Darkbright: il corvo senza cielo

di Gdgemi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Incontro ***
Capitolo 3: *** Student party?! ***
Capitolo 4: *** Intervallo ***
Capitolo 5: *** Close Quarter ***
Capitolo 6: *** Ciò che io sono ***
Capitolo 7: *** La regina di Vanessa ***
Capitolo 8: *** Scontro Glaciale ***
Capitolo 9: *** Cos'è lei per me? ***
Capitolo 10: *** Flashback della Genesi ***
Capitolo 11: *** Cos'è la vita? ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


-Darkbright -
Prologo:
La pioggia batteva il ritmo della notte nella luminosa città di Vanessa. Nonostante il brutto tempo, la città era in fiera e una moltitudine di persone vagabondava fra mercatini vari e giostre allegre che con i loro colori attiravano i bambini che con occhi illuminati, seguiti dai loro genitori, sceglievano con cura le piattaforme da visitare. Poco più in là dell’assordante chiasso prodotto dalla musica che i giostrai usavano per intrattenere la gente, una giovane coppia stava passeggiando sotto un ombrello, tenendosi a braccetto.
Senza farmi sentire, scivolai silenzioso a pochi metri vicino alla coppia, sfruttando ad un cero punto i tetti bassi dei palazzi circostanti per non farmi notare. Il ragazzo aveva si e no 17 anni, con capelli corti e biondi. Mentre la ragazza, probabilmente della stessa età aveva dei lisci capelli castani raccolti in una coda. Il mio obbiettivo era lui. Essendo anch'io un loro coetaneo, la mia missione era doppiamente dura.
Arrivati al cancelletto di una villetta in una strada privata, i due si abbracciarono e si scambiarono un bacio. Dopodiché, la ragazza apri il cancelletto, sali con due balzi i quattro scalini che la separavano dalla porta ed entrò dentro la casa, lasciando da solo il giovane, rimasto immobile con sguardo vacuo mentre fissava ancora il punto dove aveva perso di vista la sua amata.
“Quello era il momento..” mi dissi, osservando nervosamente il piccolo foro sulla mia piastrina che mi penzolava dal collo, con su scritto solo i caratteri “PK4697”, risalenti al mio numero di matricola e il mio gruppo sanguigno, riportato poco più sotto.

Aspettai che il biondo si allontanasse il tanto che bastava da farlo uscire dalla visuale degli abitanti della via. Iniziai a muovermi verso di lui, non curante di nascondere la mia presenza. Dopo circa dieci passi, si fermò di botto ad una ventina di metri da me. La pioggia batteva sempre più forte mentre stavo trattenendo il respiro dall'eccitazione. Un movimento, sarebbe bastato un solo movimento brusco e gli avrei piantato un coltello dietro la nuca. Non accadde nulla e il ragazzo riprese la camminata.

“Che non si sia accorto di me? Che fosse solo un caso che…”
Non finii di pensare, che subito lo notai. Una vera e propria sfera d’acqua si era alzata da terra a 30 centimetri dalla mia posizione. Lo sapevo… lo scontro era già iniziato.
La sfera esplose con la potenza di una vera e propria bomba. Scattai più veloce che potei, aiutandomi con una verticale al momento dell’esplosione.
Mi guardai intorno. Lui non c’era più.
“Non poteva essere andato troppo lontano in quei pochi attimi” pensai.
Salii sul tetto del palazzo più vicino, sfruttando la mia destrezza  disumana non dovuta dal mio talento, ma da quel che ero. Già.. non ero ne un umano, ne un dio. Ero semplicemente un mostro, un mostro creato per uccidere ed obbedire agli ordini di qualche strambo superiore. Nel mio petto, giaceva nascosto il “Gear”, un meccanismo ultra-tecnologico che permetteva al suo utilizzatore, a seconda del tipo di Gear, il potere di spingere le proprie facoltà mentali e fisiche a livelli stratosferici, col semplice costo della libertà del possessore. Infatti chi entrava in possesso di quel potere, non aveva il diritto ne di scegliere cosa fare della propria vita, ne di avere un qualsivoglia sogno e addirittura, essere privato della propria umanità.
 “War-Machine”, ci chiamano i nostri creatori e successivamente, dall'esercito venimmo ribattezzati "Peace Maker". Esseri progettati solo allo scopo di uccidere o, alle volte, anche farsi uccidere pur di mantenere la finta pace del nostro tempo.
Avevamo solo un piccolo difetto: il nostro corpo da solo non sopportava il peso dei poteri del Gear. Qualsiasi potere a noi venga dato, durante il suo utilizzo viene riversato nei nostri corpi, provocandoci la morte dopo un utilizzo superiore ai tre minuti. Tuttavia, grazie ad una speciale tuta chiamata “proto-tuta” che veniva solitamente indossata sotto i normali vestiti, ma che nel mio caso era stata compressa in due braccialetti e due cavigliere espandibili grazie alle nuove tecnologie sperimentali dell’esercito, venivamo protetti dal nostro stesso potere grazie al suo particolare tessuto che veniva trattato in maniera diversa a seconda del Gear.
Noi non avevamo patria, non avevamo famiglia, amici e non sapevamo neppure lontanamente cosa fosse l’amore, non perché fossimo esseri senza emozioni, ma semplicemente, non abbiamo mai avuto una vita che ci permettesse di conoscere queste cose. Venivamo presi che eravamo poco più che bambini, deportati nell'area 97-D nella città segreta di ricerca chiamata “Yggdrasil” e all'interno venivamo “uccisi” e reincarnati in “Peace Maker”.
Mi ero allontanato parecchio dal centro della città mentre ero perso nei miei ricordi più orribili della mia vita, nonché gli unici che avevo. Avevo ormai perso di vista il bersaglio quando mi ritrovai in uno stretto vicolo e una sagoma nera mi si parò davanti.
Non ero certo di chi fosse. Era coperto da un lungo soprabito nero con un cappuccio. A causa della pioggia non riuscivo a vederlo bene e appena tentai di attivare la mia tuta e utilizzare i miei poteri per disfarmi del probabile nemico che mi si era presentato davanti, le mie palpebre iniziarono a diventare improvvisamente pesanti. Le gambe iniziarono a tremare e la vista si offuscò ancora di più. Probabilmente, quello era l’effetto del Gear del mio avversario.
Tentai debolmente di partire all'attacco , ma le mie gambe cedettero facendomi cadere al suolo fradicio. Riuscivo solo a vedere le scarpe del mio assalitore, blu con due strisce bianche… insolite da usare con il soprabito nero. Chi era quell'uomo? Da quale squadra proveniva? Perché mi stava attaccando?
“Ah già..” pensai.
Io ero un traditore ed era ovvio che alcune persone mi volessero morto. Da circa tre anni, avevo formato una piccola squadra mercenaria che dava la caccia ai “mostri” fuori controllo che uccidevano per diletto, senza diretto ordine di nessuno. Traditori, come me, che però si erano abbandonati alla violenza e alla criminalità senza alcun rimorso, invece di collaborare formando una forza autonoma ma non in conflitto con le forze armate.
I miei occhi si chiusero e la mia coscienza sparì dal buio vicolo in cui mi ero cacciato dopo aver incontrato l’uomo incappucciato. Non osavo nemmeno immaginare cosa mi sarebbe successo di li a poco.








-spazio autore-
Salve lettori! Eh si, sono riuscito a rientrare con questo account per farvi partecipi della storia di Darkbright! Chi ha letto la versione precedente si ricorderà che il protagonista si chiamava Klein e non Raven... beh, con il passare del tempo ho fatto dei cambi in qua e in la e ho modificato qualche piccolo errore da me commesso. Spero che vi godiate la storia!

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Capitolo 2
*** Incontro ***


-Capitolo 1: Incontro -
Un’insolita sensazione di caldo inondò i miei sensi. Iniziai piano piano a riprendere coscienza e cercai di sforzarmi di riaprire gli occhi. I miei occhi si aprirono in due micro-fessure. Non ero più nel buio vicolo bagnato dall’acqua piovana. Ero all’interno di una grande stanza luminosa, sdraiato su un divano. La stanza era arredata in maniera deliziosa con statuette a forma di fata e mobili antichi di pregevole fattura, accostati con televisori e consolle di gioco della massima tecnologia olografica “sviluppata nei 10 anni precedenti” che rovinavano il bel quadretto.

“Signore?” mi sentii chiamare da una dolce e infantile voce.

Alzai lo sguardo quel tanto che basta da riuscire a vedere una piccola sagoma a pochi metri con me. Era una bambina, non avrà superato i 10 anni e stava stringendo forte a se il suo peluche simile ad un coniglio. Aveva lunghi capelli neri e lisci con dei ciuffi simmetrici che le davano sul viso, coprendole leggermente la visuale, occhi nocciola stranamente familiari e caldi, con indosso un pigiama bianco con degli orsacchiotti ricamati sopra.
“Bel!” esclamò la bambina dopo aver notato che ero sveglio.

Rumori di passi  si udirono dall’altra stanza. Un’altra persona, stavolta un’adolescente, fece capolino dalla soglia della porta. Riuscii a mettermi a sedere, sforzandomi il più possibile. A quanto pareva quell’uomo in nero oltre ad avermi addormentato mi aveva anche privato di tutte le mie energie. Ciuffi di capelli neri scesero sul mio volto, oscurandomi la visuale del mio occhio sinistro. A pochi metri da me vi era uno specchio dove vidi la mia immagine riflessa. Era molto tempo che non mi guardavo allo specchio. Lunghi capelli neri, una volta legati in una piccola coda, cadevano ad altezza spalle, mentre davanti mi coprivano l’occhio, un’incolta barbetta era presente sul mio mento e un accenno di baffi presidiava sopra le mie labbra.

“Avevo proprio un’aria trasandata” pensai.
La ragazza di nome Bel mi guardò con i suoi profondi occhi verdi e si sistemò i suoi corti e spettinati capelli rossi, della stessa tonalità delle sue guance.

“Dove mi trovo?” dissi, chiedendomi anche se fosse educato domandarlo senza le dovute presentazioni.
La ragazza sospirò e mi rispose.
“Ti trovi nella nostra dimora, non lontano dal vicolo in cui ti abbiamo trovato neanche un’ora fa. Stavamo per chiamare l’ambulanza” aggiunse in tono sprezzante “…ma a quanto pare ti sei ripreso”
Non riuscivo a comprendere se il suo tono spavaldo fosse dovuto al fatto che fosse incredibilmente in imbarazzo o fosse semplicemente un’arrogante.
In quel momento la porta si aprì. Una giovane donna che doveva avere all’incirca 25 anni, con capelli castano chiari e i soliti occhi familiari color nocciola entrò nella stanza, sospirando lievemente con gli occhi chiusi. Quando li aprì, vide me, a sedere sul divano e sommerso dalle morbide coperte di pile che le due ragazze mi dovevano aver messo per non farmi prendere freddo.

“E questo chi sarebbe?” chiese con tono innocente, indicandomi con l’indice.

“Oh, sorellona Nee!” esclamò in tono molto infantile la bimba, che saltellando raggiunse la donna.

“Cosa mi hai comprato di bello alla fiera?” chiese lei, con un dolce e ansioso sorriso in faccia.

“Tanti dolcetti tutti per te” rispose la donna, rispondendo al sorriso “Ma dimmi, chi sarebbe il nostro ospite?”

“E’ un tizio che ho trovato disteso per terra nel vicolo vicino a casa nostra, era tutto bagnato e non riprendeva conoscenza, così ho deciso di portarlo qui e chiamare successivamente un’ambulanza, ma prima che lo facessi si è risvegliato” rispose la ragazza di nome Bel.

“Non è stato molto prudente da parte tua, sarebbe potuto essere un criminale!” brontolò la donna “Comunque, stai bene adesso? Qual è il tuo nome?” mi chiese finalmente.
A quella domanda seguirono qualche attimo di silenzio. Un nome.. che cos’era un nome, se non un codice di riferimento ad una persona o ad un oggetto? Io avevo più di un nome. Mi chiamavano PK4697, dove PK erano le iniziali del mio “creatore”, 46 il numero della “nascita” e 97 il laboratorio di appartenenza, poi mi chiamavano Peace Maker e infine,  quell’uomo mi diede il nome di..
“Raven” risposi, fissando ancora una volta gli occhi della donna.

“Raven eh?” rispose Neela “è di certo un nome particolare.. bene, io mi chiamo Neela e sono la maggiore fra le tre sorelle presenti in questa stanza, la rossa si chiama Annabel e la piccolina Laura. Dimmi, hai un posto dove andare?”.

