Sognando il lago dorato

di germangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 - Un amico preoccupato ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 - Mac ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 - Beccati ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 - Un gradito ritorno ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 - Una decisione importante ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 - Un amico preoccupato ***


Era ormai pomeriggio inoltrato quando riuscì a rientrare al JAG. Lo dimostrava anche il fatto che il bullpen fosse deserto, segno che la giornata lavorativa era giunta al termine per il resto dei suoi colleghi. L’ennesima formalissima (e noiosissima) riunione lo aveva bloccato al Pentagono per tutto il giorno, ospite – o forse sarebbe più corretto dire ostaggio – della Congressista Bobbi Latham che, forte dell’appoggio del SecNav, aveva richiesto espressamente di lui a Cresswell e non avrebbe accettato un no come risposta. Il Generale, che pure non era famoso per essere un grande sostenitore delle manovre politiche, era stato pertanto costretto ad accogliere la richiesta giuntagli dall’alto e ad assegnare uno dei suoi migliori avvocati al progetto di revisione delle normative relative all’applicazione degli accordi militari con gli altri stati, destinate in particolare alla gestione degli spazi aerei e al comportamento dei piloti. “Chi meglio di un avvocato che è anche un Top Gun pluridecorato?” aveva argomentato la Congressista Latham con una logica inconfutabile. Rabb, dunque, non aveva potuto fare altro che obbedire agli ordini del suo superiore, anche se avrebbe preferito di gran lunga rimanere al JAG o addirittura farsi mandare in missione su una portaerei in zona di guerra piuttosto che rinchiudersi in una sala con i rappresentanti delle alte sfere.

No, non esageriamo, meglio non mettere a repentaglio la propria vita adesso che le cose con Sarah stavano andando così bene.

Da quell’incontro nelle gelide acque del lago dorato vicino alla casa dove viveva Chloe, che da fredde si erano trasformate in bollenti, lui e Mac erano diventati sempre più uniti.

Lavoro permettendo, naturalmente.

Infatti, come se Cresswell avesse subodorato qualcosa, al rientro dal congedo di Mac aveva pensato bene di spedirla per un paio di settimane sulla Patrick Henry, dove uno degli ufficiali aveva denunciato la sparizione di alcuni importanti documenti militari ed era necessario fare luce sulla questione. Appena tornata, vittoriosa, dalla missione, erano riusciti a trascorrere poco più di un mese insieme e poi era stato il turno di Harm: si era dovuto recare a San Diego per un nuovo caso che lo aveva tenuto lontano da Washington più di quanto avesse preventivato. Insomma, anche se non avevano ancora confessato la loro relazione né agli amici né al loro capo, il loro superiore sembrava intenzionato a tenerli lontani a qualunque costo. Se non altro, adesso si trovavano di nuovo entrambi nella stessa città, quindi potevano vedersi ogni sera e dormire insieme ogni notte. Sebbene fossero sicuri dei propri sentimenti (del resto, si erano danzati intorno per quasi nove lunghissimi, interminabili anni), volevano tenere la loro storia solo per sé. Sapevano di rischiare: la politica di non fraternizzazione, vigente nelle forze armate, era ben nota a entrambi, ma al lavoro mantenevano un comportamento irreprensibile, come se quel lago dorato non fosse mai esistito, e poi… si sfogavano a casa.

Pregustando – appunto – la serata casalinga con Mac, Harmon Rabb si stava recando nel proprio ufficio per controllare la posta quando incrociò il tenente Roberts che lo fissò con sguardo corrucciato.

“Bud, lavori fino a tardi anche tu? Tutto bene?” lo salutò Harm cordialmente.

“Non proprio. Ha un minuto?” gli chiese.

Il modo di fare insolitamente spiccio e l’espressione preoccupata sul volto di Roberts impensierirono Rabb, che gli fece cenno di accomodarsi nel suo ufficio e chiuse la porta dietro di loro. Si sedettero l’uno di fronte all’altro, poi Harm gli disse: “Bud, è successo qualcosa a Harriett o ai bambini?” I Roberts erano come una famiglia per lui e Sarah ed era sinceramente in pensiero per loro.

“No, Harriett e i piccoli stanno bene. Ho il permesso di parlare liberamente, signore?” La richiesta inconsueta sorprese Harm che gli rispose prontamente “permesso concesso” e lo invitò a parlare con un gesto della mano

“Ha sentito il colonnello oggi?” lo interrogò Bud.

“Solo stamani. Le è capitato qualcosa? Dov’è adesso?” Harm si alzò di scatto dalla sua sedia: la preoccupazione si era appena trasformata in angoscia.

“E’ nel suo ufficio, ma è stata insopportabile per l’intera giornata. Con tutto il dovuto rispetto, signore.”

Si sedette di nuovo. Harm non ci si raccapezzava. Quella mattina si erano svegliati serenamente a casa di Sarah, avevano fatto colazione insieme e si erano salutati come due ragazzini innamorati, prima di recarsi al lavoro, ognuno con la propria auto per non destare sospetti. Forse era successo qualcosa in ufficio?

“E’ sicuro di non aver combinato qualche pasticcio, comandante?” gli chiese di nuovo Bud.

“Non capisco a cosa tu ti riferisca…” cercò di svicolare Harm, ma si vedeva lontano un miglio che si stava arrampicando sugli specchi.

“Signore, da quando il colonnello è tornata dal suo ultimo congedo, a me e Harriett è sembrato che i rapporti fra voi due fossero… come dire… più distesi…” un’occhiata eloquente di Bud fece capire ad Harm che alla fine lui e Sarah non erano poi stati così discreti. Apprezzò comunque il tatto con cui gli aveva confessato di aver scoperto della loro storia e gli fu intimamente riconoscente per non averne parlato con il loro superiore. Bud, con un sorriso, aggiunse con fare cospiratorio, quasi sussurrando: “Se posso permettermi, signore, era proprio l’ora, non ci speravamo più!”

