Pick up the torch di samara89 (/viewuser.php?uid=33232)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Capitolo
1
Montreal,
palazzo
residenziale.
Martedì
29 Ottobre.
8.00
a.m.
Il
suono della sveglia è
improvviso e irritante, ma dopo un momento viene zittito da una mano
femminile.
Un
lamento si alza dalla
parte destra del letto, mentre la ragazza afferra la sveglia e la
avvicina al
viso per poterne distinguere le lancette nella flebile luce del mattino
che
filtra attraverso le spesse tende bianche.
La
giovane donna si lamenta
ancora, poggiando l'oggetto sul comodino bianco.
-Caleb...- articola voltandosi verso
l'uomo addormentato
al suo fianco.- Caleb, svegliati... non vorrai fare tardi al tuo primo
giorno
di lavoro.- lo
scuote per la spalla e
quello fa un breve lamento scocciato, seguito da un movimento scomposto.
Lei
sorride brevemente e si
alza infilando la vestaglia nera appoggiata sulla poltrona in fondo
alla
stanza.
-Fai
una doccia mentre
preparo la colazione.- dice chinandosi per depositare un bacio sulla
fronte
dell'uomo bruno.
Lui
emette un borbottio che
potrebbe significare qualsiasi cosa, ma lei evidentemente
lo prende come un assenso visto
che si dirige verso la porta della stanza senza attendere oltre... la
lascia
aperta: vuole che lui senta l'odore del caffè appena fatto.
Dopo
la penombra della
camera la luce
dell' open space la
abbaglia, facendola esitare.
Dopo
un momento si dirige
sicura verso il bagno per lavarsi velocemente i denti prima di mettersi
ai
fornelli.
Seduta
sul water sfoglia
pigramente una rivista, aggrottando di nuovo la fronte quando vede una
sua foto
con Caleb mentre stanno passeggiando in una via affollata.
Non
legge la didascalia
dell'immagine... sa già cosa c'è scritto.
Tira
l'acqua e si asciuga le
mani, guardandosi un momento allo specchio.
I
capelli scuri sono
scompigliati, e lei li riavvia con una mano, tentando di domare le onde
scomposte.
Gli
occhi neri sono
luminosi, dal taglio vagamente orientale, e lei sa che piacciono agli
uomini...
fanno il paio con le labbra sensuali e la pelle dorata che la
qualificano come
la figlia di un magnate dell'industria informatica dell'Arabia
Saudita e di una modella di
lingerie francese... storce la bocca in una smorfia volutamente
grottesca.
Scuote
la testa e si dirige
verso la cucina... se non si dà una mossa Caleb
arriverà davvero in ritardo.
-Caleb...-
lo chiama di
nuovo, mentre attraversa il salotto per raggiungere la spaziosa cucina.
-Sono
sveglio, sono
sveglio... - borbotta lui uscendo dalla camera in boxer neri,
grattandosi il
mento coperto da un leggero velo di barba.- Buongiorno...- dice
cercando di
guardarla benché sia mezzo accecato dalla luce.
Lei
sorride, chinandosi per
tirare fuori una padella da un cassetto sotto la cucina.
Sono
padelle di pietra.
Caleb
passa a grattarsi la
nuca.
Solo
il meglio, in quella
casa.
Doveva
ammettere che al
principio la cosa era stata... irritante e imbarazzante...
però poi ci aveva
fatto l'abitudine.
Jo
era fantastica... dolce e
sexy... e lui non voleva perderla per stupido orgoglio maschile.
Jo...
beh in realtà il nome
completo era Josephine
Suheila Lacroix Al Hammou...
avrebbe fatto una
gran bella figura sulla partecipazione di nozze... più del
suo banale Caleb Martin... la fiera della
banalità!
Si
scuote dai suoi pensieri con uno sbuffo e si dirige in bagno per una
doccia
veloce... se si sbriga potrà
fare
colazione prima di arrivare in ufficio.
L'Abstergo
entertainment
è una divisione dell' Abstergo
Industries che si
occupa di videogiochi...
a quanto pareva avevano bisogno di qualcuno che trovasse nuove
informazioni da
usare per la creazione di un nuovo videogioco... sui pirati, guarda un
po'...
che originale.
Caleb
aveva studiato informatica all'università, ma non si era mai
laureato a causa
di un incidente in corso d'opera... lo avevano beccato ad hackerare i
computer
della scuola e lo avevano espulso... con un curriculum del genere
nessun'altra
università dello stato aveva
voluto
avere a che fare con lui, perciò alla fine aveva rinunciato.
Quando
aveva conosciuto
Jo lavorava come addetto alla dogana all' Aeroporto
Internazionale di Montréal-Pierre Elliott Trudeau. Lei stava
andando in
Francia, dalla madre, e lui l'aveva fermata alla dogana
perché aveva nella
borsetta una lima per le unghie.
Come
era furiosa quel
giorno!
Quando controllarono le sue
credenziali la
lasciarono subito libera, ma ormai il suo volo era partito.
Caleb
aveva pensato che
come minimo lo avrebbe fatto licenziare,
invece lo aveva invitato a cena... un sogno fasciato in una camicetta
rossa e
in una stretta gonna nera... e lo aveva invitato a cena.
Lui
aveva protestato... lei
aveva riso... probabilmente era il primo uomo che si rifiutava di
cenare con
lei.
Mangiarono
un panino
terribile nel bar dell'aeroporto.
Fu
una serata piacevole.
Quando,
tre ore dopo, lei era
salita sull'aereo gli aveva allungato un biglietto da visita che da
solo doveva
valere più della sua macchina... chiamami, aveva detto...
lui non lo aveva
fatto, e lei si era presentata alla sua postazione un mese dopo, due
caffè stretti
in mano... adorabile anche in salopette scolorita e All-Star che un
tempo
dovevano essere state rosse.
Gli
aveva chiesto se così la
trovava più carina... o se il problema era un'altro... non
era fidanzato, aveva
controllato... allora non gli piaceva proprio?!
La
sua insicurezza l'aveva
colpito... doveva sapere di essere bellissima... lei aveva risposto che
la
bellezza non era tutto... magari la riteneva snob e antipatica... lui
aveva
riso.
Un
anno dopo lui si era
trasferito da lei... nonostante il padre avesse cercato di intimidirlo
parecchie volte... gli aveva persino offerto dei soldi per convincerlo
a
lasciare la figlia.
Caleb
prende la schiuma da
barba e se ne spruzza una copiosa quantità nella mano
destra, cominciando poi a
stenderla sul viso.
Ormai
è inutile pensare al
passato... anche perché a quanto pareva il padre di Jo si
era rassegnato, fino
al punto di trovargli un lavoro "più decoroso", come lo
aveva
definito lui, all'Abstergo entertainment, di
cui lui era un pezzo grosso.
Caleb
non si è lamentato... non è che un
posto alla dogana sia la sua massima
aspirazione nella vita.
Finisce
di radersi velocemente e dopo una doccia
lampo si veste con abiti comodi: jeans e una felpa bianca su una
T-shirt
nera... non il massimo dello stile, ma lui è fatto
così... e comunque non è
altro che un impiegato, mica deve mettersi in tiro come la gente
importante.
Quando
esce dal bagno lei è seduta ad un lato della
penisola, il laptop aperto davanti e un croissant in mano.
Gli
occhiali da lettura le scivolano leggermente
sul naso quando aggrotta la fronte ed è adorabile e lui
vorrebbe dirglielo, ma
suonerebbe banale e così non lo fa.
-Allora?
Vado bene?- chiede invece, fermandosi ad
un metro da lei e spalancando le braccia.
-Sei
perfetto...- dice lei guardandolo dalla testa
ai piedi e raggiungendolo per girargli intorno.
Gli
aggiusta il cappello della felpa e le tasche
dei jeans, che lui ha dimenticato di infilare dentro.
Si
ferma davanti a lui e lo bacia.
-Ti
manca solo una bella colazione... che purtroppo
dovrai fare sulla metro, visto che ormai non hai più
tempo...- accenna
all'orologio, con un sorriso ironico.
-Merda..-impreca
lui vedendo l'ora... le 9 meno
dieci... per fortuna il grattacielo dell'Abstergo è a pochi
isolati.
Accetta
il croissant e il bacio che Jo gli porge e
si lancia verso l'ascensore... si, hanno l'ascensore privato, qualche
problema?
nessuno, a parte il fatto che il portiere lo saluta come se fosse un
estraneo
anche se sono ormai sei mesi che abita li... bastardo spocchioso.
-Ci
vediamo nell'atrio per pranzo, ok?-
chiede lei accompagnandolo.- Ti prego, non
metterti nei guai...-
Lui
annuisce con il croissant in bocca e lei gli fa
ciao con la mano.
Le
porte si chiudono con un plin soffocato e lei è
felice... felice di averlo incontrato,
felice di averlo al suo fianco.
Si
avvia verso la camera per scegliere i vestiti...
il suo orario di lavoro comincia alle 10, ed è meglio che si
sbrighi se non
vuole arrivare in ritardo per la riunione dei direttori Marketing.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** capitolo 2 ***
Capitolo
2
Caleb
non
riesce a decide se Melanie
Lemay , la supervisore del
Progetto Campione 17, gli
piace o gli sta profondamente
sulle palle... insomma, è disponibile e sembra simpatica...
ma c'è davvero
bisogno di tutto quell'entusiasmo?
Per contro Olivier
Garneau, il Chief Creative
Officer, è un viscido bastardo... gli ha chiesto come stava
Jo, e lui ha
risposto che era sempre più bella... un'ombra era passata
sul viso dell'uomo...
Caleb sapeva che lui le aveva chiesto di uscire un paio di volte quando
aveva
cominciato a vedersi con lui, e lei aveva risposto di no.
