Pick up the torch

di samara89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

 

Montreal, palazzo residenziale.

Martedì 29 Ottobre.

8.00 a.m.

 

Il suono della sveglia è improvviso e irritante, ma dopo un momento viene zittito da una mano femminile.

Un lamento si alza dalla parte destra del letto, mentre la ragazza afferra la sveglia e la avvicina al viso per poterne distinguere le lancette nella flebile luce del mattino che filtra attraverso le spesse tende bianche.

La giovane donna si lamenta ancora, poggiando l'oggetto sul comodino bianco.

-Caleb...-  articola voltandosi verso l'uomo addormentato al suo fianco.- Caleb, svegliati... non vorrai fare tardi al tuo primo giorno di lavoro.-  lo scuote per la spalla e quello fa un breve lamento scocciato, seguito da un movimento scomposto.

Lei sorride brevemente e si alza infilando la vestaglia nera appoggiata sulla poltrona in fondo alla stanza.

-Fai una doccia mentre preparo la colazione.- dice chinandosi per depositare un bacio sulla fronte dell'uomo bruno.

Lui emette un borbottio che potrebbe significare qualsiasi cosa, ma lei  evidentemente lo prende come un assenso visto che si dirige verso la porta della stanza senza attendere oltre... la lascia aperta: vuole che lui senta l'odore del caffè appena fatto.

Dopo la penombra della camera  la luce dell' open space la abbaglia, facendola esitare.

Dopo un momento si dirige sicura verso il bagno per lavarsi velocemente i denti prima di mettersi ai fornelli.

Seduta sul water sfoglia pigramente una rivista, aggrottando di nuovo la fronte quando vede una sua foto con Caleb mentre stanno passeggiando in una via affollata.

Non legge la didascalia dell'immagine... sa già cosa c'è scritto.

Tira l'acqua e si asciuga le mani, guardandosi un momento allo specchio.

I capelli scuri sono scompigliati, e lei li riavvia con una mano, tentando di domare le onde scomposte.

Gli occhi neri sono luminosi, dal taglio vagamente orientale, e lei sa che piacciono agli uomini... fanno il paio con le labbra sensuali e la pelle dorata che la qualificano come la figlia di un magnate dell'industria informatica  dell'Arabia Saudita e di una modella di lingerie francese... storce la bocca in una smorfia volutamente grottesca.

Scuote la testa e si dirige verso la cucina... se non si dà una mossa Caleb arriverà davvero in ritardo.

-Caleb...- lo chiama di nuovo, mentre attraversa il salotto per raggiungere la spaziosa cucina.

-Sono sveglio, sono sveglio... - borbotta lui uscendo dalla camera in boxer neri, grattandosi il mento coperto da un leggero velo di barba.- Buongiorno...- dice cercando di guardarla benché sia mezzo accecato dalla luce.

Lei sorride, chinandosi per tirare fuori una padella da un cassetto sotto la cucina.

Sono padelle di pietra.

Caleb passa a grattarsi la nuca.

Solo il meglio, in quella casa.

Doveva ammettere che al principio la cosa era stata... irritante e imbarazzante... però poi ci aveva fatto l'abitudine.

Jo era fantastica... dolce e sexy... e lui non voleva perderla per stupido orgoglio maschile.

Jo... beh in realtà il nome completo era  Josephine Suheila Lacroix Al Hammou... avrebbe fatto una gran bella figura sulla partecipazione di nozze... più del suo banale Caleb Martin... la fiera della banalità!

Si scuote dai suoi pensieri con uno sbuffo e si dirige in bagno per una doccia veloce... se si sbriga  potrà fare colazione prima di arrivare in ufficio.

L'Abstergo entertainment è una divisione dell' Abstergo Industries che  si occupa di videogiochi... a quanto pareva avevano bisogno di qualcuno che trovasse nuove informazioni da usare per la creazione di un nuovo videogioco... sui pirati, guarda un po'... che originale.

Caleb aveva studiato informatica all'università, ma non si era mai laureato a causa di un incidente in corso d'opera... lo avevano beccato ad hackerare i computer della scuola e lo avevano espulso... con un curriculum del genere nessun'altra università dello stato aveva  voluto avere a che fare con lui, perciò alla fine aveva rinunciato.

Quando aveva conosciuto Jo lavorava come addetto alla dogana all' Aeroporto Internazionale di Montréal-Pierre Elliott Trudeau. Lei stava andando in Francia, dalla madre, e lui l'aveva fermata alla dogana perché aveva nella borsetta una lima per le unghie.

 

Come era furiosa quel giorno!

 Quando controllarono le sue credenziali la lasciarono subito libera, ma ormai il suo volo era partito.

Caleb aveva pensato  che come minimo lo avrebbe fatto licenziare, invece lo aveva invitato a cena... un sogno fasciato in una camicetta rossa e in una stretta gonna nera... e lo aveva invitato a cena.

Lui aveva protestato... lei aveva riso... probabilmente era il primo uomo che si rifiutava di cenare con lei.

Mangiarono un panino terribile nel bar dell'aeroporto.

Fu una serata piacevole.

Quando, tre ore dopo, lei era salita sull'aereo gli aveva allungato un biglietto da visita che da solo doveva valere più della sua macchina... chiamami, aveva detto... lui non lo aveva fatto, e lei si era presentata alla sua postazione un mese dopo, due caffè stretti in mano... adorabile anche in salopette scolorita e All-Star che un tempo dovevano essere state rosse.

Gli aveva chiesto se così la trovava più carina... o se il problema era un'altro... non era fidanzato, aveva controllato... allora non gli piaceva proprio?!

La sua insicurezza l'aveva colpito... doveva sapere di essere bellissima... lei aveva risposto che la bellezza non era tutto... magari la riteneva snob e antipatica... lui aveva riso.

Un anno dopo lui si era trasferito da lei... nonostante il padre avesse cercato di intimidirlo parecchie volte... gli aveva persino offerto dei soldi per convincerlo a lasciare la figlia.

Caleb prende la schiuma da barba e se ne spruzza una copiosa quantità nella mano destra, cominciando poi a stenderla sul viso.

Ormai è inutile pensare al passato... anche perché a quanto pareva il padre di Jo si era rassegnato, fino al punto di trovargli un lavoro "più decoroso", come lo aveva definito lui, all'Abstergo  entertainment, di cui lui era un pezzo grosso.

Caleb non si è lamentato... non è che  un posto alla dogana sia la sua massima aspirazione nella vita.

Finisce di radersi velocemente e dopo una doccia lampo si veste con abiti comodi: jeans e una felpa bianca su una T-shirt nera... non il massimo dello stile, ma lui è fatto così... e comunque non è altro che un impiegato, mica deve mettersi in tiro come la gente importante.

Quando esce dal bagno lei è seduta ad un lato della penisola, il laptop aperto davanti e un croissant in mano.

Gli occhiali da lettura le scivolano leggermente sul naso quando aggrotta la fronte ed è adorabile e lui vorrebbe dirglielo, ma suonerebbe banale e così non lo fa.

-Allora? Vado bene?- chiede invece, fermandosi ad un metro da lei e spalancando le braccia.

-Sei perfetto...- dice lei guardandolo dalla testa ai piedi e raggiungendolo per girargli intorno.

Gli aggiusta il cappello della felpa e le tasche dei jeans, che lui ha dimenticato di infilare dentro.

Si ferma davanti a lui e lo bacia.

-Ti manca solo una bella colazione... che purtroppo dovrai fare sulla metro, visto che ormai non hai più tempo...- accenna all'orologio, con un sorriso ironico.

-Merda..-impreca lui vedendo l'ora... le 9 meno dieci... per fortuna il grattacielo dell'Abstergo è a pochi isolati.

Accetta il croissant e il bacio che Jo gli porge e si lancia verso l'ascensore... si, hanno l'ascensore privato, qualche problema? nessuno, a parte il fatto che il portiere lo saluta come se fosse un estraneo anche se sono ormai sei mesi che abita li... bastardo spocchioso.

-Ci vediamo nell'atrio per pranzo, ok?-  chiede lei accompagnandolo.- Ti prego, non metterti nei guai...-

Lui annuisce con il croissant in bocca e lei gli fa ciao con la mano.

Le porte si chiudono con un plin soffocato e lei è felice... felice di averlo  incontrato, felice di averlo al suo fianco.

Si avvia verso la camera per scegliere i vestiti... il suo orario di lavoro comincia alle 10, ed è meglio che si sbrighi se non vuole arrivare in ritardo per la riunione dei direttori Marketing.

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Capitolo 2

Caleb non riesce a decide se Melanie Lemay , la supervisore del Progetto Campione 17, gli piace o gli sta profondamente sulle palle... insomma, è disponibile e sembra simpatica... ma c'è davvero bisogno di tutto quell'entusiasmo?

Per contro Olivier Garneau, il Chief Creative Officer, è un viscido bastardo... gli ha chiesto come stava Jo, e lui ha risposto che era sempre più bella... un'ombra era passata sul viso dell'uomo... Caleb sapeva che lui le aveva chiesto di uscire un paio di volte quando aveva cominciato a vedersi con lui, e lei aveva risposto di no.

Si mette comodo sulla poltrona davanti all'Animus in attesa che John, il capo dell'IT, metta tutto in ordine.

