Nothing is what it seems

di Bloodwriter98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** How everything can change ***
Capitolo 2: *** Hopes ***
Capitolo 3: *** From bad to worse ***
Capitolo 4: *** Save me ***
Capitolo 5: *** I'm a guardian ***
Capitolo 6: *** Who are you? ***
Capitolo 7: *** An unusual evening ***
Capitolo 8: *** The party can begin ***
Capitolo 9: *** Memories ***
Capitolo 10: *** I miss you ***
Capitolo 11: *** Sweet dreams ***
Capitolo 12: *** Nice to meet you ***
Capitolo 13: *** Home sweet home ***
Capitolo 14: *** Again together ***
Capitolo 15: *** You will be mine ***
Capitolo 16: *** We will die ***
Capitolo 17: *** Starry night ***
Capitolo 18: *** Shadows from the past ***
Capitolo 19: *** I will never leave you ***
Capitolo 20: *** I'm E.V.D. ***



Capitolo 1
*** How everything can change ***


CAPITOLO 1- How everything can change

Logan

Mi sentii strattonare il braccio e mi girai a guardare Rick.
Evidentemente mi stava dicendo qualcosa ma io non stavo prestando attenzione.
Mi trovavo nella mensa dell’istituto insieme a Rick e altri quattro ragazzi. Io e lui eravamo amici sin da piccoli mentre gli altri erano per lo più amici suoi che si aggregavano a noi due solo per il fatto di farsi vedere con me.
So che può sembrare presuntuoso ma era così. La mia famiglia era una delle più importanti e tutti facevano a gara per farsi vedere insieme al figlio dei Visser. Solo Rick mi era amico senza prestare attenzione al mio cognome.
Mi girai per guardare gli altri ragazzi presenti a tavolo. Di quattro che erano ne conoscevo solo una, Nadia, gli altri avevano dei nomi che iniziavano per m, o forse era s? Comunque, conoscevo solo Nadia forse perché era la più pressante del gruppo.
Per fortuna appartenevamo a due elementi diversi perciò avevamo solo poche materie in comune.
Io appartenevo all’elemento del fuoco mentre lei a quello dell’aria.
Nadia era una ragazza alta e magra con dei lunghi capelli neri che le arrivavano fino al bacino. I suoi occhi poi erano grigio intenso. Esteticamente era molto carina ma se la si conosceva meglio si capiva che persona era. Sotto quegli occhi da cucciolo si nascondeva una persona fredda e calcolatrice. Tutte le volte che eravamo in gruppo non faceva altro che starmi appiccicata e più di una volta ci aveva provato con me.
Io l’avevo sempre rifiutata ma per mia sfortuna non era una persona che si arrendeva facilmente. Ogni volta che ci incontravamo, poi, mi faceva un centinaio di domande su come stesse mio padre e mi chiedeva di salutarlo da parte sua.
Come se non bastasse era iniziato un altro noiosissimo anno in questa noiosissima scuola.
L’unica differenza era che quest’anno avrebbero assegnato i sigilli ai guardiani.
A Elythra essere scelto per diventare guardiano di un elemento era un grande onore ma a me non importava.
L’ultima volta che erano stati scelti i guardiani era stato più di vent’anni fa ed era stato in occasione di una guerra che aveva squarciato il nostro mondo causando moltissimi morti; perciò non riuscivo a capire perché questo evento fosse così benvoluto da tutti.
Quando si diventava guardiano acquistavi più forza e il potere del tuo elemento aumentava moltissimo.
Gli anziani avevano cercato di tenere segreti i nomi dei prescelti ma, come accadeva per tutti i segreti, nel giro di qualche settimana tutto l’istituto sapeva i nomi dei fortunati.
Io ero stato scelto come guardiano del fuoco mentre Nadia come guardiana dell’aria. I guardiani degli altri due elementi erano un ragazzo, per l’acqua, e una ragazza, per la terra, più grandi di noi di un anno. Non li conoscevo bene e sinceramente non avevo nemmeno voglia di conoscerli.
Quando aveva dato la notizia ai miei genitori era stati entusiasti. Continuavano a ripetermi che era un grande onore e dovevo esserne fiero, io però non vedevo niente di bello nell’essere mandato in guerra contro il Signore Oscuro insieme ad altre tre persone.
Per nostra fortuna gli anziani avevano creato uno scudo di protezione intorno alla città  così da impedire che il Signore Oscuro ci attaccasse.
Mi guardai intorno in cerca di qualsiasi cosa di più interessante che stare a sentire Nadia quando notai qualcosa di strano. Il professor Miller stava parlando animatamente con la professoressa Morris ed entrambi sembravano agitati. Cercai di seguirli con lo sguardo fino a quando non li vidi uscire dalla mensa. Afferrai il mio zaino e mi alzai dal tavolo.
-Ehi Visser dove vai?- chiese Rick ridendo.
-Mi sono dimenticato una cosa in aula- risposi sbrigativo.
Se non volevo perderli di vista dovevo muovermi. Nadia disse qualcosa ma fortunatamente ero già troppo lontano per capire cosa volesse. Uscii velocemente dalla mensa e mi diressi a grandi passi verso l’ufficio del preside.
Se i professori erano così agitati c’era sotto qualcosa di grosso.
 

Eve

Per fortuna era giovedì e la settimana era quasi finita. Ero appena uscita da scuola ma non mi andava ancora di tornare a casa così decisi di fare una passeggiata per Hyde Parck. Da quando mi ero trasferita a Londra passavo la maggior parte del mio tempo fuori casa.
A causa del lavoro di mia madre eravamo costrette a spostarci ogni anno e io non avevo mai avuto dei veri amici con cui passare il tempo. Quando ero a scuola stavo per lo più in disparte e se ero a casa, cosa alquanto rara, mi richiudevo in camera con il mio i-pod e il portatile.
Mia madre continuava a ripetermi che dovevo trovarmi delle amiche ma io continuavo a non darle retta. Era impossibile farsi delle amiche in una città in cui sarei rimasta sì e no un anno.
Continuai la mia passeggiata pomeridiana nonostante il tempo si fosse annuvolato di colpo. Io però adoravo uscire quando era nuvoloso. Amavo il vento quando mi scompigliava i capelli e mi batteva sul viso.
Tutti avevano detto che ero pazza ma non mi importava.
Arrivai sotto un grande albero in mezzo al prato e mi sedetti ai suoi piedi. Il vento muoveva i rami della pianta creando una specie di fruscio che assomigliava ad una ninna nanna. Chiusi gli occhi e mi lasciai cullare da quel suono.
Ad un certo punto il vento si alzò di colpo. I rami ora si muovevano violenti e frustavano l’aria. Alzai gli occhi al cielo e vidi che era diventato plumbeo. Mi sollevai controvoglia e mi rimisi in cammino.
Se non volevo arrivare a casa fradicia dovevo sbrigarmi.
Il vento saliva sempre di più creando delle turbine di foglie secche. Un forte colpo d’aria mi venne contro e fui costretta a fare retromarcia. Sembrava quasi che mi stesse spingendo in una direzione. Cominciai a camminare più velocemente quando una folata di vento ancora più forte mi fece cadere sull’erba umidiccia. Sbuffai vedendo i miei jeans nuovi sporchi di erba e terra. Mi rimisi in piedi a mi accorsi che il vento si era calmato.
In questa città il tempo era davvero assurdo. Feci un passo in avanti quando vidi qualcosa che brillava nell’erba. Mi chinai e raccolsi un piccolo oggetto. Erano un ciondolo a forma di rombo. Al centro c’era una pietra grande come un unghia che sembrava un diamante mentre sugli altri tre lati c’erano altre tre pietre più piccole che sembravano un rubino, uno smeraldo e uno zaffiro.
Anche se sembrava un oggetto d’antiquariato, era carino. Mi guardai intorno per vedere se fosse caduto a qualcuno ma nel parco c’ero solo io. Riposai lo sguardo sul ciondolo quando sentii il telefono squillare, era un messaggio di mia madre che mi chiedeva dove fossi. Sbuffai e, ficcato il medaglione in tasca, mi diressi a grandi passi verso casa.


Note dell'autore:
Ciao a tutti :) questa è la prima volta che scrivo una storia e penso di averla rivista più di una decina di volte prima di pubblicarla xD Come avete visto tutta la storia verrà narrata secondo i punti di vista di Logan ed Eve anche se a volte un capitolo potrebbe comprendere solo il punto di vista di uno dei due. Spero che la storia vi piaccia tanto quanto è piaciuto a me scriverla.
A presto :)
P.S. Recensite e fatemi sapere cosa ne pensate ;)

 

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Capitolo 2
*** Hopes ***


CAPITOLO 2 - Hopes


In questo capitolo ho inserito un piccolo spaccato (tra la parte secondo il punto di vista di Logan e la parte secondo quello di Eve) scritto in terza persona che servirà poi per capire delle cose negli altri capitoli. Buona lettura :)


Logan
 
Percorsi il lungo corridoio fino a trovarmi nell’aula sopra la presidenza. Chiusi la porta a chiave e contai tredici passi dal muro, mi inginocchiai a terra e riscaldai la lastra del pavimento.
Quando la colla sui bordi si fu sciolta completamente infilai le dita tra le fessure e tirai fuori il pannello. Lo appoggiai con delicatezza a terra e mi misi comodo.
Per caso avevo scoperto che in quel punto si riusciva a sentire tutto quello che veniva detto nella presidenza perciò ogni volta che c’erano novità non dovevo far altro che togliere la lastra dal pavimento e rimanere in ascolto.
Dal piano di sotto si sentivano i passi nervosi del preside.
- Noa siamo nei guai- cominciò l’uomo agitato. Si capiva dal fatto che avesse iniziato a singhiozzare.
- Senza il sigillo non possiamo eleggere i guardiani-
-Calmati Connor - disse la Morris cercando di tranquillizzarlo – Abbiamo ancora gli altri tre sigilli-
-Amara ha ragione, non dobbiamo perderci d’animo. Faremo comunque la cerimonia con quelli che abbiamo- rispose il professor Miller.
-Ma non possiamo eleggere solo tre guardiani- ribatté l’uomo – Gli anziani andranno su tutte le furie quando lo scopriranno -
Era abbastanza vecchio e tutta quella agitazione non gli faceva bene.
-Continueremo come abbiamo programmato e quando ritroveremo l’ultimo sigillo eleggeremo anche il guardiano- concluse la donna - Ora però bisogna raccontare l’accaduto agli anziani per decidere sul da farsi-.
-Va bene – rispose il vecchio rassegnato - Riferirò personalmente il fatto agli anziani ma mi raccomando che la notizia non si sparga, sarebbe un disastro- continuò isterico.
Feci un sorrisetto divertito.
Tra meno di sei ore tutto l’istituto l’avrebbe saputo.
Quando sentii la porta della presidenza sbattere, ripresi il pannello e lo rimisi al suo posto mettendo un po’ di colla suoi bordi per fermarlo.
Da quando avevo scoperto quel posto ne portavo sempre un tubetto dietro.
Uscii dalla stanza e scesi velocemente le scale. Mi sentivo quasi un po’ sollevato e speravo con tutto me stesso che il sigillo perso fosse il mio.
 
-------------------- 
Il ragazzo aprì la pesante porta di legno ed entrò nella biblioteca della villa.  
Nonostante avesse ventitré anni ne dimostrava molti di meno.
Il Signore Oscuro stava seduto sulla sua poltrona e osservava annoiato la sfera sul tavolo.
-Mio Signore, le porto buone notizie – cominciò il ragazzo facendo un inchino.
Nei suoi occhi azzurri brillava una strana luce.
-Finalmente Vins, cominciavo ad annoiarmi- rispose l’uomo alzandosi dalla sedia e passeggiando per la sala.
-I tuoi informatori hanno riferito che uno dei quattro sigilli è scomparso-
-E così quei vecchi hanno fallito- fece l’uomo soddisfatto.
-In realtà, mio signore, faranno lo stesso la cerimonia e appena troveranno l’ultimo sigillo completeranno il cerchio dei guardiani-
Si sentì un ringhio soffocato poi il Signore Oscuro fece un sospiro. -Chi sono i prescelti?-
- I guardiani sono Logan Visser, fuoco, Nadia Olsson, aria, Ariana Russel, terra, e Axel Haugen, acqua-
-E così il figlio dei Visser diventerà un guardiano – disse l’uomo con un ghigno – Ci sarà da divertirsi –
-Il suo informatore ci ha avvertiti poi che gli anziani sospettano che l’ultimo sigillo si trovi in un'altra dimensione, su un pianeta chiamato Terra-
-Manda i miei Demoni Ombra a cercarlo – disse l’uomo avvicinandosi alla finestra – Voglio quel sigillo-
-Sarà fatto, mio signore- disse l’altro facendo una riverenza e chiudendosi la porta alle spalle.

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Eve
 
Quando tornai a casa mia madre mi fece la solita ramanzina e io mi chiusi in camera mia. Odiavo quando mi trattava come una bambina che non sapeva badare a se stessa.
Mi infilai gli auricolari e lasciai che le note di My Immortal degli Evanescence mi entrassero nella testa.
Mi stesi sul letto e cacciai dalla tasca il medaglione. 
Ora che l’osservavo meglio notai che i bordi inferiori erano leggermente zigzagati. Non era rovinato, sembrava uno di quei medaglioni a incastro. Lo girai e vidi che sul retro era incisa una parola.
Aer. Aria in latino. 
Avevo studiato quella lingua nell’anno trascorso in Italia.
Magari era uno di quei medaglioni strani che davano poteri a chi lo indossava. Sorrisi pensando a quanto fossi suggestionabile. Mi stavo facendo tante paranoie per uno stupido medaglione trovato per terra. Appoggiai il ciondolo sul comodino e chiusi gli occhi. Ero esausta.
 
Quella mattina mi sentivo stranamente carica. Mi ero svegliata di buon umore ed ero uscita di casa prima del solito. Avevo attribuito tutta quella positività al ciondolo trovato il giorno prima così lo ribattezzai come mio portafortuna.
Invece dei miei soliti vestiti neri, quella mattina avevo indossato una maglia di cotone azzurra con dei jeans blu scuro e, al posto della solita linea nera spessa intorno agli occhi, misi solo un po’ di mascara.
Scesi velocemente le scale che portavano alla metropolitana e sentii il ciondolo sbattere contro il mio petto ogni volta che saltano i gradini.
Quando arrivai a scuola c’erano già tante persone. Risi pensando che, a qualunque ora fossi uscita di casa, sarei riuscita ad arrivare comunque ritardo.
Tutti i ragazzi nei corridoi mi guardavano disorientati e a dire il vero anch’io ero sorpresa del mio umore. Di solito ero sempre scontrosa e camminavo a testa bassa mentre oggi stavo addirittura sorridendo.
Agli altri ragazzi la cosa non sembrò dar fastidio e iniziarono a sorridermi a loro volta.
Forse questa era la volta buona che sarei riuscita ad andare d’accordo con qualcuno.
Così mia madre non mi avrebbe più stressato.
Percorsi i corridoi dell’edificio e mi diressi al mio armadietto. Odiavo l’ora di ginnastica perché il professore era completamente matto e ci faceva correre intorno alla pista di atletica per tutta l’ora ma quel giorno era diverso. Dopo tanti anni mi sentivo di nuovo viva.
Grazie stupido medaglione bizzarro, pensai portandomi una mano al collo.
Presi la sacca con la tuta e andai negli spogliatoi. Indossai un paio di pantaloncini corti con una maglietta bianca e legai i capelli castano cenere con un elastico.
Quando uscii dagli spogliatoi trovai il resto degli alunni che già avevano iniziato a correre.
Il professore mi si avvicinò e mi guardò con un aria strana.
-Simons come mai hai deciso di onorarci della tua presenza?- fece brusco.
Se l’era presa per tutte quelle volte che avevo saltato la sua lezione.
-Oggi mi sento in forma, prof- risposi sorridendo. Non era però uno di quei sorrisi forzati che avevo imparato a fare con gli anni. Era un sorriso vero.
Il professore sembrò soddisfatto della risposta e mi fece segno di raggiungere gli altri.
Comincia a correre e mi sentii libera. Il vento mi soffiava contro e chiusi gli occhi per assaporare quel momento.
-Guardate, la sfigata è venuta a lezione oggi- disse un voce così squillante che mi diede sui nervi.
Aprii gli occhi e vidi che quella che aveva parlato era Cyntia Evans. Era un’oca che frequentava molti dei miei stessi corsi e accanto a lei c’erano le sue amichette, Amber e Jade.
Sospirai pensando a dove potesse arrivare la stupidità delle persone e accelerai il passo.
Quello era il mio giorno perfetto e nessun oca viziata me l’avrebbe rovinato.
Quando l’ora finì ero sfinita ma soddisfatta. Mi diressi verso gli spogliatoi quando qualcuno mi venne addosso facendomi finire a terra. Alzai lo sguardo e vidi Cyntia che mi guardava divertita.
-Come sono sbadata oggi- fece ridacchiando – E’ solo che non sono abituata a vederti in giro. Perchè ti sei disturbata a venire? Forse i tuoi genitori ti hanno abbandonata di nuovo - disse con cattiveria.
Mi alzai furiosa. Aveva rovinato il mio giorno. La guardai con gli occhi iniettati di odio.
-Stammi lontana Evans -
Sembrò intimorita dal mio tono perché il suo sorrisetto scomparve e cominciò ad indietreggiare.
Ero talmente arrabbiata che non mi ero accorta che il vento si era alzato moltissimo e il professore ci stava urlando di rientrare nell’edificio. Io però non riuscivo a muovermi. Sentivo solo una grande rabbia dentro e il bisogno di sfogarmi.
Il vento si alzò così tanto che Cyntia fu spinta a terra ma io rimasi impassibile al mio posto. Sembrava quasi che la folata d’aria fredda mi girasse attorno, come uno scoglio nel mare.
Feci un lungo respiro e riuscii a calmarmi. Quando riaprii gli occhi vidi che il vento era cessato di colpo. Guardai un’ultima volta Cyntia che mi osservava terrorizzata e corsi via.


Note dell’autore:
Ciao a tutti :) Ecco il secondo capitolo ^.^ Volevo pubblicarlo ieri ma mi sono ridota a fare i compiti l’ultimo giorno xD così ho deciso di farlo oggi. Che ne pensate?
Volevo ringraziare Prillashock99 e Sana_jasm97 per aver inserito la storia tra le preferite e Arya373, RayaFee e Sun_Rise93 per averla inserita tra le seguite. Non sapete quanto si importante per me.
Un bacione e a presto :)

 

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Capitolo 3
*** From bad to worse ***


CAPITOLO 3 - From bad to worse


Logan

Nonostante uno dei sigilli fosse stato rubato il girono prima, la cerimonia per l’elezione dei guardiani si sarebbe svolta comunque.
Tutti gli abitati di Elythra erano stati radunati nell’aula conferenza dell’istituto e io mi trovavo tra le prime file insieme a Rick.
Lui sapeva che odiavo l’idea di diventare un guardiano così quella mattina si era presentato prestissimo sotto casa per assicurarsi che non fossi fuggito la sera prima.
Mi girai verso di lui e rimasi a fissarlo per qualche istante. Stava ridendo insieme ad un altro ragazzo accanto a lui. Ero sempre rimasto impressionato dal modo in cui riusciva a trovare il lato positivo in qualunque cosa.
Tornai a fissare il palco vuoto cercando di non sentire il brusio di sottofondo che aleggiava nella sala.
Da quando si era sparsa la notizia del furto, che, al contrario di quello che pensavo, aveva impiegato molto meno tempo, tutti si erano cominciati a chiedere quale fosse il sigillo mancante.
In cuor mio speravo con tutte le forze che fosse il mio ma, con la fortuna che mi ritrovavo, anche se fossero stati rubati tutti il mio sigillo ci sarebbe stato comunque.
Quando il preside fece la sua comparsa sul palco partì un sonoro applauso che si placò non appena arrivò al microfono.
-Miei cari e mie care, siamo oggi qui per festeggiare forse uno dei più importanti momenti nella storia di Elythra-
Tutti ricominciarono ad applaudire e il preside continuò.
-Com’è tradizione sarà un membro del consiglio degli anziani a celebrare l’evento. Accogliamo con un applauso il professor Noa Miller-
E via con gli applausi.
Io non mi ero mosso di un centimetro e guardavo il nostro preside con quel sorriso finto stampato in faccia che nascondeva tutta la paura e la preoccupazione per ciò che era successo.
Il professore salì sul palco e si diresse al microfono non prima di aver ringraziato il preside.
Era un uomo molto alto e magro sulla trentina. Aveva i capelli castano mogano e dei grandi occhi marrone scuro che sembravano quasi neri.
Al contrario di quello che si potesse pensare, il consiglio degli anziani era composto da membri tra i trenta e i sessant’anni e non ero mai riuscito a capire perché si chiamasse in quel modo.
-Grazie Connor e grazie a tutti voi di essere qui oggi.- disse l’uomo strappandomi ai miei pensieri - Come molti di voi sapranno però, ieri è successo un fatto spiacevole. Uno dei quattro sigilli è stato rubato e tutta la sorveglianza di Elythra è stata messa in allerta. Per non rovinare del tutto questo giorno procederemo con l’assegnazione dei sigilli.-
Il preside porse al professore una piccola scatola di legno intarsiato e questo, senza troppe cerimonie, l’aprì ed estrasse il primo sigillo.
L’assegnazione avveniva in modo strano. Gli anziani ipotizzavano su chi potessero essere i prescelti ma alla fine era i sigilli che sceglievano i guardiani. 
Durante la cerimonia un membro degli anziani pronunciava una formula in una lingua arcaica e il sigillo rivelava il nome del guardiano.
Il professore racchiuse il medaglione tra le mani e chiuse gli occhi muovendo appena le labbra. Dalle sue mani si irradiò una debole luce verde che si spense appena l’uomo riaprì gli occhi.
-Ariana Russel – pronunciò al microfono.
Partì nuovamente un applauso e una ragazza salì sul palco sorridendo.
Era molto magra e slanciata e i suoi occhi erano di un verde così intenso da sembrare due smeraldi. I lunghi capelli rosso rame, poi, erano raccolti con uno chignon lasciando libero il ciuffo che le incorniciava il viso pallido.
Il professore le mise al collo il sigillo e le fece segno di accomodarsi dietro di lui dove erano posizionate tre sedie. Quando la ragazza prese posto, l’uomo continuò con il secondo sigillo.
Da questo si spigionò una luce blu molto intensa.
-Axel Haugen  –
Il secondo guardiano era un ragazzo poco più alto di me. Aveva i capelli corti biondo scuro e gli occhi erano blu come il mare.
Ecco, ci siamo, pensai tirandomi diritto a sedere.
Quello era l’ultimo sigillo che avrebbe decretato se ero salvo oppure no. Chiusi gli occhi per non vedere la luce emessa dal sigillo e incrociai le dita.
Fa che non si fuoco, fa che non sia fuoco, fa che non sia …
-Logan Visser – annunciò il professore.
Maledissi me e la mia sfortuna e salii sul palco. Ero talmente depresso che non cercai nemmeno di far finta di sorridere.
Il professore mi mise al collo il sigillo e andai a sedermi insieme agli altri due guardiani. Alzai gli occhi verso la platea fino ad incontrare uno sguardo. Era un misto di rabbia e delusione e mi fissava diritto. Forse non ero del tutto sfigato. Ero stato nominato guardiano ma per il momento ero lontano da Nadia. Lei continuava a fissare me e gli altri quasi con odio fino a quando si alzò furibonda e uscì dalla sala.
Sul mio viso comparve un sorriso sincero e persino io mi stupii di me stesso.
-Bene, ora che i sigilli sono stati affidati ai rispettivi guardiani ci metteremo subito all’opera per ritrovare l’ultimo - concluse il professore.
Tutti applaudirono per l’ennesima volta mentre il preside fece segno a me e agli altri due ragazzi di seguirlo.
Ci condusse lungo i corridoi che portavano ai sotterranei dell’istituto fino ad una enorme sala. Sembrava uno studio ma molto più grande.
Per tutta la stanza c’erano degli scaffali pieni di tomi polverosi e altri oggetti strani mentre al centro si trovava un grande tavolo di mogano con una decina di sedie attorno.
Trovammo ad accoglierci la professoressa Morris insieme ad un vecchio con una lunga barba bianca. L’uomo ci fece accomodare intorno al tavolo e quando arrivarono nella stanza anche mio padre e il professor Miller iniziò a parlare.
-Salve nuovi guardiani, è un onore conoscervi - cominciò.
-E lei sarebbe?- chiesi appoggiandomi con la schiena su una sedia.
Era abbastanza scomoda.
Mio padre mi fulminò con lo sguardo e io feci spallucce.
Da quando era entrato a far parte del consiglio degli anziani mi aveva sempre imposto di avere un comportamento impeccabile. Ovviamente non gli avevo mai dato retta.
-No Robert, Ignis ha ragione – mi difese il vecchio – Io mi chiamo Aaron  e sono lo stregone dell’ordine degli anziani-
Rimasi di sasso a sentire come mi aveva chiamato.
- Chi sarebbe Ignis?- feci alzando un sopracciglio.
Di fronte a me sentii Axel sogghignare.
-E’ il tuo nome da guardiano, mentre Axel sarà Aqua e Ariana, Terra- continuò il vecchio.
Ok erano impazziti tutti.
Poteva passare il fatto di eleggere guardiani degli adolescenti al posto di adulti addestrati, ma adesso dovevamo chiamarci con quei nomi assurdi?! E poi perché il mio era il più brutto?
-Il compito di noi stregoni è di stabilire l’ordine tra gli elementi- mi spiegò camminando per la stanza.
-Come voi sapete abbiamo un grave problema a cui pensare – cominciò il professor Miller – Dobbiamo pensare a come recuperare il sigillo dell’aria-
-Certo Noa ma non abbiamo idea di dove si trovi – rispose la Morris.
-In realtà pensiamo che si trovi in un’altra dimensione- disse il vecchio lasciando tutti a bocca aperta.
-E dove di preciso?- chiese il preside ansioso.
-Su di un pianeta chiamato Terra, non sappiamo però in quale posto specifico ma posso creare un portale che vi conduca là – spiegò il vecchio.
-E per questo che avete eletto i guardiani – dissi capendo finalmente tutto - Ci manderete a dare la caccia a una collana in un'altra dimensione-
- Logan adesso smettila subito – fece mio padre furioso. I suoi occhi blu scuro erano ridotti a due fessure. Per mia fortuna non apparteneva all’elemento del fuoco.
- Ignis ha ragione, vi abbiamo eletto per questo – mi confermò il vecchio.
Non mi sarei mai abituato a sentirmi chiamare così.
- Verrete mandati sulla Terra a recuperare il sigillo-
Lo diceva come se stessimo per andare a fare una scampagnata in montagna.
-Questo sarà il vostro primo compito da guardiani-
Il vecchio si diresse verso una parete spoglia e cominciò a disegnare degli strani segni con un cristallo. Ogni linea che tracciava diventava nera e quando ebbe finito tutte le linee si unirono creando un enorme buco nero.
-Il portale vi porterà nel luogo in cui si trova l’ultimo sigillo- disse lo stregone allontanandosi di qualche passo dal portale.
-Voi tre siete tutti collegati attraverso i vostri sigilli e questi vi condurranno a quello dell’aria. Quando l’avrete trovato dovrete soltanto unirli e questi creeranno un portale che vi ricondurrà qui-
-E se non dovessimo ritrovarlo? – chiesi alzandomi – Come faremo a tornare?-
-Se non riuscirete a trovare il sigillo creerò personalmente un portale per farvi tornare ad Elythra- cercò di rassicurarmi il vecchio senza successo.
Axel si alzò seguito da Ariana e si diresse verso il portale.
-Riporteremo qui il sigillo- disse prima di oltrepassarlo.
Ariana fece lo stesso e io mi trascinai dietro di loro.
Il viaggio fu velocissimo. Chiusi gli occhi e quando li riaprii mi trovavo in una città stranissima.
Il cielo era grigio e tirava un vento gelido. Per tutta la città si muovevano strane macchine che emettevano un denso fumo nero.
-E adesso che facciamo?- chiesi mettendomi le mani sui fianchi e guardando gli altri due ragazzi.
-Dovremo dividerci, così sarà più facile trovare il sigillo- rispose Axel guardandosi intorno. Sembrava spaesato quanto me.
-Come faremo a ritrovarci?- chiese Ariana. Era la più calma del gruppo.
-Useremo i sigilli – rispose il ragazzo.
Ci dividemmo e io mi diressi verso una specie di prato.
La gente che passava mi guardava incuriosita ma non mi dava più di tanto peso. Scelsi una direzione e mi allontanai dalla folla.
Quello stupido vecchio ci aveva detto che i sigilli ci avrebbero condotti all’ultimo ma il medaglione non stava facendo assolutamente niente.
Mi guardai intorno e vidi non c’era più nessuno. Il tempo stava peggiorando e anche il mio umore.
Mi passai una mano tra i capelli e maledissi un’ultima volta lo stregone fuori di testa.
In quel momento sentii qualcosa. Era un’energia debole ma non sapevo da dove provenisse, la sentivo solo avvicinarsi sempre di più. Girai più volte intorno a me stesso per cercarne la fonte ma non vidi nessuno.
Era la stessa energia che avevo provato quando il professore mi aveva messo al collo il sigillo.
La fonte si avvicinò sempre di più fino a quando mi passò vicino per poi superarmi. Quando vidi che non c’era niente capii che non si trovava di fronte a me ma sotto. Era per quello che la sentivo così debole.
Cominciai a correre nella stessa direzione del sigillo ma questo si muoveva sempre più velocemente.
Feci un respiro profondo e accelerai più che potevo.

Note dell’autore:
Ciao :) Finalmente sono riuscita a pubblicare. La scuola occupa all’incirca tre quarti delle mie giornate e non ero sicura di riuscirci :c Però eccomi qua XD
Ok dopo questo piccolo momento di pazzia passiamo al capitolo.
Devo ammettere che non è uno dei miei preferiti ma necessario per il resto della storia. Questa volta il punto di vista è solo quello di Logan perché se avessi inserito anche quello di Eve il capitolo sarebbe diventato lunghissimo. Che ne dite?
Volevo ringraziare tutti quelli che hanno recensito il capitolo precedente e che hanno inserito la storia tra le preferite e tra quelle seguite. Vi adoro :3
Un bacione e a presto ;)
 

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Capitolo 4
*** Save me ***


CAPITOLO 4- Save me
 
Eve
 
Quel giorno non avevo voglia di andare a scuola. 
Non ero sicura che quello che era successo il giorno prima fosse colpa mia ma non volevo correre rischi.
Quella mattina ero uscita presto e avevo preso la metropolitana per arrivare fuori città. Lì c’era un vecchio cantiere abbandonato dove andavo spesso quando volevo rimanere sola.
Salii le scale della metro e fui attraversata da una folata d’aria. Dopo quello che era successo mi sentivo diversa. Ogni volta che tirava vento questo mi passava accanto senza colpirmi, come se mi avvolgesse.
Scossi la testa e mi incamminai verso il cantiere.
Era ormai abbandonato da anni e intorno ad un albero lì vicino era cresciuta dell’erba.
Mi lasciai cadere infilandomi gli auricolari e inspirai profondamente l’aria settembrina. Le note di Save me degli Avenged Sevenfold mi entrarono nella testa facendomi dimenticare tutto per un attimo.
Alzai lo sguardo verso il cielo e rimasi a fissarlo incuriosita. Era più scuro del solito e sembrava stesse per scatenarsi qualcosa di grosso.
Ottima idea uscire senza ombrello, pensai facendo una smorfia.
Stavo per rialzarmi quando qualcosa attirò la mia attenzione. Nel cielo sembrò formarsi una specie di sfera nera. Da questa fuoriuscirono altre sagome nere più piccole, erano circa una decina.
Le sagome cominciarono a ingrandirsi sempre di più e cercai di strizzare gli occhi per vedere cosa fossero. Quando mi accorsi che si stavano avvicinando con una velocità assurda, saltai in piedi e cominciai ad arretrare.
In meno di qualche minuto le sagome erano a un chilometro da me e continuavano ad avanzare. Soffocai un grido di terrore quando riuscii a vederle meglio.
Sembravano delle specie di corpi informi con delle braccia lunghissime e dita che ricordavano più artigli che mani. Sui colli sottili era conficcati dei crani allungati con gli occhi infossati; come se non bastasse i denti erano lunghi alcuni centimetri e aguzzi come delle lame. Quando la prima creatura mi raggiunse ringhiandomi contro lanciai un grido di terrore e mi gettai a terra in tempo per schivare il suo attacco.
Mi alzai di scatto e cominciai a correre. Le altre creature mi stavano dietro e avanzavano sempre di più. Continuai a correre a perdifiato quando inciampai con qualcosa finendo a terra. Mi portai una mano davanti il viso per proteggermi e la creatura che mi stava per attaccare fu catapultata via. Rimasi a guardarmi il palmo stupefatta ma gli altri mostri si avventarono su di me. Chiusi gli occhi e quando sentii quei mostri urlare li aprii di scatto per vedere cosa fosse successo.
Una sfera di fuoco si librò in aria a pochi centimetri da me e colpì in centro un mostro che mi si stava avvicinando. Mi voltai e rimasi a bocca aperta quando vidi un ragazzo che teneva in mano una sfera di fuoco. I suoi occhi erano diventati dello stesso colore dell’oggetto che teneva e quando lo lanciò si spigionò una tale potenza che distrusse una di quelle creature.
Il ragazzo si avvicinò a grandi passi e si piazzò davanti a me per farmi da scudo.
Nonostante tutto quello che stava accadendo dovevo ammettere che era davvero bello. Era più alto di me di alcuni centimetri e i suoi capelli castano dorato gli incorniciavano il viso leggermente abbronzato.
Congiunse le mani e quando le riaprì si sprigionò un’onda di energia che stordì i mostri.
-Andiamo- disse prendendomi per mano e trascinandomi velocemente il più lontano possibile – Non resteranno fuori gioco per molto-
Nel suo tono c’era una leggera nota di fastidio ma non ribattei e continuai a correre. Dopo qualche minuto sentii il verso di quei mostri e capii che si erano ripresi.
Il ragazzo saltò agilmente la recinzione di un parco giochi e mi spinse dentro un tubo di plastica.
-Qui saremo al sicuro per un po’- si girò a guardarmi e rise vedendo la mia espressione scioccata.
-I tuoi occhi … - dissi a bocca aperta. Dal rosso fuoco si stavano lentamente schiarendo fino a diventare nocciola chiaro.
-Lo so che sono belli ma non c’è bisogno di guardarmi così-
No, decisamente la modestia non era una sua caratteristica.
-Che diavolo erano quei cosi?!- chiesi isterica ricordandomi improvvisamente da cosa stavamo scappando.
-Demoni ombra- rispose tranquillamente.
-Cosa?!- chiesi più scioccata di prima.
-Adesso sei anche sorda- ribatté ansimando.
Neanche lui era abituato a fare una corsa del genere.
-Che cosa volevano da me?! Sei tu che hai dei lanciafiamme al posto delle braccia –
Ora sembravo davvero una pazza.
Lui scoppiò a ridere. – Da dove vengo io è una cosa normale-
Si passò una mano sul collo e tirò fuori un ciondolo identico al mio. L’unica differenza era la pietra al centro, la sua era un rubino.
-Dove l’hai trov…-. Non riuscii a finire che mi mise una mano sulla bocca e mi fece segno di tacere.
In quel momento sentimmo qualcosa muoversi sopra le nostre teste, ci avevano trovato.
Il ragazzo creò una sfera di fuoco e appena il mostro fece capolino all’entrata del tubo gliela lanciò contro.
-Corri – urlò ricominciando a trascinarmi.
Imboccammo un via che portava al centro città e continuammo a correre in mezzo alla strada tra le macchine. Se non mi avessero ucciso quei mostri c’avrebbe pensato quel tizio.
Svoltammo in una via laterale e ci arrestammo di colpo. Davanti a noi c’erano un ragazzo e una ragazza con gli stessi nostri ciondoli tranne per la pietra. Quella di lui era uno zaffiro mentre lei aveva uno smeraldo.
-Terra, Aqua dobbiamo andarcene- disse sbrigativo il ragazzo.
Che nomi assurdi che avevano, pensai alzando un sopracciglio.
-Ignis chi è lei?- chiese la ragazza guardandomi con i suoi occhi dello stesso colore del medaglione.
-Aer-
A quella risposta i ragazzi rimasero a bocca aperta.
-Veramente io mi chiamo Eve- cercai di dire ma nessuno mi prestò attenzione.
-Cosa?!- chiese l’altro ragazzo sgranando gli occhi.
-Credo sia lei ma è una lunga storia, Aqua dobbiamo andarcene-
In quel momento comparvero i demoni e lanciai un urlo
La ragazza, che per esclusione doveva essere Terra, fece un rapido gesto con le mani e dal niente spuntarono dei rampicanti che avvolsero un demone stritolandolo.
-Dobbiamo aprire un portale – urlò Aqua respingendone un altro.
I ragazzi si avvicinarono a noi due e tutti incastrarono i ciondoli.
-Ci servirebbe anche il tuo- fece scontroso Ignis.
Tirai fuori dalla maglia il medaglione e appena lo unii con gli altri si creò una specie di campo magnetico intorno a noi.
-Come facciamo a indirizzarlo a casa?- chiese la ragazza guardando Aqua.
-Pensate ad Elythra-
-Cos’è Elythra?- feci con gli occhi fuori dalle orbite ma la mia domanda rimase appesa.
Sentii i miei piedi sollevarsi da terra e una mano afferrarmi in tempo prima di sparire nel nulla.

