Under the upper hand

di applestark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** White lips, pale face, breathing in snowflakes ***
Capitolo 2: *** And they say she's in the class A team,stuck in her daydream ***
Capitolo 3: *** Her face seems slowly sinking, wasting, crumbling like pastries ***
Capitolo 4: *** "I'm standing on the edge of some crazy cliff" ***
Capitolo 5: *** Kiss me like you wanna be loved ***



Capitolo 1
*** White lips, pale face, breathing in snowflakes ***


Under the upper hand
 

Capitolo I: White lips, pale face, breathing in snowflakes
 
Molly si strinse nelle spalle, piantando le mani nelle tasche del suo piumino verde, e lasciandosi sfuggire un sospiro di sconforto.
Quello era l’unico momento della giornata in cui poteva mostrarsi annoiata, stanca, distrutta.
Stava sul margine del marciapiede della strada più mal ridotta della periferia di Baltimora ; un piede sopra l’altro, il vento gelido che le faceva bruciare le gote, e il cielo all’imbrunire era di un fantastico blu intenso.
Non c’erano stelle ad illuminare tutto quel buio, e quella
Distesa d’ebano le ricordava la sua vita.
Diede un’occhiata furtiva all’orologio posto sul lampione alla fine della strada, e notò con disappunto che era quasi mezzanotte.
Aveva chiesto un permesso per tornare a casa prima quella sera, visto che lavorava come cameriera
in un locale notturno, ma stava fuori al gelo ormai da tempo. Sperava che il capo non l’avesse vista, o
sarebbe stata costretta a ritornare a lavoro; il che forse era più salutare del rimanere al gelo.
Si sentiva vuota, da un po’ di tempo a questa parte, ma non riusciva a placare quel buco nero nell’anima con niente. Un tempo i libri le davano sollievo, e anche la musica. Ma ultimamente non c’era più niente.
Stava attendendo da più di mezz’ora che un autobus passasse, ma non  c’era l’ombra di un mezzo pubblico nemmeno in lontananza.
Le cose nella sua famiglia avevano preso una brutta piega ormai da tempo. Suo padre lavorava in Svezia e
inviava a lei, la madre e il fratello, un contributo mensile che non soddisfava il fabbisogno economico della
 famiglia, i numerosi debiti.
Inoltre Molly studiava all’università, e vista la sua spiccante bravura, aveva deciso di non voler abbandonare gli studi,  e quindi era stata costretta a trovare un lavoro ben pagato, e soprattutto praticabile la sera, quando non era impegnata a studiare per i vari esami.
Ecco che la ragazza si era ritrovata ad essere una cameriera presso uno dei più sudici locali della periferia.
Quasi parallelamente a ciò, iniziarono anche a circolare numerose voci sul suo conto, e il passaparola delle persone aveva proposto un’immagina completamente distorta della vera Molly, che ormai non riusciva più ad avere nessun contatto con le persone.
Iniziò a camminare avanti e indietro lungo il marciapiede, e lo sguardo le finì casualmente sulla finestra illuminata di un palazzo proprio di fronte alla sua postazione. Desiderò ardentemente di trovarsi in quella stanza, magari al caldo di un piumone, con la televisione accesa e qualcosa da mangiare, un amico con cui scambiare quattro chiacchiere, insomma, qualcosa del genere.
Invece a Baltimora lei ci viveva da sola, in un appartamento spoglio quanto un albero d’inverno, e anche freddo allo stesso modo. Sua madre e suo fratello vivevano in una cittadina vicina, insieme alla sorella della madre, zia Judy, anche lei con una vita squilibrata.
Iniziò a soffiare un forte vento, e le sue gambe lunghe, lasciate scoperte da una minigonna di jeans, iniziavano a tremare, e a vacillare come se fossero di gelatina.
L’orologio intanto segnava Mezzanotte in punto, se il capo l’avesse vista sarebbe successo un  vero e proprio bordello, quindi decise di incamminarsi a piedi verso casa. Nonostante fosse conscia che ci avrebbe messo più di mezz’ora, nonostante quelle strade le facessero paura, e Baltimora di notte non fosse la culla della sicurezza.
Mosse qualche passo, ma i piedi che tutto il giorno erano stati costretti su un paio di tacchi alti , le facevano tanto male, e il freddo sembrava trafiggerle le ossa, e spaccarle una ad una le costole.
La mattina seguente avrebbe dovuto seguire un corso all’Università, ma qualcosa le diceva che avrebbe fatto l’ennesima figura di merda, con quel viso pallido, lo sguardo della stanchezza.
Sospirò, e iniziò a canticchiare il motivetto di una canzone, una di quelle che qualche sera prima aveva cantato nel locale notturno. Da quando il capo aveva capito che armoniosa fosse la sua voce, capitava che la mettesse a cantare, tra un alcolico e l’altro.
Mentre proseguiva il cammino, sentì la voce di qualcuno provenire da un vialetto buio, e quasi meccanicamente sobbalzò, e camminò più veloce, tanto da sentirsi le piante dei piedi bruciare.
-Oh, chi sei?-
Questa volta si fermò, nascondendosi dietro un cespuglio, alla luce arancione di un lampione.
Si trattava di una voce maschile, una voce allarmata.
Rimase immobile lì dietro nascosta perché aveva paura, e finalmente riuscì a capire a chi appartenesse la voce.
Era un ragazzo, più di vent’anni sicuro, era alto e con i capelli scuri.
Parlava al telefono, quindi probabilmente la domanda precedente non era nemmeno rivolta a lei.
Molly si sentì sollevata, e come una ladra riprese a camminare. Tuttavia, nonostante non avesse voluto, finì con l’incrociare lo sguardo con gli occhi scuri del ragazzo, che aveva appena posizionato il suo bell’Iphone nella tasca dei jeans.
La guardò con un’espressione indecifrabile, e una sorta di sorriso stranito stampato sulle labbra.
La ragazza era terribilmente imbarazzata, così abbassò lo sguardo e fece per andarsene.
-Scusa la domanda indiscreta ma… che ci fai qui?-
Finalmente il ragazzo, Jack, si decise a rompere quel gelido silenzio, e lei allora balbettò qualcosa sottovoce.
-E tu che ci fai invece?- farfugliò, con evidente imbarazzo.
-A dirla tutta mi sono perso, ero diretto a un locale dove solitamente io e i miei amici passiamo i giovedì sera… ma ho clamorosamente sbagliato strada- ammise, stringendosi nelle spalle.
Nonostante era evidente che non avesse meno di 23 o 24 anni, Molly trovò che nei modi fossi veramente giovane, un po’ bambinone.
-E quanto a te, invece? Che ci fai in giro a quest’ora… con… con quella gonna?-
Non poté fare a meno di quell’accorgimento, ed ovviamente Molly desiderò di sparire, di voltargli le spalle, correre via il più lontano possibile.. eppure non lo fece.
-Niente, niente lascia stare. Io devo andare- disse frettolosa, ed anche leggermente urtata.
Ormai aveva sempre quella sensazione che la gente la giudicasse apriori, e quindi evitava ogni rapporto con gli altri.
Gli voltò le spalle e mosse un passo, però il ragazzo sembrava cocciuto, infatti le prese il polso nella sua mano grande, ed ovviamente Molly si ritirò, mostrando senza scrupoli il suo fastidio.
-Se vuoi ti accompagno a casa. Voglio dire…potresti essere mia sorella… se ti succedesse qualcosa ti avrei sulla coscienza-
La ragazza alzò lo sguardo verso di lui, e con un espressione statica fece solo un cenno con la testa. Infondo si trattava di arrivare a casa. E, visto che viveva in un grattacielo, lui non avrebbe mai notato in che schifo vivesse. Da fuori sembravano tutti appartamenti normali.
-Oh , allora quella è la mia macchina-
-Non devi più andare in quel locale?-
-Vorrei accompagnarti a casa, ti ripeto, se ti succedesse qualcosa…-
-Va bene- sussurrò Molly, e dopo essere entrata in auto, volse lo sguardo fuori al finestrino.
Poteva ritenersi fortunata per quella sera, aveva trovato un anima buona.
Ovviamente non avrebbe mai detto al conducente ciò che pensava, infatti si limitò a spiegargli dove viveva.
-Hai freddo?-
-Un po’- ammise, e il ragazzo accese prontamente la stufa dell’auto.
Molly provò sollievo, era come se i suoi muscoli si stessere rilassando solo in quel momento, dopo tutta la giornata.
-Posso sapere come ti chiami?- domandò ancora lui, passandosi una mano tra i capelli scuri con qualche ciuffo biondo.
-Tu come ti chiami?-
-Mi chiamo Jack. Jack Barakat. E tu comunque rispondi alle domande con altre domande…-
Sbuffò, ma Molly si limitò a sorridere.
-Puoi lasciarmi qui- disse cinque minuti dopo, proprio quando erano giunti sotto casa di Molly , accanto a un fast food.
-Ma… il tuo nome, ti prego!-
Aprii la porta dell’auto e si soffermò un secondo sul marciapiede, poi si decise a dire il suo nome.
Il suo nome quello vero.
-Melissa-
Nessuno la chiamava così, lei era semplicemente Molly. Molly Hernandez.
-Buonanotte Melissa-
Guardò Jack negli occhi, non ebbe nemmeno il tempo di sussurrare un “grazie”, che lui già era andato via.
Quello era stato un segno del destino, sicuramente. Ed era arrivata sana e salva a casa anche quella sera.
 
