Final Fantasy X: Il Romanzo.

di Mischa_Lecter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ascoltate la mia storia...forse è l'ultima occasione.

Ricordo quel giorno come fosse ieri, quello stesso giorno in cui la mia vita cambiò radicalmente.

A quel tempo Zanarkand, la mia Zanarkand, era brillante e festosa. Adagiata sulle rive del mare, a qualsiasi ora del giorno e della notte, le vaste strade vomitavano un nutrito numero di persone affaccendate all'interno degli immensi palazzi perennemente illuminati e dai quali si stendevano un'infinità di ponti costruiti ad altezze spropositate. Essi avevano lo scopo di collegare fra loro molti dei piani più alti degli edifici tappezzati di cartelloni pubblicitari dai colori e dalle forme più sgargianti.
Un groviglio di giochi d'acqua, luci e tecnologia; Zanarkand, a quel tempo, non dormiva mai.

Ma la routine giornaliera non era certo paragonabile all'aria che si respirava quel giorno, no!
Già la mattina stessa si avvertiva chiaramente, quasi fosse palpabile con mano, l'eccitazione della gente perchè si sapeva che, quella sera, si sarebbe giocata la più attesa partita di Blitzball degli ultimi dieci anni: la Finale della Coppa Jecht.
Per gli abitanti della città tecnologica, non vi era nulla di più importante. Essi vivevano per il Blitzball acclamandone i giocatori come gladiatori sulla rena e, inutile dirlo, a noi piaceva. Adoravo quel loro modo di farci sentire eroi; per quell'ora noi eravamo il loro svago, la loro felicità, la loro ragione di vita. Così, ogni volta che affrontavamo una partita, davo il meglio di me stesso per lasciare un ricordo memorabile nelle loro teste.
Il cielo scuro di quella sera era punteggiato di stelle la cui luce, al confronto di quella che irradiava Zanarkand, sembrava scemare miseramente.
Mancava poco meno di un'ora alla partita, avevo tutto il tempo di prendermela comoda per arrivare allo Stadio, ma decisi comunque di uscire prima di casa sapendo già di dover affrontare la marea di fan davanti alla mia porta. Mi fermai dopo pochi passi notando l'immensa folla urlante che, alla mia vista, si animò ulteriormente. Alzai una mano in segno di saluto e corsi verso di loro senza esitazione per salutare i bambini in prima fila che sventolavano i loro palloni blu e bianchi da farsi autografare. Con il sorriso sulle labbra, firmai una ad una le palle da Blitz dei miei piccoli fan che si spintonavano per non essere lasciati indietro per poi avvicinarmi a due ragazze che attendevano diligentemente il loro turno.
“In bocca al lupo per stasera!” Mi augurò quella con i capelli rossi porgendomi il suo pallone. “Crepi! E' tutto sotto controllo!” Risposi io e, per farmi notare un po', feci roteare l'oggetto sul dito prima di riporgerglielo. “In che posti siete?” Chiesi loro firmando anche quello dell'amica. “Spalto est in prima fila, quinta da destra!” Rispose quella, emozionata all'idea di scambiare qualche parola con la stella emergente degli Zanarkand Abes. “Ricevuto! Se segno un goal allora mi girerò da quella parte e...” Ci pensai un po' su, poi alzai le braccia sopra la testa con le mani protese e annunciai: “...farò così! Significa che ve lo dedico, ok?” Le due ragazze ridacchiarono compiaciute alle mie parole e i loro visi arrossirono lievemente. Mi faceva piacere sapere che un gesto così semplice, poteva rallegrare fino a quel punto una persona.
Salutai le mie due fan e mi girai per incamminarmi verso lo Stadio, quando i bimbi di prima mi bloccarono nuovamente chiedendomi in coro di insegnargli a giocare.“Ora non posso, ho la partita!” Risposi loro divertito da tanto entusiasmo notando però la delusione nelle loro faccette. “...e dopo...?” Azzardò timidamente uno del gruppetto con i capelli castani.
Non ebbi nemmeno il tempo di rispondere che qualcun altro dietro di me lo fece al posto mio: “Non puoi sta sera.” Disse seccamente cogliendomi di sorpresa e costringendomi a girarmi. Aveva l'aspetto di un ragazzino, o per lo meno era quello che potevo supporre dato il viso nascosto dal cappuccio blu notte. La carnagione era olivastra e spiccava attraverso la casacca senza maniche decorata con motivi dorati.
Ero certo di non averlo mai visto prima, eppure lui sembrava pensarla diversamente dal modo insistente con cui mi fissava. 
“Meglio domani...” Risposi distrattamente al bambino dai capelli castani senza togliere gli occhi di dosso allo strano individuo. “...promesso!” Aggiunsi infine rivolgendomi di nuovo ai bambini e meritandomi la loro stima accompagnata da una riverenza. “...ma ora devo proprio andare. Fate il tifo per me, mi raccomando!” Li esortai. E con un saluto confidenziale, mi allontanai ignorando volutamente il grosso cartellone pubblicitario che ritraeva un uomo dall'aria spocchiosa con una bandana rossa stretta in fronte.
Lo Stadio di Zanarkand era qualcosa di indescrivibile, la struttura più curata ed imponente di ogni edificio della città. L'entrata troneggiava possente sull'immensa piazza principale ed era presidiata da due alte statue lucenti in posa di combattimento, mentre il vero e proprio varco d'accesso era protetto da una sottile barriera. L'edificio, all'interno, era di forma circolare con gli spalti che ne percorrevano l'intero perimetro e al centro l'arena di gioco. Varcai l'ingresso e subito le urla dei fan mi esplosero nelle orecchie facendo pompare l'adrenalina in corpo. I giocatori delle due squadre si radunarono attendendo con ansia l'inizio della partita mentre una gigantesca palla d'energia luminosa azzurra esplodeva al centro aprendo meccanicamente il tetto dello Stadio per ospitare un'immensa sfera d'acqua nel quale si sarebbe giocata la Finale. “Apriamo le danze!” Ghignai fra me e me.
L'inizio della partita venne segnato dal fischio del tabellone dei punteggi e la palla sparata in alto al centro della sfera. Il Blitzball era uno sport tutt'altro che facile. Dovevi essere dotato di grande resistenza fisica e saper nuotare bene ma soprattutto avere la capacità di resistere in apnea per lungo tempo. Si, perchè questo gioco si svolgeva interamente sott'acqua e lo scopo era quello di segnare i goal nelle porte avversarie con quei grossi palloni blu e bianchi. In un attimo i giocatori si fiondarono come cani sguinzagliati a recuperare la palla tipica; c'era chi passava, chi marcava, chi veniva catapultato fuori dalla sfera d'acqua fra la gente, e chi, come me, cercava di segnare in rete. Quella era l'occasione per dimostrare a me stesso che potevo far di meglio di quell'uomo dall'espressione spocchiosa che tanto odiavo.
Qualcuno lanciò il pallone verso la parte superiore della sfera, la mia qualità migliore era la velocità così nuotai con tutte le mie forze agitando le gambe e spiccando un balzo che mi fece finire fuori dal margine del campo.
Tutt'attorno calò il silenzio e percepii che i tifosi pendevano dalla mie labbra. Potevo farcela, DOVEVO farcela ad eseguire quel tiro: il famigerato Tiro Jecht. Arcuai la schiena all'indietro mentre le gocce d'acqua mi cadevano dai capelli biondi rigandomi il viso. La palla stava cominciando a precipitare verso il basso così eseguii una rovesciata all'indietro preparandomi a colpire.
Fu allora che notai qualcosa che mi raggelò il sangue nelle vene.
Per un motivo che ignoravo, un'ondata dalle proporzioni bibliche si stava avvicinando ad una velocità disarmante alla mia amata città. Il terrore mi avvolse, ero l'unico nello Stadio che se ne fosse accorto e non potevo far nulla per avvertire gli altri a parecchi metri sotto di me. In un attimo vidi quell'immensa onda scagliarsi con furia omicida sui palazzi di Zanarkand avvolgendoli nelle proprie spire come un serpente fa con le sue prede, e fu il panico. Percepii la scena in modo ovattato, quasi come se non fossi realmente li: esplosioni, urli...stavo forse sognando?
Quando finalmente realizzai di essere nel mondo vero, mi accorsi che stavo precipitando verso il suolo e, in extremis, agguantai con una mano sola una sporgenza presente nell'arena di gioco ma il mio guanto bagnato e la superficie scivolosa fece cedere la mia presa e un'improvvisa scossa di terremoto fu letale. 
Precipitai.
Non so poi come, miracolosamente, toccai il suolo senza procurarmi danni permanenti, avevo solo un forte mal di testa ma dopo un lieve barcollare mi rimisi in piedi trovandomi però di fronte uno spettacolo orribile.
La maggior parte dei palazzi era crollata in seguito alle esplosioni come l'entrata dello Stadio, e i giochi d'acqua che fino a pochi istanti prima decoravano le vie, ora spruzzavano a caso sulle macerie della città. La gente correva spaesata e spaventata scontrandosi l'una all'altra urlando, non capivo nulla.
In un attimo la mia Zanarkand fu distrutta.
Mossi qualche passo verso la piazza in rovina e, con mio stupore, avvistai un conoscente di vecchia data bere tranquillamente alcool dalla sua fiaschetta a pochi passi da me. “AURON!” Gli urlai. Era molto più grande di me, io avevo solo diciassette anni a quel tempo. Aveva i capelli scuri e un paio di occhiali dalle lenti nere e ovali a coprirgli lo sguardo perennemente serio. Portava un giaccone marrone dal quale pendeva una delle due maniche, lo portava sempre così, chissà poi perchè? Me lo domandavo ogni volta che lo vedevo ma non era quello il momento giusto per darsi una risposta. “Che ci fai qui?” Gli domandai sbalordito. Lui, con la sua solita espressione impassibile, mi rispose semplicemente un “Ti aspettavo” che mi lasciò ancor più perplesso. Auron era un tipo misterioso a cui piaceva nuotare nell'acqua torbida. “Che diavolo dici?” Protestai, ma lui era già fuggito via chissà dove.
Maledetto, pensai mentre cercavo di raggiungerlo fra la folla imbizzarrita, ma ben presto mi dovetti fermare per riprendere fiato e ammettere di averlo perso.
In quell'istante tutto si fermò; la gente che pochi secondi prima stava correndo a perdifiato in ogni direzione, si era come paralizzata nell'ultimo movimento compiuto e per di più non si percepiva più alcun rumore. Solo io potevo muovermi liberamente attorno a quella sfilza di statue umane. Cosa sta succedendo? Sempre più terrorizzato, mi guardai attorno e vidi di nuovo il ragazzino col cappuccio blu notte e la pelle scura. “Comincia.” Disse. “Non disperare.” Ero sempre più confuso, e quel tipo iniziava a darmi sui nervi. Decisi dunque che doveva darmi una spiegazione, così mossi qualche passo verso di lui ma in un batter d'occhio il tempo tornò a funzionare correttamente e le persone a correre e urlare, permettendogli di dileguarsi.
In lontananza avvistai di nuovo Auron e gli corsi incontro. Era fermo a fissare qualcosa al di la delle mie spalle. “Guarda.” Mi esortò a girarmi facendomi notare nel cielo un enorme ammasso fluttuante. “Lo chiamano Sin!” Non sapevo cosa potesse essere, indietreggiai sbalordito e spaventato. “Sin?” Riuscii solo a balbettare, e lui annuì.
In quel momento una potente esplosione nel palazzo alla mia destra, mi fece sobbalzare. Non era ancora finita. Incredulo di quanto i miei occhi azzurri stessero vedendo, mi girai verso Auron che osservava la scena con estrema tranquillità. Quella che solo quell'uomo di quarant'anni poteva avere.
Dalla voragine creatasi ai piani alti del palazzo, era uscito un qualcosa che non sapevo definire. Possedeva tentacoli luminescenti che si agitavano minacciosi in avanti e, al centro di essi, spuntava quello che pareva esserne il corpo interamente ricoperto di squame. Queste si misero a vibrare e una ad una si staccarono dal loro giaciglio per piovere violente a pochi passi da noi causando le stesse esplosioni che avevano bombardato la città. Quando finalmente ebbi la possibilità di vederle da vicino, capii che anche quelle squame giganti avevano vita propria perchè in realtà altro non erano che le ali chiuse di esseri minori che emettevano versi assordanti e striduli.
Senza troppe cerimonie, una volta al suolo, mi si fiondarono addosso per attaccarmi, quando il mio conoscente mi si avvicinò porgendomi una spada dall'impugnatura massiccia e la lama rossastra. Era senza dubbio la cosa che ci voleva se non fosse stato per il suo eccessivo peso che mi fece sbilanciare in avanti.
