Keep Careful Watch of My Soul

di GiuliaStark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Viaggio ***
Capitolo 2: *** 2- Vecchi amici ***
Capitolo 3: *** Litigi ***
Capitolo 4: *** Inizia l'avventura e tornano gli incubi ***
Capitolo 5: *** Verità ***
Capitolo 6: *** Brutti incontri ***
Capitolo 7: *** Il passato che ritorna ***
Capitolo 8: *** Il Bianco Consiglio ***
Capitolo 9: *** Su per i monti e giù per i tunnel ***
Capitolo 10: *** AVVISO! ***
Capitolo 11: *** Dalla Padella alla Brace ***
Capitolo 12: *** Corsa Contro il Tempo ***
Capitolo 13: *** L'incubo di Bosco Atro ***



Capitolo 1
*** Il Viaggio ***


Prima di iniziare con il capitolo volevo ringraziare chiunque cominci a leggere questa storia,ci tenevo a precisare che ci tengo molto dato che è la prima che scrivo e che accetto ogni tipo di critica,giudizio o consiglio. Questa Fan Fiction è nata per caso un giorno mentre stavo guardando Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato e mi sono immaginata la presenza di un nuovo personaggio; mi ritengo una fan dei libri e dei film sia dello Hobbit che del Signore degli Anelli. In questa storia rimarrò più fedele al film rispetto che al libro del quale forse,sto ancora decidendo,cambierò il finale. Cercherò di far combaciare tutto il più possibile sia fatti che i personaggi delle ere passate aiutandomi con l’appendice dei vari libri della saga di LOTR e TH.  Bhe che altro dire? Spero che questo piccolo capitolo introduttivo vi incuriosisca abbastanza da continuare la storia,che premetto è già parzialmente esistente quindi aggiornerò spesso,un abbraccio a tutti!




1 IL VIAGGIO


POV GANDALF

Ero in viaggio già da qualche giorno,le distese pianeggianti delle Terre Selvagge mi scorrevano accanto mentre cavalcavo senza sosta; avevo attraversato interi paesaggi per giungere alle porte delle terre di Enedwaith per poi proseguire per un altro paio di giorni dritto nella terra di Rohan. La persona che stavo cercando si nascondeva laggiù in un vecchio castello; erano passati così tanti anni dall’ultima volta che l’avevo vista che mi sembrò come fare un ritorno al passato. Il gesto disperato che mi aveva portato a viaggiare così tanto lontano per una sola persona purtroppo era di vitale importanza: c’era una missione da compiere,un popolo da salvare e,perchè no,vecchie ostilità da far cessare; l’unica cosa che tormentava la mia mente era se la persona da cui mi stavo recando avesse accettato di aiutarmi,anche se l’avrei capita se si fosse rifiutata visto che stavolta non era la sua guerra. Continuai a cavalcare notte e giorno fermandomi solo quel poco che bastava per far riposare il cavallo; ormai i tempi erano maturi e giunta era ormai l’ora di compiere questo gesto eroico a favore di chi per molti anni era stato costretto a lasciare la propria patria. Tre giorni dopo arrivai nei pressi del centro della regione di Rohan dove si trovava una piccola cittadina circondata da valli,colli e monti ricoperti da ettari di campi color dell’oro che si estendevano fino a perdita d’occhio,un luogo tranquillo,forse anche troppo,per chi non voleva essere disturbato. L’Estfalda si presentava così a chiunque la vedesse: una distesa di morbida e lussureggiante erba alle pendici dei Monti Bianchi ad est di Edoras dove ero da poco giunto; proseguii per un altro paio di chilometri fino a varcare i territori che appartenevano alla città di Aldburg fondata da Eorl il Giovane, feci un lungo sospiro di sollievo per essere finalmente giunto qui ma al tempo stesso trattenni il fiato sperando che la mia cavalcata non fosse stata inutile. Spronai nuovamente il cavallo al galoppo verso la grande e maestosa fortezza che si ergeva dinnanzi a me e verso la mia più grande ed unica risorsa.











ANGOLO AUTRICE


Saaaalve!
Ecco qua l’inizio dell’avventura,si forse è un po’ corto ma era giusto per dare un piccolo assaggio,più si va avanti più la storia sarà ricca di dettagli ed il prossimo capitolo sarà presentato il personaggio da me inserito del quale ho deciso non dare una vera e propria descrizione cosicché ognuno si possa identificare in lei.
Mi raccomando recensite in tanti!

Baci GiuliaStark

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Capitolo 2
*** 2- Vecchi amici ***


Salve a tutti! Ecco qua come promesso il nuovo capitolo dove verrà introdotto il nostro nuovo personaggio! Un grazie speciale a tutti coloro che hanno recensito o solo letto. Un bacio :D

 

2 VECCHI AMICI

 

POV ELRIS

 

Ormai avevo perso il conto del tempo in cui avevo vissuto a Rohan assieme agli “uomini dei cavalli” ,qui in un certo senso mi sentivo bene come se fossi a casa… già,casa… ormai non chiamavo più nessun luogo con quel nome per il semplice fatto che sentivo di non appartenere a nulla. Dal mio arrivo nella città di Aldburg avevo trovato una specie di impiego degno di far passare il tempo senza permettermi di pensare: allenavo giovani guerrieri che quando sarebbero stati considerati uomini avrebbero preso parte alle battaglie nell’esercito del loro re. L’unica cosa che sapevo far bene era usare la spada per togliere vite e,a dirla tutta,cominciava a farmi sentire abbastanza umiliata anche se la gente del posto mi vede ancora come la “Grande Guerriera” nomignolo che non potrebbe essere più che azzeccato se fossi un altro tipo di persona. Seduta sul bordo del Campo di Addestramento osservavo i miei,fin troppo giovani,allievi allenarsi con spade,archi e pugnali,e l’unica cosa che provavo per loro era un enorme dispiacere visto che essere un guerriero non faceva aumentare il rischio di morte e come se non bastasse ti maledice l’anima per le vite che togli anche se nemiche. Con un sospiro colmo di sofferenza guardai verso le lande sconfinate dell’ Estfalda pensando che per fortuna questo posto non era ancora stato intaccato dalla furia delle battaglie che fortunatamente parevano cessate nella Terra di Mezzo da quando Sauron fu sconfitto. All’improvviso fui riscossa dai miei pensieri da una voce alle mie spalle che mi chiamò così mi voltai trovando uno dei soldati del Campo:

- Elris –
- Si?- mi alzai- È successo qualcosa?- domandai
- Devi subito tornare al castello,mi hanno informato che lì c’è qualcuno che ti aspetta-
- Sicuro?- aggrottai la fronte e lui annuì- Non ti hanno detto il suo nome?-
- No- scosse la testa- Solo che era urgente-
- Oh,capisco…- sussurrai pensierosa- va bene,grazie parto subito- e la guardia si congedò.
Ed ora chi era che veniva a cercarmi quaggiù? Non avevo idee,forse perchè in molto pochi sapevano dove mi trovassi e sapevo per certo che non era nessuno di loro; lasciai la lezione in mano ad un altro addestratore e montai sulla groppa di Armis il mio fedele destriero da tempo immane. Lo lanciai al galoppo e lui partì come un fulmine,mentre cavalcavo con il vento che mi sferzava il viso cominciai a soppesare l’identità del misterioso viaggiatore ma purtroppo la mia mente non riusciva a capire di chi potesse trattarsi; una cosa però era certa… l’ombra del passato era tornata a farmi visita,si doveva per forza trattarsi di questo,il che,forse per la prima volta in tutta la mia lunga vita mi fece rabbrividire leggermente di paura. Quando varcai l’immenso cancello della città smontai subito da cavallo per lasciarlo ad uno degli stallieri ed a passo deciso mi diressi verso il castello che si trovava sulla parte più alta della collina dove sorgeva la città; salii di corsa le scale spalancando poi le porte della sala d’entrata: il grande corridoio era vuoto e alquanto silenzioso illuminato dalla calda luce del primo pomeriggio che filtrava attraverso le finestre ed andava a posarsi sul marmo blu delle mura interne. Mi avvicinai ad una delle guardie e senza bisogno che aprissi bocca questi mi disse che sulla terrazza dell’ala Ovest c’era qualcuno che mi stava aspettando,ringraziai con un frettoloso cenno del capo e mi lanciai in quella direzione con il cuore in gola e nelle orecchie il ronzio che mi avvertiva che qualcosa di profondamente sbagliato stava per accadere; dopo aver percorso corridoi infiniti e salito lunghe scalinate arrivai alla meta,con passo titubante mi avvicinai fino ad affacciarmi alla terrazza dove a prima vista però sembrava non esserci nessuno, istintivamente poggiai la mano sull’elsa della spada e per l’ennesima volta mi chiesi perchè quel gesto riusciva a calmarmi poi all’improvviso una profonda voce molto familiare si fece strada nei miei pensieri portandomi il cuore in gola:
- Sono qui mia cara-
Mi voltai in quella direzione e solo in quel momento notai che ad uno dei tavolini in ferro battuto era seduto un anziano viaggiatore di cui nessuno sapeva l’età,era tutto vestito di grigio dalla punta del cappello a quella delle scarpe; se ne stava seduto lì con la pipa in bocca ed un sorriso cordiale sulle labbra,come non riconoscerlo? :
- Mithrandir…- sussurrai sconvolta e confusa dalla sua presenza.
- Ciao Elris,ne è passato di tempo- disse con tranquillità mentre continuava ad aspirare fumo.
- Già…- dovevo ancora riprendermi dallo stupore- Cosa ci fai qui?- domandai aggrottando le sopracciglia.
- Bhè mia cara sarò sincero,avrei voluto molto presentarmi per una semplice visita di cortesia,ma ahimé non è così- sospirò facendo uscire uno sbuffo di fumo dal naso.
- Chissà perchè non ne sono sorpresa- ribattei con un sorriso divertito.
Conoscevo Gandalf da molte ere ormai e lui era l’unico a sapere come ero in realtà,l’unico a conoscermi talmente bene da sapere cose su di me che perfino io stessa ignoravo; eravamo amici di vecchia data e gli volevo un gran bene ma purtroppo sapevo che quando lo Stregone Grigio si presentava ai tuoi occhi senza cenno di preavviso raramente era per fare una semplice visita e questo,se dovevo essere sincera,mi spaventava; cosa stava succedendo nella Terra di Mezzo che io non sapevo?
- Siediti - mi invitò indicandomi la sedia al lato opposto del tavolino,feci come mi aveva detto e poggiando le braccia sul tavolo incrociai le dita attendendo una spiegazione- Prima di dire qualsiasi cosa voglio che tu sappia che se ci fosse stata un’altra via non avrei esitato ad intraprenderla-
- Capisco- annuii- Per favore spiegati-   
- Sarò breve- fece una pausa aspirando altro fumo- Ho bisogno del tuo aiuto-
- Per cosa?-
- Una missione- disse in un sussurro; chissà perchè non ero sorpresa dalla sua risposta… forse perchè avevo sempre saputo che questo momento prima o poi sarebbe arrivato?
- Gandalf…- il suo nome uscì come una supplica,il che non era del tutto sbagliato visto che l’unica cosa che desideravo era rimanere tranquilla- Sono passati secoli dalla Grande Battaglia e nonostante ciò la notte i suoi orrori tornano ancora a farmi visita- socchiusi gli occhi sospirando- Non credo di essere più adatta ad intraprendere certi viaggi-
- Conosco il tuo dolore,amica mia,ma so anche che non c’è nessun altro all’infuori di te che può aiutarmi in questa precisa impresa-
- Di cosa si tratta?- domandai
- Molti anni fa feci una promessa ad un vecchio amico,il suo nome era Thròr- a quel nome spalancai di colpo gli occhi e lampi di luce con immagini del passato mi scorsero davanti ad essi,aprii la bocca per parlare ma non ne usci alcun suono; Gandalf continuò- Lui mi fece giurare che avrei vegliato ed aiutato la stirpe di Durin dopo la sua morte,ma purtroppo entrambi sappiamo cosa successe- alzò lo sguardo su di me- Tu c’eri-
Già… io c’ero ed anche a distanza di anni ricordavo quel giorno con precisione,ricordai la sofferenza,le urla,le fiamme e la battaglia,tutto, … ricordavo tutto.

 [ FLASHBACK,ANNO 2770,TERZA ERA,EREBOR]

Ero con Thorin quella mattina a stavamo camminando lungo la terrazza della guardia che percorreva tutta la facciata della fortezza di Erebor,da alcuni giorni mi trovavo lì in visita data la mia vecchia amicizia con Thròr; davanti agli occhi mi si apriva un paesaggio da mozzare il fiato: distese d’erba e fiumi scintillanti sotto i raggi del sole di mezzogiorno e lì proprio in mezzo a quella vallata c’era Esgaroth,centro dei grandi commerci di tutta la Terra di  Mezzo,con la vita frenetica e le chiacchiere allegre che si irradiavano per i suoi vicoli. Purtroppo Thorin non si beava come me di quella splendida vista,altri pensieri più cupi e urgenti gli occupavano la mente già da un paio di mesi:
- E cosi è da quando avete trovato questa scintillante pietra che tuo nonno non è più lo stesso- dissi mentre continuavamo a camminare fianco a fianco.
- Si- rispose pensieroso- Pensa che l’Arkengemma sia un segno degli Dei che benedicono il suo trono e il suo regno- sollevò lo sguardo e lo puntò lontano verso le Montagne Nebbiose,era tormentato e mi dispiaceva.
- Tu invece cosa ne pensi?- domandai
- Che ci porterà alla rovina- rispose in tono grave- Temo per il mio popolo; molte ricchezze sono racchiuse dentro queste mura…- lasciò la frase in sospeso ma capii lo stesso cosa intendeva dire.
- Gli uomini sono deboli- dissi in un sussurro- Tutti bramano l’oro e il loro cuore si può corrompere facilmente-
- Credi anche tu alla maledizione che grava su questo tesoro?- mi chiese guardandomi negli occhi. Thorin apparteneva al popolo dei Nani ma per essere uno di loro era molto alto.
- Bhè…- incominciai mentre poggiavo la schiena contro il parapetto di pietra e le mani sul pomo dell’elsa della spada- Ho molti più anni di questo tesoro e ne ho viste tante,conosco l’avidità dei Nani perchè fu quella a risvegliare anni orsono un Balrog nelle profondità di Moria-
- Quindi cosa dovrei fare? Non posso permettere che tutto vada in malora!-
- No,ma puoi sempre sperare nel meglio…-
Nei giorni che seguirono io e Thorin camminammo spesso su quella muraglia,lui era sempre più preoccupato dal comportamento del nonno ed io non sapevo proprio come aiutarlo; all’improvviso,durante una delle nostre passeggiate, da Nord venne un grande vento come se preannunciasse tempesta ma il cielo era limpido,da lontano rombi come di tuoni scuotevano la terra e fu allora che io e Thorin ci guardammo con un nuovo terrore che attanagliava il nostro cuore,le paure del Principe sotto la Montagna si erano realizzate:
- Balin! Balin!- gridai mentre Thorin organizzava la guardia
- Che succede Elris?- chiese lui tutto agitato mentre il vento scuoteva i nostri capelli.
- Suona l’allarme,il Drago è qui!-
L’attacco fu tremendo,quando Smaug il Terribile arrivò su Esgaroth ed Erebor,il fuoco incombeva da tutte le parti distruggendo ogni cosa e lasciando solo macerie e cenere; da Erebor riuscirono a fuggire in molti anche se provammo a respingere il Drago con tute le nostre forze fu inutile,lui era troppo forte e noi mal equipaggiati per questo alla fine fummo costretti a fuggire e lasciare la Montagna a quella creatura; inutile dire che Thròr cercò di trovare un rimedio dirigendosi a Moria che purtroppo trovò occupata dagli Orchi…

 [FINE FLASHBACK]

 
- Cosa mi nascondi Mithrandir?- gli domandai leggermente turbata
- È giunto il momento che la stirpe di Durin si riprenda ciò che gli spetta di diritto-
- Vuoi far tornare i Nani ad Erebor?!- esclamai
- Si- annuì leggermente ispirando altra erba pipa
- Perchè vuoi risvegliare Smaug? Lo sai i rischi che comporta?-
- Lo so molto bene mia cara,ma mi preoccupa molto di più il potere oscuro che si potrebbe esercitare con quel Drago schierato dalla parte sbagliata-
- Cosa ti preoccupa?-
- Per ora sono solo supposizioni con le quali non voglio annoiarti,ma so per certo che è tempo che io onori la promessa e riconsegni al popolo dei Nani ciò che gli è stato portato via-
- Bene,allora buona fortuna Gandalf perchè io non credo di essere adatta a questo tipo di missione,non più almeno-
- Oh andiamo!- si sporse in avanti alzando un po’ la voce- Sei la figlia dei grandi Elfi del Nord e della gente di Rohan, hai combattuto centinaia di battaglie ed ora ti tiri indietro?! Ti ricordo che anche tu hai una promessa da mantenere-
- La mia promessa- ridacchiai con amara tristezza- Quanto può valere dopo tutto quello che è successo?-
- Molto più di allora,fidati Elris- disse con un mezzo sorriso e con uno sguardo serio.
- E se non mi vuole assieme a lui? Conosci il carattere di Thorin-
- Per quello stai tranquilla e poi lo sai fronteggiare benissimo- mi fece l’occhiolino ed io risi.
- Non ho scelta vero?- sospirai rassegnata
- Questa volta credo proprio di no mia cara-
- Non lo so- scossi la testa- Non so proprio che dirti-
- Posso immaginare i dubbi che ti assalgono,ma guardati attorno… è davvero questa la vita che vorrai condurre per l’eternità?- presa in pieno- Rifugiarti nella terra natia di tua madre e far finta che il resto del mondo non esista?- fece una pausa poi continuò- Ragazza mia tu sei una grande guerriera! Il sangue che ti scorre nelle vene non mente- sospirò- Non sarebbe anche ora di dimenticare gli orrori del passato?-
- Va bene- alzai lo sguardo su di lui- Mi hai convinta-
- Non avevo alcun dubbio!- esclamò soddisfatto
- Dove mi devo recare?-
- Ad Ovest verso la Contea,più precisamente ad Hobbiville cerca Casa Baggins-
- Hobbiville? Baggins?- ripetei meravigliata- Cosa vuoi fare con un Hobbit?-
- Lo scoprirai una volta che saremo tutti lì-
- Inizio a sospettare qualcosa di losco…- sorridemmo assieme
- Mi raccomando è una missione della massima segretezza nessuno deve saperlo- disse tornando serio
- Puoi contare sul mio silenzio- annuii mentre ci alzavamo entrambi dalle sedie
- L’ultima cosa prima di lasciarti,lo scrigno che ti diede Thrain lo custodisci ancora giusto?-
- Certamente-
- Bene,sarà meglio che lo porti con te perchè ci servirà- mi limitai ad annuire
Gandalf andò via quel giorno stesso dicendo che aveva altre cose da risolvere prima di partire,dopo tutti questi anni quell’uomo riusciva ancora a sorprendermi. Nel pomeriggio iniziai a preparare le cose per il viaggio senza dire niente a nessuno,percorsi il corridoio diretta alla camera dove tenevo le mie vecchie cose e con un sospiro nella voce e l’ombra del passato che mi gravava sulle spalle aprii il grande portone di legno ed entrai dirigendomi verso il centro della stanza dove,posta su un apposito sostegno,c’era la mia vecchia tenuta da battaglia composta da un corpetto,di pelle indistruttibile,con la scollatura a cuore dalla quale partivano due grosse stringhe che si congiungevano dietro il collo,esso era di un brillante color zaffiro con ricami in argento ed anche i pantaloni,creati con lo stesso tipo di pelle del corpetto,erano dello stesso colore e si adattavano perfettamente alla forma delle mie gambe,a completare il tutto c’era un comodo paio di stivali ed un ampio mantello entrambi neri. Sulla parete destra erano appese le armi più grandi come i miei archi,doni preziosi visto che uno proveniva dalla stirpe di mio padre e l’altro era un dono di Re Elrond di Granburrone; insieme ad essi vi erano due spade e due lunghi coltelli mentre nel baule nell’angolo trovava posto la mia collezione di pugnali provenienti da Ere e luoghi diversi. Indossai la tenuta da battaglia,gli stivali,dove nascosi un paio di coltelli,il mantello ed in seguito mi legai in vita la cintura con la spada mentre sulle spalle avevo l’arco con la feretra; richiusi la stanza e mi diressi verso le scuderie per recuperare il mio cavallo ma sul mio tragitto incontrai il capitano della guardia:
- Elris- mi chiamò- Dove vai?-
- Parto- risposi semplicemente
- Questo lo vedo,ma per dove?-
- Non credo siano cose che ti riguardano- dissi aggirandolo per passare oltre
- Cosa dico al Re?- mi fermai continuando a dargli le spalle
- Dì a Thengel che lo ringrazio per la sua ospitalità,ma che sono dovuta partire per questioni private- ed uscii all’aperto
Una volta montata in sella passai per i vicoli della città sentendomi gli sguardi di tutti addosso,mi fermai dinnanzi le porte della città ed una volta aperte lanciai il mio cavallo al galoppo sentendomi dopo non sapevo neanche quanto tempo di nuovo libera. Il viaggio che mi aspettava era molto lungo,ma confidavo nel mio destriero che era considerato il più veloce tra i cavalli Elfici; al tramonto raggiunsi la Breccia di Rohan nei pressi di Isengard,continuai per un altro paio di chilometri fino alle pianure di Dunland dove trovai un posto sicuro e nascosto per accamparmi per riposare almeno un paio d’ore. Alle prime luci dell’alba ero di nuovo in viaggio per le Terre Solitarie,più precisamente nei pressi di Enedwaith che mi lasciai alle spalle nel tardo pomeriggio quando attraversai il fiume Inondagrigio lanciandomi verso le vaste distese di Minhiriath.  

 

ANGOLO AUTRICE     

 

Eccoci arrivati alla fine del secondo capitolo! Allora che ne pensate di Elris? Quale sarà la promessa? E sopratutto cos’è che la turba così tanto? Proposte? Bhè,se volete scoprire la verità continuate a leggere e se lasciaste anche una piccola recensione mi farebbe mooolto piacere! Un grande abbraccio,a presto! ;)

 

GiuliaStark

 

 

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Capitolo 3
*** Litigi ***


Saaalve a tutti! Continuo a ringraziare chi legge e recensisce la mia storia,sono molto contenta che vi sta intrigando! Vedrete più in là,ne accadranno delle belle! Allora prima di cominciare con il nuovo capitolo,piccola precisazione:
visto che la mia storia segue sopratutto il film ho preso da lì i dialoghi per poi ampliarli e modificarli a seconda della necessità. Bhè che altro dire?? Leggete! :D

 
POV GANDALF

 Guardavo con fare divertito la scena che mi si presentava davanti: tutti,o quasi,i Nani della Compagnia avevano invaso la casa di Bilbo ed ora gli stavano letteralmente svuotando la dispensa per preparare un gran banchetto come d’altronde è nel loro stile mentre il povero Hobbit cercava di star loro dietro per impedirgli di farlo rimanere senza cibo:
- Rimettilo apposto!- gridava ad uno
- No,il vino no!- diceva ad un altro
Nel mentre io invece ero impegnato ad aiutare gli altri a sgombrare il tavolo per far spazio ai piatti ed ai cestini di cibo,quando ebbi terminato uscii dalla sala pranzo abbassandomi essendo io troppo alto per un buco Hobbit e in meno di cinque secondi mi scontrai con uno dei Nani e sbattei la testa contro il lampadario in ferro battuto nell’ingresso cacciando un gemito di disapprovazione… si,era decisamente troppo piccola questa casa. Una volta raggiunto un angolo in cui sarei potuto stare al sicuro iniziai a contare i membri della Compagnia:
- Fili e Kili – che mi passarono davanti con una botte- Oin,Gloin- con cestini di formaggio e pane tra le mani- Dwalin, Balin- mi voltai- Bifur,Bofur,Bombur- continuai tenendo il conto con le dita e facendomi largo fra i Nani- Dori,Nori-
- Non i pomodori!- gridava intanto Bilbo da qualche parte alle mie spalle
- Ed ecco Ori!- esclamai
Mi diressi verso la finestra e avendo contato tutti sapevo perfettamente che mancava ancora un Nano,poi sarebbe arrivata anche Elris e solo allora saremmo stati al completo:
- Arriverà,è solo in ritardo è andato a Nord a trovare alcuni parenti- mi rispose Dwalin mentre teneva in mano un boccale di birra.
Quando si sedettero tutti attorno al tavolo iniziò finalmente il gran banchetto che mise allegria alla combriccola ma che al tempo stesso disperava Bilbo al quale,a mio parere,faceva bene un po’ di chiasso nella sua monotona vita da Hobbit casalingo. Durante il pasto tutti ridevano e scherzavano divertendosi come bambini noncuranti almeno per il momento della rischiosa impresa per la quale dovevano partire; dopo un po’ di chiasso e di bevute finimmo di mangiare e mentre i Nani si lanciavano le scodelle,facendo letteralmente rabbrividire Bilbo dal terrore che sarebbero cadute,intonarono un’allegra canzoncina al termine della quale tutti i piatti erano puliti ed impilati sul tavolo:
- Visto?- dissi all’ Hobbit tutto soddisfatto
All’improvviso due colpi sulla porta fecero tacere tutte le risate:
- È qui- dissi serio
Andai ad aprire la porta e dietro di essa un Nano guardava all’orizzonte con sguardo fiero e regale,aveva lunghi capelli neri ed una barba dello stesso colore non troppo lunga; il mantello grigio lo riparava dal freddo della notte,ma sotto di esso si distingueva benissimo la spada:
- Gandalf!- mi salutò entrando- Mi avevi detto che questo posto era facile da trovare,ho smarrito la strada due volte!- chiusi la porta dietro di lui
- Bilbo Baggins- lo chiamai e lui arrivò- Permettimi di presentarti il capo della nostra Compagnia,Thorin Scudodiquercia-
- E cosi questo è lo Hobbit,signor Baggins ditemi avete combattuto?-
- Come prego?-
- Lo immaginavo,e questo sarebbe uno scassinatore?-
Ci sedemmo nuovamente attorno al tavolo e mentre Thorin mangiava qualcosa ci raccontò che alcune famiglie di Nani erano dalla loro parte,mentre altre li avevano abbandonati dicendo che ormai ero un impresa che spettava solo a loro portare a termine. Notai lo sguardo furioso di Thorin per via di coloro che si erano tirati indietro e mi domandai come avrebbe reagito quando avrebbe scoperto che Elris avrebbe fatto parte della sua Compagnia,sperai solamente che non sarebbe nata un’accesa discussione fra i due visto il carattere particolare che condividevano:
- Bene- disse Thorin- Ora che siamo al completo..- ma lo interruppi
- Ehm,ecco veramente dovrei dirvi una cosa-
- Allora parla-
- Manca ancora una persona,solo allora saremo al completo e potremmo iniziare a parlare di questa impresa-
- E chi altro mancherebbe?- domandò Dwalin guardando i volti dei suoi compagni
- Gandalf- mi richiamò Thorin con durezza- Chi hai chiamato?- scandì le parole
- Tranquillo lo scoprirai presto,dovrebbe arrivare da un momento all’altro se i miei calcoli sono giusti-
Ridusse gli occhi ad una leggera fessura mentre mi scrutava e cercava di pensare a chi potessi aver chiamato,poi nel momento in cui fece per aprir di nuovo bocca e parlare bussarono alla porta:
- Oh,benissimo!- esclamai allegramente- Ora siamo al completo-
Mi alzai con un sorriso dirigendomi alla porta mentre i nani ad uno ad uno mi venivano dietro curiosi di sapere chi fosse anche Bilbo si era unito agli altri nell’ingresso,spalancai la porta e in quel preciso istante avrei giurato di sentire il fiato di Thorin mozzarsi.

 

POV ELRIS

La piccola e rotonda porticina verde si aprì mostrando un ambiente piuttosto accogliente e tranquillo,davanti la soglia c’era Gandalf con un largo e soddisfatto sorriso dipinto sul viso leggermente arrossato:
- Buonasera mia cara stavo giusto dicendo che stavi per arrivare- disse facendosi da parte per farmi entrare
- Sai che la puntualità è il mio forte- sorrisi mentre mi sganciavo il mantello alla base del collo.
Mi voltai sentendomi osservata e solo in quell’istante mi accorsi di chi mi stava fissando,Thorin Scudodiquercia stava poco più dietro di Gandalf ed aveva uno sguardo così gelido che dava la sensazione che la temperatura della stanza si fosse improvvisamente abbassata di qualche grado; aveva sempre lo stesso aspetto solo i capelli erano un po’ più lunghi,solito portamento regale e braccia incrociate al petto… non era affatto contento:
- Cosa ci fa lei qui!?- chiese duramente mentre posava lo sguardo su Gandalf
- Bhè ci servono i migliori guerrieri per questo l’ho chiamata-
- Abbiamo già i più forti,lei non ci serve- mi guardò dall’alto in basso e poi si voltò dandomi le spalle.
- Non sei cambiato affatto dall’ultima volta!- esclamai con una risata irritata
- E tu rimani sempre una traditrice!- mi urlò contro voltandosi di nuovo guardandomi con occhi pieni di rancore e rabbia.
- Io una traditrice? Questa si che è buona!-
- Ragazzi,ragazzi calmiamoci- disse Gandalf
- Che succede qui?- chiese un mezz’uomo che doveva essere Bilbo
- Nulla di importante-
- E tu sei?- mi domandò
- Elris,mezz’elfo,al tuo servizio- e feci un inchino plateale sorridendo un po’
Quando mi rialzai incrociai lo sguardo di un giovane nano che ad occhi e croce era anche più alto di Thorin,stava nell’angolo con un leggero sorriso sulle labbra:
- Piacere mio,io sono Bilbo Baggins- sorrise- Gradisci qualcosa da mangiare anche tu?-
- No,grazie mi è passata la fame- guardai storto Thorin e lui ricambiò
- Bentornata Elris- disse Dwalin avvicinandosi e dandomi una pacca amichevole sul braccio.
- Ti ringrazio- annuii con un sorriso ma sentendo borbottare qualcosa sottovoce da Thorin.
Salutai tutti i miei amici che mi accolsero nuovamente tra di loro come una vecchia compagna di guerra,poi arrivai davanti ad un volto nuovo:
- Piacere signorina io sono Ori il fratello minore di Dori e Nori- disse timidamente
- Ma davvero?- lui annuì- Piacere mio Ori- sorrisi
Mi voltai nuovamente e trovai altri due volti nuovi,uno era quello che poco fa avevo visto nell’angolo e dovevo ammettere che la sua elevata statura mi sorprendeva,mentre l’altro era poco più basso ed aveva barba e capelli biondi:
- Io sono Fili- disse quello biondo
- Ed io sono Kili- aggiunse quello moro- E siamo al vostro servizio- dissero all’unisono facendomi ridacchiare un po’
- Elris,piacere mio-
- Bene ora che avete finito con le presentazioni possiamo parlare di quello per cui siamo venuti?- chiese Thorin burbero
Lo guardarono tutti poi uno ad uno si andarono a sedere attorno ad un lungo tavolo nella stanza che doveva ospitare la sala da pranzo,rimasi un po’ indietro e mi sentii poggiare una mano sulla spalla:
- Come stai?- mi domandò Gandalf
- Bene- risposi piatta- Lo odio quando fa l’orgoglioso!-
- La caparbietà dei Nani è assai nota mia cara!- ridacchiò lui
- La sua è rara fidati-
- Per fortuna i suoi nipoti Fili e Kili non hanno preso da lui-
- Sono i figli di Dis quindi-
- Si-
- Ora si spiega tutto,si vede che non sono come lo zio-
Quando raggiunsi il tavolo mi sedetti tra Gandalf e Dwalin,non riuscivo a non pensare a come mi aveva trattato Thorin neanche mezz’ora fa,è stato veramente devastante dopo tutto quello che avevo fatto per lui,al diavolo il suo maledetto orgoglio! :
- Bilbo potresti fare un po’ più di luce?- chiese Gandalf
- Si,certo-
Lo stregone ad un tratto si alzò e prese un pezzo di carta ingiallito che teneva piegato nella sua tasca e lo aprì sul tavolo mostrando la mappa per Erebor:
- Lontano verso Est- cominciò- Oltre montagne e fiumi,aldilà di boschi e terre desolate vi è una vetta solitaria-
- La Montagna Solitaria- lesse Bilbo tornato un candelabro in mano
- I presagi sono stati interpretati ed essi dicono che è il momento- disse Gloin
- I corvi sono stati visti tornare verso la Montagna come predetto,quando la vita tornerà ad Erebor il regno della bestia finirà- continuò Oin
- Quale bestia?- domandò Bilbo voltandosi di scatto
- Si fa riferimento a Smaug il Terribile,portatore di morte,artigli grandi come ganci da macellaio,sputa fiamme e grande cercatore d’oro,enormi fauci…- cominciò ad elencare Bofur
- Bofur!- lo richiamai- Non lo spaventare-
- Grazie- mi sorrise- So cos’è un Drago- si rivolse al nano
- È un’impresa difficile per un esercito figuriamoci per noi che siamo in quattordici e neanche tutti bravi- disse Balin un po’ giù di corda
- Tredici- lo corresse Thorin- la mezz’elfo non viene- disse guardandomi ancora con astio;sbottai
- Dannazione Thorin! Lo vuoi capire che sono qui per aiutarti a riprendere la tua patria?!-
- Ce la faremo benissimo anche senza di te- disse a denti stretti
- Oh,andiamo sii ragionevole- gli si rivolse Balin
- NO!- tuonò lui
- Sei uno sciocco Thorin Scudodiquercia se rifiuti il suo aiuto!- lo rimproverò Gandalf- Sai benissimo che ti servirà-
- Non importa Gandalf,lascia stare te lo avevo detto che non mi avrebbe voluta nella sua Compagnia- mi alzai e feci per andarmene
- Ehi,dove vai?- mi domandò Kili con quello che doveva essere una nota di dispiacere.
- Torno da dove sono venuta visto che qui non sono gradita-
- E va bene!- tuonò nuovamente Thorin- Ma starai ai miei ordini- si voltò a guardarmi dritto negli occhi come una sfida
- Come vuole lei,sua altezza- risposi irritata e facendo un finto inchino per poi sedermi nuovamente mentre Dwalin mi diede un buffetto sulla mano sinistra per infondermi coraggio.
- Bene!- esclamò Fili- Non saremo tutti bravi o esperti,ma siamo coraggiosi e determinati e questo vale molto di più!-
- E poi dalla nostra parte abbiamo sia uno stregone che una mezz’elfo entrata nella storia! Ne avrete uccisi di Draghi voi no?- ci domandò Kili
- Ecco,bhè…- esitò Gandalf
- Questo non è importante!- esclamò Thorin alzandosi in piedi- Se noi abbiamo interpretato quei segni non pensate che anche altri lo abbiano fatto? Smaug non viene avvistato da più di sessanta anni,forse il tesoro è senza custode e non possiamo permettere che altri prendano ciò che è nostro! Riprendiamoci Erebor!-
Io ascoltavo in silenzio assieme a Gandalf con il quale mi scambiavo occhiate fugaci capendo che condividevamo lo stesso pensiero; iniziavo a temere il vero scopo di questo viaggio e non eravamo neanche partiti… temevo sopratutto per la mente di Thorin e speravo con tutta me stessa che non si oscurasse dal desiderio di ricchezza come quelle di suo nonno e suo padre:
- C’è un problema,la porta principale è sigillata- disse Dori con rammarico mentre Thorin si risiedeva con sguardo pensieroso.
- Non si può entrare nella Montagna-
- Questo mio caro Balin non è del tutto vero- disse Gandalf- Elris,mia cara,ti dispiacerebbe mostrare ciò che ti ho chiesto di portare?-
- Subito-
Mentre sfilavo la cordicella del sacchetto dalla cintura sentii gli sguardi curiosi di tutti i presenti su di me; aprii il pacchetto sul tavolo e ne tirai fuori una tozza chiave in ferro nanico:
- Come mai è nelle tue mani?- mi chiese Thorin con un tono di voce ed un espressione che andava dal sorpreso al sospettoso.
- Me l’ha data tuo padre Thrain dopo l’attacco ad Erebor facendomi promettere che un giorno ti avrei aiutato a riconquistare la Montagna,per questo sono qui,per onorare quella promessa- dissi con tranquillità mentre Thorin aveva lasciato spazio allo stupore più completo- È tua adesso- gliela porsi,lui la prese guardandola incredulo- Spero che ora mi odierai un po’ di meno-
Mentre lui continuava a rigirarsela tra le mani Fili parlò:
- Ma se c’è una chiave allora deve esserci anche una porta-
- Si,queste rune qui- indicò Gandalf sulla mappa- Le ho tradotte e dicono che c’è un passaggio segreto che porta alle sale inferiori-
- C’è un’altra via d’entrata- sussurrò Kili sorridendo
- Bhè se riusciamo a trovarla,le porte dei Nani sono invisibili se chiuse. La risposta è celata nella mappa purtroppo io non so trovarla ma fortunatamente ci sono altri nella Terra di Mezzo che lo sanno fare-
Alla fine Bilbo capì che anche lui era stato scelto per far parte della Compagnia nel ruolo di scassinatore,o meglio di infiltrato nella tana del mostro visto che Smaug non conosceva l’odore degli Hobbit. Era un ruolo molto rischioso e richiedeva un gran coraggio e quando infine decise di non partecipare non lo giudicai perchè,a dirla tutta,sia le possibilità di riuscita che quelle di sopravvivenza erano assai scarse. Passammo lì la notte,io preferivo rimanere sveglia per via degli incubi che mi tormentavano,così mi sedetti a terra accanto ad una delle finestre dalle quali si vedeva il cielo limpido e stellato che mi ricordava tanto casa mia: le antiche Valli del Nord da dove proveniva mio padre; il mio desiderio era quello di farci ritorno per poter trascorrere in quei luoghi pacifici il resto della mia solitaria immortalità:
- Non dormi?-
Una voce dall’oscurità mi risvegliò dai miei pensieri malinconici riportandomi alla realtà,mi voltai verso la sagoma che avanzò fino a fermarsi nel fascio di luce lunare che trapelava attraverso il vetro; era Kili:
- No- sussurrai- Tu?-
- Avevo sete - fece spallucce
- Sarà meglio che riposi,domani ci aspetta un lungo cammino-
- Volevo ringraziarti per l’aiuto che ci stai dando- sorrise sincero
- Non ho ancora fatto niente- sorrisi anch’io
- Ci hai dato speranza,questa impresa non ti tocca neanche da vicino ma tu invece non ti sei limitata a consegnare la chiave a Thorin ma ci aiuterai durante il cammino-
- Bhè devo ammettere che quando Gandalf è venuto a cercarmi ero riluttante a partecipare per via di tuo zio,ma poi io mantengo sempre le mie promesse,quindi eccomi qui- alzai le spalle
Mi sorrise ancora,in quel ragazzo c’era qualcosa mi trasmetteva un gran coraggio nonostante la giovane età; comunque c’era da dire che anche io avevo cominciato a combattere molto giovane e non era una cosa che auguravo perchè anche se combattere per me era sempre stato un onore ed un piacere,con il tempo rimase si un onore,ma diventò anche un dovere verso il mio popolo e la gente indifesa,che fossi un po’ troppo giustiziera? Probabile. Fatto sta che ormai dopo secoli di battaglie non ero più me stessa e a stento ricordavo come ero in precedenza.
- È un onore conoscerti-
- Davvero?- ridacchiai- Non sono poi così importante,fidati-
- Io invece credo che tu ti sottovaluti un po’-
- Forse- sospirai distogliendo lo sguardo
- Ti sto importunando per caso?- domandò gentilmente
- No,no assolutamente- scossi la testa- È solo che è stata una giornata un po’ difficile-
- Capisco,ti lascio riposare- sorrise- Buonanotte-
- Buonanotte- risposi pensierosa.

 

 

ANGOLO AUTRICE

 Eccoci quaaa! Abbiamo visto di che cosa si trattava la promessa che l’ha costretta a partecipare all’impresa,poi finalmente la nostra Elris è giunta a casa di Bilbo ed ha rincontrato Thorin e subito ci sono stati fuoco e fiamme! Però che caratterini eh? Secondo voi cosa è successo tra i due a tal punto da rovinare la vecchia amicizia? Perchè Thorin la chiama “traditrice”??? Do ufficialmente il via libero alle vostre supposizioni e prometto che a chi ci andrà più vicino farò un piccolo spoiler sulla storia rispondendo magari ad una vostra curiosità,allora ci state? Mi raccomando recensite in tanti!!! Un grande abbraccio,a prestissimo!

 

GiuliaStark

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Capitolo 4
*** Inizia l'avventura e tornano gli incubi ***


Ciaooo cari lettori! Ringrazio chi continua a recensire e leggere! Allora… Continua ad intrigarvi la storia? Spero di si! allora bando alle ciance ed eccovi qui il nuovo capitolo!

 
POV ELRIS

Alle prime luci dell’alba eravamo già tutti in piedi a prepararci per il lungo viaggio che ci aspettava,mentre prendevo le mie cose continuavo a sentire lo sguardo accusatorio ed incerto di Thorin che sapevo aveva molte domanda da farmi ma sapevo anche che il suo smisurato orgoglio non glielo avrebbe mai permesso. Appena prima di partire mi accorsi di avere un po’ di fame così mi diressi verso la cucina dove trovai Dwalin e Bofur:
- È rimasto qualcosa da mangiare o vi siete spazzolati tutto ieri sera?- domandai ironica con un sorriso sulle labbra
- Sapevo che l’avresti chiesto- disse Dwalin mentre si voltava ed apriva un cassetto- Per questo ti ho tenuto da parte un paio di biscotti- allungò il braccio porgendomeli
- Oh grazie,ti adoro!- li afferrai al volo e ne assaggiai subito uno,era davvero buonissimo- Tu si che mi conosci bene!- esclamai mentre masticavo
- Non è che ci stai diventando un tenerone?- lo stuzzicò Bofur dandogli una leggera spinta con il gomito.
- Ma che cosa fai farneticando!- bofonchiò lui irritato facendomi sorridere.
- Io? Niente- rispose innocentemente Bofur
- Mi siete mancati amici miei- dissi in tono nostalgico mentre osservavo divertita quella scenetta.
- Si,bhè dobbiamo ammettere che la tua assenza si è fatta sentire- sorrise leggermente Dwalin dando libero sfogo a quella parte dolce di lui che teneva nascosta; era il mio miglior amico in assoluto.
- Visto che avevo ragione?- sussurrò Bofur avvicinandosi a me- Lo abbiamo perso!- scosse la testa fingendosi disperato ed io scoppiai a ridere quando Dwalin gli lanciò un occhiataccia assassina.
- Che fate qui,battete la fiacca?! Forza si parte!- esclamò la voce di Thorin alle mie spalle
- Si arriviamo- rispose Dwalin
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai mentre sentivo i suoi passi allontanarsi,poi infine dissi:
- Ho già detto che lo odio?- i due ridacchiarono evidentemente divertiti dalla mia espressione.
- Credo che tu gli sia mancata- rispose Dwalin mentre sulla porta accanto a lui comparvero Fili e Kili che si misero ad ascoltare.
- Non si direbbe dal comportamento che ha- borbottai mentre mandavo giù l’ultimo biscotto
- Lo conosci com’è fatto- fece spallucce Bofur
- Oh si!- esclamai- Ed anche troppo bene-
- Cambierà presto idea-
- Lo spero per lui perchè la mia pazienza non è infinita- dissi a denti stretti
In quell’istante la sensazione di un nuovo sguardo che si posava su di me mi colpì,sapevo di chi era e potevo anche scommettere che era perplesso da questa strana conversazione,infatti parlò:
- Cos’è successo con nostro zio?-
- Kili,non sono cose che ci riguardano- lo rimproverò il fratello
- È troppo lunga da raccontare- sussurrai distogliendo lo sguardo- Sarà meglio sbrigarci- ed uscii di corsa dalla stanza allacciandomi il mantello al collo e la spada in vita.
Dieci minuti dopo avevamo lasciato Casa Baggins con grande mio rammarico perchè solo ora capivo la motivazione di Bilbo: la sua era una casa così graziosa ed accogliente che era impossibile lasciarla per partire in un’avventura così rischiosa; perfino io se avessi avuto una vita diversa non avrei mai abbandonato la mia dimora. Thorin apriva la fila a cavallo del suo pony e quasi a chiuderla c’eravamo io e Gandalf:
- Pensi che cambierà idea?- domandai riferendomi a Bilbo- Mi era simpatico-
- Non ho dubbi- sorrise facendomi l’occhiolino
- Sai,ammiro ed invidio la tua sicurezza- sussurrai
- Cos’è che ti turba mia cara?-
- Tante cose- feci spallucce mentre accarezzavo distrattamente la criniera del mio cavallo nero come la notte.
- Sembra che tu abbia perso la fiducia in te stessa-
- Credo proprio che tu abbia ragione- sorrisi amaramente- L’immortalità da molti è considerata un dono,ma può essere anche una maledizione. Hai talmente tanto di quel tempo a disposizione che non fai altro che pensare e pensare ed alla fine ti accorgi che le cose che prima per te contavano ora semplicemente… non contano più- sospirai- Ti sembra tutto così scontato e per esperienza ti confido che è da secoli che vedo rinascere e fallire questo mondo e allora mi domando perchè questa volta dovrebbe essere diverso-
Gandalf mi guardava con un leggero sorriso comprensivo e tanta compassione nello sguardo,capiva perfettamente a cosa mi riferivo perchè entrambi avevamo condiviso le stesse battaglie:
- Speranza,amica mia- sorrise- Stavolta c’è speranza-
- Lo spero davvero Mithrandir,lo spero davvero…- dissi in un sussurro
All’improvviso udimmo un gran fracasso alle nostre spalle ed alcune grida di una voce familiare,man mano che si avvicinava le urla si trasformarono in parole e fu allora che riconobbi il suono della voce di Bilbo:
- Aspettate! Aspettate!- gridava a squarciagola mentre cominciavo ad intravederlo. Thorin si fermò e quando Bilbo ci raggiunse consegnò il contratto a Balin- L’ho firmato- disse con un po’ di fiato corto.
- Molto bene!- esclamò Balin- Benvenuto nella nostra Compagnia-
- Dategli un pony- rispose Thorin con freddezza.
- Salve Mastro Baggins- dissi affiancandomi a lui
- Oh,salve a te Elris ma ti prego chiamami solo Bilbo-
- Va bene,Bilbo,cosa ti ha fatto cambiare idea?- domandai incuriosita
- In realtà non ne sono sicuro… forse vedere quella casa vuota dopo che la sera precedente era stata così piena di allegria-
- Capisco- annuii- Anche io vivo da sola-
- E i tuoi genitori?- domandò- Se mi è concesso chiedere,ovviamente-
- Tranquillo nessun mistero- feci una pausa- Sono morti-
- Mi dispiace-
- È passato molto tempo ormai- sospirai
- Quanti anni hai?-
- 3500- spalancò gli occhi di colpo- Sono vecchia eh?- ridacchiai
- Non lo avrei mai detto- scosse la testa
- Bhè,modestamente li porto molto bene- rise anche lui,Bilbo mi sembrava davvero una brava persona ed anche un buon amico.
- E cosa hai fatto in tutto questo tempo?- lo guardai divertita- Perdona la mia curiosità ma non è da tutti poter incontrare una mezz’elfo,perlopiù che ha vissuto così tanto- era un po’ imbarazzato.
- Non ti preoccupare- ridacchiai- Devo essere sincera,la cosa che mi appassionava di più era viaggiare- sospirai- Mi faceva sentire libera-
- Hai viaggiato molto?-
- Abbastanza- annuii- Almeno quando non ero impegnata a combattere-
- Scommetto che sei molto brava- sorrise fiducioso
- Me la cavo abbastanza bene-
- Non darle retta,fa la modesta!- intervenne Gloin sorridendo
- Sei tu che esageri- precisai divertita
- È un’ottima combattente- rispose ignorandomi- Spada,arco,ascia o che sia non hanno segreti per lei- rise
- Ho sentito alcuni racconti su di te- mi disse Bilbo
- Fidati,amico mio,non sono affatto come mi descrivono- risposi tornando seria
Dopo qualche ora di cammino il cielo si fece sempre più scuro e le nubi spinte dal vento cominciarono ad addensarsi sulle nostre teste coprendo il sole a sprazzi,poi all’improvviso cominciò a piovere a dirotto e sbuffando tirai su il cappuccio del mantello per ripararmi un po’ . Circa dopo una ventina di minuti che cavalcavamo in mezzo alla pioggia, che rendeva ancor più lugubre la foresta,Dori esasperato esclamò:
- Ehi,signor Gandalf non potete fare nulla per questo diluvio?-
- Sta piovendo,Mastro Nano,e pioverà finchè la pioggia non avrà finito. Se se desideri cambiare il clima del mondo dovrai cercarti un altro stregone.
- Ce ne sono?- domandò Bilbo
- Di cosa?-
- Altri stregoni come te-
- Noi siamo cinque- iniziò in tono solenne- Il più potente del nostro Ordine è Saruman il Bianco- a quel nome sbuffai e sia Bilbo che Gandalf se ne accorsero perchè si voltarono.
- Cosa c’è,non ti sta simpatico questo Saruman?- mi domandò Bilbo
- Sono io che non sono simpatica a lui- riflettei un attimo sulle mie parole- Inizio a notare di non stare simpatica a molte persone- dissi fra me e me mentre sentivo ridacchiare Gandalf,Gloin,Bilbo e Fili
- Come mai?-
- Devi sapere mio caro Bilbo che Saruman è molto vecchio e diciamo che non apprezza che le donne siano molto perspicaci e capaci a menar fendenti- gli spiegò Gandalf
- Oh..- si limitò a rispondere l’Hobbit- Poi chi altro c’è?-
- Ci sono i due Stregoni Blu,ma devo ammettere che ho completamente dimenticato i loro nomi..- io e Bilbo ridacchiammo.
- Stai perdendo la memoria Mithrandir- dissi mentre mi guardava con simpatia
- E chi è il quinto?- chiese a  Bilbo
- Quello sarebbe Radagast il Bruno-
- È un grande stregone o è più come te?- mentre Bilbo lo diceva sorrideva guardando verso di me come a chiedermi di reggergli il gioco.
- Uuuh –esclamai- Qualcuno dubita di te-
- Comunque credo che Radagast sia un ottimo stregone,anche se a modo suo..- ammise Gandalf
Conoscevo Radagast e,si,dovevo ammettere che era abbastanza strano ma anche molto coraggioso,era un’anima gentile che preferiva di gran lunga la compagnia degli animali a quella dell’uomo infatti viveva nelle grandi foreste verso Est.
All’imbrunire la pioggia aveva cominciato a diminuire rendendo più visibile la strada,ora la foresta si era diradata e ci trovavamo su un’altura che affacciava sulle vaste distese d’erba attraversate da argentei rigoli d’acqua che si perdevano verso l’orizzonte. Era una vista stupenda. A distanza di migliaia di anni questo mondo non faceva che stupirmi perchè nonostante la malvagità e le guerre che aveva visto ed il sangue di cui era stato inzuppato,tutto sembrava così pacifico e puro ed era in questi momenti che mi piaceva pensare che tutto quello che avevo visto nel mio passato era solo frutto di un incubo ed io ero solo una felice mezz’elfo che viveva nella sua terra una spensierata immortalità,ma purtroppo era solo un miraggio. Quando trovammo un posto adatto che ci avrebbe riparati decidemmo di accamparci,così sistemammo i cavalli ed accendemmo il fuoco per permettere a Bomber di preparare la cena. Mi allontanai un po’ dal gruppo trovando una rientranza alle pendici della collina sotto la quale ci eravamo fermati e mi sedetti a terra con le spalle poggiate contro il terriccio ed incominciai a lucidare la spada,lo facevo sempre quando mi sentivo un po’ malinconica perchè oltre a tenermi la mente occupata mi aiutava ad estraniarmi dal mondo. Ad un tratto due ombre mi si pararono di fronte,alzai lo sguardo e trovai i due fratelli Fili e Kili:
- Possiamo sederci?- domandò fili gentilmente
- Certamente- risposi con un sorriso mentre si sedevano uno alla mia destra e l’altro a sinistra.
- Ti abbiamo portato la cena- disse Kili porgendomi una ciotola con un cucchiaio entrambi di legno; sorrideva e lo trovai molto dolce.
- Grazie,che gentili- ricambiai il sorriso
Iniziai a mangiare scoprendo solo in quell’istante quanto fossi affamata,nel mentre i due mi raccontavano del loro viaggio fino alla casa di Bilbo; ad un tratto si sentì uno scricchiolio risuonare per la valle e l’Hobbit un po’ impaurito si avvicinò a noi domandando:
- Cos’era? Lo avete sentito?-
- Orchi- rispose Kili che era ovvio si voleva prender gioco di lui.
- O.. orchi?- balbettò Bilbo deglutendo pesantemente
- Si muovono di notte ed uccidono non lasciando niente sul loro cammino a parte tanto sangue-
Bilbo era terrorizzato e mentre si guardava attorno circospetto,Kili si voltò verso il fratello ed entrambi cominciarono a ridacchiare finchè non arrivò Thorin che li ammonì duramente:
- Lo trovate divertente?!-
- No,ci dispiace zio- rispose Kili costernato
- Siete così infantili,voi non sapete niente degli orchi!- e così dicendo andò via
- Ignoratelo come faccio io- dissi ai due cercando di tirarli un po’ su di morale.
- Li odia molto lui gli orchi?- chiese Bilbo
- Mio caro- disse Balin venendo verso di noi- Thorin ha le sue buone ragioni per odiare gli orchi-
Le conoscevo fin troppo bene quelle ragioni,mi voltai nella sua direzione e lo trovai sul bordo del precipizio a guardare lontano verso l’orizzonte,non avevo bisogno di chiedermi a cosa stava pensando perchè conoscendolo sapevo perfettamente cosa gli affollava la mente in questo monto:
- Cioè?- domandò Bilbo
- Quando perdemmo Erebor,Thròr decise di marciare sull’atro grande regno dei Nani,Moria,ma il nemico era arrivato prima di noi.. vi erano legioni di Orchi quel giorno alle pendici della montagna-
- Già…- pensai dentro di me,ed io c’ero anche quella volta…

 
[FLASHBACK,ANNO 2799,MORIA]

La piana che si estendeva sotto il cancello Orientale di Moria era stata invasa dagli Orchi guidati da Azog,l’Orco pallido,ora infuriava la battaglia tra loro ed i Nani di Erebor giunti dopo un lungo viaggio in cerca di riposo ma quando arrivammo era tardi e la guerra inevitabile. La valle era letteralmente coperta dai corpi e dal sangue di amici e nemici, tutti ammassati in cataste maleodoranti sulle quali ronzavano già i primi avvoltoi,combattevamo da non so più quanto tempo senza fermarci ma ormai la nostra sconfitta era alle porte. Rimasti in pochi e perlopiù stanchi e feriti i Nani stavano perdendo la loro convinzione e mentre noi venivamo decimati loro sembravano moltiplicarsi ogni secondo che passava. Io non mi facevo alcuno scrupolo: tagliavo teste,squarciavo gole e addomi e pugnalavo schiene facendomi largo nella mischia,per tutto il campo si andava espandendo il greve odore tipico degli Orchi misto a quello inconfondibile della morte; su di noi incombeva un cielo plumbeo privo di sole,rischiarato soltanto dai bagliori del fuoco che era stato appiccato nel campo di battaglia. Ero esausta e ferita ma continuavo a lottare con tutte le forze che mi erano rimaste in corpo per onorare la mia promessa: tenevo molto a Thorin e alla sua famiglia e per questo mi sforzavo di proseguire contro gli Orchi,Azog padroneggiava su un cumulo di pietre nel bel mezzo della pianura e faceva scempio di chiunque gli si avvicinava. Cercavo di farmi largo così da poter affrontare io stessa colui che chiamavano il Profanatore quando Dwalin che combatteva a pochi metri da me mi urlò: 
- Elris dove vai!?-
- Ad uccidere Azog- risposi con durezza mentre decapitavo un orco con la spada e ne squarciavo un altro con il pugnale dalla lunga lama.
- È pericoloso,ferma!- cercò di avvicinarsi ma gli Orchi erano stretti attorno a noi.
- Devo tentare-
Mi avvicinai ancora facendo leva sulle ultime forze che mi rimanevano ed ignorando il dolore delle ferite,dovevamo assolutamente vincere! Ad un tratto però la mia vista fu coperta da un’orda di Orchi che si abbatteva su di me e mentre li uccidevo uno ad uno sentii l’urlo di Thorin squarciare il cielo e risuonare nell’aria,poi fu come se la battaglia si fermò per un attimo e fu allora che vidi Azog stringere nella mano destra la testa mozzata di Thròr. << Il re era morto >>. Furono queste le parole che mi risuonarono in testa mentre una nuova paura si faceva strada nel mio cuore,mi guardai attorno notando le facce afflitte e demotivate dei miei compagni e per un momento dubitai fortemente in una vittoria. Poi Thorin balzò in piedi e brandendo la spada in una mano e lo scudo nell’altra iniziò a farsi strada verso Azog:
- No,Thorin!- gridai ma lui non mi sentì.
Come rincuorata da una nuova speranza ritrovai la determinazione lanciandomi anch’io in direzione dell’orco pallido mentre gli altri Nani rimasero stupiti dal coraggio del loro Principe. Raggiunto Thorin fronteggiammo assieme il Profanatore che,fiero dell’ impresa di poco fa,rideva ancora ma quelle risate non ci demoralizzarono anzi ci diedero la forza per menar di spada ancora più forte e questo fece tentennare l’orco per qualche secondo. Però lui non perse tempo,colpì lo scudo di Thorin che volò via e spinse me da una parte; non riuscivo a vedere bene la scena ma intuii subito che Azog stava avendo la meglio su Thorin che era a terra. Non esitai oltre e afferrando nuovamente l’elsa della spada mi lanciai sull’ orco e prima che potesse abbattere la mazza chiodata sul corpo di Thorin gli tagliai metà braccio lasciandolo lì ad urlare di dolore e stupore con un moncherino grondante sangue. L’esercito dei Nani fu rinvigorito dal coraggio di Thorin tanto che,impugnando le armi in una presa d’acciaio,si lanciarono in massa verso gli avversari che sbarrarono gli occhi sorpresi da questo rinnovato furore. Alla fine la battaglia volse a nostro favore e riuscimmo a battere gli orchi che si rifugiarono nelle viscere di Moria; ma la gioia fu breve visto che i nostri morti superavano di gran lunga quelli dei nemici e così,dopo la morte di Thròr e la scomparsa di Thrain,fu Thorin a prendere in mano la situazione guidando quel che restava della sua gente verso le Montagne Azzurre.

