Appuntamento a tre

di FavoladiBeda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rosso o nero? ***
Capitolo 2: *** Tra gli extra, James e un vestito troppo corto. ***
Capitolo 3: *** Ballo sul palo. ***
Capitolo 4: *** Serpeverde in prigione. ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Rosso o nero? ***


 
Ron Weasley l’aveva lasciata perché diceva di essere troppo occupato con gli allenamenti dei Cannoni di Chudley per pensare anche alle donne.

Poco meno di un mese dopo da questa sua affermazione, però, su tutti i giornali del Mondo Magico faceva bella mostra di se una gigantografia di Ron a braccetto con niente meno di Lavanda Brown.

Il titolo diceva “Se cade la pluffa, si vede il boccino!”.

Hermione aveva fatto di tutto per non entrare in depressione ma, dopotutto, Ron era stato il suo grande amore.

E poi, lei era la pluffa e Lavanda il boccino?

Ma per le mutande di Merlino, scherziamo? O almeno, queste erano state le parole della sua migliore amica, Ginny Weasley.

Erano passati ormai cinque anni dalla fine della guerra e, sebbene le perdite avevano scavato un vuoto indelebile nel cuore di ognuno, tutti erano riusciti a girare pagina; chi più, chi meno.

Così Ron aveva prima aiutato George al negozio ma, quando il fratello non era più riuscito a sopportare quella specie di sostituzione alla figura di Fred, aveva chiuso i Tiri Vispi per un po’ di tempo.

Vistosi disoccupato, il rosso si era quindi buttato nel quidditch facendo carriera come portiere, entrando addirittura nella sua squadra preferita di sempre.

Fra loro, dopo il bacio durante la battaglia, era andato tutto liscio fino a che Ron non si era reso conto di quanta popolarità avesse acquistato.

Essendo abituato a rimanere nell’ombra dell’eroe, quella nuova celebrità l’aveva cambiato.

Hermione, nel frattempo, aveva realizzato il suo sogno: lavorare come capo-ufficio nel settore per la salvaguardia dei diritti delle creature del Mondo Magico, al Ministero.

Sia lei che Ron avevano un lavoro stabile e fruttuoso così avevano deciso di comprare una casa assieme e convivere.

I problemi iniziarono con piccoli ritardi che diventarono vere e proprie assenze che il suo fidanzato faceva sempre più spesso.

“E’ il lavoro” si giustificava.

E Hermione, purtroppo, gli aveva creduto.

Poi anche il suo carattere aveva iniziato a perdere certi aspetti e ad acquistarne di nuovi: ogni autografo firmato equivaleva ad una tacca in più nella scala della sua autostima che presto sfociò nella vanità, ogni articolo che gli dedicavano lo rendevano più scostante nel rapporto.

Tornava a casa solo una volta alla settimana, quando andava bene.

Quando Hermione decise di affrontarlo era ormai una situazione esasperante e lui la scaricò.

Da quel fatidico giorno erano passati solo due mesi; due mesi terribili in cui Hermione aveva cercato di riprendere in mano la sua vita.

Tutto era diventato più difficile con il peso dell’abbandono che le gravava sulle spalle e l’amore non ancora del tutto sfumato che provava per Ron.
Senza di lui non riusciva a sopravvivere.

“Ed è proprio questo il punto, Hermione! Con Ron, non assaporavi appieno la vita: sopravvivevi e basta.” erano state le parole che Ginny le aveva rivolto quella mattina.

Fu così che la riccia venne trascinata avanti e indietro per le vie di Diagon Alley, girando con l’amica tutte le boutique immaginabili.

“Penso possa bastare” disse Ginny, dopo parechie ore.

Sollevò le quindici buste con un incantesimo e le fece sparire.

“Finalmente” soffiò Hermione, prendendola per un braccio e smaterializzando entrambe a casa Weasley-Potter.

Si buttò sul divano e chiuse gli occhi, esausta.

Ginny, invece, prese a disporre sul tavolo del salotto i vestiti che Hermione aveva comprato (sotto suo ordine improrogabile). Era piena di energia.

E direi! Lei non aveva fatto il turno di notte e per di più aveva il giorno libero.

La più piccola dei Weasley aveva prima di tutto cercato una professione presso le Holyhead Harpies.

Era entrata in squadra e, assieme alla nuova divisa verde con un agrifoglio d’oro sul petto, aveva trovato Angelina Johnson (attuale fidanzata di George). 

Dovette, però, interrompere quella piacevole esperienza per via di un lavoro del tutto inaspettato: era diventata mamma!

Harry era rimasto senza parole, semplicemente estasiato dalla notizia.

Come Hermione aveva previsto, lui e Ginny chiamarono il piccolo Potter (dagli occhi verdi e i capelli rossi), James.

Il prescelto voleva assolutamente solennizzare la nascita del piccolo e per questo aveva organizzato una piccola festicciola in onore di James, a cui aveva invitato tutti i loro amici ed ex compagni di scuola.

Hermione sorrise al ricordo.

La riccia sbadigliò poco elegantemente e si tirò su.

“Allora… ti serve una mano?” disse, raggiungendo l’amica.

