A volte ci perdiamo i sottotitoli del cuore. di _Nobody_ (/viewuser.php?uid=227617)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sai, non è bello ***
Capitolo 2: *** Mi abbracci? ***
Capitolo 3: *** Vuoi entrare? ***
Capitolo 4: *** Gol ***
Capitolo 5: *** E ora che cazzo ho? ***
Capitolo 6: *** Mamma, tienimi con te ***
Capitolo 7: *** Dai, Davide ***
Capitolo 8: *** Mezzo cornetto ***
Capitolo 9: *** Soldier ***
Capitolo 10: *** Pronti, partenza, Watanka! ***
Capitolo 11: *** Wig ***
Capitolo 12: *** Tell them a story ***
Capitolo 13: *** Di male in peggio ***
Capitolo 14: *** Sei bassa ***
Capitolo 15: *** Again ***
Capitolo 16: *** Watanka, piccola mia ***
Capitolo 1 *** Sai, non è bello ***
A
volte ci perdiamo i sottitoli del cuore.
'Sai,
non è bello'
Sento
solo l'ambulanza e le urla terrorizzate di mio fratello, sento
qualcosa di fresco scorrere lungo le braccia, poi il nulla.
“Fine,
mettiamo un punto a questa storia” sussurro chiusa in bagno,
mentre
passo più volte la lametta del temperino sopra le braccia.
Il
sangue inizia a scorrere, sporco tutto il pavimento, anche il tappeto
è macchiato di rosso, ma non mi importa, sorrido.
La
finestra è aperta, mi siedo sul bordo e osservo la
città dall'alto:
il mare è calmo e scuro, il cielo è illuminato
dalle stelle e dalla
luna, la bellissima regina della notte, i piedi penzonlano nel vuoto
e il sangue continua a sgocciolare, sorrido.
I
pantaloni sono macchiati, la maglietta ormai è scarlatta.
“Tre”
dico ad alta voce, nessuno mi sentirà.
“Due”
continuo abbassando un po' il tono, ho sentito dei passi.
“Uno”
sussurro, guardo ancora i polsi, sorrido.
“Maggie
cosa fai?!” grida mio fratello entrando all'improvviso in
bagno.
“Zero.
Addio mondo” penso continuando a sorridere.
Una
spinta, il vento mi carezza le guance e mi scompiglia i capelli, mi
sento leggera, come se mi stessi tuffando da un trampolino in
piscina, quando all'improvviso tocco il suolo.
Poi,
il silenzio.
Tento
di aprire gli occhi, ma la luce è troppo forte, li richiudo
subito.
Cerco
di muovere le gambe, ma sento solo una fitta dolorosa, resto ferma.
Riesco
a muovere il braccio sinistro, anche se sento degli aghi
punzecchiarmi la pelle.
Dopo
un po' apro gli occhi e osservo la stanza: è completamente
bianca,
dalla finestra riconosco il mare della Puglia, di fianco a me ho
alcune buste piene di liquidi, i cui tubi sono collegati alle mie
braccia.
'Perfetto,
l'ospedale. Di nuovo' penso mentalmente, tentando inutilmente
di
alzarmi.
“Magdalena?”
mi richiama dolcemente una voce femminile.
“Mi
chiamo Maggie” ribatto acida.
Una
dottoressa è seduta di fianco a me e sorride. Alla finestra
che
punta sui corridoi ci sono dei ragazzi, sono quattro o cinque e tutti
mi fissano. Non soffermo troppo lo sguardo, ma due di loro hanno la
testa calva e ci sono anche una ragazza e altri due ragazzi. Qualche
dettaglio di uno dei due mi è familiare, mi giro ancora e lo
riconosco.
Davide
Di Salvo.
'Indossa
la divisa dell'ospedale uguale alla mia, che cazzo ci fa qui?'
penso irritata e giro la testa dall'altra parte, ammirando il
panorama.
“Cosa
ti è successo?”.
Al
posto della dottoressa c'è lui, è seduto sulla
sedia e, anche se
sono girata, sento il suo sguardo sul mio corpo e sulle mie braccia.
'Tentato
suicidio: quattordicenne si getta dal terzo piano del suo palazzo,
è
in condizioni gravi, fratello sotto shock' recita
meccanicamente
la giornalista al telegiornale, mentre va in onda un servizio che
riprende il mio palazzo.
“E
tu cosa cazzo ci fai qua?” chiedo di rimando, sperando abbia
ascoltato la televisione.
“Ho
problemi al cuore, lo sai benissimo” inizia con il suo solito
tono
da strafottente “ma tu perchè sei finita
così?”
“Cazzi
miei” rispondo seccata.
“Maggie,
cazzo, guardami”.
Giro
la testa e noto che i suoi occhi castani sono gonfi e le guance
arrossate. Ci fissiamo qualche secondo negli occhi, poi lo invito a
continuare a parlare.
“Sei
stesa sul letto, hai le gambe piene di lividi, per non parlare delle
tue braccia, si può sapere che cazzo ti è passato
per la testa?”
grida, la sua voce si fa più rauca.
“E
a te importa? Piantala di prendermi per il culo Riccioli
D'Oro” lo
sbeffeggio.
“Maggie,
cazzo, cosa ti hanno fatto quei coglioni?” urla ancora, mi
giro e
vedo la sua mandibola contrarsi di colpo.
“Perchè
cazzo mi stai chiedendo queste cose?! Vuoi sapere perchè ho
tentato
di suicidarmi? Sai, non è bello essere picchiata dai tuoi
amici”
calco il tono sulla parola 'tuoi'.
“Non
è bello essere picchiata dal proprio padre e anche dal
fratello, non
è bello non avere una madre, non è bello non
avere amici! E non
dirmi di non arrendermi, di continuare ad essere forte, non ce la
faccio, non ci riesco!” grido anche io, è la prima
volta che mi
sfogo così con qualcuno, inizio a piangere e gli altri
ragazzi ci
guardano da fuori e uno dei due calvi fa cenno agli altri di
andarsene.
Silenzio.
Il silenzio regna nella stanza, ogni tanto è interrotto dai
singhiozzi.
“Maggie,
avevo detto loro di smetterla, io...” sussurra Davide
prendendomi
una mano ed incominciando ad accarezzarla.
“Davide,
piantala, non fare tutte queste scenate, non ti interessa”
dico
fredda, tentando di asciugare le guance sul cuscino del letto.
“Non
hai capito un cazzo allora” conclude.
Si
avvicina al letto e mi accarezza una guancia, sussurra un 'ciao'
all'orecchio e lascia la stanza.
'Non
gli importa nulla' continuo a ripetermi nella testa.
Non
mi faccio ingannare di nuovo.
Ehilà
c:
In questi giorni
mi è venuta l'ispirazione divina (?) e così,
buttando giù qualcosa, ho partorito (?) questa fanfiction.
Come primo
capitolo forse è un po' pesante, ma non uccidetemi, i
prossimi saranno meno cattivi e presenterò meglio la
protagonista.
Se qualche anima
buona è arrivata fin qui mi
permetto di dedicarle un applauso perchè ci vuole taaanto
coraggio...
Lasciatemi una recensione, farete un'autrice felice (fa rima lol).
Grazie mille e
watanka a tutti c':
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Capitolo 2 *** Mi abbracci? ***
'Mi
abbracci?'
Trascorro
la mattina passando per vari ambulatori seduta su una sedia a rotelle
con il braccio destro e le gambe ingessate e qualche flebo attaccata
al braccio sinistro.
La
dottoressa mi lascia fuori da una stanza, quando riconosco uno dei
due ragazzi calvi di ieri notte.
“Sei
l'amica di Davide?” mi domanda dolcemente.
Annuisco
semplicemente con la testa, pensando che amica non sia la parola
adatta al rapporto che c'è tra me e lui.
“Ieri
era in lacrime dopo essere uscito dalla tua stanza”
“Non
mi interessa” ribatto fredda, senza nemmeno guardarlo in
faccia.
“Ha
avuto un attacco, gli stanno facendo molte risonanze in questo
momento”
“Ti
ho detto che non mi importa”
“Un
tuo amico sta rischiando la vita e a te non interessa?”
domanda
alzando il tono della voce.
“Forse
non hai capito che io e lui non siamo amici” sottolineo
nuovamente.
“Forse
non hai capito che lui ci tiene a te”
“Ah
sì? Io non picchio le persone a cui tengo, tu
sì?” chiedo
ironica, mentre mi ritornano in mente molti ricordi.
“Nowak?
Perchè non te ne torni al tuo paese? Sai, qua non ti vuole
nessuno!”
urla mentre entro a scuola, seguito dalle risate dei suoi amici.
“Ciao,
Riccioli D'Oro” rispondo fredda, chiamandolo con lo stesso
nomignolo che usa la prof. di matematica alludendo ai suoi capelli.
I
suoi insulti non mi fanno più male. Dopo un po' di tempo ci
si fa
l'abitudine.
“Scusa,
come ti permetti di scherzarlo?” mi chiede un suo amico, uno
di
quelli che lo difende e che lo segue come un cagnolino. Mi ferma per
un braccio e si avvicina bruscamente a me.
Non
gli rispondo, non servirebbe a nulla, qualunque sia la mia reazione
continueranno a trattarmi così.
“Parli
o no, stronzetta?” ripete abbassando notevolmente la voce.
Continuo
a ignorarlo, lui perde la pazienza: sento il suo palmo stamparsi
sulla mia guancia, cado sull'asfalto, mi tira qualche calcio e poi di
sottofondo le risate.
“Te
lo sei meritato, stronza” sussurra malefico Davide, mentre
sono
ancora accasciata a terra per il dolore.
“Tornatene
in Polonia” mi rifila un calcio nelle costole e poi va via.
“Leo,
hai visto per caso...” Davide esce dal reparto di cardiologia
sulla
sua sedia a rotelle, scuoto la testa per allontanare i brutti
ricordi.
“Ciao
Maggie”
“Ciao
Davide, ciao Leo, Maggie io e te andiamo che hai altre
visite” dice
Ester, la dottoressa, lasciando soli i due ragazzi.
Nel
tragitto incontro una donna che ha la faccia truccata, un grande naso
di plastica rosso e il suo sorriso smagliante è contagioso,
porta
allegria.
“Un
bel palloncino per la nuova arrivata! Benvenuta!” esclama
improvvisando una voce acuta e regalandomi un palloncino modellato a
forma di fiore, poi si dirige in sala giochi seguita da una fila di
bambini sorridenti.
“Lei
è Piera, la pagliaccia dell'ospedale” mi spiega
Ester mentre
aspettiamo il dottore “suo figlio è in coma da
otto mesi,
poverino, lei è qui per rallegrare i bambini e per stare
vicina a
Rocco”.
“Oh,
povera” commento pensando a quanto dolore possa provare una
madre
nel vedere il proprio figlio stare male.
Dopo
una manciata di minuti esce un dottore piuttosto giovane
dall'ambulatorio, si presenta sorridendo: “Io sono il Dottor
Carlo,
entra pure”.
Nello
studio c'è un lettino, la dottoressa mi aiuta a sdraiarmici
sopra e
tolgo la maglietta per la visita.
“Sei
molto magra” commenta lei sfiorando con le dita le costole.
Il
Dottor Carlo inizia a controllare il braccio sano rimanendo stupito a
causa dei tanti tagli ancora freschi, poi si dedica alla schiena e
allo sterno, che sono macchiati da qualche livido bluastro.
“Ti
fa male se schiaccio qui?” mi domanda pressando un po' sulle
costole.
“No”
“E
se tocco le spalle?”
“Nemmeno”
“E'
tutto a posto, fortunatamente. Mettiamo un po' di crema sui lividi e
ricuciamo quei tagli, che sono molto profondi” mi spiega
aprendo
una valigietta che contiene molte pomate.
“I
tagli guariscono da soli” aggiungo timidamente, ma lui mi fa
cenno
di no con la testa.
Applica
un po' di pomata biancastra sui lividi e massaggia lievemente, senza
farmi male: percepisco solo il freddo della crema e l'odore pungente
che emana, poi mi restituisce la maglietta e posso finalmente uscire
dall'ambulatorio.
Sono
in camera da sola, sono riuscita a mettermi le cuffie e ad isolarmi
dal mondo, dall'ospedale, da tutto.
La
mia solitudine, però, non dura molto: una ragazza viene a
bussare
alla mia porta, cerco di togliermi le cuffie e lei, vedendomi in
difficoltà, entra e mi aiuta.
“Grazie”
sibilo timidamente.
“Io
sono Cris” si presenta sorridente.
“Magdalena,
ma puoi chiamarmi Maggie” stringo leggermente la mano che mi
porge.
“Ho
saputo che sei sola in stanza, ho pensato che magari ti avrebbe fatto
piacere un po' di compagnia” continua sedendosi sul bordo del
letto. Cerco di spostarmi per farle spazio, ma mi fa segno di non
sforzarmi.
“Come
ci sei finita qua tu?” le chiedo prendendo un po' di
confidenza.
“Ehm,
è difficile da spiegare...” inizia abbassando lo
sguardo e
tirandosi la felpa fino a coprire i polsi.
“Ho
detto qualcosa di sbagliato?” chiedo facendo forza sul
braccio
sinistro per alzarmi e guardarle gli occhi.
“No,
tranquilla, solo che dire che sono anoressica mi rimanda a ricordi
poco carini” risponde ritrovando il suo bellissimo sorriso.
“Tu
sembri conciata peggio di me, cosa ti è successo?”.
Esito
un attimo prima di rispondere, osservo qualche secondo il panorama
Pugliese: il sole brilla alto nel cielo e si riflette sul mare, crea
piccole sfumature bianche che sembrano cristalli, riesco quasi a
sentire il profumo dell'acqua.
“Oh,
ho capito... Sei la ragazza che...”
“Che
ha tentato di suicidarsi, sì, sono io” finisco la
frase
chiarendole i dubbi.
Lei
mi guarda con gli occhi dolci, sembrano appannati da un velo di
lacrime e colmi di paura, di ansia e di timore, una ragazza
così
innocente, chissà che ha passato e cosa le hanno fatto per
indurla
diventare così magra.
“Senti
Cris, posso chiederti una cosa?”
“Certamente”
“Mi
abbracci?” le domando con l'ingenuità e la purezza
di una bambina.
Lei
mi sorride e mi stringe forte tra le sue braccia, toccandole la
schiena riesco a sentire le ossa, ma poco mi importa e ricambio la
stretta con il braccio sano.
Nel
sciogliere l'abbraccio, urto contro il comodino e uno dei tagli
comincia a sanguinare.
“Cazzo”
mormoro cercando di afferrare un fazzoletto.
Cris
accorre subito, poggiando delicatamente il fazzoletto sul braccio.
Vedo alcune gocce scivolare giù dalle braccia e macchiare il
copriletto bianco candido.
“La
Lisandri mi uccide” commento ridendo.
Cris
si unisce alle mie risate e quando il taglio ha finalmente cessato di
sanguinare, mi saluta e si dirige dalla sua 'cara' psicologa per le
visite e per il pranzo.