 [FINE FLASHBACK]

Balin aveva appena terminato il racconto sulla guerra di Azanulbizar dove morì il nonno di Thorin e poi si allontanò. Ancora ricordavo quel giorno.. le urla,i morti.. era tutto impresso a fuoco nella mia mente come una delle battaglie più tragiche della storia della Terra di Mezzo. Sospirai pesantemente e abbassai lo sguardo iniziando a fissare un sasso che stranamente tutto ad un tratto era cominciato ad essere molto interessante:
- C’eri anche tu in quella battaglia giusto?- mi domandò Kili con una nota di tristezza nella voce.
- Si- sussurrai annuendo- Quel giorno temetti davvero di non uscirne viva-
- Sai nostro padre ci ha raccontato molte storie che riguardavano te e le tue imprese- disse Fili
- Ah si?- non ero affatto sorpresa- Conobbi vostro padre anni prima che sposasse Dis,era un valoroso guerriero-
- Come te- sorrisero entrambi mentre Bilbo ascoltava.
- Non è affatto una grande guerriera- disse Thorin duramente comparendo nuovamente
- Ma zio…- Fili cercò di dire qualcosa ma Thorin lo zittì.
- Se fosse stato così Erebor sarebbe già stata riconquistata-
- Quello che volevi fare tu era un suicidio! Ci avrebbe portati tutti alla morte!- ribattei alzando la voce
- A te non è mai importato nulla né della mia famiglia,né di Erebor!- urlò anche lui
A quelle forti accuse non ci vidi più dalla rabbia e scattai in piedi:
- Come puoi dire che non mi importasse!- gridai avvicinandomi a lui- Ero ad Erebor quando il Drago ha attaccato! Ho combattuto con te contro di lui e porto ancora i segni dei suoi artigli sul corpo,sono stata al tuo fianco perfino quando hai cercato di riprenderti Moria,quindi non venirmi a dire che non mi importava!- terminai con voce tremante dalla rabbia mentre il resto della Compagnia ci guardava senza dir nulla.
Lui non diceva niente si limitava solo a guardarmi con un espressione indecifrabile che mi dava ancor più sui nervi, poteva accusarmi di ben altre cose ma non poteva di certo dirmi che non avevo preso la causa sul serio quando in realtà ci avevo buttato sangue per cercare di vincerla. Senza aggiungere altro girò i tacchi e se ne andò con ancora quello sguardo gelido,che dovevo fare per convincerlo? Niente. Io avevo la coscienza pulita,era lui ad essere troppo orgoglioso e di certo non sarei stata io la prima a cedere;caddi in ginocchio come se da un momento all’altro mi avessero privato di tutte le forze che avevo in corpo,fissavo il vuoto e tremavo dall’ira:
- Ehi tutto bene?- mi chiese Bilbo parandosi di fronte a me.
- Si…- annuii con un filo di voce mentre le forti braccia di Kili mi aiutavano a rimettermi seduta.
- Le prendo un po’ d’acqua- annunciò Lo Hobbit
- Ed io una coperta in più- aggiunse Fili
Rimasi sola con Kili che guardava verso lo zio con sguardo confuso e rimproveratorio,non volevo che iniziasse ad odiarlo solo perchè io e lui avevamo dei trascorsi:
- Non dargli la colpa- dissi mentre mi passavo una mano tra i capelli e puntavo lo sguardo altrove verso la foresta.
- È solo che non lo capisco- scosse la testa confuso- Aldilà di tutto quello che è successo dovrebbe ringraziarti perchè sei qui e perchè gli hai consegnato la chiave per entrare nella Montagna-
- Somigliate molto a Dis,tu e tuo fratello- mi voltai a guardarlo e lui mi sorrise gentilmente mentre mi guardava con quelle grandi iridi marroni.
In quel momento tornarono Bilbo con l’acqua e Fili con la coperta,ringraziai entrambi e loro mi sorrisero come se si stessero prendendo cura di una vecchia amica e forse era quello di cui avevo bisogno dopo secoli di solitudine,qualcuno che si prendesse cura di me. Mi avvolsi nella coperta e bevvi un po’ d’acqua:
- Sarà meglio riposare un po’- disse Fili
- Si,buona idea- annuì Bilbo
- Grazie ancora- sorrisi
Si alzarono e si andarono a sistemare accanto alle loro cose,io rimasi lì con le gambe strette al petto a fissare il fuoco; il primo turno di guardia lo avrebbe fatto Bofur,così mi lasciai vincere dalla stanchezza decidendo di coricarmi rannicchiandomi sotto il mantello e la coperta poi chiusi gli occhi e pregai che nessun incubo mi venisse a far visita.

 POV KILI

Ero disteso su un fianco sotto un albero assieme a mio fratello e guardavo verso Elris: sin dal primo momento in cui l’avevo vista ero stato catturato dalla sua inumana bellezza,avevo già sentito parlare di lei nei racconti ma a non le rendevano affatto giustizia. Era una donna soldato che combatteva meglio di cento uomini messi assieme e sicuramente era anche più letale. La cosa che però mi tormentava di più era il motivo per cui mio zio la detestava a tal punto,quando eravamo a casa di Bilbo ed avevo assistito alla conversazione con Dwalin e Bofur mi era sembrato di scorgere nei suoi occhi non odio ma delusione,una grande e cocente delusione dovuta,probabilmente,all’ira di Thorin. Era più forte di me,più la guardavo più ne rimanevo incantato ma anche se alla prima impressione poteva apparire come una donna forte e sicura di se a me dava la sensazione di una persona molto fragile e sola:
- Dormi Kili- mi ordinò piano mio fratello.
- Non ci riesco- sussurrai
- E come mai?- domandò retorico come se conoscesse già la risposta.
- Non lo so- feci spallucce evitando di guardarlo
- Oh,andiamo sono tuo fratello e capisco quando c’è qualcosa che ti turba- protestò lui con una nota di divertimento nella voce.
- Illuminami allora- lo sfidai
- Va bene,se proprio insisti- borbottò- Credo che il tuo stato d’animo abbia un nome che forse potrebbe essere.. che ne so.. Elris magari?- rispose trionfante
- Come lo hai capito?-
- Te l’ho detto,sono tuo fratello!- sorrisi- Allora che c’è?-
- Mi sento strano…- tacqui un attimo cercando di trovare le parole,poi ripresi- Non mi sono mai sentito così-
- Bhè ti concedo che è molto bella,simpatica e combattiva ma non sappiamo nulla di lei a parte ciò che ci disse nostro padre-
- Bhè lui la conosceva no? Non credo che mentisse e poi hai visto che tipetto?- ridacchiai e lui mi seguì a ruota
- Ho notato- si fermò per pochi secondi,poi riprese- Cosa pensi sia successo con lo zio?-
- Me lo chiedo anche io ma non ne ho la più pallida idea- sospirai- Comunque qualunque cosa fosse prima ha esagerato-
- Già,non l’avevo mai visto così furioso..- rispose pensieroso- Forza fratello sarà meglio riposare-
- Si- sussurrai e chiusi gli occhi
Quando riaprii gli occhi di colpo era notte fonda ed il fuoco si era quasi spento,non sapevo cosa mi aveva spinto a svegliarmi con tanta urgenza così rimasi a fissare il cielo stellato e libero da qualsiasi nuvola,più in la verso l’orizzonte si ergeva una maestosa e brillante la luna piena che rischiarava la valle sottostante tingendola leggermente d’argento. Sospirai pesantemente e mentre cercavo di far ordine nei miei pensieri sentii dei lamenti provenire da non molto lontano,aggrottai la fronte e tesi l’orecchio,si erano proprio dei lamenti. Mi alzai cercando di non svegliare nessuno e cercai di capire da dove provenivano,poi mentre camminavo notai una figura muoversi ed avvicinandomi mi accorsi che si trattava di Elris. Si agitava molto nel sonno,probabilmente stava avendo un incubo,così mi avvicinai piano e cercai di svegliarla delicatamente per non spaventarla ma appena le sfiorai il braccio sbarrò gli occhi terrorizzata e in un gesto automatico sfoderò uno dei suoi pugnali dallo stivale e mie lo puntò alla gola.

 

 ANGOLO AUTRICE

 Eccomi quaaa!! Allora che ne pensate di questo capitolo? Interessante no? Si continuano a scoprire cose nuove su Elris che non fanno altro che accrescere il mistero! Grande incognita per ora rimane l’astio di Thorin nei suoi confronti,voi non avete proprio idea di cosa possa essere? Proposte??? Su su spremetevi le meningi!! Come avete visto ho inserito un piccolo flashback sulla battaglia alle porte di Moria,che dite l’ho resa bene l’dea?? E poi che dite il nostro Kili si sarà innamorato dell’Elfa? Sarà ricambiato?? Bhà chissà! Posso solo anticiparvi che è probabile che nel prossimo capitolo inserirò il motivo del litigio tra Elris e Thorin però non sono sicura forse vi farò stare un po’ sulle spine Muahahahaah lo so sono un po’ perfida,ma forse se lasciate un po’ di recensioni cambierò idea.. chissà! Sta a voi! Bhè allora a presto ed un enorme bacione a tutti!!!

P.S ringrazio con immenso affetto coloro che hanno messo la storia tra le seguite e preferite. Vi voglio bene,un abbraccio!

 GiuliaStark

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Verità ***


~~Scusatemi per la luuuuunga assenza ma ho avuto dei problemi familiari e non ce l'ho fatta ad aggiornare; comunque eccomi qua viva e vegeta pronta per continuare con questa storia! Spero che il nuovo capitolo vi piaccia, lo so lo so è un po' cortino ma aggiornerò presto tranquilli!!!

~~POV ELRIS

Alla sensazione di qualcosa che mi sfiorava il braccio spalancai di colpo gli occhi e tirai automaticamente fuori uno dei pugnali che tenevo nascosti nello stivale e lo puntai davanti a me senza sapere chi realmente poteva essere. Avevo il respiro affannato e mi sentivo smarrita mentre davanti agli occhi ancora mi passavano le immagini dei miei incubi, tremavo e non riuscivo a proferire parola, poi ad un tratto una voce pian piano mi riportò alla realtà:
- Ehi, ehi calma, Elris, sono io, Kili – disse lentamente
Non riuscivo a muovere un solo muscolo ed avevo ancora lo sguardo terrorizzato; Kili lentamente mi sfilò il pugnale dalla mano poggiandolo poi a terra con cautela:
- Mi, mi dispiace…- riuscii a dire con voce tremante.
- Tranquilla non è successo nulla – sorrise gentilmente
- Non, non sapevo che fossi tu e…- mi sentivo davvero in colpa per averlo aggredito in quel modo.
- Non importa – scosse la testa- Tu piuttosto, come va? –
Chiusi gli occhi e respirai profondamente mentre un passo alla volta stavo riprendendo coscienza di me; ogni volta gli incubi avevano questo potere, mi lasciavano completamente smarrita e purtroppo non se ne sarebbero mai andati:
- Un po’ meglio – risposi guardando verso il basso
Tenevo la testa chinata e sentivo delle lacrime minacciare di venir giù senza il mio controllo, poi Kili con tutta la sua gentilezza mi prese il mento tra il pollice e l’indice costringendomi a guardare verso di lui, la sua espressione era dolce ma preoccupata ed i suoi occhi mi scrutavano cercando di capire:
- Hai avuto un incubo? – annuii- Ti va di parlarne? –
- Non c’è molto da dire – feci spallucce- Ho passato secoli a combattere e credo che questo sia il premio finale – dissi con amarezza
- Raccontami qualcosa di te – disse con un sorriso luminoso ed io apprezzai il suo tentativo di distrarmi.
- Cosa vuoi che ti dica, non sono poi così interessante come sembra, credimi –
- Oh andiamo, non fare la modesta – ridacchiò- Da dove proviene la tua stirpe? –
- Mio padre era figlio di uno dei primi Elfi che arrivarono nella Terra di Mezzo e che si stabilirono nel Grande Nord –
- Tu sei nata lì? – domandò con incredulità mentre mi guardava incuriosito
- Si – sorrisi leggermente
- E com’è? –
- Bellissimo… - feci una pausa e in quell’istante nella mente iniziarono a scorrermi le immagini di quei luoghi incantati, poi ripresi – Vaste distese d’erba che in inverno si vestono del bianco della neve, alte montagne ghiacciate che di giorno riflettono la luce del sole che tinge la valle sottostante di una sfumatura azzurrina, mentre di notte ti permettono di sentirti ancor più vicina alla luce stellare e poi verso il centro infinite foreste che si estendono a perdita d’occhio… - terminai guardandolo negli occhi.
- Davvero stupendo – disse con uno sguardo assorto ed un leggero sorriso.
- Ti prometto che se riusciremo in questa impresa ti porterò a vederlo -
- Perché hai dei dubbi? –
- Sarebbe da sciocchi non averli, Kili soprattutto vista la portata di ciò che vi è in ballo – sospirai
- Allora io sono uno sciocco – ridacchiò scherzosamente.
- Sei ancora giovane, questo si, ma nel mondo in cui viviamo oggi dove il pericolo è all’ordine del giorno e l’oscurità non fa che avanzare è meglio che impari ad essere prudente – lo guardai con serietà e lui annuì capendo l’importanza di quelle parole.
- Raccontami altro, per favore –
- Dopo molti anni mio padre lasciò il Nord e dopo aver viaggiato a lungo trovò una piccola comunità di Elfi che viveva alle pendici delle Montagne Grigie in armonia con il popolo dei Nani. Trascorse molto tempo lì ma poi il suo spirito avventuriero prese nuovamente il sopravvento e lo spinse a viaggiare ancora fino ad arrivare nella terra di Rohan dove conobbe mia madre e se ne innamorò e dopo essersi sposati la portò con se sulle Montagne-
- E poi entri in gioco tu, giusto? – sorrise
- Non esattamente, prima venne mio fratello –
- Hai un fratello? – domandò molto incuriosito.
- Si…- sussurrai con malinconia
- Come si chiama? –
- Endacil, il suo nome lo descrive bene – Kili mi guardò incuriosito- In Elfico vuol dire “Il Vittorioso”, per alcuni versi era anche più spericolato di me in battaglia e faceva di tutto per vincerle – lui annuì
- Dov’è ora? -
- Non lo vedo da molto, molto tempo ormai-
- Cosa è successo? – domandò aggrottando le sopracciglia.
- Mi odia – sospirai e cercando di trovare le forze continuai- Molti anni fa, quando sia i Nani che gli Elfi furono cacciati dai Draghi dalle Montagne Grigie, io mi offrii di combattere nell’esercito che avrebbe dovuto sconfiggerli ma mio padre per non lasciarmi sola decise di seguirmi in battaglia e fu lì che lo persi– guardai verso Kili e lo trovai preso dalle mie parole, ascoltava attentamente con quello sguardo dispiaciuto; ripresi a parlare- Endacil mi odia perché mi attribuisce la colpa della morte di nostro padre-
- Ma si sbaglia! – esclamò lui- Non è affatto colpa tua se…-
- No, Kili- lo interruppi mentre continuavo a guardarlo negli occhi- Ha ragione, se io non avessi insistito lasciandomi trascinare dalla mia voglia di uccidere per dimostrare il mio valore, lui sarebbe ancora vivo-
- Non lo puoi sapere, Elris – scosse la testa convinto, cercando di convincere anche me- Non sentirti in colpa – sussurrò
- Non importa – socchiusi gli occhi e poggiai la testa contro la parete erbosa della collina- Ho imparato a conviverci –
Kili non disse niente, ma nonostante avessi ancora gli occhi chiusi, sentivo il suo sguardo su di me. Forse non sapeva cosa dire o forse non c’erano parole adatte, fatto sta che il silenzio fra di noi stava diventando pesante ed ingombrante e rischiava di trascinarci nell’imbarazzo; così seguendo l’impulso di cambiare l’argomento della discussione riaprii gli occhi e forzando un sorriso gli dissi:
- Ti va di vedere una cosa? –
- Di cosa si tratta? – mi guardò incuriosito
Mi voltai e raccolsi da terra la mia spada, l’unica e fedele amica che avessi mai avuto; la posai sulle gambe incrociate e la sfoderai: la lama brillò sotto i raggi della Luna dandole così una sfumatura eterea e glaciale, quasi fredda, come se fosse stata dotata di una propria scintilla di vita; Kili rimase senza parole:
- Questa è Anguirel, in lingua Elfica significa << Ferro Astrale >>, forgiata dai frammenti di una stella cadente molti secoli fa–
-È… è… - batté le palpebre stupito- Non avevo mai visto qualcosa di più bello –
- Me l’ha regalata mio padre – gliela porsi e lui la prese ancora allibito- Guarda qui, sull’elsa- la indicai- Ci sono scolpiti i Draghi del Grande Nord, creature davvero fantastiche se non se devi combatterci contro- risi, poi lui, dopo averla esaminata in ogni angolazione, me la porse ed io la rimisi nel fodero.
- Sembra essere stata fatta apposta per te – lo guardai interrogativa- Per via del nome - spiegò
- Oh si – sorrisi- In effetti…-
- Che ne è stato di voi dopo la morte di vostro padre? –
- Io, mio fratello e nostra madre restammo per un po’ a Gran Burrone ospiti di Re Elrond, poi andammo a Rohan, la terra dei Rohirrim, dalla famiglia di nostra madre ed infine quando morì anche lei mio fratello se ne andò per conto suo, dove non ne ho idea -
- E tu? –
- Ho viaggiato molto e combattuto dove serviva – risposi evasiva- Poi decisi di fermarmi ed anni dopo tornai a Rohan, stanca di vedere solo morte e distruzione provocate dalle forze del male –
- Potrei farti un’altra domanda? So che ti sto chiedendo molto ma è una cosa a cui penso da un po’ – domandò abbassando il tono della voce fino a ridurla a poco più di un sussurro.
- Che vuoi sapere? –
- Cosa è successo con mio zio? –
Kili pronunciò la domanda che tanto temevo, forse era arrivato il momento di dirglielo ma non sapevo come mi avrebbe giudicata, avevo paura, il che mi mandava fuori di testa. Mentre valutavo le parole da usare, il cielo iniziò a farsi più sfumato verso Est, segno che dovevano essere su per giù le tre del mattino, tutti dormivano, perfino Gloin al quale toccava il turno di guardia; tornai a guardare Kili che attendeva pazientemente una risposta che alla fine, rischiando, mi decisi a dare. Gli raccontai del mio breve soggiorno nelle Montagne Azzurre assieme a Thorin e gli altri Nani sopravvissuti all’attacco di Smaug in una città ad Ovest di Eriador, gli parlai del fatto che io e suo zio eravamo molto uniti e che conoscevo la sua famiglia ancora prima della sua nascita, poi arrivai al punto cruciale. Gli spiegai il folle piano che aveva escogitato Thorin per fronteggiare il Drago e riprendersi Erebor e il mio forte dissenso al riguardo, la nostra furiosa lite, le grida…

[FLASHBACK, CITTÀ AD OVEST DI ERIADOR]
- Ma tu sei impazzito! – esclamai- Così metterai a rischio la tua gente, spargerai altro sangue, Thorin, ti prego sii ragionevole – cercai di dissuaderlo.
- Erebor è la nostra patria e ci è stata strappata via da quella bestia ed io non ho la minima intenzione di lasciargliela! –
- Capisco perfettamente la tue ragioni, ma il tuo popolo è stanco e demotivato e non credo che sarebbero in grado di fronteggiare una simile guerra –
- Ma l’esercito di tuo padre si, per questo sto chiedendo il tuo aiuto – mi prese le mani tra le sue- Sei l’unica che abbia già affrontato quelle creature e della quale mi fido; aiutaci a riprenderci la nostra casa –
Lo guardai negli occhi azzurro cielo, dentro potevo leggerci ogni sorta di emozione, sapevo che era disperato e che aveva giurato vendetta al Drago dal momento in cui era arrivato, ma sapevo anche che non stava ragionando con lucidità perché troppo accecato dalla rabbia e dal rancore e quando si aveva a che fare con bestie del genere bisognava tener conto di tutti i possibili rischi, compreso quello della morte di tutti i soldati e non era cosa da prender sotto gamba visto che loro erano già rimasti in pochi ed io non gli avrei permesso di rischiare lo sterminio della sua stirpe solo per sete di vendetta. Capivo perfettamente che doveva dimostrare ai superstiti di essere all’altezza di Thròr e Thrain e di saperli guidare nel migliore dei modi facendo le scelte giuste ma questa di certo non lo era:
- Thorin mi dispiace ma è un suicidio non sopravvivreste neanche due minuti contro Smaug, cosa può essere cambiato dalla prima volta? –
- Siamo più motivati – rispose duramente.
- No, non ci sto – scossi la testa e lasciai le sue mani- Non ti permetto di andare incontro a morte certa! –
- Sei uguale ai tuoi parenti Elfi quando ci hanno voltato le spalle – indurì lo sguardo e mi guardò con disprezzo.
- Non ti sto voltando le spalle, ti sto evitando di morire! – esclamai.
- Ma quanto sei gentile! – alzò la voce usando un tono sarcastico.
- Scusa se ci tengo a te ed ho promesso a tuo nonno di tenerti fuori dai guai! – risposi iniziando anche io ad alterarmi.
- Sei solo una codarda! Se ci tenessi davvero come dici ti saresti offerta subito di schierarti assieme a me in prima linea! –
- Io codarda?! Ho già affrontato i Draghi in passato, ti ricordo che ho perso mio padre in quella battaglia ed era uno dei migliori combattenti della sua stirpe! –
- Oh si, dimenticavo – esclamò ancora con tono sarcastico- Esistono pochi valorosi guerrieri come la qui presente! E per tua informazione, non mi importa di tuo padre! –
- Sei un ingrato! Ho buttato sangue per combattere accanto a te perché so che significato ha Erebor per tutti voi, mi sono fatta nemico Thranduil perché ho scelto il tuo popolo ed è così che ora vengo trattata? Sto cercando di consigliarti, di aiutarti, di non far morire altra gente inutilmente! E invece no, tu da gran testardo quale sei vedi marcio ovunque appena qualcuno ti nega il suo aiuto! –
- Sei ridicola – scosse la testa- È l’unica opportunità che abbiamo per uccidere il Drago e tu ti metti a vaneggiare in questo modo?! –
- Non sto vaneggiando, sai che ci tengo a te -
- BUGIARDA! – urlò con talmente tanta forza, colmo di rabbia che mi costrinse ad arretrare di qualche passo- Vattene da qui, fuori dalla mia vista sporca traditrice!!-
- Thorin, sii ragionevole… - cercai di dire
- Ho detto fuori di qui! Non voglio più rivederti! –
- Bene, perfetto… è la tua ultima parola? –
- È la mia ultima parola –
- Come desidera, vostra Maestà! – mi inchinai come per sfidarlo e mentre andavo via mi fermai continuando a dargli le spalle- Ti stai solo lasciando accecare dalla febbre dell’oro proprio come tuo nonno – poi aprii la porta ed uscii. Quella fu l’ultima volta che vidi Thorin Scudodiquercia.
[FINE FLASHBACK]

- E questo è tutto – dissi terminando il racconto
Kili non diceva nulla e guardava davanti a se, sperai solamente che non la pensasse come suo zio altrimenti avrei perso un amico ed era l’ultima cosa di cui avevo bisogno. La notte era silenziosa, solo ogni tanto si udiva il frusciare del vento tra gli alberi ed il canto dei grilli nascosti tra l’erba, per il resto tutto taceva e mi spaventava, perché somigliava al silenzio che circondava i miei pensieri e che faceva rumore più di mille urla messe assieme:
- Io sarei stato d’accordo con te – disse infine facendomi tirare un sospiro di sollievo- Non avrebbe avuto senso far morire altre persone –
- Vallo a dire a tuo zio – ridacchiai sarcastica
- Ma alla fine non ha attaccato, giusto? –
- Esatto, i suoi compagni decisero di ascoltare me visto che ne sapevo più di loro sui Draghi e questa Thorin non me l’ha ancora perdonata –
- Forse questo viaggio gli farà cambiare idea… -
- Kili, sarebbe meglio se tu riposassi un po’ tra poco si parte – cambiai discorso.
- E tu? –
- Rivivere quell’orrore? No, grazie resto sveglia –
- Bene, allora io rimango qui – sorrise
Si distese ed appoggiò la testa sulle mie gambe facendomi rimanere piacevolmente sorpresa; mi guardava dal basso e continuava a sorridere contagiando anche me. Cominciai a tirargli indietro i capelli dalla fronte mentre dentro di me continuava a crescere un sentimento molto simile alla felicità. Dopo pochi minuti Kili si addormentò assumendo un’espressione tranquilla e rilassata che lo faceva sembrare ancora più giovane di quello che era; poggiai la testa contro la parete di terriccio ed iniziai a far vagare la mente un po’ dove capitava, era talmente affollata dai pensieri che mi scoppiava. Ad un certo punto vidi qualcuno alzarsi ed avvicinarsi al fuoco per ravvivarlo un po’ e quando ripresero a brillare riconobbi Thorin che non appena alzò lo sguardo ed incontrò il mio si irrigidì, poi quando notò che dov’era disteso suo nipote serrò la mascella ed una fiamma d’ira accese i suoi occhi. Quando giunsero le prime luci dell’alba l’orizzonte si tinse di rosa pallido mentre un timido sole faceva capolino fra i monti; l’altura dove eravamo accampati era stata già illuminata mentre quella sottostante era ancora per metà in ombra; l’aria della mattina mi era sempre piaciuta perché aveva quel qualcosa di puro, fresco e frizzante che potevi trovare solo in quel momento. La Compagnia era ancora addormentata scaldata dalla luce dorata, anche Kili dormiva beatamente con un’espressione serena sul volto; mezz’ora dopo cominciarono a svegliarsi tutti e ben presto Bombur tirò fuori pentole e provviste per preparare la colazione e quando fu pronta vidi Bilbo e Fili venire verso di me con delle ciotole in mano:
- Ecco a te – disse Bilbo porgendomi la ciotola mentre si sedeva
- Grazie - sorrisi
- Non posso crederci ancora dorme! – rivolgendosi al fratello.
- Temo sia colpa mia – mi morsi il labbro inferiore sentendomi colpevole mentre raccontavo l’accaduto.
- Oh, mi dispiace – disse Bilbo- Se posso fare qualcosa per te non esitare a chiedere –
- Grazie Bilbo, sei un buon amico-
- Felice di esserlo – sorrise e ricominciò a mangiare.
Mi sentivo costantemente osservata e ciò mi dava un fastidio enorme visto che sapevo perfettamente di chi si trattava ma cercai di non farci caso e continuai a mangiare:
- Gli sei simpatica – disse Fili ad un tratto
- Come scusa? –
- A Kili – precisò
- Oh… - sorrisi- Anche lui mi è simpatico, in realtà tutti lo siete, beh… a parte una determinata persona – dissi a voce bassa per non farmi sentire e loro risero.
- Non credete che dovremmo svegliarlo? – chiese Bilbo indicando Kili con un cenno della testa
- Si, ma a modo mio – sghignazzò Fili con aria furba.
- Che hai in mente? – gli chiesi alzando un sopracciglio divertita.
Ci spiegò il suo piano per fare uno scherzo a Kili e così ci mettemmo all’opera: lentamente scansai la sua testa dalle mie gambe cercando di non svegliarlo mentre Bilbo e Fili nel frattempo cercavano qualche ciuffo d’erba ed un po’ di fango. Quando tornarono mettemmo il fango sulla mano di Kili, posta al suo fianco, e con i ciuffi d’erba iniziammo a solleticargli il naso; sapevamo che era uno scherzo stupido ma almeno ci strappava qualche risata facendoci temporaneamente dimenticare quello a cui andavamo incontro. Dopo che Bilbo gli stuzzicò il naso con i ciuffi d’erba, Kili sollevò la mano e si spalmò per bene il fango in faccia; si alzò di scatto e si guardò attorno confuso mentre noi tre non la smettevamo di ridere e quando capì cosa era appena successo ci guardò minacciosamente:
- Voi, brutti… brutti traditori! – esclamò con un accenno di sorriso ben visibile che non faceva altro che aumentare le nostre risate.
- Dovresti vedere la tua faccia fratello! –
- Elris! Non ci credo, anche tu?! – mi rimproverò scherzosamente.
- Scusa, ma non ho potuto resistere! –
Le nostre risate attirarono gli sguardi degli altri che, quando capirono cosa era successo, iniziarono anche loro a ridere divertiti dallo strano quadretto, perfino Gandalf rideva beatamente, ovviamente l’unico contrariato, come sempre, era Thorin:
- Questa me la pagate! – esclamò Kili
Si alzò improvvisamente da terra con il viso ancora sporco di fango ed io, Bilbo e Kili cercammo di correr via per evitare che ci prendesse; dovevo ammetterlo, mi stavo divertendo da morire:
- Vieni qui – diceva al fratello.
- Oh, se ti prendo – esclamava correndo dietro a Bilbo.
- Ehi, tu non credere di farla franca! – mi disse con un sorrisetto.
Alla fine si concentrò solo su di me iniziando a corrermi dietro mentre io cercavo di farmi scudo dietro a qualche membro della Compagnia che continuava a sbellicarsi dalle risate:
- Non ti avvicinare! – esclamai ridendo mentre mi rifugiavo dietro Dwalin.
- Altrimenti? – domandò alzando un sopracciglio
Corsi di nuovo via ma, senza sapere come, alla fine riuscì ad avvicinarsi abbastanza da afferrarmi per i polsi e ad incrociarmi le braccia dietro la schiena in una presa d’acciaio mentre mi avvicinava a se:
- Adesso non scappi più – sussurrò divertito ma con una certa malizia nello sguardo.
Nonostante avessimo entrambi il fiatone c’era il sorriso sui nostri volti; la presa di Kili stranamente non mi dava alcun fastidio o mi faceva sentire minacciata, anzi, ero a mio agio e strane sensazioni cominciarono a circolarmi dentro mentre lo guardavo negli occhi:
- Va bene, va bene ragazzi adesso basta! – ci rimproverò Gloin in tono scherzoso.
- Si… meglio – ridacchiò Kili mentre mi lasciava andare- Mi vado a dare una ripulita –
Mi sedetti dov’ero prima assieme a Bilbo e Fili ed insieme cominciammo a ridere, poi ci raggiunse Kili finalmente libero dal fango, mentre si sedeva incrociai il suo sguardo e mi accorsi che stava ancora cercando di trattenere le risate e fingersi offeso, ma lo sguardo divertito lo tradiva di tanto in tanto. Presi la ciotola di cibo e gliela allungai:
- Offerta di pace – dissi con un sorriso.
- Grazie, ma sono ancora arrabbiato – rispose mentre la prendeva e mi strizzava l’occhio sorridendo tra se e se.

 

~~ANGOLO AUTRICE

 ecco svelato l'arcano della lite tra Elris e Thorin!! Non ve l'aspettavate così eh?? Ahahahahha comunque... che

 sta succedendo tra il giovane Kili d la nostra cara Elfa?? Bhà chissà... lo scopriremo più in la (forse

 muhahahahahah) Allora teorie su ciò che potrebbe accadere?? Dubbi?? Non vi resta che recensire!!! Su su 😉 A

 presto, un bacione!!

 GiuliaStark

 P.S. È USCITO L'ULTIMO CAPITOLO DELLO HOBBIT!!!!!!! QUANTI ALTRI SONO ANSIOSI COME ME DI

 VEDERLO????

 P.P.S.  Ora mi rivolgo (se ci sono tra di voi) a tutti i fan di American Horror Story, sto scrivendo una FanFiction

 basata sulla prima stagione ed avevo in mente di farne una TatexNuovo Personaggio, se vi interessa potrete

  leggere presto,al massimo domani, il primo capitolo nella sezione dedicata alla serie! Il titolo sarà: Just give

 another try.  Fatemi sapere!!! 😁

 

 

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Capitolo 6
*** Brutti incontri ***


Saaaaalve!! Visto come sono stata veloce stavolta??? ahahahahahha...  Beh ora vi lascio alla lettura! 😉

Mezz’ora dopo eravamo tutti nuovamente in marcia, la bella giornata che era spuntata all’alba rischiava di essere minacciata dall’insorgere di grossi nuvoloni grigi provenienti da Est; stavamo attraversando la brughiera per inoltrarci in un altro piccolo boschetto, quando il sole venne totalmente oscurato e pochi minuti dopo un forte vento cominciò a soffiare facendo volare i nostri mantelli. Alzai gli occhi verso il cielo: gli uccelli cominciavano ad abbassarsi di quota, segno chela pioggia non avrebbe tardato ad arrivare. Detto fatto. Non appena ci inoltrammo nella foresta, l’acqua cominciò a venir giù incessante bagnandoci da capo a piedi; ad un tratto mentre cavalcavo da sola mi si affiancò Gandalf:
- Noto con piacere che sei più rilassata –
- Non ti nascondo che è proprio così che mi sento – mi voltai a guardarlo.
- Il giovane Kili immagino ne sia l’artefice – sorrise in modo strano.
- Si, ed anche suo fratello e Bilbo, sono degli ottimi amici –
- Solo amici, sicura? Credi che Kili sia questo per te mia cara? O tu per lui? – ebbi un tuffo al cuore.
- Gandalf… cosa stai cercando di dirmi? –
- Sto cercando di aprirti gli occhi – sospirò –L’eternità è molto lunga, ma lo è ancor di più se passata in solitudine – distolsi lo sguardo.
- Mithrandir non sono più una bambina e sono consapevole delle scelte che ho fatto –
- No, hai ragione, non sei più una bambina – mi voltai nuovamente incontrando il suo gentile sorriso – Ricordo ancora la prima volta che ti conobbi –
- Si…- sorrisi amaramente – Ora sono cresciuta – distolsi nuovamente lo sguardo e lo puntai davanti a me verso l’orizzonte e verso i ricordi – Erano bei tempi quelli e poi tutto si rovinò così… all’improvviso – alzai le spalle con lo sguardo assorto mentre continuavo a guardare in avanti senza sapere realmente cosa c’era.
- Non perderti in brutti pensieri, Elris, guarda al futuro – sorrise incoraggiandomi.
- Mi permetterò di farlo solo al termine di questa impresa –
Mentre continuavamo ad avanzare nella pioggia a me e a Gandalf si affiancarono Bilbo ed i due fratelli; sia Bilbo che Fili erano impazienti di ascoltare la mia storia, così soddisfai la loro curiosità ed entrambi rimasero affascinati; l’unica cosa di cui non avevo parlato a nessuno, e che conosceva solo Gandalf, era l’orrore che ogni notte veniva a bussare nei miei sogni impedendomi di riposare. Quando uscimmo dal piccolo bosco la pioggia era ormai cessata e le nuvole avevano cominciato a diradarsi mostrandoci nuovamente il sole ed un cielo a sprazzi azzurro: ci trovavamo alle pendici di una grande ed alta roccia mentre intorno a noi non c’era che steppa giallognola con qualche rado ciuffo ancora verde. Purtroppo però la bellezza del paesaggio mi venne oscurata da una strana sensazione che non mi aveva lasciata da quando eravamo partiti all’alba e adesso, dopo ore ed ore, di cammino, quasi vicini alla sera, ancora non mi abbandonava spingendomi a guardare intorno e dietro di me di tanto in tanto:
- Tutto bene Elris? – mi chiese Nori affiancando il suo pony al mio cavallo.
- Non lo so Nori – sussurrai – Non lo so proprio – dissi guardandomi attorno.
Dopo un’altra mezz’ora di cammino alla fine ci fermammo in un piccolo spiazzo con le rovine di una vecchia casa:
- Ci accamperemo qui per la notte – disse Thorin scendendo dal suo pony – Fili, Kili occupatevi dei pony non dovete perderli di vista; Oin, Gloin accendete il fuoco – continuò impartendo ordini da tutte le parti.
- Un fattore e sua moglie vivevano qui – sentii dire a voce bassa da Gandalf, così mi avvicinai.
- Anche tu pensi non sia sicuro vero? – lui annuì silenziosamente.
- Secondo me sarebbe meglio proseguire, potremmo raggiungere la Valle Nascosta – disse lo stregone riferendosi a Thorin.
- Te l’ho già detto, non voglio avvicinarmi a quel posto – rispose mentre si dirigeva alle rovine della fattoria.
- Perché no?! Gli Elfi ci aiuteranno, potremmo avere cibo, riposo, consigli! – lo seguì Gandalf.
- Mithrandir – lo chiamai mentre anch’io li seguivo – Lascialo stare, è inutile, non ascolta – sbuffai esasperata mentre Thorin mi riservava uno sguardo contrariato e pieno d’astio.
- Aiutarci? – domandò alterandosi – Un Drago attacca Erebor e quale aiuto arriva dagli Elfi? Gli Orchi saccheggiano Moria, profanano in nostri luoghi sacri e gli Elfi rimasero a guardare senza fare niente! – sbraitò – E tu mi chiedi di cercare le stesse persone che hanno tradito mio nonno, che hanno tradito mio padre?! – terminò avvicinandosi a Gandalf con sguardo fermo.
- Ma tu non sei nessuno dei due! – dissi cercando di farlo ragionare.
- Non ti abbiamo dato la mappa e la chiave per ancorarti al passato – aggiunse Gandalf.
- No sapevo appartenessero a voi! – alzò nuovamente la voce.
A quelle parole Gandalf adirato soffiò dal naso e si allontanò a passo svelto; perfetto, ci mancava solo questa per completare la giornata!
- Va tutto bene? Gandalf, dove vai? – gli domandò Bilbo.
- A cercare la compagnia dell’unico qui che abbia buon senso! –
- E chi sarebbe? –
- Io stesso, Signor Baggins – urlò – Ne ho abbastanza di Nani per un solo giorno –
Mi voltai ancora una volta verso Thorin che nel frattempo stava dicendo a Bombur di iniziare a preparare da mangiare; mi avvicinai decisa a fargli cambiare idea, o almeno provarci, vista la sua testardaggine:
- Sei uno stupido Thorin Scudodiquercia! – sbottai.
- Adesso sarei io ad avere la colpa? – cominciò ad alterarsi.
- Si, perché il tuo smisurato orgoglio ti impedisce di vedere le cose più ovvie! –
- E quali sarebbero? Sentiamo – mi sfidò incrociando le braccia al petto e guardandomi dritta negli occhi; sospirai cercando di calmarmi.
- Capisco il tuo astio nei confronti degli Elfi, infatti non dico che hai torto, Thranduil voltandoti le spalle ha commesso un gesto deplorevole, ma Elrond ti assicuro che non è così, lui non ha alcun interesse per i tesori del tuo popolo. Quindi ti prego Thorin, ascoltami, fa la scelta giusta, fidati di me. Ti prego… - terminai con un sussurro.
- E perché dovrei? – mi chiese mentre mi scrutava.
- Perché un tempo lo facevi…- dissi semplicemente mentre gli occhi iniziarono a velarsi di lacrime amare.
- Sono passati tanti anni ormai – rispose abbassando leggermente lo sguardo per poi rialzarlo dopo un po’ con una nuova espressione mista fra rancore e nostalgia.
- Proprio per questo sarebbe ora di finirla con questa inutile faida –
- Ho altre cose a cui pensare – disse duramente.
Non parlai più, mi limitai ad allontanarmi mentre continuavo a percepire il suo sguardo addosso; mi sentivo umiliata, triste ed enormemente arrabbiata. Poteva davvero arrivare a tanto l’orgoglio e l’astio di una persona? A quanto pareva si. Oltretutto anche Gandalf si era allontanato furioso con Thorin e, arrivata a questo punto, cominciai a temere che avesse veramente lasciato la Compagnia e se fosse stato veramente così non ci avrei pensato due volte ad andarmene anch’io. Il mio compito l’avevo svolto, la chiave era stata consegnata ed io non avevo più nessun obbligo verso Thorin Scudodiquercia, quindi, cosa mi spingeva a rimanere? Niente. Ma appena lo pensai mi sentii subito una gran bugiarda perché in realtà qualcosa c’era, solo che non avevo ancora capito la sua entità. Dopo un po’ vidi Bilbo venire verso di me con un sorriso gentile e si sedette con un lungo sospiro:
- Sei silenziosa – mi disse guardando dalla mia parte.
- Si, beh… diciamo che sono stanca di parlare inutilmente –
- Anche con me? –
- No – sorrisi – Con te no –
- Bene – sorrise anche lui, ma poco dopo il suo sorriso se ne andò e mi chiese – Tornerà mai? – si riferiva a Gandalf
- Sinceramente? – annuì – Non lo so – sospirai – Ma spero per Thorin di si, altrimenti me ne andrò anche io –
- Non puoi lasciarci! – disse tristemente cercando di protestare.
- Bilbo, ho consegnato la chiave il mio lavoro finiva lì. Sono rimasta solo perché Gandalf me lo aveva chiesto quando era venuto a cercarmi a Rohan – feci spallucce.
- Lui ha bisogno di te – sussurrò – Tutti noi abbiamo bisogno di te -
- Ti sbagli – scossi la testa con un sorriso amaro sulle labbra – Thorin se la sa cavare benissimo da solo ed io sono l’ultima persona da cui vorrebbe aiuto. L’ha dimostrato già un paio di volte – mi girai a guardarlo.
- Vedrai Elris si renderà presto conto di quanto tu sia importante per lui –
Non dissi più nulla. Rimanemmo così, seduti uno di fianco all’altro, a volte in silenzio, a volte scambiandoci qualche parola su qualsiasi cosa potesse aiutarci a distogliere la mente dalla situazione. Ormai era calato il sole da qualche minuto facendo sprofondare tutto nell’oscurità più totale; il fuoco che era stato acceso scoppiettava nel buio dando strane forme agli oggetti. Anche questa era una notte stellata, ma la luna ancora non si era vista, poi ad un tratto sentii Bilbo darmi un colpetto con il gomito ma non mi voltai:
- Si? – chiesi senza distogliere lo sguardo dal cielo.
Lui non parlò, così mi voltai e Bilbo si limitò solamente a fare un leggero cenno della testa nell’altra direzione, spostai lo sguardo e vidi Thorin venire verso di noi:
- Posso parlarti? – mi domandò evasivo mentre faceva passare lo sguardo da me Bilbo – Da sola? – aggiunse.
- Me ne vado – disse lo hobbit alzandosi e andando da Bofur senza avermi prima rivolto uno sguardo di incoraggiamento.
- Che cosa c’è? – domandai mentre guardavo ovunque tranne che verso di lui.
- Non qui, vieni –
- Perché dovrei seguirti?! – lo schernii duramente stavolta mentre puntavo lo sguardo direttamente nei suoi occhi.
- Per favore… -
Mi alzai guardandolo con sospetto mentre lui mi faceva cenno di seguirlo verso i detriti della vecchia casa, con un sospiro lo seguii ed una volta lontani dagli sguardi altrui incrociai le braccia al petto chiedendogli:
- Allora, cosa vuoi? –
- Elris…- il mio nome gli uscì come un sospiro sofferto, era la prima volta da quando eravamo partiti che lo sentivo chiamarmi per nome – Sai benissimo com’è il mio carattere, sei l’unica che mi conosce così bene e sai anche quanto posso essere testardo quando mi metto in testa qualcosa –
- Si, l’ho notato – risposi con freddezza.
- Avanti! Non cominciare di nuovo con la storia della vittima – alzò la voce.
- Non sto facendo la vittima –
- Ah no? –
- Thorin, ti prego, basta – lo supplicai con la voce rotta dal pianto – Sono stanca di litigare, non ho più la forza per farlo –
Quando mi vide così la sua durezza vacillò fino a spezzarsi definitivamente; si avvicinò con sguardo dispiaciuto e mi prese il viso tra le mani, quello era il primo contatto che avevamo da quel lontano giorno:
- Non sono qui per litigare, ma per chiederti perdono – disse con voce roca – Ho sbagliato a trattarti in questo modo ed odio vedere che stai male per colpa mia – all’improvviso rividi il Thorin di tanti anni fa del quale mi ero innamorata.
- Perché solo adesso e non prima? Dopo tutti questi anni… - domandai mentre una lacrima mi scendeva giù dalla guancia – Perché? –
- Perché ora sei qui e rivederti… non lo so, mi ha fatto rivalutare la situazione –
- Sei la persona più complicata che abbia mai conosciuto – scossi la testa con un leggero sorriso che contagiò anche lui.
- Anche tu non scherzi – risi un po’, poi tornai seria improvvisamente – Sai che quello che c’è stato in passato non potrà ritornare, vero? – dissi guardandolo dritto negli occhi che acquistarono un’amara consapevolezza.
- Lo so, lo so – annuì – Mi basta averti accanto, sei stata importante per me e lo sei ancora. Potremmo essere di nuovo amici, dopotutto un tempo lo eravamo –
- Si – sussurrai con un sorriso – Potremmo farlo – annuii sentendomi, da una parte, ancora incredula dalle parole che gli uscivano dalla bocca.
- Ho notato che mio nipote Kili si trova bene con te – disse con uno strano tono di voce; anche lui con questa storia…
- È un bravo ragazzo – annuii – Come suo fratello – aggiunsi.
- Si… ma credo che per lui tu conti molto, almeno quanto valevi per me –
Rimasi basita dalle sue parole, non poteva trattarsi di ciò che pensava lui… gli potevo concedere che mi ero affezionata a Kili in questi pochi giorni, ma lui si stava sbagliando…:
- Ma che… - balbettai cercando di mettere assieme delle parole che avrebbero formato delle frasi sensate – Non venirmi a dire che ora sei geloso – cambiai discorso.
- Geloso? – ci pensò un attimo – Forse… - sussurrò.
- Thorin… -
Cercai di parlare ma all’improvviso senza rendermi conto di niente, lui si avvicinò bruscamente e con altrettanto impeto poggiò le labbra sulle mie ed in quel momento sembrò come se il tempo fosse tornato indietro a quando le guerre erano terminate ed io ero felice ad Erebor. La folta barba mi solleticava la pelle ma non me ne curavo, in quel momento, anche se sbagliato, ero presa solo da lui e dai nostri vecchi ricordi che, però, sarebbero rimasti tali. Le sue labbra si muovevano con una fermezza che sfiorava la pazzia, come se avesse cercato quel contano per tanto, troppo, tempo; poi all’improvviso si staccò ed ancora a pochi centimetri da me mi sussurrò:
- Scusa, ma dovevo farlo, almeno un ultima volta – poi andò via lasciandomi lì tremante e con le lacrime agli occhi.

POV BILBO

Avevo lasciato Thorin ed Elris a sbrigarsela fra di loro e sperai con tutto il cuore che avessero risolto questa faida perché sapevo bene che Elris teneva a Thorin, lo si capiva quando aveva raccontato, anche a me e Fili, il motivo del loro litigio. Mi ero affezionato a quella ragazza, a volte quando si perdeva nei racconti del suo passato mi dava l’idea di una persona smarrita e sola, molto sola, che aveva visto morire o andar via tutti quelli a cui teneva. Sospirai e mi avvicinai per la seconda volta a Bofur e Bombur impegnati con la cena:
- Allora è pronto? – domandai sfregandomi le mani.
- Si – rispose Bofur – Tieni, facci un favore, porta queste ai ragazzi – mi disse porgendomi due ciotole con dentro dei pezzi di carne immersi in un brodo scuro con varie erbe.
Annuii e presi i piatti voltandomi e facendo attenzione a dove mettevo i piedi per evitare di inciampare e rovesciare tutto; li trovai accanto ai pony fermi, impalati a guardare verso di essi con fare pensieroso e preoccupato:
- Ecco qua – porsi loro il cibo ma non lo presero, così domandai – Cosa c’è che non va? – iniziai a preoccuparmi.
- Noi dovevamo badare ai pony – disse Kili
- Solo che abbiamo avuto un piccolo problema… - aggiunse Fili.
- Ne avevamo sedici…-
- Ed ora sono quattordici –
Scendemmo dalla collinetta e, mentre tenevo ancora il cibo in mano, iniziai a girare tra i pony assieme a Kili e Fili per capire quali mancavano e dove si potevano esser cacciati:
- Daisy e Bungo sono spariti – disse Kili.
- Questo non va affatto bene! Non dovremmo dirlo a Thorin? –
- Meglio non farlo preoccupare, perché invece non te ne occupi tu visto che sei il nostro scassinatore ufficiale? – disse Fili.
- Io… - cominciai a guardarmi attorno in cerca di qualche indizio, quando trovai un grosso tronco – Guardate, qualcosa di grosso deve aver sradicato quest’albero! – poi aggiunsi – Già… molto grosso e potenzialmente pericoloso –
Fili continuava a guardarsi attorno in cerca di qualche indizio, poi a voce bassa disse:
- C’è una luce, state giù! –
- Ma cos’è? – sussurrai mentre mi avvicinavo ai due fratelli.
- Troll – annunciò Kili a denti stretti con una nota di rabbia nella voce, mentre si avvicinava con cautela per vedere o sentire qualcosa.
All’improvviso un rumore sordo fece tremare il terreno ed in quel momento lo vidi: un enorme, maleodorante e disgustoso Troll che teneva sottobraccio i due cavalli scomparsi:
- Dobbiamo fermarlo o se li mangerà! – esclamai a voce bassa una volta che il Troll fu passato.
- Si! – affermò Kili guardandomi come se avesse avuto un illuminazione – Tu dovresti! – esclamò ed io sgranai gli occhi – I Troll di montagna sono lenti e stupidi e tu sei talmente piccolo che non ti vedranno –
- No, no, no – scossi la testa con vigore.
- Sta tranquillo ci saremo noi dietro di te – disse Fili spingendomi in avanti.
- Sicuri che sia una buona idea? – domandai incerto, ma quando mi voltai loro non si vedevano più; sospirai e mi incamminai verso la luce.

POV KILI

Appena Bilbo s’incamminò verso il punto in cui era diretto il Troll, io e Fili ci acquattammo a terra e cercando di fare meno rumore possibile tornammo indietro di qualche metro nascondendoci dietro il tronco di un grosso albero:
- Tu resta qui, io avviso gli altri – dissi a mio fratello che annuì
Tornai in fretta verso l’accampamento; dovevamo organizzarci ed anche velocemente visto che Bilbo poteva essere in pericolo. Quando giunsi nella radura mi avvicinai a Balin e gli chiesi:
- Dov’è Thorin? –
- Dovrebbe essere vicino quelle rocce, poco fa è uscito dai ruderi dopo aver parlato con Elris. Ma come mai questa fretta ragazzo? –
- Vi spiego dopo –
Andai nella direzione indicatami da Balin e trovai subito mio zio al quale mi avvicinai e, con fare urgente, gli raccontai tutto ciò che era accaduto. Dopo avermi ascoltato corse ad avvertire gli altri per preparare un imboscata ed attaccare i Troll, sperai che Bilbo nel frattempo se la fosse cavata; iniziai a guardarmi attorno in cerca di Elris, ma più la cercavo, più cresceva in me la sensazione che non era da quelle parti ed all’improvviso ricordai le parole di Balin e mi diressi verso la catapecchia correndo. Quando entrai la trovai con la schiena poggiata al muro e lo sguardo perso nel vuoto, ma nonostante ciò si poteva ben notare che aveva gli occhi gonfi e rossi di chi aveva pianto; mi avvicinai piano dimenticandomi di Bilbo per un attimo e concentrandomi completamente sulla fragilità che trapelava da tutto il suo corpo e all’improvviso in me crebbe l’istinto di stringerla tra le braccia che dovetti combattere con tutta la forza che avevo in corpo per fermarmi dal farlo:
- Elris – la chiamai ma sembrò non farci caso – Elris? – dissi nuovamente a voce più alta; stavolta si rese conto della mia presenza e prima di voltarsi verso di me si asciugò in fretta le lacrime facendo finta di niente.
- Kili… - sussurrò con un piccolo sorriso – Che succede? –
- C’è un problema – le spiegai tutto e nel giro di qualche secondo tornò ad essere la guerriera che avevo conosciuto qualche giorno fa.
- Dobbiamo sbrigarci – uscì di corsa ed andò ad afferrare la spada legandosela alla vita, poi prese i pugnali mentre io stavo lì fermo a guardarla senza riuscire a togliermi dalla mente la sua espressione di poco fa:
- Elris, che avevi prima? – le domandai mentre la conducevo al nascondiglio dietro le siepi dove si vedeva il focolare dei Troll.
- Niente – rispose evasiva cercando, evidentemente, di nascondere i suoi sentimenti.
- Non ci credo – scossi la testa insistendo.
- Ne parliamo dopo, ora non è il momento – rispose – Dobbiamo prima aiutare Bilbo –
Eravamo tutti nascosti tra la vegetazione ad attendere il momento giusto per attaccare i Troll, che avevamo scoperto essere tre; il loro intento era quello di cucinare i cavalli ma purtroppo avevano trovato Bilbo ed ora volevano mangiare anche lui:
- Dobbiamo attaccare ora prima che sia tardi! –
- Aspetta Kili, dobbiamo organizzarci altrimenti ci schiacceranno – ribatté mio zio a voce bassa; poi aggiunse – Voi tutti disponetevi a semicerchio, Kili tu uscirai per primo a distrarli, Elris, io e te li attaccheremo frontalmente – lei annuì.
Rimasi sbalordito, per la prima volta da quando eravamo partiti che vedevo Thorin trattare Elris come una compagna d’avventura vera e propria; forse questo significava la fine del loro reciproco astio e a dirla tutta lo sperai con tutto me stesso. Aspettai l’ordine di mio zio e prima di sguainare la spada e lanciarmi oltre le sterpaglie, Elris mi posò una mano sul braccio e disse:
- Sta attento –
Annuii sorridendo e prendendo un bel respiro alla fine presi la spada dal fodero e saltai oltre la siepe:
- Lascialo andare! – urlai riferendomi al Troll che teneva Bilbo sospeso in aria.
- Cosa, cosa? – domandò con voce gutturale.
- Ho detto, lascialo andare! – ripetei più forte.
Tutti gli altri saltarono fuori dai nascondigli con le spade e le asce sguainate lanciandosi contro i Troll e menando fendenti da tutte le parti; mentre pungolavo con la spada la gamba di uno di quei bestioni mi guardai attorno per vedere se c’era qualcuno che si trovava in difficoltà. Poi la notai. Elris. Aveva lo sguardo concentrato e attento mentre roteava la spada con grazia ed esperienza per colpire i Troll che cercavano di prenderci. Era così bella anche quando attorno a lei infuriava la battaglia e ne rimasi affascinato. Fui risvegliato dai miei pensieri quando vidi Dori in difficoltà e mi lanciai nella sua direzione affondando la spada nella gamba di quella bestia che lanciò un urlo di dolore; non seppi come accadde ma nel giro di qualche secondo tutto si fermò quando non vidi più Elris in mezzo a noi ed una crescente paura mi invase, poi i tre Troll si fermarono e con le loro orribili voci dissero:
- Fermi o le staccheremo le braccia! -
Alzammo lo sguardo e quello che vidi mi fermò il cuore. Due dei Troll le tenevano sia per le braccia che per le gambe, vederla lì così mi fece scattare un impeto di rabbia e preoccupazione che non riuscivo a contenere. Dovevo salvarla, dovevo fare qualcosa per lei non riuscivo a pensare che le sarebbe potuto succedere qualcosa di male per via di quei bestioni e per la mia negligenza nel non aver fatto attentamente la guardia ai pony; alla fine gettammo tutti le armi a terra:
- Elris! – urlai cercando di gettarmi su di loro ma mio zio mi trattenne.
- No… - sussurrò.
- Come li cuciniamo? – disse uno dei tre.
- Andrebbero grigliati con un po’ di salvia ma non abbiamo tempo, l’alba è vicina e non mi piace essere tramutato in pietra – disse un altro.
Alla fine lasciarono andare Elris e, in parte, ci gettarono in un angolo legati in sacchi di iuta, mentre gli altri furono legati sullo spiedo posto sopra le fiamme; eravamo nei guai…:
- Aspettate, state sbagliando tutto! – esclamò Bilbo alzandosi.
- È inutile, non si ragiona con loro, sono stupidi! – urlò Dori mentre girava sullo spiedo.
- Stupidi? – chiese Bofur, anche lui sullo spiedo – E noi cosa siamo? Fino a prova contraria siamo noi quelli che stanno per essere cucinati! –
- In realtà sto parlando del condimento – aggiunse lo hobbit.
- E cosa centra? – domandò il Troll che girava lo spiedo.
- Ma non sentite il loro odore? – rimasi perplesso – La salvia non basterà a coprirlo! –
A quelle parole iniziammo tutti ad andare contro Bilbo, possibile che ci stesse tradendo così dopo che avevamo rischiato la vita pur di salvarlo? Continuavamo a lanciargli insulti mentre lui parlottava con quei sudici Troll di come farci allo spiedo, ma a quanto pareva non li aveva convinti:
- Ma perché non li mandiamo giù tutti interi? – esclamò quello con la voce stridula.
- Hai ragione – disse l’altro – Non c’è niente di male nella carne cruda, soprattutto se si tratta di quella femmina, non ho mai mangiato carne Elfica prima d’ora –
Afferrò Elris ed il mio cuore perse nuovamente un battito. No, no dovevo salvarla, mi ero troppo affezionato a lei; cercai di divincolarmi per uscire dal sacco ma il nodo era troppo stretto:
- No, fermo! – esclamò Bilbo – Lei no è… è velenosa, la carne Elfica è velenosa – inventò.
- Velenosa? – domandò il Troll con aria non troppo sveglia.
- Si, molto velenosa, velenosissima! Non te la consiglio… no, proprio no – era teso e si vedeva; io non facevo che sperare.
- Blah! – esclamò la bestia.
Gettò via Elris che atterrò di schiena con un tonfo sordo ed un rantolo di dolore che mi fece temere che si fosse rotta qualcosa, mi avvicinai a lei in fretta cercando di strisciare con quel coso legato addosso e quando la raggiunsi alzai un po’ il viso per poterla guardare bene in faccia:
- Elris, Elris… Stai bene? –
- Credo di essermi slogata una spalla – rispose con una smorfia di dolore sul volto.
- Tranquilla, ne usciremo –
Sperai con tutto me stesso che alla fine ne saremmo usciti sani e salvi ma la vedevo dura perché non c’era nessuno che potesse tirarci fuori da questa situazione. Poi accadde l’inverosimile. Ad un tratto una voce familiare giunse alle mie orecchie e con il suo lungo bastone ruppe a metà la grossa pietra che nascondeva il sorgere del sole verso est; i raggi filtrarono più potenti e brillanti che mai riducendo i tre Troll in pietra.



