Una nuova vita

di layla84
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Documento senza titolo

Piccola nota iniziale:

La storia segue tutti i libri di Harry Potter, tranne l’epilogo.
Ripartendo da dopo la battaglia finale ho scritto il mio seguito ideale.
Ho scritto già buona parte della storia e risulta abbastanza lunga in quanto ho tantissime idee da realizzare.
Ci terrei ad avere vostri commenti, per capire cosa ne pensate della storia, anche se si tratta solo del prologo.
Ovviamente per chi la segue andrà avanti anche la pubblicazione dell’altra mia storia ancora in corso “Ricominciare a vivere” e spero di aggiornare entrambe in tempi brevi.

Harry, Draco e tutto il mondo di Harry Potter sono di proprietà di J.K Rowling, con questa storia ovviamente non voglio violare nessun copyright.








Era una fresca serata di fine estate, nel cielo nemmeno una nuvola ad oscurare la pallida luna.
Per le strade regnava un silenzio quasi surreale.
Le poche macchine che passavano da quella zona scorrevano veloci lungo la strada, come a voler lasciare più spazio possibile tra loro e quell’angolo sperduto di città.
Era una zona un po’ malfamata, alla periferia di Londra.
Raramente qualcuno si avventurava da quelle parti, specialmente di notte.
A quell’ora, mezzanotte circa, tutto era in uno stato di quiete e calma che difficilmente poteva essere associato alla nomea di quel posto.
I pochi passanti ancora in strada avevano facce ben poco raccomandabili ed un barbone, all’angolo più estremo del marciapiede, si rigirava nel suo letto di cartone in cerca di sonno.

A rovinare quella piccola stasi di pace creata ci pensò un rumore che risuonò poco lontano da li.
Un BANG assordante fece alzare di scatto la testa al mendicante, che ora guardava curioso in direzione del vicolo vicino.
Con la poca illuminazione offerta dalla luna e dai radi lampioni il vagabondo aguzzò la vista ma non riuscì a distinguere niente tra le ombre della notte.
Dopo pochi istanti la sua curiosità scemò via cosi velocemente com’era venuta. L’uomo ficcò di nuovo la testa sotto le sue coperte improvvisate con un’alzata di spalle, dopotutto mica erano fatti suoi.

Il barbone non avrebbe visto comunque l’arrivo di uno scassato autobus a tre piani violetto, non avrebbe letto le scritte dorante indicare ‘Nottetempo’ sulla fiancata e non avrebbe visto ripartire la stano mezzo sgommando subito dopo aver fatto salire un passeggero nemmeno se avesse avuto la vista più buona del mondo e se fosse stato pieno giorno.
Semplicemente perché lui era un babbano.

E il Nottetempo, come tutti i maghi con un minimo di preparazione sanno, è da sempre protetto da un potente incantesimo antibabbani.



Mentre il mendicante si addormentava incurante di tutto, sul Nottetempo l’anziano autista, un tale Ernie, alzava sghignazzando la leva per l’apertura delle porte, dando il benvenuto al nuovo cliente.

Appena questi lo ebbe pagato e informato sulla destinazione il vecchietto ripartì a razzo verso la fermata successiva e mentre dal piano successivo arrivavano i rumori di un tonfo sordo e di un successivo gemito il suo ghigno di divertimento si faceva più largo mostrando la bocca sdentata.
Ernie premette sul pedale con più forza, aumentando maggiormente la velocità del mezzo e schizzando nel rado traffico notturno.

Il nuovo arrivato si faceva intanto strada tra i letti, mantenendosi precariamente in equilibrio, mentre l’autista azzardava uno slalom tra le macchine in coda.

Si trattava di un ragazzo alto e abbronzato il cui aspetto non ricordava per niente quello di un mago.
Indossava una giubbotto in pelle nera sopra un paio di jeans chiari strappati in più punti e una maglietta sportiva verde scuro.
I capelli castano scuro erano arruffati e ricadevano sulla fronte coprendo in parte due profondi occhi verdi.
A completare il tutto il giovane aveva una leggera barbetta a ricoprirgli la mascella appena pronunciata.
Avrà avuto si e no venticinque anni e lo si poteva sicuramente considerare un bel ragazzo.
Un bellissimo ragazzo anzi, non fosse stato per lo sguardo freddo ed indifferente con cui osservava tutto e tutti intorno a lui.
Come se il trovarsi su di un pullman magico in piena notte, vestito come un comune babbano, fosse per lui qualcosa di normalissimo.

Il viaggio durò relativamente poco, dopo nemmeno dieci minuti erano già a destinazione.
Il vecchio Ernie, una volta arrivati, guardò per un attimo perplesso fuori dal finestrino del suo pullman.