 
Jack sfrecciò verso casa di Alex, il suo migliore amico. Gli amici gli avevano annunciato che non ci sarebbe stata nessuna “serata sbronza”, visto che Rian, il batterista, aveva la febbre. E senza di lui non sarebbe stata la stessa cosa. Quindi Jack preferì andare dal suo amico, e raccontargli della ragazza alla quale aveva dato un passaggio. Iniziava quasi a pensare che lei fosse stata una visione, un fantasma. Magari se l’era immaginata, o era stato vittima di quelle leggende metropolitane che narrano di fanciulle perdute che vagano da sole in periferia, chiedendo passaggi agli sconosciuti.
Guidò veloce, tenendo il piede sull’acceleratore, e quando giunse da Gaskarth parcheggiò in fretta e furia, e quasi spaventato da quanto accaduto poco tempo prima bussò incessantemente al campanello.
Ad aprirlo fu la ragazza del suo migliore amico, Lisa.
Non ebbe nemmeno il minimo scrupolo che forse aveva interrotto qualcosa tra i due, che iniziò a parlare a voce alta.
-Credo di aver dato un passaggio a un fantasma!-
Lisa spalancò gli occhi azzurri. –Adoro questo genere di storie-
-Ma cosa cavolo dici?- intervenne Alex, facendo capolino dal salotto e muovendo la mano, come a dire ai due di avvicinarsi a lui.
-Sediamoci. E tu Jack.. racconta-
-Giuro che non ho bevuto!-
Si sedettero tutti e tre vicini.
-Spara.- esclamò subito Lisa, così il ragazzo iniziò a raccontare di Melissa.
Il racconto fu dettagliato e preciso, ma Alex era comunque molto scettico a riguardo. Invece la sua ragazza ci credeva completamente, tanto che le erano venuti i brividi sulla pelle.
-Ha detto di chiamarsi Melissa- aggiunse Jack, pensieroso.
-Descrivila- domandò Lisa, portandosi le ginocchia al petto, curiosa.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, e cercò di figurare il momento esatto in cui l’aveva vista.
-Labbra bianche, viso pallido… capelli castani e ondulati, occhi grandi…-
Aveva lo sguardo perso nel vuoto mentre parlava di lei, che le era sembrata un angelo.
Ma quella sera faceva troppo freddo fuori per gli angeli per volare.
-Ma cos’è, la canzone di Ed. Sheeran?- intervenne Alex, e almeno questo strappò a Jack una risata.
L’indomani si sarebbe recato nel luogo dove l’aveva lasciata, e finalmente avrebbe saputo la verità.

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Capitolo 2
*** And they say she's in the class A team,stuck in her daydream ***


Capitolo II: And they say she's in the class A team,stuck in her daydream 

Quella notte Jack aveva dormito solo qualche ora. Era tornato a casa alle due, aveva chiuso occhio solo alle quattro. Alle otto in punto era in cucina a fare colazione con pancakes e litri di caffè.
I suoi genitori non c’erano, per festeggiare il loro anniversario erano in viaggio in Europa, e quindi per quel poco tempo che passava a casa tra un tour e l’altro, quel mese,  sarebbe rimasto solo con sua sorella May.
La sorella maggiore non c’era nemmeno quella mattina, o Jack le avrebbe tranquillamente raccontato ciò che gli era accaduto.
Ricordava di aver sognato qualcosa in proposito quella notte, ma era tutto sbiadito, come un vecchio ricordo.
Probabilmente si stava facendo un sacco di pippe mentali, e ciò gli dava terribilmente fastidio.
Non gli  restava che uscire di casa, e recarsi a quella che doveva essere la casa di Melissa, la ragazza misteriosa.
Avrebbe scoperto la verità solo in quel modo! E magari avrebbe perso la scommessa con Alex, e sarebbe passato per il solito credulone.
Dopo essersi fatto una doccia veloce, si vestì con dei semplici jeans, t-shirt e una felpa e poi uscì di casa. Si mosse a piedi, visto che l’abitazione della ragazza non era poi così lontana.
Mentre passeggiava canticchiava “After Midnight” dei Blink 182, per cercare di stare tranquillo e rilassato, visto che aveva venticinque e passa anni e non poteva lasciare che quella storia prendesse troppo il sopravvento su di lui.
Ricordava perfettamente l’insegna del Fast food, quindi capì di essere arrivato a destinazione.
Improvvisamente sentì il cellulare vibrargli nella tasca, quindi lo prese per vedere di chi si trattava.
-Jack sono Alex, mi trovo davanti al cinema… voglio scoprire qualcosa in più sulla ragazza-non ragazza anche io-
Disse in fretta la voce al di là del telefono, così Jack soffocò una risata.
-Cammina verso destra, troverai un fast food… sono lì-  si affrettò a dire, poi chiuse la chiamata e iniziò ad agitare la mano, per farsi vedere dall’amico.
-ECCOTI!- Esclamò in lontananza Alex, con i capelli scompigliati in stile “cuscino” e un paio di occhiali da sole scuri agli occhi.
-Bene. Allora, cosa ti porta qui? Non eri scettico?-
-Stanotte ho fatto un sogno abbastanza curioso. Poi te lo racconto dopo Mezzogiorno così non si avvera… ad ogni modo vedrai che avevo ragione io. La ragazza esiste.-
Jack scrollò le spalle, e si domandò che sogno avesse portato il suo amico lì.
Alex, dal suo canto, gli fece cenno di non preoccuparsi e iniziò a camminare dritto verso il grattacielo lì accanto.
Nella testa aveva il testo della canzone di Ed Sheeran, aveva persino pensato di farne una cover. Era strano come il protagonista di una canzone potesse prendere vita… come se qualcun altro avesse incontrato una “Maria”, o una “Holly”, o “Jasey Rae”. Quel pensiero gli fece apparire un sorriso malinconico sul volto. Se quella Melissa aveva una vita conforme alla canzone, allora non doveva essere felice. Comunque, i due ragazzi si misero a leggere tutti i nomi del citofono.
Effettivamente “Melissa” non c’era scritto da nessuna parte.
-Cosa ti avevo detto?!-
Alex si voltò verso Jack, ancora poco convinto.
-Chiediamo al portinaio-
-Va bene-
Aprirono il portone ed entrarono nella hole del palazzo, e subito si avvicinarono al portinaio, un uomo sulla cinquantina con i capelli tutti bianchi.
-Scusi, per caso qui vive una certa Melissa?-
L’uomo storse la bocca.
-Che io sappia… no… o magari è la figlia di qualcuno… -
Era piuttosto vago, allora Jack ed Alex si guardarono negli occhi.
-Non… non sappiamo nient’altro tranne il suo nome. E il suo volto.- disse il cantante, e subito Jack si affrettò a descriverla.
-Alta, pallida, capelli ondulati e castani, frangetta…-
-Sembra essere la signorina Molly-  decretò l’uomo, annuendo un paio di volte.
-Molly?-
-Sì, Molly… Molly… ha un cognome spagnolo… Fernandez, o Hernandez-
Jack scosse la testa, un po’ stranito, ma Alex continuò con le domande.
-Vive da sola? O con la famiglia?-
-Senta, in questo palazzo non vivono persone molto affidabili, se lei è di Baltimora sa bene che qui…-
-Lo so, lo so. Volevo solo qualche informazione-
-Beh, l’informazione è che girano brutte voci sul suo conto- .
La conversazione si concluse così, e i due ragazzi uscirono nuovamente fuori, respirando finalmente aria pulita.
-Dici che Melissa sia questa Molly?-
-Non so, Jack- rispose Alex, e un flashback gli attraversò la memoria.
Una frase pronunciata da Lisa qualche giorno prima, di ritorno dall’università.
“C’è questa ragazza… Molly. Dicono che sia una prostituta, e una drogata… roba di classe A.”
Scosse la testa come a cacciare via quel pensiero, e i due si incamminarono verso una caffetteria, dove avrebbero incontrato Rian e Zack.
 

“Buenos dias chicos, hoy empezamos la lecciòn de gramatica y entroducimos los usos del subjuntivo…”
La voce della professoressa Garcìa era un vero e proprio sonnifero per Molly, che aveva la testa appoggiata sul banco e gli occhi già socchiusi.
Quella era la seconda ora di lezione della giornata, e già non reggeva più.  Non aveva nemmeno fatto colazione, quindi sentiva la testa girare e le palpebre chiudersi.  
Percepiva anche le critiche degli altri entrarle dentro, mentre la guardavano, e sussurravano parole cattive. Pensavano chissà cosa su di lei, ma erano tutte bugie, anche se nessuno le credeva.
A volte aveva paura, anche di entrare nelle aule dell’Università. L’unica cosa che la spingeva a continuare gli studi era la speranza che quella merda sarebbe finita, che avrebbe avuto un futuro decente.
Il solo pensiero che quella sera doveva andare a lavorare nel Night la spaventava terribilmente. Ogni sera si sentiva oggetto delle attenzioni di uomini crudeli, e il suo capo le chiedeva sempre di più, sempre di più… e un giorno avrebbe ricevuto proposte indecenti, alle quali avrebbe dovuto acconsentire se non voleva perdere il lavoro.
Quel pensiero le fece stringere i denti e le palpebre ancora più forte, e le unghie erano infilzate nel palmo della mano.
Le bastarono pochi minuti per crollare completamente, ed addormentarsi in aula.
 
