorazione nel timbro.

«Papi, lo sai che non mi piace buttare il cibo, lo metto in frigo e lo finirò stasera..» Ribatté la ragazza come se nulla fosse.

L'uomo allora si arrese, ma volle comunque instaurare un dialogo con la figlia che non si dimostrò molto loquace; ovviamente capiva la situazione, ma voleva comunque farla sfogare.

«Allora, come va?»

«Bene, bene.. -Mentì- Qui a casa? Tutto okay

«Certamente! È un po' che non parliamo. Con Riven?»

Una freccia di dolore le trafisse il cuore e, anche quella volta, riuscì a non darlo a vedere.

«Ci siamo lasciati.»

«Quando?» Chiese lui dando l'aria di essere veramente interessato.

«Ieri o oggi, non so..» Rispose lei titubante, cercando di prendere il tutto con la leggerezza di qualcuno a cui non importa nulla.

«L'hai lasciato per quello che è successo?» Le domandò esterrefatto, avendo capito la situazione prima che la figlia gliela spiegasse.

Lei, in risposta rimase in silenzio, facendo valere il popolare detto 'chi tace acconsente'; il genitore scattò.

«Non capisci che ti stai facendo del male così?! Riven ti ama, la cosa fa soffrire anche lui, lo sappiamo benissimo tutt'e due.» Esclamò con una certa tenerezza, cercando soltanto di farla rinsavire.

«Ma lui non mi ama.. -Bofonchiò in risposta con sconforto- Non me l'ha mai detto.»

«Ancora non hai capito com'è lui?! -Ribatté il padre- Per quanto non possa rappresentare l'ideale di ragazzo che mi piacerebbe vedere al tuo fianco, ho compreso benissimo che a te ci tiene.. e tanto!»

«Ormai è tardi. -Sbuffò la ragazza ponendo gli avanzi nel frigo, come se stesse parlando di briciole- Quando hai finito dillo che lavo i piatti.»

 

*****

 

«MUSA! MUSA!» Continuava a gridare l'uomo dal salotto nel vano tentativo di sovrastare il forte volume della musica.

«MUSA!» La richiamò facendo irruzione nella stanza, la figlia era sdraiata sul materasso del letto ancora da coprire con le lenzuola. L'impatto per lei fu talmente freddo che scattò fino a rischiare di cadere per terra.

«Sì, papà?» Rispose poi, abbassando il volume dello stereo.

«Ti va di andare a fare un giro? -Le propose- Ti porto in quella pasticceria che ti piace tanto!»

«Magari domani. -Mugolò dispiaciuta- Oggi devo mettere a posto tutto questo casino.» Si giustificò facendo riferimento agli scatoloni ancora chiusi intorno a lei.

«Capito.» Rispose il padre, lasciandola sola in segno di comprensione. Qualsiasi genitore avrebbe riempito il figlio di domande, cercando a tutti i costi di risolvere i problemi di suo pugno. Ho-Boe conosceva la figlia come le sue tasche e, proprio per il suo bene si sentiva di lasciarle fare addirittura qualche pazzia a costo di vederla sorridere.

In quel momento la ragazza roteò la valvola del volume, permettendo che la musica sovrastasse la voce dei suoi pensieri.

 

Ormai era tutto a posto -o quasi- e le casse stavano riproducendo per la terza volta la stessa playlist. Musa giaceva in ginocchio con testa e braccia dentro uno scatolone alla ricerca del suo scrigno di plettri, con un fazzoletto in testa e la fronte sudata.

«Ma dove diavolo..?» Mormorava fra sé annaspando in mezzo a tutte le cianfrusaglie all'interno dello sciatto contenitore. Ad un certo punto si fermò, i suoi palmi avevano incontrato un diario molto particolare...

 

*****

 

Era il pomeriggio della Festa della Rosa e Musa di uscire con il suo gruppo non ne aveva la minima voglia, lei quel giorno non aveva proprio nulla da festeggiare; l'unica famiglia che aveva era suo padre: i suoi nonni erano morti tutti durante la battaglia contro le tre Streghe Antenate, quando lei aveva soltanto qualche mese.

Quel giorno la ragazza se ne sarebbe stata seduta sulla terrazza di Alfea a contemplare l'orizzonte con accanto l'ologramma di sua madre, come al solito. Era il suo modo per stare con lei.

«Mi manchi.» Sospirò spostando lo sguardo su quell'immagine, la stessa che ammirava da dieci anni, continuando a domandarsi come sarebbe stato averla con sé, e fantasticando per qualche tempo su un'ipotetica esistenza con una madre che la aspettava a casa dopo la scuola e che bramava per darle il bacio della buonanotte.

Dopo qualche secondo, se non fosse stato per il suo sangue freddo, sarebbe volata giù dalla ringhiera su cui era appoggiata, dallo spavento che ebbe nel percepire un palmo sulla sua spalla.

«Ti capisco.» Disse una voce amica alle sue spalle. Spostò lo sguardo su quella mano, era curata, ma senza smalto.

«Bloom.» Soffiò, per salutarla e, in parte, per convincersi che non vi fosse alcun pericolo.

«Purtroppo so anche io che significa perdere i propri genitori.» Esordì con comprensione. La fata della musica sospirò in risposta.

«Tieni. -Disse dandole un'agenda rivestita di cuoio- Sulla Terra è nostra abitudine fare album con foto e dediche a chi più vogliamo bene.»

Le accarezzò il viso con fare materno per poi andarsene.

 

*****

 

Su ogni pagina era incollata una foto che ritraeva le amiche in svariati momenti: alcuni rilevanti, altri ordinari. Musa sfogliò quel quaderno con un sorriso agrodolce sul viso, fino a che non giunse all'ultima pagina, su cui c'era una foto delle amiche al ballo, fra le braccia dei loro amati ragazzi.

Ricordati che non sei sola: siamo noi la tua famiglia!” C'era scritto sotto.

Una lacrima le tagliò la guancia; quella frase intrinseca di significato la colpì dritta al cuore come se la stesse leggendo per la prima volta.

Ad un tratto si accorse di sentire il bisogno di parlare con una persona in particolare, una che non sentiva da tempo. Prendendo rapidamente la borsa tirò un forte schiamazzo per la casa:

«PAPÀ! TORNO FRA MEZZ'ORA!»


Respirare l'aria di Melody le faceva sempre bene, la brezza marina la rinsaviva sempre, ma quella volta si sarebbe diretta da tutt'altra parte.

Le strade erano semi-deserte, probabilmente erano tutti chiusi in casa a cenare.

Quel cancello era ancora aperto e, nonostante fossero passati almeno un paio di anni dall'ultima volta che l'aveva varcato, era identico; numerosi fiori in ferro lo decoravano.

Il cielo era tinto di un forte rosso dato dal caldo crepuscolo estivo, riflettendo la sua luce su quella grande distesa di mazzi di fiori che emanavano una piacevole fragranza la quale, unita al soffice profumo degli incensi, rendeva l'atmosfera assolutamente inebriante.

Proseguendo dritto, lungo un sentiero di ghiaia scura, giunse sotto i rami di un pesco, i cui boccioli parevano di color magenta sotto il sereno cielo rosso. All'ombra di quei lunghi rami fioriti si sentiva protetta da tutto ciò che di male le stava accadendo in quel momento.

Accese un bastoncino d'incenso e, agitandolo intorno alla solida lapide di marmo roseo davanti alla quale era inginocchiata, le sue narici si impregnarono di quella fragranza così speziata.

«Ciao mamma. -Soffiò con dolcezza, i muscoli del suo viso finalmente si rilassarono- Come va dall'altra parte?

Ecco, mi dispiace di non essere passata qui ultimamente, ma sai che sono stata tanto impegnata; ad ogni modo sei sempre stata nei miei pensieri, lo sai.

Sai perché sono qui? Perché mi manchi ed ho bisogno di te.

Mamma, è proprio un periodo terribile. Ho perso i miei poteri, i miei amici, il mio ragazzo e, soprattutto, i miei sogni.

Okay, ammetto di essere stata io ad allontanare i miei cari, ma l'ho fatto per il loro bene. Se assistessero alla mia tristezza starebbero male almeno quanto me, ed io non voglio che soffrano.
Va bene, ora non saranno nemmeno entusiasti della mia decisione, ma un giorno capiranno o, se non succederà, mi ricorderanno soltanto come un'amica buona finché è durata.

Però mamma, con Riven non so come comportarmi; lasciarlo è stata la cosa più dura. Non mi ha detto nulla, ma nei suoi occhi ho letto quanto già gli mancassi. Il problema è che quando con lui si sbaglia una volta hai chiuso per sempre.

Non sai quanto lo vorrei qui, ogni suo abbraccio mi faceva sentire come se tutto fosse finito per il meglio anche se magari ci stava crollando il mondo intorno, ma d'ora in poi lui non ci sarà più per me, sarà soltanto un bello, bellissimo ricordo di una storia dal triste finale.» Terminò scoppiando in lacrime e singhiozzi, esprimendo insaziabilmente il suo stato d'animo.

Notando che il cielo si stava imbrunendo sempre più, si asciugò le lacrime e, come se nulla fosse successo, si alzò per avviarsi verso casa.

«Non sai quanto ti vorrei qui.» Soffiò voltandosi un'ultima volta verso quella lapide talmente sommersa di fiori da faticare a capire di chi fosse. Alcuni suoi fan le erano ancora fedeli e, nonostante fosse passata una quindicina d'anni dalla sua scomparsa continuavano ad omaggiarla con bellissime calle bianche come la neve.

Con la tiepida brezza che le accarezzava il volto e le asciugava le lacrime, Musa si incamminò verso casa; era ugualmente triste, ma sapeva nasconderlo meglio.

 

«Sono così stanca! 'Notte papà, vado a letto.» Si congedò la ragazza soffocando una risata. Quella sera a cena riuscì a dimostrarsi più loquace rispetto a quanto dimostrato a pranzo; era tutta una finta ovviamente, ma a forza di mentire si sentiva quasi meglio, tanto che le era ritornato un po' di appetito che, unito a della buona volontà, l'aveva portata a consumare un pasto intero.

«Buonanotte tesoro, ricordati che ti voglio bene.» Rispose lui dandole un affettuoso bacio sulla fronte.

 

Canzone consigliata per la lettura di questa scena: https://www.youtube.com/watch?v=DinEKqtCDkg 
 

Non appena la ragazza si fu ritirata nel buio della sua stanza, tutte le sue preoccupazioni si avventarono nuovamente nel suo animo.

Si sedette a lato della finestra ad ammirare quel cielo sereno e quieto, in cui splendeva una luna leggermente calante e che, prestandole scarsa attenzione, la si poteva confondere per piena. Le stelle punteggiavano deliziosamente il buio assoluto, ma quello era tutto ciò che vedeva Musa: nero. Nero era il suo umore, nera era la sua situazione, nero era ormai il suo cuore.

Una musica malinconica senza capo né coda suonava nella sua testa, esprimendo sentimenti che non riusciva a spiegare a parole; le mancava la sua vecchia vita, le mancava il suo fidanzato.

Ogni volta che pensava a lui il suo cuore batteva anormalmente, tanto da causarle un forte bruciore nel petto, come una fiamma incontenibile; una freccia di amarezza l'aveva trafitta, facendola disperare dal dolore. Non si era mai sentita così e avrebbe addirittura giurato che una coltellata al collo sarebbe stata più piacevole.

Fitte e amare lacrime le traspirarono dal volto, percorrendole le guance fino a cadere da qualche parte sul parquet. Prese il cuscino dal letto e se lo strinse al petto, come se al suo posto ci fosse qualcun altro, portandoselo poi sul viso, annegandoci tutto il dolore all'interno; i singhiozzi erano attenuati dall'impatto con quel morbido involucro. In quel momento avrebbe desiderato immensamente soffocarci tutta sé stessa in quel cuscino, finché non sarebbe giaciuta inerme sul pavimento, priva di vita e di sofferenze.

Le mancava l'unica persona a cui aveva dato sfoggio della sua più remota capacità di amare.

 

A Magix la pioggia cadeva a catinelle, inumidendo il suolo e facendo brillare le foglie delle piante al mistico chiaro di Luna. A Fonterossa accolsero tutti positivamente l'improvviso maltempo per stare abbracciati alle proprie fidanzate e coccolarle davanti a qualche film horror.

Solo una stanza era silenziosamente occupata; un ragazzo dall'aria perennemente cupa e solitaria sedeva in posizione fetale ad assistere a quel temporale a ciel sereno, cogliendolo come un segno del destino, dato che in quel periodo tutto gli pareva un improvviso giramento della ruota della Fortuna.

Nel cielo pesto quanto la sua anima, un lampo sfrecciò, illuminando gli aspri lineamenti del ragazzo e.. una lacrima, che rapidamente strisciò sul suo viso e che lui, con divorante avidità, rimosse col palmo. Non poteva piangere, non poteva provare altri sentimenti all'infuori di astio e rabbia. Non doveva permettere di dimostrarsi debole, nemmeno davanti a sé stesso. Il suo profondo orgoglio lo logorava, perché aveva scommesso tutto su quella ragazza, anche la sua perenne maschera di introversione e sfacciataggine.

La cosa che lo fece arrabbiare di più fu che non riusciva a provare rancore nei confronti di Musa; anzi, quello strano sentimento gli permetteva di provare solo preoccupazione nei suoi confronti. Non sapere per certo dove fosse lo logorava e, l'essere consapevole che soffriva non aiutò a quietare il suo animo implacabile. Il pensare che un giorno si sarebbe dimenticata di lui cadendo fra le braccia di un altro uomo che l'avrebbe trattata come veramente si meritava, che le avrebbe detto tutte le parole che lui non proferì e che l'avrebbe resa sua come lui non era stato capace di fare lo stava uccidendo.

Il rimpianto gli divorò lo stomaco in un'acida morsa per tutto ciò che mai le disse e che mai fece per lei. Sapeva che se solo le avesse detto quelle due parole magiche lei sarebbe stata sua per sempre; eppure decise di agire da ignavo, abbandonandola al suo destino; se lo meritava, meritava una persona migliore di lui.

Riven stabilì che da quel momento in poi la sua sofferenza sarebbe stata la condanna di tutto ciò che in quegli anni le fece passare, decise di ricorrere alla legge del contrappasso.
«Mi manchi.» Bisbigliò nel silenzio, dando un ultimo addio alla ragazza che le rubò il cuore e.. ne fece molto di più.

 

«MUSA! MUSA!» La chiamò una voce soave, ma al contempo allarmata.

«Chi sei?» Domandò turbata lei, anche se ebbe l'impressione di aver già udito un suono simile.

«Oh, questo non importa, però tu puoi chiamarmi Nena. -Rispose, rendendo insoddisfatta la sua sete di sapere- Ciò che veramente conta è che io sia qua ad aiutarti.»

«Non c'è più nulla da fare se ti riferisci ai miei poteri.» Soffiò lei abbassando lo sguardo, accorgendosi che non vi era suolo: stava fluttuando in un'atmosfera celeste, intangibile e dall'apparenza soffice come lo zucchero filato.

«Tu lascia fare a me.» Ribatté con leggerezza quella voce senza corpo.

«Come?» Domandò la ragazza inarcando un sopracciglio; aveva tante domande da porle in quel momento, ma quella donna che -presumibilmente- era un fantasma, pareva restia nel dispendiare informazioni.

«Ora non ho tempo. -Soffiò- Domani incontriamoci a mezzanotte nell'ufficio di Faragonda.»

«Cosa?!» Cercò di intervenire; era troppo tardi e tutto intorno a lei si stava scurendo.

«Aspetta!» Gridò ponendo una mano davanti a sé, come se potesse fermarla.

Guardandosi intorno si accorse di essere sdraiata e, ponendo i palmi sotto di sé percepì un tessuto fresco e morbido, era.. cotone. Tutto ciò era stato soltanto un sogno, eppure percepì una forte energia magica; quella non poteva essere altro che una rivelazione ultraterrena, un po' come uno di quei sogni che faceva Bloom con sua sorella Daphne, a differenza che lei non riuscì ad individuare il volto dell'interlocutrice.

Facendo pressione con la fronte madida di sudore sui palmi bollenti, cercò di ricostruire ciò che le era stato detto poco prima.

«A mezzanotte nell'ufficio di Faragonda...» Sussurrò fra sé, replicando le parole che quella misteriosa voce le proferì, per poi ricadere in un sonno breve e tormentato.

 

La sveglia segnava le sei e mezzo e la ragazza decise di alzarsi definitivamente, sapeva già di non riuscire a dormire ulteriormente. Prendendo due grandi valige vuote inizio a ficcarci dentro i primi indumenti che le passarono per le mani; quel giorno era intenzionata ad intraprendere un viaggio lungo ed impegnativo verso Magix. Chiunque le avrebbe dato della pazza o della sciocca per quello che stava facendo, però lei era fermamente convinta dell'autenticità di quel sogno; voleva fidarsi del suo istinto.

Non appena chiuse la cerniera del secondo bagaglio, le sue narici avvertirono un dolce profumo di Pancakes.

«Buongiorno.» Esordì fingendo di essersi appena svegliata.

«Da quant'è che sei in piedi?» Le domandò il padre; conosceva sua figlia talmente bene da poter capire dalla voce che era sveglia da almeno una buona mezz'ora.

«Boh, da un po'..» Farfugliò lei con finta ingenuità.

Sedendosi a tavola iniziò a guardarsi intorno alla ricerca di argomenti su cui disquisire, utili per divagare un po' prima di arrivare al punto.

«Qualcosa non va?» Domandò Ho-Boe masticando un boccone, fissando la figlia negli occhi alla ricerca di una risposta. Le sue iridi erano profonde quanto trasparenti, ogni sentimento era palesemente individuabile in quei pozzi color oceano.

«Mmh, no..» Mugolò per temporeggiare in cerca delle parole adatte; a quel punto non sapeva se giungere al sodo in maniera così diretta.

«Dimmelo. Lo sai che lo verrei a sapere comunque.» Tagliò corto lui. Per lo meno la ex fata non dovette riflettere più a lungo.

«Ecco.. Stanotte ho fatto un sogno. -Ammise- Riguardava Alfea..»

«È normale che ti manchino le tue amiche.» Rispose lui con ovvietà.

«Non è questo. -Lo corresse- È che mi è stato consigliato di tornare lì per riottenere i miei poteri.» Raccontò la figlia omettendo eccessivi dettagli.

«..E quindi vorresti tornare là per questo?!» Cercò di fare chiarezza l'uomo con una vena contrariata nella voce.

«Sì, papà. È stato particolare, ho sentito una forte energia magica. Voglio tornare, sento che il mio destino è lì, qualunque cosa succeda.» Gli disse, lasciando che i suoi occhi si illuminassero nel pensare ad Alfea ed alla sola possibilità di far ritornare le cose come prima.

«Ma figlia.. -La chiamò con fare di rimprovero- Non ti conviene.»

«Ma come? -Ribatté Musa allibita dalla risposta ricevuta- Anche ieri ritenevi che dovessi riallacciare i rapporti con i miei amici!»

«Sì, ma ad Alfea..? -Si lagnò l'uomo- Se non hai nemmeno più i tuoi poteri! -Ribatté- Che faresti se ci fosse un attacco improvviso di qualche stregone? E durante le lezioni? Staresti ad assistere alle dimostrazioni senza poter fare niente?! Sappiamo benissimo quanto ti farebbe arrabbiare.»

«La Preside Faragonda mi ha detto che posso tornare quando voglio! -Iniziò ad arrabbiarsi la figlia- In più potrò studiare tutto senza poterlo mettere in pratica. Che male c'è?!»

«Sappiamo benissimo che non stai andando lì per stare a guardare! -Si irritò il padre, gesticolando animatamente- Lo vuoi capire che è pericoloso?!» Insisté scandendo le sillabe dell'ultima parola.

«E tu che ne sai?! -Lo ammonì con veemenza- Se anche lo fosse sarebbe normalissimo! Ho combattuto contro pericoli più minacciosi di questo!»

«Ma lo vuoi capire che non hai più poteri?! Non puoi più combattere!» La schernì lui, come se stesse intingendo le sue parole nel veleno.

«Non m'importa! -Inveì lei, stringendo le palpebre fino a ridurle a due fessure- Io me ne andrò proprio ora! Che tu lo voglia o no!»

«Sei proprio testarda! -Ringhiò in risposta Ho-Boe- ...Proprio come tua madre.» Sospirò con malinconia quando ormai la figlia si era dileguata.

Si era comportato in maniera molto crudele e lo sapeva, ma l'affetto per la sua creatura lo avrebbe spinto a fare di tutto. Sperava che Musa avrebbe capito cosa intendeva prima che fosse troppo tardi, ma saperla così testarda lo logorava, sospettava già benissimo che non si sarebbe fermata nemmeno davanti ad un muro di fuoco.

 

«Ma guarda te...» Mugugnò scocciata la ragazza, dando voce ai suoi pensieri e infilandosi con rapidità nervosa la maglietta. Era esterrefatta, le taglienti parole del padre l'avevano ferita come lame affilate di fresco.
Aveva già previsto una reazione di rifiuto, ma mai avrebbe confidato in cotanta crudeltà. Nonostante tutto si dimostrò al contempo comprensiva, sapeva che Ho-Boe -come un normale genitore- era preoccupato, ma l'unica cosa che non gli perdonò -continuò a ribadire fra sé- fu il modo in cui perse le staffe poco prima; per lei tutto ciò che perdé in quella battaglia era veramente importante, e anche lui doveva realizzare che non poteva farselo sfuggire.. Almeno per il bene della sua figlia tanto amata.

Raccogliendo i suoi effetti strettamente personali si incamminò verso l'ingresso; non doveva usufruire nemmeno di un minuto di più se non voleva perdere la prima corriera interplanetare della giornata.

 

«Bene, è ora di andare.» Annunciò Musa trascinando le valige verso la porta.

«Non voglio essere complice di tutto ciò.» Ribatté il padre continuando con quel fare freddo.

«Okay, ciao.» Sibilò lei, trasudando amarezza da tutti i pori.

«Aspetta, figlia.. -Mugolò fermando il suo passo- Ti voglio bene, non dimenticarlo mai. Promettimi che starai attenta e che avrai molta cura di te.» Disse stringendola fra le braccia con così tanta tenerezza che parve si stesse riferendo ad una bambina.

«Ma certo, papi! -Lo rassicurò piegando la testa di lato, regalandogli un sorriso solare e sincero- Tu piuttosto, sta su!» Scherzò dandogli giocosamente una pacca sulla spalla, non riusciva ad essere arrabbiata con lui.

«Ti voglio bene.»

«Io di più!» Ribatté la ragazza facendogli la linguaccia, per poi muovere di nuovo lunghi passi verso il capolinea delle corriere interdimensionali.

«Addio. -Sospirò Ho-Boe quando ormai la figlia era lontana- Prima Wa-Nin, ora Musa..»

 

Quell'ampio e lussuoso autobus era partito già da un'ora o poco più e, al contrario di tutti gli altri viaggi fatti, Musa rimase con gli occhi impassibilmente sbarrati, ancor peggio di un felino a caccia.

Col senno di poi, la ragazza iniziò a ragionare sulle parole del padre in maniera meno superficiale. Tutti quei tentativi per trattenerla con lui, quell'abbraccio e quelle parole così dolci.. e Ho-Boe non era un uomo da cui straripavano smancerie.

“Oddio! -Le venne in mente- È malato!” Realizzò nel momento in cui le sue pupille divennero una testa di spillo.

“Potrei curarlo con la polvere di Fata una volta riacquistati i miei poteri, oppure potrei chiedere a Bloom.” Ragionò, per poi realizzare tristemente che la fata della Fiamma del Drago, come il resto del Winx Club, non era più sua amica. Ad ogni modo si prefissò l'obiettivo di tornare a casa vincitrice e di riuscire a curare la malattia che spingeva suo padre a volerla così tanto al suo fianco.

 

«Prossima fermata: Magix, Alfea. Tempo stimato per l'arrivo: dieci minuti. Siete pregati di prelevare gli effetti personali. Pertanto, non siamo responsabili per lo smarrimento dei vostri oggetti.»

«Rieccoci.» Sospirò afferrando le valige dalla rete portabagagli sovrastante. Appena i suoi piedi calpestarono la verde erba di Magix ed i suoi pomoni si colmarono di aria fresca e pulita, si sentì finalmente a casa. Un flebile e pungente venticello picchiettò sulla sua pelle, facendole realizzare che il giorno prima aveva piovuto, e non poco.

Trascinando i trolley dietro di sé, varcò quegli imponenti cancelli quasi come se fosse la prima volta. Ammirava quel cortile invaso da animali magici e Pixies come se fossero assolutamente nuovi per lei.

«Signorina.» Le fece ritornare con i piedi per terra la voce severa di una donna altrettanto rigida.

«Salve signora Griselda. -Ricambiò il saluto la ragazza- Scusi per la tempestività, ma vorrei chiederle se è possibile riscriversi ad Alfea.»

 

«Bentornata Musa!» La accolse con un ampio sorriso Faragonda non appena la ex fata, accompagnata dall'Ispettrice, effettuò l'accesso nel suo ufficio.

«Grazie, Preside. -Ricambiò la ragazza abbassando il capo in segno di rispetto- Volevo chiederle se è possibile rieffettuare l'iscrizione.»

«Ecco.. -Mormorò la donna portandosi le dita al mento- Devo riadattare il tuo orario in base a quello che puoi fare. Sai che quest'anno ci sono molte ore di pratica d' incantesimi..»

«Certo.»

«Intanto tieni. -Disse dandole un mazzo di chiavi differente da quello che il giorno prima aveva depositato- Al momento ti colloco nel dormitorio degli ospiti, di modo che possa rimettere insieme le tue idee.»

L'esperienza dell'anziana signora si dimostrò competente anche nel campo affettivo.

«Grazie.» Rispose trascinando quei due grossi valigioni dietro di sé.

 

Notò con piacere che la stanza era situata al primo piano, vicino a tutte le aule, soprattutto all'ufficio di Faragonda.

Camminando per i corridoi trainando l'ultimo bagaglio nella sua nuova camera, entrò nel suo campo visivo una figura che le fece fermare il battito cardiaco. Proseguendo rapidamente raggiunse l'abitacolo e, frettolosamente si chiuse la porta alle spalle con tanto di chiavistello. Fu la prima volta che si nascose da una sua compagna; le dispiacque, ma al momento non si sentiva per nulla pronta di rituffarsi a capofitto in quel mondo. Avrebbe fatto il tutto a poco a poco.

 

«Giuro! Era lei, oppure una sosia identica!» Esclamò la Fata della Tecnologia ancora febbricitante.

«È tornata?!» Saltò su Stella esaltata.

«Magari ti sei confusa..» Razionalizzò Bloom.

«Dovesse venirmi un colpo in questo momento, se quella ragazza non era lei, si trattava sicuramente di un ologramma!» Smentì Tecna sicura di sé.

«Magari è semplicemente andata a ritirare le sue ultime cose..» Concluse Aisha, seguendo il suo amaro filo logico.

«Altamente probabile.» Sbuffò la Guardiana di Zenith, rammaricandosi di essersi illusa con alternative altamente illogiche. Nonostante che in quella che era la sua stanza non vi fosse nemmeno un briciolo di polvere, le cinque fate non avrebbero mai creduto che la loro amica sarebbe veramente tornata.

 

«E con questo ho fatto.» Squittì fra sé la ragazza, nel momento in cui terminò di ordinare alcuni oggetti di stretta necessità nell'ambiente.

Il sole illuminava caldamente il cielo sereno e placido, quella giornata sarebbe stata perfetta per andare a bere un fresco frappè con gli amici.. Ma quali amici? In quel momento la ex Guardiana di Melody si ricordò di essere sola come un cane. Dentro di sé sentì che se lo meritava; sì, lo doveva a quei ragazzi a cui tanto voleva bene, affinché non avessero più sofferto.

 

«Accidenti!» Esclamò a sé stessa, guardando la sveglia ed accorgendosi che in quel momento la cena stava iniziando ad essere servita, la luce all'esterno ingannava e -a dirla tutta- il susseguirsi degli avvenimenti in quei giorni le fece perdere l'equilibrio.

 

«Papà, come stai?» Domandò Musa con la cornetta all'orecchio.

«Bene, e te figliola? Hai mangiato stasera?» Si preoccupò subito lui.

«Certo, certo papi. Volevo dirti una cosa..» Introdusse con tono non più giocoso.

«Dimmi.» Ribatté lui, la voce tremolante vagamente timorosa.

«So tutto. So perché oggi non volevi che me ne andassi ed eri così preoccupato.»

Dall'altra parte della cornetta lui si sentì vagamente titubante: «Figliola, spero non sia troppo tardi.»

«Non ti preoccupare, quando riavrò i miei poteri troverò una cura.» Lo interruppe.

«Oh Musa! -Bofonchiò lui ridacchiando con leggerezza- Non ce n'è bis-»

«Papà, non ti devi vergognare di chiedere. Io ti voglio qui con me.» Lo interruppe di nuovo la ragazza con fare comprensivo e disponibile.

«Ma figlia mia! -Saltò su l'uomo divertito- Hai frainteso tutto!»

«Cioè?» Domandò lei con ingenuità.

«Io sono sano come un pesce! Le mie preoccupazioni vanno a te!» Le spiegò come se fosse la cosa più ovvia.

«E perché sei così angosciato? Cosa mi dovrebbe succedere?» Si incuriosì la giovane.

«Niente. -Squittì lui- Cioè, mi auguro niente, ma tutte le tue missioni sono sempre così pericolose e, ora che non hai né i tuoi poteri, né le tue amiche tutto questo non mi da molta fiducia.» Specificò cercando di non dare a vedere ciò che veramente sapeva.

«Ma dai! -Ridacchiò lei con leggerezza- Sei sempre il solito angoscioso! Ora devo andare, ci sentiamo.»

«Abbi cura di te.» Le raccomandò sinceramente Ho-Boe.

«Certo. Ricordami di mandarti degli ansiolitici!» Scherzò lei, chiudendo la conversazione.

Quella telefonata fu un toccasana per il suo umore: scherzare con suo padre e sapere che stava bene le fece capire che, in fin dei conti, non era poi così sola.

 

Quando le cinque ragazze tornarono dalla mensa, giacerono per qualche momento davanti alla porta alla ricerca delle chiavi; nel frattempo rifletterono.

«Che facciamo ragazze? -Domandò Stella- Dico.. Togliamo il nome di Musa dalla porta?»

«Stella!» La ammonì con rimprovero Flora.

«Beh, da come se n'è andata.. -Lasciò intendere Bloom- Ci ha fatte capire di non voler più essere nostra amica.»

«Non hai tutti i torti.» Riconobbe Tecna con amarezza.

«Allora togliete quell'adesivo!» Esclamò un' Aisha avvelenata. Le ragazze non capirono se le stava incitando o provocando.

Tecna, utilizzando il proprio laser speciale, passò la luce lungo il contorno di quell'adesivo affinché alla porta non fossero apportati danni, per poi ritornare in camera e abbandonare quel pezzo di carta sul tavolo che tutte e quattro le stanze condividevano.

Aisha passò accanto ad esso e, prendendolo fra le mani soffiò: «So che tornerai, amica.» Sembrando fermamente certa delle sue parole, come se fosse un profeta.

 

Musa si stava torturando le mani quando la sveglia del suo cellulare suonò le undici e cinquanta. Chiudendo la porta emise un rumore in sordina che parve non svegliare nessuno, fortunatamente. Indossava solo il pigiama e le calze, di modo da non produrre alcun rumore o impronta.

In quel momento fu come se fosse entrata in un campo minato; le sue orecchie si affinavano alla percezione anche di un solo sospiro e le sue tempie iniziarono a pulsare all'unisono col martellare del suo cuore.

Il sangue pompato con gran potenza era talmente carico di adrenalina che la ragazza tremava d'eccitazione come una foglia.

“Oddio -Si disse mentalmente nel mezzo della sua escursione per i corridoi scolastici- Chi me l'ha fatto fare?!”

Era così spaventata da aver addirittura rimorsi per le sue azioni, ma una piccola parte di lei la incoraggiava a proseguire nonostante tutto; in fin dei conti era lì per quello.

Non appena roteò il suo sguardo per vedere cosa le si trovava davanti, rabbrividì accorgendosi di essere già arrivata. Tirando un profondo sospiro fece leva sulla fredda maniglia in oro, per poi effettuare l'accesso nell'ufficio della preside.

Nel chiudere la porta vi fu un leggero cigolio, che sperò non esser stato catturato da nessuno.

Guardandosi intorno realizzò di essere completamente sola nella stanza più ambita quanto proibita dell'istituto, se non addirittura di tutta la Dimensione Magica; si sarebbe perfino potuta impadronire di vari e potenti incantesimi, ma non ne avrebbe avuto il fegato, in quel momento temeva anche la sua stessa ombra, figurarsi se avesse messo le mani tra oggetti proibiti.. e magari anche maledetti.

Non appena udì chiamare il suo nome, la ex fata sobbalzò.

«Sì?» Bisbigliò per dar conferma della sua presenza.

«La farò breve. -Si spiegò l'altra interlocutrice- Vai alla libreria alla tua destra.» Le ordinò facendo riferimento ad una scaffalatura in legno antico e scheggiato che conteneva file di libri, tutti rigorosamente dalla copertina dorata.

«Ecco -Proseguì quella voce- Prendi il libro intitolato “L'arte del giardinaggio magico”.»

«Cosa?!» Domandò la ragazza, credendo di non aver sentito bene.

«Fidati di me.»

Effettivamente si trovo in condizione di non poter fare altro in quel momento.

Posando un dito sui ruvidi dorsi di quegli enormi tomi preziosamente rilegati,iniziò a tremare, percependo una forte morsa allo stomaco; la testa stava iniziando a girarle come se avesse bevuto dieci bicchieri di vino, ed il cuore iniziò a batterle ancor più rapidamente.

“Sapevo che non dovevo venire qui.” Pensò.

«Musa, piccola.. Calmati.» Le disse con fare materno Nena; in quel momento non capì se era capace di leggerle nel pensiero o sé il suo nervosismo fosse talmente palpabile.

Qualche secondo dopo la ragazza sentì il suo animo placarsi, il martellare del cuore ristabilizzarsi, percependo una sorta di calore nello stomaco che le sciolse ogni dubbio.

«È il quarto a sinistra dell'ultima fila.» Le suggerì il fantasma. La ragazza non sapeva cosa le aveva fatto, ma tutto ciò le fece guadagnare qualche punto di fiducia.

Non appena afferrò il libro indicatole, Nena le impose di rimetterlo al suo posto per non destare sospetti.

«Hai sette secondi per passare oltre!» La informò riferendosi all'enorme solco che apparve nel momento in cui la libreria dell'ufficio si spostò; la ragazza non sapeva che cosa vi fosse dopo, vedeva il buio più assoluto.

Correndo verso quel misterioso ingresso la ragazza non pensò più a niente, non le piaceva per nulla lasciare le cose a metà; giunse a destinazione percependo la parete chiudersi a pelo dietro la sua schiena.

Con ancora lo sguardo fisso alle sue spalle sospirò, ma quando poi roteò il capo davanti a sé realizzò di trovarsi in un luogo tutt'altro che buio e tenebroso come le si presentò qualche secondo prima. Tutto là dentro brillava di luce propria: un insieme di oggetti in sfavillante metallo e preziosissimo cristallo rendevano quell'ambiente, le cui pareti erano ricoperte di venature in platino, un posto affascinante quanto misterioso.

«Prosegui dritto. -Le ordinò pragmaticamente la donna- Al settimo scaffale gira a destra.»

Eseguendo sistematicamente le indicazioni, contò i mobili superati, per poi voltare laddove le era stato detto e trovarsi dinnanzi ad un'enorme insieme di mensole che reggevano sfere, anelli, scettri e quant'altro.

«C'è qualcuno?» Domandò una voce proveniente dall'altro lato della stanza; avrebbe scommesso la testa che quella era Griselda.

Prese a sudare freddo, il cuore le batteva all'impazzata.

«Prendi il ciondolo in basso a destra e scappa.» Le ordinò tempestivamente lo spirito.

