Il Corvo e la Sciabola di Fiamma Erin Gaunt (/viewuser.php?uid=96354)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1 ***
Capitolo 2: *** Cap 2 ***
Capitolo 3: *** Cap 3 ***
Capitolo 4: *** Cap 4 ***
Capitolo 5: *** Cap 5 ***
Capitolo 6: *** Cap 6 ***
Capitolo 7: *** Cap 7 ***
Capitolo 8: *** Cap 8 ***
Capitolo 9: *** Cap 9 ***
Capitolo 10: *** Cap 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 1 *** Cap 1 ***
Cap
1
Erin
osservava le vele che sventolavano sull’albero
maestro della nave lunga. Non aveva mai solcato gli oceani, ma
conosceva
abbastanza di quel mondo da sapere che solo a Pyke costruivano
imbarcazioni di
quel tipo. Vele nere, una ciurma di uomini senza lingua, il capitano
più folle
che avesse mai solcato le onde. Da quando la Silenzio aveva fatto tappa
a
Braavos non si parlava d’altro se non di lui: Euron
“Occhio di Corvo” Greyjoy,
così marcio che persino suo fratello maggiore, e signore,
Balon aveva deciso di
non averci più nulla a che fare.
-
Non dovresti avvicinarti così tanto al porto, non
in questi giorni, ragazzina. –
La
voce di Olyver la colse impreparata e la fece
sobbalzare.
-
Sono perfettamente in grado di badare a me stessa.
– replicò, incrociando risolutamente le braccia al
petto.
Il
locandiere proruppe in una bassa e catarrosa
risata, venendo scosso subito dopo da un attacco violento di tosse.
-
Sono diversi dai pirati che arrivano sulle nostre
coste, bambina, questi sono Uomini di ferro. Fuorilegge, assassini,
stupratori;
decisamente non il tipo di uomini con cui una ragazzina graziosa come
te
vorrebbe trovarsi a tu per tu. –
-
Non sono una ragazzina, ho smesso di esserlo anni
fa. –
Il
vecchio annuì cupamente. Rammentava con
precisione quando sua sorella Olivia aveva preso in casa quel
frugoletto di
pochi giorni, orfana di una delle sue migliori amiche. Anche il ricordo
di Era
gli era rimasto impresso nella mente. Si assomigliavano così
tanto, mamma e
figlia, che a volte doveva faticare per ricordare a se stesso che la
fanciulla
con cui parlava non possedeva la fragilità materna.
-
Lo so, Erin, ma non è comunque saggio stare così
vicino a quella nave. È maledetta. –
La
ragazza puntò gli occhi azzurri in quelli di
Olyver, sgranandoli leggermente.
-
Quindi quella è davvero
la Silenzio? –
- È la
Silenzio tanto quanto è vero che hai davanti a te Euron
Greyjoy, bambina. –
La
voce che interruppe il loro scambio di battute
era bassa e insinuante, condita da una lieve traccia di divertimento, e
l’occhio che non era coperto dalla benda la osservava con
un’intensità che la
fece rabbrividire. Era di un azzurro scuro, quasi blu, e ricordava le
profondità marine.
Olyver,
al suo fianco, si irrigidì e si mosse
istintivamente davanti a lei, quasi volesse proteggerla.
-
I miei uomini hanno bisogno di cibo e acqua,
magari anche un po’ di compagnia. Mi aspetto di trovare tutto
questo nella tua
locanda, vecchio. –
-
La mia locanda è al vostro servizio. Erin, va’ a
dare una mano in cucina. – la esortò, poggiandole
una mano sulla spalla e
spingendola con decisione verso la porta.
Era
sul punto di protestare, ma qualcosa dentro di
lei le disse che non era quello il momento adatto per ricordargli che
lei non
era una servetta da locanda. Annuì, rivolgendo un ultimo
rapido sguardo in
direzione di Euron, e fece come le era stato detto.
Non
aveva mai pensato al fatto che Occhio di Corvo
potesse essere piacente. Di solito quando sentiva il suo nome era solo
per
enumerare l’elenco di vittime e distruzione che si era
lasciato alle spalle,
mai nessuno aveva anche solo accennato alla bellezza di quel pirata.
Scosse la
testa, scacciando quelle sciocche considerazioni. Era un assassino, un
uomo
pericoloso, non aveva nulla a che vedere con la figura del lord o del
prode
cavaliere che tutte le ragazze passavano la vita a sognare.
Bessie,
una delle servette che solitamente
intrattenevano gli avventori, si precipitò in cucina. La
raggiunse, il visetto
a forma di cuore tirato in un’espressione preoccupata.
-
Vuole te. –
Non
disse di chi si trattava, era evidente. Solo un
uomo in tutta Braavos si sarebbe permesso di chiedere di essere servito
da lei.
Recuperò
un paio di caraffe, spillò dalle botti del
di vino di Dorne, e s’incamminò senza una parola
verso il tavolo che Occhio di
Corvo aveva occupato insieme a un paio di uomini, quelli che dovevano
essere i
suoi ufficiali più alti in grado.
-
Il vostro vino. – annunciò, sbattendo le caraffe
sul tavolo con malagrazia.
Euron
inarcò un sopracciglio scuro, osservandola
come se stesse aspettando qualcosa.
-
Desideri qualcos’altro? –
-
Piuttosto sgarbata per essere una servetta di
locanda. Versaci il vino, bambina. –
Obbedì,
senza preoccuparsi di nascondere quanto quel
compito umiliante la rendesse furibonda.
-
Per la cronaca, non sono una servetta di locanda.
E adesso, desideri altro, mio signore?
– sputò tra i denti.
Euron
lasciò che l’occhio libero la sondasse dalla
testa ai piedi.
-
In effetti, qualcos’altro ci sarebbe. –
Un
ghigno malizioso gli stirò le labbra.
-
Non intendo di certo scaldarti il letto, ma forse
Bessie sarebbe disposta a farlo. – aggiunse, indicando con un
cenno del capo la
servetta che era intenta a fare la svenevole con un paio di ragazzotti
del
porto.
-
No, non m’interessa. – replicò in
fretta, degnando
Bessie di una misera occhiata, prima di tornare a fissarla.
-
Non sei una servetta di locanda, non sei una
puttana. Perché mai una ragazzina dovrebbe frequentare una
locanda che affaccia
sul porto? –
Si
morse la lingua, impedendosi di replicare che ciò
che faceva o meno non erano certo affari suoi.
-
Amo il mare e cerco una nave su cui imbarcarmi. –
Non
sapeva neanche lei perché lo aveva detto, ma le
sue parole non erano state accolte dalla risata che si era aspettata.
No, Euron
la guardava come se avesse appena detto qualcosa di inaspettato e
tremendamente
interessante.
-
E perché un capitano dovrebbe volerti nella sua
ciurma? – la provocò, con un luccichio divertito
nello sguardo.
-
Sono una braavosiana, duello meglio di qualunque
altro uomo che potrebbe prendere il mio posto nell’
equipaggio. –
Sapeva
di aver dato l’unica risposta che avrebbe
alimentato la sua curiosità. Nel suo cervello stava
già cominciando a prendere
forma un’idea. Insana, ai limiti della pazzia, certo, ma non
lo erano forse
tutte le idee geniali?
-
Una spadaccina eccellente, eppure sei ancora qui.
– considerò Euron.
-
Non perché mi siano mancate le occasioni, ma
nessuna nave era alla mia altezza. –
Era
una mossa arrogante e rischiosa, lo sapeva bene,
ma se voleva che Occhio di Corvo la prendesse in considerazione doveva
esporsi
come mai aveva fatto nella sua breve vita.
-
L’arroganza non si addice a una bella ragazza. –
commentò.
-
Io invece trovo che si addica, quando è
giustificata dai fatti. –
Euron
esplose in una risata bassa e roca, simile al
latrato di un lupo.
-
Mi piaci, ragazzina, magari potrei prenderti nella
mia di ciurma. – considerò, abbozzando poi un
sorriso ironico, - Sempre se la
reputi alla tua altezza, ovviamente. –
Erin
esultò mentalmente. Ce l’aveva fatta, Euron le
aveva proposto proprio ciò che voleva! Si sforzò
di rimanere impassibile, come
se l’idea di unirsi a loro non la toccasse minimamente.
-
Suppongo che sia una proposta accettabile. –
*
Mentre
le onde si infrangevano contro la prua della
Silenzio e le gocce d’acqua le bagnavano il viso dagli zigomi
alti, Erin sedeva
sul parapetto e osservava il promontorio in lontananza. Erano in
viaggio da una
settimana e finalmente si intravedeva il porto di Pyke. Il viaggio era
stato
diverso da come lo aveva immaginato. L’unica persona in grado
di sostenere una
conversazione era Euron, ma il suo atteggiamento la indispettiva e
pertanto aveva
cercato di stargli il più lontana possibile. Non che lui le
avesse reso la cosa
facile, visto che non perdeva occasione per stuzzicarla. Si era fatta
un’idea
ben precisa di quell’uomo; il suo bell’aspetto e il
suo titolo dovevano aver
sedotto centinaia di donne in ogni porto e il fatto che lei gli
resistesse era
una sfida al suo orgoglio. Tanto meglio, lei non voleva essere come
tutte le
altre; non era il capriccio di una notte, una donna da usare per
scaldare il
letto e poi da gettare via. Euron Greyjoy avrebbe fatto meglio a
capirlo e
comportarsi di conseguenza o, in alternativa, a lasciarla perdere del
tutto.
-
Siamo quasi arrivati, tra dieci minuti scendiamo a
terra. – le annunciò, comparendo da sottocoperta.
C’era
un’emozione nuova nella sua voce, una
sfumatura che non vi aveva mai avvertito prima. Se non
l’avesse creduto
impossibile avrebbe detto che si trattasse di nostalgia.
-
Da quanto è che non metti piede a Pyke? –
-
Nove anni, dieci mesi e tre giorni … anzi, due,
oggi non conta. –
-
È molto tempo. – commentò, dandosi
della stupida
per il commento che le era uscito.
-
Già, è più di metà della
tua vita, giusto? –
Scrollò
le spalle. E questo adesso che c’entrava?
-
Perché sei tornato proprio adesso? – chiese,
rompendo il silenzio che era sceso tra loro.
-
Mio fratello, Balon, è morto ieri. –
Magnifico,
proprio la domanda che non avrebbe mai
dovuto fargli; però il fatto che il giorno precedente
avessero improvvisamente
cambiato rotta l’aveva stupita e lei non era il tipo di
persona a cui piaceva tenersi
dentro le proprie curiosità.
-
Mi dispiace. –
Euron
si accigliò, rimuovendo con cura la benda che
aveva sull’occhio. Non era blu come quello di destra, ma di
un nero assoluto
che sembrava brillare in modo sinistro. Tuttavia quella singolare
eterocromia
lo rendeva se possibile ancora più affascinante ai suoi
occhi.
-
E perché mai? A me non dispiace. –
ribattè.
Il
rumore dell’ancora che veniva calata e degli
uomini che tiravano le funi per assicurare la nave lunga alla banchina
del
porto interruppero la loro conversazione.
-
Stammi vicina, non allontanarti per nessun motivo
al mondo. – le disse, porgendole il braccio come avrebbe
fatto un cavaliere che
scortava la sua dama.
Perplessa,
decise di rimandare le richieste di
spiegazioni e di fare ciò che le veniva detto. Non conosceva
Pyke, ma da quanto
vedeva le donne dovevano essere considerate appena un gradino sopra
agli
animali e i servi.
-
Zio Euron, sapevo che saresti arrivato non appena
il cadavere di mio padre fosse diventato freddo. –
A
parlare era stata una ragazza che doveva avere tre
o quattro anni più di lei, il naso aquilino e il fisico
asciutto. Stava in
piedi tra quelli che dovevano essere i suoi uomini e ostentava
un’aria di
potenza e sicurezza che non avrebbe mai creduto di poter vedere in una
donna
delle isole. Provò un moto di simpatia immediata nei suoi
confronti.
-
Asha, la mia nipote preferita. Lei è Erin, dalla
città di Braavos. – aggiunse, in una sorta di
presentazione.
Avvertì
lo sguardo di Asha che la esaminava con
circospezione, quasi volesse capire con chi aveva a che fare. Sostenne
il suo
sguardo con decisione finchè non vide che le sue labbra si
stiravano in una
specie di sorriso di apprezzamento. A quanto sembrava aveva appena
passato il
suo esame.
-
Hai scelto una moglie di sale molto giovane. –
considerò, prima di rivolgersi a lei, - Quanti anni hai,
Erin? –
Una
moglie di sale? Stava giusto per mandare al
diavolo Euron quando avvertì una certa rigidità
nel suo avambraccio, come se la
stesse invitando ad assecondarlo. Ingoiò il rospo,
riproponendosi di affrontare
il discorso una volta che fossero rimasti soli.
-
Diciannove, milady. –
Asha
annuì, pensierosa. Se il fatto che la sua
papabile zia acquisita fosse più giovane di lei la turbava
non lo diede
minimamente a vedere.
-
Aeron e Victarion sono già alla fortezza. Abbiamo
molte cose di cui discutere. –
Montò
a cavallo, volgendo le spalle allo zio e
spronando il destriero affinchè partisse al galoppo. Uno degli uomini del suo
seguito si affrettò
a porgere le redini di uno splendido stallone da guerra a Euron,
chinando il
capo in segno di rispetto. Con un movimento fluido, il pirata
montò in sella e
si sporse in avanti per issarla con sé. Erin
scivolò nell’esiguo spazio tra il
pomello della sella e il petto dell’uomo, sforzandosi di
ignorare come persino
sotto la cappa di pantera ombra i muscoli guizzanti e il torace marmoreo fossero ben percepibili.
La
cavalcata durò poco meno di un’ora, passata in
religioso silenzio con Asha che li precedeva di una cinquantina
abbondante di
metri.
Erin
si decise a prendere la parola solo quando
erano ormai in prossimità dei cancelli della fortezza.
Desiderava chiarire al
più presto come stavano le cose.
-
E così sarei la tua moglie di sale? –
bisbigliò,
senza curarsi di nascondere il disprezzo e l’oltraggio nella
voce.
Anche
se non riusciva a vederlo in faccia, fu certa
che le sue labbra fossero stirate nel
consueto ghigno che le contraddistingueva.
-
Ufficialmente sì. –
-
Che significa questo, intendo per quanto riguarda
il mio comportamento? – indagò.
Aveva
come l’impressione che la risposta non le
sarebbe piaciuta affatto.
-
Dividerai le mie stanze e dovrai presenziare a
tutte le cene e all’Acclamazione di re che il mio caro
fratellino Aeron avrà
sicuramente provveduto a stabilire. –
-
Dividere le tue stanze? Puoi sognartelo, piuttosto
dormo nelle stalle. – replicò, incrociando con
determinazione le braccia al
petto.
-
Se sei la mia moglie di sale, nessuno oserà
sfiorarti con un dito, ma se vuoi la mia protezione devi impegnarti a
fare ciò
che ci si aspetta da te. Ringrazia che non ti abbia chiesto di farlo
anche
ufficiosamente. –
Questa
volta si divincolò quel tanto che bastava per
permetterle di folgorarlo con un’occhiataccia.
-
Dovrei ringraziarti perché non mi obblighi a
essere il tuo trastullo notturno? – esclamò,
indignata oltre ogni dire.
-
Notturno, mattutino, pomeridiano … sono un uomo
dagli appetiti insaziabili. E comunque sì. Dovresti
apprezzare il fatto che
abbia deciso di rispettare la tua virtù … sempre
ammesso che ci sia ancora,
ovviamente. – concluse, mentre il ghigno malizioso tornava a
solcare il bel
volto.
Il
gomito scattò ancora prima di avere il tempo di
pensare a quanto fosse avventato quel gesto; semplicemente si
ritrovò con la
giuntura conficcata nel fianco dell’uomo e udì con
piacere che questo
tratteneva a fatica un gemito di dolore accompagnato da
un’imprecazione
particolarmente colorita.
-
Ritiro ciò che ho detto; la tua virtù deve essere
sicuramente intatta dal momento che tratti gli uomini in questo modo.
–
-
Solo alcuni uomini, Euron Greyjoy. Solo alcuni. –
rimarcò, sorridendo soddisfatta.
Spazio
autrice:
La
mia prima long in Game of Thrones, il primo
progetto che va al di là di un paio di cartelle scritte in
fretta e furia. Per
l’occasione ho scelto uno dei miei personaggi preferiti
– anche se sicuramente non
vi interessa, gli altri sono, nell’ordine: Oberyn Martell,
Euron Greyjoy,
Bronn, Viserys e Rhaegar Targaryen, Brynden Tully e infine Jaime
Lannister. Questo
solo per quanto riguarda i boy, poi ci sono le ragazze: Arianne
Martell,
Ellaria Sand, Arya Stark, Myrcella Lannister, Margaery Tyrell.
– Insomma, spero
che la storia vi piaccia, anche se è solo il primo capitolo,
e che vogliate
lasciarmi una recensioncina per farmi sapere che ne pensate.
NB:
Qui trovate il link al video che ha ispirato la
storia, con tanto di attori come prestavolto: https://www.youtube.com/watch?v=37d2PjqAchE
Alla
prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 2 *** Cap 2 ***
Cap
2
Pyke
non era affatto come se l’era aspettata. Di
solito quando pensava a un castello lo immaginava sfarzoso, con
elementi che
denotassero la ricchezza della famiglia che vi abitava e una certa
eleganza, ma
la costruzione arroccata sulle rocce che le si parava davanti sembrava
più un
fortino diroccato che altro. Varcarono il cancello principale,
sorpassando
senza alcun problema un paio di guardie di vedetta che al loro
passaggio chinarono
leggermente la testa in segno di rispetto. O forse era timore. Erin non
avrebbe
saputo dirlo, ma non poteva certo biasimarli se così fosse
stato; quell’uomo
era il flagello di Westeros, e per giunta era incostante come le maree,
un po’
di timore era pur sempre comprensibile.
Nella
piazzola antistante il fortino c’erano tre
uomini ad attenderli; quello dal fisico più imponente
fissava Euron come se
volesse ucciderlo solo con la forza del pensiero, mentre quello dai
capelli
unti e lunghi fino a metà schiena sembrava fare uno sforzo
immane per cercare
di dimostrare di non essere intimorito. Infine, il terzo aveva una
brutta
cicatrice che gli solcava buona parte del volto e i capelli erano corti
e
brizzolati.
Asha
scivolò giù da cavallo con un movimento che la
lasciò sorpresa; da una ragazza così rude, che
tentava palesemente di mostrarsi
più mascolina di quanto non fosse, non si sarebbe mai
aspettata dei gesti così
aggraziati.
-
Vi avevo detto che sarebbe arrivato. – annunciò ad
alta voce, con un pizzico di soddisfazione nella voce.
-
Sempre ammesso che non sia stato proprio lui a far
uccidere Balon. – considerò sprezzantemente
l’uomo massiccio.
-
Credimi, Victarion, non era certo Balon il Greyjoy
che volevo vedere morto. –
I
due uomini di ferro rimasero a fissarsi in
silenzio per una manciata di secondi, come per voler essere certi che
entrambi
capissero che i vecchi rancori e contrasti non erano stati minimamente
dimenticati.