“No, ho bisogno di concentrazione” rispose Ginny, guardando con attenzione due vestitini parecchio provocanti.

“Non avrei dovuto comprarli, sono troppo cor- “.

“Hermione Jane Granger, non concludere quella frase o ti affatturo!” la sgridò, lanciando lampi dagli occhi.

A lei non rimase che chiudere la bocca e annuire, docile.

Meglio non farla arrabbiare.

“Bene così. Per Morgana, scegli: rosso scollato o nero aderente?”.

Hermione osservò i due indumenti: non avrebbe mai indossato nessuno dei due!

“Mi vuoi dire perché dovrei metterli? Dobbiamo andare in discoteca?”.

“La smetti di fare domande inutili? Non so di cosa tu stia parlando ma sappi che più avanti dovrai spiegarmelo. Ma non ora! Hai un appuntamento” spiegò – Hermione sbiancò e cercò di protestare ma lei non le lasciò il tempo di replicare – “Non una sillaba. Devi tornare al tuo splendore, cara mia! A causa di quel rammollito di mio fratello sei diventata una donna triste e io non riconosco più l’Hermione forte e coraggiosa di prima, quella che mi consolava, che mi riprendeva se necessario, quella intelligente e perspicace. E io la rivoglio indietro! Perciò devi lasciarti alle spalle il fantasma di Ron”.

Lei non riuscì a dire niente perché le parole di Ginny erano la pura e semplice verità.

Ti voglio un bene infinito. Mi dispiace di aver pensato solo a me stessa. Hai ragione, non sono io questa qui.

“Rosso o nero?”.

“D’accordo. Nero, allora”.

Ginny annuì.

“Senti Herm, non è che mi presteresti questo per stasera?” le domandò facendole l’occhiolino, sollevando il tubino rosso.

“Te lo regalo! Non vorrò metterlo dopo che tu e Harry l’avrete… inquinato!” disse Hermione, imbarazzata.

L’altra scoppiò a ridere e l’abbracciò stritolandola, baciandola più volte sulle guance.

“Giusto! Resti a pranzo?”.

“No, devo passare in ufficio” le rispose, sorridendo.

“Non ti riempi di lavoro extra per gli elfi, vero?” le chiese Ginny, fissandola.

“Lavoro extra? Sei impazzita? Non ce la farei!” la rassicurò.

Bhe, forse solo qualche pratica in più…

“Facciamo finta che ti credo”.

“Vuoi che ti aiuti a sistemare?” le disse indicando il tavolo.

“Hermione, vai. Ci penso io”.

“Va bene, allora ci sentiamo. Ciao Ginny”.

“Ok. Alle otto a casa mia”.

“Cert- ma… alle otto? Di stasera?” chiese stralunata.

“Si. Non dirmi che hai qualche impegno?!”.

“No, nessuno. Ma… perché?”.

“Sei sorda? Hai un appuntamento!”.

Hermione la guardò come se avesse davanti un mangiamorte.

Poi si riprese. In parte.

“Devo fare da baby sitter a James per la tua serata romantica con Harry?”.

“Adesso ti prendo a padellate, Herm. Ti ho detto che hai un appuntamento! E non credo che ti piaccia uscire con i bambini di cinque anni, seppure James ti adori. Ti materializzerai qui e io ti accompagnerò nel posto stabilito”.

“Mi vuoi spigare questa situazione? Chi devo incontrare?”.

“Non posso dirtelo, è un appuntamento al buio sia per te che per il tuo futuro fidanzato”.

“Ginny, cosa vuoi che succeda in una sola sera?”.

“Sono sicura che ti divertirai. Sarà interessante! Ora vai al Ministero, non sia mai che ti dia l’occasione per rimproverarmi di averti fatto arrivare in ritardo” la congedò, con un sorrisino.

Sbuffando, Hermione lasciò quella pazza della sua migliore amica e si smaterializzò.

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Capitolo 2
*** Tra gli extra, James e un vestito troppo corto. ***




Stava scrivendo una relazione su un caso di sfruttamento di elfi (ovviamente da parte di una ricca famiglia purosangue, troppo attaccata alle sue origini) quando un piccolo origami di carta color porpora atterrò sulla sua scrivania.

Ciao Herm, sono Harry.
Mi chiedevo se puoi passare a prendere James oggi, sai, volevo fare una sorpresa a Ginny.
Mandami un patronus come risposta, sto uscendo dal Ministero per una missione.

Hermione valutò di finire il suo lavoro extra in poco tempo, la relazione stava andando a gonfie vele e James non sarebbe uscito dall’asilo prima delle sei. Mancavano ancora quattro ore.

Così prese la bacchetta e invocò la sua lontra argentea, pensando a quando quei poveri elfi sarebbero stati liberati grazie a lei.

“Non ci sono problemi per quanto riguarda James, ci penso io. Stai attento” disse e l’animale corse via, brillando.

Harry aveva intrapreso la carriera di Auror praticamente da subito, una volta conclusi gli studi a Hogwarts.

Si era dato tanto da fare ed era arrivato in tempo record ai piani alti.

