Il Corvo e la Sciabola

di Fiamma Erin Gaunt
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1 ***
Capitolo 2: *** Cap 2 ***
Capitolo 3: *** Cap 3 ***
Capitolo 4: *** Cap 4 ***
Capitolo 5: *** Cap 5 ***
Capitolo 6: *** Cap 6 ***
Capitolo 7: *** Cap 7 ***
Capitolo 8: *** Cap 8 ***
Capitolo 9: *** Cap 9 ***
Capitolo 10: *** Cap 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Cap 1 ***


Cap 1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erin osservava le vele che sventolavano sull’albero maestro della nave lunga. Non aveva mai solcato gli oceani, ma conosceva abbastanza di quel mondo da sapere che solo a Pyke costruivano imbarcazioni di quel tipo. Vele nere, una ciurma di uomini senza lingua, il capitano più folle che avesse mai solcato le onde. Da quando la Silenzio aveva fatto tappa a Braavos non si parlava d’altro se non di lui: Euron “Occhio di Corvo” Greyjoy, così marcio che persino suo fratello maggiore, e signore, Balon aveva deciso di non averci più nulla a che fare.

- Non dovresti avvicinarti così tanto al porto, non in questi giorni, ragazzina. –

La voce di Olyver la colse impreparata e la fece sobbalzare.

- Sono perfettamente in grado di badare a me stessa. – replicò, incrociando risolutamente le braccia al petto.

Il locandiere proruppe in una bassa e catarrosa risata, venendo scosso subito dopo da un attacco violento di tosse.

- Sono diversi dai pirati che arrivano sulle nostre coste, bambina, questi sono Uomini di ferro. Fuorilegge, assassini, stupratori; decisamente non il tipo di uomini con cui una ragazzina graziosa come te vorrebbe trovarsi a tu per tu. –

- Non sono una ragazzina, ho smesso di esserlo anni fa. –

Il vecchio annuì cupamente. Rammentava con precisione quando sua sorella Olivia aveva preso in casa quel frugoletto di pochi giorni, orfana di una delle sue migliori amiche. Anche il ricordo di Era gli era rimasto impresso nella mente. Si assomigliavano così tanto, mamma e figlia, che a volte doveva faticare per ricordare a se stesso che la fanciulla con cui parlava non possedeva la fragilità materna.

- Lo so, Erin, ma non è comunque saggio stare così vicino a quella nave. È maledetta. –

La ragazza puntò gli occhi azzurri in quelli di Olyver, sgranandoli leggermente.

- Quindi quella è davvero la Silenzio? –

 - È la Silenzio tanto quanto è vero che hai davanti a te Euron Greyjoy, bambina. –

La voce che interruppe il loro scambio di battute era bassa e insinuante, condita da una lieve traccia di divertimento, e l’occhio che non era coperto dalla benda la osservava con un’intensità che la fece rabbrividire. Era di un azzurro scuro, quasi blu, e ricordava le profondità marine.

Olyver, al suo fianco, si irrigidì e si mosse istintivamente davanti a lei, quasi volesse proteggerla.

- I miei uomini hanno bisogno di cibo e acqua, magari anche un po’ di compagnia. Mi aspetto di trovare tutto questo nella tua locanda, vecchio. –

- La mia locanda è al vostro servizio. Erin, va’ a dare una mano in cucina. – la esortò, poggiandole una mano sulla spalla e spingendola con decisione verso la porta.

Era sul punto di protestare, ma qualcosa dentro di lei le disse che non era quello il momento adatto per ricordargli che lei non era una servetta da locanda. Annuì, rivolgendo un ultimo rapido sguardo in direzione di Euron, e fece come le era stato detto.

Non aveva mai pensato al fatto che Occhio di Corvo potesse essere piacente. Di solito quando sentiva il suo nome era solo per enumerare l’elenco di vittime e distruzione che si era lasciato alle spalle, mai nessuno aveva anche solo accennato alla bellezza di quel pirata. Scosse la testa, scacciando quelle sciocche considerazioni. Era un assassino, un uomo pericoloso, non aveva nulla a che vedere con la figura del lord o del prode cavaliere che tutte le ragazze passavano la vita a sognare.

Bessie, una delle servette che solitamente intrattenevano gli avventori, si precipitò in cucina. La raggiunse, il visetto a forma di cuore tirato in un’espressione preoccupata.

- Vuole te. –

Non disse di chi si trattava, era evidente. Solo un uomo in tutta Braavos si sarebbe permesso di chiedere di essere servito da lei.

Recuperò un paio di caraffe, spillò dalle botti del di vino di Dorne, e s’incamminò senza una parola verso il tavolo che Occhio di Corvo aveva occupato insieme a un paio di uomini, quelli che dovevano essere i suoi ufficiali più alti in grado.

- Il vostro vino. – annunciò, sbattendo le caraffe sul tavolo con malagrazia.

Euron inarcò un sopracciglio scuro, osservandola come se stesse aspettando qualcosa.

- Desideri qualcos’altro? –

- Piuttosto sgarbata per essere una servetta di locanda. Versaci il vino, bambina. –

Obbedì, senza preoccuparsi di nascondere quanto quel compito umiliante la rendesse furibonda.

- Per la cronaca, non sono una servetta di locanda. E adesso, desideri altro, mio signore? – sputò tra i denti.

Euron lasciò che l’occhio libero la sondasse dalla testa ai piedi.

- In effetti, qualcos’altro ci sarebbe. –

Un ghigno malizioso gli stirò le labbra.

- Non intendo di certo scaldarti il letto, ma forse Bessie sarebbe disposta a farlo. – aggiunse, indicando con un cenno del capo la servetta che era intenta a fare la svenevole con un paio di ragazzotti del porto.

- No, non m’interessa. – replicò in fretta, degnando Bessie di una misera occhiata, prima di tornare a fissarla.

- Non sei una servetta di locanda, non sei una puttana. Perché mai una ragazzina dovrebbe frequentare una locanda che affaccia sul porto? –

Si morse la lingua, impedendosi di replicare che ciò che faceva o meno non erano certo affari suoi.

- Amo il mare e cerco una nave su cui imbarcarmi. –

Non sapeva neanche lei perché lo aveva detto, ma le sue parole non erano state accolte dalla risata che si era aspettata. No, Euron la guardava come se avesse appena detto qualcosa di inaspettato e tremendamente interessante.

- E perché un capitano dovrebbe volerti nella sua ciurma? – la provocò, con un luccichio divertito nello sguardo.

- Sono una braavosiana, duello meglio di qualunque altro uomo che potrebbe prendere il mio posto nell’ equipaggio. –

Sapeva di aver dato l’unica risposta che avrebbe alimentato la sua curiosità. Nel suo cervello stava già cominciando a prendere forma un’idea. Insana, ai limiti della pazzia, certo, ma non lo erano forse tutte le idee geniali?

- Una spadaccina eccellente, eppure sei ancora qui. – considerò Euron.

- Non perché mi siano mancate le occasioni, ma nessuna nave era alla mia altezza. –

Era una mossa arrogante e rischiosa, lo sapeva bene, ma se voleva che Occhio di Corvo la prendesse in considerazione doveva esporsi come mai aveva fatto nella sua breve vita.

- L’arroganza non si addice a una bella ragazza. – commentò.

- Io invece trovo che si addica, quando è giustificata dai fatti. –

Euron esplose in una risata bassa e roca, simile al latrato di un lupo.

- Mi piaci, ragazzina, magari potrei prenderti nella mia di ciurma. – considerò, abbozzando poi un sorriso ironico, - Sempre se la reputi alla tua altezza, ovviamente. –

Erin esultò mentalmente. Ce l’aveva fatta, Euron le aveva proposto proprio ciò che voleva! Si sforzò di rimanere impassibile, come se l’idea di unirsi a loro non la toccasse minimamente.

- Suppongo che sia una proposta accettabile. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mentre le onde si infrangevano contro la prua della Silenzio e le gocce d’acqua le bagnavano il viso dagli zigomi alti, Erin sedeva sul parapetto e osservava il promontorio in lontananza. Erano in viaggio da una settimana e finalmente si intravedeva il porto di Pyke. Il viaggio era stato diverso da come lo aveva immaginato. L’unica persona in grado di sostenere una conversazione era Euron, ma il suo atteggiamento la indispettiva e pertanto aveva cercato di stargli il più lontana possibile. Non che lui le avesse reso la cosa facile, visto che non perdeva occasione per stuzzicarla. Si era fatta un’idea ben precisa di quell’uomo; il suo bell’aspetto e il suo titolo dovevano aver sedotto centinaia di donne in ogni porto e il fatto che lei gli resistesse era una sfida al suo orgoglio. Tanto meglio, lei non voleva essere come tutte le altre; non era il capriccio di una notte, una donna da usare per scaldare il letto e poi da gettare via. Euron Greyjoy avrebbe fatto meglio a capirlo e comportarsi di conseguenza o, in alternativa, a lasciarla perdere del tutto.

- Siamo quasi arrivati, tra dieci minuti scendiamo a terra. – le annunciò, comparendo da sottocoperta.

C’era un’emozione nuova nella sua voce, una sfumatura che non vi aveva mai avvertito prima. Se non l’avesse creduto impossibile avrebbe detto che si trattasse di nostalgia.

- Da quanto è che non metti piede a Pyke? –

- Nove anni, dieci mesi e tre giorni … anzi, due, oggi non conta. –

- È molto tempo. – commentò, dandosi della stupida per il commento che le era uscito.

- Già, è più di metà della tua vita, giusto? –

Scrollò le spalle. E questo adesso che c’entrava?

- Perché sei tornato proprio adesso? – chiese, rompendo il silenzio che era sceso tra loro.

- Mio fratello, Balon, è morto ieri. –

Magnifico, proprio la domanda che non avrebbe mai dovuto fargli; però il fatto che il giorno precedente avessero improvvisamente cambiato rotta l’aveva stupita e lei non era il tipo di persona a cui piaceva tenersi dentro le proprie curiosità.

- Mi dispiace. –

Euron si accigliò, rimuovendo con cura la benda che aveva sull’occhio. Non era blu come quello di destra, ma di un nero assoluto che sembrava brillare in modo sinistro. Tuttavia quella singolare eterocromia lo rendeva se possibile ancora più affascinante ai suoi occhi.

- E perché mai? A me non dispiace. – ribattè.

Il rumore dell’ancora che veniva calata e degli uomini che tiravano le funi per assicurare la nave lunga alla banchina del porto interruppero la loro conversazione.

- Stammi vicina, non allontanarti per nessun motivo al mondo. – le disse, porgendole il braccio come avrebbe fatto un cavaliere che scortava la sua dama.

Perplessa, decise di rimandare le richieste di spiegazioni e di fare ciò che le veniva detto. Non conosceva Pyke, ma da quanto vedeva le donne dovevano essere considerate appena un gradino sopra agli animali e i servi.

- Zio Euron, sapevo che saresti arrivato non appena il cadavere di mio padre fosse diventato freddo. –

A parlare era stata una ragazza che doveva avere tre o quattro anni più di lei, il naso aquilino e il fisico asciutto. Stava in piedi tra quelli che dovevano essere i suoi uomini e ostentava un’aria di potenza e sicurezza che non avrebbe mai creduto di poter vedere in una donna delle isole. Provò un moto di simpatia immediata nei suoi confronti.

- Asha, la mia nipote preferita. Lei è Erin, dalla città di Braavos. – aggiunse, in una sorta di presentazione.

Avvertì lo sguardo di Asha che la esaminava con circospezione, quasi volesse capire con chi aveva a che fare. Sostenne il suo sguardo con decisione finchè non vide che le sue labbra si stiravano in una specie di sorriso di apprezzamento. A quanto sembrava aveva appena passato il suo esame.

- Hai scelto una moglie di sale molto giovane. – considerò, prima di rivolgersi a lei, - Quanti anni hai, Erin? –

Una moglie di sale? Stava giusto per mandare al diavolo Euron quando avvertì una certa rigidità nel suo avambraccio, come se la stesse invitando ad assecondarlo. Ingoiò il rospo, riproponendosi di affrontare il discorso una volta che fossero rimasti soli.

- Diciannove, milady. –

Asha annuì, pensierosa. Se il fatto che la sua papabile zia acquisita fosse più giovane di lei la turbava non lo diede minimamente a vedere.

- Aeron e Victarion sono già alla fortezza. Abbiamo molte cose di cui discutere. –

Montò a cavallo, volgendo le spalle allo zio e spronando il destriero affinchè partisse al galoppo.  Uno degli uomini del suo seguito si affrettò a porgere le redini di uno splendido stallone da guerra a Euron, chinando il capo in segno di rispetto. Con un movimento fluido, il pirata montò in sella e si sporse in avanti per issarla con sé. Erin scivolò nell’esiguo spazio tra il pomello della sella e il petto dell’uomo, sforzandosi di ignorare come persino sotto la cappa di pantera ombra i muscoli guizzanti e il torace marmoreo  fossero ben percepibili.

La cavalcata durò poco meno di un’ora, passata in religioso silenzio con Asha che li precedeva di una cinquantina abbondante di metri.

Erin si decise a prendere la parola solo quando erano ormai in prossimità dei cancelli della fortezza. Desiderava chiarire al più presto come stavano le cose.

- E così sarei la tua moglie di sale? – bisbigliò, senza curarsi di nascondere il disprezzo e l’oltraggio nella voce.

Anche se non riusciva a vederlo in faccia, fu certa che le sue labbra fossero stirate nel  consueto ghigno che le contraddistingueva.

- Ufficialmente sì. –

- Che significa questo, intendo per quanto riguarda il mio comportamento? – indagò.

Aveva come l’impressione che la risposta non le sarebbe piaciuta affatto.

- Dividerai le mie stanze e dovrai presenziare a tutte le cene e all’Acclamazione di re che il mio caro fratellino Aeron avrà sicuramente provveduto a stabilire. –

- Dividere le tue stanze? Puoi sognartelo, piuttosto dormo nelle stalle. – replicò, incrociando con determinazione le braccia al petto.

- Se sei la mia moglie di sale, nessuno oserà sfiorarti con un dito, ma se vuoi la mia protezione devi impegnarti a fare ciò che ci si aspetta da te. Ringrazia che non ti abbia chiesto di farlo anche ufficiosamente. –

Questa volta si divincolò quel tanto che bastava per permetterle di folgorarlo con un’occhiataccia.

- Dovrei ringraziarti perché non mi obblighi a essere il tuo trastullo notturno? – esclamò, indignata oltre ogni dire.

- Notturno, mattutino, pomeridiano … sono un uomo dagli appetiti insaziabili. E comunque sì. Dovresti apprezzare il fatto che abbia deciso di rispettare la tua virtù … sempre ammesso che ci sia ancora, ovviamente. – concluse, mentre il ghigno malizioso tornava a solcare il bel volto.

Il gomito scattò ancora prima di avere il tempo di pensare a quanto fosse avventato quel gesto; semplicemente si ritrovò con la giuntura conficcata nel fianco dell’uomo e udì con piacere che questo tratteneva a fatica un gemito di dolore accompagnato da un’imprecazione particolarmente colorita.

- Ritiro ciò che ho detto; la tua virtù deve essere sicuramente intatta dal momento che tratti gli uomini in questo modo. –

- Solo alcuni uomini, Euron Greyjoy. Solo alcuni. – rimarcò, sorridendo soddisfatta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

La mia prima long in Game of Thrones, il primo progetto che va al di là di un paio di cartelle scritte in fretta e furia. Per l’occasione ho scelto uno dei miei personaggi preferiti – anche se sicuramente non vi interessa, gli altri sono, nell’ordine: Oberyn Martell, Euron Greyjoy, Bronn, Viserys e Rhaegar Targaryen, Brynden Tully e infine Jaime Lannister. Questo solo per quanto riguarda i boy, poi ci sono le ragazze: Arianne Martell, Ellaria Sand, Arya Stark, Myrcella Lannister, Margaery Tyrell. – Insomma, spero che la storia vi piaccia, anche se è solo il primo capitolo, e che vogliate lasciarmi una recensioncina per farmi sapere che ne pensate.

NB: Qui trovate il link al video che ha ispirato la storia, con tanto di attori come prestavolto: https://www.youtube.com/watch?v=37d2PjqAchE

Alla prossima.

Baci baci,

               Fiamma Erin Gaunt

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Capitolo 2
*** Cap 2 ***


Cap 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pyke non era affatto come se l’era aspettata. Di solito quando pensava a un castello lo immaginava sfarzoso, con elementi che denotassero la ricchezza della famiglia che vi abitava e una certa eleganza, ma la costruzione arroccata sulle rocce che le si parava davanti sembrava più un fortino diroccato che altro. Varcarono il cancello principale, sorpassando senza alcun problema un paio di guardie di vedetta che al loro passaggio chinarono leggermente la testa in segno di rispetto. O forse era timore. Erin non avrebbe saputo dirlo, ma non poteva certo biasimarli se così fosse stato; quell’uomo era il flagello di Westeros, e per giunta era incostante come le maree, un po’ di timore era pur sempre comprensibile.

Nella piazzola antistante il fortino c’erano tre uomini ad attenderli; quello dal fisico più imponente fissava Euron come se volesse ucciderlo solo con la forza del pensiero, mentre quello dai capelli unti e lunghi fino a metà schiena sembrava fare uno sforzo immane per cercare di dimostrare di non essere intimorito. Infine, il terzo aveva una brutta cicatrice che gli solcava buona parte del volto e i capelli erano corti e brizzolati.

Asha scivolò giù da cavallo con un movimento che la lasciò sorpresa; da una ragazza così rude, che tentava palesemente di mostrarsi più mascolina di quanto non fosse, non si sarebbe mai aspettata dei gesti così aggraziati.

- Vi avevo detto che sarebbe arrivato. – annunciò ad alta voce, con un pizzico di soddisfazione nella voce.

- Sempre ammesso che non sia stato proprio lui a far uccidere Balon. – considerò sprezzantemente l’uomo massiccio.

- Credimi, Victarion, non era certo Balon il Greyjoy che volevo vedere morto. –

I due uomini di ferro rimasero a fissarsi in silenzio per una manciata di secondi, come per voler essere certi che entrambi capissero che i vecchi rancori e contrasti non erano stati minimamente dimenticati.