“Ciao
Cris, grazie ancora”.
Hey! c:
Eccomi qua con il
secondo capitolo c: abbiamo scoperto che la protagonista, Maggie,
è polacca. Io amo spudoratamente
e senza un preciso
motivo la Polonia, non potevo non darle un cognome e un
nome di origine nordica *^*
Scleri a parte.
Questo capitolo è meno depresso, triste, malinconico,
drammatico, tuttoquellochevolete
rispetto al primo e Maggie sta iniziando ad ambientarsi in ospedale.
Spero vi piaccia!
Vorrei ringraziare
le persone che hanno recensito il primo capitolo, chi ha messo la
storia tra le seguite/preferite/ricordate,
un ringraziamento speciale anche a Internet che mi ha fornito nome
(Magdalena) e cognome (Nowak) della ragazza, e già che
ci sono ringrazierei il moscerino
che si
è appena appoggiato sullo schermo del computer e che sta per
crepare schiacciato tra le mie mani.
Recensite in
tanti, mi fate felice *^*
Grazie mille again e watanka a
tutti :3
|
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Capitolo 3 *** Vuoi entrare? ***
'Vuoi
entrare?'
Faccio
parte di questo ospedale da ormai tre settimane, tra me e Cris si
è
instaurata un'ottima amicizia, ma lei insiste con il voler farmi
entrare nel gruppo creato dal suo amico Leo, i Braccialetti Rossi. Ho
conosciuto anche Vale, Toni e mi sono fatta delle belle chiacchierate
con Rocco.
“I
Braccialetti Rossi?” chiedo mentre osservo il suo sorriso
raggiante
nella proposta.
“Sì,
proprio così!” esclama indicando il bracciale
scarlatto che porta
al polso, uno di quelli che ti allacciano dopo un'operazione.
“Spiegati
meglio, Cris”
“Siamo
in sei: Leo ha fondato il gruppo, infatti è il leader,
però ha
collaborato anche Vale, che è il nostro vice-leader. Io sono
entrata
per terza e sono la ragazza del gruppo, poi abbiamo scelto Rocco come
imprescindibile, che è il membro più importante,
senza di lui il
gruppo non potrebbe esistere. C'è anche Toni, che
è il furbo del
gruppo che è stato scelto da Rocco” spiega
entusiasta del loro
gruppo, io ascolto incuriosita, la loro amicizia sembra bellissima,
sincera, una di quelle amicizie che tutti desiderano avere.
“Da
Rocco? Ma è in coma” constato interrogativa.
“Toni
ha una strana capacità di comunicare con lui, ne abbiamo le
prove,
per questo il nostro amico Napoletano è il Furbo!”
“Capisco”
commento “è un bel gruppo!”.
“Vuoi
entrare? Saranno tutti d'accordo, fidati” mi propone lei
stringendomi le mani.
“E
chi sarei per il gruppo?”
“Non
so, potresti essere la seconda ragazza, o la bella del
gruppo!”
ipotizza sorridente.
“Troviamo
un bello ed entro”
“Il
bello ce l'abbiamo già” dice Cris tornando seria
di colpo. Si
guarda intorno e si gratta il collo, come se nascondesse qualcosa.
“E
chi sarebbe?”
“Davide”.
Improvvisamente
si fa tutto più silenzioso e l'atmsosfera è tesa.
Nella mia testa
le cose cambiano, e l'idea di entrare a far parte del gruppo non mi
sembra più tanto geniale.
“Penso
di poter fare a meno di entrare” le dico scusandomi e
rivolgendo lo
sguardo verso il mare.
In
questi giorni ho notato che guardando il mare mi sento meglio, anche
se provo un po' di nostalgia per la Polonia, le montagne e la neve.
Da quando mamma è morta di cancro, papà ha voluto
trasferirsi qua,
ha trovato lavoro e non vuole più sentire parlare della
Polonia o di
casa.
“Maggie,
non so cosa sia successo tra te e Davide, ma si è pentito di
averti
fatta star male” mi giro per osservare la sua espressione:
sembra
sincera, ma io ho smesso di fidarmi di lui.
“Cris,
non voglio più sentir parlare di lui, per favore”
sussurro
cercando di trattenere i singhiozzi.
'Mare,
guarda il mare' mi ripeto in testa e giro di scatto la testa.
“Maggie,
ora devo scappare, scusa se ti lascio sempre così di
colpo”
“Non
ti preoccupare, anzi, grazie” le dico allungando il braccio
per
abbracciarla.
“Se
ci ripensi sul gruppo non esitare a dirlo!”
Altre
analisi, altri controlli. Fortunatamente ho tolto il gesso dalle
gambe, ma non cammino ancora bene e uso ancora la sedia a rotelle per
precauzione. Ogni tanto intravedo Vale e Leo nel reparto di
oncologia, nel quale ho notato un bellissimo murales che raffigura un
leone. Non ne colgo il significato, ma resta comunque meraviglioso.
“Quello
l'abbiamo fatto noi, sai?” Toni spunta all'improvviso,
facendomi
sobbalzare sulla sedia a rotelle.
“Ciao
Toni! È molto bello!” mi complimento continuando
ad ammirare il
capolavoro.
“L'abbiamo
fatto per Leo una sera, la Lisandri si è
arrabbiata”
“Per
Leo?”
“Sì,
per dargli forza durante il ciclo di chemioterapia, sai, lui
è un
leone e questo murales glielo ricorda anche quando è sul
punto di
crollare!”
“Hai
ragione Toni, non ci avevo pensato”
“Vabbè,
io vado, ci vediamo!” mi saluta lui.
Dopo
un po' sento un tonfo, come se qualcosa cadesse, ma Toni urla che sta
bene, che è tutto okay, e non posso fare a meno di ridere a
causa
del suo buffo accento Napoletano.
Mentre
torno in camera, un pallone da calcio sbuca davanti ai miei occhi.
Medito un attimo: non ho il gesso, ma ho iniziato da poco la
fisioterapia e le gambe potrebbero far male. Ritorno a fissare il
pallone, non posso fare a meno di alzarmi e iniziare a calciarlo, a
palleggiare, a fare stupidi giochetti imparati guardando gli altri.
Il
calcio, un'altra delle mie passioni. Non ho mai potuto frequentare
una scuola di calcio, la mia famiglia sosteneva che una ragazza non
dovesse praticare uno sport prevalentemente maschile.
Mentre
palleggio, come previsto, sento le gambe cedere, tremano, ma continuo
a giocare con il pallone, pochi minuti dopo mi arrendo
definitivamente, ma non mi schianto per terra grazie a due braccia
che mi prendono al volo.
“Tutto
bene?”
Ehilà c:
Terzo capitolo,
un'altra delle mie passioni: calcio.
Tanto amore per questo sport.
Comunque, anche in
questo capitolo non succede nulla di eclatante, la storia fin qua
è abbastanza noiosa, cerco di ravvivarla nei prossimi
capitoli.
Vi auguro un buon
primo maggio pieno di cazzeggio (?) e, per chi domani come me povera sfigata
va a scuola, condoglianze,
per oggi
rilassatevi, non
studiate e mangiate
tanto (?) e come al solito vi chiedo di farmi notare nelle
recensioni se c'è qualcosa che non va,
qualcosa che potrei
migliorare, errori e cose varie.
Passiamo ai
ringraziamenti c':
Allora, prima di
tutti grazie a
chi commenta, sia con recensioni lunghe che brevi (mi
arrivano in privato, rispondo a tutti u.u),
poi grazie a chi ha messo nelle
preferite la fanfiction. Siete in dieci, awawaw, vi voglio
bene e vi mando un panda di cioccolato :3
Grazie a chi ha messo nelle
seguite, chi nelle ricordate e chi legge silenziosamente (vi vedo o.o),
voglio bene anche a voi c:
Ma se recensite ve
ne voglio di più, sapete? :c
Okay dai, vado,
grazie ancora e watanka a tutti!
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Capitolo 4 *** Gol ***
'Gol'
“Tutto
bene?”.
Alzo
lo sguardo e mi ritrovo davanti l'ultima persona che vorrei vedere in
tutto l'ospedale. Mi tiene stretta a sé e continua a
fissarmi negli
occhi. Si avvicina lentamente fino a sfiorarmi una guancia con le
labbra, ci lascia sopra un bacio.
“Grazie”
sibilo riprendendo equilibrio, lui continua a tenermi i fianchi per
sicurezza.
“E'
tuo il pallone?”
“Sì,
ti ho vista palleggiare, sei brava” commenta Davide, noto che
gli
angoli della sua bocca sono leggermente inclinati verso l'alto e che
sta sorridendo.
Mi
allontano dalla sua stretta e calcio il pallone nella sua direzione,
finisce proprio davanti ai suoi piedi, iniziamo a passarcelo per poi
simulare una partita nei corridoi,
dribblando colonne di marmo e correndo con la palla tra i piedi tra
mobili con i farmaci e pazienti ricoverati, che ci insultano e ci
accusano di disturbarli.
“Ed
è gol” concludo soddisfatta una volta che il
pallone cade dalla
finestra aperta del corridoio.
Davide
è accasciato contro il muro con gli occhi sbarrati, una mano
è poggiata sul
cuore e il suo respiro è irregolare, ansima rumorosamente,
inizio a
preoccuparmi.
“Davide,
che succede?” mi avvicino e gli tocco un braccio, lui
continua ad
ansimare.
“Un
attacco... Mi manca il respiro...” dice a fatica.
Lo spingo leggermente fino ad aiutarlo a sedersi su una sedia del
corridoio, mi inginocchio davanti a
lui e appoggio una mano sul suo ginocchio, con l'altra stringo la
sua.
“Respira
Davide, calma, respira, stai tranquillo, ora chiamo qualcuno”
gli
consiglio, non sapendo esattamente come comportarmi.
L'attacco continua, sembra non volersi fermare, lui si contorce sulla
sedia e geme dal dolore, cerco qualcuno che non sia un paziente, ma
sembra che non ci sia nessun dottore.
Passa
qualche minuto e, finalmente, il suo attacco termina, chiude gli occhi
e appoggia
la testa al muro, il respiro si fa regolare, sembra stia meglio.
“Tutto
bene?”
“Sì,
grazie”
“Vado
a chiamare una dottoressa” dico rialzandomi, ma lui
è più veloce
e mi blocca per un braccio.
“No,
sono stufo di tutte ste ecografie del cazzo, io tanto me ne vado da
qua, sto benissimo” commenta menefreghista, sbuffando
rumorosamente.
“Davide,
ma...”
“No,
nessun ma, sono qua da settimane, ed ancora non capiscono che cazzo
ho” si lamenta indicando dei dottori che passano tra un
corridoio e
l'altro.
“Beh,
comunque il pallone è caduto dalla finestra” lo
informo indicando
il cortile.
“Non
mi importa, ne ho altri”
“Ora
devo andare, ci vediamo” mi siedo sulla sedia a rotelle e mi
do la
spinta per muoverla, Davide si alza e mi porta fino alla mia
stanza.
Non parliamo per tutto il tragitto, come se ci fosse imbarazzo,
giocherello con le pellicine sulle mie dita fino a farle sanguinare.
“Ciao
Maggie” sussurra al mio orecchio, poi si gira e va verso la
sua
stanza.
“Ciao
Riccioli D'Oro” sussurro appena lui gira l'angolo.
Buonsalve c:
Il quarto capitolo, aw.
Dovete perdonarmi, questo capitolo è lungo come una cacca di
mosca (?), ma l'ho scritto di fretta e infatti fa pure schifo.
Anyway,
l'avvenimento è quello (?).
Vi piace il personaggio di Maggie? Dico, la personalità, il
carattere... C'è qualcosa che cambiereste in lei? Ditemi
tutto, oggi in palio un unicorno
di caramelle.
Ora i soliti ringraziamenti: in primis, le dieci persone che hanno
recensito i primi tre capitoli perchè ai
lov iu. Poi un grazie anche alle tredici persone che hanno
inserito la fanfiction tra le seguite e alla personcina che l'ha messa
tra le ricordate. Ringrazio di cuore anche le sette persone che la
seguono e alle lettrici silenziose. Infine, grazie alle persone che mi
lasciano le mini-recensioni che mi arrivano in privato, awaw.
Inoltre grazie ai Braccialetti Rossi,
perchè li adoro, mi mancano troppo e voglio la seconda serie.
Prossimo capitolo o martedì o mercoledì, vedo
come viene il quinto capitolo c:
Un beso e watanka a tutti ♥
|
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Capitolo 5 *** E ora che cazzo ho? ***
'E
ora che cazzo ho?'.
Sono
sola in camera e penso, penso a cosa sta succedendo in questo
ospedale, penso a come sia diverso l'ambiente reale da quello che
immaginavo, penso a come questo ospedale stia diventando, nella sua
tristezza, sempre più speciale.
Improvvisamente,
i miei pensieri vengono interrotti da qualcuno che bussa
insistentemente alla porta.
“Avanti”
grido per farmi sentire.
La
porta si apre lentamente, indago con lo sguardo e cerco di capire chi
ci possa essere dall'altra parte della stanza a quest'ora.
“Ciao
Maggie”.
Il
silenzio regna nella mia stanza, c'è tensione, mi giro e
comincio ad
ammirare il mare: oggi non c'è il sole, il mare è
scuro e mosso, le
onde si alzano e poi si frantumano sugli scogli, per poi ricominciare
a combattere, a sbattere contro le rocce.
“Ciao
Lukasz” rispondo flebilmente.
“Si
può sapere che cazzo ti è venuto in mente quella
sera? Sei una
deficiente” inizia a gridare mio fratello, tira un pugno
violento
contro il comodino.
“Guarda
cosa cazzo mi tocca fare! Venire in ospedale per un'idiota che si
suicida! Potevo benissimo starmene in giro, ma i dottori hanno rotto
talmente tanto le palle che sono venuto” continua alzando
ulteriormente il tono della voce.
Si
avvicina bruscamente a me, appoggia un gomito sul letto e con l'altra
mano stringe il viso e mi fa girare la testa.
“Prova
a fare una cosa del genere quando ti dimettono e ti faccio fuori
io”
sussurra malvagiamente al mio orecchio, per poi lasciarmi qualche
schiaffo e una gomitata violenta sullo stomaco.
Se
ne va sbattendo la porta, pochi minuti dopo entra in camera Vale.
“Maggie,
ma chi era quello? Come si permette di picchiarti?” mi
domanda
nervosamente, ma la sua voce risulta sempre dolce.
“Era
mio fratello” sussurro mentre asciugo le lacrime.
Sento
forti fitte allo stomaco, mi gira la testa, chiudo gli occhi e
respiro sperando di calmarmi. Il cuore batte all'impazzata, continuo
a sentire dolore alla pancia, mi piego come a sopprimerlo, ma le cose
non cambiano.
“Tutto
bene?” balbetta Vale.
“Sì”.
Resisto
ancora pochi minuti, poi mi arrendo: corro verso il bagno, mi chino
sul water e inizio a vomitare. Vomito tutto il possibile, continuo
per un po' di minuti, Vale nel frattempo mi ha raggiunta e mi
raccoglie i capelli con un elastico.