Afferrando un pendente molto vistoso accanto ad una sorta di bacchetta magica, prese a correre lungo una via che, molto probabilmente l'avrebbe indirizzata lontano dalla provenienza di quella voce che tanto la rendeva inquieta; ancora sapeva usare il suo potente udito e, fortunatamente, era riuscita a mantenere i nervi saldi.. Più di poco prima, almeno.

Ad un certo punto si bloccò: tre porte assai differenti fra loro si trovavano dinnanzi a lei. Era costretta a scegliere, e in fretta se non voleva andarsene da Alfea a seduta stante.. di nuovo. Il cuore le prese a battere all'impazzata, nemmeno quella volta poté avere la conferma di farcela.

 

Spazio autrice:

Ed eccomi qua con un capitolo “di ripresa”.

Se è iniziato con una vena d'angoscia ora, sotto quella folta massa di tensione, Musa prova un minimo di speranza. Ce la farà o non ce la farà? Lo saprete lunedì 2 giugno. Purtroppo non potrò aggiornare prima.. Accidenti alla scuola!

Vorrei aprire una piccola parentesi sul disegno, dato che potrebbe essere definita una scelta “curiosa” quella di raffigurare l'istante finale. Il fatto è che il momento catturato ha un significato intrinseco: l'ostinatezza che da sempre ha caratterizzato Musa e che anche questa volta l'ha spinta oltre i suoi limiti per realizzare ciò che vuole.. E poi -diciamocelo- volevo anche sperimentare l'utilizzo della prospettiva!

Ringrazio i miei fedeli recensori e anche i lettori silenziosi con un abbraccio,

Daphne09

PS: mi sono permessa di consigliarvi l'ascolto di "Hallelujah" nel bel mezzo del capitolo. Spero non vi abbia disturbato la lettura, ho voluto osare perché quel brano mi ha ispirata molto durante la stesura.

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Capitolo 4
*** Parola di Winx! ***


Brano idoneo al capitolo:
Friends will be friends
when you're in need of love
they give you care and attentions.
Friends will be friends
when you're thought with life
and all hope is lost.



 

4. Parola di Winx!

«Chi è?» Continuava a domandare Griselda sempre più accigliata e quasi spaventata. Sicuramente temeva per la salvaguardia di tutti quegli oggetti magici quanto preziosi.

«E ora..?» Domandò la ragazza talmente terrorizzata che le gambe presero a tremarle in preda ai brividi.

«Non ti preoccupare. -La tranquillizzò quella Voce- Tu scappa.» Le ordinò con timbro più rigido.
L'altra senza saper cosa dire fuggì in silenzio. Si trovò bloccata d'innanzi ad una parete sulla quale c'erano tre porte: una d'oro, una d'argento ed un'altra in bronzo.

«E adesso?» Domandò con un velo di fiatone, ma nessuno le rispose; udì soltanto un forte scossone di oggetti crollanti sul pavimento, capì che quella era tutta opera di Nena.

«Scappa!» Sentì ordinarle dalla solita Voce che, in dissolvenza, si fece sempre più lontana.

Davanti a quei tre usci non seppe quale scappatoia prendere e, rapidamente, iniziò a ragionare.

“Quella argentata sarebbe scontata, quella oro è visibilmente fissata alla parete, mentre la terza -in vecchio bronzo ossidato- pare rappresentare umiltà, anzianità e dunque saggezza.” Pensò. Non aveva più tempo per poter valutare quanto fosse conveniente la sua scelta e, senza indugiare oltre scappò lasciandosi la porta alle spalle.
Correndo per un tunnel intarsiato da radici mature e coperto da terriccio violaceo, si pose rapidamente quel ciondolo all'interno della manica per non lasciarlo in bella vista.

Ad un certo punto si trovò costretta a fermarsi, l'adrenalina le permetteva di non sentire l'affanno per lo sforzo; doveva scegliere di nuovo. Si trovava davanti ad un bivio: c'erano due sentieri identici.

“E ora dove vado?” Si chiese. Continuava a guardarsi intorno ma, più cercava un aiuto meno lo riceveva.

“Forse non dovrei contare solo sulla vista..” Ragionò.

In quel momento protese le narici, percependo che lungo il percorso di sinistra vi era una forte e piacevole fragranza di fiori, probabilmente rose. Al contrario, lungo il percorso che costituiva la seconda opzione vi era un forte odore di cibo stantio e bruciato, un insieme di pane, arrosti e.. biscotti.

“Ma certo!” La ragazza si chiese come fece a non pensarci prima: fra quel crogiolo di fragranze poco invitanti vi era il flebile profumo dei biscotti alla Delice, che solo ad Alfea sapevano fare. Quindi, senza ponderare oltre, proseguì lungo quel percorso.

Come un leone preso dall'inseguimento di una gazzella scattò verso la meta intuita, non esitando a darsi la possibilità di aver ripensamenti.

Quella potente fragranza si fece man mano più forte, finché non si trovò davanti ad una porticina alta più o meno un metro. Era fatta di legno di scarsa qualità, sembrava addirittura una poltiglia di avanzi triturati ed assimilati in un'unica tavola liscia. Provò a spingere e a tirare senza successo, pareva seriamente incollata al muro ma, senza farsi prendere dal panico strisciò il rettangolo di legno verso l'alto e, fortunatamente si accorse di aver semplicemente iniziato col piede sbagliato.

Slittando sotto di essa sdraiata a pancia in giù, si chiuse il passaggio di quella specie di botola alle spalle e, nonostante si sentisse sollevata di aver trovato una strada abbastanza logica, al contempo rabbrividì a causa del contatto con il materiale freddo che le stava toccando il basso ventre leggermente scoperto: era acciaio e, in quell'attimo realizzò di trovarsi proprio nel condotto dell'aria.

«Ma che diamine?!» Si lasciò sfuggire bisbigliando fra i denti.

Fortunatamente in quel momento non doveva più scegliere fra bivi identici o porte in metallo prezioso, anche se ammise a sé stessa che avrebbe barattato quel claustrofobico abitacolo con qualsiasi altro posto un po' più spazioso.

Musa era una ragazza a cui piaceva cantare, ballare e muoversi in posti ampi, per non parlare del suo carattere mordace che le permetteva di non dover mai scegliere fra delle opzioni prestabilite da altri. Quel quadrangolare tubo metallico era la rappresentazione allegorica della sua situazione: costretta, soffocata, intrappolata senza alcuna scelta.

Strisciando il più silenziosamente possibile, cercò di spingersi verso una possibile uscita. Facendo troppa leva con le braccia permise al pendente di scivolare veementemente all'esterno della sua manica a campana, per poi procedere fino a un punto che la ex fata faticò a scorgere con la vista, udendo un botto, come se si trattasse di un tonfo.

«E ti pareva!» Sbuffò sarcasticamente la ragazza avendo realizzato all'istante ciò che accadde.

Non importandosi più così eccessivamente del rumore che avrebbe potuto causare, strisciò violentemente verso la via d'uscita il più rapidamente possibile, pregando che l'oggetto magico non finisse in mani sbagliate, o semplicemente in altre mani.

Nella speranza di cadere in piedi, la ragazza si voltò supina, dandosi poi la spinta decisiva per far passare il suo esile corpo attraverso il canale comunicante con l'esterno. Il tonfo fu assai rumoroso e, dopo essersi tolta le calze per non lasciare impronte sulla moquette e aver riottenuto quella bizzarra collana, prese a fuggire in cerca di nascondiglio.

Il pesante velluto rosso che oscurava le finestre e le porte in vetro verdazzurro le fecero capire a prima vista che si trovava in un dormitorio studentesco, fortunatamente.

«Che cos'è stato?» Sentì mormorare da una voce familiare alle sue spalle.

Con il sangue che le ribolliva nelle vene, riiniziò a scappare, eclissandosi dietro una di quelle lunghe tende che sarebbero state capaci di coprire un esercito intero.

«C'è nessuno?» Ripeté quella voce.

In quel momento percepì il nervoso accarezzarle macabramente la pelle, le tempie pulsare a causa di tutto il sangue che le stava pompando il cuore; rimase in apnea, perché sapeva già che se avesse preso a respirare sarebbe andata in iperventilazione.

«Qui non c'è nessuno, non più almeno. -Disse insospettita quella voce come se stesse parlando con qualcuno- Vieni Stella, andiamo ad avvertire Faragonda.»

In quel momento Musa percepì un certo fastidio nei confronti di Bloom. Perché doveva essere così saccente? Perché tutto quello che succedeva doveva andarlo a riferire alla Preside?! In quel momento non le parve niente di meno che una leccapiedi.

Facendo filtrare il suo sguardo nel minuscolo spazio tra una tenda e l'altra, realizzò che se ne erano andate; sperava solo fossero tutte insieme: un gruppo più grande si muove più lentamente e fa più rumore.

Con scatto felino sbucò fuori da quel nascondiglio e prese a correre come se un orco affamato la stesse inseguendo, fino a che -finalmente- giunse nel suo dormitorio.

Si chiuse la porta alle spalle, badando a non fare troppo rumore, potendo tagliare la tensione con il coltello.

 

«Ragazze..» Le salutò una Faragonda in camicia da notte con sguardo e voce funesti, per poi raccontare loro quanto sapeva sull'accaduto, sentendosi praticamente costretta a rivelare il segreto della Biblioteca alle fate del Winx Club.

«Chi potrà mai essere stato?! -Si domandarono le cinque amiche- Ha provato ad individuare la traccia magica?!» Domandò Tecna.

«Ne ho sentita una, ma era molto debole, quasi impercettibile. Il ladro deve esser stato veramente molto furbo nel nascondersi, non riesco ad individuare nemmeno la natura di questa creatura. -Aggiunse la Direttrice avvicinandosi alla libreria magica- Inoltre Griselda è via da più di mezz'ora, mi sto preoccupando.»

«Possiamo entrare, se vuole.» Propose Bloom.

Spostando lo stesso libro dorato, la donna permise l'accesso alle ragazze che, in segno di difensiva, proseguirono con una sfera di plasma fra i palmi. Un urlo spezzò quel sottile filo di incerto silenzio.

«Chi è?» Domandò Bloom caricando ulteriormente il colpo, dirigendosi verso la provenienza di esso. Le cinque fate si posero sull'offensiva, senza avere la più pallida idea che a creare cotanto caos non era altro che Griselda, incastrata sotto una scaffalatura crollata.

«AIUTO!» Gridava ripetutamente. Era così strano per le ragazze vedere uno dei due pilastri più rigidi di Alfea così debole e vulnerabile.

Leggermente sollevate, le ragazze allentarono la tensione dei muscoli e ritirarono gli attacchi, mantenendo comunque i nervi saldi, ed elevarono i mobili ribaltati mediante la verde edera rigogliosa di Flora.

Dopo aver fatto un incantesimo alla Biblioteca, grazie al quale soltanto Faragonda poteva entrare, tranquillizzarono l'orgogliosa Ispettrice il cui sguardo era ancora vacuo e deluso. Dopo aver iniziato a sorseggiare un caldo infuso alla violetta che le aveva preparato Flora, prese a raccontare dettagliatamente l'accaduto sotto il suo punto di vista, accogliendolo come occasione per alleggerire il peso che percepiva in petto e tentare di snodare la fitta rete di dubbi che si era creata nella sua mente.

«...Lo giuro! -Gridò ad un certo punto- Non so chi sia stato a combinare quel macello! Ho provato a-a..» Tentò di proseguire incredula di ciò a cui aveva appena assistito.

«Non ti preoccupare. -La confortò Faragonda- Ho bloccato magicamente tutte le vie di entrata e di uscita; così, chiunque si trovi lì dentro rimarrà bloccato.

Ora andiamo tutti a dormire, che è tardi. Me ne occuperò io stessa domani con l'aiuto di Barbatea.» Salutò l'anziana signora congedandosi da tutti.

 

Intanto Musa era là, dietro il sottile vetro dell'ampia finestra ad ammirare lo scrosciare delle chiome degli alberi nella notte di Magix, con la stessa innocenza di una bambina la notte di Natale. Si girava quello strano ciondolo fra le mani, lo faceva dondolare guardandolo da ogni angolatura possibile. Era poco più grande di un palmo e abbastanza grossolano da poterlo afferrare con vigore; la forma era circolare, talmente perfetta da far impressione.

La ragazza fu incuriosita da tre fori distinti dell'oggetto, nei quali probabilmente una volta erano incastonate delle pietre: uno a forma di cerchio, uno a forma di cuore e l'altro a forma di stella.

Però, la cosa che più affascinò la ragazza era l'energia magica che emanava, la percepì con talmente tanto vigore che le pareva di reggere una Pixie fra le mani.

“Chissà che cos'è quest'oggetto.”

Soffocando uno sbadiglio nel palmo decise di coricarsi, era tardissimo e l'indomani sarebbe dovuta balzare giù dal letto in tempo per le lezioni.
Accoccolandosi fra le fresche lenzuola di lino, volse un ultimo sguardo a quel pendente argentato sotto la pallida luce della luna.

 

La sveglia suonò quella che una volta era la solita ora e, ad Alfea tutte le fate si svegliavano insieme a Selvafosca, che sin dai primi raggi mattutini si iniziava a colmare di cinguettii e colori di ali magiche.

«Mi mancava tutto questo...» Mugolò Musa stiracchiandosi davanti al vetro della finestra, emettendo un suono simile a quello delle fusa di un gatto. Anche se solo per un giorno era rimasta lontana da Magix, la sua atmosfera fiabesca la sorprendeva ed affascinava come se fosse la prima volta, e quell'alba serena la confortò quasi quanto un abbraccio dalla persona amata.

In quel momento nel suo cuore non vi era più quel caldo entusiasmo di qualche secondo prima e il suo viso mutò in un'espressione rigida, il solo pensiero di aver perso Riven per sempre le spezzava letteralmente il cuore.. O almeno il dolore che provava ogni volta che la sua mente sfiorava l'argomento pareva proprio quello.

Eppure voleva -doveva- farsi forza, ormai erano parte di due mondi diversi, letteralmente. Lei era lì di nuovo spinta soltanto dalla curiosità di vedere dove l'avrebbe portata quella signora, o meglio: il fantasma di quella che probabilmente una volta era una donna.

Perché la cercava? Perché l'aveva condotta di nuovo ad Alfea? Come faceva a sapere quel grosso segreto che, probabilmente, solo Faragonda e pochi altri condividevano? E.. A che serviva quel ciondolo?
Troppe domande annebbiavano la sua mente, ma quello che veramente l'angosciava era il fatto che a tutti quei quesiti, al momento non aveva nessuna risposta.

Per evitare di tardare alla sua prima lezione -dopo tanto tempo- iniziò a vestirsi rapidamente, per poi andare a fare colazione.. da sola.

 

Wizghiz stava introducendo l'utilità del potersi trasformare in una pianta carnivora e, man mano che scriveva la formula alla lavagna, Stella copiandola iniziò involontariamente a recitarla.

«AAAAH!» Gridò la bionda come se avesse appena visto un fantasma. Tutte le fate allarmate si girarono e, non notarono altro che un grosso vegetale con piccoli occhi e un grosso paio di labbra carnose di un forte rosa. Quando realizzarono la comicità della situazione, scoppiarono in una fragorosa risata; anche Musa soffocò un ghigno di simpatia e Tecna, che come al solito sapeva anche ciò che i professori non avevano ancora spiegato, recitò un contro-incantesimo facendo assumere all'amica le proprie sembianze originali. Sentì un leggero spiraglio di nostalgia accarezzarle il cuore; con le Winx era un classico impelagarsi in piccoli pasticci come quelli.

Un sospiro angosciato la fece sobbalzare dallo spavento, la disperazione che nutriva quel verso la fece impensierire fortemente.

«MUSA! MUSA!» Continuava a chiamare; pareva avere una forte necessità di lei, quasi disperata.

La ragazza si guardò intorno e, non notando nessun movimento anomalo, capì di avere l'esclusività su quel richiamo.

«Professore!» Gridò allarmata, cercando di sovrastare quei sospiri che stavano diventando fin troppo assillanti, guadagnandosi uno sguardo assai perplesso da parte delle presenti.

«S-Sì?» Ribatté attonito Wizghiz.

«Posso andare in bagno?» Domandò abbassando il tono in segno di vergogna. L'insegnante annuì in silenzio.

Non appena giunse fuori dall'aula prese a correre verso la sua stanza, ancora tormentata dalla voce sofferente di quella donna.

Quando si ritrovò con la porta alle spalle iniziò a parlare, sperando che lo spirito la stesse ascoltando.

«Non ho molto tempo!» Fu pragmatica la ragazza.

«Sono qui per spiegarti la funzione del Pendantix.» Si annunciò l'interlocutrice.

«Del.. Pendantix?» Domandò lei cercando una risposta che probabilmente già aveva intuito.

«Il ciondolo di cui sei entrata in possesso ieri sera. -Specificò- Esso sarà in grado di portarti ad essere di nuovo una fata!»

Alla notizia le labbra della ragazza si schiusero d'impulso in un ampio sorriso.

«Però.. -Si affrettò ad aggiungere in tono funereo- Dovrai affrontare tre prove, che serviranno a riconfermare i tuoi valori di fata. Avrai ventiquattro ore a disposizione per ognuna.»

«Altrimenti..?» Domandò preoccupata la ragazza, realizzando che -forse- non voleva veramente sapere tutti i dettagli.

«Altrimenti ti addormenterai nel sonno eterno. -Soffiò l'interlocutrice che parve non voler addirittura pensare a tale conseguenza- Quando deciderai quello che vorrai fare del tuo destino dovrai invocare le Ninfe.

Ora va, è tardi.» La congedò.

«Arrivederci.» Bisbigliò la ex fata, riprendendo la corsa per i corridoi verso la classe, sperando di non destare alcun sospetto; in quel momento le mancò esageratamente l'uso del teletrasporto.

«Eccomi.» Si annunciò una volta in laboratorio, con voce piccola e mascherando il fiatone. Tutti i presenti cercarono di nascondere la loro curiosità nei confronti dell'improvvisa uscita della compagna, senza però smettere di sollevare un fitto chiacchiericcio.

 

Quando la campanella suonò, Wizghiz continuava a spiegare le conseguenze degli incantesimi di trasfigurazione nella speranza di riuscire a terminare la lezione.

«Ehi ragazze! -Cercò di interrompere il flusso delle fate viandanti- Non ho ancora finito!»

Nonostante la sua insistente protesta e i suoi ammonimenti, il fiume di alunne proseguì verso la porta d'uscita. Anche Musa le seguì, ma con sguardo rammaricato si degnò di dargli l'arrivederci.

Giunta nel corridoio poté finalmente sfilare il cellulare dalla tasca dei jeans, c'erano numerosi SMS di suo padre che, estremamente preoccupato per l'incolumità della figlia le chiedeva in continuazione come stava e se il rientro a scuola era andato per il meglio.

Piegando le labbra in un tenero sorriso, la ragazza iniziò a digitare la risposta in maniera un po' goffa, con dei libri sotto una spalla e l'astuccio nell'altro incavo.

«Ahi!» Sentì nell'istante in cui percepì una botta e si ritrovò al suolo, aveva urtato un'altra ragazza e, alzando lo sguardo si accorse che non era una studentessa come le altre, ma la sua amica Aisha.

«Che sbadata! -Cercò di giustificarsi la Guardiana di Andros- Scusa!»

«Già.» Fu tutto quello che riuscì freddamente a commentare l'altra.

«Senti.. -Disse l'ex amica cercando di mascherare l'irritazione che iniziò a covare in quel momento- Quando ti va fatti sentire.» Si congedò con tono irritato e sarcastico nell'istante in cui finì di raccogliere il suo materiale. Anche se in quel momento fece prevalere la sua impulsività, la Fata dei Fluidi sentì il cuore come trafitto da una spada carica d'amarezza; le faceva male trattare così la sua compagna, ma l'orgoglio -ed i comportamenti della ex Guardiana di Melody- parevano non permetterle di agire altrimenti.

Anche Musa corrispondeva i sentimenti della fata, le si spezzava il cuore allo stesso modo trovandosi come costretta a comportarsi così, ma sapeva bene che ormai appartenevano a due mondi diversi e che fra loro non ci sarebbero stati più oggetti in comune all'infuori di argomenti come scuola e ragazzi. Anzi, non avrebbero avuto più in comune nemmeno il secondo dato che, per lo stesso amaro motivo aveva dovuto rompere con Riven. Non voleva apparire egoista, ma preferì dire addio a tutto, anche se sapeva benissimo che un amore così forte non l'avrebbe più provato per nessun altro e che non avrebbe più trovato delle amiche affiatate come sorelle.

Doveva essere forte per sé stessa e per non far soffrire più le sue amiche.. Ehm, ex amiche. Ovviamente voleva loro ancora bene e, proprio per questo avrebbe desiderato con tutto il cuore vegliare ancora su di loro da lontano.

Dopo aver fatto una breve tappa in sala da pranzo e aver mangiato quattro bocconi che lottavano contro il nodo che aveva in gola per arrivare allo stomaco, si rifugiò in quella fredda nuova stanza che proprio non le apparteneva. Forse stava veramente rappresentando la vita che la stava aspettando: ordinaria e discreta, con solo qualche freddo effetto indispensabile all'interno.

Non che la vita degli esseri non-magici fosse monotona, ma a diciott'anni ormai era troppo tardi per tornare indietro ed intraprendere un'altra carriera e la musica non pagava, troppe volte glielo aveva sbattuto in faccia suo padre. A quel proposito le tornò in mente quella scottante proposta: se avesse accettato avrebbe potuto rimettersi in gioco per tutto quello a cui aveva sempre aspirato. Eppure la morte la spaventava, era terrorizzata al solo pensiero che durante quei tre giorni le sarebbe potuto succedere di tutto: pene corporali, se non addirittura psicologiche.. e il fatto che lei -nonostante tutti i tentativi di nasconderlo- fosse molto sensibile non poteva non allontanarla da quella succulenta occasione.

«Che devo fare?» Sospirò esausta, dopo che i suoi pensieri lottarono in bilico su un filo di dubbi ed indecisione.

Dopo ore ed ore di meditazione sul letto credette di essere finalmente giunta ad una soluzione, però sentì come la necessità di chiedere un parere superiore, l'opinione di Nena. Sentiva che le doveva più attenzioni, percepiva un legame più forte di una semplice conoscenza ultraterrena; la donna riuscì a capire certi lati della ex fata, che persino lei in diciott'anni faticò ad accettare.. Com'era possibile?

Sperava solo di non arrecarle qualche pensiero negativo, non se lo meritava.

In quel momento fece riemergere il ciondolo per studiarlo un'altra volta: alla luce del sole aveva un'aria più armoniosa e non pareva più avvolto da quell'alone di mistero che si mescolava in maniera perfettamente omogenea al chiaro di luna. Sotto il tepore del giorno non sembrava altro che un vecchio pendente a cui erano cadute le gemme, un oggetto privo di valore.

Eppure quegli incavi non erano sicuramente lì per nulla: se tre erano le missioni da portare a termine, ogni giorno -se superato l'ostacolo- una pietra avrebbe colmato la lacuna.. Ma come dovevano essere conquistate?

L'unica certezza era che quello era un oggetto capace di grandi cose, percepiva la grande potenza che esso emanava, tanto che poteva quasi auto-convincersi di essere ancora una fata con quello al collo; amava la sensazione che gli dava, la faceva sentire così forte e positiva.

«Piccola.. -La chiamo una Voce a lei ormai familiare- Hai preso una decisione, lo sento.»

La ragazza al suono di quelle parole ingoiò a vuoto per poi prendere un profondo respiro.. Era davvero ciò che voleva?

«Lo faccio.» Rispose poi decisa, non poteva convivere con quel rimorso per tutta la vita, l'avrebbe uccisa a poco a poco.

«Ora non ti resta che invocare le Ninfe. -La informò lei- Però lo dovrai fare da sola.» La avvertì.

«O-Okay..» Balbettò l'altra intimorita.

«Ricordati che io sarò sempre con te.» Si congedò. Tutto ciò suonava proprio come un addio e, nonostante quelle parole potessero apparire così dolci, internamente Musa avvertì un forte sconforto.

Tirando un altro profondo respiro nel tentativo di espellere l'angoscia, pronunciò scandendo con precisione ogni sillaba:

«Ninfe, io vi invoco.»

Ad un tratto, tutto intorno a lei si cosparse di una forte luce bianca e dinnanzi alla ragazza si materializzarono tre signore dai lineamenti delicati, il naso alla francese e due occhi grandi, le cui iridi avevano lo stesso colore dei capelli e di una lunga tunica fluttuane fin sotto di loro: una rossa, una verde e l'altra gialla.

«Salve Musa di Melody. -Si annunciarono con voce calda- Abbiamo udito la tua invocazione tramite il Pendantix; non riesce a capitare nelle mani di molte fate, è un oggetto di estrema potenza.»

«L'ho percepito.» Rispose lei, rimanendo ammaliata dal fascino di quelle tre donne senza tempo- Voglio lottare per riottenere i miei poteri.»

«Lo sai che non si torna più indietro?» Tentò di dissuaderla la creatura dall'abito color del sole.

«Certamente.» Si limitò a rispondere lei, tentando di mostrare più sicurezza possibile, anche se internamente una morsa di paura le stava corrodendo lo stomaco.

«Perfetto. -Enunciò la donna dai capelli color passione- In nome delle più grandi potenze della Dimensione Magica ti annuncio che dal primo sospiro della giornata di domani il tuo destino dipenderà esclusivamente dalle prove a te assegnate. -La informò- E da te, ovviamente.» Aggiunse la Ninfa dal vestito verde, per poi sparire insieme alle altre in un avvolgente fascio di luce.

In quel momento la ex fata si sentì come se un enorme portone le si fosse chiuso alle spalle e lei non avesse più alcuna via di scampo; forse questo poteva significare che le si sarebbe presentata una nuova visione del mondo, magari drasticamente migliore.

 

La giornata passò fra un libro di magia e l'altro per le fate di Alfea e nelle arene per complicate ed estenuanti sessioni di allenamento per i giovani di Fonterossa.

Anche Riven, nonostante fosse il migliore ed il più ambizioso della scuola, era esausto e faticò nel non darlo a vedere durante l'ultima mezz'ora di lezione extra a cui decise di partecipare.

I giovani uomini lanciavano continue occhiate al cielo aspettando con impazienza l'imbrunire, nonché il momento in cui si sarebbero potuti finalmente rintanare nelle loro stanze.

Il combattente noto a tutti per la sua personalità introversa e ribelle si diresse verso la sua stanza con la fronte madida di sudore e le guance arrossate ed accaldate. Entrando nel bagno con un asciugamano sulle spalle si imbatté in un Brandon più rilassato e pulito.

«Ti ho visto oggi..» Gli fece notare lui con fare comprensivo.

«Mh?» Grugnì Riven in risposta non capendo a cosa si stesse riferendo, roteando poi il freddo sguardo verso il compagno di stanza.

«Ti stai sovraccaricando di lavoro per non pensare a lei, non è vero?» Quella dello scudiero di Eraklyon era più una domanda retorica che un semplice quesito. Anche se spesso non si mostravano molto cordiali l'uno con l'altro, si conoscevano come se fossero fratelli ormai.

«È che la Festa delle Scuole è imminente ed io non sono stato educato ed allenato a dovere su uno dei pianeti più agiati della Dimensione.» Sibilò sorpassando l'interlocutore dirigendosi verso il bagno ma, a quel punto, Brandon lo bloccò afferrandolo per il polso.

«Sai che c'è? -Lo ammonì- C'è che tu la ami.»

«Io non amo nessuno.» Scandì lui con voce graffiante.

«E invece sì. Tu la ami spudoratamente, ma non lo vuoi ammettere.
Sono anni che state insieme, ma tu non hai mai avuto la decenza di comportarti in maniera romantica con lei: mai un sacrificio, nemmeno uno stupido regalo. Non credere che lei stia ad aspettare te, l'ho vista anch'io quando ha lasciato Alfea l'altro giorno. Se solo tu l'avessi fermata lei sarebbe rimasta, capisci?!»

«Chi sei tu per blaterare su ciò che faccio o meno?! -Ringhiò- Il mio consulente di coppia?!» Lo canzonò con amarissimo sarcasmo.

«No, sono Brandon e sono tuo amico. -Rispose lo Specialista con calma disarmante- Svegliati Riven, anche un bambino capirebbe che ti stai sbagliando.. e di grosso!

I casi sono due: o che non conosci per niente quella che era la tua fidanzata o hai talmente tanta paura di un suo rifiuto che non hai mai visto l'ovvio.» Lo provocò con un ghigno di soddisfazione stampato in volto.

«Seh seh.. -Lo lagnò l'altro, come se stesse parlando con un folle ciarlatano- Ora, se permetti vado a lavarmi.» Sbuffò sorpassandolo con una certa non-calanche dal retrogusto dispregiativo.

Improvvisamente sentì un forte vuoto nello stomaco per poi trovarsi scaraventato contro il muro, le mani di Brandon lo tenevano saldo come un chiodo fissante un quadro alla parete.

«Fatti da parte. -Lo minacciò- Stai diventando irritante.»

«TIRA FUORI LE PALLE, RIVEN!» Gli gridò lo scudiero esausto delle parole prive di senso dell'amico, per poi lasciarlo andare con veemenza.

Lo Specialista entrò nel bagno con la stessa espressione rognosa di un gatto a cui era appena caduto un secchio d'acqua gelida addosso.

Brandon nell'altra stanza, si sdraiò sul letto con tranquillità disarmante; sapeva benissimo quale fosse il carattere di Riven e le sue risposte ciniche non gli facevano più alcun effetto.

 

Il sole era sceso già da ore ad Alfea e, la ex Guardiana di Melody stava fremendo dall'attesa per la prima prova. Per ammazzare il -a lei lungo- lasso di tempo, iniziò a suonare la chitarra, arpeggiando malinconici cromatismi.

Ad un certo punto, quando non vi era più alcuna idea nella sua mente, si lasciò cadere sul morbido materasso. Fissando il soffitto illuminato lievemente dalla dorata luce dell'atbajour, che con fioca sofficità accarezzava le pareti della stanza, fece un breve resoconto mentale della giornata.

Realizzò che quelli potevano essere anche i suoi ultimi momenti ad Alfea, non sapeva se e dove l'avrebbe portata quella missione e che cosa avrebbe riguardato.

Lanciando una fugace occhiata alla sveglia realizzò che mancavano all'incirca dieci minuti alla mezzanotte.

Pensò anche al fatto che era rimasta praticamente sola, forse Faragonda sarebbe potuta stare al suo fianco senza detestarla ma, dopo averle nascosto il furto compiuto la notte passata, sarebbe stata espulsa non appena l'avrebbe scoperto.

In un certo senso tutto ciò la eccitava: trovarsi tutta sola contro il mondo in controcorrente, in un'avventura rischiosa quanto affascinante. Forse stava rasentando la follia, ma l'adrenalina iniziò ad invaderle le vene correndole da capo a piedi alla velocità della luce.

Proprio qualche secondo dopo, il momento da lei tanto atteso arrivò: la stanza si illuminò di una fitta luce bianca e pura, era intensa ma non tanto da darle fastidio alla vista; anzi, la magia di quel momento splendeva sotto le sue iridi languide dal fascino che provava per quel susseguirsi improvviso di azioni.

Immediatamente si materializzò la Ninfa dalla tunica verde, che con un sorriso arcaico sulle labbra annunciò:

«La tua mano nella mia

più forza ci darà,

uno sguardo e vinceremo insieme.

Un'amica tu sarai,

solo un gesto e voleremo ancora.»

 

Dopodiché la creatura sparì, lasciando Musa lievemente spiazzata.

Dopo aver udito numerose parole a riguardo dei “grandi valori di una Fata” si aspettava di dover combattere contro mostri leggendari e troll, invece le era semplicemente stato chiesto di riappacificarsi con le Winx.

Con sollievo si addormentò, lasciando che il tempo volasse in soffici nuvole di sogni fino al successivo suonare della sveglia.

 

*****

 

La giornata iniziò con una certa vena positiva: Musa balzò dal letto al primo trillo di sveglia, ritrovandosi con più appetito del solito. Quella missione mortale le aveva già mandato un segno: forse non era poi così sbagliato tenere i contatti con le sue vecchie amiche.. con le quali avrebbe potuto condividere di nuovo tutto!

Con un sorriso spensierato la ragazza si diresse nella Sala Grande a servirsi un'abbondante colazione sul vassoio per poi dirigersi verso un tavolo speciale: quello a cui mangiavano le Winx.

«Ciao ragazze!» Le salutò con un caloroso sorriso. Tutte a quel punto interruppero il loro fitto chiacchiericcio girandosi verso di lei come se si trattasse di una sorpresa.. spiacevole.

Un paio di loro osarono sibilare un freddo e staccato «Ciao» come si stessero riferendo ad un appestato, o peggio: ad uno sconosciuto.
Nonostante ciò, la ex fata non si lasciò perdere d'animo comprendendo tutto quel distacco dopo come le aveva trattate, così decise di mostrar loro un'ulteriore intenzione di riappacificarsi.

«Come state?» Domandò lei poi, ignorando lo sterile saluto ricevuto poco prima, senza guadagnarsi nemmeno una risposta.

«Beh.. -Provò ad incalzare nuovamente- Che fate oggi?»

«Potremmo fare di tutto.. -Rispose Stella- ..Ma non con te!» Esclamò inacidita, per poi voltare il capo dall'altra parte in segno di rifiuto.

«Ascolta Musa.. -Intervenne Bloom con tono delicato, mostrando più tatto della fata degli Astri- Noi abbiamo cercato in tutti i modi di aiutarti e starti vicina, ma tu hai sempre respinto con disprezzo la mano che ti abbiamo teso e, come ben sai: il troppo stroppia! Noi ci siamo sempre preoccupate per te e l'unico modo in cui ci hai ripagate è stata la tua più totale noncuranza, l'ignoranza della nostra sofferenza per la tua. Ormai è troppo tardi.»

Non appena la ex fata udì quelle ultime quattro parole, il suo cuore si spezzò definitivamente in mille frantumi, lasciandola senza parole e con le lacrime che le pungevano le iridi minacciose di rigarle il volto, avrebbe seriamente potuto farci l'abitudine. Non riusciva a parlare, se solo avesse aperto bocca per tirare un sospiro non sarebbe riuscita più a tenere a freno il pianto che covava con un nodo alla gola, scoppiando in mille singhiozzi. Così, prima di sbilanciarsi eccessivamente e rendersi ridicola davanti a quelle che ormai erano delle estranee per lei, si volto e se ne andò veloce come una foglia trasportata dalla tempesta.

 

Nonostante le lezioni sarebbero iniziate a breve, Musa di entrare in classe con gli occhi gonfi e il naso rosso non ne aveva la minima voglia. Non se la sentiva per nulla di biascicare due bugie con le labbra ancora incerte e tremolanti per la forte crisi di pianto.

«Perché a me? Perché?!» Gridò in preda alla rabbia, coprendosi il viso con le mani e stropicciandosi gli occhi che continuavano a lacrimare.

“Basta! -Pensò la voce che urlava nei suoi pensieri- Ora faccio i miei bagagli e torno a casa! Al diavolo questa stupida prova per ritornare ad essere una fata.. A costo di morire domani! Spero di addormentarmi e non svegliarmi mai più!”

Era triste ed arrabbiata, nessuno era lì ad abbracciarla e a farle capire che non era sola. Certo, ci sarebbe stato suo padre, ma in quel momento si convinse fortemente che la sosteneva solo per prassi: in fin dei conti era la sua unica figlia, se non provasse affetto per lei sarebbe anomalo.

Ormai non si aspettava più nulla dal mondo, soltanto il sonno eterno, nonché unica via d'uscita per non soffrire più. Ma non sarebbe stata così vigliacca da suicidarsi, non poteva farlo per principio. Sua madre amava la vita, quella vita che le era stata strappata via troppo presto a causa di una malattia anomala; se lei fosse stata lì di sicuro l'avrebbe dissuasa da quei macabri pensieri.

Cercando di calmarsi apparentemente, la ragazza iniziò a cercare in una delle due valigie alla ricerca del libretto con gli orari della Diligenza Magica per Melody e, frugando qua e là, i suoi palmi incontrarono una busta che poco prima di partire decise di portare con sé, ormai era diventata il suo talismano.

