Tonight - I hope it's forever

di Matilde di Shabran
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo ***
Capitolo 4: *** Quarto capitolo ***
Capitolo 5: *** Quinto capitolo ***
Capitolo 6: *** Sesto capitolo ***
Capitolo 7: *** Settimo capitolo ***
Capitolo 8: *** Ottavo Capitolo ***
Capitolo 9: *** Nono capitolo ***
Capitolo 10: *** Decimo capitolo ***
Capitolo 11: *** Undicesimo capitolo ***



Capitolo 1
*** Primo capitolo ***


Questa fanfiction è uno dei due seguiti per la fanfiction Tonight - L'incontro che trovate qui http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2343839.
Pubblicherò un capitolo a settimana, ogni mercoledì, tendenzialmente la sera e gradirei molto conoscere le opinioni di voi che avrete la bontà di leggere. Quindi, recensite!

Buona lettura!

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Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo

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"Allora? Ti è piaciuta la serata?" chiese Nicky quando ormai erano giunti davanti alla porta dell’appartamento che Victoria e Francesca condividevano.

Quella sera si era svolta una festa di addio per Francesca, una semplice riunione di amici con lo scopo di salutarla tutti assieme prima che partisse.

Nonostante i buoni propositi, però, l'atmosfera non era stata delle migliori: lo stato d'animo della maggioranza dei presenti spaziava fra il triste e il malinconico. Gli unici allegri, lo erano diventati in corso d'opera, grazie a quello che avevano bevuto.

“Se questa era la mossa per farmi cambiare idea, vi è venuta davvero male. Mamma mia, peggio che ad un funerale… Però lo sketch di Kian ha dato una svolta alla serata” rispose scoppiando a ridere.

Infatti Kian, decisamente brillo, cercò di appoggiarsi ad una parete. Ma aveva sbagliato a calcolare le distanze e, lasciandosi cadere all’indietro per incontrare il muro con le spalle, era finito a terra con un tonfo fragoroso e si era fatto la doccia col contenuto del suo bicchiere.

“Eh, lo so…” rise “quello era in nostro jolly! Non hai idea dello studio e delle menti brillanti che vi ci sono applicate per idearlo!... Ma sei davvero convinta di volertene andare?” riprese, dopo qualche istante di silenzio, farcendosi serio, mentre le accarezzava una guancia.

“Nicky, non posso restare, te l'ho detto mille volte… la mia borsa di studio è finita, devo tornare a casa, i miei genitori non possono permettersi di mantenermi qui…”

“E allora resta con me!” la interruppe “Vieni a vivere a casa mia, o resta con Viky. Pagherò tutto io, lo sai che i soldi non sono un problema”.

“Non fare così, ti prego” rispose rivolgendo lo sguardo al pavimento, cercando di darsi un contegno, anche se non ne aveva voglia: avrebbe preferito sfogarsi.

“Non mettermi in questa posizione, per favore... Non mi fraintendere, ma non voglio dipendere da te. È...” esitò, con una voce insolita, quasi gracchiante, rispetto al suo abituale timbro limpido e squillante “troppo presto, decisamente troppo presto…”

“Cosa vuol dire dipendere da me? Anche se non vuoi calcolare il fatto che per me non sarebbe un problema o un peso, puoi prenderlo come un aiuto per i tuoi studi, o, se preferisci, come un regalo, anche se io lo considererei più come un regalo a me stesso, visto quanto poco mi costerebbe e quanto ci guadagnerei ad averti qui.”

“Capisco che per te l’aspetto economico non sia un problema, ma lo è per me. Capisco che pagare i miei studi per te sarebbe uno scherzo, quando invece i miei genitori hanno fatto un sacco di sacrifici per permettermi di studiare e di avere tutto quello di cui avevo bisogno, ma se tu facessi questo mi metteresti in una situazione “scomoda”. Anche se non la vuoi vedere in questi termini, di fatto dipenderei economicamente da te e non voglio che si crei questo tipo di rapporto tra di noi. Vorrei che fossimo sullo stesso piano, non su quello di debitrice e creditore. Ho paura che si formerebbe una barriera, o comunque un rapporto condizionato, e non voglio che sia così. Vorrei che ci potessimo comportare a prescindere da chi siamo, dal lavoro che facciamo, o da quanto guadagniamo.”

“Hai ragione...” constatò, comprendendo le conseguenze che quello che lui si offriva di fare avrebbero comportato e sentendosi in imbarazzo per non aver pensato ad altro, se non al suo interesse “Ho sempre cercato una relazione che non fosse condizionata dal mio lavoro, ma poi sono io il primo a comportarmi da star capricciosa...”

“Non è una questione di star. Probabilmente diresti lo stesso anche se lavorassi in banca.”

“E tu mi risponderesti allo stesso modo…” le sorrise.

“Semplicemente non voglio affrettare le cose. Pensa se dopo un po’ ci accorgessimo che tra noi non funziona, io…”

“Non ci pensare neanche” la bloccò “ tra noi non può non funzionare. Io ti amo più di ogni altra cosa al mondo!”

“Lo so!” ribatté, alzando lievemente il tono della voce “Calma! Per me è lo stesso, ma è quello che sentiamo adesso, dopo pochi mesi. Non possiamo essere certi del futuro, di cosa ci succederà, di come cambieremo dopo così poco tempo che ci frequentiamo. Dobbiamo dare più tempo ai nostri sentimenti, vedere come cambiano, se si rafforzano o si affievoliscono. Restare qui sarebbe una decisione prematura e irresponsabile. Potremmo prendere questa separazione come una prova, vedere se la distanza ci allontana o ci unisce. Sto male al pensiero che non ti potrò vedere ogni giorno, lo sai, ma sono sei mesi che non vedo la mia famiglia ed i miei amici. Una parte importante della mia vita è ancora là…” concluse. Qualche lacrima aveva iniziato a rigarle il viso. Cercava di essere forte, di non dare a vedere quanto si sentisse in difficoltà e stesse soffrendo, ma reprimere tutto le era impossibile.

“No, non piangere” le sussurrò stringendola a se e facendole appoggiare il capo sulla sua spalla. “Non avrei dovuto chiedertelo.”

“No, non ti preoccupare” rispose baciandogli lievemente le labbra “Sono io per prima a non volermene andare, a non voler separarmi da te, anche solo per un momento… D’altra parte, voglio tornare a casa, perché chi mi aspetta la mi manca tantissimo… ma ho paura di perderti…”

“Non mi puoi perdere, il mio cuore appartiene a te, per me esisti solo tu” la rassicurò depositandole tanti delicati baci sul viso solcato dalle lacrime.

“Non ti dimenticherai di me?” sospirò, appoggiandogli una guancia sulla spalla.

“È impossibile che ti dimentichi, anche se saremo lontani, sarai sempre con me, nei miei sogni, nei miei pensieri, sempre.”

“Ti amo” balbettò tra i singhiozzi.

“Ti amo anch’io, più di ogni altra cosa…”

 

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Capitolo 2
*** Secondo capitolo ***


 

“Forse sarebbe stato meglio se fossi andata a casa a dormire, sarai stanca per il viaggio” asserì Nicky accarezzandole i lunghissimi capelli, mentre giacevano abbracciati sul divano del grande salotto arredato sui toni del panna, con in sottofondo le voci di un film mai realmente seguito, quando il sole era ormai sorto.

Avevano trascorso assieme l’ultima serata di lei in Irlanda restando in tranquillità a casa di lui e, quando ormai erano giunte le due del mattino, lei decise di non tornare a casa per la notte, per poter trascorrere con lui quanto più tempo le era possibile.

“Tanto non avrei chiuso occhio… avrei passato la notte a piagnucolare” ridacchiò.

“Lo stai facendo anche qui” ribatté asciugandole una guancia con il dorso della mano.

“Però almeno sono in buona compagnia. Viky per certe cose non è proprio adatta: ha un'innata capacità di essere assillante...”

“Tu lo sai che puoi ancora cambiare idea, che puoi restare qui…” cambiò repentinamente discorso.

“Sì, lo so. E so anche che più di qualcuno sarebbe estremamente contento se lo facessi” disse ammiccando in sua direzione “Ma devo andare. La mia famiglia mi manca troppo…” si bloccò “E tu mi mancherai quando sarò a casa…” sbuffò stizzita. “Perché non ho il dono dell'ubiquità? Sarebbe così semplice!”

“Ma poi tireresti fuori la storia del dipendere da me” disse, fallendo miseramente nel tentativo di imitare la voce di lei.

“In effetti... Ma tanto è impossibile, quindi è inutile perdere tempo a pensarci” sbuffò. “Il punto è che, qualsiasi cosa decida, oltre che me stessa, deludo qualcuno. E questo non mi va!”

“Non ti preoccupare di quello che penso io. È normale che tu voglia rivedere la tua famiglia e i tuoi amici.”

“Sì, lo so. Però non sei contento.”

“A me basta che tu sia felice. L’importante e che tu scelga quello che veramente vuoi, per non dovertene pentire in futuro.”
“Ma io non sono felice, è questo il punto!” sbottò esasperata “Vorrei poter accontentare tutti: me stessa per prima!”

“Non voler vedere la situazione così negativa a tutti i costi! Adesso iniziamo la promozione del nuovo album, quindi in questo periodo riusciremmo a vederci poco, anche se tu restassi a Dublino. Almeno a casa tua sarai tranquilla con la tua famiglia e i tuoi amici. E poi, puoi raggiungermi quando vuoi, lo sai… E finiscila di piangere!” sorrise, dopo una breve pausa, baciandole il naso.

“È meglio che vada a casa” concluse Francesca abbracciandolo, cercando di cambiare argomento e di non pensare più a ciò di cui avevano appena parlato “fra poche ore ho il volo e devo chiudere le valigie.”

 

 

“Non ci posso credere!” esclamò Victoria mentre Francesca stava sistemando le ultime cose nell’unica valigia non ancora chiusa “Nicholas a-me-non-si-nega-niente Byrne non è riuscito a convincerti!”

“Viky, lo sai che era inutile, ormai avevo deciso. Punto. E poi io non sono seconda a nessuno in testardaggine: neanche al tuo bel cugino! Prima o poi devo tornare a casa... ”

“Sì, ma in vacanza, per un paio di settimane, e poi tornartene qui! Io cosa farò senza di te? Chi terrà pulita la casa? Chi mi dirà di mettere in ordine? Chi mi farà da mangiare?”

“Trovati una colf” la prese in giro.

“Divertente... Ma soprattutto, cosa farà lui???”

“Quello che faceva prima! La sua vita non si può certo definire noiosa… E poi come faccio a restare? La borsa di studio è finita e i miei genitori non riuscirebbero a mantenermi qui. Già frequentare l’università stando a casa è un bello sforzo per loro!”

“E tu vuoi farmi credere che lui non si sia offerto di pagare tutto, e magari di trasferirti a casa sua?”

“Sì, certo… però lo sai che non sono una sostenitrice della convivenza… Inoltre mi sentirei di approfittare dei suoi soldi… della situazione, insomma…”

“Nessuno ti avrebbe guardata male se lo avessi fatto. Non c’è nulla da vergognarsi a farsi aiutare da una persona che ci vuole bene, tanto più che si è offerto lui di farlo, non sei stata tu a chiederglielo.”

“Non mi interessa cosa pensa la gente. A me interessa come mi sentirei io ed è una situazione che preferirei evitare… E poi stiamo assieme da due mesi, sarebbe prematuro in ogni caso. Non voglio essere un peso per lui…”

“Un peso???” la interruppe bruscamente, scoppiando a ridere “Ma stai scherzando? Darebbe anche il sangue per farti restare qui! Ti chiuderebbe in casa pur di non separarsi da te!”

“Ci sarebbe anche qualche implicazione penale in quel caso, credo...” commentò sotto voce, riflettendo su quanto Viky stesse esagerando nell'esporre la sua opinione.

“Non riesco a capire perché ti comporti in maniera così autolesionistica!”

“Perché mi manca la mia famiglia! Mi mancano i miei amici, il mio paese, la mia casa! Anche se qui mi sono trovata benissimo, questi mesi lontana sono stati duri per me! Siamo razionali! Non posso sfuggire alla realtà, devo affrontare la situazione e per farlo devo per forza andarmene.”

“Ma quando tornerai a casa ti mancherà quello che hai lasciato qui!”

“Non posso stare da due parti contemporaneamente, sono costretta a scegliere.”

“Ma sei sicura di fare la scelta giusta?”

“No, è questo il punto… Non so cosa fare. Da qualsiasi parte vada qualcuno ne soffrirà, e io in primis…per un po’ di tempo starò a casa, poi vedremo. È un buon esame per il nostro rapporto. Può darsi che non vedendoci più con la stessa frequenza finisca tutto…”

Viky per qualche istante la fissò contrariata, senza proferire parola. Poi la sua espressione si addolcì e riprese: “Quanto credi a quello che hai detto? Dai! Questa non è una cotta, Francesca! Io non l’ho mai visto così preso da nessuna! E tu... beh, non ti conoscevo prima, ma il tuo non mi pare l'atteggiamento di una che sta vivendo una storiella come un'altra. Semplicemente soffrirete da impazzire tutti e due finché non deciderai che sei stufa di starci male tu, e di far stare male lui, e tornerai dove è bene che tu stia, cioè assieme a lui!”

“Va bene signor oracolo. Se lo dice lei, sarà così.”

“È così, Francesca. Ci metterei la mano sul fuoco!”

“Non lo so… forse hai ragione. Ma se finisse davvero tutto?”

“Vedrai che tornerai presto. Prima di quanto tu lo possa immaginare. Te lo assicuro.”

 

 

“Ultima opportunità per cambiare idea” cantilenò Viky di fronte al gate.

“Non rendermi tutto più difficile di quanto già non sia…” mugugnò Francesca, alzando gli occhi al cielo.

“Io devo scappare adesso” disse abbracciando l’amica “Così voi piccioncini potete salutarvi in pace… Mi mancherai secchiona! Torna presto!” concluse allontanandosi e salutandola con la mano.

“Stai bene?” domandò Nicky prendendola tra le sue braccia.

“Moderatamente…” cercò di essere ironica.

“Non ho intenzione di chiederti di nuovo di restare qui” le sussurrò “però sappi che, se avessi cambiato idea, non ti dovresti fare il minimo problema a dirmelo.”

“Io…” cercò di intervenire provando a buttare giù le lacrime che stavano minacciando di iniziare a scendere, ma fu zittita da un delicato tocco della dita di lui sulle sue labbra.

“Ascoltami, ti prego. È difficile anche per me parlare in questo momento” disse traendo un profondo respiro “Io so che ti amo. Più di ogni altra cosa. Prima di incontrare te non avevo la più pallida idea che si potesse provare un sentimento del genere per una persona. Tu hai il diritto di essere libera di fare le tue scelte… anche se spero che tu scelga me… Lo so, soprattutto in questo momento sono profondamente meschino a ripeterti questo, ma davvero non vorrei lasciarti andare, per nessuna ragione al mondo e sarei anche tentato di pregarti in ginocchio per convincerti! Mentirei se ti dicessi qualcosa di diverso: è quello che sento. Mi vergogno di essere così egoista, ma negarlo sarebbe una bugia.” Si fermò un attimo per riprendere il filo del discorso, che l'emozione del momento gli aveva fatto perdere. “Sappi che resterai nel mio cuore sempre e comunque, che ti penserò ogni minuto e che conterò le ore che mi separeranno dalla prossima volta che ti rivedrò... Ma più di tutto voglio che la tua decisione sia presa serenamente e che tu non faccia niente che non ti senta di fare. La cosa più importante, per me, è che tu non ti senta obbligata a fare qualcosa per poi pentirtene in futuro. Qualsiasi cosa tu decida, se per te va bene, andrà bene anche a me. Quello che mi importa più di tutto è la tua felicità. E poi il tempo passerà alla svelta. Vedrai, saremo di nuovo assieme in men che non si dica. Va bene?” le sorrise.

“Grazie” si sforzò di rispondere, anche se non aveva affatto voglia di parlare, stringendosi a lui con tutta la forza che aveva in corpo.

“Francesca, finiscila” pensò “Hai sentito cosa ti ha detto, no? Sta tranquilla! Lui non ce l'ha con te. Vuole solo il tuo bene. Abbi un po' di pazienza. Torna casa, vedi come si evolvono le cose e poi inizia a pensare a cosa vuoi veramente fare del tuo futuro. Su! ... Ma io non voglio avere pazienza! Sono già stufa adesso! Voglio stare con lui. Voglio lui! E voglio tornare a casa... Perché non posso portarmelo dietro?! Io non lo voglio lasciare. Non voglio tornare ad essere sola... Ok. Non proprio sola. Ho un mucchio di amici, ma è diverso! Loro non sono lui! E lui non è loro... E io voglio bene anche a loro! Ho capito che chi troppo vuole nulla stringe, ma è così ingiusto! Lui dice di essere egoista, ma io lo sono di più! Voglio stare in Irlanda, ma anche in Italia. Voglio stare con lui, ma anche con i miei amici e la mia famiglia. Chiedo troppo? Evidentemente sì... Ooooh, Francesca! Finiscila! Smettila di comportarti come una bambina dell'asilo che fa i capricci! Hai preso la tua decisione e adesso ne paghi le conseguenze! Che poi non cade mica il mondo! Non sei la prima a vivere una relazione a distanza. Sei più svenevole di Dorabella o Fiordiligi quando salutano i fidanzati che partono per la guerra nel Così fan tutte. E quella scena è ridicola! Sì, decisamente ridicola... Una parodia, in effetti... (1)”

Dopo qualche istante, ai singhiozzi si sostituì una risatina che sapeva di isterico.

“La sai una cosa? Siamo patetici! Stiamo facendo un scena madre da melodramma per niente. Cioè. Sto andando via, ma non vado in guerra. Nessuno ci sta separando e niente ci impedisce di rivederci, giusto? Solo adesso mi accorgo di quanto sono stata stupida ad ingigantire la questione. Ok. Mi mancherai, ma l'hai detto tu stesso: adesso partite in promozione e anche se fossi rimasta a Dublino ci saremmo visti ben poco, non è vero? Ci basterà prendere le misure. Abituarci a questa nuova situazione e imparare a gestirla. Complicato, ma non impossibile. Se lo vogliamo, ci possiamo riuscire. In fondo esistono sempre gli aerei...”

“Brava!” le sorrise “è così che ti voglio!”

“Stai zitto, che questa scena da melodramma con tanto di saluto finale col fazzoletto sventolato ti piaceva da matti!”

“Sai che a me piace essere teatrale” le fece l'occhiolino.

“Oh sì, ti conosco...” alzò gli occhi al cielo.

“Però quello che ho detto, lo penso veramente.”

Lei annuì. Si abbracciarono. In silenzio. Per lunghi istanti. Poi lui le avvicinò le labbra all'orecchio e intonò:

 

Just close your eyes
And you'll be here with me
Just look to your heart
And that's where I'll be
If you just close your eyes
Till your drifting away
You'll never be too far from me
If you close your eyes

 

Sarò sempre con te” le sussurrò all’orecchio “sempre…”


Nota:
(1) per chi volesse vedere di quale scena dal Così fan tutte di Wolfgang Amadeus Mozart, consiglio questo video http://www.youtube.com/watch?v=_t3fpS3dvhY

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Capitolo 3
*** Terzo capitolo ***


 

I lay my love on you

It's all I wanna do
Everytime I breathe I feel brand new

You open up my heart
Show me all your love, and walk right through
As I lay my love on you

 

 

“Benissimo!” esclamò Francesca sventolando un foglio appena uscito dalla stampante davanti alle facce di Alaina, Astrid, Giulia e Stefania, le sue amiche di sempre, che stavano sedute sul suo letto nella piccola camera dalle pareti chiare e le tende a fiori azzurri e rosa, mentre dalle casse del computer si spandevano le note di canzoni dei Westilfe con il media player impostato sulla modalità di riproduzione casuale.

“Ecco il calendario dell’Arena di Verona. E qui” disse aprendo il cassetto della scrivania ed estraendone un piccolo plico di fogli “ci sono i cartelloni della “Fenice” e del “Verdi” di Trieste”.

“Grandissima Fra!” esclamò Alaina togliendole di mano alcuni fogli. “Organizzazione impeccabile! Adesso non ci resta altro che scegliere spettacoli e date e soprattutto sbrigarci a prenotare!”

“Così questa volta, FORSE, avremo dei posti decenti” intervenne sarcastica Giulia. “Vi ricordate l’ultima volta alla “Fenice” ?”

“Cosa avevamo visto?” chiese Astrid.

“Cosa NON abbiamo visto” la corresse Alaina.

“Era il “Tannhäuser”” rispose Francesca ridacchiando.

“Dio mio che incubo!” riprese Giulia “Noi tre eravamo sedute dietro ad una balaustra altissima, solo la Fra non ce l’aveva davanti”.

“Peccato che nel posto sotto al mio ci fosse un muro umano! Sarà stato alto due metri, se basta, e aveva una quantità spaventosa di ricci in testa!… Non ho visto un tubo neanch’io!”

“Quello non era un uomo” affermò Astrid ridendo “era un cespuglio, una siepe!”

“D’altra parte” disse Alaina cercando di tornare seria “con dei posti last minute ti devi tenere quello che capita. Siamo già state abbastanza fortunate a trovarli.”

“Sì, ma eravamo una qua una là, non potevamo neanche commentare!”

“Già… ma almeno costavano poco” concluse Astrid, sempre attenta al “bilancio”.

“Però il palco a sipario alzato l’abbiamo visto solo alla fine, quando ci siamo alzate per gli applausi” mugugnò Giulia.

“Io neanche quella volta” intervenne Francesca “visto che anche il cespuglio davanti a me si era alzato!”

Il quintetto proruppe in una fragorosa risata. Quando stavano assieme era sempre così: battute e risate a non finire.

“E quest’anno Stefania riceverà il suo battesimo lirico” annunciò pimpante Astrid, rivolgendosi all’amica che non aveva mai assistito alla rappresentazione di un’opera a teatro.