ANGOLO AUTRICE
Ok, allora abbiamo capito un pò di cosine qui eh? Che ne pensate? Che accadrà tra Elris e Thorin ed Elris e Kili?? Il giovane Nano sarà innamorato? E quali sentimenti nasconde Thorin all'Elfa? Che la ami ancora? Bhà chissà!! Per saperlo non vi resta che continuare la storia!! Comunque ringrazio chiunque legga e recensisce o solo legga, un bacione a tuttiiii!!! 😘😘

P.S. AVETE VISTO LO HOBBIT????? OH MIEI DEIIIII!!! HO PIANTO COME UNA DISPERATAAAAAA!!! Se tra di voi c'è qualcuno che ne vuole parlare assieme scrivetemi pure, così non spoileriamo niente a chi non l'ha ancora visto! 😉
A prestooooo!!! 😁😁
GiuliaStark

 

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Capitolo 7
*** Il passato che ritorna ***


Saaaalve a tutti!!! Spero abbiate passato un buon Natale, questo capitolo lo considero il mio regalo per voi, si lo so è in ritardo ma purtroppo ho avuto la casa invasa da parenti per due giorni e non ho potuto scrivere molto 😞 Comunque detto questo spero vi piaccia e vi auguro BUON NATALE!!! Buona letturaa!! 😁😁

 

POV ELRIS

Tirai un sospiro di sollievo, eravamo salvi. Gandalf era arrivato giusto in tempo per tirarci fiori dai guai, fortunatamente nessuno di noi si era fatto male seriamente, solo io sembravo avere una spalla lussata ma andava bene così, almeno gli altri stavano bene. Ci liberammo tutti dai sacchi e quando uscii dal mio cercando di rimettermi in piedi sentii un improvviso cedimento alle gambe che mi portò ad aggrapparmi ad un albero per non cadere; Dwalin si avvicinò preoccupato:
- Ehi, tutto bene? –
- Si, si non è niente – cercai di nascondere il fatto ma lui non mi credette.
- Credo che Elris sia ferita – disse in direzione degli altri, poi tornò a riferirsi a me – Vieni appoggiati – mi aggrappai al suo braccio e zoppicando mi diressi verso una roccia dove mi sedetti.
- Che succede? – domandò Thorin.
- Credo sia ferita – rispose Dwalin.
- Sto bene – smentii ma non mi ascoltarono.
- Dove ti fa male? – mi domandò Thorin inginocchiandosi di fronte a me.
Mi sentivo strana ora ad averlo vicino dopo quello che era successo all’interno di quei ruderi. Come dovevo comportarmi? A quanto vedevo lui ignorava tutto. Avrei dovuto fare lo stesso? Si. Ma allora perché non ci riuscivo? Perché mi creava tanto disagio ignorare tutto? Una parte di me era ancora arrabbiata con lui per aver rivangato il passato, ma ero anche sollevata di aver risolto l’astio che ci aveva logorato per tutti questi anni e se quel bacio era stato il prezzo da pagare per voltare pagina allora lo avrei accettato:
- Credo di essermi lussata una spalla e storta una caviglia – confessai alla fine dopo un momento di silenzio.
Bofur chiamò Gandalf che era intento a liberare Kili e Fili dai sacchi e si diresse verso di me, Dwalin e Thorin gli spiegarono la situazione e lui cominciò a scrutarmi pensieroso, poi si inginocchiò:
- Uhm… vediamo – prese la caviglia che mi doleva facendomi sobbalzare e la esaminò – È slogata, come la spalla. Aspetta, ci penso io –
Iniziò a recitare un vecchio incantesimo nella lingua antica degli stregoni e dopo un po’ una sensazione di calore si irradiò per tutto il corpo facendo rilassare i muscoli tesi e pian piano guarirono anche le mie slogature:
- Ecco fatto – disse Gandalf soddisfatto raddrizzandosi.
- Grazie – sorrisi.
Mi alzai in piedi e stavolta senza l’aiuto di nessuno; cominciammo a raccogliere le nostre armi da terra:
- Dove eri andato? Se posso chiedertelo – gli domandò Thorin.
- A guardare avanti –
- E cosa ti ha fatto tornare? –
- Il guardare indietro – sorrise coinvolgendo anche Thorin.
- Brutta faccenda quella! – mi intromisi nella conversazione – Grazie di essere arrivato in tempo Mithrandir –
- Per fortuna siete tutti interi –
- Ma non grazie al tuo scassinatore – ribatté Thorin.
- Ha avuto il buon senso di guadagnare tempo, nessuno di noi ci aveva pensato - mi riferii a Thorin che ammise di aver torto.
- Si, questo lo riconosco – sorrise.
- Che cada un fulmine! – esclamò Gandalf – Cosa mi sono perso durante la mia assenza? – domandò con sospetto.
- Abbiamo risolto i nostri diverbi – risposi con un sorriso.
- Oh, che gioia non dover più ascoltare i vostri litigi! – sospirò come se si fosse tolto un peso dalle spalle – Perché non litigherete più giusto? – chiese ancora un po’ scettico ma con sguardo divertito.
- Non credo che questo te lo possiamo promettere, ma almeno non corriamo il rischio di ucciderci a vicenda nel sonno – disse Thorin con un sorriso.
- Comunque – cambiai discorso -  Da dove pensate che siano venuti? – alzai lo sguardo verso le figure pietrificate di quei tre mostri.
- Devono essere scesi dagli Erembrulli – rispose Mithrandir pensieroso mentre si guardava attorno.
- Da quando i Troll di montagna di spingono così a Sud? – domandò Thorin.
- Non da un era, non da quando un potere più oscuro guidava queste terre… -
Gandalf lasciò la frase incompiuta, ma io capii subito a cosa si stava riferendo, o meglio, a chi; ci guardammo l’un l’altro con lo sguardo di chi la sapeva lunga su certi argomenti che, però, dovevano rimanere nascosti:
- Non possono si possono essere spostati alla luce del sole – disse Thorin mentre osservava con attenzione le espressioni che erano comparse sul mio volto e su quello dello stregone.
- Deve esserci una grotta nelle vicinanze – risposi cercando di depistare l’attenzione di Thorin su altro.
Iniziammo tutti a guardarci attorno in cerca di una fenditura nella roccia che avrebbe potuto indicare l’ingresso della grotta, ma io avevo un pensiero fisso che continua ad insinuarmisi nella mente, ad infettarla con l’ossessione che il passato sarebbe potuto tornare nuovamente a bussare alla porta a chiedere il conto. Se fosse successo, stavolta avrei dubitato fortemente che saremmo riusciti a ricacciarlo nel buco a lui destinato. Infine Gandalf trovò l’ingresso della grotta posta ad un lato della montagna che voltava verso Est; appena ci avvicinammo un insopportabile odore di lerciume ci investì entrandoci nelle narici con prepotenza, trattenni il fiato e misi piede all’interno dove, oltre ad esserci un mucchio di fango ed immondizia, c’erano anche i resti di chi aveva avuto la sfortuna di essere il precedente pasto di quei Troll. Il tutto era molto lugubre con quella luce fioca e le ossa a terra che ad ogni passo pestavo e che emettevano uno scricchiolio da far ghiacciare il sangue. Abbassai lo sguardo e notai che sul terreno, oltre ai rifiuti, vi erano dei piccoli tesori impolverati; mi inginocchiai e vidi un piccolo gruzzolo d’oro accanto ad alcune armature che, per via dell’aspetto, dovevano essere molto vecchie. Spostai qualche oggetto cercando di vedere se trovavo qualcosa di interessante, quando ad un tratto Gandalf tornò indietro con in mano delle spade:
- E quelle? – domandai alzandomi.
- Le ho trovate giù in fondo, ce ne sono molte –
- Sono di fattura Elfica – dissi esaminandole da più vicino.
Quando uscimmo dalla caverna, Thorin e Gandalf avevano legate alla cinta una spada ciascuno, poi Mithrandir ne porse una a Bilbo, ma per la misura più di una spada doveva trattarsi di un pugnale:
- Tieni Bilbo è più o meno della tua misura –
- Non posso accettarla, non ne ho mai usata una in vita mia – scosse la testa.
- E spero che non dovrai mai farlo mio caro amico – sospirò – Sai, ci vuole più coraggio a risparmiare una vita che a toglierla –
- Mi dissi le stesse parole la prima volta che scesi in battaglia, ricordi? – dissi avvicinandomi e poggiando le mani sul pomo della spada.
- Si mia cara, mi ricordo molto bene – annuì con uno sguardo triste.
Sorrisi amaramente a quei ricordi che portavano solo sofferenza e guardai altrove cercando di pensare ad altro. Notai Fili e Kili seduti sotto un albero intenti a lucidare delle asce che avevano preso nella grotta e dall’espressione che avevano quando incrociarono il mio sguardo capii che avevano sentito le mie parole; poi Bilbo chiese:
- Quanti anni avevi quando hai combattuto per la prima volta? –
- Ad essere sincera non ricordo, è passato così tanto tempo… ma so per certo che ero molto giovane – sospirai – Solo ora capisco perché mia madre non era d’accordo con la mia idea di intraprendere la strada da guerriera – guardai lontano verso il cielo all’orizzonte – All’inizio è tutto così emozionante: le avventure, le battaglie… -
- E poi? –
- E poi niente… con il passare del tempo non ti entusiasma più. Combatti solo per uccidere e per sfogare quella rabbia che ti porti dentro che non fa che accrescere il tuo bisogno di tirarla fuori, di usarla. Ecco perché mi sono ritirata. Mi stava distruggendo – tornai a guardare Bilbo negli occhi.
- Però adesso sei tornata –
- Si, per aiutare un vecchio amico e perché grazie a Mithrandir – mi voltai a guardarlo e sorrise – Non ho avuto scelta –
- Arriva qualcosa! – urlò Thorin all’improvviso.
Affinai l’udito ed incominciai a sentire un fruscio da lontano, come l’eco di qualcosa che si muoveva a gran velocità tra l’erba alta spezzando i rami al suo passaggio:
- Restate vicini e state pronti! – esortò Gandalf.
Sguainai la spada e mi unii al cerchio che avevano creato per scrutare vari punti della foresta; il rumore si faceva sempre più vicino aumentando anche di velocità. Alla fine, alla mia destra, spuntò qualcosa dal folto degli alberi che invece di rallentare continuò ad avanzare ed urlò:
- Ladri, fuoco, assassinio!! –
Riconobbi subito quella voce ed abbassai la spada come gli altri quando videro che il rumore era stato provocato da una slitta in legno trainata da almeno una decina di conigli dalla quale era sceso un vecchio vestito interamente di marrone; gli abiti sporchi di terra dove qua e là erano rimaste impigliate delle foglie:
- Radagast! – esclamai rinfoderando la lama.
- Radagast, è Radagasr il Bruno! - spiegò Gandalf al resto della Compagnia che guardava lo stregone con scetticismo e curiosità; era passato un bel po’ di tempo dall’ultima volta che avevo visto Radagast e mi stupii di trovarlo ancor più su di giri del solito, da allora sicuramente c’era qualcosa che lo turbava – Bene, che diamine ci fai qui? – gli domandò Gandalf.
- Elris, Gandalf vi stavo cercando! C’è qualcosa di sbagliato, di terribilmente sbagliato! – cominciò a parlare con la velocità di chi aveva qualcosa di urgente da dire.
- Ah si? – gli domandò Gandalf mentre lo scrutava indeciso se credergli o meno.
- Radagast, stai bene? – domandai avvicinandomi a lui mentre il resto della Compagnia si sedeva a terra alcuni metri più in là.
- Il Bosco Fronzuto è malato Elris! – esclamò con una nota di sofferenza nella voce mentre mi prendeva le mani tra le sue e le stringeva con vigore – L’oscurità è discesa su di esso! Non cresce più niente, niente di buono almeno. L’aria è satura di putredine ma il peggio sono le ragnatele! – aggrottai la fronte perplessa.
- Ragnatele? Che intendi dire? – domandò lo stregone grigio.
- Ragni Gandalf, ragni giganti! Ho seguito le loro tracce, venivano da Dol Guldur – disse mentre lasciava le mie mani per avvicinarsi al suo amico.
Spalancai gli occhi a quel nome non poteva essere… era impossibile, si, Radagast doveva essersi sbagliato per forza, era l’unica spiegazione possibile… ma allora perché sembrava che mi stessi convincendo da sola? :
- Dol Guldur? – sussurrai – Ma la vecchia fortezza è abbandonata! – esclamai cercando però di moderare la voce.
- No, mia cara, non lo è… - scosse la testa con lo sguardo di chi sapeva di avere la certezza dalla sua parte – Un oscuro potere dimora a Dol Guldur, tale che non ho mai avvertito prima… l’ombra di un antico orrore, l’ombra che può riunire gli spiriti dei morti! E poi l’ho visto, Elris! – iniziò a tremare dal terrore – Dall’oscurità è giunto… un Negromante! –
Dischiusi le labbra, le parole di Radagast mi avevano scosso dovevo ammetterlo, sapevo che c’era qualcosa che non andava, lo avevo avvertito più volte nel corso del nostro cammino, ma non mi sarei mai immaginata una cosa simile. Dol Guldur era la vecchia fortezza di Sauron ed era impossibile che fosse nuovamente occupata, lui era stato sconfitto tanto tempo fa…:
- Un Negromante, ne sei sicuro? – domandò Gandalf pensieroso.
Ad un tratto il Bruno cominciò a frugarsi addosso come se stesse cercando qualcosa, poi quando lo trovò infilò una mano all’interno del consunto cappotto ed estrasse un fagotto giallo legato con uno spago e lo tese a Gandalf, ancora sospettoso nei riguardi della faccenda; esaminai lo sguardo di Radagast, sembrava terrorizzato ed era come se attendesse una conferma che avrebbe desiderato non avere:
- Che cos’è? – domandò Gandalf aggrottando la fronte.
- Non proviene dal mondo dei viventi! – esclamò Radagast con voce cupa.
Alla fine Mithrandir, con aria impaziente, cominciò a sciogliere i nodi che tenevano insieme il fagotto; mi avvicinai ancora di più mentre una strana sensazione cominciava a prender forma dentro di me. Quando fu sciolto anche l’ultimo pezzo di spago dall’involucro venne fuori un’elsa nera di una spada. Improvvisamente iniziai a tremare, gli occhi sbarrati: un antico terrore mi attanagliò le membra in una sensazione che già conoscevo bene; ricordi di una grande e vecchia battaglia mi passarono davanti agli occhi: vidi la guerra, i corpi, il sangue… tanto sangue che bagnava la terra, Orchi, uomini ed Elfi che combattevano e poi lui… l’armatura di ferro nero, indistruttibile, che veniva verso di me con la spada sguainata ed incrostata del sangue dei miei soldati, dei miei amici. Ora la stessa spada era tra le mani di Gandalf esattamente uguale a quando la vidi l’ultima volta 500 anni fa ed alla fine capii che nell’ombra che si celava nella vecchia Fortezza a Dol Guldur non gravava solo una possibile minaccia, ma la certezza di un ritorno. Si, ormai era certo… lui sarebbe tornato, i miei incubi avrebbero ripreso vita ed io mi sarei trovata a fronteggiare ancora una volta le mie paure e questo mi terrorizzava. Avevo inutilmente creduto che il male era stato sconfitto, mi ero inutilmente illusa che avrei finalmente potuto vivere serenamente il resto della mia immortalità e invece tutto era andato in fumo. Indietreggiai continuando a tenere gli occhi sgranati, che cominciarono a riempirsi di lacrime, puntati sulla lama e nella mia testa si ripetevano le parole << Sta tornando, sta tornando… ti ucciderà… >>:
- Elris, che hai? – mi chiese Gandalf guardandomi preoccupato.
- Tieni lontano quella spada da me… - dissi con la voce incrinata.
- Elris, calma – aveva un tono calmo e comprensivo di chi capiva perfettamente senza bisogno di chiedere niente – Combattilo – aggiunse.
- Allontanala da me! – stavolta urlai e le lacrime iniziarono a rigarmi le guance.
Forse avevo alzato la voce a tal punto da aver attirato l’attenzione della Compagnia seduta più in là, perché sentii un gran vociare. Continuavo ad indietreggiare con la mente avvolta in una folta foschia che non mi permetteva di essere razionale o di pensare, l’unica cosa che continuavo ad avere davanti agli occhi era una grande ombra nera circondata dalle fiamme della battaglia. Alla fine a forza di indietreggiare andai a sbattere contro il tronco di un albero al quale mi aggrappai per non cadere visto che sentivo le gambe estremamente deboli e la testa girare facendomi perdere il senso dell’equilibrio; sentii dei passi frettolosi venire verso di noi seguiti da voci che conoscevo bene e che urlavano il mio nome:
- Elris, mia cara, tutto bene? – domandò Radagast preoccupato, ma io non risposi, ero troppo impegnata a fissare il vuoto mentre cercavo di uscire dall’oscurità che mi aveva attanagliata in una morsa d’acciaio tenendomi incatenata al passato:
- Elris! – esclamò una voce che doveva essere quella di Kili – Che le è successo? – chiese con una nota di panico nella voce.
- Non è niente ragazzo – gli rispose Gandalf – È momentaneamente sotto shock – sospirò.
Sentivo dei passi venire verso di me con cautela ma io ancora non riuscivo a muovere un muscolo, poi qualcuno mi sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio accompagnando il gesto con un sospiro:
- Elris, va tutto bene… devi combatterlo – era Gandalf.
Aveva ragione, non potevo lasciarmi andare così, non ora che serviva il mio aiuto e soprattutto alle porte di una nuova guerra. Dovevo rialzarmi, dovevo lottare ancora una volta; alzai lo sguardo riprendendo coscienza del mondo e di me stessa, presi un lungo respiro e quando rimisi a fuoco ciò che avevo davanti trovai tutti radunati lì, ma il primo in assoluto sul quale mi si posò lo sguardo fu Kili che era inginocchiato accanto a me e mi fissava silenzioso ma potevo notare bene la sua preoccupazione:
- Elris… - sussurrò – Che cosa è successo? –
- Tranquillo – mi schiarii la voce – Sto bene –
- Ti abbiamo sentito gridare – disse Bilbo.
- Si, scusate – mi alzai da terra e Kili mi seguì; sentivo uno sguardo penetrante addosso, era preoccupato e sapevo anche a chi apparteneva: Thorin – Non volevo spaventarvi, è stato solo un momento – poi mi rivolsi a Gandalf – Dobbiamo fare qualcosa –
- E lo faremo mia cara, lo faremo –
Gandalf e Radagast si appartarono per parlare di altre cose ed io preferii non ascoltare perché sapevo quale era l’argomento del loro discorso, così decisi di allontanarmi per schiarirmi un po’ le idee. Avevo permesso alle paure di prendere il sopravvento su di me lasciandomi schiacciare dal loro peso e questo era il bel risultato: trasformarsi momentaneamente in un vegetale. Era tornato… mi sembrava impossibile, così surreale da sembrare un incubo… l’avevo visto sconfitto con i miei occhi, l’avevo visto cadere assieme al suo esercito e scomparire per sempre; invece aveva aspettato nell’ombra per poter tornare un giorno ancora più malvagio e assetato di distruzione. Sentii dei ramoscelli spezzarsi alle mie spalle e mi voltai di scatto vedendo Kili che mi sorrideva timidamente:
- Kili… - dissi sorpresa – Che ci fai qui? –
- Ti ho seguita, scusami ma… - sospirò avvicinandosi di più – Sono preoccupato per te, sei strana –
- Non è niente, davvero – feci un sorriso forzato e gli passai davanti per tornare dagli altri ma me lo impedì, mi afferrò per un braccio e mi costrinse a voltarmi verso di lui.
- Ti prego, parlami… - sussurrò con sguardo supplichevole.
Non potevo trascinarlo nell’orrore che mi tormentava, l’avrebbe logorato ed io tenevo a lui, in modo che ancora mi era sconosciuto, ma non mi sarei mai perdonata se gli avessi fatto del male, anche involontariamente:
- Sono solo brutti ricordi – sospirai – Il passato delle volte può giocare brutti scherzi –
- È più di questo, Elris, tu ne sei terrorizzata! – esclamò pur sempre mantenendo un tono di voce dolce e gentile.
Stavo per ribattere quando all’improvviso sentimmo un ululato lontano e ci guardammo capendo entrambi di cosa si trattava; corremmo dagli altri i quali avevano sentito quel latrato ed ora si stavano preparando ad un eventuale attacco:
- È stato un lupo? Per caso ci sono lupi nei dintorni? – domandò Bilbo.
- Lupi? No, quello non era un lupo – sussurrò Bofur guardandosi attorno.
All’improvviso alle spalle di Thorin spuntò fuori un enorme Mannaro nero dal pelo rizzato, le zanne scoperte e gli occhi gialli che emanavano un barlume assassino; fece un lungo balzo per cercare di atterrare in mezzo a noi, ma fui più veloce, presi un lungo pugnale dallo stivale e glielo lanciai dritto in mezzo agli occhi perforandogli il cranio facendo cadere a terra con un rumore sordo il corpo senza vita di quella bestiaccia. Un altro spuntò alle spalle di Kili ma per fortuna Thorin lo squarciò prima che potesse far del male a qualcuno:
- Mannaro ricognitore – dissi guardando i due corpi – Gli Orchi ci stanno inseguendo – aggiunsi mentre estraevo il pugnale dalla testa del lupo e lo pulivo sul suo pelo.
- Orchi hai detto? – mi chiese Bilbo con paura nella voce.
- Hai parlato a qualcun altro di questa impresa al di fuori della tua famiglia? - domandò Gandalf rivolgendosi a Thorin con uno sguardo sospettoso.
- No, non ho detto niente – ribatté lui con durezza.
- Sarà meglio andarcene di qui ed in fretta – disse Dwalin mentre riponeva le sue asce dietro la schiena.
- È impossibile! – esclamò Oin – I pony sono spariti ed anche i cavalli –
- Dannazione! – dissi a denti stretti mentre sfoderavo un calcio al cadavere della bestia per sfogare la mia frustrazione.
- Li depisto io! – si offrì Radagast.
- Ma quelli sono Mannari di Gundabad, ti raggiungeranno! – esclamò Gandalf.
- E questi sono conigli di Rhosgobel, vorrei che ci provassero! – disse il Bruno in tono di sfida.
Fu così che Radagast, una vola montato sulla sua slitta, partì a tutta velocita per distrarre i Mannari da noi. Procedemmo in direzione opposta uscendo dal bosco e finendo in una sterpaglia con l’erba alta fino ai polpacci e di un color giallo grano; a parte qualche roccia o collinetta non vi erano molti ripari nei dintorni. Corremmo silenziosi dietro a Gandalf, che apriva la fila, con le spade alla mano e ci guardavamo attorno circospetti mentre da qualche metro di distanza udivamo le grida divertite di Radagast che correva da una parte all’altra; ci nascondemmo dietro un cumulo di rocce abbastanza lontano ed essendo parzialmente nascosti decisi di sfruttare l’occasione per acquattarmi a terra e risalire piano i massi per cercare di vedere qualcosa:
- Elris! Che diamine fai!? – sussurrò Gloin rimproverandomi.
- Shh… sto cercando di capire quanti sono –
Mi sporsi un altro po’ e a circa seicento metri da noi vi era una squadra composta da almeno una decina di Orchi a cavallo di grossi ed orripilanti Mannari che fiutavano l’aria; tornai nuovamente giù e riferii ciò che avevo visto. Restammo fermi ancora per qualche minuto, almeno finché Radagast non passò nuovamente davanti a loro portandoli lontano da noi così da poterci permettere di uscir e dirigerci verso sinistra sempre seguendo Gandalf che guardava da ogni parte per accertarsi che nessuno ci vedesse. Da lontano vidimo passare il branco, così ci rifugiammo nuovamente dietro un’altura in pietra, poi prima che potessi affacciarmi per vedere se il pericolo era scampato sentii avvicinarsi dei passi felpati. Ci schiacciammo tutti contro le pareti di roccia e trattenemmo il respiro mentre il Mannaro fiutava l’aria, spostai lo sguardo ed incontrai quello di Kili, poi mi venne l’unica idea possibile che avrebbe potuto salvarci. Non potevo prendere l’arco altrimenti avrei fatto troppo rumore, così con un cenno gli indicai il suo che già aveva in mano; prese un lungo respiro ed incoccò la freccia mentre la creatura continuava a salire sulla rupe ed in un gesto repentino si voltò e lanciò due frecce una dietro l’altra che andarono a colpire rispettivamente l’Orco e la spalla del Mannaro che cadde in avanti verso di noi con un latrato di dolore. Una volta che fu a terra mi lanciai assieme a Gloin e Thorin su di lui mentre Dwalin e Nori si occupavano dell’Orco ancora agonizzante e gli altri nel frattempo controllavano la situazione. Purtroppo il lupo emise dei forti ululati che sicuramente erano stati avvertiti dal resto del branco che tra non molto ci sarebbe piombato addosso, così ci apprestammo ad allontanarci ma da lontano vidimo già arrivare gli Orchi che ormai ci avevano individuati. Il resto della Compagnia cominciò a correre velocemente mentre io, Fili e qualcun altro imbracciammo l’arco ed iniziammo ad abbatterli o ferirli, ma erano così tanti che sembravano uscir fuori dal nulla. Erano troppi. Troppi per poterli affrontare tutti assieme ed alla fine dopo una lotta all’inseguimento ci ritrovammo quasi circondati, ma non ci eravamo dati per vinti, anzi, ci stavamo difendendo con valore; ad un tratto non vedi più Gandalf… dove era finito? Lo cercai con lo sguardo sperando che non gli fosse successo nulla, poi ad un tratto mentre eravamo impegnati a pugnalare, sventrare e lacerare Mannari ne vidimo arrivare degli altri ed in quel momento pensai che fossimo spacciati, poi sentimmo la voce di Gandalf tuonare:
- Avanti, che aspettate, venite! –
Sembrò nascondersi dietro una roccia non molto grande, invece quando ci avvicinammo notammo con sollievo che c’era un’apertura nel terreno che formava una specie di nascondiglio; purtroppo i Mannari erano troppo vicini, così mentre una parte di noi scappava l’altra li teneva a bada con le frecce. Ne tiravamo una dietro l’altra colpendo più bersagli possibili, ad un certo punto sentii Gandalf che ci chiamava:
- Elris, Fili, Kili correte! –
I fratelli riposero le armi mentre io coprivo loro le spalle lanciando una pioggia di frecce, ma essendo loro molto veloci, il più delle volte riuscivano a schivarle mentre correvano feroci nella mia direzione decisi di andarmene anche io lanciandomi nel nascondiglio ed atterrando in piedi; guardai in su verso la fenditura dalla quale si sentivano i grugniti degli Orchi e il battere delle zampe dei Mannari sul terreno. Si stavano avvicinando ed in quel breve frangente credetti che saremmo morti sul serio, poi udii un corno che suonava la carica e presto l’aria fu riempita dal suono di frecce scoccate e grida disumane da parte di quelle creature che qualcuno di misterioso stava sterminando:
- C’è un passaggio da questa parte, ma non riesco a vedere dove porta – disse Dwalin – Lo seguiamo o no? – domandò.
- Certo che lo seguiamo! – esclamò Bofur mentre si affilava dietro Dwalin in esplorazione.
Rinfoderammo le armi e riservai un’occhiata interrogativa a Gandalf come per chiedergli se era pienamente sicuro che questo passaggio non ci portasse da qualcosa di ben più pericoloso, ma lui in tutta risposta annuì come se sapessero quali erano i miei pensieri e volesse rassicurarmi del fatto che ormai il pericolo era passato. Tirai un lungo sospiro e mi incamminai assieme agli altri nello stretto passaggio tra le pareti di roccia; se si alzava lo sguardo si poteva vedere il cielo azzurro, il che mi faceva pensare che ci eravamo infilati in una gola scavata in precedenza da un corso d’acqua ormai prosciugato. Continuammo ad avanzare uno dietro l’altro sempre seguendo Gandalf che era come se fosse certo di dove stava andando: cominciavo a sentire la stanchezza, la scorsa notte per via di quei Troll non avevamo potuto riposarci e questa mattina l’attacco degli Orchi e dei Mannari ci aveva sfiniti, l’unica cosa che avrei voluto fare era chiudere gli occhi e rilassarmi almeno un po’ senza la paura che poco dopo mi fossi svegliata per via di qualche incubo:
- Ragazza mia, sei ferita! – esclamò Balin dietro di me.
- Davvero? – chiesi sorpresa di non essermene accorta.
- Si, qui – disse indicando la parte posteriore del mio braccio dove notavo solo ora che c’era un taglio abbastanza profondo; forse per l’adrenalina che avevo in corpo mi ero resa conto del dolore.
- Non è nulla tranquillo – risposi con un leggero sorriso per rassicurarlo.
- Dovresti fasciarla –
- Sto bene –
Dopo altri dieci minuti buoni di cammino finalmente la fenditura tra le rocce cominciò ad allargarsi pian piano fino a sboccare sull’altura di una montagna provvista di un piccolo sentiero; sorrisi e respirai a polmoni aperti l’aria fresca ora capivo perché Gandalf era stato così frettoloso e misterioso nel raggiungere questo luogo. Davanti a noi si aprivano pianure erbose e su una di esse si ergeva una grande collina rocciosa sulla quale la maestosa costruzione di un palazzo circondato da sprazzi di verde ed alberi faceva la sua bella mostra. La montagna dalla quale eravamo usciti lo circondava a semicerchio proteggendolo alle spalle; da alcuni solchi nelle pareti rocciose uscivano grossi fiotti d’acqua che andavano a creare delle piccole cascate brillanti nella calda e tiepida luce del pomeriggio. Era come tornare a casa… questo luogo mi aveva ospitata per molti anni e mi faceva piacere tornarci perché gli unici ricordi piacevoli risiedevano proprio qui. Guardai le facce sorprese ed affascinate dei miei compagni, tutte meno quella di Thorin che era dura e severa mentre guardava storto Gandalf che sembrava non curarsene:
- La valle di Imladris! – esclamò lo stregone – Nella lingua corrente è nota con un altro nome… -
- Gran Burrone – sussurrai finendo la frase al suo posto.
- Questa è l’ultima casa accogliente ad Est del mare –
- Era il tuo piano! – esclamò Thorin arrabbiato – Trovare rifugio dal nostro nemico! –
- Thorin – lo rimproverai voltandomi verso di lui.
- Non hai alcun nemico qui – gli disse Gandalf – In questa valle l’unico malanimo è quello che porti tu stesso! –
- Pensate che gli Elfi benediranno la nostra impresa?! Piuttosto cercheranno di fermarci! – esclamò guardando entrambi.
- Si lo faranno – risposi io tranquillamente – Ma noi abbiamo bisogno di risposte – Thorin non era pienamente convinto ma non disse altro, si limitò a guardarmi e basta; il clima tra me e lui si era fatto strano ed imbarazzante e sperai che nessuno lo avesse notato.
Discendemmo verso la valle seguendo il sentiero, nessuno parlava, intorno a noi c’era un silenzio rilassante interrotto ogni tanto solo dal cinguettare degli uccelli e dal fruscio del vento tra gli alberi:
- Cosa farà Elrond quando ti vedrà? – mi chiese Gandalf con sguardo divertito mentre si voltava a guardarmi alzando un sopracciglio.
- Gli verrà un colpo! – ridacchiai – Non mi vede da… - ci pensai su un attimo – In realtà ho perso il conto – risposi facendo sorridere lo stregone.
Appena arrivammo a valle seguimmo il sentiero piastrellato che conducevano all’entrata del palazzo di Re Elrond; Gandalf apriva la strada ed io gli stavo subito dietro beandomi della familiarità e tranquillità che ogni volta questo posto mi trasmetteva. Era bello vedere che nonostante il mondo andasse a rotoli c’era ancora qualcosa che rimaneva immutato; varcammo la soglia di Gran Burrone decorato con colonne ed arcate in marmo sulle quali si intrecciavano dei rampicanti, poco dopo arrivarono due guardie assieme alle quali c’era uno dei miei più vecchi amici:
- Elris! – esclamò con un sorriso – Mithrandir, che piacere –
- Lindir! – sorrisi anche io – Da quanto tempo! –
- Troppo mia cara amica –
Mi avvicinai e lo abbracciai, alcuni Elfi non erano molto espansivi o sentimentali, ma io e Lindir ci conoscevamo da abbastanza tempo che gli permetteva di potersi lasciar andare tranquillamente in una stretta affettuosa, quando mi staccai domandò:
- Come mai qui? – guardò dietro di noi verso il resto della Compagnia che non faceva altro che far roteare lo sguardo da una parte all’altra.
- Siamo qui per incontrare Re Elrond – risposi.
- Mi dispiace ma non è qui –
- E quando tornerà? – chiese Gandalf.
- Ehm… -
Proprio in quel momento un corno risuonò ed un gruppo di cavalli bianchi cavalcò lungo il sentiero fino ad arrivare nello spiazzo dove eravamo noi, i Nani si guardavano attorno circospetti e pronti a sfoderare le armi se fosse stato necessario; ovviamente non sarebbe servito ma Thorin e gli altri non erano molto convinti. Gli Elfi smontarono da cavallo e si disposero a semicerchio attorno a noi, poi tra loro spuntò un regale e sorridente Elrond:
- Re Elrond, che piacere rivederti – disse Gandalf con un piccolo inchino.
- Lo stesso vale per me Mithrandir – poi mi guardò – Elris… ma che piacevole sorpresa! – mi sorrise e mi abbracciò forte.
- Sono contenta di essere di nuovo qui – annuii.
- E noi di ospitare te… - guardò verso i Nani – Ed i tuoi amici –
- Ti ringrazio –
- Scusate se interrompo – disse uno degli Elfi che era con Lindir – Ma… mia Signora, è ferita – si rivolse a me.
- Thalion – sospirai – Quante volte ti ho detto di non chiamarmi così? –
- Perdonatemi – si scusò con un inchino.
- Non importa – risposi mentre lanciavo un’occhiata sfuggente al resto dei miei compagni che mi guardarono incuriositi e stupiti.
Le guardie ci scortarono all’interno del Regno di Elrond, ci curarono e dopo averci assegnato degli alloggi ci dissero che sarebbero stati felici di ospitarci per la cena; una volta che finirono di fasciarmi la ferita senza guardare nessuno mi alzai e mi diressi a passo spedito verso la camera che avevo occupato anni prima e che ora tornavo ad abitare; avevo bisogno di tranquillità ed avevo paura di affrontare le domande che, sicuramente, sarebbero arrivate, ma mentre stavo per imboccare il corridoio mi sentii chiamare:
- Elris! – Thorin…
Non mi voltai, non ne avevo il coraggio, quando eravamo assieme agli altri riuscivo a nascondere il disagio ma quando eravamo soli era diverso, mi immobilizzavo e non sapevo come comportarmi e ciò mi portava spesso a pensare che era meglio quando non ci parlavamo:
- Cosa c’è? – mi girai a malapena.
- Ti comporti in modo strano… - lo interruppi.
- Non ora Thorin, per favore – sussurrai.
Ricominciai a camminare a passo svelto finché non arrivai a destinazione, entrai e mi chiusi la porta alle spalle tirando un sospiro di sollievo certa che qui non mi avrebbe disturbato niente e nessuno e magari sarei riuscita a non pensare per qualche ora, a dimenticare magari, anche se mi sembrava impossibile visti gli eventi di oggi. Ero ancora turbata e avevo cercato di nasconderlo per tutta la giornata, nonostante farlo mi avesse prosciugato tutte le energie ci ero riuscita ma ora, che tutto era tranquillo, ciò che avevo temporaneamente rimosso ricominciava a riaffiorare, tutto cominciava nuovamente a spaventarmi. Mi lasciai cadere all’indietro sul grande letto a baldacchino ed ammirai il soffitto dove era dipinta un’antica storia sulla venuta degli Elfi nella Terra di Mezzo; la luce filtrava dalla grande arcata ornata da una sottile tenda bianca mossa dalla piacevole brezza del tardo pomeriggio; decisi di spegnere il cervello, o almeno provarci, non volevo pensare a nulla, tantomeno cadere nuovamente in stato di shock. Mi liberai di tutto: spada, pugnali ed arco che accantonai a terra e mi concessi di immaginare come sarebbe stata la mia vita se i miei genitori non fossero morti, se io e mio fratello non avessimo litigato e se non avessi intrapreso questa strada. Non che mi pentissi delle scelte che avevo fatto, era solo che dopo 3000 anni di solitudine e battaglie mi ero pian piano logorata diventando il fantasma di me stessa, solo un ombra di quello che ero prima. Ad un tratto bussarono leggermente alla porta:
- Avanti –
- Elris – si affacciò Lindir assieme a Gandalf – Il banchetto è stato servito –
- Grazie Lindir ma non ho fame – sussurrai mentre spostavo nuovamente lo sguardo verso il soffitto.
- Mia cara ragazza dovresti mangiare, altrimenti non avrai più forze –
- Mithrandir non preoccuparti, sto bene, sono solo stanca –
- Come desideri – sospirò rassegnato.
- In caso dovessi cambiare idea ti farò lasciare qualcosa di pronto nelle cucine – aggiunse Lindir in tono lento e pacato.
- Va bene, grazie – risposi; loro annuirono e silenziosamente richiusero la porta.

POV KILI

Era quasi sera quando ci avvertirono che il banchetto preparato solo per noi era pronto, così ci dirigemmo verso una grande sala circondata da arcate in marmo su colonne molto elaborate, il pavimento era in pietra colorata ed ai lati della sala c’era della vegetazione che sembrava far uscire quel luogo da una favola. Notai che mio zio Thorin era ancora abbastanza diffidente anche se fino ad ora ci avevano tutti trattato con riguardo e gentilezza; quando ci sedemmo al lungo tavolo imbandito e cominciarono a portarci le prime pietanze mi accorsi dell’assenza di una persona:
- Dov’è Elris? – domandai.
- È nella sua stanza – mi rispose Gandalf seduto di fronte a me.
- Come mai? – domandò mio fratello – Non mangia? –
- Ha detto di non avere fame – rispose lo stregone in uno strano tono di voce che mi fece preoccupare. Ed ora cosa succedeva ad Elris? Perché si stava comportando in modo così strano? Non mi piaceva vederla star male…
- È da dopo l’attacco dei Troll di Montagna che è strana – disse Bilbo.
- Per non contare nella radura prima dell’arrivo dei Mannari! – esclamò Bofur mentre masticava un pezzo di pane.
- Si, li mi ha davvero spaventato – annuì Dori appoggiato da Dwalin.
- Gandalf, tu sai cos’ha? – chiese Bilbo.
- Miei cari amici, lei è inseguita e tormentata da qualcosa che non l’abbandonerà mai e questa cosa si chiama passato – esordì in tono saggio e malinconico.
- Ci ha raccontato la sua vita – disse Fili.
- E credete che vi abbia detto proprio tutto? – ridacchiò Gandalf- Quella ragazza conserva memorie di antichi orrori dei quali preferisce perfino non ricordare nulla – mio zio non aveva ancora parlato.
- Si è sempre fidata di noi – disse Nori.
- Oh, non si tratta di fiducia, Mastro Nano –
- E di cosa allora? – domandai.
- Di risvegliare ricordi che fanno male perfino per chi ha vissuto così a lungo –
Abbassai lo sguardo sul mio piatto e pensai a come, per due volte, l’avevo vista così fragile ed impaurita che dava l’idea di qualcuno molto solo, ed ora dopo le parole di Gandalf quello che era solo un sospetto o una sensazione era diventato una certezza. All’improvviso mi scattò qualcosa dentro, quella ragazza era riuscita a farmi tirar fuori un forte senso di protezione nei suoi confronti che non era scattato con nessuno prima d’ora; beh… dopotutto lei era speciale:
- Ad Erebor era felice – sussurrò mio zio.
- Certo che lo era! – esclamò Gandalf – Eravate come una famiglia per lei – fece una pausa e quando riprese lui e Thorin si guardarono negli occhi – Poi si sa cosa è successo –
- Ti ho già detto che abbiamo risolto – rispose a con voce profonda.
- Lo spero davvero Thorin, lo spero davvero… -
Gandalf guardò mio zio in modo strano, poi tornò al suo cibo; quando tutti finimmo di mangiare ci fecero spostare in un chiostro dove delle Elfe suonavano l’arpa, io invece mi diressi dalla porte opposta deciso ad andare da Elris una volta per tutte per chiederle cosa c’era che non andava, quando ad un tratto fui fermato dall’Elfo che doveva chiamarsi Lindir:
- Dove vai? – mi domandò in tono quasi accusatorio.
- A trovare Elris – risposi.
- Non ora, ha bisogno di riposare –
- Se è così me lo dirà lei – dissi indurendo il tono di voce.
- Come vuoi – e se ne andò.
Appena voltai l’angolo che affacciava davanti la porta di Elris rimasi paralizzato, davanti alla sua porta c’era mio zio, con un’espressione che non gli avevo mai visto sul viso. Cosa ci faceva lì? Che stava succedendo? Che fosse anche lui preoccupato? Dopotutto, poco fa a cena era abbastanza strano e si lanciava occhiate ancor più strane con lo stregone; mi nascosi dietro l’angolo ed aspettai, poi qualche secondo dopo entrò all’interno. Ero ancora confuso, ma un pensiero cominciò a farsi strada nella mia mente; mi appoggiai al muro e scivolai giù fino a sedermi ed aspettai.

 

 

ANGOLO AUTRICE
Eccoci qua! Le cose si fanno interessanti eh?? Ma quante cose nasconde la nostra Elris?? Kili come si può ben notare è molto preoccupato e confuso; per non parlare dello strano rapporto tra lei e Thorin! Che succederà tra i due?? Elris prova ancora qualcosa per lui?? Chissà... Ma soprattutto qui abbiamo visto che Kili ha intuito qualcosa che prima non aveva mai pensato e non sa se prenderla per vera o meno, di cosa si tratterà?? E perchè Thorin vuole parlare a tutti i costi con Elris?? Lo scoprirete solo leggendo! Intanto vi prometto che pubblicherò presto e che nel prossimo capitolo ci sarà il punto di vista di Thorin sulla discussione che avrà con Elris. Spero vi sia piaciuto, un bacione e ringrazio tutti quelli che leggono e recensiscono e che naturalmente hanno la storia tra le preferite,ricordate e seguite!! A prestooo!!
GiuliaStark

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Capitolo 8
*** Il Bianco Consiglio ***


Saaaalve!!! Chiedo venia per il ritardo e spero di farmi peronare con quello che ho scritto 😁 Bhè non m resta che augurarvi buona lettura!!!! 😉


POV THORIN

Per tutta la durata del banchetto avevo avuto nella mente una cosa sola, anzi, una persona: Elris. Non riuscivo a togliermela dalla testa, era come se vi si fosse insinuata trovando così la sua tana. Quello che era successo oggi nel bosco non aveva solo scatenato nuovamente i suoi incubi, ma aveva riaperto dentro di me una finestra sul passato. Il nostro passato. Mio e di Elris. I ricordi di quando lei viveva ad Erebor mi continuavano a tornare in mente dopo così tanto tempo che avrei giurato di averli dimenticati, e invece no. Come potevo dimenticare quello che avevamo condiviso, come potevo dimenticare lei? Eppure tempo fa la trattai male, la allontanai e per cosa poi? L’orgoglio? Quando la ritrovai a casa Baggins pensai fosse uno scherzo, un illusione e invece era lì ed era visibilmente cambiata: Elris aveva una luce negli occhi talmente luminosa che le si irradiava tutta intorno rendendola brillante, come se fosse stata baciata da una stella, dopotutto il suo nome veniva proprio da lì. Ma quando la rividi dopo quella lite e la nostra separazione si era spenta del tutto; aveva sempre sofferto per i demoni del suo passato ma ad Erebor sembrava che sapesse come combatterli, come se avesse qualcosa dalla quale traeva supporto, ma ora, ora si era affievolita, la sua luce si era spenta e dentro i suoi occhi c’era solo oscurità. Che ne fossi io l’artefice? Continuai a percorrere il lungo corridoio dal pavimento in marmo che sapevo mi avrebbe portato davanti la sua camera; passo dopo passo mi avvicinavo e cominciai a chiedermi cosa le avrei detto. Ora che le cose tra noi erano così delicate avevo paura di rovinare di nuovo tutto con la mia impulsività ma c’erano dei momenti in cui non riuscivo a trattenermi come ad esempio la scorsa notte in quelle rovine; con quel bacio pensavo che avessi chiuso con il passato ma invece avevo solo peggiorato le cose lasciandomi trasportare da quello che provavo per lei. Giunsi davanti la sua porta e tutto ad un tratto mi sembrò una pessima idea, ma ormai ero qui, tirarmi indietro proprio ora non avrebbe avuto senso ed io avevo bisogno di farle una domanda importante; tirai un sospiro e bussai. Passò qualche secondo e dall’interno sentii la sua voce:
- Avanti –
Aprii la porta ed entrai chiudendomela alle spalle, la stanza era illuminata dalla luce della Luna che la dipingeva di un colore argenteo. Era una serata bellissima con un cielo pieno di stelle ma nessuna era più bella di lei: Elris era distesa sul letto e fissava il soffitto persa nei suoi pensieri, avrei dato qualsiasi cosa pur di conoscerli; la sua figura allungata e sinuosa era circondata da un’aurea bianca di pura luce lunare rendendola ancora più bella di quello che già era. Non si voltava ma sapeva che ero io, attendeva pazientemente che parlassi per primo, forse si aspettava la mia visita, forse sapeva anche cosa volevo dirle, dopotutto non era la prima volta che mi leggeva nel pensiero:
- Sai perché sono qui vero? – dissi con un sussurro
- Si… - sospirò; si alzò con grazia dal letto e venne verso di me, in quella luce i suoi occhi tornarono a brillare come un tempo ed io mi pentii come non mai di averla lasciata andare – Ma non ho niente da dirti – scrollò le spalle scuotendo la testa.
- Elris, ricordo bene il terrore nei tuoi occhi quando venivi assalita dagli incubi ed era identico a quello che ho visto oggi nel bosco –
- E allora? Che vorresti fare? – aveva un tono esausto come se non le importasse più di niente e nessuno.
- Aiutarti –
- Non ho bisogno del tuo aiuto – distolse lo sguardo puntandolo altrove, come se dentro quelle gemme stesse nascondendo qualcosa.
- Oggi mi hai davvero spaventato, pensavo che dopo tutti questi anni fosse finita –
- Non finirà mai Thorin, è il mio passato, è ciò che ho vissuto! Come faccio a dimenticarlo?! – aveva la voce colma di disperazione e il volto contratto da un’espressione di dolore.
- Possiamo combatterlo insieme, possiamo fare come tanti anni fa – mi avvicinai ancora di più – Non posso stare fermo a guardare! – dissi con convinzione.
Elris non disse niente, vedevo l’ombra che man mano riprendeva possesso dei suoi occhi offuscandole la mente e mi ricordai di quella notte ad Erebor quando la vidi in balia dei suoi demoni per la prima volta. Ricordavo ogni singolo giorno passato con lei, non importava se era bello o brutto, ma quello in particolare era impresso a fuoco nella mia mente come il momento in cui mi sentii veramente importante per lei, in cui mi resi conto che l’amavo più di ogni altra cosa, più di me stesso, più di tutti i tesori di Erebor.

[FLASHBACK, ANNO 2760, TERZA ERA, EREBOR]

Oggi era stato un giorno di festa, Elris era tornata ad Erebor dopo tre lunghi anni passati a combattere. Le terre di Gondor e di Rohan avevano bisogno di lei e del suo esercito: da come mi aveva raccontato durante il banchetto era stata una lunga e sanguinosa guerra e che vincerla le era costato molte vittime tra i suoi simili. La battaglia fu combattuta tra due fronti, da una parte c’era Gondor che dovette fronteggiare la minaccia dei Corsari di Umbar e dall’altra i Rohirrim occupati contro i Dunland che li avevano espropriati di molte delle loro terre tra cui Edoras e la torre di Orthanc. Elris raccontò anche dell’assalto che guidò assieme ai soldati di Rohan per riconquistare la Torre dove gli invasori avevano creato il loro insediamento e di come alla fine l’avevano acclamata per averli aiutati. Ma nonostante ciò potevo vedere nel suo sguardo che quest’ennesima battaglia l’aveva segnata come tutte le altre, se non di più, visto che si era combattuta nel luogo dov’era nata e morta sua madre, un luogo per lei pieno di ricordi, pezzi di una vita che ora le sembrava talmente distante da apparire quasi come un sogno. Per tre anni avevo vissuto con la costante paura di poterla perdere, di potermi svegliare un giorno e sentirmi riferire che era morta in battaglia e non sarebbe più tornata e nei momenti in cui la sua mancanza si faceva sentire ancora di più sognavo il suo ritorno, ma ad ogni risveglio scoprire che non era vero mi faceva percepire ancora di più la sua assenza. Nonostante tutto però ero fiero di lei, del coraggio che dimostrava ogni volta nel combattere nonostante ciò le rivangasse brutte cose, della forza che aveva a mostrarsi agli altri, soprattutto a chi non la conosceva a fondo, come se tutto andasse bene. Era una ragazza con molta forza in corpo, ma avevo paura che un giorno questa sua forza si sarebbe esaurita lasciandola senza nessun appiglio ed in quell’istante, mentre la vedevo ridere e parlare con mio nonno, giurai a me stesso che ci sarei sempre stato per lei, senza riserve. Il banchetto durò per diverse ore, ma verso la tarda serata giunse al termine e lentamente tutti lasciarono il grande salone dei ricevimenti per raggiungere le loro stanze e riposarsi, mi guardai attorno e notai che Elris si era alzata per uscire sul balcone che affacciava sulla vasta piana sotto Erebor. La raggiunsi e la trovai con le braccia poggiate sul parapetto e la testa chinata a fissare in basso, sapevo che in quel momento non vedeva altro che i fuochi della battaglia ed i corpi dei suoi uomini che le infestavano la mente; mi avvicinai e poggiai la mia mano sulla sua per recarle conforto, lei la stinse ed alzò la testa guardando lontano verso le luci di Dale:
- Sono contenta di essere tornata – sussurrò.
- Ed io che tu sia viva –
Si voltò a guardandomi e sorrise ed in quel momento capii quanto mi era mancata, capii quanto quest’Elfa riusciva a farmi sentire vivo; la Luna alta nel cielo le illuminava metà volto lasciando l’altra metà nell’oscurità. Quelle erano le due parti che vivevano in lei. Luce e Buio. Ognuna traeva nutrimento dall’altra, ognuna nascondeva e mostrava parti di lei delle quali non ne avevo mai abbastanza:
- Mi sei mancato -
- Anche tu – sospirai e mi aprii in un leggero sorriso – Ho pregato ogni giorno che tu facessi ritorno –
- Ed ora sono qui e ho preso una decisione –
- Quale? – domandai aggrottando le sopracciglia.
- Se per te va bene e per tuo nonno, ovviamente, vorrei trasferirmi definitivamente qui. Ho bisogno di un posto come questo per stare lontano dalle guerre per un po’, per un bel po’… –
Le sue parole mi colpirono. Voleva restare qui, con me, e non potevo chiedere di più per essere felice. Sorrisi ancora di più e mi avvicinai fino ad esserle a pochi centimetri di distanza:
- Non potresti rendermi più felice di così –
Un gran sorriso le illuminò il volto rendendola ancora più bella di ciò che era, poi si avvicino e dopo essersi chinata leggermente avvicinò le sue labbra alle mie unendole in un bacio dolce e passionale al tempo stesso; le nostre mani ancora intrecciate si stringevano con forza recuperando il tempo in cui erano state distanti. Poco dopo le augurai la buonanotte e la accompagnai davanti la porta della sua camera. Non so che ora era quando fui improvvisamente svegliato da un urlo acuto che squarciava il silenzio della notte; all’inizio credetti di sognare ma quando lo sentii nuovamente da sveglio non ebbi più alcun dubbio. Era un urlo. Un urlo disperato. Ed era la voce di Elris. Mi alzai e più veloce che potei mi precipitai nella sua stanza e non appena aprii la porta rimasi sconvolto da ciò che vidi. Elris, la mia Elris, si contorceva come se qualcuno l’avesse ferita a morte ed ora il dolore era diventato insopportabile, era madida di sudore e sul volto una profonda espressione di sofferenza che faceva star male anche me. Continuava ad urlare e contorcersi e quella fu l’unica cosa che mi fece uscire dal temporaneo stato di shock in cui ero caduto; mi avvicinai e cercai di svegliarla ma non mi sentiva, l’incubo era troppo vivido in lei per poterle permettere di prestare attenzione a qualcosa di diverso. Mentre continuava ad urlare e piangere con le mani stringeva forte le lenzuola che in alcuni punti, per la forza con cui le aveva afferrate, si erano strappate; era come se quei pezzi di stoffa erano l’unica cosa che avesse per tenersi aggrappata a qualcosa, come se da essi dipendesse la sua vita:
- Elris! – la chiamai – Elris, svegliati! – cercai di scuoterla.
Aprì di scatto gli occhi pieni di terrore e cominciò a guardarsi attorno impaurita come se si aspettasse di essere attaccata da un momento all’altro. Aveva il respiro accelerato, il volto rigato dalle lacrime e tremava, tremava come non avevo mai visto fare neanche a chi stava congelando; ad un tratto il suo sguardo si posò su di me e dischiuse le labbra per cercare di dire qualcosa ma da esse non uscì che un flebile suono che mi strinse il cuore. Era devastata e sconvolta. Sapevo che soffriva di incubi, me ne aveva parlato, ma non potevo immaginare la loro gravita ed entità:
- Era qui… Thorin, era qui… - cominciò a ripetere queste parole senza senso e nel frattempo si guardava ancora intorno.
- No, Elris, calma era solo un incubo, non c’è nessuno – le dissi mentre le accarezzavo la testa dolcemente cercando di calmarla.
- Io l’ho visto! – singhiozzò – Voleva uccidermi…  -
Mi guardò con disperazione prima di raggomitolarsi su se stessa e nascondendo il volto ricominciò a piangere e tremare dalla paura; mi sentivo impotente a vederla in quel modo e ne soffrivo, odiavo saperla vittima del suo passato e non poterla strappar via dai suoi incubi. Mi sedetti vicino a lei e la strinsi forte a me:
- Non ti succederà niente finché ci sarò io a proteggerti, ti giuro che niente e nessuno potrà mai ferirti –
- Davvero? – chiese alzando la testa quel poco che bastava per guardarmi negli occhi.
- Lo giuro sul mio orgoglio, Elris – risposi guardandola con decisione.
Annuì impercettibilmente regalandomi un leggero sorriso nonostante le lacrime continuavano a scenderle dagli occhi; poggiò la fronte contro le ginocchia e tirò un lungo e tremante sospiro che racchiudeva tutta la sua sofferenza. Feci scorrere la mano dalla sua spalla alla schiena che cominciai a massaggiare nel tentativo di rilassarla un po’; non potevo fare a meno di guardarla e pensare che nonostante fosse esausta e distrutta la sua bellezza non sembrava soffrirne. Le diedi un leggero bacio sulla tempia ed ispirai il suo profumo che sapeva di foresta all’alba quando la rugiada ne bagnava le foglie; alzò nuovamente la testa e guardandomi negli occhi poggiò una mano sulla mia guancia sinistra accarezzandone piano la folta barba, poi, nonostante il dolore che nascondeva negli occhi, sorrise leggermente:
- Sarei persa senza di te – sussurrò.
Le sue parole mi colpirono e la strinsi più forte a me. Vederla così questa notte mi aveva fatto capire quanto in realtà fosse fragile e quanto avesse bisogno di sentirsi protetta ed al sicuro ed io le avrei garantito tutto ciò anche a costo della mia vita. Elris era la mia priorità, lo sarebbe sempre stata, come se in lei avessi trovato il pezzo che mi mancava per sentirmi completo. Non mi serviva alcun tesoro, nessuna gemma perché io avevo lei.
- Non ti lascerò mai sola – ricambiai il suo sguardo e le sistemai una ciocca di capelli dietro l’orecchio, poi le diedi un bacio sulla testa e socchiusi gli occhi.
- Ti amo Thorin –
Il cuore perse un battito per la prima volta da quando ne avevo memoria. Elris mi amava. Aveva detto quelle parole con talmente tanta semplicità che sembrava che le tenesse in serbo già da tempo. E così era questo l’amore? Il sentimento di cui tutti ne cantavano le odi? Quello che ti colpiva con tutta la sua forza lasciandoti senza fiato? A quanto pareva si. La guardavo adorante senza poter distogliere lo sguardo e smettere di pensare a quanto fosse bella. La amavo. Si, ormai ne ero sicuro. Amavo tutto di lei, ogni singola sfaccettatura, la amavo perfino ora mentre era ancora succube dei suoi incubi; la amavo quando si arrabbiava, quando piangeva e questo non sarebbe mai cambiato. Se era questo l’amore allora mi sentivo fortunato a poterlo condividere con lei
- Ti amo Elris – il suo volto si illuminò e le ultime tracce del brutto sogno svanirono lasciandole solo un’espressione di pura gioia.

