Una dolorosa scoperta

di metaldolphin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La maga ***
Capitolo 2: *** Sanji, perchè? ***
Capitolo 3: *** Nami, parlami... ***
Capitolo 4: *** Fate la pace o.... ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** La maga ***


Nell’inquietante buio della stanza, schiarito soltanto da poche candele, riflettevo sulla domanda che mi era stata appena posta.

Facevo lavorare il cervello al massimo delle sue capacità, alla ricerca della risposta più giusta da dare. Avevo una sola occasione e non potevo certo sprecarla: mi ero ritrovata in quella situazione praticamente per gioco, ma la faccenda si era fatta davvero seria.
L’anziana donna che mi sedeva di fronte aveva preteso un compenso davvero ridicolo ed avevo accettato senza pensarci due volte. Ma adesso, posta davanti al cruciale dilemma, ero incerta sul da farsi.

“Quale momento della vita passata vorresti rivedere?”

Era tremendamente difficile, c’erano tanti momenti che avrei voluto rivivere e la quasi totalità riguardava la mia infanzia con Nojiko e Bellemere, momenti felici che erano sfuggiti ormai da troppo tempo alla mia vita.
Altri riguardavano un passato più recente, questioni irrisolte che facevano da capolino, irriverenti ed irrispettosi. Uno in particolare, riguardava un mistero che scatenava in me una curiosità che nessuno avrebbe mai soddisfatto, perché il suo protagonista considerava chiuso l’argomento.

Allora decisi, sentivo che era importante per me sapere.

Senza che la voce mi tremasse, dissi decisa: -Voglio rivedere Thriller Bark, voglio sapere cosa è successo a Zoro.

Colei che mi sedeva innanzi annuì e mi prese le mani, congiungendole al di sopra del tavolo che era tra noi, quindi fui colta da un lieve disorientamento e sentii l’aria intorno a me cambiare, l’oscurità scomparve e mi accolsero l’aria aperta e la viva luce del giorno… ero incredula, mi trovavo davvero a Thriller Bark!
Fui colta da un brivido e non seppi dire se fossi tornata indietro nel tempo o cos’altro… fatto sta che mi trovai a seguire quegli eventi da un nuovo punto di vista, come una sorta di fantasma che assiste, impotente, allo svolgersi di un copione già rappresentato, un dramma già consumato.
Potevo vedere, ma senza essere vista, sentire, senza essere udita… allora mi concentrai su quanto accadeva, imprimendomi bene nella mente quei fatti di cui il mio compagno non voleva assolutamente parlare.

Sentendo una stretta al cuore, lo vidi, già affaticato dai precedenti scontri, affrontare Kuma, per difendere Rufy privo di sensi. Con le spade sguainate lo aveva colpito, rivelandone la natura di cyborg, poi con la sua particolare agilità era riuscito a sfuggire all’enorme e potente raggio che lo avrebbe incenerito, se lo avesse intercettato.
Nonostante la stanchezza e il sangue che ancora scorreva dalle ferite recenti, Zoro non si arrendeva e mi trovai col cuore che martellava nel petto per l’ansia che mi assaliva; anche se sapevo bene che ne era uscito vivo, seppure per il rotto della cuffia, non potevo fare a meno di lasciarmi coinvolgere da quella lotta impari.

Quel pazzo si era battuto, solo, contro un nemico del genere… se solo avesse potuto sentirmi, avrebbe udito le mie grida che gli dicevano di non continuare, di arrendersi. Feci morire quelle parole in gola: era già accaduto tutto ed io non ero stata presente, o meglio, vigile. Credevo di conoscere il risultato dello scontro, ma non sapevo di essermi fatta un’idea così sbagliata dell’accaduto.
Sgranai gli occhi al dialogo che si stava svolgendo tra i due nemici: Kuma voleva la testa di Rufy e Zoro gli stava offrendo in cambio quella del futuro migliore spadaccino del mondo… la sua.

Smisi di respirare e, nei recessi della mia mente, la matassa iniziò a dipanarsi… ancora non del tutto, ma ciò che scorreva davanti ad i miei occhi avrebbe reso le cose più chiare.
Con un dolore che mi cresceva al centro del petto, vidi Sanji riprendersi per primo e cercare di convincere Zoro a farsi sostituire, ma quello l’aveva messo fuori combattimento senza pensarci due volte, deciso a portare avanti la sua scelta.

