Più dell'aria che respiro

di MrsSomerhalder
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inaspettato ***
Capitolo 2: *** Ian Somerhalder ***
Capitolo 3: *** Ragazzina ***
Capitolo 4: *** Piscina party ***
Capitolo 5: *** Toy-girl ***
Capitolo 6: *** Sole e relax ***
Capitolo 7: *** Messaggio galeotto ***
Capitolo 8: *** Sotto la punta dell'ice berg - pt 1 ***
Capitolo 9: *** Sotto la punta dell'ice berg - pt 2 ***
Capitolo 10: *** A fior di labbra ***
Capitolo 11: *** Rivelazioni ***
Capitolo 12: *** Il gioco della seduzione ***
Capitolo 13: *** Baciami ancora ***
Capitolo 14: *** Together ***
Capitolo 15: *** Passione al tramonto ***
Capitolo 16: *** Festa di fine estate - pt 1 ***
Capitolo 17: *** Festa di fine estate - pt 2 ***
Capitolo 18: *** Cuore rubato ***
Capitolo 19: *** Give me love ***
Capitolo 20: *** Sola ed unica ***
Capitolo 21: *** In nome dell'amore ***
Capitolo 22: *** Verità svelate ***
Capitolo 23: *** E ti amo davvero ***
Capitolo 24: *** Stanotte e per il resto della vita ***
Capitolo 25: *** Personalità vincente ***
Capitolo 26: *** You are the only one that I want ***
Capitolo 27: *** Il lato oscuro di Kristen - pt 1 ***
Capitolo 28: *** AVVISO IMPORTANTE ***
Capitolo 29: *** Il lato oscuro di Kristen - pt 2 ***
Capitolo 30: *** ANGOLETTO AUTRICE ***



Capitolo 1
*** Inaspettato ***


Quella sera Jennifer e Rachel, le mie due migliori amiche, mi convinsero ad andare in discoteca nonostante la mia iniziale riluttanza. Erano le nove e quarantasette, di lì a poco le due sarebbero passate a prendermi per trascorrere, a detta loro, una 'favolosa serata'. Rimasi seduta sul bordo della poltrona ad aspettarle, ticchettando con le dita sul bracciolo per ingannare il tempo. Con lo sguardo fisso nel vuoto, viaggiavo con la mente immaginandomi una scena-tipo dell'uscita che stava per avvenire. Indossavo un semplice vestito di pizzo nero lungo all'incirca dieci centimetri sopra il ginocchio, a maniche corte, con scollo ad U ed una cinturina in vita argentea, abbinato a delle decollettè dello stesso colore. Il pallore del mio incarnato contrastava perfettamente con l'ombretto pesante ed il color ciliegia del rossetto. Avevo lasciato i lunghi capelli castani sciolti, in modo tale che potessero darmi un aspetto più longilineo. Mia sorella maggiore, Hilary, era già uscita da un pezzo. Aveva accennato qualcosa del tipo 'ceno fuori, discoteca e alba'. Non fu molto difficile per mia madre, Mary, capire ciò che voleva dire. (Mia sorella nacque quando la mamma aveva poco più di 20 anni, appena scoperta la gravidanza i miei genitori decisero di sposarsi; le cose tra di loro non funzionavano come avrebbero dovuto, ma tirarono avanti per il bene della figlia e nove anni dopo nacqui io. In quel periodo tutto sembrò migliorare, ma i problemi si fecero sentire ancora quando cominciai a muovere i primi passi. Mio padre non era il tipo d'uomo adatto alla famiglia, così quando fui a malapena in grado di capire la gravità della situazione andò via di casa con la sua amante senza tornare mai più, lasciandoci completamente sole. Mia madre, a quel tempo una giovane mamma di trentasette anni, si diede da fare per far crescere al meglio le sue due amatissime figlie. Le difficoltà finanziarie non tardarono ad arrivare e così perdemmo la casa. Ci trasferimmo per qualche anno a casa dei miei unici nonni. La sofferenza per la mancanza di un padre nella vita mia e di Hilary compariva ogni qual volta un ostacolo si imponeva davanti a noi, ma nel dolore trovammo la forza per andare avanti e, facendoci coraggio a vicenda, ci sentivamo più forti di prima. Qualche anno dopo mia madre, risollevatasi economicamente, ci portò in una bellissima casetta nella cittadina di Derlington nello stato di Washington, dove avevo vissuto tutto il resto della mia giovane vita.) D'un tratto sentii suonare il clacson ed uscii di fretta, dopo aver salutato la mamma che spadellava in cucina. Jennifer, che era alla guida della sua nuova chevrolet cabrio rossa fiammante, accendeva e spengeva i fari ad intermittenza e Rachel mi strillava euforica di sbrigarmi. "Forza Jenny, a tutta birra!" gridai unendomi al coro chiassoso di Rachel, accomodandomi in fretta e furia sul sedile posteriore. Circa mezz'ora dopo eravamo davanti lo Status, il rimbombo della musica si sentiva sin da fuori il locale. Entrando senza troppe parole, andammo a sederci al bancone e ordinammo un drink super alcolico. "Festeggiamo i nostri 18 anni, la nostra gioventù che passa e non torna più!" iniziai il brindisi d'apertura e bevemmo tutto d'un fiato. Poi, ci scatenammo in pista. Ballammo per almeno un'oretta, alternando drink e movimento del bacino. Poi un'altra ora ed il dolore ai piedi pulsava come mai prima di quel momento. "Porca miseria, probabilmente mi stanno venendo le vesciche!" incalzò Rachel, sempre a lamentarsi. "Kris, che ne dici di una sfida?" domandò Jennifer, mostrando poco conto all'affermazione di Rachel. "Ma si, dai." accettai e mi feci spiegare quello che dovevo fare. La sfidante, in quel caso Jennifer, ordinava un numero di drink e se la campionessa in carica, io, non li bevava tutti veniva spodestata ed obbligata ad una penitenza a scelta della giuria. "D'accordo, ma niente di troppo spinto. Ok?" mi raccomandai. "Parola di scout!" giurarono in coro. Bevvi tutti quanti i drink ad eccezione di uno e naturalmente l'effetto dell'alcool salì rapidamente, ma ero ancora abbastanza lucida e alquanto 'felice'. "Kris, hai perso!" risero malefiche. "O-ok, c-che devo f-fare?" Si guardarono un pò intorno e poi Rachel schioccò le dita. Disse qualcosa all'orecchio di Jennifer e, dopo aver ottenuto il suo consenso, mi riferì. "Vedi quel bel ragazzo laggiù?" indicò un tipo alto, capelli corvini, fisico mozzafiato ed occhi di ghiaccio. Una visione paradisiaca, peccato il tasso alcoolico nel sangue, altrimenti avrei gustato meglio quella visione. "Mmm, s-si. E a-allora?" "Bhè, và da lui e digli che è un figo assurdo!" risero a crepa pelle. D'un primo momento mi sembrò la cosa più idiota di questo mondo, così decisi di farlo senza indugi. "Nessun p-problema!" feci loro l'occhiolino e mi alzai a ritmo di musica. Poi compresi che era un'idea pessima, ma solo quando ormai me lo ritrovai davanti compresi a pieno quello che avrei dovuto fare. Mi guardava dubbioso con quegli splendidi occhi color ghiaccio, che mi entravano nella pelle. Uno sguardo glaciale in grado di raffreddare il calore dell'alcool che mi bruciava dentro. Probabilmente, la mia espressione facciale non nascose molto bene la mia evidente 'eccitazione' nel guardarlo ed averlo davanti. "Hey, tu!" gli puntai il dito sul naso. "Si, p-proprio tu. Sai che s-sei un gran f-figo?" ammiccai e mi passai la lingua sul labbro superiore. Lui fece un passo indietro, comprensibilmente spaventato dal mio comportamento piuttosto 'imbarazzante'. "Io..." non riuscì a terminare la frase che una ragazza dietro di lui s'intromise. "KRISTEN!" tuonò una voce familiare. Sgranai gli occhi per mettere meglio a fuoco la figura e mi spaventai così tanto nello scoprire che era mia sorella Hilary, che per poco non caddi all'indietro. "SEI UBRIACA????" mi prese per un braccio e mi trascinò fuori dal locale. Quel ragazzo, la loro comitiva, Jennifer e Rachel (che avevano assistito alla scena) ci seguirono. Hilary si fece dare il giubotto dal suo fidanzato e me lo mise sulle spalle, poi mi scrollò. "Si può sapere cos'hai in quella testa?!?!" "M-ma guarda c-che non sono u-ubriaca!" "Solo un tantino." commentò Jennifer divertita. "G-giusto!" aggiunsi. "Stavamo f-facendo un gioco d-divertente, io d-dovevo dire a q-quel ragazzo che è f-figo!" sorrisi e gli mandai un bacio volante. Lui si schiarì la gola imbarazzato. Tutti risero. Hilary scosse la testa e si portò una mano sulla fronte. "Se non fosse stato Ian, non so cosa sarebbe potuto accadere!" "Ian? Si chiama così?" domandai. "Si, zuccona. Se fosse stato qualcun'altro, qualcuno con cattive intenzioni, poteva finire male!" ribbadì furiosa. Jennifer e Rachel capirono la piega che avrebbe potuto prendere la situazione e si scusarono con Hilary, assumendosi la colpa. "Forza, Hilary. Basta sgridarla, ha capito." Ian si avvicinò a noi e mi mise una mano sulla testa con fare scherzoso. "Dai, andiamo a ballare!" fece cenno a mia sorella e gli altri di seguirlo. "Ciao Kristen!" mi fece l'occhiolino. Rimasi impietrita, con gli occhi lucidi per la rabbia. La rabbia di aver fatto una tale figuraccia, la figura della ragazzina. "C-ciao." accennai a mezza bocca. "Domani faremo i conti, a mamma non dirò nulla. Ora vai a casa, è tardi per te." girò i tacchi e se ne andò. Era solo mezzanotte e quaranta, il coprifuoco durava ancora per un'altra buona ora. Le ragazze mi si avvicinarono e mi portarono verso la macchina. "Dai Kristen, lascia stare. Domani le passa." "Avete visto come m'ha guardata?" tutt'un tratto diventai seria e singhiozzante. "Hilary? Lo sai che è fatta così, che ti frega!" commentò Jennifer. "Ma no, Ian. Mi avrà preso per una cretina!" cercai di trattenere i singhiozzi. Ora la sbronza allegra si stava tramutando in piagnistea, ma non era solo la sbronza a parlare. "E che importa?" A me invece importava e tanto. Non so come, ma qualcosa di lui mi aveva catturata quella sera. Mi era entrata dentro e non so come e quando se ne sareb

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Capitolo 2
*** Ian Somerhalder ***


La mattina seguente Hilary corse in camera mia ed aprì le tapparelle, incurante del fatto che stessi ancora dormendo. "Kristen, ti consiglio di svegliarti. ORA!" tuonò. "Cosa vuoi ancora?" mugolai da sotto le coperte, coprendomi il viso con il cuscino. "Dobbiamo parlare." incalzó con le braccia conserte, battendo il piede sul pavimento. Guardai la sveglia sul comodino e digrignai i denti. "Hilary, sono le sette e mezza di mattina. Non hai sonno?" richiusi gli occhi e cercai di dormire ancora. "Signorina, primo l'orario del mio rientro non è affar tuo, ho 27 anni e non devo rendere conto a te. Secondo, vedi di alzarti o ti butto giù io!" tirò via le coperte e mi strappò dalle mani il cuscino. "Che palle!" Mi arresi e mi misi seduta sul letto, avevo un mal di testa epico. Il post-sbronza era davvero odioso. "Dopo la figuraccia che hai fatto questa notte, ti conviene fare poco la spiritosa." si sedette accanto a me e mi premette la fronte con la mano. "Era solo una sbronza, per fortuna." "Te l'avevo detto! So ancora controllarmi, grazie per la fiducia." mi alzai e aprii un pò la finestra. "Posso chiederti una cosa, Hily?" domandai senza pensarci troppo sù. "Dimmi." riprese ad essere la solita sorella autoritaria ed un pò saputella. "Ian..." "Vuoi sapere se ha detto qualcosa di te?" mi interruppe. 'Come faceva a leggermi nella mente?' pensai. "Bhè si, ma volevo anche sapere..." "Qualcosa su di lui. Ti piace?" O-D-I-O-S-A "Hilary, smettila. Fammi finire la frase!" mi arrabbiai. "Ha detto qualcosa su ciò che è successo?" domandai speranzosa, pregando che non fossero derisioni. "No, ha solo ribaddido quanto detto da me." Il gelo mi oltrepassò la schiena. Ian non aveva detto niente, come poteva essere possibile? Non che mi aspettassi cose del tipo 'si, ha detto che è rimasto folgorato e blabla', ma anche un semplice 'bel vestito tua sorella' sarebbe bastato. Con la delusione nel tono di voce risposi. "Ah." "Dunque ti piace." annuì con la testa e mi diede un colpetto sulla spalla. "Lascia stare, Kris." fece per andarsene. "Non mi sembra di aver mai detto questo." puntualizzai. "Allora cosa c'è?" chiese retorica. "Niente, solo che non l'ho mai visto e volevo sapere qualcosa in più, ecco tutto." mentii. Volevo sapere assolutamente per filo e per segno la sua biografia, quasi come fosse wikipedia. "Mmm, vediamo." si portò un dito sul mento e pensò qualche secondo. "Si chiama Ian Somerhalder, 35 anni quasi 36, lo conosco da qualche mese.." "35 ANNI?" la interruppi stupita. "Quasi 36." precisò. "É stato fidanzato per circa tre anni con una certa Nina Dobrev ed è... UN FIGO!" si prese gioco di me. La guardai con rassegnazione, dopo la sua risata di gusto e derisione. 'Fidanzato per circa tre anni? Dio mio...' pensai. Non immaginavo fosse così grande, io ne avevo solamente 18. La cosa non sarebbe potuta funzionare, probabilmente lui mi avrebbe considerata solo una ragazzina con una cotta. Al massimo la sorellina di una sua amica. Mi soffermai a pensare a quanto fosse grande e, probabilmente, incolmabile la nostra differenza d'età. "Su su, pulcina non ti rattristare. Se ti può consolare un pò, ti dico una cosa." Odiavo quando si prendeva gioco di me, sopratutto se mi trattava come una bambina di cinque anni. "Cosa?" chiesi con molta nonchalance. "Domani sera verranno tutti i miei amici quì a casa, anche Ian!" mi fece l'occhiolino con tono affabile. Cercando di mantenere tutta la calma possibile risposi. "A me cosa importa?" mentii spudoratamente, dentro di me facevo i salti di gioia ed ero anche preoccupata. L'avrei rivisto ed avrei avuto l'occasione di riscattarmi, ma avrei dovuto fare i conti con quella gran figura di merda. "Kristen, sono tua sorella. Non puoi nascondermi niente...e poi ricorda: in vino veritas!" La guardai un attimo, non capendo cosa mi stesse dicendo e quando le chiesi spiegazioni, rise. Hilary se ne andò e rimasi sola con i miei pensieri. 'Davvero mi piace?' mi interrogai a lungo su questo. La sera seguente la mamma usci alle otto e dieci precise, raccomandandosi con noi. Facemmo i visi da angioletti e le chiudemmo la porta dietro. Di corsa scappai su in camera per chiamare Rachel. Lei abitava a pochi metri di distanza prima di me, ci conoscevamo da quando mi ero trasferita. "Rispondi, dannazione!" urlai da sola. "Pronto?" "Rachel! Non ho tempo per spiegarti, vieni subito a casa mia." "Ma, io..." "DI CORSA!" "D'accordo, dieci minuti e sono da te." Attaccai senza salutarla e con due balzi, scesi le scale correndo da Hilary. "Rachel viene quà!" sorrisi e me ne andai di fretta, senza aspettare una sua risposta. Mi precipatai a prepararmi e mi sarei fatta carina. "Kristen, ora vuoi dirmi cosa succede?" mi chiese Rachel col fiatone. Eravamo da sole in camera mia ed ora potevo parlarle. "Ian, stasera viene quà a cena con gli altri! Tu mi servi da sostegno." accellerai le parole, per sbrigarmi. "Ma è perfetto!" si illuminò. "C'è un problema però..." mi rabbuiai e persi l'entusiasmo. "Ha 35 anni." assunsi un tono di voce da cane bastonato. Rachel rimase a bocca aperta, di sasso. Cercò una qualche frase per darmi conforto, ma non ne trovò neanche una. Sentii bussare alla porta. "Sorellina, stanno arrivando. Preparati, Ian arriva!" mi fece la linguaccia e scomparve dietro la porta, chiudendola. "Mia sorella ha capito che mi piace!" parlai come se non fosse stato palese. "Tesoro, tutti l'hanno capito ieri notte!" rispose secca e continuò a spiegarmi dettagliatamente il mio comportamento. Nel frattempo sentimmo bussare alla porta d'ingresso. 'MERDA!' dissi fra me e me. "Cazzo, Rachel. Come sto?" chiesi senza ascoltare la risposta. Avevo il cuore in gola e l'agitazione aumentava man mano che scendevo i gradini delle scale. Presi la mano di Rachel, mi feci coraggio e varcammo la soglia del salotto, dove si erano già accomodati tutti quanti. Salutai con disinvoltura, celando il mio imperdonabile imbarazzo, e cercavo lo sguardo di Ian. Non trovandolo, pensai seccata che Hilary mi avesse tirato un brutto scherzo. "Giuro che la ammazzo!" sussurrai a Rachel, sorridendo per circostanza. Sentii nuovamente bussare alla porta. "Ah, Kris dovrebbero essere le pizze. Ti spiace, vai tu ad aprire?" mi domandò con fare da padrona di casa. Andai ad aprire con tranquillità, ma al posto del fattorino trovai un affascinante Ian vestito di nero ed un giubotto di pelle da motociclista. I suoi occhi glaciali spiccavano in un perfetto incarnato diafano, incorniciato dai capelli corvini spettinati. Rimasi a bocca aperta metaforicamente parlando per qualche istante, dopo di che lo salutai. "Ciao Ian." non lasciai trapelare lo stupore nel vederlo. "Ciao, Kristen! Mi fa piacere vederti lucida." si lasciò andare in una risatina sghemba. "Posso entrare?" mi chiese, facendo un passo avanti. "C-certo." lo lasciai passare e lo accompagnai di là, dove tutti i suoi amici, compresa mia sorella, lo stavano aspettando. Salutó tutti quanti ed a me non rivolse più nè una parola nè uno sguardo. Ci rimasi molto male e Rachel era l'unica ad averlo capito. Mezz'ora e più dopo, non si vedeva l'ombra di una crosta di pizza. "Hilary?" urlai dalla cucina, mentre stavo per bere. "Che c'è?" urlò. "Ma le pizze le stanno fabbricando?" chiesi ingenua. La sentii borbottare qualcosa e poi venne da me. "Per cena c'è la pasta, Kris!" mi rispose sottovoce e si mise a ridere, andò via. Rachel sputò l'acqua che stava bevendo e rise a crepa pelle. In quel momento capii, mandò me ad aprire la porta di proposito per farmi incontrare con Ian. Un pò la ringraziavo ed un pò la maledicevo.

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Capitolo 3
*** Ragazzina ***


'Perchè Kristen? Perchè ti stai facendo questo?' più nella testa rimugginavamo queste parole, più non riuscivo a darmi risposta. "Kris, non voglio vederti soffrire. L'ho giá visto troppe volte e ne ho abbastanza!" ruppe il silenzio Rachel, mentre eravamo sdraiate sul letto. "Anche io ne ho abbastanza." conclusi, poi cambiammo argomento. Avevo sofferto molto per amore in passato, per Erik in particolare. Il mio primo amore, avevo sedici anni e mezzo. Avevamo trascorso insieme cinque mesi, i più belli della mia intera vita. Poi, però, se n'è andato così senza motivo e dopo di lui non c'è stato più nessuno. Ricordo di aver pianto per un giorno consecutivo, senza smettere per più di cinque minuti. Mangiai pochissimo il primo mese, ma tutto passa. Col tempo ho imparato a vivere senza ed ora, da sei mesi circa a questa parte, mi sento rinata. Ormai è passato, ma le ferite rimangono. "Chissà cosa stanno facendo." domandò dubbiosa Rachel. Poi si alzò in piedi e mi guardò con aria furba. "No! Non contarci, Rachel." sostenni la mia posizione, avendo capito il suo intento. Avrei mantenuto la fermezza. Cinque minuti dopo mi ritrovai a scemdere le scale carponi, seguendo il folle piano della mia migliore amica. 'Molto ferma, Kris!' mi vergognai da sola. "Stai zitta!" mi ordinò. "Se non sto neanche parlando." "Ah, bhè stai zitta comunque." si riprese. "Dunque, dunque. Vediamo un pò il bel pupone cosa sta facendo!" rise maligna. Si affacciò dalle scale con solo la testa, spiando le loro mosse. Cercava il volto di Ian, ma non lo trovava da nessuna parte. "Che palle questo quì, sparisce sempre!" si lamentò seccata. "Rachel spostati, non vedo niente!" cercai di farmi largo fra le sue braccia impuntate al pavimento, ma senza successo. Ad un certo punto sentimmo una voce familiare avvicinarsi, era proprio lui. "Hilary, allora hai detto: sopra infondo a destra?" la voce si avvicinava sempre di più. "Esatto, Ian." gridò mia sorella. "CAZZO, Kristen! Sali, sali, sali!" urlò in un piccolo sibilo. Si alzò di colpo e cercando di non fare rumore raggiunse l'apice della scalinata e sparì, senza aspettarmi nè preoccuparsi di avermi letteralmente calpestata. Rimasi per terra, nel panico più totale e tentai di scappare, ma...BOOM! Qualcosa mi si era aggrovigliato alla gamba e mi era caduto addosso. Mi ritrovai con la testa sul gradino, le braccia in alto e le gambe di lato. Ian sopra di me. Tempo che realizzai la scena, mi sentii morire. 'Merda! Ora svengo.' Il suo corpo era completamente abbandonato sul mio, le braccia poggiate sui gomiti e le mani cingevano la mia testa. I suoi erano in perfetta simmetria con i miei, per un attimo mi persi in quel cielo limpido di mezz'estate. Le gambe mi tremavano da morire, le mani si erano congelate, lo stomaco mi si contorceva ogni due secondi e poi eccola lì, quella sensazione di calore ardente provenire dall'inguine per propagarsi in tutto il corpo, fino a spappolarmi il fegato e la milsa, mandarmi in tilt il cervello, inspirare via l'aria dai polmoni, fermare il battito cardiaco. Nel giro di pochi istanti, che sembrarono eterni, il mio corpo fu pervaso dall'irrefrenabile desiderio di avere un rapporto intimo con lui, lì su quelle scale. La passione pura mi attraversava la spina dorsale e, per quanto intensa, mi stava spaventando. 'Riprenditi, RIPRENDITI!' Mi guardò ancora una volta, dopo avermi spostato ciocche dei capelli dal viso, si alzò e mi tese la mano. A fatica risposi alla sua offerta d'aiuto. "Stai bene?" mi chiese con gentilezza. "Si, credo di si." non era vero, non stavo affatto bene. "Cercavo il bagno..." "Di sopra. Credo tu sappia la strada." risposi celando l'affanno, con sguardo distaccato e confuso. Non mi ero ancora ripresa da quello che era accaduto. 'Ian, che strano effetto mi fai.' "Grazie." rispose asciutto e andó di sopra. Percorsi i quattordici scalini con estrema lentezza, stordita e con la vista offuscata. Quando uscì dal bagno, mi ritrovò in corridoio e mi salutò alzando il lato destro della bocca. Quel ragazzo era dannatamente irresistibile. Se la lussuria avesse un nome, sarebbe Ian Somerhalder. "Come hai potuto?" le urlai contro. Lei mi fece segno di abbassare la voce, ma non lo feci. "Ian mi è caduto addosso, grazie al cielo non ha minimamente pensato a ciò che stavamo facendo là ed io ho avuto un rapporto sessuale con lui nella mia mente!" "COSA?" si mise a ridere. "Si, carina hai capito bene! Mi è letteralmente caduto addosso ed io mi sono molto e-m-o-z-i-o-n-a-t-a, se così vogliamo dire!" scoppiai a ridere anche io. Quel ragazzo mi avrebbe rovinata, già lo sapevo. "Sexy il vecchietto." ammiccò guardandolo dalla porta di casa, mentre faceva per andarsene. Strizzò l'occhio e mi salutò. "Notte Rachel." chiusi la porta. Feci per salire le scale, ma Ian mi fermò chiamandomi. "Che fai da sola? Vieni con noi." "Si Kris, resta quà." replicò Hilary compiaciuta. Mi fecero sedere sulla poltrona e mi domandarono cose riguardanti la mia vita. "Allora, Kristen Williams." sillabò Ian. "Si? Ian Somerhalder?" risposi divertita e sarcastica. Tutti risero e si unirono al coro, facendo il verso. Lui distaccò lo sguardo e sorrise a mezzabocca. "Stavamo parlando delle nostre esperienze imbarazzanti." disse Hilary. "Dicci la tua, ragazza!" mi istigò Ian, visibilmente divertito. "Mmm, dunque...una volta, ho fatto uno scontro con un ragazzo molto, ma molto attraente ed ho fatto un bel 'pensierino'." ammisi ridendo. Naturalmente era riferito a lui e sembrerà pazzesco, ma sperai che lui capisse. "Assurdo! A me è successa la stessa cosa." fece l'aria da finto stupito. "Solo che la ragazza in questione era bruttina." rise, ma nessuno si aggregò. Dentro di me mi sentii morire dalla vergogna, non potevo credere a ciò che avevo sentito. "Questo prima o dopo averle fatto capire che non ti si alza?" conclusi velenosa, con tono cattivo e senza un pizzico di ironia. Il silenzio cadde nella stanza, un 'uh' riecheggiò nell'aria e lui diventó di marmo. Si era molto arrabbiato, lo si vedeva in faccia. "Nel momento stesso in cui ho capito che lei lo avrebbe voluto." rispose. Duglutii. Avrei voluto dire qualcosa, ma mi bloccai. Ok, l'avevo fatta grossa, però aveva cominciato lui. Probabilmente ora non mi avrebbe più parlato per il resto dei suoi giorni. "Dai su, cambiamo discorso." si intromise Thomas, il fidanzato di mia sorella. Si fece mezzanotte inoltrata e dopo solo poche ore, tutti si sarebbero dovuti alzare per andare a lavoro. 'Ma Ian che lavoro fa?' pensai, ma non chiesi. Uno ad uno salutai con un cenno della mano e quando toccò ad Ian, lui passò avanti senza guardarmi. Delusa, abbassai lo sguardo e mi girai di spalle. "Ian!" lo rimproverò Hilary, che con un gesto fulmineo gli indicò di salutarmi. "Ciao ragazzina!" neanche si era voltato verso di me, aveva proferito quella parola orrenda con tono scocciato. 'Ragazzina.' ripetei. Ripetei. Ripetei. Una desolazione più grande di quella non avrebbe potuto darmela, avrei preferito uno schiaffo in pieno viso. Avrebbe fatto meno male. Senza rispondere, corsi via. Mi gettai sul letto e finalmente mi sfogai, piangendo. "È questo che sono per lui, solo una ragazzina!" urlai, noncurante che Hilary potesse sentirmi.

