Sognando il lago dorato di germangirl (/viewuser.php?uid=228131)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 - Un amico preoccupato ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 - Mac ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 - Beccati ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 - Un gradito ritorno ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 - Una decisione importante ***
Capitolo 1 *** CAPITOLO 1 - Un amico preoccupato ***
Era ormai
pomeriggio inoltrato quando riuscì a rientrare al JAG. Lo
dimostrava anche il
fatto che il bullpen fosse deserto, segno che la giornata lavorativa
era giunta
al termine per il resto dei suoi colleghi. L’ennesima
formalissima (e
noiosissima) riunione lo aveva bloccato al Pentagono per tutto il
giorno,
ospite – o forse sarebbe più corretto dire
ostaggio – della Congressista Bobbi
Latham che, forte dell’appoggio del SecNav, aveva richiesto
espressamente di
lui a Cresswell e non avrebbe accettato un no come risposta. Il
Generale, che
pure non era famoso per essere un grande sostenitore delle manovre
politiche,
era stato pertanto costretto ad accogliere la richiesta giuntagli
dall’alto e
ad assegnare uno dei suoi migliori avvocati al progetto di revisione
delle
normative relative all’applicazione degli accordi militari
con gli altri stati,
destinate in particolare alla gestione degli spazi aerei e al
comportamento dei
piloti. “Chi meglio di un avvocato che è anche un
Top Gun pluridecorato?” aveva
argomentato la Congressista Latham con una logica inconfutabile. Rabb,
dunque,
non aveva potuto fare altro che obbedire agli ordini del suo superiore,
anche
se avrebbe preferito di gran lunga rimanere al JAG o addirittura farsi
mandare
in missione su una portaerei in zona di guerra piuttosto che
rinchiudersi in
una sala con i rappresentanti delle alte sfere.
No, non
esageriamo,
meglio non mettere a repentaglio la propria vita adesso che le cose con
Sarah
stavano andando così bene.
Da
quell’incontro nelle gelide acque del lago dorato vicino alla
casa dove viveva
Chloe, che da fredde si erano trasformate in bollenti, lui e Mac erano
diventati sempre più uniti.
Lavoro
permettendo,
naturalmente.
Infatti,
come se Cresswell avesse subodorato qualcosa, al rientro dal congedo di
Mac
aveva pensato bene di spedirla per un paio di settimane sulla Patrick
Henry,
dove uno degli ufficiali aveva denunciato la sparizione di alcuni
importanti
documenti militari ed era necessario fare luce sulla questione. Appena
tornata,
vittoriosa, dalla missione, erano riusciti a trascorrere poco
più di un mese
insieme e poi era stato il turno di Harm: si era dovuto recare a San
Diego per
un nuovo caso che lo aveva tenuto lontano da Washington più
di quanto avesse
preventivato. Insomma, anche se non avevano ancora confessato la loro
relazione
né agli amici né al loro capo, il loro superiore
sembrava intenzionato a
tenerli lontani a qualunque costo. Se non altro, adesso si trovavano di
nuovo entrambi
nella stessa città, quindi potevano vedersi ogni sera e
dormire insieme ogni
notte. Sebbene fossero sicuri dei propri sentimenti (del resto, si
erano
danzati intorno per quasi nove lunghissimi, interminabili anni),
volevano
tenere la loro storia solo per sé. Sapevano di rischiare: la
politica di non
fraternizzazione, vigente nelle forze armate, era ben nota a entrambi,
ma al
lavoro mantenevano un comportamento irreprensibile, come se quel lago
dorato
non fosse mai esistito, e poi… si sfogavano a casa.
Pregustando
–
appunto – la serata casalinga con Mac, Harmon Rabb si stava
recando nel proprio
ufficio per controllare la posta quando incrociò il tenente
Roberts che lo
fissò con sguardo corrucciato.
“Bud,
lavori
fino a tardi anche tu? Tutto bene?” lo salutò Harm
cordialmente.
“Non
proprio.
Ha un minuto?” gli chiese.
Il modo di
fare insolitamente spiccio e l’espressione preoccupata sul
volto di Roberts impensierirono
Rabb, che gli fece cenno di accomodarsi nel suo ufficio e chiuse la
porta
dietro di loro. Si sedettero l’uno di fronte
all’altro, poi Harm gli disse: “Bud,
è successo qualcosa a Harriett o ai bambini?” I
Roberts erano come una famiglia
per lui e Sarah ed era sinceramente in pensiero per loro.
“No,
Harriett e i piccoli stanno bene. Ho il permesso di parlare
liberamente,
signore?” La richiesta inconsueta sorprese Harm che gli
rispose prontamente “permesso
concesso” e lo invitò a parlare con un gesto della
mano
“Ha
sentito
il colonnello oggi?” lo interrogò Bud.
“Solo
stamani. Le è capitato qualcosa? Dov’è
adesso?” Harm si alzò di scatto dalla
sua sedia: la preoccupazione si era appena trasformata in angoscia.
“E’
nel suo
ufficio, ma è stata insopportabile per l’intera
giornata. Con tutto il dovuto
rispetto, signore.”
Si sedette
di nuovo. Harm non ci si raccapezzava. Quella mattina si erano
svegliati
serenamente a casa di Sarah, avevano fatto colazione insieme e si erano
salutati come due ragazzini innamorati, prima di recarsi al lavoro,
ognuno con
la propria auto per non destare sospetti. Forse era successo qualcosa
in
ufficio?
“E’
sicuro
di non aver combinato qualche pasticcio, comandante?” gli
chiese di nuovo Bud.
“Non
capisco
a cosa tu ti riferisca…” cercò di
svicolare Harm, ma si vedeva lontano un
miglio che si stava arrampicando sugli specchi.
“Signore,
da
quando il colonnello è tornata dal suo ultimo congedo, a me
e Harriett è
sembrato che i rapporti fra voi due fossero… come
dire… più distesi…”
un’occhiata eloquente di Bud fece capire ad Harm che alla
fine lui e Sarah non
erano poi stati così discreti. Apprezzò comunque
il tatto con cui gli aveva
confessato di aver scoperto della loro storia e gli fu intimamente
riconoscente
per non averne parlato con il loro superiore. Bud, con un sorriso,
aggiunse con
fare cospiratorio, quasi sussurrando: “Se posso permettermi,
signore, era
proprio l’ora, non ci speravamo più!”