- Vedo che hai portato un’ospite. – intervenne Aeron, in un vistoso tentativo di cambiare argomento.

- Erin di Braavos, la sua moglie di sale. – la presentò Asha.

Mentre smontava da cavallo e veniva accolta da Aeron, che la strinse brevemente e in un modo talmente distaccato da non sembrare neanche umano, Erin non potè fare a meno di provare la spiacevole sensazione di essere stretta da qualcosa di viscido e disgustoso. Solitamente non era il tipo di persona che giudicava senza conoscere, ma quel giovane uomo aveva qualcosa che per certi versi la rendeva incline a evitare il più possibile i contatti con lui. Si voltò poi verso il brizzolato che si profuse in un inchino esagerato e impacciato, segno evidente che non era abituato a esibirsi in quelle formalità.

- Benvenuta a Pyke, milady. Sono Dagmer, per servirti. –

- Ti ringrazio … Ser Dagmer. – mormorò, sentendo che i Greyjoy ridacchiavano divertiti.

- Perdonaci, incantevole lady, non stiamo ridendo di te. – la rassicurò frettolosamente Victarion, prima di aggiungere, - Dagmer Mascella Spaccata non è solito essere chiamato Ser … anzi, credo che nessuno l’abbia mai fatto prima d’ora. –

- Però mi piace come suona: Ser Dagmer Mascella Spaccata. Sì, mi piace proprio. – approvò l’uomo.

- A ogni modo, credo sia il mio turno di accoglierti in famiglia. Benvenuta. – concluse Victarion, traendola a sé e stringendola con una delicatezza che non avrebbe mai ricollegato a un uomo così vigoroso. Il suo abbraccio fu il più lungo di tutti, ma la cosa stranamente non la mise a disagio. Anzi, era piacevole farsi stringere da quell’uomo che, se Euron aveva l’odore del sale, possedeva per contro quello delle rocce quando venivano bagnate dalla pioggia.

- Credo che possa bastare, adesso. –

La constatazione di Euron aveva un che di minaccioso, sembrava quasi che volesse far capire al fratello che continuando a toccarla non avrebbe ottenuto nulla di buono.

- Era solo un abbraccio, fratello, non sapevo fossi geloso. Sai, ricordo perfettamente che anni fa non ti facevi problemi a condividere le mogli degli altri. –

Una scintilla passò negli occhi eterocromi del pirata, mentre uno sgradevole sorriso si dipingeva sulle sue labbra.

- Chi sono per negare la mia compagnia a una donna che ha avuto la sfortuna di andare in sposa a un uomo che non sa soddisfarla? –

La mascella di Victarion si contrasse, mentre una vena cominciava a pulsare furiosamente all’altezza della tempia destra.

- Non tirare troppo la corda, Euron. –

Sgranò gli occhi, fingendosi sorpreso e innocente allo stesso tempo.

Osservandolo, Erin dovette ammettere che era un bravo attore; se non avesse saputo chi si trovava davanti avrebbe persino potuto credere che fosse sincero.

- Ho avuto molte donne sposate nel corso degli anni, non l’avrai mica presa sul personale? –

La piega beffarda delle sue labbra, dalla leggera e innaturale sfumatura bluastra, lasciava intendere che invece Victarion aveva capito benissimo il senso della sua affermazione.

La ragazza si chiese cosa fosse successo anni prima e se l’avvenimento fosse in qualche modo ricollegato alla partenza di Euron da Pyke e al suo non avervi fatto ritorno per quasi un decennio.

- Euron, credi sia saggio continuare a discutere all’aperto quando un’ottima cena ci attende? – intervenne Aeron.

Tra i tre fratelli sembrava quello con il ruolo di mediatore, colui che si sarebbe assicurato in ogni modo che le cose non si accendessero troppo. Non prima dell’Acclamazione di re, a ogni modo.

Con lo stomaco che reclamava un pasto caldo e lauto, Erin decise di fare la sua parte per sedare la discussione prima che sfociasse in una vera e propria rissa.

- Credo che Aeron abbia perfettamente ragione, sono molto affamata. – commentò, poggiando una mano sull’avambraccio di Euron e stringendolo proprio come aveva fatto lui quando l’aveva presentata ad Asha. Voleva che le desse ascolto, che si fidasse di ciò che gli consigliava di fare.

Euron annuì bruscamente, distogliendo lentamente lo sguardo dagli occhi del fratello e passandole un braccio intorno alla vita per attirarla a sé.

- Ma certo, una buona cena è proprio quello che ci vuole. –

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La cena venne consumata nella sala principale, in cui a pochi metri dalla tavolata reale mangiavano gli uomini della cerchia più interna. Durante tutto il pasto Erin si sentì osservata e, quando si voltò con discrezione per scoprire se la sua fosse o meno un’impressione, trovò gli occhi scuri di Victarion che la fissavano con bruciante intensità. Fu solo quando, dopo un paio di volte che incrociava lo sguardo con il suo e notava che l’uomo non accennava a distoglierlo, che arrossì lievemente.

- Problemi? – le sussurrò all’orecchio Euron, a cui non era sfuggito il colorito rossastro delle gote della sua protetta.

- Solo tuo fratello che continua a fissarmi, ma va bene, non è nulla di grave. – soffiò in risposta.

Lo sguardo di Euron si indurì improvvisamente, ma invece di attaccare il fratello con una delle sue battutine sarcastiche decise di provocarlo in modo più sottile.

- Fa’ come ti dico, senza fare domande. Abbassa lo sguardo e fingiti imbarazzata come se ti avessi detto qualcosa d’indecente. –

Perplessa, fece come le era stato detto. Si sentiva a disagio nel muoversi come un burattino, ma se fosse servito a farle lasciare quella noiosissima tavolata allora avrebbe fatto qualsiasi cosa.

Si chinò su di lei, avvicinandolesi più che poteva e sfiorandole la pelle delicata e sensibile del collo mentre parlava.

- Che sta facendo Victarion? –

- Ha ripreso a mangiare, sembra parecchio arrabbiato. – replicò, cominciando finalmente a capirci qualcosa.

- Eccellente. –

Il respiro caldo dell’uomo sul suo collo le fece correre un brivido lungo la schiena. Cosa che, disgraziatamente, venne prontamente notata da Euron.

- Era un brivido di piacere quello, ragazzina? – le chiese, beffardo.

- Certo che no, era un brivido di freddo, c’è un’umidità pazzesca qui dentro. – mentì in fretta.

- Sei una pessima bugiarda, ragazzina, te l’hanno mai detto? –

- E invece ho la sensazione che tu sia un bugiardo portentoso. – lo rimbeccò.

Il sorriso di Euron si allargò: - Faccio quello che posso per migliorarmi costantemente. –

- Allora, sei andato a letto con la moglie di tuo fratello? È per questo che hai lasciato Pyke? –

- Se anche fosse non vedo quale sia il problema. Sei forse gelosa? Perché, ti avviso, se vuoi che ti porti a letto non devi fare altro che chiederlo. –

Erin alzò gli occhi al cielo, trattenendosi dal rifilargli un’altra gomitata solo perché in presenza di spettatori doveva recitare il ruolo della perfetta mogliettina totalmente asservita. Un’idea decisamente più soddisfacente le balenò nella mente.

- Victarion, mi chiedevo se ti andasse di scortarmi nel vostro parco degli dei. Euron mi stava dicendo che c’è una vista meravigliosa dalla scogliera, ma lui ha molte cose di cui discutere con Asha e non può accompagnarmi. Tu lo faresti, per me? – cinguettò, voltandosi verso il fratello di mezzo e arrischiandosi addirittura a sbattere gli occhioni chiari.

Lo vide aggrottare la fronte per un istante, sorpreso, ma l’attimo dopo le stava sorridendo con compiacimento.

- Certo che sì, possiamo andare anche ora se lo desideri. –

- Sarebbe perfetto, te ne sono davvero grata. – mormorò, calcando leggermente sulla penultima parola.

Mentre si alzava per raggiungere l’uomo, che l’attendeva sulla soglia della sala da pranzo, Euron la trattenne per il polso.

- Che accidenti stai facendo? –

- Nulla, magari ho scelto un altro Greyjoy a cui “solo chiedere di essere portata a letto”. – ironizzò, citando le sue stesse parole.

Detto questo si districò con agilità dalla presa e raggiunse Victarion, accettando il braccio muscoloso che le veniva porto e lasciando che la scortasse fuori.

Mentre li guardava uscire, Euron buttò giù tutto d’un fiato il boccale di vino che aveva davanti, facendolo sbattere contro la superficie di duro mogano del tavolo.

Dannata ragazzina, credeva davvero di poter giocare con lui?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- La vista è veramente incredibile. – commentò, osservando la luna che si specchiava sulle onde scure dell’oceano e la spuma di quando queste ultime s’infrangevano contro gli scogli del parco degli dei. Quel loro Dio abissale aveva il più perfetto dei tempi, non c’erano dubbi.

- Già, è incantevole. – convenne, ma i suoi occhi scuri non stavano guardando il mare.

Erin arrossì, notando che il suo sguardo non aveva mai lasciato il suo viso.

- Perché ho la sensazione che non stiamo parlando della stessa cosa? –

- Perché oltre che incantevole sei anche intelligente. – replicò, portandole una ciocca dietro all’orecchio e dilungandosi in una specie di lenta carezza.

- Sono la moglie di tuo fratello. – gli fece notare.

- Eppure sei qui fuori con me, non con lui. Euron ti ha fatta arrabbiare, non è forse così? –

- Euron sa essere piuttosto irritante. – ammise.

Victarion proruppe in una risata bassa.

- Piuttosto irritante? Sei davvero comprensiva. Euron è un irritante, irrispettoso, stronzo, figlio di puttana … Con tutto il rispetto e l’amore che provavo per nostra madre. – aggiunse in fretta.

Abbozzò un sorriso di circostanza, guardandosi bene dal dirsi d’accordo con lui. Tuttavia forse la sua curiosità sarebbe stata soddisfatta da Victarion, dal momento che non sembrava affatto restio a intavolare discussioni che potessero convincerla di quanto marcio e da evitare fosse suo fratello maggiore.

- Cosa è successo tra di voi? –

L’espressione di Victarion cambiò in fretta, perdendo ogni traccia di allegria e incupendosi. Si pentì di averglielo chiesto, era evidente che fosse ancora una ferita aperta.

- Perdonami, non sono affari miei, dimentica la mia domanda inopportuna. – disse in fretta, poggiandogli la mano sull’avambraccio in segno di solidarietà.

L’ennesima carezza raggiunse la sua guancia.

- Ti risponderò, mia sirena, non hai chiesto nulla di inopportuno. –

L’appellativo di sirena, tra gli uomini di ferro, era qualcosa che raramente veniva usato. Sentirsi chiamare in quel modo la lusingò oltre ogni dire, perché stava a significare che Victarion l’aveva appena innalzata sopra ogni cosa, poiché le sirene erano sacre per gli uomini di Pyke.

- Anni fa avevo una moglie di sale, si chiamava Kitty, era giovane e bellissima. Probabilmente troppo bella per me. – commentò, amaramente, - Euron ha sempre avuto ogni donna semplicemente schioccando le dita e un giorno decise di aggiungere la mia Kitty alla lista. Poco dopo lei rimase incinta, ma non fummo mai in grado di stabilire se fosse figlio mio o suo. –

- Come mai? –

- Quando ho scoperto cosa era successo l’ho uccisa. L’amavo, ma ero folle di gelosia, così la strangolai con le mie mani. Lei e il bambino morirono. Volevo riservare lo stesso trattamento a Euron, ma nostro fratello Balon ritenne più saggio esiliarlo. – concluse.

Gli occhi scuri avevano abbandonato il suo volto, ora, e fissavano le onde, persi nei ricordi.

- Mi dispiace, Victarion, sul serio. – mormorò.

Le prese una mano, baciandole il dorso.

- Non volevo certo rattristarti, mia sirena. Sarà meglio che ti riporti dentro, non vorrei che Euron pensasse che abbia deciso di ricambiargli il favore. –

Annuì, percorrendo al suo fianco e in silenzio la strada fino alla roccaforte. Victarion la lasciò fuori dalle stanze di Euron, salutandola con l’ennesimo casto baciamano e augurandole una buonanotte.

Entrata nella stanza da notte, si chiuse la porta alle spalle e la sprangò. Sdraiato sul letto, discinto e bello oltre ogni dire, quasi un sogno proibito, stava Euron.

- Piaciuta la passeggiata? – domandò, con un tono fintamente distaccato che tradiva un pizzico d’irritazione.

Era riuscita a farlo arrabbiare. Fantastico, perché neanche lei era troppo contenta del suo comportamento.

- Sì, Victarion è una compagnia molto piacevole. – replicò freddamente, recuperando una veste da notte e dirigendosi a grandi passi dietro all’ampio separé sistemato nell’angolo.

- L’ho fatto portare apposta per te. –

Quel semplice strumento di legno e tela era forse un vessillo di pace?

- Hai avuto un pensiero molto … - s’interruppe, cercando la parola più cortese e al contempo fredda che le venisse in mente, - utile. – concluse.

Indossata la veste, camminò a piedi nudi sulle assi di legno scricchiolante e spostò le lenzuola di pesante broccato per potersi mettere a letto.

- Si può sapere cosa hai da guardare? – chiese d’un tratto.

- Nulla, stavo solo immaginando cosa ci fosse sotto quella seta. –

Le parole di Victarion le tornarono alla mente: “Irrispettoso.”

Già, doveva ammettere che aveva proprio ragione.

- Prova a sfiorarmi questa notte, Euron, e giuro che ti castro. – soffiò minacciosa, sdraiandosi e rannicchiandosi il più lontano possibile da lui.

L’unica risposta che ottenne fu una risata sonora che rimbombò attraverso la stanza silenziosa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Finalmente ho ultimato questo nuovo capitolo. Spero che vi piaccia e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Ne approfitto, inoltre, per indicarvi anche il nome del prestavolto che ho scelto per interpretare Victarion: si tratta di Galvano della serie televisiva “Merlin”. Alla prossima.

Baci baci,

               Fiamma Erin Gaunt

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Cap 3 ***


Cap 3

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando aprì gli occhi, svegliata dai raggi del Sole che filtravano attraverso le tende e le illuminavano fastidiosamente il viso, si ritrovò sola nel grande letto a baldacchino. Allungò una mano verso la metà in cui aveva dormito Euron. Le lenzuola fredde lasciavano intendere che l’uomo doveva essersi alzato da parecchio. Bè, meglio così, se non altro si sarebbe risparmiata una schermaglia verbale di prima mattina. Scivolò fuori dalle coperte e cercò e barcollò verso il baule in cui erano ancora rinchiusi tutti i suoi effetti personali. Che genere di abbigliamento sarebbe stato più adatto a una moglie di sale? Si chiese cosa le avrebbe suggerito Euron; probabilmente qualcosa di aderente che le mettesse in mostra le forme gentili. Decise che avrebbe scartato a priori quel tipo di abito, era un atteggiamento infantile ma l’andare contro i suoi desideri le suscitava una sensazione di piacevole soddisfazione, e ripiegò per una casacca dello stesso grigio azzurro dei suoi occhi e un paio di pantaloni in pelle nera. Stivali da cavallerizza al ginocchio e le morbide onde corvine lasciate cadere sulle spalle completavano il tutto.

Uscita dalla stanza, fissò corrucciata il corridoio per un paio di secondi. Qual’era la strada che portava alla sala dei banchetti? Stava giusto per rassegnarsi a vagare senza meta per la roccaforte quando incontrò Asha. La ragazza indossava una casacca e dei pantaloni scuri e, mentre la scrutava con quella sua aria vagamente rapace, Erin ringraziò il fatto di essersi vestita in modo identico al suo; qualunque capo indossato da Asha Greyjoy doveva essere per forza adatto a una donna di ferro.

- Lady Asha. –

Chinò leggermente il capo in segno di deferenza.

- Non c’è bisogno di formalità, non qui a Pyke, e certo non con la mia nuova zia acquisita. –

Annuì. – Asha, allora. –

- Asha ed Erin, niente più di questo. Ora, suppongo mio zio non sia rimasto a farti compagnia per la colazione. –

Non sembrava contrariata, quanto piuttosto certa che Euron Greyjoy sarebbe rimasto sempre lo stesso tipo di uomo, non importava se avesse o meno al suo fianco una donna.

- Ovviamente, non che mi aspettassi il contrario. Piuttosto, mi rinfrescheresti la memoria su dove si trova la sala banchetti? Il mio senso dell’orientamento non è mai stato il massimo e temo che non sia destinato a migliorare affatto con il tempo. –

Asha rise lievemente. Non era un suono sgradevole, ma non possedeva la risata che di solito ci si aspettava da una donna; era aspra e pungente, più adatta a un uomo che a una lady. Del resto sembrava che l’unica figlia di Balon fosse ben intenzionata a dimostrare di essere un uomo tanto quanto i suoi tre fratelli.

- Posso farti scortare, se vuoi. –

Poi, senza aspettare la sua risposta, si rivolse a una sagoma che stava scendendo le scale.

- Zio Victarion, mostreresti a Erin dove si trova la sala dei banchetti? Io, Euron e Aeron ti aspetteremo nel solarium di mio padre. – aggiunse, proprio mentre Erin mormorava che non c’era nessun bisogno di una vera e propria scorta.

Il sorriso che le rivolse Victarion, però, spazzò via ogni sua protesta. Il terzo dei Greyjoy non possedeva la bellezza o l’aria dannata del secondogenito, ma le mostrava una gentilezza che non sembrava essere prerogativa del fratello. Non che fosse brutto, quello no, ma i lineamenti del viso erano più rozzi rispetto a quelli cesellati e scolpiti di Euron e il fisico tozzo e muscoloso lo privava della grazia nei movimenti del maggiore. Aveva decisamente più l’aria di un marinaio o un soldato che quella di un re.

- Certo, vi raggiungerò tra poco. –

Le porse il braccio, fasciato da una giubba di pelle nera con l’emblema della casata ricamato all’altezza del cuore. Stretta a lui, non potè fare a meno di notare come persino sotto gli strati di pelle e cuoio si avvertisse con chiarezza la solidità dei suoi muscoli.

