Giocatore di rugby per caso -O forse per amore-

di EvgeniaPsyche Rox
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Descrizione della vita di un ''qualsiasi'' sedicenne di un ''qualsiasi'' liceo. ***
Capitolo 2: *** Il famigerato -E tanto temuto- allenamento di rugby. ***



Capitolo 1
*** Descrizione della vita di un ''qualsiasi'' sedicenne di un ''qualsiasi'' liceo. ***


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Giocatore di rugby per caso -O forse per amore-
 

1. Descrizione della vita di un ''qualsiasi'' sedicenne di un ''qualsiasi'' liceo.




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«Sei la prima persona a cui lo rivelo.»
«Ah, wow...»
«No, ascoltami, dico davvero: è una cosa seria. Seria e... Anche molto imbarazzante.»
«Spara.»
«Ecco, hai... Hai pr-presente cosa ti piace?»
«Cosa mi piace? Roxas, hai fumato roba pesante o sbaglio?»
«No, no, ma che dici! Forse mi sono espresso male, ehm... Sai che i tuoi gusti sono... Come dire... A te piacciono le... Le...»
«Le...?»
«Loro, insomma...»
«Non ci sto capendo un cazzo.»
«Oh, andiamo, a me piacciono quelli... Quelli come noi... Cioè è da anni che sono indeciso, ma adesso credo che... Credo che è così per davvero...»
«Quelli come noi?»
«Sì, come me e te...»
«Vuoi dire dei fumati?»
«Ma no, cazzo, non hai capito niente! Io ho altri gusti, comprendi?»
«Spiegati meglio, Roxas!»
«PORCA PUTTANA, SONO GAY!»
Non si sarebbe mai e poi mai scordato l'espressione di Hayner in quel momento; non era sconvolta, bensì terrorizzata. Allora aveva abbassato lo sguardo e si era sentito tremendamente in imbarazzo: «Forse adesso non saremo più amici come prima e lo posso capire...»
«Non... N-Non è per quello, Rox...», Hayner poi aveva indicato la porta e l'altro si era voltato di scatto, pietrificandosi di fronte alla vista della madre.
Insomma, il suo coming-out non era andato proprio come si era immaginato; il giorno dopo Hayner gli aveva rivelato che lo aveva sempre sospettato, poiché era assai inusuale che un ragazzo carino come lui non avesse mai avuto una relazione con una ragazza. Di conseguenza non l'aveva presa affatto male, anzi, si era compiaciuto particolarmente della notizia (Il motivo gli era ancora ignoto).
Per quanto riguarda sua madre la situazione era andata diversamente; in un primo momento aveva pensato di giustificarsi con la scusa che stavano facendo qualche gioco stupido, ma poi si era accorto che non gli avrebbe mai creduto, dal momento che nella stanza si era creata un'atmosfera particolarmente pesante. Hayner allora per salvarlo stava per attaccare con i soliti discorsi stile ''Gli omosessuali sono persone normali, solamente che hanno gusti diversi e bla, bla, bla...'', quando la donna lo aveva abbracciato, iniziando a piangere come una fontana: «Oh, Roxas, ma perché non me l'hai mai detto? Chissà quanto ti sarà pesata questa cosa! Avrai passato notti intere a rigirarti nel letto, avrai sofferto tantissimo... Mi dispiace, mi dispiace tanto di non aver colto i messaggi!»
Quali messaggi, poi? Chissà.
Suo padre in un primo momento gli era parso deluso, successivamente però si era ricreduto, poiché si era limitato a prenderlo un po' in giro con qualche battutina ironica.
Tutto ciò era successo due anni fa; adesso Roxas Dixon era un sedicenne qualsiasi che frequentava un qualsiasi liceo, giusto per avere il tempo di decidere che cosa fare della sua vita.
Certo, con sedicenne qualsiasi, si fa per dire.
Una schiappa in matematica, aveva cercato, insieme ad Hayner, ogni stratagemma possibile per evitare di essere rimandato a Settembre; nonostante fossero solamente ad Ottobre, il suo migliore amico aveva già ideato un piano soprannominato ''Il lancio del maiale.''
Gliene aveva parlato un paio di giorni fa e quando lui gli aveva domandato che diavolo c'entrassero i maiali, Hayner gli aveva spiegato che in realtà era un nome dato solamente per ''fare scena.''
Fare scena con i maiali? Certo che Hayner aveva seriamente bisogno di essere ricoverato in qualche clinica.
Tralasciando la matematica e quello stramboide del suo migliore amico, per Roxas un'altra impresa di dimensioni bibliche era cercare di prendere l'autobus in tempo ogni dannatissima mattina; sveglia alle 06.40, colazione alle 06.45, massimo quindici minuti per vestirsi, cinque per sistemare la cartella, non poteva permettersi un minuto di più a causa di Franky, l'autista più scontroso sulla faccia della Terra. Secondo lui esistevano soltanto studenti modelli o studenti stramboidi. I primi erano perfetti, indossavano accuratamente la divisa scolastica, nessun capello fuori posto, portamento elegante, ottimi voti in pagella e in orario, se non addirittura in anticipo, ogni mattina.
I secondi invece erano coloro che, almeno secondo l'opinione di Franky, intralciavano il suo lavoro; sempre in ritardo, capelli spettinati, cravatta della divisa fuori posto (E la scusa del ''La mattina sono mezzo rincoglionito, come puoi pretendere che io possa indossare i vestiti in maniera decente?'' che una volta aveva utilizzato Hayner purtroppo non aveva funzionato), voti che si trovano sulla soglia della sufficienza e così via. 
Roxas ricordava bene che durante il primo anno aveva cercato in ogni maniera di fare buona impressione su Franky; era arrivato alla fermata dell'autobus con un anticipo di mezz'ora, aveva cercato di assumere una sorta di accento francese per fare la figura dell'aristocratico e addirittura si era pettinato i capelli all'indietro, abbandonando per un giorno la sua capigliatura ribelle e disordinata.
Tentativo che però si era trasformato in un fiasco totale a causa del suo migliore amico; infatti, proprio mentre stava per salire il primo gradino dell'autobus, ottenendo un sorriso di approvazione da parte dell'autista, Hayner aveva sorpassato tutti gli studenti e si era catapultato all'interno del pullman, facendo cadere in avanti Roxas e presentandosi con una frase del tipo: «Saaaalve, non sono in ritardo, vero? E' che ho dovuto lottare dieci minuti con il mio cane che non voleva restituirmi il diario! Adesso infatti è pieno di bava, brrr... Roxas, lo vuoi vedere? Cazzo è disgustoso, dovremmo lanciarlo in testa alla gente come scherzo per Halloween!»
E così da quel giorno lui e il suo migliore amico erano finiti sulla lista nera di Franky. Il problema? Beh, semplicemente che per lo scontroso autista chi veniva identificato come studente modello o come studente stramboide non poteva modificare in alcun modo il proprio stato.
Evitare il debito di matematica, cercare di dare una controllata al suo migliore amico, arrivare in orario... Quali altri ostacoli doveva affrontare? Ma certo, il mostro di tutti i mostri, il suo incubo peggiore, il suo veleno mortale: la foto di fine anno.
Nel suo Istituto a Giugno giungeva infatti un fotografo (Sempre lo stesso, tra l'altro, perciò aveva iniziato ad odiarlo profondamente, proprio come Franky) alquanto strampalato; era un uomo prossimo ai cinquant'anni, dai capelli marroni e un cenno di barba al mento. Il punto era che dormiva in piedi; pareva proprio che avesse fatto la conta per scegliere il mestiere, poiché non ci metteva neanche un briciolo di passione. Si trascinava a scuola con la sua dannatissima macchina fotografica, attrezzo infernale agli occhi di Roxas, si piazzava in palestra e attendeva l'arrivo di ogni singolo studente. Una classe per volta si metteva in fila e si passava così la mattinata ad attendere il proprio turno; iniziavano i primini e la giornata si concludeva con le foto dei maturandi.
Non per nulla i più fortunati erano i primi della giornata; uscivano di casa pettinati e perfettamente in ordine, giungevano a scuola cercando di evitare eventuali pozzanghere o bevande in faccia, e nelle foto avevano espressioni sexy degne di Brad Pitt o Angelina  Jolie.
Il settanta per cento degli studenti di quarta e di quinta, al contrario, se ne uscivano con le classiche foto fatte a fine giornata; volto stanco, prossimi ad uno sbadiglio, occhi assonnati, capelli scompigliati e, per le ragazze ovviamente trucco colato che donava loro un'aria da panda.
Poi, certo, esistevano le eccezioni; magari vi erano i famosi ''ultimi studenti'', i maturandi che avevano il cognome che iniziava per ''z'', che riuscivano comunque ad avere una foto decente. Al contrario, c'erano addirittura le eccezioni in senso opposto, categoria di cui faceva parte anche Roxas stesso; poco importava se aveva avuto la grazia divina di possedere un cognome che iniziava per ''d'', le sue foto erano sempre e comunque tremende.
Le aveva provate  tutte; già ad Aprile trascinava il suo migliore amico nelle sue tattiche per non sembrare un ritardato nella foto di fine anno. Aveva cercato di avere un'espressione apatica, timida, arrabbiata, imbronciata, ma niente, sembrava sempre un rincoglionito con seri problemi mentali. Non che gli interessasse particolarmente uscire bene in una dannatissima foto, il fatto era che poi tutte le immagini finivano nell'annuario scolastico e praticamente la metà degli studenti si divertiva a passare gli ultimi giorni di scuola a sfogliarlo pagina per pagina, uscendosene con commenti poco simpatici su ogni dannatissima fotografia. Per non parlare delle battutacce di suo padre quando era costretto a riportare la copia della sua foto a scuola, o della fissa di sua madre di incorniciarla e di appenderla al muro, facendogli fare delle figuracce di fronte ad amici e parenti.
Hayner non aveva problemi del genere, dal momento aveva la fortuna di essere piuttosto fotogenico; i suoi sorrisi a trentadue denti, detestava ammetterlo, gli stavano dannatamente bene, al contrario suo che lo facevano sembrare un ebete. Anzi, la verità è che nonostante Roxas si considerasse un bel ragazzo (Certo, era piuttosto esile e basso, ma a salvarlo c'erano i suoi capelli color cenere e gli occhi blu cobalto), non amava particolarmente sorridere. O meglio, non amava il proprio sorriso.
Sorridere lo faceva sentire un completo deficiente; nessun sorriso sembrava essere quello giusto. Né quello timido e impicciato, né quello allegro, né tanto meno quello a trentadue denti.
Ragione per la quale nelle fotografie non poteva proprio sorridere. Doveva esserci una sorta di maledizione, non c'era altra spiegazione; durante il primo anno addirittura Hayner aveva superato la fila e si era introfulato in palestra durante il suo turno. Il risultato finale? Nella fotografia, oltre alla sua espressione particolarmente nervosa e scazzata, erano sbucate le corna di Hayner dietro la sua testa.
E ovviamente quello scansafatiche del fotografo non aveva detto nulla; lui si limitava a sistemare la proprio macchina fotografica e annunciare la foto con un misero ''3, 2, 1...'', seguito dalla luce abbagliante del flash che aveva accecato metà degli studenti.
Niente foto di prova o cose del genere. Non gli interessava se gli studenti avevano un sacchetto in testa, una maschera, o i vestiti sporchi di fango. Avrebbe fatto comunque la sua dannatissima foto.
Durante il secondo anno Roxas aveva cercato addirittura di darsi malato, sperando di far credere alla madre che il giorno della foto era la settimana successiva. Ma ovviamente lei aveva chiamato la madre di un suo compagno per aver la certezza che le sue non fossero un ammasso di fesserie.
«Signrino Dixon, per me puoi avere il raffreddore, la fabbre o anche la polmonite, non mi interessa! Tu quella foto la farai, che ti piaccia oppure no!», così gli aveva detto la donna, facendogli dunque comprendere che avrebbe dovuto sopportare quelle fottutissime foto fino al suo ultimo anno da liceale.
In realtà però questi non erano gli unici motivi per i quali Roxas odiava la foto scolastica; l'anno precedente, infatti, si era aggiunta un'altra ragione, probabilmente la più tremenda di tutte.
Era l'ultima settimana di scuola e i professori avevano ormai smesso di ostinarsi a spiegare nuovi capitoli, poiché il caldo era un killer letale perfino per loro; così Hayner, dopo una furtiva passeggiata per i corridoi della scuola, era tornato in classe con il libro dell'annuario scolastico.
«Cos'è, mi vuoi prendere per il culo anche tu?», Roxas aveva sollevato il soppraciglio, scrutando la figura dell'amico che aveva preso posto accanto a lui con un sorriso a trentadue denti. «Ma Roxas, cosa vai a pensare! Voglio soltanto farti vedere che ci sono un sacco di altre persone che escono molto peggio di te!»
«E questo sarebbe il tuo modo per consolarmi?»
«Certo che sì.», aveva annuito Hayner, aprendo l'annuario ad una pagina a caso. «Ecco, guarda questa che faccia da schiaffi! Com'è che si chiama? Larxeni? Larxene?». L'altro allora aveva voltato appena gli occhi verso la foto indicata da Hayner. «Effettivamente è uscita proprio di merda.»
«Visto? E tu che ti lamenti pure.»
Roxas si era scrollato le spalle e aveva brontolato qualcosa di incomprensibile tra sé e sé prima di far scorrere nuovamente lo sguardo verso la pagina successiva.
Ecco, fu in quel preciso istante che odiò più che mai l'annuario scolastico e tutta quell'assurda storia delle foto.
Seconda riga, terza foto. Un sorriso sghembo, un paio di occhi felini di un verde smeraldo scintillante. La cravatta azzurra della divisa storta, il volto spigoloso incorniciato dai capelli ritti in aria di un rosso acceso, due tatuaggi viola sugli zigomi. Sotto la foto un nome: Connors Axel.
Guardava in maniera così intensa l'obiettivo che a Roxas era parso addirittura che lo stesse fissando. 
«E hai visto questa tipa invece che faccia ha? Kairi Steller, com'è che si pronuncia? Che razza di cognome ha? E poi...», e poi era diventato tutto un ''bla, bla, bla'' alle orecchie di Roxas.
In tutta la sua vita aveva avuto solo una relazione durata un paio di mesi con un ragazzo di un'altra scuola; non ricordava nemeno esattamente come lo aveva conosciuto. Probabilmente aveva accettato la sua richiesta di fidanzamento soltanto per pietà o per provare nuove esperienze, chissà. In ogni caso, alla fine, tutto ciò gli era servito a ben poco; Roxas purtroppo, almeno in ambito di relazioni e ragazzi che gli piacevano, era particolarmente timido.
Detestava l'annuario scolastico perché proprio a causa di quest'ultimo era venuto a conoscenza dell'esistenza di Axel Connors, un ragazzo che ormai era all'ultimo anno. Era strano che non lo avesse notato prima, gli aveva detto Hayner, poiché, oltre ad essere piuttosto conosciuto, non passava di certo inosservato.
Il fatto forse era che Roxas non guardava mai in faccia le persone durante le pause; usciva dalla classe, prendeva i suoi biscotti preferiti alle macchinette e tornava al proprio posto per potersi riempire lo stomaco in santa pace.
La cosa più assurda di tutta quella storia era il fatto che si fosse preso una cotta soltanto attraverso una stupidissima foto. I giorni successivi, doveva ammetterlo, durante la fine delle lezioni lo aveva cercato un po' con lo sguardo in cortile. E lo aveva anche trovato; rimaneva sempre una decina di minuti a parlare con i suoi compagni del più del meno e talvolta si fumava anche un paio di sigarette.
Solitamente però Roxas non lo fissava con così tanta insistenza: non era di certo una di quelle stupide ragazzine dei film che venivano sempre colte in flagrante mentre osservavano il loro famigerato ''cavaliere azzurro''.
Axel era certamente il ragazzo più bello che avesse mai visto, gli piaceva la sua voce e il suo modo di comportarsi, ma non lo conosceva affatto e in fondo gli andava bene così. Se fosse stato uno di quelli che aveva il coraggio di fare il primo passo sarebbe certamente svenuto al primo appuntamento. 
Da non dimenticare un dettaglio di fondamentale importanza: Axel non era gay.
Inizialmente non aveva rivelato nulla ad Hayner; sia perché non la considerava una cosa così importante, sia perché sperava che la stagione estiva lo aiutasse a dimenticarsi di Axel. Non gli andava proprio di affrontare l'anno scolastico successivo a guardarsi a destra e a sinistra nei corridoi per evitare la presenza di Axel.
Solitamente passava l'estate nelle spiagge meno conosciute e frequentate dai suoi coeateni; lui e Hayner preferivano farsi gli affari loro, prendersi un gelato e parlare indisturbati del più e del meno. 
Un giorno però quello stramboide del suo migliore amico aveva deciso di recarsi nella spiaggia più amata della scuola perché aveva sentito dire che lì ''Vendono il gelato più cool e buono dell'Universo!''.
Inutile dire che avevano trovato praticamente l'80% degli studenti della scuola. E inutile dire anche che, ovviamente, era proprio in quell'occasione che Hayner aveva scoperto la sua segreta cotta nei confronti di Axel Connors.
Avevano deciso di spendere il pomeriggio giocando a Beach Volley, come facevano spesso, e dopo una schiacciata particolarmente forte da parte del suo migliore amico, la palla era finita parecchi metri più indietro del campo.
Roxas aveva sempre detestato i film sdolcinati, i classici americani dove tutto era casuale, dove i tipi cool si innamorano delle secchione e dove nei balli di fine anno scocca sempre il famoso ''primo bacio.''
Ma in quel momento, per un solo attimo, gli era sembrato davvero di essere il protagonista di quegli stupidissimi film, quelli che gli facevano venire voglia di vomitare tutte le volte. 
Infatti, dopo aver mandato a quel paese Hayner per le sue solite schiacciate esagerate, aveva voltato lo sguardo e si era accorto della presenza di lui, sì, proprio di Axel Connors, seduto sul suo asciugamano con il pallone in mano, interrotto dalla conversazione con i suoi amici.
«Dai Roxas, vai a prendere la palla.», aveva mormorato Hayner, mettendosi le mani dietro la nuca; il biondo allora aveva scosso la testa, sforzandosi di trovare una scusa. «L'hai tirata tu, adesso la vai a prendere.» 
«Ma vai, che ti costa! La prossima volta la prenderò io, te lo giuro!». Roxas allora aveva lanciato una fugace occhiata all'indietro e aveva notato che Axel si era alzato con il pallone in mano e si stava guardando attorno con aria spaesata, alla ricerca del proprietario.
«E muoviti!»
«Hayner, ti prego, vai a prenderla tu.», ed era stato proprio il tono di Roxas che aveva insospettito l'amico. 
«Mh, perché?»
«Hayner, ti prego, vai tu, cazzo!», aveva tuonato l'altro nel preciso istante in cui Axel si stava avvicinando al campo, intuendo probabilmente a chi appartenesse il pallone; Hayner allora si era precipitato verso il fulvo e aveva preso la palla dopo averlo ringraziato velocemente.
Roxas sapeva che avrebbe rischiato di fare qualche figuraccia, lo sapeva bene. Si sarebbe messo a balbettare un ''grazie'' incomprensibile, o magari sarebbe arrossito come una dannatissima ragazzina delle medie. Soprattutto per il fatto che vedere Axel a petto nudo lo avrebbe messo in soggezione, dati i muscoli formati grazie alle numerose partite di rugby a cui partecipava.
«Allora Rox, mi vuoi spiegare che cazzo ti è preso? Cos'è, è un bullo che ti ruba la merenda? O per caso un tipo che ti sta sul cazzo?», aveva chiesto Hayner dopo essersi accertato che il diretto interessato fosse  tornato al proprio asciugamano; dopodiché aveva sbattuto ripetutamente le palpebre, perplesso dal silenzio dell'amico. Ma quando aveva notato le sue gote arrossire gradualmente era scoppiato a ridere per trenta minuti buoni, intuendo finalmente la risposta alla sua domanda.
Evitare il debito di matematica, arrivare in orario, controllare Hayner, sforzarsi di trovare un'espressione accettabile per la foto di fine anno, la sua cotta per Axel... Beh, forse non si poteva definire proprio uno studente ''qualsiasi'' che frequentava una ''qualsiasi'' scuola.
 




