Soldati in trincea

di percabeth2000
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***



Capitolo 1
*** I ***


Caro Santo, scrivo a te perché sei l’unica persona che davvero può comprendermi.
Quando qualche mese fa arrivavano a casa le tue lettere mi chiedevo spesso perché scrivessi così di fretta e perché non fossi così triste nell’uso delle parole, ora capisco: l’orrore è troppo per farlo vedere anche alle persone che si amano.
E’ così. Mi hanno mandato anche a me nelle trincee a combattere per la patria, a difenderla.
Penso spesso a come il paesaggio qui si trasformi, a come i fiori che la nonna a casa coltivava con grande cura qui vengano calpestati e bagnati del sangue dei caduti.
I colori sono gli stessi colori che ho a casa, sono gli stessi colori con cui da piccolo mi divertivo a colorare, ma qui sono smorti e trasmettono tristezza quando non si combatte perché quando si combatte i colori diventano accesi e accecanti come se volessero impedirci la giusta visuale, come se volessero farci uccidere.
Avevo trovato degli amici, avevo iniziato a conoscere un po’ di ragazzi della mia stessa età ma tutti sono stati trasferiti o sono caduti.
Ricordo ancora quando, appena arrivato, mi hanno consegnato l’equipaggiamento e mi hanno messo a tirare con il fucile, andavo a caccia con lo zio e ho una buona mira, ricordo quando appena sporta la testa oltre la linea del terreno abbia visto il più totale caos.
Un uomo più avanti, forse sulla quarantina, è stato trivellato dai colpi della mitragliatrice e mentre la giacca gli si ricopriva di rosso scuro lo vedevo accasciarsi a terra. Non ha fiatato. Nessun urlo, nessun grido di dolore o rabbia, si è semplicemente lasciato andare.
C’è da diventare pazzi qui, dopo neanche un mese ci si chiede se sopravvivere sia davvero la scelta giusta da fare, si inizia a dubitare del significato della vita: è giusto combattere nella paura? E’ questa la vita?
Mi manca la cucina casalinga, qui se ci va bene si mangia il pane raffermo sopravvissuto agli attacchi se no zuppa, ma questo già lo sai infondo l’hai passato anche tu.
Viviamo nello schifo con il naso otturato a causa degli odori e della polvere da sparo. Vivere? No. Sopravviviamo. Per quanto ancora non so.
Non ho aria, non ho ossigeno qui, le trincee sono talmente strette da  farmi credere di soffocare e se voglio sporgere il capo … Una volta un ragazzo claustrofobico l’ha fatto, abbiamo provato a fermarlo ma era troppo tardi, un buco in testa.
I capelli biondi sono diventati rossi e la trincea si è riempita dell’odore acre e salato del sangue, per tre giorni siamo passati di lì schiacciando i piedi nella terra da esso bagnata, per tre giorni ho avuto gli incubi.
Mi tengono in vita la speranza e l’amore che ho per la famiglia, spero che se anche il mio contributo possa essere limitato faccia comunque una differenza, per quanto flebile sia
.