Per Musa nel giorno dei suoi ventun anni” C'era scritto sopra, la scrittura era tremolante ma al contempo raffinata e decisa; era da parte di Wa-Nin, la scrisse il giorno prima di morire.

La ragazza non sapeva se sarebbe riuscita a sopravvivere entro la fine della giornata e, sedendosi sul letto decise di svelare il segreto che da tredici anni la incuriosiva così tanto. Non appena sfilò con avidità la lettera dalla busta, si accorse che sopra non vi era scritto nulla fuorché sei parole al centro del foglio:

 

Il tempo fugge, le occasioni no.”

 

La ragazza sbarrò gli occhi incredula di quanto pragmatica fosse stata sua madre, e forse anche un po' delusa.

Voltò il foglio nella speranza di trovarci su scritto qualcos'altro ma, con ulteriore sconforto, non vide altro che il bianco più totale.

La ruvida carta scrosciava fra i polpastrelli di Musa, presa a rigirarsi quel conciso messaggio perpetuamente fra le mani; non sapeva se sentirsi rincuorata per aver potuto avere un nuovo ricordo di sua madre o se provare del disappunto per non aver ricevuto lunghe dichiarazioni d'affetto come s'aspettava.

Eppure, se Wa-Nin le scrisse ciò in procinto di morte significava che era davvero importante.

«Il tempo fugge, ma le occasioni no.» Rilesse a bassa voce, assaporando ogni parola di quel breve periodo.

«No, non le lascerò fuggire!» Esclamò poi alzando il capo in segno di ripresa. Sua madre ci tenne a spronarla a non lasciarsi scivolare gli eventi addosso per nulla al mondo, l'inchiostro intriso con passione nella carta lo manifestava. Se quelle erano le ultime volontà della donna che l'aveva generata ed amata, allora non poteva non darle ascolto.

Così, infilandosi lo zaino in spalla ed asciugandosi le lacrime si avviò rapidamente verso il giardino della scuola per una lezione di Fauna Magica con ancora più tenacia di prima.

 

Non appena la ex fata della Musica alzò i tacchi e si diresse senza indugiare oltre nella sua stanza, le cinque ragazze del Winx Club non poterono non rimanere spiazzate.

«Ma guarda te.. -Si lamentò Stella- Quell'impertinente!»

«Non far finta che non ti faccia star male! -L'ammonì Bloom- In fin dei conti fino a poco tempo fa era nostra amica.»

«Ragazze, secondo me ci siete andate giù in maniera troppo pesante. Dopo tutti questi anni penso che almeno un'altra chance se la meriti.» Intervenne Flora ancora pensierosa.

«Il tuo ragionamento non fa una piega.» Sostenne Tecna di rimando alla Fata della Natura.

«Aisha, tu che ne pensi?» Deviò la Custode della Fiamma del Drago.

«Non vorreste saperlo.» Grugnì in tutta risposta, veramente convinta che se avesse espresso il suo acido pensiero le sue amiche se la sarebbero seriamente legata al dito.

«Nulla toglie che non si sia comportata da scorbutica. -Infierì la Fata degli Astri stizzita- Dopo tutto quello che abbiamo fatto per lei..»

«Okay, adesso basta! -Scattò Aisha, che da tempo covava visibilmente del rancore, per poi colpire il tavolo con un pugno- Stella, ma ti ascolti quando parli?! Fino all'altro giorno l'abbracciavi e la trattavi come se fosse tua sorella, oggi invece non sembra essere altro che la peggiore dei paria per te.

Certo, noi abbiamo fatto tanto per Musa, ma lei? Lei non ha dato i suoi poteri per salvare tutta la Dimensione Magica, noi incluse? Noi non potevamo aiutarla in quell'impresa, no vero?!

Scusala se dopo aver perso una parte di sé stessa fatica a riallacciare i rapporti con il Mondo! -Aggiunse con notevole sarcasmo- Ricordati che al mondo non esisti solo tu.» Ringhiò per poi voltarsi ed uscire dalla Sala Grande, lasciando le amiche decisamente di stucco.

 

Faragonda stava spiegando alle sue ragazze il modo in cui si poteva domare un Drago Selvatico senza alcuno strumento di addestramento.

«Non vi è il bisogno né di incantesimi, né di compromessi. Vi sconsiglio di attirarlo con delle succulente erbe o altri elementi, deve fidarsi di voi a prescindere.»

«Dobbiamo semplicemente essere gentili..» Mormorò Musa tra sé e sé alludendo anche a significati paralleli.

«Esatto!» Esclamò la Preside sorridendo con lo sguardo. L'altra arrossì leggermente nel momento in cui tutte le attenzioni della classe si fiondarono su di lei, non aveva nemmeno intenzione di farsi sentire dall'insegnante. Fortunatamente per lei, gli sguardi caddero immediatamente su Bloom che afferrò il messaggio.

«Sì, però la gentilezza deve essere spontanea, deve venire dal cuore. Non si può solo fare uso di quella creatura un paio di volte per poi lasciarlo abbandonato al suo destino.»

«Certo -Ribatté subito l'altra non curandosi più del fatto che qualcuno avrebbe potuto interessarsi eccessivamente lei- Anche il Drago potrebbe fare un passo avanti, non credi?»

A quel punto la Fata del Fuoco tacque definitivamente e, nel loro silenzio, le due ragazze lasciarono trasparire la tensione, rendendola quasi palpabile a tutti i presenti.

«Brave tutt'e due ragazze -Riprese le redini del discorso la Preside, avendo compreso la situazione- Lasciate che ora arrivi al cuore del discorso, spiegandovi come dare i comandi..»

L'ora passò e le fate si ritrovarono più interessate del solito; erano impressionate da come le creature mitologiche fossero così simili alle persone, tanto da prendere spunto dalle spiegazioni della Professoressa per proiettarle nei rapporti umani.

 

Guardando l'orologio che teneva nel taschino della camicia Faragonda annunciò la ricreazione e, dato che si trovavano nel cortile, era permesso trascorrere quei dieci minuti di pausa anche all'esterno.

Notando che le sue ex amiche si trovavano all'ombra di un salice, Musa percepì l'ennesima tentazione di avvicinarsi a loro crescere improvvisamente. L'unica cosa a bloccarla era il suo tremendo orgoglio: essere la prima a chiedere scusa già la metteva in difficoltà e, in proporzione, far cadere la maschera una seconda volta sarebbe stata una missione impossibile. Però, la sua mente tornò all'improvviso sulla profezia dettata dalle tre Ninfe, decidendo così di vivere quel giorno come se fosse stato l'ultimo. Per giunta, tirando un potente sospiro, mosse passi decisi e nervosi verso le cinque ragazze.

«Ciao.» Mormorò più sera e tentennante rispetto a qualche ora prima, lasciandosi sfuggire uno sguardo intimidito.

Bloom allora rispose: «Ciao Mu-»

«Ascolta -La interruppe la ex fata ancor prima che l'altra potesse terminare il saluto- Potrei non essermi comportata bene in questi giorni, ma sappi che sono stati veramente difficili.

Non ti capita tutti i giorni di svegliarti in un letto d'ospedale per poi sentirti dire che hai rischiato la vita e che i tuoi poteri sono spariti nel nulla, trovandoti costretta a dire addio alle tue migliori amiche ed al tuo fidanzato per paura di farli soffrire. -Ammise, sentendo una forte fitta al cuore nel solo pensare a Riven per l'ennesima volta- Perdonatemi se solo ora riesco ad ammettere a me stessa che senza di voi.. -Sospirò- ..Morirei.» Proferì, realizzando quanto amara fosse quella verità.

«Per me è okay, amica!» Esclamò d'impulso Aisha stringendo la mano della ex fata, come se non stesse aspettando altro.

«Anche per me!» Intervenne Flora, ponendo un palmo su quelli delle altre due.

«Logico che ci sto!» Saltò su Tecna, aggregandosi al gruppo.

In quel momento si fermarono tutte guardando le due fate più difficili del gruppo, ancora rabbuiate dall'incertezza. In quell'istante, forse involontariamente, Musa protese le sue iridi in uno sguardo profondo, quasi languido. Era silenziosa, ma con i suoi pozzi blu stava implorando aiuto a squarciagola agli ultimi due tasselli della sua felicità.

«Mmh.. -Mormorarono le due incerte- Parola di Winx!» Esclamarono per poi far stringere tutto il gruppo in un caloroso abbraccio.

«Winx Club!» Gridarono poi tutte all'unisono. Il cuore di Musa in quel momento scalpitava dalla gioia, sentiva che avrebbe potuto fare anche le capriole all'indietro dalla felicità; si rallegrò profondamente di aver già concluso la prima giornata di riconquista dei poteri.. e in un tempo notevolmente ridotto. La sua vita stava già migliorando, lo sentiva in cuor suo; sarebbe presto ritornata quella di prima: avrebbe potuto di nuovo aiutare i più deboli senza chiedere nulla in cambio, fuorché un sorriso.

«Bene. -Sorrise Flora con serenità- È da un po' che non chiacchieriamo! Come mai sei tornata ad Alfea, Musa? L'altro ieri sembrava che non ne volessi proprio sapere di rimanere!» Domandò senza nutrire alcuna malizia o incertezza nei confronti delle intenzioni dell'amica.

La ragazza sbiancò interiormente e, col cuore che riprese a martellarle in petto, mentì: «Sai, non è facile stare lontani da qui, ormai percepisco che la mia casa è questa. In più voglio proseguire gli studi teorici e magari, un giorno, trovare il modo di riottenere i miei poteri.»

«Scommetto che ce la farai, qui a Magix c'è la soluzione ad ogni problema..» La consolò con fare comprensivo Bloom, per poi abbracciarla. Anche se fino a qualche minuto prima aveva smesso di dimostrarglielo, ci teneva molto a Musa e le dispiaceva enormemente essersi comportata così freddamente con lei e, essendosene resa conto più tardi delle altre, non poté fare a meno di sentire un forte rimorso ribollirle nello stomaco.

Quando Faragonda mostrò la sua intenzione di tornare a spiegare, un sonoro sbuffo delle ragazze riempì l'aria; altre due ore di lezione erano insostenibili con la voglia di uscire e divertirsi con le amiche che scalpitava nel petto.

«Ragazze! -Le richiamò Stella mentre si stavano incamminando verso la Professoressa- Oggi pomeriggio ho bisogno di comprare nuove stoffe per i nostri vestiti da ballo. Vi va di andare a fare shopping?»

«Se proprio dobbiamo..» Sbuffò Tecna incrociando le braccia al petto.

«Che cosa avete contro un po' di moda?» Si lagnò la bionda, come se stesse parlando di un fatto inaudito.

«Sappiamo tutti come ti destreggi fra i negozi!» Esclamò Musa, provocando un'unanime risata.

«Dai ragazze! -Le richiamò con rimprovero Flora- Alle frivolezze penseremo dopo, ora si studia!»

 

Finalmente la Professoressa di Magicofisica, dopo una complicatissima lezione sulla levitazione dei metalli antichi, congedò le alunne lasciandole andare finalmente a pranzare. Le Winx erano in fibrillo, erano finalmente tutte unite e Stella, come al solito, non vedeva l'ora di andare a sperperare altri soldi nel suo shopping settimanale.

«Dunque.. -Mugugnò fra sé la Fata degli Astri mordicchiando la penna e guardando per aria- Ho bisogno di seta rosa per Flora, veli azzurri per Bloom e.. -Pensò ad alta voce annotandosi tutto- OH MIO DIO! -Gridò quasi scempiata- Bisogna fare un vestito anche per te, Musa!»

La ragazza non poté non sentirsi in obbligo di ribattere: «Ma non c'è bis-»

«Niente ma! Non posso lasciarti andare in giro con quegli obbrobri di tre stagioni fa!» La interruppe subito. L'amica sospirò rassegnata e continuò a divorare il suo panino come se avesse trascorso mesi di digiuno.

 

*****

 

Il sole calante che dipingeva il cielo di un caldo e dolce arancione faceva da sfondo all'affannoso ritorno delle sei amiche dopo un pomeriggio di shopping intenso.. O meglio: di maratona dietro ai rapidissimi passi della Principessa di Solaria all'inseguimento dei saldi.

«Svegliati Stella, siamo arrivate.» La richiamò Bloom, notando che l'amica si era addormentata sul sedile come una bambina che aveva giocato troppo.

«Si mamma, arrivo..» Mormorò nel sonno, per poi stropicciarsi le palpebre e schiuderle a fatica.

«L'avevo detto io che tutto quel movimento sarebbe stato stremante.» Sbadigliò Flora.

 

Giunte nell'atrio della scuola le sei amiche si divisero per dirigersi nelle rispettive stanze.

«Ho bisogno di una doccia -Mormorò la ex fata accennando uno sbadiglio- Ci vediamo fra poco a cena!»

«Affermativo. -La congedò Tecna- Che ne pensi di tornare nella nostra stanza?»

«Certo! -Rispose Musa che, per la sicurezza del suo segreto, non le parve tanto invitante quell'invito- Domani mattina chiederò alla Segreteria se sarà possibile effettuare il cambio.»

 

Dopo essersi finalmente rilassata sotto la fitta corrente della doccia, la ragazza, con ancora l'accappatoio addosso, si sdraiò a peso morto sul letto per qualche minuto, rivolgendo lo sguardo in un punto indefinito sul soffitto. Ricordandosene, riesumò dallo scomparto nascosto del suo zaino il Pendantix ma, sorprendentemente, notò che non vi era incastonata nessuna pietra. Scosse accanto al suo orecchio il ciondolo come se fosse difettoso, sperando di trovare una soluzione.

«Ma che succede?!» Mormorò fra sé; in un certo senso stava invocando un aiuto esterno ormai di sua conoscenza, anche se internamente non si aspettava più di ricevere.

«Hai bisogno?» Intervenne una Voce, proprio quella che avrebbe voluto sentire.

«Sei tornata?!» Domandò la ragazza con gli occhi illuminati dalla sorpresa.

«Non ho molto tempo. -Fu pragmatica lei- Non hai ancora portato a termine la tua missione odierna, noto..»

«Ma come?!» Ribatté immediatamente la ex fata incredula.

«Se non c'è nessuna gemma sul Pendantix significa che devi ancora esaudire il primo incarico.» Spiegò con chiarezza formale il Fantasma.

«Ma come?! -Ripeté la ragazza dai capelli blu ancor più esterrefatta- Mi sono riappacificata con le Winx e ci ho passato l'intera giornata!» Si lagnò con una vena di rassegnazione nel timbro.

«Piccola, percepisco la tua richiesta d'aiuto.. -Sospirò lo Spirito- ..Ma non posso svelarti il fine della missione, non posso influire sul tuo cuore.»

«Ma.. -Bofonchiò l'altra- ..Accidenti!» Ringhiò esasperata.

«Ho già parlato troppo. Ci sentiamo presto, mia giovane donna.» Si congedò Nena.

«Bah, continuando così ci incontreremo direttamente.» Borbottò sarcastica fra sé e sé la ex fata.

E ora? Che ne sarebbe stato di lei?

Si pose quella domanda proprio come la fine della giornata passata, e quella prima ancora; l'unica piccola differenza era che la profezia mortale sarebbe diventata realtà. In quel momento non sapeva nemmeno come comportarsi con le Winx che l'aspettavano ignare nella Sala Grande; avrebbero capito al volo che qualcosa dentro di lei era cambiato, e Musa per proteggerle un'altra volta avrebbe dovuto mentire... di nuovo.

Spazio autrice:
E rieccoci con un nuovo capitolo!
L'ho pubblicato oggi con un clamoroso giorno d'anticipo, dato che mi ero stancata di rileggerlo ponendomi mille problemi della serie "Andrà bene o no?"
Sì, lo so forse è un po' lunghino, ma per lo meno vi terrò impegnati fino al prossimo appuntamento: lunedì 16.
Accidenti, pensare che oggi siamo già a giugno un po' mi spaventa; il tempo sta correndo, forse fin troppo.. E poi c'è da dire che sto sperando che la verifica di diritto sia andata bene, pregate per me.
Voi quest'estate che cosa farete? Lavorerete, vi segregherete in casa per la Maturità o ve la passerete spaparanzati al mare? Io purtroppo -o per fortuna- sto sentendo con un albergo per un lavoro, spero vivamente mi facciano fare degli orari umani, anche se un po' mi rattrista non poter dare finalmente gli esami (sono stata bocciata due anni fa).
Okay, scusate l'O.T., ma a volte mi piace condividere i miei pensieri con i lettori.. In fin dei conti voi fate lo stesso!
Un bacione -in alternativa del solito abbraccio-,
Daphne09

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Capitolo 5
*** L'hai lasciata andare ***


Brano idoneo al capitolo:
You see her when you close your eyes,
maybe one day you'll understand why
everything you touch all it dies.
'Cause you only need the light when it's burning low,
only miss the sun when it starts to snow,
only know you love her when you let her go.
Only know you've been high when ya're feeling low,
only hate the road when you're missing home,
only know you love her when you let her go, and you let her go.

clicca qui: https://www.youtube.com/watch?v=RBumgq5yVrA
 

5. L'hai lasciata andare

 

A cena Musa si sforzò di essere spontanea ma, nonostante la sua loquacità, le Winx intuirono che qualcosa non era al proprio posto e, alle loro ripetute domande lei riuscì a giustificarsi dicendo che si sentiva semplicemente stanca, anche se in cuor suo comprese che le cinque amiche non avevano affatto mangiato la foglia.

Per evitare di inscenare ulteriori incredibili recite, Musa si congedò presto, imprigionandosi nella sua camera alla ricerca di ispirazione per fare un ultimo saluto alle sue care amiche.

 

Seduta sul letto, con la testa fra le mani reggeva la fronte, come se in quel modo avesse più probabilità di giungere ad una soluzione, convinta di essere ancora in gioco.

«Ma chi voglio prendere in giro..» Borbottò fra sé rassegnata. Ormai non le restava tanto tempo e, afferrando la penna, iniziò a imprimere sulla carta i primi pensieri che le balzarono per la mente.

 

Cari ragazzi, ma Cari per davvero,

mi dispiace trovarmi costretta ad indirizzarvi questa lettera, perché quando uno scrive significa che se ne deve andare. Probabilmente quando scarterete la busta, essa si troverà accanto al mio corpo ormai esanime; sappiate che mi dispiace dovervi forzare a questo terribile spettacolo.

Non vi elencherò qui le cause del mio decesso, sarebbero troppo complicate e il poco tempo che mi resta desidero impiegarlo nel cercare di dimostrarvi quanto vi voglio bene per un'ultima volta.

Non potrò mai dimenticare tutte le avventure -e disavventure- passate insieme, le risate e soprattutto i pianti; siamo state l'uno il pilastro dell'altro e probabilmente è per questo che siamo diventati così forti, talmente da riuscire a conseguire tutti i nostri sogni al massimo delle nostre aspettative, apparendo ironicamente invincibili.

Forse è proprio per questo che me ne devo andare: si dice che ognuno di noi abbia una missione in questa esistenza terrena, e quando essa sarà giunta al termine allora, in un modo o nell'altro, ci richiamano alle nostre origini. Mi dispiace di essere 'riuscita' in tutto ciò troppo presto, avrei desiderato con tutte le forze continuare questa vita con voi, spalleggiandovi in ogni cosa.. come abbiamo sempre fatto.

Anche se non mi vedrete sappiate che ci sarò, rimarrò con voi anche quando il vostro cuore sarà talmente freddo da non provare più alcuna emozione: troverò un modo per scaldarvelo.

Non mi dimenticherò mai di voi, Amici.

Un abbraccio,

Musa

 

Una lacrima malinconica attraversò fulminea il viso della ex fata nel momento in cui sigillò definitivamente la busta intestandola a “Winx e Specialisti”, lasciando che il liquido salato quanto amaro si intingesse nella carta, diventando un tutt'uno con essa. Asciugandosi la gota, decise di spendere quelle che si rivelarono le ultime ore della sua vita facendo ciò che amava di più: cantare.

 

«Il peggio è ormai lontano,

e noi possiamo ancora respirare,

voglio stringerti e assorbire

il tuo dolore.»*

 

Armonizzò quelle parole in tonalità acute, cupe e fredde, non riuscendo a non rappresentare la propria malinconia. In quel momento percepì un vuoto abisso nel petto che poteva essere colmato solo da una persona, l'unica che avesse mai adorato più di chiunque altro: quel ragazzo difficile che credeva sarebbe diventato l'uomo della sua vita prima o poi, e che la accettò nonostante tutti i difetti. Non voleva scomparire senza dedicargli alcune delle sue ultime azioni. Spesso la sua mente volgeva a lui, immaginandosi le sue braccia avvolgerla ogni volta che si addormentava o le sue labbra poggiarsi sulle sue tempie quando era nervosa.

 

Ciao Tesoro,

a dire il vero non ti ho mai chiamato così, ma oggi ne approfitterò per farlo.

Con questo misero pezzo di carta intriso di lacrime e amarezza volevo salutarti, dandoti le uniche cose che ormai mi appartengono realmente: i miei pensieri.

Non c'è un momento in cui la mia mente non volga a te, sei in ogni cosa che faccio o che dico.

Quando mangio una pizza non posso dimenticare che è anche il tuo piatto preferito, quando canto non riesco a non dedicarti ogni singola nota, quando mi siedo sul letto non avrei mai intenzione di cancellare tutti i momenti di passione che abbiamo intriso nelle lenzuola e, soprattutto, ogni volta che respiro non posso negare più nemmeno a me stessa che vivo per te.

Potrà sembrarti una lagna sdolcinata, lo so, me lo ricordi ogni volta che ti dico qualche parola carina, ma come faccio a non sorridere ogni volta che fai il ragazzaccio?
So che sotto tutta quella scorza d'introversione si annida un bambino che si diverte ancora con i videogiochi, a cui piace cantare a squarciagola senza preoccuparsi di essere stonato e che ama sorridere.

Sento il cuore pian piano spezzarsi nel realizzare di doverti lasciare veramente, nel sapere di non potermi mai più gustare le tue dita arricciarmi i capelli, i tuoi abbracci, i tuoi baci. Non riesco a pensare ad un'altra donna che sarà capace di amarti, forse più di me, e che tu ricambierai; se in quei momenti ti fossi accanto, giuro, non riuscirei ad essere felice per te.

Addio Tesoro,

Tua Musa

 

*****

 

Era notte ormai, la sveglia segnava le 23:00 e, insonne, la ragazza si stava girando e rigirando tra le lenzuola con un pesante groppo sullo stomaco.

La sua mente continuava a riempirsi di domande e paure, temeva di soffrire. Eppure, il suo cuore le conferì una preoccupazione maggiore: il rimorso di aver sottovalutato le sue amiche ed i momenti passati con loro.

Un'infinità di attimi si proiettarono nella sua mente e, con un nodo che le stringeva un grido in gola, decise di voler passare gli ultimi attimi della sua vita con chi l'aveva sempre sostenuta; glielo doveva.


Bussò ad una porta alla quale fino a qualche giorno prima era affisso il suo nome, ma nessuno aprì. Si ricordò che le ragazze erano solite a nascondere una chiave di scorta nella terra di una pianta a lato dell'entrata e, con leggero sollievo la trovò. Dopo aver silenziosamente effettuato l'accesso, si trovò davanti a quattro porte e poteva varcarne solo una e, senza dubbio, scelse quella all'estrema destra. Quando la aprì, si trovò davanti un' Aisha esausta e dormiente. Morfeo la cullava dolcemente fra le sue braccia; era così rilassata e vulnerabile che le sarebbe dispiaciuto svegliarla.
La bocca semiaperta sorrideva e in un palmo aperto accanto al suo naso reggeva Piff che, involontariamente, stava imitando la sua posizione.
Per non svegliarla si sdraiò accanto a lei e le poggiò delicatamente il braccio sull'incavo della vita.

«Mi mancherai.» Le bisbigliò.

Aprendo istintivamente gli occhi, l'amica riconobbe immediatamente la voce della compagna.

«Perché? Dove vai?» Domandò con un velo di preoccupazione nella voce impastata dal sonno.

«Lo sai mantenere un segreto?» Le chiese Musa guardando l'orologio e accorgendosi che mancavano solo venti minuti alla mezzanotte, alla fine.

«Certo.» Rispose con naturalezza la fata, spostandosi verso di lei e -di conseguenza- facendo muovere anche la Pixie.

 

Raccontando tutto ciò che l'assillava, alla ragazza si sciolse quel grosso nodo che le si stava stringendo sempre più in gola, che quasi non la permetteva più di respirare.

«E q-quindi? -Rabbrividì la Guardiana di Andros alla fine del racconto. Le strinse forte la mano, come per accertarsi che quello non fosse uno dei suoi incubi- Quanto tempo ci rimane?»

«Dieci minuti.» Rispose l'altra guardando freddamente l'orologio.

Aisha in quell'istante iniziò istintivamente a piangere. Non poteva crederci, non riusciva ad immaginare quel mondo senza la sua amica; finalmente aveva trovato una persona che la capiva al volo, con la quale condividere a pieno le proprie passioni e, senza nemmeno potersela godere, il Fato già se la voleva portare con sé.

«Mi mancherai.» Soffiò fra i singhiozzi.

Musa, senza dire nulla, la strinse, cercando di reprimere tutto il suo risentimento per quella situazione con le azioni, con quei gesti che avrebbe dovuto compiere quando ne aveva l'opportunità, non solo in quel momento; nei suoi ultimi minuti di vita.

“Se solo fossi stata una buona amica -Continuò a pensare, tormentandosi psicologicamente- Se solo avessi aperto prima il mio cuore ora lei non soffrirebbe così.”

Senza parlare trascorsero quegli ultimi attimi avvolte l'una nelle braccia dell'altra; il loro era l'amore reciproco di due sorelle. Aisha, che di solito vestiva il ruolo della maggiore, della più forte, quella volta nascondeva le lacrime nell'incavo del collo di Musa, incaricata di consolarla della sua stessa morte.

«Sai che ti dico, amica?» Interruppe il silenzio la ex fata.

«Cosa?» Singhiozzò l'altra cercando di assumere un'aria più composta, di modo che la ragazza potesse sentirsi più disinibita.

«Ricordati che l'importante non è la destinazione, ma il viaggio.
Credevo che la missione di oggi fosse di riappacificarmi con voi, che da sempre siete state le mie amiche. Eppure, l'unica cosa che avrei dovuto fare sarebbe stata aprire il mio cuore a sentimenti che ho sempre provato.

Non fraintendermi, non sto dicendo che non tenga a te e alle altre; anzi, per voi darei la vita e di più. È solo che non sono riuscita a cogliere il vero valore dell'amicizia, la vera bellezza della purezza dei sentimenti più primitivi e genuini nei confronti di una persona a cui vuoi bene. All'imparare a fregartene di quello che ti viene detto e di continuare fino all'infinito, se possibile, a tentare di dare tutto per coloro a cui hai già donato il tuo cuore.

Non commettere il mio stesso errore, apprezza tutto ciò che hai prima che sia troppo tardi. Guarda il mondo con il cuore, gli occhi ti permettono di percepirne soltanto l'apparenza.»

Improvvisamente la stanza si inondò di luce, che ne mostrò ogni angolo e, in quello stesso momento la ragazza si accorse che la fonte di cotanta luminosità era il Pendantix che, evidentemente, si era teletrasportato fino a lì, essendo legato da un vincolo magico con lei.

«Ci siamo..» Bisbigliò.

«No!» Gridò Aisha stringendola fra le braccia con forza sempre maggiore, come se stesse cercando di impedire che qualcuno gliela strappasse per portarsela via.

«Salve Musa.» Disse pacatamente la creatura dal vestito verde.

«Sono pronta.» Ribatté ferma; era consapevole di tutto ormai, ed era cosciente di dover cedere la propria anima come pegno di quel complicato contratto.

«In realtà desideravo annunziarti che la tua missione odierna è completata. Il tuo cuore ha degli occhi molto grandi e ben vedenti, riescono a percepire, catturare ed apprezzare tutto ciò che gli si trova davanti.» Soffiò con voce melodiosa.

«Cosa?! -Domandò senza fiato dalla sorpresa- Con tutto il rispetto Ninfa, ma non me lo merito! Ho catturato il vero significato di tutto ciò solo qualche attimo fa!» La contraddisse umilmente la ragazza.

«È molto nobile da parte tua. -Replicò la creatura- Ma la profezia prevede che anche se solo un secondo prima della mezzanotte si esaudirà la missione, essa sarà considerata compiuta.» Terminò, facendo apparire una pietra sferica del colore della speranza che, come il pezzo di un puzzle, si incastrò perfettamente nel foro dal diametro circolare.

All'udire quelle parole, nelle vene della ragazza iniziò a sgorgare una gioia euforica che da tempo ormai non provava; calamitosamente si sentì impossibilitata nello stare ferma e, non appena la creatura sparì, iniziò a saltare con la sua amica, abbracciandosi allegramente.

Ad un certo punto, il Pendantix riapparve fra le mani della ex guardiana di Melody e, dopo poco, si illuminò di nuovo, ricoprendo nuovamente di una forte luce bianca tutti gli angoli della stanza e, proprio come la notte prima, una Ninfa apparve su di esso; era quella dalla tunica ed i capelli color passione. Non appena la sua proiezione fu nitida, prese a recitare:

 

«I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno,

essi sono altrove, molto più lontano della notte,

molto più in alto del giorno,

nell'abbagliante splendore del loro amore.»

 

Dopo aver distolto la sua voce dolce ed armoniosa dall'ambiente, sparì come nebbia nel vento.

«Riven..» Mugolò Musa d'impulso nel momento in cui il ciondolo le cadde sui palmi.

«Domani mattina ci penseremo -Bisbigliò Aisha, accarezzandole un braccio con vigore, in segno di incoraggiamento- Insieme.»

Sorridendo, l'amica si avvicinò alla porta per andarsene.

«Buonanotte. -Soffiò- E grazie.»

 

*****

 

La sveglia suonò ma Musa, in preda al sonno perso la notte da poco trascorsa, la spense.

«Datti una mossa!» Esclamò con grande potenza nel suo orecchio un timbro amichevolmente familiare.

«Papà, altri dieci minuti.» Farfugliò la ragazza con la voce roca dal sonno.

«Non c'è tempo!» Sbottò spingendola giù dal letto e correndo ad aprire le sue valige.

«Accidenti.. -Esordì quasi innervosita di nuovo quella voce che si rivelò essere di Aisha- Ma ce l'hai qualcosa di carino?!»
«Sai che sono una tipa molto.. Pratica.» Mormorò in risposta l'altra, grattandosi il capo cosparso di capelli annodati, confusa sulle intenzioni dell'amica.

«Trovato!» Esclamò affannata la fata dei Fluidi dopo aver sollevato la testa dal mare di vestiti nei suoi bagagli, selezionando un abitino rosso dall'orlo in pizzo blu. Notandolo, la ex fata apprezzò, provocando un'eruzione di nervi dell'amica.

«Che fai ancora qui?! -Esclamò con il fare rude di un personal trainer- Corri a lavarti, truccarti e sistemare quel cespuglio che hai in testa! Sai quanto Riven ami i tuoi capelli!»

La ragazza, un po' sorpresa e lievemente spaventata, scattò sull'attenti eseguendo gli ordini più scaltramente di una lepre.

 

In una manciata di minuti la ragazza si ritrovò vestita come se fosse dovuta andare ad un ballo. L'abito le metteva in risalto i fianchi stretti e gli stivaletti evidenziavano le sue toniche gambe snelle ma, il nastro in raso rosso che legava la setosa chioma blu in una coda di cavallo costituiva la ciliegina sulla torta, dandole un tocco di eleganza in più.

Guardando l'orologio si accorsero che erano in netto ritardo; infatti, quando attraversarono il corridoio, l'unica persona che incontrarono fu Griselda che le rimproverò imponendo loro di non correre.

Giunte nella Sala Grande, ingurgitarono frettolosamente una tazza di latte e cereali con la stessa foga di un orso affamato.

«Come mai tutto questo ritardo?» Domandò Tecna con aria inquisitoria guardando l'orologio.

«Caspita! -Intervenne Stella- Oggi sì che hai stile!»

«Grazie..» Ridacchiò la ex fata arrossendo con garbo.

«Vogliamo fare conquiste..!» Ammiccò in maniera provocante Bloom, con il suo solito intuito.

«Eh sì..» Ammise timidamente l'altra.

«Ma come mai? -Intervenne Flora avendo già capito a chi stava mirando l'amica- Non si è degnato nemmeno di dimostrarti i suoi sentimenti nei tuoi confronti!»

«Non importa, io so che mi vuole bene e, nonostante indossi sempre quella scorza rigida, nei suoi occhi vedo tutto ciò che non esprime a parole.» Disse fissando nel vuoto con sguardo languido e rapito. Il blu dei suoi occhi divenne profondo quasi quanto i suoi sentimenti per lui.

«Tu.. Lo ami!» Dedusse Flora, con voce dolcemente sorpresa.

«Io.. gli voglio bene!» Esclamò la ex fata ristabilendosi in posizione eretta.

«Dai! -Saltò su Stella- Non fare così che mi sembri Tecna!»

Fissandosi silenziosamente, le ragazze scoppiarono a ridere.

«Oggi devo fare un salto a Fonterossa per incontrare Sky.. -Mormorò Bloom con finta ingenuità- Ti va di aggregarti?»

«Se proprio devo..» Mugolò ironicamente Musa.

Aisha bisbigliò nell'orecchio dell'amica: «Non c'è tempo per aspettare la fine di oggi pomeriggio, sai quanto è testardo Riven. Potrebbe volerci più del previsto.»

In quel momento ella sobbalzò, tanto che il diametro della sua pupilla si ridusse a quello di una di testa di spillo.

«C'è qualcosa che non va?» Le domandarono le amiche.

«Se vi dovessero chiedere qualcosa a lezione dite che sto male.» Annunciò la ex Guardiana di Melody con non-calanche mentre si alzò frettolosamente dal tavolo.

«Che succede?» Chiesero nuovamente le altre.

«Non c'è tempo!» Si fece sfuggire Musa.

«Per cosa? Per Riven? -Cercò di chiarire Stella sempre più dubbiosa- Quanto sei impaziente! Hai una vita davanti!»

«È proprio questo il problema.» Mormorò Musa con fare colpevole.

«Che succede?!» Intervenne Bloom impulsivamente.

«Ecco.. È una storia lunga. -Mormorò- Aisha, glielo racconti tu?» Chiese congedandosi, lanciando la patata bollente nelle mani dell'amica.

 

Dopo che le Winx furono informate di quanto stava succedendo da Aisha, decisamente sconvolte e prese dalla foga per il corso delle azioni, rintracciarono Tune dal Villaggio delle Pixies e -contro la sua volontà- trasformarono le sue sembianze in quelle della fata con cui aveva stretto il bonding.

«Sappiate che esigo delle spiegazioni!» Squittì isterica nel momento in cui le Winx la segregarono in camera.

 

Nel frattempo Musa era alle prese con i numerosi sentieri nascosti di Magix, utilizzati da lei e le sue amiche negli anni passati per raggiungere segretamente Fonterossa, quando ancora non potevano usufruire del teletrasporto.

Ad un certo punto si ritrovò lungo un sentiero sterrato, dal quale si poteva ammirare lo spettacolo naturale della Palude di Melmamora in tutto il suo splendore.

Nel momento in cui notò alla sua destra un dirupo a ridosso di un ruscelletto, la ragazza capì che la strada che stava seguendo era quella giusta.

 

*****

 

Il Sole faceva capolino dietro a qualche nuvola primaverile, e il tepore del pomeriggio accarezzava la pelle dei ragazzi esposta da canottiere e magliette.

Il ruscelletto di Magix, quello il cui percorso terminava a Melmamora, splendeva godendo della stessa luce.

Quel pomeriggio la tiepida brezza primaverile portava con sé speranza e, le giovani fate di stare chiuse in camera a studiare non ne avevano voglia. Così, segretamente popolarono i posti più nascosti di foreste e paludi, dimostrando maggiori capacità nell'orientarsi; ironicamente, in maniera migliore che nelle esercitazioni di Palladium.