-
Vedo che hai portato un’ospite. – intervenne Aeron,
in un vistoso tentativo di cambiare argomento.
-
Erin di Braavos, la sua moglie di sale. – la
presentò
Asha.
Mentre
smontava da cavallo e veniva accolta da
Aeron, che la strinse brevemente e in un modo talmente distaccato da
non
sembrare neanche umano, Erin non potè fare a meno di provare
la spiacevole
sensazione di essere stretta da qualcosa di viscido e disgustoso.
Solitamente
non era il tipo di persona che giudicava senza conoscere, ma quel
giovane uomo
aveva qualcosa che per certi versi la rendeva incline a evitare il
più
possibile i contatti con lui. Si voltò poi verso il
brizzolato che si profuse
in un inchino esagerato e impacciato, segno evidente che non era
abituato a
esibirsi in quelle formalità.
-
Benvenuta a Pyke, milady. Sono Dagmer, per
servirti. –
-
Ti ringrazio … Ser Dagmer. – mormorò,
sentendo che
i Greyjoy ridacchiavano divertiti.
-
Perdonaci, incantevole lady, non stiamo ridendo di
te. – la rassicurò frettolosamente Victarion,
prima di aggiungere, - Dagmer Mascella
Spaccata non è solito essere chiamato Ser … anzi,
credo che nessuno l’abbia mai
fatto prima d’ora. –
-
Però mi piace come suona: Ser Dagmer Mascella
Spaccata. Sì, mi piace proprio. –
approvò l’uomo.
-
A ogni modo, credo sia il mio turno di accoglierti
in famiglia. Benvenuta. – concluse Victarion, traendola a
sé e stringendola con
una delicatezza che non avrebbe mai ricollegato a un uomo
così vigoroso. Il suo
abbraccio fu il più lungo di tutti, ma la cosa stranamente
non la mise a
disagio. Anzi, era piacevole farsi stringere da quell’uomo
che, se Euron aveva
l’odore del sale, possedeva per contro quello delle rocce
quando venivano
bagnate dalla pioggia.
-
Credo che possa bastare, adesso. –
La
constatazione di Euron aveva un che di minaccioso,
sembrava quasi che volesse far capire al fratello che continuando a
toccarla
non avrebbe ottenuto nulla di buono.
-
Era solo un abbraccio, fratello, non sapevo fossi
geloso. Sai, ricordo perfettamente che anni fa non ti facevi problemi a
condividere le mogli degli altri. –
Una
scintilla passò negli occhi eterocromi del
pirata, mentre uno sgradevole sorriso si dipingeva sulle sue labbra.
-
Chi sono per negare la mia compagnia a una donna che
ha avuto la sfortuna di andare in sposa a un uomo che non sa
soddisfarla? –
La
mascella di Victarion si contrasse, mentre una vena
cominciava a pulsare furiosamente all’altezza della tempia
destra.
-
Non tirare troppo la corda, Euron. –
Sgranò
gli occhi, fingendosi sorpreso e innocente
allo stesso tempo.
Osservandolo,
Erin dovette ammettere che era un
bravo attore; se non avesse saputo chi si trovava davanti avrebbe
persino
potuto credere che fosse sincero.
-
Ho avuto molte donne sposate nel corso degli anni,
non l’avrai mica presa sul personale? –
La
piega beffarda delle sue labbra, dalla leggera e
innaturale sfumatura bluastra, lasciava intendere che invece Victarion
aveva
capito benissimo il senso della sua affermazione.
La
ragazza si chiese cosa fosse successo anni prima
e se l’avvenimento fosse in qualche modo ricollegato alla
partenza di Euron da
Pyke e al suo non avervi fatto ritorno per quasi un decennio.
-
Euron, credi sia saggio continuare a discutere all’aperto
quando un’ottima cena ci attende? – intervenne
Aeron.
Tra
i tre fratelli sembrava quello con il ruolo di
mediatore, colui che si sarebbe assicurato in ogni modo che le cose non
si
accendessero troppo. Non prima dell’Acclamazione di re, a
ogni modo.
Con
lo stomaco che reclamava un pasto caldo e lauto,
Erin decise di fare la sua parte per sedare la discussione prima che
sfociasse
in una vera e propria rissa.
-
Credo che Aeron abbia perfettamente ragione, sono
molto affamata. – commentò, poggiando una mano
sull’avambraccio di Euron e
stringendolo proprio come aveva fatto lui quando l’aveva
presentata ad Asha.
Voleva che le desse ascolto, che si fidasse di ciò che gli
consigliava di fare.
Euron
annuì bruscamente, distogliendo lentamente lo
sguardo dagli occhi del fratello e passandole un braccio intorno alla
vita per
attirarla a sé.
-
Ma certo, una buona cena è proprio quello che ci
vuole. –
*
La
cena venne consumata nella sala principale, in
cui a pochi metri dalla tavolata reale mangiavano gli uomini della
cerchia più
interna. Durante tutto il pasto Erin si sentì osservata e,
quando si voltò con
discrezione per scoprire se la sua fosse o meno
un’impressione, trovò gli occhi
scuri di Victarion che la fissavano con bruciante intensità.
Fu solo quando,
dopo un paio di volte che incrociava lo sguardo con il suo e notava che
l’uomo
non accennava a distoglierlo, che arrossì lievemente.
-
Problemi? – le sussurrò all’orecchio
Euron, a cui
non era sfuggito il colorito rossastro delle gote della sua protetta.
-
Solo tuo fratello che continua a fissarmi, ma va
bene, non è nulla di grave. – soffiò in
risposta.
Lo
sguardo di Euron si indurì improvvisamente, ma
invece di attaccare il fratello con una delle sue battutine sarcastiche
decise
di provocarlo in modo più sottile.
-
Fa’ come ti dico, senza fare domande. Abbassa lo
sguardo e fingiti imbarazzata come se ti avessi detto qualcosa
d’indecente. –
Perplessa,
fece come le era stato detto. Si sentiva
a disagio nel muoversi come un burattino, ma se fosse servito a farle
lasciare
quella noiosissima tavolata allora avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Si
chinò su di lei, avvicinandolesi più che poteva e
sfiorandole la pelle delicata e sensibile del collo mentre parlava.
-
Che sta facendo Victarion? –
-
Ha ripreso a mangiare, sembra parecchio
arrabbiato. – replicò, cominciando finalmente a
capirci qualcosa.
-
Eccellente. –
Il
respiro caldo dell’uomo sul suo collo le fece
correre un brivido lungo la schiena. Cosa che, disgraziatamente, venne
prontamente notata da Euron.
-
Era un brivido di piacere quello, ragazzina? – le chiese,
beffardo.
-
Certo che no, era un brivido di freddo, c’è
un’umidità
pazzesca qui dentro. – mentì in fretta.
-
Sei una pessima bugiarda, ragazzina, te l’hanno
mai detto? –
-
E invece ho la sensazione che tu sia un bugiardo
portentoso. – lo rimbeccò.
Il
sorriso di Euron si allargò: - Faccio quello che
posso per migliorarmi costantemente. –
-
Allora, sei andato a letto con la moglie di tuo
fratello? È per questo che hai lasciato Pyke? –
-
Se anche fosse non vedo quale sia il problema. Sei
forse gelosa? Perché, ti avviso, se vuoi che ti porti a
letto non devi fare
altro che chiederlo. –
Erin
alzò gli occhi al cielo, trattenendosi dal
rifilargli un’altra gomitata solo perché in
presenza di spettatori doveva
recitare il ruolo della perfetta mogliettina totalmente asservita.
Un’idea
decisamente più soddisfacente le balenò nella
mente.
-
Victarion, mi chiedevo se ti andasse di scortarmi
nel vostro parco degli dei. Euron mi stava dicendo che
c’è una vista
meravigliosa dalla scogliera, ma lui ha molte cose di cui discutere con
Asha e
non può accompagnarmi. Tu lo faresti, per me? –
cinguettò, voltandosi verso il
fratello di mezzo e arrischiandosi addirittura a sbattere gli occhioni
chiari.
Lo
vide aggrottare la fronte per un istante,
sorpreso, ma l’attimo dopo le stava sorridendo con
compiacimento.
-
Certo che sì, possiamo andare anche ora se lo
desideri. –
-
Sarebbe perfetto, te ne sono davvero
grata. – mormorò, calcando leggermente sulla
penultima
parola.
Mentre
si alzava per raggiungere l’uomo, che l’attendeva
sulla soglia della sala da pranzo, Euron la trattenne per il polso.
-
Che accidenti stai facendo? –
-
Nulla, magari ho scelto un altro Greyjoy a cui “solo
chiedere di essere portata a letto”. –
ironizzò, citando le sue stesse parole.
Detto
questo si districò con agilità dalla presa e
raggiunse Victarion, accettando il braccio muscoloso che le veniva
porto e
lasciando che la scortasse fuori.
Mentre
li guardava uscire, Euron buttò giù tutto
d’un
fiato il boccale di vino che aveva davanti, facendolo sbattere contro
la
superficie di duro mogano del tavolo.
Dannata
ragazzina, credeva davvero di poter giocare
con lui?
*
-
La vista è veramente incredibile. –
commentò,
osservando la luna che si specchiava sulle onde scure
dell’oceano e la spuma di
quando queste ultime s’infrangevano contro gli scogli del
parco degli dei. Quel
loro Dio abissale aveva il più perfetto dei tempi, non
c’erano dubbi.
-
Già, è incantevole. – convenne, ma i
suoi occhi
scuri non stavano guardando il mare.
Erin
arrossì, notando che il suo sguardo non aveva
mai lasciato il suo viso.
-
Perché ho la sensazione che non stiamo parlando
della stessa cosa? –
-
Perché oltre che incantevole sei anche intelligente.
– replicò, portandole una ciocca dietro
all’orecchio e dilungandosi in una
specie di lenta carezza.
-
Sono la moglie di tuo fratello. – gli fece notare.
-
Eppure sei qui fuori con me, non con lui. Euron ti
ha fatta arrabbiare, non è forse così? –
-
Euron sa essere piuttosto irritante. – ammise.
Victarion
proruppe in una risata bassa.
-
Piuttosto irritante? Sei davvero comprensiva. Euron
è un irritante, irrispettoso, stronzo, figlio di puttana
… Con tutto il
rispetto e l’amore che provavo per nostra madre. –
aggiunse in fretta.
Abbozzò
un sorriso di circostanza, guardandosi bene
dal dirsi d’accordo con lui. Tuttavia forse la sua
curiosità sarebbe stata
soddisfatta da Victarion, dal momento che non sembrava affatto restio a
intavolare discussioni che potessero convincerla di quanto marcio e da
evitare
fosse suo fratello maggiore.
-
Cosa è successo tra di voi? –
L’espressione
di Victarion cambiò in fretta,
perdendo ogni traccia di allegria e incupendosi. Si pentì di
averglielo
chiesto, era evidente che fosse ancora una ferita aperta.
-
Perdonami, non sono affari miei, dimentica la mia
domanda inopportuna. – disse in fretta, poggiandogli la mano
sull’avambraccio
in segno di solidarietà.
L’ennesima
carezza raggiunse la sua guancia.
-
Ti risponderò, mia sirena, non hai chiesto nulla di
inopportuno. –
L’appellativo
di sirena, tra gli uomini di ferro,
era qualcosa che raramente veniva usato. Sentirsi chiamare in quel modo
la
lusingò oltre ogni dire, perché stava a
significare che Victarion l’aveva
appena innalzata sopra ogni cosa, poiché le sirene erano
sacre per gli uomini
di Pyke.
-
Anni fa avevo una moglie di sale, si chiamava
Kitty, era giovane e bellissima. Probabilmente troppo bella per me.
– commentò,
amaramente, - Euron ha sempre avuto ogni donna semplicemente
schioccando le
dita e un giorno decise di aggiungere la mia Kitty alla lista. Poco
dopo lei
rimase incinta, ma non fummo mai in grado di stabilire se fosse figlio
mio o
suo. –
-
Come mai? –
-
Quando ho scoperto cosa era successo l’ho uccisa.
L’amavo, ma ero folle di gelosia, così la
strangolai con le mie mani. Lei e il
bambino morirono. Volevo riservare lo stesso trattamento a Euron, ma
nostro
fratello Balon ritenne più saggio esiliarlo. –
concluse.
Gli
occhi scuri avevano abbandonato il suo volto,
ora, e fissavano le onde, persi nei ricordi.
-
Mi dispiace, Victarion, sul serio. – mormorò.
Le
prese una mano, baciandole il dorso.
-
Non volevo certo rattristarti, mia sirena. Sarà
meglio che ti riporti dentro, non vorrei che Euron pensasse che abbia
deciso di
ricambiargli il favore. –
Annuì,
percorrendo al suo fianco e in silenzio la
strada fino alla roccaforte. Victarion la lasciò fuori dalle
stanze di Euron,
salutandola con l’ennesimo casto baciamano e augurandole una
buonanotte.
Entrata
nella stanza da notte, si chiuse la porta
alle spalle e la sprangò. Sdraiato sul letto, discinto e
bello oltre ogni dire,
quasi un sogno proibito, stava Euron.
-
Piaciuta la passeggiata? – domandò, con un tono
fintamente distaccato che tradiva un pizzico d’irritazione.
Era
riuscita a farlo arrabbiare. Fantastico, perché neanche
lei era troppo contenta del suo comportamento.
-
Sì, Victarion è una compagnia molto piacevole.
–
replicò freddamente, recuperando una veste da notte e
dirigendosi a grandi
passi dietro all’ampio separé sistemato
nell’angolo.
-
L’ho fatto portare apposta per te. –
Quel
semplice strumento di legno e tela era forse un
vessillo di pace?
-
Hai avuto un pensiero molto … - s’interruppe,
cercando la parola più cortese e al contempo fredda che le
venisse in mente, -
utile. – concluse.
Indossata
la veste, camminò a piedi nudi sulle assi
di legno scricchiolante e spostò le lenzuola di pesante
broccato per potersi
mettere a letto.
-
Si può sapere cosa hai da guardare? – chiese
d’un
tratto.
-
Nulla, stavo solo immaginando cosa ci fosse sotto
quella seta. –
Le
parole di Victarion le tornarono alla mente:
“Irrispettoso.”
Già,
doveva ammettere che aveva proprio ragione.
-
Prova a sfiorarmi questa notte, Euron, e giuro che
ti castro. – soffiò minacciosa, sdraiandosi e
rannicchiandosi il più lontano
possibile da lui.
L’unica
risposta che ottenne fu una risata sonora
che rimbombò attraverso la stanza silenziosa.
Spazio
autrice:
Finalmente
ho ultimato questo nuovo capitolo. Spero
che vi piaccia e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Ne
approfitto,
inoltre, per indicarvi anche il nome del prestavolto che ho scelto per
interpretare Victarion: si tratta di Galvano della serie televisiva
“Merlin”.
Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 3 *** Cap 3 ***
Cap
3
Quando
aprì gli occhi, svegliata dai raggi del Sole
che filtravano attraverso le tende e le illuminavano fastidiosamente il
viso,
si ritrovò sola nel grande letto a baldacchino.
Allungò una mano verso la metà
in cui aveva dormito Euron. Le lenzuola fredde lasciavano intendere che
l’uomo
doveva essersi alzato da parecchio. Bè, meglio
così, se non altro si sarebbe
risparmiata una schermaglia verbale di prima mattina.
Scivolò fuori dalle
coperte e cercò e barcollò verso il baule in cui
erano ancora rinchiusi tutti i
suoi effetti personali. Che genere di abbigliamento sarebbe stato
più adatto a
una moglie di sale? Si chiese cosa le avrebbe suggerito Euron;
probabilmente
qualcosa di aderente che le mettesse in mostra le forme gentili. Decise
che
avrebbe scartato a priori quel tipo di abito, era un atteggiamento
infantile ma
l’andare contro i suoi desideri le suscitava una sensazione
di piacevole
soddisfazione, e ripiegò per una casacca dello stesso grigio
azzurro dei suoi
occhi e un paio di pantaloni in pelle nera. Stivali da cavallerizza al
ginocchio e le morbide onde corvine lasciate cadere sulle spalle
completavano
il tutto.
Uscita
dalla stanza, fissò corrucciata il corridoio
per un paio di secondi. Qual’era la strada che portava alla
sala dei banchetti?
Stava giusto per rassegnarsi a vagare senza meta per la roccaforte
quando
incontrò Asha. La ragazza indossava una casacca e dei
pantaloni scuri e, mentre
la scrutava con quella sua aria vagamente rapace, Erin
ringraziò il fatto di
essersi vestita in modo identico al suo; qualunque capo indossato da
Asha
Greyjoy doveva essere per forza adatto a una donna di ferro.
-
Lady Asha. –
Chinò
leggermente il capo in segno di deferenza.
-
Non c’è bisogno di formalità, non qui a
Pyke, e
certo non con la mia nuova zia acquisita. –
Annuì.
– Asha, allora. –
-
Asha ed Erin, niente più di questo. Ora, suppongo
mio zio non sia rimasto a farti compagnia per la colazione. –
Non
sembrava contrariata, quanto piuttosto certa che
Euron Greyjoy sarebbe rimasto sempre lo stesso tipo di uomo, non
importava se
avesse o meno al suo fianco una donna.
-
Ovviamente, non che mi aspettassi il contrario.
Piuttosto, mi rinfrescheresti la memoria su dove si trova la sala
banchetti? Il
mio senso dell’orientamento non è mai stato il
massimo e temo che non sia
destinato a migliorare affatto con il tempo. –
Asha
rise lievemente. Non era un suono sgradevole,
ma non possedeva la risata che di solito ci si aspettava da una donna;
era
aspra e pungente, più adatta a un uomo che a una lady. Del
resto sembrava che
l’unica figlia di Balon fosse ben intenzionata a dimostrare
di essere un uomo
tanto quanto i suoi tre fratelli.
-
Posso farti scortare, se vuoi. –
Poi,
senza aspettare la sua risposta, si rivolse a
una sagoma che stava scendendo le scale.
-
Zio Victarion, mostreresti a Erin dove si trova la
sala dei banchetti? Io, Euron e Aeron ti aspetteremo nel solarium di
mio padre.
– aggiunse, proprio mentre Erin mormorava che non
c’era nessun bisogno di una
vera e propria scorta.
Il
sorriso che le rivolse Victarion, però, spazzò
via ogni sua protesta. Il terzo dei Greyjoy non possedeva la bellezza o
l’aria
dannata del secondogenito, ma le mostrava una gentilezza che non
sembrava
essere prerogativa del fratello. Non che fosse brutto, quello no, ma i
lineamenti del viso erano più rozzi rispetto a quelli
cesellati e scolpiti di
Euron e il fisico tozzo e muscoloso lo privava della grazia nei
movimenti del
maggiore. Aveva decisamente più l’aria di un
marinaio o un soldato che quella
di un re.
-
Certo, vi raggiungerò tra poco. –
Le
porse il braccio, fasciato da una giubba di pelle
nera con l’emblema della casata ricamato
all’altezza del cuore. Stretta a lui,
non potè fare a meno di notare come persino sotto gli strati
di pelle e cuoio
si avvertisse con chiarezza la solidità dei suoi muscoli.
-
Hai passato una prima notte piacevole qui a Pyke?
– le chiese, quando Asha era ormai lontana.