Memorizzai i nomi delle ragazze e come d'istinto cercai con la mano la mia piastrina che.. non c’era! Mi prese un attacco d’ansia per la possibilità di aver perso qualcosa di così prezioso, l’unico ricordo che avevo sul mio passato da "essere umano" e l’ultimo che il mio unico padre mi aveva lasciato al momento della sua morte. Iniziai a cercare nervosamente fra le coperte e sul divano ma niente, poi, il mio sguardo si posò su una sedia poco distante dallo specchio nel quale mi ero visto pochi minuti fa. I miei abiti erano perfettamente piegati e asciutti sulla spalla della sedia e la mia piastrina sporgeva dalla tasca della mia giacca. Trassi un sospiro di sollievo, mi alzai e mi infilai i miei indumenti, soffermandomi sulla piastrina, che fissai per qualche secondo fino a che non me la rimisi al collo.

“Ehi dico a te!” disse Bel “Neela ti ha fatto una domanda! Vedi di rispondere alla padrona di casa che gentilmente ti ha offerto la sua ospitalità! Se no ti butto fuori a calci in culo”.

Nonostante le sue brutte maniere, Bel era una ragazza di bell’aspetto, con un seno prominente che si aggirava verso la quarta taglia e delle curve ben accennate, senza la minima traccia di grasso in eccesso. Mi soffermai un secondo per osservarla meglio. Nonostante riconoscessi la sua femminilità, non capivo se provavo un’attrazione per lei, o fosse semplice disagio dato dai suoi modi da gorilla. Mi affrettai solo a rispondere:

“Scusate per il disturbo, ho già un posto dove tornare, ma grazie comunque dell’ospitalità.. tornerò a ripagarvi” conclusi in modo solenne, rimpiangendo soltanto dopo di non aver approfondito le conoscenze di quell’insolito gruppetto.

Però era vero. Sarei tornato in quella casa fatata, da quelle tre sorelle con gli occhi che mi suscitavano emozioni lontane e i modi barbari di Bel. Una parte di me si era già affezionata a loro.
Mi diressi verso l’uscita, ringraziando per il loro soccorso e per l’ospitalità.
Si erano ormai fatte le 21, una fredda aria invernale faceva rabbrividire l’intero quartiere, riducendo il poco calore ed entusiasmo che la fiera cittadina aveva portato.
Il mio telefono squillò in quel momento. Aprii la tasca del mio giubbotto di pelle e presi il cellulare. Guardai la scritta e lessi “linea criptata”.

“Pronto?”.

“Sono Balto” rispose la voce familiare del mio collega.

In quel momento ripensai a tutti gli eventi avvenuti nelle ore precedenti. La mia organizzazione si chiamava Oricalcum, un gruppo di Peace Maker "PM" mercenari separati dall’esercito ma non in conflitto con loro, che da la caccia ai PM che si sono uniti ad associazioni criminali o che sono diventati un pericolo per il Paese. La nostra scelta di non far parte direttamente dell’esercito è nel semplice fatto di non fidarci di quest’ultimi. Perciò, siamo divenuti dei mercenari ed eseguiamo gli ordini che vogliamo dei clienti che ci pagano meglio, se non riceviamo un’attenta descrizione dei motivi dell’incarico e dell’obbiettivo non accettiamo mai lavoro. Tuttavia abbiamo ricevuto il permesso di operare direttamente dallo Stato, ciò dunque ci mette su un piano totalmente diverso rispetto all'altro tipo di traditori.

“Cos’è successo al bersaglio?” mi chiese Balto.

“l’ho perso…” risposi, riferendo nel dettaglio cosa successe, dal potere del ragazzo, alla comparsa dell’uomo in nero.

“Ricevuto” continuò “la richiesta è comunque cambiata, non uccidere subito l’obbiettivo, ma scopri dove si trova e prendigli il Gear”.

La rimozione del Gear portava irrimediabilmente alla morte, quindi una sola cosa era certa. La vita di quel giovane biondo con la ragazza deve avere fine.

“Per farlo ti dovrai avvicinare al contatto, abbiamo scoperto la sua scuola, domani andrai li a tempo indeterminato.. sbrigati a tornare alla base” concluse Balto.

“Ricevuto..” bisbigliai, mentre chiudevo la chiamata.

Mi appoggiai ad un muro li vicino, guardando verso il cielo, che nel frattempo si era rasserenato e mostrava una luna malinconica che rispecchiava il mio stato d’animo.
“Chissà se le rivedrò ancora…” mi chiesi, guardandomi indietro, prima di riprendere il cammino verso la base.

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Capitolo 3
*** Student party?! ***


Capitolo 2:
Un leggero rumore di passi si avvicinò alla porta della mia stanza. Ci fu un attimo di silenzio e poi…
“Toc Toc”.

“Svegliati Klein, è ora di andare a scuola!” disse una voce con tono melodioso.

Dopo ieri sera, ero tornato alla base per ricevere ulteriori informazioni sulla nuova missione denominata “Student Party” ed analizzare il mio nuovo equipaggiamento.
Scesi dal letto di malavoglia, ancora un po’ assonnato e con i capelli in totale disordine. Fissai per un attimo la mia camera: non era molto grande, giusto lo spazio sufficiente per farci entrare un letto, una libreria ed una scrivania con un pc. La libreria era colma di libri. Uno dei miei pochi piaceri, era per l’appunto leggere. Non solo ero un accanito lettore di libri, ma anche di enciclopedie e fumetti da ogni paese. Addirittura dovevo avere non mi ricordo dove una raccolta di fumetti di qualche autore franco-belga. Sorrisi alla mia grande raccolta e barcollando stordito dal sonno, andai nel bagno a pochi passi dalla mia stanza, mi lavai e radunai i miei capelli in una coda, lasciando alcuni ciuffi davanti. Mi vestii rapidamente e scesi al piano terra per fare colazione.

L’edificio era un appartamento moderno di 4 piani più soffitta, abitato da sole cinque persone: io, Balto, due ragazze di nome Rose ed Emily e un ragazzino di nome Ashuit proveniente dal Cairo. Noi cinque formavamo l’Oricalcum, la squadra mercenaria indipendente di Peace Maker non in conflitto con lo Stato e quella era la nostra base segreta.
Quella mattina, Balto e Ashuit erano usciti molto presto per dei preparativi e le uniche persone a tenermi compagnia per la colazione erano Rose e Emily.
Rose aveva dei lunghi capelli biondi, occhi celesti ed una pelle candida che completava il quadro nella sua perfezione. Bensì non fosse molto alta, era snella quel tanto che bastava da lasciargli delle leggere forme sul petto. Emily, dal canto suo, aveva corti capelli corvini, di cui ciuffi erano bloccati da una molletta rosa, aveva anche degli intensi occhi grigi, che facevano risaltare la sua personalità da mamma affettuosa. In quanto ad altezza, era poco più bassa di me e il suo fisico era molto più femminile rispetto a Rose.

“Buongiorno..” dissi, osservando le due ragazze intente ad apparecchiare la tavola,
“Oh, buongiorno Raven” rispose Rose, fermandosi un attimo per guardare il nuovo arrivato con sguardo severo.
“Dove sei stato ieri sera? Balto ha detto che eri con certe ragazze..” chiese Emily, ammiccando con l’occhio destro.
“Sono stato attaccato da un PM vestito di nero ed ho perso i sensi. Una ragazza mi ha trovato e mi ha portato a casa. Stava per chiamare un ambulanza, ma per fortuna mi sono risvegliato in tempo” spiegai.
“Un PM in nero eh? Mhm… non ho mai sentito nulla del genere, dovremo fare delle indagini” sentenziò la ragazza dai capelli corvini.
Nel frattempo, Rose si era avvicinata pericolosamente a Klein con sguardo assai preoccupato.
“… hai troppi peli” disse Rose senza esitare.
“Co-come?” risposi, un attimo stordito dalla sua dichiarazione.
“Dovresti raderti e cambiare pettinatura, così non sei per niente affascinante!” sbottò, facendo una piccola smorfia d’insoddisfazione mentre si allontanava da lui per prendere il latte.
“Oh insomma!” sbottai leggermente irritato.
Le ragazze si misero a ridere, divertite dal mio atteggiamento confuso ed offeso.
Facemmo colazione e dopo aver sparecchiato, Emily mi porse una borsa dall’aria assai pesante.
“Qui dentro ci sono i tuoi libri per le lezioni di oggi, ti abbiamo messo anche un panino ed una bottiglia d’acqua nel caso ti venisse fame” disse Emily, che sembrava un po’ troppo entusiasta della situazione.
"Si mamma.." dissi a mo' di scherzo.

Già, quella era la mia famiglia.
Mi avviai verso la mia nuova scuola verso le 7:50 del mattino. Non era molto distante e ciò mi permetteva di prendermela comoda nel risveglio. Nonostante avessi già 17 anni “18 il tre di marzo”, non ero mai andato a scuola, quindi le informazioni che avevo derivano tutte dai miei libri e fumetti. Tuttavia, ho ricevuto un’istruzione d’alto livello e grazie all’ausilio del Gear, che intensificava le mie doti mentali, sono riuscito a 14 anni ad essere al livello di un laureato. Tutto ciò faceva parte della mia istruzione da Peace Maker. Tutto ciò che riguardava l’anatomia, la fisica, la chimica, la matematica e la psicologia mi erano state insegnate fin da piccolo ai fini di aumentare il mio potenziale bellico. Inoltre, grazie ai miei continui viaggi per i continenti, ho imparato tantissime lingue e culture da ogni dove. Avendo questo bagaglio culturale, non erano le materie in se a spaventarmi, ma i miei compagni.
Non sono mai stato realmente in grado di interagire con degli sconosciuti. Nel mio cuore si forma un blocco che impedisce la relazione con gli individui, tale blocco viene però rimosso in presenza di altri Peace  Maker o di quelle tre ragazze.

Arrivai a scuola giusto in orario, chiesi al bidello dove fosse la classe “quarta”, sezione “b” e mi diressi verso la mia prima classe.
Entrato nella stanza, vidi uno spettacolo piuttosto infantile. Diciassettenni come me, che giocavano a calcio con una pallina fatta con lo scotch e urlavano come scimmie. Sconsolato, scivolai silenziosamente verso un banco infondo all’aula rimasto vuoto.
“Strano” pensai.
Di solito i posti infondo all’aula rimanevano sempre occupati, invece quelli liberi spesso erano quelli in cima. La risposta alla mia incertezza, arrivò chiara ad un metro da me.
Una giovane ragazza di un metro e settanta, con dei profondi occhi verdi e corti capelli rossi spettinati mi fissava con sguardo irritato.
“Bel?” chiesi sorpreso.
“E tu che ci fai qui?!” chiese con un tono di voce abbastanza alto, tanto che tutti i compagni si girarono verso di lei.
“E’ stato davvero da bastardo andarsene così da casa mia senza ricambiare il favore, con una promessa da quattro soldi” disse ancora più forte.
“Emh.. non mi pare il caso di parlarne ora” gli dissi, indicando i compagni di classe.
Bel si guardò intorno e alla vista dei suoi compagni che la fissavano arrossì pesantemente e si sedette nel banco vicino al mio.
Nella classe iniziò un chiacchiericcio infantile seguito da uno stormo di pettegolezzi infondati su me e lei. Non avevo idea di come comportarmi. Non avevo mai avuto esperienze di questo tipo, per lo più con l’altro sesso. Rimasi un attimo a fissare incerto la ragazza, quando il professore finalmente entrò in classe e iniziò l’appello.

Arrivato al mio nome, mi fece alzare e presentare. Non dissi il mio cognome e comunque quello sul registro era un falso. Non ho memoria dei miei genitori e non mi fu affidato nessun nome da loro che io sappia. L’unica persona che mi diede un vero nome fu lo scienziato che si prese cura di me. Il suo nome era Peter Klaus “PK”, ma non ereditai il suo cognome, visto che non ero veramente suo figlio.
Mi rimisi a sedere e il prof continuò l’appello. Al nome di Clara , una timida ragazza con lunghi capelli castani alzò la mano. Io l’avevo già vista. Era la ragazza del mio obbiettivo.
Cercai nella classe il ragazzo biondo ma non lo trovai. Poi però guardai verso Clara e vidi accanto a sé un banco vuoto. Lì ci doveva essere lui. Decisi allora di seguire la ragazza al termine delle lezioni, sperando che mi portasse direttamente alla meta. Se fosse andata male, avrei preso in ostaggio la ragazza, cercando di attirarlo allo scoperto.
Tuttavia, al termine della prima ora la porta si aprì.
Il ragazzo di nome Jean era arrivato in ritardo. Mise il voglio del permesso di entrata sulla cattedra e si mise a sedere accanto a Clara, salutando i suoi compagni.