Rabb sorrise a sua volta e disse: “Ehm… sì… ma questo cosa c’entra con l’intrattabilità di Mac?”

“Signore, se c’è una cosa che ho imparato da quando sto con Harriett, è che quando lei è nervosa 99 su 100 è colpa mia. O anche se non è vero, alla fine lo è. Quindi mi chiedevo se lei per caso fosse a conoscenza del motivo del malumore del colonnello….”

Harm ci pensò su per qualche secondo: dunque, il compleanno di Mac era ancora lontano, quello di Chloe pure, stavano insieme da poco quindi non gli sembrava che fosse un particolare anniversario per loro, anche se aveva scoperto un lato romantico di Mac che non pensava possedesse. Il giorno prima avevano trascorso una serata deliziosa, improvvisando un pic-nic davanti al fuoco scoppiettante nel camino dell’appartamento di Sarah, con fragole e panna, che si era concluso in modo estremamente piacevole, senza vestiti e in posizione orizzontale. Una posizione che ultimamente assumevano spesso e sempre con grandissimo piacere da parte di entrambi. E ogni volta l’esuberanza di Mac continuava a sorprendere Harm e a farlo sentire al settimo cielo.

Doveva essersi perso nel ricordo per un tempo piuttosto lungo, perché la voce di Bud quasi lo spaventò: “Signore?”

“Oh, scusa Bud, ci ho pensato ma non mi viene in mente niente. L’unica cosa è rivolgersi direttamente alla fonte.”

“E’ proprio sicuro di voler andare nell’ufficio del colonnello?” gli chiese Bud, con il terrore stampato sul volto. Mac doveva essere stata davvero una furia quel giorno per averlo spaventato tanto.

“Tenente Roberts, sono un pilota addestrato alla guerra e un ufficiale del JAG, sono in grado di affrontare un marine!” annunciò risentito. Si alzò dalla sedia, si stirò l’uniforme passando le mani sopra la giacca per eliminare un’invisibile piega e si diresse verso l’ufficio di Mac, pregando nel frattempo che la sua ira si fosse calmata. Decise comunque di passare dalla cucina e munirsi di una tavoletta di cioccolata, da usare a mo’ di ramoscello d’olivo: addolcire il nemico poteva essere un’ottima strategia. Qualunque fosse il motivo di quel comportamento strano, si trattava della sua Sarah.

 

Nota dell’autrice

Qualcuno mi ha invitato caldamente a scrivere il seguito di “Sul lago dorato” e l’ispirazione è arrivata: qualche capitolo per raccontare come è cambiata la vita di Harm e Mac dopo l’incontro in quel luogo magico.

Come sempre, grazie al mio angelo custode per i suoi preziosi consigli e grazie a chiunque mi abbia dedicato il proprio tempo e sia arrivato fino qui.

Al prossimo,

Deb

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 - Mac ***


Fece un respiro profondo, cercando di ritrovare la concentrazione. Non vedeva l’ora di arrivare alla fine di quella lunga giornata, per potersi rifugiare a casa, nascosta sotto il piumone.

Lontana da tutti.

Forse non proprio da tutti… le sarebbe piaciuto farsi avvolgere dal calore delle braccia di Harm. O forse no, avrebbe preferito starsene da sola, a rimuginare sul suo malessere.

La mattinata era iniziata bene: si era svegliata accanto ad Harm e avevano fatto colazione insieme, gustandosi, con il caffè, la serenità data dalla consapevolezza di essere arrivati finalmente allo stadio successivo del loro rapporto, dopo l’incontro rivelatore nelle acque gelide di quel lago dorato. Le cose però avevano cominciato ad andare male poco dopo essere arrivata in ufficio. Un crampo al basso ventre le aveva fatto capire che anche quel mese non era riuscita a coronare il suo sogno di maternità e una breve visita in bagno glielo aveva inesorabilmente confermato. Un’ondata di malinconia e di dolore le aveva riempito il cuore. C’erano solo due cose che poteva fare: raggomitolarsi in posizione fetale sotto la scrivania e annegare il suo dolore nelle lacrime o fare affidamento sul suo addestramento militare. Il marine dai nervi d’acciaio aveva prevalso sulla donna e l’aveva trasformata in una macchina da guerra, scostante e aggressiva. Dapprima se l’era presa con una P.O. per averle consegnato dei documenti in un ordine diverso da quello che aveva richiesto. Poi aveva risposto acidamente a Sturgis che l’aveva invitata a pranzo, rinfacciandogli che lei non aveva certo del tempo da perdere, e infine per poco non si era mangiata il povero tenente Roberts, con tanto di cappello, mostrine e scarpe, che aveva osato affacciarsi alla porta del suo ufficio per chiederle quando potevano incontrarsi per rivedere il caso del sottufficiale Chambers, come richiesto loro dal Generale che li aveva convocati quella mattina appena arrivati al lavoro.

Da quando aveva iniziato la sua storia con Harm non avevano mai preso precauzioni, sia perché entrambi si sottoponevano regolarmente a controlli medici periodici ed erano sani, sia perché volevano tenere fede a quel patto stipulato quasi per gioco anni prima, quando era nato il piccolo AJ Roberts. Ma fra le trasferte di entrambi e l’endometriosi che, come lei stessa aveva detto, con una punta di umorismo acido, era un potente anticoncezionale con un’efficacia paragonabile a quella della pillola, ancora non ci erano riusciti. Sorvolando sulla battuta aggressiva, che in realtà nascondeva la sua frustrazione, Harm le aveva promesso nuovamente che sarebbero riusciti a concretizzare quel progetto. Se anche non lo avessero fatto in modo naturale, la medicina avrebbe potuto aiutarli o, in ogni caso, rimaneva la via dell’adozione.

E lei si illudeva, ogni mese, che il miracolo si verificasse.