“Dai,
bevi un po' d'acqua e sdraiati che passa” mi consola
aiutandomi ad
alzarmi da terra.
“Maggie,
perchè è tutto rosso?”.
Mi
avvicino a lui e guardo ciò che ho rigettato e, come lui ha
descritto, è una poltiglia scarlatta.
“Non
lo so” sussurro, poi Vale mi aiuta a stendermi e, senza
tirare lo
sciacquone, va a chiamare una dottoressa.
La
Lisandri arriva di corsa nella mia stanza, seguita da Ulisse, e si
dirigono in bagno. Li sento parlare, hanno chiuso la porta e non
riesco a capire cosa dicono.
“Magdalena,
vieni con me”.
Mi
siedo su una sedia a rotelle, Ulisse mi spinge tra i corridoi andando
abbastanza velocemente, dopo un po' si ferma e bussa ad una porta.
'Sala
Risonanze Magnetiche'.
“Che
cazzo mi è successo ora?” penso quando si spalanca
la porta.
Ciò
che vedo è un grande tubo, davanti ad esso c'è un
lettino blu e una
dottoressa lo muove e si accerta che funzioni.
“Maggie,
hai bisogno di una risonanza, il reparto è libero ed
è possibile
eseguirla subito” mi informa Ulisse mentre mi sfila
braccialetti,
collane e orecchini.
“Perchè
me li togli?” gli chiedo osservando i miei pendagli finire
nelle
tasche del suo camice.
“Potrebbero
cambiare del tutto l'esito della risonanza”.
Prima
di entrare nella sala risonanze mi costringono ad indossare un
camice, simile a quello che portano i dottori. Nella stessa stanza
c'è Leo ed ha addosso la mia stessa divisa.
“Che
ci fai qua?” mi domanda appendendo una felpa.
“Devo
fare una risonanza”
“Pensavo
un prelievo” risponde ironico “perchè la
devi fare?”.
Sembra
nervoso, Ulisse mi sussurra all'orecchio che è una delle sue
giornate no, dice di non preoccuparmi.
“Ho
vomitato sangue”.
Leo
si gira con la sedia a rotelle e si posiziona davanti a me. I suoi
occhi castani, che ho sempre visto sorridenti e pieni di vita, sono
lucidi, appannati dalle lacrime, sono anche leggermente arrossati.
“Sii
forte” dice accarezzandomi una guancia e sorridendo
malinconicamente.
Entro
in reparto risonanze e una dottoressa mi aiuta a sdraiarmi sul
lettino e mi lega i capelli. Osserva i polsi rimasti scoperti e ne
sfiora le cicatrici, poi il lettino inizia a muoversi e in pochi
secondi mi ritrovo dentro al tubo.
“Tutto
bene, Maggie?” sento la voce di una dottoressa.
“Sì,
cosa devo fare?”
“Solo
stare ferma e aspettare, ci vorrà un po' di tempo e poi sei
libera”.
Passano
i minuti, sembra che io sia dentro qua da tantissimo, il tempo scorre
lentamente. È tutto buio, sembra come se mi trovassi
all'aria aperta
di notte fonda, senza luci, da sola.
“Ecco
fatto” dice una dottoressa una volta fuori dal tubo.
“Non
ne potevo più” sbuffo.
Attendo
fuori dalla stanza i referti, intanto cerco di rimettermi gli
orecchini e la collana, che mi sono stati restituiti da Ulisse. Un
medico esce con qualche cartellina gialla tra le mani, ne porge una
ad Ulisse poi saluta e va via.
Lui
si sposta di qualche metro e legge i risultati: lo fisso per cercare
di capire qualcosa dalle sue espressioni, dopo un po' lui guarda me,
per poi tornare a concentrarsi sui referti.
“Maggie,
io non so come dirtelo” inizia una volta tornato indietro.
“Dillo
senza fare giri di parole”
“Tu
hai...” si blocca.
“Io
ho...?”
Hi everyone c:
Sì, io fermo il capitolo sul più bello u.u In
questo capitolo c'è un po' di violenza, ma io adoro far sprofondare nella
sfiga i miei protagonisti, quindi capitemi c':
Il fratello, Lukasz, è uno stronzo e picchia Maggie, proprio
come avevo descritto nel primo capitolo. Google traduttore e il mio polacco
inesistente mi dice che il nome si pronuncia Lucasch (?), ma
chiamatelo come volete, tanto 'sto tizio non ha importanza, ve lo
anticipo già.
In questo capitolo Vale e Leo iniziano ad interagire con la
protagonista, ma vi anticipo (quanti spoiler oggi o.o) che
più avanti si conosceranno meglio e... E nulla (?)
Ringrazio come al solito tutti i commentatori, chi ha messo nelle
preferite/seguite/ricordate, i lettori silenziosi e anche chi mi ha
inserita tra gli autori preferiti. Siete la mia forza, è
grazie a voi se va avanti questa merdicciola di fanfiction *^*
Il regalo di oggi è un criceto rosa,
perchè è teneroso come voi awaw.
Vi lascio e mi raccomando, se lasciate una recensione non solo ricevete
un criceto rosa, ma fate anche una
_Nobody_ felice c':
Watanka a tutti ♥
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Capitolo 6 *** Mamma, tienimi con te ***
'Mamma,
tienimi con te'
“Hai
un tumore allo stomaco, Maggie” dice Ulisse arrivando al sodo.
“Perfetto”
“Perfetto?
Ma cosa stai dicendo?” mi domanda guardandomi come se fossi
impazzita.
“Rimango
qui altro tempo” spiego sorridendo.
“L'ospedale
non è un bel posto”
“Meglio
che là fuori, Ulisse” concludo dirigendomi nella
mia stanza.
Svolto
l'angolo, quando trovo Cris, Leo e Vale contro il muro. Appena mi
vedono sobbalzano e mi guardano terrorizzati.
“Avete
sentito tutto?” chiedo loro sorridendo.
“Tutto
cosa? Non abbiamo sentito nulla” risponde Cris accennando un
risolino nervoso.
“Allora
ve lo dico io: ho un tumore allo stomaco”
“E
sei così tranquilla?” interviene timidamente Vale.
“Certo,
avete sentito cosa ho detto a Ulisse, no?”.
Leo
mi prende la mano e inizia ad accarezzarla, poi mi guarda negli
occhi. Ha lo stesso sguardo di prima, io di rimando gli sorrido,
sperando di trasmettergli un po' di felicità.
“Sei
così forte” sussurra abbassando lo sguardo
“non meriti tutta
questa sofferenza. Vale mi ha detto di ciò che ti ha fatto
tuo
fratello e io dico che il tumore lo merita lui, non tu”
continua
riacquistando un po' della sua grinta.
“Leo,
più sto qua, meno devo stare là fuori, guardiamo
il tumore come una
cosa positiva, che mi terrà lontana dal mondo cattivo,
questo
ospedale è come una parte buona isolata dal resto del mondo,
voi
siete buoni” inizio a dire cose senza senso, poi mi dirigo
nella
mia stanza sulla sedia a rotelle e mi sdraio sul mio letto.
Il
mare è ancora mosso e ha iniziato a piovere. Le goccioline
bagnano
il vetro, prendo le cuffie e mi isolo dal mondo, poi, mi addormento.
“Mamma?
Sei tu?” sussurro andando incontro alla donna.
Ci
avviciniamo lentamente l'una all'altra, c'è vento, piove e
fa
freddo, l miei capelli sono legati in due trecce che sventolano da
una parte e dall'altra.
Lei
è bellissima, come la ricordavo: i capelli biondi le
incorniciano il
volto, gli occhi azzurri come il cielo traboccano d'amore, indossa un
vestito bianco che ricade morbido sulle braccia e sul corpo esile.
“Mamma,
dimmi qualcosa” urlo, la tempesta si fa sempre più
violenta.
“Tesoro,
sconfiggerai il tumore, sarai forte”
“Ma
mamma, io non voglio più vivere, Lukasz e papà mi
picchiano, il
mondo mi odia, non ho amici”
“Lo
so, amore, lo so”
“Come
fai a saperlo, mamma?” inizio a piangere, ma le lacrime si
confondono con la pioggia, i singhiozzi sembrano silenziosi rispetto
al rumore forte e violento dei tuoni.
“Io
ti vedo dall'alto, sai?”
“Tienimi
con te, mamma”.
La
sua pelle diventa improvvisamente pallida, poi sbianca del tutto ed
inizia a sparire.
“Mamma,
dove vai? Stai qua con me!”
Il
suo sorriso smagliante va scemando.
“Mamma,
dove vai? Non mi vuoi neanche tu?”
Sparisce
del tutto, mi accascio a terra e continuo a singhiozzare.
“Mamma...”
Mi
sveglio di soprassalto e mi accorgo di avere le guance umide. Tiro
fuori qualche fazzoletto dal pacchetto e mi strofino il volto per
asciugarle.
“Mamma,
perchè non mi vuoi con te?” sussurro ancora
immersa nei
singhiozzi.
“Maggie,
tutto bene?”.
Davide
entra nella mia stanza, è bagnato fradicio, i capelli gli
ricadono
disordinatamente sul viso, si accomoda sulla sedia di fianco al
letto.
Rimaniamo
in silenzio, mi giro e osservo il mare ancora in tempesta: si sentono
i tuoni, il cielo diventa bianco per qualche secondo per poi tornare
ad essere scuro e minaccioso. I nuvoloni grigi si muovono velocemente
spinti dal vento, come se stessero scappando da qualcosa.
“Io
sono lo stronzo qua dentro” inizia improvvisamente lui,
facendomi
spaventare.
“Lo
eri anche là fuori” commento io.
“Senti,
non lo capivi che lo facevo per farmi notare?” mi domanda
alzando
il tono della voce.
“Farti
notare? Tu picchi una persona per farla diventare tua amica?”
“Non
in quel senso”
“E
in quale cazzo di senso, Davide?!” grido ormai nervosa.
“Maggie,
io... Tu...”
“Buonasera
ragazzi! Come state oggi? La giornata è cupa, ma voglio
vedere i
sorrisi!” ci interrompe, fortunatamente, la pagliaccia
dell'ospedale.
“Ma
che cazzo! Non vedi che stiamo parlando?” le urla Davide.
“Non
trattarla così!” lo rimprovero io, arrabbiandomi e
prendendo le
difese di Piera.
“Tranquilla
Maggie, è fatto così” cerca di
rassicurarmi mantenendo il
sorriso.
“Non
si trattano così le persone!”.
Guardo
Davide, cerco di trasmettergli tutta la rabbia, lui in risposta alza
il dito medio e mi rivolge uno sguardo strafottente.
“Piantala
di fare il coglione!”
“Prima
piangi e fai la debole, ora mi insulti, ma lo sai che con le tue
prese in giro io mi pulisco il culo?” risponde lui.
“Prima
fai il gentile, ti preoccupi, i tuoi amici mi vengono a dire che
piangi e ora continui a fare lo stronzo? Non mi faccio più
ingannare, basta!”
Andiamo
avanti un po' a litigare sotto gli occhi di Piera, che ci guarda
esterrefatta.
“Ragazzi,
basta!” interviene e finalmente cala il silenzio nella mia
stanza.
“Io
vado e vedete di sorridere un po'” saluta Piera calmando il
tono e
lasciando la camera.
“Maggie,
domani mi operano al cuore” dice Davide dopo qualche minuto
di intenso silenzio, abbassando la voce.
Dal
suo tono traspare l'insicurezza e la paura che assalgono un ragazzino
di quindici anni. Gli occhi terrorizzati chiedono aiuto, implorano
salvezza e hanno bisogno di coraggio.
“E'
un intervento delicato?”
“Ho
cinquanta possibilità di vivere e cinquanta di
morire”
“Ma
tu sei uno forte, no?”.
Non
risponde, sembra che la sua audacia e il suo lato da duro siano
svaniti nel nulla, siano stati come risucchiati e siano spariti.
“Davide?”
“Scusa,
stavo pensando”
“A
cosa?”
“Al
fatto che mi mancano tantissime cose da fare”
Buongiorno a tutti
da me e dal mio dito insensibilizzato (?) dall'azoto liquido.
Che dire di questo capitolo... Davide è tornato uno stronzo per un
lasso temporale della durata di una litigata, perciò
perdonate la mia finezza
elefantesca (?) nei discorsi assolutamente privi
di parolacce (sono ironica, nel caso non si capisse).
Però poi mostra il suo lato debole nel momento in cui dice a
Maggie che deve subire l'intervento: la frase"Al fatto che
mi mancano tantissime cose da fare" l'abbiamo
già sentita, vero? Sì, sì, nella
fiction in televisione. Ma vabbè, dovevo metterla per forza
e.e
La parte in cui Maggie parla con sua madre è un sogno,
naturalmente, spero di aver reso l'idea c:
Okay, nulla, avete scoperto che anche la protagonista ha un tumore (i
miei personaggi sono degli
sfigati pazzeschi, ma dà il
tocco in più) e quindi niente, vedremo come
andrà avanti.
Ho già scritto tredici capitoli per un totale di venticinque pagine
di word, mai fatta una fanfiction così lunga, sono commossa
c': Quindi un biscotto a voi che commentate, inserite la storia everywhere e...
Vabbè lo sapete già, e un biscotto anche al mio
computer che sopporta i miei poemi (?).
Vabbè dai, io e il mio dito mongocappato vi salutiamo,
martedì l'aggiornamento e... Watanka ♥
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Capitolo 7 *** Dai, Davide ***
'Dai,
Davide'
“Al
fatto che mi mancano tantissime cose da fare”
“Per
esempio?” lo invito a sedersi di fianco a me sul letto,
è fradicio
e trema.
“Volevo
formare una band, essere il batterista o il front man, sai quelli che
cantano davanti a milioni di persone, faccia a faccia con i
fans?”.
Annuisco
mentre allungo le coperte sulle sue gambe esili, lasciate scoperte
dai pantaloncini da calcio dello stesso colore della maglietta.
“Ti
piace cantare?” gli domando istintivamente.
“Sì,
tanto, a te?”
“Sì,
mi fa sentire libera” confesso rivolgendo uno sguardo al mare.
Lui
tira fuori dalla tasca un foglietto, lo apre, lo stira un po'
servendosi del comodino e fissa le parole, giocherellando con un
angolo del foglio.
“Cos'è?”
gli chiedo osservando senza capire molto.
“La
mia canzone preferita”
“Cantala”
gli dico prendendo in mano il foglio e leggendone velocemente le
parole.
“Cantiamo
insieme” propone lui, accetto ed iniziamo.
Iniziamo,
parola dopo parola, entriamo in sintonia l'uno con l'altro, le voci
si intonano, interpretiamo ogni parola, ogni frase, cantiamo il
significato del testo, come se per qualche minuto il resto del mondo
si fosse bloccato e noi due fossimo soli, soli in mezzo al nulla.
Alla
fine ci blocchiamo e la stanza rimane immersa nel silenzio per
qualche minuto, il vuoto colmato solo dal leggero suono dei nostri
respiri.
