L'adolescenza è una cattiva medicina da ingoiare

di GiuliaGranger
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** parte 1. Sara ***
Capitolo 2: *** parte 2. Marcus ***
Capitolo 3: *** Parte 3. Sara ***
Capitolo 4: *** Parte 4. Luca ***



Capitolo 1
*** parte 1. Sara ***


~~Cercava di riscaldarsi le mani indolenzite e infreddolite flettendo i tendini d distendendo per bene le dite per poi avvicinarle a coppa alla bocca e soffiarci dentro, ma niente. Alla fine se le ficcò in tasca esalando nuvolette di fumo dalla bocca, con la musica nelle cuffiette che le sfondava i timpani. Dopo un po' le sradicò letteralmente dalla presa del suo i-pod interrompendo così la canzone che stava ascoltando. L'autobus era in ritardo di dieci minuti e Sara diventava sempre più impaziente ed infreddolita. Odiava quella città quasi quanto l'amava: amava Roma per le sue bellezze culturali, per i negozietti, per  i cinema, per gli amici... per gli amori; ma allo stesso tempo la odiava, il caos e le giornate monotoni, la sveglia la mattina, la scuola... gli amori.
Già, amava e odiava lo stesso ragazzo. Spesso si chiedeva come questi due sentimenti potessero vivere insieme nella sua testa, entrando in collisione di tanto in tanto: quando lo vedeva, quando vedeva Marcus, le veniva di prenderlo a cazzotti e di baciarlo nello stesso momento.
Sara scacciò via quel pensiero con un gesto impaziente della mano. Non voleva, non doveva pensare a lui, adesso. Quando si riprese notò che l'autobus era appena arrivato e lei si infilò tra i due portelloni prima che la schiacciassero. Nessuno la notava lì dentro in quell'autobus pieno e sovraffollato di gente. Riattaccò le cuffiette e riaccese la musica.
Dopo un po' si fermarono alla fermata successiva e molta gente uscì, lasciando molti posti a sedere, ma ciò che vide, no, chi vide, la paralizzò lì al suo posto: Marcus era appena entrato con la sua fidanzata Adele, su quello stesso autobus e si sentì avvampare.
Si decise a ignorarlo, reggendosi all'asta accanto a lei con le mani sudate e, quando l'autobus partì di nuovo quasi scivolò via.
Un ragazzo che l'aveva notata, ridacchio accanto a lei. -Cos''hai da ridere tanto, tu?- gli chiese Sara fredda.
Il ragazzo smise di ridere subito e si scusò abbassando lo sguardo. Sara sorrise della sua gentilezza e si avvicinò a lui, cercando di non cadere e aggrappandosi ad un'altra asta, tendendogli la mano. -Piacere Sara.
Il ragazzo si decise a rialzare lo sguardo azzurro cielo oscurato da alcune ciocche castano chiaro che gli oscuravano gli occhi e ricambiò il sorriso. -Piacere Francesco- disse stringendole la mano in una presa salda e forte che le riscaldò il  palmo. -Non ti ho mai vista su quest'autobus, nonostante io ci salga quasi ogni giorno.
-Sì, lo so- Sara si sentiva a suo agio con quel ragazzo vicino: non aveva molti amici veri, e quelli che aveva si potevano contare sulle dita di una mano. Forse lui poteva entrare a far parte dei suoi amici, non troppo fidati, ce si contavano sulle dita dell'altra mano. -Questa è la prima volta che prendo quest' autobus- continuò lei, sistemandosi una ciocca di capelli rosso fuoco, che le era sfuggita dallo chinion, dietro all'orecchio destro.
Lui la guardò maliziosamente e le disse. -E spero che non sia l'ultima- le ficcò un foglietto con il suo numero scritto sopra e mentre usciva dall'autobus, mimò il gesto di telefonare qualcuno e le urlò. -Chiamami!