Si mette comodo
sulla
poltrona
davanti all'Animus in attesa
che John, il capo dell'IT, metta tutto in ordine.
-ecco fatto,
ragazzo...
è
tutto tuo.- gli dice l'uomo senza
uscire da sotto la macchina.- Comincia pure se vuoi, devo solo
rimettere a
posto i fili prima di chiudere tutto...-
Caleb ringrazia
e si
connette alla
macchina e UAU!
Ne
avrà di cose
da
raccontare a Jo, all'ora di pranzo.
Quattro ore
dopo scende
nell'atrio
con il grande ascensore
tecnologico e attraversa il breve ponticello cercando Josephine con lo
sguardo.
La vede davanti
al chiosco
del
caffè parlare con il tipo che
si trova dietro al bancone e con una ragazza dai capelli neri in divisa
da
corriere.
Li raggiunge.
Jo sta ridendo
con la
ragazza, mentre
il tizio ha l'aria
irritata.
-Scusa ...
però
questa era
davvero bella...- sta cercando di
dire Jo tra le lacrime.
-perché
non
fate ridere
anche me?-
Jo si volta a
guardarlo e
si illumina
in modo splendido.
-Ragazzi, vi
presento il
mio
fidanzato: Caleb Martin...
lavora con gli Animus... Amore, loro sono Rebecca e Shaun...-
La ragazza
è
molto carina,
e ha una bella stretta di mano.
L'uomo ha gli
occhiali e
l'accento
inglese, e l'aria da
saputello.
-Oh, certo...
il
novellino... ti ho
visto passare con
Melanie stamattina... stai attento a quella, sembra tanto disponibile,
ma
conosco pettegolezzi che ti farebbero rizzare i peli delle braccia...-
gli dice
cospiratorio.
-Non dare retta
a Shaun...
lui vede
complotti dappertutto,
ed è peggio di una pettegola...- lo avverte Rebecca.
-Oh, ma si...
e, dimmi,
chi aveva
ragione su quel tipo? eh?
chi aveva ragione?- ribatte Shaun in tono acido.
-Quale tipo?-
chiede Jo,
sorseggiando
il caffè.- Shaun...
scusa se te lo dico, ma il tuo caffè non è
affatto migliorato...-
- Questo
perché
i francesi
non capiscono niente di caffè...-
-Ma io sono
mezza araba...
converrai
che per metà ne so
sicuramente più di un inglese...comunque non cambiare
discorso, quale tipo?-
Shaun si guarda
intorno
circospetto
prima di rispondere.
-Lo sai...
quello della
sezione
qualità... quello
"partito per i caraibi"...- lo dice disegnando delle virgolette
nell'aria con le dita di entrambe le mani.
-Dici che
è
partito per il
Messico?- scherza Jo.
-Dico che non
se ne sa
più
niente... nemmeno una
cartolina... niente.- dice lui sporgendosi in avanti.
Caleb non ci
vede nulla di
strano...
nemmeno lui manderebbe
cartoline ai colleghi se si fosse trasferito ai caraibi.
Se avesse un
po' meno
di amor proprio potrebbe proporlo a Jo... soprattutto dopo averci
passato
quattro ore nei panni di un pirata.
Il capitano
Edward Kenway
era un uomo
con le palle, e Caleb
si è innamorato della sua nave... si sorprende a pensare con
nostalgia alle
giornate in mare, anche se in realtà non c'è
stato davvero... cerca
di scrollarsi di dosso la sensazione e
di prestare attenzione alla conversazione.
-E allora?
perché dici di
avere ragione?- vuole sapere Jo,
appoggiando la tazza del caffè ancora piena sul bancone.
-
perché
è
morto...-
Tutti gelano.
-Che
tatto...-si lamenta
Rebecca.
-Come morto...-
fa Jo,
scettica
-In quanti modi
si
può
essere morti, signorina amministratrice?-
Caleb si
acciglia... il
tono di quel
tipo non gli piace.
-Daccordo,
inglese, come
fai a
saperlo?-
- Un mio amico
che lavora
per la
contabilità mi ha detto che
quando lo ha cercato per risolvere un vizio burocratico legato alla sua
busta
paga gli hanno detto che era morto... proprio come sospettavo.-
conclude
orgogliosamente Shaun senza raccogliere la provocazione.
-è
la
verità...- dice Rebecca rinunciando anche lei a bere
il suo caffè.- me lo ha confermato una delle risorse umane,
e una delle signora
delle pulizie ha detto ad una collega che degli uomini della sicurezza
hanno
portato fuori un sacco da cadaveri dal retro quel giorno... le ho
sentite io
stessa.-
Rimangono
in
silenzio.
Quella storia
fa acqua da
tutte le
parti secondo Caleb, ma
pare che Jo sia incuriosita dalla faccenda.
-Ricordi il
nome?
dell'addetto alla
qualità, intendo.-
-Adam
Coster...- risponde
Shaun.
Jo annuisce.
-Ora scusateci,
ma noi
dobbiamo
ancora pranzare... alla
prossima.-
Caleb la prende
per mano e
saluta gli
altri due con un cenno
del capo, avviandosi con lei.
- Non crederai
a quella
storia
assurda...-
Lei scrolla le
spalle,
guidandolo
verso la mensa con i
tavolini rotondi circondati da piante in vaso.
-Non lo so...
ti assicuro
che di cose
strane ne ho sentite
parecchie... questa azienda è grande, vecchia e potente... e
nessuno sa chi sia
il capo... nemmeno mio padre lo ha mai incontrato, e lui è
un pezzo grosso.-
Oooh, questo
Caleb lo
sapeva bene.
Prendono il
pranzo e si
siedono ad un
tavolino appartato.
Jo con davanti
un'insalata e una coca, Caleb con del tonno alla piastra e
dell'acqua
naturale.
-pensi che
possa essere
controllata
dalla mafia?- chiede lui
riprendendo il discorso.
-Non lo so, ma
quest'ultima storia
non mi è piaciuta
affatto... chiederò a papà se ne sa qualcosa...
tu stai attento... Shaun sarà
anche irritante qualche volta, ma non è stupido...-
Caleb promette
che
starà
attento e le promette che quando
saranno a casa stasera le racconterà tutto delle sessioni
nell'Animus, e poco
prima di lasciarla davanti alla porta del suo ufficio le promette,
accostandosi
al suo orecchio, che
le farà vedere una
cosa o due che ha imparato da Edward.
Lei sorride
maliziosa
mentre
arrossisce un po', prima di
percorrere lentamente la distanza che la separa dalla porta a vetri...
sa che
lui la sta guardando, e non vede l'ora che arrivino le sei.
Note di autore:
Spero che i personaggi di Shaun e Rebecca siano IC!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** capitolo 3 ***
Capitolo 3
Caleb vorrebbe
raccontare a Jo di tutto quello che ha
imparato oggi sui pirati e sul loro modo di vivere, ma non sono nemmeno
riusciti ad uscire dall'ascensore prima di strapparsi i vestiti di
dosso.
Adesso lei dorme
nel loro letto, ma lui non riesce a chiudere
occhio anche se si sente stanco... forse perché ha fame.
Va in cucina e
si prepara un panino con il burro di arachidi
e un bicchiere di latte.
Si siede davanti
al portatile e mangia mezzo panino
aspettando che si accenda.
Apre internet e
per un momento si blocca davanti alla pagina
di Google... poi si decide e digita: Adam Coster.
In tre ore
riesce a scoprire tutto su di lui: nome della
madre da nubile, stato civile, ultimo stipendio percepito... sa che ha
tolto le
tonsille a dieci anni e che a tredici ha vinto la fiera delle scienze
della sua
scuola.
Ma niente
indirizzo attuale.
La stessa cosa
vale per la moglie.
Niente figli.
Si gratta il
mento, perplesso.
Le persone non
spariscono per caso, a meno che qualcuno non
voglia farle sparire.
-Amore...-
Un pigolio alla
sua destra lo fa voltare.
Jo lo guarda
spaesata, il corpo nudo illuminato dalla luna.
-Che ci fai in
piedi a quest'ora?- chiede avvicinandosi a lui
per sbirciare lo schermo.
Lui chiude il
portatile senza parere.
-Nulla,
tesoro... non riuscivo a dormire...-
Non vuole
preoccuparla... vuole che lei sia felice.
La donna si
lascia stringere tra le braccia, ancora confusa
dal sonno, e si abbandona su di lui, lasciandosi baciare alla luce
della luna
piena.
Caleb non riesce
a crederci.
Quando, il primo
giorno, il capo dell'IT lo aveva contattato
per chiedergli di violare il computer di una collega in vacanza non
pensava che
lo avrebbe contattato di nuovo e invece eccolo li che gli chiede di
violare le
telecamere di sorveglianza dell'ufficio del Direttore Creativo.
Quel tipo gli
piace sempre meno... non che si faccia
scrupoli, ma non vuole perdere quel lavoro.
-Senti, a me
questo lavoro serve...- gli comunica tramite
l'auricolare.
-Ah, davvero?
Pensavo che andare a letto con la figlia del
capo ti mettesse apposto per tutta la vita...- lo deride l'uomo
dall'altro
capo.
-Senti un po'
pezzo di merda...-
-Scusa, scusa...
va bene, non ti scaldare... sei libero di
non aiutarmi, ma sappi che non ho nascosto le tracce di quello che hai
fatto
all'Animus dei tuoi colleghi... si, lo so che hai hackerato altri
Animus... sei
un curiosone eh, Martin?-
-Cazzo...-
impreca.
-Non temere...
coprirò le tue tracce se farai quello che ti
dico... allora amico, siamo daccordo?-
Caleb ringhia un
si.