Su questo Hermione non aveva mai avuto dubbi; lui era il Bambino Sopravvissuto, aveva affrontato la morte per tutti gli anni della sua infanzia, aveva combattuto, aveva sconfitto il secondo mago più forte di tutti i tempi. La sua vita, di per sé, era già un' abbondante testimonianza di quello che sapeva fare.

La sua tempra morale non sarebbe potuta mai essere corrotta, le sue capacità erano superiori a quelle dei maghi più esperti, lui aveva a cuore la causa.

In pratica, era semplicemente il miglior Auror del Mondo Magico.

Hermione tornò a ciò che stava facendo, cercando di allontanare quel piccolo cubetto d’ansia che le scivolava addosso ogni qual volta Harry si trovava in circostanze potenzialmente pericolose.
Dopo tutto questo tempo, ti proteggo e ti proteggerò sempre, Harry Potter.
 

Un’ora dopo, Hermione si trovava nel suo ristorante babbano preferito.

Erano le tre, un’ora insolita per pranzare ma a mali estremi, estremi rimedi; tra la mattinata di shopping con Ginny e i documenti che si era prefissata di preparare, non aveva toccato cibo.

Mangiò con tutta calma, sola ad un tavolo appartato.

La clientela era rada ma sapeva che esporsi sarebbe stato un errore, in quanto gli avventori si sarebbero fatti delle domande e lei avrebbe sentito un groppo in gola.

Tutti avrebbero sussurrato nell’orecchio del vicino, guardandola: Perché quella donna mangia da sola? Dov’è Ron?                                                                                                                         Si starà divertendo con Lavanda Brown, lasciandoti qui davanti a un piatto per single a ricordarti che nessuno ti vuole come fidanzata, tanto più come moglie.

D’accordo, stava decisamente esagerando.

Ginny l’avrebbe picchiata per quei pensieri e avrebbe fatto bene.

In oltre, si trovava nel Mondo Babbano dove nessuno sapeva chi lei fosse, non la ammiravano come l’eroina del Mondo Magico e per tanto non era famosa, ma una comune mortale.

Si rilassò.

Quella sera sarebbe uscita con un bell’uomo.

Bell’uomo? Non so nemmeno chi è!

Tormentata da mille riflessioni, Hermione andò a pagare – si era portata la sua utilissima borsa di perline che era preparata per ogni evenienza, in fondo, era stata la guerra a prepararla per ogni possibile imprevisto – e camminò per un po’ per le vie di Londra.

Alle cinque, stanca, entrò in un vicolo isolato e si materializzò a casa (quella che una volta era la loro casa, sua e di Ron).

Salendo le scale, si ricordò di come il rosso gliela lasciò senza alcun lamento e si ritirò alla Tana. C’è da dire che la Signora Weasley, venuta a sapere ogni cosa grazie a Ginny, non lo accolse a braccia aperte come lui aveva immaginato. Comunque non lo cacciò, era pur sempre suo figlio.

Con la testa altrove si buttò sul letto, pentendosene subito.

L’angolo appuntito di qualcosa le si conficcò nella schiena.

Si alzò dolorante massaggiandosi il punto leso, scoprendo che l’oggetto contro cui aveva lanciato una parolaccia non era altro che una lunga e traslucida scatola di cartone.

“Ginny” disse, capendo al volo.

Sollevò appena il coperchio e intravide il tessuto del vestito nero che aveva scelto.

Si rilassò e si concesse un po’ di riposo, sdraiandosi, ma tenendo gli occhi ben aperti.

Controllò l’orologio ogni due minuti fino a quando questo non segnò le sei in punto.

Si alzò, si diede una veloce sistemata ai vestiti e si smaterializzò.

Hermione conosceva bene l’asilo in cui andava James perché le era già capitato di assolvere quella cortesia per Ginny o Harry.

Lei aveva sempre accettato perché amava il piccolo Potter: era un bambino vivace e curioso.

Raggiunse la piccola folla davanti all’entrata e sentì suonare la campanella all’interno dell’edificio.

Si avvertì un rumore che divenne presto potente, tutti i bambini correvano fuori dall’asilo allegri ma non vedendo l’ora di riabbracciare i genitori.

Riuscì appena a intravedere una chioma rossa che subito James le fu addosso.

“Zia Hermione!” urlò abbracciandola.

“Ehi, mio principe! Come è andata la giornata?” gli chiese, prendendolo per mano.

“Bene”.

“Solo bene?”.

“Si… ecco… mihannomessoinpunizione” disse James parlando velocemente e distogliendo lo sguardo.

“Come hai detto?” gli chiese Hermione.

Ho capito benissimo, sei proprio il figlio dei tuoi genitori!

“Mi hanno messo in punizione” ripeté lentamente, scalciando un sassolino.

Camminarono a piedi fino a casa di Hermione parlando del motivo per cui era stato punito (“Non l’ho fatto apposta! Le gambe della sedia si sono rotte da sole e lui è caduto!”) e poi discutendo di tutto quello che veniva in mente a James.