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Inciamparono sull'ultimo scalino e Roxas rischiò davvero di cadere se non fosse stata per la miracolosa presa di Hayner; dopodiché i due si voltarono e videro la porta dell'autobus chiudersi alle proprie spalle.
«In ritardo come sempre. Complimenti, siete tra i primi della mia lista nera.», la voce severa di Franky fece deglutire i due studenti e l'uomo mise finalmente in moto la vettura, concentrandosi esclusivamente sulla strada.
Roxas nel frattempo si voltò verso l'amico e gli mostrò il pugno con fare minaccioso. «Brutto stronzo, avevi detto che era una scorciatoia!»
«Appunto!», annuì Hayner spintando l'altro per farsi spazio e cercare un paio di posti liberi. «Siamo riusciti a salire, no?»
«Per miracolo, cazzo! Se tardavamo di un solo secondo con il cazzo ch-»
«Ma così non è successo.», lo interruppe Hayner, spostandosi per far sedere il compagno vicino alla finestra prima di prendere posto.
Roxas si sentiva davvero fortunato ad avere un amico che detestava il posto accanto al finestrino; il fatto era che Hayner voleva vedere il resto degli studenti, impicciarsi negli affari altrui e, quando gli capitava l'occasione, fare conversazione con tutti. Al contrario, lui amava starsene lì tranquillo: durante le cosiddette ''giornate no'' poteva tirare fuori l'mp3 e ascoltare in santa pace le sue canzoni preferite, oppure poteva passare il tempo chiacchierando esclusivamente con Hayner, evitando gli sguardi indiscreti degli altri. Insomma, nel sedile accanto al finestrino si sentiva protetto, ecco tutto.
«Quest'anno oltre al piano de ''Il lancio del maiale'' e ''L'impresa Dixon: uscire bene nella foto di fine anno'', abbiamo un altro progetto da compiere.»
«Hayner, ti prego, non siamo neanche a metà Ottobre; io vorrei iniziare l'anno in maniera decent-»
«Esatto, esatto!», lo interruppe una seconda volta l'amico, tirando fuori un foglio piegato dalla  tasca dei propri pantaloni color verde militare. «Abbiamo tutto l'anno per poter mettere in atto il nuovo piano.»
Roxas sospirò rumorosamente e si massaggiò le tempie, chiedendosi perché diavolo era capitato a lui di possedere un migliore amico del genere; nel frattempo l'altro aprì il foglio che mostrava degli omini che sembravano i classici stereotipi dei bambini.
«Ora capisco perché non hai frequentato l'artistico...», si permise di commentare Roxas, ottenendo un'occhiataccia dall'amico come risposta. «E questo sarebbe il tuo ringraziamento?»
«Ringraziamento?», ripeté con aria perplessa il biondo, prendendo il foglio dalle mani dell'altro, squadrandolo con estrema attenzione. Al centro vi era scritto a caratteri cubitali ''Sparare zucchero per far innamorare Axel Connors'' e il tutto era contornato dai famigerati omini stilizzati che dovevano rappresentare il diretto interessato insieme a Roxas.
«Figo, eh? Ascolta, ho già in mente la prima moss-»
«TI SEI PER CASO BEVUTO IL CERVELLO?!», tuonò Roxas con il volto tinto di un rosso acceso (Probabilmente a causa dell'imbarazzo o della rabbia, difficile a dirsi), ottenendo involontariamente l'attenzione di diversi studenti; successivamente strappò il foglio in quattro parti e le lanciò addosso all'amico, sputando con furia qualche altro insulto.
Hayner, piuttosto sconvolto dalla reazione dell'altro, guardò con aria afflitta i resti del proprio piano prima di incrociare le braccia al petto, assumendo un'espressione offesa. «Sei proprio uno stronzo Roxas, lasciatelo dire. Non capisci neanche quando il tuo migliore amico ti vuole aiutare!»
«Questo... Questo non è aiutare!», ribatté con le gote arrossate l'altro, voltandosi verso il finestrino nella speranza di nascondere il proprio volto. «Se vuoi aiutarmi non parlarmi più di questa storia, punto.»
Hayner, dal canto suo, si avvicinò al biondo con fare indagatorio. «Quindi vorresti passare l'anno scolastico ad ignorarlo?»
«Certo, come ho sempre fatto! Tra l'altro l'anno prossimo se ne andrà e tanti saluti.»
«Appunto, il tempo stringe, per questo dobbiamo metterci in azione da subito! E poi guarda che ho sentito che non si fidanza da un po'... Sai, potrebbe essere dell'altra sponda. Con quell'aspetto, po-»
«Ssssh, e abbassa quella cazzo di voce!», lo interruppe il biondo, come se non fosse stato lui stesso quello ad urlare qualche minuto prima. «Non è gay, fidati.»
«Ah, e come lo sai?»
«Lo so e basta.»
«Stronzate», lo ammonì Hayner, scuotendo la testa. «Dici così per convincerti a lasciare perdere. Io invece ho saputo da  fonti certissime che sono quasi sei mesi che non si fidanza con qualcuna. Forse ha voglia di cambiare, mh...»
E se stesse dicendo la verità? E se...
No.
Questa volta fu Roxas a scuotere la testa; non doveva farsi prendere dall'entusiasmo o da effimere illusioni. Non gli andava proprio di fare delle abominevole figuracce soltanto perché Hayner voleva fare la parte del migliore amico sempre disponibile ad aiutarlo. In fondo Axel poteva anche essere il solito coglione che, alla scoperta della sua omosessualità, lo avrebbe preso per il culo di fronte a tutta la sua scuola. Era un'ipotesi che non era di certo da escludere.
«Dai, scendiamo.», deviò l'argomento il biondo, accorgendosi che l'autobus si era fermato; dopodiché si alzò e tirò dei colpetti sulla spalla di Hayner, accorgendosi che quest'ultimo non cennava a muoversi. «Allora? Ti levi dalle palle o no?»
«Andiamo Roxas, perché non vuoi provarci?»
«Non voglio più parlarne, adesso togliti dal cazzo.»
«Non ti farò passare finché non mi dirai che ci proverai.»
Roxas allora sollevò istintivamente il soppraciglio sinistro. «Alla seconda ora c'è la verifica di scienze. A meno che tu non voglia più dei suggerimenti, ti consiglio di alzare il culo e andare.», e, proprio come il biondo aveva sospettato, quella minaccia bastò a far alzare l'amico, anche se per tutto il resto del tragitto non fece altro che borbottare insulti e maledizioni.




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Praticamente non sapeva neanche che lezione aveva avuto alla prima ora, poiché l'aveva passata a ripassare per la verifica di scienze; fortunatamente non fu tremenda come si era immaginata, anzi, era piuttosto sicuro di prendere un voto abbastanza alto.
Era riuscito perfino a suggerire quattro domande ad Hayner, di conseguenza quest'ultimo doveva aver raggiunto la sufficienza. O almeno, così lui sperava.
Dopo una monotona lezione di fisica della quale aveva capito ben poco (Cioè, si era sforzato di seguire, ma purtroppo quei dementi dei suoi compagni non avevano fatto altro che passarsi bigliettini da una parte all'altra su eventuali party di Halloween), era finalmente giunta la pausa-merenda, gli unici dieci minuti in cui poteva respirare tranquillamente.
«Vado a fare un saluto ad Olette, mi compri qualcosa?». Hayner lanciò una moneta che l'amico prese prontamente al volo prima di alzarsi. «Cosa vuoi?»
«Boh, una Sprite o una Fanta, come vuoi.»
Roxas annuì e fece per avviarsi verso l'uscita della classe, quando si voltò nuovamente verso l'altro. «Ma non avevi già parlato con Olette 'sta mattina, prima di entrare?»
«E-Eh?», Hayner parve improvvisamente nervoso e deglutì rumorosamente, atteggiamento che non sfuggì agli occhi attenti del biondo. «Hayner?»
«Sì?»
«Che hai?»
«Niente, niente! No è che 'sta mattina sono andato a... Ehm, volevo salutarla, ma... Uhm... Non sono riuscita a beccarla, ecco. Adesso scappo, eh! Te muoviti a prendermi da bere!», e, dopo aver detto ciò, Hayner raggiunse la porta e svanì tra il caos degli studenti alla velocità della luce.
Roxas scosse la testa fra sé e sé, chiedendosi perché diavolo il suo migliore amico pareva sempre più strano, e si avviò verso il corridoio: ovviamente gli toccava la solita fila quotidiana per le macchinette, ragion per cui cinque minuti del suo intervallo (Già misero) andavano a farsi benedire. E proprio per questo la prima cosa che faceva una volta tornato a casa era correre in bagno, dal momento gli risultava impossibile andarci a scuola. Durante la pausa, ovviamente, non aveva tempo; alla prima ora e quella che seguiva l'intervallo non si poteva, e magari nelle ore rimanenti gli toccava qualche interrogazione o verifica.
La scuola era divisa in quattro piani; lui si trovava al secondo, ovvero quello dove erano riunite tutte le macchinette; di conseguenza risultava essere il luogo più affollato durante l'intervallo. 
Si ritrovò davanti a Demyx Lussor, o qualcosa del genere, un amico di Axel; lo sapeva perché ogni volta li vedeva chiacchierare insieme al termine delle lezioni.
Roxas roteò lo sguardo alla propria sinistra e si accorse della presenza di numerosi fogli sulla parete; ridusse lo sguardo a due fessure, cercando di focalizzare la vista, e si accorse che erano semplicemente le iscrizioni per le diverse attività extra-scolastiche. Iniziando dal coro, il corso meno frequentato, probabilmente perché nessuno aveva voglia di indossare quei ridicoli fiocchi che la professoressa Brown si ostinava a regalare, si passava poi alle lingue -Sia per i principianti, sia per quelli che già se la cavavano- le quali erano frequentate soprattutto dagli studenti di quarta e di quinta, poiché all'Università o ad un futuro colloquio di lavoro miravano a fare bella figura con ulteriori conoscenze. Non meno importante era il corso di teatro, probabilmente quello più apprezzato da Roxas; quando sua madre, in prima, lo aveva costretto a frequentarlo per sconfiggere la sua estrema timidezza, doveva ammetterlo, lo aveva detestato da morire. Ma dopo sole due settimane si era dovuto ricredere, sia perché passava il tempo in maniera piacevole, sia perché si era fatto dei nuovi amici, tra cui Olette stessa.
A seguire vi erano anche i corsi legati alle attività sportive; pallavolo per le fanciulle, rugby per i ragazzi.
Roxas si sentì spingere leggermente da dietro e si accorse che era finalmente giunto il suo turno; infilò la propria moneta seguita da quella di Hayner e premette il solito numero per i suoi amati biscotti e il quindici per la Sprite.
Si chinò per aprire lo sportello e afferrò sia il pacchetto che la bottiglia; fece per ritornare in classe, quando decise all'ultimo minuto di fermarsi qualche secondo di fronte alle iscrizioni, giusto per dare una fugace occhiata. La verità è che era dispiaciuto per il fatto di aver abbandonato il corso di teatro l'anno precedente; forse avrebbe preso in considerazione l'idea di ritornarci, anche se ormai quello era l'ultimo giorno per decidere. Fece scorrere con gli occhi i nomi presenti; alcuni li conosceva, altri li aveva sentiti nominare, altri ancora proprio non li aveva mai visti. Sospirò e spostò le iridi a destra, preso dalla curiosità di controllare i nomi degli altri corsi, in particolare quello di rugby. 
Gli iscritti erano davvero molti, più di venti sicuramente e il terzo della lista era Connors Axel; rilesse il suo nome diverse volte, un po' perché gli piaceva come suonava, un po' perché lo aiutava ad immaginarsi il suo volto. Era considerato un ottimo giocatore a rugby e a fine anno, così come per la pallavolo, c'era un torneo contro altre tre scuole. Gli sarebbe piaciuto assistere alla partita l'anno scorso, ma aveva immediatamente scartato l'idea, poiché ciò non avrebbe fatto altro che alimentare la sua cotta a dir poco assurda.
Fece scorrere con gli occhi tutti i nomi e, una volta giunto alla  fine, qualcosa lo costrinse a far cadere i suoi amati biscotti e la bottiglia di Sprite.
Roxas sperò vivamente con tutto il cuore di aver letto male. Lo sperò con tutto se stesso, ma non era così, non era affatto così perché rilesse gli ultimi due nomi almeno cinque volte ed essi non cambiarono; erano sempre lì, scritti con la disordinata caligrafia del suo migliore amico.
Harris Hayner.
Dixon Roxas.
Harris Hayner.
Dixon Roxas.
Harris Hayner.
Dixon Roxas.
 