“Da parte di Jecht.” Ammise Auron armandosi anche lui di una possente katana. “Mio padre?!” Dissi sgranando gli occhi incredulo e perdendo nuovamente l'equilibrio per il peso dell'oggetto che tenevo in mano. “Spero tu sappia usarla.” Aggiunse con noncuranza. “Non sprechiamo tempo, apriamoci un varco!” Sentenziò infine sollevando la sua spada come se fosse fatta di carta e colpendo una delle scaglie di Sin. Con un sol fendente essa scomparve dissolvendosi in tanti piccoli luccichii che si dispersero nel cielo stellato. “Elimina solo quelli che ti ostacolano il passaggio e corri.” Mi intimò senza badare alla mia espressione sorpresa e fiondandosi sulle nuove scaglie che erano comparse dinnanzi a noi. Era il momento di prendere coscienza di quanto stava succedendo, dovevo combattere al suo fianco se volevo salvarmi. Così afferrai saldamente la mia spada e mi fiondai contro uno di quei mostri strillanti, ma prima che il mio colpo andasse a buon fine, il mio avversario sferrò il suo procurandomi una grossa ferita al braccio e facendomi ruzzolare a terra.
Mi rimisi coraggiosamente in piedi e balzai nuovamente su di lui con tutta la forza che avevo in corpo sferrando un fendente con la mia spada dalla lama rossa disintegrandolo nei piccoli bagliori luminescenti. Con fierezza mi girai verso il mio compagno che nel frattempo ne aveva sterminati una riga notevole e lo seguii di corsa lungo la strada finalmente sgombra.
Dopo pochi passi però, una nuova scossa di terremoto ci costrinse a fermarci e l'essere dai lunghi tentacoli comparve dinnanzi a noi sbarrandoci la strada.
“EHI, TU! VATTENE DALLA MIA CITTA'!” Gli urlai sventolandogli l'arma contro sentendomi già più sicuro di me. “Tsè! Hanno fretta di morire.” Disse con sarcasmo Auron poggiandosi la katana sulla spalla. Spiccò un balzo verso l'alto e conficcò, atterrando nuovamente al suolo, la lama nell'asfalto causando una grossa esplosione che sterminò l'avversario.
Dovevo ammetterlo, il nonnetto ci sapeva fare. 
Corremmo lungo la strada distrutta passando di nuovo davanti al cartellone pubblicitario che rappresentava l'uomo dall'espressione spocchiosa, Jecht. E tu cosa cos'hai da ridere lassù? Pensai. Quell'uomo aveva il potere di farmi irritare anche stampato su una foto.
Intanto, davanti a noi, Sin aveva sguinzagliato altre scaglie circondandoci. Raggiunsi Auron e gli urlai di fuggire da li, ma lui sguainò nuovamente la spada fiondandosi verso gli avversari. Dove trovi tutta questa forza? Dammi un po' di tregua! Mi rimboccai le maniche e iniziai a colpire i piccoli mostri alati. Uno dopo l'altro cadevano sotto i nostri colpi, ma nonostante questo non sembrava che la situazione migliorasse. Anche Auron doveva essersene reso conto perchè vidi che iniziò a guardarsi in torno finchè non puntò un grosso camion capottato e abbandonato sul bordo della strada.
“TIDUS! Dobbiamo abbattere quello!” Mi urlò indicando il grosso carico che produceva elettricità roteando su se stesso. “CHE?! SEI IMPAZZITO?” Non era un'idea molta furba a mio avviso, rischiavamo di lasciarci la pelle pure noi. “Fidati, vedrai!” Disse con un tono che non ammetteva repliche.
Per niente convinto strinsi il pugno e accettai di assecondarlo, d'altra parte non avevamo molte altre scelte. Caricai un attacco e colpii il veicolo con la spada mentre lui uccideva il mostro che stava per assalirmi. Feci un salto mortale per schivarne un altro e, con lo stesso colpo, colpii sia uno degli avversai che la macchina. Anche Auron ci si accanì contro e, dopo poco, questa iniziò a sussultare. Il forte movimento lo fece scivolare al di la della strada iniziando a precipitare nel vuoto mentre esplodeva in un boato assordante che invase le nostre orecchie facendo sgretolare il pavimento sotto i nostri piedi.
“Salta!” Mi ordinò e io non ci pensai due volte. Corsi con tutto il fiato che avevo il gola e spiccai il salto appena in tempo per non precipitare nel baratro assieme ad una delle strade rialzate di Zanarkand, afferrandomi ad una sporgenza.
Avevo paura. 
Tutta la città si stava disintegrando attorno a me ed ogni cosa stava per essere inghiottita.
“AURON!” Urlai il suo nome nella speranza che mi sentisse e lo vidi comparire al di la della sporgenza. Dietro le lenti ovali e scure degli occhiali, mi fissava impassibile. Non capivo perchè se ne stesse li ad osservarmi senza alzare un dito per salvarmi mentre io facevo di tutto per non perdere la presa e precipitare. “AURON!” Gridai nuovamente. Vidi che il suo sguardo si spostava al cielo dove era comparso un enorme buco nero che stava risucchiando ogni cosa appartenesse a questo mondo. “Sei sicuro?” Mi chiese senza guardarmi ancora in faccia. Io ero stremato, sentivo le braccia cedere ogni secondo di più, non avevo ne tempo ne voglia di mettermi ad ascoltare le sue storielle misteriose. “Questa...” e si chinò su di me afferrandomi per il colletto della salopette nera “...è la tua storia.” Sopra la sua testa il buco si faceva sempre più vicino e grosso. “Tutto comincia qui.” Furono le sue ultime parole prima che un'esplosione di luce bianca ci avvolse risucchiandoci entrambi dentro il buco.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Sentii una voce maschile chiamarmi. Mio padre?
Mi ritrovai a fluttuare sopra i tetti ancora integri e luminosi di Zanarkand.
Nuotai, per così dire, fino ad una terrazza circolare che dava su tutta la città e mi accorsi che in piedi c'era qualcuno, un bambino con i capelli biondi e gli occhi azzurri. Mi avvicinai a lui e rimasi per un po' ad osservarlo in silenzio senza che però si accorgesse di me.
Dov'ero? Cos'era successo? La testa mi girava.
Sognai, sognai d'esser solo. Sentivo il bisogno di avere qualcuno accanto che non mi facesse più provare quella brutta sensazione, poi lentamente mi destai.
Attorno a me il cielo era cupo e lampeggiante, una leggera nebbiolina rendeva la visuale offuscata e l'aria umida e fredda mi scuoteva la pelle di brividi. Giacevo su uno scoglio circondato dall'acqua con il corpo immerso fino al busto e uno strano pennuto mi osservava con insistenza.
“C'è nessuno?” La mia voce riecheggiò tutt'attorno. “Auron?” Silenzio. “EHII!” Urlai ancora con tutto il fiato che avessi in gola spaventando lo strano uccello che volò via nel cielo plumbeo.
Rassegnato decisi quindi di esplorare il luogo in cui ero capitato così, forse, da ritrovarne la strada di casa. Lasciai lo scoglio e iniziai a muovermi nell'acqua scura; attorno a me si ergevano strane costruzioni diroccate, colonnati e resti di templi con tutta l'aria d'esser stati abbandonati lì da diverso tempo.
Continuai la mia perlustrazione approdando su un piccolo isolotto roccioso che un tempo doveva ospitare una delle vecchie costruzioni perchè mostrava ancora i resti di quattro possenti pilastri di pianta quadrata. Uscii dall'acqua poggiando il piede sopra il primo scalino ancora immerso sotto il livello del mare e poi sul pavimento piastrellato corroso dagli anni e dal muschio.
Girai attorno ai quattro monoliti dalla superficie ancora liscia scrutando il primo crollato sotto il suo stesso peso e, inseguito, tutti gli altri fino all'ultimo.
Lì il mio occhio venne attirato da una flebile luce azzurra che si irradiava a forma circolare sulla pietra. Con prudenza mi avvicinai e tastai il bassorilievo luminescente seguendo le piccole intagliature scavate nel minerale che recitavano così:

Tuja e mysbe lytuhu casbna taje nalynde yccumidysahda. Y Macalania ma cbymma taje tyna a my xiyndy dunna lanlyna. Ca ymmuny lunykkeu yjnye, ym mydu tacdnu kiyntanye.

Doveva essere qualche lingua locale perchè l'agglomerato di lettere non aveva alcun senso in quella che conoscevo io.
Decisi dunque di lasciare quell'isola e continuare la mia ricerca, così scesi nuovamente gli scalini e mi rituffai.
Nuotai fino a che difronte a me comparve un secondo isolotto questa volta molto più grosso del precedente. La rampa di scale era amplia e presentava un numero maggiore di scalini che si dirigevano verso un arco a tutto sesto a guardia dell'entrata circondata da righe di colonne spezzate.
Salii gli scalini e oltrepassai il possente arco imboccando il sentiero piastrellato che si stendeva fra l'acqua salata e giungendo davanti ad un piccolo ponte dall'aria tutt'altro che stabile. Poco convinto rimuginai sul da farsi e, giunto alla conclusione che se anche fossi caduto in acqua non mi sarei ammazzo, decisi di attraversarlo. Ad ogni mio passo sentivo la roccia cedere e tuffarsi nelle acque che attendevano pazienti sotto i miei piedi. Camminai un altro po' svoltando ad un bivio ritrovandomi in una strada senza uscita.
Fantastico, ed ora che faccio? Mi chiesi incrociando le braccia al petto e alzando un sopracciglio. Come in risposta alla mia domanda il pavimento iniziò a sgretolarsi, feci appena in tempo a vedere con la coda dell'occhio delle bolle risalire dall'abisso prima di caderci dentro.
In meno di un secondo mi ritrovai a sguazzare sul fondale torbido tra alghe, sabbia e altre antiche rovine. Non ebbi nemmeno il tempo di apprezzarne la bellezza perchè, in men che non si dica, tre esseri dalla forma di pesci troppo cresciuti dall'aria decisamente minacciosa sbucarono fuori dalle tenebre balzando sulla superficie.
La pelle squamata del corpo snello sfumava dal verde scuro al chiaro, mentre le enormi pinne a ventaglio munite di aculei pungenti alle estremità, andavano dal giallo al rosso, ma furono i denti affilati che mirarono al mio stomaco a convincermi che era arrivato il momento di estrarre nuovamente la spada. Senza pensarci troppo mi lanciai verso uno dei tre Sahajin, era questo il loro nome e, con un colpo secco, lo spedii al creatore meritandomi un trattamento simile dal suo compagno che però non tardò a fare la stessa fine del precedente.
Ne era rimasto solo uno. Ci scrutammo senza muovere un muscolo, lui sbuffando dalle branchie ed io tenendo saldamente il manico della mia arma attendendo un suo passo falso; poi un'esplosione ci colse di sorpresa abbattendo buona parte dei reperti che mi attorniavano.
Rimasi lì in apnea con la spada ancora sguainata quando una grossa bocca agguantò l'ultimo Sahajin inghiottendolo in una nube di sangue a pochi metri da me.
Deglutii sonoramente mentre “quella cosa” dotata di uno stomaco che ricordava una gabbia circolare fatta di ossa, mi sfrecciava davanti con i suoi, almeno, dieci metri di lunghezza.
Mi bastò una semplice occhiata per capire che era alquanto improbabile abbattere un mostro di quella portata, così feci appello a tutte le mie doti di Blitzer e sgambettai fino al margine dell'acqua. Inalai una grossa quantità d'ossigeno ma il mostro dietro di me guadagnava terreno ed io dovevo trovare una rapida via d'uscita da quella situazione. Avvistai uno stretto tunnel nel muraglione di fronte a me ed ebbi l'idea. Mi fiondai verso di esso, ormai mancava poco ed il mostro mi era alle calcagna tanto da poterne percepire il respiro fetido dietro la schiena. Spalancò la grossa bocca per inghiottirmi ma in quell'attimo riuscii ad infilarmi nel tunnel salvandomi per il rotto della cuffia.
Buio.
L'entrata era crollata sotto la forza prorompente del mostro assetato di sangue ed io, ora, ero bloccato dentro quella sottospecie di grotta dalle pareti decorate.
Il freddo era pungente e le infiltrazioni gocciolavano dai muri precipitando sul pavimento già abbastanza umido. Dalla padella alla...ghiacciaia! Pensai. Mi serviva qualcosa per scaldarmi e non potevo certo fare affidamento sui miei vestiti che consistevano in una corta giacca gialla smanicata dal petto scoperto, una salopette nera e guanti di pelle, la mia divisa da Blitzball.
Mi guardai attorno notando una scalinata che conduceva in una spaziosa sala circolare dagli alti muri che ospitavano tre piani terrazzati. All'ultimo, da una grossa voragine che segnava come una ferita aperta la facciata, sgorgava una cascata che si rigettava sul pavimento lucido della sala stessa.