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Capitolo 4
*** Piscina party ***


Passò una settimana dal nostro ultimo incontro e ,da quel giorno, di Ian non vidi neanche una traccia. La nostra 'conversazione', se così la si può definire, di certo non era stata delle migliori. Ci eravamo feriti a vicenda, ma chi dei due stava più male? Magari erano solo illusioni miei, molto più probabilmente lui se la starà spassando alla grande ed avrà dimenticato tutto. Dopo tutto, io ero solo la 'ragazzina'. Decisi di dimenticarlo, ma puntualmente ad ogni sorgere del sole il mio primo pensiero era 'cosa starà facendo?' e ad ogni tramonto mi perdevo nell'immensità del cielo, ricordando i suoi occhi quella notte. Tutte le notti prima di addormentarmi ascoltavo una canzone, sempre la stessa. "Ti alzi un giorno e non ci pensi più, lo scorderai, tiscorderai di lui..." urlavo a squarcia gola, con la voce strozzata. Poi una sera, dopo aver recitato quelle parole, mia sorella spalancò la porta d'improvviso e si unì al mio canto. "Solo che non và proprio così, ore spese a guardare gli ultimi attimi in cui tu eri quì con me..." si sedette acconto a me, prese la bottiglietta del deodorante dal comó e aspettammo il momento propizio per cantare insieme. "Non ho nessun rimpianto, nessun rimorso, soltanto certe volte capita che appena prima di dormire mi sembra di sentire il tuo ricordo che mi bussa e mi fa male un pò!" urlammo all'unisono. Ero visibilmente triste e lei l'aveva capito, ma non toccammo quell'argomento. Si limitò ad abbracciarmi, cosa che faceva di rado, e a dirmi che tutto sarebbe andato bene. Nessuno riusciva a capire come fosse possibile il mio attaccamento ad Ian in quel modo e, sinceramente, non lo comprendevo neanche io. Però non mi importava, a me basta sapere che c'era. Scervellarmi per analizzare i miei sentimenti non era mai stato il mio forte e non avrei cominciato allora. Mi piaceva e basta, ma speravo che sarebbe passata presto. Le giornate d'estate passavano sempre allo stesso modo: dormire fino a tardi, relax, uscita pomeridiana, relax, uscita serale, dormire. La monotonia venne infranta ben dodici giorni dopo, quando arrivò il compleanno di Hilary. Avevo organizzato assieme a Thomas una splendida festa in piscina e, naturalmente, sarebbero venuti tutti i suoi amici. Tutti. Quella sera la mamma ci aiutò a distrarla, portandola a fare compere fino alle otto passate. Intanto Thomas era passato a prendermi ed insieme alle altre due macchine che lo seguivano, andammo a sistemare gli ultimi dettagli della festa. Mi ero data un gran da fare per far in modo che tutto fosse perfetto. A bordo piscina avevo adagiato delle candele profumate a forma di pesciolino, i tavolini ricoperti da un sottile strato di carta color amaranto e la musica echeggiava leggera in sottofondo. Il buffet era davvero invitante, avevo comprato tutte le leccornie preferite da Hilary e anche le mie, ovviamente. Prima che potessi accorgermi della presenza di Ian, andai in bagno per cambiarmi. Infilai il vestito floreale color antracite e abbinai delle classiche decolletè open toe nere laccate. Mi guardai allo specchio ancora una volta, evitando di concentrare l'attenzione più del dovuto sul pessimo stato dei miei capelli. Uscii e senza alcun timore andai verso gli amici di mia sorella, tentavo vagamente di riconoscere fra i tanti volti quella fisionomia così familiare e tutto ad un tratto lo vidi. Ridacchiava con una coppia davanti il lampione d'entrata e quella luce gli donava particolarmente. Era splendido nel suo completo grigio elegante, ma informale al tempo stesso. Gli occhi, come al solito, spiccavano paurosamente in quel dipinto da contemplare che era il suo viso. Sorseggiava graziosamente un cocktail e prima che avessi il tempo per voltarmi, lui si accorse di me, ma non scostò lo sguardo con mia grande sorpresa. Restai di stucco, ma continuai a camminare mentre lui nom smetteva di fissarmi. Mi stava riservando un insistente sguardo misto tra omicidio e passione. 'Questa è la volta buona che svengo!' pensai. "Buonasera, ragazzi." salutai la coppietta. "Ian." mi rivolsi a lui con tono molto formale e di tutta risposta, alzò il bicchiere verso di me aggrottando leggermente la fronte. 'Stronzo! Neanche un saluto.' Lo ignorai e continuai a parlare con i due. "Mi è appena arrivato un messaggio della mamma, a breve saranno quì. Pronti per nascondervi?" domandai euforica. "Oh si, non vedo l'ora di giocare a nascondino." sorrise acido. Lo ignorai ancora e la cosa non gli piacque affatto, tant'è che appena i due ragazzi scomparvero dalla nostra vista, mi prese per un braccio e mi trascinò in disparte. "Cosa c'è? Stai cercando di evitarmi?" mi chiese adirato e compiaciuto nell'insieme. "Ci sto riuscendo?" allusi. Scoppiò a ridere, così feci per andarmene. "La tua amica sta arrivando, faresti meglio a prendere posto assieme agli altri." lo intimai. Mi afferrò nuovamente la mano e stavolta la tenne stretta, ma non disse una parola. Mi guardò intensamente, i suoi occhi bruciavano. Sentivo il fuoco sotto la pelle e mi piaceva, mi caricava di passione e debolezza. Davanti a lui ero una preda facile. Tirai indietro la mano e me ne andai a passi decisi. Poi mi guardai indietro e gli confessai una cosa. "Quella sera io non ho mentito." sorrisi. Rimase perplesso, confuso. "Quale sera?" urlò. "Kristen!" continuò a chiamarmi, ma io non gli rivolsi più la parola.

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Capitolo 5
*** Toy-girl ***


Ballai a lungo avvinghiata a mio cugino Alex, la serata si stava facendo alquanto movimentata. Gli amici di Hilary si scolavano drink su drink come se niente fosse, la mamma se n'era andata da un pezzo (a dire il vero poco dopo il suo arrivo), mia sorella e Thomas limonavano come se non ci fosse un domani: ballavano, limonavano e bevevano. Erano decisamente brilli. Ian, invece, stava per i fatti suoi e lo si vedeva in pista raramente. Preferiva passeggiare avanti ed indietro lungo tutto il bordo piscina. Sarebbe stato molto romantico starsene da soli al chiaro di luna con un atmosfera come quella, ma lontani da tutti quanti. "Sorellina, ti voglio bene!" Hilary si avvicinò sorridente e senza motivo. Fece uno 'yuuu' mostruoso, per poi tornare a ballare e divertirsi. Alcune ragazze si erano arrese e si riposavano i piedi, altri invece si erano fiondati sul buffet riempiendosi il piatto. Ero felice e spensierata, ma mancava qualcosa e purtroppo sapevo cos'era. "Alex, mi scusi un attimo per favore?" mi allontanai. "Certo cugina!" fece uno strano saluto e si voltò di spalle. Erano ore ormai che io ed Ian non ci parlavamo. Non potevo più sopportarlo, come avrebbe potuto avere senso? Averlo vicino e non parlarci, assurdo. Così misi da parte l'orgoglio, mi feci coraggio e mi incamminai timidamente verso di lui. "Ian?" lo chiamai da qualche metro di distanza. "Mh?" si voltò di scatto, poi si rilassò. "Perchè te ne stai quì tutto solo?" gli chiesi con tono pacato. "Pensieri." fece spallucce e abbozzò una risposta secca, distaccata. "Problemi." aggiunse. "Posso farti compagnia?" mi uscii sponteneo. Avrei dato qualsiasi cosa pur di stargli accanto. Me ne pentii un attimo dopo, avendo paura della sua risposta. 'NO! Vai via!' temevo. Invece si rivelò tutto il contrario. Mi rispose dolcemente, quasi implorante. "Si, mi farebbe piacere. Grazie, Kris." mi sorrise e mi tese la mano. La afferrai con timore e mi trascinò verso di lui. Mi fece alzare gli occhi al cielo e mi indicò un paio di stelle, masse gassose che ai miei occhi sembravano tutte uguali, ma per lui ognuna era speciale, diversa. Affascinata da quel suo ardore sul volto, la luce in quegli occhi di diamante, anche un fascio d'erba raccontato da lui avrebbe acquistato importanza. Il modo in cui parlava mi catturava l'anima. "Cose straordinarie le stelle, non trovi?" si voltó verso di me e mi sorrise. "Si, bellissime." sorrisi in risposta, poi abbassai lo sguardo. "Cos'hai?" si incupì. "Niente, è che..." cercai di spiegare. "Puoi dirmi tutto, Kristen." 'Se solo potessi, Ian. Tu, però, scapperesti a gambe levate.' riflettei e mi intristii ancor più. Probabilmente confuso dal mio cambiamento repentino, mi riformulò nuovamente la domanda. "Volevo chiederti scusa, Ian. Mi sono comportata male con te dal giorno in cui ci siamo conosciuti. Quella sera in discoteca, ad esempio. Avrai pensato che sono una povera pazza, ma io non sono così. Te lo giuro!" rapidamente portai la mia attenzione ai suoi occhi e lo guardai con sentimento. Per la prima volta il mio sguardo non voleva far trapelare passione e desiderio, ma sentimento. Volevo trasmettergli quello che sentivo dentro, quando ero accanto a lui. Gli occhi mi si lucidaronk e cominciai a ridere per smorzare la tensione. "Lo so benissimo, non c'è bisogno che tu me lo dica e, comunque, lo hai dimostrato ora. Anche io devo chiederti scusa..." confessò, avvicinandosi sempre di più. "Di cosa?" chiesi stupita. "Di averti in qualche modo derisa quel giorno a casa tua, di non averti salutata in modo adeguato, di averti fatto fare una figuraccia allo Status e anche di questa notte." concluse. "Questa notte? A cosa ti riferisci?" ora ero decisamente confusa e...spaesata. Non riuscivo a capire cosa volesse dirmi e mi provocava agitazione. Senza ulteriori parole accorció drasticamente le distanze fra noi due, avvicinò la sua bocca al mio orecchio, mi posò una mano sulla spalla e faceva salire lentamente quell'altra verso la nuca. Sentivo un fremito lungo tutto il corpo, una scarica elettrica provenire dalla schiena, il battito cardiaco accelerarsi, il cuore stava per esplodere. 'Cristo! Mi sta per baciare?' "Ian, cosa..." smisi di parlare e mi abbandonai alla circostanza. "Mi riferisco a questo." sussurrò e poi...PEM! Uno schiaffo leggero sul capo, seguito da una risata di pancia. Spalancai gli occhi e strinsi i pugni. Non potevo crederci, mi aveva presa per il culo alla grande. 'Che grandissimo pezzo di m***a!' Assunsi l'espressione più seria che potevo e finalmente parlai. "Ti sei divertito?" "Si, da morire!" ammise. "Bene." digrignai i denti. "Dovevi vedere la faccia che avevi! Sembrava che stavi per...bhè, hai capito!" continuava a ridere senza ritegno. "Vaffanculo, Ian." sbottai. Con gli occhi gonfi di lacrime, ma senza farmi vedere, corsi al bagno e piansi. Piansi a dirotto, mi liberai di tutta la rabbia e la delusione. 'Stupida, STUPIDA! Ma cosa ti aspettavi, eh?' mi rimproverai a dovere, rimettendomi in riga. Mi bagnai leggermente le dita e trasportai via da sotto agli occhi il mascara depositatosi. Aprii la porta lentamente, assicurandomi che non ci fosse nessuno nei paraggi. Là fuori erano tutti esausti. Alle due e cinque di notte nessuno aveva più il coraggio di muovere un muscolo e aprire la bocca per bere o mangiare qualcosa. La musica venne abbassata di molto e pian piano la gente cominciò a defluire. Mentre finivo di spegnere a fiato gli ultimi cerini delle candele a pesciolino, Ian mi si avvicinò. "Senti, ehm, io sto andando via." "Mh." commentai con poco riguardo. "Volevo salutarti." incalzò, aspettandosi chissà cosa. Mi girai verso di lui e gli riservai un sorrisetto gelido. "Bene, ciao." conclusi. "Kristen, ascoltami, io..." cercò di scusarsi, ma non volevo sentire un parola in più quella notte. "Si, Hilary. Arrivo!" anche se non mi stava chiamando, feci finta evitando così il discorso con Mr Stronzo. Thomas stava riaccompagnandoci a casa, nel tragitto non facevo altro che pensare a quel momento. Mi rimproverai ancora una volta e poi giurai di non lasciarmi più andare in quel modo con Ian. Non poteva trattarmi come un giocattolino.

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Capitolo 6
*** Sole e relax ***


Senza alcun preavviso, quel pomeriggio di metà agosto, Jennifer venne a casa mia e mi trascinò letteralmente giù dalle scale. "Dai Kristen, vieni!" mi implorò mentre mi tirava il braccio. Facevamo le scale a due a due insieme, per poco non cademmo. "Ma dove andiamo?" chiesi sbuffando. "Andiamo a casa di Nicholas!" rispose. "A fare cosa?" "Hanno una piscina in giardino, ricordi? Un bel tuffo non sarebbe male!" commentò ridacchiando. Nicholas era l'amore di Jennifer. Ne era innamorata da almeno due anni, inizialmente provarono a stare insieme, ma per lui la loro relazione poteva solamente essere d'amicizia. Lei ci fece l'abitudine e ormai neanche ci stava più male, ma continuava comunque ad amarlo. "Mmm, si. Direi che si può fare! Aspettami quà, vado a prendere il costume." risposi radiosa. Salii di corsa a prendere il mio miglior costume da bagno, un completino due pezzi rosso fragola a pois bianchi e vari fiocchetti color amarena come rifinitura, poi la raggiunsi in fretta. Salimmo nella sua auto e partì a gran velocità. "Sai, poco tempo fà la fidanzata di suo padre è andata a stare da loro. A breve credo si sposeranno!" aprì il discorso dal nulla, amava parlare di Nicholas. "Che bello, allora oggi la conosceremo!" aggiunsi. "Ah, credo anche che questa donna abbia dei figli, ma sono grandi. A quanto Nicholas mi ha detto sono venuti a stare in città, per conto loro quì da qualche parte." concluse e non ne parlammo più. Arrivammo in poco tempo alla villetta degli Hudson. Ogni volta che andavamo da loro, restavo stupita della bellezza di quella casa. Era suddivisa in tre piani, più la sala hobby naturalmente, un giardino molto grande con piscina e anche un campetto da tennis. La famiglia Hudson era piuttosto 'benestante'. "Ciao ragazze! Prego, entrate. Nicholas vi aspetta di fuori." ci accolse il padre a braccia aperte. Ci conosceva da molto tempo e ci trattava come figlie. "Hey, Nicholas!" alzò il braccio Jennifer, con gli occhi a cuoricino. Lui si girò da sopra il gommone a forma di coccodrillo e ci fece cenno di tuffarci. Non ce lo facemmo ripetere due volte. Mi tolsi per prima il prendisole e mi catapultai sul ciambellone giallo, con un tuffo da far invidia. "Kristen! Come va?" mi allungò la mano, per farmi avvicinare. "Ora sto molto meglio, grazie per l'invito N." risposi, per poi scomparire sotto l'acqua. Erano le cinque di pomeriggio, il sole batteva forte e, stranamente, nello Stato di Washington la temperatura era californiana. Ce ne stavamo a prendere il sole come lucertole da una buona mezzora, quando una voce dolce ci distolse l'attenzione. "Ragazzi, volete del thè freddo?" Mi girai di soprassalto e vidi una graziosa figura femminile sulla soglia della veranda, con un vassoio portante tre bicchieroni con thè e ghiaccio e tre fette di torta al cioccolato. "Si, grazie signora." rispose cordialmente Jennifer. Bevemmo in poche sorsate tutta la bevanda, ma fui l'unica a non toccare la torta. Sinceramente non avevo gran che fame. Non si sentiva soffiare neppure un filo di vento, gli uccellini cinguettavano ed in lontananza il rumore della palline da tennis colpite dalla racchetta riecheggiava, trasportato dalla lieve brezza estiva. Nicholas aveva due fratelli minori, sua madre era morta qualche anno prima per un tumore. "Potrei starmene tutto il giorno in piscina!" commentai beata. I due annuirono e poi si tuffarono nuovamente. Rimasi sola sulla sedia a sdraio, con gli occhiali da sole e l'asciugamano a mò di turbante. Mi ero rilassata alla grande e, per la prima volta da quando avevo conosciuto Ian, non pensavo a lui. Eravamo solo noi tre, la compagnia era più che gradevole. Per fortuna gli amici si Nicholas non erano venuti, così potemmo goderci la tranquillità. Guardavo quei due divertirsi e scherzare come due fidanzatini, erano davvero belli insieme. Peccato la testardaggine del ragazzo, ma si vedeva che provava qualcosa per Jennifer. Quanto avrei voluto che al posto loro ci fossimo stati io ed Ian, ma probabilmente non sarebbe mai accaduto. 'Basta pensarci! Goditi il pomeriggio.' mi rimisi subito in riga mentalmente. "Kristen! Dai, vieni quì." mi sorrise, mentra tentava di non farsi acchiappare da Nicholas. "Tra un pò vi raggiungo, sono in fase relax." urlai stirandomi le braccia. Il sole stava per tramontare, era passato più tempo di quanto potevamo immaginare. Il telefono mi squillava per la decima volta, ma non volevo rispondere. L'aria cominciava a farsi più umida, così decidemmo di entrare in casa. Il signor Hudson ci prese gli asciugami e li portò ad asciugare nel locale della lavanderia. "Ragazze vi fermate a cena, naturalmente." affermò, ma sembrò più essere un'imposizione. "Si, dai. Verranno anche i miei figli! Così potrete conoscerli." aggiunse la donna. Io e Jennifer ci guardammo, il telefono suonò ancora e lessi un messaggio di mia madre. 'Kristen Williams il tuo comportamento è inaccettabile, torna immediatamente a casa e se sei ancora viva, grazie al cielo! Ma a casa verrai severamente rimproverata.' deglutii preoccupata. "Mi dispiace signor Hudson, ma mia madre è in piena crisi isterica. Sà, non le ho risposto tutto il pomeriggio e credo mi punirà." sorrisi gentilmente. Lui annuì e ci salutò, la fidanzata lo raggiunse e si unì al discorso. "Bhè, ragazze speriamo di rivedervi presto. Buona serata!" mi accarezzò la guancia e mi stampò un grosso bacio appiccicaticcio. Fece lo stesso con la 'futura ragazza' del figlioccio. Ringraziammo Nicholas per l'ospitalità ed uscimmo di casa. Quella sera mia madre mi sgridò come mai fece in vita sua, era molto arrabbiata ed aveva ragione. "Kristen, non so cosa ti sia passato per quella benedetta testa! Non osare comportarti mai più così, mi sono spiegata?" tuonò. Hilary se ne stava in disparte a ridacchiare. Le lanciai un'occhiata fulminante e le urlai contro mentalmente. "Si, mamma. Scusami." Scomparve dietro la porta della cucina battendo i piedi per la collera, ma fu clemente e non aggiunse altre parole. "Sempre la solita!" mi schernì mia sorella, avvicinandosi divertita. "Non ti ci mettere amche tu!" risposi acida e me ne andai di sopra. La cena era quasi pronta, sentivo l'odore di hamburger alla griglia per tutta casa. Rovistavo per tutta casa in cerca del mio cellulare, senza trovarlo. Nessuno lo aveva visto, quasi mi prese un infarto. Poi realizzai, due collassi e tre ictus dopo, che lo avevo lasciato in borsa. 'Cazzo! L'ho lasciata a casa di Nicholas." pensai, con un misto di sollievo ed ansia. "Mamma! Mi dai le chiavi della macchina? Ho lasciato la borsa da Nicholas." urlai dal salotto. "Adesso? É ora di cena!" "Dai, mamma! Faccio presto!" la supplicai. "Tanto comandate voi dentro questa casa!" imprecò, "Sbrigati!" Presi le chiavi dalla sua borsa e corsi alla velocità della luce verso l'auto. In poco tempo raggiunsi la villa. Suonai al campanello della porta principale con una certa insistenza e tutt'un tratto qualcuno mi aprì, qualcuo che non mi sarei mai aspettata di vedere.

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Capitolo 7
*** Messaggio galeotto ***


"Che fai, Kristen, mi segui?" mi domandò sarcastico, quasi retorico. D'un primo momento non risposi, tanta era la sorpresa. Vederlo lì, a casa Hudson, mi aveva decisamente spiazzata. Lo guardai interrogativa per una manciata scarsa di minuti, tant'è che mi passò la mano davanti come per farmi riprendere dall'imbambolamento. Mi domandai nella testa se avessi sbagliato casa, se fosse un miragio, se gli occhi mi stessero tirando un tiro mancino. Fatto sta che piú lo guardavo e più non capivo. "Casa Hudson?" chiesi timorosa. "Esatto!" schioccò le dita, riservandomi il suo solito sorrisetto sghembo. "Tu che ci fai quì?" tuonai come fosse la cosa più strana del mondo. "Ah, bhè, veramente prima che tu arrivassi stavo mangiando un pollo arrosto squisito!" rise. "E...perchè?" "Perchè..." stava per rispondermi, quando una bellissima ragazza bionda, alta, dagli occhi turchesi lo interruppe. "Ian, mi stavo preoccupa..." non concluse la frase, mi vide e si rivolse a me. "Ciao." "C-ciao..." risposi. "Kristen, lei è Robyn." me la presentò e con un cenno del capo la risalutai. 'Dio mio, và a scoprire che è la fidanzata.' pensai. In effetti, aveva un comportamento piuttosto ambiguo. Lei lo aveva preso sotto braccio e aveva posato il mento sulla sua spalla. "Scusate, ero venuta per la mia borsa. L'ho dimenticata questo pomeriggio." "Ok, entra." si spostò e mi fece passare. Andai dritta in salotto e presi la borsa. "Kristen!" appuntò con tono stupito Nicholas. "La borsa. L'avevo dimenticata." indicai l'oggetto e lui annuì. "Posso salutare tuo padre?" "Certamente, vieni." Lo seguii e da dietro comparvero anche Ian e quella Robyn. "Kristen, cara!" si alzò da tavola e mi venne incontro. "Mi scusi signor Hudson, ho dimenticato la borsa." "Che sbadata." incalzò perfido Ian. Mr Stronzo continuava a punzecchiarmi e la cosa mi dava sui nervi. "Ian, ti prego." lo rimproverò la donna. "Conosci mio figlio, cara?" mi chiese. "S-suo figlio?" domandai allibita. 'IAN È SUO FIGLIO!' urlai fra me e me. Non poteva essere vero, come era possibile? La nuova fidanzata, e futura moglie del padre di Nicholas, era la mamma di Ian. Quindi se quei due si fossero sposati, Mr stronzo ed il mio cara amico Nicholas sarebbero diventati fratellastri. Com'è piccolo il mondo! In quel caso, il destino stava proprio facendo il suo corso. Tutti i presenti in sala stavano aspettando una mia risposta, che non ci fu. Il mio silenzio venne rotto dalla voce di Ian. "Sua sorella è una mia amica." commentò rapido, utilizzando un tono di voce del tipo 'argomento chiuso'. "Ah, capisco." cinse la mani e riprese a non dar conto alla situazione. "Sono dispiaciuta di aver interrotto la cena, ora dovrei andare." mi scusai. "Non ti preoccupare, Kristen." mi rassicurò il signor Hudson. "Certo! Il pollo si era già freddato!" "Ian, non usare questo tono." lo rimbeccò sua madre. Non era comprensibile il livello della sua stronzagine. "Non si preoccupi signora, è l'etá! L'ora della cena sarà passata da un pezzo!" lo accusai. 'Becca e porta a casa, Ian Somerhalder.' mi diedi metaforicamente una pacca sulla spalla. Tutti risero divertiti, tranne lui e la bionda. "Bene, ora mi avvio. Buon proseguimento!" feci per uscire, Ian continuò a commentare. "Conosci la strada giusto?" sorrise e si mise a sedere. Sbattei la porta infuriata e la portiera dell'auto, picchiai al massimo sull'acceleratore. Andavo più veloce che mai, imprecavo e maledicevo il giorno in cui lo conobbi. Alzai lo stereo al massimo e cantai a squarciagola, finchè non vidi il vialetto di casa in lontananza. Odiavo quel ragazzo, lo odiavo ogni giorno di più e odiavo me stessa, perchè continuavo a volergli bene. Si, gli volevo bene. Entrai in casa e lanciai le chiavi della ford metallizzata sul tavolino, mi fiondai in cucina dove mi aspettava un hamburger freddo e una Mary letteralmente infuriata. "Dieci minuti, vero Kristen?" appuntò. "Sono le nove passate! Cosa diamine hai fatto?" "Mamma, non rompere le palle!" imprecai e salii rapida in camera mia, senza dar peso alla sclerata echeggiata che mi correva dietro. Feci una rapida deviazione in camera di Hilary. "Tanto per la cronaca, Ian è un grandissimo stronzo!" sbottai, facendola saltare dalla sedia, e richiusi la porta. "Che? Cosa?" "Non lo voglio più vedere in questa casa!" urlai. Mi raggiunse, ma chiusi a chiave e nessuno potè più entrare. Non volevo essere disturbata da nessuno, volevo restare sola per sfogare la mia rabbia. Presi l' I-pod dal cassetto e mi infilai le cuffie con cura alle orecchie. Setacciai la playlist in cerca di una canzone che avesse rispecchiato il mio stato d'animo. Alla fine la trovai: 'In the end - Linkin Park'. "It starts with one thing, I don't know why. It doesn't even matter how hard you try..." cominciai a cantare, muovendomi come una pazza. Non riuscivo a capire, ascoltando quelle parole che lo rispecchiavano così profondamente, come potesse piacermi una persona con quel comportamento e francamente neanche ne capivo il motivo. "I tried so hard and got so far, but in the end it doesn't even matter. I had to fall to lose it all, but in the end it doesn't even matter..." continuai. "Like I was part of your property." sillabai ed era vero. Mi trattava come fossi sua proprietà, a suo piacimento. "I put my trust in you...for all of this, there's only one thing you should know." terminai, urlando. Mi gettai sul letto e strinsi il cuscino. Cercai di calmami e forse per un breve istante ci riuscii. Chiusi gli occhi. Un tempo indefinito dopo sentii vibrare il cellulare, guardai i numeretti segnati sul led luminoso nel buio della stanza. Erano le undici scarse, avevo sonnecchiato un pò. Era arrivato un messaggio da un numero sconosciuto. Lo aprii e lessi, con grande stupore. 'Ciao Kristen. Immagino tu sia in collera con me, ma adesso non conta. Volevo scusarmi, ancora. Per tutto. Ian.' mi illuminai. Quasi piansi. Mi aveva mandato un messaggio, per scusarsi, per farmi sapere che gli dispiaceva quindi gli importava? Come aveva avuto il mio numero? 'Nicholas.' pensai. 'Hilary.' dubitai. L'importante era che se n'era preoccupato, ma cosa significava? La testa mi esplodeva e non volevo fare quella fine, la fine di una ragazza in procinto di innamorarsi. Non mi stavo innamorando, vero? Non risposi. 'L'attesa aumenta il desiderio.' conclusi e mi rimisi a dormire, felice.