I suoi genitori avevano meditato di farlo andare in un asilo babbano ma Harry aveva cambiato idea: lui era stato costretto a passare la sua infanzia in uno sgabuzzino e di certo si sarebbe divertito di più a sapere di essere un mago e a cercare di controllare i suoi poteri.

Una volta entrati, James andò dritto in cucina.

“Mi prepari la cioccolata, zia?” chiese quando Hermione lo raggiunse.

“Certo che te la preparo” disse lei sorridendo.

Si avvicinò al bimbo e lo aiutò a togliersi il giubbottino che poi andò a sistemare vicino al suo.

“Perché non è venuta la mamma a prendermi?”.

“Perché tuo padre doveva farle una sorpresa, non so cosa, non me lo ha detto!” rispose, mentre preparava tutto il necessario per la cioccolata.

“Le avrà dato tanti, tanti, tanti baci?” domandò il piccolo, con interesse.

Hermione ridacchio.

“Penso proprio di sì!”.

Qualche minuto dopo, la cioccolata era ben distribuita nelle tazze e zia e nipote la stavano assaporando.

“Ma papà oggi non è andato a mandare via i cattivi?”.

“Si, è andato” disse con voce dolce, Hermione. “E li ha mandati via”.

Si sentì un pop nell’ingresso e subito James si alzò da tavola e corse verso la porta.

La zia lo seguì, appoggiandosi allo stipite della cucina quando lo vide in braccio al papà.

“Scusa, Herm” disse Ginny, appena comparsa. “Ci abbiamo messo più del previsto”.

La guardò negli occhi cercando di dirle qualcosa e Hermione intese perfettamente.

“Tranquilla” le rispose allora, trattenendo un risolino. “Harry, hai sconfitto tutti i cattivi?”.

“Tutti, Herm. E James, tu hai fatto il bravo?”.

Il bambino lanciò uno sguardo alla riccia prima di rispondere. “Si, papà!”.

Ginny alzò un sopracciglio.

“Va bene, famigliola, io dovrei farmi la doccia perciò, anche se adoro avervi qua, filate!” esclamò Hermione.

“Hai ragione, a dopo!” le disse la rossa andando a darle un bacio. Prese James in braccio e uscì di casa.

Harry le si avvicinò.

“Grazie per essere andata a prenderlo. Come stai?”.

Era da un po’ che il suo migliore amico aveva notato la sua aria trasandata.

Dalla rottura con Ron non l’aveva quasi più vista sorridere e Ginny gli aveva detto che stava più male di quanto volesse ammettere. Era davvero preoccupato.

“Meglio. Ginny mi ha organizzato una specie di appuntamento al buio…”.

Harry aggrottò la fronte.

“Si, bhe, chiedilo a lei! Ora, scusami, ma è davvero tardi!” lo congedò.

“Per qualsiasi cosa io sono qui, intesi?”. Era serio.

Hermione sapeva di poter contare su di lui, sempre e comunque.

In risposta lo abbracciò, forte.

Lui la tenne stretta per un po’ e poi si smaterializzò.

La riccia si massaggiò le tempie e salì al piano di sopra per farsi la doccia.
 


Hermione si infilò il vestito e scelse un paio di tacchi color oro dalla scarpiera, un regalo di Ginny.

Aveva lasciato che i ricci le scendessero sulle spalle così da essere un minimo più coperta dato che il vestito le arrivava a metà coscia e le lasciava scoperta la schiena.

Così non va.

Cercò un paio di calze a maglia ma l’occhio le cadde sull’ora: era in ritardo.

Invocando Merlino, Hermione si guardò un’ultima volta allo specchio a parete.

Era a suo agio con il suo fisico. Negli anni si era fatto più maturo, era snella e proporzionata. Ma quella nudità non le piaceva. Ginny aveva detto che era questione di abitudine.

Respirò a fondo.

Gli occhi marroni brillavano, le succedeva quando era agitata o emozionata (e quella sera ce le aveva tutte e due!), le guance erano leggermente rosse ma per il resto era piuttosto in forma.

Si materializzò a casa della famiglia Potter, trovandoli tutti e tre comodamente sdraiati sul divano.

Comodamente era un aggettivo un po’ azzardato, in realtà.

James era comodamente abbracciato a sua madre che era comodamente incastrata tra lui e Harry, il quale era comodamente mezzo seppellito nel divano.

“Comodi?” soggiunse, Hermione.

“Troppo” cercò di dire Harry ma dalla bocca gli uscì solo un verso strozzato.

“Zia?” domandò James. “Cosa ci fai qui?”.

Si alzò e saltò giù dalla piramide umana, per poi andare ad abbracciarla.

“Non sei felice di vedermi?”.

“Ti ho visto prima”.

“Sei sicuro di avere solo cinque anni?”.

“Si, sono grande”.

“Vero” concluse Hermione.

Nel frattempo, moglie e marito si erano slegati e la rossa stava marciando verso di lei con una strana determinazione.

“Sei una figa” disse, all’improvviso.

Hermione sbarrò gli occhi.

“Prego?”.

“Harry, hai il permesso di guardare Hermione” disse Ginny, perentoria.

Il moro non capì quella strana autorizzazione finché non la guardò davvero.