     
No, chiaramente non aveva le allucinazioni.
Quel maledetto bastardo del suo migliore amico doveva avergli fatto qualche scherzo idiota. Doveva essere certamente così. 
Uno scherzo imbecille. Uno scherzo stupido, da scemi. Avrebbe strozzato Hayner. Lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani, ma prima doveva cancellare il proprio nome.
Si affrettò a raccogliere ciò che aveva preso alle macchinette e raggiunse alla velocità della luce la propria classe; lanciò il pacchetto di biscotti sul banco, intuendo che sarebbe riuscito a mangiarli solo in un secondo momento, e tirò fuori il proprio astuccio, affannandosi a cercare una penna, o perlomeno un bianchietto.
La sfortuna volle che le prime tre penne che si ritrovò tra le mani fossero tutte scariche (Lui e la sua dannata pigrizia che lo costringevano a non buttare mai niente); quando riuscì finalmente a trovare il bianchetto, si precipitò nuovamente nei corridoi, ignorando lo squillante suono della campanella che annunciava la fine dell'intervallo.
Roxas non credeva alla fortuna. O almeno, se esisteva molto probabilmente ignorava del tutto la sua esistenza, lasciando sempre il posto alla sfiga. E in quel momento ne ebbe la completa certezza, poiché i fogli delle iscrizioni del coro, di pallavolo e di rugby erano già stati ritirati.
Ma vaffanculo.
Si guardò attorno, sperando di intercettare il professore o il bidello che aveva preso i fogli, ma gli risultò un'impresa impossibile a causa dell'enorme quantità di studenti che attraversavano i corridoi, pronti a ritornare nella propria classe. 
Magari Hayner aveva cancellato i loro nomi prima. Insomma, non si dice che uno scherzo è bello quando dura poco? Ma poi perché diavolo il suo migliore amico aveva scritto anche il proprio nome, se lo scherzo era indirizzato esclusivamente a lui? Era diventato così imbecille da farsi un auto-scherzo, forse?
Fortunatamente le sue domande stavano finalmente per ricevere una risposta, dal momento che Roxas riuscì a vedere per caso il diretto interessato che saliva le scale, affrettandosi a raggiungere la propria aula; il biondo allora si fece spazio tra gli studenti con svariati spintoni, ritrovandosi davanti al proprio migliore amico che lo salutò con il suo solito sorriso: «Ah, mi hai preso la Sprite, grande! Sto morendo di sete.»
«Hayner», lo interruppe l'altro, riducendo gli occhi a due fessure. «Che cazzo ti è saltato in mente, me lo vuoi spiegare?!»
«Di... Di cosa stai parlando?»
«Hai capito benissimo, non fare il deficiente! Lo sai che per colpa del tuo cazzo di scherzo adesso credono che ci siamo iscritti per davvero?!»
«Scherzo?», fece eco l'altro, inclinando la testa su un lato con fare confuso; squadrò per qualche secondo il volto infuriato dell'amico e poi scoppiò a ridere. «Non hai capito un cazzo.», e, dopo aver annunciato ciò, gli fece cenno di seguirlo nei bagni per poter parlare in santa pace; salirono una rampa di scale e si infilarono nella prima porta bianca, stando attenti a non farsi vedere da possibili professori in giro. «Faremo tardi a ginnastica, chissenefrega.»
«Dai, dimmi, che cosa non avrei capito? Che sei un coglione di merda?!», alzò il tono di voce Roxas, sempre più irritato dalla situazione.
«Datti una calmata, insomma!», lo ammonì Hayner prima di controllare accuratamente tutti i tre bagni per assicurarsi di non avere sgradite compagnie. «Bene, allora... Sappiamo entrambi che sei particolarmente timido in campo amoroso, giusto?»
Roxas sollevò istintivamente un soppraciglio e si sforzò di non rispondere con qualche insulto poco ortodosso. «Sì, diciamo di sì.»
«Ecco», Hayner si schiarì la voce e tentò di trovare le parole giuste. «ricordi il piano di 'sta mattina, quello che tu hai strappato poco educatamente?»
«Sì...», mormorò Roxas che, purtroppo per l'altro, stava iniziando a mettere insieme i tasselli del puzzle completo della situazione.
«Io ho deciso di metterlo in azione anche senza il tuo aiuto. In pratica quest'anno dovremo partecipare a rugby; in questo modo tu dovrai per forza avvicinarti ad Axel. Mi raccomando, domani ci sarà la prima lezione, cerca di salutarlo, o almeno di scambiare quattro chiacchiere! Oh, perché mi sono iscritto io? Beh, semplicemente per darti una mano, vecchio mio. Ci tengo assolutamente che tu e quel tipo vi avviciniate... E o-ovviamente non perché spero di diventare suo amico anch'io in modo da essere più popolare a scuola, ah-ah-ah, no... Lo faccio... Ehm, per te!»
Difficile descrivere l'enorme quantità di emozioni che provò Roxas in quel momento; nervosismo, imbarazzo, rabbia, furia, ira. 
Tanta ira. 
Strinse il pugno sinistro con estrema forza e si morse ripetutamente il labbro, indeciso sul da  farsi. Ucciderlo? Strangolarlo? Tirargli un calcio nelle parti bassi? Le opzioni erano davvero numerose, c'era l'imbarazzo della scelta.
«Tutto chiaro?». E fu proprio grazie alla domanda di Hayner che Roxas riuscì a prendere una decisione; abbassò gli occhi verso la bottiglia di Sprite che ancora reggeva nella mano destra, accorgendosi dell'enorme quantità di schiuma e bollicine che conteneva a causa delle diverse cadute.
«Sì», rispose poco dopo, scuotendola ripetutamente prima di puntarla verso l'altro. «Tutto chiaro». Dunque aprì la bottiglia che schizzò immediatamente la bevanda sul volto di Hayner, il quale a malapena ebbe il tempo di capire che cosa stava succedendo.
Proprio in quel momento la porta principale si spalancò e apparve Pence, un robusto ragazzo dagli occhi castani e i capelli neri. «Ragazzi, la prof è infuriata, vi consiglio di rientrare subito perché potrebbe mandarvi dalla pre-», poi si interruppe, guardando con aria piuttosto perplessa lo stato di Hayner, il quale, oltre al volto, aveva anche parte dei capelli bagnati fradici. «Ehm, tutto... Tutto bene?»
Roxas si scrollò le spalle e raggiunse la porta, ignorando l'espressione del suo migliore amico che si stava facendo via via sempre più adirata; abbandonò dunque i bagni con grande dignità e disse un pacato: «Tutto benissimo, grazie.»
Dignità che però durò ben poco, poiché, appena raggiunte le scale, iniziò a correre alla velocità della luce, consapevole del temperamento poco stabile del compagno di una sua possibile vendetta.




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Il giorno successivo Hayner avrebbe avuto una tremenda interrogazione di storia.
Tremenda perché la settimana scorsa la prof si era infuriata con lui e, dopo averlo rimproverato per una decina di volte, gli aveva rifilato una nota sul registro e aveva annunciato che lo avrebbe interrogato sugli ultimi due capitoli studiati.
Di conseguenza Roxas, consapevole che l'amico si sarebbe svegliato a studiare soltanto il giorno prima, lo aveva invitato a pranzare a casa sua, in modo da aiutarlo per l'intero pomeriggio.
Ovviamente però, dopo quello che era successo a scuola, i due non si erano rivolti la parola e in autobus Roxas si era seduto tra le prime file, al contrario di Hayner che aveva preso uno degli ultimi posti.
Roxas probabilmente aveva esagerato, ne era consapevole, ma d'altro canto Hayner non gli aveva lasciato altra scelta: non avrebbe dovuto intromettersi così. 
Aveva una cotta, ebbene? Non aveva alcuna intenzione di rivolgere la parola ad Axel, o tanto meno di fidanzarsi con lui. Anche se, certo, non gli sarebbe dispiaciuto...  
Roxas scosse la testa e chiuse il libro di matematica, lanciandolo sul letto con fare esasperato. 
E il giorno successivo sarebbero iniziati gli allenamenti di rugby. 
Stranamente non aveva paura.
No.
Infatti era a dir poco terrorizzato.
Che cosa doveva fare? Non sapeva neanche chi era il professore che gestiva la squadra di rugby, di conseguenza non sapeva chi cercare per ritirarsi. E se Axel avesse già visto il suo nome, che cosa avrebbe pensato, una volta scoperto che si era ritirato? Che era un bambinetto che se la faceva sotto? Ma Axel non lo conosceva nemmeno, quindi perché preoccuparsi? 
Il suono del campanello alla porta lo fece sobbalzare; il biondo scosse nuovamente la testa, interrompendo le proprie preoccupazioni, e si affrettò ad uscire dalla propria stanza.
Suo padre era a lavoro, come ogni pomeriggio; sua madre, al contrario, era uscita a fare shopping con le sue amiche: conclusione della situazione, Roxas era solo a casa e quindi gli toccava rispondere.
Scese velocemente le scale e raggiunse finalmente il corridoio; si alzò sulle punte e, dopo aver scrutato con estrema attenzione lo spioncino, spalancò le iridi, sorpreso dall'inaspettata visita.
Dopodiché sospirò pesantemente e fece scattare la serratura, indeciso su quale espressione assumere alla vista di Hayner. 
Dopo aver passato una manciata di secondi immersi nel più totale silenzio, il ragazzo ancora fuori si decise finalmente a parlare: «Devo studiare storia.», brontolò tra l'imbarazzato e lo scocciato.
Roxas pensò che se fosse stato ancora arrabbiato avrebbe risposto con qualcosa tipo ''E allora? Non ce l'hai una casa dove studiare?'', per poi concludere in bellezza con una bella porta sbattuta in faccia. 
Ma non lo fece.
Era ancora arrabbiato, certo, ma Hayner restava sempre il suo migliore amico e in fondo era abituato ai guai che combinava. Inoltre avevano bisogno l'uno dell'altro; Roxas per affrontare il primo allenamento di rugby, Hayner per la famigerata interrogazione.
Il biondo sospirò rumorosamente e si scostò, permettendo all'altro di entrare. «Lo so.»
Hayner si scrollò le spalle e farfugliò qualcosa di incomprensibile tra sé e sé prima di raggiungere il soggiorno, lanciando il proprio libro di storia sul tavolo di legno posizionato al centro; successivamente si voltò e notò la presenza di Roxas sulla soglia della porta, immerso nei propri pensieri.
«Ohi», lo chiamò Hayner, facendo sussultare appena il biondo. «Ho fame.»
Roxas in tutta risposta sollevò istintivamente il soppraciglio sinistro, trasmettendo forte e chiaro il messaggio: ''Sai dov'è la cucina, quindi muovi il culo e arrangiati.''
«Dovrebbero esserci dei Loacker.»
«Buoni.»
«Suppongo di sì.», borbottò Roxas, continuando a scrutare Hayner che, nel frattempo, aveva incrociato le mani e le aveva posizionate dietro la testa, guardandosi attorno con fare ambiguo.
Si può sapere a che gioco stava giocando quello stramboide del suo migliore amico?
Probabilmente si sentiva a disagio in qualche modo, poiché, ogni volta che si presentava a casa sua, aveva l'abitudine di comportarsi come se fosse un suo familiare; si sdraiava sul divano, andava a sgraffiniare tutto quello che trovava nel frigorifero, saltava sul suo letto... Insomma, sì, Hayner prendeva fin troppo alla lettera l'espressione ''Fai come se fossi a casa tua''.
O forse stava semplicemente facendo il gioco del ''chi si scusa per primo''?
A quell'ipotesi Roxas ridusse gli occhi a due fessure: lui non si sarebbe mai azzardato a fare il primo passo. Sia per eccessivo orgoglio, sia per il fatto che in fondo era Hayner quello che si era presentato in casa sua come se nulla fosse successo.
«Okay, allora vado a prendere i Loack-»
«Aspetta», lo interruppe l'altro, sbuffando sonoramente con il naso; Roxas allora fece fatica a reprimere un sorriso e si limitò a voltarsi, assumendo un'espressione ingenua. «Cosa?»
E molto probabilmente Hayner era consapevole del fatto che Roxas avesse già intuito che cosa volesse dire, ma, nonostante ciò, decise di parlare comunque: «Senti, io... Cioè, scusa. Per il casino di oggi... Avrei dovuto dirtelo prima. Anche se, insomma, io te lo stavo per dire, prima che tu mi strappassi il foglio in autobus. Quindi, effettivamente, è stata tutta colpa tua... Ma allora perché ti sto chiedendo scusa, cazzo! Ehi, Roxas, chiedimi immediatamente scusa, muoviti! Che poi, porca miseria, sai che schifo è stato girare per tutta la scuola con l'odore di Sprite addosso?! Per niente facile, uhm...», divagò il ragazzo, facendo immediatamente scoppiare a ridere Roxas. 
«Quella risata che significava? ''Ti amo, ti perdono e ti aiuto a studiare, o sei così patetico che mi fai ridere, quindi fuori dalle balle?''», domandò sarcasticamente Hayner, ghignando.
«Sei così patetico che mi fai ridere, ti perdono e ti aiuto a studiare.», rispose con un sorriso divertito il biondo, prendendo posto sul divano del soggiorno, seguito a ruota dall'altro.
«Prima però...», riprese a parlare il proprietario della casa, afferrando il libro di storia per poi sfogliarlo con aria ambigua. «Dobbiamo parlare di una cosa.»
Hayner sospirò rumorosamente con il naso, intuendo già il discorso in cui sarebbero andati a parare. «Spara.»
«Che faremo domani?»
«Mh?», brontolò con fare poco interessato il giovane dalle iridi marroni, tirando fuori una scatola di chewing-gum dalla tasca.
«Hayner!», lo rimproverò con esasperazione Roxas, incrociando poi le braccia al petto. «Tu vuoi davvero fare una figura di merda davanti a tutti quei tipi? Lo sai che l'allenamento di rugby viene diviso per due squadre: i primini e quelli di seconda da una parte, mentre noi saremo in mezzo a tipi più grandi, o al massimo della nostra età! E sono ben pochi, cazzo, ho letto tutti i nomi!»
«Andiamo, Roxas, che vuoi che sia? Facciamo una prova! Se proprio andrà di merda lasceremo perdere!»
«Sì, ma...»
«Ma cosa?»
«Io non so neanche come si gioca a rugby!», a quella rivelazione Hayner si voltò finalmente a guardare l'amico; lo scrutò attentamente dall'alto verso il basso, come se si fosse accorto solo in quel momento della sua corporatura poco adatta ad uno sport del genere.
«Senti, ehm, Roxas...»
«Cosa?»
«Sai, nel caso, uh... Insomma, se per caso ti pestassero, o se per caso, non so, domani ti massacrassero... Cioè, quando finirai all'ospedale mi auguro che tu non scaricherai la colpa su di m-»
«HAYNER!», tuonò l'esile ragazzo, lanciandogli il libro di storia in testa. «Vaffanculo, studia da solo!»
«No, dai, stavo scherzando!»
«Fottiti. Tu e i tuoi dannatissimi scherzi.»
«...Roxas?»
«Che cazzo c'è ancora?»
«Non è che mi andresti a prendere i Loacker? Oggi non ho pranzato e-»
«NO!»
 
