Selfish

di EnaHutcherson
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Festa ***
Capitolo 2: *** Gabriel ***
Capitolo 3: *** Felicia ***
Capitolo 4: *** Darian ***
Capitolo 5: *** Fare centro ***
Capitolo 6: *** Incontri inaspettati ***
Capitolo 7: *** Stronzo Apocalittico ***



Capitolo 1
*** Festa ***


Sapevo che non sarei dovuta andare a quella festa. Lo dimostrava il fatto che fossero le 5 e 30 di mattina, che piovesse a dirotto e che io stessi percorrendo a piedi la strada per tornare a casa. Dovevo chiedere un passaggio a qualcuno.
Felicia aveva il cellulare spento, chissà dove cavolo era finita.
Sapevo già il nome che, involontariamente, le mie dita stavano cercando sulla rubrica, sarebbe venuto subito, malgrado l’ora, malgrado la pioggia.
Mi accostai al ciglio della strada e mi misi a riparo sotto un albero, che non riparava per niente e che per di più mi riempiva capelli e vestiti di foglioline verdi.
- Ehi, piccola! Che è successo? - rispose al primo squillo, era ancora sveglio.
- Ehi Gab, ecco sono appena tornata dalla festa all’ outside park e.. Sono rimasta a piedi, qui piove a dirotto..
- Dammi cinque minuti e sono li da te, ok? - sorrisi,
- Sei un angelo.
- Per te questo ed altro, tesoro. A tra poco. -
Rimisi il telefono in tasca, sapevo che sarebbe venuto subito. Ma il senso di colpa mi stava uccidendo.
 
Gabriel era il mio ex ragazzo, lo conoscevo dall’asilo, abitava di fronte a me ed eravamo praticamente cresciuti insieme. La nostra era un’amicizia fortissima, avevamo un legame così intenso che abbiamo voluto provare a trasformarlo in una storia vera e propria, ma senza un buon risultato.
Non riesco a spiegare bene perché avevo deciso di lasciarlo, è solo che sentivo di non provare più niente per lui, se non un forte legame come amico. Ma nonostante tutto credo che non si sia mai arreso veramente, credo che sia l'unica persona che mi sia mai stata così vicina.
                                                                                                             
Forse era per questo che mi sentivo così in colpa. Non volevo usarlo per i miei scopi personali solo perché sapevo che avrebbe fatto tutto quello che gli avrei chiesto. Ma era anche vero che dovevo arrivare a casa, in un modo o nell’altro.
Mentre mi stavo tartassando il cervello con queste paranoie una Hummer nera si fermò sulla strada proprio davanti a me. Feci una piccola corsa per raggiungerla e vi salii.
Era impregnata del suo profumo. Mi voltai e lo vidi.
Ok, Gab era sempre stato un gran figo, occhi azzurri e profondi, un fisico scolpito e dei capelli dorati sempre scompigliati.
Forse era per la luce che c’era nella macchina, forse era perché non lo vedevo da un po’ ma in quel momento, con la testa girata verso di me, quello sguardo così intimo, con il braccio destro appoggiato sul volante così che dalla maglietta nera a maniche corte si intravedeva il suo fantastico tatuaggio, beh.. sembrava molto più un angelo che non un essere umano.

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Capitolo 2
*** Gabriel ***


-Ehi, ti sei incantata?- mi disse sorridendo. -Eh? no, no scusa!- che tonta che sono. -Stavo solo pensando che ti bagnerò tutta la macchina, guarda come sono conciata!- dissi, mentre cercavo inutilmente di sistemare quello schifo di capelli che mi ritrovavo. -Chissenefrega della macchina! e poi sei bellissima comunque, dai vieni qui- mi avvicinò a se e mi diede un abbraccio, era caldo ed il tocco con la sua pelle mi vece venire un brivido. Stavo ancora pensando per quale ignoto e stupido motivo l’avessi lasciato quando sciolse (troppo presto) l’abbraccio e accese (troppo presto) la macchina. -Dove vuole che la porti signorina?- rise.
Dio, quanto può essere splendido un ragazzo?
-Su una stella per favore- risposi sorridendo a mia volta.
Il viaggio non fu lungo, ma nessuno dei due aprì bocca. Ci furono solo delle occhiatine parecchio eloquaci e dei sorrisi quando sulla radio trasmettevano delle canzoni che un tempo avevamo cantato e ballato insieme.
Accostò davanti a casa mia, le luci erano spente, la macchina di mia madre non c’era. Dove cazzo era andata adesso? Probabilmente dal suo nuovo fidanzato.
Feci per scendere ed andare dentro quando Gab fece un’inversione a U e si fermò davanti a casa sua (si, abitava proprio di fronte a me, ve l’avevo detto).
-Che vuoi fare?- chiesi. -Non c’è nessuno a casa tua e non lascerò che tu stia da sola tutta notte.- l’ho già detto che era un angelo? -Ma non posso nemmeno entrare in casa tua alle 6 del mattino come se niente fosse!-
-Certo che puoi! E poi i miei non ci sono quindi non disturbi proprio nessuno!- sorrise.
-Grazie.-
Entrammo. La casa era ancora uguale a come me la ricordavo, le pareti di un arancione spento, il salotto con il camino. Profumava del detersivo che sua mamma usava per lavare i vestiti, non era molto grande ma era calda ed accogliente. Salimmo le scale, percorremmo il piccolo corridoio che portava alla sua camera, era pieno zeppo di quadri di ogni genere e dovetti stare attenta per non andare a sbattere contro un cassettone di cui non ricordavo l'esistenza.
Gab si fermò davanti ad una porta dipinta di nero, la aprì e mi fece segno di entrare. Il suo profumo mi avvolse come un’ondata, nella stanza c’era completamente buio e l’unica luce che c’era proveniva da una lampadina rossa nell’angolo.
Sebbene non si vedesse molto, mi accorsi che era tutto come una volta : il letto disfatto, i poster di alcuni gruppi rock che non avevo mai sentito, l'armadio, troppo grande per un ragazzo solo, non mi sorpresi quando alzando lo sguardo vidi una parete molto familiare. Era esattamente dietro al letto, l'avevamo fatta insieme : era piena di nostre foto, mentre ci baciavamo, mentre correvamo sotto la pioggia, c'erano foto di noi due all'asilo mentre, tutti indaffarati, cercavamo di tenere in spalle lo zaino troppo grande per dei bambini di sei anni. Le foto erano messe a mosaico in modo che non restasse neanche uno spazio libero, fatta eccezione del centro, dove c'erano le nostre iniziali e i nostri ritratti in bianco e nero, frutto di un viaggio a Parigi che avevamo deciso di fare per le vacanze di Natale.
Mentre io ero ancora imbambolata a fissare la parete lui mi passò vicino sfiorandomi un braccio e le farfalle cominciarono ad impadronirsi della mia pancia e del mio stomaco. Perché avevo ancora quella reazione quando stavo con lui? Mi passò una delle sue magliette dall’armadio, era quella che usavo sempre quando tempo fa rimanevo a dormire da lui. L’aveva fatta fare apposta per me, era verde (non a caso il mio colore preferito) sul davanti c’era un cuoricino nero e a lato il nome ‘angelo ’ .
Questo era il soprannome che avevo scelto per Gab.

Ricordo che da piccola, dopo il divorzio dei miei, mia madre mi faceva andare a catechismo. Lei non era credente, ma voleva che fossi in grado di scegliere da sola in cosa o chi credere. E quel pomeriggio avevamo parlato di angeli ed arcangeli. Quando arrivai davanti a casa mia vidi Gab fuori nel suo giardino che giocava con degli amici a pallone e lo salutai urlando: -ciao angelo Gabriele!- Al che, lui diventò completamente rosso per la vergogna, e io decisi che quello sarebbe stato il suo nuovo soprannome.
 