Era lì, a pochi metri da me.

La preda sembrava non essersi accorta degli occhi del cacciatore che puntavano su di lei e si mise tranquillamente a chiacchierare con la sua compagnia.
Non potevo attaccarlo adesso, altrimenti la mia copertura sarebbe saltata ed eventuali missioni nella scuola sarebbero saltate. L’unica cosa da fare sarebbe stata aspettare l’intervallo e coglierlo isolato dal gruppo.
Rivolsi lo sguardo verso la finestra. Una piccola ombra blu era seduta sul tetto del palazzo affianco, che era abbastanza più basso rispetto all’edificio scolastico. Riconobbi subito quella piccola sagoma.
Il mio telefono vibrò in quell’istante. Senza farmi scoprire, accesi lo schermo del cellulare e lessi il messaggio.
“Ora, bagno, finestra” vi era scritto.
Alzai la mano e chiesi al professore di uscire, sperando che Jean non mi riconoscesse. Sapevo già cosa sarebbe successo. Uscii dalla stanza e mi diressi verso il bagno infondo al corridoio. La stanza non era molto grande, conteneva solo tre piccoli camerini contenenti tre water e due lavandini. Infondo alla stanza, subito dopo i camerini, vi era una finestra. Andai contro la finestra e la aprii.
“Eccoti la tuta…” disse una voce calma ma infantile. Era Ashuit.

Il bambino era appeso a capo all’ingiù alla finestra. Aveva dei capelli color sabbia, gli occhi ambrati e una pelle leggermente abbronzata. Era vestito con una felpa larga viola con il cappuccio e piena di scritte, dei guanti senza dita e un paio di pantaloni larghi intonati alla maglia. Era anche lui un Peace Maker. L’effetto del suo Gear era quello di donare incredibile elasticità ai suoi muscoli e di avere un’agilità di gran lunga superiore alla media. Questo lo aiutava molto nei suoi hobby, tali parkour e break dance.
Mi porse con la sua mano guantata i braccialetti e le cavigliere che formavano la mia Proto-tuta, che lasciai alla base sotto ordine di Balto.
Il bambino, che di natura era molto timido, non salutò e con un salto all’indietro scese dalla finestra scomparendo dalla mia vista.
Misi il mio equipaggiamento e mi voltai verso la porta per tornare in classe.
Mancavano 10 minuti all’intervallo.

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Capitolo 4
*** Intervallo ***


Capitolo 3:
Percorsi il corridoio a grandi passi.

“Chissà se dovrò continuare a venire in questa scuola” mi chiedevo, superando le poche aule che erano rimaste fra il bagno e la mia classe.
Mi fermai un attimo davanti alla porta. Entrando, Jean si sarebbe accorto dei braccialetti e sarebbe scappato.
“L’unica soluzione sarebbe quella di ucciderlo subito davanti a tutti” pensai “Ma questo non era presente nel piano”.

Mi feci forza e serrando la mascella, entrai e aprii la porta. Il professore stava continuando a spiegare e gli alunni sonnecchiavano o giocavano al telefono sotto banco. Spostai velocemente lo sguardo verso Jean mentre procedevo fra i banchi per arrivare al mio posto. Il suo sguardo era rivolto fuori dalla finestra, ma appena mi sedetti si voltò a guardarmi. I nostri sguardi si incrociarono per due secondi, poi il ragazzo smise di fissarmi e iniziò a chiacchierare con la compagna.
Iniziai mentalmente il conto alla rovescia per l’intervallo.
10..
9..
8..
Cercai di leggere dentro Jean per capire quali sarebbero state le sue mosse.
7..
6..
Non sapevo se avesse notato i miei braccialetti, ma se lo avesse fatto avrei dovuto ingaggiare battaglia.
5..4…3..2..1..
DRIIIIN!

La campanella suonò e i miei compagni esultarono per la fine della lezione. Molti di loro iniziarono a frugare nello zaino cercando la loro colazione, l’obbiettivo invece si alzò in piedi e uscì dalla classe accompagnato dalla sua ragazza.
“Cosa diavolo sta facendo?” mormorai sorpreso.

Possibile che veramente non mi avesse notato? Oppure…
Spostai lo sguardo sul suo banco. Il suo zaino e le sue cose non c’erano più e lo stesso quelle della ragazza.

“Merda!” gridai dentro di me.
Non era semplicemente uscito dalla classe, stava direttamente scappando dall’edificio.
Corsi lungo il corridoio e scesi le scale sempre più veloce. Se mi fosse sfuggito, la missione sarebbe fallita.
Il mio telefono vibrò di nuovo.
“Pronto?” dissi, con voce alquanto affannata dalla corsa.
“Hello hello, Ravvino?” chiese la voce squillante di Rose.
“Cosa vuoi Rose? Sono un pochino impegnato al momento”.
“C’è qualcuno vicino a te?” disse Rose.

Mi guardai velocemente intorno. Il corridoio del secondo piano era deserto, tutti gli studenti erano scesi al piano terra per assediare le macchinette del cibo.
“Nessuno” risposi.
“Bene, allora indossa la tua tuta e salta dalla finestra accanto alle scale” disse Rose in tono spensierato.
“Ricevuto” risposi mentre attaccavo.
Solo un pazzo si sarebbe buttato dal secondo piano di una scuola pubblica. Però io in fin dei conti, un po’ lo ero. Azionai la tuta. Un tessuto nero e blu avvolse completamente il mio corpo. Un casco completamente nero con la visiera oscurata comparve insieme al resto grazie all’espansione cellulare che la tuta produceva. Dopo aver aperto la finestra, poggiai il piede sul bordo e guardai sotto di me.
Vidi una figura con camicia bianca e con biondi capelli accanto ad una ragazza castana con un maglione rosa.

Mi gettai dalla finestra puntando verso i due. Una lieve corrente elettrica percorse il dorso della tuta, allargandosi fino ad arrivare al muro della scuola. Grazie ai miei poteri magnetici, il mio corpo stava cadendo parallelamente al muro. A pochi metri da terra, inclinai leggermente il corpo e con un lampo blu di elettricità volai contro Jean.
Il ragazzo, accortosi del mio scatto alzò la mano destra e un muro d’acqua proveniente da delle pozzanghere vicino, bloccò la mia avanzata. Con uno scoppio il muro si infranse e Jean attivò la sua tuta, di colore celeste e argento.
La ragazza si allontanò di qualche passo, mentre le persone intorno a noi semplicemente ci ignoravano.
Ci misi poco a capire il perché. Sul tetto della scuola, quattro sagome stavano osservando lo scontro. Erano i membri dell’Oricalcum.

“Cosa vuole un Peace Maker da me?” chiese Jean, mettendo le mani sui fianchi.
“Faccio parte dell’Oricalcum e sono qui per sequestrarti il tuo Gear”
“E la causa?” chiese il biondo, sorridendo da dietro il casco.
“La causa?” domandai irritato “Collaborazione con associazioni mafiose e omicidio di Tenesse e Carl Vianello”.
“Ahahahah!” rise forte Jean “Quei due dementi? Erano i poliziotti più incapaci che avessi mai visto, mi dovrebbero ringraziare per aver tolto tale feccia dalla polizia”.
La corrente elettrica si concentrò sul mio pugno destro. Questo era troppo. Sapevo che ai Peace Maker non veniva insegnato loro l’importanza della vita o a provare sentimenti… Ma per me non è così, mi hanno insegnato il valore dell'esistenza… Perciò..

“Ti fulminerò fino a farti cantare l’intera discografia di Vanni!” urlai, gettandomi nuovamente verso di lui.
“Che?” chiese perplesso.
Giunsi come un fulmine di fronte al nemico. La mia velocità era pari a quella della luce perché.. io ero luce.
Il mio pugno, colorato dall’elettricità, andò a colpire la maschera del mio avversario, infrangendola e facendolo volare a metri di distanza. Prima di cadere al suolo, si riprese e fece scivolare dell’acqua sotto i suoi piedi, generando una tavola da surf acquatica.

Come un surfista, cavalcò le pareti scolastiche e in poco tempo mi fu dietro. Con due lance d’acqua, mi attaccò alle spalle e usando due scintille le distrussi. Un attimo dopo si udì provenire dall'edificio un rumore metallico, come se qualcuno stesse facendo esplodere l'impianto idraulico. Litri e litri d'acqua vennero spruzzati fuori dalle finestre formando una sfera enorme che levò sopra l’edificio.
Ero sotto shock. Quell’immensa palla d’acqua stava a poco a poco calando verso di me, mentre Jean mi guardava con sguardo privo di senno. Cercai una via di fuga e girandomi, vidi la ragazza rimasta immobile dov’era prima.
“Non scherziamo…” dissi, facendo tornare lo sguardo su Jean.
Lui non ci vedeva più. Non si rendeva conto del pericolo che correva la sua partner impaurita, con le lacrime agli occhi.
Mi catapultai verso di lei, non curante della palla di morte che incombeva sulle nostre teste.

SPLASH!

La grande mole d’acqua ricadde con una potenza assurda su di noi. Il mio corpo abbracciò quello della ragazza, nel tentativo di attutirne l’impatto.
Per fortuna, il Gear “dell’altra dimensione” di Rose aveva fatto in modo che venissimo catapultati in una dimensione estranea, cosicché nessun civile rischiasse la vita, esiliando persino i suoni.
L’acqua caduta al suolo si disperse e due grandi ali di luce blu splendevano nell’aria, illuminando l’intera area.
“Quelle sono..:” un brivido scosse il corpo di Jean.
“Si, queste sono le “ali del titano”, il simbolo di riconoscimento dei Gear sovrani degli elementi.” dissi.
“Quindi tu.. no.. non è possibile! Tu sei.. il Darkbright.. Nooooooo!” Jean urlò dalla disperazione e si diresse a gran velocità contro di me.
Di tutti i Gear, il mio probabilmente era fra quelli che più odiavo.

Levai la mia mano destra verso il cuore di Jean e con un lampo blu entrai nel petto del nemico. Dopo aver estratto il Gear del "controllo dell’acqua" di Jean, il suo corpo cadde al suolo, esalando il suo ultimo respiro . Il piccolo ingranaggio celeste, con al centro un nucleo con il “cervello” del Gear era bagnato con il sangue dell’avversario deceduto.
“Un'altra morte stupida” dissi amaramente, mentre le mie ali, luminose ma sporche, venivano riposte dietro la mia schiena.
Mi voltai verso la ragazza.
“Perché Rose ha esiliato anche lei?” pensai.
Un sibilo. Quattro lance d’argento scesero sul corpo della ragazza, trafiggendola e lasciandola in lago di sangue.
“..Ah?” dissi con un filo di voce.
Non ci potevo credere. Avevano ucciso senza rimorso una giovane civile con l'unica colpa di avere un legame con l’obbiettivo. Era assurdo, non ci potevo credere.
Le sagome che avevano ucciso la ragazza continuarono a guardarmi, senza il minimo turbamento.
Le mie gambe cedettero e caddi a terra in ginocchio. L’atto insensato dei miei compagni mi aveva lasciato spiazzato, non potevo credere a ciò che avevo visto.
“Noi saremmo l’ordine? Stronzate! Così non siamo diversi da loro.. così non siamo diversi da quei soldati privi di cuore che uccidevano senza alcun rimorso chiunque gli capitasse a tiro!”.
Tre delle ombre scesero dalla scuola e presero i cadaveri dei defunti. Rose si avvicinò a me e tese la mano destra. Gli consegnai il Gear, cercando il suo sguardo.

“Mi dispiace Ravvino” disse Rose “Non ci dovevano essere testimoni”.
La ragazza si voltò e uscì dal territorio scolastico.
“Stronzate…” ripetei con un filo di voce.
La sagoma di Balto sparì e i rumori intorno a me, spariti a causa di Rose, ritornarono.
La ragazza era morta in una battaglia che nemmeno era la sua.. in un mondo a lei estraneo.




-angolo autore 2- da qui in poi finisce il prologo e inizia la seconda parte dell'opera, il Close Quarter che per motivi di narrazione sarà in terza persona.