“E appunto perché è il mio battesimo” suggerì Stefania “andateci piano. Voi avete le spalle temprate da anni di Callas, Domingo e company, io no! Per iniziare ho bisogno di qualcosa di orecchiabile, non voglio addormentarmi!”

“Tranquilla” la rassicurò Alaina “ ti risparmieremo Debussy. Poi ti faremo la guida all’ascolto prima delle rappresentazioni.”

“Saremo delle madrine di battesimo ineccepibili!”

“Signore, diamoci da fare” intervenne decisa Francesca “Cominciamo a dare un’ occhiata a questi cartelloni e a decidere, almeno per le date più vicine.”

 

 

Now that I've tried to,
talk to you and make you understand,
All you have to do,
is close your eyes,
And just reach out your hands,
and touch me,
Hold me close don't ever let me go

 

“Ma Federica ed Elisa?” chiese Alaina, riferendosi alle altre due amiche che solitamente facevano parte del loro combriccola.

“Federica odia l’opera, quindi non penso le interessi” rispose Giulia.

“Invece Elisa” proseguì Francesca “mi ha detto che le va bene quello che scegliamo noi. Le diamo l’elenco delle nostre preferenze e poi lei ci dice quando è libera.”

“Cioè quasi mai” appuntò Astrid, ironica “visto che tra banda, orchestra di qua e solista di là non è mai a casa!”

“Ma lei ama il suo flautino!” la sbeffeggiò Francesca imitando la posizione che assume chi suona il flauto traverso.

“Invece Federica è proprio un'imbecille!” intervenne Stefania “Non ha niente da fare, potrebbe anche solo per stare in compagnia!”

“Tanto più” intervenne Francesca “che suo padre insegna musica e che lei è una vita che sente musica classica in casa… Dovrebbe conoscere queste opere come il Padre Nostro, e invece dobbiamo spiegarle tutto noi!”

“Non sa neanche chi è Von Karajan” esclamò Giulia, esprimendosi come se fosse una persona che è impossibile non conoscere , ma su cui in realtà lei stessa era stata istruita solo pochi giorni fa dalle musicologhe delle banda, Francesca ed Astrid.

“Ma come si fa!” obiettò Astrid “Cosa c’è di meglio dell’opera!?”

“I Westlife” asserì Alaina, facendo l’occhiolino a Francesca.

“Oddio, calma…” ribatté l’interessata, alzando le mani quasi a voler bloccare le parole dell'amica “Meglio è una parola grossa… Non cadiamo nel blasfemo...”

“Guarda Fra” scherzò Alaina “io, se fossi Nicky, ti pianterei in tronco!”

“Ma è un paragone che non sta in piedi” rispose trovandosi in difficoltà “Sono due pianeti musicali diversi, mooolto diversi! E poi non mescoliamo le questioni sentimentali con quelle musicali, che alla fine mi farete dire cose che non voglio dire, o che non penso!”

“E tu vuoi farmi credere” la interrogò malignamente Giulia “che preferiresti venire con noi all’opera piuttosto che andare ad un concerto dove Nicky è sul palco?”

“Ecco, esattamente quello che non volevo dire. Scindiamo il piano musicale da quello personale. Se dovessi decidere cosa ascoltare a prescindere dalle persone che vedrei, sceglierei l’opera!”

“Però andando a vedere i Westlife vedi Nicky” sottolineò Alaina.

“Esatto. Perché Westlife significa Shane, Brian, Kian, Mark e Nicky. E quindi stiamo facendo un ragionamento per assurdo. Se Nicky non fosse un quinto dei Westlife e potessi decidere solo in base alla musica, andrei all’opera. Ma siccome Nicky è un quinto dei Westlife e non posso non tenerne conto nelle mia decisione, probabilmente seguirei i miei affetti e andrei a sentire i Westlife…”

“Ma l’ideale sarebbe andare con lui all’opera” appuntò Alaina.

“Eeeh sì…” sospirò fingendo un’aria sognante “Quelle “Nozze di Figaro” sono state incredibili…”

“Uuuh quanto ti odio!” brontolò stizzita Astrid “Uno dei migliori allestimenti mozartiani degli ultimi vent’anni, e io non l’ho visto! Mentre tu te lo sei gustato addirittura in platea! Io la compagnia non l’avrei neanche calcolata: avrei avuto occhi solo per Mozart!”

 

Well I can't control the universe
Cause I'm only a man
And I've been reading the papers
But they won't tell me who I am

 

“Questa è del disco nuovo?” domandò Giulia, ascoltando le prime note della canzone, che non le suonavano conosciute.

“Sì, è il primo singolo da Tournaround” rispose Francesca.

“E quando esce il prossimo?”
“È già uscito, da poco, però.”.

“Sì, giusto.” Intervenne Alaina “Mandy! È favolosa quella canzone! Mi…”

“Ma è una cover?” la interruppe Stefania.

“Sì” rispose Francesca “ infatti io la conoscevo già, è una delle canzoni preferite di mia mamma.”

“L’originale o la cover?”questionò scettica Astrid.

“L’originale. Ma ha ammesso che la cover è degna”.

“Bon dai” intervenne Alaina “Torniamo al motivo per cui siamo qui.

“Mmmh… hai ragione” annuì Francesca “Allora, a Trieste aprono con Sogno di una notte di mezza estate. A me, sinceramente, non interessa.”

“Di chi è?” chiese Alaina.

“Di Britten, mi pare.”

“Ma è aderente alla storia di Shakespeare?” domandò Astrid.

“Mi fai venire il dubbio… Aspetta. Mamma!” gridò.

“Dimmi” ripose pochi secondi dopo la donna, facendo capolino con la testa dalla porta della camera.

“Mi prendi l’enciclopedia dell’opera? È in salotto, sullo scaffale più alto. Ha la copertina rigida blu.”

“Ecco qua” disse qualche minuto dopo la donna, porgendo alla figlia l’enorme volume con la copertina in soffice velluto con le lettere del titolo stampate in oro.

“Grazie mamma. Allora Sogno di una notte di mezza estate di Benjamin Britten. Il libretto segue fedelmente il testo shakespeariano tralasciandone il primo atto”.

“Mah, quello è uno dei drammi di Shakespeare che mi piacciono di meno…”

“A me non piace proprio Britten musicalmente!”

“Allora lasciamo perdere” sentenziò Giulia.

“Sempre a Trieste” riprese Francesca “la seconda opera in cartellone è il Così fan tutte” disse, concludendo la frase in tono solenne e alzando gli occhi dal foglio in direzione di Astrid, da cui si aspettava una certa reazione.

“Sìììììììììì!!!! Woooolfyyyyyyyyyyy!” strillò eccitata, con un trasporto che solo il genio salisburghese sapeva provocare in lei “È una vita che io e te bramiamo di vederlo dal vivo!”

“Esatto!” concordò Francesca “a questa dobbiamo andare a tutti i costi, c’è un cast stratosferico! E, tra l’altro, sarebbe un’ottima iniziazione per Stefy. Allegra, godibile, Mozart…”

“E la conosco pure di nome!” intervenne Stefania “per me va bene.”

“Allora questa è fatta! Speriamo solo che l’allestimento non sia moderno…” mugugnò la padrona di casa.

“Non è un sistema per saperlo prima!” chiese Stefania.

“Lo dicono sui siti dei teatri” affermò Alaina.

“Sì, ma non sempre” la corresse Francesca “oppure, se hai fortuna, trovi i commenti di chi l’ha già vista sui forum. Ma la maggioranza delle volte si va a scatola chiusa…Ok, allora Così fan tutte confermato”. Andiamo la domenica pomeriggio?”

“Ok” risposero in coro le altre quattro.

 

I need some distraction
oh beautiful release
memory seeps from my veins
let me be empty
and weightless and maybe
I'll find some peace tonight

 

“Guarda qua!” esclamò Astrid indicando uno dei fogli che teneva tra le mani “Alla Fenice danno la Turandot di Puccini”.

“Di che parla?” domandò Giulia, rivolgendosi a Francesca, la quale, pur tenendo ancora tra le mani il pesante volume dell’enciclopedia della lirica, le rispose senza neanche darci uno sguardo, visto che la trama del melodramma le era ben nota.

“Allora, per farla breve c'è questa principessa che non si vuole sposare. Da lei si presentano dei pretendenti che devono rispondere a tre enigmi. Chi li indovinerà sposerò Turandot, che sbaglia viene ucciso. Arriva Calaf che li indovina tutti e tre e...”

“Mmm, mi ispira!” la interruppe Giulia.

“Puccini mi piace da matti!” dichiarò Alaina “Io la voglio vedere!”

“Astrid?” chiese Francesca rivolgendosi all’amica.

“Ma ti pare che mi possa perdere Giacomo???”

“Anche per Stefania dovrebbe andare bene” appuntò Alaina “Non è un mattone…”

“Sicure?” domandò incerta “Non vorrei farvi fare brutte figure addormentandomi dopo mezz’ora….”

“Va' tranquilla” la rassicurò Astrid “Turandot” non è soporifera. C'è troppo casino. Non ti addormenti neanche se vuoi”.

“A sentire voi è tutto leggero” disse Stefania.

“No, dai…” intervenne Francesca “Tutto no. Io reggo quasi di tutto. Ma Britten, ad esempio, lo evito. Poi diciamo che l’opera, tranne quella contemporanea, è abbastanza godibile. Con la sinfonica e la cameristica ci sono più problemi, però questo dipende tanto dai gusti e da quanto è allenato l’orecchio...”

“Allora questa è aggiudicata!” sentenziò Giulia, interrompendo le dissertazioni musicali della sodale.

“E mi raccomando” intervenne Alaina “Quest’anno non ci possiamo perdere L’Aida all’Arena! Non è giusto che voi l’abbiate vista e io no!”

“Non è colpa nostra se quando io e Francesca siamo andate tu eri in vacanza.” Fece notare Astrid.

“Che poi tutta questa smania di sentire il bandaro (1)…” mugugnò Francesca “Io non lo capisco…”

“Ma perché ce l’hai tanto con Verdi?” chiese Giulia.

“Perché è sopravvalutato! Non è raffinato come Bellini o Rossini (che ha smaccatamente copiato da Mozart), però è molto più eseguito e amato dal pubblico ed è considerato il più grande compositore italiano di melodrammi. La sue musiche sono tutte uno “ZUM-PA-PA”, sembrano marcette per banda, non opera lirica! Per non parlare dei libretti! Santa polenta, non ne sceglieva uno con il lieto fine neanche a pagarlo! Vero Astrid?”

“Concordo con te su tutta la linea, fuorché in un punto.”

“Cioè?”

“Cioè ROSSINI. Uomo di poca fantasia: ha copiato tutta l’opera del mio amato Wolfy… E l’ha fatto in modo che tutti se ne potessero accorgere: non ha cambiato una nota! Forse si sentiva sicuro che non lo scoprissero, perché sono tutti stupidi... Solo che non aveva calcolato NOI!”

“Brava!” la sostenne Francesca.

“Noi, che abbiamo Mozart nelle orecchie neanche l’avessimo resuscitato!” declamò con un enfasi degna del migliore dei melodrammi romantici “Noi, che lo conosciamo da ché siamo nate, che ha illuminato il nostro primo sorriso…”

“Adesso non esagerare” tentò, in vano, di contenerla Giulia.

“… e a cui dedicheremo anche l’ultimo!”

“Calma…” si intromise Francesca.

“Comunque” proseguì, dopo aver preso fiato “Mozart sta a Rossini come Shakespeare sta a Moccia! Grazie mio pubblico!” concluse, con la mano sul cuore.

“Però quest’ultima è una bestemmia…” mugugnò Francesca.

“Vabbè” intervenne Giulia a porre fine a questa filippica “All’Arena ci si va d’estate, quindi non perdiamoci tempo adesso, che siamo a novembre, ne parleremo più avanti, ora concentriamoci sulle date più vicine.”

“Hai ragione” concordò Francesca “Dunque, a Trieste c’è La Cambiale di Matrimonio… appunto dell’amico Rossini…”

“Eccolo…” sbuffò Astrid.

“A me piace” disse Giulia “checché ne dica Astrid. Quindi io ci vado”

Francesca annuì, intendendo che anche lei avrebbe partecipato, e poi rivolse lo sguardo ad Astrid per capire le sue intenzioni.

“Va bene, sarò dei vostri. Così almeno potrò constatare in prima persona cosa ha copiato da Wolfy questa volta.” Dichiarò, fingendosi altezzosa.

“Se a Giulia piace, può andare bene anche per me?” chiese Stefania, “leggermente” intimorita da tutti quei nomi altisonanti che, in particolare Astrid e Francesca, pronunciavano come se si stessero riferendo al vicino di casa.

“SìSì.” Disse Alaina.

“Tanto, effettivamente, è uguale a Mozart” rimarcò Francesca, concordando, di fatto, con il discorso che poco prima aveva fatto Astrid.

“Diciamo che Rossini è un surrogato di Mozart!” la corresse Astrid.

“Capito” annuì Stefania “Allora sono dei vostri.”

“Allora si prenota” sentenziò Francesca “Avete abbastanza coraggio per Wagner?” chiese gettando una maliziosa occhiata di sfida alle amiche.

“Pauuuraaaaaa…” ululò Giulia.

“Wagner è pesantino” affermò Alaina.

“Francesca” intervenne Astrid “prima di morire io e te dobbiamo andare a Bayreuth a vederci tutta la Tetralogia (2)!”

“Ci mancherebbe! È nella mia lista delle cose da fare, solo che dovremo prenotare con secoli d’anticipo, le rappresentazioni sono esaurite da qua ad anni… Comunque a Venezia danno Sigfrido. Elisa viene di sicuro perché adora Wagner. Se a voi non interessa andiamo solo noi tre.”

“Non so…” sospirò Giulia “ voglio provare l’ebbrezza di cinquantasette ore di opera in tedesco…”

“L’abbiamo già fatto” la corresse Alaina “il Tannähauser mica era in turco! Ed era sempre di Wagner, se non sbaglio”

“Giusto! Beh, non è stato malaccio… Astrid, in caso mi presti il cd? Così mi faccio un’ idea”

Astrid scosse il capo: “Non ce l’ho.”

“Te lo presto io” intervenne Francesca “Dopo ricordami di prendertelo.”

“Benissimo” esclamò Giulia “allora lo ascolto e vi so dire”.

“Io, sinceramente, non me la sento” ammise Stefania “Wagner mi fa paura solo a sentirlo nominare.”

“Poi a Trieste c’è Iris di Mascagni” riprese Francesca tentando di non farsi sfuggire dalle mani la miriade di fogli che aveva stampato, mentre cercava le date in cui l’opera appena nominata sarebbe stata rappresentata.

 

Tomorrow morning I have to leave
But wherever I may be
Best believe I'm thinking of you
I can't believe how much I love you

 

 

“Che parla di…?” domandò Stefania.

“Allora” iniziò Alaina, che si era impossessata dell’imponente volume dell’enciclopedia della lirica. “La giovane Iris, unico sostegno del padre cieco, riceve la vista di due loschi figuri: uno ricco…

“Francy, che succede” chiese Giulia, interrompendo la lettura, avendo notato che l’amica aveva rivolto lo sguardo al pavimento e un lacrima le aveva rigato il viso.

 

All we have is here tonight
We don't want to waste this time
Give me something to remember
Baby put your lips on mine

 

 

“La canzone...” mugugnò.

“La canzone?” domandò Astrid confusa, essendosi dimenticata del sottofondo musicale a causa del suo basso volume e di quello piuttosto sostenuto della loro conversazione.

Just close your eyes
And you'll be here with me
Just look to your heart
And that's where I'll be
If you just close your eyes
Till your drifting away
You'll never be too far from me
If you close your eyes

 

 

“È Close your eyes” fece notare Alaina “dei Westlife, ovviamente...”

“Che ti succede?” chiese Giulia, abbracciando l’amica.

Lei non rispose, continuando, invece, a fissare il pavimento.

“È per la canzone?” provò a supporre Stefania.

Francesca rispose con un debole cenno affermativo del capo.

“Ho sempre adorato Close your eyes” sospirò Alaina “è dolcissima, anche se triste… Mi commuove sempre…”

“Non è per la canzone in se che mi fa effetto…” la interruppe Francesca “mi è venuto da piangere perché mi ricorda quando sono partita da Dublino… Me l’ha cantata mentre eravamo in aeroporto… e da quel giorno non ci siamo più visti…”

“Ti manca?” chiese Astrid, venendo immediatamente fulminata con lo sguardo da Giulia per l’inutilità della domanda.

“Sì” rispose con un filo di voce “In certi momenti mi sembra di impazzire. Vorrei tanto spegnere il cervello e dimenticarmi che non è vicino a me… È che ho paura. Di nuovo paura...”

“Paura di cosa?” domandò Stefania.

“Che finisca… Ho paura che ci allontaniamo troppo, che lui si dimentichi di me o che trovi qualcun’altra…”

“Fra, non ti preoccupare” la rassicurò Giulia “Sono i primi tempi. Quando troverete un equilibrio e vi abituerete alla situazione si sistemerà tutto.”

 

I know I'm gonna see you again
But promise me that you won't forget
Cause as long as you remember
A part of us will be together
So even when you're fast asleep
Look for me inside your dreams
Keep believing in what we're sharing
And even when I'm not there to tell you

 

“E poi” aggiunse Astrid “se si dimenticasse di te dimostrerebbe una pessima memoria. Non ci si scorda così facilmente della ragazza più testarda e orgogliosa sulla faccia della terra! E mi pare che tu l’abbia fatto penare e sufficienza per renderti indimenticabile!”

Francesca non riuscì a trattenere una risata, nonostante le lacrime: il pungente sarcasmo di Astrid sortiva sempre i suoi effetti.

“Povera Fra” sospirò compassionevole Giulia “deve essere snervante”.

Francesca annuì “Mi sono abituata troppo bene nel periodo in cui ero a Dublino, eravamo sempre incollati…”

“Torna in Irlanda!” esclamò Alaina.

“Tu la fai facile. Anche se tornassi là ci vedremmo comunque poco… È appena uscito il nuovo album, sono in giro per la promozione, e tra un paio di mesi iniziano il tour…”

“Meglio vedersi poco che non vedersi per niente” obiettò Alaina.

“Lo so, però adesso ho appena iniziato lo stage come interprete. Sai quanto mi sono data da fare per ottenerlo, sarebbe un peccato lasciarlo… Dobbiamo solo aspettare che passi questo periodo, che è brutto per entrambi, e poi le cose dovrebbero migliorare… E poi non voglio dipendere da lui. Non mi sembrerebbe giusto.”

“Bon, ma non credo gli manchino i mezzi,” puntualizzò Astrid “più che altro è per il crimine (3) della convivenza.”

“Hai ragione” concordò Francesca “i soldi sono l’ultimo dei suoi problemi. E comunque, di convivere proprio non se ne parla, è contro i miei valori”.

“Ma potevi aggirare l’ostacolo restando da Viky” obiettò Alaina.

“Me l’aveva proposto, ma si torna sul discorso che non voglio dipendere da lui: è una questione di principio. Pensa cosa succederebbe se ci lasciassimo.”

“Il discorso non fa una piega…” disse Stefania.

“Però intanto tu stai così e senza una soluzione per il problema” obiettò Giulia.

 

Just close your eyes
And you'll be here with me
Look to your heart
That's where you'll be
Just close your eyes
Till your drifting away
You'll never be too far from me

 

“Non riuscite a venirvi incontro in qualche modo?” chiese Alaina.

“Io sono libera dai corsi solo nel fine settimana, ma spesso il sabato lavoro in libreria e nei week end ho anche impegni musicali vari. E anche lui... Beh, sapete come funziona: una giornata intera senza impegni è un miraggio. E soprattutto non è a Dublino, più che altro sta a Londra, la settimana scorsa era in Svezia, la prossima va in Germania… Non è proprio semplice…”

“E a Natale?” intervenne Alaina.

“Lavora anche sotto Natale e poi c’è il matrimonio di Shane… E ti ricordo che io, te e Federica abbiamo prove, Messe e concerti con il coro in tutti gli angoli, per non parlare della libreria, che è strapiena durante le feste…”

“Lavorare a Natale è una scocciatura” sbuffò Stefania.

“Comunque siamo già d’accordo che verso fine gennaio dovrei riuscire ad andare qualche giorno a Dublino quando lui dovrebbe avere una mini pausa… Se la casa discografica non cambia idea all’ultimo...” concluse asciugandosi le lacrime con un fazzolettino passatole da Giulia e alzandosi per andare a spegnere la musica. “Ecco fatto. Spegniamo questa cosa deprimente. E cambiamo argomento, per favore: sono stufa di questo mio atteggiamento patetico!”

“Non sei patetica!” la riprese Alaina “Sei solo triste. È un tuo diritto esserlo, ogni tanto!”

“Sì, ma mi sono cacciata da sola in questo pasticcio.”

“Sai quante persone pagherebbero per essere nel tuo stesso pasticcio?” commentò Astrid.

“In effetti...” sorrise.

“Ecco, sorridi di nuovo. Brava” disse Giulia.

“Sorridi per il suo bello” la canzonò Stefania.

“Prima ho pianto, adesso rido. Esprimo tuuuuuttooooo quello che mi ispira” si derise da sola.

“Quanto sei melodrammatica!” le resse il gioco Astrid.

“Ci manca solo che ti metta a cantare” fece notare Giulia.

“Sì. Una bella aria di pazzia. Acuti e colorature a raffica. Così vi assordate!” scoppiò a ridere.

“Beh. Sai com'è” intervenne Astrid “Fur tre mesi... Ormai ci siamo!” sentenziò, alludendo ad un verso dell'opera I Puritani, in cui la protagonista impazzisce perché viene lasciata dal promesso sposo il giorno delle nozze. Quando si rivedono lei gli domanda quanto tempo sia trascorso da quando è fuggito e lui risponde, a punto tre mesi.

No! Fur tre secoli di sospiri e di tormenti, fur tre secoli d'orror!” canticchiò “E poi non sono tre mesi. È poco più di uno!”