Quella
domanda all’apparenza innocente le fece
pensare che posta da Euron avrebbe sicuramente nascosto uno o
più possibili
doppi sensi. Esitò prima di rispondere, domandandosi se
almeno quella fosse una
prerogativa di entrambi.
-
Mi stai davvero chiedendo come ho trascorso la
notte? – domandò, sforzandosi di non arrossire
mentre condiva la domanda con un
pizzico di malizia.
Un
lampo di comprensione illuminò lo sguardo
dell’uomo, poi si esibì in un paio di colpi di
tosse chiaramente artificiali
che lasciavano intuire un lieve imbarazzo.
-
Scusa, pessima domanda, ti assicuro che non
m’interessa sapere cosa combinate tu ed Euron. –
I
suoi occhi però dicevano che stava mentendo: gli
interessava eccome.
A
rigor di logica non avrebbe dovuto rendere conto a
nessuno di ciò che faceva o meno, ma qualcosa in lei la
spinse a dirgli la
verità.
-
Anche perché ti assicuro che non c’è
nulla
d’interessante nel guardarmi dormire per otto ore filate.
– concluse, con un
sorrisetto ironico.
Questa
volta il colpo di tosse fu un maldestro
tentativo di nascondere un attacco di risate.
-
Stai dicendo che dopo che ti ho riaccompagnata ti
sei messa subito a dormire? –
-
Ero stanca, è stato un viaggio molto lungo. –
“E non ho alcuna intenzione di
diventare il
nuovo giocattolino di tuo fratello, visto che so che prima o poi si
stuferà e
cercherà qualcosa di nuovo.” avrebbe
voluto aggiungere, ma si morse la
lingua per non lasciarsi scappare una sillaba in più.
Victarion
non commentò, ma il suo umore sembrava
decisamente migliorato dopo quella rivelazione e impiegò gli
ultimi metri che
li separavano dalla sala per divertirla e catturare la sua attenzione
con
alcune vecchie storie di marinai. Erano arrivati a metà di
una particolarmente
avvincente quando giunsero a destinazione.
-
Ti ringrazio per avermi accompagnata, ma non
voglio sottrarti ai tuoi doveri. Tuttavia mi farebbe piacere conoscere
il
seguito di questa storia, magari dopo pranzo? – concluse,
speranzosa.
-
Certamente, dopo pranzo sarebbe perfetto. –
Gli
sorrise, osservandolo lanciarle un’ultima
occhiata e poi incamminarsi velocemente verso le stanze del defunto
Balon.
*
Euron
sedeva a capotavola, osservando con aria
annoiata tutti i presenti. Aeron si rigirava le mani con aria nervosa,
Asha
fissava corrucciata il rotolo di pergamena che aveva tra le mani e
Victarion
sembrava stranamente rilassato. Per qualche ragione
quest’ultimo dettaglio lo
disturbava.
-
Allora, continuiamo con il gioco del silenzio o ti
decidi a dirci perché siamo qui, nipote? –
esclamò d’un tratto, spazientito.
Non
gli piaceva l’idea di Erin che esplorava la
roccaforte da sola, erano ancora troppo poche le persone che erano a
conoscenza
del fatto che lei fosse off limits.
-
Eppure credevo che il silenzio ti piacesse, non è
per questo che hai tagliato la lingua a tutti i membri della tua
ciurma? –
-
Già, anche se a volte mi dico che avrei fatto
meglio a tagliarla anche ai miei fratelli. –
ribattè, fulminando Victarion con un’occhiataccia.
-
Non ricominciate, non adesso, non è proprio il
momento. – sbottò Asha, porgendo il rotolo ad
Aeron.
Il
più giovane dei tre fratelli lo lesse
rapidamente, sbiancando, per poi passarlo a Victarion. Quando
arrivò il turno
di Euron, si limitò a inarcare un sopracciglio.
-
Devo ammetterlo: questi Bolton hanno un certo
talento nella tortura, ma come negoziatori sono pessimi. Lasciare il
Nord per
riavere Theon? –
-
È mio fratello, tuo nipote, ed è un papabile
erede
al Trono del Mare. – ringhiò Asha.
-
Non mi hai ancora dato un solo motivo per cui
dovrei accettare le richieste dei Bolton. –
-
Euron … - cominciò Aeron, ma lo sguardo del
fratello maggiore fu sufficiente a fargli perdere ogni desiderio di
ribattere.
-
Cosa,
Aeron? –
-
Nulla. – borbottò in risposta.
-
Se volete liberarlo, prendete un po’ di uomini e
fate guerra a questi Bolton, ma in nessun caso accetterò di
cedere anche solo
un millimetro della terra conquistata. Ovviamente, questo significa che
non
parteciperete all’Acclamazione di Re, la qual cosa a me sta
benissimo. –
Si
alzò in piedi, stiracchiandosi pigramente, -
Fatemi sapere che decidete, ora ho di meglio da fare. –
Lasciò
il solarium accompagnato dal silenzio
raggelato delle sue parole. Tutto sommato gli dispiaceva per Theon, era
sangue
del suo sangue in fondo, ma non al punto di mettere a rischio la sua
possibilità di ascendere al trono. Una volta al potere,
chissà, magari avrebbe
anche potuto irrorare le piane del Nord con ogni goccia di sangue
Bolton ancora
in vita.
Trovò
quello che stava cercando nel cortile
antistante la roccaforte. Dagmer Mascella Spaccata stava gridando
contro un
paio di ragazzi alle prese con gli allenamenti nelle lizze ed Erin li
osservava
duellare con attenzione, scuotendo la testa di tanto in tanto e alzando
gli
occhi al cielo.
-
Scommetto che tu sapresti fare di meglio, non è
così? – la provocò, chinandosi quanto
bastava per sussurrarglielo all’orecchio.
-
Ed ecco che Euron Greyjoy fa finalmente la sua
comparsa, che incredibile onore. – ribattè,
sarcastica.
-
Che c’è, sentivi la mia mancanza? –
-
Che c’è, sei già ubriaco a
metà mattina? – lo
rimbeccò, strappandogli un sorriso.
-
Ti ha mai detto nessuno che sei tanto bella quanto
impertinente? –
-
E a te hanno mai detto che sei tanto impertinente
quanto insopportabile? –
Non
c’era niente da fare, aveva sempre la risposta
pronta.
-
Qualche volta. – ammise.
-
Non ne avevo dubbi. –
Le
cinse i fianchi, facendo leva con le braccia per
voltarla verso di lui. La vide sgranare gli occhi e sbuffare indignata.
-
Facciamo una tregua, va bene? – propose,
accarezzandole il profilo della mandibola con delicatezza.
-
Perché? – indagò, sospettosa, mentre si
sforzava
di reprimere i brividi. Era sempre così, bastava che Euron
la sfiorasse e il
suo corpo veniva travolto da sensazioni che non aveva mai provato
prima.
-
Voglio portarti in un posto, ma il tragitto è
troppo lungo per passarlo tutto a litigare. –
La
vide aggrottare la fronte, assumendo
un’espressione buffa che la fece sembrare più
giovane di quanto non fosse.
-
D’accordo, ma se il posto non mi piace sappi che
litigheremo per tutta la strada del ritorno. – lo
minacciò, puntandogli contro
un dito.
-
Correrò il rischio. – replicò,
avvicinandosi alla
falange quanto bastava per accarezzarla con le labbra mentre parlava.
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Capitolo 4 *** Cap 4 ***
Cap
4
Il
posto che Euron aveva in mente non era altro che
un’immensa piana verdeggiante, nella parte più
interna delle Isole di ferro
dove quasi nessuno di quegli uomini di mare si inoltrava.
-
Mi hai portata fin qui per farmi vedere dell’erba?
– domandò, inarcando beffardamente un sopracciglio
perfettamente curato.
-
Non essere così impaziente, bambina. –
Aveva
appena finito di parlare che una mandria di
cavalli allo stato brado fece la sua comparsa. Uno stallone nero come
il
peccato si stagliava, possente e muscoloso, tra gli altri grigi;
l’occhio
sinistro era dello stesso colore del carbone, ma quello destro era di
un
azzurro talmente chiaro da sembrare
quasi fatto di vetro. Eterocromo, nello stesso
meraviglioso e singolare
modo del pirata.
-
C’è ancora. – constatò
brevemente Euron, mentre un
piccolo sorriso si dipingeva sulle sue labbra.
Erin
registrò mentalmente l’espressione e come i
suoi lineamenti si addolcissero quando era davvero contento; da quando
l’aveva
conosciuto l’aveva visto sogghignare spesso, ammiccare, ma
mai essere
intenerito da qualcosa se non quando per un attimo aveva lasciato che
la
nostalgia lo avvolgesse quando erano sul punto di sbarcare a Pyke.
-
Prima di
essere bandito dalle Isole venivo qui spesso, quel puledrino appena
nato per certi
versi mi ricordava me, mi ero ripromesso di portarlo alla roccaforte e
domarlo.
– continuò, in una breve spiegazione che le
rendesse comprensibile la ragione
per cui l’aveva condotta lì. O, almeno, sperava
che fosse sufficientemente
chiaro.
-
Quindi, ora che sei tornato vuoi domarlo e farne
la tua cavalcatura? – tentò.
-
Voglio domarlo? Sì. Farne la mia cavalcatura? No,
in realtà voglio donarlo a una persona. –
Erin
si voltò verso di lui, sorpresa. Di tante
risposte non si sarebbe mai aspettata proprio quella, forse
perché non ce lo
vedeva Euron Greyjoy che si metteva a dispensare regali al primo che
passava.
-
A Victarion? – lo punzecchiò, con voluta malizia.
L’uomo
alzò gli occhi al cielo, sbuffando: - Non
essere ridicola, l’unica cosa che donerei a mio fratello
è una spada nel petto.
–
Poi
studiò l’espressione contrariata di Erin e
aggiunse, cercando di mascherare senza grande successo quanto la cosa
lo
seccasse.
-
Parli spesso del mio fratellino, non sarà che ti
stai davvero invaghendo di lui? –
-
Se anche fosse, non è un tuo problema, no? –
L’afferrò
per i fianchi, stringendola con più forza
del necessario e traendola rabbiosamente a sé: - Sei la mia
moglie di sale. –
-
Solo ufficialmente, in realtà posso farmi piacere
chi voglio. E tu, tanto per la cronaca, non mi piaci proprio per
niente. –
aggiunse, sputando le ultime parole con tono rabbioso. Cercò
di divincolarsi
dalla sua presa, ma senza grandi risultati dal momento che il pirata
era
decisamente più forte di lei dal punto di vista fisico.
-
Bugiarda. – le sussurrò a fior di labbra,
chinandosi poi a catturarle in un bacio passionale.
Per
un paio di secondi Erin chiuse gli occhi e si
lasciò andare, assaporando il gusto leggermente salato della
pelle dell’uomo e
godendosi la sensazione di piacere che avvolgeva il suo corpo. Poi,
tornando
lucida e ricordando chi era a baciarla in quel modo, come se fosse una
sua
proprietà, si divincolò nuovamente con
più forza; questa volta riuscì a
liberarsi dalla presa, sicuramente perché Euron non se
l’aspettava, e mise un
paio di metri di distanza tra loro.
-
Come … Cosa … - balbettò.
Il
pirata ghignò sfrontatamente: - Calma, bambina,
era solo un bacio. Non dirmi che non ti è piaciuto
perché non ci credo. –
aggiunse prontamente, come se sapesse perfettamente che quella era la
replica
che stava per affiorarle sulle labbra.
Erin
decise allora di cambiare immediatamente
risposta: - Se lo rifai giuro che ti taglio la gola. –
Scoppiò
a ridere, buttando la testa all’indietro e
mostrando una serie di denti bianchi che scintillavano sotto il sole,
in
contrasto con le labbra leggermente bluacee dovute
all’assunzione dell’Ombra
della sera.
-
Melodrammatica, almeno quanto me potrei
aggiungere, insieme saremmo davvero una bella coppia. – rise,
per nulla
intimorito dalla minaccia.
La
ragazza sbuffò, alzando gli occhi al cielo, ma
decise di lasciar perdere. Discutere con lui non aveva senso, non
quando si
stava così evidentemente sforzando di farle perdere
completamente il controllo.
-
Prendi quel cavallo così possiamo tornarcene alla
roccaforte. – sbottò, risalendo in sella e
incrociando risolutamente le braccia
al petto.
Una
volta tanto fece quello che gli era stato
chiesto, muovendosi agile e silenzioso tra i fili d’erba e
riuscendo a prendere
al lazzo la bestia con una serie di movimenti da vero esperto.
Assicurò la fune
a un campanello della sella e montò dietro di lei,
stringendola tra le braccia
per poter recuperare le redini e governare la cavalcatura.
Galopparono
in silenzio per un’ora; poi, quando le
mura della roccaforte erano ben visibili e gli uomini di ferro di
vedetta
stavano già provvedendo ad aprire il cancello, le
tornò a rivolgere la parola.
-
Non sei curiosa di sapere a chi intendo regalarlo?
–
-
Non mi importa, sono solo contenta che tu non
intenda tenertelo; è un animale troppo bello per te.
– replicò, con un tono che
suonò eccessivamente acido persino alle sue orecchie. Non si
sarebbe scusata,
però, perché il ricordo delle labbra bluacee
sulle sue la turbava ancora.
-
Già, è una cavalcatura adatta a una regina.
–
convenne Euron, dandole un paio di secondi per assaporare quelle
parole,
chiedendosi distrattamente se stesse lentamente cominciando ad
arrivarci.
-
D’accordo, te lo dico io. – aggiunse, notando che
la spadaccina non sembrava affatto bendisposta nei suoi confronti
né
intenzionata ad assecondarlo nel suo gioco, - Il cavallo è
per te, sempre
ammesso che ti piaccia. –
Quelle
parole ebbero un effetto magico.
L’espressione corrucciata della ragazza si distese e il suo
viso s’illuminò,
mentre le labbra si stiravano in un sorriso aperto e solare. Sembrava
che
persino il bacio di poco prima fosse stato dimenticato, così
come il fatto che
lei poco sopportasse l’uomo che la teneva stretta a
sé.
-
Io venero
i cavalli e questo è talmente incredibile che non
può non piacermi. –
Scivolò
giù e si avvicinò allo stallone,
accarezzandogli delicatamente il muso e grattandogli la fronte. Un
nitrito
lieve e uno strusciare contro la sua mano furono la ricompensa e le
strapparono
una risatina gioiosa.
-
Sei una meraviglia, piccolo mio. – sussurrò,
baciandolo sul collo possente e inspirando a pieni polmoni
l’odore puro e
pungente del pelo.
Un
rumore alle sue spalle la spinse a voltarsi; Euron
era al suo fianco e accarezzava ritmicamente il destriero.
-
Come lo chiamerai? –
-
Balerion. – rispose, senza la minima esitazione.
-
Il Terrore nero, è un buon nome per la cavalcatura
di una regina guerriera. – approvò.
Rimasero
a contemplare l’animale finchè uno degli
stallieri non giunse in tutta fretta per portarlo alle scuderie.
Assicurò che
sarebbe stato trattato con ogni sorta di riguardo,
s’inchinò esageratamente
prima a Euron e poi a Erin, e sparì dalla loro vista.
-
Io … Io ti ringrazio. – sussurrò,
così piano che
per un attimo il pirata credette di avere solo immaginato che quelle
parole
fossero uscite dalle labbra delicate della spadaccina.
-
Scusa? –
Erin
aggrottò la fronte, contrariata, - Non
costringermi a ripetertelo. –
Rise.
– Suppongo che sentirtelo dire anche solo una
volta sia più che sufficiente. Sai, bambina, anche ai mostri
senza cuore
piacciono le cose belle. –
Pronunciate
quelle enigmatiche parole, le voltò le
spalle lasciandola sola a domandarsi a cosa esattamente si stesse
riferendo.
*
Terminato
il pranzo, Erin trovò ad attenderla
Victarion. Non potè fare a meno di notare che, in confronto
al solito
abbigliamento che indossava le volte in cui si erano incontrati in
precedenza,
questa volta aveva un’eleganza in più. Il farsetto
ricamato, la cappa perfettamente
pulita e senza una piega, gli stivali lucidi. Sembrava una pallida
copia di
Euron, considerò. Una copia senza labbra sottili e bluastre;
si chiese
distrattamente se baciarlo le avrebbe procurato la stessa divampante
sensazione
di piacere che l’aveva avvolta quando Euron l’aveva
sfiorata. Scosse la testa,
scacciando via quelle fantasie e l’immagine ancora fin troppo
vivida di lei che
si lasciava baciare in un campo nel mezzo del nulla senza fare troppe
storie. Perché
ora si metteva a rivivere a occhi aperti quel momento? Euron
l’aveva baciata
con l’inganno, se avesse intuito le sue intenzioni non glielo
avrebbe certo
permesso. Vero? Che gli Estranei se lo portassero alla dannazione, con
che
diritto le scombussolava la mente?
-
Stai molto bene. – commentò, certa che
concentrarsi su Victarion l’avrebbe aiutata a scacciare via
ogni fastidiosa
fantasia.
L’uomo
le rivolse un sorriso smagliante,
apparentemente soddisfatto del fatto che avesse notato il suo cambio di
vestiario.
-
Posso chiederti se c’è qualche occasione
particolare? – aggiunse poi.
-
Nulla di formale, ma visto che avevamo intenzione
di passare il pomeriggio insieme desideravo essere
all’altezza della bellezza
della mia sirena. –
Arrossì
lievemente, abbassando lo sguardo. Si rese
conto di sembrare incredibilmente civettuola e si costrinse a darsi un
contegno. Se Euron l’avesse vista fare la svenevole con suo
fratello non ne
sarebbe di certo stato contento.
In
nome degli Dei Antichi e Nuovi, da quando in qua
gli importava cosa pensava quel pirata?
-
Ti prego, non farlo. –
Victarion
la fissò perplesso.
-
Non fare cosa, mia sirena? –
-
Chiamarmi in quel modo … Non credo sia
appropriato. – spiegò.
Un’ombra
passò negli occhi scuri dell’uomo. Erin si
sentì a disagio più di prima; non intendeva
ferirlo, ma non riteneva giusto
nemmeno illuderlo. Le piaceva la sua compagnia, ma quella mattina aveva
visto
un nuovo lato di Euron; un lato che, malgrado l’infastidisse
tremendamente ammetterlo,
le piaceva.
-
Come la lady mia cognata desidera. – decretò,
inchinandosi rigidamente e facendo per voltarle le spalle.
-
Victarion, per favore, resta. Non c’è alcun
bisogno che tu te ne vada. – mormorò, posandogli
una mano sull’avambraccio e
fermandolo.
-
Non credo di riuscire a comportarmi bene in tua
presenza. –
Sgranò
gli occhi. Non stava davvero per dirle ciò
che temeva, vero?
-
Perché ogni volta che ti guardo non desidero fare
altro che questo. – concluse, tornando verso di lei e
schiacciandola contro il
muro in pietra. Le catturò le labbra in un bacio lungo e
profondo,
accarezzandole delicatamente una guancia.
Ecco
la risposta alla sua domanda di poco prima.
Euron era passionale, ardente come il fuoco, mentre Victarion era dolce
e
delicato, lieve come l’acqua quando accarezza la pelle.