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Capitolo 5
*** Close Quarter ***


Darkbright:
 Close Quarter

Quarter 1:

La città/metropoli di Vanessa copre il 10% della regione. Per tale ragione, il territorio è diviso in cinque parti: Vanessa North, South, West, East e Central. Ogni divisione “chiamata anche quartiere” possiede una propria amministrazione, dei propri club sportivi e diverse scuole.
Queste condizioni favorirono alla nascita di cinque influenti gang illegali, fra cui spiccavano in potenza i “Vanessa Knight”, che occupavano il centro della metropoli e i “North Bridge”, eterni rivali dei Vanessa situati nella zona nord.
Nessuno era a conoscenza dell’identità dei leader delle due grandi fazioni, neppure i bracci destri degli stessi. Dopo aver ascoltato queste informazioni dal suo cliente, la sagoma grigia si alzò dalla poltrona su cui era seduto, nella stanza del sindaco di Central.
La stanza era molto ampia, con un parquet marrone e decine di quadri appesi alle pareti. In fondo, a pochi metri dalla finestra vi era posto un tavolino da thè con intorno due poltrone.

“Così lei vuole che sgomini entrambe le gang facendo si che i cittadini non debbano temere i loro assalti?” chiese la sagoma, con voce esageratamente seria.
“S-si è così.. ma preferirei che scoprisse i leader delle due fazioni e li portasse alla polizia” disse un omino in carne sulla cinquantina che era seduto sulla poltrona opposta a quella dell’ospite.
“Capisco.. farò indagare ai miei uomini migliori, però sa.. non dovrebbe mentire” disse l’uomo, fissando con sguardo tagliente il sindaco. Gli occhi grigio acciaio della sagoma e quelli celesti del sindaco si incontrarono. Poco gli ci volle per farlo tremare di paura.

“Bene, la saluto… Fra qualche giorno le porterò maggiori informazioni”.
L’omino paffutello emise un sospiro di sollievo mentre l’uomo chiudeva la porta alle sue spalle.
“Come poteva sapere del vero motivo dietro l’operato dei Vanessa?” si chiese, mentre si asciugava il viso fradicio di sudore con un fazzoletto di stoffa.
“Bah, poco importa, tanto alla fine ci penserà quel tipo a risolvere la questione” sentenziò, preparandosi un’altra tazza di thè e lasciandosi sprofondare sulla poltrona.
 

 
Intanto in una certa base segreta…
“Uffa!” sbottò Rose mentre era sdraiata sul divano a guardare i cartoni “Perché se l’è presa tanto a male? Anche lui ha ucciso l’obbiettivo no?”.
“Lo sai com’è fatto lui.. non gli piace uccidere gli innocenti. Credo sia il suo stile di vita” rispose gentilmente Emily, mentre stirava i panni da dietro il divano.
“Già.. in effetti nemmeno io ho capito il motivo della morte della ragazza.. sarebbe bastato cancellarle la memoria no?” disse Rose, mentre beveva un succo all’arancia .
“Non rientra nelle nostre capacità farlo da quando Trebolt se n’è andato” rispose Emily senza cambiare il tono di voce, continuando a stirare.
“E’ anche vero che dopo tutto quello che ha passato, Raven tiene alla vita più di chiunque altro.. sarà meglio lasciarlo fare per un po’”.
“No, non vi preoccupate” disse una voce dalle scale.
In quel momento, un ragazzo dai lunghi capelli corvini con della barba incolta scese dal secondo piano, indossando una felpa e dei jeans.
“Per questa volta lascerò perdere.. ma se riproverete ancora a far fuori un civile senza un valido motivo me la rifarò con voi” minacciò il ragazzo.
“Oooooh che paulaaaaa!” rispose Rose, con il suo solito tono infantile.
“Mi dispiace Raven…”.
“Non fa niente Emily.. lo so che non siete state voi due a volerlo”.

In quel momento il telefono Emily squillò.

“E’ un messaggio da Balto… dice di aver ricevuto una nuova missione direttamente dal sindaco di Central, ci manderà tutti i dettagli via fax e.. inoltre, dovrai continuare a frequentare la scuola”.
“Eh, una vera rottura” si lamentò Raven, accennando però un sorriso.
“Beh, almeno rivedrai quella ragazzina rossa no? Non sei contento?” disse Rose sogghignando.
“Stupida scimmietta” offese Raven.
“Barbone puzzone” rispose di tono Rose.
“Barbone a chi?!”
“Buuuuuh! Pelato!” continuò ridacchiando la ragazza.
"C-Cosa?".
“A quanto pare, l’allegria è tornata anche in lui.. o almeno così sembra” stava pensando Emily.
In realtà dentro il ragazzo, una lotta ben più grande delle precedenti stava prendendo forma.
Perché fidarsi dei suoi compagni, che nell’ultima missione avevano ucciso a sangue freddo una testimone innocente? Perché, nonostante l’accaduto, si trovava ancora insieme a loro? Cos’era quella fredda sensazione che gli avvolgeva il cuore?
Questi dubbi affliggevano la mente del povero ragazzo che, nella sua anormalità, bramava semplicemente una vita normale.
 
 
La mattina seguente arrivò come le altre. Il sole era già sorto quando Klein si svegliò, ma le nuvole che ricoprivano il cielo impedivano ai raggi di filtrare dalla finestra.
Mentre si avviava verso il suo secondo giorno di “vita normale”, una lieve pioggia stava scendendo dal cielo.

“Oh.. si sta mettendo a piovere” disse una voce femminile alle spalle di Raven.
Un ombrello rosso coprì la testa di Raven e dalla sua destra, apparve una ragazza dai capelli rosso scarlatti, una giacca a vento blu, dei jeans e una sciarpa arancione.
“Ehilà novellino, come va?” chiese Annabel, con un’insolita allegria.
“Ciao Bel, ti trovo.. emh… molto meno gorillesca!” disse il ragazzo senza riflettere.
“Uh? Non ho capito cosa hai detto!” rispose la ragazza con un aria tutt’altro che pacifica e gli occhi bramosi di sangue.

Raven non capì la reazione di Bel, ma avvertendone l’intento omicida si corresse.
“Emh scusa… volevo dire.. sei molto carina oggi! Ahahah!” rise falsamente, spostando lo sguardo dagli occhi verdi della ragazza, che in quel momento parevano in fiamme dalla rabbia.
Tuttavia anche Bel distolse lo sguardo e lo puntò verso l’edificio scolastico, che appariva adesso di fronte ai due.
“Senti.. tu sei nuovo di qui giusto?” chiese.
“Che? Cioè.. si” rispose un po’ dubbioso Raven.
“Allora che ne dici se… ti facessi visitare un po’ la città dopo la scuola?” propose Bel con aria imbarazzata.
La proposta fece tremare il ragazzo. Com’era possibile che quella ragazza, tanto carina quanto minacciosa lo invitasse a fare un giro in città?

“Sempre che ti vada bene…” disse, inclinando la testa dalla parte opposta del ragazzo.
“B-beh, penso che non ci sia niente di male no? Siamo compagni di classe dopo tutto” rispose, sorprendendosi da solo delle parole uscite dalla sua bocca.
“Ok.. allora è deciso!” disse allegramente Bel e evidentemente, pentendosi di aver dimostrato tanta emozione, continuò freddamente dicendo “Comunque, non lo faccio perché mi piaci o altro.. è solo che non avevo altro da fare e..”.
“Si certo, ho capito”.
“Beh… ci vediamo in classe” rispose Bel, andando in contro a delle sue amiche che la stavano chiamando.
“Chi se lo immaginava che fosse davvero una ragazza” commentò, mentre Bel si allontanava.
“E così ti diverti eh, Raven?” disse una voce alle sue spalle.

Il ragazzo riconobbe subito quella voce.

“Balto.. hai avuto una bella faccia tosta a farti rivedere”.
Balto era l’immagine stessa dell’ordine e della perfezione. Era vestito con una camicia bianca sotto ad una giacca grigia e dei pantaloni del medesimo colore. I suo capelli, grigi metallici, trovavano una perfetta affinità con i suoi occhi. Era lui il capo esecutivo dell’Oricalcum.
“Suvvia, non è cortese da parte tua trattarmi in tal modo… Sono un tuo superiore dopotutto” disse Balto, lasciandosi sfuggire un sorriso.
I suoi occhi erano sempre freddi come l’acciaio.
“Perché hai fatto uccidere anche la ragazza?.
“Perché era ciò che il cliente aveva ordinato. Uccidere tutti quelli che avevano un contatto stretto con l’obbiettivo” rispose freddamente.
“Capisco… E uno ligio al dovere come te non poteva di certo trasgredire alle regole del contratto, no?”.
“Le regole sono fatte per essere rispettate, senza ci sarebbe la morte per ogni forma di vita” rispose.
“Come sei megalomane” commentò Raven.
“Eheh.. Riesci sempre a tenermi testa eh?”.
“Ci terrei che d’ora in avanti mi tenessi aggiornato su qualsiasi missione” disse a Balto.
“Ma certo.. Capita proprio a pennello. Ho dei nuovi dati sulla nuova missione, ti stupiranno” rispose.
“Che tipo di dati?”
“Diciamo che, la tua amica è implicata nel caso delle gang e potrebbe essere un’esponente dei celeberrimi Vanessa Knight” disse Balto, fissando Raven intensamente.
“Cosa?! Non osare torcere un capello a Bel!” gridò il ragazzo, sorpreso ancora una volta dalle sue azioni.
Mai aveva alzato la voce con Balto e mai aveva avuto il coraggio di farlo.
“Ohoh, che ardore. Tranquillo, non ho intenzione di infastidire Bel. Toccherà a te andargli dietro. Fatti guidare all’interno della loro organizzazione e scopri l’identità del capo. Questa è la missione”.
“.. D’accordo” si arrese Raven.
“Ah, quasi dimenticavo. Il leader dei Vanessa probabilmente è un Peace Maker”.
“Cosa?!”
“Buona fortuna signor Darkbright! Sbrigati ad entrare, se no farai tardi a lezione!” disse Balto.

Se quello che diceva Balto era vero, Annabel sarebbe stata in pericolo sotto il controllo di un Peace Maker e ancora di più se Klein non fosse riuscito a completare la missione affidatagli, perché a quel punto sarebbe stato Balto ad occuparsene.
Per Raven le giornate normali.. non possono esistere.

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Capitolo 6
*** Ciò che io sono ***


Ciò che io sono, ciò che io ero.

Alle ore 17 del medesimo giorno Raven si ritrovò ad aspettare Bel nel posto da loro pattuito, all’interno del più grande centro commerciale della zona.
La ragazza stava facendo un leggero ritardo, ma Raven non se ne curava, era certo che sarebbe venuta.

“Questa è una buona occasione per conoscerla meglio e magari per scoprire qualcosa sui Vanessa Knight” continuava a pensare.

Intorno a lui vi era un sacco di gente  fuori da un piccolo negozietto con l’insegna rossa e bianca, che era disposta in fila indiana, attendendo di riuscire ad entrare ed acquistare la nuovissima consolle “new-gen” uscita il giorno stesso. Dal canto suo, Raven aveva già ottenuto la console insieme a due giochi e li teneva ben stretti all’interno della busta datagli dal negozio.
Solo videogames, fumetti e libri riuscivano a distrarre la mente del ragazzo, avvolta nel rimorso delle azioni compiute da lui negli ultimi anni. Distaccandosi dalla realtà tramite questi mezzi, si è accorto di riuscire ad accettare meglio le sue condizioni e a dimenticare il volto sofferente delle sue vittime.
Finalmente, una chioma rossa si vide sbucare dalla folla in direzione di Raven.