E ogni mese rimaneva regolarmente delusa.

Non sapeva con chi parlare della sua sofferenza, del suo sentirsi inadeguata.

Incapace.

Incompleta.

Fallita.

La sua migliore amica, Harriett, non poteva certo comprenderla: aveva già due splendidi bambini e i gemellini sarebbero arrivati fra pochi mesi a far loro compagnia. Ogni volta che andava a trovare i Roberts, che per lei e Harm erano come una famiglia, tornava a casa con una sensazione dolceamara, devastata nell’animo. Voleva bene a Bud e Harriett, adorava i suoi figliocci, eppure il suo cuore si frantumava ogni volta che trascorreva del tempo con loro: rappresentavano tutto ciò che avrebbe voluto e che non riusciva ad avere.

La risata cristallina dei bimbi quando venivano spinti sull’altalena.

Le loro manine paffute e sempre impiastricciate ogni volta che mangiavano la torta al cioccolato o il gelato.

I loro gesti di affetto e i loro abbracci bavosi ogni volta che li andavano a trovare.

Gli occhioni spalancati sulla vita, curiosi e affascinati da ogni nuova scoperta: da una coccinella che riposa su un filo d’erba ai regali sotto l’albero di Natale.

Quell’odore di latte e borotalco di quando erano appena nati e le loro strane smorfie quando erano in braccio alla mamma.

Quanto invidiava quell’espressione di pura beatitudine che si stampava sul volto di Harriett quando aveva uno dei suoi piccoli attaccato al proprio seno!

E poteva solo immaginare la sensazione meravigliosa che si provava sentendo un bambino scalciare nella propria pancia.

Perché a lei era negato tutto questo?

E’ vero, la sua esistenza era ben lontana dall’essere immacolata, ma da quando si era arruolata nei marine, a parte qualche piccolo inciampo, si era sempre mantenuta sobria e sotto controllo. In amore aveva avuto diverse storie infelici, ma adesso – finalmente – poteva contare su un uomo meraviglioso accanto a sé.

Un uomo che meritava di diventare padre.

Sarah si sentiva doppiamente in colpa: non solo privava sé stessa, ma, stando con lei, anche ad Harm era preclusa l’esperienza genitoriale.

Per causa sua.

Lui sarebbe stato un papà meraviglioso: lo vedeva dal modo con cui interagiva con Mattie e con i piccoli Roberts. Era buffissimo con un bebè in braccio: gigante come era, il neonato gli entrava praticamente tutto in una mano. No, non poteva costringere Harm a rinunciare ad avere un figlio proprio, che avesse i suoi meravigliosi occhi cerulei, la sua prestanza fisica e la sua stessa passione per il volo. Avrebbe dovuto lasciarlo andare, così che potesse realizzare quel sogno con una donna vera, con una che potesse portare in grembo un figlio suo.

Immersa in questi pensieri, sobbalzò quando sentì bussare alla porta del suo ufficio.

“Chi è?” chiese con voce stanca, senza nemmeno alzare gli occhi dai fascicoli sparsi sulla scrivania. Non aveva voglia di vedere nessuno.

“Mac, sono io. Posso entrare?” rispose Harm.

Sarah sospirò e disse: “Sì, vieni.”

Rabb aprì e si fermò sulla porta, regalandole il suo splendido sorriso e sventolando la tavoletta di cioccolata: “Ciao marine, ti va un po’ di zucchero?”

Mac non poté far a meno di sorridere. Quell’uomo la conosceva davvero bene! Il gesto le riempì gli occhi di lacrime, che trattenne a stento mentre faceva cenno al suo marinaio di accomodarsi.

Rabb fu molto turbato dalla reazione di Sarah. Si avvicinò alla scrivania e le porse la cioccolata.

Abbassando il tono della voce, le chiese: “Ehy, tesoro, tutto bene?”

Mac non rispose. Si limitò a scuotere la testa, concentrando lo sguardo su quella tavoletta di cioccolato, come se fosse la sua unica ancora di salvezza.

“Ti va di raccontarmi cosa succede?” le domandò con dolcezza.

Sarah rispose quasi sussurrando: “Non ce l’abbiamo fatta nemmeno questo mese…”

Harm comprese immediatamente di cosa stesse parlando. Si alzò dalla sedia, si avvicinò a lei, la prese fra le braccia e la strinse a sé. “Sarah, amore mio, non ti preoccupare, ci riusciremo… la dottoressa ha detto di provarci in modo naturale per almeno sei mesi, poi vedremo se ricorrere a qualche rimedio medico, ma succederà, vedrai!”

“No… e tu non dovresti stare con me….”

Quante volte avevano già affrontato questo discorso!

Rabb non si dette per vinto e replicò: “Spiacente, Mac, ma non mi puoi restituire al mittente: la garanzia è scaduta e non puoi più esercitare il diritto di recesso. In ogni caso, io non ho nessuna intenzione di allontanarmi dal mio marine. E adesso chiudi tutto e andiamo a casa. Ti preparo una buona cenetta. Carnivora, promesso. Oppure ci fermiamo da Beltway Burger, ti compro un triplo hamburger e una tonnellata di patatine.”

Le asciugò una lacrima con il pollice, le accarezzò teneramente il volto e fece per avviarsi verso l’uscita. Sulla porta dell’ufficio, che Rabb aveva lasciato involontariamente aperta, si stagliò la figura del Generale Cresswell che li fissava con espressione truce e braccia conserte. “Comandante, colonnello, nel mio ufficio. Subito.”

 

Nota dell’autrice

Un capitolo rispettosamente dedicato alla sofferenza di Mac che si conclude con un ordine perentorio. Ahi ahi ahi, come la prenderà il Generale?

Grazie per avermi dedicato ancora una volta il vostro tempo e per essere arrivati fino qui!

