Nona (ipotetica) stagione con Rose.

di fluorescentdoll
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** happy birthday..again ***
Capitolo 2: *** happy birthday..again(p2) ***
Capitolo 3: *** happy birthday..again(p3) ***



Capitolo 1
*** happy birthday..again ***


HAPPY BITHDAY..AGAIN

 

Andrew Garfield as Doctor Who Facebook Cover by Super-Fan-Wallpapers
 

 

Come ogni volta il dottore era davanti la console ad armeggiare con i comandi con intensa minuziosità. Prima di partire doveva fare un piccolo check-out e ultimamente aveva trascurato il tardis e i viaggi. Aveva dimenticato cosa significava saltare da un pianeta all'altro da un epoca ad un'altra per il semplice fatto che da solo non c'era alcuno sfizio.

In effetti non viaggiava con qualcuno da molto tempo. Clara se n'era andata lasciandogli un vuoto immenso nello stomaco che pian piano saliva fino alla gola, e la stringeva quasi togliendogli il respiro. Lo stesso avevano fatto Amy,la dolce Amy, e Rory, quell'impavido centurione, River,Martha,Donna....tutti.

Prima o poi tutti lo lasciavano e ogni volta era più determinato a non accettare un altro passeggero a bordo sapendo a cosa andava incontro, e ogni volta ci ricascava. Perché era troppo egoista. Non voleva stare solo, voleva qualcuno accanto, qualcuno che gli ricordasse cosa significasse essere vivo e poter sentire risate,chiacchiericci tra le mura del tardis era qualcosa di impagabile. Il dottore non seppe per quante ore rimase nella stessa posizione, sotto la grata della console, forse ore. E tra uno scoppio e un altro, tra una scintilla e un ronzio qualcosa accadde.

Si sentì un rumore strano, una via di mezzo tra un risucchio e un suono metallico poi una luce giallastra pervase l'abitacolo attirando l'attenzione del dottore. La luce si dissolse scoprendo i contorni di una giovane ragazza,molto giovane.

Non doveva avere più di diciotto anni: fisico asciutto, capelli biondi e carnagione rosea.

“chi diavolo sei tu?” le chiese la ragazza con tipico accento londinese squadrandolo da capo a piedi.

“cosa?”

“che razza di posto è mai questo?” chiese ancora con gli occhi che scrutavano con spavento ogni singolo dettaglio della stanza.

“E' il mio tardis questo, ragazzina!” non era la prima volta che qualcuno sbucava nel tardis come per magia. Era successo con Donna qualche anno fa e adesso con questa ragazzina.

Doveva aumentare i livelli di sicurezza del tardis.

“ non chiamarmi ragazzina razza di bifolco! che cos'è un tardis? E come ci sono finita qui?” la sorpresa stava dando spazio alla paura, glielo si leggeva in faccia.

“E' quello che vorrei sapere anche io!”

“riportami subito indietro razza di sequestratore” e la paura stava dando spazio alla rabbia verso l'alieno.

“cosa?” la situazione gli stava sfuggendo dalle mani.

“mi hai sentito bene. Tu, mi hai sequestrata, non so come ma lo hai fatto e voglio che mi riporti indietro immediatamente,capito?” il carattere di certo non le mancava e se il dottore in quel momento fosse stato di buon umore ne avrebbe apprezzato la particolarità.

“io non ti ho sequestrato! Sei tu che sei sbucata nel tardis come una clandestina!” ribatté con tanto di fiocchi.

“me ne stavo tutta tranquilla a fare la spesa e un secondo dopo mi trovo qui! Chiamalo come vuoi ma per me è un sequestro!” era come una bomba ad orologeria che avrebbe potuto scoppiate in qualsiasi momento. Il dottore capì che qualsiasi cosa le avesse detto lei non ci avrebbe creduto e avrebbe continuato a mantenere la sua tesi: che lui era un rapitore. Sbuffò e senza troppi fronzoli chiudeva la grata dietro di sé e accese il bottone della console, pronto a partire “ho capito, ti riporto a casa, dove..?” ma non fece in tempo a chiedere la destinazione e a trafficare con i comandi che la bionda aveva già adocchiato la porta e con un rapido scatto fu fuori. Peccato che fuori ci fosse il profondo spazio. Molto profondo. Aprì la porta e come quando tiri lo sciacquone del water lei fu risucchiata in aria.

Lui le fu dietro all'istante mentre lei urlò trascinata in alto. Per un pelo riuscì ad acchiapparle la caviglia altrimenti sarebbe stata la fine per lei.

La lasciò in alto a contemplare le infinite stelle trapuntate nel cielo. Smise di urlare e gli occhi, che per tutto il tempo aveva tenuto serrati, si aprirono. Aveva trattenuto il fiato pensando che sarebbe morta per mancanza d'ossigeno ma con stupore tirò una grande boccata d'aria, cosa assolutamente assurda.

Rimase in silenzio perché le parole non erano sufficienti per descrivere lo spazio intorno a lei. I capelli le vorticavano in assenza di gravità. Li toccò con la mano destra, abbassandoli ma non appena li lasciava quelli ritornavano su. Il dottore la riportò giù e chiuse le porte prima che lei facesse qualche altra sciocchezza. La sua faccia era un misto tra “sto per vomitare” a “credo di essere diventata pazza”. Forse stava per svenire.“come ho fatto a respirare, tecnicamente è impossibile”

“giusto, ma sei nel tardis il che vuol dire: aria!” esclamò lui con enfasi e senza troppi fronzoli. Non gli andava di raccontarle tutti i dettagli.

“chi sei?” i suoi occhi marroni sembravano penetrarlo da parte a parte e non lasciavano via di fuga.

“sono il dottore” era talmente abituato a dire quella frase che non si stupì della domanda seguente

“dottor cosa ?!”

“Solo 'dottore'. Di solito mi chiedono 'dottor chi?' perciò apprezzo la variabile”

lei sembrò spiazzata, si era fermata a capire la frase 'solo il dottore'. Guardò la porta dove poco fa aveva rischiato la vita.

“sei un alieno e questa è la tua nave spaziale?” sembrava più un affermazione ma lui annuì come da procedura e ciò che lei fece dopo fu del tutto inaspettata e insolita.

Rise.

Una di quelle risate fragorose, piene di gusto. Avanzò con sorriso giocoso verso la console e si guardò in torno alla ricerca di qualcosa.

Lui la seguì cauto aspettandosi una reazione post-traumatica, roba da umani insomma.

“scommetto che c'è Derek dietro tutto questo, vero?” girava e girava intorno alla console cercando e cercando “okay, ci sono cascata, adesso basta. Dov'è la telecamera? Scommetto che avete filmato tutto così poi lo metterete su youtube” poi si fermò e guardò il dottore aspettandosi che cacciasse qualche frase del tipo “beccata!” ma lui rimase serio per farle capire che non era uno scherzo, che era serio, che certe cosa esistono veramente.

“seriamente, ti ci sei impegnato parecchio 'dottore'” il suo sorriso tirato sparì.

“non è uno scherzo” rispose lui. Sembravano passate ore in cui i due si guardavano l'uno timoroso che l'altro facesse qualcosa di improvviso.

“riportami a casa” disse lei solamente.

Così lui prese a trafficare con i comandi come un bimbo gioca con le costruzioni.“destinazione?” sembrava tranquillo, quasi felice. Lei invece era turbata e spaventata ogni volta che il dottore schiacciava un pulsante o girava qualche manovella.

“Sistema solare, Terra, Regno Unito...”

“so dove si trova il regno unito!” rispose stizzito lui “ho fatto l'esame di geografia terrestre da ragazzo”

“davvero?” chiese dimenticando che stava parlando con un perfetto sconosciuto alieno.

“si...peccato che mi abbiamo bocciato”

Il tardis fece una scossa che quasi catapultò la ragazza a terra “e credo che ti abbiano bocciato anche al pilotamento di questo coso” commentò sarcastica incurvando di poco le labbra.

Era un sorriso? Perché al dottore parve di sì.

“dicevi, regno unito e? Mi serve il luogo esatto, a meno che tu non voglia atterrare al backgammon-palace” lei alzò un sopracciglio ma fu felice di aver incontrato un alieno con il senso dell'umorismo.

“L'ultima visita alla regina era stata piuttosto movimentata...ah che ragazzaccia!” continuò lui ridendo al ricordo dei coprexelium che avevano fatto un party con la regina e il sottoscritto in persona.

“scherzi?” chiese lei trattenendo la risata isterica.

“no affatto. Non mentirei mai su due cose: la regina e la ricetta con la pasta e i fagioli” risero entrambi mentre un'altra scossa arrivò da parte del tardis.

Lui la guardò ridere e qualcosa in lei le ricordò qualcuno. Non capì subito chi di preciso, sentì solo le budella attorcigliarsi al solo pensiero di quel sorriso, di quella risata tanto familiare quanto lontana. Lei si accorse che lui la osservava “che c'è?”

“niente” distolse lo sguardo concentrandosi sui pulsanti davanti a lui.

“powell estate” disse infine lei.

Lui si voltò di scatto al sentire quel nome. “cosa?”

“E' dove abito, Powell Estate” i due cuori del dottore sembrarono improvvisamente fermarsi. Per un secondo pensò...ma era impossibile. Si trattava di una coincidenza.