-Perfetto...
allora fa come ti dico...-
Caleb consegna
le informazioni a Rebecca, l'amica dell'uomo
dei caffè...
-A chi devi
consegnarlo?- le chiede accigliato.
-Mi dispiace, ma
io faccio solo le consegne....- tergiversa
Rebecca voltandosi.
Caleb la afferra
per un braccio... la conosce da appena dieci
giorni, ma sa che in lei c'è qualcosa di più...
non è una semplice fattorina.
-Voglio sapere
cosa sta succedendo...-
-Meno sai,
meglio stai...- gli dice lei, e lui la lascia
andare.
Quello non
è ne il tempo ne il luogo di discuterne.
Sente la testa
girare.
Da quando quel
maledetto di Oliver gli ha chiesto di
intensificare le ricerche per trovare l'Osservatorio nel minor tempo
possibile
passa anche dieci ore al giorno nell'Animus.
Si sente stanco,
irritabile e soffre di insonnia.
Jo gli sta
accanto, ma Caleb vede che è preoccupata.
Ha la nausea, ma
deve tornare al piano di sopra... ha ancora
tre ore da passare in quella maledetta macchina, e non può
evitarlo... non può
perdere quel lavoro, non può.
Il pavimento gli
viene incontro improvvisamente, e l'ultima
cosa che vede prima di svenire è Shaun che si china su di
lui e gli sbottona la
camicia.
-Sei messo male
amico, non avresti dovuto passarci così tanto
tempo...-
Caleb vorrebbe
rispondergli di farsi i cazzi suoi, ma viene
distratto dalla pattuglia di guardie in uniforme inglese che marcia
nell'Atrio.
Li sta ancora
guardando quando improvvisamente tutto si fa
buio.
Caleb apre gli
occhi.
La stanza in cui
si trova è completamente bianca.
Le finestre alla
sinistra del suo letto hanno le tendine
tirate, ma i neon sul soffitto la illuminano di una luce fredda che gli
ferisce
gli occhi.
Ha sete e gli
gira la testa.
Si chiede da
quanto tempo se ne stia lì sdraiato.
Spera non da
molto.
La porta
scorrevole viene aperta di scatto, e Jo fa il suo
ingresso.
Il suo tailleur
blu è un tocco di colore gradito, in tutto
quel bianco... la fa sembrare un fiore che sbuca dalla neve.
-Amore... come
stai?- gli chiede allarmata.
Ha gli occhi
lucidi, ma non ha pianto... ora che ci pensa
l'unica volta in cui l'ha vista piangere è stato al funerale
di sua madre...non
può fare a meno di chiedersi se piangerebbe anche per lui.
-Sto bene...Non
è niente- cerca di sorriderle... con scarso
successo... tenta di mettersi seduto e lei lo aiuta sistemandogli il
cuscino.
-Amore... sei
rimasto svenuto per quattro ore...- lo informa
lei sedendosi sul letto, al suo fianco.
Lui la guarda
negli occhi e ci vede il panico.
Si dà
mentalmente della merda per aver dubitato
inconsciamente dei suoi sentimenti per lui.
Piangerebbe per
lui, ne è sicuro.
-Non
è niente...- ripete,
non sapendo cosa dire.
Lei fa un verso
frustrato.
-per favore,
Caleb..- le parole le escono come un lamento.
-Non so cosa
dirti, non mi sento male... cosa dice il
dottore?- vuole sapere, mentre lei comincia ad accarezzargli la mano.
Lui la stringe.
-Dice che hai
esagerato con il lavoro...-
-Tutto qui?-
-Tutto qui...-
-Ecco, se lo
dice il dottore non devi preoccuparti... mi
fanno uscire?-
Lei scuote la
testa.
-Devi rimanere
sotto osservazione per un po' e vogliono farti
qualche esame... hai due giorni di infortunio.-
-Fantastico...
due giorni di vacanza in questa reggia di
ospedale, cosa posso volere di più? Dimmi, le infermiere
sono carine?-
Lei sbuffa e gli
tira un pugno scherzoso sulla spalla.
-Ti consiglio di
non scherzare con me, o te ne pentirai- lo
avvisa.
Caleb sorride...
lei non è mai stata gelosa, sa di non averne
motivo... lui ha occhi solo per lei.
Note
di autore: in questi giorni ho problemi ad accedere al
server Uplay e non posso giocare... compatitemi!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** capitolo 4 ***
Capitolo 4
Tornare a lavoro
due giorni dopo gli dà la possibilità di
parlare con Shaun a quattrocchi.
All'ora di
pranzo lascia la postazione dieci minuti prima del
solito, avviandosi verso l'ascensore.
L'Atrio
è affollato di dipendenti e visitatori, ma Shaun si
trova come sempre al chiosco del caffè e non può
scappare in nessun modo anche
se Caleb lo vede guardarsi intorno in cerca di una via d'uscita non
appena lo
individua.
Caleb si
avvicina lentamente, sicuro di averlo in pugno.
-Buongiorno,
Shaun...-
-Ehm...
buongiorno, Caleb... vorrei tanto chiacchierare con
te, davvero, ma ho del lavoro da fare per cui....-Shaun fa saettare gli
occhi
verso la porta di servizio.
-Ci vorranno
pochi minuti... voglio solo sapere cosa cazzo
sta succedendo qui... tu e Rebecca non siete chi dite di essere, non
è vero?Non
so come, ma mi è chiaro come il sole...-
Shaun impreca,
è sempre più nervoso.
-Merda,
amico...l'effetto osmosi è già cominciato a
quanto
pare... dimmi, quanto ci passi dentro quell'aggeggio infernale?- chiese
Shaun
mettendosi a preparargli un caffè.
Caleb aggrotta
la fronte.
-Otto, dieci ore
al giorno... perchè?Cos'è l'effetto osmosi?-
-Senti... non
dire a nessuno che te l'ho detto, ma non ti fa
bene... non ti fa bene affatto.. di consiglio di ridimensionarti un po'
se non
vuoi trovarti in coma in un paio di settimane.-
-Non capisco...-
-E non
capirai... Jo è carina...
mi tratta come una persona, tanto
per cominciare, e non come il "ragazzo dei caffè"...
perciò ti do un
consiglio: limitati a fare il tuo lavoro e non ficcare il naso in
giro.-
Caleb sorseggia
il caffè... Jo ha ragione, fa davvero schifo.
-Un po' troppo
tardi per questo.-
Shaun quasi si
fa scappare un sorriso.
-Benvenuto nel
club.-
Caleb ha deciso
che oggi non si alzerà del letto, tranne che
per pisciare.
Si rigira nelle
lenzuola candide e fa un sorriso soddisfatto
mettendosi a pancia in giù.
Jo è
da qualche parte, in cucina o in salotto... forse in
cucina visto che la casa è satura dell'odore dei pancake che
cuociono nel
burro... e canticchia un motivetto promozionale del nuovo prodotto
dell'Abstergo... Caleb la riconosce... è the dead horse...
una delle preferite
della sua ciurma.
Sospira contento
e apre un occhio.
Piove, fuori
dalle grandi finestre, ma a lui non importa...
non ha intenzione di uscire di casa quel giorno.
Chiude di nuovo
gli occhi.
Sente Jo entrare
in punta di piedi... può quasi sentire la
sottoveste di seta blu che ondeggia intorno alle cosce nude... sente i
suoi
passi, nonostante cammini a piedi scalzi nella folta moquette.
Si chiede come
sia possibile.
Da quando
è svenuto nell'Atrio è come se i suoi sensi
fossero
amplificati... e la cosa è peggiorata nelle ultime
settimane... che sia per
colpa di quella cosa che Shaun ha chiamato effetto osmosi?
Se è
per questo Caleb non ha intenzione di lamentarsi...
potrebbe lamentarsi per i mal di testa, invece... quelli sono una vera
scocciatura.
-Amore...-
Jo ha raggiunto
il letto, e adesso è semi-sdraiata sulla sua
schiena.
Può
sentire i piccoli seni premere sulle sue scapole.
Sospira di nuovo.
-Amore, la
colazione è pronta...- Jo gli mordicchia un
orecchio, e lui vorrebbe che continuasse per sempre.
Purtroppo sa che
non è possibile... il mare lo chiama.
-Arrivo, Caroline....-
La sente gelare.
-Merda... sul
serio, amore, non è come pensi...-
Si affretta a
scusarsi, mentre lei si irrigidisce tra
le sue braccia.
-è
quello stupido Animus... a volte confondo la
sessione con la realtà...-
Lei lo fissa
scettica.
Lui non se la
sente di biasimarla... non ci crederebbe
nemmeno lui... forse sta solo diventando pazzo.
-Caroline...
è la moglie di Edward, giusto?-
Adesso
è pensierosa... che comunque è meglio che
incazzata.
-Si...-
annuisce... non sa dove vuole andare a parare,
ma intuisce che il programma della sua giornata perfetta è
saltato.
Lei si alza e si
dirige verso il bagno.
-Da quanto ti
succede?-
La guarda
spogliarsi e aprire l'acqua della doccia.
Segue con gli
occhi il profilo dei suoi fianchi...
vorrebbe infilarsi nella doccia con lei, ma sente che non è
il caso... Jo è
nervosa e preoccupata.
-Una
settimana... non di più... - mente- è solo lo
stress.-
Lei lo fissa
attraverso i vetri trasparenti.
-Beh, allora
è il caso che tu faccia qualcosa per
toglierti questo stress di dosso... - sorride maliziosa, invitandolo ad
entrare
insieme a lei nella doccia con
un gesto
della mano.
Caleb ha sempre
adorato quella doccia... c'è spazio
per almeno tre persone, li dentro, e le pareti sono coperte di piccole
piastrelle
a mosaico blu e bianche che gli ricordano la schiuma di mare.
