Ti amo in tutte le lingue del mondo

di AlfiaH
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Te amo ***
Capitolo 2: *** Te quiero ***
Capitolo 3: *** jeg elsker deg ***



Capitolo 1
*** Te amo ***


Te Amo


Le dita callose del condottiero scendono lente sul suo petto ed indugiano sulla sua spalla, lo lasciano nudo davanti ai suoi occhi.
Germania sospira, il suo corpo trema appena sotto quei tocchi fin troppo delicati, snervanti; rendono la situazione ancora più umiliante.
« Non trattarmi come una delle tue donne ».
Mormora, mischiando la sua lingua a quella pura, ma non è sicuro che il romano abbia capito, spera soltanto che il suo tono non gli sia sembrato troppo pietoso.
« Sei bello, Germania. Più bello delle mie donne ».
La sua voce lasciva e bugiarda gli accarezza i timpani, la mano del latino ora è tra i suoi capelli e scivola fluida  sulla sua schiena, non bada alle cicatrici, si ferma tra le sue natiche.
Il barbaro chiude gli occhi quando sente l’erezione dell’altro premere oscenamente sulla sua coscia.
Nessun pudore, nessuna vergogna, nessun rimpianto.
Quegli occhi languidi divorano il suo corpo, li sente su di sé e si chiede perché non lo prendano subito invece di tentare di rubargli anche l’ultima stilla di dignità.
È ciò che desidera di lui, dopotutto, e Germania sa che non potrà mai essere più di questo.
Glielo sussurra all’orecchio il condottiero, ogni volta, gli ripete quanto ardentemente lo desideri, quanto fervidamente brami il suono estasiato delle sue grida.
Dice di amarlo ma il suo amore è banale, non è diverso da quello concesso ai suoi amanti; Germania lo odia.
Lo odia ma è tutto ciò che c’è tra quelle mura, tutto ciò che può sentirsi dire.
Un bugiardo e doloroso “Te amo”.

#Angolo della disperazione

Ebbene, ci ho messo un po' a scegliere la pairing ma alla fine eccone una delle mie preferite!
Ringrazio chi ha messo la storia tra le seguite e chi ha speso un po' di tempo per recensire, ve ne sono grata!
Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia, si accettano suggerimenti!
 

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Capitolo 2
*** Te quiero ***


Te quiero
 
« Correte ad iscrivervi ad un corso di flamenco, ragazzi », aveva esordito suo nonno, spalancando la porta, « quest’estate si va a Madrid! » Ed aveva sventolato quei tre biglietti aerei sotto i loro occhi, felice come una pasqua.
Inutile dire che Feliciano gli era subito saltato al collo con un sorriso che andava da un orecchio all’altro, ma, d’altro canto, quel ragazzo avrebbe avuto la stessa reazione se gli avessero detto che era pronta la pasta.
Incredibile, davvero.
Ancora più incredibile era stata l’idea del vecchio – guai a chiamarlo così in sua presenza – che era finito sul serio per iscriverli ad un corso accelerato di tango che, come minimo, sarebbe durato fino al giorno prima della partenza.
Il fatto poi che non sapesse distinguere il tango dal flamenco la diceva lunga sul suo immenso interesse per la capitale spagnola, o per la Spagna, in ogni caso.
La domanda, dunque, gli era sorta spontanea.
 
« Che cazzo ti è saltato in mente? »
 
« Ah, Romano, Romano! La Spagna è la patria della passion! E delle belle pollastre! »
 
Allora gli fu tutto chiaro.
 
Non gli era rimasto altro che schiaffarsi una mano sul volto (e una su quello di suo fratello, per sicurezza) e sospirare sonoramente, rassegnato.
Avrebbe dovuto opporsi ma in verità la trovata non gli dispiaceva più di tanto.
Fino a tre mesi fa.
 
Poi aveva conosciuto Antonio. Il più irritante, disgustoso, peloso, stupido, bastardo, - aveva già detto irritante? -, insegnante di tango che avesse mai conosciuto.
Oddio, forse era l’unico.
L’aveva preso sottobraccio dal primo momento e non l’aveva lasciato più andare, letteralmente. Vani erano stati i suoi tentativi di rimorchiare la bella bionda che tutte le sere “veniva a dare una mano” allo spagnolo. La verità è che lo spagnolo la mano la dava a lui, direttamente sul suo sedere.
Suo nonno lo trovava terribilmente esilarante.
Eppure era sempre così travolgente ballare con lui, gli piaceva, quasi. Quasi.
Fortunatamente quella era l’ultima lezione, l’ultima volta che avrebbe visto quel maniaco, e non ci avrebbe più pensato.
Le pareti del suo cervello erano bombardati da migliaia di sospirati “finalmente”.
 