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Capitolo 8
*** Sotto la punta dell'ice berg - pt 1 ***


Rilessi quel messaggio almeno una trentina di volte al giorno, nei due giorni che seguirono. Custodivo gelosamente quel pezzo di lui dentro di me, guardandomi bene dal dirlo alle altre persone. Jennifer e Rachel escluse, ovviamente. Erano letteralmente impazzite per quanto accaduto e, perfino più di me, escogitavano piani su piani per farmelo incontrare ancora come fossero delle adolescenti alle prime armi. Seguivo Hilary in ogni sua mossa, sperando di carpire qualche dettaglio in più e le facevo il terzo grado per estorcerle informazioni sui programmi serali. Jennifer aveva parlato, girando molto a largo dal nucleo centrale del discorso, con Nicholas per raccontarmi nei minimi particolari la situazione. Ian non andava spesso a casa loro, essendo pieno di impegni. Aveva scoperto che di professione era un modello. Come poteva essere altrimenti? Bello da togliere il fiato, con uno sguardo più che seducente ed il portamento perfetto. Non c'era niente in lui che non andava, ad eccezione del cervello. Mr Stronzo era un dannatissimo Mr Bellezza. Mi era penetrato nella pelle, si era infilato nei miei pensieri e non se n'era andato più. Pensavo a lui giorno e notte, senza sosta. Il telefono squillò di buon mattino e mi prese alla sprovvista. Allungai il braccio e afferrai il cellulare da sotto il letto. Aprii gli occhi leggermente, quel tanto che bastava per leggere sul display: Jennifer. "Pronto?" sbadigliai. "Kristen! Sono un genio!" urlò trionfante. Per poco non mi ruppe un timpano. "Cos'hai fatto?" "Ho convinto Nicholas e company a portarci con loro all'Empire, l'hotel in centro." "E perchè saresti un genio, scusa? Che cavolo andiamo a fare fin là?" sbadigliai ancora, seccata. "Intelligente? É lì che si tiene la sfilata di Armani e, naturalmente, la famiglia Hudson non può mancare!" ribattè stizzita. "Mh?" "IAAAAAAN! Connettiti, terra chiama Kristen!" gridò. "COSA?" balzai in piedi in un lampo, incredula. "Oh, finalmente hai capito!" sbuffò. "Jennifer io ti amo!" dissi lanciandole un bacio invisibile. "Lo so, lo so. Preparati, tra mezz'ora passiamo a prenderti!" mi salutò e attaccò la chiamata. "C-cosa? PRONTO?" continuai a parlare, ma fu inutile. Mi precipitai al guardaroba, cercando qualcosa di adatto, ma come al solito quando si ha un evento importante, non si trova mai nulla. Gridai isterica, tirandomi i capelli. Spalancai la portà della camera di mia madre e la avvisai quanto sarebbe successo. "Hey, hey. Kristen, aspetta! Vieni quì!" sradicò le coperte dal lettone e si lanciò verso la porta, aprendola nuovamente. Mi voltai ancor più isterica e battei i piedi per terra. "Che c'è?" "Tu sei in punizione!" incalzò seria. "COSA? No mamma, ti prego!" mi avvicinai con le lacrime agli occhi. "Assolutamente no. Kristen tornatene al letto!" girò i tacchi e se ne andò, fregandosene delle mie suppliche isteriche. Chiamai Jennifer disperata e la informai della situazione, lei cercò di calmarmi e disse che una soluzione l'avrebbe trovata. Poco tempo più tardi la mamma entrò nella mia stanza, con aria nera. "Ringrazia Paul, perchè oggi esci grazie alla sua insistenza." mi informò. Il signor Hudson l'aveva chiamata, probabilmente incoraggiato da Jennifer e Nicholas, e aveva fatto il miracolo. Provai a dire qualcosa alla mamma, ma prima che se ne andasse decisi di tacere. Tornai a focalizzare l'attenzione sugli abiti. Esattamente ventitre minuti dopo mi arrivò la telefonata di Nicholas, per avvertirmi del loro arrivo. Mi precipitai fuori casa salutando verbalmente mamma ed Hilary. Alla fine riuscii a trovare qualcosa di adatto da indossare. Sicuramente di fronte a lui non mi sarei mai sentita realmente all'altezza, ma il bellissimo tubino color melanzana scollato sulla schiena e le francesine nere laccate mi aiutarono a risollevare l'autostima. I capelli, insolitamente, avevano preso una fantastica piega boccolata ed il trucco sembrava perfetto. Saltai in macchina velocemente e partimmo d'urgenza, tanto era il ritardo. "Emozionate ragazze?" ci chiese la madre di Ian. "Oh, si. Assistere ad una sfilata è sempre stato uno dei miei sogni." commentò Jennifer con gli occhi che le brillavano. La bella bionda di quella sera a casa Hudson non era con noi, forse già stava con il suo presunto 'fidanzato'? Mi sentivo bella. Ed Ian lo avrebbe notato, forse. Dentro di me rimuginava il ricordo di quel messaggio e mi riempiva il cuore di speranza. Il viaggio mi sembrò interminabile, guardavo le immagini sfocate dal finestrino susseguirsi per poi scomparire. Infine lo vidi. In lontananza verso le fine della strada trafficata, la bandiera bianca con scritto 'Empire' a caratteri cubitali. La madre di Ian si girò verso di noi e ci distribuì i pass. "Valido per il back stage?" lessi e ripetei. "Si, cara. Privilegi riservati ai parenti." 'Fantastico, meraviglioso.' pensai e mi rallegrai parecchio. Uno steward ci scortò fino al camerino dove Ian si stava preparando. La madre spalancò la porta urlando di gioia contro il proprio figlio, qualcosa simile a 'bambino mio, sono molto orgogliosa.". Io e Jennifer entrammo per ultime ed Ian non si accorse neanche della nostra presenza. Mi guardai in torno, in cerca della bambolona bionda dagli occhi glaciali. Stava abbracciando il fratellino di Nicholas, quando si accorse della mia presenza. Rimase di stucco, mi fissava intensamente con una punta di calore in quello sguardo gelido. Si staccò dalla morsa del bambino e si diresse verso di me, ignorando Jennifer. Indossava un magnifico completo gessato che gli calzava a pennello. La giacca si adagiava perfettamente sulle spalle ed il petto, lasciando intravedere il suo fisico scolpito. Profumava di dopobarba e lasciava una scia intensa di profumo maschile, da capogiro. "Non ti aspettavo quì." "Non mi aspettavo di esserci." ammisi. "Sono contento." confessò e ne fui molto lusingata. "Anche io." sussurrai. In quel momento un uomo slanciato, tutto impomatato bussò alla porta avvisando Ian che mancava poco all'inizio della sfilata. "Ora devo andare, andate a prendere posto." ci salutò e scomparì dietro la tenda di velluto che dava alla pedana principale.

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Capitolo 9
*** Sotto la punta dell'ice berg - pt 2 ***


Prendemmo posto in seconda fila, posti di rilievo. La sfilata cominciò: le luci si abbassarono e la musica iniziò ad espandersi in tutta l'enorme sala. Vari ragazzi, tutti dotati di gran bellezza, si alternarono indossando splendidi completi per la linea uomo 2014. Una decina di minuti più tardi, entrò in scena Ian. Il più bello in assoluto. Un portamento aggraziato, ma audace al tempo stesso. Guardava un punto indefinito sul muro di fronte a lui, con espressione seria e professionale. Sfilò per tutta la passerella con una sicurezza spaventosa. Lo guardavo da capo a piedi estasiata, mi deliziavo di quella visione paradisiaca. Finita la sfilata, la famiglia Hudson al completo e la nuova acquisita Jennifer, si diressero verso il rinfresco allestito per gli invitati. Io, da parte mia, mi incamminai dietro le quinte per dare un'occhiata. Non capii come, ma giunsi davanti il camerino di Ian e posizionai l'orecchio alla porta di legno massiccio, dopo essermi assicurata che non ci fosse qualcuno a guardarmi, per ascoltare eventuali conversazioni. Non avendo sentito proferire parola, mi feci coraggio ed entrai. Sbirciai minuziosamente sporgendo il naso dentro la stanza e non vidi nessuno. Puntai la maglietta di Ian ed audacemente decisi di odorarla. La presi fra le mani e mi inebriai da quel profumo intenso, forte, che sapeva interamente di lui. Fu facile per la mia mente vagare e creare un film degno del premio Oscar. Una voce smielata squittì dal corridoio e, per paura di essere colta in flagrante, mi nascosi dietro il paravento. "Lily, basta. Devo andare" "Ian, per favore. Smettila di rifiutarmi." supplicò. A quelle parole mi infuocai, pronta per spaccare la faccia a quella gatta morta, una me più pacata bloccó il mio animo fumentino. "Ti ripeto che non potrà mai esserci niente fra di noi, non umiliarti ancora." sottolineò, stranamente cortese. Fui contenta della sua risposta ed in qualche modo mi rincuorai. Sentii Ian spogliarsi rumorosamente, camminare avanti e indietro nella stanza. 'Ti prego, ti prego, fà che non mi scopra!' chiusi gli occhi, con le dita incrociate. Intanto il telefono vibrava forte nella borsetta, spaventata a morte lo feci smettere infilandolo nel decolletè. 'Per favore, no. Per favore, no!' "Cazzo!" urlò, sopraggiungendo dietro il separè in carta decorata. Era a petto nudo e la visione certamente mi riempiva di gioia, ma l'imbarazzo fu totale. "C-ciao, Ian." sorrisi imbarazzata. "Che fai quì?! Spero tu abbia una buona ragione!" "Ehm, se ti dico che cercavo il bagno mi credi?" "NO!" "Fai bene, perchè è una bugia enorme. Se ti dico che mi sono persa mi credi?" Allungò la mano come per stringermi il viso e serrò la mascella adirato. "NO!" sussurrò acido. "Allora ti dirò la verità!" dissi, coprendomi gli occhi con la mano, ma guardando di sottecchi il suo splendido fisico. "No, lascia stare..." si voltò, prendendo una maglietta semplice bianca per mettersela. Uscii fuori dal mio nascondiglio e feci per andarmene, in silenzio. "Bhè? Ora te ne vai?" chiese stupito. "Mmm, si." risposi rossa come un peperone, sentendomi dannatamente in colpa. Si avvicinò rapidamente e mi prese la mano. "Resta quì con me." disse con tono dolce, al quale non potei resistere. "Si." risposi senza troppi pensieri. Sorrise, senza togliere gli occhi dai miei. Prese una ciocca di capelli tra le dita e la accostò dietro l'orecchio sinistro. "Stai molto bene vestita così." commentò ammirando l'insieme, facendomi girare su me stessa. Poi, la sua attenzione venne catturata dal cellulare che avevo infilato fra i due seni. "Perchè tieni il cellulare lì?" rise divertito. "Questo?" guardai verso il basso, arrossendo. "Aspetta..." prese l'oggetto con le sue mani, provocando in me pulsazioni in tutte le parti del corpo. Cercai in tutti i modi di nascondere il mio ansimare, ma nel sentire le sue dita sfiorarmi il petto, provai un certo 'piacere'. Per fortuna, fece in fretta e mi restituì il cellulare sorridendo sghembo. "G-grazie." Annuì e cambiò radicalmente discorso. "Come sono andato alla sfilata?" chiese curioso. "Bhè, io non me ne intendo, ma bene. Si, penso piuttosto bene." "Mi piace sfilare." "Non sapevo fossi un modello." affermai. "Ci sono molte cose che non sai di me." sottolineò odioso. "Anche tu, Ian." risposi secca. Sorrise, avvicinandosi. "La tua ragazza? Non l'ho vista." sbottai. Mi guardò confuso. "La mia ragazza?" "Si, la bionda!" risposi come una fidanzata gelosa, che teme un tradimento. Scoppiò a ridere e si portò una mano sul viso. "Robyn. É mia sorella!" Il sangue mi si geló. 'Che figura di merda!' ripetei all'infinito, immaginandomi come un fumetto che stava per esplodere. "Oh! Bhè, credevo che..." borbottai, "Insomma quella sera dagli Hudson, sembrava che..." "Assolutamente. É mia sorella." taglió corto, con una certa nota di sollievo. Sembrava che volesse tranquillizzarmi. "Che sciocca." cominciai a ridere per l'imbarazzo. "No, no. Non sei tu la sciocca." "Non capisco." "Kristen, io..." roteó gli occhi, poi mi prese il mento fra le dita e lo alzò. Il suo respiro si fece più forte, il mio cuore esplodeva. Giurai a me stessa che se avesse scherzato ancora come la notte del compleanno di Hilary, l'avrei preso a calci. "Quando parlo con te, io mi sento...diverso." ammise. Sbarrai gli occhi e sentii le mani tremare. 'É uno scherzo?' "In che senso?" Abbassò lo sguardo au di me, poi riprese il contatto visivo. "Non riesco ad essere completamente me stesso. Non posso comportarmi come vorrei..." confessò. "Invece cosa fai?" cercai il più possibile di estrapolargli le parole di bocca. "Divento..." Cercò di concludere la frase, ma l'intervento improvviso della sorella Robyn ruppe l'atmosfera magica che si era creata. Ian si staccò violentemente da me, come un bambino sorpreso a rubare caramelle e si schiarì la gola. Io, con le lacrime agli occhi, mi spostai. "Ian, ti stiamo cercando tutti! Scusa per il ritardo, ho avuto un problema con la macchina e..." si accorse di me, "Oh, ciao. Kristen, giusto?" mi chiese, con l'aria sospettosa. Speravo vivamente che mon avesse capito tutto. "Si, ciao Robyn!" "Scusate, spero di non essere arrivata nel momento sbagliato." Aveva capito. "Vi stanno cercando di là." concluse. Ian prese la giacca e mi fece cenno di seguirlo. "Si, arriviamo." dimmo insieme.

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Capitolo 10
*** A fior di labbra ***


"Kristen, io quando parlo con te sono diverso..." ammise. "Diverso?" chiesi, facendo la finta tonta. "Si, diverso. Diverso perchè fingo di essere distaccato ed invece vorrei starti accanto tutto il tempo, perchè non ti dico mai quello che penso veramente, perchè cerco di non guardarti costantemente, perchè faccio una fatica indescrivibile per non baciarti adesso." "Allora non farlo..." lo incitai. "Solo se tu vuoi." "Io non aspetto altro dal giorno in cui ci siamo conosciuti!" giurai. "Anche io, Kristen. Anche io!" confessò con gli occhi lucidi. Mi prese fra le braccia e mi guardò teneramente per brevi, incessanti momenti. Eravamo soli, eppure avevamo tutto quello che volevamo. Io e lui, nient'altro. Gli cinsi il viso con le mani, sfiorandogli le guance con le dita. Mise una mano dietro la mia nuca e lentamente la avvicinò verso di lui. Le nostre labbra erano a pochi centimetri di distanza, respiravo sempre più a fatica e quando sentii la sua bocca toccare la mia, chiusi gli occhi e dischiusi le labbra. Mi baciò passionalmente, più che un baciarsi fu un volersi mangiare a vicenda. Guidata dal suo fare così esperto, mi trascinò in un vortice di pura sensualità. Ero in pace con il mondo. "Ti amo. Ti amo e doveva succedere a questa età." disse lasciandomi libere le labbra. "Anche io ti amo ed è uno sbaglio, ma è la cosa più giusta che faccio." Cominciai a piangere dolcemente, sorridendo. Per la felicità. Mi accoccolai al suo petto e lui mi strinse più forte, accarezzandomi la schiena. "Da oggi ci penserò io a te." disse sollevandomi il mento. Era troppo per essere vero, infatti mi girai su me stessa e caddi dal letto con un tonfo assordante nel pieno della notte. Mi ritrovai faccia a faccia con il pavimento di legno, altro che con gli occhi favolosi di Ian. Stringevo il cuscino con la mano destra e cominciai a ridere rassegnata. Quella fu la prima notte in cui sognai Ian Somerhalder. Un sogno che sembrava così vero. La mattina seguente scesi in cucina per fare colazione molto rilassata e felice. Ripensavo e ripensavo a quello che era successo con Mr FaccioL'IceBergMaSonoUnTenerone e non potevo crederci. Erano le undici passate, sia la mamma che Hilary erano andate al lavoro e sarebbe tornate in tarda serata. Avevo tutta la giornata a disposizione per fare ciò che volevo e sapevo esattamente cosa fare. Chiamai Jennifer. "Pronto, Kris?" "Jenny, mi serve il tuo aiuto!" "Certo, dimmi pure." "Ho saputo da Nicholas che oggi ci saranno i figli di Edna a pranzo e stavo pensando..." "Di autoinvitarci da lui con la scusa della piscina, così poi il padre ci avrebbe chiesto sicuro di restare a pranzo e tu, accettando, potrai stare con Ian." mi battè sul tempo. Spalancai la bocca, disarmata dal suo leggermi nel pensiero. "Esattamente." "Perfetto, ottima idea." rise maligna, "Ora informo Nicholas del nostro arrivo!" "Ok, io chiamo Rachel." "Kris, buongiorno! Rachel oggi và tutto il giorno a casa di Richard, ricordi?" "Giusto, giusto." battei la mano sopra la testa. Come potevo essermene dimenticata? "Allora fammi sapere cosa dice N al più presto, d'accordo?" imposi. Qualche minuto più tardi mi arrivò il messaggio di conferma di Jennifer. 'Per il nostro piano malefico è tutto apposto, tra poco sarò da te. PREPARATI.' Mi precipitai in camera di mia madre e le 'presi in prestito' il costume piú bello che possedeva. Sospettando che Ian avrebbe fatto il bagno con noi, sarei dovuta essere senza dubbio una gran gnocca. Il bikini del Mary's emporium, era blu acceso glitterato monocromo rifinito da tante ruches. Sulla mia pelle lievemente abbronzata, avrebbe donato un contrasto eccellente. Presi i rayban, il telo da mare più bello e la borsa più capiente che avevo. Misi i pantaloncini strappati di jeans, le scarpe da tennis bianche e la canotta di cotone rossa. Raccolsi in uno chignon alto la parte superiore dei capelli e opacizzai la pelle con un velo di cipria. Arrivammo in un batti baleno a casa Hudson. Venimmo accolte dai due fratellini di Nicholas, Tyler e Matt. "Kristen, Jennifer!" urlarono, correndo verso di noi dal campetto da tennis dietro la casa. Presi uno dei due in braccio ed entrammo in casa. "Buongiorno, care." ci salutò Edna, togliendomi di dosso il bambino. Paul Hudson ci salutò e, come avevo sperato, ci chiese di restare. "Questa volta non accetto rifiuti, eh! Restate a pranzo." ordinò. "Oggi è venuto anche Robert, l'altro mio figlio." si intromise nel discorso la donna. 'Tre figli? Cavolo ed io che non sapevo neanche dell'esistenza di una sorella!' "Con piacere, signora." risposi felice. Avevo ottenuto quello che volevo e Jennifer mi diede un buffetto dietro la schiena. "Bhè, scusateci, ma ora andiamo a rinfrescarci!" disse mentre mi spingeva fuori dal salotto. Senza ulteriori parole salutò Nicholas da lontano, prese la rincorsa e si tuffò in acqua schizzando tutti i presenti a bordo piscina. Tre sedie a sdraio erano posizionate sotto il sole, dalle quali vedevo sporgere tre teste. Sentivo provenire da lì un chiacchiericcio indecifrabile, seguito dalle urla dei due bambini. Nicholas e Jennifer giocavano come due colombi ed io ero rimasta impietrita sulla soglia della veranda, sperando che Ian si girasse, ma me ne fregai e mi tuffai anch'io gridando 'ARRIVO' per farmi sentire da Mr BombaSexy. Come auspicato, lui si girò e si alzò dalla sdraio. Sfoderai il più audace dei miei sorrisi e, con fare molto seduttivo, arruffavo i capelli umidi sulle spalle. "Ciao, Ian!" urlai dall'acqua, muovendo la mano. Mi risalutò a gran voce e poi disse qualcosa ai due fratelli, che mi guardarono. Da lì pote vo vedere il fratello, Robert. Era un pò più robusto e gli assomigliava abbastanza, ma la bellezza disarmante di Ian non poteva essere eguagliata. "Non ti tuffi?" "No, preferisco starmene all'asciutto." rispose sarcastico. "Giusto, le tue povere ossa potrebbero risentirne." lo sfidai. I due fratelli risero e lo schernirono, facendo il verso. Lui si guardò intorno, poi senza avviso si lanciò da bordo piscina con una grazia spaventosa. Lo persi di vista per qualche secondo, poi vidi il suo corpo muoversi sotto l'acqua, raggiungendomi. Mi prese le caviglie e mi trasportò giù, si aggrappò a me come un polipo e non mi fece risalire. Io cercavo di spingerlo, ma la sua presa era decisamente più forte. Rideva sotto i baffi, vacillava avanti e indietro, trasportandomi con lui in un gioco meraviglioso. Meraviglioso finchè non cominciò a mancarmi l'aria. Cercai di fargli capire che non respiravo più, ma lui sembrava impassibile. Mi dimenavo violentemente e solo quando chiusi gli occhi per la mancanza di ossigeno si avvicinó a me, mi tappò il naso e mi passò l'aria dalla sua bocca. Ero chiusa dal suo corpo che mi aveva spinto contro la parete della piscina, non avevo via di fuga. Mi sottopose alla sua 'rianimazione', che fu più un omicidio, in quanto invece di restituirmi l'aria nei polmoni, me la tolse. Poi mi prese per il polso e mi fece risalire a pelo d'acqua. Fu il momento più pericoloso della mia vita, ma anche il più elettrico. Lo guardai con disappunto e lui non disse una parola, probabilmente sentitosi in colpa. Uscii fuori dall'acqua e tutti ci osservarono interrogativi, spiazzati dal nostro comportamento. Jennifer si avvicinò a me e mi chiese perchè eravamo stati tutto quel tempo sotto l'acqua. "Mi ha letteralmente tolto il respiro." risposi pallida. Le nostre labbra si erano incontrate e nonostante la presenza dell'acqua, sentivo ancora il sapore della sua bocca. Mi sfiorai la parte inferiore del labbro con le dita e spostai lo sguardo verso il cielo. Mi emozionai così tanto che per un momento smisi quasi di respirare. Poteva semplicemente riportarmi a galla, invece scelse di baciarmi.

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Capitolo 11
*** Rivelazioni ***


Qualcosa in lui era cambiato, non era più l'Ian stronzo e scontroso che avevo visto quella sera a casa mia. Quando eravamo soli io e lui, era diverso. Aveva qualcosa che non avevo mai visto prima. Era dolce, piacevole, tenero e affabile. Forse mi ero solamente creata un castello di sabbia nella mente, ma sentivo che lui provava qualcosa per me. Lo percepivo a pelle quando mi sfiorava, quando mi sussurrava parole ambigue e quando quasi mi baciò. Era cambiato e lo vedevo. Lui lo sapeva, ma non voleva ammetterlo. Edna ci annunció che il pranzo era in tavola. Dopo esserci brevemente asciugati al sole, misi il prendisole che avevo portato e mi sedetti. Con mia grande sorpresa, Ian prese posto accanto a me suscitando lo stupore di Jennifer e della sorella. Robyn, infatti, mi guardava stizzita. Compresi in quel momento che non le piacevo, mi fissava come si scruta un tonno prima di essere squartato. Ok, la metafora non è delle migliori, ma in sostanza era quello il senso. Si avvicinò al mio orecchio e mi chiese scusa a bassa voce. "Non preoccuparti." Mi sorrise e prese il piatto che la madre aveva riempito di pasta al sugo, porgendomelo. Per tutto il pranzo fu molto premuroso con me e mi riservò solo sorrisi. Tutta la sua famiglia lo guardava contento, ad eccezione della sorella. "Ian, tesoro, sei di buon umore ora. Vero?" gli chiese la madre sorridendo. "Si, ora si." ammise guardandomi. Dalla vergogna infilzai un altro maccherone e lo masticai nervosa. Ogni tanto sentivo la sua gamba premere 'per caso' contro la mia ed ogni volta mi irrigidivo. Era inconcepibile l'effetto che quel ragazzo aveva su di me. Riusciva a disarmarmi con ogni gesto, parola o sguardo. Mi sentivo veramente impotente. "Ian, hai più sentito Nina?" chiese acida la sorella, aprendo quel discorso apposta. Per poco non mi strozzai, da quando lo conoscevo quell'argomento non era mai stato aperto e fu meglio così. A quel punto, penso avesse capito il mio interessa per Ian e sicuramente aveva afferrato che fra di noi c'era 'qualcosa'. Doveva proprio detestarmi quella ragazza. "No. Non la sento dal giorno in cui mi ha lasciato. Otto mesi fà." concluse, zittendola. "Ti manca?" aggiunse, riservandomi un'occhiata raggelante. Sbattè il pugno sul tavolo e la fulminò. "Non credo di doverne parlare con te." tuonò, posando le posate sul tavolo e si alzò, lasciando tutti i presenti spiazzati. Lo seguii con lo sguardo finchè potevo vederlo. Edna si voltó verso la figlia e scosse il capo. Robert, dal canto suo, sibiló un 'brava Robyn, complimenti'. Jennifer mi fece cenno di seguirlo e Nicholas, che aveva assistito alla scena, ma con la poco furbizia tipica del genere maschile, non capii. Avevo una voglia tremenda di alzarmi, per abbracciarlo e fargli ritornare il buon umore, ma non mossi un muscolo. Allora Jennifer decise di intervenire. "Kristen, ti sta suonando il telefono! Rispondi prima che tua madre ti faccia una scenata di nuovo." mentì brillantemente. Era un genio del male quella ragazza. Mi alzai da tavola con fare rapido e, una volta sparita dalla loro visuale, andai a cercare Ian. Setacciai ogni stanza della casa, ma non lo vidi. Qualche minuto più tardi lo trovai seduto in giardino, sotto il sole con lo sguardo perso nel vuoto. Lo raggiunsi con decisione e mi sedei di fianco a lui. Mi guardò per un breve istante e poi ritornò assorto nei suoi pensieri. "Tutto ok, Ian?" gli chiesi materna. "No, per niente." "É per quella ragazza, Nina?" domandai sperando in una risposta negativa. "No, no. Ormai non ci sto più male, ma parlarne mi dà fastidio." Fu un sollievo ascoltare quelle parole per metà, se parlarne gli dava fastidio significava che provava ancora qualcosa? "Tu la ami ancora?" sbottai rapida involontariamente, senza pensarci due volte. Si voltò di scatto e mi fissò negli occhi. "No." confessò, per poi sorridere. Un macigno di dimensioni cosmiche si dissolse dallo stomaco. 'Non la ama più, NON LA AMA PIÙ!' gridai dentro di me, facendo una doppia capriola. "Allora lascia che ti scivoli addosso se tua sorella ne parla, giusto?" "Sai, hai ragione." sorrise e mi tolse il fiato. "Lo so." risposi giocosa, battendogli il pugno sulla spalla. "Sei molto dolce, Kristen." diventò serio. "Bhè, ti parlo così solo perchè non voglio assolutamente vederti triste." ammisi incoscientemente. "Neanche io voglio vederti triste, è una cosa strana?" domandò confuso. "Se vuoi bene a qualcuno non è affatto strano." "Tu mi vuoi bene?" chiese rapidamente. "Bhè, si." ammisi suscitando in lui una risatina beffarda. "Come voglio bene a Thomas o Tyler..." mi ripresi frustrata. "É diverso il bene che voglio a te, rispetto a qualunque altra." 'Dio mio, Dio mio. ORA MUOIO!' Il cuore smise di battere, il respiro si affaticò ed il sangue pulsava veloce nelle vene. "Cosa intendi per 'diverso'?" chiesi rapida, come una saetta. "Mmm, non ti considero più come la semplice sorella di Hilary." rispose serio. "E come mi consideri ora?" incalzai. Non rispose, cominciò a ridere e si alzò trascinandomi con lui. "Forza andiamo, si staranno domandando dove siamo finiti." Quella conversazione mi aveva frantumata. Mi voleva bene e non mi intitolava più come la sorella di una sua amica. Non feci altro che sorridere per tutto il resto del pranzo, mangiavo a malapena e lanciavo sguardi languidi a Jennifer, per cercare di farle carpire qualcosa. Quando arrivò il momento del dessert, la presi da parte e le confidai tutto. Iniziò a saltare dalla gioia. "Kristen, Kristen! Sono certa che prova qualcosa per te!" urlò a mezza bocca tentando si nascondere l'euforia. "Lo pensi davvero? Dio, non so più che pensare!" mi portai una mano alla testa e iniziai a vacillare. "Voleva tanto fare il duro Mr CorazzaD'acciaio, ma alla fine si è sciolto!" si passò la lingua sul labbro superiore, scrutandolo dall'altro capo della stanza. "Calmati, Jenny. Ancora non è sicuro." placai la sua esultanza. "Ora devi solo aspettare la sua dichiarazione." rispose iniziando a mimare una futura ed eventuale dichiarazione. Ridemmo forte e vivacemente. Finito il lungo pranzo, Paul ed Edna si ritirarono e portarono i bambini di sopra a fare il riposino pomeridiano. Robert e Robyn andarono a giocare a tennis, Ian e Nicholas accesero l' xbox per sfidarsi al 'goKart', mentre io e Jennifer andammo a rilassarci in piscina. Se ne stavamo sui materassini gonfiabili a sorseggiare una bibita rinfrescante e a parlare del mio 'matrimonio ormai prossimo'. Sbadamente, mi versò addosso tutto il gelato che stava avidamente mangiando. "Mi dispiace, Kristen!" si scusò, cercando di pulirmi. "Tranquilla, vado a lavarmi." me ne andai. Entrai nella stanza da bagno e aprii l'acqua. Cercai delle salviette per togliermi di dosso l'appiccicume. Avevo tutto il pezzo sopra sporco, così me lo tolsi e rimasi con solo la parte inferiore del bikini. Lo immersi nell'acqua del.lavandino. 'Mamma mi uccide se glielo macchio.' pensai, pregando che si pulisse. Strofinai con vigore la saponetta sul tessuto, lo risciaquai e dopo averlo strizzato per bene andai in cerca del phon. Mentre frugavo fra i cassetti del mobile posto in fondo, sentii lentamente la porta aprirsi e pensando che fosse Jennifer intenta ad accertarsi della situazione, mi voltai senza pensare un momento. "Jennifer, se non si pulisce io ti..." iniziai furiosa, poi mi raggelai e cacciai un urlo assordante. "Cristo santo!" mi portai le mani al petto e cercai di coprirmi, sperando che Ian non avesse visto nulla.