Baci,

Deb

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 - Beccati ***


Mac e Harm si sentivano come due bambini beccati con le mani dentro il barattolo della marmellata. Si scambiarono uno sguardo a metà fra il preoccupato e il rassegnato: non erano difendibili. Conoscevano a memoria il regolamento e sapevano alla perfezione che stavano rischiando di essere accusati di fraternizzazione. Mac, peraltro, c’era già passata con John Farrow a Okinawa, anche se in quel caso si trattava addirittura di un suo superiore. E anche quella volta era stato Cresswell a farle avere un richiamo disciplinare.

Il comandante e il colonnello seguirono il Generale nel suo ufficio e si misero sull’attenti davanti a lui, che se ne stava in piedi con le mani giunte dietro la schiena. Per un tempo che parve loro interminabile, Gordon Cresswell continuò ad osservare entrambi senza profferire parola e mantenendo quello sguardo truce con cui li aveva trapassati pochi minuti prima, quando li aveva scoperti in atteggiamenti inequivocabilmente equivoci nell’ufficio di Sarah MacKenzie.

“Signori, da quanto va avanti questa faccenda?” disse con voce grave.

Inutile tentare di negare, pensò Harm, che rispose sinceramente: “Da qualche mese.” Evitò comunque di aggiungere ulteriori dettagli, tipo il riferimento a un lago dorato e a un marine nudo che ci nuotava dentro. Onesto sì, kamikaze no.

Cresswell fece una pausa, quasi a voler assimilare bene l’informazione che aveva appena ricevuto, poi tuonò, con un timbro di voce che pareva provenire dalle viscere della terra: “Quindi vi state facendo beffe di me e del regolamento da qualche mese… Vi risulta che io ami essere preso in giro? Quando pensavate di dirmelo?”

Rabb provò a intervenire: “Signore, noi…” ma il Generale non gli lasciò il tempo di aggiungere altro e partì con la sua sfuriata, posizionandosi davanti a Harm, che manteneva lo sguardo fisso verso un punto invisibile davanti a sé. Cosa che, peraltro, gli risultava assai facile: con il suo metro e 93 superava il capo del JAG di una spanna abbondante. “Comandante Rabb, l’ammiraglio Chegwidden mi aveva detto che lei è un tipo allergico alla disciplina, che spara nelle aule del tribunale per dimostrare le sue teorie, che arriva in ritardo persino quando le viene conferita un’onorificenza e che è pronto a lasciare la Marina se le rifiutano una licenza.” Poi si spostò davanti a Mac e riprese: “Ma colonnello, ero convinto che dopo l’episodio di Okinawa lei avesse messo la testa a posto e il suo stato di servizio me lo aveva confermato. Dannazione, Mac, lei è un marine! Si è fatta influenzare dal comportamento irresponsabile di un comandante della Marina?”

Mac provò a difendersi: “No, signore, vede…”

Ancora una volta Cresswell non si lasciò interrompere: “Tuttavia, finora la vostra relazione non ha influito sul vostro rendimento professionale né si sono verificati episodi spiacevoli – con l’eccezione di questa sera –, pertanto non procederò oltre con l’accusa di fraternizzazione né ci saranno ripercussioni disciplinari. Ma aprite bene le orecchie. Restano solo due opzioni percorribili: interrompere immediatamente la vostra relazione o assegnarvi a due comandi diversi. Se fosse per me, a prescindere dalla vostra decisione, spedirei uno di voi in Alaska e l’altro in Islanda a calci nel sedere a lavorare su una nave rompighiaccio, ma vedremo se ci sono altre posizioni aperte. Riflettete sulla mia proposta. Vi aspetto domani alle ore 0700. Potete andare.”

“Agli ordini” risposero all’unisono, si girarono e si avviarono verso la porta.

Una volta usciti dall’ufficio del loro superiore, entrambi rilasciarono un sospiro profondo. Senza dire una parola, si recarono nella stanza di Mac, lei chiuse i file su cui stava lavorando e spense il computer, poi afferrarono cappello e valigetta e si diressero verso l’ascensore.

Appena saliti, Mac fu la prima a parlare: “E adesso cosa facciamo?”

Harm le rispose con una tranquillità che la sorprese: “Adesso andiamo a cena, Sarah. E domattina ascolteremo le proposte del Generale. Ma non ho nessuna intenzione di rinunciare a te. Ho già abbandonato la Marina una volta per te e sono pronto a farlo ancora.”

Mac lo guardò con riconoscenza e gli sorrise: “Davvero?”

“Mac, sei una donna estremamente intelligente ma a volte sei proprio una gran testona. Lo hai capito che ti amo e che voglio stare con te tutta la vita? Quante volte te lo devo ripetere?”

“Veramente non abbiamo mai parlato di “tutta la vita”…” precisò Sarah.

“Beh, non tecnicamente. Però stiamo lavorando per avere un figlio insieme, mi sembrava che questo fosse già un progetto che implica un impegno a lunga scadenza.” Replicò sicuro l’affascinante aviatore, regalandole il suo solito sorriso.

Mac scosse la testa e gli disse: “Harm, con te bisogna sempre leggerti nel pensiero. Nessuna donna vuole fare l’indovina: le parole hanno il loro peso, dovresti saperlo bene ormai.”

Rabb ci pensò su per pochi secondi, poi le concesse: “Uhm… vero. Allora, marine, dovrò farti una proposta seria. E non è un lapsus freudiano. Intendo proprio quella proposta. Ma non nell’ascensore del JAG.” Le sorrise di nuovo e resistette all’impulso di stringerla fra le braccia solo perché stavano ormai per arrivare al piano terra e per quella sera avevano già fatto abbastanza danni. Meglio non aggravare ulteriormente la loro posizione.

Nel frattempo, Cresswell se ne stava seduto sulla sua poltrona, con i gomiti appoggiati sul tavolo e le mani giunte, immerso in una profonda riflessione.

Quei due lo avevano spiazzato, dannazione.