Si trovavano nel vicolo accanto ad una delle vie principali della Londra babbana.
Quello strano ragazzo che gli aveva dato i soldi ed indicato quella via come destinazione si stava apprestando a scendere dal mezzo.
Lo vide fare in sua direzione un gesto di saluto con il capo allontanandosi lungo la strada verso quello che sembrava in tutto e per tutto un locale babbano.
Come aveva detto una volta Stan, il suo vecchio assistente, quelli erano i posti in cui i babbani si ritrovavano per ballare e si chiamavano..si chiamavano..ah ecco..erano delle ‘Disonteche’.
Era la prima volta nella sua vita di autista che un mago - perché quello era un mago a dispetto del modo di vestire, su questo non vi erano dubbi - usava il Nottetempo per andare a divertirsi in un locale del genere.

Chissà le facce dei suoi amici quando il giorno seguente avrebbe raccontato loro che aveva accompagnato un mago che andava in Disonteca.
Non gli avrebbero creduto probabilmente, come quella volta che aveva detto loro, qualche anno prima, di aver visto Harry Potter per strada.
Ovviamente quella volta si era inventato tutto, solo per vedere le reazioni degli altri ma nessuno gli aveva creduto nemmeno per un momento.

Non che ci fosse da stupirsene, ormai nessuno nel mondo magico credeva più al ritorno del giovane Potter.

Quel ragazzo, dopo aver sconfitto Voldemort, partecipato ai processi, fatto sbattere ad Azkaban la maggior parte dei Mangiamorte ancora in libertà e aver fatto destituire i Dissennatori si era dato alla macchia.
Nel senso che, da un giorno all’altro, nessuno, nemmeno i suoi più cari amici, aveva più avuto sue notizie.

Era successo circa un anno dopo la battaglia di Hogwarts, una mattina in cui si sarebbe dovuto presentare al Ministero per l’ennesima deposizione.
Potter quel giorno era uscito da casa dei Weasley, dove si era trasferito momentaneamente, diretto verso l’ufficio del Ministro..solo che non vi era mai arrivato.
Sparito come neve al sole.
Senza lasciare tracce.

Ed al momento, dopo sei anni, di lui non c’erano ancora notizie.
All’inizio si era pensato ad una sua fuga.
Chi mai, si dicevano, avrebbe fatto del male volutamente proprio a lui, al salvatore del mondo magico?
Magari, pensarono in molti, voleva staccare per un po’ da tutto il caos in cui si era trovato da dopo la guerra.

In quel periodo infatti il Ministero interpellava Potter per ogni minima decisione.
Dall’utilizzo del Veritaserum per far confessare i criminali al restauro degli uffici della Gringott ormai non erano capaci di muovere un passo senza la sua approvazione.

Avevano quindi atteso tutti trepidanti il suo ritorno.

Erano passati una settimana, poi un mese ma nessuno aveva avuto sue notizie.
A quel punto Molly Weasley e il marito avevano iniziato a preoccuparsi e a chiedere al ministero di iniziare delle ricerche.
Dopo tutto quello che aveva fatto, dissero, Potter aveva sicuramente molti nemici. Nascosti nell’ombra, ma sicuramente presenti.
In molti così nacque così l’idea che fosse stato rapito e che bisognasse iniziare a cercarlo, subito.

Altri due mesi, che poi divennero sei.
Il ministro in persona aveva contattato a quel punto il suo pari babbano di Londra per chiedere aiuto nelle ricerche che a quel punto divennero ufficiali tanto da far formare un apposito gruppo coordinato dal ministero.

Otto mesi, un anno.
La notizia che Potter, colui-che aveva-sconfitto-Voldemort era sparito si era diffusa in tutto il mondo magico e anche i Ministri della magia stranieri aiutavano nelle ricerche.
Ogni settimana c’erano un centinaio di avvistamenti di Potter, nelle più svariate parti del mondo.
Tutte le segnalazioni venivano controllate. Eppure, mai una risultò veritiera.

Due anni, tre anni.
Al quarto anno di attesa, Ron Weasley ed Hermione Granger che stavano rimandando da un po’ il loro matrimonio nella speranza che il loro migliore amico tornasse si arresero e si sposarono con una cerimonia intima, con solo i familiari più stretti, senza troppi festeggiamenti.

Ormai quasi nessuno credeva più nel suo ritorno.
Nessuno sapeva se se ne fosse andato di sua spontanea volontà o meno – anche se tutti ormai optavano per la seconda ipotesi – ma quello che era ormai sicuro è che non sarebbe tornato.