Mise i dati nel tardis e partì. Un ultimo scossone partì dal tardis, questa volta era più forte e fece cadere la ragazza del tutto inaspettata.

Indicò la porta “arrivata a destinazione” la informò. Lei guardò più volte lui e la porta con incredulità “di già?” lui annuì e lei con passo incerto aprì la porta aspettandosi di ritrovarsi nello spazio di nuovo e invece si ritrovò nel solito vicolo parallelo al centro commerciale dove lavorava. Era tutto così normale, e irreale in confronto a quello che era successo prima. Uscì fuori e si guardò le spalle e per poco non urlò. Si limitò a cacciare un gemito appena percepibile. All'interno il tardis era enorme tre volte casa sua e fuori non era altro che una cabina telefonica blu di legno. Rigirò più e più volte intorno quella minuscola cabina mentre il dottore come sempre si godeva l'espressione stupita che gli essere umani avevano difronte alle dimensioni del tardis. Lei rientrò con furore “E'...è...è.....magnifica!” esclamò con convinzione e il tardis appezzò quel complimento. “come è possibile?voglio dire...l'esterno è più piccolo dell'interno!”

“non mi dire..davvero?!” lei ricambiò con uno sguardo fulmineo il sarcasmo del dottore.

“E' il mio tardis. T.A.R.D.I.S. Tempo e relativa dimensione nello spazio. Può viaggiare nel tempo e nello spazio, ovunque e in qualunque momento della storia dell'intero creato” odiava dover rispiegare sempre tutto da capo ma lo sguardo della ragazza era famelico, ansioso di sapere qualunque cosa.

“Ma è impossibile!” poi ripensò allo spazio alla grandezza del tardis, al fatto che il dottore fosse un alieno “come non detto. E questo 'segreto' lo condividi con qualcuno. Viaggi con qualcuno, un parente,amico?” lui abbassò lo sguardo e con la stessa rapidità lo rialzò. L'unico rumore proveniva dal tardis, un costante ronzio monotono, e dai loro respiri appena percettibili.

“no, da solo. Perché pensi che debba viaggiare con qualcuno?” chiese curioso mentre lei come presa da un attacco morboso sfilettava con le dita il laccio della felpa blu.

“perché viaggiare da soli deve essere una cosa triste. A che serve viaggiare,conoscere e vivere tante avventure quando non hai nessuno con cui condividerle” e la ragazza aveva pienamente ragione. Detto ad alta voce sembrava ancora più crudele che pensato.

Quello che seguì fu un silenzio imbarazzante finché lei non si girò e uscì nel pieno delle strade londinesi che pullulavano di gente.

Lui uscì dietro di lei chiudendosi la porta alle spalle. Erano quasi le sei e il vento serale sferzava i capelli biondi e lucenti di lei in tutte le direzioni come poco fa quando vagava sospesa nello spazio.

“Mia madre sarà preoccupatissima e ultimamente non siamo in buoni rapporti” disse lei sovrappensiero “ho mollato il liceo e lei me ne vuole perché devo trovarmi un lavoro, forse al centro commerciale 'Finch' trovo qualcosa” lui aggrottò le sopracciglia a quest'ultima affermazione “quel centro commerciale non c'è da anni! E' saltato in aria tanto tempo fa”

“e tu come lo sai?”

“perché l'ho fatto saltare in aria io” ricordò quel giorno in cui dovette salvare l'umanità dal popolo della plastica vivente. Il giorno in cui incontrò Rose Tyler. Al solo pensiero una morsa si chiuse intorno alla sua gola.

“ma se ci sono stata ieri” tornò alla realtà grazie alle parole della ragazza sconosciuta che tanto le ricordava Rose.

“impossibile” e con quella parola la conversazione fu definitivamente chiusa.

“ho tante di quelle domande che vorrei farti in questo momento...” lasciò che la frase si perse pentendosi di averla detta non appena l'alieno rispose “falle pure”

lei scosse la testa “perché?” chiese lui. Le si poteva leggere negli occhi la smania di sapere e la debole determinazione a non. “perché poi rimarrei troppo coinvolta e anche se questa sarà l'ultima volta che ci vedremo io non riuscirò mai a dimenticarti. Penserò a cosa mi sono persa non chiedendoti se posso venire a viaggiare con te” non riusciva a crederci di aver avuto il coraggio di dirglielo. Lui provò un po' di senso di colpa per aver coinvolto un'altra persona. Forse avrebbe dovuto dire che tutto quello che aveva visto era frutto di un'immaginazione o uno scherzo di quel Derek che aveva nominato prima.

“Allora chiedimelo, vieni con me” l'aveva rifatto e questa volta andava in contro ad altri sensi di colpa, anche futuri.

“No, non posso. Ho troppe responsabilità e anche se viaggiare nel tempo e lo spazio è bellissimo non posso non pensare che qui ho i miei cari” rispose tutto d'un fiato e lui rimase leggermente deluso perché in lei vedeva un grande potenziale, ragione in più per essere contenti che non venga trascinata troppo.

Rimasero in silenzio per pochi secondi poi lei parlò.

“suppongo che questo sia un addio” rifletté lei “non mi hai ancora detto chi sei, e perché mi hai rapita” continuò ostinata.

“te l'ho detto sono il dottore e non ti ho rapito! Sei sbucata dal nulla”

“va bene ma vedi di non farti rivedere in giro, specie di marziano” ricominciò con il sarcasmo

“non sono marziano” rispose offeso “i marziani non sono lontanamente divertenti come lo sono io” alzò la testa stizzito.

“credimi, se fossi la metà divertente di quanto tu in realtà sia saresti il doppio di quanto tu creda di essere”

“non credo di aver capito” lei rise e si girò andandosene. Poi a metà strada si girò come se si fosse ricordata qualcosa solo allora

“comunque io sono Rose Tyler”

Il dottore sentì come la terra tremare sotto di lui. Quel nome gli risuonò varie volte nella testa bloccandolo. Lei era a vari metri di distanza e prima di vedersela completamente sfuggire dalle mani gli corse dietro.

“come hai detto scusa?” la voce gli tremava e lo sguardo scrutò ogni dettaglio della ragazza associandolo alla Rose Tyler che conosceva. In effetti la somiglianza era troppo simile, ma che si trattasse di uno scherzo?

“che mi chiamo Rose, è un nome piuttosto comune se vivi a Londra e hai una madre appassionata di Titanic” le sfuggì una smorfia pensando alla madre e alla sua ossessione per Leonardo Di Caprio.

“come si chiama tua madre?” adesso il tono di voce era più alto, ma tanto quel vicolo era deserto e nessuno avrebbe sentito la loro conversazione.

“scusa ma a te cosa importa?” era sospettosa e non riusciva a guardarlo negli occhi.

“Dimmelo”

“Perché?” lui allora le prese il polso con la mano e la guardò dritta negli occhi con il fuoco che divampava nelle sue vene.

“e' importante, ti prego”

ma prima che lei potesse rispondere una donna dall'aspetto disorientato si avviò verso di loro. Era una signora piuttosto adulta con i capelli biondi raccolti in una coda disordinata. Teneva una busta della spesa in mano e sembrava allarmata.

“Mamma?!” chiese Rose alla donna di fronte a lei.

La donna fece cadere a terra la busta e con sguardo sconcertato guardò prima la figlia poi il dottore che immediatamente aveva lasciato il polso della giovane.

“Rose cosa..?” ma poi notò la cabina blu dietro loro e il suo sguardo si posò sul dottore.

“O santo cielo....dottore?” sembrava sorpresa, ma in realtà era arrabbiata. Dopo anni finalmente la pace si era fatta strada nei cuori della famiglia Tyler e adesso ecco che ricompare la figura dell'uomo che Jackie Tyler temeva di incontrare. All'inizio non l'aveva riconosciuto perché era una persona totalmente diversa. Sembrava avere l'aspetto di un ventenne e invece ne aveva più di 700.

“Lo conosci?” chiese Rose scandalizzata guardando prima uno poi l'altro.

La madre le venne più vicino e accarezzò il volto della figlia “cosa ti ha fatto?” era disperata e Rose non ci stava capendo più nulla.

“Sto bene. Mamma, sei per caso invecchiata?” chiese notando le rughe sul volto preoccupato della madre

“Ehi, come ti permetti!” urlò lei offesa e stirandosi invano le quattro rughe sul volto. Il dottore interruppe quel battibecco quando con un movimento repentino le puntò un affare luccicante in faccia che le fece perdere i sensi. Jackie si catapultò sul Rose “cosa diavolo le hai combinato questa volta?” in un'altra occasione Jackie si sarebbe messa a prenderlo a schiaffi ma adesso era impegnata e tenere la testa di Rose sulle sue ginocchia.

“Prima però mi devi spiegare un paio di cosette” disse lui rimettendo il cacciavite sonico in tasca.


 

NOTA AUTORE: spero che questo capitolo vi abbia soddisfatto e incuriosito perché è da molto che questa idea di rose giovane mi gironzolava in testa e ho voluto scriverla.