- Hai passato una prima notte piacevole qui a Pyke? – le chiese, quando Asha era ormai lontana.

Quella domanda all’apparenza innocente le fece pensare che posta da Euron avrebbe sicuramente nascosto uno o più possibili doppi sensi. Esitò prima di rispondere, domandandosi se almeno quella fosse una prerogativa di entrambi.

- Mi stai davvero chiedendo come ho trascorso la notte? – domandò, sforzandosi di non arrossire mentre condiva la domanda con un pizzico di malizia.

Un lampo di comprensione illuminò lo sguardo dell’uomo, poi si esibì in un paio di colpi di tosse chiaramente artificiali che lasciavano intuire un lieve imbarazzo.

- Scusa, pessima domanda, ti assicuro che non m’interessa sapere cosa combinate tu ed Euron. –

I suoi occhi però dicevano che stava mentendo: gli interessava eccome.

A rigor di logica non avrebbe dovuto rendere conto a nessuno di ciò che faceva o meno, ma qualcosa in lei la spinse a dirgli la verità.

- Anche perché ti assicuro che non c’è nulla d’interessante nel guardarmi dormire per otto ore filate. – concluse, con un sorrisetto ironico.

Questa volta il colpo di tosse fu un maldestro tentativo di nascondere un attacco di risate.

- Stai dicendo che dopo che ti ho riaccompagnata ti sei messa subito a dormire? –

- Ero stanca, è stato un viaggio molto lungo. – “E non ho alcuna intenzione di diventare il nuovo giocattolino di tuo fratello, visto che so che prima o poi si stuferà e cercherà qualcosa di nuovo.” avrebbe voluto aggiungere, ma si morse la lingua per non lasciarsi scappare una sillaba in più.

Victarion non commentò, ma il suo umore sembrava decisamente migliorato dopo quella rivelazione e impiegò gli ultimi metri che li separavano dalla sala per divertirla e catturare la sua attenzione con alcune vecchie storie di marinai. Erano arrivati a metà di una particolarmente avvincente quando giunsero a destinazione.

- Ti ringrazio per avermi accompagnata, ma non voglio sottrarti ai tuoi doveri. Tuttavia mi farebbe piacere conoscere il seguito di questa storia, magari dopo pranzo? – concluse, speranzosa.

- Certamente, dopo pranzo sarebbe perfetto. –

Gli sorrise, osservandolo lanciarle un’ultima occhiata e poi incamminarsi velocemente verso le stanze del defunto Balon.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Euron sedeva a capotavola, osservando con aria annoiata tutti i presenti. Aeron si rigirava le mani con aria nervosa, Asha fissava corrucciata il rotolo di pergamena che aveva tra le mani e Victarion sembrava stranamente rilassato. Per qualche ragione quest’ultimo dettaglio lo disturbava.

- Allora, continuiamo con il gioco del silenzio o ti decidi a dirci perché siamo qui, nipote? – esclamò d’un tratto, spazientito.

Non gli piaceva l’idea di Erin che esplorava la roccaforte da sola, erano ancora troppo poche le persone che erano a conoscenza del fatto che lei fosse off limits.

- Eppure credevo che il silenzio ti piacesse, non è per questo che hai tagliato la lingua a tutti i membri della tua ciurma? –

- Già, anche se a volte mi dico che avrei fatto meglio a tagliarla anche ai miei fratelli. – ribattè, fulminando Victarion con un’occhiataccia.

- Non ricominciate, non adesso, non è proprio il momento. – sbottò Asha, porgendo il rotolo ad Aeron.

Il più giovane dei tre fratelli lo lesse rapidamente, sbiancando, per poi passarlo a Victarion. Quando arrivò il turno di Euron, si limitò a inarcare un sopracciglio.

- Devo ammetterlo: questi Bolton hanno un certo talento nella tortura, ma come negoziatori sono pessimi. Lasciare il Nord per riavere Theon? –

- È mio fratello, tuo nipote, ed è un papabile erede al Trono del Mare. – ringhiò Asha.

- Non mi hai ancora dato un solo motivo per cui dovrei accettare le richieste dei Bolton. –

- Euron … - cominciò Aeron, ma lo sguardo del fratello maggiore fu sufficiente a fargli perdere ogni desiderio di ribattere.

- Cosa, Aeron? –

- Nulla. – borbottò in risposta.

- Se volete liberarlo, prendete un po’ di uomini e fate guerra a questi Bolton, ma in nessun caso accetterò di cedere anche solo un millimetro della terra conquistata. Ovviamente, questo significa che non parteciperete all’Acclamazione di Re, la qual cosa a me sta benissimo. –

Si alzò in piedi, stiracchiandosi pigramente, - Fatemi sapere che decidete, ora ho di meglio da fare. –

Lasciò il solarium accompagnato dal silenzio raggelato delle sue parole. Tutto sommato gli dispiaceva per Theon, era sangue del suo sangue in fondo, ma non al punto di mettere a rischio la sua possibilità di ascendere al trono. Una volta al potere, chissà, magari avrebbe anche potuto irrorare le piane del Nord con ogni goccia di sangue Bolton ancora in vita.

Trovò quello che stava cercando nel cortile antistante la roccaforte. Dagmer Mascella Spaccata stava gridando contro un paio di ragazzi alle prese con gli allenamenti nelle lizze ed Erin li osservava duellare con attenzione, scuotendo la testa di tanto in tanto e alzando gli occhi al cielo.

- Scommetto che tu sapresti fare di meglio, non è così? – la provocò, chinandosi quanto bastava per sussurrarglielo all’orecchio.

- Ed ecco che Euron Greyjoy fa finalmente la sua comparsa, che incredibile onore. – ribattè, sarcastica.

- Che c’è, sentivi la mia mancanza? –

- Che c’è, sei già ubriaco a metà mattina? – lo rimbeccò, strappandogli un sorriso.

- Ti ha mai detto nessuno che sei tanto bella quanto impertinente? –

- E a te hanno mai detto che sei tanto impertinente quanto insopportabile? –

Non c’era niente da fare, aveva sempre la risposta pronta.

- Qualche volta. – ammise.

- Non ne avevo dubbi. –

Le cinse i fianchi, facendo leva con le braccia per voltarla verso di lui. La vide sgranare gli occhi e sbuffare indignata.

- Facciamo una tregua, va bene? – propose, accarezzandole il profilo della mandibola con delicatezza.

- Perché? – indagò, sospettosa, mentre si sforzava di reprimere i brividi. Era sempre così, bastava che Euron la sfiorasse e il suo corpo veniva travolto da sensazioni che non aveva mai provato prima.

- Voglio portarti in un posto, ma il tragitto è troppo lungo per passarlo tutto a litigare. –

La vide aggrottare la fronte, assumendo un’espressione buffa che la fece sembrare più giovane di quanto non fosse.

- D’accordo, ma se il posto non mi piace sappi che litigheremo per tutta la strada del ritorno. – lo minacciò, puntandogli contro un dito.

- Correrò il rischio. – replicò, avvicinandosi alla falange quanto bastava per accarezzarla con le labbra mentre parlava.

 

 

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Capitolo 4
*** Cap 4 ***


Cap 4

 

 

 

 

 

 

 

 

Il posto che Euron aveva in mente non era altro che un’immensa piana verdeggiante, nella parte più interna delle Isole di ferro dove quasi nessuno di quegli uomini di mare si inoltrava.

- Mi hai portata fin qui per farmi vedere dell’erba? – domandò, inarcando beffardamente un sopracciglio perfettamente curato.

- Non essere così impaziente, bambina. –

Aveva appena finito di parlare che una mandria di cavalli allo stato brado fece la sua comparsa. Uno stallone nero come il peccato si stagliava, possente e muscoloso, tra gli altri grigi; l’occhio sinistro era dello stesso colore del carbone, ma quello destro era di un azzurro talmente chiaro da sembrare  quasi fatto di vetro. Eterocromo, nello stesso meraviglioso e singolare modo del pirata.

- C’è ancora. – constatò brevemente Euron, mentre un piccolo sorriso si dipingeva sulle sue labbra.

Erin registrò mentalmente l’espressione e come i suoi lineamenti si addolcissero quando era davvero contento; da quando l’aveva conosciuto l’aveva visto sogghignare spesso, ammiccare, ma mai essere intenerito da qualcosa se non quando per un attimo aveva lasciato che la nostalgia lo avvolgesse quando erano sul punto di sbarcare a Pyke.

-  Prima di essere bandito dalle Isole venivo qui spesso, quel puledrino appena nato per certi versi mi ricordava me, mi ero ripromesso di portarlo alla roccaforte e domarlo. – continuò, in una breve spiegazione che le rendesse comprensibile la ragione per cui l’aveva condotta lì. O, almeno, sperava che fosse sufficientemente chiaro.

- Quindi, ora che sei tornato vuoi domarlo e farne la tua cavalcatura? – tentò.

- Voglio domarlo? Sì. Farne la mia cavalcatura? No, in realtà voglio donarlo a una persona. –

Erin si voltò verso di lui, sorpresa. Di tante risposte non si sarebbe mai aspettata proprio quella, forse perché non ce lo vedeva Euron Greyjoy che si metteva a dispensare regali al primo che passava.

- A Victarion? – lo punzecchiò, con voluta malizia.

L’uomo alzò gli occhi al cielo, sbuffando: - Non essere ridicola, l’unica cosa che donerei a mio fratello è una spada nel petto. –

Poi studiò l’espressione contrariata di Erin e aggiunse, cercando di mascherare senza grande successo quanto la cosa lo seccasse.

- Parli spesso del mio fratellino, non sarà che ti stai davvero invaghendo di lui? –

- Se anche fosse, non è un tuo problema, no? –

L’afferrò per i fianchi, stringendola con più forza del necessario e traendola rabbiosamente a sé: - Sei la mia moglie di sale. –

- Solo ufficialmente, in realtà posso farmi piacere chi voglio. E tu, tanto per la cronaca, non mi piaci proprio per niente. – aggiunse, sputando le ultime parole con tono rabbioso. Cercò di divincolarsi dalla sua presa, ma senza grandi risultati dal momento che il pirata era decisamente più forte di lei dal punto di vista fisico.

- Bugiarda. – le sussurrò a fior di labbra, chinandosi poi a catturarle in un bacio passionale.

Per un paio di secondi Erin chiuse gli occhi e si lasciò andare, assaporando il gusto leggermente salato della pelle dell’uomo e godendosi la sensazione di piacere che avvolgeva il suo corpo. Poi, tornando lucida e ricordando chi era a baciarla in quel modo, come se fosse una sua proprietà, si divincolò nuovamente con più forza; questa volta riuscì a liberarsi dalla presa, sicuramente perché Euron non se l’aspettava, e mise un paio di metri di distanza tra loro.

- Come … Cosa … - balbettò.

Il pirata ghignò sfrontatamente: - Calma, bambina, era solo un bacio. Non dirmi che non ti è piaciuto perché non ci credo. – aggiunse prontamente, come se sapesse perfettamente che quella era la replica che stava per affiorarle sulle labbra.

Erin decise allora di cambiare immediatamente risposta: - Se lo rifai giuro che ti taglio la gola. –

Scoppiò a ridere, buttando la testa all’indietro e mostrando una serie di denti bianchi che scintillavano sotto il sole, in contrasto con le labbra leggermente bluacee dovute all’assunzione dell’Ombra della sera.

- Melodrammatica, almeno quanto me potrei aggiungere, insieme saremmo davvero una bella coppia. – rise, per nulla intimorito dalla minaccia.

La ragazza sbuffò, alzando gli occhi al cielo, ma decise di lasciar perdere. Discutere con lui non aveva senso, non quando si stava così evidentemente sforzando di farle perdere completamente il controllo.

- Prendi quel cavallo così possiamo tornarcene alla roccaforte. – sbottò, risalendo in sella e incrociando risolutamente le braccia al petto.

Una volta tanto fece quello che gli era stato chiesto, muovendosi agile e silenzioso tra i fili d’erba e riuscendo a prendere al lazzo la bestia con una serie di movimenti da vero esperto. Assicurò la fune a un campanello della sella e montò dietro di lei, stringendola tra le braccia per poter recuperare le redini e governare la cavalcatura.

Galopparono in silenzio per un’ora; poi, quando le mura della roccaforte erano ben visibili e gli uomini di ferro di vedetta stavano già provvedendo ad aprire il cancello, le tornò a rivolgere la parola.

- Non sei curiosa di sapere a chi intendo regalarlo? –

- Non mi importa, sono solo contenta che tu non intenda tenertelo; è un animale troppo bello per te. – replicò, con un tono che suonò eccessivamente acido persino alle sue orecchie. Non si sarebbe scusata, però, perché il ricordo delle labbra bluacee sulle sue la turbava ancora.

- Già, è una cavalcatura adatta a una regina. – convenne Euron, dandole un paio di secondi per assaporare quelle parole, chiedendosi distrattamente se stesse lentamente cominciando ad arrivarci.

- D’accordo, te lo dico io. – aggiunse, notando che la spadaccina non sembrava affatto bendisposta nei suoi confronti né intenzionata ad assecondarlo nel suo gioco, - Il cavallo è per te, sempre ammesso che ti piaccia. –

Quelle parole ebbero un effetto magico. L’espressione corrucciata della ragazza si distese e il suo viso s’illuminò, mentre le labbra si stiravano in un sorriso aperto e solare. Sembrava che persino il bacio di poco prima fosse stato dimenticato, così come il fatto che lei poco sopportasse l’uomo che la teneva stretta a sé.

- Io venero i cavalli e questo è talmente incredibile che non può non piacermi. –

Scivolò giù e si avvicinò allo stallone, accarezzandogli delicatamente il muso e grattandogli la fronte. Un nitrito lieve e uno strusciare contro la sua mano furono la ricompensa e le strapparono una risatina gioiosa.

- Sei una meraviglia, piccolo mio. – sussurrò, baciandolo sul collo possente e inspirando a pieni polmoni l’odore puro e pungente del pelo.

Un rumore alle sue spalle la spinse a voltarsi; Euron era al suo fianco e accarezzava ritmicamente il destriero.

- Come lo chiamerai? –

- Balerion. – rispose, senza la minima esitazione.

- Il Terrore nero, è un buon nome per la cavalcatura di una regina guerriera. – approvò.

Rimasero a contemplare l’animale finchè uno degli stallieri non giunse in tutta fretta per portarlo alle scuderie. Assicurò che sarebbe stato trattato con ogni sorta di riguardo, s’inchinò esageratamente prima a Euron e poi a Erin, e sparì dalla loro vista.

- Io … Io ti ringrazio. – sussurrò, così piano che per un attimo il pirata credette di avere solo immaginato che quelle parole fossero uscite dalle labbra delicate della spadaccina.

- Scusa? –

Erin aggrottò la fronte, contrariata, - Non costringermi a ripetertelo. –

Rise. – Suppongo che sentirtelo dire anche solo una volta sia più che sufficiente. Sai, bambina, anche ai mostri senza cuore piacciono le cose belle. –

Pronunciate quelle enigmatiche parole, le voltò le spalle lasciandola sola a domandarsi a cosa esattamente si stesse riferendo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

Terminato il pranzo, Erin trovò ad attenderla Victarion. Non potè fare a meno di notare che, in confronto al solito abbigliamento che indossava le volte in cui si erano incontrati in precedenza, questa volta aveva un’eleganza in più. Il farsetto ricamato, la cappa perfettamente pulita e senza una piega, gli stivali lucidi. Sembrava una pallida copia di Euron, considerò. Una copia senza labbra sottili e bluastre; si chiese distrattamente se baciarlo le avrebbe procurato la stessa divampante sensazione di piacere che l’aveva avvolta quando Euron l’aveva sfiorata. Scosse la testa, scacciando via quelle fantasie e l’immagine ancora fin troppo vivida di lei che si lasciava baciare in un campo nel mezzo del nulla senza fare troppe storie. Perché ora si metteva a rivivere a occhi aperti quel momento? Euron l’aveva baciata con l’inganno, se avesse intuito le sue intenzioni non glielo avrebbe certo permesso. Vero? Che gli Estranei se lo portassero alla dannazione, con che diritto le scombussolava la mente?

- Stai molto bene. – commentò, certa che concentrarsi su Victarion l’avrebbe aiutata a scacciare via ogni fastidiosa fantasia.

L’uomo le rivolse un sorriso smagliante, apparentemente soddisfatto del fatto che avesse notato il suo cambio di vestiario.

- Posso chiederti se c’è qualche occasione particolare? – aggiunse poi.

- Nulla di formale, ma visto che avevamo intenzione di passare il pomeriggio insieme desideravo essere all’altezza della bellezza della mia sirena. –

Arrossì lievemente, abbassando lo sguardo. Si rese conto di sembrare incredibilmente civettuola e si costrinse a darsi un contegno. Se Euron l’avesse vista fare la svenevole con suo fratello non ne sarebbe di certo stato contento.

In nome degli Dei Antichi e Nuovi, da quando in qua gli importava cosa pensava quel pirata?

- Ti prego, non farlo. –

Victarion la fissò perplesso.

- Non fare cosa, mia sirena? –

- Chiamarmi in quel modo … Non credo sia appropriato. – spiegò.

Un’ombra passò negli occhi scuri dell’uomo. Erin si sentì a disagio più di prima; non intendeva ferirlo, ma non riteneva giusto nemmeno illuderlo. Le piaceva la sua compagnia, ma quella mattina aveva visto un nuovo lato di Euron; un lato che, malgrado l’infastidisse tremendamente ammetterlo, le piaceva.

- Come la lady mia cognata desidera. – decretò, inchinandosi rigidamente e facendo per voltarle le spalle.

- Victarion, per favore, resta. Non c’è alcun bisogno che tu te ne vada. – mormorò, posandogli una mano sull’avambraccio e fermandolo.

- Non credo di riuscire a comportarmi bene in tua presenza. –

Sgranò gli occhi. Non stava davvero per dirle ciò che temeva, vero?

- Perché ogni volta che ti guardo non desidero fare altro che questo. – concluse, tornando verso di lei e schiacciandola contro il muro in pietra. Le catturò le labbra in un bacio lungo e profondo, accarezzandole delicatamente una guancia.