L’anno prima infine il Ministero aveva bloccato le ricerche.
In un comunicato ufficiale il primo Ministro aveva solo affermato che “Harry Potter non è stato trovato ne da noi, ne dai ministeri magici stranieri, ne da quelli babbani..io dubito che, per quanto potente possa essere, sia riuscito per così tanto tempo a non farsi riconoscere pur avendo più di mezzo mondo, magico e non, sulle sue tracce.
Se più plausibilmente invece è stato rapito, pensiamo che, dopo tutte le ricerche fatte e le piste seguite in questi anni, forse non c’è più niente da trovare”

Così il mondo magico diede, con un semplice comunicato a mezzo stampa, l’addio al ragazzo che sconfisse Voldemort.

Da quel momento nessuno ricevette più una segnalazione di avvistamento e quasi tutti smisero di parlarne.
Dopotutto ormai le speranze erano andate perdute, anche gli amici più cari se ne erano fatti dolorosamente una ragione: Harry, qualsiasi fosse stato il motivo per cui era scomparso non sarebbe più tornato.

Quindi nessuno si arrischiava più, per evitare di passare per pazzo o di riaprire una ferita ancora troppo dolorosa, ad avvertire il Ministero anche se incontrava qualcuno che somigliava al salvatore del mondo magico.

Dopotutto anche quel ragazzo pensò Ernie, quello della Disonteca, assomigliava in qualche modo a Potter da giovane.
I capelli gli ricoprivano la fronte, quindi poteva aver avuto benissimo una cicatrice a forma di saetta che lui non riusciva a vedere.
Mica per questo lui aveva chiamato il ministero però.
Lo sapeva benissimo Ernie: Potter era sparito e nessuno l’avrebbe più visto.
Stappò la bottiglia di FireWhisky che teneva accanto a se e ne tracannò un lungo sorso.
Aveva fatto fin troppa pausa, doveva far arrivare a destinazione anche gli altri passeggeri.
Uno stridio di freni ed un nuovo BANG e del Nottetempo non vi era più traccia.
E l’immagine di quel ragazzo, così somigliante a Potter, si perse nella sua bottiglia di liquore.




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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Documento senza titolo

Ed ecco il secondo capitolo della storia.
Buona parte del racconto è già stata scritta ed ho più o meno un’idea precisa di come si evolveranno le cose quindi gli aggiornamenti dovrebbero essere abbastanza frequenti.
Ringrazio come al solito chi ha commentato il prologo e spero che continuerete a lasciarmi i vostri commenti per farmi sapere cosa ne pensate di questo primo capitolo.
Ora vi lascio alla lettura e spero sia di vostro gradimento ;)

Layla84








In realtà Ernie ci aveva visto giusto per una volta.
Il giovanotto carino e silenzioso che aveva viaggiato sul suo autobus quella notte era Harry Potter.
O meglio, lo era stato.

Da un paio di settimane si chiamava Harry Spungen, aveva venticinque anni e lavorava come cameriere in un bar nella periferia.

Prima era stato Harry Smith, maschera di un cinema in una cittadina della campagna londinese, prima ancora Harry McFrey, aiutante in un pub della Scozia, e così via.
Quando si era trovato a dover cambiare per l’ennesima volta il suo cognome, aveva optato per Spungen senza un motivo preciso.
Non gli importava molto del nome che prendeva, né del doverlo cambiare di tanto in tanto, insieme al lavoro e alla città.
Quando qualcuno sembrava riconoscerlo - ormai era rarissimo - o quando qualcuno gli cominciava a fare troppe domande - molto più frequentemente - faceva i bagagli e riappariva, sotto falso nome, da qualche altra parte.

Usando quel metodo aveva girato tutta l’Inghilterra, gran parte della Scozia e alcuni dei paesi Europei più importanti.
Aveva fatto i lavori più disparati in tutti quegli anni, non rinunciando però né alla magia né al suo nome.

Troppo complicato doversi chiamare ogni volta con un nome diverso e perdere l’abitudine a rispondere ogni volta che sentiva il nome ‘Harry’.
Ed il suo era veramente un nome troppo comune.

La cosa più logica per uno che non vuole farsi trovare è cambiare nome, come prima cosa.
Tutti lo sapevano e probabilmente lo avrebbero cercato sicuri che lui avesse preso un nome nuovo, o almeno così si disse all’inizio di quella storia.
La verità era che, anche nel caso in cui fossero riusciti ad avvicinarsi a lui nelle ricerche aiutati da quel particolare, lui sapeva bene come far perdere le proprie tracce.

