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di Lavi Bookman
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Aomine's Basket ***
Capitolo 2: *** Do you still love me? ***



Capitolo 1
*** Aomine's Basket ***



 
- Aomine's Basket.


Erano passati due anni. Kuroko rendendosene conto corrugò appena la fronte, asciugandosi il sudore che gli scendeva lungo le tempie.
Un altro tiro.
Un altro canestro.
Aveva deciso di specializzarsi nei lanci e non aveva tempo per ragionare su queste cose (Il tempo, ormai, aveva meno valore di quanto fosse disposto a dargliene).
«Tetsu, dovresti tornare in squadra, te lo dico sempre», proferì Kagami arrivandogli alle spalle. «Riko chied-»
«No.» e la risposta fu così decisa che non ci potevano essere repliche.
«Manchi a tutti...», ammise. "A me soprattutto", ma questo non lo disse.
Aveva il suono di una supplica mascherata. Di un'ovvietà che all'altro, evidentemente, non arrivava chiara. Sapeva che Kuroko non avrebbe risposto. Non gli aveva posto alcuna domanda, nessuno straccio di inizio di discorso. Lo vide tornare a canestro, palleggiando con una corsa non troppo veloce, fermarsi di colpo, posizionare le mani con un'eleganza che in realtà non era tale. Sembrava un movimento casuale, ma era studiato nei minimi dettagli. Kagami ne era certo. Si chiese se ci fosse qualcosa che non sapesse dell'altro. Si disse di no.
Più lo guardava più capiva che non era lì con lui. Non potevano essere insieme. I loro sguardi ora erano occhiate date per errore, e le nocche non cozzavano. Kuroko, semplicemente, aveva smesso. Di esistere, di pensare, di reagire. Muoveva mani, piedi e corpo senza accorgersene.
«Oi...»
Chiuse l'azione con un'ennesima riuscita, prima di voltarsi appena. La palla entrò nel canestro senza neanche sfiorare il cerchio metallico.
«Mh?»
«Aomine non tornerà, anche se insisterai a eliminare il mondo dalla tua vita.»
Disse la frase per poter vedere una qualche espressione sul volto dell'altro. Si sentì un insensibile a fare giochetti simili, ma era così stanco di vederlo sempre uguale.
Come risposta non ebbe risposta. Sentì i suoi occhi inchiodati in quelli azzurri del ragazzo che amava aveva di fronte, totalmente incapace di muoversi. Se possibile, stava guardando il buio personale di Kuroko. Ed era così terribilmente opprimente e pesante e viscido, che avrebbe preferito tornare indietro e zittirsi.
E nessuno dei due abbassava lo sguardo, non vi erano movimenti, i muscoli si erano irrigiditi e il sangue viaggiava più veloce.
«Torna a casa, Kagami-kun.» e sembrava un ordine degno di Akashi per come era stato pronunciato. In un altro momento, glielo avrebbe fatto notare con una punta di stupore.
Strinse le mani a pugno, rendendo l'espressione ferita e incazzata. Kuroko si chiese cosa fosse successo ai suoi occhi per renderli così esasperati. Si girò verso il canestro, e lanciò la palla. Una scrollata mentale di spalle.
Punto.
«Lo so che stai male, testa di cazzo, ma ti sembra il--»
«Non so di cosa parli.»
 
Kagami andò via.
Kuroko continuò a fare canestro.