Ripensando a questa storia mi venne da sorridere e mi voltai per chiedergli se anche lui se ne ricordava, ma l’unica cosa che riuscii a fare fu quella di rimanere ferma ed a bocca aperta. nel vero senso della parola, insomma, avevo davvero la bocca aperta. Si, sono sfigata al massimo.
Gab era praticamente nudo, fatta eccezione per i boxer neri che portava.
Il suo corpo sembrava scolpito nel marmo e pensai che il suo soprannome fosse la cosa più azzeccata al mondo.
Era piegato e frugava nell’armadio in cerca di qualcosa. Ora il torace nudo lasciava intravedere completamente il tatuaggio che partiva dalla spalla destra e scendeva giù fino a metà braccio. Era un gambo di rosa, attorcigliato e pieno di spine, scendeva giù sul braccio e si torceva tutto intorno ad una rosa nera, con piccole gocce di rugiada sui petali, sembravano quasi diamanti. Era davvero stupendo quel tatuaggio.
I suoi occhi stavano ancora cercando qualcosa quando si voltò verso di me, i capelli imperlati di piccole gocce di pioggia.
-Non è la prima volta che mi vedi in boxer piccola.- sorrise.
-Lo so, ma fa sempre uno strano effetto.- mormorai.
-Uno strano effetto?- rise.
-Non mi prendere in giro, Gab!- ci guardammo e sorridemmo entrambi.
Decisi di spogliarmi li, in fondo era il mio ex ragazzo, non c’era niente che non avesse mai visto. Così tolsi i jeans e la maglietta e restai in mutande e reggiseno.
Ora era lui quello che mi fissava. -Non è la prima volta che mi vedi in biancheria intima- dissi sorridendo.
-Già, ma fa sempre uno strano effetto- disse, e ci mettemmo entrambi a ridere.
Mi infilai la maglietta e lui trovò una canotta bianca e si mise quella. Andai dalla parte sinistra del letto, avevo sempre dormito da quella parte, mi infilai sotto il lenzuolo e chiusi gli occhi. Pochi secondi dopo anche Gab si coricò, si avvicinò a me mi fece scivolare tra le sue braccia. Mi diede un bacio sulla fronte e pochi istanti dopo ero già in un dormiveglia fatto di sogni piacevoli.
-Buona notte, mia piccola dea.- era stato solo un sussurro ma lo sentii benissimo. Era la buona notte che mi dava Gab da sempre, forse però stavo solamente sognando.

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Capitolo 3
*** Felicia ***


Fui svegliata da una fastidiosissima sveglia la mattina seguente, mi voltai e vidi che il letto era vuoto. Guardai la sveglia, erano le 8, probabilmente in casa non c’era nessuno. Non mi preoccupai nemmeno di cambiarmi quando scesi le scale per andare in cucina che, come mi aspettavo, era vuota. Sul tavolo c’era una rosa con un bigliettino:
 
‘Piccola, sono dovuto andare a lezione presto,
 ricordati che hai l’orientamento alle 9.
 E’ la prima lezione dell’anno, sii puntuale.
Ci vediamo dopo a scuola dea.
                                            Un bacio, tuo G.’
 
 
Ok, io e Gab dovevamo parlare del nostro ‘rapporto’ .
Non volevo assolutamente che pensasse che stavamo di nuovo insieme o roba simile.
Bevvi una tazza di caffè, mi lavai e frugai nell’armadio di Gab in cerca di qualche vestito decente da mettere, fortunatamente ritrovai un paio di miei leggins e una canotta bianca, presi la borsa e mi avviai verso scuola.
La strada non era lunga. Arrivata davanti all’edificio vidi un paio di ragazzi che sapevo fossero amici di Gab, mi sorrisero ed io ricambiai. C’era pieno di studenti che conoscevo già, e un’infinità di ragazzini spaesati.
Entrai nell’edificio e subito ebbi una vampata di caldo. I fondatori della scuola avevano talmente tanti soldi da buttare via che avevano fatto una piscina olimpionica, una palestra enorme, un campo da football, un giardino immenso, dei computer con una tecnologia avanzatissima, ma non avevano pensato a dei semplicissimi condizionatori per il caldo. Bah. 
Arrivai in classe e mi sedetti in un banco vicino alle finestre, passai l’ora di orientamento, tra l’altro ora inutile dato che ero in quarta e sapevo già benissimo cosa fare, a guardare le mosche che si schiantavano contro la finestra per entrare o per uscire, e che poi, sfinite cadevano a terra e morivano.
Che brutta vita, cazzo!
Finalmente suonò la campanella, uscii dall’aula e l’unica cosa che volevo fare era andare fuori in giardino e godermi il sole che era appena uscito.
-Edith! dobbiamo parlare. - mi voltai, quella voce mi era familiare.
-Felicia! – sorrisi.
Mi prese un braccio e mi trascinò in giardino, sotto un albero, mi fece sedere e si sedette a sua volta vicino a me.
-Mi dici che succede? - dissi.
-Sono o non sono la tua migliore amica? - chiese.
-Ma certo che lo sei! -
-Allora perché non mi dici mai niente? - fece gli occhi da cucciolo bastonato.
-Cosa avrei dovuto dirti scusa? -
-Bah, non so, per esempio.. Che cavolo ci facevi alle 5 e 30 di mattina davanti alla casa di Gabriel? -
-E tu come lo sai? - sbottai.
-Sono passata per di li e vi ho visti! – disse, con aria innocente.
-Certo, molto casualmente sei passata davanti a casa mia anche se tu abiti dall’altra parte della città giusto? –
-Ok, diciamo che forse ti ho vista salire sulla sua auto e vi ho seguiti un pochetto. - disse con voce sicura, come se non avesse fatto niente di male.   -E poi scusa sei la mia migliore amica, dovevo sapere cosa ci facevi in macchina con il tuo ex ragazzo, nonché tuo spasimante numero uno! -
-Si da il caso che Gab mi abbia solo dato un passaggio a casa e un posto dove dormire visto che mia madre era andata chissà dove.. Aspetta. Ma tu eri in macchina? Ti ho cercata per tutta la festa per chiederti un passaggio e non sono mai riuscita a trovarti! E il tuo telefono era morto, come al solito.-  dissi.
-Ehm.. Complicazioni.. Ma, quindi niente nuovo scoop tra Gab ed Edith? -chiese con aria afflitta.
-Niente di niente, ma quali complicazioni scusa? – chiesi.
-Tutto a suo tempo. - disse e mi trascinò nel giardino principale dove si erano radunati tutti.
I nuovi arrivati si erano raggruppati tutti in punto isolato. Sembravano degli animali in gabbia, mi faceva ridere vedere come parlassero tutti a bassa voce e solo con la persona che conoscevano.
Passai davanti a loro con aria di superiorità, ma mi sentii subito in colpa pensando a quando anche io mi sentivo spaesata e fuori posto.

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Capitolo 4
*** Darian ***


 
Mi avviai verso l’edificio principale seguita da Felicia, stavamo parlando di tutte le serata bellissime trascorse durante l’estate, delle partite di beach volley, della piscina, dei giorni interi senza dormire. La campanella suonò e fummo costrette ad entrare in aula.
 