 
Logan

Quando atterrammo caddi e qualcuno sopra di me. Aprii gli occhi e mi ritrovai una massa di capelli castano cenere sul petto. Prima che attraversassimo il portale ero riuscito ad afferrarla in tempo evitandole di finire chissà dove.
-Ti dispiacerebbe toglierti?- chiesi con tono infastidito.
La ragazza mi guardò negli occhi e rimasi a fissarli incantato. Erano di uno strano colore, quasi ghiaccio. Senza dire una parola si tirò su passandosi una mano sui pantaloni per togliere la polvere.
Mi alzai anch’io massaggiandomi la schiena, avevamo fatto una bella botta.
– Dove siamo?- chiesi guardandomi intorno. Non ci trovavamo all’istituto.
-Siamo nella parte abbandonata della città- rispose Ariana. – Ci vorranno circa venti minuti per tornare all’istituto-
Ci incamminammo verso la parte della città abitata quando ci accorgemmo che la novellina non ci stava seguendo.
-Hai deciso di rimanere tutto il giorno qui?- chiesi voltandomi ma lei non mi guardava.
Era più interessata al paesaggio intorno a lei.
-Cosa guardi?- le chiese dolce Ariana.
-Qui è tutto così … -
-Vecchio?- finii la frase per lei.
-Distrutto- mi corresse lanciandomi un’occhiata. –Cos’è successo?-
-Questa è la parte vecchia della città ed è stata distrutta alcuni anni durante una battaglia. Ora la gente vive nella parte nuova- le spiegò Ariana.
-Adesso che abbiamo fatto la lezione di storia, possiamo andare?- chiesi facendo un gesto allusivo.
Quel posto mi dava i brividi e volevo rimanerci il meno possibile.
- Logan sei odioso – mi rispose Ariana sbuffando.
Io alzai le mani e lei mi superò velocemente.
-Logan? Non ti chiamavi I-qualcosa?- fece la ragazza sorpresa.
-Primo, si dice Ignis; secondo, che razza di nome è Ignis?-
Come poteva pensare che quello fosse il mio nome?
-Ignis è il suo nome da guardiano- le spiegò Axel – Io sono Axel e lei è Ariana. Tu sei?-
-Eve Simons – rispose - Ora qualcuno mi può spiegare perché quelle cose mi hanno attaccato?-
-Volevano questo- rispose Axel sollevando il medaglione –Si chiamano sigilli, ognuno con il suo elemento, e noi siamo i loro guardiani-
-Quindi voi fareste da guardie a delle collane?- chiese lei alzando un sopracciglio.
Mi venne da ridere, detta così sembravamo dei pazzi.
-Più o meno- rispose il ragazzo sorridendole – Ora dobbiamo andare all’istituto, ci staranno sicuramente cercando-
Ci incamminammo verso l’istituto ed Eve ci seguì senza obbiettare. Stava a qualche passo dietro di noi e si guardava continuamente intorno.
In effetti quello in cui stavamo camminando non era uno dei migliori quartieri. Le case erano ormai completamente distrutte e le strade, una volta lastricate, erano ricoperte di polvere e detriti. Dopo la battaglia che c’era stata sette anni prima, quella parte della città era stata completamente abbandonata. Ora regnava solo un grande silenzio che faceva accapponare la pelle.
Dopo diversi metri arrivammo finalmente hai cancelli dell’istituto.
Quando entrammo nella stanza sotterranea tutti i presenti si girarono a guardarci.
- Dov’eravate?- cominciò il preside ansioso – Pensavamo vi fosse capitato qualcosa-
-Abbiamo avuto qualche problema con il portale- spiegai andandomi a sedere.
Dopo la corsa di quella mattina avevo i piedi a pezzi.
-Allora, avete trovato il sigillo?- chiese la Morris ma quando entrò Eve tutti si ammutolirono di colpo.
-Signori lei è Aer- dissi indicandola. A lei sembrò dare fastidio perché mi lanciò un’occhiataccia.
-Non può essere- cominciò mio padre fuori di sé- Lei è solo un insignificante umana!- disse piano rivolto allo stregone.
-Sono umana, non sorda- rispose lei scocciata.
Io e Axel scoppiamo a ridere. La novellina aveva gli artigli.
-Vieni mia cara siediti- disse Aaron facendola accomodare. – Come ti chiami?-
-Eve Simons-
-Aaron è inutile- ribatté mio padre furioso – Riprendi il sigillo e rispediscila sulla Terra-
-Come se fossi un pacco- borbottò lei piano ma io riuscii a sentirla lo stesso e risi sotto i baffi.
Se fossero arrivati alle mani penso che avrei scommesso su di lei.
-Come hai avuto questo?- continuò lo stregone indicando il sigillo che aveva al collo.
-L’ho trovato in un parco vicino casa mia – rispose calma.
-E’ ovvio che sta mentendo- ricominciò mio padre.
Adesso stava dando sui nervi anche a me.
-Il sigillo si trovava qui ed è impossibile che l’abbia trovato per caso- continuò
-Senta non so chi è lei e non mi interessa- disse Eve alzandosi di scatto e sbattendo le mani sul tavolo. – So solo che non ho intenzione di rimanere un minuto di più in questa gabbia di matti che mi danno della ladra solo perché ho trovato una stupida collana per terra-. Era veramente isterica.
-Se la volete tanto tenete- continuò sfilandosi il sigillo e posandolo tra le mani di Aaron – Io non lo voglio-
Tutti rimasero a bocca aperta, persino io. Non avrei mai creduto che una ragazzina di diciassette anni, alta nemmeno un metro e sessanta con degli occhi da cucciolo bastonato potesse avere quel caratterino.
La cosa però non mi dispiaceva.
Aaron era l’unico che la guardava divertito.
-Tieni cara, conservalo tu- disse ridandole il sigillo -Ariana, mostrale la sua camera e anche voi altri andate a dormire. Sarete stanchi dopo il viaggio-
Mi alzai dalla sedia e seguii gli altri fuori la stanza. Quando ci chiudemmo la porta alle spalle Axel scoppiò a ridere.
-Eve sei stata grande. Nessuno tiene testa così a Robert Visser-
In effetti era la prima volta che vedevo qualcuno ribellarsi a mio padre.
-Grazie – rispose lei sorridendo a sua volta – Ragazzi voi mi siete simpatici, quasi tutti- aggiunse lanciando un’occhiata nella mia direzione – Ma non posso rimanere qui. Io non faccio cose bizzarre –
Axel la osservò divertito e fece un rapido gesto con la mano modellando dell’acqua fino a farle prendere la forma di una rosa.
-Questo ti sembra bizzarro? – chiese porgendogliela.
-No – rispose lei sorridendogli.
Adesso il colosso ci stava provando con la novellina. Stavo per morire di diabete.
-Ma non posso comunque restare- riprese lei – Io non so fare niente di tutto questo-
-Se il sigillo ti ha scelto vuol dire che qualcosa saprai fare- rispose Ariana sorridendole – Vieni ti faccio vedere la tua camera.

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Lo stregone continuava a camminare per la stanza assorto nei suoi pensieri. Possibile che fosse accaduto? Non si era mai verificato in tutta la storia di Elythra un fatto del genere.
-Aaron, cosa pensi di fare ora?- chiese Noa appoggiandosi contro lo schienale della sedia.
-Non lo so- rispose l’uomo sincero. Non ne aveva la più pallida idea.
-Tutto ciò è assurdo – disse Robert stizzito - Quella lì è un umana, non ha poteri -
-Eppure non è mai successo che un sigillo abbia attraversato una dimensione per arrivare al suo guardiano – ribatté lo stregone -Il sigillo ha scelto lei-
-Cosa significa tutto ciò? – chiese Amara senza togliergli gli occhi di dosso.
Nella stanza c’era talmente tanta ansia che i poteva tagliare con un coltello.
-Significa che forse è molto più potente di quanto possiamo immaginare- concluse l’uomo sospirando. Non gli piaceva quell’idea ma era l’unica che aveva senso.
Tutti i presenti si ammutolirono per qualche istante.
-E se fosse pericolosa?- fece Connor ansioso - Se accadesse come … -
-Non accadrà – tagliò corto lo stregone.
-Come fai ad esserne certo? – domandò Robert con aria di sfida.
-Non ne sono certo – ammise l’altro -Ma dobbiamo sperare con tutte le forze che sia così -
Nessuno disse più una parola. Lo stregone si stupì di essere riuscito a zittire perfino Robert.
In altri casi avrebbe esultato per avercela fatta ma le ipotesi che stavano valutando erano tutt’altro che rassicuranti.
 
 
Note dell’autore:
Eccomi di nuovo qua :) lo so, questo capitolo è lunghissimo ma non potevo tagliarlo. Dovevo pubblicarlo ieri ma tra un contrattempo e un altro non ho fatto in tempo.
In questo capitolo, dopo l’incontro con i tenerissimi Demoni Ombra (cit. Arya373), Eve arriva finalmente ad Elythra e l’accoglienza non è delle migliori. Da qui in poi comincia il bello XD
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi farebbe piacere avere un vostro parere :3
Inoltre volevo ringraziare tutti quelli che recensiscono la storia e continuano a seguirla.
Un bacione e a presto :)
Eva 

 

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Capitolo 5
*** I'm a guardian ***


CAPITOLO 5 – I’m a guardian

Eve

Sbadigliai assonnata e mi tirai su a sedere.
La sera prima Ariana mi aveva mostrato la mia camera ed ero crollata subito. Quella di ieri era stata una giornata parecchio stressante.
Lasciai penzolare le gambe dall’enorme letto a baldacchino e mi guardai intorno.
La stanza non era molto grande ma i pochi mobili che c’erano all’interno la facevano sembrare più spaziosa.
La testata del letto si trovava contro la parete tra la porta e la finestra e di fronte c’era un comò che mi arrivava ai fianchi con un largo specchio sopra. In un angolo, poi, c’erano una scrivania in legno laccato con davanti una sedia imbottita.
Dalla finestra pendevano delle lunghe tende in seta azzurro chiaro che riprendevano lo stesso colore di quelle appese al letto.
Mi alzai e tirai fuori una maglia e un paio di pantaloni dal comò.
Il giorno prima Ariana mi aveva gentilmente rubato i vestiti continuando a ripetere che non fossero adeguati ad un guardiano. All’inizio me l’ero un po’ presa quando aveva offeso i miei amati jeans ma, quando mi aveva detto di aver riempito il mobile con altri vestiti, c’ero passata sopra.
Mi infilai velocemente una maglia di cotone nera con uno scollo a V e mi si impigliò con un bracciale.
Sganciai il braccialetto e rimasi a guardarlo sorridendo.
Era molto piccolo e d’oro con una placchetta. Su quest’ultima era inciso il mio nome con dietro la mia data di nascita. 11 Febbraio 1996
Non ricordavo da quanto tempo lo portassi. A ripensarci meglio credevo di non averlo mai tolto da quanto ero piccola.
Riallacciai il braccialetto e indossai un paio di pantaloni bianchi a sigaretta.
Anche se raramente mi vestivo così, dovevo ammettere che mi stavano bene.
Infilai le mie adorate converse nere e uscii dalla stanza.
In quel momento mi ricordai che nessuno mi aveva detto dove si trovasse la sala da pranzo.
Mi feci coraggio e inizia a girovagare per i corridoi.
Le pareti erano rivestite con una carta da parati scura e sul soffitto spiccavano degli enormi lampadari di cristallo. Sembrava uno di quei castelli dei libri.
Ogni sei metri circa, poi, erano appesi dei dipinti raffiguranti gente mai vista prima. Avevano tutti quell’aria altezzosa che mi fece venire il voltastomaco.
Continuai a camminare quando mi fermai davanti ad un ritratto.
Era di un ragazzo molto giovane con i capelli corvini. Sul suo viso pallido splendevano due occhi di un azzurro chiarissimo, quasi ipnotizzante e i lineamenti erano delicati.
Non riuscivo a staccare gli occhi da quel volto.
Era davvero un bel ragazzo.
Non aveva l’aria altezzosa degli altri personaggi ritratti ma il suo viso sembrava una maschera.
Guardai la targhette e lessi il nome. Vincent Van Damme. Mai sentito.
Continuai la mia ricerca quando percepii un’onda di energia.
Mi diressi a grandi passi verso un'enorme porta in legno e l’aprii.
All’interno della stanza c’erano Ariana e Axel che lottavano mentre Logan li guardava comodamente seduto su una di quelle poltrone a forma di sacco. Mi sedetti accanto a lui e rimasi a guardarli impressionata.
Axel lanciò contro Ariana una sfera d’acqua ma lei si riparò con un veloce gesto della mano per poi attaccare di nuovo. Alzò entrambe le mani verso l’alto e dal pavimento comparvero dei rampicanti che si avventarono sul ragazzo. Riuscirono a intrappolarlo ma lui strinse i pugni ed emanò un campo d’energia che fece andare in pezzi le piante.
-Per oggi può bastare- disse ripulendosi i vestiti.
-Solo perché sai che, se avessimo continuato, ti avrei sconfitto- rispose la ragazza facendogli la lingua.
Il ragazzo sorrise scuotendo la testa e si diresse verso di me.
-Ben alzata, pensavamo non saresti riuscita ad arrivare-
Avrei voluto chiedergli perché mai nessuno mi avesse detto dove sarei dovuta andare invece di farmi girare a vuoto per un’ora ma mi limitai a sorridere. Sentii accanto a me Logan sbuffare.
Quel ragazzo mi dava letteralmente sui nervi e quando avevo saputo chi era il padre avevo capito anche il perché.
-Che ne dici se vediamo di cosa sei capace?- chiese Axel porgendomi la mano.
La afferrai riluttante e mi lasciai condurre al centro della stanza.
Non avevamo neanche iniziato e già sapevo che sarebbe finita male.
  
Logan

Eve si lasciò condurre al centro della sala e Axel le si posizionò davanti.
-Pronta?- le chiese ma lei si limitò a sgranare gli occhi quando lo videcreare una sfera d’acqua con le mani.
Ci sarebbe stato da divertirsi.
Axel lanciò la sfera contro ed Eve si abbassò velocemente facendola finire contro il muro.
Scoppiai a ridere di gusto e Ariana mi diede un pugno sul braccio. La guardai continuando a ridere e lei alzò gli occhi al soffitto.
-Prova a fermarla- disse il ragazzo lanciandogliene un’altra.
-Aspetta, con cosa?!- chiese lei ma la sfera la colpì in piena faccia bagnandola completamente.
Mi gettai all’indietro con le lacrime agli occhi e mi portai le braccia intorno alla vita.
Era da tanto tempo che non ridevo più così.
-Vuoi provarci tu, Logan?- chiese Axel porgendomi un braccio per tirarmi su.
Mi asciugai le lacrime ancora divertito e mi portai al centro della sala.
-Scusami principessa ma non sarò gentile come lui- dissi creando una sfera di fuoco. Gliela lanciai contro ed Eve si scansò appena in tempo. Continuai a colpirla a raffica e ad ogni colpo lei lo evitava e retrocedeva mentre io avanzavo con un sorrisetto. Portai le braccia al petto e quando le riaprii si scatenò un’onda di energia che la fece finire contro al muro.
Mi girai verso Axel soddisfatto ma appena vidi la sua espressione il mio sorrido scomparve.
Mi guardava con un sorrisetto divertito.
Mi voltai di scatto verso Eve quando venni sbattuto violentemente contro il muro.
Mi alzai massaggiandomi la testa e quando la vidi impallidii.
Le sue iridi erano diventate bianche e avanzava verso di me con i palmi rivolti verso l’esterno.
Mi rialzai di scatto alzando un angolo della bocca.
Ora sì che ci siamo.
Lanciai una sfera ma quando fu a pochi centimetri dalla sua faccia, Eve la bloccò distruggendola. Continuai a bersagliarla mai lei schivava i miei colpi. Alzò le braccia verso l’alto e fui assalito da una raffica di vento fortissima.
Creai uno scudo per ripararmi ma il vento premeva sempre più forte, mi stava letteralmente schiacciando a terra. Sollevai di poco la mano e lanciai una freccia di fuoco colpendola in pieno.
Eve cadde a terra e il vento cessò di colpo.
-Tutta intera?- chiesi porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
-Più o meno- rispose lei massaggiandosi il braccio.
I suoi occhi erano tornati normali.
-Ora tocca a me – disse Ariana salterellando verso di noi.
Eve fece un’espressione sconvolta che mi fece ridere.
-Non ti preoccupare, non lotteremo- la rassicurò la ragazza – Ti aiuterò a controllare i tuoi poteri-
La prese per mano e la condusse vicino al caminetto facendola sedere a terra.
Mentre Ariana parlava, Eve pendeva dalle sue labbra cercando di non lasciarsi sfuggire nemmeno un parola.
In quel momento mi sembrò di vedere qualcosa muoversi al piano di sopra. Mi allontanai silenziosamente dagli altri e salii le piccole scale a chiocciola che portavano al livello superiore.
Guardai lungo il corridoio ma non c’era niente.
-Che hai Visser?- chiese Axel raggiungendomi con aria interrogativa.
-Niente- risposi dando un ultimo sguardo in giro –E’ solo che tutta questa storia dei guardiani mi sta stressando- continuai passandomi una mano tra i capelli.
Mi affacciai dalla balaustra e tornai a guardare Eve che cercava in tutti i modi di riuscire a fare qualcosa.
La testardaggine di quella ragazza era ammirevole.
-Già, tutta la situazione è assurda- rispose lui guardando nella mia stessa direzione.
Il modo in cui guardava Eve non era affascinato ma incuriosito, quasi preoccupato.
-E’ diventata guardiano da nemmeno due giorni e già riesce a sprigionare una tale energia essendo solo un’umana- continuò.
Da quello che avevo capito gli umani non dominavano gli elementi perciò il caso di Eve era abbastanza strano. I suoi poteri, poi, si erano manifestati solo quando l’avevo colpita facendola infuriare.
-Se la caverà secondo te?- chiesi senza voltarmi a guardarlo.
-L’hai vista? Tu sei nato usando da sempre i tuoi poteri e per di più sei anche un guardiano e lei ti ha messo in difficoltà con un solo gesto. Se volesse potrebbe distruggerci tutti-
Lo disse con un tono talmente serio che mi fece rabbrividire.
Mi batté una mano sulla spalla e tornò al piano inferiore.
Non riuscivo a far altro che a ripensare a quelle parole.
Era davvero così pericolosa?

Eve

Feci ricorso a tutte le mie forze per non svenire.
Gli anziani avevano deciso che, nonostante io fossi già un guardiano a tutti gli effetti, dovevano presentarmi agli abitanti di Elythra come guardiano dell’aria.
Mentre io e gli altri tre ragazzi aspettavamo dietro le quinte, un uomo, che da quel che ricordavo era un professore, fece il suo ingresso sul palco accompagnato da una serie di applausi.
-Salve abitanti di Elythra è con estrema gioia che vi annuncio che il sigillo dell’aria è stato ritrovato-
Tutti ricominciarono ad applaudire e si sentì anche qualcuno fischiare.
-Quindi, come sapete, concluderemo l’assegnazione dei sigilli-
Il professore fece segno agli altri guardiani di entrare sul palco e disporsi accanto a lui.
-Questa volta però c’è un’eccezione. Insieme al sigillo i nostri guardiani hanno trovato anche Aer –
Dalla platea partì un grande sospiro di sorpresa.
-E’ con estremo piacere che vi presento Eve Simons, guardiana dell’aria-
Feci un respiro profondo e avanzai velocemente verso il professore che mi guardava sorridendo.
Cercai di non voltarmi per nessun motivo verso le facce sorprese della platea.
L’uomo mi rimise il sigillo al collo e mi fece prendere posto affianco agli altri. Con mia grande sorpresa tutti iniziarono ad applaudire e io cercai di sorridere. Alla fine non era stato così male.
Feci scorrere lo sguardo tra le file quando incontrai quello di una ragazza della mia età.
Aveva dei lunghi capelli neri e i suoi occhi grigi erano ridotti a due fessure. Se avesse potuto mi avrebbe incenerita all’istante.
Bene, sono arrivata da nemmeno un giorno e già ho due persone che mi odiano.
Sentii affianco a me Logan ridacchiare sotto i baffi.
Appena gli applausi finirono il professore ci fece scendere dal palco e io strattonai Logan in disparte.
-Chi è quella?-
-Quella chi?- fece lui con aria innocente.
-Quella che mi stava per incenerire con lo sguardo-
-Ah, lei è Nadia- . Lo disse come se la conoscessi.
-Prima che arrivassi tu doveva essere lei a diventare guardiana dell’aria ma il sigillo ha scelto te- mi spiegò spingendomi la fronte con l’indice – Per fortuna- aggiunse piano.
Risi guardandolo. Neanche lui la sopportava.
-Ehi piccioncini, capisco che volete stare da soli ma che ne dite di andare da qualche parte tutti insieme?- cominciò Ariana sbucando da dietro.
-Io con questa qui?- fece Logan alzando un sopracciglio.
-Cos’ ha che non va “questa qui”? – lo imitai incrociando le braccia.
-Niente principessa, sei perfetta- mi prese in giro e io gli rifilai un pugno sul braccio.
-Dopodomani ci sarà una festa qui all’istituto per festeggiare i guardiani - disse Axel raggiungendoci.
-Perfetto- fece Ariana saltellando per la felicità.
-Hanno persino organizzato una festa in nostro onore?- chiesi alzando le sopracciglia.
Da comune umana ero passata direttamente a vip.
-Abituati principessa – disse Logan alzando le spalle - Ora siamo delle celebrità-
-E la cosa ti addolora tanto, vero?-
-Non puoi sapere quanto - rispose con finta modestia.
Alzai gli occhi al soffitto e tutti scoppiarono a ridere.
 

Note dell’autore:
Ciao gente ^^
Innanzitutto scusate il ritardo ma la scuola non mi da tregua .-. Per fortuna il quadrimestre è finito perciò prometto che il prossimo aggiornamento arriverà il prima possibile ;)
In questo capitolo c’è stato il primo allenamento tra i guardiani ed Eve ha dato del filo da torcere a Logan. E' un po' lungo come capitolo ma non volevo tagliarlo.
Per il finale l’ho riscritto un paio di volte e alla fine questo era il migliore, anche se non mi convince ancora :/
Che ne pensate? Sono ben accetti qualsiasi tipo di pareri :)
Un bacione e a presto :)

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Capitolo 6
*** Who are you? ***


CAPITOLO 6 - Who are you?

Eve
 
Non capivo bene dove mi trovavo ma sapevo che era un sogno.
Stavo correndo lungo un corridoio buio che sembrava non finire mai. 
Ai lati c’erano centinaia di porte ma ogni volte che provavo ad aprirne una questa scompariva.
Dietro di me non c’era nessuno ma sentivo come se qualcuno o qualcosa mi stesse seguendo.
Accelerai il passo quando sentii qualcosa afferrarmi la caviglia e caddi a terra. Alzai lo sguardo e di fronte a me vidi un uomo. Era lui, il ragazzo del ritratto.
-Chi sei? – chiesi cercando di rialzarmi.
Allungai la mano come per toccarlo e lui mi guardò fisso alzando l’angolo della bocca in una specie di ghigno.
Sentivo il suo sguardo su di me e fui percorsa da un brivido.
Si abbassò per fissarmi negli occhi e mi scostò una ciocca dal viso.
-Perché non provi a scoprirlo? - disse freddamente.
In quel momento la sua immagina si affievolì e il pavimento mi mancò da sotto i piedi.
Cacciai un urlo e caddi nel vuoto.
 
Mi svegliai di colpo.
Il sole non era ancora sorto del tutto ma mi alzai comunque. Quel sogno mi aveva messo talmente tanta ansia addosso che non sarei riuscita a riaddormentarmi nemmeno volendolo.
Mi infilai la prima cosa che riuscii ad trovare e mi legai i capelli.
Aprii lentamente la massiccia porta di legno e feci capolino con la testa fuori. Dopo essermi assicurata che in corridoio non ci fosse nessuno, uscii dalla camera.
Camminai il più silenziosamente possibile e ogni volta che sentivo un rumore mi appiattivo contro la parete.
Già gli anziani non mi vedevano di buon occhio, se mi avessero anche trovato ad aggirarmi furtiva per i corridoi dell'istituto avrebbero dato fuori di testa.
Continuai a camminare spedita, volevo arrivare il prima possibile davanti al ritratto del ragazzo.
Svoltai l’angolo e vidi che, dove il giorno prima c’era il suo ritratto, ora ce n’era uno di una donna.
Tia Visser, dissi leggendo la targhetta con il nome.
Era la madre di Logan. Non l’avevo ancora vista di persona ma si capiva guardandola.
Aveva gli stessi occhi del figlio e anche nei suoi si distinguevano delle venature dorate. I capelli castano mogano erano lasciati sciolti e le ricadevano morbidi sulle spalle, era davvero una bella donna.
-Mi scusi- chiesi fermando una cameriera che passava di lì con degli asciugamani in mano – Che fine ha fatto il ritratto che si trovava qui ieri?-
-Quale ritratto?- chiese la donna con aria perplessa – Qui c’è sempre stato quello della signora Visser. L’ho appeso personalmente due mesi fa-
Ringrazia la donna e mi diressi a grandi passi verso le scale, se volevo delle risposte c’era solo un posto dove dovevo andare.
 
Aprii piano la porta e mi infilai dentro la stanza senza fare rumore.
Appena ero arrivata ad Elythra, quella era stata la prima sala dell’istituto che avevo visto.
Il giorno prima non me n’ero accorta ma ora che ci facevo caso notai che la stanza era molto più grande di quello che sembrava.
Tutt’intono a me c’erano degli enormi scafali pieni di tomi polveroni e altri oggetti strani.
Lasciai correre lo sguardo lungo una fila di ampolle contenenti polverine colorate. Sulle fiale c’erano delle etichette, probabilmente con il nome del contenuto, ma erano scritte in una lingua incomprensibile.
Mi accomodai intorno al tavolo e sfiorai con le dita la sfera di cristallo chi si trovava lì sopra.
-Ti piace?- chiese una voce facendomi sobbalzare.
Lo stregone mi venne incontro ridendo. – Mi dispiace di averti spaventato –
-Io non volevo … -cercai di giustificarmi ma l’uomo mi sorrise dolcemente.
-Non c’è problema, è normale che tu sia confusa e voglia delle risposte-
-Sai  – ricominciò mettendosi a sedere accanto a me - Se vuoi puoi usarla. Molti se ne servono per vedere degli eventi passati-
-Davvero?- chiesi incuriosita. Era una specie di piccolo cervello che registrava tutto quello che accadeva.
Riportai lo sguardo verso la sfera. Era incastrata sopra un appoggiò fatto a ramificazione d’argento che l’avvolgeva per metà ed emanava una flebile luce azzurrastra ogni volta che vi posavo sopra un dito. 
- Non saprei come utilizzarla- ammisi con una smorfia contrariata.
-E’ molto semplice-
L’uomo mi prese le mani e le appoggiò contro il vetro freddo.
-Basta chiudere gli occhi e pensare intensamente a ciò che vuoi vedere-
Chiusi gli occhi e inspirai. Mi sentivo un po’ stupida ma volevo assolutamente sapere chi fosse il ragazzo del ritratto.
Ad un certo punto la sfera emanò una luce sempre più intensa e mi sentii improvvisamente leggera.
Mi sembrava di fluttuare in aria.
Aprii gli occhi e vidi che non ero più nell’istituto.
Mi trovavo in una villa con dei lunghi corridoi luminosi e per tutta la loro lunghezza c’erano delle grandi vetrate che arrivavano fino al soffitto.
Mi avvicinai al vetro e vi appoggiai una mano sopra. Nonostante tutto ciò non fosse reale riuscivo a sentire il freddo sotto il palmo della mano.
Le finestre si affacciavano in un punto della città che avevo già visto. Guardai il paesaggio perplessa nel riconoscere l’ambiente intorno.
Quella villa si trovava nella parte della città disabitata dove eravamo atterrati il giorno prima.
In quel momento però non era ancora distrutta e tutt’intono c’erano case colorate e gente che passeggiava per strada.
Camminai per qualche metro guardandomi in giro fino a quando sentii dei passi e vidi un bambino che correva allegro. Era il ragazzo del ritratto ma qui era molto più piccolo. Avrà avuto al massimo sei anni.
Il suo sguardo non era freddo e calcolatore come quello che avevo visto ma allegro come dovrebbe essere quello di un bambino di sei anni . Continuò a correre fino a superarmi ed entrare dentro una stanza alle mie spalle. Lo seguii all’interno della sala e lo vidi saltare in braccio ad un uomo.
Era molto alto e magro con i capelli neri dello stesso colore di quelli del bambino e gli occhi grigio intenso.
Appena lo vide, l’uomo gli sorrise e lo abbracciò stretto.
Si allontanò di qualche centimetro per poterlo guardare e gli accarezzò una guancia.
-Non preoccuparti Vincent – disse cercando di sorridere – Non permetterò a nessuno di farti del male –
Il suo sorriso però era forzato.
Il bambino sembrò non capire le sue parole e si limitò ad annuire.
Il padre gli fece un’altra carezza e si alzò in piedi - Perché non vai a salutare tua madre? Credo che a quest’ora si sia già alzata -
-Certo papà- il bambino gli sorrise un’ultima volta e corse via.
Percorse tutto il corridoio fino ad arrivare ad una stanza al piano superiore.
All’interno c’era una donna con dei lunghi capelli castano chiaro e gli occhi blu intenso. Quando lo vide gli sorrise teneramente.
-Mamma, si è svegliata?- chiese il bambino avvicinandosi ad una piccola culla affianco al letto.
Si affacciò e prese tra le braccia un fascio di coperte tra le quali era avvolto un bambino.
-Ciao sorellina – la salutò facendole una carezza.
-Attento Vincent, è ancora piccola – lo ammonì la madre.  
Il bambino prese più saldamente la sorella e si avvicinò alla madre.
La donna li guardò entrambi con tenerezza poi però il suo sguardo cambiò. Fece una carezza colma di preoccupazione al figlio e lo guardò negli occhi.
- Vincent, io e tuo padre vi amiamo con tutti noi stessi. Se dovesse succederci qualcosa promettimi che ti prenderai cura anche di lei-
-Te lo prometto- rispose il bambino serio.
Cercai di avvicinarmi per poterlo toccare ma sentii  qualcosa strapparmi da terra e catapultarmi indietro.
Aprii gli occhi di scatto e mi guardai intorno. Ero tornata all’istituto.
-Come lo conosci?- mi chiese Aaron con gli occhi spalancati - Chi ti ha parlato di lui?- ripeté più forte. Sembrava fuori di sé.
-L’ho visto in un ritratto nel corridoio – tentai di giustificarmi.
Aveva uno sguardo sconvolto e non riuscivo a capirne motivo.
Si passò una mano tra i capelli e si appoggiò contro la sedia. Era la prima volta che lo vedevo così agitato.
-Dove?- insistette.
-Vicino le nostre camere ma ora non c’è più- mi affrettai a rispondere.
Sembrò che le mie parole l’avessero calmato almeno un po’.
Ora era il mio turno di fare l’interrogatorio.
-Chi è Vincent Van Damme ? –
A sentir pronunciare quel nome ebbe un tremito.
-Era un ragazzo eccezionale, dotato di poteri straordinari e un’intelligenza spettacolare - cominciò con un’espressione di rimpianto – Era destinato a diventare un guardiano –
Si interruppe di colpo e cominciò a camminare per la stanza.
- Cos’è successo poi?- chiesi seguendolo con lo sguardo.
-Suo padre si oppose con tutto se stesso alla sue elezione. Pensava che eleggendolo guardiano l’avremo mandato a morire- si interruppe nuovamente sospirando – Era talmente contrario che arrivò persino a rubare il sigillo dell’acqua per non mettere in pericolo Vins –
Mi fece strano sentirlo chiamare con quel nomignolo. Sembrava che Aaron lo conoscesse meglio di quanto volesse far credere.
- Il suo gesto venne interpretato come alto tradimento e per questo fu condannato a morte. La sera del suo arresto le guardie fecero irruzione nella loro casa e scoppiò un grande incendio. –
Fece un sospiro e si passò una mano sugli occhi. – La madre e la sorella morirono in quell’incendio mentre il padre fu catturato e giustiziato. –
Ci fu un attimo di silenzio da parte di entrambi.
Era la storia più triste che avessi mai sentito.
- Vincent attribuì sempre quelle morti agli anziani e da quel giorno non fu mai più lo stesso- nella sua voce c’era una nota di risentimento.
– Fu davvero colpa loro?-
-Dipende dai punti di vista – rispose con un sorriso amaro.
Era tutto così assurdo. Come si poteva giustiziare un padre che cercava di proteggere suo figlio.
-Dopo la morte della sua famiglia Vincent crebbe qui all’istituto e con lui la sua rabbia e il suo odio verso chi gli aveva portato via la famiglia-
Si ammutolì di colpo ma dal suo silenzio capii che sotto doveva esserci molto di più.
Aprii la bocca ma lui mi bloccò sul nascere.
- Rimarrei volentieri a parlare con te, ma i tuoi doveri di guardiana ti chiamano-
 
Non potevo ancora crederci.
Avevo scoperto di avere dei poteri, di essere un guardiano, che esisteva un altro universo oltre al nostro… e qual era la prima cosa che mi facevano fare arrivata a Elythra? Andare a scuola.
Quando Aaron mi aveva gentilmente cacciato dal suo studio, il professor Miller mi aveva afferrato per un braccio e mi aveva trascinato nella parte dell’istituto dove si trovavano le aule.
Erano già dieci minuti che giravo per i corridoi cercando di evitare la massa di ragazzi.
Sembravano gli stessi corridoi della mia vecchia scuola fatta eccezione per gli studenti, questi sapevano dominare gli elementi.
Sorrisi per quanto mi suonasse assurda questa frase.
Mi guardai intorno cercando qualcuno che conoscessi anche se in tutta la città conoscevo tre persone. Tra la folla intravidi una chioma castano chiaro sotto la quale brillavano due occhi nocciola completamente diversi da quando li avevo visti la prima volta.
Accelerai il passo fino a raggiungerlo. Quando mi vide il suo sorriso scomparve.
- Che ci fai qui?- fece in tono scocciato.
-Simpatico come sempre Logan- risposi piano ma il ragazzo acconto a lui sentì comunque perché sorrise.
Era poco più alto di Logan con la carnagione nocciola e i capelli castano scuro. La cosa che mi colpì di più furono i suoi occhi verde smeraldo che lasciano capire a quale elemento appartenesse.
-Adesso anche l’umana ti odia? – chiese il ragazzo ridendo – Io sono Rick Bergman e tu devi essere Aer – continuò sorridendomi.
-Preferirei Eve – risposi. Odiavo il nome da guardiano.
- Che ci fai qui?- ripeté Logan.
- Non fare caso al suo caratteraccio, sa essere simpatico a volte – mi spiegò Rick facendomi l’occhiolino – Ora devo andare in classe, ci vediamo a pranzo ragazzi-
Lo vidi rivolgerci un sorriso e sparire tra gli altri studenti.
Logan non si era mosso di un passo e continuava a fissarmi.
- Che ci fai qui?- ripeté nuovamente.
Se l’avesse chiesto ancora una volta gli sarebbe arrivato un pugno dritto su quel suo bel faccino strafottente.
- Non conosco nessuno e visto che Ariana e Axel si trovano dall’altra parte dell’istituto ho pensato di venire da te – spiegai facendo una smorfia.
Non era il più simpatico dei tre ma gli altri due guardiani si trovavano da un'altra parte essendo più grandi di noi.
Sospirò passandosi una mano tra i capelli.
-Vieni, ti faccio vedere dove è la tua aula –
 
Dopo cinque ora di lezione mi sentivo a pezzi. Ero stata attenta i primi trenta minuti e poi il nulla eterno.
Quando frequentavo la scuola sulla Terra appena iniziavano le lezioni infilavo gli auricolari perciò potevo considerarlo un miglioramento.
Uscii dall’aula e andai a sbattere contro qualcuno.
Alzai lo sguardo e vidi due occhi verde brillante che mi sorridevano.
-Ce l’hai fatta a uscire- mi prese in giro Rick.
Accanto a lui c’era Logan appoggiato al muro con le braccia incrociate.
-Possiamo andare a pranzo adesso?-
Alzai gli occhi verso l’atro e sentii Rick ridacchiare.
In quel momento mi passò per la testa la discussione di quella mattina con Aaron e mi fermai di colpo.
- Logan posso chiederti una cosa?- chiesi prendendolo per la manica.
Rick fece scorrere lo sguardo da me a Logan. – Io intanto vado a prendere il tavolo – disse facendoci l’occhiolino – Vi aspetto lì-
Quando fummo soli Logan si girò verso di me.
-Cosa vuoi?-. Quella sua aria saccente mi dava il nervoso.
-Conosci Vincent Van Damme?-
Il suo sguardo cambiò di colpo.
-Chi ti ha parlato di lui?- chiese. Era agitato, come Aaron poche ore prima.
-E’ una lunga storia, tu lo conoscevi?-
-Dopo la morte dei suoi genitori ha vissuto nell’istituto e io passavo molto tempo qui-  Nel suo viso comparve una smorfia di malinconia che venne però sostituita subito da odio allo stato puro.
-E’ solo un traditore che si è alleato con il Signore Oscuro e non merita nemmeno di essere ricordato-
Nonostante le parole dette con rabbia nella sua voce c’era un lieve tono di amarezza.
Allora era per questo che nessuno voleva ricordare Vincent Van Damme. Lui si era alleato con il nemico più potente di Elythra tradendo il suo popolo.
Seguii Logan in silenzio fino alla mensa.
Nonostante non conoscessi Vincent mi faceva male sapere che il ragazzo sul quale stavo indagando si fosse schierato dalla parte del male.
Tutti i miei pensieri furono spazzati via quando entrammo nella mensa.
C’era una baraonda generale e la maggior parte dei tavoli erano occupati ragazzi schiamazzanti.
Logan individuò Rick e mi prese per mano trascinandomi fino al suo tavolo.
Insieme a lui c’erano altri tre ragazzi e lei, la ragazza che mi aveva incenerito con lo sguardo.
-Ciao Logan – lo salutò lei sorridendogli.
Aveva una voce così squillante da dare il nervoso.
Logan si limitò a farle un cenno con la testa e si sedette accanto a Rick .
-Pensavo vi foste persi – cominciò il ragazzo facendomi sedere accanto a Logan – Eve, loro sono Nadia, Michael, Sarah e Jonathan – spiegò indicando i ragazzi uno a uno.
La mia testa però si era fermata quando avevo saputo il nome della mora.
Solo sentirne il suono mi faceva venire i brividi.
-Tu devi essere l’umana- disse Nadia rivolgendomi uno di quei sorrisi falsi.
-Io mi chiamo Eve – cercai di presentarmi ma lei mi stoppò subito.
-Sai, sarei dovuta essere io la guardiana dell’aria – continuò senza smettere di sorridere.
Non sapendo cosa dire mi limitai ad annuire e sentii Logan ridere sotto i baffi. Abbassai la mano sotto il tavolo e gli diedi un pugno.
Per tutta risposta ricevetti un sorrisetto divertito.
-Allora Logan, com’è essere un guardiano?- cominciò Nadia senza staccarmi gli occhi di dosso.
-Veramente...  – rispose ma lei lo interruppe.
-Sarai sicuramente stanco, se vuoi posso passare a casa tua come faccio sempre … - scandì le ultime parole con una tale precisione che dovetti mordermi l'interno della guancia per non scoppiare a ridere.
Se stava cercando di farmi ingelosire non sarebbe servito a niente.
Logan sembrava divertito quanto me perché le rivolse un sorrisetto sornione.
- Veramente dovrò allenarmi tutto il pomeriggio con Eve per insegnarle a usare i suoi poteri – disse mettendomi un braccio intorno alle spalle.
Si sentì Nadia strusciare i denti e mi lanciò un’occhiata assassina.
Quel cretino me l’avrebbe pagata.
-Ora che ci penso sarebbe meglio se andassimo, vieni principessa?-        
Si alzò prendendomi per mano. – Ci vediamo dopo- disse rivolto agli altri.
Mentre camminavamo verso l’uscita sentivo su di me lo sguardo omicida di Nadia.
Non riuscivo a capire perché una ragazza come lei perdesse tempo dietro a quell’idiota.
Ah giusto, erano due idioti, sarebbero stati bene insieme.
Appena varcammo la porta Logan mi lasciò andare e scoppiò a ridere.
 