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Capitolo 12
*** Il gioco della seduzione ***


"Ian, ESCI IMMEDIATAMENTE!" urlai con voce quasi stridula. "Non posso!" ripetè cercando di aprire la porta. "Che significa non puoi?" continuai a parlargli voltata di spalle. "La serratura si è incastrata!" imprecò. "Che?" "Cazzo!" sbraitò, alzando le braccia verso il soffitto. Mi voltai terrorizzata, sperando che il mio presentimento fosse errato. Vidi la maniglia per terra e la serratura completamente infossata nel legno. Non c'era possibilità di uscire ed io ero mezza nuda con un uomo super sexy, che certamente non sarebbe rimasto indifferente. "Adesso che facciamo?" digrignai i denti disperata, quasi piangente. "Dobbiamo aspettare che qualcuno ci venga a cercare!" rispose attonito. "No, NO!" mi portai le mani alla testa, voltandomi. Il bagno era molto lontano da qualsiasi stanza della casa, era posto in fondo al corridoio del primo piano e le stanze da letto si trovavano al piano superiore. Nicholas e Jennifer si sarebbe ritrovati insieme e di certo non si sarebbero chiesti dove noi fossimo. I fratelli di Ian, da parte loro, non finivano una partita da tennis finchè qualcuno non avesse vinto almeno sette/otto match. Per quanto riguarda gli altri, prima di due ore non si sarebbero svegliati. Naturalmente, nessuno di noi due aveva un cellulare con sè. "Rassegnati, Kristen. Siamo bloccati quì." "Non è possibile, tutto a me capita!" "Kristen, quì c'è il tuo reggiseno!" constatò tirandolo fuori dal lavandino. "Che osservatore, Ian!" commentai sarcastica. "Quindi non hai niente addosso?" "Che genio! Ottima deduzione!" risposi acida. Ian si mise a ridere così di gusto che mi irritò ogni cellula del corpo. Cominció ad avvicinarsi a me con sguardo da maniaco sessuale e mi preoccupai di quello che sarebbe potuto accadere. "Ian? Che vuoi fare?" chiesi spaventata a morte. "Tranquilla, non ho intenzione di 'violarti'." mi rassicurò, continuando ad avvicinarsi. Mi ritrovai con le spalle al muro, senza via di fuga ed avendo le mani impegnate, senza possibilità di allontanarlo. Arrivò fissandomi deciso a pochi centimetri da me, poi mi prese i capelli da dietro le spalle e li mise davanti, per coprirmi il seno. "Ora puoi anche togliere le mani." "No, non contarci!" mi affrettai a rispondere. "Non pensare subito a male!" si voltó, prese un asciugamano e me lo passò. "Tieni, metti questo." Lo presi fra le mani e ricambiai il suo sguardo ammaliatore con uno da cucciolo bastonato. Ero saltata subito a chissà quale conclusione da maniaco pervertito, quando invece voleva solo farmi coprire. "G-grazie." risposi colpevole. "Di niente." concluse il discorso, senza togliermi gli occhi di dosso. "Devo ammettere, però, che questa è una situazione molto..." "Allettante." aggiunse secco, provocando la mia ira. "Da film. Stavo per dire da film." "E cosa succede dopo nei film?" mi chiese mordendosi il labbro. Lo guardai attonita. "Tra i due succede sempre qualcosa!" Continuò ad avanzare, facendomi indietreggiare finchè non mi ritrovai con le spalle al muro. Mi sbarrò la strada impuntando il braccio destro contro il muro e quello sinistro sul mio fianco. Mi arrivò così vicino al viso che riuscii a vedere le venature grigiastre nei suoi occhi. "Ian, che stai facendo?" dissi ansimando. "Una cosa che desideravo fare da molto tempo..." disse con il respiro pesante. Rilassai la testa e mi aggrappai alla sua spalla con la mano. Sentivo la sua pelle sotto le dita, il calore del suo corpo aumentava gradualmente. Io tremavo da morire ed in quel momento credei veramente che stesse per baciarmi, o qualcosa in più. Prese con il pollice e l'indice l'angolino dell'asciugamano e lo tirò via, lasciandomi nuovamente senza niente. Mi avvicinò al suo corpo con un braccio e sentii completamente il contatto pelle a pelle. Cinse tutte e due le mani attorno alla mia vita, tenendomi sempre stretta a sè. Avvicinò le sue labbra al collo, sfiorandomi l'epidermide con le labbra senza mai baciarlo veramente, come una lenta agonia. Di risposta, tesi le braccia verso le sue spalle e le intrecciai dietro la nuca. Reclinai la testa all'indietro per fargli continuare quella dolce tortura. Non riuscii più a controllare il respiro, ansimavo in modo molto forte. Sentivo la passione scorrermi lungo le vene, ogni singola parte del mio corpo era stuzzicata da quel suo fare così esperto. Mi sentivo elettrica, febbricitante. Le gambe mi tremavano, le mani si erano congelate e non provavo altro che desiderio. Desiderio di essere baciata, toccata e...di fa re l'amore con lui. "Ian, io..." provai a dirgli qualcosa, ma mi zittì con un flebile 'sh'. Continuò a baciarmi debolmente il collo, per poi passare all'angolo della bocca. Volevo ardentemente fare l'amore con lui. Lo strinsi ancora più forte e spinsi la sua testa verso di me con la mano. Mai in vita mia avevo provato una sensazione così forte. Prima di raggiungere le labbra, si staccò di colpo. Lasciandomi impietrita, con l'eccitazione al massimo ed il sapore amaro dell'attesa. Non capivo cosa stesse accadendo. "Succede questo nei film, vero?" mi chiese ridendo. Ero davanti a lui mezza nuda, intontita, inappagata e decisamente incazzata. "Sei un grandissimo pezzo di merda!" gli urlai contro, incurante di tutto. Mi precipitai verso la porta, presi la maniglia dal pavimento e la infilai nella serratura. Trafficai per qualche secondo e con mia grandissima sorpresa, la porta si aprì senza alcuna difficoltà. Perchè aveva fatto finta per restare soli? Perchè non ammetteva che la sua gelida corazza si era sciolta? Presi il primo straccio che mi capitò a tiro e me ne andai senza guardare indietro. A Jennifer non raccontai nulla. Il tempo seguente trascorse tra gli sguardi intimidatori che riservavo ad Ian dalla veranda. Il suo sguardo indagatore mi oltrepassava la pelle, fino a raggiungermi l'anima. La potenza dei suoi occhi era direttamente proporzionale alla mia debolezza nel guardarli. Si fecero le otto, la mamma ed Hilary sarebbero tornate a casa a momenti. Il sole era ormai tramontato, ma il reverbero della luce aleggiava ancora all'orizzonte. Il cielo si tingeva sempre più di un blu oltremare ed il rossastro delle poche nuvole sullo sfondo si dissolveva rapidamente. Entrammo in casa e presi le mie cose. "Jenny, andiamo?" le indicai le chiavi dell'auto sul tavolinetto con lo sguardo. "Bhè, io veramente vorrei restare ancora un pò." rispose languida. "Ma Jennifer, io tra poco devo essere a casa. Come faccio? Mia madre mi uccide davvero, se stavolta tardo!" continuai. "Non c'è problema, ti accompagno io." propose Ian. Dentro mi illuminai di gioia, ma l'idea di ciò che solo qualche ora prima era accaduto mi frenò l'entusiasmo. Dentro di me provavo sentimenti contrastanti: lo desideravo, ma lo detestavo. Odiavo sentirmi in quel modo. "D'accordo." acconsentii fredda. Nel profondo, però, ero eccitata all'idea. Per tutto il tragitto non ci rivolgemmo la parola. Guardavo fuori dal finestrino il paesaggio susseguirsi e diventare ombra. Sentivo il suo sguardo insistente opprimermi, ma resistei alla tentazione di voltarmi. Percorse l'ultimo tratto di strada e svoltò l'angolo, poi arrivati al vialetto di casa spense il motore e restò in attesa. Qualche minuto più tardi feci per salutarlo, ma mi bloccai. "Ian, ti senti bene?" gli chiesi guardandolo posare la mano sullo stomaco, mentre eravamo in macchina davanti casa mia. "Ho dei crampi assurdi allo stomaco!" mi rispose, riservandomi un'occhiata che per poco non mi tolse il fiato. "Cos'hai precisamente?" gli chiesi confusa. Lui continuava a premersi l'addome con le dita. "Una specie di contorsione delle viscere." confessò, digrignando i denti. 'Oh Dio! Le farfalle...' pensai, ma mi stavo solo illudendo, o forse no...

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Capitolo 13
*** Baciami ancora ***


Neanche quella sera toccai cibo. Pensavo e ripensavo alle parole di Ian: 'Una specie di contorsione delle viscere.' avevamo vissuto tantissime situazioni imbarazzanti insieme, eppure si emozionò per un momento talmente semplice che quasi mi sembrava impossibile. Per la prima volta da quando lo conoscevo, si era dimostrato vulnerabile. Sentiva qualcosa per me e ne ero sempre più fermamente convinta. Quando ammisee ciò che stava provando, non mi diede neanche il tempo di rispondere che mi liquidò sbrigativo con una scusa assurda. Più mi sforzavo di capire il perché della sua freddezza e più non lo afferravo. Aveva paura di qualcosa, questo era certo. "Kristen, cos'hai?" chiese mia madre preoccupata, notando il mio sguardo assente, "Non hai mangiato nulla!" Cosa alquanto insolita, perché, generalmente, fosse caduto anche il mondo, io avrei di certo continuato a mangiare. "E come può farlo, dal momento che pensa ad Ian?" ghignò Hilary, mentre ingoiava un pezzo di polpettone. "Ian? Chi è questo Ian?" domandò allibita. Lei non sapeva nulla di lui e di tutto ciò che era successo fra di noi, così sarebbe dovuto restare. Per ora. "Nessuno, mamma." la rassicurai. "NESSUNO." mi voltai in cagnesco verso mia sorella, che continuava a ghignare maliziosa. Mi trascinai su per le scale con pigrizia e poca voglia, Hilary mi corse dietro e con uno strattone da capogiro mi scortò rapida nella sua stanza. "Io so tutto!" sibilò con tono asciutto. 'Merda! Sà di noi.' pensai, scuotendo il capo con dissenso, per autoconvincermi che non fosse vero. "Non capisco di cosa tu stia parlando." risposi con molta nonchalance. "Non fare la finta tonta, sai benissimo a cosa mi riferisco!" punzecchiò acida, "A te ed Ian!" esclamò. "Cosa? Chi?" cercai di nascondere l'ansia, ma invano. Annuì con la testa e si mise a ridere. "Mi ha raccontato parecchie cose l'altro giorno. Ha detto di averti trovata nel suo camerino e di come siate stati 'vicini' alla mia festa." elencò uno ad uno i minimi particolari. 'Bastardo! Le ha raccontato tutto! Erano momenti nostri, NOSTRI!' urlai dentro di me. "Ah, si? E ti ha detto anche del quasi bac..." mi fermai. "QUALE BACIO?" ripetè digrignando i denti, per farmi cambiare versione dei fatti. "No, no. Nessun bacio, avrai capito male." sorrisi in imbarazzo, isterica. "Kristen, si vede lontano un miglio che sei cotta! Ma forse sarebbe meglio per te dimenticarlo." si diresse verso la porta, aprendola. Non ebbi il coraggio di controbattere, tanta era la delusione. Mia sorella, invece di sostenermi, mi buttava giù. "Per favore ora vai, devo riposarmi." attese la mia uscita di scena. Senza dirle una parola, me ne andai a brutto muso. Rimasi sdraiata sul letto in camera mia per le seguenti due ore circa, mia madre è andata a dormire già da un pezzo. In casa non si sentiva nessun rumore, eccetto quello della pioggia che sbatteva contro le finestre. Sembrava che il tempo si fosse sincronizzato con il mio umore. Mi giravo e rigira vo fra le lenzuola, sentendomi più sola che mai e senza speranze. Avevo bisogno di un segno. Quelle due stronze delle mie 'migliori amiche', non si fecero più sentire ed io di certo non le cercai. Mentre ero indaffarata a piegare il cuscino su se stesso, sentii la suoneria del telefono squillare e per evitare di scatenare la terza guerra mondiale, risposi di getto senza guardare chi fosse. "Pronto?" dissi con un filo di voce, coprendomi la bocca con la mano. "Pronto? Kristen, sei tu?" una voce maschile parlò all'altro capo del telefono, una voce così familiare. Mi si gelò il sangue. Scostai il telefono dall'orecchio e guardai il nome sul led: Ian. Avevo salvato il suo numero due secondi dopo la ricezione del suo messaggio, ma non avevo mai avuto il coraggio di scrivergli. "Si, sono io. Ian?" domandai, ma conoscevo già la risposta. "Si, sono io. Kristen, ti prego, vieni giù. Sono davanti la porta di casa tua!" urlò con il sottofondo del rumore del temporale. Se prima il sangue mi si era gelato, ora non scorreva più e stava per scomparirmi dalle vene. Ebbi tempo qualche istante per realizzare il senso delle sue parole, prima che mi chiese se fossi ancora viva. 'No, NO! Non sono viva!' pensai sbigottita. "Corro subito." attaccai senza aspettare il suono della sua voce e mi presi alla lettera. Mi catapultai immediatamente, senza preoccuparmi del mio aspetto o di quanto tardi fosse. Aprii la porta con la speranza di trovarlo davvero lì, senza avere la delusione che fosse tutto frutto della mia immaginazione. E lui c'era. C'era davvero ed era bello da morire. Completamente zuppo di pioggia, con la maglietta che ormai gli era diventata trasparente e lasciava intravedere il suo fisico perfetto, gli occhi color ghiaccio caldi come il sole di mezzogiorno, i capelli bagnati sulla fronte ed il respiro affannato. "Dio mio, che fai quì?" Uscii fuori casa, chiudendo la porta in modo tale da non farmi sentire. Lo guardai ancora un istante, mi deliziai della sua presenza. Con lo sgomento nel petto, mi avvicinai e lo presi per il braccio, per portarlo sotto il portico, ma oppose resistenza. "Sono quì per te, Kristen! Ho capito di volerti con tutto me stesso stasera ed io sia maledetto se ti sto lontano ancora un secondo." esplose con il dolore nel cuore, sentivo ogni parola sofferta e voluta. Ci credeva davvero in quello che diceva ed anch'io ci credevo. Assimilai quelle parole avidamente, per poi rigurcitarle tutte di botto e comprendere a pieno quello che stava succedendo. Era lì per me, voleva stare con me. Benedetto il cielo, io lo amavo. Lo amavo! E lo capii nel momento in cui senza riflettere mi gettai fra le sue braccia e cominciai a piangere. "Tu non hai idea di quanto tu significhi per me, Ian!" confessai fra un singhiozzo ed un altro. Finalmente gliel'avevo detto. Fui sorpresa di quanto mi sentii sollevata. "Oh, Kristen. Mia dolce Kristen, come ho fatto a negarlo tutto questo tempo?" mi strinse più forte che potè, senza farmi male e mi baciò la testa. Mi sentivo così protetta accanto a lui, il suo corpo era la mia barriera. Lo desideravo disperatamente. Alzai il viso verso di lui e gli cinsi le guance con le mani. "Dal primo momento che ti ho visto sei entrato dentro me!" cercai di trattenere le lacrime, ma si confondevano fra le copiose gocce d'acqua. "Stavo ripensando a quella notte alla festa di Hilary, ricordi quando eravamo al chiaro di luna?" mi chiese con aria pensierosa, senza lasciarmi andare. "Si, mi hai 'schiaffeggiata'! Volevo ucciderti." sorrisi, ma dicevo sul serio. "Mentre mi tornava alla mente, pensai che se non fossi corso quì da te per finire ció che avevo iniziato, me ne sarei pentito per tutta la vita!" aggiunse con le lacrime agli occhi e la voce rotta per l'emozione. "Non sarò io a fermarti..." Mi tirò a sè, strinse ancor più forte le braccia attorno la vita, accarezzandomi con le dita la schiena. Accorgió definitivamente le distanze fra di noi e chiuse gli occhi. In quell'istante confermai ciò che fino a poco prima era solo supposizione. Mi lasciai andare, abbandonandomi a lui. In una frazione di secondo, dolce, sensuale, passionale e di estrema tenerezza mi catturò le labbra. Dischiuse le sue e feci lo stesso con le mie. Le nostre lingue si incontrarono in un vortice d'emozione irrefrenabile, insaziabile, incontrollabile. Un vortice d'emozione chiamato AMORE. Ci stringemmo fino allo sfinimento dei muscoli, avevo gambe e braccia intorpidite, ma nulla era paragonabile all'averlo con me. Gustai il sapore che sapeva dannatamente di lui, e di me. Di noi. Il cuore mi batteva impazzito, il cervello non rispondeva più agli impulsi. Mi riempii di quel nostro essere un tutt'uno. Sotto un cielo di mezzanotte, in una piovosa nottata di fine agosto, Ian Somerhalder era diventato mio.

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Capitolo 14
*** Together ***


Ci staccammo da quella morsa avvolgente che ci aveva uniti un tempo, che a me sembrò, dannatamente troppo affrettato. Avrei voluto continuare a stringerlo tutta la notte, tutta la vita. Per la prima volta in vita mia mi sentii veramente completa. Avevo tutto ciò di cui necessitavo. Fu un momento di assoluta perfezione. "Ian..." sussurrai, "Io e te, insomma, cosa facciamo adesso di..." cercai di concludere la frase, ma era troppo irreale. Pensavo che da un momento all'altro mi sarei svegliata di soprassalto per rendermi conto che era un altro stupendo, magnifico sogno. "Di noi?" aggiunse, con molta tranquillità. Mi stupì il modo in cui pronunciò quel 'noi', perchè finalmente c'era un noi. Annuii. "Ora tu sei la mia ragazza." Il viso mi si illuminò anche sotto la pioggia, che ormai stava affievolendosi. Sentire quelle parole era come mangiare un'intera torta con la panna senza ingrassare, come avere una carta di credito illimitata, come l'assenza inaspettata della professoressa il giorno in cui non si è studiato. Ma tutto ciò in confronto sembrava nulla. "E tu sei mio. Mio e di nessun'altra!" abbaiai con una certa nota di sarcasmo. Rise divertito e annuì delicatamente, lasciandomi un velato bacio sulla punta del naso. "Non avrei mai creduto che tutto questo sarebbe potuto diventare realtà, non sai quante volte ci ho sperato." mi rattristii ed abbassai lo sguardo. "Perchè non mi hai mai confessato ciò che provavi, Kristen?" chiese. "Perchè tu mi facevi impazzire! Non riuscivo mai a capire cosa ti passava per quella benedetta testa." sbottai furiosa. "Neanche io mi riuscivo a spiegare il perchè, probabilmente ero frenato da tante cose e, a dirla tutta, adoravo il mondo in cui ti arrabbiavi." confessò, sperando in una mia reazione diplomatica. Provai a schiaffeggiarlo, ma la tenerezza nel suo viso era così affabile che non ebbi il coraggio di sfiorarlo, se non con un altro bacio sulle labbra. "Ora però siamo insieme ed è questo che conta veramente!" Si, era vero. Tutto il passato non mi importava più ormai, avevo lui. Solo per me ed esclusivamente mio. "Andiamo via da quì prima di prendere la polmonite." Mi prese per mano e mi scortò premuroso sotto la veranda. Gli asciugai con la mano le gocce d'acqua dal viso e gli sorrisi estasiata. Era l'una di notte ormai, per strada non c'era l'ombra di un cane. Il mondo si era fermato, la vita si era fermata negli occhi suoi. "Ti voglio bene, Ian." dissi d'impulso. "Anche io, amore mio." "Mi hai chiamata 'amore mio'?" arrossii violentemente. "Preferisci essere chiamata diversamente?" Scossi il capo e mi accoccolai al suo petto. "No, è perfetto." Ci guardammo un ultimo istante prima di sciogliere il nodo delle nostre dita intrecciate. "Buonanotte amore mio." Gli lanciai un bacio volante. "Ora che sei la mia fidanzata, vedi di usare il mio numero!" si raccomandò serio. "Da adesso in poi ti bombarderò di messaggi, Somerhalder!" "Non vedo l'ora." concluse e mise in moto la macchina. Quando lo vidi scomparire all'orizzonte saltai dalla gioia, come una bambina. Finalmente avevo il diritto di chiamarlo 'amore', di scrivergli tutte le volte che volevo e di dirgli stucchevoli parole all'orecchio dopo ogni risata e, per la miseria, BACIARLO. Rientrai in casa di soppiatto e corsi in bagno ad asciugarmi. Solo guardandomi allo specchio ripetutamente mi accorsi del mio tremendo aspetto: ero struccata, con una t-shirt a mò di pigiama ed i capelli arruffati. Poco importava, lui mi voleva così come ero. Saltai sul letto urlando silenziosamente per la felicitá. Non persi un altro secondo, afferrai il cellulare dal cuscino e, dopo aver rinominato il suo contatto, gli inviai un sms. 'Ti avevo avvertito che te ne saresti pentito, preparati questo è solo uno degli 47563928 che ti invierò per tutta la prossima vita insieme. Sono pazza di te, blue eyes!' premei il tasto per l'invio ed aspettai impaziente una sua risposta, che non tardò più di due minuti ad arrivare. 'Da quand'è che sei così appiccicosa, dolcezza? Di solito mi prendi a parolacce. Sei uno schianto in slip, AMORE.' Quando il led si illuminó nel buio della stanza, sobbalzai. Sorrisi al solo leggere e lo mandai a quel paese virtualmente. 'Ah ah ah, molto spiritoso. Ti ci mando quando lo meriti. VAFFANCULO!' lo provocai. 'Grazie.' Mi arrabbiai da morire. Odiavo quando mi rispondeva a cazzo. 'Vai a dormire e domani non mi cercare, saró impegnata ad essere incazzata.' 'Non posso dormire se continu i a mandarmi sms. Te la faccio passare io l'incazzatura, contaci. Buonanotte, Kristen.' 'Buonanotte, amore mio.' Naturalmente non riuscii a chiudere occhio. Era troppo per il mio povero cuore, rischiai l'infarto più e più volte. Scesi rapida di sotto, dove mi aspettava la colazione e le due donne della mia vita. "Kristen! Sei di buon'umore vedo, eh?" ghignò Hilary. "Si. Decisamente. Oh, sarà perchè un certo 'qualcuno' è importante per un certo 'qualcun'altro'." mimai le virgolette con le dita e tono sarcastico. Non capì cosa cercassi di dirle. Mia madre mi guardò confusa, poi tornò alle sue fette biscottate inzuppate nel thè. Non persi di vista neanche un attimo il cellulare sul tavolino, che prontamente squillò e mi affrettai ad uscire dalla cucina, lontano dai loro occhi indiscreti. 'Buongiorno, dolcezza mia. Oggi voglio una giornata tutta per noi, il nostro primo appuntamento. Ti passo a prendere alle undici esatte. Ti voglio...' Gridai dalla gioia ed Hilary corse da me. "Cosa succede, sorellina?" disse con tono riprovevole. "A parte che Ian ed io stiamo insieme, niente direi." "COSA?" spalancò la bocca. "Si, proprio così. A differenza delle tue 'previsioni' del cavolo!" sbottai, "Ed ora se vuoi scusarmi, tra poco dovrei incontrarlo." finii la conversazione, senza ascoltarla. Mi precipitai di sopra e setacciai l'armadio in cerca di qualcosa di adatto da indossare. Optai per un leggins nero, una canotta trasparente sulla schiena grigio scuro e delle ballerine della stessa tonalità. Alle undici precise il telefono squillò. La mamma era andata a lavoro ed Hilary attendeva davanti la porta con le braccia conserte la mia scesa. Me ne infischiai altamente della sua presenza e la superai. "Kristen, ti farai male." disse quando gli fui a due metri di distanza. "La tua bontà mi stupisce sempre di più, grazie per l'appoggio." sbattei dietro di me il portone blindato. Cercai di trattenere l'entusiasmo, ma dentro di me esultavo a gran voce come allo stadio e facevo i tripli salti mortali. Ian mi aspettava fuori dalla macchina, con il sorriso stampato in faccia. Si avvicinó baciandomi a stampo e mi fece salire. "Allora dove mi porti?" chiesi curiosa, tenendogli la mano mentre sfrecciava lungo la strada. Mi sentivo così sicura con lui e felice, tanto felice. "É una sorpresa." sussurrò. Tutte le mie insicurezze erano svanite. Lui era la certezza che qualcosa di bello puó sempre accadere nella vita delle persone, che i miracoli avvengono. Mi accarezzava l'inizio della coscia castamente ed ogni tanto mi rivolgeva il suo sguardo che in sè aveva l'infinitezza del cielo. Lui tirava fuori la parte migliore di me, la parte del cuore.