Il suono stridente della campanella la fece sobbalzare, infatti si alzò in piedi di scatto e dovette tenersi alla sedia per non svenire.
Immediatamente la professoressa le venne incontro per farle una ramanzina.
“Devi essere forte” si disse nella mente, e continuò a ripeterlo come un mantra , mentre la Garcìa si impegnava a farla sentire una vera e propria schifezza.
Finita la paternale della quale non aveva colpa, Molly mise i libri nello zainetto di camoscio e si sistemò la coda di cavallo, poi fece qualche passò per uscire dalla classe, ma due ragazze che seguivano lo stesso corso di ispano americano la interruppero.
Era certa che i loro nomi fossero Faye e Lisa, perché erano molto carine e conosciute al campus. Ed era anche certa che un fiume di offese stavano per ricaderle addosso, così prese un enorme sospiro.
-Cosa hai fatto ieri notte, eh? Credi che non lo sappiamo?-
La voce stridula di Faye, quella con i capelli rossi, le faceva sanguinare i timpani.
-Lavoro. Io lavoro, tu non puoi sapere niente della mia vita!-
-Batti la strada, non è vero? Potrei denunciarti, visto che sei una brutta presenza qui nella scuola!- continuò, passandosi una mano tra la treccia nella quale aveva legato i capelli.
-Io non faccio niente di tutto questo! Sei tu quella che sta con mezzo campus! Non io!- riuscì a difendersi, ma minuta com’era, nonostante l’altezza, sembrava quasi una formichina.
-Non permetterti! Guarda che ti denuncio davvero!-
-Lasciamola stare… è una poveraccia- concluse la ragazza bionda, Lisa.
Dentro di Molly vi fu un uragano di emozioni, la rabbia le faceva tremare le mani, eppure tutto ciò che accadde fu che i suoi occhi le si riempirono di lacrime, poi fuggì via.
Corse per  i corridoi attenta a non scontrarsi con nessuno con lo zainetto, si sciolse i capelli per non mostrare il volto rigato di lacrime, e nella sua corsa in giardino verso l’uscita andò a sbattere contro qualcuno.
Fece per andarsene, ma la persona contro cui era andata a finire la trattenne stringendole forte il braccio.
Fu costretta ad alzare lo sguardo, e a mostrarsi nella sua debolezza.
-Cosa è successo?- le domandò il ragazzo contro cui era finita, e poi si tolse gli occhiali da sole.
-Niente, niente…non si preoccupi e mi scusi…- sussurrò Molly, e di nuovo cercò di liberarsi dalla stretta del ragazzo, che  allentò la presa solo un po’.
La guardava come se la conoscesse, e ciò le radicò dentro un sentimento di timore, inquietudine.
-Ci conosciamo?- mormorò, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
-Non… non credo. Io sono Alex comunque. Piacere di conoscerti-
Allungò una mano verso la sua, ma Molly la ignorò, spaventata da ogni tipo di contatto fisico.
-Io mi chiamo…. Io mi chiamo Molly-
Il tono di voce divenne terribilmente basso quando disse il suo nome, e si sentì male perché era stata costretta a dirlo!
Solitamente diceva il suo vero nome agli sconosciuti, dato che negli ambienti loschi che era costretta a frequentare, era per tutti “Molly”. E dunque, risultava facile reperirla con quel nome.
Ecco perché la sera prima aveva mentito a Jack, il ragazzo che l’aveva accompagnata a casa.
-Senti, Molly, sei tremendamente pallida… posso accompagnarti in infermeria?-
-Io sto bene! Non ti preoccupare, sul serio!-
Alex inarcò un sopracciglio. Era lì per prendere la sua ragazza Lisa, ma avrebbe aspettato un po’.  Infondo  aveva incontrato Molly, la ragazza descritta dal portinaio! La quale, probabilmente, era la “Melissa” di Jack.
-Dai, ci vorrà un attimo! Ho paura che tu possa svenire-
La giovane si arrese, anche perché in vita sua non le era mai stata concessa tanta premura.
 
I due camminarono in silenzio verso l’infermeria, Alex fischiettava sottovoce e Molly teneva lo sguardo fisso tra le fughe del pavimento.
Il ragazzo bussò alla porta e immediatamente un’infermiera di colore e con uno sgargiante camice fucsia, li fece entrare nello stanzino.
Alex non ebbe il tempo di spiegare che la donna prese tra le mani il mento di Molly, e la osservò attentamente.
-Sei tremendamente pallida… scommetto che hai l’anemia, ragazzina. Dovresti andare da un medico, fare delle analisi.-
Parlò in fretta, e nel frattempo prese uno stetoscopio e visitò la ragazza, che nel frattempo era andata a sedersi sul lettino nell’angolo della stanza.
-E tu chi sei, il suo ragazzo? Frequenti qui?- domandò l’infermiera, mentre si accingeva a misurare la pressione  a Molly, la quale era in evidente imbarazzo.
-A dir la verità sono qui per vedere la mia ragazza, si chiama Lisa e frequenta qui. Ma ho incontrato lei e… era così pallida che mi sono preoccupato-
-Capisco… Beh, la tua pressione è molto bassa signorina. Seguimi che ti prescrivo delle visite, degli esperti devono controllare che sia tutto a posto-
Molly non ascoltò nemmeno queste parole, presa com’era da ciò che aveva detto Alex.
Il ragazzo di Lisa… se si riferivano alla stessa persona, allora doveva subito andare via. Molly aveva più paura di Faye, in effetti, solo che la bionda agiva insieme a lei… un po’ come quei gruppetti ridicoli alle scuole superiori.
Ad ogni modo guardò verso Alex e i loro sguardi si incrociarono, lui la fissava, senza alcuna paura, in una sorta di spavalderia che invece fece abbassare lo sguardo a Molly.
Si sistemò la maglia color confetto e poi si avvicinò all’infermiera.
-Qual è il tuo nome, ragazzina?-
Si mordicchiò il labbro inferiore, e poi si decise a rispondere. –Melissa Hernandez-
Alex aprì la bocca come per dire qualcosa, ma poi si fermò. Le carte si erano svelate, e tutto ciò a cui poteva pensare era “scacco matto”.
Finito il colloquio con l’infermiera, i due uscirono dalla stanza e Molly ripose le varie scartoffie nella borsa, guardando Alex negli occhi.
-Molly, tu chiamami Molly. Melissa non mi piace. Comunque grazie, ci si vede.- balbettò frettolosamente, poi diede le spalle al ragazzo e corse letteralmente via.

 
 

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Capitolo 3
*** Her face seems slowly sinking, wasting, crumbling like pastries ***


 Capitolo III:  Her face seems slowly sinking, wasting, crumbling like pastries

Alex aveva bisogno di vedere Jack, perché era giusto che il suo amico sapesse la verità sulla ragazza misteriosa alla quale aveva dato un passaggio.
Purtroppo, la mattina, Lisa aveva assistito alla scena nascosta in corridoio, ed aveva raccontato ad Alex tutto ciò che circolava in giro su Melissa Hernandez, detta Molly, spacciandolo per verità.
Tuttavia, il cantante non sapeva quanto crederci. Per qualche motivo incomprensibile, Molly gli aveva fatto solo tanta tenerezza.
E poi, sapeva benissimo che Lisa diceva quelle cose solo per essere sulla stessa lunghezza d’onda della sua migliore amica Faye. Non era una ragazza cattiva, la bionda, e proprio per questo Alex si era sentito un po’ strano a prestare tanta attenzione a Molly/Melissa.
Ad ogni modo, dopo aver passato il pomeriggio a strimpellare qualche nota, uscì di casa e chiese a Jack di raggiungerlo al pub che di solito frequentavano, sin da quando erano ragazzini, ancor prima che esistessero gli “All time low”.
Raggiunto il posto, andò a sedersi in disparte ed ordinò una birra in attesa che il suo migliore amico arrivasse.
Contò fino a dieci e lo vide arrivare, entrare nel locale e corrergli letteralmente incontro.
-Lex. Sono tutt’orecchi!-  esclamò subito, sedendosi di fronte all’amico e tamburellando le dita sul tavolo in legno.
-Jack, ho svelato tutta la storia della ragazza fantasma! Ovviamente tutto è successo…per caso-
Deglutì, e visto che il chitarrista non disse nulla, iniziò a spiegare l’accaduto.
-Bene. Allora tu sei rimasto all’incontro con il portinaio, non è vero? Ci ha parlati di una certa Molly, che sembrava essere almeno fisicamente simile a Melissa, la giovane alla quale hai dato un passaggio in auto ieri notte.
Stamattina sono andato all’università a prendere Lisa, e nella folla mi sono scontrato con una ragazza che sembrava corrispondere alla tua descrizione! Alta, pallida, con la frangetta. L’ho accompagnata in infermeria visto che aveva una cera pessima… ed ho scoperto che il suo nome è Melissa, ma preferisce essere chiamata Molly.- 
Spiegò tutto d’un fiato, e alla fine prese un sorso dalla birra per deglutire.
-Sono… completamente… sconvolto. Esterrefatto… -
Jack aveva gli occhi scuri spalancati e i gomiti appoggiati al tavolo, in un’espressione incredula;
 non riusciva a spiegarsi niente di quello che aveva ascoltato, anche se la spiegazione del suo amico era stata chiara, lineare.
-Beh… direi che il caso “ragazza misteriosa” è…concluso- aggiunse, poco convinto, ma Alex si morse il labbro inferiore e guardò altrove, alla ricerca di un diversivo, che però non trovò.
Chiudere il caso “Molly/Melissa” gli dispiaceva, anche se in effetti quella situazione avrebbe dovuto riguardare più Jack che lui.
-Oh Alex…parla…-
Il ragazzo alzò lo sguardo verso l’amico. –L’infermiera ha detto che doveva andare da un medico, fare delle analisi-
-Beh… con questo che vuoi dire?-
-Che dovremmo controllare se veramente andrà realmente da un medico come le è stato detto-
Jack fece un cenno con il capo. –Uhm. E come dovremmo fare a… controllarla?-
-Questa conversazione ci rende tanto stalker, lo sai?-
-Me ne rendo conto… senti, Lisa non può essere il nostro tramite?- propose il chitarrista, e gli occhi gli si illuminarono per l’idea che aveva avuto.
-Non è una persona a cui Lisa è particolarmente affezionata. Da quanto ho capito Molly lavora di notte, ci sono persone che la accusano di essere una prostituta, drogata…- spiegò Alex, con tanto rammarico nella voce.
-Ohw.. in effetti… era vestita… cioè, svestita. E aveva dei guanti strappati…- mormorò Jack, ma l’amico lo interruppe.
-Questi sono luoghi comuni. Lei ha comunque bisogno di qualcuno… lo sento. Anche se non la conosco.-
-Hai ragione-
Calò un attimo di silenzio, ma poi Gaskarth prese la parola.
-Ti ricordi dove l’hai vista la prima volta?-
-Si, si, mi ricordo-
-Allora andiamoci.-
I due ragazzi si scambiarono un sorriso di intesa, ma quello era solo l’inizio.
 