L'episodio non finisce qui...ci sarà uno scontro e una sorpresa inaspettata perciò questa è solo la prima parte. La seconda la pubblicherò domani e la terza martedì. Non mi andava di fare tutto un unico episodio perché altrimenti diventerebbe pesante. Spero gradirete il fatto che ogni episodio sarà un po' come l'omonima serie solo che sarò io a inventarmi la trama perciò non lamentatevi più di tanto se non sono brava come i geniali scrittori di Doctor Who.

A domani allora!

p.s- non siate tirchi, lasciate una recensione! Consigli, complimenti,stronzate, insulti...qualsiasi cosa! Rispetto l'opinione pubblica :)

 

 


 

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Capitolo 2
*** happy birthday..again(p2) ***


HAPPY BITHDAY..AGAIN p2

 

Andrew Garfield as Doctor Who Facebook Cover by Super-Fan-Wallpapers

Erano seduti sul divano di casa Tyler. Rose era in camera sua, svenuta per mano del dottore,Pete era al lavoro e il dottore e Jackie Tyler erano in salotto l'uno seduto di fronte all'altro. Jackie era sempre la stessa ma le rughe dicevano il contrario. Si vedeva che erano passati parecchi anni dall'ultima volta che si erano visti. Perciò come mai solo Rose era più giovane? E cosa ci facevano lì. L'ultima volta li aveva lasciati su quella spiaggia, con John Smith.

“Ti sei rigenerato” constatò la donna osservando il dottore “quante volte?”

“più o meno questa è la terza...e ancora non ho i capelli rossi!” si lamentò.

“beh questa è la migliore” flirtare non le riusciva bene, almeno non con il dottore che non sembrava ascoltarla. Lei allora diventò seria e dopo aver controllato con l'occhio la porta della camera della figlia gli chiese

“Come è possibile che sia ringiovanita di undici anni?” chiese Jackie aspettandosi una dettagliata e ricca risposta da parte del dottore.

“non ne ho idea” era onesto e lo si capiva dal modo in cui si scompigliò i capelli con morbosità. “c'è di mezzo qualcuno per forza” guardava altrove e iniziò a pensare ad alta voce come suo consueto.

“qualcuno di alieno?” chiese lei ingenuamente e lui annuì convinto.

“ma a quale scopo e perché lei?” lui non rispose. Avrebbe dato qualsiasi cosa per saperlo. Aveva dei sospetti ma non se la sentì di preoccupare Jackie ancora di più.

“Non lo so..quando è stata l'ultima volta che l'hai vista?” lei ci rifletté per un paio di secondi con lo sguardo in aria “Ieri sera abbiamo cenato insieme..poi è andata a dormire a casa di un'amica e poi il mattino seguente l'ho chiamata ed era tutto a posto”

“Tutto qui? Niente comportamenti insoliti, niente gente che la frequentava strana?”

“direi di no, gli amici erano sempre i soliti e anche il comportamento era normale..però..”

gli occhi del Dottore guizzarono sul suo viso al senti pronunciare quel 'però'.

“Cosa? Quale però?” era agitato

“La mattina quando l'ho chiamata...abbiamo parlato molto poi la conversazione si è interrotta, l'ho richiamata più volte finché il suo numero non risultò inesistente” spiegò aggrottando la fronte. Il Dottore fu assalito da vari pensieri uno più rivelatorio dell'altro

“E' in pericolo, non è così?” chiese Jackie terrorizzata di sapere la risposta quanto lo era il dottore. Per questo non rispose.

“Piuttosto...” tirò un sonoro sospiro alleggerendo la situazione “Cosa ci fate in questo mondo?” chiese il dottore. Lei sperò che non gliel'avrebbe chiesto e si preparò a dire una bugia. Poi però ci ripensò. Stava sempre parlando con il Dottore e sapeva che era troppo intelligente per cascare in una sua bugia.

“Non saprei da dove iniziare” tirò un sorriso finto per smontare la serietà del dottore.

“Inizia da quando vi ho lasciato su quella spiaggia con John Smith.” la guardava negli occhi e vide chiaramente che qualcosa la preoccupava.

“John Smith è morto. Un anno dopo se ne è semplicemente andato: attacco di cuore. Così almeno hanno detto i medici. In quell'anno aveva legato molto con Rose anche se non sono mai stati una coppia vera è propria. Lui lavorava insieme a lei a Torchwood e lì finiva tutto” prese fiato mentre il dottore pensò che la morte di John Smith non era solo stata causata da un attacco di cuore, ma dal fatto che forse un essere come lui, metà umano e metà signore del tempo, non poteva esistere in un mondo parallelo, era un paradosso. Si sentì in colpa perché aveva riempito Rose di false speranze, non aveva calcolato la morte di John.

“Passarono due anni e tutto procedeva in modo 'normale' se con normale intendi avere una figlia che parte la mattina alle cinque da lavoro e rientra la notte tardi. Era molto richiesta al Torchwood, per le esperienze che aveva fatto. Dicevano che era una delle migliori e un paio di volte impedì agli alieni di invadere la terra” la sua voce era colma di orgoglio ma anche di preoccupazione. Il Dottore non poté fare a meno di sorridere pensando a Rose che prendeva a calci un alieno “Per molto tempo lavoravano a un progetto simile al tardis ma non ebbe successo, Rose lo sapeva bene, diceva 'il tardis è un qualcosa di vivo che non si può costruire'. “Un giorno però trovò un modo per passare da quel mondo a questo, attraverso una crepa che separava il nostro dal vostro mondo e ci è bastato scivolarci dentro ed eccoci qui. Io e Pete la seguimmo ovviamente. Era tanto determinata a ritrovarti” una lacrima le bagnò il viso al ricordo delle sere che passava ad abbracciare Rose per colpa delle sue nostalgie nei confronti del dottore.

“ma una volta arrivati qui,non so bene cosa le successe ma dimenticò tutto. Di te, del tardis, di John, dei dalek e tutte le cose che avete vissuto insieme. Sembrava che fosse rimasta a poco prima che ti conoscesse”

“ma voi non avete dimenticato” osservò lui con incredulità.

“No. Capirai che ho dovuto proteggerla. Non le dissi nulla di te perché con tutto quello che aveva passato non volevo che soffrisse ancora non..” scoppiò a piangere presa da sensi di colpa. Il dottore però capiva e seppe che quella era stata un'azione giusta. Le appoggiò una mano sul braccio facendole alzare gli occhi macchiati di nero a causa del mascara.

“Grazie” disse lui solamente. In quel momento una porta dietro di loro sbatte cogliendoli di sorpresa.

Era Rose e guardava confusa entrambi “Mamma come fai a conoscerlo?” le uscì dalla bocca come uno stridulo gracchio. Lei non rispose e in contemporanea con il dottore si alzò.

“Mi dispiace Jackie ma dobbiamo dirglielo” la donna annuì e fecero sedere Rose su una sedia in vimini lì vicino. Le raccontarono tutto, quasi tutto. Tutto tranne i viaggi con il dottore, l'umano John, il Torchwood e il mondo parallelo. Sia Jackie che il Dottore pensarono che fosse la cosa migliore da fare al momento. Qualsiasi cosa le avessero fatto buttarle tutti i ricordi addosso non l'avrebbe aiutata, avrebbe solo peggiorato le cose.

Disse quasi tutto il dottore perché Jackie era occupata ad asciugarsi le lacrime. Alla fine Rose si alzò. Non aveva detto niente per tutto il tempo. Era rimasta immobile e in silenzio aspettando che il dottore finisse. E quando accadde lei disse solo “basta con queste storielle inventate”

“ E' la verità Rose, io non ti mentirei mai e lo sai” era vero e tutto nel suo corpo le diceva che quei due non mentivano ma era troppo da sopportare.

“Ma è...”

“Fammi indovinare: impossibile?” disse lui sarcastico e con un accenno di acidità.

“Poco fa eri nel mio tardis che fluttuavi nello spazio e adesso non credi a questo?” aveva senso ma in quell'istante la porta d'ingresso si aprì scoprendo un uomo sulla cinquantina in giacca e cravatta. Era Pete Tyler.

“Jackie non indovinerai mai chi ho..” ma si bloccò quando vide la figlia ringiovanita di più di dieci anni.

Quest'ultima aveva le lacrime agli occhi e dalla bocca le uscì solamente “Papa?” allora il dottore si ricordò che per Rose. Per quella Rose suo padre dovrebbe essere morto. Eppure eccolo lì. Di rientro da una giornata lavorativa e al suo ritorno non si aspettava un grande avvenimento.

“Rose cosa ti è successo? Chi è lui?” chiese indicando il dottore. Anche lui non l'aveva riconosciuto, ovviamente.

“Lui è il dottore Pete” i suoi occhi sembravano voler uscire dall'orbita per quanto stupore l'avesse colpito in quel momento. Non si accorse neppure che il volto della figlia era zuppo di lacrime. Solo quando lei correndo uscì dall'abitazione tornò alla realtà.

Il dottore le fu subito a seguito.

 

Non seppe per quanto tempo la rincorse. Era veloce! Ma il dottore teneva duro.

Dopo pochi secondi la perse di vista. Si girò più volte. Erano arrivati fino al parco dove i bambini si affrettavano a rientrare a casa per l'ora di cena e i fidanzatini passeggiavano mano nella mano.

Rose spiccava in mezzo a quello scenario come una zucca in un campo di cocomeri.