L’elettricità che emanavano ogni volta che si trovavano nella stessa stanza (anzi, nello stesso edificio!) era palese a chiunque, lo aveva notato sin da quando aveva messo piede al JAG, ma non si era accorto che la loro relazione fosse cambiata negli ultimi mesi. Erano entrambi degli ottimi avvocati, le punte di diamante del suo team ad essere sincero, e adesso si trovava nella spiacevole situazione di doversi liberare di uno di loro o addirittura di entrambi.

Afferrò la cornetta del telefono, digitò un numero che conosceva a memoria e dopo pochi squilli una voce dall’altro capo della linea rispose: “Pronto.”

“Sono io. Avrei bisogno di vederti. Hai tempo adesso?” annunciò telegrafico il Generale.

“Affermativo. Facciamo fra 20 minuti al solito posto?”

“Bene. A dopo.”

Dopo aver concluso la breve telefonata, Cresswell chiamò anche sua moglie e l’avvertì di non attenderlo per cena ché quella sera avrebbe fatto tardi. Poi chiuse i fascicoli sui cui stava lavorando, riordinò la scrivania e si apprestò a lasciare il JAG. Un appuntamento importante lo stava aspettando.

 

Nota dell’autrice

Cresswell mette Harm e Mac di fronte a un aut aut: o rinunciano alla loro storia o dovranno lasciare il JAG.

Con chi ha appuntamento il Generale? Si accettano scommesse!

Grazie per avermi seguito fino qui!

Deb

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 - Un gradito ritorno ***


Harm e Mac uscirono dall’edificio di mattoncini e si incamminarono verso il parcheggio ormai deserto. Solo l’auto del Generale faceva compagnia alle loro. Evidentemente, anche il tenente Roberts era tornato a casa dalla sua famiglia.

“Harm, credo che dovremmo parlare con Bud e Harriett.” Suggerì Sarah.

“Sanno già di noi” replicò Rabb e le raccontò in breve lo scambio di battute che aveva avuto con Roberts al suo rientro in ufficio quella sera, sorvolando sulla parte iniziale della loro conversazione.

Sarah ne fu sorpresa, poi aggiunse: “Però non sanno che il Generale ci ha scoperto e che domani ci potrebbe spedire ai due capi opposti del globo terrestre…”

“… O che da domani io potrei non essere più in Marina…” ribadì Harm.

Sarah sospirò: “Harm, e cosa vorresti fare? Tornare alla CIA?”

Rabb rabbrividì. “No, tenderei ad escluderlo. Non credo che mi accoglierebbero a braccia aperte. Potrei avere miglior fortuna con l’NCIS. Magari potresti mettere una buona parola per me con Gibbs: in fin dei conti è un ex marine, voi berretti verdi ve la intendete.”

Mac ci pensò un po’ su, valutando seriamente quell’opzione, poi disse: “Beh, in effetti quando vi siete incontrati la prima volta avete fatto scintille! Sarebbe interessante vedervi lavorare insieme. E poi la sede dell’NCIS è qui a Washington, potrebbe essere un’ottima soluzione, anche per Mattie.”

Scuotendo la testa, Harm rispose, con un velo di tristezza: “Mattie si sta riavvicinando a suo padre, non so per quanto tempo rimarrà ancora sotto la mia tutela. Devo ammettere che mi mancherà non vederla tutti i giorni… ma è giusto così.” Fece una pausa, soffermandosi sui suoi sentimenti nei confronti di quella ragazzina che era piombata nella sua esistenza da poco tempo, riempiendogliela di un affetto inatteso e prezioso. Sì, avrebbe sentito davvero molto la sua mancanza, anche se si ripromise che avrebbe fatto di tutto per mantenere i contatti con lei. Poi riprese: “Comunque, Mac, non dicevo sul serio. Dopo il modo in cui mi ha trattato Gibbs quando mi avevano accusato dell’omicidio della Singer, non credo che mi prenderebbe nemmeno in considerazione. Avrei miglior fortuna con l’altro agente, aspetta… come si chiama… ha un nome italiano… ah sì, Di Nozzo. In ogni caso, sarei più contento di tornare a pilotare aerei agricoli, come facevo per la Grace Aviation. Ma è inutile pensarci adesso, sentiremo domani cosa ci proporrà Cresswell. Però hai ragione, dovremmo parlare con i Roberts. Chiamo Bud al cellulare e verifico se possiamo passare da loro stasera.”

“Ne approfitterò per scusarmi con lui. Oggi devo essergli sembrata un’erinni scatenata.” Aggiunse Sarah, ripensando al suo comportamento di quella giornata.

Mezz’ora più tardi, dopo essersi fermati al volo da un take-away cinese per una simil-cena, Harm e Mac si trovavano davanti alla porta della residenza dei Roberts. Suonarono il campanello ed una Harriett vistosamente incinta e sempre sorridente venne loro ad aprire. “Comandante, colonnello, che bello vedervi!” li salutò con il suo consueto fare gioviale, per nulla appesantito dal pancione che si portava a spasso.

“Grazie Harriett, scusaci ancora per questa visita improvvisa e a quest’ora, ma volevamo parlarvi di una cosa.” Rispose Mac.

“Nessun problema, è sempre un piacere per noi! Bud è al piano di sopra e sta mettendo a letto i bambini, dovrebbe scendere a momenti. Oggi quelle pesti sono state insopportabili: hanno proprio esaurito la mia pazienza… Intanto vi prego di accomodarvi sul divano. Cosa vi posso offrire?”

“Non darti disturbo, Harriett, siediti con noi.” Le disse Rabb.

 “Sì, Harriett, anzi, se hai bisogno ti do una mano in cucina” si offrì Mac.