-ecco fatto, ragazzo... è tutto tuo.- gli dice l'uomo senza uscire da sotto la macchina.- Comincia pure se vuoi, devo solo rimettere a posto i fili prima di chiudere tutto...-

Caleb ringrazia e si connette alla macchina e UAU!

Ne avrà di cose da raccontare a Jo, all'ora di pranzo.

Quattro ore dopo scende nell'atrio con il grande ascensore tecnologico e attraversa il breve ponticello cercando Josephine con lo sguardo.

La vede davanti al chiosco del caffè parlare con il tipo che si trova dietro al bancone e con una ragazza dai capelli neri in divisa da corriere.

Li raggiunge.

Jo sta ridendo con la ragazza, mentre il tizio ha l'aria irritata.

-Scusa ... però questa era davvero bella...- sta cercando di dire Jo tra le lacrime.

-perché non fate ridere anche me?-

Jo si volta a guardarlo e si illumina in modo splendido.

-Ragazzi, vi presento il mio fidanzato: Caleb Martin... lavora con gli Animus... Amore, loro sono Rebecca e Shaun...-

La ragazza è molto carina, e ha una bella stretta di mano.

L'uomo ha gli occhiali e l'accento inglese, e l'aria da saputello.

-Oh, certo... il novellino... ti ho visto passare con Melanie stamattina... stai attento a quella, sembra tanto disponibile, ma conosco pettegolezzi che ti farebbero rizzare i peli delle braccia...- gli dice cospiratorio.

-Non dare retta a Shaun... lui vede complotti dappertutto, ed è peggio di una pettegola...- lo avverte Rebecca.

-Oh, ma si... e, dimmi, chi aveva ragione su quel tipo? eh? chi aveva ragione?- ribatte Shaun in tono acido.

-Quale tipo?- chiede Jo, sorseggiando il caffè.- Shaun... scusa se te lo dico, ma il tuo caffè non è affatto migliorato...-

- Questo perché i francesi non capiscono niente di caffè...-

-Ma io sono mezza araba... converrai che per metà ne so sicuramente più di un inglese...comunque non cambiare discorso, quale tipo?-

Shaun si guarda intorno circospetto prima di rispondere.

-Lo sai... quello della sezione qualità... quello "partito per i caraibi"...- lo dice disegnando delle virgolette nell'aria con le dita di entrambe le mani.

-Dici che è partito per il Messico?- scherza Jo.

-Dico che non se ne sa più niente... nemmeno una cartolina... niente.- dice lui sporgendosi in avanti.

Caleb non ci vede nulla di strano... nemmeno lui manderebbe cartoline ai colleghi se si fosse trasferito ai caraibi.

Se avesse un po' meno di amor proprio potrebbe proporlo a Jo... soprattutto dopo averci passato quattro ore nei panni di un pirata.

Il capitano Edward Kenway era un uomo con le palle, e Caleb si è innamorato della sua nave... si sorprende a pensare con nostalgia alle giornate in mare, anche se in realtà non c'è stato davvero... cerca di scrollarsi di dosso la sensazione e di prestare attenzione alla conversazione.

-E allora? perché dici di avere ragione?- vuole sapere Jo, appoggiando la tazza del caffè ancora piena sul bancone.

- perché è morto...-

Tutti gelano.

-Che tatto...-si lamenta Rebecca.

-Come morto...- fa Jo, scettica

-In quanti modi si può essere morti, signorina amministratrice?-

Caleb si acciglia... il tono di quel tipo non gli piace.

-Daccordo, inglese, come fai a saperlo?-

- Un mio amico che lavora per la contabilità mi ha detto che quando lo ha cercato per risolvere un vizio burocratico legato alla sua busta paga gli hanno detto che era morto... proprio come sospettavo.- conclude orgogliosamente Shaun senza raccogliere la provocazione.

-è la verità...- dice Rebecca rinunciando anche lei a bere il suo caffè.- me lo ha confermato una delle risorse umane, e una delle signora delle pulizie ha detto ad una collega che degli uomini della sicurezza hanno portato fuori un sacco da cadaveri dal retro quel giorno... le ho sentite io stessa.-

Rimangono in silenzio.

Quella storia fa acqua da tutte le parti secondo Caleb, ma pare che Jo sia incuriosita dalla faccenda.

-Ricordi il nome? dell'addetto alla qualità, intendo.-

-Adam Coster...- risponde Shaun.

Jo annuisce.

-Ora scusateci, ma noi dobbiamo ancora pranzare... alla prossima.-

Caleb la prende per mano e saluta gli altri due con un cenno del capo, avviandosi con lei.

- Non crederai a quella storia assurda...-

Lei scrolla le spalle, guidandolo verso la mensa con i tavolini rotondi circondati da piante in vaso.

-Non lo so... ti assicuro che di cose strane ne ho sentite parecchie... questa azienda è grande, vecchia e potente... e nessuno sa chi sia il capo... nemmeno mio padre lo ha mai incontrato, e lui è un pezzo grosso.-

Oooh, questo Caleb lo sapeva bene.

Prendono il pranzo e si siedono ad un tavolino appartato.

Jo con davanti un'insalata e una coca, Caleb con del tonno alla piastra e dell'acqua naturale.

-pensi che possa essere controllata dalla mafia?- chiede lui riprendendo il discorso.

-Non lo so, ma quest'ultima storia non mi è piaciuta affatto... chiederò a papà se ne sa qualcosa... tu stai attento... Shaun sarà anche irritante qualche volta, ma non è stupido...-

Caleb promette che starà attento e le promette che quando saranno a casa stasera le racconterà tutto delle sessioni nell'Animus, e poco prima di lasciarla davanti alla porta del suo ufficio le promette, accostandosi al suo orecchio, che le farà vedere una cosa o due che ha imparato da Edward.

Lei sorride maliziosa mentre arrossisce un po', prima di percorrere lentamente la distanza che la separa dalla porta a vetri... sa che lui la sta guardando, e non vede l'ora che arrivino le sei.

Note di autore:
Spero che i personaggi di Shaun e Rebecca siano IC!

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Capitolo 3

Caleb vorrebbe raccontare a Jo di tutto quello che ha imparato oggi sui pirati e sul loro modo di vivere, ma non sono nemmeno riusciti ad uscire dall'ascensore prima di strapparsi i vestiti di dosso.

Adesso lei dorme nel loro letto, ma lui non riesce a chiudere occhio anche se si sente stanco... forse perché ha fame.

Va in cucina e si prepara un panino con il burro di arachidi e un bicchiere di latte.

Si siede davanti al portatile e mangia mezzo panino aspettando che si accenda.

Apre internet e per un momento si blocca davanti alla pagina di Google... poi si decide e digita: Adam Coster.

In tre ore riesce a scoprire tutto su di lui: nome della madre da nubile, stato civile, ultimo stipendio percepito... sa che ha tolto le tonsille a dieci anni e che a tredici ha vinto la fiera delle scienze della sua scuola.

Ma niente indirizzo attuale.

La stessa cosa vale per la moglie.

Niente figli.

Si gratta il mento, perplesso.

Le persone non spariscono per caso, a meno che qualcuno non voglia farle sparire.

-Amore...-

Un pigolio alla sua destra lo fa voltare.

Jo lo guarda spaesata, il corpo nudo illuminato dalla luna.

-Che ci fai in piedi a quest'ora?- chiede avvicinandosi a lui per sbirciare lo schermo.

Lui chiude il portatile senza parere.

-Nulla, tesoro... non riuscivo a dormire...-

Non vuole preoccuparla... vuole che lei sia felice.

La donna si lascia stringere tra le braccia, ancora confusa dal sonno, e si abbandona su di lui, lasciandosi baciare alla luce della luna piena.

 

 

 

Caleb non riesce a crederci.

Quando, il primo giorno, il capo dell'IT lo aveva contattato per chiedergli di violare il computer di una collega in vacanza non pensava che lo avrebbe contattato di nuovo e invece eccolo li che gli chiede di violare le telecamere di sorveglianza dell'ufficio del Direttore Creativo.

Quel tipo gli piace sempre meno... non che si faccia scrupoli, ma non vuole perdere quel lavoro.

-Senti, a me questo lavoro serve...- gli comunica tramite l'auricolare.

-Ah, davvero? Pensavo che andare a letto con la figlia del capo ti mettesse apposto per tutta la vita...- lo deride l'uomo dall'altro capo.

-Senti un po' pezzo di merda...-

-Scusa, scusa... va bene, non ti scaldare... sei libero di non aiutarmi, ma sappi che non ho nascosto le tracce di quello che hai fatto all'Animus dei tuoi colleghi... si, lo so che hai hackerato altri Animus... sei un curiosone eh, Martin?-

-Cazzo...- impreca.

-Non temere... coprirò le tue tracce se farai quello che ti dico... allora amico, siamo daccordo?-

Caleb ringhia un si.

-Perfetto... allora fa come ti dico...-

 

 

Caleb consegna le informazioni a Rebecca, l'amica dell'uomo dei caffè...

-A chi devi consegnarlo?- le chiede accigliato.

-Mi dispiace, ma io faccio solo le consegne....- tergiversa Rebecca voltandosi.