Sara si sedette al posto di Francesco con le gambe che le tremavano (non conosceva quel ragazzo, per quale motivo le aveva dato il suo numero? E cos'era tutta questa confidenza?), ma le sue domande, in quel momento, non trovarono risposta perché si rialzò quasi automaticamente per far sedere un'anziana signora che era rimasta senza posto a sedere. Le sorrise mostrando i denti gialli e alcune rughe più profonde si solcarono sulla pelle già striminzita, mentre mormorava un'infinità di grazie e Sara. Ora era lei a essere rimasta senza posto a sedere, ma poco importava: alla prossima fermata sarebbe dovuta scendere lei.
Quando Sara scese dall'autobus ringraziò mentalmente l'autista di essere arrivato lì senza fare incidenti: non saliva su un autobus da quando suo padre, Federico, un uomo di mezz'età, era morto in un incidente sopra un autobus che andò a sbattere in una galleria, di notte. Aveva sei anni e suo fratello Leonardo ne aveva quattro. Ricordava molto poco di lui, riusciva solo a evocare immagini indistinte e confuse di lui solo quando le leggeva le storie prima di andare a dormire, solo lui le leggeva perfettamente, e solo lui riusciva a rendere le storie più tristi divertentissime, solo lui riusciva a strapparle quella risata che era dedicata solo a lui, quella risata che solo lui riusciva a farle sgorgare dal petto... quelle risa che nessun altro era riuscito a tirarle fuori. Già, ora non rideva più così, a dire il vero non rideva quasi mai: dalla perdita di suo padre era diventata fredda e ostile con chiunque non la conoscesse e questo faceva scappare le persone da lei, e, se prima era timida e chiusa, ora lo era ancora di più. Poi sua madre si era rifidanzata, quasi sposata, con il suo patrigno Roberto, che aveva un figlio di diciassette anni, Sebastiano, un anno più grande di lei, che la aiutava e la confortava ogni volta che poteva. Adesso Sara aveva sedici anni e adorava leggere e scrivere storie, suo fratello quasi quattordicenne, quell'anno avrebbe fatto gli esami di terza media.
Sara si alzò sulle punte dei piedi per guardarsi intorno e capire da che parte dovesse andare, quando sentì una voce che la chiamava. -Hey, dolcezza- all'inizio non pensò che si trattasse di lei, ma, quando una mano le si posò sulla spalla e ripeté, capì. -Hey, dolcezza. Ce l'ho con te- disse sfilandole una cuffietta dall'orecchio e parandosi davanti a lei, la superava di una testa abbondante. -Ciao, io sono Roran- si presentò guardandola negli occhi, erano marrone scuro, e sembrava ci si potesse annegare dentro, contornati da lunghe ciglia scure. -Tu come ti chiami?
Le sue labbra si dischiusero involontariamente per poi parlare senza che lei glielo ordinasse. -Sara, piacere.
Anche lui le mise un pezzetto di carta in mano con il suo numero scritto sopra per poi scomparire così com'era comparso.
Sara si girò verso sinistra dimenticandosi di tutto e di tutti, del perché fosse lì, del pezzetto di carta con su scritto il numero di Roran che aveva ancora in mano, non appena li vide e il cuore le sprofondò un petto: Marcus si stava baciando con Adele. Non capiva perché le facesse questo strano effetto, ne era innamorata, sì, ma lui non le apparteneva.
Sara sentì le lacrime pungerle gli occhi, ma le cacciò via passandosi l nocche delle mani sugli occhi.
Alzò la testa cercando di mantenere un certo contegno e cominciò a camminare nella loro direzione per poi superarli per recarsi dal dentista. Niente, nenache un "ciao, come stai?", nulla, non la degnarono di uno sguardo.
Appena Sara passò accanto ai due che si stavano abbracciando, lei poté giurare che Marcus la stava fissando e per parecchi metri sentì il suo sguardo che le trapassava la schiena...
 