 
Molly aveva iniziato a lavorare da un’ora, e già non ne poteva più di quel lurido posto. Sentiva l’aria mancarle, il respiro affannato, e il Night si faceva sempre più gremito di gente.
Era assurdo quanto fosse frequentato, quanto “amore” venisse venduto davanti ai suoi occhi, davanti al suo disgusto e alla sua paura.
Aveva caldo, nonostante indossasse solo una gonna a vita alta bianca a pois neri e un top senza bretelle, con una scollatura a cuore.
In quei vestiti non si sentiva per niente a suo agio, ma era d’obbligo indossarli. 
Prese dalla tasca posteriore della minigonna un elastico nero e si legò i capelli in una coda disordinata, giusto il tempo di riposarsi un secondo, che poi fu richiamata all’ordine da una collega più “veterana” di lei, una certa Mariah.
-Porta questo drink a base di vodka alla menta ai signori infondo-
Si sentì dire, così afferrò il vassoio e camminò in fretta verso i due uomini che la squadravano.
-Ragazzina, non offri altri servizi?-
Le veniva fatta quella domanda praticamente ogni giorno, e la sua risposta era sempre un mormorato “No, non mi occupo di queste cose”, seguito da un “che peccato”.
E poi correva via da quelle persone, e serviva ad altri, ed altri, e altri ancora.
Nell’angolo del locale due ragazzi sniffavano droga, quelli intorno a loro bevevano come spugne, e nell’assistere a quelle scene… la sua innocenza e il suo pudore si sbriciolavano sempre più, in modo inesorabile.
La musica era a palla, e lei si reggeva a stento in piedi; le gambe le traballavano come budini, e le parole dell’infermiera le roteavano nella mente: aveva bisogno di un medico. Ma quando aveva parlato al telefono con sua madre qualche ora prima, non aveva trovato il coraggio di dirlo.
Una sua possibile infermità, anche lieve, significava altri soldi.
Pensò un attimo a Jamie, suo fratello, e provò un fremito di tristezza nel pensare che aveva quindici anni, e doveva già lavorare, mettere da parte i suoi anni migliori per il “dovere”.
Quel pensiero triste fu smorzato dal sorriso maligno di un uomo che le andò incontro, chiedendole dell’alcol.
Molly annuì prontamente, si spostò dietro al bancone e chiese all’addetta ai drink di prepararne uno. Dopo afferrò il bicchiere di vetro e lo posò nelle mani dell’uomo di fronte a lei, dal quale fuggì subito, camminando verso l’angolo della sala.
Intorno a lei, decine di colleghe, tutte svestite, tutte sorridenti. Le invidiava. Lei non riusciva a sorridere, lei la tristezza ce l’aveva espressa in volto, e questo era un punto a sfavore.
Improvvisamente, poco prima di servire due bicchieri colmi di Assenzio -un liquore tremendamente potente-, vide la porta aprirsi, e due ragazzi fin troppo familiari fare capolino in quel posto.
Li riconobbe all’istante: si trattava di Jack ed Alex. Il primo, era il ragazzo che le aveva dato un passaggio a casa, l’altro, era il fidanzato dell’amica di Faye, incontrato quella mattina.
Non avrebbe mai creduto che tra i due ci sarebbe potuto essere un qualche nesso, ma ora che se ne rendeva conto… era sconvolta.
Sconvolta soprattutto perché si trovavano in quel locale, e sembravano due pesci fuori d’acqua. Si guardavano intorno, come alla ricerca disperata di qualcuno…
Le gambe di Molly erano pietrificate, aveva troppo imbarazzo, troppa paura, e ipotizzò di nascondersi sotto qualche tavolo. Ma era troppo tardi, lo sguardo di Alex aveva già incontrato il suo, e proprio in quell’istante il vassoio le cadde di mano.
Il rumore dei bicchieri che si infransero sul pavimento fu molto forte, alcuni si voltarono verso di lei, ma, cosa peggiore, sentì il suo capo sbraitare.
Lo vide arrivare dall’ingresso (era sempre lì per paura che venisse la polizia, visto che quel posto era tutto clandestino), e sbraitare le peggiori parole contro di lei.
Già non la riteneva simpatica, visto i vari limiti che si era posta, in più non sopportava la sua sbadataggine.
-Mi scusi, mi scusi…- iniziò a dire Molly, poi si inginocchiò sul pavimento e cercò di raccogliere i cocci dei bicchieri.
Intanto Jack ed Alex le erano corsi vicino, e il capo li aveva guardati con fare guardigno.
-Non vi ho mai visti qua, siete amici di questa stronzetta?-
-Coglione- commentò Alex,  con disprezzo.
Jack nel frattempo cercava di aiutare la ragazza a ripulire il tutto, ma notò che il ginocchio le sanguinava.
Evidentemente il vetro l’aveva  ferita, quindi doveva essere portata via da quel posto immediatamente.
Si alzò e sussurrò qualcosa ad Alex, per cercare di calmare la situazione. Mancava poco che quei due non iniziavano a darsi di mani, e il suo amico era troppo minuto per scontrarsi con una bestia del genere.
Bastarono poche parole: “Molly si è fatta male” che Alex scattò come una molla, prese la ragazza per mano e, trascinandosi dietro anche Jack, incurante delle offese sbraitate dall’omone, uscì fuori da quel locale.
Molly era evidentemente confusa e sconvolta, ma il bruciore provocato dalla ferita sul ginocchio le annebbiava la mente, quindi non riusciva ancora a capire bene cosa fosse successo. Erano bastati pochissimi minuti, aveva visto quei ragazzi sbucare… non capiva più niente. Aveva forti capogiri, infatti chiuse gli occhi, e lasciò che  i due ragazzi salirono in auto e la facessero sdraiare sui sedili posteriori, poi non ricordò niente più.
Probabilmente svenne, o forse semplicemente chiuse gli occhi, e si addormentò, nonostante quei due ragazzi, Jack ed Alex, parlassero animatamente.
 
Quando la ragazza riaprì gli occhi si trovava in una casa, sdraiata su un divano, in quello che doveva essere un salotto. Uno splendido salotto. Ampio, con le pareti color crema e dei quadri appesi sulle pareti. Le sarebbe piaciuto avere un salotto, magari bello come quello.
Realizzò solo in quel momento che, probabilmente, era a casa di uno dei due, o Alex, o Jack.
Aveva addosso ancora quei vestiti di cui si vergognava, ma era scalza.  Avvertì un bruciore al ginocchio destro, così ricordò di essere caduta e di essersi tagliata con del vetro.
Cercò di sollevarsi, e dopo qualche sforzo si mise a sedere, e si guardò intorno.
-C’è qualcuno?- chiese con voce flebile, e quando vide il ragazzo alto e con i capelli castani venirle incontro, si sentì sollevata.
-Ehi, Molly. Come… come ti senti? – le domandò, velocizzando il passo e andandosi a sedere accanto a lei.
-Sto bene, non preoccuparti. Ora dovrei tornare a casa- borbottò lei, cercando di alzarsi , ma Alex le afferrò un braccio, costringendola a rimanere seduta.
-Ma tu vai sempre di fretta?-
-A quanto pare- rispose caustica, e si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
-Dov’è…Jack?- aggiunse, e proprio in quel momento lui sbucò dalla cucina e andò a sedersi accanto a lei.
-Ciao Melissa che si fa chiamare Molly-
Lei ridacchiò. –Scusa, avrei dovuto spiegarti questo particolare-
Il ragazzo scrollò le spalle. –Fa niente-
-Ho un po’ freddo- mormorò la ragazza qualche attimo dopo, e immediatamente Alex si tolse la felpa e la aiutò a mettersela.
-Grazie-
Molly pensò che quella scena sembrava troppo da “film”, era come vedere The Vampire Diaries.  Lei era Elena ferita, circondata da Damon… e Stefan.
Quel pensiero le fece abbozzare un sorriso, ma poi prese la parola, perché aveva bisogno di qualche chiarimento.
-Posso sapere che nesso c’è tra voi due? E poi… siete per caso degli stalker? Ah, grazie per avermi disinfettato il ginocchio-
Parlò in fretta, come faceva solo quando era agitata, e alzò la gamba per indicare i cerotti che aveva sul ginocchio. Poi vide un sorriso comparire sulle labbra dei due, e incrociò le braccia al petto come una bambina. Si aspettava delle spiegazioni.
-Beh… tutto è iniziato da quando Jack ti ha dato un passaggio. E’ venuto a casa mia e mi ha raccontato tutto. Credeva che tu fossi un fantasma o qualcosa del genere, visto che sei sparita all’improvviso, visto che… sei così pallida.-
Alex prese la parola, ma poi abbassò lo sguardo perché il ritornello della canzone di Ed Sheeran gli risuonò nella testa.
-Il mattino seguente sono ritornato dove ti ho accompagnata quella sera, e c’era anche Alex. Abbiamo chiesto al portinaio di una certa “Melissa”, ma lui non sapeva niente… eppure la mia descrizione corrispondeva a una certa Molly… Fernandez-  continuò Jack, e fu interrotto da Molly, che corresse il suo cognome.
-Hernandez-
-Si, Hernandez. Lisa, la mia ragazza, mi ha parlato spesso di te. Sei un mistero per tutti al campus… comunque,  ho collegato quei racconti a te più tardi. Stamattina ci siamo scontrati nella folla, e ti ho accompagnata in infermeria.
E l’infermiera ha svelato il tuo nome, Melissa. Ma tu vuoi essere chiamata Molly… infatti ti sei presentata così a me.-
Alex fissava un punto fisso nel vuoto mentre parlava, e per qualche assurda ragione, Lei aveva solo voglia di piangere. Non sapeva per quale motivo quei due ragazzi stessero facendo quello che stavano facendo, e questo le faceva strano. Loro non conoscevano la sua vita, e lei non gliene avrebbe parlato.
-Stasera abbiamo ripercorso la strada dove ti ho incontrata, e abbiamo trovato quel locale putrido… noi… noi non crediamo alle voci che circolano sul tuo conto, volevamo solo sapere come stavi-
Molly guardò Jack nei suoi occhi scuri e accennò un dolce sorriso. Alex si voltò appena, e sentì lo stomaco fargli una capriola nel vedere quella smorfia sul suo volto. Un sorriso, un sorriso che però non era per lui.
-Io vi ringrazio, ma ora sto bene. E vi assicuro che le voci che circolano su di me sono tutte cavolate. Non mi prostituisco, non mi drogo. Vi basta sapere questo sulla mia vita. Okay?-
Alex la guardò e si morse il labbro inferiore, come se avesse voluto parlare ma poi aveva cambiato idea.
-Alex, Jack, io adesso devo andare. Ed è meglio per noi… se non ci vediamo più. Vi ringrazio e vi auguro le cose migliori, ma finisce qui.-
Si alzò in fretta e indossò le scarpe, traballò un pochino e dovette per forza reggersi con una mano a Jack, per non cadere.
Nessuno dei due aveva il coraggio di dire qualcosa, erano solo sconvolti e confusi.
Molly avanzò verso la porta senza voltarsi mai, lasciando quella casa in silenzio, come se fosse calata la notte improvvisamente, come quando piove e tu sei in spiaggia, e non te lo aspettavi.
Allora corse via per le scale, e iniziò a correre in fretta verso la fermata dell’autobus.
Il freddo pungente la faceva tremare, e la rabbia le provocò una tristezza infinta nell’anima, che sfociò in un pianto disperato.
Non voleva sentirsi così sola, ma sapeva bene di non poter rovinare la vita di quei due ragazzi con la sua esistenza difficile.
Lei  non era “Elena Gilbert”, la sua vita non era un film, e per lei non c’era nessun lieto fine.
 