“Wow! Sei… Sei…” esclamò.
“Appunto. Non c’è neanche bisogno del mio aiuto!” strillò Ginny, ammirandola.

“B-bhe, grazie” riuscì a dire Hermione.

“La mamma torna subito, amore” disse la rossa a James.

Prese Hermione e con la materializzazione congiunta trasportò entrambe davanti ad un locale.

Erano le otto passate ed era buio pesto.

“Il tuo appuntamento è seduto al tavolo quattordici, divertiti e non tornare a casa tua prima di domani mattina” le disse, le baciò velocemente una guancia e sparì.

Hermione si contorse le mani.

“In cosa mi sono cacciata” sussurrò.

Aprì la porta del locale e venne investita da un’ondata di calore e musica.

C’era gente ovunque e i tavoli erano tutti occupati.

Le cameriere avevano divise abbastanza caste, per fortuna.

Ginny non si era bevuta completamente il cervello, almeno.

Osservò i numeri dei tavoli, attirando parecchie attenzioni, e quando arrivò al fatidico quattordici le si gelò il sangue nelle vene.

Ginny si è bevuta il cervello!




Angolo Autrice:
Tadaaà, ecco il secondo capitolo!
Hermione rimane congelata sul posto quando vede... ciò che vede, e che voi lo scoprirete solo vivendo  leggendo il terzo capitolo ehehe.
Pubblicherò, impegni permettendo, lunedì.
La storia è già bella scritta e conclusa, perciò, eventuali ritardi non saranno a causa di mancanza d'ispirazione!

Spero vi piaccia!
Ciao,
FavoladiBeda.

 

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Capitolo 3
*** Ballo sul palo. ***




“Granger?” due voci pronunciarono il suo cognome come una sola.

Due voci appartenenti a due corpi che sedevano al tavolo del suo appuntamento.

Il quattordici è appena diventato il mio numero sfortunato.

“Ci dev’essere un errore” disse subito lei.

“Ne dubito. E’ stata la Weasley a mandarci, o meglio, a mandare me” le rivelò Blase Zabini.

“Oddio, allora sei tu… voglio dire, siete voi, il mio appuntamento!” esclamò, tenendosi la testa con le mani e lasciandosi cadere sullo sgabello vuoto di fronte ai due.

“Devo dire che non sei niente male” ghignò Draco Malfoy, osservandola.

“Non sei assolutamente galante, Draco! Lascialo perdere, è me che devi ascoltare. Sono io che dovrei essere qui, non lui”.

“Ancora Blase? Quella lettera era dentro una busta con il mio nome sopra” si infuriò in un attimo il biondo.

“Già ed era sulla mia scrivania, come la mettiamo?” rispose l’altro sbattendo il pugno sul tavolo.

“Questo non spiega e non vuol dire nulla!”.

“Finitela” li interruppe, Hermione. “Ormai siete qui entrambi e purtroppo ci sono anche io!”.

“Tu sei la parte migliore di questa serata, Granger” disse Malfoy.

Seppur contro il suo volere, si sentì lusingata.

Davvero, Hermione? Davvero? Lusingata? Da Malfoy? Una serpe ex mangiamorte che ti ha insultato per anni?

E’ cambiato. Lo siamo tutti.

E se non fosse così?

Allora perché non ti ha chiamato mezzosangue e non è andato via immediatamente?

I due uomini videro la lotta interiore che lei stava avendo con la sua coscienza riflessa sul suo viso.

“Granger, la smetti di pensare? Non sei cambiata neanche un po’” le rinfacciò Malfoy.

Visto? Chi la spunta? Hermione, ovviamente!

“Voglio dire il tuo corpo decisamente, ma sei sempre una cervellona”.

Oh.

“L’intelligenza è un pregio” disse lei, cercando di trovare un tono orgoglioso.

“Hai perfettamente ragione, Hermione” si intromise Blase, calcando sul suo nome.

Era strano sentirlo da un Serpeverde.

E’ cambiato anche Blase.

“E’ strano sentirlo” fece senza rendersene conto.

“Cosa?” domandò Malfoy.

“Il mio nome. Detto da voi, intendo” balbettò.

“Hermione”. Era stato Malfoy a parlare.

Una strana sensazione le aveva attraversato la pancia, per la seconda volta.

“Hermione, Hermione”.

Di nuovo quella sensazione. Non era esattamente piacevole. Era solo strana. 

“Hermione, Hermione, Hermione, Hermione, Hermione, Hermione…”.

“Ti si è incantato il disco, Draco?” domandò sarcastico il moro.

“Hermione” concluse il biondo.

“Si?” domandò lei, ironica.

“Cosa bevi?”.

“Una Burrobirra”.

“Avanti Granger” fece Blase. “In questo locale fanno i migliori cocktail della zona e tu ti butti su una classica, praticamente analcolica, Burrobirra?”.

“Analcolica. Questo termine mi piace molto, si” proclamò Hermione.

Draco rise.

“Lei non è una da sbronza, caro il mio innocente, non così innocente, Blase”.

“Zitto un po’ Draco” replicò seccato.

Scese il silenzio.

Hermione si concesse il tempo per esaminarli.