Ecco la risposta alla sua domanda di poco prima. Euron era passionale, ardente come il fuoco, mentre Victarion era dolce e delicato, lieve come l’acqua quando accarezza la pelle. Ricambiò il bacio stando attenta a non metterci più trasporto del dovuto; non voleva ferirlo, non di nuovo, perché sapeva che se l’avesse fatto si sarebbe allontanato per sempre da lei.

In fondo al corridoio, nascosto da una delle colonne, Euron osservava la scena. La mascella serrata, le mani strette a pugno e la voce nella sua testa che ruggiva a pieni polmoni e pretendeva che andasse lì e trapassasse Victarion da parte a parte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Chiedo scusa per il ritardo con cui ho aggiornato, ma la sessione estiva è cominciata e lo studio mi porta via sempre più tempo. Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto e sia valso l’attesa; come sempre vi chiedo di farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.

Baci baci,

                Fiamma Erin Gaunt

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Cap 5 ***


Cap 5

 

 

 

 

Quando si separarono, le fronti poggiate l’una a quella dell’altro, Victarion le sorrise. Era un sorriso aperto, solare, persino rispetto a quelli che solitamente le elargiva.

- Io … io devo andare. Sì, è meglio che torni nelle mie stanze. Cioè, nelle stanze mie e di Euron – si corresse, indietreggiando e incespicando nei suoi stessi passi.

L’uomo emise uno sbuffo divertito, probabilmente imputando quella reazione allarmata alla timidezza o al senso di vergogna che la attanagliava per aver baciato qualcuno che non fosse il suo uomo. D’accordo lei ed Euron non erano effettivamente sposati, ma persino una moglie di sale aveva dei precisi doveri di coppia nei confronti del suo uomo di ferro. Doveri che Kitty aveva disatteso accettando la corte di Occhio di corvo e finendo nel suo letto. Il pensiero che Erin fosse così innocente, per certi versi pura, lo spinse a domandarsi quanto fosse effettivamente fisica la relazione che c’era tra lei e suo fratello. Euron non era mai stato il tipo a cui interessavano le verginelle e aveva visto molte delle sue amanti per sapere che anche nel talamo era esigente quanto nella vita quotidiana. Che la giovane spadaccina braavosiana fosse ancora casta?

Scosse la testa mentre la guardava allontanarsi a passi svelti.

Doveva smetterla di fantasticare così tanto. Euron non si sarebbe mai preso una moglie di sale illibata e, sempre ammesso che l’avesse fatto, di sicuro non avrebbe aspettato tutto quel tempo per deflorarla.

- Fratello. –

La voce fredda e tagliente del maggiore lo colse di sorpresa.

Euron emerse dall’ombra, fissandolo con uno sguardo che avrebbe ghiacciato il sangue nelle vene a un uomo meno coraggioso di lui.

- Ti ho visto. A quanto pare non mi sono spiegato a sufficienza quando ho detto che lei è mia – disse.

- Bè, sembra che la storia sia destinata a ripetersi. –

Occhio di corvo si accigliò, - Che intendi dire? –

- Solo che è incredibile quanto la tua Erin assomigli alla mia Kitty. Non dirmi che non l’hai notato anche tu – concluse, sorridendo sornione.

Euron lo afferrò per il bavero della cappa, traendolo a sé con forza.

- Ti avverto, Victarion, tocca anche solo per sbaglio quella ragazza e la prossima volta che farò un bagno sarà in una vasca colma del tuo sangue. –

Il comandante della Vittoria di ferro si districò dalla presa con uno strattone, restituendo al fratello l’occhiataccia.

- Credo che questa volta sarà la giovane sirena a fare la sua scelta e credo anche che tu non sia neanche lontanamente in grado di possederla come ti piace tanto far credere – concluse.

Il pirata serrò la mascella con rabbia, certo che la vena pulsante sulla sua tempia tradisse lo stato d’animo in cui si trovava. Stava facendo la figura del debole davanti a quell’idiota di Victarion e tutto per colpa di quella ragazzina che aveva chissà per quale ragione deciso di concedere un assaggio di quelle labbra di miele a quello stolto.

- Credi a questo, fratello: se vedrò ancora le tue mani su Erin te le staccherò a morsi. –

Poi, furente, gli voltò le spalle e puntò in direzione della zona notte della roccaforte. Quella braavosiana testarda doveva dargli alcune spiegazioni e sperava per lei che fosse molto convincente.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Erin sentì la porta aprirsi con forza, andando a sbattere contro la parete in fredda pietra. Euron stava in piedi sulla soglia, bello e peccaminoso come sempre, con gli occhi che sembravano essere due buchi neri e mandavano scintille di rabbia. La mascella serrata conferiva un’aria truce ai suoi lineamenti già solitamente cupi e tenebrosi. Sembrava uno spirito vendicativo risputato fuori dai Sette inferi e probabilmente nessun paragone sarebbe mai stato più calzante di quello per descriverlo.

- Ti avevo detto di stare lontana da Victarion – esordì, rabbioso.

- No, non l’avevi detto – replicò, pacata, posando la spazzola con cui stava districando i capelli.

- Era sottinteso. Non tollero che si dica in giro che Victarion ha preso la virtù della mia giovane moglie di sale. –

- Perché dai per scontato che ci sia ancora? Io non l’ho mai detto – gli fece notare, secca, riprendendo a spazzolarsi i capelli castani.

La replica lo spiazzò e impiegò un paio di secondi prima di trovare qualcos’altro da dire.

- E chi? Nessuno qui a Pyke avrebbe mai osato … non sapendo che mi appartieni. –

Riecco quell’atteggiamento possessivo che non sopportava. Lei era nata a Braavos, la più grande delle città libere, e l’idea che qualcuno potesse pensare di vantare diritti o poteri su di lei la faceva imbestialire.

- Io non sono un oggetto né un animale o un terreno, non appartengo proprio a nessuno. –

Euron scosse la mano come avrebbe fatto per scacciare un insetto fastidioso e tornò a fissarla con intensità.

- Chi? –

- Non sono affari tuoi. –

- Chi?!? – chiese nuovamente, alzando la voce.

Sobbalzò leggermente, suo malgrado colpita dall’intensità della sua voce. Cominciava a capire perché tutti lo temevano. Euron era incline agli sbalzi d’umore e quando perdeva la calma diventava decisamente terrificante. Abbandonò la sedia davanti alla toletta per mettere una distanza maggiore tra loro, avvicinandosi all’elsa della sciabola che aveva lasciato accanto al letto.

- Un comandante della cavalleria della Compagnia Dorata … Nymeros Sand – mormorò in risposta, le gote lievemente arrossate mentre ripensava al giovane dorniano che secondo alcune dicerie non era che il figlio bastardo di Ser Arthur Dayne.

Aveva conosciuto Nymeros tre anni prima, quando il giovane aveva diciannove anni ed era giunto a Braavos insieme alla sua Compagnia per accettare un contratto proposto dalla città libera, e si erano piaciuti subito. L’aveva vista battersi contro uno dei mercenari, che aveva pensato che una bella ragazza adolescente fosse una preda facile per soddisfare i propri pruriti, ed era intervenuto portandola via prima che il resto della Compagnia trovasse qualcosa da ridire.

L’accento di Dorne che scaldava la lingua comune si intonava bene alla carnagione olivastra, gli scompigliati capelli biondi e gli occhi tendenti al violaceo tipici dei Dayne. L’aveva scambiato per un signore dei Draghi inizialmente, tanto era bello, ma Nymeros aveva riso e scosso la testa. Lui era Nymeros Sand, “l’ombra della tempesta”, bastardo della “Spada dell’alba” e null’altro. L’aveva stregata con i racconti delle imprese della Compagnia e aveva vinto ogni sua ultima resistenza nel momento stesso in cui le loro labbra si erano incontrate.

Forse non era stato vero amore, magari Nymeros non era nulla più che l’immatura attrazione di una sedicenne che sognava di lasciare Braavos, ma non si era mai pentita di ciò che gli aveva concesso.

Lanciò un’occhiata a Euron, improvvisamente tornato calmo.

Forse l’idea che colui che aveva conquistato la sua virtù fosse lontano e sconosciuto era stata una risposta sufficiente a placare il suo furore.

- Un mercenario e per di più bastardo, quindi, e adesso sei circondata dai pirati. Dimmi, ragazzina, le fanciulle della tua età una volta non sognavano un prode cavaliere o magari un valente principe che le portasse via su un bel cavallo bianco? – la sbeffeggiò.

- Ho sempre trovato i cavalieri sopravvalutati e i valenti principi decisamente noiosi. –

Occhio di corvo stirò le labbra in un sorriso sghembo.

In nome degli Dei, quando assumeva quell’espressione i brividi lungo la schiena cominciavano a scorrerle sempre più intensamente e doveva fare appello a tutta la sua forza di volontà per impedirsi di concedersi interamente a quell’uomo.

- Allora troverai Victarion l’essenza stessa della noia, te lo garantisco. Dimmi, bambina, eri languida e disponibile anche nel suo abbraccio così come lo eri nel mio o sei stata solo meramente cortese e non l’hai respinto quando ha posato le labbra sulle tue? –

Erin sgranò gli occhi, incredula.

- Io non ero proprio per niente languida e disponibile – esclamò.

- Oh, sì che lo eri. Fidati, so riconoscere quando una donna mi vuole. –

- E invece non credo proprio. –

Euron le si avvicinò con l’andatura sinuosa di una pantera a caccia e le posò le mani sui fianchi, attirandola a sé con decisione.

Non attese un suo segnale d’assenso e si chinò a baciarla come aveva fatto nel campo. La sentì fare resistenza, ma alla fine si arrese e schiuse la bocca per permettergli di andare incontro alla sua lingua.

Abbandonò le labbra per scendere lungo il collo candido, tempestandolo prima con piccoli baci delicati e poi con lievi morsi sempre più incalzanti. Sorrise contro la sua pelle quando la sentì fremere e stringersi ancora di più contro di lui.

- Hai visto – mormorò, baciandola in corrispondenza della carotide pulsante, - Assolutamente languida. –

Stava per accarezzarle una guancia quando si ritrovò puntata contro la lama della sciabola della ragazza.

- E assolutamente non disponibile – concluse per lui, la voce ancora roca per l’effetto di tutti quei baci.

Euron rise, alzando le mani come a mostrarsi disarmato. Il problema era che Erin temeva molto più l’effetto che aveva sul suo corpo di tutto il resto. Quando quell’uomo le si avvicinava il suo cervello si spegneva e sembrava perdere la capacità di pensare lucidamente.

- Oh, bambina, ti assicuro che non ho alcuna intenzione di portarti a letto – disse, venendo interrotto da uno sbuffo incredulo, per poi aggiungere: - Perché sono assolutamente certo che sarai tu stessa a farlo prima o poi. –

Erin fece per replicare, ma non era mai stata brava a mentire e aveva la sgradevole sensazione che il pirata non fosse andato poi troppo lontano dalla verità. Non era riuscita a resistere a Nymeros, che non le faceva effetto quanto Euron, quindi che speranze poteva mai avere di resistere. Era una ragazzina finita nella tana del lupo … un grosso e nero lupo di mare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Dopo un ritardo super disastroso per cui non ho scusanti se non che l’ispirazione aveva fatto le valigie ed era partita per Pyke, eccomi nuovamente qui. Spero che il capitolo vi piaccia e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.

Baci baci,

Fiamma Erin Gaunt

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Cap 6 ***


Cap 6

 

 

 

 

Euron dormì poco quella notte. L’arrabbiatura nei confronti di Victarion era ancora cocente e il pensiero dell’Acclamazione di Re che si sarebbe tenuta nel pomeriggio contribuiva ad accrescere il suo stato d’insonnia. E poi c’era un altro problema, di natura più … personale, per così dire. Il bacio con Erin aveva acceso un intenso desiderio e, per quanto si fosse sforzato di apparire indifferente, doveva ammettere almeno a se stesso che quell’erezione insoddisfatta l’aveva lasciato con l’amaro in bocca.

Gettò le lenzuola ai piedi del letto, raggiungendo lo scrittoio e recuperando una boccetta di Ombra della sera che teneva sempre a porta di mano per situazioni come quelle. Ne fece cadere due gocce sulla punta della lingua, versandosi poi una coppa di vino di Arbor ed eliminando il retrogusto amaro con il calore della bevanda.

Lanciò un’occhiata in direzione del letto.

Erin dormiva profondamente, le lunghe ciglia che celavano le iridi azzurre e disegnavano due sorta di mezzelune scure sulla pelle chiara. Avvolta nella candida veste da notte, raggomitolata sotto le coperte, appariva più giovane di quanto non fosse in realtà e infinitamente più indifesa.

Victarion aveva detto che lei e Kitty erano incredibilmente simili, ma si sbagliava. Certo, fisicamente si assomigliavano molto, era innegabile, ma caratterialmente erano gli opposti. Kitty era stata dolce e romantica, un po’ ingenua riguardo a tutto ciò che riguardava ciò che c’era fuori dal talamo. Erin invece era una combattente, abituata a far valere la propria opinione e ad aspettarsi di essere ascoltata. Kitty era stata il prototipo della perfetta moglie di sale, mentre Erin era come Asha, una donna delle isole.

Una donna di ferro.

Rise tra sé e sé mentre il pensiero prendeva forma nella sua testa. Se qualcun altro l’avesse sentito dire una cosa  del genere avrebbe detto che Occhio di corvo era addirittura più pazzo di quanto desse a vedere.

Magari era davvero così. Forse in tutti quegli anni passati a predare in ogni angolo di terra conosciuto aveva finito con il perdere il senno.

Sedette sul davanzale della grande finestra che si affacciava direttamente sullo strapiombo. Aveva sempre adorato quella stanza e con essa la vista che regalava ai suoi occupanti. Sembravano passati secoli da quando lui e Balon stavano alzati fino a tardi a bere vino e a giocare la danza delle dita o a scambiarsi racconti di avventure con questa o quella donna. Almeno a se stesso poteva ammetterlo: la morte di suo fratello l’aveva turbato. Tra tutti Balon era stato l’unico che avesse mai considerato alla sua altezza; era un peccato che fosse dovuto morire perché Euron potesse ottenere ciò che bramava.

O, almeno, buona parte di ciò che bramava. Era tornato a Pyke, avrebbe partecipato all’Acclamazione di Re e l’avrebbe vinta … l’unico punto interrogativo era la figura acciambellata nel suo letto. Se qualcuno gli avesse detto, appena due settimane prima, che una donna avrebbe diviso il letto con lui esclusivamente per dormire avrebbe pensato di trovarsi davanti un individuo completamente fuori di testa.

Euron Greyjoy non dormiva con una donna; o, per meglio dire, non ci dormiva se prima non l’aveva posseduta più e più volte. Eppure quella ragazzina era lì e sperava davvero che continuasse a starci per molto altro tempo.

Emise un gemito disgustato. Si stava forse trasformando in una di quelle patetiche donnette come Aeron? O, gli Dei non volessero, in un individuo tutto sorrisi, paroline dolci e “mia sirena” di qua e “mia sirena” di là come quell’idiota di Victarion?

No, lui era Euron Greyjoy, Occhio di Corvo, il pirata nero, il terrore di Westeros.

 Alla coppa di vino ne seguirono rapidamente altre due che poi diventarono tre, quattro, cinque … fino a perdere il conto e barcollare a letto. Stordito dagli effluvi dell’alcool e dalla piacevole sensazione di pace dovuta al consumo dell’Ombra della sera, riuscì finalmente a precipitare in un profondo sonno senza sogni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Quando aprì gli occhi Erin si stupì di trovare accanto a sé il corpo asciutto e muscoloso di Euron.

L’uomo era sdraiato sulla schiena, le palpebre abbassate a celare gli occhi eterocromi. Sembrava quasi innocuo mentre dormiva, considerò, posando il volto sul cuscino e rimanendo immobile a guardarlo.

Se si fosse svegliato in quel preciso istante non avrebbe saputo che scusa inventare, ma non le importava. Era così bello che sembrava quasi sbagliato il fatto che sapesse essere tanto spietato. Lasciò vagare lo sguardo dal viso dai tratti mascolini fino al petto nudo. Non era muscoloso quanto Victarion, la cui prestanza era ben intuibile persino sotto gli strati dei vestiti, ma aveva un bel torace … piacevole a guardarsi, decise, arrossendo di botto. Non aveva alcun bisogno di fissarlo mezzo nudo e constatare quanto le piacesse, non ora che aveva assodato che l’attrazione che provava nei suoi confronti era decisamente dura da tenere a bada.

- Ti piace quello che vedi, bambina? –

Sobbalzò, colta di sorpresa. Era talmente presa dalle sue considerazioni che non si era accorta che Euron si era svegliato e la stava guardando con sfrontatezza mista a una punta ben percettibile di compiacimento.

- Non parli? Strano, eppure sono abbastanza sicuro di non averti mozzato la lingua – considerò, lo scintillio divertito ancora presente nello sguardo.

Distolse lo sguardo, ignorandolo.

Era un comportamento infantile, lo sapeva bene, ma non le importava. Meglio essere presa  per una bambina intimidita che lasciargli capire quanto fosse stato difficile tenere a bada il desiderio di toccarlo.

- Non hai un’Acclamazione di Re nel pomeriggio? Non devi prepararti un discorso o qualcosa del genere? – chiese d’un tratto.

Euron si accigliò, sorpreso.

- E tu come fai a sapere di cosa si tratta? Ah, certo, Victarion – si rispose da solo.

- Veramente non è stato Victarion a spiegarmelo, ma Dagmer – precisò, piccata.

- Dagmer è vecchio – disse, con una strana espressione dipinta sul viso che, a giudicare dal tono, doveva essere indignazione. O la cosa che ci andava più vicina, visto che non era affatto sicura che esistesse qualcosa che Euron Greyjoy trovasse immorale.

- Non poi così vecchio. Avrà dieci anni più di te, e poi cosa c’entra la sua età? Credi che già soffra di demenza senile? –

Mentre lo diceva si rese conto che lei in effetti non aveva la minima idea di quanti anni avesse Euron. Sapeva che tra lui e Victarion c’era poca differenza d’età, contrariamente a Balon, ma non conosceva un numero preciso.