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Capitolo 15
*** Passione al tramonto ***


Guidò per una buona quarantina di minuti lungo l'autostrada con un'andatura piuttosto sbrigativo. Ridevamo come mai avevamo fatto e per la prima volta, riuscimmo a non bisticciare. Dal nostro primo bacio era completamente diverso: il nomignolo Mr Stronzo gli si addiceva ben poco. Lo guardai spesso dubbiosa, cercando di decifrare il suo cambiamento così repentino e lui se ne accorse, ma preferii rimandare quel discorso ad un momento più oppurtuno. Doveva chiarirmi parecchie cose Ian Somerhalder. Mi voltai malinconica verso le altre auto in corsa alla corsia accanto la nostra e mi lasciai andare al passato. Mi tornò fulminea alla mente tutta la sofferenza di quegli anni trascorsi, da sola. Il dolore per la scomparsa di mio padre mi lacerava il cuore. Per anni mi domandai dove fosse e cosa stesse facendo, ma crescendo imparai a starne senza. Quell'esperienza mi segnó per tutto il corso della mia esistenza e, naturalmente, comportò drasticamente la mia poca fiducia nelle persone. 'Non mi fido di lui?' mi interrogai. Non sapevo darmi risposta. Dentro di me sentivo di volergli bene incondizionamente, ma qualcosa mi lasciava titubante. "Cos'hai?" domandò, notando la mia relativa tristezza nell'osservare con sguardo assente il paesaggio fuori dal finestrino. "Ah?" risposi evasiva, "Niente, niente." sorrisi falsamente. Dissolsi metaforicamente con la mano le nuvolette di ricordi attorno a me. Continuò a guardarmi pragmatico e per farlo distogliere dallo "studiarmi", gli stampai un tenero bacio vicino l'orecchio destro. Ritorni al mio posto ed alzai il volume dello stereo. Iniziai a cantare, modicamente intonata, a squarciagola suscitando lo scalpore in lui, che mi guardava maledettamente divertito. Ritornai alla realtà tempo fine melodia e mi ricomposi. In lontanza lessi scritto bianco su blu la parola 'oceano'. "Stiamo andando al mare?" sbottai meravigliata. "Te ne sei accorta presto, eh?" sogghignò, mandomi su tutte le furie. 'Si prende ancora gioco di me!' digrignai i denti mentalmente. "Come mai questa 'sorpresa'?" "Bhè, l'estate è quasi finita e volevo andarci con te almeno una volta." ammise. "Che amore che sei." diventai paonazza. Tempo più tardi, cominciai ad intravedere al l'orizzonte il confine del mare con il cielo. Era molto calmo ed il sole dell'ora di pranzo picchiava deciso, quasi fosse ancora piena estate. Mi fece scendere al bordo del marciapiede e si avviò in cerca di un parcheggio. Mi avvicinai al muretto che delimitava il contatto tra sabbia ed asfalto, ammirando il favoloso paesaggio dell'oceano pacifico. Gli ombrelloni erano pochi e le persone in acqua, uscivano poco dopo. Seppur l'aria marittima fosse piacevole, il cambiamento climatico si faceva sentire sempre più. Un tratto, senza alcun preavviso che fosse un rumore di passi od un respiro profondo, sentii due braccia cingermi i fianchi ed una testa posizionarsi sull'incavo tra spalla e collo. Mi girai di scatto per la sorpresa e posai una mano su quelle braccia così familiari e muscolose. "Amore." sussurrai. Sussultò nell'udire quelle parole e ci baciammo intensamente davanti la sconfinatezza dell'oceano. Il vento ci scompigliava i capelli ed io mi sentii così dannatamente in un film, che mentalmente immaginai una canzone come sfondo musicale. Avvinghiai le mie braccia al suo corpo e lo strinsi più forte che potei. Mi prese di peso dalle cosce e mi fece sedere sul muretto dietro di noi. Si fermò nello spazio tra le mie gambe ed accarezzò maliziosamente la parte più vicina all'inguine con il palmo della mano. Sospirai profondamente per quel tocco e reclinai la testa all'indietro. Continuò a baciarmi ripetutamente il collo, spingendomi contro di sè dalla schiena. Incrociai le mie gambe alla sua altezza glutei, gli presi qualche ciocca di capelli con le dita e tirai verso di me. Non mi riconoscevo più. Ero consapevole di ciò che sarebbe potuto accadere, eppure ne volevo sempre più. Di lui non ne avevo mai abbastanza. "Fermiamoci." sussurrò con tono rauco. "Si, è meglio." sorrisi e scesi dal muretto. Mi prese per mano e ci incamminammo verso un ristorante lì vicino. Intrecciai volutamente le dita alle sue e non avevo intenzione di lasciarle andare. "Hai fame?" mi chiese. "Neanche più di tanto." mentii spudoratamente. Avevo una fame indescrivibile, ma non volevo passare da grassona mangia schifezze si ogni tipo, quale ero. "Con me devi mangiare." ordinò. "Come vuoi." ghignai. 'Preparati a sborzare un bel pò di grana' pensai maligna con tono inquietante. Un cameriere ci fece sedere ad un tavolo vicino le vetrate che davano sul mare e ci porse i menù. Ordinai senza pensarci risotto alla crema di scampi, frittura di calamari e patatine fritte. Mi guardò sbigottito e deglutì. "Menomale che non avevi molta fame, eh?" rise. Lo guardai imbarazzata e contenta allo stesso tempo. "Da bere?" domandò il somelier. "Coca cola." tuonai rapida, ma mi ripresi in tempo. "Vino bianco, grazie." sorrisi ironica. Non potevo fare la parte della bambina che beve coca cola in ogni dove. Cercò di trattenere le risate, ma fu inutile. Quando la bottiglia fu finita, uscimmo dal locale. Passeggiammo sulla sabbia a lungo. La spiaggia diventò quasi deserta allo scoccare delle cinque di pomeriggio. Il sole cominciava piano ad abbassarsi per sfiorare il livello dell'acqua. Era un paesaggio da cartolina, infinitamente romantico. "Che meraviglia!" commentai. "Si, ma tu sei anche meglio." sussurrò a mezza bocca. Arrossii violentemente e gli diedi uno schiaffetto sulla spalla. "Smettila di farmi imbarazzare!" Ci sdraiammo a contatto con la morbidezza della sabbia. Mi avvolse la schiena con un solo braccio e tenne l'altro sopra la sua testa. Mi rigirai verso di lui a mezzobusto e sfiorai con le dita tutto il perimetro del suo petto. I pettorali ed addominali scolpiti si intravedevano da sotto il tessuto sottile della maglietta ed erano intensamente provocanti. Avrei voluto strappargliela di dosso per contemplare il suo splendido corpo. Mi morsicai un labbro per trattenermi e mi irrigidii di colpo. Non mi rendevo ancora del tutto che lui era il MIO ragazzo e potevo fare quello che volevo, perchè mi limitavo a trattarlo come una bomboniera in vetrina da guardare solamente. "Ian, baciami." sussurrai con desiderio e gli occhi lucidi. Ne sentivo il bisogno impellente e lui non se lo fece ripetere due volte. Mi trascinò su di sè e si mise a sedere, gli aggrovigliai le gambe alla schiena mentre lui mi accarezzava le spalle. Dischiuse le labbra e catturò la mia lingua passionalmente. Ci movevamo freneticamente, spingevo sempre più contro di lui e lo feci risdraiare a terra. Gli feci sfilare la maglietta e cominciai a toccarlo voracemente. Mi gettai su di lui, ansimando. "Che ti prende?" disse staccando la bocca. Lo guardai sbalordita e confusa dal mio atteggiamento, ora decisamente non ero più io. 'Ti voglio maledettamente Ian, ecco che mi prende!' ma non lo dissi, sapevo cosa avrei suscitati in lui e non ero ancora pronta. "Scusami." risposi colpevole. 'Chissà per chi mi avrà presa! Ci siamo fidanzati da poco tempo e già lo seduco in questo modo! Riprenditi, Kristen. Lui di certo non è un verginello alle prime esperienze!' mi rimproverai. Mi stupii il fatto che si fermò in tempo, voleva rispettarmi? Oppure non mi voleva? Mi alzai senza parlare e mi avvicinai all'acqua. Lui mi raggiunse e mi abbracciò, mentre osservavo il sole tramontare beatamente.

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Capitolo 16
*** Festa di fine estate - pt 1 ***


Il sabato sera seguente i preparativi per la festa di fine estate, organizzata da Nicholas e Jennifer, erano giunti al termine. Il signor Hudson con i due bambini e la madre di Ian erano partiti verso il Canada, per trascorrere gli ultimi giorni di vacanza. La villa sembrava lo scenario di un qualche classico film adolescenziale, nel quale tutti i ragazzi del liceo si sbronzano e ballano fino all'alba. Non sapevo perchè, ma avevo il presentimento che qualcosa di interessante sarebbe successo quella notte. Erano le nove in punto, di lì a poco il giardino e la casa intera si sarebbero riempiti di adolescenti in piena crisi ormonale. "Nicholas, sei consapevole del fatto che domattina questa casa sarà un completo disastro?" sogghignai raggiungendolo in veranda. "Sinceramente la cosa non mi preoccupa. Poi, c'è quì il nostro Ian!" disse rivolgendogli lo sguardo mentre accendeva le luci del patio, "Si è gentilmente offerto di occuparsi di me durante l'assenza di papà." concluse mangiando una manciata di pop corn. "Allora se c'è lui ad occuparsi della situazione possiamo stare rilassati!" risi lanciandogli un'occhiata languida. Ian si avvicinò a me con aria spavalda e si avvolse le spalle con le mie mani. "Ho l'impressione che non sarò molto vigile." esclamò con voce seducente. Nicholas scosse la testa e si girò dall'altra parte sorridendo. Non risposi, gli stampai un bacio casto sulle labbra. Nel frattempo, arrivarono anche Rachel e Richard seguito da qualche suo amico. Corsi verso la mia migliore amica e la abbracciai forte. "Quanto mi sei mancata." confessai a bassa voce. Era da un pò che non ci vedevamo. Erano trascorse quasi quattro settimane da quando ci eravano messi insieme e non avevo quasi più tempo per qualcos'altro che non fosse Ian Somerhalder. Ci frequentavamo quasi tutti i giorni e, comunque, ci mandavamo messaggi in continuazione. I miei sentimenti per lui crescevano giorno dopo giorno, ora dopo ora, secondo dopo secondo che spendevo insieme a lui. Mi stavo seriamente innamorando di lui e sentivo che per lui, in qualche modo, era lo stesso. La sua gelida corazza si era sciolta definitivamente, ero riuscita a fargli battere il cuore. Per la prima volta in vita mia ero davvero felice. "Hey, Ric!" lo salutai con un bacio sulla guancia, dopo che mi raggiunse spostandosi da Rachel. "Kristen, ti trovo bene!" esclamò stupefatto, "Tu devi essere la causa di tutto questo, ho ragione?" allungò la mano verso Ian, che mi stava accanto. "Spero di si. Ian Somerhalder, piacere." rispose ricambiando la stretta di mano. "Richard Carter." disse asciutto e conclusivo. "Kris, questi sono un paio di miei amici." indicò con un cenno quattro persone dietro di sè. "David, Simon, Lindsay e Taylor." Voltai lo sguardo verso di loro e con disappunto notai che quelle due stavano mangiandosi con gli occhi il MIO fidanzato. "Ciao." sbottai gelida, squadrando irritata le ragazze in preda all'eccitazione che ghignavano qualcosa fra di loro senza togliere lo sguardo di dosso ad Ian. Di risposta, mi strinsi a lui con il braccio e sorrisi finta. "Amore, credo che Nicholas ti stia chiamando." sillabai allusiva. Straordinariamente Ian afferrò il concetto ed un pò imbarazzato salutò, andandosene via. 'Beccatevi questa, stronze!' mi sollevò l'aria di nervosismo che aleggiava attorno a Taylor e Lindsay, concludendo mentalmente che non potevano provarci con lui. Rachel, che mi conosceva meglio di qualsiasi altra persona, mi aveva letto nel pensiero e sorrise sghemba con un occhiolino di approvazione. "Allora, divertitevi!" replicai. Un'ora più tardi la villa si era affollata. La musica risuonava altissima nei pressi dell'abitazione e una moltitudine di coppiette ballavano a ritmo avvinghiati, fra cui Rachel e Richard. L'atmosfera cominciava a riscaldarsi ed il tasso alcoolico saliva alle stelle. Mi divincolavo fra la massa brulicante, cercando di raggiungere il giardino. Mi versai un altro bicchiere di vodka peach e schwepps lime, bevendola a grandi sorsate. Avevo perso di vista Ian, che era costantemente vigile per assicurarsi che nessuno perdesse il controllo. "Di certo il vecchietto non si sta divertendo." borbottò Jennifer sbucandomi da dietro le spalle. "Già." aggiunsi con disappunto. "È un vero peccato. La vostra prima festa da fidanzatini e non potete godervela." "Lo so, ma non possiamo fare altrime nti, ha promesso al signor Hudson di far filare tutto liscio." "Che palle!" sbuffò. "Non dirlo a me." commentai stizzita. La festa procedeva tranquilla. Le note assordanti di 'We are young" echeggiavano in giardino ed un pò impacciatamente abbozzavo un balletto in compagnia di Nicholas. Da lontano vidi Ian dirigersi verso la porta d'ingresso. Feci per seguirlo, ma mi bloccai vedendolo salutare mia sorella. "Hilary?!" sbottai confusa, provocando la reazione di Nicholas. "Eh? Che dici?" chiese. "C'è mia sorella! L'hai invitata tu?" voltai lo sguardo nuovamente. "No, penso l'abbia fatto Ian." rispose dubbioso. "Aspetta, torno subito." Mi precipitai verso di loro con un pò di rabbia, dal giorno in cui mi mise in guardia da Ian ci eravamo parlate ben poco e, ovviamente, non della nostra relazione. "Che ci fai quì?" tuonai senza nemmeno salutarla. "Sorellina, che acida! Ci ha chiamati Ian." rispose puntando il dito verso il gruppo di ragazzi che la seguivano. "Non hai altro di meglio da fare?" domandai retorica. "Abbiamo spostato quì la serata, per fare compagnia al povero Ian." "É con la sua ragazza." puntualizzai. A quelle parole scoppiò in una fragorosa risata che mi fece saltare i nervi, ma prima che riuscii a controbbattere Ian mi fermò. Hilary sospirò profondamente e fece schioccare la lingua. "Ragazzi, andiamo via." disse voltandosi, dopo avermi riservato uno sguardo raggelante, "Quà ci sono solo bambini!" Il fuoco mi usciva dalle pupille ed il sangue mi ribbolliva. Morivo dalla voglia di prenderla a pugni e toglierle dal viso quell'espressione di compiacimento. "Ma no, dai. Restate." incalzò Ian, volgendosi scontroso verso di me. Innervosita dal suo comportamento, me ne andai. 'Che grande stronzo!' pensai. Andai a sedermi sulle scale e mi scolai l'ultima sorsata di birra tolta di mano a Jennifer. Le mie riflessioni vennero interrotte da un Ian di ghiaccio. "Che ti è preso?" "Cosa è preso a me?" sbottai alzandomi in piedi, "Ti sei reso conto di aver sminuito il nostro rapporto davanti ai tuoi amici?" urlai furiosa. "Non dire stronzate!" "Falla finita, Ian! Non puoi permetterti di comportarti così." A quel punto la maggior parte delle persone presenti si voltarono a guardarci. "Stai dando spettacolo." aggiunse imbarazzato. Urlavo come una pazza, ma me ne fregavo. Odiavo essere sminuita e sopratutto da lui. "Oh certo, ora è colpa mia." mi sbracciai guardandolo fisso negli occhi. "Non ho detto questo." cercó di riprendersi. "Bhè, ricordati che ti sei fidanzato con una ragazzina!" feci il verso con la voce di Hilary, mimando le virgolette. Senza degnarmi di risposta e con espressione di rassegnazione, se ne andò. Restai lì qualche secondo, rimugginando sulla nostra discussione. Si, quello fu il nostro primo litigio ed ancora per colpa di Hilary. Non le bastava assillarmi con le 'raccomandazioni' e le 'messe in guardia da un 36enne', ora voleva anche farmici lasciare. Per quanti potevo sforzarmi, non riuscivo a capire perchè non voleva che stessi con lui. "Per me hai pienamente ragione." disse una voce a me sconosciuta. Mi voltai di getto per capire chi mi stesse rivolgendo la parola e vidi un ragazzo bellissimo. "Scusa, non mi sono neanche presentato. Mi chiamo Joseph Morgan!"

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Capitolo 17
*** Festa di fine estate - pt 2 ***


Era un ragazzo dai lineamenti prettamente inglesi: capelli biondo scuro, occhi intensi, labbra carnose e incarnato pallido con un accenno di barba. Lo guardai piacevolmente sorpresa e dopo avergli stretto la mano, risposi. "Kristen." Abbozzò una risatina sghemba. "Credo proprio di sapere chi sei." "Ah, si?" domandai divertita, incoraggiando il suo interesse. "Certo. Sei la fidanzatina di Ian!" commentò sarcastico, sottolineando quel 'fidanzatina'. Toccò un nervo scoperto. "Dio mio, mi sembra di sentir parlare mia sorella!" roteai gli occhi al cielo e feci per andarmene, ma mi prese il polso e sbarrandomi la strada mi fece fermare. "Bhè?" incalzò serio. "Che vuoi?" domandai nervosa, slegando la presa. "Adesso ti comporti davvero come una bambina." ridacchiò. "Ma chi ti conosce!" sbottai adirata. "Ehm, no. Ti conosco meglio di quanto credi." "CHE?" sbarrai gli occhi. Cominciava a farmi seriamente paura, io non lo conoscevo neppure di vista e lui sembrava sapere molte cose di me, invece. "Sono amico di Hilary e parecchie volte sono venuto a casa tua." "Wow! Scusami, ma non ricordo affatto." sogghignai. "Immagino. Eri poco...diciamo attenta!" constatò freddamente. Sussultai al solo pensiero del suo interesse nei miei confronti. La cosa mi lasciava alquanto sorpresa, per il semplice fatto che per quasi tutta la mia vita nessuno mi si era mai filato e improvvisamente, nel giro di un mese e mezzo circa, mi ritrovavo due ragazzi mozzafiato a farmi la corte. Ma stava davvero facendomi la corte? Magari erano solo mie sensazioni. Io amavo Ian e nonostante i litigi, non avevo occhi che per lui. "Dovevo davvero essere poco attenta." farfugliai morsicandomi il labbro inferiore. 'Cazzo, Kristen! Stai flirtando?' si, stavo decisamente facendo la stronzetta. Lo facevo apposta. Sperando che Mr Stronzo mi potesse vedere e morire dalla gelosia. Joseph rise malizioso e finì di bere la sua vodka liscia. "Balli?" chiese. "Naturalmente." Mi prese per mano e mi trascinò al centro del salotto, facendosi strada fra i ragazzi che si muovevano animatamente. Forse era l'alcool ad agitarsi per me, ma mi sentivo febbricitante. La vicinanza a quel tipo così bello mi rendeva elettrica. "Non so niente di te, ti va di raccontarmi qualcosina?" domandai d'improvviso, mentre mi muovevo a ritmo di musica davanti a lui. "Ma guarda, c'è poco da sapere. Ho 33 anni e vengo dall'Inghilterra..." Nascosi una risata fra le labbra. Cominciai seriamente a pensare di avere una calamita per gli over 30, dannatamente affascinanti ed era avvilente. Guardai intorno a me con la coda dell'occhio alla ricerca di Ian Somerhalder perduto. Mi mancava, ma volevo farlo impazzire. Avevo bisogno di sentirmi in potere di renderlo vulnerabile. Per almeno una volta, volevo essere io quella che gli toglieva la terra da sotto i piedi. "Interessante." commentai. "Kristen, me la togli una curiosità?" "Ehm, si." "Ian ti piace davvero?" domandò perplesso. Mi bloccai istintivamente ed assunsi un'espressione che avrebbe incendiato l'antartide. "Perchè me lo chiedi?" "Ne vorrei essere sicuro, prima di..." mimò qualche parola incomprensibilmente con le labbra. "Prima di cosa?" "Tu rispondi alla mia domanda." incalzò. "Ti piace respirare?" domandai seriamente retorica. "Capisco." "Prima di cosa, Joseph?" ribadii. "Prima di questo!" si interruppe di colpo e mi baciò sulla bocca. Le sue labbra carnose erano calde e umide, ma piacevoli da assaporare. Cercò di farmi dischiudere le labbra, ma le serrai. Mi stava piacendo quello che accadeva e mi spaventava. 'Che mi sta succedendo?' prima che riuscissi a rispondere a quella domanda, Joseph si distanziò. "Scusami, non dovevo." sussurrò. "Già." approvai confusa. Il tempo di voltarmi per andare via, sentii il rumore assordante di un vetro infranto. Era Ian che aveva buttato in terra il vaso di cristallo posto sopra il tavolino dietro di me. Aveva uno sguardo pauroso, quasi raccapricciante. Il sangue mi si gelò e smise di circolare. "Cosa cazzo ti è saltato in mente?" urlò tremante. "Quello che avresti dovuto fare tu, Somerhalder." replicò sadico. "Joseph Morgan vattene immediatamente da questa casa prima che ti prenda a pugni e ti sbatta fuori io!" Per la prima volta da quando lo avevo sentito parlare, mi faceva paura. Strinse i pugni finchè le nocche non gli diventarono bianche. Cercai di avvicinarmi, ma mi freddò con lo sguardo. "Ian, calmati." mormorai agitata. "Non dire un'altra parola, Kristen." digrignò i denti. "Ecco l'Ian che conosco! Stronzo e gelido." lo istigò ancora una volta. "Joseph, vai. Per favore." lo intimai con le lacrime agli occhi, mettendomi di mezzo a loro due per evitare il peggio. "A presto, meraviglia." mi mandò un bacio volante e se ne andò. Sospirai tirando la testa indietro. Raggiunsi Ian, gridando il suo nome sopra il volume al massimo della musica, mentre scompariva dietro la porta della veranda. Non mi degnava di risposta. Lo raggiunsi e mi avvinghiai a lui. "Lasciami da solo." sbottò divincolandosi dalla mia presa. "Oh, perfetto! Adesso pretendi di avercela con me e ti dimentichi di come ti sei comportato mezz'ora fa?" mi sbracciai seccata. "Cazzo, Kristen! Hai appena lasciato che quel Joseph ti baciasse!" urlò, mentre la vena sulla tempia destra gli esplodeva. "Non ti azzardare, Ian!" "Smettila di giustificarti!" "Non mi sto giustificando! Ti sto dicendo che sono incazzata con te e tu riesci solo ad imprecarmi contro!" "Cosa ho fatto?" "Hai lasciato che mia sorella minimizzasse quello che c'è tra di noi!" "Io non ho parlato." abbassò la voce. "APPUNTO! Tu non hai detto nulla." strozzai la voce, "Sapevo che sarebbe stato uno sbaglio." ammisi con le lacrime agli occhi. "Cosa?" mi afferró per il braccio, mentre facevo per andarmene, "Kristen, cosa?" sbottò. "Stare con te!" "Ah, si? È questo il valore che dai a me? A noi!" esclamò. Fece un altro passo verso di me e serrò la bocca, lanciandomi un'occhiata glaciale. "E perchè tu che valore gli dai?" gli intimai andandogli contro, puntandogli il dito sul viso. Ci stavamo lasciando? Non volevo, ma le parole mi uscivano da sole di bocca. Alla sua non risposta, scossi dal testa con dissenso e me ne andai. Corsi via dalla veranda e mi nascosi al campetto da tennis, mi sedei di fianco la rete e piansi disperata. Finalmente riuscivo a trovare un qualche senso alle parole di Hilary. Lui non teneva davvero a me ed io mi stavo facendo male. Davvero. Mi stavo innamorando o forse già lo ero. Quella parte della villa era insolitanente silenziosa e desolata, ma gradivo quella solitudine. Rachel mi raggiunse d'improvviso. "Come facevi a sapere dov'ero?" le chiesi, asciugandomi le lacrime con le dita. "Intuito." sorrise, sedendosi di fianco a me, "Vuoi dirmi cosa è successo?" "Non voglio parlarne, scusami." "Torniamo alla festa?" Annuii. Mentre ero occupata a scrocchiarmi le dita all'angolo della stanza, Ian mi trovò. Senza dire una parola mi baciò con dolcezza e mi fece passare tutte le paure. Mi sentivo così sicura fra la stretta delle sue braccia. "Sei molto più di quello che dice la gente per me, Kristen." confessò in un sussurro, con la forza tale da far crollare una montagna. Era come se l'avesse urlato, come se tutti avessero sentito. Mi riempii il petto di quelle parole e le ributtai fuori con due semplici parole. "Sei mio." "Sono tuo."

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Capitolo 18
*** Cuore rubato ***


La sera della festa era trascorsa da circa tre settimane e fu l'esatto momento in cui capii che ero perdumente, irreversibilmente innamorata di Ian Somerhalder. Il 22 settembre segnò la fine delle vacanze estive, che erano ormai un ricordo lontano. Quella mattina mi alzai molto presto imprecando contro la sveglia che scaraventai verso la finestra. Ciondolai davanti il guardaroba per una buona mezz'ora, arraffando un outfit decisamente trasandato: jeans strappati e t-shirt nera dei green day, abbinati a delle vans leopardate. Se Ian mi avesse vista in quelle vesti, mi avrebbe di certo lasciata in tronco. Arrancai con le braccia lungo tutto il perimetro delle pareti e scesi le scale con gli occhi semi chiusi. "Kristen, ancora quì sei?" constatò mia madre, alzando un sopracciglio. "S-ni." sbadigliai, "Jennifer sta arrivando." Afferrai il cornetto con la crema dalla tavola e lo ingurgitai in pochi morsi voraci, poi presi dal frigorifero il cartone del succo all'arancia e ne bevvi una sorsata. Lanciai una rapida occhiata al led del forno a microonde: erano le sette e ventitre. Qualche istante più tardi il clacson suonò deciso e sbrigativo, uscii di fretta e mi precipatai sul sedile anteriore. "Ciao cara!" ridacchiò Jennifer. "Oh, ti prego, dimmi che è un brutto sogno!" Lei scosse la testa divertita. Mugolai pigramente e mi croggiolai sulla comoda pelle del posto di fianco al suo. Mentre la mia migliore amica sfrecciava a gran velocità lungo la strada principale cantando a squarcia gola una canzone dei One Republic, cacciai il telefono dalla tasca dei jeans e scrissi un messaggio per il mio amore. 'Primo giorno di scuola...ho voglia di sotterrarmi!' La sua risposta non tardò ad arrivare. 'Tieni duro, mancano solo nove mesi e dopo sarai libera. P.S: io ho voglia di te!' Arrossi violentemente leggendo quelle cinque parole. 'Continua a fare quello che stai facendo, Somerhalder.' 'A che ora vengo da te pomeriggio, AMORE?' 'Dopo le cinque, ti aspetto e rivoglio il mio cuore.' spensi il led prima che potesse rispondermi, volevo conservare la sorpresa per qualche ora più tardi. Hilary e Thomas erano partiti verso la california per festeggiare il loro secondo anniversario di fidanzamento e mia madre, invece, era andata ad un convengo a Seattle. Sarei stata da sola a casa fino a tarda notte del giorno dopo. L'occasione perfetta per trascorrere la notte con Ian, ma sarei stata pronta? Due mesi di fidanzamento non erano pochi per fare questo importante passo? Mi interrogai tutta la mattinata su questo fardello che mi portavo dietro dal giorno in cui Ian mi confessò di voler fare l'amore con me, senza mostrare il minimo interesse per le lezioni che si susseguirono. "Kristen...Kristen." sussurrò Jennifer. "Eh?" bofonchiai, poggiando la testa sul banco. "La professoressa Jones ti sta guardando!" "Cosa?!" sbottai, alzandomi di scatto. "Signorina Williams." tuonò gelida da dietro le lenti degli occhiali, "Ha intenzione di dormire già dal primo giorno?" "Alle tue noiose lezioni si!" borbottai, scatenando le risate beffarde di Jennifer. "Come ha detto?" "No, professoressa Jones!" sogghignai. Lei riprese la spiegazione, ignorandomi. Passai a Jennifer un fogliettino e lei lo aprì curiosa. 'Help! Madre fuori per lavoro, ragazzo dentro casa.' 'Cazzo! Problema...' 'Si, merda. Aiutino?' 'Prega che televesione no rotta!' strappai il biglietto in mille pezzi prima che la fastidiosa, impicciona insegnante lo avesse potuto leggere. "Williams e Darren, fuori dalla mia aula!" Qualche ora più tardi, andammo in mensa e ci sedemmo al tavolo numero 4 con Nicholas e i suoi amici. "La Jones vi ha buttate fuori, eh?" rise con il benestare dei suoi galoppini. "Le voci circolano veloci!" "Più di quanto si pensi." annuì. Era molto imbarazzante. Il tempo del pranzo finì molto rapidamente e io non feci in tempo a consumare l'intero pasto. Deglutii a forza gli ultimi maccheroni al formaggio e sgattaiolai dalla porta principale. La tentazione di leggere l'ultimo messaggio di Ian era così tanta che non resistei. 'Tu hai rubato il mio e l'hai chiuso dentro te..." Il cuore mi si strinse così forte che temei potesse uscirmi dal petto. Sobbalzai e poggiai la testa alla ringhiera delle scale. Arrivai a casa in fretta e furia, erano le cinque esatte di pomeriggio. Di lì a breve, Ian sarebbe arrivato. Decisi di preparare un'atmosfera calda e romantica. Jennifer infine mi aveva spinta a seguire solamente le mie emozioni, senza spffermarmi troppo a pensare. Così, misi in sottofondo della musica lenta e chiusi lievemente le tende oscuranti in salone. Salii di corsa in camera per cambiare il mio orripilante abbigliamento. Leggins neri e maglietta monospalla furono la scelta più azzeccata. Il mio splendido fidanzato arrivò in netto anticipo e bussò alla porta. Mi guardai intorno assicurandomi che tutto fosse in ordine e andai ad aprire. "Ciao." sussurai stampandogli un flebile bacio sulle labbra, facendolo entrare. Ero un pò goffa e ansiosa. Cosa si aspettava? Ci avrebbe provato? E io avrei acconsentito? Chiusi la valvola del pensiero e misi a tacere le paure.

