If it hadn't been for love

di YourLove_AllINeed
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Without you. ***
Capitolo 2: *** And I didn't know ***
Capitolo 3: *** New Year ***
Capitolo 4: *** Courage ***
Capitolo 5: *** I Want... ***
Capitolo 6: *** Secrets ***
Capitolo 7: *** Pigeon ***
Capitolo 8: *** She is not afraid ***
Capitolo 9: *** Fix a Heart ***
Capitolo 10: *** My one true love ***
Capitolo 11: *** Memories ***
Capitolo 12: *** Memories (Draco) ***
Capitolo 13: *** Thank to you ***
Capitolo 14: *** Stardust ***
Capitolo 15: *** Tell me why. ***
Capitolo 16: *** Say You're Just A Friend ***
Capitolo 17: *** Say it louder ***
Capitolo 18: *** I knew you were trouble ***
Capitolo 19: *** Loving him was red. ***



Capitolo 1
*** Without you. ***


If it hadn’t been for love


Without you.




Era il primo settembre. E loro non c’erano, non c’era nessuno delle persone che gli studenti di Hogwarts desideravano.

Per Ginny, non c’era Harry. Per Lavanda, Calì. Per Theo, Pansy. Per Pansy, Theo. Per Astoria, Draco. Per Daphne, Astoria. Per Blaise, Daphne. Per Luna, sua madre, anche se lei  non c’era mai stata, i primi settembre che erano davvero importanti. Per Draco, il padre. Per Neville, i suoi genitori. E anche per Hannah. E lei, come loro, non avrebbe dovuto esserci, non avrebbe dovuto apprestarsi ad andare al binario 9 ¾, anche se stava per farlo. Per Seamus, non c’era Dean.

Non c’erano affatto, in alcuni casi. Altri, invece, ne sentivano la mancanza nei loro cuori. Forse non c’erano mai stati per davvero, ma adesso la loro mancanza era lampante, dolorosa, inaccettabile.
Indescrivibile, proprio come le persone che mancavano. Troppi nomi, troppi volti.

Ginny
C’erano troppi Mangiamorte. Pensai, adirata
E decisamente troppi pochi Harry. Nessuno, a dire la verità, nessun eroe a prendere il suo posto.
Così decisi di dirigermi verso Neville
“Passate belle vacanze?” Mi chiese, il volto girato verso il treno e non verso il mio. Mi misi nella sua stessa posizione.
“Carine, sì. Il matrimonio è stato… Interessante.” Risposi.
“Ho saputo. Bello scontro, quello con Dohlov.” Ribatté.
“Già, si stava allargando un po’ troppo, per i miei gusti.”
Il mezzo sorriso sul volto di Neville si stava ingrandendo di più, così come il mio, tanto che scoppiammo a ridere.
A differenza di quello che si potrebbe pensare, non fu una risata stentata, o falsa. Fu sinceramente divertita e, forse, un po’ folle.

Colin e Luna sbucarono all’improvviso alle nostre spalle. Sorridenti, si misero al nostro fianco. Rimanemmo così, fino a quando non salimmo sul treno e ci avviammo verso uno scompartimento libero.



Draco
“Ora si esagera” Pensai, guardando Blaise, il mio migliore amico, arrivare saltellando verso di me, vestito da mago, rigorosamente in rosa e appoggiarsi tranquillo al muro della stazione presso il quale lo stavo aspettando da mezz’ora.

“Quale parte di ‘alle dieci e mezza al solito muro’ non avevi compreso?’” Sbottai, iniziando ad avviarmi verso il treno che emetteva i primi fischi.
“Ma, dai, Draco, sono in ritardo solo di mezz’ora, mica di 90 minuti!”
“Cosa volevi fare, perdere il treno, oltre che il tuo migliore amico?”
“Ma perché sei tanto arrabbiato?” Mi chiese lui.
“Mio padre non c’era.” Borbottai.
“Cosa? Non ho capito un accidente!” Disse, seriamente confuso.
“Non c’era. Mio padre non c’era. Il mio ultimo anno ad Hogwarts e lui è troppo occupato a cercare di depurare il mondo dai mezzosangue.” Dissi.
“Ah.” Sussurrò, balzando sul treno, seguito a ruota da me.

“Mi dispiace” Disse. Calò il silenzio, rotto improvvisamente dal ‘Tornado’ altrimenti chiamato Theodore Nott.
Si mise in mezzo a noi, un braccio sulla mia spalla e un altro su quella di Blaise, uno sguardo assassino negli occhi alla vista di alcune primine che ci intralciavano la strada.
Quando l’ostacolo fu superato, ci rivolse un sorriso, molto somigliante ad un ghigno e sussurrò con voce bassa e strisciante e sguardo maligno: “Pronti per l’ultimo?”
E noi, con sguardo complice, sorridemmo di rimando.
“Contaci.”



Daphne
“Stupida scuola di magia” Sussurrai a mezza voce, mentre osservavo i vagoni, tutti pieni, del treno.
“Stupido treno, per la stupida scuola di magia” Aggiunsi poco dopo, alla vista dell’unico scompartimento libero.

Mia sorella, la persona a cui tenevo più al mondo, nonché quella che mi odiava di più, era seduta di fronte a Pansy, la sua migliore amica.
In altre parole, la persona che IO odiavo di più al mondo.
Sospirai ed entrai.

“Ciao, Daphy” Ridacchiò Pansy con voce fastidiosamente acuta e un sorriso strafottente sulle labbra. La guardai con odio, per poi girarmi verso mia sorella.
Mi stava fissando con uno sguardo minaccioso, la bocca tirata e i capelli lunghi e biondi incredibilmente elettrici.

“Mi odia” Pensai, presa dallo sconforto.
Era tutta colpa di Draco. Tutta colpa di Blaise. Tutta colpa mia.



 
3 Aprile 1997


Scesi le scale che portavano in sala comune. Era sabato, il che significava giorno libero dallo stress, dallo studio, da Blaise. 
Sbagliato, Daphne. 
Perché lui era lì, a chiacchierare amabilmente con una primina.
A fianco, Draco Malfoy, capelli biondo platino, occhi grigi annoiati e spalle poggiate contro il muro. 
Potevo quasi immaginare perché a mia sorella piacesse così tanto.

E poi lo vidi. Vidi Blaise, di cui mi ero innamorata perdutamente, baciare la stessa primina con cui prima parlava svogliatamente, divorandole letteralmente la faccia. 
Fui percossa da un moto di disgusto, prima di attraversare la sala, il cervello completamente sconnesso e attirare a me Draco Malfoy, per poi baciarlo.

Quando finalmente compresi cosa avevo fatto e lo lasciai andare quasi disgustata, era troppo tardi.

Astoria, sull’ultimo scalino della scala che conduceva in sala comune, dai dormitori femminili,  mi fissò sconvolta, prima di girare i tacchi e correre verso la sua stanza.


Perciò era chiaro che mi odiasse e non la biasimavo. Ma mi sentivo lo stesso distrutta, con il cuore in pezzi, ogni volta che la vedevo rivolgermi quello sguardo così carico di disprezzo, per poi ignorarmi e trattarmi come fossi un pezzo del mobilio.

Mi odia, continuai a pensare, mentre non facevo neanche caso alle battute acide che mi rivolgeva.


Hannah
Alla vista di tutti i Mangiamorte presenti alla stazione, persi un battito.

Sapevo che ci sarebbero stati, d’altronde, come avrebbero potuto non esserci, con Severs Piton come preside?

Ma mi spaventai lo stesso.

Uno di loro, molto probabilmente, aveva ucciso i miei genitori. Mia madre letteralmente e mio padre perché non aveva mai superato la cosa ed era morto quel giorno, con lei. Quindi, alla fine, aveva ucciso entrambi.

Il mio primo pensiero andò a Ernie, il mio unico amico lì dentro, l'unico che mi era rimasto.

Il secondo andò dritto a Neville, un ragazzo interessante, che mi aveva incuriosito da sempre. Tutti si domandavano perché non fosse stato smistato in Tassorosso, ma io sapevo che era molto coraggioso e sperai di esserlo anche io.

Come attirato dai quei pensieri, Neville Paciock attraversò in quel momento il corridoio del treno, che stavo percorrendo alla ricerca di un vagone libero.
Si fermò a guardarmi e con lui Ginny, Luna e Colin. 

Pensai stessero solo aspettando che mi spostassi per passare, così mi schiacciai contro la parete, per permettere loro il passaggio.

Ma mi si avvicinarono, sorridendo, e mi offrirono di andare con loro. Per poco non caddi a terra, le gambe non mi reggevano più: erano i migliori amici di Harry Potter, che si diceva fosse l'unico in grado di sconfiggere Voldemort.
E mi stavano offrendo la loro amicizia, con tutti i rischi che essa comportava.
Ma dato che quell'anno mi ero messa in testa di vendicare i miei genitori, accettai di buon grado, posizionandomi al fianco di Colin, per poi incamminarmi con loro verso gli ultimi vagoni.


Theodore

Fare finta di nulla. 
In quei casi, la cosa migliore da fare era fare finta di nulla.

La ragazza di cui ero innamorato da cinque anni lo era di uno dei miei migliori amici, che, in quel momento, la stava appunto definendo: "Una zecca odiosa sul pelo di un Alano purissimo"  e io dovevo fare finta di nulla.
Prenderlo a pugni sarebbe stata una brutta mossa. Terribile.

"No, dai, come si può essere così ciechi? Mi fa schifo, credevo fosse chiaro quando l'anno scorso le ho detto che somigliava ad un carlino! Che, d’altronde, è quello che pensa tutta Hogwarts!" Disse Draco.

Decisamente andare lì e fargli notare con un pugno che non ero del tutto d'accordo non era la soluzione migliore.

Fu per questo che, quando Draco iniziò a rotolarsi dalle risate, il malumore di quella mattina del tutto passato, dicendo che aveva un profumo che sarebbe andato benissimo per la Piovra Gigante, mi espressi in un mugolio forzato, il più simile possibile ad una risata che potessi fare.
Nessuno, però, si accorse del mio malumore: Tiger e Goyle, oltre ad avere un quoziente intellettivo pari a quello di un cucchiaino, stavano mangiando delle Cioccorane, e non mi calcolavano proprio, mentre Draco e Blaise, noti per essere i miei migliori amici, stavano parlando tra loro.
Era normale, però, che non mi inserissi nelle conversazioni poiché ero sempre stato un po' sulle mie, timido all'apparenza, e schivo in realtà.
Alla fine, l'unica cosa che riusciva a smuovermi era l'esuberanza di Blaise e i piani contro i Grifoni che architettava con Draco.
"Ehy, mi è venuta un'idea!" Era solito esclamare in questi casi.
Non mi stupì affatto, perciò, vederlo sorridere improvvisamente, mettere la schiena dritta, uno sguardo diabolico e un ghigno malvagio dipinto sul volto, per poi esultare: "Ehy, mi è venuta un'idea!"
 
 
 
Hola!
Allora.... primo capitolo della mia primissima fanfiction...!
Non so bene quando aggiornerò, ma spero di farlo con regolarità!
Spero qualcuno legga questa storia, e inizi a seguirla (anche una recensione non ci starebbe male XD) 
Detto ciò vorrei specificare che per il momento sto un po' stabilizzando i personaggi, li sto inquadrando per farvi avere un idea di come saranno. Poi verrà il bello.

Penso da tanto a questa Fic ma non avevo mai avuto il coraggio di pubblicarla.
Spero di aver fatto bene.
Grazie in anticipo!


 
 
Questo capitolo che ho ora (3 Marzo) ripostato revisionato è stato betato da Lady Viviana
Lady Viviana su Efp: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=146007
 
 

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Capitolo 2
*** And I didn't know ***


And I didn’t know


Lavanda


Era lì, Calì era lì.
Avevo sentito dire da un Corvonero del Sesto anno che le sorelle Patil erano tornate, sfidando i genitori.
Era lì. E io, la sua migliore amica, non lo sapevo.


Malgrado il mio orgoglio, che mi aveva impedito di farlo per circa 30 secondi, corsi a cercarla fra i vagoni. Quando la trovai, feci per aprire la porta, ma, sentendo il mio nome, mi fermai.
“Lavanda non combatterà, sai che non lo farà.” Disse la voce di Padma.
“T-Tu credi?” Fu la voce di Calì a parlare, scossa dai tremiti.
“Ne sono sicura. E tu hai detto che vuoi farlo, che combatterai fino alla fine. Lei non lo farà mai, non è una vera Grifondoro.”
“Bè, anche tu non lo sei, sei Corvonero…”
“Sai cosa intendo. Tutti quei fiocchetti, i vestiti, i pois: ridicola, è ridicola e superficiale: non è pronta per una guerra.” Replicò Padma.
Fui scossa dai brividi.
La smentirà, so che lo farà, sperai.
Ma il cenno affermativo della testa di Calì, che ancora piangeva, bastò a mandarmi in frantumi.
Pensava che io non fossi una vera Grifondoro.
L’avrei smentita.


Luna
Mi sedetti nello scompartimento, tra Ginny e Neville, gli unici che mi capissero, nonché i miei migliori amici, insieme a Harry, Ron ed Hermione.
A vederci eravamo un trio strano: la Rossa, la Lunatica e il Maldestro.
Perfetti, a mio parere.
E, cosa ancora più importante, Lui era perfetto.

Maldestro, forse, ma incredibilmente dolce, delicato, e tenero, in particolare con me.

Quando, ancora persa nei miei pensieri su di lui, mi guardò insistentemente, credetti di svenire.
Mi osservò curioso, come si fa con un animale particolarmente stano, ma, d'altronde, io non ero molto diversa.
“Per tutti io ero, sono e sarò una strana specie animale.”
I pensieri che mi correvano in testa si tramutavano spesso in parole, senza che io ne avessi il controllo.
Perciò lo dissi, con innaturale schiettezza, chiaro e limpido, come ero solita fare.
E lui mi guardò, ancora perso nei suoi pensieri, accennando un sorriso..
E lo fece per un po’, con un’aria enigmatica, come se fosse sul punto di raccontarmi un segreto.
Sognante com’ero, sperai che si trattasse di una dichiarazione d’amore, ma non ci sperai troppo; forse ero troppo strana, inusuale per essere amata.

“Speciale” avrebbe detto mia madre.
Era in quei momenti che sentivo di più la sua mancanza, che avvertivo un forte dolore al petto, una lacerante sensazione di stanchezza e tristezza.
Ma era normale che nessuno se ne accorgesse, quando mai qualcuno l’aveva fatto?

Era troppo facile nascondersi dietro le mie stranezze. Tutti erano troppo intenti a cercare di capire cosa avessi di sbagliato nel cervello, che a mio parere era del tutto normale, per preoccuparsi di quanto sbagliato fosse il mio cuore.
Perché, chi mai si andrebbe ad innamorare del suo migliore amico?
Quale ragazza si odierebbe ogni secondo per essersi fatta illusioni per quello che, alla fine, sarebbe per sempre stato solo il suo migliore amico?

Quel suo sguardo me lo confermò.
“Devo dirti una cosa importante, che può sapere solo una vera amica.” Dicevano i suoi occhi.
Ero io.
Questa è una delle certezze che ti restano impresse a fuoco nel cervello, bruciando la carne.
Ma lo dicevano tutti, no?
Il mio cervello non doveva funzionare poi così bene come pensavo.
Perché, ogni volta che mi rendevo conto di non avere possibilità, immaginavo un mondo in cui ne avrei avute e allora, invece di bruciare, la pelle mi pizzicava appena, pervasa da un intenso piacere.


Seamus

Non c’era.

Ed ero stato l’ultimo a saperlo, sentendolo dire da due Corvonero.

“Hai sentito di Thomas? Non c’è quest’anno!” Disse una.
“Come potrebbe? È un nato babbano e probabilmente ora si starà nascondendo!” Rispose un’altra.
Chiusi di scatto le porte, facendo spaventare alcuni Grifondoro del quinto anno, con cui mi ero trovato nel vagone.


Non c’era.
Com’era giusto che fosse.
Non poteva correre questo pericolo, neanche per me.

Pensai all’ultima volta che l’avevo visto: l’ultimo giorno di scuola dell’anno prima, dopo il funerale di Silente.
Due mesi, erano passati poco più di due mesi da allora, da quando ci eravamo messi insieme.
Perché, alla fine, a lui non era dispiaciuto troppo essere lasciato da Ginny, a me neanche un po’. L’avevo fatto riprendere subito, baciandolo. Era così che gli avevo fatto capire di essere gay: un bacio. Neppure troppo eclatante, a dire la verità.
Eppure, era stato il più bello di tutta la mia vita.

Un bacio, l’ultima volta che ci eravamo visti ce n’eravamo scambiati uno, prima di girare i tacchi e andarcene in due direzioni diverse.
Un bacio. Il primo e l’ultimo.

Stavo pensando a quello, quando la nausea mi travolse, incontrollabile, ed ebbi giusto il tempo di scappare in bagno.
Non era la prima volta che accadeva, dallo scorso giugno e non sarebbe stata neanche l’ultima.


Astoria


Uscire dal treno fu una liberazione.
Erano state terribili quelle ore trascorse in compagnia di mia sorella che mi fissava con lo sguardo da cane bastonato.
Ma, intanto, ero stata io a sentirmi un cane quando l’avevo vista baciare con trasporto il ragazzo che mi piaceva da sempre.

“Mi dispiace” Non faceva che ripetermi. “Ero furiosa con Blaise, gelosa.
Ma io, anche se fossi stata gelosa di Draco -e lo ero stata, eccome se lo ero stata- non ero andata a baciare Blaise: non avrei mai fatto una cosa simile a mia sorella.

Mi avviai verso le carrozze magiche, nascondendomi tra la folla per sfuggirle.
Ed entrai, senza molti complimenti, in quella di alcune Tassorosso che, appena mi videro, mi guardarono scioccate.
Lanciai loro uno sguardo pieno di disprezzo e ricominciarono a parlare velocemente.
“Sentito della Abbott?” Disse una.
“Certo che sì, che sfacciata a tornare, dopo che sua madre è morta, per buttarsi tra
le braccia di Paciock!” Continuò un’altra, iniziando a sghignazzare.
Avevo sempre saputo che le Tassorosso erano le più pettegole in assoluto.


“Sentito di Zabini, invece’” A quel nome drizzai le orecchie.
“Si dice che abbia litigato con Nott per averci provato con la Parkiston,  pare per scommessa.”
“Bè, chi potrebbe fare il filo alla Parkiston, se non per scommessa?”

Un sorriso mi incurvò le labbra: era molto interessante scoprire che a Zabini interessavano le scommesse….
 
 
Salveee!
Sono particolarmente felice, quest’oggi!
Finalmente i pensieri della mia eroina preferita…! LUNA!
E poi, cosa avrà in mente Astoria? E Lavanda? 
Spero di pubblicare sempre con questa frequenza, o almeno una volta la settimana…
Mi raccomando, recensite!
YourLove_AllINeed
 
 
Questo capitolo che ho ora (15 Marzo) ripostato revisionato è stato betato da Lady Viviana
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Capitolo 3
*** New Year ***


New year



Lavanda


Lo smistamento fu a dir poco straziante: il cappello parlante che ci consigliava di restare uniti e di non far prevalere il male, il fatto che sulla sedia del preside fosse seduto Piton e che due Mangiamorte, i Carrow, fossero al suo fianco, non lo resero molto credibile.
L’appetito se n’era andato da un pezzo, senza contare che il tema del restare uniti mi fece pensare irrimediabilmente a Calì, la dolce Calì, la mia migliore amica, compagna di mille avventure, da lei evidentemente considerate superficiali.
“Ma, grazie cappello -sempre che di cappello si potesse parlare, visto che lo consideravo uno stupido pezzo di stoffa-, adesso sì che ho fame.” Pensai.

L’appetito l’avevo perso, ma, almeno, avevo preso una decisione?
Sì, sarei cambiata.
Vidi la nuova Lavanda già proiettata nella mia testa: sicura di sè, ma non per la convinzione di essere bella, studiosa e corretta, seria, leale e matura.
Comparve nella mia mente un’immagine di Hermione Granger; qualunque cosa dicessero, io le volevo realmente bene, era un po’ il mio mito, quella che avrei sempre voluto essere, ma non ero mai riuscita ad imitare.
Ora l’avrei fatto.
Sarei stata sempre me stessa, ma con alcune sostanziali differenze: sarei diventata una Grifondoro, quella che nessuno pensava che fossi, che non avrei mai pensato di essere.


27 Giugno 1991
“E così, andrai a Hogwarts, eh, piccola peste?” Detto da qualcun altro sarebbe sembrato scherzoso, ma, detto da lei, era solo cattivo.
Mia madre, ghigno sul volto e sguardo perfido, mi osservava cattiva dall’alto in basso.
“In quale casa pensi di andare, tesoruccio della mamma?”
Tremai, nel sentire quelle parola e ancora di più, nel vederla avvicinarsi pericolosamente a me.
“Vorresti andare a Grifondoro come tuo padre, eh?” mi si stavano gelando gli arti e, chiaramente, non per il vento di luglio.
“Ti dico dove andrai, invece. A Serpeverde, proprio come me. Oppure credevi di essere migliore, solo per aver fatto la spia?” Ora lo sguardo di mia madre era agghiacciante, penetrante.
“Ma fare la spia, tesoro, non ti rende coraggiosa. Essere coraggiosi vuol dire saper affrontare i propri problemi da sola. E tu, l’hai fatto, piccola? Io non credo.”
E ora era in piedi, coltello in mano, e sguardo da pazza più del solito.
In un lampo di lucidità, notai che era lo stesso della sera prima. Era tremendamente arrugginito, mi avrebbe fatto ancora più male e io non sopportavo più di sentir dolore. Senza uno scopo particolare, afferrai la lettera di Hogwarts e parai malamente il primo colpo di mia madre diretto alla spalla.
Uno squarcio grandissimo apparve su di essa.
“Ma, come, credevo tenessi al biglietto che ti avrebbe portato fuori di qui… Come lo avevi chiamato?” Disse perfida mia madre. E continuò: “Il tuo inferno personale, eh?”
Ogni passo che compiva sua lei, io cercavo di farne dieci indietro. 
Ben presto, però, incontrai la parete e sentii il coltello conficcato nella carne, sulle labbra il sapore delle lacrime, il sangue a bagnarmi la camicia.




Non mi ero nemmeno accorta di avere gli occhi chiusi.
Li riaprì, stranita, e mi accorsi di avere Seamus al mio fianco.
“Ciao” Gli sussurrai.
Mi sorrise, poco convinto.
“Ciao Lav. Bello smistamento, eh?” Annuii senza pensare, intenta a guardare una ragazzina, evidentemente appena nominata Grifondoro, che si guardava intorno spaurita.

Ero anche io così.




1 Settembre 1991

Sul treno avevo conosciuto due gemelle, le sorelle Patil.
Una si chiama Calì, quella che in quel momento era al mio fianco, e l’altra Padma.
Erano praticamente identiche, salvo pochi dettagli.
Per esempio: sulla fronte di Calì si notava appena un minuscolo neo, che non era presente invece su quella di Padma. L’avevo notato subito, appena aveva sorriso. 
Impossibile constatarlo con sua sorella, dato che non l’aveva fatto mai, era restata a guardarmi per un tempo interminabile, fino a quando non mi ero addormentata e, probabilmente,  anche dopo. Il sonno mi aveva colto mentre ero appoggiata alla spalla di Calì che, molto gentilmente, me l’aveva offerta quando mi aveva vista sul punto di crollare a terra per la stanchezza. 

Quella notte non avevo chiuso occhio.

Ero certa che mia madre avrebbe provato a farmi del male, a ferirmi, come ogni volta che sembravo provare un po’ di serenità. E invece non l’aveva fatto, non l’avevo vista neppure la mattina dopo ed, infatti, avevo preso da sola un taxi, un po’ impaurita, ma decisa: avevo imparato da un pezzo ad essere indipendente. 
Non mi sfiorava neppure l’idea di parlare volontariamente con lei, lo consideravo un po’ un suicidio.
Ogni mia mossa per lei era sbagliata, anche prima della mia grande confessione.
Non ero mai stata una bambina molto socievole, mi rintanavo spesso in un parco poco lontano da casa, in rovina, ed erano pochi ad andare lì. Non molto distante, si poteva trovarne un altro di gran lunga migliore, ma molto affollato.
Invece io lì ero sempre sola. Io ed i miei pensieri: di cos’altro avevo bisogno?
Di mia madre no di certo. Di mio padre molto, ma non c’era mai stato.

“Ehy, tutto ok?” Calì, vicino a me, mi fissava.
“Sì tutto ok” Non mi ero neppure accorta che eravamo entrati ad Hogwarts.


Oramai eravamo già in cima ad una rampa di scale.
Poco lontano, sembrava che un ragazzo biondo platino e un moretto stessero litigando.

“Te ne pentirai, Potter..” disse il platinato.
Potter?
“Potter?” Sembrò leggermi nella mente Calì. “Quel Potter?”
Ma, prima che potessimo dire altro, una professoressa dall’aria austera ci scortò in Sala Grande, per sottoporci all’esame del Cappello Parlante.


“Lavanda Brown” esclamò la professoressa McGranitt.
Mi avvicinai, timorosa e mi sedetti sullo sgabello, aspettando il verdetto.
“Carattere interessante il tuo” Disse. “Molto coraggio, certo, ma non sono sicuro che tu abbia la forza necessaria per diventare una Grifondoro…”
“Perché no?” Chiesi a me stessa.
Naturalmente il cappello capì.
“Tu credi di averne?”
“Si” Risposi prontamente, sorprendendo persino me stessa.
“Allora sarai una vera Gifondoro, coraggiosa, leale e pronta a tutto per combattere per i tuoi ideali?”
“Si” Risposi, quella volta senza stupirmene nemmeno.
“Allora, se ne sei così sicura… Grifondoro!” Esclamò.
Tirai un sospiro di sollievo.




“Ehy, tutto ok?” Mi sembrava di sentire ancora la voce di Calì dentro le orecchie e rimasi piuttosto delusa nello scoprire che si trattava solo di Seamus.
“Sì, tutto ok.” Risposi atona, ma lui non sembrò notarlo, poiché stava guardando  insistentemente alla sua destra, dove un ragazzino del terzo anno lo osservava  smarrito.
Improvvisamente mi ricordai che non ero l’unica ad aver perso una delle persone più importanti della loro vita.
“E a te, tutto ok?”
Mi sorrise.
“Sono pronto a combattere per i miei ideali.” Rispose.
Quelle furono le parole che mi fecero tornare alla mente la promessa fatta al Cappello Parlante.
“Anche io.” Lo dissi e basta, senza timore, decisa come non mai. Mi guardò un po’ sorpreso e poi ricominciò a mangiare.




Blaise

“Riuscite ad immaginarci tutti quanti parte della squadra di Quiddich Serpeverde? Potremmo sabotare insieme quella dei Grifoni, vincere le partite, umiliarli ed essere idolatrati da tutte le ragazze…”
“Quello lo siamo già!” Mi interruppe seccamente Draco.
“Giusto! Ma stavo dicendo…”
“Io sono il capitano della squadra, non credi che magari non voglia rischiare la faccia per i tuoi stupidi piani anti-grifoni?”
“Stupidi piani anti-grifoni? Ma ti senti, amico?!?” dissi io, scioccato.


Non riuscii neanche a finire il mio illuminante discorso su quanto distruggere la vita ai Grifondoro fosse di fondamentale importanza che mi aggredì.

“Credi di essere ancora un undicenne alle prese con stupidi litigi tra ragazzini? Credi di avere ancora tredici anni e poter ridere quando qualcuno mi da un pugno o mi maltratta? Credi di essere ancora il quindicenne che si doveva preoccupare solo di quale fosse la tonalità di rosa che gli si adattava meglio? Lo credi davvero?!?”