Ricambiò il bacio
stando attenta a non metterci più trasporto del dovuto; non
voleva ferirlo, non
di nuovo, perché sapeva che se l’avesse fatto si
sarebbe allontanato per sempre
da lei.
In
fondo al corridoio, nascosto da una delle
colonne, Euron osservava la scena. La mascella serrata, le mani strette
a pugno
e la voce nella sua testa che ruggiva a pieni polmoni e pretendeva che
andasse
lì e trapassasse Victarion da parte a parte.
Spazio
autrice:
Chiedo
scusa per il ritardo con cui ho aggiornato,
ma la sessione estiva è cominciata e lo studio mi porta via
sempre più tempo.
Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto e sia valso
l’attesa; come
sempre vi chiedo di farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 5 *** Cap 5 ***
Cap
5
Quando
si separarono,
le fronti poggiate l’una a quella dell’altro,
Victarion le sorrise. Era un
sorriso aperto, solare, persino rispetto a quelli che solitamente le
elargiva.
-
Io … io devo
andare. Sì, è meglio che torni nelle mie stanze.
Cioè, nelle stanze mie e di
Euron – si corresse, indietreggiando e incespicando nei suoi
stessi passi.
L’uomo
emise uno
sbuffo divertito, probabilmente imputando quella reazione allarmata
alla
timidezza o al senso di vergogna che la attanagliava per aver baciato
qualcuno
che non fosse il suo uomo. D’accordo lei ed Euron non erano
effettivamente
sposati, ma persino una moglie di sale aveva dei precisi doveri di
coppia nei
confronti del suo uomo di ferro. Doveri che Kitty aveva disatteso
accettando la
corte di Occhio di corvo e finendo nel suo letto. Il pensiero che Erin
fosse
così innocente, per certi versi pura, lo spinse a domandarsi
quanto fosse
effettivamente fisica la relazione che c’era tra lei e suo
fratello. Euron non
era mai stato il tipo a cui interessavano le verginelle e aveva visto
molte
delle sue amanti per sapere che anche nel talamo era esigente quanto
nella vita
quotidiana. Che la giovane spadaccina braavosiana fosse ancora casta?
Scosse
la testa
mentre la guardava allontanarsi a passi svelti.
Doveva
smetterla di
fantasticare così tanto. Euron non si sarebbe mai preso una
moglie di sale
illibata e, sempre ammesso che l’avesse fatto, di sicuro non
avrebbe aspettato
tutto quel tempo per deflorarla.
-
Fratello. –
La
voce fredda e
tagliente del maggiore lo colse di sorpresa.
Euron
emerse dall’ombra,
fissandolo con uno sguardo che avrebbe ghiacciato il sangue nelle vene
a un
uomo meno coraggioso di lui.
-
Ti ho visto. A
quanto pare non mi sono spiegato a sufficienza quando ho detto che lei
è mia – disse.
-
Bè, sembra che la
storia sia destinata a ripetersi. –
Occhio
di corvo si
accigliò, - Che intendi dire? –
-
Solo che è
incredibile quanto la tua Erin assomigli alla mia Kitty. Non dirmi che
non l’hai
notato anche tu – concluse, sorridendo sornione.
Euron
lo afferrò per
il bavero della cappa, traendolo a sé con forza.
-
Ti avverto, Victarion,
tocca anche solo per sbaglio quella ragazza e la prossima volta che
farò un
bagno sarà in una vasca colma del tuo sangue. –
Il
comandante della
Vittoria di ferro si districò dalla presa con uno strattone,
restituendo al
fratello l’occhiataccia.
-
Credo che questa
volta sarà la giovane sirena a fare la sua scelta e credo
anche che tu non sia
neanche lontanamente in grado di possederla come ti piace tanto far
credere –
concluse.
Il
pirata serrò la
mascella con rabbia, certo che la vena pulsante sulla sua tempia
tradisse lo
stato d’animo in cui si trovava. Stava facendo la figura del
debole davanti a
quell’idiota di Victarion e tutto per colpa di quella
ragazzina che aveva
chissà per quale ragione deciso di concedere un assaggio di
quelle labbra di
miele a quello stolto.
-
Credi a questo,
fratello: se vedrò ancora le tue mani su Erin te le
staccherò a morsi. –
Poi,
furente, gli
voltò le spalle e puntò in direzione della zona
notte della roccaforte. Quella
braavosiana testarda doveva dargli alcune spiegazioni e sperava per lei
che fosse
molto convincente.
*
Erin
sentì la porta
aprirsi con forza, andando a sbattere contro la parete in fredda
pietra. Euron
stava in piedi sulla soglia, bello e peccaminoso come sempre, con gli
occhi che
sembravano essere due buchi neri e mandavano scintille di rabbia. La
mascella
serrata conferiva un’aria truce ai suoi lineamenti
già solitamente cupi e
tenebrosi. Sembrava uno spirito vendicativo risputato fuori dai Sette
inferi e
probabilmente nessun paragone sarebbe mai stato più calzante
di quello per
descriverlo.
-
Ti avevo detto di
stare lontana da Victarion – esordì, rabbioso.
-
No, non l’avevi
detto – replicò, pacata, posando la spazzola con
cui stava districando i
capelli.
-
Era sottinteso. Non
tollero che si dica in giro che Victarion ha preso la virtù
della mia giovane
moglie di sale. –
-
Perché dai per scontato
che ci sia ancora? Io non l’ho mai detto – gli fece
notare, secca, riprendendo
a spazzolarsi i capelli castani.
La
replica lo spiazzò
e impiegò un paio di secondi prima di trovare
qualcos’altro da dire.
-
E chi? Nessuno qui
a Pyke avrebbe mai osato … non sapendo che mi appartieni.
–
Riecco
quell’atteggiamento
possessivo che non sopportava. Lei era nata a Braavos, la
più grande delle
città libere, e l’idea che qualcuno potesse
pensare di vantare diritti o poteri
su di lei la faceva imbestialire.
-
Io non sono un
oggetto né un animale o un terreno, non appartengo proprio a
nessuno. –
Euron
scosse la mano
come avrebbe fatto per scacciare un insetto fastidioso e
tornò a fissarla con
intensità.
-
Chi? –
-
Non sono affari
tuoi. –
-
Chi?!? – chiese nuovamente,
alzando la voce.
Sobbalzò
leggermente,
suo malgrado colpita dall’intensità della sua
voce. Cominciava a capire perché tutti
lo temevano. Euron era incline agli sbalzi d’umore e quando
perdeva la calma
diventava decisamente terrificante. Abbandonò la sedia
davanti alla toletta per
mettere una distanza maggiore tra loro, avvicinandosi
all’elsa della sciabola
che aveva lasciato accanto al letto.
-
Un comandante della
cavalleria della Compagnia Dorata … Nymeros Sand –
mormorò in risposta, le gote
lievemente arrossate mentre ripensava al giovane dorniano che secondo
alcune
dicerie non era che il figlio bastardo di Ser Arthur Dayne.
Aveva
conosciuto
Nymeros tre anni prima, quando il giovane aveva diciannove anni ed era
giunto a
Braavos insieme alla sua Compagnia per accettare un contratto proposto
dalla
città libera, e si erano piaciuti subito. L’aveva
vista battersi contro uno dei
mercenari, che aveva pensato che una bella ragazza adolescente fosse
una preda
facile per soddisfare i propri pruriti, ed era intervenuto portandola
via prima
che il resto della Compagnia trovasse qualcosa da ridire.
L’accento
di Dorne
che scaldava la lingua comune si intonava bene alla carnagione
olivastra, gli
scompigliati capelli biondi e gli occhi tendenti al violaceo tipici dei
Dayne.
L’aveva scambiato per un signore dei Draghi inizialmente,
tanto era bello, ma
Nymeros aveva riso e scosso la testa. Lui era Nymeros Sand,
“l’ombra della
tempesta”, bastardo della “Spada
dell’alba” e null’altro.
L’aveva stregata con
i racconti delle imprese della Compagnia e aveva vinto ogni sua ultima
resistenza nel momento stesso in cui le loro labbra si erano
incontrate.
Forse
non era stato
vero amore, magari Nymeros non era nulla più che
l’immatura attrazione di una
sedicenne che sognava di lasciare Braavos, ma non si era mai pentita di
ciò che
gli aveva concesso.
Lanciò
un’occhiata a
Euron, improvvisamente tornato calmo.
Forse
l’idea che
colui che aveva conquistato la sua virtù fosse lontano e
sconosciuto era stata
una risposta sufficiente a placare il suo furore.
-
Un mercenario e per
di più bastardo, quindi, e adesso sei circondata dai pirati.
Dimmi, ragazzina,
le fanciulle della tua età una volta non sognavano un prode
cavaliere o magari
un valente principe che le portasse via su un bel cavallo bianco?
– la sbeffeggiò.
-
Ho sempre trovato i
cavalieri sopravvalutati e i valenti principi decisamente noiosi.
–
Occhio
di corvo stirò
le labbra in un sorriso sghembo.
In
nome degli Dei,
quando assumeva quell’espressione i brividi lungo la schiena
cominciavano a
scorrerle sempre più intensamente e doveva fare appello a
tutta la sua forza di
volontà per impedirsi di concedersi interamente a
quell’uomo.
-
Allora troverai
Victarion l’essenza stessa della noia, te lo garantisco.
Dimmi, bambina, eri
languida e disponibile anche nel suo abbraccio così come lo
eri nel mio o sei
stata solo meramente cortese e non l’hai respinto quando ha
posato le labbra
sulle tue? –
Erin
sgranò gli
occhi, incredula.
-
Io non ero proprio
per niente languida e disponibile – esclamò.
-
Oh, sì che lo eri.
Fidati, so riconoscere quando una donna mi vuole. –
-
E invece non credo
proprio. –
Euron
le si avvicinò
con l’andatura sinuosa di una pantera a caccia e le
posò le mani sui fianchi,
attirandola a sé con decisione.
Non
attese un suo
segnale d’assenso e si chinò a baciarla come aveva
fatto nel campo. La sentì
fare resistenza, ma alla fine si arrese e schiuse la bocca per
permettergli di
andare incontro alla sua lingua.
Abbandonò
le labbra
per scendere lungo il collo candido, tempestandolo prima con piccoli
baci delicati
e poi con lievi morsi sempre più incalzanti. Sorrise contro
la sua pelle quando
la sentì fremere e stringersi ancora di più
contro di lui.
-
Hai visto –
mormorò, baciandola in corrispondenza della carotide
pulsante, - Assolutamente
languida. –
Stava
per
accarezzarle una guancia quando si ritrovò puntata contro la
lama della
sciabola della ragazza.
-
E assolutamente non
disponibile – concluse per lui, la voce ancora roca per
l’effetto di tutti quei
baci.
Euron
rise, alzando
le mani come a mostrarsi disarmato. Il problema era che Erin temeva
molto più l’effetto
che aveva sul suo corpo di tutto il resto. Quando quell’uomo
le si avvicinava
il suo cervello si spegneva e sembrava perdere la capacità
di pensare
lucidamente.
-
Oh, bambina, ti
assicuro che non ho alcuna intenzione di portarti a letto –
disse, venendo
interrotto da uno sbuffo incredulo, per poi aggiungere: -
Perché sono
assolutamente certo che sarai tu stessa a farlo prima o poi. –
Erin
fece per
replicare, ma non era mai stata brava a mentire e aveva la sgradevole
sensazione che il pirata non fosse andato poi troppo lontano dalla
verità. Non
era riuscita a resistere a Nymeros, che non le faceva effetto quanto
Euron, quindi
che speranze poteva mai avere di resistere. Era una ragazzina finita
nella tana
del lupo … un grosso e nero lupo di mare.
Spazio
autrice:
Dopo
un ritardo super disastroso per
cui non ho scusanti se non che l’ispirazione aveva fatto le
valigie ed era
partita per Pyke, eccomi nuovamente qui. Spero che il capitolo vi
piaccia e che
vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt
|
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Capitolo 6 *** Cap 6 ***
Cap
6
Euron
dormì poco
quella notte. L’arrabbiatura nei confronti di Victarion era
ancora cocente e il
pensiero dell’Acclamazione di Re che si sarebbe tenuta nel
pomeriggio
contribuiva ad accrescere il suo stato d’insonnia. E poi
c’era un altro
problema, di natura più … personale, per
così dire. Il bacio con Erin aveva
acceso un intenso desiderio e, per quanto si fosse sforzato di apparire
indifferente, doveva ammettere almeno a se stesso che
quell’erezione
insoddisfatta l’aveva lasciato con l’amaro in
bocca.
Gettò
le lenzuola ai
piedi del letto, raggiungendo lo scrittoio e recuperando una boccetta
di Ombra
della sera che teneva sempre a porta di mano per situazioni come
quelle. Ne
fece cadere due gocce sulla punta della lingua, versandosi poi una
coppa di
vino di Arbor ed eliminando il retrogusto amaro con il calore della
bevanda.
Lanciò
un’occhiata in
direzione del letto.
Erin
dormiva
profondamente, le lunghe ciglia che celavano le iridi azzurre e
disegnavano due
sorta di mezzelune scure sulla pelle chiara. Avvolta nella candida
veste da
notte, raggomitolata sotto le coperte, appariva più giovane
di quanto non fosse
in realtà e infinitamente più indifesa.
Victarion
aveva detto
che lei e Kitty erano incredibilmente simili, ma si sbagliava. Certo,
fisicamente si assomigliavano molto, era innegabile, ma
caratterialmente erano
gli opposti. Kitty era stata dolce e romantica, un po’
ingenua riguardo a tutto
ciò che riguardava ciò che c’era fuori
dal talamo. Erin invece era una
combattente, abituata a far valere la propria opinione e ad aspettarsi
di
essere ascoltata. Kitty era stata il prototipo della perfetta moglie di
sale,
mentre Erin era come Asha, una donna delle isole.
Una
donna di ferro.
Rise
tra sé e sé
mentre il pensiero prendeva forma nella sua testa. Se qualcun altro
l’avesse
sentito dire una cosa del
genere avrebbe
detto che Occhio di corvo era addirittura più pazzo di
quanto desse a vedere.
Magari
era davvero
così. Forse in tutti quegli anni passati a predare in ogni
angolo di terra
conosciuto aveva finito con il perdere il senno.
Sedette
sul davanzale
della grande finestra che si affacciava direttamente sullo strapiombo.
Aveva
sempre adorato quella stanza e con essa la vista che regalava ai suoi
occupanti. Sembravano passati secoli da quando lui e Balon stavano
alzati fino
a tardi a bere vino e a giocare la danza delle dita o a scambiarsi
racconti di
avventure con questa o quella donna. Almeno a se stesso poteva
ammetterlo: la
morte di suo fratello l’aveva turbato. Tra tutti Balon era
stato l’unico che avesse
mai considerato alla sua altezza; era un peccato che fosse dovuto
morire perché
Euron potesse ottenere ciò che bramava.
O,
almeno, buona
parte di ciò che bramava. Era tornato a Pyke, avrebbe
partecipato
all’Acclamazione di Re e l’avrebbe vinta
… l’unico punto interrogativo era la
figura acciambellata nel suo letto. Se qualcuno gli avesse detto,
appena due
settimane prima, che una donna avrebbe diviso il letto con lui
esclusivamente
per dormire avrebbe pensato di trovarsi davanti un individuo
completamente
fuori di testa.
Euron
Greyjoy non
dormiva con una donna; o, per meglio dire, non ci dormiva se prima non
l’aveva
posseduta più e più volte. Eppure quella
ragazzina era lì e sperava davvero che
continuasse a starci per molto altro tempo.
Emise
un gemito disgustato.
Si stava forse trasformando in una di quelle patetiche donnette come
Aeron? O,
gli Dei non volessero, in un individuo tutto sorrisi, paroline dolci e
“mia
sirena” di qua e “mia sirena” di
là come quell’idiota di Victarion?
No,
lui era Euron
Greyjoy, Occhio di Corvo, il pirata nero, il terrore di Westeros.
Alla coppa di vino ne
seguirono rapidamente
altre due che poi diventarono tre, quattro, cinque … fino a
perdere il conto e
barcollare a letto. Stordito dagli effluvi dell’alcool e
dalla piacevole
sensazione di pace dovuta al consumo dell’Ombra della sera,
riuscì finalmente a
precipitare in un profondo sonno senza sogni.
*
Quando
aprì gli occhi
Erin si stupì di trovare accanto a sé il corpo
asciutto e muscoloso di Euron.
L’uomo
era sdraiato
sulla schiena, le palpebre abbassate a celare gli occhi eterocromi.
Sembrava
quasi innocuo mentre dormiva, considerò, posando il volto
sul cuscino e
rimanendo immobile a guardarlo.
Se
si fosse svegliato
in quel preciso istante non avrebbe saputo che scusa inventare, ma non
le
importava. Era così bello che sembrava quasi sbagliato il
fatto che sapesse
essere tanto spietato. Lasciò vagare lo sguardo dal viso dai
tratti mascolini
fino al petto nudo. Non era muscoloso quanto Victarion, la cui
prestanza era
ben intuibile persino sotto gli strati dei vestiti, ma aveva un bel
torace …
piacevole a guardarsi, decise, arrossendo di botto. Non aveva alcun
bisogno di
fissarlo mezzo nudo e constatare quanto le piacesse, non ora che aveva
assodato
che l’attrazione che provava nei suoi confronti era
decisamente dura da tenere
a bada.
-
Ti piace quello che
vedi, bambina? –
Sobbalzò,
colta di
sorpresa. Era talmente presa dalle sue considerazioni che non si era
accorta
che Euron si era svegliato e la stava guardando con sfrontatezza mista
a una
punta ben percettibile di compiacimento.
-
Non parli? Strano,
eppure sono abbastanza sicuro di non averti mozzato la lingua
– considerò, lo
scintillio divertito ancora presente nello sguardo.
Distolse
lo sguardo,
ignorandolo.
Era
un comportamento
infantile, lo sapeva bene, ma non le importava. Meglio essere presa per una bambina intimidita
che lasciargli
capire quanto fosse stato difficile tenere a bada il desiderio di
toccarlo.
-
Non hai
un’Acclamazione di Re nel pomeriggio? Non devi prepararti un
discorso o
qualcosa del genere? – chiese d’un tratto.
Euron
si accigliò,
sorpreso.
-
E tu come fai a
sapere di cosa si tratta? Ah, certo, Victarion – si rispose
da solo.
-
Veramente non è
stato Victarion a spiegarmelo, ma Dagmer –
precisò, piccata.
-
Dagmer è vecchio –
disse, con una strana espressione dipinta sul viso che, a giudicare dal
tono,
doveva essere indignazione. O la cosa che ci andava più
vicina, visto che non
era affatto sicura che esistesse qualcosa che Euron Greyjoy trovasse
immorale.
-
Non poi così vecchio.
Avrà dieci anni più di te,
e poi cosa c’entra la sua età? Credi che
già soffra di demenza senile? –
Mentre
lo diceva si
rese conto che lei in effetti non aveva la minima idea di quanti anni
avesse
Euron. Sapeva che tra lui e Victarion c’era poca differenza
d’età,
contrariamente a Balon, ma non conosceva un numero preciso.
-
Dodici anni in
realtà, io ne ho trentotto e lui cinquanta –
precisò, dando risposta alla sua
muta domanda, per poi aggiungere: - E no, non credo che soffra di
demenza, ma
se posso arrivare a capire l’interesse per Victarion, quello
per Dagmer mi
sfugge completamente – ammise.