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Capitolo 19
*** Give me love ***


"E questa musica?" disse sorpreso, lanciandomi un'occhiata accattivante. 'Merda! Spero non abbia frainteso...sarebbe un bel problema!' pensai speranzosa. "Ehm." mugolai, "Vecchio cd." sputai la prima cosa che mi passò per la testa. Feci spallucce e risi isterica. Ero nel più completo imbarazzo, ma perchè? Perchè quella situazione mi sconvolgeva a tal punto? Mi ero bloccata. Ero impietrita al solo pensiero che lui si aspettasse qualcosa di più, ma come poteva essere possibile se solo qualche settimana prima mi precipitavo sul suo corpo senza pensarci due volte? 'Quella volta al mare...' riflettei, ma Ian mi distolse dai miei pensieri. "Stai bene, Kristen?" mi schioccò le dita davanti gli occhi. "Eh? Si. Si." farfuglia e corsi a spegnere lo stereo. "Perchè sei così elettrica?" domandò frastornato. "Sto bene." mentii spudoratamente. Non era affatto tutto apposto. Non capivo perchè davanti a fatti concreti mi comportavo in quel modo, quando non avevo fatto altro che desiderare di passare una notte d'amore con lui. Forse avevo bisogno di più sicurezze? O più semplicemente mancava qualcosa? "Farò finta di crederti." Ero rimasta impietrita davanti l'apparecchiatura e premevo forte con le dita le tempie. Ian si avvicinò verso di me e mi si accostò dietro. Adagiò le mani attorno la mia vita e iniziò a lasciare teneri baci all'altezza del collo. Con un movimento rapido mi fece girare verso di lui e restò a fissarmi con i suoi occhi dal colore del cielo, facendomi irrigidire ancora di più. Rivolsi lo sguardo verso il soffitto e mi lascia andare, sotto la sua guida esperta, a tutto ciò che stava facendo di me. Infilò la mano dietro la nuca e intrecciò le dita con delle ciocche di capelli, impiegó l'altra con carezze passionali lungo tutto il perimetro della schiena. Rilassai poco a poco i muscoli del corpo e gli cinsi le spalle con le braccia, dischiudendo a mia volta le labbra e lasciare che la sua lingua catturasse la mia. Il modo in cui Ian Somerhalder mi baciava, mi disarmava spaventosamente. Mi rendeva vulnerabile e odiavo sentirmi in quel modo, perchè poteva ferirmi da un momento all'altro senza che io potessi difendermi. Lui mi avrebbe fatto del male, come tutti. Fu nel momento esatto in cui stava per sfilarmi la maglietta di dosso che ebbi il coraggio di fermarmi. "No." sussurrai con fermezza, "Non posso, Ian." "Perchè?" domandò allibito, "Non c'è niente che te lo impedisce!" constatò serrando la mascella. "Si, invece. Io." mi distanziai dalla sua presa e ritrovai la lucidità. "Hai paura." affermò roteando gli occhi, "Prometto che non ti farò male." Lo fissai sbigottita spalancando gli occhi. Come poteva pensare che avevo paura del dolore fisico? 'Mr Stronzo sta tornando.' "Pensi che io abbia paura di questo?!" tuonai iraconda, "Ho paura di quanto mi farai soffrire, Ian." "Ma cosa stai dicendo!" si portò una mano sulla fronte e cominciò a muoversi avanti e indietro per la stanza. "Si, mi farai del male. E sai perchè?" lo interrogai retorica, "Perchè tu non ci sei dentro quanto ci sono io!" gridai con la voce rotta. "Che ne vuoi sapere tu dei miei sentimenti?" mi additò, avvicinandosi. "Non li so. É proprio questo il punto, io non so cosa tu provi per me." Avevo centrato il tasto dolente di tutte le mie paure e lo capii in quel momento. "Io..." borbottò per poi tacere immediatamente. "Tu mi ami?" implorai piangendo. Lui non rispose. "Dimmelo, Ian. Dimmi cosa provi per me!" Ormai le lacrime mi scendevano senza freno. Come potevo essere stata così stupida? Stavo elemosinando amore. 'Che vergogna.' pensai. Mi vergognavo di me stessa. "Mi hanno fatto del male tutti quanti, Ian." confessai, "Ma speravo che almeno tu fossi diverso." "Non capisco cosa ti aspettavi in più da me..." "Mi aspettavo amore. AMORE." "Non t'ho dato niente? È questo che stai dicendo?" "No, non dico questo, ma pensavo e speravo che volessi di piú per noi." "Tutta questa storia perchè non vuoi farlo adesso? Va bene, aspetto!" si sbracciò, esclamando quelle parole con freddezza. Il suo cuore era veramente gelido. "Non c'è bisogno." sussurrai nascondendo il dolore. Mi aveva ferita da morire. Un pugno in pieno stomaco avrebbe fatto meno male, perchè la morsa che sentii dentro mentre pronunciava quelle parole era gigantesca. "Adesso ti accorgi di non essere pronta?" cominció ad alzare la voce. "Se si dice 'fare l'amore' un motivo c'è!" tuonai, portandomi le mani ai capelli. "Non c'è bisogno di quello!" Spalancai le le palpebre e strinsi i pugni più forte che potei. Un tuffo mi colse il cuore e mi bloccò il respiro. Stavo veramente ascoltando quelle parole? Uscivano veramente dalla bocca del mio Ian? "Sapevi a cosa andavi in contro, quando ti sei fidanzata con un uomo di 36 anni!" "A cosa andavo in contro..." ripetei allibita, "Il problema è che io ti amo, Ian. Ti amo con tutto il cuore. Ti amo come non ho mai amato nessuno, in quel modo che ti fa smettere di mangiare e di pensare ad altro che non sia tu. Ti amo così tanto che sei tu il centro del mio vivere e può sembrare ridicolo che ti amo più di quanto ami me stessa, ma tu no...e io non voglio avere un altro motivo che mi leghi ancora così tanto a te." "Non so cosa dirti." ammise con tono colpevole. "Perchè mi hai fatto questo?" Non rispose nuovamente. Si limitò a stamparmi un gelido bacio sulla fronte, prese il giacchetto e fece per andarsene. "Forse è meglio che per un pò non ci vediamo." concluse e sbattè la porta dietro di se. Violentai me stessa, affinchè non corressi dietro di lui e piangergli addosso. Mi accasciai al pavimento e piansi disperata, gridando più forte che potevo. Perchè non la facevamo finita? Perchè la speranza che ci fosse una via migliore mi faceva venire voglia di restare? C'era qualcosa che non mi diceva, qualcosa che lo bloccava e gli aveva fatto congelare il cuore. Cosa gli avevano fatto? Se non mi amava, perchè non mi aveva lasciata? 'Ti farai male.' ripensai alle parole di Hilary. ed erano vere. L'amore per Ian Somerhalder mi aveva distrutta. Voleva restare un pó di tempo lontano da me, ma per fare cosa? Voleva riflettere? O voleva solamente lasciarmi il tempo di smaltire il dolore per poi porre fine alla nostra storia? 'Quando siamo insieme io lo sento vero.' pensai, sforzandomi di crederci. Mi convinsi sempre di più che qualcosa nel suo passato gli aveva distrutto l'anima, perchè nei suoi occhi io leggevo che mi amava. Erano solo castelli di sabbia? Dovevo smetterla di buttar giù scuse per giustificare il suo comportamento. Continuai a piangere disperata, con la certezza nel petto di voler scoprire cosa nascondesse il suo lato oscuro. Non poteva aver finto, non potevo e non volevo crederci.

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Capitolo 20
*** Sola ed unica ***


Restai un tempo indecifrabile a fissare lo schermo del cellulare, cliccando ripetutamente il suo nome sulla rubrica. 'Scrivi messaggio', selezionai. Avevo così tante cose da dirgli e da fargli sapere, dentro di me avevo un uragano di parole, ma niente sembrava abbastanza. Forse io non ero abbastanza. Provavo una fottuta paura di peggiorare le cose, ma io volevo sapere cosa nascondeva il suo passato. Desideravo solo che sapesse, ancora una volta, quanto lo amavo. Trovai alle tre di notte il coraggio di trascrivergli i miei pensieri. 'Sei stato nella mia mente per molto tempo dopo che ti ho conosciuto e ogni giorno perdevo un pezzo di me stessa, semplicemente pensando al tuo nome. Solo Dio può sapere quanto la nostra storia mi stia prendendo cosí tanto nel profondo, da far sparire tutte le mie paure. Tu sei l'unico che io voglia veramente. Non so perchè ho paura di ogni sentimento, perchè l'ho immaginato tutte le notti quando non c'eri. Non saprai mai cosa potrebbe accadere, se non provi a dimenticare il tuo passato ed essere semplicemente mio. Lasciami essere il tuo tutto, la sola e l'unica. Ti prometto che ti stringerò sempre fra le braccia e ti curerò tutte le ferite, ma dammi la possibilità di provarti che solo io camminerei mille miglia solo per vederti un attimo. Se sono mai stata nei tuoi pensieri, assimila ciascuna parola che esce dalla mia bocca e perdi un pò di te stesso anche tu. Pronuncia il mio nome e prova ad amarmi come vedo nei tuoi occhi. Scelgo di percorrere la tua stessa strada e di esserti accanto in ogni circostanza, ma dammene solo una ragione. So che non sarà facile lasciarmi entrare nel tuo cuore, non sono perfetta, ma abbi fiducia in me. Lascia che io sia la tua sola ed unica.' Misi in quello scritto tutto il mio cuore e piansi per tutto il tempo. Con iniziale riluttanza, cliccai su 'invia messaggio' e chiusi gli occhi, sperando al più presto in una sua risposta. Ripensando costantemente a ciò che era successo solo il pomeriggio, capii che Ian Somerhalder aveva sofferto tanto quanto me o forse di più. Era il suo passato ad impedirgli di amarmi incondizionatamente e con tutto sè stesso. Leggevo nei suoi occhi la paura di innamorarsi ancora. Mi convinsi sempre di più che quella Nina Dobrev, era la causa di tutto. Mi rigiravo smaniosamente nel letto di mia madre, quando il telefono vibrò violentemente. Ricevei la sua risposta alle quattro e dodici di mattina. 'É sveglio anche lui...' pensai e ne fui più che felice, perchè significava che mi stava pensando. Avevo il terrore di leggere le sue parole. In quei caratteri ci avrei trovato qualcosa che mi avrebbe spezzato il cuore? Le lacrime mi si bloccarono all'altezza dei zigomi e mi inumidirono la pelle. Trattenni il respiro e aprii il messaggio di testo. 'Sono parole bellissime, ma non credo che a questo punto possano servire a qualcosa. Il problema non sei tu, sono io. Devo allontarmi da te prima che sia troppo tardi...non cercare nel mio passato, potresti trovare qualcosa che non ti piacerebbe.' "Prima che sia troppo tardi." ripetei singhiozzante, "É già troppo tardi..." lasciai cadere le lacrime. Ci stavamo davvero lasciando? In quel modo, con uno schifoso messaggio? E per quale motivo poi? Cosa era successo così all'improvviso? Dovevo sapere. In quel preciso istante. Mi vestii con i primi indumenti che trovai nell'armadio e scesi di corsa in garage, con il cuore a mille. Frugai furiosamente nella cassetta dei mazzi di chiavi e presi quelle della Ford bianca, mezza scassata, di Hilary. Con il telecomando alzai la serranda elettrica e picchiai sull'accelleratore, con lo sfondo all'orrizzonte delle prime luci dell'alba. Il cielo si tingeva di un flebile color ocra e le nubi poco a poco prendevano forma davanti il reverbero di luce del sole mattutino. Andavo a cento all'ora, centoventi, centoquaranta. Alla sola idea che potesse essere finita veramente, avrei voluto schiantarmi. Picchiai forte il pugno sulla testa e gridai dal dolore, ma quale dolore era più forte? Scesi in fretta dall'auto e raggiunsi l'appartamento di Ian nel centro di Derlington. Bussai con più forza che potei alla porta d'entrata numero 5 di casa sua. "Ian! Ian!" urlai, noncurante dell'orario e della possibilità di poter svegliare l'intero quartiere. Qualche istante più tardi mi aprì di tutta fretta e con apprensione mi fece entrare. "Sei impazzita? Sai che ore sono?" disse prendendomi per un braccio. "Non me ne frega un cazzo!" "Non potevi telefonarmi?" farfugliò serrando la mascella. "Cosa cazzo dici? Tu sei impazzito." gridai isterica, "Perchè mi hai lasciata?" "Lo sapevamo fin dall'inizio che non avrebbe funzionato, ma abbiamo ugualmente deciso di autolesionarci!" "Ok, tu sei veramente impazzito." "No, sono molto lucido e vedo le cose per ciò che sono." abbassó gli occhi. "No, deve esserci qualcosa che non mi hai detto!" insistei, "Non puoi avere cambiato idea da un momento all'altro." "Ti ripeto che non devi scavare nel mio passato." "PERCHÈ?" "Vattene, Kristen. Non voglio più vederti." "C-cosa?" balbettai. "Hai capito. Vai via e non cercarmi più." strinse i pugni, "Mai." scandì chiaramente. Trattenni a stento le lacrime, spalacando la bocca. Ero ferita. Il cuore mi si era spaccato in due. Non poteva essere vero. Non volevo crederci, ma fu più forte di me il desiderio di sparire. "Sei un bastardo, Ian." singhiozzai, "Io ti odio." esclamai fuggendo via e sbattei la porta così violentemente che temei di romperla. Percorsi rapodamente i gradini della scalinata e salii in macchina, sfrecciando a gran velocità sulla strada principale. "Stupida, stupida, stupida!" imprecai contro me stessa, battendo sul volante. Nella testa quelle parole mi risuonavano, facendomi diventare matta. 'Allora mi sono inventata tutto!' pensai. Come potevo esser stata così cieca? "Dove hai buttato il mio amore? Non sò se sia meglio sparire, dar retta all'orgoglio e sicuramente sbaglio, ma io ti voglio! E non me ne importa niente di te e dei tuoi occhi chiari! Ti odio! Ti odio!" urlai contro la figura trasparente di Ian che immaginai davanti di me, "Ma perchè sei tanto bello? Perchè non te ne vai dalla mia mente?" continuai. Lasciai la macchina davanti il vialetto di casa e mi lasciai andare in un pianto disperato. Incolpai me stessa di quello che era appena accaduto. Ero io l'unica ad aver creduto nella nostra relazione ed ora ne pagavo le conseguenze. Meritavo di soffrire, perchè lo avevo amato troppo. Ripensai ancora alle parole di Hilary e riflettei su quanto fossi stata imbecille. Aprii lo sportello e scesi dall'auto con l'animo in frantumi. Feci per attraversare il perimetro del ciglio della strada e sentii un assordante rumore di clacson, seguito da un'abbagliante luce che man mano si faceva più vicina. Ebbi a malapena il tempo di comprendere ciò che stava accadendo, ma non riuscii a mettermi in salvo. Una macchina aveva sbandato e mi aveva presa in pieno. Sentivo il corpo frammentarsi e il sangue defluirmi lentamente dalla testa. Guardai l'immagine del cielo sfocarsi nitidamente, sdraiata sull'asfalto. Una voce gridava 'aiuto!'. Pensai ad Ian e tutto si fece buio.

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Capitolo 21
*** In nome dell'amore ***


Cominciai a sentire in lontananza un vocifero ovattato, poi sempre più definito. Era la voce di mia madre, che singhiozzava. Come era possibile che la stessi sentendo? Lei era a Seattle e sarebbe tornata a casa solo l'indomani. Poi perchè piangeva? Strizzai gli occhi, che mi bruciavano come se fossero trapassati da una raffica di vento nel deserto. "Sta dando qualche segno di vita." constatò una voce rauca, mentre mi toccava con due dita il polso. Non capivo cosa stesse accadendo o dove mi trovassi. Aprii lentamente le palpebre ed ebbi davanti a me la visuale di un soffito immacolato e candido come la neve d'inverno. Vacillai qualche secondo con la mente e le immagini si distorsero alla mia vista, acquistando nuovamente una forma ben delineata. "Bambina mia!" mugolò mia madre, portandomi le braccia al collo. "M-mamma." farfugliai faticosamente, "Che è successo?" "Hai avuto un incidente, molto grave e sei rimasta priva di conoscenza quattro giorni." disse con la voce rotta, "Ho avuto tanta paura!" Ricordavo esattamente l'incidente, ora che ci pensavo e in quel frangente mi tornò alla mente anche tutto quello che era accaduto prima. 'Ian.' pensai. Il dottore si avvicinò e mi fece delle domande riguardo il mio stato psico-fisico e testò la mia memoria. "Chi è venuto quà questi giorni?" saettai, come se del resto non mi importasse. "Tua sorella è tornata due giorni fa dalla California, era molto preoccupata e anche Thomas." "Nessun'altro?" domandai speranzosa. "Jennifer e Rachel ti sono rimaste accanto fino a qualche ora fa..." Compresi che Ian non si era fatto vivo. 'Perfetto!' pensai con l'animo in frantumi. Avrei potuto morire e lui non si era neanche degnato di farmi visita e, d'altronde, se mi trovavo in quelle condizioni era anche a causa sua. Allora non gli importava davvero niente di me? Hilary sicuramente lo aveva informato, ma lui non aveva battuto ciglio. "Ora che ci penso, ieri un ragazzo di età circa quella di tua sorella stava andando via, mentre stavo arrivando." si portò un dito sul mento, pensierosa. "I suoi occhi! Com'erano i suoi occhi?" tuonai, alzandomi con la schiena e per poco non sradicai la flebo che avevo attaccata sull'avambraccio. "Tesoro, mi prendi proprio alla sprovvista." esclamò sorpresa, "Ha detto di chiamarsi...Mh, Joseph. Mi sembra." "Joseph." ripetei allibita. Come aveva fatto a sapere del mio incidente? E perchè lui era venuto e non Ian? "Tra quanto mi fanno uscire?" sbottai accigliata. "Ti terranno sotto osservazione ancora qualche altro giorno." indicò con lo sguardo la fasciatura che avevo alla testa, "Hai perso molto sangue." Quella macchina mi aveva investita e per poco non mi uccideva. 'L'avesse fatto, almeno finiva tutto!' riflettei con il desiderio di non essere più in vita. Ciò che provavo non riuscivo a descriverlo a parole. Qualche ora più tardi mia madre si era appisolata sulla poltrona a pochi passi da me e, seccata dalla costrizione, frugai nei cassetti del mobile accanto la struttura in ferro, alla ricerca di qualcosa che non sapevo neanche io. Trovai un mazzo di tulipani gialli mezzo appassito, con allegato un bigliettino. 'Non posso starti ulteriormente accanto, ma l'importante è che tu torni presto quella che eri. Joseph.' lessi tutto d'un fiato. Perchè quel mazzo di fiori era nascosto? Perchè nessuno voleva dirmi niente di quello che era successo in mia assenza? La testa mi esplodeva e non capivo più niente. "Hey!" sussurrò mia sorella, entrando cautamente nella stanza. "Hilary!" la abbracciai con poca forza, ero stremata. "Finalmente ti sei svegliata e sei..." si interruppe quando notò il mazzo di fiori che avevo in grembo, "Avrei dovuto buttarli!" aggiubse furiosa. "Cosa?" domandai perplessa, "Ma hai detto tu a Joseph che ero quì?" "Joseph Morgan?" incalzò e io annuii con un cenno del capo. "Si è firmato con il suo secondo nome quel bastardo. Gli avevo intimato di starti alla larga!" strinse i pugni e serrò la mascella. "Secondo nome? Intimato?" borbottai confusa. "Ian Joseph Somerhalder." puntualizzò, "Ha avuto la faccia tosta di presentarsi, dopo quello che ti ha fatto!" In quel frangente realizzai tutto. Ian era sempre stato accanto a me, ma Hilary gli aveva impedito di vedermi, ecco qual'era il significato della scritta sul biglietto. "Perchè Hilary?" gridai isterica svegliando la mamma, "Perchè ti intrometti nella mia vita?" "Ti è così difficile capire che lui ti ha fatto solo del male?" sbottò, portandosi le mani ai capelli. "Sono grande abbastanza per difendermi da sola!" aggiunsi con le lacrime agli occhi. Hilary stava rovinando quel poco che era rimasto della mia relazione con Ian. "Sei solo una stupida!" concluse, per poi girare i tacchi e andarsene. Mia madre la inseguì di corsa con aria stralunata, senza degnarmi di una parola. Rovistai nelle vicinanze in cerca del cellulare, che naturalmente non trovai. Avevo un disperato bisogno di chiamarlo, ma la fortuna mi remava contro. Seppur debole e incline allo svenimento, mi strappai via la flebo e mi alzai per raggiungere la borsa di mia madre e prendere il cellulare dalla tasca. Mi sentivo le gambe molli e la pressione a zero, ma il desiderio di udire la sua voce era più forte. Composi velocemente il numero, che conoscevo a memoria, e attesi che mi rispondesse. "Si, pronto?" "Ian" esclamai con tutto l'amore che potevo. Rimasi in silenzio qualche istante, probabilmente spiazzato dal sentirmi viva e vegeta. "Dio ti ringrazio, sono morto dalla paura!" ammise con la voce rotta. "Ti prego, vieni da me." lo supplicai e di rimando rispose senza attender un secondo in più. "Corro da te, amore. Quante cose devo spiegarti..." "Ho bisogno di te, non tardare. Ti ho aspettato tanto!" Mia madre irruppe nella stanza non appena finii di pronunciare quelle parole e rimase sbigottita. "Kristen!" sgranò gli occhi e mi strappò il telefono di mano. Lei e mia sorella non approvavano la mia storia con Ian Somerhalder e non tolleravano minimamente che io continuassi ad amarlo dopo quello che mi aveva fatto. Lo incolpavano della mia sofferenza e del fatto che fossi finita in un letto d'ospedale, priva di conoscenza per quattro lunghi e strazianti giorni. "La dovete smettere di intrommetervi nella mia vita! Ho il diritto di decidere per il mio bene." "Il tuo bene, Kristen!" mi rimbeccò, "Lui non va bene per te, oltre ad essere troppo grande è uno stronzo lunatico!" Dovevo ammettere a me stessa che non aveva tutti i torti, un pó lunatico lo era davvero e anche stronzo, ma io l'amavo e non potevo farci niente. Mi era entrato nella pelle. "Volete capire che lo amo? Lo amo così tanto che a questo punto sarebbe impossibile lasciarlo andare." "Ci sei andata a letto?" sbottò con un brivido che le percorse la schiena al solo pensiero. "Non ho intenzione di parlarne con te!" "Kristen, rispondi!" ringhiò velenosa. "No! Per lo meno non ancora, ma non deve riguardarti la mia vita sessuale con il mio fidanzato." gridai senza alcun freno e si scatenó il putiferio in quella stanza. Le urla si sentivano per tutto il reparto e l'infermiere intervenne per placare gli animi. Ian entrò di soprassalto e, spaesato, mi raggiunse per poi stringermi fra le braccia sotto gli occhi increduli di mia madre che poco dopo se ne andò come aveva fatto Hilary. Sembrava che gli importasse di più che facessi quello che dicevano loro, invece che la mia felicità, ma non avevo intenzione di lasciare Ian per i loro capricci. Se avessi dovuto soffrire, lo avrei fatto esclusivamente per colpa mia e avrei dovuto sbatterci la faccia da sola. "Per fortuna che sei quì!" singhiozzai. "Non mi perderai mai più, te lo prometto. Ho deciso di raccontarti tutto quando, Kristen." confessò e lo guardai stupita. Finalmente avrei saputo cosa attanagliava la sua

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Capitolo 22
*** Verità svelate ***