Logan
 
Non riuscivo a smettere di ridere. Ripensavo alla faccia di Nadia e ricominciavo da capo.
Alzai gli occhi verso Eve che mi guardava male. Quando si arrabbiava le sopracciglia assumevano una posizione buffissima che mi faceva sorridere ogni volta.
Stavo forse pensando che fosse bella? Mi passai una mano sul viso e tornai a guardarla serio.
-Se hai finito di ridere, possiamo andare?- chiese lei sbuffando.
-Come vuoi principessa, sei pronta a perdere di nuovo?-
-Veramente l’ultima volta ti stavo per battere io- rispose alzando un sopracciglio.
Scoppiai a ridere. – Dovresti portarti un costume nel caso decidessi di farti un’altra doccia -
Eve mi diede un pugno sul braccio ridendo.
In fondo non era così antipatica come mi ostinavo a pensare.
Camminammo velocemente per i lunghi corridoi per non arrivare in ritardo.
Quando entrammo nella grande biblioteca, che era stata adibita a sala d’addestramento, trovammo ad aspettarci Axel e Ariana.
Appena ci vide, la ragazza ci venne incontro prendendo Eve per mano.
-Vieni, oggi cominciano i ragazzi-
Guardai Axel che mi fissava con un sorriso di sfida.
- Pronto a farti male Visser?-
-Non vedo l’ora –
 
 
 
Note dell’autore:
Hi guys :)
Eccomi qui con il nuovo aggiornamento ^.^
In questo capitolo è entrato in scena un nuovo personaggio * rullo di tamburi * : Vincent. La nostra povera Eve si troverà coinvolta in una cosa molto più grande di quello che possa immaginare :/
Per spiegare la  cosa che Aaron le dice quando si trovano nel suo studio:
i sigilli scelgono il guardiano in base alla discendenza ma nel caso il prescelto morisse o, come in questo caso, si schierasse contro gli anziani, ne scelgono un altro.
Detto ciò spero che il capitolo vi sia piaciuto e spero di avere dei vostri pareri :)
Un bacione e a presto ^.^

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Capitolo 7
*** An unusual evening ***


CAPITOLO 7 - An unusual evening

Logan

Nonostante mi facesse fatica dovevo ammettere che, per la prima volta dopo un allenamento, ero distrutto.
Il fatto che dovessi andare ad una cena con alcuni membri del consiglio non aiutava.
Guardai un ultima volta il completo sulla sedia e mi lasciai cadere sul letto.
Per quella cena dovevo indossare giacca a cravatta nere con un paio di pantaloni di seta dello stesso colore e delle scarpe orribili. 
L’unica volta che mi ero vestito così era stato per il matrimonio di una mia cugina e appena tornato a casa mi ero assicurato di nascondere il vestito il meglio possibile così da non farlo trovare a mia madre, ma lei c’era riuscita.
Era impressionante il modo in cui Tia Visser riuscisse a trovare tutto e tutti ovunque, anche quando, da piccolo, mi nascondevo per non partecipare alle noiose cene di mio padre con gli altri membri del consiglio. 
Un sorriso triste mi comparve sul volto. 
Mi tirai a sedere e tornai a fissare il vestito. Se gli avessi dato fuoco avrei avuto una scusa per non partecipare alla cena ma conoscendo mio padre mi avrebbe relegato in casa fino alla mia morte. 
Mi alzai sbuffando sfilandomi la maglia. 
Questa sarebbe stata l’ultima volta che indossavo quel completo.

Eve

Era già una mezz’ora che fissavo l’armadio aperto. Quando mi avevano detto che quella sera ci sarebbe stata una cena con alcuni membri del consiglio ero andata nel pallone.
Non bastava la figuraccia del giorno prima.
Inoltre non avevo la più pallida idea di cosa indossare per un’occasione del genere. Non avevo i miei vestiti e quelli che c’erano nell’armadio non andavano bene.
Sentii bussare e una matassa di capelli rossi fece capolino da dietro la porta.
-Non sei ancora vestita?- chiese Ariana fuori di sé. 
-Non ho niente da mettermi – cercai di giustificarmi ma la rossa si catapultò su di me afferrandomi per un braccio.
-So io cosa ti ci vuole-

Ariana mi aveva letteralmente costretto ad indossare un abitino blu elettrico in chiffon lungo fino a metà coscia.
Il vestito era senza spalline e si arricciava sotto il seno per poi ricadere morbido.  
Avevo cercato di oppormi con tutte le forze ma lei, essendo anche più alta mi me, si era impossessata anche dei miei capelli usandoli, a detta sua, per degli esperimenti.
Dovevo ammettere che il risultato non era niente male.
Il vestito mi stava a pennello e i capelli erano raccolti con uno chignon morbido che lasciava libero il ciuffo.
Ai piedi portavo un paio di decolleté dello stesso colore dell’abito, alti più o meno dodici centimetri.
Con il mio metro e cinquanta sei non mi ero mai sentita così alta.
Mi voltai verso Ariana che si stava infilando un paio di zeppe beige. 
Aveva indossato un abito verde smeraldo che si intonava perfettamente con i suoi capelli ramati raccolti con una treccia e poi fissati dietro la testa con una ventina di forcine.
La ragazza si alzò dal letto allisciandosi l’abito.
Si avvicinò piazzandosi di fronte a me. – E adesso il trucco –
Sapevo che oppormi sarebbe stato inutile.
-Perché dobbiamo fare questa cena?-
Meno vedevo gli anziani e meglio stavo.
-E’ una semplice formalità – rispose alzando le spalle – In fondo non servirebbe a niente. Noi viviamo qui a Elytrha da sempre e in più Logan è anche il figlio di Robert, forse è solo per conoscere te- continuò dandomi un buffetto sul naso con un pennello.
-Anche se si odiano penso che Robert e Logan si assomiglino molto- dissi facendo una smorfia.
-Non ripeterei questa cosa davanti a Logan se non vuoi ritrovarti con i capelli bruciati- ribatté lei ridendo.
-E’ solo che quando ti guarda con quel suo sorrisetto mi verrebbe voglia di dargli un pugno- continuai.
Ed era vero, quella era la prima reazione che mi suscitava ogni Visser che conoscevo.
-Non essere così dura- disse lei armeggiando nel beauty case – Logan non è sempre stato così-
-Davvero?- 
-Io non lo conoscevo prima di diventare un guardiano ma so che era molto più socievole-
-E com’è riuscito a diventare così odioso?- 
Immaginare un piccolo Logan sorridente e amichevole mi era pressoché impossibile.
-E’ successo dopo la morte di sua madre- rispose lei triste – Aveva solo sette anni-
Mi zitti di colpo. Ok, forse ero stata un po’ troppo dura con lui.
-Ari posso farti una domanda?- ricominciai smorzando il silenzio.
-Certo – rispose lei tornando sorridente.
-Tu lo conoscevi Vincent Van Damme?- 
-Era da tanto che non sentivo quel nome- si allontanò per prendere una paletta di ombretti poi tornò a pitturarmi la faccia.
-Ho notato che quando sentono quel nome parecchie persone vanno in crisi-
-Se fossi in te non chiederei troppo in giro- riprese – Soprattutto in presenza degli anziani, non lo vedono di buon occhio-
-Allora, lo conoscevi?-
-Tutti conoscevano Vincet, il ragazzo più bello della scuola. Le ragazze erano tutte innamorate di lui.-
-Anche tu ?- chiesi con un sorrisetto complice.
Lei rise. – La mia era più che altro una cotta. Lui aveva sedici anni e io solo dodici. Vincent aveva il fascino del bel tenebroso. Stava sempre in disparte e i suoi modi di fare facevano cadere tutte ai suoi piedi. C’erano persino delle leggende su di lui: si vociferava che avesse ucciso un uomo; ma ovviamente erano solo voci-
-Già- risposi poco convinta.
Avevo visto l’espressione negli occhi del ragazzo. Il fatto che avesse ucciso qualcuno, anche se a soli sedici anni, era più che credibile. Mi sarei meravigliata se fosse stato il contrario. 
-Tutto il consiglio lo trattava con diffidenza ma Aaron era pazzo di lui. Lo trattava come un figlio dopo che Vincent aveva perso la sua famiglia. –
Fece una smorfia triste e continuò – Quando se ne è andato in un certo senso l’ho capito; gli anziani gli avevano portato via tutto, era normale che li odiasse-
Mise giù i pennelli soddisfatta.
-Sei stupenda- 
Aprii gli occhi per osservarmi allo specchio, aveva ragione.
Nonostante fosse stata a trafficare sulla mia faccia per circa venti minuti il risultato era davvero niente male.
-Perché il padre di Vincent ha rubato il sigillo? Cosa succede di così catastrofico?-
Ariana si rabbuiò di colpo mordicchiandosi il labbro nervosa. Non l’avevo mai vista con quell’espressione. 
I suoi occhi erano pieni di tristezza. Aprì leggermente la bocca ma prima che potesse rispondermi qualcuno bussò alla porta.
Sembrò come risvegliata da un brutto sogno. 
-Andiamo, se dovessimo arrivare in ritardo penso che il padre di Logan ci ucciderebbe- 
Uscimmo velocemente dalla stanza e ci trovammo davanti Logan e Axel.
Indossavano entrambi uno smoking nero e delle scarpe appunta davvero orribili. Quando le vidi mi morsi una guancia per non scoppiare a ridere e Logan se ne accorse perché mi fulminò con lo sguardo.
-Stai benissimo – disse Axel ad Ariana.
Non potei fare a meno di sorridere.
Era diventato completamente rosso e guardava la ragazza imbambolato.
-Grazie- rispose lei sbattendo le ciglia chilometriche.
Erano così dolci. Spostai lo sguardo su Logan e il momento magico finì.
Aveva un’espressione quasi disgustata e continuava a battere il piede a terra.
Roteai gli occhi e feci ricorso a tutte le mie forze per non saltargli addosso. Non ero una persona violenta ma lui mi istigava l’omicidio.
Presi Logan sottobraccio e Ariana fece lo stesso con Axel. 
Non avevo ancora capito perché dovessimo entrare nella sala da pranzo in quel modo. 
Meno contatti fisici avevo con Logan più tempo sarebbe rimasto incolume.
Percorremmo i lunghi corridoi dell’istituto fino a entrare nell’enorme sala da pranzo.
Era molto luminosa e sul tavolo erano disposte decine di candele che davano un tocco in più all’ambiente.
-Buonasera guardiani, è un piacere incontrarvi-
A parlare era stato un uomo sulla cinquantina, forse più vicino ai sessanta.
I capelli erano brizzolati con dei riflessi argentati e gli occhi grigio scuro. Nonostante non fosse più giovane era ancora un bel uomo.
-Io sono Jacob Morris, primo membro del consiglio. Penso conosciate già mia moglie Amara-
La donna accanto a lui ci rivolse un sorriso tirato.
Quella sera indossava un vestito color pesca a maniche lunghe con una cintura di cristalli in vita.
I lunghi capelli mogano erano raccolti con una morbida cosa di cavallo dalla quale ricadevano dei boccoli.
-Mentre loro sono Noa Miller, mio braccio destro, e Robert Visser, segretario del consiglio nonché padre di Logan – continuò più rivolto a me che agli altri.
Ci fece accomodare al tavolo e i camerieri iniziarono a servire la cena mentre lui ricominciava a parlare
-Sono molto soddisfatto di questa cena. Per quanto riguarda voi tre, già vi conosco, ma tu- si girò verso di me e mi rivolse un sorriso a trentadue denti. -Tu sei un mistero-
Mi guardava con quello sguardo che avevano gli scienziati davanti ad una specie rara. Era inquietante.
Mi sentii improvvisamente osservata, gli occhi di tutti i presenti erano puntati su di me. 
Mai come in quel momento avrei voluto essere invisibile.
-Ancora non riesco a credere come tu sia riuscita a diventare un guardiano, insomma sei solo un’umana; e gli umani non hanno poteri-
Nel suo tono di voce, però,non c’era disprezzo ma quasi ammirazione. 
-Le tue capacità devono essere eccezionali-
Non sapevo bene cosa rispondere. Con la coda dell’occhio riuscii a vedere Logan e Axel scambiarsi una rapida occhiata.
-Prima o poi verrò ad assistere ai tuoi allenamenti- disse l’uomo emozionato –Sono così curioso di vederti all’opera-
-Spero che non rimarrai deluso Jacob – s’intromise Robert guardandomi con sufficienza –Io non penso sia così potente-
Feci un respiro profondo per non rispondergli e gli lanciai un’occhiataccia.
-Botte, botte, botte, ….- sussurrò Logan accanto a me talmente piano che riuscii a sentirlo solo io.
Cercai di trattenere un sorrisetto a stento.
-Noi apparteniamo a famiglie importanti di Elythra, discendiamo dai guardiani e sin dalla nascita abbiamo imparato a utilizzare i nostri poteri ma lei – si girò verso di me e mi sputò quelle parole in faccia –E’ solo un peso, dovremo davvero affidare la nostra sicurezza ad una ragazzina irresponsabile, che dorme durante le lezioni e che non sa assolutamente niente del nostro mondo? Lei non appartiene a Elythra e non ne farai mai parte-
Conficcai le unghie nel legno della sedia e feci un respiro profondo.
Quel verme non meritava nemmeno una mia risposta.
-Comunque sia verrò a vederti- disse l’altro senza curarsi di ciò che aveva detto Robert. -Potremo allenarci insieme, anch’io appartengo all’elemento dell’aria- era così entusiasta che non riuscì a non sorridere.

Mi sfilai le scarpe lasciandole cadere sul pavimento e mi buttai sul letto a pancia in su. I piedi erano talmente messi male che il pavimento sembrava sconnesso.
Feci un respiro profondo e chiusi gli occhi. Quando gli anziani ci avevano dato il permesso di tornare nelle nostre camere me l’ero defilata alla velocità della luce.
La mia dose giornaliera di odio verso Robert Visser era arrivata al culmine. Non avrei resistito cinque minuti di più in quella stanza con lui.
Lasciai liberi i capelli quando sentii bussare alla porta. 
Mi tirai su con i gomiti per vedere chi fosse entrato.
Logan si chiuse la porta alle spalle con un sorrisetto divertito.
-E così la grande puffa è tornata alle sue dimensioni normali- disse prendendo una scarpa e rigirandosela tra le mani.
-Che ci fai qui?- chiesi lasciandomi ricadere di nuovo all'indietro. 
Lui rise. – Se te lo dicessi non mi crederesti mai-
Mi venne vicino e si sedette accanto a me.
Il materasso si abbassò pericolosamente e per poco rischiai di finirgli addosso.
Mi misi a sedere per poterlo guardare negli occhi.
Non indossava più la cravatta e la camicia era leggermente aperta. Aveva i capelli scompigliati e mi guardava in modo strano.
-Sono venuto a scusarmi-
Le sue parole mi lasciarono di sasso. Spalancai letteralmente bocca e occhi per la sorpresa.
-Logan Visser che viene a scusarsi con qualcuno ?!- quella frase era talmente assurda che se avessi detto che avevo sei braccia e quattro gambe sarebbe risultato più credibile.
Logan scoppiò a ridere.
-Te l’avevo detto che non mi avresti creduto – 
-E per cosa saresti venuto a scusarti?-
Tornò improvvisamente serio. 
-Per mio padre – disse con un filo di voce – E’ sempre stato odioso ma prima c’era mia madre che lo teneva a freno-
Mi si formò un nodo alla gola.
-Mi dispiace – dissi prendendogli la mano tra le mie. Per quanto potesse sembrare strano erano freddissime.
-Non ti preoccupare – rispose alzando un angolo della bocca – E’ passato tanto tempo-
-So come ti senti, anche io ho perso mio padre quando avevo cinque anni-
Non ricordavo molto di lui e tutto quello che sapevo era grazie a mia madre.
-Mi dispiace – disse lui dolcemente.
Quella parole dette da lui erano talmente rare quanto bellissime.
Rimanemmo a fissarci per qualche istante.
Nonostante la luce fioca emanata dalla piccola lampada sulla scrivania riuscivo a distingue le venature dorate nei suoi occhi. 
Sembrava che la maschera che si era costruito per anni per tenere lontane le persone da lui fosse caduta improvvisamente.
Non l’avevo mai visto così … umano.
Senza nemmeno accorgermene mi ritrovai a fissare le sua labbra. Erano carnose e rosee rispetto al suo colorito naturale.
Mi chiesi se fossero state morbide come sembravano e quando realizzai cosa stavo pensando notai che anche lui mi fissava.
Quando si alzò di scatto mi accorsi di quanto eravamo vicini e fui presa alla sprovvista.
-Ora è meglio che vada- 
Si passo una mano sui capelli e si avvicinò alla porta. 
– Domani abbiamo il primo allenamento serio e non vedo l’ora di batterti- disse con aria di sfida.
Era tornata su la solita maschera.
-Non contarci troppo- risposi alzando un sopraciglio. 
-Buonanotte – mi sorrise un ultima volta e scomparve dietro la porta.
Rimasi a fissare per un po’ il punto in cui era sparito poi mi lasciai cadere all’indietro.
Speravo con tutta me stessa che grazie alla poca luce che c’era nella stanza non avesse visto che ero arrossita.


Note dell’autore:
Hi guys ^^
Questa settimana è stata tremenda e non credevo di riuscire a pubblicare prima di mercoledì ma alla fine ce l’ho fatta * tira un sospiro di sollievo *
Sono stata un intero pomeriggio a scrivere al pc e credo di avere due occhiaie che arrivano sotto i piedi D:
Comunque, in questo capitolo mi sono sentita un come una specie di kira (è il personaggio di un anime). Ho ucciso prima la famiglia di Vincent e poi il padre di Eve e la madre di Logan D:
La nostra Eve continua a tormentare tutti con le sue domande su Vincent. Perché lo ha sognato? Come mai il padre ha dato la vita per evitare che il figlio diventasse un guardiano?
Muahahah io lo so * fa un sorriso sadico * xD
Mi sono dannata per cercare degli attori che assomigliassero il più possibile hai personaggi della storia ed eccoli qui (per ora sono solo questi :/):
http://img005.lazygirls.info/people/jemima_west/jemima_west_jemima_west_SiYGvPzb.sized.jpg (Eve)
http://ilarge.listal.com/image/2488917/936full-bryce-dallas-howard.jpg (Ariana) 
http://static3.wikia.nocookie.net/__cb20131011214807/the-tomorrow-people/images/d/d6/Luke_Mitchell_007.jpg  (Axel)
L'attrice che presta l'immagine a Eve è Jemima West e ha recitato nel film Shadowhunters- città di ossa; Ariana è Bryce Dallas Howard ha interpretato Victoria in Eclipse e Axel è Luke Mitchell che recita in Tomorrow People.
Per Logan non ho trovato nessuno che mi piacesse abbastanza. Avete qualche idea?
Ok, dopo aver scritto più qui che nel capitolo vi lascio,
un bacione e al prossimo aggiornamento ;)

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Capitolo 8
*** The party can begin ***


CAPITOLO 8 - The party can begin 

Eve

Dovevo sbrigarmi. Le gambe cominciavano a farmi male per la corsa e avevo il fiato corto ma non potevo rallentare.
Gli alberi mi sfrecciavano accanto veloci e ad ogni passo sentivo le foglie secche scricchiolare sotto i piedi. Anche se era mattina la fitta boscaglia ci ricopriva completamente e il sole filtrava soltanto in pochi punti. 
Mi girai per sbirciare il mio compagno. Aveva anche lui il fiatone e i capelli biondo scuro gli si erano attaccati sulla fronte.
I nostri inseguitori ci erano alle costole e non potevamo sprecare nemmeno un secondo.
-Axel abbassati!- urlai con quanta più aria avevo nei polmoni.
Il biondo si abbassò appena in tempo per evitare una sfera di fuoco che l’avrebbe colpito in pieno.
Mi girai per guardare il nostro inseguitore.
Quegli occhi rossi mi avevano affascinato sin dal primo momento che li avevo visti.
Alzai il braccio e Logan venne catapultato violentemente all’indietro.
-Di qua- disse Axel facendomi un segno.
Svoltammo verso destra e cominciammo a scendere lungo un sentiero strettissimo di ciottoli.
Non potevamo continuare a scappare. Ariana era in netto vantaggio e prima o poi ci avrebbe trovati.
Mi fermai di colpo e Axel mi guardò ansimando.
-Mi è venuta un’idea-
Alzai entrambe le mani creando una specie di muro.
-Cos’hai in mente?- cominciò lui ma lo zittii con un gesto.
In quel momento Ariana passò davanti a noi e ci superò senza accorgersi di niente.
Quando si fu allontanata feci calare il muro.
Axel era sbalordito. – Come ci sei riuscita?-
-Non lo so- risposi sorridendo – Ma ora dobbiamo andare-
Risalimmo il sentiero velocemente e cominciammo a correre in direzione della base.
La prova di quella mattina consisteva in una specie di caccia all’uomo.
Ariana e Logan dovevano catturarci mentre io e Axel dovevamo cercare di fare ritorno al punto di partenza senza farci prendere.
Quando Logan aveva saputo che mi avrebbe dovuto dare la caccia non era stato più nella pelle.
Ero così assorta nei miei pensieri che quando Axel mi urlò qualcosa ci misi un po’ per capire.
Mi girai di lato appena in tempo per vedere degli enormi bracci verdi che ci venivano addosso.
Il ragazzo mi afferrò per la mano strattonandomi bruscamente verso sinistra. Gli enormi bracci ci sbarrarono nuovamente la strada e fummo costretti  fare dietrofront.
Quando mi accorsi di quello che stavano facendo era troppo tardi.
Ci avevano accerchiato.
Creai una sfera intorno a noi due appena in tempo per impedire ai bracci di afferrarci. Le piante avvolsero interamente la sfera cominciando a stritolandola.
- Axel non resisterò a lungo – dissi ad alta voce cercando di sovrastare il rumore assordante che facevano i bracci.
-Resisti ancora un po’-
Allungo la mano verso l’alto e quando toccò la sfera questa si ghiacciò completamente. Ora era molto più spessa e resistente ma non abbastanza.
I bracci strinsero sempre più forte e la sfera iniziò a creparsi.
-Sta per rompersi- urlai ma la mia voce fu sovrastata da una violenta esplosione.
Ci fu un rumore di vetri rotti e la sfera andò in frantumi sbalzandoci via.
Sbattei la testa contro un albero e la vista mi si appannò.
Cercai di tirai su a sedere dolorante e quando misi a fuoco vidi Logan sopra di me con un ghigno divertito.
-Ti arrendi adesso?- chiese alzando un sopracciglio.
Sbuffai allungando una mano verso l’alto. Lui l’afferrò e mi tirò su con un gemito di dolore.
-Che hai?- feci preoccupata.
-Non è niente- aggirò la domanda mettendosi una mano su fianco.
-Logan fammi vedere-
-Ti ho detto che non è niente, lascia stare –
Cercò di sfuggire dalla mia presa ma lo bloccai per un braccio.
Lui tolse la mano dal fianco e vidi che sulla maglia c’era una macchia rosso scuro, era sangue.
Tirai su la maglia allarmata mentre lui girava la testa dall’altra parte.
Aveva un taglio largo almeno due dita che gli correva lungo tutto il fianco.
-Sono stata io? – chiesi con gli occhi sbarrati. Non potevo credergli di avergli fatto male.
La ferita sanguinava e sembrava abbastanza profonda.
-Non è colpa tua – cercò di rassicurarmi girandosi verso di me.
- Logan non volevo- mi sentivo morire. L’avevo colpito con poca forza ed era successo quello. Se il colpo fosse stato più forte …
Lui mi prese il viso tra le mani costringendomi a guardarlo negli occhi.
-Non è colpa tua – ripeté con convinzione – Sono soltanto caduto male, non sento neanche più il dolore - continuò sorridendomi.
Gli sorrisi anch’io non del tutto convinta.
- Hai provato a farmi fuori ma ci vuole ben altro – disse con un sorrisetto divertito tornando improvvisamente spavaldo.
-Cosa ti fa pensare che non ci riprovi?- chiesi alzando un sopracciglio.
-In quel caso dovrò sbarazzarmi di te prima io-  fece alzando le spalle.
 
Ora era un dato di fatto. Non avrei più permesso ad Ariana di vestirmi.
Ogni volta gli abiti si accorciavano sempre di più.
-Non è troppo … corto?- azzardai cercando di tirarmelo giù nell’inutile tentativo di coprirmi un po’ di più.
-Mi sento nuda-
-Non dire sciocchezze- mi zittì la ragazza.
Si diede un’ultima passata di rossetto e si girò a guardarmi sorridente. I lunghi capelli mossi erano lasciati sciolti e le ricadevano morbidi sulle spalle. Il vestito, a parere mio molto più lungo di quello che indossavo, era bianco sporco a maniche corte. In vita aveva una fascia nera che l'avvolgeva e dalla quale si apriva la gonna a ruota lunga fino a poco sopra il ginocchio.
Ai piedi indossava un paio di decolleté nero lucido simili alle mie.
Era stupenda nel suo bel abito e con i capelli rosso fuoco, non come me, ficcata a forza in un tubino nero.
Era talmente aderente che avevo il terrore che da un momento all’altro potesse esplodere lasciandomi con indosso solo la biancheria.
Lanciò uno sguardo sul’orologio a pendolo appeso al muro e si affrettò a uscire.
-Siamo le ospiti d’onore, non possiamo arrivare in ritardo-
Percorremmo di corsa i corridoi illuminati dai grandi lampadari di cristallo.
In realtà Ariana camminava normalmente con le sue gambe chilometriche ma io per riuscire a starle dietro dovevo saltellare con i trampoli.
L’ambiente sapeva di chiuso. I pavimenti erano ricoperti da un lungo tappeto polveroso rosso scuro e la luce giallognola dei lampadari dava ai corridoi un aria quasi malaticcia.
Scendemmo la scalinata in marmo bianco che portava al primo piano dove si trovava il salone per la festa.
Quando Ariana spinse la porta di legno ci venne addosso un’ondata di musica assordante e alcool.
-Sembra una festa come sulla terra- urlai ad Ariana cercando di sovrastare la musica.
-Viviamo su un altro pianeta ma non siamo alieni – rispose lei ridendo.
Mi morsi il labbro.
Sin da quando ero arrivata li avevo considerati alieni e c’ero anche rimasta male nel vedere che non erano né verdi né avevano le antenne.
Spostai lo sguardo verso l’interno della sala e fummo come risucchiate.
I ragazzi ballano al centro della stanza mentre altri ridevano e bevevano seduti ai tavoli disposti tutt’intorno.
-Ari … - cominciai ma lei non mi stava ascoltando.
Si era messa sulle punte scrutando un punto dall’altra parte della stanza.
Cercai di spiccare un salto per vedere cosa stesse guardando e per poco non mi storsi una caviglia.
Dall’altra parte della pista da ballo c’era Axel che stava ridendo con degli amici. Indossava una camicia bianca che gli faceva risaltare i capelli spettinati e dei jeans neri. Il sorriso di quel ragazzo era contagioso.
-Se vuoi puoi andare- dissi ad Ariana dandogli una leggera gomitata.
Lei mi guardò con gli occhi da cucciolo.
-Davvero? Ma tu rimarresti da sola … -
- Non preoccuparti per me, troverò qualcuno da importunare- dissi facendole l’occhiolino – Va da lui –
Lei squittì contenta e mi scoccò un bacio sulla guancia.
L’ultima cosa che vidi fu una massa di capelli rossa che si addentrava tra la calca di ragazzi per poi scomparire.
Feci un respiro profondo e mi guardai in giro.
Lo sguardo mi cadde su due ragazzi poco lontani da me. Mi venne da sorridere, era destino che lo tormentassi.
Fortunatamente non  ero una persona che si faceva grandi problemi.
Mi buttai tra la folla di ragazzi che si muovevano a ritmo della musica cercando di farmi largo.
Più che ballare stavano ondeggiando rendendo ancora più difficile il mio tentativo di camminare. Uno dei ragazzi che avevo adocchiato alzò lo sguardo su di me e mi sorrise.
I denti sembravano brillare a contrasto con la carnagione scura.
L’altro non si era nemmeno accorto di me.
Meglio, non so cos’avrei dato per vedere l’espressione sulla sua faccia.
 
Logan
 
Presi un’altra bottiglia di vetro e ingoiai il liquido con un gesto rapido.
- Logan datti una calmata – fece Rick guardandomi di traverso – E’ la terza bottiglia di birra che ti scoli –
Lo ignorai e feci un altro sorso. Avevo bisogno di staccare il cervello per almeno una sera.
-Ti fa ancora male? – ricominciò lui imperterrito. Quando ci si metteva sapeva essere pressante.
-Non è niente- risposi brusco.
-Non direi visto che ti sei fasciato mezzo fianco. E’ una brutta ferita –
Dopo l’allenamento mi ero precipitato a casa sua e lui mi aveva bendato la ferita. Aveva smesso di sanguinare ma la fitta di dolore lancinante rimaneva. L’unico modo per sopportarlo era affogarlo nell’alcool.
Rick sbuffò rassegnato e si girò verso il centro della sala. Eravamo seduti ad un tavolo e davamo le spalle al resto dei ragazzi che ondeggiavano in mezzo alla pista da ballo.
-Ehi guarda chi c’è – esclamò rizzandosi sulla sedia.
In genere mi sarei girato per vedere a chi si riferisse ma l’alcool stava cominciando a fare effetto.
-Ehi Rick – disse una voce. L’avrei riconosciuta ovunque.
-Ancora tu? – biascicai girandomi sulla sedia – Mi stai perseguitando?-
-Forse – fece lei alzando le spalle. 
Indossava un vestitino striminzito che lasciava poco all’immaginazione e i capelli le ricadevano sulle spalle.
-Sei già ubriaco a quest’ora? – chiese alzando un sopracciglio.
-Non sono affari tuoi – mi rigirai bevendo un altro sorso.
-Lascialo perdere, oggi è di cattivo umore – ribatté Rick sbuffando.
Fece scorrere lo sguardo da me a Eve e si alzò si scatto.
-Andiamo a ballare – la prese per un braccio lanciandomi un’occhiata – Mi sto annoiando-
Li segui con lo sguardo mentre la trascinava al centro della sala.
Mi venne da ridere. Pensava che mi avrebbe dato fastidio vederlo strusciarsi addosso a Eve come una sanguisuga? Erano talmente avvinghiati che tra un po’ si sarebbero fusi in una cosa sola.
Lui le poggio le mani sui fianchi avvicinandosi ancora di più. 
Ora tra di loro c’erano a malapena dieci millimetri.
Tornai a dare le spalle alla stanza sbuffando. Poteva fare quello che voleva, non ero geloso.
Rigirai la bottiglia tra le mani e la scolai con un ultimo sorso.
Mi alzai senza nemmeno accorgermene e mi fiondai barcollando al centro della pista da ballo.
 
 
Note dell’autrice:
Ciao gente :)
Eccomi un’altra volta qui a rompervi l’anima n.n
Visto? Le mie manie omicide si sono calmate (almeno per ora * aggiunge sogghignando *).
L'allenamento è stato sicuramente più emozionante dell’altro ^^
Questo round l’hai vinto Logan ma la mia vena femminista non tarderà a ritornare.
Il ballo (anche se tecnicamente è una festa u.u) … io adoro i balli … non solo quelli tipo discoteca ma anche quelli in stile americano.
Anche se li amo non preoccupatevi, non sarà come in The Vampire Diaries che fanno una festa per praticamente ogni cosa.
Tra feste e funerali non si sa cosa fanno di più O.o e poi sarei io quella con la vena omicida …
Ok, le note a fine capitolo stanno diventando sempre più lunghe D: perciò vi lascio con questa domanda.
Come andrà la festa? Vi dico solo che ci sarà da divertirsi …
Un bacione e alla prossima ^^

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Capitolo 9
*** Memories ***


CAPITOLO 9- Memories

Logan
 
Mi trovavo in uno stato di semicoscienza. Sapevo di essere sveglio ma non riuscivo ad aprire gli occhi.
Nella testa mi rimbombava ancora la musica assordante ma della festa non ricordavo assolutamente niente.
L’ultimo spiraglio di lucidità c’era stato quando Rick aveva portato Eve a ballare poi il nulla.
Inspirai profondamente e affondai la faccia sul cuscino per ripararmi dalla luce del sole che filtrava dalla finestra. Di solito mi colpiva in pieno viso ed ero costretto quasi sempre a girarmi dall’altro lato ma quella mattina c’era qualcosa che mi faceva ombra.
Mentre mi giravo sentii pizzicarmi la guancia. Non sapevo cosa fosse a farmi il solletico ma sapeva di fragola. Mi riempii i polmoni con quel profumo rannicchiandomi quando andai a sbattere con il ginocchio contro qualcosa.
Non si trattava di qualcosa ma di qualcuno
Aprii gli occhi di scatto e vidi che avevo la faccia immersa in una massa di capelli castani.
-Eve?!- chiesi con un tono talmente alto che la svegliai.
Lei fece una specie di verso e si girò a fissarmi.
-Abbassa la voce, sto dormendo – biascicò con un filo di voce.
-Che ci fai nel mio letto?!- ripresi più sveglio che mai.
Sbadigliò e tornò a dormire.
-Sto dormendo?- fece con tono ironico.
Feci una smorfia e nonostante avesse gli occhi chiusi sembrò accorgersene perché continuò.
-Dopo che ti ho messo a letto mi è venuto sonno e mi sono messa a dormire- biascicò con la bocca ancora impastata.
Solo in quel momento notai che indossavamo ancora i vestiti della festa.
-Esci dal mio letto – dissi punzecchiandola.
Per tutta risposta lei si allontanò con un verso infastidito.
Continuai a punzecchiarla fino a quando, a forza di avanzare, non perse l’equilibrio finendo a terra.
Mi affacciai su bordo del letto sorridendole.
-Buongiorno principessa-
Lei mi fulminò con lo sguardo poi aprì il palmo della mano e mi ritrovai catapultato dall’altra parte della stanza.
Ok, forse me lo meritavo.
 