 
 

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Capitolo 4
*** "I'm standing on the edge of some crazy cliff" ***


Capitolo IV: "I'm standing on the edge of some crazy cliff" *
 

Quattro mesi dopo
 
Aprile
 
La primavera era ufficialmente arrivata, con i suoi colori, i suoi profumi e i suoi fiorellini a colorare il bordo delle strade. Tuttavia il clima non si era ancora stabilizzato, e la sera le temperature si abbassavano, lasciando anche spazio a qualche temporale.
Gli All time low avevano passati gli ultimi due mesi in giro per l’Europa,  ma per Aprile avevano deciso di prendersi una pausa, in modo da ritrovare le forze necessarie per il tour negli Stati Uniti D’America che avrebbero intrapreso in estate.
Molly invece continuava il suo lavoro nel Night, mentre al mattino si reggeva a stento in piedi, e valanghe di dicerie le cadevano addosso come frane sulle montagne. Nonostante tutto, era riuscita a trovare una sorta di flebile equilibrio tra quelle due “vite”. La sua famiglia aveva bisogno d’aiuto, e sarebbe stato da vigliacchi tirarsi indietro, anche se ci aveva pensato molto volte. 
Queste erano cose che le persone intorno a lei non capivano, e per questo avevano il terribile bisogno di sputare sentenze sulla vita di quella ragazza, senza averla mai conosciuta, senza aver mai indossato i suoi panni, senza aver mai provato a comprendere le sue ragioni.
Non era per niente facile per Molly, specialmente dopo l’incidente di “Dicembre”, quando Alex e Jack erano spuntati nel locale così, mostrandosi come i suoi personali paladini della giustizia.
Questo avvenimento l’aveva portata ad essere la più odiata dal capo, il lurido signor Hamilton. Era sul filo del rasoio con lui, ed ogni disobbedienza sarebbe potuta essere fatale.
A Molly non era concesso arrivare in ritardo, chiedere permessi, rifiutare di indossare certi vestiti troppo volgari per i suoi gusti, per il suo temperamento mite, innocente.
Secondo Hamilton, losco uomo d’affari degli ambienti putridi della città,  Jack e Alex erano innamorati di lei, e per questo l’avevano soccorsa così bruscamente.
Lei non ci credeva, quell’uomo lo faceva solo per farla indebolire al suo cospetto. E non gli avrebbe permesso una tale soddisfazione;
però a quei due ci pensava ancora, era rimasta colpita in special modo dalla loro gentilezza e disponibilità.
Pensava al sorriso di Jack, che l’aveva salvata due volte, e al cerotto sul ginocchio che le aveva messo Alex. E poi dormiva con la sua felpa, perché aveva un odore così buono.
Più volte, nel corso di quei mesi, si era chiesta che fine avessero fatto, ma non aveva mai trovato alcuna riposta.
 
Dopo la lezione di glottologia corse immediatamente fuori dall’aula, attraversò in fretta i corridoi e giunse ai giardinetti antistanti all’edificio universitario. C’era uno splendido sole quella mattina, e le nuvole sembravano tante pecorelle in una distesa color turchese. Si sentiva bene, e il motivo della sua felicità era che quel giorno avrebbe ricevuto una visita da suo fratello Jamie. Passare una mattinata insieme avrebbe giovato a entrambi.
Mentre aspettava si sedette su una panchina, si appoggiò sui gomiti e volse lo sguardo verso il sole, cui raggi le accarezzavano la pelle diafana.
Sperava di prendere un po’ di colorito in quel modo, così che non l’avrebbero più chiamata “viso pallido, a causa del pallore del suo volto che destava così tanti sospetti negli sguardi indiscreti degli sconosciuti.
Si sciolse i capelli, che ricaddero sulle sue spalle in tante onde appena accennate sulle punte dorate, più chiare rispetto al resto dei capelli, colorati di un marrone noce.
Indossava dei pantaloni color fragola e una camicetta di jeans, con un semplice paio di ballerine ai piedi.
Se ne stava lì ferma e pensierosa, ma ad un tratto alcune voci attirarono la sua attenzione. Le conosceva fin troppo bene… si trattava di Faye e Lisa. Erano sedute poco distanti da Molly , che concentrò il suo udito sulle parole spifferate dalle due civettuole.
“-Allora Lisa, come ci si sente ad essere la ragazza di Alex Gaskarth?-“
La bionda rise, e quel suono infastidì l’udito di Molly.
“-Molte ragazze mi invidiano, voglio dire, è il cantante degli All time low!-“
Molly cercò di rimanere impassibile, ma era davvero incuriosita da quello che stava dicendo Lisa. Da quanto aveva capito, l’Alex che aveva conosciuto lei era il suo ragazzo. E se Lisa diceva che il suo ragazzo era un membro degli All time low… “Sono davvero confusa”, pensò la ragazza, stringendosi nelle spalle.
“-Infatti… non so come fai a fidarti di lui!-“
“-Beh…non ti nascondo che a volte ha fatto delle stronzate. Ma troviamo sempre un modo per tornare insieme, ormai siamo abitudine.-“
Queste parole, sussurrate con un pizzico di malinconia nella voce della bionda, colpirono Molly, e la fecero sentire… strana. Era davvero dispiaciuta per Lisa, non dev’essere affatto una cosa positiva essere “abitudine”. Si morse il labbro inferiore, nervosa, ma cercò di non pensarci. Infondo lei ed Alex non avevano mai fatto niente. Era stato lui ad offrirle tutti quegli aiuti, a fare il crocerossino.
Che poi Molly dormisse con la sua felpa era un altro paio di maniche.
Sospirò e tornò a concentrarsi sulla conversazione di Faye e Lisa.
“-Hai visto chi c’è laggiù?”
Rimase immobile, ma iniziò a prepararsi al peggio, il palmi delle mani già le sudavano… ma poi…
“-Si, ma lasciala in pace. Infondo non ci ha fatto niente di male”
A quel punto Molly smise di ascoltare,  si girò di spalle, iniziando a muovere nervosamente il piede a causa di tutto quello che aveva sentito, e che adesso le frullava nella testa.
Improvvisamente sentì dei passi, e poi due grandi mani posarsi sui suoi occhi.
-Indovina chi sono!-
Ridacchiò sonoramente, come poteva non riconoscerlo?! –Jamie!-
Si alzò di scattò e strinse il fratello in un abbraccio affettuoso, l’unico che davvero riusciva a farla sentire sollevata.
-Molly, come stai? Sembrano secoli dall’ultima volta che ti ho vista!-
La ragazza sorrise e con una mano scompigliò i capelli castani del fratello, che era diventato tremendamente alto.
-Io sto bene, ma tu… tu sei cresciuto improvvisamente!-
Il ragazzo abbassò lo sguardo, visibilmente intimidito dalle parole della sorella. –Ti ricordo che tra un mese avrò sedici anni-
-Beh, io ventuno-
Erano nati esattamente lo stesso giorno, e Molly sperava davvero di organizzargli una festa per quell’anno.
Iniziarono ad incamminarsi verso l’uscita del campus, e poi la più grande si avvicinò a Jamie per parlargli sottovoce.
-Jam, come sta nostra madre? Hai notizie di papà?-
-Sta…bene, anche se è stata licenziata dalla coppia di anziani presso i quali faceva giardinaggio… mentre papà, beh lui tornerà tra qualche mese dal Nord Europa, perché anche lì le cose vanno male. Tu ad ogni modo non preoccuparti… anzi, credo che dovresti smettere di lavorare in quel posto! Fino a quando potrai tenerlo nascosto a nostra madre!-
Jamie alzò il tono di voce, e le guance gli divennero più rosse. Era evidentemente arrabbiato, ormai non poteva più sopportare che sua sorella si esponesse a un tale pericolo.
-Jamie… adesso è necessario… non credere che a me piaccia quel posto!- ribatté Molly, accarezzando una guancia al fratello.
Non c’era più niente da aggiungere, infatti proseguirono in silenzio fino al fast food vicino casa della ragazza.
Una volta giunti a destinazione e dopo essersi seduti a un tavolino all’esterno, i due fratelli ordinarono dei Cheeseburger e due coca cole.
-Direi che stiamo migliorando! L’ultima volta mangiammo maccheroni surgelati riscaldati male al microonde. Adesso fast food-
Molly iniziò a parlare, cercando di strappare un sorriso al fratello, e fortunatamente ci riuscì.
-Ti prometto che tra meno di dieci anni mangeremo nel mio ristorante-
-Da Hernandez!-
-Da Hernandez… wow suona benissimo! Posso già immaginare l’insegna fluorescente- esclamò Jamie, con gli occhi di chi sta già vivendo nella mente il suo sogno nel cassetto.
-Senti Jamie… ma il tuo gruppo preferito… non erano gli All time low?-
Molly lo interruppe bruscamente, facendogli questa domanda.
-Certo! Alex, Jack, Zack e Rian. Li adoro-
-Alex, Jack…- ripeté lei sottovoce, e quando il fratello le domandò come mai avesse chiesto proprio quella cosa, lei fece finta di niente.
Il pranzo proseguì abbastanza bene, Jamie e Molly avevano così tante cose da dirsi che non c’erano mai vuoti di silenzio. Purtroppo però il momento di andar via arrivò in fretta, e Molly accompagnò suo fratello alla stazione vicina, e lo vide allontanarsi sul treno che lo riportava a casa.
 