Due ragazzi, al contrario loro, non si appartarono all'ombra di una quercia a scambiarsi fugaci coccole e carezze, ma giacevano in luce, cantando a squarciagola vecchie canzoni che conoscevano, senza preoccuparsi né dell'intonazione né del tempo.

«Vedi che ti saresti divertito?» Ammiccò la fata, facendo la linguaccia al ragazzo che, spinto dal suo puntuale cinismo, inizialmente rifiutò il suo invito di passare il pomeriggio insieme. Egli infatti, in risposta mormorò qualcosa d'incomprensibile in segno di disappunto ma, internamente, l'interlocutrice ghignò soddisfatta capendo di aver ragione; nonostante la riservatezza e la scontrosità di lui, per lei era un libro aperto.

«Dunque -attirò l'attenzione della fata- Scommetto che non ce la farai a battermi!» La sfidò, saltando sul primo di una lunga fila di massi galleggianti sul rio che li fiancheggiava. Il suo volto era illuminato da una luce giovanile che quasi mai aveva, conferendogli l'aria del sedicenne spensierato che doveva essere.

Solo con quella ragazza succedeva, quella giovane che con la sua ingenuità lo aveva disarmato in poco tempo.

«Tu dici?!» Ghignò divertita lei, saltando sul masso accanto al suo; quel luogo sembrava fatto apposta per una gara, dato che al termine di un lungo rettilineo parallelo vi era una grossa pietra levigata che poteva costituirne il traguardo.

«Tre, due uno..» Contò lui.

«Via!» Gridò lei, dando inizio alla competizione. Tra di loro c'era complicità in tutto: negli scherzi, nelle dolcezze e -soprattutto- nei litigi.

Saltavano da un ostacolo all'altro alimentati dalla competitività reciproca.

Con la fronte sudata ed il fiatone arrivarono a destinazione, sarebbe stato l'ultimo salto e, in quella questione di parità, velocità e slancio sarebbero state decisive. I capelli blu della fata raccolti in due allegri codini, brillavano sotto la tiepida luce primaverile.

Avrebbe assolutamente voluto batterlo, adorava mostrarsi superiore a lui per non permettergli di guardarla con pochezza, come se fosse una bambina.

Eppure, a lui piaceva apparire come un maestro per lei, voleva che fosse la sua bambina, affinché la potesse proteggere e.. In fin dei conti amava anche vincere le sfide.

In seguito ad un rapido scambio di sguardi, riducendo gli occhi a due fessure e piegando le ginocchia, scattarono come molle verso l'obiettivo.

La fata atterrò e, senza avere il tempo di ghignare tra sé, avvertì che la sua pianta stava poggiando su qualcosa di instabile: era il piede dello Specialista. Spalancando le palpebre e riducendo le pupille a due teste di spillo, gesticolò animatamente cercando equilibrio. Il cuore le si fermò nel petto, finché non avvertì che la sua caduta era stata bloccata.

«Non riusciamo proprio a stabilire un vincitore, eh?!» Ammiccò lo Specialista con tono vellutato; non le aveva mai parlato così.

Arrossendo, la fata roteò lo sguardo dal punto in cui stava per cadere agli occhi del ragazzo, che ormai avevano preso l'intensità del metallo fuso. Gemette timidamente, notando che la stava mangiando letteralmente con gli occhi.

«Eh?» La sollecitò sorridendole, sempre con quel tono docile. Per quanto riguardava la forza fisica, lo Specialista sovrastava la ragazza, ma lo sguardo di Musa era più potente della frusta di un addomesticatore su un leone per lui.

D'altronde, lei gli insegnò a riconoscere il suono dei suoi passi quando arrivava, a considerare musica il suono della sua voce e beh, a ricordarsi dei suoi occhi quando guardava il cielo sereno della notte.

«Lo sai che sono io a batterti..» Squittì lei intimidita, non sembrando per nulla convinta della sua affermazione.

«Tu dici?» Grugnì lui, tenendo un tono brutalmente dolce.

Anche a Musa Riven faceva un effetto letale. La sua voce ruvida le faceva venire il capogiro ed il suo profumo la mandava in ecstasy; per non parlare di quando era schivo con lei, la faceva colmare di dubbi e al contempo di desiderio. Non glielo diceva mai e raramente glielo dimostrava, ma lui poteva leggerglielo negli occhi; non lo sapevano, ma l'uno era un libro aperto per l'altra.

In quel momento lo Specialista vide nei suoi occhi che lei aveva voglia di coronare il loro amore, voglia che le facesse provare finalmente l'emozione del primo bacio. Eppure, spinto dall'orgoglio, aveva paura di aver interpretato male, restando così a contemplarla in quella posizione, sapendo di averla in pugno. Per quanto riguardava i sentimenti, la fata si era sempre rivelata molto chiusa, non amava esprimerli in nessun caso -o quasi- proprio come Riven, ma per quella volta avrebbe fatto un'eccezione. Nel suo sguardo leggeva esitazione e.. timore, ma la testa -il cuore- di lei non si incentrò su nessuno di quel sentimenti, era sicura di ciò che provavano.

«Che aspetti?» Gli domandò sorridendo.

«A far cosa?» Domandò lui deluso, convinto che gli avrebbe chiesto di metterla in posizione eretta, e quindi di porre fine a quel piacevole contatto.

«A baciarmi, sciocco!»

Non fece in tempo a sorridere che lui sigillò le labbra sulle sue in un bacio casto e vellutato, tirando in piedi la ragazza su quella pietra in cui due persone ci sarebbero state soltanto se vicine.

 

*****

 

Anche se erano passati già due anni da quell'avvenimento, il ricordo nella mente della ragazza era fresco come se fosse successo il giorno prima. Erano così giovani e  -a modo loro- ingenui, ancora non sapevano nulla del loro complesso futuro. Infatti, vissero quel magico presente fino all'ultimo secondo, scoprendo a piccoli passi cosa fosse l'amore ed imparando a viverlo.

Eppure non si erano detti “ti amo”, mai; orgogliosi com'erano non ne avevano il coraggio.

Loro comunicavano con lo sguardo; il modo perfetto in cui quelle iridi viola si avvolgevano nel magico sguardo blu valeva più di mille lettere d'amore.

Lui aveva sofferto e lei lo capiva, comprese perché si nascondeva dietro a quella maschera di intolleranza e cinismo; da sempre Riven temeva di essere tradito.. di nuovo. La ragazza lo sapeva benissimo, anche se ne parlarono solo una volta, perché capiva che tutto ciò -anche se accaduto in tempi remoti- lo faceva soffrire, e lei non voleva vederlo star male. La sofferenza del suo ragazzo era anche la sua e se egli era felice, lei gioiva con lui, anche se negli ultimi tempi non passarono altro che dolori.

Musa si accorse di esser giunta alla fine del suo percorso quando sul sentiero iniziarono ad esserci masse di paglia che intralciavano l'apertura di una porticina in legno senza serratura.

La ragazza scansò con le mani tutta la sterpaglia che impediva il passaggio per poi accedere oltre quell'uscio, stando attenta a non pungersi con una scheggia.

Quella volta si sarebbe dovuta guardare le spalle da sola: si trovava nel pagliaio di Fonterossa, proprio dove giaceva uno dei Draghi col quale si facevano le esercitazioni durante il Giorno dei Reali. La ragazza rimase in religioso silenzio mentre muoveva timidi passi attraverso quelle copiose masse di erba secca che le punzecchiavano i polpacci e le cosce.

«Ahi!» Si lasciò sfuggire all'impatto con una punta particolarmente pungente. In quel medesimo momento la creatura che giaceva semidormiente grugnì svegliandosi, facendo immobilizzare la ragazza che tentò di trattenere il respiro, sperando che si calmasse e ritornasse nel suo sonno ma, nel momento esatto in cui roteò le sue grosse iridi verso la provenienza del rumore, per lei fu troppo tardi; era addestrato a repellere tutti gli sconosciuti, identificandoli soltanto come intrusi.

«Buono..» Lo richiamò invano la ragazza con voce tremante.

Questo non lo calmò affatto e anzi, la creatura si alzò sulle zampe posteriori, spiegando le ossute ali palmate. La sua pelle marroncina luccicava al contatto con gli spiragli di Sole che penetravano dai fori del tetto vecchio e diroccato.

Ponendosi i dorsi delle mani davanti al viso, temporeggiò nell'attesa di un'idea.

«Dai cara, pensa..» Intervenne una Voce che la ex fata percepì alle sue spalle. Ella cercò di concentrarsi ma, in quella situazione, non ebbe alcun successo.

«Dai.. -La spronò- Ieri che ha detto Faragonda?»

«Le erbe!» Scattò Musa correndo verso l'uscio situato al lato opposto dell'abitacolo, in cerca di piante fresche e commestibili. Le sue speranze vennero smorzate brutalmente nel momento in cui si accorse che all'esterno non vi era altro che terriccio secco e rimasugli di paglia.

«Ma questa è bella!» Esclamò con acido sarcasmo la ragazza, spinta dal nervoso.

«Tranquilla -La calmò la donna- Tu hai un potere..»

«Avevo.» La corresse.

«No, lo hai ancora e con esso potrai calmare questa creatura. Lo usi per anestetizzare anche le tue di irrequietudini.» Le lasciò intendere per poi andarsene.

«Nena! -Tentò di richiamarla dopo qualche secondo di silenzio- Accidenti! Te ne vai via sempre sul più bello..» Sbuffò rassegnata quando non ricevette più alcuna risposta.

Di solito per intontire o addormentare l'avversario utilizzava l'attacco di Brahms, che consentiva ai suoi palmi di indirizzare dolci note verso l'avversario.

«Ma come ho fatto a non pensarci prima!» Esclamò.

In quel momento iniziò a intonare un motivetto costituito da un melodioso accostamento di cinque note, per poi legarle ad uno uguale di chiave superiore. Quei suoni si sposarono perfettamente, tanto che in poco tempo gli animi di quel -apparentemente- irrequieto Drago si calmarono, i suoi timpani colsero quell'armonia con la stessa avarizia che si impiegherebbe nell'impossessarsi di gocce di pioggia dorata.

Soddisfatta del suo lavoro ed incerta sulla sua durata, prese a correre rapidamente lungo un altro stretto sentiero. Col fiatone si fermò a un bivio e respirando affannosamente, guardò intorno a sé in cerca di una soluzione; si ricordò che se avesse svoltato a destra sarebbe stata indirizzata direttamente all'entrata dell'accademia. Quella non sarebbe stata una scelta astuta, in quanto era risaputo che tutti gli ingressi erano rigorosamente controllati da degli ex alunni assolutamente inflessibili.

Solitamente quando andavano a far visita ai loro ragazzi, le fate non dovevano porsi nemmeno il problema di entrare in quella stalla; per lei sarebbe stato tutto nuovo da quel momento in poi.

Percorse un sentiero delineato grezzamente da erba secca, ma nel momento in cui si unificò ad un prato talmente verde da sembrare finto, si accorse di essere in uno dei cortiletti della scuola. Alzando lo sguardo si spaventò alla vista dell'alta distesa di mura e finestre che appartenevano ai dormitori. L'unico modo di entrare sarebbe stato quello arrampicarcisi.

«Gambe in spalla..» Sospirò tra sé e sé, prendendo la rincorsa per aggrapparsi sul cornicione delle finestre del primo piano. Fortunatamente erano squadrate, quindi il perimetro era avvolto da file di sporgenze cementificate e verniciate di fresco. Probabilmente non si preoccupavano di incursioni da parte di esseri non-magici, a costo di non esigere problemi di estetica. Effettivamente chi, nel corso della storia, volle introdursi nel college degli Specialisti, non lo fece sicuramente stando a penzoloni sulle finestre.

Sapeva che gli alunni erano sistemati in un piano in base al corso che frequentavano; secondo questa logica, Riven -frequentante il terzo anno- sarebbe dovuto essere situato al terzo piano.

Cautamente, per raggiungere la destinazione, fece leva con gli arti ritrovandosi in piedi sul cornicione su cui prima poggiava le mani. Tentò di fare lo stesso con la sporgenza sovrastante ma, un palmo sudato per l'adrenalina e lo sforzo scivolò, lasciandola dondolante nel vuoto dipendendo dalla presa dell'altro.

Represse un urlo che si trasformò in un gemito sordo, affinché nessuno la sentisse, cercando di mantenere calma e sangue freddo.

«Ce la puoi fare..» Le disse la solita Voce alle sue spalle.

La ragazza ringhiò facendosi forza per sollevarsi e tentare di riuscire nel suo intento; eppure, non ce la faceva a slanciarsi e le forze le stavano per venire definitivamente a meno.

«Non ci riesco..» Accennò affannata, col braccio reggente che iniziò a tremolare per la fatica.

«Mi spiace, ma per la giornata di oggi non potremo più vederci..» Disse Nena.
Da quel momento, la ragazza sentì che le energie tornarono, forse lo Spirito di quel fantasma le conferì le sue forze, ma decise di non spendere ulteriore tempo a pensarci, o almeno non in quella condizione dato che non conosceva la durata di quell'effetto sovrumano.

Senza emettere alcun verso, riuscì a salire sul cornicione decisivo e con sicurezza -ma altrettanta premura- proseguì a passo felpato fino al momento in cui non si ritrovò a perdere l'equilibrio in avanti.
Raddrizzando la schiena, si accorse con sollievo di aver incontrato una finestra aperta. Sfruttando il proprio coraggio ed ogni briciolo della straordinaria forza conferitale, aprì definitivamente l'anta, per poi aggrapparsi alla sporgenza cementifera sovrastante, dondolando per prendere slancio e lasciarsi cadere definitivamente all'interno della struttura. Atterrò scaricando tutta la potenza sulle piante che, per l'impatto semi-violento, le dolerono un poco.

Senza badare a tutto ciò, guardandosi rapidamente intorno, notò di essere nel corridoio del dormitorio, nonché meta assai gettonata per quanto riguardava il transito delle guardie. Proprio nell'intento di evitare l'incontro con quei rigidissimi supervisori, iniziò a camminare rapidamente quanto silenziosamente fino a che non incontrò una porta con due targhette sulle quali erano incisi nomi a lei non indifferenti: Brandon e Riven.

Spinse la maniglia e, come previsto, la porta era chiusa a chiave. In quel momento non ebbe alcun timore: il suo ex ragazzo le insegnò a scassinare ogni tipo di serratura con qualsiasi oggetto dotato di particolare sottigliezza.

Sfilandosi una forcina dalla setosa chioma blu, la inserì all'interno della serratura e, assicurandosi che non vi fosse nessuno attorno, cercò il punto su cui fare leva per sbloccare la chiusura. Era particolarmente rigida quella, sembrava quasi inviolabile e, proprio in quel cruciale istante, le sue orecchie parvero roteare come quelle di una tigre a caccia, catturando il rumore di rigidi e fermi passi: una guardia stava incombendo.

Con scatto felino fece girare mediante un movimento pratico delle dita quella quasi-inaccessibile serratura, correndo all'interno della stanza e chiudendo la porta con rapidità e forza adrenaliniche.

In quell'istante la guardia scattò e corse all'interno dell'abitacolo. Impugnò l'arma a lui disposta e, con sguardo vigile, scrutò sopra e sotto i mobili per trovare l'intruso.

«C'è nessuno?» Domandò l'uomo, portando il suo sguardo aguzzo in ogni angolo della stanza. Si abbassò per lanciare un'occhiata al suolo ma, forse la penombra dell'ambiente o la Sorte, gli impedirono di vedere la ragazza che, proprio sotto il letto, stava trattenendo un potente starnuto a causa della polvere.

«Mah..» Mormorò sospettoso il cavaliere, chiudendo la porta.
In quel momento la colpevole espirò tutta l'aria che da interminabili secondi stava trattenendo.

Da lì capì che sarebbe dovuta rimanere più muta di un pesce, dato che i dipendenti di Fonterossa non erano rinomati per la loro transigenza e.. la Fortuna non agisce due volte.

A passo felpato, ella si mosse per la stanza del ragazzo, che tanto bene conosceva. Sul comodino c'era una cornice in cui -una volta- vi era la foto dei due innamorati durante la sera del loro primo ballo ad Alfea. L'oggetto era rivoltato a faccia in giù su quel freddo tavolino e, prendendolo in mano, si accorse -come previsto- che il vetro che una volta proteggeva l'immagine, ora la forava, ridotto in schegge colme di rabbia e rancore.

In quell'istante iniziò a udire passi e voci interloquenti e, senza preoccuparsi di chi fossero, si nascose di nuovo sotto il letto. Attese minuti che le parvero un'eternità, ma nessuno sembrò essere minimamente interessato ad entrare nella stanza di Brandon e Riven. Guardando poi una tabella che i due ragazzi affissero al muro, si accorse che il suo ex ragazzo avrebbe fatto ritorno a mezzogiorno.
Notando che era passata soltanto una manciata di minuti dopo le nove, si rese conto che si sarebbe dovuta munire di sana pazienza.

 

La sveglia in quella stanza di Fonterossa segnava le 11:30 quando la ragazza si svegliò dal breve pisolino.

Stiracchiandosi si diresse verso il bagno e sobbalzò non appena si accorse che la coda di cavallo che prima era fluente e setosa, in quel momento era tutta ispida e annodata.

Senza farsi prendere dal panico come farebbe Stella, afferrò una spazzola che si trovava in un cassetto del bagno. Era quella di Riven, ne era sicura; poteva percepire il suo profumo invaderle le narici, lo conosceva ancor meglio del proprio. Si ricordava quando tornava da Fonterossa con la dolce sensazione dell'odore del suo dopobarba che le impregnava i vestiti. I suoi capelli sparsero nel vento il forte aroma d'uomo.

La ragazza da sempre ammise a sé stessa che la prima volta che incontrò lo Specialista fu catturata proprio dalla sua fragranza: un odore di mistero e introversione, che l'attrasse come un pezzo di ferro ad un magnete.

Tornò nella stanza per stirare con i palmi le grinze del copriletto sul quale si era addormentata qualche ora prima.

Le due brande, per problemi di spazio, erano sistemate 'a castello' e Brandon, dopo un agguerrito torneo a Sasso Carta Forbice contro un impavido Riven, riuscì ad aggiudicarsi l'ambìto letto superiore.

Il corpo della ragazza scattò nel sentire che la serratura iniziò ad aprirsi dall'esterno e, come se colpita da un incantesimo pietrificate, si immobilizzò in assenza di una reazione. Che avrebbe fatto? Che avrebbe detto? “Ciao, sono qui perché devo adempire ad una missione che ha a che fare con l'amore”?
Ovviamente la prima a venirle il mente fu l'opzione meno raccomandabile; già troppe persone sapevano del Pendantix e le voci potevano correre -anche involontariamente- fino alle orecchie di Faragonda.

Ma.. Quando glielo avrebbe rivelato? Le sarebbe rimasto al massimo un giorno per farlo. Avrebbe lasciato che lo scoprisse qualunque fosse l'esito della prova o glielo avrebbe detto il giorno stesso?

In quel momento non aveva sicuramente il tempo di ragionare su quell'argomento che -in confronto- era di poco conto. Notò che il soggetto dietro alla porta si trovò in difficoltà e, dai grugniti di disappunto poteva essere soltanto Riven. Per porre fine a quell'attesa che le stava facendo venire un infarto, aprì la porta mediante la serratura interna.

«Ma che..?» Mugugnò fra sé lo Specialista, un po' per la chiusura da dentro e in parte per chi gli aprì la porta.
«C-Ciao..» Balbettò lei, con lo sguardo talmente colpevole da parere un cane bastonato.

«Che vuoi?!» Ringhiò lui contraendo la mascella.

«Ecco io.. -Mormorò in cerca delle parole adatte- Scusa.» Fu solo in grado di dire.

L'altro sospirò rassegnato cercando una risposta, ma l'astio in lui ebbe la meglio.

«Vattene.» Le ordinò con il tono di chi già ne aveva abbastanza.

«Ma..» Tentò di contestare l'altra, senza però riuscir più a proferire parola. Le lacrime iniziarono ad affluire sotto le palpebre e un nodo familiare le si strinse sulla cima della gola, impedendole di parlare. Cercò di trattenere il pianto nervoso che conservava da quando l'aveva visto.
Tentò di trovare una conferma leggendo nel punto in cui era da sempre andata a colpo sicuro: nel suo sguardo. Eppure, gli occhi dello Specialista erano opacizzati dalla rabbia, che stava annebbiando ancor di più i suoi sentimenti e, di voglia di perdonarla non vi era nemmeno l'ombra.
Una lacrima le corse lungo il viso, ma la ragazza la represse subito con una goffa strisciata del palmo. Continuava a fissare lo sguardo di lui, tentando di mandargli un messaggio d'aiuto col suo, ma sembrava non demordere e rimanere sulle sue, non lasciando traspirare alcuna emozione; se per lei prima era un libro aperto, in quel momento si reputò analfabeta.

«Non funziona così con me! -Ringhiò lui, capendo le intenzioni dell'ex fata- Non più!»

«Lo sai che mi dispiace! Lo sai che non sto mentendo!» Ribatté l'altra, capendo quale fosse la più grande paura di lui.

«Non m'importa! Hai già avuto la tua occasione!» Esplose lui. Avrebbe voluto perdonarla, ma il timore di essere ingannato -o meglio- abbandonato ebbe di nuovo la meglio.

Musa non sapeva cosa dire, o almeno come non spiccicar parole equivoche.

«Ascolta Riven.. -Sospirò espellendo i nervi e temporeggiando- Io e te ne abbiamo passate tante insieme. Okay, ho sbagliato.. Ma chi non lo fa? Anche a te è successo in passato.»

«Sei venuta qui per accusarmi, ora?!» La interpellò con veemenza.

«Ma io..» Mugolò l'altra, cercando qualche tattica che l'avrebbe potuto disarmare ma, a quel punto, capì l'importanza della verità. Non era questione di ciondoli magici o di poteri, l'unica cosa che contava in quel momento sarebbe stata avere Riven al suo fianco, perché senza la persona amata la sua vita non avrebbe più avuto un senso.

«Io ti amo! -Esclamò con gli occhi colmi di lacrime- Ti amo va bene? Ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo. Amo il modo in cui cammini, in cui parli, adoro il tuo profumo.

Amo perfino il modo in cui stringi i pugni quando ti arrabbi e, soprattutto, come mi sorridi e come mi guardi quando facciamo la pace. Ti amo più dell'alba serena al mattino, più della cioccolata e perfino più della musica.

In questi giorni ho pensato a cosa mi mancava di più di Magix e ho realizzato che senza di te non posso stare! La mia giornata non avrebbe più senso se sapessi di non potermi più svegliare al tuo fianco, se la sera non posso pensare a te senza piangere prima di addormentarmi. L'ho sempre saputo, sin dalla prima volta che i nostri sguardi si sono sfiorati.» Le lacrime iniziarono a scendere irrefrenabili dal suo viso e -involontariamente- lo stava ancora implorando con lo sguardo. Non voleva perderlo, era ciò che di più caro aveva e nel momento in cui si mise a nudo per lui non seppe più che fare.

«..I mandorli erano in fiore..» Aggiunse lui rimembrando il loro primo incontro, facendo notare una voce più pacata, quasi pacifica al ricordo di quel momento. La ragazza capì subito a cosa si stava riferendo, si ricordava ogni secondo di quel momento.

«E noi stavamo facendo la prima escursione a Melmamora..» Continuò lei azzardando un timido sorriso.

«Ora vattene.» Ribatté lui con il tono duro che ebbe fino a poco prima, riponendosi in posizione eretta e -dunque- ricoprendosi di orgoglio e cinismo.

«Addio.» Squittì in un piccolo singhiozzo la ex fata, non riuscendo più a sopportare quella pesante situazione.

Chiudendo la porta iniziò a correre per quei dormitori non più così pericolosi, data la quantità di gente.

Riuscì di nuovo a raggiungere la stalla e, fortunatamente, il drago si ricordò bene di lei e la fece passare.

Correndo per quei sentieri, un lembo del vestito le si strappò tra i rovi e si accorse che i capelli erano sciolti realizzando di aver perso il nastro da qualche parte, ma non le importava più niente. Così truccata si autoreputò ridicola; credeva di essere minimamente affascinante, invece si era ritrovata ad implorare un minimo di affetto all'unico ragazzo che l'avesse mai notata.

Nel suo tragitto, fu costretta a fermarsi alla vista di una potente luce che si mischiava con quella naturale del Sole e, in quel momento, scorse il Pendantix scendere dal cielo.

«Complimenti ragazza. -La gratificò la Ninfa dal vestito rosso- Hai capito il vero significato dell'amore, il mettere a nudo i propri sentimenti la persona amata.»

«Ma se nemmeno mi vuole!» Esclamò lei cercando di ricomporsi.

«Ricordati che l'importante non la meta, ma il percorso!» Annunciò, per poi scomparire e lasciare la scena ad uno zaffiro a forma di cuore che si incastonò in uno dei fori ancora non occupati. In pochi secondi il Pendantix si dissolse, teletrasportandosi sin dal punto in cui era collocato prima.

Alla ragazza interessava ben poco di aver superato la prova giornaliera in quel momento; se Riven non poteva essere suo, nulla avrebbe più avuto un senso.. o quasi.

Non appena varcò le soglie di Alfea riprese a correre, salendo le scale e coprendosi il viso con un braccio, avvertendo altre lacrime che minacciavano di uscire.

«Che succede?!» Squittì una voce in un corpo identico a quello della sfortunata ragazza.

«Chi è?» Si allarmò l'altra sulla difensiva, ponendosi in posizione rigidamente eretta.

«Sono Tune. Le altre hanno escogitato una copertura.» Confessò.

«Forte.» Commentò l'altra, cercando di non far trasparire la propria amarezza.

«Vuoi dirmi che cos'è successo?» Le chiese disponibile, invitandola a sedersi accanto a lei sul letto.

«Dunque.. Sono soggetta ad una profezia.» Iniziò lei singhiozzando.

«Cosa?!» Saltò su l'altra preoccupata e pregandola di avere maggiori informazioni.

«Sai cos'è il Pendantix?» Le domandò, per evitare di raccontarle tutto, essendo cosciente del fatto che le Pixies conoscevano -ed utilizzavano- praticamente tutti gli oggetti magici.

«Oddio.. -Rabbrividì il clone della ex fata- Non mi dire che..»

«Sì. -La interruppe- Ma non è questo il problema.»

L'altra annuì con il capo invitandola a proseguire.

«Oggi ho affrontato la seconda prova, quella dell'amore..»

«Riven è un osso duro.. -Commentò l'altra- Ma non sta nel suo perdono la chiave della prova!»

«Lo so, infatti ho già ottenuto la seconda pietra, ma non è questo il punto.» Si lasciò capire, scoppiando nuovamente in lacrime.

«Su su.. -Tentò di consolarla- Hai ancora una vita davanti..»

«Tu dici?» Le domandò seriamente guardandola negli occhi, i suoi stessi occhi.

«Gliel'hai detto?!» Deviò la Pixie, non riferendosi al Pendantix.

L'altra si limitò ad annuire con il capo e ad asciugarsi le lacrime.
«Stai tranquilla. -La rassicurò Tune portandole due dita sotto il mento, facendole alzare la testa di modo che potesse guardarla fissa negli occhi. La cosa fece un po' impressione all'ex fata, dato che erano le sue stesse identiche iridi. Eppure si accorse ben presto della differenza: il suo sguardo era vacuo, mentre quello che si specchiava nelle sue lacrime era acceso, intenso e speranzoso, credeva in tutto ciò che vedeva: in Musa- Come dice Amore: la verità è la chiave di una relazione.» Le fece forza prendendole le mani, fermando definitivamente il fiume di lacrime che aveva inondato le sue gote sino a quel momento.

«Ora, se non ti dispiace, vorrei dormire.» La congedò con un flebile sorriso.
«Certo..» Si rese disponibile l'altra, con già un'idea in mente per tirarle su il morale.

Per l'altra, con gli occhi appesantiti dalle lacrime, non fu difficile crollare fra le braccia di Morfeo, che la cullò in un lungo e difficile sonno.

 

*****

 

«ACCIDENTI!» Ringhiò lo Specialista, non appena si accorse del guaio combinato, lasciando andare la ragazza a cui tanto teneva.

Tentò di ripercorrere i suoi passi fino a dove possibile. Lungo i corridoi trovò un nastro di raso rosso, proprio quello che teneva legata quella chioma color oceano. Non appena se lo portò sul palmo poté sentire un odore fortemente familiare invadergli le narici, quel profumo di vaniglia che gli trasmetteva solo bellissimi pensieri e ricordi.

 

*****

 

Al suo risveglio, la ragazza percepì su di sé una piacevole sensazione di tepore, poggiando i palmi lungo il suo corpo si accorse che qualcuno le aveva messo addosso una coperta. Stropicciandosi gli occhi impiastricciati di trucco -o di quel che ne rimaneva- spostò lo sguardo verso i piedi del letto, su cui percepì una netta pressione ed un calore maggiore, che poteva essere emanato soltanto da un corpo umano.

«Riven...» Mormorò con tono vaporoso.

«Riven!» Si corresse, assumendo un timbro più allarmato, quasi inacidito, coprendosi con il plaid fino al collo.

«Sì?» Mormorò lui sorridendole dolcemente.

«Che cosa c'è ora?» Sbuffò rassegnata, ricordando con amarezza i momenti da poco trascorsi.

«Scusa.» Ribatté conciso, ponendo il suo ruvido palmo sulla coperta, afferrandole sofficemente l'avambraccio. Conosceva il suo corpo meglio delle sue tasche e, anche sotto un grosso plaid, avrebbe saputo indicarne qualsiasi parte.

Nei suoi occhi vide una sensazione che raramente si lasciava sfuggire. Il freddo viola delle sue iridi si sciolse in un calore passionale, sembrava.. amore.

Da quella messa a nudo da parte dello Specialista, da quella dimostrazione di vulnerabilità, capì che non avrebbe esatto un no come risposta, ma la fata voleva pensare a quello che gli avrebbe detto. Aveva così tanti pensieri e sentimenti contrastanti fra loro e, essendo anche conciata come una stracciona, non si sentì in grado di proferir parola.

«Vado a farmi una doccia..» Rispose, alzandosi dal letto rigorosamente coperta dal plaid, cercando di non permettere al ragazzo di vedere in che stato fosse.

 

L'acqua correva pungente sulla pelle perlea della ragazza, ma allo stesso tempo la accarezzava con dolcezza, tenendola in un involucro protettivo, lavando via -oltre ai residui di mascara- ogni briciolo di orgoglio e senso di inibizione; sapeva cosa avrebbe dovuto rispondergli, lo aveva sempre saputo.
 

La folta chioma ondeggiava sotto i raggi calorosi di un potentissimo Phon ideato da Tecna; infatti, in pochi minuti i suoi capelli furono asciutti e lisci come al solito.

  *****


«Eccomi Riven..» Si annunciò passando dal bagno alla stanza; la sua voce era vellutata e quieta, i dolci sentimenti che provava nei suoi confronti ebbero il sopravvento.

«Eccoci.» Ribatté lui sorridendo, invitandola con una mano a sedersi accanto a lui sul letto.

I loro sguardi erano incatenati l'uno all'altro e già stavano comunicando; i loro cuori erano già appagati, ma le loro menti necessitavano di risposte vere, date da parole pronunciate, da dubbi finalmente chiariti.

All'udire del sordo bussare all'antica porta di legno, lo sguardo della ragazza roteò dalla provenienza di quel freddo suono; non sentì alcuna voce o schiamazzo proveniente dal corridoio, quindi non erano le Winx.

«Nasconditi!» Impartì allo Specialista che, come se stesse eseguendo gli ordini di Codatorta, scattò sotto il letto con prontezza eccellente.

«Sì?» Domandò la ex fata presentandosi sull'uscio.

«Signorina. -La richiamo una Griselda più seria del solito- In presidenza.»

«C-Certo.» Balbettò lei leggermente spiazzata. Che sarà successo?

Durante il breve tragitto per i corridoi, la ragazza colmò la sua mente di domande e di recenti ricordi delle sue ultime ore ad Alfea per capire che cosa potesse essere andato storto. Sapeva per certo che quando le alunne venivano richiamate con cotanta premura dalla Direttrice l'avevano combinata grossa.

L'unico evento ingiustificato realizzò essere l'assenza del Pendantix in quell'immenso rifugio argentato.


Nel frattempo Riven strisciò via da sotto quel letto troppo basso per la sua ampia stazza. Lo sguardo scivolò ai piedi del comodino e vi trovò due buste, una indirizzata a Winx e Specialisti e l'altra soltanto a lui.

Spinto dalla curiosità, aprì quella contrassegnata dal suo nome. Facendo scorrere lo sguardo lungo la fitta rete parole dal retrogusto agrodolce di quel messaggio, realizzò solo una cosa: l'avrebbe abbandonato, quella era una lettera d'addio. Ma perché?

Una forte rabbia salì di nuovo nell'animo del ragazzo, cancellando ogni intenzione di riappacificarsi con la ex fidanzata. Gli aveva mentito, non si meritava nulla.

 

Finalmente Musa arrivò al patibolo. La porta dell'ufficio della Preside era semiaperto, tipico di quando poteva ricevere persone. Griselda la spalancò del tutto, facendole strada verso la grande scrivania in legno dipinta da tinte sgargianti, dietro la quale giaceva la diretta interessata.

«Dunque..» Si annunciò Faragonda, passando dinnanzi alla grande finestra ed eclissando parte della vista sul cortile.

«Io vi lascio, Preside.» Si congedò l'Ispettrice con fare più neutro, ma comunque sospettoso.

Non appena udì il soffice scattare della porta, l'anziana signora aprì il discorso.

«So tutto.» Annunciò pragmaticamente con serietà ed una vena di delusione nel tono.

Musa si accorse che il suo ormai non era più un segreto; lei non era Arsenio Lupin e, men che meno, Faragonda non era stupida.

Ciò che la fece rabbrividire maggiormente fu il fatto che la malefatta sarebbe potuta costarle come minimo l'espulsione o, ancor peggio, uno stretto allontanamento da Alfea, come si isa per i criminali. Era in trappola.

Note:

* La canzone che Musa 'improvvisa' in realtà è la traduzione di Broken cantata da Seether ed Amy Lee, a parer mio pertinente al contesto.

Spazio autrice:
Ebbene eccoci qua nel pieno della storia, cari lettori.
Avete potuto constatare che l'attesa di due settimane è stata ripagata, l'essere restii nella stesura dei capitoli non è di certo la mia caratteristica principale!
Vi annuncio con immensa gioia che sono stata promossa e che quel -famoso- compito di diritto, di conseguenza, è andato bene. 
Ora lavoro, quindi l'attività di copiaggio dal mio quaderno delle fic è rallentata e, non avendo la garanzia di potervi fornire il prossimo episodio della serie privo di distrazioni e con un disegno guardabile entro due settimane, rimando il tutto a lunedì 7 luglio. Spero che tutta questa -odiosa- attesa non vi faccia spazientire; la prossima settimana avrò anche i parenti per casa, prendetevela con loro! 
Ci tengo a ringraziare Sabriel, Giulia, Goran e Tressa per la loro puntuale partecipazione, a volte penso che abbiano la lettura supersonica e- proprio a GiuliaAvril volevo dedicare questo capitolo (quasi) centralizzato sulla coppia MusaxRiven che in particolar modo ammira.
Scusate l'O.T., ma mi sono dimenticata di appuntarlo nello spazio autrice dell'altra mia storia: il prossimo capitolo de I migliori anni della nostra vita uscirà domani, proprio in vista della Notte prima degli esami 2014!
Un caloroso abbraccio a tutti (e con il freddo che fa ci vuole),
Daphne09

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Capitolo 6
*** Salto nel vuoto ***


Brano idoneo al capitolo:
Even if I come back, even if I die
Is there some idea to replace my life?
Like a father to impress
Like a mother's mourning dress
If you ever make a mess, I'll do anything for you

clicca qui: 
https://www.youtube.com/watch?v=59BRCOiQVKI
 


6. Salto nel vuoto

«Su cosa?» Ribatté la ex fata torturandosi nervosamente le mani.

«Non fare la finta tonta. Quella sera ho avvertito la tua traccia magica e, nonostante non ci avessi voluto credere, l'unica soluzione saresti potuta essere tu.» La disarmò Faragonda.