Caleb la afferra per un braccio... la conosce da appena dieci giorni, ma sa che in lei c'è qualcosa di più... non è una semplice fattorina.

-Voglio sapere cosa sta succedendo...-

-Meno sai, meglio stai...- gli dice lei, e lui la lascia andare.

Quello non è ne il tempo ne il luogo di discuterne.

Sente la testa girare.

Da quando quel maledetto di Oliver gli ha chiesto di intensificare le ricerche per trovare l'Osservatorio nel minor tempo possibile passa anche dieci ore al giorno nell'Animus.

Si sente stanco, irritabile e soffre di insonnia.

Jo gli sta accanto, ma Caleb vede che è preoccupata.

Ha la nausea, ma deve tornare al piano di sopra... ha ancora tre ore da passare in quella maledetta macchina, e non può evitarlo... non può perdere quel lavoro, non può.

Il pavimento gli viene incontro improvvisamente, e l'ultima cosa che vede prima di svenire è Shaun che si china su di lui e gli sbottona la camicia.

-Sei messo male amico, non avresti dovuto passarci così tanto tempo...-

Caleb vorrebbe rispondergli di farsi i cazzi suoi, ma viene distratto dalla pattuglia di guardie in uniforme inglese che marcia nell'Atrio.

Li sta ancora guardando quando improvvisamente tutto si fa buio.

 

 

 

 

Caleb apre gli occhi.

La stanza in cui si trova è completamente bianca.

Le finestre alla sinistra del suo letto hanno le tendine tirate, ma i neon sul soffitto la illuminano di una luce fredda che gli ferisce gli occhi.

Ha sete e gli gira la testa.

Si chiede da quanto tempo se ne stia lì sdraiato.

Spera non da molto.

La porta scorrevole viene aperta di scatto, e Jo fa il suo ingresso.

Il suo tailleur blu è un tocco di colore gradito, in tutto quel bianco... la fa sembrare un fiore che sbuca dalla neve.

-Amore... come stai?- gli chiede allarmata.

Ha gli occhi lucidi, ma non ha pianto... ora che ci pensa l'unica volta in cui l'ha vista piangere è stato al funerale di sua madre...non può fare a meno di chiedersi se piangerebbe anche per lui.

-Sto bene...Non è niente- cerca di sorriderle... con scarso successo... tenta di mettersi seduto e lei lo aiuta sistemandogli il cuscino.

-Amore... sei rimasto svenuto per quattro ore...- lo informa lei sedendosi sul letto, al suo fianco.

Lui la guarda negli occhi e ci vede il panico.

Si dà mentalmente della merda per aver dubitato inconsciamente dei suoi sentimenti per lui.

Piangerebbe per lui, ne è sicuro.

-Non è niente...-  ripete, non sapendo cosa dire.

Lei fa un verso frustrato.

-per favore, Caleb..- le parole le escono come un lamento.

-Non so cosa dirti, non mi sento male... cosa dice il dottore?- vuole sapere, mentre lei comincia ad accarezzargli la mano.

Lui la stringe.

-Dice che hai esagerato con il lavoro...-

-Tutto qui?-

-Tutto qui...-

-Ecco, se lo dice il dottore non devi preoccuparti... mi fanno uscire?-

Lei scuote la testa.

-Devi rimanere sotto osservazione per un po' e vogliono farti qualche esame... hai due giorni di infortunio.-

-Fantastico... due giorni di vacanza in questa reggia di ospedale, cosa posso volere di più? Dimmi, le infermiere sono carine?-

Lei sbuffa e gli tira un pugno scherzoso sulla spalla.

-Ti consiglio di non scherzare con me, o te ne pentirai- lo avvisa.

Caleb sorride... lei non è mai stata gelosa, sa di non averne motivo... lui ha occhi solo per lei.

 

Note di autore: in questi giorni ho problemi ad accedere al server Uplay e non posso giocare... compatitemi!

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

Tornare a lavoro due giorni dopo gli dà la possibilità di parlare con Shaun a quattrocchi.

All'ora di pranzo lascia la postazione dieci minuti prima del solito, avviandosi verso l'ascensore.

L'Atrio è affollato di dipendenti e visitatori, ma Shaun si trova come sempre al chiosco del caffè e non può scappare in nessun modo anche se Caleb lo vede guardarsi intorno in cerca di una via d'uscita non appena lo individua.

Caleb si avvicina lentamente, sicuro di averlo in pugno.

-Buongiorno, Shaun...-

-Ehm... buongiorno, Caleb... vorrei tanto chiacchierare con te, davvero, ma ho del lavoro da fare per cui....-Shaun fa saettare gli occhi verso la porta di servizio.

-Ci vorranno pochi minuti... voglio solo sapere cosa cazzo sta succedendo qui... tu e Rebecca non siete chi dite di essere, non è vero?Non so come, ma mi è chiaro come il sole...-

Shaun impreca, è sempre più nervoso.

-Merda, amico...l'effetto osmosi è già cominciato a quanto pare... dimmi, quanto ci passi dentro quell'aggeggio infernale?- chiese Shaun mettendosi a preparargli un caffè.

Caleb aggrotta la fronte.

-Otto, dieci ore al giorno... perchè?Cos'è l'effetto osmosi?-

-Senti... non dire a nessuno che te l'ho detto, ma non ti fa bene... non ti fa bene affatto.. di consiglio di ridimensionarti un po' se non vuoi trovarti in coma in un paio di settimane.-

-Non capisco...-

-E non capirai... Jo è  carina... mi tratta come una persona, tanto per cominciare, e non come il "ragazzo dei caffè"... perciò ti do un consiglio: limitati a fare il tuo lavoro e non ficcare il naso in giro.-

Caleb sorseggia il caffè... Jo ha ragione, fa davvero schifo.

-Un po' troppo tardi per questo.-

Shaun quasi si fa scappare un sorriso.

-Benvenuto nel club.-

 

 

 

Caleb ha deciso che oggi non si alzerà del letto, tranne che per pisciare.

Si rigira nelle lenzuola candide e fa un sorriso soddisfatto mettendosi a pancia in giù.

Jo è da qualche parte, in cucina o in salotto... forse in cucina visto che la casa è satura dell'odore dei pancake che cuociono nel burro... e canticchia un motivetto promozionale del nuovo prodotto dell'Abstergo... Caleb la riconosce... è the dead horse... una delle preferite della sua ciurma.

Sospira contento e apre un occhio.

Piove, fuori dalle grandi finestre, ma a lui non importa... non ha intenzione di uscire di casa quel giorno.

Chiude di nuovo gli occhi.

Sente Jo entrare in punta di piedi... può quasi sentire la sottoveste di seta blu che ondeggia intorno alle cosce nude... sente i suoi passi, nonostante cammini a piedi scalzi nella folta moquette.

Si chiede come sia possibile.

Da quando è svenuto nell'Atrio è come se i suoi sensi fossero amplificati... e la cosa è peggiorata nelle ultime settimane... che sia per colpa di quella cosa che Shaun ha chiamato effetto osmosi?

Se è per questo Caleb non ha intenzione di lamentarsi... potrebbe lamentarsi per i mal di testa, invece... quelli sono una vera scocciatura.

-Amore...-

Jo ha raggiunto il letto, e adesso è semi-sdraiata sulla sua schiena.

Può sentire i piccoli seni premere sulle sue scapole.

Sospira di nuovo.

-Amore, la colazione è pronta...- Jo gli mordicchia un orecchio, e lui vorrebbe che continuasse per sempre.

Purtroppo sa che non è possibile... il mare lo chiama.

-Arrivo, Caroline....-

La sente gelare.

-Merda... sul serio, amore, non è come pensi...-

Si affretta a scusarsi, mentre lei si irrigidisce tra le sue braccia.

-è quello stupido Animus... a volte confondo la sessione con la realtà...-

Lei lo fissa scettica.

Lui non se la sente di biasimarla... non ci crederebbe nemmeno lui... forse sta solo diventando pazzo.

-Caroline... è la moglie di Edward, giusto?-

Adesso è pensierosa... che comunque è meglio che incazzata.

-Si...- annuisce... non sa dove vuole andare a parare, ma intuisce che il programma della sua giornata perfetta è saltato.

Lei si alza e si dirige verso il bagno.

-Da quanto ti succede?-

La guarda spogliarsi e aprire l'acqua della doccia.

Segue con gli occhi il profilo dei suoi fianchi... vorrebbe infilarsi nella doccia con lei, ma sente che non è il caso... Jo è nervosa e preoccupata.

-Una settimana... non di più... - mente- è solo lo stress.-

Lei lo fissa attraverso i vetri trasparenti.

-Beh, allora è il caso che tu faccia qualcosa per toglierti questo stress di dosso... - sorride maliziosa, invitandolo ad entrare insieme a lei nella doccia  con un gesto della mano.

Caleb ha sempre adorato quella doccia... c'è spazio per almeno tre persone, li dentro, e le pareti sono coperte di piccole piastrelle a mosaico blu e bianche che gli ricordano la schiuma di mare.

-E tu intanto cosa farai?- la conosce, sa che la scusa dello stress non la convince... e per dirla tutta non convince nemmeno lui: è da un po' di tempo che si sente strano, si sente osservato... e bisogna aggiungere la nausea, e gli incubi... ah, e come dimenticare il capo dell'IT che lo minaccia di spifferare le sue violazioni ai computer?