Mi passai un’altra volta la mano sugli occhi sbadigliando.
La testa mi scoppiava e più cercavo di ricordare quello che fosse successo la sera prima più mi rendevo conto di non averne la più pallida idea.
Guardai di traverso Eve e vidi che aveva sonno almeno quanto me.
-Per quello che è successo ieri sera … -cominciai e lei di girò a fissarmi – Non è necessario che tutti sappiano che ero ubriaco-
-Credo che lo sappiano già tutti, anche troppo bene –
Sentii il respiro mancarmi e lei se ne accorse.
Si arrestò di colpo e rimase a fissarmi indecisa se scoppiare a ridere o no.
-Non ricordi niente?- chiese e dal suo tono capii che stava facendo uno sforzo immane per non prendermi in giro.
Vedendo che rimanevo in silenzio mi batté una mano sulla spalla.
-Sei più divertente quando sei ubriaco –
Ricominciò a camminare lasciandomi indietro.
-Tutto qui? – chiesi raggiungendola. Se non era successo niente perché mi guardava con quello sguardo perverso?
- La mia parte preferita è stata quando sei salito sul tavolo e hai cominciato a fare lo spogliarello –
Rimasi di sasso.
-Ti sei sfilato la maglia e l’hai lanciata in faccia a Rick – continuò con un sorrisetto – Ti stavi per sfilare anche i pantaloni ma è arrivato Axel in tempo e ti ha tirato giù-
Si girò per guardarmi negli occhi. – Dovresti ringraziarmi per averti messo a letto senza fare un video –
Non riuscivo a ricordare assolutamente niente e quella era la cosa peggiore.
-Hai mai pensato di fare lo spogliarellista come secondo lavoro? - chiese svoltando l’angolo - Avresti successo - 
Ci ritrovammo davanti la mia aula e sulla porta c’era Rick che ci aspettava con un sorriso stampato in faccia.
-Eccolo il mio playboy preferito – disse battendomi una mano sulla spalla.
-Non ricorda assolutamente niente – aggiunse svelta Eve.
-Possiamo smetterla di parlare di me?- chiesi alzando gli occhi al soffitto.
-Mi dispiace ma eri troppo divertente ieri sera – ribatté Rick ridendo – Avresti dovuto vedere la faccia di tuo padre quando ti ha visto-
Sentii il sangue mancarmi completamente. Non che avessi paura di mio padre ma meno mi mettevo in mostra, meno lui aveva occasione di richiamarmi e di conseguenza riuscivo a vederlo il meno possibile.
- Mio padre era lì ? – chiesi con la voce strozzata.
-Anche se eri davvero un bello spettacolo, non credo fosse molto contendo nel vederti mezzo nudo a ballare su un tavolo – disse Eve facendo un sospiro.
Ora la mia vita era finita davvero.
Improvvisamente entrambi scoppiarono a ridere.
-Non ci vedo niente di divertente – risposi brusco.
-Hai visto la sua faccia? – chiese Eve a Rick con le lacrime a gli occhi.
-Sembrava aver visto un fantasma – rispose l’altro con le braccia strette hai fianchi.
Parlavano di me come se non ci fossi.
Eve fu la prima a ricomporsi e si asciugò le lacrime.
-Se avessi saputo che avresti reagito così avrei fatto vedere veramente a tuo padre un video dello spettacolo –
-Ma bravi, prendetevi gioco del povero ragazzo sbronzo – feci schioccando la lingua e loro ricominciarono a ridere.
Sapere che mio padre non mi aveva visto era stato come tornare a respirare dopo tanto tempo.
-Ora andiamo showman – fece Rick tirandosi su – Siamo in ritardo –
Eve si allontanò ancora ridendo e noi entrammo in classe.
-Non sai quanto mi dispiaccia non averti fatto un video –
-Immagino – risposi alzando le sopracciglia.
 
Eve
 
Forse eravamo stati un po’ cattivi con Logan ma guardare la sua faccia quando gli avevamo detto che il padre l’aveva visto alla festa era stato bellissimo.
Mi sentivo quasi soddisfatta, questo round l’avevo vinto io.
In quel momento mi ricordai che la notte prima ero andata a dormire alle quattro e stavo morendo di sonno.
Incrociai le braccia sul bacco e vi lasciai cadere la testa. Mi ero messa in ultima fila e Miller non se ne sarebbe accorto nemmeno.
Mi sembrava di essermi appena addormentata quando sentii il prof chiamare il mio nome.
-Signorina Simons, che ne dice di fare una dimostrazione alla classe di quello che ho appena spiegato ?-
Mi alzai ancora frastornata e mi trascinai alla cattedra.
Tutti i presenti avevano li occhi incollati su di me.
Persino Nadia mi stava fissando con quel suo sorrisetto di superiorità. L’unica cosa che mi dava fastidio era che, avendo dormito tutta l’ora, non avevo la più pallida idea di quello che il prof stava spiegando e non avrei potuto farle vedere che potevo fare benissimo tutto quello che faceva lei.
Mi morsi il labbro per il nervoso.
Lanciai uno sguardo veloce alla lavagna cercando di capire in poco tempo il più possibile, quella raffigurata sembrava una specie di sfera di energia.
Stirai le labbra in un sorrisetto. Ariana aveva passato ore a insegnarmi come crearne una.
Mi piazzai di fianco al professore che mi scrutava dall’alto con i suoi occhi marrone scuro.
Diedi le spalle alla lavagna e fissai lo sguardo su Nadia mentre univo le mani davanti a me.
Dovevo farcela. Sentii come una lieve scossa elettrica che mi correva lungo tutto il braccio fino ad arrivare alle mani e quando le aprii c’era una sfera grigiastra.
Guardai di traverso il professore alzando un sopracciglio e lasciai cadere le braccia intorno ai fianchi facendo dissolvere la sfera.
Lui mi restituì lo sguardo sospirando.
-Molto bene, può andare a sedere adesso-
Feci per tornare a posto ma mi bloccai.
-Se ti applicassi di più potresti fare cose straordinarie – aggiunse sottovoce scoccandomi un ultima occhiata.
Annuii in modo impercettibile e tornai a sedermi.
 
Logan
 
Mio padre mi aveva ordinato di andare a letto ma io non ero stanco.
Aprii di soppiatto la porta della mia cameretta e, dopo aver verificato che non ci fosse nessuno in giro, uscii in corridoio.
Era passata una settimana da quando mio padre era stato eletto membro degli anziani e la nostra famiglia era stata costretta a trasferirsi nell’istituto. Odiavo quel posto.
Era sempre tutto buio e non c’erano bambini con cui giocare.
Quando mia madre mi aveva detto che ci saremo trasferiti ero arrabbiato e avevo tenuto il broncio per mesi. La mamma però mi aveva detto che senza di me si sarebbe sentita sola così alla fine avevo ceduto.
Mi guardai intorno cercando di ricordare dove mi trovassi.
Quell’edificio era enorme o forse ero io che ero piccolo. Anche se avevo solo cinque anni, ero alto più della media e ne andavo molto fiero.
Gironzolai per il corridoio cercando qualcosa di interessante da fare quando sentii delle voci.
na era di mia madre mentre l’altra non la conoscevo.
Mi avvicinai di soppiatto alla porta socchiusa da dove provenivano le voci e sbirciai all’interno.
La mamma era seduta sul divano del salottino e stava medicando qualcuno.
Era quel bambino che viveva qui all’istituto.
Mi padre mi aveva detto di stargli lontano, diceva che era pericoloso e che dovevo ignorarlo.
Rimasi a guardarlo muto per qualche istante. Aveva un taglio che gli divideva il sopracciglio destro e la mamma lo stava disinfettando.
Sembrava più grande di me di qualche anno e aveva i capelli nero intenso resi ancora più scuri dal contrasto con la carnagione pallida.
Teneva il viso basso e i suoi occhi azzurro cielo sembravano vuoti.
-Grazie signora Visser – disse il bambino talmente piano che faticai a sentire.
-Ti prego, chiamami Tia – rispose la mamma sorridendogli.
Ogni volta che Tia Visser ti sorrideva riusciva a farti dimenticare tutti i tuoi problemi per un momento.
-Perché lo fa?- ripeté il bambino senza alzare gli occhi.
La mamma gli prese il mento con la mano facendogli alzare lo sguardo.
-Tu non hai nessuna colpa di quello che è successo-
Gli fece una carezza e il bambino sembrò rassicurato da quelle parole perché le sorrise a sua volta.
Seguii lo sguardo di mia madre fino a quando non si posò su di me.
-Vieni Logan – disse dolcemente facendomi segno di entrare.
Aprii lentamente la porta imbarazzato per essere stato scoperto e avanzai tenendo lo sguardo basso.
-Lui è un bambino che vive qui nell’istituto come te, perché non andate a giocare insieme?-
A sentire quelle parole mi scoppiò il cuore dalla felicità. Non potevo credere di avere finalmente qualcuno con cui giocare.
Presi per mano il bambino correndo fuori la stanza.
Avremo potuto giocare con il pallone, correre per il cortile dell’istituto e fare tantissime altre cose.
Non sarei stato più solo.
In quel momento mi fermai di scatto battendomi la mano sulla fronte in modo teatrale. Non sapevo il suo nome.
Sorrisi raggiante al mio nuovo amico e gli porsi la mano. Avevo visto molte volte i miei genitori farlo.
-Io mi chiamo Logan-
L’altro mi sorrise a sua volta e mi strinse la mano.
-Io sono Vincent-
 
Sentii qualcuno strattonarmi per un braccio.
Aprii gli occhi e vidi che mi trovavo in classe. Rick mi guardava perplesso e io sbadigliai.
-Che vuoi?- chiesi ancora assonnato.
-Stavi dormendo? E’ mezz’ora che la Morris ti guarda male- disse l’altro.
Mi girai per guardare la professoressa intenta a spiegare storia ad una classe di zombi. Erano anni che ci provava inutilmente.
-Non ci posso credere-
-A cosa?- chiesi stiracchiandomi.
-Che sia sposata con quel vecchio di Jacob Morris – rispose fuori di sé – Insomma guardala, è così … – fece mordendosi il labbro.
In effetti la Morris era una bella donna. Il viso senza nemmeno una ruga, i capelli scuri, anche se sicuramente erano tinti, alta, magra e con le curve al posto giusto. Il fatto che fosse sposata con uno che aveva quasi il doppio dei suoi anni era abbastanza bizzarro.
Non bisognava dimenticare però che Jacob Morris era il capo del consiglio e, in quanto tale, oltre che a molti soldi, era che molto potente.
-Io sono molto meglio – sentenziai schioccando la lingua.
-Tu sarai sempre il mio preferito ma sei già impegnato – rispose l’altro alzando le spalle.
-E con chi sentiamo?-
-Ti ricorda nessuno, alta fino a qui, capelli chiari, occhi grigi, credo che il suo nome inizi per E... -  disse massaggiandosi il mento in modo teatrale.
-Tu sei matto –
-Certo, allora alla festa ci sei venuto a interrompere senza motivo – disse facendo una smorfia – Ti sei letteralmente lanciato contro di me e me l’hai scollata di dosso -
Possibile che avessi fatto una cosa del genere? A parte che non ricordavo niente …
-Volevo salvarti da quella lì – azzardai ma dal mio tono si capiva che non ne ero sicuro nemmeno io.
-Che gesto eroico – commentò l’altro con una smorfia – Allora non ti dispiace se ci provo con lei –
Mi girai e gli scoccai un’occhiataccia.
Rick sbuffò rassegnato.
-Io sarò anche matto da legare, ma a te amico servono un paio di occhiali, è anche belli grossi –
 
 
 
Note dell’autrice:
Ehi gente :D
Ieri non pensavo di riuscire a finire il capitolo ma dopo due orette era fatta ^^
Ringrazio Prillashock99, tirare la sfiga hai professori ha funzionato ;) penso che ti farò sapere se mi dovesse servire ancora u.u
Anyway, come da post-sbronza, Logan non ricorda niente di quello che ha fatto la sera prima e Rick ed Eve non perdono l’occasione per prenderlo in giro.
Anche se il moro continua a ripetere che non gli importa niente, appena Rick gli dice che ci avrebbe provato con Eve, lo guarda male…non è teneroso? :3
Per quanto riguarda Nadia… fatto bene, così impari a fare la smorfiosa u.u
Eve le ha dato una bella lezione e non vi preoccupate, il mio odio verso di lei è talmente tanto che ci saranno altre scene come  questa n.n
Piccolo colpo di scena su Logan. Come si sarà evoluta la sua amicizia con Vincent? Influirà nel corso degli eventi?
Io lo adoro da piccolo e anche se aveva solo cinque anni, il suo caratterino era sempre quello ;)
Volevo poi ringraziare Arya373, PinkyRosie, Prillashock99, Sana_jasm97 e Sun_Rise93 per aver recensito il capitolo precedente e LudoBiebs99 per aver inserito la storia tra quelle da ricordare.
Un bacione e alla prossima ;)

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Capitolo 10
*** I miss you ***


CAPITOLO 10- I miss you

Logan
 
Cercavo con tutto me stesso di riprendere possesso del mio corpo ma le gambe si muovevano da sole.
Mi infilai tra la massa di corpi che ondeggiavano a ritmo di musica fino ad arrivare dai diretti interessati. Afferrai, senza nemmeno accorgermene, Rick per un braccio e lo strattonai facendolo allontanare da Eve. -Se proprio devi fare queste cose almeno non farle in pubblico –
Il ragazzo mi guardò con aria perplessa poi mi sorrise. - Geloso Visser?-
Sbuffi lasciandogli il braccio e feci per andarmene quando mi sentii le gambe molli.
Stavo per cadere quando finii con la faccia contro una specie di lastra trasparente.
-Tutto apposto? – chiese Eve tirandomi su per un braccio.
Mi lasciai aiutare e tornai in piedi. Annuii distrattamente cercando di farle mollare la presa ma lei mi strinse ancora di più il braccio.
-Non credo tu possa farcela da solo – disse sorridendomi con tenerezza.
Forse era a causa dell’alcool o stavo semplicemente impazzendo, ma i suoi occhi mi sembravano più luminosi del solito.
-I tuoi occhi sono belli – biascicai con la bocca impastata.
- Beh, grazie – rispose ridendo.
-E hai anche un bel sede…- continuai ma qualcuno mi ficcò una tartina in bocca.
-Tieni, mangia una tartina – disse Rick sorridendomi – Eve, puoi andare a prendergli un po’ d’acqua?-
Lei annuì e scomparve tra la folla. Quando camminava sembrava danzare.
-Che cafolo è sta cofa? – dissi con la bocca piena.
-Mi devi un favore- rispose il ragazzo battendomi una mano sulla spalla – Ti ho risparmiato un occhio nero -
 
Per quanto mi sforzassi, quello era l’unico spezzone della sera precedente che mi era tornato alla mente.
Dovevo ricordarmi di ringraziare Rick. Conoscendo Eve, un occhio nero sarebbe stato il minimo.
Mi misi a sedere sulla ringhiera del balcone con la schiena appoggiata alla colonna e lasciai penzolare la gamba nel vuoto.
Mi trovavo in un corridoio che correva per tutto il perimetro esterno dell’istituto e che si affacciava sul cortile.
Passavo molto spesso lì perché non c’era quasi mai nessuno e riuscivo ad avere qualche momento di tranquillità.
Schioccai le dita e sul palmo comparve una fiammella. La ingrandii fin quando non mi ricoprì tutta la mano.
Se qualcuno mi avesse visto avrebbe pensato che stessi andando a fuoco ma non sentivo niente.
Girai la mano mentre la fiamma continuava ad ardere e quando chiusi il pugno scomparve.
A volte mi sentivo come una specie di accendino.
Lasciai cadere in dietro la testa con un sospiro.
Erano passato così tanto tempo dall’ultima volta che avevo ripensato a Vincent che oramai pensavo di averlo dimenticato; sette anni in cui era successo di tutto.
Se ne era andato quando avevo solo undici anni e mi ero sentito come se il mondo mi fosse crollato addosso per la seconda volta.
La prima era stata quando mia madre era morta.
Lui mi era stato vicino e con il tempo era diventato come il fratello che non avevo mai avuto. Era tutto quello che mi rimaneva che più assomigliasse ad una famiglia.
Lanciai con rabbia una sfera di fuoco che andò a finire contro una colonna annerendo il punto in cui l’avevo colpita.
Alla fine anche lui mi aveva abbandonato, come avevano fatto tutti.
-Ho capito che non ti sto molto simpatico ma cercare di farmi fuori mi sembra un po’ eccessivo – disse Axel comparendo da dietro la colonna.
-Ah, sei tu- feci tornando ad appoggiarmi alla colonna – Che c’è?-
-Sai dov’è Eve? – chiese avvicinandosi.
-E da quando la novellina è diventata una mia responsabilità?- 
-Solo che passate molto tempo insieme ... -
-Cosa stai insinuando? - risposi alzando un sopracciglio.
-Niente - si affrettò a rispondere con una smorfia. 
-Comunque non so dov'è -
-Dovevamo allenarci insieme ma non la trovo. Ho girato tutto l’istituto e non è nemmeno in camera sua … - mi spiegò con un sospiro.
-Te la sei persa?-  chiesi scioccato.
Come si faceva a perdere una persona come fosse una penna?
-Non me la sono persa – ribatté lui – Solo che non la trovo più –
Sbuffai esasperato e mi misi in piedi.
-Tu vai da Ariana mentre io cerco nel cortile-
Axel annuì e tornò dentro.
Mi incamminai verso le scale di pietra che scendevano verso il cortile e le feci di corsa.
L’ultima volta che stavo cercando Eve si era quasi fatta ammazzare.
Quella ragazza aveva un specie di calamita che attirava i pericoli a chilometri di distanza.
 
Eve
 
Mossi la mano impercettibilmente e l’altalena cominciò a muoversi.
Era quasi il tramonto e il cielo cominciava a tingersi di un  rosa pallido.
Se ci fosse stata la mamma avrebbe adorato quel posto, amava i paesaggi naturali e ogni estate mi trascinava contro la mia volontà a fare delle escursioni che duravano tutto il giorno.
Non che preferissi stare a casa ma l’idea di camminare per ore sotto il sole e sempre in salita, non era molto allettante.
Il pensiero di mia madre mi fece venire un nodo alla gola.
Erano giorni che non la vedevo e non le avevo lasciato scritto niente, ero sparita nel nulla.
Forse se avessi trovato uno di quei bastoncini luminosi avrei potuto aprire un portale ma non avevo la minima idea di come si facesse.
Sbuffai e continuai a dondolarmi.
-Sai che questa l’ho fatta io?-  chiese Logan appoggiandosi con la schiena contro l’albero a cui era attaccata l’altalena.
-Mi stupisce che regga ancora –
Lui ignorò la mia risposta e incrociò le braccia al petto rabbrividendo.
In effetti la temperatura si era abbassata ma a me non dava fastidio.
-Il tuo ragazzo ti cercava –
Fermai l’altalena e mi girai a guardarlo con aria interrogativa.
-Chi sarebbe il mio ragazzo?-
-Axel – rispose lui con una scrollata di spalle.
Schioccai la lingua lanciandogli un’ultima occhiata.
-Non diresti così se avessi visto come guarda Ariana –
-Che ci fai qui da sola? – chiese lui ignorandomi.
-Stavo guardando il tramonto – risposi alzando lo sguardo.
Ora il sole era tramontato del tutto ma si vedevano ancora gli ultimi raggi.
-Dovresti vederlo dallo strapiombo che si trova al confine della città, guardare il tramonto sul mare è tutta un’altra cosa –
-Chissà perché l’idea di stare con te su uno strapiombo non è molto rassicurante-
-Donna di poca fede – replicò ridendo.
Si paralizzò di colpo e tornò a fissarmi. – Dove l’hai sentita?-
-Cosa?- chiesi girandomi verso di lui.
-La melodia che stavi cantando – insistette – Dove l’hai sentita?-
-Ah, quella? Credo me la cantasse mia madre –
In realtà non ricordavo quando mia madre me la cantava ma quando mi sentivo giù iniziavo a intonare la melodia senza nemmeno accorgermene.
-Assomiglia molto a quella che cantava una persona che conoscevo – riprese. Era una mia impressione o sembrava agitato?
-Non dargli peso – lo rassicurai tornando a dondolarmi – Le ninna nanne sono tutte uguali –
-Già – rispose lui annuendo.
Si girò a guardare l’orizzonte e tra noi calò il silenzio.
Aveva un espressione così tesa che faticavo persino a riconoscerlo, chissà a cosa stava pensando.
-Comincia a fare freddo – mentii alzandomi. Quello era il momento della giornata che preferivo ma avevo altro da fare. – Ci vediamo a cena –
Lui annuì senza voltarsi.
Mi allontanai in silenzio cercando di accelerare il passo senza dare nell’occhio.
Dovevo assolutamente trovare uno di quei cosetti luminosi. Mi sembrava si chiamassero cristalli ma non ne ero sicura. Quando il padre di Logan mi aveva sputato in faccia qualche termine di Elythra avevo letteralmente staccato la spina al cervello.
Salii le scale di pietra ed entrai nel corridoio laterale. Lì si trovava lo studio di Aaron.
Mi guardai in torno furtiva e scivolai all’interno della stanza, era completamente vuota e l’unica luce era emessa da una lampada a gas sopra il tavolo.
Mi fiondai su di uno scaffale e comincia a far correre lo sguardo sui ripiani.
C’era di tutto. Dalle boccette con polveri colorate a tomi polverosi ma dei bastoncini nessuna traccia.
Cambiai scaffale quando l’occhio mi cadde su di una scatolina nera. La presi riluttante tra le mani e quando l’aprii sul viso mi comparve un sorriso che andava da un orecchio all’altro. Trovati.
Presi un bastoncino e me lo ficcai in tasca quando sentii dei passi nel corridoio che si avvicinavano.
Rimisi la scatola a posto e mi lanciai sotto il tavolo appena in tempo.
Nella stanza entrarono due figure maschili e anche se non potevo vederle a cause della tovaglia che mi nascondeva completamente la visuale riuscii a capire di chi si trattava.
- Robert stai iniziando ad essere pesante – cominciò Aaron stizzito. Si avvicinò al tavolo e io trattenni il respiro per non farmi scoprire.
Era un uomo molto calmo ma non mi stupiva il fatto che Robert gli desse sui nervi. Quell’uomo avrebbe fatto impazzire persino Gandhi.
Mi stupii di me stessa per quello che avevo pensato. Ero rannicchiata sotto un tavolo come un topo, a spiare le conversazioni di due uomini e mi veniva in mente Gandhi?
-Ma sai che ho ragione – insistette l’altro.
Si avvicinò anche lui al tavolo e io mi tirai indietro andando a sfiorare la sedia di fronte a me. Mi morsi il labbro e mi immobilizzai.
- Robert – ricominciò l’altro ma si interruppe.
Maledizione, pensai sgranando gli occhi, si era accorto di me.
-Che c’è ?- chiese il padre di Logan avanzando verso lo stregone.
-Niente – taglio corto l’altro scuotendosi.
-Aaron, tu sei sempre stato incline ai casi persi. E’ sempre stato chiaro fin dall’inizio cosa sarebbe diventato Vincent ma tu continuavi a ripetere che era solo colpa dell’età, che sarebbe passato con il tempo – fece un sospiro e continuò – E guarda dove siamo adesso, è il nemico più pericoloso di Elythra –
-Eve non è Vincent – ribatté Aaron duro.
-Come fai a dirlo? Vincent era uno di noi e ci ha tradito lo stesso; non possiamo sapere cosa potrebbe fare lei – continuò l’altro alzando il tono della voce.
-Tu – rispose piano lo stregone – Tu hai paura di lei. Temi che Logan possa affezionarsi a lei come a fatto con Vincent –
-Non erano legati – ora stava letteralmente urlando – Vincent aveva completamente soggiogato Logan e lui era troppo piccolo per accorgersene –
-Erano fratelli – gridò lo stregone – E tu non hai mai accettato che tuo figlio fosse legato più a lui che a te –
Nella stanza calò il silenzio. Cercai di spostarmi per poter veder meglio ma appena mi spostai, Robert si mosse e uscì a grandi passi dalla sala.
L’ultima cosa che sentii fu la porta dello studio che sbatteva violentemente.
Aaron sospirò facendo avanti e indietro per la stanza poi si avviò verso la porta.
-Penso che andrò nella sala grande – cominciò fermandosi con la mano sulla maniglia – La cena sarà servita lì tra una mezz’ora –
Detto ciò uscì dalla stanza lasciandosi la porta aperta alle spalle.
Quando sentii i passi allontanarsi venni fuori dal mio nascondiglio sgusciando nel corridoio.
L’avrei ringraziato più tardi per aver fatto finta di niente anche se sapeva benissimo che ero sotto il tavolo.
Mi passai una mano sulla tasca sfiorando il cristallo. Ora il mio problema principale era capire come far funzionare quel cosetto luminoso.
 
Note dell’autrice:
Hi people,
per vostra fortuna (o sfortuna, dipende dai punti di vista) ho finito prima del solito il capitolo così eccomi qua ^^
Come promesso ho inserito un piccolo spaccato della sera della festa e spero vi sia piaciuto.
Per quanto riguarda il resto del capitolo è per lo più di collegamento tra il precedente e il prossimo anche se c’è un piccolo accenno che, anche se non sembra, sarà importante per capire delle cose che accadranno in seguito.
Dopo avervi annoiato abbastanza
Un bacione e al prossimo aggiornamento :)

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Capitolo 11
*** Sweet dreams ***


CAPITOLO 11- Sweet Dreams
 
Eve
 
Aprii gli occhi e impiegai meno di qualche secondo a capire dove mi trovassi. Mi girai intorno per la stanza quando lo sguardo mi si fermò su tre figure poco lontane da me.
Tutto era come l’avevo visto la prima volta. La stanza ordinata, il sole che penetrava attraverso la vetrata della finestra tracciando una scia luminosa che correva per tutta la lunghezza del letto e loro tre.
La madre di Vincent guardava i figli con tenerezza mischiata a dolore. I capelli castano dorato erano raccolti con una treccia laterale dalla quale fuoriuscivano alcune ciocche che gli incorniciavano il viso e gli occhi blu mare erano della stessa tonalità di quelli del bambino.
Quella scena era così surreale. Poteva sembrare una madre che abbraccia teneramente i figli ma dalla sfumatura che avevano i suoi occhi si capiva che sapeva cosa sarebbe successo e che aveva paura. Non per lei, ma per quello che sarebbe potuto succedere hai due bambini che aveva di fronte.
-Che scena commuovente, non trovi?-
Mi girai di scatto anche se sapevo già a chi appartenesse quella voce.
Vincent era appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate e mi fissava di traverso.
Forse la prima volta che l’avevo visto non ci avevo fatto caso ma ora che lo osservavo meglio riuscivo a vedere quelle piccole differenze con il quadro appeso nel corridoio.
Il viso era più allungato e le guance scavate gli davano quell’aria malaticcia mentre i capelli corvini erano spettinati e decisamente più lunghi di quando l’avevo visto la prima volta.
In generale, era cresciuto, non aveva più quell’aria di adolescente e i lineamenti duri gli conferivano un aspetto sprezzante.
L’unica cosa rimasta immutata erano i suoi occhi, di un azzurro così intenso e così vuoto.
-Cosa ci fai qui? –
Lui mi sorrise e avanzò qualche passo all’interno della stanza.
-Da quando sono passato dall’altra parte ho scoperto che con la magia nera si possono fare cose molto più divertenti –
Mi camminava intorno senza staccare gli occhi dai miei.
-Entrarti nella testa è una delle migliori – aggiunse con un ghigno che mi fece rabbrividire.
Si fermò qualche secondo poi ricominciò a camminare.
-Curioso, posso entrarti nella testa ma non posso vederti in faccia – disse senza rivolgersi a nessuno in particolare.
- Non dovresti essere qui, gli anziani ti hanno bandito e la cupola … -
In una delle poche lezioni in cui ero stata a sentire avevo capito che la cupola era stata creata per difendere la città e che chiunque fosse stato bandito non avrebbe potuto oltrepassarla.
-Ah sì, la cupola – fece divertito – Aggirare le vostre difese è stato un gioco da ragazzi –
-Se avevi via libera perché non hai mai attaccato? -
-Perché è quello che vuole si vuole il Signore Oscuro – disse come se avessi chiesto la cosa più stupida al modo.
Vedendo che lo guardavo perplessa continuò con un sospiro.
-Quando mi sono schierato con lui sapevo cosa voleva. A lui interessa solo avere il controllo sugli anziani ma io voglio di più, non mi basta vederli sconfitti, umiliati; io voglio sterminarli –
Sentii un brivido corrermi per tutto il corpo. Come si poteva parlare di uccidere delle persone  sorridendo?
-Tu sei pazzo – gli sputai in faccia disgustata.
Lui rise. – Un pazzo che però sa come usare il cervello, il Signore Oscuro pensa di avermi in pugno, mi considera come un arma che può usare a suo piacimento contro Elythra. Quando si accorgerà del contrario sarà troppo tardi-
-Avresti potuto benissimo distruggere gli anziani anche senza di lui –
-Oh, questo è sicuro – sembrava quasi orgoglioso di quello che gli avevo detto – Ma come si sul dire, la vendetta è un piatto che va servito freddo. Perché porre fine a tutto quando posso restare a guardarli mentre strisciano come ratti nelle loro case temendo il mio ritorno?-
Mise le mani dietro la schiena e ricominciò a camminarmi intorno, era snervante.
-Da quando me ne sono andato le difese si sono alzate. Sanno che potrei distruggerli con un solo gesto e vivono nel terrore – continuò con un sorrisetto. Cosa ci trovava di così esilarante?
Mi girai a guardare Vincent bambino. Era così diverso da quello adulto.
-Che cosa ti è successo? – chiesi e mi accorsi di averlo sorpreso.
-Sono morti tutti – disse facendo un cenno con la testa verso i tre dall’altra parte della stanza.
-Non è vero – dissi secca e lui si fermò guardandomi fisso – Se quel bambino fosse morto davvero non ti saresti mai comportato così con Logan –
Lo vidi irrigidirsi e serrare le labbra – Tu non sai niente di me-
Lo ignorai completamente e continuai – Eravate legati, tu gli volevi bene –
Nonostante la distanza riuscivo a vedere nei suoi occhi l’odio puro mentre mi fissa. L’avevo colto di sorpresa e questo non gli piaceva.
Poi la sua espressione cambiò, sul volto gli comparve un sorriso sadico che mi fece pentire delle mie parole.
-Sai- disse sorridendo – Entrarti nella testa non è l’unica cosa che ho imparato a fare –
Nello stesso istante in cui lo disse sentii qualcosa stringermi la gola. Annaspai portandomi le mani al collo ma al tatto non c’era niente, spalancai la bocca cercando di respirare ma l’aria non passava.
I polmoni iniziavano a bruciarmi, la vista cominciò ad annebbiarsi e la testa a girare. Non riuscii più a reggermi in piedi e caddi in ginocchio sul tappeto polveroso. La stretta che avevo al collo scomparve e cominciai ad ansimare per far entrare nei polmoni quanta più aria potevo.
Alzai lo sguardo e vidi che Vincent mi guardava divertito.
-Che cosa vuoi da me ? – chiesi massaggiandomi il collo.
-Io? – disse alzando le sopracciglia - Dovresti chiederti cos’è che vogliono gli anziani da te, pensi che non sappia come ti guardano? Loro ti vedono come una minaccia, un pericolo. Hanno paura di te e non si fideranno mai abbastanza. –
Si inginocchiò di fronte a me e mi prese una ciocca di capelli dal viso portandola dietro l’orecchio.
-Credi non sappia perché mi vogliono? Perché ci vogliono – si corresse.
Lo fissai dritto, i suoi occhi si erano schiariti e sembravano scavarmi dentro.
-Eve, io e te siamo uguali, soli in un mondo che non ci appartiene e non che non ci meriterà mai. Insieme potremo fare cose straordinarie –
Il suo tono si era addolcito e sentivo come delle piccole scosse elettriche ogni volta che mi sfiorava il viso con le dita.
-Guardali – disse facendo un cenno con la testa verso le altre tre persone nella stanza – Non sono stato io a ucciderli. Sono stati gli anziani perché avevano paura di loro, cosa ti fa credere di essere al sicuro? –
Si alzò lasciandomi lì a terra a fissarlo.
-Dovresti chiedertelo, Eve, sei sicura che i cattivi sono quelli che pensi tu?-
Le sue parole si affievolirono e venni avvolta dal buio.
 
Aprii gli occhi di scatto e vidi che mi trovavo nel letto.
Ero sudata e i capelli mi si erano attaccati alla fronte.
Tirai via le coperte e afferrai un paio di pantacollant e una felpa di cotone grigia.
Avevo bisogno di risposte e sapevo a chi andarle a chiedere.
 
Logan
 
Ero in uno stato di dormiveglia. La sera prima avevo faticato ad addormentarmi ed ero riuscito a prendere sonno soltanto verso le quattro.
Non riuscivo a capire cosa fosse stato a svegliarmi ma sapevo che lo odiavo. Feci un respiro profondo girandomi su un fianco quando sentii bussare alla porta.
Ecco cos’era stato.
Lanciai via le coperte con calcio e mi trascinai alla porta, quando l’aprii mi trovai davanti l’ultima persona che avessi mai immaginato.
-Eve? –
Era già la seconda volta che me la ritrovavo in camera di notte. La cosa stava diventato equivoca.
Lei mi fece segno di tacere e si intrufolò nella stanza.
Chiusi la porta sbuffando e mi girai a fissarla, anche lei mi stava guardando ma non esattamente negli occhi. In quel momento mi ricordai di essere andato a dormire con addosso solo i boxer.
-Forse è il caso che ti metta qualcosa – disse senza però staccare gli occhi dai miei addominali.
Feci un sorrisetto. – Se vuoi ti porto dei pop-corn –
Si riscosse e andò a sedersi sul divanetto di fronte al letto.
Afferrai una maglia e un paio di pantaloni di una tuta da e mi li infilai velocemente.
-Sai che sono le sei di mattina e che oggi non c’è scuola, vero?- chiesi ironico andandomi a sedere di fronte a lei.
Erano due sere che dormivo poco e mi serviva almeno un giorno intero di sonno per recuperare.
Lei aveva lo sguardo basso e si fissava la punta delle dita. Sembrava così vulnerabile.
-Lo so ma è già la seconda volta che lo sogno e… - si fermò all’istante alzando lo sguardo come se si fosse lasciata scappare qualcosa che non avrebbe dovuto dire.
-Chi esattamente? – chiesi irrigidendomi. Chiunque fosse dal suo sguardo si capivano che non erano bei sogni.
-Vincent – disse con un filo di voce.
Mi paralizzai e rimasi a fissarla negli occhi.
Avevo letto della magia nera e sapevo che ti rendeva capace di fare cose che secondo le leggi di Elythra erano proibite.
Eve non conosceva così bene Vincent e le apparizioni nei suoi sogni non potevano essere casuali.
-Ti ha fatto del male? – chiesi preoccupato. L’avevo sempre considerato come un fratello ma ormai erano passati sette anni e la persona che conoscevo poteva non esistere più.
Lei non rispose e si portò d’istinto un mano al collo, mi alzai andandole a sedere accanto e lei mi guardò riluttante. Le slacciai il primo bottone della camicetta facendole scoprire la gola.
C’era una sottile linea rossa che le avvolgeva il collo come una collana.
Vedendomi sgranare gli occhi si alzò di scatto sfuggendo dalla mia presa.
-Ora questa non è la cosa più importante –
-Non è importante? – ripetei alzando il tono della voce – Avrebbe potuto ucciderti –
Lei rimase a fissarmi con gli occhi lucidi. Era sconvolta e io la stavo aggredendo.
-Scusa – farfuglia passandomi una mano sugli occhi. – Cos’è successo?-
Lei mi si sedette di fronte rigida.
-La prima volta che l’ho sognato era stata quando mi avevano eletto guardiana. Quella volta però non avevamo parlato, si era limitato a comparire per qualche istante – sputò fuori quelle parole come per liberarsi.
-Perché non mi hai mai detto niente?- 
Lei mi guardò divertita. – E da quando siamo così intimi?-
Le avrei risposto con un'altra battutina ma già il fatto di averle fatto tornare il sorriso mi bastò.
Si riempì i polmoni d’aria e continuò. – Questa volta invece abbiamo parlato più a lungo, mi ha detto che sa come aggirare le difese ma che non ha intenzione di attaccare, per ora –
-In effetti come ragionamento torna – dissi tra me ma lei mi sentì guardandomi perplessa.
-Cosa torna?-
-Vincent si è insinuato nella tua mente perché sa che tu non sei legata a Elythra, e come darti torto; sei arrivata qui e tutti ti trattano con diffidenza. Tu non hai nessuno obbligo verso la città o verso gli anziani come ce l’abbiamo noi  -
La vidi rabbrividire. – Hai freddo? – chiesi facendo per alzarmi ma lei scosse la testa.
-Quando parli così mi ricordi lui – disse alzando lo sguardo.
Mi paralizzai e restammo a guardarci per qualche secondo. Era come se i nostri sguardi fossero incatenati e nessuno dei due volesse interrompere quel legame.
Fui io a distogliere lo sguardo per primo andando alla finestra. Misi il braccio sul vetro e vi appoggiai la testa, dall’orizzonte cominciavano a fare capolino i primi raggi del sole e il cielo si stava tingendo sempre più di arancione.
-Sono venuta anche perché volevo chiederti un favore- cominciò piano.
Vedendo che rimanevo in silenzio continuò.
-Puoi portarmi in un posto?-
Non riuscii a trattenere un sorrisetto. Se veniva a chiederlo a me, era senz’altro un posto che mio padre non vedeva di buon occhio.
-Dove vorresti andare, principessa? – chiesi senza muovermi.
Mi sarei aspettato di tutto ma quando parlò mi sentii gelare il sangue.
-A casa dei Van Damme -
 
-Eve! – mi lamentai sbuffando. I piedi mi facevano male, avevo sonno e le mie scarpe nuove si stavano impolverando tutte.
-E’ mezz’ora che camminiamo –
Lei si girò esasperata. – Ed è mezz’ora che ti stai lamentando, se continui così ti tappo io la bocca –
Si girò dandomi le spalle e ricominciò a camminare.
Il sole era sorto del tutto e la temperatura cominciava ad alzarsi, ora ci saranno stati sì e no venticinque gradi. -Ma perché siamo dovuti venire a piedi? Non potevamo andare a cavallo?-
Non riuscii a fermarmi in tempo e le andai a sbattere contro, era piccola ma per poco non persi l’equilibrio rischiando di finire a terra.
-Stai dicendo che saremo potuti venire a cavallo e risparmiarci questa camminata?! – disse sbraitando.
Non ero solo io che odiavo camminare.
-Non ti farebbe male fare un po’ di allenamento; quando sono venuto a recuperarti stavamo per farci ammazzare perché non riuscivi a starmi dietro … -
Sentii come una mano invisibile afferrarmi la caviglia e caddi all’indietro sbattendo la schiena. Mi rimisi a sedere massaggiandomi la testa mentre lei mi guardava con un sorrisetto divertito.
-Forza Ignis, non vorrai rimanere indietro –
Svoltò l’angolo e sparì dalla mia visuale. Mi tirai su sospirando e, quando la raggiunsi, la trovai ferma a fissare dritto davanti a sé.
Aveva lo sguardo incollato su di una villetta in rovina quasi completamente distrutta.
-Siamo arrivati – feci con un sospiro.
 