Era seduta su una panchina di legno, alle spalle di un albero dal tronco spesso.

Piangeva a testa china e non si accorse che il dottore avanzò verso di lei finché non le si sedette accanto.

“Che cosa vuoi?” chiese sgarbata mentre asciugava le lacrime dal viso.

“Fa male vero?” chiese lui concentrando il suo sguardo su una giovane famiglia che rideva e scherzava mentre i bambini additavano eccitati i pesci nel fiume.

“Cosa?”

“Non sapere. Rimanere all'oscuro. Svegliarsi dopo tanto tempo e scoprire che tutto è diverso e reale” lei lo guardò ma lui ancora guardava quella famiglia viaggiando con la mente.

“Chiedimelo domani” rispose scatenando un sorriso sul volto del ragazzo che in realtà aveva vissuto più vite di chiunque.

“Tipica risposta da Rose Tyler” commentò lui con nostalgia.

“Perciò i miei dubbi erano fondati” pensò ad alta voce un'abitudine che anche il dottore aveva. Prima che lui potesse chiedere cosa, lei disse “Ci siamo già conosciuti. Il problema è che io non ricordo nulla” era arrabbiata per questo e lo si capiva.

“L'ho capito subito: non tanto dalle reazioni dei miei quando ti hanno riconosciuto. Ma da come mi hai guardata dopo che ti ho detto il mio nome” la famiglia se n'era andata e il dottore spostò lo sguardo verso di lei. Stava giocando nervosamente con il laccio della felpa, di nuovo.

“Eravamo amici?” chiese nuovamente

“Era la mia migliore amica. Viaggiavamo insieme” Rose provò una profonda rabbia verso il fatto che non potesse ricordare tutto ciò. Chissà quante cose che aveva visto e che non potrà più ricordare o forse quando ricorderà sarà troppo tardi.

“Perciò dovrei avere...ventotto anni?” lui annuì “Avevo dei figli? Ero sposata?” lui non seppe cosa rispondere. Non aveva intenzione di raccontarle del giorno in cui la perse e degli anni che passò senza di lei. “Non che io sappia” rispose lui e lei come reazione aggrotto la fronte confusa “Come non lo sai? Ma non hai detto che viaggiavamo insieme”

“Si, ma per periodo siamo stati separati” distolse lo sguardo con un leggero disagio.

“Come mai?”chiese lei ancora più confusa. Guardandolo però, capì che non era stato un qualcosa di voluto e felice. Doveva essere successo qualcosa.

“La vera domanda è: chi ti ha ringiovanita? E a che scopo?” si alzò di botto lasciando Rose seduta sulla panchina. “Torno fra dieci minuti” urlò lui quando fu a metri di distanza da lei. Rose lo seguì imbambolata con la coda dell'occhio. Correva veloce e ignorava la gente che si lamentava degli spintoni che dava. Chiuse gli occhi con l'intenzione di riaprirli quando sarebbe tornato.

 

 

Il Dottore non ci aveva messo molto, era andato a controllare una cosa al monastero che una volta aveva visitato con Amy e Rory. Voleva sapere se Rose fosse un diversivo fatto di carne con l'intento di distrarlo mentre la vera Rose si trovava rinchiusa in un laboratorio, prigioniera di qualche specie. Ma non era così. Aveva controllato molte volte il database e nulla di sospetto era stato trovato. Una preoccupazione in meno, pensò il dottore. Tornò sul tardis e ritornò nel parco. Avrebbe potuto portarla con sé ma voleva solo fare un check out, una cosa che avrebbe richiesto pochi minuti. Quando ritornò però notò qualcosa di strano. Non solo Rose non c'era, ma la brina e l'aria fredda che prima alleggiavano per tutta Londra adesso non c'erano. Avevano lasciato spazio a fiori variopinti e un profumo di pesca nell'aria. E non era più sera tardi era tarda mattina. Si maledì mentalmente pensando di averci messo più di dieci minuti. Dodici ore al massimo.

Si rigirò il parco molte volte finché, arrivato ad un incrocio alberato sentì un sonoro ceffone arrivargli alle spalle. Lo colpì alla nuca e lui girandosi guardò Rose stupito “Perché l'hai fatto?” si massaggiò la testa con gli occhi sgranati puntati sulla ragazza furiosa.

“E me lo chiedi pure?” chiese esterrefatta lanciando una sberla sul braccio del dottore.

Dire che era arrabbiata era poco. Era furiosa. Un dalek al confronto era un tenero gattino.

“Okay credo di averci messo più di dieci minuti” ammise lui pensando che quella fosse la motivazione della sua incazzatura. “Credi?”

“Perché te la prendi tanto, per un paio di ore” si lamentò lui aspettandosi un'altra sberla da parte della ragazza.

“Ore?! Sei stato via quattro mesi!” le urlò lei e la gente che camminava nei paraggi lanciava occhiate divertite e indignate. Forse pensavano a sei mesi nel vero senso della parola e che fossero una coppia.

“Oh” disse lui soltanto. “Beh allora...cosa mi sono perso?” sorrise ma lei era più adirata che mai. “Tu sei proprio un cretino, razza di marziano!” la gente prese quell'insulto in modo giocoso anche se alcuni non capivano il contesto per definirlo alieno.

“Ti ho già detto che non sono un marziano” rispose divertito con voce sottile per non farsi sentire. Come se qualcuno credesse al fatto che lui fosse un alieno solo perché una ragazza l'ha urlato.

“Sono un signore del tempo!” spiegò lui con tono altrettanto basso.

“Già perché così suona più umile e meno pomposo” commentò sarcastica con un accenno di rabbia. Seguirono dei momenti di silenzio che furono rotti da Rose “Quando te ne sei andato ho aspettato per ore,si congelava! Tutte le mattine venivo qui per vedere se c'eri, ma niente da fare. Quattro mesi a sperare che una maledetta cabina blu comparisse davanti ai miei occhi, hai idea di come io mi sia sentita?” chiese scettica al pensiero di tutte le giornate buttate in quel parco.

“C'è gente che ha aspettato di più” ripensò a Amelia Pond, la ragazzina che era cresciuta aspettando il dottore, cosa che accadde anni dopo.

“Perciò è questo che fai? Metti preoccupazione alla gente e poi scappi. Pretendendo che ti aspettino per sempre?” si pentì di aver detto quelle parole che non pensava sul serio. Gli chiese scusa ma lui era d'accordo con lei. A dirlo ad alta voce era più crudele di quanto non sembrasse nella propria mente. “Ti giuro che ho impiegato solo poche ore. Deve essere il tardis che ha avuto qualche problema una volta entrato nel vortice”

lei stava per porgli un'altra domanda ma non fece in tempo perché lui le aveva già preso la mano e trascinata con sé. Aveva una stretta solida, sicura. Non corsero per molto e lei non chiese dove stessero andando. Il contatto con la mano di Rose provocò una piacevole scossa nel corpo del dottore, il quale, cercò di non darlo a vedere. Arrivarono davanti all'entrata del parco dove c'era una cabina blu e lui la invitò ad entrare.

Era così strano per lei che si meravigliò ancora della maestosità del posto, nonostante sapeva a cosa andava incontro. C'erano luci bianche e blu dappertutto e il pavimento era trasparente e mostrava vari cavi. Tutti questi cavi portavano al centro della sala. La console, il timone di quell'astronave. “L'hai costruita tu?” chiese lei e il dottore pensò alla prima volta che prese in 'prestito' il tardis “Non si costruisce il tardis, si alleva” rispose lui azionando varia luci laterali. Lei non volle indagare oltre così passò ad una domanda che la incuriosiva parecchio.

“Dove sei stato per quattro mesi?” lui non la guardò, poggiò la giacca sula sedia lì accanto scoprendo la cravatta rossa infilata nel gilè a mo di studente universitario. “Ho voluto controllare una cosa. Volevo sapere se eri vera” suonava strana come domanda, ma era la pura verità. “In che senso? Se sono umana?”

“No, anche se potresti non essere umana, per quanto ne so.” lei alzò la fronte terrorizzata a quell'idea “volevo sapere se eri la carne” “La cosa?” chiese non capendo del tutto l'ambiguità del dottore. “Copie della persona reale con gli stessi ricordi, sentimenti e tutto..identica ma in realtà è solo un pezzo di carne” spiegò a macchinetta con velocità assurda per un essere uma...come non detto.

“Dovevo controllare se non eri solo la copia dell'originale. E in effetti tu sei l'originale”

Rose guardò il dottore, correre da un lato ad un altro alla ricerca di qualcosa in particolare quanto disse.

“Colui che mi ha fatto questo è alieno, vero?” chiese avvicinandosi alla console e osservando da vicino i tasti.

“allora adesso credi a ciò che ti ho raccontato” realizzò lui con un sorriso smagliante.

“Non ho detto questo” mise le braccia incrociate e arrossì di poco.

“Comunque si, senza dubbio” correva veloce da una parte all'altra attaccando fili al piccolo monitor. “E non è amichevole. Sta è pur certa che non sei ancora fuori pericolo. Si bloccò e la guardò serio “Torneranno”

“Hai detto torneranno?Loro?”

“Una cosa del genere non si fa mai da solo deve essere una cosa che riguarda un po' tutta la specie” l'informò mentre una scintilla fuoriuscì da dietro il monitor.