Guardai il Cyborg estrarre da Capitano quello che aveva poi definito “il dolore di Rufy” sotto forma di una enorme bolla rosata che galleggiava in aria, per poi darne un piccolo primo assaggio a Zoro, che ne uscì devastato.
Portandomi una mano alla bocca per soffocare il grido che premeva per uscire, mi mossi, come per fermarlo, guidata da un’istinto  che non mi faceva ragionare, dato che sarebbe stato inutile.
Rimasi col braccio proteso verso lui, costringendomi ad assistere in cosa si sarebbe evoluta quella dolorosa vicenda, mentre le lacrime mi velavano gli occhi e un nodo in gola mi frenava il respiro, rendendolo affannoso ed insufficiente ai polmoni che sentivo scoppiare.

Vidi che abbandonava le spade, inequivocabile segno di resa: sapeva che non sarebbe tornato da noi.
Poi aveva chiesto di potersi allontanare per effettuare quanto stabilito.

Mi imposi di seguirli, prima di voltarmi indietro e scorgere la me stessa di allora e i compagni svenuti tra le macerie, ignari della tragedia che si stava compiendo, poi corsi verso il destino che lo Spadaccino si era scelto.

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Capitolo 2
*** Sanji, perchè? ***


Zoro, con cui litigavo ogni santo giorno.
Zoro, compagno di bevute ed indefesso dormiglione.
Zoro, che mi permetteva di dargliele, pur essendo temuto dal resto del mondo
Zoro, forte e leale, che non esitava mai a difenderci di fronte a qualsiasi pericolo.
Zoro, l’amante, il compagno che aveva messo la propria vita nelle mie mani, in quell’arena ormai lontana.

Zoro, che vedevo camminare a testa alta verso quella che avrebbe dovuto essere la sua fine.

Lo guardai entrare a braccia tese in quel concentrato di enorme dolore e, urlando, lo implorai: - ZORO! NO! TI PREGO! NON FARLO!
Ma non poteva sentirmi, era davvero solo in quel momento e le sue grida di indicibile dolore uccidevano anche me, nella realtà, lontana nel tempo e nello spazio, ma ugualmente partecipe di tanta sofferenza.

Non riuscii a vedere quasi più nulla tra le lacrime, poi mi accorsi di Sanji che, riavutosi, lo aveva avvicinato per chiedergli cosa fosse accaduto.
-Niente. Non è successo niente.- aveva risposto la figura coperta di sangue che era Zoro, prima di cadere, stremato dalla prova sostenuta.
Il Cuoco fece del suo meglio per reggerlo, invocando aiuto, ed io ritrovai il respiro solo quando attorno a me l’atmosfera tornava buia e le candele tremolarono ad un invisibile alito.

Anch’essa sconvolta per la terribile esperienza che avevamo condiviso, la maga mi lasciò con delicatezza le mani. Per qualche minuto non riuscimmo a parlare, poi mi porse un fazzoletto di semplice fattura, ma candido e fresco di bucato, col quale asciugai le lacrime che mi avevano bagnato il volto.
-Nami,- disse, con fare quasi materno, -Riprenditi. È una cosa già accaduta. Adesso lui sta bene, no?
Confermai con un cenno del capo.

-È il tuo uomo, vero?- mi chiese con ampio e calmo sorriso, ma non attese che rispondessi e continuò a parlarmi: -Non arrabbiarti con lui perché ti ha tenuta nascosta questa vicenda: i veri eroi non si vantano delle loro imprese e dei sacrifici che fanno per noi. Non rientra nel loro carattere.
Cercai di obiettare: -Ma…- però lei mi prese di nuovo la mano e scosse il capo.

-Guarda nel tuo cuore, Nami, saprai come affrontarlo.
Capii che quella donna di mezza età aveva ragione. Le restituii il sorriso e le strinsi la mano, prima di lasciarla, quindi mi alzai ed uscii all’aperto, dove fui costretta a chiudere gli occhi per la luce improvvisamente forte.

Mi sembrò di ritrovare una realtà diversa, adesso che sapevo.
Rimasi a guardare, intontita, la gente che mi scorreva intorno: ognuno era perso nei propri pensieri, negli affanni quotidiani della vita, in tutte le sue innumerevoli sfaccettature.

Ma nessuno di loro sapeva cosa aveva fatto Zoro.
Nessuno di loro ne avrebbe portato il peso.
Nessuno di loro avrebbe avuto gli incubi per aver visto la propria metà andare incontro alla morte.

Mi riscossi, riconoscendo la voce di Sanji che mi chiamava da lontano.
-Nami-swaaaan!
Con le buste della spesa tra le mani, mi correva incontro, felice di vedermi, ma io lo guardai con mal celata rabbia.