 
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*Note di Ev'*

Essì, prima faccio un periodo lungo due mesi e passa di assenza, poi pubblico questa roba poco dopo ''Cigarettes'', ehmmm. -Sono leggermente disadattata, lo so.-
Questa storia l'ho scritta l'estate scorsa, omg. Ero in fissa per una coppia particolare non conosciuta in Italia, e non facevo altro che spulciare storie in inglese e americane. Uno dei due di questa famigerata coppia è un fanatico del rugby, quindi...
Niente, ho pensato ad un Axel giocatore di rugby e il resto è uscito fuori da solo.
In realtà avevo scritto anche il pezzo successivo, ma mi sono accorta che sarebbe uscita una One-shot eccessivamente lunga (So che in precedenza ne ho pubblicate di più lunghe, ma questa volta ho preferito spezzare la storia a metà, anche se ha poco senso una storia a due capitoli, uh). 
Mentre la riguardavo mi era venuta voglia di tirare fuori una vera e propria Long, ma credo che poi sarebbe caduta troppo nel banale; con questa storia volevo solo tracciare la situazione di Roxas e ciò che, nel capitolo successivo, non sarà altro che una serie di figure di merda all'allenamento di rugby. Nient'altro, nessuna Long. Non sono ancora pronta psicologicamente perché c'è ne sono troppe che devo continuare.
Non c'è nulla da analizzare, credo. E' una storia leggera, spero di avervi strappato un sorriso o una risata, non lo so. 
Se avete letto questa storia, vi invito caldamente a commentare, poiché siamo in un sito in cui il confronto è essenziale e, sì, insomma, le solite roBBBe. 
Vi auguro di passare un piacevole ultimo mese di scuola; io dal canto mio sono piena fino alla gola di verifiche e interrogazioni e sto progettando il suicidio, yuppi. E sono ultra-depressa perché tra circa due settimane compirò 17 anni e sono terrorizzata da-non-so-ancora-bene-cosa. (Sindrome di Peter Pan?). E continuo a rimanere bassa come una quattordicenne, angoscia a mille. Spero che finisca tutto presto, perché ho intenzione di spendere la stagione estiva a concludere per davvero tutte le mie Long, o almeno la maggior parte. Sono stanca di vedere il mio profilo così incasinato e vorrei pubblicare una Long-Crossover che ho in mente da un anno circa. 
Detto ciò, ci si becca al successivo capitolo.
Alla prossima!

E.P.R.

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Capitolo 2
*** Il famigerato -E tanto temuto- allenamento di rugby. ***