“Quindi è questione di tempo. Ma non capisco cosa vogliano da me” si massaggiò le tempie stanca di quella giornata. Aveva solo voglia di dormire e magari mangiare qualcosa.

“Se ti hanno trasformato c'è un motivo, uno scopo. Il che mi porta a pensare che tu servi a loro e se ancora sei viva vuol dire che dovranno ritornare a riscuotere 'il premio'. Altrimenti ti avrebbero già uccisa” non diede molto peso alla frase ma comunque fece scappare un risolino isterico da parte di Rose “Adesso si che mi sento meglio”

“Ma cosa stanno aspettando?” chiese lui tra sé e sé mentre si scompigliava i capelli in modo morboso. “Cosa stai facendo” chiese Rose indicando lo schermo con cui il dottore armeggiava.

“Analisi del DNA. Devono per forza aver cambiato qualcosa in te. Iniettato sostanze, modificato il DNA. Qualcosa che ti ha bloccato la crescita e l'ha resettata e credo sia collegato a quel giorno. Il giorno in cui sei comparsa nel tardis. Come se tu fossi una calamita e il tardis un frigorifero. Ti ha attirato qui sopra e questo è stato un grosso sbaglio per chi ti ha fatto questo.” più che parlare con Rose sembrava stesse parlando con sé stesso, come se volesse convincersi della sua tesi.

“Questo lo dirà solo la macchina” la ragazza indicò lo schermo pronto per la scansione.

“Giusto” prese la mano destra della ragazza e la poggiò sullo schermo che attivò la scansione.

“Sono sicura che non c'è nulla in me di sbagliato e che niente potrà sorprendermi” disse con tono deciso e sicuro dopo aver tolto la mano.

“Scansione completata” informò la voce metallica del tardis “non umana” seguì questa frase che fece cadere la mascella a Rose.

“Ma n-no..” balbettò sconcertata sporgendosi insieme al dottore per vedere lo schermo che mostrava ogni dettaglio delle analisi.

Su uno sfondo verde acqua era rappresentato la forma di un DNA che aveva tutto l'aspetto di essere umano.

“Ma è umano..no?

“Guarda” indicò un particolare punto della struttura “sei umana ma con una parte aliena” la voce bassa del dottore era incredula. Tutto si aspettava tranne questo. Che fosse aliena si ma umana con parti alieni no.

“E quando dico alieno non intendo una specie soltanto, ma tante specie diverse messe insieme. All'incirca nove o giù di lì. Il tardis doveva esserne spaventato e involontariamente ti ha attirato quì” mise gli occhiali dalla montatura nera e lesse più volte il reperto.

A Rose mancava l'aria. Possibile che tutto questo fosse vero. Il dottore..il tardis...gli alieni..

per quei quattro mesi si era convinta che avesse solo sbattuto la testa e invece..

“Il tardis non li riesce a leggere..vabbè vorrà dire che li scopriremo da soli” la sua delusione era dovuta al fatto che aveva troppa voglia di sapere che tipo di alieno avesse in lei.

“Cosa vuoi dire?” chiese lei cauta mentre si sedeva su una sedia dall'imbottitura bianca.

“Che dei tratti,non estetici, degli alieni saranno visibili in te anche se per il momento non puoi usufruirne devi essere maggiorenne per...” si bloccò colpito da una verità così ovvia.

Rose rimase a fissarlo sperando che avrebbe chiarito le cose anche a lei.

“Quanto sono intelligenti!” esclamò dopo pochi secondi con tono piacevolmente sorpreso.

“Mi vuoi spiegare?” chiese lei curiosa e allo stesso tempo spaventata di sapere la verità.

“Quando si compiono diciotto anni si entra in una fase più 'adulta', se vuoi la chiamo così..il punto è: che quando accade il nostro cervello ci manda delle sostanze che stimolano la crescita ad una fase più adulta, più matura. Queste sostanze attiveranno parte aliena dentro di te che è rimasta dormiente per il momento.” Rose aveva capito stranamente e ciò la portò a vari punti interrogativi da risolvere.

“Okay, capito ma...perché aspettare mesi. Perché non farmi trasformare all'età giusta o altrimenti, iniettarmi la sostanza prima, crearla artificialmente”

“Oh Rose, saresti un ottimo capo malefico” sorrise giocondo facendo sorridere anche lei

“Mmh grazie?”

“Creare la sostanza in modo artificiale è un'idea e anche la prima non è male, ma per qualche ragione non lo hanno fatto. E non perché non ci abbiano pensato. Sono sicuro che l'abbiano fatto ma forse non avevano mezzi per riuscirci. Forse il modo più sicuro era farlo così” spiegò lui e per un secondo provò ad immaginarsi questo mare di alieni che creava esperimenti e pianificava tutto. Gli salì una rabbia soffocante al pensiero di Rose usato come mezzo.

“E quindi che sarei io, un esperimento? Forse vogliono evolvere la loro specie creandone una superiore ma l'esperimento è troppo rischioso. Perciò usano una cavia.” realizzò lei orripilata quanto il dottore.

“Brillante osservazione! Oppure ti vogliono come arma”

“Come arma per una guerra?” la cosa degli alieni le stava sfuggendo di mano. Più passava il tempo più rimaneva coinvolta in qualcosa che aveva cercato di evitare dall'inizio.

“E tu potresti essere un esperimento per quello che potrebbe essere un esercito” l'uno completava i pensieri dell'altro scoprendo tutti i punti celati.

“Si ma perché io?” chiese lei con tono denigratorio.

“Non so..” ma in realtà un'idea l'aveva avuta solo che non se la sentiva di dirlo ancora.

“Perciò quando è il tuo compleanno?” chiese lui smorzando il tutto.

“Fra una settimana” rispose allarmata. “Oddio...n-non sono pronta io..” balbettò impaurita allora lui lo notò e le prese il volto tra le mani “Non ti devi preoccupare,capito? Ti proteggerò” controvoglia si staccoòda quel contatto fisico.

“Goditi i tuoi momenti da umana per il momento. Quel giorno io sarò lì. Te lo prometto” Rose sentì tutto il peso togliersi dalle spalle. Le preoccupazioni erano svanite, per il momento.

 

 

 

NOTA AUTORE: mi scuso per il pietoso capitolo precedente..rileggendolo oggi ho pensato “ma che cazz?” non per giustificarmi ma questo computer è uno schifo, come il word perciò devo aver avuto alcuni problemi con la tastiera,nulla di grave.

Comunque spero che questo capitolo sia più decente e vi invito a lasciare una recensione.

Spero che vi piaccia e che vi abbia chiarito qualche dubbio sorto nella parte precedente. Domani pubblicherò l'ultima parte del primo episodio dove tutto verrà risolto...in parte.

In realtà non l'ho ancora scritto, ho avuto il tempo di finire questo perché ho passato tutta la giornata a studiare scienze, porco dalek! Perciò amatemi hahahahahah

 

infine, giusto per chiarire una cosa: gli episodi che seguiranno saranno scritte e inventate da me. Troverete delle somiglianze con gli episodi originali ma solo per uno spunto...niente di più.

 

grazie :*

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Capitolo 3
*** happy birthday..again(p3) ***


HAPPY BITHDAY..AGAIN p3

 

 

Era passata una settimana e del dottore neanche l'ombra. Il giorno in cui, la settimana prima, scoprirono il possibile scopo di quegli alieni che le avevano modificato il DNA, lui l'aveva riportata a casa e l'aveva salutata con un “al nostro prossimo incontro, Rose Tyler” e poi era sparito chissà dove.

Quella notte però non dormì. Era nervosa, agitata. In quei quattro mesi si era abituata,più o meno, alla presenza del padre che per diciassette anni era stato assente. Si era abituata a vederlo in giro per casa. Si, perché in quei mesi era ritornata a dormire dai suoi. Tecnicamente, così le disse la mamma, abitava in un condominio distante dieci minuti da lì. Ma quando l'aveva affittato aveva venticinque anni e adesso ne aveva ancora diciassette perciò convenne che fosse meglio rimanere lì. Adottò la scusa della paura, che in parte era vera, ma la realtà era che non voleva andare a vivere in una casa da sola. Senza suo padre e sua madre. Sembrava che quella settimana fosse volata in un secondo e lei se ne rese conto solo quando la voce eccitata della madre la svegliò

“Auguri tesoro!” aprì gli occhi e vide sua madre china, con la vestaglia color rosa che metteva da sempre. “Buon Diciottesimo compleanno...di nuovo” non poté non sorriderle anche se le infastidì quel brusco risveglio. E odiava il fatto di dover festeggiare i diciotto anni che tecnicamente indicavano che il tempo era svanito che doveva solo aspettare che il dottore la salvasse.

Quella mattina non fece nulla di speciale: era un giorno comune per lei. Anche se aveva ricevuto auguri da molti amici via messaggio. La maggior parte della gente che gli inviò i messaggi non sapevano neppure che fine avesse fatto Rose. Lei, d'altro canto non sapeva chi fossero la metà di loro, aveva mantenuto le distanze in quei mesi. Avrebbero notato la differenza in lei e l'altra lei. Tuttavia Jackie, ostinata come sempre, organizzò una festa al locale accanto. Pete e Rose avevano tentato di dissuaderla convincendola del fatto che vedendola avrebbero notato subito qualcosa di strano. Lei però aveva schivato le colpe dicendo che l'avrebbe truccata e vestita e che le luci sarebbero state scure e basse e che quindi, se non a meno di un metro di distanza non avrebbero capito nulla.