Rabb sorrise
a sua volta e disse: “Ehm…
sì… ma questo cosa c’entra con
l’intrattabilità di
Mac?”
“Signore,
se
c’è una cosa che ho imparato da quando sto con
Harriett, è che quando lei è
nervosa 99 su 100 è colpa mia. O anche se non è
vero, alla fine lo è. Quindi mi
chiedevo se lei per caso fosse a conoscenza del motivo del malumore del
colonnello….”
Harm ci
pensò su per qualche secondo: dunque, il compleanno di Mac
era ancora lontano,
quello di Chloe pure, stavano insieme da poco quindi non gli sembrava
che fosse
un particolare anniversario per loro, anche se aveva scoperto un lato
romantico
di Mac che non pensava possedesse. Il giorno prima avevano trascorso
una serata
deliziosa, improvvisando un pic-nic davanti al fuoco scoppiettante nel
camino dell’appartamento
di Sarah, con fragole e panna, che si era concluso in modo estremamente
piacevole, senza vestiti e in posizione orizzontale. Una posizione che
ultimamente assumevano spesso e sempre con grandissimo piacere da parte
di
entrambi. E ogni volta l’esuberanza di Mac continuava a
sorprendere Harm e a
farlo sentire al settimo cielo.
Doveva
essersi perso nel ricordo per un tempo piuttosto lungo,
perché la voce di Bud
quasi lo spaventò: “Signore?”
“Oh,
scusa
Bud, ci ho pensato ma non mi viene in mente niente. L’unica
cosa è rivolgersi
direttamente alla fonte.”
“E’
proprio
sicuro di voler andare nell’ufficio del
colonnello?” gli chiese Bud, con il
terrore stampato sul volto. Mac doveva essere stata davvero una furia
quel
giorno per averlo spaventato tanto.
“Tenente
Roberts, sono un pilota addestrato alla guerra e un ufficiale del JAG,
sono in
grado di affrontare un marine!” annunciò
risentito. Si alzò dalla sedia, si
stirò l’uniforme passando le mani sopra la giacca
per eliminare un’invisibile
piega e si diresse verso l’ufficio di Mac, pregando nel
frattempo che la sua
ira si fosse calmata. Decise comunque di passare dalla cucina e munirsi
di una
tavoletta di cioccolata, da usare a mo’ di ramoscello
d’olivo: addolcire il
nemico poteva essere un’ottima strategia. Qualunque fosse il
motivo di quel
comportamento strano, si trattava della sua Sarah.
Nota
dell’autrice
Qualcuno mi ha
invitato caldamente a
scrivere il seguito di “Sul lago dorato” e
l’ispirazione è arrivata: qualche
capitolo per raccontare come è cambiata la vita di Harm e
Mac dopo l’incontro
in quel luogo magico.
Come sempre,
grazie al mio angelo
custode per i suoi preziosi consigli e grazie a chiunque mi abbia
dedicato il
proprio tempo e sia arrivato fino qui.
Al prossimo,
Deb
|
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Capitolo 2 *** CAPITOLO 2 - Mac ***
Fece un
respiro profondo, cercando di ritrovare la concentrazione. Non vedeva
l’ora di
arrivare alla fine di quella lunga giornata, per potersi rifugiare a
casa,
nascosta sotto il piumone.
Lontana da
tutti.
Forse non
proprio da tutti… le sarebbe piaciuto farsi avvolgere dal
calore delle braccia
di Harm. O forse no, avrebbe preferito starsene da sola, a rimuginare
sul suo
malessere.
La mattinata
era iniziata bene: si era svegliata accanto ad Harm e avevano fatto
colazione
insieme, gustandosi, con il caffè, la serenità
data dalla consapevolezza di
essere arrivati finalmente allo stadio successivo del loro rapporto,
dopo
l’incontro rivelatore nelle acque gelide di quel lago dorato.
Le cose però
avevano cominciato ad andare male poco dopo essere arrivata in ufficio.
Un
crampo al basso ventre le aveva fatto capire che anche quel mese non
era
riuscita a coronare il suo sogno di maternità e una breve
visita in bagno
glielo aveva inesorabilmente confermato. Un’ondata di
malinconia e di dolore le
aveva riempito il cuore. C’erano solo due cose che poteva
fare: raggomitolarsi
in posizione fetale sotto la scrivania e annegare il suo dolore nelle
lacrime o
fare affidamento sul suo addestramento militare. Il marine dai nervi
d’acciaio aveva
prevalso sulla donna e l’aveva trasformata in una macchina da
guerra, scostante
e aggressiva. Dapprima se l’era presa con una P.O. per averle
consegnato dei
documenti in un ordine diverso da quello che aveva richiesto. Poi aveva
risposto acidamente a Sturgis che l’aveva invitata a pranzo,
rinfacciandogli
che lei non aveva certo del tempo da perdere, e infine per poco non si
era
mangiata il povero tenente Roberts, con tanto di cappello, mostrine e
scarpe,
che aveva osato affacciarsi alla porta del suo ufficio per chiederle
quando
potevano incontrarsi per rivedere il caso del sottufficiale Chambers,
come
richiesto loro dal Generale che li aveva convocati quella mattina
appena
arrivati al lavoro.
Da quando
aveva iniziato la sua storia con Harm non avevano mai preso
precauzioni, sia
perché entrambi si sottoponevano regolarmente a controlli
medici periodici ed
erano sani, sia perché volevano tenere fede a quel patto
stipulato quasi per
gioco anni prima, quando era nato il piccolo AJ Roberts. Ma fra le
trasferte di
entrambi e l’endometriosi che, come lei stessa aveva detto,
con una punta di
umorismo acido, era un potente anticoncezionale con
un’efficacia paragonabile a
quella della pillola, ancora non ci erano riusciti. Sorvolando sulla
battuta
aggressiva, che in realtà nascondeva la sua frustrazione,
Harm le aveva
promesso nuovamente che sarebbero riusciti a concretizzare quel
progetto. Se
anche non lo avessero fatto in modo naturale, la medicina avrebbe
potuto
aiutarli o, in ogni caso, rimaneva la via dell’adozione.