Il suo tono era basso e rabbioso. Con gli grigi occhi spalancati e fissi su di me mi spaventava non poco.

“N-Non penso questo. Semplicemente, non vedo cosa possiamo fare qui, a parte continuare a vivere la nostra solita vita.”
“Ceeerto, la solita vita. Non so se l’hai notato bello, ma seduto sullo scranno del preside c’è Severus Piton e i Carrow sono al suo fianco.” Theo si intromise nella discussione, dopo non averci rivolto la parola da quando eravamo scesi dal treno. Per un attimo rimasi sorpreso dal suo intervento, così inusuale: quando litigavo con Draco, lui di solito si faceva da parte e non interveniva, anche se, di solito, ci limitavamo a battibeccare per il troppo tempo che io trascorrevo in bagno.


Quell’anno si preannunciava stano: non avere più Silente come preside era incredibile, ma non era stato questo il cambiamento radicale, era l’aria che si respirava in giro, la tensione che opprimeva tutti, la devastante sensazione che tutta stava cambiando, ai limiti dell’immaginabile. 
E mi ero accorto –come avrei potuto non farlo?- di come tremavano gli studenti al passaggio dei Serpeverde, di come ci guardassero spaventati, non più spavaldi, fatta eccezione per pochi.

E mi ero accorto anche di un altro fattore importante:  la casa dei Serpeverde, la mia casa, da quando avevo undici anni si era separata: da un lato i futuri Mangiamorte, quelli che con il nuovo regime si sentivano potenti e padroni della scuola, dall’altra quelli che non volevano essere considerati i cattivi di turno, che non desideravano la guerra e la vendetta di anni passati sotto il governo di coloro che ci consideravano solo delle persone spregevoli.
Tra questi c’ero io. La guerra non l’avevo mai desiderata, non volevo combattere, né tantomeno farlo per qualcuno che, per arrivare ai suoi scopi, non avrebbe guardato in faccia nessuno.

E, d’altronde, con gli occhi rossi che si ritrovava, io di certo non avrei voluto essere guardato… cioè, se devi rinascere, fallo per bene!

Ma -a parte il terribile gusto estetico di Mr Voldi, e la mia totale repulsione per le guerre, non mi aspettavo che altre Serpi la vedessero come me.

E, invece, anche Theo sembrava volersi eclissare da quella difficile situazione. Di certo al padre non l’avrebbe comunicato, perché sarebbe morto dopo pochi minuti, ma si capiva che preferiva tenersi ai margini della vita sociale di Hogwarts, piuttosto che morire in battaglia. 

Perché, alla fine, tutto si riduceva all’istinto di sopravvivenza: chi credeva che per sopravvivere ci fosse bisogno di schierarsi dalla parte del “vincitore” e chi credeva che, alla nostra età, fosse meglio non schierarsi.
Nella peggiore delle ipotesi, gli avremmo per sempre giurato fedeltà. Ed erano più persone del previsto.
Draco, ad esempio.

Lui doveva essere bravo a non far percepire a nessuno questa sua trasformazione, perché era nel mirino di Voldemort; dopo aver capito cosa era capace di fare, infatti, aveva voluto allontanarsi, ma era difficile con il marchio nero tatuato a fuoco nella pelle.

Aveva giurato fedeltà e non si era più presentato al suo cospetto. Gli unici a conoscenza dei suoi piani di appoggiare Voldemort o fuggire quando il momento l’avrebbe reso necessario, eravamo noi. Io e Theo, i suoi migliori amici.


Iniziai a mangiare svogliatamente della carote.

“Allora cosa avete intenzione di fare? Stare qui a deprimervi?” Li provocai io.
“Io avrei un idea…” Iniziò Theo, sguardo maligno negli occhi.
“Blaise ha ragione: d’accordo che non vogliamo intrometterci nella guerra, ma perché non creare un po’ di scompiglio tra le file degli eroi?”
“Che intendi?” Draco aveva un’aria sospettosa e un po’ rassegnata come di uno che si rassegna al peggio.

Ma, d’altronde, quando vidi gli occhi di Theo puntare la schiena di Lunatica Lovegood, che a sua volta stava guardando insistentemente Neville Paciock, iniziai a preoccuparmi anche io.

Lunatica era, come si deduce dal nomignolo, strana: sempre vestita di colori sgargianti, con la testa tra le nuvole, gli occhi azzurri costantemente spalancati, la boccuccia rossa dischiusa, come se stesse cercando di capire qualcosa.
Non si poteva affermare con certezza che fosse pazza (nessuno le rivolgeva la parola tra noi Serpi), ma non ci inviava un messaggio di… Sanità mentale.
Senza contare che era chiaramente persa di Neville Paciock.
Cioè, con tre bellezze come Draco, Theo me, lei era andata ad innamorarsi di Pacioccoso?

Comunque, quando Theodore pronunciò quella frase e, peggio ancora, Draco gli sorrise, capì che quell’anno non sarebbe assolutamente stato normale.
“Draco, a te piacciono le bionde, vero?”


Così, quando vidi Draco ghignare, una carota mi andò di traverso e fui costretto a passare il primo giorno del mio ultimo anno ad Hogwarts in infermeria, più per essermi quasi strozzato, che per lo shock.
 
 
 
Salve!
Allora, prima di tutto vorrei dire che non credo pubblicherò più di una volta la settimana, due al massimo. Poi… Grandissimo Pov di Lavanda. La sua situazione familiare è un po’ complicata, e verrà spiegata meglio nei prossimo capitoli.
Quanto a Blaise. Poverino, già in infermeria a causa dei suoi amici.
Cosa avrà in mente di preciso Theo?
Spero la storia vi piaccia.
Commentate!
 
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Capitolo 4
*** Courage ***


Courage


Astoria

La sfiga è più cieca della fortuna. Perché, se mi avesse vista, avrebbe capito che parlare con Blaise per me era importante e non l’avrebbe fatto ricoverare in infermeria. Per cosa, poi? Shock, seguito da un potenziale strozzamento. E, dato che non c’è due senza tre, aveva voluto finire in bellezza, svenendo. Idiota.
Dato che non avevo tempo da perdere, avevo deciso di andare subito in infermeria, senza aspettare la mattina dopo. Perché sì, erano le due di notte e io ero uscita dai sotterranei per recarmi lì e parlare con lui, innamorato pazzo di mia sorella fin dal primo anno di Hogwarts.
Sapevo quanto Blaise fosse orgoglioso, le battaglie perse erano le sfide che più adorava, bastava guardare mia sorella!
L’essere più freddo, distaccato e scontroso di tutta la terra. Per fortuna- o sfortuna- lui amava così tanto le sfide, probabilmente per la sua bravura nel vincerle.
E a questo punto, si poteva pensare a mia sorella, di nuovo. Così pazza di lui da baciare il ragazzo che piaceva a me solo per farlo ingelosire.
Pensare di nuovo a quello mi fece star male. E, forse, aveva aumentato la mia voglia di fare del male a Daphne come lei aveva fatto a me, perché afferrai la maniglia dell’infermeria e- era davvero così facile?- la girai, aprendo la porta e fiondandomi sulla mia preda.


***


“AH!” esclamò Blaise.
‘Quanta teatralità!’ pensai subito.
Dopotutto, lo avevo solamente fatto lievitare in aria, come tirato su per la caviglia da una forza sconosciuta. Levicorpus.
L’aveva nominato Draco quell’estate, quando si erano incontrati per la festa di Pansy. Ogni 20 giugno, da quando aveva 13 anni, lei organizzava una mega-festa a casa sua, e io c’era sempre andata, fin da quando avevo 11 anni, poiché amavo le feste.
“Zitto, Zabini, o mi farai scoprire!” sussurrai.
“Ed è per non farti scoprire che mi hai svegliato, appendendomi per la caviglia?” Continuò lui, il tono di voce ancora mostruosamente alto.
“Sì, proprio così!” Ribattei con foga, cercando di porre fine a quella conversazione.
“E perché mi hai svegliato, di grazia? Per altro ad un’ora così improbabile?!?” Quel ragazzo era peggio di un bambino piagnucoloso! Stavo sul serio iniziando a chiedermi come facesse ad avere così tanto successo con le ragazze.
“Sono venuta qui a perdere tempo, Zabini. Che altro, sennò?” Risposi, con un’ironia che non mi apparteneva.
Vedendo che non rispondeva, ma continuava a guardarmi perplesso, continuai:
“Parlando sul serio, sono venuta qui a chiederti come mai sei svenuto. Non è stato molto virile da parte tua.”
Avevo deciso di puntare sull’orgoglio ferito di un mago con un ego esagerato.
Il grugnito che ricevetti in risposta mi bastò per sapere che il mio piano stava funzionando. Uomini: avevano il cervello più bacato di un ippogrifo!
“Non vuoi parlarne? Hai paura che ti possa rovinare la reputazione?” Continuai.
“Che cosa sei venuta a fare qui, Greengrass?” Disse lui, lo sguardo arrendevole.
“Volevo sapere se avevi intenzione di sostituire Potter e venire ogni due per tre, perdendoci la faccia, o se volevi dare al tuo ultimo anno un’aria… Frizzante.” Esordii, misurando bene le parole.
“Per esempio?”
“Ho saputo della tua breve storia con la Parkiston, quest’estate e volevo spere se eri capace solo di fare strage di cuori nuovi, o se ti interessava spezzare anche i vecchi…”
Lasciai la frase in sospeso. Ora era chiaro che mi stavo rivolgendo alla Parkiston, ma era altrettanto chiaro, per me, che se aveva giocato con Pansy, l’avrebbe fatto anche con Daphne.
“A che gioco stai giocando? Sai perfettamente che mi piace tua sorella!”
Sollevai un sopracciglio.
“Non lo so io, tesoro, lo sa tutta la scuola, ma, durante tutti questi anni, sei stato con tantissime ragazze, pur continuando ad andare dietro a lei, che differenza farebbe, ora? Hai paura di fallire?”
Avevo sganciato la bomba e ora volevo L’esplosione.
“Certo che no, Greengrass. Conquisterò di nuovo Pansy: sarà un gioco da ragazzi!”
BOOM!
Sorrisi, soddisfatta, mentre mi dirigevo verso l’uscita.
“Venti galeoni che non ci riuscirai.” Dissi.
Se vuoi essere sicuro che il soggetto non si distragga dall’obiettivo, metti in palio dei soldi.
“Venti galeoni che ci riuscirò in meno di un mese.” Sentii ribattere, dietro di me.
Il mio sorriso si allargò.
Aprii la porta e, così come ero entrata, me ne andai, il mantello che svolazzava alle mie spalle.


Neville

Alle nove entrai in Sala Grande, e mi fiondai verso il tavolo di Corvonero: avevo un assoluto bisogno di Luna. Se il giorno prima credevo di volerle dire solo una cosa, la notte mi aveva fatto cambiare idea e ora ero sicurissimo di dovergliene dire due.
Forse invitare Hannah a venire con noi in treno non era stata una buona idea, dato che non avevo fatto che pensare ai suoi occhi color cioccolato fondente tutta la notte.
“Luna!” quasi urlai, nel tentativo di farmi sentire. Non che ce ne fosse bisogno, dato che ero arrivato a meno di due cm dal suo volto.
Registrai quasi senza volerlo il suo repentino cambio di colore e vidi le sue guance tingersi di rosso, i suoi occhi grigi, invece, mi guardavano, pieni di aspettativa e perciò, venendomi in aiuto, mi disse: “Sembrava che volessi dirmi qualcosa, ieri, Neville. Di cosa si tratta?”
“Dell’ES.” Le parole ebbero l’effetto desiderato, anche se quasi mi parve di scorgere una punta di delusione negli occhi della mia amica, oltre a sorpresa e aspettativa.
Le afferrai il braccio e la trascinai letteralmente fuori dalla sala, senza pensare che, forse, avrebbe voluto fare colazione ed ebbi giusto il tempo di notare uno sguardo confuso, cioccolato fondente, provenire dalla tavolata dei Tassorosso, prima di chiudermi con Luna dentro un’ alula vuota.

***

“L’ES? Senza Harry??” Chiese Luna, non appena la porta si chiuse alle mie spalle.
“Harry ci ha insegnato che dobbiamo lottare per quello in cui crediamo, che non dobbiamo lasciarci scoraggiare di fronte al pericolo, restando uniti e non credo volesse dire che solo con lui è possibile ribellarsi al sistema.” Ripetei a Luna tutto quello che avevo pensato appena avevo capito che né Harry né Ron né Hermione sarebbero tornati ad Hogwarts e che non si poteva sottostare ai Mangiamorte.

Per un momento mi stupii io stesso della mia audacia e determinazione, poi tornai a guardare gli occhi chiari della mia amica.
Vedendo che rimaneva in silenzio, iniziai a preoccuparmi. Confidavo in lei per avere un’alleata con cui esporre il mio progetto a Ginny, che pensavo non avrebbe accettato.
“Che ne pensi?” Mi ritrovai a chiedere, preoccupato.
“Che non ti avevo mai visto parlare con così tanta determinazione di nulla, sei sempre stato terribile con le parole. Mi sembra un ottima idea, comunque.”
Quasi non mi stupii della schiettezza con cui comunicava i suoi pensieri e mi concentrai, quindi, sulla seconda parte della sua affermazione.
“Allora, sei con me?” Chiesi.
“Certo! Oggi stesso andremo a dirlo a Ginny: abbiamo bisogno del suo appoggio.”
“Già” Dissi e mi rivolsi verso il muro. Luna, intanto, se n’era già andata e io non ero riuscito a dirle nulla di Hannah.
“Luna!” Mi ritrovai ad urlare di nuovo nel giro di qualche secondo.
Anche stavolta non ce ne fu bisogno, non perché lei fosse lì, ma perché se n’era andata e non sarebbe riuscita a sentirmi.


Pansy

Io amavo Theo e questa era, forse, la mia unica convinzione.
Non sapevo se Astoria fosse una vera amica, né se Daphne avrebbe mai potuto esserlo, né perché avessi sprecato così tanto tempo dietro a Draco o perché avessi accettato di uscire con Zabini, quell’estate. Non lo sapevo. Ma sapevo di amare Theo e sapevo che avevo cercato di farlo ingelosire, uscendo con il suo migliore amico. E probabilmente ci ero riuscita.
Ma sapevo –la parte di cervello sana, s’intende- che Blaise era uscito con me solo per scommessa e che, adesso, Theo mi odiava. Forse l’avevo fatto ingelosire, e mi odiava. Forse lo capivo: ero stata con entrambi i suoi migliori amici e, tralasciando il fatto che ne ero uscita malissimo entrambe le volte, me n’ero vantata, apparendo agli occhi di tutti un’oca starnazzante, che cerca di attirare l’attenzione, stupida e vuota. Con tutto il rispetto per le oche.
Ero sicura che quell’anno sarebbe stato difficile, con Theo che mi odiava, Draco che mi disprezzava e Blasie che, insieme al resto della scuola, mi derideva.
Raccolsi tutto il coraggio di cui disponevo - essendo una Sepreverde, non era molto- e mi avviai verso la sala grande.
Per svariate volte ero stata oggetto di mille pettegolezzi e, pur non essendo alla pari con Potter, era stato tremendo, perché a me stare sotto i riflettori non piaceva. Forse era stano da credere, ma, a volte, lo capivo e riuscivo a comprendere che non desiderava tutti quei riflettori,  puntualmente puntati su di lui: voleva solo vivere una vita normale e, proprio come stava accadendo a me, il fato lo stava prendendo in giro e le decisioni sbagliate non mi aiutavano di certo.
Entrai in Sala Grande senza sapere cosa aspettarmi, ma, di certo, non mi aspettavo quel silenzio innaturale, irrazionale e angosciante.
Arrivai al tavolo dei Serpeverde e mi riempii un bicchiere di succo. Mi ero seduta al solito posto, all’estremità del tavolo, dove di solito venivo accerchiata da Millicent e altre mie compagne Serpeverdi. Immaginai, invece, che quella mattina si sarebbe seduta lì Astoria. Poi, improvvisamente, il silenzio e gli sguardi puntati su di me iniziarono ad avere un senso: di solito, il trio delle meraviglie -no, non Potter, Weasley e Granger- si sedevano al lato opposto della tavolata, mentre quella mattina Blaise Zabini era al mio fianco, sorridente, mentre Draco Malfoy, di fronte, lo guardava stralunato e Theodore Nott, di fianco a lui, stava distruggeva la sua colazione, il volto scuro.
‘L’ho fatto ingelosire’pensai, senza rendermi conto che, da quel momento in poi, avrei avuto ben altre preoccupazioni. Perché Blaise aveva continuato a sorridere e, con aria fintamente rilassata, mi aveva chiesto:
“Ti accompagno a lezione Pansy, che dici? Alla prima ora abbiamo Pozioni.”
E, allora, ci fu soltanto un movimento del polso, un alzare il braccio, con cui versai tutto il succo di zucca sulla testa di Zabini.
Perché io amavo Theo.
O, forse, perché odiavo Blaise.
 
 
 
 
 
ALLORAAAA
Credo che sia chiaro che non riuscirò a postare più di un capitolo a settimana, durante il week-end.
Spero che la storia vi piaccia, e vi ringrazio molto per le recensioni che spero aumentino.
Parlando del capitolo… Malvagia la nostra Astoria, eh?
E Blaise, quanto è orgoglioso!
Il premio di mr. Stupidità, però va a Neville.
Luna ti muore dietro, bello!
Credo che sarà un brutto colpo per lei, sapere di Hannah
è.é ne farò succedere delle belle in questa storia!
Recensite, mi raccomando!
Bacioni.
 
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Capitolo 5
*** I Want... ***


I Want…


Lavanda

Mentre scendevo le scale che portavano al dormitorio dormitorio la mattina del 2 Settembre, non potevo biasimare gli sguardi di tutta la sala comune, puntati su di me. Non ero una ragazza estremamente popolare, ma, tra i Grifondoro, ero abbastanza conosciuta, anche per la relazione tra me e Ron, che aveva fatto scalpore soprattutto per come era finita.
Perciò, quando quella mattina avevo legato i capelli in una coda rigida, senza nessuna farfalla o simili ad abbellirla, senza trucco, i vestiti non troppo curati e una borsa piena di libri al seguito, mi aspettavo sguardi curiosi, che non mancarono ad arrivare.
“Ma quella è Lavanda Brown?” Fu la domanda che sentì di più durante quella giornata.
La prima a pronunciarla fu Romilda Vane, una quindicenne particolare. Poteva sembrare un po’ pettegola, all’apparenza anche superficiale, come me, ma, di certo, non era una stupida. Se voleva qualcosa, lottava per averla, se era brava, lo dimostrava. Se aveva paura, lo nascondeva.
Quindi, alla fine, era molto diversa da me, sotto vari punti di vista ed era una vera Grifondoro, non di quelle che pensano solo a salvare il mondo, ma di quelle che, in un altro anno, e in un altro momento della Storia, sarebbero state sicuramente tra le più comuni.
“Sì, sono io e tu sei Romilda Vane.” Lo dissi come un’ affermazione, non come una domanda. Sapevo chi era e non volevo fingere per sembrare disinteressata al suo parere. Anzi, al contrario, lei mi interessava e volevo diventare sua amica, nonostante la differenza di età. Non volevo rimpiazzare Calì, ovviamente, solo che lei mi sembrava una semplice, con cui sarebbe potuta nascere una bella amicizia. La vera Grifondoro che era in me doveva emergere e lei era di quanto più vicino si potesse trovare in quel momento.
“Sei diversa dall’anno scorso, perché?” La sua schiettezza non mi sorprese.
“Siamo in guerra: le farfalle non sono molto importanti, in questo momento.” Risposi con sicurezza.
“Ma non eri tu che dicevi, testuali parole, la guerra non riguarda noi giovani, sono i vecchi a dover combattere, la cosa non ci tocca?
In effetti, ero stata un molto superficiale. 
“Sì, ero io, ma non eri tu, invece, che dicevi, Hogwarts non ci difenderà per sempre, l’anno prossimo non sarò qui, ma a combattere?
La vidi tentennare, insicura e fui certa di aver fatto centro: aveva cambiato idea, probabilmente per paura.
“Ho cambiato idea. E tu?” mi chiese.
“Anche io. La domanda, però, è: siamo ancora su binari opposti, o ci stiamo venendo E me ne andai, e non mi stupii, poco dopo, di ritrovare al mio fianco Romilda, che, in un sussurro appena udibile, mi disse proprio quello che io volevo sentire.
“Direi che ci stiamo venendo incontro”.

                                                                                                       ***

Entrai nella sala Grande al suo fianco e andai subito a cercare lo sguardo di Calì: era seduta al tavolo di Corvonero, vicino sua sorella e non mi stava guardando.
Ero certa, invece, che, solo qualche secondo prima, i suoi occhi mi avevano scrutato, un po’ sorpresi, ma ora erano saldamente ancorati alle sue uova strapazzate.
I miei incontrarono, invece, quelli di Padma, che, al contrario della sorella, mi guardava con insistenza, insospettita, ma non eccessivamente sorpresa, con sfida, come a dire che non mi credeva, che non era abbastanza, che non ero ancora degna di lei, o di sua sorella.
Per quanto avessi cercato di non pensare al suo parere, ma di interessarmi solo a quello di Calì, mi fu impossibile sostenere il suo sguardo: la sua sicurezza e la sua fierezzami facevano nutrire dubbi sulla scelta del Cappello Parlante e sul suo essere una Corvonero.
E fu quest’ultimo pensiero a farmi alzare il volto, che prima avevo abbassato: io ero una Grifondoro. Certo, avevo supplicato il Cappello per poterlo diventare, ma alla fine lo ero.
Sono le scelte di una persona a renderla tale, non le loro capacità.*
Mi balenò subito in testa questo pensiero, che stranamente sentii nella mia testa con la voce di Albus Silente.
Rialzai, quindi, lo sguardo e risposi alla sua occhiata, tanto che fu lei, dopo qualche secondo, ad abbassare gli occhi.
Con la convinzione di poter essere chi volevo con la forza di volontà, mi avviai verso il tavolo dei Grifoni, accompagnata da Romilda, che sembrava aver compreso il significato di quegli sguardi e che aggrottò le sopracciglia, guardandomi come si fa con una bestia rara; non quello incantato che si riserva a un unicorno, quanto più quello, curioso e anche un po’ spaventato, che si rivolge a un ippogrifo, curioso, e anche un po’ spaventato.
“Non posso negare che questa versione di Lavanda Brown sia migliore e più matura, ma credo che tu debba capire per chi l’hai fatto. Per Padma, per Calì, o per te stessa?”
Stavo per aprire la bocca, per darle una risposta che neanche io conoscevo, quando furono distribuiti gli orari. Prima ora: Trasfigurazione, insieme ai Corvonero.
Sorrisi a Romilda, che non aveva neppure guardato il suo, impegnata com’era a fissarmi e le dissi:
“Non lo so, ma, forse, lo scoprirò presto. ”
Detto questo le sventolai il foglio davanti alla faccia e me ne andai.


Draco


Luna Loovegood. Tutta la notte i miei pensieri erano stati rivolti solo a lei. Le scommesse mi intrigavano e lei era una ragazza unica.
Quella mattina, seduto vicino a Blaise che, per qualche ragione a me ignota, era vicino a Pansy, i miei pensieri erano ancora per lei, così come i miei occhi: da quando era entrata in sala Grande, non l’avevo persa di vista un attimo.
Il modo in cui si sedeva, non composta, ma con una gamba piegata e il piede sotto all’altra, quello in cui camminava, leggermente saltellante,  in cui sorrideva, come se non ci fosse una guerra in corso, anche quello in cui guardava Paciok, mentre scherzava con Hannah. Un po’ gelosa, ma non nel modo conosciuto ai comuni mortali, non al punto di voler essere come lei, di voler avere quello che l’altra sembrava avere, ma in un modo un po’ triste, non arreso, per quello che avrebbe potuto esserci. Si preparava per il futuro, ma non perdeva la speranza, che continuava ad ardere nei suoi occhi e non si comportava come una fidanzata gelosa, che urla, strepita o semplicemente guarda il suo ‘ragazzo’ arrabbiata. Semplicemente rimaneva se stessa, guardando un dato di fatto e, se non l’avessi osservata con attenzione, non avrei notato che rivolgeva a quella coppia bizzarra uno sguardo leggermente diverso da quello che usava per guardare la Brown, o Pansy che versava del succo di zucca sulla testa di Blaise.
Un momento, Pansy aveva versato del succo di zucca sulla testa di Blaise.
Pansy aveva versato del succo di zucca sula testa di Blaise? 
Rivolsi la mia attenzione ad un Blaise scioccato per una frazione di secondo, prima di tornare guardare il posto che fino a qualche secondo prima era occupato dalla Loovegood che, in quel momento, stava uscendo dalla sala Grande, nello stesso modo in cui era entrata qualche minuto prima. Anche quello mi aveva incuriosito, perché si era subito voltata verso Neville, come se pensasse che lui sarebbe andato verso di lei. E, per una frazione di secondo, avevo pensato che l’avrebbe fatto, come se avesse dovuto confidarle un segreto, invece era rimasto seduto vicino alla Abbott, dove era rimasto anche mentre usciva, senza neppure accorgersene.
Allora mi alzai io, senza degnare di una seconda occhiata un Blaise sconvolto e un Theo leggermente vittorioso e la rincorsi, senza sapere neppure il perché. Volevo seguirla, capirla, senza parlarle, perché non ero ancora pronto. Per questo mi sentii perso quando me la ritrovai davanti, a guardarmi curiosa e anche un po’ torva.
“Malfoy.” Disse solo questo.
Non capii cosa significasse, se era un saluto, una domanda, o una semplice constatazione dei fatti.
E la guardai andare via, e intuendo che guardarla non sarebbe mai bastato, che non l’avrei mai capita, e soprattutto, che la mia curiosità andava oltre la semplice voglia di vincere una scommessa con Theodore: io volevo vincere quella contro me stesso. Sarei riuscito a capirla, mi avrebbe amato e avrebbe scordato Paciok, e, dopo, chissà…



Ginny 

Prima ora: Arti Oscure, insieme ai Tassorosso. Di quelli del mio anno ne conoscevo pochi e nessuno molto bene.
Guardai, perciò, la sala Grande, in cerca di qualcuno con cui parlare e distarmi, perché quell’attesa mi stava uccidendo.
‘Ci sono Mangiamorte ad Hogwarts.’
Era questo l’unico pensiero che avevo in testa; non pensavo neppure ad Harry e forse era un bene; riuscivo solo a guardare il tavolo degli insegnati, ricordando Piton al posto del preside, e i Carrow al suo fianco, mentre pensavo alla scritta sul mio orario.
Arti Oscure
Non più Difesa contro le Arti Oscure, solo Arti Oscure.
Non riuscivo a comprendere neppure cosa significasse, guardavo soltanto il posto accanto a me, vuoto, in silenzio.
Era ormai tardi, tutti erano diretti verso le classi, ma io ero ferma ad osservare la Sala Grande, con il tavolo dei professori e il posto accanto a me. Vuoti entrambi, in quel momento. La verità mi piovve addosso in quel momento: Silente era morto ed Harry non sarebbe tornato ad Hogwarts, che era in mano ai Mangiamorte.
Il piatto davanti a me era intatto, dato che non avevo toccato cibo. Stavo per scoppiare in lacrime, quando una voce conosciuta mi riscosse.
“Ginny, stai bene?” Era Colin.
“Andiamo a lezione, dai, dobbiamo conoscere il nuovo professore.” Sentii che rabbrividiva, mentre pronunciava quelle parole.
“Hai ragione. Andiamo a conoscere il nuovo professore.” Risposi, atona.
Lo vidi guardarmi preoccupato.
“Sto bene, Colin. Ora andiamo.”