“E già tiri i numeri” ridacchiò Alaina.

“In realtà nell'opera inizia a dare di matto non appena lui sparisce...”

“Beh. Tu sei talmente nel personaggio che hai iniziato addirittura prima!” fece notare Stefania.

“Sono avanti! In alternativa potrei iniziare a vedere spiriti di morti vicino ad uno stagno. Ma non è il caso. Quella finisce piuttosto male” concluse, riferendosi alla trama di Lucia di Lammermoor.

“Comunque” riprese “Sono davvero suonata. Suonata e patetica.”

“Oh, finiscila!” la redarguì Alaina.

“No, sono seria. Rifletteteci. Quando mai io sono stata così irrazionale, così soggetta a sbalzi d'umore, così melensa, così dipendente dalle azioni di un'altra persona... Non mi sono mai persa così tanto per qualcuno! Insomma. Ogni tanto rifletto su quello che dico, penso, o su come mi comporto, e mi faccio ridere da sola! Non ho tredici anni. E non è il mio primo ragazzo!”

“Certo” convenne Stefania “Ma potrebbe essere l'ultimo. Forse per questo è tutto diverso.”

Francesca restò bloccata, in silenzio, a soppesare le parole dell'amica.

L'ultimo.

Il ragionamento filava. Ma davvero lui poteva essere l'ultimo? Fino a pochi mesi prima il percorso di vita che aveva davanti a sé le appariva piuttosto sfuocato. Qualche tappa era abbastanza visibile, ma la gran parte era avvolta nella nebbia. Sapeva che voleva terminare i suoi studi, ma non aveva ancora chiaro quale sarebbe stato il lavoro dei suoi sogni. Forse l'interprete, forse la traduttrice, magari la giornalista. Di certo non l'insegnate, non faceva per lei.

Se le prospettive lavorative erano nella nebbia, quelle sentimentali erano celate dal buio più totale. Era partita per l'Irlanda senza legami. Le sue storie precedenti, più o meno lunghe, erano state pochissime e di relativa importanza. Nessuna aveva lasciato in lei particolari tracce, nel bene o nel male. Poi era arrivata a Dublino ed era cambiato tutto. Nel giro di poche settimane aveva iniziato a vedere della luce anche sulla strada della sua vita sentimentale. Dal nulla più assoluto aveva cominciato a pensare, fantasticare, progettare, avere dei dubbi, dover prendere decisioni dolorose, sentire che stava andando in una precisa direzione. Faticava ad ammetterlo con se stessa, ma per la prima volta nella sua vita iniziava a pensare al futuro costruendolo non solo attorno a se stessa, ma anche ad un altra persona. Da una parte era euforica, dall'altra spaventata: non dipendeva più tutto solo ed esclusivamente da lei. Adesso le sue scelte erano strettamente legate a quelle di qualcun'altro. E ai suoi sentimenti. E questo la spaventava più di tutto.

Sarebbe durata? Sarebbero andati nella stessa direzione o dopo l'ebbrezza iniziale tutto si sarebbe dissolto e lei si sarebbe trovata di nuovo a decidere solo per se stessa, ma, stavolta, ne era certa, non più a cuor leggero come prima, ma con un vuoto provocato da quello che aveva provato e in cui aveva sperato, che però, a quel punto, sarebbe stato solo un ricordo?

Non le piaceva sentirsi in bilico. Era sempre stata una che amava avere delle certezze su cui basarsi. Amava riflettere a lungo prima di prendere le sue decisioni ed era piuttosto orgogliosa del fatto di essersi rarissimamente pentita delle sue scelte. Questa volta però aveva dei dubbi. Le pareva di essere stata troppo impulsiva. Doveva tenere conto di troppi fattori, gestire le reazioni di troppe persone, non solo di se stessa. Aveva fatto la cosa giusta? Aveva fatto bene a tornare a casa? Doveva restare in Irlanda? E soprattutto, questa storia aveva un futuro? Quanto sarebbe durata? Aveva fatto bene a cedere alla sua corte? Credeva di sì. Lei ormai si era convinta dei suoi sentimenti: lo amava. Ma lui? Le sembrava sincero, ma chi poteva dirlo? Poteva tranquillamente cambiare idea. Poteva farlo anche lei. Ma anche no...

L'ultimo.

Un articolo e un aggettivo. Eppure queste sette lettere avevano un significato enorme. Si era soffermata a riflettere su questa prospettiva. L'ultimo. Questa eventualità le piaceva, eccome. Fantasticava sul futuro e quest'idea la faceva sentire felice, protetta, appagata. Decisamente desiderava che lui fosse l'ultimo...

“Hai ragione...”

“Quindi?” la incalzò Giulia.

“Quindi niente. Visto che avete giustificato il mio atteggiamento, adesso mi dovrete sopportare così!” sorrise.

“Finché non succede qualcosa” appuntò Astrid.

“Eh no, eh!” si agitò Alaina.

“Qualcosa di bello, intendevo” si difese “Così torna normale!”

“Sono mai stata normale?” domandò Francesca, fingendosi offesa.

“Come prima, intendevo!”

“Oggi non ne indovini una, Astrid!” scherzò Stefania.

“Comunque” intervenne Francesca “Potrei tornare come prima, o potrei peggiorare!”

“In quel caso saremmo tutte lietissime del tuo ritorno in Irlanda, e noi saremo così impegnate da poterti venire a trovare molto di rado” sentenziò Stefania.

“Chi ti ha detto che dovrei tornare in Irlanda?”

“Se ti sposi, dove pensi di andare?” fece notare Astrid.

“A metà strada, no?” scherzò Alaina “In Germania!”

“Bello!” esclamò Giulia.

“Calme!” si intromise Francesca “Perché adesso vi siete messe a parlare di matrimoni?” chiese, arrossendo all'idea.

“Beh. È una delle cose che potrebbero succedere” fece notare Alaina.

“Sì, forse....” bofonchiò imbarazzata “Ma fra secoli. Hai voglia!”

“Chi lo sa!” sentenziò divertita Stefania. “E poi appena ne abbiamo parlato, sei diventata rossa come un peperone!”

“Sì, ma...”

“Oh, dai” la riprese Giulia “Non nasconderti dietro ad un dito. Di' che la prospettiva ti piace!”

“Ma sì. Ma non nell'immediato. Dai è assurdo... chissà quando...”

“Tu dici sempre che bisogna portarsi avanti col lavoro, no?” fece Giulia “E allora bisogna pensarci. Potrebbe succedere anche tra un mese o due!”

“O fra dieci anni!” ribatté Francesca, esasperata dall'insistenza e delle fantasie delle sue amiche.

“Dammi retta” tagliò corto Astrid. “Io lo dico davanti a voi che mi siete testimoni: mangeremo confetti molto presto!”

Francesca strabuzzò gli occhi. Poi scattò in piedi e si diresse verso la cucina a prendere dei biscotti, lasciandosi alle sue spalle una stanza da cui proveniva un chiacchiericcio molto simile al rumore che si sente quando una volpe entra in un pollaio.  


NOTE
(1) termine da me coniato per definire Giuseppe Verdi che significa colui che suona o scrive brani per banda.
(2) Bayreuth è una piccola città in Baviera in cui ogni anno si svolge un festival interamente dedicato alla messa in scena delle opere composte da Richard Wagner in un teatro alla cui progettazione ha contribuito Wagner stesso in modo che l'edificio si prestasse al meglio per la emssa in scena delle sue opere, che richiedono un organico orchestrale imponente  delle scenografie grandiose. Il festival di Bayreuth è considereto il tempo della musica wagneriana perché, in teoria, in questo festival vengono riuniti i migliori interpreti di questa musica e le rppresentazioni si svolgono nel luogo per cui Wagner le ha pensate (la sala ha un'acustica molto particolare, divesra dagli altri teatri d'opera nel mondo). La particolarità di questo festival è che trovare i biglietti è DIFFICILISSIMO. Le liste d'attesa sono lunghe molti anni. in alternativa si possono trovare i biglietti al "mercato nero" a cifre esorbitanti. 
(3) citazione da “Don Camillo, monsignore… ma non troppo”, anche se nel film il crimine è il matrimonio civile.

 

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Capitolo 4
*** Quarto capitolo ***


 

“Nicky! Nicky sei con noi?!” richiamò Mark, agitandogli una mano davanti al viso, visto che non aveva risposto ad una domanda postagli da Kian e sembrava vivere in un'altra galassia.

“Scusa” rispose costernato “Ero distratto”.

“Che ti succede?” chiese Kian “non è la prima volta che non ci sei con la testa nell’ultimo periodo… ”

“Perché la sua testa è a qualche migliaio di chilometri da qui con una fanciulla dagli occhi cerulei” lo prese in giro Shane, imitando lo stile di narrazione dei vecchi cartoni Disney.

Nicky sorrise lievemente fissando il pavimento venendo rimandato dai suoi amici al motivo della sua recente distrazione.

“Ti manca tanto, vero?” chiese Shane sedendosi al suo fianco e poggiandogli fraternamente un braccio sulle spalle.

“Sì” sbuffò, sentendosi ben lontano dalla sua abituale loquacità “non ne posso più…”

“Non ti ha mai visto così giù per nessuna prima d’ora” appuntò l’amico.

“Perché nessuna è come lei” rispose alzando lo sguardo, ma solo per continuare a fissare il vuoto. “E non ho mai amato nessuna come lei” aggiunse dopo una breve riflessione.

“E quindi?” chiese Shane con una certa impazienza dopo un lungo silenzio in cui sperava che l'amico proseguisse da solo il discorso.

“Non lo so Shane… ogni giorno che passa senza vederla sto sempre peggio, ho bisogno di lei.”

“Quindi?” sospettava che avesse qualche idea sul da farsi, ma sembrava piuttosto restio ad esprimersi. Altra stranezza. Di solito correva da lui a raccontargli le sue idee nel momento stesso in cui gli erano venute in testa “Hai qualcosa in mente?”

“Poche idee e una grande confusione. L’unica certezza è che così non ce la faccio ad andare avanti… Però non so… Vorrei fare qualcosa, voglio uscire da questo momento di stasi, ma ho paura di esagerare, di volere correre troppo, di fare una mossa azzardata. Insomma, vorrei risolvere la situazione, ma senza metterla alle strette!”

“In che senso?”

“Non vorrei metterla in una situazione difficile, di fronte a scelte che non si sente pronta a prendere.”

“A me non sembra una persona immatura o che si rifiuta di prendere decisioni importanti, tutto il contrario.”

“Sì, questo lo so. Ma si può essere maturi pur non volendo, o non sentendosi pronti, per una relazione più impegnativa. Se dipendesse solo da cosa voglio e da come mi sento io la situazione si risolverebbe subito, ma non voglio rischiare di farla sentire come se le imponessi un ultimatum o qualcosa del genere. In fondo, perché mai dovrei avere tanta fretta! Potrei peggiorare la situazione…”

“Lotta per lei, Nicky! Non rischiare di buttare via tutto per la distanza e il lavoro, o, ancora peggio, per paura!”

“Lo so. Devo fare qualcosa per dare una svolta alla situazione, questo è sicuro. Questa incertezza mi sta facendo impazzire, e anche lei ne sta soffrendo… Ma non so proprio dove sbattere la testa…”

“La cosa migliore è discuterne con lei. Secondo me vi basterà parlarne, con calma, mettere in chiaro cosa volete tutti e due e trovare una soluzione.”

“Ma come? Quando?”

“Beh” intervenne Kian “per noi questo è il periodo più incasinato dell’anno. Anche solo pensare di mettersi a fare un discorso di più di una mezz’ora, e trovare il tempo di farlo, è quasi impossibile, a meno che tu non le voglia telefonare nel bel mezzo della notte. E queste cose non si possono discutere per telefono... Lei dovrebbe venire qui. Ma, da quello che ci hai detto, pur non essendo in una boyband, anche lei sembra non avere neanche il tempo per pensare, tanto meno per prendersi un paio di giorni e raggiungerti dove siamo per lavoro. Quindi, secondo me, la cosa migliore è rimandare tutto al matrimonio di Shane.”

Nicky lo fissò attentamente, non riuscendo a comprendere dove volesse andare a parare.

“Cosa centra il mio matrimonio?” domandò Shane confuso.

“Verrà anche lei, no?”

Nicky e Shane si voltarono l’uno nella direzione dell’altro e si guardarono come se avessero appena scoperto come ottenere il moto perpetuo.

“Perché non ci ho pensato prima!?” disse ridendo stupidamente .

“E perché io non mi sono ricordato di dirti fin da subito di portala?!” ribatté Shane “Gill mi avrà detto almeno dieci volte di chiederti se sarebbe venuta!”

“Sì, però a lei non ho mai detto niente” sbuffò rabbuiandosi “chissà cosa avrà pensato, visto che sapeva del matrimonio, ma non le avevo mai chiesto di venire… e poi potrebbe essere impegnata…”

“Come hai fatto a dimenticartene?” lo schernì Kian “Non si parla di altro da mesi! Avresti aspettato il giorno della cerimonia per accorgerti che l’unico a non essere accompagnato eri tu? Io non mi stupirei se ti togliesse il saluto!”

“Tu scherzi” sbuffò Nicky “Ma se la prendesse male davvero?”

“Per me, se le dici la verità” si inserì Mark “ e cioè che tu e Shane siete stati tanto tonti da non ricordarvi di dirle che era stata invitata, credo che le farete pena e vi perdonerà. Tanto vi conosce, sa che avete pochi neuroni, e quei pochi in comune. Siccome adesso l’attenzione è sul matrimonio sono tutti impegnati lì e ce li ha tutti Shane, ma, evidentemente, non sono comunque abbastanza per tutto quello a cui deve pensare ”.

“Grazie Mark” rispose sarcastico Shane.

“Sì, ma se ha già altri impegni…”

“La vai a prendere” rispose risoluto Shane “ a costo di spostarla di peso. Con tutti questi se, questi ma e queste mezze misure, e lei non può, e io non posso, e non so cosa fare, e non voglio metterle fretta, siete andati avanti per più di un mese senza combinare niente, anzi, peggiorando la situazione. Non è aspettando che una soluzione vi arrivi dal cielo che troverete una soluzione ai vostri problemi. Il minimo che tu possa fare è dirle esattamente quello che pensi e quello che vuoi e poi discuterne con lei avendo messo ben in chiaro quello che entrambi volete per il vostro futuro. È ora di prendere una decisione e soprattutto di darsi una mossa. Quindi te la porti al matrimonio, discutete, e cercate una soluzione al problema.”

“Hai ragione” affermò deciso “ e so anche cosa fare per risolvere tutto” aggiunse con un sorrisetto.

“Cioè?” chiese, sapendo bene che quando sfoderava quella particolare espressione significava che aveva qualcosa di grosso in serbo.

“Vedrai…” rispose evasivo, alzandosi in piedi e facendo per andarsene.

“Nono” lo bloccò correndogli dietro e prendendolo per un braccio “adesso me lo dici!”

“Devo ancora pensarci bene, ma intanto tu potresti farmi un favore…”

“Sarebbe?”

“Raccomanda a Gill di allenare bene la sua mira.”

“EEEH?”

“Vedrai Shane, vedrai…”

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Capitolo 5
*** Quinto capitolo ***


 

 

“Siamo quasi arrivati” lo avvisò il guidatore in un inglese stentato, quando il taxi si trovava a poche centinaia di metri dalla sua destinazione.

“Grazie” rispose cortesemente. “Ci siamo” pensò, mentre un lieve sorriso si dipingeva sul suo volto “ancora qualche minuto e finalmente ci rivedremo. Non vedo l’ora, è passato talmente tanto tempo che quasi non mi ricordo com’è starle vicino... Il ritmo del suo respiro, il suo continuo saltellare o muovere le gambe, sue smorfie... Certo che fa freddo qui. Fuori dall’aeroporto c’era un vento terribile... Chiamava spesso il vento con il nome che ha quello di qui quando c’era vento forte a Dublino... Bora, sì Bora! Diceva che quel vento era forte ma la Bora è un’altra cosa. E aveva ragione: questo ti congela... Altro che sole e caldo, come noi stranieri pensiamo che sia l’Italia. Lei dice sempre che non è vero. Non è affatto vero: qui adesso del sole non c'è traccia, il cielo è grigio e fa un freddo cane! Però è bella questa zona, ci sono tante colline con alberi e un mare di viti: in primavera deve essere bellissimo tutto questo verde! Forse dovevo comprarglielo verde, il vestito. Il verde le piace! Ma anche il viola... Che ridere al compleanno di Patrick: eravamo tutti e due in viola. Era un segno, abbiamo le stesse idee per come vestirci e abbiamo anche gli stessi gusti anche per i colori. Ha uno stile e un gusto eccezionali, riesce sempre ad essere perfetta e non le ho mai visto addosso un vestito che le stesse male. Le piacerà il vestito? Non sono più convinto del rosso, anche se è un rosso scuro, non è proprio rosso rosso. É quasi un bordeaux, e anche il modello è particolare. A lei piacciono le cose particolari, ma un modello vintage forse è stato un azzardo. Con quella gonna larga anni ’50 fa molto grease. Però le starà bene, secondo me. Magari con i capelli raccolti in qualche modo particolare... Con i capelli che si ritrova può fare quello che vuole: sono talmente lunghi... Però ci metterà delle ore... Chissà a che ora tornerà a casa oggi... Forse avrei dovuto fare in modo di informarmi magari far chiedere da Viky... No, quella si sarebbe fatta sfuggire qualcosa e sarebbe saltata la sorpresa. Se non c’è, aspetto. Prima o poi arriverà. Adesso non c’è l’università ma potrebbe essere in libreria. No, oggi è Santo Stefano, non credo siano aperti i negozi. Oppure potrebbe essere in giro con qualche amica. Magari è meglio se le telefono e le dico che sono qui. No no no! Ho deciso di farle una sorpresa e voglio fargliela per bene! Voglio vedere che faccia fa quando mi vede. Mi manca vedere le sue espressioni strane, quando fa le facce schifate. È incredibile quanto riesca ad essere espressiva senza neanche dire una parola. Ogni volta che la guardi negli occhi ti si apre un mondo... È unica. Mi manca sentirla canticchiare tutto il giorno le cose più assurde; come quelle volta che cantavamo Little Drummer Boy a settembre... Natale arriva sempre prima di quando si pensi e bisogna essere preparati, dice sempre. Sono proprio curioso di vedere come sarà addobbata casa sua. Racconta sempre che sua madre inizia a pensare agli addobbi natalizi già a ferragosto... Quanti fiori le ho mandato il giorno prima di ferragosto! Forse ho esagerato un po’... Non le ho preso neanche un mazzo di fiori, che deficiente! L’ho dimenticato! Ma ormai è tardi... Ho già pronto qualcosa di molto più importante per farmi perdonare. Speriamo solo che non s…”

“Eccoci qua” disse l’autista interrompendo i suoi pensieri una volta fermata l’auto all’indirizzo che gli era stato detto.

Sceso dall’auto raccolse le sue cose e pagò la corsa, lasciando al tassista una lauta mancia, e si diresse alla volta della casa, una villetta bianca a due piani incastonata in un ampio giardino colmo di rosai che, in primavera, durante la fioritura, offrivano uno spettacolo incantevole uniti al verde del prato e delle colline circostanti. Anche un cieco non avrebbe potuto fare a meno di notare, solo dando una rapida occhiata alla casa, che ci si trovava nel periodo natalizio. Il corrimano scuro delle scale che portavano ai due piani e cingeva le terrazze era bordato da rami di pino, i davanzali delle quattro finestre che si rivolgevano alla strada erano a loro volta orlati di pino, con l’aggiunta di piccole lucine bianche. Sulla terrazza del piano superiore faceva bella mostra di sé un abete dell’altezza di un uomo decorato con luci bianche e dei nastrini con palline bianche che sembravano fiocchi di neve appena caduti e probabilmente anche la luce fioca che proveniva da un angolo di una delle due finestre del piano inferiore stava a significare che anche li era situato un albero di natale. Le due porte d’ingresso erano adornate da ghirlande di notevole grandezza, entrambe composte di rami d’abete, erano però arricchite l’una da nastri rossi di vari dimensioni che si intrecciavano tra di loro, l’altra da palline, campanelle e della polvere luccicante color argento. Per finire da una delle finestre delle stanze che non davano sulla strada, si poteva notare un pupazzo di Babbo Natale intento ad arrampicarsi e su quasi tutti i vetri delle finestre era attaccata qualche immagine natalizia in carta o legno.

Avvicinatosi al portoncino d’ingresso e suonato il campanello, non ricevendo risposta suppose che non ci fosse nessuno in casa “Si vedono solo luci di addobbi, devono essere tutti fuori” pensò guardando l’orologio: erano da poco passate le undici del mattino. Non trovando idea migliore si mise a sedere sul gradino di marmo che portava al portoncino e inizio un attesa la cui durata era un’incognita.

Dopo poco più di cinque minuti la sua attenzione fu attirata da un’auto rossa che, rallentando nell’avvicinarsi alla casa, inchiodò davanti a lui. Alzando lo sguardo dalle sue scarpe e rivolgendolo al guidatore del veicolo sorrise, notando che i suoi lineamenti gli erano noti, più che noti. Riconobbe quel viso che ogni notte compariva nei suoi sogni e ogni giorno imperversava nei suoi pensieri.

Lei, stringendo ancora il volante tra le mani, lo fissava esterrefatta, come se avesse appena visto un fantasma, sbattendo le palpebre ossessivamente. “Non sono ubriaca.” pensò “Forse l’incenso della Messa ha iniziato a farmi strani effetti. Cosa ci fa qui? Dopodomani Shane si sposa! Dovrebbe essere a Sligo a fare quelle sciocchezze che fanno gli uomini prima dei matrimoni!”

Vedendolo alzarsi in piedi e salutarla con un cenno della mano si rese conto che non stava avendo una visione: era davvero venuto a casa sua.