Quando spinsi il portone dell’ingresso ci caddero addosso alcuni cumuli di polvere.
Durante l’incendio la parte destra della villa era crollata completamente e, anche se il resto era intatto, la casa aveva un aspetto mal messo.
La carta da parati era strappata e in alcuni punti bruciata mentre per tutta la stanza c’erano cenere e resti di mobili rotti, superammo con difficoltà i calcinacci che si trovavano all’ingresso e ci avvicinammo alle scale.
Nonostante tutto non riuscivo a staccare gli occhi da Eve, aveva lo sguardo assente e non faceva altro che guardarsi intorno.
Cominciammo a salire la scalinata e a ogni passo i scalini scricchiolavano.
Entrare in una casa in rovina non era stata una grande idea.
Al piano superiora la situazione era la stessa, il corridoio era pieno di cenere e detriti e, in fondo, si riusciva a vedere un pezzo di cielo da un apertura nel muro.
Il tempo si era rabbuiato e sembrava che da un momento all’altro sarebbe cominciato a piovere.
-Eve forse dovremo tornare indietro – dissi ma lei mi ignorò completamente.
Percorse tutto il corridoio con lo sguardo perso e si infilò in una camera.
La seguii senza dire una parola, in quella casa regnava un silenzio assordante che faceva accapponare la pelle.
Nella stanza c’erano pochi mobili, un letto a baldacchino con le aste spezzate, un armadio di legno bruciacchiato e una specchiera piena di frammenti di vetro.
-Lì ho visti qui – disse con un sussurro. Si avvicinò alla specchiera e passò il palmo sul tavolo.
La finestra era rotta e l’aria gelata entrava facendomi rabbrividire, non ero mai stato un amante del freddo mentre lei non sembrava nemmeno accorgersene, era tutta presa a rigirarsi qualcosa tra le dita.
Mi avvicinai sbirciando oltre la sua spalla; era un ciondolo, uno di quelli in cui si mettevano le foto.
La foto era bruciacchiata e non si vede più  mentre sul coperchio c’era una frase incisa con un monogramma.
- E.V.D. – dissi facendola sobbalzare, evidentemente non si era accorta della mia presenza – Era di sua madre, si chiamava Elisabeth –
Lei non disse una parola e continuò a rigirarsi il ciondolo tra le mani.
-Logan – cominciò con un sussurro, era la prima volta che apriva bocca da quando eravamo entrati.
-Tu sai aprire un portale?-
Cos’era quella, la giornata delle richieste assurde?
-Sì, so farlo ma mi servirebbe un cristallo e non … - mi paralizzai quando la vidi tirare fuori dalla tasca un cristallo.
-E quello dove l’hai preso? – chiesi con gli occhi fuori dalle orbite.
- Nell’ufficio di Aaron – rispose tranquilla – Non si accorgerà che ne manca uno –
-E per questo che mi hai chiesto se potevo portarti in un posto – realizzai sentendomi così stupido per non averlo capito prima – Dove vorresti andare? E questa volta rispondi sul serio –
-A casa mia – disse mordendosi un labbro – Sulla Terra –
 
Note dell’autrice:
Ciao gente :)
Mi ero ripromessa di aggiornare entro sabato sera ed eccomi qui ^^
Allora, in questo capitolo c’è il secondo incontro Eve/Vincent. Anche se è un po’ (molto) folle, Vins mi fa tenerezza 3:
Per quando riguarda Logan, ormai sta cominciando ad aprire gli occhi anche se, con la sua testardaggine non sarà semplice.
Mi dispiace aver interrotto la scena a metà ma il capitolo stava diventando davvero lungo.
Volevo ringraziare tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e quelli che continuano a leggerla in anonimato. Non siate timidi, lasciate un vostro parere, anche se negativo sarà sempre ben accetto ;) Grazie di tutto ^^ Dopo aver fatto i ringraziamenti lunghi, spero che il capitolo vi sia piaciuto,
un bacione e alla prossima ^^
 
 

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Capitolo 12
*** Nice to meet you ***


CAPITOLO 12- Nice to meet you
 
Ciao gente :)
Eccomi qua con un altro capitolo, l’ho scritto tutto oggi pomeriggio e ho deciso di postarlo subito :3 Non mi picchiate per aver fatto le note sia all’inizio che alla fine D:
Sotto consiglio ho deciso di scrivere una specie di retroscena, un tratto di vita dei personaggi all’infuori della storia principale (ma sempre legato con questa ;))
Buona lettura :)

 
Axel/Ariana
 
Uscì velocemente dall’aula e si ritrovò davanti l’amica che lo guardava sconvolta.
-E’ una cosa inaccettabile – protestò la ragazza affiancandolo e scostandosi i boccoli castano scuro dal viso.
-Cosa di preciso? – chiese l’altro guardandola di traverso.
L’amica era sempre stata un tipo un po’ eccentrico quindi non si stupiva più di tanto quando le sentiva dire che qualcosa era inaccettabile. Per Kimberly Barret, avere lo smalto di un colore che non si abinava al resto del completo, era inaccettabile.
-Axel – cominciò categorica – Sei uno strafigo, alto, biondo e con gli occhi azzurri; è impossibile che tu non abbia una ragazza! – continuò stralunata.
-Non sono come te, Kim, non sto con una persona diversa ogni settimana-
La ragazza si fermò di scatto e lo fulminò con gli occhi scuri ridotti a due fessure.
- Mi stai dando della ragazza facile? – chiese con una smorfia e gli occhi le si accesero di rosso.
-Oh, non mi permetterei mai – rispose il ragazzo fingendosi offeso e dandole un leggiero bacio sulla chioma riccia, la ragazza era poco più bassa di lui così non si dovette piegare più di tanto.
Percorsero l’intero corridoio cercando di superare la massa di ragazzi che si riversavano fuori dalle aula, se si voleva un posto libero in mensa bisognava scapicollarsi per arrivare prima di tutti.
A volte quel mucchio di ragazzi gli sembrava come un fiume in piena, se non volevi morire schiacciato, dovevi correre.
-Comunque, dobbiamo trovarti subito una ragazza – sentenziò la mora aprendo la porta della mensa con una spallata.
Chiunque l’avesse vista avrebbe potuto pensare che fosse una brava ragazza, sempre con i capelli in ordine e con un vestito addosso.
Se, però, la si conosceva meglio, come la conosceva lui, si scopriva che assomigliava più a una specie i tornado.
Ormai erano cinque anni che si conoscevano e sapeva come tenerla buona.
Presero posto al solito tavolo sedendosi uno di fronte all’altra.
-Potresti provarci con quella  - ricominciò la ragazza facendo un cenno con la testa. Axel seguì il suo sguardo fino a incontrare una ragazza con i capelli corvini e gli occhi grigio intenso seduta ad alcuni tavoli di distanza dal loro.  
-Con Nadia Olsson? – chiese scettico.
-Perché no ?– rispose l’altra con un’alzata di spalle – E’ bella –
-Sarà anche bella ma ha il cervello grande quanto una nocciolina –
Scoppiarono a ridere entrambi.
-Poi verrà eletta guardiano come te e avrete del tempo per stare insieme – insistette addentando il panino che aveva per pranzo.
Già, pensò il ragazzo rabbuiandosi.
Tra meno di due giorni ci sarebbe stata l’assegnazione dei sigilli e tutti erano in agitazione.
I nomi dei futuri guardiani sarebbe dovuti rimanere segreti ma in meno di qualche ora si era sparsa la voce.
Quando l’aveva saputo era stato come ricevere uno schiaffo in pieno viso, la sua famiglia non discendeva da nessun guardiano ed era molto improbabile che fosse scelto. Quando, poi, scoprì di essere il sostituto di Vincent Van Damme fu ancora peggio; perché, tra tutti, era stato scelto proprio lui?
A Elythra, i guardiani erano quasi più importanti degli anziani e, in un certo senso, si era sentito onorato di essere stato scelto; solo che aveva dei progetti per il futuro, finire la scuola e poi chissà, fare tutto ciò che avrebbe sempre voluto. Poi era arrivata la notizia e si era sentito come se gli avessero troncato le gambe.
Aveva sempre creduto di poter scegliere cosa fare della propria vita per poi rendersi conto che non aveva il diritto di decidere nemmeno su quella.
-Realtà chiama Axel, Axel, ci sei?- chiese la ragazza scioccandogli le dita davanti alla faccia.
-Scusa Kimberly, stavo solo pensando – rispose passandosi una mano sugli occhi.
-Kimberly? – ripeté la ragazza accigliata – Non mi chiami mai così. A cosa stavi pensando? –
-Pensi che l’altro guardiano sia una persona calma? – chiese cercando di sviare il discorso.
-Chi, Ariana Russel? Non la conosco ma penso di sì –
-Come fai a dirlo? – chiese ridendo.
-In ogni gruppo ce n’è sempre: uno che prende le decisioni, tipo leader, uno egocentrico, uno totalmente indifferente e l’ultimo evita che gli altri si prendano a botte – spiegò contando con le dita.
-Tu sei il leader e quei due – disse indicando con la testa Nadia e Logan, che le sedeva di fronte annoiato – Si contendono il ruolo di egocentrico e indifferente. Quindi per esclusione Ariana è l’ago della bilancia-
Rimase di sasso da quel discorso contorto e capì che era meglio non fare domande.
Si girò nuovamente verso gli altri due guardiani che stavano mangiando insieme ad altre persone. Nadia si toccava in continuazione i capelli ed era completamente presa dal suo discorso mentre Logan aveva lo sguardo assorto e fissava un punto in lontananza.
Chissà che aveva in mente, pensò senza staccargli gli occhi di dosso.
Logan si alzò bruscamente facendolo sobbalzare e di diresse a grandi passi verso la porta.
In quel momento si ricordò che, dopo pranzo, aveva un lezione proprio con il padre del futuro guardiano del fuoco e che non poteva arrivare in ritardo.
Afferrò lo zaino lasciando Kim a guardarlo perplessa.
-Ci vediamo dopo, ora ho lezione con Visser –
La ragazza annuì comprensiva e lo salutò con un gesto della mano.
Nel corridoio regnava il silenzio, l’unica cosa che si sentiva era il mormorio indistinto che proveniva dalle sue spalle.
Cominciò a salire rapidamente i gradini che portavano al piano superiore, dove si trovava la sua aula. Robert Visser era conosciuto più come un lupo che come una persona. L’ultima volta che qualcuno si era permesso di arrivare tardi alla sua lezione era sparito dalla circolazione per due giorni.
Ovviamente la cosa era stata ingrandita come al solito, un semplice richiamo dal preside si era trasformato in una morte scampata per miracolo.
Raggiunse il secondo piano ancora immerso nei sui pensieri e non si accorse che un armadietto era aperto.
Andò a sbattere in pieno con la faccia contro la lamiera di ferro e cadde all’indietro.
Si rimise a sedere massaggiandosi il naso dolorante e maledicendo con tutto se stesso il proprietario dell’armadietto, gliene avrebbe dette di tutte i colori, ma, quando alzò lo sguardo, si ritrovò davanti due occhi verde smeraldo che lo guardavano preoccupati e rimase a bocca aperta.
-Ti sei fatto male?- chiese la ragazza dolcemente scostandosi una ciocca di capelli rossi dal viso.
Axel rimase impalato a fissarla a bocca aperta e mosse la testa impercettibilmente per rispondere di no.
La ragazza era piuttosto magra e indossava una maglia a righe bianca e nera e una gonnellina di tulle scura; con i capelli rosso ciliegia e gli occhi verdi, sembrava una fata.
Lei gli porse una mano e lo aiutò ad alzarsi sorridendogli.
Era stupenda.
-Ari, andiamo, è tardi – urlò un’altra ragazza poco lontana da loro.
-Ora devo andare – disse la ragazza rivolgendogli un ultimo sorriso.
Si girò salutandolo con la mano e si allontanò saltellando. Per lo meno così sembrò al ragazzo che rimase a fissare il punto in cui era sparita per almeno cinque minuti.
Il suono della campanella, che gli ricordava che era in ritardo, lo fece tornare in sé. Afferrò velocemente lo zaino, rimasto a terra e percorse tutto il corridoio correndo a perdifiato.
Quando arrivò in classe il professore era appena entrato.
-Scusi il ritardo – farfugliò tra un respiro e un altro.
Il professore gli rivolse un’occhiataccia e gli fece segno di andarsi a sedere.
Fece scorrere velocemente lo sguardo per tutta la classe quando individuò un posto libero accanto ad una matassa di boccoli ciliegia.
Non poteva essere una coincidenza.
Prese posto pregando con tutto se stesso di non arrossire e non peggiorare la figuraccia che aveva già fatto.
Quando la ragazza si accorse della sua presenza gli rivolse un sorriso e gli occhi le si illuminarono e Axel si sentì avvampare.
-Ti senti bene? – chiese preoccupata -Sei tutto rosso -
-Sì, è solo a causa della corsa – si giustificò svelto lui cercando di distogliere invano gli occhi da quelli di lei.
La ragazza annuì mordendosi il labbro inferiore per non ridere.
Non poteva fare altro che pensare a quanto fosse carina.
-Non ti ho mai visto a scuola – disse cercando di non creare una situazione imbarazzante ma solo dopo si rese conto di quando fossero banali le sue parole.
-Ho sempre studiato da privatista ma quest’anno i miei genitori hanno deciso di farmi frequentare l’istituto – rispose arrossendo leggermente.
Il ragazzo stava per riaprire bocca quando sentì la voce fredda del professore. –Signor Haugen, se vuole corteggiare la signorina Russel è pregato di non farlo durante le mie ore – disse duro.
Russel? Pensò inarcando le sopracciglia. Dove aveva già sentito quel nome?
Tornò a guardare la ragazza che intanto si era portata una mano alla bocca cercando di nascondere il fatto che stesse ridendo.
-Io sono Axel – cominciò tendendole la mano. Presentarsi era il minimo dopo che si erano scontrati nel corridoio.
-Axel Haugen? – chiese fissandolo negli occhi.
-Già, sono io – rispose lui stirando le labbra. Ormai il suo nome era diventato famoso.
-Io sono Ariana Russel, futura guardiana della terra – rispose stringendogli la mano.
-Sei l’ago della bilancia – quelle parole gli uscirono involontariamente e si morse il labbro cercando di ricacciare indietro il pensiero di Kim.
Accidenti a lei e hai suoi ragionamenti strampalati.
-Cosa?- chiese la ragazza perplessa.
-No, niente – si affrettò a rispondere – Allora, tu come mai sei stata eletta guardiano? –
-Il fratello di mio nonno era un guardiano – rispose con una smorfia – Tu invece?-
-Io non sono un guardiano per nascita – rispose grattandosi la testa.
-Oh – fece l’altra rabbuiandosi – Mi dispiace –
-Non importa, alla fine non è così male – disse sorridendole e cercando di sdrammatizzare – Voglio proprio vedere se mi tratterà ancora così quando diventerò più potente di lui – continuò facendo un cenno con la testa verso il professore.
La ragazza scoppiò a ridere e si sentì sollevato per averle fatto tornare il buon umore, non avrebbe permesso a nessuno di provare pena per lui.
-In realtà anche il figlio del tuo amico diventerà guardino – precisò lei guardandolo di traverso.
-Speriamo che non sia come il padre, altrimenti ti toccherà tenermi a bada –
-Non sarà un problema, tu sei così dolce – gli disse con un sorriso.
Il ragazzo si sentì avvampare di nuovo e si lanciò letteralmente con la testa dentro lo zaino, fingendo di cercare qualcosa.
Il resto dell’ora passò tranquillamente, continuarono a parlare del più e del meno e nessuno dei due menzionò più l’argomento dei guardiani. 
Quando uscirono in corridoio stavano ancora ridendo e il ragazzo non si rese conto della furia castana che gli si stava per scagliare contro.
-Axel, non sai quello che è successo – disse Kim ansimando.
Quando si accorse di Ariana si ricompose e la guardo cercando di trattenere a stento un sorrisetto.
-Ariana, lei è Kim, una mia amica – le presentò lui.
-E’ un piacere – disse la mora afferrando la mano della rossa.
- Cos’è che dovevi dirmi di tanto urgente?-  chiese cercando di riportarla alla realtà.
-Ah sì giusto, è successa una cosa catastrofica – disse lei gesticolando teatralmente.
-Kim, vai dritta al punto – ripetè lui esasperato. Odiava i giri di parole.
-Si tratta dei sigilli, ne hanno rubato uno –
Rimase pietrificato. Di nuovo? Pensò sconvolto.
-Si sa quale sia quello mancante? – chiese Ariana ansiosa.
-No – rispose l’altra – Non l’hanno ancora detto –
Tra i tre calò il silenzio. Axel si girò a guardare Ariana e vide che anche lei aveva avuto la sua stessa reazione.
 
 
 
Questo era un piccolo esperimento :3 che ne pensate?
Qui c'è stato il primo incontro tra Ariana e Axel ^^ anche se un po' doloroso (per lui xD) sono stati teneri :3 Fatemi sapere se devo troncare sul nascere questa idea oppure posso aggiungere ogni tanto qualche altro capitolo sui vari personaggi ;)
Un bacione e alla prossima :D

 

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Capitolo 13
*** Home sweet home ***


CAPITOLO 13- Home sweet home
 
Logan
 
-Cosa?! – chiesi alzando il tono della voce.
- Devo assolutamente rivedere mia madre, me ne sono andata senza dire niente, sarà preoccupata – disse senza sosta cercando di convincermi.
– Credi che possa creare un portale interdimensionale quando mi pare? Ci sono dei controlli che limitano i passaggi tra le diverse dimensioni –
Sapevo che era fuori di testa ma non pensavo fino a questo punto.
Lei si zittì alzando un sopracciglio. – Sei Logan Visser. Non ci crederei nemmeno morta se mi dicessi che non sai come aggirare le difese –
Serrai le labbra fulminandola con lo sguardo. Sapeva come colpire nel segno.
Le strappai di mano il cristallo e mi avvicinai ad una parete integra trascinando i piedi. Lei fece un versetto di soddisfazione e mi seguì saltellando.
-Questa è l’ultima volta – dichiarai cominciando a tracciare le linee sul muro. Eve annuì svelta ma sapevamo entrambi che non era vero, lei mi avrebbe chiesto di nuovo di fare una pazzia e io le avrei detto di sì.
-Cosa sono quei segni?- chiese indicando i lati del portale.
-Quelli sono i simboli dei quattro elementi – risposi finendo di disegnare – Questo è il tuo – le spiegai indicando un triangolino con una lineetta in mezzo. Quando mi allontanai dalla parete le linee si unirono formando un buco nero.
-Prendimi la mano – dissi tendendole il braccio senza staccare gli occhi dal portale. Non mi avevano mai inspirato molta fiducia.
-Se volevi una scusa per toccarmi bastava chiedere- rispose lei con una smorfia stringendo la mia mano con la sua.
-Oh, se volevo toccarti non mi sarei fatto scrupoli – aggiunsi guardandola di traverso poi oltrepassammo il portale.
 
Quando riaprii gli occhi li strizzai un paio di volte per abituarmi alla luce.
Ci trovavamo in una stanza molto piccola e luminosa, sotto la finestra c’era un lavello di acciaio e al centro della stanza c’era un tavolo in marmo bianco che sembrava risplendere sotto la luce del sole.
Era una cucina, molto piccola.
-Dove siamo?- chiesi guardandomi intorno spaesato.
-A casa mia – disse lei fiondandosi nel corridoio.
Mi affrettai a seguirla per non rimanere indietro.
Il corridoio era più buio rispetto alla stanza precedente e lungo tutta la parete erano appese delle cornici variopinte con delle foto, in alcune c’erano un uomo e una donna che si abbracciavano mentre nelle altre, insieme a loro, c’era anche una bambina. Feci un sorrisetto, avrei riconosciuto quegli occhi ovunque.
In fondo al corridoio c’era una camera, Eve ci si infilò dentro e cominciò ad afferrare più cose possibili e a lanciarle dentro una borsa sopra il letto.
-Questi mi serviranno – disse agguantando dei vestiti dall’armadio con un’unica presa.
-Sbrigati, non possiamo rimanere qui a lungo –
Quella stanza era molto diversa da quella che aveva all’istituto.
Il letto era piccolo e rintanato in un angolo con delle lenzuola nera di cotone mentre tutte le pareti erano ricoperte di poster di gente strampalata vestita in modo assurdo.
Ma cosa avevano in testa gli umani? mi chiesi alzando le sopracciglia.
Eve si doveva essere accorta della mia espressione perché rise.
- Dov’è tua madre? – domandai cercando di distogliere lo sguardo dalla faccia piena di piercing di un ragazzo con i capelli lunghi e con la lingua di fuori.
-A quest’ora è a lavoro – mi spiegò afferrando la borsa e tornando in cucina – Le lascerò un messaggio –
Prese un blocco di post-it colorati e scarabocchiò qualcosa con una matita.
Mentre lei trafficava china sul tavolo, mi avvicinai al muro e cominciai a ridisegnare il portale. Fuori dalle mura di Elythra eravamo un bersaglio facile e la cosa non mi piaceva.
-Hai fatto?- chiesi mentre il portale si apriva.
-Sì –
Si affrettò a raggiungermi e mi prese la mano appena in tempo per scomparire nel nulla.
 
Eve
 
Ci ritrovammo davanti il cancello della villa dei Van Damme e, come avevo preannunciato, aveva cominciato a piovere.
Amavo stare sotto la pioggia e ci sarei rimasta ferma per ore se solo mia madre me lo avesse permesso.
Mi era dispiaciuto non essere riuscita a vederla ma le avevo lasciato scritto che, appena possibile, sarei tornata a spiegarle tutto; dopo la morte di mio padre eravamo rimaste solo noi due e mi sentivo in colpa per averla abbandonata a mia volta.
Un verso contrariato mi fece tornare alla realtà, girai la testa verso Logan e scoppiai a ridere vedendo la sua espressione.
I capelli gli si erano attaccati al volto e sembravano neri.
-Odio la piaggia – disse sbffando.
-Non mi dire … – mossi la mano creando una folata di vento che gli fece finire addosso più acqua.
Mi lanciò uno sguardo assassino. -Pessima mossa, Simons -
Cominciai a scappare con un sorriso stamapato in faccia e lui si lanciò al mio inseguimento.
Corremmo a perdifiato per tutto il tragitto fino all’istituto continuando a ridere fradici d’acqua; mi avrebbe raggiunto sicuramente ma essere la guardiana dell’aria aveva i suoi vantaggi.
Entrammo nell’androne ridendo e appena Aaron ci vide completamente bagnati, si fulminò con lo sguardo.
-Dov’eravate voi due ?! – chiese con gli occhi fuori dalle orbite.
-A fare una passeggiata – rispondemmo tutti e due in coro.
Mi morsi il labbro inferiore per non scoppiare a ridere ma Logan non riuscì a trattenersi.
L’uomo alzò gli occhi al cielo e ci fece segno di seguirlo.
-Tuo padre vuole vedervi nella sala di addestramento ma prima mettetevi qualcosa di asciutto – ci spiegò lasciandoci davanti le nostre camere e, dopo pochi minuti, uscimmo entrambi asciutti seguendolo lungo il corridoio.
Mi sfilai un elastico dal polso legandomi i capelli, tornare a casa a prendere alcune cose non si era rivelata una cattiva idea.
Quando entrammo nella stanza mi prese un colpo, accanto a Robert Visser c’erano gli altri due guardiani e Nadia.
Cosa diavolo ci faceva lì? Pensai facendo un sospiro molto profondo.
-Ah, eccovi finalmente – cominciò l’uomo cercando di mascherare il tono scocciato – Conoscete già Nadia, no? -
-Cosa i fai lei qui?! – tagliò corto Logan avanzando a grandi passi verso gli altri. Odiava Nadia e non lo nascondeva minimamente.
-Ho pensato che, visto che lei doveva essere la guardiana dell’aria – cominciò a spiegare l’altro calmo – Avrebbe potuto essere d’aiuto –
-Non mi serve il suo aiuto – sputai con odio ma lui mi zittì con lo sguardo.
-Non potrà che farti bene-  ribatté con un sorrisetto sadico.
Le gambe mi si mossero da sole ma Logan mi afferrò per un braccio bloccandomi.
-Robert, cos’è questa messa in scena? –
Mi fece strano il fatto che non lo chiamasse papà ma in fondo non credevo lo sentisse davvero come tale.
-Nessuna messa in scena, Logan – rispose l’altro – Nadia è qui per rendersi utile –
Utile a darmi il nervoso, sbuffai chiudendo i pugni. Logan percepì la mia tensione perché mi aprì la mano con le dita e le incrociò con le mie stringendo forte. Se non potevo stritolare il Visser grande, mi seri accontentata di quello piccolo.
- Per me, possiamo iniziare anche subito con l’allenamento – disse Nadia con un sorrisetto timido.
Brutta vipera, pensai stringendo ancora più forte la mano di Logan che emise un verso di dolore.
-Perché no? – fece Robert entusiasta – Meglio cominciare subito-
Tutti si fecero da parte e io raggiunsi Nadia al centro della stanza, non riuscivo a vedermi in faccia ma dal sorrisetto divertito di Logan si doveva capire che stavo lanciando saette dagli occhi.
Stavo ancora camminando quando Nadia sollevò entrambe le braccia e mi sentii sollevare e scaraventare contro la scalinata.
Sbattei violentemente a terra e, appena poggiai la mano sullo scalino per rialzarmi, mi sentii sollevare di nuovo.
Finii contro un muro ferendomi il labbro. Riuscivo a sentire il sapore del sangue in bocca e il sopracciglio destro mi bruciava, mi portai una mano sul viso e vidi che c’era un profondo taglio che sanguinava.
-Robert, dille di smettere - disse Logan quasi ringhiando verso il padre.
-Non essere stupido - ribattè l'altro quasi ridendo -Le serve fare un po' di pratica-
Nadia alzò di nuovo le braccia ma questa volta non riuscì a smuovermi, mi tirai su in piedi e quando mi voltai vidi come un alone di terrore sul suo viso; i miei occhi dovevano essere diventati di nuovo bianchi.
Quando Logan me lo aveva detto all’inizio non ci avevo creduto poi però mi aveva spiegato che succedeva a tutti, quando si usavano i proprio poteri gli occhi cambiavano di colore.
I miei sarebbero dovuti essere grigio scuro ma, non so perché, diventavano bianchi.
Mossi un passo verso Nadia e, quando la vidi retrocedere, sollevai un angolo della bocca, ora mi sarei diverta io.
Aprii le braccia in modo teatrale e nella stanza si alzò un vento fortissimo, le vetrine degli scaffali cominciarono a tremare e tutti quanti si appiattirono contro il muro eccetto Nadia, lei era rimasta paralizzata al centro della stanza.
Feci scattare i polsi in avanti e lei venne scaraventata contro la parete dietro di lei finendo a terra..
-Per oggi può bastare così – cominciò Robert scocciato.
Si avvicinò alla ragazza e l’aiutò a rimettersi in piedi.
Uscirono dalla stanza senza dire una parole e prima di varcare la porta mi lanciarono un’occhiataccia.
Feci un respiro profondo gonfiando il petto, gliel’avevo fatta vedere a quella montata.
Ero talmente fiera di me che non mi ero accorta del sangue che mi colava lungo la guancia.
-Ti ha conciato male, eh? – fece Logan avvicinandosi e passandomi un dito sulla tempia.
-E’ solo un graffio – risposi fredda, odiavo quando mi guardava come se fossi un cucciolo bastonato.
-Come hai fatto a fare quella cosa? – chiese Ariana entusiasta saltellandomi accanto – Gliel’hai fatta vedere a quel vecchio odioso, senza offesa, Logan – si sbrigò ad aggiungere con un sorriso sornione.
Lui scosse la testa ridendo.
-Potremo parlare di come le ha suonate a Nadia più tardi, adesso però devi disinfettarla altrimenti potrebbe infettarsi  – disse Axel con un cenno della testa verso la ferita.
Annuii con una smorfia e seguii gli altri fuori dalla biblioteca.
 
------------------
 
La donna rientrò in casa con in braccio una busta della spesa e si diresse in cucina lasciando cadere le chiavi dalla bocca sopra il mobile accanto alla porta .
Entrò nella stanza accendendo la pallida luce giallognola e posò le buste sul tavolo di marmo con un sospiro.
Eve non era ancora tornata. Erano passati solo pochi giorni e non si era preoccupata più di tanto, non era la prima volta che spariva.
Quando aveva tredici anni avevano litigato e lei era rimasta a dormire a casa di un’amica per quattro giorni.
In quell’occasione, però, la madre dell’amica l’aveva chiamata e l’aveva rassicurata dicendole che la figlia si trovava lì, ovviamente lei non aveva mai detto niente a Eve.
Ora però era diverso, era sparita e non aveva la più pallida idea di dove fosse.
Si passò una mano sugli occhi lasciandosi cadere su una sedia attorno al tavolo, non aveva mai pensato di fare la madre poi però, quando Eve era arrivata, ce l’aveva messa tutta. Con Jacob era stato tutto più semplice ma da quando lui se n’era andato le cose era precipitate ogni anno di più.
Appoggiò una mano sul piano del tavolo per alzarsi quando notò il blocchetto dei post-it sotto il suo palmo, era sicura di averlo rimesso apposto prima di uscire.
Alzò la mano e per poco non le prese un infarto quando riconobbe la calligrafia della figlia.
Lesse tutto d’un fiato poi stappò il foglietto accartocciandolo con la mano, si alzò lentamente dal tavolo e si trascinò verso la sua camera.
Sapeva che un giorno sarebbe successo ma non credeva che sarebbe arrivato così presto.
Aprì le ante del grande armadio di legno scuro cacciando una piccola scatola nera e si sedette sul bordo del letto tenendola in grembo.
Quando l’aprì sentì gli occhi cominciarle a bruciare, estrasse con cura una piccola copertina di seta azzurra e se la passò tra le mani.
In alcuni punti era rovinata ma in un angolo si riusciva ancora a leggere un nome ricamato. Eve.
Alzò lo sguardo verso il comodino dove teneva una foto del viaggio a Yellowknife* con Jacob, erano entrambi molto giovani e sorridevano felici.
Le si formò un nodo alla gola e la voce le si strozzò.
Ricordava ancora della loro passeggiata nel bosco durante quel viaggio, del forte vento che si era alzato all’improvviso e, quando tutto era tornato calmo, del pianto di una bambina di qualche mese.
-Mi avevi detto che non mi avresti lasciato sola – sussurrò con voce stridula – Avevi promesso che gliel’avremo detto insieme –
Strinse la copertina tra le mani portandosela contro il viso e le lacrime cominciarono a rigarle le guancie.
 
*Yellowknife= città in Canada

Note dell’autrice:
Ciao gente :)
Dopo due giorni di scrittura intensiva D: eccomi qua ^^,
Non mi lanciate dietro qualcosa ma, come solito, non potevo finire il capitolo senza un colpo di scena :3
A questo punto alcune di voi dovrebbero aver capito un po’ di cose;
lo so, la mia mente è molto contorta e riuscirò a imbrogliar la matassa ancora di più :3
Detto ciò, ringrazio tutte quelle persone che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate,
Giuggi0011, LaMala, Nobuo, Drachen, Dauntless, _Fiore di loto_
E un grazie particolare a tutte quelle che hanno recensito lo scorso capitolo,
un bacione e alla prossima :) 

 

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Capitolo 14
*** Again together ***


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CAPITOLO 14- Again together

Eve
 
Feci oscillare il medaglione trovato a casa dei Van Damme sopra la testa.
-Pensi che qualcuno si offenda che l’ho preso?- chiesi seguendo il ciondolo con gli occhi, anche se era un po’ annerito mi era piaciuto quindi l’avevo, per così dire, salvato dalle macerie della villa.
Nella parte sul retro, sopra il monogramma, c’era incisa una dedica in corsivo, “Con affetto, mamma e papà” .
-Ti ricordo che i Van Damme sono morti tutti – rispose Logan intento ad accendersi la mano ad ogni sciocco di dita come fosse un fiammifero.
-Tu finirai per darmi fuoco alla stanza -  protestai tirandomi a sedere sul letto.
Dopo la clamorosa vittoria contro Nadia, avevo deciso di andarmi a riposare ma Logan si era gentilmente inchiodato sulla poltrona nella mia stanza e non dava segno di volersene andare.
-Comunque Vincent è ancora vivo – ribattei fissandolo, era così concentrato sulle sue mani che aveva inarcato le sopracciglia.
-Penso che, se Vins dovesse tornare, sarebbe troppo occupato a cercare di ucciderci per pensare a quel medaglione – rispose con un cenno della testa.
-Giusto – annuii lasciandomi cadere all’indietro sul letto.
-Non dovresti portarlo quando sei qui – ricominciò lui girando il palmo in fiamme – Lui aveva un medaglione uguale e penso che, se gli anziani dovessero vedertelo addosso, andrebbero fuori di testa – disse sollevando gli angoli della bocca.
-Come se non lo facessero mai – risposi con una scrollata di spalle. Gli anziani erano perennemente in ansia, ventiquattro ore su ventiquattro.
-Eravate molto legati? – chiesi di botto. Non mi resi nemmeno conto di averlo chiesto ma un mio difetto era che dicevo la prima cosa che mi passava per la testa appena arrivava.
Dalla mia posizione non riuscivo a vederlo ma lo sentii irrigidirsi lo stesso.
-Vivevamo entrambi qui, è normale che lo conoscessi -  tagliò corto.
-Ho sentito tuo padre e Aaron che ne parlavano – continuai maledicendomi per averlo detto ma oramai il discorse era preso, tanto valeva andare fino in fondo - Sembrava che lo conoscessi un po’ di più che di vista … -
Non riuscii quasi a finire di parlare che lui si alzò di scatto dalla poltrona facendomi sobbalzare.
-Sono le otto – disse freddo – Ci vediamo dopo a cena –
Uscì dalla stanza a grandi passi sbattendosi la porta alle spalle.
Mi poggiai sui gomiti e rimasi a guardare per qualche secondo il punto in cui era sparito, mi dispiaceva averlo ferito.
Lanciai le gambe giù dal letto quando un idea mi balenò nella mente.
Era impulsiva, assurda, irrazionale; semplicemente perfetta.
 