                                                                                       ***

La classe era buia e, quando entrammo, tutti i ragazzi erano già seduti al loro posto, ma del professore non c’era nemmeno l’ombra.
Appena ci sedemmo, entrò, guardandoci tutti con puro disprezzo.
“Sapete perché siete qui?” Chiese.
Nessuno rispose.
“Siete qui per imparare le Arti Oscure, come usarle e perché. Sapete a chi dovete riporre fedeltà?”
Ancora silenzio.
“AL SIGNORE OSCURO!”
Fu allora che iniziai a pensare ad Harry, a come avrebbe lottato, e  risposto,  come quando al quinto anno.
Pensai anche all’ES e a quanto in quel momento avessimo bisogno di una guida, ma, soprattutto, di essere parte di qualcosa di importante,  perché volevamo lottare per la libertà.
Non ascoltai neppure una parola della lezione, che introduceva un programma fatto di maledizioni e torture, che parlava della minoranza dei Babbani e del disgusto che avremmo dovuto provare per tutti gli ibridi e i Mezzosangue. Non dissi niente neppure quando tra i miei pensieri si infilò parte del discorso del Professore, che parlava dei traditori del proprio sangue. Stetti, semplicemente, in silenzio, limitandomi a trattenere Colin, che stava per alzarsi. Pensavo ad Harry, all’ES, ad Hogwarts, alla guerra.
Perciò, quando verso l’ora di pranzo Neville mi si avvicinò con Luna poco distante, non esitai.

ESERCITO DI SILENTE: IL RECLUTAMENTO E’ ANCORA APERTO.


 
 
 
*dice una frase simile Silente ad Harry al secondo anno di quest’ultimo. Mi sembrava che fosse adatta.
TAAADAAAAAAAA!!!!
Alloraaa…..
Lavanda che vuole diventare amica di Romilda.
Draco che vuole conoscere Luna
Ginny decisa a riformare l’ES.
Non è un capitolo troppo importante, e i Carrow sono ancora poco visibili…
Dato che neanche io so bene come va a finire questa storia, nei commenti, se avete qualche preferenza, potete chiedermi di inserire i punti di vista di qualcuno in particolare, dato che io decido i POV a scuola tra una lezione ed un’ altra un po’ a caso.
 
Non credo ci sia molto altro da dire…
Commentate!
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Capitolo 6
*** Secrets ***


 Secrets


Colin

Era il mio segreto e nessuno lo conosceva, perché anche se ero diventato alto e bello, tutti continuavano a considerarmi il ragazzino piccolo e pazzo di Harry Potter che ero durante il primo anno. Al quarto, avevo cercato di dimostrare loro il mio coraggio e la mia audacia, eppure anche allora ero il piccolo Colin, incapace, ingenuo, estromesso dalla vita degli eroi. Harry, Ron, Hermione, non erano alla mia portata –e lo sapevo- ma in tutti questi anni avevo cercato di essere anche solo notato da lei, per poi, senza neanche accorgermene, desiderare anche il suo amore. Ma Ginny no, non si interessava a me. Era stata con Michel Corner, Terry Seeval, e Dean Thomas, sopo il quale avevo pensato che potesse  interessarsi a me, tanto che ero pronto a farmi avanti. Quando ci fu il bacio.
Schifosamente adorabili.
Harry Potter, l’unico in grado di salvare il mondo magico, si era fidanzato con Ginny Weasley, sorella del suo migliore amico, ragazza coraggiosa, bella e desiderata. La  notizia era sulla bocca di tutti: li invidiavano, volevano sapere di loro, desideravano avere un amore come il loro, o anche solo un briciolo della loro fama. Ma io, invece, invidiavo solo Harry, non volevo sapere di loro, volevo l’amore di Ginny e la fama era l’ultimo dei miei desideri, perché il primo, naturalmente, era lei.
Pensavo a lei  ogni momento della mia giornata e anche allora, mentre osservavo la scritta brillante sul muro vicino alla porta dell’aula di Difesa Contro Le Arti Oscure, o meglio, di Arti Oscure.

ESERCITO DI SILENTE: IL RECLUTAMENTO E’ ANCORA APERTO.

Quella mattina, il 3 Settembre, avevo alla prima ora Arti Oscure, ero voluto arrivare in anticipo e la scritta mi aveva sconvolto: anche io facevo parte dell’ES, eppure non ne sapevo niente. Ero così poco importante? Non volevo crederci.
Istintivamente, misi la mano sulla tasca: era ancora lì il finto Galeone incantato di Hermione, che tenevo sempre con me.
Quando mi decisi finalmente ad entrare in classe, pochi erano già lì ed io mi sedetti al terzo banco, proprio nel bel mezzo della classe.
Il giorno prima la lezione era stata a dir poco disgustosa e si era soltanto limitato ad illustrare brevemente i temi che avremmo trattato durante l’anno. Non sapevo che fare, e fuggire a gambe levate fu un’ipotesi a cui stavo seriamente pensando.
La porta si aprì, ma non era il professore, bensì Ginny con Luna Lovegood e, a differenza del giorno precedente, non si sedette accanto a me, ma andò al primo banco, seguita a ruota dall’altra, con cui stava parlando concitatamente.
Ero già in piedi, pronto ad andare da lei e a chiederle spiegazioni, quando entrò il professore. Amycus Carrow era un uomo disgustoso, con il naso da avvoltoio, gli occhi neri e brillanti, e i capelli grigi ritti sulla testa, che lo facevano sembrare un pazzo. Cosa che, d’altronde, era davvero.
Sbatté la porta, così forte che questa stava per rompersi, si mise davanti alla cattedra e ci guardò uno per uno, per poi voltarsi, afferrare la bacchetta e gridare:
“Imperio!” Un lampo di luce arancione fuoriuscì dalla sua bacchetta colpì un Corvonero che ricordavo chiamarsi Simon Stuart.
“NO” Urlai, alzandomi in piedi.
Mi ero mosso senza pensarci e la mia reazione sortì l’effetto sperato: Carrow si distrasse e Simon, che aveva già iniziato a colpirsi sulla testa con il libro, sembrò riacquistare il controllo della propria mente.
Tuttavia, benché fossi felice che stesse bene, il professore mi stava guardando così intensamente che abbassai la testa e chiusi gli occhi.
“Le maledizioni senza perdono” Tuonò.
Alzai appena la testa, aprendo gli occhi: la scritta era apparsa anche sulla lavagna e l’argomento della lezione parve così evidente a tutti. Meno chiaro, però, fu il motivo che aveva indotto il professore a scrivere:
LE MALEDIZIONI SENZA PERDONO.
Con la riga sopra, come se fosse stato sbagliato.
“Sono sicuro che conosciate le tre maledizioni senza perdono: Imperio, Crucio, Avada Kedavra.” 
Tutti annuirono, me compreso, anche se ero ancora confuso.
“La lezione di oggi parlerà di queste maledizioni e di come, proprio ieri, il ministero abbia deciso che possono essere usate, in caso di difesa dai maggiorenni.”
“Cos…NO!”  Non potevano fare sul serio.
Prima che potessi dire anche solo un’altra parola,  mi interruppe.
“No?” la sua voce era sibilante e mi face drizzare i peli sulle braccia. “Non è certo lei, signor Canon, a decidere i decreti ministeriali, o sbaglio?”
La mia testa era vuota, sentivo solo di star galleggiando dentro ad una bolla e che niente poteva scalfirmi. Ma c’era anche una voce, sibilante, che mi diceva di rispondere:
NO, signore.”
Perciò lo dissi. Ero ancora in trance, intrappolata da quest’incantesimo, quando una voce mi riscosse: e non fu nè la mia, nè quella del professor Carrow: fu quella di Ginny.
Sentii un urlo, mi riscossi e la vidi sospesa a metri da terra, piangente, mentre si contorceva, con le labbra sigillate e gli occhi che mostravano solo dolore: il professore, il Mangiamorte, la stava torturando.
Afferrai la bacchetta e gridai:
“Expelliarmus”
Ma un’altra voce si era sovrapposta alla mia e, perciò, non uno, ma due incantesimi di disarmo colpirono l’uomo, che fu scaraventato contro il muro.
Per un folle momento pensai fosse arrivato Harry, mentre, in realtà, si trattava soltanto di Luna.
Si alzò, sanguinante.
“Punizione per Weasley, Lovegood e Canon. Domani, nei sotterranei.”
Uscendo dalla classe, sentii la mia tasca bruciare, così presi la moneta che c’era al suo interno.
3/09 18.30
Le cifre erano cambiate.

ESEERCITO DI SILENTE: IL RECLUTAMENTE E’ ANCORA APERTO!



Hannah

Era un segreto, certo, ma potevo non dirglielo? Mio padre non voleva mandarmi ad Hogwarts e io ero scappata.
Era stato fantastico dirlo a Neville, anche se mi ero ripromessa di non dirlo a nessuno, era stato come liberarsi di un peso e di lui mi fidavo; l’avevo fatto la mattina precedente e, dopo, lui mi aveva parlato della sua intenzione di rimettere in piedi l’ES. E, a quanto si diceva in giro, stava funzionando.
La prima ora di Erbologia fu straziante: la Sprite, che era un’ottima insegnante, quella mattina sembrava svuotata, priva di energia, senza speranza. E io riuscivo perfettamente a comprendere il suo stato d’animo.
Alla seconda ora, avevamo Arti Oscure e, proprio sulla parete di fronte all’aula, c’era una scritta, brillante:
ESERCITO DI SILENTE: IL RECLUTAMENTO E’ ANCORA APERTO!
Stavo ancora osservandola, quando Neville mi affiancò.
“Secondo te, cos’è l’Esercito di Silente?” Chiesi, ironica.
“Bella domanda. Me lo stavo chiedendo anche io.”
Scoppiammo a ridere all’unisono.
Proprio in quel momento uscì dalla classe Luna Lovegood che ci guardò con uno sguardo strano, –ma, d’altronde, cosa di lei non lo era?-  che mi parve quasi geloso di me e Neville, e poi se ne andò, un po’ rattristata. Neville, però, non sembrò notarla perché era rimasto a guardarmi, mentre passava dietro alle sue spalle e solo un forte sbuffare lo riscosse: Ginny Weasley, dietro di lui, nel punto esatto in cui pochi secondi prima c’era Luna, guardava torva il suo amico, che la osservò un po’ spaesato.
“Ginny?” pronunciò il suo nome come una domanda.
“Il professore ha messo in punizione me, Colin e Luna. Tu sapevi che è stato permesso l’utilizzo delle maledizioni senza perdono?” Sussurrò.
“COSA?” Quello di Neville fu molto simile ad un urlo strozzato.
“Già.” Disse solo. “Sei un idiota.” Aggiunse, prima di andarsene.
Neville sembrava ancora più confuso di prima e a me sembrò tenerissimotanto che fu solo l’urlo del professore a distoglierci dai nostri pensieri, invitandoci a sedere per l’inizio della lezione.
“So che vi hanno già parlato delle Maledizioni senza Perdono”
“Perciò, dato che il nuovo decreto stabilisce che i maghi che hanno compiuto 17 anni possono usarle senza essere puniti, è bene che voi siate capaci di farlo. Oggi in classe inizieremo con gli animali e, per gli alunni meno dotati, domani sera, nei sotterranei, ci sarà un’ulteriore lezione. Prego, mettetevi in fila”
A quelle parole i miei occhi iniziarono a riempirsi di lacrime e rimasi immobile, disgustata. Mia madre era morta a causa di Avada Kedavra, dopo essere stata torturata con la Cruciatus e avevo scoperto che il colpevole della sua morte non sarebbe stato punito. Ma mi misi in fila lo stesso e lui ci illustrò come provocare la maledizione imperio su un ragno, la nostra cavia.
I miei compagni Tassorosso erano, per lo più, terrorizzati e i loro incantesimi mediocri, mio compreso, perché ero ancora troppo sconvolta.
I Corvonero, invece, lo eseguivano correttamente, ma pochi erano in grado di farlo durare e, i più, si fermavano subito. I più smettevano dopo poco.
I Grifondoro erano pochi e non fecero nulla: Neville, una volta davanti al ragni, non pronunciò nessun incantesimo, per poi ritornare in fondo alla fila, mentre Seamus Finningan e Lavanda Brown seguivano il suo esempio. Solo Calì Patil invece fece come la sorella, pronunciandolo e dando prova delle sue capacità non indifferenti, anche se solo per un paio di secondi.
Con i Serpeverde fu tutta un’altra storia: Tiger, Goyle e la Parkiston eseguirono l’incantesimo correttamente, senza neppure l’ombra del rimorso, anche se, forse, vidi le labbra di Pansy tremare leggermente, ma avrebbe potuto essere solo frutto della mia fantasia. Draco Malfoy e Theodore Nott, invece lo eseguirono abbastanza bene, ma in loro vidi qualche perplessità, non notata.  A stupirmi, però, furono Daphne Greengrass e Blaise Zabini: come i Grifondoro non fecero nulla e solo allora il professore alzò la testa, stupito. Sembrava non capire. Poi si riprese e annunciò:
“Alla lezione di recupero parteciperanno Paciok, Finningan, Brown, Greengrass e Zabini. Vi aspetto nei sotterranei.”
E detto questo, ci congedò.


Seamus

Era il mio segreto, anzi, erano i miei segreti. Il mio essere gay, Dean, la depressione, i tagli. Non lo sapeva nessuno e così sarebbe stato per sempre.
La lezione di Arti Oscure era stata oscena e la storia della lezione di potenziamento non mi convinceva:  ci avrebbero sottoposto solo ad altri ragni? Non ci avrei giurato.
Afferrai la moneta che, alla fine della prima ora, aveva bruciato intensamente: i numeri erano cambiati e io stavo tornando a sperare che, forse, non era tutto perduto. E, per convincermi ancora di più, mi bastò guardare Lavanda Brown e il suo cambiamento.
Accennai un sorriso, quando mi affiancò: sapevo di non interessarle, ma in quegli anni si era dimostrata una buona amica. Pettegola, forse, superficiale, ma amica.
In quei giorni, sembrava che i suoi difetti stessero scomparendo. La coda alta, il viso privo di trucco, il suo non aver fatto l’incantesimo in classe: da lei non me lo sarei mai aspettato!
Sorrise enigmatica nella mia direzione e, se all’inizio non capii il perché, poi esso mi parve evidente: si stava rigirando tra le mani un galeone, chiaramente quello dell’ES.
Le sorrisi di rimando.
“Allora, ci vediamo alle 17.50 in sala comune?” Chiesi.
“Sicuro!” Mi rispose.
E se ne andò, camminando velocemente, senza girarsi indietro.

                                                               ***

Scesi velocemente in sala comune,  perché erano già le sei meno cinque; Lavanda, ovviamente, era già lì e mi guardò torva, scoccandomi un’occhiataccia, senza fare commenti,  girandosi verso l’uscita; e io la seguii senza dire una parola, dispiaciuto per il ritardo.
Dieci minuti dopo eravamo davanti alla porta della stanza della Necessità. La aprimmo, guardandoci intorno e per assicurarci di non essere seguiti, ed entrammo. Era molto più bella di quella che creava Harry e tutti si stavano guardando intorno, osservando la libreria, più grande e bella di come la ricordavo e il pavimento, coperto da un sottile strato di gomma bianca, presente anche sulle pareti. Moltissimi manichini facevano bella mostra di sè ai lati della stanza, decine di cuscini erano raccolti dentro un grande cesto e una serie di animali finti erano appoggiati vicino alla porta, dentro gabbie trasparenti, dotate di una loro dettagliata spiegazione.
Lavanda si avvicinò ad una ragazza Grifondoro, Romilda Vane e con lei si avviò verso Neville, Luna e Ginny, che erano al centro della sala e stavano iniziando a richiamare l’ordine.
“Allora, che ve ne pare?” Fu la domanda di quest’ultima.
Un boato di approvazione si diffuse per tutta la sala: l’anno era iniziato per davvero. E, con esso, la rivolta.




 
 
 
 
 
Allora…
Credo che sia chiaro che da questo momento in poi, aggiornerò una volta la settimana, la Domenica.
Parlando del capitolo, spero vi piaccia.
Colin e il suo amore segreto per Ginny è stato piuttosto azzardato, credo, ma ho più o meno chiaro il continuo di questa storia.
Hannah è un po’ più caratterizzata e Luna è gelosa.
È per lo più un capitolo di passaggio, perché non succede nulla di concreto, come invece sarà nei prossimi capitoli.
Mi piacerebbe molto avere i vostri pareri. Che ne pensate del capitolo, della storia?
Spero vi piaccia.
Alla prossima settimana.
 
Questo capitolo che ho ora (30 Marzo) ripostato revisionato è stato betato da Lady Viviana
Lady Viviana su Efp: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=146007
 
 

 

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Capitolo 7
*** Pigeon ***


Pigeon.


Draco

“Il piccione a ore nove, il piccione a ore nove.” La voce di Blaise era a dir poco alta e tutta la sala grande si girò verso di noi per sentire le parole del mio terribile, ma vero, migliore amico, per colpa della sua voce eccessivamente alta o forse per gli abiti sgargianti. Teoricamente ad Hogwarts avevamo una divisa, ma quel giorno Blaise aveva deciso che il mantello sarebbe andato bene lo stesso anche color giallo canarino: chissà se la Mcgranitt avrebbe apprezzato la scelta…
“Blaise, è Corvo! E poi, abbassa quella voce!” Dissi io, cercando di far finta di niente e di tenere il mio tono basso.
“Ma perché Corvo?” Strepitò lui, mentre io mi prendevo la testa fra le mani.
“Bel tentativo, amico” La voce di Theo, alla mia sinistra, era ironica e lui, nel frattempo, si stava anche riempiendo una tazza di caffè.
“Ehy, Theo, stai bene? Hai delle occhiaie…” Chiesi, ma, prima che potesse dire qualsiasi cosa, un altro urlo spaccatimpani ci fece alzare gli occhi al cielo.
“Il piccione ad ore dodici, ripeto, ad ore dodici.”
La sala grande si girò di nuovo verso di noi.
Non mi presi neppure la briga di dirgli che era Corvo e guardai verso il tavolo Corvonero:  lei, in effetti, era lì, l’unica nella Sala a non guardare nella nostra direzione, poiché stava osservando, invece, un mucchietto di fogli che aveva sulle gambe, probabilmente compiti, terribilmente assorta.
E questo era di per sé strano -da quando alla Lovegood interessavano i compiti?- senza che Daphne si materializzasse al suo fianco e cominciasse a parlarle come se fosse una cosa normale; si distrasse perfino dai suoi compiti e questa era una ferita al mio orgoglio: se per me, o meglio, per Blaise, non l’aveva fatto, perché per Daphne sì?
Non mi era dato saperlo, perlomeno non in quel momento.



Daphne


“Tu sai perché Draco e Blaise stanno parlando di te?” Decisi di iniziare così la conversazione con Luna.
“Non stanno parlando di uccelli? Sai, piccioni, corvi…”
La sua risposta mi lasciò alquanto basita: ero andata da lei, perché mi sembrava quella più propensa ad ascoltare le mie parole, rispetto alla Rossa e a Pacioccoso, non perché fosse la più stupida!
“Perché diavolo Daphne sta parlando con il piccione?” L’urlo da parte della tavolata dei Serpeverde interruppe la mia conversazione.
Mi girai e vidi Blaise guardarmi con gli occhi sgranati e Draco con la testa tra le mani.
“Daphne Smith sta parlando con un piccione?”
La voce di Luna mi fece impallidire: non poteva fare sul serio. Eppure, proprio in quel momento, si alzò  dalla panca per guardare in direzione della tavolata dei Tassorosso. Non potei fare a meno di notare, però, che i suoi occhi non vagavano su Daphne Smith (Che stava tranquillamente mangiando i suoi pancake, ignara) ma, su Pacioccoso e di Hannah Abbott, una Tassorosso del settimo anno.
E allora compresi la stranezza,  ancora più accentuata del solito, di Luna: le due figure che non smetteva più di guardare erano incollate, e per la bocca.
Pochi secondi dopo, tanto che quasi non me ne accorsi, Luna era fuori dalla sala grande, mentre Draco Malfoy-il-Principe-delle-Serpi- la seguiva, per qualche oscura ragione, sconosciuta a me, povera e ingenua mortale.


***

Il mio piano con Luna era fallito e quello B, che comprendeva anche una chiacchierata con Pacioccoso, era irrealizzabile, considerata la sua nuova fiamma.
Il piano C, era la Rossa Weasley, anche se, teoricamente, lei non era tra le opzioni perché, tra i Grandi Capi, lei era quella che pareva meno propensa ad ascoltare una Serpe. Però, a mali estremi, estremi rimedi.
L’ora di pranzo mi sembrava il momento più adatto per parlarle, così la presi da parte, tra gli sguardi smarriti di alcuni Grifondoro e le facce poco amichevoli di altri, e la trascinai nella prima aula libera.
Appena la lasciai, si affrettò a prendere la bacchetta e ad indietreggiare verso la porta.
“Non ho nessuna intenzione di farti del male, non ho la bacchetta e non ho chiuso la porta, volevo solo parlare con te.” Dissi.
La vidi abbassare la bacchetta, che, però, tenne sempre stretta in mano, così decisi che era un buon compromesso e parlai.
“Voglio entrare a far parte dell’ Esercito di Silente.”


Ernie Mcmillian

Hannah, dalla morte di sua madre, era diventata molto strana: meno Tassorosso, più tendente alle rivoluzioni, a mettersi nei guai, a ribellarsi a tutto e a tutti. Insomma, sempre meno lei.
E, quando la vedevo con Neville Paciock, non potevo fare a meno di pensare che anche lui era cambiato: non era più il ragazzo impacciato che aveva fatto vincere la coppa delle case a Grifondoro il primo anno, né quello che sveniva ad Erbologia o che si fratturava il polso durante le lezioni di volo. Ora era il capo dei ribelli, sempre pronto a buttarsi nella mischia, a difendere i Mezzosangue, i Nati Babbani, i Filo Babbani e, in generale, tutti quelli che erano legati ai Babbani. Insieme, lui e Hannah sembravano formare la coppia più bella e ribelle di tutta Hogwarts.
A me, invece, sembrava solo quella più finta: per innamorarsi l’uno dell’altra, dovevano per forza smettere di essere loro stessi?
Questa domanda non faceva che farsi strada nella mia mente, sempre più insistente. Non che non fossi felice per loro, o che mi dispiacesse che si fosse riformato l’ES, ma mi sembrava tutto così azzardato: ero l’unico a pensare che la rivoluzione non servisse a niente, se non c’era Harry? Sul serio nessuno si rendeva conto che, alla fine, sarebbe stato lui a decidere l’esito della guerra?
Noi eravamo solo ragazzi. Certo, anche lui lo era, ma lui era speciale.
17 anni fa, in tutta la Gran Bretagna, si alzavano i calici e si brindava a Harry Potter, il bambino che è sopravvissuto. Non a Ernie, a Hannah, o a Neville. A Harry Potter.
Se lui non era lì, che senso aveva combattere?
Forse era un ragionamento molto poco coraggioso, da Tassorosso, forse addirittura da Serpeverde, ma, dopotutto, il Cappello Parlante non aveva mai preso in considerazione l’idea di mettermi in Grifondoro, anche se lo avevo pregato di farlo.
Perché, Silente può dire ciò che vuole, sono davvero le scelte che facciamo a decidere ciò che siamo?*
A me, intanto, era stato vietato scegliere.


Draco

Non sembrava così veloce, Luna Lovegood, anche se, in realtà, era molto brava a correre. E, per fortuna, lo ero anche io.
“Luna, Luna, aspetta!”
Non so perché gridai quelle parole, né perché le stessi correndo dietro, in realtà, perché io, Draco Malfoy, stavo correndo dietro a Luna Lovegood, Corvonero dal cuore spezzato. Se me l’avessero detto l’anno scorso prima, sarei scoppiato a ridere: Draco Malfoy non corre dietro a nessuno! E, tre secondi prima, ne ero pienamente convinto: cosa stavo facendo?
Mi stavo smentendo, correndo dietro ad una Mezzosangue, Corvonero e, per giunta, dalla parte dei buoni: che mi stava succedendo?
Mi ritrovai davanti alla porta dei bagni femminili, ma non mi feci scrupoli ad entrare, anche perché sapevo perfettamente che quello era quello di Mirtilla Malcontenta, dove andavano solo i cuori infranti e quelli che erano stati costretti a uccidere il proprio preside e non sapevano come fare. Debole deja-vu.
“Luna?” Dissi.
“Da quando mi chiami per nome?” La sua voce proveniva da uno dei bagni, debole e ovattata.
“Perché, non posso?” Risposi, cercando di mettere nella frase tutta la mia solita spavalderia, anche se non ero sicuro di averlo fatto molto bene.
“Puoi, ma è strano, quasi quanto il tuo chiedere il permesso: me l’hai chiesto un po’ in ritardo, ma l’hai fatto.”
Arrossii, o, almeno, sentii il sangue affluirmi al volto, ringraziando Merlino, Morgana e compagnia bella che Luna fosse nel bagno e non potesse vedermi.
“Cosa c’è che non va, Lovegood?” Chiesi.
“Così, in effetti, è più normale.” Disse lei, invece di rispondere alla mia domanda.
“Non hai risposto.” Le feci notare.
“Neville ha baciato Hannah.” Rispose.
“L’ho notato. E ho notato anche che ti piace Pacioccoso, in effetti…”
“Pacioccoso?” Chiese lei.
“Noi Serpi chiamiamo così Paciock.” Risposi velocemente.
“Oh.” Rispose. “Si nota così tanto?” Continuò.
“Che è un imbecille? Sì, abbastanza, è per questo che gli abbiamo dato quel soprannome.”
“Parlavo della mia cotta per lui.” Ribatté Luna.
“Anche io. Ha preferito la Abbott a te: è imbecille come pochi.”
Lei uscì dal cubicolo.
“Grazie.” Disse soltanto, per poi avviarsi verso la porta.
“Perché ti piace?” Chiesi di getto, senza pensare.
“Perché non è un eroe, anche se, in effetti, lo sta diventando, perciò avrei capito comunque, da un momento all’altro, che non fa per me.” Rispose.
E, stranamente, non mi sembrò una di quelle risposte che le ragazze danno per mantenere la propria dignità, mi sembrò sincera e fu questo a stupirmi di più, perché neanche io ero un eroe.
 
 
*Lavanda nei capitoli precedenti dice l’esatto opposto. No, non sono schizofrenica. Volevo solo far capire quanto la mentalità di Ernie fosse distaccata da quella degli altri studenti.
Salveeee!
 
Ben due POV Draco, e tadaaaa! POV Ernie, che inizierà a comparire di più nella storia, grazie ad un certo consiglio…
Come vedete, Ernie è un po’ contrario all’ES.
Cambierà idea? Bho!
La prima parte è completamente dedicata alla follia di Blaise!
Alla sua fissazione con i piccioni, ai suoi abiti al limite dell’immaginabile etc..
Spero in generale che il capitolo vi piaccia.
Alla prossima settimana.
 