- Dodici anni in realtà, io ne ho trentotto e lui cinquanta – precisò, dando risposta alla sua muta domanda, per poi aggiungere: - E no, non credo che soffra di demenza, ma se posso arrivare a capire l’interesse per Victarion, quello per Dagmer mi sfugge completamente – ammise.

Erin scoppiò a ridere.

Quell’idiota pensava davvero che Dagmer Mascella Spaccata le interessasse in quel senso? Aveva passato molto tempo alle lizze in quei giorni e aveva mostrato al vecchio uomo di ferro ciò che era in grado di fare, conquistandone se non proprio l’ammirazione almeno il rispetto. Dagmer avrebbe potuto essere la forte figura maschile che non aveva avuto con suo padre.

- Tu pensi che a me piaccia fisicamente? Dagmer potrebbe anche essere stato attraente da giovane, e sottolineo potrebbe, ma adesso l’unica cosa che m’interessa in lui è l’abilità di guerriero. È interessante e istruttivo passare un po’ di tempo nelle lizze con lui, senza contare che mi aiuta a tenermi in movimento. –

- Anch’io potrei tenerti in movimento, se me lo permettessi – ribattè, insinuante, rotolando di lato e sfiorandole con la mano la pelle nuda tra il collo e la spalla.

La ragazza si morse l’interno della guancia per impedire al sospiro che le aveva invaso la gola di sfuggirle dalle labbra.

- Grazie per l’offerta, ma no. –

Scivolò giù dal letto, avvolgendosi nella cappa d’ermellino sulla sedia più vicina, e si avvicinò al baule colmo di abiti. Dopo una breve e infruttuosa ricerca, lanciò un’occhiata significativa all’uomo ancora sdraiato nel letto.

- Cosa c’è, bambina? –

- Che si indossa a un’Acclamazione di Re … che devo mettermi in qualità di moglie di sale? –

Il pirata si accigliò, per poi scuotere la testa, - Non ho la minima idea di cosa preveda la moda femminile. Però mi piacerebbe che indossassi quello al banchetto di stasera – aggiunse, indicando l’abito rosso rubino intarsiato con delicati ricami in filo d’oro che stava nell’angolo.

Erin lo studiò con circospezione. Effettivamente era un abito stupendo, elegante e sensuale allo stesso tempo, e non aveva alcun dubbio che le sarebbe stato aderente come una seconda pelle celando poco o niente delle sue forme. Nessuna sorpresa che a Euron piacesse così tanto, quindi.

- Tu vinci quell’Acclamazione e io potrei anche prendere in considerazione l’idea di farti piacere acconsentendo a indossarlo. –

Le labbra sottili del pirata si stirarono in un sorriso sghembo.

- Lo sai che dal farmi al darmi piacere il passo è molto corto, vero bambina? –

Sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Cominciava davvero a credere che fosse ossessionato dal sesso.

Come tutti gli uomini del resto, ma ti sfugge il fatto che magari sia ossessionato dall’idea di fare sesso con te, sussurrò la voce della ragione.

La scacciò via con una scrollata di spalle.

Indossò il primo abito che le capitò tra le mani e annunciò che andava a fare colazione. Giunta nella sala dei banchetti trovò Asha in compagnia di Victarion e Dagmer, intenti a parlare fittamente e masticare cibo.

La figlia di Balon alzò lo sguardo non appena entrò nella stanza, rivolgendole un lieve sorriso di benvenuto. Era strano vedere Asha sorridere perché sembrava sempre che fosse più pronta a ringhiare contro chi la circondava che a mostrarsi affettuosa, ma le fece piacere.

- Erin, unisciti a noi – la invitò, indicandole lo scranno di fronte al suo.

La ragazza obbedì, salutando tutti i presenti con un sorriso e selezionando con cura delle fettine di gabbiano ben abbrustolite e un po’ di frutta.

Mangiarono in silenzio e si ritrovò più volte a sorprendere Victarion mentre la osservava. Gli occhi scuri indugiavano sul corsetto con una tale intensità che Erin si meravigliò di non essere ancora arrossita come un pomodoro. Probabilmente stava semplicemente facendo l’abitudine ai commenti di Euron e le semplici occhiate non avevano più il potere di farla imbarazzare.

- Mio zio non si unisce a noi? – chiese d’un tratto Asha, lanciandole un’occhiata a metà tra l’incuriosito e il penetrante.

- No, Euron è piuttosto stanco, immagino preferisca fare colazione nelle sue stanze – ribattè, per poi riprendere a masticare piano il gabbiano.

La carne era stata insaporita e affumicata al punto che era ormai quasi impossibile distinguerlo da una qualsiasi altra pietanza.

Gli occhi di Asha luccicarono  divertiti come se imputasse il motivo della sua stanchezza a ben altro che all’insonnia e al malessere psichico dello zio. Victarion apparve corrucciato e Dagmer si lasciò andare a un attacco di tosse catarrosa che quasi certamente celava una di quelle risate virili che avevano gli uomini quando si parlava di sesso.

Improvvisamente l’ondata d’imbarazzo tornò a sommergerla come una spiaggia durante l’alta marea e sentì il bisogno di ritirarsi.

Abbandonò cibo e vivande e, dopo essersi congedata con un sorriso di scuse, uscì a passi svelti dalla sala.

Puntò verso il parco degli dei, fermandosi sulla cima della scogliera e osservando le onde del mare in burrasca che si infrangevano contro le rocce nere. Un paio di mani forti e coperte di calli le cinsero i fianchi, costringendola a voltarsi verso il loro proprietario. Sapeva di chi si trattava ancora prima di scorgerne il volto.

Victarion le accarezzò delicatamente una guancia, chinandosi verso le sue labbra, ma questa volta Erin era preparata e non si lasciò cogliere di sorpresa. Frappose una mano tra sé e il torace muscoloso, tirandosi indietro e sfuggendo al contatto.

Gli occhi scuri si riempirono di delusione e sconcerto.

- Non è il caso, Victarion. –

- Euron se l’è presa con te? – chiese, all’improvviso sul piede di guerra.

- Era furioso, mi ha spaventata –, ammise, - ma aveva ragione. Sono la sua moglie di sale, non la tua, e quello che è successo tra noi non deve più ripetersi. –

- Non se vinco l’Acclamazione di re. In quel caso Euron andrà via da Pyke e tu potrai rimanere con me. –

Erin si accigliò. Il suo discorso era sensato, in effetti, ma piuttosto che rimanere a Pyke ed essere destinata a essere solo la concubina del re avrebbe preferito prendere nuovamente il mare e continuare a essere libera. Inoltre dubitava fortemente che Victarion riuscisse a sconfiggere Euron all’Acclamazione. Non glielo disse, però, perché non voleva essere crudele.

- Ne riparleremo dopo l’Acclamazione – si limitò a ribattere, sfuggendo dalla sua presa e lasciandolo lì. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Come promesso, ho aggiornato in modo molto più celere. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere! Alla prossima.

Baci baci,

Fiamma Erin Gaunt

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Cap 7 ***


Cap 7

 

 

 

 

Quando giunse il momento dell’Acclamazione di Re, Erin lasciò che Dagmer Mascella Spaccata le si avvicinasse per indirizzarla verso quello che sarebbe dovuto essere il suo posto. L’intero equipaggio della Silenzio, più tutti gli uomini di ferro leali a Euron, erano rintanati in un angolo e circondavano il loro comandante. Anche l’anziano uomo di ferro era dei loro, come testimoniò la sua presa di posizione al fianco del secondogenito della Piovra.

Dall’altro lato stava Victarion, circondato dai membri della Vittoria di ferro e dai suoi fedeli, mentre Asha restava in posizione leggermente rialzata e osservava tutti loro con quel suo sguardo rapace. Assomigliava certamente molto più a suo zio Euron che agli altri due, considerò.

Dagmer le aveva spiegato quanto bastava per avere un’idea chiara di come si sarebbe svolta l’Acclamazione. Uno alla volta gli uomini di ferro che desideravano proporre la propria candidatura si sarebbero fatti avanti e avrebbero pronunciato il loro discorso. Cominciare per primi non era una scelta saggia, perché dopo tutti quei fiumi di parole gli uomini avrebbero presto dimenticato le parole dell’uno e dell’altro, quindi i principali contendenti avrebbero atteso la fine per parlare.

Cominciò l’Acclamazione un vecchio uomo di sale, talmente debilitato che dovette essere sostenuto dai suoi figli per arrivare al punto prestabilito. Le urla furono poche, quasi tutte dagli appartenenti alla sua Casata. Venne poi il turno di altri due uomini, con risultati non molto differenti dal primo contendente.

Poi calò il silenzio.

Victarion, Asha ed Euron si lanciarono occhiate in attesa che uno di loro facesse la sua mossa. Fu Victarion a  farsi avanti, accolto dai battiti ritmati dell’equipaggio della Vittoria di Ferro. Aeron guardava il fratello con aria carica d’aspettativa. Non c’era alcun dubbio su chi favorisse il sacerdote del Dio Abissale.

- Sono stato un fratello leale. Quando Balon si sposò, inviò me a Harlaw a prendere la sua sposa. Ho comandato le sue navi lunghe in molte battaglie, e le ho vinte tutte tranne una. La prima volta che Balon fu incoronato, salpai io l’ancora per andare a Lannisport ad accendere il fuoco sotto la coda del Leone. La seconda volta, mandò me a scuoiare il Giovane lupo, nel caso fosse tornato a casa urlante. Quello che avrete da me è nulla più di quello che avete avuto da Balon. È tutto ciò che ho da dire – concluse.

Le acclamazioni si levarono al vento con vigore. Victarion possedeva il dono di ogni bravo comandante: sapeva infondere fiducia e coraggio nei suoi uomini. Tuttavia dubitava che quello fosse sufficiente a garantirgli un posto da re.

E, a giudicare dal sorrisetto che solcava le labbra bluastre di Euron, anche lui la pensava così.

Victarion tornò al suo posto, rivolgendole uno sguardo di sfuggita, come in cerca della sua approvazione. Non seppe trovare nulla di meno compromettente che limitarsi a un piccolo cenno del capo, come a dire che aveva registrato e apprezzato ogni sua parola.

Fu Asha a farsi avanti, facendosi largo tra i suoi uomini. A quanto ne sapeva, era la prima volta che una donna si faceva avanti per reclamare il Trono del Mare.

- Pace, terra, vittoria. Io vi darò la punta del Drago marino e la Costa Pietrosa, terra nera e alberi alti e pietre sufficienti perché ogni ragazzo possa costruirsi una dimora. E poi gli uomini del Nord saranno nostri amici, pronti a lottare con noi contro il Trono di Spade. È molto semplice. Se incoronate me avrete pace e vittoria. Se invece scegliete mio zio avrete ancora guerre e sconfitte. – Rinfoderò la daga con cui stava giocherellando durante il discorso, rivolgendo agli uomini sotto di lei uno sguardo di sfida. – Cosa scegliete, uomini di ferro? –

Il suo equipaggio esplose in un boato di acclamazioni, seguito da diversi uomini. Tanti, più di quanti avevano sostenuto Victarion e sicuramente un numero infinitamente superiore a quello che chiunque altro si sarebbe aspettato.

Persino Euron perse il suo sorrisetto compiaciuto, ma a parte questo non diede segno di essere rimasto impressionato dal discorso della nipote.

Ed Erin ebbe la conferma di quanto aveva pensato la prima volta che aveva visto Asha Greyjoy: quella era davvero una donna di ferro, la degna erede della Piovra.

Era il turno di Occhio di Corvo, come le annunciò il fruscio del pirata accanto a lei. L’uomo si chinò leggermente su di lei, a sussurrarle all’orecchio con un sorrisetto sornione, - Beh, non mi auguri buona fortuna, bambina? –

Non attese la sua risposta e si fece largo tra la folla.

- Un senza Dio non può sedere sul Trono del Mare, questa è pura blasfemia – esordì Aeron ancora prima che il fratello avesse modo di fare il suo discorso.

Gli occhi eterocromi di Euron si posarono su di lui mentre un sorrisetto beffardo accompagnava quell’occhiata capace di gelare un vulcano in eruzione.

- Senza Dio? Aeron, io sono l’uomo più devoto che abbia mai solcato il mare! Tu, Capelli Bagnati, servi un Dio ma io ne ho serviti diecimila. Da Ib ad Asshai, quando la gente vede le mie vele, tutti si mettono a pregare. –

Aeron parve incapace di trovare una replica, e si limitò a borbottare: - Victarion deve essere re o la tempesta ci spazzerà via tutti. –

Alle orecchie di Erin era un discorso che non aveva il minimo senso, ma sapeva che gli uomini di ferro temevano le tempeste come tutti coloro che solcavano i mari. Così rimase in attesa della reazione dei presenti; tuttavia sembrava che fossero troppo timorosi nei confronti di Euron per contestare in modo aperto la sua candidatura.

- Sono io la tempesta; la prima e l’ultima – replicò, sempre mantenendo quell’espressione serafica, per poi cominciare il suo discorso: - Siamo uomini di ferro, una volta eravamo conquistatori. Il nostro mandato si estendeva ovunque si udisse il rumore delle onde. Mio fratello vorrebbe che vi accontentaste del freddo e cupo Nord, mia nipote vorrebbe concedervi ancora meno … ma io vi darò Lannisport, Alto Giardino, Arbor, Vecchia Città. Vi darò le terre dei fiumi e l’Altopiano, il Bosco del Re e quello delle Piogge, Dorne e le terre basse, le montagne della Luna e la terra di Arryn, Tarth e Scala di Pietra. Io dico, prendiamoci tutto! Io dico, prendiamo il Continente Occidentale. –

In quel preciso istante fu chiaro chi avrebbe vinto, ancora prima che Euron tirasse fuori il corno in grado di domare i draghi.

Il nuovo Re del Mare venne portato in trionfo dai suoi uomini e rimesso giù solo quando si ritrovò davanti a lei. Allora le tese una mano, attirandola a sé e chinandosi a baciarla. Non c’era nulla di passionale in quel gesto, era una mera ripicca nei confronti di Victarion. Un po’ come se volesse dimostrargli che gli aveva preso tutto un’altra volta: il trono e la donna.

In mezzo a  quei festeggiamenti, Erin vide Asha radunare i suoi uomini, imbarcarsi e levare frettolosamente le ancore. Non ci sarebbe stato posto per lei a Pyke, non finchè non si fosse sottomessa a suo zio e lo avesse riconosciuto come re. Ebbene, la giovane braavosiana dubitava seriamente che l’avrebbe mai fatto.

Euron la ricondusse al castello a cavallo, tenendola stretta tra le sue braccia forti come aveva fatto il giorno in cui erano approdati sulle rocciose coste della terra degli uomini di ferro.

Si ritirò nelle sue stanze per il tempo che le serviva a prepararsi. Indossò l’abito rosso che tanto piaceva a Euron, memore della promessa che gli aveva fatto, sperando che l’uomo non pensasse che fosse un modo per annunciargli la sua disponibilità. Non avrebbe ottenuto nulla da lei, re o meno.

Osservandosi nello specchio a figura intera nell’angolo, dovette ammettere che le donava. Ed era tremendamente aderente, proprio come aveva immaginato nel momento in cui l’aveva visto per la prima volta. Le metteva in risalto i seni pieni, facendoli apparire come frutti maturi in attesa di essere colti, e la vita stretta, ma allo stesso tempo era abbastanza largo dai fianchi in giù per permetterle di muoversi agevolmente.

Indossò un girocollo d’oro e rubini, che ben si intonava all’abito, e una piccola tiara realizzata in ferro e sale. Era l’equivalente di una corona per la moglie di sale del re.

Si diresse poi verso la sala dei banchetti, incrociando lungo la strada Dagmer Mascella Spaccata e un paio di nobili di ferro che avevano sostenuto la candidatura di Euron.

- Mia signora – disse  l’anziano uomo, inchinandosi con rispetto, mentre gli altri facevano lo stesso dopo un attimo di esitazione.

Di solito il re sceglieva una moglie di ferro e relegava al ruolo di semplici concubine quelle di sale, ma Euron non era sposato e non sembrava intenzionato a provvedere in quel senso quindi ciò faceva di lei, attualmente la sua unica moglie di sale, quanto di più vicino ci fosse a una regina.

Chinò graziosamente il capo, non sapendo bene cosa ci si aspettasse da lei. Non conosceva sufficientemente il protocollo di corte, né se era  per questo la cultura di Pyke, per sapere quale fosse il comportamento più adeguato per una donna del suo status.

Fortunatamente Victarion comparve proprio in quel momento, inchinandosi a sua volta e porgendole cavallerescamente il braccio.

- La mia signora permette al suo umile cognato di scortarla al banchetto? – chiese, a uso e consumo dei presenti, mentre negli occhi brillava quel luccichio che le indirizzava ogni qualvolta in cui i loro sguardi si incrociavano.

Annuì, incastrando il braccio nel suo, lasciandosi condurre via.

- Da spadaccina braavosiana a unica moglie di sale del nuovo re, immagino che sia abbastanza spiazzante – disse una volta che furono lontani da orecchie indiscrete. Nel voltarsi verso di lei lo sguardo gli cadde sulla scollatura profonda dell’abito e una scintilla cupida passò per una frazione di secondo nei suoi occhi.

- Abbastanza. So che Asha è partita immediatamente dopo l’esito dell’Acclamazione. –

Voleva cambiare argomento, allontanarsi da quel terreno insidioso su cui Victarion la stava conducendo.

- Mossa saggia. Euron le troverà un marito, qualcuno sufficientemente vecchio e dalla scarsa importanza in modo che non sia un problema. –

Beh, non ce la vedeva proprio Asha che si lasciava concedere in sposa al primo vecchio bavoso che compiaceva suo zio.

- Tu invece sei rimasto. –

- Io non ho nulla da temere. Non può costringermi a sposarmi e poi ha bisogno di me, rimango il comandante migliore in circolazione. –

- Hai davvero perso una sola battaglia? –

- Aye. Però qualcuno direbbe che  l’Acclamazione di oggi conta come la seconda sconfitta. –

- Quel qualcuno dovrebbe sapere che c’è chi è nato per essere un guerriero e chi per essere un re – ribattè.