Più ci pensava più si malediva. Era stato tutto inutile.
Aveva perso.
Aomine aveva vinto.
Senza portarglielo via, Aomine era comunque riuscito, anche da morto, a rendere Kuroko suo. E odiava vederlo tirare. Odiava i suoi canestri. Odiava non averlo più visto passare la palla a nessuno perché non c'era più nessuno a cui passarla. Neanche lui, anche se sperava sempre di sbagliarsi.
E lo sapeva il motivo per cui, in quei due anni, aveva deciso di dedicarsi esclusivamente al tiro a canestro. Era la dichiarazione più ovvia di amore, fedeltà, lealtà nei confronti della sua unica luce. Era un "non ho più nulla di lui, quindi mi avvicinerò come posso al suo stile di gioco per renderlo mio".
Si fermò vicino ad un muretto, sedendovisi sopra. Portò i gomiti sulle cosce e le mani a reggere il volto. Ricordava quando, ancora all'inizio, doveva stargli costantemente accanto. Quando aveva paura che lasciarlo da solo per più di venti minuti potesse essere un rischio troppo grande. Non gli era mai pesato. Aveva sempre pensato che fosse giusto così, che alla fine le cose si sarebbero sistemate. "Tornerà quello di prima", si diceva.
Solo ora si rendeva conto che non era così. Non sarebbe mai potuto essere così.
Kuroko aveva visto troppo, e lui non era riuscito a mettergli le mani davanti agli occhi abbastanza in fretta. Se lo chiese più volte: cosa avrebbe fatto se la sua di luce fosse scomparsa? La risposta era così ovvia che non poteva fare a meno di pensare a quanto fosse sciocco combattere contro un qualcosa a cui lui stesso non si sarebbe sottratto.
Avrebbe sempre seguito Kuroko, se fosse servito. Se solo fosse servito.
Non riusciva più a riconoscere il suo sorriso. I suoi occhi erano vuoti. E non poteva più considerarlo un'ombra. La sua assenza era sempre così dannatamente presente che il suo sguardo era sempre su di lui. Eppure, li separavano anni luce di distanza.
Strinse gli occhi, lasciando ciondolare il capo. Non era abbastanza importante. Ma lo accettava. Aveva quella insana idea che in mancanza di uno, l'altro avrebbe fatto per entrambi.
 
Kagami tornò.
Kuroko lo sapeva.



Spazio Autrice:
Mi consola sapere che su una cosa sono costante: non c'è un solo scritto che mi soddisfi.
Comunque poco importa, avevo promesso che avrei continuato '20 minutes'. Ci sarà solo un altro capitolo, credo. E più lungo sia di questo che della one-shot originale, in teoria.
Il titolo l'ho dato poiché può significare sia 'vicino' (com'è Kagami con Kuroko) sia 'chiuso' (Kuroko nei confronti di Kagami e di tutti gli altri).
Graditi commenti blablabla eccetera eccetera, chiudo qui, nh.

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Capitolo 2
*** Do you still love me? ***



 
- Do you still love me?




"In another life, I would be your girl.
We'd keep all our promises,
be us against the world.
In another life, I would make you stay,
so I don't have to say you were
the one that got away."

 