Erano diversi da come li ricordava.

Blase aveva mantenuto i capelli corti, era più magro, il viso più adulto, gli occhi se possibile più scuri di una volta.

Draco era più alto, la capigliatura miracolosamente libera da quel gel che usava ai tempi di Hogwarts, il ghigno sempre presente, gli occhi azzurri sempre profondi e inquietanti.

Il particolare che più esaltava la sua figura erano i suoi abiti, prettamente babbani!

E anche Blase non era da meno.

Sono entrambi molto belli. Ma perché Ginny mi ha teso questa trappola, per Merlino?

A rompere l’imbarazzo arrivò una cameriera che chiese le ordinazioni.

“Due whisky incendiari e una Burrobirra, per favore” disse Blase.

“Con la cannella!” esclamò Hermione prima che la ragazza andasse via.

“Che si fa?” esalò Malfoy.

“Parliamo. Che lavoro fate?”.

“Io sono un ricercato pozionista” si vantò il biondo.

“Ricercato, si, come no. Io sono un-“.

“Ma la smetti di fare il coglione?” lo interruppe Draco. “Qual’ è il tuo problema?”.

Hermione alzò gli occhi al cielo.

Avrebbero litigato tutta la sera, perfetto!

“Ecco a voi”.

La cameriera diede del whisky a Draco e… la Burrobirra a Blase.

Malfoy scoppiò a ridere mentre il moro era totalmente indignato.

“Le sembro il tipo da Burrobirra, davvero? Questa è per lei!” urlò spostando il boccale verso Hermione e strappando dalle mani della cameriera il bicchiere. “No, davvero, le sembra il caso?”.

“Smettila di urlare, Blase!” lo riprese la riccia, imbarazzata.

Nel frattempo, la cameriera era schizzata verso l’altra parte del locale e stava tornando al quattordici al seguito di un uomo gigantesco.

“Voi tre pagate e vaporizzatevi all’istante” disse, incrociando le braccia e mettendo in risalto i muscoli.

Blase era ammutolito e Draco era indeciso se ridere e finire coperto di lividi o guardare altrove spaventato.

Saggiamente, scelse la seconda opzione.

Hermione non era messa meglio.

“Allora? Fuori i soldi!”.

“Emh… quanto costa una… Burrobirra?” chiese nel tono più pacifico che riuscì a trovare, Hermione.

L’uomo si voltò per la prima volta verso di lei e rimase di stucco.

La analizzò da capo a piedi mentre le guance della riccia andavano in fiamme.

“Per te è gratis”.

“Grazie” disse Hermione, a disagio.

“Ma per voi no. Se non pagate entro due secondi vi concerò così male che vostra madre farà fatica a riconoscervi. E non provate a dire che siete poveri, so benissimo chi siete”.

Blase e Draco si affrettarono a tirare fuori parecchi galeoni e poi si alzarono dagli sgabelli.

Hermione li imitò e li seguì fuori dal locale.

Stavano varcando la porta quando una mano pesante le prese la spalla.

Con i riflessi levigati dalla guerra, tirò fuori dalla borsa la bacchetta, così veloce che nessuno se ne accorse e la puntò alla gola del suo aggressore.

Si ritrovò davanti il proprietario che li aveva sbattuti fuori che in quel momento si era pietrificato sul posto.

Hermione si scostò, tossendo per l’imbarazzo e notò che l’uomo le stava porgendo la Burrobirra che lei aveva lasciato sul tavolo.

“Tieni” le disse lui e le si avvicinò. “Sei la donna dei miei sogni” le sussurrò all’orecchio.

Lei fu attraversata da un brivido sinistro, prese la Burrobirra e camminò per la stradina a passo di carica.

“Salve!” urlò senza voltarsi.

Sentì un paio di piedi seguirla ma non se ne preoccupò, erano sicuramente i Serpeverde.

Dopo aver quasi corso, nonostante i tacchi, per tutto il marciapiede, finalmente si fermò.

I due ragazzi le si piazzarono davanti.

“Ora” disse Hermione, affannata, “ora mi… sento… al sicuro”.

“Bhe, non c’è che dire Granger! Non ti annoi mai” scherzò Malfoy ghignando assecondato dalle risate di Blase.

“Ridete poco, voi due. E’ vostra la colpa!”.

“Di Blase, semmai” commentò il biondo.

“Mia? Della cameriera, piuttosto” disse il moro.

Hermione si accostò al muro di un palazzo e bevve la Burrobirra.

Per fortuna prima di uscire ho mangiato, altrimenti sarei rimasta a digiuno. Mmh, cannella!

“Granger, dato che hai il vestito giusto, ti andrebbe di andare a ballare?” propose Malfoy.

Non ne ho la forza. E poi dopo quello che hanno combinato, non mi fido!

“No, ho lavorato e non mi sono fermata nemmeno un attimo, oggi”.

“A me sembra una fantastica idea. Dai, Hermione, ci divertiremo” tentò Blase.

“La mia risposta rimane negativa”.

Draco la guardò con gli occhi socchiusi.

“Ma tu sai ballare?” le chiese ancora il biondo.