La cena era stata piuttosto tranquilla, io e Robert ci eravamo completamente ignorati e non c’era stata la tensione dell’altra sera.
Era il momento perfetto per attaccare.
-Professor Morris – cominciai ma lui mi bloccò subito.
-Ti prego, Aer, chiamami Jacob – disse con un sorriso.
Cercai di sorvolare l’orribile nome con cui mi aveva chiamata e annuii continuando.
-Come sai, io sono umana e mia madre vive sulla Terra. Ora che sono una guardiana non posso più tornare là, giusto?-
-Giusto – rispose lui un po’ sorpreso per la domanda – Ora sei una dei quattro guardiani dei sigilli, sei stata scelta per proteggere Elythra e … -
-Si, si – lo interruppi annuendo – Volevo solo sapere quando potrò far venire mia madre a vivere qui –
A Robert andò la cena di traverso e cominciò a tossire. Tutti mi fissavano a bocca aperta e con gli occhi sbarrati, l’unico a testa bassa era Aaron che cercava di nascondere il fatto che stesse ridendo.
-Cosa?!- chiese Jacob con un tono di voce più alto del normale.
-In fondo io sono umana e abito qui, perché non potrebbe farlo anche lei?-
-Perché tu sei una guardiana! – gridò Robert ancora sotto shock.
-Si ma non ho chiesto a te – ribattei con una smorfia esasperata.
Lui mi lanciò un’occhiataccia e io spostai, indifferente,lo sguardo su Jacob.
-Aer è una richiesta alquanto strana – cercò di persuadermi ma ero irremovibile, anni e anni di allenamento con mia madre, non mi avrebbe fatto cambiare idea nemmeno con un fucile puntato alla testa.
-Lo so ma o lei qui o io torno indietro – risposi con un sorriso.
Rimase a fissarmi sconvolto per qualche istante.
-E’ inammissibile … -cominciò Robert ma l’altro lo fermò.
-Lasciaci almeno il tempo per discuterne – disse quasi come una supplica.
-Okay – feci io soddisfatta.
– Ora vado a riposare, sono ancora un po’ stanca per l’allenamento di oggi pomeriggio – dissi con un’occhiata di traverso a Robert – Tornerò più tardi per sapere cosa avete deciso –
Uscii dalla stanza tutta impettita con i loro sguardi puntati addosso.
Eve uno, anziani zero.
 
-Tu sei pazza – ripeté Logan per la sesta volta.
Aaron ci aveva detto di aspettare nella biblioteca fin quando la decisione non sarebbe stata presa.
Eravamo solo noi due perché Ariana e Axel erano maggiorenni e potevano partecipare alla riunione.
-E tu ripetitivo – sbuffai alzando gli occhi al cielo – Ti capita mai di ripetere le cose meno di tre volte?-
-Sì – fece con un sorriso sornione – Ma tu sei completamente folle –
In fondo, però, aveva ragione.
-Dovevi vedere la faccia di Robert – disse scoppiando a ridere – Penso che ci sia mancato poco perché gli prendesse un infarto –
-Già – feci ridendo – Non credo si aspettasse una richiesta del genere –
-Sicuramente non da te – disse lasciandosi cadere all’indietro sulla poltrona vicino al camino – Era più una cosa da Vincent, solo lui gli teneva testa come fai tu –
-Ho avuto modo di notare il suo carattere – dissi con un sospiro incrociando le gambe, le poltrone di fronte al camino non erano molto grandi ma la mia statura ridotta mi permetteva di stare in quella posizione dappertutto.
Da tutte le volte che avevo sognato Vincent, avevo capito che non doveva essere un tipo tranquillo.
Feci per parlare di nuovo ma, in quel momento, la porta si spalancò ed entrarono gli anziani seguiti da Axel e Ariana.
Avevano tutti un’espressione seria ma dal sorriso che mi rivolgevano i miei amici, capii cosa avevano deciso.
-Pensiamo che portare qui un umano, legato in nessun modo al nostro mondo, sia una mossa azzardata – cominciò Jacob serio – Ma, date le circostanze, non vediamo il motivo perché tua madre non possa restare qui per un certo periodo-
Mi morsi il labbro cercando di non mostrare il sorriso a trentadue denti che stavo facendo.
-Quindi? – chiese Logan con le braccia incrociate.
-Quindi – riprese l’altro – Domani, io, Noa e Aaron, insieme ai guardiani, andremo sulla Terra –
 
Logan
 
Quella era una mattinata strana. Ero contento perché, grazie a Eve, avrei saltato le lezioni ma mi ero dovuto alzare lo stesso alle sette.
Mi trascinai all’armadio e presi le prime cose che mi capitarono sotto mano, per fare una veloce scampagnata sulla Terra non occorreva vestirsi in modo elegante.
Prima di uscire, passai velocemente davanti allo specchio, giusto per controllare che la maglia che avevo scelto si abbinasse un minimo ai jeans che portavo.
Mi aspettavo di trovare un via vai per i corridoi ma, con mia grande sorpresa, erano vuoti. Non si sentiva nemmeno un rumore e, probabilmente, erano già tutti nello studio di Aaron e aspettavano il mio arrivo, non ero mai stato un tipo troppo puntuale.
Scesi velocemente al primo piano e quando entrai nello studio dello stregone mi sorpresi di non trovare Robert, evidentemente aveva preferito non essere presente per non rischiare di mettere le mani intorno al collo di Eve.
-Era ora che arrivassi – fece lei con una smorfia venendomi incontro.
Per tutta risposta mi limitai ad alzare le spalle.
Gli altri due guardiani si avvicinarono a noi due e unirono i sigilli ai nostri creando un portale.
 
Quando riaprii gli occhi vidi che ci trovavamo nella piccola cucina del giorno prima, solo che, se già mi era sembrata piccola, ora, che cercavamo di entrarci in sette, assomigliava più a una scatola.
Aprii la bocca per lamentarmi quando sentimmo la porta che si apriva e il rumore di un paio di chiavi.
Sulla soglia apparve una donna con i capelli neri tirati indietro con uno chignon scompigliato e gli occhi azzurri cerchiati da occhiaie scure.
Appena ci vide lasciò cadere a terra tutto quello che aveva in mano e spalancò la bocca mentre Eve le gettava le braccia al collo.
-Eve – sussurrò con un filo di voce ricambiando l’abbraccio.
-Ti avevo detto che sarei tornata – fece lei ridendo.
Quando si scattacoro, gli occhi della donna tornarono su di noi.
-Loro chi sono? – chiese con aria perplessa alzando le sopracciglia.
-Mamma, devo parlarti di una cosa – disse l’altra facendola accomodare su una sedia.
 
Non so come fece ma Eve riuscì a riassumere tutto quello che era successo in sei giorni in poco più di tre minuti.
Ovviamente sorvolò il fatto di sognare tutte le notti un ragazzo fuori di testa che riusciva a giocare con il suo cervello e sul fatto che avevamo rubato un cristallo per compiere un viaggio interdimensionale, per il resto raccontò tutto.
Da quando aveva iniziato a parlare, la madre non l’aveva degnata di uno sguardo, era rimasta a fissarci tutto il tempo con aria diffidente.
-Mamma, loro sono il professor Morris, il professor Miller e Aaron – spiegò indicando i tre anziani che cercarono di sorridere a loro volta – Mentre loro sono gli altri tre guardiani: Logan, Ariana e Axel –
La donna annuì poco convinta. – Quindi tu sei la guardiana di una collana?- chiese scettica.
Non riuscii a trattenermi e soffocai una risata, tale madre, tale figlia.
-Sì, in un certo senso sì – disse l’altra divertita – Gli anziani hanno deciso, più o meno, che, se vuoi, puoi venire a stare per qualche tempo all’istituto dove vivo –
-Tesoro, non so, non posso lasciare tutto … -
-Sarà per poco tempo – insistette l’altra – Ti prego – la supplicò facendo gli occhioni da cucciolo.
-Va bene – si arrese l’altra – Lasciami qualche minuto per prendere delle cose che potrebbero servirmi –
La donna si alzò dal tavolo e scomparve lungo il corridoio.
-E’ andata bene, no? – fece Eve girandosi sulla sedia per guardarci.
-Se per andata bene intendi dire che ci guarda come fossimo degli psicopatici appena usciti da un manicomio allora sì, è andata bene – dissi sarcastico con una smorfia.
Axel rise. – Come si chiama? – chiese con un cenno della testa.
-Lucy – rispose lei spostando lo sguardo sulla donna che stava rientrando in cucina con un borsone.
-Sono pronta – annunciò con un sospiro.
Eve si alzò saltellando e la prese per mano mentre Aaron apriva un portale con un cristallo.
-Quello è un portale – le spiegò Eve sorridendole.
-Lo so -  rispose l’altra fissando scettica il buco nere che si apriva sulla parte.
-Lo sai? – 
-Lo avevo immaginato – si corresse la donna – Hai lasciato le chiavi a casa quindi non potevate essere entrati dalla porta – spiegò con un cenno della testa verso l’ingresso.
La ragazza annuì ridendo. – E ora bisogna solo pensare a Elythra –
-Aspetta – disse l’altra con gli occhi sgranati – Cos’è Elythra?! –
Non riuscì a finire la frase che la figlia la trascinò dentro il portale scoppiando a ridere.
 
Eve
 
Atterrammo nello studio di Aaron e trattenni forte mia madre per un braccio impedendole di cadere.
-E così tu vivi qui? – chiese guardandosi intorno spaesata – Questa stanza è grande quasi quanto il nostro appartamento –
Scoppiai a ridere. la prima volta che avevo visto l’istituto avevo pensato la stessa cosa, ero passata da vivere in un appartamentino di quattro stanze a una specie di Casa Bianca versione antica.
-E’ molto più grande – dissi emozionata – Ti faccio vedere il resto, ti piacerà –
Mentre la trascinavo fuori dalla stanza, gli altri finivano di attraversare il portale.
Le feci percorrere tutto il corridoio trascinandola di peso, se fosse stato per lei si sarebbe fermata ogni cinque passi ad osservare i dipinti appesi al muro. Continuai a tirarla fin quando non ci fermammo davanti una stanza al secondo piano.
Aprii piano la porta e sorrisi sentendole fare una verso stupito.
La stanza era molto simile alla mia, un letto a baldacchino, un armadio di legno scuro, una scrivania e una grande finestra che dava su un balconcino. Ora che ci pensavo quasi tutte le camere da letto erano simili.
-Ti piace?- chiesi mordendomi il labbro inferiore.
-Wow – fu tutto quello che riuscì a dire – Sembra di stare in un castello d’epoca –
Si mise a sedere sul letto appoggiando accanto a sé il borsone.
-Mamma – cominciai tornando seria – So che tutto questo può sembrarti assurdo, lo è ancora per me  - aggiunsi con una smorfia – Ma se vorrai tornare a casa lo capirò –
Le presi una mano incrociando le dita con le sue. Ogni volta che, da piccola, avevo paura di qualcosa, lei faceva quel gesto e riusciva a calmarmi tutte le volte.
Lei rimase a fissare per un po’ le nostre mani poi alzò lo sguardo con un sorriso tirato. – Penso che mi siano capitate cose più strane –
-Oh, non credo – feci ridendo ripensando a tutto quello che mi era capitato nell’ultima settimana.
-Eve, devo dirti una cosa – disse seria abbassando lo sguardo.
-Aspetta, devo farti vedere il panorama – la interruppi alzandomi con un balzo.
Mi precipitai alla finestra e l’aria fredda di settembre mi colpì in pieno viso. – Vieni – dissi facendole un gesto con la mano.
Lei mi raggiunse sul balcone e rimase senza fiato a guardare l’orizzonte.
-Eve – ricominciò mai io partii in quarta.
-Devo ancora farti vedere il resto dell’istituto – dissi a raffica – E poi potremo andare a cavallo, anche se non so bene dove si trovano le stalle ma Logan mi ha detto che ci sono quindi … -
-EVE! – urlò mia madre e mi zittii.
-Ti prego, dammi tregua – disse spossata.
-Scusa – balbettai mordicchiandomi la guancia.
Lei prese fiato e ricominciò. – Devo dirti una cosa importante-
Fece per riaprire la bocca ma un tornado di capelli rossi fece irruzione nella stanza.
-Scusate se disturbo ma gli anziani vorrebbero vedervi, entrambe – disse Ariana con lo sguardo mortificato.
-Arriviamo subito – risposi per tutte e due – Parleremo più tardi – dissi a mia madre con un sorriso incoraggiante.
Lei annuì con le labbra stirate e seguimmo la rossa per il corridoio.
 
 
Note dell’autrice:
Ciao a tutti J
Visto? Sono riuscita a pubblicare persino in anticipo ^^
Sinceramete il capitolo non mi convince molto .-. Che ne pensate?
L’arrivo di Lucy Simons, alias mamma di Eve, a Elythra è stato un po’ improvviso ma non potevo lasciarla sola soletta a Londra :/
Eve con le sue richieste fuori dal comune fa prendere quasi un infarto a Robert, brava ragazza u.u
Quando, però, la madre cerca di parlare con la figlia, succede, come sempre, che arriva qualcuno a interrompere xD
Volevo ringraziare amare_distruggere98 e giascali per aver inserito la storia tra le preferite/seguite, tutti quelli che, nonostante le mie screlle u.u, continuano a seguirmi e anche quelli che lo fanno anonimamente, lasciate un vostro parere, fa sempre piacere riceverne uno ;)
Un bacione e alla prossima ;)
 
P.S. per i capitoli extra, avevo pensato di inserirli alternati a quelli della storia principale :)  

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Capitolo 15
*** You will be mine ***


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CAPITOLO 15- You will be mine

Tia Visser
 
-Adesso basta!- urlò la ragazza stappando il quaderno dalle mani dell'amica.
-Che c'è? Che ho fatto? - chiese l'altra sgranando gli occhi. 
-Non ne posso più di vederti scrivere Tia Visser di continuo!- 
La ragazza abbassò lo sguardo di scatto arrossendo. – Non è vero, lo scrivo solo qualche volta - si difese.
L'altra le sbatté il quaderno sotto gli occhi, la pagina era piena di cuori e scarabocchi con su scritto "Tia Visser" e "Tia+Robert".
-Va bene, ma è solo questa- protestò ma l'altra la guardò con sufficienza e cominciò a sfogliare il quaderno. Su ogni pagina c'erano scritte le stesse cose.
-Se ti piace, diglielo - disse l'amica.
-Ma non posso - protestò con una smorfia fissando incantata il ragazzo seduto ad alcuni banchi di distanza dal suo.
Aveva una cotta per Robert Visser sin da quando frequentava l’istituto, lui era così intelligente, intraprendente e sopratutto bellissimo.
Ormai erano passati due anni da quando aveva finito la scuola ma continuava a partecipare a delle lezioni supplementari per riuscire a vederlo.
-Non riesco a capire cosa ci trovi in lui - ribatté l'altra con una smorfia disgustata - Quando lo guardi sembra che tu stia organizzando il vostro matrimonio- aggiunse alzando gli occhi verso l'alto.
-Chi si sposa con chi?- chiese un ragazzo sporgendosi con la testa in mezzo a loro due.
-Non ti impicciare, Klaus - biascicò la ragazza.
-Come siamo scontroso oggi, Clare - ribatté sbuffando -Allora, Tia, chi è il fortunato?- 
- Perché non si è visto dal modo in cui guarda Visser?- rispose per lei l'altra, scosse la testa facendo oscillare la coda di capelli rosso rame che andò a finire in faccia all’altro.
-In effetti ha qualcosa di affascinante- disse il ragazzo intento a sputare i capelli che gli erano arrivati in bocca.
Entrambe si girarono a fissarlo diritto nei suoi occhi grigio scuro.
-Van Damme, lo sai che stai parlando di un ragazzo? - chiese Clare alzando le sopracciglia.
-Non preoccuparti Bergman, a me piace lei - disse facendo con un cenno con la testa verso la ragazza seduta davanti a loro.
-Elisabeth Turner?- chiese scioccata la rossa con un sorrisetto.
-Ti sarei grato se non urlassi - ribatté stirando le labbra.
Tia rimase a fissarli un po' mentre batti beccavano. Non si ricordava di averli mai visti andare d'accordo.
Con Klaus si portavano sei anni di differenza ma, entrambe, lo conoscevano da quando erano piccole.
Mise i gomiti sul banco e tornò a guadare Robert appoggiando il mento tra le mani. Un giorno sarebbe stato suo.
 
Le ragazze rimasero impalate a fissare le due donne che facevano avanti e indietro per la stanza.
-E’ inammissibile – protestò la più anziana – Il matrimonio di mio figlio deve essere perfetto – disse scandendo bene le ultime parole.
Sophie Visser era sempre stata una donna autoritaria. Si sapeva che, quando il suo unico figlio si fosse spostato, avrebbe organizzato il matrimonio del secolo, ma invitare circa tutta Elythra era pressoché assurdo.
Sbuffò furiosa e si catapultò fuori dalla stanza seguita dalla donna che l’aiutava con i preparativi. Tia aveva ringraziato il cielo quando aveva deciso di non scegliere lei.
-Ma è il tuo matrimonio o il suo? – chiese Clare inarcando le sopracciglia.
Per tutta risposta la mora si limitò ad alzare le spalle.
L’altra aprì di nuovo la bocca ma la donna fece irruzione nella stanza.
Gli occhi blu, uguali a quelli del figlio, sembravano ardere di rabbia ma, nonostante l’agitazione, i capelli castano, tirati indietro, erano rimasti fermi al loro posto. Forse anche loro avevano paura di qualche ripercussione causata dal carattere della proprietaria.
-Tia, cara, abbiamo un problema gravissimo – disse esasperata.
-Se posso essere d’aiuto – fece la ragazza mordendosi il labbro.
La donna non se lo fece ripetere due volte, l’afferrò per il polso e la trascinò fuori dalla porta.
Tia lanciò uno sguardo di supplica all’amica mentre la futura suocera la portava via.
-Questa mattina sono arrivati i vasi con le rose – cominciò a spiegare furiosa – Io ne aveva ordinati tredici di rose rosse e dodici di rose bianche mentre loro hanno capito il contrario –
E questa era la situazione gravissima? Pensò la ragazza continuando ad annuire ad ogni parola della suocera.
Mentre l’altra continuava a blaterare, si sentì prendere per una mano e trascinare all’indietro; non ebbe nemmeno il tempo di urlare che una mano le tappò la bocca.
Il ragazzo le rivolse un sorriso e la lasciò andare.
-Robert? – disse la ragazza sorpresa ma lui le fece segno di abbassare la voce.
-Robert Visser al vostro servizio madame – disse baciandole il dorso della mano.
-Che ci fai qui? – chiese lei ridendo – Pensavo fossi andato a fare una gita a cavallo –
-Sono venuto a salvarti dalle grinfie di mia madre – rispose tirandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio – Ultimamente è diventata un po’ insopportabile -
-Si chiederà dove sono finita – disse sporgendosi per vedere la suocera ma era già sparita lungo il corridoio.
-Non credo, a lei piace parlare ma non è molto importante che qualcuno l’ascolti realmente – rispose il ragazzo ridendo – Che ne dici se, invece, noi due ce ne andassimo da qualche parte a cavallo?–
-Direi che sarebbe un'idea fantastica – disse sorridendogli.
Lui le poggiò una mano sulla guancia dandole un leggero bacio a stampo, poi la prese per mano e cominciarono a correre verso il cortile.
 
Aprì lentamente la porta e si avvicinò alla scrivanie senza staccare gli occhi dal marito piegato sul tavolo e intento a leggere dei documenti.
Gli si mise dietro e gli appoggiò le mani sulle spalle.
-Robert, vieni a letto, è tardi - disse dandogli un leggero bacio sulla chioma castano scuro.
-Scusami Tia- rispose lui passandosi una mano sugli occhi e appoggiando l'altra su quella della moglie. –E’ solo che in questo periodo sono pieno di lavoro -
-Non dovresti rimanere sveglio fino a quest'ora, non ti fa bene - disse lei preoccupata.
Era una settimana che restava chiuso nel suo studio, chino sulla scrivania e a Tia sembrava di vivere da sola nella grande casa dove si erano trasferiti dopo sposati.
- Vai a riposarti, non devi stancarti - ribatté lui sfiorandole il ventre con la mano. 
-Solo perché sono incinta non significa che non possa più fare niente - protestò lei ridendo. Rise anche lui e le prese il viso tra le mani baciandola con tenerezza.
-Va a dormire, arrivo tra poco -
Lei annuì rassegnata e rimase qualche secondo sulla porta a fissare il marito.
Il suo viso, sotto la luce pallida della lampada, sembrava grigiastro, gli occhi blu erano cerchiati da profonde occhiaie nere e i capelli erano arruffati.
La donna fece un lungo sospiro e si chiuse la porta alle spalle.
 
Il cielo era grigio scuro e tirava un freddo vento che la fece rabbrividire.
Percorse le vie velocemente stringendosi attorno il mantello e continuò a camminare fino a quando non arrivò a una piccola villa.
Le venne ad aprire una donna con un lungo vestito blu che le faceva risaltare i capelli castano dorato.
-Tia, finalmente - disse con un sospiro di sollievo.
-Elisabeth, sono arrivata appena ho ricevuto il messaggio - rispose l'altra abbracciandola.
Rimase stupita a guardare l'amica.  Si portavano solo un anno di differenza ma l'altra sembrava molto più grande. I capelli erano raccolti con una treccia dalla quale uscivano delle ciocche e la pelle pallida era resa ancora più evidente dal colore scuro dell'abito.
-Cosa succede? - chiese preoccupata, non l'aveva mai vista così sconvolta.
-Si tratta di Klaus - rispose l'altra piano -Sono due giorni che è chiuso nella suo studio e non vuole vedere nessuno - 
Aveva la voce strozzata come se stesse combattendo contro se stessa per non piangere.
-Dove sono i bambini?- 
Non li aveva mai visti molto ma sapeva che avevano avuto un maschio, che ormai doveva avere circa sei anni, e una femmina, di appena un mese.
-Sono di sopra con la badante - fece un sospiro e si guardò le mani - Non volevo che lo vedessero in quello stato - aggiunse quasi vergognandosi delle sue parole.
Tia annuì passandole una mano sul braccio per confortarla e cominciò a salire la scalinata che portava al piano superiore dove si trovava lo studio di Klaus, una volta del padre.
Si fermò davanti una porta di legno chiaro e bussò senza ricevere risposta.
Entrò nello studio chiudendosi la porta alle spalle e dovette far ricorso a tutte le sue forze per non fare un urlo di sorpresa.
L'amico era seduto alla scrivania e teneva lo sguardo basso sulle mani chiuse a pugno.
Il viso era scavato e aveva un alone di barba che gli ricopriva le guance, gli occhi grigio intenso, che tanto le piacevano, erano spenti e i capelli corvini spettinati.
Gli occhi sbarrati fissavano un punto impreciso quasi in modo maniacale.
-Klaus...- disse la ragazza avvicinandosi ma lui sembrò non sentirla.
Gli si sedette di fronte prendendogli le mani tra le sue.
-Klaus, che ti succede?- chiese preoccupata.
Non l'aveva mai visto così fuori si sé.
-Elisabeth è terrorizzata e non sa più cosa fare -
-Ho dovuto farlo - disse lui con un sussurro alzando gli occhi vacui verso di lei che rabbrividì.
-Cosa?-. Aveva quasi paura a chiederlo.
Lui non rispose, si limitò ad abbassare lo sguardo e a socchiudere le mani.
La ragazza si tirò all'indietro di scatto con gli occhi sbarrati soffocando un urlo di terrore.
-Oh mio dio, Klaus, cosa hai fatto ?-
Tra le mani dell'uomo brillava il sigillo dell'acqua.
-Ho dovuto farlo - ripeté quasi come un automa.
-E’ alto tradimento, potresti ....- 
Morire. Non era sicura di aver pronunciato l'ultima parola ma il fiato le era morto in gola.
-Lo so, ma loro mi avrebbero portato via Vincent-
-Klaus, ragiona, succederà comunque. Non puoi far niente per impedirlo-
-Tu non hai paura per lui? - chiese facendo un cenno verso il pancione di lei ormai a sette mesi.
-Certo che ho paura ma non posso fare niente per cambiare le cose - disse con la voce strozzata - Chi altro lo sa?-
-Nessuno - disse l'altro rigirandosi il sigillo tra le mani - Tu sei la prima -
-E allora sei ancora in tempo - lo spronò - Rimetti il sigillo al suo posto e facciamo finta che non sia successo niente -
-Tu non capisci, non mi porteranno via mio figlio come hanno fatto con mio padre-
Conosceva abbastanza l'amico per sapere che non avrebbe potuto fare niente per fargli cambiare idea.
-Mi dispiace, Tia, ma non posso-
Sentì un nodo formarsi alla gola e gli occhi bruciarle. Non avrebbe pianto.
-Mi mancherai da morire - disse la ragazza con la voce stridula.
L'uomo si alzò dalla poltrona e le si avvicinò avvolgendola tra le braccia; per un momento le sembrò che fosse tornato in sè.
-Anche tu mi mancherai – disse stringendola -Promettimi che ti prenderai cura di loro - le sussurrò piano all'orecchio.
-Te lo prometto- rispose lei con un singhiozzo.
Lo strinse più forte sapendo che quella sarebbe stata l'ultima volta.
Non riuscì più a trattenersi e lasciò che le lacrime le rigassero il viso.
 
Prese la maniglia e l’aprì di scatto, aveva perso l’abitudine di bussare da molto tempo ormai.
-Non si bussa più? – chiese l’uomo alzando gli occhi blu sulla donna.
-Non vedo perché dovrei farlo a casa mia – ribatté l’altra fredda.
Odiava parlare in quel modo a Robert ma non era in vena di lasciar correre, non quel giorno.
-Sono venuta solo a dirti che sto uscendo – liquidò la questione facendo un passo all’esterno ma lui la bloccò.
-Dov’è Logan? – chiese alzando lo sguardo dalla scrivania.
L’aveva visto così tante volte lì che oramai sembrava che fosse diventato parte dell’arredamento.
-E’ con la badante  - rispose armeggiando con la borsetta.
-Tia, dove stai andando? –
Lei si bloccò all’istante. – A tre funerali – disse fredda.
Si mosse nuovamente ma l’altro ricominciò.
-Aspetta – disse e lei non ci vide più dalla rabbia.
-Aspettare cosa? – gli urlò contro – Di ascoltare ancora le tue scuse sul perché avete fatto quello che avete fatto? - 
-Siamo stati costretti – ripeté lui.
Erano tre giorni che le ripeteva la stessa scusa. –Klaus era un traditore –
-Non osare pronunciare il suo nome – disse con un sibilo a denti stretti -L’ha fatto solo perché voleva bene a suo figlio –
-Stai insinuando che non ne voglia a Logan? – fece l’uomo con gli occhi ridotti a due fessure.
-No – rispose l’altra esausta. Era stufa di litigare con lui.
-Sto dicendo solo che dovresti capirlo –
Non lasciò tempo a l’uomo di rispondere che uscì a grandi passi dallo studio sbattendosi la porta alle spalle.
 
Note dell’autrice:
Ciao gente :3
Ho deciso di aggiornare presto perché questa settimana sarà una specie di inferno e non credo che il prossimo capitolo sia pronto per il fine settimana .-.
Passando al capitolo, è entrato in scena un personaggio che nella storia principale non c’e; nonostante compaia poco, la trovo comunque fantastica :)
Tia, con Eve e Vincent, è una delle poche persone che tengono testa a Robert. Ha un carattere forte e non si fa mettere in testa i piedi dal marito, bisognerebbe farle un monumento solo perché è riuscita a sposare una persona del genere, anche se, nei primi anni, l’uomo non era odioso come adesso, ma ci andava vicino .-.
Ho inserito anche un albero genealogico, fatto completamente da moi :3, con tutte le generazioni fino a i guardiani attuali per capire un po’ chi sono i personaggi di questo capitolo :)
Detto questo, non vi annoio ancora con chiacchiere inutili,
un bacione e alla prossima :)

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Capitolo 16
*** We will die ***


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CAPITOLO 16 - We will die

Eve
 
Gli anziani ci avevano tartassato di domande. Quando eravamo entrate nello studio di Aaron avevano cominciato a fare domande su chi era mio padre, da dove venisse e se, i miei, avevano mai sentito parlare di Elythra. A tutte le domande, mia madre, rispondeva di non sapere niente e la loro insistenza cominciava a darmi fastidio così alla fine avevano deciso di continuare il colloquio senza di me e fui mandata in camera.
Era assurdo, mia madre non aveva niente a che fare con tutto questo e io ce l’avevo messa in mezzo.
Avevo anteposto il mio bisogno egoistico di avere qualcuno accanto e non avevo pensato in cosa la stavo tirando dentro.
Appena possibile sarei andata a parlare con lei e l’avrei convinta a tornare a casa, pensai sbattendomi la porta della mia camera alle spalle.
 
Le ginocchia mi cedettero a caddi a terra tossendo. Nel sogno mi trovavo nel corridoio della villa dei Van Damme ma tutt’intorno a me c’erano delle fiamme che si alzavano fino al soffitto.
Continuai a tossire quando sentii una risata cristallina alle mia spalle.
Mi voltai e trovai Vincent che mi guardava divertito con le braccia incrociate.
-Stai cercando di uccidermi? – sputai annaspando.
Tutta la stanza era piena di un denso fumo nero e l’aria era diventata irrespirabile.
-Che senso avrebbe ucciderti adesso o dopo?- chiese lui scoppiando a ridere.
-E allora fallo- dissi a denti stretti - Fallo e togliti un pensiero - 
-Oh, lo sai come la penso- rispose facendo un gesto con la mano - E poi ti stai già uccidendo con le tue mani-
-Cosa?- feci sgranando gli occhi.
-Non te l hanno detto? – chiese alzando le sopracciglia - Perché pensi che mio padre si sia opposto così tanto alla mia elezione ? Perché, nonostante sia un grande onore, - disse facendo le virgolette con le mani - Nessuno é contento di essere eletto? Perché i guardiani muoiono –
Sputò quelle parole con quanto più disprezzo avesse.  
-Quanto ti resta da vivere, un mese? Un anno? Se sei fortunata arrivi a due- 
Mentre parlava aveva sul viso un ghigno che faceva accapponare la pelle.
-Tu morirai, Eve Simons, come moriranno tutti i tuoi amichetti e sarò io a uccidervi – fece divertito.
Arrancai all'indietro e andai a sbattere contro il muro.  
Lui scoppiò a ridere e si avvicinò prendendomi il viso tra le dita e costringendomi ad alzare il viso.
-Non puoi scappare da me - sussurrò -Io ti troverò sempre-
Mi lasciò di scatto e scomparve in una nuvola di fumo nero.
 
Mi tirai su di scatto e andai a sbattere la testa contro qualcosa.
-Ahi – si lamentò Logan allontanandosi dal letto massaggiandosi la fronte – Hai la testa dura –
-Che ci fai qui? – chiesi alzando il tono della voce quando mi accorsi che nella stanza c’erano anche Ariana e Axel.
-Ok, adesso mi dite cosa sta succedendo? – chiesi inarcando le sopracciglia.
Ariana mi si lanciò contro e mi soffocò in un abbraccio.
-Urlavi nel sonno – mi spiegò Axel stirando le labbra – Hai cominciato a gridare e siamo corsi qui –
Spostai lo sguardo su tutti e l’ultimo fu Logan.
-L’ho visto di nuovo – dissi con il labbro tremolante – Mi ha detto che moriremo tutti-
La voce mi tremolava e gli occhi iniziavano a bruciare.
-Oh tesoro – fece Ariana stringendomi più forte.
Mi stupii anche io della mia stessa reazione, in fondo si trattava solo di un sogno, non era detto che Vincent avesse ragione.
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata cupa ma nessuno mi contraddisse.
 
-Allora è vero? – chiesi senza guardare Logan negli occhi. Gli altri erano tornati nelle loro stanze ma lui era rimasto.
-Sì – ammise con un sospiro.
-Perché non me l’hai detto? – feci puntandogli lo sguardo addosso.
-Cosa avrei dovuto dirti? – chiese con una smorfia – Che non saresti mai arrivata a compiere venti anni perché saresti morta prima? –
-Si tratta della mia vita, avrei dovuto saperlo –
Avevamo cominciato a urlare e ci zittimmo entrambi.
-Perché succede?- ricominciai calmandomi.
-I guardiani vengono mandati in prima linea, anche se siamo più forti grazie ai sigilli, siamo i primi che cadono – mi spiegò con una smorfia.
-Ma voi discendete dai guardiani e … -cominciai ma lui scosse la testa.
-Noi discendiamo dai parenti dei guardiani. La maggior parte delle volte i fratelli dei nostri nonni erano guardiani e, non avendo mai avuto figli, siamo stati noi a ereditare il titolo – spiegò – Per Vincent però è diverso-
Alzai la testa e tornai a guardarlo.
-Suo nonno era un guardiano, era il più grande tra gli altri e morì qualche mese prima che il padre di Vincent nascesse, è per questo che lui è così forte- continuò stirando le labbra – Pensa se fosse diventato guardiano – aggiunse alzando le sopracciglia.
-Sarà lui a ucciderci, vero?-
-E’ molto probabile – ammise Logan con un tono triste – Ora dovresti riposare, domani abbiamo lezione –
Si alzò e si avviò alla porta.
-Buonanotte – disse con un sorriso tirato.
- Notte – risposi rimanendo a fissare la porta che si chiudeva.
 
Mi lanciai l’acqua sul viso e rimasi a guardare la mia immagine riflessa nello specchio. Era la quarta volta che uscivo dall’aula perché non mi sentivo bene.
Dopo che Logan se n’era andato non ero riuscita a prendere sonno ed ero rimasta tutto il tempo immobile nella posizione in cui mi aveva lasciato.
Tornai a guardare il mio viso, ormai non lo riconoscevo più.
Il viso era pallido e sotto gli occhi c’erano delle pesanti occhiaie viola che mi facevano sembrare più adulta.
Per la prima volta in vita mia mi sentivo vuota, come se qualcuno mi avesse strappato via l’anima lasciando al suo posto una ferita che non si sarebbe rimarginate.
Non avevo mai pensato all’idea di sposarmi o di avere figli, mi ero sempre ritenuta troppo giovane e ora quasi me ne pentivo.
Non avrei mai visto mia madre piangere vedendomi con un vestito bianco oppure scegliere un nome  per un piccolo me.
Sorrisi pensando a quanto quelle cose mi sarebbero sembrate assurde nemmeno tre settimane prima e ora, invece, provavo un nodo alla gola sapendo che non le avrei mai fatte.
Dire che ero sotto shock era poco, non ero spaventata o triste, solo sconvolta. E quella era la parte peggiore, essere talmente sconvolta da non provare più niente, solo un grande vuoto.
Il bagno comune, poi, non era il massimo per riprendersi.
Mi passai le mani sugli occhi e uscii a grandi passi, non aveva senso tornare il classe. Avevo bisogno di stare da sola.
 
Avevo iniziato ad amare il tetto. Potevi rimanere lì per ore e nessuno ti sarebbe venuto a disturbare.
-Che fai qui da sola? – chiese Logan sbucando all’improvviso e facendomi prendere un colpo.
Al diavolo il fatto di rimanere da sola.
-Stavo pensando – dissi continuando a guardare il cielo.
Stavo stesa sulla schiena con le braccia sotto la testa e guardavo le nuvole che si rincorrevano veloci spinte dal vento.
-Si sarebbe chiamato Gabriel – dissi rompendo il silenzio.
-Chi?- fece stendendosi accanto a me.
-Mio figlio, mi è sempre piaciuto come nome-
-E se avessi avuto una femmina?-
-Ero indecisa tra Katherine e Clarissa-
- Clarissa è orribile- annunciò con una smorfia disgustata.
Risi dandogli un pugno sul bracco. – Non è vero, è carino. Tu, invece?-
-Ho sempre saputo che non ne avrei avuto uno – ammise stirando le labbra - E poi siete voi ragazze a pensare a queste cose -
-Maschi – ribattei sbuffando e alzando gli occhi verso l’alto.
Mi sollevai sui gomiti per vedere meglio l'orizzonte. -Dovrei andare da mia madre – dissi più rivolta a me che a lui – E’ da ieri sera che non la vedo-
-Glielo dirai ?- chiese guardandomi di traverso.
Rimasi ferma per qualche momento poi scossi la testa facendo oscillare la coda.
-No - ammisi convinta - Si tratta della mia vita, non avrebbe senso farla preoccupare per qualcosa che tanto succederà comunque –
Restammo ancora un po’ in silenzio poi mi alzai. La sera prima la mamma voleva parlarmi di una cosa importante ma, tra la riunione e la nottataccia, non avevamo avuto tempo per parlare.
Cominciai a scendere le scalette che portavano al piano di sotto quando Logan mi bloccò.
- Jonathan – disse senza guardarmi – L’avrei chiamato così -
-E se fosse stata una femmina?- lo stuzzicai senza girarmi sollevando un angolo della bocca con un sorrisetto soddisfatto.
-Katherine non era male – ammise.
Scossi la testa rassegnata e continuai a scendere le scale.
 