Alex era pensieroso. Se ne stava sdraiato sul letto di Lisa, nella sua camera, a fumare una sigaretta.
Ultimamente aveva preso quella malsana abitudine. Quando era nervoso, o agitato, allora fumava.
A pranzo era stato al fast food vicino casa di Molly insieme a Jack, e ad entrambi era sembrato di vedere proprio lei.
Loro avevano preso un tavolo dentro, eppure c’era una ragazza all’esterno, in compagnia di un ragazzino, che sembrava essere proprio lei. L’unica cosa che li fermava dal sentenziare che avessero visto proprio Molly, era che quella ragazza sorrideva. Spesso.
Ad ogni modo erano rimasti al loro posto, come la stessa Molly aveva chiesto quattro mesi prima. Voleva che loro la lasciassero in pace, e così avevano fatto.
Eppure Alex era convinto che anche il suo migliore amico si sentisse come lui. Vuoto, incompleto, come se qualcosa mancasse a quella storia. Come quando vedi un film solo per metà, o leggi solo le prime pagine di un libro.
O meglio, quella brutta sensazione di quando inizi a mangiare il gelato… e poi ti casca a terra.
Sia Alex che Jack erano stati “stregati” da Molly, inutile negarlo, e avevano passato un sacco di notti insogni a cercare di ricordare ancora qualcosa di lei. Peccato che dopo quattro mesi… il ricordo di una persona vista solo due volte, diventa troppo sbiadito.
Lisa chiamò Alex dalla cucina al piano di sotto, ma lui nemmeno la sentì, tanto era preso dai suoi pensieri.
Ricordava di aver prestato la sua felpa a Molly, e quello poteva essere un pretesto per vederla ancora, anche solo un secondo.
Improvvisamente quel pensiero lo fece sentire elettrizzato. Come quando da adolescente rubava qualcosa nel supermercato solo per mostrarsi bullo agli occhi degli altri. Era fiero, ma aveva paura perché se le guardie l’avessero scoperto avrebbe fatto una pessima figura.
Ecco come si sentiva allora. Felice al solo pensiero di rivederla, ma spaventato perché agiva di nascosto sia dalla sua ragazza Lisa, sia dal suo migliore amico Jack.
Cercò di non pensarci, infondo sin da quando aveva provato un fremito di invidia nel vedere che Molly sorrideva a Jack e non a lui, quella sera, aveva saputo che si sarebbe innescato un meccanismo di competizione tra lui e l’amico.
Spense in fretta la sigaretta, inventò una scusa con Lisa ed uscì di casa, si mise al voltante e guidò veloce verso la periferia, dove viveva Molly.
In quel momento si sentiva un ragazzino e i suoi ventisei anni erano andati a farsi un giro altrove. Gli venne persino in mente di scrivere una canzone, per come si sentiva in quel momento. Ecco, era da tempo che passare del tempo con Lisa non lo faceva sentire così… bene.
Non riusciva a mettere freno all’immaginazione, ed era pronto a rischiare tutto per quella Molly, anche una porta sbattuta in faccia.
 
Scese dall’auto e si passò una mano tra i capelli castani e scompigliati, poi attraversò la strada e per fortuna trovò il portone del palazzo aperto. Non aveva dovuto bussare, ed era già un ostacolo in meno.  Salì in fretta le scale , fino a che non trovò, all’ultimo piano, una porta in ciliegio con su appeso un fogliettino di carta dov’era scritto in stampatello “Molly Hernandez”.
Era arrivato a destinazione. Perse qualche attimo di tempo per guardarsi intorno, di fronte a lei doveva vivere qualcuno impegnato a giocare ai videogames perché sentiva i rumori di una sparatoria spaziale.
Davanti alla porta di Molly vi era un tappeto con su scritto “Welcome”, un vero e proprio cliché d’arredamento.
Si sistemò la camicia a quadri in stile grunge che aveva addosso e poi bussò con le nocche un paio di volte.
Probabilmente Molly lo vide dallo spiraglio della serratura, perché quando aprì lo accolse con un “Che ci fai tu qui?”.
Era visibilmente sconvolta, ma Alex non si soffermò su quel particolare.
Portò lo sguardo direttamente sul suo volto, adesso privo di ogni forma di make up.
Gli occhi grandi e da cerbiatta, le ciglia lunghe, il naso dritto, le sopracciglia in una smorfia infastidita, e poi le labbra… Alex si rese conto di aver voglia di baciarla, ma cercò di reprimere quel fastidioso pensiero.
-Buonasera anche a te, Melissa.-  canzonò in risposta.
-Mi chiamo Molly. Dai, entra-
Alla fine si arrese, gli fece cenno di entrare dentro  e poi chiuse la porta a chiave alle sue spalle.
-Allora, cosa ti porta qui? Non hai capito cosa ti avevo detto?- gli domandò brusca, facendogli strada fino alla cucina.
Quell’appartamento era davvero piccolo. C’era una cucina, una camera da letto e un bagno, nient’altro.  
-Sono venuto a recuperare la mia felpa-
-Oh… giusto, scusa. E’ sull’attaccapanni all’entrata, ciao Alex- disse in fretta Molly, e iniziò a camminare verso la porta. Ma Alex le afferrò un braccio, quasi strattonandola.
-Che vuoi?-
-E dai Molly… basta fare la misteriosa- sbuffò Alex, notando come nei suoi occhi vi fossero delle pagliuzze verdi.
-Io non faccio la misteriosa, semplicemente non puoi pretendere di essermi amico.-
Le lasciò andare il braccio, e incrociò le braccia al petto.
-Posso dire che non credo di esserti così antipatico?-
-C’è libertà di espressione. Ma così saresti solo un credulone- scherzò lei, avvicinandosi al piano cottura e indicandogli il thermos con il caffè.
-Ne vuoi un po’?-
Gaskarth scosse la testa.
-Voglio parlare con te-
-Voglio non esiste nemmeno nel giardino del re- lo rimproverò Molly, abbozzando un sorriso.
-Sei una stronza-
La ragazza spalancò gli occhi, poi scoppiò a ridere, perché anche Alex lo stava facendo.
-Mi fai ridere! Sei buffo-
-Buffo? Sono… offeso-
-Beh, tu mi hai chiamata stronza-
Molly si passò una mano tra i capelli e si avvicinò di più ad Alex.
-Ora puoi tornare a casa, no?-
-E dai! Dai Molly non fare la lumaca con me che ti chiudi nel guscio e addio!-
La ragazza si andò a sedere sul divano vicino al davanzale della cucina, ed Alex la seguì, interpretando quello come un segnale di resa.
-Dammi solo un motivo per il quale io, Melissa Hernandez, dovrei uscire dal mio guscio proprio con te.-
-Perché tu mi piaci. Cioè non è che mi piaci mi piaci… nel senso che sono innamorato di te… mi piaci perché sembri simpatica-  arrancò Alex, scrollando le spalle.
Molly ridacchiò, e poi lo guardò negli occhi nocciola.
-Va bene. Va bene. Com’è andato il tour?-
Il ragazzo sembrò sorpreso. –Sai che io…-
-Tu e Jack siete negli All time low. Lo so. Mio fratello è un vostro fan-
-Wow. Bene. E’ andato molto bene. Tu come stai?-
Molly fissò lo sguardo nel vuoto. –Io sto-
-Stai…?-
-Sto.-
Alex comprese cosa volesse dire Molly con quella semplice parola, così non parlò, e si limitò ad accarezzarle la nuca.
Lei si voltò di scatto.
-Cosa fai?-
-Ti accarezzo la testa- rispose lui con semplicità.
-Perché lo fai?-
Sembrava spaventata, e ad Alex faceva tanta tenerezza , quindi la avvolse in un suo abbraccio, nonostante lei avesse provato a dimenarsi.
-Cos’è questo?- ridacchiò sonoramente.
-E’ un abbraccio- le rispose, appoggiando il mento sulla sua testa, e inalando l’odore di fragola che i suoi capelli emanavano.
-Molly, vorrei sapere qualcosa su di te…-
-E’ così importante?- mormorò, alzando lo sguardo per poter incrociare il suo sguardo. E si pentì di averlo fatto, perché tutto quello che lesse negli occhi del cantante fu la voglia di baciarla.
E in quel momento si rese conto che a lei non sarebbe dispiaciuto, quindi gli accarezzò la guancia, lievemente pungente a causa della barbetta incolta di Alex, e poi lui posò le labbra su quelle di Molly.
Un secondo. Era bastato un secondo per baciarsi. Dopo meno di dieci minuti che si erano rivisti. Per Alex quello poteva significare solo una cosa: Da tempo Molly aveva represso quella voglia, proprio come lui.
Ma la magia durò poco, perché la ragazza si allontanò silenziosamente da Alex, e scosse la testa.
-No, questo non va bene Alex. Dimentichiamolo entrambi. Tu hai una ragazza, io sto bene da sola. Dimentichiamolo.-
Rimase senza parole, era ovvio che il discorso di Molly non facesse una piega, quindi si limitò ad annuire.
-Scusa ,Molly, io…-
-Non scusarti, le cose non accadono mai solo per colpa di uno.  L’abbiamo voluto entrambi, ed entrambi lo cancelleremo dalle nostre memorie-  sentenziò lei, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e facendo finta di niente.
-Mi concedi almeno il privilegio di esserti amico?- aggiunse Alex qualche attimo dopo, prendendole la mano in un gesto d’affetto.
Lei accennò un dolce sorriso. –Va bene. Basta che tu  e il tuo amico non vi immischiate nei miei casini-
-Ci… ci proverò…-
Molly allontanò la sua mano da quella di Alex e poi corrugò la fronte. –Come mai Jack non è con te?-
-Beh…io non gli ho detto che venivo. Ho fatto una cazzata, lo so-
-Allora fingiamo di non esserci mai visti. Dici semplicemente a Jack che ti ho incontrato per caso e che ho voglia di vedere entrambi, per chiedere scusa, e provare a costruire un’amicizia. La prima vera  della mia vita.-
La sincerità, la dolcezza di Molly… colpivano Alex sempre di più, così tanto che dimenticare quel bacio sarebbe diventato impossibile.
 