Rose non le aveva raccontato nulla, del fatto che quella sera, forse, sarebbe stata l'ultima per lei. Aveva evitato le domande sul dottore per tutto il tempo e alla fine lei aveva mollato. Quella sera quando rientrò dal supermercato trovò la casa vuota, un bigliettino sul frigo e un vestito sul suo letto. Era di un blu scuro che le sfiorava metà ginocchio e aveva delle bretelline sottili, mentre la scollatura era poco accentata. Decise di metterlo solo per farla contenta ma evitò determinata i tacchi. Quando entrò nel locale un caloroso “Auguri” fu urlato da tutti i numerosi invitati. Salutò con la mano da lontano avvicinandosi solo se le luci fossero abbassate. Ballò qualche volta e durante i lenti rimaneva seduta a guardare sua madre e suo padre ballare l'uno attaccato all'altro con gli occhi chiusi, muovendosi appena. Jackie si era acconciata come si deve per quella sera. Aveva ricacciato quel vestito lungo verde che da tempo aveva depositato in fondo all'armadio lasciandolo per le occasioni speciali. Si guardò intorno parecchie volte pensando che forse avrebbe rivisto quella cravatta rossa o quella cabina blu dalla finestra. Si chiese come mai non l'avesse direttamente portata con sé evitando uno scontro inutile. Ma poi ci arrivò: era il Dottore. Lui non evitava mai scontri del genere. La curiosità di sapere chi fossero gli stava facendo mangiare i gomiti. Sapevano che ovunque fossero andati avrebbero avuto qualcuno dietro che gli seguiva, tanto vale farla finita. E poi? Cosa sarebbe successo? Sarebbe ritornata come prima, umana al 100% e con l'età giusta? Nella testa sentiva una domanda accavallare l'altra finché le luci non si accesero di botto e la musica si smorzò sotto lo sguardo sorpreso e incuriosito di tutti. Rose era seduta in fondo la sala e non vedeva ciò che stavano vedendo tutti. Uno ad uno si spostavano lanciando grida e facendo spazio finché il varco non si aprì davanti a lei. Per un secondo si chiese se non fosse uno scherzo fatto da qualche invitato.

Sembrava un enorme pepiera di metallo con un braccio simile ad una ventosa e l'altra ad un frustino col buco. Al centro aveva questa specie di lungo occhio metallico con la luce blu. E la fissava, come il resto degli invitati.

Qualcosa nella sua testa sembrava suggerirle una parola ma non ne distinse chiaramente le lettere.

Tu devi venire con me” disse quella cosa con voce metallica. Lei si alzò timorosa ma rimase ferma dov'era. Si guardò intorno alla ricerca del Dottore mentre chiedeva “Perché?”

Non hai autorità sufficiente per farmi domande” rispose lui “Adesso seguimi”

“Altrimenti?” lo sfidò lei e notò con la coda dell'occhio che sua madre cercava di raggiungerla, ma invano. Pete la stava trattenendo, ed anche con forza visto il modo in cui lei si stava divincolando.

Il grosso coso girò la 'testa' su se stesso scrutando i presenti poi si soffermò su di lei, di nuovo.

Altrimenti morirai” rispose puntando il fucile a forma di frustino sulla ragazza.

Lei però ebbe l'istinto di rispondere “Libero di provarci” sapeva che non l'avrebbe fatto e infatti lui rimase un paio di secondi finché non si mosse verso un ragazzo dietro di lui e gli puntò l'arma contro. Rose non ebbe il tempo di urlargli di fermarsi che il ragazzo era già a terra, colpito da un raggio di luce blu. La gente era impazzita alcuni tentarono la fuga invano, visto che il coso aveva chiuso ogni via di uscita bloccandoli all'interno.

“Non era necessario farlo!” urlò lei adirata con tutto il coraggio che aveva ma che le mancò quando l'occhio blu ricadde di nuovo sul suo volto. “Va bene. Vengo con te, ma non fargli del male” continuò rassegnata. L'alieno si girò ponendosi davanti Rose e iniziò a camminare. Lei lo seguì piano salutando con lo sguardo sua madre che non riusciva a liberarsi dalle braccia di Pete. Ringraziò il padre mentalmente pensando che se non l'avesse fatto sarebbe potuta finire molto male.

Uscirono dal locale per poi riscendere lungo un corridoio che portava nei sotterranei dove l'oscurità e la puzza la facevano da padroni. L'occhio dell'alieno era l'unica fonte di luce. In quel momento sembrò addirittura più intensa di prima. Rose pensò a vari piani nella sua testa, uno più inutile dell'altro. Aveva immaginato un tipo di alieno diverso, viscido, ripugnante. Non che questo non lo fosse, ma sembrava una specie di robot. Forse era telecomandato da qualcuno a distanza, il vero alieno.

Ma una voce dentro la sua testa negò il tutto. Poi come un bisbiglio sentì un nome più volte ripetuto. All'iniziò non capì bene e dovette concentrarsi.

Poi sentì distintamente la parola “Dalek...dalek...dalek” ma cosa significava? Ci pensò intensamente finché non salirono una rampa che li condusse in un posto totalmente diverso. Più luminoso. I muri, il pavimento e il soffitto erano ricoperti da queste mattonelle bianche e c'erano tantissimi scaffali con delle provette contenente varie sostanze e liquidi colorati.

“Dove siamo?” chiese con gli occhi che trafficavano da una parte all'altra alla ricerca di qualche via di fuga. Niente finestre poiché si ritrovavano a metri e metri sotto terra, niente altri tunnel, l'unico posto dove poter uscire era da dove erano entrati. La sfortuna volle che quella sola entrata fu chiusa da una porta spessa cinque centimetri.

In laboratorio” rispose e proprio un secondo dopo altri nove di quei cosi si presentò davanti loro. Di fronte c'era una specie di ruota messa in verticale,sempre bianca. Con dei lacci al posto delle mani e dei piedi. Inghiottì con difficoltà all'idea di ciò che l'aspettasse.

Dalek uno hai completato la missione?” chiese uno di loro al dalek che l'aveva presa. Perciò quella voce le aveva sussurrato il nome della loro specie. Che fosse il dottore che gli mandava qualche segnale? Eppure quella non era la voce del dottore.

Affermativo dalek cinque” rispose avanzando verso loro

“Io vi ordino di dirmi che cosa volete da me? Perché avete modificato il mio DNA? Per un esperimento? Per evolvervi?” chiese sotto l'attacco di adrenalina e paura.

Loro voltarono il loro occhio verso di lei “Fa troppe domande e sa troppe risposte” disse uno di loro.

Non importa. Dovrà sapere prima o poi” disse un altro con tono di voce più alto. Forse era il capo perché gli altri tutti in coro risposero “Obbediamo”

Ma prima leghiamola” ordinò il capo e nonostante lei volesse opporsi non ci riuscì. La alzarono creando una bolla blu intorno a lei e la trasportarono su quella ruota. Le legarono le braccia con una forza eccessiva e uno di loro inizio a parlare.

La razza dei dalek è troppo pura per cambiare. Noi siamo gli ultimi della nostra specie e l'unica cosa che ci ostacola è il Dottore” il suo cuore prese un tuffo quando sentì quel nome.

L'aveva abbandonata di nuovo. Forse sarebbe apparso mesi dopo pensando che in realtà fossero passati due giorni. E nel frattempo si era fatto una passeggiata su Plutone e aveva fatto una scampagnata sulla luna.

l'ultimo dei signori del tempo. E noi dobbiamo distruggerlo. In nome dei dalek. In nome dei dalek uccisi per mano sua e del suo popolo”

“E io cosa diavolo centro?” chiese orripilata man mano che il dalek le spiegava le cose.

tu sei l'arma”spiegarono semplicemente e Rose comprese tutto. L'avevano creata per uccidere il Dottore. Nel suo DNA c'erano tante specie di alieni, così le aveva detto il Dottore, e aveva anche detto che ne avrebbe manifestato i poteri. Poteri che servivano contro lui stesso.

“Quindi mi avete presa per..”

completare la trasformazione” stava per chiedere qualcosa di cui si sarebbe pentita, quando un rumore familiare pervase il laboratorio.

In un angolo ecco spuntare con lentezza una vecchia cabina telefonica blu. Il rumore allarmò i dalek che si prepararono con le armi davanti a lui.

La cabina si materializzò completamente e dopo pochissimi istanti ne uscì fuori un uomo. Uomo si fa per dire poiché aveva l'aspetto di un ventenne.

Rose non poté non sorridere entusiasta e sollevata di vederlo lì. Come quando fai un brutto sogno e finalmente ti svegli.

“Cosa mi sono perso?” chiese spensierato, tutt'altro che preoccupato.

Il Dottore! Nemico dei dalek!” urlò uno di loro e insieme puntarono il laser su di lui che non sembrava curarsene.