Camminai fino al punto più centrale notando vecchi pezzi di legno bruciato segno di un recente focolare, qualcuno doveva esser stato lì. Decisi dunque che la soluzione migliore era quella di sfruttare quelle braci per accendere un nuovo fuoco, ma sembrava un enorme problema trovare qualcosa di abbastanza asciutto da ardere. La prima cosa a cui feci appello furono dei vasi sparsi in giro, ma in ognuno di essi i fiori secchi che contenevano galleggiavano in una pozza stagnante. Iniziai allora a setacciare ogni centimetro di quel posto così umido e misterioso scoprendo una porta dietro un ammasso di macerie che conduceva ad un corridoio angusto e buio. Spinsi il pesante portale decorato incontrando nuovamente una rampa di scale che saliva ai piani superiori, la percorsi scavalcando pezzi di soffitto franato sui gradini e colonne spezzate fino ad arrivare alla terrazza del primo piano. Lì, sulla destra, vidi un piccolo vaso incastonato nel muro da dove miracolosamente usciva un mazzo di fiori secchi ancora in buone condizioni. Li afferrai con avidità e proseguii il cammino curiosando la balconata che si affacciava nella sala della cascata.
Ad ogni passo, il mio respiro caldo a contatto con l'aria fredda creava piccoli sbuffi di vapore. Mi precipitai giù dalla rampa rischiando più volte di scivolare e, con quel misero mazzolino di fiori secchi aggiunto ai resti di legna bruciata, riuscii a dare vita ad una flebile fiamma che ben presto si animò in un caldo fuocherello.
Mi sedetti sul pavimento per goderne appieno, dimenticandomi gradatamente dei brividi che facevano sussultare il mio corpo; era così bello, dopo tanto tempo passato al gelo, esser accarezzati da quel dolce tepore che mi donava un senso di pace e tranquillità. Ombre danzanti si animavano sulle pareti sotto l'effetto della luce giallo arancio che mi illuminava il viso segnato dalla stanchezza, solo ora mi rendevo conto di quanto fossi affamato e stanco. Buttai indietro la schiena sdraiandomi sul pavimento per rilassarmi e mi addormentai.
Sognai una casa. Ero in piedi e osservano spavaldamente Auron, il vecchio amico di cui avevo perso ogni traccia in seguito alla distruzione di Zanarkand, che mi stava parlando.
“Brutta partita. Avete perso per colpa tua.” Mi stava dicendo. Io mi alterai. “Sei venuto solo per dirmi questo?” Gli risposi irritato. Auron si limitò a fissarmi negli occhi poi, con un sospiro, mi disse: “Oggi sono dieci anni, pensavo stessi piangendo.” E, come se nulla fosse, mi sfilò davanti dirigendosi alla porta con me dietro che gli urlavo quanto non fosse vero. Fu allora che lo rividi, il ragazzino dalla carnagione scura con il viso coperto dal cappuccio della casacca blu notte ricamata di filo dorato. “Piangevi.” Furono le sue uniche parole prima di risvegliarmi.
Il fuoco ormai si era spento lasciando al suo posto solo una piccola scia di fumo che aleggiava tutt'attorno nell'oscurità. Faceva di nuovo freddo e il mio respiro era tornato visibile. Guardai nervosamente a destra e a sinistra, avevo la brutta sensazione che qualcosa di malvagio mi stesse osservando ma il buio non mi permetteva di vedere fra le macerie. Mi alzai in piedi scosso dai brividi e un rumore proveniente dalla prima terrazza mi irrigidì. Vidi un'ombra sfrecciare rapida dietro la cascata tanto da schizzarmi addosso qualche goccia fredda poi un tonfo sul pavimento. Ok, ora ne ero certo, c'era davvero qualcosa.
Sguainai lentamente la spada indietreggiando quando, sotto i flebili spiragli di luce, comparve un essere molto più alto di me con la pelle scura come la pece e la coda sottile ritta verso l'alto. Si muoveva nervosamente avanti e indietro sulle quattro zampe scheletriche e affusolate minacciando di colpirmi.
“Tutt'altro che noiosa questa giornata!” Dissi mettendomi in posizione di difesa appena in tempo per parare una sua artigliata. Io lo attaccai con la mia arma ferendolo sul muso e lui mi colpì alla gamba facendola sanguinare copiosamente. Dolorante gli sferrai un altro colpo sul dorso che mi fece guadagnare quei due secondi di vantaggio per allontanarmi un po' e mentre il mio avversario si preparava per un nuovo attacco, la porta, dal quale si accedeva al corridoio che portava ai piani superiori, si distrusse in mille pezzi spargendo detriti e polvere ovunque.
Quando la nube si dissolse vidi finalmente quelle che erano le prime forme di vita umane dopo diverse ore. Portavano strani abiti gialli rinforzati e i loro volti erano coperti da maschere antigas o occhialini, cinque imbracciavano armi da fuoco simili a fucili mentre quello che stava al centro era apparentemente disarmato e fissava la scena con una mano sul fianco che gli dava un'aria alquanto sicura di se. Aveva il busto esile fasciato da una tuta aderente circondata da una cintura dal quale pendevano delle piccole sacche, coprispalle di un materiale lucente e aranciato, stivali alti e degli occhialini scuri dal quale spiccava una folta chioma di capelli biondi legati in una coda. Non ne ero certo ma sembrava avesse un accenno di seno. Possibile che fosse una donna?
Avanzò verso di me scrocchiandosi le dita delle mani e, con le labbra incrinate in un sorriso furbo, fece un gesto provocatorio al mio avversario.
“Rinforzi, ottimo!” Dissi all'inaspettato aiutante che però non mi degnò nemmeno di uno sguardo. Vidi invece che, da una delle piccole sacche appese alla sua cintura, estraeva qualcosa di piccolo e ovale. Con un colpo secco tirò via qualcosa dall'oggetto e lo scagliò verso il mostro che sussultò per l'esplosione. Granate. Notando che il colpo era andato a buon fine, mi accinsi ad aiutare il mio nuovo compagno e mi lanciai a capofitto tirando un fendente ben assestato seguito poi da una seconda granata che mise a tacere per sempre il nemico.
“C'è mancato poco!” Dissi con un sospiro ma soddisfatto del risultato. Mi girai verso il mio aiutante che ora mi squadrava a debita distanza e sempre in religioso silenzio. Poi la sua mano destra si sollevò e afferrò gli occhialini che coprivano buona parte del suo viso rivelandone i lineamenti dolci di quella che, effettivamente, era davvero una ragazza forse un tantino più piccola di me.
Non ebbi nemmeno il tempo di ringraziarla che subito, quattro degli uomini che l'accompagnavano, mi puntarono le armi addosso circondandomi, mentre quello restante mi afferrava per i capelli gridandomi addosso in una lingua incomprensibile. Fu solo grazie alle parole di quella strana ragazza che questo mi mollò, anche se effettivamente non capii cosa lei gli avesse ordinato. Mi portarono con loro, forse più con la forza che per mia volontà, ma comunque ne fui felice dal momento che non sapevo ne dove fossi e ne come c'ero arrivato. Ero nuovamente all'aperto sotto il cielo grigio e in mezzo al mare, ma stavolta a bordo di una piattaforma fatta di grata. Essa era costeggiata da una ringhiera di protezione dal quale affiorava un gigantesco macchinario che ricordava vagamente una gru illuminata di fari abbaglianti, un grosso meccanismo rotante si muoveva cigolando a fianco ad una porta sbarrata, mentre due uomini con le stesse vesti di quelli che erano venuti in mio soccorso, stavano di guardia.
“Vansu. Bnekeuheanu!” Mi disse uno dei due ma ovviamente non capii, certo, l'arma che mi sventolò in faccia non mi suggerì niente di troppo amichevole comunque e ne ebbi la conferma quando mi spintonò facendomi cadere all'indietro picchiando la schiena contro la ringhiera. “EHI! FA MALE!” Gli urlai mentre l'altro si avvicinava chinandosi su di me col suo fucile. “Vansu. Le cahde?” Senza saper cosa rispondere buttai lì un “Va bene” che sembrò tranquillizzarlo. Poi la porta si aprì. Riapparve la ragazzina bionda di poco prima accompagnata da un ragazzo che non avevo ancora visto. Era alto con le spalle larghe, portava dei pantaloni scuri dal quale si agganciavano due bretelle rosse che attraversavano il petto nudo e tatuato. Anche il suo viso era coperto da occhialini e, come lei, aveva i capelli biondi rasati però in una cresta. Si mosse con passo pesante verso di me dicendomi qualcosa che non afferrai, poi vidi lei avvicinarsi e tendermi una mano per aiutarmi ad alzarmi mentre lui faceva strani gesti per dialogare. Lo lasciai fare osservandolo divertito in silenzio finchè non ebbe finito, per poi dirgli che non avevo capito un acca. In tutta risposta mi porse degli occhialini come i suoi indicandoli ed emettendo versi alquanto buffi, se non altro si impegnava. “Ti ho detto che non ti capisco.” Risposi per l'ennesima volta guadagnandomi nuovamente un'arma puntata addosso. “Dice che puoi rimanere se ci aiuti.” Questa volta era stata la ragazza a parlare, con mia enorme sorpresa, nella mia lingua. “Tu...mi capisci?!” Mi girai di scatto verso di lei beccandomi un pugno in faccia da uno dei sottoposti che mi costrinse ad accettare senza troppi rigiri di parole. “Tieni, potrebbe servirti!” Mi disse poi la bionda lanciandomi un libro che afferrai al volo. Lo analizzai senza capire l'ammasso di lettere stampate sulla copertina che parevano esser state messe lì a caso rigirandomi verso di lei con un sopracciglio alzato. “E' un dizionario Alphed, la nostra lingua.” Mi spiegò incamminandosi più in là.
Alphed?! Ma che razza di nome è?! Pensai mentre mi intascavo il volume e mi accingevo a seguirla. “Abbiamo ritrovato delle rovine infondo al mare. E' una macchina antica ma forse potrebbe funzionare ancora. Il nostro compito sarà di immergerci e cercare di riattivarla. Chissà, magari riusciamo a sgraffignare anche un bel tesoro!” Mi disse facendomi l'occhiolino. “Mh, ok! Ricevuto!” Beh insomma, niente di troppo difficile per il fiore all'occhiello degli Zanarkand Abes, pensai. Così salii sopra la ringhiera e mi tuffai in acqua seguito poco dopo dalla giovane donna che mi indicò il relitto a parecchi metri di profondità sotto i nostri piedi. Nuotammo tenendo d'occhio la catena della gru che si immergeva negli abissi per indicarci la via, finchè non arrivammo all'ingresso della base. Lì trovammo una serie di macchinari che emettevano luci e suoni senza controllo mentre una porta ci sbarrava il passaggio per la stanza successiva. Mi girai verso la mia compagna per valutare il da farsi e lei mi indicò il computer che avevo a pochi centimetri. Lo osservai ma non sembrava funzionante, lo schermo emanava una flebile luce e una grossa frattura rigava il vetro del display. Provai a tirare un pugno al motore nella speranza che avvenisse il miracolo e, con mia grande sorpresa, lo schermo si illuminò di azzurro rivelando dei codici che sbloccarono la porta.
Nuotammo nella sala adiacente seguendo un lungo corridoio completamente sommerso e illuminato qua e la da neon fluorescenti, giungendo finalmente davanti a quello che stavamo cercando. La strana tecnologia giaceva dimenticata al centro della stanza: una capsula che poteva benissimo ospitare un uomo in piedi e dal quale si articolavano numerosi tubi collegati con piccoli cilindri di vetro contenenti energia azzurra. La ragazza si avvicinò e cominciò a trafficare con i numerosi comandi che, al suo tocco, emetterono dei bip. Compito facile, tutto sommato.
Non l'avessi mai detto! Un tentacolo sbucò dal corridoio dal quale eravamo arrivati con l'intento di attaccare alle spalle la ragazza intenta nel suo lavoro. Estrassi la spada e colpii con tutta la mia forza per difenderla e costringendo il nuovo avversario ad uscire allo scoperto. La bionda si girò grata e, con un ultimo tasto, riuscì nel suo intento. Afferrò una delle sue granate e la lanciò contro la piovra che si ritirò nuotando a perdifiato dietro i cilindri di vetro sussultanti attendendo di attaccarci a sorpresa se avessimo tentato di scappare. Non potevamo far altro che liberarcene. Deciso a porre fine a quella situazione stabile, mi mossi verso l'uscita brandendo sempre la spada. La piovra caricò verso di me investendomi con forza, faceva male ma quantomeno ero riuscito a farla schiodare da quel nascondiglio scomodo. Con furia si abbattè anche sulla giovane al mio fianco frustandola più volte con i suoi lunghi tentacoli ma ella non si fece scoraggiare, afferrò diverse granate dal suo borsello e gliele scagliò contro. Ripresomi leggermente dal colpo subito, nuotai verso di loro e tagliai di netto il mostro riducendolo ai consueti brillii luminosi che segnavano la morte di un avversario. Ce l'avevamo fatta, eravamo liberi di tornare finalmente in superficie e respirare una bella boccata di ossigeno. Imboccammo il corridoio, sorpassammo la porta col computer e ci ritrovammo nuovamente in mare. Mentre nuotavamo verso la superficie, la grossa macchina che avevamo riattivato continuava il suo processo di caricamento e fari come quelli presenti sulla piattaforma Alphed si accesero illuminando la strada ai sottoposti che ora nuotavano in massa verso la tecnologia antica.