La signora Roberts accettò volentieri la proposta del colonnello e decise di sfruttare quell’opportunità per fare una chiacchierata a quattr’occhi con la sua amica e per farsi raccontare nei minimi dettagli il momento in cui – finalmente – il miracolo si era compiuto. Si erano viste qualche volta da quando Mac era rientrata dal congedo trascorso sul lago dorato, ma visto che lei e Harm avevano deciso di non sbandierare la loro storia, le due amiche non avevano ancora avuto modo di parlare in maniera approfondita della grande novità nella vita di Mac.

Rabb le sentì ridacchiare dal soggiorno e fu felice del cambiamento nello stato d’animo di Sarah. Gli dispiaceva vederla così vulnerabile e si ripromise che si sarebbe preso sempre cura di lei, per tutta la vita. A questo proposito, si ricordò che doveva ancora farle quella fatidica proposta e si appuntò mentalmente di portare a lucidare l’anello di sua nonna Sarah, che aveva chiesto a sua madre l’ultima volta che era andato a La Jolla e che custodiva gelosamente in un cassetto, in attesa di trovare il coraggio di consegnarlo alla sua legittima destinataria, ovvero un certo marine dai profondi occhi scuri che risiedeva nel suo cuore da tempo.

Appena Bud scese al piano terra, Mac si scusò immediatamente con lui per il modo in cui lo aveva trattato nel pomeriggio, poi i quattro si accomodarono in salotto e Harm e Mac raccontarono brevemente ai loro amici cosa era successo con Cresswell.

“Cosa farete adesso?” chiese Bud.

“Non so quali proposte avrà il Generale per noi domani, ma so una cosa per certo: non ho nessuna intenzione di lasciare Mac. Anzi, voglio sposarla” annunciò Rabb con una serena determinazione, prendendo la mano di Sarah e stringendogliela con affetto.

“Oh mio Dio, congratulazioni!” cinguettò Harriett, che sprizzava gioia da tutti i pori.

“Sempre che Sarah mi dica di sì” precisò il comandante.

I coniugi Roberts rimasero allibiti, poi si voltarono entrambi verso Mac, la quale, con espressione serafica, spiegò: “In effetti Harm ancora non me lo ha chiesto…”

“Ma tu gli dirai di sì, vero Mac?” si informò Harriett con una certa apprensione. Li vedeva finalmente felici e innamorati, ma con quei due non c’era mai da stare tranquilli.

“Staremo a vedere…” rispose Sarah sorridendo.

Poi il comandante e il colonnello salutarono i Roberts e si recarono all’appartamento di Mac. L’indomani avrebbero saputo cosa il destino aveva in serbo per loro.

Nel frattempo, in un pub un po’ fuori mano rispetto alla sede del JAG, un uomo di una certa età, calvo ma ancora prestante, era seduto a un tavolo in disparte e stava sorseggiando una birra. Cresswell lo individuò subito appena entrato nel locale. Gli fece un cenno e si fermò al bancone per ordinare qualcosa da bere. Poi lo raggiunse e lo salutò: “Ciao AJ, grazie per essere venuto”

“Ciao Gordon, in cosa posso esserti utile?” gli rispose Chegwidden andando direttamente al nocciolo della questione.

“Si tratta di Rabb e MacKenzie” annunciò il Generale senza perdersi in troppi convenevoli.

“Cos’hanno combinato questa volta? In che guaio si sono cacciati? Hanno rubato un altro Mig? Sono scappati di nuovo in Cecenia?” si informò il loro ex capo, che evidentemente conosceva bene le prodezze di cui erano capaci i summenzionati ufficiali, specialmente il pilota, e gli brillavano ancora gli occhi al ricordo.

“Fraternizzazione” rispose lapidario.

“Dio sia lodato! Dobbiamo festeggiare!” esclamò AJ levando il boccale di birra in un brindisi improvvisato. La sua reazione lasciò Cresswell a dir poco sbalordito. Chegwidden si giustificò dicendo: “Scusami Gordon, ma ho avuto quei due sotto il mio comando per anni e in tutto quel tempo si vedeva chiaramente che erano pazzi l’uno dell’altra, solo che non era mai successo niente. Anche se, a ben pensarci, le dinamiche fra loro due erano divertenti. Viste dall’esterno, sia chiaro. C’era un’elettricità nell’aria… non c’era mai da annoiarsi con le loro scaramucce. Facevano scintille, credimi. Sono felice che si siano finalmente svegliati. Allora, raccontami, come pensi di cucinarli?”

“La scorsa settimana ho visto che ci sono una posizione a Londra e una a San Diego che farebbero per loro, si tratterebbe di incarichi importanti e persino di una promozione per Rabb. Avevo in mente di proporgliele, ma a questo punto non ne sono così sicuro.”

“Mmmm, non so se accetteranno. Se fanno sul serio, non vorranno vivere a 6000 miglia di distanza. E spero davvero che facciano sul serio: non sono mica più dei ragazzini. Ah, non credevo che avrei mai assistito a questo miracolo! Rabb ce l’ha fatta, alla fine! Avresti dovuto vederlo quando il colonnello stava insieme all’australiano, Brumby… pensa che il tenente Roberts ci ha persino rimesso una mandibola!” AJ sorrise al ricordo di quell’episodio, poi riprese: “Comunque, quando i Roberts si sono sposati, ho fatto in modo che Harriett riportasse ufficialmente all’Ispettorato Generale, ma che di fatto fosse dislocata al JAG. Magari puoi trovare una soluzione simile anche per Rabb e MacKenzie. Io ho fatto ricorso ai miei privilegi di ammiraglio, ma sono convinto che anche un generale dei marine saprà come muoversi.” Suggerì Chegwidden. Era palesemente felice per la notizia che Gordon gli aveva appena comunicato, anche se, in cuor suo, quella stessa notizia gli aveva riacceso la nostalgia che provava per la sua vecchia vita al JAG, sia per il ruolo che aveva avuto il privilegio di ricoprire per tanti anni, sia, e soprattutto, per gli uomini e le donne che popolavano quell’edificio con i mattoncini.