La classe di biologia mi era sempre piaciuta, era molto grande, con le finestre enormi dalle quali si potevano vedere i campi di papaveri che circondavano la scuola. Mi meravigliai quando, entrando, notai che tutti i posti erano occupati tranne due. Uno in seconda fila, vicino ad un ragazzo ben messo del quale non ricordavo il nome, e uno nell’ultima fila. Mi precipitai subito nell’ultima fila suscitando uno sguardo di puro odio da parte di Felicia, che si dovette sedere vicino al ragazzo ciccione dai capelli rossastri.
La Pasiani aveva assunto la sua solita posa da non-fate-casino-o-vi-succederà-qualcosa-di-brutto che usava sempre il primo giorno di scuola. Presi un quaderno, tanto per fingere di prendere appunti, ed iniziai a disegnare e a fare scarabocchi.
Fui risvegliata da quel sogno ad occhi aperti giusto in tempo per girare pagina del quaderno, la Pasiani stava girando per i banchi, consegnava dei fogli e spiegava qualcosa riguardo una ricerca da svolgere: conoscere fino in fondo un compagno di classe. Sentendo quella parola le mie labbra formarono un sorriso involontario e il mio sguardo si posò subito sul secondo banco della seconda fila, incrociai gli occhi di Felicia ma il suo sguardo era triste e infuriato al tempo stesso, mentre osservava disgustata il suo compagno di banco, il che significava che le coppie erano già state fatte dalla sorte, nel momento in cui ognuno si era seduto in un banco.
 
La Pasiani tornò a sedersi e io rimasi imbambolata a fissare il foglio pieno di scritte, al centro dei due banchi. Feci per allungare la mano e prenderlo, ma un’altra mano fece altrettanto e sfiorò la mia.
Durò solo un secondo, ma quando le mie dita sfiorarono le sue sentii una scossa, che mi fece ritrarre di colpo la mano. Fino a quel momento non mi era nemmeno passata per la mente l’idea che potessi avere un compagno di banco, insomma, non l’avevo proprio visto.
Alzai lo sguardo, e rimasi immobile per un periodo di tempo che sembrava assurdo, ma avrei potuto rimanere tutto il giorno ferma così.
Dei ciuffi neri gli coprivano la fronte e scendevano leggermente, così da non potergli vedere gli occhi, teneva la testa girata verso di me.
-Prego. - disse, e non ero sicura se a parlare fosse stato lui o un angelo appena sceso sulla terra. Con un solo gesto avvicinò il foglio a me. Mi voltai per un millesimo di secondo verso quella voce, stava sorridendo? Presi il foglio in mano e cominciai a leggere, o almeno, ci provai, ma le mie capacità visive, e forse anche quelle mentali si erano ridotte a meno di zero. Prima del compito c’erano delle domande da fare al proprio compagno, quindi presi un bel respiro e mi feci coraggio.
-Nome?
il ragazzo si voltò e mi guardò con aria interrogativa.
Che occhi, cazzo!
-Vorrei prendere un bel voto in questo compito quindi cerca di collaborare, ok?
Rimase li imbambolato a fissarmi.
-Nome?- chiesi di nuovo, cercando di riprendere il mio autocontrollo che aveva deciso di andare a fare un giro.
-Darian.-
-Darian?- Domandai.
-si, d-a-r-i-a-n. vuoi che te lo scriva?-
-no, no ho capito.- Dissi, che permaloso.
Lessi velocemente le seguenti domande, una mi attirò particolarmente, forse per la mia curiosità molto sviluppata.
-Che scuola hai frequentato prima di questa? -
Mi fissò. Muto.
-Ok, riformulo la domanda. Quante volte sei stato bocciato?-
-Bocciato?- sorrise. -Cosa ti fa pensare che io sia stato bocciato, o che abbia cambiato scuola?-
-Bè, non ti ho mai visto prima qui.-
-Perché non sono mai andato a scuola.-
-E’ impossibile! Tutti devono andare a scuola, è obbligatorio.- Esclamai. Mi prendeva in giro?
-Io non l’ho mai fatto, questo è il primo anno.- Fece spallucce.
-Anche ammesso che sia veramente così, cosa ti ha fatto cambiare idea quest’anno?-
-Tu. -
Rimasi lì a guardarlo, intontita.
Stava sorridendo quando, lentamente, alzò una mano, l’avvicinò al mio visto, la mise sotto il mio mento, e fece una leggera pressione verso l’alto. Così che la mio bocca si richiuse.
Poi, capii.
Stava ridendo di me.
Probabilmente ero rimasta con la bocca aperta per tutto il tempo.
Sentii le mie guance avvampare, e la rabbia mista con la vergogna presero il posto di qualunque altra emozione stessi provando.
Proprio quando stavo per scoppiare la campanella suonò, lui si alzò e mi guardò, aveva ancora il sorriso sulle labbra.
-A domani, Edith.- mormorò e fece per allontanarsi.
-Un momento! Come sai il mio nome ?- dissi, quasi urlando.
Lui si voltò di nuovo a guardarmi.
-Potrei farti da modello la prossima volta.- disse. Non capivo di cosa stesse parlando, poi accennò con il viso verso il mio quaderno. Durante la lezione avevo fatto degli schizzi di volti di persone.
-Ma cosa...- non feci nemmeno in tempo ad iniziare la frase che si era già voltato dall’altra parte.
Poi, come era arrivato, se ne andò di nuovo. Mischiandosi tra la folla di studenti che tornava a casa.

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Capitolo 5
*** Fare centro ***