Erin
scoppiò a
ridere.
Quell’idiota
pensava
davvero che Dagmer Mascella Spaccata le interessasse in quel
senso? Aveva passato molto tempo alle lizze in quei giorni e
aveva mostrato al vecchio uomo di ferro ciò che era in grado
di fare,
conquistandone se non proprio l’ammirazione almeno il
rispetto. Dagmer avrebbe
potuto essere la forte figura maschile che non aveva avuto con suo
padre.
-
Tu pensi che a me
piaccia fisicamente? Dagmer
potrebbe
anche essere stato attraente da giovane, e sottolineo potrebbe,
ma adesso l’unica cosa che m’interessa in lui
è l’abilità
di guerriero. È interessante e istruttivo passare un
po’ di tempo nelle lizze
con lui, senza contare che mi aiuta a tenermi in movimento. –
-
Anch’io potrei
tenerti in movimento, se me lo permettessi –
ribattè, insinuante, rotolando di
lato e sfiorandole con la mano la pelle nuda tra il collo e la spalla.
La
ragazza si morse l’interno
della guancia per impedire al sospiro che le aveva invaso la gola di
sfuggirle
dalle labbra.
-
Grazie per l’offerta,
ma no. –
Scivolò
giù dal
letto, avvolgendosi nella cappa d’ermellino sulla sedia
più vicina, e si
avvicinò al baule colmo di abiti. Dopo una breve e
infruttuosa ricerca, lanciò
un’occhiata significativa all’uomo ancora sdraiato
nel letto.
-
Cosa c’è, bambina? –
-
Che si indossa a un’Acclamazione
di Re … che devo mettermi in qualità di moglie di
sale? –
Il
pirata si
accigliò, per poi scuotere la testa, - Non ho la minima idea
di cosa preveda la
moda femminile. Però mi piacerebbe che indossassi quello al
banchetto di
stasera – aggiunse, indicando l’abito rosso rubino
intarsiato con delicati
ricami in filo d’oro che stava nell’angolo.
Erin
lo studiò con
circospezione. Effettivamente era un abito stupendo, elegante e
sensuale allo
stesso tempo, e non aveva alcun dubbio che le sarebbe stato aderente
come una
seconda pelle celando poco o niente delle sue forme. Nessuna sorpresa
che a
Euron piacesse così tanto, quindi.
-
Tu vinci quell’Acclamazione
e io potrei anche prendere in considerazione l’idea di farti
piacere
acconsentendo a indossarlo. –
Le
labbra sottili del
pirata si stirarono in un sorriso sghembo.
-
Lo sai che dal
farmi al darmi piacere il passo
è
molto corto, vero bambina? –
Sbuffò,
alzando gli
occhi al cielo. Cominciava davvero a credere che fosse ossessionato dal
sesso.
Come
tutti gli uomini del resto, ma ti
sfugge il fatto che magari sia ossessionato dall’idea di fare
sesso con te,
sussurrò la voce della ragione.
La
scacciò via con
una scrollata di spalle.
Indossò
il primo
abito che le capitò tra le mani e annunciò che
andava a fare colazione. Giunta
nella sala dei banchetti trovò Asha in compagnia di
Victarion e Dagmer, intenti
a parlare fittamente e masticare cibo.
La
figlia di Balon
alzò lo sguardo non appena entrò nella stanza,
rivolgendole un lieve sorriso di
benvenuto. Era strano vedere Asha sorridere perché sembrava
sempre che fosse
più pronta a ringhiare contro chi la circondava che a
mostrarsi affettuosa, ma
le fece piacere.
-
Erin, unisciti a
noi – la invitò, indicandole lo scranno di fronte
al suo.
La
ragazza obbedì,
salutando tutti i presenti con un sorriso e selezionando con cura delle
fettine
di gabbiano ben abbrustolite e un po’ di frutta.
Mangiarono
in silenzio
e si ritrovò più volte a sorprendere Victarion
mentre la osservava. Gli occhi
scuri indugiavano sul corsetto con una tale intensità che
Erin si meravigliò di
non essere ancora arrossita come un pomodoro. Probabilmente stava
semplicemente
facendo l’abitudine ai commenti di Euron e le semplici
occhiate non avevano più
il potere di farla imbarazzare.
-
Mio zio non si
unisce a noi? – chiese d’un tratto Asha,
lanciandole un’occhiata a metà tra
l’incuriosito
e il penetrante.
-
No, Euron è
piuttosto stanco, immagino preferisca fare colazione nelle sue stanze
–
ribattè, per poi riprendere a masticare piano il gabbiano.
La
carne era stata
insaporita e affumicata al punto che era ormai quasi impossibile
distinguerlo
da una qualsiasi altra pietanza.
Gli
occhi di Asha
luccicarono divertiti
come se imputasse
il motivo della sua stanchezza a ben altro che all’insonnia e
al malessere
psichico dello zio. Victarion apparve corrucciato e Dagmer si
lasciò andare a
un attacco di tosse catarrosa che quasi certamente celava una di quelle
risate
virili che avevano gli uomini quando si parlava di sesso.
Improvvisamente
l’ondata
d’imbarazzo tornò a sommergerla come una spiaggia
durante l’alta marea e sentì
il bisogno di ritirarsi.
Abbandonò
cibo e
vivande e, dopo essersi congedata con un sorriso di scuse,
uscì a passi svelti
dalla sala.
Puntò
verso il parco
degli dei, fermandosi sulla cima della scogliera e osservando le onde
del mare
in burrasca che si infrangevano contro le rocce nere. Un paio di mani
forti e
coperte di calli le cinsero i fianchi, costringendola a voltarsi verso
il loro
proprietario. Sapeva di chi si trattava ancora prima di scorgerne il
volto.
Victarion
le
accarezzò delicatamente una guancia, chinandosi verso le sue
labbra, ma questa
volta Erin era preparata e non si lasciò cogliere di
sorpresa. Frappose una
mano tra sé e il torace muscoloso, tirandosi indietro e
sfuggendo al contatto.
Gli
occhi scuri si
riempirono di delusione e sconcerto.
-
Non è il caso,
Victarion. –
-
Euron se l’è presa
con te? – chiese, all’improvviso sul piede di
guerra.
-
Era furioso, mi ha
spaventata –, ammise, - ma aveva ragione. Sono la sua moglie
di sale, non la
tua, e quello che è successo tra noi non deve più
ripetersi. –
-
Non se vinco l’Acclamazione
di re. In quel caso Euron andrà via da Pyke e tu potrai
rimanere con me. –
Erin
si accigliò. Il
suo discorso era sensato, in effetti, ma piuttosto che rimanere a Pyke
ed
essere destinata a essere solo la concubina del re avrebbe preferito
prendere
nuovamente il mare e continuare a essere libera. Inoltre dubitava
fortemente
che Victarion riuscisse a sconfiggere Euron all’Acclamazione.
Non glielo disse,
però, perché non voleva essere crudele.
-
Ne riparleremo dopo
l’Acclamazione – si limitò a ribattere,
sfuggendo dalla sua presa e lasciandolo
lì. –
Spazio
autrice:
Come
promesso, ho aggiornato in modo
molto più celere. Spero che anche questo capitolo vi sia
piaciuto, fatemi
sapere! Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt
|
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Capitolo 7 *** Cap 7 ***
Cap
7
Quando
giunse il
momento dell’Acclamazione di Re, Erin lasciò che
Dagmer Mascella Spaccata le si
avvicinasse per indirizzarla verso quello che sarebbe dovuto essere il
suo
posto. L’intero equipaggio della Silenzio, più
tutti gli uomini di ferro leali
a Euron, erano rintanati in un angolo e circondavano il loro
comandante. Anche
l’anziano uomo di ferro era dei loro, come
testimoniò la sua presa di posizione
al fianco del secondogenito della Piovra.
Dall’altro
lato stava
Victarion, circondato dai membri della Vittoria di ferro e dai suoi
fedeli,
mentre Asha restava in posizione leggermente rialzata e osservava tutti
loro
con quel suo sguardo rapace. Assomigliava certamente molto
più a suo zio Euron
che agli altri due, considerò.
Dagmer
le aveva
spiegato quanto bastava per avere un’idea chiara di come si
sarebbe svolta l’Acclamazione.
Uno alla volta gli uomini di ferro che desideravano proporre la propria
candidatura si sarebbero fatti avanti e avrebbero pronunciato il loro
discorso.
Cominciare per primi non era una scelta saggia, perché dopo
tutti quei fiumi di
parole gli uomini avrebbero presto dimenticato le parole
dell’uno e dell’altro,
quindi i principali contendenti avrebbero atteso la fine per parlare.
Cominciò
l’Acclamazione
un vecchio uomo di sale, talmente debilitato che dovette essere
sostenuto dai
suoi figli per arrivare al punto prestabilito. Le urla furono poche,
quasi
tutte dagli appartenenti alla sua Casata. Venne poi il turno di altri
due
uomini, con risultati non molto differenti dal primo contendente.
Poi
calò il silenzio.
Victarion,
Asha ed
Euron si lanciarono occhiate in attesa che uno di loro facesse la sua
mossa. Fu
Victarion a farsi
avanti, accolto dai
battiti ritmati dell’equipaggio della Vittoria di Ferro.
Aeron guardava il
fratello con aria carica d’aspettativa. Non c’era
alcun dubbio su chi favorisse
il sacerdote del Dio Abissale.
-
Sono stato un fratello
leale. Quando Balon si sposò, inviò me a Harlaw a
prendere la sua sposa. Ho
comandato le sue navi lunghe in molte battaglie, e le ho vinte tutte
tranne
una. La prima volta che Balon fu incoronato, salpai io
l’ancora per andare a
Lannisport ad accendere il fuoco sotto la coda del Leone. La seconda
volta,
mandò me a scuoiare il Giovane lupo, nel caso fosse tornato
a casa urlante.
Quello che avrete da me è nulla più di quello che
avete avuto da Balon. È tutto
ciò che ho da dire – concluse.
Le
acclamazioni si
levarono al vento con vigore. Victarion possedeva il dono di ogni bravo
comandante: sapeva infondere fiducia e coraggio nei suoi uomini.
Tuttavia
dubitava che quello fosse sufficiente a garantirgli un posto da re.
E,
a giudicare dal
sorrisetto che solcava le labbra bluastre di Euron, anche lui la
pensava così.
Victarion
tornò al
suo posto, rivolgendole uno sguardo di sfuggita, come in cerca della
sua
approvazione. Non seppe trovare nulla di meno compromettente che
limitarsi a un
piccolo cenno del capo, come a dire che aveva registrato e apprezzato
ogni sua
parola.
Fu
Asha a farsi
avanti, facendosi largo tra i suoi uomini. A quanto ne sapeva, era la
prima
volta che una donna si faceva avanti per reclamare il Trono del Mare.
-
Pace, terra,
vittoria. Io vi darò la punta del Drago marino e la Costa
Pietrosa, terra nera
e alberi alti e pietre sufficienti perché ogni ragazzo possa
costruirsi una
dimora. E poi gli uomini del Nord saranno nostri amici, pronti a
lottare con
noi contro il Trono di Spade. È molto semplice. Se
incoronate me avrete pace e
vittoria. Se invece scegliete mio zio avrete ancora guerre e sconfitte.
–
Rinfoderò la daga con cui stava giocherellando durante il
discorso, rivolgendo
agli uomini sotto di lei uno sguardo di sfida. – Cosa
scegliete, uomini di
ferro? –
Il
suo equipaggio
esplose in un boato di acclamazioni, seguito da diversi uomini. Tanti,
più di
quanti avevano sostenuto Victarion e sicuramente un numero
infinitamente
superiore a quello che chiunque altro si sarebbe aspettato.
Persino
Euron perse
il suo sorrisetto compiaciuto, ma a parte questo non diede segno di
essere
rimasto impressionato dal discorso della nipote.
Ed
Erin ebbe la
conferma di quanto aveva pensato la prima volta che aveva visto Asha
Greyjoy:
quella era davvero una donna di ferro, la degna erede della Piovra.
Era
il turno di
Occhio di Corvo, come le annunciò il fruscio del pirata
accanto a lei. L’uomo
si chinò leggermente su di lei, a sussurrarle
all’orecchio con un sorrisetto
sornione, - Beh, non mi auguri buona fortuna, bambina? –
Non
attese la sua
risposta e si fece largo tra la folla.
-
Un senza Dio non
può sedere sul Trono del Mare, questa è pura
blasfemia – esordì Aeron ancora prima
che il fratello avesse modo di fare il suo discorso.
Gli
occhi eterocromi
di Euron si posarono su di lui mentre un sorrisetto beffardo
accompagnava quell’occhiata
capace di gelare un vulcano in eruzione.
-
Senza Dio? Aeron,
io sono l’uomo più devoto che abbia mai solcato il
mare! Tu, Capelli Bagnati,
servi un Dio ma io ne ho serviti diecimila. Da Ib ad Asshai, quando la
gente
vede le mie vele, tutti si mettono a pregare. –
Aeron
parve incapace
di trovare una replica, e si limitò a borbottare: -
Victarion deve essere re o
la tempesta ci spazzerà via tutti. –
Alle
orecchie di Erin
era un discorso che non aveva il minimo senso, ma sapeva che gli uomini
di
ferro temevano le tempeste come tutti coloro che solcavano i mari.
Così rimase
in attesa della reazione dei presenti; tuttavia sembrava che fossero
troppo
timorosi nei confronti di Euron per contestare in modo aperto la sua
candidatura.
-
Sono io la
tempesta; la prima e l’ultima – replicò,
sempre mantenendo quell’espressione
serafica, per poi cominciare il suo discorso: - Siamo uomini di ferro,
una
volta eravamo conquistatori. Il nostro mandato si estendeva ovunque si
udisse
il rumore delle onde. Mio fratello vorrebbe che vi accontentaste del
freddo e
cupo Nord, mia nipote vorrebbe concedervi ancora meno … ma
io vi darò
Lannisport, Alto Giardino, Arbor, Vecchia Città. Vi
darò le terre dei fiumi e l’Altopiano,
il Bosco del Re e quello delle Piogge, Dorne e le terre basse, le
montagne
della Luna e la terra di Arryn, Tarth e Scala di Pietra. Io dico,
prendiamoci
tutto! Io dico, prendiamo il Continente Occidentale. –
In
quel preciso
istante fu chiaro chi avrebbe vinto, ancora prima che Euron tirasse
fuori il
corno in grado di domare i draghi.
Il
nuovo Re del Mare
venne portato in trionfo dai suoi uomini e rimesso giù solo
quando si ritrovò
davanti a lei. Allora le tese una mano, attirandola a sé e
chinandosi a
baciarla. Non c’era nulla di passionale in quel gesto, era
una mera ripicca nei
confronti di Victarion. Un po’ come se volesse dimostrargli
che gli aveva preso
tutto un’altra volta: il trono e la donna.
In
mezzo a quei
festeggiamenti, Erin vide Asha radunare
i suoi uomini, imbarcarsi e levare frettolosamente le ancore. Non ci
sarebbe
stato posto per lei a Pyke, non finchè non si fosse
sottomessa a suo zio e lo
avesse riconosciuto come re. Ebbene, la giovane braavosiana dubitava
seriamente
che l’avrebbe mai fatto.
Euron
la ricondusse
al castello a cavallo, tenendola stretta tra le sue braccia forti come
aveva
fatto il giorno in cui erano approdati sulle rocciose coste della terra
degli
uomini di ferro.
Si
ritirò nelle sue
stanze per il tempo che le serviva a prepararsi. Indossò
l’abito rosso che
tanto piaceva a Euron, memore della promessa che gli aveva fatto,
sperando che
l’uomo non pensasse che fosse un modo per annunciargli la sua
disponibilità.
Non avrebbe ottenuto nulla da lei, re o meno.
Osservandosi
nello
specchio a figura intera nell’angolo, dovette ammettere che
le donava. Ed era
tremendamente aderente, proprio come aveva immaginato nel momento in
cui l’aveva
visto per la prima volta. Le metteva in risalto i seni pieni, facendoli
apparire come frutti maturi in attesa di essere colti, e la vita
stretta, ma
allo stesso tempo era abbastanza largo dai fianchi in giù
per permetterle di
muoversi agevolmente.
Indossò
un girocollo
d’oro e rubini, che ben si intonava all’abito, e
una piccola tiara realizzata
in ferro e sale. Era l’equivalente di una corona per la
moglie di sale del re.
Si
diresse poi verso
la sala dei banchetti, incrociando lungo la strada Dagmer Mascella
Spaccata e
un paio di nobili di ferro che avevano sostenuto la candidatura di
Euron.
-
Mia signora – disse
l’anziano
uomo, inchinandosi con
rispetto, mentre gli altri facevano lo stesso dopo un attimo di
esitazione.
Di
solito il re
sceglieva una moglie di ferro e relegava al ruolo di semplici concubine
quelle
di sale, ma Euron non era sposato e non sembrava intenzionato a
provvedere in
quel senso quindi ciò faceva di lei, attualmente la sua
unica moglie di sale,
quanto di più vicino ci fosse a una regina.
Chinò
graziosamente
il capo, non sapendo bene cosa ci si aspettasse da lei. Non conosceva
sufficientemente il protocollo di corte, né se era per questo la cultura di
Pyke, per sapere
quale fosse il comportamento più adeguato per una donna del
suo status.
Fortunatamente
Victarion comparve proprio in quel momento, inchinandosi a sua volta e
porgendole cavallerescamente il braccio.
-
La mia signora
permette al suo umile cognato di scortarla al banchetto? –
chiese, a uso e consumo
dei presenti, mentre negli occhi brillava quel luccichio che le
indirizzava
ogni qualvolta in cui i loro sguardi si incrociavano.
Annuì,
incastrando il
braccio nel suo, lasciandosi condurre via.
-
Da spadaccina
braavosiana a unica moglie di sale del nuovo re, immagino che sia
abbastanza
spiazzante – disse una volta che furono lontani da orecchie
indiscrete. Nel
voltarsi verso di lei lo sguardo gli cadde sulla scollatura profonda
dell’abito
e una scintilla cupida passò per una frazione di secondo nei
suoi occhi.
-
Abbastanza. So che
Asha è partita immediatamente dopo l’esito
dell’Acclamazione. –
Voleva
cambiare
argomento, allontanarsi da quel terreno insidioso su cui Victarion la
stava
conducendo.
-
Mossa saggia. Euron
le troverà un marito, qualcuno sufficientemente vecchio e
dalla scarsa
importanza in modo che non sia un problema. –
Beh,
non ce la vedeva
proprio Asha che si lasciava concedere in sposa al primo vecchio bavoso
che
compiaceva suo zio.
-
Tu invece sei
rimasto. –
-
Io non ho nulla da
temere. Non può costringermi a sposarmi e poi ha bisogno di
me, rimango il
comandante migliore in circolazione. –
-
Hai davvero perso
una sola battaglia? –
-
Aye. Però qualcuno
direbbe che l’Acclamazione
di oggi conta
come la seconda sconfitta. –
-
Quel qualcuno
dovrebbe sapere che c’è chi è nato per
essere un guerriero e chi per essere un
re – ribattè.