[FINE FLASHBACK]

- No, non possiamo – rispose con un sussurro mentre gli occhi le cominciarono a bagnarsi di lacrime – Devi smetterla di rivangare questi ricordi, così ti farai solo del male –
- Non posso evitarlo – sussurrai avvicinandomi – Pensavo che dopo il bacio in quelle rovine avrei potuto chiudere con il passato ma quello che provo per te me lo impedisce! – mi avvicinai ancora di più ma lei si tirò indietro scuotendo leggermente la testa.
- Ti prego Thorin…. Non dire così – rispose con un filo di voce distogliendo lo sguardo.
- Elris, sai che mi dispiace per ciò che ho fatto anni fa… - mi interruppe.
- Ascolta io tengo a te e questo sarà per sempre, ma ciò che c’è stato tra di noi non può tornare! Ormai è tardi Thorin… -
- Potremmo ricominciare una volta che ci saremo ripresi Erebor, hai già vissuto li ed eri felice – si girò a guardarmi – Il passato si può dimenticare –
- No Thorin! – alla fine scoppiò come se avesse tenuto dentro tutta la rabbia ed il rancore di questi anni sopiti solo per farli risvegliare ora, e me lo meritavo. – Tu mi avevi fatto una promessa! – distolse lo sguardo mentre continuava a parlare, come se solo vedermi le provocasse dolore e sapere che ero la causa di ciò faceva star male anche me – Te la ricordi quella sera ad Erebor quando tornata dalla battaglia ti dissi che sarei voluta rimanere con te?! – annuii piano – Quello è stato il momento più felice che avessi avuto da secoli! – mi guardò per qualche secondo e notai scendere dai suoi occhi delle piccole lacrime; poi sospirò e cercò di calmarsi – Quando sei venuto a svegliarmi dal mio incubo quella notte mi hai stretto a te e mi hai fatto delle promesse – la voce le tremava – Mi dicesti che ci saresti sempre stato per me, che non sarei stata più sola e che mi avresti sempre protetto… – fece una piccola pausa poi riprese guardandomi dritto negli occhi – Invece hai fatto tutto il contrario. Mi hai allontanata quando avrei avuto più bisogno di te, ero sola e con il cuore spezzato… – terminò con un sussurro.
Aveva ragione. L’avevo lasciata andare, le avevo fatto delle promesse che alla fine non avevo mantenuto e questo ancora la faceva soffrire:
- Hai ragione, mi dispiace ho fatto un enorme sbaglio! – mi avvicinai – Ma vorrei rimediare -
- Basta, per favore… - disse come una supplica mentre scuoteva la testa.
- Ti prego, Elris, lasciati salvare! -
- Tu non puoi salvarmi - sospirò - L’unica persona che può farlo sono io – si strinse nelle spalle.
- E come puoi farlo se il tuo passato ti terrorizza così tanto? –
- Me la caverò come ho sempre fatto dopotutto –
- Elris… - sussurrai.
- Ti prego Thorin… è meglio se vai via ora, per favore –
- Va bene… – annuii – Mi dispiace molto -
- Dispiace anche a me – sussurrò.
Distolsi lo sguardo puntandolo verso la finestra, poi senza aggiungere altro mi voltai e lentamente mi diressi verso l’uscita pensando alla disperazione sul volto della donna che amavo; afferrai la maniglia e la strinsi con forza come se volessi distruggerla. Aspettai ancora qualche secondo indeciso sul da farsi, poi mi voltai a guardarla mentre aprivo la porta e mi soffermai sui suoi occhi ed in quel momento capii che nonostante tutto l’avrei amata per sempre custodendo gelosamente quei ricordi che avevo di lei e che provavano che un tempo il nostro amore era stato reale. Mentre le rivolgevo un ultimo sguardo la consapevolezza mi colpì in pieno senza che io potessi fare nulla per impedirlo. L’avevo persa. L’avevo persa per sempre.

POV ELRIS

Appena Thorin si chiuse la porta alle spalle mi asciugai le lacrime e mi passai le mani tra i capelli. Perché doveva piombare qui e sbattermi in faccia il passato sapendo quanto ancora ci stavo male? Ero vissuta per molti anni con un dolore che mi squarciava il petto dovuto alla consapevolezza dell’odio di Thorin nei miei confronti ed ora proprio nel mezzo di tutto questo disastro veniva a chiedermi di ricominciare ed io non potevo fare a meno che domandarmi perché non mettere fine a questa sofferenza tempo fa. Dovevo smetterla di sentirmi così fragile e smarrita, quel tempo era finito da un pezzo. Presi un respiro profondo e cercai di dimenticare l’accaduto di poco fa, poi tornai a distendermi sul letto e fissare il soffitto nella speranza di convincermi che quello che era successo era solo frutto di un sogno; mentre rischiavo di perdermi nuovamente nell’abisso della mia mente sentii bussare ancora alla porta. Tirai un lungo sospiro decisa ormai ad accettare che questa sarebbe stata tutto fuorché una serata tranquilla:
- Avanti –
Mi voltai a guardare verso la porta dalla quale entrò Kili con un sorriso sul volto ma nonostante quello riuscire a vedere che nel suo sguardo avevano trovato posto la preoccupazione e l’incertezza:
- Ciao – si limitò a dire.
- Ciao – sussurrai.
- Come mai non sei venuta a cena? –
- Non avevo fame – feci spallucce – E poi avevo bisogno di stare un po’ da sola – distolsi lo sguardo.
- Sei strana –
Kili cominciava ad avvicinarsi ed io gli feci segno di sedersi sul letto; da dove ero riuscivo a vedere la Luna in tutta la sua magnificenza e bellezza, i suoi raggi illuminavano il paesaggio di una leggera luce biancastra rendendolo quasi mistico mentre una parte entravano nella stanza andando anche a sfiorare il profilo di Kili rendendolo anche più giovane di quello che già era. I suoi occhi mi squadravano come in cerca di qualcosa, come se mi leggessero dentro, non mi ero mai sentita così in tutta la mia vita:
- Non è niente – scossi la testa.
- Elris, come puoi essere sincera – insistette.
- Lo so – sorrisi un po’ – Ma, davvero, non è nulla sono solo pensieri di troppo –
- Ho visto mio zio entrare qui poco fa – disse a voce bassa – Non ci sto capendo più nulla, fino a qualche giorno fa vi odiavate come acerrimi nemici ed ora vi comportate in questo modo così strano. Cosa sta succedendo? –
Sbarrai gli occhi. Aveva visto Thorin. Che avesse anche sentito la nostra conversazione? No, impossibile. Ma cosa potevo dire ora? Come potevo spiegare la verità senza apparire ai suoi occhi come un’ipocrita? Non potevo mentirgli, non ora che aveva visto con i suoi occhi ma avevo anche paura del suo giudizio, paura che l’avrei perso. Non si meritava di essere trascinato nella mia oscurità. Alla fine però decisi di rischiare:
- Non nascondo che tra me e tuo zio molto tempo fa ci sia stato qualcosa, ma ora è tutto finito anche se tengo molto alla sua amicizia -
- Ho capito – mi voltai a guardarlo e nei suoi occhi vidi solo comprensione, aveva capito senza che io aggiungessi altro e cosa più importante non mi stava giudicando.
Alla fine cercai di stamparmi un sorriso in faccia più convincente possibile e cambiare discorso:
- Piuttosto – esordii – Come hai fatto a trovare questa stanza? –
- Ho chiesto ad una guardia e mentre venivo qui ho anche incontrato quel tuo “amico” Lindir, che, aggiungo, non mi sta per niente simpatico –
- Come mai? – domandai divertita.
- Forse perché si prende troppe confidenze con te – rispose guardandomi in modo serio lasciandomi stupita dalle sue parole tanto che cercai di buttarla sul ridere.
- Non dirmi che sei geloso!? –
- E se fosse? – domandò in tono di sfida mentre mi guardava dall’alto.
- Ti direi che non dovresti perché Lindir è uno dei miei più vecchi amici – risposi tranquillamente mentre mi giravo su un fianco reggendomi la testa con una mano.
- Va bene… - sussurrò – Posso farti una domanda? –
- Dipende… - forse già sapevo di cosa si trattava – Cosa vuoi chiedermi? –
- Perché quel soldato oggi ti ha chiamata << Mia Signora >>? Cos’è che non mi hai detto? –
- Queste sono due domande – ribattei in tono serio.
- Elris… - sussurrò come per rimproverarmi e supplicarmi al tempo stesso.
Tornai a distendermi e fissare il soffitto. Cosa dovevo fare? Purtroppo il mio cuore era scrigno di così tanti segreti che non sarebbe bastata una vita umana per raccontarli tutti; ma c’era un motivo che mi spingeva a tenerli celati agli altri e non credevo affatto che parlarne con qualcuno, soprattutto una persona come Kili, che non volevo perdere, mi avrebbe aiutata; quelli come lui erano rari da incontrare e di certo un contatto diretto con il Male lo avrebbe rovinato ed io non mi sarei mai perdonata una cosa simile. Sospirai nuovamente indecisa, ma alla fine le parole iniziarono a venir fuori da sole:
- Ciò che non ti ho detto è che mio padre era un grande Re degli Elfi del Nord e che la sua stirpe possedeva il dono di un’antica magia utile a sconfiggere i Draghi – parlavo senza staccare gli occhi dal soffitto – Mio nonno lo aiutò a sviluppare questa conoscenza e fu così che il mio popolo vinse la prima guerra contro i Serpenti del Nord. Sapevo che un giorno sarebbe toccato a me imparare ad usarla ma ci furono una serie di eventi sfavorevoli ed io non acquisii quel potere e quando arrivò Smaug ad Erebor mi sentii impotente e colpevole che non avessi fatto in tempo ad imparare come poterlo fermare –
- Perché non hai mai sviluppato quel dono? –
- Perché sia mio padre che mio nonno morirono prima di potermi insegnare come fare – feci una pausa, poi ripresi – E per rispondere alla tua prossima domanda: si, tuo zio lo sapeva e si, quel giorno durante la nostra lite me ne fece una colpa –
- Ma non è stata colpa tua! –
- Non secondo Thorin – sussurrai mentre immagini della mia conversazione con lui mi balenavano in mente.
- Per questo lo sanno in pochi vero? Perché hai paura che potrebbero reagire come lui –
- Esatto – annuii socchiudendo gli occhi.
- Sei un mistero… - sussurrò Kili assorto.
- No, fidati, sono solo qualcuno con un passato molto complicato – lo guardai mentre continuava ad avere quella sua aria assorta; perché ogni volta che mi era così vicino mi sentivo maledettamente strana? Forse era solo la stanchezza – Sarà meglio che anche tu vai a riposare –
- Sei davvero così stanca come mi hanno detto? – aveva l’espressione preoccupata, così decisi di provare a farlo ridere per allentare la tensione.
- Beh dopotutto sono vecchia! – esclamai sorridendo, lui invece accennò un piccolo sorriso ma rimase serio e pensieroso.
- No – disse piano – Per me, invece, sei bellissima -
Sentii un guizzo al cuore. Lo aveva detto veramente o me lo ero immaginata? Non capii il motivo ma mi sentii stranamente, probabilmente perché Kili mi trasmetteva quella sicurezza che nessuno mi aveva mai dato, forse neanche Thorin. Sentivo che era a disagio e forse stava pensando che la mia reazione non era da considerarsi buona visto che mi limitavo a fissarlo senza dir nulla, così dispiaciuto ed imbarazzato parlò nuovamente:
- Mi dispiace, scusami, io… io non avrei dovuto dirlo –
Lo interruppi poggiando delicatamente l’indice sulle sue labbra e mettendomi a sedere e sorrisi:
- Grazie – mi limitai a dire facendo scivolare piano il mio dito dalle sue labbra che si aprirono in un sorriso raggiante.
- So perfettamente che tu sei un Elfo leggendario che proviene da una famiglia nobile mentre io sono solo un Nano espropriato della propria patria e senza niente da offrire al momento, ma… - ebbi la sensazione si sapere quello che stava per dirmi – Ti amo… - sussurrò abbassando lo sguardo come se quelle parole non le avrebbe mai dovute pronunciare.
Rimasi sbalordita, il cuore mi balzò dal petto in un turbinio di emozioni che per la maggiore mi erano sconosciute. Kili mi amava? Amava davvero una persona che aveva un passato così oscuro? Il Male era parte di me, lo sapevo, lo sentivo e non potevo evitarlo, ormai mi aveva intaccata, le guerre mi avevano rovinata rendendomi qualcosa di molto simile ad un ombra incapace di potersi aprire alla felicità. No, era sbagliato. Non poteva provare una cosa così importante nei confronti di una persona come me. Non potevo permettergli di perdersi nel mio buio, lui che era la luce, la gioia e la speranza. Io non meritavo di essere amata, avevo fatto cose molto discutibili in passato e come avevo appreso ultimamente questo può tornare all’improvviso a chiedere il conto. Non potevo permettermi di pensare ad altro, di lasciarmi andare ad un tipo di felicità alla quale avevo rinunciato tempo fa nel momento in cui capii che poteva esserti brutalmente sottratta e tutto ciò che ti rimaneva era un cuore vuoto e spezzato. Ciò che mi serviva ora era vincere la mia battaglia. Battere il mio nemico una volta per tutte, liberarmi dei miei incubi rigettandoli nel tugurio dal quale erano venuti strisciando. Dovevo cancellare tutti i sentimenti dalla mia vita, privarmi di ciò a cui tenevo per essere più forte. Purtroppo avevo imparato a mie spese che provare qualsiasi sentimento simile all’amore durante spedizioni pericolose o in procinto di una guerra era pericoloso perché alla fine finisci per tenere a troppe persone che potrebbero esserti portate via con troppa facilità ed io non avrei sopportato altre perdite. Kili era diventato importante per me in questi pochi giorni, che avrei rischiato la mia vita pur di mantenerlo al sicuro; lui si meritava il meglio ed io non potevo offrirglielo. Sapevo che il mio silenzio non faceva altro che accrescere il senso di colpa e l’angoscia in lui che non riusciva più a guardarmi in faccia; stavo per dire qualcosa quando all’improvviso bussarono per l’ennesima volta alla porta e prima che io potessi parlare Gandalf entrò senza convenevoli e con fare urgente:
- Scusate il disturbo, ma Elris devi venire con me –
Mi alzai d’improvviso e mi guardai attorno in cerca di qualcosa; mi sentivo come persa e mentre ero occupata con il turbinio di pensieri che mi ronzava in testa sentii lo sguardo di Kili che seguiva ogni mio movimento come se cercasse di studiarmi. Cercai di ignorare la sensazione che mi davano i suoi occhi quando mi osservavano e presi un pugnale che nascosi nello stivale, poi mi diressi a passo svelto verso la porta ma prima di uscire mi bloccai di colpo per qualche secondo consapevole che dovevo dire qualcosa, non potevo lasciarlo così. Mi voltai ed incontrai uno sguardo afflitto che mi pugnalò al cuore provocandomi uno strano dolore che non avevo mai provato prima e che non auguravo a nessuno di sperimentare:
- Mi dispiace, devo andare –
- Si, capisco – annuì abbassando leggermente il capo – A dopo –
- A dopo –
Mi chiusi la porta alle spalle e seguii Gandalf a testa bassa, ero certa che lui avesse intuito che stava succedendo qualcosa ma sperai con tutta me stessa che non avrebbe detto nulla così da evitarmi di pensarci ancora, ma non fu così:
- Cosa ci faceva il giovane Kili con te? –
- Mi era venuto a trovare visto che non mi ero presentata a cena – feci spallucce cercando di essere convincente.
- E Scudodiquercia? – rimasi sorpresa per l’ennesima volta questa in questa fin troppo lunga giornata.
- Voleva accertarsi che stessi bene, dopo avermi vista in quelle condizioni nel bosco si era preoccupato – mentii in parte e sperai che Gandalf non se ne accorgesse.
- Devono tenere, entrambi, molto a te – disse con un tono di voce che intendeva sottolineare parole nascoste ma che capii ugualmente.
- Si… - sussurrai pensierosa.
- Stai attenta mia cara – mi guardò in un modo strano che non seppi decifrare.
- Possiamo parlarne in un altro momento? – domandai quasi implorante e lui capì il mio stato d’animo; poi cambiai discorso – Dove stiamo andando? –
- Elrond sta per rispondere alle nostre domande –
- Molto bene – sospirai – Spero solo che Thorin collabori –
- Per questo ti ho chiamato –
Non capii subito la sua risposta, poi mi venne in mente che probabilmente centrasse con quello che era successo non meno di un ora fa, anche se dopo la nostra “chiacchierata” non potevo pretendere che facesse qualcosa solo perché glielo stavo chiedendo io. Mentre continuavo a pensare mi accorsi che eravamo arrivati nel chiostro all’aperto dove si sarebbe tenuta questa specie di consultazione; davanti a me c’erano Elrond, Bilbo, Thorin e Balin e dalle facce di questi ultimi due intuii che non avrebbero collaborato tanto facilmente. Sentivo lo sguardo di Thorin addosso ed una strana sensazione di disagio cominciò a crescere in me:
- Bene, ora che ci siamo tutti potrei sapere il motivo della vostra visita? – chiese Elrond gentilmente.
- Siamo qui per un consulto, se possibile – rispose Gandalf.
- Le nostre faccende non sono affari degli Elfi! – sbraitò Thorin.
- Per tutti i fulmini, mostragli la Mappa! – insistette lo stregone.
- Appartiene al mio popolo ed è mia da proteggere come i suoi segreti! –
- Ci risiamo! – esclamai incrociando le braccia al petto e facendomi in avanti. Sapevo che non avevo alcun diritto di persuaderlo ma era una faccenda importante – Thorin, dannazione il tuo orgoglio sarà la tua rovina! Re Elrond è uno dei pochi nella Terra di Mezzo che può leggerla, mostragliela, per favore… -
Thorin mi riservò uno strano sguardo, poi dopo un momento di incertezza sospirò rassegnato ed annuì avvicinandosi al Re per tendergli la Mappa; Balin cercò di fermarlo e ma lui non lo ascoltò. Elrond la prese e portandosela davanti agli occhi rimase sorpreso da quello che rappresentava:
- Erebor – sussurrò alzando lo sguardo verso Thorin – Che interesse avete verso questa cartina? – Thorin fece per rispondere ma Gandalf lo precedette lanciandogli uno sguardo complice.
- È perlopiù curiosità; come sai questa specie di manufatto spesso nasconde un testo. Leggi ancora in Nanico antico vero? –
In quel momento capii l’alone di mistero. Gandalf non voleva svelare, almeno per ora, lo scopo della nostra visita e forse era meglio così anche se di Elrond ero sicura che ci si potesse fidare cecamente; il Re si avvicinò alla luce emanata dalla brillante sfera bianca nel cielo e con sguardo concentrato rigirò la Mappa più volte finché non parlò:
- Rune Lunari –
- Ecco spiegato perché non riuscivamo a vederle – borbottai.
- Beh si, queste Rune possono essere lette solo al chiaro di una Luna che sia della stessa forma e stagione di quella in cui sono state scritte –
- Riesci a leggerle? – domandò Thorin speranzoso.
Elrond si voltò e noi lo seguimmo fino ad un insenatura sopra la quale una gran cascata riscendeva dalla montagna fino a valle dove si trasformava in un fiume; lì in quello spiazzo l’unica cosa presente era un leggio di pietra sul quale poggiò la Mappa:
- Queste rune sono state scritte in una vigilia di Mezza Estate al chiaro di una Luna crescente circa 200 anni fa – fece una pausa e si fermò a guardare Thorin con un sorriso – Sembra che tu fossi destinato a venire qui a Gran Burrone, Thorin Scudodiquercia; la stessa Luna splende su di noi questa notte –
Alzammo tutti lo sguardo verso la sfera nel cielo ed improvvisamente uno dei suoi raggi filtrò attraverso il trasparente velo d’acqua per andarsi a posare proprio sulla Mappa e nello stesso istante comparvero dei simboli argentei; Re Elrond cominciò a leggerli a voce alta:
- << Sta accanto alla pietra grigia quando il Tordo picchia e il Sole che scende con il suo risolutivo raggio il dì di Durin splenderà sul buco della serratura>> -
- Il dì di Durin? – chiese Bilbo aggrottando le sopracciglia.
- È l’inizio dell’Anno Nuovo per i Nani – iniziai a spiegargli – Quando l’ultima Luna di autunno ed il primo Sole d’inverno appaiono insieme nel cielo –
- Questa notizia è sfavorevole – disse Thorin – L’estate sta finendo ed il dì di Durin incombe su di noi –
- Abbiamo ancora tempo – disse Balin facendo qualche passo verso Thorin.
- Tempo per cosa? – domandò Bilbo incerto.
- Per trovare l’entrata, dobbiamo essere esattamente nel posto giusto al momento giusto e solo in quel momento la porta può essere aperta -
- Siamo sicuri che funzionerà? – domandai.
- Deve funzionare – rispose Thorin.
- Non abbiamo altra scelta mia cara – aggiunse Balin.
- Così questo è il vostro scopo – disse Elrond – Entrare nella Montagna? –
- Hai qualcosa da ridire? – gli chiese bruscamente Thorin.
- Ci sono alcuni che non lo riterrebbero saggio –
- Come sarebbe? – domandò Gandalf.
- A chi ti riferisci? – chiesi aggrottando le sopracciglia.
- Voi due non siete gli unici Guardiani che vegliano sulla Terra di Mezzo –
Elrond si allontanò verso un altro porticato ed io e Gandalf lo seguimmo per cercare cosa intendesse con le sue parole, poi ad un tratto lo stregone parlò:
- Con o senza il nostro aiuto questi Nani marceranno sulla Montagna, sono determinati a reclamare la loro terra natia e non credo che Thorin Scudodiquercia debba chiedere il permesso a qualcuno ed io neanche! –
- Non è a me che devi chiedere l’autorizzazione – disse Elrond indicando un punto dietro di noi.
Io e Gandalf ci voltammo e vidimo sotto un’arcata, sollevata da terra da alcuni gradini, una Dama interamente vestita di bianco dalla pelle chiara ed eterea, con capelli che riprendevano il colore dell’oro mentre gli occhi riflettevano quello del cielo:
- Lady Galadriel – esclamammo sorpresi io e Gandalf.
- Elris, Mithrandir… è passato tanto tempo amici miei – rispose lei con tono lento e melodioso ed un accenno di sorriso.
- Non avevo idea che Re Elrond ti avesse chiamata – disse Gandalf.
- Non è stato lui, sono stato io –
Una voce cupa e profonda venne da un angolo nell’oscurità, poi pian piano una figura avanzò verso il fascio di luce lunare che lo illuminò interamente: era un vecchio alto ed interamente vestito di bianco, perfino la barba ed i capelli avevano sfumature biancastre in mezzo al grigio. Lo riconobbi subito dalla voce e nell’istante in cui lo feci qualcosa mi ribollì dentro facendo crescere la mia irritazione tanto da costringermi a socchiudere gli occhi e respirare profondamente per calmarmi:
- Saruman – dissi duramente.
- Elris – il suo sguardo saettò su di me illuminandosi di qualcosa molto simile all’ira o all’irritazione o ad entrambe.
- Saruman che piacere – disse Gandalf cercando di spostare l’attenzione dello stregone Bianco da me per evitare una lite.
- Gandalf – esordì lui – Sei stato molto occupato di recente, amico mio –
Elrond ci condusse allo spazio dedicato al Consiglio, era di forma circolare con un tavolino di pietra nel mezzo dove vi si sedettero Gandalf e Saruman; era una serata tranquilla, sembrava che tutti i suoni caratteristici della notte fossero scomparsi o nascosti consapevoli di una crescente oscurità che minacciava queste terre, ma avevo l’impressione che questa tranquillità sarebbe durata poco:
- Ditemi – cominciò a parlare Saruman rivolgendosi a me e Gandalf – Pensavate che questo vostro piano sarebbe passato inosservato? -
- Inosservato? – domandò Gandalf innocentemente – No, stiamo solo facendo quello che riteniamo più giusto –
- Il Drago è da lungo tempo nella tua mente – disse Galadriel voltandosi verso Gandalf.
- È vero mia Signora – rispose lui – Smaug non deve fedeltà a nessuno ma se dovesse schierarsi con il Nemico in una eventuale guerra un Drago può essere usato con un effetto terribile –
- Non c’è nessun Nemico, Sauron è stato sconfitto e non potrà più riacquistare la sua forza – disse Saruman.
- Sciocchezze... - dissi tra me e me con una risata sarcastica – Come puoi essere così cieco? Il male che esercitava Sauron sarà sempre una minaccia! – esclamai.
- Elris per 400 abbiamo vissuto in pace, una pace vinta a fatica e tu lo sai bene, lo hai visto con i tuoi occhi – rispose Elrond.
- Siamo davvero in pace? – domandò Gandalf retorico – I Troll sono venuti giù dalle Montagne distruggendo fattorie e gli Orchi ci hanno attaccato lungo la via! – insistette.
- Tutt’altro che un preludio alla guerra –
- Dovete sempre cercare guai dove non ce ne sono! – ci ammonì Saruman facendomi bollire il sangue.
- Ho vissuto su questa terra per 3500 anni, ho combattuto contro Sauron ed ho visto con i miei occhi di cosa è capace, di certo non mi invento nulla – ribattei con durezza.
- Lasciateli parlare – intercedette Galadriel.
- C’è qualcosa che si nasconde dietro la minaccia di Smaug, qualcosa che lavora nell’ombra – iniziai – Ed è potente – guardai prima Elrond poi Saruman – Noi possiamo anche fingere che non esista ma di certo lui non ci riserverà lo stesso trattamento! C’è una malattia che aleggia su Bosco Fronzuto, i suoi abitanti ora lo chiamano Bosco Atro e dicono… - all’improvviso la voce mi si affievolì e non riuscii a continuare al solo pensiero di quello che si stava preparando nell’oscurità.
- Ebbene? – domandò Saruman alzando le sopracciglia e guardandomi dritta negli occhi – Dicci cosa dicono gli abitanti del Bosco –
- Parlano di un Negromante che vive a Dol Guldur – continuò Gandalf al mio posto mentre mi rivolgeva uno sguardo solidale – Uno stregone che può reincarnare i morti – continuò spostando lo sguardo verso gli altri.
- Questo è assurdo! – esclamò Saruman indignato – Non esiste un tale potere a questo mondo! Questo Negromante non è altro che un mortale che si diletta in Magia Nera –
La pazienza stava esaurendo, scossi la testa alzando gli occhi al cielo pregando che qualcuno lo facesse ragionare:
- La pensavo anche io così ma Radagast ha visto… -
- Radagast? – domandò Saruman con scetticismo e disprezzo – Non devi parlarmi di Radagast il Bruno, è uno sciocco – non potevo credere che proprio lui che doveva essere il più saggio parlava così di un suo amico.
Guardai verso Gandalf e notai che non prestava più attenzione a Saruman, era fermo, immobile con lo sguardo fisso davanti a se; sapevo che Lady Galadriel stava parlando con lui e forse lei era l’unica che ci avrebbe creduto, l’unica a poterci realmente aiutare. Saruman continuava a blaterare sulla scarsa efficienza di Radagast e sembrava che solo Elrond lo stesse ascoltando; anche io pensavo ad altro… pensavo a questa impresa e a come sarebbe andata a finire. Ormai era il mio pensiero fisso e temevo che, anche con tutta la buona volontà e l’impegno che potevamo metterci, avrebbe preso risvolti alquanto disastrosi soprattutto se si prospettava un ritorno da parte di Sauron. Ad un tratto Gandalf tirò fuori il fagotto che gli aveva dato Radagast e che conteneva la spada; presi un respiro e cercai di raccogliere tutta la forza di volontà ed il coraggio che avevo:
- Cos’è quello? – domandò Elrond avvicinando la mano per scansare la stoffa.
- Una reliquia di Mordor – sussurrò Galadriel.
- Una Lama Morgul –
Il mio disagio cominciò a crescere man mano che continuavo a guardare quella spada: era come se fosse un simbolo dal passato giunto proprio qui per dirci che non era ancora finita, che questa ea solo una tregua temporanea in attesa della grande guerra:
- Elris, mia cara, ti vedo turbata – mi disse Galadriel dolcemente mentre mi poggiava una mano sul braccio.
- Si… - sussurrai – Non nascondo che questa situazione mi riporta alla mente brutti ricordi –
- Non temere, amica mia, non sei sola – sorrise.
- Grazie – ricambiai il sorriso, poi presi coraggio e parlai – Quella lama è stata fatta per il Re degli Stregoni di Angmar, quando fu sconfitto gli uomini del Nord sigillarono il suo corpo e tutto ciò che lui possedeva nelle colline di Rhudaur, lo seppellirono nella profondità della roccia in una tomba talmente oscura che non sarebbe mai dovuta venire alla luce –
- Ma questo non è possibile – disse Elrond – Un potente incantesimo grava su quelle tombe, non possono essere aperte! –
- Quali prove abbiamo che quest’arma provenga dalla tomba di Angmar? – chiese Saruman sempre con quel tono scettico intriso di superiorità.
- Non ne ho alcuna – rispose Gandalf.
- Perché non ce ne sono! – tuonò il Bianco – Esaminiamo ciò che sappiamo: un branco di Orchi ha attraversato il Bruimen, una daga di un’era passata è stata ritrovata ed uno stregone umano che si fa chiamare il Negromante si è stabilito in una vecchia fortezza. Non è molto, dopotutto – terminò con alzata di spalle che mise fine alla mia pazienza.
- Questo è troppo! – esclamai.
- Elris, calma – mi sussurrò Elrond.
- No, non mi calmo! – poi mi rivolsi a Saruman – Come puoi ignorare segni così evidenti?! Come puoi pensare che siano tutte delle coincidenze o degli eventi fini a loro stessi? Questa che tu chiami una semplice daga è la stessa lama che ho visto nelle mani del suo proprietario durante la guerra che si svolse a Mordor 400 anni fa, la stessa lama che mi ha trafitto e quello che tu pensi sia solo uno stregone umano non è altri che Sauron tornato per vendicarsi! – esclamai sbattendo un pugno sul tavolo.
Saruman mi guardava impassibile come se quello che avevo detto fino ad ora non lo toccasse minimamente o addirittura sembrava che non mi avesse proprio ascoltato; mi tirai su e lo guardai con aria di sfida, non avevo affatto paura o rispetto per lui e questo a Saruman non andava a genio, non tanto perché tutti lo consideravano il più saggio e per questo degno di rispetto, quanto il fatto che a sfidarlo fosse una donna:
- Come osi parlarmi così? – disse duramente mentre riduceva gli occhi in due fessure – Sai chi sono io? –
Feci per ribattere ma Elrond mi precedette:
- Forse Elris ha esagerato, ma comunque penso che abbia ragione a non prendere la situazione troppo alla leggera –
- Sono solo supposizioni e nessuna prova – insistette.
- Quali altre prove ti servono?! -
- Ora basta, non sono venuto fin qui per farmi insultare da questa Mezzelfo! –
- Elris, mia cara, va a riposare ne hai bisogno – mi disse Galadriel dolcemente e con uno sguardo comprensivo.
- Mi dispiace mia Signora, non intendevo… -
- Tranquilla, non sono arrabbiata con te – sorrise nuovamente.
Annuii semplicemente e prima di voltarmi mi scambiai un ultimo sguardo di fuoco con Saruman che pensava di averla avuta vinta; girai i tacchi e mentre scendevo i gradini che terminavano sul sentiero piastrellato sentii chiaramente la voce profonda di Gandalf che mi parlava nella testa:
- << Elris, va, portali via, guidali tu io vi raggiungerò sulla strada. Sbrigati prima che qualcuno vi fermi >> -
- << Va bene, ci vediamo sulle Montagne >> -
Accelerai il passo verso il sentiero e mi sbrigai a raggiungere la sala dove erano stati ospitati gli altri della Compagnia dopo la cena. L’alba era spuntata già da un po’ e colorava con la sua tenue luce le pareti marmoree dei corridoi di Gran Burrone; Gandalf aveva ragione, forse Elrond avrebbe lasciato correre e Lady Galadriel si sarebbe occupata del Negromante, ma Saruman, convinto delle sue idee avrebbe potuto impedire alla Compagnia di proseguire il suo viaggio anche se lui non aveva alcun diritto nel fermarli. Sgusciai silenziosamente tra il colonnato e quando trovai gli altri, senza farmi vedere dagli Elfi presenti, attirai l’attenzione di Thorin, mettendo momentaneamente da parte gli avvenimenti della sera precedente; quando mi vide aggrottò le sopracciglia e senza dir nulla si avvicinò nascondendosi dietro una colonna assieme a me:
- Che succede? – mi chiese a voce bassa.
- Non c’è tempo per le spiegazioni, dobbiamo andarcene subito – dissi mentre mi guardavo attorno.
- Perché, il tuo amico Re non ci appoggia? –
- Era accusatoria questa domanda? – chiesi guardandolo dritto negli occhi.
- Forse – incrociò le braccia al petto; a quanto pareva aveva deciso di trattare con me usando il suo solito tono, quello che avevamo quando eravamo ancora in conflitto. Come potevamo dirci addio e buttare il passato alle spalle senza ricorrere a questa freddezza? Senza doverci perdere nel rancore? Forse un modo non c’era e non ci sarebbe mai stato, semplicemente io e lui saremmo vissuti per sempre ai due antipodi tra l’amore e l’odio.
- Thorin, non è il momento! –
- Allora dammi una spiegazione –
- È Saruman il Bianco a non appoggiare la nostra missione, tantomeno a dare credito alle parole mie e di Gandalf per questo dobbiamo andar via -
- Va bene – annuì.
- Fingete di ritirarvi nelle vostre stanze, ci vediamo davanti al sentiero d’uscita –
- Tu dove vai? –
- A prendere le mie armi –
Tornai in camera a passo svelto, aprii la porta e chiudendomela alle spalle iniziai a prepararmi rimettendo al loro posto la spada, i pugnali e l’arco con la faretra; mi allacciai il mantello e presi la sacca poi uscii di nuovo ripercorrendo il corridoio ma prima che potessi voltare l’angolo per raggiungere gli altri fui fermata da qualcuno che mi comparve davanti:
- Lindir… -
- Elris, dove stai andando? –
- Ehm… vado a fare una passeggiata – sperai di convincerlo.
- Sicura di star bene? –
- Si, ho solo bisogno di camminare un po’ –
- Perché porti le armi con te? – aggrottò la fronte.
- È l’abitudine – feci spallucce.
- Posso accompagnarti? – domandò con un sorriso.
- Tranquillo non c’è bisogno, sarò presto di ritorno –
- Allora buona passeggiata –
- Grazie –
Mi voltai e cominciai a camminare verso l’uscita, poi appena Lindir sparì dalla mia vista corsi il più veloce possibile e quando arrivai al luogo dell’appuntamento li trovai tutti lì ad attendermi:
- Perché ci hai messo tanto? – mi domandò Nori.
- Lindir, mi ha vista e gli ho detto che uscivo a fare una passeggiata ma ha notato che avevo le armi e forse ha capito –
- Da che parte andiamo allora? – chiese Balin.
- Seguitemi, passeremo da un’altra uscita –
Passammo per un corridoio secondario dove non c’erano guardie, mentre lo percorrevamo nessuno diceva niente ed io ero persa nei miei pensieri: ero preoccupata per Gandalf, perché voleva che andassi avanti? Cosa aveva da sbrigare? Una strana sensazione di calore dietro la schiena mi distolse dalle mie domande, qualcuno mi stava osservando, stava seguendo ogni mio movimento con l’intento di capire cosa mi passasse per la testa e stavolta non si trattava di Thorin, ma di Kili. Odiavo averlo lasciato così d’improvviso dopo che ieri sera mi aveva confessato ciò che provava, ma la verità era che avevo paura. Cosa potevo dirgli? Come potevo fargli capire che non ero la persona adatta senza spezzargli il cuore facendo così del male non solo a lui ma anche a me stessa? Non avevo neanche il coraggio di guardarlo negli occhi, neanche di incrociare per sbaglio il suo sguardo, per questo cercavo di non voltarmi; sapevo che il mio era un comportamento assurdo e da codardi ma, per ora, non sapevo reagire diversamente. Alla fine il sentiero uscì all’aperto nella parte Ovest rispetto all’entrata principale, dove avevamo la copertura degli alberi, mentre uscivamo da Gran Burrone, percorrendo uno stretto viottolo tra due filari di vegetazione, mi voltai a guardare il Palazzo un ultima volta sentendomi a pezzi visto che ero costretta a fuggire da un luogo che consideravo casa mia. Mentre risalivamo il sentiero verso le Montagne, Dwalin mi si avvicinò:
- Stai rischiando molto aiutandoci ragazza mia –
- Siete come una famiglia per me e poi Saruman non può farmi nulla e se anche fosse non ho paura di lui –
- E Gandalf? Non viene? – domandò Bilbo.
- Ci raggiungerà più avanti, ora sbrighiamoci –
Arrivammo in cima al sentiero e varcammo il confine delle Terre Selvagge, ora eravamo ufficialmente in territorio nemico e dovevamo stare ancora più allerta visto che eravamo braccati. Conoscevo perfettamente ogni angolo di queste lande desolate, avevo passato gran parte dei miei anni a viaggiare per esse e con il tempo ne imparai ogni segreto e scorciatoia attraverso vari punti di riferimento. Continuammo a camminare per le sterpaglie tutti in fila seguendo Balin che apriva la strada; in alcuni punti l’erba era molto alta ed arrivava fino alle ginocchia tanto da darci la possibilità di poterci nascondere almeno un po’ ad occhi indiscreti. Pensai nuovamente a Gandalf e sperai che quando ci avesse raggiunto avrebbe portato con se buone notizie, mi serviva un po’ di speranza, non solo a me ma a tutti noi, credere almeno per un attimo che ce l’avremmo fatta. Mentre avanzavamo, man mano cominciava a crescere in me una forte sensazione di disagio ed era inutile, non importava quante volte avrei cercato di mettere da parte questi pensieri, alla fine sarebbero sempre tornati; il vero problema era che io non avevo una risposta, non sapevo come dover affrontare una situazione così delicata senza uscirne illesa:
- Che ti passa per la testa? – mi domandò Bilbo avvicinandosi a me.
- Cosa? – domandai risvegliandomi dai miei pensieri.
- Sei silenziosa da quando abbiamo lasciato la casa Elfica – disse Bofur camminando alla mia sinistra.
- Sto bene, veramente, sto solo pensando un po’ –
- E sarebbe sgarbato chiedere a cosa? – domandò Bilbo gentilmente.
- No – sorrisi un po’ – Si tratta di ciò che sta tenendo occupato Gandalf - sospirai - Spero solo che sia utile –
- Tu non sai di cosa si tratta? – chiese Bofur.
- Purtroppo no, non mi ha detto nulla a parte di portarvi via il più in fretta possibile –
Dopo qualche altra ora di cammino Thorin suggerì di fare una pausa, così tutti si gettarono a terra nella soffice distesa della brughiera; il cielo era di un azzurro acceso ed il sole caldo e luminoso nonostante l’estate stava giungendo al termine. Mi staccai un po’ dalla Compagnia e cominciai a girovagare lì nei dintorni in cerca di un posto tranquillo ed appartato dove potermi nuovamente perdere nei miei pensieri ed estraniarmi momentaneamente da una realtà che non mi piaceva affatto; pochi passi più in là trovai un angolo di paradiso dove potermi rifugiare almeno per un po’. Era un piccolo scorcio dietro dei cespugli che nascondevano una piccola discesa di non più di quattro metri che terminava in uno spiazzo semicircolare che affacciava a strapiombo sul paesaggio sottostante. Arrivai proprio vicino al bordo, lì il vento era più forte e mi scompigliava i capelli facendoli volare in tutte le direzioni poi guardai giù: la profonda gola terminava su una vasta distesa d’erba verde scuro che mano a mano si procedeva verso Est si irradiava in una pianura, attraversata anche da qualche colle, che arrivava fin dove l’occhio poteva distinguere il confine tra cielo e terra. In momenti come questi mi sentivo libera. Guardare le cose dall’alto aiutava a rendersi conto dell’entità dei tuoi problemi, vedere questa natura sconfinata e potente ti dava la carica che serviva per volerla difendere dal male che minacciava di impossessarsene. Alzai lo sguardo verso il cielo e socchiudendo gli occhi lasciai che il sole mi scaldasse con i suoi raggi dorati. Se c’era una cosa che avrei voluto fare con tutta me stessa era volare. Poter viaggiare così in alto guardando da lassù tutte le terre e dimenticarsi per un po’ del dolore che le abitava. Tornai poco più indietro e mi sedetti a circa tre metri dal bordo con la schiena poggiata contro un masso ed iniziai a giocherellare, quasi senza rendermene conto, con l’elsa della spada. Dopo qualche minuto sentii dei passi dietro di me e poco dopo una figura mi si parò davanti:
- Fili – non nascosi il mio stupore nel trovarmelo davanti.
- Stai bene? È un po’ che sei sparita – mi chiese con tono preoccupato.
- Si, tutto bene – evitavo il suo sguardo nella speranza che sarei riuscita a nascondere ciò che mi tormentava – Avevo solo bisogno di smettere di pensare per un po’ – si sedette.
- Elris, parla con me. Non stai bene, si vede che c’è qualcosa che ti tortura –
- Non devi preoccuparti, non è niente – scrollai le spalle.
- Kili mi ha raccontato tutto – disse in un sospiro.
Il cuore perse un battito e mi irrigidii. Avevano parlato di ciò che era accaduto prima che Gandalf venisse a chiamarmi per partecipare al Consiglio. Mi sentii improvvisamente in imbarazzo. Perché Fili era venuto a parlarmene? Che avessi ferito Kili e lui voleva che aggiustassi le cose? Ma come visto che neanche io sapevo perfettamente cosa stava realmente succedendo? :
- Capisco… - sussurrai.
- Dovresti andargli a parlare – sentivo il suo sguardo addosso che cercava di capire dalla mia espressione ciò che la mente nascondeva.
- E dirgli cosa? – sospirai – Non sono brava in queste situazioni–
- Devi solo tirare fuori quello che ti preoccupa –
- Ascolta Fili, apprezzo veramente il fatto che tu stia aiutando tuo fratello, ma al momento ho la testa altrove, mi dispiace – terminai guardandolo negli occhi, lui aveva un leggero sorriso dipinto sulle labbra, come se fosse a conoscenza di qualcosa che a me sfuggiva.
- Non lo sto facendo solo per mio fratello, ma anche per te – cosa intendeva dire? – Non credi che dopo tutte le cose difficili che hai passato ti meriti qualcosa di più della semplice sopravvivenza? –
- Non credo di essere capace a fare qualcosa di diverso – risposi con un filo di voce – Dopo tutti questi secoli trascorsi solo in mezzo ai campi di battaglia dove ho tirato fuori il peggio da me stessa, ho paura di non riuscire più ad amare –
- Non si smette di provare amore a comando – sorrise.
Non dissi più niente, rimanemmo entrambi in silenzio finché non arrivò Dwalin ad informarci che Thorin aveva deciso di trovare un posto nei dintorni per accamparci, così sia io che Fili ci alzammo e tornammo dagli altri che si stavano allegramente godendo il sole e l’aria fresca. Avrei dato qualsiasi cosa pur di avere anch’io la mente sgombra per qualche istante. Invece no. La mia testa era un continuo turbinio di pensieri sia di giorno che di notte ed io stavo diventando sempre più nervosa, l’unica cosa che avrebbe placato almeno un po’ la mia preoccupazione sarebbe stato l’arrivo di buone notizie da Mithrandir… non mi restava che aspettare. Quando ci fermammo nuovamente il tramonto era vicino e l’aria era diventata un po’ più pungente man mano che salivamo di quota; il sole si era trasformato in una palla infuocata ed aveva tinto il cielo, a sprazzi ancora azzurro, di un brillante arancione che irradiava con la sua sfumatura dorata le Montagne e le pianure sotto di noi. Nuovamente tutti si sedettero e prepararono il loro giaciglio per la notte e nuovamente io mi isolai con stavolta l’intento di concentrarmi su ciò che mi aveva detto Fili, ma più ci pensavo, più ne uscivo consapevole del fatto che non ero una persona in grado di provare sentimenti come una volta. Avevo costruito uno scudo attorno a me con gli anni che mi proteggeva da tutto e tutti tenendo alla larga ciò che poteva rendermi debole, che sarebbe potuta essere considerata un’arma da usare contro di me. Il risultato era che mi sentivo più sola che mai anche se ero circondata da vecchi amici, ormai la solitudine era l’unica cosa che mi teneva compagnia, l’unico punto fisso in me. Quando calò il sole tornai a sedermi con gli altri vicino ai piccoli falò che avevano acceso, tutti avevano trovato un posto dove trascorrere la notte ed ora attendevano con impazienza che Bombur terminasse di preparare la cena; io mi ero sistemata sotto un albero e dopo essermi liberata di spada, arco e frecce cercai di rilassarmi un po’ chiudendo gli occhi:
- Eri sparita di nuovo, mi ero preoccupato –
Kili. Alla fine aveva deciso di venire lui da me. E ora? Ora niente. Avrei dovuto solo cercare di allontanarlo senza ferirlo, anche se mi costava farlo dovevo pensare che era per il suo bene. In quel preciso istante mi odiai con tutta me stessa:
- Tranquillo, non vado da nessuna parte – riposi in un sussurro.
Evitavo il suo sguardo perché sapevo che guardarlo negli occhi mi avrebbe reso le cose ancora più difficili; lo sentii sospirare tristemente e quel sospiro mi provocò una fitta al cuore:
- Elris, perché non mi parli più? – continuavo a non guardarlo ma potevo perfettamente immaginare l’espressione che aveva ed in quel momento un’altra fitta, più forte della precedente, mi attraversò il petto – Se è per quello che ti ho detto ieri mi dispiace, dimenticalo, non volevo turbarti così… - non riuscivo a voltarmi, era più forte di me, ma le sue parole erano come lame affilate: stava soffrendo per colpa mia. Non sapevo cosa dire e mentre il silenzio cresceva sentivo le lacrime salire – Mi odi così tanto? –
Furono quelle parole a darmi il colpo di grazia. Quelle quattro parole sussurrate come se fossero un segreto troppo grande da permettere che fossero sentite da altri mi paralizzarono. Era questo quello che pensava? Che lo odiavo? Doveva essere lui ad odiare me per quello che gli stavo facendo. Alla fine mi decisi a guardarlo e tutto ciò che vidi quando mi voltai fu qualcuno di smarrito e confuso con gli occhi colmi di tristezza, paura e disperazione; tutti sentimenti che non gli avrei mai augurato di provare:
- Kili, no che non ti odio – sospirai – Non potrei mai odiarti –
- Allora perché non vuoi parlare con me dopo ieri sera? Parlami dei tuoi pensieri… dei tuoi sogni, di come ti senti – aveva un tono disperato nella voce e sembrava come se mi stesse supplicando – Perché non vuoi lasciarmi entrare? – disse a voce bassissima – Perché non mi ami come ti amo io? –
Alla fine le lacrime cominciarono a scendere giù lentamente senza il mio controllo. Le parole di Kili avevano toccato punti dolenti del mio essere come il chiudersi a riccio evitando così a chiunque di avvicinarsi più del dovuto. Ero fatta così. Anzi, no, ero diventata così. Molti secoli fa mi ero costretta a cambiare ed ora mi ero abituata a questa nuova parte di me tanto che la vecchia Elris era quasi del tutto sparita:
- Non ti lascio entrare perché non credo che ti piacerà quello che troveresti… – sussurrai con la voce spezzata.
- Ma questo lascialo decidere a me – rispose inginocchiandosi per guardarmi dritta negli occhi.
- Non merito di essere amata, Kili, ho fatto delle cose orribili in passato che ancora mi tormentano! – la disperazione si impossessò della mia voce – Mi sono trasformata in una persona che non avrei mai voluto essere ed ora c’è qualcosa che non va in me, qualcosa che si è spezzato e che non si potrà più aggiustare… sono difettosa –
Mi alzai senza dargli il tempo di rispondere ed approfittando del suo momentaneo stato di confusione mi allontanai sperando che non mi avesse fermata o seguita e per fortuna i Valar mi ascoltarono.