2. Il famigerato -E tanto temuto- allenamento di rugby.



La mattinata era scivolata in maniera abbastanza tranquilla. O meglio, non era successo niente di particolarmente disastroso; Hayner era riuscito ad arrivare alla famigerata sufficienza nell'interrogazione di storia (Soprattutto grazie all'aiuto di numerosi suggerimenti volati dai compagni), la macchinetta si era rotta e aveva regalato un pacchetto di biscotti in più a Roxas, la professoressa aveva già corretto le verifiche di scienze e il biondo si era quindi accorto di aver avuto il secondo voto più alto della classe.
No, c'era qualcosa che evidentemente non quadrava e Roxas l'aveva capito già alla terza ora.
Ma certo: la sfiga aveva deciso di ammassarsi tutta durante il famigerato allenamento di rugby, in modo da costringerlo a fare un numero incalcolabile di figuracce.
Ottimo.
Se lo avesse saputo fin da subito si sarebbe munito di quadrifogli, ferri di cavallo e chi più ne ha più ne metta. Preferiva un misero sei di scienze e non ricevere la propria merenda all'intervallo, piuttosto che fare la figura dell'imbecille di fronte ad Axel.
Ormai però era troppo tardi; il suo destino era già segnato, dal momento che la fine della giornata scolastica venne annunciata, come al solito, con il suono della campanella.
''Sono fottutto'', fu tutto quello che riuscì a pensare Roxas, lanciando l'ennesima occhiata omicida al proprio migliore amico, il quale si mise la cartella sulle spalle sbuffando rumorosamente con il naso. «E' inutile che fai quella faccia da schiaffi Roxas, dobbiamo andare, non c'è altra scelta.»
«Avevi detto che 'sta mattina avresti provato a cancellare i nostri nomi!», tuonò il biondo, infilando in malo modo l'astuccio all'interno del proprio zaino grigio. 
«E infatti ci ho provato! Ma sai quanto sono stronzi quelli della segreteria! Non hanno fatto altro che ripetermi di andare di qui, di là, di chiedere a tizio, a questo, a quello... Alla fine mi sono beccato pure una sgridata dalla Brown!»
Questa volta fu Roxas a sbuffare; notò che erano gli unici rimasti in classe e si affrettò a chiudere la propria cartella prima di raggiungere la porta, seguito a ruota da Hayner che riprese a parlare: «Agitato, eh?»
«Ma non dire cazzate.»
«Ti tremano le gambe.»
«Vaffanculo, Hayner!», tuonò il giovane dalle iridi blu, voltandosi di scatto e tirando sbadatamente -O forse non tanto sbadatamente- la cartella in faccia al compagno che si lasciò sfuggire un gemito di dolore dopo essersi coperto con le mani il naso dolorante. «PORCA MISERIA ROX, MI HAI FATTO MALE!»
«Te lo sei meritato.», brontolò l'altro, scrollandosi le spalle prima di ricevere un'occhiataccia da una donna che stava lavando i pavimenti a qualche metro di distanza: Mandy grugnì qualcosa tra sé e sé e ricevette dunque l'attenzione dei due ragazzi. «Vi volete muovere o no ad andare?»
Hayner si massaggiò ripetutamente la zona colpia e, dopo essersi accertato di avere il naso ancora intatto, appoggiò un gomito sulla spalla dell'amico, accennando un sorriso sghembo. «Ce ne stavamo giusto andando, Mandy. Tu non è che hai per caso qualche consiglio da dare a Roxas? Povero, sta per incontrare il suo più grande amore e-»
«VUOI STARE ZITTO O NO?!», trillò il biondo, interrompendo immediatamente il compagno che scoppiò in una fragorosa risata; dopodiché alzò la mano in cenno di saluto verso Mandy, la quale non aveva capito assolutamente nulla di quell'assurda situazione.
I due sedicenni scesero velocemente le scale; chi mormorando preghiere nella speranza di rimanere incolume all'allenamento, chi non faceva altro che sghignazzare beatamente. 
Salutarono di sfuggita la professoressa di biologia di fronte alla segreteria e raggiunsero finalmente l'uscita; a dar loro il benvenuto vi era il tipico venticello autunnale che costrinse Roxas ad alzarsi completamente la zip della propria felpa bordeaux. Come se ciò non bastasse, la presenza di quei nuvoloni grigi contribuirono in qualche modo ad appesantire l'ansia del ragazzo dalle iridi blu.
Probabilmente se Roxas fosse stato una ragazza avrebbe stretto la mano di Hayner pur di cercare un po' di conforto. Ma non lo avrebbe fatto neanche se fosse stato un etero convinto, poiché gli sarebbe bastato sfiorare la pelle del suo migliore amico per ricevere occhiate ambigue da parte di tutti i presenti; al contrario, le ragazze potevano anche baciarsi in bocca che riuscivano lo stesso a venire scambiate per due migliori amiche molto intime.
Che razza di ingiustizia, pensò tra sé e sé il biondo mentre raggiungeva il retro della scuola, ritrovandosi così di fronte all'enorme campo da rugby.
Il prato che rappresentava l'area di gioco era di circa centoventi metri e al centro Roxas notò immediatamente una manciata di studenti, probabilmente quelli di prima e di seconda, già intenti ad iniziare il riscaldamento. Il sedicenne rimase immobile per una manciata di secondi a scrutarli, in parte con aria irritata per il fatto che la maggior parte di essi fossero addirittura più alti di lui, in parte terrorizzato, poiché il riscaldamento pareva piuttosto pesante ed era risaputo che lui non se la cavava particolarmente in ambito sportivo.
Se solo ripensava che tutta quell'assurda situazione era stata causata da quell'imbecille del suo migliore amico...
«Ehi, eccolo, è laggiù! C'è Axel!»
Roxas sobbalzò violentemente e si aggrappò alla spalla del proprio compagno, il quale non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire una squillante risata prima di indicare l'entrata recintata del campo. «Lì, non vedi?»
«Hayner, ti prego, siamo ancora in tempo per-»
«Ancora? E andiamo!», tagliò corto l'altro, afferrando il polso del biondo per poterlo trascinare una volta per tutte verso la direzione indicata. «Questa è la volta buona, me lo sento! E poi 'sta mattina non mi avevi detto che hai passato la notte a studiare a memoria il regolamento del rugby?»
«S-Sì, ma...», il ragazzo dalle iridi blu balbettò qualcosa di incomprensibile e Hayner sollevò istintivamente il soppraciglio destro, sperando in cuor suo di non diventare mai e poi così patetico, in caso si fosse mai innamorato. «Quanto dura una partita di rugby?»
«E-Eh? Una p-partita di rugby... Sì, ehm... Ottanta minuti...»
«Bene, e in quanti tempi è divisa?»
«V-Venticinque...»
«Eh?»
«R-Radice di x...»
«Roxas!», Hayner si bloccò di scatto a pochi metri di distanza dall'entrata e si voltò verso il compagno, guardandolo dritto negli occhi; gli tirò dunque un paio di schiaffi leggeri sul volto e iniziò a scuoterlo violentemente. «Andiamo, tira fuori i coglioni! Ce la puoi fare! Non ti ricordi come hai fatto il culo alla banda di Seifer l'anno scorso? Devi solo andare lì e dimostrate a tutti che anche se sei basso come un nano da giardino, anche se hai la forza fisica di un bradipo sul punto di morte, anche se perfino Olette è in grado di sollevare la palla da bowling da dodici chili, al contrario tuo, tu puoi farcela!» 
Roxas, a quel discorso particolarmente incoraggiante, ridusse le iridi a due fessure e fece per replicare, quando una risata piuttosto divertita attirò l'attenzione dei due giovani che voltarono istintivamente lo sguardo alla propria destra, ovvero verso l'entrata.
Merda.
Difficile descrivere esattamente le diverse reazioni che ebbe Roxas; nonostante all'esterno sembrassero lievi e addirittura irrilevanti, il ragazzo in questione dentro percepì correre un'automobile alla velocità della luce. 
Probabilmente prima perse un battito, sì. Poi si irrigidì e si sentì come i suoi amati ghiaccioli al sale marino; infine, arrossì. Non tanto per la presenza di Axel, ma per il fatto che aveva appena fatto una colossale figura di merda, poiché il fulvo, a quanto pare, aveva ascoltato con estremo interesse e divertimento il simpatico discorso di Hayner.
Quest'ultimo, nel frattempo, sbatté ripetutamente le palpebre, ignaro dell'apparente figuraccia che aveva fatto fare al proprio migliore amico; si limitò dunque ad accennare il suo tipico sorriso a trentadue denti prima di avvicinarsi ad Axel, porgendo infine la propria mano sinistra. «Piacere, Hayner Harris. Non siamo in ritardo per gli allenamenti, vero?»
Axel sorrise a sua volta e soffocò una seconda risata; dunque ricambiò la stretta di mano e scosse leggermente la testa. «Axel, piacere. Non preoccuparti, non abbiamo ancora cominciato». A quel punto il maggiore porse un poco il volto e rise nuovamente. «Le uniformi dovrebbero essere giuste, quindi tu e il tuo amichetto dalla forza fisica di un bradipo dovreste trovarne ancora negli spogliatoi.», e indicò con un cenno un piccolo camerino grigio poco distante dal campo.
«Un bradipo sul punto di morte.», puntualizzò con fare divertito Hayner poco prima di voltarsi e tornare verso il biondo, il quale, oltre ad essersi girato di schiena, stava mormorando un misto di preghiere e maledizioni rivolte verso l'amico.
«Ehi, Rox, ci sei? Dobbiamo andare a-»
«Stronzo, sei un maledetto stronzo di merda!», sbottò il giovane non appena si fu accertato che Axel fosse tornato a chiacchierare con Demyx nel campo. «Che figura mi hai fatto fare?!»
«Ma che stai blaterando? Grazie a me ora lui ti conosce!»
«Sì, come nano da giardino!»
«E' quello che sei, Rox. Non vergognarti della tua natur-»
«Vaffanculo.», lo interruppe bruscamente il biondo, grugnendo. 
Hayner decise di abbandonare la discussione, poiché sapeva che sarebbe stata una battaglia persa con l'altro; si limitò quindi ad afferrarlo per il braccio prima di trascinarlo nuovamente verso gli spogliatoi. Dopo una decina di passi -Durante i quali Roxas non fece altro che borbottare espressioni del tipo ''Sono fottuto'' o rimurginare sul dramma della propria esistenza-, furono sul punto di aprire la piccola porta, quando da essa spuntarono una decina di ragazzi più grandi, già cambiati e pronti a dirigersi verso il campo. 
Dinnanzi alla vista di quei bestioni dalle larghe spalle, uniformi aderenti e braccia muscolose, Roxas non poté fare a meno di impallidire, immaginando se stesso spiaccicato come una piadina alla nutella sotto il peso di tutti quei giocatori; al contrario, Hayner si lasciò sfuggire un sonoro ''Che figata!'', precipitandosi dunque a cercare le uniformi rimaste all'interno dello scatolone all'ingresso.
«Sono sicuro che finiremo all'ospedale, me lo sento...», mormorò con particolare ottimismo Roxas una volta ritrovatosi esclusivamente in compagnia dell'amico che si limitò a lanciargli un'occhiataccia. «Parla per te. Questo sì che è uno sport con i contro coglioni!», pertanto si spogliò velocemente, affrettandosi ad indossare l'attrezzatura necessaria, diversamente da Roxas che spese una manciata di secondi ad osservare con aria stralunta l'enorme maglia viola su cui vi era stampato il numero tredici.
Dopodiché occupò cinque minuti buoni per cercare di incorporare alla propria cannotteria le protezioni per le spalle, arrendendosi alla fine per ricevere un aiuto da Hayner che era già pronto; successivamente fu il turno dei parastinchi, dei calzoncini, dei calzettoni, dei mezzi guanti e, infine, delle famigerate scarpe con i tacchetti. Tutto questo fece provare a Roxas la medesima sensazione che sentiva da bambino quando sua madre d'inverno lo imbottiva di maglioni, giacche, cappotti, sciarpe, guanti e cappelli. Con la lieve differenza che allora il massimo della pericolosità era poter cadere dal suo slittino; invece in quel momento doveva affrontare un allenamento di rugby in mezzo ad una madria di bufali di quarta e di quinta (Ad eccezione di Axel, ovvio).
Ad opera conclusa, Hayner si allontanò di qualche passo dall'amico e lo squadrò con aria indagatoria dalla testa ai piedi. «Stai... Ehm, bene, uh...»
Ma non era vero, e Roxas lo sapeva perfettamente; non stava bene, ma proprio per niente.
La maglia gli lasciava scoperta una parte della protezione della spalla sinistra e gli arrivava fino a metà coscia, ottenendo così il patetico effetto da camicietta-da-notte-per-ragazzine; il caschetto, essendo il doppio della sua testa, gli impediva una visuale completa e Roxas rischiava continuamente di inciampare sui suoi stessi piedi anche a causa della scomodità delle scarpe, una delle quali aveva una manciata di tacchetti semi rotti. Senza contare che le protezioni alle spalle lo facevano sentire una sorta di pera capovolta, dato che dal petto in giù era piuttosto esile, e il tutto era in grande contrasto poi con le spalle che gli causavano un continuo squilibrio o da destra o da sinistra.
Risultato: Roxas uscì dagli spogliatoi camminando a mo' di pinguino sui ghiacci del Polo Nord, o meglio, camminando come quando sua madre a Dicembre lo costringeva ad indossare quei dannatissimi maglioni di lana che gli provocavano un prurito continuo.
Hayner, che gli stava dietro per aiutarlo a riacquistare l'equilibrio in qualsiasi momento e per impedirgli di andare a sbattere contro qualche albero quando il caschetto scivolava giù da solo sugli occhi di Roxas, tentava in ogni maniera di non rotolarsi per terra dal ridere e di evitare di ammettere schiettamente che, sì, quasi sicuramente aveva ragione: sarebbe finito all'ospedale in meno di venti minuti dall'allenamento, o forse avrebbe potuto finirci anche prima di raggiungere il campo, magari inciampando sui suoi stessi piedi e finendo con la faccia spiaccicata sul terreno ghiaioso.
Raggiunsero finalmente l'entrata recintata e Hayner fece per varcare la soglia del campo, finché non si accorse che l'altro si era incastrato durante il passaggio a causa della propria maglia; quindi lo aiutò con un lungo sospiro e a quel punto Roxas guardò finalmente con attenzione il luogo in cui si sarebbe tenuto il primo allenamento.
Nella parte sinistra del campo vide gli studenti di prima e di seconda, intenti in quel momento a ridere e a chiacchierare con un allenatore dall'aria simpatica; poi spostò le iridi dall'altra parte e notò con orrore che lì, al contrario, la maggior parte degli sguardi erano posati su di lui e non sembravano particolarmente amichevoli. 
Roxas deglutì rumorosamente e si sforzò di camminare in maniera normale, tentando di imitare i passi decisamente più sicuri di Hayner che nel frattempo si stava affrettando a raggiungere la fila di ragazzi che aspettavano da dieci minuti buoni il loro arrivo.
«Finalmente!», sbottò allora una voce aggressiva che in un primo momento Roxas scambiò seriamente per quella di una ragazza; poi scosse la testa e diede mentalmente la colpa all'ansia che probabilmente gli stava giocando brutti scherzi, dal momento che era praticamente impossibile che in mezzo ad una mandria di uomini ci fosse una donna, per lo più nella squadra di rugby.
«Oh, andiamo Larxene, non incazzarti; non è nemmeno iniziato l'allenamento!», la ammonì con fare divertito Axel; solo allora Roxas si accorse che il rosso era posizionato dinnanzi alla fila di giocatori, ad un paio di metri di distanza di loro. L'uniforme su cui vi era stampato il numero otto gli calzava a pennello e le protezioni alle spalle, le quali davano un'aria così patetica a Roxas, al contrario, su di lui non stonavano affatto. I lunghi capelli rossi erano legati da una coda ordinata che gli ricadeva poco più in basso delle spalle e il biondo, a quella distanza così ravvicinata, constatò che le sue iridi smeraldine erano decisamente più splendenti dal vivo che in fotografia. Nel braccio sinistro reggeva il proprio caschetto e invece quello destro era spesso intento ad aggiustare i ciuffi che di tanto in tanto sfuggivano dalla coda.
Roxas restò immobile ad osservarlo con aria così assorta che impiegò qualche secondo per capire che il diretto interessato si stava rivolgendo proprio a lui: «Sei Roxas, no?»
Il giovane sobbalzò -Aveva detto il suo nome, sì- e tentò in ogni maniera di non farsi prendere dalla sindrome da irrigidimento-del-ghiacciolo; pertanto si affrettò ad annuire con fare un po' troppo energico per lui. 
«Bene, se non vuoi fare la pecorella nera del gregge mettiti in riga con gli altri». Roxas in un primo momento si sentì in qualche modo offeso da quell'ordine detto in maniera così autoritaria e severa (Anche se probabilmente Axel avrebbe potuto pure chiedergli di mangiare una manciata d'erba che lui l'avrebbe fatto senza troppi problemi), ma si accorse quasi immediatamente che sul volto del suo interlocutore vi era dipinta la sua tipica espressione divertita e, in un certo senso, bastarda.
Il minore allora annuì nuovamente e a causa della fretta non riuscì a mettersi accanto ad Hayner; al contrario, si infilò nel primo buco che gli capitò sotto gli occhi, ritrovandosi così vicino ad un armadio e un tipo con un paio di basette spaventose.
 «Come stavo dicendo», ricominciò a parlare il fulvo, «siccome il coach dopo la partita di Giugno si è rotto una gamba a causa dell'infallibile mira di qualcuno», e Roxas si accorse che in quel momento Axel aveva lanciato un'occhiataccia proprio al giocatore con le basette accanto a lui, «La scuola non è riuscita a trovare un sostituto decente, per cui avrete l'incredibile fortuna di possedere il sottoscritto ad allenarvi.»
A quel punto qualcuno commentò la notizia con qualche considerazione sarcastica alla quale Axel rispose con il dito medio in mostra; nel frattempo Roxas si domandò tra sé e sé se dovesse gioire o meno dell'avvenimento. Da una parte si sentì sollevato, poiché aveva sentito dire che il coach che allenava i più grandi era particolarmente severo (Qualcuno gli aveva addirittura detto che costringeva i giocatori a punizioni come settanta flessioni in meno di due minuti, intonando contemporaneamente canzoncine particolarmente imbarazzanti, giusto per accrescere il senso di vergogna). Dall'altra parte era terrorizzato dall'idea che Axel avrebbe dovuto in qualche modo valutarli e dunque osservarli uno per uno durante l'intero allenamento.
«Pss, ehi, nanerottolo», Roxas si voltò di scatto alla propria destra e il gesto fece scivolare automaticamente il caschetto, il quale gli impedì per l'ennesima volta la visuale.
Dunque sentì una risatina sommessa e si affrettò a rialzarsi il copricapo prima di sbottare un offeso: «Io mi chiamo Roxas!»
Il giocatore con le basette si lasciò sfuggire una seconda risata, questa volta più rumorosa della precedente. «Va bene, va bene, Roxas... Io sono Xaldin. Non mi sembri molto portato per il rugby, o sbaglio?»
Il biondo sbuffò rumorosamente; era stanco di sentirsi dire che non era adatto ad uno sport del genere. Non bastava la sua mente a bombardarlo di pessimismo a più non posso, ora ci mettevano anche gli sconosciuti!
«Comunque mi sembri un tipo okay, quindi ti consiglio di stare alla larga da Larxene se non vuoi rogne. Quella già vi ha preso male perché l'avete fatta aspettare, ed è risaputo che lei detesta aspettare, non so se mi spiego.»
Roxas sbatté più volte le palpebre, confuso dall'eccessiva quantità di informazioni che stava ricevendo contemporaneamente. «C-Chi?»
«Larxene, la tipa laggiù», e Xaldin fece un cenno con la testa, indicando dunque una giovane dai capelli biondi, due strambi ciuffi ribelli in testa e un paio di iridi acqua-marina che parevano emettere tuoni e lampi.
Solo allora Roxas si accorse che quindi la voce che aveva udito all'inizio proveniva veramente da una ragazza. «M-Ma, lei...»
«Sì, lo so, lo so, ma non farti ingannare», lo interruppe il maggiore, scuotendo la testa con fare saggio e sapiente. «Quella spacca i culi più di tutta la squadra messa insieme. Dicono che abbia messo a soqquadro l'ufficio del preside pur di costringerlo a farla entrare nella squadra maschile di rugby. A pallavolo con le sue schiacciate ha mandato al pronto soccorso due compagne di squadra, quattro avversarie e un arbitro.»
Roxas allora iniziò a tremare e deglutì rumorosamente, sperando che quelle fossero solo le tipiche voci infondate da corridoio.
«Quello lì invece è Demyx, il migliore amico del coa- Cioè, di Axel. E' il tonto sdentato, la conosci la sua storia?»
Il minore non rispose, ancora troppo sconvolto dal racconto riguardante Larxene, e Xaldin prese dunque il suo silenzio come un no: «Beh, in pratica quando era in terza durante la partita di fine anno ha fatto un volo di tre metri ed è finito con la faccia a terra. Gli è caduto un dente e, cazzo, dovevi vedere, ogni volta che apriva bocca saltava fuori una cascata di sangue. A casa ho pure un paio di foto, se vuoi domani te le porto. Da allora non si leva più il paradenti e infatti quando parla non si capisce quasi un cazzo di quello che dice. Sua madre ha rivelato che non se lo toglie nemmeno quando va a dormire.»
Roxas rabbrividì leggermente e si voltò verso il giovane dai capelli a spazzola che proprio in quel momento ricambiò lo sguardo: Demyx aprì la bocca in un largo sorriso e il biondo notò allora la presenza di quello strano aggeggio sui denti.
«Poi beh, c'è Marluxia, il cretino con i capelli tinti di quel rosa vomito, lo vedi? Mai visto un tipo più gay di lui, pensa che all'ultima partita ha palpato un avversario che si è spaventato talmente tanto che ha lasciato cadere il pallone senza troppe storie. Il tipo con i capelli blu invece è Saix, sta' attento, è una scheggia a raggiungerti e a fotterti la palla senza che tu te ne accorga. L'armadio accanto a te è Lexaeus, non devi avere paura, è innocuo, almeno quando non si lancia su di te per obbligarti a lasciare la palla... Sai, non è il massimo avere ottantacinque chili addosso.»
Quella lunga lista di giocatori contribuì ad aumentare l'ansia e il terrore di Roxas, il quale iniziò seriamente a pensare di lanciare il caschetto in aria e darsela a gambe levate (Possibilmente senza inciampare), cambiare scuola e non pensare mai più ad Axel e a tutta quella storia del rugby.
«... Bene, spero che questa spiegazione sul gioco e su tutte le eventuali tattiche vi sia servita.», e fu solo a quel punto che il biondo si accorse che durante tutto il racconto dei vari giocatori, Axel aveva spiegato le regole fondamentali del rugby.
«N-No, aspettate, i-io non ho-», pertanto tentò debolmente di inserirsi, venendo però bruscamente interrotto del fulvo che fece un cenno con la mano: «E adesso iniziate pure il riscaldamento, forza bestiacce!»
Una mandria di giocatori vogliosi di muovere le gambe formarono una fila lungo la metà del campo dedicata a loro e iniziarono immediatamente a correre; Roxas fece per imitarli, quando qualcuno a lui ignoto gli diede involontariamente una spallata che, oltre a squilibrarlo per un tempo indeterminato, gli fece cadere per l'ennesima volta il caschetto sugli occhi.
Il biondo desiderò con tutto se stesso risistemarselo, ma era troppo terrorizzato all'idea di perdere ulteriori secondi preziosi e di ottenere di conseguenza un secondo rimprovero da parte di Axel (Una cosa del tipo ''Ancora fuori dalla fila, nanerottolo? Ti vuoi svegliare o no?''), quindi decise di correre comunque, seguendo il rumore delle pesanti scarpe degli altri giocatori, ignaro del fatto che nel frattempo, poco distante da lui, vi era un Axel che si grattava la testa con aria confusa, chiedendosi perché diavolo il numero tredici stava correndo a zig e zag.
«Ehi, Rox!». Il diretto interessato per la prima volta in tutta la sua esistenza paragonò la voce del proprio migliore amico ad una benedizione della Madonna. «Come sta andando? Hai già filtrato con Axel?»
A quella domanda particolarmente indiscreta ed imbarazzante Roxas rischiò nuovamente di cadere, venendo però salvato in tempo dal braccio pronto di Hayner che scoppiò in una fragorosa risata. «Dai, stavo scherzando!»
«Vai a quel paese», grugnì Roxas, cercando di non inciampare sui suoi stessi piedi e di concentrarsi esclusivamente sul senso dell'udito. «Piuttosto, dimmi che hai ascoltato la spiegazione di Axel sul gioco, ti prego...»
«Eh?», fece l'altro, stralunato. «Quale spiegazione?»
Roxas sospirò pesantemente, accorgendosi che stava iniziando anche ad avere il fiatone a causa della sua corsa alla cieca. 
«Lasciando perdere le stronzate», riprese immediatamente la parola Hayner con un sorrisetto sinistro dipinto sul volto che, fortunatamente, Roxas non riusciva a vedere. «so già come devi fare per ottenere l'attenzione di Axel. Ascolta amico, devi dimostrare di essere un portento, capisci? Un talento innato, no?»
«Talento innato?!», ripeté il biondo, cominciando seriamente a perdere le staffe, anche perché quel dannatissimo caschetto e le protezioni lo stavano facendo sudare come non mai. «Ma se non riesco neanche a reggermi in piedi!»
«Non fare il rompipalle, ascoltami! Devi solo fare uno scatto da paura! Raccogli tutte le tue forze e vai, corri al massimo! Così supererai tutti, sarai in testa alla fila e Axel penserà una cosa tipo: ''Wow, questo nanerottolo ha le palle!'' Geniale, no?»
«Hayner, a me sembra una-»
«E dai, muoviti! Non perdere questa occasione d'oro!», a quell'incitazione Roxas si lasciò sfuggire un secondo sospiro e tentò di mettere da parte la stanchezza fisica; in fondo il piano di Hayner non pareva così sciocco, o almeno, era un piano decisamente meno pericoloso degli altri... E chissà, forse avrebbe davvero attirato l'attenzione di Axel.
Roxas allora, pensando di essere ormai in grado di correre anche con la visuale completamente coperta dal caschetto, aumentò la velocità e cercò di muovere le gambe il più possibile, aiutandosi anche con le braccia; cominciò quindi, inaspettatamente, a superare un giocatore dopo l'altro, ottenendo prima qualche ''Ehi, ma che cazzo fa quello?'', seguito dagli incoraggiamenti divertiti di Xaldin che lo spronarono ulteriormente a dare il massimo.
Effettivamente Roxas riuscì a raggiungere l'inizio della fila, quel che non aveva previsto era chi c'era ad attenderlo.
E sicuramente non aveva previsto di essere così preso dalla propria corsa frenetica (E, soprattutto, di ignorare bellamente il fatto di non vederci un tubo di niente) da non accorgersi di aver sporto eccessivamente la gamba sinistra e di aver così fatto lo sgambetto a colui che si trovava a capo della fila.
Roxas udì una sorta di tonfo, o forse fu un sonoro splash, seguito subito dopo da un bestemmione degno di un camionista incazzato alle sette del mattino; allora frenò di colpo, si tolse il caschetto una volta per tutte e la prima cosa che vide furono le diverse espressioni dei giocatori, i quali avevano tutti arrestato la propria corsa.
Vide Xaldin mettersi una mano sulla faccia con fare esasperato; accanto a lui un altro giocatore con una benda sull'occhio invece gli fece il cenno di un collo spezzato, e Roxas non comprese se la sua fosse una minacciata o una dimostrazione della fine che avrebbe presto fatto. Dietro vi era Saix che scuoteva leggermente la testa, Demyx che invece applaudiva e gli faceva un fischio stonato di incoraggiamento, Marluxia che gli alzava un pollice in su (E, poiché Roxas si accorse che il suo sguardo era posato sul suo didietro, si domandò se fosse un cenno positivo a ciò che aveva fatto o alla sua parte del corpo citata prima); poco distante, infine, c'era Hayner piegato in due sul prato a causa dell'eccessivo attacco di ilarità.
Roxas allora spostò gli occhi alla propria sinistra e notò che accanto a sé c'era solamente Lexaeus, il quale era l'unico rimasto praticamente impassibile.
Ma dove diavolo era... ?
Ricordò chi mancava all'appello e si irrigidì davvero come un ghiacciolo: mosse leggermente le iridi di fronte a sé e vide Larxene, che proprio in quel momento stava rialzando la faccia dalla pozzanghera di fango su cui era finita, poco più lontana dal prato dell'area di gioco.
E, per grande sfortuna del biondo, era l'unica che non aveva indossato il caschetto durante la corsa.
Nell'attimo in cui lei posò le iridi a dir poco furiose e contornate da vistose macchie marroni su di lui, Roxas immaginò il proprio corpo privo di vita prima sul campo da gioco, poi rinchiuso in una bara; immaginò il duro lavoro che avrebbero dovuto fare i chirurghi per rimettere più o meno a posto le sue ossa, giusto per renderlo presentabile durante il funerale. Immaginò sua madre piangente vestita di nero, suo padre che osava ancora fare delle battute sul suo orientamento sessuale e Hayner che cercava di non ridere per l'incidente appena avvenuto.
Larxene lanciò quello che a Roxas parve un miscuglio tra un urlo di rabbia e un ruggito di battaglia; dopodiché allungò le mani artigliate da lunghe unghie accuratamente laccate di un rosso sangue, e lo agguantò per un polso, trascinandolo rovinosamente nella pozza.
Il biondo riuscì miracolosamente a cadere in ginocchio e fu sul punto di rialzarsi o, a seconda dei casi, schivare qualsiasi colpo che stava per giungere da quella sottospecie di mostro dai capelli biondi, quando una terza presenza intervenì a risolvere la situazione in un attimo; Roxas si sentì afferrare per le ascelle e venne spostato immediatamente dalla pozzanghera, ritrovandosi così nuovamente sul prato che a lui in quel momento si presentò come un frammento di Paradiso.  
«IO LO AMMAZZO! RIPORTATELO QUI! LO VOGLIO UCCIDERE A MORSI!», strillò come un'ossessa la ragazza -Che in quel momento tutto sembrava tranne che un essere umano-,  dimenandosi e scalciando all'aria; nel frattempo Demyx tentò di sollevarla, ricevendo però in tutta risposta un violento spintone che gli fece quasi perdere l'equilibrio.
Solo quando Larxene si ritrovò ad una distanza di sicurezza, Roxas, ancora seduto sul prato e sorretto da un paio di braccia, si accorse di avere il battito cardiaco a mille e le gambe scosse da violenti tremori dalla paura.
«Larxene, cerca di darti una calmata. Non l'ha fatto mica di proposito!», la ammonì una voce proveniente proprio sulla testa del biondo che allora alzò istintivamente lo sguardo; Roxas spalancò le iridi e arrossì immediatamente, accorgendosi solo in quel momento che il suo famigerato salvatore era proprio la stessa persona che aveva spinto Hayner a farlo partecipare a quell'assurdo allenamento.
«Non me ne frega un cazzo! Hai visto come mi ha ridotto la faccia?!», gridò per l'ennesima volta la bionda, indicando il proprio volto cosparso di fango. «Io lo ammazzo!»
«Piantala di lagnarti. Vatti a dare una lavata e vedrai che sarà tutto passato». Larxene fece per replicare, ma decise di limitarsi ad un grugnito seguito da qualche insulto tra sé e sé; pertanto si voltò e corse verso l'entrata del campo, spintonando volontariamente qualche giocatore sparso qua e là giusto per sfogare momentaneamente la propria rabbia.
«E voi altri», riprese la parola il fulvo, facendo un cenno ai ragazzi rimasti. «Andate a prendere la sacca da allenamento, forza». A quell'ordine si azionarono Xaldin e Demyx che si affrettarono a correre verso l'attrezzatura posizionata ad un angolo del campo.