“Grazie AJ, i tuoi consigli sono sempre preziosi” disse Cresswell, riconoscente.

Brindarono alla loro amicizia, poi si salutarono e ripresero ognuno la propria strada. Gordon Cresswell aveva un’importante decisione da prendere.

 

Nota dell’autrice

Ebbene sì, come tutte voi aspettavate, è tornato l’unico, il solo, l’indimenticabile AJ Chegwidden! Il quale conosce bene i nostri beniamini e – giustamente – ringrazia il cielo che abbiano finalmente aperto gli occhi.

Cosa farà Cresswell adesso? Seguirà il consiglio del suo predecessore? La gara è sempre aperta, vediamo chi indovina!

Un grazie speciale alla mia esperta di JAG per la consulenza volante (più veloce e accurata di Wikipedia!) e grazie a chiunque mi abbia dedicato il proprio tempo e sia arrivato fino qui.

Un abbraccio,

Deb

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 5 - Una decisione importante ***


Non dormirono molto quella notte. I loro cuori erano pervasi da sentimenti contrastanti: un (quasi) fidanzamento da festeggiare e l’incognita delle loro carriere e di quale proposta avrebbe fatto loro Cresswell la mattina successiva a pendere su di loro come una minacciosa spada di Damocle.

Grazie all’orologio interno di Mac, arrivarono al JAG addirittura con un quarto d’ora di anticipo rispetto all’appuntamento con il Generale, cosa più unica che rara nella lunga carriera militare di Harmon Rabb jr. Ma lui era già lì ad attenderli. Entrambi si chiesero, mentalmente, se avesse dormito in ufficio, ma evitarono di dare voce ai loro pensieri. La situazione era già abbastanza delicata senza farci anche dell’umorismo sopra. E il capo del JAG non sembrava il tipo da amare le battute di spirito.

Entrarono nella stanza del loro superiore e si misero sull’attenti, in attesa di conoscere cosa il destino aveva in serbo per loro per mezzo di quell’accigliato messaggero. Mac era particolarmente tesa: con il Generale aveva sempre l’impressione di essere costantemente sotto esame, sin da quanto aveva messo piede al JAG, e quella mattina non faceva eccezione.

“Signori, prima di tutto voglio sapere cosa avete deciso di fare della vostra relazione” chiese Cresswell, senza troppi giri di parole.

“Ci sposiamo” annunciò sicuro Rabb, omettendo il dettaglio (trascurabile) della mancata proposta e dell’assenza di un anello, cose sulle quali stava ancora lavorando.

“Credo di dovermi congratulare, allora” disse il Generale, cercando di mantenere un tono di voce severo, ma sotto sotto si vedeva che era felice perché, anche se era arrivato da poco, aveva imparato a conoscere e stimare gli uomini e le donne del JAG, andando oltre la loro uniforme o il loro grado.

“Grazie, signore” risposero all’unisono i due futuri sposi.

“La vostra decisione non mi stupisce. Come concordato ieri sera, ho una proposta da farvi. E’ stato aperto un nuovo centro a San Diego in cui lavoreranno congiuntamente gli avvocati della Marina e dei marines. Colonnello, a lei viene assegnato il comando di quel centro. Potrà scegliere lo staff da portare con sé, ma cerchi di non togliermi tutte le pedine migliori.”

Harm fu genuinamente felice per Mac. Sapeva quanto fosse stato importante il corpo dei marines per lei, sin da quando suo zio Matt l’aveva convinta ad arruolarsi. La vita militare aveva rappresentato la svolta cruciale nella sua esistenza, un punto fermo che le aveva permesso di uscire dall’alcolismo e di diventare la persona speciale che era e di cui lui si era perdutamente ed irrimediabilmente innamorato. Qualunque fosse stata la proposta del Generale per quanto riguardava la sua carriera, di una cosa sola era certo: sarebbe andato con la sua Sarah in California. Era pronto a rinunciare a tutto per lei.

Per la donna della sua vita.

Che nel frattempo non aveva aperto bocca.

Il silenzio di Mac sorprese sia lui che Cresswell, il quale la richiamò all’ordine: “Colonnello, non ha niente da dire?”

“Mi scusi, signore, ma con tutto il rispetto vorrei prima sentire quale proposta ha per il comandante” rispose con franchezza.

“E’ presto detto. Comandante, per lei invece c’è una posizione a Londra, a capo delle Forze Navali in Europa, che prevede la promozione a Capitano di Vascello” annunciò il Generale.

La determinazione di Harm vacillò.

Capitano Rabb.

Avrebbe rappresentato l’anticamera alla nomina a capo del JAG! Non che Gordon Cresswell sembrasse intenzionato ad abbandonare la sua poltrona a breve, ma indubbiamente si trattava di un avanzamento di carriera notevole. L’idea accarezzò la sua ambizione per qualche secondo. Poi rivide, come un flash, l’immagine di Sarah che nuotava nel lago dorato, sensuale, languida, forte e indifesa al tempo stesso, e non ebbe alcun dubbio.

“La ringrazio, signore, ma non posso accettare” dichiarò con voce ferma.

Le pupille di Mac si dilatarono impercettibilmente e gli occhi le si riempirono di lacrime che riuscì a stento a trattenere. Nessuno aveva mai fatto un gesto d’amore tanto grande per lei. Quest’uomo, l’amore della sua vita, l’altra metà del suo cielo, la sua anima gemella aveva appena rinunciato alla promozione a Capitano di Vascello per non mettere dieci ore e mezzo di volo, otto di fuso orario e 5489 miglia fra loro.

“Sta rifiutando un ordine, comandante?” chiese il Generale, aggrottando la fronte.

“Sì, signore” Poi aggiunse: “E sono pronto a lasciare la Marina per seguire la mia futura moglie a San Diego. Troverà le mie dimissioni sulla sua scrivania entro la mattinata.”