ANGOLO AUTRICE
Ecco quaaaa!!!! Un bel capitoletto interessante che vi lascerà co mooooolte domande!! ahahahah lo so sono un pò pefida ma per farmi perdonare nel prossimo capitolo si siegherà la fonte degli incubi di Elris, quindi tenete duro!!! E mi raccomando recensite e fatemi sapere cosa ne pensate!!! Un bacione a tutti!!! 😉😘

GiuliaStark

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Capitolo 9
*** Su per i monti e giù per i tunnel ***


Salve a tutti!!! Scusatemi per il clamoroso ritardo ma lo studio mi sta lentamente uccidendo, fortuna che tra poco è finita scuola! Comunque, questo capitolo diciamo che fa un pò da passaggio per poi arrivare al finale che delimita la prima parte di questo racconto. Spero vi piacerà! Un bacio e buona lettura! Mi raccomando recensite in tanti!!!! 😉

POV ELRIS

Il giorno arrivò presto lasciando una cupa ombra su di me e sulla sera precedente. Il confronto con Kili mi aveva privata di ogni forza, svuotata e resa ancor più fragile di quanto non lo fossi poche ore prima; non avevo dormito affatto ed ora cominciavo a sentirne il peso ma ero brava a nascondere i miei sentimenti, così mi celai dietro la mia solita maschera e con un’espressione decisa stampata sul volto mi preparai a guidare ancora una volta la Compagnia attraverso le Terre Selvagge. Non mancava molto al punto d’incontro con Gandalf ma questo invece che rassicurarmi mi preoccupava ancor di più, portandomi a pensare a cosa sarebbe successo se non l’avremmo trovato lì o se aveva brutte notizie da riferirci. Sinceramente non avrei retto altri intoppi. Questo viaggio si stava rivelando ancor più difficile di quanto pensassi e non metteva a rischio solo le nostre vite ma anche la nostra sanità mentale. Si, perché la maggior parte dei Nani della Compagnia non aveva mai affrontato viaggi simili venendo dai più umili ranghi Naneschi e tutti questi pericoli non facevano altro che portare a galla le paure di tutti, anche le più profonde e nascoste che neanche noi eravamo coscienti di avere. Era successa la stessa cosa con me quanto affrontai la mia prima missione… era passato così tanto tempo eppure mi sembrava solo ieri quando iniziai a scoprire il Male di questo mondo. Ero solo una bambina eppure venni addestrata come un guerriero: mi insegnarono ad usare ogni tipo di arma, a combattere i miei nemici con tutta la forza che avevo in corpo e soprattutto a non avere alcuna paura ma, ora, era proprio questa che mi stava corrodendo dentro. La paura dell’ignoto, del ritorno di Sauron e per la vita dei miei compagni. Era troppo e tutto assieme. Kili aveva ragione da vendere: avevo bisogno di aprire di nuovo il mio cuore, ma come potevo farlo quando avevo altre priorità come salvare la Terra di Mezzo dall’Ombra? Camminavamo ininterrottamente da qualche ora: io ero davanti a tutti per guidarli e subito dietro di me c’erano Balin, Bilbo e Dori che di tanto in tanto cercavano di iniziare una conversazione con me ma, notando il mio umore, alla fine si arresero. Mi dispiaceva chiudere fuori delle persone che volevano solo aiutarmi ma purtroppo era la cosa che mi riusciva meglio. Durante la marcia ogni tanto mi voltavo per accertarmi che nessuno era rimasto indietro e più di una volta incrociai lo sguardo tormentato di Kili che, dopo avermi scrutata per qualche istante, si posava altrove. Mantenemmo il passo fino al tramonto fermandoci solo per qualche breve sosta, ma ora che la notte stava per sopraggiungere ci posizionammo in un punto abbastanza nascosto fra due dorsi collinari; sistemammo le nostre cose trovandoci un piccolo spazio per la notte; ma stavolta non ci sarebbero stati ne fuoco né risate, solo tanto silenzio visto che il territorio non era sicuro. Ci fu qualche parola scambiata sussurrando che si perse nel vento, piccoli movimenti di chi cercava ancora di sistemarsi per la notte ma nient’altro. Tutto taceva avvolto dal silenzio più totale che sembrava aver ghiacciato ogni cosa. Neanche la natura emetteva alcun suono e tutta questa staticità non faceva altro che aumentare la mia preoccupazione provocandomi anche la pelle d’oca. Il silenzio mi piaceva, ma era in situazioni come queste che cominciavo a temerlo; se c’era una cosa che avevo imparato bene nei secoli era che il silenzio in territori come questi era preludio di catastrofe, infatti il rischio di essere aggrediti in piena notte era molto alto visto che il buio poteva benissimo nascondere ogni piccolo movimento. Pian piano tutta la Compagnia cadde in un sonno profondo cullata dal Nulla che ci circondava, tutti riposavano persi nei loro sogni, tutti tranne me; rimasi sveglia a fissare il cielo sopra di noi troppo stanca per dormire ma anche troppo impaurita dal rivivere gli orrori che tenevo nascosti negli angoli bui della mente. Non so quanto tempo passai a fissare le costellazioni ma ad un tratto la stanchezza della giornata e della precedente notte insonne presero il sopravvento; socchiusi gli occhi senza neanche rendermene conto ed improvvisamente fui trascinata lontano, in un’altra era, durante un’altra battaglia…

[FLASHBACK, ANNO 3441 SECONDA ERA, MORDOR]

Alla fine la guerra contro l’Oscuro Signore Sauron era scoppiata. Le forze nemiche che uscivano dal Nero Cancello erano mostruosamente numerose e ci avrebbero presto annientato, ma la speranza di una vittoria perdurava e fu così che uomini, guidati da Isildur, ed Elfi si riunirono ancora una volta in un’alleanza disperata. Le lande desolate della terra di Mordor erano ricoperte di sangue e la morte risiedeva in ogni angolo e volto nemico; sulle pendici del Monte Fato si stava svolgendo la battaglia che avrebbe deciso le sorti della Terra di Mezzo, caduta in rovina il giorno in cui Sauron creò gli Anelli del Potere corrompendo così il fragile cuore dell’uomo portandolo alla pazzia. Gli Orchi continuavano ad avanzare verso le nostre truppe ormai ridotte allo stremo disseminando morte ma, nonostante il numero inferiore, continuavamo a dare il meglio di noi stessi. Re Elrond di Gran Burrone, assieme al suo esercito, fronteggiava il nemico ad Ovest, Isildur era di fronte al Cancello ed io ed i miei uomini ci occupavamo dell’Est. Stavo combattendo ininterrottamente da giorni anche se qui, in questa landa desolata attanagliata dalla onnipresente tenebra, sembravano non passare mai; il giorno e la notte si confondevano rendendo lo scorrere del tempo ancor più difficoltoso da percepire fino a che tutto quanto ci cominciò a sembrare congelato in una dimensione fuori dal tempo e dallo spazio, come una specie di Limbo eterno. Smisi di combattere per qualche secondo e mi guardai attorno: il cielo era di un rosso sangue misto ad enormi nuvoloni grigio scuro, come se lo avessero tinto così gli spiriti dei morti che giacevano a terra, brillava di una luce propria che sapeva di guerra, così incandescente da bruciarci gli occhi se lo guardavi per troppo tempo. Il sole brillante che contraddistingueva la maggior parte delle Terre non faceva mai visita in questo luogo, era come se si trasformasse adattandosi all’atmosfera diventando così solo una tiepida fiaccola nel perenne buio. Non c’era alcun segno della presenza della Vita, solo Morte. Gli uccelli avevano smesso anni orsono di sorvolare Mordor e la vegetazione rifiutava di crescere in territori maligni come questi. Era una landa abbandonata… un posto perfetto dove nascondersi e progettare vendetta. La piana sotto il Monte era occupata da ben tre eserciti che si scontravano imperterriti e senza timore contro i servi dell’Oscuro Signore; ovunque mi voltassi a guardare l’unica cosa che vedevo erano solo centinaia di innocenti mandati a morire per difendere qualcosa di più grande e fuori dalla loro portata. Ero esausta ma proseguivo ignorando la fatica ed il dolore con in mente il solo pensiero di rendere questo mondo libero dal Male. Continuavo a lottare nonostante sentissi i polmoni in fiamme per via delle esalazioni velenose che provenivano dai fuochi maledetti di questa terra; sentivo che potevamo farcela e che dopotutto gli uomini non erano così deboli come credevo. Orchi su Orchi ci venivano addosso con urla agghiaccianti e disumane ma noi d’altra parte rispondevamo con ancor più violenza. Usai tutta la rabbia che avevo in corpo per uccidere più nemici possibile ed ogni volta che mozzavo qualche testa mi sentivo ancor più carica e motivata di prima. Quando credemmo che la vittoria ormai era nelle nostre mani, il Male giocò la sua ultima arma e Sauron in persona scese a combattere munito di una nera armatura che celava interamente la sua figura: in una mano teneva un’ascia mentre nell’altra una lama Morgul. Avanzava fiero sul campo di battaglia seminando morte tra le nostre truppe con un solo gesto della mano. Fu lì che lo vidi, la fonte di questa guerra… l’Anello del Potere, l’unico che poteva governare su tutti gli altri creati in precedenza. Lo portava al dito ed era quello a conferirgli una forza immane. All’improvviso seppi cosa fare: dovevo fronteggiare Sauron. Dovevo distruggerlo o almeno provarci. I nostri eserciti erano stanchi e decimati ancor di più in quei pochi istanti che l’Oscuro Signore era sopraggiunto sul campo ed io non potevo permettere che ci fossero altre morti uomo o Elfo che sia. Mi feci largo tra gli Orchi quando ad un tratto vidi Sauron colpire con la sua ascia lo scudo di Beren, uno dei miei migliori amici e soldati, e fu lì che non ci vidi più e scattai. Non poteva ucciderlo. No. Basta morte! Basta guerre! Tutto doveva finire oggi con la sua sconfitta. Decapitai un’Orco che si mise sulla mia strada e nel momento in cui vidi Isildur poco distante da me urlai:
- Isildur! Aiutami! Sauron sta combattendo con Beren, lo ucciderà! –
Lui annuì ed insieme continuammo a farci strada a suon di fendenti; avevo ucciso molti nemici nella mia lunga vita ma mai così tanti e tutti assieme. Il sangue che colava dalla mia spada era talmente tanto che l’elsa mi scivolava dalle mani e dovevo stringerla con il doppio della forza; Elrond aveva ragione quando aveva detto che questa battaglia sarebbe stata diversa da qualunque altra si sia mai verificata o doveva ancora verificarsi. Combattere era l’unica cosa che mi manteneva lontana dal pensare alla mia solitudine… lo so, era un pensiero intricato e, a modo suo, malato ma purtroppo era la verità. La mia famiglia era distrutta e l’unica cosa che sapevo far bene era usare la spada e usufruirne combaciava con il fatto di eliminare ogni sentimento per concentrarsi solo sulla battaglia. Ecco a cosa mi ero ridotta. Avevo deciso di guidare su Mordor gli eserciti ancora fedeli a mio padre in una guerra che sapevo mi avrebbe lasciato come ricordo non solo delle nuove cicatrici, ma anche degli orribili incubi. Mi avvicinai alle spalle di Sauron ed in quel momento mi accorsi che Isildur era rimasto indietro ma non potevo indugiare oltre o il mio amico sarebbe stato spacciato; così nell’istante in cui il Signore Oscuro stava per infliggergli il colpo di grazia mi frapposi tra i due colpendo l’ascia del nemico con la mia spada facendola volare lontano a qualche metro di distanza:
- Elris, no… scappa… - sussurrò Beren.
- No, non ti lascio – risposi decisa mentre impugnavo saldamente la spada e guardavo Sauron.
- Come osi sfidarmi? – disse lui con una voce cupa e lontana che non aveva niente di umano.
- Sta lontano da lui – lo minacciai a denti stretti.
- Elris… - ripeté Beren con un filo di voce.
- E così tu sei Elris, figlia di Fanon, la Mezzelfo che ha ucciso i migliori tra i miei combattenti –
- Proprio io – dissi solenne – Ed ora sono qui per uccidere te! –
Mi lanciai verso di lui con la spada sguainata che andò a scontrarsi con la sua in un fragoroso tintinnio di ferro contro ferro, lui era molto più forte ma continuavo ugualmente a parare i suoi colpi ed evitare gli affondamenti ma non potevo negare che la stanchezza iniziava a farsi sentire e la gamba sinistra, sulla quale avevo un profondo squarcio, cominciava a cedere. Un improvviso dolore mi fece urlare e caddi in ginocchio, mi voltai e vidi uno dei generali delle truppe degli Orchi mentre uccideva Beren dopo avermi inflitto un lungo sfregio sulla schiena che sanguinava abbondantemente togliendomi quelle ultime forze che mi tenevano in piedi. Guardai il corpo senza vita di quella persona che negli ultimi vent’anni era stato l’unico spiraglio di famiglia che potevo avere; Beren era tutto per me, aveva rischiato la vita mille volte per proteggermi ed ora che sarebbe toccato a me salvarlo non ne ero stata capace. Cercai il suo sguardo e l’unica cosa che trovai furono un paio di occhi vitrei, mentre il suo volto era ancora nella morsa dell’ultima emozione che aveva provato: la paura. Lo avevo perso. Mi guardai attorno prendendomi quegli ultimi secondi per immagazzinare il dolore e mi accorsi che le nostre truppe stavano soccombendo. Era la fine. La mia fine. E quindi era qui che dopo tanto tempo sarei morta:∫ sotto i colpi del nemico circondata dal sangue dei miei simili. Ma non avrei affatto dato la soddisfazione a Sauron di vedermi persa d’animo o delirante dal dolore, no, sarei stata me stessa fino al mio ultimo respiro, costi quel che costi. Mi voltai nuovamente verso Sauron che teneva la sua lama puntata verso di me e lo guardai in tono di sfida e prima di permettergli di uccidere anche me decisi di uscire di scena come un guerriero meritava, così, in un ultimo gesto eroico, tirai fuori un lungo pugnale dallo stivale e con agilità lo lanciai in mezzo agli occhi dell’Orco che aveva ucciso il mio amico. La sua carcassa putrida cadde a terra con un tonfo sordo misto al tintinnio dell’armatura, mi stampai un sorriso soddisfatto sul volto e guardai nuovamente il Signore Oscuro:
- Questo è per Beren… - sussurrai a denti stretti.
-  Sei così sfacciata! Pagherai per questo – rispose con una voce grondante di rabbia.
- Forza – lo incoraggiai - Uccidimi – un sorriso mi spuntò sulle labbra.
- Che il tuo desiderio sia esaudito Mezzelfo –
Levò la spada mentre io non mi permettevo di abbassare lo sguardo in segno di resa, poi pochi secondi dopo si andò a conficcare nel mio ventre provocandomi un sussulto di puro dolore. La estrasse dalla mia carne e la sollevò in aria vittorioso mentre la sua risata riempiva l’intera vallata con un suono proveniente dall’oltretomba. Il dolore era lancinante e sopraffatta da esso caddi all’indietro mentre una voce lontana gridava il mio nome, ma ormai non sentivo più nulla era come se tutto avesse perso suono e regnava il silenzio più assoluto. Le tenebre si facevano man mano più vicine accogliendomi nella loro confortante ed indolore morsa che mi stava strappando da questo mondo per ricongiungermi alla mia famiglia. Un ultimo sospiro uscì dalle mie labbra prima che mi lasciai finalmente scivolare giù nelle tenebre.
[FINE FLASHBACK]

Mi svegliai di colpo tirandomi su a sedere con il panico e la paura ancora addosso, avevo gli occhi sbarrati, il respiro accelerato e tremavo come una foglia. Di nuovo quel maledetto incubo. Non mi lasciava mai, anzi, continuava ad accompagnarmi imperterrito in ogni istante della mia vita ricordandomi di quanti orrori ero stata testimone. Ero ancora persa nel mio incubo nonostante avessi gli occhi aperti, quando sentii dei passi frettolosi in lontananza, ma ero talmente immobilizzata dalla paura che non riuscivo a muovere un solo muscolo; poi qualcosa andò a poggiarsi sulla mia spalla facendomi sobbalzare:
- Ehi, ehi tranquilla Elris… - era Bilbo.
Solo in quel momento ripresi pienamente coscienza della situazione e del luogo e mi sentii decisamente in imbarazzo. Alzai lo sguardo e lo puntai verso Bilbo per accorgermi che non era solo: tutta la Compagnia era radunata attorno alla sottoscritta. Gli occhi di tredici Nani ed uno Hobbit erano puntati su di me, mi scrutavano incerti e preoccupati ed il silenzio regnava sovrano. Feci saettare lo sguardo un po’ ovunque mentre cercavo di liberarmi delle ultime immagini del sogno che ancora mi scorrevano davanti, per poi posarlo distrattamente su due persone: Kili e Thorin. Entrambi avevano la stessa espressione. Entrambi erano divorati dalla stessa preoccupazione nei miei confronti, entrambi all’oscuro dei sentimenti dell’altro. Lo sguardo di Scudodiquercia era fermo e quasi impassibile ma conoscendolo sapevo che la sua era tutta apparenza: lui sapeva, e questo lo riportava, anzi ci riportava, a vivere un’esperienza appartenente al passato; le sue mani erano strette in due pugni fino a macchiare le nocche di bianco. Thorin non aveva mai sopportato questa parte della mia vita, diceva di odiare i miei incubi quanto, se non di più, di Smaug, e che la vista della mia sofferenza dopo ogni brusco risveglio lo faceva soffrire; già. diceva, diceva, diceva… le sue erano solo parole. Distolsi lo sguardo dal suo e lo puntai a terra mentre lottavo su due fronti: il primo contro il mio respiro ancora accelerato, ed il secondo verso la voglia e l’urgenza di intrecciare il mio sguardo con quello di Kili; ma resistetti:
- Cosa… cosa è successo? – domandai senza fiato tornando a guardare verso Bilbo.
- Stavi urlando – sussurrò lui facendo vagare ancora lo sguardo preoccupato sul mio volto.
- Oh… -
Non dissi altro perché in tutta sincerità non sapevo cosa dire. Questa volta, a quanto pareva, era stata ben peggiore delle altre. Non so cosa abbia portato il sogno a rivelarsi in maniera più reale del solito ma fatto sta che ora dovevo loro una spiegazione, una spiegazione che neanche io avevo. La cicatrice che avevo sul ventre, proprio dove tantissimi anni fa la lama mi trafisse, bruciava come se mi avessero posto proprio là un carbone ardente e sentire questa sensazione dopo tutto questo tempo mi spaventava ancora di più portandomi a rafforzare la mia credenza sul ritorno del Nemico:
- Perché urlavi? – mi chiese Dwalin con gentilezza.
- Un incubo – lo guardai di sfuggita – Nulla di cui preoccuparsi -
- Sicura? – mi domandò Balin aggrottando le sopracciglia pensieroso – A me, mia cara, non sembrava affatto così –
- Sto bene – annuii distogliendo ancora lo sguardo e puntandolo verso il fuoco acceso. Sentivo che non mi credevano e percepivo la loro preoccupazione, alzai lo sguardo e lo feci scorrere velocemente su tutti, o quasi, dato che Kili lo evitavo ancora – Sul serio, è passato –
- Vuoi un infuso d’erbe, mia cara? – mi chiese Dori con gentilezza.
- Non preoccuparti Dori, sto già meglio – annuii con un leggero sorriso che di allegro aveva ben poco – Potete tornare tutti a dormire, farò io il turno di guardia -
- Come vuoi tu – stavolta a parlare fu la burbera voce di Thorin, lo guardai per meno di un secondo e quello che riuscii a scorgere fu un lampo di rabbia mista a paura e preoccupazione.
Silenziosamente tutti tornarono ai propri giacigli e fu proprio in quel momento che mi concessi un cedimento e mi voltai verso Kili rendendomi conto all’istante di aver commesso un grandissimo errore: lui era là, fermo, immobile e mi fissava intensamente e con il terrore disegnato sul volto, gli occhi spalancati dalla preoccupazione che cercavano incessantemente i miei, le labbra semi dischiuse e con anche lui la visibile voglia di avvicinarsi a me ed assicurarsi lui stesso che stessi davvero bene. Possibile che due persone così diverse tra loro come Kili e Thorin potessero avere tante cose in comune quando in ballo c’era la sottoscritta? A quanto pareva si, e questo mi spaventava da morire. Alla fine anche Kili, dopo aver ricevuto una leggera gomitata dal fratello, tornò a coricarsi; feci per sdraiarmi nuovamente quando mi accorsi che davanti a me era rimasto Bilbo:
- Ho detto che sto bene – precisai con un sospiro mentre mi passavo una mano tra i capelli in segno di frustrazione.
- Ed io non ti credo – mi sorrise con intesa, poi si sedette a gambe incrociate di fronte a me e con ancora sulle labbra quel sorriso sincero e rassicurante parlò ancora – Dai, spiega, sfogati – annuì con decisione mentre sussurrava quelle parole.
- Sinceramente Bilbo non c’è molto da dire – scrollai le spalle.
- Non importa – scosse la testa con gli occhi socchiusi – Sono qui in veste di tuo amico e come tale ti invito a parlarmi di quello che ti turba! –
- E va bene – sospirai arrendendomi alla sua testardaggine – Succede ogni notte – sospirai puntando lo sguardo sul terreno – È sempre lo stesso incubo da più di quattrocento anni e non riesco a liberarmene, non importa quanto io ci provi –
- Di cosa si tratta? – domandò con delicata curiosità.
- Nell’anno 3441 della Seconda Era ci fu una mostruosa battaglia – cominciai guardandolo negli occhi – Uomini ed Elfi si unirono per combattere un comune nemico: Sauron –
- Eri lì, vero? Hai combattuto anche tu – annuii – Cosa è successo in quella battaglia che ancora ti terrorizza così tanto? –
Distolsi nuovamente lo sguardo da quello di Bilbo e puntandolo a terra cominciai a raccontargli tutto: gli dissi delle migliaia di Orchi che ci circondavano, della perenne tenebra di Mordor, dei cadaveri a terra intrisi di sangue, del mio disperato tentativo di salvare il mio amico e per finire di Sauron. Ogni parola usciva come un fiume in piena come se fossero stanche di essere state nascoste per così tanto tempo; io parlavo e Bilbo ascoltava con attenzione ogni cosa senza mai interrompermi. Gli raccontai il modo in cui quella battaglia segnò il resto della mia vita e mi portò ad allontanarmi dal ruolo di soldato che avevo fieramente investito fino ad allora. Quello scontro aveva fatto nascere in me la vera paura, era come se avesse creato una nuova Elris più debole e fragile che aveva preso il posto di quella spavalda e combattiva. Dopotutto cosa potevo aspettarmi? Non sarei mai stata pronta a vedere i miei uomini morire, ma quella volta fu totalmente diversa: quella volta non solo morirono dei soldati, ma persino un amico… un fedele amico che conoscevo sin da bambina. In quello scontro persi più di quanto volevo dar a vedere e lo odiavo. Quel giorno vidi il vero Male che attanagliava questo mondo rendendolo schiavo, vidi la grande debolezza dell’uomo che si lasciò sedurre dal potere, la sua ferocia, l’egoismo, il tradimento e il male; vidi che nonostante i nostri sforzi avevamo perso lo stesso. Ed allora capii. Capii che tutto questo era qualcosa più grande di noi, che il Male non abitava solo a Mordor o in Sauron stesso, il Male albergava in tutti, perfino in quelli che si consideravano “buoni e puri di cuore”. Questa era una cosa già risaputa, ma vederlo con i miei occhi e da parte di persone che avevano sempre lottato per la pace e il bene mi colpì profondamente spaventandomi. Se eravamo noi i primi a cedere al Male, come potevamo difendere il resto del mondo da Sauron? Raccontai del mio scontro con l’Oscuro Signore, del combattimento e della ferita che mi inflisse e mentre ne parlavo passai involontariamente la mano sopra di essa come per accertarmi che fosse vero e non solo l’ennesimo incubo; purtroppo per me era la verità:
- Ho visto un dipinto a Gran Burrone – iniziò Bilbo pensieroso – Mi ha subito colpito, non so perché ma quella figura nera con la spada in mano che emergeva tra i fuochi della battaglia e si scagliava sugli altri mi ha fatto rabbrividire… -
- Già… - sospirai – Adesso capisci la reazione che ho avuto qualche giorno fa nella foresta – lui annuì.
- C’era anche una spada spezzata –
- Si – annuii
- Qual è la sua storia? – mi chiese incuriosito.
- Quella è Narsil la spada forgiata durante la Prima Era dal Nano Telchar per Elendil il Re dei Dúnedain, in seguito fu tramandata a suo figlio Isildur che la usò durante lo scontro con Sauron, ma egli la spezzo e prima che potesse uccidere il Re, Isildur ne afferrò un pezzo e lo utilizzò per staccare dalla mano di Sauron il dito che portava l’Unico Anello –
- Cos’era quell’Anello? –
- La fonte di un potere terribile che piegava al suo volere anche i cuori degli uomini più nobili – sospirai – E la fonte stessa della guerra –
- Tutto quello è accaduto per un Anello? –
- È una lunga storia Bilbo, ma sappi che non era un comune anello – sorrisi amaramente – Fu la battaglia più cruenta di tutte le Ere della Terra di Mezzo -
- Mi dispiace –
- Per cosa? – gli domandai incuriosita mentre tornavo a guardarlo.
- Per le cose che hai visto, per il dolore che ti porti dentro da secoli – scrollò le spalle – Non conosco quasi nulla di questo mondo e non posso parlare in generale, ma conosco te Elris – poggiò la mano sulla mia e la strinse con forza – E perché ti conosco posso dirti che non ti meriti niente di tutto questo, anzi, più di tutti ti sei guadagnata il diritto di essere felice -
- Ti ringrazio Mastro Baggins – annuii sorridendo realmente colpita dalle parole dello Hobbit.
Bilbo rimase con me finché non mi addormentai nuovamente offrendosi di fare il turno di guardia al mio posto. La mattina seguente fui svegliata dalla sensazione di qualcosa che mi sfiorava la fronte, sbarrai gli occhi e notai che nonostante l’alba fosse sorta da poco tempo tutti erano già in piedi a prepararsi per la partenza. Mi voltai vedendo un ombra accanto alla mia e mi ritrovai a fissare le grandi iridi marroni di Kili, il respiro mi si bloccò e mi ritrassi istintivamente; non mi sentivo pronta a fronteggiarlo, ma dopo quello che mi aveva confessato mi chiesi se lo sarei mai stata. Lui non diceva nulla, si limitava a stare lì inginocchiato di fronte a me a guardarmi; distolsi lo sguardo e lo puntai verso le montagne che intravedevo a Nord e mi persi nella bellezza che veniva donata al paesaggio a quest’ora, ma la presenza di Kili rendeva il tutto ancora più complicato:
- Cosa c’è? – domandai con un sussurro senza guardarlo direttamente.
- Ti ho portato la colazione – rispose con un bisbiglio; passarono alcuni minuti prima che parlò ancora e prima di farlo mi prese la mano con delicatezza – Ieri sera sarei voluto rimanere io assieme a te – mentre diceva quelle parole disegnava delle spirali sul dorso della mia mano con il pollice.
- Non sarebbe stato il caso – risposi evasiva mentre ritraevo la mano – Grazie per la colazione, ma è meglio se ora ti vai a preparare – lo guardai di sfuggita – Partiamo subito – Kili in risposta sospirò ed annuì piano, poi prima di andarsene mi rivolse uno sguardo tormentato e triste che non mi sarei più tolta dalla testa per tutta la giornata.
Ripartimmo nel giro di un’ora, il tragitto era ancora abbastanza lungo anche se quella precedente era stata la parte meno faticosa; verso mattina inoltrata ci lasciammo alle spalle le vaste pianure e colline del Rhudaur e ci incamminammo lungo un sentiero più ripido e roccioso che ci avrebbe condotti al luogo d’incontro con Gandalf. La preoccupazione per una sensazione del tutto sconosciuta continuava a crescere in me ma decisi di ignorarla e proseguire a guidare il gruppo senza farmi distrarre da altro; i territori attorno alle Montagne non erano per niente sicuri ed il fatto che vi erano un gran numero di caverne non aiutava, anzi, aumentava il rischio di essere attaccati da chiunque le abitava, per questo tenevo sempre una mano sull’elsa della spada. Se c’era una cosa positiva che le battaglie mi avevano insegnato era lo stare sempre in allerta. Non importava dove ti trovavi o con chi, mantenere alta la guardia era una priorità assoluta che poteva salvarti la vita. L’impressione ed il sospetto di essere attaccati da un momento all’altro non ti abbandonavano mai, ti rimanevano addosso come una seconda pelle che bruciava quando questo presentimento aumentava; io lo consideravo come altro “regalo” dovuto alla sensazione di essere circondata da migliaia di nemici. Da quando eravamo partiti nessuno aveva avuto il coraggio di avvicinarsi a me dopo l’accaduto di eri sera, c’era imbarazzo… e come potergli dare torto? Quella della scorsa notte fu la manifestazione più forte e reale che avessi mai avuto di quel sogno e questo non faceva che far crescere in me la sensazione che tutto ciò non fosse che un avvertimento del crescente potere di Sauron. Mentre continuavamo con il nostro percorso ebbi modo di pensare a come avevo ignorato Kili questa mattina e dire che non mi aveva fatto male mi rendeva solo una bugiarda, ma in che altro modo potevo allontanarlo? La domanda mi girava per la mente senza trovare una soluzione e nel frattempo mi domandai se allontanarlo fosse veramente ciò che più volevo. Mi voltai di pochi centimetri per controllare la Compagnia e mentre facevo scorrere lo sguardo sul gruppo incrociai involontariamente quello di Kili: fu come se la Terra smettesse di girare e tutto perdesse il senso della ragione, qualcosa dentro di me si smosse facendomi sussultare per la strana sensazione che quello sguardo mi provocò. Scossi la testa e tirai un sospiro mentre mi voltavo ancora, tutta questa faccenda mi stava distraendo troppo e non potevo permettermelo e stavolta quando accelerai il passo fu con la convinzione che avevo preso la decisione giusta: Kili era una distrazione. Marciammo per tutto il giorno fino a coprire una distanza abbastanza lunga, ci fermammo solo quel poco che bastava per riprendere le forze o per mangiare; le pianure ormai avevano lasciato definitivamente il posto alle rocce già da un po’ e nel primo pomeriggio ci ritrovammo molto vicini alle pendici delle Montagne Nebbiose. Il cammino era estenuante e rischioso per via dell’inclinazione abbastanza ripida del terreno, ma nessun membro della Compagnia sembrava voler cedere, perfino Bilbo che non era mai uscito più in là della Contea teneva duro senza lamentarsi. Verso l’imbrunire trovammo il sentiero che portava su per le Montagne e iniziammo ad intraprenderlo prestando il doppio dell’attenzione per via del crescente numero di massi appuntiti e per il suo restringersi visibilmente man mano che si saliva di quota; avanzavamo lentamente uno dietro l’altro aggrappandoci alla parete rocciosa per evitare di cadere giù. Al calare definitivo della sera eravamo arrivati già a metà del percorso, quando, alzando lo sguardo verso il cielo, notai che stava iniziando a coprirsi di grosse nuvole nere che nel giro di qualche minuto portarono ad abbattersi su di noi una pioggia scrosciante accompagnata da un vento forte, tuoni e fulmini che ci rendevano quasi impossibile vedere anche ad un metro di distanza da noi:
- Dobbiamo trovare un posto per ripararci! – urlai cercando di superare il frastuono della tempesta.
- Non credo che ci siano delle grotte nei dintorni – mi rispose Thorin mentre guardava in alto verso la cima della montagna.
Un’improvvisa folata di vento più forte delle altre ci scaraventò addosso la parete rocciosa e nel mentre sentii qualcosa serrarsi attorno al mio braccio e stringere con forza, mi voltai e solo in quel momento notai Bilbo che cercava di rimanere in piedi:
- Tutto bene? – gli domandai.
- Si, a parte che non riesco a vedere nulla per via della pioggia –
- Fai attenzione e metti i piedi dove li metto io –
Riprendemmo ad avanzare nel temporale, quando ad un certo pinto la Montagna cominciò a tremare come se si fosse scatenato un terremoto e per non cadere ci aggrappammo con tutte le nostre forze alla roccia, poi sembrò come se l’intero monte si sollevasse da terra ed iniziasse a muoversi e lo stesso fecero le altre vette che scorgevamo d’innanzi a noi; tutto questo movimento provocò la caduta di frammenti rocciosi che si scontravano contro il fianco della Montagna dove ci eravamo fermati noi:
- Riparatevi! – urlò Thorin.
Afferrai Bilbo per una spalla e lo cacciai indietro verso un’insenatura nella pietra; la tempesta infuriava e la Montagna continuava a tremare, ma c’era qualcosa che non andava, che non era normale. Mi guardai attorno sporgendomi un poco per cercare di capire cosa stesse succedendo ma proprio in quel momento altri massi si schiantarono poco sopra di noi facendo cadere dei frammenti sulle nostre teste; all’improvviso mi sentii afferrare il braccio destro e trascinare con forza all’indietro verso la parete, mi voltai ed incontrai lo sguardo preoccupato di Gloin:
- Attenta Elris! Potevi rimetterci la vita! –
- Ti ringrazio – annuii.
Tornai a guardare dinnanzi a me, quando le due vette di fronte si alzarono dal terreno come se improvvisamente avessero preso vita e cominciarono a lanciarsi grosse pietre, fu lì che finalmente capii:
- Giganti di pietra… - dissi sorpresa.
- Allora le leggende erano vere! – esclamò Bofur sporgendosi per vedere meglio.
- Riparati sciocco! – lo rimproverò Thorin.
Altri massi si infransero su di noi e fu allora che anche la Montagna sulla quale ci trovavamo si trasformò in uno dei Giganti e cominciò a tirare pietre verso gli altri due; mi aggrappai alla parete cercando di non perdere l’equilibrio mentre altre pietre caddero su di noi:
- Dobbiamo spostarci da qui! –
- Continuiamo a camminare – suggerì Balin.
Riprendemmo a salire cercando di evitare i frammenti che venivano dall’alto tenendoci ben attaccati al fianco della Montagna; il sentiero era bagnato fradicio e pieno di pozzanghere che aumentavano il rischio di farti scivolare, così avanzammo con cautela ma gli scossoni erano talmente violenti che ci dovevamo fermare spesso per assicurarci di non cadere. Ad un tratto le scosse si fecero più forti e la Montagna si aprì in una voragine che la divise a metà separando me, Bilbo, Bofur, Thorin, Dwalin e Fili dal resto della Compagnia. In quel momento dentro di me si scatenò qualcosa di del tutto inaspettato: dal profondo iniziò a crescere un forte timore per Kili, avevo lo sguardo fisso su di lui mentre cercava di reggersi agli spuntoni di roccia presenti sulla parete ma ogni tanto lo perdevo di vista per via della pioggia. Il sentimento che stavo provando era qualcosa di nuovo e del tutto inaspettato che riuscì a farmi rimanere senza parole; all’improvviso Kili si voltò nella mia direzione ed i nostri sguardi si intrecciarono e accadde la stessa cosa di quel pomeriggio: tutto scomparve. Non c’era più la tempesta, non c’era la Montagna che rischiava di ucciderci tutti, non c’era il fossato che ci divideva, non c’era più niente… eravamo solo noi due e la paura dipinta l’uno sul volto dell’altro. All’improvviso fui riportata alla realtà da un altro violento scossone, poi accadde tutto nel giro di pochissimi secondi: il Gigante di fronte a noi si gettò in avanti andando a colpire il lato della Montagna dive c’era il resto della Compagnia e in quel momento fu come se il cuore mi sprofondasse nel petto:
- NO! – urlò Thorin.
- KILI! – esclamai in preda alla disperazione.
Ero rimasta paralizzata. Il mondo mi crollò addosso nel giro di qualche secondo e pregai con tutta me stessa i Valar che Kili e gli altri stessero bene. No… non potevo perderlo, la sola idea mi faceva star male in un modo che non avevo mai sperimentato prima e questo mi spaventava; l’improvvisa paura che gli potesse essere successo qualcosa mi attanagliò il ventre in una morsa gelata. Continuavo a fissare incessantemente quel punto nella speranza di chissà quale miracolo ma non accadeva nulla. Tutto sembrava essere rallentato nel momento in cui i due Giganti si scontrarono: un momento prima ci stavamo guardando negli occhi e quello dopo… sparito sotto la roccia. Il cuore mi batteva all’impazzata e non aveva nessuna intenzione di rallentare, ogni secondo che passava era una lunga agonia. Nel petto mi si era aperta una voragine ancora più profonda di quella che avevo di fronte e da essa fuoriusciva solo un immenso dolore che solo la certezza che Kili fosse vivo poteva attenuare; mi sentivo impotente, inutile ed estremamente debole. Avevo le gambe che tremavano non riuscendo più a reggere il peso che mi era caduto improvvisamente sulle spalle. La tempesta continuava imperterrita ad abbattersi su di noi: il vento soffiava incessantemente scuotendomi i capelli che andarono a coprirmi parzialmente la visuale, mentre la pioggia continuava a bagnarmi ma il tutto era irrilevante di fronte alla sensazione che stava crescendo in me, talmente forte che mi aveva portato a versare lacrime di terrore. Poi all’improvviso fu come se l’intorpidimento e la paura svanissero lasciando che il mio corpo reagisse quasi subito scattando in avanti e voltando l’angolo del versante Ovest del monte proprio mentre il Gigante che vi si era sdraiato sopra si stava rialzando e iniziai a pensare a quale spettacolo mi dovevo preparare ad assistere: saranno vivi? Feriti? Ma quando tornai ad avere la visuale libera e li vidi lì tutti sani e salvi tirai un sospiro di sollievo e mi aprii in un sorriso; il peso che avevo sulle spalle era sparito e mi accorsi solo in quel momento che avevo iniziato a versare lacrime di gioia. In quel momento capii una cosa fondamentale: per me Kili era importante. La sola idea di averlo perso mi aveva distrutta e paralizzata dalla paura. Fili aveva ragione: non potevo ignorare che provavo qualcosa per suo fratello, non potevo ignorare la forza che mi spingeva ogni volta che era nei paraggi a cercare il suo sguardo, almeno non più. Tutti questi sentimenti non mi erano estranei, sapevo cos’era l’amore, anni fa lo provai anche io ma quando mi fu strappato via decisi che era un sentimento troppo rischioso a cui aprirsi perché una volta che se ne andava bruscamente ti lasciava senza niente. Ti portava via tutto: la felicità, la voglia di vivere, il sorriso, tutto… ed io non volevo più provare niente di tutto ciò. Una volta mi era bastata. Almeno questo era quello che avevo pensato fino a poco fa. Vedere Kili in pericolo mi aveva aperto gli occhi e il pensare a quanto altro ne avremmo trovato sul nostro cammino mi fece arrivare alla conclusione che dopo secoli di solitudine, tristezza e privazione potevo comportarmi da egoista e prendermi ciò che mi rendeva di nuovo felice; almeno se mi fosse successo qualcosa durante il viaggio alla fine non avrei avuto rimpianti. Nel frattempo mi avevano raggiunto anche Thorin e gli altri, ma prima che qualcuno potesse dire o fare qualsiasi cosa, fui presa da un altro impulso che mi portò a correre verso di lui finché non mi ritrovai tra le sue braccia:
- Grazie al cielo stai bene! – dissi con la voce che rischiava di spezzarsi per via delle lacrime che erano riprese a scendere.
Kili non ci pensò due volte a ricambiare la stretta con vigore, poggiando la fronte nell’incavo del mio collo e tirando un lungo sospiro; sentirlo così vicino mi provocò un brivido lungo la schiena che mi portò a stringerlo ancora più forte:
- Tranquilla… - cercò di rassicurarmi mentre ci scioglievamo dall’abbraccio – Sto bene –
Dopo che ci fummo accertati che anche gli altri membri della Compagnia stessero bene iniziammo a percorrere un altro pezzo di sentiero lottando sempre contro le intemperie, quando ad un tratto Bilbo, che era davanti a me, mise male un piede e scivolò; prontamente si aggrappò alla roccia per non cadere giù. La pioggia battente rendeva tutto ancor più scivoloso e lui di sicuro non avrebbe resistito allungo, così non persi tempo e mi inginocchiai afferrandogli il braccio cercando di tirarlo su ma da sola non ci riuscivo: l’attrezzatura che portava ed i vestiti bagnati lo rendevano più pesante, così Bofur ed Oin mi aiutarono prendendolo per l’altro braccio ed alla fine, lottando contro la pioggia ed il vento che ci soffiavano in viso, riuscimmo a rimetterlo in piedi:
- Grazie… - ansimò mentre cercava di riprendersi dallo spavento.
- Credevamo ti avessimo perso! – esclamò Dwalin sollevato
- Lui si è perso fin dal momento che è uscito da casa sua – disse Thorin con durezza – Non sarebbe dovuto venire! Non c’è posto per lui tra noi – a quelle parole mi voltai e guardai il Nano con un sopracciglio alzato, stupita dalla cattiveria che aveva messo in quelle parole; lui di tutta risposta ricambiò il mio sguardo con altrettanta sufficienza.
- Non ascoltarlo – dissi a Bilbo poggiandogli una mano sulla spalla mentre continuavo a guardare Thorin in malo modo.
Alla fine riuscimmo a trovare una grotta dove ripararci, entrammo e ci sistemammo come si poteva visto che non era molto grande ma visto il tempo fuori era meglio di niente:
- Bene, accendo il fuoco – disse Bifur.
- No, niente fuoco – rispose Thorin – Meglio che restiamo inosservati, queste grotte potrebbero non essere disabitate – si guardò attorno, poi puntò lo sguardo verso di me e notai che nei suoi occhi c’era qualcosa di strano – Bofur, fai il primo turno di guardia – poi si allontanò.
Con un profondo sospiro mi lasciai scivolare lungo la parete di roccia fino a terra mentre con una mano mi toglievo il cappuccio dalla testa, mi strinsi le gambe al petto e cercai di rilassarmi e stendere i muscoli ancora tesi per via della paura e dell’adrenalina che mi scorrevano in corpo. Le emozioni che avevo provato poco fa erano ancora vive in me e non avevano intenzione di andar via; avevo lo sguardo puntato a terra mentre nella testa continuavo a rivivere il momento in cui temetti di poter perdere Kili. Quei pochi minuti sembrarono eterni e addosso mi avevano lasciato la stessa sensazione che avevo al risveglio dopo i miei incubi con l’unica differenza che stavolta avevo gli occhi aperti. Kili si inginocchiò davanti a me con un vago sorriso sul volto e con i capelli bagnati che gli ricadevano sulle spalle dandogli un aspetto un po’ selvaggio:
- Sei ferita? – mi domandò con gentilezza ed io scossi la testa come risposta.
- Tu? – gli chiesi.
- Sto bene – annuì mentre continuava ad osservarmi con attenzione – Che hai? –
- Nulla… - sussurrai evitando il suo sguardo.
- Ehi… - lui non si arrese, così mi afferrò il volto tra le mani, incurante di chi poteva vederci o meno, e mi guardò dritta negli occhi - Parlami –
- Stanotte ho rischiato di perderti – dissi con un filo di voce mentre sentivo le lacrime salire nuovamente.
- Ma non è successo – rispose sistemandomi una ciocca bagnata dietro l’orecchio.
- Per la prima volta in tutta la mia vita mi sono sentita veramente impotente ed è stato orribile… -
- Elris… - sussurrò dolcemente il mio nome, poi mi prese tra le sue braccia stringendomi forte a se e solo in quel momento mi accorsi delle lacrime erano cominciate a scendermi sulle guance.
Rimasi lì nel suo caldo abbraccio e mi lasciai consolare. Kili continuava a far scorrere la mano destra lungo la mia schiena nel tentativo di calmarmi un po’ e, non so come, ma ci riuscì; avevo il volto nascosto nell’incavo del suo collo mentre il suo profumo mi riempiva piacevolmente le narici con una dolce fragranza che si avvicinava molto a quella della foresta e della terra:
- Mi dispiace – dissi guardandolo negli occhi mentre mi scioglievo dall’abbraccio – Non mi sarei dovuta comportare così in questi ultimi giorni –
- Non importa – Kili scosse la testa aprendosi in un luminoso sorriso sfiorandomi il volto con la punta delle dita – Adesso riposa, va bene? –
Annuii leggermente e socchiusi gli occhi sentendo solo in quel momento la stanchezza che mi crollava addosso; Kili fece per alzarsi ed andar via ma io lo trattenni afferrandolo per un braccio, dopo la paura che avevo provato oggi volevo averlo vicino il più passibile:
- Resti con me? –
- Certamente – annuì con un sorriso.
Mi distesi assieme a lui notando in quell’istante che, oltre a Bofur, eravamo gli unici ad essere rimasti svegli. Poggiai la testa sulla sua spalla mentre lui mi circondò il fianco con il braccio poggiandomi un leggero bacio sulla testa e, mentre mi trovavo così, seppi con certezza che nessun incubo sarebbe venuto a farmi visita. Non seppi quanto dormii, ma sicuramente non doveva essere stato più di qualche ora visto che a fare da sentinella c’era ancora Bofur; mi misi a sedere cercando di non svegliare Kili che dormiva beatamente e feci girare lo sguardo attorno: tutti dormivano tranquillamente, grati che finalmente avevamo trovato un riparo asciutto dalla tempesta. Mi passai una mano tra i capelli facendola poi scendere sul viso nel tentativo di scacciar via la stanchezza, quando improvvisamente il pavimento della grotta cominciò a tremare svegliando tutti di soprassalto. Ci guardammo attorno confusi, poi la terra sotto i nostri piedi incominciò a cedere formando delle grosse e profonde spaccature che nel giro di qualche secondo si aprirono facendoci cadere tutti all’interno di un cunicolo scavato nella roccia che procedeva verso il basso in modo ripido. Mentre precipitavamo cercavamo di trovare un appiglio ma vista la velocità non riuscimmo ad afferrare nulla. Dopo essere caduti all’interno della Montagna per circa settecento metri, il cunicolo terminò e finimmo tutti in una specie di trappola a forma di gabbia che si trovava proprio sotto il buco d’uscita; eravamo tutti doloranti e confusi… dove eravamo finiti? Sicuramente non era niente di buono e purtroppo ne avemmo la conferma quando una numerosa quantità di ripugnanti, piccoli Goblin iniziò a venire verso di noi. Ci presero e ci strattonarono via dalla rete e dopo averci spogliato a forza delle armi ci spinsero verso quella che doveva essere la loro città, cercai di dimenarmi e combatterli ma mi tenevano saldamente per le braccia impedendomi ogni minimo movimento:
- Lasciatela stare! – gridò Kili furibondo mentre anche lui cercava di liberarsi ma con scarso successo.
Ed ora cosa ci sarebbe successo? Ci avrebbero fatto prigionieri o saremmo diventati il loro pasto? Probabilmente entrambe le cose. Nessuno poteva salvarci: Gandalf era chissà dove e forse con lo scontro fra i Giganti non si era neanche potuto avvicinare alla Montagna e come dargli torto visto che non molte ore fa anche noi avevamo rischiato di lasciarci la pelle? Mi guardai attorno nella speranza di riuscire a trovare una via di fuga ma tutto ciò che vidi furono tante rocce che si arrampicavano l’una sull’altra fino a perdita d’occhio creando delle insenature che furono adibite come case collegate tra loro da una fitta rete di moviole e pontili di legno abbastanza instabili. Continuavano a spingerci in avanti per farci camminare fino a giungere nel cuore della città e nel mentre iniziarono ad intonare una alquanto lugubre canzone che parlava di ossa rotte, corpi triturati e massacri; alla fine ci fermammo di fronte ad un imponente cumulo di legna e robaccia varia sul quale si ergeva una gigantesca sedia che ospitava un enorme, disgustoso e puzzolente Goblin:
- Chi è stato così sfrontato da entrare nel mio Regno? Spie? Ladri? Assassini? – parlò quell’orribile creatura con voce profonda.
- Nani Vostra Malevolenza – disse un Goblin – Ed un Elfo femmina –
- Nani? – domandò stupito – Ed un Elfo? Dov’è? –
Alcuni dei mostriciattoli dietro di me mi spinsero in avanti verso quell’enorme ammasso di lerciume che loro chiamavano il loro Re, alzai lo sguardo puntandolo nel suo con un evidente tono di sfida; il Goblin mi guardava con interesse e con un leggero sorriso che velava le sue labbra viscide:
- Qual è il tuo nome Elfo femmina? –
- Non sono cose che ti riguardano – risposi duramente.
- Oh… qualcuno qui ha un bel caratterino – esclamò canzonatorio – Farai meglio a placarti se vuoi che i tuoi amici vivano –
Mi voltai e vidi tutti i Goblin stringersi attorno alla Compagnia con fare minaccioso, così cedetti:
- Elris – dissi mentre tornavo a guardarlo fisso negli occhi – Mi chiamo Elris –
- Elris…- ripeté lui pensieroso mentre si strofinava il mento pieno di pustole – Oh, si! – esclamò – Conosco il tuo nome! – puntò il dito verso di me – Tu sei l’Elfo leggendario che combatté davanti il Nero Cancello e che osò sfidare l’Oscuro Signore – poi si rivolse al Goblin che aveva parlato prima – Dove li avete trovati? -
- Nel portico anteriore –
- Cosa ci fa un Elfo divenuto leggenda in compagnia di tredici Nani? Uhm? – mi domandò alquanto sospettoso.
- Non avrai risposte da me –
- Non restate lì impalati! – urlò ai Goblin – Perquisiteli ancora! -
I mostriciattoli iniziarono a frugare da ogni parte, cercai di scrollarmeli di dosso ma fu inutile dato che mi si attaccarono alle braccia immobilizzandole:
- Cosa ci fate da queste parti? – domandò nuovamente il Re Goblin – Parlate! – ma nessuno fiatò – Molto bene, se non vorranno parlare saremo costretti a farli urlare! Portate qui la spezza ossa! Cominciate dalla femmina –
Iniziarono a strattonarmi ancora di più mentre davanti a me compariva un enorme macchinario che non pronunciava nulla di buono; tentai ancora una volta di divincolarmi mentre dietro di me sentivo Kili protestare e dimenarsi:
- Aspetta – disse Thorin.
Mi voltai di scatto verso di lui e scossi la testa: non poteva esporsi così, nonostante ci fossero dei dissapori tra di noi mi importava ancora molto di lui; Thorin era un Re erede di un grande Regno, serviva vivo, e soprattutto intero, era fondamentale per la sua gente e non potevo permettere che rischiasse per una che ormai aveva vissuto anche fin troppe vite. Lui però, come suo solito, mi ignorò e continuò a farsi largo tra la folla comparendo proprio in prima fila sotto lo sguardo stupito del Grande Goblin:
- Bene, bene, bene guarda chi c’è! Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thròr e Re sotto la Montagna! Oh… dimenticavo! Non ce l’hai una Montagna! – esclamò il Goblin incominciando a ridere assieme ai suoi simili, poi quando ebbe finito continuò – Ma tu non sei neanche un Re e ciò fa di te un nessuno in realtà – sapevo che Thorin stava per perdere le staffe e sinceramente non sapevo quanto gli sarebbe stato utile; poi il Re riserbò sia a me che Thorin uno strano sguardo mentre sorrideva sornione – Conosco qualcuno che pagherebbe un bel prezzo per le vostre teste. Solo quelle nient’altro attaccato – rimasi perplessa e incominciai ad insospettirmi: c’era qualcosa di strano nella voce di quella creatura, qualcosa che suonava come la soddisfazione – Forse sapete di chi sto parlando, un vecchio nemico tuo – indicò Thorin – Al quale tu, Elfa, hai mozzato un braccio – sgranai gli occhi ed il Goblin sorrise – Un’Orco pallido a cavallo di un bianco Mannaro –
- Non può essere… - sussurrai con ancora gli occhi spalancati.
- Azog il Profanatore è stato distrutto, trucidato in battaglia molto tempo fa! – ribatté Thorin duramente mentre ci scambiavamo uno sguardo.
- Così pensate che i suoi giorni da Profanatore siano finiti, vero? – ridacchiò mentre guardava entrambi – Invia un messaggio all’Orco Pallido – ordinò ad uno dei suoi sudditi – Dì che ho trovato sia il Nano che l’Elfa –
A quelle parole si alzò un grido di esultazione che si sparse tra tutti i Goblin: eravamo in trappola, non c’era alcuna via di fuga. È qui che sarei morta? Per mano di alcune sudice creature? Non temevo la morte, la mia almeno, ma non sopportavo che degli innocenti venissero messi in mezzo a questioni in sospeso avvenute tanti anni fa e che ne subissero le conseguenze. Ma cosa potevo fare io? Più cercavo di liberarmi, più i Goblin si stringevano attorno a me rendendo l’aria quasi irrespirabile ed aumentando la presa sulle mie braccia già doloranti e in quell’istante sperai che in qualche modo i Valar ci avrebbero aiutato. Le parole del Grande Goblin ancora mi risuonavano in testa come una nenia antica e lugubre che preannunciava morte: Azog era vivo. Il Profanatore era sopravvissuto alla battaglia di Azanulbizar nonostante le ferite mortali ed ora si era messo sulle nostre tracce bramando la mia testa e quella di Thorin come trofeo.


ANGOLO AUTRICE
Eccoci qua, finalmente la cara Elris ci ha svelato quale incubo la tormenta tanto, ma SOPRATTUTTO si è accorta che il caro Kili non le è poi tanto indifferente. E poi vi siete chiesti perchè è così riluttante nell'innamorarsi DI NUOVO??? Centrerà il povero Beren??? Bhè ci vediamo la prossima volta e FORSE ne saprete di più! Un bacio ed un abbraccio a tutti!! 😉😘
P.S. Continuo a ringraziare di cuore chiunque legga, recensisca e che ha messo questa storia tra le preferite!
GiuliaStark

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Capitolo 10
*** AVVISO! ***


Questo è solamente un piccolo avviso, tranquilli. 😁
ho deciso di cambiare il titolo alla storia perchè quello precedente non mi sembrava molto adatto, il contenuto rimarrà lo stesso e presto aggiungerò il nuovo capitolo, perciò tenete la storia d'occhio! 😉
un bacio a tutti

GiuliaStark
 

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Capitolo 11
*** Dalla Padella alla Brace ***