Roxas aveva staccato la spina del cervello già da un po' di tempo, poiché fino ad allora si era limitato a concentrarsi sul fatto che Axel non lo avesse ancora lasciato andare, il che aveva scaturito in lui una serie di reazioni che assomigliavano vagamente ad un eventuale macamento o, nel peggiore dei casi, ad un infarto. 
«Tu, invece», Roxas rabbrividì e non ebbe il coraggio di alzare la testa, dato che sapeva perfettamente che l'altro lo stava osservando. «cos'è, per caso ti diverte cacciarti nei guai? Una cosa del genere avresti potuto farla a Demyx e magari ci avrebbe riso sopra, ma ti assicuro che hai scelto proprio la persona peggiore.»
Il biondo, con le orecchie completamente rintronate dal proprio battito cardiaco a mille, si accorse che quella era la prima volta nella quale doveva parlare per forza con il rosso. Niente cenni silenziosi con la testa, doveva schiudere le labbra e far sentire la propria voce.
Non sapeva se lo spavento provocato da Larxene avesse peggiorato la situazione, ma, nonostante ciò, si sforzò comunque di deglutire leggermente e di tirare fuori quel briciolo di coraggio che gli era rimasto, anche se l'estrema vicinanza dell'altro lo metteva più in soggezione che mai: «Io... Io non l'ho fatto apposta...»
«Lo so, lo so», rispose immediatamente il rosso, lasciando finalmente la presa, con grande sollievo (O forse rammarico?) di Roxas. «Ma non ti preoccupare, tempo un mesetto e forse le passerà.»
«C-Cosa?!», blaterò con fare allarmato il biondo, immaginando di doversi nascondere ogni santissimo giorno da quella vipera ambulante.
A quella reazione Axel scoppiò a ridere e tirò una pacca sulla spalla del minore. «Stavo scherzando, Roxas.», dopodiché posò le iridi smeraldine sui pantaloni macchiati di fango del minore che allora si affrettò a riprendere la parola: «Laverò tutto io, non c'è alcun problema!»
Di fronte a quell'esclamazione il fulvo inclinò la testa su un lato e accennò un caloroso sorriso che mandò completamente a quel paese il cervello di Roxas. «Ma no, non era per quello, tanto ci pensa la madre di Demyx a lavare di volta in volta le uniformi di  tutti noi. Mi stavo chiedendo se ti fossi fatto male alle ginocchia. Cioè, non te le sei sbucciate o altro?»
Roxas sentì nuovamente l'effetto del suddetto ''irrigidimento da ghiacciolo'' e impiegò tutte le proprie forze per non balbettare o fare qualcosa di incredibilmente stupido (Come alzarsi e scappare via, magari): «No, no, niente di tutto questo!»
«Oh, meno male!», sbottò improvvisamente il rosso, continuando a sorridere. «Allora alzati, forza, che inizia la seconda parte dell'allenamento. E cerca di non combinare altri casini». 
Successivamente si voltò e si precipitò ad aiutare gli altri a portare la sacca, senza lasciare il tempo al biondo di rispondere -E probabilmente era meglio così, poiché Roxas per la prima volta provò davvero l'impulso di rispondergli con un bel: ''ma vaffanculo''-.
E mentre il ragazzo era intento a rimurginare su quanto fosse successo (Sia per il vaffanculo oppresso, sia per il fatto che Axel era stato dannatamente premuroso con lui), una mano ed un sorriso familiare gli si presentarono di fronte agli occhi; Roxas dunque tentò di ricambiare incurvando anch'egli le labbra verso l'alto, e si affrettò ad alzarsi con l'aiuto di Hayner. «Gran bella scenata, eh? Te l'avevo detto che avresti attirato la sua attenzione.»
«Ah-ah-ah. Molto divertente.», commentò con affilato sarcasmo il biondo, riducendo le iridi a due fessure.
«Non immagini quanto, amico. Non immagini per niente.»
«Avanti ragazzi, rimettetevi in riga!», Roxas rabbrividì, sia perché sentire la voce di Axel così vicina gli faceva ancora un forte effetto, sia perché era terrorizzato al pensiero di dover provare un nuovo esercizio. 
E, come se tutto ciò non bastasse, proprio in quel momento ritornò Larxene con il volto finalmente pulito; Roxas indietreggiò istintivamente di qualche passo prima di nascondersi leggermente dietro Hayner, il quale, al contrario, tentò in ogni maniera di non lasciarsi sfuggire una risata divertita.
La bionda fece spostare gli altri giocatori e, un attimo prima di posizionarsi come apri-fila, si voltò verso il più piccolo per potergli lanciare un'occhiata truce che fece tremare nuovamente Roxas.
«Dai Rox, io scommetto che sta scherzando!», cercò di consolarlo Hayner mettendosi in fila, seguito a ruota dall'altro che scosse energeticamente la testa. «Me la farà pagare, Hayner. Ha detto che mi vuole mangiare vivo!»
Il compagno gli fece cenno con la mano di lasciar correre e tentò di concentrarsi sulla spiegazione di Axel: «Per riprendere il rugby in maniera più soft inizieremo con qualcosa di semplice, ovvero il placcaggio. Come ben sapete si ha un placcaggio quando si riesce a mettere a terra il portatore del pallone e non c'è niente di meglio che allenare i propri spintoni con questa sacca.»
Roxas allora si sporse un poco a destra, reggendosi accuratamente il caschetto con una mano, e cercò di vedere meglio la sacca in questione: essa presentava a grandi linee le proporzioni di un giocatore, con tanto di spalle larghe e un'altezza decisamente superiore alla sua.
Deglutì rumorosamente e tornò al proprio posto prima di rivolgersi al compagno di fronte a sé. «Ma... Ma credi che sia pesante?»
Hayner fece per rispondere, quando Xaldin, proprio davanti ai due giovani, si intromise nella conversazione: «Oh, andiamo nanerottolo: sei riuscito a stendere Larxene, adesso puoi fare tutto! Cerca solo di non rimbalzare all'indietro, quello sì che non sarebbe divertente.»
Proprio in quel momento l'unica ragazza della squadra aveva appena terminato l'esercizio e, una volta rialzatasi dalla sacca, si voltò verso il biondo e gli fece un cenno che Roxas interpretò come un qualcosa tipo: ''Immagina che quella sacca sia tu, stronzo.''
Fu poi il turno di Demyx che, nonostante il fisico esile, riuscì a placare piuttosto bene; si rialzò con il solito sorriso che metteva in mostra il leggendario paradenti e si allontanò trotterellando. 
 A seguire vi furono Marluxia e Xigbar; il primo cercò di indossare il caschetto il minor tempo possibile, poiché rischiava di rovinarsi la splendida capigliatura; il secondo che, a causa dell'occhio bendato, riuscì a placare solo parte della sacca.
Roxas sentì il terrore crescere di attimo in attimo e si accorse che non poteva paragonarlo neanche lontanamente all'ansia che provava durante la lezione di ginnastica, dato che era moltiplicata per cento, se non addirittura per mille.
Lexaeus non prese neanche la rincorsa che stese la sacca solo con un braccio, mentre Saix terminò l'esercizio così velocemente che Roxas non era nemmeno riuscito a vederlo muoversi.
Quando fu quindi il turno di Xaldin, il ragazzo andò nel panico più totale. «Hayner, non ce la posso fare, la sacca mi farà rimbalzare all'indietro e farò una colossale figura di merda.»
«Ma no, che dici», si sforzò di sdrammatizzare l'altro, nonostante, dentro sé, sapeva che, effettivamente, l'ipotesi non era così lontana dalla realtà. «Cerca di metterci tutta la forza possibile.»
«I-Io no-»
«Sssh, tocca a me», e, dopo averlo zittito, Hayner fece qualche passo indietro prima di correre verso la sacca, stendendola soprattutto con la forza della spalla sinistra; dopodiché si rialzò, ottenne un cenno positivo da Axel e si voltò verso l'amico rimasto solo, sperando di fargli coraggio con un sorriso.
Sorriso al quale Roxas avrebbe voluto rispondere -Nuovamente- con un sonoro ''ma vaffanculo'', poiché era stata solo ed esclusivamente sua la colpa se ora si ritrovava in quella dannatissima situazione del diavolo.
«Roxas? Allora?», lo incitò Axel, accrescendo ulteriormente l'ansia nel cuore di Roxas. 
Il giovane deglutì e notò con orrore che lo sguardo di tutti i presenti era puntato su di lui, in particolare quello di Larxene che gli stava ancora ringhiando contro.
«Ehi, Rox», lo chiamò nuovamente il fulvo, picchiattandosi la nuca; Roxas sbatté ripetutamente le palpebre,cercando in ogni maniera di non arrossire per il fatto che lo avesse chiamato Rox, e capì quindi che doveva abbassarsi il caschetto.
«Forza, ci posso riuscire...», mormorò a fior di labbra tra sé e sé, nonostante un forte tremore gli stesse praticamente scuotendo il corpo. «Andiamo, andiamo...»
Fece tre passi indietro e finalmente decise di lanciarsi in corsa; sentì immediatamente l'aria sulle gambe e sulle braccia, poi l'improvviso impatto contro la sacca e, chissà come, Roxas per un attimo si ritrovò sospeso nel nulla prima di atterrare dolorosamente sul prato.
Rimase lì, disteso sull'erba fresca per un tempo che a lui parve interminabile. Attese di udire delle rumorose risate, ma niente, solo le urla in lontananza dell'altra squadra che stava giocando non molto distante da loro.
Dopodiché prese coraggio e si alzò leggermente il caschetto, accorgendosi così di essere proprio sotto la sacca. In un primo momento pensò di essere rimbalzato rovinosamente all'indietro, ma presto si accorse che quello sopra di lui si trattava del retro della sacca.
Poi la voce di Demyx si espanse nel campo: «Wow! Wow, wow, wow! Da sballo! Non ci posso credere, ha fatto la leggendaria capriola! Avete visto?»
Roxas si mise a sedere e si sfilò timidamente il caschetto. «La... Cosa?»
«La capriola!», si intromise Xaldin, annuendo con fare saccente.
«Tipo che hai battuto la testa talmente forte sulla sacca che sei partito in aria, hai fatto una semi capriola in avanti ed eccoti qui.», spiegò Hayner, sforzandosi in ogni maniera di non ridere del fatto che Roxas si era salvato da una colossale figuraccia grazie alla sua stessa goffaggine che, a quanto pare, lo aveva aiutato.
Demyx nel frattempo si precipitò verso il biondo e gli afferrò entrambe le mani prima di portarsele sul petto. «E' vero che me lo insegni? Vero? Ti preeeego! Con questa tattica faremo delle partite da urlo!»
Roxas sbatté ripetutamente le palpebre con aria stralunata; non aveva la più pallida idea di come avesse fatto quella famigerata capriola, sapeva solo che si era preso una gran bella botta alla testa e aveva un mal di schiena tremendo a causa dell'atterraggio poco delicato.
Prima che qualcun altro potesse commentare la sua performance in qualsiasi modo, Axel lo divise da Demyx, allontanando quest'ultimo con un leggero spintone prima di fare un cenno anche agli altri. «Unitevi alla squadra di primini e secondini. Dite all'allenatore di fare due squadre e iniziate a giocare. Basta riscaldamento.»
Gli altri giocatori, compreso Hayner, si affrettarono quindi a raggiungere l'altra metà campo, lasciando così i due soli; Roxas, non appena si accorse della particolare situazione, sentì il proprio battito cardiaco accelerare precipitosamente e tentò di concentrare la propria attenzione sui fili d'erba sotto di sé.
«E quello cos'era?»
Il minore abbassò leggermente la nuca, sforzandosi di decifrare il tono di Axel; non sembrava divertito o sarcastico come prima, ma quasi... Severo? Arrabbiato?
«Quello... Cosa?»
Il fulvo roteò gli occhi e incrociò le braccia al petto. «Il tuo placaggio, Roxas. Una mossa del genere è quasi impossibile da fare di fronte ad un vero avversario, rischieresti solo di farti molto male. O al massimo, in caso riuscissi a prendergli il pallone per poi svignartela con una capriola, dovresti atterrare perlomeno in piedi e non mi sembra il tuo caso. In conclusione, il tuo placaggio faceva pietà, caro mio.»
Durante quella sorta di lavata di capo Roxas si fece sempre più piccolo, ma, al sentire il commento finale, rialzò di scatto le iridi blu cobalto e corrugò la fronte; non gli importava se quello fosse Axel Connors o il presidente degli Stati Uniti, gli altri -O meglio, Demyx-, si erano complimentati con lui e questo gli bastava. «Faceva pietà? Io non credo proprio.»
Il maggiore parve stupirsi dell'improvvisa risolutezza del biondo che in un attimo si era perfino alzato. «Beh, mi dispiace dirtelo, ma qui comando io.»
Roxas gonfiò leggermente le guance e storse le labbra, buttando un vago e sommesso: «Tutta invidia...», che, purtroppo per lui, non sfuggì all'acuto udito dell'altro. 
«Cos'hai detto?»
«Niente!». Ma Axel non si fece abbindolare e, al contrario, mosse qualche passo verso il biondo che in quel momento si ''risvegliò'', ricordandosi di trovarsi in compagnia di Axel, Axel Connors, il ragazzo che gli mandava in tilt il cervello e che in quel momento aveva addirittura sfidato.
«Invidia, eh?», scherzò il rosso, cercando di alleggerire l'atmosfera. «Bene, allora riprovaci, forza.»
«R... Riprovare cosa?», chiese con un balbettio sconnesso il più piccolo, più agitato che mai. Accidenti al suo dannato orgoglio!
«Il placaggio. Riprovalo. Ah, no, no, non sulla sacca. Su di me, caro mio.»
A quella precisazione Roxas sbiancò di colpo: non solo doveva ripetere il placaggio di fronte ad Axel, ma doveva praticamente... Saltargli addosso?!
«Allora? Andiamo Rox, voglio solo insegnarti a fare un placaggio decente», e, dopo aver sottolineato ciò, il maggiore si posizionò a qualche metro di distanza dal biondo, incoraggiandolo a muoversi.
Roxas si voltò per un attimo all'indietro, sperando forse di ricevere un aiuto da Hayner, o magari anche da Xaldin; tutto quel che vide però fu una mandria di giocatori dall'altra parte del campo, intenti a litigare su questioni serie come ''Ma non è giusto, ci volevo stare io con lui!''
Al mancato aiuto esterno, pensò di poter simulare qualcosa come un mancamento (Anche se, forse, non avrebbe dovuto fingere più di tanto) o di far notare ad Axel che aveva un'insopportabile dolore alla schiena, ma si accorse che il fulvo sarebbe rimasto lì ad aspettarlo anche tutto il pomeriggio.
Meglio togliersi il cerotto subito, no?
Deglutì rumorosamente e si sforzò di immaginare la sacca da allenamento al posto di Axel, però gli risulto un'impresa praticamente impossibile, sia a causa dei suoi vistosi capelli rossi, sia per il fatto che in quel momento la sacca lo stava allegramente prendendo in giro, imitando magari uno sbadiglio o stiracchiandosi di tanto in tanto; sia per il fatto che... Accidenti a lui, la sacca da allenamento non aveva una bellezza del genere.
Per una seconda volta fece tre passi indietro prima di decidersi finalmente a correre; Roxas corse, con il caschetto che gli impediva la visuale, e cercò di gettarsi contro Axel con tutte le sue forze, sperando così di dimostrare che il suo famigerato placaggio non era così patetico, quando l'unica cosa che ottenne fu la faccia, o meglio, il caschetto, spiaccicato sul petto dell'altro che, al contrario, non si era mosso di un solo centimetro.
Il caschetto tanto odiato da Roxas in quel momento fu proprio l'unico oggetto a salvarlo, giacché impedì al maggiore di notare che le sue gote fossero arrossite come due mele mature.
E Roxas non era arrossito soltanto per l'estrema vicinanza con Axel Connors, oh, no.
Era arrossito soprattutto perché quest'ultimo, dopo aver accennato una sonora risata, aveva appoggiato entrambe le mani sulla schiena del biondo e aveva commentato la situazione con un allegro: «E' carino che tu voglia un abbraccio, ma io ti ho chiesto un placaggio!»
Roxas allora, con il respiro mozzato e gli occhi sgranati (Nonostante non ci vedesse un fico secco), fece finalmente l'unica cosa che avrebbe voluto fare fin dall'inizio; appoggiò entrambe le mani sul petto dell'altro e lo spinse con tutte le sue forze prima di voltarsi, togliersi il caschetto e correre alla velocità della luce dall'altra parte del campo.
Terminato l'allenamento, avrebbe cambiato nome.
Terminato l'allenamento, si sarebbe fatto un'operazione chirurgica al volto. Magari si sarebbe fatto donna e avrebbe cambiato Nazione, o forse continente, se non addirittura pianeta o Galassia. 
Insomma, dopo una scenata del genere l'unica cosa che Roxas desiderava era di diventare invisibile agli occhi di quel montato di Axel.
Raggiunse in pochi secondi gli altri giocatori e si scontrò con la schiena di Hayner che si voltò di scatto, pronto ad insultare il malcapitato, finché non si ritrovò con un Roxas senza fiato, arrossato, e piegato sulle proprie ginocchia tremanti. «Rox, tutto... Tutto bene?»
Il diretto interessato, ancora agitato da quanto accaduto poco prima, alzò immediatamente le iridi e si affrettò ad annuire, per nulla intenzionato a perdersi in inutili dettagli che avrebbe preferito nascondere. «Certo, sì!»
Hayner fu sul punto di replicare, quando si ricordò dell'estrema testardaggine dell'amico; quindi scosse leggermente la nuca e deviò argomento. «Comunque siamo in squadra insieme.»
«Eh?»
«Forza, mettetevi in posizione!», strillò improvvisamente l'allenatore dopo aver fischiato, ottenendo come immediata reazione l'attenzione degli altri giocatori che si precipitarono a prendere posto.
«Q-Quale posizione?», chiese nel panico più totale il biondo, guardandosi attorno con fare allarmato; Hayner sbuffò sonoramente e lo afferrò per un polso, trascinandolo in un punto preciso al centro del campo dove vi erano già posizionati gli altri presenti. «La posizione che abbiamo deciso mentre tu eri di là a fare chissà cosa.»
«Ehi! Ma non è stata mica col-»
«Ricorda Roxas, avanzare e pressare, sostenere e continuare ad avanzare e pressare.»
«Quando sei diventato esperto in rug-»
«Stai in seconda linea, tu, mi raccomando. Quando un avversario prende la palla diventiamo tutti attaccanti, capito?»
«Sì, ma... M-ma chi sono gli avversari?»
«Nella nostra squadra ci sono Xaldin, Demyx, Marluxia e altri sei ragazzi di seconda. Lì vedi?sono quelli vicino a te. Memorizza i loro numeri. Niente cazzate. Concentrato Rox. E mettiti 'sto cazzo di caschetto.», Hayner concluse quindi la propria spiegazione con un lieve colpo alla nuca di Roxas che fece automaticamente scivolare il caschetto, costringendo il giovane a piombare nel buio più totale.
Roxas, più smarrito che mai, sobbalzò al suono del fischietto; continuò a correre in avanti per una manciata di secondi, ignorando il fatto che le voci degli altri e dell'allenatore fossero sempe più lontane, quando finalmente sentì uno spintone che lo costrinse ad invertire la direzione, seguito da un: «Stai correndo nella direzione sbagliata, nanerottolo!»
Roxas riconobbe la voce di Xaldin e gli fu enormemente grato di avergli fatto notare ciò, poiché, molto probabilmente, se avesse continuato a correre sarebbe andato a sbattere contro la recinzione alla fine del campo.
Il giovane giocatore comprese che sarebbe stato una sorta di suicidio cercare di giocare alla cieca come aveva fatto con il riscaldamento; tentò dunque di rialzarsi il caschetto giusto il necessario per vederci anche solo da un occhio solo. 
Nonostante dovesse riuscire nell'impresa correndo, nonostante andò a sbattere contro qualche giocatore, Roxas, finalmente, fu ingrado di incastrate il caschetto tra i capelli in modo da vederci da un solo occhio senza levarsi il copricapo del tutto per evitare lamentele da parte dell'allenatore.
Fu quasi pronto a tirare un sospiro di sollievo, il primo in tutto l'allenamento, dato che desiderava solo fingere interesse per la partita correndo da una parte all'altra senza mai sforzarsi davvero di prendere la palla, finché non notò che Hayner, con il pallone in mano, inseguito dalla squadra avversaria, stava guardando proprio lui.
Roxas si affrettò a scuotere la testa, gesticolando anche animatamente con le mani; Hayner però lo ignorò bellamente e, anzi, dopo averlo chiamato a gran voce con un largo sorriso a trentadue denti, gli lanciò la palla con un lungo tiro.
Tutto accadde ovviamente in un attimo, e quel solo attimo bastò a Roxas per decidere che sarebbe stato decisamente più intelligente cercare di prendere quella dannata palla, poiché, in caso l'avesse lasciata agli avversari, probabilmente i suoi compagni, Hayner compreso, al termine della partita lo avrebbero massacrato a suon di pugni e calci.
E dunque Roxas corse, con un occhio coperto dal caschetto, la maglia che ormai gli stava lasciando scoperte entrambe le spalle e le scarpe con i tacchetti che di tanto in tanto lo facevano inciampare sull'erba; Roxas corse e, miracolosamente, riuscì ad afferrare la palla.
Per un attimo desiderò fermarsi per esultare della propria vittoria personale o per ricevere qualche complimento, ma ben presto si accorse che ciò sarebbe stato praticamente impossibile, dal momento che una mandria di giocatori il doppio della sua taglia lo stavano raggiungendo alla velocità della luce.
E il biondo vide che tra di essi vi era anche Larxene che fin dall'inizio della partita non lo aveva perso d'occhio neanche per un istante. Quindi si voltò e riprese a correre, cercando con lo sguardo qualche suo compagno di squadra a cui lanciare la palla. 
Non aveva neanche la più pallida idea di come passarla. Tutte le informazioni che aveva studiato durante la notte erano andate a farsi benedire.
Questa volta sarebbe stata la fine per lui, se lo sentiva. Non gli importava più nulla né di Axel Connors, né di fare buona impressione su di lui, anzi. Ora lo detestava, lo detestava più che mai perché era stato a causa sua che Hayner se n'era uscito con la storia di giocare a rugby. Era colpa sua se aveva conosciuto quella bestia di Larxene, era colpa sua se ora rischiava di perderci le penne e...
Roxas vide improvvisamente, come un'apparizione della Madonna in mezzo al campo, un numero undici disegnato sull'uniforme di un giocatore a pochi metri da lui e riconobbe il volto di un suo compagno di squadra; si sforzò di calcolare la distanza con l'unico occhio a disposizione e lanciò la palla proprio un attimo prima di ritrovarsi con la faccia sull'erba, spintonato da un peso decisamente maggiore dal suo.
Rimase lì, inerme per una manciata di secondi, cercando di realizzare cosa fosse successo, quando una mano lo sollevò e una voce a lui familiare lo costrinse a ritornare nel presente: «Rox, non c'è tempo da perdere! Solo perché Lexaeus ti ha placato non significa che ora puoi fingerti morto!». Il biondo si guardò attorno con fare confuso, e si accorse di non riuscire a distinguere la figura di Hayner perché il caschetto gli era scivolato nuovamente sugli occhi; fece per tentare di risistemarselo, finché il compagno non lo afferrò nuovamente per il polso, costringendolo a seguirlo alla sua medesima velocità.
«H-Hayner, io non credo di essere più in grado di-»
«Nanerottolo, eccoti finalmente!». Roxas sentì un'imponente voce accanto a sé e cercò di muovere energeticamente la testa nella speranza di riuscire a risistemarsi il caschetto come aveva fatto precedentemente. «Occhi sulla palla, mi raccomando!»
«Eh? Ma io no-»
«Rox, avanti, cerca di placare qualcuno!», lo interruppe Hayner, alzandogli il caschetto sulla nuca una volta per tutte e permettendo così al biondo di tirare un sospiro di sollievo. «Corri!»
Roxas allora, leggermente intimorito dai numerosi ordini e dalle minacce dei compagni, si affrettò a raggiungere l'area del campo dove si stava svolgendo la partita; Saix aveva appena afferrato la palla da sotto il naso di un primino che allora era indietreggiato di scatto, timoroso di provare a riprenderla.
Con i muscoli ancora doloranti per il placaggio subito da parte di Lexaeus, tentò di guardarsi attorno senza dare  troppo nell'occhio: eppure non riuscì a trovare Axel da nessuna parte, e ciò in qualche modo lo rincuorò. Magari non aveva nemmeno assistito alla tremenda botta che aveva ricevu-
«ROOOXAS!»
Il biondo, per l'ennesima volta nel corso dell'allenamento, sobbalzò e si voltò alla propria sinistra, notando che il giocatore dal sorriso sdentato stava correndo con il pallone in mano proprio verso di lui, inseguito da un Saix alquanto infuriato e dal resto della squadra avversaria.
No, questa volta non ci sarebbe cascato di nuovo.
Roxas mosse la nuca nella direzione opposta e riprese a correre il più velocemente possibile, reggendo con una mano il caschetto ben saldo sulla nuca per poter vedere il campo davanti a sé.
«Rox, tu sei il prescelto! Hai fatto la leggendaria capriola! Tu ci porterai ai primi cinque punti dell'anno!», ma il diretto interessato si limitò a correre sempre di più, ignorando le parole di Demyx che nel frattempo però si stava pericolosamente avvicinando, raggiungendo la metà campo. 
Roxas lo sentì gridare ancora qualcosa -Forse lo stava addirittura maledicendo o implorando, poiché tutti gli altri compagni della loro squadra si trovavano dalla parte opposta, dunque era impossibile cercare di passare il pallone anche a solo uno di essi-, ma in quel momento l'unica cosa che desiderava era raggiungere seriamente l'uscita del campo.
E lo avrebbe fatto; lo avrebbe fatto sul serio, avrebbe davvero raggiunto la porta recintata, se non avesse posato casualmente lo sguardo sulle gradinate degli spettatori, esattamente sulla terza fila, ovvero il posto in cui vi era seduto Axel Connors, intento ad osservare con estrema attenzione la partita.
La partita che lui stava giocando.
La partita che avrebbe volentieri abbandonato.
Ma non aveva deciso di odiare Axel?
Roxas prese un lungo, lunghissimo respiro e, dopo essere riuscito miracolosamente ad incastrare il caschetto, volse la testa verso il giocatore dai capelli a spazzola e allungò le mani in segno di essere pronto a ricevere la palla.
Da lontano sentì un'incoraggiamento da parte di Hayner e un attimo dopo Demyx, non senza essersi lasciato andare ad un sorriso a trentadue (O forse trentuno?) denti, lanciò finalmente il pallone di forma ovale.
Un lancio decisamente troppo lungo.
Il biondo maledisse il ragazzo dal sorriso sdentato e cercò di intercettare la traiettoria della palla, quando si accorse di una presenza a pochi metri da lui.
Larxene.
In realtà, se si fosse fermato per riflettere un momento, si sarebbe accorto che non avrebbe dovuto fare altro che non prendere la palla per evitare di finire tra le grinfie di quella vipera, ma, essendo sotto pressione, ancora attonito dalla figuraccia fatta con Axel e dal placaggio subito da Lexaeus, il biondo, ricordando forse anche quando alle elementari, giocando a palla avvelenata, doveva correre per prendere la palla prima che l'avversario gliela tirasse in faccia, accelerò di scatto e riuscì incredibilmente ad arrestare il lancio di Demyx.
Solo quando si ritrovò con quel pallone di cuoio in mano, Roxas si rese conto di aver scaturito nuovamente l'ira della ragazza che allora annunciò la sua fine con un sonoro ruggito prima di lanciarsi in corsa verso di lui alla velocità della luce.
E, come se ciò non bastasse, perfino Saix e Lexaeus li avevano raggiunti e il biondo non vedeva neanche l'ombra dei suoi compagni, tanto meno di Hayner.
In un attimo dalla sua mente riemersero tutte le informazioni apprese durante la notte e si rese conto solo allora di trovarsi proprio sull'area del ventidue, ovvero non molto lontano dall'area di meta, simbolo di quei famigerati cinque punti.
Non sapeva se fu l'adrenalina, o forse la paura di essere pestato a sangue da Larxene, o ancora la voglia di fare bella impressione di fronte ad Axel; fatto sta che Roxas si levò il caschetto una volta per tutte, permettendo finalmente alla brezza autunnale di insidiarsi tra i suoi capelli dorati più disordinati che mai, e ricominciò a correre, sentendo come sottofondo le urla e le minacce di Larxene che altro non aspettava di prenderlo a morsi.
Inciampò un paio di volte, Roxas, e per un attimo temette addirittura di svenire a causa della stanchezza; provava la stessa sensazione di quando alle scuole medie era costretto a sopportare quella tremenda prova di resistenza dei mille metri.
Eppure riuscì a raggiungerla, la famigerata area di meta avversaria; Roxas la raggiunse, stremato, e, ricordando sempre quanto aveva studiato la notte precedente, schiacciò a terra il pallone, udendo un attimo dopo un sonoro fischio da parte dell'allenatore.
Gli parve di sentire cantare gli angeli: era finalmente finita. Aveva fatto bella figura con Axel e adesso veramente non voleva più avere niente a che fare con lui; si sarebe cambiato, avrebbe tolto il proprio nome dalla squadra di rugby, avrebbe picchiato a sangue Hayner per averlo trascinato in quell'assurda situazione e la sua vita sarebbe finalmente tornata alla normalità e magari...
«Roxas, attento!»
Il diretto interessato fece appena in tempo a voltarsi che si ritrovò catapultato a terra da una giocatrice che ormai conosceva fin troppo bene; Larxene, che appena si era accorta che il biondo aveva ormai fatto guadagnare alla sua squadra i primi cinque punti, anziché interrompere la propria corsa l'aveva accelerata e si era lanciata sul giovane con una forza sovrumana. «TU, DANNATO NANEROTTOLO!»
«Larxene, lascialo andare immediatamente!». Questa volta l'angelo custode del biondo fu proprio l'allenatore dell'altra squadra che, dopo aver fischiato un paio di volte, si era precipitato verso l'area di meta. «Oggi preferisco che tu non entri più in campo!»
«LUI HA RUBATO I NOSTRI PRIMI CINQUE PUNTI DELL'ANNO!», tuonò la ragazza prima di tornare a guardare con ira il biondo che per un attimo temette seriamente di essere sul punto di perdere i sensi.
In confronto Seifer era davvero una Barbie, si ritrovò a pensare Roxas stringendo le palpebre, pronto al peggio.
Invece di ricevere un pugno o un morso in faccia, sentì invece un grande sollievo al petto; riaprì con cautalea gli occhi e notò che Larxene si era alzata ringhiando continui insulti a denti stretti prima di dirigersi verso l'uscita del campo a grandi passi, proprio come aveva fatto a metà dell'allenamento.
«Ooooh, Roxas!», il biondo si ritrovò in piedi in poco tempo e venne stritolato come un pupazzo da un esuberante Demyx. «Grazie a te ho guadagnato i primi cinque punti dell'anno! Sei un fenomeno, lo sapevo che eri tu il presceleto!»
Roxas sbatté più volte le palpebre, stralunato dalla situazione; vide Hayner e Xaldin alzargli il pollice in segno di approvazione, al contrario degli avversari che non facevano altro che lanciargli occhiatacce e mormorare insulti a bassa voce.
«Ehm, ragazzo», si schiarì improvvisamente la voce l'allenatore, ottenendo sia l'attenzione del biondo che di Demyx. «credo sia il caso che tu vada a disinfettarti il gomito.»
A quel punto Roxas spostò le iridi verso la parte del corpo citata e notò con orrore che il proprio gomito sinistro presentava diversi tagli che contornavano una sbucciatura centrale che già aveva iniziato a sanguinare. 
Probabilmente il terrore che aveva provato in presenza di Larxene era tale che fino a quel momento non si era nemmeno reso conto del bruciore.