-E tu intanto
cosa farai?- la conosce, sa che la scusa
dello stress non la convince... e per dirla tutta non convince nemmeno
lui: è
da un po' di tempo che si sente strano, si sente osservato... e bisogna
aggiungere la nausea, e gli incubi... ah, e come dimenticare il capo
dell'IT
che lo minaccia di spifferare le sue violazioni ai computer?
Forse l'ipotesi
dello stress non è poi da scartare,
dopotutto.
-Farò
qualche domanda in giro... domande innocenti... -
-Scommetto che
ha fatto così
anche Adam Coster...-
Jo soffoca una
risata contro la sua spalla bagnata,
spedendogli dei piccoli brividi giù lungo la spina dorsale.
-Ti prometto che
non finirò in un sacco per
cadaveri... sono così mainstream!-
Questa volta
tocca a Caleb scoppiare a ridere.
Tira Jo
più vicina, e si dice che forse quella
giornata non sarà proprio da buttare via.
Note di autore: il presente non è il mio tempo usuale...
spero di non aver fatto troppi errori.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** capitolo 5 ***
Capitolo 5
Montreal, Grattacielo Abstergo Entertainment.
Lunedì 18 Novembre
10.00 a.m.
Caleb odia il lunedì.
L' ha sempre odiato.
Non
tanto perché gli tocca presentarsi in ufficio, quello lo
deve fare
tutta la settimana, ma perché tutti sono così
nervosi... c'è da fare
questo, c'è da fare quello... con tutta la settimana davanti
che senso
ha affannarsi così tanto per portare a termine un lavoro?
La verità è che si sente nervoso.
Quella notte non ha dormito.
L'incubo
che lo ha svegliato nel cuore della notte non gli ha lasciato alcun
ricordo, a parte un vago odore di polvere da sparo che evidentemente
doveva essere nella sua testa.
Era un incubo violento comunque, visto che aveva gridato.
Jo si era spaventata da morire, a sentirlo gridare in quel modo, e non
si era lasciata persuadere dalle sue rassicurazioni.
Caleb
era rimasto sveglio fino all'alba abbracciato a lei, immersa in un
sonno agitato... il suo corpo morbido accanto al suo era servito a
tranquillizzarlo... era reale, si trovava davvero li... da un po' di
giorni non è più così sicuro di quale
sia la realtà.
Caleb si guarda intorno.
Non c'è nessuno nella stanza.
Ovviamente, visto che per entrare è necessario un pass di
livello 2 di cui non tutti sono forniti.
Per sua fortuna, se così si può dire, John gli ha
fornito il pass quando gli ha chiesto di spiare nell'ufficio di Oliver.
Si siede davanti alla consolle che comanda le telecamere di
sorveglianza dell'Atrio.
Una delle quali è puntata dritta sul chiosco di
Shaun.
Hackerare il sistema è un gioco da ragazzi.
-... capisci?- sta dicendo Rebecca
Shaun annuisce.
-Io
capisco, ma non ci possiamo fare niente... ci siamo già
compromessi
abbastanza con quei due.... Sono sicuro che Jo sospetti che non siamo
quello che diciamo di essere, e Caleb ormai ne è certo...
cosa dice il
Grande Capo?-
-Che dobbiamo essere cauti... Jo è la figlia di uno
dei pezzi grossi dell'Abstergo, non possiamo essere certi che non sia
coinvolta con... Loro...-
Caleb aggrottò la fronte... Loro?
Quei due hanno molto da spiegare, questo è certo.
-Io credo che dovremmo darle fiducia...- dice Shaun.
-Cos'è, ti sei innamorato?-
-Non dire sciocchezze... sai che il mio cuore appartiene a Madonna
Storia*.-
-Ma certo... comunque dovresti parlarne con il Capo, un po' di aiuto
dall'interno non sarebbe male.-
Shaun annuisce.
-Lo farò subito.-
Quando Caleb raggiunge il chiosco ad accoglierlo c'è un
cartello con su scritto "Torno subito".
Impreca e guarda l'ora.
Ha già mezz'ora di ritardo, e se non vuole beccarsi una
lavata di capo deve assolutamente raggiungere l'Animus.
La sola idea di tornare la dentro gli da la nausea.
Si avvia rassegnato verso l'ascensore, quando il suo pad emette un
trillo.
Apre
la mail con aria scocciata... Insomma fa il suo lavoro al meglio e non
solo quello gli stava fottendo il cervello, si permettono anche di
incalzarlo con quel maledetto Osservatorio.
Ripensandoci forse aveva
sognato proprio quel posto... non che nella vita di Edward mancassero i
momenti pericolosi, o eccitanti... quel tipo aveva un carattere
più
esplosivo di un carico di dinamite!
Apre la mail mentre raggiunge il suo Animus, schivando uno dei suoi
colleghi e ignorando il suo saluto.
Si siede pesantemente sulla poltrona, irritato.
E
così hanno scoperto le sue piccole incursioni nel loro
sistema,
altrimenti non si spiegava la decisione di cambiare il sistema di
sicurezza dell'Animus... legge la nuova password... una serie di cinque
numeri... niente lettere.
Pivelli.
Jo ravvia stizzita i lunghi capelli neri.
Avrebbe
dovuto sapere che chiedere ai suoi colleghi dirigenti non avrebbe
portato a nulla di concreto: pareva che fossero in grado di non dire
niente usando un fiume interminabile di parole... e dire che in
precedenza la considerava una qualità, quella.
Si avvicina al chiosco del caffè nell'Atrio.
Uno dei terribili caffè di Shaun è proprio quello
che le ci vuole per sostenerla fino alla fine della giornata.
-Accidenti... siamo sul piede di guerra?-
Jo non è dell'umore giusto per scherzare,
così si limita a prendere il caffè che l'uomo le
porge.
-Problemi in paradiso?-
-Eh? Oh, no... non proprio.-
Shaun
attende che lei continui, ma Jo non lo fa... non vede perché
dovrebbe
parlarne con lui... in fondo è solo il ragazzo dei
caffè... si sente
meschina un attimo dopo averlo pensato... Shaun non ha colpa per quello
che sta succedendo a Caleb... e forse ha sentito qualcosa di
interessante.
-Caleb non si sente molto bene... credo che l'Animus
lo stia influenzando in qualche modo.- sorseggia il
caffè salutando
con un cenno svogliato un collega; riporta l'attenzione su
Shaun che
nel frattempo sta asciugando delle tazzine.
-Sai... non è il mio campo...-
Nemmeno
tergiversare pensa Jo, ma non insiste... è brava nel suo
lavoro e sa
come manipolare le persone... che si tratti di trattare con clienti
ritrosi o con il fruttivendolo al mercato... sa come trattare con la
gente per ottenere quello che vuole.
-Già...immagino di no...il tuo
campo è il caffè, giusto?- cerca di essere
insinuante... se c'è un cosa
di cui è certa è che Shaun tiene molto a mostrare
la sua
intelligenza... può anche essere che al momento faccia il
barista, ma
Jo non crede che quello sia il suo lavoro...glielo dice il suo modo di
fare...oltre al fatto che non sa preparare il caffè.
Shaun mette da parte un tazza sbeccata.
-Sai su quale principio si basa l'Animus?- chiede all'improvviso,
lasciandola un momento spiazzata.
-Su
una specie di atavismo, giusto? In pratica sul fatto che il DNA
funziona come una memoria di massa...- è confusa, non
capisce cosa
Shaun voglia dirle.
-Ciò spiega l'istinto di sopravvivenza... è
nella nostra memoria genetica, e in determinate situazioni viene
fuori... cosa pensi che potrebbe succedere se qualcuno andasse a
sollecitare il DNA ripescando i dati?-
Jo ci pensa un momento, e si rende conto che avrebbe dovuto arrivarci
da sola.
-Si chiama effetto osmosi...- la informa Shaun chinandosi a riporre lo
straccio sotto il bancone.
Lei lo guarda sospettosa.
-Come fai a sapere tutte queste cose?- chiede, forse guardandolo
davvero per la prima volta.
Un ghigno amaro si dipinge sul suo volto.
-Nessuno
si preoccupa di essere ascoltato dal ragazzo dei caffè...
forse non mi
ritengono abbastanza intelligente da capire cosa si dicono...-
l'amarezza nella sua voce è stemperata dal sarcasmo, ma non
per questo
meno evidente.
-Si sbagliano...-
Lui si stringe nelle spalle.
-Forse sono solo bravo ad agire nell'ombra...-
Quella frase fa accendere una scintilla nella testa di Jo... agiamo
nell'ombra per seguire la luce, siamo... Assassini.
Che sciocchezza.
La donna alza lo sguardo, critica, e lo fissa in quello dell'uomo.
-chi sei?- chiede.
Lui si stringe nelle spalle.
-Il ragazzo dei caffè... cosa altro dovrei essere?-
Note di autore: * lo dice in italiano.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** capitolo 6 ***
Capitolo 6
Caleb esce
dall'Animus con un gemito.
La sessione di
quel giorno è stata particolarmente intensa,
però ormai è vicino all'Osservatorio... Roberts
gli mostrerà il luogo, forse
già nella prossima sessione.
Se non altro
potrà rallentare, una volta che avrà dato a
Oliver quello che vuole.
Si alza, ma ha
un mancamento momentaneo.
Ci manca solo
che svenga un'altra volta.
Chiude gli occhi
per un secondo, quando nelle orecchie gli
risuona un colpo di cannone seguito dalle grida della ciurma... l'odore
di
polvere da sparo bruciata riempie l'aria...
-Caleb, hai
finito per oggi?-
Apre gli occhi.
-Si, Melanie... -
Tenta di
sorridere.