Forse l'ipotesi dello stress non è poi da scartare, dopotutto.

-Farò qualche domanda in giro... domande innocenti... -

-Scommetto che ha fatto  così anche Adam Coster...-

Jo soffoca una risata contro la sua spalla bagnata, spedendogli dei piccoli brividi giù lungo la spina dorsale.

-Ti prometto che non finirò in un sacco per cadaveri... sono così mainstream!-

Questa volta tocca a Caleb scoppiare a ridere.

Tira Jo più vicina, e si dice che forse quella giornata non sarà proprio da buttare via.

 

Note di autore: il presente non è il mio tempo usuale... spero di non aver fatto troppi errori.

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


Capitolo 5

Montreal, Grattacielo Abstergo Entertainment.
Lunedì 18 Novembre
10.00 a.m.

Caleb odia il lunedì.
L' ha sempre odiato.
Non tanto perché gli tocca presentarsi in ufficio, quello lo deve fare tutta la settimana, ma perché tutti sono così nervosi... c'è da fare questo, c'è da fare quello... con tutta la settimana davanti che senso ha affannarsi così tanto per portare a termine un lavoro?
La verità è che si sente nervoso.
Quella notte non ha dormito.
L'incubo che lo ha svegliato nel cuore della notte non gli ha lasciato alcun ricordo, a parte un vago odore di polvere da sparo che evidentemente doveva essere nella sua testa.
Era un incubo violento comunque, visto che aveva gridato.
Jo si era spaventata da morire, a sentirlo gridare in quel modo, e non si era lasciata persuadere dalle sue rassicurazioni.
Caleb era rimasto sveglio fino all'alba abbracciato a lei, immersa in un sonno agitato... il suo corpo morbido accanto al suo era servito a tranquillizzarlo... era reale, si trovava davvero li... da un po' di giorni non è più così sicuro di quale sia la realtà.
Caleb si guarda intorno.
Non c'è nessuno nella stanza.
Ovviamente, visto che per entrare è necessario un pass di livello 2 di cui non tutti sono forniti.
Per sua fortuna, se così si può dire, John gli ha fornito il pass quando gli ha chiesto di spiare nell'ufficio di Oliver.
Si siede davanti alla consolle che comanda le telecamere di sorveglianza dell'Atrio.
 Una delle quali è puntata dritta sul chiosco di Shaun.
Hackerare il sistema è un gioco da ragazzi.
-... capisci?- sta dicendo Rebecca
Shaun annuisce.
-Io capisco, ma non ci possiamo fare niente... ci siamo già compromessi abbastanza con quei due.... Sono sicuro che Jo sospetti che non siamo quello che diciamo di essere, e Caleb ormai ne è certo... cosa dice il Grande Capo?-
-Che dobbiamo essere cauti... Jo è la figlia di uno dei pezzi grossi dell'Abstergo, non possiamo essere certi che non sia coinvolta con... Loro...-
Caleb aggrottò la fronte... Loro?
Quei due hanno molto da spiegare, questo è certo.
-Io credo che dovremmo darle fiducia...- dice Shaun.
-Cos'è, ti sei innamorato?-
-Non dire sciocchezze... sai che il mio cuore appartiene a Madonna Storia*.-
-Ma certo... comunque dovresti parlarne con il Capo, un po' di aiuto dall'interno non sarebbe male.-
Shaun annuisce.
-Lo farò subito.-
Quando Caleb raggiunge il chiosco ad accoglierlo c'è un cartello con su scritto "Torno subito".
Impreca e guarda l'ora.
Ha già mezz'ora di ritardo, e se non vuole beccarsi una lavata di capo deve assolutamente raggiungere l'Animus.
La sola idea di tornare la dentro gli da la nausea.
Si avvia rassegnato verso l'ascensore, quando il suo pad emette un trillo.
Apre la mail con aria scocciata... Insomma fa il suo lavoro al meglio e non solo quello gli stava fottendo il cervello, si permettono anche di incalzarlo con quel maledetto Osservatorio.
Ripensandoci forse aveva sognato proprio quel posto... non che nella vita di Edward mancassero i momenti pericolosi, o eccitanti... quel tipo aveva un carattere più esplosivo di un carico di dinamite!
Apre la mail mentre raggiunge il suo Animus, schivando uno dei suoi colleghi e ignorando il suo saluto.
Si siede pesantemente sulla poltrona, irritato.
E così hanno scoperto le sue piccole incursioni nel loro sistema, altrimenti non si spiegava la decisione di cambiare il sistema di sicurezza dell'Animus... legge la nuova password... una serie di cinque numeri... niente lettere.
Pivelli.


Jo ravvia stizzita i lunghi capelli neri.
Avrebbe dovuto sapere che chiedere ai suoi colleghi dirigenti non avrebbe portato a nulla di concreto: pareva che fossero in grado di non dire niente usando un fiume interminabile di parole... e dire che in precedenza la considerava una qualità, quella.
Si avvicina al chiosco del caffè nell'Atrio.
Uno dei terribili caffè di Shaun è proprio quello che le ci vuole per sostenerla fino alla fine della giornata.
-Accidenti... siamo sul piede di guerra?-
 Jo non è dell'umore giusto per scherzare, così si limita a prendere il caffè che l'uomo le porge.
-Problemi in paradiso?-
-Eh? Oh, no... non proprio.-
Shaun attende che lei continui, ma Jo non lo fa... non vede perché dovrebbe parlarne con lui... in fondo è solo il ragazzo dei caffè... si sente meschina un attimo dopo averlo pensato... Shaun non ha colpa per quello che sta succedendo a Caleb... e forse ha sentito qualcosa di interessante.
-Caleb non si sente molto bene... credo che l'Animus lo stia influenzando in qualche modo.-  sorseggia il caffè salutando con un cenno svogliato un collega;  riporta l'attenzione su Shaun che nel frattempo sta asciugando delle tazzine.
-Sai... non è il mio campo...-
Nemmeno tergiversare pensa Jo, ma non insiste... è brava nel suo lavoro e sa come manipolare le persone... che si tratti di trattare con clienti ritrosi o con il fruttivendolo al mercato... sa come trattare con la gente per ottenere quello che vuole.
-Già...immagino di no...il tuo campo è il caffè, giusto?- cerca di essere insinuante... se c'è un cosa di cui è certa è che Shaun tiene molto a mostrare la sua intelligenza... può anche essere che al momento faccia il barista, ma Jo non crede che quello sia il suo lavoro...glielo dice il suo modo di fare...oltre al fatto che non sa preparare il caffè.
Shaun mette da parte un tazza sbeccata.
-Sai su quale principio si basa l'Animus?- chiede all'improvviso, lasciandola un momento spiazzata.
-Su una specie di atavismo, giusto? In pratica sul fatto che il DNA funziona come una memoria di massa...- è confusa, non capisce cosa Shaun voglia dirle.
-Ciò spiega l'istinto di sopravvivenza... è nella nostra memoria genetica, e in determinate situazioni viene fuori... cosa pensi che potrebbe succedere se qualcuno andasse a sollecitare il DNA ripescando i dati?-
Jo ci pensa un momento, e si rende conto che avrebbe dovuto arrivarci da sola.
-Si chiama effetto osmosi...- la informa Shaun chinandosi a riporre lo straccio sotto il bancone.
Lei lo guarda sospettosa.
-Come fai a sapere tutte queste cose?- chiede, forse guardandolo davvero per la prima volta.
Un ghigno amaro si dipinge sul suo volto.
-Nessuno si preoccupa di essere ascoltato dal ragazzo dei caffè... forse non mi ritengono abbastanza intelligente da capire cosa si dicono...- l'amarezza nella sua voce è stemperata dal sarcasmo, ma non per questo meno evidente.
-Si sbagliano...-
Lui si stringe nelle spalle.
-Forse sono solo bravo ad agire nell'ombra...-
Quella frase fa accendere una scintilla nella testa di Jo... agiamo nell'ombra per seguire la luce, siamo... Assassini.
Che sciocchezza.
La donna alza lo sguardo, critica, e lo fissa in quello dell'uomo.
-chi sei?- chiede.
Lui si stringe nelle spalle.
-Il ragazzo dei caffè... cosa altro dovrei essere?-


Note di autore:   * lo dice in italiano.

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

Caleb esce dall'Animus con un gemito.

La sessione di quel giorno è stata particolarmente intensa, però ormai è vicino all'Osservatorio... Roberts gli mostrerà il luogo,  forse già nella prossima sessione.

Se non altro potrà rallentare, una volta che avrà dato a Oliver quello che vuole.

Si alza, ma ha un mancamento momentaneo.

Ci manca solo che svenga un'altra volta.

Chiude gli occhi per un secondo, quando nelle orecchie gli risuona un colpo di cannone seguito dalle grida della ciurma... l'odore di polvere da sparo bruciata riempie l'aria...

-Caleb, hai finito per oggi?-

Apre gli occhi.

-Si, Melanie... -

Tenta di sorridere.

-Stai facendo un ottimo lavoro, siamo molto soddisfatti di te... continua così e chi lo sa dove potrai arrivare! Allora a domani, au revoir!-

Caleb la saluta, trattenendosi dal rispondere che se continua così probabilmente finirà in un ospedale psichiatrico.