«Le protezioni ti stanno larghissime, ma come cavolo ti sei conciato?»
Di fronte a quel rimprovero Roxas arricciò leggermente le labbra e storse il naso, premendo il cotton flock intriso di disinfettante sul gomito. «Ho preso quel che mi è capitato.»
Aerith, l'infermiera della scuola, scosse la testa con fare contrariato. «Tieni premuto. Tra poco tornerò con i cerotti.»
Roxas annuì, mantenendo il broncio anche quando la donna aveva abbandonato la piccola stanza bianca. Detestava quando Aerith gli faceva la paternale; il fatto è che ormai lo aveva curato e bendato così tante volte che era praticamente una seconda madre per lui. In prima si era slogato il polso e lei gli era rimasta accanto mentre avevano atteso l'ambulanza; in seconda aveva avuto un calo di pressione; successivamente, sia lui che Hayner, si erano provocati un sacco di lividi a causa dello scontro con Seifer, e ora eccolo lì, distrutto dall'allenamento di rugby.
Udì improvvisamente la serratura della porta scattare e Roxas mantenne le iridi rivolte verso il proprio gomito arrossato, intuendo immediatamente che Hayner si era finalmente preso la briga di cercarlo. «Sei uno stronzo, lo sai? Per colpa tua adesso devo morire di bruciore a causa del disinfettante. La prossima volta che mi obblighi a-», la predica di Roxas rimase interrotta a metà e il biondo assunse un colorito che probabilmente andava dal rosso ad un bordeaux acceso: Axel, che nel frattempo aveva richiuso la porta bianca dietro di sé, posò le iridi smeraldine sul biondo e accennò una risata divertita. «Non sono stato mica io ad averti obbligato a fare la partita! Io ti volevo far allenare ancora un po' con i placaggi, peccato che poi sei scappato via. Pensavo fossi ansioso di giocare!»
Roxas abbassò di scatto la testa, con il cuore in gola e le gote in fiamme a causa dell'ennesima figura di merda che aveva fatto. «Ah, no, io... Pensavo fossi, uhm...»
«Chi? Hayner?», azzardò il maggiore, ridacchiando.
«Sì, ehm, lui...»
«Perché, è stato lui ad averti trascinato all'allenamento di rugby?»
Roxas annuì leggermente, fingendo di trovare particolarmente interessante il cotton flock che stava stringendo con estremo nervosismo sul proprio gomito.
«Non sei andato così male. Cioè, all'inizio sì, ma alla partita sei stato bravo. Hai fatto incazzare Larxene come una iena.», riprese la parola il fulvo, divertendosi a curiosare tra i diversi flaconi e le numerose garze presenti nella stanza. «Devi sapere che i primi cinque punti dell'anno sono una vetta molto importante per tutti i giocatori della nostra squadra. Credo che dopo questa Larxene ti perseguiterà in eterno.»
Il minore si calmò un poco e tentò di adattarsi alla situazione; in fondo lì non poteva accadere nulla che avrebbe mandato ulteriormente a quel paese la sua dignità. Erano in una microscopica infermeria, lui era seduto su un lettino, non c'era nessun campo, nessun pallone, nessun placaggio da fare.
«Beh», cercò di parlare in maniera sciolta e disinteressata il biondo, «tanto mi ritiro.»
«Dici sul serio?». Al tono improvvisamente serio del maggiore Roxas rialzò le iridi blu e notò solo in quel momento che Axel si era cambiato e stava indossava una semplice camicia azzurra e un paio di jeans aderenti.
«Sì, credo... Credo di sì.», balbettò poi, sentendosi nuovamente a disagio.
«Cazzo...», si lasciò sfuggire elegantemente il rosso, prendendo posto sul lettino senza troppe cerimonie accanto all'altro che nel frattempo si era irrigidito come un pezzo di ghiaccio. «E' per il gomito? Demyx si è fatto anche di peggio, avrai notato il suo dente mancante. Se invece è per Larxene, tranquillo, la terrò a bada io. Se vuoi ci parlerò domani stesso.»
Roxas scosse leggermente la testa e si chiese tra sé e sé perché diavolo si stesse interessando alla sua situazione; davvero ci teneva così tanto a crearsi un'immagine da coach perfetto e attento verso i propri giocatori? 
«No, è che non credo sia uno sport adatto a me.»
Axel annuì con fare pensieroso, lasciando vagare lo sguardo verso il soffitto bianco. «Non ti do tutti i torti... Insomma, non vorrei che finissi in ospedale sul serio. Larxene ti ha fatto tanto male?»
Il fulvo pose la domanda finale con così tanta premura che Roxas sentì il proprio cervello andare in tilt a causa dell'estremo imbarazzo; scosse la testa, questa volta molto più energeticamente, e strinse con maggiore forza il cotton flock sul gomito. «No, ma figurati!»
Axel successivamente accennò un sorriso sghembo e tirò una leggera pacca sulla spalla del biondo. «Beh, potresti sempre venire a fare il tifo. Sai, non ti vedrei male in versione cheerleader.»
A quell'osservazione Roxas si voltò di scatto verso l'altro con il volto più rosso che mai, sia per la vergogna, sia per la rabbia; schiuse le labbra, probabilmente pronto ad insultare pesantemente il maggiore, quando quest'ultimo scoppiò in una grassa risata. «Ehi, era una battuta, tranquillo!»
«'Fanculo», mormorò Roxas, piuttosto offeso, gonfiando le guance e facendo così ridere nuovamente Axel che pertanto riprese nuovamente la parola: «Comunque stai simpatico alla squadra. A parte Larxene, ovvio, ma per gli altri sei un tipo a posto e ora Demyx ti venera come un Dio dell'Olimpo. Credo che si metterà a frignare come una ragazzina quando gli dirò che non parteciperai più agli allenamenti.»
Roxas a quel punto si lasciò sfuggire una sottile risata e non poté fare a meno di sorridere leggermente; Axel rimase per una manciata di secondi intento a scrutarlo con estrema attenzione, poi sorrise a sua volta. «Sai, hai anche un sorriso carino. Davvero davvero carino.»
Il minore si irrigidì più che mai; molto più di un ghiacciolo, di una pietra, o di qualsiasi altra cosa. Sentì il cuore gonfiarsi come un palloncino e poi rimanere lì, come sospeso a mezz'aria, perfettamente immobile e pesante come un macigno al tempo stesso. Poi si accorse che erano rimasti in silenzio per troppo tempo e che toccava a lui parlare; allora si sforzò di schiudere le labbra e se le sentì appiccicose, come imperlate di miele e di colla insieme, farfugliò un ''Grazie'' che si perse immediatamente nell'aria, tanto fioco era. Dopodiché tentò di liberarsi da quella maledizione che lo aveva immobilizzato e cercò di muovere la nuca per vedere l'espressione dipinta sul volto di Axel, quando quest'ultimo si alzò di scatto, raggiungendo la porta e dandogli così la schiena. «Il prossimo Sabato è il compleanno di quell'idiota di Demyx, ti va di venire? Scommetto che a lui farebbe piacere. In questi giorni dovrei andare a prendergli il regalo, puoi anche accompagnarmi. Dovremmo comprargli un dente nuovo, eh?»
Roxas era così frastornato che non riuscì neanche a ridere per la battuta conclusiva del rosso; si limitò a mormorare un distratto: ''Sì, d'accordo.''
Axel allora si voltò appena e accennò un largo sorriso in segno di approvazione. «Bene Rox, ci becchiamo domani. E mettici un cerotto su quel gomito.», dunque svanì definitivamente dietro la porta, senza lasciare nemmeno il tempo all'altro di rispondere.
Roxas rimase imbambolato a fissare il vuoto per un tempo interminabile e solo quando Aerith ritornò si accorse di aver lasciato andare il cotton flock sul pavimento a piastrelle.
«Sbaglio o mi pare di aver incrociato per i corridoi Axel Connors? Sembrava anche piuttosto nervoso...», mormorò più a se stessa la donna, soprattutto per il fatto che il giovane non cennava ancora a muoversi; Aerith gli si avvicinò con una piccola scatoletta in mano e da essa ne estrasse un cerotto che successivamente attaccò sul gomito del ragazzo. «Non ti avevo mai visto sorridere così, Roxas. Dovresti farlo più spesso, sai?»
Il giovane giocatore, o meglio, ex-giocatore di rugby alzò finalmente le iridi blu verso la donna e si tastò le labbra, accorgendosi solo in quel momento di non aver mai sorriso così tanto; si voltò alla propria destra e notò che, accanto alle bende e ai flaconi di alcool, vi era un piccolo specchietto che Aerith utilizzava di tanto in tanto per controllarsi i capelli. Roxas avvicinò l'oggetto al volto e scrutò il proprio riflesso sorridente candito dalle gote ancora lievemente arrossate.
Sbatté più volte le palpebre e, accidenti, pensò tra sé e sé, non era affatto così male con quel sorriso. 
E Roxas ancora non sapeva che durante la successiva foto scolastica Axel sarebbe stato presente solo per permettergli di avere quel dolce sorriso stampato sul volto.