-Stai facendo un
ottimo lavoro, siamo molto soddisfatti di
te... continua così e chi lo sa dove potrai arrivare! Allora
a domani, au
revoir!-
Caleb la saluta,
trattenendosi dal rispondere che se continua
così probabilmente finirà in un ospedale
psichiatrico.
Recupera la
giacca appesa all'attaccapanni e si dirige
all'ascensore, la testa piena delle immagini del mare.
Gli piacerebbe
davvero andare ai Caraibi, un giorno.
Immagina Jo, in
bikini, sdraiata sulla sabbia candida.
Si, gli
piacerebbe proprio.
Il trillo del
cellulare lo riporta alla realtà.
Legge il
messaggio e si incupisce.
Capita di rado
che Jo debba rimanere in ufficio oltre
l'orario, ma è una cosa che detesta.
Attraversa
l'Atrio con un cipiglio scuro in volto, e si gira
irritato quando si sente chiamare.
Non vede l'ora
che quella dannata giornata finisca!
Shaun lo
raggiunge.
Indossa un
cappotto di lana nero, e una sciarpa rossa.
Caleb trattiene
una smorfia... è proprio un inglese.
Tira su la zip
della sua più dignitosa giacca di pelle.
-Che vuoi,
Shaun? Ti avverto che oggi è stata una giornata
dura.-
-OhOh, non
c'è bisogno di essere così aggressivi... ti stai
lasciando influenzare dal tuo amico pirata? Comunque, volevo solo
salutare.
Incredibile! Uno cerca di essere cortese...-
-Si, scusa... ho
mal di testa e Jo deve rimanere in ufficio...insomma,
una giornata di merda-
-Ah,
così Jo deve fare straordinari... chissà di cosa
parlano
durante quelle loro riunioni al quindicesimo piano...-
Caleb si chiede
il perché di tutto quell'interesse... Quel
tizio gli piace sempre meno.
Il freddo della
strada lo colpisce, spingendolo a tirare su
il bavero.
-Ti
regalerò una sciarpa...- commenta Shaun.
-Tienitela, la
tua sciarpa... e invece dimmi chi siete tu e
Rebecca...-
Lo irrita questa
situazione.
Lo irrita non
sapere cosa sta succedendo.
Lo irrita
sentirsi manipolato.
E, cazzo, lo
irrita che Shaun sogghigni a quel modo.
-Cosa
c'è da ridere? Ti avverto, ho imparato a mettere KO un
avversario senza lasciare segni evidenti...-
Se ha sperato
che la minaccia intimidisca il barista allora
si è sbagliato alla grande... semmai il sorriso dell'altro
si allarga.
-Buon per te,
amico... buon per te... A domani.-
Caleb lo guarda
dirigersi dall'altra parte della strada,
fischiettando un motivetto che non riconosce.
Una folata di
vento particolarmente fredda lo fa
rabbrividire.
Deve togliersi
dalla strada, se non vuole ammalarsi.
Scende nella
metropolitana unendosi al flusso di persone che
torna a casa dal lavoro.
Mentre entra
nella carrozza si scontra con un uomo di mezza
età.
-Chiedo
scusa...-
Ha una voce
profonda, e chissà perché a Caleb è
famigliare.
Quando alza gli
occhi per rispondere rimane a fissare l'uomo
chiedendosi dove lo ha già visto.
Il segnale
acustico che avverte della chiusura delle porte lo
fa sobbalzare.
Fa un passo
verso di lui, ma è troppo tardi per scendere.
Il treno parte.
Lo sconosciuto
rimane a guardare i fanali di coda finché non
si perdono nel buio del tunnel, poi si avvia verso la scala che porta
alla
superficie.
Jo non saprebbe
dire perché si trova li.
La luce della
luna entra dalla grande vetrata del suo
ufficio, mentre si sposta tra i file dell'azienda alla ricerca di
informazioni.
Dopo ore di
navigazione infruttuosa tra i file di cui è autorizzata a
conoscere il
contenuto deve arrendersi.
Non
c'è niente li... niente di sospetto o di losco... i file
sono trasparenti, completi e ordinati... anche troppo, ora che le hanno
messo
la pulce nelle orecchie.
Purtroppo lei
non ha le capacità di scavare più a fondo...
dovrebbe chiedere a Caleb di aiutarla, ma non vuole metterlo nei guai.
Sospira
appoggiandosi indietro nella poltrona e sbuffa.
Tutta la
faccenda è ridicola, e forse non c'è proprio
nulla
da trovare... forse è tutto uno scherzo della sua
immaginazione e Shaun la sta
prendendo in giro...ma non ci crede davvero... li c'è
qualcosa, e lei è
frustrata dalla sua incapacità di vederlo.
Esce velocemente
dall'ufficio, boccheggiando nell'aria
gelida.
Sono le dieci
ormai e sa che Caleb la sta aspettando sveglio...
la sua ultima chiamata è solo di mezz'ora prima.
Non sa cosa
dirgli.
Non sa ancora
cosa fare.
Non riesce a
pensare.
Si sente confusa.
Forse dovrebbe
prendere Caleb e andarsene da Montreal...
magari ai Caraibi.
Si avvia verso
il ciglio della strada per fermare un taxi
quando si accorge dell'uomo dietro di lei con un modo di paura che la
prende
allo stomaco.
-Lei
è la signorina Al Hammou, giusto?- le chiede.
L'uomo
è un signore distinto, con la voce calda e i capelli e
la barba corti e brizzolati.
-Chi
è lei, mi scusi?-
Si guarda
intorno e si rende conto che sul marciapiede non
c'è nessuno.
I passeggeri
delle auto in corsa sfrecciano via veloci senza
curarsi di quello che accade fuori dagli abitacoli caldi e confortevoli.
Jo lancia
un'occhiata all'ingresso dell'edificio valutandone
la distanza.
L'uomo si mette
di fronte a lei, bloccandole la visuale.
-Mi dispiace
molto disturbarla, ma dobbiamo parlare... noi
abbiamo degli amici in comune.-
Lei indietreggia.
-Ne dubito...-
risponde freddamente.
Lui si fa
impaziente.
Si vede che non
è abituato a chi discute i suoi ordini, e la
sua reticenza sembra irritarlo.
-Le assicuro che
non se ne pentirà... lei ha delle domande,
dico bene? Perfetto, io ho le risposte... sempre che lei voglia
sentirle...- la
guarda intensamente,
come sfidandola.
Il tono
è freddo e tagliente, la provoca di proposito.
E lei sa cosa
dovrebbe fare... dovrebbe cominciare ad urlare,
oppure scappare... oppure mandarlo al diavolo e tirargli un calcio
nelle palle.
Eppure si scopre
irretita, suo malgrado, dalla possibilità di
conoscere la verità... suo padre dice che la sua
è una pessima abitudine, che
farebbe meglio a non impicciarsi di quello che esula dalla sua
comprensione.
In
realtà sono molte le sue abitudini che non vanno a genio a suo padre
Prima
tra tutte Caleb.
-Voglio sapere
tutto...- dice risoluta.
L'uomo le
sorride soddisfatto e le fa cenno di precederlo
verso il furgone bianco parcheggiato più avanti e che lei
prima non aveva
visto.
Dà
due colpi alla portiera e quella si apre scorrendo,
rivelando la faccia gioviale di Rebecca.
-Benvenuta...-
la accoglie con un sorrise aiutandola a
salire.
-Già...-
dice Shaun dal posto di guida.- Benvenuta nella tana
del Bianconiglio.-
Note
di autore: amo Alice nel paese delle meraviglie, e
faccio battute del genere di continuo...qui e nella vita... perdonatemi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** capitolo 7 ***
Capitolo 7
Quel giorno
tutto lo irrita oltre misura.
Jo è
tornata a casa solo
alle tre del mattino, quella notte, propinandogli
una vaga scusa che coinvolgeva un paio di colleghe ed una festa
improvvisata.
Caleb ha reagito
male.
Non è
la prima volta che litigano, questo no... peròè
stato
diverso, questa volta.
Il loro rapporto
è sempre stato improntato sulla fiducia...
lui non le ha mai mentito, e nemmeno lei ha mai mentito a lui.
Almeno fino a
quel momento.
Perché
lui sa che lei sta mentendo.
è
uscito di casa senza salutarla.
Sa di ferirla
con il suo comportamento, ma anche lui si sente
ferito.
La
verità è che nemmeno gli importa dove sia
stata... si fida
di lei e non teme che abbia un amante.
O almeno non lo
aveva mai creduto possibile... insomma lei è
ricca e bella e non
ha bisogno di lui
quindi perché tenerselo se non lo vuole?
Continua a
rimuginare su quella faccenda mentre passa davanti
al chiosco di Shaun.
-Ehi,
campione... la tua dolce metà?-
Shaun sa che se
gli sguardi potessero uccidere lui avrebbe
smesso di respirare in quel preciso istante.
-Fai come se non
ti avessi chiesto niente...- dice tornando
al suo lavoro.
-Mi piacerebbe
sapere perché sei così interessato a lei...-
Shaun maledice
la sua lingua lunga.
è
ovvio che lui sia... indispettito quella mattina dato che
la sua fidanzata gli ha propinato una balla monumentale per coprire la
loro
chiacchierata notturna.
-Nulla di
personale, te lo assicuro...-
Caleb sembra sul
punto di picchiarlo.
Shaun sa che
tergiversare non è mai stato il suo forte.
-Ehi, voi due...
c'è tanta tensione che potrei tagliarla con
un coltello... vi consiglio di non azzuffarvi nell'Atrio o passerete
dei guai .-
Rebecca mette una mano sulla spalla di Caleb, senza però
fare pressione.