 
Felicia aveva assistito a tutto, ed ora era ferma sui gradini a guardarmi. Aveva l’aria di una che aveva appena visto Dio in persona e ne era rimasta affascinata.
Mi si avvicinò e mi chiese, molto semplicemente
-chi cavolo è quel gran figo che ti ha appena parlato ?-
la guardai perplessa.
- non ne ho la benché minima idea!- ammisi.
- sembrava che invece lui avesse un’idea ben precisa su di te. -
- che vuoi dire ? -
- oh, andiamo. Ammettilo che non ti dispiacerebbe conoscere un po’ meglio lo sconosciuto affascinante. -
- affascinante ? non direi. Pauroso, inquietante, macabro, odioso. ecco, questi aggettivi gli si addicono molto di più.-
Felicia rise.
ma nonostante tutto continuavo a pensare a lui, non sapevo nemmeno come facesse a sapere il mio nome, non che la cosa mi dispiacesse certo, era solamente un po’ inquietante. Meglio lasciar perdere, avrei approfondito la questione l’indomani.
Arrivata davanti al cancello di casa mi fermai e vidi che era ancora chiuso. Non era possibile ! Dove cazzo era finita mia madre ? Presi il cellulare e la chiamai, rispose un secondo prima che io riattaccassi –Che c’è ?-
-Che c’è ? ma no, niente. Sono solamente chiusa fuori di casa!- Esclamai.
-come ? non hai ricevuto il mio messaggio ? io e Rick siamo partiti per un viaggetto approfittando dei suoi 3 mesi di vacanza.-
-3 MESI?? no, scusa, non ho capito bene.- Urlai. -Voi siete partiti e me lo dici per messaggio? E io che cazzo faccio? Me ne sto qui a casa da sola per 3 mesi ?-
-senti, sei capace di badare a te stessa credo, quindi non vedo dove sia il problema. E poi hai la scuola!-
-Si arrivo!- la sentii gridare a qualcuno.  -ora devo andare, le chiavi sono sotto il vaso davanti al cancello. Ci vediamo.- e riattaccò.
Rimasi li, immobile come una stupida. Mia madre e il suo fidanzato se ne sarebbero stati in viaggio per dei mesi e me l’aveva detto per messaggio! Quella donna aveva seri problemi mentali.
Non avevo parole.
Ok, l’idea di avere casa libera mi piaceva molto ma poteva almeno avvertire prima, non mi sembrava di chiedere tanto!
Presi le chiavi, entrai in casa, salii le scale e mi buttai sul lettone. Rimasi qualche minuto ferma in quella posizione.
Poi mi alzai ed andai a fare i compiti, non ne avevo proprio voglia ma era l’unico modo per tenere occupata la mia mente, pensai il meno possibile a Darian, che mi aveva parecchio infastidita. Non pensai a mia madre e al fatto che non l’avrei vista per 3 mesi.
Mi concentrai solo sullo studio. E così passò il mio pomeriggio. Tra un sorso di caffè e una pagina di espressioni algebriche.
La sera ordinai una pizza, ero stanchissima, mi addormentai sul divano guardando “Romeo e Giulietta”. (si, lo adoro!)
La notte feci un sogno orribile, mi svegliai di malumore e come se non bastasse Gab era davanti al mio cancello, ad aspettarmi.
-Buongiorno, dea.- Esclamò Gab, un sorriso stampato in faccia.
-Ciao Gab.- dissi cercando di essere amichevole.
Avevo sempre adorato il modo in cui pronunciava il mio soprannome.
Con l’accento sulla ‘e’ .
Quel soprannome era perfetto, Gab sapeva benissimo che, malgaro tutto, io in Dio non ci credevo. o meglio, diciamo che non ero mai stata battezzata e quindi non sentivo la necessità di credere in lui. Quindi, invece di chiamare anche me angelo, decise di chiamarmi Dea.
Gli dei erano quello in cui credevano i pagani, così, con i nostri soprannomi insieme, formavamo due parti diverse della religione, che però si univano alla perfezione.
Percorremmo la strada fino a scuola in silenzio, l’uno vicino all’altro, senza dire niente.
Era questo che mi piaceva di Gab. I silenzi tra di noi non erano affatto imbarazzanti. Era solo silenzio, niente di più.
Arrivammo a scuola, in tempo per vedere Felicia che parlava con un ragazzo piuttosto carino. Alto, abbronzato, occhi chiari e capelli neri. Il suo tipo insomma. I due stavano flirtando in modo evidente, e solo in quel momento mi accorsi di quanto bella era diventata Felicia. Insomma, io e lei ci conoscevamo da sempre, ed era sempre stata una ragazza graziosa, capelli lunghi e scuri, labbra sottili e degli occhi di un verde-marrone stupendo. Ma ora gli erano cresciuti i capelli, aveva una frangetta che le incorniciava il viso, degli occhi da furbetta, ed un naso leggermente all’insù, era davvero bella.
Si girò verso di me, prese per mano il ragazzo e mi venne incontro.
-ciao! – mi disse Felicia sorridendo.
-Edith lui è complicazione della festa, complicazione della festa lei è Edith- ci presentò.
Entrambe ci mettemmo a ridere, ma lui rimase a fissarci con una faccia a dir poco stupita.
-piacere – gli dissi sorridendo porgendogli la mano.
-piacere mio Edith.. – qualcuno lo chiamò da lontano e gli fece cenno di raggiungerlo.
-scusatemi ragazze ma ora devo proprio lasciarvi, ci vediamo presto.- e dando un bacio sulla guancia a Felicia si congedò.
Fissai Felicia per un minuto intero prima che scollasse gli occhi dal sedere di quel ragazzo e che mi notasse.
-che c’è? – chiese
-ti piace, èh?- le chiesi sorridendo.
-si chiama Bryson, e si! Credo sia la cosa più spettacolare che io abbia mai visto prima d’ora! – mi rispose con un sorriso che andava da un orecchio all’altro. Poi all’improvviso si fece seria.
-e tu che mi dici ? gli hai chiesto il numero?- mi chiese.
-di cosa stai parlando ?-
-oh, Edith, non fare la santarellina, ho visto come guardavi quel ragazzo ieri.- Disse, e tornò a sorridere. -che aspetti ? io lo farei subito!
-oh, andiamo. Non lo conosco nemmeno.- dissi.
La campanella suonò e noi entrammo in classe. Prima ora: biologia.
La prima cosa che vidi fu un ragazzo con dei capelli neri, nel banco vicino al mio.
Eccolo li, lo sconosciuto più bello che avessi mai visto.
Mi sedetti, facendo attenzione a tenere la bocca chiusa, mentre i suoi occhi si dirigevo sicuri verso i miei.
-ciao.- disse, ed ancora una volta mi chiesi se era la sua vera voce o quella di un doppiatore angelico.
-ciao.- risposi, sicura dell’effetto contrario che aveva invece il suono della mia voce.
La lezione cominciò senza lasciarci nemmeno il tempo di fiatare.
Non riuscii a parlare con lui, anche se ero sicura che fosse meglio così, per evitare altre figure di merda.
Felicia uscì interrogata, aveva studiato e si vedeva. Era sempre stata brava a scuola. Appena si sedette gli inviai un messaggio :
 
‘ allora ? ‘
 
‘ 8 e mezzo !
 
 
Le sfoggiai un sorriso.
Sentii un rumore e voltai la testa verso di Darian che aveva strappato delle pagine dal quaderno e tentava di fare canestro nel cestino che si trovava vicino al terzo banco dopo il nostro, senza riuscirci. Provò quelle che mi sembrarono una ventina di volte senza mai riuscire a fare centro. Poi si girò verso di me, che lo stavo praticamente fissando. –vuoi provare?- Mi chiese e fece un gesto con gli occhi. Tesi la mano, Darian vi lasciò cadere sopra un pallino di carta. Presi la mira e..
SBAM. Al primo colpo!
Abbozzai un sorrisetto compiaciuto. Anche Darian sembrava sorridere.
Si avvicinò al mio orecchio. -che ne dici se alziamo un po’ la posta in gioco?- Sussurrò.
Mi voltai e lo fissai con aria di sfida. Lui fece un lungo e, devo ammetterlo, splendido sorriso. –giochiamoci un’uscita. Solo io e te.- Mi disse. Lo guardai in cerca di qualche traccia di ironia nei suoi occhi. Troppo facile godere del fatto che volesse uscire da solo con me. mi ritrovai ad annuire. Strappò un foglio, si girò leggermente verso il cestino e successe tutto in meno di un secondo.
Centro.
Così non era valido però! Le aveva sbagliate tutte prima! Stava ancora sorridendo quando mi passò il foglio. Lo arrotolai, mi voltai verso il cestino, presi la mira…
DRIIIIIIIIIIN.
Che cosa? La mia palina rimbalzò contro il bordo del cestino e cadde per terra. Darian si mise a ridere di gusto, non mi resi nemmeno conto del fatto che stesse ridendo di me, rimasi solamente abbagliata dalla sua bellezza, e dalle fossette che gli si erano formate sulle guance. Era la cosa più bella che avessi mai visto in vita mia.
Quando smise di ridere si girò verso di me e mi fissò per un lungo istante.
Prese un pezzetto di foglio che era rimasto e vi scrisse qualcosa.
Lo guardai interrogativa.
Mi fece l’occhiolino e se ne andò. Ed io rimasi per la seconda volta senza parole, e con un fogliettino in mano.
Lo aprii, dentro c’era il suo numero.
Arrossii di colpo, alzai lo sguardo per chiedere spiegazioni ma era già sparito.

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Capitolo 6
*** Incontri inaspettati ***


L’aria del pomeriggio era calda, nonostante il sole giocasse ad un continuo nascondino con le nuvole.
E cosa c’era di meglio se non stare seduta sul comodo divanetto che avevo sul balcone con Felicia ? Mangiavamo un vasetto di gelato, ascoltavamo musica e quando non c’era quella c’era lei che parlava, parlava e parlava. Risposi a tutte le sue domande, ascoltai tutti i suoi commenti imbarazzanti su me e Darian e, quando finì di tartassarmi sul fatto che avrei dovuto chiamarlo all’istante cominciò a parlare di Bryson. Quel ragazzo le piaceva molto e sarebbero usciti quella stessa sera.
-Se ti chiedessi un favore, un grosso favore, lo faresti? Per me? - mi chiese, mentre si metteva in bocca un cucchiaio di gelato al puffo.
-Penso di si. - insomma cosa avrebbe potuto chiedermi di tanto brutto ?
-Stasera Bryson viene all’appuntamento con un suo amico e.. insomma.. - alzò lo sguardo verso di me. -Verresti anche tu con noi? ti prego, ti prego, ti prego! Ti giuro che non dovrai fare niente di che, solo chiacchierare un po’ con il suo amico giusto per tenerlo impegnato.
No. Assolutamente e indiscutibilmente no!
Ma eccola lì che sfoggia il suo miglior sguardo da se-non-lo-fai-ci-rimarrò-davvero-malissimo. Non potevo fare altro che accettare, mio malgrado.
 