E lei si
illudeva, ogni mese, che il miracolo si verificasse.
E ogni mese
rimaneva regolarmente delusa.
Non sapeva
con chi parlare della sua sofferenza, del suo sentirsi inadeguata.
Incapace.
Incompleta.
Fallita.
La sua
migliore amica, Harriett, non poteva certo comprenderla: aveva
già due
splendidi bambini e i gemellini sarebbero arrivati fra pochi mesi a far
loro
compagnia. Ogni volta che andava a trovare i Roberts, che per lei e
Harm erano
come una famiglia, tornava a casa con una sensazione dolceamara,
devastata
nell’animo. Voleva bene a Bud e Harriett, adorava i suoi
figliocci, eppure il
suo cuore si frantumava ogni volta che trascorreva del tempo con loro:
rappresentavano tutto ciò che avrebbe voluto e che non
riusciva ad avere.
La risata
cristallina
dei bimbi quando venivano spinti sull’altalena.
Le loro
manine paffute e sempre impiastricciate ogni volta che mangiavano la
torta al
cioccolato o il gelato.
I loro gesti
di affetto e i loro abbracci bavosi ogni volta che li andavano a
trovare.
Gli occhioni
spalancati sulla vita, curiosi e affascinati da ogni nuova scoperta: da
una
coccinella che riposa su un filo d’erba ai regali sotto
l’albero di Natale.
Quell’odore
di latte e borotalco di quando erano appena nati e le loro strane
smorfie
quando erano in braccio alla mamma.
Quanto invidiava
quell’espressione di pura beatitudine che si stampava sul
volto di Harriett
quando aveva uno dei suoi piccoli attaccato al proprio seno!
E poteva
solo immaginare la sensazione meravigliosa che si provava sentendo un
bambino
scalciare nella propria pancia.
Perché
a lei
era negato tutto questo?
E’
vero, la
sua esistenza era ben lontana dall’essere immacolata, ma da
quando si era
arruolata nei marine, a parte qualche piccolo inciampo, si era sempre
mantenuta
sobria e sotto controllo. In amore aveva avuto diverse storie infelici,
ma
adesso – finalmente – poteva contare su un uomo
meraviglioso accanto a sé.
Un uomo che
meritava di diventare padre.
Sarah si
sentiva doppiamente in colpa: non solo privava sé stessa,
ma, stando con lei,
anche ad Harm era preclusa l’esperienza genitoriale.
Per causa
sua.
Lui sarebbe
stato un papà meraviglioso: lo vedeva dal modo con cui
interagiva con Mattie e
con i piccoli Roberts. Era buffissimo con un bebè in
braccio: gigante come era,
il neonato gli entrava praticamente tutto in una mano. No, non poteva
costringere Harm a rinunciare ad avere un figlio proprio, che avesse i
suoi
meravigliosi occhi cerulei, la sua prestanza fisica e la sua stessa
passione
per il volo. Avrebbe dovuto lasciarlo andare, così che
potesse realizzare quel
sogno con una donna vera, con una che potesse portare in grembo un
figlio suo.
Immersa in
questi pensieri, sobbalzò quando sentì bussare
alla porta del suo ufficio.
“Chi
è?”
chiese con voce stanca, senza nemmeno alzare gli occhi dai fascicoli
sparsi
sulla scrivania. Non aveva voglia di vedere nessuno.
“Mac,
sono
io. Posso entrare?” rispose Harm.
Sarah
sospirò e disse: “Sì, vieni.”
Rabb
aprì e
si fermò sulla porta, regalandole il suo splendido sorriso e
sventolando la
tavoletta di cioccolata: “Ciao marine, ti va un po’
di zucchero?”
Mac non
poté
far a meno di sorridere. Quell’uomo la conosceva davvero
bene! Il gesto le
riempì gli occhi di lacrime, che trattenne a stento mentre
faceva cenno al suo
marinaio di accomodarsi.
Rabb fu
molto turbato dalla reazione di Sarah. Si avvicinò alla
scrivania e le porse la
cioccolata.
Abbassando il
tono della voce, le chiese: “Ehy, tesoro, tutto
bene?”
Mac non
rispose. Si limitò a scuotere la testa, concentrando lo
sguardo su quella
tavoletta di cioccolato, come se fosse la sua unica ancora di salvezza.
“Ti va
di
raccontarmi cosa succede?” le domandò con dolcezza.
Sarah
rispose quasi sussurrando: “Non ce l’abbiamo fatta
nemmeno questo mese…”
Harm
comprese immediatamente di cosa stesse parlando. Si alzò
dalla sedia, si
avvicinò a lei, la prese fra le braccia e la strinse a
sé. “Sarah, amore mio,
non ti preoccupare, ci riusciremo… la dottoressa ha detto di
provarci in modo
naturale per almeno sei mesi, poi vedremo se ricorrere a qualche
rimedio
medico, ma succederà, vedrai!”
“No…
e tu
non dovresti stare con me….”
Quante volte
avevano già affrontato questo discorso!
Rabb non si
dette per vinto e replicò: “Spiacente, Mac, ma non
mi puoi restituire al
mittente: la garanzia è scaduta e non puoi più
esercitare il diritto di recesso.
In ogni caso, io non ho nessuna intenzione di allontanarmi dal mio
marine. E
adesso chiudi tutto e andiamo a casa. Ti preparo una buona cenetta.
Carnivora,
promesso. Oppure ci fermiamo da Beltway Burger, ti compro un triplo
hamburger e
una tonnellata di patatine.”
Le
asciugò
una lacrima con il pollice, le accarezzò teneramente il
volto e fece per
avviarsi verso l’uscita. Sulla porta dell’ufficio,
che Rabb aveva lasciato
involontariamente aperta, si stagliò la figura del Generale
Cresswell che li
fissava con espressione truce e braccia conserte.
“Comandante, colonnello, nel
mio ufficio. Subito.”
Nota
dell’autrice
Un capitolo
rispettosamente dedicato
alla sofferenza di Mac che si conclude con un ordine perentorio. Ahi
ahi ahi, come
la prenderà il Generale?
Grazie per
avermi dedicato ancora una
volta il vostro tempo e per essere arrivati fino qui!