Recupera la giacca appesa all'attaccapanni e si dirige all'ascensore, la testa piena delle immagini del mare.

Gli piacerebbe davvero andare ai Caraibi, un giorno.

Immagina Jo, in bikini, sdraiata sulla sabbia candida.

Si, gli piacerebbe proprio.

Il trillo del cellulare lo riporta alla realtà.

Legge il messaggio e si incupisce.

Capita di rado che Jo debba rimanere in ufficio oltre l'orario, ma è una cosa che detesta.

Attraversa l'Atrio con un cipiglio scuro in volto, e si gira irritato quando si sente chiamare.

Non vede l'ora che quella dannata giornata finisca!

Shaun lo raggiunge.

Indossa un cappotto di lana nero, e una sciarpa rossa.

Caleb trattiene una smorfia... è proprio un inglese.

Tira su la zip della sua più dignitosa giacca di pelle.

-Che vuoi, Shaun? Ti avverto che oggi è stata una giornata dura.-

-OhOh, non c'è bisogno di essere così aggressivi... ti stai lasciando influenzare dal tuo amico pirata? Comunque, volevo solo salutare. Incredibile! Uno cerca di essere cortese...-

-Si, scusa... ho mal di testa e Jo deve rimanere in ufficio...insomma, una giornata di merda-

-Ah, così Jo deve fare straordinari... chissà di cosa parlano durante quelle loro riunioni al quindicesimo piano...-

Caleb si chiede il perché di tutto quell'interesse... Quel tizio gli piace sempre meno.

Il freddo della strada lo colpisce, spingendolo a tirare su il bavero.

-Ti regalerò una sciarpa...- commenta Shaun.

-Tienitela, la tua sciarpa... e invece dimmi chi siete tu e Rebecca...-

Lo irrita questa situazione.

Lo irrita non sapere cosa sta succedendo.

Lo irrita sentirsi manipolato.

E, cazzo, lo irrita che Shaun sogghigni a quel modo.

-Cosa c'è da ridere? Ti avverto, ho imparato a mettere KO un avversario senza lasciare segni evidenti...-

Se ha sperato che la minaccia intimidisca il barista allora si è sbagliato alla grande... semmai il sorriso dell'altro si allarga.

-Buon per te, amico... buon per te... A domani.-

Caleb lo guarda dirigersi dall'altra parte della strada, fischiettando un motivetto che non riconosce.

Una folata di vento particolarmente fredda lo fa rabbrividire.

Deve togliersi dalla strada, se non vuole ammalarsi.

Scende nella metropolitana unendosi al flusso di persone che torna a casa dal lavoro.

Mentre entra nella carrozza si scontra con un uomo di mezza età.

-Chiedo scusa...-

Ha una voce profonda, e chissà perché a Caleb è famigliare.

Quando alza gli occhi per rispondere rimane a fissare l'uomo chiedendosi dove lo ha già visto.

Il segnale acustico che avverte della chiusura delle porte lo fa sobbalzare.

Fa un passo verso di lui, ma è troppo tardi per scendere.

Il treno parte.

Lo sconosciuto rimane a guardare i fanali di coda finché non si perdono nel buio del tunnel, poi si avvia verso la scala che porta alla superficie.

 

 

Jo non saprebbe dire perché si trova li.

La luce della luna entra dalla grande vetrata del suo ufficio, mentre si sposta tra i file dell'azienda alla ricerca di informazioni.

Dopo  ore di navigazione infruttuosa tra i file di cui è autorizzata a conoscere il contenuto deve arrendersi.

Non c'è niente li... niente di sospetto o di losco... i file sono trasparenti, completi e ordinati... anche troppo, ora che le hanno messo la pulce nelle orecchie.

Purtroppo lei non ha le capacità di scavare più a fondo... dovrebbe chiedere a Caleb di aiutarla, ma non vuole metterlo nei guai.

Sospira appoggiandosi indietro nella poltrona e sbuffa.

Tutta la faccenda è ridicola, e forse non c'è proprio nulla da trovare... forse è tutto uno scherzo della sua immaginazione e Shaun la sta prendendo in giro...ma non ci crede davvero... li c'è qualcosa, e lei è frustrata dalla sua incapacità di vederlo.

 

Esce velocemente dall'ufficio, boccheggiando nell'aria gelida.

Sono le dieci ormai e sa che Caleb la sta aspettando sveglio... la sua ultima chiamata è solo di mezz'ora prima.

Non sa cosa dirgli.

Non sa ancora cosa fare.

Non riesce a pensare.

Si sente confusa.

Forse dovrebbe prendere Caleb e andarsene da Montreal... magari ai Caraibi.

Si avvia verso il ciglio della strada per fermare un taxi quando si accorge dell'uomo dietro di lei con un modo di paura che la prende allo stomaco.

-Lei è la signorina Al Hammou, giusto?- le chiede.

L'uomo è un signore distinto, con la voce calda e i capelli e la barba corti e brizzolati.

-Chi è lei, mi scusi?-

Si guarda intorno e si rende conto che sul marciapiede non c'è nessuno.

I passeggeri delle auto in corsa sfrecciano via veloci senza curarsi di quello che accade fuori dagli abitacoli caldi e confortevoli.

Jo lancia un'occhiata all'ingresso dell'edificio valutandone la distanza.

L'uomo si mette di fronte a lei, bloccandole la visuale.

-Mi dispiace molto disturbarla, ma dobbiamo parlare... noi abbiamo degli amici in comune.-

Lei indietreggia.

-Ne dubito...- risponde freddamente.

Lui si fa impaziente.

Si vede che non è abituato a chi discute i suoi ordini, e la sua reticenza sembra irritarlo.

-Le assicuro che non se ne pentirà... lei ha delle domande, dico bene? Perfetto, io ho le risposte... sempre che lei voglia sentirle...-  la guarda intensamente, come sfidandola.

Il tono è freddo e tagliente, la provoca di proposito.

E lei sa cosa dovrebbe fare... dovrebbe cominciare ad urlare, oppure scappare... oppure mandarlo al diavolo e tirargli un calcio nelle palle.

Eppure si scopre irretita, suo malgrado, dalla possibilità di conoscere la verità... suo padre dice che la sua è una pessima abitudine, che farebbe meglio a non impicciarsi di quello che esula dalla sua comprensione.

In realtà sono molte le sue abitudini che non vanno a genio  a suo padre

 Prima tra tutte Caleb.

-Voglio sapere tutto...- dice risoluta.

L'uomo le sorride soddisfatto e le fa cenno di precederlo verso il furgone bianco parcheggiato più avanti e che lei prima non aveva visto.

Dà due colpi alla portiera e quella si apre scorrendo, rivelando la faccia gioviale di Rebecca.

-Benvenuta...- la accoglie con un sorrise aiutandola a salire.

-Già...- dice Shaun dal posto di guida.- Benvenuta nella tana del Bianconiglio.-

 

Note di autore: amo Alice nel paese delle meraviglie, e faccio battute del genere di continuo...qui e nella vita... perdonatemi.

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

Quel giorno tutto lo irrita oltre misura.

Jo è tornata a casa  solo alle tre del mattino, quella notte, propinandogli una vaga scusa che coinvolgeva un paio di colleghe ed una festa improvvisata.

Caleb ha reagito male.

Non è la prima volta che litigano, questo no... peròè stato diverso, questa volta.

Il loro rapporto è sempre stato improntato sulla fiducia... lui non le ha mai mentito, e nemmeno lei ha mai mentito a lui.

Almeno fino a quel momento.

Perché lui sa che lei sta mentendo.  

è uscito di casa senza salutarla.

Sa di ferirla con il suo comportamento, ma anche lui si sente ferito.

La verità è che nemmeno gli importa dove sia stata... si fida di lei e non teme che abbia un amante.

O almeno non lo aveva mai creduto possibile... insomma lei è ricca e bella e  non ha bisogno di lui quindi perché tenerselo se non lo vuole?

Continua a rimuginare su quella faccenda mentre passa davanti al chiosco di Shaun.

-Ehi, campione... la tua dolce metà?-

Shaun sa che se gli sguardi potessero uccidere lui avrebbe smesso di respirare in quel preciso istante.

-Fai come se non ti avessi chiesto niente...- dice tornando al suo lavoro.

-Mi piacerebbe sapere perché sei così interessato a lei...-

Shaun maledice la sua lingua lunga.

è ovvio che lui sia... indispettito quella mattina dato che la sua fidanzata gli ha propinato una balla monumentale per coprire la loro chiacchierata notturna.

-Nulla di personale, te lo assicuro...-

Caleb sembra sul punto di picchiarlo.

Shaun sa che tergiversare non è mai stato il suo forte.

-Ehi, voi due... c'è tanta tensione che potrei tagliarla con un coltello... vi consiglio di non azzuffarvi nell'Atrio o passerete dei guai .- Rebecca mette una mano sulla spalla di Caleb, senza però fare pressione.

L'uomo indietreggia volontariamente mentre Shaun ringrazia il suo angelo custode genio dell'elettronica.

-Caleb...-

Il richiamo di Jo che arriva in quel momento fa irrigidire Caleb.

Non vuole parlarle in quel momento, non vuole neppure vederla.