Quindi era un.. appuntamento a quattro.
La mia mente (stupida!) stava già creando la scena in cui Bryson si sarebbe seduto al tavolo vicino a Felicia, io di fronte a loro e poi vicino a me, un ragazzo moro, con degli occhi verdi meravigliosi..
Ma mi fermai all’istante. Non potevo sognare nemmeno lontanamente come sarebbe stato un appuntamento tra me e Darian. E stasera non ci sarebbe stato lui, ma un altro ragazzo, magari molto più carino, magari.. no.
 
Felicia si stava sistemando il trucco e io mi stavo vestendo, eravamo in anticipo di un’ora ma il pub dove ci saremmo incontrati era lontano quindi dovevamo partire molto prima. Scendemmo le scale e prima di uscire mi obbligai a guardarmi allo specchio che avevo sulla parete del salotto.
I capelli biondi ricadevano in morbide onde e scendevano fino alla vita stretta. Erano in netto contrasto con la canotta nera aderente che avevo messo, sopra ad un paio di pantaloncini corti. Il viso sembrava anche più decente del solito, e gli occhi marroni avevano preso una strana striatura di verde.
Felicia era vestita come me, l’unica differenza erano i capelli, che si mimetizzavano con la canotta, e gli occhi nascosti un poco dalla frangia.
Ero tesa, era la prima volta che andavo ad un’uscita a quattro e nella mia testa continuavo a cercare di immaginare come fosse l’amico di Bryson.
Salimmo in auto, Felicia guidava mentre io canticchiavo distratta la musica proveniente dalla radio.
-Tesa?- mi chiese Felicia sorridendo.
-Abbastanza. Insomma magari quel ragazzo penserà che sono una totale cretina!
-E perché mai dovrebbe pensarlo? lo sa già.
La guardai sbalordita, gli occhi sgranati.
-Scherzavo! - disse ridendo di gusto.
-Ti odio! - dissi, mentre sulle mie labbra stava già affiorando un sorriso.
 