STERMINARE! STERMINARE” il sorriso di Rose scomparve quando vari colpi di laser blu mirarono al Dottore.

Ma quelle non lo scalfirono neanche un po' “Sono protetto dal TARDIS, dovreste saperlo. Ho il campo di forza che mi protegge ” spiegò appoggiato la spalla alla porta del TARDIS ancora aperta.

“Salve Rose Tyler! Mi spiace che questi bambinoni abbiano rovinato la festa ma non preoccuparti avremo tempo per tagliare la torta” sorrise allegro alla ragazza che non vedeva l'ora di scendere da quel coso e di abbracciarlo.

“Perciò...sangue dalek, giusto?” chiese il Dottore tornando al discorso che aveva interrotto prima. I dalek non risposero.

“Sangue dalek?” chiese Rose il quale non aveva afferrato bene il concetto.

“Mia cara Rose Tyler, sei un persona che contiene più di dieci razze aliene, undici se contiamo il fatto che i dalek ti avrebbero iniettato il loro codice genetico. A quel punto le tue emozioni, i tuoi ricordi puff” imitò il suono con grande enfasi.

“In poche parole,l'arma perfetta contro chiunque” prese un lungo respiro e continuò, rivolto ai dalek “ciò che non avete calcolato sono io. Il TARDIS aveva etichettato Rose come pericolo e ancor prima che lo diventasse a tutti gli effetti l'ha trasportata sul tardis avvertendomi. Il che è stato un grosso errore per voi” con un gesto rapido di grattò il mento pensieroso.“E' un vero peccato per voi che io abbia questo” cacciò un oggetto piccolo con una parte rossa al centro. Da lontano Rose non capì cosa fosse.

Che cos'è?” chiese un dalek.

“Un dispositivo esplosivo che ho piazzato nel laboratorio. Toccate me o Rose e farò saltare tutto questo posto in aria” spiegò minaccioso ma tranquillo.

I dalek si fermarono perfino quando il Dottore superò il campo di forza che lo proteggeva.

“Non importa quanto mi vogliate morto. Non vi sacrifichereste mai e non volete che la vostra arma speciale muoia ancor prima di poterne usufruire” commentò piano. Distolse l'attenzione dai dalek e guardò davanti a sé.

“oooh ma guarda!” esclamò osservando i comandi da più vicino. La sua espressione era la stessa di un bambino che scarta i regali il giorno di natale.

“Roba avanzata che comporta un sacco di energia,per questo non avete avuto la forza di farla arrivare ai diciotto anni esatti?” indico le parti bassi dei dalek dove mancavano parecchi pezzi “Avete collegato voi, la vostra potenza nel computer per poter fare tutto” “Sono commosso davvero! Dieci dalek che si sacrificano in nome di un esperimento che serve per me. Voi si che sapete come alzarmi l'autostima” esclamò tutto giocoso mentre toccava vari oggetti sugli scaffali.

“Portare un essere umano ad un età inferiore cancellandole la memoria è davvero ammirevole. Perciò quella crepa che lei trovò nell'universo parallelo per passare di qua...eravate voi. E le avete anche azzerato la memoria. Affascinante!” esclamò. Quest'ultimo pezzo Rose non lo capì. Quale crepa?

“Allora....Quindi quale razze le avete messo?” chiese lui curioso come sua madre quando chiedeva dei pettegolezzi altrui.

I dalek non risposero. “Cosa succede, non avete più la voce?” chiese lui con eccitazione nella voce.

“Scusate se mi intrometto, ma vorrei sapere una cosa: perché io?” chiese la bionda facendo voltare tutti i presenti.

I dalek hanno visto il potenziale di Rose Tyler. Nel mondo dei dalek girano molte voci: che lei ci abbia distrutti tutti, incluso l'imperatore. Molti tra di noi la temono. Era un soggetto idoneo per diventare ciò che è diventata” disse uno di loro lasciando sbigottita Rose.

Non ricordava di essere mai riuscita ad ammazzare quei dalek. E immaginandosi nei panni di una giustiziera provò una sensazione strana.

“Arrendetevi. Ormai è finita” disse lui annoiato mentre trafficava con una tastiera che liberarono Rose da quelle funi.

Lei corse vicino il Dottore felice di rivederlo. Si sorrisero mentre alcuni dalek avevano l'arma che tremava. Avevano un istinto all'uccidere troppo forte. Dover resistere era atroce per loro.

“Bentornata tra noi Rose Tyler!”

Sorrise non sapendo bene cosa aspettarsi. “Ti dispiacerebbe scrivere il codice per aprire le porte? Ti copro le spalle” guardò i dalek con minaccia mentre lei chiese

“Non conosco i codici” disse lei impacciata.

“Giusto. Emh” si girò per controllare il monitor “Tienimi il dispositivo Rose” le diede quel coso che aveva in mano e lei strabuzzò gli occhi.

Quella cosa era solo un biscotto a forma tonda con al centro una ciliegia rossa.

“1034” disse lui riprendendo il biscotto. E a quel punto successe il peggio. Lo tirò con troppa forza. Il biscotto si sbriciolò. I dalek si accorsero della beffa e urlarono vari ordini mentre Rose corse ad aprire la porta. Il Dottore mise in bocca il biscotto raggiungendo Rose a pochi metri di distanza. Quest'ultima riuscì ad aprire la porta. Ma fu tropo tardi. Uno dei dalek sferrò il suo laser sul dottore del tutto inaspettato. Rose poi fece qualcosa. Lui, che aveva già capito le intenzioni della ragazza le urlò di rimanere ferma, cosa che non fece.

D'istinto e con furia la ragazza si contrappose tra il dalek e il Dottore chiudendo gli occhi e aspettando la morte. Li riaprì e vide solo il dalek, che aveva lanciato il colpo, morto fulminato. Cosa era successo? Perché sia i dalek che il Dottore la guardavano meravigliati?

Era stata lei? Come?

D'un tratto senti solo mancarle i sensi e sentì qualcosa di viscido e caldo scenderle sulla faccia. La vista le si offuscò e svenne.

 

Non sapeva per quanto tempo era svenuta. Si alzò con cura e si guardò intorno.

Erano su una panchina che si affacciava sul fiume. Dovevano essere passate due o tre ore perché il cielo era molto scuro e iniziava a far freddo.

Si sentiva svuotata. Come se avesse sprecato tutte le energie. Ebbe comunque la forza di alzarsi e mettersi seduta sulla panchina.

“come ti senti?” chiese il Dottore seduto accanto a lei. “Ti è uscito del sangue dal naso” aggiunse e lei noto un fazzoletto rosso accartocciato accanto al Dottore. Ecco spiegata la sensazione provata prima. Il Dottore guardava fisso davanti a sé e qualche volta, con la coda dell'occhio, la guardava.

“Cosa è successo?” chiese lei invece. Ricordava i dalek ma non ricordava cosa fosse successo alla fine. Che cosa le era successo?

“Nove di loro sono scappati. Dannato teletrasporto d'emergenza” l'ultima frase l'aveva detta con i denti serrati per la rabbia all'immagine di quei dalek che scomparivano davanti a lui.

“Nove? Ma erano dieci..” lasciò sfumare la frase mentre si portò una mano alla tempia. Improvvisamente ricordò. E le venne l'orrore per quello che aveva fatto.

“Sono stata io?” chiese lei incrinando la voce. Lui abbassò la testa e lei lo prese come una conferma “Ma come? Non ricordo...ricordo che uno di loro ti aveva colpito e io mi sono messa in mezzo” ripercorse con la mente ogni dettaglio e fu interrotta dal Dottore.

“Hai creato una specie di campo di forza che ha agito da specchio e ha ucciso il dalek.” spiegò poi sorrise “Kreel” bofonchiò.

“I che?”

“Sono ciò per cui loro ti hanno creato. Poteri. Poteri che singolarmente sono innocui ma messi insieme sono letali.” fece una pausa “Ricordi quando ti ho detto che avremo capito con il tempo gli effetti che gli alieni in te avrebbero provocato?” lei annuì “beh, ne abbiamo appena scoperto uno: Kreel mischiato a qualcos'altro”

“Perciò quel 'potere' l'ho 'ereditato' da un kreel?” lui annuì. Rose sentì la testa scoppiarle per le troppe informazioni.

“I dalek però non hanno previsto una cosa” la guardò e disse “che c'è ancora una parte umana in te. E utilizzare simili poteri su un essere umano è....”

“Impossibile” concluse Rose. Sorrisero al pensiero delle tante volte in cui Rose aveva detto impossibile. Ma i loro sorrisi scomparvero con la stessa velocità con cui erano comparsi.

“Per questo sei svenuta. Sei umana alla fine dei conti e utilizzando poteri, che solo un Dio sopporterebbe, porta il cervello in sovraccarico. Come quando riempi la memoria di un computer. Il sangue dalek aiuta a utilizzare i poteri però” spiegò serio rigirandosi i pollici con estrema morbosità.

“Ciò che mi manda in bestia è il fatto che tu ti sia posta tra me e il laser. E' stato stupido e incosciente!saresti potuta morire! Per chi poi? Per me..” era arrabbiato e quando le sue labbra pronunciarono le parole 'per me' Rose sentì una nota acida e sprezzante. Come se odiasse dire 'per me'.