L'uomo
indietreggia volontariamente mentre Shaun ringrazia il
suo angelo custode genio dell'elettronica.
-Caleb...-
Il richiamo di
Jo che arriva in quel momento fa irrigidire
Caleb.
Non vuole
parlarle in quel momento, non vuole neppure
vederla.
Si allontana
velocemente e imbocca l'ascensore senza voltarsi
indietro.
Jo sospira
rassegnata.
-Uhm...
è un tantino arrabbiato?- chiede Rebecca.
-Rebecca... la
tua capacità di minimizzare ha dell'incredibile...-
-Shaun....-
tenta di interromperlo Rebecca.
-...quell'uomo
è incazzato come una biscia... voglio dire, mi
avrebbe preso a pugni se tu non fossi arrivata... Che carattere! Come
fai a
stare con uno così, mi chiedo io...-
-Perchè...-
sbotta Jo- prima della vostra comparsa non è mai
successo nulla del genere...-
-Ti ricordo che
hai scelto tu di conoscere la situazione...-
Jo lo guarda con
astio, ma non può dargli torto.
Stronzo saccente.
-Nessuno mi ha
avvertito che non avrei potuto dirgli niente...-
-Lo metterebbe
in pericolo...- dice Rebecca.
-è
già in pericolo... verrà messo al corrente di
tutto,
oppure vi potete scordare la mia collaborazione.-
I due si
guardano.
In
realtà sapevano entrambi che si sarebbe arrivati a quel
punto.
-Daccordo, ma
prima dobbiamo capire che fine ha fatto
Oliver... siamo sicuri che la sua sparizione sia legata in qualche modo
al tuo
principe azzurro, quindi per il suo bene è meglio che
continui a fare il suo
lavoro come sempre...-
Jo non si era
mai accorta di quando la faccia di Shaun le faccia
prudere le mani.
-Finche la cosa
non lo uccide...- gli ricorda acida.
-Non lo
ucciderà... al massimo lo farà impazzire.-
-Già,
giusto... splendido... detesto lo Humor inglese.-
-Facci
l'abitudine...ora fai parte della squadra.-
-Allegria...-
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** capitolo 8 ***
Capitolo 8
Caleb si sveglia all'improvviso, in un bagno di sudore.
Dovrebbe essere nella sua postazione Animus, e invece si trova in una
stanza quasi buia, sdraiato su una branda.
I neon corrono intorno al soffitto, gettando una luce fioca
sull'apparecchiatura elettronica nella stanza.
Si sente una merda.
Cerca di ricordare cosa sia successo e gli viene in mente che
è la seconda volta che si sveglia li.
La prima volta la voce di Melanie lo ha informato che si trova li
insieme ai suoi colleghi a causa dell'intrusione nei sistemi
dell'azienda.
Si lascia andare sul cuscino, gemendo.
Sente i muscoli come se fossero fatti di gelatina, e fa fatica a
concentrarsi.
Si mette seduto.
Questa volta va meglio.
Riesce ad alzarsi, anche se sente le gambe instabili, e si siede sulla
poltrona davanti all'Animus.
Non riesce a credere di essersi cacciato in quel guaio.
Jo sarebbe impazzita dalla preoccupazione.
Adesso si pente di aver avuto quella discussione con lei... se scoprono
che la talpa è lui chissà se lo lasceranno uscire
da la dentro... forse farà la fine di Adam Coster, qualunque
fine abbia fatto l'impiegato del controllo qualità.
Vorrebbe poterla vedere.
Si chiede che fine abbia fatto Oliver.
Melanie ha detto che è scomparso, ma nessuno sa che fine
abbia fatto.
Il suo pad comincia a trillare.
Scocciato afferra l'auricolare abbandonato sul tavolino trasparente e
se lo mette all'orecchio.
Si chiede con quale faccia tosta lo contattino dopo averlo rinchiuso li
dentro.
-Allora... Ti hanno chiuso nel bunker. Grandioso. I Templari di sopra
non vogliono prendersi nessun rischio. Credo proprio che sia necessario
cancellare i dati compromettenti che hanno su di te.-
-Ancora tu!-
A quanto pare il capo dell'IT non ha nessuna intenzione di lasciarlo in
pace.
-è colpa tua se mi trovo in questo pasticcio, quindi vedi di
tirarmene fuori.-
-Daccordo, daccordo, non ti agitare...-
Caleb sente il rumore soffice della porta della sua cella che si apre.
-Hai sentito? Mi sa che
ti ho appena promosso al livello di sicurezza 3! Ora va' in sala
sicurezza e usa le telecamere per guardare la porta della zona server.
Purtroppo Melanie adesso è lì. Quando la
porterò fuori, sarà il tuo segnale per agire.
Cancellerei i server io stesso, ma come capo dell'IT sarei il primo
sospettato. Deve farlo qualcuno già sotto chiave. Ah, questi
Templari! Ci controllano, lo sai? Decidono le elezioni, controllano i
mercati finanziari e ci inseriscono dei microchip sottopelle per
monitorare i nostri movimenti e i nostri pensieri. Roba da brividi.-
Caleb esce con circospezione.
Non c'è nessuno, ma meglio non rischiare... se lo trovano a
girare nel bunker capiranno immediatamente che è lui
l'hacker.
Si avvia verso la sala di sicurezza, entrando nel sistema e
connettendosi alle telecamere.
-Va bene, senti. Io ora
entro nella sala server. Quando ci vedi uscire, corri dentro.-
Dopo poco Caleb vede John comparire nell'inquadratura.
- ...non serve che venga
anche tu qui, Melanie. Il mio team si occuperà dell'indagine.-
- Ma qui ti serve una
mano, John. Non sappiamo quando c'è stato l'attacco. Ci
vorranno settimane per vagliare i dati.-
Melanie sembra nervosa.
Caleb pensa che faccia bene... non sa quello che la aspetta quando
sarà riuscito ad uscire da li... quello è
sequestro di persona.
- Una al massimo. -
- È
già troppo. Non posso rinchiudere il mio team per sempre!-
- Legalmente puoi.
C'è scritto nel contratto. Hanno firmato senza leggerlo
bene.-
Ah.
- Sì, certo,
ma non mi va l'idea. Cosa vuoi fare adesso?-
- Il team sta
già analizzando i dati. Avremo le prime risposte stanotte.
Parola di scout! Ti offro un caffè, OK?-
Caleb esce velocemente dalla sala server raccomandandosi
di prestare più attenzione a quello che firma, d'ora in poi.
I corridoi sono deserti e male illuminati.
Caleb lancia un'occhiata nelle celle dei suoi colleghi e vede che sono
tutti collegati agli Animus.
Ha una strana sensazione.
Si chiede se è così che si sentano le cavie da
laboratorio.
Ha la brutta sensazione che non uscirà più di li.
Il suo pensiero va a Jo.
Vorrebbe poterla vedere... almeno una volta ancora.
-Bene, l'ho mollata
giù ora dal bar. Trova il server che contiene i registri
dati. Visto che ho tenuto traccia di ogni tua violazione, cercheremo
tutte le date e le ore di accesso e modificheremo i dati con qualcosa
di innocuo. Facilissimo! Eccoci qua! Fantastico. Ora ti aggiorno di
nuovo il trasmettitore. Ti carico un programmino, è fatto
apposta per l'occasione. Ci siamo. Direi che ha funzionato. Provalo.-
Caleb forza il ridicolo sistema di sicurezza con la
consueta facilità.
Davanti al suo volto compare il viso di una donna.
Qualcosa non va.
Caleb si volta per fuggire, ma il volto si materializza ovunque lui
volti lo sguardo.
Si sente in trappola.
-Ora ti sento, certo.
Già, ma non bene. Il segnale è così
debole, e ormai lo sono anch'io. Aleggio. Come l'energia e l'aria che
collegano le reti e i gangli, il sistema nervoso del mondo.-
-Chi sei?-
è affascinato da ciò che ha davanti.
L'apparizione sembra un ologramma, ma lo guarda come se lo vedesse...
gli occhi intelligenti e antichi lo fanno sentire nudo.
-La senti?-
John sembra impaziente, ma Caleb lo ignora... la signora davanti a lui
sta parlando di nuovo.
-Forse il tempio si
è aperto troppo presto. Ma non certo per caso. Il cataclisma
ha fugato ogni dubbio. Oh, il povero, caro Desmond, che ha dato la vita
perché voi, frutto dei nostri sforzi, viveste. Per
realizzare il nostro scopo. Il mio. Ma non è ancora tempo.
La mia forza non è sufficiente ad abitare una creatura.
C'è molto da fare, campioni da acquisire, manufatti da
trovare, prima che venga il giorno.-
Desmond... conosce quel nome... ha trovato i suoi file nel sistema...
ripensa alle registrazioni estratte dal suo cellulare... a
ciò che voleva dire a suo padre...a ciò che non
potrà mai dirgli.
-Che succede? Rispondi!-
Caleb fa un gesto irritato, come per voler cacciare una mosca
fastidiosa.
Ha tante domande da fare, ma la voce di John che gli grida nelle
orecchie gli impedisce di pensare.
-Restituitemi
l'integrità, figlio miei. Miei strumenti. Aiutatemi a
realizzare il vostro scopo-
Il busto scompare, con grande disappunto di Caleb che si ritrova solo
nella sala.
La voce di John lo riporta alla realtà.
Deve tornare alla sua cella se non vuole essere scoperto.
-No, no, no! Qualcosa
non va. Per Dio! Dovrebbe essere qui! Ora! Viva dentro a quella tua
testa di cazzo! Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo! Perché ti ha
risparmiato? Perché sai ancora qui?-
Caleb attende di essersi chiuso la porta alle spalle prima
di rispondere.