~~Goblin continuavano a stringersi attorno a noi schiacciandoci contro i loro corpi viscidi e ripugnanti; l’aria appestata dal putridume che emanavano rendeva ancor più difficile respirare tanto che, quasi senza accorgermene, iniziai a boccheggiare in cerca di ossigeno. Non c’era via d’uscita. Ci avevano disarmati ed erano troppi da affrontare; pregai i Valar che questa non fosse stata la fine. Mentre un gruppo continuava a tenerci fermi, un altro si stava occupando delle nostre armi, quando ad un tratto uno di essi urlò gettando la spada di Thorin a terra e ritraendosi spaventato:
- Conosco quella spada! – esclamò in preda alla paura il Re mentre quelle creature iniziarono a saltarci addosso – È la Fendiorchi, la lama che ha tagliato più di mille colli! – continuava ad urlare e ad indicarla rannicchiandosi sul suo trono in cerca di riparo alla vista di quella scintillante lama. Si voltò verso di noi e ci guardò con astio iniziando ad urlare – Squarciateli, uccideteli! Uccideteli tutti! –
I Goblin continuavano a scagliarsi inferociti e rabbiosi su di noi che, non avendo armi, cercavamo di difenderci come meglio potevamo tirando pugni e calci nella speranza di riuscire a toglierceli di dosso. Mentre ero impegnata a staccarmi una di quelle creature dalla schiena, una grande luce bianca apparve dal nulla. Tutti si fermarono, anche i Goblin che si guardarono attorno impauriti e confusi; la luce era talmente accecante che dovetti ripararmi gli occhi con una mano per non rimanerne abbagliata e quando si affievolì, fino a scomparire, riconobbi la figura di Gandalf avanzare verso di noi con in mano la spada ed il bastone; ringraziai i Valar e tirai un sospiro di sollievo:
- Impugnate le armi e combattete! – incitò lo stregone.
Mi alzai di scatto tirando un calcio al Goblin che cercava di tenermi ancorata a terra e mi precipitai a raccogliere le armi; afferrai Orcrist, la lanciai a Thorin e insieme iniziammo a farci largo permettendo agli altri della nostra Compagnia di riprendere le loro spade e unirsi al combattimento. Rincuorati dall’arrivo di Gandalf cominciammo ad uccidere quelle creature e ad aprirci una via d’uscita dal cerchio che avevano stretto attorno a noi; mentre affondavo la spada nei loro ventri e tagliavo qualche testa, non potevo fare a meno di tenere sempre un occhio vigile su Kili. Non volevo rischiare di perderlo nuovamente, una volta mi era bastata:
- Thorin, alle spalle! – gridai mentre il Re cercò di aggredirlo approfittando della sua distrazione.
Scudodiquercia si voltò e parò il colpo giusto in tempo. L’impatto della lama contro il bastone d’osso fece perdere l’equilibrio al grande Goblin che inciampò su un mucchio di cadaveri dei suoi sudditi e cadde all’indietro trascinandosi con se alcune di quelle creature. Io, Thorin e Gandalf cercavamo di liberare il ponte, mentre Dwalin, Gloin e Fili ci coprivano le spalle; quando finalmente riuscimmo ad aprirci un varco lo stregone ci incitò a seguirlo lungo il pontile di legno. Cominciammo tutti a correre disposti in fila, uno dietro l’altro, per via dello spazio ristretto e cercando soprattutto di non perdere l’equilibro e cadere nel precipizio. Alzai lo sguardo verso i fianchi delle alte rocce e con mio profondo orrore vidi che orde di Goblin di tutte le dimensioni scendevano verso di noi da ogni versante. Quei piccoli bastardi erano ovunque. Accelerammo il passo continuando a seguire Gandalf nella speranza che da un momento all’altro l’uscita sarebbe comparsa davanti a noi garantendoci finalmente la salvezza, ma al momento tutto quello che riuscivo a vedere era una serie infinita di ponti e carrucole in legno e tanti, troppi, Goblin da affrontare. All’improvviso alcuni di loro saltarono su di noi da una roccia situata sopra le nostre teste e si aggrapparono a Bifur, Nori e Ori che cercavano di toglierseli di dosso scontrando la schiena contro la roccia. Mi avvicinai assieme a Dori e Oin, ciascuno di noi afferrò uno dei Goblin caduti sulla schiena dei nostri compagni e li gettammo a terra infilzandoli poi con la spada. I tre ci ringraziarono con un veloce cenno della testa e senza perdere tempo riprendemmo a correre dietro a Mithrandir. Dalle rocce e dai pontili quelle creature continuavano a scendere senza sosta, erano a migliaia. Uscivano fuori da ogni parte: dai buchi nella pietra, da sotto i pontili, si calavano dalle corde delle carrucole sopra di noi; ovunque. Non c’era punto in cui non posassi lo sguardo che non era stato invaso. Dwalin e Thorin corsero avanti incitandoci a correre più in fretta mentre cercavano di liberare il passaggio a suon di fendenti e colpi d’ascia, ma era letteralmente impossibile passare. Un gruppo di loro si calò da una roccia vicina e atterrò sul nostro pontile iniziando a correre verso di noi, mi voltai indietro per cercare un altro passaggio, ma la strada alle nostre spalle si stava velocemente riempiendo anch’essa. Stavo per tirar fuori l’arco, quando Dwalin fu preso da un colpo di genio e, chiamati a raccolta, Gloin, Fili, Kili, e Nori tagliò con un secco colpo d’ascia la corda che teneva ancorato al pontile un grosso ramo, lo imbracciarono e, brandendolo come un ariete, iniziarono a correre verso il gruppo di Goblin facendosi largo tra loro e spingendoli a cadere nel vuoto liberando così il passaggio. Corremmo sul pontile sgombero e lasciammo che Gandalf passasse nuovamente in testa per guidarci, mentre io e Thorin gli aprivamo la strada uccidendo tutti quei ripugnanti esseri che ci capitavano davanti. Voltammo a destra su un pontile più piccolo e con due ramificazioni dalle quali saltarono fuori quattro piccoli Goblin; tirai fuori anche il pugnale quando tra me e loro si frappose Scudodiquercia e roteando la spada li decapitò tutti in un colpo solo. Si voltò appena verso di me e mi guardò per qualche secondo prima di dipingersi sul volto un sorrisetto di sfida che riconobbi fin troppo bene. Sorrisi leggermente a mia volta e prima che lui potesse dire o fare qualcosa gli passai avanti per occuparmi degli altri Goblin sul pontile. Affondai, tagliai e squarciai quegli esseri mentre attorno a me Dwalin, usando le sue asce, li decapitava e Nori, facendo roteare un lungo bastone sopra la testa li spingeva nel vuoto. Mentre eravamo impegnati a liberarci dei mostriciattoli sul pontile, dei versi striduli giunsero dall’alto alle nostre orecchie; alzammo tutti lo sguardo giusto in tempo per vedere che altri Goblin stavano per lanciarsi su di noi usando delle liane di corda:
- Tagliate le corde! – esclamò Thorin indicando una grossa impalcatura di fianco a noi.
Lui, Bifur e Dwalin si avvicinarono e con un solo colpo delle lame spezzarono le corde che tenevano quell’ammasso di legno traballante ancorato al pontile. L’impalcatura si staccò e cadde verso sinistra andando ad interferire con la traiettoria delle liane dei Goblin facendoli rimanere intrecciati ad essa. Avanzammo ancora su quei minuscoli pontili con le assi traballanti e continuammo a liberarci la strada, quando improvvisamente iniziarono a piovere delle frecce che si fermarono giusto in tempo ai piedi di Kili che apriva la fila. Ne parò un paio con la spada, ma esse continuavano a cadere; così staccò una scala dal fianco della roccia e la sollevò con l’aiuto di Fili, Bifur, Dori e Bofur usandola poi come scudo dalle frecce che piovevano ininterrottamente su di noi. Nella corsa continuarono ad aprirsi la strada usando la scala spingendo indietro quelle creature fino ad una apertura nel bel mezzo del ponticello dove le assi avevano ceduto. Spinti avanti i Goblin lasciarono cadere la scala sull’apertura creando un passaggio che attraversammo tutti di corsa cercando di mettere più distanza possibile tra noi ed i nostri inseguitori. Una volta che tutta la Compagnia fu dall’altro lato diedi un calcio alla scala facendola cadere e impedendo così ai Goblin alle nostre spalle di continuare a seguirci. Thorin, Balin e Gandalf che ci avevano preceduto, continuavano a fare strada a noi dietro che paravamo loro le spalle usando arco e frecce per abbattere i Goblin sulle rocce ed impedir loro di scendere. Giungemmo ad una piccola impalcatura fissata al pontile con delle corde, salimmo tutti sopra di essa e prima che i nostri inseguitori facessero lo stesso, Gandalf tagliò una delle funi staccandola dal suo supporto; iniziammo a dondolare nel vuoto verso il ponticello successivo e quando lo stregone diede l’ordine Dori e Balin saltarono dall’altra parte. Nel momento in cui la passerella tornò al lato opposto alcuni Goblin salirono su di essa e cominciammo a fronteggiarli aspettando il momento adatto per raggiungere il pontile successivo. Quando ci avvicinammo abbastanza saltammo tutti assieme e prima di atterrare sul supporto in legno, Fili tagliò anche l’altra corda dell’impalcatura che andò a sfracellarsi un paio di metri più in basso. Riprendemmo la folle corsa verso l’uscita svoltando a destra e sinistra sul pontile curvilineo, dalle rocce continuavano a venir giù centinaia di Goblin che cercavano di sbarrarci la strada ma noi eravamo più che motivati ad uscire di lì il prima possibile. Kili, che era davanti a me, balzò su un piccolo masso per darsi lo slancio a saltare su un gruppetto di sei di quelle bestiacce che si erano frapposte tra noi ed il resto del gruppo e cominciò ad ucciderle una dopo l’altra senza dar loro l’occasione di contrattaccare. Mi voltai per tenere il conto che fossimo tutti e, notando che Bombur era in difficoltà, mi precipitai ad aiutarlo staccandogli di dosso i Goblin che gli si erano aggrappati agli indumenti. Raggiungemmo gli altri e svoltammo a destra trovandoci non più su un pontile ma su una stradina in roccia che scendeva verso il basso. Gandalf si fermò all’improvviso alla vista di un numeroso gruppo di piccoli Orchetti che risaliva il sentiero e, senza perdere altro tempo, puntò il bastone verso uno spuntone di roccia facendolo cadere davanti a noi:
- Fatelo rotolare, forza! – urlò Fili.
Tutti i Nani si radunarono dietro il masso e cominciarono a spingerlo lungo la discesa travolgendo più nemici possibile mentre io scoccavo frecce ai Goblin che continuavano a scendere dalle pareti. Quando l’enorme roccia prese velocità la lasciarono proseguire per dritto mentre noi svoltammo nuovamente a destra. Persi la concentrazione per una frazione di secondo; non sapevo neanche io cosa mi aveva spinto a distrarmi, ma quel secondo bastò per far piombare su di me tre Goblin che mi fecero cadere di schiena. Erano viscidi e pesanti; si dimenavano su di me come pesci fuor d’acqua brandendo dei piccoli coltelli che cercavano di affondarmi nelle carni. Provai a divincolarmi, ma mi avevano completamente immobilizzata, sia le gambe che le braccia; uno di loro si alzò sulle sue minuscole zampe levò in aria il pugnale, ma prima che potesse portare a termine il suo intento vidi la sua testa volar via seguita da quelle degli altri due. Mi voltai di scatto incontrando lo sguardo di Kili ancora leggermente preoccupato:
- Stai bene? – mi domandò mentre si guardava attorno e teneva saldamente la spada tra le mani.
- Solo qualche graffio – risposi mentre mi alzavo in piedi e raccoglievo la spada – Forza, andiamo – dissi facendo un cenno con la testa verso il sentiero che aveva intrapreso il resto della Compagnia.
La stradina in roccia finì portandoci nuovamente su un pontile nel bel mezzo del vuoto, stavamo per attraversarlo quando il Re Goblin piombò su di esso sbarrandoci la strada e in poco tempo fummo nuovamente circondati:
- Pensavi di potermi sfuggire? – disse sornione mentre cercava di colpire Gandalf con il suo scettro – Cosa intendi fare ora stregone? – lo sfidò.
Mithrandir reagì subito colpendo il Grande Goblin prima nell’occhio con il bastone, accecandolo; poi con Glamdring gli squarciò il ventre facendolo cadere in ginocchio. Infine gli tagliò la gola e tutto il peso del suo cadavere ricadde sul pontile che cedette nel lato in cui vi era il corpo senza vita del Re. L’intenso scossone che provocò la rottura di metà pontile portò anche il nostro lato a staccarsi definitamente dai supporti in legno e a dondolare pericolosamente nel vuoto. Prontamente ci stringemmo l’uno contro l’altro cercando di mantenere l’equilibrio e non cadere nel baratro sotto di noi. Mentre facevo saettare lo sguardo attorno a me in cerca di qualcosa alla quale poterci aggrappare, una delle lunghe gambe del pontile cedette definitivamente e, senza dare a nessuno di noi il tempo di fare o pensare a qualcosa per salvarci, iniziammo a precipitare. La piccola passerella su cui a stento riuscivamo a mantenere l’equilibrio sprofondò lungo il fianco di roccia mantenendosi in precario equilibrio durante la sua discesa; le urla dei miei compagni e dei Goblin ancora intorno a noi riecheggiavano lungo la gola in pietra creando un eco assordante ed alquanto lugubre. Mi aggrappai ad uno dei pali di legno ai lati del piccolo pontile ed afferrai per un braccio Dwalin che stava per cadere; man mano che scivolavamo verso il basso si faceva sempre più buio e acquistavamo sempre più velocità. Quando arrivammo a metà della caduta la profonda gola iniziò a restringersi frenando così la nostra folle corsa, finchè non atterrammo al suolo con sopra i nostri corpi tutto il peso della passerella, che si ruppe completamente. Caddi di schiena contro un masso e gemetti dal dolore, le assi del pontile mi bloccavano a terra impedendomi ogni movimento. Gli altri si tolsero le macerie di dosso ed iniziarono a venir fuori dal cumolo, il primo fu Gandalf che aiutò Nori e Dori a tirarsi su:
- Elris, Elris! – sentii la voce di Kili chiamarmi, poi alzò lo sguardo puntandolo davanti a se – Gandalf! – urlò indicando un orda di Goblin che correva verso di noi.
- Sono troppi, non possiamo fronteggiarli tutti – disse Dwalin mentre sorreggeva Oin.
- Dobbiamo scappare, solo la luce del sole potrà salvarci – tirò su Gloin – Presto, via! –
Cercai nuovamente di alzarmi, ma qualcosa mi bloccava; una grossa asse era caduta proprio sulle mie gambe ancorandole a terra; cercai di spostarla ma era troppo pesante:
- Elris, forza, dobbiamo scappare – si avvicinò di fretta Kili.
- Non riesco ad alzarmi, sono bloccata – Kili cercò di spingere via la trave senza risultati, si voltò indietro e vidi la sua espressione cambiare. I Goblin continuavano ad avanzare ed erano sempre più vicini, lo afferrai per un braccio e lo guardai negli occhi – Va, mettetevi in salvo io me la caverò –
- Non me ne vado senza di te – esclamò continuando a spingere la trave.
- Kili... –
- Mai contraddire un Nano – la voce di Thorin interruppe le mie parole, alzai lo sguardo su di lui e lo vidi con dietro Fili e Dwalin – Spingiamo tutti assieme, forza! –
Appena diede il via tutti iniziarono a spingere la tavola fino a togliermela di dosso. Scattai subito in piedi e mentre raggiungevamo gli altri i Goblin non facevano che avvicinarsi, così presi l’arco e, assieme a Kili, iniziammo a far piovere frecce su di loro cercando di rallentarli. Gandalf ci condusse in una piccola e stretta galleria leggermente illuminata e arieggiata: l’uscita. Svoltammo per l’ultima volta e finalmente la luce del tramonto e l’aria fresca ci investirono. Uscimmo dalla montagna e continuammo a correre senza sosta lungo il pendio fino alla base inoltrandoci in un piccolo boschetto. Rallentai la corsa fino a fermarmi poggiando le mani sulle ginocchia; respirai profondamente buttando poi fuori l’aria nel tentativo di smaltire l’adrenalina che ancora mi scorreva in corpo. Aprii lentamente gli occhi non appena riuscii a calmarmi e mi raddrizzai guardandomi attorno mentre Gandalf contava se ci fossimo tutti. Rinfoderai la spada e mi rimisi l’arco in spalla quando sentii tuonare la voce di Gandalf:
- Dov’è Bilbo, eh? – si voltò a guardarsi attorno – Dov’è il nostro Hobbit?! –
Iniziai a guardarmi attorno anche io mentre il panico iniziava ad attanagliarmi. Non ricordavo di averlo visto con noi, ma nella fretta di fuggire non ci avevo fatto molto caso. Ora me ne stavo pentendo. E se fosse in serio pericolo e noi lo avessimo lasciato indietro? Era un membro della compagnia, era mio amico e non lo avevo protetto:
- Non lo sappiamo – esclamò Fili.
- Io credevo fosse con Dori – disse Bofur.
- Non date sempre la colpa a me! –
- Dove lo avete visto l’ultima volta? – chiese impaziente Gandalf.
- Credo che sia sgattaiolato via quando i Goblin ci hanno attaccato – disse Nori.
- Che cosa è successo esattamente? Dimmelo! – esclamò Mithrandir ancora fuori di se.
- Te lo dico io cosa è successo – si fece avanti Thorin con l’espressione burbera e lo sguardo severo – Mastro Baggins ha visto la sua occasione e l’ha colta! – si avvicinò verso Gandalf – Pensava solo al suo soffice letto ed al suo caldo focolare fin da quando ha messo piede fuori dalla porta –
Mi avvicinai a lui e lo guardai con durezza. Non sopportavo quando sottovalutava qualcuno solo perché non era un guerriero come lui. Non capiva che ognuno di noi aveva molto altro da offrire oltre che alla spada; che il valore non si misurava solo sul campo di battaglia, ma nella tenacia e nella forza di volontà che si metteva nelle piccole cose, i gesti quotidiani che nessuno nota. Avevo conosciuto molti guerrieri e non nella mia lunga vita, avevo affrontato centinaia di battaglie, scampato altrettanti pericoli e potevo affermare che il coraggio più grande risiedeva nel vivere nonostante tutto, nell’aiutare qualcuno oltre le proprie possibilità. Il vero coraggio stava nell’avere coraggio:
- Puoi biasimarlo? – mi feci avanti fino ad avvicinarmi a lui – Aveva una casa, un riparo, aveva ogni cosa che Uomo, Nano, Elfo o Hobbit potesse desiderare eppure ti ha seguito fin qui! Ha lasciato tutto per partecipare ad un viaggio che, per quello che possiamo sapere, potrebbe essere di sola andata. Ci ha salvato dai Troll, ha quasi rischiato di cadere dalla montagna e mai una volta ho visto in lui un segno di cedimento! – feci una breve pausa e piantai gli occhi in quelli di Thorin – Potrebbe essere in serio pericolo e tu lo accusi di codardia, di essere scappato. Proprio tu Scudodiquercia che dici di considerare tutti i tuoi compagni tuoi pari e di egual coraggio –
Il silenzio cadde su tutta la Compagnia, Thorin mi guardava con il suo solito sguardo impenetrabile. Sapevo che sarebbe bastato un niente per far riaccendere nuovamente la scintilla della lite tra noi, ma non potevo trattenermi, era più forte di me:
– Non rivedremo più il nostro Hobbit, è ormai lontano, fattene una ragione Elris – rispose aspro voltandosi appena.
- E invece no –
Ci voltammo tutti in direzione della voce. Bilbo Baggins venne fuori da un gruppetto di alberi con un leggero fiatone ed un piccolo sorriso sul volto. Tirai un sospiro di sollievo e mi aprii in un sorriso anch’io. Stava bene e soprattutto era incolume. Questo Hobbit aveva davvero molta fortuna. Tutta la Compagnia fu piacevolmente sorpresa nel rivederlo, tutti tranne Thorin che aveva ancora lo stesso sguardo di poco fa. Qualcosa mi spingeva a pensare che in fondo ci aveva sperato nella sua scomparsa o nella sua resa:
- Bilbo Baggins! – esclamò Gandalf evidentemente sollevato – Non sono mai stato tanto felice di vedere qualcuno in vita mia! –
- Bilbo! – sorrise Kili – Credevamo di averti perso –
- Ma come hai fatto a superare i Goblin? – domandò Fili
- Già, come? – ripetè Dwalin aggrottando le folte sopracciglia.
Vidi Bilbo in difficoltà. Non sapeva cosa rispondere, così sfoderò un sorriso nervoso e fece una piccola risatina mettendosi le mani in tasca e dondolando sui talloni. Guardai in direzione di Gandalf e vidi il suo sguardo incupirsi. Qualcosa lo preoccupava, si notava dal modo in cui osservava Bilbo:
- Bhè, ma che importanza ha? – disse lo stregone cercando di tirar fuori lo Hobbit dall’imbarazzo – È tornato! – sorrise.
- Ha importanza invece – tuonò Thorin – Voglio sapere – si avvicinò con passo lento a Bilbo – Come mai sei tornato? –
- So che dubiti di me – iniziò con tono pacato – Lo so, lo hai sempre fatto e hai ragione, penso spesso a casa Baggins – si guardò intorno ed incontrò i nostri sguardi; gli sorrisi leggermente – Mi mancano i miei libri – continuò – E la mia poltrona, e il mio giardino – infilò le mani in tasca e fece spallucce – Vedi, è quello il mio posto, è casa mia – I Nani si guardavano l’un l’altro ascoltando in silenzio – Perciò sono tornato – si rivolse a tutti – Perché voi non ce l’avete una casa – si voltò appena, stavolta guardava solo Thorin – Vi è stata portata via e voglio aiutarvi a riprenderla se posso – terminò con un sorriso sincero.
Thorin lo guardò per qualche altro secondo ed addolcì impercettibilmente lo sguardo fino ad abbassarlo del tutto. Sorrisi tra me e me avvicinandomi a Bilbo:
- Queste parole ti fanno onore amico mio – sorrisi.
- È solo la verità mia cara – ricambiò il sorriso.
- Ho temuto davvero che ti avessimo perso – sussurrai appena.
- Oh cara Elris, non vado da nessuna parte. Ho firmato un contratto e ti ho promesso di rimanerti accanto – prese la mia mano e la strinse – I buoni amici mantengono sempre le promesse – sorrisi assieme a lui e mi chinai leggermente per abbracciarlo.
Il sole stava ormai calando lasciando posto alle tenebre. Tutto taceva, gli uccelli non cantavano e il solo rumore che si poteva udire era il leggero fruscio tra gli alberi che faceva ondulare le foglie in un movimento lento e rilassante. Sospirai e mi guardai attorno scrutando nella notte che avanzava; potevamo ritenerci veramente al sicuro? Qualcosa spingeva i miei sensi a rimanere vigili costringendomi a tenere alta la guardia; poggiai la mano sull’elsa della spada ed ascoltai la natura:
- C’è qualcosa che non va? –
Mi voltai e continuai a guardarmi attorno:
- Ho una strana sensazione Mithrandir, non siamo al sicuro qui -
All’improvviso da lontano sentimmo degli ululati feroci, gridi di battaglia che si avvicinavano sempre di più. Guardai Gandalf e poi nuovamente sulle pendici di un’alta collina:
- Mannari! – esclamai rivolgendomi agli altri senza staccare lo sguardo da un punto preciso.
- Siamo finiti di male in peggio – disse Thorin a denti stretti.
Dalla cima di una insenatura non molto distante da noi vidimo spuntare degli orchi a cavallo di Mannari. Uno alla volta iniziarono a scendere correndo nella nostra direzione. Sguainai la spada e seguii gli altri nel mezzo della piccola radura coperta da alberi; i Mannari ci erano alle calcagna, sentivo i loro pesanti passi riecheggiare sul terreno erboso ed i loro ululati squarciare la tranquillità della sera. Continuammo a correre sul sentiero in pendenza fino ad arrivare ad un dislivello, saltammo giù e appena atterrai mi voltai di scatto percependo quelle creature alle nostre spalle. Saltarono giù da un masso uno alla volta e si gettarono in mezzo a noi. Uno di loro atterrò davanti Bifur che lo colpì prontamente con il suo martello, mentre un altro si parò davanti a Bilbo. Cercai di avvicinarmi nel momento in cui capii che era letteralmente paralizzato dalla paura, ma uno dei Mannari mi tagliò la strada digrignando i lunghi denti affilati. Roteai la spada davanti il suo volto distraendolo e con colpo secco lo sgozzai. La sua carcassa cadde su un fianco liberandomi nuovamente il passo proprio nel momento in cui lo Hobbit piantò la lama nel cranio del Mannaro. Rimasi interdetta per qualche secondo, poi mi ripresi e mi avvicinai a lui afferrandolo per un braccio:
- Bel colpo Mastro Baggins, ma ora dobbiamo correre – lui annuì appena estraendo la spada dalla testa dell’animale e incominciò a seguirmi.
I Mannari continuavano a correrci dietro senza sosta, ma ben presto ci andammo a confrontare con una spiacevole sorpresa: la discesa terminava in una piccola piana a punta che affacciava a strapiombo sul fianco della montagna. Eravamo in trappola:
- Sugli alberi, presto! – gridai mentre iniziai ad arrampicarmi agilmente sul tronco fino a raggiungere un lungo ramo abbastanza alto dal suolo.
- Forza, fate come dice Elris, tutti sugli alberi! – esclamò Gandalf esortando i Nani.
Uno ad uno iniziarono ad arrampicarsi sui lunghi tronchi per cercare riparo da quelle bestie salendo più in alto che potevano. Gloin e Thorin erano saliti sul mio stesso albero. Osservavo dall’alto controllando che tutti fossero al sicuro, quando mi accorsi che Bilbo era in difficoltà nel raggiungere uno dei rami ed i Mannari si avvicinavano sempre di più:
- Gloin, tienimi per le gambe! – esclamai.
Strinsi le cosce al ramo e ruotai attorno ad esso finendo a testa in giù mentre sia Gloin che Thorin mi tenevano salda all’albero:
- Afferra la mia mano! –
Allungai il braccio verso lo Hobbit che saltando leggermente più in alto con l’aiuto di un piccolo masso, riuscì ad afferrarlo. Strinsi il suo avambraccio in una presa d’acciaio e facendo leva sugli addominali ed i muscoli delle gambe riuscii a tirarlo su prima che un Mannaro lo azzannasse. Tirai un sospiro di sollievo mettendomi nuovamente dritta e accovacciandomi sul ramo. Guardai verso il basso mentre sotto di noi scorreva un intero branco di quelle bestiacce che iniziarono a radunarsi ai piedi degli alberi e a girarci attorno guardando verso l’alto ululando. Improvvisamente tacquero. Si voltarono quasi impauriti e fu in quel momento che sopra una roccia salì un bianco Mannaro che trasportava sul dorso un Orco pallido:
- Azog! – disse Thorin scostando un ramo per vedere meglio.
Sia io che Thorin ci scambiammo uno sguardo. Entrambi riuscivamo a vedere riflessa negli occhi dell’altro l’espressione dei nostri volti; eravamo senza parole. Il Profanatore era ancora vivo, era sopravvissuto alla battaglia di Azanulbizar nonostante le numerose ferite ed ora era qui, davanti a noi, più di mezzo secolo dopo con ancora l’intento di sterminare la stirpe di Durin per il gusto di farlo più che per vendetta. Thorin si era fermato a guardarlo ancora incapace di credere ai suoi occhi, ma per quanto cercassimo di convincere la nostra mente che fosse solo un illusione dentro di noi già avevamo iniziato a capire quale grande pericolo rappresentava Azog ora più che mai:
- Nuzdigid? Nudzi gast? Ganziling-i unarug obod nauzdanish, Thorin undag Thrain – disse l’Orco pallido nella lingua nera di Gundabad.
<< Lo senti? L’odore del terrore? Ricordo come tuo padre ne era impregnato, Thorin figlio di Thrain >>
- No, non può essere – disse Thorin tra se e se mentre non riusciva a staccare gli occhi da Azog.
- Kod! Toragid biriz. Worori-da, sho gad adol! –
<< Lui! Portatelo a me. Uccidete gli altri, abbeveratevi del loro sangue! >>
I Mannari partirono alla carica sotto l’ordine del Profanatore iniziando a saltare sui tronchi degli alberi cercando di raggiungerci. Si spingevano in alto, azzannando e strappando rami, mentre noi cercavamo di salire sempre più su. Alcuni di loro cominciarono a spingere con il loro corpo i tronchi con l’intento di sradicarli dal suolo; i forti colpi riecheggiavano per tutta la lunghezza del fusto facendolo tremare pericolosamente. Mi aggrappai con forza ad un ramo mantenendo il peso sui talloni, ma l’albero continuava ad ondulare pericolosamente sotto le spinte di quelle bestie facendomi perdere per un secondo l’equilibrio:
- Elris, resisti! – gridò Gloin mentre anche lui lottava per rimanere aggrappato.
Ad un tratto, una spinta più forte delle altre, fece inclinare pericolosamente l’albero fino a sradicarlo completamente. Cadde velocemente, ma non toccò terra; si poggiò sul tronco accanto creando uno spaventoso effetto domino. Mano a mano, uno dopo l’altro, le radici degli alberi iniziarono a staccarsi dal suolo facendoli inclinare di lato. Non ci restava che saltare. Prendemmo coraggio e, senza pensarci troppo, iniziammo a saltare di ramo in ramo, di albero in albero cercando un appiglio sicuro al quale aggrapparci, ma ormai gli alberi erano caduti tutti, l’unico rimasto era quello sul bordo del precipizio. Saltammo un paio alla volta attaccandoci sempre ai rami fino a raggiungerlo e salimmo su di esso. I Mannari non si arresero, bramavano più di ogni cosa la nostra carne ed il nostro sangue; avanzavano uno dietro l’altro finché non raggiunsero le pendici dell’albero sul quale ci eravamo rifugiati tutti quanti. Guardarono in alto ed iniziarono a poggiarsi l’uno sull’altro creando una specie di lunga scala per arrivare fino a noi. Mi alzai in piedi reggendomi al tronco e guardai il precipizio alle nostre spalle; sembrava che l’unica decisione che ci fosse concessa era di scegliere la nostra fine: giù dal precipizio o in pasto ai Mannari:
- Elris, aiutami! – sentii Gandalf dire.
Alzai lo sguardo su di lui e vidi che in mano aveva due pigne avvolte dal fuoco; non ci misi molto a capire quale fosse il suo piano. Feci segno di lanciarmele e quando le afferrai ne passai una a Fili e l’altra a Bifur che a loro volta ne presero altre iniziando ad accenderle aiutandosi con quelle di Gandalf. In poco tempo tutti erano armati di pigne incandescenti che iniziarono a tirare in direzione dei Mannari. Alcune li colpirono in pieno, altre caddero a terra infiammando la sterpaglia facendoli allontanare con la coda tra le gambe. Mentre gli altri continuavano a lanciare le pigne, mi alzai in piedi sul ramo e, facendo affidamento al mio senso dell’equilibrio, iniziai a tirare una freccia dopo l’altra colpendo mortalmente i Mannari che continuavano a scappare ignorando i richiami del loro capobranco. Azog ci guardava furibondo, anzi guardava Thorin, non gli aveva mai tolto gli occhi di dosso fin dal momento in cui era comparso e quest’ultimo non fece da meno. Più Mannari si allontanavano, più le grida di esultanza della Compagnia si facevano sentire anche se, ahimè, durarono molto poco. L’albero non riusciva a reggere oltre il nostro peso ed iniziò a sradicarsi anch’esso dal terreno pendendo pericolosamente verso il precipizio. Ci aggrappammo come potemmo ai rami mentre il tronco continuava ad inclinarsi spezzandosi per metà nel centro; un nuovo scossone dovuto alle radici che si staccavano smosse tutto il tronco facendomi scivolare da sopra di esso e finire con le gambe penzolanti:
- Elris! – sentii Kili gridare in lontananza.
Alzai la testa cercando di trovare la forza per sollevarmi; Thorin era poco distante da me. Dovevo immaginarmi una mossa simile, prevederla o quantomeno prenderla in considerazione, ma ormai era troppo tardi. Scudodiquercia si era alzato in piedi sul tronco, quasi in posizione orizzontale, e guardava fisso verso Azog con uno sguardo di sfida. In quel momento temetti davvero cosa gli stava passando per la testa. Sguainò la spada cercando di non perdere l’equilibrio, il tutto mentre ancora manteneva gli occhi fissi sul Profanatore ed iniziò ad avanzare lentamente dirigendosi verso di lui:
- No, Thorin! – gridai nel tentativo di fermarlo, ma non mi ascoltò.
Feci forza sulle braccia in un tentativo disperato di tirarmi nuovamente su e correre dietro a Thorin per impedirgli di gettarsi contro morte certa. Avevamo avuto molti trascorsi io e lui, sia belli che brutti; ci eravamo amati ed odiati e poi amati ancora, avevamo combattuto insieme e l’uno contro l’altro, non ci sopportavamo, non andavamo d’accordo e finivamo sempre per discutere. Non era destino, era un capitolo chiuso, storia vecchia come si suol dire, ma non avrei mai e poi mai lasciato che morisse. Provai nuovamente, continuando a far leva sulle braccia, e con un movimento repentino riuscii a riportare una gamba sul tronco; nel frattempo Thorin continuava ad avanzare sempre più velocemente tra le fiamme verso Azog brandendo Oricrist in una mano e il suo scudo di legno nell’altra. L’Orco pallido lo guardava con un ghigno sul volto mentre si preparava ad affrontarlo. Quando Thorin fu abbastanza vicino il Mannaro bianco fece un lungo balzo dal masso e lo colpì mandandolo a terra di schiena. Urlai nuovamente il suo nome paralizzata dalla paura. Non poteva morire. Si alzò in piedi brandendo ancora spada e scudo e si voltò verso Azog. L’Orco aveva ancora sul volto quel ghigno di chi era sicuro che avrebbe vinto; stanotte nella testa del Profanatore c’era solo una cosa: uccidere Thorin Scudodiquercia. La mazza appuntita di Azog roteò in aria mentre Thorin si lanciava contro di lui ancora una volta, ma finì nuovamente a terra colpito in pieno petto da quella possente arma. Il Mannaro si scagliò su di lui incitato dal suo padrone ed azzannò il braccio di Thorin che brandiva lo scudo. Un urlo di dolore si levò nella notte, le grida di Thorin che soccombeva ad Azog erano strazianti e noi non potevamo far altro che guardare impotenti mentre cercavamo invano di raggiungerlo. La bestia addentò nuovamente il braccio del Nano, poi, sollevandolo in aria, lo scagliò su una roccia non molto lontana e nuove grida echeggiarono nella notte. L’Orco pallido si voltò verso Bolg, sua progenie, e lo incitò a portargli la testa di Scudodiquercia; la possente creatura scese dal suo Mannaro brandendo un lungo ed affilato coltello dalla lama ricurva e si avvicinò lentamente alla roccia, alzò in aria l’arma e poco prima che potesse infliggere il colpo di grazia a Thorin, Bilbo si lanciò su di lui facendolo cadere. L’aria iniziò nuovamente a circolare nei miei polmoni permettendomi di lasciare andare il fiato che non mi ero accorta di trattenere fino a quel momento. Con un ultimo sforzo che mi strappò un grido di dolore riuscii finalmente a tirarmi completamente su; balzai in piedi sul tronco e brandendo la mia spada mi lanciai verso gli Orchi ed i Mannari per aiutare Bilbo che stava fronteggiando una di quelle creature. Mi parai davanti la roccia dove giaceva Thorin e iniziai a far roteare la spada per allontanare i Mannari; uno di loro cercò di saltarmi sopra, ma prontamente mi abbassai e con un unico movimento presi il pugnale dallo stivale sinistro per poi conficcarlo nella gola dell’animale, mentre con la spada decapitai l’orco che lo cavalcava. Entrambe le carcasse caddero ai miei piedi, dai nemici si alzò un grido stridulo di disapprovazione e in men che non si dica tutte quelle bestiacce iniziarono a venire verso me e Bilbo nell’intento di ucciderci. Nel momento esatto in cui furono abbastanza vicini, alla nostra sinistra comparvero anche Fili, Kili e Dwalin che iniziarono a lottare con noi. Le frecce degli Orchi cominciarono a piovere sulle nostre teste e in direzione del corpo immobile di Thorin. Salii anch’io sulla roccia e presi a lanciarne a mia volta contro gli arcieri di Azog uccidendone più che potevo. Accadde tutto in una frazione di secondo. Gli altri continuavano a combattere contro i Mannari ed io a scoccar frecce più in fretta che potevo mirando gli Orchi e le loro bestiacce; ero concentrata a tal punto che mi accorsi troppo tardi della freccia che volava nella mia direzione. Fu un movimento repentino, quasi impercettibile e nel giro di pochissimi secondi la piccola punta in ferro andò a conficcarsi nella mia spalla destra strappandomi un gemito di dolore abbastanza acuto. Mi portai una mano nel punto in cui era entrata la freccia ed esaminai la ferita: la punta era conficcata abbastanza in profondità ed il sangue aveva iniziato a sgorgare da essa. Le frecce nere degli Orchi erano intrise di veleno letale, così mi sbrigai a toglierla dalla mia spalla stringendo i denti ed estraendola con un rapido strattone. Non ebbi neanche il tempo per riprendere fiato che un’altra freccia mi trapassò la coscia sinistra facendomi cadere su un ginocchio in preda ad un lancinante dolore ed un bruciore infernale che aveva intorpidito tutta la gamba. Lanciai un grido di dolore ed estrassi anche quella gettandola poi lontano da me; scesi dal masso e, lottando contro il dolore ed il veleno brandii la spada uccidendo un paio di Mannari che erano corsi verso di me. Quando la mia speranza iniziò a vacillare, dall’alto del cielo, sentimmo riecheggiare un verso differente da quello tetro dei nostri nemici: erano arrivate le Aquile, eravamo salvi. Iniziarono a volare su di noi afferrando i Mannari con i lunghi artigli gettandoli tra le fiamme o facendo cadere dei grossi alberi su di loro, il tutto sotto lo sguardo contrariato e minaccioso di Azog che lanciava grida raggelanti verso di noi nella lingua nera. Non appena le Aquile liberarono il passo iniziarono a prelevare i Nani ancora sugli alberi e se li misero sul dorso. Il signore delle aquile Gwaihir si diresse verso me e Thorin afferrando poi quest’ultimo con delicatezza tra gli artigli ed alzandosi nuovamente in volo. Quando prelevarono anche l’ultimo della nostra Compagnia si diressero tutte verso il cielo che dalla notte stava lasciando spazio ad un’alba infuocata e luminosa. Meneldor, l’aquila sulla quale ero distesa, continuava a librarsi delicatamente in volo sbattendo di tanto in tanto le possenti ali piumate da varie sfumature che andavano dall’oro al bronzeo in perfetta armonia. Non so per quanto viaggiammo, ma ero sicura che era trascorso un po’ di tempo. Il cielo dall’arancione era passato ad una delicata sfumatura rosata che tendeva all’azzurro ed il sole all’orizzonte, verso est, cominciò a far capolino tra due alte cime innevate da candida neve bianca. Quando infine la sfera infuocata comparve alta nel cielo, illuminò con i suoi caldi e dorati raggi i verdeggianti paesaggi sottostanti; un imponente cielo azzurro ora risplendeva sopra le nostre teste, cancellando così gli ultimi sprazzi dell’alba. Volare era magnifico. Tutto da lassù sembrava privo di significato; ti faceva sentire vivo, libero, immenso, un tutt’uno con l’imponenza e l’eternità del cielo. Questo mondo aveva ancora molta bellezza da offrire a quelli che sapevano dove volgere lo sguardo. Dopo aver superato un paio di colli e vette, le Aquile ci posarono su un alto spuntone in roccia; Gwaihir depositò delicatamente a terra il corpo di Thorin per poi riprendere il volo assieme ai suoi simili. Ignorai le fitte di dolore ed il bruciore perenne delle ferite e mi avvicinai lentamente a Scudodiquercia:
- Thorin! – Gandalf mi precedette e si inginocchiò di fianco a lui esaminandolo, poi gli poggiò una mano sulla fronte e recitò delle parole a me sconosciute.
Pochi secondi dopo Thorin riaprì gli occhi con il sollievo di tutti:
- Il Mezz’uomo – sussurrò appena.
- Bilbo sta bene, è qui – gli rispose lo stregone sorridendo ed alzandosi in piedi – È salvo –
Dwalin e Fili si avvicinarono a Thorin prendendolo per le braccia e aiutandolo a mettersi in piedi, ma lui non ne volle sapere del loro aiuto e li spinse via, poi puntò lo sguardo verso Bilbo:
- Tu! – esclamò con durezza lasciando tutti spiazzati, soprattutto lo Hobbit – Cosa credevi di fare? Ti sei quasi fatto uccidere! – avanzò verso di lui – Non ti avevo detto che saresti stato un peso? Che non saresti sopravvissuto alle Terre Selvagge? – continuò ad avvicinarsi fino a mettersi di fronte a lui – Che non c’è posto per te tra noi? – Thorin fece una piccola pausa e Bilbo cercò di trovare le parole per rispondere, ma fu interrotto nuovamente dal Nano – Non mi sono mai sbagliato tanto in vita mia –
Thorin sorrise ed abbracciò Bilbo in segno di riconoscenza per avergli salvato la vita e accettandolo, finalmente, come membro ufficiale della Compagnia. Sorrisi tra me e me sollevata dal fatto che quella testa dura di un Nano avesse finalmente capito che il coraggio di qualcuno non stava nell’esperienza, ma nel sacrificio verso gli altri. Bilbo aveva messo seriamente a rischio la sua stessa vita nel tentativo di salvare Thorin e questo non era passato affatto inosservato ai suoi occhi, appianando così l’ostilità che aveva per il Mezz’uomo.
- Mi dispiace aver dubitato di te Mastro Baggins –
- Oh non preoccuparti – disse lo Hobbit con un leggero sorriso – Avrei dubitato di me anche io – fece spallucce – Non sono né un eroe, né un guerriero, né uno scassinatore – guardò Gandalf con intesa che sorrise leggermente ed annuì ridacchiando.
Le Aquile fecero un ultimo volo attorno a noi per poi allontanarsi definitivamente; mentre tutti erano impegnati ad osservare la loro magnificenza lo sguardo di Thorin fu catturato da qualcos’altro che spiccava all’orizzonte, su, alta nel cielo:
- È quello che penso? – domandò Bilbo.
- Erebor! – esclamò Gandalf – La Montagna Solitaria, l’ultimo dei grandi regni dei Nani della Terra di Mezzo –
- Casa nostra – sussurrò Thorin con un sorriso stampato sul volto mentre continuava ad ammirare la vetta.
- Un corvo! Gli uccelli stanno tornando alla Montagna! –
Alzammo gli occhi verso il cielo ed in quel momento fui colta da un capogiro che mi costrinse a sorreggermi usando la spada, fortunatamente nessuno stava badando a me, erano tutti troppo presi dalla magnificenza di Erebor. Thorin levò lo sguardo verso l’uccellino e ne seguì il volo; sapevo perfettamente cosa stava passando per la sua testa in quel preciso istante. Ricordi. Ricordi della vita ad Erebor, della sua famiglia, di suo padre, suo nonno, le grandi feste nel salone, la musica, il cibo. Casa. Semplicemente casa.
- Quello, Mastro Oin, è un Tordo – lo corresse Gandalf.
- Lo prenderemo come un segno – disse Thorin – Un buon auspicio – guardò Bilbo.
- Hai ragione – annuì quest’ultimo continuando ad ammirare l’orizzonte – Credo proprio che il peggio sia passato –
In quel momento cedetti definitivamente. Nessuno se ne accorse, ma le forze mi stavano via via abbandonando; la vista iniziò a vacillare e il fuoco che sentivo in tutto il corpo si fece più intenso. Thorin sorrise nuovamente, poi si voltò e in quel preciso istante i nostri sguardi si incrociarono. Non riusciva a smettere di sorridere. Ero felice di vederlo così; gli era stata data una speranza ed era proprio di quello che aveva bisogno dopo molti anni passati nell’odio e nel rancore. Si voltò completamente nella mia direzione con uno sguardo molto simile a quello che aveva non molte sere fa nella mia camera a Gran Burrone e cominciò ad avvicinarsi, ma qualcosa in lui mutò in fretta. Il sorriso che aveva sul volto si affievolì fino a sparire del tutto quando mi giunse davanti. Fece scorrere lo sguardo su di me e quando tornò a puntare i suoi occhi nei miei li trovai colmi di paura e terrore, lo stesso che poi vidi negli occhi di tutti gli altri membri della Compagnia, soprattutto in quello di Kili che aveva lasciato cadere la spada a terra. Ero in ginocchio e mi poggiavo ad una roccia nella speranza di riuscire a rimettermi in piedi:
- Elris – sussurrò avvicinandosi in fretta, mentre gli altri avanzavano lentamente ancora increduli.
- Visto? Ci siamo quasi – dissi con un filo di voce mentre sentivo la vista annebbiarsi e le forze venir meno.
Thorin si inginocchiò di fronte a me scrutandomi con attenzione. Aveva gli occhi sbarrati e l’espressione preoccupata.
- È stata ferita dalle frecce degli Orchi – esclamò Gandalf avanzando verso di me poggiandosi al suo lungo bastone.
- Sto bene Mithrandir – sorrisi debolmente alzando lo sguardo su di lui – Ho passato di peggio, lo sai – feci una piccola risata, ma ne uscì fuori solo un cupo rantolo.
Cercai di sollevarmi da terra, ma il peso del mio corpo divenne improvvisamente troppo pesante da sorreggere; scivolai e finii nuovamente seduta con la schiena contro la dura e fredda roccia alla quale cercavo di aggrapparmi con le ultime forze che mi erano rimaste. Tirai la testa indietro esausta per lo sforzo e la poggiai sul masso socchiudendo gli occhi:
- Ehi, ehi piano amica mia – sussurrò Bilbo avvicinandosi a me e prendendomi la mano - Riposa - anche lui aveva quello sguardo, lo stesso che si stava diffondendo in tutta la Compagnia.
- Non preoccuparti Mastro Baggins – sorrisi leggermente – Mi serve solo un minuto – socchiusi nuovamente gli occhi.
- Tutto il tempo che vuoi – rispose con un filo di voce.
- Dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo curarla! – disse Kili con la disperazione nella voce raggiungendo lo zio al mio capezzale – Gandalf! -
Mi sfuggì un acuto lamento di dolore; le ferite bruciavano come ferro incandescente e la testa girava vorticosamente dandomi un forte senso di nausea. Mithrandir annuì leggermente e continuò ad osservarmi cercando di mascherare la preoccupazione. Sapevo cosa stava passando al momento nella sua testa; entrambi eravamo a conoscenza che qui intorno non c’era nulla per chilometri, ed io non avrei resistito a lungo.
Lanciai un nuovo grido di dolore sentendo come mille lame affondare nella mia carne. Non riuscivo più a percepire la brezza della mattina, né i caldi raggi del sole; sudavo freddo e tremavo, ma nel mentre continuavo a sentire un forte bruciore in tutto il corpo. Mi sembrava di impazzire:
- Gandalf, cosa le succede!? – esclamò Dwalin avvicinandosi e incerto sul da farsi.
- È il veleno – annunciò pacatamente lo stregone cercando di mantenere la calma – Sta entrando velocemente in circolo -
- Sta… sta morendo? – balbettò Bilbo con gli occhi sgranati.
- No! – esclamò Kili con forza.
- Gandalf, non può morire! – disse Thorin con fermezza.
- Non ti libererai di me Scudodiquercia, questo è certo – sussurrai appena cercando di fare un mezzo sorriso.
- Dobbiamo andare – cominciò Mithrandir – Aiutatela ad alzarsi – si avvicinò ancora di più a me – Ce la fai a camminare? -  mi domandò.
Annuii leggermente e tentai ancora una volta di alzarmi facendo leva sulle gambe. Fu uno sforzo immane, ma finalmente ci riuscii. Misi un piede davanti all’altro e iniziai a zoppicare lentamente. Ogni piccolo passo mi provocava una serie infinita di fitte lancinanti per tutto il corpo, ma strinsi i denti e resistetti; così mano a mano e aiutata dagli altri iniziammo a scendere dall’alta roccia. Mi aggrappavo a quelle pareti ruvide con tutta la poca forza che mi era rimasta e, ad ogni passo che riuscivo a fare senza rischiare di cadere nel vuoto, ringraziai i Valar. Misi piede a terra giusto in tempo. Qualcosa di strano accadde in quel preciso istante; fu come sentire qualcosa che dentro di te si strappava a brandelli seguito poi da un acuto dolore nel petto. L’aria mi uscì tutta di un fiato dai polmoni facendomi rimanere boccheggiante, la vista era offuscata al punto che non riuscivo nemmeno più a distinguere i volti dei miei compagni e il fuoco che avevo in corpo si fece ancora più intenso. Qualcuno parlò ma non riuscii a riconoscere chi fosse, il mondo stava uscendo fuori dalla mia portata trasportandomi in una dimensione ovattata e senza alcun suono. Stavo per cedere definitivamente. Caddi a terra con un tonfo sordo. Altro rumore, altre voci attorno me; voci che un tempo conoscevo e che ora non sapevo più a chi appartenessero. Voci senza volto, confuse, disperate ed io che cercavo solo la pace. Socchiusi gli occhi trovando solo tenebra. Buio. Freddo e rassicurante; il nulla. La mia mente si iniziò pian piano a spegnere chiudendo le porte a qualsiasi tipo di pensiero o ricordo. Non sapevo se questa fosse stata la mia morte o meno, ma l’oscurità era così calma e confortante che non ci pensai due volte a tuffarmi al suo interno.

 

 

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Capitolo 12
*** Corsa Contro il Tempo ***


~~
POV THORIN

[FLASHBACK, ANNO 2741, TERZA ERA, VILLAGGIO DI BREA]

Per settimane avevo vagato nelle Terre Selvagge senza tregua inseguendo quella che era solo una misera voce sulla ricomparsa di mio padre in quei territori. Ero stanco e provato, non solo fisicamente ma anche emotivamente; darmi troppa speranza mi aveva scottato. Non si avevano più notizie di Thràin dalla sanguinosa battaglia di Azanulbizar e per questo lo davano tutti per morto. Tutti tranne me. Sentivo che era vivo, qualcosa in me teneva accesa quella fiamma di speranza da quasi sessant’anni ad oggi e niente e nessuno l’avrebbe spenta; non avrei avuto pace fino al mio ultimo respiro. La notte era buia, il cielo era coperto da nubi nere e pesanti che minacciavano un forte temporale. Guardai in alto e tra i fitti profili scuri delle nuvole intravidi un pallido spiraglio di Luna. Mi fermai per qualche secondo ad osservarla come rapito dalla sua inestimabile bellezza; essa faceva appena capolino, timida, nascondendosi agli occhi di tutti, regnando lassù nell’ombra infinita e scura della notte. Era così magnetica e bella che per qualche istante mi ricordò qualcuno. Scacciai subito quel pensiero dalla mente e ripresi il mio cammino lungo lo stretto sentiero che costeggiava una piccola collinetta ricoperta da teneri fili d’erba verde ancora umidi di rugiada. Non c’era nessuno a quest’ora nei dintorni e il silenzio era interrotto solo dal brucare degli animali e dal suono di qualche uccellino notturno in lontananza. Tutto taceva in netto contrasto con il rumore dei miei pensieri. Mentre proseguivo sulla via, l’orizzonte si illuminò del bagliore di un tuono e il fragore che ne seguì squarciò la quiete della sera, per poi perdersi in lontananza nell’eco della vallata. Le gocce di pioggia iniziarono a cadere di lì a poco sempre più fitte andando a creare un acquazzone degno del suo nome; mi tirai su il cappuccio del mantello con un movimento secco e, dopo aver rivolto un ultimo sguardo al cielo, ripresi per la mia strada. Quando arrivai nel villaggio di Brea pioveva a dirotto già da un paio d’ore; camminavo per le stradine fangose a testa bassa cercando di dare il meno possibile nell’occhio e guardandomi intorno di tanto in tanto. Entrai nella locanda del Puledro Impennato per cercare un riparo per la notte e mi fermai per qualche secondo in un angolo ad osservare: l’interno era pieno di viandanti e gente del luogo, Uomini ed Hobbit, che ridevano e bevevano allegramente tanto che il loro frastuono copriva quasi lo scrosciare incessante della pioggia. La locanda era accogliente e calda; la sala principale era occupata da tavolini e sedie in legno sicuramente in una quantità maggiore di quella consentita dall’ampiezza della stanza. Sul lato sinistro era collocato il bancone ad angolo, mentre in quello di destra un grande camino riscaldava l’ambiente ed irradiava una calda e piacevole luce dorata che, insieme alle lanterne appese alle massicce travi in legno e le candele, illuminavano l’ambiente. Mi sedetti ad un tavolo appartato ed abbastanza in ombra ordinando qualcosa da mangiare accompagnato da un boccale di birra, proprio quello che ci voleva dopo un intera giornata di cammino. Alzai gli occhi dal piatto per qualche istante richiamato dalla sensazione di essere osservato ed incontrai gli sguardi minacciosi di un paio di uomini appostati nella penombra accanto la finestra dall’altro lato della stanza; abbassai la testa facendo finta di nulla e avvicinai lentamente la mano alla spada preparandomi ad un eventuale assalto. Non feci in tempo a sfiorare l’elsa che una voce mi colse di sorpresa:
- Ti dispiace se mi unisco a te? – disse un vecchio interamente vestito di grigio e dalla folta barba del medesimo colore – Dovrei presentarmi, io sono Gandalf, Gandalf il Grigio – sorrise leggermente mentre si accomodava sullo sgabello di fronte a me.
- Lo so chi sei – risposi allontanando la mano dalla spada e guardando di sfuggita alle spalle dello Stregone.
- Bene – congiunse le mani sporgendosi leggermente verso di me – Questa è una bella coincidenza – esordì in tono basso ma profondo – Cosa porta Thorin Scudodiquercia a Brea? –
Continuavo a lanciare sguardi furtivi attorno a me non sapendo se fosse abbastanza sicuro parlare qui dentro, poi posai nuovamente lo sguardo su Gandalf percependo la sua impazienza nel conoscere il motivo che mi aveva portato a sostare qui e, dopo aver guardato un ultima volta alle sue spalle, mi decisi a parlare:
- Ho avuto notizie che mio padre è stato visto vagare nelle Terre Selvagge vicino ad Umland – sospirai appena socchiudendo gli occhi per poi piantarli nuovamente in quelli dello Stregone – Ci sono andato – feci una breve pausa; dire quelle parole era peggio che essere trafitti da mille lame – Non c’era traccia di lui -
- Ah, Thràin – annuì scettico e pensieroso.
 Alzai di scatto lo sguardo su di lui ed aggrottai le sopracciglia profondamente infastidito ed offeso dal suo tono e dalla sua espressione che lasciava trapelare perfettamente un profondo dissenso:
- Tu sei come gli altri, credi che sia morto – dissi duramente.
- Io non c’ero alla battaglia di Moria – rispose in sua difesa.
- No, ma io c’ero – esordii pensieroso mentre nella mente scorrevano le immagini di quel giorno che sarebbe rimasto impresso per sempre a fuoco nella mia memoria – Mio nonno, Thròr, fu trucidato. Mio padre caricò attraverso la Porta dei Rivi Tenebrosi, ma non fece mai ritorno – la voce mi morì in gola e socchiusi gli occhi per un breve istante – Thràin se n’è andato mi avevano detto, egli è uno dei caduti – alzai nuovamente lo sguardo – Ma alla fine della battaglia cercai tra i trucidati, fino all’ultimo cadavere – feci una breve pausa – Mio padre non era tra i morti –
Gandalf sospirò ed alzò le sopracciglia pensieroso:
- Thorin, è passato molto tempo da quando non si hanno che voci su Thràin –
- È ancora vivo, io ne sono sicuro – esclamai a bassa voce con fermezza sostenendo lo sguardo dello Stregone.
Gandalf mi guardò pensieroso socchiudendo leggermente gli occhi semi nascosti dalle folte sopracciglia grigie. Sentivo che stava per chiedermi qualcosa, qualcosa che, a giudicare dalla sua espressione, non mi sarebbe piaciuta molto:
- Ed Elris? Dov’è? Cosa ne pensa lei al riguardo? – chiese con una certa cautela.
Mi irrigidii di colpo. Non sentivo pronunciare quel nome da tanti, forse anche troppi, anni. Rimase lì, velato, sottile quasi come una brezza leggera a galleggiare nell’aria; sembrava che potessi vederlo, toccarlo e gustarne il sapore. Elris. Il dolce suono che emanava il suo nome quando veniva pronunciato era ammaliante più di una vecchia nenia magica. Ti rapiva e rendeva schiavo. Mi rendeva schiavo. Quel nome era la chiave che apriva la spessa serratura del mio cuore e dava la libertà ai sentimenti ed ai ricordi di venir fuori, selvaggi e scalpitanti, tornando a far breccia in me. Non potevo permettermi una debolezza simile, non più almeno. La persona che portava quel nome era oramai molto lontana, forse miglia e miglia chissà dove in questa vasta e oscura Terra e non l’avrei mai più rivista fino alla fine dei miei giorni:
- Ciò che pensa quella Mezzelfo non è affar mio ormai da molti anni – risposi in tono secco e duro cercando di nascondere la mia espressione bevendo dal boccale un lungo sorso di birra.
- Eppure ti fa ancora effetto sentir pronunciare il suo nome – esordì lo stregone prendendomi in contropiede.
Tenevo lo sguardo fisso sul piatto semivuoto osservando il mio indefinito riflesso nell’argento opaco e da quattro soldi annerito dal tempo. Strinsi leggermente la mano a pugno cercando di non far capire allo Stregone di aver colto nel segno, anche se non escludevo affatto che avesse tirato appositamente fuori il discorso:
- Ti sbagli Stregone – alzai lo sguardo – Non ho più niente da spartire con lei, né ora né mai – dissi a denti stretti mentre osservavo con circospezione Gandalf.
- Se è questo ciò che desideri – scossi la testa impercettibilmente anche se sapevo che Gandalf lo aveva notato lo stesso – Allora Thorin, dimmi – continuò dopo una breve pausa – L’anello, quello che tuo nonno portava, uno dei Sette dati ai Signori dei Nani molto tempo fa, che fine ha fatto? – domandò con spiccata curiosità.
- Lo diede a mio padre prima che andassero in battaglia – risposi leggermente confuso da quella domanda.
- Quindi non lo portava quando è… – lasciò la frase in sospeso indugiando per qualche secondo – Quando è andato disperso? – annuii certo della mia risposta – È tutto allora – sospirò lo Stregone.
Presi un altro sorso di birra dal boccale indeciso se porre o meno quella domanda alla quale cercavo soluzione da molto tempo, poi decisi che era giunto il momento di trovare finalmente delle risposte e ricomporre i frammenti degli ultimi giorni di mio padre:
- So che mio padre venne a trovarti prima della battaglia di Moria – Gandalf alzò lo sguardo su di me.
- Oh si, venne – annuì – Il Drago si era preso Erebor, molte furono le vittime del suo fuoco quel lontano giorno, e Thràin sospettava già da qualche tempo che Moria fosse stata invasa dagli Orchi. Venne da me in cerca di consiglio, di un modo per salvare ciò che rimaneva della sua gente e della sua famiglia – puntò lo sguardo su di me.
 – Che cosa gli dicesti? – domandai desideroso di sapere.
- Lo spronai a marciare su Erebor, a radunare i Sette Eserciti dei Nani per distruggere il Drago e riprendersi la Montagna Solitaria – disse con convinzione – E direi lo stesso a te – fece una breve pausa, poi riprese ancor più determinato – Riprenditi la tua terra natia –
- È quello che avrei fatto anni orsono se Elris non me lo avesse impedito negandomi il suo aiuto – risposi in tono secco e mandando giù un altro sorso di birra – La pregai di aiutarmi ma fu irremovibile, non sentì ragioni -
- Elris era terrorizzata di perderti Thorin, e tu dovresti saperlo bene – disse con una punta di malinconia nella voce – Sai di quale terrore sono fatti i suoi incubi, quanti visi di caduti tra i suoi cari le vanno a far visita nelle ore più buie della sera. Non voleva che tu fossi uno di quelli -
Conoscevo fin troppo bene quello di cui parlava Gandalf. Avevo passato intere notti ad Erebor affianco a lei vegliandola, cercando di fare del mio meglio nel tener lontani quegli orrori che la tormentavano da secoli fino alla pazzia. Le avevo dato tutto me stesso e lei, infine, mi voltò le spalle:
- Non spettava a lei questa decisione – dissi in tono severo aggrottando le sopracciglia.
- Forse no, ma ti ricordo qual era il suo prezzo da pagare se ti avesse aiutato – ci fu un breve momento di silenzio quanto bastava per farmi alzare lo sguardo su di lui – Se avesse acconsentito, se avesse marciato su Erebor con te assieme al suo esercito, arrivato quel fatidico momento, l’avresti fermata? Avresti rinunciato all’impresa per salvarla? –
Non dissi nulla. Non perché non ne avessi il coraggio o perché mi vergognassi della risposta; tante volte mi ero interrogato su quella stessa domanda e altrettante volte non avevo trovato risposta alcuna. Cosa avrei fatto? Erebor era la mia patria, la mia casa; Elris la donna che amavo e trovare un compromesso era praticamente impossibile. Alla fine decisi che era inutile porsi un quesito simile, ormai Elris era il passato, un passato lontano, morto e sepolto che non sarebbe più tornato:
- Non è una coincidenza questo incontro, vero Gandalf? – cambiai discorso ed evitando così la sua domanda.
- No, non lo è – scosse la testa più per la rassegnazione al mio silenzio che per conferma alle sue parole – La Montagna Solitaria mi preoccupa Thorin – disse in tono grave – Quel Drago è stato lì troppo a lungo, presto o tardi menti più oscure si dirigeranno verso Erebor – si guardò circospetto attorno – Mi sono imbattuto in sgradevoli personaggi mentre percorrevo il Verde Cammino, mi hanno scambiato per un vagabondo –
- Immagino che se ne siano pentiti – risposi con una nota di ironia.
- Uno di loro portava un messaggio – tirò fuori un pezzo di stoffa rovinato e lo aprì sul tavolo – È lingua nera questa – aggiunse indicando le scritture incomprensibili che vi erano sopra – Una promessa di pagamento –
- Per cosa? – domandai ad un tratto allarmato non solo dalle sue parole, ma anche dallo strano movimento che si stava creando attorno a noi.
- La tua testa – disse lo Stregone con uno sguardo impenetrabile facendomi trasalire appena – Qualcuno ti vuole morto Thorin non puoi più aspettare – distolsi lo sguardo – Tu sei l’erede di Dúrin – esclamò pur sempre mantenendo un tono non troppo alto – Mobilita gli eserciti dei Nani, insieme avete la forza e la potenza di riconquistare Erebor. Convoca in assemblea le sette famiglie dei Nani, pretendi che rispettino il voto –
- Gli eserciti fecero quel voto a colui che maneggia il gioiello del Re – risposi, certo che quello che aveva detto lo Stregone fosse del tutto privo di senso – L’Arkengemma è l’unica cosa che li terrà uniti e nel caso tu l’abbia dimenticato quel gioiello è stato rubato da Smaug -
- E se io ti dessi una mano a recuperarlo? – fece un sorriso d’intesa.
- Come? – rimasi senza parole – L’Arkengemma giace a mezzo mondo da qui, sepolta sotto le zampe di un Drago sputafuoco –
- Si, infatti – annuì Gandalf con decisione – Ed è per questo che ci serve uno scassinatore –

[FINE FLASHBACK]