«Ecco, io..- Farfugliò nervosamente- Mi dispiace.» Si arrese poi.

«Come facevi a sapere del Rifugio?» Bisbigliò la donna, dimostrando preoccupazione per quel grande segreto.

«Ho avuto un sogno in cui mi sono state date le istruzioni. -Raccontò la ex fata; nessuno sapeva di Nena e non voleva gridarlo ai quattro venti, nemmeno se avesse scoperto chi fosse- Come ha fatto a rilevare la mia traccia magica? In teoria non dovrei più averne..»

«Tu sei nata fata e lo sei sempre stata; anche se ora non puoi più usufruire dei tuoi poteri rimani comunque un essere magico. Altrimenti ti spiegheresti perché la Barriera di Alfea non ti ha respinta? -Rispose l'anziana signora- Perché non mi hai detto nulla?» Le chiese con una vena di delusione nel timbro.

Quella domanda si rivelò impegnativa, tanto che per qualche secondo mise a tacere l'irrefrenabile loquacità dell'allieva.

«Perché... -Tentennò temporeggiando, cercando la sicurezza che in quel momento le mancava- Perché avevo ben intuito che fosse qualcosa di proibito. -Proseguì con voce ferma- Se le avessi dimostrato la mia conoscenza dell'esistenza del Pendantix lei avrebbe sicuramente cercato di oscurare qualsiasi informazione a riguardo e non mi avrebbe sicuramente permesso nemmeno di sfiorarlo.»

«Ma sai perché l'avrei fatto?» Esordì la donna con tono spigoloso ed ansioso.

«Lo so che si preoccupa per me, come se fossi sua figlia praticamente. -Rispose- Per questo la ringrazio perché per me è stata come la madre che per poco ho avuto.

So anche che, come un genitore, vuole il meglio per la sua creatura e, con il suo benevole istinto di protezione non avrebbe mai capito che la miglior cosa per me sarebbe stato affrontare queste tre prove. Ormai non sono più una bambina, tutte le esperienze vissute ad Alfea mi hanno fatta crescere e ho imparato a scegliere da sola.»

Alla donna, rapita dal discorso della sua apprendista, per lei ormai una fata -e donna- risoluta, si riempirono gli occhi di lacrime.

«Oh Musa! Sono così fiera di te!» Esclamò abbracciandola, riuscendo a domare la commozione. La ragazza ricambiò quella stretta, sentendo un forte tepore dentro di sé, proprio come quello durante gli scambi di affetto con suo padre.. e con Nena.

«A che punto sei arrivata con le missioni del Pendantix?» Domandò ponendosi eretta ed elegante come poco prima, la Direttrice.

«Oggi ho ottenuto la seconda pietra.» Rispose la ragazza.

«Dunque ti manca l'ultima prova.. -Mormorò fra se Faragonda, camminando irrequietamente intorno alla sua scrivania- Vediamoci qui dieci minuti prima della mezzanotte. Porta anche le Winx.» La congedò.

«Certo. -Rispose, facendo per andarsene- Preside?» La interpellò.

«Sì?»

«Ecco.. Non avrò una punizione? In fin dei conti ho effettuato l'accesso ad un'ala proib-»

«Al momento, la prova che dovrai affrontare durante la giornata di domani sarà un valido insegnamento.» Affermò con serietà.

«Grazie.» Ribatté Musa, lanciandole uno sguardo colmo di gratitudine non dovuta all'assenza di provvedimenti.

 

Sentendosi ancora più leggera, la ragazza camminava come se si trovasse su una nuvola. Certo, il fatto che la prova decisiva sarebbe stata “un'adeguata punizione” non era piacevole, ma il fatto che Faragonda le fece capire di non essere affatto sola la sollevò.

«Eccomi..» Si annunciò aprendo la porta, rilassandosi psico-fisicamente all'idea di dover affrontare una conversazione molto piacevole con Riven.

«Che cazzo è questo?!» Gridò lo Specialista sventolando un pezzo di carta in aria.

Inizialmente non capì, ma nel momento in cui, aguzzando la vista, comprese di che cosa si trattava, realizzò che tutti i nodi vennero al pettine.

«Ti posso spiegare..» Disse per evitare silenzi imbarazzanti e fermare i passi del ragazzo verso la porta.

«Tanto ho già capito! -Ringhiò- Dove diavolo te ne devi andare?»

«Per questo ti devo spiegare!» Tentò ancora di fermarlo.

«Dicono tutti così! -Urlò lui in preda a quella forte ira che gli stava annebbiando perfino la vista- Non dire più una parola!» Sbottò sbattendo la porta, andandosene con passo fermo e tutt'altro che felpato. Emanava rabbia da tutti i pori, tanto che i passanti che rischiavano di intralciare il suo cammino presero una distanza di sicurezza.

Riven, in realtà era ferito nell'animo e l'idea di essere lasciato dalla ragazza a cui più voleva bene, sarebbe stato come ricevere pubblicamente una sculacciata, squarciando il suo orgoglio in tante insignificanti frantumi e distruggendo il suo cuore in mille pezzi.

Proprio per evitare tutto ciò, durante quegli anni aveva indossato una temibile maschera di astio ed introversione.

 

Dall'altra parte della porta c'era una Musa incredula per quello che aveva sentito, ma anche comprensiva: sapeva quale fosse la sua reazione ad ogni minaccia al suo orgoglio e.. ai suoi sentimenti. Ringhiando d'esasperazione, strinse copiose ciocche di capelli fra le dita e, scivolando lungo la parete, comprese che -nel peggiore dei casi- non vi sarebbe stato modo di spiegargli la verità.

In quel momento, rimuginando sulle parole di Faragonda, sentì un forte peso sullo stomaco. Se fino a poco prima le trasmettevano leggerezza, in quel momento la fece atterrire come mai prima d'ora, capendo che non sempre a tutto c'era una soluzione.

«Sii forte..» Le bisbigliò una soave voce all'orecchio.

Quelle amorevoli parole che mai avevano assunto un volto erano un toccasana per la sua anima; la facevano sentire sempre così dannatamente bene, le davano sempre uno spiraglio di salvezza.

Forse non tutto era perduto, forse avrebbe avuto anche lei la sua seconda opportunità con la vita. Il desiderio di continuare il suo percorso la logorava, soprattutto per poter riabbracciare il ragazzo che tanto amava. Ce l'avrebbe mai fatta?

Quello poteva essere l'ultimo giorno della sua vita e, diplomaticamente, decise di non farsi influenzare dai sentimenti negativi e di andare a bussare alla porta della felicità: quella su cui erano affissi quei cinque nomi a lei così cari.

Nonostante ciò, decise di dare un ultimatum a Riven. Il cellulare squillava, eppure di lui non vi era traccia; la ex fata si limitò a lasciare un messaggio in segreteria, chiedendogli di richiamarla.

Infine, cercando di non rivolgere troppi pensieri all'accaduto, si diresse verso la stanza delle Winx.

Nell'anticamera trovò una Stella ansiosa, presa a percorrere chilometri a piedi conversando al telefono.

«No, non rispondere. -Riferì all'interlocutore, probabilmente era una delle sue amiche di Solaria dalle mille conquiste.- Ora scappo, ci vediamo.» Si congedò, accorgendosi che la sua amica era lì.

«Musa!» Esclamò andandole incontro.

«Hey! -La salutò, dandole poi un bacio sulla guancia.- Le altre?»

«Ti aspettavamo più tardi. -Disse con una vena di delusione nel timbro.- Va beh, vieni.» Le ordinò coprendole gli occhi con i palmi.

«Ma che..?!» Mormorò disorientata.

Sentì una porta aprirsi.

«Sorpresa!» Gridarono tante voci femminili; schiudendo le palpebre la ragazza realizzò che appartenevano alle Winx ed alle Pixies, intente ad arredare quella che -fino qualche giorno prima- era la sua stanza.

«Ma.. -Mugolò Musa senza parole, gli occhi lucidi e le pupille dilatate dallo stupore- È bellissima!» Esclamò correndo incontro a tutte le fate -e fatine- abbracciandole.

«Credevi che oggi me ne sarei andata via così, senza motivo?!» Intervenne Tune con voce smorzata nell'incavo del collo della ragazza.

«Vi voglio bene!» Reagì l'altra stringendo maggiormente le altre nell'abbraccio, finché tutte sgranarono lo sguardo basite a causa di un rumore sospetto e di una forte luce.

«Scusate.. -Ridacchiò Digit con fare colpevole- Ho voluto immortalare questo momento e, grazie al mio nuovissimo sensore ho potuto farlo in un battito d'ali!» Spiegò rimuovendo la foto da una grande macchina fotografica posizionata su un cavalletto in un angolo della stanza, camuffato grazie a dei leggii ricoperti da spartiti. Tecna, schioccando le dita fece apparire una copia della foto nelle mani delle amiche e, immediatamente Musa lo usò per colmare un portafoto che giaceva vuoto accanto ad un'immagine che ritraeva lei e Riven felici al ballo del secondo anno; non pote non sfuggirle un'occhiata malinconica verso essa.

«Ti manca, non è vero?» Intervenne Flora accarezzandole una spalla.

«Sì.. -Sospirò con aspra rassegnazione- Ma il passato è passato.» Ammise abbassando il volto sconsolata.

«Il passato può tornare.» La consolò Tecna con voce vellutata, lasciando la ex fata senza parole.

«Lo sappiamo che per te è difficile ammettere che lo ami. -Rivelò Bloom afferrandole con forza le mani- Ma tu la prossima prova la devi superare, non solo per noi, nemmeno per te, ma anche per lui, per poter porre rimedio a ciò che è successo. Ricorda: l'amore trionfa sempre.»

Musa, al suono di quelle parole rassicuranti, riconobbe che l'amica aveva non aveva tutti i torti: «Bloom, non condivido a pieno ciò che hai detto. -Le riferì risoluta- Ovviamente lotterò anche per proseguire il mio cammino con Riven, ma soprattutto per stare con voi, che mi avete sempre sostenuta e non avete mai dubitato delle mie azioni. Combatterò e, alimentata dal bene che vi voglio ne uscirò trionfante!»

Le ragazze, lusingate da ciò, si riunirono in un solido abbraccio.

Capì che quello era un momento dorato, uno di quelli che sempre ci si porta con sé. Spesso, ci si accorge della preziosità di quanto si ha troppo tardi, ma quella volta non fu così, sapevano che quegli attimi erano inestimabili, e che sarebbero potuti non riaccadere. Eppure, la ex Guardiana di Melody non si preoccupò dell'eventuale fine della sua vita e per una volta si godé il presente.

Vivi il secondo” era la frase che si ripeté più volte quei giorni.

«Io e Flora dobbiamo andare.» Annunciò Tecna con fare innaturale.

Bloom le guardò con occhi incerti, non capì al volo quello di cui dovevano occuparsi ma, grazie ad un gesto neutro della fata della tecnologia comprese, rimanendo complice di quel susseguirsi di azioni.

 

Dopo cena, le ragazze improvvisarono un Pigiama Party. Di solito le loro intime festicciole avvenivano in piena notte, ma dato che dopo le undici sarebbero state impegnate, decisero di stare tutte insieme fino alla fine, in caso quello dovesse essere veramente un addio.

«Faragonda ci vuole giù fra mezz'ora, dobbiamo prepararci.» Annunciò Bloom, alzandosi per andarsi a cambiare.

«Ma.. Anche voi sapete che lei lo sa?» Domandò Musa sorpresa.

«Affermativo.» Confermò la fata della Tecnologia, congedandosi insieme alle altre.

La ex fata si cambiò rapidamente indossando una corazza di pregiato metallo inossidabile ideata per lei da Tecna.

Seduta sul letto, si guardò intorno in religioso silenzio, riflettendo più razionalmente al suo imminente avvenire. Non aveva mai realmente concretizzato che sarebbe potuta arrivare fino a lì ed al grande rischio che stava correndo. Avrebbe veramente avuto il coraggio di affrontare la morte? Ormai da giorni aveva compiuto il grande passo di affrontare la Sorte dando il tutto per tutto, e quella sera non sarebbe dovuta essere da meno.

A dire il vero, dalla prima volta che mise piede ad Alfea la sua vita iniziò rapidamente a cambiare e lei crebbe definitivamente, accettando finalmente la morte di sua madre, imparando a legarsi ad altre persone e, soprattutto, ad amare, riconoscendolo in special modo nell'ultimo periodo.

Un paio di giorni solitamente non significano molto per una persona, son semplici tasselli dell'enorme puzzle di una vita, ma per la ragazza significarono definitive rifinizioni al suo profilo da fata.. e di persona. Anche se una parte del suo cuore quel pomeriggio uscì con passo deciso e rabbioso dalla sua stanza, senza degnarsi nemmeno di rispondere ad una semplice telefonata, imparò a cercare di superarlo, o almeno di non lasciare che quell'intensa sofferenza avvelenasse il suo cuore.

«Vuoi rimanere da sola?» Le domandò con tatto Tecna. Musa annuì silenziosamente e proseguì nell' analizzare ogni angolo dell'ambiente che la circondava, catturando ogni dettaglio, continuando a pensare e a ricordare..

 

*****

 

Era settembre, l'aria fresca portava già con sé le foglie secche degli alberi del bosco di Magix e, dopo aver combinato un guaio in cucina ed essere cacciate in camera dallo chef di Alfea, condannando le fate a pane ed insalata, le sei ragazze del Winx Club rincasarono nelle loro stanze invadendo i corridoi di spensierate risate.

«Ma succede sempre così con voi?» Domandò un'inesperta Aisha, ancora in preda alle risate.

«Nooo!» Rispose sarcasticamente Stella, aumentando la fragorosità del riso.
Era da poco che la fata dei Fluidi aveva effettuato l'accesso al Winx Club, ma già si era integrata come se fosse stata sempre una di loro e, per le altre era lo stesso.

Aisha ritenne che quelle nuove amiche erano per lei come una boccata d'aria fresca; la allontanarono finalmente da quel tormentato passato da principessina dalle ali tarpate. Sentiva che con loro non necessitava di dover essere qualcun'altra anzi, apprezzavano in tutto e per tutto la sua personalità, difetti inclusi; soprattutto Musa, con cui aveva stretto già un forte legame.

«Ragazze. -Le interruppe più sobriamente la fata dei Fluidi- Vi voglio bene.» Disse, facendo stringere il gruppo in caldo abbraccio.

«Non ci separeremo mai. -Intervenne Musa- Niente e nessuno lo permetterà.»

 

*****

 

L'affermazione della fata della Musica si sarebbe rivelata utopica in quel momento, ma in un certo senso era vero: nemmeno la morte avrebbe potuto dissolvere l'affetto che provavano l'una per l'altra; il ricordo delle persone amate è più forte.
Ciò che tiene vivo qualcuno è la memoria, l'agire come se fosse ancora lì, sfruttando ciò che si ha appreso e usandolo come appiglio nei momenti difficili. Effettivamente chi ci vuole bene serba sempre una parola di conforto per noi, affinché possa diventare un vero insegnamento di vita, una soluzione a tutti i problemi, trasformandosi in un impronta indelebile sul cuore, perché chi ci ama agisce pensando al nostro benessere.

Al solo accenno alla parola 'amore', Musa in quel momento si ricordò di tutte le volte che il suo cavaliere tenebroso l'aveva protetta. Promise a sé stessa che avrebbe usato quei ricordi nei momenti in cui avrebbe necessitato conforto il giorno venturo.

 

*****

 

L'aria era più torbida di quella di una fogna ma, date le circostanze, non se ne sorprese nessuno. Le forme fredde, scure e spigolose sovrastavano quell'ambiente da incubo, in quella situazione da incubo.

Bloom era stata stregata dall'oscuro Lord Darkar e Musa, insieme alle sue compagne, si ritrovò accasciata a terra a corto di forze; lo sapevano tutti che l'energia nera indeboliva quella delle fate.

«Dunque dunque.. -Ghignò quella temibile quanto viscida creatura- Che me ne farò di queste inutili fatine?!»

«Proprio niente!» Saltò su Musa, senza far trasparire un briciolo di buon senso.

«E tu che vorresti fare marmocchia? -La provocò lui- Un essere inerme su questo territorio è come una mucca al macello per me.» Ghignò, mostrando un luccichio di follia nel suo sguardo nero, ancora più torbido e freddo del carbone.

«Ti distruggeremo, brutta bestia!» Ringhiò la fata per difendere l'immagine appena mostrata in preda all'impulsività.

Riven, che giaceva allo stremo delle forze accanto a lei, le strinse il polso e, non appena roteò il suo sguardo verso di lui, sibilò: «Stai attenta.»

In quel momento cedette e crollò al suolo come una gelatina.

«Vedi che succede a sfidare Lord Darkar?!» Si aizzò l'altro, caricando tra i palmi un attacco talmente potente che sarebbe stato in grado di metterla a tacere per sempre.

Con un ringhio animalesco si preparò prendendo la mira e scagliando la sfera oscura senza alcuna pietà verso la fata che, in quella goffa posizione, pian piano si stava abbandonando al suo destino, lasciando che i sensi, con lentezza lancinante, le venissero a mancare. L'unica cosa che udì fu un grosso «No!» combattivo, seguito da un tonfo molto forte, quello che solo un corpo scagliato a terra con violenza fa; in quel momento realizzò ciò che era successo.

«Riven!» Gridò con voce acuta quanto spaventata, cercando di strisciare verso di lui e portare il suo capo sulle proprie ginocchia.

«Stai attenta piccola mia..» Riuscì a soffiare con respiro affannato, per poi cadere in un solo profondo. L'unico dettaglio che le permise di non allarmarsi fu il fatto che ancora respirava e che, quindi, era soltanto svenuto. Non iniziò ad urlare istericamente solo per favorire la tranquillità del corpo che giaceva sopra di lei, garantendogli un futuro risveglio molto meno tormentato.

Non riusciva praticamente a muoversi, nemmeno a strisciare in cerca di aiuto, quindi rimase semi seduta sotto di lui ad accarezzargli la fronte madida di sudore e a stringergli la mano ruvida e impolverata di terra.

«Andrà tutto bene.» Disse continuando a passare delicatamente le sue dita fra i fini capelli viola del ragazzo.

Era riuscita a sfuggire ad uno svenimento solo per quel profondo istinto che la legava a lui, quella volta sarebbe stata lei a dover essere forte, forte per tutti e due.

 

*****

 

Nonostante tutto, quello fu uno dei momenti dorati a cui fece riferimento prima. L'intensità dei suoi occhi mentre la guardavano rapiti era pari a quella del metallo fuso; brillavano di adorazione, ma anche di risentimento per non averla protetta come si meritava, benché fece l'impossibile per salvarle la vita.

Quello fu un momento di estrema intimità; nonostante fossero circondati dalle altre Winx e dagli Specialisti nella loro stessa condizione, era come se fossero da soli. L'amore che l'uno provava per l'altra li chiudeva in una bolla di cristallo: preziosa quanto fragile.

Ormai non era più tempo di rimuginare, era giunta l'ora di andare, di raggiungere il suo futuro, ammesso che fosse destinata ad averne uno.

«Ciao piccola mia.» Bisbigliò dando un'ultima occhiata alla stanza che la ospitò per tre bellissimi anni. Il tonfo che emise la porta quando si chiuse equivalse a quello che ebbe il suo cuore nel serrarsi il passato alle spalle.

In quell'umile abitacolo aveva riso, pianto, studiato, suonato, fatto l'amore; lì vi era un indissolubile pezzo del suo cuore. Avrebbe portato con sé tutti i momenti passati, non importava dove sarebbe andata a finire, dato che non lo sapeva nemmeno. L'unica cosa di cui era certa fu che, anche dopo una sua eventuale morte, le sue care amiche sarebbero tornate a sorridere con più forza di prima, anche se in quel momento l'unica cosa che sarebbero riuscite a fare sarebbe stato piangere, perché è difficile dire addio, troppo.

«Andiamo, le altre ci stanno aspettando.» Bisbigliò Tecna, prendendola sottobraccio.

Guardandosi intorno, assaporò ogni frammento delle immagini che la circondavano, quella potrebbe essere stata l'ultima volta che avrebbe potuto vederle.

 

«Eccovi.» Le accolse Faragonda.

«Preside. -La salutò Bloom- Come mai ci ha riunite tutte qui?»

«Allo scoccare della mezzanotte dovremo realizzare la profezia, senza alcuna perdita di tempo.» Affermò la Direttrice unendo le mani dietro la schiena.

«Oddio.. -Mormorò Musa impaurita- Di che cosa si tratta?»

«Mi è proibito dirlo.» Rispose la Professoressa.

«Posso farle una domanda?» Chiese la ragazza.

«Certo.»

«Ma lei come fa a sapere del Pendantix? Ne ha già fatto uso o qualcuno ha chiesto il suo intervento a riguardo?» Domandò curiosa la ex fata.

«Ecco.. -Bofonchiò la signora- Anni fa, durante la battaglia decisiva contro le tre antenate, decisi di offrire i miei poteri in cambio della pace.

Eravamo io, Griffin, la cui magia le si era torta contro e Saladin che giaceva svenuto ai piedi di un freddo antro, mentre gli altri membri della Compagnia della Luce erano presi ad allontanare le orde di mostri che miravano a noi.

Essendo l'unica cosciente, ma altrettanto debole, decisi di dare il tutto per tutto.

Saladin si ribellò, ma la necessità era altissima. Così decisi di prendere il suo scettro, solo che per utilizzare un oggetto leggendario ci vogliono anni di allenamento. Eppure, era l'unica probabile via d'uscita da quella situazione.

Avevo paura, ma avrei temuto ancora di più le tenebre eterne. Afferrandolo, enunciai l'incantesimo più potente che udii durante i suoi combattimenti, permettendo alle Tre Streghe di teletrasportarsi nella Dimensione Omega e, impiegando ogni briciolo della mia energia magica, le misi a nudo, privandole di forza, ma lo stesso accadde anche con me.» L'anziana donna parve rabbrividire a quel ricordo ancora fresco come una ferita aperta.

«Come scoprì del Pendantix?» Domandò Musa, dopo qualche secondo di silenzio simbolico.

«La mia defunta sorella, anche lei una guerriera della Luce, mi apparve in sogno e mi aiutò per la riconquista dei miei poteri. Lei era una donna potente, conosceva tutti i segreti della Dimensione magica; tanto è vero che sarebbe dovuta diventare lei la Preside di Alfea dopo la Guerra, durante la quale morì la mia predecessora.» Spiegò la donna. Anche se era passato tanto tempo si poteva percepire la sofferenza che provò dalla vacuità del suo sguardo.

Quel raccoglimento venne messo in sospeso da un'invasione di luce bianca proveniente dal ciondolo al collo della ragazza. Non appena lo posizionò orizzontalmente sui suoi palmi, sopra di esso apparve la Ninfa dalla tunica arancione, come se proiettata dallo stesso Pendantix.

«Ciao giovane Fata.»

«Salve.» Ricambiò la ragazza.

«Ora ha inizio la terza ed ultima prova. Non sarà per niente facile e, proprio per questo, durante quest'ardua missione potrai portare con te tre doni forniti da persone che ti amano veramente. -Le spiegò- Ricordati che una Fata deve saper apprezzare il sorriso delle proprie amiche, desiderare il bacio del proprio amore, ma anche essere una donna coraggiosa.
Una Fata è una forza della natura e, da tale deve saperla sfidare, dominandola.

Avrai tempo fino alla prossima mezzanotte. Quando sarai pronta dovrai pronunciare le parole Hic tibi. Che la sorte possa essere sempre a tuo favore.» Enunciò per poi scomparire.

«Grazie.» Ribatté Musa, capendo con terrore che l'avrebbero trasportata in una realtà parallela, senza poter usufruire della tutela dei suoi cari.

«È giunta l'ora mia cara. -Sospirò la Preside con fare materno- Ti consiglio di andare il prima possibile, perché ci vorrà tempo.»

«Musa.. -La richiamò Bloom- Questo è per te, a nome delle Winx.» Disse porgendole uno zainetto. Sbirciandoci dentro, vide un'enorme quantità di ampolle coperte da etichette sistemate in un preciso ordine.

«Grazie ragazze!» Esclamò abbracciandole forte, come se volesse portarsele con sé senza lasciarle più andare.

«Musa. -La richiamò Faragonda- Questo è per te.» Disse tendendo i palmi, inondandola di luce verde.

«Mi sento così.. forte..» Affermò quasi incredula la ragazza.

«Ti ho donato la magia per poter fare un solo incantesimo. Mi raccomando, usalo con astuzia.» Le raccomandò accarezzandole una spalla con calore materno.

«Grazie, significa molto per me.» Ricambiò.

Poi, prendendo un profondo sospiro si decise a recitare quelle due parole decisive, aveva quasi paura di farlo perché, nonostante tutto, si era affezionata a quella realtà e non avrebbe voluto dire addio alle sue care amiche e alla Professoressa che più stimava.

«Arrivederci.» Sospirò alle amiche sorridendo ottimista, gonfiando i polmoni d'aria per poter enunciare quell'incantesimo, ma un forte grido fermò la procedura.

«Aspetta!» Disse una voce proveniente dalla porta della presidenza che improvvisamente si aprì, mostrando un corpo robusto avviarsi con decisione verso l'interno della stanza. Quella voce roca salì subito all'orecchio fine della ragazza, quel timbro così profondo non poteva che appartenere ad una persona.

«Riven!» Mugolò la ex fata, con il cuore che le batteva all'impazzata e gli occhi lucidi come quelli di una sedicenne alla sua prima cotta.

«So tutto.» Non esitò a dirle stringendola fra le braccia.

«Scusami se non te l'ho spiegato prima.» Si colpevolizzò stringendolo di ricambio.

«Non dirlo. -Ribatté lui accarezzandole la chioma color oceano- Ho una cosa per te.» Aggiunse slegandosi dolorosamente da quell'abbraccio; in quel momento la ragazza realizzò che qualcuno lo aveva informato rigorosamente di tutto.. Ma certo! Era Stella!

«Non risponderle. Ci vediamo.»

«Questa è per te.» Disse lo Specialista sfilandosi la sciabola e porgendogliela.

«Ma ne sei sicuro? È l'oggetto a te più caro.. E se non dovessi riaverla?» Domandò lei preoccupata. Lui, istintivamente la prese per un polso e la tirò a sé, stringendola con intensità, come se con quell'abbraccio passionale avesse potuto riparare a tutti i suoi passati inadempimenti.

«Voglio sentire che tornerai, che tornerai da me. Lo so che spesso mi sono comportato male con te, ma avevo paura di perderti. Ormai mi sono accorto che è troppo tardi, da tempo lo è. Ormai sei l'unica padrona del mio cuore. -Sospirò- Ti amo.» Concluse con voce ferma e schiarita, lasciando che una lacrima gli rigasse il volto scavato. I suoi occhi gridavano in un prolungato messaggio le parole che aveva appena detto. Quel viola sempre freddo ed inespressivo si sciolse, assumendo l'intensità del metallo fuso, incastonandosi in quello color zaffiro che ogni volta ce lo avvistava si scioglieva. La forte stretta del ragazzo la fece sentire protetta, esorcizzò tutte le paure che la rendevano così irrequieta prima di allora; con la sua spada avrebbe spezzato tutte le barriere che li dividevano, era una promessa.

«Tornerò. -Affermò risoluta- Tornerò anche per te amore mio.» Soffiò passandogli i palmi sul volto, per percepire il suo calore e rimuovere quella lacrima amara che lo stava trafiggendo. Rimasero così per qualche secondo, esonerandosi dal resto del mondo. Musa continuava ad accarezzargli il volto con le sue vellutate dita affusolate, come se avesse potuto catturare ogni millimetro dello Specialista per poi portarselo con sé, anche se sapevano tutti ormai che di lui aveva già un'enorme foto impressa nel cuore.

«Ti amo.» Disse baciandogli le labbra, per poi dirigersi all'interno del portale che poco prima invocò.

«Addio.» Soffiò malinconicamente prima di sparire dentro quel vortice. L'atmosfera attorno a lei era di infiniti colori; tipico di quando si viaggia tramite portali magici di cotanta particolarità e rarità.

 

Atterrò bruscamente su un suolo che, a dispetto delle sue aspettative non era duro, ma ricoperto di sabbia.

Era su una spiaggia, ma l'aria era sinistra, non prometteva nulla di buono. Il cielo era coperto da una massa uniforme di nuvole che, tanto erano scure, parevano essere verde grigiastre, proprio come quelle che avvolgevano Andros durante gli attacchi di Valtor. Regnava un innaturale maltempo, proprio pari a quelli provocati da magia nera.

Il mare era infatti di un malsano verde fogna, coperto di schiuma e mucillagine; tutto ciò avrebbe schifato chiunque.
Alla ragazza salì un coniato di vomito non appena realizzò che quell'acqua stava per bagnarle un piede, dandole l'occasione di percepirne l'odore rancido. In quella grande distesa idrica non vi era anima viva, era talmente inquinata e tossica che nessuna forma di esistenza sarebbe stata possibile; avrebbe giurato che se una goccia di quella sporcizia le fosse saltata sulla pelle, le si sarebbe letteralmente corrosa.

Un potente tuono diede inizio ad un fitto temporale. L'acqua era puzzolente, sapeva di morte; sì, proprio di cadavere.
L'odore continuava a darle alla testa talmente era fastidioso ed i coniati si facevano sempre più forti. Una forte scossa di vomito la rese definitivamente impotente, permettendole solo di accasciarsi su sé stessa, affiancata dallo zaino e dalla spada. Percepì la marea alzarsi, diminuendo la distanza che la separava dalla riva, e sentì lo scrosciare delle onde farsi ancor più violento e, roteando lo sguardo, notò che il mare era notevolmente burrascoso.

Percependo una forte fatica nel girarsi, rimase seduta in posizione fetale dando le spalle a quella strana ed immensa pozza d'acqua. Tutto ciò che i suoi occhi potevano catturare era un'enorme distesa di sabbia dall'aria malsana, terminando da qualche parte in quello strano panorama parvente spaventosamente infinito.

In pochi secondi una forte paura l'assalì, udì l'innalzarsi di un'onda che pensò rimescolarsi nell'immensa massa idrica dietro di sé, realizzando troppo tardi che quella forte mandata d'acqua era per lei.

Il suo corpo venne ricoperto dall'ondata d'acqua tossica, il cui odore, penetrandole le narici, le causò una forte sensazione di schifo, che le fece addirittura salire un rigurgito acido in gola, crescendo poi in una forte necessità di vomitare.

Si lasciò andare, tirandosi indietro i capelli per poi coprire la pozza emessa con della sabbia, evitando che anche quella puzza potesse dilagare insieme a tutti gli altri odori che stagnavano nell'aria pesantemente umida.

Tentando di allontanarsi dalla riva, proseguì carponi verso una zona asciutta e sicura, con lo zaino su una spalla e la spada impugnata nell'altro palmo. Cercò di reggersi sulle proprie braccia che, tremando affaticate, cedettero facendole sbattere il mento sulla spiaggia... non formata più da sabbia, o almeno non più granelli verdastri. Tutto aveva cambiato parvenza e colore: la spiaggia era rosa pastello e il cielo si fece finalmente celeste e sereno, tanto che non vi erano più gocce di pioggia, ma farfalle.

Tutto ciò le provocò un sorriso di sollievo, pensando che il peggio fosse già passato. Voltandosi verso la spada si accorse che anch'essa aveva cambiato consistenza; la lama era di un luccicante color metallo e pareva non essere più a laser, ma di ferro ed il manico era in pietra rivestito da un paio di fili di un'edera verde smeraldo, assumendo un'aria più antica e leggendaria. Con del sospetto scattò verso lo zaino e, come previsto, anch'esso non era più in cuoio, ma di un materiale che pareva maggiormente pelliccia candida di unicorno. Ad un certo punto, ammirando quell'assurdo e piacevole panorama, alla ragazza sorse un dubbio: se le Ninfe avessero voluto modificare l'ambiente, certamente ci sarebbero riuscite, ma come avrebbero fatto a modificare in chiave fiabesca anche i suoi oggetti? Non avevano il controllo su di essi, perché non gli appartenevano. Giunse alla conclusione che qualcosa era in grado di causarle delle forti allucinazioni.

Non riusciva ad alzarsi, tutto quel rimettere le aveva estirpato le poche forze che aveva acquisito mangiando quei quattro bocconi negli ultimi giorni.
Proprio in quel momento si ricordò del regalo delle Winx; diete un'occhiata all'interno della sacca, sapendo che all'interno vi era del succo di eucalipto, efficace contro ogni tipo di sortilegio e malasanità, una sorta di polvere di fata dei 'senza-poteri'; spesso la vide usare da Riven per le ferite procuratesi durante i combattimenti.

Aprendo lo zaino, si accorse che le ampolle avevano preso forme stravaganti ai suoi occhi; si ricordò però che i derivati delle erbe, affinché mantenessero il loro aroma, erano contenuti in boccette di legno e, dato che gli allucinogeni avrebbero dovuto ingannare soltanto la sua vista, si affidò completamente a sé stessa e nel suo senso del tatto.

Prese nei palmi tutte le ampolle e, chiudendo gli occhi, si concentrò, ponendo il suo destino letteralmente nelle sue mani. Individuò con piacere soltanto due contenitori legnosi e, aprendoli tentò di comprendere quale fosse quello giusto.

«Mmh.. -Mugolò tentando di sezionare gli odori dei composti, intesi come una ventata d'aria fresca in quell'ambiente torbido- Liquirizia, alcool e menta.» Capì che quello non poteva essere il liquido adatto, essendo la pozione contro la mutazione d'aspetto; ne preparò numerose nel corso degli anni.. trovandosi spesso a dover studiare metamorfologia con Stella. Sorrise al ricordo degli incidenti e delle risate passate insieme, tornando però improvvisamente seria al pensiero di quello che in quell'istante si confermò il suo patibolo.

Togliendo il tappo, le narici della ragazza vennero invase da un odore finalmente piacevole: cannella con un tocco di vaniglia; eppure di eucalipto parve non esserci traccia. Nonostante ciò, riconobbe che gli altri ingredienti erano coincidenti alla formula che stava cercando. Riconoscendo che non vi era tempo per i rimorsi o per i rimpianti, ingurgitò l'antidoto tutto di un sorso, sentendo poi leggermente il sapore della pianta necessitata.

Secondo le sue conoscenze il vegetale miracoloso era presente in quantità scarsa, troppo scarsa per soddisfare i suoi fini immediati.

Passarono i minuti, forse una buona mezz'ora era addirittura già volata, ma dell'effetto non vi era ombra. Era praticamente sicura che la pioggia fosse un elemento gravante per le sue allucinazioni ma, non trovando alcun riparo, tentò di pensare ad una soluzione alternativa.

«Ci deve essere un modo per farcela. -Mormorò fra sé- Se esiste tutto questo affinché lo sconfigga, c'è sicuramente una via d'uscita.»

Dopodiché iniziò a strisciare su quel suolo che, al suo tatto era composto da sabbia umida ed appiccicosa, e non dai puliti granelli rosei che vedeva. La copiosa massa di farfalle fastidiosamente colorate continuava a cadere dal cielo come la manna nella Terra Promessa, offuscandole la vista sempre di più.

Proseguì camminando carponi verso la parte opposta della spiaggia, nella speranza di trovare un riparo, ma ormai si rassegnò. D'altronde, che avrebbe fatto una volta che la sua cute non sarebbe stata finalmente più a contatto con quell'acqua tossica e dalla nauseante fragranza di cadavere?

«Musa.. -La chiamo una Voce, la solita voce. La ragazza però si astenne dal rispondere- Pensa a ciò che sai fare!» La incitò. Nena era come un raggio di Sole nel buio. Non tanto per gli utili consigli, ma per la presenza che le conferiva sempre un'ondata di speranza, per la considerazione che aveva nei confronti della ex fata, per tutte le volte in cui- durante quei giorni- le fece capire che non era sola.

«Grazie.» Si limitò a risponderle. Anche se non si sforzò di dimostrarlo, aveva il cuore in mano. Nonostante il fatto che scoprì della sua esistenza quatto giorni prima, le pareva di conoscerla da tutta la vita. Il suo fare protettivo le ricordava quello di una madre, ma la giovane e melodiosa voce le faceva pensare a lei come una sorella maggiore. Spesso si chiedeva chi potesse essere o perché voleva aiutare proprio lei e, il non poter vederla in volto la logorava.