- Ed Euron è un re, immagino che tu sia contenta di non essere la moglie di sale di un semplice guerriero – concluse per lei, astioso.

- Adesso sei ingiusto – replicò, districandosi dalla sua presa e facendo per voltargli le spalle. Le mani di Victarion però si chiusero sulla sua vita sottile e la costrinsero a voltarsi nuovamente verso di lei.

- Perdonami. L’esito dell’Acclamazione non è colpa tua e lo hai conosciuto molto prima che noi avessimo modo di incontrarci. In circostanze diverse adesso saresti al mio fianco. –

Dubitava seriamente che Euron se ne sarebbe stato al suo posto, ma evitò di farglielo notare. Rammentargli come erano andate le cose con Kitty non avrebbe sortito altro effetto che riaprire una ferita non ancora del tutto rimarginata.

- Forse. In un altro momento, un altro luogo, altre circostanze. –

Varcarono l’ingresso della sala senza aggiungere altro. L’una troppo impegnata nel mostrarsi all’altezza della situazione e l’altro troppo amareggiato per nasconderlo.

Erin prese posto accanto a Euron, godendosi lo sguardo dell’uomo mentre avanzava verso di lui. I suoi occhi eterocromi non la perdevano di vista per un istante, incollati all’abito rosso e alla sua figura che procedeva sinuosamente lungo lo stretto corridoio che la separava da lui.

Le spostò lo scranno per permetterle di sedergli accanto, facendo un cenno affinchè uno dei valletti le riempisse il calice di vino.

Era un sapore forte, deciso, molto alcolico. Vino di Dorne, decretò sorseggiandolo lentamente.

- Hai indossato l’abito che mi piace. –

- Te l’avevo promesso nel caso in cui avessi vinto, no? – ribattè, inarcando un sopracciglio.

- Sì, lo avevi promesso. Confesso che ti sta meglio di quanto la mia mente fantasiosa pensasse – disse, seguendo il contorno dorato della scollatura con le dita. – Ma immagino che senza staresti se possibile persino meglio di così. –

- Peccato che sembra che tu non sia destinato a scoprirlo, Re Euron – concluse, calcando appositamente sul titolo.

- Quindi non hai intenzione di compiacere il tuo re? –

- Sono una braavosiana, noi non abbiamo re – replicò candidamente, strappandogli l’accenno di una risata.

- E brava la mia piccola spadaccina, sempre con la risposta pronta. –

Buttò giù il contenuto del boccale in un sorso solo.

- Ho deciso di fare un dono a mio fratello – disse d’un tratto, accennando a una delle schiave che lavoravano sulla Silenzio e a cui era stata mozzata la lingua, che era abbigliata con una veste grezza e se ne stava in un angolo come avrebbe fatto un cane in attesa di ordini. – Così forse sarà abbastanza impegnato dallo smettere di tentare di entrare nel tuo letto. –

Erin scrollò le spalle, ostentando disinteresse, proprio mentre Dagmer si avvicinava al nuovo re porgendogli una missiva.

Euron la scorse rapidamente, annuendo all’indirizzo del suo nuovo Primo Cavaliere.

- Novità? – chiese, vedendo sparire l’uomo fuori dalla sala.

- Ospiti. La Compagnia Dorata ha inviato la sua risposta; il primo contingente è già fuori dalle mura. –

La Compagnia Dorata.

Capelli biondi, carnagione dorata e occhi viola balenarono tra i suoi ricordi.

Erano passati tre anni da quando aveva visto Nymeros per l’ultima volta, poteva anche darsi che del giovane comandante non fossero ormai rimaste che polvere e ossa. Eppure una parte di lei ancora palpitava al pensiero di incontrarlo di nuovo. Si sarebbe ricordato di lei e l’avrebbe riconosciuta?

- Già, il tuo giovane mercenario. Se avessi saputo prima di quella storia mi sarei rivolto ai Secondi Figli, ma ormai il contratto è stato concluso – disse, come leggendole nella mente.

Fu allora che Dagmer rientrò, seguito da un piccolo contingente di mercenari dalle cotte coperte d’oro. E in testa, i capelli biondi come l’oro dell’armatura, le iridi paragonabili solo al viola delle ametiste più pure, il volto baciato dal Sole, c’era lui.

Nymeros sembrava essere ancora più bello di quanto fosse nei suoi ricordi. Un vero e proprio dono degli Dei.

Sgranò appena gli occhi quando il suo sguardo si posò su di lei ed Erin seppe che l’aveva riconosciuta all’istante e mai dimenticata.

- Euron Occhio di Corvo Greyjoy, Signore di Pyke e degli uomini di ferro, legittimo detentore del Trono del Mare – disse, chinando appena il capo, - Io, Nymeros Sand, ombra della tempesta, figlio bastardo della spada dell’alba e comandante della Compagnia Dorata ti saluto. –

- Salute a te, comandante Nymeros. Unisciti a me e alla mia regina. –

Il sorriso di Euron era freddo e calcolatore, come se stesse vagliando ogni minima espressione del giovane.

Doveva ammettere che era decisamente più che attraente, provvisto di quello charme proprio dei Dayne, e sicuramente un avversario molto più temibile del mite Victarion.

Nymeros sedette accanto a Erin, sorridendole, ma senza tradire altro che una cortese allegria per quell’incontro inaspettato. Almeno finchè, da sotto il tavolo, fece scivolare la sua mano coperta dai segni delle battaglie e dai calli su quella sottile di Erin e la strinse appena.

La braavosiana cercò di mascherare il fremito che quel contatto le aveva causato versandosi diplomaticamente altro vino.

Dopo tanti anni il giovane dorniano le faceva ancora lo stesso effetto.

Finirono di mangiare così, intervallando bocconi e calici a qualche rapido e segreto sfioramento di mani.

Terminato il pasto Erin lasciò Euron a discutere della partenza della mattina dopo alla volta dell’Altopiano e s’incamminò verso il corridoio che portava alla zona notte.

Un rumore di passi le annunciò che qualcuno la stava seguendo. In un primo momento pensò che si trattasse di Victarion, ma era una camminata molto diversa da quella pesante dell’uomo.

Si trovò davanti Nymeros, gli occhi viola che la fissavano allegri al di sotto delle scomposte ciocche dorate.

- E così adesso sei una regina? – chiese, avvicinandolesi con passo lento e studiato.

- Tecnicamente solo la moglie di sale del re – precisò.

- Sono passato a Braavos qualche settimana fa, ma alla locanda mi hanno detto che eri partita. Non volevo credere che fossi davvero salpata con la Silenzio per tua scelta. –

- Perché sei passato a Braavos? Avevate un contratto da quelle parti? –

Scosse la testa.

- Il contratto con Myr, il motivo per cui me ne sono dovuto andare, era appena scaduto e avevo voglia di vederti. –

Aveva voglia di vederla. Quelle parole bastarono a farle tremare le gambe.

- Sei innamorata di Occhio di Corvo? – le chiese poi, continuando ad avvicinarlesi fino a stringerla tra sé e la fredda muratura del corridoio.

- Io … no, non ne sono innamorata. –

In fin dei conti non era una bugia. Sentiva di esserne attratta, per qualche strana e incomprensibile ragione, ma il suo cuore non gli apparteneva.

Non ancora puntualizzò una vocetta nella sua testa.

La scacciò via con decisione. Quello non era proprio il momento di lasciarsi assalire dai dubbi.

- E di me? Una volta mi amavi, adesso cosa suscita in te la mia vicinanza? –

Questa si che era una domanda facile. Tremendamente semplice, non aveva neanche bisogno di pensarci.

- Non so se quello che provo sia ancora amore, Nymeros. Per il momento voglio solo che mi stringi a te e sentire il sapore delle tue labbra sulle mie – ammise, sentendo le guance arrossire per quella sfrontatezza.

Il dorniano sorrise, annullando la distanza che li separava e chinandosi su di lei.

La baciò con sempre maggior passione, stringendola a sé e accarezzando le morbide forme al di sopra del tessuto dell’abito. Quando furono entrambi a corto di fiato si separarono e rimasero a fissarsi negli occhi in silenzio per una manciata di secondi.

- Avevo voglia di farlo da quando ti ho rivista. –

Fremette sotto l’intensità degli occhi violacei che accompagnava quella dichiarazione.

Forse, dopotutto, Nymeros sarebbe sempre stato una costante nella sua vita. Ma se e in che misura potesse conciliarsi con Euron … beh, quello solo il tempo avrebbe saputo dirlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Non c’è molto da dire, se non che finalmente ce l’ho fatta ad aggiornare … olè! Che ne pensate di Nymeros? Fatemi sapere. Alla prossima.

Baci baci,

Fiamma Erin Gaunt

 

 

 

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Capitolo 8
*** Cap 8 ***


Cap 8

 

 

 

 

Euron annuì davanti all’ennesima constatazione di Dagmer. Aveva deciso di partire la mattina seguente alla volta dell’Altopiano, ma in quel momento l’idea di passare interminabili ore a discutere della strategia d’attacco da adottare non lo attraeva affatto. Non quando Erin appariva così irresistibilmente deliziosa stretta in quelle coltri rosse.

- Dagmer, ne riparleremo domani prima dell’approdo, ho cose più urgenti da fare in questo momento – lo liquidò seccamente.

Il vecchio uomo di ferro ghignò, con quello sguardo malizioso tipico di chi sapeva bene cosa il suo re intendesse con “urgente”.  – Come il mio re comanda. –

Vuotò il calice di vino in un lungo sorso. Poi, incurante del fracasso dei suoi uomini ubriachi che avevano preso a molestare le servette delle cucine, uscì dalla sala dei banchetti.

Mentre camminava lungo gli umidi corridoi in pietra la testa ovatta gli annunciò che il vino di Dorne aveva cominciato a fare effetto.

Varcò l’ingresso delle sue stanze con passo stanco, trovando Erin seduta davanti all’immenso specchio da toletta intenta a spazzolarsi i capelli color del cioccolato fondente.

- Mi sembri piuttosto allegra – esordì, appoggiandosi al davanzale e osservandola con occhio critico.

Non la vedeva sorridere in quel modo dal giorno in cui le aveva donato Balerion, lo stallone morello che in quel momento era stato alloggiato nelle scuderie del castello.

- Preferiresti che fossi di umore cupo? –

- Quello che mi domando è a cosa è dovuta tutta questa felicità. Forse al nostro giovane e avvenente nuovo ospite? –

La vide sostenere il suo sguardo con la solita fermezza, ma allo stesso tempo le gote le si tinsero di una lieve tonalità di rosa.

Avrebbe dovuto chiamare i Secondi Figli, lo sapeva, ma si era lasciato convincere da Dagmer e da tutte quelle chiacchiere sulle incredibili gesta e sull’indubbia superiorità della Compagnia Dorata. Anzi, avrebbe di gran lunga fatto meglio a scegliere gli Immacolati così non si sarebbe dovuto preoccupare dei loro appetiti sessuali.  

- Nymeros è … una piacevole sorpresa. Non mi sarei mai aspettata di rivederlo, ma niente più di questo – concluse, riprendendo a spazzolarsi i capelli come se niente fosse.

- Non sei affatto brava nel mentire, mia piccola spadaccina. E io non tollero che qualcuno provi a raccontarmi delle menzogne, specie se così poco riuscite. –

- Preferisci che ti dica che lo trovo ancora attraente? Molto bene. Trovo che Nymeros Sand sia un uomo molto attraente e dubito che in tutta Westeros esista una donna che non la pensi come me. Sono stata sufficientemente sincera per i tuoi gusti, Re Euron? – concluse, piccata.

Le si avvicinò, improvvisamente attratto da quelle labbra più turgide del solito. Aveva sufficientemente esperienza in campo amoroso da sapere che era il genere di languore che seguiva lo scambio di baci appassionati.

- Sembra che tu non riesca a fare a meno di lasciarti baciare dal primo che passa – osservò, con gelida rabbia, afferrandole il mento tra le dita e costringendola a guardarlo negli occhi.

- Magari sono stata io a baciarlo, non ho aspettato che fosse lui a fare la prima mossa – lo provocò.

Davanti a quegli occhi che lo fissavano con aria di sfida e a quell’espressione impertinente sentì la furia avvampare con maggior impeto dentro di sé.

Il braccio si mosse ancora prima che il suo cervello registrasse di aver fatto quel movimento, e la mano si schiantò su uno degli zigomi alti e decisi della braavosiana, in un violento manrovescio che le fece scattare la testa di lato.

Erin balzò in piedi come avrebbe fatto un animale pronto a un duello, portandosi una mano al viso e trasalendo per il dolore. Probabilmente le sarebbe spuntato un ematoma vistoso.

Non era tanto la violenza ad averla scossa, lo capiva dal modo in cui lo guardava, quanto l’orgoglio ferito per essersi lasciata cogliere impreparata e avergli permesso di colpirla.

- Non osare sfiorarmi mai più, Euron Greyjoy, o giuro sul Dio dai Mille Volti che ti ucciderò. –

Pronunciò quelle parole con tono piatto, quasi inconsistente. Se non avesse saputo che quello era il confine che separava la mera rabbia dalla furia omicida, Euron sarebbe scoppiato a ridere per l’impertinenza di quella ragazzina.

Poi la braavosiana gli voltò le spalle e uscì a passo di carica dalla stanza, senza concedergli una seconda occhiata. La porta dietro di lei si chiuse con uno schianto.

Euron attese una manciata di minuti prima di chiamare uno dei valletti del castello.

- Portami un otre di vino di Dorne e trova la mia regina – ordinò.

Il ragazzo, poteva avere all’incirca quindici o forse sedici anni, chinò il capo rispettosamente in segno d’assenso.

- Devo condurla nelle vostre stanze, mio re? –

Scosse la testa. – Limitati a cercarla, con discrezione, e a venire a riferirmi dove si trova. –

Annuì di nuovo, scomparendo lungo il corridoio buio.

Il vino arrivò nell’arco di dieci minuti, molto prima che il ragazzino tornasse con le sue informazioni. Per quello ci volle quasi un’intera ora.

Euron aveva cominciato a chiedersi se non fosse il caso di mozzargli la lingua per punirlo per tutta quell’attesa, quando un lieve bussare attirò la sua attenzione.

- Avanti. –

Il giovane, con il fiato corto e i capelli scompigliati di chi aveva corso a per di fiato, gli rivolse un inchino frettoloso.

- Chiedo scusa per l’attesa, mio re, ma è stato più difficile del previsto. Lady Erin era … Cioè, la regina di sale Erin era … -

-  Sì, mi è perfettamente chiaro chi sia Erin, molte grazie – ribattè, sarcastico, - Arriva al punto. –

- Lei era … Il mio re mi consente di parlare in libertà? – chiese, dubbioso.

Lo fissava con lo sguardo che chiunque altro avrebbe rivolto a uno squalo in procinto di attaccare. Dovevano essere pessime notizie se indugiava tanto a lungo, oppure era semplicemente terrorizzato da lui. O, in ultima analisi, potevano essere vere entrambe le ipotesi.

- Il tuo re comincia a domandarsi se non sia meglio affogarti in un barile d’acqua di mare invece di ascoltare il tuo insensato balbettio. –

Quella tutt’altro che velata minaccia parve avere il potere di sbloccarlo perché il valletto deglutì nervosamente e riprese a parlare, questa volta tanto rapidamente che incespicò più volte, mangiandosi questa o quella parola.

- La regina di sale era in compagnia del comandante della Compagnia Dorata. Loro … loro stavano entrando nelle stanze del comandante – concluse.

Sbattè il calice sul tavolo, con tanta forza che il peltro alla base si ammaccò.

- Una parola su ciò che hai visto, ragazzo, e giuro che ti mozzerò la lingua personalmente e ti costringerò a mangiarla. Mi hai capito? –

- P … P … Perfettamente, mio re. –

Non attese neanche un cenno di congedo e sparì con la stessa velocità di un leprotto.

Lasciandolo solo.

Anzi, doveva ammettere di non essere solo. La furia che tornava prepotentemente a farsi strada in lui era un’ottima compagnia e sembrava destinata a non abbandonarlo tanto rapidamente.

Aveva troppo bisogno della Compagnia Dorata per permettersi di eliminare Nymeros Sand, ma Erin gliel’avrebbe pagata.

Civettare con Victarion era un conto, ma sfidarlo tanto impunemente da ritirarsi nelle stanze di un altro uomo era tutta un’altra storia.

Quella ragazzina avrebbe imparato a sue spese che contrariare Euron Greyjoy era una pessima idea.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

Nymeros le accarezzò la guancia dolente, rabbuiandosi quando la sentì trattenere a fatica un gemito di dolore.

Imprecò in dorniano.

Erin non conosceva l’esatto significato di quelle parole, ma non doveva essere nulla di troppo gentile.

- Ti verrà un bel livido – annunciò, chinandosi a depositare un lieve bacio su quella pelle lesa, - Devi averlo fatto arrabbiare parecchio. –

- Nulla paragonato a quanto lui faccia arrabbiare me. Sono settimane  che sopporto quell’uomo e i suoi sbalzi d’umore, ma ancora non sono riuscita a capire cosa voglia da me. –

Gli aveva raccontato ogni cosa, dal primo incontro con Occhio di Corvo e la Silenzio all’arrivo a Pyke e la finzione della moglie di sale.

Nymeros proruppe in quella risata bassa e roca, insinuante, che avevano tipicamente gli uomini quando si parlava di donne e sesso. Molte donne l’avevano rinominata “risata da dorniano” perché gli abitanti di quella terra erano notoriamente lascivi e alla ricerca di svaghi sessuali sempre più svariati e frequenti.

- È abbastanza ovvio ciò che vuole, no? Vuole scoparti e non posso certo biasimarlo per questo. –

Lasciò vagare le mani callose su quella pelle candida, seguendo il profilo del collo da cigno fino alla clavicola e poi giù lungo le spalle, finchè non incontrò il bordo dell’abito. Sbuffò contrariato, sostituendo le labbra e la lingua alle mani, per mormorarle: - Questo vestito comincia a non piacermi più così tanto. –

L’alito caldo le fece correre brividi lungo la schiena, ma si ritrasse prima che il contatto diventasse il preludio di qualcosa di molto più intimo. Qualcosa per cui in quel momento non si sentiva pronta.