Andando nel panico per la sorpresa e la conseguente totale mancanza di preparazione, l’unica cosa che le venne in mente di dirgli, avendo persino la cortezza di abbassare il finestrino per farsi sentire e di premere il pulsante giusto sul telecomando per aprire il cancello elettrico, fu: “Aspetta due secondi. Non ti muovere. Metto la macchina in garage e vengo da te.”

Una volta richiuso il finestrino cercò di partire per coprire i venti metri o poco più che la separavano dalla meta, ma l’operazione fallì miseramente, visto che, nella concitazione del momento, si era scordata di cambiare marcia e aveva tentato un’improbabile partenza in quarta.

“Aaah” mugugnò stizzita tirando un pugno al volante, e affrettandosi a riavviare l’auto per porre fine a questa poco lusinghiera dimostrazione delle sue doti di guida.

“Calma!” senti pronunciare dalla strada, con una risata finale che non le sfuggì, nonostante il finestrino fosse stato richiuso.

Una volta parcheggiato raccolse la borsetta, chiuse auto e garage e si precipitò verso il portoncino d'ingresso, al di fuori del quale Nicky la stava ancora aspettando.

“Cosa fai seduto per terra con questo freddo?” blaterò confusa, cercando disperatamente la chiave giusta nella borsetta “Ti sarai ibernato!”

Lui non le rispose, troppo impegnato a ridere mentre osservava la concitazione nei suoi movimenti, che diventavano sempre più frenetici, visto che le chiavi che stava cercando non erano minimamente intenzionate a farsi trovare.

“Ridi, ridi, infame!” lo sgridò “Faccio prima a salire in casa e ad aprirti con il pulsante.”

“Faccio prima a scavalcare” la corresse, ancora fra le risate.

“Sì, certo. Così passa qualcuno, ti vede e poi in paese non si parlerà d’altro fino a carnevale!”

“Cosa c’è di male, mica sono un ladro! E poi non mi sembra un argomento interessante su cui spettegolare.”

“Ci sono tremila anime in questo paese. Di solito l’argomento che va per la maggiore, nonché l’unico disponibile, è l’ultima persona morta e relativo funerale oppure i litigi tra le cameriere del bar in piazza. Se qualcuno ti vedesse scavalcare, altro che pettegolezzi fino a carnevale, ce ne sarebbero fino a Pasqua! Già me le immagino… “La matina di Sant’S’ciefin il Toni ià viodut un frut che, pa la da fia dal Arigo, pasava par parsora dal puartòn e iè chi lu cialava da l’atra banda .” E poi quanto ci ricamerebbero attorno… Nono! Che c’è?” si bloccò notando la sua espressione confusa.

“Non ho capito una sola parola di quello che hai detto” . Lei lo fissò interdetta, cercando di cogliere il motivo delle sue difficoltà di comprensione.

“Ah! Scusa! Ho parlato in friulano!” si scusò, riprendendo la sua affannata ricerca “Dicevo che mi immagino già le pettegole del paese dire “La mattina di Santo Stefano il Toni ha visto un ragazzo che, per andare dalla figlia di Arrigo, scavalcava il portone e lei lo guardava stando dall’altra…. Eccole!” esultò, finalmente trovando l’oggetto che tanto febbrilmente stava cercando da una manciata di minuti, e aprendo il portoncino “E ho già in mano le chiavi di casa, così evito di ripetere questa scena anche in terrazza.”

Dopo averlo praticamente trascinato di corsa per le scale e spinto in casa, una volta richiusa dietro di se la porta, Francesca vi ci appoggiò la schiena, tirando un sospirone di sollievo.

“Cos’era tutta questa scena?” le chiese ridendo, ancora incredulo per la frenesia con cui era stato portato in casa “Hai tanta paura che ci vedano assieme?”

“Tu non puoi arrivarmi a casa così all’improvviso senza dirmi niente, delinquente” lo sgridò dandogli un pugnetto scherzoso, o meglio, che voleva essere scherzoso, ma che, visti i nervi tesi, in definitiva non lo fu più di tanto, sulla spalla “Mi hai fatto prendere un colpo! Io poi non ragiono più! Mi metto a pensare a tutto quello che può succedere, ma non connetto il cervel…”

L’enumerazione delle psicosi provocate del suo inaspettato arrivo fu interrotta da un veemente bacio sulle labbra che le impedì di proseguire le sue esternazioni d’ansia e la distrasse a tal punto da farle scordare tutta la frenesia dei momenti precedenti per concentrarsi sulla felicità di essere di nuovo, dopo tanto tempo, tra le sue braccia.

“Mi sei mancata” le sussurrò all’orecchio.

“Anche tu mi sei mancato, non puoi sapere quanto!”

“Credo di averne una vaga idea” le sorrise.

“Ma perché proprio oggi?” chiese prendendolo per mano e accompagnandolo dall’ingresso al salotto, dove lo fece accomodare sul divano di fronte al caminetto, che quella mattina non era ancora stato acceso “Credevo che oggi saresti andato a Sligo per i grandi festeggiamenti per l’addio al celibato di Shane! Non si sposa tra due giorni?”

“Proprio per questo sono qui”.

Francesca lo osservo perplessa, cercando di comprendere il motivo che legasse l’addio al celibato dell’amico con il suo improvviso arrivo a casa sua. Mica volevano venire a fare la festa da lei, dove nessuno li conosceva, così avrebbero potuto folleggiare in pace?

“Sono venuto a prenderti per portarti al matrimonio.”

“Eeeeeeh??? Sei impazzito?!” esplose strabuzzando gli occhi “No! Non posso venire! Non con così poco preavviso!” Cominciò a blaterare facendosi di nuovo prendere dalla frenesia “Io, io… Nooo! Sarebbe una specie di debutto. Ho bisogno di tempo per prepararmi psicologicamente. E non ne ho. Non voglio fare brutta figura! E poi mi servirebbe un vestito. La parrucchiera. L’aereo. Gli accessori. Dovrei mettermi a dieta. E tutta quella gente. Io non conosco nessuno. No! No, non si p…”

“Calma!” la bloccò prendendole le mani che stava nervosamente agitando per aria. “Ho già pensato a tutto io. Basta che prepari al valigia e vieni con me.”

“Tu hai la capacità di farmi perdere la mia razionalità! Cosa cavolo mi metto per un matrimonio! Che poi non è il matrimonio di mia cugina, è il matrimonio di Shane dei Westlife! Usciranno le foto sui giornali! E io che ci faccio lì! Non ho niente di adatto da mettermi, non saprei cosa fare! Ti farei fare una figuraccia.”

“Ti ho comprato io il vestito.”

Lei lo guardò come se gli fossero spuntate le antenne, la pelle gli fosse diventata verde a pois fucsia e gli occhi gli si fossero moltiplicati. Era stupita del fatto che avesse pensato a questo particolare che l’aveva mandata in confusione, ma poi riprese con pari impeto puntando su un altro argomento: “Ma Sligo non è dietro l’angolo! Come ci vengo a piedi?”

“Ovviamente no. Come io sono venuto in aereo tu verrai in aereo a Dublino con me e poi andremo in auto a Sligo. Ho già prenotato il volo.”

“Quando?”

“Il volo? Alle cinque, oggi pomeriggio.”

“OGGI POMERIGGIO??? No, non posso. Non sono organizzata. Devo fare la valigia. E poi il coro. Ho dei concerti!”

“Sono sicuro che per una volta potranno fare a meno di te.”

“IL LAVORO! Dovrei avvisare la libreria! Nono, non posso. Siamo già in poche. Non posso chiamare adesso e dire che per un paio di giorni non ci sarò.”

“Invece io sono convinto che tu possa fare anche questo. E comunque non accetterò un no come risposta. Punto.”

“Ma perché ti sei svegliato adesso? Non potevi avvisarmi prima, se proprio volevi che venissi?” sbuffò, riconquistando un po’ di autocontrollo.

“Perché sono stato talmente scemo e distratto, e, se devo dirla tutta, anche Shane, da dimenticarmi di dirti del matrimonio.”

“E te ne sei ricordato sta mattina o ieri durante il pranzo di Natale?” chiese caustica.

“No. È da un paio di settimane che ce l’ho in mente. Ma siccome mi aspettavo una reazione del genere e sapevo che con troppo tempo a disposizione saresti riuscita a trovare un sistema per non venire, anche a costo di romperti qualche osso da sola, ho preferito arrivare all’ultimo momento e metterti di fronte al fatto compiuto.”

Lei scosse il capo.

“Che c'è?” domandò lui, pronto a tenerle testa per ore, se fosse stato necessario. Aveva deciso che l'avrebbe trascinata a quel matrimonio, e l'avrebbe fatto.

“No!”

“No cosa?”

“Non ci vengo!”

“Francesca!” la riprese con il tono con cui i genitori sgridano i bambini piccoli.

“Abbi pazienza, ma io che ci vengo a fare a questo matrimonio?”

“Quello che fanno tutti: festeggiare!”

“Fin lì ci arrivo, grazie” rimarcò, polemica “Ma ti ripeto il concetto. Non è il matrimonio di mia cugina, è il matrimonio di Shane. Non so se te ne sei accorto, ma tu, lui, e gli altri tre, siete piuttosto famosi...”

“E allora?”

“E allora??? E allora io che ci faccio lì!?”

“Non mi risulta che sull'invito abbia posto come condizione per poter partecipare di aver venduto almeno qualche milione di dischi” disse, cercando di sembrare serio, ma ridacchiando sotto i baffi “E comunque tu vieni con me, quindi fai un conto unico coi miei, perciò ci puoi stare” le sorrise, condiscendente.

“Imbecille” lo redarguì.

“Oh, finiscila! Non sarà un raduno di popstar! La maggior parte degli invitati saranno amici e parenti suoi e di Gillian. Comuni mortali!” sentenziò, ponendo particolare enfasi sulle ultime due parole.

“Io non faccio parte di questa categoria.”

“Dei comuni mortali?”

“Nicky, sei impossibile oggi” sbuffò “Non faccio parte della categoria amici e parenti.”

“Parenti no, ma amici sì.”

“E di chi sarei amica?”

“Di Shane e Gillian!”

“Ma se ho visto lui tre volte e lei una!”

“Non basta?”

“Nooo!” rispose irritata.

“Anche se non ti avessero mai vista in vita loro, il mio invito prevede che io mi porti qualcuno. E quel qualcuno sei tu.”

“Ma anche no...”

“E con chi ci dovrei andare allora, con Viky?!”

“Ecco! Conoscono molto meglio lei di me!”

“Ma loro hanno chiesto esplicitamente di te.”

“Perché???” domandò stizzita.

“Perché vogliono che tu ci sia. E a prescindere da questo, IO voglio che tu ci sia!”

Lei lo guardò come un cane bastonato.

“Non puoi volere qualcos'altro? Qualcosa che non preveda che mi presenti per la prima volta ad un evento mondano con due giorni di preavviso?” chiese con tono supplichevole.

“No. Io voglio te.” le rispose con semplicità, prendendole le mani, che fino a quel momento lei aveva ripreso ad agitare. E non lo faceva mai: doveva essere davvero nervosa per gesticolare.

“Ma ti farò fare brutta figura...” si lagnò.

“Perché?”

“Perché sì! Che ci faccio io lì?”

“Ne abbiamo già discusso prima.”

“Sì, va bene. E abbiamo appurato che io ci sto per vie traverse. Ma, a prescindere anche da questo... Io non sono abituata a questo ambiente: sarò ridicola!”

“Sai camminare sui tacchi, ti siedi composta e stai sempre con la schiena dritta: sei di gran lunga sopra la media delle invitate. E poi non è un ricevimento a Buckingham Palace. È il matrimonio di Shane, un mio amico, punto!”

“Appunto!”

“Appunto cosa?”

“TUO amico” scandì bene le parole, come se parlasse ad un matto “Io andrei a questo matrimonio con TE.”

“Non ti seguo”.

“Mi prendi in giro? Io, la tua nuova ragazza, dovrei venire ad un evento mondano con TE, che sei piuttosto famoso, per la prima volta. Non è mai uscita neanche mezza foto di me e te assieme. Nessuno, a parte chi ci conosce, sa che stiamo assieme. Mi segui? Non ritieni probabile che la cosa potrebbe destare un minimo di interesse nella stampa presente?”

“È questo che ti preoccupa? Che la stampa scopra di noi al matrimonio?”

Lei annuì. “Sì, tra le...”

“Allora è semplice” la interruppe “Adesso telefono a Louis e gli dico di chiamare qualche giornale che domani pubblichi la notizia che noi stiamo assieme. Con foto e tutto. Se questo è il problema, lo risolvo in cinque minuti” concluse prendendo dalla tasca il cellulare e facendo per alzarsi.

“Fermo, fermo. Calma!” lo bloccò “Sei matto!”

“Perché? Se non vuoi che la cosa salti fuori al matrimonio, questo è il sistema migliore!”

“Ma è assurdo!”

“Meno di quello che puoi immaginare. Non sai quanti l'hanno fatto”.

Lei lo guardava inebetita.

“Allora?”

“E se faccio brutta figura?”

“Non farai brutta figura. Te lo garantisco.”

“Ma se succedesse?”

“Ma cosa vuoi che succeda?!”

“Non so. Potrei inciampare... strapparmi il vestito... rompere un tacco...”

“Potrebbe caderti un meteorite in testa, la terra potrebbe aprirsi sotto ai tuoi piedi...” proseguì per lei. “Su! Non succederà niente. Farai una magnifica figura, ti divertirai e nessuno avrà niente da ridire.”

“Ma...”

“Basta ma! O ti decidi a venire con le buone, o ti ci porto di peso!”

Francesca mugugnò qualcosa di incomprensibile esaminando attentamente la situazione cercando di comprendere se la decisione migliore fosse di essere razionale e restare a casa, senza creare problemi a colleghi di lavoro e compagni del coro, o dargliela vinta e andare al matrimonio, nonostante il timore e l’imbarazzo che, era sicura, avrebbe provato. Certo, sapeva che questo momento prima o poi sarebbe arrivato. Anche se non avevano mai fatto niente di particolare per nascondere la loro relazione alla stampa, non avevano neanche cercato di pubblicizzarla. Ma prima o poi qualcuno li avrebbe visti assieme, era inevitabile. Però così di punto in bianco la cosa la terrorizzava. Sarebbe stata all'altezza? Cos'avrebbe detto la gente di lei? E i giornali? Era pronta per la sua prima apparizione pubblica con lui? Era pronta a vedere una sua foto su un tabloid? Prima o poi sarebbe successo, però...

“Per favore” la supplicò, cimentandosi nel suo famigerato broncio.

Dopo qualche ulteriore istante di riflessione l’unica frase che riuscì a formulare, sospirando rassegnata, fu: “Di che colore è il vestito?”

 

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Capitolo 6
*** Sesto capitolo ***


“Hai visto che non è stato poi così difficile?” la stuzzicò Nicky quando erano arrivati da pochi minuti al ricevimento e stavano prendendo posto.

“Non ho mai detto che sarebbe stato difficile” osservò Francesca “ho detto che sarebbe stato imbarazzante.”

“Oh, per qualche foto…”

“Qualche foto!?” esclamò, forse con un po’ più veemenza di quanto intendesse, ma, per fortuna, non venendo comunque notata, visto il caos che regnava nella sala. “Credo di non aver mai fatto tante foto in vita mia! Già tento il più possibile di evitarle ai compleanni o alle feste di amici, figuriamoci se poi queste vanno sui giornali!”

“Finiscila, hai fatto un figurone! Tutti stanno parlando bene di te. Se questo non fosse un matrimonio saresti di certo l’argomento più gettonato!”

“Come fai a sapere che tutti stanno parlando di me e che stanno dicendo cose positive?”

“Mentre tu passi il tempo a controllare se hai un capello fuori posto o se la gonna fa una pieghettina millimetrica, io mi guardo attorno e ascolto cosa dicono gli altri. Se non te ne fossi accorta hai ricevuto più di un complimento da chi è venuto a salutarmi…”

“Semplice cortesia” lo interruppe “non possono certo venire qua e dirti ciao Nicky, chi è quel disastro che ti sei portato dietro?”

“Ti assicuro che nessuno dei complimenti che hai ricevuto è falso. E poi basta vedere come ti guardano tutti…”

“Tutti mi guardano???” andò nel panico.

“Non nel senso che passano il loro tempo a fissarti. Intendo dire che se ti incrociano con lo sguardo, ti guardano bene.”

“Sei sicuro?”

“Sì, stai andando benissimo. Non sembri neanche in ansia.”

“Sono un'attrice nata!” mugugnò.

 

 

“Ragazze tutte al centro della pista! È il momento del lancio del bouquet!” si sentì di colpo tuonare dagli altoparlanti da una voce che probabilmente apparteneva ad una cugina della sposa.

“Non vai?” chiese Nicky a Francesca, che non sembrava per niente intenzionata a muoversi dalla sedia su cui era comodamente appollaiata.

“Non ci penso neanche.” Rispose con naturalezza.

“Perché?”

“Uno. Non vedi che bolgia di assatanate si è radunata? Non ho voglia di finire in una rissa. E in secondo luogo, pensa se lo prendessi io. Sprofonderei dalla vergogna!”

“Cosa c’è da vergognarsi a prendere un bouquet?”

“Niente, ma è quello che comporta che è imbarazzante!”

Lui la fissò stralunato, fingendo di non riuscire a comprendere dove volesse andare a parare.

“Ma sì! Chi prende il bouquet si sposa entro l’anno. Verrebbero tutti qua a chiederti quando mi sposi! A quel punto vorrei proprio vedere cosa ti inventeresti come risposta...”

Lui le sorrise, quasi con accondiscendenza, tentando di mascherare la sua espressione e di non farle comprendere cosa avesse in mente.

“Ma se non ci vai tutti penseranno che tu proprio non lo vuoi, e questo probabilmente è pure peggio che prenderlo. Facciamo così: tu vai ma ti metti in un angolo in cui il bouquet non arriverà di sicuro così salvi capra e cavoli.”

“Già, non ci avevo pensato” disse sistemandosi la gonna dopo che si era alzata “vado ad incollarmi ad un muro”.

Ridendo lui la salutò con la mano mentre si allontanava “Gill, ti prego” pensò “tiralo verso il muro”.

Francesca scelse di appostarsi all’estrema sinistra del gruppo di donne in attesa del lancio. Era molto lontana da Gillian, non riusciva nemmeno a vederla tanto era coperta dalla folla di amiche a parenti che già si spintonavano per ottenere i posti migliori.

“Anche tu vieni qui solo per non fare la figura di quella che non ha la minima intenzione di sposarsi, ma stai nell’angolo perché non vuoi prendere il bouquet visto che sposarsi è l’ultimo dei tuoi pensieri?” chiese Aine , una cugina di Shane, divertita dal fatto di trovare un’altra persona che non si stava gettando a capofitto nella ressa.

“Non è proprio l’ultimo dei miei pensieri… Però sarebbe un po’ prematuro nel mio caso” rispose divertita. “È abbastanza improbabile che arrivi qui, ma mi cascasse in testa senza dovermi scannare con tutte quelle altre là davanti significherebbe che era proprio destino.”

“Pronte?” gridò la sposa una volta appostatasi e voltate le spalle alle altre donne.

“Sì!” risposero in coro, pronte a cimentarsi un una disciplina a metà strada tra il wrestling, la lotta greco-romana e il rugby.

Gill attese qualche secondo prima di lanciare. Era calato un silenzio di tomba. L’unico rumore era qualche sporadico ticchettio emesso dai tacchi delle donne che, nella mischia, ancora lottavano per le posizioni.

Dopo aver deciso che ormai aveva portato abbastanza persone sull’orlo di un crisi nervosa ecco che tirò. Il lancio assunse una parabola stana, storta, con una gittata molto lunga, tanto da superare il mucchio di assatanate e ad andare a sbattere contro un lampadario. Questo gli fece cambiare ulteriormente direzione, tanto da ricadere perfettamente contro il petto di Francesca, come se avesse seguito una parabola studiata a tavolino.

“O Gesù!” mormorò rendendosi conto di cosa fosse successo e sentendo le sue guance infiammarsi per l’imbarazzo.

“Era proprio destino!” le sorrise Aine, dandole una pacca sulla spalla “Se fossi in te scapperei. Molte di loro potrebbero pensare che tu e Gill vi siate messe d’accordo!”

 

“Mi sento osservata” protestò Francesca tornando al suo posto con la testa bassa, come se questo la rendesse invisibile.

“Hai appena preso un bouquet dalla posizione più assurda di tutti i tempi, con tanto di rimbalzo sul lampadario e senza spostarti neanche di un millimetro, mi pare il minimo che ti osservino! Racconteremo tutti questa storia per secoli! Spero che qualcuno abbia fatto delle foto. O un video, magari!” la prese in giro Nicky.

“Finiscila di ridere, disgraziato! Se fossi rimasta qui non sarebbe successo niente!”

“Beh, il bouquet sarebbe finito a terra e si sarebbe creata una mischia mica da ridere... Ci sarebbe servita la polizia in assetto antisommossa per separarle!” continuava a sghignazzare.

“Almeno mi sarei divertita, invece adesso vorrei che la terra si aprisse così ci potrei sprofondare dentro.”

“Oh, non è poi così grave! Mi toccherà solo sposarti!”

“Non sei divertente...”

 

 

“Shane!” disse Nicky, dando una gomitata all’amico per attirare la sua attenzione mentre stavano ricevendo un meritato applauso dopo aver cantato “My love”.

“Dimmi”.

“Facciamo Tonight”.
”Nooo” si intromise Kian “Tonight non mi piace!”

Nicky lo strafulminò con lo sguardo.

Shane si voltò a fissare Nicky, cercando di capire quali intenzioni avesse.

“Cosa vuoi fare?”

“Vedrai”.

Mark, che aveva ascoltato la breve conversazione, guardò Shane confuso.

“Lascialo stare, è strano ultimamente…” bisbigliò Shane “ma credo di aver capito cos’ha in mente...” concluse tra se, ridendo sotto i baffi.