Per quanto riguardava la magia, beh, lui era un mago e come tale sapeva bene che con una bacchetta a portata di mano era tutto più semplice.
Era più semplice cambiare la sua carta d’identità, modificarla affinché sembrasse vera.
Era più semplice fare le consegne da fattorino, smaterializzandosi direttamente sotto casa del cliente.
Era più semplice riparare un bicchiere rotto non visto, se si faceva il cameriere per un titolare burbero pronto a licenziarti alla minima disattenzione.

Insomma, Harry Potter, anzi Harry Spungen, non era stupido, anzi.
Basti pensare che gli era stato sufficiente un incantesimo per riuscire ad impedire a chiunque di localizzare lui, la sua bacchetta o le sue magie.
Lo aveva cercato, provato e migliorato per l’intero anno dalla fine dalla battaglia con Voldemort ed una mattina, certo del risultato del suo lavoro, aveva messo in atto il suo piano.

Sulla porta della Tana quella mattina aveva salutato tutti come al solito con il sorriso sulle labbra, si era smaterializzato in un punto sperduto della campagna londinese e li aveva fatto l’incantesimo.
Aveva provveduto in seguito a cambiare i suoi documenti e a trovarsi un lavoro tra i babbani ed avendo pochissimi in quel mondo i primi tempi erano stati i più difficili.
Aveva fatto lavori di ogni genere, stando ben attento a non andare in luoghi frequentati anche da altri maghi e pian piano si era abituato a quella situazione.

Non che non gli fosse dispiaciuto andarsene, intendiamoci.

Però per un attimo, quando aveva incrociato gli occhi di Hermione quella mattina di sei anni prima, aveva fatto forza su se stesso per non abbracciarla e raccontarle tutto.
Per non spiegare a lei e agli altri quanto male stesse in realtà nei panni di Harry Potter, l’eroe.
Quanto odiasse dover andare ogni giorno in mezzo a politici e burocrati a firmare carte, dare consensi, fare interviste, esprimere pareri.

Odiava quella vita, odiava essere Harry Potter.

Voleva andarsene.
Non poteva di certo dirlo a loro questo perchè sapeva per certo che i suoi amici gli avrebbero fatto cambiare idea.
Ron con il suo ottimismo, Hermione con la sua razionalità, avrebbero fatto in modo di convincerlo che la situazione sarebbe migliorata.

Ma loro non potevano capire.
Non erano loro che ogni notte sognavano persone morte durante la guerra - morte per colpa sua -, non erano loro a svegliarsi sudati e in preda ai brividi da incubi pieni di sangue e disperazione - come se avesse sempre undici anni - e soprattutto non erano loro a sognare tutti i morti che Voldemort aveva fatto, tutte le grida di orrore, tutte le richieste di supplica strazianti che - suo ultimo regalino - dal momento in cui lo aveva sconfitto gli avevano riempito la testa quasi dilaniandolo.

Ci sono cose che non possono esser dette, nemmeno agli amici più cari.

Non poteva dire ad Hermione che non sarebbe mai riuscito guardare negli occhi Teddy, senza sentirsi colpevole per la morte dei suoi genitori.
Non poteva dire a Ron di non riuscire nemmeno a stare nella stessa stanza dei suoi genitori, senza sentire nel cuore quel sentimento di angoscia che gli arrivava fin nelle orecchie, un ‘è colpa mia se loro figlio è morto’ che lo tormentava senza pietà.
Non poteva dire al mondo magico “Scusate, basta davvero, ho solo 18 anni, voglio vivere una vita normale, non voglio occuparmi di rimettere in piedi i pezzi distrutti da Voldemort” senza sentirsi in colpa perché tutto quello lo avrebbe potuto evitare, se solo non fosse stato così lento, così immaturo.
L’intera battaglia di Hogwarts e tutti i relativi morti potevano essere risparmiati se lui fosse stato solo un po’ più forte.
Quasi ogni notte, per anni, aveva rivissuto quell’avventura e, nei sogni, giorno dopo giorno, si migliorava.
Riusciva ogni volta ad evitare che qualcuno morisse, come non era stato in grado di fare nella realtà.

E ogni mattina l’alba coglieva un ragazzo solo e in lacrime che abbracciava se stesso e il suo dolore.

Erano questi i suoi pensieri mentre si richiudeva la porta della Tana alle spalle, prendeva lo slancio per smaterializzarsi e non la coda dell’occhio dava un’ultima occhiata alla sua vita passata.

‘Addio Harry Potter, spero di non dover più avere niente a che fare con te. Senza offesa.’







Harry adesso voleva solo star tranquillo, vivere la sua vita da giovane ragazzo finalmente libero, senza essere giudicato.
Anche se era lui stesso il primo a giudicarsi.
Si considerava un perfetto egoista per quello che aveva fatto e se lo ripeteva ogni giorno, ugualmente però non era stato capace di impedirsi di farlo. O di tornare indietro.