“Canti
bene” gli dico spezzando il silenzio.
“Grazie”
“Che
altre cose avresti voluto fare?”
“Volevo
un cane... E poi... Non ho mai baciato una ragazza” conclude
sospirando e posando il testo della canzone sul comodino.
Mi
giro e lo guardo stranita: pensavo che un ragazzo come lui fosse il
primo ad avere tante ragazze intorno, fosse il primo a non farsi
problemi a ferire le ragazze e a comportarsi come un Don Giovanni,
forse mi sbagliavo e dovrei ricredermi.
“E
se dovessi morire?” mi chiede sempre rattristato,
terrorizzato,
spaventato, la preoccupazione nella voce.
“Ce
la farai” lo incoraggio appoggiando la testa sulla sua spalla.
I
suoi ricci leggermente umidi mi sfiorano la spalla scoperta a causa
della maglietta a maniche corte, provocando un leggero solletico.
“Ho
paura di no”
“Davide,
sei tu quello che ha sempre combattuto, quello forte, quello
coraggioso, sei un soldato” esclamo convinta cercando di
sollevargli il morale.
“Ogni
tanto anche i soldati si arrendono” commenta lui portandosi
le mani
sopra gli occhi e piegando la testa all'indietro, fino a toccare il
muro.
Rimango
in silenzio, vorrei continuare a consolarlo, ma quando le parole
finiscono si sta in silenzio, vicini col cuore, ma senza parlare.
“Prima
ci insultavamo solamente, Maggie, ora stiamo parlando normalmente e
abbiamo anche cantato insieme”
“Sarà
l'ospedale” constato, quando sento la sua mano stringere la
mia.
“Questo
posto qualcosa di buono ha fatto” commenta continuando a
tenere
stretta la mia mano, intrecciando le sue dita con le mie.
“Maggie”
mi richiama lui, la sua voce è rauca.
Mi
giro verso di lui e ci guardiamo negli occhi qualche secondo, poi
osservo le nostre mani intrecciate: sembra una scena quasi dolce,
ripensando a come erano le cose tra noi a scuola, provo una strana
sensazione, come un brivido lungo la schiena.
“Maggie,
non è che puoi darmi tu un bacio?” chiede
velocemente.
“Cosa?”
“No,
nulla” risponde sconsolato, mollando la presa sulla mia mano
ed
alzandosi dal letto.
Recupera
le sue cose e poi si dirige verso la porta, un pallone sotto il
braccio e le cuffie al collo.
“Davide,
aspetta” lo richiamo prima che se ne possa andare.
Mi
alzo e barcollando mi dirigo da lui, appoggiandomi qua e là
sui
mobili della stanza. Mi sento debole ed impotente, lui allunga una
mano e, afferrandola, trovo l'equilibrio reggendomi alle sue braccia.
“Forza”
sussurro vicina a lui, stringendomi in un abbraccio.
“Che?”
“Dai,
Davide” continuo bisbigliando, avvicinandomi al suo viso
quasi da
sentirne il respiro.
Noto
un luccichio nei suoi occhi, ora sorride lievemente e si avvicina
lentamente, con una mano mi carezza i capelli e con l'altra mi tiene
stretta a sé. Allaccio le braccia dietro il suo collo e mi
alzo in
punta di piedi, fino a sfiorare le sue labbra. Davide accorcia le
distanze e le sue labbra iniziano a carezzare dolcemente le mie: un
bacio delicato, leggero, impacciato. Continua a sostenermi, sento le
gambe doloranti, ma reggendomi a lui continuo a lasciargli piccoli
baci sulle labbra.
“Grazie”
sussurra lui, tenendomi sempre tra le sue braccia.
“Davide,
mi fanno malissimo le gambe” dico appoggiando la testa sulla
sua
spalla, lui mi solleva leggermente e mi aiuta a sedermi,
divaricandomi delicatamente le gambe e continuando il bacio.
“Grazie,
Maggie” continua a ringraziarmi lui.
“Per
un bacio?” domando sorridendogli e stringendo una sua mano.
“Dopo
tutto quello che ti ho fatto...”
“Ormai
è passato” rispondo abbassando lo sguardo.
“Guarda,
l'arcobaleno” esclama indicando la finestra che dà
sul mare.
Mi
giro facendo forza sulle braccia ed osservo il panorama sorridendo
come una bambina, come se fosse la prima volta che vedo le
conseguenze meravigliose di un temporale.
Davide
mi abbraccia da dietro, stringo le mie mani con le sue e rimaniamo
immobili qualche minuto a guardare il mare incorniciato da una
striscia di sette colori.
“Maggie,
ora devo andare” dice sciogliendo l'abbraccio.
“A
domani”
So che aspettavate
un bacio, potete pure festeggiare/piangere/urlare/commuovervi
nelle recensioni
così sono felice anche io c:
Comunque sì, ce l'hanno fatta a baciarsi *cori angelici*
Vabbè, nulla di che in questo capitolo... Solo un bacio, non
è nemmeno un capitolo chissà quanto lungo, ma
spero vi piaccia e desidero taaante
recensioni c:
Vi lascio subito perchè sono immersa da compiti, tra mappe,
verifiche e interrogazioni io e i libri stiamo chiusi ore e ore insieme
(?), ringrazio tutti per le recensioni dolciose awaw
Quindi recensite e datemi sostegno, sto per impazzire, watanka ♥
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Capitolo 8 *** Mezzo cornetto ***
'Mezzo
cornetto'
Non
riesco ad addormentarmi, la testa è invasa dai pensieri, le
immagini
del pomeriggio mi scorrono una dopo l'altra davanti agli occhi, come
se stessi guardando un film in cui sono altri due ragazzi a
scambiarsi un bacio e non proprio io e lui, Maggie e Davide.
Mi
giro e mi rigiro, le luci in corridoio sono spente ed il suono delle
onde del mare mi culla, dopo un po' cado leggermente tra le braccia
di Morfeo.
Il
sole filtra dalla tenda chiusa male, la luce dei raggi si posa sul
mio letto e arriva fino alla porta, cerco di capire che ora sia, ma
la luce del telefono mi spinge a chiudere gli occhi.
“Davide”
penso una volta definitivamente sveglia, senza esitare mi dirigo
nella sua stanza sulla mia sedia a rotelle.
Vedo
il piccolo Rocco steso sul letto, come al solito le braccia sono
bucherellate dalle flebo e le macchine indicano il battito del suo
cuore, ma l'altro letto è vuoto.
La
sala operatoria è l'unico posto in cui può
essere, mi reco fuori
dal reparto e noto una testa riccia che parla con due adulti.
“Maggie,
cosa fai sveglia?” mi domanda Davide appena mi vede.
“Buona
fortuna” sussurro lievemente, lui mi abbraccia, dice di aver
tanta
paura, pensa di non potercela fare.
“Davide,
vieni” lo richiama una dottoressa, invitando il ragazzo sul
lettino.
“Ce
la farai, Riccioli D'Oro”
“Eh,
speriamo”.
Lo
guardo finchè non entra nella sala, gli faccio un 'ciao' con
la
mano, poi sparisce.
“E'
andato?” mi domanda Cris spuntando all'improvviso dal
corridoio.
“E'
entrato proprio ora”
“Vieni
in mensa? Dobbiamo cercare di non pensarci troppo” mi
consiglia
iniziando a spingere la mia sedia a rotelle verso la sala pranzo.
“Maggie,
come fai a mangiare?” commenta disgustata mentre ingoio un
po' di
succo alla frutta.
“Cris,
bisogna solo sforzarsi, non è difficile, una volta che ti
sblocchi è
tutto più semplice”
“Ne
parli come se l'avessi vissuto”
“So
che cosa provi, Cris” le stringo la mano e le avvicino il
piatto
con il cornetto, togliendo il cibo in eccesso.
“Maggie,
cosa mi stai dicendo?” domanda spaventata e rimandando
indietro la
sua colazione.
“Che
bisogna iniziare poco alla volta” divido in due il cornetto,
lasciando nel piatto la metà più piccola.
“Io
non voglio mangiare” ribatte testarda allontanando il piatto
di
nuovo.
Lo
spingo verso di lei, Cris lo rinnega un'altra volta, andiamo avanti
qualche minuto con questo battibecco, finchè non ci
interrompe la
psicologa.
“Cris,
dov'è il resto della colazione?” domanda la donna
indicando la
metà del cornetto.
“L'ho
mangiata” mente.
La
guardo storto, lei sogghigna sotto i baffi beffarda.
“Ha
mangiato veramente?”.
Inizialmente
vorrei dirle la verità, ma la faccia di Cris mi fa cambiare
idea,
decido di farla vincere, di non causarle altri problemi inutili.
“Sì,
ci ha messo parecchio, ma ha mangiato” annuisco sfoggiando
uno dei
miei migliori sorrisi finti per convincere la dottoressa.
Lei
ci guarda dal retro delle sue lenti, poi se ne va, sfogliando diverse
cartelline mediche.
“Grazie,
Maggie” esclama Cris sorridendo dall'altra parte del tavolo.
“Ti
ho fatto un favore, ora me lo devi fare tu” ribatto io
astutamente,
lanciando uno sguardo alla brioches nel piattino.
“Sei
crudele”
“Ti
ho salvato il culo” rido piazzandole il piatto davanti.
Cris
deglutisce, poi mi fulmina con i suoi occhi castani. Inizia a
dividere la sua colazione in piccoli pezzettini, poi li separa tutti.
Ne prende uno e lentamente lo avvicina alla bocca, per poi masticarlo
e, finalmente, ingoiarlo. Procede così per qualche minuto,
poi
allontana il piatto.
“Ho
mangiato”
"Questa
te la porto in camera” inizio raccogliendo i pezzi di
cornetto in
un tovagliolo di carta “e con calma la finisci”.
“Come
hai fatto a farmi mangiare?” mi domanda mentre mi spinge
sulla
sedia a rotelle fino alla sua camera.
“Bisogna
iniziare con poco cibo, è la terza volta che te lo ripeto,
Cris”
rispondo porgendole un pezzo di brioches e fissandola mentre lo
ingoia.
“E
dopo un paio di giorni si inizia ad aumentare di peso”
continuo a
spiegare mentre mangia ancora un po' della sua colazione.
“Come
fai a saperlo?”
“Non
è la prima volta che vengo in ospedale” racconto
continuando a
darle da mangiare, lei sembra stare al gioco e deglutisce pezzo per
pezzo.
“Sei
guarita dall'anoressia?” mi domanda guardandomi strana, come
se
avesse visto un alieno.
Annuisco
lievemente, una volta entrata in stanza mi siedo sul suo letto e le
porgo gli ultimi pezzi del cornetto, intanto continuiamo a
chiacchierare allegramente.
“Perchè
non mangiavi?” mi chiede mentre mastica.
“Perchè
ero grassa, grassa veramente, e tutti mi prendevano in giro, era
l'inizio di tutto, in realtà. Tu, invece?” spiego
sospirando,
ripensando a tutte le cattiverie e agli stupidi nomignoli.
“Ad
un corso di danza mi avevano reputata troppo grassa per ballare,
così
ho smesso di mangiare”
“Penso
che il tuo stomaco desiderasse ardentemente un po' di cibo”
commento mostrandole il tovagliolo vuoto.
“Il
cornetto...”
“L'hai
mangiato, Cris” le dico sorridente, lei mi abbraccia subito.
La
stringo forte a me, sono contenta di averla fatta mangiare, sono
contenta di sentirla così felice, sono contenta per lei.
“Avete
notizie di Davide?” chiede Leo entrando all'improvviso nella
stanza
di Cris e avvicinandosi a noi.
“No”
rispondo solamente, ricordandomi della sala operatoria e del delicato
intervento.
“Vado
a chiedere a qualcuno”.
Esco
dalla stanza di Cris e, sulla sedia a rotelle, vado verso la sala
operatoria e vedo che i dottori sono fuori che parlano con le stesse
persone con cui stava parlando Davide prima dell'intervento. Mi
avvicino lentamente, il tanto che basta per sentire cosa dicono.
“L'intervento
è andato bene, ora Davide è nella sua
stanza...” senza esitare mi
dirigo da lui, cercando di andare il più veloce possibile.
Appena
lo vedo sul letto, ancora addormentato, mi avvicino e gli prendo la
mano per qualche minuto.
“L'hai
sfangata...” gli sussurro all'orecchio, poi lascio la stanza
e
torno da Cris e Leo.
Passo
davanti alla stanza della mia amica e osservo la scena dal vetro: lei
e Leo sono abbracciati e sorridono, si scambiano qualche bacio
tenero, si stringono l'uno tra le braccia dell'altro, sono teneri.
Continuo
a guardarli e sorrido, come è bello vedere le persone
felici, vedere
i sorrisi, le mani intrecciate, i baci.
“Scusate
se interrompo le vostre tenerezze” entro in camera dopo
qualche
minuto da 'spettatrice'.
“Davide?”
chiede subito Leo tenendo la mano di Cris.
“Sta
bene, dormiva”
“Sarà
ancora l'effetto dell'anestesia” commenta Cris sorridendo.
Tra suicidi, cancro
e anoressia vi starete chiedendo se odio Maggie o cosa. No, non la
odio, ma sono stronza di mio HAHAH
Avrei postato il capitolo pomeriggio, ma ho avuto la simulazione orale
per l'esame e non ho avuto un briciolo di tempo, perdonatemi ed amatemi
allo stesso tempo, non ho fatto morire Davidino, me lo avevate chiesto
in tante, ma era previsto di far andar bene l'intervento.
Momenti dolciosi anche tra Cris e Leo che io shippo alla
follia e momenti tenerosi anche tra lo stomaco di Cris e
un cornetto. Ha mangiato, fate un applauso a Maggie.
Vorrei dedicarvi questo capitolo, in quanto mi sollevate il morale con
le recensioni e mi aiutate ad andare avanti, proprio come Maggie ha
fatto con Cris e, in parte, con Davide. Poi lo dedico anche al porcospino che ho salvato dalla
strada bloccando il traffico e attirando l'attenzione di tutti i
vecchietti della mia città, ma è un
dettaglio (ti voglio
bene piccoletto uwu).
Grazie mille a tutti e recensite in tanti, aw, in palio un
porcospino di patatine fritte (?).
Watanka ♥
|
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Capitolo 9 *** Soldier ***
'Soldato'
Cammino
per i corridoi dell'ospedale, l'odore pungente dei farmaci e
dell'alcol si fa spazio nelle narici provocando un leggero fastidio.
Vedo bambini felici seguire Piera e giocare con i loro palloncini
colorati: alcuni di loro indossano dei nasi di plastica rossa e delle
parrucche dai colori sgargianti e le loro risate riempiono i
corridoi.
Passo
davanti al reparto di oncologia tirando le maniche della felpa fino a
coprire i polsi: ci sono solo persone con la testa calva, pallide,
sembra che la sofferenza li abbia stesi, alcune camminano avanti e
indietro, altre sono semplicemente sedute con la flebo attaccata al
braccio. Inevitabilmente mi ridurrò così non
appena inizierò la
chemioterapia per curare il tumore allo stomaco.