 

Lately I'm so tired
If I took it all out on you
I never meant to
If I left you outside
If you ever felt I ignored you
Know my life is all you


So put your best dress on
And wrap yourself in the arms of someone
Who wants to give you all the love you want

Tonight, I'm gonna make it up to you
Tonight, I'm gonna make love to you
Tonight, you're gonna know how much I missed you, baby
Tonight, I dedicate my heart to you
Tonight, I'm gonna be a part of you
Tonight, you're gonna know how much I miss you
And I miss you so


I don't wanna act like
I know that you'll be mine forever
Though I hope it's forever
Don't want you to feel like
I take you for granted
Whenever we are together

So put your best dress on
And wrap yourself in the arms of someone
Who wants to give you all the love you want


Tonight, I'm gonna make it up to you
Tonight, I'm gonna make love to you
Tonight, you're gonna know how much I miss you, baby
Tonight, I dedicate my heart to you
Tonight, I'm gonna be a part of you
Tonight, you're gonna know how much I miss you
And I miss you so

Oh yeah
So put your best dress on
And wrap yourself in my arms, my love

Tonight, I'm gonna make it up to you
...

 

Nicky abbandonò il suo posto e in un solo passo scese i due gradini che portavano al piccolo palco.

Tutti i presenti furono colpiti da questo suo gesto improvviso e se ne chiesero il motivo, chi nella propria mente, chi parlando con il vicino, pur continuando a seguire con lo sguardo i suoi movimenti. Si stava dirigendo a passi lenti verso un tavolo semivuoto, un tavolo al centro del quale era posto il bouquet lanciato dalla sposa, il tavolo seduto al quale aveva trascorso la giornata.

Anche Francesca lo osservava, anche lei stupita del suo gesto. “Dove sta andando quel pagliaccio?” pensò. E il suo stupore crebbe esponenzialmente quando si accorse che si stava dirigendo verso la parte della sala dove si trovava lei. Si sentì un nodo alla gola, come un presentimento che di lì a poco si sarebbe verificato qualcosa, qualcosa di molto importante…

“No Nicky” pensò “Non lo fare. Gira i tacchi e va da un altra parte. Cosa cavolo viene a fare qui? Non farti venire strane idee...”

Si avvicinava sempre di più. Lentamente ma con decisione. La guardava. Sorrideva. “Pezzo di cretino” non sapeva se si sentiva più imbarazzata o arrabbiata per il suo comportamento “Perché deve sempre fare il pagliaccio? Andrà a prendere qualcosa o qualcuno dietro a me, vero? Mi passerà solo vicino. Sì. Avranno organizzato qualche scherzo. Quando progettano qualcuna delle loro mandano sempre avanti lui. D'altra parte si presta alla perfezione. Chi è più pagliaccio di lui?!”

Ormai era lì. Ad un paio di metri da dove era seduta, non di più. Francesca iniziò a scuotere leggermente, ma insistentemente la testa. “Sta venendo qui. Ti prego, ti prego, ti prego, cambia strada all'ultimo!”

L'avanzata continuava. “No Nicky, non lo fare” disse a bassa voce, guardandolo supplicante, ma con una certa stizza “Non lo fare, non lo fare. Qualsiasi cosa tu abbia in mente di fare che coinvolga me, ti prego, non lo fare. Nicky, non venire qui. Non lo fare!”

Quando lo vide fermarsi di fronte a lei, che era rimasta immobile sulla sua sedia, si sentì girare la testa.

Aveva un presentimento su quello che aveva in mente.

Ma era impazzito? Con tutta quella gente attorno?! Se non ci fosse stato tutto quel pubblico, gli avrebbe tirato un ceffone di proporzioni epiche. Però, in effetti, se non ci fosse stata tanta gente attorno, non avrebbe sentito la necessità di schiaffeggiarlo... Perché voleva metterla in imbarazzo a tutti i costi, maledetto esibizionista!?

Si sentiva osservata. Le pareva che gli sguardi della gente attorno a lei le fossero puntati addosso come fasci di luce bollente. Sentiva di colpo caldo. Probabilmente in 3 secondi le era salita la febbre.

“Nicky, sparisci...” lo implorò, quando era arrivato di fronte a lei.

Lui se ne infischiò delle sue suppliche e invece di andarsene le si inginocchiò di fronte a e appoggiò le sue mani su quelle di lei.

Francesca ormai aveva il cuore in gola. Si sentiva le mani sudate e pensava solo ad un valido sistema per smaterializzarsi.

“Cosa vuoi? Che ci fai qui? Torna a cantare!” sibilò a mezzavoce, sperando che gli altri invitati non cogliessero le sue parole “Mi stai mettendo in imbarazzo. Ci guardano tutti!”

“Ascoltami” esordì con voce ferma, anche se l’emozione di fondo era facilmente intuibile dalla sua espressione.

“Non ascolto un bel niente!” intervenne bruscamente. “Se hai qualcosa da dirmi, puoi farlo dopo, fuori di qui. Nicholas Byrne, non farti venire strane idee. Non ho la minima intenzione di lasciarti trattare i nostri affari personali davanti a qualche centinaio di persone che nemmeno conosco!”

Lui sorrise “Ci avrei giurato che avresti reagito così...”

“Allora, visto che sei così bravo a prevedere le mie azioni, perché non hai evitato?” ormai aveva i nervi a fior di pelle.

“Perché, per una volta, non voglio assecondarti, ma fare a modo mio. E adesso, se vuoi per favore smetterla di brontolare” ridacchiò “avrei qualcosa da dirti.”

Lei lo fulminò con lo sguardo. Oh, se i suoi occhi avessero potuto realmente scagliare fulmini, l'avrebbe di certo incenerito. Ma, visto che sostanzialmente era stata incastrata, non poteva di certo prendersi e andare via, altrimenti la gente avrebbe avuto di certo un argomento di conversazione succulento per il resto della serata, si vide costretta a starsene lì buona ad ascoltare, continuando però ad inveire contro di lui col pensiero.

“Mi dispiace per come sono andati questi ultimi due mesi. So di averti trattata male…”

“Non mi hai trattata male!” sbuffò lei. Aveva già sentito quel discorso migliaia di volte. “Il tuo lavoro è così! Non ci possiamo fare niente! Lo sapevo quando ho accettato di stare con te. Mi sono presa i pro e i contro della tua vita. Sapevo benissimo cosa facevi. E poi anche io ho la mia parte di responsabilità, perché sono io che sono voluta tornare a casa mia. Non puoi fartene una colpa!”.

“Però da quando te ne sei andata da Dublino non ci siamo mai visti e sono passati più di due mesi! Per me è stata durissima e per quanto tu abbia cercato di essere forte, mostrati serena e non farmelo pesare, so che lo è stato anche per te. E questo non va bene. Non è giusto nei tuoi confronti! Non lo meriti. So che tu conosci la situazione e sei comprensiva, e per questo non posso fare che ammirarti ma non va bene lo stesso. Non voglio che tu soffra per colpa mia! Voglio che tu sappia che in questi mesi non ho dato il nostro rapporto per scontato e non ho dato per scontato te. Potrei stare qui ore a dirti che il tempo senza te non passava mai e che non sono mai stato così distratto in vita mia a forza di pensare a te e mille altre cose, ma sarebbero solo parole inutili, perché lo sai già. Potrei anche scusarmi per ore col più elegante e strappalacrime discorso della storia, ma anche queste sarebbero parole inutili, perché non cambierebbero di una virgola quello che è successo. Piuttosto mi pento di non averti ripetuto abbastanza quanto ti amo… In tutto questo mio essere distratto, ultimamente, ho riflettuto molto su me stesso, su di te, su noi. Anche se l'avevo già capito mesi fa, ora sono del tutto certo del fatto che ho bisogno di te e voglio trascorrere con te ogni momento. A parte i miei sensi di colpa e tutto il resto, ho capito che è assurdo ostinarci a stare in questo limbo che non fa bene a nessuno e che non può apportare nessun cambiamento significativo a quello che è il nostro rapporto, perché, per quel che mi riguarda, sono certo del fatto che quello che sento adesso non può essere intaccato, né dal tempo, né dalle distanze. Ho riflettuto sulla mia vita e su quello che per me ha realmente valore e che mi aspetto dal mio futuro. Non mi sorprende il fatto che l'unica costante in qualsiasi degli ambiti e delle prospettive che ho analizzato sia tu.”

Ormai Francesca aveva capito da un pezzo dove stava andando a parare. Continuava a scuotere il capo, ma senza più la frenesia di prima. Il movimento era quasi automatico. Aveva iniziato ad ascoltare il suo discorso e smesso di preoccuparsi di essere al centro dell'attenzione. In fondo non le interessava: era troppo presa dalla persona che stava in ginocchio ai suoi piedi e stava esprimendo i suoi sentimenti con tanta decisione e sincerità.

“Ho capito che voglio addormentarmi ogni notte stringendoti tra le mie braccia e svegliarmi ogni mattina al tuo fianco, voglio condividere con te ogni istante, voglio che tu sia la madre dei miei figli… Francesca” riprese, facendosi ancora più serio dopo una breve pausa, prendendo un profondo respiro “voglio che tu sia... Insomma... Vuoi concedermi l’onore di diventare mia moglie?” chiese tirando fuori dalla tasca l’anello che si era portato in giro tutto il giorno e che nervosamente era andato a cercare per assicurarsi di non averlo perso almeno un milione di volte. Era un anello di Cartier, in platino, con un diamante centrale a forma di cuore e dei piccoli brillantini incastonati sulla montatura ai lati della pietra centrale.

“Ma… io…” balbettò Francesca con gli occhi spalancati, muovendo ossessivamente lo sguardo dall’anello agli occhi di Nicky e viceversa. Aveva capito da un pezzo che stava per chiederglielo. Forse non razionalmente, ma in cuor suo, non appena l'aveva visto lasciare il palco, aveva intuito che stava per farle la proposta. O forse già da quella mattina di Santo Stefano, quando le era piombato a casa senza preavviso. E quell'insistenza per accompagnarlo al matrimonio, e la storia del bouquet. Tutto tornava. Probabilmente qualcuno più furbo, o meno cieco, l'avrebbe capito subito.

“Ma... Ma io...” nonostante tutto, anche se aveva intuito cosa stava succedendo, la sua mente era come incapace di reagire. Non capiva come comportarsi. Non sapeva cosa fare. In fondo, non le era mai capitato che qualcuno le chiedesse di sposarlo! “Ma noi… Noi stiamo assieme da quattro mesi e…”

“È abbastanza!” la interruppe “Anche se stessimo un anno a girarci attorno, non cambierebbe un bel niente, e tu lo sai: quello che conta è ciò che sentiamo e quello che vogliamo. Adesso, fra dodici mesi, o fra dodici anni, per me non farà differenza.”

“Ti dovrei dire di no anche solo per questa scenata” attaccò decisa “Sai quanto odio sentirmi al centro dell'attenzione. In particolare quando non ci dovrei essere! Cosa cavolo ti è passato per la testa?! E soprattutto, era proprio necessario? Non potevamo parlarne ieri? O stasera?”

“Lo so che potevamo parlarne in un altro momento, ma per me era necessario chiedertelo oggi. Certo. Potevo piombarti in casa a chiedertelo così, all'improvviso, ma sarebbe stato insignificante. Invece volevo che fosse qualcosa di speciale. Farlo davanti a tutti è un modo per farti capire che sono assolutamente serio e cosciente delle mie azioni. Voglio solo dimostrare a te e a tutti quanto vali per me! Tutte queste persone sono testimoni di quello che ti ho promesso e così facendo spero che tu sia del tutto rassicurata sulla serietà delle mie intenzioni.”

“E non c'era un modo meno plateale?!”

“So che ti ho messo in una situazione che non ti piace, ma il mio obiettivo era semplicemente farti sapere le mie intenzioni al più presto e nel modo più speciale possibile. Per una volta volevo che tu fossi una principessa, e non Cenerentola... E no! Non c'era un modo meno plateale... L'alternativa era chiedertelo in diretta tv durante qualche intervista per la promozione del nuovo disco” ribatté scherzando. Ma neanche tanto, in fin dei conti: quando era ancora indeciso su come muoversi, aveva preso in considerazione anche quell'idea.

Lei spalancò gli occhi. Si immaginò la scena. Una proposta di matrimonio in diretta tv, con quel pagliaccio che racconta gli affari loro, e milioni di persone a guardare. I duecento presenti in quel salone, al confronto, la facevano sentire come se il tutto si fosse svolto nella più completa intimità.

Si prese qualche ulteriore attimo per soppesare le sue parole e per riflettere sulla situazione. Infine disse sorridendo: “Tu sei completamente suonato, lo sai?”

“Non l'ho mai negato!”

“Che devo fare io con te?” sbuffò, fingendo di essere impegnata in una attenta riflessione.

“Sposarmi?” le suggerì.

“Perché, pensi che ti farebbe migliorare? Sono tanto brava, ma non faccio miracoli!”

“Non divagare.” la riprese “ Voglio una risposta!”

“Tu ti rendi conto che questa è una pazzia, vero?” disse seria.

“No! Io...”

“Non neghiamo la realtà” lo bloccò “È una pazzia. Punto e basta!”

Lui abbassò lo sguardo, rabbuiandosi. Conosceva bene la sua testardaggine, ma sperava che la sincerità dei suoi sentimenti fosse sufficiente a convincerla.

“Però non c'è scritto da nessuna parte che non se ne possano fare, se ne vale davvero la pena” sorrise.

Lui la guardò di nuovo negli occhi. Vi scorse uno scintillio inequivocabile.

“Per quanto possa essere assurdo, hai ragione. Tutto quello che hai detto è vero. Condivido tutto. Quindi... perché perdere tempo?”

“Questo significa...” le domandò, illuminandosi.

“Significa... Sì, lo voglio!”

Si abbracciarono. In silenzio. Semplicemente. Non una lacrima. Non una parola. Non erano necessarie. Quello che bisognava dire, era già stato detto. Quello che bisognava fare, era già stato fatto. Ora non gli restava che godersi il momento, proiettati verso il futuro.

 

 

“Ecco perché mi aveva chiesto di dire a Gill di allenare la mira!” esclamò Shane osservando la scena.

“Cosa stai dicendo?” gli chiese Kian spiazzato, come se stesse farneticando.

“Ma sì! Doveva tirare il bouquet a Francesca così lui poteva chiederle di sposarla!”

“Poteva chiederglielo comunque…” fece notare Mark.

“Sì, ovvio. Ma così è stato più carino. E poi, se proprio non avesse voluto prenderlo, si sarebbe spostata all’ultimo e l’avrebbe fatto prendere ad Aine."

“Aaah! Adesso ho capito!” esclamò Kian.

Mark lo guardò interdetto.

“Ma sì! Per evitare di prendersi un due di picche al momento della proposta ha fatto la prova prima!”

“Quell’uomo è diabolico!” affermò Mark.

“E pensare che io non ho mai detto a Gill di allenare la mira!” concluse scoppiando a ridere.

 

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Capitolo 7
*** Settimo capitolo ***


 

“Quindi hai una lista quasi definitiva di chi ci sarà?” domandò Nicky sulla soglia di casa, di ritorno dall'aeroporto. Era andato a prendere Francesca che era arrivata dall'Italia per discutere con lui, mentre si trovava a Dublino per una settimana di pausa del Tour, sugli ultimi dettagli riguardanti l'organizzazione del matrimonio.

“Più o meno. Casa mia ormai sembra un call center: il telefono suona a continuazione e mia mamma risponde come una segreteria telefonica” scoppiò a ridere “Spero solo che non pasticci con gli elenchi...”

“In quanti hanno confermato?” chiese, depositando la valigia di Francesca di fianco al mobiletto dell'ingresso.

“Praticamente tutti.”

“Cioè?”

“Novantuno. E aspetto ancora una ventina di persone che ancora devono avere la certezza delle ferie” rispose, sedendosi al tavolo della cucina, mentre lui le porgeva un bicchiere di succo d'arancia.

“Poi ci sono i miei centosei” disse sedendosi sulla sedia a fianco alla sua “E anch'io aspetto conferma da una ventina di persone. Quindi saremo almeno centonovantasette, e altri quaranta potrebbero aggiungersi” calcolò.

“E meno male che siamo partiti dicendo solo parenti e amici stretti: non invitiamo gente di cui ci ricordiamo a malapena il nome” concluse, imitando la voce di lui.

“Non ci possiamo fare niente! Abbiamo due famiglie super numerose e unitissime, mica potevamo fare i preziosi ed escludere qualcuno! Sai che casini?!”

“Non me ne parlare!” sbuffò fingendosi in ansia “Sono mesi che non dormo perché ho l'incubo di aver dimenticato qualcuno!”

“E poi ci sono gli amici”.

“Sì...”

“Ne abbiamo troppi!”

“Colpa nostra. Siamo troppo simpatici. Dovremmo fare le carogne più spesso, avremmo risparmiato un mare di inviti!” scoppiò a ridere.

“Per fortuna che non siamo partiti dall'idea di fare una cosa al risparmio” rise con lei.

“Anche perché paghi tu, quindi sono affari tuoi...” disse sottovoce, fingendo di non volersi far sentire, ma ben conscia del fatto che lui la sentiva eccome.

“Tornando alla cose serie” riprese, cercando di smettere di ridere “Come siamo messi per il ricevimento?”

“Oh! Mio papà è scatenato! Si sta divertendo come un pazzo! Ogni due giorni va al locale a provare i piatti che gli propone lo chef. Alla fine ne sceglierà alcuni e poi andrò, anzi, andremo, se ce la farai a liberarti per venire in Italia un paio di giorni, ad assaggiare anche noi, per prendere le decisioni definitive. Ma è col vino che sta dando il meglio di se! Fa addirittura i compiti a casa! Si è fatto dare una bottiglia di tutti i vini che gli sembrano adatti ai piatti a cui sta pensando e se le è portate a casa. Adesso ogni giorno ne apre una o due per assaggiare a decidere i suoi preferiti. Per fortuna il più delle volte invita qualche amico a degustare con lui, altrimenti, a forza di collaudi, mi diventa un alcolista!”

Nicky scoppiò nuovamente a sghignazzare. Immaginarsi il padre di Francesca, una persona, ai suoi occhi, piuttosto seria e posata, esibirsi ubriaco in canti da osteria brandendo una bottiglia, era una visione decisamente esilarante.

“Ridi, ridi” lo riprese, fingendosi seria “ma io sto pensando seriamente di far sapere agli invitati di vestirsi comodi o di comprare direttamente abiti di una taglia in più!”

“Perché?” domandò, non riuscendo a seguire il suo ragionamento.

“Con tutto quello che mio papà sta progettando di farci mangiare e bere sarà necessario, credimi...”

“È una festa! È normale che ci sia da mangiare e bere!”

“Certo. Ma tu non conosci gli standard per le feste di matrimonio al mio paese. E soprattutto non hai idea del concetto di esserci abbastanza da mangiare per tutti di mio papà!” ribatté convinta.

“Almeno nessuno sentirà la necessità di andare da McDonald's perché ha mangiato poco! Direi che è positivo!”

“Giusto! Se proprio dobbiamo avere un morto sulla coscienza, che sia per indigestione, non per fame! Sarebbe un'onta che non potrei sopportare” concluse con un enfasi alla Jane Austen.

“Tornando ai vestiti” riprese lui “Il mio è arrivato” disse gongolando.

“Di già? Mi avevi detto che non sarebbe stato pronto prima della prossima settimana”

“Sì, ma le modifiche da fare non erano poi così grosse, quindi ieri mi hanno avvisato che era pronto e stamattina sono andato a ritirarlo.”

“Magnifico!”

“Vuoi vederlo?” chiese, facendo per alzarsi.

“Perché no?”

“Vieni.” La prese per mano e la accompagnò su per le scale, fino alla sua camera da letto. Dall'armadio estrasse una busta per abiti color panna, che recava a caratteri cubitali il nome dello stilista che firmava l'abito. Aprì la cerniera e delicatamente estrasse i due appendini su cui erano posti giacca e pantaloni.

“Aaaaaaah” la voce solitamente musicale e armoniosa di Francesca, per l'occasione si era trasformata in un latrato gutturale, vagamente rassomigliante al canto di una... cornacchia.

“Che c'è?” domandò, sconcertato dalla sua reazione.

“Cos'è quella cosa?” domandò con gli occhi sbarrati, indicando gli indumenti che teneva tra le mani.

“Il mio vestito!” rispose orgoglioso.

“Sei impazzito?” strillò.

“Perché?”

“È bianco!” strepitò.

“Lo so! Non è splendido?”

“No!”

“In negozio mi hanno detto che è perfetto per me! E lo stilista ne va orgoglioso: è la sua creazione di punta per quest'anno!”

“Lo stilista, allora, è un deficiente!” rispose stizzita.

“Perché?” Nicky non capiva più niente. Lui era soddisfattissimo della sua scelta: credeva fermamente che quello fosse il vestito perfetto per l'occasione. E poi il commesso del negozio aveva ragione, taglio e colore gli donavano.

“È bianco!”

“Allora?”

“TU sei lo sposo. Lo sposo si veste di SCURO!” il suo tono era esasperato. Le sembrava di spiegare l'abc ad un bambino “Io sono la sposa. La sposa si veste di BIANCO!”

“Aaaah, ma non è scritto da nessuna parte! Perché non posso vestirmi di banco anch'io?!”

“Perché no!”

“E perché no?”

“Perché non si fa! Lo sposo in bianco non si può vedere!”sbraitò. In realtà il vestito non era affatto brutto. Il modello era elegante e sembrava che le modifiche che erano state apportate per adattarsi al meglio alla figura di lui, non ne avessero intaccato il taglio. Anche il tessuto sembrava di ottima qualità. Ma il colore... Bianco. Lucido. Un gelataio. Un chierichetto. Una ballerino di danze caraibiche. Il trionfo del kitsch, insomma.

“A me piace!”

“A me no!”

“Infatti non lo devi mettere tu.”

“Nicholas Bernard James Adam Byrne, non scherzare con me su queste cose” disse cambiando tono, passando dall'isterico al perentorio. “Tu non, e ripeto, NON metterai quel vestito al matrimonio!”

“Ma, Francesca!” cerco di farla ragionare.