Questo capitolo che ho ora (6 Aprile) ripostato revisionato è stato betato da Lady Viviana
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Capitolo 8
*** She is not afraid ***


She is not afraid


Luna

Occhi grigi e capelli biondo patino, divisa verde-argento, sorriso beffardo e ghigno alla Serpeverde. In due parole: Draco Malfoy, una delle persone più diverse da me che io abbia mai conosciuto, così diverso da tutti i miei amici, da tutte le persone con cui io mi sia mai ritrovata a parlare.
La prima cosa da dire è che non sembra considerarmi una folle, o, almeno, questo trapelava dalle sue parole.
Al secondo posto c’è il fatto che era un Serpeverde. L’unico con cui avevo parlato, oltre a lui, era una Serpeverde, in effetti, Daphne. E con parlato intendo essere scappata nel bel mezzo di una conversazione vedendo Neville e Hannah baciarsi. Perciò non ero del tutto convinta che fosse una persona con cui avevo intrattenuto una conversazione.
Infine, era infinitamente bello. Non che io non conoscessi bei ragazzi: Harry non era niente male, anche se basso, Dean Thomas era carino e trovavo Neville bellissimo, ma non parlavo del suo aspetto quando lo consideravo tale. Infatti, pensavo fosse dolce, tenero e discretamente carino e quando si è innamorati l’aspetto passa in secondo piano. Draco, invece, era veramente bello, ammaliante, alto e per niente tenero. E la cosa abbastanza inquietante era che mi piaceva. Passavo da Neville Paciock a Draco Malfoy? Era così facile disinnamorarsi ed innamorarsi di nuovo?
L’avevo pensato sul serio? Di essere innamorata di Draco? Di non esserlo più di Neville? Pensavo fosse vero amore, invece in due anni era già sfumato. Ero pazza, o capitava a tutti?
Ginny aveva cambiato così tanti ragazzi, ma alla fine si sapeva che amava solo Harry,  Ron era stato con Lavanda, ma gli piaceva Hermione e l’aveva sempre saputo. A me, invece, era bastato guardare Draco in quel bagno per iniziare a pensare di esserne innamorata; lo ero davvero?
L’ora di Storia di Magia era perfetta per le riflessioni amorose: tutta la classe cadeva in un sonno da cui erano in pochi a sopravvivere e io non ero tra quelli; le rivoluzioni dei folletti e la schiavitù degli elfi non mi appassionavano affatto e tutte quelle date mi confondevano.
La campanella mi riscosse da pensieri sempre più deliranti e uscire dalla classe fu come risvegliarsi da un lungo sonno: non avevo più a che fare con le miei fantasie, ma con la realtà. Proprio davanti a me, infatti, Neville mi stava aspettando sorridente, mentre Draco lo guardava torvo pochi metri più in là.
Deglutii, misi su il sorriso più finto del mondo e mi avvicinai a Neville.
“Hey, Luna, era da stamattina che volevo parlarti! Ma forse lo sai già: mi sono fidanzato con Hannah. È dall’inizio dell’anno che ti volevo chiedere un consiglio, ma non ho mai trovato l’occasione; per fortuna ce l’ho fatta da solo! È fantastico, no?” Neville disse tutto questo senza prendere fiato una sola volta, eppure, alla fine, non sembrò per niente affannato, tanto che, dopo pochi secondi, ricominciò.
“Sembra che lo sappia tutta la scuola. Certo il fatto che io l’abbia baciata in Sala Grande non ha certo contribuito a tutelare la nostra privacy, ma… Senti, sai perché da un po’ di tempo, ogni volta che mi incontra, Ginny mi dà dell’imbecille? E è da stamattina che non fa che lanciarmi occhiatacce quando ci incrociamo nei corridoi…”
Ah, Ginny, l’unica a sapere che ero innamorata di Neville. Mi chiesi come avesse fatto a non rendersene conto.
Dato che sembrava volere una risposta e io non ero sicura di poter pronunciare una frase di senso compiuto, scrollai le spalle e mi incamminai verso l’aula di Pozioni con lui alle calcagna.
Stavo appunto pensando a come togliermelo di mezzo, invece di iniziare a blaterare tutta la verità come diceva la mia filosofia di vita “sempre la verità, solo la verità”, che una voce mi salvò.
“Lun…Lovegood! Ferma! Devo parlare con te.” Draco Malfoy, in tutta la sua bellezza, mi si parò davanti.
“Certo!” Ignorai la faccia sconvolta di Neville alla vista di Draco e alla mia entusiasta risposta e seguì il mio salvatore.
Entrammo in una sala vuota e, improvvisamente, non seppi cosa dire. Sì, io, Luna Lunatica Lovegood, non sapevo che dire. Il mondo stava girando alla rovescia: Draco Malfoy era il mio salvatore, Neville si era fidanzato, Lavanda faceva la persona seria e Blaise Zabini si vestiva di giallo.
Aspettate un attimo! Blaise Zabini si vestiva di giallo. Era assolutamente normale! Il mondo stava tornando pian piano alla normalità e tutto riacquistava un senso.
“Sembrava che Neville stesse per strozzarsi a furia di parlare…”
Sì! Quella era la mia voce che stava facendo un commento assurdo e privo di qualsiasi logica: andava tutto bene.
“Vero? Pacioccoso diventa sempre più idiota ogni giorno che passa…” Rispose Draco, facendo una battuta acida e offensiva su uno dei miei migliori amici/amore segreto. Sì, era tutto normale.
Sorrisi e mi affacciai alla porta.
“Sembra che abbia superato lo stato di shock, perché non c’è. Grazie mille, Draco.” Dissi.
“Ma come, tu puoi chiamarmi Draco e io no posso chiamarti Luna?”
“Vuoi essere tu a dettare le regole, Malfoy? Va bene.” Risposi, e lui ghignò.
“Certo che voglio essere io a dettare le regole…” Ribatté.
Il mondo iniziò ad andare a rallentatore.
Si avvicinò pericolosamente a me. Da un momento all’altro sarei potuta svenire e il mio cuore mi stava battendo ad una velocità a dir poco esagerata.
“Il mio cuore sta battendo troppo forte.” Sussurrai.
Sul volto di Draco, sempre più vicino al mio, apparve un sorriso.
Nella mia testa, invece, infuriava un grande conflitto: baciarlo o non baciarlo? Fu questo il dilemma.
Così, in preda all’insicurezza, sgusciai velocemente fuori dall’aula, lasciando Draco a baciare il vuoto.
“Dai la colpa a Shakespare!” Fu tutto quello che urlai, mentre correvo via.
“Chi?” Mi disse lui di rimando, sempre più confuso.



Pansy

Ho sempre pensato a Blaise come una persona molto stupida e, perciò, il motivo per cui io ho accettato di uscire con lui non mi è ancora molto chiaro; eppure non pensavo lo fosse così tanto.
Dopo avergli versato il succo in testa, ero sicura di essermelo tolto dai pedi, ma, evidentemente, aveva deciso che rovinarmi l’anno fosse il suo sport preferito.
“Ciao, Pansy” Disse, infatti, mentre mi avviavo verso la Sala Grande.
“Come stai?” Mi chiese, dato che doveva aver capito che non avevo nessuna intenzione di salutarlo.
“Io bene. Sai, mi ci sono volute tre ore per togliere quel terrificante odore di zucca dalla mia testa, ma, alla fine, è andato via e, cosa ancora più sconvolgente, ho scoperto che è un ottimo balsamo! Lo avresti mai detto?”
Non poteva fare sul serio. Mi sedetti al tavolo dei verde-argento, sempre più sconvolta.
“Non trovi che il giallo mi doni? Ho sempre pensato che il rosa fosse il colore per me, ma il giallo risalta la mia carnagione. Però, forse preferivo il primo con questo tipo di verde…”
Doveva essere uno scherzo. Era questo il modo con cui di solito rimorchiava le ragazze? Cosa mi ero fumata quell’estate, per uscire con lui? Oppure aveva deciso di adottare questa tecnica da poco?
Seduta poco più in là, vidi Astoria guardandoci  divertita, senza accennare a venire da me.
La chiacchera di Blaise continuava, ma io non recepivo più niente e, solo ad un certo punto, decisi che era troppo. Sporto verso di me, infatti, Blaise mi aveva sussurrato, in un modo che forse lui considerava sensuale:
“Vuoi provare tu stessa il risultato del tuo succo?”
A quel punto non ci vidi più.
“Forse prima i tuoi capelli hanno bisogno di un altro trattamento.” Dissi, prima di rovesciargli, per variare, un bicchiere di caffè bollente.
Non ero del tutto sicura del perché; forse era per le sue parole, o, forse, per la brunetta ridacchiante che stava palesemente flirtando in quel momento con Theodore davanti all’entrata della sala grande.
Mi alzai, quindi e mi avviai proprio nella loro direzione. I due mi stavano fissando, richiamati dall’urlo di Blaise; rivolsi un sorriso falso ad entrambi e mi avviai verso la sala comune.


Ginny

“Punizione per Weasley, Lovegood e Canon. Domani sera, nei sotterranei.”
La voce del professore, che rimbombava nella mia testa, suonava sempre più minacciosa a ogni passo che compivo con gli altri due verso i sotterranei.
Cosa intendeva Carrow per “punizione”? E perché aveva dato appuntamento a Neville, Lavanda, Seamus, Blaise e Daphne nello stesso posto e alla stessa ora per il potenziamento?
Un ipotesi iniziava a farsi strada nella mia mente; mi rifiutavo di considerarla, ma quella ritornava a proporsi sempre più insistente.
“Vogliono farci torturare.” Per un momento pensai di aver parlato senza accorgermene, ma mi resi conto che era impossibile: la battaglia stava ancora infuriando nella mia testa e io non ero ancora riuscita ad accettare la verità.
A parlare, infatti, era stata Luna, sincera, realista, schietta. E mai come in quel momento fui felice di averla come migliore amica, perché mi fece aprire gli occhi: volevano farci sottoporre alla maledizione Imperius.
Colin, al mio fianco, emise un grido strozzato, per poi annuire: aveva capito, ci aveva messo un po’, come me, ma alla fine aveva dovuto rassegnarsi alla realtà.
Entrammo nelle segrete. Non c’ero mai stata e, a dire il vero, ne ignoravo l’esistenza. Erano tetre, buie, sudice, spaventose e opprimenti. Ma cosa ci si poteva aspettare da delle segrete, d’altronde?
Pur avendo quella convinzione, una scarica di brividi mi attraversò la schiena. Gli occhi si sforzavano di vedere qualcosa nel buio, le gambe stavano tremando e non sapevo dire se per il freddo o per la paura, forse per entrambi. Luna, accanto a me, ostentava, invece, un portamento fiero e altezzoso, per nulla intimorito. Per un momento mi chiesi chi di noi fosse la Grifondoro. (:)Lei era così sicura, nelle sue vesti blu e argento e fu la prima a farsi avanti, a richiamare l’attenzione del professore, a guardarlo con sfida.
Fu la prima ad essere chiamata per essere sottoposta alla tortura.
“Lovegood! Qui, davanti a me. Paciock! Anche tu. Ora, Lovegood, Paciock userà contro di te la maledizione Imperius. Prima lui te la lancerà e dopo gli dirò cosa farti fare.”
Rabbrividii. Luna, la mia migliore amica, stava per essere controllata da Neville. L’unico lato positivo era che non stavamo ancora studiando la maledizione Crucitus.
“Ora!” L’urlo di Carrow rimbombò nelle segrete.
Ma Neville non si mosse, non aprì bocca e non puntò la bacchetta contro Luna.
Sentì Lavanda e Daphne, dietro di me, emettere un sospiro di sollievo, ma fu breve.
“Crucio!” La voce del professore si udì con ancora più forza, sovrastata poco dopo dall’urlo di Neville.
Stavo per fare qualcosa, quando la maledizione cessò, ma non ebbi neppure il tempo di pensare, di dire qualsiasi cosa, perché che ricominciò, e, questa volta, udii le urla di Luna.
Io ero immobile, fermata da una forza invisibile, mentre Colin non respirava neppure e Neville giaceva a terra, ancora agonizzante.
Sentivo Lavanda dietro di me singhiozzare e mi girai per vedere Seamus che l’abbracciava, cercando di consolarla, invano. E allora accadde quello che meno mi sarei aspettata: Daphne e Blaise, i due Serpeverde, lanciarono due schiatesimi verso il professore, colpendo il bersaglio.
Luna smise di urlare e nessuno prese fiato tanto che, furono i gemiti di Neville a farci reagire. Facemmo appena il tempo a prendere Neville e Luna e caricarceli sulle spalle, quando, davanti a noi, apparvero Alecto Carrow, Tiger e Goyle, tutti e tre con la bacchetta in mano, la prima furiosa, gli altri due sorridenti. E, poco più indietro, Malfoy, Nott e la Parkiston.
E, allora, un dolore mi colpì, fortissimo, così forte che non riuscivo più a pensare, che non potevo fare altro che urlare. Intorno a me, tutti facevano lo stesso. In uno stato di semi lucidità vidi Draco Malfoy puntare la bacchetta contro Luna. Ma, forse, non ero poi così lucida, perché lo vidi sollevarla con l’incantesimo di lievitazione e portarla via, non visto da nessuno se da Nott, che stava facendo la stessa cosa con Blaise e dalla Parkiston, che sollevava Daphne.
No, chiaramente non lo ero. Perché non si è mai visto un Serpeverde aiutare qualcuno, neanche un suo compagno di casa, men che meno una Corvonero.
Eppure, mi era sembrato tutto così reale.
 
 
 
 
 
 
Allora…
Prima di tutto vorrei specificare che i pensieri di Luna, sono piuttosto confusi, dato che ho avuto difficoltà ad entrare nella sua testa. M spero di esserci riuscita più o meno bene…
Sul secondo paragrafo non c’è niente da dire, mentre sul terzo… momento di lucidità?
 
Bho…
 
 
Grazie a tutti coloro che recensiscono, ai 3 che hanno messo la storia tra le preferite, ai 2 che l’hanno messa tra le ricordate e a tutti quelli che la seguono. Grazie davvero!
 
 
Questo capitolo che ho ora (7 Aprile) ripostato revisionato è stato betato da Lady Viviana
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Capitolo 9
*** Fix a Heart ***


Fix a Heart



Theodore

Non era stato difficile portare in sala Comune Blaise e Daphne, dato che la maggior parte dei Serpeverde, dal quinto anno in su, l’avevamo appena lasciata nelle segrete e i piccoli non avrebbero fiatato nel vederci rientrare con due nostri compagni svenuti, anche perché non era la prima volta. Ma con la Lovegood le cose si facevano difficili; non volevo lasciare Draco da solo, con una “Ribelle” in giro per il castello, perché, se l’avessero beccato, cosa avrebbe fatto? Di certo non torturala per salvare le apparenze. D’altra parte, però, nella sala comune non poteva entrare: a differenza delle altre Case, da dove tutti uscivano e dove tutti entravano, noi Serpeverde eravamo storicamente emarginati. Nessuno che non fosse una Serpe poteva entrare. Per questo, mentre trasportavo Blaise, inerme, con al mio fianco Pansy che faceva galleggiare Daphne, vidi Draco dirigersi velocemente verso la stanza delle Necessità e lo osservai, per quanto mi fu possibile, finché non scomparve  dalla mia vista. Avevo cercato, da quando ero arrivato ad Hogwarts, di evitare Pansy, di non pensare, di allontanarmi da Pansy da lei e, in quel momento, mi trovai da solo, se non si contavano i due belli addormentati, con Pansy.
“La fortuna è dalla mia parte, oggi.” Mi ritrovai a pensare.
Tenni, perciò, gli occhi fissi su Blaise per quanto possibile, prima che la vista, oscena, del suo mantello mi facesse chiudere gli occhi.
“Orribile, vero?” La voce di Pansy mi riscosse e fu un bene, dato che stavo per andare a sbattere contro una colonna di marmo. Mi scansai in fretta, ma il piede del mio amico la colpì in pieno e dalle sue labbra semichiuse fuoriuscì un lamento. Dalla mia destra, invece, udì una risata non troppo camuffata e, così, scoppiai a ridere anche io, girando verso Pansy, improvvisamente più leggero.
“Devo ammettere, però, che la tua faccia lo è altrettanto. Che hai fatto, Theodore?” Iniziai a preoccuparmi, dato che mi chiamava così solo quando voleva estorcermi la verità, riuscendoci sempre.
Mi resi conto di essere arrossito,  le mie orecchie dovevano essere spaventosamente rosse, perché, in quello, somigliavo sicuramente ad un Weasley.
“Oh, niente.” Risposi, sperando che non si fosse accorta del mio imbarazzo.
Quello, infatti, era un tasto dolente: come avrei potuto dirle che non chiudevo occhio da giorni perché non facevo che pensare a lei? Mi rifugiavo, invece, nella gufiera, perché di notte c’era una bellissima vista, come avevamo scoperto, insieme, quando eravamo al secondo anno.



Novembre 1993 

“Theodore Nott?” Una voce acuta, ma non fastidiosa mi fece girare.
Il coprifuoco era passato da un pezzo e io mi stavo avviando verso la torre di Astronomia.
“Theodore Nott. Sei tu, vero?” Mi chiese quella stessa voce, che apparteneva ad una ragazzina dai lineamenti spigolosi, con capelli lunghi,  marrone scuro e occhi neri.
“Sì, sono io. Tu sei Pansy Parkiston?”
La conoscevo di vista. Era del mio stesso anno, Serpeverde, Purosangue.
Sembrò sorpresa del fatto che io conoscessi il suo nome, ma anche orgogliosa.
“Proprio così. Dove stai andando?” Mi chiese.
“Torre di Astronomia.” Risposi velocemente perché, in tutta onestà, volevo stare da solo. Alla vista del suo sopracciglio inarcato, aggiunsi: “Per vedere le stelle. Lo faccio spesso, sono bellissime, lì. Tu?” 
Lo chiesi per cortesia, più che altro, ma la ragazzina sembrava contenta di parlare con me. 
“Spedisco una lettera. Mi accompagni?”
Il suo sguardo mi fece ricredere.
“Certo.” Risposi. “Perché la spedisci così tardi?” Chiesi subito dopo.
“Mi da fastidio che gli altri mi vedano.” Rispose lei brevemente e capì che non era un argomento che le piaceva approfondire.
“Va bene.” Dissi.
Non ci rivolgemmo parola per tutto il tragitto, ma, una volta arrivati, ci lasciammo sfuggire entrambi un sospiro: lì era bellissimo.
Restammo tutta la notte, ad osservare le stelle e il mattino dopo mi svegliai lì, il mio mantello sotto di noi, stesi per terra, la lettera di Pansy accanto al suo corpo dormiente. Non la svegliai, ma le lasciai il mio mantello, per poi tornare  in sala comune.



“Terra chiama Theodore Nott.” La sua voce era tanto simile a quella che aveva da bambina, che rimasi sorpresa nel vedere una bellissima diciassettenne davanti a me, invece che una piccola, ma non tanto dolce, dodicenne.
“Non mi hai risposto. Che hai fatto?”
Risposi nel modo più sincero possibile, mentre entravamo nella Sala Comune.
“Ho pensato a te. Tutta la notte.” Me ne andai nel dormitorio, contento che ci fossero solo i corpi svenuti dei nostri amici a testimoniare quello che era appena successo e, mentre salivo le scale, sentii lo sguardo penetrante di Pansy, dritto sulla nuca.




Pansy


Salviamo insieme i nostri compagni, iniziamo a ridere e a prendere in giro Blaise come due amici e poi lui se ne esce che pensa a me. Cose dell’altro mondo, quello babbano. Se non lo o conoscessi, penserei sia uno di loro.
Scaraventai con poca grazia Daphne sul suo letto, mentre si esibiva in mugolii insoddisfatti che non considerai neppure, mi buttai in bagno, chiusi a doppia mandata, aprii il rubinetto e girai la manopola verso l’acqua fredda. Appena divenne abbastanza gelida me la buttai sul viso, una, due, tre volte e, poi, crollai a sedere, senza neppure asciugarmi, facendo scendere l’acqua dentro il colletto, fino a farla penetrare nella camicia, senza curarmene, iniziando a piangere senza una ragione precisa. Stavo per crollare e lo sapevo.
Blaise con le sue stupide avance, Theo con le sue frasi criptiche peggio di Albus Silente, Astoria con i suoi sorrisi malefici (perché non c’era altro modo per descriverli). E, ora, Daphne, che stava iniziando a lamentarsi nella stanza accanto.
Da non credere che solo due anni prima fossi concentrata a pensare al bellissimo, purissimo e odiosissimo Draco Malfoy, mentre ora non c’era mai tra i miei pensieri.
Mi tuffai nella doccia e la aprii al massimo sull’acqua bollente, togliendomi velocemente i vestiti. Il viso, prima gelido e ora bollente, stava implorando pietà, così urlai, continuando a farlo per un tempo imprecisato. Urlavo così tanto, a mala pena sovrastata dal rumore della doccia, che mi ci vollero minuti, ore forse, per sentire la voce di Daphne, evidentemente sveglia, che stava per rompere la porta del bagno a furia di pugni, chiamandomi, preoccupata, come una vera amica.
Merlino, si salvi chi può, la fine del mondo è iniziata!




Draco



La stanza delle necessità non mi ispirava pensieri troppo positivi, ma era il posto adatto in cui portare una ragazza che era stata torturata e che doveva scappare dalle malvagie autorità scolastiche.
Arrivato al settimo piano, Luna ancora tra le mie braccia, feci velocemente avanti e indietro davanti alla parete spoglia, pensando intensamente.
Un posto dove nessuno possa entrare, sicuro, comodo e spazioso.
Appena comparve la porta, la spinsi con la spalla e quella si spalancò.
Davanti ai miei occhi apparve una bellissima sala con un grande letto blu e verde, ampie finestre e un camino acceso, accerchiato poltrone dello stesso colore.
Sorrisi nel vedere i colori delle case mie e di Luna insieme: stavano bene, uno vicino all’altro.
Appoggiai la Corvonero sul letto e mi accorsi di libri di guarigione, perfetti per aiutarla.
Ne afferrai uno a caso, iniziando a leggere frettolosamente, senza capire niente, perché non facevo che distrarmi, e osservare Luna e come il fuoco desse ai suoi capelli un’aria infuocata, come nelle sue iridi il mio riflesso apparisse bellissimo.
Nelle sue iridi…
“Luna!” Quasi urlai, dopo aver finalmente capito che si era svegliata.
“Pensavo ci chiamassimo per cognome, ora… Maledizioni e fratture?” Il suo tono, già svagato di suo, si fece ancora più sorpreso, mentre il suo sguardo si posava sulla copertina del libro, che non avevo neppure letto.
Cercai, perciò, di darmi un contegno.
Lovegood, ben svegliata.” E aggiunsi il solito ghigno made in Malfoy.
“Stanza delle necessità?” chiese lei.
“ Sì,la conosci?”
Ero sorpreso, dato che eravamo in pochi a sapere della sua esistenza.
Sorrise, ma non rispose, si stese sul letto e, poco dopo si addormentò; e io rimasi a guardarla, come una falena attirata dalla luce. Perché per me Luna era questo: la mia luce, nel buio più profondo.






 
 
*si nasconde dietro ad una parete per parare gli eventuali colpi e inizia a parlare ad una velocità supersonica*
Scusate, scusate, scusate! Lo so che dovevo aggiornare ieri, solo che sono andata al cinema sapete, ho visto Hunger Gam…
*Sporge la testa e si rende conto che nessuno la calcola.*
Ehm, ehm… allora.
Nuovo capitolo, eh?
È molto incentrato sulla Pansy/Theodore, spero vi piaccia. La fine, però, è rigorosamente Draco/Luna!
Lasciatemi tante recensioni belle!
 
Come dicevo prima, sono andata a vedere Hunger Games, la ragazza di fuoco.
Merlino, quanto è bello! Per chi l’ha visto, che ve ne pare?
Per chi non l’ha visto, che state aspettando??
 
Vi voglio beneeee!
 
Questo capitolo che ho ora (13 Aprile) ripostato revisionato è stato betato da Lady Viviana
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Capitolo 10
*** My one true love ***


You are my one true love.


Blaise

Dopo il succo di zucca e il caffe, i miei capelli erano sempre più belli, ma il mio morale rimaneva sempre a terra: mancavano tre giorni alla fine della scommessa, alla perdita del mio orgoglio e di 20 galeoni.
Dopo due tentativi falliti, non avevo osato fare nulla. Avevo iniziato a lavarmi i capelli con uno shampoo di mia invenzione -Zucca e Caffè, di meglio non c’è!-, ma avevo deciso di non rischiare che Pansy mi lanciasse una frattura, invece che qualche bevanda miracolosa.
Avevo bisogno, quindi, di un’idea geniale, qualcosa di eccezionale, meraviglioso, micidiale, a cui sarebbe stato impossibile dire di no.
Quindi, chiaramente, non potevo essere io a pensarlo.
Ma conoscevo un persona che faceva al caso mio, la miglior cupido di mia conoscenza, brillante Serpeverde, calcolatrice ed economica: Millicent Bulstrode.
Appena quest’idea mi sfiorò la mente, mi scaraventai fuori dal letto e corsi in sala comune.
Millicent! Urlai, con la mia voce soave.
“Zabini.” Mi rispose lei, pacata.
“Ho bisogno del tuo aiuto.” 
Lei sorrise, soddisfatta.
                                                                  ***

Avevo tutto il piano in testa. Quello era l’ultimo giorno della scommessa e io avevo tutto il piano in testa.
Millicent aveva voluto fare all’ultimo e, da brava perfezionista, accertarsi che tutto filasse liscio.
Fortuna volle che il 2 ottobre fosse sabato. 
Alle otto di mattina del sabato, di solito, io dormo e anche alla grande. Ma, meglio svegliarsi alle otto di sabato, che alle cinque di lunedì, no?
Questo era quello che cercavo di tenere continuamente a mente, mente avanzavo verso la sala Grande deserta, alle 7.59 del 2 ottobre, alle calcagna di Millicent.
Appena entrammo, lei si voltò verso di me e mi guardò con aria di sufficienza.
“Sai cosa fare.” Disse soltanto.
Allora io diventai improvvisamente lucido, afferrai la bacchetta e la puntai verso le nuvole, scavando nella memoria per trovare la formula esatta che mi rendesse padrone di esse, mentre la mia compare passava tra i tavoli disseminando petali di rosa.
“Fatto!” esclamai, quando conclusi il mio lavoro.
Bulstrode mi guardò in cagnesco, cosa che le riusciva benissimo, data la faccia e io cercai di non indietreggiare di fronte a quello sguardo e di darmi un’espressione quanto più altezzosa possibile, mentre impugnavo la bacchetta e iniziavo a costruire sculture di ghiaccio.
Alle 10.00 avevamo finito.
Appena in tempo, perché Millicent non si era ancora ben posizionata davanti alla porta della sala Grande che un paio di Tassorosso del quarto anno comparvero, chiaramente intenzionato ad entrare.
“Contro il muro, forza e non discutete: oggi assisterete alla più bella dichiarazione d’amore della storia, perciò vedete di non intralciare.” Lo disse con voce ferma e lo ripeté altre cento volte, fino a quando non furono le undici e Pansy Parkiston apparve sulla soglia, accompagnata dalla più piccola delle Greengrass.
Vedendo la folla, incarnò un sopracciglio, mentre Astoria chiaramente elaborava cosa stesse succedendo.
“Caaara Pansy, da questa parte.” Disse Millicent.
Pansy entrò, sempre più confusa, nella sala, dove io la stavo aspettando.