Finalmente toccai il pelo dell'acqua. Con una mano afferrai con forza la grata e mi tirai su scavalcando la ringhiera, ero esausto. Sulla piattaforma alcuni discutevano cose che ancora non comprendevo, mi avvicinai per attraversare la porta con loro ma uno mi spintonò all'indietro urlandomi qualcosa. Non potevo entrare eppure, però, li avevo aiutati. 
Rassegnato mi sdraiai sul pavimento di ferro, non sapevo nemmeno più da quanto tempo non mangiavo ed il mio stomaco iniziava fortemente a reclamare. Mi sentii picchiettare sulla spalla, girai la testa e vidi la donna dai capelli biondi che mi porgeva un vassoio carico di cibo sul quale mi fiondai senza nemmeno usare forchetta o coltello tanto da farmi andare tutto di traverso. “Vacci piano! Mangi troppo in fretta!” Mi rimproverò passandomi anche dell'acqua. Dopo essermi ripreso mi alzai, mi stiracchiai finalmente sazio e la guadai in faccia. “Co-me ti chia-mi?” Le chiesi sillabando bene le parole come se stessi parlando con un ebete. Lei, infatti, mi guardò un po' irritata con le mani sui fianchi. “Rikku.” Mi rispose tagliente. “Wow! Mi capisci davvero!!!” Saltellai di gioia afferrandole i polsi che però ritrasse praticamente subito. “Ma perchè non me lo hai detto prima?” Le chiesi un po' titubante. “A dire il vero non ne ho avuto modo, pensavo fossi un Sucdnu.” Mi disse facendomi il segno della gola tagliata. “Un...che?!” Non riuscivo a capirla. “Un mostro!” Sbottò come se fosse la cosa più ovvia del mondo passeggiandomi davanti. “Oh, ma certo!”Risposi assecondarla. “Senti...tu non odi noi Albhed, vero?” Mi chiese poi con una vocina da bambina imbarazzata appoggiandosi alla ringhiera. “Odiarvi? E come potrei? Nemmeno vi conosco!” Risposi sorpreso. Parlava davvero in modo strano. “Tu chi sei? Da dove vieni?” Mi domandò Rikku. “Mi chiamo Tidus, vengo da Zanarkand.” Già, Zanarkand. “Sono un giocatore di Blitzball, l'AS degli Zanarkand Abes.” Rikku mi osservò da prima in silenzio poi tentò di soffocare una risata. “Temo che tu abbia preso una gran botta in testa, mio caro AS degli Zanarkand Abes!” Non capivo. “Ricordi qualcosa prima di allora?” Mi chiese poi tornando seria vedendo la mia espressione incerta. Mi avvicinai appoggiandomi come lei alla ringhiera per scrutare il mare e le raccontai della mia città. Descrissi ogni singola cosa ricordassi: la vita lì, il Blitzball, l'attacco di Sin e quella luce che avvolse me ed Auron. Parlai senza riflettere ma poi cominciai a dubitare del mio stesso racconto. “Mi dispiace, ho detto qualcosa di strano?” Chiesi bloccandomi. “Sei stato vicino a Sin, ecco perchè! Entrando a contatto con lui, le persone subiscono perdite di memoria oppure i loro ricordi vengono sfalsati ma è una cosa momentanea. Non preoccuparti, presto starai meglio!” Mi sorrise. “Quindi...sono malato?” Ora ero un po' agitato. “ Una cosa del genere, sei stai intossicato.” Sembrava fermamente convinta di quanto diceva. “Zanarkand non esiste più da mille anni, Sin stesso la distrusse e ti posso assicurare che non esiste più nessun Blitzer lì.” Se mi voleva prendere in giro era davvero un pessimo scherzo. “Cosa? Io ho visto Sin distruggere Zanarkand! E tu mi stai dicendo che tutto questo è successo mille anni fa? NON HA SENSO!” L'afferrai per le spalle e la scrollai. Era davvero possibile che tutto quello che conoscevo fosse stato solo un sogno o addirittura che fosse successo mille anni prima?! Entrambe le ipotesi sembravano assurde. “Forse dovresti andare a Luka, c'è pieno di Blitzer lì e magari qualcuno ti riconoscerà...” Disse dispiaciuta tentando di rimediare, peccato che io non avevo idea di cosa stesse parlando. “Ah! Ho capito!” Sbuffò lei. “Ti porterò io a Luka. Ne parlerò agli altri, promesso!” E fece per incamminarsi verso la porta, ma dopo qualche passo si rivoltò. “Ah, un consiglio. Non dire a nessuno che sei di Zanarkand, è la terra sacra di Yevon e qualcuno potrebbe arrabbiarsi.” Zanarkand terra santa? Certo, come no. E da quando? Yevon, Sin, Luka? Credevo che Sin mi avesse portato in un posto lontano da cui sarei tornato presto, ma mille anni nel futuro?! “Oh, ehm...sicuro!” Le risposi mentre scompariva al di là della porta. Stressato da tutti quei pensieri, tirai un calcio contro la grossa gru illuminata e nello stesso momento uno spruzzo d'acqua mi colse di sprovvista. La piattaforma iniziò a vibrare facendomi ruzzolare per terra e la porta dal quale Rikku era scomparsa poco prima si era riaperta permettendo a tre uomini armati di uscire di corsa. Qualcosa si muoveva a gran velocità sott'acqua, qualcosa di potente, qualcosa che andava ben oltre ai mostri che avevo abbattuto fin'ora. Sin.
Mi rialzai e corsi alla ringhiera dove i subordinati urlavano parole sconnesse nella loro assurda lingua e guardai in basso. Non si vedeva nulla se non onde alte diversi metri che si abbattevano sulla piattaforma sballottandola come fosse fatta di carta; poi in un attimo, una di queste si abbattè su di me, mi strappò dalla ringhiera e mi trascinò via risucchiandomi in mare.  

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


"RIKKU!" Chiamai, ma non mi rispose nessuno.
Ancora una volta mi risvegliai in un posto nuovo lontano da quel poco che avevo imparato a conoscere e lontano dagli Alphed gli unici che, a modo loro, mi avessero aiutato.
La corrente mi aveva trasportato dove potevo udire il tranquillo rumore del mare, i garriti dei gabbiani e una piacevole brezza tiepida che mi abbracciava.
Alzai la testa verso il cielo limpido e illuminato dal sole caldo consolandomi del fatto che, almeno questa volta, la vista era piacevole.
Mentre mi guardavo intorno con i piedi ancora a mollo, qualcosa mi colpì la testa con forza. Afferrai l'oggetto e, con mia grande gioia, scoprii trattarsi di un pallone da Blitzball.
Guardai nella direzione da cui era arrivato e vidi una piccola spiaggia soleggiata immersa nel verde dove sei ragazzi, vestiti di quelle che sembravano divise da Blitzball, mi stavano osservando preoccupati.
"EHI! TUTTO OK?" Mi urlò quello al centro. "EHI!" Risposi io sbracciando. Mi tuffai sott'acqua, presi la rincorsa colpendo di testa il pallone bianco e blu che volò in aria e poi, con una rovesciata, lo spedii verso la spiaggia facendolo sfrecciare sopra le loro teste.
Nuotai verso la riva dove, timidamente, salutai tutti i componenti della squadra che invece mi accolsero calorosamente. “Wow! Me lo rifaresti quel tiro?” Mi chiese con l'ammirazione negli occhi il ragazzo di prima. Era più alto di me, forse sui venti anni. Aveva i capelli rossi pettinati verso l'alto e stretti in una fascia azzurra, occhi castani che trasmettevano simpatia e un fisico ben allenato. Inutile dire che accettai subito lieto del fatto che, finalmente, le cose si stavano mettendo meglio.
“Non sei un dilettante, per che squadra giochi?” Constatò il ragazzo dai capelli rossi dopo aver visto la replica del mio tiro precedente. “Per gli Zanarkand Abes.” Risposi senza pensare e subito li vidi vociare fra loro. “Per chi?” Mi chiese di nuovo lui.
Fu allora che ricordai il consiglio di Rikku di non rivelare troppo in giro da dove provenissi. “...no, cioè...non fateci caso! Sono stato troppo vicino a Sin e...ho la memoria un po' in subbuglio! Non ricordo dove siamo e ne da dove vengo.” Tentai di giustificarmi. “Intossicazione da Sin, fortuna che sei ancora vivo!” Mi disse il ragazzo incrociando le braccia al petto muscoloso. “Lodato sia Yevon!” E mi fece una riverenza in segno di rispetto seguito dai suoi compagni, per poi ordinare loro di rimettersi sotto con gli allenamenti. “Io sono Wakka, allenatore e capitano dei Besaid Aurochs!” Si presentò tendendomi la mano che strinsi dicendogli il mio nome. “Vieni, ti accompagno al villaggio così mettiamo qualcosa sotto i denti. Sarai affamato!”Disse precedendomi sul sentiero sabbioso che si inoltrava nella foresta. Passo dopo passo sentivo che potevo fidarmi di Wakka, il suo modo di fare mi aveva messo a mio agio fin da subito così decisi di chiedergli di Zanarkand.
Lui si fermò sul posto dandomi la schiena, era chiaro che quello era un argomento dolente anche per lui, ma iniziò lo stesso a raccontare: “Vedi, tanto tempo fa c'erano parecchie città automatizzate su Spira. La gente si divertiva e faceva lavorare le macchine al loro posto...” Si girò per guardarmi, sulla sua faccia era calata un'ombra triste. Spostò degli arbusti al suo fianco e mi mostrò una spiaggia sulla quale riposavano i resti di quella che sembrava essere un'antica città. “...poi arrivò Sin e, con la sua forza, distrusse tutti i centri meccanizzati...Zanarkand compresa. Successe mille anni fa, la punizione inflitta per il nostro oziare. Mi scoccia solo che, ancora diversi anni dopo, dobbiamo scontare le pene per chi ha sbagliato in precedenza. Certo, dobbiamo espiare i nostri peccati, lo so, però a volte è davvero difficile da sopportare.” Ascoltai Wakka in silenzio e non potei fare a meno di sentirmi in colpa per quanto lui e tutti gli altri stessero pagando anche per colpa mia. “Ah ma adesso basta parlare di questo. Coraggio, il villaggio è per di qua!” Disse tirandomi una pacca sulla spalla e riprendendo il suo tono confidenziale di poco prima.
Mi scortò fino ad un precipizio dove, con una piccola spinta, mi fece precipitare in acqua. “MA CHE DIAVOLO FAI?” Protestai quando anche lui mi raggiunse sghignazzandosela allegramente. Nuotammo in silenzio per una decina di minuti nell'acqua cristallina finchè non mi sentii prendere da dietro. “Devo chiederti un favore...” Iniziò. “Mi vuoi nella tua squadra, vero?” Lo precedetti prima ancora che lui potesse finire la frase. “Ci sarà un mega torneo nel quale parteciperanno tutte le squadre di Spira. Potrebbe essere la tua buona occasione per ritrovare i tuoi compagni.”
Pensai che Sin e il Blitzball fossero gli unici collegamenti possibili fra Spira e Zanarkand, così accettai con sua enorme felicità.
Arrivati sulla sponda opposta, Wakka mi mostro il villaggio dove era nato e dove aveva imparato a giocare. Mi raccontò che lì, all'età di tredici anni, era entrato nella squadra dei Besaid Aurochs nel quale era rimasto per dieci anni fino al torneo dell'anno precedente ma senza riuscire a vincere mai una partita e, che poi, se ne era andato per trovare un nuovo lavoro. Non era stato facile per lui però dimenticare il Blitzball così, per il torneo di quest'anno, si era ripromesso che avrebbe partecipato.
“Bene allora, qual è il nostro obiettivo?” Chiesi assumendo un'espressione autoritaria. “Non mi interessa del risultato, l'importante è che giochiamo bene. In quel caso mi reputerò già abbastanza soddisfatto.” Mi rispose nervosamente lui facendomi alterare. “NO! Quando si partecipa ad un torneo, lo si fa per vincere, quindi quando ti chiedo l'obiettivo tu mi devi rispondere -vittoria-!”
Percorremmo l'ultimo tratto di strada che ci separava dal villaggio e lì, sull'entrata, un uomo e un ragazzino ci fermarono. “Ah, sei quello venuto dal mare!” Esclamò il più grande dei due. “Sta attento, in giro ci sono molti mostri. Sarebbe un peccato se morissi proprio ora dopo esser scampato a Sin!” Dopo di che mi fece un cenno con la mano e ci precedette con il più piccolo alle calcagna. “Luzzu e Gatta, fanno parte della Milizia.” Mi spiegò Wakka mentre entravamo al villaggio. “Non ricordi nemmeno questo, eh?” Disse notando la mia espressione. “Uff, la Milizia è un'organizzazione nata per combattere Sin ottocento anni fa. Fu fondata da un uomo di nome Mihen, all'inizio era un piccolo gruppo di volontari che si facevano chiamare Le Spade Cremesi, ma poi col tempo crebbero sempre più instaurando basi su tutta Spira e mutando il loro nome in Milizia.” Rimasi sbigottito, ottocento anni che combattevano e Sin era ancora in giro!? “Per quanto ne so io hanno scacciato Sin più volte dalla città ma non sono in grado di sconfiggerlo definitivamente.” Aggiunse come se avesse letto i miei pensieri. “E chi può farlo allora?” Domandai, ma Wakka tagliò corto. “Oh eccoci, siamo arrivati! Questo è Besaid.” Annunciò.