Quello, ad ogni modo, non era il momento di porsi certe domande, doveva ragionare su cosa poter inventarsi per salvarsi la pelle.

«Pensa a ciò che sai fare..» Mormorò fra sé ripetendo le parole della sua aiutante.

«Le tue capacità, Musa!» Esclamò incitandola.

«Il fatto che non sia più una fata è ovvio. -Pensò- Io so solo cantare e ballare.»

«Trovato!» Saltò su in preda all'ispirazione. Finalmente sicura di sé si alzò in piedi e prese ad ancheggiare e ad agitare le braccia in aria, come se stesse invocando qualcosa direttamente dal cielo, piantando saldamente i piedi al suolo. Continuando a muoversi sempre più energicamente, iniziò a notare un flusso inferiore di farfalle nell'aria.

Ad un certo punto notò che il cielo ritornò ad essere verde muffa sbiadito, proprio come se lo ricordava all'inizio della missione. L'unica differenza era che le nuvole erano scomparse ed un insieme di raggi colpì il suolo, permettendo al mare di evaporare con velocità innaturale, bonificando improvvisamente quell'area malsana.

La luce si fece improvvisamente più forte, quasi accecante, facendo da mantello alla stessa Ninfa che incontrò a mezzanotte.

«Complimenti Musa.. -La salutò, ascendendo dal cielo- La danza del Sole devo ammettere che è stata un'idea proprio originale. Grazie alla tua tenacia ed astuzia hai superato la prova Alfa. Per premiare le tue capacità ora ti sarà concesso un attacco d'acqua. Potrai enunciare il più semplice o il più potente, ma ricordati che ne avrai a disposizione solo uno; ragiona con premura.» Disse tendendo le braccia verso la superstite, indirizzando un fascio di luce azzurra nel suo cuore. Fu tutto così rapido, e Musa si sentì immediatamente più forte, più potente, più viva.

«Grazie.» Rispose poi, unendo i palmi e chinando il viso in segno di rispetto e gratitudine.

«Abbi cura di te, ragazza. Rimangono altre diciannove ore al termine della giornata.» Si congedò.

In quel momento Musa realizzò ironicamente che quella quantità di tempo per le sue amiche che l'aspettavano ad Alfea poteva parere infinito, mentre a lei sembravano volare come se si trattasse di pochi minuti. In quel momento un pensiero malinconico fu indirizzato proprio alle Winx, conoscendo già la loro angoscia.

«Forza e coraggio.» Bisbigliò fra sé in maniera volenterosa, nel momento in cui una scossa di terremoto la fece tremare. Improvvisamente sorse della fanghiglia che, in un battito di ciglia si modello da sola, tramutandosi in un grande uomo interamente di terra.
Proprio quando la ragazza pensò che la metamorfosi fu terminata, notò che come per magia si definirono dettagli come occhi, narici, nocchie sulle mani e una grande bocca dalla quale iniziarono immediatamente ad uscire grotteschi grugniti.

Una scossa le percorse improvvisamente la schiena.

“E adesso?” Pensò. Non riusciva a concentrarsi per trovare un'immediata soluzione.

Tra molesti ruggiti e movimenti sgraziati che parvero violentare l'aria, quella creatura mostrava la sua sovrastante potenza e la voglia di distruggere tutto ciò che si trovava intorno, inclusa la ex fata.

«E adesso?!» Pensò lei rimanendo quasi paralizzata di fronte a cotanta maestosità.

«Mmh, pensa..» Mugolò a sé stessa schivando rapidamente un grezzo attacco da parte del mostro. Per accertarsi che non la colpisse, scattò sul suolo, appoggiandosi sui palmi come un militare intento a schivare l'esplosione di una granata.

La creatura fiutò straordinariamente l'odore di insicurezza e paura della ragazza che, per lui sovrastava quel forte odore di fango e muffa da esso emanato.

Tirò uno strattone verso il suolo fangoso e, rotolando lontano da lui, il corpo di Musa si cosparse di terriccio umido, che le schizzò sul viso perleo, rendendolo quasi irriconoscibile.

Si accorse che continuando così, per quanto imperfetti potessero essere i movimenti della fiera, l'avrebbe sicuramente fatta secca.

Alla luce del Sole, notò che quel fango si seccò con rapidità prodigiosa e che però il suolo, assai umido, rendeva la creatura sempre più potente. A tal proposito le venne naturale un'ipotesi: se l'avesse portato su un suolo più secco si sarebbe disidratato per poi non essere altro che un inerme pezzo di terra solida.

«Ehi.. -Lo provocò Musa- Sono qui! Non mi segui?» Continuò a stuzzicarlo correndo verso la radura che era dinnanzi a lei.

Quell'essere la seguì dimenandosi, ignaro del suo destino. Una delle prime cose che Faragonda insegnò alle giovani fate fu proprio che le creature di forza bruta erano dotate di un minuscolo cervello che permetteva loro solo di individuare ed attaccare il nemico e, al limite, di difendersi, confermando il detto popolare: tutto muscoli e niente testa.

Facendosi affannosamente spazio fra gli alberi di quella pacifica -ma comunque sinistra- foresta, la ragazza sparì dalla vista del suo inseguitore come uno scoiattolo scattante fra i cespugli, per poi nascondersi dietro ad un grande tronco ed aspettare che la natura facesse il suo corso.

 

Gli occhi della ragazza si aprirono in maniera incerta ed impacciata. Aveva sognato, e non di certo vide una scena ambientata in quel lugubre luogo.

Un brivido le percorse la schiena fino ad arrivare al cuore e farlo fermare per qualche secondo: se la Ninfa non era apparsa, svegliandola con la sua luce per comunicarle che la creatura era stata fermata, allora ciò significava che era letteralmente fregata.

Non aveva nemmeno un orologio per constatare per quanto tempo avesse dormito. Continuava a torturarsi psicologicamente, condannandosi per aver ceduto a cotanta debolezza. In quel momento, vagando per quell'enorme distesa verde, la ragazza si preoccupò del fatto che quel mostro potesse essere chissà dove.

Montando su un albero, vagò saltando fra i rami, tentando di setacciare l'intera radura. Fortunatamente trovò un ruscelletto mediante il quale poté dissetarsi, ma la cosa che la solleticò maggiormente fu l'udire un suono che prima trovava fastidioso: il grugnito primitivo di quell'ammasso di fango; indubbiamente si trovava in quella zona umida per risanarsi.

Dopo essersi rapidamente sciacquata il viso, corse rapidamente seguendo il suo fine udito, senza potersi permettere di porsi delle domande, ascoltando -più profondamente- il suo cuore, raggiungendo una connessione fra esso e l'ambiente che la circondava. Puntò tutto sull'istinto.

Corse come se non ci fosse stato un domani, perché forse veramente rischiava di non vedere l'alba del giorno seguente. Si sentiva affannata, i polmoni pompavano a fatica l'aria per sorreggere quel fitto ritmo che le sue gambe stavano intraprendendo; eppure si sentiva così dannatamente viva, viva per tutte le persone che amava.

«Eccoti.» Sussurrò con voce ancora gutturale per la dormita, sfilandosi la spada dalla vita e sfiorando la pietra color magenta col pollice, permettendo alla lama laser di apparire sotto i suoi occhi. L'adrenalina che aveva in circolo le permise di reggere la pesante arma fra i palmi senza incontrare difficoltà.

Quella volta il suo sguardo sprizzava combattività, determinazione, ostinazione a vincere e, percependo cotanta sicurezza, il mostro di terra accolse la sfida che astrattamente la ex fata gli lanciò.

Maneggiando abilmente quella imponente arma cercò di metterlo in guarda, ma questi, senza perdersi d'animo, la minacciò passando già all'attacco, tentando di annientarla con un freddo e secco colpo del possente braccio.

La ragazza, anteponendo al suo corpo la scimitarra, passò dalla difesa all'attacco. La lama magenta trafisse impassibilmente l' apparentemente invincibile arto della brutale creatura che cadde a terra, seccandosi prodigiosamente. Da lì capì: non era il calore a farlo morire, ma l'assenza di comunicazione fra le parti del suo brutale corpo e l'anima magica che possedeva.

Così, scattando come uno scoiattolo, si arrampicò rapidamente su un albero accanto a lei, particolarmente alto ed imponente. La sua setosa coda di cavallo fluiva seguendo i movimenti del capo, per poi sparire tra il fruscio del fitto fogliame che, agitato da una lieve brezza, creava un'armonia a sé.

Quell'arbusto era probabilmente l'albero maestro, quello più imponente, tanto che la sua altezza superava notevolmente quella della creatura e di tutto il resto della flora di quella radura.

Da lì poté avere un occhio supremo sul mostro, capendo di potergli fare un agguato, sperando che fosse quello decisivo.

In seguito ad una breve sfuriata, la creatura si calmò guardandosi intorno, nella speranza di trovare quella che doveva essere la sua vittima; ma lei, flebile quanto astuta, stava architettando una trappola a lui fatale, proprio a sua insaputa.

La tensione era tangibile, la si poteva praticamente tagliare col coltello.. o con una spada.

La ragazza era seduta sui talloni sopra un ramo robusto, con la scimitarra in una mano e l'altro palmo che afferrava il piano precario sul quale poggiava. Era in bilico fra l'amore e il vuoto, la gioia ed il dolore, la vita e la morte; c'era così tanto in gioco che non si sarebbe potuta permettere di perdere.

Molleggiando decisivamente sulle ginocchia si diede slancio, gettandosi bellicosamente sulla bestia e, tenendo salda la presa sulla sciabola, tirò un violento urlo di guerra, per poi affettare il capo della creatura, facendola crollare a terra. Tendendo un braccio senza più grugnire, il mostro si immobilizzò come se si fosse definitivamente pietrificato e, sbilanciandosi, fece un tonfo in avanti talmente aggressivo da scuotere l'intero suolo di quella strana Dimensione. A causa dell'impatto, sia il capo che il corpo si distrussero in migliaia di frammenti ormai privi di vita.

Quei miseri rimasugli di terra si divisero artificialmente in briciole di grandezza ulteriormente inferiore, che vennero spazzate via dal vento come insignificanti granelli di sabbia sull'asfalto.

Un forte fascio di luce prese il posto di quel fluttuante cumulo di polveri. Improvvisamente apparve -come previsto dalla ex fata- la Ninfa del color del Sole, probabilmente incaricata di seguirla per tutto il suo percorso odierno.

«Salve Musa. -La salutò- Congratulazioni, hai passato questa difficile missione, dimostrando innate qualità di forza e tenacia. Nelle dieci ore rimaste dovrai dimostrare tutte le tue doti nelle ultime due sfide e, per farlo avrai anche l'aiuto della Natura. Te la sei guadagnata in questa ampia porzione di tempo. -Profetizzò- Presta attenzione!» Si raccomandò per poi scomparire.

«Dieci ore..» Mormorò Musa pensosa. Aveva speso molto tempo per annientare quella creatura e le ultime due sfide sarebbero state molto più difficili, ci avrebbe giurato.

Improvvisamente gli arbusti si innalzarono ulteriormente, fino a dare l'impressione di tagliare lo Spazio ed una luce forte e calorosa iniziò a splendere nel cielo sereno. Forse brillava anche troppo, dato che una minuscola foglia secca sul suolo iniziò ad ardere; tentò di calpestarla, affinché l'incendio non dilagasse causando un danno irreparabile. Senza nemmeno avere il tempo di ragionarci sopra, il fuoco divampò, ardendo una grande massa di arbusti, distruggendo ciò che fino a quel momento la ex fata aveva addirittura tentato di tutelare. La connessione con la natura le sarebbe servita a poco ora, dato che tutto quello che era vivo -o le pareva esserlo- stava ardendo con velocità spaventosa ed innaturale.

Per evitare di finire arrostita, la ragazza iniziò istintivamente a correre, ma quella copiosa massa focosa continuò a seguirla e più fuggiva, più le fiamme parevano trovare una ragione per perseguitarla.

Una fitta radice intralciò il suo passaggio e, poggiando istintivamente il piede sul suolo, riuscì a salvarsi da una pericolosa caduta. Con forte affanno proseguì, ma l'andatura non fu scattante come quella riusciva a sostenere qualche secondo prima; l'impatto veemente con il terreno le fece dolere la pianta.

Di scatto si fermò: dinnanzi a lei si innalzò un fitto muro di fiamme; era spacciata.

«Ma questo è uno scherzo!» Ghignò fra sé con mesto sarcasmo, mentre l'anello di fiamme lentamente si stava stringendo, fino a sfiorarla; fortunatamente la corazza termica la proteggeva anche dal calore. Ad un certo punto sentì la voce di una Donna a lei lietamente familiare:

«Non ti preoccupare. -La rassicurò- A destra!» Ordinò facendola spostare in un punto meno pericoloso degli altri e, immediatamente la ragazza vide un arbusto in fiamme -ancora vagamente integro- crollare nella direzione in cui era intenzionata a dirigersi e, senza farsi imporre ulteriori direttive, montò sopra quel fusto e prese a correre come una lince spaventata verso un posto più sicuro. Continuò a sentire del calore accanto al collo, dal lato sinistro, percependolo poi salire verso la sua guancia, iniziando a provocarle un dolore lancinante come se stesse.. bruciando! Scattando soppresse quelle fiamme coi palmi coperti dal metallo anti-termico che costituiva tutta l'armatura; Faragonda e le ragazze del Winx Club dimostrarono di averci visto lungo pensando proprio a tutto. Percepì il malsano odore di qualcosa che si era appena carbonizzato e, sapendo che si stava trattando della sua bellissima e lunghissima chioma color oceano, un brivido di sconforto le corse lungo la schiena.

«I miei capelli!» Mugolò malinconicamente toccandosi le ciocche terminanti in punte irregolari e sfibrate.

La sua attenzione si spostò improvvisamente sulla guancia che le doleva talmente tanto da offuscarle lievemente la vista, sentiva che stava per svenire.

Crollò al suolo, reggendosi sui palmi e le braccia tremolanti con incertezza, cercando di riacquistare lucidità e sfuggire a quel mancamento che poteva risultarle fatale.

«Tieni duro, piccola.» Le fece forza una Voce, quella Voce.

L'altra gemette di sofferenza, incapace di risponderle.

«Cosa vuoi fare?! -Intervenne Nena poi con veemenza- Vuoi continuare a perdere tempo?! Vuoi morire?! Vuoi deluderci?! -La provocò amareggiata- Brava, continua a prendere in giro chi crede in te!»

«I-Io.. -Soffiò l'altra sofferente- Io non sono una perdente!» Ringhiò cercando di reggersi sulle ginocchia.

Si ricordò del regalo delle sue amiche e, sfilandosi lo zaino in cuoio dalle spalle tentò di perlustrarlo alla ricerca di un intruglio curativo.

Si passò per le mani numerose ampolle, ma nessuno conteneva un olio medico; sfortunatamente le Winx non ci avevano pensato.

«Dannazione!» Grugnì stringendo i pugni dalla rabbia e digrignando i denti dal dolore.

«Pensa, pensa piccola mia..» La incoraggiò quella Voce che fu sempre d'aiuto.

“Se continua ad intervenire in questo modo significa che una soluzione c'è.” Pensò la ragazza, riflettendo sul fatto che ogni intervento di quel fantasma fosse sempre azzeccato e dotato di solide quanto ingegnose fondamenta.

«Ragiona su ciò che hai a disposizione.» Le diede come indizio Nena.

La ex fata, cercando di non farsi distrarre dal dolore ragionò e, ricordandosi delle ore di pozionologia, cercò di comprendere il collegamento fra il consiglio del fantasma e ciò che poteva usare.

 

*****

 

«Ragazze, per favore! -Richiamò le sue alunne Palladium- Dunque, se vi doveste sentire male in posti sprovvisti di risorse farmaceutiche, potrete preparare un unguento che in poco tempo vi potrà curare tagli, abrasioni, bruciature e quant'altro.

Vi serviranno: acqua di rose, mirtillo e..» Il suo discorso venne interrotto dal suono della campanella che provocò un innalzamento generale di tutte le studentesse.

«Ragazze, non ho finito!» Continuava ad urlare il folletto.

 

*****

 

«Dunque.. -Mormorò cercando nello zaino- Acqua di rose.. C'è! Ed ecco il succo di mirtillo.» Esclamò posando il tutto accanto a lei sul suolo semi-umido.

«E ora?! -Domandò a sé stessa- Che diavolo mi serve?!»

Frugò smaniosamente nello zaino alla ricerca di quell'ingrediente misterioso.

Alla lettura di ogni singola etichetta alla ex fata non venne in mente nulla e, tempo e risorse non le avrebbero permesso più di un singolo tentativo.

«Accidenti!» Ringhiò in preda all'astio e al dolore, tirando un pugno carico di rancore e rabbia sul suolo.

«Ci mancava..» Grugnì poi irritata, sollevando con fatica la mano ricoperta di fanghiglia, che rese maggiormente impacciato il movimento.

«Mh, fango?! -Mormorò come se ne avesse appena scoperto l'esistenza- Fango!» Esclamò più nitidamente, come se stesse rispondendo alla domanda che precedentemente si pose.

“Come ho fatto a non pensarci prima?!” Si disse nella mente, ricordandosi delle proprietà benefiche del terriccio umido.

Portandolo all'interno dell'ampolla contenente il succo di mirtillo -nonché quella più grande-, aggiunse qualche goccia di acqua di rose, per poi tappare il contenitore ed agitarlo per una manciata di minuti.

Dopodiché riiniziò a percepire la reale intensità del dolore, in quanto i suoi pensieri non erano più focalizzati sulla soluzione al problema.

Quando l'intruglio prese colore e consistenza omogenea, aprì il tappo, che sprigionò un'intensa fragranza fruttata unita ad un tocco aromatico naturale conferitogli dal terriccio.

Dopo aver tirato un profondo sospiro, pose parte del contenuto dell'ampolla su indice e medio, che poi poggiò con delicatezza sulla mascella ferita.

«Ah!» Gridò a gran voce nel momento in cui vi fu l'impatto con la carne fresca.

Stringendo i denti, si ricordò le parole provocatorie di Nena che, da quel momento diventarono il suo talismano contro la codardia.

Inspirando profondamente una grande quantità d'aria, Musa portò un'altra porzione di preparato sulla parte dolente e, sibilando di dolore, proseguì nel tamponamento. La macchia di carne scoperta era talmente ampia che dovette darci tre passate di rimedio.

“Fra solo trenta minuti starò meglio.” Pensò per incoraggiarsi.

Anziché attendere l'esito della cura senza fare nulla, iniziò a ragione su un metodo per sconfiggere quelle fiamme.

Non si trattava di un semplice incendio, ma di una vera e propria catastrofe. Per porre fine a tutto ciò non poteva sfruttare nemmeno una delle sue pozioni, da quanto erano limitate sarebbero state sprecate invano. Necessitava di un incantesimo vero e proprio: magia contro magia. Eppure, il suo potere era quello della musica e non sarebbe riuscita a permettere a quelle fiamme di cessare, solo se fosse stata la Guardiana di Andros avrebbe potuto avere qualche possibilità.

«Combatti il fuoco col fuoco..» Le consigliò quella saggia voce che dava sempre l'impressione di essere alle sue spalle.

«Ma che vuol dire?!» Saltò su dubbiosa lei. Ovviamente, l'interlocutrice non rispose.

Ragionò su un tipo di incantesimo agli antipodi con l'elemento da lei preso in considerazione, cosa che risultava assai più facile a scuola, dato che le facevano esercitare con fuochi appiccati naturalmente.

All'improvviso si ricordò dell'ultimo dono ricevuto: il contatto con la natura.

Chiudendo gli occhi, si concentrò sull'ambiente che la circondava, tentando di instaurare una comunicazione con essa.. Senza successo.

«Accidenti! Questo stramaledetto posto è una fandonia! Non è naturale! -Ringhiò arrabbiata potendo contrarre in meglio il viso, grazie al rimedio improvvisato- ..Non è naturale!» Esclamò poi schioccando le dita, come se avesse trovato la soluzione.

«Combatti il fuoco col fuoco..» Ripeté fra sé come se fosse un mantra.

“L'attacco con il quale mi hanno omaggiata per la riuscita della prova Alfa è ancora a mia disposizione. Se ne recito uno che mi permetterà di avere in mio potere la stessa acqua innaturale che mi ha attaccata durante quella stessa prova allora, potrò combattere l'innaturale con l'innaturale.. Ma certo!”

«Devo solo trovare un incantesimo efficace..» Mugolò poi.

«Non c'è tempo!» L'allarmò la solita Voce dall'alto.

«Quanto manca?» Domandò allarmata la ex fata.

«Non posso dirtelo. Fai in fretta!» La donna fantasma pareva essere più nervosa della ragazza.

Ella, iniziando a correre verso il posto da cui era venuta si accorse che, infatti, sul terreno umido di quell'aria bonificata, le fiamme non avevano ancora aderito; se non si fosse data una mossa, però, presto quell'enorme e catastrofico pericolo l'avrebbe nuovamente incontrata, ardendo completamente quello strano pianeta.

Nel momento in cui percepì l'intenso odore di bruciato infatti, si affrettò ad allungare lo sguardo verso l'orizzonte, potendo notare una copiosa e densa massa incandescente: il luogo dove si sarebbero svolte le vicende decisive per determinare la possibilità di poter sfidare la sorte in un'altra missione o avrebbe dovuto dare un definitivo bacio d'addio a quello che ne sarebbe dovuto essere del suo domani.

Con passi decisi si diresse verso la sua meta: non ci avrebbe messo molto ad arrivare, ma l'attesa -nonostante l'andatura abbastanza rapida- pareva eterna.

Più si avvicinava all'obiettivo, più esso pareva muoversi verso di lei e, in minor tempo rispetto alle proprie aspettative, Musa si ritrovò faccia a faccia con quella sorta di nemico. Nonostante non vi fosse più nulla da ardere, il fuoco bruciava famelico, sempre più affamato di carneficina.

Era giunto il momento, quello che stava per fare non l'aveva né visto né sentito da nessuna parte, stava improvvisando.

«Acque contenute in questa sovrannaturale natura e piogge acide di tutti gli Universi, venite a me! -Enunciò a gran voce ponendo i palmi verso il cielo, che rapidamente si ingrigì a causa di numerosi fitti nuvoloni- In nome del potere conferitomi vi ordino di unirvi a mio favore, in un diluvio talmente potente da spegnere codeste infami fiamme!» Gridò poi, muovendo le mani in avanti, verso la causa del suo astio e del suo disagio.

Quella folta massa di nuvole si inscurì ulteriormente, dando al cielo un'aria più mesta e realistica, nascondendo finalmente quel verde raccapricciante che, da almeno quindici ore stava facendo da sfondo all'ex fata e alle sue imprese.

Una fitta Pioggia cristallina iniziò a cadere, spegnendo rapidamente quelle inquietanti fiamme che la perseguitavano da tempo, ormai. Nel momento in cui più nulla arse, il cielo grigio si illuminò per la terza volta di una potente luce e, la Ninfa che aveva precedentemente incontrato si ripresentò.

«Nobile ragazza. -La salutò- Ora è giunto per te il momento dell'ultimo sforzo: la Prova Beta.

Attenzione: non sarà come tutte le altre, dovrai sfruttare ancor di più la tua scaltrezza e la tua astuzia e, per farlo, riceverai la terza ed ultima ricompensa: la Fiamma della Vita. Non confonderla con il potere del Drago: il dono a te concesso incentiverà soltanto la tua forza d'animo, la tua tenacia ed il tuo buon cuore, essenziali per il superamento della prossima d ultima sfida.

In queste ultime cinque ore dovrai dimostrare il meglio di te stessa per avere tutto.

Che la Buona Sorte ti accompagni, giovane donna.» Si congedò, ascendendo e scomparendo dietro le nuvole.

Guardandosi intorno, notò che non vi era nulla, solo una grande distesa paludosa da un lato e una piana di ceneri dall'altra.

Lo stomaco le brontolava, non aveva mangiato nulla all'infuori di quell'antidoto anti-allucinogeno, conferente una forte energia, che con tutto quel movimento fisico e quegli sforzi stava giungendo al termine.

Iniziò a camminare verso la distesa paludosa, cercando di tornare verso la spiaggia alla ricerca di qualcosa da mettere nello stomaco.

Sotto le piante dei piedi della ex fata, alla parte dell'armatura che ne costituiva le calzature, aderì la sabbia a causa dell'umidità della fanghiglia, sulla quale precedentemente marciò.

Si sentiva stremata e preoccupata: il nulla che regnava in quel posto desolato, quella completa tabula rasa la stava spaventando più di qualsiasi altro mostro; sapeva benissimo che si trattava soltanto della quiete prima della tempesta.

«Basta! -Gridò a pieni polmoni, come se stesse implorando qualcuno, quando cadde a terra dallo stremo- Dove diavolo si trova del cibo in questo schifo di posto?!»

Si sentiva affranta, la fame stava per prendere il sopravvento sulle sue emozioni: più lo stomaco si svuotava, più la rabbia saliva.

«Vi odio, cazzo! Vi odio!» Gridò battendo violentemente i pugni per terra. Forse si riferì alle Ninfe o forse a tutto e a tutti. In quel momento la stanchezza e la sofferenza le stavano facendo rasentare la follia. Due pesanti occhiaie le contornavano gli occhi rossi di stanchezza e il suo viso, ormai ingrigito e macchiato di fango, era contornato da rimasugli bruciacchiati di capelli.

«Piccola, tieni duro. -La invitò con fare dolce e materno quella Voce che si faceva sentire ogni volta che ne aveva bisogno- Prosegui, fidati di me.»

Musa sapeva che in lei poteva confidare ciecamente, aveva capito alla perfezione che ogni sua parola non era detta a sproposito.

Reggendosi a fatica sulle sue stesse gambe proseguì lentamente, ricordandosi del suo vero obiettivo: dopo la morte lei non avrebbe più patito nulla, certo, ma i suoi amici e Riven sarebbero stati male e lei non voleva la sofferenza delle persone a cui voleva bene, men che meno quello del suo amato. Sapeva che, anche se mai lo voleva dare a vedere, lui era più fragile di chiunque altro e la sua morte lo avrebbe portato ad un'autodistruzione certa.

Camminò per un'ulteriore distanza inquantificabile, finché non raggiunse un'area in cui vi era una distesa di prosperose palme; le parve più che strano il fatto che dopo quella disastrosa tempesta di fuoco potesse esserci ancora qualche forma di vita oltre a lei, anche se -ironicamente- in quel momento si stava ritenendo con un piede nella fossa.

Aggrappandosi su un tronco, spinta dalla fame accecante, allungò la robusta spada del suo fidanzato verso i rami, riuscendo a far cadere al suolo una noce di cocco. Con rapidità la pulì dalla robusta buccia pelosa e fu in grado addirittura di squarciarla. Ne bevve il contenuto con foga, era talmente disidratata che le sue labbra erano secche come il più arido dei deserti.

A copiosi bocconi mangiò rapidamente quel frutto la cui provenienza le era completamente ignota ma, col senno di poi, si augurò vivamente fosse seriamente commestibile.

Con lo stomaco pieno, iniziò ad incamminarsi per quel palmeto alla ricerca di un indizio sulla prova da superare. Rabbrividì quando, ad un certo punto del suo cammino, si trovò al principio di una distesa di terriccio fertile che, tramite una spaccatura del suolo, si accorse che era diviso scambievolmente in due parti. Come se non fosse abbastanza, ciò che la terrorizzava sopraggiunse al suo sguardo quando focalizzò le sue attenzioni verso l'alto.

«Papà!» Gridò spaventata. Ebbene sì, suo padre era imprigionato a mezz'aria in quella che non pareva altro che una gabbia di fulmini.

«Tesoro!» Ricambiò l'uomo cercando di non far trasparire un minimo di spavento, evitando di contagiare la figlia.

«Cosa ti hanno fatto?!» Si preoccupò lei, volgendogli il più languido dei suoi sguardi.

«Non lo so! -Esclamò lui confuso- Stavo cenando e credo di essere svenuto. Dopo non so quanto tempo mi sono risvegliato qua dentro! -Spiegò indignato- Sai cos'è successo?»

«Sì. -Rispose lei rammaricata. Sapeva di esserne la unica causa- È colpa mia; ma ora non ho il tempo per spiegare. Ho davvero poche ore, se non minuti, a mia disposizione.» Si giustificò, cercando di reprimere quel crescente senso di colpa che, come acido muriatico le stava logorando l'animo.

«Non ti preoccupare, piccola. -La tranquillizzò- Ho già intuito cosa stai facendo. È proprio per questo che non volevo tornassi ad Alfea, avevo già capito le tue intenzioni.»

«Come fai a sapere dell'esistenza del Pendantix e di tutto questo universo parallelo?!» Domandò lei, con l'impressione che fosse stata l'unica a non sapere nulla del ciondolo fino a qualche giorno prima.

«Non c'è tempo! -Ribadì d'impulso il genitore- Ora prenditi cura di te stessa!»

«Troverò un modo per liberarti! Lo giuro!» Gridò la giovane donna con ostinata mordacia.

In quel momento prese a camminare lungo la massiccia spaccatura del terreno, cercandone la fine e, alla riunione dei due suoli trovò un due ripidi strapiombi che delineavano la larghezza di quell'area, come se fosse costretta a seguire esclusivamente quella strada. Non di sicuro poteva aspettarsi due folletti sorridenti ed una pentola d'oro durante l'ultima di quelle difficili prove.

Quello che stava in quella porzione di territorio, ormai lo sapeva, non era nulla di utile; l'unico dono che l'avrebbe aiutata sarebbe stata la scimitarra di Riven ma, essendo composta soltanto di laser e ferro, avrebbe funto da conduttore e l'avrebbe fulminata a seduta stante se solo avesse provato a liberare il padre.

Si fermò in sovrappensiero, guardando l'orizzonte composto da greppi e terra secca, coperti da un cielo azzurro-grigiastro che, a dispetto dell'apparenza, dava sfondo ad un ambiente tiepido, nonostante la totale assenza del Sole o di un astro equivalente; in quel luogo albergava una luce uniforme ed omogenea che dava a quell'area un aspetto senza tempo.

Quando la persistente preoccupazione per quanto riguardava la perdita di minuti preziosi continuava a salire, collegandosi al rimorso di aver trascinato l'unico membro della sua famiglia a fondo insieme a lei, decise di tornare indietro per prendersi cura di lui ma, a darle un'ulteriore spinta fu un vento che sorse proprio dal vertiginoso strapiombo alla sua destra, che non le diede nemmeno il tempo di pensare su dove fuggire.

Iniziò a correre in direzione opposta al turbine che, si accorse con quasi-sollievo, la stava indirizzando proprio nel posto in cui era diretta fino a poco prima.

Cercava disperatamente di riflettere e di trovare una scappatoia, ma su due piedi sapeva che non avrebbe potuto elaborare qualcosa di astuto. Nel dubbio continuava a correre, cercando di raggiungere suo padre e di trovare un modo per metterlo in salvo.. a costo della vita.

Giunta dinnanzi a quella -apparentemente- infinita foiba, cercò di studiare la situazione: percepì un'energia potente che intuì essere quella dei fulmini, che permetteva alla gabbia e a Ho-Boe di fluttuare; azzardò che quella forza elettromagnetica si esercitasse nel raggio di un metro e che, quindi, infrangendola con la spada, suo padre sarebbe riuscito a fluttuare fino all'aldilà della spaccatura, riuscendo a salvarsi.

Si sarebbe trattata di una scelta astuta e nobile o di una semplice follia? I pro ed i contro stavano lottando nella mente della ragazza, rendendola sempre più indecisa. Nel momento in cui si voltò rabbrividì: quella tempesta d'aria stava incombendo e, come se non bastasse, con maggior veemenza e fame di distruzione.

«Non agire d'impulso, piccola mia!» Le impose con preoccupazione allarmante il padre.

«Non c'è tempo!» Lo zittì la figlia, elevandosi in aria con la spada tesa fra le mani. Il freddo vento le pungeva il viso pallido e faceva fluire nell'aria la sua corta chioma di un blu ormai spento. I suoi occhi, a dispetto del suo fisico apparentemente moribondo, sprizzavano vita. In quel momento era motivata, doveva salvare l'uomo che più stimava al mondo, a cui doveva tutto.. Perfino la vita.

Nel momento in cui la robusta lama di laser colpì con impressionante veemenza i fulmini, che permettevano l'esistenza di quel fitto campo magnetico che circondava lei e Ho-Boe, Musa percepì una forte scossa sul corpo, che la fece gridare di dolore e mollare definitivamente la presa sulla scimitarra.

Nel momento in cui vide suo padre atterrare sano e salvo sul suolo, la figlia non poté non tentare di sorridere, con ormai tutti i muscoli indolenziti. Eppure, sobbalzò quando uscì dal campo energetico che le permetteva di fluttuare, facendole salire il cuore in gola.

Un grido spezzante in dissolvenza verso la profonda foiba fu tutto ciò che Ho-Boe riuscì ad udire nel momento in cui il corpo composto dal sangue del suo sangue scomparì fra due imponenti masse di terra. A seguito di quell'espressione straziante di dolore e spavento percepì un forte tonfo, soltanto quello che un corpo abbattuto al suolo emette.. e poi ci fu il silenzio.


Spazio autrice:
Cari lettori,
a dispetto del mio capitolo sarò breve, perché di cose che potrei commentare ce ne sarebbero tantissime.
Ci tengo solo a precisare che la scena di Musa e Riven nel covo di Darkar è stata lievemente modificata per favorire la trama e rendere il tutto più poetico.
Dunque, cambiando leggermente discorso, siamo giunti a questo capitolo "di punta" della fanfiction nonché, devo ammettere, il mio preferito; scriverlo mi ha emozionata sul serio, spero che anche per voi sia lo stesso. L'unica cosa che mi rende piuttosto scettica su di esso è la lungezza, forse è eccessiva, ma sin dal principio non l'avrei mai visto ulteriormente frammentato. Spero che anche voi apprezziate questa mia divisione della storia.
Volevo dedicare questo aggiornamento della storia a Goran the Ancient, a cui piacciono gli intrighi, l'azione ed il fantasy.
Ci tengo inoltre a fare un grande saluto a Tressa e a Sabriel_Little_Storm che non sento da tanto tempo.
In più, un altro grosso saluto va a GiuliaAvril -ultima ma non meno importante- che mi segue perennemente, a costo di doversi buttare in un fosso.
Ringrazio tutti gli altri lettori silenziosi e quelli appena arrivati, è grazie a tutti voi se in certi casi trovo ancora una ragione per scrivere.
Detto ciò vi do appuntamento a lunedì 11 agosto con un altro imperdibile appuntamento, vorrei prima farvi smaltire questo mattone di capitolo per poter affrontare il prossimo e, diciamocela tutta, devo ancora terminare di scriverlo in maniera decente e devo idealizzare un disegno guardabile. A proposito: spero che quello di questo capitolo sia di vostro gradimento.
Un abbraccio,
Daphne09

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Capitolo 7
*** Si muore solo due volte ***


Brano idoneo al capitolo:

ich lass für dich das Licht an
obwohls mir zu hell ist
ich schaue mir Bands an
die ich nicht mag
ich gehe mit dir in die 
schlimmsten Schnulzen
ist mir alles egal

hauptsache du bist da
clicca qui: https://www.youtube.com/watch?v=Vf0MC3CFihY

 


7. Si muore solo due volte

Ho-Boe era come in trance. Non poteva crederci, non poteva aver appena assistito alla morte di sua figlia.

Gli occhi gli si colmarono di lacrime non appena la sua mente realizzò concretamente ciò che era appena accaduto.

«Figlia mia! No!» Prese a gridare in balia dei singhiozzi, inginocchiato davanti all'abissale fessura nella quale non molto tempo addietro era sprofondata la ex fata.

Era come se intorno a quel pover'uomo fosse tutto nero, come se non vi fosse nient'altro che lui soltanto; colui che era stato salvato dall'estremo sacrificio del sangue del proprio sangue.

Tutto a un tratto percepì una strana luce che, da scarsamente fioca, crebbe notevolmente in qualche secondo, avvolgendolo come in una morsa.