Pansy

Il mio cervello rielaborava al rilento quello che mi stava intorno: statue di ghiaccio, bellissime, petali di rosa sparsi ovunque, rosa bianca, la mia preferita e Blaise Zabini, con l’uniforme più sexy del suo repertorio, che si stava avvicinando.
“Credo di non essere bravo a parlare, dato l’esito dei miei due precedenti tentativi, ma spero lo stesso tu sia disposta a darmi un’occasione.”
“Ma credo che sia meglio per te guardare.”
Detto questo, mi prese il mento e lo spostò delicatamente verso l’alto, facendomi venire la pelle d’oca: il soffitto della Sala Grande era solito riflettere il tempo che c’era oltre le mura del castello, senza, però, bagnarci con la pioggia, o farci morire di caldo nel caso di un sole scottante. Quel giorno, però, il tempo era nuvoloso, ma dubitavo che sulle nuvole fosse apparsa casualmente la scritta.
-mia eccezionale amica, mio unico amore, vuoi tu..-*
A questo punto non riuscii più a leggere: mi sembrava tanto una proposta di matrimonio!
Ma rialzai comunque la testa e rimasi ancora più allibita.
-…accompagnarmi ad Hogsmeade?-
Non sapevo se tirare un sospiro di sollievo o mettermi ad urlare: come si faceva a rovinare una così bella dichiarazione d’amore?
Sentii diversi borbottii fuori dalla Sala Grande, nonché alcuni sospiri, probabilmente appartenenti a languide Tassorosso.
Alla fine presi una decisione e, senza guardare Blaise, tirai fuori la bacchetta, la puntai al cielo e scrissi la mia condanna a morte.
-Sì-



Theo

Se appena venti secondi prima stavo per sganciarmi dalle risate davanti all’ovvio insuccesso di Blaise, in quel momento la mia mascella stava toccando terra: ero sconvolto.
Pansy aveva detto di sì a Blaise, dopo tutto quello che le aveva fatto, dopo tutto quello che aveva detto.
Pansy, la mia Pansy.
Se non fossi stato un uomo virile, sarei scoppiato in lacrime, ma io, naturalmente, ero un uomo molto virile.
Meglio non farsi notare, mentre si piange come una mocciosa.
Pensai questo, mentre tornavo in Sala Comune, con un inusuale groppo in gola.



Daphne

Se in mezzo a tutta quella folla fossi riuscita a scorgere la testa platinata di Draco Malfoy, probabilmente lo avrei baciato di nuovo, senza pensare alle conseguenze. Per fortuna -o sfortuna, dipende dai punti di vista- non l’avevo visto.
Ma, per qualche strana ragione, ero in prima fila, mentre Blaise faceva la pseudo-dichiarazione a Pansy, in prima fila a vederla accettare.
Quella non era una bella giornata, decretai, quando sentii la cena abbondante della sera prima risalire in un conato di vomito. Non lo era affatto, pensai, quando vidi Astoria dedicarmi un sorriso di scherno.
Ma forse può migliorare.
Mi dissi, quando sentii un bruciore sulla coscia, all’altezza della mia tasca.
Senza farmi notare, mi allontanai, intercettando brevemente il sorriso di Ginny, poco lontano, trovai un luogo appartato e tirai fuori la moneta: l’incontro era fissato per quel pomeriggio e io sospirai di sollievo, pensando che, forse, sarei riuscita a trovare un po’ di pace, insieme ai miei amici. Perché, ormai, non c’era altro modo per definire Ginny, Luna, Neville, Hannah, Seamus, Lavanda.
Amici: nuovi amici e, di conseguenza, nuova vita, che non stava andando a rotoli.
Avevo nuovo sorelle, e nuove amiche, e c’erano altri ragazzi, anche se nessuno era come gli originali, nessuna come Astoria, nessuno come Blaise.
Ma, forse, visto come erano andate le cose, era meglio così.


Astoria

Il mio piano aveva funzionato. Certo, avevo perso 20 galeoni, ma Blaise ce l’aveva fatta, e l’occhiata triste che ero riuscita a captare da Daphne era sufficiente per capire che stava soffrendo.
Se lo meritava. O forse no. Che fai Astoria, provi sensi di colpa?
Rimossi quell’idea dalla mente, mentre si riformava, per l’ennesima volta, l’immagine di Draco e Daphne.
Nessun senso di colpa, non per lei.




 
 
*frase presa da Glee 5x1, dalla proposta di matrimonio Kaine.
 
Allora…. Buon Natale! Puntuale come al solito, non è vero?
Vabbè. A parte gli scherzi, scusate per l’enorme ritardo.
In questi giorno ho fatto solo compiti in classe, o cene natalizie. Che stress.
Ora, parlando del capitolo… si è notato che amo Glee?
È interamente dedicato agli Slyterin… che genio Blaise, e Millicent!
Quella povera crista di Pansy non se la caverà a buon mercato stavolta, eh no!
*SorrisoMalvagio*
Theo e Daphne rimarranno 4ever alone.
Si, gli voglio bene.
Astoria is so a Bitch!
Ahahahah…
Passando alle recensioni.
Punto primo:
mi state deprimendo… sono pochissime, e nell’ultimi due capitoli neppure una!
Punto secondo:
è la prima FF che scrivo, e so di dover migliorare. Se la storia non vi piace, ditemi dove sbaglio, ma vi prego, non lasciatemi appesa!
Anche qualche complimento non guasterebbe,  però!
*FacciaDaCucciolo*
Grazie mille a chi segue/preferisce/ricorda/recensisce.
Vi voglio bene
 
Questo capitolo che ho ora (13 Aprile) ripostato revisionato è stato betato da Lady Viviana
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Capitolo 11
*** Memories ***


Memories


Luna

Durante il primo mese di scuola del sesto anno, capii cinque cose su Draco Malfoy. La prima era: mai prenderlo in giro per il suo nome.

5 Settembre

“Ciao Drà.” In tutta onestà, credo che Draco non si abituerà mai ai miei arrivi improvvisi, perché erano tre giorni che non faceva che saltare ogni volta che mi avvicinavo senza annunciarmi alla sua personalissima segretaria, Pansy Parkiston.
“Luna.” Fu inflessibile come al solito, notai, perché assunse la solita aria pomposa, che usava ogni volta che mi parlava.
“Perché ti chiami Draco?” Chiesi io. Mi sembrò una domanda innocua, una come un’altra: era un nome strano.
“Scusami?” Lo vidi irrigidirsi, ma non me ne curai.
“No, non ti scuso. Stai più attento quando parlo. Dicevo, tuo padre per caso non sa scrivere la ‘g’? Perché non capisco perché ti abbiano chiamato ‘Draco’: è ridicolo.”
Dato il fumo che gli usciva dalle orecchie, capii che forse si era arrabbiato, ma feci finta di nulla e continuai a parlare.
“Visto? Ti esce anche il fumo dalle orecchie! Sei un Drago nato! Mica un Draco…” 
Alla vista della sua faccia sconvolta scoppiai a ridere: la sua pelle solitamente candida si era colorata di un tenue rosa (impossibile far arrossire un Malfoy) e i suoi occhi erano velati di qualcosa che non sapevo distinguere, rabbia, o magari imbarazzo, al punto che mi sembrarono blu. Le sue mani tremavano e le sue labbra erano ridotte ad una striscia sottile di pelle, rossa come non l’avevo mai vista.
“Hai le labbra rossissime, Drago,  hai per caso provato ad usare il rossetto di Pansy?”
Prenderlo in giro era un tale divertimento: quando pronunciai quelle parole, iniziò a passarsi la lingua tra le labbra, come a voler cancellare i residui di rossetto; e solo quando scoppiai in una fragorosa risata, smise di leccarsi le labbra color ciliegia e mi guardò con astio.
“Lovegood, la tua spiritosaggine è di quanto più atroce io abbia mai sentito. Te ne prego, lascia questa sala, in quanto non ti appartiene e ritorna a gingillarti di oggetti inutili quali quelli che porti al collo.”
Ci misi qualche istante a decifrare le sue parole, ma, quando le capii, iniziai a ridere ancora più forte.
Avevo capito così la seconda cosa da non dimenticare su Drago Malfoy: quando si irrita, parla in modo pomposo, come un signore dell’Ottocento.
Chiaramente il Serpeverde non aveva colto l’ilarità del momento, dato che continuava ad indicarmi la porta, ma io ignorai il suo volere e restai nella magnifica stanza da Caposcuola, nei sotterranei Serpeverde.
“Drago! Non mi hai ancora detto perché ti hanno chiamato con un nome così ridicolo… ho fatto centro? Tuo padre non sa scrivere la ‘g’?”
Ora il mio Draguccio mi osservava con il sopracciglio platinato alzato.
“Esattamente, Lovegood, perché sei entrata nella mia stanza?”
E poi davano a me della stupida.
“Per stare con te e alleviare il dolore che il nome ti causa costantemente…” Dissi con aria di ovvietà: d’altronde, per cos’altro potevo essere andata nella tana del lupo?
“Non credi che sia compromettente? L’eroina della scuola, la Corvonero migliore amica della Rossa e di Pacioccoso, che trascorre i suoi pomeriggi con il Re delle Serpi, il Mangiamorte Draco Malfoy?”
Il suo discorso non faceva una piega, ma a me tutto ciò non importava.
“Vedo che sei così delicato sulla questione del tuo nome che cerchi di svincolare…” continuai a parlare, senza emettere nessun suono. Alzai la testa verso il platinato e vidi che stava riponendo la sua bacchetta dentro il mantello, così afferrai la mia per spezzare l’incantesimo, quando quella mi volò via di mano: in quel momento la bacchetta di Malfoy era puntata verso di me, che teneva con la sinistra la mia. Decisi di non dargliela vinta: sul suo comodino c’era una boccetta di inchiostro, lì a fianco una piuma. La intinsi nel calamaio e scrissi sul copriletto del Caposcuola, mentre questo mi guardava sconvolto.
‘Non mi vuoi far parlare? Bene. Sai come si dice: verba volant scipta manent…’
Passai tutto il tempo a scrivere le mie teorie sul nome di Draco sul suo copriletto.
Alle 21.00, l’ora di cena, mi restituì voce e bacchetta, per poi andarsene, chiudendomi dentro la stanza. Non conoscevo la magia che aveva usato, così non riuscii ad aprirla, ma rimasi tutto il tempo, fino al suo ritorno, ad osservare la scritta che aveva lasciato sul muro.
‘Luna Lovegood Vs Draco Malfoy: scommetto che riuscirò a trovare più stranezze nel tuo nome che tu nel mio…’
Ogni minuto o quasi, al muro si aggiungeva un altro motivo per cui il mio nome era strano e il perché me lo avessero affibbiato finché , quando finì di magiare e ritornò in camera le frasi smisero di scriversi; dopo, mi spiegò che era un incantesimo grazie al quale quello che pensava si scriveva sulla superfice che desiderava. Alla fine lui aveva scritto 1000 ragioni per il quale il mio nome era strano, mentre io 1001. Passò il resto della serata a rincorrermi per il Castello senza, fortunatamente, essere scoperto da Gazza.


In un mese il nostro rapporto era cambiato radicalmente; o meglio, la nostra amicizia: cos’altro poteva essere se mi aveva dato un solo mese l’opportunità di scoprire che Draco Malfoy odia i suoi capelli biondi?

15 Settembre.

“Non ho ancora capito perché ogni pomeriggio tu ti presenti in camera mia e fingi di studiare!”
La voce di Draco era all’apparenza seccata, ma io sapevo che in realtà era per nascondere il suo divertimento.
“E io non ho capito perché, se sai che verrò e ti da tanto fastidio, non ti decidi a chiudere quella porta.”
Gli sorrisi, mentre mi stendevo sul suo letto a pancia in giù e aprivo il mio libro di pozioni.
“E poi ho bisogno del tuo aiuto in pozioni! Piton diceva sempre che avrei avuto E in Pozioni quando lui sarebbe diventato un cantante Rap Babbano e Lumacorno non si avvicina più ai miei intrugli, da quando, l’ultima volta, gliene ho fatto scoppiare in faccia uno! Ma non è colpa mia, giuro! Sono i Gorgosprizzi che mi intralciano: forse, vedendo che sto con te, smetteranno…”
Lo guardai mentre sbuffava, per dissimulare un sorriso e si scacciava via dalla fonte una ciocca di capelli.
“Che belli i tuoi capelli!” Dissi io. Erano color platino, a differenza dei miei, che erano biondo sporco. Lui sbuffò ancora, ma stavolta non nascondeva nessun sorriso, anzi, sembrava piuttosto irritato.
“Che c’è Dracuccio bello?” 
Avevo deciso di affibbiargli quel nomignolo quando lui si era mostrato piuttosto insofferente alla mia idea precedente ‘Draghetto Cuccioloso’: chissà perché non gli era piaciuto.
“I miei capelli non sono belli, Luna. Sono biondi, troppo ed estremamente appariscenti.” Disse lui, in un moto di stizza.
“Già.” Decretai. “Non è fantastico?”
“No, non è fantastico.” Immagino fosse abituato ad essere in totale disaccordo con me, perché assunse il tono paziente di chi sta cercando di spiegare qualcosa ad una persona terribilmente cocciuta, che in quel caso ero io. Oh, nespole!
“E che c’è di non-fantastico?” Chiesi.
“Sono troppo, come un marchio. Solo i Malfoy hanno questi capelli e i Malfoy sono dei Mangiamorte: è un dato di fatto e i capelli non fanno che segnare la mia appartenenza a qualcosa e io non posso farci nulla. Come il Marchio Nero: io e la mia famiglia non potevamo andare contro il Signore Oscuro, sono stato costretto e così per questi capelli.”
Lo guardai. La sua vita sembrava piuttosto complicata.
“Aspettami qui” Urlai, mentre uscivo velocemente fuori dalla sua stanza; risalii le scale che portavano alla mia torre, risposi alla domanda per entrare (erano fermi davanti alla porta parecchi primini che evidentemente non sapevano rispondere, anche se era molto semplice)
“La state vivendo” Risposi in un lampo: “La Guerra.”
Entrai nella mia stanza e, 5 minuti dopo, ero di nuovo nella stanza del Principino-Scontento-Dei-Suoi-Capelli.
“I Babbani le chiamano tinte per capelli. Ci sono molti più mori nella nostra scuola rispetto ai biondi: che te ne pare se per il prossimo fine settimana ci trasformassimo in un affascinante mora e in un tenebroso moretto?”
Gli sventolai sotto il naso l’intruglio Babbano, dai più considerata una banale tinta economica. Ma meglio non dirgli che i suoi capelli stavano per essere camuffati da qualcosa che valeva meno di 10.000 galeoni…
“Va bene.” Lo disse quasi come se stesse assecondando il desiderio di un bambino piccolo. E io che gli stavo facendo un favore! “Ma solo per stasera. Abbiamo 4 ore da vivere come persone more. Per la cena, io, almeno, sarò tornato normale.”
Accettai di buon grado la sua condizione e mi diedi da fare.
 
 Un’altra cosa che è fondamentale conoscere su Draco Malfoy, se sei sua “amica”, è che vorrebbe diventare un Guaritore.

20 Settembre.

“Dracuccio Bello!” Esclamai, appena entrai nella sua stanza; lui fece un balzo enorme sul letto, per poi ritornare inflessibile come sempre.
“Ciao Luna.”
Lo disse con voce piatta, incolore, tanto che mi preoccupai.
“Stai male?” Per qualche motivo ero diventata improvvisamente ansiosa, come se mi preoccupassi per lui. Impossibile!
Poi guardai la copertina del libro che stava leggendo: Mille problemi, mille pozioni. Sembrava il libro più noioso della storia.
“No, Luna, sto bene, sto studiando Pozioni, non ti interessa.”  Disse lui.
“Certo che non mi interessa! È la materia che più odio in assoluto. Sul serio, Draco, non capisco perché  continui ad applicarti tanto…”
“Guaritore.” Lo disse a voce così bassa, che pensai di essermelo inventato, ma non c’erano dubbi: aveva detto ‘Guaritore’. Oh, nespole!
“Vuoi fare il guaritore?” Chiesi, anche se era chiara la risposta; perché, se provavo ad immaginare Draco Malfoy dopo la scuola, lo vedevo a fare un lavoro d’ufficio, nel suo completo grigio, coordinato ai suoi occhi, con una moglie casalinga e un bambino con bellissimi occhi grigi e i capelli biondo sporco.
Biondo Platino. Non sporco, come i miei! Comunque, quando continuò a parlare, ero tutta orecchie.
“Sai, lo sogno da quando ero bambino e ora anche di più.” Disse. “Voglio curare coloro che mio padre o i suoi compari feriscono.”
“Curerai anche me?” Come al solito, le parole uscirono dalla mia bocca prima che io potessi controllarle.
“No, perché non permetterò a nessuno di farti del male. Men che meno a mio padre.” Disse e subito dopo un rosa delicato si diffuse sulle sue guance, ma io non dissi niente e fissai il mio sguardo a terra, sicura che, invece, le mie guance fossero diventate due braci.
Riprese a studiare il suo libro, mentre io cercai di concentrarmi sulle pagine del mio testo di trasfigurazione, che parlava di Animagus, ma sentivo il suo sguardo fisso su di me e, appena lo distoglieva, ero io a puntarglielo addosso; sorprendente è il fatto che, durante tutto il pomeriggio, non si incontrarono mai.
 
 Studiare gli Animagi fu molto interessante, anche perché mi aiutò a scoprire il quinto segreto di Draco Malfoy, che gli altri non conoscevano: se fosse stato un Animago, non sarebbe stato un furetto platinato, bensì un gatto nero.


 1° Ottobre

Entrai in camera di Draco senza salutare, sbattendo i libri sulla sua scrivania e lui, dopo essere quasi caduto dal letto per lo spavento, si esibì in una bellissima scena al rallentatore, per darsi un contegno e  poi fermarsi a guardarmi altezzoso.
“Luna. Giornata nera?” Disse, ma se ne pentì subito.
“Sì, va bene? Neville sta sempre insieme a Hannah e non mi considera, Ginny si atteggia a paladina delle cause perse, ostentando una fierezza che è più falsa del tuo tono altezzoso e sembra che tutti pensino che io sia l’ultima ruota di scorta: non sarò fiera come Ginny e non avrò avuto un cambiamento radicale come Neville, ma…”
“Vorresti qualcosa che ti renda speciale.” Disse lui, con un sospiro.
“Sì.” Risposi.
“Ma io voglio qualcosa che mi renda speciale in modo positivo; tutti pensano che io sia anormale, pazza, però io non voglio che mi considerino così, ma speciale.”
“Stai studiando gli Animagi, vero?” Chiese in modo innocente, come se volesse farmi sbollire la rabbia, ma dal suo sorriso malandrino capii che stava pensando a qualcosa di ben più grosso.
“Sì.” Sorrise ancora di più, in un modo quasi inquietante.
“Fammi vedere il libro.”
“Lo sai che è una pazzia, vero? Perché è praticamente impossibile riuscirci: non siamo abbastanza potenti e, comunque, ci sono soltanto pochi mesi da qui alla fine dell’anno e  io vorrei qualcosa che mi rendesse speciale prima degli ottant’anni, grazie.” Lo dissi nel modo più scorbutico possibile, mentre in realtà ero lusingata dal suo impegno per farmi stare meglio.
“Tu in cosa vorresti trasformarti?”
“Non possiamo sceglierlo, lo sai! Dipende dal carattere.”
“Ma tu conosci il tuo carattere. Perciò rettifico: in cosa ti trasformerai, Luna Lovegood?”
Ci pensai su, perché era una domanda difficile: il mio carattere a che animale mi faceva somigliare? 
Avevo sempre amato gli uccelli, perché potevano volare e io cercavo sempre di scavalcare i miei limiti, “volando” ogni giorno, ma non sfidavo mai la forza di gravità, anche se sarebbe stato bello farlo.
“In un’aquila.” Lo dissi con il cuore, perciò probabilmente era vero.
“E tu?” 
Lo vidi riflettere per un tempo interminabile.
“In un gatto nero. Gli estranei pensano che io sia maledetto, ma chi mi conosce sa che conservo solo la mia integrità, cercando di camminare sempre orgoglioso.”
“Io avevo un gatto nero. Mia madre lo comprò quando avevo quattro anni, era il mio peluche preferito, anche se era un essere vivente e non un insieme di stoffa. Quando è morta, è scomparso.” Dissi senza pensare. Come la maggior parte delle cose che dicevo, era scappato via dalle mie labbra.
“Allora vuol dire che sarò il tuo gatto nero.” Forse anche lui stava parlando senza pensare, perché non mi sarei mai aspettata una cosa simile, come non mi sarei mai aspettata di sentirlo più vicino del previsto e di avvertire le sue dita alzarmi il mento con delicatezza e le sue labbra sfiorare le mie, forse perché aveva smesso di essere Draco Malfoy, il Re-delle-Serpi, il furetto e aveva incominciato ad essere il mio orgoglioso gatto nero.

Mi riscossi dai miei pensieri velocemente: erano stati i momenti più belli della mia vita e li avevo passati con Draco Malfoy.
Mi alzai e mi misi davanti allo specchio, come se ci fosse stato qualcosa che avrei dovuto notare e, infatti, il mio corpo stava brillando e, come se fossero un illusione ottica, delle ali apparvero sulla mia schiena; scomparvero subito, ma io stavo esultando.
Un Aquila! Stavo diventando un Aquila!
“Luna?” Era Melissa, la mia compagna di casa.
“Sì?” Dissi.
“Sai che è l’una, vero? È tardissimo! Vai a dormire, domani è Sabato, avrai tutto il tempo per delirare.” La battuta pungente di Melissa non mi sfiorò neppure.
“Certo, Melissa… Buonanotte!”
Non ero mai stata più felice.
 
 
 
 
Vorrei specificare, che mi è appena passata la febbre! Cioè, gente mi è passata in appena due giorni. E avevo 39!
Questo capitolo è il Fluff, lo so… O.O
Tutto dal punto di vista di Luna, i suoi ricordi sono per compensare il salto di mese.
Devo dire che sono molto soddisfatta… spero piaccia anche a voi…
Grazie mille a chi a recensito allo scorso capitolo, per favore, non abbandonatemi proprio ora, ci tengo molto a questo capitolo.
 
Grazie davvero, per tutto!
Vi voglio bene!
 
 
Questo capitolo che ho ora (19 Aprile) ripostato revisionato è stato betato da Lady Viviana
Lady Viviana su Efp: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=146007

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Capitolo 12
*** Memories (Draco) ***


Memories (Draco)

Draco

Quella mattina era la più noiosa della storia: era Sabato, non c’erano le lezioni e io mi stavo deprimendo sul divano; neppure la mia avventura in Sala Grande aveva portato grandi frutti. Avevo, infatti, assistito alla squallida dichiarazione -se così si poteva definire- di Blaise a Pansy, lei che accettava le avance e un Theo depresso alle prese con il primo amore e stavo iniziando a dubitare delle mie capacità nello scegliere gli amici: prima Tiger e Goyle -se solo avessero un cervello…- poi Blaise e Theo, che non facevano che rubarsi le ragazze a vicenda e piangersi addosso.
Forse il problema era che li sceglievo in coppia.
Tornai a deprimermi sul letto. Avevo perso il senno, era meglio ritornare a leggere “Mille Problemi, Mille Pozioni”. Alla vista del tomo il mio cuore perse un battito: Luna. A rendere la mia giornata estremamente noiosa era anche il non poterla guardare sedersi in Sala Grande, fare finta di non notarla mentre camminava davanti a me, o mentre si dirigeva a lezione, e osservare i suoi movimenti e le sue stranezze. Per fortuna dovevo soltanto aspettare il pomeriggio, per vederla aprire la porta, fiondarsi sul divanetto verde e argento e aprire il libro di Trasfigurazione.  
Proprio come quel giorno…

3 Settembre

Quando la porta si spalancò, lasciai cadere a terra il calamaio, sporcando parte del tappeto d’inchiostro; ero già pronto a lanciare maledizioni contro Blaise, che era solito arrivare in camera come un tornado per farmi scegliere quale mantello si abbinava meglio ai suoi occhi, quando i miei occhi visualizzarono, invece, Luna Lovegood.
“Ciao, Draco.” Lo disse così calma che non potei fare a meno di osservarla ancora più scioccato.
“Lovegood?” Chiesi, quasi a conferma.
“Dimmi, Draco, come hai deciso di volermi chiamare? Perché sono abbastanza confusa a riguardo…”
Ignorai bellamente la domanda, chiaramente ironica e le chiesi, con astio del tutto giustificato:
“Che ci fai qui?”
Lei mi guardò come se fossi uno stupido. Io? Uno stupido?
“Ti spio. Bisogna sempre tenere sotto controllo il nemico…” Disse lei.
Mi irrigidii: per qualche strana ragione speravo in un’ altra risposta. “Il Nemico”. Le sue parole mi rimbombavano nella testa. La guardai e lei rispose al mio sguardo alzando un sopracciglio, non comprendendo perché me la fossi presa così tanto da non fare almeno un ghigno dei miei.
“Veramente volevo solo fuggire dalle mie compagne di stanza. Sanno essere davvero cattive, a volte…”  Lo disse con tono leggero, ma, per la prima volta, vidi negli occhi di Luna qualcosa di più intenso dell’assenza totale dalla realtà: il dolore. Capii, per la prima volta quel giorno, che non eravamo troppo diversi noi due: io sopportavo coloro che mi guardavano, vedendo in me solo un Mangiamorte e lei sopportava coloro che la guardavano, considerandola una stupida.
“E come mai sei venuta qui?” Mi sembrava una domanda lecita, ma, evidentemente, non lo era per lei che aveva un modo tutto suo di mettermi in soggezione.
“Se ci fosse, sarei andata da Hermione. Sarebbe stata una Caposcuola e avrebbe avuto una camera singola come te, quindi…”
“Hermione, eh?” Non riuscivo a capire il nesso.
“Un po’ irritante a volte, ma una buona amica. Certo, non vede al di là dei suoi libri, ma ci si può lavorare…”
“E, dato che non c’è lei, sei venuta da me.” La interruppi.
“No, stavo andando da Pansy. Sono venuta per un saluto.”
La guardai stralunato, prima di rendermi conto che era ironico, di nuovo: quella ragazza mi sembrava troppo schietta per essere ironica, eppure eccola qui, a prendermi allegramente in giro.
“E sei venuta qui per raccontarmi i tuoi drammi adolescenziali?” Le feci un sorriso beffardo, che non considerò.
“No, perché finiremmo col parlare dei tuoi. Sono venuta perché voglio studiare pozioni. Non sono particolarmente portata, ma dicono che tu lo sia.”
Non sapevo se essere offeso per la prima parte o lusingato per la seconda, così le strappai il libro di mano.
‘Distillato della Morte Vivente’ recitava: era una delle mie preferite.
“Oh, è facile. Vieni qui, ho tutti gli ingredienti…”
Fu il pomeriggio più strano della mia vita: era un disastro in pozioni e sudai sette camice per farle capire che non poteva girare la pozione a ritmo di musica, ma mi rese felice come non aveva mai fatto nessuno.
Mai, però, mi sarei immaginato che sarebbe venuta anche il giorno seguente. Invece era quasi un mese che ogni pomeriggio –dal lunedì al sabato, dalle cinque alle sette- che si rintanava in camera mia, portando i compiti, che puntualmente la aiutavo a fare.
Io, Draco Malfoy, aiutavo Luna Lovegood a fare i compiti: da un momento all’altro i Weasley sarebbero diventati ricchi, Potter si sarebbe convertito al lato Oscuro e la Granger avrebbe smesso di essere una So-Tutto-Io.
Stavo impazzendo, se durante il tempo libero pensavo a Sfregiato, Sfigato e Zannuta.
Ma, in realtà, stavo soltanto facendo di tutto per non pensare a quello. Come se fosse possibile.