“Uff..” esclamò “Scusa se ho fatto tardi Raven, ma con questa fila non riuscivo proprio a passare!”.
“Ehi, ma quella è la nuova consolle! Non ti facevo un giocatore” continuò, accennando un sorriso.
“E’ solo un passatempo, non sono un fanatico” disse Raven seriamente.
“Ehi ehi rilassati, non si direbbe ma anche io gioco spesso.. solo che preferisco il pc”.
“Si, anch’io gioco spesso a quello, ma molti giochi che escono per questa consolle sono esclusive, quindi per seguire la serie mi devo comprare anche la piattaforma” rispose.
“Aaaaah, come la serie di “KH” eh? Io adoro i “J-rpg” e i “picchiaduro”.. sono assurdamente divertenti” disse Bel mentre si incamminavano verso la loro meta.
“j-rpg?” chiese Klein “Per caso ti piacciono anche i manga e gli anime?” disse Raven, sfoggiando tutto il suo lato nerd.
“Scherzi? Ne vado matta! Adoro i manga di combattimenti, quelli gag e i mecha! Stravedo anche per alcune light novel, fra cui FMP e Index”.
“Q-questa qua è da sposare…” bisbigliò il ragazzo, evitando di farsi sentire.
“Delle novel non ho letto molto, giusto SAO…”.
“Mhm, non è chissà ché, ma è piaciuto anche a me” disse Bel, sorridendo.
“Ma basta parlare di passioni, siamo qui perché sei nuovo e ti devo far fare un giro turistico!”.
“Già, a proposito, potresti raccontarmi qualcosa su Vanessa?”.
“Vanessa eh? In realtà non è una semplice metropoli o città, ma bensì un insieme di molte località che si erano trovate in crisi negli ultimi 20 anni. A causa del governo che aveva tagliato praticamente tutti i fondi ai Comuni per garantirsi il solito lusso in tempo di crisi, le città più importanti e le provincie della regione persero la decisione di unirsi in una sola e grande metropoli, in modo da condividere anche i fondi” spiegò la ragazza.
“Oh, questa storia non la sapevo.. però ho sentito dire che il territorio è stato diviso in cinque diverse fazioni, ognuna con la propria amministrazione”.
“Si beh, quello è successo in seguito.. purtroppo la divisione del territorio ha incoraggiato le gang criminali ad unirsi in blocco e a formare degli “eserciti” privati di ogni fazione” disse Bel.
“E’ così che sono nati i Vanessa Knight?” chiese.
“ Chi ti ha detto quel nome?” domandò la rossa, che si era fermata di botto tenendo Raven per la mano.
“L’ho sentito dire in giro e mi sono incuriosito”.
“Non ne parlare, l’argomento è tabù” lo ammonì.
Dopo questo scambio di battute, i due continuarono a girare per i posti più famosi per la città, passando un’allegra serata, fermandosi in prestigiose pasticcerie, negozi di fumetti e persino un negozio dove vendevano attrezzature da caccia, pesca e soft-air, dove Bel comprò dei pallini per il suo fucile.
“Bene, è ora che me ne vada” disse Bel mentre si stiracchiava.
“Grazie per avermi fatto da guida”.
“Ma dai, mi sono divertita… Magari uno di questi giorni passa a casa mia, ti farò vedere la mia collezione di fumetti e videogames!” rispose avviandosi verso casa e salutandomi con la mano.
“Certo” mentì il ragazzo.

Era ovvio che se fosse entrato più in confidenza con lei, il suo giudizio sarebbe stato danneggiato e per un soldato poteva significare la morte in caso di pericolo.
Mentre percorreva solitario la strada del ritorno, intravide un’ombra familiare imboccare un vicolo sulla sua sinistra.
“L’uomo in nero?” si chiese.
Non poteva essere altri che lui. Iniziò a correre all’interno del vicolo cercando di ritrovare l’ombra che precedentemente lo aveva sconfitto. Sentì dei rumori in fondo al vicolo. Vi erano quattro persone, tre uomini e una donna. Uno degli uomini aveva un coltello in mano, un altro stava trattenendo la ragazza che stava gridando aiuto e l’altro le stava sbottonando la camicia di pile. La ragazza non aveva più di 16 anni.
Klein doveva scegliere, salvare lei o trovare l’uomo in nero.

Gli urli della ragazza si fecero sempre più forti e delle lacrime iniziarono a scendere dal suo volto.
“Al diavolo” disse Raven, girandosi dalla parte opposta.
Nessuno in vista.
Come un fulmine, scattò verso l’uomo che stava molestando la ragazza e nell’impatto, lo stupratore avvolto in un fascio di elettricità perse un braccio. L’uomo, che era cascato a terra urlava di dolore e un fiume di sangue stava scendendo dalla sua spalla.
Portando una mano sopra la testa della vittima, il Darkbright rivelò la sua vera natura, facendo passare milioni di Volt dalla sua mano al corpo del delinquente. La testa esplose e la carcassa ricadde al suolo con un sonoro tonfo.
Gli altri due, spaventati, cercarono di fuggire, ma Klein fu più veloce di loro. Con un altro scatto, creò delle lame di elettricità ad entrambe le mani e con un suono simile a quello delle spade laser nei film di fantascienza, le teste dei fuggitivi finirono sul terreno separate dal corpo.

“Eh, l’ho fatto ancora” disse “Un bastardo come me non ha il diritto di provare amore”.
Centinaia di pensieri volavano nella mente di Raven. Lui, che tanto aveva criticato i compagni, in un impeto d’ira aveva ucciso tre persone…
“No!” si disse “E’ diverso, loro erano criminali, se non fossi intervenuto sarebbero stati liberi di continuare a molestare le ragazze e la polizia non avrebbe fatto nulla per fermarli!”.
“Un malvagio per i malvagi, vero?” disse una voce da dietro.
Quando il ragazzo si voltò non vide l’uomo in nero, ma ben cinque uomini in nero.
 “Esatto… chi siete voi?” chiese Raven, cogliendo la citazione.
“Noi siamo i Ghosts, un’organizzazione molto simile a voi dell’Oricalcum”.
“Non ne ho mai sentito parlare”.

La ragazza, che nel frattempo aveva continuato a singhiozzare con le mani al viso, cadde addormentata a terra. Una delle cinque sagome nere la raccolse, si girò verso di me guardandomi per un attimo e scomparve avvolta in una nebbia.

“Lui è Sinon, lo hai già incontrato qualche giorno fa, ricordi?”.
“E’ lui quindi che mi ha addormentato? Perché lo ha fatto?” chiese Klein.
“Questa è una domanda a cui noi non possiamo rispondere, visto che erano le direttive del nostro cliente.. comunque, non sono qui per parlare di questo”.
“Allora cosa volete?”.
“Unisciti a noi, Raven. Sai benissimo che Balto come leader non è per niente affidabile e per di più da quando te ne sei andato dall’esercito ti sei rammollito in maniera mostruosa”.
“Come fai a sapere tutte queste cose?”.
“Diciamo che ho molte conoscenze, ma adesso spiegami.. cos’erano quei fulmini blu così deboli? Dove sono finiti i lampi neri? Un tempo avresti incenerito quei teppisti senza lasciare la minima traccia”.
“… Non sono tenuto a darti spiegazioni”.
“Ma certo… i tuoi occhi mi dicono tutto. Dal leone nero di Yggdrasil sei stato trasformato nel cucciolo di Balto. Farò in modo che tutto questo cambi” concluse l’uomo in nero, scomparendo a sua volta.
“Fermo!” gridò Raven, mentre tutte e quattro le sagome rimaste stavano sparendo nella nebbia.
“Cos’è successo qui?” la voce familiare lo fece trasalire.
Bel, era apparsa al posto degli uomini in nero… e il suo sguardo indugiava sui cadaveri sventrati degli stupratori.
“Dovrò uccidere anche lei?” pensò Raven timoroso.

L’idea di uccidere quella ragazza solo perché testimone lo schifava.. tuttavia, cosa avrebbe dovuto fare?

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Capitolo 7
*** La regina di Vanessa ***


La Regina di Vanessa
“Cos’è successo qui?” disse la voce ormai tanto familiare a Raven.
“B-Bel? Ecco io…” il ragazzo tentò di avvicinarsi a Bel, tendendo una mano verso di lei.
“STA LONTANO!” gridò la ragazza.
Nella sua voce non c’era un filo di paura. Ciò che prevaleva era un impeto d’ira che gli aveva fatto assumere un viso minaccioso come quello di una tigre.
“Ora lo so cosa sei… Tu sei un Peace Maker!” continuò.
“Come faceva a saperlo?” pensò Klein, incapace di parlare talmente era shockato.
“Sei uno dei seguaci del Re del Nord?” chiese Bel, allontanandosi di qualche passo.
“Re del Nord?” chiese lui.
“Allora cosa vuoi? Sei un cane dell’esercito? Sei venuto qui per ucciderci tutti?!” delle lacrime iniziarono a scendere dal viso della fanciulla.
“No, il mio nome in codice è PK4697, sono un membro dell’Oricalcum, un’agenzia mercenaria che ha il compito di stanare i PM ribelli”.
“Oricalcum?” chiese Bel, aggrottando la fronte.
Una volta sentito quel nome, i muscoli della ragazza si rilassarono e il suo sguardo incrociò quello di Raven.
“Cosa sei venuto a fare qui? Sei in cerca del Re di Vanessa?”.
“N-No.. Sono alla ricerca di informazioni sugli uomini in nero e su questo Re del Nord” mentì lui.
“Capisco. Per prima cosa dobbiamo…” .
In quel momento, i corpi dei delinquenti ridotti a brandelli e il sangue sugli abiti di Raven svanirono in centinaia di poligoni.
“Questo è… un Gear illusorio di alto livello!” disse meravigliata Bel.
“Significa che…”.
“Si, per questa volta non hai ucciso nessuno” rispose la ragazza, facendosi più tranquilla “Ora che ci siamo tolti questo pensiero, seguimi per favore.. ti porterò nel cuore di Vanessa”.
In silenzio, i due uscirono dal viale deserto dove non vi era la minima traccia della strage commessa da Klein.
“Ehi Anabel.. posso farti una domanda?”.
“ Me ne hai già fatta una, ma te ne concedo un’altra”.
“Come fai a sapere tutte queste cose su di noi?”.
“Semplice” rispose “Il capo dei Vanessa è un Peace Maker e ai membri più fidati ha rivelato il suo segreto.. però ci terrei che non lo rivelassi a nessuno”.
“D’accordo”.
Stavano ormai camminando da 10 minuti.
“Eccoci arrivati” disse infine Bel.
“Arrivati? Dove?” chiese Raven, fissando davanti a se con uno sguardo dubbioso.
I due si erano fermati davanti ad un music pub vicino alla stazione centrale di Vanessa, sull’insegna c’era scritto “Alchemiz”.
Un centinaio di persone stava ballando e cantando sotto le note di una band rock con voce femminile. Il locale, in se non molto spazioso aveva un palcoscenico di medie dimensioni, con spazio a sufficienza per una batteria, la tastiera, tre chitarre, un basso e il cantante. Per il resto non vi erano tavolini, la gente stava semplicemente seduta su delle sedie ai lati della stanza per lasciare spazio a chi aveva deciso di scatenarsi.
Conclusa l’ultima canzone, Bel fece cenno alla cantante di scendere dal palco e di seguirla. La ragazza andava sulla ventina, era alta un metro e settanta, aveva corti capelli neri spettinati, rossetto viola scuro e mascara nero sugli occhi ambrati.
“Ehilà Bel!” disse sorridendo “Com’è che sei accompagnata da un ragazzo? Non sarà mica il tuo fidanzato?”.
“Piantala Sonia, questo ragazzo è un mio nuovo compagno di classe… ed è un Peace Maker” rispose Bel.
“Peace Maker eh? Cosa vuoi che faccia?” chiese la cantante.
“Voglio che tu lo faccia entrare nei Vanessa, Regina di Vanessa” rispose Bel.
“Regina? Eheh, capisco.. molto bene! Che ne dici emh…?”.
“Raven” rispose sorpreso il ragazzo “Sarei veramente felice se mi accoglieste fra di voi”.
“Mi piaci ragazzo! Tieni questi… ti serviranno quando dovrai sapere il luogo e l’ora dei raduni” disse Sonia, porgendo a Klein 3 monete di colore argento.
“Cosa sono?” chiese il ragazzo fissando le tre monete con un 10 e una spiga di grano incise sopra.
“Sono dieci Lire.. quando vorrai sapere l’ora di un raduno, ordina un bicchiere di latte al barista e pagalo con quelle. Stai attento però, questa moneta non ha valore fuori da qui” spiegò Bel.
“Dimmi un po’ Raven” continuò Sonia avvicinandosi “Quali sono i tuoi gruppi preferiti?”.
“Mi piace molto Giorgio Vanni” rispose Klein candidamente.
“Gio..? Aspetta, quello che fa le sigle dei cartoni?” chiese Sonia sbalordita.
“Esatto!”.
“Ahahahah! Sei un tipo divertente!” sorrise la mora “Bene, ora me ne torno sul palco, bye bye”
“Bel.. perché hai..?” chiese Raven mentre Sonia se ne stava andando.
“Volevi informazioni sul Re del Nord no?” rispose Bel “ l’unico modo per averle è far parte dei Vanessa Knight”.
“Bene, si è fatto tardi. Se non torno a casa mia sorella mi uccide… Ritroviamoci domani alla stessa ora” continuò Bel.
“Cos… perché?” chiese il ragazzo imbarazzato.
“Come perché? Sinceramente non ti si può vedere con quei capelli e quella barbetta ispida!”.
“Uh.. non è molto carino da dire” commentò Raven ferito.
Raven era riuscito ad entrare nei Vanessa Knight e a incontrare il capo della fazione.
Sarà davvero tutto così semplice?
 