Il villaggio si stagliava su una via ciottolata, qua e la s'innalzavano le tendopoli dei mercanti e gli abitanti passeggiavano chiaccherando concitati fra loro. “Ti consiglio di andare a porgere i tuoi omaggi all'Invocatore del Tempio.” Mi disse indicandomi il palazzo al centro della piazza.
Era un edificio di colore bianco attorniato di torce accese e colonnati che indicavano la via per l'ingresso. Al suo interno le luci soffuse erano state accuratamente sistemate in modo da valorizzare la scala che si ergeva difronte all'entrata sovrastata da un arazzo su cui era dipinto un simbolo. Esso dominava l'intera sala circolare costeggiata da tre file di statue adorate dai fedeli inginocchiati. Mi avvicinai ad una di esse, era particolarmente alta e rappresentava un uomo dagli strani abiti e un'asta in mano. “Sono passati dieci anni da che Braska divenne un grande Invocatore, finalmente è arrivata la sua statua nel Tempio.” Mi disse con orgoglio un vecchio monaco avvicinandosi mentre un canto triste e continuo risuonava tutt'attorno. “Cosa sarebbe un grande Invocatore?” Chiesi senza capire suscitando la sorpresa dell'uomo e dei fedeli. “Oh, ehm...è che...sono stato intossicato da Sin!” Mi giustificai iniziando a sentirmi ridicolo a ripetere sempre la stessa scusa. Il monaco mi guardò questa volta con rispetto e, eseguendo una riverenza, mi disse: “Gli invocatori sono coloro che hanno ricevuto la benedizione da Yevon stesso per proteggerci. Essi hanno il potere di controllare potenti entità chiamate Eoni che vengono loro in soccorso quando questi li invocano.” Fu allora che capii quanto fosse diverso questo mondo dal mio.
In quel momento entrò Wakka, e il monaco vedendolo gli corse incontro. “Oh, sei qui! Perchè non vai a vedere come stanno?” Gli chiese beccandosi un'occhiataccia dal rosso. “Sa benissimo che non posso!” Sentii risponderlo mentre mi avvicinavo. “Qualcosa non va?” Chiesi preoccupato al mio amico. “L'apprendista non è ancora uscito dal Chiostro della Prova.” Sospirò. “Sono obbligati a restarci finchè le loro preghiere non vengono ascoltate e accettate, solo così possono diventare Invocatori. Il problema è che è già un giorno che è lì dentro.” Disse preoccupato guardando verso la scala. “E' pericoloso?” Chiesi cogliendo la sua ansia. “...a volte si ma ci sono i Guardiani alla sua protezione.” Mi rispose, ma io volevo vederci chiaro.
Corsi sulla rampa di scale fregandomene altamente dei fedeli allibiti e del monaco che mi urlava dietro il divieto di varcare quella porta a meno che non fossi stato un Invocatore o un Guardiano e mi ritrovai in una strana stanzetta.
Forse non è stata una grande idea, pensai osservando un simbolo luminoso comparire sulla parete difronte a me. Non sapendo cosa fare lo toccai e con mia sorpresa la parete iniziò ad alzarsi rivelando un passaggio che conduceva ad una scala. La scesi superando un piccolo altare che conteneva una strana sfera di colore verde e giunsi davanti ad un robusto portone. Provai a spingerlo ma era chiuso a chiave così, esaminando la serratura, vidi che presentava un buco circolare abbastanza grosso. Avevo capito come aprirlo. Tornai sui miei passi fino a raggiungere l'altare, prelevai la sfera verde e corsi al portale inserendola nella cavità circolare dove calzava a pennello. Il passaggio si aprì rivelando un altro corridoio, stavo per varcarlo quando una voce mi fermò.
“Credevo che per accedere al Chiostro della Prova dovessi essere un Invocatore o un Guardiano.” Lo sbeffeggiai. “Ma io sono un Guardiano!”Mi rispose Wakka con aria da finto innocente, non feci in tempo a ribattere che sul pavimento comparve una sagoma circolare luminosa che si staccò dal resto delle piastrelle e iniziò a scendere verso il basso.
Mentre la piattaforma si abbassava mi raccontò che gli Invocatori partivano per intraprendere un pellegrinaggio verso tutti i Templi di Spira e che i Guardiani erano incaricati di proteggerli durante tutto il loro viaggio. Ci fermammo con un tonfo.
Scendemmo dalla sagoma rotonda e Wakka mi guidò verso il Naos del Tempio dove, mi disse, avremmo incontrato altri due Guardiani, uno dal carattere facilmente infiammabile e l'altro così silenzioso da mettere in difficoltà chiunque ogni volta servisse il suo parere.
“Che ci fai qui? Non ti fidavi?” Fu una donna alta e bella a parlare, più o meno della stessa età di Wakka. Aveva lunghi capelli corvini legati in piccole treccine che le ricadevano sulle spalle nude, occhi diffidenti dalle pupille rosso sangue, labbra carnose accentuate da un piccolo neo sul mento e un vestito scuro fatto di cinture dalla provocate scollatura che mostrava il seno prosperoso. Sentii Wakka farfugliare parole a caso mentre il mio sguardo cadeva verso quello che doveva essere il secondo Guardiano, quello silenzioso. Era parecchio più alto di me, sembrava un incrocio fra un uomo e un animale. Ricordava vagamente un leone dal pelo grigio blu e dalla criniera bianca. Aveva occhi azzurri da felino e in mezzo alla fronte spiccava la base di un corno spezzato. Vestito di un solo drappo colorato legato intorno alla vita, se ne stava appoggiato all'angolo di una porta chiusa in posizione eretta con le braccia muscolose incrociate al petto, osservandoci.
“Sta bene l'invocatore?” Chiesi interrompendo il battibecco fra Wakka e la donna che mi guardò con aria schifata. “E tu chi saresti?” Mi chiese autoritaria. Stavo per rispondere quando la porta a fianco del Guardiano dal carattere taciturno si spalancò.
Una luce abbagliante arancione accecò i miei occhi impedendomi di distinguere la figura che era appena apparsa. Essa mosse qualche passo verso di noi, poi un mancamento la colpì facendola sbilanciare in avanti cadendo fra le braccia del Guardiano dalle sembianze animalesche.
Ora finalmente potevo vedere il tanto famoso apprendista Invocatore, quello che doveva intraprendere il viaggio per tutti i Templi di Spira al solo scopo di migliorarsi per battere Sin.
“Ce l'ho fatta, sono un'Invocatrice!” Disse, con il sorriso sfinito e la fronte imperlata di sudore, una ragazza si e no della mia età. Era magra con i capelli castani di media lunghezza dal quale pendeva un lungo orecchino di perline. Indossava una gonna a pieghe di colore viola con motivi floreali e un top bianco stretto dietro la schiena da un largo fiocco giallo, ma la cosa che più mi colpì di lei furono i suoi occhi di colori diversi, uno verde e uno azzurro.
Cavolo se fui sorpreso nel vederla, ero convinto che gli Invocatori fossero tutti dei vecchi. 
La seguii con lo sguardo mentre i Guardiani la scortavano fuori dal Chiostro della Prova e poi dal Tempio stesso dove venne accolta da inchini e riverenze dai fedeli del villaggio finchè non la persi tra la folla.
“Eccoti! Vieni a vedere!” Mi sentii agguantare per il collo e spintonare verso le prime file da Wakka. La gente si era riunita, sotto il cielo azzurro, tutt'attorno alla ragazza che ora stringeva un'asta con aria intimorita. La vidi infatti guardare verso la sua Guardiana dagli occhi diffidenti che ricambiò il suo sguardo con un cenno d'incoraggiamento convincendo la nuova Invocatrice ad elevare la sua asta al cielo.
In quell'istante una forza avvolse lo scettro della ragazza, strane luci si attorcigliarono al suo corpo snello per volare verso il cielo in una spirale di colori che fece diradare le poche nubi bianche in pochi secondi.
Silenzio.

Allungai il collo per vedere meglio e un'ombra si materializzò sopra di me. L'essere arrivò planando con le sue larghe ali artigliate, aveva un muso affusolato dal quale partiva il collo piumato, e il corpo sembrava ricoperto di una corazza rosso arancio. Atterrò davanti alla giovane sulle possenti zampe scrutandola con sospetto ancora incerto riguardo alla sua fedeltà. Lei lo osservò in silenzio poi, lentamente, si avvicinò allungando una mano verso il suo muso affusolato e toccandolo delicatamente. Fu con quel gesto che l'Eone strinse il patto di legame assoluto con la sua Invocatrice.
Gli abitanti di Besaid scoppiarono in urli di gioia e applausi mentre per quanto riguardava me, beh, non avevo mai visto nulla di simile; ad esser sincero mi intimoriva un po' ma percepii un'insolita gentilezza provenire da quell'entità. Poi, come era venuto, spiegò nuovamente le sue grosse ali e se ne andò via nell'attesa di esser richiamato.
Valefore.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Il cielo era un enorme manto nero spruzzato di stelle, quella notte.
Le cicale cantavano senza interruzione e la dolce brezza ci accarezzava i capelli.
La gente del villaggio si era tutta radunata intorno a focolari accesi per chiaccherare e onorare l'Invocatrice.
Mentre la squadra dei Beseid Aurochs urlava il suo nuovo obiettivo, “vittoria”, bramando la Coppa di Cristallo del torneo imminente alla luce di un fuocherello, la osservai.
Sorseggiava una bevanda in compagnia di qualche fedele, evidentemente si sentì i miei occhi addosso perchè si girò sorridendomi. Tentai timidamente di avvicinarmi ma il gruppo di persone che la circondava mi fermò dandomi del sacrilego; fu lei allora che, senza darsi alcun tipo di aria, si alzò in piedi raggiungendomi.
“Mi chiamo Yuna.” Si presentò. “Io sono Tidus.” Risposi. “Volevo ringraziarti per oggi, Tidus.” Disse gentilmente spiazzandomi. “Oh, già! Mi dispiace, sono stato troppo impulsivo! Non avrei dovuto piombare così in un luogo sacro.” Mi sentivo un po' a disagio ora, così per rompere il ghiaccio virai la conversazione sul suo Eone e su quanto credessi sarebbe diventata una grande Invocatrice, un giorno.
La vidi arrossire a quelle parole, Yuna era davvero una persona semplice nonostante la sua gran fama e ne ebbi maggior conferma quando un bimbo le chiese di andare a giocare assieme. Lei acconsentì di buon grado prima di rivolgersi nuovamente a me.
“Allora, a domani.” Mi disse timidamente. “Salperemo con la stessa nave e potremo parlare un po', così mi racconterai di Zanarkand.” Mi salutò e, raggiante, si allontanò col bambino appresso.
In quel momento Wakka mi comparve davanti spaventandomi. “Carina eh?” Mi sbeffeggiò tirandomi una gomitata. “Sì, lo è.” Sospirai guadagnandomi la paternale dal mio amico che mi intimava di togliermela dalla testa. “Non posso assicurarti nulla, infondo potrei anche essere io a piacerle.” Risposi con un sorriso ammiccante. “Ah! Non succederà mai!” Fece lui di rimando. “Comunque se ti viene sonno dimmelo, ti ho preparato un letto.” Mi tirò una pacca sulla spalla e si incamminò verso i compagni di squadra.
Quella fu la prima volta che parlai con Yuna, non me ne resi conto allora ma da quella notte tutto cambiò per tutti e anche per me.
Sognai di trovarmi sul molo di Besaid.
La vidi che mi aspettava con lo sguardo perso all'orizzonte del mare.
“Portami a Zanarkand!” Mi disse l'Invocatrice e in quel momento comparve anche Rikku. “Ehi! Avevi detto che saresti venuto con me! Wakka non ti ha detto di togliertela dalla testa?” Mi rimproverò la bionda assumendo la sua consueta posa dalle braccia sui fianchi. “AHAHAH! Ma non farmi ridere! Tu, con una donna?” Era la stata la voce di un uomo alle mie spalle a parlare questa volta, un uomo che conoscevo bene. Aveva i capelli lunghi e scuri legati sulla fronte con una fascia rossa e una perenne espressione spocchiosa sul viso che mi infastidiva. “Non sai nemmeno calciare un pallone!” Disse ancora l'uomo esibendo con fierezza lo stemma degli Zanarkand Abes tatuato sul petto muscoloso. Jecht, mio padre. “Ti odio...” Sussurrò la mia voce divenuta quella di un bambino. “Devi dirlo più forte!” Mi esortò Yuna che ora era dietro all'uomo spocchioso. “Sii più sicuro di te!” Mi appoggiò Rikku, a pugni stretti, comparendo lì anche lei. “TI ODIO!” Urlai balzando sul letto col fiatone.