“No! Ascoltami! Se quel giorno arrivo in Chiesa e ti vedo con quel coso addosso, io giuro che giro i tacchi e me ne vado!”

“Ma Francesca...”

“Ma Francesca un tubo!” lo interruppe “QUESTO è IL MIO MATRIMONIO E NON TI LASCERò ROVINARLO CON QUELL'ORRENDA PALANDRANA!” Aveva concluso urlando talmente forte che ormai i vetri alle finestre vibravano.

“Sarebbe nostro...” le fece notare a bassa voce.

“Hai capito quello che voglio dire.” Si era accorta di averla sparata grossa, ma quel vestito bianco era veramente una sciagura. Fece un respiro profondo e cercò di calmarsi.

“È davvero tanto orribile?” si rassegò lui, avendo capito che forse la sua scelta era stata un po' troppo audace.

“Sì” sospirò.

“Farei meglio a cambiarlo?” domandò, prendendola tra le sue braccia.

“Decisamente” annuì.

Si guardarono per un attimo negli occhi. Poi lei scoppiò a ridere.

“Tu sei tanto bello, ma di vestiti capisci poco...”

“Ma come?! Mi hanno sempre detto che sono quello meglio vestito della band!” fece notare con tono innocente.

“Questo è sparare sulla croce rossa” sghignazzò lei.

“Ok, andiamo” sciolse l'abbraccio, la prese per mano e si diresse verso il piano di sotto.

“Dove?”

“A comprare un altro vestito.”

“Adesso???”

“Sì, andiamo adesso che sono in vena di lasciarti sfogare le tue paranoie!”

“Ooooh povero martire!” sospirò sul vialetto di casa, baciando delicatamente le labbra del novello emulo di Santo Stefano.

 

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Capitolo 8
*** Ottavo Capitolo ***


“Francy, è arrivata la parrucchiera! Muoviti a finire di mangiare!” gridò la madre della sposa in una calda mattina di inizio giugno. Francesca si trovava in cucina e ancora indossava il pigiama di cotone celeste con il faccione di Topolino a campeggiare al centro della maglietta. Attorno a lei stavano sedute tutte le sue amiche, che si erano recate a casa sua già nella prima mattinata per poter condividere con lei la colazione in questo giorno così importante.

“Di già?” chiese Francesca con la tazza del latte fra le mani.

“Dai Fra, avrai il primato di essere la prima sposa della storia che, invece di avere il canonico quarto d’ora di ritardo, arriverà in anticipo!” esclamò Alaina, provocando una generale ilarità.

“Di questo passo arriverai prima dello sposo…” ridacchiò Giulia.

“Se non si perde…” mugugnò la sposa alzando un sopracciglio.

“Ma quanto ci mettete a mangiare!?” chiese la madre di Francesca entrando nella cucina con dei mazzi di fiori tra le mani, cercando disperatamente dei vasi per riporli.

“Eh, Michela” disse Elisa “con tutto questo ben di Dio che ci hai preparato è difficile finire velocemente!”

“Federica ha assaggiato tutto!” rise Giulia.

Effettivamente sull’ampio tavolo ricoperto da una tovaglia bianca decorata, regalo di nozze ricevuto dalla madre di Francesca da una zia ricamatrice, che veniva utilizzata solo nelle grandi occasioni per paura di rovinarla, era disposto ogni genere di leccornia, dal dolce al salato, ed in grande quantità.

“Ancora fiori?” chiese Francesca accennando al carico che la donna a stento riusciva a non far cadere.

“Sono due giorni che tutti i fiorai del circondario passano più tempo qui che in negozio!” rispose la donna “Io non so più dove piazzarli!”

“Beh, hai tanti parenti” sottolineò Federica.

“Magari fosin dome i nestri parinc! (magari fossero solo i nostri parenti)” sbuffò la nonna di Francesca che era appena arrivata a casa della nipote dopo essere stata dal parrucchiere ed aver indossato l’abito color polvere per la cerimonia.

“Ca rivin quintai di biglies in ingles, iò no capisi nua!” (qui arrivano quintali di biglietti in inglese, io non ci capisco niente)

“Parenti di Nicky?” domandò Astrid, distogliendo per un istante l’attenzione dal waffel e dalla marmellata di frutti di bosco che ancora per poco sarebbero rimasti nel suo piatto.

“Sì, sono tanti anche loro, ma molti sono anche di fan. Certi sono proprio firmati da fan club e altri provengono da posti dove lui non ha parenti, quindi si presume siano fan anche questi” appuntò Francesca.

“Che fan simpatici” notò Giulia “Io ti manderei una bomba se tu stessi per sposare il mio idolo!”

“Che poi hai visto che mazzi!” esclamò Astrid “Questi avranno speso un patrimonio! Orchidee, rose, gigli, calle …”

“Ieri tal dopo di misdì iai fat un doi cons (ieri pomeriggio ho fatto un paio di conti)” intervenne la nonna “Cun dut che che iera rivat fin che ora saltavin fur un grun di bes… Beas lor di ve tant se spindi pa int che no coniosin! (Con tutto quello che era arrivato fino a quel momento veniva fuori un mucchio di soldi. Beati loro che hanno tanto da spendere per gente che non conoscono)”

“Comunque sbrigati, è arrivata la parrucchiera” concluse la signora Michela rivolgendosi alla figlia, arrendendosi di fronte all’impossibilità di trovare altri vasi disponibili, anche tutti quelli del vicinato erano stati chiesti in prestito e facevano bella mostra di se in tutti gli angoli disponibili della casa, e depositando questi in semplici secchi.

“Intanto mi faccio pettinare io mentre tu ti fai la doccia.”

 

 

“Fra ti odio!” esclamò ad un tratto Federica mentre stava seduta sul letto di Francesca, alle spalle della sposa che stava alla scrivania, già truccata, indossando un vestaglia di seta color lilla, mentre la parrucchiera stava ultimando la sua opera.

“Che ti ho fatto adesso?” domandò presa alla sprovvista e vagamente irritata per essere stata interrotta mentre lei ed Astrid discutevano su quale fosse migliore tra il salmo 150 di Franck e la cantata 140 di Bach.

“Guardati! Sei uno spettacolo! Non è umanamente possibile essere più belle di così! Sei perfetta! E i tuoi capelli! Non è possibile che tu li abbia quattro volte più lunghi dei miei e che li tinga eppure non hai una doppia punta neanche a pagarla e comunque li pettini ti stiano bene!”

“Lo ammetto” annuì, guardandosi allo specchio “In effetti oggi l'estetista si è superata. Guarda che opera di restauro! Tutta stuccata alla perfezione! Non un'occhiaia, non un segno d'espressione, non un punto nero, nemmeno i segni della varicella! E il trucco sugli occhi... Splendido! Dovrò darle una supermancia!” ridacchiò.

“E hai fatto benissimo ad insistere per il rossetto rosso” intervenne Alaina “Ti dona come a pochissime altre donne. Ti da un'aria così aristocratica!”

“Troppo buone fanciulle!” le ringraziò sventolandosi con una rivista che aveva davanti a se, assumendo una posa da film in costume “Finitela di adularmi. Qua rischio di finire come Narciso: mi innamoro follemente di me stessa e mando a monte il matrimonio. Se sono così incantevole, che bisogno ho del bel dublinese!?”

“Per avere qualcuno che ti ripeta costantemente quanto sei splendida!” affermò Stefania.

“Non fa una piega!” concordò Astrid “Hai bisogno di un cicisbeo per appagare il tuo ego!”

“Peccato che il suddetto cicisbeo, in quanto a ego, abbia pochi rivali!” sghignazzò la sposa.

“Hai voluto il moroso bello e famoso?” domandò Elisa “Beh, te lo tieni! Non puoi pretendere che sia anche modesto. È già troppo il fatto che sia gentile ed educato!”

“A me non interessava che fosse famoso!”

“No, ma bello e ricco sì!” ribatté Giulia.

“Chi non lo vuole” fece spallucce.

“Io!” intervenne Federica.

“Come no!” fece Alaina.

“La sappiamo la storia” disse Astrid “Tu vuoi un anello di bigiotteria, non un pezzo di Tiffany...”

“No, Chartier!” la interruppe Alaina.

“Sì, Chartier è meglio” confermò la sposa, mostrando con orgoglio quello che portava all'anulare della sua mano sinistra.

“Dicevo” riprese Astrid “Tu vuoi l'anello di bigiotteria. Una ragazzo umile e modesto.”

Studente sono, e povero” disse Elisa “come nel Rigoletto!”

“Sì, peccato che sia il duca a dirlo” precisò Francesca “per ingannare quella cretina di Gilda, che lo voleva povero! E poi sappiamo come va a finire...”

“Quindi ricco conviene” affermò Giulia “Almeno ti becchi i diamanti!”

“Federica, impara dalla Fra” disse Alaina, con fare solenne “lei ha capito tutto!”

“Certo! Oltre che superbellissima, sono anche una mente superbrillantissima!”

Tutto il gruppetto proruppe in una fragorosa risata. Era il solito pollaio, dove, però, erano le galline a beccarsi, e non i galli.

 

Francesca si voltò verso lo specchio che era stato appoggiato per l'occasione sulla scrivania, bloccandolo con dei fermi, che sembravano costantemente sul punto di spostarsi facendolo cadere.

Per la prima volta in quella mattinata, si osservò con attenzione.

La sua pelle era bianca. Bianchissima. Il fondotinta l'aveva resa perfettamente uniforme, salvo per la presenza di due piccoli nei. Le piaceva quel bianco. Amava l'aspetto aristocratico che le conferiva la sua pelle di porcellana. Era una maschera. Ne era perfettamente conscia. Quel pallore insistito, che lei si rifiutava di attenuare sfumandosi qualche rosa delicato sulle guance, le serviva a nascondere la sua emotività, le sue paure, la sua fragilità. Con quel tipo di trucco non si notava quando arrossiva. Le sue emozioni restavano celate e dall'esterno pareva costantemente serena, come una bambola. In fondo le bambole di porcellana, a cui in qualche modo assomigliava, erano fragilissime, ma il loro aspetto era imperturbabile. Sapeva che non bastava del trucco a cambiare la sua personalità, ma nascondendovisi dietro si sentiva più al sicuro, e questo le consentiva di affrontare il mondo con maggiore disinvoltura.

Per gli occhi aveva scelto il verde pastello ed il lilla: tutte le spose usavano i toni del panna o al massimo dei tenuissimi marroni, ma non facevano per lei, troppo banali. Le si poteva attribuire qualsiasi difetto, ma non la banalità e lei ne andava fiera, distinguersi dalla massa era sempre stata una delle sue principali caratteristiche.

Infine lo sguardo si posò sulle labbra. Rosse. Questo era un azzardo. Un rischio. Non le piaceva rischiare, aveva sempre paura delle conseguenze. Però negli ultimi mesi aveva imparato sulla sua pelle che per poter ottenere quello che voleva, alle volte dei rischi andavano corsi. Odiava farlo. Aveva tremato dalla paura al momento di prendere certe decisioni e prima di agire, ma quanto più grandi erano state la soddisfazione e la gioia che ne erano seguite! Aveva compreso di avere una dote che per anni aveva tenuto da parte preferendo affidarsi completamente alla sua razionalità, rimanendo sempre bloccata dalla paura di sbagliare, di soffrire. Era l'istinto. Quella vocina che le consigliava cosa fare. Non l'aveva mai ascoltata. Non si fidava. Quella vocina non pensava alle conseguenze. Le diceva di buttarsi, di correre dei rischi. Ma lei non aveva mai avuto il coraggio di rischiare. Poi qualcosa era scattato. Quella vocina non era più così flebile. Ora era sonora, decisa. Prova. Buttati. Fidati. Di colpo quella voce era diventata convincete alle sue orecchie. L'aveva ascoltata. Si era fidata. Si era fidata della voce e di chi la voce la incitava ad ascoltare. Sapeva cosa voleva, ma la sua testa la frenava. Aveva paura di fare ciò che realmente voleva. Ma si era fidata, aveva rischiato, ed era stata ricompensata. La stessa cosa valeva per il rossetto. Le piaceva quel rosso: un colore vibrante, intenso, vagamente lucido. Non era logico. Non era normale. Non era quello che la sua testa avrebbe ritenuto appropriato per lei in quell'occasione. Ma le piaceva. Era quello che realmente voleva. Un rischio. Ma quando la truccatrice si era spostata e lei aveva esaminato il risultato allo specchio, non poteva che dirsi soddisfatta: era quello che voleva.

Osservò il suo viso nella sua interezza. Stava ancora ridendo per lo scambio di battute appena avvenuto con le amiche. Era raggiante. Le pareva di brillare, e non solo grazie alle polverine luminose che aveva sul viso o per la luce che arrivava dalla finestra alle sue spalle. La luce veniva da lei. Le veniva da dentro. Era la luce della felicità. Era la consapevolezza che stava facendo la cosa giusta. Era la realizzazione del fatto che aveva dovuto lottare contro se stessa e la sua indole e che aveva vinto. Era cambiata. Si sentiva una persona migliore. Si sentiva una donna. Non più la ragazzina insicura che ha paura dei suoi sentimenti. Era diventata una donna pronta ad affrontare il suo futuro, un futuro che non le era semplicemente piovuto dal cielo, ma che si era guadagnata combattendo contro la sua stessa testardaggine e il suo carattere complicato.

Ora tutto questo era alle spalle. Solo un ricordo. Ora era cresciuta. Era pronta. Era felice. Ed era pronta ad esserlo ancora di più. Il suo futuro, la sua futura felicità la aspettavano ai piedi di un altare di lì a due ore. Non aveva paura. Moriva solo dalla voglia di essere lì.

Indugiò ancora qualche istante nell'esaminare il suo riflesso. Le piaceva quello che vedeva. Forse era anche diventata più bella. Oppure lo era sempre stata, ma non se ne era mai accorta prima. O forse era quella luce che cambiava tutto.

Brillava. E in quel momento aveva deciso che brillare le piaceva e le si addiceva.

 

Non avevano ancora smesso di starnazzare che si sentì dal corridoio la voce della madre di Francesca, che stava passando con l'ennesimo mazzo di fiori tra le mani.

“È arrivata Victoria!”

“Ciao secchiona!” esordì l’amica mentre faceva il suo ingresso nella stanza, indossando un abito di raso color ocra con delle grandi margherite stampate in leggero rilievo.

“Vedo che qui vi state divertendo” osservò, riferendosi al clima ilare allegro che aleggiava sulla stanza “Mi aspettavo un minimo di ansia da matrimonio, invece qui nemmeno una traccia!”

“E questo non va bene?”

“Bu. Non mi sono mai sposata. Non ne ho idea... Ma di solito le sposine vanno nel panico! Non è ancora successo nessun cataclisma?”

“Tipo?”

“Bu. Caffè rovesciato su qualche vestito. Gonna strappata. Capelli che non stanno su. Trucco asimmetrico. Orecchino perso...”

“Tiè!” la interruppe Francesca.

“Calma, calma! Era per dire...” si difese.

“Invece come procede al quartier generale degli uomini? Hai notizie?”

“Arrivo giusto da lì” sghignazzò.

“Quindi?” la incalzò.

“Scene epiche! Una banda di anime in pena. E lo sposo è quello messo peggio!”

Tutte le ragazze scattarono di nuovo a ridere.

“Non sto affatto scherzando! È davvero nel panico! Dovresti sentirlo! Chissà se sono alla sua altezza. Lei è colta. E ha tanti interessi. E io canto in una boyband. E la tratterò abbastanza bene? E si stuferà di me…

“Povero Shane che se lo deve sorbire” commentò Alaina “Mi immagino la scena!”

“Shane è un capitolo a parte...” rise ancora più fragorosamente Viky.

“Perché?” le domandò perplessa la sposa “Si sente inadeguato anche lui?”

“No. Sembra che ieri abbia bevuto troppo... sta di fatto che ha passato buona parte della notte a vomitare. Avrà dormito due ore. Tre al massimo. E adesso è verdino.”

“Povero!” fece Giulia.

“Gli sta bene!” la corresse Elisa “Gliel'avevamo detto di stare attenti: il vino non è come la birra!”

“E quindi, chi ascolta l'anima in pena?” tornò sul discorso Francesca.

“Shane. Tanto è stravaccato su una poltrona mezzo morto. Non ci vuole troppo impegno fisico per ascoltare, mentre di certo non avrebbe la forza per scappare via!”

“Un bel martirio. Fare il confessore con i postumi della sbornia!” sogghignò Stefania.

“Penso che, se vanno avanti così, anche gli altri due avranno bisogno di un confessore domani. Ma uno vero. Un prete.”

“Perché?”

“Perché a forza di bestemmie e imprecazioni stanno scomodando tutti i santi del calendario!”

“Motivo? Postumi della sbornia anche loro?”

“No. Kian si lamenta che gli fanno male le scarpe, mentre Mark dice che deve aver preso i pantaloni sbagliati, perché gli vanno stretti!”

“Non ho parole!” alzò gli occhi al cielo Francesca “Hanno bisogno della baby sitter! Non se ne salva uno!”

“Oh sì, invece! Adam, il fratello piccolo di Nicky, si sta divertendo un mondo. Li sta prendendo in giro tutti! Ovviamente con particolare attenzione nei confronti di suo fratello. Lo sta massacrando, devi sentirlo: fai ridere! Sei peggio di una femminuccia! Mica ti metterai a piagniucolare in Chiesa? Ci farai fare brutta figura! Fingerò di non essere tuo fratello! Anzi, farò finta di non conoscerti, di trovarmi in Chiesa per caso!”

“Il fanciullo è perfido!” commentò ridendo Astrid.

“Ma povero!” intervenne la sposa “Già è in crisi. Questa è crudeltà!”

“Oh, non farti intenerire!” la riprese Stefania.

“Perché non mi dovrei far intenerire? Poverino! Se non mi intenerisco per lui...”

“Per dimostrare la superiorità femminile. Gli uomini ci rinfacciano che piangiamo sempre, oggi è il contrario” asserì Astrid.

“In effetti io ho già avuto la mia buona dose di pianti in questa storia. Prima o poi doveva toccare anche lui! È la legge del contrappasso!”

“Ma ha scelto proprio il giorno meno appropriato...” commentò Federica.

“La smetterà, no?” si informò Giulia “Ha quasi due ore di tempo!”

“Visto l'andazzo” asserì Viky “la sposa arriverà in Chiesa prima di lui!”

“Qualcuno vada a consolarlo! Non ho la minima intenzione di aspettarlo sull'altare!”

“Vuoi che vada a parlargli?” propose Giulia.

“Meglio che ci vada qualcuno di più ehm... convincente... leggasi minaccioso” sorrise.

“Allora vado io!” si offrì Astrid sghignazzando.

“Il mattarello è nel terzo cassetto a sinistra” la informò Francesca. “E per Shane... Portagli il rimedio di mio nonno.”

“Sarebbe?” domandò Viky.

“Un caffè nero, il più ristretto possibile, senza zucchero, con un limone intero spremuto dentro.”

“Questo rimedio farebbe passare a chiunque la voglia di bere” dichiarò Alaina.

“Però funziona! O vomiti tutto, o ti passa... E una volta ristabilito... Krapfen alla crema”

“Davvero?” si stupì Viky.

“Giuro. Fa parte del rimedio!”

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Capitolo 9
*** Nono capitolo ***


“Nicky calmati!” sbottò Shane esasperato, guardando l’amico che stava camminando ansiosamente per la stanza, mentre avrebbe preferito cercare un sistema per farsi passare nausea e mal di testa “Lascerai i solchi sul pavimento se continui così!”

“Non sei divertente!” rispose seccato.

“È assurdo che ti tormenti in questi modo” intervenne Mark “Non hai motivo di preoccuparti! È il vostro giorno, dovresti rilassarti e godertelo invece che morire d’ansia!”

“Non ci riesco! Ho paura di deluderla, di non essere abbastanza…”

“È lo stesso discorso di prima e io ti rispondo nello stesso modo: sei patetico!” sbraitò Shane.

Nicky andò a sedersi e sbuffò, prendendosi il capo fra le mani. Allora Shane barcollò fino a lui, cercando di evitare il più possibile movimenti bruschi che accrescessero il senso di vomito che provava, si sedete al suo fianco e gli poggiò un braccio sulle spalle. “Tu la ami?”

“Non dovresti neanche chiedermelo. Mi pare evidente che per me non ci sia niente di più importante di lei. Farei qualsiasi cosa per lei…”

“E per lei è la stessa cosa! Si vede ad un chilometro di distanza! Non puoi avere dubbi sui suoi sentimenti, chiunque vi stia attorno anche solo per qualche minuto si accorge del legame che c’è tra voi.”

“Ma se le cose cambiassero? Se cambiasse idea? Se trovasse qualcuno migliore di me?”

“Scusa tanto, ma per me questo discorso non sta in piedi” intervenne Kian, lanciando contro il muro una delle scarpe con cui stava litigando da una buona mezz'ora “Non possiamo prevedere il futuro. Nessuno di noi. Quindi dovete fidarvi l'uno dell'altro e impegnarvi affinché le cose vadano bene. Tu dici che potrebbe trovare qualcuno migliore di te. Ora, io non dico che tu sia la migliore persona al mondo, anzi, hai un mucchio di difetti” ridacchiò cercando l’approvazione di Shane e Mark “ma sei la persona migliore per lei. Siete perfetti assieme, questo è evidente. Abbiamo visto tutti come sei cambiato da quando state assieme: sei più tranquillo, lavori meglio e sei sempre positivi e sereno, tranne quando vai in crisi di nostalgia...” concluse mugugnando.

“Kian ha ragione” concordò Shane sventolandosi “sei una persona migliore da quando c’è lei e, per quanto non la conoscessi prima, ho visto anche lei cambiare, diventare meno timida, più disinvolta nelle situazioni a cui non era abituata. E soprattutto ho visto che giorno dopo giorno siete sempre più vicini e vi amate sempre di più, e non ho nessun motivo valido per credere che questo possa cambiare in futuro. Insomma, quello che voglio dire è che se ci sono due persone che si possono sposare davvero tranquille per il proprio futuro, quelli siete voi.”