Le nocche si sfiorarono, improvvisamente, con un gesto che nessuno dei due in realtà si aspettava dall'altro. Per un attimo, solo uno, riuscirono a guardarsi negli occhi, comprendendo davvero ciò che volevano comunicarsi, smettendo di essere semplicemente due rivali nei corpi di due ragazzi che in realtà si sarebbero dovuti amare sin dal principio. Sorrisero, con una genuinutà che non gli apparteneva da così tanto tempo che ormai lo avevano scordato. Erano cresciuti, in quegli anni. Da soli, lontani l'uno dall'altro. Chiusi ognuno nella consapevolezza di star sbagliando, ma senza sapere esattamente in cosa.
E poi le nocche cozzano, ancora. Senza un accordo, senza un'azione in campo.
«Kagami-ku-»
«Taiga...»
«Mh. Dicevo, sono riuscito a convincere il signore del negozio a farmi uno sconto!»
«Great!»
E successe. Le nocche in collisione. Nessuno, al di fuori di loro due, avrebbe potuto capire quanto quel gesto, così apparentemente sciocco, significasse.
Per qualche secondo non riuscirono a fare altro che fissarsi. Kuroko fu il primo ad abbozzare un sorriso, e Kagami pensò che sarebbe potuto morire lì. Tentò di non darlo a vedere, portando la mano dietro il collo, grattandosi, e guardando da un'altra parte. Era imbarazzato, mentre i suoi occhi cercavano un qualsiasi angolo della stanza in cui soffermarsi. Tetsu lo obbligò a guardarlo, come se improvvisamente avesse deciso di premere 'off' sul tasto della misdirection incorporato in lui. Gli era così terribilmente vicino che poteva sentire il suo respiro sulla pelle.
«Guardami, Taiga...»
«... Lo sto facendo.»
Le labbra del più piccolo si schiusero in un altro timido sorriso, mentre l'altro non poteva far altro che trattenere il fiato.
In quegli anni mai una volta aveva provato ad imporre a Tetsu un qualcosa che non fosse pronto a dargli. Non lo aveva mai baciato, mai sfiorato in un modo che lasciasse intendere più del necessario. Sapeva di essere un libro aperto, di non dover mentire riguardo ai propri sentimenti, ma l'attrazione fisica non voleva sfogarla. Non su di lui, almeno. Qualche volta era andato da Tatsuya per quei bisogni che si vergognava lui stesso di avere. Non in quanto al sesso, di quello non si era mai preoccupato più di tanto, quanto al suo desiderio nei confronti di un ragazzino che sapeva di non poter avere perché troppo intento a raccogliere i propri cocci. Tatsuya non lo aveva mai giudicato, né si era mai impuntato per avere spiegazioni. Tanto meno aveva sperato in un qualcosa che potesse andare oltre a una suonata di campanello alle ore più improbabili della notte con la richiesta di salire in casa. Gli andava bene così, in un certo senso. Solo non capiva perché ogni volta Kagami tornasse a casa più distrutto di quando era arrivato.
Due labbra premute contro le sue lo obbligarono a tornare alla realtà, con un sospiro di sorpresa troncato. Un brivido gli percorse la schiena, e non riuscì a riconoscerci eccitazione. Solo paura. Per sé e per lui. Aprì le labbra in automatico, permettendo un contatto più approfondito e alle loro lingue di toccarsi, scontrarsi, rincorrersi, conoscersi. Si sorprese nuovamente per la veemenza con cui Kuroko si stava approcciando, a partire da quel bacio che aveva perso la castità per strada, per finire alle sue braccia intorno al proprio collo e il corpo schiacciato contro il suo. Non trovava un senso logico che potesse spiegare quella situazione, ma cominciava a pensare che non gli interessasse. Lo strinse a sé, ancora titubante. Non abbastanza da volersi fermare.
«Tetsu, io...»
«Sssh.», lo interruppe posandogli l'indice sulle labbra e inclinando dolcemente il capo di lato. Era diverso. E la velata malinconia che lo rivestiva da così tanto tempo non voleva saperne di scollarsi dal proprio corpo. Restava lì, impressa in ogni sua cellula come se avesse l'assurda pretesa di diventare ingestibile. Sentiva la paura, Kagami, e si mordeva le pareti interne delle guance per convincersi a dimenticarla. Le lacrime lo avrebbero scovato, di lì a poco, e lui non era abbastanza forte per chiedersi il perché. Nè lo era per ascoltare quello che il ragazzino di fronte a sé stava dicendo. Solo quando sentì pronunciare 'Aomine' rese nuovamente sensibili i timpani e decise di prestare attenzione, ma ormai era troppo tardi. Lo guardava come si guarderebbe un qualcosa di così etereo da essere in proncinto di svanire, e sorridendo abbozzò l'idea tra i pensieri che forse era realmente così. Forse se ne stava andando. E allora i ricordi ripresero possesso del suo cervello, alternando litigi -che non erano mai solamente tali-, risate, baci rubati -quando Aomine era in vita-. Aveva sempre considerata buffa la reazione che Tetsu aveva avuto dopo la scoperta della sua relazione puramente sessuale con Tatsuya. In quell'attimo, ricordava, aveva potuto vedere il cuore dell'altro frantumarsi davanti a sé, per poi riprenderne i cocci e ricacciarseli dentro, barricandosi dietro un sorriso forzato. Non gli aveva mai più chiesto nulla, anche se il rosso avrebbe voluto chiedergli scusa, e neanche lui sapeva bene per cosa. La cosa buffa, in realtà, non c'era.