Baci,
Deb
|
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Capitolo 3 *** CAPITOLO 3 - Beccati ***
Mac e Harm
si sentivano come due bambini beccati con le mani dentro il barattolo
della
marmellata. Si scambiarono uno sguardo a metà fra il
preoccupato e il
rassegnato: non erano difendibili. Conoscevano a memoria il regolamento
e
sapevano alla perfezione che stavano rischiando di essere accusati di
fraternizzazione. Mac, peraltro, c’era già passata
con John Farrow a Okinawa,
anche se in quel caso si trattava addirittura di un suo superiore. E
anche
quella volta era stato Cresswell a farle avere un richiamo disciplinare.
Il
comandante e il colonnello seguirono il Generale nel suo ufficio e si
misero
sull’attenti davanti a lui, che se ne stava in piedi con le
mani giunte dietro
la schiena. Per un tempo che parve loro interminabile, Gordon Cresswell
continuò
ad osservare entrambi senza profferire parola e mantenendo quello
sguardo truce
con cui li aveva trapassati pochi minuti prima, quando li aveva
scoperti in atteggiamenti
inequivocabilmente equivoci nell’ufficio di Sarah MacKenzie.
“Signori,
da
quanto va avanti questa faccenda?” disse con voce grave.
Inutile tentare
di negare,
pensò Harm, che rispose
sinceramente: “Da qualche mese.” Evitò
comunque di aggiungere ulteriori
dettagli, tipo il riferimento a un lago dorato e a un marine nudo che
ci
nuotava dentro. Onesto sì, kamikaze no.
Cresswell
fece una pausa, quasi a voler assimilare bene l’informazione
che aveva appena
ricevuto, poi tuonò, con un timbro di voce che pareva
provenire dalle viscere
della terra: “Quindi vi state facendo beffe di me e del
regolamento da qualche
mese… Vi risulta che io ami essere preso in giro? Quando
pensavate di dirmelo?”
Rabb
provò a
intervenire: “Signore, noi…” ma il
Generale non gli lasciò il tempo di
aggiungere altro e partì con la sua sfuriata, posizionandosi
davanti a Harm,
che manteneva lo sguardo fisso verso un punto invisibile davanti a
sé. Cosa
che, peraltro, gli risultava assai facile: con il suo metro e 93
superava il capo
del JAG di una spanna abbondante. “Comandante Rabb,
l’ammiraglio Chegwidden mi
aveva detto che lei è un tipo allergico alla disciplina, che
spara nelle aule
del tribunale per dimostrare le sue teorie, che arriva in ritardo
persino quando
le viene conferita un’onorificenza e che è pronto
a lasciare la Marina se le
rifiutano una licenza.” Poi si spostò davanti a
Mac e riprese: “Ma colonnello,
ero convinto che dopo l’episodio di Okinawa lei avesse messo
la testa a posto e
il suo stato di servizio me lo aveva confermato. Dannazione, Mac, lei
è un
marine! Si è fatta influenzare dal comportamento
irresponsabile di un
comandante della Marina?”
Mac
provò a
difendersi: “No, signore, vede…”
Ancora una
volta Cresswell non si lasciò interrompere:
“Tuttavia, finora la vostra
relazione non ha influito sul vostro rendimento professionale
né si sono
verificati episodi spiacevoli – con l’eccezione di
questa sera –, pertanto non
procederò oltre con l’accusa di fraternizzazione
né ci saranno ripercussioni
disciplinari. Ma aprite bene le orecchie. Restano solo due opzioni
percorribili:
interrompere immediatamente la vostra relazione o assegnarvi a due
comandi
diversi. Se fosse per me, a prescindere dalla vostra decisione,
spedirei uno di
voi in Alaska e l’altro in Islanda a calci nel sedere a
lavorare su una nave
rompighiaccio, ma vedremo se ci sono altre posizioni aperte. Riflettete
sulla
mia proposta. Vi aspetto domani alle ore 0700. Potete andare.”
“Agli
ordini” risposero all’unisono, si girarono e si
avviarono verso la porta.
Una volta
usciti dall’ufficio del loro superiore, entrambi rilasciarono
un sospiro
profondo. Senza dire una parola, si recarono nella stanza di Mac, lei
chiuse i
file su cui stava lavorando e spense il computer, poi afferrarono
cappello e
valigetta e si diressero verso l’ascensore.
Appena
saliti, Mac fu la prima a parlare: “E adesso cosa
facciamo?”
Harm le
rispose con una tranquillità che la sorprese:
“Adesso andiamo a cena, Sarah. E
domattina ascolteremo le proposte del Generale. Ma non ho nessuna
intenzione di
rinunciare a te. Ho già abbandonato la Marina una volta per
te e sono pronto a
farlo ancora.”
Mac lo
guardò con riconoscenza e gli sorrise:
“Davvero?”
“Mac,
sei
una donna estremamente intelligente ma a volte sei proprio una gran
testona. Lo
hai capito che ti amo e che voglio stare con te tutta la vita? Quante
volte te
lo devo ripetere?”
“Veramente
non abbiamo mai parlato di “tutta la
vita”…” precisò Sarah.
“Beh,
non
tecnicamente. Però stiamo lavorando per avere un figlio
insieme, mi sembrava
che questo fosse già un progetto che implica un impegno a
lunga scadenza.”
Replicò sicuro l’affascinante aviatore,
regalandole il suo solito sorriso.
Mac scosse
la testa e gli disse: “Harm, con te bisogna sempre leggerti
nel pensiero. Nessuna
donna vuole fare l’indovina: le parole hanno il loro peso,
dovresti saperlo
bene ormai.”
Rabb ci
pensò su per pochi secondi, poi le concesse:
“Uhm… vero. Allora, marine, dovrò
farti una proposta seria. E non è un lapsus freudiano.
Intendo proprio quella
proposta. Ma non nell’ascensore del JAG.” Le
sorrise di nuovo e resistette
all’impulso di stringerla fra le braccia solo
perché stavano ormai per arrivare
al piano terra e per quella sera avevano già fatto
abbastanza danni. Meglio non
aggravare ulteriormente la loro posizione.
Nel
frattempo, Cresswell se ne stava seduto sulla sua poltrona, con i
gomiti
appoggiati sul tavolo e le mani giunte, immerso in una profonda
riflessione.