1° Ottobre

La Giornata nera di Luna si stava trasformando probabilmente nella mia giornata più bella: non perché ci fosse lei, ma perché l’idea di diventare Animago non sembrava irraggiungibile. Non avevo alcun dubbio sul fatto che io mi sarei trasformato in un gatto nero: la gente mi paragonava alla specie felina continuamente e io, d'altronde, ero nero, nell’anima. Guardai Luna tutta concentrata sul suo libro di trasfigurazione: se avessi saputo che per farla stare zitta bisognava proporle una Mission Impossible, l’avrei fatto più spesso. Era seduta per terra, ai piedi del letto e dalla mia posizione sembrava che si fosse addormentata sul libro, cosa non impossibile, per altro, mentre io ero in piedi, appoggiato alla libreria. La maggior parte dei tomi era di pozioni, ma ne avevo non pochi anche di Trasfigurazione, essendo queste le due materie che più servivano ad un Guaritore.
Era bizzarro come Luna riuscisse a farmi uscire tutti i miei segreti di bocca: avevo detto solo a lei che volevo diventare un Guaritore, e che dentro mi sentivo un gatto nero e avevamo passato un intero pomeriggio a parlare delle nostre infanzie, invece che studiare Storia della Magia. Era l’ultima persona a cui avrei mai immaginato di parlarne e avevo scoperto che avevamo moltissime cose in comune. 
Mi fermai a studiare la sua figura: era bella, la Lovegood, anche se non me n’ero mai accorto, magra, con i lunghi capelli biondo sporco e i grandi occhi, di quel colore grigio e azzurro. In quel momento, però, non li vedevo, vedevo solo le palpebre chiare e le ciglia lunghe e fu strano rendermi conto che trovavo belle anche quelle. Quando mi avvicinai, mi resi conto di essere più sicuro di me di quanto mi aspettassi. Le presi il mento tra le dita e osservai  i suoi occhi confusi spalancarsi sempre di più mentre mi avvicinavo.
Deve essere stata una cosa molto veloce, ma per me durò millenni.
Le sue labbra erano piccole, non come le mie sottili come le mie, ma piene, a forma di cuore. Quando le sfiorai con le mie, mi accorsi che, per la prima volta nella mia vita, avevo paura di sbagliare con una ragazza: non erano i soliti movimenti, le solite battute, quelle che facevo con lei, persino i baci erano diversi! Quando mi staccai, la prima cosa che pensai fu:
*Ora scappa*
Invece non lo fece: rimase ferma a guardarmi, prima di aprirsi in un timido sorriso e dirmi, molto pacatamente, che le stavo coprendo la visuale del libro.
Mi spostai di scatto e ritornai a leggere il mio, come lei il suo; il resto del pomeriggio passò in un lampo. Lessi tanto e, poi, ci scambiammo le varie informazioni.
Pensavo fosse finita lì, con la storia del bacio, che non ci fosse nessuna conseguenza, invece, prima di andarsene, me ne stampò uno sulle labbra.
E allora sì, che corse via.

Quei pensieri mi rendevano stranamente felice, il mio corpo vibrava e la mia mente stava riassaporava tutti i giorni che avevo passato con lei.
Il libro era dimenticato sul comodino. Quando la porta si aprì, ero pronto: non sarei saltato, non quella volta, non con lei.
Ero fermo sul letto e avevo recuperato il libro, perché non volevo che capisse che stavo pensando a lei, quando vidi Blaise affacciarsi alla porta.
“Ehi, Drà, sai la novità?”
Non volendo deluderlo, gli regalai uno dei miei ghigni. “Ma certo, Blaise, bella sceneggiata!”
“Lo so, Millicent è un genio!” Mentre Blaise si lanciava in un accurata descrizione di come era stato tutto preparato per far cadere Pansy nella sua rete, io osservai un foglio che era caduto dal libro, ma che, in tutta la mattina, non avevo notato.
‘A domani, Dracuccio Bello.’ Era di Luna.
Iniziai a sorridere come un ebete, come capii dalla faccia strana che mi rivolse Blaise, prima di andarsene. Gli avrei raccontato tutto, prima o poi. Era il mio migliore amico, dopotutto.


 
 
 
Buon 2014!
Ieri ho finito di vedere la terza stagione di Glee
*Siasciugalelacrime*
Che cosa significa che Kurt non è stato ammesso?
*facciaimbufalita*
 
Cieè, stiamo parlando di Kurt Hummel, interpretato dal meraviglioso Chris Colfer!
 
Parlando del capitolo:
 
Vorrei ringraziare Mirae e ElectraElthanin_Slytherin che mi hanno lasciato due bellissime recensioni!
Vorrei anche specificare che domani parto, perciò ci si risente il 7, per poi ritornare a postare una volta alla settimana (Da vedere il giorno)
 
Grazie mille a tutti coloro che seguono, recensiscono etc…
Siete eccezionali.
 
È tutto.
Grazie a tutti quelli che perdono tempo, leggendo questa storia.
 
Questo capitolo che ho ora (20 Aprile) ripostato revisionato è stato betato da Lady Viviana
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Capitolo 13
*** Thank to you ***


Thank to you


Neville

La consapevolezza di non essere un ragazzo sveglio mi colpì con più forza del dovuto e, anche se non so come lo capii, non si poteva negare che per prima cosa, Daphne era entrata a far parte dell’ES. Certo, era successo a Settembre e, allora, era ottobre, ma fu proprio quel 2 ottobre che quella consapevolezza iniziò a farsi strada dentro di me: una Serpeverde dalla parte dei buoni. Il mondo stava girando alla rovescia, per caso?
Poi, Ginny che diventava la migliore amica della suddetta Daphne -che senso aveva usare quei paroloni, se poi non mi rendevo conto un mese dopo di quanto mi accadeva sotto il mio naso?-. Proprio così: la Grifondoro migliore amica della Serpeverde.
Senza contare lo scoop: Luna. Luna Lovegood, la mia migliore amica, la persona di cui mi fidavo più al mondo, colei a cui avevo confessato tutti i miei segreti si vedeva da un mese con Draco Malfoy nella stanza di lui. Quando compresi questi tre semplici fattori, il primo messaggio che mi inviò il cervello, fu: “Sei finito, amico”. Quanto aveva ragione.
Per questo, quella mattina mi ero svegliato ed avevo deciso di convocare l’ES. L’idea mi era venuta appena alzato dal letto e l’avevo messa in pratica mentre mi avviavo verso la Sala Grande, dove ebbi un altro shock: una dichiarazione d’amore. Ogni secondo che passava, ero sempre più scioccato: il settimo anno si stava rivelando il più intrigante della mia vita, ma anche il più spaventoso.
I Carrow mi avevano messo in punizione sei volte dall’inizio della scuola e, continuando di questo passo, avrei battuto il record di Fred e George: prima mi avevano costretto a cruciare i miei compagni, per poi lanciarmi contro maledizioni quando mi ero rifiutato, poi comandato attraverso la Maledizione Imperius, costringendomi ad andare spontaneamente a rinchiudermi dentro ad uno stanzino per quarantotto ore (e io soffro di claustrofobia). Avevano anche iniziato ad usarmi come bambola per Arti Oscure, mandandomi contro le più svariate fratture, cosa che avevano costretto a fare anche a ragazzini degli altri anni. Solo con l’ultima punizione avevano iniziato a darsi ai rimedi babbani, appoggiati da Gazza, che ebbe finalmente la possibilità di appendermi per una caviglia. Quando feci notare ai Carrow che avrebbero ottenuto lo stesso risultato anche con un Lievicorpus, fu doloroso e iniziavo a pensare che, se prima era Harry a beccarsi tutto il malocchio, allora era giunta la mia ora.
Una figura mi si parò davanti, mentre ero intento a pensare a tutti i modi possibili per scacciarlo, una figura che, solo quando poggiò delicatamente le sue labbra sulle mie, riuscii a riconoscere: Hannah era forse l’unica cosa positiva di quell’anno, l’unica per la quale avrei giurato di non avere il malocchio, perché il suo sorriso mi sconvolgeva il cuore, i suoi occhi mi mandavano in estasi e le sue parole erano le uniche in grado di convincermi che non ero poi così male e io l’amavo per questo.
Quando si allontanò, prese la mia mano nella sua e si incamminò verso la Sala Grande, per pranzare.
“ES, eh? Come mai?” lo chiese con una disinvoltura tale che non riuscii a rimproverarla per avere nominato l’ES in pubblico, ma forse dipendeva anche dal fatto che ero pazzo di lei e che avevo un disperato bisogno di parlarne con qualcuno.
“Mi sembra di aver perso il controllo della mia vita. Non ti sembra che il mondo stia iniziando a girare alla rovescia? Daphne e Ginny migliori amiche, Luna e Draco intimi: non ti sembra che i Serpeverde ci stiano dando un po’ troppa confidenza in questo periodo? Ieri ho visto Ernie e Blaise Zabini parlare! Civilmente! Davvero incredibile.”
Sentii lo sguardo compassionevole di Hannah trapassarmi le tempie e la guardai interrogativo.
“Già. E ieri Theodore Nott mi ha chiesto come stessi. Forse, Neville, dovresti iniziare a renderti conto che i Serpeverde non sono tutti uguali, così come non lo sono i Grifondoro, i Tassorosso e i Corvonero: la guerra ci sta cambiando tutti e forse è arrivato il momento di capire che sta cambiando anche loro.”
Detto questo mi precedette, entrando in Sala, sedendosi al tavolo Tassorosso, e lasciandomi solo sulla soglia.



Draco

La mia mattina fu esattamente come avevo programmato: piatta, senza emozioni, intrattenimenti -perché Blaise non poteva essere considerato tale- e senza felicità, perché non c’era lei e fino a quando non ci fosse stata, io avrei continuato a vivere le mie giornate così, ma, per fortuna, lei arrivò.
Quel giorno entrò come un tornado in camera mia, il respiro affannato e le gote rosse; mi sarei spaventato, se non fosse stato per il suo sorriso, grandissimo, con i denti bianchi che brillavano tra le labbra.
Non mi resi neppure conto di essere saltato sulla sedia, come tutte le volte, perché lei mi abbracciò con trasporto e non ebbi il tempo di dire, o fare nulla, che si piazzò davanti al mio specchio, iniziando a sorridere ancora di più, e chiudendo gli occhi: sembrava che attorno a lei ci fosse una luce, che la faceva risplendere ancora di più e la rendeva ancora più bella ed eterea. Ci misi qualche secondo a capire che non era frutto della mia fantasia, che non stavo diventando un fidanzatino sdolcinato, ma che risplendeva per davvero e, cosa ancora più strabiliante, ora sembrava che sulle sue spalle ci fossero delle ali.
Luna aprì gli occhi e mi guardò, come se stesse aspettando che dicessi qualcosa.
“Ce la stai facendo!” Le parole fuoriuscirono dalle mie labbra prima di arrivare al cervello.
Lei mi guardò entusiasta, iniziando a lanciare gridolini, che evidentemente corrispondevano ad un sì.
“Quando te ne sei accorta?”
“Ieri sera.” Arrossì di botto, anche se non capii il perché.
“E sai perché è successo proprio in quel momento?” Cercai di fare le domande più professionali che mi venivano in mente, ma la mia attenzione era rivolta solo al volto decisamente rosso di Luna.
“Perché ero felice. O almeno credo.”
“E perché eri felice?”
A questo non rispose, e rimase a fissarsi le scarpe, mentre poco a poco le ali sulle sue spalle affievolivano fino a scomparire. Mi avvicinai a lei e le alzai il mento.
“Tutto okay, Luna?” Le chiesi dolcemente, prima di posare le labbra sulle sue: baciare Luna Lovegood era appena diventato il mio sport preferito.

                                                                                                     *** 

Quando vidi Luna alzarsi di scatto e chiudere il libro di trasfigurazione, la guardai scioccato: erano appena le sei e lei non se ne andava mai prima delle sette. La vidi cogliere il mio sguardo allibito, per poi voltarsi di spalle e fare per andarsene, prima che io la bloccassi, afferrandola per il polso.
“Dove vai?” Le chiesi, soffiandole in un orecchio.
Lei rabbrividì e chiuse gli occhi, per poi riaprirli e dire in tono deciso:
“Ho da fare.”
In quel momento ero davvero sconvolto: lei aveva da fare?
Si girò verso di me. “Scusa, ma non posso mancare.” Disse.
La vidi sfiorarsi la tasca del mantello, per poi sorridermi, baciarmi e correre via. Il suo odore rimase in camera per tutto il resto del pomeriggio e io non feci che odorarlo, disteso sul mio letto, chiedendomi cosa ne avessi fatto di tutta la mia decisone: quella ragazza mi stava cambiando troppo e io non ne ero per niente dispiaciuto.


Luna 

Andarmene dalla camera di Draco fu una delle cose più difficili che avessi mai fatto e non solo perché mi teneva saldamente per il polso, ma perché avevo dovuto mentirgli, o meglio, nascondergli la verità.
Cosa avrei potuto dirgli, altrimenti?
*Ah,  scusa, ora devo andare. Sai, sono una dei capi dell’organizzazione che si sta preparando a lottare contro, uhm, tuo padre.*
Non molto delicato, a dire la verità, perciò avevo preferito stare zitta, anche perché sapevo che stavo andando incontro ad un altro bel discorsetto.
*Ehi, Neville, sai che ho baciato il figlio di un Mangiamorte? Sì, quelli che noi ci alleniamo a combattere…*
La testa mi mandava segnali contrastanti e tra questi *scappa* era il più gettonato, oltre a *Buona fortuna* e *Fai dietrofront*, ma anche *Perché non hai semplicemente continuato a deprimerti pensando a Neville?* non era da escludere.
Quando fui davanti alla porta della Stanza delle Necessità, tutti questi pensieri mi affollavano la testa, rendendomi impossibile perfino respirare. Alla vista di Neville fui tentata di darmela a gambe, ma presi un bel respiro e mi dissi: *Tanto, il peggio che ti può capitare è perdere il tuo migliore amico.*
Quel pensiero non mi aiutò molto, in effetti, ma gli andai comunque vicino sorridendo, cercando di preparare mentalmente un discorso, di cui non ci fu alcun bisogno.
“Draco Malfoy, eh? Potevi scegliere meglio, ma se ti piace…” Disse, mentre io lo guardavo allibita.
“Io mi fido di te, Luna e delle tue scelte. Se vuoi stare con lui, bene. Se ti piace, bene. Ma, soprattutto, se sei felice, bene. E ricorda, se mai ti farà del male, dovrà vedersela con me. Se vuoi, puoi farlo venire. Sono io il capo ufficiale e, ora, hai ufficialmente la mia autorizzazione, così come l’ha avuta Ginny con Daphne. Se vuoi che si unisca a noi, non avere paura delle pustole. Non compariranno.”
Disse tutto d’un fiato, tanto che io ebbi anche difficoltà a capirlo, ma, quando concluse con un “Ti voglio bene”, gli avevo già buttato le braccia al collo.
Le riunione dell’ES si svolgevano più o meno in questo modo: ci radunavamo tutti, Neville faceva silenzio e dava inizio alla lezione indicando il primo esercizio da fare. Non era difficile e il mio amico era diventato davvero bravo sia a fare il capo sia, sorprendentemente, a Difesa Contro Le Arti Oscure; poi c’era Ginny, che sorvegliava gli studenti, li rimproverava e dava consigli, era un asso nella pratica e faceva sempre degli esempi quando si dovevano spiegare i nuovi esercizi. Teoricamente, anche io ero un capo, ma non facevo niente di che e solitamente mi mettevo in coppia con chi restava solo e consolavo coloro che non riuscivano: non ero molto brava a fare l’insegnate, ma davo il mio contributo. Gli incantesimi diventavano man mano più difficili e quel giorno ci si esercitava con quelli di attacco, che era ciò in cui Ginny riusciva meglio, perciò, in quel momento, c’era lei in mezzo alla sala, a duellare con Neville, che se la cavava discretamente bene.
I più piccoli erano a bocca aperta e, quando lui fu schiantato dalla mia amica, molte ragazzine urlarono. Io, invece, mi avvicinai a lui e sussurrai “Innerva.” Poco dopo fu di nuovo in piedi.
Lo osservai, mentre si avvicinava ad Hannah, che sorrideva con aria ironica e divertita: si baciarono lì, davanti a me e, per la prima volta in un mese, non mi sentii male. Mi girai, sorridendo tra me e me, mentre iniziavo ad appellare cuscini per distribuirli agli altri, per precauzione, e, poco dopo, fui raggiunta da Hannah, che mi sorrise.
Da quello capii che aveva contribuito molto al discorso che, qualche minuto prima, mi aveva fatto Neville, così sorrisi a mia volta, grata.


Daphne

Entrare nella Stanza delle Necessità era sempre qualcosa di magico, che andava oltre l’ovvio: la magia era negli occhi delle persone, nella gioia dei loro volti e nel calore che emanavano; non avrei mai pensato di assistere, né, tantomeno, partecipare, ad una cosa simile e, invece, era successo e per questo io ringraziavo ogni giorno, perché rendeva le mie giornate più piene, e più allegre; e ringraziavo anche per lei, la mia ancora di salvezza, colei che mi aveva fatto scoprire quel mondo, me ne aveva dato la chiave e si era fidata ciecamente di me, come mai nessuno aveva fatto, a parte Astoria: Ginny. Lei era speciale e il suo entusiasmo contagioso: ogni giorno le veniva in mente una nuova idea, un pensiero impossibile, un desiderio campato in aria. Una volta se n’era uscita che voleva andare con me in Alaska, uno dei paesi dove la magia non è presente, insieme al Polo Sud e all’Australia. Ma lei aveva deciso che voleva andarci, con me per giunta e si era messa a decidere tutti i dettagli e a preparare ogni cosa.
Le ero grata per quei momenti di follia, perché mi strappavano dal mio mondo, permettendomi di vivere nel suo, che era di gran lunga migliore. In  esso Blaise Zabini non esisteva, e se esisteva, il fatto che stesse con Pansy non aveva nessuna importanza; Astoria non c’era, o, almeno, non avevamo litigato ed eravamo ancora sorelle, mio padre non era una Mangiamorte e non voleva uccidere colei che, ormai, era diventata la mia migliore amica.
Il suo mondo, però, poteva sembrare migliore, più bello e più sicuro, ma non sempre era così, perché talvolta nel suo mondo il suo ragazzo era stato costretto a vivere in clandestinità per portare a termine una missione impossibile, suo fratello lo stesso e i suoi parenti erano in pericolo. Così, alla fine, quello era brutto quanto il mio. Ma mi piaceva pensare di ricambiare il favore, facendola evadere da quel mondo in cui viveva, proprio come me, il suo incubo personale e, purtroppo, reale.



 
Parliamone.
Sono pessima.
Ne abbiamo parlato, ora andiamo avanti, perché non voglio sentire i vostri insulti.
Lo so, lo so, non ho aggiornato.
E lo so, ho scritto una One Shot PezBerry, invece.
Scusatemi!
 
Passando al capitolo:
qui iniziano a stabilizzarsi anche le situazione degli altri personaggi, che in questo mese avevamo perso.
Nel prossimo capitolo credo che mi concentrerò su Lavanda-Romilda, Seamus, Colin e Ginny.
E Theo
E Pansy.
Facciamo nei prossimi due capitoli.
Spero che vi piaccia.
Per favore, non abbandonatemi!
Vedo le visite, e vi ringrazio, ma qualche recensione non guasterebbe.
Ribadisco: anche negativa.
Voglio sapere cosa ne pensate davvero.
Ma non siate troppo crudeli.
Pace e amore e Chris Colfer.
P.S scusate per gli errori, non ho il tempo di controllare.
Grazie.
 
 
Questo capitolo che ho ora (29 Aprile) ripostato revisionato è stato betato da Lady Viviana
Lady Viviana su Efp: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=146007

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Capitolo 14
*** Stardust ***


Stardust


Lavanda

Era stato difficile cancellare sei anni della mia vita, cambiando abitudini, conoscenze, e priorità, imparando di nuovo a fidarmi e a contare su qualcuno che non fosse Calì: e, incredibilmente, ce l’avevo fatta e c’era voluto anche poco; avevo immaginato mesi e mesi senza vita, invece diventare amica di Romilda era stato più facile del previsto e con lei, finalmente, ero anche riuscita confidarmi.

26 Settembre 

“Ciao Lavanda.”
La voce di Romilda mi fece sobbalzare, dato che ero convinta di essere sola.
“Che fai?” Lo dicemmo all’unisono e scoppiammo a ridere, la paura del tutto passata.
“Sto cercando di dormire.” Era la risposta più sincera che potessi dare, anche se un po’ scontata: chi è che, alle quattro del mattino, su una poltrona della Sala Comune, non cerca di dormire? Io ci avevo provato per ore, ma senza risultato.
“Mi sembri strana.”
La sua voce mi ripotò alla realtà, da cui per un momento mi ero allontanata.
“Oggi è il compleanno di mia madre.” Dissi in un sussurro, tanto che perfino io ebbi difficoltà ad udirmi. Lei mi guardò confusa.
“Hai dimenticato di farle il regalo?” Mi chiese innocentemente. Naturalmente non era così: mi ero svegliata, a mezzanotte in punto e non ero più riuscita ad addormentarmi, con solo il pensiero di lei in testa.
“No.”
Non aggiunsi altro, ma Romilda non sembrò averne bisogno: si sedette accanto a me, in silenzio, pronta a stare lì tutta la notte, sveglia, fino a quando io non avessi avuto la forza di parlare.
“Mia madre è una Purosangue e da giovane era una Serpeverde. Anche mio padre è un Purosangue, ma lui  era un Grifondoro.”
Dicevo tutto ciò guardando fisso davanti a me, seguendo il movimento delle fiamme: non volevo guardare Romilda, mentre raccontavo quella storia.
“Mia madre è sempre stata una donna un po’ strana, squilibrata, violenta. Da piccola sono stata picchiata molte volte e mio padre non ne sapeva niente, sempre fuori per un motivo o per un altro. Vivevo con due ideali completamente opposti: da una parte c’era mia madre, che mi ripeteva sempre che io ero come lei, una serpe e che nessuno al mondo mi avrebbe mai potuta amare, diceva che ero cattiva, che non meritavo felicità e che ero stata io a toglierla al suo matrimonio. Dall’altro lato c’era papà: quando stavo con lui, era come respirare per la prima volta ossigeno. Con lui, mamma non mi avrebbe mai fatto del male e fintanto che lui fosse stato vicino a me, io non solo sarei sopravvissuta, ma avrei potuto vivere; succedeva raramente, però. A undici anni, ero ancora viva e, quando a luglio ricevetti la lettera per Hogwarts, pensai che sarebbe finito tutto, che ormai ero al sicuro: era una delle rare volte in cui vedevo papà a cena e la sera stessa, quando restai sola con lui, scoppiai a piangere, mi sfogai e gli dissi tutto, di mamma, della sua violenza, della felicità che avevo essendo stata ammessa ad Hogwarts. Solo il giorno dopo seppi che papà l’aveva affrontata e se n’era andato. Vissi quegli ultimi mesi nell’ansia e nella paura continua e, ogni volta che ero in casa, per un motivo o per un altro, lei mi faceva del male: o ero tornata troppo tardi, o avevo cambiato il canale sulla radio, o avevo parlato troppo forte. Iniziò anche ad usare i coltelli.”
A quel punto mi fermai e incominciai a piangere: quelle cose le avevo dette solo a Calì, ma neppure a lei avevo parlato del coltello, mentre a Romilda mostrai anche le cicatrici.  Mi alzai la manica del pigiama, fino alla spalla: proprio lì c’era la ferita più evidente, quella che se stavo troppo sotto il getto dell’acqua bruciava ancora. Lei la guardò e si mise una mano sulla bocca, poi mi abbracciò e io finii il mio racconto.
“Restai con mia madre fino a quando non entrai a Hogwarts poi, durante il primo anno, venni chiamata nell’ufficio del preside: i miei genitori avevano divorziato e, anche se mio padre non aveva denunciato mia madre, aveva avuto l’affidamento. Ogni estate vado da lui, che cerca di esserci il più possibile, ma, ogni volta che sono fuori da queste mura, porto sempre la bacchetta in tasca, perché ho paura che mimadre possa farmi  del male.”


Era stato un momento bruttissimo, ricordare quelle cose non era stato facile, soprattutto perché ogni volta era una sofferenza enorme, tutte le cicatrici tornavano a bruciare, le lacrime uscivano spontanee sul mio volto e io rimanevo a pezzi, la maschera della ragazza frivola e sciocca andava in frantumi e io dovevo essere brava a fare in modo che nessuno se ne accorgesse.
“Ciao, Lavanda”. Quella volta la voce di Romilda non mi spaventò: l’appuntamento delle quattro di mattina era diventato una nostra abitudine.


Seamus

La dolcezza delle persone scompariva quando si trattava di puntualità, in particolare se si parlava di Ginny Weasley, perciò quando feci di nuovo ritardo per andare alle riunioni dell’ES, lei mi aspettò con le mani sui fianchi e gli occhi spalancati, stile mamma Weasley e io non potei dire nulla, che mi aggredì.
“Ora capisco perché Lavanda non vuole più andare con te all’ES, considerata la tua puntualità! Ero tentata di andarmene!  Sei un imbecille! Si può sapere perché devi sempre farmi fare brutte figure? Io dovrei essere il capo, diamine!”
E continuò così per tutto il tragitto fino alla Stanza delle Necessità, senza che io dicessi niente, né, tantomeno, che l’ascoltassi: Ginny mi era stata molto vicina e stava diventando per me una sorta di migliore amica, perché con lei era molto più facile smettere di pensare a Dean, e di soffrire. Era come se avessimo entrambi bisogno di avere qualcuno che ci rendesse le giornate meno pesanti e tristi e la mia scelta era stata alquanto ovvia, perché anche lei aveva perso “l’amore della sua vita”.
E, così, io facevo ridere lei e lei me.
Con lei era addirittura più facile pensare che ci potesse essere un domani migliore, perché nei suoi occhi vedevo la speranza che sempre animava quelli di Harry e, diciamocelo, non ero pazzo di lui, ma sapevo che era il simbolo della speranza; talvolta mi domandavo se, anche io, avessi riflessa negli occhi la dolcezza di Dean, perché, proprio come Harry era la metà di Ginny, Dean era la mia.
Dovevo essere alquanto immerso nei miei pensieri, poichè non mi accorsi che si era fermata davanti all’arazzo di Barnaba il Babbeo e mi stava guardando fisso da chissà quanto.
“Ehm, apri la porta?”
“Che ti succede? Sei strano quest’anno. Ho capito che c’è Voldi-Voldi e tutto, ma…”
Dovevo ammettere che la parte ‘Voldi-Voldi’ era piuttosto esilarante, ma mi concentrai sulla seconda parte del discorso.
“Sai che potresti fare una pessima figura e saltare la riunione dell’ES, vero?”
Dissi, un po’ titubante, ma alla fine fui felice che qualcuno se ne fosse accorto: volevo confidarmi, proprio come una tredicenne in preda a problemi adolescenziali.
“Correrò il rischio.”
Ginny sorrise, scaltra, mentre si infilava in un corridoio nascosto, per non essere beccata né da professori, né da amici; sorrisi a mia volta e avrei voluto dirle grazie, ma, a quel punto, sarei sembrato davvero troppo una checca.
“Grazie.” Ma, d’altronde, lo ero, che potevo farci?


Colin

Romilda Vane non mi convinceva: non avrei saputo dire il perché, ma era una di quelle sensazioni che ti restano in mente per un bel po’. Forse era il modo in cui era subito diventata amica di Lavanda, riuscendo a farla cambiare completamente, o forse quello in cui si era guadagnata la fiducia di Ginny, pur avendo passato tutto il suo quarto anno a correre dietro al suo ragazzo, o forse ancora quello in cui faceva capire di sapere di essere bella, senza aspettarsi nulla, proclamandosi paladina dei poveri indifesi. Insomma, mi stava antipatica, e si sa, quando qualcuno sta antipatico a Colin Canon…
Nessuno mi era mai stato antipatico, che cosa mi stava succedendo? Sapevo che quella Romilda era strana!
Forse, la cosa più opportuna da fare, a quel punto, sarebbe stata fingere indifferenza e cercare di ignorarla, ma io non facevo mai le cose più opportune, quindi decisi di vedere se le mie intuizioni erano giuste.