Gli occhi della ragazza si appannarono per la tale durezza con cui aveva detto quelle cose.

“Hai ragione!” sbraitò arrabbiata alzandosi dalla panchina. Il Dottore la guardò sorpreso di tale reazione “E' tutta colpa tua! I dalek mi hanno fatto questo perché conoscevo te e io ti odio! Odio questa situazione. Odio non ricordarmi nessun momento passato con te” pianse, tanto. Non pianto da bambina capricciosa, ma pianto ti rabbia e di stress. Lui si prese tutte le colpe ma si alzò.

Lei d'istinto lo abbracciò bagnandogli la giacca. “Ho ucciso, Dottore io ho..”

“Shhh” fece lui stringendola forte e accarezzandole la chioma bionda.

“Mi dispiace per prima. Non volevo dire quelle cose. Tu non centri nulla” ma lui non la pensava così. Rimasero in quella posizione per molti minuti finché lei non si calmò e si sciolse dal lungo abbraccio. Si asciugò gli occhi e sorrise.

“Va meglio?” chiese lui sorridendo rassicurante.

Lei annuì.

“E' normale avere un crollo di nervi. Con quello che hai passato” lei sorrise inviandogli con lo sguardo una scusa silenziosa.

Cercò di alleggerire l'atmosfera tragica guardandosi scettica il vestito e dicendo “Mia madre mi picchierà” risero al pensiero di Jackie. Il vestito era sporco di polvere e bruciacchiato ai bordi. La bretellina sinistra aveva ceduto e le scendeva sulla spalla.

“Dovremo andare” disse lui.

“Dove?” chiese lei aggrottando la fronte.

“E' il tuo compleanno! Se non sbaglio c'è una festa” rispose con aria giocosa e enfatizzata.

“Ma se ne sono andati tutti” lui non la sentì. Le prese la mano e la trascinò dentro il locale vuoto come una chiesa dopo la funzione domenicale. I palloncini bianchi e blu scuro erano sparsi ovunque. Le decorazioni smantellate e cadenti. E Jackie era insieme a Pete seduta ad un angolo. Alzò lo sguardo e quando vide Rose le corse incontro Pete al seguito. Rose li raggiunse correndo e si abbracciarono. Come in quei film mielosi dove tutta la famiglia si abbraccia per ore. Il Dottore sorrise commosso vedendo quella piccola famiglia abbracciarsi con amore. Jackie, ancora abbracciata a Rose e Pete, aprì gli occhi e con la mano invitò il Dottore a unirsi “Vieni qui stupido alieno” bofonchiò.

Lui dapprima insicuro si avvicinò a loro e si unì all'abbraccio di gruppo. Aveva sempre provato un certo affetto per quella famiglia. Ne conosceva parecchie di famiglie ma quella rientrava in quelle speciali, quelle che ti scaldano il cuore al sol pensiero. Jackie era quello che era, ma quando si trattava di Rose avrebbe smosso mari e monti per raggiungerla.

“Il vestito!” mise le mani a coppa sulla bocca mentre gli occhi sgranati percorrevano ogni disastro fatto a quel vestito. Rose e il Dottore risero.

“Oh andiamo, dov'è la festa?” chiese il Dottore guardandosi intorno.

“Se ne sono tutti andati. Dopo che quel coso se ne andato con te ho dovuto calmare gli animi e gli ho spediti a casa” gli informò Jackie.

Il Dottore fece una smorfia. “Peccato..Beh” cacciò dal taschino il cacciavite sonico e puntandolo sullo stereo in alto. Quello fece partire della musica ritmata.

“Che la festa continui” disse lui ad alta voce invitando Jackie e Pete a ballare per fatti propri. Lasciarono il Dottore e Rose da soli. Lei guardava incuriosita quell'aggeggio dalla punta verde luminosa.

“Cacciavite sonico” l'informò lui sorridendo con orgoglio mentre le mostrava l'arnese.

“Hai anche una chiave inglese sonica?” scherzò lei ma lui prese la domanda sul serio.

“Certo che no! Non sono mica un signore dei sogni” rispose lui offeso.

“Scommetto che sono simpatici” commentò lei subito dopo con sarcasmo.

“Ti annoierebbero. Sono dei fanatici” fece una smorfia schifata.

“E tu no?” scherzò lei con tono di sfida e mettendo la lingua tra i due denti come era solita a fare.

Lui notò quel particolare e fece una faccia strana, a parer di Rose “Che c'è?” chiese lei ancora felice di vederlo lì con lei sano e salvo.

“Mi sei mancata” rispose lui senza darle il tempo di rispondere poiché lui iniziò a ballare in modo ridicolo che fece ridere a crepa pelle Rose. “E questo che cos'è, signore del tempo?” chiese lei in preda agli spasmi per le risate. Lui poi prese la sua mano e iniziò a ballare con lei. La fece girare e ballare sul posto a ritmo. Poi le fece fare un casché.

Passarono le ultime due ore così. A ballare e finire di festeggiare quello che era iniziato come un compleanno orribile. Lui si sentiva in colpa per quello e fece in modo che la fine fosse migliore dell'inizio. Voleva sdebitarsi. Quando uscirono dal locale Jackie, Pete e Rose accompagnarono il Dottore al suo TARDIS che aveva lasciato un paio di metri più avanti.

Rimasero fermi davanti al TARDIS con il cuore di Rose che martellava come non mai e la paura di Pete e Jackie farsi sempre più reale.

“Niente male come compleanno, sul serio” commentò il Dottore con sorriso sghembo.

“I dalek sono stata la parte migliore” disse Rose sarcastica. Jackie non capiva come facessero a scherzare su certe cose, ma la verità era che quella era l'unica alternativa per sopravvivere in certi momenti. O riderci sopra o impazzire. Il Dottore aveva adottato la prima alternativa e Rose stava per imparare la stessa cosa.

“Perciò cosa succede adesso? Rimarrà sempre così?” chiese Jackie con tono grave.

“Per il momento si. Solo il tempo potrà dircelo. I dalek se ne sono andati ma ritorneranno e allora saremo pronti ma prima riuscirò a trovare un antidoto” Rose sentì un pugno nello stomaco. Si sentiva malata, o almeno quello pensavano loro di lei. E anche lei lo pensava. Ma dirlo ad alta voce era diverso. “Fino ad allora che farò?” chiese Rose. Non voleva passare altri mesi, anni ad aspettare il suo aiuto. Anzi, non voleva il suo aiuto. Voleva cavarsela da sola ma con qualcuno a suo fianco, non davanti.

“Potresti venire con me” propose lui con tono giocoso.

“So che hai detto che non vuoi rimanere troppo coinvolta ma ormai ci sei dentro fino alla gola” continuò lui e lei rimase un po' interdetta. Stava per urlargli di si, che veniva, ma sua madre la precedette.

“Oh no. Non di nuovo”

“Mamma..” si girò verso la mamma che aveva il volto colmo di preoccupazione.

“No Rose, ti ho persa una volta. Non accadrò ancora. La vita con il Dottore è un'eterna lotta contro la vita. Non posso riperderti.” le accarezzò il volto come se fosse un cristallo fragile. Rose sentì il peso degli sguardi addosso.

“E' una mia scelta mamma. Starò bene e questo non significa che sarà tutta una passeggiata ma...che cosa lo è? Voglio dire, non c'è nulla di sicuro, da nessuna parte! Devo ricordarmi cosa si prova a vivere quelle avventure e prometto che tornerò ogni volta che ne avrai bisogno”

“Ne ho bisogno ora” ma Rose era decisa. Il Dottore non riuscì a guardare Jackie per quanto senso di colpa aveva. Entrò nel TARDIS mentre Rose baciò la madre e il padre e entrò a sua volta.

Prima che la porta si chiuse Jackie urlò “Riportamela viva!”

Rose percorse quella stanza con trepidazione mentre il Dottore, vicino la console, chiese.

“Sei pronta?”

 

 

NOTA AUTORE : i'm sorry, i'm so sorry -cit.doctor

scusate l'assenza ma è stata una settimana infernale e non sono riuscita a scrivere uno straccio di niente. Spero che questo capitolo lungo vi abbia soddisfatto perché ho docuto apportarci parecchi cambiamenti. In questo capitolo scopriamo meglio ciò che è successo a Rose e dei suoi poteri ma prima di tutto – non voglio che pensiate 'oh i poteri, adesso diventa una super-eroina” - la verità è che sarà tutto il contrario. La vedremo combattiva e avvolte fragile ma come dice il Dottore:è umana e usarli richiede uno sforzo impressionante.

L'altra sera ho addirittura pensato di continuare con una decima e undicesima serie sempre create da me. Finché vorrete io continuerò a pubblicare capitoli. Per la scena del ballo mi sono ispirata al ballo nel TARDIS con Rose e nine e come canzone mi era venuta in mente FALL INTO PLACE degli APARTMENT ascoltatela!

Ringrazio di cuore chi ha messo la storia tra le seguite\preferite\ricordate e invito a recensire. Anche due parole, giusto per sapere se vi piace e se vale la pena continuare.

Alla prossima con un guest star speciale (pubblicherò tra venerdì e sabato, se non prima)

 

 

TUMBLR – hibrokensoul.com

YOUTUBE – viola g. (faccio video anche su dw)

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