12 MESI DOPO…


POV BILBO

Eravamo riusciti a scampare ad Azog ed il suo branco di Orchi e Mannari grazie all’aiuto delle Aquile che, dopo averci trasportato in volo, ci adagiarono su un alto spuntone di roccia che sorgeva nel mezzo di una lussureggiante radura boschiva. La vallata sottostante si estendeva a perdita d’occhio, fino all’orizzonte, dove spiccava alta e maestosa la Montagna Solitaria. Proprio in quel momento, mentre ci stavamo gustando la vittoria ed il paesaggio, accadde l’inaspettato. Nessuno di noi durante lo scontro nella foresta in fiamme si era accorto che Elris era stata gravemente ferita dagli Orchi. Le frecce che la colpirono erano intrise di un potente veleno che nel giro di poco tempo iniziò a circolarle nel sangue infettandolo; solo quando crollò svenuta sotto i nostri occhi ci rendemmo conto della gravità della situazione. Dwalin, Fili, Kili, Nori e Gloin si misero subito all’opera per costruirle una lettiga che avrebbe facilitato il trasporto del suo corpo inerme. Aveva la febbre alta ormai da qualche giorno e nonostante gli sforzi di tutti per cercare di abbassarla non vi era alcun miglioramento, anzi, aveva perfino iniziato a delirare nel suo stato di semi incoscienza. Ci eravamo alternati a vegliarla per notti intere, nascondendoci dagli Orchi in grotte incavate nella pietra e rientranze del terreno colme di terra e radici, pregando che ce la facesse a superare ogni nuovo giorno. Potevo leggere perfettamente la scura preoccupazione che segnava il volto di Gandalf perché era la stessa che gravava sulle espressioni di tutti; anche Thorin, che cercava di mantenere un atteggiamento distaccato e freddo, era visibilmente turbato dalle condizioni di Elris. Il fianco roccioso della montagna lungo la quale ci eravamo arrampicati offriva una copertura migliore grazie alle alte rocce frastagliate dei crinali. Ci fermammo per qualche istante a riposare e mentre Bifur, Bofur, Fili e Dwalin poggiavano delicatamente la lettiga di Elris a terra, io mi acquattai ai piedi di un grande masso e mi sporsi leggermente in avanti per controllore la posizione degli Orchi che seguivano le nostre tracce da giorni. Azog ed il suo gruppo erano sulla vetta di fronte a meno di qualche chilometro di distanza; i Mannari fiutavano l’aria in cerca di qualche nostra straccia, ma fortunatamente il vento soffiava nella direzione opposta mantenendo lontano il nostro odore. L’Orco pallido si guardava attorno aguzzando lo sguardo e scrutando tra le vette seminascoste dalla nebbia; quando si voltò nella mia direzione, con un movimento repentino, mi abbassai tornando a nascondermi contro la fredda pietra. Contai fino a dieci poi, timidamente, mi affacciai di nuovo solo che stavolta notai qualcosa di completamente diverso. Non sapevo con certezza che animale fosse; la fredda luce dell’alba lo teneva ancora in ombra, ma era davvero enorme. La creatura si alzò su due zampe arrampicandosi su una punta rocciosa e un tiepido raggio di sole lo investì in pieno mostrandolo in tutta la sua imponenza. L’animale si rivelò essere un grande orso dal manto più nero delle notta più oscura; non aveva la stazza di un comune orso, anzi, lo superava minimo di due o tre volte. Non avevo mai visto una cosa simile, nemmeno tra i libri a casa Baggins. Mi staccai dalla roccia e tornai dagli altri in punta di piedi per riferir loro cosa avevo visto, ma prima di poter aprire bocca una scena catturò la mia attenzione. La lettiga di Elris era stata poggiata nella penombra creata da un’alta roccia appuntita e lì, accovacciato accanto a lei, c’era Kili che le teneva la mano nella sua e le bagnava la fronte con un panno umido, nel vano tentativo di abbassarle la febbre. Muoveva le labbra e ogni tanto faceva dei piccoli sorrisi, segno che stava parlando con lei, ma da questa distanza non riuscivo a distinguere le parole:
- Quanto è vicino il branco? – mi domandò Thorin avvicinandosi assieme agli altri.
- Troppo vicino – scossi la testa – Un paio di leghe, non di più – mi voltai di scatto guardando alle mie spalle, poi nuovamente verso la Compagnia – Ma questa non è la peggiore –
- I Mannari ci hanno fiutato? – domandò Dwalin.
- Non ancora, ma lo faranno – parlavo in fretta per l’agitazione e guardavo Gandalf negli occhi – Abbiamo un altro problema –
- Ti hanno visto? – domandò lo Stregone con una nota di preoccupazione nella voce.
- No, non è questo – chiusi gli occhi e scossi con decisione la testa.
- Che vi avevo detto? – esclamò rivolto agli altri soddisfatto e compiaciuto – Silenzioso come un topo, perfetto per fare lo Scassinatore – annuí sorridendo seguito dal consenso degli altri.
- Volete darmi ascolto!? – esclamai alzando le braccia al cielo e richiamando la loro attenzione – Sto cercando di dirvi che c’è qualcos’altro là fuori – dissi indicando dietro di me.
- Quale forma ha assunto? – Domandò Gandalf aggrottando le sopracciglia – Quella di un orso? –
- Si! – mi girai di scatto annuendo con vigore – Si, ma grosso, molto più grosso –
- Tu sapevi di questa bestia? – chiese Bofur a Gandalf – Io dico di fare dietrofront –
- Ed essere travolti da un branco di Orchi? – tuonò Thorin.
- Ragazzi! – esclamò Kili d’un tratto balzando in piedi e correndo verso di noi.
Ci voltammo tutti nella sua direzione, aveva il respiro accelerato, lo sguardo impaurito e febbricitante ed avrei potuto giurare che stava anche tremando. Feci un passo verso di lui temendo il peggio e con voce incerta parlai:
- Cosa… cosa succede? –
- Elris – sussurrò con voce leggermente spezzata – Sta peggiorando a vista d’occhio, trema, suda freddo e respira a malapena – deglutì pesantemente – Se non troviamo un modo per curarla la perderemo – pronunciò quelle ultime parole con un sussurro appena accennato.
- Gandalf! – esclamò Fili – Non possiamo lasciarla morire così! –
Lui annuì appena perso nei suoi pensieri ed intento a trovare un modo per salvare la nostra amica. Sembrò che fosse passata un’eternità quando finalmente iniziò a parlare:
- C’è una casa – iniziò – Non è molto lontana da qui, dove noi potremmo trovare rifugio – disse pensieroso.
- Di chi è questa casa? Amico o nemico? – domandò Thorin con un’espressione cupa sul volto.
- Nessuno dei due – sospirò – Lui ci aiuterà o ci ucciderà –
- Che scelta abbiamo? –
- Se vogliamo salvare Elris, nessuna – rispose Gandalf con un’espressione greve a segnargli il volto.
Dwalin, Gloin, Fili e Bifur presero la lettiga dove era adagiata Elris e se la caricarono in spalla con cautela, poi iniziammo a correre dietro a Gandalf che ci apriva la strada. Percorremmo il crinale con non poca fatica, cercando di sviare i massi e la ghiaia per non scivolare e cadere giù nel vuoto; la barella di Elris sobbalzava pericolosamente rischiando di farla cadere a terra, ma Kili era perennemente accanto ad essa per evitarlo. Continuammo a scendere nascondendoci come potevamo dagli Orchi, che continuavano a correrci dietro, e dall’enorme orso nero che avevo intravisto non molto tempo fa:
- Fermi! – annunciò Thorin mentre si era fermato a scrutare qualcosa alla nostra destra.
- Cosa succede? – domandai facendomi avanti per raggiungerlo.
- I Mannari – sussurrò voltandosi verso di me con uno sguardo impenetrabile; inarcai le sopracciglia e lo spronai a parlare – Hanno fiutato l’odore del sangue di Elris – sgranai leggermente gli occhi e indirizzai lo sguardo nella direzione che Thorin era intento a scrutare.
- Come lo sai? Ne sei sicuro? – domandai con un misto di ansia e paura crescenti mentre continuavo a far guizzare lo sguardo tra Thorin e le vette innevate.
- Il vento sta cambiando direzione, se non lo hanno ancora fatto succederà presto – sguainò la spada – Proseguiamo – fece un cenno alla Compagnia – Mettete la lettiga di Elris al centro, tutti gli altri attorno – rivolse un ultimo sguardo al panorama montuoso e poi sussurrò a malapena delle parole che mi colpirono, ma che al tempo stesso mi scaldarono il cuore – Dobbiamo proteggerla, devo proteggerla -
Riprendemmo la nostra folle corsa fino a giungere dall’altro lato della montagna. Nel frattempo, ad Est, il sole si stava alzando alto nel cielo ancora parzialmente nascosto dalle cime dei monti. La luce iniziò a rompere le catene del buio rischiarando la vallata sottostante e irradiandola di un bagliore dorato che faceva scintillare la vasta distesa di erba giallognola che si estendeva a perdita d’occhio. La sfumatura rosata dell’alba era ormai sparita e anche le nuvole avevano cambiato il loro colore da un pallido color arancio ad un bianco opaco che risaltava in netto contrasto con l’azzurro del cielo. La pianura sulla quale eravamo giunti si estendeva ad Ovest per un paio di leghe e si apriva in un enorme e fitto manto dorato punteggiato qua e là da piccole piante di lavanda che profumavano l’aria. Una folata di vento scompigliò l’estremità dei fili erbosi facendoli oscillare dolcemente in un movimento lento ed armonioso, quasi come se fosse una danza. La piacevole musica creata dai fruscii, unita al dolce odore di lavanda, facevano di questo posto un luogo incantevole. Elris lo avrebbe apprezzato di sicuro se fosse stata sveglia. La brezza della mattina mi riportò alla realtà risvegliandomi dal mio momentaneo stato di estraneazione dal mondo e sbattendomi in faccia la precaria situazione in cui ci trovavamo. Non sapevo quale fosse il piano di Gandalf, né dove stessimo andando, ma speravo davvero con tutto il cuore che per il bene di tutti ci avrebbe garantito la salvezza. Elris mi preoccupava davvero molto. Non avevo mai visto nessuno così debole e fragile, e vedere lei che, fin da quando l’avevo conosciuta a casa Baggins, era sempre apparsa così forte e intoccabile era quasi surreale. Speravo che resistesse quanto bastava per ritenerci davvero al sicuro, ma il suo pallore così marcato aumentava la mia ansia e la pena che provavo nel vedere lo sguardo sofferente di Kili e Thorin. Continuavamo a correre tra l’erba dorata e morbida finché non iniziò a diradarsi dando spazio ad un boschetto sorto su una discesa scoscesa e rocciosa. Ci infilammo al suo interno sempre con Gandalf che apriva la fila, seguito da Gloin, Fili, Bifur e Dwalin che tenevano ben salda in spalla la lettiga con Elris mentre noi altri li seguivamo cercando di proteggerli da eventuali attacchi:
- Forza, correte! – esclamò Thorin.
- Per di qua, svelti! – gridò Gandalf indicandoci la via con il bastone.
I Mannari e gli Orchi li avevamo persi di vista, ma c’era qualcos’altro che al momento ci stava inseguendo, qualcosa di molto più grosso e potenzialmente più distruttivo e pericoloso di Azog ed il suo seguito. L’enorme orso nero ci correva dietro emanando dei versi rabbiosi e bestiali che mi facevano accapponare la pelle e tremare di paura. Aumentammo il passo saltando di roccia in roccia sulla ripida discesa, spinti ad andare sempre più veloci per paura di essere presi dalla bestia dietro di noi che si spingeva sempre più alla carica con l’unico intento di ucciderci. Mi voltai per un breve attimo senza fermarmi e lo vidi non molto distante da noi, con le fauci spalancate e gli aguzzi denti in bella vista pronti a dilaniarci. Era ancora più spaventoso nella sua unica e maestosa bellezza, ancora più enorme di quando lo avevo intravisto sulla montagna. Al suo passaggio le sue enormi zampe travolgevano i cespugli e il suo possente corpo smuoveva pericolosamente gli alberi creando un frastuono di foglie e fruscii, quasi come se un forte vento li stesse scuotendo dalle radici alla chioma. Era una vera e propria forza della natura. Il boschetto non era molto vasto, così in poco tempo ci ritrovammo nuovamente all’aperto ed esposti, troppo esposti. Stavo per cedere allo sconforto, quando in lontananza vidi un enorme ed alto steccato in legno: dovevamo essere finalmente giunti a destinazione. L’allegria del momento durò ben poco perché l’orso nero era sempre più vicino e spaventoso mentre usciva con un balzo da un fitto groviglio di alberi. Tutta la Compagnia iniziò a correre a perdifiato attraversando la radura semicircolare in cui eravamo spuntati, con l’unico di arrivare il prima possibile in quel rifugio che Gandalf riteneva sicuro:
- La casa, eccola, svelti! – continuava ad incoraggiarci lo Stregone.
In un ultimo sforzo sovraumano riuscimmo ad arrivare allo steccato ed entrare in un vasto e lussureggiante giardino, ricco di piante ben curate e alberi alti dalla chioma rigogliosa che lo lasciavano per la gran parte in una fresca e piacevole ombra. Eravamo riusciti ad entrare tutti, cosa più importante, Elris era ancora sulla lettiga e ben protetta dai Nani che si erano stretti in cerchio attorno a lei. L’orso continuava a correre nella nostra direzione, sempre più infuriato, sempre più vicino:
- Forza, aprite quella porta! – urlò Thorin mentre teneva lo sguardo puntato verso l’animale.
Tutti si ammucchiarono contro di essa cercando di aprirne gli alti e possenti battenti chiusi da un massiccio chiavistello in legno. Quando finalmente riuscimmo a spalancarli ci riversammo tutti all’interno di quella che sembrava una enorme ed attrezzata stalla. Appena furono tutti al suo interno ci precipitammo a richiuderne le porte proprio nel momento in cui l’orso tentò di entrare. Feci un passo indietro colto da un improvviso brivido di terrore; da vicino era ancora più grosso, minaccioso e letale di quanto potesse apparire a prima vista. Le sue fauci aperte lasciavano uscire versi animaleschi da brivido e gli occhi marroni scuri brillavano di una rabbia ed un fervore incontrollabili, mentre con la testa cercava di entrare spingendo la porta verso l’interno. Ci addossammo tutti contro l’entrata facendo leva sulle nostre ultime forze e, con l’ennesima spinta, riuscimmo a chiudere la porta lasciando fuori l’orso. In quell’istante tirai un grosso sospiro di sollievo che non mi ero nemmeno accorto di trattenere:
- Quello cos’è?! – esclamò Ori.
- Il nostro anfitrione – disse Gandalf con una calma surreale – Il suo nome è Beorn ed è un mutatore di pelle – continuò rivolgendo lo sguardo verso la porta con fare pensieroso – A volte è un enorme orso nero, altre è un omone grande e forte – prese un gran respiro e continuò guardando sia noi che l’ambiente circostante – L’orso è imprevedibile, ma con l’uomo ci si può ragionare – fece una breve pausa aggrottando le sopracciglia – Tuttavia non è che faccia i salti di gioia per i Nani –
- Indorargli la pillola non servirà a molto Mithrandir –
Una sussurro appena accennato ed una voce roca e spezzata fece breccia nel silenzio che era calato tra noi; mi voltai di scatto e ritrovai Elris con gli occhi semi dischiusi mentre cercava di tirarsi su poggiandosi sul gomito destro e facendo leva per sedersi. Fu una sorpresa, anzi, un completo shock vederla sveglia e reattiva dopo giorni e giorni di sola paura e silenzio. Sorrisi leggermente sperando che questo suo improvviso miglioramento fosse un buon segno della sua guarigione, ma a giudicare dall’espressione scura di Gandalf iniziai a temere il peggio:
- Elris! – esclamarono tutti in coro e con un sorriso stampato sui loro volti.
- Ragazza mia, sta giù e non muoverti, lasciami controllare –
Lo Stregone le si avvicinò con cautela ed iniziò ad esaminare le sue ferite diventando sempre più pallido e preoccupato mano a mano che osservava quei fori grondanti di sangue. Quello sulla spalla aveva i contorni delineati con tante piccole venuzze scure che le si irradiavano per tutta la spalla e salivano e scendevano sia verso il collo che verso il torace, creando come una specie di fitta rete di ragnatele:
- Sto bene Mithrandir – sussurrò lei a malapena mentre soccombeva al suo stato rimanendo distesa.
- Non ho alcun dubbio amica mia – disse Gandalf con un sorriso appena accennato.
Elris fece un mesto sorriso e nel giro di pochi secondi tornò a chiudere gli occhi lasciandosi ingoiare nuovamente dalle tenebre. Lo Stregone si allontanò da lei e corrugò le sopracciglia mentre faceva guizzare lo sguardo da una parte all’altra della stalla. Volevo chiedergli che cosa stesse succedendo e se davvero la nostra amica stesse bene, ma la sua espressione così impenetrabile mi mise in difficoltà spingendo a domandarmi se ci stesse nascondendo qualcosa sulle sue condizioni. Mi avvicinai con determinazione a lui, deciso che preferivo sentire la verità piuttosto di un illusoria bugia:
- Gandalf – lo chiamai, ma era talmente preso e perso in quello che stava facendo che non se ne accorse nemmeno – Gandalf! – alzai la voce per attirare la sua attenzione e, finalmente, si voltò.
- Mastro Baggins, cosa c’è? -
- Voglio sapere di Elris, come sta? – lo guardai negli occhi e prima che potesse rispondere aggiunsi – E voglio la verità – sottolineai.
Gandalf sospirò e si allontanò leggermente dal resto del gruppo per non farsi sentire, lo seguii e, dopo essermi dato una rapida occhiata alle spalle, tornai a guardarlo aspettando le risposte che cercavo:
- È molto grave, non posso negarlo, il veleno presto raggiungerà il cuore e gli altri organi vitali provocandole una morte lenta e dolorosa – sgranai gli occhi incredulo a quelle rivelazioni.
- Ma… ma prima si è svegliata – balbettai in un sussurro – Non dovrebbe essere un buon segno? – dissi con un tono supplichevole e disperato, sperando che dopotutto Gandalf avesse dato ragione ai miei pensieri.
- Non lo so caro Bilbo, forse si, o forse no – sospirò e fece una piccola pausa – Elris è molto forte, ma altrettanto lo è il veleno che le circola in corpo. L’unica cosa che posso dire ora è che i Valar siano con lei -
- Dobbiamo salvarla Gandalf – sussurrai in un tono abbastanza disperato e scuotendo la testa non riuscendo ancora a capacitarmi che la possibilità che non ce la facesse era lì, sempre più vicina, sempre più reale.
- Lo faremo mio caro Hobbit- annuii leggermente - Ora mettetevi a dormire tutti voi - esordì lo Stregone – Sarete più al sicuro qui –
- Dormire? – esclamò Fili contrariato – Dobbiamo curare Elris, non supererà la notte! -
- Fiducia giovane Nano, Elris ce la farà – guardò di sfuggita fuori dalla finestra - Non è sicuro uscire ora – e con quelle parole il discorso fu chiuso.
Sistemammo i nostri giacigli in mezzo alla paglia e nel giro di un ora tutta la Compagnia cadde in un sonno profondo. D’altro canto io invece non riuscivo a chiudere occhio. Gli avvenimenti dei giorni scorsi continuavano ad attraversarmi la mente senza tregua. L’esperienza che avevo vissuto nelle gallerie degli Orchi sotto la Montagna mi aveva portato a scoprire un lato di me che non credevo potesse esistere: il coraggio. Quella strana creatura che avevo incontrato laggiù mi aveva affascinato e impaurito al tempo stesso. Cos’era? Chi era? Ma soprattutto, perché viveva laggiù lontano dal mondo? Infilai involontariamente la mano nella tasca e tirai fuori un anello d’oro puro e brillante. Lo guardavo con interesse ed una punta di un sentimento che si avvicinava molto al possesso; era davvero bellissimo ed era mio. Alquanto bizzarro era il modo in cui questo tesoro funzionasse facendoti diventare completamente invisibile a tutti, una qualità più che utile in un viaggio colmo di pericoli come questo. Continuavo ad ammirarlo, osservando ogni minimo cambiamento del suo colore dovuto ai raggi della Luna che entravano dalla finestra ed illuminavo di una leggera e fredda luce bianca la stalla. Ne ero completamente incantato, come rapito dalla sua estrema e senza eguali bellezza. Non avevo mai visto un gioiello così ammaliante tanto da rapire la mente ed il cuore di qualcuno. Doveva essere un anello molto speciale per esercitare un tale potere. Un rumore nella stalla attirò la mia attenzione e, senza neanche pensarci, rimisi subito l’anello nella tasca interna della mia ormai logora giacca in velluto rosso e chiusi gli occhi facendo finta di dormire, ma tendendo le orecchie ben aperte. I passi scricchiolavano leggermente sulla paglia più secca e si avvicinavano lentamente alle mie spalle, poi tutto ad un tratto si fermarono e un ombra si proiettò sulla parete dinnanzi a me. Nella penombra della stalla non riuscivo a distinguere di chi fosse quella scura figura, solo quando sentii il suo flebile sussurro chiamare il nome di Elris lo riconobbi: Kili. Avevo notato fin dal primo momento come il giovane principe fosse rimasto folgorato dalla bellezza eterea dell’Elfa, ed i suoi gesti e le sue parole non facevano che darmene conferma. Elris era una persona molto sola, con un passato vasto e pieno di sofferenza a gravare sulle sue spalle ed ero più che certo che si meritasse di essere felice. Sperai solamente che saremmo arrivati tutti sani e salvi al termine di questa impresa. Mi girai tirandomi su a sedere ed osservai la scena sentendomi uno spettatore un po’ troppo indiscreto: Kili era seduto di fianco la barella con le ginocchia strette al petto e lo sguardo fisso ed assorto su di lei. Potevo percepire fin da questa distanza la sua crescente preoccupazione per le condizioni della nostra amica, e come dargli torto? Era spaventoso veder soffrire qualcuno a cui si teneva e non poter fare assolutamente nulla per farlo stare meglio. Mi alzai cercando di fare il meno rumore possibile e, in punta di piedi, mi avvicinai lentamente a Kili finché non gli arrivai di fronte:
- Ehi – sussurrai.
Il Nano alzò lo sguardo su di me leggermente sorpreso dal vedermi davanti a lui; sorrisi leggermente e lui ricambiò con la mia stessa malinconia sul volto, poi tornò a guardare Elris che dormiva scossa da leggeri fremiti e mugolii:
- Posso sedermi? – domandai con gentilezza indicando lo spazio di fronte a lui. Kili non rispose, annuì solamente sempre con lo sguardo fisso su di lei.
- Sta peggiorando di ora in ora – sussurrò con una voce leggermente spezzata – Se continua così non supererà la notte –
Quelle parole mi colpirono in pieno come un fulmine a ciel sereno lasciandomi completamente senza parole. Guardai anche io verso di lei e notai che effettivamente il suo colorito si faceva sempre più bianco e malaticcio. Presi un bel respiro e cercai di calmare la preoccupazione che mi attanagliava il petto e mi rivolsi di nuovo a Kili cercando di confortarlo in qualche modo, sperando di essere d’aiuto:
- Sono convinto che ce la farà – gli poggiai una mano sulla spalla e lui si voltò verso di me – Gandalf ha ragione, Elris è molto forte, ne ha passate tante e supererà anche questa, vedrai – sorrisi cercando di trasmettere anche a lui un po’ di speranza.
- Spero tu abbia ragione Mastro Baggins, davvero – sussurrò guardandomi con una ferma convinzione nello sguardo.
- Andrà bene – annuii con fermezza riferendomi più a me stesso che a lui.
Ci furono degli attimi di silenzio durante i quali entrambi avevamo spostato lo sguardo per vegliare la nostra amica. La febbre era iniziata a salire, così presi un pezzo di stoffa bagnandola con un po’ dell’acqua che mi era rimasta nella borraccia e gliela misi sulla fronte bollente come un braciere:
- Io la amo – sussurrò così piano Kili che per un attimo credetti di averlo immaginato – Davvero tanto – aggiunse poco dopo.
Sorrisi tra me e me sorpreso per la dolcezza delle parole del giovane Nano. Era davvero sorprendente come contro ogni aspettativa e, nel bel mezzo di una situazione rischiosa come questa, potesse nascere un sentimento così bello e puro come l’amore:
- Si vede sai? – sorrisi e feci una piccola risata.
- Davvero? – rispose lui leggermente allarmato.
- Si, si – annuii con vigore – Oh, ma sta tranquillo, non è una cosa brutta, anzi! – lo rassicurai notando la sua espressione.
- Ne sei sicuro? – sussurrò con una certa timidezza.
- Assolutamente si! – esclamai a bassa voce – Amico mio, l’amore è un sentimento davvero straordinario, non esiste eguali – Kili fece un piccolo sorriso e spostò una ciocca di capelli dal volto di Elris con fare pensieroso.
- Lei lo sa? – gli domandai con cautela.
- Si – annuì appena – Mi è sfuggito involontariamente e credo di averla terrorizzata – fece una piccola risata mentre continuava ad accarezzarla.
 – C’è qualcosa che ti turba, non è vero? – domandai con gentilezza cercando il suo sguardo che però restava incollato sull’Elfa.
- Si, Bilbo – sospirò – Hai indovinato –
- E di cosa si stratta? Se posso chiedere –
- Non so se lei possa ricambiarmi – disse in un sussurro appena accennato.
- Perché pensi questo? – domandai aggrottando le sopracciglia.
- Perché lei è così perfetta, e bellissima e surreale ed io – fece una piccola risata amara – Io non sono nessuno –
- Oh no, non dire così – scossi la testa – Elris ci tiene moltissimo a te, non c’è alcun dubbio – Kili annuì appena – C’è dell’altro, o sbaglio? – annuì nuovamente.
- Elris ha dei trascorsi con mio zio – bisbigliò – Me lo raccontò lei mentre eravamo in quella casa Elfica -
- Oh – sbattei le palpebre sorpreso da quella rivelazione. Beh, dopotutto, si notava che tra i due c’era un non so che di strano, ed ora avevo finalmente capito di cosa si trattava. Ero rimasto senza parole e non sapevo cosa rispondere. Effettivamente questo poteva complicare non poco le cose, soprattutto tra Kili e Thorin – Ma si tratta di molto tempo fa immagino, no? – domandai cercando di sollevare il morale al giovane Nano.
- Si – sussurrò annuendo – Ma se quei sentimenti non si fossero mai spenti? – alzò lo sguardo su di me – So per certo che Elris non è indifferente a Thorin, anche se lui fa del tutto per nasconderlo – abbassò lo sguardo e iniziò a giocherellare con qualche filo di paglia – Voglio molto bene a mio zio, è grazie a lui che oggi sono così – lasciò la frase in sospeso.
- Ma…? – lo spronai a continuare – Sono più che sicuro ci sia un ma di mezzo – Kili fece una piccola risata.
- Thorin è la mia famiglia, è stato un padre per me e mio fratello, ma d’altra parte amo Elris più di me stesso – annuii comprendendo la sua paura.
- Io non sono nella testa né di Elris, né tantomeno di Thorin, ma lei prova qualcosa per te – dissi in tono serio e pacato – Non so di che genere di sentimento si tratti, ma non le sei affatto indifferente – terminai con un leggero sorriso.
- Come fai a dirlo? – sussurrò con un’espressione rassegnata sul volto.
- Diciamo che ho imparato a conoscerla un pochino – feci una leggera risata.
- Eppure mi tiene lontano - sospirò – Da quando le ho confessato i miei sentimenti è sfuggente – abbassò lo sguardo – Prima di cadere nella trappola dei Goblin ci siamo avvicinati un po’, ma poi è tornata sulle sue – terminò con un sussurro.
- Credo che abbia paura – tornò a guardarmi – Ha un passato difficile e burrascoso che l’ha segnata profondamente ed ora, che credeva di aver raggiunto un equilibrio, ha paura che tutto le venga portato via – sospirai e la guardai – Non posso darle torto –
- Voglio renderla felice – sussurrò flebilmente.
- Sono più che sicuro che tu possa farlo – annuii con convinzione mentre gli davo un’amichevole pacca sulla spalla.
- Ha rischiato la sua vita per salvarlo – sussurrò.
- Sono sicuro che lo avrebbe fatto per chiunque di noi – Kili annuì e tornò a guardare Elris ancora una volta.
Restammo lì seduti per un’altra mezzora, poi riuscii finalmente a convincere Kili a tornare nel suo giaciglio a riposare un po’. Ne aveva un gran bisogno; il suo volto era davvero provato, non solo dall’estenuante giornata, ma anche dalle condizioni di Elris. La mattina dopo fui svegliato dal ronzio delle api che svolazzavano sulla mia testa e dalla tiepida luce del sole che si era alzato nel cielo già da qualche ora. I raggi che filtravano illuminavano la stalla e la scaldavano di un piacevole tepore tipico di fine autunno. Voltandomi mi accorsi che il resto della Compagnia era già in piedi raggruppata di fronte le possenti porte in legno, così mi alzai anche io stropicciandomi gli occhi e stiracchiando i muscoli e li raggiunsi:
- Dovevamo darcela a gambe levate, filarcela dal retro – sentii dire a Nori mentre mi facevo più vicino.
- Io non scappo di fronte a nessuna bestia o altro e soprattutto non lascio morire i miei amici – esclamò Dwalin contrariato.
- Non serve a nulla litigare, non attraverseremo le Terre Selvagge senza l’aiuto di Beorn – disse Gandalf – Saremo catturati ancora prima di arrivare alla Foresta ed è l’unico che sa come curare Elris – si voltò verso di me – Bilbo, eccoti qua! – poi riprese a parlare rivolto a tutti – Ora questo richiederà una gestione delicata, dobbiamo agire con molta prudenza. L’ultima persona che lo ha spaventato è stata ridotta a brandelli – a quelle parole calò il silenzio – Io andrò per primo e tu Bilbo, verrai con me –
- È una buona idea? – domandai leggermente titubante.
- Si – annuì lo Stregone – Voi altri restate qui e non comparite fino al mio segnale – li raccomandò.
- Bene, aspettiamo il segnale – annuì Bofur.
- E niente mosse improvvise o rumori forti e non stategli addosso, uscite soltanto in coppia – fece per andare ma poi si fermò e si girò nuovamente – Oh, Bombur, tu è meglio se esci da solo – lui annuì pensieroso mentre sgranocchiava una carota.
Quando uscimmo nel giardino una forte ed abbagliante luce mi colpì in pieno volto, socchiusi gli occhi per ripararmi la vista e solo in quel momento mi accorsi della bellezza del paesaggio che avevamo attorno. Ci trovavamo in una radura semicircolare protetta da una catena di monti non molto lontani che ne seguivano il perimetro per intero andando a creare una specie di territorio protetto e segreto al resto del mondo. L’erba che cresceva qui era rigogliosa e dipinta da varie sfumature di verde che risplendevano sotto il sole e tra di essa spuntava, ogni tanto qua e là, qualche fiore selvatico dai colori vivaci. Man mano che avanzavamo nel giardino, notai in lontananza una figura. Era un uomo alto, molto alto, e possente ed era intento a tagliare la legna con un enorme e minacciosa ascia. Mi voltai verso Gandalf e notai la sua espressione preoccupata:
- Sei agitato? – gli domandai.
- Agitato? – si voltò a guardarmi come se avessi detto la cosa più assurda del mondo mentre continuava ad avanzare – Agitato, che sciocchezza – borbottò tra se e se. Continuammo ad avvicinarci, poi, arrivati ad una certa distanza, ci fermammo – Buongiorno! – disse con un tono cordiale, ma l’uomo non sembrò aver sentito – Buongiorno – ripeté Gandalf a voce più alta.
Beorn interruppe il suo lavoro e si voltò con un gesto repentino. Vederlo da vicino faceva lo stesso effetto che vedere l’orso. Era davvero alto, possente e muscoloso. Aveva dei lineamenti selvaggi che ricordavano la sua natura animale; gli occhi erano gli stessi solo che in questa circostanza  invece di essere minacciosi avevano assunto un’espressione vigile e attenta. I lunghi capelli castani erano tirati indietro sulla testa e scendevano giù lungo la schiena dandogli un aspetto ancor più animalesco, mentre sul davanti gli incorniciavano il viso unendosi a delle folte e lunghe basette a punta. Ora capivo il motivo della prudenza di Gandalf:
- Chi sei tu? – domandò Beorn con una voce profonda e graffiante.
- Io sono Gandalf, Gandalf il Grigio –
- Mai sentito nominare – rispose in tono secco mettendo in difficoltà lo Stregone.
- Sono un Mago – disse – Avrai sentito parlare del mio collega Radagast il Bruno, risiede al confine Sud di Bosco Atro –
- Che cosa vuoi? –
- Beh semplicemente ringraziarti per la tua ospitalità – annuì Gandalf con un sorriso – Avrai notato che abbiamo trovato riparo nel tuo alloggio qui, ieri sera – indicò la stalla dietro di noi.
Improvvisamente abbassò lo sguardo su di me e trasalii leggermente impaurito ed intimorito dalla natura animalesca di Beorn:
- Chi è questo piccoletto!? – domandò stringendo l’ascia tra le mani.
- Oh beh, lui sarebbe Mastro Baggins della Contea – mi annunciò Gandalf mentre mi posava una mano sulla spalla.
- Non è un Nano, vero?! – ringhiò leggermente l’uomo mentre stringeva ancora di più l’ascia e continuava ad osservarmi.
- Ma no, no – Gandalf scosse la testa – Lui è un Hobbit di buon famiglia e di impeccabile reputazione – mi voltai leggermente verso di lui e gli sorrisi.
- Un Mezzuomo ed un Mago – ci guardava circospetto – Come mai siete qui? – domandò.
- Oh beh, il fatto è che abbiamo avuto una brutta esperienza con gli Orchi sulle Montagne –
- Perché vi siete avvicinati agli Orchi? – chiese riducendo gli occhi a due fessure – Cosa stupida da fare – ruggì.
- Hai assolutamente ragione – annuì Gandalf con vigore.
All’improvviso Beorn si mise sull’attenti e strinse l’ascia con forza fino a far diventare bianche le nocche, aguzzò gli occhi e scoprì i denti in un ringhio. Per un momento temetti che si fosse trasformato nuovamente in quell’enorme orso nero. Io e Gandalf ci voltammo per vedere cosa avesse turbato Beorn fino a quel punto e in quel preciso istante Dwalin e Balin comparvero mentre scendevano le scale poste sul retro della stalla:
- Dwalin e Balin – annunciò il primo con leggero imbarazzo mentre facevano un piccolo inchino.
- Devo confessare che parecchi del nostro gruppo sono in effetti Nani – intervení Gandalf nascondendo con una piccola risata il nervosismo.
- Tu chiami due parecchi? – lo accusò Beorn con un certo scetticismo nella voce.
- Ora che la metti così loro potrebbero essere più di due – disse lo Stregone con incertezza temendo una reazione poco piacevole da parte del suo interlocutore; poi come se in quel momento la situazione non fosse già precaria, Gloin e Oin uscirono e si posizionarono accanto a Dwalin e Balin – Oh, eccome altri due della nostra allegra truppa – esclamò sempre più incerto e in difficoltà.
- E tu chiami sei una truppa? – lo ammonì Beorn – Cosa siete, un circo ambulante? –
I Nani continuarono ad uscire facendo sobbalzare Beorn ogni volta e trasalire Gandalf; era quasi una situazione comica. Non capitava tutti i giorni di vedere uno Stregone così in difficoltà nel presentare una combriccola di Nani a qualcuno e dovevo essere sincero, nonostante tutto, trattenevo a stento le risate:
- Oh ecco, Fili e Kili – fece una risatina nervosa guardando Beorn, poi si voltò nuovamente verso la stalla – E, ehm, si, Nori, Bofur, Bifur e… - sospirò pesantemente ormai rassegnato - Bombur – terminò voltandosi ancora verso l’uomo.
- Non c’è altro? – borbottò severamente – Ce ne sono altri? –
In quel preciso istante si affacciò Thorin sull’uscio della stalla e Beorn si trasformò completamente cambiando espressione. Sapeva chi era:
- Beorn, mi dispiace recarti questo disturbo, ma c’è qualcos’altro di cui devo metterti al corrente –
- E sarebbe? –
- Rammenti Amdir, figlio dei primi Elfi e Re del Reame Elfico nel Grande Nord? – domandò Gandalf cortesemente.
- Aiutò molti Mutapelle durante la Guerra contro gli Orchi – rispose solennemente.
- Si! – esclamò – Si, esatto, proprio lui –
- Perché mi domandi di lui Mago? – socchiuse gli occhi riducendole a due fessure – Che io sappia è morto molti anni fa in battaglia –
- Si, con mio profondo rammarico, ma sua figlia è qui, nella tua stalla – fece una piccola pausa – Non più di una settimana fa, mentre eravamo nei boschi alle pendici delle Montagne Nebbiose, siamo stati attaccati da un branco di Orchi guidati da Azog il Profanatore e lei è rimasta gravemente ferita da due frecce nere –
Beorn non rispose, invece si precipitò nella stalla facendosi largo tra i Nani. Io e Gandalf lo seguimmo, così come tutta la Compagnia ed appena entrati lo trovammo inginocchiato al capezzale di Elris. D’un tratto si voltò verso di noi ancora con quello sguardo a metà tra sospettoso ed allarmato, come se non riuscisse ad abituarsi alla nostra presenza:
- Non le resta molto tempo – disse in tono schietto mentre si alzava e veniva verso di noi.
- Puoi aiutarla? – domandai.
- Si, posso, spero solo che non sia tardi – e con quelle parole lasciò la stalla.
La paura tornò ad impossessarsi non solo di me, ma anche di tutti gli altri che iniziarono a scambiarsi sguardi preoccupati. Guardai verso Elris e notai con mio profondo dolore che il suo respiro si era abbassato notevolmente. Se Beorn non fosse riuscito a salvarla l’avremmo persa per sempre. Kili era pallido almeno quanto lei. Dopo la scorsa notte potevo perfettamente immaginare cosa gli stesse passando per la testa in questi istanti e capivo il suo stato d’animo fortemente turbato:
- Uscite, tutti – tuonò la voce di Beorn non appena rientrò nella stalla.
- No! – esclamò Kili facendosi avanti nonostante il fratello cercasse di tenerlo calmo – Io non me ne vado –
- Farai meglio a darmi ascolto Nano – rispose il Mutapelle con una forzata calma.
- Io… - fece per parlare di nuovo quando fu interrotto bruscamente da Thorin.
- Kili! – lo richiamò – Fa ciò che dice! –
Mi scambiai un rapido sguardo con Gandalf e mi avvicinai al giovane principe poggiandogli una mano sulla spalla:
- Andiamo a prendere una boccata d’aria, ci farà bene –
Kili annuì appena ed uscì assieme a me seguito da tutti gli altri. Thorin fu l’ultimo a lasciare la stalla chiudendosi la porta alle spalle e lasciando così la nostra amica sola con Beorn. Ci sistemammo tutti sulla morbida erba ancora bagnata di rugiada ed aspettammo. Non sapevo che ore fossero, né il modo in cui il tempo stesse passando. Sembrava tutto così fermo e statico, come se il mondo si fosse fermato e noi eravamo finiti in un limbo fuori dal tempo. La dolce e fresca brezza scuoteva le chiome degli alberi staccando, di tanto in tanto, qualche foglia che volteggiava delicatamente nell’aria andando a formare tanti piccoli ghirigori immaginari mentre continuava a vorticare su se stessa prima di posarsi delicatamente a terra tra gli alti ciuffi verdognoli. Mi sedetti poggiando la schiena al massiccio tronco di un alto albero e iniziai a giocherellare con qualche ciuffo d’erba, quando in mezzo alla terra ed alle foglie trovai una gradita e inaspettata sorpresa. Una piccola e lucente ghianda brillava di uno spiccato color marrone chiaro distinguendosi in mezzo al verde del prato, doveva essere sicuramente caduta dall’albero. La raccolsi ed iniziai a rigirarmela tra le dita osservandola con un leggero sorriso sul volto e in quell’istante un pensiero mi balenò in testa: l’avrei piantata nel mio giardino di ritorno a Casa Baggins. Un piccolo souvenir di questo angolo di paradiso. Sorrisi ancora una volta tra me e me e misi il piccolo frutto nella tasca interna della mia giacca pensando ancora alla brillante idea che avevo avuto poco fa; ero sicuro che l’albero sarebbe cresciuto alto e forte e sarebbe stato l’invidia di tutta la Contea. Feci una leggera risata. Questa piccola ghianda però aveva un significato molto più profondo per me. Rappresentava questo viaggio, le nostre fatiche, le vittorie e le sofferenze e quando il germoglio sarebbe cresciuto avrebbe dimostrato che la vita continuava, che ero stato fortunato non solo a tornare a casa, ma soprattutto a prendere parte a questa avventura e conoscere tante persone davvero fantastiche. Sarebbe stata la mia memoria, ed ogni volta che avrei guardato l’albero mi sarei ricordato dell’esperienza che mi aveva cambiato la vita. Il tempo continuava a scorrere, ormai doveva essere quasi mezzodì, ma ancora non avevamo alcuna notizia di Elris. Non sapevo se fosse un cattivo segno o meno il fatto che stesse passando una gran quantità di tempo, ma, dentro di me, continuavo a sperare nel meglio. Non ero nessuno per dirlo, ma Elris si meritava di vivere, forse più di tutti noi messi assieme. Mentre continuavo ad essere assorto nei miei pensieri mi accorsi che d’un tratto le voci di tutti si erano fermate ed uno strano silenzio era calato su di noi; alzai lo sguardo e vidi Beorn uscire dalla stalla con passo fiero e deciso. Mi alzai e mi avvicinai assieme agli altri; dovevo ammetterlo, ero completamente in panico da non riuscire ad emettere nemmeno un suono e potevo scommettere che anche il resto dei miei compagni era nella mia stessa situazione. Il primo a farsi avanti non appena Beorn si avvicinò abbastanza fu Gandalf che si sorreggeva al suo bastone, come se cercasse di trarre da esso la forza per porre quella fatidica domanda:
- Lei… - iniziò con una forte incertezza nella voce, ancor più marcata di quando dovette annunciare i Nani – Elris, sta… bene? –
Ci fu un momento di silenzio che sembrò durare per sempre durante il quale Beorn ci scrutò tutti, uno ad uno; poi lasciò andare un lungo respiro rilassando le spalle:
- È salva –
E detto questo si allontanò.
 

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Capitolo 13
*** L'incubo di Bosco Atro ***


~~POV ELRIS

[FLASHBACK, ANNO 343, SECONDA ERA, ESTREMO NORD DELLE MONTAGNE NEBBIOSE]

Dopo mesi, sembrava che finalmente l’inverno stesse giungendo al termine anche qui, all’estremo Nord della Terra di Mezzo. Le alte vette gelate, ricoperte da spessi strati di neve e ghiaccio, presto si sarebbero sciolte sotto i caldi raggi del primo sole, lasciando spazio al verde della primavera di ricoprirle per intero dando un nuovo aspetto al paesaggio. Una nuova vita, un nuovo inizio. Amavo l’inverno, anche se qui era rigido e insolitamente lungo, portava con se una strana pace e serenità che durante i mesi più caldi andavano mano a mano a svanire. Mi piaceva vivere quassù, mi piaceva la drastica variazione della natura tra una stagione e l’altra, mi piaceva la neve e il pallido sole invernale; il profumo dei fiori in primavera e il vento fresco della sera estiva. Ma la fine dell’inverno significava anche altro per me: presto mio padre sarebbe tornato a svolgere il suo dovere di Re viaggiando nella Terra di Mezzo. Negli ultimi anni avevamo goduto di una grande e prospera pace, anche se i consiglieri di mio padre continuavano a ripetere che fosse solo questione di tempo prima che succedesse qualcosa. Per me lui non era solo il Re del nostro popolo, era soprattutto un modello da seguire, un obbiettivo da raggiungere; eguagliare la sua grandezza. Spesso e volentieri, però, non venivo presa sul serio primo fra tutti da mio fratello maggiore Endacil. Diceva che una bambina di dieci anni come me non me capiva assolutamente nulla di guerra, strategie e armi e forse era vero dato che molto poche erano gli Elfi femmina che ricoprivano cariche di un certo rilievo nell’esercito. Io però volevo fare la differenza, volevo seguire le orme di mio padre fino alla grandezza. Sentivo di essere nata per questo. Passavo ore ed ore ad allenarmi con la spada di legno che mi aveva costruito mio nonno; durante i duri allenamenti immaginavo di prender parte a battaglie che sarebbero passate alla storia, fianco a fianco con mio padre, immaginavo di salvare e proteggere i popoli che abitavano la Terra di Mezzo senza distinzione tra le razze. Sognavo la pace e la conseguente permanenza a casa di mio padre anche in primavera. Vederlo partire era per me sia fonte di orgoglio che di paura; ero fiera del lavoro che svolgeva e che ci fosse bisogno di lui, ma d’altro canto il terrore di perderlo durante qualche missione era sempre presente. Così mi son ritrovata spesso sulla balconata della mia stanza, di notte, a guardare l’immenso firmamento e a pregare i Valar di proteggerlo permettendogli di tornare a casa. La primavera era sempre più alle porte e sembrava che proprio quest’anno avesse una certa fretta nel prender piede; le montagne che solitamente restavano innevate per settimane, si sciolsero in breve tempo e con il ghiaccio, man mano, se ne sarebbe andato via anche il Re. Sapevo che la sua partenza sarebbe stata a breve, c’erano troppi movimenti strani in giro e nonostante nessuno si accorgeva di me io mi accorgevo di tutto il resto. Durante una delle mie numerose fughe notturne nel giardino ai piedi della montagna, ascoltai senza volerlo una conversazione tra i miei genitori e il più fidato soldato dell’esercito di mio padre. Parlavano a bassa voce, come se avessero paura di essere ascoltati da orecchie indiscrete; sembrava quasi che dovessero nascondersi da qualcuno, pensai, notando il continuo guardarsi attorno di mia madre. Doveva essere una questione davvero delicata e importante se richiedeva tale segretezza. Nonostante tutto, mi ero avvicinata con attenzione cercando di non farmi né vedere, né sentire ed una volta che trovai un nascondiglio adatto tra i cespugli bassi mi misi ad ascoltare. Il braccio destro di mio padre, Bor, era convinto che il massiccio flusso migratorio dei Nani dall’Ered Luin a Moria avrebbe attirato sguardi indiscreti e che forze oscure stavano già iniziando a mobilitarsi nelle terre di Mordor. Mio padre Amdir mi raccontava spesso delle grandi battaglie, del Signore Oscuro Morgoth e del suo successore Sauron, anche se mia madre non era d’accordo. Mi affascinavano molto quelle storie nonostante comprendessi che per molti erano fonte di grande dolore. Mentre rimanevo seduta lì protetta dall’oscurità ad ascoltare, improvvisamente mi sentii estremamente triste e fragile quando mio padre pronunciò le fatidiche parole:
- È tempo che io rispetti il mio dovere di sovrano e protettore di questa Terra –
La partenza sarebbe stata da lì a due giorni. L’indomani mattina quando mi svegliai fervevano già i preparativi per l’annuncio, ormai ne riconoscevo i segni e in me la tristezza cominciò a farsi sempre più grande ed opprimente. Corsi nella camera di mia madre e quando spalancai la porta intagliata di legno bianco in lacrime, lei capì subito cosa c’era che non andava. Allargò le braccia in un affettuoso gesto materno e fece segno di avvicinarmi; richiusi la porta e senza pensarci un minuto di più mi tuffai nel suo caldo e confortevole abbraccio, mentre calde lacrime mi rigavano le guance. Iniziò a cantare una vecchia canzone Elfica che le aveva insegnato mio padre e che usavano per calmare i miei pianti quando ero appena nata. Chiusi gli occhi e mi abbandonai a quella dolce musica giocando con i suoi lunghi capelli castani, mentre lei mi accarezzava dolcemente la schiena stringendomi a se e facendomi sentire amata. Ero molto affezionata a mia madre e i suoi gesti d’affetto erano per me il più prezioso dei regali, erano la quiete durante la tempesta e il sollievo dai brutti sogni. Erano il mio rifugio dalla quotidianità. Li avrei portati sempre con me, anche a distanza di secoli, e sarebbero stati i migliori ricordi. Tirai su con il naso strofinandomi gli occhi e guardai le iridi verdi di mia madre; mi sorrideva:
- Cosa c’è Elris? – sussurrò dolcemente mentre mi accarezzava le guance. Abbassai lo sguardo sentendomi colpevole per aver origliato ed egoista per voler tenere mio padre a casa con noi, ma mia madre capiva. Capiva sempre tutto – Hai ascoltato la conversazione che abbiamo avuto ieri notte con Bor, non è vero? – alzai lo sguardo e feci un piccolo sorriso mentre lei mi stringeva di più a se – Avevo intuito fossi lì – rise leggermente e quel suono mi ricordò l’acqua cristallina delle fonti dove sorgeva il fiume. Pura e trasparente.
- Come fai a sapere che ero lì? – mugugnai con un filo di voce.
- So che ti piace uscire la sera tardi a passeggiare nel giardino, Colinde, la tua Nutrice mi racconta tutto – sorrideva ed io ne rimasi incantata. Desideravo con tutta me stessa avere da grande sia la bellezza di mia madre, che la forza di mio padre. Annuii leggermente continuando a tenere lo sguardo basso; in quel momento troppi pensieri mi passavano per la testa nonostante fossi solo una bambina. – Cosa ti preoccupa tesoro? – domandò mentre mi sistemava una ciocca ribelle dietro l’orecchio.
- Papà dovrà partire nuovamente, non è vero? – sussurrai debolmente mentre nuove lacrime minacciavano di cadermi lungo le guance.
- È il suo dovere Elris, lo sai – disse comprensiva.
- Lo so – iniziai a giocherellare con uno dei fiocchi del corpetto del mio abito – È che sono preoccupata, stavolta sembra molto più importante –
- Si tesoro – sospirò mia madre colma di tristezza anche lei – Lo è –
La sera dopo fu organizzato un banchetto per l’occasione. Mio padre sedeva a capotavola sulla sua imponente sedia d’argento dal lungo schienale decorato con filigrana intrecciata, aveva il suo solito portamento regale delle occasioni importanti e le vesti che indossava conferivano maggiore autorità alla sua figura. Mamma diceva sempre che era la creatura più bella che avesse mai incontrato. I lunghi capelli biondo pallido, quasi bianchi, gli occhi azzurri come il cielo invernale e la carnagione pallida gli conferivano un fascino innaturale, etereo e immortale; imponente e imbattibile agli occhi dei nemici. L’espressione seria che gli era calata sul volto, lasciava trapelare la sua preoccupazione aumentando anche la mia e, prima di cenare, pregai nuovamente i Valar. La serata trascorse tra musica, danze e discussioni allegre, ma mano a mano che le ore passavano e si avvicinava il tempo della partenza notai, con estrema tristezza, che anche lo sguardo di mia madre si velò della stessa mia preoccupazione. A distogliermi dai pensieri fu una mano che si poggiò delicatamente sulla mia ma che la strinse con forza facendomi sorridere un po’:
- Andrà bene, come sempre – mi sussurrò all’orecchio Beren, il figlio di Bor, mio migliore amico fin da quando ne avevo memoria.
Sorrisi ed annuii cercando di convincermi di quelle parole e facendomi forza ricordando le parole di mio padre << Coraggio Elris, è questa la chiave di un buon soldato >> . Il banchetto terminò a notte inoltrata, ma sia io che Beren eravamo fuggiti dai doveri già da un po’ per rifugiarci sulla terrazza più alta ed ammirare l’immensa luna piena, la prima della primavera, che risplendeva nel cielo. Parlammo molto quella notte, come facevamo spesso. Parlammo del passato, del presente e del futuro, parlammo delle nostre aspirazioni come guerrieri, dei nostri sogni, dell’addestramento extra che ricevevo in segreto da suo padre e dei nostri fratelli maggiori che si prendevano gioco di noi. Erano momenti magici, solo nostri, e lassù, lontani dal mondo ci dimenticammo dell’incombenza dell’indomani. L’alba giunse troppo presto e il peso che con Beren si era alleggerito, ripiombò improvvisamente sulle mie spalle. Era già tutto pronto, tutti erano giunti a salutare il loro Re che partiva per difendere la pace; il loro eroe, la loro guida, ma pur sempre mio padre. Uscii nel cortile accompagnata da Colinde e Beren: i cavalli erano stati sellati, le vivande preparate e il percorso già tracciato, ma nonostante tutto questo mi fosse estremamente familiare non riuscivo ad abituarmici. Mio padre si voltò verso di me e sorrise amorevolmente, si avvicinò con passo regale e quando si inginocchiò di fronte a me assunse l’espressione del padre buono e protettivo che era togliendosi per qualche istante la maschera di Re che portava quotidianamente:
- Figlia mia – mi prese le mani – Prometto che non sarò lontano a lungo – annuii – Tu bada a tua madre e a quella testa calda di tuo fratello -
- Come sempre – sussurrai sorridendo appena e strappando un sorriso anche a lui.
- La mia piccola guerriera – mormorò con ancora il sorriso sulle labbra contagiando anche me – Ho un regalo per te, per il tuo addestramento – mi fece l’occhiolino.
Fece un cenno ad uno dei suoi uomini che iniziò a farsi largo tra la folla e quando giunse davanti a me mi resi conto che, accanto a lui, si stagliava il pony più alto che avessi mai visto. Aveva il manto nero come la notte più buia e senza stelle e lo sguardo fiero di un combattente. Mi avvicinai poggiandogli una mano sul collo possente e muscoloso accarezzandolo delicatamente:
- È mio? – domandai incerta.
- È tuo – sorrise mio padre.
- Come si chiama? –
- Aeglos – sorrisi – È figlio dei cavalli che vivono sulle grandi vette innevate –
- È bellissimo, grazie padre – continuavo ad accarezzare il suo manto incantata.
Annuì solennemente indossando nuovamente la maschera da sovrano. Era giunto il momento. Mi lasciò un bacio sulla fronte, salutò mia madre e mio fratello e salì in groppa al suo destriero; tutti i suoi uomini lo imitarono.
Tirò leggermente le redini, ma prima che andasse via varcando la soglia dell’arco in pietra che delimitava l’uscita dal nostro regno, mi avvicinai e a gran voce, colma di orgoglio, parlai:
- Quando sarò più grande cavalcherò al tuo fianco padre –
Si fermò e voltandosi leggermente nella mia direzione sorrise:
- Non vedo l’ora figlia mia, non vedo l’ora – e con quelle parole partirono al galoppo.
La sera stessa quando mi ritrovai nuovamente sulla terrazza della mia stanza a guardare il cielo, feci una promessa ai Valar e a me stessa: quando avrei avuto l’iniziazione a guerriera avrei preso il posto di mio padre, avrei guidato io il suo esercito.