“Ti
spaventa questo posto, Maggie?”
“Un
po', Vale. È così terribile la chemio?”
domando confidando nel
ragazzo.
La
sua gamba amputata mi fa capire quanto dolore abbia provato,
comprendo la letalità di questa malattia, per qualche minuto
mi
sento in equilibrio su una corda tra la vita e la morte.
“Le
prime volte è sempre difficile”
“In
cosa consiste?” chiedo mentre continuo a fissare le persone
nel
reparto dedicato alla cura del cancro.
“E'
una flebo che inietta dei medicinali che servono a combattere le
cellule che causano il tumore” spiega Vale indicando delle
buste
che contengono un liquido trasparente.
“Siete
stati male, tu e Leo?”
“Mi
sentivo molto stanco dopo i cicli, spesso vomitavo, ma basta dormire
un po' dopo la terapia e ci si sente meglio”.
Mi
chiedo come facciano Vale e Leo ad essere così disponibili
ed
allegri, come abbiano fatto ad abituarsi di colpo alla vita in
ospedale, non mi spiego perchè siano così forti e
dove trovino così
tanta voglia di vivere e di combattere contro questo mostro, contro
il tumore.
“Maggie?”
“Eri
solo durante le chemio?” gli domando vedendo le persone
passeggiare
senza compagnia nei corridoi.
“Di
solito sì, a volte chiacchieravo con i pazienti che stavano
meglio,
la chemio indebolisce parecchio e spesso non si ha voglia di stare in
compagnia”.
Rimaniamo
in silenzio per qualche minuto, cerco di immaginare come
trascorrerò
il tempo quando inizierò la chemioterapia, quando non
avrò più i
capelli e le mie giornate saranno grigie e piene di solitudine.
“Ti
hanno già detto quando iniziare?” domanda lui
cercando di
allentare la tensione.
“Stasera”
rispondo secca.
“Maggie,
per quanto ti conosco, sei forte, resisterai anche alla chemio e vedi
che presto ritornerai alla tua vita, tutti ti avranno consigliato di
non arrenderti mai, ed io sono un'altra persona che te lo dice, ma
è
tutto ciò che devi fare, resistere, combattere a testa alta,
senza
mollare mai, altrimenti non si risolve nulla nella vita”.
Mi
giro verso Vale, ascoltandolo mentre parla: come un soldato, che dopo
una guerra torna a casa vittorioso, dopo aver resistito e combattuto
coraggiosamente, ce la fa, vince, raggiunge il suo obiettivo e
racconta a tutti la sua esperienza distribuendo consigli e
indicazioni.
“Grazie
Vale” sussurro ancora stupita dalle sue parole da guerriero.
“Ho
delle visite, ora, grazie ancora per le belle parole”
concludo
spingendo la sedia a rotelle verso gli ambulatori.
La
Lisandri mi effettua un controllo veloce: peso e altezza, poi mi
consegna alcune cartelle e prenota la chemioterapia.
'Coraggio,
dai' penso una volta nella mia stanza.
Trascorro
il pomeriggio da sola, leggendo un libro che racconta l'esperienza di
una ragazza malata di cancro, passano alcune ore prima della cena, ma
non ho proprio appetito.
“Maggie,
vieni o no a mangiare?” mi domanda qualcuno da dietro la
porta.
Mi
siedo sulla sedia a rotelle ed esco velocemente dalla stanza
lasciando cadere coperte e libro: spalanco la porta e Davide, anche
lui sulla sedia a rotelle, si avvicina e mi abbraccia.
“Ce
l'hai fatta” sussurro ancora stretta tra le sue braccia.
“Ce
l'ho fatta”.
Rimaniamo
in silenzio qualche minuto, poi lui scioglie l'abbraccio e si
avvicina al mio viso. Sono io, questa volta, ad accorciare le
distanze, perdendo la timidezza e l'odio nei confronti del riccio.
Accarezzo le sue labbra con le mie, poi ci dirigiamo insieme nella
sala da pranzo.
I
pazienti e i dottori lo accolgono festeggiando, ci sono tutti i
Braccialetti Rossi attorno a lui, lo tempestano di domande ed io
osservo divertita la scena.
“Rocco
sapeva che ce l'avresti fatta” esclama Toni con il suo
allegro
accento napoletano.
“Grande
Funghetto” lo scherza Leo e si battono il pugno da amici.
Dopo
cena mi isolo nella mia stanza e inizio a prepararmi per la chemio:
'si inizia' penso mentre infilo il pigiama e
raccolgo i
capelli in uno chignon disordinato.
“Dove
vai?” mi chiede Davide entrando all'improvviso in camera mia
ed
osservandomi mentre litigo con l'elastico per i capelli.
“Oncologia”.
La
sua espressione è un misto tra preoccupata, spaventata e
sorpresa,
mormora qualcosa di incomprensibile mentre si siede sul letto ed
inizia a sfogliare le cartelle cliniche per, probabilmente, capire
qualcosa.
“Davide,
ho un tumore allo stomaco”
“Quando
l'hai scoperto?” sussurra avvicinandosi a me, i suoi occhi
sono
lucidi e la voce trema.
La
nostra immagine riflessa nello specchio mostra crudamente
ciò che
questo ospedale ci ha resi con il passare del tempo: due adolescenti
con la carnagione pallida ed il volto smagrito, un sorriso
inesistente e gli occhi spenti, grigi, senza vita.
“Qualche
giorno fa, il giorno dell'intervento” rispondo riordinando
gli
accessori per i capelli.
Mi
abbraccia forte, io mi alzo e lo stringo a me come se lo
stessi per
perdere per sempre, intanto ci avviciniamo lentamente al letto, passo
dopo passo mi siedo continuando a restare tra le sue braccia.
Sento
le sue labbra posarsi sul mio collo e lasciare qualche bacio caldo,
che trasmette coraggio. Mi inginocchio sul letto, sembro più
alta di
lui, piego leggermente il viso in avanti e inizio a lasciargli
qualche bacio sulla guancia.
“Davide,
dovrei andare” sussurro mentre le nostre mani si intrecciano.
“No,
aspetta” risponde lui bloccandomi un polso.
“Davide,
poi la...” non mi lascia finire, si posa un'altra volta sulle
mie
labbra e lo lascio fare senza oppormi. Continua per qualche minuto,
ma con meno timidezza ed impaccio rispetto ai baci precedenti: tiene
la mia nuca stretta al suo volto e mi bacia, gli circondo il collo
con le braccia, Davide mi cinge la vita e mi stringe a sé il
più
possibile. I nostri corpi sono l'uno contro l'altro, attaccati come
calamite, stretti, mentre le labbra continuano ad accarezzarsi
dolcemente. Ci stacchiamo dopo una manciata di minuti, ci guardiamo
negli occhi, abbiamo quasi il fiatone, gli lascio qualche altro bacio
leggero, poi vado.
Direzione:
oncologia.
~
Buongionno
:3
Ebbene sì, in questo capitolo c'è un breve
dialogo tra Vale e Maggie, devo mettere almeno una scena per ogni
personaggio e il nostro Vice-Leader ci stava bene, poi con i discorsi
filosofici che gli si addicono, ancora meglio, secondo me. Voi cosa ne
pensate?
Ed ovviamente ancora Maggie e Davide -che è vivo e vegeto
e povera stella non sa nulla del cancro di Maggie- che amoreggiano tra
loro nelle camere, aw, ma in questo capitolo
ci vanno pesanti HAHAHA. Una cosa. La parte finale doveva
essere nel capitolo in cui i piccioncini si baciano per la prima volta.
E... Nulla, dovevo dirlo (?)
Il libro della ragazza malata di cancro è vero, io l'ho
letto ed è molto carino, si chiama "Un gancio in mezzo al
cielo", se foste interessate.
Altra cosa, ho finito di scrivere la fanfiction c: Ma non anticipo
nulla, se non che sono
trentadue pagine *^*
Vi ringrazio ancora infinitamente, grazie a chi recensisce, a chi legge
e basta (se commentate vi regalo un coniglietto di cioccolato), a chi
ha inserito tra le preferite, chi tra le seguite, chi tra le ricordate,
un abbraccio coccoloso a chi mi ha messa tra gli autori preferiti e
anche a chi mi lascia le recensioni brevi.
Voglio bene a tutti u.u ♥
Beh, vi lascio, a venerdì per l'aggiornamento e, mi
raccomando, recensite in tanti c':
Watanka ♥
|
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Capitolo 10 *** Pronti, partenza, Watanka! ***
'Pronti,
partenza, Watanka'
“Eccoti,
Maggie” mi accoglie una dottoressa del reparto di oncologia
mentre
sistema le cartelline cliniche che le ho consegnato.
“Iniziamo
con una sola busta” inizia preparando la flebo
“vediamo come
reagisci, poi decidiamo se aumentare le dosi o continuare di volta in
volta con una sola”.
Mi
siedo su una poltroncina in pelle blu, poso il braccio verso la
dottoressa e rivolgo lo sguardo verso la finestra: ci sono tutti i
Braccialetti Rossi che mi salutano, mi fanno cenno di essere forte,
di combattere. Davide è l'unico che mi fissa senza lasciar
trasparire emozioni, è freddo ed immobile davanti alla
finestra, dop
qualche secondo appoggia la mano sul vetro.
“Ciao”
mimo con le labbra, rivolgendomi a tutto il gruppo, ma puntando lo
sguardo su Davide.
Sento
qualcosa punzecchiarmi il braccio: la dottoressa mi ha attaccato la
flebo ed il liquido trasparente inizia a scorrere nel mio sangue.
Inizialmente non percepisco nessuno degli effetti di cui mi ha
parlato Vale, successivamente un leggero formicolio mi infastidisce
il braccio.
“Tutto
bene?” mi domanda la stessa dottoressa di prima.
Annuisco
solamente, la nausea inizia a farsi sentire e dopo qualche minuto
inizio a rigettare tutta la cena in un secchio che regge
l'infermiera.
“Bevi
un po' d'acqua” mi consiglia porgendomi in bicchiere, la
ringrazio
senza forze con un semplice gesto della mano.
Rimango
circa un'ora attaccata alla flebo, immersa nei pensieri ed intenta ad
osservare le altre persone malate di cancro, poi il liquido
è
completamente nel mio sangue e la dottoressa mi rimanda in camera
sopra una barella perchè non mi reggo in piedi.
Appena
mi stendono sul letto, giro la testa verso il mare: il cielo
è
scuro, costellato da tante stelle, qualche nuvola macchia la distesa
di grigio, ma la luna splende, illumina la notte.
Il
rumore del mare mi culla dolcemente, le palpebre calano, tiro le
coperte fino al collo e immersa nel suono soave delle onde, mi
addormento.
“Ciao
Maggie!” una voce dolce e delicata mi richiama.
Osservo
l'ambiente intorno a me: è quasi surreale, un'enorme piscina
con
diversi trampolini, il sole è alto nel cielo azzurro e si
riflette
nell'acqua della vasca.
“Rocco?”
domando incredula riconoscendo il bambino, stranamente sveglio.
“Sono
io, tu che ci fai qua?” risponde lui sorridendomi.
Gli
occhi castani di Rocco brillano di speranza, di gioia, la voglia di
vivere e di giocare di un bambino è tutta concentrata nelle
sue
iridi. Sorride lievemente, cammina a piedi scalzi lungo il bordo
della piscina, indossa semplicemente un costume rosso ed una
maglietta a maniche corte.
“Non
lo so, ho appena finito la chemioterapia” rispondo alla sua
domanda, senza però soddisfarlo pienamente.
“Ciao
Rocco!” una voce familiare risuona ovattata nelle
mie orecchie,
ma non è stato il bambino a parlare. Mi osservo intorno
piuttosto
inquietata, siamo solo io e lui, nessun altro.
“Cos'è
stato?”
“Ciao
Toni! C'è qui anche Maggie, sai?” risponde Rocco
alla misteriosa
voce.
“Toni?”
Inizio
ad essere preoccupata, mi siedo sul bordo della piscina immergendo i
piedi nell'acqua fresca della vasca, muovendoli a destra e a sinistra
causo creo delle piccole onde contornate da un velo di schiuma
biancastra.
“Sì,
lui riesce a comunicare con me, per questo è il
furbo” spiega
Rocco sedendosi di fianco a me e iniziando a giocherellare con
l'acqua. Inizio a capire ciò che mi aveva raccontato Cris.
“Maggie,
cosa fai da Rocco?”
“Non
lo so, Toni” rispondo alla voce, sentendomi quasi impazzita.
Come
se stessi parlando con il nulla, con nessuno, al vuoto.
“Io
vado, che qua fuori è notte fonda e se la Lisandri mi vede
si
arrabbia, buonanotte” conclude Toni.
Io
e Rocco non parliamo, continuiamo a divertirci in piscina, dopo
qualche minuto iniziamo a schizzarci a vicenda con l'acqua e, tra una
risata e l'altra, decidiamo di fare una nuotata.
Saliamo
su uno dei trampolini, tendo la mano al bambino che la stringe con
sicurezza e sorride, ci avviciniamo lentamente al bordo e ci
prepariamo al salto.
“Sei
pronto Rocco?”
“Certo!”
esclama lui osservando il panorama dall'alto.
“Pronti...”
inizio io piegando le gambe.
“Partenza...”
“Via!”
urla Rocco ridendo, ci tappiamo il naso e dopo una breve rincorsa ci
lanciamo nel vuoto.
“Watanka!”
gridiamo in coro, prima di schiantarci contro l'acqua e riemergere
velocemente in superficie.
“Ti
è piaciuto Rocco?” gli domando una volta che vedo
il viso del
bambino fuoriuscire dall'acqua.
Lui
annuisce strofinandosi gli occhi e ridendo, improvvisando una nuotata
da un bordo all'altro della piscina.
~
Buongiorno
c:
Il piccolo Rocco *^* Okay, in questo capitolo non succede nulla di
eclatante, inizia la chemio, mi
mancano i Braccialetti, incontra l'imprescindibile, mi
mancano i Braccialetti, Davide
è preoccupato per Maggie, mi
mancano i Braccialetti... Mi mancano i Braccialetti T--T
Nulla di che per davvero.
Grazie mille a tutti per le dolcissime recensioni che mi lasciate, se
vi è piaciuto il capitolo commentate e vi regalo un panino
del Mc Donald's.
Scusate se vi lascio subito, ma ho un po' di roba da fare T-T
Watanka ♥
|
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Capitolo 11 *** Wig ***
'Wig'
“Rocco”
pronuncio il suo nome svegliandomi di soprassalto. Mi guardo attorno
ed è la mia solita stanza, non sono più in
piscina.
Sono
quasi le otto del mattino e rispetto a ieri sera mi sento meglio:
niente nausea, niente stanchezza, niente paura.
Scendo
dal letto avvicinando la sedia a rotelle, recupero alcuni vestiti
dallo zaino e mi dirigo verso il bagno.
“Cazzo”.