« Antò », ringhiò, « leva quella cazzo di mano dal mio culo ».
« Non posso, Lovi, devo trasmetterti ciò che sento. Questa è l’ultima volta che ci vediamo ».
Gli sarebbe parso addirittura triste quello sguardo se l’avesse osservato meglio e non si fosse lasciato distrarre da quelle braccia – tentacoli – che lo avevano stretto con passione, facendo pericolosamente strusciare i loro bacini.
« Lo sento anche troppo », aveva sibilato, allungandogli una ginocchiata nello stomaco che venne intercettata dall’ispanico che subito gli allacciò la gamba attorno alla propria vita, avvicinando il viso al suo.
 Sussurrò qualcosa in spagnolo ma lo scrosciare degli applausi che sanciva la fine della danza coprì la sua voce. “Bisogna sempre farsi un applauso di incoraggiamento alla fine di una prova, perché siete sopravvissuti e dovete essere fieri di voi stessi”, aveva detto la prima volta ai suoi allievi, in modo quasi sadico.
« Non ti capisco », scandì bene le parole di modo che l’altro potesse afferrare il concetto e si defilò in fretta, incrociando il più anziano dei Vargas proprio sulla porta, l’aria sognante, una busta tra le mani.
 
« Oh, Antò! Ho un regalo per te! Che vorresti venire con noi in Spagna? Per ringraziarti dell’aiuto! Tanto ci serve qualcuno che capisca la lingua! »
 
Il suo “no” non fece in tempo ad uscire dal suo cuore ed a percorrere la trachea che un braccio gli circondò le spalle, facendolo rabbrividire.
 
 « Te quiero ».
 
Questa volta, purtroppo, aveva capito.
 
 
#Angolo della disperazione

E niente, avevo voglia di fare questa raccolta ed eccola qui!
Suggerimenti bene accetti <3
Fuggo a guardare Tomorrow People!
*sparge biscotti*
 

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Capitolo 3
*** jeg elsker deg ***


 Jeg elsker deg
 



« Hey Norge! »
 
Era la voce strascicata e squillante del danese sbucata alle sue spalle comodamente adagiate sulla morbida poltrona. Non rispose al richiamo ma ciò non sembrò scoraggiare la voce.
 
« Norge! Sai che giorno è oggi? »
 
Tentò di ignorarla, di confonderla tra l’inchiostro scuro del suo amato libro, ma il timbro di Danimarca non era certo paragonabile a quel leggero brusio che ogni tanto si poteva sentire in biblioteca tra gli scaffali più nuovi e le scrivanie più attrezzate dove a volte si ritrovavano i giovani.
No, non aveva proprio niente a che vedere con un breve e discreto chiacchiericcio. Era più simile a quelle trombette da stadio, piuttosto.
Nonostante ciò si limitò a sospirare debolmente senza degnarlo di uno sguardo o una risposta, serbando in cuor suo la flebile speranza di essere lasciato in pace almeno per la fine di quel capitolo.
Che povero, piccolo illuso.
 
« Dai, so che lo sai! Fai l’indifferente per tenermi sulle spine, eh? »
 
Allora Lukas sospirò di nuovo, stavolta più rumorosamente.
Chiuse il libro e lo adagiò sulle ginocchia, il segnalibro tra le pagine, sollevò lo sguardo seccato e sibilò un lento “che cosa vuoi?”, attento a scandire bene le parole per lasciar intendere anche il poco gentile “smamma” che si era premurato di omettere per non sprecare troppo fiato in una conversazione pressoché inutile.
 
« E’ il mio compleanno » gli ricordò l’altro con un sorrisetto sulle labbra ed il petto gonfio di orgoglio. L’espressione fiera che aveva, poi, era del tutto fuori luogo e Norvegia la trovava irritante – come il resto di quella persona, d’altra parte. « Quindi voglio un regalo » decretò infine dopo una breve pausa.
 
In tutta risposta il fidanzato si alzò insieme al suo bel romanzo e lo superò, lasciandolo interdetto. La risposta che gli diede non gli piacque per niente.
 
« Nessun regalo. Sei grande ormai. Se desideri qualcosa, esci e vai a comprarlo ».
 
Beh, i riflessi di Mathias erano veloci, certo, ma quando si affrettò ad afferrare quella nazione dal cuore ghiacciato, quest’ultima gli scivolò via dalle mani come il ghiaccio, appunto.
 
« Quello che voglio io non si può comprare! » replicò, e per un attimo a Lukas sembrò che volesse battere anche i piedi per terra. E l’avrebbe fatto, se fosse stato necessario.
 
« E sentiamo. Cosa vuoi? »
 
« Un bacio e un “ti amo” ».
 
Sorrise.
E come il sole scioglie la neve anche quel sorriso sciolse il cuore del norvegese; solo un po’, però.
 
« Sono due regali » .
 
« Dimmi che mi ami ».
 
Gli occhi di Danimarca gli sembravano più belli quando, di tanto in tanto, diceva frasi del genere, più belli davvero. Lukas aveva perso lo sguardo e la testa in quelle pozze blu, gli aveva poggiato una mano sul petto e si era alzato sulle punte; poi un bacio.
Uno piccolo, sulle labbra, che lasciò Mathias stordito, felice e con un piccolo brusio da biblioteca nelle orecchie che imbarazzato ripeteva “jeg elsker deg”.
 
 
#Angolo della disperazione

Questa volta è stata una piccola DenNor in onore del compleanno di Danimarca - che è passato da un po' ma fingiamo che non sia così - <3
Ebbeh, sono tornata più potente che mai! *sparge amore*
Sono aperta a richieste <3 
Grazie a chi ha letto fin qui!
AlfiaH.
 
 
 
 
 
 
 
 

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