 
27 Aprile, ore 23:40
 
Caro diario,
è da molto tempo che non ti scrivo, come sai a volte ho dei momenti di buio assoluto.
Oggi ti ho ritrovato mentre facevo il cambio di stagione, eri intrappolato tra i miei maglioni più caldi.
Mi è venuta voglia di scriverti, perché mi sento bene.  Ho conosciuto due ragazzi tempo fa, si chiamano Jack ed Alex, e sono il chitarrista e il cantante di una band, gli All time low. E’ strana la sensazione che provo pensando a loro… so che posso fidarmi, so che non mi faranno male e mi proteggeranno.
Oggi è venuto Alex a casa mia e ci siamo baciati. Devo ammettere che è stato bello. Peccato che ho dovuto mettere fine a tutto ciò.. lui è impegnato con Lisa, l’amica di Faye, e poi io non ho voglia di innamorarmi.
Ah, poi c’è anche Jack. Non sa che Alex è venuto a casa mia oggi e questa cosa mi tormenta l’animo. Ma rimedierò…domani ci incontriamo tutti e tre all’uscita da scuola, andremo a fare un giro.
Sento di essere sulla soglia di qualcosa di davvero bello.
Buonanotte,
tua Molly
 

La ragazza chiuse il diario e lo ripose sotto il cuscino, poi cercò di dormire. Era così bello non andare a lavorare in quel posto, desiderava poter dormire nel suo letto tutte le sere.
Presa da quel pensiero, finì nel mondo dei sogni.


Angolo di _stargirl

*Il titolo è preso dal libro "The catcher in the Rye" di J.D. Salinger

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Capitolo 5
*** Kiss me like you wanna be loved ***


Capitolo V: Kiss me like you wanna be loved
 
Alex e Jack avevano deciso di portare Molly  a fare un picnic sulla riva del fiume Patapsco, ovviamente lei non sapeva niente, perché volevano farle una sorpresa.
Mentre aspettavano che lei uscisse dall’Università si erano messi a chiacchierare seduti su una panchina, e Jack prese immediatamente la parola.
-Lex, ma Lisa che ne pensa di tutto questo?-
-Pensa che siamo da ricovero.- rispose irritato, e guardò altrove.
-Davvero?!- ridacchiò Jack, scuotendo appena la testa.
-Io le ho spiegato che lo facciamo per una questione umanitaria… lei non ci crede-
-In effetti… personalmente non è solo una questione di generosità… cioè… guarda com’è bella… sarebbe da stupidi non farci un pensierino-
Alex rimase impassibile, e tamburellò nervosamente le dita sulla gamba dell’amico. –Che pensierino?-
-Niente di volgare-
-Bene.- concluse Alex, e il suo migliore amico non poté fare a meno di domandarsi che cosa fosse successo. Lex sembrava nervoso ultimamente, stranito, sembra un po’ schivo.
Jack si chiedeva per quale motivo, anche perché la tensione calava sempre quando in mezzo c’era Molly. Quella situazione probabilmente stava sfuggendo un po’ di mano a tutti, e presto quella piccola fiammella sarebbe potuta diventare un implacabile incendio.
-Ragazzi!-
La voce di Molly li fece voltare entrambi di scatto, a guardarla come imbambolati.
-Molly, come stai?- le chiese Jack, andandole incontro. Lei rispose con un sorriso e poi allargò le braccia, come a dire “avvicinati”, allora lui la strinse con cautela , come se potessi spezzarsi da un momento all’altro.
Sciolto l’abbraccio, Molly scompigliò i capelli ad Alex e si guardò intorno.
-Dove si va?-
-Andiamo sulla riva del fiume, passiamo un po’ di tempo all’aria aperta- rispose il cantante atono, alzandosi e indicando l’auto parcheggiata poco distante da lì.
Molly si chiese il perché di quel comportamento un po’ schivo, ma poi cercò di non pensarci.
-Sei contenta?- le domandò Jack, sfiorandole la spalla con una mano.
-Si, sono contenta di vedervi. Anche se…avrei voluto preparare qualcosa da mangiare se andiamo al fiume a fare un picnic!- esclamò con un po’ di rammarico, portandosi una mano dietro la nuca.
-Ci ha pensato Jack- intervenne Alex, provocando un sorriso in Molly, che si stava immaginando Jack alle prese con la cucina.
-Non vi avveleno, promesso! Comunque è meglio andare se non vorremo trovare il traffico-
-Okay, posso guidare io?- Propose la ragazza, guardando entrambi i suoi amici.
Era dalla prima volta che li aveva incontrati che Molly avvertiva un lieve rancore tra i due quando si trattava di lei, e  visto che voleva evitare ogni genere di litigio cercava di limitare al massimo la vicinanza a uno piuttosto che un altro.  Erano entrambi adorabili, ma si era promessa di non avvicinarsi troppo a nessuno dei due. Aveva già commesso un errore con Alex, che adesso era frutto dei suoi sensi di colpa.
-Okay… ma la sai la strada?-
-Certo che la so! Guardate che sono di Baltimora anch’io! Solo perché vivo in periferia non è che non conosco i luoghi suggestivi…- rispose, fingendo di essere offesa.
-Oh beh, scusaci-
-Vi farò da autista… voi sedetevi dietro-
-Ma…- intervenne Jack, ma Alex si limitò solo a guardarla, una di quelle occhiate che parlano.
-Facciamo come vuole Molly- concluse, e infine riuscirono a partire. Senza che nessuno ci fosse rimasto male.
 
C’era un traffico assurdo, e faceva anche abbastanza caldo per il clima del Maryland. Molly si era appena tolta la giacca di jeans, ed era rimasta solo con una camicia a maniche corte rosa confetto.  Aveva preso un elastico dalla tasca dei jeans e si era intrecciata i capelli in modo un po’ disordinato, visto che non si era guardata nello specchietto retrovisore.
I ragazzi dietro erano fin troppo silenziosi, e ciò le metteva l’ansia. Alex guardava il paesaggio fuori al finestrino, Jack invece giocava con il cellulare.
Molly si sentiva incaricata di intavolare una conversazione, quindi posò le mani sul volante e si schiarì la voce con un colpo di tosse.
-Volevo chiedervi scusa per le prime volte in cui ci siamo visti. Per la storia del mio nome, della poca gentilezza. Adesso voglio rimediare, da oggi saremo amici. D’accordo?-
-D’accordissimo- rispose subito Jack, sorridendole imbambolato.
-Bene- sussurrò Molly, sperando che anche Alex dicesse qualcosa.
-Okay-
La risposta arrivò qualche attimo dopo, e insospettì Molly, che adesso si sentiva la causa di quel cattivo umore.
Calò di nuovo il silenzio, quindi accese lo stereo su una stazione radio che trasmetteva sempre canzoni d’altri tempi, e immediatamente partì come sottofondo Are you lonesome tonight di Elvis Presley, Molly amava quella canzone.
Si perse con lo sguardo in un punto fisso verso l’orizzonte che si apriva davanti ai suoi occhi, e fu distratta solo dalla voce di Alex, che canticchiava insieme a lei.
-Non ti facevo un tipo da Elvis Presley-
-Nemmeno io a te, Lex.- rispose, accennando un sorriso sincero, che però fece intervenire immediatamente Jack.
Quella situazione stava prendendo troppo le sembianze di The Vampire Diaries, secondo Molly. Sapeva troppo di “triangolo”, e lei in trigonometria non era mai stata una cima.
-Qualche volta verrai a un nostro concerto?-
-Mi farebbe tanto piacere Jack, anche perché mio fratello vi adora-
-Hai un fratello?- s’intromise Alex, fissando sempre il paesaggio fuori al finestrino.
-Si, si chiama Jamie ed ha 15 anni, 16 tra qualche giorno. –
-Mai visto-
-Non vive con te?- le chiese il chitarrista, incuriosito.
-Vive in un paesino vicino con mia madre. –
I due ragazzi si ritrovarono a pensare che le risposte date da Molly erano così poco soddisfacenti, sembravano quasi voler dire “non voglio dirvi nient’altro”, e ciò li metteva a disagio, quindi rimasero tristi.
-Non parlate più? So già cosa volete chiedermi… vive con mia madre perché mio padre lavora nel Nord Europa, almeno fino alla fine del mese. Io studio, quindi vivo a Baltimora.-
-Wow… hai spiaccicato qualche parola in più!-
-Complimenti- disse Alex, ironico, e ricevette in risposta un’occhiataccia, sia da Jack che da Molly.
Se davvero fossero stati i protagonisti di The Vampire Diaries…allora Alex sarebbe stato Damon, avventato , permaloso, stronzo.
 