“Avete ragione a dire tutte queste cose” sospirò Nicky, solo parzialmente rincuorato dalle parole degli amici “però io non riesco a fare a meno di essere nervoso…”

“Quanto scommettiamo che in questo momento lei sta facendo lo stesso discorso con le sue amiche?” disse Shane.

“Dici?”

“Ci metterei la mano sul fuoco. Per certe cose siete uguali, e soprattutto andate in crisi se siete separati. Da’ retta a me, vedrai che appena ti raggiungerà all’altare ti dimenticherai…”

Toc toc

“Posso entrare?” domandò Astrid facendo capolino dalla porta, ma ad occhi chiusi “Siete tutti vestiti? Non voglio traumi”.

“Entra Astrid!” rise Mark “E finiscila di pensare male!”

“Ma è il mio sport preferito! Non potete togliermi il mio principale divertimento!” blaterò, appoggiando una borsa, che pareva piuttosto pesante, su una poltrona. Ne estrasse un piccolo termos e ne versò parte del contenuto in un tazza. Poi si avvicinò a Shane e glielo porse.

“Cos'è?” le chiese perplesso, squadrando la tazza.

“Rimedio nostrano per la sbornia. Chiudi gli occhi e butta giù. Funziona.”

Lui continuò ad essere perplesso, ma alla fine si fece coraggio e bevve l'intruglio tutto d'un fiato.

L'espressione del suo viso pallido come uno straccio passato in varechina diceva tutto: schifo.

Per un paio di secondi credette di morire. Gli sembrava che nel suo stomaco stesse esplodendo una bomba atomica. Poi la nausea. E uno scatto fulmineo verso il bagno...

Astrid ammirò la scena soddisfatta. Il rimedio funzionava SEMPRE.

Kian la guardava come se avesse appena visto Gesù Cristo trasformare l'acqua in vino.

Astrid lo notò e gli fece una riverenza.

Poi si voltò e si diresse verso lo sposo disperato, che era ancora seduto sul letto.

“Ciao Nicky”

“Ciao Astrid”

“Francesca mi ha spedito qui a... controllarti...”

Lui la guardò incerto.

“Dopo lo scherzo del vestito bianco, vuol evitare che ti vengano altre idee furbe... Tipo metterti la cravatta come una bandana” scoppiò a ridere, seguita a ruota da Mark e Kian.

“Scherzavo!” lo rassicurò, dopo aver notato che il panico stava per assalirlo, ma non riuscendo a trattenersi dal continuare a ridere.

“Viky è arrivata a casa di Francesca raccontandoci di un'anima in pena, e allora Francesca mi ha mandato qui a rassicurarti!” disse con tono conciliante, facendogli pat pat sulla spalla. “Certo che sei messo davvero male. Viky diceva che eri andato, ma non pensavo fossi messo COSÌ male...”

“Tu non puoi capire...”. Già era nel panico di suo. Gli mancava solo qualcun'altro che lo prendesse in giro.

“Questo è vero. Io non mi sono mai sposata. E Francesca è solo una mia amica, non la mia fidanzata. E... ti dirò... Non è il mio tipo!”

Lui sorrise. Astrid si era studiata quella battuta nel tragitto tra la casa di Francesca e lui. Era soddisfatta delle sue doti umoristiche.

“A parte questo...” riprese “A meno che tu non ti presenti in Chiesa col famoso vestito bianco, ti assicuro che non hai nulla di cui preoccuparti. Lei non vede l'ora di sposarti ed è ben disponibile a soprassedere sui difetti che tu ritieni di avere e che Viky ci ha elencato”.

Nicky sorrise di nuovo, questa volta più convinto.

“Lei come sta?”

Astrid lo scrutò per un attimo e poi aggrotto le sopracciglia “Meglio di te, di certo. Il più grande problema in quella casa è trovare dei vasi per i fiori che continuano ad arrivare...”

Lui la guardò stupito.

“Stellina, se andate nel panico tutti e due proprio oggi, è la fine. Qualcuno deve restare lucido per spedire l'amica a controllare come si è conciato l'altro.” Si stava mordendo la lingua per evitare di ridergli in faccia.

“Senti. Davvero. Calmati. Fatti la barba. Metti il vestito. Quello giusto, per favore. Pettinati. Imbellettati. E goditi la giornata. Oggi è tutto per voi due: non farti rovinare il giorno più bello della tua vita per colpa dell'ansia. Non ne vale la pena. Tu la ami. Lei ti ama. Non c'è un motivo valido per cui voi due non dobbiate stare assieme. Io non sono brava per questi discorsi. Non sono portata a descrivere sentimenti. Quindi accetta la versione semplice, perché è quello che è. Potrei anche stare qui a spiegarti perché non ti devi preoccupare, ma oltre a farmi poco onore con le mie scarse doti di oratrice, ti annoierei, perché sono tutte cose che già sai, e se fossi un po' più tranquillo, le potresti dire tu a me, perché le conosci meglio di me” gli sorrise comprensiva.

Lui si sentì rincuorato.

“Sto diventando paranoico, eh?” disse lui, passandosi la mano tra i capelli.

“Sì” risposero Astrid, Mark e Kian all'unisono.

“Voi due non siete stati di grande aiuto” disse indicando i due ragazzi, mentre si alzava in piedi.

“È lei quella che sa fare le magie, non noi” rimarcò Kian.

“Infatti lei mi ha calmato”.

“Però inizia a prepararti” disse Mark “Altrimenti avrai qualcosa per cui preoccuparti: il ritardo!”

“Oh, sent...”

“È incredibile!” esclamò Shane uscendo dal bagno, con un aspetto decisamente migliore di cinque minuti prima. “Sto benissimo!”

“Il vecchio rimedio del nonno di Francesca è infallibile” confermò Astrid andando a recuperare il krapfen nella borsa. “Mangia questo”.

“Cos'è?”

“La seconda parte del rimedio. Ma questa è molto più buona.”

Il ragazzo scrutò il dolce. Capì che era decisamente meglio dell'intruglio che aveva bevuto, e lo addentò di gusto.

“Perfetto. Ho salvato l'ubriaco e il disperato. Posso andare.”

“Non hai qualcosa anche per noi?” la bloccò Kian.

“Per le scarpe c'è poco da fare. Prova a metterle su già adesso e a muovere il piede in modo che la pelle si ammorbidisca. Ma sbrigati, perché c'è poco tempo...”

“E io?” la interruppe Mark.

“Ehm...” mugugnò Astrid, squadrandolo. “Coi pantaloni è dura. Ti direi di metterti a dieta, ma ormai è tardino...”

Mentre gli altri quattro erano intenti a divertirsi l'uno alle spalle dell'altro, Nicky si era diretto verso il bagno per farsi la barba. Era ancora nervoso, ma non si sentiva più quella sensazione di panico che gli opprimeva il petto. Ora aveva solo il cuore in gola per l'emozione. Un'emozione positiva. La voglia di andare in Chiesa e sposarla. Chiudere un capitolo e iniziarne uno nuovo. La loro vita insieme.

 

“Senti, ma cos'altro c'era in quella borsa per renderla così pesante?” domandò Mark.

“Tante cose... ma la più pesante è un mattarello” disse mostrandoglielo.

“E che ci dovevi fare?” chiese Kian sconvolto.

“Se non fossi riuscita a convincere lo sposo con le buone, sarei passata alle cattive” sghignazzò uscendo dalla stanza.

“Se n'è andata?” domandò Nicky uscendo dal bagno con ancora in mano l'asciugamano con cui si era asciugato il viso.

“Sì. Tornava da Francesca per aiutarla con l'abito da sposa” rispose Kian.

“Ci saranno settantacinque donne attorno a lei in quella casa! Ha bisogno proprio di lei?” scoppiò a ridere Mark.

“Sai come sono fatte le donne” asserì Shane. “In certe occasioni hanno bisogno di stare tutte assieme, a costo di sfidare le leggi della fisica per stare tutte dentro ad una stanza”.

“E se non venisse?” Intervenne di colpo Nicky, lasciando cadere sul letto la cravatta per la cerimonia “Se stanotte si fosse accorta che sta per fare una cavolata e cambiasse idea?”

“Figurati se non viene. Non perderebbe mai un'occasione per indossare un vestito del genere!” lo prese in giro Mark.

“E poi Astrid era qui due minuti fa, e da quello che ha detto, mi pare che non stia progettando di scappare. Anzi. È più pronta di te!” precisò Kian.

“Ma se cambiasse idea all'ultimo?”

“Finiscila” sbraitò Shane. “Ancora una parola e, giuro, ti butto dalla finestra!”

 

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Capitolo 10
*** Decimo capitolo ***


“Pronta?” chiese il padre di Francesca bussando alla porta della stanza della figlia.

“Eccomi” rispose le ragazza, uscendo dalla camera. Agli occhi dell’uomo vestito di grigio scuro, sulla sessantina, i cui tratti somigliavano in maniera impressionante a quelli della giovane sposa, si presentò una visione incantevole: i lunghissimi capelli scuri erano raccolti in una complicatissima acconciatura arricchita da innumerevoli minuscoli fermaglietti luccicanti, il trucco esaltava il naturale candore della carnagione e la lucentezza degli occhi cerulei. L’abito donava alla sua figura, già estremamente elegante, un'aria principesca: il corpetto, riccamente ricamato, con incastonati una miriade di piccoli cristalli, lasciava le spalle scoperte, l’amplissima gonna con strascico era in leggero tulle bianco, la cui trama, qua e là, era arricchita da filamenti argentati, il semplice velo bianco era decorato con alcuni temi floreali ricamati in leggero rilievo con filo argentato e raggiungeva l’orlo dello strascico.

“Fraaaaaaaa!” esclamò Alaina con le lacrime agli occhi “Sei stupenda!”

“Già!” intervenne Federica “Se fossi un uomo ti sposerei anch’io!”

“Bisogna vedere se lei ti vorrebbe” disse Astrid, che intanto era tornata trionfante dalla missione, con tono acido, per poi scoppiare a ridere.

“Su” disse l’uomo alla figlia, porgendole il braccio “in giardino c’è mezzo paese che ti aspetta”.

“Aspetta, aspetta, aspetta” strillò Elisa, uscendo di corsa dalla stanza di Francesca “Mica vorrai andare in chiesa con le spalle scoperte!?” disse passandole la leggerissima stola coordinata alla abito.

 

“Oh mamma!” esclamò, strabuzzando gli occhi, mentre percorreva il breve vialetto in porfido che conduceva dalla scale d’ingresso della villetta al grande portone che dava sulla strada. “Ci saranno duecento persone!”

Come da tradizione di quelle zone, invitati alle nozze, ma anche vicini di casa o semplici passanti incuriositi, si erano accalcati attorno al portone della casa della sposa che, la notte precedente al giorno delle nozze, era stato decorato con un grande arco, ricoperto da edera e fiori colorati, dagli amici della sposa. Questo limite non poteva essere oltrepassato dalla sposa fino al momento in cui lasciava la casa dei genitori per recarsi in chiesa e simboleggiava il definitivo passaggio dallo stato di figlia che vive assieme ai genitori a moglie che abita nella casa del marito.

“Evviva la sposa!” “Congratulazioni!” si sentiva augurare da svariate voci in una gioiosa confusione.

“Non ci posso credere!” singhiozzò la zia Sandra, sorella della madre di Francesca e sua madrina di battesimo “Mi sembra ieri che ti tenevo in braccio durante il battesimo mentre dormivi come un angioletto e adesso già ti sposi…”

 

“Sta’ tranquilla” le disse il padre una volta saliti in auto, dopo che, per qualche istante, il silenzio l’aveva fatta da padrona “non hai motivi di preoccuparti.”

“Non lo sono, infatti” sorrise lei. “Ho solo voglia di sposarmi!”

“Brava” si complimentò l'uomo, orgoglioso “è un grosso cambiamento, una grossa decisione, che può spaventare, ma tu sei pronta per questo. Sei sempre stata pronta quando era il momento di fare le cose importanti. È una tua grande qualità. Siete pronti entrambi e vi volete bene sinceramente: è questo che importa. Mi dispiace solo di perdere la mia bambina. Con chi andrò a vedere le partite di pallacanestro adesso?” sorrise “Però sono felice” concluse con una breve pausa “perché ti lascio in buone mani, a qualcuno che tiene a te almeno quanto me e ti renderà felice. Non credevo che esistesse una persona che avrei ritenuto mai degna di te, ma mi sbagliavo, tu l’hai trovata. Non ti avrei mai lasciata a qualcuno che valesse un solo pizzico meno di lui.”

“Grazie papà” sussurrò Francesca, stringendosi a lui.

 

 

“Siamo arrivati” disse l’uomo prendendo delicatamente il viso della figlia tra le mani e baciandole la fronte “Coraggio, un respiro profondo e andiamo” .

“Papà, è inutile che mi incoraggi. Hai più paura tu di me!”

“Sai che non mi pace stare al centro dell'attenzione...”

La chiesa era una grande cattedrale a tre navate in stile barocco decorata con stucchi dorati e marmi policromi tendenti al rosa.

I banchi, ognuno dei quali ornato con una composizione floreale, erano gremiti.

Ma. Un momento. Qualcosa non andava.

In Chiesa stavano suonando la Musica per i reali fuochi d'artificio, di Händel. Lei aveva chiesto che quel brano fosse suonato in attesa dell'arrivo dello sposo. Mentre, dal suo ingresso in Chiesa fino all'arrivo della sposa, aveva chiesto che l'organo suonasse la Marcia del Principe di Danimarca. Si guardò intorno, e vide che la macchina che avrebbe dovuto portarlo in chiesa non c'era. Alzò lo sguardo al campanile e vide che erano le undici e sette minuti. Non era lei ad essere in anticipo. Lui era in ritardo.

LO SPOSO NON ERA ANCORA ARRIVATO!

Proprio in quel momento Stefania e Astrid stavano uscendo dalla chiesa e andandole incontro.

“Non è ancora arrivato?”

“No” rispose Stefania, mentre lei e Astrid le raddrizzavano velo e strascico della gonna.

“Sono la prima sposa della storia che arriva in chiesa prima dello sposo” mugugnò sconsolata, lasciandosi cadere le braccia lungo i fianchi.

“Pezzo di cretino!” continuò alterata. “Chissà in cosa si è perso. Io lo distruggo! Perché deve essere così irresponsabile e disorganizzato! Proprio oggi, poi! Sa che figura mi sta facendo fare?! Gli ho ripetuto mille volte che doveva arrivare alle undici. O prima, se era possibile. E adesso io sono qui ad aspettarlo in mezzo alla piazza, con mezza città che mi guarda, in abito da sposa e tutto! E fa caldo. Batte il sole! Senti!” si bloccò “È anche finita la musica. Questa doveva essere per l'attesa del suo ingresso! Quindi adesso dentro dovranno stare tutti a guardarsi negli occhi in silenzio perché quel cretino si è dato alla macchia!”

“E per fortuna che avevi scelto un brano lungo...” fece notare il padre di Francesca.

“Non ho parole. Non ho davvero parole!” sbraitò Francesca. Le pareva che le uscisse il fumo dal naso, per i nervi.

“Ecco!” scattò Astrid “Almeno l'organista è sveglio. Ha capito subito l'andazzo e ha attaccato un altro pezzo. Bello, peraltro. Chissà cos'è?”

“È L'arrivo della regina di Saba di Händel” rispose la sposa. “Era il brano su cui ero in dubbio fino all'ultimo minuto per il mio ingresso...”

“Ho caldo!” si lamentò Francesca. “A sapere che avrei dovuto aspettare sul sagrato tutto questo tempo, mi sarei comprata un bell'ombrellino! Ma non ha una coscienza?! E poi chissà cosa dirà la gente... Già i fotografi qua intorno sono in visibilio... Quando arriva lo meno. Giuro! Lo prendo a legnate! Scommetto che avrà perso tempo tutta la mattina, e avrà iniziato a vestirsi all'ultimo!”

“Mi sembrava un tantino in alto mare quando l'ho lasciato” affermò Astrid “Ma credevo che si sarebbe dato una mossa. Insomma. Doveva solo vestirsi! Neanche mio nonno di novant'anni ci mette tanto!”

“Si saranno persi nelle loro solite cavolate. Quei quattro sono una sciagura quando sono assieme!”

“Guarda che mancano solo Nicky e sua mamma” la corresse Stefania. “Tutti gli altri ragazzi sono qui.”

“Sono qui?” la guardò stralunata.

“Sì. Sono arrivati tutti già da un quarto d'ora!”

“Miseria ladra! E lui?”

“Sai cosa?” disse Stefania “Vado dentro a chiedere ai ragazzi”.

Non fece in tempo ad allontanarsi di un metro che Shane uscì dalla chiesa e le venne incontro.

“Non è ancora arrivato?”

“No” strepitò Francesca. “A che punto era quando l'hai lasciato?”

“Eravamo assieme nella hall dell'hotel. Quando io, che ero nella macchina subito prima della sua, sono partito, lui e sua madre stavano giusto uscendo.”

“Quindi era pronto” lo incalzò Francesca.

“Direi di sì...”

“Allora sono stati risucchiati da un buco nero” affermò Stefania ridacchiando. “Non può essere altrimenti!”

Francesca la guardò in cagnesco. “Io lo distruggo. LO DISTRUGGO! Quando arriva lo bastono giuro! Questo matrimonio finirà come Lucia di Lammermoor! Altroché! Solo che lo sposino non lo faccio fuori la prima notte di nozze. Lo ammazzo qui, sul sagrato della chiesa! E gli faccio anche un favore! Entra dritto per il funerale!”

“Se proprio d'opera dobbiamo parlare” intervenne Astrid “diciamo che questa storia ricorda di più i Puritani. Lo sposo che sparisce alle soglie dell'altare. Come Arturo. Quindi tu saresti Elvira, non Lucia.”

“Cambia poco. Per colpa di un imbecille di fidanzato, impazziscono tutte e due!”

“Sì, però nei Puritani non muore nessuno. Alla fine si sposano.”

“Certo. Ma questo presuppone che l'Arturo in questione si faccia vivo ad un certo punto!”

“Quello dei Puritani ci mette tre mesi...”

“Finitela!” le bloccò il padre di Francesca. “Non capisco più niente! Voi giovani d'oggi siete così complicati! Invece che andare a cercare strane spiegazioni musicali e farvi prendere dai nervi, abbiate un po' di pazienza! Magari ha trovato traffico...”

“Papà. Anche se fosse venuto a piedi, a quest'ora avrebbe già dovuto essere qui”

“Magari si è rotta la macchina...”

“Allora avrebbero telefonato” ribatté Stefania.

“Sì. Ma il telefono di Nicky e di sua madre sono qui. Li ha suo padre.”

“Perfetto. Così non possiamo neanche chiamarli per capire dove si sono cacciati!”

Francesca era un fascio di nervi. Non sapeva cosa fare. Aveva quasi voglia di andare a mordere il lampione che stava a tre metri da lei. Giusto per scaricare la tensione. Dove cavolo si era perso...

“Sono le undici e ventidue” fece Stefania, sbuffando.

“E se fosse volutamente in ritardo?” propose Astrid.

“Perché dovrebbe?” domandò Shane.

“Non so... Per fare il divo. Per avere l'entrata ad effetto...”

“O perché non vuole venire...”

“Eeeeh?”

Le aveva pensate tutte: traffico, auto in panne, vestito macchiato, ma niente aveva senso. L'opzione che avesse deciso all'ultimo di non presentarsi le pareva la più logica. Sentì un brivido di panico percorrerle la schiena.

“Pensateci. L'albergo è talmente vicino che, anche se avesse avuto problemi con l'auto, se fosse venuto a piedi sarebbe già stato qui. E niente telefoni per rintracciarlo. Avrà cambiato idea all'ultimo...” Cominciavano a tremarle le mani. La collera di pochi minuti fa era stata sostituita dal panico, dalla paura. L'aveva veramente lasciata non presentandosi in chiesa la mattina delle nozze?

“Non mi vuole più. È andato via. È così semplice...”

Adesso tremava. Non piangeva. Tremava e basta, fissando il vuoto. Le pareva di star sprofondando nel buio. Non poteva succede a lei. Cos'aveva fatto di male? Perché arrivare fino a quel punto per lasciarla? Perché voleva umiliarla così?

“Oh, non dire assurdità!” la rassicurò Astrid. “È impossibile, no?” chiese conforto a Shane.

“Ma certo! Fino a mezz'ora fa moriva dalla voglia di venire a sposarsi, te l'assicuro. Non ha cambiato idea!”

“E all'ora dov'è?”

Silenzio. Nessuno sapeva risponderle.

Stefania cercava di formulare tutte le possibilità razionali che gli impedissero di essere lì.

Astrid pregava che si materializzasse davanti a loro in quel preciso secondo con una valida spiegazione per il suo ritardo.

Shane semplicemente inveiva in tutti i modi che conosceva contro l'amico, che si stava comportando malissimo.

Il padre di Francesca era così confuso che voleva quasi dare ragione alla figlia. Ma gli pareva assurdo: quel bravo ragazzo che faceva una cosa del genere alla sua bambina?

Il campanile della chiesa batté due rintocchi. Erano le undici e mezza.

“Ancora cinque minuti e ce ne andiamo” comunicò Francesca con un filo di voce. Era bianca come un cadavere. Le girava la testa. In quel momento voleva solo tornarsene a casa sua, chiudersi nella sua stanza, togliersi di dosso quel vestito, e cercare di smaltire quell'umiliazione. “Non ne posso più di stare qui.”

Tutti annuirono.

“Cos'ho fatto di male?” mormorò “Perché mi sta facendo questo? Perché? Dove ho sbagliato? Se non mi voleva, perché non l'ha detto subito. Perché mi ha fatto credere di darsi tanto da fare per noi, se poi mi lascia così? Perché tanta cattiveria!? Con tutti qui...”