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Capitolo 2
*** parte 2. Marcus ***


l

Appena Marcus salì su quel maledettissimo autobus ebbe l'impulso di uscire e scappare via, oppure semplicemente, mandare via Adele e riuscire a parlare con Sara. Sarebbe voluto restare con lei, ma si tirò dentro Adele con uno sbuffo, forse per non farla ingelosire, ma la vista di Sara che gli voltava le spalle era insopportabile.

Si sedette accanto ad Adele ma, quando vide Sara quasi scivolare via dall'asta, ebbe l'istinto di alzarsi, afferrarla e asciugarle le mani, probabilmente sudate. Quando, invece, vide quel ragazzino ridere sfacciatamente di Sara avrebbe voluto prenderlo a pugni e, infine, quando Sara gli si è avvicinata ha provato una fitta di gelosia: perché a quel ragazzino, che probabilmente non conosceva, gli dava più attenzioni che a lui? Ma Sara non gli apparteneva e lui lo sapeva bene.

Sara forse non se ne accorgeva, neanche Adele se ne rendeva conto di quanto notasse quella ragazza con i capelli rosso fuoco ricci, con gli occhi grandi e verdi con le sfumature azzurre, più di chiunque altra. Lei che portava vestiti grandi e scuri sul corpo minuto; forse era per la sua altezza, da 1.54 metri, che nessuno la notava. Era una delle meno popolari della scuola, che gli aveva rubato il cuore. Spesso Marcus si fermava a notare i suoi occhi, la loro sfumatura azzurra, la loro forma a mandorla, o si fermava a notare anche la forma dolce del duo naso dove c'era una spruzzata di lentiggini, o si fermava a contemplare le sue labbra rosee e carnose.  A volte immaginava com'era poter toccare quella pelle pallida e diafana, la immaginava come se fosse carta, che non si dovesse stracciare...

-Hey, dormiglione. Cos'hai? Oggi non sei molto presente- Adele sghignazzava con la sua solita voce nasale.

Marcus si costrinse a fare un sorriso forzato e mentì. -Niente, piccola- la strinse a sè e i capelli di Adele gli solleticarono il naso, solo Dio sa quanto avrebbe voluto che quei capelli fossero stati di Sara.

Quando il ragazzo che stava parlando con Sara uscì, Marcus tirò fuori il fiato che non di era accorto di star trattenendo e la morsa gelata che gli attanagliava il petto, si sciolse all'altezza della bocca dello stomaco.

Sospirò e si concesse un sorrise che lo fece sentire meglio.

Vedeva Adele che gli parlava, ma non afferrava il senso delle parole. Piano, piano il volume della voce di lei gli arrivò alle orecchie e Marcus comprese le parole. -...Siamo arrivati- si affrettò  ad alzarsi e ad uscire e fu sollevato quando vide uscire anche Sara... che fu subito affiancata da un ragazzo di circa diciassette anni che le mise in mano un foglietto.

Fu di nuovo assalito da una feroce gelosia che però si dissolse quando le labbra di Adele incontrarono le sue.

Marcus si riscosse dai suoi pensieri e rispose a quel bacio, non sapeva perché lo faceva, gli piaceva Adele, sì, ma era anche innamorato di Sara; Adele era la più popolare e la più bella, lui era sempre stato con ragazze del genere, non avrebbe mai pensato di potersi innamorare della meno popolare della scuola, l'aveva notata il primo giorno di scuola media e una strana sensazione si impossessò di lui, ma non la riconobbe. Quando, alzandosi in punta di piedi, riuscì ad appendere il cappotto al piolo più basso dell'appendiabiti, la notò quando si sedette all'ultimo banco in fondo all'aula, con i capelli rossi raccolti in una treccia ordinata, nascosta da tutti che erano più alti di lei... eppure lui l'aveva notata, si era accorto di lei nella mensa, lei l'unica che mangiava il cibo schifoso della scuola senza lamentarsi, gli ha fatto venire anche a lui la voglia di mangiare. Si era accorto di lei come di nessun'altra a questo modo. Eppure stava baciando Adele...

Quando Sara passò davanti a loro due, abbracciò prontamente la sua fidanzata riuscendo, in questo modo, a veder passare Sara davanti a lui. Continuò a guardarla per un po', poi chiuse gli occhi e sospirò silenziosamente. A quel punto a Marcus venne in mente un'idea, folle ovviamente, ma era sempre meglio della voragine che si sentiva in petto. Mise un braccio attorno alle spalle di Adele e insieme si avviarono verso la piazza dove abitava sua madre e i genitori di Adele.

Seguirono Sara per un po', ma Adele non sembrò accorgersene perché blaterava di cose senza senso come la sua nuova piega dei capelli, ma Marcus non la stava ascoltando, lui pensava a Sara e la seguiva con lo sguardo. A volte gli capitava di  rispondere a monosillabi alle affermazioni di Adele sui gossip della scuola, lui aveva sempre odiato i gossip!!!