 
Nel frattempo a Nord di Vanessa…
“Ehi Balto” disse la solita voce infantile.
“Che c’è Rose?”.
“Perché sono dovuta venire anch’io? Qui fa freddo e c’è puzza di piotto marcio!”.
“Piotto?” chiese Balto alla ragazza.
“Si! Piotto! Piotto che puzza” continuò la ragazza facendo smorfie.
“Scemo io ad ascoltarti… Stiamo andando ad incontrare il Re del Nord… il famigerato Titano del ghiaccio”.
Le due ombre scivolarono lungo le mura del quartiere Nord di Vanessa, dove un tempo vi era una città medievale molto rinomata per i festival culturali e fumettistici. La, vi era il covo del Re del Nord, Frido.

I due invasori si fermarono davanti alle mura della città che avevano appena oltrepassato, quando sentirono una voce proveniente da un’ombra davanti a loro.
“Il lupo da guerra, Balto e la maga dimensionale Rose.. che bella sorpresa” disse la voce, con un tono più freddo di quello di Balto.
L’ombra continuò ad avanzare fino a che uno sprazzo di luce colse il suo volto.
“Ehi Balto, chi diavolo è quel tizio? Come fa a conoscerci?!” disse Rose esasperata.
“Chi non muore si rivede, Ghiacciolino” riprese Balto, con un sorriso agghiacciante stampato in volto.
 

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Capitolo 8
*** Scontro Glaciale ***


Scontro glaciale:


“E’ da molto che non ci si vede, vero mister Balto?” disse Frido mentre camminava tranquillo a piccoli passi verso i due.
“Non è mai abbastanza, mister Ghiacciolo” rispose di tono Balto.
Frido era alto circa un metro e ottanta, aveva i capelli neri coperti da un cappello del medesimo colore e gli occhi color celeste chiaro. Indossava una giacca di pelle, una felpa blu con il cappuccio e dei jeans bianchi.

“Cosa pensi di fare? Siamo in due contro uno, non hai la minima chance di vittoria contro di noi” disse Balto per intimorire l’avversario.
L’aria intorno stava iniziando a farsi sempre più fredda mano a mano che il Re del Nord si avvicinava.
 “Oh? Vi pare che un re se ne vada a spasso da solo senza i suoi cavalieri?”.
In quel momento, ad un cenno di mano di Frido, quattro persone coperte da un mantello accerchiarono Balto e Rose.
“Vi presento” disse Frido allargando le braccia “Questi sono i miei quattro fidatissimi generali, nonché Peace Maker”.
“Peace Maker?!” chiese stupefatta Rose “Non c’era giunta notizia che dei Peace Maker fossero stanziati a Vanessa Nord”.
“Stai calma Rose… nonostante siano in quattro, il loro livello è abbastanza basso, con la tua abilità ce la dovresti fare”.
“La fai facile tu.. Però a Frido ci pensi tu, ok?”.
“Avevo già in mente di farlo… al mio via”.
Era inutile cercare una pace diplomatica che garantisse la non violenza. Se il Re del Nord si fosse spinto ancora più avanti nella sua fame di conquista, l’esercito sarebbe intervenuto personalmente, sguinzagliando la bestia più temibile fra i Peace Maker. Con la paura di ciò, Balto era pronto ad accollarsi tutte le responsabilità e fermare una sempre più probabile guerra civile nel territorio di Vanessa.
I quattro generali si erano avvicinati sempre di più ai due e con l’arrivo di Frido, l’aria si stava facendo sempre più gelida.

Era il momento…

“Via!” gridò Balto.

Rose batté quattro volte le mani e con uno scoppio i quattro generali sparirono , nel frattempo, Balto colpendo con un pestone il terreno fece apparire cinque torri di acciaio che puntarono verso Frido.
“Lascio a te la patata bollente!” disse sorridendo Rose, battendo un’altra volta le mani e sparendo a sua volta.
Le cinque torri di Balto furono bloccate da un muro di ghiaccio creato dal Titano del Ghiaccio.
“Ehi Balto, lo sapevi? Il legame atomico del ghiaccio di per se è molto più potente di quello del diamante.. sono le impurità che esso contiene a renderlo fragile”.
“Non capisco cosa diavolo stai dicendo ma… un uomo quando è serio può rompere qualsiasi cosa!” rispose Balto.

Lo scontro fra i due era iniziato. Colpo dopo colpo, i due sembravano essere in perfetta parità. Ogni pugno di ghiaccio di Frido aveva come risposta un pugno d’acciaio di Balto. Tuttavia nessuno dei due presentava ferite perché al momento della ricezione del colpo i due trasformavano la parte interessata nel loro potere, limitando così i danni.
“Eh, forse hai ragione tu” disse Frido con la sua voce fredda e distaccata “Sarà meglio fare sul serio”.
Frido ricoprì interamente il suo corpo da scaglie di ghiaccio, rendendosi molto simile ad un porcospino dagli aculei gelati.

“Mpf, hai intenzione di bucarmi come un formaggio svizzero?”.
“Oh, non fare lo sciocco Balto, ti mostrerò la vera essenza del mio potere!”.
Portandosi una mano in tasca, Frido tirò fuori un orecchino grigio fatto ad anello che si mise dentro il buco che aveva all’orecchio. Dandogli un colpetto, esso brillò di un’intensa luce scarlatta e tutto il corpo del ragazzo ne fu pervaso.
Il suo corpo non era più ricoperto di scaglie, ma una tuta bianca e blu lo ricopriva, mentre il ghiaccio si era sciolto in semplice vapore che stava volando nell’aria.
“Cosa diavolo è?” chiese incredulo Balto, rimasto immobile davanti a tale trasformazione.
“Vedi, un Gear del ghiaccio non è mai esistito. Il ghiaccio non è altro che acqua portata ad una temperatura di zero gradi o inferiore, perciò non era possibile creare un Gear mono-funzione ..”.
“Mi stai dicendo che…”.
“Esatto, io posseggo un Gear di seconda generazione… ossia un Gear di controllo dell’acqua annesso ad uno di controllo del calore. Portando la temperatura dell’acqua a zero gradi posso creare del ghiaccio e portandola a più di cento gradi…”.
Tirando un pugno a vuoto, una violenta scarica di vapore seguita da un potente getto d’acqua bollente si diresse contro Balto, che per riflesso eresse una barriera d’acciaio. Lo scudo d’acciaio si sciolse con il calore dell’acqua e Balto fu costretto ad indietreggiare.
“Un gaiser?” disse Balto.
“Fiuu.. ti ho mancato per un pelo.. Con quel poco ghiaccio che ho creato prima sono riuscito ad ottenere un gaiser del genere, chissà se ne uso di più cosa succederà.. vogliamo riprovare?” disse Frido con un gelido sorriso.
“Non sono in grado di sconfiggerlo” pensò amaramente Balto “l’unico modo per riuscirci è allearmi con Rose ma.. chissà come se la starà cavando”.
 
 
Rose nel frattempo in un’altra dimensione…
“Dove ci troviamo?” chiese una delle quattro figure.
“Non abbiate paura miei nuovi schiavetti” cantilenò la solita vocina infantile “In questo mondo non esiste ne guerra ne inganno, ne tristezza ne odio… solo la morte fa da padrona!”
“Dannata strega! Non indossi nemmeno la tua tuta!” urlò il primo dei generali.
“Fa silenzio sudicio ometto, per dei buffoni come voi mi basteranno trenta secondi” ordinò Rose.

L’uomo annaspò e si porto una mano alla bocca. Andando a tastare all’interno, si accorse di non avere più la lingua.

“Non importa che potere voi abbiate, in questo mondo non potete utilizzarlo.. perché io sono la morte che fa da padrona!”.
Con un balzo, raggiunse il secondo uomo che, senza accorgersene, vide le sue braccia venir staccate da quella ragazzina. I suoi compagni, i quali non si erano accorti di niente, si girarono all’urlo della seconda ombra.
“Questa è la dimensione di chi porta peccato, questo è il reame della morte, dove ogni anima trova riposo”.
Con questa frase, Rose finì le quattro figure avvolgendole nell’ombra, facendo sparire i loro corpi.
“Bene, è l’ora di tornare da quell’altro musone” disse sorridendo con la solita aria da lolita.
Il mondo si distorse e la dimensione creata da Rose collassò, riportando lei e gli altri corpi inermi al mondo reale.
Al suo ritorno, si ritrovò nella situazione dove Balto era rimasto.

“Ehi cucciolone, com’è che non lo hai ancora sconfitto? Vuoi che ti dia una mano?” sghignazzò la ragazza.
“Tempismo perfetto, Rose”.
“E così hai sconfitto i miei quattro generali? Che peccato” disse Frido senza emozione.
“Frido, siamo tornati alla situazione di partenza.. se non ti vuoi arrendere ascolta almeno ciò che ti ho da dire” continuò Balto.
“Mh.. va bene” si convinse “ Ma fa alla svelta, altrimenti potrei ripensarci”.
“Vogliamo chiederti una tregua con i Vanessa Knight.. state disturbando l’intero Paese e con una guerra alle porte, l’esercito non si tratterrà dal mandare i suoi cani da caccia” avvertì Balto.
“Tsk, quelle merdine di agenti? Non mi ci vorranno più di cinque minuti per farli fuori..”.
“Non sto parlando di loro.. sto parlando di Peace Maker del calibro di Frederica e Krono”.
“Krono? N-no, è tenuto segregato in una prigione di massima sicurezza, è impossibile che..” rispose Frido intimorito.
“Pare invece che abbiano già deciso di liberarlo… beh, io ti ho avvertito, spero che coglierai questa occasione e fermerai le ostilità” disse Balto girandosi verso Rose “Noi ce ne andiamo”.
Detto questo, Rose batté due volte le mani e i due sparirono dal gelo di quella città, lasciando Frido con quella minaccia che tanto lo aveva scosso.
 
Poche ore dopo, nel carcere governativo Torre dei Cieli:
Una gigantesca torre di oltre trenta piani e 20 sotterranei in mezzo al nulla era situata nei pressi della città di Marchenia, a molti chilometri a est rispetto a Vanessa.
 Quattro macchine nere si stavano muovendo davanti all’edificio in cerca di parcheggio. Una volta fermi, una ragazza di circa diciannove anni scese da una delle macchine.
Era alta circa un metro e sessanta, aveva lunghi capelli biondi raccolti in due codini laterali, occhi verde chiaro e indossava un vestito rosso e nero stile gothic.

“Uffa, guarda in che postaccio mi hanno fatto andare per colpa di quel citrullo” commentò duramente la ragazza.
I due agenti al portone, vedendola arrivare, furono scossi da un brivido di terrore e corsero ad aprire i cancelli.
Nel buio della notte, la ragazza camminava con i suoi tacchi neri e un lecca-lecca in bocca, non curante del fatto che si trovasse in un carcere dove vi è radunata la peggior feccia della società.
La ragazza fu condotta da un giovane sorvegliante fino all’ascensore che tramite l’utilizzo di una carta speciale, portava le guardie e i visitatori al piano scelto.
“Adesso puoi andartene, da qui in avanti proseguo da sola” disse rivolto alla guardia.
“M-ma Signorina… ”.
“Ho detto di sparire, nullità!” ringhiò la bionda.
La guardia, impaurita, ubbidì e se ne tornò al suo posto.
“Che schifo” commentò la ragazza.

Entrò nell’ascensore, passò la propria tessera sullo scanner  e premette sull’ultimo  piano sotterraneo dell’edificio.
Arrivata a destinazione, percorse un lungo corridoio buio dove alla fine vi era una piccola porta blindata protetta da un rivelatore di impronte.
La ragazza poggiò il suo pollice sul display del rilevatore e dopo qualche secondo la porta si aprì.
Un grande spazio completamente bianco, con un letto, un tavolino, un bagno e una libreria rappresentava la stanza del carcerato numero uno della Torre dei Cieli.
Seduto su una sedia a gambe incrociate, vi era un uomo sulla ventina, bloccato da una camicia di forza e una museruola. Il suo sguardo trafiggeva il corpo della ragazza, che per un attimo sembrò voler indietreggiare per la tensione.
“Ma guarda come sei ridotto, Krono”.
 
 

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Capitolo 9
*** Cos'è lei per me? ***


 Cos’è lei per me?:
“Non credevo fosse così facile” pensò distrattamente Raven mentre da solo, ancora con le buste contenenti console e videogame, se ne stava tornando alla base dopo aver riportato Bel fino a casa.
Raven non solo era riuscito a scoprire l’identità di alcuni membri dei Vanessa Knight e della stessa regina, ma era addirittura riuscito a farne parte grazie alla raccomandazione di Bel.