Lui sapeva.
E non mi aveva mai detto nulla.
Nuove lacrime, scatenate da una furia repressa a fatica, si affacciarono ai miei occhi.

Lui mi lesse il disagio in viso e rallentò la sua andatura, avvicinandosi in maniera dosata e circospetta. Scorgendo i segni recenti sul mio viso, tornò completamente serio.
-Nami, cosa è successo?- mi chiese, con la consueta premura.

Quella domanda mi colpì: era la stessa che aveva posto a Zoro, quel giorno, a Thriller Bark.
-Come vuoi che ti risponda?- dissi, acida. -Dovrei forse dirti “Niente, non è successo niente”?
Sanji ammutolì.
Aveva colto il riferimento ed era rimasto impietrito, ma non gli diedi modo di riprendersi.
-Lo sapevi! E non mi hai mai detto nulla!- esplosi -Perché? Perché?

Rimase ritto di fronte a me, mentre gli urlavo tutta la mia rabbia e il mio dolore, incassando quello sfogo e reggendo le sporte colme di spesa, stringendone i manici così forte da farsi sbiancare le nocche.
Parlò soltanto quando, sfinita, gli poggiai la fronte la petto, singhiozzando ancora.
-Mi dispiace, Nami. Non so come tu abbia fatto a saperlo, ma non spettava certo a me fartene partecipe, per suo espresso volere. Credo che a questo punto, dobbiate chiarire tra voi. Devo chiederti, però, di farlo in modo che Rufy non lo sappia.

Annuii, e lui, da gentiluomo qual era, non volle nemmeno le mie scuse per quello sfogo.
Ci avviammo alla nave e non parlammo per tutto il tragitto. Mi preparai mentalmente ad affrontare il mio compagno, rimasto a bordo ad allenarsi.

Solo adesso capivo il motivo delle sue condizioni disperate, di quei tre giorni passati a vegliarlo, mentre incosciente per il trauma subito, ci faceva spaventare per la mancata ripresa, a lui così poco consona.
Solo adesso capivo quello strano, quasi miracoloso, ristabilirsi di Rufy, che aveva beneficiato di quel sacrificio a sua insaputa.
 

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Capitolo 3
*** Nami, parlami... ***


Una volta giunti al porto, mi lasciai cadere su una delle bitte a cui era assicurata la Sunny e chiesi al Cuoco: -Puoi chiedere a Zoro di raggiungermi?

Non dovetti attendere molto: osservai Sanji salire in palestra e scenderne, subito dopo, seguito dallo Spadaccino che, agile, balzò giù dalla nave, accogliendomi con un gran sorriso.
Che si spense non appena mi guardò bene in volto. Mi si accosciò di fronte, per guardarmi meglio negli occhi e scostò un ciuffo di capelli, fermandomeli dietro l’orecchio.
-Cosa è successo, Nami?- disse a voce bassa.

Tutti i miei buoni propositi sfumarono a quella frase e scoppiai in una risata beffarda, carica di tutta l’amarezza che possedevo.
-Pare che sia un quesito molto frequente- mormorai, ma lui non comprese, non aveva abbastanza indizi.
-È più o meno la stessa cosa che ti ha chiesto Sanji a Thriller Bark, vero?- dissi, senza staccare gli occhi da lui.

Lo vidi raggelarsi e si alzò per tornare a bordo, sibilando: -Lo ammazzo per davvero, questa volta! Lo ammazzo per davvero!- esclamò, riferendosi chiaramente al Cuoco, ma lo afferrai per il polso con tutta la mia forza, ridicola se confrontata con la sua, ma si fermò ugualmente e lo informai: -Non è stato Sanji.

Mi guardò stranito.
-Chi, allora?- si limitò a dire.
-Ho visto tutto- confessai, iniziando a raccontargli quanto visto. -Ti ho visto combattere contro Kuma, offrirti in cambio di Rufy e prendere su te il suo dolore. Ero là… In paese c’è una signora, una specie di maga, che ha il potere di far rivivere un solo momento del passato. Allora le ho chiesto di sapere qualcosa che ti sei sempre rifiutato di raccontarmi, di riportarmi a quei momenti.- conclusi, con voce affranta.

Rimase muto a fissarmi, indeciso su qualcosa, credo cercando le parole giuste per rispondermi.
-Avresti potuto rivedere Bellemere, o tornare ancora più indietro, vedere chi ti ha messo al mondo…

Mi fece irritare il fatto che non capiva il perché della scelta che avevo fatto. Cercando di ritrovare la calma, chiuse gli occhi e si passò una mano sul viso. Quando li riaprì, io ero già a metà della scaletta per tornare a bordo e scuro in volto, mi venne dietro.
La piega che stava prendendo quella situazione non piaceva neanche a me.