«Mi ami?» e la domanda fu così inaspettata da farlo sbiancare.
«Sempre.»
«Ti amo anche io.»
La rottura di qualcosa dentro di sé lo portò ad allontanarsi leggermente da quell'abbraccio che aveva un retrogusto amaro, mentre l'espressione di Kuroko si riduceva a due occhi fissi in basso e un sorriso nostalgico ad aleggiargli sulle labbra. Stava perdendo qualcosa che non era disposto a lasciar andare.
«Aomin...» provò a pronunciarne il nome, ma il fiato gli si mozzò in gola. Si rese conto in quel momento che non aveva il coraggio necessario per ricordarne il nome, nonostante ce l'avesse sulla punta della lingua. Avrebbe voluto urlargli che era lui che amava, di non illuderlo, ma ormai era troppo tardi: credere a quella bugia era così dannatamente bello che aveva scordato tutto il resto. Abbassò il capo a sua volta.
«Ti ricordi quando era ancora in vita?» Kuroko alzò a malapena lo sguardo, fissandolo - incollandolo, incastrandolo - in quello dell'altro. «Ricordi che avevo scelto te?»
E Kagami si chiese come avrebbe potuto scordarlo, secondo lui. La loro prima notte insieme, l'incertezza su dove mettere le mani, la paura di farsi/gli male, i "ho paura che tu te ne vada" - "resterò". Annuì, e nel farlo avvertì chiaramente un magone farsi spazio in gola. Non avrebbe pianto, era abbastanza forte per non farlo. «Poi, però, hai scelto lui...»
«Dicono che ti accorgi di amare una persona solo quando la perdi...»
«Niente frasi fatte, ti prego.»
«Io mi sono sempre dovuto dividere tra voi due, Taiga.» e solo in quel momento Kagami si accorse di quanto suonasse adulta quella frase, solo per la presenza del suo nome alla fine. Avrebbe voluto urlargli contro, sbatterlo al muro e fargli tornare la felicità di quando erano più piccoli a schiaffi.
«Avresti solo dovuto scegliere.»
«Tra voi due?» e lo vide ridere. Lo sentì ridere. Rabbrividì. «Tempo fa non ne sarei stato capace. Spero mi perdonerai, Taiga.»
Affilò lo sguardo, deciso a chiedergli cosa volesse significare quella frase. Lasciò perdere.
«Non hai mai pronunciato così tante volte il mio nome in una conversazione...»
«Taiga, Taiga, Taiga...»
Sentì le guance arrossarsi leggermente e spostò nuovamente lo sguardo, senza rispondere.
«Devi andare.»
La voce rotta dal pianto di Kuroko. Erano seduti a terra, non ricordava quando fosse successo. Si guardò intorno notando che non riconosceva il luogo in cui erano.
Dalla sua gola un lamento strozzato.
Avrebbe solo voluto restare un po' di più, ma le immagini si stavano facendo sempre più sfocate e le lacrime iniziavano a rendergli indistinguibile la figura del ragazzino davanti a sé.
«Ben svegliato, Taiga.» fu l'ultima cosa che potè sentire.
 

«... -ga? Taiga, svegliati!»
Aprì gli occhi. Li richiuse, mentre sentiva le braccia di Tatsuya tirarlo su abbastanza per poterlo abbracciare. Serrò le palpebre più forte, se possibile, e iniziò nuovamente ad urlare, mentre si aggrappava con tutte le sue forze alla maglia dell'altro.
Le loro promesse, all'improvviso, erano diventate inutili.
Kuroko aveva scelto.
 
"Cosa faresti se la tua luce scomparisse?"
 



Spazio Autrice:
Fiiiiiiiiiiiiinita! Alla fine non ce l'ho fatta, chiedo scusa. L'idea di concluderla bene mi ha accompagnata solo sino a un quarto del capitolo, poi ho deciso che non sarebbe stato da me. E in più, per come era preso Tetsu, vedevo questa come soluzione più vicina a lui. Non ho molto da dire, se non che sono felice di aver portato a termine questo lavoro dopo mesi che pensavo a come fare. Per quanto sia corto mi ha fatta sudare.
Spero che ne sia uscito qualcosa di leggibile, ecco--
Grazie per aver letto fin qui, e grazie soprattutto a chi con i propri commenti mi ha fatta desistere dal lasciare tutto lì senza un continuo!
Alla prossima!~

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