Quando entrai in camera di mia madre la trovai appoggiata al balcone a guardare il panorama.
Mi appoggiai contro lo stipite rimanendo a osservarla.
Lucy Simons era sempre stata la donna più forte che avevo conosciuto. Dopo la morte di mio padre, mi aveva cresciuta da sola e c’era stata sempre per me, anche se io non ero mai stata una figlia facile.
Mi staccai dalla porta e le andai incontro.
-Ti sono mancata? – chiesi abbracciandola da dietro e affondando il viso tra i suoi capelli.
Avevo sempre adorato lo shampoo alla vaniglia che usava.
-Tantissimo – rispose lei scrollandosi dal mio abbraccio e girandosi per guardarmi negli occhi - Ecco perché sono venuta –
Il suo sorriso però scomparve sostituito da un espressione triste.
-Mamma, che hai? – feci preoccupata.
Lei mi prese per mano e mi fece sedere sul bordo del suo letto.
-Tesoro, devo parlarti di una cosa – disse prendendo posto vicino a me – Però non dovrai interrompermi mentre parlo –
Per tutta risposta unii il pollice e l’indice e me li passai sulle labbra.
-Sai quella foto che ho sul comodino? Quella di tuo padre e mia durante il nostro viaggio in Canada – cominciò a spiegare e io annuii.
Fece un respiro profondo e continuò.
-Durante quel viaggio abbiamo fatto una passeggiata per il bosco, era bel tempo ma a un tratto si alzò un vento fortissimo. Io e tuo padre eravamo spaventati per quel cambio improvviso di tempo e ci rifugiammo in una grotta. Ad un certo punto ci fu un forte boato a davanti l’ingresso della grotta si formò un piccolo buco nero –
Mi paralizzai di colpo e mi tirai dritta a sedere. Non ero sicura di voler sapere come continuava la storia.
-Dal buco uscì una piccola cosa avvolta in una copertina azzurra – si stoppò di colpo e mi guardò fissa negli occhi – Eri terrorizzata, piangevi e scalciavi da tutte le parti –
Il respiro mi si bloccò di colpo. Non poteva essere. Sfilai la mani da quelle di Lucy e mi allontanai di qualche centimetro.
-Io e Jacob ti abbiamo sempre amato come una figlia-
Aprii la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma il fiato non uscì.
-Non può essere – feci con la voce soffocata – Io … Tu … -
Non sapevo più come terminare la frase così mi concentrai sulla prima cosa che mi passo per la mente.
-Il bracciale ha la mia data di nascita … - dissi con un sussurro.
-Quello – mi spiegò guardandomi triste – Lo avevi già quando ti abbiamo trovata. Ti abbiamo chiamato con lo stesso nome che ti avevano dato i tuoi veri genitori –
Mi morsi il labbro cercando di non dar a vedere che il respiro mi era accelerato.
- Eve, tesoro – ricominciò Lucy ma mi alzai di scatto e lei si interruppe.
-Voi mi avete trovata – dissi piano con gli occhi vacui – Mi avete trovata e non me lo avete mai detto – gridai con la voce stridula.
-Tu sei nostra figlia, noi … - ricominciò lei ma io la zittii.
-E’ per quello che sapevi cos’era un portale – sussurrai guardandola con lo sguardo perso.
-Io … -
Gli occhi le si riempirono di lacrime ma io fui più svelta.
Uscii velocemente dalla porta e iniziai a correre per il corridoio, dovevo trovare al più presto un posto riparato.
Le gambe mi tremavano e la camera era troppo lontana così mi infilai nella prima stanza chiudendo la porta.
Mi lasciai cadere a terra con le dita tra i capelli. Li tirai stringendo le mani a pugno e le lacrime cominciarono a scorrere.
Non riuscivo a credere che fosse vero. Era successo tutto troppo velocemente, prima la storia di Vincent e adesso quella di mia madre.
Alla fine, poi, non potevo nemmeno definirla tale. Lei mi aveva trovata.
Portai le gambe al petto circondandole con le braccia e poggiai la testa tra le ginocchia. Annaspai cercando ti tirare indietro le lacrime inutilmente. Sentivo come se mi fosse passato sopra un treno. Mi passai il braccio sugli occhi e sporcai la maglia di nero. Stupido mascara, pensai finendo di asciugarmi il viso.
Mi stesi a terra con la guancia contro il pavimento freddo e rimasi immobile a fissare il vuoto con gli occhi appannati.
 
Note dell’autrice:
Ciao gente ^^
Innanzitutto volevo scusarmi per il mostruoso ritardo >.< non ho scuse ma soffro di emicranie e sono stata tutta la settimana male :/ nonostante mi sia imbottita di tachipirine e oki non riuscivo praticamente a fare niente.
Passando al capitolo, finalmente si capisce perché tutti odino il fatto di diventare guardiani. Se qualcosa non dovesse essere chiara, chiedo scusa, anche per eventuali errori grammaticali, .-. ho appena finito il capitolo è l’ho pubblicato subito.
Ho praticamente fatto succedere tutto in un capitolo, sia la storia dei guardiani che il fatto di Eve che scopre di essere stata adottata.
Povera :/ mi sento quasi in colpa per averle fatto passare tutto questo T_T
Ringrazio tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e mi scuso ancora per il ritardo >.<
Un bacione e alla prossima ;)

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Capitolo 17
*** Starry night ***


CAPITOLO 17- Starry night
    

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Logan
 
Entrai in cucina e mi ritrovai davanti Eve. 
Era seduta sul tavolo a gambe incrociate e aveva qualcosa tra le mani, guardandomi con la stessa espressione di un bambino colto in fragrante.
Mi avvicinai sedendomi sul tavolo.
Con una mano teneva un barattolo di cioccolata mentre nell’altra aveva un cucchiaino.
-Quando sono depressa mangio la nutella- mi spiegò infilandosi un’altra cucchiaiata in bocca.
-Cos’è la nutella?-
Per tutta risposta batté con il dito sul barattolo.
-Funziona? – chiesi sfilandole di mano il cucchiaio e portandomelo alla bocca.
-La mangio spesso quindi penso di sì –
Riprese il cucchiaio e se lo ficcò di nuovo in bocca.
-Mi stupisce il fatto che tu sia ancora così magra –
Mi puntò contro il cucchiaio con gli occhi ridotti a due fessure.
-Non provare mai più a insultare la mia linea-
Scoppiai a ridere.
-Non sei molto minacciosa con la faccia sporca di cioccolata-
Mi avvicinai di qualche centimetro e le pulii il viso con il pollice.
-Grazie- rispose distogliendo lo sguardo.
-Allora?- chiesi dandole una leggera spallata.
-Allora cosa?-
-Hai detto che mangi quando sei depressa, cosa succede?-
Quando stavamo insieme non perdevamo occasione per lanciarci delle frecciatine ma mi dispiaceva vederla così.
-Oh – fece guardandosi le mani – E’ solo per tutta la storia di Vins –
Mi suonava strano sentirle pronunciare quel nomignolo, solo io lo chiamavo in quel modo.
-Poi ho anche parlato con mia madre- si bloccò per qualche secondo facendo un respiro poi continuò – Sono stata adottata -
A sentire quelle parole mi paralizzai.
-Questo significa che … -
-Significa che sono sempre stata di Elythra ma non lo sapevo – concluse brusca sbuffando.
-Ecco perché il sigillo si è teletrasportato sulla terra – feci stirando le labbra. Ora aveva senso.
Rimanemmo in silenzio a fissare il vuoto mentre lei continuava a rimpinzarsi di cioccolata.
-Sai che ti dico?-
Saltai giù dal tavolo e la presi per mano.
-Basta pensarci, voglio farti vedere una cosa-
Rimase a guardarmi perplessa per qualche istante poi poggiò il barattolo sul tavolo e saltò giù.
 
Eve
 
Appena usciti dalla cucina Logan mi si mise dietro tappandomi gli occhi con la mano.
-Mi sembra di averti già detto che non mi fido di te – dissi cercando di smorzare la tensione.
Eravamo praticamente incollati e riuscivo a sentire il suo respiro sul collo.
-Non ti preoccupare, siamo quasi arrivati – rise continuando a spingermi.
Continuammo a camminare quando andai a sbattere contro qualcosa perdendo l’equilibrio.
-Ops – fece lui riprendendomi al volo – Gradino –
Nonostante non potessi vederlo gli diedi una gomitata sulla pancia centrandolo in pieno.
Cominciammo a salire lentamente fino a quando sentii una porta cigolare e l’aria fredda della notte battermi sul viso. Eravamo sul tetto.
-Hai intenzione di buttarmi di giù? – chiesi portando le mani in avanti.
-Sarebbe un idea – scherzò lui togliendomi la mano dagli occhi.
La voce mi morì in gola. Lì fuori era tutto buio e si riusciva a vedere il cielo ricoperto di puntini luminosi.
-E’ bellissimo- feci a bocca aperta.
-Vieni –
Mi prese per mano e mi fece stendere nello stesso punto in cui eravamo stati quel pomeriggio.
-Vengo spesso qui – mi confessò lui stendendosi accanto a me – C’è una vista da mozzare il fiato –
Per una volta dovevo dargli ragione. Ogni centimetro di cielo era ricoperto di stelle e il silenzio che regnava tutto intorno dava un tocco in più alla visuale.
Quasi senza rendermene conto rabbrividii.
-Hai freddo? – chiese girando la testa verso di me.
Eravamo così vicini che se mi fossi girata anche io i nostri nasi si sarebbero sfiorati.
Scossi la testa ma rabbrividii un'altra volta. Indossavo solo una felpa di cotone e stavo morendo di freddo.
-Dammi le mani –
Me le racchiuse tra le sue e, dopo poco, sentii come un ondata di calore che mi si sprigionava dalle mani e si diffondeva per tutto il corpo.
-Sei una specie di termosifone portatile – scherzai e lui scoppiò a ridere.
-Più o meno – 
Nonostante il buio riuscivo a vederlo sorridere.
Restammo a guardare il cielo tenendoci ancora per mano, era come se nessuno dei due volesse interrompere quel momento di tranquillità che si era creato.
-A volte vorrei andarmene – dissi sollevando un angolo della bocca con una smorfia – Scappare da tutto e da tutti –
-Non sei la prima persona che me lo dice – rispose con un sospiro – Non servirebbe a niente; e poi pensi di tornare in quella città completamente grigia? – aggiunse aggrottando le sopracciglia.
Scoppiai a ridere. – Sulla Terra non esiste una città sola come qui –
-Neanche qui ne esiste una sola – rispose lui prontamente – Solo che sono talmente lontane tra loro che difficilmente ci si sposta –
-Quante ce ne sono?-
Mi tirai le maniche della felpa sopra le mani incrociando le braccia.
-Vuoi davvero saperlo? –
Annuii voltandomi a guardarlo.
-Due –
Scoppiammo a ridere.
-Quando hai detto che ce n’erano altre, non pensavo fossero solo due –
-Bhe, due è sempre più di una – si difese lui. Gli tirai un pugno.
-E come fate se volete andare da qualche parte?-
-Per quello ci sono i portali – rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
- A proposito, dov’è il mio cristallo?-
-Quale, quello che hai rubato al povero Aaron? – chiese punzecchiandomi.
-Non l’ho rubato – protestai facendo roteare gli occhi – L’ho solo preso in prestito, l’avrei rimesso a posto una volta usato -
Lui rise. – Voglio proprio vedere come farai a rimettere a posto una cosa che non c’è più –
Mi tirai sui gomiti per guardarlo negli occhi.
-L’hai perso? – feci alzando il tono della voce.
-Certo che non l’ho perso – rispose con una smorfia – E’ solo finito –
-Che vuol dire finito?-
-Significa che lo abbiamo usato tutto – ripeté stirando le labbra.
Vedendo che lo guardavo perplessa continuò.
-Quando usiamo un sigillo, questo si esaurisce, più persone devono attraversare il portale, più si consuma – spiegò mettendo le braccia sotto la testa – Quello che avevi preso tu non era molto grande ed è finito –
Feci una smorfia annuendo, mi ero chiesta, infatti, perché Aaron avesse una scatola piena zeppa di cristalli.
Tornai a guardare l’orizzonte.
-L’altra città si trova là, oltre le montagne – mi spiegò mettendosi a sedere.
-Ci sei mai stato? –
Scosse la testa. – E’ là che abita il Signore Oscuro – disse piano.
-E se qualcuno che vive di là vorrebbe venire qui? -
-E' per quello che esiste la cupola di protezione. Tutti quelli che vivono al di là delle montagne sono fedeli al Signore Oscuro, la barriera serve a imperir loro di entrare a Elythra. Da quando Vincent si è, per così dire, trasferito là, gli anziali l'hanno esiliato. Senza successo - aggiunse con una smorfia.
Mi girai a guardarlo. Fissava un punto indistinto nell’orizzonte e il suo sguardo sembrava perso.
-Stai bene? – feci posando una mano sulla sua.
-Sì – rispose ma sentivo che non era vero.
-Se non vuoi parlarne non fa niente – cominciai ma lui mi interruppe.
-No, va bene – disse stirando le labbra – Non posso continuare a far finta che non sia successo niente –
Si girò verso di me con un sorriso tirato.
-Lui era il mio migliore amico – ammise alzando la testa verso l’alto – Era l’unico che mi capisse davvero e quando la mamma morì – si fermò qualche istante facendo un respiro profondo –Lui mi rimase accanto. Era più di un amico, lo consideravo come un fratello –
Non mi guardava più, sembrava perso nei suoi ricordi.
-E poi? –
-Poi se ne andò – rispose secco – Vins aveva sempre avuto delle manie di grandezza. Lui odiava tutto e tutti, l’unico a cui teneva ero io. Quando aveva sedici anni decise che non poteva più vivere qui, si sentiva oppresso e voleva di più, voleva dominare –
Tornò a guardarmi negli occhi – Sparì nel nulla, come niente fosse. Venni a sapere da mio padre che se n’era andato. Non lo vidi più-
Tra noi calò il silenzio, lui assorto nei suoi pensieri e io non osavo parlare per paura di dire qualcosa di sbagliato.
-Scusami – disse all’improvviso scoppiando a ridere con una risata forzata –Ti ho portato qui per farti distrarre e ti sto annoiando con la mia vita deprimente-
Si alzò in piedi porgendomi la mano. L’afferrai tirandomi su e tornammo all’interno dell’edificio.
Percorremmo tutto il corridoio tenendoci per mano. L’imbarazzo che c’era si poteva tagliare con un coltello ma non mi importava.
Quando arrivammo davanti la porta della mia camera ci fermammo e mi appoggiai con la schiena contro la porta.
-Grazie – dissi sorridendogli.
-Per aver salvato la tua linea separandoti dalla tua amata notella? –
Risi. – Si dice nutella – lo corressi scuotendo la testa.
Era impressionante il modo in cui, in pochi secondi, riuscisse a cambiare umore. Un attimo prima stava parlano di Vincent e adesso scherzava come se nulla fosse.
-Per aver tentato di tirarmi su il morale –
-Quando vuoi principessa –
Da quando ero arrivata mi aveva sempre chiamata in quel modo ma non ci avevo mai fatto troppo caso. Ora stavo addirittura arrossendo? O forse era perché mi stava guardando con i suoi meravigliosi occhi nocciola.
Eve, un po’ di contegno, pensai scacciando quei pensieri dalla testa.
-Ora è meglio che vada – disse scostandomi una ciocca di capelli dal viso e portandomela dietro l’orecchio – Domani abbiamo l’allenamento, io e Axel contro voi ragazze. Devo riposarmi per poterti far fare brutta figura-
Scoppiai a ridere. – Non ci contare troppo, puoi battermi una volta, non due – Anche lui rise.
-Notte –
-Notte – rispose quasi con un tono deluso.
Abbassai la maniglia e mossi un passo all’interno quando mi sentii strattonare per un braccio.
Non ebbi nemmeno il tempo di realizzare quello che era successo che mi ritrovai con le labbra incollate a quelle di Logan.
Fu un bacio veloce perché lui si staccò subito appoggiando la fronte contro la mia.
-Scusa … - farfugliò lui con il fiatone.
Non riuscii a trattenere un sorriso. Gli passai le braccia attorno al collo e gli diedi un altro bacio leggero all’angolo della bocca.
Lui scosse la testa ridendo e incollò di nuovo le labbra alle mie issandomi contro la porta che, sotto il nostro peso, si spalancò.
Mentre mi buttava dentro chiudendo la porta con un calcio riuscivo a vedere nella mia mente l’espressione soddisfatta di Rick. Quando mi aveva detto che mi piaceva Logan gli avevo dato del lunatico e ora mi sentivo un po’ in colpa per averlo considerato completamente pazzo.
Logan mi circondò con braccia attorno alla vita continuando a baciarmi mentre io gli passavo le mani tra i capelli quasi avessi paura potesse trattarsi solo di un sogno.
Quando caddi all’indietro sul letto, portai le mai sul suo petto e vidi che la maglia era volata via senza che me ne accorgessi. Sollevai le labbra in un sorriso appiattendomi contro di lui.
Mi poggiò le mani bollenti sui fianchi sollevando la felpa e si distese completamente su di me facendomi affondare nel materasso.
-Eve, volevo sapere se … -
Una matassa di capelli rossi fece irruzione nella stanza facendo cadere quello che aveva in mano per la sorpresa.
-Ops – disse mordendosi il labbro.
Logan scattò via da me come una molla e riafferrò la maglia sul pavimento.
-Sì, beh, ora è meglio che vada – disse svelto – Ci vediamo domani mattina –
Si incamminò a testa bassa e uscì dalla stanza facendomi l’occhiolino.
Sinceramente avevo quasi paura a rimanere da sola con Ariana, e le mie paure non erano infondate.
La rossa mise le mani sui fianchi con aria divertita.
-Allora?- chiese con una smorfia maliziosa.
-Allora cosa? – chiesi cercando di aggiustarmi i capelli.
- Com’è baciare Logan Visser ? –
Non feci in tempo a vedere la sua espressione che le tirai un cuscino in faccia.
-E invece com’è baciare Axel? – feci sollevando le sopracciglia.
Lei arrossì abbassando lo sguardo.
-Buonanotte Eve – mi sorrise e sgattaiolò fuori dalla porta.
-Notte – le urlai dietro mentre si chiudeva la porta alle spalle.
Rimasi ferma per qualche secondo con un sorriso ebete sulle labbra poi mi lasciai cadere sul letto esausta.
 
Note dell’autrice:
Ciao gente :D ,
come promesso eccomi  qui con un nuovo capitolo :3 avrei dovuto aggiornare con lo spin-off ma ero troppo ansiosa di pubblicare questo capitolo :)
Finalmente *alza le mani verso l’alto esultando* c’è la tanto attesa scena, da me, e spero anche da voi u.u, tra Logan ed Eve. Non poteva mancare, però, qualcuno che, come di prassi, veniva a interrompere .-.
Anche questo capitolo è raccontato per la maggior parte da Pov di Eve, ma non preoccupatevi, ci sarà un ritorno di quello di Logan.
Detto questo, ringrazio tutti quelli che continuano a seguirmi e quelli che hanno recensito il capitolo scorso.
Grazie di cuore :3
Un bacione e alla prossima :)

 

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Capitolo 18
*** Shadows from the past ***


CAPITOLO 18 - Shadows from the past

 
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Eve
 
Aprii di soppiatto la porta e mi infilai nello studio di Robert. Avevamo appena finito l’allenamento e indossavo ancora la divisa che mi aveva portato Ariana la sera prima.
Era una specie di tuta, composta da un paio di pantaloni aderenti, degli anfibi e una giacca con la zip e senza cappuccio. Tutto, poi, rigorosamente nero.
La tuta, a detta degli anziani, avrebbe dovuto in qualche modo facilitarci l’utilizzo dei nostri poteri, e sembrava funzionare.
Quando avevo visto Logan accendersi completamente come una torcia ero rimasta impressionata dalla resistenza della tuta che non si era carbonizzata.
All’inizio avevo faticato a indossarla, era talmente aderente che credevo impossibile riuscire a entrarci, poi però era arrivata Ariana e con la sua grazia da lottatore di sumo me l’aveva ficcata a forza.
Dovevo ammettere che alla fine non era per niente scomoda.
Appena indossata non riuscivi a respirare ma dopo che ti eri abituato, risultava davvero comoda.
Mi chiusi la porta alle spalle e mi sedetti alla scrivania cominciando a frugare dappertutto.
Se Robert mi avesse trovato nel suo studio mi avrebbe fucilato sul posto ma ero disposta a correre il rischio.
Dovevo trovare assolutamente qualche documento o qualsiasi altra cosa sulle nascite che c’erano state l’anno in cui ero nata.
La mamma mi aveva detto che mi aveva dato lo stesso nome dei miei genitori biologici perciò non sarebbe stato troppo difficile.
Aprii un altro cassetto e mi ci fiondai letteralmente dentro.
Non c’era assolutamente niente che mi servisse, quello studio era inutile proprio come il proprietario.
Ero talmente presa dalla foga della ricerca che, quando sentii dei colpi di tosse, alzai di scatto la testa sbattendola contro la scrivania.
-Fatta male, principessa?- chiese Logan scoppiando a ridere.
Era appoggiato contro lo stipite della porta a braccia incrociate e mi guardava di traverso.
-Che ci fai qui?- continuò con un sorrisetto divertito mentre io mi massaggiavo il punto della testa in cui, sicuramente, mi sarebbe venuto un bernoccolo.
-Cercavo il bagno? – dissi rendendomi conto, solo dopo, di aver formulato una domanda. Stupida Eve, dissi dandomi una botta sulla fronte, stupida.
Lui scoppiò a ridere. – Mi chiedo come hai fatto per tutti questi giorni senza sapere dove fosse il bagno –
Mise le mani dietro la schiena e si avvicinò alla scrivania dondolando.
-Cosa cerchi di bello? – fece guardando la marea di fogli che avevo buttato in aria con le sopracciglia alzate.
Inspirai stirando le labbra. – Il registro con le date di nascita –
-E perché lo cerchi qui?-
Lo guardai di traverso. – Perché non ho la più pallida idea di dove si trovi?-
-Giusto – rispose lui ridendo. – Sai, forse se andassi in biblioteca saresti più fortunata –
Gli occhi mi scintillarono. – E me lo dici adesso? – chiesi alzandomi talmente in fretta che lo feci sobbalzare.
-Se avessi saputo cosa stavi cercando te lo avrei detto prima … -
Non gli lasciai il tempo di finire la frase.
Lo afferrai per un polso e mi diressi a passo spedito verso la biblioteca trascinandomelo dietro.
 
Era un ora che cercavamo quel dannato registro, Logan si occupava del piano inferiore mentre io cercavo sopra, nel ballatoio.
Tutto quello che eravamo riusciti a trovare erano solo vecchi libri polverosi di storia e altri argomenti, ma nessuno era quello che ci serviva.
-Quando tempo credi ci metteremo ancora? – fece Logan sbuffando.
-Non lo so – ammisi con un sospiro. Dopo un ora di ricerche inutili stavo cominciando a perdere la speranza.
-Eccolo! – urlò trionfante.
Prese tra le mani un volume non troppo grande con la copertina blu scuro.
-Nascite del 1996 – fece orgoglioso – Che giorno sei nata? –
-11 Febbraio – dissi scendendo dalla scala in legno su cui mi ero arrampicata.
-Ecco qua, Febbraio 1996, c’è solo un nome per quel giorno –
Cominciò a scorrere con il dito quando sbiancò di colpo.
-Logan che hai? – feci preoccupata.
Scesi a due a due gli scalini della scala a chiocciola che portavano al piano inferiore e mi avvicinai a lui di corsa.
-Non può essere … - disse con un sussurro. Quando incrociai i suoi occhi mi sentii percorrere come da un brivido. Sembrava quasi spaventato.
Allungai il collo per vedere cosa c’era scritto sulla pagina e, quando lessi il nome, il respiro mi si bloccò di colpo.
 
Eve Nikole Van Damme
Data di nascita: 11 Febbraio 1996
Data di morte: 16 Maggio 1996
 
Arrancai qualche passo all’indietro portandomi una mano alla bocca.
-Non può essere giusto – disse lui sfogliando le pagine avanti e indietro – Ci deve essere un errore … -
-Sono la sorella di un mostro – sussurrai con gli occhi sgranati.
Logan lasciò cadere il libro a terra e mi circondò con le braccia.
Mi guardò negli occhi sorridendo teneramente. 
-Non sei ciò che gli altri dicono tu sia, ma ciò che scegli di essere- 
Nonostante il momento critico non potei fare a meno di sorridere.
-E queste frasi sagge dove l'hai lette, su internet?-
Lui scoppiò a ridere. 
-Sai, a volte so essere molto poetico - rispose facendo un sorriso sornione. -E poi non so nemmeno cos’è internet -
Abbassai di nuovo lo sguardo sul libro.
Ero sicura che, qualunque fosse stata la verità sulla mia nascita, l’avrei superata ma non ero preparata a quello.
Appena arrivata ero solo la semplice umana che tutti guardavano dall’alto in basso mentre adesso ero diventata l’ultima dei Van Damme che erano rimasti a Elythra, figlia di un uomo considerato un traditore e sorella di un pazzo egocentrico con manie omicida.
-Non prenderla a male – cominciò lui scostandomi i capelli dal viso – Ma tu non dovresti essere morta? –
Lo guardai scioccando la lingua. – Evidentemente no, visto che sono qui –
Lui stirò le labbra annuendo.
-Adesso la domanda è, come fai ad essere ancora viva? –
Entrambi ci girammo di scatto verso l’altro, evidentemente avevamo avuto la stessa idea.
 
Logan
 
-Sicura di volerlo fare? – chiesi poco convinto.
Non credevo fosse il massimo vedere come Eve era riuscita a salvarsi dall’incendio che aveva distrutto la sua casa ma lei era stata irremovibile.
-No – ammise – Ma devo farlo –
Mi guardò con gli occhi tristi e la presi per mano. – Pronta, principessa? –
Lei annuì incerta e posammo entrambi la mano sulla sfera di cristallo chiudendo gli occhi.
Improvvisamente mi sentii più leggero e quando riaprii gli occhi mi ritrovai in mezzo alle fiamme, ero solo una proiezione ma riuscivo comunque a sentire il calore del fuoco a pochi passi da me.
Mi guardai accanto e vidi che ero solo.
Quando si usava la sfera non si riusciva a vedere l’altra persona con cui stavi rivivendo il ricordo ma riuscivo a sentire comunque una pressione sulle dita.
Abbassai lo sguardo e vidi che la mia mano stava stringendo qualcosa di invisibile. Sollevai l’angolo della bocca in un sorriso, anche se non potevo vederla sapevo che Eve era lì.
In quel momento sentii dei colpi di tosse e mi accorsi che nella stanza, rintanata in un angolo, c’era una figura.
Mi avvicinai spedito passando attraverso una lingua di fuoco e mi ritrovai davanti una donna, rannicchiata su se stessa e con qualcosa stretto tra le braccia, avvolto in una copertina azzurra.
Non sapevo chi fosse ma dalla somiglianza con Vincent capii di chi si trattava, Elisabeth Van Damme.
Aveva i capelli scompigliati e il vestito rosso cremisi che indossava era bruciato in alcuni punti.
Vedendola lì, in quello stato, mi si formò un nodo alla gola.
Aveva il viso sporco di fuliggine e si dondolava avanti indietro sotto una piccola cupola che la riparava dalle fiamme. A causa del fumo, la donna si stava indebolendo e la barriera, che aveva eretto per proteggersi, con lei.
La cosa che aveva tra le mani cominciò a tossire e a scalciare e il cuore mi si fermò di colpo.
-Eve, ti prego non piangere – fece la donna cullando la figlia tra le braccia. Vedendo che però non riusciva a calmarla cominciò a cantare una ninna nanna e la riconobbi subito, era la stessa che avevo sentito cantare a Eve.
Si strappò il ciondolo che portava al collo e depose la bambina sul pavimento.
Quando capii cosa stava per fare avrei voluto distogliere lo sguardo.
Cominciò a tracciare le linee sul marmo con il piccolo mozzicone di un cristallo, ormai quasi finito, e aspettò che il portale si aprisse, era talmente piccolo che sarebbe riuscito a trasportare a malapena una persona.
Prese nuovamente la bambina tra le braccia e le baciò la fronte mentre le lacrime cominciavano a rigarle il volto.
-Addio amore mio – sussurrò facendo attraversare alla bambina il portale.
Quando questo si richiuse scoppiò in lacrime coprendosi il volto con le mani.
Ormai le fiamme avevano invaso tutta la stanza e un denso fumo nero stava ricoprendo tutto.
La cupola crollò e lei cominciò a tossire sempre più forte.
Sopra il rumore delle fiamme sentii un cigolio di qualcosa che cedeva, alzai lo sguardo e rimasi a fissare con gli occhi sgranati la trave che si staccava lentamente dal soffitto.
Mi buttai istintivamente in avanti ma mi sentii sollevare in aria.
Non ora, urlai dentro di me mentre la vista mi si offuscava.
L’ultima cosa che vidi fu la trave che si staccava dal soffitto e lei che alzavo lo sguardo impaurito, un ultima volta, verso l’alto.
 
Strizzai gli occhi più volte per riabituarmi alla luce che c’era nello studio di Aaron.
Eve si alzò di scatto ribaltando la sedia e le gambe le cedettero facendola finire a terra, aveva gli occhi gonfi e arrossati e cercava in tutti i modi di ricacciare indietro le lacrime.
Mi alzai anch’io buttandomi accanto a lei e circondandola con le braccia, non sapevo cosa dire così la strinsi più forte affondando la testa nell’incavo tra la spalla e il collo.
Non l’avevo mai sentiva piangere e, a ogni singhiozzo che emetteva, mi si stringeva sempre di più il cuore.
-Allora l’hai scoperto? –
Alzammo entrambi la testa di scatto verso Aaron che ci guardava con aria triste.
-Tu lo sapevi? – chiesi alzando il tono della voce.
-No, ma l’avevo intuito – disse piano – Non capivo come, ma sapevo che eri legata in qualche modo a Vincent, poi Lucy mi ha raccontato di come ti ha trovata e ho avuto la conferma-
Si fermò qualche istante. – E poi me lo hai sempre ricordato –
Eve si staccò da me cercando di mettersi in piedi.
-E adesso? – chiesi alzandomi – Se gli anziani dovessero scoprire chi è veramente, sarebbe il finimondo –
-Questo è sicuro – disse lui annuendo – Avevano paura di te e di quello che eri capace di fare già da quando sei arrivata, se adesso scoprissero che sei una Van Damme … - lasciò la frase in sospeso aggrottando le sopracciglia.
Aaron le si avvicinò facendole una carezza.
-Quando tuo padre se n’è andato gli avevo promesso che mi sarei preso cura di Vincent – si fermò facendo una smorfia – Non sono riuscito a mantenere la promessa e farò di tutto per non lasciarti da sola –
Eve gli rivolse un mezzo sorriso. – Grazie – sussurrò piano con la voce incrinata dal pianto.
 
Cominciavo a essere seriamente preoccupato.
Eravamo stesi sul suo letto da mezz’ora e nessuno aveva detto una parola da quando avevamo lasciato lo studio di Aaron.
Eve guardava il soffitto e io guardavo lei.
-Stai bene? – feci arricciando per l’ennesima volta l’indice attorno a una ciocca dei suoi capelli. Sapevano di fragola.
-Non lo so –
Si girò anche lei su un fianco e poggiò la fronte contro la mia. Riuscivo a sentire il suo respiro sulle labbra ma nessuno dei due sembrava imbarazzato dalla vicinanza.
-Mi sento uno schifo – ammise sollevando gli angoli della bocca.
Le passai le dita sulla guancia dandole un leggero bacio sulle labbra.
-Sai che puoi contare sempre su di me, vero principessa?-
-Oh, lo so –
Fece uno di quei sorrisi inquietanti che le venivano quando aveva per la mente delle idee balorde.
-Ho paura quando mi guardi così – dissi aggrottando le sopracciglia.
Lei scoppiò a ridere e mi baciò di nuovo.
-Credo che dovremo prendere un’altra volta in prestito qualcosa dallo studio di Aaron – fece con gli occhi che brillavano.
Le sorrisi anche io. Sapevo che mi stava coinvolgendo in qualcosa di assurdo e pericoloso ma il fatto di averla fatta sorridere di nuovo mi faceva sentire meglio.
-Quando vuoi principessa – mi tirai su a sedere e la feci alzare – Ma prima dobbiamo fare una cosa –
 
Entrai in camera mia spingendo la porta con le spalle.
-Logan perché ci hai radunati qui … - cominciò Axel ma vedendo quello che avevo in mano si bloccò.
-Che diavolo ci devi fare con quelle? – chiese inarcando le sopracciglia.
Posai sulla scrivania le tre bottiglie di alcolici che avevo sottratto dallo studio di Robert e mi girai verso gli altri guardiani.
-Visto che dovremo morire a breve – cominciai stappando una bottiglia e versandone il contenuto in quattro bicchieri – Propongo di fare un brindisi contro tutte le persone che ci odiano affinché gli possa andare peggio –
Tutti rimasero a guardarmi a bocca aperta.
Eve ed io li avevamo riuniti in camera mia per dar loro la notizia sulla vera identità di lei poi ero sparito con la scusa di dover fare una cosa della massima importanza.
Eve scoppiò a ridere afferrando un bicchiere e gli altri fecero lo stesso.
-A Robert – iniziai alzando il bicchiere. – Che nonostante sia arrogante, presuntuoso e odia da morire la mia principessa – continuai guardando Eve – Riesce ad essere ancora più odioso –
-A Robert – fecero gli altri in coro e buttammo giù il primo bicchiere.
-Al professor Miller – fece Axel riempiendo i bicchieri – Che non mi sopporta e sta cercando di farmi bocciare ma io morirò prima e lui rimarrà fregato –
-A Noa –
-A Nadia – disse Eve ridendo – Che è talmente stupida da odiarmi perché morirò al posto suo –
-A Nadia-
-Al Signore Oscuro – fece Ariana – Che non aveva nient’altro da fare che dichiararci guerra –
-Ma si chiama davvero così? – chiese Eve con la voce strascinata.
Gli effetti dell’alcool stavano cominciando a farsi sentire.
-No, dovrebbe chiamarsi Gordon qualcosa – risposi portandomi una mano al mento in modo teatrale e lei scoppiò a ridere.
-A Gordon Qualcosa, allora-
-A Gordon Qualcosa – ripetemmo ridendo.
Buttai giù l’ennesimo bicchiere e la gola cominciò a bruciarmi.
-A tuo fratello – dissi appoggiandomi contro la scrivania per non cadere –Che ci ucciderà tutti –
-A Vincent –
-Ragazzi, abbiamo un problema – ribattei con una smorfia guardando l’ultima bottiglia sulla scrivania – Abbiamo finito le persone da maledire ma ci rimane ancora questa –
-Uh, dalla a me – fece Eve strappandomela dalle mani.
-Ad Ariana – cominciò riempiendo i bicchieri – La migliore amica che potessi avere e a cui voglio bene  nonostante mi faccia vestire come una prostituta-
-Ci piaci vestita da prostituta – risposi fischiando e lei mi lanciò contro un  cuscino.
-Ad Ariana –
-Ad Axel – riprese – Che essendo il più grande tra noi è costretto a tenerci sempre sottocchio. Mi dispiace ma ti servirà ben altro per liberarti di noi che farti ammazzare –
Lui scoppiò a ridere.
-Ad Axel –
-A Logan  - disse sorridendomi e voltandosi verso di me – Che, sin da quando sono arrivata, ho voluto prendere a calci ma alla fine mi ha aiutata ad attraversare di nascosto un portale per la Terra –
-Gita romantica? – fece Axel alzando un sopracciglio.
-Le sarebbe piaciuto – ribattei guardandola di traverso e lei alzò il bicchiere.
-A Logan –
Le presi la bottiglia dalle mani dandole un bacio sulla guancia e riempii i bicchieri l’ultima volta.
-A Eve – risi ormai completamente sotto l’effetto dell’alcool – La ragazza più folle che potessimo incontrare e che, se non dovessimo morire comunque, ci avrebbe pensato lei con le sue idee assurde –
-A Eve –
 
Mi lascia cadere sulla poltrona a sacco ed Eve mi si rannicchiò contro.
Ariana si era gentilmente impossessata del mio letto e Axel della poltrona grande, così mi ero dovuto accontentare di dormire per terra.
-Comoda? – feci con la bocca impastata.
Annuì impercettibilmente poggiando la testa sul mio petto.
Cominciai ad arrotolare il dito attorno ai suoi capelli mettendomi l’altro braccio dietro la testa.
-Ho paura – cominciò rompendo il silenzio.
Girai la testa incontrando i suoi occhi che mi guardavano tristi.
-Se dovesse succederti qualcosa … - lasciò la frase in sospeso.
Non ci avevo mai pensato, o forse non volevo pensarci.
Se le fosse capitato qualcosa prima che a me mi sarei sentito morire.
-Andrà tutto bene, capito? – risposi facendole una carezza con l’indice.
Lei annuì stirando le labbra e riappoggiò la testa.
-Secondo te c’è qualcosa dopo la morte? –
-Secondo me sì – risposi ridendo – Non riuscirai a liberarti di me così facilmente –
Lei scoppiò a ridere.
-Ora dormi, domani abbiamo un bel po’ da fare –
Alzò la testa di scatto e mi guardò male.
-Non credere che rifarò una camminata come l’altra volta – mi minacciò con gli occhi ridotti a due fessure – Andremo a cavallo –
-So che ti sarebbe piaciuto che ti avessi portato in braccio ma credo opterò per il cavallo –
Sollevò gli angoli della bocca in un sorriso.
-Notte – fece avvicinandosi e poggiando le labbra sulle mie.
-Notte principessa -
 
 
Note dell’autrice:
Ciao gente :)
Finalmente sono iniziate le vacanze e ho avuto molto tempo libero da dedicare alla storia ^^
Come molte di voi avevano già intuito, sì, Eve è una Van Damme, nonché sorella di Vincent :3
Questo capitolo è davvero lungo ma odiavo l’idea di tagliarlo xD
Come mio solito ho inserito la scena dell’incendio e di come Eve si è salvata .-. non picchiatemi per aver fatto fare quella fine a Elisabeth, mi sento già in colpa >.<
Sinceramente non sono molto sicura che quella parte si capisca tanto :/
Se avete dei dubbi, non esitate a chiedere ;)
Un bacione e alla prossima <3
 
p.s. Questo è già il terzo capitolo della storia principale che inserisco quindi il prossimo aggiornamento sarà uno spin-off. 