Girandomi,
noto che sul mio cuscino ci sono alcune ciocche di capelli: mi
avvicino e le osservo meglio, senza dubbio sono miei, tocco la nuca e
sento solo pelle.
“Inizia
la lotta” sussurro a me stessa, ricordandomi delle parole di
Vale.
Senza
fare colazione mi reco nel giardino dell'ospedale: pare un luogo
incantato, magico, gli alberi alti e imponenti dominano sulle piccole
margherite che costellano il prato, le persone passeggiano lungo i
sentieri, alcuni pazienti riposano respirando l'aria intrisa del
profumo del mare, c'è Piera che gioca con i piccoli e alcune
bambine
raccolgono i fiori e li intrecciano nei loro capelli.
“Maggie!
Come è andata la prima chemio?” spunta un
sorridente Leo alle mie
spalle.
“E'
andata, è andata” rispondo accennando un sorriso.
“Come
stai ora?” mi domanda posizionandosi di fianco a me mentre
indossa
un paio di occhiali da sole.
“Dai,
meglio, anche se i capelli iniziano a cadere”.
Leo
si gira di scatto e sorride, come sempre: alcune volte mi chiedo come
faccia ad essere sempre così allegro e felice in un posto
come
l'ospedale.
“Leo,
perchè sorridi?”
“Mi
domandavo se volessi continuare a perderli lentamente, fino a
rimanere con una ciocca sola, o se preferissi tagliarli tutti in un
colpo solo” spiega arricciando una ciocca tra le sue dita
esili.
“Leo,
mi confondi” ammetto ridacchiando.
“Li
rasiamo?”
“Rasarli?”
ribatto spaventata all'idea di una me calva.
“Rimani
con una ciocca sola in mezzo al deserto lasciato dai caduti in
guerra?” risponde lui ironico, indicando la sua testa pelata
e
facendomi esplodere in una fragorosa risata.
“Rasiamoli”
cedo alla fine.
Seduti
sulle nostre carrozzine, ci dirigiamo nel bagno della sua stanza. Mi
sistemo davanti allo specchio e dico addio ai miei capelli una volta
per tutte, districo i nodi con le dita per l'ultima volta, me ne
strappo uno di mia spontanea volontà per provare ancora il
pizzichio
tanto odiato.
“Sei
pronta?” domanda il ragazzo tenendo il rasoio in una mano.
“Pronta”
rispondo tappandomi gli occhi.
Sento
solo il ronzio del rasoio, a volte anche le ciocche cadere, continuo
a tenere le mani sugli occhi e dopo circa un quarto d'ora Leo mi
annuncia di aver finito.
Lentamente
sposto le mani tenendo gli occhi serrati, dopo qualche secondo li
apro piano e l'immagine di me e Leo si riflette nello specchio.
“Mi
sento strana, Leo” confesso toccando la pelle.
“Ci
farai l'abitudine” risponde porgendomi una bandana azzurra da
legarmi in testa.
“Sono
un mostro” continuo tappandomi nuovamente gli occhi e
ridacchiando
per il mio nuovo aspetto.
“Vieni
con me” dice all'improvviso Leo uscendo dal bagno.
Appena
lo raggiungo, lo vedo seduto per terra intento a cercare qualcosa in
un grande scatolone. Dopo qualche minuto alza la testa e sorride
soddisfatto.
“Leo,
cosa hai fatto ora?” domando preoccupata per l'idea che
potrebbe
essere balenata nella sua mente.
“Siediti
sulla sedia a rotelle, tappati gli occhi e non aprirli
finchè non te
li dico io, va bene?”
“Sì,
capo” rispondo ridendo e portando la mano poco sopra gli
occhi,
come farebbe un militare, poi chiudo gli occhi.
Appoggia
qualcosa di freddo sulla mia testa, poi spinge la sedia a rotelle
verso una stanza più buia.
“Apri
gli occhi”
Appena
li apro guardo verso il basso e riconosco le piastrelle azzurre del
bagno, lentamente alzo lo sguardo verso lo specchio. Sulla mia testa
c'è una parrucca nera, i capelli finti sono lunghi fino alle
scapole
e sono lisci, la frangetta mi copre quasi gli occhi.
“Le
piace il nuovo taglio, signorina?” domanda sistemandosi
ancora una
volta di fianco a me.
“Certamente
signor Parrucchiere”.
Alla
fine scoppiamo a ridere, poi mi spiega la travagliata avventura della
sua parrucca, seguita da altre risate.
“Però
ti donano questi capelli” commenta lui scompigliandoli tutti.
“Grazie,
Leo”.
~
Hola
chicos!
Sono le 12.08, io sono a casa sul divano a lodare le elezioni
che mi hanno concesso qualche giorno di riposo e sto pubblicando
l'undicesimo capitolo.
I capelli iniziano a cadere, povera Maggie T-T Però
c'è Leo salva tutto (?) che trova parrucche a caso, cose
normali insomma.
Vabbè, anche in questo capitolo nulla di particolare,
è solo un avvenimento allegro, che spezza un po' il contesto
non proprio felice della fanfiction.
Vi è piaciuto? :3
Recensite in tanti
tantissimi (?), commentate, ditemi tuuuutto quello che
pensate, consigli, pareri... Vi regalo un barattolo di nutella
OuO
No, seriamente, me lo lasciate un commentino? Anche voi lettori silenziosi,
siete arrivati fino a qua, commentate cwc
Vi lascio, ci sentiamo venerdì per il capitolo numero
dodici, besos *^*
Watanka ♥
|
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Capitolo 12 *** Tell them a story ***
'Tell
them a story'
Secondo
ciclo di chemioterapia, le cellule continuano a riprodursi ed il
tumore diventa ogni giorno più grande. Sono sdraiata sulla
stessa
poltrona della scorsa volta, la prima busta di farmaci è
quasi
vuota, la testa ciondola da un lato dolorante, lo stomaco è
in
subbuglio.
“Ciao
Maggie!” esclama Toni sorridendomi, riesco solo ad alzare il
braccio destro per salutarlo.
“Come
stai?”.
Afferro
uno dei secchi che ha lasciato di fianco alla sedia la dottoressa e
rigetto dentro il vomito, chiudo gli occhi e cerco di bere un po'
d'acqua.
“Senti...
Ma lo sai che sei davvero carina con questa parrucca?” mi
domanda
con il suo buffo accento napoletano, giocherellando con i capelli
finti.
“Grazie
Toni” biascico mentre i medicinali contenuti nella busta
scorrono
nel mio sangue, provocando un leggero formicolio.
Ci
sono diversi pazienti ridotti al mio stesso stato, vomitano, sono
accasciati contro le poltrone blu con le flebo attaccate al braccio,
ci sono anche dei bambini piccoli che piangono, cercano la loro mamma
che, sfortunatamente, non può restare al loro fianco.
“Stai
proprio male, vero? Quando ero piccolo e non mi sentivo tanto bene
mio nonno mi raccontava delle fiabe, ti piacciono le fiabe?”
chiede
osservando l'ambiente cupo attorno a sé.
“Sì,
me le leggeva mia madre” balbetto sorridendo debolmente al
ragazzo.
“Toni”
richiamo al sua attenzione, quando lo noto distratto a causa della
dottoressa che cambia flebo e attacca la seconda busta di
chemioterapia.
Lui
si gira verso di me e sorride: il suo sorriso sincero ed innocente mi
fa sentire bene, è un sorriso buono, un sorriso amico.
“Ci
sono tanti bambini, qui, in oncologia” spiego io indicandoli
con un
cenno del braccio.
“Sì,
li vedo”
“Prima
alcuni cercavano la loro mamma”.
Toni
mi guarda incuriosito, nell'osservare i bambini indeboliti il suo
sguardo si riempie di tristezza ed angoscia, dopo qualche minuti
annuisce e si allontana da me, dirigendosi verso i piccoli.
“Bambini,
volete sentire una fiaba?” domanda ad alcuni di loro che
alzano il
capo incuriositi ed accettano immediatamente la proposta.
In
pochi minuti Toni è circondato da un gruppetto di bambini
calvi che
lo ascoltano meravigliati, i loro occhietti brillano come piccole
stelle nel cielo, stelle destinate a crescere, essere ammirate da
tutti e dominare il cielo durante la notte. Noto che gesticola
ampiamente, imita i versi degli animali, dei dinosauri, di audaci
cavalieri che combattono contro i mostri più strani e
terrificanti per salvare le loro principesse, coinvolge i bambini
facendoli ridere e divertire.
Passa
diversi minuti con la sua piccola compagnia, poi alcuni di loro sono
richiamati dagli infermieri per un altro ciclo di terapia, implorano
per restare con Toni ad ascoltare le sue fiabe.
Alla
fine tutti i bambini sono andati via, chi per la cura, chi
perchè ha
finito e può tornare nella propria stanza, così
anche lui torna
nella sua stanza.
“Grazie
Toni”
“Di
cosa?” mi domanda a pochi passi dall'uscio del reparto di
oncologia.
“Hai
rallegrato quei bambini, ora la chemio sembrerà meno
mostruosa”
spiego gesticolando proprio come faceva lui con i piccoli.
“E'
stato un piacere!” esclama salutando un bambino che agita la
mano
dal corridoio.
“Ci
vediamo a cena” lo saluto prima di vederlo uscire e, dopo
qualche
secondo, sentirlo sbattere contro un muro dell'ospedale.
Ridacchio
tra me e me, per poi accasciarmi sulla poltrona ed assopirmi,
aspettando che la terapia finisca.
Da
qua non si sente il profumo della brezza marina, solo un odore
sgradevole e nauseante di vomito e farmaci. L'atmosfera è
triste, si
percepisce la desolazione e la disperazione dei malati, ognuno cerca
di strappare un sorrido a qualcun'altro, ricevendone in cambio uno
finto, tirato, malinconico. La speranza è poca, il cancro
sembra
dominare su tutto, come la guerra. È come se tutti, durante
la
chemioterapia, fossimo soldati che vanno arrendendosi, che non
lottano per la sopravvivenza.
“Puoi
tornare in camera” mi comunica la dottoressa, applicando un
cerotto
con del cotone disinfettato sulla ferita della flebo, poi torno in
camera.
Spingo
le ruote della sedia a rotelle, quando all'improvviso sento delle
risate dietro di me: mi giro per capire cosa stia succedendo.
“Magdalena,
eccoti” dice uno di loro guardandomi malvagiamente e ridendo.
Gli
amici di Davide. Il panico prende il sopravvento, anche qua in
ospedale sento di voler sparire dalla faccia della terra, cerco di
scappare, ma uno di loro mi tiene ferma la sedia a rotelle.
“Il
tuo amico Davide ci ha detto che eri qui” mi informa uno
sogghignando.
'Stronzo'
penso mentre continuano a blaterare cose insensate e ad
insultarmi.
“Che
cazzo fate?” urla Leo spuntando all'improvviso con Davide,
che si
alza dalla sedia a rotelle e spinge via i suoi amici.
“Voi
che cazzo ci fate qui?” chiede di fronte a tutto il gruppo,
che lo
osserva stupito.
“Siamo
venuti per la stronza”
“Stronza
lo dici a qualcun'altro” si intromette Leo al fianco di
Davide.
“E
tu chi saresti?” domanda una ragazza, facendosi largo tra gli
altri
componenti del gruppo.
“Non
ti interessa chi sono, andatevene e lasciate stare la nostra
amica”
ribatte Leo deciso, alzando un po' il tono della voce.
Sussulto
appena Leo pronuncia le parole 'Nostra
Amica', non ero mai stata
un'amica per nessuno, escludendo qualche bambina in Polonia, ma poi
dimenticata.
“Al
massimo lei è tua amica, di Davide non penso
proprio” commenta la
ragazza avvicinandosi a Davide e tentando di abbracciarlo, ricevendo
solo uno spintone dal riccio per allontanarla.
“Finitela!”
urla Davide esasperato.
“Andatevene
e non date più fastidio a Maggie, altrimenti la
pagate!” continua
alzando sempre di più la voce.
“Davide,
tutto bene? Stai difendendo la Nowak”
“Stai
un po' zitto, tu? Smettetela, siete delle persone pessime!”.
“Ragazzi,
basta adesso” li interrompe Ulisse, Davide ed uno dei suoi
compagni
sono fin troppo vicini ed arrabbiati, i muscoli contratti e tesi per la
rabbia.
“Voi
andate via, Davide vai nella tua stanza” conclude categorico,
mentre il Bello dei Braccialetti Rossi lancia un'occhiata fulminante
ai suoi compagni.
Io
lascio il corridoio e mi rifugio nel mio letto, ad ascoltare il suono
rilassante delle onde del mare per alleviare un po' la stanchezza
causata dalla chemioterapia.
“Maggie,
cosa ti hanno fatto?” domanda Davide entrando all'improvviso
nella
mia camera.
“Niente”
rispondo fredda, restando girata verso la finestra.
“Sono
serio”
“Anche
io, non mi hanno fatto nulla”
“Sono
cambiato grazie a questo ospedale” inizia a raccontare con
una nota
di malinconia nella voce.
“Ho
sbagliato a trattarti...”
“Davide,
fa niente, lasciami sola per favore e non dire più a gente
della
scuola che sono qua, grazie” lo zittisco in fretta,
continuando a
guardare il mare.
“Io
non ho detto niente a nessuno”
“E
i tuoi amici sono capitati qua per caso, certo” rispondo
ironica al
ragazzo.
“Maggie
lo sa tutto il paese che sei finita qua per tentato suicidio e dai la
colpa a me? Sei rimasta la solita stronza, forse avevano
ragione!”
grida innervosito, poi lascia la stanza sbattendo la porta.
'Stronzo',
penso nuovamente.
~
Buongiorno c:
Ma sentite... Se io vi chiedessi un Davide, un Toni e un Leo me li
portereste? :3
No vabbè, okay lol. In questo capitolo c'è una
scena da carie ai denti:
Toni e i bambini. Dovete sapere che io amo alla follia i bambini, sono
spupazzosi e tenerosi *^*
Ed eccoli anche qua nella fanfiction. Toni è coccoloso awaw.
Però, nella parte finale, Maggie ha sbagliato, Davidino non
c'entra nulla u.u Poteva capirlo, ma non può sempre essere
nel giusto, i colpi di scena (?) ci stanno.
Vabbuò, io vi voglio ringraziare per tutto ciò
che state facendo per far sì che la fanfiction continui, le
vostre recensioni sono sempre dolcissime e aw.
Grazie *^*
Vi regalo un gelato (?) se commentate u.u
Ora vi lascio, grazie ancora per tutto e, se domani andate al concerto
dei Braccialetti nelle Marche, urlate anche per me, cantate, ballate,
divertitevi.
Un beso, watanka ♥
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Capitolo 13 *** Di male in peggio ***
'Di
male in peggio'
La
notte non riesco ad addormentarmi, ho tanti pensieri per la testa e
ho forti fitte allo stomaco, come se mille lame lo stesseo
trafiggendo contemporaneamente. Mille bombe che esplodono dentro di
me.
Cambio
posizione più volte, disordinando incredibilmente le coperte
del
letto, giro il cuscino per provare la sensazione di freschezza e per
cercare di assopirmi, ma fallisco ogni disperato tentativo.