Nami lo sapeva…

Nami lo sapeva e non voleva vedermi.
Non l’avevo mai vista così amareggiata con me.

Che idiota ero stato!

Se avessi soddisfatto per tempo la sua curiosità, non saremmo arrivati fino a questo punto. Invece ne era venuta a conoscenza in quella maniera così assurda… ed era scoppiato l’inferno, che aveva colpito, anche se indirettamente, l’intera Ciurma.
Quella bisbetica si era rintanata in cabina, lasciando fuori chiunque e, anche se eravamo salpati dall’isola, la navigazione procedeva lenta.

Gli altri, all’oscuro della motivazione reale per ovvi motivi, erano convinti che la nostra lite fosse un bisticcio di coppia. Naturale per loro, concludere quindi, che la colpa fosse mia.
Almeno mi consolava il fatto che Nami aveva avuto il buonsenso di non far capire cosa ci fosse sotto, al Capitano; non sono sicuro di quale sarebbe la sua reazione.

Maledizione e stramaledizione!
Ero così nervoso che sarei riuscito ad affettare l’oceano, quindi andai a sfogare in palestra la rabbia.

Due giorni dopo, il Cuocastro mi negava ancora l’accesso ai pasti, affermando che non mi avrebbe dato da mangiare fino a che non avessi chiesto scusa alla Dea ramata e lei mi avesse perdonato. Proprio lui, l'unico, con Brook e Robin, a sapere la verità, mi dava torto.

Le liti, sia con lui che con gli altri, frutto della tensione crescente a bordo, peggioravano di ora in ora e anche con gli altri il rapporto andava facendosi più astioso.
Mi resi conto che stava accadendo proprio quello che avevo tentato di scongiurare a Thriller Bark; sapevo che senza il Capitano i rapporti tra i vari componenti dell’equipaggio si sarebbero incrinati, ma non potevo certo immaginare che, nonostante tutto, la situazione avrebbe potuto degenerare lo stesso.

Dovevo far comprendere a quella strega testarda le motivazioni che mi avevano portato a non parlarle di quell’episodio, ma dato che non voleva ascoltarmi, né rivolgermi la parola, potevo considerarla un’impresa disperata.
 

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Capitolo 4
*** Fate la pace o.... ***


Sicuramente esasperati dalla situazione, ci pensarono gli altri a darci una chance, agendo compatti contro noi due, ignari di quanto stessero tramando alle nostre spalle.

Fatto sta che ci ritrovammo su un’isolotto deserto, lo stesso che avevamo avvistato meno di tre ore prima.

Ma nessuna nave, tanto meno la Sunny, era in vista, quando mi risvegliai.
Ci avevano mollato su quella spiaggetta dopo averci narcotizzati con l'inganno, e lei dormiva ancora. Ci avevano fornito di una cassa con dei generi di prima necessità ed un’unica tenda a due posti.

Sforzandomi di capire come fossero riusciti a farmela, ricordai vagamente di aver accettato da Usopp un pezzo d’arrosto davvero niente male: i furbetti dovevano averlo drogato, sapendo che non mangiavo da giorni e quindi lo avrei accettato volentieri... il nasone poteva considerarsi morto, appena fossi tornato a bordo.

Chissà cosa avevano escogitato con lei, così difficile da ingannare....
La guardai, abbandonata sulla sabbia dorata di quell’isolotto deserto, ricoperto di palme e con una piccola altura rocciosa all’interno.
L’avrei vista come un piccolo paradiso tropicale, in circostanze diverse, un posto adatto al relax e alla meditazione.

Era inutile stare a rimuginare, così cercai di darmi da fare e presi ad ispezionare il contenuto della cassa; al suo interno trovai, tra le altre cose, una breve missiva, accuratamente vergata con una grafia chiara e leggibile, probabilmente quella dell’Archeologa.
Il concetto era semplice e chiaro, espresso con poche parole:

Passeremo a trovarvi ogni due giorni, fino a quando non vi sarete riappacificati: solo allora vi sarà concesso di tornare a bordo.
Non cercate di fingere, tanto vi scopriremmo comunque.
Buona permanenza.


Era firmata dal Capitano e anche da tutti gli altri.

Mi sedetti stancamente.
Che piano subdolo si erano pensati.

Guardai Nami che iniziava a muoversi, annunciando il suo imminente risveglio e sperai che la situazione non la irritasse più di quanto non fosse già.