                                                                                                           *** 

“Ehi, Romilda!”
Cercai di dirlo nel modo più naturale possibile, ma con scarsi risultati: era troppo altezzosa, troppo sicura e troppo sveglia e, quando si girò verso di me, appurai che era anche molto, anzi troppo, bella.
“Colin.”
Il primo pensiero che mi venne in mente, dopo questa sua affermazione, fu: *Conosce il mio nome!*
Il secondo: *Certo che lo conosce, è nell’ES, imbecille!*
Lo sguardo di Romilda mi stava perforando, e solo dopo un paio di minuti, riuscii a capire che era perché ero rimasto lì con lo sguardo perso nel vuoto.
Decisi che a Babbo Natale, quell’anno, avrei chiesto un cervello.
“Volevo dirti che ho saputo che non sei troppo brava in incantesimi. Dato che vuoi andare a lavorare alla Gringott, ho pensato che ti avrebbe fatto piacere un aiuto. Io me la cavo.”
Vorrei specificare che non mi ero messo a stalkerare Romilda e ad indagare nel suo passato, perché quelle erano notizie note su di lei, che come al solito, doveva farsi notare.
Continuò a fissarmi per un paio di minuti, prima di dire: “Va bene. Grazie, Colin.”
Poi, senza aggiungere altro, se ne andò nel suo dormitorio.
 
 
 
 
Salve popolo di Efp!
5 giorni fa, ho scoperto il forum!
*Inizianogliapplausi*
Mi sono iscritta, e partecipo già a qualcosa come 5 contest, perciò non scioccatevi, se inizierò a pubblicare One-Shots come una mantra.
Lì mi chiamo come qui, per chi lo volesse sapere.
Ora:
Il capitolo.
L’infanzia di Lavanda è stata rivelata, anche se un po’ a grandi linee, poi approfondirò.
Seamus ha trovato un’amica in Ginny, a cui pare rivelerà tutto.
Colin, invece, non si fida di Romilda.
Dobbiamo fidarci del suo sesto senso?
Tan Tan Tan
 
Parlando delle recensioni.
Sono calate di nuovo.
Allora, io non mi lamento, perché alcune storie ne hanno 0, mentre io ne ho 16, però…
Vedo le visite, ma non le recensioni!
Le visite possono anche significare che volete leggere la mia storia,  per curiosità, ma alla fin fine fa schifo.
Perciò, se volete farmi contenta, recensite.
Ditemi cosa vi piace, cosa non vi piace, e cosa vorreste vedere in questa fanfic.
Vedrò di accontentarvi il più possibile.
 
Grazie
 
 
 
Questo capitolo che ho ora (29 Aprile) ripostato revisionato è stato betato da Lady Viviana
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Capitolo 15
*** Tell me why. ***


Tell me why.
 
 
Theo
 
In quel periodo stavo iniziando a scoprire la bellezza della solitudine, del silenzio e della pace interiore. Le cose, senza nessun contatto con l’esterno, risultavano molto più facili da superare, molto più obiettive e, in un certo senso, rassicuranti. No, decisamente no.
In quel periodo mi sentivo solo come un calzino spaiato, dimenticato sul pavimento sotto il letto, che viene ricordato solo per il suo pessimo odore: allo stesso modo io non trovavo più una ragione di vita, perché prima era Pansy. Pensavo a lei, cercavo di stare con lei, di osservarla, anche se solo da lontano. Ora, con il patto sacro di amicizia fatto con Blaise e Draco anni prima, non potevo neppure permettermi di pensare a lei, perché sarebbe stato come infrangere una legge sacra e non si può fare. Così, passavo i miei giorni a crogiolarmi nella noia più totale, studiando (cosa che non era mai accaduta prima) e facendo finta di essere il bravo ragazzo che non ero e non sarei mai stato e non mi fermavo mai più del necessario in Sala Comune, dove trovavo puntualmente Blaise e Pansy a baciarsi e Daphne ad osservarli torva, l’unica che mi sottraeva di tanto in tanto dai momenti in cui cadevo dentro la mia apatia. Forse era per l’amore che aveva voltato le spalle ad entrambi, ma ci trovavamo straordinariamente bene insieme, le parole uscivano naturali e niente ci impediva di essere sinceri, neppure la consapevolezza di essere dei Serpeverde, notoriamente i maghi più approfittatori e infedeli del mondo. Non mi sentivo attratto dal suo sorriso, o dai suoi occhi azzurri, ma era un minuto di tempo per respirare. Poi, lei spariva, a fare chissà che, e io ritornavo alla mia normalità che, inutile dirlo, faceva pena. Il mondo mi sorrideva? No.
Passavo per la Sala Grande e non si faceva che parlare della magnifica dichiarazione di Blaise Zabini a Pansy Parkiston, e le lezioni che si susseguivano mi portavano solo a pensare quanto stessero male le mani dei due innamorati intrecciate.
Naturalmente, la parte del non pensare a Pansy, scritta nelle famose leggi di fratellanza Serpentesca, non la rispettavo granché, sperando, semplicemente, che Blaise non fosse un Legilimens e che non si mettesse a vagare nella mia mente, perché i pensieri su di lei non erano certo pochi; d’altronde, non si potevano  cancellare sei anni di fedelissimo amore in pochi attimi, neppure per il mio migliore amico che, peraltro, la stava usando. Quindi, in definitiva, non mi sentivo un granché colpevole: non l’avevo mica baciata!
Stavo pensando proprio a quello, camminando nei corridoi, quando una figura si avvicinò a me correndo, per poi posare le labbra sulle mie per qualche attimo e poi andarsene: se non fossi stato sicuro che fosse stata Pansy a darmelo (e ne ero certo, perché era stato indimenticabile), avrei pensato fosse solo frutto della mia fantasia.
 
 
 
Calì
 
 
Di tutta la mia vita, ero certa che avrei ricordato il mio settimo anno ad Hogwarts come il periodo peggiore: senza alcun dubbio, la guerra in corso era la parte da dimenticare, fedelmente accompagnata dai Carrow e da tutti gli attacchi dei Mangiamorte a chicchessia. Ma la parte realmente tragica riguardava Lavanda, la mia migliore amica, la mia fedele compagna, quella a cui avrei affidato la mia vita, o addirittura sacrificata: ora lei non mi parlava più e io non avevo neanche capito il perché. Mia sorella mi ripeteva che era una stupida, chiaramente scocciata da tutte le attenzioni che le davo, e cercava di chiudere in fretta il discorso, ma io sapevo che nascondeva qualcosa, dovevo soltanto scoprire cosa.
Facevo parte dell’ES, naturalmente, e dividevo la Sala Comune con lei, ma non capivo lo stesso il perché di quel radicale cambiamento che l’aveva evidentemente indotta a diventare amica della Vane: sapevo, che la guerra stava cambiando tutti, ma non riuscivo a vedere in me stessa quello che era accaduto a Lavanda. Lei, ora, si ergeva fiera, pronta ad aiutare chiunque e ad esporsi per non lasciar cadere l’attenzione sui più deboli, mentre io, semplicemente, seguivo il branco. E non era una bella sensazione sapere di non poter fare nulla per gli altri, di non essere un punto di appoggio per nessuno. Prima lo ero per Lavanda, ma, quei tempi, evidentemente, erano finiti: lei non sarebbe mai più venuta da me per rivelarmi quanto stesse male e, forse, non potevo neppure biasimarla, perché neppure io sarei andata da me stessa, se avessi avuto bisogno di aiuto.
 
 
 
 
Allora…
Il grande ritorno, eh?
Mi dispiace pubblicare così tardi, spero che almeno il capitolo vi piaccia.
Ho iniziato a leggere shadowhunters.
Chi di voi l’ha mai letto?
Vi piace?
Ritornando al capitolo, solo due P.O.V.
Credo che tratterò la situazione di Theo anche nel prossimo capitolo, concentrandomi anche su Draco e Luna.
Niente da aggiungere, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Come forse alcuni di voi avranno notato, ho partecipato ad un sacco di concorsi in questo periodo, e scritto molte One-shots per lo più.
Se vi va passate.
 
E recensite, fatemi sapere se vi piace, in particolare per quanto riguarda questo capitolo.
 
Questo capitolo che ho ora (3 Maggio) ripostato revisionato è stato betato da Lady Viviana
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Capitolo 16
*** Say You're Just A Friend ***


Say You’re Just A Friend
 

 
Theo
 
 
1990
 
“Scusa, Blaise, cosa dovrebbe essere un patto di fratellanza?”
Un Draco disincantato, a nove anni, pronunciò queste parole con scetticismo, già pronto a contrastare le idee dell’amico, a differenza mia che, invece, ero solo confuso.
“Un patto di fratellanza è qualcosa che ti lega completamente ad un'altra persona, che diventa per te come un fratello. E, in quanto tale, non puoi fargli un torto, tipo rubargli la ragazza o metterlo in ridicolo”
Finse di pensarci su e poi disse:
“Naturalmente nessuno dei due potrebbe mai rubarmi la ragazza, sono troppo bello e non riuscireste mai a mettermi in ridicolo. Comunque…”
Blaise era presuntuoso già allora, ma aveva le sue buone ragioni: era bello, con gli occhi verdi e una sicurezza ed una eleganza che lo rendevano affascinante.
E io non avrei mai potuto pensare di rubargli la ragazza. Chi, potendo avere lui, avrebbe scelto me?
Draco, invece, assunse un’aria altezzosa, da principino e disse:
“Sì, certo, continua a sognare, Blaise.”
Poi fece una pausa, aspettando la risposta dell’amico, che non arrivò. E riprese:
“L’idea mi piace. Firmo?”
Prese una piuma e firmò, seguito a ruota da un eccitatissimo Blaise. Io fui l’ultimo e, sotto lo sguardo insistente dei miei compagni, scrissi il mio nome un po’ tremante pensando:
*Almeno potrò arrabbiarmi, quando mi ruberanno la ragazza…*
 
E, invece, ero stato io a rubarla a Blaise.
Quello che non avveniva neppure nei miei sogni più fantasiosi, era successo nella realtà e, in quel momento, potevo solo attendere la catastrofe che, ne ero certo, sarebbe arrivata. Non potevo neppure dire che era stata lei, Pansy, a baciarmi, perché la cosa mi aveva reso talmente felice che non riuscivo neanche a nasconderlo.
Così, tra un sorriso e un pensiero nefasto, tornai nella mia Sala Comune.
Immaginai tutti gli scenari possibili: Blaise che guardava Pansy sconvolto e lei in lacrime, lei da sola nella in Sala Comune, mentre lui, in dormitorio urlava, ed, invece, lui distaccato con me e Pansy, che rideva con gli altri.
Tutto, tranne quello che vidi, mentre varcavo la soglia della Sala Comune Serpeverde: Blaise e Pansy allacciati, che si baciavano, come da copione giornaliero.
E, poi, lui alzò lo sguardo, mi mise a fuoco e mi sorrise, dicendo soltanto:
“Draco chiedeva di te, prima.”
Ingenuo, inconsapevole, viveva ancora nel suo mondo di perfezione.
Pansy non gli aveva detto nulla, lo vedevo nei suoi occhi, che mi guardavano in colpa, ma con una freddezza ben calcolata, da Serpeverde.
 
Ero stanco di essere un Serpeverde, di tutti quei tranelli, quei segreti, quei peccati mai commessi agli occhi degli altri e quelle bugie che tutti si portavano dietro. Pensavo che lei fosse diversa, ma evidentemente mi sbagliavo.
Entrai nel dormitorio e guardai Draco, cercando di ricompormi, per non far capire che ero sconvolto.
“Non lo dirà. Né ora, né mai. Sai che non lo farà.”
La voce fredda di Draco mi colse alla sprovvista, come le sue parole.
“Come…?”
“Ero lì. Ti stavo cercando, dovevo parlarti di Blaise. È arrivata Pansy, ti ha baciato e tu non l’hai fermata. E poi lei è corsa via, mentre tu rimanevi lì a fissare il vuoto per un quarto d’ora. Sono entrato nella Sala Comune poco dopo di lei ed era già allacciata a Blaise, ignaro.”
Deglutii a vuoto.
“Glielo dirai, vero?” Lo chiesi con voce tremante.
“No, lo farai tu.”
Detto questo si alzò dal suo letto e si avviò verso le scale.
“Dovevi parlarmi di Blaise, hai detto che quando ci hai visto volevi parlarmi di lui.” Lo dissi tutto d’un fiato e lui si fermò sull’uscio.
“Vero, ma, ora, non mi sembri la persona più adatta.”
Mi buttai sul letto e rimasi a guardare il vuoto, rimuginando sulle parole del mio amico.
 
Quando decisi di uscire dal mio stato comatoso erano le otto di sera, così mi alzai e decisi di andare in Sala Grande. In Sala Comune mi scontrai con Daphne, che guardava una coppia, torva, che come noi stava uscendo per andare a cena: erano Pansy e Blaise.
Guardai Daphne, che non sembrava molto propensa a parlare, ma non lo ero neppure io, così mi avviai, silenziosamente.
Era incredibile pensare che fosse stata tutto il tempo al mio fianco, perché sentii solo il rumore dei miei passi -i suoi erano molto più leggeri- e la voce della mia coscienza, che mi ripeteva all’infinito:
“No, glielo dirai tu.”
 
 
La cena passò in un lampo, giusto il tempo di prendere un po’ di carote, ma a me sembrò che fosse durata molto di più, perché nella mia testa c’era solo lei, che, sfortunatamente, era anche davanti ai miei occhi.
Avevo cercato di mettermi il più lontano possibile da Pansy, ma, ogni qual volta distoglievo gli occhi dal mio piatto, incontravo i suoi, luminosi. Aveva guardato me per tutta la sera e io non riuscivo a sopportarlo: guardava me, ma stava con lui, baciava me e anche lui. Prché? Perché mi aveva baciato?
Per scherzo, forse, eppure mi guardava con quegli occhi da cane bastonato che…La rendevano un’ottima attrice.
 
Ottobre 1994
 
“Ciao, Theo.” 
La voce di Pansy mi riscosse dal mio dolce far nulla.
“Pansy.”
Cercai di dirlo con la voce più annoiata del mio repertorio, però, sfortunatamente, non ne avevo, non con lei, almeno. 
“Vuoi vedere come riesco a convincere Daphne che la sorella si è messa nei guai e lei deve aiutarla?”
“Cos..?” Non finii la frase, troppo intento a guardare una Pansy tredicenne avvicinarsi alla maggiore delle sorelle Greengrass, sfoggiando i suoi bellissimi occhi da cane bastonato.
La conversazione durò qualche secondo e non riuscii a capire molto, ma, poco dopo, Daphne, nota per il non fidarsi di nessuno ed l’odiare  Pansy, stava uscendo dalla Sala Comune, con lo sguardo preoccupato.
Pansy ritornò nel suo dormitorio, ma, prima si voltò indietro, dedicandomi un sorriso e un occhiolino.
 
Con questo ricordo nella mente, non mi fu affatto facile far finta di nulla. Tornai nella Sala Comune, con l’intenzione di parlare con Pansy la mattina seguente, ma non ce ne fu bisogno: verso le due di notte fui svegliato da un gufo che beccava sulla finestra, anzi più precisamente, dalla voce di Tiger che mi urlava di farlo smettere. Così mi alzai e presi la lettera che l’uccello mi porgeva.
 
 
Vieni in Gufiera. Ora.
Pansy
 
 
Mi misi le scarpe e, senza rispondere a nessuna delle domande che mi vennero poste, e cercando di evitare lo sguardo penetrante di Draco, mi avviai verso la Torre dei Gufi.
 
“Cosa vuoi?” Lo dissi tutto d’un fiato, perché ero sicuro che mi sarebbe passato il coraggio di essere così scontroso nel giro di qualche secondo.
“Chiederti scusa.”
Non mi aspettavo una risposta del genere, anche se, in effetti, non sapevo cosa aspettarmi. Che mi abbracciasse e mi dichiarasse il suo eterno amore, forse? Non era nel suo stile.
“Per cosa? Per avermi baciato, o per non averlo detto a Blaise?”
“Non lo so. So solo che mi sento confusa.”
La guardai sconvolto.
*Confusa? Davvero? Bè, io no.*
“Bè, allora quando smetterai di essere così confusa, fammelo sapere.”
Detto questo girai i tacchi, e me ne andai.
 
 
 
Draco
 
 
“Ehi, Draco!” Luna entrò nella mia camera, chiudendo subito la porta.
“Luna.” Cercai di baciarla, ma lei si scostò. 
Solo in quel momento mi accorsi dei suoi occhi, che luccicavano in un modo inusuale.
Sembrava felice, ma anche inquieta.
“Che succede?”
“Devo dirti una cosa.”
 
 
E il resto era storia, o meglio, lo era per me.
Sapevo dell’esistenza dell’ES, un gruppo che lottava contro la Umbridge quando era al quinto anno e che quell’anno era apparsa una scritta riguardo ad esso.
Ero a conoscenza del fatto che, all’epoca, ne aveva fatto parte anche Luna, ma rimasi sorpreso lo stesso, quando mi disse che si allenava quasi ogni giorno per combattere mio padre e me. Perché io, con quello stupido marchio sulla pelle, ero un Mangiamorte a tutti gli effetti.
Ma rimasi ancora più stupito quando mi chiese di unirsi a loro.
In primo luogo la osservai sconvolto, perché non poteva fare sul serio. Poi la guardai negli occhi e vidi che era scomparsa la paura ed era rimasta solo la determinazione, con la felicità e io, che non potevo distruggerla. Perciò cercai di guardarla nel modo più dolce possibile, prima di dirle che non potevo, ma che l’ammiravo e che ero con lei e si accontentò di quello. Uscì dalla stanza, come faceva sempre, alla solita ora, solo che quel giorno sapevo dove era diretta.
 
Il giorno dopo venne da me come al solito e, all’ora di sempre, se ne andò, solo che io, pochi minuti dopo, non visto, la seguii.
 
Feci appena in tempo a guardarla entrare nella stanza delle Necessità, ma al mio cospetto la porta non scomparve perché, evidentemente, ero entrato in quel giro, volente o nolente e non ero più un individuo da cui nascondersi. Mi avvicinai  e l‘aprii lentamente. Individuai Luna poco lontano da dove mi trovavo io, intenta a parlare con Neville e li stava raggiungendo la piccola Weasley, che, intanto, parlava animatamente con… Daphne.
La guardai sconvolta, ma lei non sembrò accorgersi di me.
D’improvviso, tutti i pezzi del puzzle della mia vita non trovarono più una collocazione: Daphne lottava contro i Mangiamorte insieme a Luna; e Pansy e Theo tradivano Blaise, che faceva il cretino, stando agli ordini di Astoria.
Poi Daphne si girò verso di me, giusto per qualche secondo, prima di ritornare a parlare con Ginny, di rendersi conto di quello che aveva visto, tornando a guardarmi. A quel punto non avevo più nessuna copertura e lei stava per dirlo a tutti. Invece no.  Prima che Ginny si accorgesse che l’attenzione di Daphne non era più per lei, la maggiore delle Greengrass aveva già distolto lo sguardo, abbozzando solo un sorriso, che prima non c’era.
A quel punto, sorrisi anche io a mia volta, andandomene.
 
 
Colin
“Allora, Colin, queste ripetizioni?”
La voce di Romilda non mi sorprese, mi aspettavo che mi venisse a cercare, anche avevo goduto nel vederla venire da me, strisciando.
Il suo tono altezzoso era scomparso.
“Sì, certo. Domani?”
Risposi con quanta più nonchalance possibile.
“Alle 4.00, in biblioteca.”
Naturalmente sperare che fosse scomparso del tutto era impossibile.
 
 
Così quel giorno ero in Biblioteca, aspettando Romilda, in ritardo di cinque minuti.
“Eccomi.” Da dietro le mie spalle sentii quella  voce affannosa.
Si sedette accanto a me, posando sul tavolo dei pesanti tomi.
“Da cosa iniziamo?” Chiese con cortesia, cosa che mi fece insospettire ancora di più.
“Dall’inizio. Dove siete arrivati con il programma?”
 
La “Lezione” fu piacevole perché, a differenza di quello che pensavo,  era simpatica, intelligente e, solo in quel momento me ne accorsi, anche molto carina. Ma non era quello l’importante, certo che no. Infatti, non ero rimasto rapito dal suo sorriso e dalla sua risata, che sfoggiava per ridere alle mie penose battute, né dai suoi capelli neri e boccolosi, dai suoi occhi da cerbiatto, o dalla sua pelle caramellata. Forse, se avessi continuato a ripetermelo in continuazione, avrei anche potuto convincermene.
 
 
 
 
 
 
 
Allora!
Per scusarmi per quel brevissimo, bruttissimo capitolo che ho pubblicato la scorsa volta, ecco a voi il 16esimo capitolo di “If it hadn’t been for love”
Vorrei davvero scusarmi.
Nello scorso capitolo c’erano milioni di errori, che ho corretto solo oggi.
Quindi se volete rileggerlo un po’ migliorato, andate pure.
Inoltre vorrei dirvi che sono alla ricerca di un Beta, e che ho messo l’annuncio sul forum.
Quindi spero che da ora in poi scompaiano gli errori.
Questo capitolo è considerevolmente più lungo, e anche più interessante, concentrato soprattutto su Theo, con brevi trafiletti su Draco e Colin.
Ora, spolier:
Tra poco nella mia storia arriverà il Natale.
Mancano forse un tre quattro capitoli, e Luna verrà, come voi tutti sapete, rapita e portata al Malfoy Mannor, per poi essere liberata da Dobby.
Questa parte mi intriga molto, perché alla fine, Luna verrà rapita dal padre di Draco.
Le cose si fanno complicate! Già è.é
Quindi, non so neppure io come andranno le cose, solo per farvelo sapere.
 
 
 
Passiamo a come occupo le mie giornate, cosa che a voi non interessa minimamente:
Ho comprato il secondo libro di Shadowhunter, e iniziato a guardare la quinta serie di Glee!
Agh, amo entrambi! ;)
 
 
Vabbè, a presto!
 
 
P.S. Ho indetto 3 concorsi sul forum e partecipo a 12 di cui uno, ho scoperto, sono arrivata 4!
Per un pelo ed ero sul podio!
Comunque, sono contentissima!
Anche lì, se vi interessa, sono YourLove_AllINeed
 
P.P.S. Mi lascereste una piccola recensione? Eh? Andate un po’ più giù, ed è fatto…!
 
Questo capitolo che ho ora (3 Maggio) ripostato revisionato è stato betato da Lady Viviana
Lady Viviana su Efp: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=146007
 
 

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Capitolo 17
*** Say it louder ***


Say it louder
 
 
Luna
 
Gli addobbi di Natale, quell’anno, erano davvero notevoli: abeti ovunque, con mille palline di colori diversi, piante di vischio davanti ad ogni porta, vicino ad ogni colonna e sopra tutti i lampadari, tanto che il fenomeno dei baci sotto il vischio quell’anno era esploso e molti amori stavano sbocciando tra le mura di Hogwarts, fuorché per i Serpeverde, sempre che non si voglia considerare il quadrato amoroso Theo-Pansy-Blaise-Daphne. Anche se bisognava ammettere che, almeno quello, non era successo per le decorazioni natalizie.
“Signorina Lovegood, mi sta ascoltando?”
Girai la testa verso il professor Piton con estrema disinvoltura.
“Veramente stavo osservando gli addobbi.” Sorrisi nel dire quelle parole, ignara del motivo per cui Neville e Ginny, prima terrorizzati, stessero in quel momento ridendo.
“Si crede spiritosa, Lovegood?”
Notai che Piton, quando era veramente arrabbiato, ometteva il “signorina”, ma feci finta di nulla.
“Perché dovrei? Ho detto solo la verità.”
Il professore alzò gli occhi al cielo, rassegnandosi, mentre io diedi un colpetto ai miei amici, che erano sul punto di scoppiare a ridere.
“Forse la signorina –non sembrava  più nervoso, in quel momento- Lovegood non ha compreso perché è qui. Bè –fece una pausa per prendere fiato- ve lo ripeto: avete cercato di rubare la spada di Grifondoro, patrimonio della  scuola, se non dello Stato. Siete fortunati che io non abbia chiamato il Ministero.”
Probabilmente avrebbe continuato, se Ginny non l’avesse interrotto.
“E, di preciso, perché non l’ha fatto?” A quella domanda, Piton sembrò preso in contropiede, ma i miei amici non sembrarono vederla come me.
“Già! Cosa volete farci di così terribile, al punto che neppure il Ministero di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, potrà coprirla?” Quella volta fu Neville a parlare, producendo, però, la reazione opposta: Piton riprese quel poco di colore che aveva e affermò con voce fredda:
“Vi verrà comunicato stasera dopo cena. La punizione non sarà leggera, badate.” E con queste parole ci congedò, indicandoci la porta.
Quando fummo oltre, Ginny iniziò a parlare: “Certo che ci siamo messi nei casini, stavolta!”
Un po’ tardi per pensarci, no?
 
Il giorno prima, dopo la riunione dell’ES
 
“Ragazzi, allora io vado!” Esclamai ad alta voce, così che anche Neville e Ginny, dall’altra parte della stanza, potessero sentirlo.
“No, dobbiamo parlare.”
A sentire il tono serioso di Neville mi preoccupai subito, pensando che riguardasse Draco. Avevo la sensazione che a lui la nostra “relazione” non facesse piacere. Lo avevo detto solo a lui, anche se nella scuola le voci non erano poche e la cosa mi agitava: se lo fossero venuti a sapere anche i Mangiamorte? Si sarebbero affidati alle parole di ragazzi, o avrebbero lasciato correre? Le conseguenze sarebbero ricadute su di me o su di lui? 
In quel caso, comunque, mi agitai per nulla, poiché il mio amico, insieme a Ginny, voleva parlarmi di un progetto del tutto diverso.
“Rubare la spada di Grifondoro?” Era una cosa assurda perfino per i miei standard e, quando sentii le loro parole, spalancai gli occhi.
“Proprio così! Ho sentito parlare Hermione e Ron, prima che partissero. Harry era sicuro che sarebbe servita a loro e che in cattive mani…”
Ginny lo disse con foga, lasciando in sospeso il discorso che noi sapevamo bene come si sarebbe concluso.
“Allora, è deciso! Domani, alle tre del pomeriggio, andremo nello studio del preside.” Neville lo annunciò pimpante e pochi secondi dopo era già lontano con Ginny, mentre  io non avevo neppure detto di sì.
 
Naturalmente, ogni qual volta non mi ascoltavano, finivamo nei guai: avrei davvero dovuto fare un corso per impormi sugli altri, invece mi sembrava di farmi comandare sempre. Comunque, appena finimmo di parlare con Piton, mi fiondai da Draco: ero parecchio emozionata a causa di un biglietto che mi aveva inviato quella mattina e che, fin da subito, aveva catturato la mia attenzione.


Ti devo dire una cosa.
D.M.


Si può dire che non sia esattamente un ragazzo che fa mille giri di parole.
Appena entrai nella sua camera, mi afferrò e mi baciò e, quando ci lasciammo, gli chiesi cosa mi doveva dire.
“Solo che ti amo.” Rispose lui, prima di baciarmi ancora.
 
 
Blaise
 
Naturalmente avevo capito che Theo e Pansy mi avevano tradito: non sarò stato un genio, ma non ero completamente idiota. Bastava osservarli attentamente: gli sguardi che si rincorrevano e si evitavano, i sorrisi che si allargavano e diminuivano a seconda delle situazioni, il modo in cui sembravano sempre essere troppo vicini, eppure estremamente lontani, come se avvicinandosi potessero esplodere. Altrettanto ovvio era che Draco ne era al corrente: era lui che li portava ad allontanarsi, che li fulminava con gli occhi e li faceva arrossire. Era lui, il mio migliore amico, quello menefreghista, odioso e irritante, a difendermi, mentre la mia ragazza e il mio migliore amico mi tradivano. Io, però, pur sapendo tutto ciò, continuavo a fare finta di nulla: che senso aveva fare una scenata, se ero stato con Pansy solo per scommessa? In realtà, grazie al loro comportamento, dopo il primo momento di offesa, mi ero soltanto sentito libero di essere me stesso, di amare Daphne, dirle della scommessa e della sorella, di pensare con la mia testa, dopo aver fatto, per tutta la vita,  quello che gli altri mi consigliavano. Mio padre mi diceva di essere un anti-babbano? Io lo ero. I professori di rassegnarmi alla mia stupidità? L’avevo fatto. Le ragazze di essere quello che LORO volevano che fossi? Lo ero diventato. Astoria di conquistare Pansy? Potevo appendere un’altra coccarda della stupidità alla parete.
Ma, in quel momento, ero soltanto stanco, come mai prima di allora; avrei smesso di essere quello che gli altri volevano che fossi, iniziando a comportarmi come Blaise Zabini. E lui adorava l’Erbologia, odiava i colori sgargianti, i prodotti per capelli, i profumi vari e, soprattutto, la guerra.
Una vera fortuna che un gruppo chiamato l’Esercito di Silente, che combatteva Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, fosse comandato da un tale che, come me, amava l’Erbologia.
 