Quei due lo
avevano spiazzato, dannazione.
L’elettricità
che emanavano ogni volta che si trovavano nella stessa stanza (anzi,
nello
stesso edificio!) era palese a chiunque, lo aveva notato sin da quando
aveva
messo piede al JAG, ma non si era accorto che la loro relazione fosse
cambiata
negli ultimi mesi. Erano entrambi degli ottimi avvocati, le punte di
diamante
del suo team ad essere sincero, e adesso si trovava nella spiacevole
situazione
di doversi liberare di uno di loro o addirittura di entrambi.
Afferrò
la
cornetta del telefono, digitò un numero che conosceva a
memoria e dopo pochi
squilli una voce dall’altro capo della linea rispose:
“Pronto.”
“Sono
io. Avrei
bisogno di vederti. Hai tempo adesso?” annunciò
telegrafico il Generale.
“Affermativo.
Facciamo fra 20 minuti al solito posto?”
“Bene.
A
dopo.”
Dopo aver
concluso la breve telefonata, Cresswell chiamò anche sua
moglie e l’avvertì di
non attenderlo per cena ché quella sera avrebbe fatto tardi.
Poi chiuse i
fascicoli sui cui stava lavorando, riordinò la scrivania e
si apprestò a
lasciare il JAG. Un appuntamento importante lo stava aspettando.
Nota
dell’autrice
Cresswell mette
Harm e Mac di fronte
a un aut aut: o rinunciano alla loro storia o dovranno lasciare il JAG.
Con chi ha
appuntamento il Generale?
Si accettano scommesse!
Grazie per
avermi seguito fino qui!
Deb
|
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Capitolo 4 *** CAPITOLO 4 - Un gradito ritorno ***
Harm e Mac
uscirono dall’edificio di mattoncini e si incamminarono verso
il parcheggio
ormai deserto. Solo l’auto del Generale faceva compagnia alle
loro.
Evidentemente, anche il tenente Roberts era tornato a casa dalla sua
famiglia.
“Harm,
credo
che dovremmo parlare con Bud e Harriett.” Suggerì
Sarah.
“Sanno
già
di noi” replicò Rabb e le raccontò in
breve lo scambio di battute che aveva
avuto con Roberts al suo rientro in ufficio quella sera, sorvolando
sulla parte
iniziale della loro conversazione.
Sarah ne fu
sorpresa, poi aggiunse: “Però non sanno che il
Generale ci ha scoperto e che domani
ci potrebbe spedire ai due capi opposti del globo
terrestre…”
“…
O che da
domani io potrei non essere più in
Marina…” ribadì Harm.
Sarah
sospirò: “Harm, e cosa vorresti fare? Tornare alla
CIA?”
Rabb
rabbrividì. “No, tenderei ad escluderlo. Non credo
che mi accoglierebbero a
braccia aperte. Potrei avere miglior fortuna con l’NCIS.
Magari potresti
mettere una buona parola per me con Gibbs: in fin dei conti
è un ex marine, voi
berretti verdi ve la intendete.”
Mac ci
pensò
un po’ su, valutando seriamente quell’opzione, poi
disse: “Beh, in effetti
quando vi siete incontrati la prima volta avete fatto scintille!
Sarebbe
interessante vedervi lavorare insieme. E poi la sede
dell’NCIS è qui a
Washington, potrebbe essere un’ottima soluzione, anche per
Mattie.”
Scuotendo la
testa, Harm rispose, con un velo di tristezza: “Mattie si sta
riavvicinando a
suo padre, non so per quanto tempo rimarrà ancora sotto la
mia tutela. Devo
ammettere che mi mancherà non vederla tutti i
giorni… ma è giusto così.”
Fece
una pausa, soffermandosi sui suoi sentimenti nei confronti di quella
ragazzina
che era piombata nella sua esistenza da poco tempo, riempiendogliela di
un
affetto inatteso e prezioso. Sì, avrebbe sentito davvero
molto la sua mancanza,
anche se si ripromise che avrebbe fatto di tutto per mantenere i
contatti con
lei. Poi riprese: “Comunque, Mac, non dicevo sul serio. Dopo
il modo in cui mi
ha trattato Gibbs quando mi avevano accusato dell’omicidio
della Singer, non
credo che mi prenderebbe nemmeno in considerazione. Avrei miglior
fortuna con
l’altro agente, aspetta… come si
chiama… ha un nome italiano… ah sì, Di
Nozzo.
In ogni caso, sarei più contento di tornare a pilotare aerei
agricoli, come
facevo per la Grace Aviation. Ma è inutile pensarci adesso,
sentiremo domani
cosa ci proporrà Cresswell. Però hai ragione,
dovremmo parlare con i Roberts.
Chiamo Bud al cellulare e verifico se possiamo passare da loro
stasera.”
“Ne
approfitterò per scusarmi con lui. Oggi devo essergli
sembrata un’erinni
scatenata.” Aggiunse Sarah, ripensando al suo comportamento
di quella giornata.
Mezz’ora
più
tardi, dopo essersi fermati al volo da un take-away cinese per una
simil-cena, Harm
e Mac si trovavano davanti alla porta della residenza dei Roberts.
Suonarono il
campanello ed una Harriett vistosamente incinta e sempre sorridente
venne loro
ad aprire. “Comandante, colonnello, che bello
vedervi!” li salutò con il suo
consueto fare gioviale, per nulla appesantito dal pancione che si
portava a
spasso.
“Grazie
Harriett, scusaci ancora per questa visita improvvisa e a
quest’ora, ma
volevamo parlarvi di una cosa.” Rispose Mac.
“Nessun
problema, è sempre un piacere per noi! Bud è al
piano di sopra e sta mettendo a
letto i bambini, dovrebbe scendere a momenti. Oggi quelle pesti sono
state
insopportabili: hanno proprio esaurito la mia pazienza…
Intanto vi prego di accomodarvi
sul divano. Cosa vi posso offrire?”
“Non
darti
disturbo, Harriett, siediti con noi.” Le disse Rabb.
“Sì,
Harriett, anzi, se hai bisogno ti do una
mano in cucina” si offrì Mac.