Mi ritrovai nella casa di Wakka ma il suo letto era vuoto.
Mi guardai attorno senza trovarlo accorgendomi che il cielo era ancora buio e delle voci provenivano da fuori nonostante l'ora tarda.
Mi alzai avvicinandomi alla tenda e lo vidi discutere al chiaro di luna con Lulu, la Guardiana scontrosa che avevo conosciuto nel Tempio.
“E' morto, capito? MORTO!” Gli stava crudelmente dicendo lei. “Assomiglia molto a Chappu, me ne sono accorta anche io ma non è lui e non avresti dovuto portarlo qui.” Quelle taglienti parole stavano ferendo visibilmente il ragazzo dai capelli rossi che non aveva la forza di rispondere a tono. “Ma...aveva bisogno d'aiuto...” Lo sentii debolmente dire. “Ancora scuse?” Lo accusò lei. “Basta Wakka, smettila!” E lo liquidò girando i tacchi e sparendo.
Sconsolato e triste, il giocatore di Blitzball rientrò nella sua casa immerso nei suoi pensieri e sobbalzando quando la mia voce lo riportò alla realtà. “Che tipa!” Sbottai con le braccia incrociate al petto. “Hai sentito tutto? Uff!” Sbuffò lasciandosi cadere sdraiato sul suo letto. “Chi è Chappu?” Chiesi al mio interlocutore che si irrigidì. “Chappu era...mio fratello minore...” Sospirò. “...e ti somigliava molto.” Ammise portandosi le mani sulla fronte. “E'...morto?” Domandai cercando di avere il maggior tatto possibile e sedendomi accanto lui.
Wakka si tirò su a sedere guardandomi negli occhi. “Era nella Milizia. Combattevano contro Sin quando...beh, lo seppi il giorno del torneo.” Cercò di soffocare una lacrima, ora capivo. “Mi feci Guardiano per lottare contro Sin e vendicarlo ma ora sembra che io tenga più ad uno stupido gioco che a lui. Ma dopo il torneo prometto di dedicarmi completamente alla mia missione; mi dispiace, detta così sembra che io ti stia usando...” Lo vidi abbassare la testa sulle sue gambe vergognandosi delle sue stesse parole. “Tu mi hai aiutato molto...” Dissi alzandomi in piedi e porgendogli una mano. “...perciò, grazie Wakka!” Lui alzò lentamente la testa, gettò un'occhiata alla mia mano e l'afferrò con un sorriso imbarazzato rispondendomi di smetterla o lo avrei fatto arrossire.
Il giorno seguente mi svegliai tardi, il letto di Wakka era già stato rifatto e lui era nuovamente sparito. Uscii all'aperto e lo vedi, qualche metro più avanti, scambiare di nuovo parole con Lulu. Come mi videro si girarono entrambi, lei con la solita espressione irritata e lui che invece sbracciava per indicarmi di raggiungerli.
“Ehi dormiglione!” Mi battè una mano sulla spalla. “Guarda, ho una cosa per te.” E mi porse una spada dalla lama trasparente che, come la vidi, mi fece emettere un'esclamazione di gioia. “Davvero me la regali?” Chiesi con gli occhi scintillanti come quelli di un bambino alla vista di un gelato. Wakka rise divertito e annuì raccomandandomi di farne buon uso.
Era molto più leggera di quella dalla lama rossa che Auron mi aveva donato a Zanarkand, o forse ero solo io che iniziavo ad abituarmi al peso delle armi, non lo seppi con precisione, comunque sia mentre prendevo confidenza col nuovo giocattolo, Lulu mi informò che il nome della spada era Fraternity e che il suo precedente padrone era stato proprio il fratello di Wakka, Chappu.
“Avete visto Yuna?” Ci chiese poi il ragazzo cambiando discorso. Io e Lulu ci scambiammo un'occhiata. “Ieri sera mi ha detto che saremmo partiti con la stessa nave, magari è già a bordo, ma in ogni caso potremmo aspettarla lì.” Proposi, ma i due scossero la testa. 
“Yuna arrivò qui a Besaid dieci anni fa in seguito al Bonacciale...” Iniziò il mio amico. “Bonacciale?” Domandai. “E' come una sorella minore per me e Lulu. Il suo talento fece di lei un'apprendista negli anni, ed oggi riparte come Invocatrice.” Continuò lui. “Questo è il suo viaggio ma anche il nostro, perciò dobbiamo partire assieme.” Concluse infine Lulu.
Nel frattempo che aspettavamo la ragazza poi, vidi Wakka allontanarsi verso un monolite dove lo vidi inginocchiarsi. “E' un'antica usanza pregare qui prima di lasciare l'isola. Chappu non lo fece quel giorno, disse che avrebbe perso la nave.” Spiegò lui tristemente quando mi sentì arrivare, intanto Yuna ci raggiunse fuori dal Tempio. Wakka concluse la sua preghiera, si rialzò da terra e si girò verso di noi annunciandoci che era giunto il momento di andare, ma un ruggito ci fermò.
Mi girai appena in tempo per ritrovarmi faccia a faccia con il Guardiano taciturno che, con una rapida mossa, mi puntò la sua lancia alla gola.
“FERMO KIMAHRI!” Ordinò Wakka correndogli incontro. Kimahri sbuffava e ringhiava sovrastandomi con tutta la sua altezza e scrutandomi con i suoi occhi felini che non davano segno di volermi perdere di vista nemmeno per un momento. Alle parole del suo compagno Guardiano, però, sembrò pensarci su. Così, lentamente, abbassò la lancia facendosi da parte e precedendoci silenziosamente verso la nave con aria corrucciata.
“Ha qualcosa contro di me quel tipo?” Chiesi. Yuna si avvicinò ridendo. “Ahaha, no! Lui è fatto così, è della tribù dei Ronso. Qualche volta non lo capiamo nemmeno noi, non parla molto, ma mi protegge da quando ero piccola.” E mentre anche Wakka e Lulu si incamminavano verso il molo di Besaid, vidi la ragazza girarsi e dare un ultimo saluto alla terra che l'aveva vista crescere.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Al porto erano presenti tutti gli abitanti del villaggio venuti a dare l'ultimo saluto a Yuna prima della sua partenza.
C'erano giovani e anziani uniti in pianti d'addio, auguri di buon viaggio e raccomandazioni di un ritorno non troppo lontano; ed altri che regalavano doni destinati al lungo pellegrinaggio.
Salii a bordo della nave e mentre la ragazza salutava con la mano tutti i suoi sostenitori udii la voce di un bambino, quello che la sera prima le aveva chiesto di giocare assieme, urlarle di non dimenticarsi di lui altrimenti non le avrebbe più rivolto la parola.
Tutto quel forte sentimento d'affetto mi diede un senso di malinconia; Besaid sembrava una grande famiglia che mi ricordava la città da dove provenivo, chissà se un giorno sarei riuscito a tornare pure io nel posto dove la gente mi acclamava come un eroe.
Sentii sussurrare un arrivederci da Yuna rivolto alla sua isola mentre la costa scompariva dalla nostra visuale per lasciare spazio al mare aperto e un sorriso triste mi comparve sul viso, lei più di chiunque altro forse poteva capire come mi sentivo.
La giornata era limpida come quella precedente e il mare era calmo e piatto come una tavola.
Mi ritrovai a passeggiare più e più volte sul ponte della nave senza sapere cosa fare, mi annoiavo a stare li senza far nulla crogiolato dalla leggera brezza marina.
Oltrepassai la squadra al completo dei Besaid Aurochs che parlottava di quanto il padre dell'Invocatrice fosse stato famoso e, più avanti, avvistai uno dell'equipaggio sbirciare l'orizzonte con un binocolo. Non seppi resistere, gli saltai sulle spalle e gli sottrassi l'oggetto per curiosare in giro seguito dalle sue giuste lamentele al quale però non prestai minimamente attenzione.
Salii sul bordo della nave e osservai: prima Wakka ignaro di essere spiato, poi Lulu sul quale mi soffermandomi particolarmente interessato all'ingrandimento della sua scollatura e beccandomi anche un' occhiataccia dalla stessa e, infine, Yuna.
L'invocatrice stava passeggiando poco più in la, scortata da Kimahri, verso la prua quando una folata di vento le scosse i capelli che rimise prontamente dietro l'orecchio. Si girò verso di me salutandomi allegramente attraverso le lenti del binocolo che abbassai per ricambiare a mia volta, rigettando l'oggetto al proprietario che lo afferrò maldestramente squadrandomi irritato.
“Ancora non ti ho detto dove siamo diretti.” Mi disse poi Wakka avvicinandomisi mentre scendevo dal bordo della nave. “Andiamo a Luka, no?” Domandai io. “Non subito, veramente.” Ammise grattandosi nervosamente la nuca. “Approderemo a Kilika dove prenderemo la nave diretta a Luka, ma prima Yuna dovrà dirigersi al Tempio della città. Ne approfitterò per pregare la vittoria degli Aurochs. Vieni con noi, vero?” Mi chiese speranzoso, ma non ebbi il tempo di rispondere che Lulu si intromise nella nostra conversazione con aria di scherno. “Davvero un grande piano!” Disse al suo compagno che mi gettò una fugace occhiata imbarazzata, quella donna faceva paura certe volte.
“Senti Wakka...” Cominciai poi cambiando discorso. “...ma il padre di Yuna è davvero così famoso come si dice?” Chiesi. Il rosso si girò a guardare la mia coetanea, qualche metro qualche metro più in la, che parlottava affabilmente con la gente. “Braska? Era un grande Invocatore, hai visto la sua statua nel Tempio. Egli sconfisse Sin dieci anni fa, l'ultimo che vi riuscì.” Mi spiegò con l'ammirazione negli occhi. “Deve essere davvero difficile avere un padre famoso.” Sospirai ripensando a Jecht mentre il mio interlocutore mi guardava interrogativo. “Wakka manca di acume.” Mi informò scocciata la donna dalle lunghe treccine reinserendosi nel discorso e, per una volta, facendomi ridere.
Li lasciai poi alle loro discussioni e mi avvicinai all'Invocatrice, ora sola sulla prua, che guardava verso l'orizzonte facendosi cullare dall'aria gentile. Salii i piccoli scalini che portavo al punto più estremo del battello e poggiai le mani al parapetto dove lei era già poggiata.
“Che bella brezza, vero?!” Disse per rompere il ghiaccio, poi dopo una lunga pausa riprese: “Mi hanno detto che sei un Blitzer di Zanarkand...” Quella frase mi colse di sorpresa mettendomi anche a disagio. “Te lo ha detto Wakka, vero?” Le chiesi dando le spalle al mare e appoggiandomi con la schiena al parapetto mentre lei annuiva. “Lui non mi crede.” Sbuffai.
La vidi indietreggiare di qualche passo e guardarmi dritto in faccia. “...ma io invece si. Ho sentito dire che a Zanarkand c'è un grande Stadio sempre illuminato e gremito di gente dove si giocano i più grandi tornei di Blitzball.” Mi stupii. “Dove lo hai sentito?” Le chiesi con una punta di speranza. Lei mi guardò per qualche minuto in silenzio poi parlò: “Me lo disse tempo fa uno dei Guardiani di mio padre, un uomo di nome Jecht.” A quelle parole il mio cuore mancò un battito.
“Jecht...” Ripetei in un sussurro. “...anche mio padre si chiamava...Jecht...”
Vidi la ragazza assumendone un'espressione di stupore.
“Dici sul serio? E' magnifico! Significa che il nostro incontro è stato voluto da Yevon!” La guardai e poi mi rigirai verso l'orizzonte. “Non è possibile che si tratti della stessa persona.” Dissi seccamente, poi. “E' morto dieci anni fa, partì nel mare di Zanarkand per allenarsi e non tornò mai più. Sparì senza lasciar traccia.” Yuna in principio si scusò ma poi, dopo una breve pausa, parve pensarci di nuovo su.
“E se quello stesso giorno fosse arrivato su Spira? Sai, incontrai Jecht per la prima volta dieci anni e tre mesi fa, il giorno in cui mio padre partì per il suo pellegrinaggio...beh, la data corrisponde.” Esclamò con convinzione. Sembrava seria, certo, ma non capivo se fosse impazzita o cosa. “Ahah! Ma dai, e come sarebbe potuto arrivare qui?!” Non aveva senso quello che stesse dicendo.. “Tu sei qui...” Disse lei togliendomi ogni parola di bocca.
Un violento scossone scrollò la nave inclinandola su un lato e facendo perdere a tutti l'equilibrio. Feci appena in tempo ad afferrare Yuna per un braccio, ma la forza di gravità vinse su quella della mia mano facendomela scivolare via. Fu Kimahri che, con un agile salto, l'afferrò prima che potesse cadere in mare.
