Salvami...

di Manry
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la mia vita ***
Capitolo 2: *** tutto ma non questo ***



Capitolo 1
*** la mia vita ***


“Si sono ubriaco e allora?”

Una voce di un’ uomo adulto echeggiava nelle stanze di un ’appartamento situato al secondo piano di una palazzina appena fuori dal centro della città.

Urla.

Nella casa non si sentiva altro che urla…urla di uomo e urla di donna. Le voci del padre e della madre di Nelly.

La ragazza se ne stava chiusa nella propria camera con le cuffie alle orecchie ma nonostante tutto continuava a sentire quel rumore, non cera modo perché lei non lo potesse sentire. Si rannicchio su se stessa portandosi le ginocchia al petto appoggiandovi su il mento.

Fissava il muro davanti a lei e nonostante cercasse di reprimerla una lacrima le rigò il volto.

Se l’ asciugò in fretta per non correre il rischio che qualcuno la vedesse.

Lei non voleva piangere, non voleva essere così debole…a 18 anni ancora a piangere…no, era ridicolo…era sbagliato.

Era sbagliato per tanti motivi…lei non era più una bambina e come tale non poteva farsi coinvolgere così dai litigi dei genitori giusto? Era una questione che non la riguardava , loro erano liberi di rovinarsi la vita come meglio credevano perciò…lei non doveva preoccuparsi, non doveva lasciarsi travolgere dagli avvenimenti.

Lei era forte…si, lei era forte…o almeno cercava di convincersi di esserlo.

Continuava a ripetersi nella mente che lei c’era abituata a quelle situazioni, che ormai ci aveva fatto l’abitudine.

Bastava non pensarci, fare finta di niente…era facile!

Ma se era così facile allora perché voleva piangere? Perché sentiva il bisogno di sfogarsi, di urlare ai sui genitori di smetterla di comportarsi come dei bambini?

…Perché non lo faceva?…

Paura.

Lei in fondo aveva paura della possibile reazione del padre, la maggior parte delle sere ubriaco, e di quella della madre, che spesso e volentieri si sfogava su di lei, l’unica persona che avesse a portata di mano in casa.

Quante volte aveva detto che se ne sarebbe andata appena in grado di mantenersi da sola? Quante volte aveva progettato il suo futuro lontano da quella maledetta casa?

Tante…troppe…e alla fine cosa aveva combinato di reale? Niente, era ancora li, con i suoi pensieri nella testa e le urla nelle orecchie.

Si ripeteva sempre che se mai avesse avuto figli si sarebbe impegnata con tutta se stessa per non fargli provare neanche per un piccolo istante quello che lei stava provando ormai da parecchi anni….dover arrivare a sera con l’ansia di dover assistere ancora una volta a un litigio.

Ormai si poteva dire che avesse sviluppato un certo sesto senso per questo. Non sapeva bene spiegarsi come ma cerano certe sere in cui sentiva che al rientro del padre sarebbe scoppiata l’ennesima lite. Si sentiva lo stomaco vuoto e il cuore prendeva a battere più velocemente per l’ansia.

Non le piaceva quella sensazione…

Nelly sussultò quanto il rumore di una sporta sbattere violentemente la sorprese.

Il silenzio era calato nuovamente nella casa, come prima che il padre rientrasse dal lavoro.

Fece passare mezzora prima di avere il coraggio di aprire la porta della sua camera per uscire.

I genitori se ne erano andati a letto e adesso la casa era desolata e silenziosa.

Non voleva incontrare i genitori dopo che questi avevano litigato, non avrebbe saputo come comportarsi. Far finta di niente o mostrare il suo disappunto e la sua agitazione?

Andò in cucina e prese un bicchiere d’acqua prima di poter finalmente andare a letto.

Si distese sotto le coperte verde acqua e chiuse gli occhi.

Le piaceva dormire.

Primo fra tutti le piaceva perché lei era una vera pigrona, lo doveva ammettere, secondo perché poteva evadere dalla realtà, immaginarsi un mondo diverso, dove tutto andava bene.

Si addormentò con in mente ancora una volta l’immagine di un mondo dove lei potesse essere finalmente felice.

La mattina seguente fu svegliata dalla voce del padre.

Ecco che era tornata la normalità.