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*Note di Ev'*
...
-Una palla di fieno rotola nel nulla.-
Ah.
Ma sono ancora viva?
Ebbene sì, sono resuscitata su Efp. Come ho scritto sul mio profilo, purtroppo per me questo periodo è assai complicato, ma adesso che sono in fase di cura... Beh, diciamo che mi stanno riempiendo le giornate così tanto che per scrivere sto lo stesso facendo una fatica pazzesca. Questo secondo, ed ultimo, capitolo, poi, non ne parliamo. Il fatto è che ne avevo scritto un bel pezzo la settimana scorsa, poi il resto ho continuato a zoppicare, non mi andava granché, mi distraevo spesso e cose di questo genere.
Ma alla fine... Ce l'ho fatta.
Beh, niente analisi, non c'è un piffero da dire di questa storia. Sto puntando di terminare le storie sospese da un bel po' per potermi dedicare in pace ad ''Insidie Interiori''.
E, nulla, se avete letto questa storia vi invito caldamente a recensire, omg.
Mi auguro che queste vacanze estive per voi siano... Sì, insomma, rilassanti. Io dal canto mio ho deciso di aprire una pagina su Facebook, in caso vi andrebbe di dare un'occhiata, uh-uh: https://www.facebook.com/roxevAporia?ref=hl
Ora posso svanire di scena. Spero però non così tanto com'è successo. Mi pare siano passati quasi due mesi dall'ultimo aggiornamento, uhmm...
Beh, 
See ya'!
E.P.R.

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