Con un altro scossone la nave tornò nella posizione corretta, ma il mare si era gonfiato ed alte onde si muovevano attorno a noi sballottandoci come un piccolo guscio di noci. Quella scena mi sembrava di averla già vissuta, la stessa a cui avevo assistito prima di separarmi da Rikku e i suoi compagni.
Dietro di me udii un giocatore della squadra degli Aurochs urlare con tutto il fiato che avesse in corpo quel nome, quello stesso nome che mi aveva fatto tremare a Zanarkand, lo stesso che faceva altrettanto tremare ogni abitante di Spira.
Dalle profondità delle acque in subbuglio vedemmo uscire un essere di colore grigio azzurro, qualcosa di così grosso che neppure noi potevamo vedere interamente. Sin.
Due dei componenti dell'equipaggio corsero a perdifiato verso gli arpioni che presiedevano le estremità della prua della nave cercando di prendere la mira, ma Wakka li fermò sostenendo che se lo avessero colpito ci avrebbe trascinato con lui uccidendoci tutti.
Intanto il tempo stringeva e il mostro si avvicinava sempre più pericolosamente a Kilika, la nostra prima tappa, che non avrebbe certo faticato a distruggere. Bisognava fare qualcosa.
“Ci perdoni Invocatrice, ma lì ci sono le nostre famiglie. Non possiamo stare a guardare...” Fu uno dei due marinai a parlare implorando la misericordia di Yuna che, con determinazione, annuì.
L'uomo fece un cenno di gratitudine alla ragazza e, immediatamente, ordinò al suo compagno di caricare il suo arpione e puntarlo verso il bersaglio. In un istante, gli ami affilati si ritrovarono a volteggiare in aria a gran velocità verso il corpo di Sin al quale, con uno strattone, venne messo il guinzaglio. Le corde si tesero sotto la sua eccessiva forza e la nave venne subito trascinata via infrangendo le grosse onde.
Sentendosi alle strette, Sin fece come a Zanarkand, ci lanciò addosso quattro delle sue scaglie che si piantarono davanti a noi come un muro. Le ali dei piccoli mostri strillanti si spalancarono ed iniziarono ad attaccarci.
“DOBBIAMO ABBATTERLE!” Urlai ai miei compagni di viaggio imbracciando la Fraternity. Essi annuirono venendomi dietro, compreso Kimahri che lasciò il fianco di Yuna raccomandandole di restare al sicuro.
Mi ritrovai faccia a faccia con una scaglia strillante. Sapevo di poterla eliminare con facilità, l'avevo già fatto con Auron, così la colpii con la mia nuova spada e la ridussi in tante piccole scie luminose. A fianco a me vidi il Ronso imbracciare la stessa lancia che mi aveva puntato alla gola qualche ora prima e, con il quale, polverizzò una seconda scaglia. Lui si girò verso di me fissandomi con i suoi occhi di ghiaccio ed io gli feci un cenno di assenso con la testa; poi un pallone bianco e blu sfrecciò sopra di noi colpendo la terza scaglia che, con un ultimo strillo, sparì. Ci girammo e avvistammo Wakka diversi metri dietro che, con un balzo, agguantò nuovamente la sua palla da Blitzball.
“Me la cavo eh?!” Scherzò. “Poche parole e più azione, Wakka!” Disse Lulu, con la sua solita aria gelida, portando le braccia al cielo e richiamando a se il potere del fulmine con il quale eliminò la quarta ed ultima scaglia.
Ma il nostro avversario non si lasciò intimorire e, in un batter d'occhio, ci scagliò contro nuovi nemici.
“Non è possibile, QUANTI DIAVOLO SONO?!” Sentii gridare Wakka.
Esattamente come a Zanarkand, era del tutto inutile occuparsi solo dei pesci piccole, dovevamo puntare al grosso. Se solo fosse stato più vicino avrei potuto provare a ferire il corpo stesso di Sin ma significava gettarsi in mare e nuotare per diversi metri con la spada prima di raggiungerlo.
“VENGONO DALLE PINNE!” Era stata Lulu a parlare questa volta che, questa volta, richiamò a se il potere del fuoco per scagliarlo verso la grossa pinna e colpendola. Il mostro cacciò un ruggito spaventoso che ci costrinse a tapparci le orecchie e, con uno strattone, fece inclinare nuovamente la nave facendoci imbarcare acqua.
“LULU, WAKKA! COLPITE IL CORPO, ALLE SCAGLIE CI PENSIAMO IO E KIMAHRI!” Urlai loro arrivando alla conclusione che erano gli unici in grado di colpire avversari a distanza.
Wakka annuì e calciò con forza il suo pallone direzionandolo verso l'ammasso grigio azzurro seguito dalle magie di Lulu. Io e Kimahri, intanto, distruggevamo sempre più scaglie. In due iniziava ad essere stancante e le ferite dolevano, ma dovevamo tenere duro.
Mi rifugiai momentaneamente dietro un barile delle provviste per riprendere fiato ed asciugarmi un rivolo di sangue che mi colava dal lato della bocca gettando un'occhiata ai miei compagni. Anche loro iniziavano ad accusare i colpi.
In quel momento il cielo si illuminò e dei potenti fasci di luce spiccarono verso le nuvole diradandole, tutti si fermarono ad osservare lo strano fenomeno quando un'ombra scura calò su di noi.
Valefore spalancò le sue possenti ali artigliate e, con un tonfo, atterrò sulla nave avvicinandosi alla sua Invocatrice che comparve con l'asta in mano dando un buffetto sul muso affusolato dell'Eone. “Ti prego, aiutaci!” La sentii sussurrare all'entità e questa, ubbidiente, spiccò il volo verso Sin concentrando tutta la sua energia in un'unica sfera accecante che mitragliò con tanti piccoli fasci il corpo sommerso.
Le corde dei due arpioni si spezzarono all'istante e il nostro avversario scomparve nell'oscurità del mare alzando numerose onde che si abbatterono verso la costa di Kilika.
A qualche chilometro da lì, sotto il rosso tramonto mozzafiato di Spira, assistemmo impotenti alla distruzione del villaggio. Uno spettacolo orribile che mi ricordò quello della mia città. Poi tutto cessò e tornò il silenzio, piano piano le onde si stabilizzarono e la nave tornò a galleggiare dolcemente su quell'acqua limpida che ora però ospitava un tappeto di macerie e cadaveri.
Ricordo che in quel momento sperai di risvegliai a Zanarkand come mi ritrovai su Spira inseguito alla comparsa di Sin, speravo potesse funzionare anche al contrario, ma mi sbagliavo; quel giorno in mare sotto il sole cocente persi ogni speranza di tornare a casa rendendomi conto che quella sarebbe stata la mia nuova realtà, per sempre.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Kilika, o quello che ne restata, era un piccolo villaggio eretto su alte palizzate che sprofondavano nelle acque salate del mare.
Le abitazioni e i negozi non erano altro che semplici capanne ricavate con legna e foglie degli alberi dell'isola e ognuna era collegata all'altra tramite piattaforme di tronchi massicci.
Normalmente allegra e familiare come Besaid, quel giorno era una sinfonia di pianti e lamenti.
Al nostro arrivo trovammo la banchina distrutta, le canoe ormeggiate al molo giacevano ribaltate e con le vele squarciate mentre i locali erano stati chiusi per allagamento.
Yuna si precipitò in mezzo alla gente disperata presentandosi come Invocatrice. A quelle parole, gli animi si ravvivarono leggermente e così, senza perder tempo, i pochi superstiti scortarono lei, Kimahri e Lulu verso l'interno del villaggio.
Non capendo il motivo di tanta agitazione e non sapendo che altro fare, mi incamminai per raggiungerli quando Wakka, con appresso la sua squadra di Blitzball, mi annunciò che sarebbero andati ad aiutare i cittadini bisognosi. Rimasi da solo.
Iniziai a vagare sui pontili che serpeggiavano fra le capanne distrutte alla ricerca di Yuna incontrando sul mio cammino gente che si rimboccava le maniche per aiutare a risanare i danni provocati da Sin, finchè non vidi un gruppo di persone ammucchiate sulla riva del mare guardare verso un'unica direzione. Mi avvicinai incuriosito e, poco più in la, scorsi Lulu leggermente in disparte.
“Che succede? Cos'è tutta questa confusione?” Chiesi alla maga mentre cercavo di allungare il collo per vedere meglio la figura dell'Invocatrice e di Kimahri attorniati dalla folla.
Lulu si girò verso di me esasperata.
“Non è possibile che tu sia ignaro di tutto fino a questo punto, sarà davvero una semplice amnesia la tua?” Il suo tono traboccava sospetto ad ogni sillaba mentre studiava l'effetto delle sue parole su di me.
Poi, dopo una manciata di secondi e come momentaneamente convinta della mia inoffensività, decise di rispondere alla mia domanda.
“E' chiamato rito del Trapasso...” Mi girai di scatto verso la mia interlocutrice. “...i defunti necessitano di una guida, essi sono frustrati per la loro morte e non riescono ad accettare il loro fato. Sono ancora attaccati al mondo terreno bramando la vita e invidiando chi è rimasto, ma così facendo col tempo questo loro sentimento muta in rabbia e in odio condannandoli a trasformarsi in mostri. Trapassarli significa spedire queste anime nell'Oltremondo dove riposeranno in pace per l'eternità. Triste, non è vero?”
La vidi con la coda dell'occhio rigirarsi nuovamente verso di me ma non ebbi la forza di aprir bocca, mi limitai invece ad osservare Yuna incamminarsi a piedi nudi verso le onde tranquille.
La scena a cui assistetti subito dopo fu un evento magnifico ed inquietante al tempo stesso; la giovane si poggiò delicatamente sul pelo dell'acqua proseguendo alla volta del tramonto rosso senza venir mai inghiottita dalle profondità, come se sotto i suoi piedi giacesse una lastra di vetro. Pareva leggera e fatta d'aria mentre si allontanava sempre più dalla costa in equilibrio sulla superficie limpida e mentre piccoli fuochi si accendevano al suo passaggio a vegliare i feretri sul fondale. Si fermò.
Per qualche attimo tutti trattenemmo il respiro mentre l'oggetto del nostro interesse osservava l'orizzonte abbandonata a se stessa, e poi cominciò a danzare.
Quel suo movimento fluido e aggraziato mi penetrò fin dentro le vene trasmettendomi un misto di angoscia e liberazione, Yuna danzava per tutti loro. Danzava per chi era rimasto a piangere i propri cari intonando un canto rivolto a Yevon, e danzava per chi non c'era più, perchè trovasse la pace in un nuovo mondo.
Sotto il margine dell'acqua, i feretri iniziarono a galleggiare spettralmente sciogliendo dal legame di prigionia del corpo terreno scie luminose che si librarono nel cielo attorniando l'Invocatrice.
In un baleno le fiamme delle torce si tinsero di blu, spruzzi d'acqua salata iniziarono a sollevarsi sorreggendo la ragazza come su un piedistallo e infine, indirizzate dall'inno, le anime si dispersero in cielo accompagnate dall'ultimo pianto dei loro parenti.
Rimasi colpito e senza parole, e così essere Invocatore comprendeva anche vivere queste toccanti esperienze.
“Yuna scelse la sua via consapevole di quel che l'aspettava fin dal principio e noi la proteggeremo per tutto il suo suo cammino. Fino alla fine...”
Quando Lulu pronunciò quelle parole sussultai come riscosso da uno strano sogno ed ebbi per un attimo la sensazione che, quell'ultima frase, celasse qualcosa di più, ma poi la donna richiuse la bocca.
“Fine? E quale sarebbe?” Chiesi allora ansioso mentre lei si lasciava cadere le braccia, esasperata, lungo i fianchi. “Quando sconfiggerà Sin, è chiaro!” E dicendo questo raggiunse la sua protetta, che nel frattempo era tornata a riva, lasciandomi li da solo come uno stupido.
“Sono andata bene?” Sentii la voce della più piccola parlare alla propria Guardiana.
Quest'ultima, che normalmente possedeva un'espressione rigida, a quella frase si addolcì cingendola in un abbraccio fraterno.
“Sei andata benissimo! Finalmente hanno raggiunto l'Oltremondo dove potranno vivere tranquillamente la loro eternità, ma la prossima volta cerca di non piangere, ok?” Le diede un buffetto sulla testa.
Sperai non ci sarebbe stata una "prossima volta". Non volevo più vedere vittime di Sin e riti di Trapasso, non volevo più vedere niente di tutto quello.
Il mattino seguente mi risvegliai da solo nella stanza della locanda che la sera prima avevamo affittato per riposarci e curare le nostre ferite. Uscii all'aperto stiracchiandomi ancora mezzo addormentato e ritrovandomi davanti il rilassante villaggio marittimo punteggiato dagli abitanti già indaffarati. Inspirai profondamente l'odore salmastro e mi lasciai stuzzicare dalla piacevole brezza mattutina quando Wakka apparve come piovuto dal cielo.