-
Ed Euron è un re,
immagino che tu sia contenta di non essere la moglie di sale di un
semplice guerriero
– concluse per lei, astioso.
-
Adesso sei ingiusto
– replicò, districandosi dalla sua presa e facendo
per voltargli le spalle. Le
mani di Victarion però si chiusero sulla sua vita sottile e
la costrinsero a
voltarsi nuovamente verso di lei.
-
Perdonami. L’esito
dell’Acclamazione non è colpa tua e lo hai
conosciuto molto prima che noi
avessimo modo di incontrarci. In circostanze diverse adesso saresti al
mio
fianco. –
Dubitava
seriamente
che Euron se ne sarebbe stato al suo posto, ma evitò di
farglielo notare.
Rammentargli come erano andate le cose con Kitty non avrebbe sortito
altro
effetto che riaprire una ferita non ancora del tutto rimarginata.
-
Forse. In un altro
momento, un altro luogo, altre circostanze. –
Varcarono
l’ingresso
della sala senza aggiungere altro. L’una troppo impegnata nel
mostrarsi all’altezza
della situazione e l’altro troppo amareggiato per nasconderlo.
Erin
prese posto
accanto a Euron, godendosi lo sguardo dell’uomo mentre
avanzava verso di lui. I
suoi occhi eterocromi non la perdevano di vista per un istante,
incollati all’abito
rosso e alla sua figura che procedeva sinuosamente lungo lo stretto
corridoio
che la separava da lui.
Le
spostò lo scranno
per permetterle di sedergli accanto, facendo un cenno
affinchè uno dei valletti
le riempisse il calice di vino.
Era
un sapore forte,
deciso, molto alcolico. Vino di Dorne, decretò
sorseggiandolo lentamente.
-
Hai indossato l’abito
che mi piace. –
-
Te l’avevo promesso
nel caso in cui avessi vinto, no? – ribattè,
inarcando un sopracciglio.
-
Sì, lo avevi
promesso. Confesso che ti sta meglio di quanto la mia mente fantasiosa
pensasse
– disse, seguendo il contorno dorato della scollatura con le
dita. – Ma immagino
che senza staresti se possibile persino meglio di così.
–
-
Peccato che sembra
che tu non sia destinato a scoprirlo, Re Euron – concluse,
calcando
appositamente sul titolo.
-
Quindi non hai intenzione
di compiacere il tuo re? –
-
Sono una
braavosiana, noi non abbiamo re – replicò
candidamente, strappandogli l’accenno
di una risata.
-
E brava la mia
piccola spadaccina, sempre con la risposta pronta. –
Buttò
giù il
contenuto del boccale in un sorso solo.
-
Ho deciso di fare
un dono a mio fratello – disse d’un tratto,
accennando a una delle schiave che
lavoravano sulla Silenzio e a cui era stata mozzata la lingua, che era
abbigliata con una veste grezza e se ne stava in un angolo come avrebbe
fatto
un cane in attesa di ordini. – Così forse
sarà abbastanza impegnato dallo
smettere di tentare di entrare nel tuo letto. –
Erin
scrollò le
spalle, ostentando disinteresse, proprio mentre Dagmer si avvicinava al
nuovo
re porgendogli una missiva.
Euron
la scorse
rapidamente, annuendo all’indirizzo del suo nuovo Primo
Cavaliere.
-
Novità? – chiese,
vedendo sparire l’uomo fuori dalla sala.
-
Ospiti. La
Compagnia Dorata ha inviato la sua risposta; il primo contingente
è già fuori
dalle mura. –
La
Compagnia Dorata.
Capelli
biondi,
carnagione dorata e occhi viola balenarono tra i suoi ricordi.
Erano
passati tre
anni da quando aveva visto Nymeros per l’ultima volta, poteva
anche darsi che
del giovane comandante non fossero ormai rimaste che polvere e ossa.
Eppure una
parte di lei ancora palpitava al pensiero di incontrarlo di nuovo. Si
sarebbe
ricordato di lei e l’avrebbe riconosciuta?
-
Già, il tuo giovane
mercenario. Se avessi saputo prima di quella storia mi sarei rivolto ai
Secondi
Figli, ma ormai il contratto è stato concluso –
disse, come leggendole nella
mente.
Fu
allora che Dagmer
rientrò, seguito da un piccolo contingente di mercenari
dalle cotte coperte d’oro.
E in testa, i capelli biondi come l’oro
dell’armatura, le iridi paragonabili
solo al viola delle ametiste più pure, il volto baciato dal
Sole, c’era lui.
Nymeros
sembrava essere
ancora più bello di quanto fosse nei suoi ricordi. Un vero e
proprio dono degli
Dei.
Sgranò
appena gli
occhi quando il suo sguardo si posò su di lei ed Erin seppe
che l’aveva
riconosciuta all’istante e mai dimenticata.
-
Euron Occhio di
Corvo Greyjoy, Signore di Pyke e degli uomini di ferro, legittimo
detentore del
Trono del Mare – disse, chinando appena il capo, - Io,
Nymeros Sand, ombra
della tempesta, figlio bastardo della spada dell’alba e
comandante della
Compagnia Dorata ti saluto. –
-
Salute a te,
comandante Nymeros. Unisciti a me e alla mia regina. –
Il
sorriso di Euron
era freddo e calcolatore, come se stesse vagliando ogni minima
espressione del
giovane.
Doveva
ammettere che
era decisamente più che attraente, provvisto di quello
charme proprio dei
Dayne, e sicuramente un avversario molto più temibile del
mite Victarion.
Nymeros
sedette
accanto a Erin, sorridendole, ma senza tradire altro che una cortese
allegria
per quell’incontro inaspettato. Almeno finchè, da
sotto il tavolo, fece
scivolare la sua mano coperta dai segni delle battaglie e dai calli su
quella
sottile di Erin e la strinse appena.
La
braavosiana cercò
di mascherare il fremito che quel contatto le aveva causato versandosi
diplomaticamente altro vino.
Dopo
tanti anni il
giovane dorniano le faceva ancora lo stesso effetto.
Finirono
di mangiare
così, intervallando bocconi e calici a qualche rapido e
segreto sfioramento di
mani.
Terminato
il pasto
Erin lasciò Euron a discutere della partenza della mattina
dopo alla volta dell’Altopiano
e s’incamminò verso il corridoio che portava alla
zona notte.
Un
rumore di passi le
annunciò che qualcuno la stava seguendo. In un primo momento
pensò che si
trattasse di Victarion, ma era una camminata molto diversa da quella
pesante
dell’uomo.
Si
trovò davanti
Nymeros, gli occhi viola che la fissavano allegri al di sotto delle
scomposte
ciocche dorate.
-
E così adesso sei
una regina? – chiese, avvicinandolesi con passo lento e
studiato.
-
Tecnicamente solo
la moglie di sale del re – precisò.
-
Sono passato a
Braavos qualche settimana fa, ma alla locanda mi hanno detto che eri
partita.
Non volevo credere che fossi davvero salpata con la Silenzio per tua
scelta. –
-
Perché sei passato
a Braavos? Avevate un contratto da quelle parti? –
Scosse
la testa.
-
Il contratto con
Myr, il motivo per cui me ne sono dovuto andare, era appena scaduto e
avevo
voglia di vederti. –
Aveva
voglia di
vederla. Quelle parole bastarono a farle tremare le gambe.
-
Sei innamorata di
Occhio di Corvo? – le chiese poi, continuando ad
avvicinarlesi fino a
stringerla tra sé e la fredda muratura del corridoio.
-
Io … no, non ne
sono innamorata. –
In
fin dei conti non
era una bugia. Sentiva di esserne attratta, per qualche strana e
incomprensibile ragione, ma il suo cuore non gli apparteneva.
Non
ancora puntualizzò
una vocetta nella sua
testa.
La
scacciò via con
decisione. Quello non era proprio il momento di lasciarsi assalire dai
dubbi.
-
E di me? Una volta
mi amavi, adesso cosa suscita in te la mia vicinanza? –
Questa
si che era una
domanda facile. Tremendamente semplice, non aveva neanche bisogno di
pensarci.
-
Non so se quello
che provo sia ancora amore, Nymeros. Per il momento voglio solo che mi
stringi
a te e sentire il sapore delle tue labbra sulle mie – ammise,
sentendo le
guance arrossire per quella sfrontatezza.
Il
dorniano sorrise,
annullando la distanza che li separava e chinandosi su di lei.
La
baciò con sempre
maggior passione, stringendola a sé e accarezzando le
morbide forme al di sopra
del tessuto dell’abito. Quando furono entrambi a corto di
fiato si separarono e
rimasero a fissarsi negli occhi in silenzio per una manciata di secondi.
-
Avevo voglia di
farlo da quando ti ho rivista. –
Fremette
sotto l’intensità
degli occhi violacei che accompagnava quella dichiarazione.
Forse,
dopotutto,
Nymeros sarebbe sempre stato una costante nella sua vita. Ma se e in
che misura
potesse conciliarsi con Euron … beh, quello solo il tempo
avrebbe saputo dirlo.
Spazio
autrice:
Non
c’è molto da dire, se non che
finalmente ce l’ho fatta ad aggiornare …
olè! Che ne pensate di Nymeros? Fatemi
sapere. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt
|
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Capitolo 8 *** Cap 8 ***
Cap
8
Euron
annuì davanti
all’ennesima constatazione di Dagmer. Aveva deciso di partire
la mattina
seguente alla volta dell’Altopiano, ma in quel momento
l’idea di passare
interminabili ore a discutere della strategia d’attacco da
adottare non lo
attraeva affatto. Non quando Erin appariva così
irresistibilmente deliziosa
stretta in quelle coltri rosse.
-
Dagmer, ne
riparleremo domani prima dell’approdo, ho cose più
urgenti da fare in questo
momento – lo liquidò seccamente.
Il
vecchio uomo di
ferro ghignò, con quello sguardo malizioso tipico di chi
sapeva bene cosa il
suo re intendesse con “urgente”. –
Come
il mio re comanda. –
Vuotò
il calice di
vino in un lungo sorso. Poi, incurante del fracasso dei suoi uomini
ubriachi
che avevano preso a molestare le servette delle cucine, uscì
dalla sala dei
banchetti.
Mentre
camminava
lungo gli umidi corridoi in pietra la testa ovatta gli
annunciò che il vino di
Dorne aveva cominciato a fare effetto.
Varcò
l’ingresso delle
sue stanze con passo stanco, trovando Erin seduta davanti
all’immenso specchio
da toletta intenta a spazzolarsi i capelli color del cioccolato
fondente.
-
Mi sembri piuttosto
allegra – esordì, appoggiandosi al davanzale e
osservandola con occhio critico.
Non
la vedeva
sorridere in quel modo dal giorno in cui le aveva donato Balerion, lo
stallone
morello che in quel momento era stato alloggiato nelle scuderie del
castello.
-
Preferiresti che
fossi di umore cupo? –
-
Quello che mi
domando è a cosa è dovuta tutta questa
felicità. Forse al nostro giovane e
avvenente nuovo ospite? –
La
vide sostenere il
suo sguardo con la solita fermezza, ma allo stesso tempo le gote le si
tinsero
di una lieve tonalità di rosa.
Avrebbe
dovuto
chiamare i Secondi Figli, lo sapeva, ma si era lasciato convincere da
Dagmer e
da tutte quelle chiacchiere sulle incredibili gesta e
sull’indubbia superiorità
della Compagnia Dorata. Anzi, avrebbe di gran lunga fatto meglio a
scegliere
gli Immacolati così non si sarebbe dovuto preoccupare dei
loro appetiti
sessuali.
-
Nymeros è … una
piacevole sorpresa. Non mi sarei mai aspettata di rivederlo, ma niente
più di
questo – concluse, riprendendo a spazzolarsi i capelli come
se niente fosse.
-
Non sei affatto
brava nel mentire, mia piccola spadaccina. E io non tollero che
qualcuno provi
a raccontarmi delle menzogne, specie se così poco riuscite.
–
-
Preferisci che ti
dica che lo trovo ancora attraente? Molto bene. Trovo che Nymeros Sand
sia un
uomo molto attraente e dubito che in tutta Westeros esista una donna
che non la
pensi come me. Sono stata sufficientemente sincera per i tuoi gusti, Re
Euron? –
concluse, piccata.
Le
si avvicinò,
improvvisamente attratto da quelle labbra più turgide del
solito. Aveva
sufficientemente esperienza in campo amoroso da sapere che era il
genere di
languore che seguiva lo scambio di baci appassionati.
-
Sembra che tu non
riesca a fare a meno di lasciarti baciare dal primo che passa
– osservò, con
gelida rabbia, afferrandole il mento tra le dita e costringendola a
guardarlo
negli occhi.
-
Magari sono stata
io a baciarlo, non ho aspettato che fosse lui a fare la prima mossa
– lo provocò.
Davanti
a quegli
occhi che lo fissavano con aria di sfida e a
quell’espressione impertinente
sentì la furia avvampare con maggior impeto dentro di
sé.
Il
braccio si mosse
ancora prima che il suo cervello registrasse di aver fatto quel
movimento, e la
mano si schiantò su uno degli zigomi alti e decisi della
braavosiana, in un
violento manrovescio che le fece scattare la testa di lato.
Erin
balzò in piedi
come avrebbe fatto un animale pronto a un duello, portandosi una mano
al viso e
trasalendo per il dolore. Probabilmente le sarebbe spuntato un ematoma
vistoso.
Non
era tanto la
violenza ad averla scossa, lo capiva dal modo in cui lo guardava,
quanto l’orgoglio
ferito per essersi lasciata cogliere impreparata e avergli permesso di
colpirla.
-
Non osare sfiorarmi
mai più, Euron Greyjoy, o giuro sul Dio dai Mille Volti che
ti ucciderò. –
Pronunciò
quelle
parole con tono piatto, quasi inconsistente. Se non avesse saputo che
quello
era il confine che separava la mera rabbia dalla furia omicida, Euron
sarebbe
scoppiato a ridere per l’impertinenza di quella ragazzina.
Poi
la braavosiana
gli voltò le spalle e uscì a passo di carica
dalla stanza, senza concedergli
una seconda occhiata. La porta dietro di lei si chiuse con uno schianto.
Euron
attese una
manciata di minuti prima di chiamare uno dei valletti del castello.
-
Portami un otre di
vino di Dorne e trova la mia regina – ordinò.
Il
ragazzo, poteva
avere all’incirca quindici o forse sedici anni,
chinò il capo rispettosamente
in segno d’assenso.
-
Devo condurla nelle
vostre stanze, mio re? –
Scosse
la testa. –
Limitati a cercarla, con discrezione, e a venire a riferirmi dove si
trova. –
Annuì
di nuovo,
scomparendo lungo il corridoio buio.
Il
vino arrivò nell’arco
di dieci minuti, molto prima che il ragazzino tornasse con le sue
informazioni.
Per quello ci volle quasi un’intera ora.
Euron
aveva
cominciato a chiedersi se non fosse il caso di mozzargli la lingua per
punirlo
per tutta quell’attesa, quando un lieve bussare
attirò la sua attenzione.
-
Avanti. –
Il
giovane, con il
fiato corto e i capelli scompigliati di chi aveva corso a per di fiato,
gli
rivolse un inchino frettoloso.
-
Chiedo scusa per l’attesa,
mio re, ma è stato più difficile del previsto.
Lady Erin era … Cioè, la regina
di sale Erin era … -
-
Sì, mi
è perfettamente chiaro chi sia Erin,
molte grazie – ribattè, sarcastico, - Arriva al
punto. –
-
Lei era … Il mio re
mi consente di parlare in libertà? – chiese,
dubbioso.
Lo
fissava con lo
sguardo che chiunque altro avrebbe rivolto a uno squalo in procinto di
attaccare. Dovevano essere pessime notizie se indugiava tanto a lungo,
oppure
era semplicemente terrorizzato da lui. O, in ultima analisi, potevano
essere
vere entrambe le ipotesi.
-
Il tuo re comincia
a domandarsi se non sia meglio affogarti in un barile d’acqua
di mare invece di
ascoltare il tuo insensato balbettio. –
Quella
tutt’altro che
velata minaccia parve avere il potere di sbloccarlo perché
il valletto deglutì
nervosamente e riprese a parlare, questa volta tanto rapidamente che
incespicò più
volte, mangiandosi questa o quella parola.
-
La regina di sale
era in compagnia del comandante della Compagnia Dorata. Loro
… loro stavano
entrando nelle stanze del comandante – concluse.
Sbattè
il calice sul
tavolo, con tanta forza che il peltro alla base si ammaccò.
-
Una parola su ciò
che hai visto, ragazzo, e giuro che ti mozzerò la lingua
personalmente e ti
costringerò a mangiarla. Mi hai capito? –
-
P … P … Perfettamente,
mio re. –
Non
attese neanche un
cenno di congedo e sparì con la stessa velocità
di un leprotto.
Lasciandolo
solo.
Anzi,
doveva
ammettere di non essere solo. La furia che tornava prepotentemente a
farsi
strada in lui era un’ottima compagnia e sembrava destinata a
non abbandonarlo
tanto rapidamente.
Aveva
troppo bisogno
della Compagnia Dorata per permettersi di eliminare Nymeros Sand, ma
Erin gliel’avrebbe
pagata.
Civettare
con
Victarion era un conto, ma sfidarlo tanto impunemente da ritirarsi
nelle stanze
di un altro uomo era tutta un’altra storia.
Quella
ragazzina
avrebbe imparato a sue spese che contrariare Euron Greyjoy era una
pessima
idea.
*
Nymeros
le accarezzò la
guancia dolente, rabbuiandosi quando la sentì trattenere a
fatica un gemito di
dolore.
Imprecò
in dorniano.
Erin
non conosceva l’esatto
significato di quelle parole, ma non doveva essere nulla di troppo
gentile.
-
Ti verrà un bel
livido – annunciò, chinandosi a depositare un
lieve bacio su quella pelle lesa,
- Devi averlo fatto arrabbiare parecchio. –
-
Nulla paragonato a
quanto lui faccia arrabbiare me.
Sono
settimane che
sopporto quell’uomo e i suoi sbalzi d’umore,
ma ancora non sono riuscita a capire cosa voglia da me. –
Gli
aveva raccontato
ogni cosa, dal primo incontro con Occhio di Corvo e la Silenzio
all’arrivo a
Pyke e la finzione della moglie di sale.
Nymeros
proruppe in
quella risata bassa e roca, insinuante, che avevano tipicamente gli
uomini
quando si parlava di donne e sesso. Molte donne l’avevano
rinominata “risata da
dorniano” perché gli abitanti di quella terra
erano notoriamente lascivi e alla
ricerca di svaghi sessuali sempre più svariati e frequenti.
-
È abbastanza ovvio ciò
che vuole, no? Vuole scoparti e non posso certo biasimarlo per questo.
–
Lasciò
vagare le mani
callose su quella pelle candida, seguendo il profilo del collo da cigno
fino alla
clavicola e poi giù lungo le spalle, finchè non
incontrò il bordo dell’abito.
Sbuffò contrariato, sostituendo le labbra e la lingua alle
mani, per
mormorarle: - Questo vestito comincia a non piacermi più
così tanto. –
L’alito
caldo le fece
correre brividi lungo la schiena, ma si ritrasse prima che il contatto
diventasse il preludio di qualcosa di molto più intimo.