“Devo sbrigarmi ad agire” continuò “Se riesco a chiudere pacificamente la contesa, inutili spargimenti di sangue saranno evitati e…” si fermò.
“Ma cosa sto dicendo? Oso pensare a queste parole nonostante io stesso avrei potuto porre fine a tre vite di comuni esseri umani in un impeto d’ira?”.
“Lo hai fatto per la ragazza” disse una voce dentro di lui.
“Nonostante tutto, avrei potuto semplicemente metterli ko”.
“Ma non erano neanche esseri umani!” continuò la voce.
“BASTA!” si ritrovò a gridare Raven nel vicolo buio davanti alla base, portandosi le mani ai lati della tempia.
“Non ci devo pensare.. ormai è andata” si rassicurò.
Percorse i pochi metri che lo separavano dalla base, tirò fuori la chiave e aprì la porta.
Dopo essere entrato, si trovò davanti il solito salotto dove giorni prima Emily era intenta a stirare mentre Rose sonnecchiava sdraiata sul divano. Questa volta però lo scenario era completamente diverso, non vi era nessuno nella stanza eccetto Emily, che era sdraiata sul divano con le gambe di fuori e una coperta a coprirle la parte superiore del corpo.
Cercando di non disturbare la ragazza che stava riposando, si tolse le scarpe e lentamente si avviò verso le scale, dalla parte opposta dell’entrata. Mentre passava accanto al divano, si girò verso Emily e soffermò il suo sguardo sul suo viso. Dolce, gentile e aggraziata, erano questi gli aggettivi che meglio descrivevano Emily, che da quando era entrata a far parte dell’Oricalcum, aveva sempre assunto la figura di sorella maggiore per Raven.
“Magari anche Bel fosse così…” disse a bassa voce.
Udendo quelle parole, Emily si destò e con un leggero sussulto si accorse della presenza di Raven.
“Oh Raven, sei tornato! Com’è andato il tuo primo appuntamento?” chiese la ragazza, mettendosi a sedere e cercando di pettinarsi i suoi capelli leggermente arruffati.
“Non era un appuntamento…” rispose Raven imbarazzato.
“Ma certo!” sorrise Emily “Allora, la missione?”

Raven si sedette di fianco a Emily e iniziò a raccontare dell’accaduto, dall’acquisto della console, alla spiegazione dei Quarter di Bel all’assalto degli stupratori fino alla regina dei Vanessa.
“Ti ha visto usare i tuoi poteri?!” disse preoccupata Emily, guardando negli occhi Raven.
“S-si ma, come ti ho detto, non si è fatta problemi”.
“Questo è un gran problema… anche se in apparenza non ha avuto reazioni eccessive, può essere che abbia pianificato un modo per farti uscire allo scoperto!”
“Chi? Quella gorilla? Naaah, non è così intelligente” rassicurò Raven.
“E poi scusa ma… come faceva a sapere tutte quelle cose sui Peace Maker?”.
“Suppongo che gliele abbia raccontate Sonia…”.
“Non abbassare la guardia, Raven” supplicò Emily portando una mano sulla gamba destra di Raven, senza smettere di guardarlo negli occhi.
“Con chi credi di avere a che fare? Non mi farò distrarre da una ragazza come lei!” esclamò Raven fiducioso.
“Spero che sia così.. Bene, è ora di andare a letto,  domani hai scuola no?” ordinò la ragazza, che si alzò in piedi raccogliendo la coperta e si avviò verso la propria camera al piano di sopra.

Il suo fare da sorella maggiore o talvolta madre non infastidiva affatto Raven, anzi, lo faceva estremamente felice, dandogli delle sensazioni che raramente nel passato aveva provato.
“Ma.. cos’è Bel per me?” si chiese Raven mentre risaliva le scale per andare nella sua stanza.
Il giorno dopo finalmente, dopo le normali ore di lezione, Raven si recò come il giorno precedente al centro commerciale di Vanessa.  Questa volta vi trovò subito ad aspettarlo Annabel, vestita con un giubbotto di pelle marrone, un foulard rosso e dei jeans.

“Ehilà, Bel!” salutò Raven “Come sempre ti vesti da maschiaccio!”.
“Parla per te uomo delle caverne… hai così tanta barba e capelli da poter risanare le nuche deserte di centinaia di poveri calvi!” rispose Bel con un sorriso beffardo.
“E’ proprio la risposta che mi aspettavo da te” disse il ragazzo accennando un sorriso di risposta.
“Come prima cosa quindi, andiamo di corsa da un barbiere!”.
Bel trascinò Raven da un barbiere nelle vicinanze che prestava servizio a metà del corpo studentesco della città.
“Luigi è molto apprezzato per i suoi tagli giovanili e alla moda” spiegò Bel mentre Raven si accomodava sulla poltrona davanti allo specchio nel negozio del barbiere.
“Perché un barbiere dovrebbe avere un nome da pizzaiolo?” chiese il ragazzo sconcertato dalla situazione.
“Pizzaiolo? Ma non era un idraulico?” domandò Bel divertita dalla situazione.
“Non prendermi in giro!”.

Luigi, che era un omino basso con folti capelli neri ricci, lunghi baffi dal medesimo colore e un’aria da professionista, si mise dietro Raven e iniziò a tagliuzzare i suoi capelli.
Dopo circa mezz’ora di lavoro, il volto di Raven era cambiato considerevolmente. Non aveva più la sua classica aria trasandata e adulta, ma presentava un volto liscio  e delicato, labbra piccole e occhi incredibilmente penetranti. I capelli più corti riuscivano a dargli un’aria giovanile e ne aumentavano la bellezza estetica, che era celata sotto il muro di capelli e peli.

“Oh beh si.. ecco, emh..” usciti dal negozio, Bel guardava nella direzione opposta rispetto a Raven. Quest’ultima continuava a balbettare frasi incomprensibili che arrivate a metà, si interrompevano e ricominciavano da capo.
“Si può sapere cosa ti succede?” chiese Raven spazientito dal comportamento della ragazza.
“Eh? Ah! Devo andare in bagno, scusa un attimo!” disse frettolosamente Bel, che, tutta rossa in viso, abbandonò  Raven davanti all’ingresso dei bagni del centro commerciale.
“Mah, le donne..” commentò Raven, non capendo la situazione.
Quando Bel uscì dal bagno, una delle professoresse dei due gli passò davanti, notando insieme i ragazzi.
“Oh, signorina Klaus! Che sorpresa, non pensavo di vederla qui.. siete ad un appuntamento per caso?”.
“Eh? N-no! Gli sto solo facendo vedere la città! Siamo solo amici” precisò Bel.
“Mhm, mi sembra che tu abbia la coda di paglia” ammiccò la donna, iniziando a sghignazzare a mo’ di presa in giro, continuando a ripetere “Ah Che bello essere giovani” ”.
Come sospettato da Raven, l’esercito aveva cancellato tutte le informazioni riguardanti i due studenti morti qualche giorno addietro per mano dello stesso ragazzo.. ma qualcosa fece tremare il giovane nel sentire quel nome.
“Klaus?” pensò il ragazzo “No, non può essere la stessa persona!”.

La mente di Raven andò ad intaccare la parte più profonda della sua coscienza, quella che mai avrebbe voluto ricordare. Il suo passato da Peace Maker, la sua vita e il suo futuro era tutto legato a quel nome, il nome che identificava la sua piastrina, il nome dello scienziato che gli aveva dato una parola di riferimento… Il nome dell’unica persona che gli abbia fatto da padre.
La storia risale ad undici anni prima, nell’epoca in cui Raven non era Raven, ma un figlio di nessuno, un cucciolo di leone solitario disperso nella Savana dove vigila la regola del più forte.
uesQuest
 

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Capitolo 10
*** Flashback della Genesi ***


Darkbright - Flashback della Genesi-

Undici anni fa, nel remoto laboratorio di Yggdrasil…
“Ne è proprio sicuro.. professore?”.
“Certo che lo sono!” urlò nervoso un uomo sulla quarantina vestito con un camicie bianco, camicia celeste e occhiali rotondi con occhi verdi e profondi.
“Ma se Jin lo scoprisse si infurierebbe e non poco! Rischiamo di morire tutti!” disse intimorito l’assistente del professore.

“Non c’è altra scelta, se non impiantiamo adesso il Gear nel bambino,  l’intero progetto andrà in fumo! Ci vuole una nuova forza che contrasti il Peace Maker del ghiaccio”.
L’assistente si arrese e continuò a seguire il professore lungo il corridoio che portava al cuore del laboratorio, dove i bambini venivano raccolti ed in essi veniva installato il Gear.
La porta elettronica era chiusa da un sistema di riconoscimento a impronte e con codice numerico. Il professore posò il suo pollice sopra il display e il dispositivo riconobbe il suo nome.

“Peter Klaus” vi era scritto.

Nel frattempo, rumori di esplosioni si udivano in lontananza, causate da un altro bambino fuori controllo, il neo titano del Ghiaccio Frido.
“Dobbiamo sbrigarci!” continuò Peter dopo aver inserito il codice ed essere entrato nella stanza.
La stanza era completamente avvolta di bianco, con centinaia di capsule ‘ove riposavano bambini di ogni età e razza, addormentati artificialmente e in attesa di essere trasformati in Peace Maker.
“Eccolo qui!” disse Klaus “Progetto PK4697…”.
Le sue mani si posarono sulla figura di un bambino di sei o sette anni, con corti capelli neri e guance candide.
“E’ pronto il Gear?” chiese il professore.
“Si, ecco..” rispose l’assistente, porgendo a Peter una piccola scatola contenente l’ingranaggio.
Il piccolo Gear era di un colore nero pece, con una saetta blu al centro che simboleggiava il potere del fulmine di cui il ragazzo sarebbe stato capace di usare una volta avvenuto il contatto con esso.
“Mi dispiace piccolo, ma è per il bene della ricerca…”.
Dopo aver preso il bisturi, tagliò la pelle che copriva il cuore del fanciullo e con estrema delicatezza poggiò il piccolo ingranaggio sopra di esso, che come se prendesse vita, si attaccò al muscolo del ragazzo e si fuse con quest’ultimo.
Il bambino aprì gli occhi e una reazione inaspettata stupì il professore.
Tutta l’elettricità della stanza venne accumulata intorno al bimbo in forma di fantasma che per qualche strano motivo, divenne nero non appena si posò sopra di lui.
“Che razza di stregoneria è mai questa…?” si chiese il professore sbalordito, che nel frattempo era indietreggiato di qualche passo.

Quello strano misto di magia e scienza aveva sbigottito il professore. 
Varie scariche di fulmini partirono dal fantasma, che nel frattempo, si stava assimilando con il bambino, che era ancora sopito.
A quel punto, si alzò in piedi e grosse ali nere scintillanti gli uscirono dalla schiena, rendendo l’aria elettrica e facendo drizzare i folti capelli dell’assistente.
Gli occhi di PK4697 si aprirono e con un urlo, spiccò il volo polverizzando con i suoi fulmini il soffitto e ritrovandosi faccia a faccia con Frido, che nel frattempo si era avvicinato.
“Oh? Guarda un po’ cosa abbiamo qui! Proprio un bel corvetto” esclamò un giovane ragazzo che aveva intorno ai dieci anni, con capelli neri e aria fredda e indifferente.
Scaglie di ghiaccio partirono dalle braccia di Frido e volarono verso il corvo di fulmini, che li polverizzò con una saetta nera.
“Elettricità nera? Tsk, queste cose si vedono solo nei manga.. ridicolo” commentò Frido.
“Ora basta, Frido” disse una voce fredda simile a quella del ragazzino.
“Ma guarda un po’, è arrivato il cagnolino Balto” sogghignò Frido “E va bene.. il divertimento finisce qui”.

Il ragazzo, che era in piedi su un pilastro di ghiaccio, scivolò a terra e come se non fosse successo niente, prese l’ascensore e sparì.
Il corpo di PK4697 ancora era avvolto da migliaia di scariche elettriche nere e il bambino aveva un’aria sofferente dovuta al dolore che si auto-infliggeva.
Balto guardò sotto la parte di pavimento sfondata da PK4697 e scrutò torvo il professore, che era rimasto li imbambolato.