In realtà quella sera non era impazzito Harry, non più del solito, per essere salito sul Nottetempo con il rischio di essere riconosciuto.
La verità è che in quegli anni era molto cambiato.

Niente più ragazzetto dagli occhiali con fondi di bottiglia tondi sul naso, niente più vestiti di seconda mano dieci taglie più grandi di lui, niente più patemi d’animo per quello che era successo nella sua vita passata o almeno quasi mai.

Adesso c’era un bellissimo ragazzo dai lineamenti perfetti, con la vista perfetta - piccolo aiutino magico - libera dal fastidio delle lenti e dei costosi vestiti alla moda, che pensava a divertirsi più che poteva vivendo la vita giorno per giorno.

Quella sera mentre si apprestava ad uscire - in ritardo come al solito - un’idea gli aveva attraversato la mente.
Il Nottetempo.
Quale occasione migliore di quella per provare se effettivamente tutti si erano dimenticati di lui?
Per vedere se, finalmente, poteva frequentare tutti i posti che voleva, senza doversi nascondere?

Per essere sinceri era successo che Harry, per guadagnarsi la sua tanto desiderata libertà, ad un certo punto avesse tagliato fuori dalla sua vita tutti i sentimenti e le emozioni.

Niente più affetto per nessuno, niente legami a cui poter rimanere impigliato, rapporti che potevano trattenerlo.

Nessuno per cui dover, un giorno, soffrire.

In quegli anni gli incubi notturni erano pian piano diminuiti ed erano stati relegati insieme ai rimorsi in un angolo della sua mente.
All’inizio più questi lo facevano star male, più lui di riflesso cercava di divertirsi di un divertimento fine a se stesso, superficiale come può essere l’andare a ballare in discoteca tutta la notte, sbronzarsi e tornare a casa il mattino dopo.
Un divertimento vuoto.

Adesso invece non vi faceva quasi più caso, preso com’era alla ricerca di qualcosa che risvegliasse in lui un qualunque interesse.

Dopo sei anni di solitudine voluta, cercata e trovata, si ritrovava a venticinque anni a non provare più niente per nessuno esattamente come voleva, ma lui che aveva abbandonato Harry Potter in una sperduta campagna londinese ma non era diventato nessuna delle maschere che si era creato.

Ormai non era nessuno.

Al punto in cui era arrivato era stato fin troppo facile passare dall’indifferenza forzata verso il modo che si era autoimposto ad un’indifferenza ormai naturale.

E da questo l’idea del Nottetempo, come mille altre prima.

Rischiare di essere scoperto.
Sentire anche solo per un secondo l’adrenalina scorrere di nuovo dentro di lui.

Il riuscire, anche solo per un attimo, a sentirsi vivo.

Ecco cosa cercava Harry.

Quella sera però, di adrenalina ne aveva provata ben poca.
Niente di niente.
Ernie non aveva nemmeno fatto caso a lui.







Decisamente abbattuto per il fatto che la sua idea si fosse rivelata solo una noiosa perdita di tempo il giovane Harry Spungen si diresse verso la discoteca, qualche ora di puro divertimento l’avrebbe distratto da quei pensieri.

L’insegna luminosa viola del locale notturno si stagliava come un faro nella scura sera londinese, quasi ad essere il punto di riferimento per chi, come lui, si era perduto nella notte.

Frequentava quel posto da poco più di una settimana, da quando, con la sua ennesima maschera era arrivato a Londra e vi aveva trovato lavoro.

Il posto era abbastanza tranquillo, potevi sederti a bere senza che nessuno ti infastidisse più di tanto se non avevi voglia di ballare ed in più i baristi del posto erano simpatici, specialmente Fred.
Fred era un ragazzo biondo più o meno della sua età che lavorava lì per pagarsi gli studi dell’università e che aveva preso Harry in simpatia da subito.
Le poche volte il moro era stato lì era rimasto a chiacchierare con lui tra un ballo e l’altro, anzi in realtà era il barista a parlare, Harry ascoltava solamente seguendo vagamente il discorso, pensando per la maggior parte del tempo se Fred potesse essere quello giusto per riuscire a superare l’apatia che pian piano gli stava corrodendo il cuore.

Altro piccolo particolare non trascurabile: la vita sentimentale di Harry.
Da Potter aveva avuto solo una relazione importante, con Ginny Weasley, durata poco tempo e mai più ripresa alla fine della guerra un po’ perché lui era così impegnato da non poterle dedicare tempo, un po’ perché Ginevra si era riavvicinata a Dean - il suo precedente ragazzo - e un po’ perché Harry aveva scoperto che in realtà non gli importava poi molto di lei.
Aveva quindi entrambi accettato la fine della loro storia con un’alzata di spalle senza soffrirne troppo e i due erano rimasti amici, riuscendo a vivere senza imbarazzo sotto lo stesso tetto, almeno fino alla sua fuga.