Si allontana velocemente e imbocca l'ascensore senza voltarsi indietro.

Jo sospira rassegnata.

-Uhm... è un tantino arrabbiato?- chiede Rebecca.

-Rebecca... la tua capacità di minimizzare ha dell'incredibile...-

-Shaun....- tenta di interromperlo Rebecca.

-...quell'uomo è incazzato come una biscia... voglio dire, mi avrebbe preso a pugni se tu non fossi arrivata... Che carattere! Come fai a stare con uno così, mi chiedo io...-

-Perchè...- sbotta Jo- prima della vostra comparsa non è mai successo nulla del genere...-

-Ti ricordo che hai scelto tu di conoscere la situazione...-

Jo lo guarda con astio, ma non può dargli torto.

Stronzo saccente.

-Nessuno mi ha avvertito che non avrei potuto dirgli niente...-

-Lo metterebbe in pericolo...- dice Rebecca.

-è già in pericolo... verrà messo al corrente di tutto, oppure vi potete scordare la mia collaborazione.-

I due si guardano.

In realtà sapevano entrambi che si sarebbe arrivati a quel punto.

-Daccordo, ma prima dobbiamo capire che fine ha fatto Oliver... siamo sicuri che la sua sparizione sia legata in qualche modo al tuo principe azzurro, quindi per il suo bene è meglio che continui a fare il suo lavoro come sempre...-

Jo non si era mai accorta di quando la faccia di Shaun le faccia prudere le mani.

-Finche la cosa non lo uccide...- gli ricorda acida.

-Non lo ucciderà... al massimo lo farà impazzire.-

-Già, giusto... splendido... detesto lo Humor inglese.-

-Facci l'abitudine...ora fai parte della squadra.-

-Allegria...-

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


Capitolo 8

Caleb si sveglia all'improvviso, in un bagno di sudore.

Dovrebbe essere nella sua postazione Animus, e invece si trova in una stanza quasi buia, sdraiato su una branda.
I neon corrono intorno al soffitto, gettando una luce fioca sull'apparecchiatura elettronica nella stanza.

Si sente una merda.

Cerca di ricordare cosa sia successo e gli viene in mente che è la seconda volta che si sveglia li.
La prima volta la voce di Melanie lo ha informato che si trova li insieme ai suoi colleghi a causa dell'intrusione nei sistemi dell'azienda.

Si lascia andare sul cuscino, gemendo.

Sente i muscoli come se fossero fatti di gelatina, e fa fatica a concentrarsi.

Si mette seduto.

Questa volta va meglio.

Riesce ad alzarsi, anche se sente le gambe instabili, e si siede sulla poltrona davanti all'Animus.
Non riesce a credere di essersi cacciato in quel guaio.
Jo sarebbe impazzita dalla preoccupazione.
Adesso si pente di aver avuto quella discussione con lei... se scoprono che la talpa è lui chissà se lo lasceranno uscire da la dentro... forse farà la fine di Adam Coster, qualunque fine abbia fatto l'impiegato del controllo qualità.
Vorrebbe poterla vedere.

Si chiede che fine abbia fatto Oliver.
Melanie ha detto che è scomparso, ma nessuno sa che fine abbia fatto.

Il suo pad comincia a trillare.
Scocciato afferra l'auricolare abbandonato sul tavolino trasparente e se lo mette all'orecchio.
Si chiede con quale faccia tosta lo contattino dopo averlo rinchiuso li dentro.
-Allora... Ti hanno chiuso nel bunker. Grandioso. I Templari di sopra non vogliono prendersi nessun rischio. Credo proprio che sia necessario cancellare i dati compromettenti che hanno su di te.-
-Ancora tu!-
A quanto pare il capo dell'IT non ha nessuna intenzione di lasciarlo in pace.
-è colpa tua se mi trovo in questo pasticcio, quindi vedi di tirarmene fuori.-
-Daccordo, daccordo, non ti agitare...-
Caleb sente il rumore soffice della porta della sua cella che si apre.
-Hai sentito? Mi sa che ti ho appena promosso al livello di sicurezza 3! Ora va' in sala sicurezza e usa le telecamere per guardare la porta della zona server. Purtroppo Melanie adesso è lì. Quando la porterò fuori, sarà il tuo segnale per agire. Cancellerei i server io stesso, ma come capo dell'IT sarei il primo sospettato. Deve farlo qualcuno già sotto chiave. Ah, questi Templari! Ci controllano, lo sai? Decidono le elezioni, controllano i mercati finanziari e ci inseriscono dei microchip sottopelle per monitorare i nostri movimenti e i nostri pensieri. Roba da brividi.-
Caleb esce con circospezione.
Non c'è nessuno, ma meglio non rischiare... se lo trovano a girare nel bunker capiranno immediatamente che è lui l'hacker.
Si avvia verso la sala di sicurezza, entrando nel sistema e connettendosi alle telecamere.
-Va bene, senti. Io ora entro nella sala server. Quando ci vedi uscire, corri dentro.-
Dopo poco Caleb vede John comparire nell'inquadratura.
- ...non serve che venga anche tu qui, Melanie. Il mio team si occuperà dell'indagine.-

- Ma qui ti serve una mano, John. Non sappiamo quando c'è stato l'attacco. Ci vorranno settimane per vagliare i dati.-

Melanie sembra nervosa.

Caleb pensa che faccia bene... non sa quello che la aspetta quando sarà riuscito ad uscire da li... quello è sequestro di persona.

- Una al massimo. -

- È già troppo. Non posso rinchiudere il mio team per sempre!-

- Legalmente puoi. C'è scritto nel contratto. Hanno firmato senza leggerlo bene.-

Ah.

- Sì, certo, ma non mi va l'idea. Cosa vuoi fare adesso?-

- Il team sta già analizzando i dati. Avremo le prime risposte stanotte. Parola di scout! Ti offro un caffè, OK?-

Caleb esce velocemente dalla sala server raccomandandosi di prestare più attenzione a quello che firma, d'ora in poi.

I corridoi sono deserti e male illuminati.
Caleb lancia un'occhiata nelle celle dei suoi colleghi e vede che sono tutti collegati agli Animus.

Ha una strana sensazione.

Si chiede se è così che si sentano le cavie da laboratorio.
Ha la brutta sensazione che non uscirà più di li.

Il suo pensiero va a Jo.
Vorrebbe poterla vedere... almeno una volta ancora.

-Bene, l'ho mollata giù ora dal bar. Trova il server che contiene i registri dati. Visto che ho tenuto traccia di ogni tua violazione, cercheremo tutte le date e le ore di accesso e modificheremo i dati con qualcosa di innocuo. Facilissimo! Eccoci qua! Fantastico. Ora ti aggiorno di nuovo il trasmettitore. Ti carico un programmino, è fatto apposta per l'occasione. Ci siamo. Direi che ha funzionato. Provalo.-

Caleb forza il ridicolo sistema di sicurezza con la consueta facilità.
Davanti al suo volto compare il viso di una donna.
Qualcosa non va.
Caleb si volta per fuggire, ma il volto si materializza ovunque lui volti lo sguardo.
Si sente in trappola.
-Ora ti sento, certo. Già, ma non bene. Il segnale è così debole, e ormai lo sono anch'io. Aleggio. Come l'energia e l'aria che collegano le reti e i gangli, il sistema nervoso del mondo.-
-Chi sei?-
è affascinato da ciò che ha davanti.
L'apparizione sembra un ologramma, ma lo guarda come se lo vedesse... gli occhi intelligenti e antichi lo fanno sentire nudo.

-La senti?-
John sembra impaziente, ma Caleb lo ignora... la signora davanti a lui sta parlando di nuovo.
-Forse il tempio si è aperto troppo presto. Ma non certo per caso. Il cataclisma ha fugato ogni dubbio. Oh, il povero, caro Desmond, che ha dato la vita perché voi, frutto dei nostri sforzi, viveste. Per realizzare il nostro scopo. Il mio. Ma non è ancora tempo. La mia forza non è sufficiente ad abitare una creatura. C'è molto da fare, campioni da acquisire, manufatti da trovare, prima che venga il giorno.-
Desmond... conosce quel nome... ha trovato i suoi file nel sistema... ripensa alle registrazioni estratte dal suo cellulare... a ciò che voleva dire a suo padre...a ciò che non potrà mai dirgli.

-Che succede? Rispondi!-
Caleb fa un gesto irritato, come per voler cacciare una mosca fastidiosa.
Ha tante domande da fare, ma la voce di John che gli grida nelle orecchie gli impedisce di pensare.
-Restituitemi l'integrità, figlio miei. Miei strumenti. Aiutatemi a realizzare il vostro scopo-
Il busto scompare, con grande disappunto di Caleb che si ritrova solo nella sala.
La voce di John lo riporta alla realtà.
Deve tornare alla sua cella se non vuole essere scoperto.
-No, no, no! Qualcosa non va. Per Dio! Dovrebbe essere qui! Ora! Viva dentro a quella tua testa di cazzo! Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo! Perché ti ha risparmiato? Perché sai ancora qui?-

Caleb attende di essersi chiuso la porta alle spalle prima di rispondere.
-Ascoltami bene... non so cosa sia successo li dentro, o cosa sarebbe dovuto succedere, ma appena uscirò da qui... e succederà, credimi... ti conviene non farti trovare da me perché te la farò pagare.-
John non risponde.
All'orecchio gli arrivano solo scariche statiche.
Deve essersi scollegato.