Ho-Boe percepì il suo corpo demolecolarizzarsi pian piano.. Dove lo stavano teletrasportando?

 

*****

 

«Musa.» Soffiò Bloom preoccupata, con gli occhi che da color mare si erano appena illuminati di una luce dorata, talmente incisiva da far sembrare le sue iridi autenticamente auree.

«Hai avuto una visione?» Dedusse Tecna, volgendo uno sguardo torvo ed attento verso il viso impallidito della Custode della Fiamma del Drago.

«Io la chiamerei una “sensazione”.. -Precisò la ragazza corrucciando la fronte, cercando di tradurre ciò che il suo istinto le aveva appena suggerito. Da quando aveva raggiunto il potere Enchantix le capitava di poter avere delle premonizioni involontarie su fatti che la toccavano nel profondo, solo che le immagini le correvano talmente rapide nella mente da non riuscire ancora a captare qualcosa che andasse più in là di un semplice sentimento istintivo- ..E non era per nulla positiva.» Sospirò abbassando lo sguardo verso il basso, lasciando che l'incolta chioma rossa le cadesse lungo il viso, eclissandolo.

«Andrà tutto bene.» Cercò di consolarla Sky, portandole una mano sul capo, permettendole di appoggiarlo sulla sua spalla.

«Ma che Diavolo stai dicendo?! -Saltò su il più scorbutico ed impulsivo degli allievi di Saladin, facendosi puntualmente riconoscere. In quel caso la posta in gioco era troppo alta, non gli importava affatto delle semplici formalità- Non raccontiamoci fandonie!» Ringhiò agitando animatamente le mani.

Anche se il suo possente corpo esprimeva furia, la vacuità dei suoi occhi manifestava un'allarmante preoccupazione.. che solo una persona sarebbe stata in grado di leggere e placare.

«R-Riven.. -Tentò di tranquillizzarlo Flora, avvicinandogli un palmo al braccio in segno di consolazione- Magari non è come pensi.» Soffiò, non sentendosi convinta nemmeno lei delle sue stesse parole.

«Silenzio! -Impose il ragazzo, divincolandosi da quel tentato approccio- Non voglio parlare con nessuno!» Gridò allontanandosi dai suoi amici, che rimasero altamente perplessi dal suo comportamento quasi eccessivo.. o forse no.

Flora si voltò poi verso il suo gruppo, volgendo uno sguardo scosso.

«Cerca di capirlo. -Le consigliò Helia stringendole la mano- Ora non ci resta che sperare per il meglio.»

 

Con passo fitto ed i bicipiti tesi, Riven uscì dall'uscio del college per Fate e decise di tornare a Fonterossa. Nonostante il fatto che Codatorta avesse dato ai cinque ragazzi il permesso di allontanarsi dalla scuola per l'intera giornata, il suo ambizioso allievo credeva di non esser riuscito a resistere un minuto di più in quell'ambiente di false speranze in cui tutto era fatto di luccichini e di smancerie.

Gli dava addirittura fastidio vedere come Timmy, Helia, Nabu, Sky e Brandon tentavano di consolare le proprie fidanzate; loro potevano ancora toccare ed abbracciare la propria amata, lui evidentemente no. Era diventato un esperto nell'incassare i tiri mancini che la vita gli proponeva, ma quella volta sentiva che non ce l'avrebbe fatta, sarebbe seriamente diventato un folle.

«Fantastico.» Sbuffò con sarcasmo ad un tratto, nel ricordarsi che il gruppo degli Specialisti era giunto ad Alfea con la navetta e che, quindi, si sarebbe dovuto fare la strada interamente a piedi. Non che per un ragazzo resistente come lui potesse apparire qualcosa di impegnativo -e, a dirla tutta, con il nervoso che aveva in corpo, gli avrebbe anche permesso di sfogarne una minima parte-, ma attraversare Selvafosca col buio della notte restava comunque una vera e propria scocciatura.

Non riusciva a calpestare un filo d'erba di quell'enorme distesa verde che una piacevole rimembranza gli affiorava nella mente e, sapere che tutto ciò sarebbe potuto rimanere vivo esclusivamente nei suoi ricordi gli faceva già sentire una nostalgia tale da percepire il suo cuore spezzato scambievolmente a metà.

«Perché?» Ringhiò lo Specialista infuriato, sganciando un calcio colmo di rabbia ed astio contro un sasso che intralciava il suo cammino. Il colpo fu talmente forte da scuotere la fitta chioma di un arbusto davanti a sé.

 

Il cuore di Musa si fermò ed iniziò a bruciarle in petto per tutta la durata della sua lunga caduta nel vuoto. Voleva riprendere a volteggiare nell'aria, certo, ma quello non era il modo in cui avrebbe desiderato farlo.

Non appena focalizzò il suolo avvicinarsi a lei con rapidità lancinante, si pose le braccia davanti al viso per evitare di sbatterlo durante l'impatto, ma tutto ciò risultò inutile nel preciso istante in cui il suo esile corpo colpì violentemente il terreno aguzzo ed irregolare, composto interamente di pietra.

Squittì fievolmente di dolore non appena iniziò a sentire una fitta perenne ai legamenti dei gomiti e delle ginocchia, con i quali tentò di ripararsi invano, permettendo a tutto il suo corpo di rimanere danneggiato dalla caduta più violenta che avesse mai subito in vita sua.

Non riusciva più a muovere gli arti, nemmeno per strisciare miseramente sul suolo; dedusse di essere soggetta a numerose fratture. Realizzò in quel momento che se una bestia, anche vagamente simile a quella in pietra da poco incontrata, avesse tentato di inseguirla, lei non sarebbe riuscita a muovere nemmeno uno spillo.

Il suo sguardo si posò su un palmo rivolto verso l'alto, ricoperto dall'armatura argentea e macchiata da un liquido rosso: era sangue, e colava proprio da una sua tempia. L'impatto fu generale nel suo corpo, in maniera talmente cruenta da danneggiarlo interamente, nonostante gli assidui tentativi di salvarlo.

Percepì che quelli sarebbero stati i suoi ultimi respiri, annaspati addirittura a stremante fatica; il fatto che fosse a pancia in giù non aiutava di certo.

Tutto ciò che la circondava erano soltanto rocce ricoperte di muschio e non un insieme di amici e familiari pronte ad accudirla fino all'ultimo, ciò che le accarezzava la pelle erano una fredda armatura e la fitta umidità che invadeva quel luogo, non i tiepidi palmi dei suoi cari e, le uniche lacrime di dolore che era in grado di vedere erano le sue e non quelle di coloro che tenevano a lei.

Sentiva di non riuscire più a muovere nemmeno le dita delle sue mani, aveva capito che ormai era giunta alla fine. Il sangue colava a rivoli da ampi tagli lungo il suo viso, macchiando marcatamente la fredda pietra su cui giaceva inerme, su cui stava morendo.

I suoi occhi iniziarono a vedere doppio e le immagini intorno a lei si incastravano sfumate, concatenate fievolmente tra loro, per poi iniziare a svanire e tingersi interamente di bianco.

«Scusatemi se vi ho deluso.» Furono le uniche parole che riuscì a biascicare sofferente, nell'attimo in cui non percepì più il suo corpo. In cuor suo sperò che nel momento in cui la sua anima stava trapassando in una sconosciuta realtà parallela, qualcuno sarebbe riuscito a sentirla.

Questa volta non vi sarebbero state più scusanti né scappatoie, era finito tutto.

 

Non appena quell'imponente luce smise di offuscare la vista di Ho-Boe, l'uomo si ritrovò nella medesima posizione di qualche secondo prima, su un suolo differente.
Poggiò i palmi sulla moquette quando, alzando lo sguardo si accorse di essere a casa sua. La leggera fragranza di riso e l'inconfondibile profumo di vaniglia aleggiavano in quelle stanze, proprio come se lì ci fosse la sua amata figlia.

Accorgendosi di essere ancora in ginocchio, l'uomo si alzò, per poi camminare quasi spaesato nel luogo in cui viveva da almeno venticinque anni.

Proseguì lungo il corridoio con sguardo vacuo ed insofferente, quasi come se fosse un robot efficientemente obbediente al suo telecomando.

Non appena incontrò l'ultima porta sulla destra, sulla quale c'era il poster di un ragazzo bello e dannato -probabilmente una popstar-, tentennò prima di aprirla. Non sapeva perché si era diretto proprio lì, forse il suo cuore glielo impose, annullando il prevalente potere che il cervello era solito esercitare sul suo corpo.

Avrebbe fatto male entrare in quella stanza piena di ricordi freschi come la vernice appena stesa, ma era consapevole di non aver saputo dare un degno addio alla propria figlia.

Nel momento in cui la porta scricchiolò, una lacrima rigò prontamente la carnosa gota di quell'uomo di mezz'età, a cui si poteva dir di tutto tranne che dargli del piagnucolone. Nella sua esistenza aveva sempre cercato di essere forte per mantenere in salute sé stesso e sua moglie, la madre di sua figlia, il suo piccolo grande gioiello.

Aveva perso le due persone più importanti della sua vita nel giro di poco più di una decina di anni, si sentiva un completo fallito. In fin dei conti sapeva benissimo riconoscere che non era veramente colpa sua, però in quei giorni ammise a sé stesso fino allo sfinimento che avrebbe potuto far di meglio per evitare a sua figlia tutto quel fardello.

Le pareti della camera erano tappezzate di foto, spartiti e testi di canzoni. Ogni centimetro di quel piccolo abitacolo era un ricordo inestimabile.

Nel momento in cui si trovò davanti all'immagine un po' sfocata della piccola Musa alle prese con i suoi primi passi non poté non sfuggirgli un amaro sorriso, inumidito immediatamente da una mesta lacrima.

Sedendosi sul letto, l'uomo ebbe il privilegio di poter sentire quella forte fragranza di vaniglia alla quale le sue narici ormai stavano diventando immuni, ma non nell'attimo in cui si accorse di non riuscire più ad avere la possibilità di poterselo godere.

Nessun genitore dovrebbe seppellire un figlio, è contro natura- dicono tutti, ma non potrebbero mai affermarlo sentitamente finché non lo constateranno sulla propria pelle.

Il non poter udire più il suono della sua risata, l'equivoco scricchiolare della serratura che solo lei emetteva nel vano tentativo di passare inosservata tutte quelle notti in cui rientrava alle cinque, il non poter più avere la preziosa opportunità di sgridare la propria creatura per insegnargli a vivere e dargli tutto ciò che si ha, spezzò lentamente il cuore di Ho-Boe a metà.

L'uomo non riuscì a mormorare nulla nemmeno a sé stesso, fuorché fitti singhiozzi soffocati nei grossi palmi che gli coprivano il volto, assorbendo tutte le lacrime che gli stavano sfuggendo dalle iridi ormai spente per il dolore.

Tentando di ricomporsi, respirando in maniera più lenta e regolare, voltò lo sguardo verso il comodino sul quale c'era una foto decorata con fiori e conchiglie, una sua foto.

«Amore mio. -Sospirò afferrando ed ammirando sognante l'immagine della moglie- Sai, non passa giorno in cui non ti pensi, in cui non riesca a non rivederti in nostra figlia.
La sua voglia di vivere è- era talmente equiparabile alla tua che ora la casa più che vuota mi sembra inesistente. -Sospirò con amarezza- Purtroppo ha preso da te anche questo stramaledetto vizio per l'avventura, volendosi intrufolare in fatti che sono più grandi di lei e, ironicamente, è la stessa identica cosa ad avervi portate via da me. Riposate in pace piccole mie.» Disse, prima di riiniziare singhiozzare, stringendosi quella foto in petto con talmente tanta avarizia da apparire più preziosa di una pentola d'oro.. Perché i ricordi, quelli sì, sono inestimabili.

 

Dopo aver schivato gli sguardi incuriositi di tutti gli allievi di Fonterossa, Riven si rintanò nella sua stanza in maniera ancor più silenziosa del solito.
Le tenebre avvolgevano quel freddo abitacolo così formale e conformista, ma lui non si premunì nemmeno di accendere la luce; in confronto all'oscurità che nutriva al suo interno, il buio della sera pareva una barzelletta.

Non riusciva a piangere benché avesse desiderato farlo, voleva riuscire a sfogarsi in qualche modo, ma non si riteneva capace di accettare che Musa poteva benissimo essere morta. In fin dei conti non aveva nemmeno la prova autentica che i peggiori dei suoi presentimenti si fossero avverati.
Al suo interno lottavano la solita visione cruenta e realistica delle cose per quelle che erano, ma il suo cuore batteva ancora nella speranza che in quell'ultima ora di tempo la sua Paladina avrebbe lottato.

«Ma chi voglio prendere in giro.» Mormorò a sé stesso, stringendo i pugni alla ricerca di un verdetto interiore.

Mentalmente continuava a ripetersi che sarebbe stata questione solo di un'ora, ma i minuti parevano anni. Perché tutto ciò sarebbe dovuto accadere proprio a lei, proprio a loro? Perché proprio nel momento in cui avevano deciso di aprire finalmente i loro cuori?
Riven credeva in un futuro con Musa, in un avvenire in cui avrebbero avuto una casa, dei figli e, perché no, magari anche un gatto. In fin dei conti adoravano quelle creature, sono così orgogliose indipendenti.. proprio come loro.

Sdraiandosi a pancia in giù sul letto poggiò la testa sul cuscino, accarezzando la coperta a lui sottostante, sulla quale proprio il giorno precedente il corpo della ex fata si era seduto.

Gli parve quasi incredibile che fino a qualche ora prima la carne della sua amata giaceva fra le sue braccia e che in quel momento si trovava chissà dove, senza anima. Avrebbe dovuto stringerla più forte, non avrebbe mai dovuto lasciarla andare.

Chiudendo gli occhi senza addormentarsi, permise alle immagini più dolci che potesse ricordare di affiorargli nella mente.

 

*****

 

Era sera, e fuori faceva freddo, tanto che le fitte nuvole minacciavano neve se la temperatura non fosse stata così ampiamente sotto lo zero. Però, a dispetto di tutto quel ghiaccio, l'atmosfera in una camera di Fonterossa era amorevolmente tiepida. La luce fioca dell'atbajour illuminava due corpi avvolti in un grosso copriletto, che lasciava intravedere la spalla nuda di una giovane fata dai lunghi capelli blu, sdraiata sul possente petto di un misterioso Specialista.

«..E poi mi ha detto “Ma come sei messa? Quella era la mia giacca nuova!”» Narrò la ragazza dalle gote rosee, strappando una risata al suo interlocutore. I due vivevano giorno per giorno, raccontandosi tutto quello che gli accadeva, commentandolo insieme e confrontando le loro diverse ideologie.

«Non credi sia ora di dormire?» Propose il ragazzo sbadigliando, nel momento in cui, allargando le braccia, le pose intorno al corpo esile della fata.

«Ma se domani è domenica!» Canzonò lei, con il tono di una bambina a cui era stato sottratto il lecca-lecca, disegnando col dito scarabocchi invisibili sul petto di lui.

«Non so te, piccola. -La appellò ironicamente- Ma io oggi ho sgobbato tutto il giorno.» Le fece presente con tono di finto rimprovero.

«Guarda che lo studio teorico comporta un enorme stress psicofisico! -Si difese lei- Chiedi a Tecna!»

«Non ci tengo. -Grugnì lui- Dai, dormiamo. Sei stanca, stai iniziando addirittura a parlare come lei!» Le fece presente con leggera ironia.

«Va bene, buonanotte.» Cedé la ragazza, emettendo un piccolo e grazioso sbadiglio.

«Buonanotte.» Rispose lo Specialista alzando leggermente la coperta e spegnendo la luce.

 

 

Grossi mugolii tormentati riempivano la pacata e silenziosa atmosfera di quella stanza e, nell'immediato udirli, Musa spalancò le palpebre balzando sull'attenti ma, nel momento in cui percepì sotto di sé una fitta massa di muscoli tendersi, allora comprese che non vi era un vero e proprio pericolo.

«Riven, Riven.. -Lo chiamò con dolcezza tentando di fare irruzione in quel sonno tormentato- Va tutto bene.» Cercò di rassicurarlo accendendo il tasto dell'atbajour, in quel momento si accorse che la fronte del ragazzo era madida di sudore.

«Che succede?!» Saltò su lui d'improvviso, quasi urlando.

«Niente, niente. -Soffiò con tenerezza la ragazza, sibilando dolcemente per farlo calmare- È stato soltanto un brutto sogno.» Lo tranquillizzò accarezzandogli l'umida fronte.

«Scusa.» Si limitò ribattere lui, poggiando delicatamente il suo palmo sul braccio della fidanzata.

«Non fa niente. -Soffiò Musa avvicinando il suo viso a quello del ragazzo, permettendo alla setosa chioma blu di cadere in avanti, incorniciando anche i marcati zigomi dello Specialista- Sono qui per te, stai tranquillo.» Proferì straboccando amore, per poi baciarlo castamente all'angolo della bocca.

«Grazie.» Si limitò a rispondere lui.

Quando la mano della fata si avvicinò ulteriormente al pulsante dell'atbajour, il ragazzo domandò arrossendo leggermente: «Ti va di tenere la luce accesa?»

La fidanzata si limitò nel sorridergli dolcemente, per poi accontentare la sua richiesta. Era a conoscenza dei suoi demoni interiori e, nonostante non ne dibattessero mai, era consapevole di quanto lo facessero soffrire. Ne poteva notare le ripercussioni in tutti i suoi gesti, riuscendo a leggere il dolore ancora fresco nei suoi occhi. Forse, lo amava anche per questa debolezza che tentava di nascondere tanto assiduamente, o per quell'inespressa paura di perdere lei e tutti i suoi piccoli gesti che lo facevano stare così dannatamente bene.

 

*****

 

Non riusciva ancora a crederci, l'aveva persa per sempre.

Lo Specialista continuava a ripetersi nella mente quanto potesse essere stato sciocco ad averla lasciata andare via da Alfea la prima volta. Avrebbe potuto fermarla, rivelarle i suoi sentimenti e permettere che non tornasse con quella straziante novità. Lui l'avrebbe amata anche così, senza poteri e senza pericoli. Anzi, avrebbe potuto avere la garanzia di poterle stare vicino per tutto il resto della sua esistenza; avrebbe rinunciato a tutto per lei.

In quel momento il ragazzo portò il ruvido palmo sul tasto della lampada, non sapeva se accenderlo e lasciare che la sua fioca luce permettesse al ricordo della ex fata di divampare violentemente nella sua mente.

Quando poi, senza più indugiare, premette il bottone dell'atbajour, lasciò che una grossa fitta gli mordesse il cuore, permettendo ad ogni minima immagine della sua amata di rientrargli nella testa e renderlo un semplice ragazzo disperato. Avrebbe voluto averla con sé, come quella volta, ad accarezzargli la fronte e a dirgli che sarebbe andato tutto bene; eppure, l'unica cosa viva che gli era rimasta di Musa era il dolore che portava dentro non avendola con sé.

 

«Bloom, ora non mentire. -Saltò su Aisha non appena Riven se ne era andato- Tu hai visto qualcosa, sennò non staresti così.»

«Niente, ragazze. Non è successo niente.» Cercò di tranquillizzarle lei con finta leggerezza.

«Amica, ti conosco meglio delle tasche dei miei jeans preferiti. -Soffiò Stella stringendole le mani con fare accomodante- Ora dicci che hai visto. Anche noi siamo sue amiche, abbiamo il tuo stesso diritto di sapere.» La invitò gentilmente.

«E va bene.. -Si vide costretta a cedere la Fata di Domino- L-Lei era a terra.. -Mugolò con gli occhi color oceano colmi di lacrime- Non voglio dirlo.» Si lasciò intendere scoppiando in un pianto sofferente.

Le altre ragazze del Winx Club rimasero pietrificate, senza minimamente dubitare delle parole dell'amica. Non l'avrebbe mai affermato se non ne fosse stata così certa, eppure nessuna di loro poteva crederci.

Tra tutti i combattimenti fatti contro Streghe e malvagi Maghi di ogni genere, in posti sempre più angusti con pericoli sempre maggiori, non si sarebbero mai immaginate che qualcuno di loro avrebbe potuto rimetterci addirittura la vita, o almeno non proprio in quel modo.

«Ma perché a lei?!» Esclamò ad un tratto Tecna, che da sempre aveva tentato di dimostrare rigida impassibilità, per poi affogare in un affannoso pianto.

«Amore, dobbiamo farci forza per lei, d'accordo? -Disse Timmy, che mai l'aveva chiamata in quel modo, nemmeno lui convinto delle sue parole, stringendola fra le braccia- Lei non vorrebbe vederti così.» Aggiunse con voce tremula.

«Ma come faccio a non soffrire?! -Esclamò lei di rimando, soffocando i suoi singhiozzi sul petto del fidanzato- Era la mia migliore amica.»

«Non lo so..» Furono le poche ed insicure parole che il ragazzo riuscì ad impastare in preda alla commozione.

Mancavano poco più di venti minuti alla mezzanotte, ma le cinque fate più prodigiose di Alfea sapevano che non sarebbero affatto riuscire a chiudere occhio. La nostalgia che già sentivano per la loro compagna -per la loro amica- li rendeva insicuri su quale potesse essere il loro futuro. L'unica cosa certa era che avrebbero vissuto ogni giornata attimo per attimo, apprezzandola come se fosse stata l'ultima; lo dovevano alla loro compagna.

«Amica mia, non smetteremo mai di pensarti.» Furono le ultime parole di Stella, prima di soffocare silenziose lacrime fra le possenti braccia del suo fidanzato.

 

Tutto era bianco intorno a Musa, l'atmosfera era così incredibilmente irreale, eppure non le trasmetteva nemmeno un minimo di irrequietudine. Pareva essere circondata da soffici ed impercettibili batuffoli di nuvole.

Quando allungò un braccio per tentare di sfiorarne una, notò di non indossare più la sua rigida armatura, ma un morbido vestito in seta bianca dalle maniche in candido velo, che lasciavano trasparire due braccia pallide ed illese.

Spostando lo sguardo verso il basso, si accorse che lo strascico del lungo e perleo abito non le permetteva di vedersi i piedi, che percepiva nudi e sospesi nel vuoto, cosa che non la spaventava affatto, dato che aveva capito l'innocuità di quel luogo.

Guardandosi indietro si accorse che non vi era una porta d'entrata o una possibilità d'accesso all'infuori del teletrasporto.

Abbassando mestamente lo sguardo arrivò perspicacemente ad una conclusione: era morta.

Iniziò a percepire un abisso infernale dentro di sé, in preda alla forte morsa del senso di colpa per aver tradito chi più l'amava. Non pensava di poter provare una tale emozione anche in seguito all'inaspettato trapasso. Era talmente delusa da sé stessa da parerle di essere deceduta una seconda volta.

«Musa.» La solita voce armoniosa rompé il silenzio, era soave e controllata proprio come quella di una cantante.

«Nena?» La chiamò l'altra di rimando, leggermente scossa dalla presa alla sprovvista.

«Sì, sono io, piccola mia.» Rispose, parendo sempre più vicina a Musa.

Ad un certo punto, d'innanzi alla ex fata si fecero strada una fitta massa di raggi dorati, simili a quelli del Sole quando rompono le buie nuvole in seguito alla tempesta, dando spazio ad un corpo snello vestito di un abito dall'ampia -ma casta- scollatura, completamente identico al suo.

La pelle della giovane signora era candida come la neve, il che le fece risaltare le labbra carnose garbatamente arrossate e un paio di rosee gote.

Una frangetta blu notte faceva da cornice a due occhi screziati di raro e caldo viola, emananti un forte affetto alla vista della ragazza.

«Mamma...» Mugolò la giovane, tendendo il palmo verso quella mirabile visione appena avuta, trapassandola senza poterla realmente toccare. Anche se non riusciva a stringerle la mano, si sentì ugualmente sollevata.

«Figliola, finalmente possiamo rincontrarci. -Soffiò la donna stringendo amorevolmente gli occhi sorridenti e scostando la testa di lato, lasciando che i capelli le accarezzassero la spalla destra- Immagino tu abbia molte domande per me.» Incalzò schiudendo le labbra in un sorriso spontaneo.

La ragazza aprì lievemente la bocca lasciandosi sfuggire uno squittio di sorpresa, per poi superare il momentaneo blocco e sentenziare.

«Perché per tutto questo tempo ti sei fatta chiamare con un altro nome?»

«Sai Musa, noi Spiriti possiamo rivelarci agli esseri viventi, ma senza svelare la nostra identità e... Quale soprannome migliore di questo potevo usare?» Spiegò con naturalezza, manifestando una forte positività tramite lo sguardo.

«Nena..?» Ribatté la giovane con la fronte corrucciata, lasciando trasparire una vena di dubbio.

«Oh certo, tu non potresti ricordarti.. -Sospirò amorevolmente la donna, sorridendo a labbra serrate- Quando non avevi nemmeno un anno, la tua prima parola per descrivermi fu proprio “Nena”.» Ricordò lei con occhi sognanti e lievemente nostalgici.

«Oh.. -Boccheggiò Musa con sguardo commosso. Sentire i ricordi di lei e sua madre insieme la emozionava sempre, benché in quel caso fosse lei stessa a raccontargliene uno- Ma come fai a sapere tutte queste cose sul Pendantix?» Domandò innocentemente incuriosita, proprio come una bambina.

«Semplice, perché l'ho vissuto.» Rispose Wa-Nin con naturalezza.

 

«Non affliggetevi ragazze, magari tornerà. In fin dei conti manca ancora un quarto d'ora e non possiamo sapere che cosa si celi dietro questa stramba missione!» Proferì Flora con un luccichio follemente fiducioso nello sguardo color speranza.

«Non assecondo la tua teoria. -Ribatté mestamente Tecna, asciugandosi le lacrime e ricomponendosi- Bloom è stata più che chiara.. Purtroppo.» La ammutolì con profondo dispiacere.

«Cristallina.» Enfatizzò Stella incrociando imbronciata le braccia.

«Accidenti!» Ringhiò Aisha, rompendo quella linea di instabile e fioco silenzio che cupamente regnava ad Alfea. Non le importava se ormai era notte fonda, se il sonno di qualche fata si fosse guastato non le sarebbe importato nulla, o almeno non in quella situazione. Colpendo una parete della stanza con un pugno, se ne andò sconvolta ed arrabbiata.

«Aisha, aspetta!» La richiamò Nabu inseguendola. Era difficile per tutti, ma nemmeno il mago poteva immaginare quanto la sua fidanzata tenesse alla Fata della Musica.

 

«M-Ma come? -Domandò Musa scossa, certe cose non le tornavano- Non eri morta per quella grave febbre che ti colpì quattordici anni fa?»

«Questo è quello che feci raccontare a tuo padre. -Soffiò la donna, facendo spegnere l'entusiasmo che fino a poco prima straboccava dai suoi occhi- Non volevo assolutamente che tu sapessi di questi pericoli.»

«Ma se tu stessa mi hai portata dal Pendantix!» Esclamò la ex fata sempre più incredula.

«Perché sapevo che ce l'avresti potuta fare.» Ribatté Wa-Nin con voce calda e fiduciosa.

«E invece no..» Soffiò la ragazza abbassando il capo, lasciando che la frangetta blu coprisse il suo sguardo languido e deluso. Percepì quel profondo e vuoto abisso aumentare ulteriormente dentro di sé. Deludere tutti quelli che amava era l'ultima cosa che avrebbe desiderato fare.

«Non ti affliggere, tesoro mio.» Cercò di rincuorarla la madre. Anche se non poteva accarezzarla, la sua voce pareva coccolarla, colmando ciò che il tatto non poteva saziare.

 

Solitudine ed oscurità regnavano intorno a Riven che, nell'angolo più remoto della sua stanza, fissava il buio orizzonte di Magix. Una parte era formata quasi interamente da una fitta rete di palazzi ed uffici del centrò-città, mentre verso est si potevano contemplare Melmamora e Selvafosca nel loro massimo splendore.

A Musa piaceva la natura, amava ammirarla in tutte le sue sfumature. Lo Specialista si ricordò di tutte quelle volte che, quando pioveva e tutti si preoccupavano di rintanarsi, lo implorava di uscire a guardare le tormentate onde dell'Oceano Magico ancora ed ancora.

Spesso, si chiedeva se l'avesse mai stancata uscire con cinque gradi al massimo e nel bel mezzo di una tormenta, ma lei continuava a ribadire che non ne avrebbe mai avuto abbastanza «perché ogni volta un'onda diversa si sarebbe scagliata contro gli scogli -e che- qualsiasi momento è irripetibile.»

Riven avrebbe giurato a sé stesso di non aver mai conosciuto una persona tanto amante della vita quanto quella piccola ragazza dai capelli blu e gli occhietti vispi. L'avrebbe potuta definire il suo caldo raggio di sole, ma ora che non c'era più la sua vita sarebbe ritornata ad essere un perpetuo ed insipido susseguirsi di azioni spassionate.

Eppure, dentro di sé giurò di poterla rivedere in tutti quei piccoli gesti che costituiscono la quotidianità: la sua amata avrebbe vissuto nel tormentone estivo che sempre si sente alla radio, nella fitta pioggia che permette al vento di far alzare la burrasca in mare, oppure nella luce accesa sul comodino dopo un brutto sogno. Musa era la miglior cosa che gli fosse mai successa.

 

«Come potrei non farlo?! -Ribatté la ex fata con astio- Ho tradito tutti quelli che mi amano, tutti quelli che credevano in me!»

«Non dire così! -Cercò di consolarla la madre- Non tutti i mali vengono per nuocere..»

«Grazie, mamma. L'unica cosa che mi fa sentire più leggera è sapere che da oggi starò accanto a te per il resto dell'eternità.» Soffiò la ragazza, ormai rassegnatasi.

«Non sarà proprio così..» Ribatté Wa-Nin con l'amaro in bocca.

«Perché?»

 

«Aisha, per l'amor del Cielo, calmati!»Esclamò Nabu una volta che la sua fidanzata, rientrata nel dormitorio, si sbatté la porta alle spalle.

«Vattene!» Gridò l'altra in preda all'ira, facendosi chiaramente sentire dall'interlocutore.

«Neanche per sogno! -Saltò su lui- Io voglio aiutarti!»

«Vattene!» Ribadì lei, sempre più arrabbiata.

«Ti ho già esposto le mie intenzioni. -Disse il mago senza perdere le staffe- Io voglio stare qui con te, non lo capisci?! Voglio aiutarti a passare questo momento!»

«Ma tu che ne sai..» Ringhiò la Fata dei Fluidi.

«Anch'io ho perso delle persone a me care, fidati, e non è stato per nulla facile. So anche che all'inizio non vuoi vedere nessuno, ma un giorno capirai che sarebbe stato utile. -Spiegò rabbuiandosi- Per favore, fammi entrare.. nella tua vita.»

«Ma tu ci sei già.» Udì il ragazzo dopo qualche secondo di silenzio, non appena la porta della stanza della giovane donna si aprì. Il mugolio della Principessa di Andros gli fece venire come un tonfo al cuore.

La ragazza, sempre vista come una potente fata battagliera, in quel momento era ancor più vulnerabile di un bambino: i suoi occhi erano lucidi dalle lacrime e le gambe le tremavano per i troppi singhiozzi incassati e soppressi.

«Sfogati, non aver paura di me.» Soffiò Nabu fra i capelli di Aisha, che si era scagliata contro il suo petto, scoppiando in un pianto liberatorio.

 

«Mamma, ma io voglio stare con te!» Esclamò Musa, in preda alla paura, non appena vide l'atmosfera intorno a sé scurirsi e la visione di sua madre farsi lentamente più fioca.

«Evidentemente questo non è il nostro momento, figlia mia.» Soffiò in dissolvenza la donna, sparendo definitivamente dalla vista della ragazza, insieme a quel paradisiaco ambiente.

In quel momento tutt'intorno alla ex Guardiana di Melody si fece definitivamente buio, non c'erano più quelle soffici nuvole a fare da sfondo a sua madre e tutto stava tornando ad essere macabro ed inquietante.

Quando trovò la forza di riaprire gli occhi, si accorse di trovarsi sul fondo pietroso di quella fredda spaccatura del terreno e che ancora dei rivoli rossi colavano dalla sua tempia.

Intorno a sé iniziò a vedere un insieme di lucciole collegate fra loro da tanti sottili fasci dorati che, a poco a poco, inondarono anche Musa stessa, fino a coprirne interamente il corpo.

“Ma che sta succedendo?” Pensò nel momento in cui l'atmosfera intorno a lei diventò di un brillante magenta e, spontaneamente la ragazza iniziò a muovere il suo corpo a ritmo di una musica che ormai conosceva molto bene.

Quando tese le braccia nude, sulle quali in seguito ad una luminosa carezza, comparvero dei guanti in velo rosa, iniziò a sentire una forte energia correrle lungo le vene, fino a toccarle il cuore, che prese a batterle di nuovo regolarmente.

Nonostante sentisse ancora il suo corpo dolerle, non riusciva a non muoverlo seguendo alla precisione quella coreografia che aveva eseguito centinaia di volte, ormai. Era come un burattino devoto alle redini del suo creatore: della Magia.

Quando intorno a lei tornarono a regnare umidità e desolazione, si accorse che la sua trasformazione Enchantix era completata, poteva ancora volare.

Nonostante si sentisse perennemente dolorante, si fece leva sulle sue possenti ali dorate, faticando a sorreggersi esclusivamente su di esse. Sbuffò dallo spavento quando il suo cuore parve ascenderle in gola, nel momento in cui il suo unico sostegno cedette, facendola nuovamente scivolare nel vuoto.

Prima di avere un ulteriore e violento impatto col pietroso suolo le venne alla mente l'immagine di Riven, che credeva in lei tanto da averle affidato l'oggetto a lui più caro e prezioso e a quanto esplicitamente il destino le avesse dato un'altra opportunità.

«No! -Ringhiò stringendo un pugno e riprendendo impulsivamente a sbattere le grandi ali- Questa volta non perderò! -Gridò cercando di ignorare il dolore- Per le Winx, per Riven, per Faragonda e.. per te, mamma!»

Quando con la rapidità di una saetta sbucò all'esterno di quella profonda estremità, incontrò quella forte tormenta d'aria, non esitando ad invocare la sua Polvere di Fata che da tanto tempo era rimasta inutilizzata. Sul cielo però, comparve una grossa proiezione del numero dieci che, dopo un secondo lasciò spazio al nove il quale, a sua volta, si trasformò nell'otto e così via. Il tempo stava scadendo, e la vita della giovane fata era ancora una volta appesa ad un filo sottilissimo, quasi invisibile.

 

Quando le lancette si spostarono sistematicamente sul dodici e il pendolo della presidenza iniziò ad emettere pesanti gong, alle fate ed agli Specialisti rimasti il cuore crollò definitivamente in un tonfo. C'era chi, una volta ufficializzata la supposizione di Bloom, si reggeva impassibilmente il capo fra le mani, incredulo di quanto successo, mentre altri caddero sulle proprie ginocchia affranti. Non si consolarono a vicenda, la sofferenza che portavano in petto era troppo straziante per poterli portare a sopportare anche il Calvario di qualcun altro, nonostante il fatto che si trattasse della propria dolce metà.

Gli unici a spalleggiarsi davvero e a condividere la grave perdita furono Aisha e Nabu che, abbracciati, ammutolivano le loro lacrime l'uno sulla spalla dell'altra. Forse la new entry del gruppo degli Specialisti non aveva vissuto Musa abbastanza da farsela mancare quanto al resto della combriccola, con cui aveva addirittura condiviso la stessa casa per tre anni, ma vedere la propria promessa sposa soffrire in quel modo era stato necessario per strappargli qualche singhiozzo.

 

Quando ormai i conti erano fatti, la presidenza si inondò di luce, cosa che prese quasi alla sprovvista anche Faragonda che ne stava effettuando l'accesso, lasciando spazio poi ad una Musa con i capelli ormai lunghi fino alle spalle, ridotti a ciocche sfibrate ed irregolari, con ancora indosso la sua tenuta da Fata Enchantix, accompagnata dalla visione della Ninfa dal lungo abito del color del Sole.