Qualcosa per cui in
quel momento non si sentiva pronta.
-
Non sono dell’umore
adatto, Nymeros, e mi spiace se venendo qui ti ho dato
l’impressione sbagliata
ma avevo bisogno di un posto in cui potermene stare tranquilla.
–
Il
dorniano si
allontanò quanto bastava a guardarla negli occhi chiari,
annuendo leggermente.
-
Puoi rimanere qui
per la notte. Ti assicuro che non insisterò, ma se dovessi
cambiare idea non
farti problemi a svegliarmi – concluse con un sorrisetto
malizioso.
Erin
rise,
infilandosi sotto le coperte e attendendo che il ragazzo facesse lo
stesso, poi
gli si raggomitolò contro e posò la testa sul suo
petto muscoloso.
-
Lo terrò presente,
se dovesse accadere – assicurò.
Nymeros
la cinse con
le braccia possenti, stringendola maggiormente a sé.
Le
baciò la fronte,
scendendo lungo le guance e sfiorandole le labbra in un contatto lieve
e casto.
-
Dormi bene, Erin la
Sciabola – mormorò.
-
Anche tu, Nymeros l’Ombra
della tempesta. –
Spazio
autrice:
È
un capitolo molto
più corto del precedente, me
ne rendo conto, ma sono un po’ raffreddata e l’ora
a cui scrivo non è delle
migliori quindi non sono riuscita a produrre nulla di più
decente. Spero
comunque che il capitolo non faccia troppo schifo e vi anticipo che nel
prossimo ne vedremo proprio delle belle xD. Ringrazio quanti seguono,
ricordano, preferiscono, recensiscono o si limitano a leggere
silenziosamente
la storia. Fatemi sapere che ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt
|
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Capitolo 9 *** Cap 9 ***
Cap
9
Erin
venne svegliata
dal fruscio delle lenzuola accanto a lei. Aprì gli occhi,
trovando a osservarla
quelli violacei di Nymeros. Le prime luci dell’alba
filtravano dalle pesanti
tende della torre in cui era stato alloggiato.
-
Tra poco dovrò
raggiungere i miei uomini e non sarebbe una buona cosa se ti trovassero
qui –
esordì, giocherellando distrattamente con una delle sue onde
scure.
L’aveva
sempre
trovato rilassante, da che Erin si ricordasse, e più di una
volta le aveva
confessato di trovare irresistibile quella chioma selvaggia che le
ricadeva
lungo la schiena e che non perdeva tempo ad acconciare come faceva la
maggior
parte della popolazione femminile.
Annuì,
stiracchiandosi pigramente come una gatta e scalciando via le lenzuola
che
l’avvolgevano.
-
Farò meglio ad
andare a prepararmi se voglio venire con voi. –
Non
aveva chiesto il
permesso a nessuno, men che meno ad Euron, ma sperava davvero che il
cupo
pirata non cominciasse a farle storie. Lei era una combattente e non
aveva
alcuna intenzione di rimanersene chiusa in quella sottospecie di
roccaforte a
morire di noia.
Nymeros
la scrutò con
aria solenne. Sembrava che l’idea di lasciarla nuovamente
sola con Euron non
gli piacesse affatto. – Vuoi che ti accompagni? –
-
Non é il caso, sarà
già abbastanza di pessimo umore senza che ti veda.
–
Non
aveva alcun
dubbio, infatti, che l’uomo di ferro sapesse con esattezza
dove aveva trascorso
la notte e, soprattutto, in compagnia di chi.
Si
strinse
maggiormente nell’abito di broccato
rosso che aveva indossato la sera precedente, maledicendo
quel posto
pieno di spifferi ed umidità, e uscì con passo
silenzioso dalle stanze di
Nymeros.
Percorse
il
corridoio, ringraziando l’ora antelucana che le permetteva di
passare
completamente inosservata, e raggiunse l’ala degli alloggi
della progenie della
Piovra proprio mentre Victarion usciva dalla sua stanza.
Le
rivolse
un’occhiata sorpresa, lasciando vagare lo sguardo dai capelli
arruffati fino
all’abito del giorno precedente. Il fatto che non avesse
passato la notte nella
sua stanza era palese. Si sforzò di non arrossire sotto il
suo attento esame.
Sapeva cosa sembrava … e non era poi così lontana
dalla verità, ma decisamente
meno scabrosa.
Gli
occhi di
Victarion si strinsero leggermente, contrariati.
Consciamente
sapeva
di non dovergli nessuna spiegazione, ma non sopportava l’idea
che ce l’avesse
con lei o che la considerasse una poco di buono, pari a una di quelle
puttane
dei bordelli sparsi in tutta Westeros. Victarion le piaceva, anche se
non
sentimentalmente come aveva sperato lui, e desiderava la sua amicizia.
-
Io ed Euron abbiamo
discusso, ho pensato che avrei fatto meglio a cercarmi
un’altra stanza in cui
dormire. –
L’uomo
annuì,
meditabondo, seguendo i contorni del livido sul suo zigomo.
-
Lo vedo. Saresti
potuta venire da me, sono più che in grado di proteggerti da
lui. –
-
Non ho bisogno di
essere protetta –, sbuffò sottraendosi alla sua
presa, - Non sono una ragazzina
sprovveduta, so cavarmela benissimo da sola. –
Victarion
annuì
nuovamente, senza perdere quella strana espressione nello sguardo. Poi
si fece
da parte, permettendole di proseguire la sua avanzata verso la stanza
da letto
del re.
Non
appena ebbe
varcato la soglia, Erin vide che Euron era ancora lì; stava
appoggiato al
davanzale e fissava l’orizzonte con sguardo perso.
-
Allora, hai passato
una bella nottata? –
La
domanda sarebbe potuta
suonare innocente se non fosse stata per l’asprezza del tono
con cui le era
stata rivolta.
-
È stata una delle
notti migliori da quando sono qui a Pyke, grazie per
l’interessamento –
ribattè, sarcastica.
Pessima
mossa, perché
gli occhi eterocromi del pirata la fulminarono con tutta
l’intensità di cui
erano capaci. Tuttavia non disse nulla finchè non la vide
sistemare le sue cose
in un piccolo baule da viaggio.
-
Che stai facendo? –
Erin
storse il naso,
irritata da quel tono, ma decise saggiamente di passarci sopra. La
guancia le
doleva ancora e, malgrado non avesse ancora avuto modo di vedersi allo
specchio, era abbastanza sicura che il livido fosse ben marcato.
-
Preparo le mie cose
per la partenza; questa mattina salpate per l’Altopiano, no?
–
-
E cosa ti fa
pensare che io voglia portarti con me? –
-
Sono abbastanza
sicura che tu non voglia, in realtà, ma verrò lo
stesso. Sono una braavosiana e
sono probabilmente una delle migliori spadaccine che avete a
disposizione … é
ovvio che debba essere dei vostri. –
Euron
sbuffò.
Era
incredibile come
quel suono fu in grado di ricordarle se stessa quando era contrariata
da
qualcosa o qualcuno. Lui stesso ne era stata la causa innumerevoli
volte
durante quelle settimane.
-
È il re che decide
chi parte e chi rimane. E, nel caso te lo fossi dimenticato ragazzina,
il re
sono io. –
-
Mi sembra di averti
già detto che i braavosiani non hanno re –
replicò per tutta risposta.
Con
un’imprecazione
talmente colorita che avrebbe tranquillamente potuto far arrossire uno
dei
pirati di Lys, Euron vuotò il bicchiere di vino di Dorne che
stringeva tra le
mani.
-
Fa’ come vuoi, ma
non aspettarti che corra in tuo soccorso se ti succede qualcosa.
–
Bene,
perché non se l’era
mai aspettato. Nymeros sicuramente avrebbe ucciso per lei e
probabilmente anche
Victarion, ma Euron non era proprio il tipo di uomo pronto a tutto per
correre
in soccorso della sua bella; no, lui era quello che le avrebbe voltato
le
spalle e se ne sarebbe trovata presto un’altra.
E
a lei non
importava.
-
Dovete smetterla
tutti quanti di pensare di dovermi proteggere: io non ho bisogno
dell’aiuto di
nessuno e nemmeno lo voglio – sbottò.
-
Ti ho già detto che
da me non ne avrai, bambina, quindi puoi risparmiarti la scena madre.
Le
ragazzine isteriche mi vengono a noia facilmente – concluse,
freddo, per poi
uscire dalla stanza e richiudersi con vigore la porta alle spalle.
Era
una sottile
dichiarazione del fatto che non fosse più interessato ad
averla come moglie di
sale?
Non
lo sapeva e aveva
la netta sensazione che solo il tempo le avrebbe dato la risposta.
*
Dannata
ragazzina
sfacciata, ringhiò tra sé e sé mentre
percorreva a passi svelti la strada che l’avrebbe
portato alle lizze e ai suoi uomini pronti alla partenza.
Come
osava tenergli
testa in quel modo?
Lui
era Euron Occhio
di Corvo Greyjoy, il Re degli Uomini di Ferro, e lei non era altro che
una
mocciosa braavosiana raccolta durante uno dei suoi viaggi.
Non
contava nulla, né
tantomeno era tenuto a mostrarle particolari favori. Non era neanche la
sua
vera moglie di sale, nel nome dei Sette Dei, quindi non aveva proprio
alcuna
responsabilità nei suoi confronti.
E
allora perché la
vista di quel livido sulla sua pelle perfetta gli aveva causato una
spiacevole
sensazione di rammarico?
Non
avrebbe dovuto
colpirla, perlomeno non tanto forte, eppure la rabbia l’aveva
invaso in un modo
che da tempo non sperimentava. E il pensiero della notte che aveva
passato con
quel mercenario tornava costantemente a rodergli il fegato, al punto da
avergli
reso impossibile chiudere occhio per l’intera nottata. Aveva
accolto l’arrivo
dell’alba con piacere, perché con essa giungeva
l’azione che gli avrebbe
permesso di tenerla lontana dalla sua testa.
E
lei si presentava
tranquillamente annunciando di aver passato la notte più
piacevole del suo
soggiorno a Pyke, con quell’espressione risoluta che gli
faceva venire insieme
voglia di colpirla nuovamente e di strapparle i vestiti di dosso e
farla sua
all’istante. Come sicuramente aveva fatto quel dannato
dorniano.
Che
gli Estranei si
portassero entrambi alla dannazione!
Che
portassero lui
stesso, e la sua mente contorta che continuava a rimuginare sulla
questione,
alla dannazione!
Victarion
gli si parò
davanti, sbarrandogli il passo.
-
Non é una buona
idea metterti sulla mia strada questa mattina, fratello. –
-
Non avresti dovuto
colpirla. –
Quindi
anche il suo
stupido, lento, fratello minore era a conoscenza degli avvenimenti
della notte
precedente? Oh, che grandi risate doveva essersi fatto alle sue spalle.
-
Non é affar tuo
come tratto Erin né cosa succede tra me e lei. –
-
Lo é se la
costringi a vagare per una roccaforte piena di mercenari in piena
notte. È forte,
ma rimane pur sempre una ragazza. –
-
La tua
preoccupazione e il tuo affetto per lei sono commoventi, caro fratello,
forse
dovresti condividere questi tuoi pensieri con il comandante Nymeros.
Sono certo
che saprà fornirti delucidazioni maggiori sulla nottata
della ragazza –
concluse freddamente.
E
che pensasse pure
ciò che preferiva, la cosa non lo riguardava. Poteva anche
prendersela, se la
voleva così tanto, perché lui non ne voleva
più sapere.
Tuttavia
non lo
disse, perché probabilmente Victarion avrebbe dato ascolto
alle sue parole.
*
La
battaglia sulla
costa dell’Altopiano si era conclusa in fretta. Lord Hewitt,
colto di sorpresa
dall’arrivo della Flotta di Ferro e della Compagnia Dorata
non aveva fatto in
tempo ad allestire una difesa in grado di resistere alla loro avanzata
e aveva
finito con il soccombere dopo appena una manciata d’ore
d’attacco.
Ora,
camminando lungo
il corridoio del castello che portava alla sala dei banchetti, Erin
venne
invasa da una spiacevole sensazione di nausea. Aveva pensato che le
guerre
fossero diverse da quello a cui aveva assistito quel pomeriggio; donne,
vecchi
e bambini erano stati trucidati in massa senza alcuna distinzione.
Aveva sempre
creduto che fossero piene d’onore e coraggio, ricordi da
tenere bene a mente
per via delle gesta eroiche e formidabili che venivano compiute sul
campo di
battaglia.
Ma
quel giorno non
aveva assistito a nulla di eroico o di coraggioso e di formidabile
c’era stata
solo la violenza degli Uomini di Ferro e il numero delle loro vittime.
Stava
raggiungendo lo
stato maggiore della Flotta solo perché era ciò
che ci si aspettava da lei, ma
non aveva alcuna fame. Lo stomaco le si era chiuso e aveva la netta
sensazione
che la situazione non sarebbe cambiata finchè non avesse
lasciato quel posto e
la scia di distruzione che li aveva accompagnati.
Lo
spettacolo che si
trovò davanti, poi, la costrinse a reprimere un conato. Le
donne del castello,
Lady Hewitt e le sue figlie, erano costrette a servire ai tavoli sotto
lo
sguardo impotente del Lord e a essere oggetto di molestie da parte
degli uomini
presenti. L’unica che sembrava divertirsi era una bella
ragazza che sedeva
sulle gambe di Euron e aveva il collo coperto di segni rossi: segni che
testimoniavano il passaggio feroce della bocca dell’uomo,
poco ma sicuro.
-
Falia é preoccupata
che i vostri abiti si sporchino mentre servite e, visto che presto
diventeranno
suoi, mi ha suggerito che sarebbe meglio farvi spogliare –
disse Euron,
sovrastando il vociare dei suoi uomini e degnandola appena di
un’occhiata
fugace.
Le
sue parole vennero
accolte dall’ennesima risata argentina della bastarda del
Lord che cinse il
collo di Euron con le braccia e si chinò a baciare quelle
labbra sottili e
bluastre con passione.
Erin
distolse lo
sguardo, incrociando gli occhi scuri di Victarion che apparivano
impassibili e
totalmente concentrati sul cibo che aveva nel piatto.
Nymeros
invece sedeva
alla sinistra di Euron ed era visibilmente rigido, lo si capiva dalla
postura
della schiena e delle spalle.
Neanche
a lui piaceva
quello spettacolo.
-
Avrò bisogno di un
paio d’ancelle che mi preparino un bagno caldo. Credo che le
figlie più giovani
di Lord Hewitt possano andare bene – disse ad alta voce,
attirando l’attenzione
su di sé.
Le
fanciulle potevano
avere rispettivamente non più di otto e dodici anni ed erano
decisamente troppo
giovani per essere costrette a sopportare il fato che sarebbe stato
riservato
con certezza alle altre e alla Lady loro madre.
Lord
Hewitt e la sua
Lady le rivolsero una muta occhiata di riconoscenza.
Euron
invece parve
soppesare l’offerta con attenzione. Sicuramente aveva capito
la vera
motivazione che c’era dietro alla sua richiesta, ma non
sembrava aver ancora
trovato un motivo valido per rifiutarla.
Falia,
con fare da
gatta, gli sussurrò qualcosa all’orecchio.
-
Molto bene. Prendi
le due più giovani – acconsentì il Re
delle isole.
Erin
prese le mani
tremanti delle ragazzine, incamminandosi fuori dalla sala prima che lui
avesse
modo di cambiare idea.
La
voce di Nymeros,
che annunciava di avere intenzione di ritirarsi nelle sue stanze, la
raggiunse
prima che avesse modo di chiudersi la porta alle spalle.
Il
dorniano allungò
il passo per affiancarsi a loro e sfilò la cappa dorata per
depositarla sulle
spalle della dodicenne, che strinse a sé la sorellina per
permetterle di
ripararsi a sua volta.
-
Grazie, ser. –
-
Non sono un ser né un
nobile, sono un bastardo e un mercenario – chiarì.
-
Eppure sembrate
essere più nobile di quanti lo sono per diritto di nascita.
–
Erin
rimase in silenzio,
pensando a quelle parole. La giovane aveva ragione: i nobili delle
isole non
avevano battuto ciglio davanti a quella crudeltà e
all’umiliazione a cui erano
state sottoposte, ma due persone comuni come loro si erano erte in loro
difesa.
Doveva suonare molto strano per delle fanciulle che fin nella culla
avevano
sentito storie su re, principi e cavalieri pronti a combattere in loro
difesa
con onore.
Con
la coda dell’occhio
vide che Nymeros la osservava con apprensione.
-
Stai bene? –
Annuì.
-
Non c’è nulla di
male se quello che hai visto oggi ti ha scosso; dopo la mia prima vera
battaglia ho dato di stomaco – ammise, imbarazzato.
-
Avevo la nausea, ma
é scomparsa dopo che abbiamo portato fuori da lì
loro due. –
-
E per quanto
riguarda Euron e quella ragazza? Ti ha dato fastidio vederli insieme?
–
Sì.
Soprattutto
perché sapeva
che l’aveva fatto apposta. Voleva farle assaggiare un
po’ di ciò che aveva
provato lui, probabilmente, quando aveva saputo di lei e Nymeros.
Eppure non
sapeva spiegarsi perché la cosa le importasse. Euron era un
uomo crudele,
quella sera ne aveva avuto la conferma, e l’aveva picchiata
senza nemmeno
prendersi la briga di chiederle scusa in seguito.
-
No. –
-
Erin … -
No,
non voleva
sentirsi dire quanto fosse tremenda come bugiarda.
Aveva
bisogno di
crederci, di convincersi di non nutrire nulla più che
disprezzo per Euron
Greyjoy.
-
Voglio stare con te
stanotte – lo interruppe.
In
condizioni normali
sarebbe avvampata per la propria sfrontatezza, ma una situazione come
quella
richiedeva misure drastiche … e lei non voleva pensare, non
più, a ciò che
Falia ed Euron avrebbero fatto nella stanza del Lord.
-
Certo, possiamo
dormire insieme come ieri, non é un problema –
confermò, cauto.
-
Lo sai che non
intendevo questo, Nymeros. –
Gli
occhi violetti
del ragazzo si accesero di un fuoco nuovo, una passione bruciante che
ebbe il
potere di farle tremare le ginocchia.
-
Farò tutto ciò che
vuoi, sempre. La mia spada é al tuo servizio, il mio cuore
é nelle tue mani da
anni. –
Si
mormorava che
quella fosse la solenne dichiarazione d’amore che Ser Arthur
Dayne di Stelle al
Tramonto aveva rivolto alla principessa Visenya Fraumros di Fireland
poco prima
che la Ribellione di Robert Baratheon avesse inizio.
E
lei … beh, sperava
solo che il fato che li attendeva non fosse il medesimo dei due amanti.
Note:
La
Principessa
Visenya Fraumros di Fireland é una mia OC per la quale Ser
Arthur Dayne mette
da parte il suo onore come spada Bianca e dalla loro unione nasce
Nymeros.