[FINE FLASHBACK]

Quando riaprii gli occhi riuscendo a sfuggire all’oscurità che mi aveva intrappolato per giorni, la prima cosa che notai erano i caldi raggi del sole che entravano dalle fessure di una finestra in legno. Mi alzai a fatica su un gomito guardandomi attorno: ero distesa su una lettiga nel mezzo di una vasta stanza usata come stalla ed era giorno inoltrato. C’era un profumo di erba appena tagliata, paglia e frutta fresca, un vero paradiso in confronto a dove eravamo capitati negli ultimi tempi. Riuscii a mettermi seduta poggiando la schiena ad una possente trave in legno finemente intagliato e sospirai leggermente. Non avevo la minima idea di dove mi trovassi, ma sapevo con certezza che per colpa mia avevamo perso preziosi giorni di viaggio. Piegai leggermente prima la gamba e poi la spalla e notai con mio grande sollievo che il dolore era quasi scomparso del tutto. Non ricordavo molto dell’accaduto, sapevo che l’avevo fatto per salvare Thorin, ma da lì in poi i miei ricordi erano confusi e frammentari, quasi del tutto inesistenti, e forse era meglio così. Poggiai la testa contro la trave e fissai il soffitto; prima di svegliarmi stavo sognando, o meglio, stavo ricordando un frammento della mia infanzia. Era un piccolo ricordo, forse senza senso, ma fu l’inizio di tutto, l’inizio della costruzione della persona che ero ora. Mi mancavano davvero molto quei momenti, mi mancavano l’affetto di mia madre, gli insegnamenti di mio padre ed i giorni passati con Beren ad allenarci, parlare o semplicemente a far nulla. Sembrava una vita fa, la vita di qualcun altro. Avevo mantenuto la promessa, mi ero guadagnata rispetto ed ora guidavo gli eserciti di mio padre, ma a che prezzo? La solitudine era davvero un duro fardello da portare. A distogliermi dai miei pensieri furono delle voci fuori dalla possente porta in legno, mi voltai in quella direzione ed in quel momento entrarono nella stalla Gandalf, Bilbo ed un uomo alto, possente e dalla lunga barba, Beorn. Lo Hobbit nel vedermi sveglia si lasciò andare ad un sorriso radioso e spontaneo che contagiò anche lo Stregone:
- Elris, mia cara, che gioia vederti sveglia! – esclamò sorridente – Come ti senti? -
- Meglio Mithrandir, grazie, se non mi avreste portata qui in tempo non credo ce l’avrei fatta – sorrisi riconoscente.
- Non ti avremmo mai lasciata – sussurrò Bilbo mentre poggiava la mano sulla mia.
- Lo so amico mio, grazie – poggiai l’altra mano sulla sua e la strinsi. Alzai lo sguardo verso Beorn che era ancora fermo lì con l’intenzione di non interrompere questo momento – E grazie soprattutto a te Beorn – annuii riconoscente.
- È un piacere poter aiutare la figlia di Amdir – aveva una voce roca e profonda – Tuo padre era un grand’uomo –
- Posso garantire che pensava lo stesso di te e della tua famiglia –
- Ti ringrazio - annuì con decisone, consapevole che quella ferita non si sarebbe mai rimarginata.
Guardai fuori dalla finestra intravedendo lo sprazzo di un verde e rigoglioso giardino curato nei minimi dettagli e sorrisi tra me e me alla vista di quella bellezza; mi ricordava i giardini della mia casa:
- Gandalf, quanti giorni abbiamo perso? –
- Non molti mia cara, non preoccuparti – rispose poggiandosi sul bastone nodoso.
- Dobbiamo metterci in marcia appena possibile, ora sto bene e posso camminare nuovamente –
- Elris – lo interruppi.
- Mithrandir, sono guarita quasi del tutto e abbiamo una missione da compiere –
- E va bene – sospirò rassegnato – Hai la testardaggine di tua madre – sorrisi – Vado ad avvertire gli altri della tua guarigione – e detto questo uscì dalla stalla seguito da Beorn.
Appena si chiusero la porta a due battenti alla spalle piombò il silenzio, un silenzio dolce e piacevole colmo di pace. Questo posto era davvero un toccasana per l’anima:
- Eravamo tutti molto preoccupati per te – disse Bilbo – Soprattutto alcuni di noi – abbassai lo sguardo su di lui e lo guardai con un leggero sorriso – Credo tu sappia a chi mi riferisco -
- Si – annuii – Lo so Mastro Baggins – sorrisi debolmente.
- Cosa c’è amica mia? – domandò gentilmente.
- Nulla Bilbo – sussurrai.
- Elris, parlami – sospirò appena notando la mia riluttanza – Sai cosa diceva sempre mio nonno Mungo? Che una tazza di the e un buon amico che ti ascolti sono i migliori rimedi per tutto – sorrise – Ora purtroppo sono a corto di the, ma se vuoi io sono qui ad ascoltarti – quelle parole mi strapparono un sorriso.
- Ti ringrazio –
- È un vero piacere – fece una piccola pausa, poi parlò ancora – Quindi, cosa succede? –
Presi alcuni fili di paglia da terra ed iniziai a giocherellarci pensando ancora al sogno che avevo fatto; sospirai e socchiusi gli occhi cercando di raccogliere le forze. Non era facile parlarne:
- Prima di svegliarmi stavo facendo un sogno – sussurrai.
- Oh, un incubo per caso? –
- No – scossi la testa – Anzi, era un bel sogno – sorrisi debolmente mentre continuavo ad intrecciare i fili di paglia.
- Ma suppongo che ci sia qualcosa che ti abbia turbato, giusto? – annuii – Di cosa si tratta amica mia? – sussurrò gentilmente.
Gli raccontai del sogno, o meglio, del mio ricordo, nei minimi dettagli. Gli raccontai della bellezza della mia terra, dei colori, i profumi ed i suoi paesaggi; ma gli raccontai anche dell’angoscia che provavo quando mio padre doveva partire, dello sguardo triste di mia madre, dei sogni della piccola Elris e soprattutto gli raccontai di Beren. Non ne parlavo con nessuno, come se fossi gelosa del suo ricordo, e in un certo senso lo ero. Lui fu il mio braccio destro per tantissimi anni, come suo padre, prima di lui, lo era stato per il mio. Di padre in figlio, di generazione in generazione avevamo ricoperto i ruoli che erano stati dei nostri Re, dei nostri eroi combattendo fianco a fianco, fino a quel fatidico giorno a Mordor dove la vita di Beren fu spezzata dalla spada di uno degli Orchi di Sauron. Era inutile negarlo, quel giorno, alle pendici del Monte Fato, con la morte di Beren se ne andò per sempre anche una parte di me, probabilmente la migliore. Solo quando giunsi alla fine del racconto mi accorsi che i miei occhi si erano riempiti di lacrime; le ricacciai indietro e mi voltai facendo un mesto sorriso:
- E questo è quanto – sussurrai.
- Ti mancano i tuoi genitori, non è vero? –
- Sarei una stupida a negarlo mio caro Bilbo – sospirai – Mi mancano costantemente –
- Ma dopotutto sono bei ricordi, giusto? – domandò con un velo d’incertezza.
- Per questo fanno più male – sussurrai a malapena.
- Oh mia cara – mormorò stringendo più forte la mia mano.
- Quelli sono i miei unici bei ricordi – distolsi lo sguardo e iniziai a fissare un punto impreciso davanti a me – Nonostante fossi sempre preoccupata per mio padre, alla fine ero felice. Non sapevo cosa era la guerra, il dolore o il senso di perdita – sospirai – Tutto quello a cui pensavo era allenarmi per diventare guerriera, ad addestrare il mio cavallo e studiare la storia della Terra di Mezzo e della creazione di Arda –
- E poi cosa è successo che ha rovinato tutto? – chiese.
- Fu un susseguirsi di eventi – presi un lungo respiro per farmi coraggio – Iniziò tutto con la morte di mio padre durante la seconda guerra contro i Serpenti del Nord e proseguì a catena, senza mai fermarsi, fino alla morte di mia madre e tempo dopo quella di Beren -
- Doveva essere davvero molto importante per te quel ragazzo –
- Era il mio unico amico, il migliore – sorrisi leggermente – Mi capiva davvero, mi supportava e mi spronava a dare sempre il meglio di me in tutto quello che facevo – Mi fermai per qualche secondo quando i ricordi cominciarono a riaffiorare con forza – Mio fratello lo odiava invece – risi leggermente.
- Perché? – domandò lo Hobbit.
- Perché era fortemente convinto che sarei stata io a prendere il posto di nostro padre, e lui essendo il maggiore non lo sopportava –
- Però a quanto pare ha avuto ragione – sorrise.
- Già – feci una piccola risata – Era un’altra sua dote, aveva sempre ragione -
Bilbo sorrise ed il suo sorriso spontaneo e sincero contagiò anche me permettendomi di allontanare, almeno per ora, i miei malumori:
- Sono sicuro che riuscirai a crearti nuovi bellissimi ricordi mia cara -
- Non penso sia possibile – scossi la testa.
- Perché mai? –
- Credo sia troppo tardi per me – alzai le spalle rassegnata.
- Non è mai troppo tardi per essere felice –
Mi voltai a guardarlo dritto negli occhi; l’incertezza gli velava lo sguardo, ma sapevo che qualunque cosa volesse dirmi era a fin di bene:
- Dove vuoi arrivare? – domandai.
- Mi riferisco a due persone che tengono moltissimo a te –
- Bilbo – sospirai sapendo fin troppo bene a chi si riferisse – Thorin rappresenta il passato e Kili – feci una piccola pausa incerta su cosa dire – Kili è ancora giovane – terminai con un sospiro.
- Mi ha raccontato di quello che è successo a Gran Burrone –
- Quando? – esclamai non riuscendo a nascondere la mia sorpresa.
- Mentre eri priva di sensi e lui ti vegliava – fece un piccolo sorriso – Era terrorizzato dal perderti – sospirai – E Thorin credo si sentisse in qualche modo responsabile per le tue condizioni -
Abbassai lo sguardo ed annuii. Sapevo che sia Kili che Thorin tenevano molto a me, ma sentire da Bilbo, una persona al di fuori di questa assurda situazione, quelle parole era come se ti sbattessero la realtà in faccia. Potevo ignorare i fatti all’infinito, ma ciò non toglieva la loro veridicità ed odiavo sentire come due delle persone a cui tenevo di più soffrissero a causa mia:
- Thorin non ha nessuna colpa, sapevo perfettamente a cosa stavo andando incontro -
- Lo so – disse – E credo lo sappia anche lui, per questo si sente in colpa. Eri consapevole del pericolo, ma lo hai corso lo stesso, per salvarlo –
- Lo avrei fatto per chiunque di voi, questo non dimostra nulla –
- Credo che Kili non la pensi così –
- So cosa pensa – sospirai – Gli ho raccontato io di me e Thorin, ma sbaglia a cercare un secondo fine. Non nego che ho amato moltissimo suo zio, ma tutte le cose belle hanno un termine, e in un certo senso, nonostante tutto, sarò sempre legata a lui – distolsi lo sguardo per qualche secondo, poi tornai a guardare Bilbo – Ma come ho già detto, il nostro tempo è finito anni fa -
Ci fu una pausa che durò qualche minuto, anche se a me sembrò un eternità. Riuscivo a sentire la preoccupazione di Bilbo nei miei confronti e gli ero estremamente grata dell’affetto che nutriva per me; ma legarmi nuovamente a qualcuno avrebbe significato esporsi di nuovo alla sofferenza e non ero pronta. Non lo sarei mai stata:
- Elris – Bilbo richiamò la mia attenzione.
- Si? – sussurrai.
- Sei abbastanza grande da decidere per te stessa e so che farai la scelta giusta –
- Ma? – aggiunsi – Avanti, non aver paura non ti mangio – sorrisi leggermente cercando di allentare la tensione.
- Vale la pena soffrire per amore, solo questo -
Annuii leggermente abbassando nuovamente lo sguardo sulla piccola treccia di paglia che avevo fatto e pensai alle parole del mio piccolo amico; non potevo negare che avesse ragione, ma come superare la paura di un’altra perdita? Come avrei potuto convivere con il fatto che prima o poi, presto o tardi, sarei stata nuovamente sola? Non credo che avrei retto ancora; il mio cuore era sull’orlo del precipizio e bastava solo una leggera spinta per farlo cadere nel vuoto senza più ritorno. E arrivata a quel punto, cosa sarei diventata? Preferivo non saperlo:
- Sarà meglio raggiungere gli altri – mi alzai cercando di non far eccessivamente leva sulla gamba ferita.
- Saranno felice di vederti – sorrise.
- Lo sono anche io –
Non appena uscimmo dalla stalla sorrisi e respirai a fondo gli aromi presenti nel giardino; il sole illuminava l’erba ancora fresca di rugiada facendola brillare come se tra i suoi ciuffi fossero nascoste tante piccole pietre preziose. Seguii Bilbo fino all’entrata della casa e mi stupii di trovarla così piacevolmente accogliente e curata nei minimi dettagli. Il legno delle travi, delle colonne e delle architravi era intagliato con una precisione tale che rendeva le figure di un realismo inverosimile. Era spaziosa eppure compatta ed essenziale il genere di abitazione che chiunque avrebbe scelto come rifugio dal mondo. Per un momento invidiai Beorn. Entrai nella cucina che svolgeva anche la funzione di sala da pranzo e trovai tutti riuniti lì attorno ad un enorme tavolo decisamente troppo alto per la Compagnia di Nani. Era tutto fuori misura lì dentro, perfino per me; sembrava di essere entrata in uno dei racconti che la mia nutrice mi narrava sempre da piccola. Appena misi piede nella stanza sentii gli sguardi di tutti posarsi su di me e si rallegrarono vedendomi sveglia ed in piedi:
- Elris! – esclamò Balin – Finalmente! – sorrisi.
- Vieni a sederti con noi! – disse Dwalin agitando il suo boccale.
Mi sedetti alla fine della tavola accanto a Bofur; sentivo gli sguardi di tutti puntati addosso. Mi scrutavano, cercando di capire se stessi davvero bene o se fosse solo una farsa per non farli preoccupare:
- Non guardatemi così ragazzi, sto bene, davvero –
- Ci fa molto piacere mi cara –
- Anche a me Dori –
Ricambiai il suo sorriso e senza rendermene conto spostai lo sguardo incrociando per un breve istante quello di Kili. Sembrava stanco, ma non fisicamente, moralmente, come se qualcosa gli avesse prosciugato tutte le energie. Mi guardava, potevo sentirlo, e la sua espressione era pari a quella di chi aveva visto uno spettro. Non proferì parola, si limitava ad osservare con i suoi grandi occhi color nocciola, silenziosamente, come se avesse paura che da un momento all’altro potessi svanire e tutto si fosse rivelato solo un sogno. Ripensai alle parole di Bilbo e mi sentii tremendamente in colpa. Quando Beorn terminò di servire la colazione a tutti, si sistemò alla destra di Thorin con le braccia incrociate al petto:
- Credo che ora sia giunto il momento delle spiegazioni Scudodiquercia – aveva una voce quasi animalesca – Dimmi, perché Azog il Profanatore ti sta dando la caccia? -
- Tu sai di Azog, come mai? – domandò Thorin sorpreso.
- La mia gente fu la prima a vivere sulle montagne prima che gli Orchi scendessero dal Nord – fece una breve pausa – Il Profanatore ha ucciso tutta la mia famiglia, ma alcuni li ha resi schiavi – solo in quel momento notai i bracciali delle catene ai suoi polsi – Non per lavorare, capisci? Ma per sport – si poteva sentire la rabbia crescere in lui – Ingabbiare mutatori di pelle sembrava lo divertisse molto. È solo grazie al padre di Elris se sono ancora vivo – guardò nella mia direzione.
- Sperava di poter fare di più – sussurrai.
- Face davvero molto, anche troppo –
- Ci sono altri come te? – domandò timidamente Bilbo.
- Una volta ce n’erano molti – rispose in tono aspro.
- Ed ora? –
- E ora ce n’è solo uno – versò altro latte nel boccale di Gloin – Dovete raggiungere la Montagna prima degli ultimi giorni d’Autunno – cambiò discorso.
- Prima del Dì di Durin, si – confermò Gandalf.
- Non avete molto tempo –
- Perciò dobbiamo attraversare Bosco Atro –
- Gandalf, hai sentito le parole di Radagast? Un’oscurità grava su quella Foresta e cose malvage l’hanno invasa, non è sicuro – scossi la testa.
- Prenderemo la Strada Elfica mia cara, quella zona è ancora sicura –
- Sicura? – disse Beorn scettico – Gli Elfi Silvani di Bosco Atro non sono come i loro parenti – mi indicò con un cenno della testa – Sono meno saggi e più pericolosi, ma non ha importanza –
- Che vuoi dire? – domandò Thorin.
- Quelle Terre brulicano di Orchi ed il loro numero è in continuo aumento e voi siete a piedi e non raggiungerete mai la Foresta vivi – Thorin aggrottò le sopracciglia mentre Beorn si allontanò dandogli le spalle – Non mi piacciono i Nani – aveva un tono alquanto minaccioso che mi preoccupò un po’ – Sono avidi e ciechi; ciechi verso la vita di quelli che ritengono più miseri di loro – strinse la mano a pugno, talmente tanto che le nocche gli si tinsero di un leggero bianco e fissò il bracciale della catena ormai spezzata – Ma gli Orchi li odio di più – tirammo tutti un sospiro di sollievo – Che cosa ti serve? – domandò rivolto a Thorin.
Beorn, Thorin e Gandalf concordarono che il Mutapelle ci avrebbe concesso di usare i suoi pony lungo il tragitto dalla sua casa al margine di Bosco Atro. Ovviamente nessuno mi ascoltò quando spiegai le mie perplessità nell’intraprendere quel cammino, ma purtroppo il tempo scarseggiava e non potevamo permetterci di tardare ancora. C’era fin troppo in ballo. Sperai solo che i Valar ci avessero assistito lungo il viaggio e che saremmo passati inosservati in quei cupi boschi. Attendemmo il ritorno di Beorn ai margini del suo giardino con i nostri effetti personali già pronti; mi sedetti su un masso ed osservai la nuova cicatrice che mi era comparsa sulla spalla: un piccolo cerchio di un bianco pallido, leggermente più freddo rispetto al resto della mia temperatura corporea. Un'altra decorazione di guerra; l’ennesima. Erano tutti riuniti attorno a Gandalf e Thorin, mentre io ero leggermente in disparte ancora troppo stordita dalla moltitudine di ricordi che la notte scorsa mi aveva investito posandosi come un peso sul cuore. Tirai fuori il pugnale dallo stivale sinistro ed iniziai a giocherellare con la lama catturando su di essa la luce del sole che la faceva scintillare e risplendere come se fosse fatta di cristallo. Mentre ero concentrata nell’osservare la variazione della luce, un’ombra si parò di fronte a me; alzai la testa per niente sorpresa dalla sua presenza:
- Qualcosa ti turba? – domandò Thorin in tono gentile.
Sospirai leggermente rimettendo il pugnale nello stivale ed alzai lo sguardo su di lui; sapevo che stava cercando di alleviare la colpa che lo tormentava e da un lato era una scena abbastanza comica data la sua espressione a metà tra l’imbarazzo e il dispiaciuto. Non molto lontano da noi c’erano gli altri e tra loro, uno in particolare era rivolto verso di noi; Kili ci guardava da lontano, incerto e a disagio. Potevo sentire da dov’ero il rumore dei suoi pensieri. Spostai nuovamente lo sguardo su Thorin:
- Diciamo che farei a meno di attraversare Bosco Atro, se potessi –
- È l’unica via se vogliamo arrivare in tempo… - lo interruppi.
- Lo so, lo so – alzai gli occhi al cielo – Non ci rimane molto, ne sono consapevole, ma ciò non vuol dire che sia la cosa giusta da fare –
- Non dirmi che non sei felice all’idea che potresti rivedere i tuoi amici Elfi – disse con evidente sarcasmo.
- Ti ricordo che ho voltato le spalle a Thranduil molto tempo fa, probabilmente mi odia ancora come il primo giorno. Lui non dimentica facilmente – feci una leggera smorfia.
- Una caratteristica molto diffusa tra voi Elfi – borbottò a bassa voce.
- Come scusa? – alzai un sopracciglio guardandolo dritto negli occhi.
- Non fare finta che non sia così -
- Non che voi Nani siate da meno –
- Forse – sussurrò lui.
- Forse? – incrociai le braccia al petto – Io direi che è stato appurato anche troppe volte -
Distolsi lo sguardo e solo in quel momento mi accorsi che Kili ci stava ancora guardando del tutto ignaro delle gomitate che ogni tanto gli dava il fratello. Le parole di Bilbo mi risuonarono nuovamente in testa e mi sentii tremendamente in colpa, ancora una volta:
- Non dovevi rischiare così tanto – disse di punto in bianco.
Mi voltai a guardarlo; aveva uno sguardo serio ed indecifrabile, ma dietro la sua maschera potevo leggere un velo di gratitudine. In un certo senso mi doveva la vita:
- E lasciarti morire? – feci una risata amara – Non era un opzione –
- Ma così sei quasi morta tu – ribadì.
- Esatto, quasi – lo guardavo dritto negli occhi, occhi azzurri come il cielo che riflettevano perfettamente i raggi dorati del sole – Come vedi ora sto bene – dissi allargando le braccia.
- Hai fatto un gesto avventato, era un suicidio – indurì il tono della voce.
- Sai che mi piacciono le sfide – alzai leggermente le spalle.
- Elfi – borbottò scuotendo la testa – Siete tutti uguali – si voltò allontanandosi
- Comunque non c’è di che, è stato un piacere salvarti la vita! – gli gridai dietro.
Thorin si voltò per metà verso di me e mi guardò scrutandomi e facendomi sentire indifesa; un potere che aveva sempre avuto su di me. Prima di voltarsi nuovamente e tornare dagli altri, si lasciò sfuggire una piccola risata che mi strappò un sorriso sincero alleggerendo il fardello che portavo. Beorn tornò non molto tempo dopo con al seguito tredici piccoli pony dal manto marrone a chiazze bianche, e due stalloni da traino per me e Gandalf. Mentre la Compagnia caricava i propri averi sul rispettivo esemplare, io e lo Stregone ci avvicinammo a Beorn per ringraziarlo dell’ospitalità e del suo prezioso aiuto:
- Lasciate i miei pony prima di entrare nella foresta –
- Hai la nostra parola – annuì Gandalf.
Improvvisamente iniziai a sentire una strana sensazione che man mano cresceva in me, sempre più forte, sempre più fastidiosa ed incombente. Mi guardai attorno con circospezione, scrutando con attenzione la vegetazione e le fitte chiome degli alberi. Uno strano movimento vi era intorno a noi, il vento era cambiato, gli uccellini avevano interrotto il loro dolce canto sostituiti dallo sgraziato gracchiare di alcuni corvi. Il cielo, prima limpido e azzurro, ora andava ad annebbiarsi verso l’orizzonte portando la foschia anche nella mia mente. Un brivido mi corse lungo la spina dorsale; c’era qualcosa di strano, di celato, nascosto in profondità che nemmeno io riuscivo ad individuare chiaramente. E non era un buon segno:
- Siamo sorvegliati – sussurrai mentre continuavo a guardarmi attorno.
- Si – annuì Beorn seguendo il mio sguardo – Gli Orchi non si arrenderanno, daranno la caccia ai Nani finché non li avranno distrutti –
- Dovranno prima passare sul mio cadavere –
- Calma mia cara, abbiamo ancora molto bisogno di te – disse lo Stregone.
- Non permetterò a quella feccia di far loro del male o di ostacolarci –
- Lo so Elris, lo so – annuì poggiando la mano sulla mia spalla.
- Come mai tu, un Elfo di origini nobili riponi la tua fedeltà in un Nano? Le vostre razze sono nemiche da molto tempo – domandò Beorn aggrottando le folte sopracciglia.
- Uno dei grandi insegnamenti di mio padre è che la fedeltà e l’amicizia va oltre le questioni di razza. La Montagna Solitaria è stata per molto tempo anche la mia casa e Thorin e la sua gente la mia famiglia – dissi – Gli devo molto, a tutti loro –
- Ciò ti fa molto onore, Elris figlia di Amdir – esordì in tono solenne.
- Ti ringrazio – annuii.
- Nonostante ciò non sarà facile, gli Orchi non si fermeranno davanti a nulla –
- Perché ora? – domandò Mithrandir pensieroso – Perché il Profanatore striscia fuori dalla sua tana? –
- C’è un’alleanza tra gli Orchi di Moria e lo Stregone a Dol Guldur – a quelle parole un nuovo brivido mi percorse la schiena.
- Sei sicuro di questo? – sussurrai.
- Branchi sono stati visti riunirsi lì, sempre più numerosi, ogni giorno di più –
- E cosa ne sai di questo Stregone? – chiese Gandalf – Quello che chiamano il Negromante? –
- So che non è quello che sembra – aveva un tono lugubre e grave – Creature malvagie sono attirate dal suo potere, Azog gli rende omaggio –
- Gandalf, perdiamo tempo! – lo chiamò Thorin mentre saliva in groppa al suo pony.
- C’è dell’altro – si affrettò a dire Beorn catturando nuovamente la nostra attenzione – Recentemente s’è sparsa voce che i morti son stati visti deambulare vicino le colline alte di Rhudaur –
A quelle parole ebbi un tuffo al cuore: Sauron iniziava a radunare le sue forze per costruire un esercito di potenza letale con il solo obbiettivo di portare a termine quello che aveva iniziato molto tempo fa. Ridurre nell’ombra la Terra di Mezzo era la sua ossessione ed avrebbe fatto di tutto pur di riuscirci. Sperai con tutta me stessa che le nostre forze sarebbero bastate a fermarlo una volta per tutte:
- I morti? – domandò Gandalf aggrottando la fronte, cercando di non esporsi troppo.
- È vero? Ci sono tombe su quelle Montagne? – chiese il Mutapelle.
- Si – sospirai annuendo – Ci sono tombe lassù, protette da incantesimi terribili che avrebbero dovuto impedire che ciò accadesse –
- Io ricordo un tempo dove un grande male governava queste terre; un male potente abbastanza da resuscitare i morti – Beorn ci guardò entrambi con determinazione – Se un potere così è tornato nella Terra di Mezzo gradirei saperlo –
- Saruman il Bianco dice che non è possibile. Il Nemico è stato sconfitto e non farà mai ritorno – disse Gandalf.
- Saruman si sbaglia, è acciecato dalle sue convinzioni e non vuole ascoltare, non vuole vedere i fatti – dissi fremendo di rabbia.
Percepii nuovamente la sensazione di prima e mi voltai di colpo verso la Foresta aguzzando la vista e acutendo i sensi. Stava peggiorando sempre di più; la sensazione di cupo terrore era nell’aria, ancora più densa e palpabile che mai. Un uccello si sentì gracchiare il lontananza:
- Andate ora finché è ancora giorno – si affrettò a dire Beorn mentre un ululato squarciò la quiete – Chi vi dà la caccia non è molto lontano –
Annuimmo entrambi e dopo esserci congedati ringraziandolo ancora, montammo a cavallo e partimmo al galoppo più in fretta che mai. Io aprivo il gruppo, guidando la Compagnia nelle praterie giallo oro illuminate dal tiepido sole di fine estate. Cavalcammo senza sosta per un giorno intero fermandoci solo quando era strettamente necessario; man mano che ci inoltravamo sempre di più nelle Terre Selvagge, la vegetazione si diradava lasciando spazio a vaste distese di erba bruciata dal sole o paesaggi rocciosi; non c’erano molti posti dove nascondersi in caso di un attacco a sorpresa. Spronai ancora di più il cavallo che saltò un imponente masso e procedette la sua corsa sul fianco dell’alta collina a precipizio sulla vallata sottostante; i miei compagni mi seguivano, silenziosi, senza scambiarsi più di qualche sussurro consapevoli di essere sotto sguardi indiscreti. Da quando avevamo lasciato la casa di Beorn, quella sensazione continuava a seguirmi, come se mi stesse rincorrendo e, più ci avvicinavamo a Bosco Atro più si accresceva nutrendosi del timore che nutrivo per quel luogo ormai rovinato dal male. Giungemmo al limitare della Foresta la mattina del giorno successivo, dopo aver passato una notte di continua veglia nascosti sotto una rientranza del terreno roccioso; smontai velocemente da cavallo e mi avvicinai a passo spedito verso gli alberi fermandomi a distanza minima dal sentiero. Osservai quel luogo che conoscevo molto bene fin da bambina e stentai a riconoscerlo: gli alberi sembravano malati, intaccati da un incantesimo logorante che li rendeva mostruosamente cupi e avvizziti; le foglie, una volta verdi e brillanti, ora giacevano a terra, secche, morte, mentre quelle ancora attaccate ai rami aguzzi e nodosi, avevano un che di marcio e i rampicanti, selvaggi e intricati, ricoprivano la strada, l’arco e le statue Elfiche congelandole in un eterno stato di decadenza. Un alone di morte e paura proveniva dai meandri di quel luogo; sussurri e sospiri mozzati giungevano alle mie orecchie portati dal soffiare del vento e un antico e cupo orrore iniziò a farsi largo nella mia testa:
- La Porta degli Elfi – annunciò Gandalf indicandola con il bastone – Qui c’è il nostro sentiero verso Bosco Atro –
- Non c’è segno degli Orchi, la fortuna è dalla nostra parte – disse Dwalin scendendo dal suo destriero.
- Per ora – sussurrò Thorin.
- Liberate i pony, che tornino dal loro padrone – i Nani iniziarono a scendere da essi.
- Questa foresta sembra malata, come se una malattia l’avesse colpita – sussurrò Bilbo avvicinandosi al bosco e osservandolo attentamente – Non c’è modo di aggirarla? – domandò.
- No, a meno che non andiamo per duecento miglia a Nord o il doppio di quella distanza a Sud – disse Gandalf.
- Siamo costretti ad attraversarla temo – sospirò Balin.
Mithrandir oltrepasso l’arco poggiandosi sempre al suo bastone e iniziò a guardarsi attorno ascoltando l’aria ed i fruscii che si facevano strada tra le fronde degli alberi. Si avvicinò ad una delle statue Elfiche ricoperte di edera e rampicanti esaminandole; era come se stesse cercando qualcosa guidato da un istinto venuto da chissà dove:
- Non il mio cavallo! – esclamò improvvisamente – Mi occorre – tornò indietro a gran passi.
- Cosa? – rimasi interdetta – Ma Gandalf! – mi avvicinai.
- Mi dispiace Elris, devi guidarli tu –
- Come? – sbarrai gli occhi – No, no non esiste, non posso – scossi la testa – Dove stai andando? –
- Lady Galadriel ha chiesto il mio aiuto, devo recarmi alle tombe sulle Montagne –
- A Rhudaur? – sussurrai.
- Si mia cara, se ciò che ha detto Beorn è vero dobbiamo assicurarci che il Nemico abbia fatto davvero ritorno – camminavamo verso il suo cavallo a passo svelto.
- Non vorrai lasciarci? – disse Bilbo raggiungendoci.
- Non lo farei se non fosse necessario – si fermò e squadrò per intero lo Hobbit riducendo gli occhi a due fessure – Sei cambiato Bilbo Baggins, non sei lo stesso Hobbit che ha lasciato la Contea – feci scorrere lo sguardo dallo Stregone al mio piccolo amico.
- Ehm si, stavo per dirtelo – balbettò colto di sorpresa – Io.. io ho trovato qualcosa nelle gallerie degli Orchi – era visibilmente in difficoltà.
- Trovato cosa? –
- Il mio coraggio – rispose sorridendo con determinazione.
- Bene, questo è un bene – esclamò – Ti servirà – salì a cavallo e tutta la Compagnia si fermò a guardarlo – Vi aspetterò allo spiazzo prima delle pendici di Erebor, tenete la mappa e la chiave al sicuro e non entrate in quella Montagna senza di me – afferrò le redini – Questo non è il vecchio Bosco Fronzuto; c’è un ruscello al suo interno che contiene un incantesimo, non toccate quell’acqua. Passate sul ponte di pietra e state attenti, la stessa aria della Foresta è pesante, creerà illusioni e cercherà di entrarvi nella mente e sviarvi dalla strada – sospirai.
- Sviarci dalla strada? – domandò lo Hobbit esterrefatto - Cosa vuol dire? –
- Che dobbiamo rimanere sempre sul sentiero senza lasciarlo mai, qualunque cosa accada – dissi con tono fermo mentre guardavo Gandalf negli occhi.
- Esattamente – annuì lo Stregone – Se perdete la strada, non la ritroverete più –
Incitò il cavallo a partire, ma prima che potesse muoversi afferrai le briglie con un gesto deciso costringendolo a fermarsi:
- Non posso – sussurrai – Sai che non posso guidarli lì dentro da sola –
- Si che puoi Elris, hai più forza di quella che credi –
- Mithrandir la foresta è tossica, insidiosa; lo stesso male che la abita alberga nella mia mente e viene fuori ogni notte – feci una breve pausa – Sarà un suicidio – sussurrai.
- Non se credi in te stessa come ci credo io, e come ci credono tutti loro – disse con gran fiducia indicando con un cenno del capo la Compagnia alle mie spalle – Forza amica mia, affronta la paura e vincila, puoi farcela –
- Mi auguro che tu abbia ragione Mithrandir, davvero, altrimenti saremo spacciati – risposi mantenendo un’espressione seria.
- Coraggio – esclamò Thorin radunando tutti – Dobbiamo raggiungere la Montagna prima dell’ultimo raggio; c’è solo una possibilità di trovare la porta –
Il cavallo di Gandalf partì al galoppo lasciando dietro di se una scia di polvere e foglie; improvvisamente mi sentii sola e perduta. Attraversare questa Foresta mi provocava i brividi; non perché mi facesse paura il suo aspetto lugubre, ma perché il male che la insidiava aveva il potere di rendere i miei incubi reali, di giorno e ad occhi aperti. Socchiusi gli occhi e presi un profondo respiro: dovevo farcela, non c’erano altre opzioni possibili e abbandonare ora era decisamente fuori discussione. Avrei rivissuto i miei incubi, sarei stata vittima della mia mente e della sua oscurità; ma non avrei mollato. Riaprii gli occhi e in un gesto automatico poggiai la mano sull’elsa della spada; mi voltai verso il resto della Compagnia e mi incamminai a passo deciso verso il Bosco tirando su il cappuccio del mantello con un gesto secco e deciso mentre una leggera pioggia iniziò a cadere dal cielo:
- Andiamo –
Entrai nel fitto degli alberi seguendo il sentiero in pietra con tutti gli altri al mio seguito; la Foresta dall’interno era ancora più cupa e spettrale. Gli alberi altissimi coprivano il cielo e non lasciavano filtrare nemmeno un raggio di luce dando l’impressione che al suo interno fosse perennemente buio. L’aria era salmastra e pesante, quasi statica ed il silenzio era talmente profondo che assordava; gli unici rumori che si percepivano era lo scricchiolio dei nostri stivali sulle foglie secche. Io e Dwalin aprivamo la via tastando il terreno con le spade per assicurarci di non lasciare mai il sentiero:
- Per di qua – disse.
Svoltammo a sinistra scendendo su un piccolo pendio ripido continuando a tenere lo sguardo incollato a Terra. Bosco Atro non aveva più colore, sembrava come un vecchio disegno in bianco e nero sbiadito dal tempo: i tronchi degli alberi si erano deformati e pullulavano di funghi velenosi e rientranze nodose e raggrinzite, talmente profonde da essere diventate tana di insetti disgustosi; l’insieme dava loro un aspetto grottesco. Sembravano tanti mostri attorcigliati su loro stessi, in agguato, pronti ad aggredirci e incatenarci per sempre nell’orrore infinito di questo posto; era inverosimile pensare che una volta proprio questa Foresta era piena di vita e colori. Prima di mettermi contro Thranduil ero venuta qui molte volte, la prima in assoluto con mio padre quando ero solo una bambina. Mi divertivo ad arrampicarmi su gli alberi più alti desiderosa di sentire il vento che mi sferzava i capelli, desiderosa di sentirmi libera. Ricordavo perfettamente la bellezza che abitava Bosco Fronzuto, i suoi alti e rigogliosi arbusti dalle folte chiome verdi e rosso rubino che ondeggiavano delicatamente, scosse dalla brezza leggera che portava con se i profumi dei frutti e della natura; ricordavo l’erba alta, i fiori, gli animali che giravano liberi tra gli alberi e la luce del sole che, filtrando tra i rami, illuminava il paesaggio di una luce eterea e innaturale rendendolo talmente bello che sembrava fosse uscito da un sogno. E a questo ormai si era ridotto tutto, un sogno molto lontano. Non era rimasto assolutamente nulla ora a manifestare che un tempo Bosco Atro era stato un luogo armonioso e accogliente. La tenebra aveva intaccato e cancellato tutto come a voler sottolineare che, alla fine, il male avrebbe sempre trovato un modo di perdurare. C’era una nebbia fitta in lontananza che si diradava tra gli alberi intrecciandosi ad essi e creando strani giochi d’ombra; si avvicinava, lenta, coprendo di una leggera sfumatura grigia fin dove arrivava la vista. Era insinuosa, malvagia, infida e minacciava di distrarci dalla strada. Continuavamo a camminare sul sentiero lastricato di ciottoli, uno dietro all’altro formando una fila scomposta, l’aria più ci inoltravamo nel Bosco più iniziava a farsi rarefatta e pesante impedendoci di respirare a pieni polmoni: era claustrofobica e la mancanza d’ossigeno iniziava a dare i suoi primi effetti rallentando il nostro passo e le nostre menti. Avanzavo lentamente stringendo sempre più forte l’elsa della spada come per trarre forza da essa; sentivo la testa pesante ed i polmoni iniziarono a far fatica a pompare aria ma non mi fermavo, continuavo imperterrita poggiandomi di tanto in tanto al tronco ruvido di un albero:
- Aria – boccheggiò Bofur – Ho bisogno d’aria, mi gira la testa -
- Resisti amico mio, resisti – sussurrai mentre continuavo ad avanzare poggiandomi agli alberi sentendomi improvvisamente stanca.
Mi voltai ed osservai i miei compagni: tutti avevano iniziato ad accusare i sintomi, nessuno escluso. Avanzavano a fatica, boccheggiando e guardandosi attorno nella speranza di vedere la fine di questo incubo, ma eravamo ancora ben lontani. Continuammo a camminare tra gli enormi e minacciosi arbusti, quando ad un tratto un leggero gorgoglio mi arrivò alle orecchie; affrettai il passo superando Bofur, Thorin e Gloin fino ad arrivare alla sponda che affacciava sul fiume. L’acqua, una volta fresca e cristallina, ora era putrida e purulenta di un color verde petrolio; sulla sua superficie oleosa galleggiava un manto di foglie secche che la rendeva compatta e melmosa. L’odore era nauseante. Attraversare era impossibile, il ponte che congiungeva i due argini era crollato, lasciando in piedi solo due striminziti piloni, uno all’inizio ed uno alla fine:
- Il ponte – esclamò Bofur – Siamo arrivati – guardò davanti a se ed aggrottò la fronte – Potremmo attraversarlo a nuoto –
- Non hai sentito cosa ha detto Gandalf? Una magia oscura sovrasta questa foresta – disse Thorin avvicinandosi alla riva – Le acque di questo ruscello sono incantate -  aveva uno sguardo duro e quasi del tutto assente.
- Non mi sembra tanto incantevole – rispose Bofur scettico alzando le sopracciglia.
- Dobbiamo trovare un altro modo per passare – sussurrai a malapena.
Molti si erano seduti a terra ansimando dalla stanchezza e dondolando su se stessi, come se cercassero di scacciare la foresta dalla loro mente. Mi poggiai contro un albero e socchiusi gli occhi per un breve istante. Non dovevo assolutamente cedere, tutti loro contavano su di me per uscire di qui ed io non potevo abbandonarli, costi quel che costi li avrei condotti al sicuro. Strinsi più forte l’elsa provocandomi una fitta alla mano, segno che la carne iniziava a lacerarsi per l’intensità della presa, ma in un certo senso quel dolore mi teneva concentrata. Anche Bilbo stava iniziando ad accusare i sintomi dell’oscurità di questo posto, era agitato e si guardava intorno girando su se stesso come una trottola impazzita stropicciandosi gli occhi e massaggiandosi le tempie:
- Questi rami sembrano resistenti – disse Kili avvicinandosi ad un groviglio di fronde nodose che scendevano dagli alberi fin sull’acqua, creando una specie di passaggio.
- Mandiamo prima i più leggeri – annuì Thorin con la mente sempre più annebbiata.
- Fate attenzione all’acqua – sussurrai.
Bilbo si avvicinò al primo ramo tastandolo per vedere se fosse abbastanza resistente, poi si aggrappò a quello più in alto e facendo leva sulle braccia si alzò dalla sponda per poggiarsi su una frasca ondulata e abbastanza spessa da consentirgli di camminarci sopra. Lo guardavo dalla riva pregando che ce la facesse ad arrivare dall’altra parte senza cadere nelle acque torbide e salmastre:
- Va bene, non c’è problema, va tutto bene –
Aveva un tono di voce di qualcuno che aveva bevuto un po’ troppo; era impastata e confusa e mano a mano che procedeva anche i suoi movimenti cominciarono a farsi incerti e scoordinati portandolo ad inciampare più volte durante la sua camminata; ogni volta il cuore mi balzava in gola e sobbalzavo leggermente, tanto che ormai la mano che stringeva l’elsa aveva iniziato a sanguinare:
- Va bene, ci sono. Va bene – continuava a borbottare ogni volta che avanzava un altro po’.
Quando finalmente toccò la sponda opposta lasciai andare un lungo sospiro che non mi ero accorta di trattenere. Era arrivato sano e salvo, ma non potevo sapere per quanto altro tempo fosse stato così. Si voltò verso di noi stropicciandosi gli occhi e dandosi dei leggeri schiaffi sulle guance nel tentativo di non addormentarsi. Faceva avanti e indietro scuotendo la testa e passandosi le mani nei capelli, alternando a tutto ciò con momenti di ascolto del totale nulla del bosco. Visto che i rami erano abbastanza resistenti iniziammo anche noi ad arrampicarci su di essi; i Nani partirono tutti assieme creando subito un ingorgo e rischiando di far cadere tutti in acqua. Mi aggrappavo con forza alle fronde avvizzite cercando di non scivolare, ma la spossatezza era talmente tanta che fare anche un solo passo in più mi creava uno sforzo immane; allungai un braccio per afferrare un tozzo spuntone in legno, ma mancai la presa senza nemmeno accorgermene e, come se fossi fuori dal mondo, osservai la mano cadere lentamente nel vuoto sbilanciando il resto del mio corpo verso il basso. Prima che potesse succedere l’inevitabile una mano mi afferrò per il gomito riportandomi in equilibrio sul tronco e stavolta mi aggrappai con forza:
- Sta… attenta – boccheggiò Kili mentre proseguiva accanto a me assicurandosi che non cadessi.
Annuii leggermente mentre continuavo ad avanzare ignorando il fatto che sia braccia che gambe avevano iniziato a tremare violentemente, mancava così poco… ma forse riposarmi un po’ non mi avrebbe fatto male; chiudere gli occhi per qualche secondo e semplicemente riposare. Mentre stavo per abbandonarmi alla stanchezza sentii un tonfo sordo che mi svegliò di colpo dal torpore: qualcuno era caduto in acqua. Mi voltai e vidi Bombur che dormiva beatamente nel fiume:
- Aiutatemi a tirarlo fuori e costruite una lettiga per portarlo –
Non fu affatto facile. Bombur era pesante e restare in equilibrio senza cadere risultò faticoso, ma alla fine lo portammo in salvo a riva dove Bofur, Thorin, Bilbo e Ori avevano costruito una solida lettiga per adagiarlo su. Riprendemmo subito il cammino. Pensai che una volta superato il fiume sarebbe stato più facile proseguire, ma mi sbagliavo di grosso:
- Che cos’è? Le sentite? – disse Bilbo – Voci! Voci? Le sentite? –
- Io non sento niente – ringhiò Thorin – Non c’è vento, né canto di uccelli. Che ore sono? -
- Non lo so – rispose Dwalin – Non so nemmeno che giorno è –
- Ci stiamo mettendo troppo! – esclamò – Non ha fine questa maledetta Foresta?! –
- È così diversa dall’ultima volta – mormorai mentre poggiavo la mano contro un tronco per sorreggermi – Non vedo una fine, non vedo niente, solo alberi… - la mia voce cominciò ad affievolirsi.
- Andiamo da questa parte! Forza, seguitemi! –
- No Thorin, aspetta – disse Bilbo – Non possiamo lasciare il sentiero -
Il peso del sortilegio si faceva sempre più soffocante e seguire il sentiero senza crollare era davvero complicato per non dire impossibile; la foresta ora pullulava di piccoli suoni: scricchiolii e brevi respiri sembravano provenire dagli alberi, come se fossero vivi. Rabbrividii. Mi sentivo sempre più confusa, come se avessi dei continui capogiri; perfino respirare era diventato troppo difficile. Mi sembrava di girare in tondo da una vita; ogni passo che facevo in avanti sembravano almeno quattro indietro e molto presto persi definitivamente la cognizione del tempo e dello spazio. Avevamo smarrito la via:
- Io non mi ricordo questo posto, non ricordo niente – disse Balin.
- Deve essere qui, non può essere sparito – aggiunse Dori mentre girava come un forsennato su se stesso.
- Non è nemmeno qui – esclamò Ori.
- Ci siamo persi – sussurrai – È la fine -
 Non sapevo da quanto avevamo ripreso a camminare, ma ad un tratto caddi in ginocchio spossata e confusa; non ricordavo nemmeno più da quale parte eravamo giunti, non ricordavo da che parte dovevamo andare, assolutamente nulla; il cervello si stava spegnendo e non era una cosa buona, per nulla:
- Elris –
Una voce lontana chiamò il mio nome, ma non riuscivo a capire chi fosse. Era una voce limpida e giovane, ma più mi sforzavo di riconoscerla, più il tormento era insopportabile. Chiusi gli occhi massaggiandomi le tempie, ma la voce non se ne andò, continuava a chiamarmi. Sembrava una cantilena. Aprii gli occhi, la vista era offuscata ma nonostante questo riuscii a vederlo. Un piccolo Beren che correva tra gli alberi; rideva e continuava a chiamare il mio nome invitandomi a seguirlo:
- Beren – sussurrai tra me e me incredula.
Mi alzai barcollante e feci qualche passo in quella direzione mentre lui continuava ad incitarmi a seguirlo. Sorrisi felice di vederlo vivo dopo così tanto tempo e un passo dopo l’altro cercai di raggiungerlo ignorando le altre voci che mi chiamavano. Era Beren ed era qui, questa era l’unica cosa che contava per me. Improvvisamente però il sorriso si spense sulle mie labbra quando vidi una scena troppo familiare: Bosco Atro non c’era più e al suo posto si estendeva la landa desolata ai piedi del Monte Fato; intorno a me infuriava la battaglia, una battaglia che conoscevo fin troppo bene. Ero paralizzata. Perché ero tornata qui? Cosa era successo? Dov’era Beren? Iniziai a guardarmi attorno mentre l’ansia ed il panico cominciavano ad impadronirsi di me senza che io potessi fermarli, poi lo vidi. La scena era la stessa anche a distanza di seicento anni. Beren era a terra con ancora la spada in mano nel vano tentativo di difendersi, ma ormai era tardi. Gridai e lui si voltò verso di me, poi accadde di nuovo per la seconda volta sotto i miei occhi senza che io potessi impedirlo. Un colpo secco e Beren espirò. Caddi in ginocchio portandomi le mani tra i capelli, mentre calde lacrime cominciarono a rigarmi il volto; un urlo disperato mi squarciò la gola, poi un altro e un altro e un altro ancora, finché non sentii il fuoco che mi raschiava le corde vocali. Una voce si insinuò nella mia testa iniziando a parlare ma io non riuscivo a capire cosa dicesse, le uniche parole che mi risultarono chiare furono una pugnalata al cuore
<< Non mi hai salvato >>
 La voce di Beren continuava a ripeterle all’infinito ed ogni volta era come se una lama si conficcasse dentro di me aprendo ferite vecchie e nuove. Era un dolore inimmaginabile:
- Scusami, scusami – mormorai con voce flebile mentre mi stringevo la testa tra le mani.
Alla voce ben presto si unì un’immagine sfocata e via via sempre più nitida. Avevo gli occhi serrati eppure riuscivo a vederla perfettamente: la figura che si stagliava di fronte a me era ricoperta di un alone grigiastro, i lunghi capelli biondo rame erano diventati crespi e avvizziti, quasi neri; il suo bellissimo viso etereo era incavato fino alle ossa e dipinto dal bianco della morte. Infine i suoi magnifici occhi verdi, ora erano solo delle orbite vuote. Lo spettro di Beren era solo un vago e distorto ricordo della persona che era:
<< È colpa tua se sono morto, è solo colpa tua >> continuò la voce di Beren.
- No, no… ho provato a salvarti – mormorai mentre altre lacrime cadevano giù dalle mie guance.
<< Non hai fatto abbastanza, saresti dovuta morire tu al mio posto, non io >>
La sua voce mano a mano divenne sempre più cupa e profonda. Le parole iniziarono a distorcersi trasformandosi in un’altra lingua, una lingua oscura, maledetta, che perfino l’inferno stesso aveva rifiutato. Le fiamme iniziarono a crescere, sempre più alte, sempre più calde ed io urlai percependone l’intenso calore sulla mia pelle. Aprii di colpo gli occhi e fu come ritrovarsi al centro stesso del Monte Fato. Le fiamme erano ovunque e si facevano sempre più vicine; mi alzai cercando di lottare contro la stanchezza ed i capogiri ma sembrava che ogni volta che provavo a muovere un passo i miei piedi affondassero sempre di più nel terreno. La testa vorticava velocemente, la vista si era sdoppiata e non riuscivo più a riconoscere il vero dall’allucinazione. Da quanto tempo ero lì? Giorni? Mesi? Anni? Dove mi trovavo? Ero tornata veramente a Mordor? Mentre cercavo di far ordine nella mia testa, le fiamme continuarono ad alzarsi avvolgendo per intero la figura di Beren e trasformandola in qualcosa di molto diverso. Un’alta e massiccia ombra nera si stagliò in mezzo alle fiamme diventando sempre più oscura ed imponente; mano a mano che prese forma le fiamme l’avvolsero, come se uscissero direttamente da essa e alla fine comparve. Un grande occhio di fuoco, senza palpebra che tutto vede e tutto sente. Un grande occhio che distrugge. Urlai con tutto il fiato che avevo in gola e ritrovando in me la forza riuscii a correre via, lontano dalle fiamme. E improvvisamente ci vedevo di nuovo. Bosco Atro si estendeva davanti a me ancora cupo e minaccioso come quando eravamo entrati, solo che stavolta c’era qualcosa di diverso: non sentivo più il peso dell’incantesimo. Era sparito completamente ed io mi sentivo di nuovo padrona di me stessa. La visione di poco fa mi aveva scosso non poco e al solo pensarci sentivo nuovamente la paura impossessarsi di me; ero stata messa alla prova non solo dalla Foresta, ma anche da me stessa, solo che non riuscivo a determinare se l’avessi superata o meno. Sbattei le palpebre e guardandomi ancora una volta intorno mi accorsi con orrore che ero sola, non c’era traccia degli altri. Cercai di ritrovare la via giusta per tornare indietro, sperando che i miei amici fossero ancora lì, ma più correvo tra quei fitti e cupi alberi, più qualcosa in me cresceva. Una strana sensazione prese piede, ma non era la stessa di quando eravamo nel giardino di Beorn, era diversa, più incombente ed allora capii: erano in pericolo. Affrettai il passo lasciandomi guidare dall’istinto e da quella sensazione che continuava a crescere in me facendosi sempre più forte; iniziai a correre quando capii che non erano lontani, svoltai a destra e quello che vidi mi lasciò esterrefatta. Ragni giganti, grossi almeno quanto un cavallo, avevano intrappolato la Compagnia in grossi bozzoli di ragnatela appesi ai rami più alti degli alberi. Non ci volle molto a capire che sarebbero stati la loro cena; sfoderai la spada e mentre stavo per saltare sentii un bisbiglio alle mie spalle. Aggrottai le sopracciglia, certa che fosse nuovamente un’allucinazione, ma la voce continuava a chiamarmi; mi voltai scrutando nel fitto bosco, ma niente, non vidi assolutamente nessuno:
- Elris – chiamò nuovamente la voce, stavolta più vicina.
- Bilbo? – la riconobbi – Bilbo, dove sei? Non riesco a vederti –
- Eccomi, sono qui –
Mi voltai e lo vidi comparire davanti a me sgusciando fuori da dietro un grosso albero, aveva il fiatone ed era ricoperto da filamenti di ragnatela; anche lui brandiva la sua spada:
- Grazie al cielo stai bene – tirai un sospiro di sollievo.
- Purtroppo non possiamo dire lo stesso per loro – era impaurito – Dov’eri finita? Eravamo così preoccupati! Vederti in quelle condizioni è stato straziante –
- È stata la Foresta Bilbo, questa maledetta Foresta ti contorce la mente – abbassai lo sguardo sui bozzoli - Dobbiamo liberarli prima che soffochino lì dentro – dissi mentre osservavo la situazione.
- Cosa hai in mente di fare? –
- Prendili alle spalle, io mi occuperò degli altri – lo Hobbit annuì – Fa attenzione –
Ci separammo nuovamente, Bilbo si andò a posizionare alle spalle dei ragni, io mi acquattai tra le radici sporgenti di una quercia ed attesi. Non appena vidi i ragni correre nella mia direzione balzai fuori brandendo la spada in una mano e il lungo pugnale nell’altra. Atterrai proprio in mezzo a loro ed iniziai ad ucciderne quanti più potevo, ma continuavano ad arrivarne degli altri. Feci roteare la spada sopra la testa e andai a conficcare la sua affilata lama nel ventre di uno di essi che lanciò un verso acuto e stridulo. Sfilai la lama dalla carcassa e mi lanciai contro il successivo tagliandoli una zampa facendolo cadere a terra, poi gli conficcai il pugnale nel cranio con un sonoro “crack” da far accapponare la pelle. Continuavo mantenendo quello stesso ritmo per ognuna di quelle bestiacce che mi si avvicinava e nonostante la stanchezza riuscii a tenergli testa, d’altro canto però, più ne uccidevo, più ne accorrevano e presto iniziai a pensare che non ce l’avrei fatta ad abbatterli tutti da sola. Iniziai ad arrampicarmi agilmente su un albero arrivando fin su al ramo dove erano appesi i nostri amici, presi un pugnale più piccolo ed iniziai a tagliare la ragnatela che li teneva sospesi in aria. Bilbo mi imitò e in poco tempo caddero tutti a terra, uno dopo l’altro, poi mi lasciai cadere giù dal ramo ed atterrai in piedi nel mezzo della radura sottostante. Sguainai nuovamente la spada vedendo arrivare almeno una ventina di quelle orribili creature mentre lo Hobbit aiutava i nostri amici ad uscire dai bozzoli e, una volta liberi, si armarono anche loro e tutti assieme ci scagliammo contro i ragni giganti. Usciti anche loro dalle grinfie dell’incantesimo di Bosco Atro, i membri della Compagnia iniziarono a far gioco di squadra per ucciderne quanti più potevano; mentre estraevo il pugnale dall’addome di uno dei ragni, un altro mi saltò addosso da uno dei rami facendomi cadere schiena a terra con un tonfo sordo e strappandomi un mugolio di dolore. La bestia apriva e chiudeva le zanne cercando di mordermi e, al tempo stesso, pungermi con lo spesso aculeo; ritrassi le gambe e gli diedi una forte ginocchiata all’addome, ma il ragno non ne voleva sapere di arrendersi. Allungai la mano verso il pugnale non molto lontano da me cercando di afferrarlo, ma la bestia me lo impedì colpendo con forza le mie braccia con le zampe anteriori. Nel momento esatto in cui stava per avvicinare le fauci al mio volto, un verso acuto gli uscì dal profondo e crollò riverso su un lato. Davanti a me c’era Thorin con Orcrist stretta in mano:
- Sei ferita? –
- No – scossi la testa – Grazie a te –
Mi rialzai ed una volta in piedi raccolsi spada e pugnale, e dopo aver lanciato un veloce sguardo a Scudodiquercia, mi lanciai ad aiutare il resto della Compagnia munita anche di arco e frecce. Sembrava di combattere da un’eternità, erano infiniti e sempre più grossi e ripugnanti. Ne uccisi un altro con una freccia e mi voltai ad osservare la situazione: ognuno di noi combatteva con circa tre ragni alla volta; era scontato che il loro piano consisteva nello stremarci e presto ci sarebbero riusciti. Non appena mi liberai dell’ennesimo ragno pugnalandolo all’occhio sinistro, mi fermai per pochi secondi a riprendere fiato; non stavo combattendo come volevo e questo mi provocava una forte rabbia verso me stessa. Le mani mi tremavano, sudavo freddo e sentivo le gambe deboli e pesanti: le visioni di cui ero stata in balía fino a poco fa mi avevano turbato più di quanto credessi possibile. Odiavo sentirmi così vulnerabile, non era da me. Alzai la testa posando lo sguardo sul combattimento ancora in corso ed in quel momento mi accorsi che Kili era in seria difficoltà: il ragno che lo stava aggredendo era riuscito a disarmarlo ed ora cercava di metterlo nell’angolo tra un grosso fusto ed una roccia appuntita. Strinsi l’elsa della spada con forza e corsi nella sua direzione mentre la creatura alzava le zampe anteriori facendo schioccare minacciosamente le fauci. Quando fui abbastanza vicina da sferrare l’attacco mi lasciai cadere in ginocchio con un movimento fluido e scivolai fin sotto il ragno facendo da scudo con il mio corpo a Kili, proprio mentre le fauci del mostro andavano a scontrarsi con la lama della mia spada. Mi voltai a guardarlo e sul suo volto lessi lo sconcerto e la sorpresa; aveva il respiro leggermente accelerato, i lunghi capelli arruffati che gli ricadevano in parte sul viso e lo sguardo completamente perso. E in quel momento mi persi anche io a guardarlo. Mi dimenticai di tutto, dei ragni, della Foresta, degli altri nostri compagni. Non c’era più nessuno attorno a noi e fu una sensazione piacevole; perfino il ricordo delle allucinazioni era lontano anni luce. A riportarmi alla realtà fu il peso della creatura che faceva leva sulla spada; mi voltai nuovamente, afferrai in fretta il pugnale dallo stivale e lo andai a conficcare nel ventre dell’animale che ricadde indietro senza vita. Lasciai andare un sospiro di sollievo e mi lasciai cadere all’indietro poggiandomi alla roccia. Avevo l’adrenalina a mille ed era una sensazione fantastica, quanto spaventosa visto che in quel momento a rischiare la vita fu Kili. Puntai la spada a terra e la usai come sostegno dove dirigere tutto il mio peso, alzai la testa prendendo un grosso respiro e solo in quel momento mi accorsi che il giovane Nano era ancora accanto a me. Presi coraggio e mi voltai nella sua direzione: aveva ancora lo sguardo puntato su di me, solo che questa volta non riuscivo a decifrare cosa provasse; sembrava come se avesse indossato una maschera e la colpa era solo mia. Sapevo cosa provava ed io lo stavo facendo soffrire molto, ma dall’altra parte c’ero anche io a starci male ed essere letteralmente terrorizzata dal rimanere nuovamente sola e con il cuore a pezzi. Dischiusi le labbra per parlare, ma rima che potessi emettere anche un solo suono fummo interrotti:
- Elris attenta! – gridò Kili indicando alle mie spalle.
Con un forte dissenso sul volto ed un verso di disapprovazione per essere stata interrotta, feci roteare la spada e con un gesto secco decapitai il ragno alle mie spalle; mi voltai completamente e ripetendo il movimento di prima ne infilzai un secondo e poi un terzo, il tutto con estrema agilità. Finalmente ero riuscita ad accantonare l’orrore di poco fa:
- Ce ne sono a centinaia – ansimai dopo averne ucciso un quarto.
- Sono troppi, non ce la faremo – disse Kili scuotendo la testa.
- Si invece – raccolsi la sua spada e gliela lanciai – Riesci a tenere a bada questi? –
- Un gioco da ragazzi – scrollò le spalle stringendo l’elsa e lasciandosi andare in un sorriso.
- Perfetto – rinfoderai la spada.
- Dove stai andando? – mi domandò sgranando gli occhi sorpreso.
- A ucciderli prima che giungano tutti qui – indicai un punto in mezzo ai rovi – Vengono da laggiù, vado a sbarrargli la strada - e senza sentire la risposta di Kili mi diressi in quella direzione.
Mi arrampicai sull’albero di fronte a me e con agilità iniziai a saltare di ramo in ramo andando incontro a quelle bestie. Sfilai il pugnale dallo stivale e lo usai per squarciare il dorso al ragno che si stava calando da alcuni rami più in alto, mi voltai e con la stessa velocità ne uccisi altri due alle mie spalle riuscendo a ricavarmi una nicchia semi nascosta dove sistemarmi in attesa. Rinfoderai il pugnale e incoccai la freccia: non appena altri ragni giunsero iniziai a scagliare una pioggia di frecce che in poco tempo li mise in fuga. Tirai un sospiro di sollievo riponendo l’arco ed osservai il punto in cui molti di loro erano fuggiti; se la foresta non mi stava ingannando nuovamente, i ragni provenivano proprio da Dol Guldur, come aveva detto Radagast. Scesi sul ramo sottostante e cominciai ad incamminarmi verso la radura dove avevo lasciato gli altri, ma nel momento esatto in cui iniziò a comparire alla mia vista notai qualcosa di diverso: degli Elfi dai lunghi capelli biondo rame vestiti di lucenti armature dorate tenevano in ostaggio la Compagnia. Mi avvicinai al ramo successivo con passo felpato ed osservai dall’alto la situazione: i Nani erano raggruppati in cerchio circondati da una decina di Elfi Silvani che puntavano contro di loro le frecce incoccate, mentre altri li perquisivano privandoli delle armi che avevano. Mentre mi sporgevo in avanti nascosta dalle fitte fronde lo notai: un Elfo alto, con lunghi capelli biondo platino e gli occhi azzurro ghiaccio. Aveva un portamento rigido e distaccato con movenze eleganti e regali perfino mentre era intento a dare ordini ai suoi compagni e discutere con Gloin. Mi scappò una piccola risata. Non lo vedevo da molto tempo ma non era cambiato affatto, e soprattutto non era cambiata la sua distrazione datagli dalla sua ancora giovane età. Odiava essere preso alla sprovvista, ma ancor di più perdere un combattimento; era nel suo carattere fin da bambino. Nonostante ogni volta che ci allenavamo assieme faceva il possibile, non importava quanto impegno ci mettesse, quanta forza e quanto coraggio tirasse fuori, alla fine ero sempre io a vincere. Balzai giù dal ramo con grazia ed atterrai silenziosamente alle sue spalle sguainando la spada poggiando la punta della fredda lama contro la sua gola, proprio vicino la giugulare:
- È da tanto che non ci vediamo, Mellon –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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