Dopo
un po' decido di alzarmi, mi siedo sulla sedia a rotelle e inizio a
gironzolare per i corridoi dell'ospedale, sono quasi deserti, ad
eccezione dei dottori che hanno il turno di notte.
“Cosa
fai ancora sveglia, Maggie?”
“Non
riesco a dormire, Ulisse” spiego mentre mi guardo intorno nei
corridoi.
“Come
mai?” domanda mentre mi spinge verso il giardino.
“Ho
un po' di mal di stomaco, in realtà”.
Lo
vedo sbiancare, blocca all'improvviso la sedia a rotelle e si piazza
davanti a me, in ginocchio sul pavimento freddo dell'ospedale.
“Ti
fa tanto male?” domanda visibilmente preoccupato.
“Non
tanto, è sopportabile” spiego toccando la zona
interessata sopra
la maglietta.
“Se
peggiora avvisa la dottoressa Lisandri, i tumori sono
imprevedibili”
si raccomanda con fare paterno, mentre mi lascia in giardino, vicino
al mare.
Resto
immobile in mezzo al cortile deserto: la luna riflette i suoi raggi
color latte sulla superficie del mare, illuminandone le piccole onde
notturne. Il cielo è come sempre costellato da mille stelle
luminose, piccoli puntini pulsanti, uno spettacolo da vedere.
All'improvviso
qualcuno si appoggia sulle mie spalle con le mani, sobbalzo sulla
sedia a rotelle e alzo il capo per capire di chi si tratta.
“Cris,
cosa succede?” domando spaventata appena noto la mia amica
con le
guance umide e gli occhi arrossati.
“Maggie...”
inizia singhiozzando, poi scoppia in un pianto liberatorio e mi
abbraccia, bagnandomi la maglietta con le lacrime.
Scendo
dalla sedia a rotelle e ci sediamo sul prato: stringendole le mani le
chiedo di sfogarsi, cerco di capire i motivi del suo pianto con poco
successo.
“Maggie
io non ce la faccio più: mia sorella è venuta ed
ha iniziato ad
urlarmi cose senza senso, mi sento un peso, io non reggo
più, mi
sento come una bambola di pezza sballottata da una parte all'altra,
ma non capiscono che provo anche io delle emozioni, non sono un
sasso” si sfoga gridando nervosamente.
“Cris,
sai, io e mio fratello non siamo mai andati d'amore e d'accordo, io
sono davvero un peso per lui, non è mai venuto, secondo me
tua
sorella si preoccupa e lo fa perchè ti vuole bene”
“Maggie,
non capisci”
“Capisco
Cris, capisco"
“Se
mi volesse bene non mi obbligherebbe a stare qua e a
mangiare!”
“Cris,
se non mangi è peggio, lo capisci? Te lo sto dicendo
perchè ne ho
pagato le spese, non è stato bello Cris, lo dico
perchè ci tengo a
te!” urliamo a vicenda, senza preoccuparci di disturbare i
pazienti
ricoverati.
“Sei
come tutti gli altri, dovevo aspettarmelo” conclude
asciugandosi le
lacrime con la manica troppo lunga del pigiama e scappando via.
“Due
litigi in un giorno, perfetto” sbuffo ripensando alla
discussione
con Davide, mentre qualche lacrima mi imperla le guance, fino a farmi
scoppiare, singhiozzi rumorosi riempiono il silenzio, me ne sto
accasciata sulla mia sedia a rotelle continuando a fissare il mare.
La
testa tra le gambe accovacciate contro il petto, le immagini di
questa giornata mi ripercorrono la mente: la chemioterapia, i bambini
con Toni, gli amici di Davide e le sue grida, il mal di stomaco, il
cielo stellato e le lacrime di Cris.
“Di
male in peggio” commento asciugandomi le ultime lacrime e
tornando
nella mia stanza, dove trovo un bigliettino sul letto.
'Scusa
Maggie, ma ero nervosa. Non volevo, non è colpa tua ed hai
ragione
tu, ti voglio bene – Cris' sorrido
inconsciamente e appoggio il foglietto di carta stropicciato sul
comodino.
L'orologio
segna le sei e trenta del mattino e penso che è inutile
cercare di
dormire. Dopo essermi lavata mi dirigo nella sala mensa, ancora
deserta, per la colazione.
~
Bella gente, scrivo
una riga sputata di note dell'autrice perchè ho un casino di
roba da fare.
Sto capitolo fa cagare, non serve a nulla (?), ma è
perchè nel prossimo... Scintille babaaaam. No,
serio, il prossimo è abbastanza movimentato, questo
è un po' tranquillo e pacato per prepararvi (?).
Recensite in tanti
e raccontatemi tutto se siete state al concerto nelle Marche :3
Vi saluto, watanka ♥
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Capitolo 14 *** Sei bassa ***
'Sei
bassa'
Qualche
biscotto su un piattino di ceramica, un po' di latte in una tazza
bianca, inizialmente sono sola al tavolo della mensa, poi a ruota
arrivano Leo, Vale, Cris e Toni e si siedono di fianco a me,
chiacchieriamo allegramente e mangiamo, sembrano tutti felici
nonostante fuori il cielo sia scuro e cupo e gli alberi si muovano
violentemente scossi dal vento.
Dopo
una manciata di minuti termino la colazione e mi alzo per portare
indietro la tazza e gli avanzi, per sbaglio vado a sbattere contro
qualcuno.
Alzo
lo sguardo, mi scuso sussurando con lo sguardo rivolto verso terra,
poi scappo via camminando velocemente.
“Dove
vai, Maggie?” grida Leo mentre varco la soglia della sala da
pranzo.
Corro
nei corridoi, senza curarmi delle gambe ancora troppo deboli per
sorreggere il mio peso per troppo tempo, arrivo sul campo da basket
in terrazza, mi siedo sull'asfalto appoggiando la testa contro un
muro e lascio che la pioggia inizi a bagnarmi i vestiti.
“Perchè
sei scappata via?”
“Ti
ho lasciato con il tuo gruppo” rispondo fredda, fissando il
panorama pugliese, oggi triste, malinconico.
“Smettila
Maggie, per favore” ribatte visibilmente innervosito
prendendomi
una mano ed alzandomi bruscamente da terra, fino a tirarmi a
sé.
Sento
le sue braccia stringere il mio corpo e il suo respiro caldo sulle
guance, cerco di non incrociare il suo sguardo distraendomi con il
cielo tuonante, circondo il suo corpo con le braccia.
“Sei
fradicia” constata mentre mi stringe, accarezzando i miei
fianchi.
“Anche
tu, Davide” sussurro guardando prima i suoi occhi color
nocciola,
poi appoggiando la testa sul suo petto.
“Scusa
per ieri, piccola” sibila al mio orecchio, sento le sue
braccia
stringermi ulteriormente a sé.
“Non
chiamarmi piccola”
“E'
il soprannome adatto, piccola” sussurra ancora, noto il suo
sorriso
strafottente stampato sulle labbra.
“Smettila,
Riccioli D'Oro”
“Scusa”
“Per
cosa?” domando secca, rimanendo confusa.
“Per
il fatto che sono uno stronzo” sussurra lasciando un bacio
sulla
mia guancia, mentre la pioggia continua a scendere impetuosa e a
bagnarci i vestiti.
“Ognuno
ha il suo carattere” inizio io mentre le immagini del passato
mi
scorrono in mente, come se improvvisamente mi trovassi in un
flashback.
“Solo
vedendoti qua ho capito...” continua Davide, accarezzandomi
la
schiena.
“Davide,
smettila, questi discorsi filosofici non sono da te, per non parlare
dei nomignoli dolci” lo zittisco ridendo e rilassandomi tra
le sue
tenere carezze, dimenticando il passato e la discussione.
“Hai
ragione, piccola”.
Alzo
lo sguardo, il suo sorriso ora non è scherzoso e
canzonatorio, è
dolce: gli angoli leggermente inclinati verso l'alto, gli occhi
brillano sotto i nuvoloni neri in cielo, i ricci bagnati ricadono sul
suo volto dalla carnagione chiara incorniciandogli perfettamente il
viso.
Si
abbassa leggermente, piegandosi sulle ginocchia e, chiudendo gli
occhi, si avvicina al mio volto e sento le sue labbra posarsi
delicatamente sulle mie. Mi bacia diverse volte, incrociando le sue
dita con le mie, giocherellando con i capelli finti della parrucca.
Indietreggiamo
di qualche passo, finchè non sento la schiena appoggiata
contro il
muro freddo ed umido dell'ospedale. Davide tiene un braccio attorno
ai miei fianchi, alzata sulle punte continuo a baciarlo appoggiando
le mani sulle sue spalle per mantenere l'equilibrio.
“Sei
bassa” sussurra sorridendo, staccandosi da me per qualche
secondo.
“Sei
tu ad essere alto” mi giustifico mascherando la mia bassa
statura.
“Sali”
dice allargando le braccia ed allontanandosi di qualche passo da me.
“Che?”
chiedo interrogativa, fissando le sue braccia aperte.
Non
spiega una seconda volta, si avvicina a me e, circondandomi i fianchi
mi solleva un po', per evitare di cadere mi stringo a lui.
“Sei
impazzito?” urlo ridendo, appoggio la testa sulla sua spalla
e
allaccio i miei polsi dietro il suo collo, mentre le gambe gli
circondano la vita e le sue braccia le sorreggono.
“No”
mi bacia “Ora sei alta come me”.
Iniziamo
a ridere per poi baciarci ancora e ancora, approfondisce il bacio e
sento la sua lingua danzare con la mia, un bacio meno timido e
più
naturale, come se ci conoscessimo da una vita.
Dopo
un po' mi lascia e torniamo all'interno dell'ospedale, mano nella
mano. Noto che Piera ci osserva da lontano con un sorriso
compiaciuto, mentre Davide blatera qualcosa al mio orecchio, credendo
che io lo stia ascoltando.
“Maggie,
mi stai ascoltando?” domanda all'improvviso risvegliandomi
dai miei
pensieri.
“No”
ammetto semplicemente, per poi godermi la sua espressione
contrariata.
“Stronza”
scherza dandomi un buffetto sulla nuca.
“Dicevo,
ho imparato a...” ricomincia bloccandosi e osservando il
pavimento
grigio della struttura.
“A...”
cerco di farlo continuare, senza risultato.
“Ho
imparato a voler... Insomma, ti voglio bene” conclude
velocemente,
con l'espressione innervosita sul viso. Mi assicuro che non ci sia
nessuno intorno a noi, mi alzo sulle punte e gli lascio un altro
bacio, poi intrecciando le nostre dita, andiamo nella sua camera.
“Ti
voglio bene anch'io” sussurro rivolgendo lo sguardo verso
terra
mentre entriamo nella stanza.
Rocco
è sempre lì, immobile, dorme nel suo lettino come
un piccolo
angelo, troppo piccolo per subire tutto questo dolore.
“Chissà
a cosa pensa” domanda Davide dubbioso, fissando il suo
compagno di
stanza.
“Deve
essere un bambino molto vivace”.
Accenno
un sorriso nel ricordare l'incontro in piscina, i tuffi, gli schizzi
d'acqua e le risate.
“Mettiti
questa” cambia discorso lanciandomi addosso una delle sue
magliette
asciutte.
“Non
preoccuparti, ne prendo una delle mie”
“E
dai, mettiti questa che sei fradicia, poi ti cambi stasera”
si
lamenta capricciosamente come se fosse un bambino.
Il
bagno della sua stanza è identico al mio: mi tolgo la
maglietta
grondante d'acqua e la getto per terra mentre scrollo la parrucca di
Leo. Osservo la mia immagine riflessa nello specchio: le costole
sporgono dalla pelle pallida e lentigginosa, al tatto umida a causa
della pioggia, la testa ormai calva per colpa delle ripetute
chemioterapie. Scuoto la testa per allontanare i pensieri, indosso la
maglia di Davide, troppo larga per il mio corpo. Ha il suo stesso
profumo, dolce, un profumo accogliente ed intrigante, un profumo
buono, un profumo che vorrei avere sempre addosso.
“Cosa
sto pensando” mi domando da sola, scacciando via i pensieri e
riportando la mia maglietta fradicia nella mia camera, seguita da
Davide.
“Troppo
piccola anche per una maglietta” commenta abbracciandomi da
dietro
e lasciando qualche bacio sul mio collo, io mi rifugio tra le sue
braccia e chiudo gli occhi, godendomi le sue attenzioni.
“In
effetti” rispondo io girandomi velocemente e baciandolo, come
se
non potessi fare a meno dei suoi baci e delle sue labbra.
“Cosa
stiamo facendo?” sussurro dopo un po', appoggiandomi a lui e
stringendogli la felpa, mentre le sue mani viaggiano sui miei
fianchi.
“Dico,
sembriamo...”
“Fidanzati”
conclude lui, stringendomi tra le sue braccia.
~
BOOOOOOOOOOM.
Cosa vi avevo detto? Ceh dai, stavolta proprio si sono dati da fare c':
Vi è piaciuto?
Spero di sì, dai. Spero che abbia "migliorato" il fatto che
la scuola sia finita. Almeno, per me finita mica tanto, ho gli esami cwc
Però questi due, veramente, teneriteneriteneri.
Bene, anche per oggi vi lascio subito che ho le prove del saggio di
musica e devo scappare, ciaaaao.
Se recensite vi regalo una maglia di Davide *3456789765 recensioni*.
Watanka ♥
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Capitolo 15 *** Again ***
'Again'
Il
silenzio invade la stanza, i nostri respiri si confondono,
l'atmosfera non è tesa, nemmeno rilassata. È
strana, semplicemente
strana. Come solo può essere il rapporto tra due ragazzi che
prima
si parlavano solamente per insulti e prese in giro e ora si
abbracciano, come due perfetti amici, e si baciano, come se fossero
fidanzati.
“Eccovi
piccioncini” ci sorprende Leo, entrando all'improvviso nella
mia
camera mentre sono abbracciata a Davide.
Istintivamente
ci stacchiamo, lui però mi stringe la mano e mi avvicina a
sé,
passandomi l'altro braccio attorno alle spalle.
“Ho
interrotto qualcosa?” domanda guardandoci interrogativo ed
alzando
le mani, come per scusarsi.
“No,
no” risponde Davide con un gesto veloce della mano.
“Va
bene” dice il ragazzo calvo con una nota di sarcasmo nella
voce
“Davide, ti cercava la Lisandri e Ulisse vuole te,
Maggie”.
“Maggie,
vieni che hai il ciclo di chemioterapia” arriva
all'improvviso
Ulisse strattonandomi via da Davide, apparentemente nervoso.
“Me
l'ha già detto Leo, un minuto ed arrivo”
“Sbrigati”
conclude il dottore abbandonando la camera, confusa chiedo a Leo se
sia a conoscenza di cosa stia succedendo, ma anche lui non sa nulla.
“Beh,
io vado” saluto tirandomi le maniche della felpa lungo i
polsi.