Ian, notando la debolezza che persisteva, mi fece sdraiare sul letto e mi vietò categoricamente di muovere ancora un solo muscolo. Quella costrizione al letto d'ospedale cominciava a starmi stretta e mi agitava di gran lunga. La ferita che avevo all'altezza delle tempie mi pulsava di continuo, obbligandomi a socchiudere le palbebre ogni qual volta provavo a sforzare più del dovuto la vista. "È tutta colpa mia, Ian." cercai di rassicurarlo dal suo evidente senso di colpa, "Sono stata imprudente e sciocca." "Non pensarci neanche lontanamente! Dovevo prendermi cura di te." ammise con un rimorso velato. "Lo stai facendo adesso." ribadii. "Bel modo di proteggerti." alluse disgustato a ciò che non ebbe il coraggio di fare. "Resta con me stanotte." sbottai con la più completa sincerità, senza preoccuparmi delle conseguenze. Ian, che aveva preso posto su una sedia di fianco a me, rimase sbigottito da quella proposta così improvvisa. "È il minimo che possa fare." "Lo devi fare perchè lo vuoi, non perchè devi " esclamai fissandolo negli occhi, tentando di carpire la verità attraverso lo specchio dell'anima. "Non desidero altro che esserti accanto." mi prese la mano e la baciò teneramente. Gli sfiorai una guancia con le dita e sorrisi debolmente. Sentivo nel profondo una stanchezza mai provata e l'unica cosa di cui avevo bisogno era riposare, ma in quel momento avevo ben altro di cui occuparmi. Finalmente era giunto il momento in cui Ian Somerhalder mi avrebbe rivelato cosa si celava nelle profondità del suo cuore. Tutti i nodi sarebbero giunti al pettine e io avrei fatto chiarezza sulla nostra relazione. "Ti ascolto, Ian." aprii il discorso prontamente. "Ti sembra il caso di farlo ora?" domandó perplesso, "Sarà tutto molto intenso. Dovresti riposare prima." "Forse hai ragione, devo essere nel pieno delle forze, così potró strizzarti per bene." sorrisi sarcastica e lui ricambió con un'occhiata languida. Qualcosa dentro di me si elettrizzava ogni qual volta le sue labbra prendevano la forma di una curva perfetta e lasciavano intravedere la sua dentatura perfetta. Dopo tutto quel tempo, il ragazzo piú perfetto di questa terra riusciva a disarmarmi con un semplice sorriso. Sarei mai riuscita io a fare tanto? Lui era la causa di tutte le mie debolezze, era il motivo per cui sentivo mancarmi la terra sotto ai piedi e allo stesso tempo mi completava, tirando fuori la parte migliore di me. Lo amavo dal più profondo del cuore e prima o poi glielo avrei detto. Si avvicinò ancor piú a me e mi accoccolai al suo braccio che mi avvolgeva il viso, provando a cadere nel mondo dei sogni. Ma cosa avrei potuto sognare se tutto ciò che avevo sempre desiderato era incarnato in Ian Somerhalder? La mattina seguente mi svegliai lentamente con il calore del corpo del mio perfetto fidanzato, che si era disteso con il mezzo busto ai piedi del letto. Aprii gli occhi e vidi i raggi del sole colpirgli il profilo statuario, beandomi di quella visione paradisiaca gli sussurrai lentamente 'buongiorno' e poco a poco riprese anche lui la coscienza. Gli tesi una mano e la afferrò senza troppi indugi, accarezzandola. Ovunque guardassi intorno non c'era traccia della presenza di mia madre, eravamo rimasti soli io e lui tutta la notte. "Qualche ora dopo che ti sei addormentata hanno chiamato le tue amiche, gli ho detto di riprovare questa mattina sul tardi." "Oh, Jennifer e Rachel!" ripetei sorpresa, come se non ricordassi più chi fossero. L'incidente mi aveva creato qualche problema di concentrazione. All'improvviso entró un infermiere seguito da un uomo con un lungo camicie bianco. "Signorina Williams." lesse il nome sulla cartella clinica, "Come si sente quest'oggi?" domandò rivolgendomi l'attenzione. "Bene, un pò stanca, ma bene." ammisi. "La stanchezza è più che normale, ma le sue condizioni sono a dir poco sbalorditive data la gravità dell'incidente che l'ha vista coinvolta." "È una fortuna che sia viva?" lo interrogai senza troppi peli sulla lingua. "Poteva andarle peggio." sorrise, nascondendomi la realtà dei fatti e si limitò a farmi qualche altro controllo. "Quando potrà uscire?" "Lei è un familiare?" "Ehm, sono il fidanzato." Com'era bello sentire quella parola. 'Fidanzato' ripetei all'infinito nella testa. "Se la signorina se la sentirà, potrà essere dimessa domani." concluse e se ne andò. Guardai Ian aspettando che si ricordasse che avevamo una conversazione in sospeo e d'un tratto intuì che doveva cominciare a raccontare, ma senza proferire parola prese un foglietto dalla tasca dei jeans e me lo porse. "Cos'è?" "Leggi e capirai." Aprii il post-it frettolasamente e notai la rapidità con quei l'inchiostro aveva macchiato la carta. 'Mi dispiace, ma non posso sposarti. Devo pensare a me e alla mia carriera adesso. Addio, Nina.' Lasciai cadere quello stropicciato pezzo di carta sul lenzuolo di cotone e sgranai gli occhi. Nina Dobrev aveva rifiutato la proposta di matrimonio di Ian ed era questa la ragione per cui lui faticava a fidarsi delle persone e ad aprire loro il cuore. In quell'istante, compresi il perchè di tutta quell'iniziale fredezza che aveva nei miei confronti e tutto si fece chiaro. "Ian, io..." provai a dire qualcosa, ma non uscì niente dalla mia bocca. Lo abbracciai d'istinto e lo coccolai fra le mie braccia. "Non mi fa più male da quando ci sei tu nella mia vita, ma spero che ora tu capisca il motivo per il quale non riuscivo a sbilanciarmi piú di tanto con te e confessarti ciò che provavo veramente. Dopo la rottura con Nina, ho attraversato un brutto periodo del quale non vado molto fiero e forse è per questo che Hilary vuole che io ti stia lontano, ma io non posso Kristen." confessò con il cuore in mano e per la prima volta sentii che le sue parole erano pure come l'amore che io provavo per lui, limpide come l'acqua. "Mi dispiace infinitamente." "No, sono io ad essere dispiaciuto. Perchè non dovevo farti scontare quello che mi avevano fatto." Mi sentii una perfetta idiota, perchè non avrei mai potuto immaginare cosa si nascondesse dietro la gelida corazza che in quell'arco di tempo Ian si era tenuto ben saldo addosso. In un batter d'occhio, sentivo di non doverlo più incolpare di niente, ma mi promisi che lo avrei aiutato ad uscirne fuori e lo avrei reso felice come meritava.

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Capitolo 23
*** E ti amo davvero ***


La notte passò in fretta tra le muscolose braccia di Ian. A fatica riuscii ad addormentarmi, tanta era la voglia di guardarlo ogni istante che si sarebbe susseguito. La mattina di buon ora mia madre fece capolino da dietro la porta della stanza, ignorando palesemente la sua presenza. Si trattenne ferocemente dall'imprecargli contro. Mi disse che sarebbe dovuta correre nuovamente a Seattle per riprendere il lavoro lasciato in sospeso a causa del mio incidente e che mia sorella sarebbe rimasta a casa per badare a me. Così, decisi di firmare il referto per la dimissione e mi feci accompagnare a casa da Ian. Per tutto il tragitto in macchina mi tenne la mano con dolcezza estrema, mai usata prima di quel momento. Forse la possibilità di potermi perdere gli aveva fatto capire quanto importante ero per lui. Varcammo la soglia della porta e la casa era stranamente deserta. Lessi un messaggio di mia sorella che mi avvertiva che sarebbe stata di ritorno l'indomani. Mi gettai sul divano e rilassai tutti i muscoli, beandomi della compagnia del perfetto Mr Dolcezza. "Ian..." sussurrai guardandolo farsi piccolo accanto a me, "Perchè l'hai conservato?" domandai perplessa, evitando di lasciar trapelare la gelosia che provavo dentro nel pensare che provasse ancora qualcosa per Nina. "Decisi che avrei dimostrato a me stesso che non avrebbe più avuto il controllo della mia vita e che, leggendolo, non ci sarei stato più male." "Capisco." dissi sottovoce. "Kristen, guardami." mi prese il mento con due dita e lo alzò finchè i nostri occhi non si incrociarono, "Nella mia testa ci sei solo tu." "Ti prego, Ian. Dimmi cosa provi per me, perchè non posso più permettermi di innamorarmi di te senza sapere che almeno un pò questo sia ricambiato." confessai trattenendo a stento le lacrime. Stavo praticamente ammettendo davanti a lui che lo amavo? Ero decisa a perdonarlo, ma mai mi sarei dimostrata ancora fragile davanti a lui. "Voglio essere profondamente sincero con te. Non provavo nulla nei tuoi confronti, ma mi piaceva il modo in cui mi rivelavi goffamente il tuo interesse." si perse in una risata, "Poi, però, hai cominciato lentamente a farti largo nel mio cuore e il pensiero di te si impadtoniva sempre più della mia mente, io ripetevo a me stesso che non poteva essere possibile che una ragazzina mi stesse prendendo così tanto. Non credevo più nell'amore, ma tu hai sorriso e nei tuoi occhi ho visto la semplicità e la purezza del sentimento che cresceva giorno dopo giorno dentro di me. Con la tua dolcezza mi hai fatto..." si bloccò di colpo. "Cosa? Dimmelo, Ian." lo supplicai con angoscia. "Mi hai fatto innamorare. Io ti amo, Kristen Williams. Ti amo più dell'umanamente possibile, in un modo che mi è sempre sembrato così sbagliato da non fartelo mai sapere. Credo di amarti da quel momento in cui, a casa di Nicholas, i nostri corpi si sono toccati. Ti amo così tanto che mi fa star male e sono stato costretto a mentirti, a dirti delle bugie per farti allontanare da me, perchè avevo una fottuta paura di soffrire ancora. Ma quando ho temuto di perderti per sempre, tutto mi è sembrato così effimero che avrei maledetto me stesso se tu non avessi più aperto gli occhi." Persi mille battiti cardiaci nell'udire quelle parole tanto bramante in quei due mesi e mezzo della nostra relazione. Avevo sognato intere notti il momento in cui mi avrebbe dichiarato di amarmi e molto avidamente ingurgitai quelle frasi, saziandomene in ogni cellula. Tutto intorno a me stava girando e non era il trauma cranico, era la consapevolezza che i miracoli avvengono. Lui era il mio miracolo. "Oh, Ian." singhiozzai, "Sono innamorata di te dal primo momento in cui i tuoi splendidi e profondi occhi hanno incontrato i miei. Al diavolo mia madre, mia sorella e il loro disappunto. Al diavolo i diciotto anni che ci separano, io ti amo piú della mia stessa vita. " gli buttai le braccia al collo e ci lasciamo andare in un bacio senza precedenti. Dischiudemmo le labbra all'unisono e le nostre lingue si catturarono vorticosamente, esprimendo molto più di quanto avessero potuto fare le nostre bocche con il suono della voce. Non c'era più bisogno di dirci niente. Ci amavamo e tanto bastava. "Amarti credo sia uno sbaglio, ma è la cosa più giusta che faccio. Ti amo anche se è incomprensibile per la gente che non sà quanto ti amo e che doveva succedere a questa età." "Ti amo come se non avessi amato mai, senza che abbia fatto niente per volerlo." "Mi sento così ridicolo!" rise della situazione, lasciandomi un altro bacio a fior di labbra. "In effetti questa è un'altra situazione da film." confermai. L'ultima volta che avevamo vissuto una scena in stile film romantico, avevamo quasi fatto l'amore nel bagno di casa Hudson. Al solo ricordo, l'immagine mi si presentó vivida davanti gli occhi e mi lasció un tumulto nel petto. "Rammento perfettamente quel giorno." "É stato bellissimo, per quel che riguarda me almeno. Avrei voluto che continuasse." ammisi ansimante. "Voglio davvero fare l'amore con te, Kristen. Adesso come allora, ma con la consapevolezza di amarti nel profondo." "Anch'io voglio fare l'amore con te, Ian." Mi prese dalla vita e mi avvicinó ancor più a lui, catturandomi le labbra. Si distese sopra di me e cominciò lentamente a sollevarmi la maglietta, poi si concentrò nel darmi baci umidi in tutto il perimetro del collo. Gli afferrai i capelli e li strinsi fra le dita, premendogli la testa contro la mia pelle. Si stanziò fra le mie gambe e sentii qualcosa premere contro il mio inguine. Qualcosa che immaginavo benissimo essere la sua 'eccitazione'. Il cuore mi batteva forte e il sangue mi pulsava nelle vene più velocemente che mai. Mi alzai con la schiena e mi ritrovai faccia a faccia con lui, fissandolo nei suoi occhi azzurro cielo. Mi prese in braccio e avvinghiai alla sua vita, con una morsa, le mie coscie. Si sollevò dal divano e senza lasciarmi andare mi sfiorò l'incavo fra la spalla e la clavicola con la lingua. Inarcai la schiena e gettai la testa all'indietro, ansimando. Quando la schiena toccò il muro e sentii la sua mano intrufolarsi nello spazio tra la pancia e gli slip, afferrai l'idea che lo stesse per fare lì. "No, Ian. Aspetta, non così." lo fermai staccandomi da lui. Mi lascio scendere dalla sua presa e mi guardò titubante. "Kristen, per te è la prima volta?" domandó retorico. "Si." sospirai e lui non rispose, "Lo sapevo che tu..." Mi bloccò le labbra con un dito. "Non sai quanto questo mi rendi felice." "Davvero?" Annuì con la testa e mi legó stretta a lui, baciandomi la fronte.

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Capitolo 24
*** Stanotte e per il resto della vita ***


Con fare affabile mi prese la mano e la baciò. Senza distogliere gli occhi dai suoi lo tirai a me e lo guidai verso la camera. Ci fermammo davanti al letto, fissandolo nelle pupille sorrisi e suscitai in lui lo sgomento. Mi accostai al suo petto, gli cinsi la nuca con una mano e dolcemente gli sfiorai la bocca. Dischiudemmo all'unisono le labbra e ci lasciammo andare in un lungo ed appasionato vortice di emozioni, tramutate in un bacio. Saziati da quel dolce e vorticoso perdersi l'uno dell'altro, ci guardammo intensamente. "Sei sicura?" sussurrò con trepidante desiderio. "Mai stata più sicura in vita mia." A quelle parole mi prese fra le braccia e mi strinse forte. Sollevai le braccia e con un movimento rapido mi sfilò la maglietta di dosso. Mi adagiò accuratamente sul letto, mentre faceva scorrere la lingua lungo tutto il perimetro del collo e della spalla. Gli tolsi la maglietta, poi mi concentrai sui jeans e lui fece lo stesso con i miei. Li sbottonò e li fece scivolare sulle gambe, insieme agli slip, per poi gettarli a terra. Finito di spogliarmi, si mise carponi su di me. Mi catturò nuovamente le labbra, mentre con le mani mi accarezzava interamente la pelle nuda. Raggiunsi le sue dita e le intrecciai alle mie, per poi portarmele dietro la testa. Gli afferrai i capelli umidi e li strinsi forte. Reclinai indietro la testa per il piacere di sentirlo su di me, che mi baciava e mi faceva sentire sua. Con fare esperto mi slacciò il reggiseno e lo lanciò dietro di sè. Mi pre se i seni fra le mani e li accarezzò dolcemente. Lo sentivo interamente mio, mio e di nessun'altro. Più che un'unione di due corpi fu un'unione di due anime. Ci mescolammo il corpo e la mente, diventando un tutt'uno. Gli baciai le labbra fino allo sfinimento, amavo quel loro sapore dolce e sensuale. Lo guardavo muoversi sopra di me, ansimare, affaticarsi. Chissà cosa stava pensando in quel momento. Lo vedevo così indifeso, così vulnerabile nelle sue paure ed era bello. Di una bellezza disarmante, anche mentre tremava. "Allora, sei pronta?" Lui aveva più paura di me. Paura di farmi male e di non farmi star bene, ma mi lasciai andare sotto la sua guida. Mi sentivo in paradiso e mi ci stava portando lui. Gli strinsi il viso con il mio corpo e gli baciai la fronte. "Si." ansimai. In quel momento appoggiò i gomiti vicino le mie costole e fece leva sulle ginocchia per tenersi in equilibrio. Con le mani mi distanziò le gambe e si mise tra di esse. Alzai la schiena e gli andai incontro, ci ritrovammo abbracciati a mezz'aria. Poi lo sentii entrare dentro me. Faceva male, faceva molto male, ma era un dolore inebriante. Mi riempivo, mi saziavo di lui e per la prima volta lo sentii veramente parte di me. Spingeva dolcemente il suo corpo contro il mio e continuava a tremare. Il respiro mi si faceva sempre più affannato, il cuore batteva all'impazzata e non riuscivo a chiudere gli occhi. Volevo vederlo in viso fino alla fine. Vederlo così piccolo e grazioso nelle sue paure. Ansimavamo dal piacere all'unisono, alternando la sensualità alla dolcezza. Le gocce di sudore gli rigavano la fronte e scendevano morbide fino alla mascella. Assaporai ogni singolo istante di quel mischiarci pelle e spirito. Diventammo un solo corpo. Lo tirai ancor più a me e gli strinsi forte la schiena con le dita nel preciso momento in cui, insieme, raggiungemmo l'apice del piacere e lui si accasciò esausto di fianco a me. Mi aveva donato il cuore ed io gli avevo donato tutto. Corpo ed anima. Lui era tutto per me. Era più dell'acqua che bevevo, più del cibo di cui mi nutrivo e più dell'aria che respiravo. "Dunque è questo che si prova ad amare una persona talmente tanto da volerla parte integrante di sè." sussurrai con il respiro pesante. "Non ho mai provato niente di simile." confessó e ne fui entusiasta. Potevano sembrare semplici parole di circostanza, ma percepivo che era sincero. "Ti amo." dissi tutto d'un fiato, girandomi verso di lui. Avvinghiò il braccio dietro la mia nuca e ponemmo i nostri corpi a contatto. I suoi occhi catturarono i miei e mi fecero perdere nell'immensità dell'oceano. Gli leggevo direttamente dentro l'anima e non poteva nascondermi niente, dopo quello che avevamo condiviso saremmo stati una persona sola. "Non ti ringrazierò mai abbastanza per la felicità che hai portato nella mia vita, Kristen." si rabbuiò d'improvviso, "Tu mi hai salvato. In tutti i modi possibili." Lo baciai passionalmente e mi misi cavalcioni sopra di lui. Gli afferrai il viso fra le mani e lo trascinai verso di me, facendolo alzare con la schiena. Gli feci dischiudere ferocemente le labbra e le nostre lingue si incontrarono nuovamente, con più passione che mai, in un turbine di sensualità e desiderio. Entrò ancora dentro di me e gemetti rumorosamente. Chiusi gli occhi istintivamente ed era accattivante il modo in cui gli altri sensi si amplificavano in mancanza di uno. Continuammo a muoverci insieme con un ritmo incessante e raggiungemmo ancora il culmine. Non avrei mai patuto averne abbastanza di Ian Somerhalder. Ero completamente dipendente da lui, ne avevo bisogno come fossi in astinenza. Era una necessità di vita della quale non avrei mai potuto fare a meno. "Sei bellissima." mi sussurrò all'orecchio, accostandosi al mio profilo. "Sono un disastro." mormorai vergognosa e cercai di nascondermi sotto le coperte, "Tu invece sei perfetto come al solito!" aggiunsi con un pizzico di invidia. Si lasciò andare in una risata di gusto. Ero di una bellezza statuaria anche dopo aver passato ore a fare l'amore. "Non sei mai stata più bella di quanto tu non lo sia ora." "Somerhalder smettila con tutta questa dolcezza, stento quasi a riconoscerti." sogghignai, giocherellando con le sue dita. "Sei tu ad avermi cambiato." "Veramente tu hai 'cambiato' me." lo sbeffeggiai ammiccante. "Sei così sexy con solo il lenzuolo addosso." cambiò radicalmente discorso e maliziosamente si leccò le labbra. Sradicò prontamente le coperte e mi lasciò interamente nuda. "Senza però stai molto meglio!" ridacchiò, passandomi una mano sulle coscie. "Ian!" lo rimbeccai, "Placa i tuoi bollenti spiriti." farfugliai, infilandomi la sua maglietta. "Ti vergogni dopo quello che è successo?" domandò divertito, mettendosi di fianco e lasciò ben in vista la sua intimità. "Mentre facevamo l'amore non ti guardavo il pene! È diverso." borbottai, coprendomi gli occhi con il palmo della mano. Non che mi dispiacesse ammirarlo come mamma lo aveva fatto, ma così su due piedi era imbarazzante vederlo completamente nudo. "Vieni quì." battè con la mano sul posto vuoto accanto a lui. "Non ci pensare neanche, ho bisogno di una doccia. A differenza tua, gli esseri mortali quando sudano cominciano a puzzare." mi girai di spalle e mi incamminai verso il bagno. "Non mi inviti?" bofonchió accattivante, raggiungendomi con un balzo. "Se prometti di startene buono." "Promesso!" incroció le dita con un sorriso sghembo, "Questa non ti servirà." constatò, sfilandomi la sua t-shirt di dosso. Ci infilammo nella vasca, lui dietro di me ed eravamo abbracciati con l'acqua e la schiuma che ci coprivano il corpo. Prendevo fra le mani le bollicine del bagnoschiuma sulla superficie dell'acqua tiepida e le soffiavo via. Ian mi accarezzava dolcemente i capelli e mi teneva stretta a lui. Non avevamo intenzione di unire i nostri corpi ancora una volta, lo stare li era l'intimità più bella che ci potesse essere. Per quelle ore trascorse insieme avevo dimenticato il resto del mondo. C'eravamo solo io e lui. "Dormi con me stanotte?" gli domandai con un filo di voce. "Stanotte e per il resto della vita."

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Capitolo 25
*** Personalità vincente ***


Finito di farci coccolare da un bel bagno rilassante, non avevamo altro desiderio che farci una sana e rigenerante dormita. Dire che ero completamente esausta era poco. Mai in vita mia avevo provato emozioni così forti e intense. Se ci fossero stati altri termini di paragone, avrei potuto affermare senza il minimo dubbio che per le ore passate assieme ad Ian avevo conosciuto il paradiso. "Sei sicura che Hilary non torna?" domandò per l'ennesima volta, mentre mi aiutava a sistemare il letto. "Tornerà domani come ha scritto, ma a questo punto poco importa." lo rassicurai. "Non voglio che possa rovinare il momento idilliaco che stiamo vivendo." "Non lo farà, fidati di me. Non glielo permetterei." Si sdraiò sfinito su una metà del letto matrimoniale della mia camera e si portó sul viso uno dei cuscini. "Tu dormi così?" incalzai accigliata. Notai solo in quel momento che indossava i boxer ed era a petto nudo. Francamente, la visione angelica di quell'uomo dannatamente perfetto mi estasiava, ma era come ricevere un pugno in faccia per ogni addominale scolpito che aveva. Sapere che fosse interamente mio gonfiava a dismisura quel disastro del mio ego, ma ero gelosa in qualche modo della sicurezza che ostentava. Ero bello da morire e se non fossi stata certa della sua umanità, avrei azzardato che fosse irreale un uomo di trentasei anni con quell'aspetto. "Si. Perchè, non ti piace?" ammiccò sensualmente. "Altro che!" mi morsi il labbro senza togliergli gli occhi di dosso, "Ma ricordati che dobbiamo dormire." aggiungi sfoderanto la mimica più seria che potevo. Dovevo ammettere che l'idea di fare nuovamente, magari per tutta la notte, l'amore con lui mi allettava e non poco, ma ero certa che la migliore intimità che avessi mai potuto avere con lui sarebbe stata quella di dormire insieme. 'Stanotte e per il resto della vita.' ripetei deliziata. Le parole che mi aveva detto qualche tempo prima nella vasca da bagno mi avevano colpita nel profondo. Ero del tutto certa che Ian Somerhalder mi amasse davvero e non avrei mai potuto dimostrargli al meglio che anche io lo amavo di ricambio. "Infatti, buonanotte." bonfonchiò da sotto il cuscino, fingendosi arrabbiato. Mi lanciai con vigore sopra di lui, togliendogli il guanciale dal viso e lasciai scoperti i suoi splendidi occhi, nei quali ad ogni sguardo sembrava di sprofondare nell'immensità del mare caraibico. "Baciami." enfatizzai, stampandogli le labbra sulle sue. Non perse un attimo, che mi dischiuse facilmente la bocca e cercò voracemente la mia lingua. Le sue braccia si attorcigliarono al mio piccolo corpo, trovando tutto lo spazio che desideravano. Gli strinsi forte i capelli color ebano e lo spinsi verso di me con le gambe. Ci volle non poco autocontrollo per fermarci giusto in tempo, prima di lasciarci indurre in tentazione. "Ti amo, Kristen." sussurrò, facendomi scivolare al suo posto la maglietta larga che utilizzavo come pigiama. "Io no." risposi sarcastica, ghignando sotto i baffi. "Buonanotte, amore mio." mi mormorò all'orecchio, stringendomi fra le braccia. Accostata al suo petto e sotto la sua salda stretta, sentivo dentro di me che non avrei desiderato altro posto dove andare. Un raggio di luce trapelò dalle persiane, invadendo con il suo bagliore tutto lo spazio circostante. La stanza era avvolta nella penombra delle sette del mattino. Dischiusi gli occhi, riducendoli in una fessura per abituarmi alla vista del sole. Ian dormiva beatamente, come fosse un bambino, accanto a me. Mi rigirai silenziosamente e scesi dai piedi del letto. Mi infilai le ciabatte ed uscii dalla camera. Percorsi i ventiquattro gradini, giungendo sino in cucina. Aguzzai l'udito, constatando che in casa, apparte noi, non c'era veramente nessuno. Preparai il caffè molto amorevolmente, sperando che una volta tanto non si bruciasse. Presi un vassoio dallo scaffale per le stoviglie e vi misi sopra una tazza piuttosto capiente, che riempii con il caffè e un pò di latte, qualche zolletta di zucchero e un croissant alla ciliegia appena sfornato dal microonde. Fosse stato per me, avrei fatto colazione anche a mezzogiorno, ma aveva un appuntamente importante e se non mi fossi preoccupata io di svegliarlo, non sarebbe mai arrivato in tempo. Salii di soppiatto le scale e aprii a fatica la porta della stanza. Raggiunsi, con la modalità silenziosa impostata, quello splendido uomo che dormiva profondamente. Lasciai il vassoio sul comodino e stetti a fissarlo maniacalmente per una manciata di minuti. Era di una beltà eterea anche mentre si rigirava nel sonno. Non sbavava, non russava e non 'emanava' cattivi odori. Talvolta mi chiedevo se fosse davvero umano o, più probabilmente, un cyborg proveniente da un universo lontano. Perfettolandia, mi divertivo a pensare. "Kristen, la smetti di fissarmi?" mugolò assonnato. "Se tu la smetti di essere così..." mi bloccai. 'Sexy.' riflettei nella mia testa. "Così come?" domandò in attesa di una mia risposta. "Ehm, no niente." scivolai fuori dalla discussione e presi il vassoio della colazione. Mi sedei di fianco a lui, posandolo tra di noi. "Mi hai preparato la colazione?" esclamò stupefatto. "Si. Non dovevo?" "Non intendevo questo, è solo che nessuno me l'aveva mai portata a letto." ammise corrugando la fronte. Era diventato di nuovo pensieroso. Probabilmente stava pensando a Nina e questo mi faceva contorcere le budella. "Allora siamo in due." aggiunsi con un pò di freddezza, uscendo dalla stanza. Andai in bagno e mi chiusi dentro a chiave. Mi guardai allo specchio e quel che vidi di riflesso, come di consuetudine, non mi piaceva affatto. Detestavo il fatto che per ogni mio gesto, che pensavo potesse gradire, si perdeva nei suoi ricordi della vita passata insieme a quella stronza. Gli costava così tanto evitare di parlarmene? Decisamente e molto sinceramente, non me ne importava un fico secco di quello che facevano loro due o lei per lui e viceversa. C'ero io adesso, ero io la sua fidanzata e doveva ricordarselo. Ero stufa marcia di sentirmi così: inferiore, insicura e gelosa. "Esci di lì, forza." bussò alla porta, dicendo quelle parole con un tono di voce che lasciavano trasparire rassegnazione. Aveva capito che ero arrabbiata, ma di certo quel suo atteggiamento stizziti non aiutava la situazione in cui si trovava. "Uscirò quando ne avró voglia." risposi decisa. "Non fare la bambina, Kristen. Lo sai che non significa niente!" "Non significa niente per te! Come ti sentiresti se io ad ogni tuo passo, mi ricordassi di Erik?" "Erik? Chi è Erik?" urlò da fuori la porta, battendo ancora più forte. "Il mio ex ragazzo. Sai, anch'io ho avuto una vita prima di conoscerti!" lo istigai volutamente. "Kristen, esci da questo cazzo di bagno e ne riparliamo." "Non parliamo proprio di un bel niente. Argomento chiuso, assumiti le tue responsabilità." lo intimai. Non ero proprio furiosa, ma quasi. Più che altro mi divertiva lasciarlo sui carboni ardenti, così, una volta tanto, avrei avuto io il controllo su di lui. "Preparati, che dobbiamo uscire. Avevi un appuntamento, ricordi?" "Mi serve il bagno, ma ci sei tu!" farfugliò subdolo. "Ci sono altri due bagni in questa casa! Poche storie, Somerhalder. Fila!" Mi sentii più che soddisfatta per il mio atteggiamento. Nonostante fossi gelosa all'ennesima potenza, riuscii comunque a mantenere la calma e comportarmi da persona matura, quale ero. 'Adesso vedrai con chi hai a che fare, bello mio.' pensai sadica. A quanto ricordai, quella mattina avremmo dovuto incontrare un suo collega e amico di tanti anni, un certo Paul Wesley. Ero intenta ad acchittarmi per bene, avrei fatto mozzare il fiato a chiunque mi avesse guardata. Così, me l'avrebbe pagata cara.