Ad un tratto Sara attraversò la strada e Marcus si riscosse dai suoi pensieri: non doveva, non voleva, perderla di vista. Voleva sapere dove si stava dirigendo. Sara si diresse verso un palazzo. Marcus era confuso: conosceva quel posto come le sue tasche e in quel palazzo non abitava nessuno che Sara potesse conoscere e di conseguenza incontrare: in quel palazzo abitavano solo persone anziane. Forse ci abitava un suo parente che lei andava a trovare? Poco probabile. Marcus la vedeva ogni venticinque del mese andare là da qualche tempo, accompagnata dalla mamma. Poi l'illuminazione: vide Sara poggiare il piccolo dito sul citofono... del dentista! Ma certo! Che stupido che era stato a non pensarci subito. L'aveva visto sin dall'altra parte della strada perché occupava mezzo citofono se non di più. E lui sapeva quando ci andava. Si meravigliò di se stesso per quanto si accorgesse di quella ragazza!!

Mentre Adele continuava a parlare il cervello di Marcus lavorava e la sua mente gli produceva delle immagini che, quando sbatteva le palpebre, vedeva nitide dietro le palpebre, vedeva se stesso seguire Sara, lì per quei vicoletti le avrebbe toccato il braccio o avrebbe agitato le braccia per attirare la sua attenzione e...

E poi? Che avrebbe fatto? Avrebbe avuto il coraggio di parlarle? O sarebbe rimasto in silenzio e sarebbe filato dritto? E se...

Non fece neanche in tempo a finire di formulare il pensiero che andò a sbattere contro un palo...

Sentì appena la voce di Adele che gli diceva -Oh, poverino. Ti sei fatto male? Andiamo a casa a metterci il ghiaccio!-, il suo sguardo era rivolto a Sara che sorrise di lui e il suo cuore gli sprofondava nel baratro. Quella ragazzina! Come osava ridere di lui??? Marcus spazzò via il pensiero di seguirla e decise che si sarebbe dimenticato della sua esistenza! Ma ci sarebbe riuscito? Prese Adele per le spalle e premette le labbra contro le sue con forza e poi si staccarono. Sara era sbiancata. Marcus sorrise di soddisfazione davanti al suo sgomento prima di infilare una mano sulla vita di Adele e incamminarsi verso casa...

 

 

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Capitolo 3
*** Parte 3. Sara ***


L

Appena uscì dallo studio dentistico dovette maledire gennaio, il suo brutto tempo e se stessa per non essersi portata l'ombrello. Bé, almeno il suo giacchetto aveva il cappuccio.

Prese l'autobus e, per fortuna, lì non conosceva nessuno, né aprì bocca con nessuno. Fu un ritorno un po' deprimente.

Arrivata davanti casa aprì la porta della villetta con le sue chiavi che, per colpa del suo patrigno, avevano fatto più visite alla lavatrice accesa nella tasca dei suoi jeans che nella toppa del portone di casa. Si chiuse la porta alle spalle e abbandonò lo zaino di scuola, con i libri delle lezioni del sabato mattina , accanto alla porta e, senza neanche levarsi il giacchetto, si fiondò in camera sua e si chiuse la porta alle spalle.

La casa era deserta... se non fosse per Sebastiano che era nella camera accanto alla sua, malato di raffreddore.

I suoi genitori, con Leonardo, sarebbero tornati ad ore.

Si asciugò una lacrima, che si era accorta che le era sfuggita dall'occhio, con la mano: non voleva cominciare a piangere proprio adesso per Marcus, dopo essere stata così forte. Aveva avuto molto tempo nelle ore precedenti , non voleva mostrarsi debole proprio ora... e non voleva far preoccupare Sebastiano.

Poi avvertì un tonfo sordo fuori dalla sua stanza e, quando aprì di malavoglia la porta, trovò il suo zaino a terra con un bigliettino sopra. Riconobbe la delicata scrittura di Sebastiano e lesse: "Se hai dei compiti da fare, falli. : ricordati che domani andiamo a pranzo fuori. Se hai bisogno di me per... lui, chiamami."

Sara sapeva a cosa si riferiva Sebastiano, cosa significava quel "per.. lui": voleva dire "se ti senti male per Marcus", "se piangi per Marcus" e tutte cose così.

Si asciugò un'altra lacrima e portò dentro lo zaino richiudendo la porta. Sebastiano era così gentile con lei: da cinque anni ormai lui la consolava e la confortava quasi ogni pomeriggio, cercava di non farla soffrire per Marcus... ma inutilmente. Sara quotidianamente, piangeva.