- Non sono dell’umore adatto, Nymeros, e mi spiace se venendo qui ti ho dato l’impressione sbagliata ma avevo bisogno di un posto in cui potermene stare tranquilla. –

Il dorniano si allontanò quanto bastava a guardarla negli occhi chiari, annuendo leggermente.

- Puoi rimanere qui per la notte. Ti assicuro che non insisterò, ma se dovessi cambiare idea non farti problemi a svegliarmi – concluse con un sorrisetto malizioso.

Erin rise, infilandosi sotto le coperte e attendendo che il ragazzo facesse lo stesso, poi gli si raggomitolò contro e posò la testa sul suo petto muscoloso.

- Lo terrò presente, se dovesse accadere – assicurò.

Nymeros la cinse con le braccia possenti, stringendola maggiormente a sé.

Le baciò la fronte, scendendo lungo le guance e sfiorandole le labbra in un contatto lieve e casto.

- Dormi bene, Erin la Sciabola – mormorò.

- Anche tu, Nymeros l’Ombra della tempesta. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

È  un capitolo molto più corto del precedente, me ne rendo conto, ma sono un po’ raffreddata e l’ora a cui scrivo non è delle migliori quindi non sono riuscita a produrre nulla di più decente. Spero comunque che il capitolo non faccia troppo schifo e vi anticipo che nel prossimo ne vedremo proprio delle belle xD. Ringrazio quanti seguono, ricordano, preferiscono, recensiscono o si limitano a leggere silenziosamente la storia. Fatemi sapere che ne pensate. Alla prossima.

Baci baci,

Fiamma Erin Gaunt

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Cap 9 ***


Cap 9

 

 

 

 

Erin venne svegliata dal fruscio delle lenzuola accanto a lei. Aprì gli occhi, trovando a osservarla quelli violacei di Nymeros. Le prime luci dell’alba filtravano dalle pesanti tende della torre in cui era stato alloggiato.

- Tra poco dovrò raggiungere i miei uomini e non sarebbe una buona cosa se ti trovassero qui – esordì, giocherellando distrattamente con una delle sue onde scure.

L’aveva sempre trovato rilassante, da che Erin si ricordasse, e più di una volta le aveva confessato di trovare irresistibile quella chioma selvaggia che le ricadeva lungo la schiena e che non perdeva tempo ad acconciare come faceva la maggior parte della popolazione femminile.

Annuì, stiracchiandosi pigramente come una gatta e scalciando via le lenzuola che l’avvolgevano.

- Farò meglio ad andare a prepararmi se voglio venire con voi. –

Non aveva chiesto il permesso a nessuno, men che meno ad Euron, ma sperava davvero che il cupo pirata non cominciasse a farle storie. Lei era una combattente e non aveva alcuna intenzione di rimanersene chiusa in quella sottospecie di roccaforte a morire di noia.

Nymeros la scrutò con aria solenne. Sembrava che l’idea di lasciarla nuovamente sola con Euron non gli piacesse affatto. – Vuoi che ti accompagni? –

- Non é il caso, sarà già abbastanza di pessimo umore senza che ti veda. –

Non aveva alcun dubbio, infatti, che l’uomo di ferro sapesse con esattezza dove aveva trascorso la notte e, soprattutto, in compagnia di chi.

Si strinse maggiormente nell’abito di broccato  rosso che aveva indossato la sera precedente, maledicendo quel posto pieno di spifferi ed umidità, e uscì con passo silenzioso dalle stanze di Nymeros.

Percorse il corridoio, ringraziando l’ora antelucana che le permetteva di passare completamente inosservata, e raggiunse l’ala degli alloggi della progenie della Piovra proprio mentre Victarion usciva dalla sua stanza.

Le rivolse un’occhiata sorpresa, lasciando vagare lo sguardo dai capelli arruffati fino all’abito del giorno precedente. Il fatto che non avesse passato la notte nella sua stanza era palese. Si sforzò di non arrossire sotto il suo attento esame. Sapeva cosa sembrava … e non era poi così lontana dalla verità, ma decisamente meno scabrosa.

Gli occhi di Victarion si strinsero leggermente, contrariati.

Consciamente sapeva di non dovergli nessuna spiegazione, ma non sopportava l’idea che ce l’avesse con lei o che la considerasse una poco di buono, pari a una di quelle puttane dei bordelli sparsi in tutta Westeros. Victarion le piaceva, anche se non sentimentalmente come aveva sperato lui, e desiderava la sua amicizia.

- Io ed Euron abbiamo discusso, ho pensato che avrei fatto meglio a cercarmi un’altra stanza in cui dormire. –

L’uomo annuì, meditabondo, seguendo i contorni del livido sul suo zigomo.

- Lo vedo. Saresti potuta venire da me, sono più che in grado di proteggerti da lui. –

- Non ho bisogno di essere protetta –, sbuffò sottraendosi alla sua presa, - Non sono una ragazzina sprovveduta, so cavarmela benissimo da sola. –

Victarion annuì nuovamente, senza perdere quella strana espressione nello sguardo. Poi si fece da parte, permettendole di proseguire la sua avanzata verso la stanza da letto del re.

Non appena ebbe varcato la soglia, Erin vide che Euron era ancora lì; stava appoggiato al davanzale e fissava l’orizzonte con sguardo perso.

- Allora, hai passato una bella nottata? –

La domanda sarebbe potuta suonare innocente se non fosse stata per l’asprezza del tono con cui le era stata rivolta.

- È stata una delle notti migliori da quando sono qui a Pyke, grazie per l’interessamento – ribattè, sarcastica.

Pessima mossa, perché gli occhi eterocromi del pirata la fulminarono con tutta l’intensità di cui erano capaci. Tuttavia non disse nulla finchè non la vide sistemare le sue cose in un piccolo baule da viaggio.

- Che stai facendo? –

Erin storse il naso, irritata da quel tono, ma decise saggiamente di passarci sopra. La guancia le doleva ancora e, malgrado non avesse ancora avuto modo di vedersi allo specchio, era abbastanza sicura che il livido fosse ben marcato.

- Preparo le mie cose per la partenza; questa mattina salpate per l’Altopiano, no? –

- E cosa ti fa pensare che io voglia portarti con me? –

- Sono abbastanza sicura che tu non voglia, in realtà, ma verrò lo stesso. Sono una braavosiana e sono probabilmente una delle migliori spadaccine che avete a disposizione … é ovvio che debba essere dei vostri. –

Euron sbuffò.

Era incredibile come quel suono fu in grado di ricordarle se stessa quando era contrariata da qualcosa o qualcuno. Lui stesso ne era stata la causa innumerevoli volte durante quelle settimane.

- È il re che decide chi parte e chi rimane. E, nel caso te lo fossi dimenticato ragazzina, il re sono io. –

- Mi sembra di averti già detto che i braavosiani non hanno re – replicò per tutta risposta.

Con un’imprecazione talmente colorita che avrebbe tranquillamente potuto far arrossire uno dei pirati di Lys, Euron vuotò il bicchiere di vino di Dorne che stringeva tra le mani.

- Fa’ come vuoi, ma non aspettarti che corra in tuo soccorso se ti succede qualcosa. –

Bene, perché non se l’era mai aspettato. Nymeros sicuramente avrebbe ucciso per lei e probabilmente anche Victarion, ma Euron non era proprio il tipo di uomo pronto a tutto per correre in soccorso della sua bella; no, lui era quello che le avrebbe voltato le spalle e se ne sarebbe trovata presto un’altra.

E a lei non importava.

- Dovete smetterla tutti quanti di pensare di dovermi proteggere: io non ho bisogno dell’aiuto di nessuno e nemmeno lo voglio – sbottò.

- Ti ho già detto che da me non ne avrai, bambina, quindi puoi risparmiarti la scena madre. Le ragazzine isteriche mi vengono a noia facilmente – concluse, freddo, per poi uscire dalla stanza e richiudersi con vigore la porta alle spalle.

Era una sottile dichiarazione del fatto che non fosse più interessato ad averla come moglie di sale?

Non lo sapeva e aveva la netta sensazione che solo il tempo le avrebbe dato la risposta.  

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Dannata ragazzina sfacciata, ringhiò tra sé e sé mentre percorreva a passi svelti la strada che l’avrebbe portato alle lizze e ai suoi uomini pronti alla partenza.

Come osava tenergli testa in quel modo?

Lui era Euron Occhio di Corvo Greyjoy, il Re degli Uomini di Ferro, e lei non era altro che una mocciosa braavosiana raccolta durante uno dei suoi viaggi.

Non contava nulla, né tantomeno era tenuto a mostrarle particolari favori. Non era neanche la sua vera moglie di sale, nel nome dei Sette Dei, quindi non aveva proprio alcuna responsabilità nei suoi confronti.

E allora perché la vista di quel livido sulla sua pelle perfetta gli aveva causato una spiacevole sensazione di rammarico?

Non avrebbe dovuto colpirla, perlomeno non tanto forte, eppure la rabbia l’aveva invaso in un modo che da tempo non sperimentava. E il pensiero della notte che aveva passato con quel mercenario tornava costantemente a rodergli il fegato, al punto da avergli reso impossibile chiudere occhio per l’intera nottata. Aveva accolto l’arrivo dell’alba con piacere, perché con essa giungeva l’azione che gli avrebbe permesso di tenerla lontana dalla sua testa.

E lei si presentava tranquillamente annunciando di aver passato la notte più piacevole del suo soggiorno a Pyke, con quell’espressione risoluta che gli faceva venire insieme voglia di colpirla nuovamente e di strapparle i vestiti di dosso e farla sua all’istante. Come sicuramente aveva fatto quel dannato dorniano.

Che gli Estranei si portassero entrambi alla dannazione!

Che portassero lui stesso, e la sua mente contorta che continuava a rimuginare sulla questione, alla dannazione!

Victarion gli si parò davanti, sbarrandogli il passo.

- Non é una buona idea metterti sulla mia strada questa mattina, fratello. –

- Non avresti dovuto colpirla. –

Quindi anche il suo stupido, lento, fratello minore era a conoscenza degli avvenimenti della notte precedente? Oh, che grandi risate doveva essersi fatto alle sue spalle.

- Non é affar tuo come tratto Erin né cosa succede tra me e lei. –

- Lo é se la costringi a vagare per una roccaforte piena di mercenari in piena notte. È forte, ma rimane pur sempre una ragazza. –

- La tua preoccupazione e il tuo affetto per lei sono commoventi, caro fratello, forse dovresti condividere questi tuoi pensieri con il comandante Nymeros. Sono certo che saprà fornirti delucidazioni maggiori sulla nottata della ragazza – concluse freddamente.

E che pensasse pure ciò che preferiva, la cosa non lo riguardava. Poteva anche prendersela, se la voleva così tanto, perché lui non ne voleva più sapere.

Tuttavia non lo disse, perché probabilmente Victarion avrebbe dato ascolto alle sue parole.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

La battaglia sulla costa dell’Altopiano si era conclusa in fretta. Lord Hewitt, colto di sorpresa dall’arrivo della Flotta di Ferro e della Compagnia Dorata non aveva fatto in tempo ad allestire una difesa in grado di resistere alla loro avanzata e aveva finito con il soccombere dopo appena una manciata d’ore d’attacco.

Ora, camminando lungo il corridoio del castello che portava alla sala dei banchetti, Erin venne invasa da una spiacevole sensazione di nausea. Aveva pensato che le guerre fossero diverse da quello a cui aveva assistito quel pomeriggio; donne, vecchi e bambini erano stati trucidati in massa senza alcuna distinzione. Aveva sempre creduto che fossero piene d’onore e coraggio, ricordi da tenere bene a mente per via delle gesta eroiche e formidabili che venivano compiute sul campo di battaglia.

Ma quel giorno non aveva assistito a nulla di eroico o di coraggioso e di formidabile c’era stata solo la violenza degli Uomini di Ferro e il numero delle loro vittime.

Stava raggiungendo lo stato maggiore della Flotta solo perché era ciò che ci si aspettava da lei, ma non aveva alcuna fame. Lo stomaco le si era chiuso e aveva la netta sensazione che la situazione non sarebbe cambiata finchè non avesse lasciato quel posto e la scia di distruzione che li aveva accompagnati.

Lo spettacolo che si trovò davanti, poi, la costrinse a reprimere un conato. Le donne del castello, Lady Hewitt e le sue figlie, erano costrette a servire ai tavoli sotto lo sguardo impotente del Lord e a essere oggetto di molestie da parte degli uomini presenti. L’unica che sembrava divertirsi era una bella ragazza che sedeva sulle gambe di Euron e aveva il collo coperto di segni rossi: segni che testimoniavano il passaggio feroce della bocca dell’uomo, poco ma sicuro.

- Falia é preoccupata che i vostri abiti si sporchino mentre servite e, visto che presto diventeranno suoi, mi ha suggerito che sarebbe meglio farvi spogliare – disse Euron, sovrastando il vociare dei suoi uomini e degnandola appena di un’occhiata fugace.

Le sue parole vennero accolte dall’ennesima risata argentina della bastarda del Lord che cinse il collo di Euron con le braccia e si chinò a baciare quelle labbra sottili e bluastre con passione.

Erin distolse lo sguardo, incrociando gli occhi scuri di Victarion che apparivano impassibili e totalmente concentrati sul cibo che aveva nel piatto.

Nymeros invece sedeva alla sinistra di Euron ed era visibilmente rigido, lo si capiva dalla postura della schiena e delle spalle.

Neanche a lui piaceva quello spettacolo.

- Avrò bisogno di un paio d’ancelle che mi preparino un bagno caldo. Credo che le figlie più giovani di Lord Hewitt possano andare bene – disse ad alta voce, attirando l’attenzione su di sé.

Le fanciulle potevano avere rispettivamente non più di otto e dodici anni ed erano decisamente troppo giovani per essere costrette a sopportare il fato che sarebbe stato riservato con certezza alle altre e alla Lady loro madre.

Lord Hewitt e la sua Lady le rivolsero una muta occhiata di riconoscenza.

Euron invece parve soppesare l’offerta con attenzione. Sicuramente aveva capito la vera motivazione che c’era dietro alla sua richiesta, ma non sembrava aver ancora trovato un motivo valido per rifiutarla.

Falia, con fare da gatta, gli sussurrò qualcosa all’orecchio.

- Molto bene. Prendi le due più giovani – acconsentì il Re delle isole.

Erin prese le mani tremanti delle ragazzine, incamminandosi fuori dalla sala prima che lui avesse modo di cambiare idea.  

La voce di Nymeros, che annunciava di avere intenzione di ritirarsi nelle sue stanze, la raggiunse prima che avesse modo di chiudersi la porta alle spalle.

Il dorniano allungò il passo per affiancarsi a loro e sfilò la cappa dorata per depositarla sulle spalle della dodicenne, che strinse a sé la sorellina per permetterle di ripararsi a sua volta.

- Grazie, ser. –

- Non sono un ser né un nobile, sono un bastardo e un mercenario – chiarì.

- Eppure sembrate essere più nobile di quanti lo sono per diritto di nascita. –

Erin rimase in silenzio, pensando a quelle parole. La giovane aveva ragione: i nobili delle isole non avevano battuto ciglio davanti a quella crudeltà e all’umiliazione a cui erano state sottoposte, ma due persone comuni come loro si erano erte in loro difesa. Doveva suonare molto strano per delle fanciulle che fin nella culla avevano sentito storie su re, principi e cavalieri pronti a combattere in loro difesa con onore.

Con la coda dell’occhio vide che Nymeros la osservava con apprensione.

- Stai bene? –

Annuì.

- Non c’è nulla di male se quello che hai visto oggi ti ha scosso; dopo la mia prima vera battaglia ho dato di stomaco – ammise, imbarazzato.

- Avevo la nausea, ma é scomparsa dopo che abbiamo portato fuori da lì loro due. –

- E per quanto riguarda Euron e quella ragazza? Ti ha dato fastidio vederli insieme? –

Sì.

Soprattutto perché sapeva che l’aveva fatto apposta. Voleva farle assaggiare un po’ di ciò che aveva provato lui, probabilmente, quando aveva saputo di lei e Nymeros. Eppure non sapeva spiegarsi perché la cosa le importasse. Euron era un uomo crudele, quella sera ne aveva avuto la conferma, e l’aveva picchiata senza nemmeno prendersi la briga di chiederle scusa in seguito.

- No. –

- Erin … -

No, non voleva sentirsi dire quanto fosse tremenda come bugiarda.

Aveva bisogno di crederci, di convincersi di non nutrire nulla più che disprezzo per Euron Greyjoy.

- Voglio stare con te stanotte – lo interruppe.

In condizioni normali sarebbe avvampata per la propria sfrontatezza, ma una situazione come quella richiedeva misure drastiche … e lei non voleva pensare, non più, a ciò che Falia ed Euron avrebbero fatto nella stanza del Lord.

- Certo, possiamo dormire insieme come ieri, non é un problema – confermò, cauto.

- Lo sai che non intendevo questo, Nymeros. –

Gli occhi violetti del ragazzo si accesero di un fuoco nuovo, una passione bruciante che ebbe il potere di farle tremare le ginocchia.

- Farò tutto ciò che vuoi, sempre. La mia spada é al tuo servizio, il mio cuore é nelle tue mani da anni. –

Si mormorava che quella fosse la solenne dichiarazione d’amore che Ser Arthur Dayne di Stelle al Tramonto aveva rivolto alla principessa Visenya Fraumros di Fireland poco prima che la Ribellione di Robert Baratheon avesse inizio.

E lei … beh, sperava solo che il fato che li attendeva non fosse il medesimo dei due amanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

La Principessa Visenya Fraumros di Fireland é una mia OC per la quale Ser Arthur Dayne mette da parte il suo onore come spada Bianca e dalla loro unione nasce Nymeros.

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci con l’aggiornamento, come al solito dopo talmente tanto tempo che dire che é una cosa scandalosa ormai non ha più molto senso u.u Beh, comunque spero che l’abbiate apprezzato e che vogliate farmi sapere che ne pensate con una recensioncina. Alla prossima.