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Capitolo 26
*** You are the only one that I want ***


Acconciai i capelli in grandi boccoli definiti con il ferro, lasciandoli morbidi sulle spalle. A quanto diceva sempre Hilary, il modo migliore per catturare le attenzioni di un ragazzo era puntare tutto sullo sguardo. Così, presi dalla pochette dei trucchi il kajal nero e marcai visibilmente il contorno degli occhi, aggiungendo anche del mascara. La parte, senza dubbio, che preferivo di più del mio corpo era la bocca. Nessuno in famiglia aveva le mie stesse labbra: carnose, perfettamente delineate e a forma di cuore. Vi passai sopra con cura il rossetto scarlatto di Chanel che avevo comprato anni addietro con almeno due mensilità di paghetta. Che il mio incarnato fosse diafano e decisamente poco incline all'abbronzatura era ormai risaputo da tutti. Nonostante l'estate fosse trascorsa da poco più di un mese, non c'era traccia sulla mia pelle di un lieve color ambra. Aprii la porta di soppiatto, evitando di farmi sentire da Ian e sgattaiolai in camera mia. Scelsi oculatamente l'abito più adatto a trascorrere una domenica con il proprio fidanzato stronzo e il suo migliore amico in un ristorante chic al centro della città. Azzardai le impetuose reazioni di Ian, optando per un tubino rosso bordeau molto aderente con la lunghezza di una spanna sopra il ginocchio e una scollatura da capogiro. In effetti, la materia prima per potermi permettere una scollatura così vistosa non mi mancava. L'altezza delle decolletè nere scamosciate che abbinai alla mise, compensava decisamente la notevole dofferenza di statura che mi separava dalla testa di Ian. Mi guardai ancora una volta allo specchio dentro l'anta dell'armadio e rimasi soddisfatta di me stessa. Non ero mai stata una ragazza alla quale piaceva far ingelosire di proposito il proprio fidanzato con abiti succinti e comportamenti poco consoni, ma l'occasione in cui mi trovavo richiedeva quel tipo di personalità. "L'avevo detto che te l'avrei fatta pagare cara, Somerhalder." ammiccai davanti al mio riflesso, fingendo che ci fosse lui. Presi la pochette da uno dei cassetti e scesi, non facendomi notare, in salotto. Diedi una rapida occhiata all'orologio, erano le dieci passate del mattino. "First lady, ti conviene scendere o faremo tardi!" lo informai a gran voce. "Mh." fu la risposta beffarda di Ian, che provocò ancor di più il mio animo fumentino. 'Ok, ora mi sto decisamente incazzando.' pensai adirata. "Non si è mai visto che una donna aspetti l'uomo!" "Mh." L'aveva combinata grossa. Mi aveva provocata abbastanza e la mia reazione sarebbe stata nucleare. "Conosci altre cazzo di parole oltre ad un fottuto 'mh'?" gridai impetuosa, salendo i gradini delle scale due a due. "Calmati, dolcezza. Ti vengono le rughe." esclamò dall'interno del bagno. "Vaffanculo. Esci immediatamente da quì, te le faccio vedere io le rughe!" bussai violentemente sulla porta. "Sto uscendo, non ti arr..." disse aprendo la porta e si bloccó vedendomi acchittata in quel modo, "Cosa cazzo ti sei messa addosso?" imprecò, prendendomi per il braccio. Avevo attirato la sua attenzione ed era proprio quello che volevo, farlo impazzire dalla gelosia. "La prima cosa che mi è capitata davanti." risposi con nonchalance. "Ti sembra questo il modo di vestirti?" tuonò iracondo. "Non ti piace?" aggiunsi neutrale, girandomi su me stessa ed enfatizzando un pò troppo come il vestito cadesse sulle mie curve. "No! Non mi piace se dobbiamo andare in giro, non ti deve guardare nessuno!" mi prese per il polso e mi trascinó in camera, davanti il guardaroba. "Che hai intenzione di fare, eh?" "Adesso tu ti cambi e ti strucchi! Non esiste che la mia ragazza esca in questo modo!" prese un paio di jeans a caso e me li lanciò addosso. "Senti un pò, adesso sono la tua ragazza? Non mi sembra che stamattina ti importasse tanto. Oh Nina, Nina, perchè non mi hai mai portato la colazione al letto?" mimai con delle facce buffe, "Se ti manca tanto, perchè non te ne torni da lei?" lo spintonai verso le ante dell'armadio. "Lo sai che non mi interessa nulla di lei." "Bhè, non ne sono così sicura." gli posai un pugno sul petto, reclinando in avanti la testa. Non mi disse nulla, si limitò ad avvicinarmi a lui e mi strinse forte, baciandomi ripetutamente la testa. "Io amo te e nessun'altra. Nina è una storia passata da molto tempo, non è piú niente per me." mi rassicurò delicatamente, "Devo ammettere, però, che mi piaci da morire quando sei gelosa." sorrise, distaccandosi da me. "Sei uno stronzo." ghignai forzatamente arrabbiata, ma non riuscivo ad esserlo. "Sei da mozzare il fiato, ma dovrai stare sempre dietro di me proprio per questo motivo." mi guardò nuovamente, con il fuoco che gli usciva dalle pupille. "Anche tu sei un bel bocconcino." mi morsicai il labbro, notando il suo outfit da modello. Inutile dire che anche uno straccio su quel fisico statuario sarebbe calzato a pennello, ma il gessato che indossava per l'occasione mi faceva venire l'acquolina in bocca. "Sai perchè non potrei mai lasciarti andare?" "Perchè sono divertente, dolcissima e stupenda?" sorrisi, avvinghiandomi a lui. Lo guardavo dritto negli occhi, tentando di trasmettergli tutto l'amore che potevo. "Ci saranno sicuramente ragazze migliori di te nel mondo, ma il punto è che non le cerco." D'un primo momento rimasi esterrefatta. Da quelle parole sembrò quasi che mi stesse dicendo che non ero il top per lui, ma riflettendo capii il punto della questione. Non gli importava se ci fossero ragazze perfette e migliori di me, perchè di sicuro non ero la ragazza della porta accanto, ma lui non aveva intenzione di cambiarmi con una barbie senza difetti. Era di una dolcezza sublime. Riusciva a rendirmi folle con una semplice parola, come avrei mai potuto tenergli il broncio? Lui era perfetto, sotto ogni punto di vista. "Sei tutto per me. Non potrei mai vivere senza." "Anch'io amore mio." mi stampò un flebile bacio sulle labbra, macchiandosi lievemente di rossetto. "Andiamo, il tuo amico ti starà aspettando." "Ci starà aspettando." sottolineò, "Tutto questo è per farti conoscere a lui. Il mio migliore amico deve conoscere la mia ragione di vita." mi rassicurò. "Sei proprio un playboy, Ian Somerhalder." sorrisi maliziosa, "Sai tutti i punti deboli di una ragazza e li usi a tuo favore. Bravo, dieci punti." Scendemmo giù ed uscimmo di casa. La sua nuovissima e costosissima macchina ci attendeva accanto al marciapiede del vialetto. Sfrecciammo a gran velocità sull'asfalto asciutta e arrivammo qualche ora piú tardi fuori dal ristorante di cui mi parlava spesso. Era un posto davvero incantevole: il giardino era notevolmente curato ed erano piantate innumerevoli specie di fiori stupendi, il cortile che portava all'ingresso era di pietra con due imponenti colonne di marmo pregiato a delimitare i due ambienti. Più che un ristorante, sembrava una villa. "Quella è la macchina di Paul." disse indicando una mercedes argentata, dall'aria molto costosa anch'essa. Nella testa mi risuonò una vecchia canzone che ascoltava sempre mia madre. 'Money, money, money. It's a richman world!' canticchiai fra me e me. Entrammo nella maestosa sala da pranzo e un uomo castano dai lineamenti canadesi ci aspettava al tavolo indicatoci dal mêtre. "Paul, da quanto tempo!" lo raggiunse e dopo lo abbracciò fraterno. "Troppo." aggiunse sorridendo e poi mi rivolse lo sguardo, "Lei deve essere la tua incantevole fidanzata." mi scannerizzò da capo a piedi, fissandosi sulla parte più vistosa di me. 'Ok, forse Ian aveva ragione.' pensai imbarazzata. "Piacere di conoscerti, Paul. Io sono Kristen." gli strinsi la mano con un sorriso a trentadue denti. "Piacere." ricambiò la stretta e si rivolse ad Ian, "Complimenti. É bellissima."

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Capitolo 27
*** Il lato oscuro di Kristen - pt 1 ***


Arrossii violentemente alle parole di Paul. Ricambiai il complimento con un sorriso d'imbarazzo e mi accomodai al tavolo. Ian di fianco a me e il suo amico davanti a noi. "Allora Kristen, frequenti ancora il liceo." proferì sicuro, come se già sapesse tutto della mia vita. Sicuramente era stato Ian a raccontargli per filo e per segno ogni minimo particolare. "Si, questo è l'ultimo anno." sorrisi ancora imbarazzata, 'Ecco, lo sapevo! Mi reputa una bambina.' "Tu, invece, cosa fai nella vita?" "Dico bene le bugie." "Capisco, sei un avvocato." mormorai come se stessi pensando, ma ad alta voce. Prima che terminassi la frase Paul ed Ian scoppiarono a ridere all'unisono. "Piccola mia, sei così ingenua!" ridacchiò Ian beffardo. "Cosa ho detto di sbagliato?" domandai stralunata. "No, Kristen. Sono un attore." si asciugò una lacrima per la grossa risata e si ricompose. "Oh, capisco. Bhè, figo!" Non potevo credere alla mega galattica figura di merda che avevo fatto. 'Un avvocato. UN AVVOCATO?' schiaffeggiai mentalmente me stessa. "Parliamo di voi due, infondo siamo quì proprio per questo." tornò serio e ci guardò entrambi con espressione deliziata. Forse, apparte i miei amici, era l'unico ad approvare la nostra relazione. Ian prese la mano che avevo lasciato morbida sul tavolo e la strinse forte, mi voltai verso di lui e gli lanciai una di quelle occhiate che non gli riservavo quasi mai. Le effusioni in pubblico non erano mai state il mio forte. 'Cretina, è solo una stretta di mano!' mi rimisi prontamente in riga, data la reazione da poppante che avevo avuto. "Sai Paul, le persone non sono molto d'accordo." farfugliò Ian. "Fammi indovinare." si toccò il mento con aria pensierosa, "I suoi genitori?" schioccò le dita e mi guardò divertito. "Esattamente." "Bhè, in realtà solo mia madre e mia sorella." sottolineai schiarendomi la gola. "Che cosa strana! In genere dovrebbe essere il padre quello geloso." si grattò rumorosamente il dorso della mano. Subito mi rabbuiai e mi feci seria. Nonostante fossero passati tutti quegli anni, il solo parlare di lui mi sconbussolava ancora molto. "Paul, lei non parla con suo padre. Mai. Da molto tempo." aggiunse inciso per inciso, cercando di fargli capire che non era un argomento da affrontare. "Mi dispiace, Kristen. Non sapevo." "Stai tranquillo, Paul. Non è successo niente, solo che io..." non conclusi la frase tanti erano i singhiozzi impetuosi che volevano uscire sonoramente, "Scusate, devo andare un attimo in bagno." Mi alzai di fretta dalla sedia e corsi in giro per la sala, con tutti gli occhi lussuriosi degli uomini addosso, alla ricerca di un bagno. 'Perfetto, Kristen. Non ascoltare mai Ian, eh!' sbuffai fra me e me ripensando a cosa mi aveva detto sul vestito. Poggiai entrambe le mani sul lavandino di granito e mi guardai intontita allo specchio. Era una bella giornata, io ero bella, lui era bello, perchè ancora dopo tutto quel tempo la faccenda di mio padre mi rovinava l'esistenza? Era quello il risultato di un trauma infantile che segna per sempre la vita di una persona. Fingevo di essere forte e di fregarmene, ma ero troppo vulnerabile. Per quanto non lo pensassi durante le mie giornate, per quanto lo odiassi, era e sarebbe stato eternamente il mio punto debole. Aprii il getto d'acqua gelida e me ne strofinai qualche goccia sui polsi. Non sapevo perchè, ma quel piccolo rimedio che avevo ideato funzionava sempre. Forse il motivo era che molte volte stavo quasi per recidermi le vene con la lametta di mia madre. Mi chiudevo in bagno e riempivo la vasca d'acqua bollente. Mi immergevo e restavo le ore a fissare quelle lame. Le posizionavo ad un millimetro dai polsi, ma poi non avevo il coraggio di andare fino infondo. Naturalmente Ian non sapeva nulla di tutto questo. Mi avrebbe di certo additata come una pazza, suicida e masochista. Ripresi a respirare regolarmente, autoconvincendomi che tutto sarebbe filato liscio. Rientrai in sala e mi diressi con sicurezza al tavolo dove mi stavano aspettando i due uomini. "Tutto bene?" sussurrò amorevolmente Ian. "Certo, ragazzi! Avevo solo bisogno della toilette." sorrisi forzatamente, sforzandomi di sembrare il più convincente possibile. "Dicevo ad Ian" riprese il discorso Paul con molta maestria, "Kristen, fatevi scivolare addosso le critiche altrui. Vi amate e tanto basta. D'altronde, guardatevi, siete meravigliosi insieme." "Sei un tesoro Paul, grazie. Grazie davvero." "Ovviamente potrebbe essere tuo nonno, ma chissene importa no?" iniziò a ridere come un bambino dispettoso, ma era palese che stava ironizzando. Ian corrugò la fronte e inarcò entrambe le sopracciglia. "Oh, significa che quando sarò vecchio avrò una compagna giovane. Tu puoi dire lo stesso, Paul?" ghignò soddisfatto. 'Aspetta, cosa? Quando sarò vecchio? Quindi significa che pensa di invecchiare con me!' rimasi a bocca aperta con il mio stesso subconscio. A quella frase persi mille battiti cardiaci. "Sei sposato, Paul?" "Si e stiamo aspettando il nostro primo figlio." sorrise raggiante, sprizzando gioia da tutti i pori. "È meraviglioso! Tante, tante congratulazioni." esclamai sincera. Adoravo i bambini ed in egual modo i matrimoni. Avrei desiderato che Ian mi chiedesse di sposarlo e forse era anche giunto il momento per lui di piantare le tende. "Naturalmente siete invitati alla festa per la nascita." annuì con il capo. "Sarebbe splendido, grazie Paul." conclusi estasiata. Quando finimmo di pranzare, Ian fu molto evasivo e insistette affinchè ce la filassimo il prima possibile. Salutó con un fraterno abbraccio il suo amico, il quale mi bació galantemente la mano. Uscimmo di fretta dal ristorante e mi fece rapidamente salire in macchina. Mise in moto con velocità e quando fummo abbastanza lontani iniziò a parlare con un tono di voce misto fra il severo e il dolce. "Cos'era quell'atteggiamento, Kristen?" "Di quale atteggiamento parli?" risposi con nonchalance, ma sapevo su cosa andasse a parare. "Quando si parla di tuo padre tu scappi e non affronti il discorso. Perchè eviti a tutti i costi di rendermi partecipe del tuo passato?" "Ci sono delle cose su di me di cui...non dovresti essere a conoscenza. Ecco tutto." dissi evasiva, senza mai guardarlo negli occhi. "Sono il tuo fidanzato. Ho il diritto di sapere quello che ti è successo." "Ian, ricordo male o sei stato proprio tu a tenermi all'oscuro del tuo vissuto?" aggiunsi retoricamente con accento velenoso. "Ti fa male, lo so. Ti capisco meglio di quanto credi, ma devi trovare la forza di superarlo. Non può essere così grave." Nel sentirmi riservare quelle frasi dalla poca importanza, sbottai. "Cosa cazzo ne sai tu di quanto io abbia sofferto, eh? Ti credi di potermi giudicare solo perchè tu hai superato meglio di me la separazione dei tuoi genitori? Pensi di essere superiore perchè non hai mai pensato di toglierti la vita?" urlai ricoprendomi il viso di trucco e lacrime. Ero furiosa e non controllavo più la lingua, le parole uscivano da sole. Frenó bruscamente al limitare del marciapiede di fronte casa mia. Per quanto aveva guidato veloce, in poco tempo eravamo arrivati a Derlington. Scesi di corsa dalla macchina ed aprii la porta principale, con Ian che mi seguiva infuriato. Mi afferò con violenza un polso e lo strinse forte, tanto che caddi in terra per il dolore. I suoi occhi erano diventati scuri e rabbiosi. "Vattene stronzo!" piansi disperata, cercando di divincolarmi. "Porca puttana, Kristen! Cosa cazzo hai cercato di farti?" si abbassò al mio livello e vidi che aveva le iridi lucide. "Proprio quì, dove mi stai stringendo tu! Era quì che io passavo il rasoio, sei contento ora?" urlai isterica. Lasciò la presa e si accasciò sul pavimento, iniziando a singhiozzare. Non avevo mai visto Ian piangere.

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Capitolo 28
*** AVVISO IMPORTANTE ***


Un saluto a tutte voi, ragazze! Inizio con il ringraziare tutte voi che leggete, seguite e recensite la mia fanfiction. Seconda cosa, colgo l'occasione per rendere visibile a tutti la stessa risposta che sto dando ai messaggi privati che alcune di voi mi inviano: il testo ed in generale la presentazione del testo risulta poco organizzata, perchè mi è IMPOSSIBILE poter ottenere l'html, in quanto posso esclusivamente scrivere e pubblicare dal cellulare. Non mi dilungo molto nei dettagli, ma sappiate che punto tutto sul contenuto. Su consiglio di VeroDowney, proverò ad organizzarmi altrimenti. Spero che con queste poche righe mi sia spiegata a sufficienza, ci si legge molto presto. Grazie ancora a tutte voi, confido che cresciate sempre di più. MrsSomerhalder.

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Capitolo 29
*** Il lato oscuro di Kristen - pt 2 ***


"Perchè hai fatto questo, Kristen?" continuò imperterrito a singhiozzare, senza mollare la presa dal mio polso. In quel frangente mi passarono davanti i primi anni della mia adolescenza: io che sfregavo lentamente le lamette al limitare delle vene, senza mai spingere piú del dovuto. Volevo morire, ma non avevo il coraggio di farlo. Non avrei mai potuto farlo ed ora sapevo bene il perchè, dovevo solo aspettare ed avrei conosciuto Ian. Lui era l'unica ragione per la quale continuavo ancora a respirare, ma lui non sembrava capirlo. "Non ero abbastanza forte." piagnucolai, sperando che Ian mi lasciasse andare. Da un momento all'altro sarebbe tornata Hilary, non doveva necessariamente assistere alla nostra lite. A noi faceva bene litigare, perchè quello era l'unico modo che avevamo per dimostrare quanto ci amassimo. "Io non so niente di te, Kristen. Come posso stare insieme ad una persona che non conosco affatto?" La sua espressione si fece più seria, aveva anche smesso di piangere. Mi stava lasciando? 'Dio, che ho fatto! Ho rovinato tutto!' imprecai contro me stessa, maledicendo il mio passato. "Non posso crederci, davvero. Ecco che il mio passato torna a rovinarmi la vita!" urlai ancor più isterica, divincolandomi dalla morsa ferrea del mio quasi ex ragazzo. Ian mi guardò attonito e confuso, come se si stesse chiedendo cosa mi frullasse per la testa. "Sei tu che vuoi rovinarti la vita. Continui ad essere aggrappata a qualcosa che non esiste più, rovinando quello che potrebbe nascere." Non gli risposi, le sue parole parlavano per lui. Non volevo sentirmelo dire, non avevo bisogno di altro dolore. Se lui mi avesse lasciata, non me lo sarei mai perdonato. Lanciai dietro di me le scarpe col tacco e corsi per le scale, evitando di guardarmi intorno. Ian mi stava seguendo? Mi avrebbe seguita? Ero solo una povera illusa. Avevo rovinato tutto. Sembrava che la nostra storia, dopo la nostra bellissima prima volta, stesse procedendo a gonfie vele, ma io ero un disastro. "Perchè cazzo quella macchina non mi ha ammazzata!" diedi voce ai miei pensieri, consapevole che avrei scatenato l'ira di Ian. Per quel che lo conoscevo, solo una cosa lo avrebbe fatto uscire completamente fuori di testa: ricordargli del mio incidente, del quale si sentiva terribilmente colpevole. "Kristen, non ti azzardare!" gridó furioso dal piano inferiore, per poi corrermi incontrò. Velocizzai il passo e mi chiusi in camera a chiave. Sentii il rumore sordo dei suoi passi sul parquet tirato a lucido e subito dopo un impetuoso bussare, stava quasi per buttare giù la porta. "Fallo, Ian, fallo! Lasciami anche tu, diventa un altro motivo che mi spinge ancora ad avercela con me stessa! Perchè sei entrato nella mia vita, perchè? Non dovevi farmi del male, non dovevi farlo!" Ormai avevo iniziato a piangere senza controllo e non avrei smesso molto presto. "Se pensi che ti lasci solo perchè sei una stupida ragazzina, ti sbagli di grosso! Quando ho detto che ti amo, era vero. Amo tutto di te! Il tuo sorriso, la tua goffagine, il tuo modo di fare, ma anche tutti i tuoi difetti! Sopratutto quelli." sottolineò con malinconia e smise di bussare alla porta. 'Allora lui mi ama davvero.' pensai. Cosa dovevo fare, aprirgli o non aprirgli? Se non gli avessi aperto la porta, se lo avessi lasciato li fuori, tra noi sarebbe finita per sempre. Se lo avessi fatto entrare, invece, avremmo fatto sicuramente un'altra volta l'amore e non avremmo mai chiarito quella questione. Si sarebbe ripresentata, magari dopo qualche mese, e sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. Ma cosa era più forte, l'orgoglio o l'amore? Me ne fregai del rispetto per me stessa e dell'importanza che aveva il mio passato, amavo Ian Somerhalder più della mia stessa vita ed ero stufa di tutti quegli alti e bassi nella nostra storia. "Dimmi qualcosa, per favore." Anche in quell'occasione non risposi, semplicemente perchè le parole che avevo in mente non sarebbero state sufficienti a spiegargli le mie emozioni. Girai la chiave nella serratura e lentamente aprii la porta. Tenevo gli occhi bassi, sicuramente dovevo essere un disastro. Mi prese fra le braccia e stranamente non mi baciò, si limitò semplicemente ad abbracciarmi. Tanto bastava. In quell'abbraccio c'era tutto il nostro affetto. "Mi dispiace così tanto, Ian." mormorai da sotto il tessuto della sua camicia elegante, "Non voglio sporcarti di mascara." farfugliai nuovamente, scostandomi dal suo petto muscoloso. "In questo momento i miei vestiti mi importano ben poco, credimi." Era molto imbarazzante la situazione e molto poco propensa al semplice dialogo. Avevo ancora indosso l'elegante e provocante vestito rosso, l'autistima a zero e l'eccitazione al massimo. 'A cosa pensi, stupida!' mi rimisi prontamente in riga, schiaffeggiandomi metaforicamente. Sulla bocca di Ian comparve un sorrisetto compiaciuto, quasi deliziato. Sapevo quanto gli piaceva proteggermi e quella era la situazione idilliaca. Sapevo anche quanto gli piacesse la differenza d'altezza abissale che c'era fra di noi ed era un bel problema. Ian mi prese per i fianchi e mi legò a lui, facendo combaciare le mie gambe attorno la sua vita. "Che stai facendo?" gemetti rumorosamente, mentre mi lasciava passionali baci sul collo. No, non dovevamo farlo. Era sbagliato. Dove era finita la spasmodica voglia di conoscere i dettagli del mio passato? Ancora non sapeva niente del mio passato, di mio padre e della mia sofferenza. La stessa che mi aveva costretta a non credere e non aspettare più l'amore, eppure in lui l'avevo trovato. Ian era l'altra metà di me e doveva sapere ogni dettaglio della mia esistenza. "Ti coccolo." sussurrò all'orecchio, calmando la passione dei suoi caldi ed umidi baci. "Dobbiamo smetterla." dissi con poca convinzione, lasciando Ian al suo da farsi. "Aiutami." Al diavolo le parole, al diavolo le inutili conversazioni. "Stai zitto e baciami!" miagolai da sprovveduta. Non avevo proprio imparato niente, non avevo la benchè minima consapevolezza del poco autocontrollo di Ian. 'Complimenti, Kristen. Ottima presa di posizione.' Prima che mi rendessi conto di aver dato il via libera a Somerhalder di fare di me ciò che voleva, ci ritrovammo distesi sul letto ancora disfatto da quella mattina. "Ti amo." 'Aspetta, cosa? Ian stava davvero dicendo di amarmi? Mentre stavamo per fare sesso?' Di cosa mi stupivo, me l'aveva già detto. Eppure sentirmelo dire in quella circostanza, era un pò come dare dello zucchero ad un bambino prima del vaccino. 'Cazzo, non pensare idiota!' Di che cosa mi lamentavo? Ian Somerhalder era il ragazzo perfetto, in tutto. Cosa c'era di sbagliato in noi? Le nostre litigate si mutavano da un momento all'altro. Avremmo mai affrontato i problemi come persone razionali? Ero del tutto certa che quella nostra debolezza sarebbe stata la causa della nostra rottura, perchè sentivo che prima o poi ci saremmo lasciati. Se non avessimo risolto la faccenda. 'Guardo che lo so, gli occhi che hai non sono sinceri. Ma sono quì e amo dirtelo, voglio restare insieme a te ad ogni costo.' pensai, mentre guardavo Ian nelle sue spelendide iridi azzurre cielo. Era proprio quello che stavo tentando di dirgli, non riuscivo a fidarmi di nessuno. 'Lo so, mi tradirai. Io ti conosco e lo farai.' Non potevo fare a meno di pensarlo. Dovevo fidarmi di lui? C'erano i presupposti per farlo? Era una storia seria per lui? Desideravo tanto poter dire di essere la sua ultima relazione, non una cosa passeggera del momento. Mi avrebbe mai veramente dimostrato il suo amore? Ed io gli avrei creduto?

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Capitolo 30
*** ANGOLETTO AUTRICE ***


Ma ciaooo! Vi chiedo infinitamente perdono se quest'idea non mi è venuta prima d'ora, ma da adesso non vi libererete facilmente di me ahahah... Come posso iniziare? Bhè, a giudicare dalle vostre recensioni e dalle varie seguite/preferite/ricordate, la mia mente contorta ha prodotto qualcosa di buono LOL! Veniamo al presente, cosa ne pensate dell'ultimo capitolo? E della storia in generale? Lasciatemi una recensione quì o direttamente al capitolo, mi farebbe davvero davvero piacere. Anche perchè sarebbe inutile continuare a scrivere, se a voi non interessasse il mio "lavoro". Dunque, un'altra cosa che voglio fare da un pò di tempo è elencare i membri principali del cast "Più dell'aria che respiro": Lucy Hale as Kristen Williams, Jessica Biel as Hilary Williams, Emma Roberts as Rachel Smith, Lea Michele as Jennifer Stevens, Tyler Blackburn as Nicholas Hudson. Mi rode tantissimo non poter caricare delle foto, ma non posso fare altrimenti *so sad*! Chiedo umilmente perdono per non potervi offrire una migliore impostazione dei capitoli, spero vi accontentiate della storia in se stessa. Un bacio a tutte voi e spero diventiate sempre di più, vi adoro :D MrsSomerhalder.

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