Nell’ufficio regnò un silenzio surreale per alcuni interminabili secondi. Poi Cresswell fece un respiro profondo e prese nuovamente la parola: “Non abbia tanta fretta di gettare l’uniforme alle ortiche, comandante. C’è un’altra possibilità.”

Ci fu l’ennesima, lunghissima pausa.

La tensione era palpabile.

“Il capo dello staff legale della base navale NATO di San Diego andrà in pensione il mese prossimo. Questa posizione non prevede la promozione a Capitano, almeno non immediatamente, ma sarebbe comunque interessato a sostituirlo?” chiese retoricamente il Generale, pensando se quel testardo di Rabb rifiuta questa proposta ce lo spedisco a calci nel sedere in California, dannazione.

“Sì, signore!” rispose con malcelato entusiasmo.

“Grazie signore!” si unì Mac, apparentemente imperturbabile anche se il suo cuore era in tumulto per la felicità. Sarebbero stati entrambi a San Diego!

“Riposo, signori. Comandante, vedo che alla fine ha cambiato opinione sui marines!” disse sorridendo il capo del JAG, tendendo la mano a Rabb per congratularsi con lui. Harm strinse con gratitudine la mano del suo superiore che tanto aveva fatto per loro. Sostituire l’Ammiraglio Chegwidden non era stata un’impresa facile, ma quel berretto verde si era dimostrato degno di altrettanta stima e fiducia.

L’incarico di Mac sarebbe diventato effettivo a partire dal lunedì successivo, pertanto aveva cinque giorni di tempo per riassegnare i propri casi, impacchettare il suo appartamento e trasferirsi nell’assolata San Diego, così da essere immediatamente operativa. Harm, invece, sarebbe stato dislocato alla base NATO solo alla fine del mese, prevedendo una settimana di affiancamento con l’attuale capo dello staff legale. Questo gli avrebbe dato modo di concludere il progetto che stava attualmente seguendo al Pentagono e di accontentare, dunque, la Congressista Latham. “E’ sempre opportuno tenersela buona”, era stato il commento sintetico di Cresswell.

Harm e Mac decisero di invitare gli amici e i colleghi al McMurphy l’indomani, ufficialmente per congedarsi da loro, ma con l’idea di annunciare anche l’altro grande cambiamento che li riguardava. Chiesero pertanto al Generale di non fare parola del loro fidanzamento fino alla festa.

La giornata trascorse in modo concitato, in un turbinio di cose da fare, tanto che non ebbero il tempo di assimilare davvero la portata della comunicazione di Cresswell di quella mattina. Mac trascorse la prima parte della giornata nell’aula del tribunale e il pomeriggio alla scrivania, cercando di fare ordine fra i fascicoli nel suo archivio così da non lasciare pendenze e cominciando a pensare a quali persone avrebbe voluto con sé a San Diego, così da informarli per tempo. Harm rimase prevalentemente in ufficio – quel giorno non erano previste riunioni al Pentagono –, allontanandosi solo a metà mattinata per un misterioso impegno esterno. Fu solo quella sera, quando si ritrovarono seduti sul divano di Mac a sorseggiare un caffè, circondati dagli scatoloni che avevano cominciato a riempire, che la rivelazione li colpì come un fulmine: da lì a poco si sarebbero trasferiti sulla costa occidentale, avrebbero iniziato due incarichi nuovi e si sarebbero sposati.

Sposati.

Marito e moglie.

Si guardarono negli occhi e, come guidati da una forza invisibile, si abbracciarono stretti. Poi Harm si allontanò da Mac quel tanto che gli bastava per mettersi una mano in tasca ed estrarre un piccolo astuccio di velluto. Con voce tremante, le disse: “Sarah MacKenzie, ti amo. Ti ho amato dal primo giorno in cui ti ho visto nel giardino delle rose della Casa Bianca. Amo la tua forza e la tua fragilità. Amo la tua determinazione e la tua straordinaria bellezza. E voglio dividere il resto della mia vita con te.” Mentre pronunciava le ultime parole, aprì quella scatolina, ne estrasse il contenuto e le mise all’anulare sinistro un anello semplice ed elegante al tempo stesso: un’ametista incastonata su un prezioso arabesco d’oro bianco. “E’ l’anello di mia nonna Sarah. Sai che sono sempre stato pazzo di lei. E adesso vorrei che lo indossassi tu. Sposami, Sarah. Sposami anche se in passato mi sono fatto guidare dalle emozioni, dalle mie ossessioni, dalla ricerca di mio padre e per poco non ci abbiamo rimesso entrambi la vita, e più di una volta. Sposami anche se ci ho messo tutto questo tempo per lasciarmi andare con te. Sposami, Sarah.”

Mac rimase senza parole. L’anello era splendido, ma ciò che la colpì fu l’amore smisurato che lesse nello sguardo limpido e commosso di Harm. “Sì, Harmon Rabb junior, sì, sì, sì!” Si abbracciarono di nuovo, sopraffatti da un’ondata di felicità che non pensavano avrebbero mai provato.

Ora bastava solo informare il resto del mondo.

 

Nota dell’autrice

Cresswell li ha tenuti un po’ sulle spine, ma alla fine ha trovato una soluzione che accontentasse tutti, Congressista Latham compresa, e che spero abbia accontentato anche i lettori.

E con LA proposta del secolo si conclude anche questo viaggio nella nuova vita di Harm e Mac dopo la parentesi magica sul lago dorato.

Permettetemi di dire grazie al mio fantastico angelo custode, grazie alla mia strepitosa esperta di JAG, grazie a chi ha messo la storia fra le seguite, le ricordate e le preferite, grazie a chi l’ha letta in silenzio e grazie a chi mi ha voluto regalare una recensione: il vostro affetto mi ha riempito il cuore.

Un abbraccio,

Deb

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