“Sembra che l’abbia fatta grossa… professor Peter” disse Balto seccato “Dia una tuta al ragazzo e cerchi di isolare quelle scariche, altrimenti distruggerà tutto il laboratorio”.
“S-si” rispose Klaus riprendendosi dallo shock e armeggiando in uno degli armadietti li vicino.
“Ci voleva anche questa…” si lamentò Balto.
“Un altro titano… poverino, è ancora un cucciolo” disse una ragazza dai lunghi capelli neri.
“E’ così che adesso li vogliono.. Emily” rispose Balto.
“Spero che almeno sopravviva..”.
“Ne dubito, è stata programmata una missione fra una settimana.. doveva essere risvegliato domani ma a quanto pare il professore ha fatto di testa sua” finì Balto.
“Che sia una sua responsabilità allora!” disse un ragazzo con corti capelli castani e sguardo furtivo.
“Non siamo noi a deciderlo, Trebolt” commentò Emily.
“Staremo a vedere come se la caverà.. certo, il suo potere è curioso, ma chissà se sarà in grado di gestirlo”.
Nel frattempo, la tuta venne applicata al bambino che subito smise di emettere scosse elettriche. Il professore, assicurandosi dell’assenza di pericolo, si avvicinò cautamente al corpo addormentato del bambino. Portò una mano sulla sua guancia destra e sussurrò:
“Eri come un corvo elettrico..” continuò ad accarezzare il suo viso “Tu sarai Raven, il corvo oscuro che brilla nella notte. Il Darkbright”.
 
 
Una settimana dopo…
“Su, coraggio! Sveglia War Machine! E’ ora di andare in guerra” urlò il colonnello incaricato di guidare il plotone d’avanguardia della battaglia di Abumad.
Tra i vari soldati del plotone, vi erano tre estranei portati sul campo come rinforzo e squadra di sfondamento. Due War Machine, due Peace Maker che si trovavano accampati in una tenda non lontano dal luogo dello scontro.
“Dai Raven, è l’ora” sussurrò dolcemente il professor Klaus, che aveva seguito i suoi Peace Maker per valutare le condizioni del Gear.

I due Peace Maker erano Raven il Darkbright e Feira, che erano stati entrambi generati pochi giorni prima.
Il piccolo Raven si strinse su se stesso e si abbracciò le gambe per alleviare la tensione dovuta alla presenza dei soldati che lo inquietavano, mentre Feira fissava con sguardo vuoto l’entrata della tenda.
“Io dovrò rimanere nella retro-guardia.. state attenti e ricordatevi di indossare subito le vostre tute!” si assicurò Klaus.

I due annuirono e si incamminarono verso l’uscita. Feira era leggermente più alta di Raven, con capelli biondi e lisci lunghi fino alle spalle e occhi grigi. Raven aveva già tentato di fare amicizia, ma la bambina lo aveva ignorato più volte.
Usciti dalla tenda si trovarono in un deserto bollente e uno scenario simile ai più devastanti film di guerra, dove si vedevano le vittime raccolte in centinaia di sacchi e ammassate per essere portate via. Non vi era distinzione fra militari e cittadini, adesso erano tutti morti in quel deserto di sabbia e morte.  I due bambini erano ancora troppo piccoli per capire. Per loro era tutto simile ad un gioco. Gli era stato ordinato di far breccia nello schieramento nemico e di far passare l’esercito alleato nella città, assediata da un pericoloso gruppo terrorista rivoluzionario.

“Ricordatevi” disse il colonnello “niente superstiti”.
Nel campo non tutti i soldati erano d’accordo nel portare in guerra dei bambini e farli combattere in prima linea. Tuttavia, le cariche più alte dello Stato pressavano perché desideravano vedere sul campo la potenza di queste nuove “macchine da guerra”. Era così che gli adulti li vedevano, macchine da guerra con cui giocare per la sete di conquista e di risorse. Nessuno pensava a loro come bambini.
Mentre i due si stavano preparando per affrontare l’esercito terrorista, Feira si girò verso Raven e finalmente gli parlò:
“Non morire”.

Le sue parole erano semplici, ma sincere.

Raven rimase colpito dal comportamento di Feira. Raven non capiva bene a cosa fosse dovuta quell’ansia da parte di Feira. Per lui tutto questo era come fare una partita a nascondino, dove al posto di segnalare chi aveva visto con la parola “bomba” li doveva far esplodere letteralmente con i suoi poteri. O almeno così gli era stato detto dal colonnello.
Il suo volto era concentrato, ma l’espressione era triste.
Raven ancora non capiva cosa affliggesse Feira. Era forse la parola “morte”? O erano forse i soldati intorno a loro che li stavano fissando con occhi lucidi?
Tutto ciò non gli importava ormai, il primo gioco della sua vita stava per iniziare e se lo voleva godere appieno.

“Beh.. in bocca al lupo” rispose Raven sorridendo verso Feira.
Quest’ultima si girò dalla parte opposta e in quel momento, una scia di luce rossa segnalò l’inizio dell’attacco.
“Ora tocca a voi pidocchi!” gridò il colonnello.
Con la forza che il Gear infondeva ai loro corpi, i due si diedero uno scatto impressionante che si lasciò dietro un vortice di sabbia e il rumore di una forte esplosione.
La prima battaglia/gioco di Raven e Feira ebbe inizio.
 

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Capitolo 11
*** Cos'è la vita? ***


-Cos’è la vita?-

L’odore della morte. Raven non avrebbe mai immaginato cosa volesse dire morire. Per lui tutto era un gioco in cui doveva scovare gli avversari e abbatterli con i suoi fulmini neri.
Il giovane, mentre la compagna creava illusioni nella mente dei soldati nemici, continuava a colpirli con potentissime scariche elettriche nere che riducevano i loro corpi in cenere. Le difese dei terroristi erano vane. Non riuscivano nemmeno a sparare ai due bambini a causa delle forti illusioni che Feira creava nella loro mente, facendoli credere che i propri compagni fossero nemici o creando dei mostri grotteschi di fronte a loro.
Uno dopo l’altro i soldati caddero come foglie degli alberi d’autunno. Una poesia già c’è che ne parla, ma tale visione atroce passava come un balocco agli occhi di un bambino con la mente vuota e plagiata da uomini in divisa con il solo intento di far successo in carriera vincendo delle battaglie impossibili grazie al loro aiuto. Il sangue colava tetro sulle mura di Abumad, mentre l’esercito alleato assisteva alla scena metà stupito e metà indignato.
In poco meno di un ora la città era presa.

Raven e Feira si ritrovarono soli davanti ad una fontana tinta di rosso nella piazza centrale. Le strade erano vuote e silenziose, coperte da un tappeto di sangue. Il ragazzo si mise a sedere sul bordo della fontana, si guardò le mani e la sua espressione cambiò da eccitata a schifata. Si girò verso la fontana e vomitò tutto ciò che aveva in corpo.
Cos’era quella sensazione? Raven non riusciva a capirlo. Si sentiva distrutto, come se avesse fatto qualcosa contro natura. Si voltò verso Feira e le chiese:
“F-feira? Cosa succede quando uno muore?”.
“…” Feira sospirò e rispose “Davvero non lo sai? Quando una persona muore, smette di esistere. Abbiamo cancellato la vita di centinaia di persone. Vedi? E’ per questo che esistiamo, siamo nati per portare tristezza e sconforto nel mondo”.
“No! Non è vero! Doveva essere solo un gioco!”.
“Stupido ragazzino, pensi davvero che la morte sia un gioco? Se non fossi obbligata non farei mai del male a nessuno… non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”.

Raven non rispose a quella dichiarazione. Era in uno stato di totale confusione, non sapeva più cos’era giusto o sbagliato e a chi credere. Sapeva soltanto che doveva seguire Feira, perché lei gli avrebbe dato le risposte che cercava.
“Ma allora cos’è la vita?” era questa la domanda che lo affliggeva.
Si rimisero in marcia verso il campo, con l’amaro in bocca nonostante la vittoria.
Tornati alla base furono accolti da applausi di centinaia di soldati, gioiosi per la vittoria facile e senza perdite. A loro non importava niente dei due Peace Maker, erano solo felici di non essere scesi in battaglia. Come dargli torto. Ognuno di loro aveva famiglia e amici da cui tornare, invece per Raven e Feira non vi era niente.
“Ragazzi! State bene?”.
Con grande sorpresa dei due, il professor Klaus corse ad abbracciarli con le lacrime agli occhi.
“Ma cosa..?” disse Feira.
“Oh scusate, sapete.. ho delle figlie e mi piange il cuore vedervi andare in guerra da soli”.
Dopo aver lasciato i due si diresse verso il tendone del colonnello. Raven era entusiasta di essere stato abbracciato da Klaus, si sentiva come se avesse ricevuto dell’affetto paterno, ma per Feira non fu così..
“Che uomo viscido… Se ti piange il cuore allora non ci mandare!” disse a bassa voce, senza che nessuno la sentisse.
I sentimenti di Raven erano sempre più in contrasto, aveva troppe cose da capire e troppa poca esperienza.
I tre ripresero l’elicottero il mattino dopo per raggiungere l’aeroporto e tornare a Yggdrasil per godere di un breve periodo di riposo prima della prossima missione.
“Ah professore!” il giovane assistente di Klaus li salutò con energia davanti all’ascensore nella hall dell’edificio.
“Ah eccoti qui, porta i ragazzi nelle loro camere e poi torna in laboratorio per i nuovi esperimenti”.
“Si signore!” disse allegro l’assistente, portando via con se i due bambini.
“Quanta energia” disse Klaus dirigendosi verso il laboratorio.

Un ombra alle spalle dei due ragazzi li stava osservando con malizia.

Arrivato alla propria stanza Raven salutò l’assistente e Feira e si sdraiò a letto fissando il soffitto.
Il ricordo del giorno precedente gli sembrava solo un sogno iniziato bene e finito in un incubo. Necessitava di qualcuno che gli insegnasse cosa fare, qualcuno o qualcosa che gli desse delle risposte.
“E’ stancante eh?” disse una voce calma e rilassata dalla porta d’ingresso.
Un ragazzo dai capelli neri e una tuta sportiva bianca e blu si parò davanti a Raven.
“C-chi sei tu?” chiese Raven spaventato.
“Ci siamo già visti, io sono Frido, il titano del ghiaccio” si presentò con un inchino.
“Cosa vuol dire titano?”.
“Beh, anche tu lo sei.. Un titano in realtà è una bestia leggendaria della mitologia. Ma nel nostro caso, i titani sono i possessori dei Gear speciali in grado di sprigionare un’immensa quantità di energia. Siamo il top del top” spiegò Frido.
“Il.. top” ripeté Raven “Che cos’è la mitologia?”.
“Cosa? Non sai cos’è la mitologia?!” chiese stupito Frido.
“Scusa se non sono mai andato a scuola..”.
“Accidenti… Aspetta qui! Ti porto della roba interessante!” Frido scivolò fuori dalla stanza grazie ad un tappeto di ghiaccio creato da lui e riapparve dopo qualche minuto con una pila di libri in braccio.
“Ecco qui!” disse spargendo i libri sul letto di Raven.
“Guarda, questo è un libro scolastico, qui ti spiega tutti i generi letterari e ti introduce a vari tipi di racconti” fece passare per le mani di Raven un libro voluminoso ma dall’aria fragile.

Il ragazzo cominciò a sfogliarlo e vi trovò un sacco di didascalie e spiegazioni di cose che lui non aveva mai sentito.

“Prendi questi libri intanto, sono i migliori per i neofiti” gli passò due libri con la sigla HP scritta sopra “E… Ah, ho anche questo se ti interessa”.
Frido porse a Raven un libro molto più piccolo rispetto agli altri e in copertina uno sfondo blu e un ragazzo assieme ad un corvo che teneva due pattini in mano. Raven iniziò a sfogliarlo e ne rimase colpito perché non vi erano solo scritte, ma dei fantastici disegni posti in sequenza su ogni pagina.
“E questo cosa sarebbe?” si chiese meravigliato.
“E’ un fumetto. Proviene dal Giappone e ce ne sono tantissimi di questo genere… Mhm però aspetta, per te è meglio iniziare con questo” gli levò dalle mani quel fumetto e gliene porse un altro.
Stavolta in copertina vi era un bambino con un turbante e un flauto in mano, con sfondo simile alle città in medio-oriente.
“Parla di magia, labirinti, principi e un sacco di altra roba che…” gli occhi di Frido iniziarono a brillare mentre parlava sempre con più passione.
“Frido” disse una voce fredda dal corridoio “E’ tempo di partire per la missione”.
“Dannato cagnolino..” sussurrò Frido, che aveva tramutato la sua espressione da raggiante a gelida.
“Bene” disse tornando a sorridere a Raven “Leggi tutto mi raccomando!”.
Detto questo se ne andò e lasciò Raven da solo con tutta quella montagna di libri che aveva già iniziato a paragonare a dei tesori.
“Forse così troverò delle risposte..” pensò il bimbo mentre apriva il suo primo libro e iniziava a scoprire cosa vi era nel mondo che lo circondava a lui ignoto.

Così trascorsero nove anni della vita di Raven, fra libri e fumetti, missioni e omicidi. Troverà mai la sua risposta?
 

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