Una volta giunti a destinazione, Molly iniziò a correre tra il verde della radura, fino a giungere sulla riva destra del fiume, che scorreva tranquillo, producendo un rumore rilassante.
Jack ed Alex la seguirono, senza scambiarsi nemmeno una parola. Era strano come il loro rapporto stesse degenerando da quel punto di vista. Conoscevano quella ragazza da così poco tempo, e già si era instaurata una sorta di sfida silenziosa tra i due, una lotta per l’egemonia del “territorio Molly”. Anche Rian e Zack se n’erano accorti, ed avevano accennato qualcosa ai due, che però si erano comportati da gnorri.
-Questo posto è bellissimo, vi ringrazio tanto- esclamò la ragazza, voltandosi verso i due e andandogli incontro.
-Hai ragione, ma io avrei una certa fame- commentò con lieve imbarazzo Jack, seguito da una risatina di Alex.
-A dir la verità anche io-
Molly scrutò prima gli occhi scuri di Jack, poi quelli color nocciola dell’amico, sorridendo. –Siete teneri- concluse, e poi li aiutò a sistemare delle coperte a terra per poter sedersi sopra.
-Ecco a voi… i sandwich dello chef Barakat!- scherzò Jack, poggiando al centro della coperta una ciotola con un bel po’ di tramezzini dentro.
-Wow, ho l’acquolina in bocca- disse ironico Gaskarth, dando una gomitata all’amico.
-Voi mi fate troppo ridere. Nel senso positivo eh!-
La guardarono entrambi, come se lei fosse il sole, loro i pianeti, inevitabilmente attratti da quella stella.
Vi fu un attimo di silenzio, immediatamente interrotto dal suono delle mascelle che masticano in fretta, quei due ragazzi facevano davvero concorrenza a Peppa Pig.
Anche Molly prese un tramezzino con il prosciutto e iniziò a masticarlo con molta calma.
-Sei una lumaca- scherzò Jack, facendole una linguaccia.
-Beh, chi va sano… va piano e va lontano- si difese lei, dando un altro morso al sandwich.
-Bene… quanti anni hai Molly?-
-Ne ho quasi ventuno-
-Sembri più piccolaaa- canzonò Jack con la bocca ancora piena.
-Voi?-
-Io 26, Jack 25. Siamo lì. E…cosa studi? Letterature straniere come Lisa?-
La ragazza scosse la testa. –No, io studio Lingua e Letteratura delle Americhe-
-Dev’essere fighissimo… - commentò il moro, fermandosi un secondo dal mangiare.
-Lo è infatti! E a voi come procede la band?-
-A meraviglia! Un giorno conoscerai anche gli altri-
-Non vedo l’ora-
-Allora, dicevi che tuo fratello ha quindici anni…-
-Si, Alex. A dirla tutta tra pochi giorni ne avrà sedici. Vorrei organizzare per lui una festa di compleanno-
-Allora noi saremo gli ospiti speciali, che ne dici?- propose Jack, facendola immediatamente sorridere.
-Sarebbe fantastico-
-Allora io, Jack, Rian e Zack siamo già lì. Promessa.-
Molly era incredula, infondo trovare delle persone così amabili non è da tutti. E se le cose brutte arrivano gratis  e senza preavviso, allora quelle belle arrivano allo stesso modo.
 
Dopo aver mangiato si erano sdraiati tutti e tre sull’erba, Molly al centro e i ragazzi ai suoi lati.  Nessuno parlava. Jack giocherellava con l’erba ed Alex guardava le nuvole. Era un momento così bello che delle parole avrebbero solo potuto rovinarlo.
Molly si sentiva bene, per la prima volta nella sua vita era tranquilla e spensierata. Il pensiero che quella notte avrebbe lavorato sodo non la spaventava, perché aveva due persone fantastiche accanto a lei. Gli amici che aveva sempre desiderato, i fidanzati che ogni ragazza avrebbe meritato. E che Lisa aveva la fortuna di possedere.
La ragazza chiuse per un attimo gli occhi, e si abbandonò a quell’attimo idilliaco, in cui niente poteva sconvolgerla, rattristarla.
Improvvisamente sentì i due sussurrare qualcosa tra di loro, poi avvertì una lieve pressione alle caviglie e alle braccia. Solo in quel momento capì ciò che volevano fare. Allora iniziò a ridere come una matta, pregando loro di lasciarla andare.
-Ma sono vestita! E non voglio fare il bagno! Stupidi!- strillava, ma aveva un sorriso sulle labbra così contagioso che i due corsero verso il fiume, incuranti delle sue urla.
-Aiuto!!!!!!!!!!!! E’ freddissima!!!!!!- gridò Molly, quando fu a contatto con l’acqua, un attimo prima di finire con un tuffo sul fondale, e risalire un secondo dopo.
-Com’è l’acqua, Melissa?- Scherzò Alex, ricevendo in risposta un pugno sul braccio.
-Potrei odiarvi!-
-Invece ci vuoi tanto bene- disse Jack posandole un braccio intorno alla vita e attirandola a se.
Allora Molly ridacchiò di gioia, allungando una mano verso Alex e rendendolo parte di quella sorta di abbraccio.
Iniziava anche ad essere attraversata da brividi di freddo, quindi aveva bisogno di averli vicini.
 
Erano circa le sei del pomeriggio quando il sole iniziò a sparire dietro la linea immaginaria che separa il cielo dell’acqua, e quindi Jack era andato in giro a cercare dei rametti per accendere un modesto fuocherello.
Molly aveva freddo a causa del tuffo improvvisato, quindi se ne stava immobile con addosso le felpe dei due ragazzi, la sua giacca e una coperta di lana.  I capelli erano ancora umidi, e le ricadevano disordinati sulle spalle,  e il suo sguardo era volto molto lontano. Alex la osservava, perdendosi nei suoi lineamenti dolci e lineari, soffermandosi ancora sulle sue labbra arrossate, desiderando di poterla baciare ancora.
“E’ strano”, pensò, “come il desiderio di qualcuno, ci faccia diventare totalmente egoisti”.
-Perché mi guardi?- sussurrò Molly qualche attimo dopo, posando gli occhi in quelli del cantante.
-Perché sei bella. Quindi ti guardo.-
La risposta fu così semplice, così…sincera, che il cuore della ragazza perse un battito.
-Però tu sei carina solo con Jack.-
-Non…non è vero Alex…- rispose, contrariata.
-Invece è vero. Io ti faccio venire i sensi di colpa, non è vero piccola Molly? Quando guardi me vedi Lisa…-
Fece per parlare, ma poi si morse il labbro inferiore, aumentando il desiderio di Alex di poterla baciare ancora.
-Jack è così… limpido. Mi ricorda un bambino.-
-Lo so, Molly. Si vede… ci conosciamo da così poco… ma io sento di averti vista già altrove. E’ una sensazione stranissima da spiegare. Credi che io sia pazzo?-
-No, Alex. Non l’ho mai pensato… però non voglio che tu pensi che… a me possa piacere Jack... io sto bene da sola, io..-
La bloccò, posando una mano sulla sua gamba e guardandola dritto nei suoi occhi, che ora sembravano quasi verdi.
-Ti sbagli… Molly, nessuno è nato per stare da solo. Io ho Lisa, è probabile che tra qualche tempo tu avrai Jack…-
Nelle parole di Alex c’era così tanta amarezza, e malinconia, che Molly sentì le lacrime inumidirle gli occhi; tuttavia cercò di reprimere tutti quei sentimenti, e semplicemente si avvicinò ad Alex e lo baciò sulle labbra.
Quel bacio sapeva di addio, frustrazione, e del tabacco della sigaretta fumata poco prima da entrambi.
Soprattutto, fu l’ultimo che si scambiarono.
Fu il sigillo di una promessa, quella di provare a seguire i loro cuori, ammettere che le scintille che avevano segnato il loro rapporto erano solo state una sorta di autostrada, che avrebbe poi portato entrambi a due strade diverse.
 
Jack tornò poco dopo,  e loro fecero finta di niente. Come avevano promesso.
Accesero il fuoco e si riscaldarono davanti alla fiamma parlando del più e del meno, organizzando la festa a Jamie, canticchiando le canzoni di Katy Perry.
Quando però fu buio, raccolsero tutte le loro cose e si rimisero in cammino verso casa. Questa volta guidava Jack, mentre Molly se ne stava da sola nei sedili posteriori, a dormire come tanto le piaceva fare, in auto.

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