Con la sua nuova vita poi Harry aveva scoperto di essere attratto anche dai maschi, o meglio, aveva scoperto di essere attratto solo da loro.
Lo aveva capito mentre era in Scozia, pochi mesi dopo la fuga, mentre lavorava come cameriere sotto falso nome, come sempre.
Un ragazzo, Joe, gli si era presentato una sera nel locale dove aveva trovato lavoro, avevano parlato del più e del meno e l’altro alla fine della serata gli aveva lasciato insieme ai soldi della consumazione un biglietto con il suo numero di telefono.
Joe era un bel ragazzo, capelli castani chiari, occhi celesti, alto e non troppo muscoloso ed Harry ne era stato da subito attratto.
In passato non gli era mai successo di sentirsi attratto da un ragazzo.
Quasi mai, in realtà.
Gli era capitato solo un’alta volta, ma non era successo né nel momento adatto, né con la persona giusta per certi pensieri e quindi quell’attrazione era stata rilegata nell’angolo insieme ad incubi e rimorsi.

Poi la sera dopo, mentre si faceva tutte quelle paranoie, si era ritrovato l’altro ad aspettarlo alla chiusura del locale e il biondo, appena incrociato il suo sguardo, fece un sorriso talmente luminoso in sua direzione che Harry mandò tutto ad diavolo.

Aveva lasciato tutto per essere libero di vivere la sua vita e adesso l’avrebbe fatto, si disse.

Prese alla sprovvista Joe, spingendolo con foga verso il muso su cui era appoggiato ed iniziando a baciarlo rudemente.
L’altro lo lasciò fare, rispondendo appassionatamente al bacio e accarezzandogli dolcemente i capelli.
Iniziò così tra loro, in un vicolo umido di una cittadina scozzese sconosciuta.

Stettero insieme due mesi, due bellissimi mesi.
Harry scoprì nell’altro una dolcezza inaspettata, lo riempiva di attenzioni, lo faceva sentire amato e apprezzato, come mai nessuno aveva fatto prima.
Poco alla volta sentiva cedere le sue barriere e ogni giorno sembrava più facile per lui abbandonarsi a quel sentimento.

Ma Harry era sempre stato un disastro nelle questioni sentimentali, fare di cognome Potter o in qualsiasi altro modo non cambiava le cose.

Dopo circa un mese iniziarono i problemi.
Le difficoltà si presentarono esattamente quando Joe iniziò a fargli domande sulla sua vita passata.
I dubbi non arrivarono da parte del biondo che, anzi, una volta capito che Harry avrebbe risposto solo a monosillabi, lasciò cadere il discorso.
Arrivarono da lui.
Tutto quello aveva infatti messo in moto nella sua testa una serie di paure e insicurezze.
Sapeva che in quel periodo si stava affezionando all’altro, più di quanto volesse ammettere e sapeva, allo stesso modo, che non sarebbe mai riuscito a raccontargli la sua vera storia e che però d’altro canto voleva nemmeno mentirgli.
In tutto questo poi non era stato aiutato dal fatto che gli incubi dopo un periodo di stalla erano ripresi con maggior intensità di prima.

Più ci pensava più non vedeva vie d’uscita.
Anzi, ne vedeva una sola.

Via che prese una mattina d’inverno, mentre passeggiavano fianco a fianco, lungo una via vicino al locale dove Harry lavorava.
La sera prima avevano litigato per una sciocchezza, come accadeva spesso nell’ultimo periodo e Joe lo aveva voluto accompagnare a lavoro, per cercare di far pace.
Nei suoi occhi si leggeva la voglia da innamorato di lasciarsi al più presto la litigata alle spalle.
Harry si era voltato verso di lui, aveva visto quegli occhi risplendere per lui nella leggera nebbia mattutina e le parole erano uscite di getto, senza che avesse il tempo di fermarle.

Ancora adesso si ricordava la scena.
Joe che con le mani nelle tasche del grande cappotto marrone, in un gesto che lo faceva sembrare ancora più piccolo dei suoi vent’anni, lo guardava sgomento.
Harry gli aveva appena detto all’incirca così “Non voglio illuderti. Io non posso condividere il mio passato con te, né mai potrò, però allo stesso tempo non posso nemmeno stare con un ragazzo che non mi conosce realmente. Non è colpa tua, sono io..io ad essere sbagliato..mi spiace Joe”

Joe aveva continuato a fissarlo poi ad un tratto si era voltato e si era incamminato dalla parte opposta.
Non una parola.
L’ultima cosa che Harry si ricordava di lui erano due spalle che si allontanavano.