Quasi ogni pomeriggio piangeva per lui, poi, senza neanche accorgersene, si ritrovava tra le braccia di Sebastiano che cercava di consolarla. Questa storia andava avanti da cinque anni. Cinque lunghi anni in cui Sara sapeva di avere bisogno di lui, ma non sapeva come ripagarlo: lui non aveva mai avuto così tanto bisogno di lei, quanto di lei per lui.

Si sedette alla sua scrivania e cominciò a fare i compiti, le piaceva fare i compiti, almeno la distraevano dai problemi della vita reale.

Dopo circa quattro ore e mezzo aveva fatto i compiti per lunedì, martedì, mercoledì e giovedì mangiando solo un panino per pranzo.

Nell'istante in cui alzò la testa dal libro di inglese su cui stava facendo i compiti entrarono sua madre, Leonardo e Robert.

Wow, non aveva pianto per tutta la mattinata e tutto il pomeriggio, sorrise per scacciarsi il pensiero che, tanto la tormentava, dalla testa.

Uscì di corsa dalla sua stanza sorridendo, quasi ridacchiando, e corse in corridoio fiondandosi tra le braccia di sua madre e le schioccò un bacio sulla guancia.

-Sara! Sei felice oggi! Che bello! Ho una sorpresa per te...- disse in fare misterioso. Tirò fuori dalla borsa un pacchetto della Feltrinelli.

Sara fece un urletto eccitato portandosi le mani alle labbra poi afferrò il pacchetto con mani tremanti sradicandolo letteralmente dalla presa salda di sua madre e lo scartò, curiosa, troppo  velocemente lasciando cadere incurante la carta a terra.

Rimase in mano con un libro, IL libro. Un urlo involontario di gioia le scappò dalle labbra. -COLPA DELLE STELLE!!!! Grazie mamma!!!!- La madre, Laura, di non averla mai vista così felice. Sara le saltò al collo in un abbraccio fortissimo, quasi doloroso. Poi si rifugiò in camera senza neanche dare alla madre il tempo di rispondere.

Chiuse la porta con uno scatto e si mise a leggere. Era felice, felice davvero, dopo tanto tempo.

Sebastiano si affacciò dalla camera, dopo aver ascoltato tutto il discorso, con un sorrisetto compiaciuto e divertito allo stesso tempo.

Oggi non avrà bisogno di me per...lui. Pensò infine prima di richiudere delicatamente la porta.

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Capitolo 4
*** Parte 4. Luca ***