“Certo che so ballare!”.

Come si permette? Stupido furetto.

“A quanto pare, no” aggiunse Blase.

Serpe maledetta!

“D’accordo, volete andare a ballare? Andiamo! Ma solo per poco, vi ho già detto che sono stanca”.

Vi faccio vedere io.

L’orgoglio che la distingueva come una vera Grifondoro le scorreva nelle vene come sangue.

“Perfetto, so già dove andare!” esclamò il moro, prendendo Draco da una manica e lei per un fianco per smaterializzarli tutti.

Quando atterrarono, Hermione sentì l’aria pungente sulla schiena.

A causa della fretta di Ginny non ho portato nemmeno una giacca!

“Ok, il posto è quello” fece Blase, indicando l’altro lato della strada.

Un appariscente locale con mille luci rosse e bianche sfoggiava un’insegna enorme: “BALLO SUL PALO”.

Hermione spalancò la bocca.

“Ma dove diamine mi hai portato? Io là dentro non ci entro!” urlò.

“Ormai è fatta, Granger” le disse Malfoy, ghignando. “Adesso ci vieni”.




Angolo Autrice:
Eccoci al terzo capitolo :D

Abbiamo finalmente scoperto chi è l'appuntamento di Hermione e di certo non poteva aspettarsi una sorpresa simile!
Draco e Blase, dopo varie vicissitudini, trascinano la ragazza in un locare a dir poco... sconcio.
Come andrà a finire? 

Leggete e recensite, mi farebbe piacere avere il vostro parere e sapere cosa vi aspettate dal prossimo capitolo.
FavoladiBeda

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Capitolo 4
*** Serpeverde in prigione. ***



Dal capitolo precedente:
Un appariscente locale con mille luci rosse e bianche sfoggiava un’insegna enorme: “BALLO SUL PALO”.
Hermione spalancò la bocca.
“Ma dove diamine mi hai portato? Io là dentro non ci entro!” urlò.
“Ormai è fatta, Granger” le disse Malfoy, ghignando. “Adesso ci vieni”.


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“Non ci penso neanche! Voi entrate pure, io ne farò a meno! Ho una bacchetta e vi schianterò se è necessario!”.

Era davvero fuori di sé! Come potevano credere di poterla fare entrare in un locale del genere?

“Al tre, Blase”.

“Al tre, cosa?”.

“Certo, amico”.

“Cosa volete fare?”. Sguainò la bacchetta, minacciandoli.

“Non vogliamo aggredirti, Granger! Mettila via” si lamentò il biondo.

Seppur titubante, Hermione mise l’arma nella borsa.

“Tre!” esclamò Draco e le bloccò le braccia mentre Blase la sollevava per le gambe.

“Scusa ma hai detto che ci stavi e adesso ti assumi la responsabilità delle tue parole!” disse il moro mentre i due la trasportavano verso l’entrata.

Hermione gridava e scalciava come una pazza.

“No! Non ci voglio entrare, lasciatemi! Brutti idioti!”.

Non riusciva a liberarsi, erano troppo forti.

“Maledetti! Appena mi lascerete, uscirò immediatamente. Io non ballerò mai sul palo!”.

“Scommetti, Granger?” le soffiò Malfoy nell’orecchio.

“Si, scommetto!”.

Arrivarono in fila ma non lasciarono andare la riccia che ancora imprecava e si dimenava.

La gente iniziava a voltarsi verso di loro, preoccupata.

Ad un certo punto un buttafuori del locale, grosso due volte tanto l’uomo del pub, si avvicinò ai tre con la bacchetta puntata nella loro direzione.

“Lasciatela subito” ringhiò.

“Non è come pensa!” disse subito Blase, alzando le mani e lasciando di botto le gambe di Hermione che incontrarono il cemento del marciapiede.

Le mani di Draco le accarezzarono tutti i fianchi mentre lei cadeva ma riuscì a sostenerla prima che lei si facesse male.

Hermione si rialzò un po’ impacciata, tenendosi in equilibrio aggrappandosi al braccio di Malfoy.

Nel frattempo, era arrivato un altro uomo (probabilmente il collega del primo).

Blase stava apertamente litigando con il buttafuori mentre l’altro disse qualcosa a proposito di patronus e Auror.

Draco e Hermione erano un passo dietro al moro, pietrificati.

Le persone intente a fare la coda li avevano circondati e assistevano alla scena.

All’improvviso al suono di parecchi pop comparvero cinque persone in tenuta da Auror.

Uno prese Blase e l’altro Draco mentre Hermione urlava che era tutto un equivoco.

Si sentì afferrare e poi non vide più niente.

Quando riaprì gli occhi, si trovava al Ministero e un Auror la teneva per un braccio.

“Dove sono Malfoy e Zabini?” chiese istintivamente.

“Mi segua, deve lasciare una deposizione”.

“Voglio parlare con Harry Potter!” esclamò.

L’Auror arrestò il suo incedere.

“Signorina Granger, dirà tutto a me. Adesso deve collaborare”.

Hermione respirò a fondo e seguì l’uomo per una serie di corridoi, che conosceva, fino ad arrivare davanti ad una stanza bianca.