Baci baci,

Fiamma Erin Gaunt

 

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Capitolo 10
*** Cap 10 ***


Cap 10

 

 

 

 

 

 

Si riempì il calice, osservando la figura nuda rannicchiata sotto le coperte del grande talamo di Lord Hewitt. Con l’unica protezione della cappa adagiata sulle spalle, osservava il mare e lasciava che il vento trasportasse fino alle narici l’odore della salsedine e gli accarezzasse il corpo pallido e nudo.

La porta si aprì con un lieve scricchiolio, mostrando un Victarion piuttosto provato dagli eventi della giornata che lo fissava con un sopracciglio inarcato e l’espressione decisamente seccata.

- Mi hai fatto chiamare, no? –

Annuì, buttando giù il vino tutto d’un fiato.

- Ho un compito per te – iniziò, rovistando alla ricerca della sua boccetta di Ombra della Sera, - Dovrai arrivare a Meereen, dove dicono si trovi Daenerys Targaryen e condurla da me. Con la madre dei draghi al nostro fianco, conquistare Westeros sarà un gioco da ragazzi. –

- Vuoi che vada fino a Meereen? Siamo nel bel mezzo di una guerra e tu perdi tempo dietro a queste sciocche voci sui draghi? – esclamò, incredulo.

Tipico del suo ottuso fratellino.

- I draghi ci faranno vincere; potrai domarli suonando il corno che ho portato all’Acclamazione di Re. Balon ti ha affidato incarichi importanti facendo affidamento sulla tua lealtà; hai intenzione di servirmi allo stesso modo, fratello? –

Victarion sbuffò un’ultima volta, ma annuì silenziosamente.

- Partirai domani mattina – lo congedò, salvo poi richiamarlo poco prima che si chiudesse la porta alle spalle, - E, fratello, sentiti pure libero di portare con te il comandante Nymeros e gli uomini della Compagnia che ritenete necessari. –

Se non altro si sarebbe sbarazzato in un colpo solo di due spine nel fianco. Che Erin protestasse e pestasse i piedi quanto voleva, le cose non sarebbero andate in modo diverso, non finchè il Re era lui.

Rimasto solo, svegliò la ragazza bastarda con uno scrollone. Davanti al suo sguardo cupido, le intimò di recuperare i suoi abiti e sparire dalla sua vista. Non aveva alcuna intenzione di prenderla come moglie di sale né, a maggior ragione, di dividere il letto con lei per il resto della notte.

Prese ancora un paio di gocce di Ombra della Sera, cominciando a  sentirne gli effetti nel momento stesso in cui il sapore amarognolo ebbe abbandonato la sua bocca. Quanta ne aveva presa quel giorno?

Non lo ricordava con precisione, ma la boccetta mezza vuota diceva che aveva raggiunto la massima dose che il suo corpo potesse sopportare. Da quando quella ragazzina aveva cominciato a esasperarlo, due giorni prima, il suo umore si era definitivamente stabilizzato sul pessimo. Forse, se si fosse deciso a ucciderla, tutte le sue preoccupazioni sarebbero sparite nel nulla. Oppure, cosa molto più probabile, gli incubi sarebbero peggiorati e avrebbe finito con il cadere in mare e annegare per la troppa mancanza di riposo.

Scoppiò a ridere amaramente.

Sarebbe stata proprio una gran bella fine per un uomo che aspirava ad avere il mondo ai suoi piedi.

- Si può sapere perché hai deciso di mandarli a caccia di draghi?!? –

L’esclamazione indignata di Erin lo raggiunse nel momento stesso in cui la porta veniva spalancata e la braavosiana si riversava nella stanza come una piccola furia.

- Perché ho deciso di mandarci Victarion o perché ho deciso di mandare Nymeros e i suoi uomini? -  ribattè, sornione.

L’Ombra della Sera aveva fatto il suo effetto e si sentiva innaturalmente calmo e molto poco predisposto alla collera.

- Entrambi. Anche ammesso che li trovino, pensi davvero che non finiranno semplicemente carbonizzati? –

- Lo escludo. Il corno li domerà. –

- E se non accadesse? – insistè.

Scrollò le spalle, recuperando un altro calice, - Allora suppongo che moriranno carbonizzati. Vino? –

Erin spazzò via calici e brocca dal tavolo con un colpo secco, rabbioso, e il rumore dell’argenteria che rotolava sul freddo pavimento in muratura riecheggiò nella stanza per una manciata di secondi.

- Che spreco, era un’ottima annata – borbottò, lanciandole uno di quegli sguardi severi che un padre avrebbe rivolto a una figlia disubbidiente.

- Sai quando dicono che hai un cuore nero? Beh, si sbagliano, il nero é troppo colorato per te. –

Rise piano, divertito.

A chiunque altro avrebbe fatto tagliare la lingua già da tempo, ma per qualche strana ragione tutta quella rabbia e quell’aggressiva impulsività lo divertivano.

Erin sembrò registrare solo in quel momento l’aspetto del suo interlocutore. La vide sbiancare per  poi avvampare con una tale violenza da creare l’illusione che il suo bel volto stesse prendendo fuoco.

- E, per tutti gli Dei, mettiti qualcosa addosso! –

Distolse lo sguardo ostentatamente, coprendo gli occhi con una mano come avrebbe fatto una bambina pudica.

Strinse la cappa con una cinta, tenendola chiusa quanto bastava a celare i suoi attributi.

- Va’ meglio così, bambina? –

Erin tolse le dita una alla volta, lentamente, quasi si aspettasse di trovarlo ancora completamente nudo.

- Un po’, anche se potresti semplicemente infilarti un paio di pantaloni – borbottò.

- E perché dovrei? Sei tu quella che ha problemi con la nudità, non é un mio problema. –

- Per pura cortesia e perché da un Re ci si aspetterebbe una conoscenza delle buone maniere che … ah, ma che te lo dico a fare. –

Le labbra si stirarono in un pigro ghigno divertito. – Le buone maniere sono sopravvalutate. –

Mosse un passo verso di lei, barcollando. Guardò le sue gambe, stupito. Possibile che il suo fisico fosse più provato di quanto avesse immaginato? Tentò nuovamente, ma la stanza cominciò a girare intorno a lui.

Afferrò il bordo dello scranno in mogano, battendo rapidamente le palpebre per cercare di mettere a fuoco i contorni degli oggetti attorno a lui. Registrò vagamente i contorni sfocati del volto di Erin mentre lo guardava con un misto di preoccupazione e stupore negli occhioni da cerbiatta.

- Sei sicuro di reggerti in piedi? –

- Certo che mi reggo in piedi. –

Insomma, per chi l’aveva preso? Era ubriaco e stordito dall’Ombra della sera, ma non era un moccioso in preda alla prima sbronza.

Lasciò la presa e si mosse lentamente verso il grande talamo nuziale del Lord. O almeno quella era la sua intenzione perché incespicò lievemente e il contatto di una pelle profumata e delicata gli annunciò che era solo merito della braavosiana se era rimasto in piedi.

- Certo che mi reggo in piedi – gli fece il verso, passando un braccio intorno alla cappa e sorreggendolo fino a che non si fu accomodato sul morbido materasso. – Si può sapere quanta Ombra della Sera hai bevuto? –

Era divertente vederla tenere le mani sui fianchi e fulminarlo con sguardi d’esasperato rimprovero. Di solito i bronci non gli piacevano, gli ricordavano le espressioni delle bambine capricciose, ma quando si trovava davanti il suo non riusciva a fare a meno di provare il desiderio di mordere quelle labbra fino a farle sanguinare.

L’immagine fu così vivida che dovette serrare gli occhi per impedirsi di metterla in pratica.

- Perché non sorridi un po’? Sei sempre arrabbiata – replicò per tutta risposta.

Fallo oppure neanche la catalessi da Ombra della Sera potrà impedirmi di farti mia, bambina.

- Io non sono sempre arrabbiata. Sei tu che trovi sempre un modo per farmi perdere la pazienza; sei esasperante, Occhio di Corvo. –

- E poi sarei io quello che non conosce le buone maniere. –

Erin sorrise lievemente, scuotendo la testa.

- Cos’é quello, un sorriso? Incredibile, sei persino bella quando lo fai. –

- Perché di solito non lo sono? – lo provocò, inarcando un sopracciglio.

Non farlo, ragazzina, non giocare con me.

Prese tempo, sforzandosi d’ignorare quegli occhi azzurri che lo fissavano in attesa di una risposta. Non c’era la malizia che avrebbe usato una puttana qualunque, ma un lieve barlume di sincero interesse. Sembrava che conoscere la risposta le interessasse davvero per qualche suo strano fine.

Allungò una mano verso di lei, accarezzandole il volto con una gentilezza che non riconobbe come sua.

- Hai bisogno che ti dica l’ovvio? –

- Dipende da cosa intendi con “ovvio”. –

- Sei bella e desiderabile. Tremendamente desiderabile – concluse, mentre la mano abbandonava il volto per scendere lungo il collo da cigno e l’osso lievemente esposto della clavicola.

La vide trattenere il respiro.

Avvicinò il volto al suo, inspirando l’odore di vaniglia che irradiavano le sue onde castane e pregustando il momento in cui le loro labbra si sarebbero incontrate.

Erin si tirò indietro all’ultimo momento e le labbra dell’uomo si infransero su una delle sue guance alabastrine.

- Non bacio uomini ubriachi su letti che hanno appena diviso con altre donne. –

Si lasciò ricadere sul materasso, passandosi una mano tra le ciocche corvine scompigliate, ed emise un gemito di frustrazione.

- Sei la donna più impossibile che conosca. –

Erin affondò le dita tra le ciocche ribelli, sorridendo, in una lenta e dolce tortura che lo spinse a chiudere gli occhi e a rilassarsi sotto i suoi tocchi.

Mormorava una dolce melodia condita dal lieve accento di Braavos che ne impreziosiva le parole e che lo cullò così come la voce di sua madre aveva fatto trent’anni prima, quando si svegliava per colpa degli incubi.

 

C’é un audace marinaio che attendo dentro al cuore.

Non conosco il suo nome, ma ho bisogno del suo amore.

Oh fanciulle innamorate venite tutte qua, l’allegro marinaio un giorno arriverà.

Solo lui può consolare questo cuore spezzato a metà,

il mio audace marinaio prima o poi arriverà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci con l’aggiornamento, mie/miei care/i. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.

Baci baci,

Fiamma Erin Gaunt

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

 

 

 

 

 

Note autrice:

Giungo anche qui, come nel caso della mia long “Black flame” a scusarmi per l’assenza, ma era un periodo di blocco e vuoto totale pertanto ho preferito arrestarmi invece di proseguire la trama senza nemmeno sapere dove volessi andare a parare. Comunque l’ispirazione è tornata e spero di ritrovare i vecchi lettori … e magari anche qualcuno nuovo ;)

 

 

 

 

 

 

 

 

Rotolò su un fianco, allungando una mano ad incontrare la figura rannicchiata contro di lui. Fu allora che aprì gli occhi e osservò il profilo della braavosiana.

Gli occhi erano chiusi e il respiro regolare rivelava che fosse ancora immersa in un sonno profondo e rilassato. Le mani delicate erano affondate nelle ciocche corvine così come aveva fatto quando aveva cominciato a cantare per lui.

Appariva delicata e innocua, persino più giovane di quanto in realtà non fosse, in quel momento. Si districò dalla sua presa non appena sentì un bussare discreto contro la porta in acero delle stanze padronali.

Abbandonò il letto, facendosi incontro al suo inaspettato visitatore.

Quando aprì l’uscio si trovò di fronte Dagmer.

Era vestito di tutto punto, la spada lunga al fianco sinistro, e chinò il capo al suo indirizzo.

- Mio signore, è giunta una lettera dal bastardo dei Bolton. È indirizzata a te. –

Suo nipote Theon, l’ultimo dei figli maschi di Balon ancora in vita, era loro prigioniero da settimane ormai … prigioniero ed evirato, si corresse prontamente, un mezz’uomo agli occhi degli Uomini di Ferro.

Nessuno sarebbe andato a salvarlo di sua spontanea iniziativa … forse solo Asha.

Sì, sua nipote amava quel fratello rapito e cresciuto al Nord da Stark.

- La leggerò in privato -, sentenziò, - Victarion e il comandante Nymeros sono salpati? –

- Aye. –

- Allora raduna gli uomini, una parte rimane al castello e l’altra si prepara a partire. –

Dagmer annuì nuovamente, un rapido cenno burbero prima di scomparire a passo di carica lungo il corridoio alla volta degli alloggi dell’esercito.

Rimasto solo Euron richiuse delicatamente la porta e si portò allo scrittoio. Aveva appena rotto il sigillo con l’uomo scuoiato dei Bolton quando avvertì una presenza alle sue spalle.

Erin fece capolino da dietro di lui, scrutando incuriosita la lettera.

- Sembri quasi non avere voglia di leggerla -, considerò, - Chi è che scrive? –

- La lettera proviene da Forte Terrore, l’ha inviata il bastardo di Roose Bolton. Sembra che regga il Nord per conto di suo padre. –

- Il Nord non è dei lupi? –

- Così era finchè il Giovane Lupo non è partito per il Sud. Mio nipote, Theon, ha preso d’assalto e conquistato Grande Inverno … poi sono arrivati i Bolton. –

Le iridi azzurre della ragazza lo fissarono con apprensione.

- E di tuo nipote cosa ne è stato? –

- Theon è prigioniero dei Bolton da settimane. –

- Cosa hai intenzione di fare in proposito? –

Euron assottigliò lo sguardo, la fronte aggrottata. – Dovrei fare qualcosa? –

Erin sbottò, incredula. – Certo che dovresti! È tuo nipote, sangue del tuo sangue, è mai possibile che sulle Isole di Ferro non si tenga in alcuna considerazione la parentela? –

In effetti la morte di Balon non l’aveva toccato minimamente e lo stesso valeva per Aeron, lui e Victarion non si tolleravano e si poteva dire la medesima cosa del suo rapporto con Asha … quanto a Theon, erano dieci anni che non lo vedeva e per quello che ne sapeva il ragazzo non ricordava nemmeno che faccia avesse.

- Non vedo Theon da metà della sua vita, non saprei nemmeno riconoscerlo. –

La vide mettere le mani sui fianchi e fissarlo con espressione severa proprio come aveva fatto la notte prima, quando l’aveva aiutato a mettersi a letto dopo che aveva esagerato con l’Ombra della sera.

- Queste sono solo scuse. È tuo nipote, lo riconosceresti, deve assomigliarti almeno un po’. Non puoi lasciarlo nelle mani di questi uomini, solo gli Dei sanno cosa possono avergli già fatto e cosa potrebbero fargli. Non hai un po’ di empatia in quel tuo cuore nero? –

Conoscendo i Bolton l’avranno ridotto a un ammasso di carne irriconoscibile o quantomeno portato sulla soglia della pazzia. Una missione per recuperare un sacco di carne senza valore ci farebbe solo perdere tempo. Ma quegli occhi azzurri sembrano insolitamente risoluti e feroci alla luce delle prime ore del mattino, dubito che smetterà di darmi il tormento finchè non avrò fatto qualcosa in merito.

- Proveremo a recuperare Theon, ma se dovesse rivelarsi troppo costoso in termini di uomini lasceremo perdere – cedette alla fine.

La vide allargare le labbra in un sorriso soddisfatto prima di alzarsi in punta di piedi a depositargli un casto bacio sulla guancia resa ispida dalla barba che stava cominciando a ricrescere.

- Sapevo che avresti fatto la scelta giusta. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Sentiva su di sé lo sguardo di Dagmer mentre la nave lunga accostava ai margini della terraferma e gli uomini si preparavano a sbarcare.

- Se hai qualcosa da dire fallo – decretò asciutto, continuando a fissare l’orizzonte.

- Quella donna ti ha convinto lì dove Asha non è riuscita a fare con Balon. Mi domando cosa significhi. –

Storse il naso, emettendo un verso beffardo.

Non significa nulla, l’ho solo assecondata, una donna sul piede di guerra al momento è qualcosa per cui non ho tempo. E che valore può avere un Re che permette che suo nipote sia tenuto ostaggio e torturato dai suoi nemici senza muovere un dito? Un Re debole, proprio come era Balon.

- Significa che magari il Dio Abissale ci concederà la sua benedizione nel salvare il sangue di ferro da quello rognoso dei Bolton. –

Dagmer non aggiunse altro, anche se percepiva chiaramente il dubbio nel suo silenzio ostinato. Ed era una fortuna che fosse un uomo tremendamente leale e che per certi versi fosse affezionato ad Asha e Theon oppure avrebbe sobillato gli uomini al tradimento.

- Allora prepariamoci a dare l’assalto a Forte Terrore, immagino che il Bastardo sappia già che siamo qui. –

Altamente probabile, magari ci aspetta da giorni. Sa che sono un uomo molto diverso da Balon, davanti una provocazione non mi nascondo ma mi armo di buon acciaio resistente e parto all’attacco.

- Notizie da Victarion? –

- Un corvo è arrivato questa mattina all’alba, poco prima che avvistassimo terra. Il loro viaggio procede senza intoppi. –

Almeno una buona notizia. Forse il mio ottuso fratello riuscirà finalmente a fare qualcosa che mi renda felice.

- Bene. Dì agli uomini che sbarchiamo e ci accampiamo qui. –

Poi gli voltò le spalle e lo lasciò lì ad abbaiare ordini al loro esercito con la sua voce bassa e cavernosa.

Lui dal canto suo percorse il ponte fino alla prua e lì trovo Erin, intenta a fissare il paesaggio.

- Il Nord è diverso da come me lo aspettavo – ammise, stringendosi maggiormente contro la cappa in ermellino che l’aveva convinta ad indossare dopo che avevano abbandonato l’Altopiano.

- E come lo immaginavi? –

- Puro e incontaminato, selvaggio … qui vedo solo morte e distruzione. –

- I Bolton sono specializzati in questo. “Un uomo nudo ha pochi segreti, un uomo scuoiato nessuno” … con un credo del genere non ci si può aspettare nulla di poetico, ti pare? –

Annuì in silenzio, mordicchiandosi il labbro inferiore.

Prendere l’Altopiano è stato semplice, ma con i Bolton sarà tutta un’altra storia e credo che abbia appena cominciato a capirlo.

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