Caleb si siede davanti all'Animus.
Ha di nuovo l'emicrania, ma sa di doversi rimettere al lavoro.

John ha parlato dei templari, e l'unica fonte di informazione che conosce al loro riguardo è l'Animus... deve tornare nella vita di Edward.

Si collega all'interfaccia lasciandosi andare.
Se nessuno vuole dargli delle risposte, allora le troverà da solo.


Note di autore: le parti in corsivo sono identiche ai dialoghi nel videogioco.

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


Capitolo 9
    
-Cerca di stare tranquilla, Jo...-
Shaun sa che dovrebbe rimanere zitto, ma evidentemente non è nel suo DNA.
-Tranquilla? Come posso stare tranquilla se hanno preso Caleb?-
Si trovano nel suo appartamento, lei e i tre Assassini.

Quel giorno a pranzo era andata al piano degli Animus per parlare con Caleb e risolvere una volta per tutte la loro lite, ma quando aveva cercato di accedervi il suo pad si era rifiutato.

Preoccupata era andata dritta al quindicesimo per parlare con Oliver, ma Melanie l'aveva informata che era scomparso e che Caleb sarebbe rimasto sotto supervisione insieme ai suoi colleghi fino a che non si fosse scoperto il colpevole di certe violazioni ai server interni.

Jo è certa che sia stato Caleb.

Solo lui può essere tanto in gamba da violare quei sistemi.

Quando aveva informato i suoi nuovi amici Assassini loro avevano confermato: Caleb aveva violato il server per conto del capo dell'IT, che poi aveva passato a loro le informazioni.
-Non sapevamo che volesse far ricadere la colpa su di lui... a quanto pare non è la persona simpatica che sembra...- aveva detto Shaun.

Al momento a Jo non importa un fico secco del capo dell'IT... lei vuole riavere indietro Caleb, possibilmente vivo e in buona salute.

Guarda il capo della loro piccola combriccola di cospiratori e si chiede se abbia fatto bene a fidarsi di loro... in fondo gli interessano solo le informazioni... ne lei ne Caleb fanno parte del loro gruppo... non rischieranno la copertura per salvarlo.

William ha passato il pomeriggio attaccato al suo computer, dopo averle chiesto il permesso di usarlo.

Ma certo, come no, ha risposto lei... ormai che senso ha fare la preziosa... la sua vita è già sconvolta.

Forse l'uomo si sente sotto esame, perché alza gli occhi ad incontrare il suo sguardo.
-Lo tireremo fuori da li... non preoccuparti. Abbiamo un debito nei vostri confronti, e lo salderemo.-

Non sa perché , ma gli crede.

Non conosce quell'uomo e non ha alcun motivo di fidarsi di lui, semmai il contrario, eppure sente che è sincero... deve essere un gran leader.

Ricorda a se stessa quello che le è stato detto al loro primo incontro, e cioè che William ha abbandonato la guida della Confraternita degli Assassini alla morte del figlio Desmond.

Cerca di mettersi nei suoi panni chiedendosi cosa avrebbe fatto se Caleb le fosse stato portato via in quel modo.

Solo il pensiero le dà le vertigini.

Cerca di concentrarsi e di non cedere al panico.

Come gli ricorda Shaun con il suo solito tatto, avere una crisi di nervi ora sarebbe controproducente.




Jo si sveglia e ci mette un po' a ricordarsi perché si sente così.

Precisamente ci impiega  circa due minuti ad accorgersi che il lato del letto opposto al suo è vuoto, e a ricordare il perché.

Vorrebbe piangere, ma non ne ha il tempo.

Si alza e si infila la vestaglia prima di uscire dalla camera.
è appena l'alba, ma William è già seduto davanti al suo piccolo computer.

Rebecca e Shaun non sono in vista.
-Buongiorno...- la voce calda dell'uomo attira la sua attenzione.
Jo si ritrova a pensare che è quella la voce che dovrebbe avere un padre.
-Buongiorno... dove sono Rebecca e Shaun?-

Così va bene... concreta e decisa... niente debolezze.

-Sono andati a lavoro... tenteranno di scoprire dove tengono Caleb, e indagheranno sul capo dell'IT senza metterlo troppo alle strette... non vogliamo che perda la testa e accusi Caleb, visto che per qualche strano motivo non lo ha ancora fatto...-

Il tono è calmo, ma la guarda in modo strano... come se si aspettasse una reazione violenta, o una crisi di pianto.

Non la conosce affatto.

-Come fai ad esserne sicuro?-
- perché ho un paio di uomini dislocati intorno al palazzo e non ci sono stati movimenti sospetti...-
-Tutto questo interessamento mi commuove...-
-Te l'ho detto... ho un debito, e ho intenzione di saldarlo.-
Jo lo fissa in silenzio.
-Tuo figlio... era un Assassino, giusto?-
Per un momento crede di essersi spinta troppo oltre, di essere stata invadente, ma poi William annuisce senza guardarla.
-E ha salvato il mondo, giusto?-
-Si...-
-Allora è un eroe...immagino che tu sia fiero di lui...-
L'uomo si volta a guardarla.
-Ogni giorno...-
-Già..., quindi siamo noi ad essere in debito... quando tutto questo sarà finito continuerò a passarvi le informazioni che vi servono...-
-Sarà pericoloso... come ha detto Shaun, una  volta entrati nella tana del bianconiglio non si può più tornare indietro...-
Jo non può fare a meno di sorridere alla battuta... ha sempre adorato quel libro.
-Tienimi  il posto da Regina di Cuori, William... è arrivato il momento di far saltare qualche testa aziendale...-


Esce dal bagno tre quarti d'ora dopo, e sa di apparire al meglio.
William si concede una breve occhiata alla sua figura prima di tornare allo schermo del computer.
-Complimenti... Caleb è un uomo fortunato.-

Il suo commento cade nel silenzio... non parchè voglia essere sgarbata, ma parchè non sa cosa dire.

-Vado in ufficio... cercherò di capire come è messa la situazione...-
L'uomo annuisce e lei si dirige verso l'ascensore.
-Jo...-
La donna si volta con un'espressione interrogativa.
-A proposito della tua offerta di passarci informazioni, accetto...-
Lei sorride.
-Non ho bisogno del tuo permesso...-
-Forse no, ma vorrei ringraziarti... e chiederti un favore...-

Jo fa due passi verso di lui.
Si renderebbe conto che è nervoso anche senza la sua laurea in psicologia.
L'ha visto turbato solo quando si parla di suo figlio, perciò sa che la sua prossima frase riguarderà lui.

Vorrebbe chiedergli se il fatto che il figlio sia morto lo faccia sentire in colpa, poi si ricorda di sua madre che le fa notare quanto sia sgarbato psicanalizzare le persone in quel modo perciò non lo fa.
Si divertiva a farlo, una volta... poi il corso in tecniche di comunicazione e marketing le aveva fatto passare quell'inclinazione... non si fanno buoni affari ponendo domande scomode ai compratori.

-Dimmi pure...-
-Trovalo... trova mio figlio...-

Se il dolore avesse un volto, sarebbe quello di William... e così ha risposto anche alla sua domanda inespressa... è dilaniato, dal senso di colpa.
-Lo farò...-

L'ascensore si apre davanti a lei, permettendole di entrare e pigiare il pulsante che la porterà al piano terra. L'ultima cosa che vede prima che le porte si chiudano davanti a lei è William che si copre il viso con le mani.

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


Capitolo 10

 

Caleb esce dall'Animus e si accorge subito che qualcosa non va.

Non è solo.

Vede un uomo chinato su di lui.

Cerca di alzarsi, ma i muscoli non gli rispondono.

-Sveglia, sveglia! Non credo che ci abbiano mai presentato. Non in questa era, almeno-

Caleb mette a fuoco il volto sopra di lui.

-Tu...-

Ha la bocca impastata.

John, o Bartholomew Roberts, che dir si voglia, gli mostra una siringa.

-Vorrei poterti spiegare tutto questo, ma non abbiamo molto tempo. Te lo dico in due parole: hai visto la mia cara Giunone. E per un breve attimo ho sperato che potesse incarnarsi nel tuo corpicino. Ma non ha funzionato. E ora è di nuovo laggiù, alla deriva. Oh, era splendida, a quel tempo. Una razza di superbe, magnifiche creature. Sono stati loro a crearvi. Non lo sapevi? Voi eravate i loro esperimenti. Soltanto quello. E quello dovevate restare! Manca poco, spero. Il mondo è quasi pronto per il suo ritorno! Fermo! In attesa della seconda venuta!-

Caleb vorrebbe tanto dirgli che è pazzo, ma a parte il fatto che non ne è più tanto sicuro non riesce nemmeno ad articolare le parole... se continuano a drogarlo in questo modo oltre che ad un centro psichiatrico dovrà fare domanda anche ad un centro di recupero per tossicodipendenti.

Gli viene da ridere, ma il rumore di passi proveniente dal corridoio lo distrae.

-Uh... Oh-oh. Eccoli là. Quei Templari. O magari gli Assassini, stavolta. Idioti, tutti quanti.-

Caleb stringe gli occhi quando il liquido gli entra in circolo.