 
Arrivammo in anticipo, scendemmo dall’auto e ci incamminammo verso il bar. Sembrava vecchio, ma non in modo brutto. Sembrava semplicemente antico. Vi era un portico all’entrata, dove dei tavoli e delle sedie in legno occupavano tutto lo spazio. L’insegna con scritto Charlie’s cambiava continuamente colore e la fila per entrare sembrava molto lunga. Ci mettemmo in coda, davanti a noi una ragazza aspettava di entrare e impaziente, tartassava quella che probabilmente doveva essere sua sorella maggiore di critiche sul posto dove si trovavano e sul fatto che la coda non si muovesse.
Felicia aveva detto che i ragazzi ci aspettavano dentro ed io mi stavo lentamente calmando dall’improvvisa tensione che aveva colto il mio stomaco.
All’entrata il cassiere, un uomo tatuato dalla testa ai piedi e con una voce arrochita dal fumo, ci indicò un foglio attaccato al bancone il quale diceva che dovevamo pagare 15 euro.
Entrammo ed improvvisamente fui colta dal bagliore di luci colorate e da un velo di fumo che copriva quasi tutto il locale di un aria quasi irrespirabile.
Felicia mi fece strada verso un tavolo vuoto.
-Devono essere in ritardo, vado un secondo in bagno e provo a chiamare Bryson, qui la musica è tremendamente alta. - mi disse Felicia e sparì tra la folla e il fumo.
Non era il genere di pub che frequentavo di solito.
Ero il genere di ragazza che preferiva starsene al bar del paese con gli amici piuttosto che andare nei locali come questo.
Felicia ritornò e dalla faccia che aveva capii che era successo qualcosa.
-Ho una bella notizia e una brutta, quale vuoi per prima?- Mi disse mentre si sedeva al tavolo.
-Vai con il dolce.
-Bryson sta parcheggiando proprio ora.- Disse.
-Oh, benissimo! e ora la verdura.
Lei mi guardò per un attimo. -il suo amico è stato male, Bryson è venuto da solo.
-COSA?- Sbottai. -e io dovrei passare tutta la serata con te e il tuo fidanzato come un terzo incomodo?
-Ma no Edith!- mi prese la mano. -Non farai da terzo incomodo, stai tranquilla.
Ma chissà come, qualcosa mi diceva che sarebbe stata proprio la fine che avrei fatto.
Bryson arrivò e mi porse la mano per salutarmi ma non mi riusciva molto di essere gentile visto che non era stato capace di trovare nessun altro ragazzo da portare all’appuntamento.
Si sedette di fianco a Felicia e per un po’ parlammo delle vacanze a altri “argomenti d’occasione” ma sapevo bene che avrebbero preferito stare da soli.
Il nostro tavolo era di fronte al bancone ed io osservavo un barista esperto far fare delle acrobazie alle bottiglie prima di servire i cocktail ai ragazzi.
Bryson e Felicia cominciarono a darsi bacini e farsi carezze ogni tre per due e io mi ero veramente stancata di stare ad osservarli come una pervertita!
-Ehm ehm.- Mimai un finto attacco di tosse per attirare la loro attenzione. -Io vado al bancone ad ordinare da bere.- L’unica risposta che ottenni fu un pollice alzato da parte di Felicia.
Le avrei fatto una bella strigliata l’indomani. Mi sedetti sopra uno sgabello verniciato di rosso e poggiai i gomiti sul bancone. C’erano dei ragazzi seduti poco più in là e si voltarono tutti a guardarmi con una faccia come se avessero appena visto una giraffa seduta su uno sgabello. Cercai di non farci caso mentre leggevo i nomi dei cocktail su un listino.
-Mi segui ora?-
mi voltai di scatto, spaventata dalla voce che mi aveva appena sussurrato all’orecchio.
-Cosa? - feci per dire ma la voce mi si fermò in gola.
Riuscii solo a fissare un paio di jeans beige corti, una maglietta bianca con la scritta staff in nero, e poi un cappellino nero che copriva quasi completamente degli occhi profondi e verdi.
Un sorriso affiorò sul suo volto.
-Cosa ci fai qui Darian? - chiesi, cercando di riprendere il controllo dei battiti del mio cuore.
-Si da il caso che io lavori qui. - disse mentre si sedeva sullo sgabello verde accanto al mio. -Mentre qual è la tua scusa? alla tua amica non bastava la compagnia del suo ragazzo?
-veramente sarebbe dovuto venire anche un altro ragazzo.- E subito mi chiesi perché volevo precisare questa cosa. –ma alla fine ci ha tirato il pacco.-
Improvvisamente, ai ragazzi che avevo vicino se ne aggiunsero altri e cominciarono a fare dei fischietti fastidiosi nella mia direzione e a ridere tra di loro.
-non dovresti venire in questi posti.- Disse Darian e sembrò che stesse per incendiare quei ragazzi uno ad uno con lo sguardo.
-oh, scusa tanto papà. Non sapevo di dover avere il tuo consenso anche per i locali dove voglio andare.- Risposi di botto. anche se un po’, dovevo ammetterlo, mi lusingava il fatto che sembrasse quasi arrabbiato per le avance, se si potevano definire così, di quei tipi.
-non sto dicendo questo.- Scosse la testa e guardò in basso. Quando alzò lo sguardo stava sorridendo. –sembri molto più sicura di te di quanto tu non sia veramente.-
Cosa?
-Oh davvero Darian? Credi che io non sappia badare a me stessa?- cosa ne sapeva lui? feci per alzarmi dallo sgabello ma un uomo, alto all’incirca il quadruplo di me, mi passò davanti urtandomi la spalla ed io persi l’equilibrio.
Tre secondi e mezzo dopo, invece di ritrovarmi con la faccia spiattellata sul pavimento, mi accorsi che qualcuno mi aveva afferrata. Darian mi teneva stretta tra le braccia ed io sentivo il calore della sua pelle che a contatto con la mia creava un miliardo di micro esplosioni sottocutanee.
Lo sguardo che aveva era la perfetta risposta alla domanda che gli avevo posto poco prima.
-grazie. - Dissi mentre mi staccavo, con una certa riluttanza, da lui. Mi sedetti di nuovo sullo sgabello e mi sistemai i capelli.
- non mi hai nemmeno chiamato. – saltò su lui, mentre faceva un gesto con gli occhi.
- avrei dovuto ? - chiesi.
- avresti voluto. - disse, con uno dei soliti sorrisi arroganti sulla faccia.
- è questo il tuo più grande sogno ?
- no. - rispose serio.
- e qual è ? domandai, con tono di sfida.
- Baciarti.-
- Non è divertente – dissi, sostenendo il suo sguardo e ringraziando me stessa per non aver balbettato.
- no, ma ti ha fatta arrossire.-
Cercai di rimanere impassibile. Cos’aveva quel ragazzo ? perché un minuto prima sembrava tutto fantastico e il minuto dopo mi sentivo così stupida e presa in giro quando parlavo con lui ?
-dovrei tornare al tavolo, Felicia mi starà aspettando.
- io non ci conterei molto, credo sia un po’ impegnata al momento.- disse mentre indicava il tavolo dove erano seduti lei e Bryson. Si stavano baciando e sembrava che nessuno dei due fosse intenzionato a fermarsi.
-potresti sempre venire con me e domani dire alla tua amica che ti ha rapita un alieno.
-un alieno? ecco! Mi sembrava di averti già visto da qualche parte!
Darian scoppiò a ridere. Si posò una mano sul cuore – così mi ferisci.- Disse, sostenendo il mio sguardo. –comunque sia, ti ricordo che hai perso la scommessa e che mi devi un’uscita.
-tecnicamente è suonata la campanella e mi ha fatta sconcentrare, altrimenti avrei fatto canestro!-
-vuoi quindi dirmi che non ti andrebbe di uscire da sola con me?-
- anche se lo volessi non lo direi di certo a te. – convinta di non avere ottenuto il giusto risultato riformulai la frase. – se volessi uscire con te comunque non te lo farei mai notare. - terzo tentativo. – insomma, no, non vorrei uscire da sola con te punto.
Un altro sorriso. Lentamente si alzò dallo sgabello, mi si avvicinò, allungò una mano verso la mia guancia e la accarezzò. Mi fissò per un lungo istante, poi si abbassò fino a sfiorare il mio orecchio con le labbra.
-non dovresti arrossire in questo modo, potrei perfino arrivare a pensare di piacerti.
-impossibile.- Dissi più decisa di quanto non fossi in realtà.
- ci vediamo domani a scuola, Edith. – disse infine, sorridendo. Mi guardò negli occhi, si alzò e sparì tra la folla del locale.
Quel ragazzo aveva seri problemi. E anche io dovevo averne visto che il mio cuore era entrato in fibrillazione non appena i suoi occhi avevano incrociato i miei.
Ma cosa avevo ? Sembravo una di quelle ragazzine che svengono appena vedono il ragazzo dei loro sogni !
Mi incamminai verso il mio tavolo decisa a dire a Felicia che volevo andarmene e quando lo raggiunsi fui felice di vedere che anche Bryson si stava alzando per andare via.
Lo salutai e ci dirigemmo verso la macchina.
-ma dove sei stata tutto quel tempo?- chiese Felicia.
-uhm..
-dimmi che hai incontrato qualche bel ragazzo almeno!
-veramente si- dissi ma non ero convinta se raccontare a Felicia del mio incontro con Darian.
-e chi sarebbe il fortunato?- chiese con gli occhi ansiosi.
-hai presente il mio compagno di banco?
-ommioddiooooo! DARIAN! Lo sapevo che ti pedinava, lo sapevo! Certo, è un po’ inquietante ma non lo trovi anche tremendamente romantico? Forza, raccontami subito ogni singola parola che vi siete detti.
Passai l’intero tragitto fino a casa mia e la notte a parlare del mio incontro con Darian e a cercare di spiegare a Felicia che non mi aveva seguita ma che era stato un caso essere finite nel bar in cui lavorava lui, ma lei pensava che si trattasse più di una questione di destino.
La mattina seguente ero stanchissima per aver fatto le ore piccole, cercai di svegliare Felicia ma non ne volle sapere di alzarsi dal letto, così la lasciai dormire.
Faceva più caldo del solito, ma l’aria fresca del mattino mi faceva sentire un po’ più sveglia. Arrivai a scuola in anticipo e decisi di mettermi a ripassare per il compito in classe. Con mia grande sorpresa vidi una supplente alla cattedra, il che significava che il prof era malato e che il compito in classe non si sarebbe svolto. Dei ragazzi le stavano parlando e lei sembrava come impaurita; si alzò e andò ad aprire la porta e mentre lo fece un cancellino le piombò sulla testa riempiendola di gesso. I ragazzi scoppiarono a ridere mentre la guardavano correre in infermeria, e notai un particolare che mi era sfuggito. Darian era tra loro, non lontano dal ragazzo che aveva lanciato il cancellino. Non era possibile, anche a matematica avrei dovuto sorbirmelo. stava parlando con un ragazzo poco più basso di lui, con i capelli rossi. Certo che, per essere nuovo, faceva amicizia molto rapidamente.
La campanella suonò, sapevo che avremmo avuto tre ore buche visto che l’unica supplente che la scuola poteva offrire era letteralmente scappata, quindi mi rilassai sulla sedia e guardai fuori dalla finestra. Ma né gli alberi, né i fiori riuscivano a distrarmi e il mio sguardo si posava ininterrottamente su Darian.
-allooora! Qui qualcuno si è preso una bella cotta, ah?- fui colta di sorpresa dalla ragazza snella che era appena saltata fuori dal nulla, proprio davanti al mio banco. E lei dovette essersene accorta perché mi guardò con aria interrogativa, prese una sedia dal banco vicino al mio e si sedette con lo schienale rivolto verso di me e le gambe aperte intorno ad esso.
-io sono Affi.- mi disse, dandomi una pacca sul braccio, tu devi essere Edith giusto?
-si.- risposi.
-alloora, per quale dei due sono rivolte tutte queste attenzioni?- chiese, indicando con il pollice dietro di lei, nella direzione di Darian. –ti piace il nostro caro e buon James o preferisci il misterioso e intricato Darian?
“Misterioso e intricato”? Penso che “strano e stronzo” sarebbero stati due aggettivi molto più adatti. Ma dicendo questo non potei fare a meno che pensare che erano aggettivi che si addicevano perfettamente a lui, non lo conoscevo quasi per niente e ogni cosa che faceva era difficile da decifrare, mentre lui sembrava già aver capito ogni cosa di me.
-qualcosa ha fatto breccia allora! Vada per misterioso e intricato.- disse Affi alla fine.
Non l’avevo ancora guardata bene, era una ragazza molto bella, con una pelle chiarissima che faceva risaltare ancora di più gli occhi nocciola. Aveva dei capelli corti e spettinati a caschetto color rosso fuoco. Non l’avevo mai vista prima in questa scuola e non avevo idea di come facesse a conoscere Darian.
-ti piace il genere?- chiese
-uh?-
-sveglia, mondo dei vivi chiama Edith!- mi agitò una mano davanti alla faccia.
-come potrebbe non piacere?- Risposi di getto, e subito mi pentii di essere stata così espansiva con una ragazza che non conoscevo nemmeno.
Affi ridacchiò. –sembra che le tue idee siano ben chiare.- si sbagliava, le mie idee erano tutt’altro che chiare in quel momento. il mio sguardo, ormai senza alcun controllo, si rivolse verso e oltre la spalla di Affi, vidi James girato verso di me, uno sguardo serio sulla faccia. Chissà se stava parlando di me con Darian. piegai leggermente il corpo e la sedia verso sinistra per provare a leggere il labiale: “non dovrei farlo” sembrava dicesse Darian. cosa, cosa? Volevo sapere che cosa non doveva fare. Ma uno sbuffare, seguito da un battito di mani davanti alla mia faccia mi fecero perdere la fine della frase di Darian e, come se mi fosse caduta addosso la maledizione delle figure di merda, anche l’equilibrio. Caddi rovinosamente a terra e colpii il duro pavimento con il gomito sinistro. La sedia fece così tanto baccano che l’intera classe si girò ad osservarmi. Affi scoppiò in una risata così forte che rimbombò per tutta la classe. L’avevo appena conosciuta e già rideva di me? mi alzai e subito mi ritrovai a cercare Darian con lo sguardo, sperando che non si fosse accorto della caduta ma, come sospettavo, aveva visto l’intera scena ed ora scuoteva la testa con disappunto. Ero infuriata per la reazione di Affi e imbarazzata fino al midollo per essermi fatta beccare da Darian a fissarlo tipo “maniaca”. Alzai la testa e con lo sguardo dritto uscii dalla classe e mi diressi verso il bagno. Qui chiusi la porta e mi guardai allo specchio, a parte i capelli biondi un poco spettinati sembrava tutto normale. Fino a che non guardai il gomito, il sangue stava colando pian piano verso il polso. Lo infilai sotto l’acqua fresca e mi accorsi che la ferita non era altro che un graffio, nemmeno tanto profondo. Appoggiai un fazzoletto a mo’ di benda e aprii la porta del bagno per andare in infermeria e mettermi un cerotto decente, ma andai a sbattere contro qualcuno. Un ragazzo alto, con dei capelli biondo scuro.
-oh, scusa!- mi disse. –dovrei distrarmi meno spesso quando cammino.- dicendo questo abbassò lo sguardo verso di me e mi porse un sorriso.
Wow. E questo da dove era spuntato fuori?
-tranquillo, è colpa mia!- risposi. Lui improvvisamente mi prese il polso. Non capivo cosa volesse fare e rimasi un attimo sorpresa per quel gesto. –scusa, ehm ho visto che ti sei fatta male e volevo controllare.- lasciò subito il mio polso.
-è solo un graffietto, niente di che.- dissi togliendo il fazzoletto e notando che il sangue era quasi del tutto sparito.
-ma dovresti comunque disinfettarla.
-si, stavo giusto per andare in infermeria.- risposi.
-forza, ti accompagno!- mi disse. Gli sorrisi.
–non ce n’è bisogno, davvero.
-e invece si, è il minimo per esserti venuto addosso.- un altro sorriso.
Ci incamminammo verso l’infermeria che, come al solito, era vuota.
Il ragazzo stava cercando dentro l’armadietto dei medicinali e io mi ero seduta sul lettino. Si avvicinò a me con del cotone imbevuto di alcool e mi tolse il fazzoletto che avevo usato come benda provvisoria, tamponò leggermente sulla ferita. Alzai lo sguardo e notai quanto fosse concentrato nel disinfettarmi, e quanto fosse bello, in effetti. Aveva degli occhi color nocciola con dei riflessi dorati che sembravano quasi finti. Mi avvolse una garza intorno al gomito.
-ecco fatto, pulita e fasciata.- disse sorridendo.
-grazie mille.. ehm.-
-oddio che stupido, non mi sono nemmeno presentato! Piacere io sono Dominic, ma puoi chiamarmi Dom.- mi porse la mano. –Edith, piacere.- risposi stringendogliela.
-sei nuovo di qui?- chiesi. –non ti ho mai visto in questa scuola!
-ho fatto 3 anni in una scuola.. ehm..- sembrava che cercasse le parole adatte.  -privata. Questo è il mio primo anno qui. E direi che ho fatto bene a non aspettare oltre.- e mi fissò con quel sorriso mozzafiato.
-ora è meglio che vada, mi stanno aspettando in classe. Ho la Pasiani, la conosci?- mi chiese.
-ehm, si. E faresti meglio a sbrigarti se ci tieni alla tua vita- risposi sorridendo.
-ok, capo!- disse ridendo. –si grattò la testa con la mano. –ci.. ci vediamo domani allora?-
-certo!- risposi. Mi fece un sorriso, un cenno con la mano e lo guardai allontanarsi. Probabilmente avevo ricevuto più sorrisi in questi 10 minuti che non in 4 anni che ero in quella scuola! Era davvero un ragazzo carinissimo.
Pochi giorni di scuola e già la mia mente era completamente concentrata su due ragazzi.
Tornai in classe e mi sedetti al mio banco. Affi era sparita, così come James e Darian. presi il quaderno e cominciai a disegnare.
 Le ore passarono veloci e nessuno dei tre sembrava avesse intenzione di ritornare, chissà dove erano spariti. Tornai a casa e trovai Felicia in cucina che preparava il pranzo.
-ti ho abbandonata a scuola da sola oggi, il minimo che potevo fare era cucinare.- mi disse sorridendo.
-ho conosciuto un ragazzo oggi.- dissi impulsivamente. –si chiama Dom, è stramaledettamente carino!-
-non ti posso lasciare sola neanche un momento che subito qualche strafigone ti si incolla addosso, eh? Avanti raccontami come vi siete conosciuti.
Raccontai a Felicia della mia caduta dalla sedia per cercare di spiare Darian, del mio scontro con Dom e di quanto fosse stato gentile con me.
-quindi, infine, quale dei due vincerà il tuo cuore?- e ponendomi questa domanda Felicia si sedette di fronte a me per mangiare.
Non ne avevo la più pallida idea.
 