Le solite azioni…i soliti gesti…

Quando alla mattina si svegliava suo padre era tornata la persona mite che era quando non beveva.

Sembrava che non fosse successo nulla la sera precedente, il suo comportamento era tranquillo e allegro, scherzava e rideva.

Nelly sospirò. Come sempre doveva stare al gioco.

I suoi sentimenti in quel momento doveva metterli in secondo piano. Non poteva mostrasi giù…non poteva non avere voglia di parlare con nessuno o semplicemente di starsene da sola, perché se avesse mostrato una Nelly non allegra e spensierata le avrebbero chiesto che cosa avesse, che problema potesse mai avere.

A quel punto cosa avrebbe dovuto rispondere?

Non voleva assolutamente dirgli che il motivo per cui era già erano i continui litigi e non aveva ne la forza ne la voglia di trovare una scusa plausibile per il suo comportamento.

Più semplice…poteva fingere…ormai lo faceva da talmente tanto tempo che le veniva naturale nascondere il suo vero animo. Nessuno poteva dire cosa ci fosse celato realmente nel suo cuore… perché a nessuno lei lo aveva mai aperto.

Cosa avrebbero potuto capire gli altri dei suoi problemi? Cosa ne potevano sapere loro di quello che lei sentiva?

Anche se ne avesse parlato cosa ne avrebbe ottenuto?

Un abbraccio…parole di conforto…un sorriso…e poi? Lei di questo non se ne faceva nulla.

Un modo per non soffrire…questo voleva sentirsi dire.

Volva che qualcuno le dicesse come fare per diventare talmente distaccata da non provare più nulla, da non provare più nessun sentimento…perché lei veramente non ci riusciva.

Avrebbe rinunciato addirittura a provare sentimenti come l’amore e l’amicizia se con questi se ne fossero andati anche la tristezza e il dolore.

Salutò il padre e la madre poi uscì di casa.

Quello era il momento che preferiva di tutta la giornata.

Solitamente usciva piuttosto presto di casa per poter fare la strada per arrivare a scuola senza dover camminare in mezzo alla folla e al rumore.

Il vento freddo di inizio dicembre le faceva muovere i capelli e la gonna della divisa. Ogni tanto un brivido la faceva tremare e allora si stringeva ancora di più nel cappotto blu con lo stemma della scuola.

“hei Tompson” qualcuno da dietro le sue spalle la stava chiamando.

Si fermò e rimase ferma qualche istante prima di girarsi e vedere il volto della persona che aveva fatto il suo nome.

_-_-_-_

eccomi con il primo capitolo della mia seconda fic su ct. Ciò non significa che lascierò la prima a metà...sol oche ho avuto un periodo un pò...impegnato e non sono riuscita ad aggiornare...spero di poterlo fare presto. Ditemi che ne pensate di questa nuova fic mi raccomando ^_- !!!!!!

By Manry

22-12-2004

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Capitolo 2
*** tutto ma non questo ***


Dietro di lei una figura avvolta in un cappotto e in una sciarpa si avvicinava con passo calmo.

Da dove si trovava lei non si riconosceva bene il viso ma dalla voce aveva capito di chi si trattasse

“buongiorno Price” disse facendo comparire sul viso ,leggermente arrossato per il freddo, un sorriso.

Benjiamin Price, 18 anni, uno dei ragazzi più popolari della scuola nonché portiere della squadra e presto anche della nazionale giovanile , ne era certa. Questa era l’identità del ragazzo che l’aveva chiamata.

Erano in classe insieme fin dal primo anno delle scuole superiori ma non avevano mai avuto un rapporto d’amicizia che potesse ritenersi degno di quel nome.

“come mai in piedi già a quest’ora?” le domandò Benji calandosi ben in testa il cappellino con la visiera

“non ce un motivo particolare” rispose Nelly tornando a guardare la strada desolata davanti a se. Sul viso aveva un’espressione serena , da fuori sembrava una ragazza senza nessun problema.

Non aveva voglia di parlare, usciva a quell’ora appunto per non incontrare nessuno ma non voleva che i ragazzi si facessero di lei l’idea di un’associale ghiacciolo.

“e tu? Di solito sei sempre uno degli ultimi a entrare in classe” domandò voltandosi appena a guardare il volto del ragazzo

“Questa mattina mia madre era in vena di paternale quindi sono uscito per non doverla sorbire” disse dando un calcio a un sasso lungo la strada di asfalto.