“Francesca, sono sicuro che c'è una spiegazione” la rincuorò Shane. “Anche se adesso non ci viene in mente, di certo c'è qualcosa. Sono sicuro, anzi, ci metterei la mano sul fuoco. Non ti ha lasciato. Lui non...”

“Eccoli!” strillò Astrid, vedendo una macchina scura con dei fiori sopra che si avvicinava.

Francesca si sentì come se fosse appena uscita dalla sauna con qualcuno che le avesse tirato addosso un secchio d'acqua gelata. Era felice e sollevata. Ma era tornata anche una leggera collera. La paura era sparita. Ma ora doveva essere lui ad avere paura... Perché il suo bouquet era fatto di rose, e non di martelli e chiavi inglesi?

Nicky saltò fuori dall'auto alla velocità della luce.

Sua madre ci mise poco di più.

“Mi dispiace Francesca. Davvero! Non hai idea del disastro che è successo! Muoviamoci, mamma. Sto morendo dalla vergogna... Dio che casino!” cercò di spiegarsi, visibilmente imbarazzato.

Nel giro di due secondi erano ai piedi delle scale della chiesa, tenendosi a braccetto.

“Fermo lì!” lo bloccò “Dove pensi di andare!?”

“In chiesa. È già tardi, la gente sta aspettando da una vita!”

“Hanno sopportato una vita, reggeranno altri cinque minuti” rispose andandogli incontro come un carro armato.

“Dove cavolo eri?!” gli domandò, assestandogli una legnata sulla spalla che avrebbe messo KO un peso massimo. Non era sua abitudine venire alla mani, ma in quel momento aveva bisogno di sfogarsi.

“Abbiamo avuto un disguido con la macchina”.

Francesca lo guardava con gli occhi spalancati. Cosa diavolo potevano aver combinato?!

“L'autista aveva capito male. Credeva che la cerimonia fosse alla location del ricevimento.”

“Ma è assurdo! Ed è a quindici chilometri da qui!”

“Appunto! A me sembrava che stesse facendo la strada sbagliata. Gliel'ho chiesto, e l'autista mi ha detto che quella che stava facendo era la più veloce. Dio che disastro... Ho capito dove ci aveva portati solo quando siamo scesi dall'auto! Così gli abbiamo dovuto spiegare che doveva portarci in chiesa. E credimi, il suo inglese non è impeccabile come il tuo... Ci abbiamo messo una vita a spiegarglielo. E poi per strada c'era traffico. E abbiamo preso tutti i semafori rossi! Dio, Francesca, credimi, è stato un incubo!”

“Se aveste avuto con voi un telefono, ci avreste potuti avvisare. Hai idea di quello che ho passato? È piuttosto imbarazzante per una sposa arrivare in chiesa e non trovare lo sposo!” aveva capito che la colpa non era di Nicky, e in cuor suo l'aveva già perdonato, ma aveva bisogno di sfogare l'ansia che aveva accumulato.

“Lo... lo so. Mi dispiace. Sono stato un cretino...”

“Credevo che mi avessi lasciato! Mi sono sentita... Aaaahh! Non lo so! Pensavo di impazzire! Non capivo più niente! Pensavo che non mi volessi più!”

“No, no! Questo è impossibile! Non ti farei mai una cosa del genere!”

“Beh, sembrava che l'avessi fatto!”

“Francesca, ti giuro... Io... Mi dispiace...” era talmente imbarazzato che non sapeva più cosa dire. “Francesca, lo sai che ti amo. Lasciarti è l'ultima cosa al mondo che farei! Mi perdoni?” la supplicò, cimentandosi nel suo celeberrimo broncio.

Lei lo guardò per un attimo, seria.

“Va bene” sorrise “ma ti costerà caro!”

“Qualsiasi cosa” sorrise lui a sua volta.

“Per fortuna non ci hai messo tre mesi...” disse a bassa voce, tornando da suo padre. Intanto Astrid era corsa in cantoria ad avvisare l'organista di suonare un pezzetto di marcia per lo sposo e poi attaccare subito quella per la sposa. Anche Shane e Stefania erano rientrati in chiesa.

“Eh?”

“Te lo spiego dopo papà...”

 

 

Tutti i presenti erano in piedi, rivolti alla navata centrale, dove la sposa stava incedendo sulle solenni note del Canone di Pachelbel. Francesca si sentiva come se stesse fluttuando, le pareva di non toccare il pavimento mentre camminava. Dopo il panico di cinque minuti prima, si sentiva talmente felice e sollevata che le sembrava di essere passata direttamente da un incubo ad un sogno splendido.

Lui la spettava ai piedi dell'altare, sorridente. Aveva ancora le guance rosse per l'agitazione del disguido della macchina, ma era bellissimo, perfetto. Il vestito grigio scuro che avevano scelto assieme gli stava alla perfezione, facendo risaltare la figura elegante e il candore della sua carnagione. Un raggio di luce proveniente dalle grandi vetrate della navata gli illuminava il viso: era radioso.

Tutti i presenti erano ammirati. “Che belli”, “Non ho mai visto una coppia così bella”, “Che sposi magnifici”, “Che vestiti”, “Che eleganza”, e nessuno aveva la più pallida idea del dramma di proporzioni wagneriane che si era consumato sul sagrato fino a pochi istanti prima.

 

Quando Nicky le baciò lievemente la guancia dopo averle alzato il velo dal viso mise da parte definitivamente quello che era successo pochi minuti prima mentre le labbra di lui indugiarono sulla sua pelle per qualche istante, forse più del dovuto.

“Sei splendida” le sussurrò all’orecchio, prendendole la mano fasciata da un sottilissimo guanto di raso. Lei non gli rispose, iniziava a sentire l'emozione farsi largo. Invece lo fissò negli occhi, quegli sbalorditivi occhi azzurri in cui adorava perdersi come una piccola goccia nell’immensità dell’oceano, sorridendo e arrossendo leggermente per poi dirigere la propria attenzione all’officiante che aveva dato inizio alla celebrazione del rito.

 

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Capitolo 11
*** Undicesimo capitolo ***


Cari lettori, siamo giusti alla fine di questa parte della storia, ma come vi ho già spiegato, non finisco qui. Infatti mercoledì prossimo inizierò la pubblicazione di un altro capitolo che parte dalla storia iniziale e si sviluppa su un binario parallelo a quello che ho seguito per Tonight - I hope it's forever. 
Vi lascio alla lettura del finale e del breve epilogo e ringrazio tutti quelli che hanno avuto la bontà di leggere e recensire! Non avete idea di quanto i risultati che ho ottenuto (incredibilmente superiori a quanto mi attendessi) mi abbiano resa felice!

**********

“Un momento di attenzione” richiese Elisa, impossessandosi di un microfono, quando ormai il pranzo di nozze si stava protraendo da più di tre ore, e non dava il minimo segnale di voler giungere ad una conclusione.

“È il momento degli auguri e dei discorsi di amici e parenti. Chiunque voglia dire qualcosa parli adesso o taccia per sempre” concluse, provocando l’ilarità dei presenti.

“Ormai è un po’ tardi per questo” sghignazzò Kian.

“Beh, visto che ho il microfono in mano comincio io” riprese Elisa, notando un certo imbarazzo tra i presenti: quando c'è da fare discorsi in pubblico, di solito tutti si danno alla macchia. “Finalmente si sono sposati! Sono sei mesi che subisco le psicosi da preparativo della Fra! Credo di aver visto più cataloghi di bomboniere negli ultimi tempi di quanti un essere umano possa vedere in tutta una vita! Da come lei metteva le cose, sembrava che lui fosse il problema, perché lei è sempre stata rapida a scegliere per sé. Ma dopo aver discusso per ore e ore e aver sentito per miliardi di volte frasi del tipo chissà se gli piace… oppure non è banale? ho avuto l’onore di presenziare al momento della scelta definitiva. Lei gli mostra tutta titubante l’opzione che lei preferiva e lui non da la classica risposta da uomo che non ha la minima intenzione di perdere tempo a guardare bomboniere fai tu, ma, rigirandosi tra le mani l’oggetto prescelto, le ha detto mi sono sempre fidato del tuo buon gusto, e come sempre hai fatto centro! D’altra parte tu sei la più grande autorità mondiale in materia di matrimoni. A parte il fatto che mi sono cascate le braccia perché, da come aveva parlato dei suoi gusti difficili, e visto come ci si era arrovellata, pensavo che lui contestasse un minimo o proponesse qualcosa di diverso, cioè una delle altre centocinquatatré possibili alternative che si era preparata, sono giunta ad una conclusione: o è stufo di ascoltare quella paranoica lì” disse indicando con ampi gesti la sposa, che la stava fulminando con lo sguardo “mascherando, però, il tutto con una maestria comune a pochi, o è realmente consapevole delle sue capacità decisionali, oppure è talmente innamorato di questa disperata che, anche se avesse scelto la più emerita schifezza dell’universo, cosa che puntualmente non è avvenuta perché Francesca io-sono-il-gusto-fatto-persona non sbaglia mai, gli sarebbe andata comunque bene perché tutto quello che fa lei lui lo vede a cuoricini, rose e fiorellini. Io, personalmente, sarei stufa, però ho molto motivi per supporre che lui non lo sia… A parte gli scherzi, io credo di non aver mai visto due persone tanto compatibili su tutti i livelli e tanto sincerante innamorate. Valga per esempio che Francesca, che di solito tiene ben a freno le manifestazioni dei suoi sentimenti e dei suoi stai d’animo, una volta, di punto in bianco, è scoppiata a piangere perché aveva sentito una canzone che per lei aveva un significato particolare. Non posso che augurare loro tutta la felicità possibile: auguri piccioncini!”

Poi fu la volta di Stefania di prendere la parola.

“Dunque. Credo che molti di voi, ricevendo l'invito per oggi, avranno pensato: questi sono matti! Questo matrimonio è una pazzia! Vi dirò: l'ho pensato anch'io! Ma poi ho riflettuto. Una poco più che ventenne che va pazza per l'opera è quantomeno originale. Una bionda naturale che si tinge i capelli di nero, di certo non è a piombo. E lui... beh. Lui lo conoscete!” I presenti accolsero questa ultima affermazione con un boato fatto di commenti, fischi di approvazioni e risate. “Quindi sì. Questo matrimonio è da pazzi, ma visto che gli sposi sono fuori come balconi, direi che questo è molto più appropriato di un matrimonio normale! In fondo tutto questo ha una logica! Vi auguro di continuare su questa linea folle: vi si addice!”

Concluso l'intervento di Stefania, Elisa si diresse verso Mark, che le aveva fatto segno di portargli il microfono.

“Essendo costretto a passare buona parte della mia vita con quell’individuo,” iniziò, indicando lo sposo Francy scusami, ma io preferirei una compagnia diversa… Non ho potuto fare a meno di notare in lui un cambiamento, da dieci mesi a questa parte. Prima era insopportabile, sempre pronto a brontolone, insofferente, musone… Adesso è ancora più insopportabile perché è sempre allegro e pimpante quando c’è lei o lo chiama, depresso e lagnoso quando non c’è, ma soprattutto è diventato la persona più schifosamente melensa sulla faccia della terra! Però per fortuna è arrivato questo giorno e adesso siamo tutti qui a festeggiare..”

“Diciamo però” lo interruppe Shane, strappandogli il microfono “che abbiamo seriamente rischiato di non essere tutti qui a fare festa. Infatti, per chi non lo sapesse, stamattina quel furbastro ne ha combinata una delle sue! Sì” rispose al brusio che proveniva dai commensali “il ritardo di stamattina è colpa sua. La sposa era puntuale. Anzi. In anticipo sul canonico ritardo di quindici minuti. Ma quel fenomeno ha pensato bene di non portarsi dietro il cellulare. Così, a causa di un autista non proprio impeccabile, che l'ha portato dalla parte sbagliata, ha creato il caos, perché nessuno sapeva dove si fosse cacciato e perché ci mettesse tanto ad arrivare. Quella povera donna” disse indicando Francesca “stava iniziando a pensare che si fosse dato alla macchia! Ma come si fa a combinare.. Finiscila di farmi gesti Nicky. È tutto vero, e lo sai, quindi beccati la tua colpa e goditi l'imbarazzo! Dicevo. Ma come si fa a combinare un casino del genere proprio il giorno del proprio matrimonio?! Ti sei meritato la legnata che ti sei preso!”

“Da chi?” domandarono più voci.

“Dalla sposa! Ed è stata anche buona! Però, anche se era un colpo ben assestato, si meritava pure di peggio. L'avrei preso a schiaffi anch'io!” scoppiò a ridere. “A parte gli scherzi, ragazzi, congratulazioni, e tanti auguri per il futuro!”

“Io, io!” strillo Federica, agitando le mani per aria per farsi notare e ricevere il diritto di parola.

“Allora, io e Francesca ci conosciamo da più di diciotto anni, possiamo dire di essere cresciute assieme, ed, essendo entrambe figlie uniche, io ho sviluppato un particolare attaccamento nei suoi confronti. Se devo essere sincera, quando mi ha detto che sarebbe andata sei mesi in Irlanda ci sono rimasta molto male perché avevo paura di perdere una delle persone più importanti della mia vita. Anche se abbiamo corsi di laurea diversi, quasi ogni giorno facevamo assieme il viaggio in treno e uscivamo spessissimo assieme. Quando eravamo al liceo, ovviamente in classe assieme, le telefonavo quasi ogni pomeriggio, un po’ per chiedere notizie sui compiti, visto che lei è sempre precisa e si scrive tutto, mentre io… non proprio… Ma soprattutto per fare quattro chiacchiere con lei, farmi prendere in giro, sentire le sue rispostine acide. Ma anche se faceva finta di trattarmi male sapevo che mi voleva bene, di certo più lei che altri, che sembravano sempre dolci e gentili, ma nel momento del bisogno sono spariti. Diciamo che, siccome siamo sempre state così vicine, ero solita a seguire e osservare le sue questioni sentimentali, e ho notato subito come questa, già in partenza, fosse diversa dalle altre. Non c’ho messo troppo a capire che questa non era una cotta, ma una cosa seria…”

“Diciamo anche” la interruppe Alaina “che tu, in partenza, eri assolutamente contraria alla loro storia e non potevi vedere Nicky…”

“Perché era gelosa” intervenne, ridacchiando Giulia. “Aveva paura che le portasse via la sua Fra!”

“Effettivamente è vero” rispose Federica, un po’ abbacchiata e imbarazzata per la correzione ricevuta “avevo paura di perdere un’amica, ma avevo anche paura che lui non fosse la persona fantastica da lei descritta e che finisse per soffrire terribilmente. Lo ammetto, Nicky non mi piaceva. Quando voi eravate tutte gasate come una marmaglia di fan quindicenni per il fighissimo moroso della Fra io non ero d’accordo, forse anche perché a voi i Westlife piacevano, mentre io non li ho mai digeriti, ma, pur continuando a considerarlo estremamente lontano dal mio ideale di uomo, vedo che lei non è mai stata così innamorata e sprizza felicità da tutti i pori. E il merito è tutto di Nicky. Quindi non posso che fare loro le mie congratulazioni e…”

“E finirla qua” la interruppe Alaina, strappandole di mano il microfono e passandolo ad Elisa, affinché lo portasse a Victoria, che già da qualche minuto voleva dire qualcosa “ché il tuo augurio sta assumendo le proporzioni del panegirico di San Giuseppe!!!”

“Io posso vantarmi” attaccò Victoria “di essere stata il loro Cupido. E devo ammettere che ne sono piuttosto orgogliosa perché ho creato una coppia stupenda e sistemato quella che è diventata una delle mie più care amiche con il mio amato cuginetto che, notoriamente, non è mai stato capace di trovarsi una ragazza decente. Proprio non ci riesce. Di solito gli uomini non sanno abbinare giacche con cravatte. Lui questo lo sa fare...”

“Ma non scegliere i vestiti da cerimonia!” starnazzò la sposa.

“Sì... beh... dicevo. Ma quando è ora di scegliersi la ragazza non ne indovina una! Diciamola tutta. Nessuna era lontanamente paragonabile a Francesca, quindi non mi ha sorpresa il fatto che fin da subito se la sia voluta tenere ben stretta. D’altro canto io ho apprezzato molto il comportamento di lei in questa situazione: ha dimostrato un equilibrio che io trovo straordinario. Credo che chiunque, nei suoi panni, avrebbe passato le ore a sospirare sognate o a parlare di lui in continuazione. Invece il suo comportamento non è cambiato di una virgola. Inoltre apprezzo molto la sua decisione e lucidità nel gestire una proposta di matrimonio che le è arrivata tra capo e collo e in quel contesto. A me, come minimo, sarebbe preso un colpo, e comunque avrei avuto seri dubbi su cosa e come rispondere. Invece lei non ci ha dovuto pensare, ha subito dato voce ai suoi sentimenti, e con una convinzione invidiabile! Vi auguro tutto il bene possibile… e adesso la finisco” concluse, enfatizzando le lacrime che avrebbero minacciato la tenuta del suo mascara “altrimenti mi commuovo!”

“Dai, sù” disse Elisa, prendendole il microfono e dirigendosi dall’altra parte della sala “facciamo parlare qualcuno di sensato. La parola ad una suocera.” E così dicendo porse il microfono alla madre di Nicky.

“Quando Nicky mia ha detto che stava uscendo con la ragazza che abitava con Viky ho pensato in che guaio si è andato a cacciare! Un'altra delle sue storie inconcludenti. Non può che finire male. Lei tornerà in Italia, soffriranno un bel po’ e poi si lasceranno. Sempre che durino così tanto... Evidentemente mi sono presa un granchio clamoroso, ma, sinceramente, se quel giorno mi avessero detto che oggi saremmo stati tutti qui a festeggiare il loro matrimonio, gli avrei riso in faccia! Non credevo che sarebbe riuscito a mettere la testa a posto. Non così presto, almeno. Vi dirò, però, che sono felicissima di essermi sbagliata perché mi sono innamorata anch’io di Francesca, è una ragazza eccezionale e io non ho mai visto Nicky così felice e innamorato. Per cui tanti auguri ragazzi e, mi raccomando, impegnatevi, perché io voglio un nipotino al più presto!”

Alle sue parole conclusive un’ovazione proruppe dalla sala, accompagnata da una generale risata, cenni di assenso da parte del marito e dei genitori della sposa, e una notevole dose di imbarazzo per Francesca, che era diventata rossa come un peperone nel giro di pochi secondi e cercava di nascondere il viso dietro alle proprie mani.

“Dulcis in fundo Astrid” esclamò Elisa consegnandole il microfono “illuminaci con qualche tua grande nozione di vita!” disse, cercando di combattere le proprie risate e di sovrastare con la sua voce quelle che ancora perduravano dalla fine dell’intervento precedente.

“No sai se di…” farfugliò, colta alla sprovvista “Viva i nuviz! (Non so cosa dire… Viva gli sposi) Prosit!” concluse, alzando il calice.

 

 

EPILOGO

 

 

“Stai bene?” chiese Nicky poggiando un braccio sulle spalle a Francesca, che da qualche minuto sembrava in trance osservando l’evolversi della festa che ormai stava volgendo al termine.

“Sì” sospirò “stavo solo pensando…”

“A cosa?”

“Che mi sembra di vivere in un sogno. Se un anno fa mi avessero detto che oggi mi sarei sposata con Nicky Byrne mi sarei messa a ridere, proprio come tua mamma.” Rise. “Mi pare incredibile di essere tanto fortunata… Ho solo paura di svegliarmi da sola nella mia cameretta e accorgermi che questi ultimi mesi sono stati il sogno esaltato di una fan” concluse con tono basso, ammirando lo sfavillante anello nuziale che aveva trovato dimora all’anulare della sua mano sinistra.

“Non è un sogno” rispose prendendole il viso tra le mani, obbligandola a guardarlo negli occhi “è tutto reale. Domani mattina non ti sveglierai da sola nella tua stanza a casa dei tuoi genitori, ma nella nostra casa tra le mie braccia e sarà così per sempre” concluse baciandole delicatamente le labbra.

“Mmmh… tra parentesi” sussurrò Francesca con tono malizioso, sedendosi in braccio al marito “questa cosa di svegliarmi tra le tue braccia mi rimanda alla raccomandazione di tua madre…”

Nicky sorrise mentre le accarezzava le spalle scoperte e le baciava la fronte “Tu che ne pensi?”

“Che bisogna sempre accontentare le mamme.”

“Credo che questo progetto richiederà mooolto impegno” disse baciandole il collo “ma sarà un vero piacere accontentarla…”

 

 

Lately I'm so tired
If I took it all out on you
I never meant to
If I left you outside
If you ever felt I ignored you
Know my life is all you

So put your best dress on
And wrap yourself in the arms of someone
Who wants to give you all the love you want

Tonight, I'm gonna make it up to you
Tonight, I'm gonna make love to you
Tonight, you're gonna know how much I missed you, baby
Tonight, I dedicate my heart to you
Tonight, I'm gonna be a part of you
Tonight, you're gonna know how much I miss you
And I miss you so

I don't wanna act like
I know that you'll be mine forever
Though I hope it's forever
Don't want you to feel like
I take you for granted
Whenever we are together

So put your best dress on
And wrap yourself in the arms of someone
Who wants to give you all the love you want

Tonight, I'm gonna make it up to you
Tonight, I'm gonna make love to you
Tonight, you're gonna know how much I miss you, baby
Tonight, I dedicate my heart to you
Tonight, I'm gonna be a part of you
Tonight, you're gonna know how much I miss you
And I miss you so

Oh yeah
So put your best dress on
And wrap yourself in my arms, my love

Tonight, I'm gonna make it up to you
Tonight, I'm gonna make love to you
Tonight, you're gonna know how much I miss you, baby
Tonight, I dedicate my heart to you
Tonight, I'm gonna be a part of you
Tonight, you're gonna know how much I miss you
Baby

Tonight, I'm gonna make it up to you
Tonight, I'm gonna make love to you
Tonight, you're gonna know how much I miss you, baby
Tonight, I dedicate my heart to you
Tonight, I'm gonna be a part of you
Tonight, you're gonna know how much I miss you
And I miss you so

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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