 

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Capitolo 19
*** I will never leave you ***



CAPITOLO 19 - I will never leave you


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Logan Visser / Vincent Van Damme
 
Salì le scale lentamente, senza fare rumore, e si infilò furtivamente nel salottino.
- Logan –
Chiamò il fratello con un sorrisetto divertito.
Non erano realmente suo fratello ma da un anno che era stato adottato come uno della famiglia dal bambino e dalla madre.
-So che sei qui – continuò guardandosi intono.
Il bambino aveva l’abitudine di nascondersi sempre lì e, ogni volta che il più grande si stava avvicinando al suo nascondiglio, saltava fuori.
Vincent non credeva avesse realmente capito come si giocava.
-Sai che tanto vincerò io –
Come sempre, aggiunse sollevando gli angoli della bocca in un sorriso.
Si fermò di scatto quando sentì dei movimenti dietro di lui e si girò appena in tempo per vedere una sfera di fuoco che gli si stava scagliando contro.
La bloccò con un gesto rapido distruggendola e ne lanciò una a sua volta.
Quando nella stanza tornò la calma, sorrise vedendo il bambino intrappolato in una bolla d’acqua.
-Sei forte, piccoletto-
-Non sono piccoletto – protestò l’altro incrociando le braccia al petto – Ho sei anni –
Vincent scoppiò a ridere.
-E poi non è valido, non puoi usare i tuoi poteri – ribatté Logan mettendo il broncio.
-Ma se sei stato tu a iniziare ? – protestò il ragazzo.
Non sapendo cosa rispondere cominciò a scalciare. – Fammi uscire di qui! –
Il ragazzo spostò la sfera con un gesto del polso e, quando fu sopra il divano, la toccò con un dito facendola scoppiare come una bolla di sapone.
Logan cadde a sedere per poi rimettersi in piedi con un balzo.
-Adesso tocca a te- disse spingendo il ragazzo fuori la stanza – Conto fino a trenta, poi vengo a cercarti –
Lo lasciò sulla porta e corse verso la parete iniziando a contare.
Vincent rimase qualche minuto a guardarlo.
In un certo senso lo ammirava, era riuscito a far passare tutta lo collera che provava in meno di qualche secondo mentre lui non riusciva ancora a superare quello che era successo sei anni prima.
Scacciò dalla mente quei pensieri e si incamminò lungo il corridoio.
Forse quella volta l’avrebbe lasciato vincere. Forse.
 
Durante il pranzo regnava un silenzio imbarazzante.
-Perché papà non mangia con noi? – fece Logan guardandosi intorno con aria interrogativa.
Nella sala c’erano solamente lui, Vincent e Tia.
-Non si sentiva molto bene – cercò di spiegare la madre con un sorriso tirato .
-Nemmeno oggi ? – continuò lui aggrottando le sopracciglia.
Era una settimana che Robert Visser non si faceva vedere a pranzo e tutte le volte Tia cercava di trovare una scusa convincente.
-Non serve che menti  - fece brusco Vincent lasciando cadere rumorosamente la forchetta nel piatto – So che non è qui perché non vuole vedermi –
-Vincent, ti prego, lui … - cominciò la donna guardandolo triste ma il ragazzo si alzò di scatto e uscì sbattendosi la porta alle spalle.
Logan rimase a fissare la porta poi si girò verso la madre.
-Mamma, perché papà non vuole bene a Vincent? Lui è mio fratello –
-Davvero pensi che sia tuo fratello? – chiese lei teneramente facendogli una carezza.
Lui annuì.
-Perché non glielo vai a dire?-
Al bambino si illuminarono gli occhi, saltò giù dalla sedia e corse dietro al ragazzo.
 
Il bambino salì velocemente le scale che portavano al tetto e spalancò la piccola porta di ferro.
Trovò il fratello che guardava l’orizzonte con sguardo assente e si sedette accanto a lui.
-A volte vorrei andarmene – disse il più grande – Scappare e non tornare più indietro –
-Ma tu non puoi andartene – fece l’altro preoccupato – Tu sei mio fratello-
-Davvero lo pensi? – chiese Vincent con un sorriso scompigliandogli i capelli.
Il bambino ricambiò il sorriso rassicurato e tornarono a guardare l’orizzonte.
-Vorrei andare là – iniziò indicando un punto indistinto – Oltre le montagne –
-Ma lì abita il Signore Oscuro – ribatté il bambino – Papà dice che lui è cattivo –
-Tuo padre dice un sacco di cose – tagliò corto il ragazzo poi vedendo che Logan aveva gli occhi lucidi, gli circondò le spalle con il braccio.
-Gli anziani dicono che il Signore Oscuro sia cattivo ma sono stati loro a uccidere la mia famiglia –
Logan lo fissò negli occhi e Vincent fece un sospiro girandosi verso il parapetto.
-Un giorno saremo importanti io e te –
-Come gli anziani? – chiese il bambino emozionato all’idea di diventare importante.
-Molto di più – fece l’altro scoppiando a ridere – Tutto questo sarà nostro-
-Tutto l’istituto? – chiese Logan sorridendo.
-Tutta Elythra – rispose l’altro con un sorriso quasi inquietante.
 
Il cielo si era ricoperto completamente di nuvoloni neri e tirava un vento gelido, sembrava che il mondo si fosse accorto che era successo qualcosa di brutto, che la persona più bella che potesse esistere era morta.
Vincent percorse lentamente il corridoio slacciandosi i primi bottoni della camicia. Era la seconda volta che si vestiva in modo elegante ed era stato sempre in occasione di un funerale.
Busso piano alla porta senza successo così abbassò la maniglia ed entrò nella stanza.
Nella camera si ghiacciava, la finestra era spalancata e le tende si muovevano velocemente spinte dal vento.
Il ragazzo uscì sul balcone sotto la pioggia e si sedette accanto a Logan.
Il bambino era rannicchiato in un angolo, completamente fradicio e con le ginocchia contro il petto.
Vincent creò una cupola intorno a loro per ripararli dalla pioggia e fece un lungo respiro.
Non aveva mai capito perché si fosse legato in maniera tanto profonda a Logan. Lo conosceva da solo tre anni ma era quello che più gli rimaneva di una famiglia e ora vederlo lì, con gli occhi arrossati e le guancie rigate di lacrime, gli faceva stringere il cuore.
Forse era per quello che si era affezionato così al bambino, in fondo era uguali; rimasti orfani a soli sette anni.
-Secondo te, ora si trova insieme a tua sorella?- fece Logan con la voce rotta dal pianto.
- Io credo di sì – rispose con una smorfia.
-Mi manca tanto-
-Lo so, manca anche a me –
Guardò il bambino con tristezza abbracciandolo.
Tia era stata come una seconda madre, si era presa cura di lui e l’aveva difeso contro tutti; era arrivata persino a litigare con Robert per proteggerlo.
-Io non ti lascerò – disse serio – Ci sarò sempre per te –
-Promesso? – chiese il bambino con gli occhi lucidi.
-Promesso –
 
Erano passati tre anni dalla morte di Tia ed erano cambiate molte cose.
Senza lei, Vincent aveva dovuto imparare a difendersi da solo da Robert, era diventato più scontroso e Logan, che una volta adorava il padre, non lo chiamava più nemmeno papà.
Vincent imboccò il corridoio principale in cui si trovavano le aule, ormai era diventato una leggenda. Tutti conoscevano Vincent Van Damme, figlio di un traditore e prossimo guardiano dell’acqua.
Se da piccolo si era sentito escluso, ora viveva come in una bolla, tutti avevano paura di lui, persino i ragazzi più grandi lo evitavano.
Continuò a camminare a testa alta in mezzo alla folla che, al suo passaggio, apriva un varco per lasciargli spazio.
Sul viso gli si dipinse un ghigno, sapeva che un giorno sarebbe diventato importante; non gli importava se gli altri lo odiassero ma sapevano chi era e lo temevano.
Scese velocemente le scale e spalancò le porte della stalla.
-Ehi bello – disse avvicinandosi a un cavallo completamente nero.
Un tempo era stato di suo padre e, alla sua morte, l’aveva ereditato.
Si fermò un momento sollevando gli angoli delle labbra.
-Pensi che non ti abbia sentito? –
Si girò verso Logan con le sopracciglia alzate.
Il ragazzino lo guardava con aria di sfida e teneva in mano una fionda.
-Prima o poi riuscirò a coglierti di sorpresa – ribatté abbassando l’arma.
-Ci conosciamo da cinque anni e credi ancora che riuscirai a cogliermi di sorpresa? – chiese il più grande scettico.
-La speranza è l’ultima a morire –
Si rinfilò la fionda in tasca e lo guardò accigliato. -Stai uscendo?-
-Ho bisogno di fare un giro – liquidò l’altro sistemando la sella sul cavallo.
-Ultimamente lo fai spesso – notò Logan alzando un sopracciglio.
L’altro lo ignorò e salì in sella con un movimento agile.
-Non dovrei fare tardi –
Mosse le briglie e il cavallo partì al galoppo.
Sentì Logan urlare qualcosa ma ormai era già lontano.
Lanciò il cavallo facendolo accelerare e chiuse gli occhi, aveva fatto così tante volte quella strada che la conosceva a memoria.
Il vento freddo di inizio novembre gli batteva sul volto scompigliandogli i capelli, tutte le volte gli tornavano in mente le passeggiate a cavallo con il padre.
Serrò le labbra e riaprì gli occhi facendo andare il cavallo più veloce.
Si addentrò nel bosco che si trovava al limite della città e continuò ad avanzare fin quando non si sentì oltrepassare da un campo di energia.
Era fuori.
Fece rallentare l’animale saltando giù e atterrando sull’erba bagnata e si guardò all’indietro cercando di trovare un qualsiasi indizio della presenza della cupola che gli anziani avevano eretto intorno a Elythra.
Aaron l’aveva ammonito dicendogli di non oltrepassarla ma per Vincent, farlo, significava in qualche modo andare contro i gli anziani.
Chiuse la mani a pugno conficcandosi le unghie nel palmo. Era una settimana, ormai, che usciva dalla città e cercava di scalfire la cupola senza successo.
Però non aveva rinunciato, sarebbe riuscito ad annientarla e avrebbe dimostrato agli anziani che avrebbe potuto distruggerli in qualunque momento.
Sentì una grande rabbia montarli dentro e lanciò le braccia in avanti con quanta più forza aveva, la barriera, però, tremolò solo per qualche istante per poi tornare normale.
Vincent lanciò un urlò di rabbia, portò le braccia al petto e quando le riaprì scatenò un’ondata di energia che distrusse gli alberi attorno a lui per quasi un chilometro.
Si guardò i palmi insanguinati con le ferite delle unghie e respirò affannosamente cercando di calmarsi.
Sobbalzò quando sentì un applauso dietro di lui.
Si girò di scatto e rimase a fissare una figura alta e snella che lo osservava appoggiato contro un albero.
-Devo dire che non è stato niente male – fece l’uomo staccandosi dal tronco e avvicinandosi.
-Non credo che ci conosciamo – fece Vincent con una punta di disprezzo nella voce.
-Oh io credo di sì – disse l’altro con le braccia dietro la schiena – Il mio nome è Gordon Dubois ma credo tu mi conosca come il Signore Oscuro –
Vincent alzò un sopracciglio.
Se l’era sempre immaginato come un vecchio pazzoide assetato di potere mentre l’uomo che gli stava davanti era completamente diverso, i capelli erano castano scuro tenuti lunghi fino alle spalle e gli occhi verdi brillavano mentre lo guardava.
Ora che gli stava più vicino notò che non era poi così alto, forse anche più basso di lui di qualche centimetro, e la leggera barba che portava lo faceva sembrava più vecchio di quello che era.
-Tu invece devi essere Vincent Van Damme – continuò inclinando la testa di lato – Il figlio di Klaus –
Vincent serrò le labbra. – Perché non credo che tu sia venuto per una visita di cortesia ? – fece gelido.
L’uomo scoppiò  a ridere. – Potente e furbo, devo dire che mi piaci sempre di più –
-Non posso dire lo stesso di te – ribatté il ragazzo incrociando le braccia – Sai chi sono, hai visto che cosa posso fare e sei venuto lo stesso, da solo, sapendo che potrei ucciderti in qualunque momento, in fondo siamo nemici –
Vide balenare negli occhi dell’altro una scintilla di paura che però venne cancellata da un ghigno.
-E allora fallo – fece allargando le braccia – Uccidimi e dimostra agli anziani  quanto sei fedele –
Vincent lo guardò con odio e l’uomo cominciò a soffocare portandosi le mani alla gola. Era come se una mano invisibile lo stesse strangolando.
Quando lasciò la presa l’uomo cadde in ginocchio annaspando.
-Non dovresti essere in grado di fare queste cose – disse massaggiandosi il collo e rimettendosi in piedi – A voi è … -
-Proibito – finì per lui l’altro sollevando l’angolo della bocca – Lo so –
L’uomo scosse la testa ridendo.
-Cosa sei venuto a fare?  - chiese Vincent freddo incrociando le braccia al petto.
-Io non posso oltrepassare la barriera ma tu potresti farmi entrare aprendo un portale – disse schietto.
-E perché dovrei farlo? –
L’uomo fece un ghigno. – Quanti anni avrebbe dovuto avere Eve a quest’ora? Dieci? –
Vincent scattò in avanti con la mani strette a pugno.
-Non sono qui per provocarti – riprese alzando le braccia – Voglio solo che diventiamo alleati –
- Perché dovrei accettare? – sputò con rabbia.
-Vuoi affrontare gli anziani da solo? Fai pure – disse aprendo le braccia –Ma potrebbe farti comodo avere un alleato. Io ho un piano –
Vincent lo guardò per qualche istante poi sollevò gli angoli della bocca.
-Ti ascolto –
 
Note dell’autrice:
Ciao :3
Come annunciato ho inserito uno spin-off (se posso dirlo, il mio preferito *-*)
La figura che viene, in qualche modo, analizzata principalmente è quella di Vincent anche se si parla anche del rapporto che aveva con Logan.
In questo capitolo c’è la crescita di Vins che da ragazzino rimasto orfano e adottato da Logan e Tia, diventa quello che è oggi.
Sarà il fascino del cattivo, ma personalmente adoro questo personaggio
*-*
Il salto di tempo che c’è tra i diversi paragrafi non è molto chiaro .-. perciò ve lo scrivo:
  • nel primo e nel secondo Logan ha sei anni e di conseguenza, Vincent ne ha dodici
  • nel terzo, quando muore Tia  T_T; Logan ha sette anni
  • nell’ultimo , invece, l’incontro tra il S.O. e Vincent avviene un mese prima che quest’ultimo lasci Elythra, quindi Vins ha sedici anni e Logan dieci.
Ok, le note sono diventate lunghissime e spero di essere stata chiara >.<
Spero che il capitolo vi piaccia così come è piaciuto a me scriverlo,
un bacione :)

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Capitolo 20
*** I'm E.V.D. ***


CAPITOLO 20 - I'm E.V.D.
 
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Logan
 
Lasciammo la via principale e ci addentrammo nella parte di Elythra completamente distrutta.
Erano sette anni che non ci tornavo più e adesso, in nemmeno due settimane, c’ero stato ben tre volte.
Tutt’intorno a noi regnava un silenzio che faceva accapponare la pelle e l’unico rumore che si sentiva era il vento che faceva sbattere le imposte, ormai completamente rotte, delle case e sollevava la polvere dei detriti.
-Cosa è successo qui? – chiese Eve guardandosi intorno mentre il cavallo avanzava a passo lento.
Sentivo le sue mani attorno alla vita che tremavano, come se sapesse già la risposta ma avrebbe voluto una smentita.
-E’ stato Vins – dissi dando voce hai suoi pensieri – Quando se ne è andato ha aperto un portale e il Signore Oscuro è entrato a Elythra –
Feci un respiro guardando davanti a me con gli occhi vacui.
Ricordavo fin troppo bene quel giorno, le urla, la gente che scappava, mio padre che mi chiudeva a chiave nella mia stanza e la colonna di fumo nera che si alzava dalle case e che si riusciva a vedere dalla mia finestra.
-Poi, però, alla fine, se ne è andato senza fare niente – continuai – Gli anziani credevano di essere stati in grado di resistergli ma è stato lui che li ha lasciati vincere –
-Lo so – ammise lei poggiando la testa contro la mia schiena – Me lo ha detto  –
Rimanemmo in silenzio per il resto del viaggio.
Non potevo far altro che chiedermi cosa sarebbe successo, quando Vins avrebbe saputo la verità su Eve, l’avrebbe uccisa lo stesso? Certo che no, tutte le volte che mi aveva parlato di sua sorella, avevo sempre visto quanto l’amasse e quanto lo tormentasse il pensiero che non ci fosse più. Se però il pericolo fratello pazzo era scampato, non poteva che sorgerne un altro.
Cosa avrebbero fatto gli anziani se lo avessero saputo? Sicuramente non ci sarebbero passati sopra come se niente fosse.
Mi passai una mano sugli occhi sospirando, eravamo arrivati alla villa dei Van Damme.
Scesi da cavallo e aprii il cancello in ferro battuto spingendo l’animale dentro.
-Sembra che tu gli piaccia – dissi guardando Eve di traverso mentre affondava le mani nella sella cercando di non cadere – Sarebbe un bel problema se fosse il contrario, è tuo –
-Mio? – ripeté alzando un sopracciglio.
-Era di tuo padre – spiegai tirando l’animale per le briglie – E, visto che Vincent non è qui, suppongo sia tuo –
Lo legai contro il tronco di un albero che era rimasto ancora in piedi e l’aiutai a scendere.
Questa volta però non entrammo per niente, Eve rimase a guardare incantata la facciata della casa mentre io tracciavo le linee sul viottolo di marmo per aprire un portale.
Feci un passo indietro guardandolo di traverso, di solito i portali venivano aperti contro delle pareti ma non l’avevo visto mai disegnato a terra.
Sarebbe stato, letteralmente, come cadere nel vuoto.
-Hai mai oltrepassato un portale senza sapere di preciso dove andare? – chiese lei guardando scettica il buco nero.
-No – ammisi stirando le labbra – Ma c’è sempre una prima volta –
Allungai la mano prendendo la sua.
-  E se non dovesse funzionare? – ricominciò ma non le lasciai il tempo di finire.
Feci un passo avanti cadendo nel vuoto trascinandomela dietro.
 
Strizzai gli occhi per abituarmi alla luce.
Ci trovavamo in una stanza molto ampia illuminata da un’unica enorme finestra che si apriva su un piccolo balconcino di pietra.
Accanto alla finestra c’era un grande letto a baldacchino con le lenzuola bianche e una marea di cuscini, conoscevo fin troppo bene quell’abitudine.
Rimasi a guardarli come se non potessi credere che ci fossero davvero.
Spostai lo sguardo sul comò accanto a me quando lo vidi, lo stesso medaglione che portava Eve, solo con un monogramma diverso.
V.V.D.
-Ha funzionato … - dissi con un sussurrò – Ha funzionato davvero –
Eve mi afferrò per un braccio e mi trascinò contro una parete alzando un muro di fronte a noi.
-Cosa … -cercai di dire ma mi bloccai quando vidi la porta della stanza aprirsi, e rimasi di sasso.
Era davvero lui, dopo sette anni. Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che l’avevo visto.
Ora aveva i capelli leggermente più corti e si era alzato di parecchi centimetri.
Il viso era leggermente scavato e i lineamenti più marciati, sembrava stanco e le occhiaie nere che gli circondavano gli occhi lo facevano sembrare più adulto.
Avanzai un passo in avanti poggiando una mano sul muro, non potevo credere che fosse lì.
Aveva i capelli bagnati che gli ricadevano sugli occhi e indossava una camicia di cotone nera con il colletto aperto, aveva i piedi scalzi ma sembrava che il contatto con il marmo freddo non gli desse fastidio.
Si lasciò cadere sul letto passandosi una mano sugli occhi e rimase a fissare per qualche secondo il punto in cui ci trovavamo.
Quando distolse lo sguardo, feci un sospiro di sollievo.
Sapevo che avrei dovuto fare qualcosa, ma cosa? Non riuscivo a far altro che stare lì a fissarlo e a paragonarlo con il vecchio Vincent, sembrava ancora lo stesso.
Aveva lo sguardo fisso davanti a se e, quando creò una piccola sfera, rigirandosela tra le dita, stirai le labbra in una specie di sorriso.
Quella era una delle tante abitudini che aveva sempre avuto ma, da piccolo, non era bravo come adesso.
Una volta, quando aveva undici anni, la sfera gli sfuggì dalle mani e ruppe la finestra dello studio di mio padre; ovviamente la mamma si prese la colpa dicendo che aveva lanciato un portapenne perché aveva visto un ragno, Vincent le fu sempre grato.
Ora, invece, faceva muovere la sfera con agilità, come se fosse stata un prolungamento del suo braccio.
Racchiuse la sfera tra le mani e, quando le riaprì, la divise in tante sfere più piccole tutte allineate, sembravano quasi … proiettili.
-Stai giù! – urlai a Eve buttandola a terra mentre i proiettili colpivano il muro facendolo andare in mille pezzi.
- Stai bene? – le chiesi ansioso ma la mia domanda fu interrotta da una risata.
-Non posso credere cha siate venuti – disse Vincent inclinando la testa di lato – E io che volevo fare un’entrata scenica – continuò con disappunto.
Lo ignorai completamente e tornai a guardare Eve ma lei aveva occhi solo per lui.
- Logan, Logan – riprese guardandoci divertito – Pensavi davvero che non mi sarei accorto di una trovata così balorda? – Sembrava quasi offeso.
-E così sei tu la famosa umana –
Eravamo come pietrificati mentre lui sembrava divertirsi.
- Sinceramente ti immaginavo più minacciosa – fece con una smorfia guardandola – In quanto a te – continuò voltando la testa verso di me – Non pensavo fossi così stupido da venire fin qui, con i sigilli, per giunta – aggiunse aggrottando le sopracciglia.
-Cosa ti fa credere che non siamo venuti per una visita di cortesia? – feci brusco ma lui scoppiò a ridere.
-Visita di cortesia? – ripeté in tono ironico – Beh, non è stata una grande idea –
Rimase a guardami con le testa inclinata e mi sentii afferrare per la gola e sbattere contro un muro.
-Vuoi uccidermi? Fallo – gli sputai in faccia quelle parole con quanto più odio avevo e lui si rabbuiò.
-Non potrei mai fare questo a Tia – rispose senza però lasciare la presa.
-Tanto dovrai farlo lo stesso, no? Quando te ne sei andato sapevi che un giorno sarebbe successo –
-Ma non pensavo che ti saresti fatto ammazzare così facilmente – disse sconvolto – Dio mio, Logan, sei un guardiano –
-Beh, non mai pensato che un giorno mi sarei dovuto difendere da te – dissi cercando di allentare inutilmente la presa alla gola.
-Beh – riprese lui cupo – Avresti dovuto, fratellino –
Strinse ancora la presa e annaspai sgranando gli occhi.
-Penso che, adesso che hai di nuovo tua sorella, non sia più così – dissi a denti stretti.
La presa di dissolse di colpo facendomi cadere a terra in ginocchio.
-Cosa?! – fece lui sgranando gli occhi.
Saltò giù dal letto e si avvicinò sconvolto.
-In fondo un po’ vi assomigliate – continuai massaggiandomi la gola e mettendomi a sedere.
Lui spostò lo sguardo su Eve, la sua espressione era un misto di incredulità e rimorso.
Quando lo sguardo gli cadde sul medaglione che portava al collo, lo vidi sbiancare.
-Eve … - disse allungando la mano in avanti quasi con paura che si trattasse di un sogno e potesse svanire da un momento all’altro.
Non l’avevo mai visto così vulnerabile.
-Dovete andarvene – disse riprendendosi – Subito –
Mi afferrò per un braccio tirandomi su.
-Cosa … perché? – chiesi incredulo, ci stava cacciando?
-Il Signore Oscuro potrebbe accorgersi della vostra presenza –  si avvicinò alla parte senza degnarci di uno sguardo e aprì un portale.
Fece un passo all’indietro facendomi cenno di andare.
-Mi farò vivo io – disse guardandoci triste.
Presi Eve per mano e varcammo il portale.
 
Ci ritrovammo nello stesso punto da cui eravamo partiti.
-Come va? – chiesi con uno smorfia guardandola.
Lei aggrottò le sopracciglia. – Scherzi? Mio fratello ha appena scoperto che, dopo diciassette anni che mi credeva morta, sono viva e vegeta e ha provato ad ucciderti, per il resto direi che è andata bene –
Scoppiai a ridere poggiando le labbra sulle sue.
-Sono contento che sia andata bene – le sussurrai all’orecchio sorridendo.
Sciolsi il cavallo e montai in sella. – Allora, signorina Van Damme, che ne direbbe se tornassimo all’istituto? Penso che gli altri si siano già alzati e, non trovandoci, siano andati fuori di testa –
Lei rise e prese la mano, che le tendevo, salendo dietro di me.
 
Entrammo dall’ingresso principale, facendo meno rumore possibile, e cominciammo a salire la scalinata principale che portava alle camere.
Camminavamo in punta di piedi quando una voce ci paralizzò.
-Dove diavolo eravate finiti ?! – urlò Ariana fuori di se.
Si avvicinò a grandi passi incenerendoci con lo sguardo.
-Quando io e Axel ci siamo svegliati e non vi abbiamo visto, ci è preso un colpo –
-Eravamo in missione “Fai sapere al fratello cattivo che vuole ucciderti che sei sua sorella e che quindi non può ucciderti” – buttai là alzando le spalle e sentii Eve sghignazzare.
Ariana invece diventò dello stesso colore dei suoi capelli.
-Siete completamente impazziti?! Avrebbe potuto farvi del male se non peggio. Come diavolo vi è passato per la testa di andare nel palazzo del Signore Oscuro senza nessuna protezione e soprattutto da soli?!?! –
Noi rimanemmo a fissarla in silenzio.
Fece un respiro profondo calmandosi e ci rivolse un sorriso inquietante.
-Gli anziani hanno fatto una riunione d’urgenza, andiamo –
Girò sui tacchi e si incamminò verso lo studio di Aaron seguita a ruota da noi due.
Nello studio c’erano tutti e, quando entrammo, si girarono a fissarci.
-Bene, ora che ci siamo tutti possiamo iniziare – disse Aaron facendoci gesto di prendere posto.
-Si può sapere dove eravate? – chiese mio padre fulminandoci con lo sguardo mentre ci sedavamo.
- Eravamo usciti a cavallo – risposi con aria di sfida.
-Da soli? – continuò scettico.
-Ti crea problemi? –
-Non è il momento di litigare – si intromise Aaron cercando di calmare la situazione – Suvvia, Robert, sono giovani, lasciali divertire –
Mio padre sbuffò incrociando le braccia.
-Perché questa riunione? – cominciò Axel, aveva lo sguardo assonnato e sembrava essersi svegliato da poco.
-Il problema “Vincent” sta diventando sempre più pericoloso – rispose Miller – Le truppe del Signore Oscuro stanno continuando a forzare la barriera e primo a poi cederà –
-Cosa proponete di fare? – chiese Ariana mordendosi il labbro inferiore.
-Risolvere il problema alla radice – fece brusco mio padre.
Aaron sospirò. - Robert, ti prego –
-E cioè? – chiesi mettendomi dritto.
-Senza Vincent, il Signore Oscuro perderebbe tutto il suo potere, eliminandolo avremo qualche possibilità di resistere –
Mi paralizzai e sentii la sedia accanto a me stridere, Eve aveva gli occhi sbarrati e le unghie conficcate nell’imbottitura della sedia.
-Ti da fastidio la cosa? – fece mio padre con odio.
-Assolutamente – rispose lei fredda – Va tutto bene –
-Meglio così – riprese lui – Perché abbiamo intenzione di agire tra due giorni -
Gli altri guardiani ed io rimanemmo a bocca aperta.
-Proporrei di iniziare subito l’addestramento – propose sorridendo – Due giorni passano velocemente –
Venimmo congedati e mandati nelle nostre stanze a cambiarci mentre, gli anziani, rimasero nello studio, per discutere di come preparare l’attacco.
 
Non sapevo cosa fare, se toccarla o no.
Da quando ci eravamo ritrovati nel cortile per addestrarci, Eve non aveva detto una parola, aveva gli occhi ridotti a due fessure, puntati contro mio padre come se volesse incenerirlo e le mani strette a pugno, così forte, che le nocche erano diventate bianche.
- E’ un cretino – dissi per farle distogliere lo sguardo – Lo fa solo per irritarti –
-Hai sentito cosa ha detto – protestò lei.
Le presi le mani aprendogliele e fissando le ferite che aveva sui palmi.
-Sì, ma non devi farti del male per questo –
Lei scrollò le spalle.
-Ci siete tutti ?- fece Jacob alle nostre spalle, aveva un sorriso a trentadue denti stampato in faccia, e come dargli torto, non era mica lui che si stava addestrando per fare una missione suicida.
-Bene, non vedo l’ora di iniziare, questo sarà il primo allenamento a cui assisto e non vedo l’ora di vederti in azione – continuò rivolto ad Eve che fece un sorriso tirato – Anzi, perché non inizi tu? –
Lei roteò gli occhi e si incamminò verso il centro del cortile mentre io mi posizionavo di fronte a lei.
-Questa volta sarà un po’ diverso – disse mio padre facendomi spostare – Oggi vi allenerete contro di noi –
Sbiancai di colpo. – Cosa?! –
Potevo anche capire la cosa, ma non il fatto che mio padre combattesse con Eve, ci sarebbero andati giù in modo pesante.
-Non ribattere, Logan – mi richiamò lui – E poi ci saremo anche noi quando attaccheremo il palazzo del Signore Oscuro, quindi tanto vale che ci prepariamo –
Strinsi i denti e mi trascinai dietro Eve.
-Sta attenta – la ammonii quando le passai accanto.
-Oh, non mi farà del male – fece divertita.
-Non intendevo a lui –
Lei si morse il labbro inferiore annuendo e io mi allontanai di qualche passo, l’avevo vista all’opera e, anche se non ci andavo d’accordo, era pur sempre mio padre.
Prima che lei fosse pronta mio padre la colpì facendola finire a terra.
-Dovresti essere più attenta – fece creando un’altra sfera – I tuoi nemici cercheranno di prenderti di sorpresa –
Aveva ragione ma era stato comunque meschino e il fatto che sorridesse soddisfatto mentre lo diceva, non aiutava.
Eve si tirò su e mi padre la colpì più forte facendola andare a sbattere contro un albero.
Strinsi le mani a pugno conficcandomi le dita nei palmi e feci un passo in avanti quando il vento si alzò di colpo.
Sciolsi le mani girando la testa di scatto verso Eve e sbiancando, aveva le iridi completamente bianche e le mani rivolte verso l’esterno.
Indietreggiammo tutti di alcuni passi mentre lei avanzava con un ghigno inquietante.
Allungo le braccia in avanti e mio padre si sollevò in aria, era a circa cinque metri dal suolo, per un attimo nei suoi occhi comparve una scintilla di paura poi sorrise soddisfatto.
Eve strinse le mani e lui cominciò a contorcersi.
-Eve, smettila! – urlai cercando di farmi sentire.
Il vento si era alzato ed era diventato quasi impossibile reggersi in piedi. Avanzai a stento, ad ogni passo il vento mi colpiva sempre più forte e, quando le fui accanto, le gambe, ormai allo stremo, mi cedettero.
-Lo stai uccidendo! – urlai con tutta l’aria che mi era rimasta nei polmoni e il vento cesso di colpo.
Mio padre precipitò, privo di sensi, e il professor Morris arrestò la sua caduta appena in tempo.
Mi tirai su prendendola per le spalle. – Stai bene ?-
Lei però non mi guardava, si fissava le mani con gli occhi sbarrati.
-L’ho ucciso … - disse fuori di se.
-Eve, guardami – le presi il viso obbligandola a fissarmi negli occhi – Sta bene, non è morto –
-Stavo per farlo – ripeté con la voce strozzata – Sapevo che lo stavo uccidendo ma non mi sono fermata –
Lasciai cadere le mani lungo i fianchi.
Gli occhi le erano diventati lucidi e si portò una mano alla bocca vedendo il corpo di mio padre che veniva portato dentro, aveva dei tagli lungo tutte le braccia e i vestiti erano sporchi a di sangue.
-Devo andare – disse girandosi velocemente e correndo sul retro del cortile.
-Eve, aspetta … - dissi ma ormai era troppo lontana per sentirmi.
 
Eve
 
Mi chiusi la porta alle spalle lasciandomi scivolare a terra, non potevo credere a quello che avevo fatto.
Sin da quando ero arrivata, avevo sempre voluto dare una lezione a Robert ma arrivare a cercare di ucciderlo era troppo.
Aprii i palmi fissandoli, quando l’avevo colpito avevo sentito tutto, le ferite che si aprivano, i gemiti di dolore che cercava in tutti i modi di non emettere e il rumore delle sue ossa che si spezzavano tra le mie mani.
Avevo cercato di fermarmi ma era stato inutile.
Poggiai la mano sulla scrivania per tirarmi su e un fogliettino ripiegato cadde a terra, era scritto con una calligrafia ordinata e sottile, totalmente diversa dalla mia.
 
Ci vediamo a casa nostra alle 10:30
V.
 
Guardai di scatto l’orologio, mancavano solo trenta minuti.
Mi alzai velocemente ma, quando posai la mano sulla maniglia, mi fermai; dopo quello che avevo fatto non potevo certo uscire dall’ingresso principale senza che nessuno mi fermasse.
Percorsi a grandi passi la distanza tra la porta e la finestra e la spalancai uscendo sul balcone, da lì al suolo ci dovevano essere all’incirca dieci metri.
Mi misi a sedere sulla balaustra guardando scettica sotto di me, era una cosa folle ma dovevo uscire da lì.
Chiusi gli occhi serrando le labbra e mi diedi una spinta lasciandomi cadere nel vuoto, aprii i palmi delle mani e mi fermai a un metro dal suolo.
Tirai un sospiro di sollievo lasciandomi cadere sull’erba bagnata, dovevo smetterla di fare esperimenti in cui rischiavo la pelle.
Mi rialzai iniziando a correre, creai una folata di vento che mi sollevò sopra il cancello e mi fece atterrare dall’altra parte.
Sorrisi soddisfatta e ricominciai a correre.
 
Note dell’autrice:
 
Lo so, è tardi D: volevo aggiornare ieri ma poi mi sono messa a vedere un film in tv  e non ho fatto in tempo >.<
Sinceramente ero un po’ preoccupata perché avevo in mente di far finire il capitolo in un altro punto ma poi mi sono accorta che ero arrivata già a dieci pagine di word D: così mi sono fermata u.u
Finalmente si incontrano :3 dopo diciassette anni che la credeva morta, Vincent riesce a rivedere sua sorella…..e io la faccio andare via nemmeno dieci secondi dopo XD
Però mi sono ripresa alla fine con il fogliettino che le lascia in camera ;)
Ah, un’ultima cosa: non mi uccidete se il prossimo aggiornamento sarà uno spin-off >.< l’ho quasi finito di scrivere ed è l’ultimo.
Un bacione e a presto :)

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