“Ciao,
piccola” Davide mi abbraccia ancora, senza curarsi di Leo mi
bacia,
poi io ed il Leader ci rechiamo nel reparto di oncologia.
“Ma
tu e Davide?” domanda sorridendo, lo sguardo malizioso e di
chi la
sa lunga.
Io
gli sorrido di rimando, senza dare alcuna risposta. È
inutile
spiegare ulteriormente, ha visto cosa è successo.
“Devi
fare anche tu la chemio?” domando mentre appendo la mia felpa
su un
appendiabiti del reparto, restando solo con la maglia di Davide e dei
pantaloncini.
“Mi
tocca, purtroppo”
“Dai
Leone, sei forte” lo incoraggio indicando il murales sulla
parete.
Una
dottoressa mi attacca la flebo al braccio, il liquido inizia a
scorrere tra le vene, nel sangue, fino a distruggere le cellule
maligne del tumore, fino a distruggere il mostro del mio stomaco.
Vomito, vomito ininterrottamente per qualche minuto, più
volte
rispetto al normale.
“Tutto
bene?” mi domanda la stessa dottoressa di prima. Non
rispondo,
continuo a rigettare nel secchio senza sosta, per lo sforzo mi
scendono alcune lacrime.
“No”
riesco a biascicare dopo un paio di minuti.
“Maggie,
aspetta qua un minuto” la sua voce allarmata non promette
nulla di
buono, guardo ciò che c'è dentro al secchio e
noto delle macchie
rossastre.
Alcuni
medici, tra cui la Lisandri, sono intorno a me che parlano riguardo
qualcosa, non riesco a seguire il discorso, la testa continua a
pulsare e a fare male.
“Maggie,
stiamo andando in sala operatoria” mi dice il dottor Carlo
all'orecchio mentre sento delle braccia sollevarmi dalla poltrona e
posarmi su un lettino.
“Cosa
succede?” riconosco la voce di Toni e il brusio confuso degli
altri
Braccialetti dall'alto che risuonano ovattati nelle mie orecchie.
“Dobbiamo
operarla, il tumore peggiora, cercheremo di asportarlo”
spiega
Ulisse mentre qualcuno stringe entrambe le mie mani.
“Sei
forte, Maggie, ce la fai, hai sconfitto tutti, sconfiggerai anche
lui” mi sussurrano Vale e Cris all'orecchio, cerco di
sorridere e
di stringere altrettanto la loro mano.
“Forza,
piccola mia” la voce di Davide risulta rauca, come strozzata
dai
singhiozzi. Apro a fatica gli occhi, mi lascia un bacio sulla guancia
e sento una gocciolina bagnarmi la pelle.
“Non
piangere” sforzo la voce, poi appoggio la testa sul cuscino
del
lettino e chiudo gli occhi, sento le urla dei Braccialetti Rossi
risuonarmi nei timpani: “Watanka”.
“Ti
facciamo l'anestesia” mi dice la Lisandri, qualche minuto
dopo
sento un leggero pizzicotto sul braccio e, lentamente, inizio a
perdere i sensi fino a cadere in un sonno profondo.
“Maggie,
sei di nuovo qui!” esclama Rocco venendomi incontro
sorridendo.
“Cosa
mi succede, Rocco?” domando preoccupata, abbassando lo
sguardo
verso la piscina.
“Questo
è un limbo tra la vita e la morte, Maggie” spiega
spostandosi al
mio fianco.
“Io
ho già rischiato la morte?” domando sbalordita,
confusa,
ricordando il precedente incontro con l'imprescindibile dei
Braccialetti Rossi
“Sì,
Maggie...” risponde lui guardando il cielo azzurro.
“Maggie,
mi senti?”.
La
voce di Toni risuona spaventosamente in tutto l'ambiente, come la
volta precedente.
“Ciao
Toni” lo saluto sconsolata, bagnandomi i piedi con l'acqua
della
piscina.
“Maggie,
sii forte... Tieni duro, resisti dicono Vale e Leo... Cris è
preoccupata, sii forte anche per lei, ti vuole bene, lo sai?”
singhiozza Toni, la voce è roca, quasi troppo scura e bassa
per
appartenere ad un ragazzo solare e simpatico come lui.
“Vi
voglio bene anche io” commento stringendo una delle piccole
mani di
Rocco.
“E
Davide... Lui è preoccupatissimo, sai? Piange, non ha mai
pianto
così tanto, è nervoso, prende a calci tutto”
spiega
continuando a tirare su con il naso.
“Abbracciatelo...”
sussurro mentre le lacrime iniziano a punzecchiare gli occhi.
“Maggie,
lui...”
~
BUOOOOOOOOOOONGIORNO
MONDO ☺
Buongiorno veramente, sono le 09.10 e io sono sveglia da un'ora e mezza
e ho studiato e mi sono esercitata in matematica. Non si
può, potrei dormire fino alle dieci e mi alzo alle sette e
mezza, bah.
Anyway,
ecco a voi il capitolino-ino-ino.
E' il penultimo, voi e le vostre recensioni mi mancate già
cwc
Maggie e Davide si slinguazzano pure davanti a Leo,
l'intimità e l'odio tra i due sono andati a farsi fottere c:
Che ne dite? Cosa succederà a Maggie? Io lo so e voi no pappappero (?)
Dai, ormai siete abituate alle mie cazzate, non vi dovreste stupire
più di tanto.
Lasciate un commentino-ino-ino
e vi regalo un ghiacciolino-ino-ino
(anzi, un
polaretto perchè sono troppo buoni *^*).
Vi ringrazio tutte ancora una volta anche perchè nel
capitolo precedente siete aumentate a dismisura
con le recensioni e perciò vi amo gnegne :3
Ci sentiamo venerdì per l'ultimo capitolo con i
ringraziamenti a
tuuuutti. E quando dico tutti, dico tutti.
Buona fortuna per esami/pagelle/voti
di ammissione/vacanze libere/quellochevolete, forza Italia (?) e watanka
♥
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Capitolo 16 *** Watanka, piccola mia ***
'Watanka,
piccola mia'
“E'
innamorato di te”
“Davvero?”
domando incredula, le lacrime continuano a spingere per uscire.
“Sì,
è innamorato, sei la sua piccola, dice”
risponde Toni
accennando un risolino tra le lacrime.
Riesco
quasi ad immaginarmi il viso del napoletano, bagnato di lacrime ed
arrossato, ma con il sorriso, il suo sorriso benevolo e amichevole,
lo stesso con cui raccontava le storie ai bambini malati.
“Toni?
Ci sei?” lo richiamo dopo qualche minuto.
“Sì”
“Digli
che... Che per me è la stessa cosa, che anch'io... Beh, hai
capito.
Poi dì a Cris di mangiare qualcosa, di farlo per me e
ringrazia Vale
per le belle parole e Leo per l'allegria... E per la parrucca. Toni,
io ti ringrazio per tante cose, sei stato così gentile e
simpatico
con me e con i bambini, sei una persona fantastica” concludo,
le
lacrime hanno iniziato a scorrere sulle mie guance senza fermarsi.
“Sì,
sì, lo farò!”.
Dopo
un po' non sento più la voce di Toni, Rocco mi sorride, io
lo guardo
terrorizzata senza capire cosa stia succedendo.
“Rocco,
tu senti Toni?” gli chiedo, sperando che anche lui non senta
nulla.
“Sì,
Maggie, tu?” mima lui con le labbra facendosi serio.
“Rocco
non sento nulla”
“Maggie...”
Spalanco
gli occhi, Rocco mi stringe le mani e mi abbraccia, le sue esili
braccia attorno al mio corpo mi fanno percepire la debolezza e la
forza di quel bambino, la forza nel combattere, nel sopravvivere in
un limbo tra vita e morte, la forza di aspettare, pazientare.
“Non
è un buon segno”.
Dopo
un po' mi sento debole, mi stendo sul bordo della piscina con la
testa appoggiata sulle gambe di Rocco, una mano ciondola nell'acqua,
poi si fa tutto improvvisamente buio e silenzioso.
“Siamo
tutti qua, riuniti per lei, lei che non ce l'ha fatta, la cattiveria
era troppo grande, il mondo era ingiusto per una ragazza
così
fragile, ha resistito a tante cose, ma alla fine ha ceduto”
recita
il prete toccando l'altare bianco della Chiesa dell'ospedale.
La
bara di Maggie è in legno, coronata da fiori colorati,
intorno a lei
ci sono tutti i suoi amici, le persone che le sono state accanto nel
periodo in ospedale.
C'è
Leo.
Il leader dei Braccialetti Rossi, gli occhi arrossati e le lacrime
che scorrono imperterrite sulle guance pallide del ragazzo, i
singhiozzi si confondono con quelli delle altre persone, stringe la
parrucca di lunghi capelli neri raccontando la sua storia, Maggie
era speciale.
C'è
anche Cris,
che
stringe una mano del Leader. La ragazza fissa il basso, il volto
quasi completamente coperto da un velo e da una sciarpa, ogni tanto
si strofina le guance con la manica di una felpa nera, prima di
entrare in Chiesa e sedersi al suo posto ha mangiato, sorprendendo la
psicologa e i dottori, Maggie
l'aveva aiutata.
Vale
stringe un foglio, si intravede un
soldato, un militare
vittorioso che abbraccia la sua famiglia, come se avesse appena vinto
una battaglia, il suo sguardo triste, spiazzato, fissa un punto nel
vuoto, mimando con le labbra una preghiera per la sua amica,
per Maggie, che non aveva vinto la battaglia.
Toni,
c'è anche il Saggio del gruppo. Tiene per mano un bambino,
uno dei
tanti presenti alla cerimonia insieme a Piera. Il piccolo vorrebbe
una storia del napoletano, ma in lacrime non può spiegare
che gliene
racconterà una dopo, alla fine, che si trovano in un posto
pieno di
persone tristi per una ragazza, per
Maggie che ha lasciato il segno anche nei più piccoli.
Rocco
recita a memoria una preghiera ancora
nel suo limbo,
nella sua piscina, nella sua solitudine, urla come se potessero
sentirlo, sta vicino a Maggie,
come per farle compagnia, nonostante
abbia vissuto con
lei gli ultimi attimi.
Ed
infine, per completare il gruppo più conosciuto
dell'ospedale, c'è
lui, il
Bello
del gruppo. È di fianco al prete, le mani giunte e lo
sguardo verso
il basso, le lacrime gli imperlano il viso, ma l'orgoglio vince
ancora su tutto, cerca di nasconderle. Si avvicina al microfono
asciugandosi il volto e, con la voce rauca e spezzata dai singhiozzi,
inizia a parlare.
“Chi
era Maggie? Semplicemente una ragazza fragile, timida, chiusa, troppo
debole ed indifesa per convivere con la società. Per
convivere con
delle persone cattive, delle quali io sono stato il primo. E me ne
sono pentito appena l'ho vista, la prima volta, stesa sul letto della
sua camera, con le braccia e le gambe piene di tagli e di lividi. Era
troppo ingiusta, questa vita. Non meritava nulla di tutto
ciò. Non
era mai entrata, ma era una di noi, anche lei faceva parte dei
Braccialetti Rossi. Ed ora è arrivato il momento di dirlo,
dire che
il colpevole, che la persona che l'ha fatta finire qua per la prima
volta, si è perso i sottotitoli del suo cuore, non ha dato
loro
ascolto, capendo troppo tardi di amarla e di non poterla dimenticare
mai” conclude scendendo dall'altare e posando un braccialetto
scarlatto sulla bara della ragazza, per poi accovacciarsi su una
sedia appartata.
Scoppia
in lacrime, la testa tra le gambe.
“Watanka”
urla Leo alzandosi in piedi, cercando di mantenere l'equilibrio su
una gamba sola.
“Watanka”
lo segue Cris, alzandosi a sua volta.
La
stessa cosa fanno Vale e Toni, gridando il motto del gruppo a tutta
la Chiesa: “Watanka”.
La
folla dietro di loro si aggrega, tutti insieme pronunciano la parola
strana ed inesistente senza un preciso significato, tutti che la
dicono per Maggie.
Tutti
tranne uno.
Davide
è ancora accovacciato sulla sedia, ma sta sussurrando
qualcosa,
senza farsi sentire da nessuno: “Watanka, piccola
mia”.
Maggie
era così, troppo piccola e fragile per restare al mondo,
aveva
sofferto troppo, lei meritava una vita migliore ed il cancro
gliel'aveva donata, le aveva donato la vita in paradiso.
~
...
Ora volete morta me e non Maggie, lo so cwc
No, beh. L'idea era questa, tra le note il "Drammatico" non
è inserito a caso.
Spero di avervi fatto scendere almeno una lacrimuccia, più
che altro con il discorso di Davide che non è mai riuscito a
confessare i suoi romantici sentimenti all'amata Maggie -mi sto sentendo molto
Shakespeare lol-.
Che dirvi? In realtà so benissimo cosa dirvi. E' una parola.
Sei lettere. Dai, avete capito. Grazie.
Grazie a tutti. Siete fantastici. Non ho mai ricevuto così
tanti commenti, così tanto appoggio, anzi, credevo che
questa fanfiction sarebbe stata un fallimento totale.
Ed invece è stato il contrario. Siete semplicemente watankosi ♥
Adesso è arrivato il momento dei ringraziamenti:
Grazie a chi ha
recensito i capitoli, tutti, alcuni, solo uno, grazie mille davvero a:
DreamLove_2000,
Trovatic_, bathroom, Belictioner00, debbyciao, Nenne_Payoran, lilli2,
CrisNialler, Nike_Blazer_Malik_22, la ladra di libri, vinci_trovatics,
kocchi94, HareyLouyear, Ceci235, Saretta_Justin, Greenday_99
Grazie a chi ha
messo nei preferiti: AleAzza,
Ceci235, Demis_Cupcake, gio12_watanka, Greenday_99, ineedofthem,
kikketta_directioner, kocchi94, la ladra di libri, Martillaaa,
Meili_Shinobi, meli06, mimi3316, Nenne_Payoran, Nike_Blazer_Malik_22,
oOMyaOo, saaaraneedsoreo, Taylor_HG_Swift, Trovatic_, vinci_trovatics,
voglioluke, Watanka31, _loveyoutothemoonandback_.
Grazie a chi ha
messo la fanfiction tra le seguite: boreale1d69, Chimera_lupo99,
debbyciao, dianarusso98, elil2, frappuccino098, GioSum41, kuwari,
lallala99, mepiasanolefasola, minatonamikaze, Pixel,
Sophie_mirkotrovato, Trovatic_, vinci_trovatics.
Grazie anche a
chi l'ha messa tra le ricordate: Delisabri, Trovatic_
Bene, ho finito qua. Mi mancherete tanto tanto tanto, se mi volete
contattare in privato non fatevi problemi e scrivetemi tutto quello che
volete.
"I don't want this moment to
ever end,
where everything's
nothing without you,
I'll wait here forever
just to, to see you smile,
'cause it's true, I am
nothing without you"
{With
me - Sum 41}
Grazie mille ancora,
la vostra _Nobody_.
Watanka ♥
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