Sul viso la solita espressione dura che lo aveva contraddistinto dagli altri ragazzi. Poche erano le volte che lo aveva visto sorridere.

Nelly fece segno di aver capito con il volto e rimase in silenzio.

Lungo la strada si sentiva soltanto il cinguettare degli uccellini sugli alberi e il rumore lontano, proveniente dalla strada principale, delle auto.

Nelly mentalmente invocava l’aiuto della provvidenza. Non sapeva più che dire…o meglio non aveva niente di appropriato da dire. Di domande ne aveva ma non voleva assolutamente sembrare importuna, infondo era già tanto che Benji sapesse il suo nome.

Era una ragazza come tante, che non spiccava di certo dal mucchio.

Non essere molto appariscente le consentiva di avere una vita scolastica piuttosto tranquilla, non aveva problemi con gli altri studenti e con i professori e di certo non se li sarebbe andati a cercare.

“senti” esordì Benji “il preside vorrebbe che noi della squadra di calcio svolgessimo un’attività socialmente utile” il suo tono era misto tra l’annoiato e lo scocciato, evidentemente più che un’ invito era stato un’ obbligo quello che aveva fatto il preside “ e mi ha indirizzato verso di te”

Nelly lo ascoltava senza capire però un gran che di quello che diceva…lei che centrava adesso?

Perché il preside aveva sempre quelle malsane idee? Non poteva limitarsi a pensare al bilancio economico della scuola come faceva la maggior parte dei presidi? Non gliene importava poi molto delle idee che gli venivano, poteva anche far costruire in mezzo al giardino della scuola una sua stata in mutande di bronzo per quello che le importava ma , perché coinvolgere lei? Che diamine poteva mai centrare con il club di calcio? A malapena sapeva chi ci giocava…

“cioè?” invitò poi il ragazzo a continuare sperando che il suo coinvolgimento si limitasse a qualcosa di puramente teorico o di ricerca.

“mi ha informato che il giovedì pomeriggio tu fai da babysitter a dei bambini….”

“educatrice” lo corresse

“cosa? Bhe certo educatrice è uguale…” fece senza importanza continuando poi la sua spiegazione

“ e vorrebbe che io ti dessi una mano” concluse

“cosa?” ma come gli era venuto in mente…mettere Benjiamin Price a fare da educatore a dei bambini di 6 anni…era impazzito! Già tremava alla visione delle madri dei bambini che la circondavano furenti dopo che i loro figli erano tornati a casa sparando una serie di parole degne di un film poliziesco di serie D…e poi…alla sola idea di dover passare tanto tempo assieme a Benjiamin si sentiva a disagio.

No, non voleva assolutamente fare quella collaborazione…doveva trovare una scusa per liberarsi da quell’impegno.

“bhe a dire il vero non so se si può…sai ..bisognerebbe fare una riunione con le madri...” buttò li sperando che il ragazzo mollasse…anche se il vero problema non era lui. Se si trovava il modo di evitare quella cosa lui sarebbe stato di certo il più felice…bisognava però convincere il preside…il che non era di certo una cosa facile…anzi ne era certa…sarebbe stato impossibile

“spiacente di deluderti ma hanno già trovato un ’accordo…io mi limiterò a insegnare ai bambini calcio ed a evitare che si ammazzino”

Le stava venendo un terribile mal di testa.

Ne era certa , non sarebbe riuscita a sostenere quella situazione.

Avrebbe finito con farsi odiare da Benjiamin, che sicuramente l’avrebbe trovata mortalmente noiosa, e avrebbe finito anche con l’avere dei problemi sia con il preside sia con qualche madre che si sarebbe ritrovata tra le mani un figlio con qualche parte del corpo rotta.

Sospirò…avevano deciso tutto senza prendere neanche in considerazione l’idea di chiedere la sua opinione, come al solito. Nulla di nuovo quindi …e come al solito decise di accettare senza obiettare, tanto non sarebbe servito a nulla e avrebbe sprecato energie inutilmente…e poi che differenza poteva mai apportare alla sua vita quella esperienza? La sua vita faceva già schifo…peggiorare era praticamente impossibile.

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