La signora
Roberts accettò volentieri la proposta del colonnello e
decise di sfruttare
quell’opportunità per fare una chiacchierata a
quattr’occhi con la sua amica e
per farsi raccontare nei minimi dettagli il momento in cui –
finalmente – il miracolo
si era compiuto. Si erano viste qualche volta da quando Mac era
rientrata dal congedo
trascorso sul lago dorato, ma visto che lei e Harm avevano deciso di
non
sbandierare la loro storia, le due amiche non avevano ancora avuto modo
di
parlare in maniera approfondita della grande novità nella
vita di Mac.
Rabb le
sentì ridacchiare dal soggiorno e fu felice del cambiamento
nello stato d’animo
di Sarah. Gli dispiaceva vederla così vulnerabile e si
ripromise che si sarebbe
preso sempre cura di lei, per tutta la vita. A questo proposito, si
ricordò che
doveva ancora farle quella fatidica proposta e si appuntò
mentalmente di
portare a lucidare l’anello di sua nonna Sarah, che aveva
chiesto a sua madre
l’ultima volta che era andato a La Jolla e che custodiva
gelosamente in un
cassetto, in attesa di trovare il coraggio di consegnarlo alla sua
legittima
destinataria, ovvero un certo marine dai profondi occhi scuri che
risiedeva nel
suo cuore da tempo.
Appena Bud
scese al piano terra, Mac si scusò immediatamente con lui
per il modo in cui lo
aveva trattato nel pomeriggio, poi i quattro si accomodarono in salotto
e Harm
e Mac raccontarono brevemente ai loro amici cosa era successo con
Cresswell.
“Cosa
farete
adesso?” chiese Bud.
“Non
so
quali proposte avrà il Generale per noi domani, ma so una
cosa per certo: non ho
nessuna intenzione di lasciare Mac. Anzi, voglio sposarla”
annunciò Rabb con
una serena determinazione, prendendo la mano di Sarah e
stringendogliela con
affetto.
“Oh
mio Dio,
congratulazioni!” cinguettò Harriett, che
sprizzava gioia da tutti i pori.
“Sempre
che
Sarah mi dica di sì” precisò il
comandante.
I coniugi
Roberts
rimasero allibiti, poi si voltarono entrambi verso Mac, la quale, con
espressione serafica, spiegò: “In effetti Harm
ancora non me lo ha chiesto…”
“Ma tu
gli
dirai di sì, vero Mac?” si informò
Harriett con una certa apprensione. Li
vedeva finalmente felici e innamorati, ma con quei due non
c’era mai da stare
tranquilli.
“Staremo
a
vedere…” rispose Sarah sorridendo.
Poi il
comandante
e il colonnello salutarono i Roberts e si recarono
all’appartamento di Mac.
L’indomani avrebbero saputo cosa il destino aveva in serbo
per loro.
Nel
frattempo, in un pub un po’ fuori mano rispetto alla sede del
JAG, un uomo di
una certa età, calvo ma ancora prestante, era seduto a un
tavolo in disparte e
stava sorseggiando una birra. Cresswell lo individuò subito
appena entrato nel
locale. Gli fece un cenno e si fermò al bancone per ordinare
qualcosa da bere.
Poi lo raggiunse e lo salutò: “Ciao AJ, grazie per
essere venuto”
“Ciao
Gordon, in cosa posso esserti utile?” gli rispose Chegwidden
andando
direttamente al nocciolo della questione.
“Si
tratta
di Rabb e MacKenzie” annunciò il Generale senza
perdersi in troppi convenevoli.
“Cos’hanno
combinato questa volta? In che guaio si sono cacciati? Hanno rubato un
altro Mig?
Sono scappati di nuovo in Cecenia?” si informò il
loro ex capo, che
evidentemente conosceva bene le prodezze di cui erano capaci i
summenzionati
ufficiali, specialmente il pilota, e gli brillavano ancora gli occhi al
ricordo.
“Fraternizzazione”
rispose lapidario.
“Dio
sia
lodato! Dobbiamo festeggiare!” esclamò AJ levando
il boccale di birra in un
brindisi improvvisato. La sua reazione lasciò Cresswell a
dir poco sbalordito.
Chegwidden si giustificò dicendo: “Scusami Gordon,
ma ho avuto quei due sotto
il mio comando per anni e in tutto quel tempo si vedeva chiaramente che
erano
pazzi l’uno dell’altra, solo che non era mai
successo niente. Anche se, a ben
pensarci, le dinamiche fra loro due erano divertenti. Viste
dall’esterno, sia
chiaro. C’era un’elettricità
nell’aria… non c’era mai da annoiarsi
con le loro
scaramucce. Facevano scintille, credimi. Sono felice che si siano
finalmente
svegliati. Allora, raccontami, come pensi di cucinarli?”
“La
scorsa
settimana ho visto che ci sono una posizione a Londra e una a San Diego
che
farebbero per loro, si tratterebbe di incarichi importanti e persino di
una
promozione per Rabb. Avevo in mente di proporgliele, ma a questo punto
non ne
sono così sicuro.”
“Mmmm,
non so
se accetteranno. Se fanno sul serio, non vorranno vivere a 6000 miglia
di distanza.
E spero davvero che facciano sul serio: non sono mica più
dei ragazzini. Ah,
non credevo che avrei mai assistito a questo miracolo! Rabb ce
l’ha fatta, alla
fine! Avresti dovuto vederlo quando il colonnello stava insieme
all’australiano,
Brumby… pensa che il tenente Roberts ci ha persino rimesso
una mandibola!” AJ
sorrise al ricordo di quell’episodio, poi riprese:
“Comunque, quando i Roberts
si sono sposati, ho fatto in modo che Harriett riportasse ufficialmente
all’Ispettorato Generale, ma che di fatto fosse dislocata al
JAG. Magari puoi
trovare una soluzione simile anche per Rabb e MacKenzie. Io ho fatto
ricorso ai
miei privilegi di ammiraglio, ma sono convinto che anche un generale
dei marine
saprà come muoversi.” Suggerì
Chegwidden. Era palesemente felice per la notizia
che Gordon gli aveva appena comunicato, anche se, in cuor suo, quella
stessa
notizia gli aveva riacceso la nostalgia che provava per la sua vecchia
vita al
JAG, sia per il ruolo che aveva avuto il privilegio di ricoprire per
tanti
anni, sia, e soprattutto, per gli uomini e le donne che popolavano
quell’edificio con i mattoncini.