 
Daphne
 
Lo vidi entrare spavaldo al fianco di Neville, sorridere a tutti come se fosse la cosa più naturale del mondo ed essere presentato tra gli applausi. Iniziavo a rendermi conto di  come doveva essere stato strano vedermi apparire dal nulla, Serpeverde nota soltanto per le sue caratteristiche peggiori.
Il mio sguardo restò incatenato al suo, che mi scrutava dall’alto in basso, come se mi stesse conoscendo di nuovo; mentre non sembrava affatto sorpreso dallo spazio che lo circondava, la mia presenza sembrava averlo mandato nel pallone, proprio come la sua aveva fatto con me. Poi mi sorrise, mentre Ginny dava il via alle attività, dicendo metterci in coppia, e si avvicinò a me, sorridendo sghembo.
“Sono sicuro che tutti considererebbero normale il nostro stare insieme, ma non so se posso farlo, – si fermò per qualche secondo, osservando la mia reazione-  se ti facessi male?”
A quelle parole il mio volto divenne bordeaux.
“Tu, fare male a me?!? Fatti sotto, Zabini!”
 
 
 
Salve a tutto il popolo di efp, ancora di più ai quattro gatti che mi seguono!
So di essere in un ritardo incredibile, ma ho una buona scusa! Giuro!
Ho una beta, Lady Viviana, che mi sta correggendo i capitoli già postati.
Per il momento ho ripostato fino al cinque, e conto di postare di nuovo anche il sei, entro stasera.
Perciò, per non farle accumulare ancora più lavoro, ho pensato di postare così tardi, ma giuro che non succederò più: pubblicherò SICURAMENTE ogni 15 giorni, okay?
 
Parlando del capitolo, avrete notato che ormai siamo a Natale, e ci saranno solo altri due capitoli con Luna ad Hogwarts (almeno nella mia testa).
Spero che vi sia piaciuto.
 
Mi raccomando, se vi è piaciuto, se lo avete odiato, se vi aspettate qualcosa in particolare, se volete darmi dei consigli o anche solo perdere un po’ di tempo, recensite!
E se vi capita, mettete nelle preferite!
 
Vi voglio bene.
 
Questo capitolo che ho ora (3 Maggio) ripostato revisionato è stato betato da Lady Viviana
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Capitolo 18
*** I knew you were trouble ***


I knew you were trouble
 
I knew you were trouble when you walked in
So shame on me now
Flew me to places I’d never been
Now I’m lying on the cold hard ground


Draco
 
Dicono che la vita di una persona sia determinata da vari fattori e che, in nessun caso, solo uno possa decidere l’intera vita; chiunque abbia detto una cosa simile si sbaglia: una lettera via gufo può cambiare tutto.


Non dubito della bellezza di Luna Lovegood, ma credo sia meglio che inizi a ricordare da che parte stai tu e a quale appartiene Lei, invece. Ora che ti ho rinfrescato la memoria, prendi pure le tue decisioni.
L.V.


Quelle iniziali stavano per Lord Voldemort e la cosa non poteva essere più inquietante: se era stato il Signore Oscuro a mandarmi quel messaggio, allora potevo dire addio alla vita che conoscevo, ad iniziare da allora. Con una minaccia simile le uniche cose a cui pensi sono le parole scritte su uno stupido foglietto e, per quanto cercai di dimenticarle, quelle mi rimasero impresse a fuoco nella mente, insieme alla paura.
 
Luna
 
Dicono che essere una ragazza normale non sia possibile, ma io non sono d’accordo, perché vedo tante ragazze normali intorno a me, da Calì a Padma, a Lavanda, perfino Ginny. Le ragazze normali sono quelle che vengono notate per i loro aspetti positivi, che gli altri prendono a modello, anche quelle che si uniformano agli altri. Io, però, non sono niente di tutto ciò: sono l’emblema dell’anticonformismo, quella che nessuno segue, la strana, lunatica, impossibile, Luna-Lunatica-Lovegood. L’unico che è mai riuscito ad andare oltre la mia anormalità, fu Draco Malfoy. Crudele è il destino, che ci fa sperare, quando la speranza non può esistere. Quella speranza di poter passare una vita, ma anche solo un mese, una settimana o un secondo con lui non poteva esistere e, pur essendone consapevole, non avevo potuto fare a meno di sognare, prima di quella lettera.


Credo che dovremmo finirla qui.
D.M


Mai parole mi provocarono tanto dolore, mai stetti così male per una lettera, mai così tanto per un ragazzo. La mia speranza, la mia gioia, la mia forza erano sparite con l’arrivo di quel messaggio.
 
Draco 
 
Mi dissi per così tanto tempo che non provavo dolore, da riuscire quasi a convincermene. Il mio specchio fu l’unico testimone della mia falsità e della mia ipocrisia, gli occhi bassi, la voce tremante, la camminata incerta, furono, invece, prove lampanti. Ebbi paura ad uscire dalla mia stanza e scoprire che questi  sintomi non sarebbero scomparsi e che anche gli altri si sarebbero accorti di chi ero diventato, grazie -e per colpa- di Luna Lovegood.
E la cosa assurda è che non me ne pentii mai.
 
Luna
 
Dicono anche che l’amore sia solo un modo per non sentirsi soli e, stavolta, hanno ragione. Io ebbi così tanta paura in quei giorni, da non riuscire più ad alzarmi dal mio letto: lui mi aveva letteralmente lasciato a terra, sul tappeto della mia stanza, a fissare il vuoto e, forse, neppure sapeva che era stato solo l’arrivo delle mie compagne di stanza a farmi spostare sul letto, che mi aveva privato della mia forza, della mia energia, della mia vitalità solo con cinque minuti e una firma. Non sapeva che mi aveva privato di me stessa.
E solo allora mi accorsi di chi ero davvero, perché non ci si accorge mai di chi si è, finché non lo si perde e io provai quella situazione. Non fu bello, né rasserenante e non ebbe nessun risvolto positivo: andava tutto contro di me, come uno tsunami e io ero la povera costa sulla quale si era abbattuto.
 
Draco
 
Sapevo che era un pericolo per me, eppure non ci avevo badato, fino a quel momento, finché non ricevetti quella lettera e gliene mandai io una: mi ero limitato a vivere il presente, senza  preoccuparmi del futuro. Cosa mi aspettavo, che nessuno si accorgesse di me e Luna? Che nessuno spargesse la voce? La mia era solo un’utopia e io avevo continuato ad alimentarla nella mia mente, nel mio cervello bacato, vuoto a perdere.
E il fatto peggiore è che non so se riuscirò mai a sentirmi di nuovo come succedeva con lei: completo, vivo, reale. Mi sentivo qualcuno di cui ci si poteva non vergognare ed ero riuscito a rovinare anche l’unica cosa positiva nella mia miserabile vita.
 
Luna
 
Sapevo che sarebbe stato pericoloso quando si era affacciato affacciò  nella mia vita, e, d’altronde,  come avrebbe potuto non esserlo? I suoi modi di fare, i suoi sguardi, le sue parole, i suoi sorrisi mi avevano fatto vedere un angelo al posto di un demone. Eppure, io continuavo a chiedermi come potesse un demone avere un volto così angelico, quando sorrideva. Lui doveva sapere di potermi soggiogare senza fatica e io gliel’avevo fatto fare: e mi ero fidata così tanto da meravigliarmi di fronte alla sua lettera, al punto da non riuscire più ad alzarmi dal letto. Mi ero fidata così tanto da aver perso me stessa, accorgendomi per la prima volta di chi ero e, cosa ancora peggiore, di essermi accorta cos’ero senza di lui.
Un corpo privo della sua anima: mi guardai molto allo specchio, in quei giorni e vidi solo l’ombra di me stessa, con le occhiaie e la pelle cinerea, invece che diafana. Forse me ne accorsi solo guardandomi allo specchio, realizzai solo allora che era stata tutta una trappola, un gioco su di me: io ero stata solo una delle tante prede.
 
Draco
 
Lei non era una delle tante prede, ma molto di più: nata come scommessa e finita come amore, una storia al contrario. Come aveva potuto finire così, ancora innamorati? Per la prima volta in tutta la mia vita avevo provato un sentimento diverso dall’odio, dal disprezzo, dal disgusto, avevo provato amore e l’avevo perso. Ma, si sa, l’amore rende ciechi e io avevo aperto troppo tardi gli occhi, avevo avvistato troppo tardi il pericolo e, ormai, avevo già sbattuto la testa e perso i sensi, caduto senza nessuno a reggermi, neppure lei: ero stato io, infatti, ad avvelenarla e ora lei era imprigionata in un luogo irreale, dal quale non sarebbe mai potuta uscire, in una vita non sua, ma mia, nella quale avrebbe fatto bene a non entrare mai.


Invece, l’ingenua, povera, dolce Luna, era caduta in una trappola che non sapevo neppure di averle teso.
 
Luna
 
Non potevo proprio credere che Draco non mi amasse, mentre pronunciava quelle due parole, che mi avesse odiato, mentre gli piombavo in camera, che i suoi baci fossero falsi, che i suoi sguardi fossero di convenienza, che mi fossi confidata sbagliando. Lui non poteva avermi fatto questo, dopo avermi salvato: non poteva, l’unica persona a cui mi fossi mostrata davvero per quello che ero, avermi usata e basta.
Mi aveva trovata sola e mi aveva preso, senza timore e io l’avevo seguito come un cagnolino: e io iniziai a provare ribrezzo per me stessa. Era davvero solo un gioco? Aveva giocato e basta, mentre mi cambiava, e mi trasformava nella ragazza che non ero mai stata, mentre mi rendeva schiava dei miei sentimenti? Mi aveva schiacciato sotto di lui e io mi ero accorta di quanto facesse male, solo quando  mi aveva lasciato andare.
 
Draco
 
Dovevo farle credere tutto ciò. Dovevo far credere a Luna di aver giocato con lei, di non averla mai amata, di averla usata come burattino e di disprezzarla. Se ne fosse stata convinta, allora, forse, sarebbe stata al sicuro. Dopotutto, gliel’avevo promesso: non avrei mai permesso che mio padre e i suoi “amici” le facessero del male.
 
 


 
 
 
Cari amici, sono di nuovo tra voi.
Questo capitolo è di svolta: Draco e Luna si sono detti addio, e io (grazie alla canzone di Taylor Swift “I knew you wew trobule”) ho voluto farvi capire i sentimenti dei due protagonisti.
Spero di essere stata chiara, e che il capitolo vi sia piaciuto.
Ci si vede alla prossima, bacioni!
P.S. Per il momento potete vedere i capitoli betati fino al 9.
Questo capitolo che ho ora (3 Maggio) ripostato revisionato è stato betato da Lady Viviana
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Capitolo 19
*** Loving him was red. ***


Loving him was red.
 
 
Luna
Natale era arrivato per davvero e, con esso, le vacanze. Dopo la fatidica lettera, io e Draco non ci eravamo più rivolti la parola, ma, nonostante ciò, non avevo potuto impedire al mio sguardo di tornare in continuazione verso di lui, di cercarlo sempre, di sorridergli sapendo bene che non mi avrebbe risposto, come in un riflesso involontario. Ero spezzata, inutile dirlo, completamente distrutta, però la vita continuava e, con esse, l’ES e la resistenza. Neville, quando gli avevo detto cos’era successo, fu sul punto di andare da Draco e picchiarlo e ci volle tutta la mia determinazione per convincerlo del fatto che fosse inutile e che mi avrebbe aiutato di più standomi accanto. Lo fece e io ne fui felice, perché ritornai ai tempi in cui avevo un migliore amico, il periodo migliore della mia vita. Prima che io partissi per tornare a casa, mi abbracciò così tanto che io scoppiai a piangere: il mio dolce, amorevole e fantastico Neville. Il mio eroe. Il solo pensare a quelle parole, mi fece venir voglia di piangere ancora, perché io non amavo gli eroi.
Salii sul treno con il cuore in pezzi e le guance bagnate, a cui neppure il mio amico aveva potuto rimediare. Mi aveva, però, regalato un sorriso, donandomi per Natale il pensiero più bello che io avessi mai ricevuto: un album pieno di foto, dal primo anno –chi sapeva che me ne avevano fatte?- fino ad allora. Erano mie, mie e sue, anche solo sue, le più divertenti e dolci, che sapeva mi avrebbero fatto sorridere, e così come era stato. Mi avevano fatto piangere, all’inizio, ma anche ridere, amare ed essere felice: mi avevano riportato una parte di cuore. Quella che Draco, con le sue parole scritte su uno stupido pezzo di carta, aveva ridotto in frantumi. Ma non potevo farmi abbattere da quello, non potevo essere schiava dei miei sentimenti a tal punto. Dovevo fare qualcosa, qualsiasi cosa, per poter ritornare ad essere la Luna di un tempo. Sfogliare le pagine di quell’album mi faceva ricordare chi ero, nel bene e bel male, guariva ferite, ma ne faceva aprire altre, mi distruggeva e mi rilassava contemporaneamente, mentre la mia testa diventava un campo di battaglia, dove, da un lato, c’era la vecchia Luna e dall’altro quella vera. Ma neppure io, padrona del mio cervello fino a prova contraria, sapevo chi avrebbe vinto, anche perché non sapevo qual era la parte giusta: Draco mi aveva cambiato in meglio? Oppure era la vecchia Luna, quella giusta? Quella che guardava la gente con gli occhi spalancati e dolci, sinceri e brillanti, sempre pronta ad aiutare a modo suo, sempre disposta a dire una parola buona. Poi c’era quella vera, che avevo incominciato a chiamare così quando stavo con lui e che non avevo ancora smesso di chiamare con quell’appellativo nella mia mente. Ma, era davvero quella vera? Quella ironica, fragile, ma decisa, combattiva e innamorata, priva di barriere, ma con uno scudo sopra il cuore? Forse, alla fine, non era la vera Luna. Era solo quella nuova.
I ragionamenti mentali mi stavano portando ad una distruzione fisica e psicologica e, senza neppure rendermene conto, avevo iniziato a piangere sulle foto, senza guardarle nemmeno più. Gettai l’occhio su di esse per vedere se le avevo rovinate, rendendomi conto di aver pianto su una delle più recenti: non avrei saputo indicare il giorno, ma sorridevo, le labbra rosse e i capelli al vento, mentre sulle mie spalle svettavano delle ali fatte di luce, che a tratti si vedevano e a tratti no. Rimasi incantata a guardarla per moltissimo tempo, forse mi addormentai anche e mi svegliai, quando un rumore assordante che non riuscii ad identificare subito, ma che, ben presto, associai a delle urla.
 
Neville
 
Conoscevo il padre di Luna di vista, per i saluti al Binario 9 ¾, più che altro, o sorrisi, quando ci si incrociava per le strade di Diagon Alley. Come io avevo parlato della mia amica a mia nonna, così probabilmente lei aveva parlato di me a suo padre, come normalmente si fa quando si conosce un nuovo amico. Potevo considerarmi –e andavo fiero di questo- il migliore amico di Luna Lovegood, al pari di Ginny e superiore anche a Ron, Harry e Hermione. Ricevere una lettera da lui, comunque, mi sorprese non poco e, prima di leggerla, mi vennero in mente tutti gli scenari possibili per cui avrebbe dovuto mandare una lettera proprio a me.  Quando l’aprii e la lessi, però, tutto fu più chiaro. Sbiancai, e la rilessi per tre volte di fila, per poi passarla a Ginny, che fece lo stesso, nella stessa identica sequenza, prima di lanciare un urlo, uno vero, da cinema babbano. Si mise le mani sul volto, si coprì gli occhi per nascondere le lacrime e continuò a lanciare piccoli urli, senza badare agli occhi delle persone, rivolti tutti verso di lei. Tremava come non l’avevo mai vista fare, come se le avessero dato il colpo di grazia necessario per crollare, abbattendo un muro già in parte in frantumi per colpa della fuga di suo fratello, del suo ragazzo e della sua migliore amica. Forse passarono pochi secondi, forse dieci minuti durante i quali tutti l’avevano osservata attonita, quando uno sciame di persone ci circondò, chiedendo spiegazioni. Io non risposi a nessuna domanda, guardando verso gli insegnanti: Piton non c’era, scomparso da qualche giorno, i Carrow osservavano immobili la scena e la professoressa McGranitt si era portata le mani alla bocca, senza, però, muoversi. Rivolsi di nuovo la mia attenzione a Ginny e vidi che, al suo fianco, era comparsa velocemente Daphne, incurate di alcuni sguardi perplessi, mentre Blaise era fermo al tavolo dei Serpeverde vicino a Pansy, pur rivolgendomi uno sguardo preoccupato e d’intesa. La mia amica aveva svolto in pochi minuti il compito che spettava a me, svelando a tutti il contenuto della lettera:
Neville,  Luna è stata presa.  Xenophilius Lovegood.
Pochissime parole che avevano causato il collasso di Ginny e la mia più totale confusione. Una mano si appoggiò al mio braccio e, girando la testa, riconobbi Hannah, che mi guardava preoccupata e con le lacrime agli occhi.  Le sorrisi per confortarla, abbracciandola forte, prima di muovermi verso il tavolo dei Serpeverde, per parlare con Blaise. Draco non c’era, forse se n’era andato, ma Luna era stata presa e io, a quel punto non capii più niente, perché dentro la mia testa c’era solo confusione e pezzi di un puzzle che io non volevo mettere insieme. Draco era un Mangiamorte, Luna era stata presa da loro, lui non c’era e prima erano insieme. Contrariamente al cuore, il cervello l’aveva già fatto, arrivando ad una risposta ben chiara: Draco aveva rapito Luna.
 
Luna
 
Urla. Tutto quello che ricordavo erano urla, ancora vive nella mia testa, in forte contrasto con l’ambiente intorno a me, del tutto privo di vita. O, almeno, così pensavo, prima di sentire un respiro leggero e una voce ansimante chiamarmi: “Signorina Lovegood?” Quella voce era stranamente familiare e apparteneva ad uno dei miei ricordi più antichi e belli, nascosti al mondo, era la voce di un vecchio, che mi guardava come se fossi una creatura dalle rare capacità, come pochi avevano fatto, una voce che associavo alla prima persona che mi avesse mai guardato e scoperto chi ero, quella che mi aveva condotto verso le porte della magia, che mi aveva donato la mia bacchetta, pronunciando le parole che tanto attendevo: “Legno d’acero, crine di unicorno, dieci pollici, ragionevolmente elastica. Perfetta per incantesimi.” Era la voce di Olivander, lo stesso che mi stava guardando dentro quella cantina buia e che, con i suoi occhi, mi dava un punto di luce in una stanza altrimenti color della notte. Gli sorrisi, ricordandomi di quando mi aveva detto che si ricordava tutti quelli a cui aveva venduto la bacchetta, citando mia madre. Non aveva mentito, infatti, dato che si ricordava il mio nome.
“Salve, signor Olivander. Dove siamo?” Chiesi, timorosa di conoscere la risposta, che, però, già potevo immaginare: una prigione per coloro che si ribellavano ai Mangiamorte. “Ci troviamo nei sotterranei del Malfoy Manor, signorina. L’hanno portata qui pochi minuti fa, semisvenuta. È la prima a farmi compagnia, sa? Sono stato qui solo a lungo.” Aveva continuato a parlare, ma io avevo già smesso di ascoltarlo da un pezzo, ferma alle parole “Malfoy Manor ”. Mi trovavo nella casa di Draco: bizzarro che dovessi trovarmi a casa sua in quella situazione, invece che per una cena con i suoi genitori, di fidanzamento, magari. Smisi di far andare i miei pensieri così lontano, concentrandomi sulle parole del fabbricante di bacchette, e rendendomi conto di aver iniziato a ricordare momenti confusi sul treno: Mangiamorte che entravano nella mia cabina, vuota, se non per me, tra le urla degli altri, io mezza addormentata che cercavo di afferrare la mia bacchetta, che mi era stata velocemente tolta con un incantesimo di disarmo, io sbattuta contro il muro dalla forza di quell’incantesimo, semi svenuta e una voce che ordinava: “Prendila pure tu e seguici.”
Poi, delle mani, fredde, ma familiari, che mi prendevano in braccio come un principe prende in braccio una principessa, solo che Draco non era lì per salvarmi. Infine la sua voce, prima di svenire davvero, che mi sussurrava: “ Mi dispiace. Farò di tutto purché non ti facciano del male.” E io che ci credevo, come ero solita fare quando si trattava di lui. Non avrei mai smesso di sperare, di lottare per lui, per la sua libertà, anche se non lo poteva sapere. Mi rivolsi un’ultima volta ad Olivander, che aveva iniziato ad osservarmi, in attesa. “Capisco, grazie.” Poi chiusi gli occhi senza dormire, cercando di mettere ordine tra i miei pensieri.
 
Draco
 
L’avevo presa in braccio come una principessa, illudendomi di essere il principe che non ero, fingendo come avevo fatto per tutta la vita, illudendo non gli altri, ma me stesso. La presi in braccio e la portai verso casa mia, come mi avevano ordinato, felice di poter essere soltanto io a toccarla, cercando di proteggerla almeno un po’, come le avevo promesso. Quando mi dissero di portarla nei sotterranei, lo feci, indossando una maschera di indifferenza di fronte all’altro ospite e lasciando Luna sul pavimento senza una parola, ma con una carezza non vista. Stesa senza muoversi era bella ugualmente, i suoi capelli facevano luce come e più dei miei e attraverso le labbra dischiuse intravedevo i denti, bianchi e brillanti: sembrava proprio una principessa, era un vero peccato che io non fossi un principe.
Risalii velocemente fino al salone, nascondendomi per sentire le voci di mia zia, mia madre e mio padre parlare, pensando di non essere uditi: “Ci siamo tolti due problemi di mezzo, oggi” La voce di Bellatrix Lestrange era fredda, come ero abituato. “Ci siamo tolti di mezzo il problema del Cavillo, sì.” Ribatté mia madre. “ E il problema di Draco, anche.”  “Draco non ha alcun problema, Bella.” Disse mio padre, guardandosi, però, le scarpe, non del tutto sincero. “Tu dici? Quindi sei favorevole al suo rapporto con la Lovegood? Qual è il prossimo passo, una proposta di matrimonio alla Mezzosangue?”
Rabbrividii nel sentire la voce di mia zia citare sia Luna che la Granger e, ancora di più, nell’udire la risposta di mia madre.
“Certo che no. La ragazza non sarà più un problema, Bella, tranquilla.” Decisa, molto più di mio padre. “Cissy, che bello sentirlo! Allora spero non farete mai più figure come queste davanti al Signore Oscuro, per colpa di vostro figlio!”
Non attese risposta, la bruna e si avviò verso la porta, prima di lanciare un ultimo grido e uscire definitivamente.
“Capito, Draco?” Disse solo questo, mandando all’aria la mia copertura.
 
Ginny
 
Il cuore mi martellava velocemente, troppo, nel petto, da quando avevo saputo di Luna. La dolce, incredibile Luna, che in quei giorni avevo considerato così poco, troppo presa dall’ES, da Daphne, da Harry. L’avevo lasciata andare alla deriva, senza neppure un consiglio da amica, che probabilmente le aveva dato Neville. L’avevo lasciata vivere senza preoccuparmi di lei, ma solo di me, dimenticandomi di quanto lei avesse bisogno di qualcuno che le voleva bene. E, ora, era stata presa e non poteva assistere alle mie lacrime, al mio dolore, non sapeva quanto le volessi bene e quanto mi dispiaceva. L’avevo lasciata andare via, su quel treno, pensando a tutto fuorché che a lei, lasciando a Neville il compito di asciugarle le lacrime. L’avevo lasciata, ecco tutto. E, ormai, non sapevo più cosa fare per riprenderla, perciò feci esattamente quello che ero solita fare in quelle situazioni: passai il resto dell’anno a fare quello che avrebbe fatto lei, cercando di vivere la sua vita, di essere la Corvonero dal sorriso sempre sul volto e le parole sincere.
 
 
 
Allora…
Siamo al 19esimo, gente! Quasi non ci credo, siamo arrivati al rapimento di Luna. Ma procediamo con ordine.
Prima comunicazione: Lady Viviana ha già corretto tutti i capitoli precedenti, compreso questo, quindi se volete leggerli meglio, fate pure.
Seconda: Luna’s pov! Porella la mia dolce e cara Luna, con il cuore spezzato! Sta male, malissimo! Da questo momento in poi, i suoi pov saranno ben pochi, probabilmente solo alla fine.
Terza: Neville’s pov! Parliamone: quanto amo Neville? Tantissimo! Il suo cervello sta addirittura incominciando a funzionare, anche se non ha capito proprio tutto…
Quarta: Luna’s pov! Di nuovo, sì. Ora è al Malfoy Manor, con Olivander. Forse nel prossimo capitolo ci saranno ancora, ma di questo parlerò più sotto.
Quinta: Draco’s pov! Cuore, vita, battito! Smettila di fare il bambino viziato e a giocare a nascondino! È tua zia, ribellati... Lo odio non poco, il personaggio che ho creato, debole e sottomesso. Bha. Forse lo faccio più sveglio, ci penso e poi vi dico…
Sesta: Ginny’s pov! Tho, la suaBBF è stata rapita e lei si ricorda di volerle bene! Ora, vorrei che fosse ben impresso nella vostra mente lo stato d’animo ma anche la reazione di Ginny. Ha perso prima Ron, Hermione e Harry, e ora Luna. È crollata porella.
 
Spolier….è.é
Partiamo dal fatto che non so come finirà questa storia. Ogni settimana penso: uhm… chi devo far litigare/tradire/odiare/parlare?
E poi me ne esco con ‘ste schifezze.
Se la vie…
Comunque, a meno che non mi venga una pazzia/idea geniale, nel prossimo capitolo avverrà un salto temporale, e Luna non ci sarà per un pochetto, infatti pensavo di incentrare d’ora in poi la storia su il quadrato serpeverde e su Colin, Romilda, Lavanda, Calì, Neville e Ginny. Tutti gli altri, insomma, eccetto Luna e Draco, anche se quest’ultimo comparrà, com’è ovvio che sia vivendo nel castello. In parole povere: la Draco/Luna si fermerà fino alla battaglia finale.
Naturalmente, poi devo vedere chi deve morire…ehm, andiamo oltre.
Infine: ringrazio infinitamente Lady Viviana, ancora e per il resto della vita.
 
Questo capitolo è stato betato da Lady Viviana
Lady Viviana su Efp: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=146007
 
Ultima, ultimissima cosa. Le recensioni, in questo periodo sono sparite. La cosa mi dispiace un po’, perché mi facevate sentire i vostri pareri prima, perciò… se vi piace, per favore, fatemelo sapere. Se no, fatemelo sapere lo stesso, e spiegatemi perché! Sono agli inizi, voglio tanto i vostri consigli.
Grazie a tutti quelli che mi seguo e hanno la storia tra le preferite.
Baci, abbracci e Chris Colfer (E larry, i miei amori…LouisxHarry <3)
 

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