-Ascoltami bene... non
so cosa sia successo li dentro, o cosa sarebbe dovuto succedere, ma
appena uscirò da qui... e succederà, credimi...
ti conviene non farti trovare da me perché te la
farò pagare.-
John non risponde.
All'orecchio gli arrivano solo scariche statiche.
Deve essersi scollegato.
Caleb si siede davanti all'Animus.
Ha di nuovo l'emicrania, ma sa di doversi rimettere al lavoro.
John ha parlato dei templari, e l'unica fonte di informazione che
conosce al loro riguardo è l'Animus... deve tornare nella
vita di Edward.
Si collega all'interfaccia lasciandosi andare.
Se nessuno vuole dargli delle risposte, allora le troverà da
solo.
Note di autore: le parti in corsivo sono identiche ai dialoghi nel
videogioco.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** capitolo 9 ***
Capitolo 9
-Cerca di stare tranquilla, Jo...-
Shaun sa che dovrebbe rimanere zitto, ma evidentemente non è
nel suo DNA.
-Tranquilla? Come posso stare tranquilla se hanno preso Caleb?-
Si trovano nel suo appartamento, lei e i tre Assassini.
Quel giorno a pranzo era andata al piano degli Animus per parlare con
Caleb e risolvere una volta per tutte la loro lite, ma quando aveva
cercato di accedervi il suo pad si era rifiutato.
Preoccupata era andata dritta al quindicesimo per parlare con Oliver,
ma Melanie l'aveva informata che era scomparso e che Caleb sarebbe
rimasto sotto supervisione insieme ai suoi colleghi fino a che non si
fosse scoperto il colpevole di certe violazioni ai server interni.
Jo è certa che sia stato Caleb.
Solo lui può essere tanto in gamba da violare quei sistemi.
Quando aveva informato i suoi nuovi amici Assassini loro avevano
confermato: Caleb aveva violato il server per conto del capo dell'IT,
che poi aveva passato a loro le informazioni.
-Non sapevamo che volesse far ricadere la colpa su di lui... a quanto
pare non è la persona simpatica che sembra...- aveva detto
Shaun.
Al momento a Jo non importa un fico secco del capo dell'IT... lei vuole
riavere indietro Caleb, possibilmente vivo e in buona salute.
Guarda il capo della loro piccola combriccola di cospiratori e si
chiede se abbia fatto bene a fidarsi di loro... in fondo gli
interessano solo le informazioni... ne lei ne Caleb fanno parte del
loro gruppo... non rischieranno la copertura per salvarlo.
William ha passato il pomeriggio attaccato al suo computer, dopo averle
chiesto il permesso di usarlo.
Ma certo, come no, ha risposto lei... ormai che senso ha fare la
preziosa... la sua vita è già sconvolta.
Forse l'uomo si sente sotto esame, perché alza gli occhi ad
incontrare il suo sguardo.
-Lo tireremo fuori da li... non preoccuparti. Abbiamo un debito nei
vostri confronti, e lo salderemo.-
Non sa perché , ma gli crede.
Non conosce quell'uomo e non ha alcun motivo di fidarsi di lui, semmai
il contrario, eppure sente che è sincero... deve essere un
gran leader.
Ricorda a se stessa quello che le è stato detto al loro
primo incontro, e cioè che William ha abbandonato la guida
della Confraternita degli Assassini alla morte del figlio Desmond.
Cerca di mettersi nei suoi panni chiedendosi cosa avrebbe fatto se
Caleb le fosse stato portato via in quel modo.
Solo il pensiero le dà le vertigini.
Cerca di concentrarsi e di non cedere al panico.
Come gli ricorda Shaun con il suo solito tatto, avere una crisi di
nervi ora sarebbe controproducente.
Jo si sveglia e ci mette un po' a ricordarsi perché si sente
così.
Precisamente ci impiega circa due minuti ad accorgersi che il
lato del letto opposto al suo è vuoto, e a ricordare il
perché.
Vorrebbe piangere, ma non ne ha il tempo.
Si alza e si infila la vestaglia prima di uscire dalla camera.
è appena l'alba, ma William è già
seduto davanti al suo piccolo computer.
Rebecca e Shaun non sono in vista.
-Buongiorno...- la voce calda dell'uomo attira la sua attenzione.
Jo si ritrova a pensare che è quella la voce che dovrebbe
avere un padre.
-Buongiorno... dove sono Rebecca e Shaun?-
Così va bene... concreta e decisa... niente debolezze.
-Sono andati a lavoro... tenteranno di scoprire dove tengono Caleb, e
indagheranno sul capo dell'IT senza metterlo troppo alle strette... non
vogliamo che perda la testa e accusi Caleb, visto che per qualche
strano motivo non lo ha ancora fatto...-
Il tono è calmo, ma la guarda in modo strano... come se si
aspettasse una reazione violenta, o una crisi di pianto.
Non la conosce affatto.
-Come fai ad esserne sicuro?-
- perché ho un paio di uomini dislocati intorno al palazzo e
non ci sono stati movimenti sospetti...-
-Tutto questo interessamento mi commuove...-
-Te l'ho detto... ho un debito, e ho intenzione di saldarlo.-
Jo lo fissa in silenzio.
-Tuo figlio... era un Assassino, giusto?-
Per un momento crede di essersi spinta troppo oltre, di essere stata
invadente, ma poi William annuisce senza guardarla.
-E ha salvato il mondo, giusto?-
-Si...-
-Allora è un eroe...immagino che tu sia fiero di lui...-
L'uomo si volta a guardarla.
-Ogni giorno...-
-Già..., quindi siamo noi ad essere in debito... quando
tutto questo sarà finito continuerò a passarvi le
informazioni che vi servono...-
-Sarà pericoloso... come ha detto Shaun, una volta
entrati nella tana del bianconiglio non si può
più tornare indietro...-
Jo non può fare a meno di sorridere alla battuta... ha
sempre adorato quel libro.
-Tienimi il posto da Regina di Cuori, William... è
arrivato il momento di far saltare qualche testa aziendale...-
Esce dal bagno tre quarti d'ora dopo, e sa di apparire al meglio.
William si concede una breve occhiata alla sua figura prima di tornare
allo schermo del computer.
-Complimenti... Caleb è un uomo fortunato.-
Il suo commento cade nel silenzio... non parchè voglia
essere sgarbata, ma parchè non sa cosa dire.
-Vado in ufficio... cercherò di capire come è
messa la situazione...-
L'uomo annuisce e lei si dirige verso l'ascensore.
-Jo...-
La donna si volta con un'espressione interrogativa.
-A proposito della tua offerta di passarci informazioni, accetto...-
Lei sorride.
-Non ho bisogno del tuo permesso...-
-Forse no, ma vorrei ringraziarti... e chiederti un favore...-
Jo fa due passi verso di lui.
Si renderebbe conto che è nervoso anche senza la sua laurea
in psicologia.
L'ha visto turbato solo quando si parla di suo figlio,
perciò sa che la sua prossima frase riguarderà
lui.
Vorrebbe chiedergli se il fatto che il figlio sia morto lo faccia
sentire in colpa, poi si ricorda di sua madre che le fa notare quanto
sia sgarbato psicanalizzare le persone in quel modo perciò
non lo fa.
Si divertiva a farlo, una volta... poi il corso in tecniche di
comunicazione e marketing le aveva fatto passare quell'inclinazione...
non si fanno buoni affari ponendo domande scomode ai compratori.
-Dimmi pure...-
-Trovalo... trova mio figlio...-
Se il dolore avesse un volto, sarebbe quello di William... e
così ha risposto anche alla sua domanda inespressa...
è dilaniato, dal senso di colpa.
-Lo farò...-
L'ascensore si apre davanti a lei, permettendole di entrare e pigiare
il pulsante che la porterà al piano terra. L'ultima cosa che
vede prima che le porte si chiudano davanti a lei è William
che si copre il viso con le mani.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** capitolo 10 ***
Capitolo 10
Caleb esce
dall'Animus e si accorge subito che qualcosa non
va.
Non è
solo.
Vede un uomo
chinato su di lui.
Cerca di
alzarsi, ma i muscoli non gli rispondono.
-Sveglia,
sveglia! Non credo che ci abbiano mai presentato.
Non in questa era, almeno-
Caleb mette a
fuoco il volto sopra
di lui.
-Tu...-
Ha la bocca
impastata.
John, o Bartholomew
Roberts, che dir si voglia, gli mostra una siringa.
-Vorrei poterti
spiegare tutto questo, ma non abbiamo molto
tempo. Te lo dico in due parole: hai visto la mia cara Giunone. E per
un breve
attimo ho sperato che potesse incarnarsi nel tuo corpicino. Ma non ha
funzionato. E ora è di nuovo laggiù, alla deriva.
Oh, era splendida, a quel
tempo. Una razza di superbe, magnifiche creature. Sono stati loro a
crearvi. Non
lo sapevi? Voi eravate i loro esperimenti. Soltanto quello. E quello
dovevate
restare! Manca poco, spero. Il mondo è quasi pronto per il
suo ritorno! Fermo!
In attesa della seconda venuta!-
Caleb vorrebbe
tanto dirgli che è
pazzo, ma a parte il fatto che non ne è più tanto
sicuro non riesce nemmeno ad
articolare le parole... se continuano a drogarlo in questo modo oltre
che ad un
centro psichiatrico dovrà fare domanda anche ad un centro di
recupero per
tossicodipendenti.
Gli viene da
ridere, ma il rumore
di passi proveniente dal corridoio lo distrae.
-Uh... Oh-oh.
Eccoli là. Quei Templari. O magari gli
Assassini, stavolta. Idioti, tutti quanti.-
Caleb stringe
gli occhi quando il
liquido gli entra in circolo.
Brucia come
l'inferno.
-Ti invidio.