Spazio
autrice:
Eccoci
con l’aggiornamento, come al
solito dopo talmente tanto tempo che dire che é una cosa
scandalosa ormai non
ha più molto senso u.u Beh, comunque spero che
l’abbiate apprezzato e che
vogliate farmi sapere che ne pensate con una recensioncina. Alla
prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt
|
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Capitolo 10 *** Cap 10 ***
Cap
10
Si
riempì il calice, osservando la figura nuda
rannicchiata sotto le coperte del grande talamo di Lord Hewitt. Con
l’unica
protezione della cappa adagiata sulle spalle, osservava il mare e
lasciava che
il vento trasportasse fino alle narici l’odore della
salsedine e gli
accarezzasse il corpo pallido e nudo.
La
porta si aprì con un lieve scricchiolio,
mostrando un Victarion piuttosto provato dagli eventi della giornata
che lo
fissava con un sopracciglio inarcato e l’espressione
decisamente seccata.
-
Mi hai fatto chiamare, no? –
Annuì,
buttando giù il vino tutto d’un fiato.
-
Ho un compito per te – iniziò, rovistando alla
ricerca della sua boccetta di Ombra della Sera, - Dovrai arrivare a
Meereen,
dove dicono si trovi Daenerys Targaryen e condurla da me. Con la madre
dei
draghi al nostro fianco, conquistare Westeros sarà un gioco
da ragazzi. –
-
Vuoi che vada fino a Meereen? Siamo nel bel
mezzo di una guerra e tu perdi tempo dietro a queste sciocche voci sui
draghi?
– esclamò, incredulo.
Tipico
del suo ottuso fratellino.
- I
draghi ci faranno vincere; potrai domarli
suonando il corno che ho portato all’Acclamazione di Re.
Balon ti ha affidato
incarichi importanti facendo affidamento sulla tua lealtà;
hai intenzione di
servirmi allo stesso modo, fratello? –
Victarion
sbuffò un’ultima volta, ma annuì
silenziosamente.
-
Partirai domani mattina – lo congedò, salvo
poi richiamarlo poco prima che si chiudesse la porta alle spalle, - E,
fratello, sentiti pure libero di portare con te il comandante Nymeros e
gli
uomini della Compagnia che ritenete necessari. –
Se
non altro si sarebbe sbarazzato in un colpo
solo di due spine nel fianco. Che Erin protestasse e pestasse i piedi
quanto
voleva, le cose non sarebbero andate in modo diverso, non
finchè il Re era lui.
Rimasto
solo, svegliò la ragazza bastarda con
uno scrollone. Davanti al suo sguardo cupido, le intimò di
recuperare i suoi
abiti e sparire dalla sua vista. Non aveva alcuna intenzione di
prenderla come
moglie di sale né, a maggior ragione, di dividere il letto
con lei per il resto
della notte.
Prese
ancora un paio di gocce di Ombra della
Sera, cominciando a sentirne
gli effetti
nel momento stesso in cui il sapore amarognolo ebbe abbandonato la sua
bocca.
Quanta ne aveva presa quel giorno?
Non
lo ricordava con precisione, ma la boccetta
mezza vuota diceva che aveva raggiunto la massima dose che il suo corpo
potesse
sopportare. Da quando quella ragazzina aveva cominciato a esasperarlo,
due
giorni prima, il suo umore si era definitivamente stabilizzato sul
pessimo. Forse,
se si fosse deciso a ucciderla, tutte le sue preoccupazioni sarebbero
sparite
nel nulla. Oppure, cosa molto più probabile, gli incubi
sarebbero peggiorati e
avrebbe finito con il cadere in mare e annegare per la troppa mancanza
di
riposo.
Scoppiò
a ridere amaramente.
Sarebbe
stata proprio una gran bella fine per un
uomo che aspirava ad avere il mondo ai suoi piedi.
-
Si può sapere perché hai deciso di mandarli a
caccia di draghi?!? –
L’esclamazione
indignata di Erin lo raggiunse
nel momento stesso in cui la porta veniva spalancata e la braavosiana
si
riversava nella stanza come una piccola furia.
-
Perché ho deciso di mandarci Victarion o
perché ho deciso di mandare Nymeros e i suoi uomini? - ribattè,
sornione.
L’Ombra
della Sera aveva fatto il suo effetto e
si sentiva innaturalmente calmo e molto poco predisposto alla collera.
-
Entrambi. Anche ammesso che li trovino, pensi
davvero che non finiranno semplicemente carbonizzati? –
-
Lo escludo. Il corno li domerà. –
- E
se non accadesse? – insistè.
Scrollò
le spalle, recuperando un altro calice,
- Allora suppongo che moriranno carbonizzati. Vino? –
Erin
spazzò via calici e brocca dal tavolo con
un colpo secco, rabbioso, e il rumore dell’argenteria che
rotolava sul freddo
pavimento in muratura riecheggiò nella stanza per una
manciata di secondi.
-
Che spreco, era un’ottima annata –
borbottò,
lanciandole uno di quegli sguardi severi che un padre avrebbe rivolto a
una
figlia disubbidiente.
-
Sai quando dicono che hai un cuore nero? Beh,
si sbagliano, il nero é troppo colorato per te. –
Rise
piano, divertito.
A
chiunque altro avrebbe fatto tagliare la
lingua già da tempo, ma per qualche strana ragione tutta
quella rabbia e
quell’aggressiva impulsività lo divertivano.
Erin
sembrò registrare solo in quel momento
l’aspetto del suo interlocutore. La vide sbiancare per poi avvampare con una tale
violenza da creare
l’illusione che il suo bel volto stesse prendendo fuoco.
-
E, per tutti gli Dei, mettiti qualcosa
addosso! –
Distolse
lo sguardo ostentatamente, coprendo gli
occhi con una mano come avrebbe fatto una bambina pudica.
Strinse
la cappa con una cinta, tenendola chiusa
quanto bastava a celare i suoi attributi.
-
Va’ meglio così, bambina? –
Erin
tolse le dita una alla volta, lentamente,
quasi si aspettasse di trovarlo ancora completamente nudo.
-
Un po’, anche se potresti semplicemente
infilarti un paio di pantaloni – borbottò.
- E
perché
dovrei? Sei tu quella che ha problemi con la nudità, non
é un mio problema. –
-
Per
pura cortesia e perché da un Re ci si aspetterebbe una
conoscenza delle buone
maniere che … ah, ma che te lo dico a fare. –
Le
labbra
si stirarono in un pigro ghigno divertito. – Le buone maniere
sono
sopravvalutate. –
Mosse
un
passo verso di lei, barcollando. Guardò le sue gambe,
stupito. Possibile che il
suo fisico fosse più provato di quanto avesse immaginato?
Tentò nuovamente, ma
la stanza cominciò a girare intorno a lui.
Afferrò
il bordo dello scranno in mogano, battendo rapidamente le palpebre per
cercare
di mettere a fuoco i contorni degli oggetti attorno a lui.
Registrò vagamente i
contorni sfocati del volto di Erin mentre lo guardava con un misto di
preoccupazione
e stupore negli occhioni da cerbiatta.
-
Sei
sicuro di reggerti in piedi? –
-
Certo
che mi reggo in piedi. –
Insomma,
per chi l’aveva preso? Era ubriaco e stordito
dall’Ombra della sera, ma non era
un moccioso in preda alla prima sbronza.
Lasciò
la
presa e si mosse lentamente verso il grande talamo nuziale del Lord. O
almeno
quella era la sua intenzione perché incespicò
lievemente e il contatto di una
pelle profumata e delicata gli annunciò che era solo merito
della braavosiana
se era rimasto in piedi.
-
Certo
che mi reggo in piedi – gli fece il verso, passando un
braccio intorno alla
cappa e sorreggendolo fino a che non si fu accomodato sul morbido
materasso. –
Si può sapere quanta Ombra della Sera hai bevuto? –
Era
divertente vederla tenere le mani sui fianchi e fulminarlo con sguardi
d’esasperato
rimprovero. Di solito i bronci non gli piacevano, gli ricordavano le
espressioni delle bambine capricciose, ma quando si trovava davanti il
suo non
riusciva a fare a meno di provare il desiderio di mordere quelle labbra
fino a
farle sanguinare.
L’immagine
fu così vivida che dovette serrare gli occhi per impedirsi
di metterla in
pratica.
-
Perché non
sorridi un po’? Sei sempre arrabbiata –
replicò per tutta risposta.
Fallo
oppure neanche la catalessi da Ombra della Sera potrà
impedirmi di farti mia, bambina.
-
Io non
sono sempre arrabbiata. Sei tu che trovi sempre un modo per farmi
perdere la
pazienza; sei esasperante, Occhio di Corvo. –
- E
poi
sarei io quello che non conosce le buone maniere. –
Erin
sorrise lievemente, scuotendo la testa.
-
Cos’é
quello, un sorriso? Incredibile, sei persino bella quando lo fai.
–
-
Perché di
solito non lo sono? – lo provocò, inarcando un
sopracciglio.
Non
farlo, ragazzina, non giocare con me.
Prese
tempo, sforzandosi d’ignorare quegli occhi azzurri che lo
fissavano in attesa
di una risposta. Non c’era la malizia che avrebbe usato una
puttana qualunque,
ma un lieve barlume di sincero interesse. Sembrava che conoscere la
risposta le
interessasse davvero per qualche suo strano fine.
Allungò
una mano verso di lei, accarezzandole il volto con una gentilezza che
non
riconobbe come sua.
-
Hai
bisogno che ti dica l’ovvio? –
-
Dipende
da cosa intendi con “ovvio”. –
-
Sei
bella e desiderabile. Tremendamente desiderabile – concluse,
mentre la mano
abbandonava il volto per scendere lungo il collo da cigno e
l’osso lievemente
esposto della clavicola.
La
vide
trattenere il respiro.
Avvicinò
il volto al suo, inspirando l’odore di vaniglia che
irradiavano le sue onde
castane e pregustando il momento in cui le loro labbra si sarebbero
incontrate.
Erin
si
tirò indietro all’ultimo momento e le labbra
dell’uomo si infransero su una
delle sue guance alabastrine.
-
Non
bacio uomini ubriachi su letti che hanno appena diviso con altre donne.
–
Si
lasciò
ricadere sul materasso, passandosi una mano tra le ciocche corvine
scompigliate, ed emise un gemito di frustrazione.
-
Sei la
donna più impossibile che conosca. –
Erin
affondò le dita tra le ciocche ribelli, sorridendo, in una
lenta e dolce
tortura che lo spinse a chiudere gli occhi e a rilassarsi sotto i suoi
tocchi.
Mormorava
una dolce melodia condita dal lieve accento di Braavos che ne
impreziosiva le
parole e che lo cullò così come la voce di sua
madre aveva fatto trent’anni
prima, quando si svegliava per colpa degli incubi.
C’é
un audace marinaio che attendo dentro al cuore.
Non
conosco il suo nome, ma ho bisogno del suo amore.
Oh
fanciulle innamorate venite tutte qua, l’allegro marinaio
un giorno arriverà.
Solo
lui può consolare questo cuore spezzato a metà,
il
mio audace marinaio prima o poi arriverà.
Spazio
autrice:
Eccoci
con l’aggiornamento, mie/miei
care/i. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vogliate farmi
sapere che
ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Capitolo
11
Note
autrice:
Giungo
anche qui, come nel caso della mia long “Black
flame” a scusarmi per l’assenza,
ma era un periodo di blocco e vuoto totale pertanto ho preferito
arrestarmi
invece di proseguire la trama senza nemmeno sapere dove volessi andare
a
parare. Comunque l’ispirazione è tornata e spero
di ritrovare i vecchi lettori …
e magari anche qualcuno nuovo ;)
Rotolò
su un fianco, allungando una mano ad incontrare la
figura rannicchiata contro di lui. Fu allora che aprì gli
occhi e osservò il
profilo della braavosiana.
Gli
occhi erano chiusi e il respiro regolare rivelava che
fosse ancora immersa in un sonno profondo e rilassato. Le mani delicate
erano
affondate nelle ciocche corvine così come aveva fatto quando
aveva cominciato a
cantare per lui.
Appariva
delicata e innocua, persino più giovane di quanto in
realtà non fosse, in quel momento. Si districò
dalla sua presa non appena sentì
un bussare discreto contro la porta in acero delle stanze padronali.
Abbandonò
il letto, facendosi incontro al suo inaspettato
visitatore.
Quando
aprì l’uscio si trovò di fronte Dagmer.
Era
vestito di tutto punto, la spada lunga al fianco sinistro,
e chinò il capo al suo indirizzo.
-
Mio signore, è giunta una lettera dal bastardo dei Bolton.
È
indirizzata a te. –
Suo
nipote Theon, l’ultimo dei figli maschi di Balon ancora in
vita, era loro prigioniero da settimane ormai … prigioniero
ed evirato, si
corresse prontamente, un mezz’uomo agli occhi degli Uomini di
Ferro.
Nessuno
sarebbe andato a salvarlo di sua spontanea iniziativa …
forse solo Asha.
Sì,
sua nipote amava quel fratello rapito e cresciuto al Nord
da Stark.
-
La leggerò in privato -, sentenziò, - Victarion e
il
comandante Nymeros sono salpati? –
-
Aye. –
-
Allora raduna gli uomini, una parte rimane al castello e
l’altra
si prepara a partire. –
Dagmer
annuì nuovamente, un rapido cenno burbero prima di
scomparire a passo di carica lungo il corridoio alla volta degli
alloggi dell’esercito.
Rimasto
solo Euron richiuse delicatamente la porta e si portò
allo scrittoio. Aveva appena rotto il sigillo con l’uomo
scuoiato dei Bolton
quando avvertì una presenza alle sue spalle.
Erin
fece capolino da dietro di lui, scrutando incuriosita la
lettera.
-
Sembri quasi non avere voglia di leggerla -, considerò, -
Chi è che scrive? –
-
La lettera proviene da Forte Terrore, l’ha inviata il
bastardo di Roose Bolton. Sembra che regga il Nord per conto di suo
padre. –
-
Il Nord non è dei lupi? –
-
Così era finchè il Giovane Lupo non è
partito per il Sud.
Mio nipote, Theon, ha preso d’assalto e conquistato Grande
Inverno … poi sono
arrivati i Bolton. –
Le
iridi azzurre della ragazza lo fissarono con apprensione.
-
E di tuo nipote cosa ne è stato? –
-
Theon è prigioniero dei Bolton da settimane. –
-
Cosa hai intenzione di fare in proposito? –
Euron
assottigliò lo sguardo, la fronte aggrottata. –
Dovrei fare
qualcosa? –
Erin
sbottò, incredula. – Certo che dovresti!
È tuo nipote,
sangue del tuo sangue, è mai possibile che sulle Isole di
Ferro non si tenga in
alcuna considerazione la parentela? –
In
effetti la morte di Balon non l’aveva toccato minimamente e
lo stesso valeva per Aeron, lui e Victarion non si tolleravano e si
poteva dire
la medesima cosa del suo rapporto con Asha … quanto a Theon,
erano dieci anni
che non lo vedeva e per quello che ne sapeva il ragazzo non ricordava
nemmeno
che faccia avesse.
-
Non vedo Theon da metà della sua vita, non saprei nemmeno
riconoscerlo. –
La
vide mettere le mani sui fianchi e fissarlo con espressione
severa proprio come aveva fatto la notte prima, quando
l’aveva aiutato a
mettersi a letto dopo che aveva esagerato con l’Ombra della
sera.
-
Queste sono solo scuse. È tuo nipote, lo riconosceresti,
deve assomigliarti almeno un po’. Non puoi lasciarlo nelle
mani di questi
uomini, solo gli Dei sanno cosa possono avergli già fatto e
cosa potrebbero
fargli. Non hai un po’ di empatia in quel tuo cuore nero?
–
Conoscendo
i Bolton l’avranno ridotto a un ammasso di carne
irriconoscibile o quantomeno
portato sulla soglia della pazzia. Una missione per recuperare un sacco
di
carne senza valore ci farebbe solo perdere tempo. Ma quegli occhi
azzurri
sembrano insolitamente risoluti e feroci alla luce delle prime ore del
mattino,
dubito che smetterà di darmi il tormento finchè
non avrò fatto qualcosa in
merito.
-
Proveremo a recuperare Theon, ma se dovesse rivelarsi troppo
costoso in termini di uomini lasceremo perdere – cedette alla
fine.
La
vide allargare le labbra in un sorriso soddisfatto prima di
alzarsi in punta di piedi a depositargli un casto bacio sulla guancia
resa
ispida dalla barba che stava cominciando a ricrescere.
-
Sapevo che avresti fatto la scelta giusta. –
*
Sentiva
su di sé lo sguardo di Dagmer mentre la nave lunga
accostava ai margini della terraferma e gli uomini si preparavano a
sbarcare.
-
Se hai qualcosa da dire fallo – decretò asciutto,
continuando a fissare l’orizzonte.
-
Quella donna ti ha convinto lì dove Asha non è
riuscita a
fare con Balon. Mi domando cosa significhi. –
Storse
il naso, emettendo un verso beffardo.
Non
significa nulla, l’ho solo assecondata, una donna sul piede
di guerra al
momento è qualcosa per cui non ho tempo. E che valore
può avere un Re che
permette che suo nipote sia tenuto ostaggio e torturato dai suoi nemici
senza
muovere un dito? Un Re debole, proprio come era Balon.
-
Significa che magari il Dio Abissale ci concederà la sua
benedizione nel salvare il sangue di ferro da quello rognoso dei
Bolton. –
Dagmer
non aggiunse altro, anche se percepiva chiaramente il
dubbio nel suo silenzio ostinato. Ed era una fortuna che fosse un uomo
tremendamente leale e che per certi versi fosse affezionato ad Asha e
Theon
oppure avrebbe sobillato gli uomini al tradimento.
-
Allora prepariamoci a dare l’assalto a Forte Terrore,
immagino che il Bastardo sappia già che siamo qui.
–
Altamente
probabile, magari ci aspetta da giorni. Sa che sono un uomo molto
diverso da
Balon, davanti una provocazione non mi nascondo ma mi armo di buon
acciaio
resistente e parto all’attacco.
-
Notizie da Victarion? –
-
Un corvo è arrivato questa mattina all’alba, poco
prima che
avvistassimo terra. Il loro viaggio procede senza intoppi. –
Almeno
una buona notizia. Forse il mio ottuso fratello riuscirà
finalmente a fare
qualcosa che mi renda felice.
-
Bene. Dì agli uomini che sbarchiamo e ci accampiamo qui.
–
Poi
gli voltò le spalle e lo lasciò lì ad
abbaiare ordini al
loro esercito con la sua voce bassa e cavernosa.
Lui
dal canto suo percorse il ponte fino alla prua e lì trovo
Erin, intenta a fissare il paesaggio.
-
Il Nord è diverso da come me lo aspettavo –
ammise,
stringendosi maggiormente contro la cappa in ermellino che
l’aveva convinta ad
indossare dopo che avevano abbandonato l’Altopiano.
-
E come lo immaginavi? –
-
Puro e incontaminato, selvaggio … qui vedo solo morte e
distruzione. –
-
I Bolton sono specializzati in questo. “Un uomo nudo ha
pochi segreti, un uomo scuoiato nessuno” … con un
credo del genere non ci si
può aspettare nulla di poetico, ti pare? –
Annuì
in silenzio, mordicchiandosi il labbro inferiore.
Prendere
l’Altopiano è stato semplice, ma con i Bolton
sarà tutta un’altra storia e
credo che abbia appena cominciato a capirlo.
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