p Lo guardava mentre aveva uno sguardo perso fuori dalla finestra. 
Lì fuori , la finestra di fronte alla sua, c'era la finestra di Sara.
Sara! La sua vicina di casa. Non ci aveva mai parlato. Andavano a scuola insieme, ma non credeva che lui l'avesse mai notato: lei aveva occhi solo per Marcus... che adesso era a casa sua.
Si avvicinò allo stipite della finestra, esattamente di fronte al suo migliore amico.
Vagava con lo sguardo fuori dalla finestra, ma i suoi occhi si soffermavano sempre un secondo di troppo sulla finestra di Sara.
Tra Luca e Marcus gravava un silenzio penoso e carico di dolore. Non sapeva perché, ma sentiva che c'era dolore nel suo sguardo, sembrava aver subito la più profonda delle prese in giro.
Mentre Luca vagava con lo sguardo sul muro della villa e i suoi occhi si soffermavano  sulla finestra di Sara, questa entrò nella sua stanza con un libro in mano e, cosa più spettacolare, sorrideva. Quando lo faceva i suo viso si illuminava. Sara si sedette sul letto e aprì il libro. Luca guardò Marcus per assicurarsi che non la guardasse e fece scivolare il suo sguardo su quella figura così minuta.
Restò lì per circa cinque minuti, la distanza tra i due amici sempre di più, quando sentì gli occhi di Marcus vagare per il suo viso. Luca si affrettò a distogliere lo sguardo sperando che non si fosse accorto dove puntavano i suoi occhi. Ma era troppo tardi: Marcus aveva già individuato la traiettoria del suo sguardo  incrociando la finestra che stava osservando Luca ed era diventato bianco come un cencio, gli occhi sbarrati.
Che strana reazione che ha avuto Pensò Luca, mentre l'amico si allontanava a passi piccoli dalla finestra.
Luca lanciò un ultimo sguardo rattristato alla finestra, riluttante ad andare via, prima di seguire Marcus sul divano.
Luca gli si sedette accanto mettendogli un braccio attorno alle spalle mentre l'amico affondava il viso nelle mani. Posò per un secondo lo sguardo sui libri ancora aperti sul tavolino del salone, quei libri su cui avrebbero dovuto fare i compiti, ma ai quali Marcus non si era neanche avvicinato. Non sapeva perché ci aveva pensato, forze il vedere Sara che faceva compiti su compiti l'aveva influenzato e avrebbe preferito vedere loro due seduti al tavolo a studiare piuttosto che consolare un amico di cui non conosceva neanche il problema. Luca, infatti, si sentiva così impacciato, così goffo. Fu in grado solo di battergli una mano sulla schiena e chiedergli con molto poco tatto -Cosa ti ha fatto Sara di male?- Lo chiese quasi arrabbiato, perciò tossì per schiarirsi la voce per poi continuare a parlare con più "dolcezza". -Senti. Non so cosa ti abbia fatto, e neanche mi interessa, ma..
-Lei non ha fatto nulla!- Lo disse, non arrabbiato, infuriato, Marcus che aveva interrotto a metà frase l'amico lasciandolo con la bocca spalancata. Continuò a parlare quasi urlando, ma non sembrava arrabbiato, emanava solo una grande fragilezza mai vista da quel ragazzo che sembrava sempre così forte. -Sono stato io lo stupido. Sono stato io. Ho avuto il buon senso di innamorarmi di Sara, senza neanche che me ne accorgessi e di credere che lei ricambiasse i miei sentimenti. Ma mi sono accorto che non tutte cadono ai miei piedi. Sono fragile... e sono un codardo: non ho il coraggio di diteglielo, né di ammetterlo a me stesso, non ho il coraggio di dirlo ad Adele...
Questa volta fu Luca ad interromperlo alzandosi in piedi e inveì contro di lui -Amare non significa debolezza, né tanto meno fragilezza. Anzi ci vuole coraggio anche solo ad innamorarsi di qualcuno. Amare è una grande responsabilità, significa fiducia. Ma tu non ti fidi neanche di te stesso e dei tuoi sentimenti. Ne sarai anche innamorato, ma non sei pronto ad assumerti questa responsabilità. E poi è vero che non tutte cadono ai tuoi piedi.- Luca si risedette, sfinito. Guardò Marcus che annuiva a se stesso automaticamente. Aveva alzato la testa e aveva notato che lacrime di impotenza scivolavano sulle sue guance e aveva gli occhi gonfi di pianto. Da quando lo conosceva, non l'aveva mai visto piangere.
-Sì, sì, è vero. Non sono pronto. Ma soffro per lei perché la desidero.- Gli sfuggì un singhiozzo. -Non so perché te ne ho parlato. Volevo solo sfogarmi e sentirmi dire la cosa giusta, la verità. E tu me l'ahi detta, perché tu solo potevi aiutarmi. Grazie. Ti voglio bene. Sei un grande amico. Ma ti vorrei fare una domanda. Sara piace anche a te, vero? Lo vedo come la guardi e come ne parli, come se fosse un angelo a cui sono state tolte le ali. Te l'ho detto anche perché lei piace anche a te. E non negarlo.
-No, infatti non lo nego. Lei mi piace- ammise annuendo Luca. Però non avrebbe detto a Marcus che Sara era innamorata di lui. Non l'avrebbe tradita, non avrebbe detto a nessuno quello che sapeva. O Marcus se ne accorgeva da solo, o sarebbe rimasto nell'ignoranza, si ripromise in seguito. -Scusami se ti ho detto quelle cosa, ma...
-No, non scusarti. Io me le volevo sentir dire. Me l'ero già detto alcune volte, ma volevo che qualcuno me lo confermasse. E tu l'hai fatto; involontariamente, certo. Ma l'hai fatto. Te ne sono grato. Sei sempre stato il migliore.
Marcus gli batté una mano sulla spalla e si avvicinò alla porta di casa e si infilò il cappotto prima ancora che Luca potesse fare qualcosa, facendolo restare di sasso. Aprì la porta e, senza neanche salutare l'amico, scomparve nell'oscurità di quel buio pomeriggio.
Luca buttò le gambe sul divano e accese il televisore ad Italia 1. In TV trasmettevano "Aspirante Stregone". Quel film piaceva abbastanza tanto a Luca. Cominciò a guardare il film senza neanche accorgersi che fuori aveva ricominciato a piovere.

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