Voleva che fossi qui ad accoglierla. È stato un
suo esperimento a farmi rinascere in uno di... questi corpi.-
Lo sparo
interrompe il suo
blaterare, facendolo gemere di dolore.
-Tutti
giù!-
-Stenditi a
terra! Ora!-
Le urla delle
guardie urtano le
orecchie di Caleb, che si sente sempre più scivolare via.
Si sente un po'
come quando entra
nell'Animus all'inizio della sessione... sta andando alla deriva.
-Ha una pistola!-
-Guidami
nell'ombra, Amore! Sono il tuo strumento!-
-Getta la
pistola! Gettala!-
-Buttala a
terra!-
Lo sparo che
segue non può
raggiungere Caleb, che ormai è scivolato a terra.
-Libero! Libero!
Sentigli il polso!-
-Perde molto
sangue.-
-è in
stato di shock... dobbiamo
portarlo di sopra... via, via... fate spazio..-
Caleb si sente
fluttuare verso
l'alto.
Vorrebbe solo
poter rivedere Jo
ancora una volta... l'ultima volta.
Il bip cadenzato
dell'apparecchio
per il controllo dei parametri vitali ha un che di rassicurante.
Sa che cosa
significa.
Significa che
è ancora vivo.
Apre gli occhi e
fa un profondo respiro.
Niente tubo in
bocca.
Ha visto
abbastanza puntate di
Dottore House per sapere che anche quello è un buon segno.
Così
come il fatto di poter
muovere mani e piedi... poco, ma meglio che niente.
Si sente
stordito ed è sicuro di
non potersi mettere seduto senza vomitare, ma è vivo.
Caleb uno, John
zero.
-Signor Martin?
Mi sente signor
Martin? Caleb?-
La voce che lo
chiama non ha nulla
di famigliare.
Il viso di un
uomo entra nel suo
campo visivo.
Indossa un
camice bianco.
Il fatto che ci
metta qualche secondo
ad associarlo alla figura di un medico la dice lunga sul suo stato
mentale.
Peccato...
non è il dottor House.
Strizza gli
occhi infastidito
quando quello gli punta una luce dritta nelle pupille.
Ma che modi...
-Bentornato...
ci ha fatto
preoccupare un po', ma adesso è fuori pericolo... se se la
sente qui ce una
persona che vorrebbe tanto vederla...-
Caleb annuisce
soltanto, non
fidandosi della sua voce.
Jo raggiunge il
suo letto e si
siede accanto a lui.
-Caleb, amore...
come ti senti?-
La sua voce
vibra di lacrime
trattenute, ma Caleb non vuole che pianga... a giudicare dallo stato
dei suoi
occhi ha già pianto abbastanza.
La cosa lo
lusinga e lo rattrista.
-Sto bene...-
La sua voce e
roca, ma ferma, e
dice la verità... si sente meglio di cinque minuti prima, ed
è certo che starà
ancora meglio tra qualche ora... soprattutto se lei rimarrà
li con lui.
-è
tutto finito...- lo rassicura
lei.
Caleb sa che sta
mentendo... di
nuovo... ma non gliene fa una colpa questa volta... cosa altro potrebbe
dire
per rassicurarlo?
-Ti amo...-
Oh, si potrebbe
dire quello.
E potrebbe dire
che lo vuole
sposare, ma poi si rende conto che lui non glielo ha chiesto e che
quello
comunque non è il momento adatto per farlo...non potrebbe
mettersi in
ginocchio, tanto per cominciare.
Quest'ultimo
pensiero sconnesso
gli fa venire in mente che probabilmente è sotto morfina.
Fantastico.
-Anche io ti
amo...-
Ecco, per ora
può bastare... anche
perché gli occhi gli si chiudono e non riuscirà a
tenerli aperti ancora a
lungo.
Sente la mano di
Jo che passa tra
i suoi capelli e le sue labbra sulla fronte.
Sospira,
sereno... nelle orecchie
il rumore del mare.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Epilogo ***
Epilogo
Caleb si gratta
la cicatrice sulla
palla.
Per fortuna il
proiettile che
aveva attraversato il corpo di John si era conficcato li e non in
qualche
organo vitale.
La sua prima
ferita di guerra.
Spera anche
l'ultima, ma se si
mette con gli Assassini ci sono ben poche possibilità che la
sua speranza si
avveri.
Nonostante
questo Jo ha ragione...
non possono tirarsi indietro adesso... anche perché le cose
non potrebbero
andare meglio.
Melanie ha
ricevuto un
provvedimento disciplinare per la sua incapacità di gestire
la situazione, ed è
stata trasferita... o almeno così gli hanno detto... Caleb
spera che non sia
finita in fondo al fiume... anche se lo ha drogato e preso in ostaggio.
C'è
il sole, quella mattina, e
anche se l'aria è fredda non è spiacevole stare
li seduti a godersi il calore.
Si rilassa di
più sulla sedia di
alluminio del bar davanti al grattacielo della divisione Abstergo... da
li ha
un'ottima visuale dell'ingresso.
Sorride
soddisfatto.
Tralasciando il
dettaglio della
nausea, del mal di testa e delle allucinazioni questa cosa dell'effetto
osmosi
è utile... ha imparato un sacco di cose da Edward.
E ne
imparerà ancora.
Guarda
l'orologio.
Jo è
in ritardo, ma suppone che
definire i dettagli di un cambio di dirigenza sia un lavoro lungo.
Grazie
all'intervento di suo padre
Jo è riuscita ad occupare il posto di Oliver come
supervisore del progetto, e
in quel momento è in riunione per ridefinire le procedure di
gestione degli
Animus... imponendo un limite massimo di tre ore per sessione, per
esempio...
seguite da un quarto d'ora di pausa prima della ripresa.
Chissà
perché, ma è convinto che
la cosa non piacerà ai pezzi grossi... ma non è
preoccupato... Jo si sa vendere
bene, e sarebbe riuscita a convincerli della validità della
sua idea... in
fondo meglio un piccolo ritardo rispetto a dover gestire l'insorgenza
di
schizofrenia nei Soggetti.
Anche gli altri
sono in ritardo.
Non li vede da
una settimana, da
quando è uscito dall'ospedale e lo hanno ringraziato per
l'aiuto involontario.
Caleb li avrebbe
presi a pugni.
Un'ombra si
proietta sul tavolino
e Caleb alza lo sguardo incrociandolo con quello dell'uomo.
Si rende subito
conto che si
tratta dell'uomo che lo ha quasi buttato a terra in metropolitana, la
settimana
prima.
-Salve...-dice.
-Salve... posso
sedermi?-
-Veramente sto
aspettando
qualcuno...-
-Si... stai
aspettando me... sono
William Miles...-
L'uomo si siede
e ordina
velocemente un caffè alla cameriera che si dirige solerte
verso il loro tavolo.
-Il padre di
Desmond?-
Un ombra passa
sul volto
dell'uomo.
Caleb sa di non
essere un campione
di tatto.
-Mi dispiace...
non sono bravo, in
queste cose... Jo mi ha detto che lei è il capo degli
Assassini...-
Lui scuote la
testa.
-Non lo sono
più... non da
quando... non da quando mio figlio è morto...
però collaboro con loro, con la
mia piccola squadra.-
-La ragazza
dall'aria intelligente
e l'inglese con la scopa nel culo?-
La battuta lo fa
ridere.
-Si, loro...
farai l'abitudine a Shaun...
l'abbiamo fatta tutti.-
Caleb nota Jo
uscire
dall'edificio.
Si ferma un
momento cercandolo con
gli occhi prima di sorridere al loro indirizzo e attraversare la strada
con
attenzione.
-Immagino di non
potermi tirare
indietro, a questo punto...- mormora.
William non gli
risponde.
Non
può obbligarlo ad aiutarli,
altrimenti in cosa sarebbero diversi dai Templari?
Però
spera che dica di si... un
aiuto dall'interno sarebbe un colpo grosso, e sa che se Caleb rifiuta
allora Jo
lo seguirà... non rischierà di perderlo per una
promessa fatta ad un uomo che
nemmeno conosce.
Si chiede, per
l'ennesima volta,
che fine abbia fatto il corpo di Desmond e se riuscirà mai a
ritrovarlo...
glielo deve.
Jo li raggiunge
e si siede con
loro, splendida nel suo completo verde scuro e la camicetta prugna.
-Tutto fatto...
da oggi sono
ufficialmente a capo del progetto Animus della Abstergo
entertainment...-
è
radiosa, eccitata come una
bambina.
Caleb ama
vederla sorridere, anche
se preferirebbe che fosse per un altro motivo.
Il suo
matrimonio, per esempio...
ma quello non è il momento per chiedergli di sposarlo...
avranno altre cose a
cui pensare, adesso.
Adesso sono
degli infiltrati.
Il mio nome
è Martin, Caleb
Martin... continua a suonargli troppo banale.
-Non correte
rischi inutili... non
vi voglio sulla coscienza...- la riprende William.
Caleb le prende
la mano,
guardandola in viso.
-Baderò
io a lei...-
Jo gli sorride.
William sa che
è vero, ma sa anche
che a volte non basta tentare con tutte le proprie forze di proteggere
qualcuno.
Non lo dice, e
si limita a volgere
lo sguardo verso il grattacielo della Abstergo.
Per il momento i
Templari sono in
vantaggio e braccano gli Assassini in tutto il mondo, ma presto
impareranno che
non è saggio girare le spalle al proprio nemico... se non
vuoi che ci infili un
pugnale...
... o una lama
celata, in questo
caso...
... Avrebbe
onorato la memoria di
Desmond proteggendo il mondo per la cui salvezza aveva dato la vita...
anche a
costo di rimetterci la sua.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2589415
|