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Capitolo 7
*** Stronzo Apocalittico ***


Finalmente domenica !
Un’altra settimana era passata lentamente ed io temevo che i miei nervi non potessero sopportare altre interrogazioni né litigi tra compagni di classe.
Oggi non avrei fatto niente.
Decisi di stare in casa a rilassarmi guardando un film. Non avevo la minima intenzione di pensare alla scuola, a mia madre che non si faceva sentire, e soprattutto a Darian.
Darian..
Dopo la mia caduta a scuola non si era più fatto vedere. Probabilmente l’imbarazzo era troppo.
Non mi importava, non sentivo affatto la sua mancanza.
Mi coricai sul divano, popcorn e il dvd di ‘Cappuccetto rosso sangue’.  Adoro quel film!
Mi lasciai trasportare dal dvd fino a che sentii il campanello suonare.
Mi alzai svogliata e andai alla porta, non feci in tempo ad aprire che mi ritrovai Felicia tra le braccia che sorrideva.
- che ci fai qui ? - le chiesi mentre mi stringeva ancora.
- se tu guardassi il cellulare ogni tanto lo sapresti, cazzo ma dove l’hai nascosto ?  odi così tanto la tecnologia ? -
- il cellulare devo averlo lasciato di sopra. – ammisi. – e non ho ancora capito cosa ci fai qui ! -
- sono venuta a prenderti ! oggi si fa shopping – mi disse e cominciò a saltellare di qua e di là.
La presi per un braccio e la feci sedere sul divano.
- ok, sono la tua migliore amica a me puoi dirlo. Chi è stato ?
- chi è stato a fare cosa ? – mi chiese perplessa.
- chi è stato a farti bere ? perché ti hanno fatta bere, vero ? altrimenti non vaneggeresti in questo modo! – le dissi
- oh, andiamo! Non fare sempre la guasta feste!
 