“Grazie
AJ, i
tuoi consigli sono sempre preziosi” disse Cresswell,
riconoscente.
Brindarono
alla loro amicizia, poi si salutarono e ripresero ognuno la propria
strada.
Gordon Cresswell aveva un’importante decisione da prendere.
Nota
dell’autrice
Ebbene
sì, come tutte voi aspettavate,
è tornato l’unico, il solo,
l’indimenticabile AJ Chegwidden! Il quale conosce
bene i nostri beniamini e – giustamente – ringrazia
il cielo che abbiano
finalmente aperto gli occhi.
Cosa
farà Cresswell adesso? Seguirà
il consiglio del suo predecessore? La gara è sempre aperta,
vediamo chi
indovina!
Un grazie
speciale alla mia esperta di
JAG per la consulenza volante (più veloce e accurata di
Wikipedia!) e grazie a
chiunque mi abbia dedicato il proprio tempo e sia arrivato fino qui.
Un abbraccio,
Deb
|
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Capitolo 5 *** CAPITOLO 5 - Una decisione importante ***
Non
dormirono molto quella notte. I loro cuori erano pervasi da sentimenti
contrastanti:
un (quasi) fidanzamento da festeggiare e l’incognita delle
loro carriere e di
quale proposta avrebbe fatto loro Cresswell la mattina successiva a
pendere su
di loro come una minacciosa spada di Damocle.
Grazie
all’orologio interno di Mac, arrivarono al JAG addirittura
con un quarto d’ora
di anticipo rispetto all’appuntamento con il Generale, cosa
più unica che rara nella
lunga carriera militare di Harmon Rabb jr. Ma lui era già
lì ad attenderli.
Entrambi si chiesero, mentalmente, se avesse dormito in ufficio, ma
evitarono
di dare voce ai loro pensieri. La situazione era già
abbastanza delicata senza
farci anche dell’umorismo sopra. E il capo del JAG non
sembrava il tipo da
amare le battute di spirito.
Entrarono
nella stanza del loro superiore e si misero sull’attenti, in
attesa di
conoscere cosa il destino aveva in serbo per loro per mezzo di
quell’accigliato
messaggero. Mac era particolarmente tesa: con il Generale aveva sempre
l’impressione di essere costantemente sotto esame, sin da
quanto aveva messo
piede al JAG, e quella mattina non faceva eccezione.
“Signori,
prima di tutto voglio sapere cosa avete deciso di fare della vostra
relazione”
chiese Cresswell, senza troppi giri di parole.
“Ci
sposiamo”
annunciò sicuro Rabb, omettendo il dettaglio (trascurabile)
della mancata
proposta e dell’assenza di un anello, cose sulle quali stava
ancora lavorando.
“Credo
di
dovermi congratulare, allora” disse il Generale, cercando di
mantenere un tono
di voce severo, ma sotto sotto si vedeva che era felice
perché, anche se era
arrivato da poco, aveva imparato a conoscere e stimare gli uomini e le
donne del
JAG, andando oltre la loro uniforme o il loro grado.
“Grazie,
signore” risposero all’unisono i due futuri sposi.
“La
vostra
decisione non mi stupisce. Come concordato ieri sera, ho una proposta
da farvi.
E’ stato aperto un nuovo centro a San Diego in cui
lavoreranno congiuntamente gli
avvocati della Marina e dei marines. Colonnello, a lei viene assegnato
il
comando di quel centro. Potrà scegliere lo staff da portare
con sé, ma cerchi
di non togliermi tutte le pedine migliori.”
Harm fu
genuinamente felice per Mac. Sapeva quanto fosse stato importante il
corpo dei
marines per lei, sin da quando suo zio Matt l’aveva convinta
ad arruolarsi. La
vita militare aveva rappresentato la svolta cruciale nella sua
esistenza, un
punto fermo che le aveva permesso di uscire dall’alcolismo e
di diventare la
persona speciale che era e di cui lui si era perdutamente ed
irrimediabilmente innamorato.
Qualunque fosse stata la proposta del Generale per quanto riguardava la
sua
carriera, di una cosa sola era certo: sarebbe andato con la sua Sarah
in
California. Era pronto a rinunciare a tutto per lei.
Per la donna
della sua vita.
Che nel
frattempo non aveva aperto bocca.
Il silenzio
di Mac sorprese sia lui che Cresswell, il quale la richiamò
all’ordine:
“Colonnello, non ha niente da dire?”
“Mi
scusi, signore,
ma con tutto il rispetto vorrei prima sentire quale proposta ha per il
comandante” rispose con franchezza.
“E’
presto
detto. Comandante, per lei invece c’è una
posizione a Londra, a capo delle
Forze Navali in Europa, che prevede la promozione a Capitano di
Vascello”
annunciò il Generale.
La
determinazione
di Harm vacillò.
Capitano
Rabb.
Avrebbe
rappresentato l’anticamera alla nomina a capo del JAG! Non
che Gordon Cresswell
sembrasse intenzionato ad abbandonare la sua poltrona a breve, ma
indubbiamente
si trattava di un avanzamento di carriera notevole. L’idea
accarezzò la sua
ambizione per qualche secondo. Poi rivide, come un flash,
l’immagine di Sarah
che nuotava nel lago dorato, sensuale, languida, forte e indifesa al
tempo
stesso, e non ebbe alcun dubbio.
“La
ringrazio, signore, ma non posso accettare”
dichiarò con voce ferma.
Le pupille
di Mac si dilatarono impercettibilmente e gli occhi le si riempirono di
lacrime
che riuscì a stento a trattenere. Nessuno aveva mai fatto un
gesto d’amore
tanto grande per lei. Quest’uomo, l’amore della sua
vita, l’altra metà del suo
cielo, la sua anima gemella aveva appena rinunciato alla promozione a
Capitano
di Vascello per non mettere dieci ore e mezzo di volo, otto di fuso
orario e 5489
miglia fra loro.
“Sta
rifiutando
un ordine, comandante?” chiese il Generale, aggrottando la
fronte.
“Sì,
signore” Poi aggiunse: “E sono pronto a lasciare la
Marina per seguire la mia
futura moglie a San Diego. Troverà le mie dimissioni sulla
sua scrivania entro
la mattinata.”