Aveva avuto un altro paio di storie, se cosi si potevano definire.
Più che altro flirt da discoteca, che iniziavano e finivano lì dentro. Joe l’aveva segnato più di quanto credesse in realtà.
Il biondo non aveva fatto altro che ripetere che avrebbe fatto di tutto per lui però, al momento della verità, non era stato capace di altro tranne che di girargli le spalle e andarsene.
Harry, che aveva sempre avuto dentro se un incredibile bisogno di amore e sicurezza, probabilmente se l’latro gli avesse detto qualcosa, lo avesse rassicurato, non lo avrebbe lasciato.

Bella fregatura, i sentimenti.

Era iniziata lì la sua indifferenza, all’inizio forzata, poi man mano sempre più naturale.







Adesso invece si ritrovava lì, con davanti a se quel barista così carino che sorrideva verso lui, mentre in realtà stava pensando al suo ex e si disse che no, non ne valeva la pena tornare indietro e rischiare di soffrire, non per Fred almeno.

Forse Harry non troverà mai nessuno per cui valga la pena di rischiare.

O forse l’ha già trovato e se l’è fatto scivolare tra le mani, questo non lo aveva mai capito.

Sorrise a Fred, scendendo lentamente giù dallo sgabello del bar, apprestandosi a trovare una scusa per poi potersi lanciare nelle danze.

Divertirsi e non pensare ad altro. Il suo motto.

Aveva già cominciato ad aprire bocca per articolare una frase sensata quando due bracca snelle, avvolte da una camicia grigio cenere si appoggiarono al bancone vicino a lui, troppo vicino.
Un profumo muschiato lo riportò per un istante indietro nel tempo.

Una scopa, delle fiamme, due braccia aggrappate a lui talmente forte da fargli male.

Si riprese giusto in tempo per sentire una voce, familiare e sconosciuta al tempo stesso accanto a lui.
“Buonasera! Vorrei due Gin Lemon e una Vodka!”
Cercò di farsi più piccolo possibile, capendo che non sarebbe riuscito a muovere un muscolo, nemmeno volendo, perché vicino a lui c’era qualcuno che poteva far saltare la sua copertura in un solo istante.
E non solo per quello.
Harry non capiva se sentirsi contento perché finalmente poteva provare una vera emozione nel venire scoperto o sentirsi in trappola perché, assurdo, di tutti proprio lui.

Draco Malfoy: la variabile impazzita della vita di Harry Potter.

Che al momento lui non si chiamasse più Potter era solo un dettaglio trascurabile, l’altro restava pur sempre Draco Malfoy.

Harry sperò, per un ardente attimo, che l’altro prendesse la sua ordinazione e sparisse così com’era comparso.
Ma la fortuna si sa, non era mai stata la sua migliore alleata.
Infatti Fred scelse proprio quel momento, l’attimo in cui stava servendo il biondo, per rivolgere l’attenzione su di lui.

“Hey Harry, vuoi anche tu un altro drink?”
Il moro capì dallo spostamento d’aria che Malfoy si era voltato verso di lui, lo sentì addirittura trattenere un’esclamazione sorpresa, segno che l’aveva riconosciuto.

Perché diavolo, si domandò in quella frazione di secondo, Malfoy doveva girarsi alla pronuncia del nome ‘Harry’?

A quel punto non gli rimase altro da fare se non affrontarlo con la faccia tosta che si era creato ad arte in quegli anni e sperare..sperare..non sapeva nemmeno lui cosa sperare.

Restava il fatto però che non si è mai troppo preparati ad affrontare Draco Malfoy.




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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Documento senza titolo

Finalmente sono riuscita a pubblicare anche i secondo capitolo.
Era già scritto fa un po’, ma ero talmente presa da ‘Step by step’ che in questi giorni non avevo il tempo di revisionarlo per poi poterlo postare.
Mi scuso per il ritardo, sperando di farmi perdonare con questo primo confronto tra Draco ed Harry.
Come al solito, fatemi sapere cosa ne pensate e se la storia vi piace :)
Vi aspetto alla fine del capitolo per la risposta ai vostri commenti.













Si ritrovarono faccia a faccia.
Otto anni dopo aver combattuto contro.

L’ultima volta che si erano visti era stato il giorno della battaglia.
Non si erano incontrati nemmeno il giorno del processo e adesso se lo ritrovava davanti in una discoteca, in un locale babbano..ma che ci faceva Malfoy in una discoteca, per la miseria?