«Carissima Musa, quest'oggi hai sfidato acqua, aria, terra e fuoco uscendone vincitrice, dimostrando a tutti il tuo coraggio e la tua lealtà, anteponendo gli altri a te stessa.
A nome mio e di tutte le Forze Eteree della Dimensione Magica ti concedo nuovamente i tuoi poteri di Fata Enchantix!» Annunciò la donna senza tempo tendendo i palmi verso la stremata ragazza dai capelli blu, facendo accrescere fra le sue mani una calorosa fiamma color magenta, indirizzandola verso il petto della fata, penetrandolo con talmente tanta dolcezza da poterla percepire addirittura come una carezza.

Nel momento in cui il puro potere della Musica entrò nel suo cuore, la ragazza levitò in aria, avvolta da una luce rosea, la cui magia si poteva visibilmente palpare.
Quando ormai il cuore della paladina di Melody diventò di nuovo un tutt'uno con la magia, i suoi piedi ritornarono a poggiare sul pavimento, e le sue gambe iniziarono a tremare in preda alla fatica subita e alla pesante giornata che era stata costretta a sopportare.

«Dov'è mio padre?» Furono le sue ultime parole prima di crollare a terra sulle ginocchia e svenire, annullando la trasformazione e apparendo di nuovo con la tenuta metallica di Tecna.

L'agghiacciante rumore dell'impatto del manico metallico della scimitarra col pavimento attirò l'attenzione di tutti, non appena la Ninfa fu sparita.

 

*****

 

«La ragazza ha riacquistato i suoi poteri, sì, ma ora è in un profondo coma.» Disse una signora di mezz'età dalla tenuta bianca, inclinando gli aguzzi occhialetti da lettura sulla punta del naso, iniziando ad osservare la cartella clinica della Guardiana di Melody.

«Secondo la mia scansione vi è il cinquanta percento di probabilità che si risvegli. -Incalzò Tecna con efficiente fare neutro- La situazione è piatta.» Sbuffò poi con fare arrendevole.

«Potrei provare a farla tornare in sé con i miei poteri curativi. -Azzardò Bloom schiudendo le palpebre esibendo un ampio sguardo speranzoso- Ultimamente ho imparato degli incantesimi molto utili.»

«Mi spiace giovane fata. -La richiamò la dottoressa con amarezza nel timbro- La tua amica dovrà svegliarsi autonomamente. Tutti i farmaci anestetizzanti che le abbiamo iniettato durante gli interventi alle molteplici fratture hanno favorito questa situazione di sonno profondo. -Spiegò con impassibile professionalità- Un risveglio innaturale potrebbe portarla a subire traumi psicologici non indifferenti.»

«Dunque, non ci resta che aspettare..» Sospirò malinconicamente Stella.

«..E starle accanto. -Proseguì Flora- Si dice che parlare alle persone in stato comatoso le aiuti a rinvenire prima.»

«Allora organizziamo fitti turni insieme ai ragazzi di modo che quando si sveglierà ne avrà abbastanza della nostra voce!» Propose Aisha con un velo di positività e leggerezza nel timbro che da giorni ormai aveva perso.

«Ottima idea. -Incalzò Nabu- Sentire Riven le farà bene.»

«Magari si sveglierà per litigare con lui!» Saltò su Stella, provocando un risolino generale.

 

«Assolutamente no!» Gridò lo Specialista dai capelli color prugna alzandosi dalla sedia della sua scrivania, dimostrando di non voler ragionare.. come al solito.

«Su amico, non farti pregare!» Ribatté Brandon, dimostrando leggerezza per non irritare ulteriormente il compagno di stanza.

«Te lo scordi! -Si dimostrò irremovibile il tenebroso ragazzo- Non andrò lì a parlare a vuoto!»

«Ma l'aiuterai a tornare da te! -Tentò di convincerlo lo scudiero di Eraklyon- Sai di aver sempre avuto una grande influenza su di lei.» Ormai conosceva il suo compagno come le tecniche base di attacco e, il fatto che fosse un orgoglioso di prima categoria gli permise di avere il coltello dalla parte del manico.

«Ma chissene frega!» Saltò su l'altro, gesticolando sempre più nervosamente.

«A te frega! -Lo colse in flagrante il moro- Sennò non saresti in piedi da ieri notte con un'importante test di fine anno da svolgere.. O no?» Doveva ammettere di sentirsi soddisfatto nel trionfare nei battibecchi con il suo ambizioso compare.

«Appunto, è ora di andare a lezione. -Grugnì con il suo solito fare scorbutico, l'altro- Datti una mossa con quei capelli, femminuccia!» Lo denigrò con fare -invisibilmente- amichevole prima di andarsene.

«È proprio innamorato..» Commentò fra sé Brandon, con un sorriso simpaticamente beffardo.

«Taci! -Lo ammonì Riven dal corridoio- Se devi parlare da solo non farti sentire da tutti!»

 

*****

 

L'atmosfera era ancora una volta semi-astratta intorno a Musa, ma pareva più realistica. Poggiava i piedi su un prato all'inglese ben curato, di un verde brillante e, alzando gli occhi, scorse un cielo celeste e sereno. Nonostante il fatto che non tirasse il vento, non sentiva caldo, stava bene.

«Dove mi trovo?» Soffiò la ragazza continuando a guardarsi intorno spaesata, alla ricerca di qualcuno che l'avesse condotta là.

«Al sicuro, figlia mia.» Intervenne la solita calda ed amorevole voce dall'alto.

«Mamma!» Esclamò meravigliata la Guardiana di Melody.

«Sento la presenza di alcuni dubbi nel tuo cuore.» Incalzò la donna che, come di consueto, non assunse un volto.

«Mamma. -Sospirò Musa- Hai proprio ragione.»

«Apriti con me, tesoro. -La invitò la donna- Sai di poterlo fare.» A quel punto Musa decise di giungere al fulcro, senza congetture.

«Perché mi sono trasformata in fata Enchantix al termine della missione?» Domandò, diretta come una freccia al suo bersaglio.

«Beh, perché hai salvato papà. -Spiegò con naturalezza Wa-Nin- Anche lui proviene dal tuo stesso pianeta.»

«Ma se non ero nemmeno una fata di primo livello!» Contestò animatamente dubbiosa la figlia.

«Non del tutto. -La contraddisse la madre- La magia che ti aveva conferito Faragonda ti ha resa comunque una creatura magica, una fata nel tuo caso.» Spiegò la donna, lasciando la ragazza stranamente senza parole.

«Ora è giunta per me l'ora di andare -Sospirò poi- Addio, figlia mia.» Si congedò con voce mesta.

«No, mamma! -Protestò la Fata della Musica percependo un forte bruciore nel petto- Non lasciarmi un'altra volta!»

«Il tuo destino non è con me. -Affermò Nena con amarezza- Sappi che essere tua madre mi rende molto orgogliosa, amore mio. -Espresse con fare tenero- Buona vita, piccola.» Disse, per poi far scomparire ogni traccia di sé in un fascio di luce, come sabbia nel vento. Musa giurò di esser riuscita ad avvistarla in una frazione di secondo, percependo un'altra volta di morire dentro. Ormai si era quasi abituata alla sua presenza e, riperderla, tenne vivo il lutto che ormai giurava di aver cicatrizzato.. È proprio vero che di madre ce n'è una sola.

 

*****

 

Il lago di Roccaluce rifletteva il rossore del cielo al sorgere del Sole fermo come in una fotografia, e la natura si stava risvegliando ai primi raggi dell'alba.

Le alunne del quinto anno si erano già alzate ad Alfea, reggevano una grande tazza di caffè in una mano ed un libro nell'altra, intente a studiare per gli ultimi esami di specializzazione. A dire la verità, anche altre fate erano in piedi, ma per organizzare il ballo di fine anno.

A differenza delle abitudini terrestri, la festa di chiusura si teneva ad agosto su Magix, quando anche le alunne rimandate avrebbero terminato gli esami di pareggio del Debito Formativo.

Nei college di Fonterossa e Torrenuvola le cose andavano più o meno allo stesso modo, a differenza che i ragazzi di Saladin, anziché cucire abiti e tagliare festoni glitterati, erano intenti a preparare esibizioni mozzafiato con draghi e armi, e le streghe di Griffin si ponevano come unico dilemma quali scherzi fare alle allieve di Faragonda.

Insomma, su Magix erano tutti in piedi presi dal raggiungimento di qualche scopo.. Tutti tranne Musa, che da una manciata di giorni giaceva dormiente su una bianca e fredda brandina.

Flora, sbadigliando, uscì dalla stanza della sua amica. Le aveva parlato per quattro ore di seguito e, per una ragazza non poi così loquace come lei, si era rivelato qualcosa di impegnativo.

Scostando dagli occhi una ciocca di capelli ormai sgonfia, buttò uno sguardo sulla tabella dei turni e, sbuffando internamente, notò che a quell'ora sarebbe dovuto arrivare Riven.. che non si era mai fatto vedere nemmeno col binocolo.

Facendo leva sulla maniglia del freddo corridoio di quella fornita infermeria, fece sbattere involontariamente la porta sul corpo di un'altra persona immediatamente d'innanzi ad essa. Alle cinque di mattina, dopo aver passato una notte completamente in bianco, non risultare per nulla sbadata potrebbe apparire un'utopia.

«Uh, scusami! -Soffiò mortificata alzando lo sguardo verso il malcapitato- ..Riven!» Scattò con sorpresa, nascondendo un sorriso compiaciuto.

Il ragazzo si limitò a non rispondere, alzando semplicemente le sopracciglia e facendo roteare le pupille verso la Fata della Natura, volgendole uno sguardo innocuo e privo di malizia, come se avesse voluto dirle che non fa niente.

«Non sta male. -Commentò Flora indicando la porta dietro la quale giaceva l'amica- Ma potrebbe star meglio. -Sospirò, sbattendo le palpebre con fare comprensivo- Buona fortuna.» Concluse poi, dandogli una pacca sulla spalla.

«Grazie.» Rispose lui con fare distaccato, spostando freddamente lo sguardo verso la porta. Far percepire agli altri la propria vulnerabilità non era di certo una consuetudine per lui.

L'interlocutrice, comprendendo le sue frementi intenzioni, decise di farsi da parte e di andare finalmente a riposarsi.

In quel momento non c'erano più scuse: erano soltanto lui e la cruda realtà.

Lei era lì, pallida ed immobile, collegata soltanto ad una flebo che probabilmente la idratava costantemente. Se non avesse fatto riferimento alla sua cassa toracica che si alzava e abbassava come se stesse tenendo il tempo ad una canzone, le sarebbe parsa morta.

«Beh, ecco.. -Farfugliò per poi tossire leggermente per schiarirsi la voce- Sai, la settimana scorsa ho terminato gli esami di fine anno a Fonterossa e probabilmente ho totalizzato il massimo del punteggio...» Raccontò con voce pacata, ma poco spontanea. Sapeva di star parlando da solo e, anche se la fata fosse stata cosciente dubitò interiormente che le potesse interessare.
Ma chi voleva prendere in giro? Pensò fra sé che forse sarebbe stato meglio smetterla di offuscarsi la mente con pensieri di quel genere solo per soffrire di meno; lei era l'unica a cui importasse addirittura anche ciò che avrebbe mangiato a pranzo.

«Ascolta.. -Mormorò poi con voce più profonda, facendo finalmente parlare il suo cuore. Quello, più che un semplice modo di dire, parve propriamente un ordine- Sai che ti dico? Che non me ne frega un accidente di prendere dei bei voti se poi non posso condividere la notizia e festeggiare con te. Tornare in camera o andare ad Alfea senza saperti lì per me è come una freccia che, trafiggendomi l'anima, me l'avvelena e me la lacera. Tutto ciò è ancor più devastante di quanto avessi mai potuto immaginare.

Va bene, è macabro pensare che la persona che ami un giorno non tornerà più da te, ma lo so che prima o poi quelli a cui tengo si allontaneranno in qualche modo, e forse è proprio questo il motivo per il quale non prendo confidenza con tante persone.» Disse giungendo le mani sul busto ed abbassando lo sguardo languido. La verità era da sempre stata amara per Riven, ma avrebbe preferito mille volte che la sua amata avesse fatto a meno di lui per stare con un altro.. Almeno avrebbe potuto saperla felice.

«Io non so come andrà a finire questa storia.. -Sospirò malinconicamente- Ma ora non ci resta che sperare in quella piatta statistica di probabilità secondo le quali tutto si risolverà. Io più di questo non posso fare, scusami.» Disse per poi stamparle un bacio casto sulle labbra, su quelle rosee e fredde labbra che per la prima volta non avevano ricambiato una sua dimostrazione d'affetto.

Staccandosi dolorosamente da quell'approccio, si soffermò a fissarla per un attimo, sperando che per almeno un nanosecondo il suo corpo reagisse.

«Ma in che spero ancora..» Sospirò deluso, una volta rassegnatosi alla propria impotenza.

Ciò che non vide, una volta chiusosi la porta alle spalle, furono il labbro inferiore della fata tremolare, forse bramante di un altro contatto, e la sua cassa toracica che, per qualche secondo prese ad alzarsi ed abbassarsi seguendo un ritmo più fitto. Anche se inconsciamente, ancora una volta Musa era stata vittima del fascino persuasivo di Riven.

 

*****

 

I giorni passavano a Magix e, fra turni in ospedale, studio estivo e qualche frappè in città, la vita del Winx Club andava avanti, ma senza uno dei loro membri più tenaci, la situazione pareva quasi congelata.

Dalla prima volta che vide la fidanzata in quello stato difficile e, accorgendosi di costituire l'ago della bilancia, Riven trovò la forza per andarla a trovare ogni singolo giorno, nonostante la sua presenza non fosse sempre prestabilita dagli orari. Si sforzava di confidarle gli ultimi avvenimenti accaduti con naturalezza, come se lei fosse sveglia e lo stesse ascoltando e, ogni giorno le portava un tulipano rosso ed un bon-bon all'amaretto, in memoria di tutte le volte che lo trascinava al chioschetto di Magix a comprarne qualcuno da mangiare insieme. Giurò a sé stesso che sarebbe riuscito a trovare il modo di svegliarla e di continuare a creare piccoli angoli di Paradiso insieme.

 

Erano passati dodici giorni e undici erano i tulipani nel vaso sul comodino accanto al letto di Musa. Quella notte fare il turno di chiusura toccò a Bloom, che non aveva smesso di parlare per un solo minuto. Guardando l'orologio le si rabbuiò lo sguardo nel notare che erano già le cinque e che da settimane non vi era l'ombra di un miglioramento. In quel momento, la Fata di Domino si auto-conferì l'onere di afferrare saldamente le redini della situazione, non riusciva più ad aspettare.

«Scusami Musa.. -Sospirò, puntando lo sguardo in un angolo indefinito della stanza- Devo farlo.» Disse tenendo le braccia verso di lei. Corrucciando la fronte, si concentrò sulla Guardiana di Melody, che giaceva inerme ed impotente su quel freddo letto, come era di consueto da ormai due settimane.

«Libera te ab omni malo!» Enunciò poi, lasciando che una fitta luce dorata l'avvolgesse emanando così tanta potenza da permettere alla sua pesante chioma color fuoco e a quella color oltremare dell'amica di fluttuare leggermente, come se fosse mossa da una forte brezza.

Quando il fascio della potente magia si dissolse in quel freddo ambiente, le palpebre di Musa iniziarono e tremare incerte, per poi procedere con una lenta operazione di apertura, esibendo un paio di iridi languide e spente dal lungo sonno, il suo respiro si fece ulteriormente regolare.

«Ci vediamo.» Bisbigliò Bloom schioccando le dita, sparendo prima che l'amica potesse vagamente avvistarla. Decise che da quel momento in avanti quello sarebbe stato il suo segreto.

 

«Davvero?! -Esclamò Stella nel momento in cui Faragonda diede tempestivamente la tanto agognata notizia al Winx Club- Sì! Musa si è svegliata! -Gridò alzando le braccia al cielo; la sua voce era squillante anche se erano soltanto le sei passate del mattino- La nostra amica è tornata!»

«Aspetta. -La donna mise in guardia le amiche che già avevano dato tutto per scontato, non voleva illuderle inutilmente su qualcosa che avrebbe potuto avere anche delle ripercussioni negative- La dottoressa la sta sottoponendo ad esami di verifica del suo stato psicofisico.»

«Beh.. -Intervenne Tecna- Se ha chiesto immediatamente di suo padre significa già che i suoi circuiti mentali sono pertinenti alla norma almeno del sessanta percento.» Dedusse, riconducendosi a quanto annunciato previamente da Faragonda.

«Sì, ma mai dire mai, ragazze. -Le rabbonì la saggia signora- Ora vado a tenere sotto controllo la situazione, poi avvertirò la famiglia di Musa.» Si congedò, per poi voltare le spalle e dirigersi verso l'infermeria.

 

La solita dottoressa di mezz'età stava puntando la luce di una pila verso l'iride blu della Guardiana di Melody, che roteò improvvisamente per mettere a fuoco le figure dietro di sé.

«Ragazze.» Le chiamo con un filo di voce, accennando con fatica un mezzo sorriso.

«Musa! -Esclamò Aisha, correndo incontro all'amica non appena la dottoressa si fece da parte- Come stai?»

«Questo sarà lei a precisarlo.» Soffiò la Fata della Musica, indicando col capo la donna che la stava visitando, chiedendole tacitamente un esito.

«Beh.. -Si schiarì la voce la signora- A livello psicologico noto che nulla è stato intaccato, ogni ricordo o conoscenza è rimasto saldo nella mente.
Invece, sotto il punto di vista fisico, ora ha una mobilità limitata degli arti, ma dopo quasi due settimane di coma è una cosa usuale e più che plausibile- Spiegò con neutra efficienza- Ma non preoccuparti giovane fata, nel giro di un mese tutto ritornerà alla normalità.» La informò lasciandosi sfuggire un sorriso.

«Grazie Agostina.» La congedò Musa con un sorriso, scandendo bene le sillabe del nome che aveva appena letto su una targhetta in metallo sul camice della donna.

«Il tempo massimo concesso per le visite è di mezz'ora, al momento. -Mise al corrente le cinque compagne del Winx Club- Musa, hai bisogno di riposare per almeno i prossimi tre giorni.» Disse la dottoressa per per poi uscire definitivamente dalla stanza.

«Avete notizie di mio padre?» Domandò d'impulso la Guardiana di Melody.

«Sta bene. -Rispose Tecna sedendosi su una poltroncina accanto al letto dell'amica- Ieri lo hanno messo al corrente del tuo risveglio, oggi ha preso la diligenza interplanetare e sarà qui fra esattamente un'ora e trentasei minuti.» Le spiegò con la sua solita impassibile efficienza. Musa, in tutta risposta sorrise esplicitando serenità. Si era addormentata nel suo sonno profondo con la tortura interiore di non essere al corrente di dove potesse trovarsi e se potesse essere al sicuro oppure no.

«L'importante è che tutto sia finito per il meglio.» Giunse al sodo Bloom, lasciandosi sfuggire un sorriso.

«Sì!» Festeggiò Stella agitando le braccia al cielo.

«Winx Club per sempre!» Saltò su Flora, ponendo il suo palmo su quello di Musa, coinvolgendo le altre amiche.

«Parola di Winx!» Esclamarono all'unisono le fate, sollevando le mani in aria.

«Si festeggia, ragazze?» Fece irruzione Sky con un fare simpaticamente beffardo, aprendo timidamente la porta.

«Ma che festa sarebbe senza gli Specialisti?!» Azzardò Brandon con un sorriso burlone e spensierato stampato sulle labbra.

«Ciao a tutte!»Ammiccò poi Timmy, entrando insieme agli altri giovani alunni di Saladin.

Musa in quel momento si voltò di scatto verso di loro per salutarli, ma alzando il capo ed aguzzando la vista, tentò di scovare la persona che stava aspettando da tempo, ormai.

«Riven..» Si lasciò sfuggire, lasciando che il suo sguardo rilassato si focalizzasse unicamente su di lui.

«Hey..» Rispose lui esitante, portandosi una mano dietro al capo ed iniziare ad arrossire violentemente in volto.

«Ah-ah! -Saltò su la Fata degli Astri con il tono di chi aveva fatto una deduzione geniale- I due piccioncini vogliono stare soli!» Esclamò trascinando Brandon fuori dalla porta; gli altri membri della combriccola presto li seguirono a ruota.

«Beh.. -Mormorò lo Specialista una volta che si accorse di essere rimasto solo con la sua fidanzata- Come stai?» Le domandò timido ed incerto. Musa appurò che ogni singola volta in cui Riven si comportava in maniera così umana, dimostrando apertamente tutte le sue paure e quella sua remota impacciataggine che tentava di reprimere e nascondere, avrebbe desiderato abbracciarlo, riempiendolo di baci e carezze, proprio come se fosse un cucciolo indifeso.

«Un po' ammaccata, ma bene. -Rispose con voce roca per il lungo silenzio- E a te? Com'è andata in questi giorni?» Gli chiese, chinando di lato la testa e sorridendo.

«Male. -Rispose con estrema sincerità, lui- Senza di te è stato come se una parte di me se ne fosse andata, davvero. -Aggiunse, in seguito ad un'espressione incerta della fata- Sapessi la paura che ho avuto di perderti..» Sospirò avvicinando il suo palmo a quello della sua amata.

«Basta pensare a questo, Riven. -Ribatté la fata con tenacia, stringendogli la mano e voltando il viso verso quello dello Specialista- Ora possiamo stare insieme e più nulla ci separerà, lo giuro!» Esclamò per poi annullare la distanza che intercorreva fra loro, lasciando un lungo bacio casto sulle labbra dello Specialista, che sapevano di caffè e tabacco, rimanendo inebriata dalla sua esoterica fragranza. Il gusto di menta che perennemente emanava la Fata di Melody era come una ventata di sollievo per lui. Le sue erano le uniche labbra che avrebbe mai baciato, lo facevano sentire al sicuro ed amato.

Quando la sorte di Musa era in pericolo, si sentiva realmente freddo e scoperto, senza protezione né qualcuno che gli ricordasse quanto ci tenesse a lui. Il fatto di poterla riavere gli colmò il cuore di gioia, anche se -internamente- gli parve troppo bello per essere vero. D'altronde si rassegnò all'idea spassionata che il Sole sarebbe splenduto per tutti prima o poi.

 

*****

 

Con tutte le visite di congratulazioni ricevute nelle ultime ventiquattr'ore, Musa si sentiva come se fosse il suo ventunesimo compleanno.

Era sveglia da un po' e, guardando l'orologio, dedusse che fosse passato mezzogiorno; il suo stomaco brontolava a più non posso ma, nonostante le sue proteste, sarebbe stata alimentata da delle sostanze in endovena fino all'indomani.

Ad un certo punto tese le mani e, non pensando più a nient'altro che a sé stessa, lasciò che l'energia le corresse lungo il corpo con velocità talmente alta da accorgersi che in un arco di tempo inferiore ad un secondo, sul suo indice era apparsa una piccola lucciola fucsia.

Muovendo la mano, iniziò a lasciare rosee scie luminose intorno a sé, accorgendosi con piacere che, dopo tutto quel tempo, aveva ancora la padronanza del suo corpo. Ad un certo punto lasciò che la piccola sfera rimanesse sospesa in aria e, concentrandosi su di essa, la fece magicamente ingrandire, per poi tenerla fra i palmi.

Il potere scorreva di nuovo nelle sue vene forte e vigoroso, si sentiva di nuovo la Musa di sempre, ma con un po' di esperienza in più e, nonostante si trattasse di un semplice giochetto da fata apprendista, in quella sfera avvertiva un'energia perforante, assai maggiore rispetto a quella che percepiva solitamente. Dedusse che -probabilmente- era merito dell'avventura vissuta, la grande sintonia raggiunta col suo corpo le aveva reso possibile tirar fuori ogni parte di sé.

«Avanti?!» Rispose non appena il deciso bussare della porta catturò completamente la sua attenzione. Fece scomparire immediatamente la sfera di luce chiudendo un palmo contro l'altro, avrebbe detestato farsi sorprendere a giocare come una qualunque fata di primo livello.

Non appena gli fu concesso, un uomo fece irruzione nella stanza.

«Papà!» Esclamò la Guardiana di Melody alla tanto attesa visita di Ho-Boe; non nascose la forte nota di calore che le accarezzò le corde vocali.

«Musa! -Ricambiò il padre una volta chiusosi la porta alle spalle- Mi hanno raccontato tutto! -La mise al corrente con fare premuroso- Per fortuna che ti sei ripresa!» Disse poi, prendendole le mani.

«Tu come stai? -Sviò Musa, esibendo un ampio ed inevitabile sorriso- Che cos'è successo dopo l'ultima volta in cui ci siamo visti?» Chiese lei di rimando, stringendo di ricambio le ruvide mani vissute del genitore.

«Non c'è molto da dire. -Preannunciò lui- Dopo averti vista crollare in quella specie di abisso sono stato teletrasportato di nuovo a casa. -Sospirò- Proprio come..» Si lasciò sfuggire sotto voce, per poi ricomporsi.

«Come..?» Riprese la ragazza, cercando di estrargli gentilmente le parole di bocca.

«Niente, niente.. -Mugolò l'uomo, abbassando mestamente lo sguardo al suolo- Cose da grandi.» Si giustificò. In quel momento Musa capì tutto.

«Papà. -Lo richiamò con franchezza- Sono abbastanza grande da capire certe, molte cose.. -Lo ammonì- ..Come ad esempio che so tutta la verità sulla morte della mamma.» Affermò con voce fredda e tagliente, lasciando il padre talmente di stucco che non si accorse di aver allentato la presa sui palmi della fata.

«Come hai fatto?» Fu tutto quello che, impulsivamente e preso dallo stupore, riuscì a ribattere.

«Si dice il peccato ma non il peccatore. -Fu vaga Musa- Questo è un segreto che non mi sento in grado di svelare.» Si affrettò ad aggiungere non appena vide il padre tentare i prendere fiato nella vana speranza di darle spiegazioni di alcun valore costruttivo.

«Mi dispiace.» Si limitò a rispondere l'uomo rassegnato, sapeva che la figlia -nonostante nutrisse visibilmente del rancore- avrebbe capito.

«Non fa niente. -Soffiò Musa, tentando di camuffare il malcontento che stava provando- Ora scusami papà, ma gradirei dormire; mi sento molto stanca.» Tentò di congedarlo, non esibendo alcun tipo di fastidio.

«Certo. -Fu servile l'uomo, alzandosi e dirigendosi verso la porta in legno scuro- Spero solo tu capisca.» Furono le sue ultime parole prima di lasciarsi l'uscio alle spalle.

La fata rimase impassibile davanti a quell'affermazione: aveva perfettamente compreso l'istinto protettivo dei genitori, tanto da farlo prevalere durante quella che si rivelò l'ultima loro scelta di coppia.

Ciò che rendeva la Guardiana di Melody così irrequieta era quell'inspiegabile ed irrazionale velo di rabbia che provava all'interno di sé. Eppure, improvvisandosi riflessiva, sapeva che più presto che mai le cose fra loro sarebbero tornate esattamente come prima; il suo cuore non mentiva mai.

 

*****

 

Ormai la sera era calata, ed il fresco vento di fine agosto causava piacevoli brividi sulle spalle dei ragazzi nel prato. Eppure, cotanta giovinezza e voglia di divertirsi permise loro di concentrarsi maggiormente sulla musica, sfruttando il ballo come arma di riscaldamento.

I sorrisi dei ragazzi brillavano sotto le colorate luci strobo, che sfrecciavano sulla pista sotto il ritmo delle notte del DJ.

Gli alunni più giovani erano già da tempo a scatenarsi, mentre quelli frequentanti gli ultimi anni erano sempre i più ritardatari. A differenza dei novellini però, non sarebbero tornati in stanza prima dell'alba.

Ogni corso aveva scelto un tema per l'abbigliamento: gli alunni del terzo anno -ad esempio- si erano travestiti da Dame e Signori dell'Otto/ Novecento.

 

Un paio di spalline nere accarezzava le pallide braccia di Musa, per poi proseguire in un rigido e stretto bustino rosso che, avvolgendo il petto della fata, ne delineava le magre curve. Il corpetto terminò in una gonfia gonna dello stesso colore, decorata con veli scuri, che richiamavano la tonalità degli attillati guanti in velluto che portava, sempre del color della pece.

I palmi rivestiti dal pregiato tessuto correvano lentamente lungo la ringhiera in legno lucido, accarezzandola senza emettere alcun rumore, mentre il suono dei tacchi delle scarpette scure riecheggiava nel grande salone dell'ingresso di Alfea. Quell'ambiente era isolato, ormai tutti erano alla festa, infatti la Fata della Musica era sempre fra gli ultimi ad effettuarne l'accesso.

Il suo passo deciso tentennò lievemente dalla sorpresa quando realizzò che il suo amato la stava aspettando in fondo alla gradinata.

«Riven..» Squittì lei, abbassando lievemente il viso nel momento in cui arrossì con garbo.

«Sei bellissima. -Le mormorò lui con voce profonda e decisa, prendendole delicatamente la mano, lasciando che i suoi guanti in cotone entrassero in contatto con quelli in velluto. Riven indossava una camicia in lino bianco, abbinata ad una giacca ed un paio di pantaloni neri. Anche le scarpe a punta erano scure, proprio come il papillon che gli delineava il colletto alto della candida camicia, proprio come prevedeva la moda agli inizi del Novecento- Perfetta.» Mormorò poi, scrutando l'amata con occhi sognanti.

«Grazie.» Rispose timidamente lei, lasciando che lo sguardo le si illuminasse a quelle parole, stampandosi poi un nervoso morso sul labbro inferiore, cosparso di un intenso rossetto color passione.

La fata della Musica si sentì come sulle nuvole: stava vivendo la serata perfetta, all'interno dell'abito perfetto, con il ragazzo perfetto.

La magia del momento terminò nell'attimo in cui, ancora non completamente padrona della sua mobilità, inciampò dall'ultimo gradino prima del suolo.

«Stai attenta. -Le ordinò con insolita dolcezza lo Specialista, dopo essersi preparato ad afferrarla delicatamente, permettendo alla schiena della fata di poggiare sul suo palmo- Ora andiamo alla festa, che è tardi.» La invitò afferrandola sottobraccio.

«Con te andrei ovunque.» Ribatté la ragazza, appoggiando la testa sulla possente spalla del suo amato, lasciando che una sottile ciocca di capelli color notte si discostasse dall'elegante acconciatura raccolta all'indietro, sfilando in mezzo agli occhi finemente truccati.

In tutto quel tempo Musa visse come alla ricerca di sé stessa, ma non si accorse immediatamente che la sua vera identità risiedeva proprio nel suo corpo, nelle sue abitudini, nei luoghi che frequentava e -soprattutto- in ciò che amava.

A volte può capitare di perdersi lungo la strada, ma non bisogna dimenticarsi di chi ci vuole bene e di tutti coloro che, credendo in noi, saranno come il faro che ci illumina durante i periodi di buio: sempre in nostro aiuto, nonostante le intemperie.

**FINE**
 

Spazio autrice:
302098 caratteri digitati, 80 pagine sudate e 7 capitoli letteralmente vissuti sono la conferma che prima o poi tutte le cose belle finiscono.
Ovviamente non mi sto dando delle arie e, tantomeno sto cercando di valorizzare la mia storia, ma per me questo lavoro è stato veramente qualcosa di salutare.
Non ha semplicemente costituito un buon passatemo durante delle lezioni scolastiche noiose, un ammazza-noia o un semplice rito pre-lavoro, ma ha iniziato a far parte della mia quotidianità, diventandone una parte integrante.
Ovvio, quando ho iniziato la stesura avevo già molto chiaro lo schema avvernimenti-capitoli, ma nello scriverli hanno iniziato a snodarsi numerosi dettagli che praticamente uscivano da soli. Non è per fare il cosìddetto "fenomeno", ma molti punti di questa storia sono usciti automaticamente dalla mia penna che si limitava a descrivere delle scene che stavano succedendo proprio in quell'istante. Potrei sembrare una folle -e forse un po' lo sono-, ma mi sento come un semplice burattinaio che, provocando una circostanza, si diverte a guardare le reazioni dei personaggi, i cui caratteri sono già stati ben marcati da Straffi nelle prime quattro stagioni.
Bando alle ciance, ora che è finito tutto posso finalmente raccontarvi un aneddoto che -per scaramanzia- ho deciso di non condividere previamente con voi:
Era all'incirca marzo e sul computer avevo già trascritto/ steso anche il quinto capitolo di "Alla ricerca di sé stessa". Un giorno, presa dall'ispirazione, mi sono diretta alla mia postazione intenzionata ad aggiornare e.. la cartella in cui avevo TUTTI i miei lavori era scomparsa!
Ho controllato nel cestino, ho azionato la ricerca, setacciato l'intera memoria di quell'attrezzo infernare che altro non è il mio computer, ma niente, era proprio sparita.
Attuando la cosìddetta "tecnica dello gnorry", ho chiamato ho chiamato mio papà, chiedendogli che fine avesse fatto la mia cartella, e lui con immensa sfacciataggine, si era limitato a rispondere che «tutti quei file di Word erano inutili».. Non gli ho rivolto la parola per la bellezza di tre giorni!
Dopo aver passato mezz'ora di pianto isterico ed aver minacciato me stessa di smettere definitivamente di scrivere, ho iniziato a raccogliere i cocci e a riscrivere TUTTO DA ZERO.
Durante la ri-stesura, molti dettagli dell'originale sono stati cambiati.. Non sarei mai riuscita a ricordarmeli tutti!
Okay, questo 'spazio autrice' sta diventando troppo lungo e dispersivo. Ora vorrei dedicare a voi lettori un enorme saluto e ringraziarvi, se non fosse stato per tutte le vostre bellissime recensioni non penso che sarei riuscita ad arrivare fin qua; in certi momenti ho seriamente preso in considerazione l'idea di cancellare tutto da qui, ritenendo questo lavoro qualcosa di patetico ed infantile.
Un ultimo pensiero va in particolare a:
*GiuliaAvril: Sei sempre stata una mia fedele seguace. Grazie di tutto, ti voglio bene! 
*Tressa (a cui dedico il capitolo): Anche tu sei sempre stata molto fedele nel recensire e dirmi la tua sincera opinione.. soprattutto per quanto riguarda l'aspetto umano dei personaggi. Perciò questo capitolo va a te!
*Ehris: Anche se è da poco che ci siamo 'conosciute' sono contenta di sapere che ti piaccia la mia storia. Grazie mille.
*Sabriel_Little_Storm: Anche se non ti sento da due capitoli spero tu stia continuando a seguire il mio lavoro. L'opinione di scrittrici come te, per me è molto importante.
*Sole13: Anche se di te non so molto, sono lusingata dal fatto che ti piaccia la mia storia.
*Goran: Ultimo ma non meno importante! Ti ringrazio vivamente dell'assiduità con cui ti sei interessato alla storia, spero di poterti catturare in egual modo nel prossimo capitolo di quella che vorrei diventasse una saga (ammesso che ne avrò il tempo).

Ora è giunto il momento da me più atteso: quello della vostra opinione!
-Quale capitolo vi è piaciuto di più e perché?
-Qual'è il capitolo che avete gradito inferiormente, e perché?
-Quale disegno potrebbe fungere da copertina alla storia intera? Come mai?
-Secondo voi il finale è stato troppo banale e/o prevedibile? Devo ammettere che inizialmente non volevo dare un lieto fine a questa storia, ma non mi sarei mai sentita in grado di uccidere o far accedere qualcosa di spiacevole ai miei personaggi preferiti, dopo che la Rainbow li ha ulteriormente tartassati.
-Quali critiche in particolare sentite di farmi?


Ragazzi, vi ringrazio ancora una volta per il vostro interesse e per la vostra presenza, ogni recensione è stata uno spiraglio di Sole; non sapete quanti sorrisi siete stati in grado di strapparmi. 
Inizialmente ritenevo tutto ciò un "esercizio sperimentale", roba da due seguaci ed una recensione breve a capitolo, non avrei mai immaginato tutto questo successo.
Vi ringrazio un'ultima volta con un abbraccio,
Daphne09

PS: Ieri sera, in preda alla tristezza per la fine della storia, ho deciso di realizzare un piccolo spazio autrice a mano.. Spero vi piaccia.

 

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