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Capitolo 2
*** II ***


                                                                             3 Maggio 1916
Caro Diario,
sei rimasto solo tu, solo tu sei il mio unico sfogo in questo posto di solitudine e morte.
Ho passato tre giorni a ricostruire e rafforzare alcune trincee con altri soldati, ci siamo bagnati nel fango e ci siamo spaccati la schiena con il costante timore di bagnarci anche con il nostro sangue, infondo chi ci aveva detto che i nemici non erano proprio lì pronti ad ucciderci?
L’ultimo attacco è stato proprio ieri, ero seduto qui, su questo masso, quando abbiamo sentito i primi spari e le prime urla.
Sono solo un soldato semplice, di appena sedici anni, se mi va bene mi useranno come muro per difendersi dai colpi e come braccia di sostegno per le trincee. Per loro non sono altro che una macchina  con gli stessi diritti che ha la bestia più cattiva di questo mondo.
Come mi fa schifo questa guerra non so neanche spiegartelo, vivo nel fango e nella polvere da sparo, non mi lavo mai se non con la pioggia che scende dal cielo, mangio e bevo così poco che ancora mi chiedo come faccia ad essere vivo.
Sempre che ci rimanga, è ovvio.
Sei l’unico amico che ho, ho paura anche solo a provare a parlare con gli altri ragazzi perché temo che mi ci affezioni e che poi muoiano.
Quando ero a casa e ci arrivavano le lettere del papà sembrava sempre che andasse tutto bene e che poi in fondo la guerra non fosse così male come la si pensava. Da quando sono qui ho capito perché le lettere del papà sembravano così tranquille … censurano tutto. Ogni parola che loro considerano sbagliata o troppo forte la cancellano e al suo posto ne mettono una che ha il sapore di calma e pace, di ritorno a casa.
Sono stufo di tutte queste bugie, sono stufo del rancio schifoso che ci servono mentre siamo sotto tiro. Sono stufo di vedere corpi di giovani e adulti bucati dai colpi della mitragliatrice nemica.
Forse sarebbe meglio morire e buttarsi semplicemente nel mezzo della terra di nessuno, farsi sparare un colpo in testa e poi godersi il silenzio di una vita senza il tormento della guerra.
Qui i fiori e l’erba non hanno il colore che hanno a casa, qui l’erba è nera della polvere e dei proiettili, del fango e del fumo mentre i fiori sono rossi e verde militare. Gli unici fiori che vedo sono i corpi dei caduti sdraiati a terra a faccia in giù o verso il cielo.
Spesso mi manca l’aria, mi sento compresso e costipato in questo buco del terreno inoltre mi sento stretto da una morsa al petto di nostalgia  che continuamente mi fa pensare a casa e alla mamma, alla nonna e alla mia sorellina.
Quanto mi manca quella piccola peste dai riccioli biondi e quanto la odiavo quando ero a casa con lei.
Si sa quello che si ha solo quando lo si perde. Mai queste parole mi sono sembrate più vere di adesso.
Pensandoci attentamente non ho neanche mai avuto l’opportunità di innamorarmi, non ho mai potuto trovare una ragazza che potesse apprezzarmi e con la quale costruire una famiglia, con la quale avere dei figli.
Se devo essere sincero una cotta me l’ero presa, per una ragazza a scuola. L’adoravano tutti: aveva i capelli rossi e riccioli con le lentiggini, gli occhi azzurri e un sorriso sincero e spensierato.
A pensare che ora starà lavorando nelle fabbriche per farci avere armi, munizioni e uniformi mi viene il voltastomaco e forse vomiterei anche se non fosse che di fatto, è tre giorni che mangio solo un morso di pane duro come la pietra.
Gli attacchi diventano sempre più forti, le bombe, le nuove armi e le mitragliatrici sono implacabili, veloci e precise. Dopotutto questa guerra ha portato una grande e spaventosa innovazione nelle armi belliche e nell’arte della guerra.
Spero solo di riuscire a tornare a casa, cerco di mantenere questa flebile speranza che ancora infiamma il mio cuore ma che forse sta bruciando la mia mente.
Tuo Soldato

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Capitolo 3
*** III ***


Caro diario,
Ti scrivo ora, in un momento di pace che potrebbe essere interrotto da un momento all’altro.
Grazie a Dio oggi non piove e anzi c’è il sole e non il sole opprimente che ci scotta la pelle, ma un bel sole che ci scalda unito da un venticello fresco che non ci fa bruciare.
Ieri ci hanno attaccato, prima sono passati sopra di noi gli aerei e poi ci hanno bombardato, inoltre non potevamo muoverci più di tanto, in una settimana i cecchini hanno ucciso più di dieci soldati tra cui due miei amici. L’unico pensiero che ancora mi mantiene in vita è la mia famiglia, ma è difficile restare stipati qui, uno attaccato all’altro talmente tanto da far sembrare poco l’ossigeno.
Quando non siamo attaccati riusciamo a vivere, a fare qualche piccolo lavoro, perlopiù sistemare la trincea, a volte giochiamo perfino a carte mentre altre leggiamo e rispondiamo alle lettere.
La gioia di ricevere una lettera è come un raggio di luce in mezzo ad una tela di tenebre, sono le uniche parole in grado di motivarci a proseguire.
Non ho mai sentito un attaccamento così forte alla vita.
La gente da fuori non capisce come sia vivere qui a pochi metri dalla morte, dobbiamo stare attenti ad ogni rumore, ogni passo, ogni movimento ed ogni parola perché se c’è una lezione che si impara piuttosto alla svelta è questa: qui o si vive o si cade.
A volte usciamo con in mano le armi e ci buttiamo in combattimento per ricavare qualche metro di terra. Ma a che prezzo … un prezzo orribile. Paghiamo la terra con il sangue e le teste dei nostri compagni, paghiamo il prezzo con i nostri alleati.
E’ un prezzo alto, troppo alto per un solo pezzo di terreno che poi, potrebbe essere riconquistato da un momento all’altro dal nemico.
Il tanfo qui è terribile. Si sente puzza di terra bruciata, di fumo e di sangue.
Il sangue ha l’odore spinoso del sale e quello acido del limone. Se sei debole di stomaco e sei costretto a finire qui a combattere, non so quanto potresti resistere.
Ma qui non avresti molto da rigettare perché mangiamo poco, a volte per niente, tutte le volte che stiamo per mangiare si deve sospendere per un attacco e spesso durante quest’ultimo perdiamo alcune pietanze commestibili, a volte il cuoco.
Spero che tutto questo finisca presto, non so per quanto ancora resisteremo in queste condizioni disumane.
Tuo soldato

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