“Ah eccoti, sei qui!” Mi salutò allegramente facendomi saltare all'indietro per lo spavento. Il ragazzo mi tirò gioviale una pacca sulla spalla, poi richiamò il resto della sua squadra a se ed impartì un ordine. “Coraggio, tutti al Tempio a pregare per la vittoria dei Besaid Aurochs!” I ragazzi esultarono deliziati alle parole del capitano e, senza farselo ripetere ulteriormente, con grinta si dispersero correndo lungo il sentiero che conduceva alla prossima meta. “Ci aspetta una bella scampagnata nel bosco ora, preparati!” Mi disse prendendomi sotto braccio per fare la strada assieme. “Sai, l'Invocatore Ohalland viveva nel Tempio di Kilika. Anche lui era un grande Blitzer!” Sprizzava energia da tutti i pori.
“Wakka mi sta bene pregare per la vittoria ma...ti pare davvero questo il momento?!” Mi sembrava un comportamento un po' irrispettoso, il suo, dati gli ultimi avvenimenti e detto da me...
Il ragazzo dai rossi capelli s'incupì alla mia considerazione e mi precedette di qualche passo. “E' proprio questo il momento, invece!" Si fermò dandomi la schiena. "I giocatori danno l'anima e i tifosi li acclamano, tutti dimenticano i propri dolori quando si gioca! E' questo il vero motivo per cui il Blitzball resiste, o almeno io la penso così!” Disse infine girandosi a guardarmi con espressione determinata. Io ero ancora dubbioso ma lui si avvicinò con il pugno stretto deciso a segnare questa volta la vittoria, infondo quello era il suo modo per farsi coraggio in un mondo carico di disperazione.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Proseguimmo sulla strada principale camminando sulle piattaforme di legno e giungemmo ai margini del bosco. Li, dove iniziava un piccolo sentiero ciottolato nascosto fra la vegetazione, ritrovammo il resto del gruppo che ci attendeva.
“Tutto bene? E' forse successo qualcosa?” Chiese Wakka alla Guardiana notando che fra i compagni aleggiava una strana aria. Lei sospirò e mi cacciò un'occhiataccia gelida, possibile che quella donna ce l'avesse sempre con il mondo intero?
“Yuna desidera che lui si unisca a noi.” Disse spazientita.
“COSAA?” Urlammo io e Wakka all'unisono e scambiandoci un'occhiata. “Yuna, ti rendi conto di quello che dici?” Disse il rosso camminando verso di lei nell'intento di farla ragionare. “Sarà un genio a Blitzball ma con i mostri è un novellino. Non mi sembra il caso di far di lui un Guard...” Ma Yuna lo zittì con un cenno della mano. “Vorrei che mi stesse vicino.” Cadde il silenzio, Wakka saltò su se stesso incredulo e Yuna arrossì abbassando il viso sulle sue scarpe.
Decisi quindi di rompere il ghiaccio e avvicinarmi.
“Come mai questa scelta improvvisa?” Le chiesi tranquillamente e lei parve imbarazzarsi ulteriormente alla mia domanda. Iniziò infatti a giocherellare nervosamente con le proprie dita balbettando qualcosa nell'intento di trovare le parole giuste che però non udii mai perchè Lulù intervenne ricordandoci la nostra priorità, recarsi al Tempio. L'Invocatrice colse la palla al balzo e, con un inchino di scuse, s'incamminò lungo il sentiero lasciandomi confuso.
Passeggiammo fra i timidi raggi di sole che filtravano attraverso la fitta vegetazione, ogni tanto qualche libellula ci svolazzava intorno oppure qualche uccello cinguettava sui rami sopra le nostre teste, nessuno osava più parlare.
Dopo circa un'ora giungemmo in prossimità di un ponte a ridosso di un piccolo torrente. Li avvistammo due visi familiari, Luzzu e Gatta della Milizia, seduti sulla ringhiera a riposare.
“Ma guarda, l'Invocatrice e i suoi Guardiani! Che onore incontrarvi qui!” Disse Luzzu, il più grande dei due, girandosi verso di noi. Yuna fece un inchino e Gatta, emozionato, si insinuò nel discorso. “Anche noi combatteremo!” Esclamò con decisione alludendo al loro viaggio, mentre il più grande gli rivolgeva uno sguardo quasi fraterno. “Certo! Faremo presto la nostra parte!” Dopo di che si congedarono con un inchino e, con passo rapido, si allontanarono intonando un coro Miliziano.
Iniziavo ad avere fame, il mio stomaco brontolava selvaggiamente ma ancora del Tempio non si scorgeva nemmeno l'ombra lontana. Oltrepassammo il ponte e proseguimmo costeggiando il margine del torrente che scorreva sotto i nostri piedi sperando che, ben presto, saremmo giunti a destinazione. Poi, finalmente, il paesaggio cominciò a mutare. La vegetazione si diradò e il sentiero ciottolato davanti a noi si interruppe bruscamente su una massiccia scalinata spezzata di tanto in tanto da pianerottoli illuminati da grosse torce infuocate.
Stavo per mettere felicemente piede sopra il primo gradino quando Wakka mi sbarrò la strada con il suo corpo e un'espressione di sfida.
“Vacci piano! Questa scalinata ha un'importante storia alle spalle, il grande Ohalland si allenò qui.” E dicendo questo vidi comparire dietro di lui la squadra al completo dei Besaid Aurochs intenta a sghignazzare e a riscaldare i muscoli delle gambe.
Il mio stomaco brontolò nuovamente ma non potevo certo ignorare il messaggio che loro mi stavano mandando. “Una corsa, eh?” Dissi passando loro davanti con aria di superiorità e mettendomi in posizione davanti il primo scalino. “Non crederete di battermi, spero!”
I giocatori di Blitzball seguiti dal loro capitano sghignazzarono nuovamente e si misero in posizione pure loro a fianco a me, poi il mio amico si rivolse a Yuna incaricandola di dare il via. La ragazza si fece avanti, alzò il braccio urlando “Pronti, ai posti...” e poi, senza concludere, iniziò a correre sugli scalini ridendo come una bambina e lasciandoci tutti indietro. Colti alla sprovvista, chi prima e chi dopo, partimmo alla volta del traguardo. Vidi Yuna mettere piede sull'ultimo scalino e accelerai il passo deciso a non farmi battere dai compagni di squadra, ma giunto a metà capii che qualcosa non andava.
Qualcuno tornò indietro allarmato e Wakka urlò. Scambiai un'occhiata con gli altri Guardiani, qualche scalino sotto a prendersela comoda, e anche i loro volti cambiarono espressione. Corremmo alla volta della cima e ci ritrovammo in uno spiazzo molto amplio dove Wakka aveva già estratto il suo pallone blu e bianco e Yuna si trovava faccia a faccia con quella che, evidentemente, era una nuova emanazione di Sin.
La scaglia era molto diversa da quelle solite che avevamo combattuto fin'ora, era possente e come rannicchiata su se stessa ricoperta da pelle scura dall'aria molto spessa. Tirai fuori la Fraternity ma, in tutta onestà, la prima cosa che pensai fu che “quella cosa” non si sarebbe certo fatta scalfire da un “coltellino” come la mia arma. I miei pensieri, però, vennero interrotti dalla scossa che mosse il terreno che si frantumò rivelando grossi tentacoli ondeggianti che si fiondarono sull'Invocatrice.
La situazione non fa che migliorare.
Lulu si precipitò a fianco alla sua protetta parandocisi davanti e, in men che non si dica, alzò le sue braccia al cielo evocando il potere del fuoco per colpire l'avversario. Fu uno spreco d'energie perchè i grossi tentacoli assorbirono il suo attacco lasciandola impotente tanto che toccò a Kimahari precipitarsi con un salto a colpire, con la sua lancia, l'avversario per salvare le sue compagne che si allontanarono di corsa.
“NON PROVARE MAI PIU' A TOCCARE YUNA, BRUTTO ESSERE SCHIFOSO!” Il capitano dei Basai Aurochs si imbestialì e caricò un colpo con il suo pallone che andò a schiantarsi contro i tentacoli abbattendoli.
Ora le nostre forze si dovevano concentrare contro quell'unica scaglia. Provai a lanciarmi a capofitto sulla corazza ma, come avevo previsto, il suo corpo era più resistente dell'acciaio e rimbalzai all'indietro rovinando a terra perdendo la presa sulla spada che scivolò via di qualche metro. Ruotai la testa dolorante a destra e vidi Lulu stringere la spalla a Yuna per poi incamminarsi verso l'avversario sicura che, questa volta, il suo attacco non avrebbe fallito.
Una palla infuocata comparve sopra la sua testa e, con forza, la scagliò contro l'avversario che bruciò urlando di dolore. Forse ce l'aveva fatta.
La scaglia sussultò e, piano piano, si aprì come un baule rivelandone il mostro che era celato al suo interno. Niente di troppo amichevole, aveva due arti lunghi e sottili dotati di tentacoli ondeggianti come quelli che Wakka aveva sconfitto prima, una larga bocca e una testa corazzata.
Senza troppa cortesia, arcuò il grosso testone all'indietro e sputò una sostanza gelatinosa che finì addosso a Kimahari. Egli parve risentirne perchè si accasciò su se stesso sudando e contorcendosi.
“KIMAHARI!” Chiamò Yuna. “E' stato avvelenato...” Sentenziò Lulu.
“Maledizione!” Digrignai i denti e cercai di ritirarmi su, gattonai fino la spada e l'afferrai rimettendomi in piedi.
“TUTTO BENE?” Mi urlò Wakka, ed io accennai con la testa in risposta. Egli tirò su un pollice della mano e si rigirò contro il mostro preparandosi a spedirgli addosso nuovamente la sua arma, ma prima che riuscisse a calciare la palla il mostro ricacciò la testa all'indietro e richiamò a se il potere dell'acqua, dunque era dotato di magie elementari come quelle di Lulu.
Ci preparammo a subire il potente colpo, ma in quel momento Yuna si parò dinnanzi a noi. La vedemmo ruotare lo scettro ma questa volta Valefore non fece la sua comparsa, al contrario parve non accadere nulla se non che nel momento in cui il colpo del mostro si abbattè su di noi non subimmo alcun danno. L'Invocatrice ci aveva protetti con una delle sue magie bianche. Poi si girò verso il Ronso, ruotò nuovamente l'asta e lanciò una magia contro di lui che si rimise in piedi guarito, finalmente, dall'avvelenamento.
Sollevato, intercettai lo sguardo di Wakka che assentì con la testa, caricammo un colpo e ci fiondammo sul mostro colpendolo gravemente mentre Kimahri, con una sua formidabile tecnica, gli sparava addosso.
Tirammo un sospiro di sollievo quando finalmente vedemmo i consueti brillii luminosi disperdersi nel cielo, ce l'avevamo fatta anche questa volta.
“Fiuu! Ce la siamo vista brutta, eh?!” Disse cacciandosi per terra per riprendere fiato. “Ma senti Tidus, anche voi avete i mostri a Zanarkand?” Mi chiese. “Pochi, ma se escono è la fine.” Risposi su due piedi, poi ci ripensai. “Ehi, un momento. Da quand'è che mi credi?”
Il ragazzo si fece serio. “Stavo pensando che forse le vittime di Sin non muoiono...forse finiscono in un'altra epoca e magari un giorno potranno tornare...” Disse abbassando il viso quasi vergognandosi delle sue stesse parole. Lulu incrociò le braccia al petto spazientita.
“Sei davvero incredibile!” Disse secca. “Elucubri assurdità per non accettare la realtà dei fatti.” Eccola che ripartiva con le sue frasi cattive. “Sin non portò via Chappu, lo schiacciò e lo getto dalla costa di Djose. Tienilo bene a mente Wakka, perchè tuo fratello non tornerà!” Tagliente come sempre, la donna lo zittì passando oltre sotto i nostri occhi increduli. “ Ah, e un altra cosa: nessuno potrà mai prendere il suo posto, nessuno! Così come nessuno potrà mai sostituire Jecht o tanto meno Braska, è un pensiero stupido che alimenta solo la sofferenza.” Detto ciò si incamminò sulla nuova rampa di scale che le si parava davanti e sparì seguita da Kimahari e Yuna decisa a farla ragionare.
Rimanemmo soli e in silenzio, questa volta Lulu lo aveva spremuto per bene senza tatto come al solito.
“Wakka...” Sussurrai debolmente avvicinandomi al ragazzo riverso su se stesso, ma lui tirò con forza un pugno sul pavimento. “Lascia stare, non preoccuparti. Infondo già lo sapevo che nemmeno io potevo sostituire Chappu, sono cose che succedono.” Aveva gli occhi lucidi. “Coraggio, se sei tutto intero proseguiamo.” Chiuse il discorso rialzandosi e voltandomi le spalle.
Wakka, Lulu e Chappu...fra loro era successo qualcosa ma qualunque cose fosse non volevo immischiarmi.

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