Nell’ufficio
regnò un silenzio surreale per alcuni interminabili secondi.
Poi Cresswell fece
un respiro profondo e prese nuovamente la parola: “Non abbia
tanta fretta di
gettare l’uniforme alle ortiche, comandante.
C’è un’altra
possibilità.”
Ci fu
l’ennesima,
lunghissima pausa.
La tensione
era palpabile.
“Il
capo
dello staff legale della base navale NATO di San Diego andrà
in pensione il
mese prossimo. Questa posizione non prevede la promozione a Capitano,
almeno
non immediatamente, ma sarebbe comunque interessato a
sostituirlo?” chiese
retoricamente il Generale, pensando se
quel testardo di Rabb rifiuta questa proposta ce lo spedisco a calci
nel sedere
in California, dannazione.
“Sì,
signore!” rispose con malcelato entusiasmo.
“Grazie
signore!” si unì Mac, apparentemente
imperturbabile anche se il suo cuore era
in tumulto per la felicità. Sarebbero stati entrambi a San
Diego!
“Riposo,
signori. Comandante, vedo che alla fine ha cambiato opinione sui
marines!” disse
sorridendo il capo del JAG, tendendo la mano a Rabb per congratularsi
con lui.
Harm strinse con gratitudine la mano del suo superiore che tanto aveva
fatto
per loro. Sostituire l’Ammiraglio Chegwidden non era stata
un’impresa facile,
ma quel berretto verde si era dimostrato degno di altrettanta stima e
fiducia.
L’incarico
di Mac sarebbe diventato effettivo a partire dal lunedì
successivo, pertanto
aveva cinque giorni di tempo per riassegnare i propri casi,
impacchettare il suo
appartamento e trasferirsi nell’assolata San Diego,
così da essere
immediatamente operativa. Harm, invece, sarebbe stato dislocato alla
base NATO
solo alla fine del mese, prevedendo una settimana di affiancamento con
l’attuale capo dello staff legale. Questo gli avrebbe dato
modo di concludere
il progetto che stava attualmente seguendo al Pentagono e di
accontentare,
dunque, la Congressista Latham. “E’ sempre
opportuno tenersela buona”, era
stato il commento sintetico di Cresswell.
Harm e Mac
decisero di invitare gli amici e i colleghi al McMurphy
l’indomani,
ufficialmente per congedarsi da loro, ma con l’idea di
annunciare anche l’altro
grande cambiamento che li riguardava. Chiesero pertanto al Generale di
non fare
parola del loro fidanzamento fino alla festa.
La giornata
trascorse in modo concitato, in un turbinio di cose da fare, tanto che
non
ebbero il tempo di assimilare davvero la portata della comunicazione di
Cresswell di quella mattina. Mac trascorse la prima parte della
giornata nell’aula
del tribunale e il pomeriggio alla scrivania, cercando di fare ordine
fra i
fascicoli nel suo archivio così da non lasciare pendenze e
cominciando a
pensare a quali persone avrebbe voluto con sé a San Diego,
così da informarli
per tempo. Harm rimase prevalentemente in ufficio – quel
giorno non erano
previste riunioni al Pentagono –, allontanandosi solo a
metà mattinata per un misterioso
impegno esterno. Fu solo quella sera, quando si ritrovarono seduti sul
divano
di Mac a sorseggiare un caffè, circondati dagli scatoloni
che avevano
cominciato a riempire, che la rivelazione li colpì come un
fulmine: da lì a
poco si sarebbero trasferiti sulla costa occidentale, avrebbero
iniziato due
incarichi nuovi e si sarebbero sposati.
Sposati.
Marito e
moglie.
Si
guardarono negli occhi e, come guidati da una forza invisibile, si
abbracciarono stretti. Poi Harm si allontanò da Mac quel
tanto che gli bastava
per mettersi una mano in tasca ed estrarre un piccolo astuccio di
velluto. Con
voce tremante, le disse: “Sarah MacKenzie, ti amo. Ti ho
amato dal primo giorno
in cui ti ho visto nel giardino delle rose della Casa Bianca. Amo la
tua forza
e la tua fragilità. Amo la tua determinazione e la tua
straordinaria bellezza.
E voglio dividere il resto della mia vita con te.” Mentre
pronunciava le ultime
parole, aprì quella scatolina, ne estrasse il contenuto e le
mise all’anulare sinistro
un anello semplice ed elegante al tempo stesso: un’ametista
incastonata su un
prezioso arabesco d’oro bianco. “E’
l’anello di mia nonna Sarah. Sai che sono
sempre stato pazzo di lei. E adesso vorrei che lo indossassi tu.
Sposami,
Sarah. Sposami anche se in passato mi sono fatto guidare dalle
emozioni, dalle
mie ossessioni, dalla ricerca di mio padre e per poco non ci abbiamo
rimesso
entrambi la vita, e più di una volta. Sposami anche se ci ho
messo tutto questo
tempo per lasciarmi andare con te. Sposami, Sarah.”
Mac rimase
senza parole. L’anello era splendido, ma ciò che
la colpì fu l’amore smisurato
che lesse nello sguardo limpido e commosso di Harm.
“Sì, Harmon Rabb junior, sì,
sì, sì!” Si abbracciarono di nuovo,
sopraffatti da un’ondata di felicità che
non pensavano avrebbero mai provato.
Ora bastava
solo informare il resto del mondo.
Nota
dell’autrice
Cresswell li ha
tenuti un po’ sulle
spine, ma alla fine ha trovato una soluzione che accontentasse tutti,
Congressista Latham compresa, e che spero abbia accontentato anche i
lettori.
E con LA
proposta del secolo si
conclude anche questo viaggio nella nuova vita di Harm e Mac dopo la
parentesi
magica sul lago dorato.
Permettetemi di
dire grazie al mio
fantastico angelo custode, grazie alla mia strepitosa esperta di JAG,
grazie a
chi ha messo la storia fra le seguite, le ricordate e le preferite,
grazie a
chi l’ha letta in silenzio e grazie a chi mi ha voluto
regalare una recensione:
il vostro affetto mi ha riempito il cuore.
Un abbraccio,
Deb
|
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