Un cartellino sulla porta indicava: “Sala Interrogatori”.

L’Auror la precedette e si accomodò su una poltrona al di là di un’ampia scrivania, invitandola a fare lo stesso.

Lei si sedette sull’unica altra sedia della stanza (che a parte quei pochi oggetti e una lampada, era vuota).

“Non sono stata aggredita. Draco Malfoy e Blase Zabini sono miei… amici” disse, esitando. “Volevano andare a ballare ma io non approvavo e così hanno pensato di costringermi prendendomi a quel modo. Niente più”.

“Da quanto mi ha riferito un testimone affidabile, uno la teneva per le gambe e l’altro per le braccia. Non mi sembra un atteggiamento amichevole” le fece notare.

Lei immaginò che si trattasse del buttafuori che aveva aggredito Blase.

“Le ho già spiegato come sono andate le cose. Era solo uno scherzo”.

Qualcuno bussò alla porta e la accostò.

La testa di Harry si infilò nella stanza.

“Oh Harry! Finalmente!”.

“Ciao, Hermione” disse il suo migliore amico, entrando definitivamente nella stanza. “Grazie, Shole. Adesso ci penso io”.

L’Auror si alzò e uscì.

La riccia si precipitò su Harry.

Grazie a Dio.

“Malfoy e Zabini non mi hanno fatto niente!”.

“Lo so, ho parlato con loro” le disse, sorridendo. “Malfoy mi ha chiamato sfregiato e gli altri Auror non l’hanno preso tanto in simpatia. Per quanto riguarda Zabini, si è preso un pugno da qualcuno e aveva la bocca piena di sangue”.

Hermione lo fissò spaventata.

“Tranquilla, lo stanno sistemando. Sei sicura che sia tutto a posto?” le chiese, carezzandole una guancia.

“Si ma… Harry! Oh no, ho rovinato la tua serata con Ginny!” disse, dispiaciuta.

“Non ti preoccupare, abbiamo tutta la notte per rimediare” e – prima che Hermione riuscisse a colpirlo con uno schiaffo sui capelli, riprese – “e poi la mia cara e dolce mogliettina mi ha quasi ammazzato dicendomi che dovevo smaterializzarmi qui alla velocità massima con cui riesce a fare gol”.

Scosse la testa, ricordando il voto serio di Ginny mentre diceva quelle parole.

Hermione sorrise.

“Allora, penso che dovrei andare a liberare i due imbecilli. Vieni con me?”.

“Ovvio”.

Erano le undici di sera quando Draco Malfoy e Blase Zabini uscirono di prigione.

“Sono stato rinchiuso in cella. E’ stata davvero dura sopravvivere” furono le prime frasi di Blase, una volta all’aria aperta.

“Siamo stati dentro per poco più di dieci minuti” lo seccò Draco.

“Non ricomincerete a litigare, spero!” esclamò Hermione, stralunata.

I due si zittirono.

“Herm, credo che dovrei portarti da Ginny” le comunicò Harry.

“Oh sì, ho parecchie cose da dirle!”.

“Ringraziala da parte nostra, Granger” fece sarcastico Draco.

“Sarà fatto”. Hermione li guardò; Blase aveva un cerotto sulla faccia mentre Draco sfoggiava un piccolo livido sulla fronte.

“Ci vediamo”.




Angolo Autrice:

SCUSATE PER L'ENORME RITARDO!
Sono partita per Venezia e non ho potuto pubblicare.
A causa di vari aggiornamenti che sto facendo alla storia, questo sarà il penultimo capitolo e il prossimo sarà l'epilogo (che conterà solo 99 parole e che vi farò avere tra poco, internet permettendo).
Infatti, questa ff avrà un seguito di cui questi capitoli sono il prologo.
Ho suddiviso così la storia perchè a metà svolgimento ho avuto idee nuove e diverse rispetto alla trama a cui avevo pensato.

Spero che vi piaccia!
Ciao,
FavoladiBeda. 

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Capitolo 5
*** Epilogo ***


Il giorno dopo.

“Te l’avevo detto che sarebbe stato interessante!” sghignazzò Ginny.

“Fammi il favore di non organizzarmi più appuntamenti al buio, grazie!” la riprese Hermione.

Erano nella stanza degli ospiti di casa Weasley-Potter dove Hermione, su richiesta dell’amica, aveva passato la notte.

Dopo la mezzanotte, la rossa le si era intrufolata in camera per sapere tutti i dettagli della serata e così erano rimaste a parlare fino alla mattina successiva.

“Toglimi un dubbio” disse Hermione.

“Dimmi”.

“Avevi invitato all’appuntamento Draco o Blase?”.

Un luccichio illuminò gli occhi di Ginny.

“In realtà” rispose, iniziando a ridere. “Tutti e due!”.




Angolo Autrice:
Ed eccoci alla fine... di questo prologo, non della storia!
Cosa succederà nella nuova ff? Lo scoprirete solo leggendo ewe

Non so quando pubblicherò il seguito, non ho quasi mai un momento libero.
Vi aspetto!
Recensite, baci,
FavoladiBeda. 

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