Ma con mia grande sorpresa, dopo aver letto il messaggio dal foglio che le avevo passato, rimase muta, seduta sulla sabbia, cingendosi le ginocchia con le braccia e poggiandovi la testa sopra.

Mi osservò trasportare quel poco che ci avevano lasciato verso l’entroterra: in caso di mareggiata sarebbe stato più al sicuro. Lo stesso fece mentre tiravo su la tenda che mi affrettai a montare prima che facesse buio. Inoltre procurai la legna per il fuoco e la disposi in un cerchio di pietre per delimitare il fuoco che avrei acceso, limitando i pericoli che un bivacco di quel genere poteva arrecare.

Nami non si avvicinò fino a quando il freddo non la costrinse a farlo… anche se il clima estivo dell’isoletta era piacevole, la notte che avanzava prometteva fredda umidità, scoraggiando il pernotto sotto le stelle.

Non cenammo e ci ritirammo presto in tenda, dove la sua scena muta proseguì senza variazioni.
La risacca ritmava col suo andirivieni quel silenzio ormai opprimente e stufo, mi sdraiai, rotolai su un fianco e le dissi, anche se continuava a darmi spalle: -Vogliamo parlarne?- naturalmente dopo aver tentato di reprimere la mia ira, per rendere la voce più calma e convincente.

Non rispose, ma non mi arresi: -Nami, puoi anche non rispondere, basta che mi ascolti. So che avrei dovuto dirtelo prima, ma non ci sono riuscito; è un episodio spiacevole che non amo ricordare. Resta muta, continua a non darmi conto, ma dammi almeno modo di spiegarti. Lo sai che ti amo, ma se, alla luce di quanto accaduto, preferisci chiudere questo nostro rapporto, almeno torniamo ad essere i compagni di Ciurma che siamo sempre stati!

Non potevo vederle, ma sapevo che stava versando silenziose lacrime, lo capivo dal tremore che la scuoteva, anche se impercettibilmente.
Continuai a parlarle: -Se fosse dipeso da me, posso assicurarti che neanche Sanji ne sarebbe venuto a conoscenza, ma quello sbruffone mi ha seguito… lo sai.

Lei di spalle era e vi rimase.
Allungai il braccio col desiderio di carezzarle le spalle, ma giunto quasi a sfiorarla, mi fermai: a cosa sarebbe servito?
Sospirai, spensi la lampada e cercai di dormire.

Dalla dormiveglia in cui ero caduto, mi destarono completamente le sue parole, che si alzarono improvvise su noi, nel buio di quel fragile riparo.
-Vorrei stringerti a me e ti spedirei in orbita con un calcione; sei adorabile e irritante insieme; ti amo e ti odio! Lo so, senza Rufy, probabilmente la Ciurma si sarebbe disgregata… e Sanji non avrebbe potuto sostituirti e restare vivo, non ha la tua stessa forza interiore. Oh, Zoro! Non so essere più arrabbiata con te per il fatto che tu abbia rischiato la vita a quel modo o perché tu non me abbia mai parlato.- fece una breve pausa, rotta da un paio di singhiozzi, poi mi disse: -Sono… sono fiera di te. Sei davvero un eroe, anche se gli altri non lo sanno. O forse proprio per questo… ma non farlo mai più, ti prego!

La sentii muoversi e capii che si voltava verso me, coprì il piccolo spazio che ci divideva e mi si appoggiò contro, stringendomi forte.
Ricambiai quell’abbraccio e la baciai sulla fronte, lei terminò di sfogarsi, mentre le carezzavo i capelli e la rassicurai, anche se non le promisi nulla.
Ci addormentammo, allacciati l’uno all’altra, così stretti che nemmeno un foglio di carta sarebbe riuscito a passare tra noi.

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Capitolo 5
*** Epilogo ***


Due giorni dopo, la Ciurma rimase delusa, constatando che non ci eravamo ancora riappacificati.

Ci trovarono ai lati opposti dell’isola ed io avevo addirittura costruito un secondo rifugio per la notte.

Mollando le cime per allontanarsi, Robin, salutando Nami, le gridò a gran voce: -Ci vediamo tra due giorni! Fate pace, mi raccomando!- corredando l’esclamazione con un vistoso occhiolino.

Appena la Sunny scomparve all’orizzonte, Nami mi corse incontro e mi si gettò addosso, trascinandomi in un passionale bacio.
-Non ce la facevo più! Abbiamo perso un sacco di tempo, non andavano più via!- esclamò arrabbiata. Poi aggiunse: -Dobbiamo approfittare di questi ultimi due giorni: sono certa che Robin abbia capito tutto…

Le sorrisi e la baciai.
 

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