Un ora dopo mi ritrovai immersa in uno sfrenato via vai di gente, Felicia mi aveva portato in un enorme centro commerciale fuori città.
Ci saranno stati più o meno 400 negozi e la faccia che aveva la mia amica, sembrava una bambina anoressica appena entrata in un negozio di dolci, mi fece capire che saremmo entrate in ogni singolo negozio. In fondo un po’ di shopping mi avrebbe tirato su di morale quindi mi feci coraggio e mi avviai con lei nel primo negozio.
3 ore e 250 euro dopo, le mie gambe non reggevano quasi più, Felicia era appena entrata in un negozio con oggetti per la casa, per un motivo a me sconosciuto, quindi le dissi che sarei andata a fare un giro nel negozio di cd accanto. Mi diressi verso la sezione “cd stranieri” e trovai il cd dei Linkin Park. Lo scannerizzai sotto all’aggeggio per ascoltare la musica (come diavolo si chiama?), mi misi le cuffie e schiacciai play. Partì “Castle of Glass” una delle mie canzoni preferite. Mi lasciai trasportare dalla musica fino a che un ragazzo si mise di fianco a me per ascoltare a sua volta un cd. era girato di spalle e aveva un non so che di familiare, quando si voltò verso di me lo riconobbi subito.
-Dom!- dissi quasi urlando. Si girò e subito mi sfoggiò uno dei suoi miglior sorrisi
-Edith! che ci fai qui?- chiese
-Shopping infernale con la mia amica.- dissi sorridendo. -Tu?-
-volevo staccare un po’, non ce la facevo più a stare in casa. Allora, cosa ascolti di bello?-Mi chiese.
Gli mostrai il cd, lui sorrise e mi mostrò il suo, era lo stesso. Scoppiammo a ridere entrambi. Con lui era tutto facile.
-volevo chiederti una cosa forse un po’, impertinente..- mi disse.
-dimmi pure.- risposi, il cuore che cominciava ad aumentare di velocità.
-ti andrebbe.. di venire a cena da me una sera di queste?- disse guardandomi negli occhi.
La domanda mi lasciò così sbalordita che non risposi subito, e lui lo prese come un rifiuto.
-lo so’ che forse è un po’ presto, è che vorrei conoscerti meglio, niente di impegnativo, solo una cena tra amici.- disse
-ma, certo che mi va bene!- gli dissi, e sorrisi.
-davvero?- sembrava ancora più sorpreso di me. -Ti, ti andrebbe bene venerdì?-
-benissimo!- risposi e gli presi istintivamente la mano.
Improvvisamente spuntò Felicia da dietro uno scaffale.
-ehi, ti stavo cercando da un pezzo! Dove eri finita?- mentre diceva questa frase si bloccò. Fissò prima la mia mano che teneva quella di Dom, e poi direttamente lui, senza alcun pudore.
-ehm, lui è Dominic- dissi, lasciandogli la mano. –Dom, lei è Felicia.
Si diedero la mano senza smettere di fissarsi per un attimo, sembrava che Felicia lo stesse incendiando.
-bè io ora dovrei proprio andare, ci vediamo a scuola Edith.- disse Dom con evidente imbarazzo e se ne andò.
Felicia mi guardò serissima.
-Ti hanno forse attaccato qualche calamita per i fighi quando eri piccola?- mi chiese.
-e tu avevi forse una paralisi agli occhi? Lo stavi uccidendo con lo sguardo!- dissi.
-stavo solo controllando che non fosse un altro stronzo fotonico.- mi disse sorridendo
-mi ha invitata a cena da lui, venerdì sera.- dissi tutto d’un fiato.
-aah, e così infine il buono ti ha fatta dimenticare lo stronzo eh?- Disse e si mise a ridere.
Le sorrisi ma non ero del tutto sicura che Darian si fosse levato dalla mia testa.
 
Il giorno seguente mi svegliai di buon umore, avevo ancora in testa l’invito ad uscire di Dom e speravo proprio di incontrarlo a scuola. Ma ne all’entrata ne alla lezione di inglese l’avevo trovato. Chissà, forse si era ammalato. Controllai l’orario, biologia. Non avevo finito il compito con Darian!! Mancavano 5 minuti alla lezione e cominciai a cercarlo disperatamente nei corridoi sperando di trovarlo, inutilmente.
La campanella suonò e, arresa all’inevitabile, entrai in classe. Lui non c’era ancora. Mi sedetti cercando una scusa valida per spiegare che non avevo fatto il compito.
La Pasiani entrò, immediatamente seguita dal mio incomprensibile compagno di banco.
-non abbiamo fatto la ricerca!- gli dissi prima ancora che riuscisse a sedersi.
-e allora?- chiese con menefreghismo.
-e allora la Pasiani ucciderà prima me e poi te!-
-non ho paura di una banalissima professoressa di biologia.. e poi ho cose più importanti a cui pensare.-
-a me non importa delle “cose più importanti” che hai da fare, si da il caso che non voglio abbassarmi la media per uno come te!- dissi con tutto il fiato che avevo in gola.
-uno come me?- mi sorrise. –e come sarei, sentiamo!- mi chiese con un sorrisetto malizioso.
-stronzo!- risposi di getto.
La Pasiani era arrivata davanti al nostro banco e porgendo la mano ci chiese il compito. Era la mia fine.
-ehm..- dissi, ma non feci in tempo a formulare la frase che si intromise Darian.
-mi scusi tanto, l’altro ieri è morta mia nonna e ho avuto il funerale da organizzare.. il foglio del compito lo avevo io a casa quindi Edith non ha potuto svolgerlo. Ma per settimana prossima glielo consegneremo, promesso!- disse Darian. era forse una delle poche volte che lo sentivo parlare senza un filo di arroganza nella voce.
stavo aspettando la sclerata della Pasiani che, invece, non arrivò.
-va bene, siete giustificati per questa volta.- disse. –ah, e condoglianze!-
abbassò lo sguardo e se ne tornò alla cattedra. Ero scioccata! La prof “mangia teste” aveva creduto alla balla di Darian e ce l’aveva fatta passare buona.
-bella scusa quella della nonna morta!- dissi a Darian.
-è morta davvero.- mi disse Darian, serissimo. –sei un’insensibile!-
non sapevo cosa dire, tra tutte le gaffe che avevo fatto nella mia vita questa era forse la più brutta!
-mi.. mi dispiace..- dissi a bassa voce, al che Darian alzò lo sguardo e scoppiò a ridere. Non potevo crederci! Mi stava prendendo in giro, di nuovo!
-oh, quanto ti odio!- gli dissi.
-l’odio va bene, l’odio è un sentimento. Non tra i miei preferiti, ovviamente, ma significa che nonostante tutto tu provi qualcosa per me.- mi disse sorridendo. –l’odio è quello che di più si avvicina all’amore.- mi disse prendendomi la mano.
-continua a ripetertelo.- risposi, allontanando la mia mano dalla sua.
-maliziosa!- esclamò improvvisamente. –ecco l’aggettivo che mi fai venire in mente!-
-io non sono maliziosa!- dissi.
-certo come no.- disse avvicinandosi a me. –allora,- mi sussurrò all’orecchio. -quando avrò l’onore di poter uscire con te?-
-ancora questa storia?- dissi cercando di trattenere un brivido.  -Non uscirò con te Darian!-
-si,- disse. –continua a ripetertelo.-
la Pasiani ci zittì e la lezione continuò in totale silenzio.
Il pomeriggio tornai a casa più incavolata del solito, Darian era uno stronzo apocalittico, non c’erano più dubbi!

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