Brucia come l'inferno.

-Ti invidio. Voleva che fossi qui ad accoglierla. È stato un suo esperimento a farmi rinascere in uno di... questi corpi.-

Lo sparo interrompe il suo blaterare, facendolo gemere di dolore.

-Tutti giù!-

-Stenditi a terra! Ora!-

Le urla delle guardie urtano le orecchie di Caleb, che si sente sempre più scivolare via.

Si sente un po' come quando entra nell'Animus all'inizio della sessione... sta andando alla deriva.

-Ha una pistola!-

-Guidami nell'ombra, Amore! Sono il tuo strumento!-

-Getta la pistola! Gettala!-

-Buttala a terra!-

Lo sparo che segue non può raggiungere Caleb, che ormai è scivolato a terra.

-Libero! Libero! Sentigli il polso!-

-Perde molto sangue.-

-è in stato di shock... dobbiamo portarlo di sopra... via, via... fate spazio..-

Caleb si sente fluttuare verso l'alto.

Vorrebbe solo poter rivedere Jo ancora una volta... l'ultima volta.

 

 

 

Il bip cadenzato dell'apparecchio per il controllo dei parametri vitali ha un che di rassicurante.

Sa che cosa significa.

Significa che è ancora vivo.

Apre gli occhi e fa un profondo respiro.

Niente tubo in bocca.

Ha visto abbastanza puntate di Dottore House per sapere che anche quello è un buon segno.

Così come il fatto di poter muovere mani e piedi... poco, ma meglio che niente.

Si sente stordito ed è sicuro di non potersi mettere seduto senza vomitare, ma è vivo.

Caleb uno, John zero.

-Signor Martin? Mi sente signor Martin? Caleb?-

La voce che lo chiama non ha nulla di famigliare.

Il viso di un uomo entra nel suo campo visivo.

Indossa un camice bianco.

Il fatto che ci metta qualche secondo ad associarlo alla figura di un medico la dice lunga sul suo stato mentale.

 Peccato... non è il dottor House.

Strizza gli occhi infastidito quando quello gli punta una luce dritta nelle pupille.

Ma che modi...

-Bentornato... ci ha fatto preoccupare un po', ma adesso è fuori pericolo... se se la sente qui ce una persona che vorrebbe tanto vederla...-

Caleb annuisce soltanto, non fidandosi della sua voce.

Jo raggiunge il suo letto e si siede accanto a lui.

-Caleb, amore... come ti senti?-

La sua voce vibra di lacrime trattenute, ma Caleb non vuole che pianga... a giudicare dallo stato dei suoi occhi ha già pianto abbastanza.

La cosa lo lusinga e lo rattrista.

-Sto bene...-

La sua voce e roca, ma ferma, e dice la verità... si sente meglio di cinque minuti prima, ed è certo che starà ancora meglio tra qualche ora... soprattutto se lei rimarrà li con lui.

-è tutto finito...- lo rassicura lei.

Caleb sa che sta mentendo... di nuovo... ma non gliene fa una colpa questa volta... cosa altro potrebbe dire per rassicurarlo?

-Ti amo...-

Oh, si potrebbe dire quello.

E potrebbe dire che lo vuole sposare, ma poi si rende conto che lui non glielo ha chiesto e che quello comunque non è il momento adatto per farlo...non potrebbe mettersi in ginocchio, tanto per cominciare.

Quest'ultimo pensiero sconnesso gli fa venire in mente che probabilmente è sotto morfina.

Fantastico.

-Anche io ti amo...-

Ecco, per ora può bastare... anche perché gli occhi gli si chiudono e non riuscirà a tenerli aperti ancora a lungo.

Sente la mano di Jo che passa tra i suoi capelli e le sue labbra sulla fronte.

Sospira, sereno... nelle orecchie il rumore del mare.

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


Epilogo

 

Caleb si gratta la cicatrice sulla palla.

Per fortuna il proiettile che aveva attraversato il corpo di John si era conficcato li e non in qualche organo vitale.

La sua prima ferita di guerra.

Spera anche l'ultima, ma se si mette con gli Assassini ci sono ben poche possibilità che la sua speranza si avveri.

Nonostante questo Jo ha ragione... non possono tirarsi indietro adesso... anche perché le cose non potrebbero andare meglio.

Melanie ha ricevuto un provvedimento disciplinare per la sua incapacità di gestire la situazione, ed è stata trasferita... o almeno così gli hanno detto... Caleb spera che non sia finita in fondo al fiume... anche se lo ha drogato e preso in ostaggio.

C'è il sole, quella mattina, e anche se l'aria è fredda non è spiacevole stare li seduti a godersi il calore.

Si rilassa di più sulla sedia di alluminio del bar davanti al grattacielo della divisione Abstergo... da li ha un'ottima visuale dell'ingresso.

Sorride soddisfatto.

Tralasciando il dettaglio della nausea, del mal di testa e delle allucinazioni questa cosa dell'effetto osmosi è utile... ha imparato un sacco di cose da Edward.

E ne imparerà ancora.

Guarda l'orologio.

Jo è in ritardo, ma suppone che definire i dettagli di un cambio di dirigenza sia un lavoro lungo.

Grazie all'intervento di suo padre Jo è riuscita ad occupare il posto di Oliver come supervisore del progetto, e in quel momento è in riunione per ridefinire le procedure di gestione degli Animus... imponendo un limite massimo di tre ore per sessione, per esempio... seguite da un quarto d'ora di pausa prima della ripresa.

Chissà perché, ma è convinto che la cosa non piacerà ai pezzi grossi... ma non è preoccupato... Jo si sa vendere bene, e sarebbe riuscita a convincerli della validità della sua idea... in fondo meglio un piccolo ritardo rispetto a dover gestire l'insorgenza di schizofrenia nei Soggetti.

Anche gli altri sono in ritardo.

Non li vede da una settimana, da quando è uscito dall'ospedale e lo hanno ringraziato per l'aiuto involontario.

Caleb li avrebbe presi a pugni.

Un'ombra si proietta sul tavolino e Caleb alza lo sguardo incrociandolo con quello dell'uomo.

Si rende subito conto che si tratta dell'uomo che lo ha quasi buttato a terra in metropolitana, la settimana prima.

-Salve...-dice.

-Salve... posso sedermi?-

-Veramente sto aspettando qualcuno...-

-Si... stai aspettando me... sono William Miles...-

L'uomo si siede e ordina velocemente un caffè alla cameriera che si dirige solerte verso il loro tavolo.

-Il padre di Desmond?-

Un ombra passa sul volto dell'uomo.

Caleb sa di non essere un campione di tatto.

-Mi dispiace... non sono bravo, in queste cose... Jo mi ha detto che lei è il capo degli Assassini...-

Lui scuote la testa.

-Non lo sono più... non da quando... non da quando mio figlio è morto... però collaboro con loro, con la mia piccola squadra.-

-La ragazza dall'aria intelligente e l'inglese con la scopa nel culo?-

La battuta lo fa ridere.

-Si, loro... farai l'abitudine a Shaun... l'abbiamo fatta tutti.-

Caleb nota Jo uscire dall'edificio.

Si ferma un momento cercandolo con gli occhi prima di sorridere al loro indirizzo e attraversare la strada con attenzione.

-Immagino di non potermi tirare indietro, a questo punto...-  mormora.

William non gli risponde.

Non può obbligarlo ad aiutarli, altrimenti in cosa sarebbero diversi dai Templari?

Però spera che dica di si... un aiuto dall'interno sarebbe un colpo grosso, e sa che se Caleb rifiuta allora Jo lo seguirà... non rischierà di perderlo per una promessa fatta ad un uomo che nemmeno conosce.

Si chiede, per l'ennesima volta, che fine abbia fatto il corpo di Desmond e se riuscirà mai a ritrovarlo... glielo deve.

Jo li raggiunge e si siede con loro, splendida nel suo completo verde scuro e la camicetta prugna.

-Tutto fatto... da oggi sono ufficialmente a capo del progetto Animus della Abstergo entertainment...-

è radiosa, eccitata come una bambina.

Caleb ama vederla sorridere, anche se preferirebbe che fosse per un altro motivo.

Il suo matrimonio, per esempio... ma quello non è il momento per chiedergli di sposarlo... avranno altre cose a cui pensare, adesso.

Adesso sono degli infiltrati.

Il mio nome è Martin, Caleb Martin... continua a suonargli troppo banale.

-Non correte rischi inutili... non vi voglio sulla coscienza...- la riprende William.

Caleb le prende la mano, guardandola in viso.

-Baderò io a lei...-

Jo gli sorride.

William sa che è vero, ma sa anche che a volte non basta tentare con tutte le proprie forze di proteggere qualcuno.

Non lo dice, e si limita a volgere lo sguardo verso il grattacielo della Abstergo.

Per il momento i Templari sono in vantaggio e braccano gli Assassini in tutto il mondo, ma presto impareranno che non è saggio girare le spalle al proprio nemico... se non vuoi che ci infili un pugnale...

... o una lama celata, in questo caso...

... Avrebbe onorato la memoria di Desmond proteggendo il mondo per la cui salvezza aveva dato la vita... anche a costo di rimetterci la sua.

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