“Uh..Potter?”
Testa leggermente inclinata di lato, capelli biondi liberi dal gel – finalmente – che rilucevano sotto tutte quelle luci colorate arrivando a circa metà del collo.
Camicia grigia, colletto appena slacciato che lasciava intravedere la pelle candida.
Malfoy era uno schianto, questo lo doveva ammettere.
Era poco più alto di lui e Harry si riscoprì incatenato al suo sguardo.
Niente cattiveria nei suoi occhi, soltanto tanta, tanta sorpresa e non sapeva come interpretare quell’occhiata.
L’unica cosa sicura era che in quegli anni gli occhi di Draco erano diventati meno freddi e sicuramente più magnetici.

“M-Malfoy..”
Non ne voleva sapere la sua stramaledettissima voce di restare calma.
Cominciò a sentire un leggero sudore freddo dietro al collo rendendosi conto della pericolosità della situazione.
Doveva andarsene via di lì più in fretta possibile prima che l’altro gli combinasse qualche brutto tiro, solo che al momento non riusciva a muoversi da quella posizione.
Quasi non sentì la voce di Fred dietro il bancone.
“Vi conoscete voi due, Harry? Perché ti ha chiamato Potter?”
“…”
“E’ un soprannome, abbiamo frequentato la stessa scuola”
A quelle parole il moro alzò lo sguardo su quello del biondo, ma gli occhi grigi erano tornati del solito freddo ed altezzoso colore che Harry conosceva bene.

Però gli aveva tenuto il gioco.
Solo che lui lo sa bene, i Malfoy non fanno niente, senza volere qualcosa in cambio.

“Su Harry” disse il biondo calcando di proposito il suo nome con un sopracciglio alzato “sono anni che non ci vediamo, che ne dici di andare a farci due chiacchiere?”
E senza dargli il tempo di rispondere lo strattonò per un gomito e lo costrinse a seguirlo.
“Barista! Porta i drink al divanetto laggiù e di ai miei amici che mi farò vivo io con loro domani!”
Disse soltanto, spingendo velocemente Harry per la pista senza curarsi di controllare che Fred avesse capito quello che gli aveva chiesto.

Il moro si voltò curioso verso il punto indicato del Serpeverde per vedere chi fossero questi ‘amici’ di Malfoy.
Gli si gelò il sangue nelle vene: Blaise Zabini e Pansy Parkinson se ne stavano tranquillamente tra loro a parlottare in un punto appartato del locale.

Chiedendosi da quando i purosangue come loro frequentassero certi posti si ritrovò ben presto all’aria aperta.
Il fresco della notte lo riscosse subito.
Più o meno dovevano essere state quasi le 2, a quell’ora pochissime macchine passavano anche da quella zona centrale e fuori dalla discoteca un paio di ragazzi si stavano organizzando per ritornare a casa.
La maggior parte delle persone erano ancora dentro a divertirsi.

Si voltò verso Malfoy per capire che intenzioni avesse e se si doveva preparare a combattere.
Nemmeno vide la mano che lo sbatté violentemente contro il muro, sentì solo il rumore sordo delle sue spalle contro la pietra dura.
Doveva ammettere che si trovava in una situazione delicata, schiacciato tra Malfoy e quella sudicia parete, gli occhi del biondo ridotti a due fessure ed una rabbia trattenuta a stento che lo inchiodavano sul posto.
Malfoy non gli aveva fatto mai paura, ma in quel momento quello che provava si avvicinava sicuramente a quella emozione, più che a tutte le altre.
Sentiva la mano del biondo tremare sopra il suo giubbotto di pelle e rinunciò a qualsiasi azione da parte sua, conscio che il biondo in quel momento avrebbe anche potuto ucciderlo.
“Spiegami Potter” il ringhio basso che uscì dalla sua bocca fu solo un sussurro “spiegami che cazzo di fine hai fatto in tutti questi anni e soprattutto spiegami, perché non capisco, che diavolo ci fai in un posto come questo se tutti ti credono morto?”

E finalmente Harry sentì sottopelle una scossa, l’adrenalina di nuovo in circolo, il cuore che batteva forte nel petto, il fiato corto.
Si sentì vivo, per la prima volta dopo anni.

Spintonò lontano Malfoy, si risistemò con un gesto della mano la giacca stropicciata e guardò l’altro con evidente sarcasmo.
Se pensava di trovarsi davanti il vecchio ‘Potter’ si sbagliava di grosso.

“Non penso Malfoy, che una sola di queste cose siano affar tuo” iniziò con una voce così calma che si stupì della propria bravura “non credi?”

Quanto gli mancava litigare con Draco Malfoy.

Il biondo come ovvio che fosse non prese affatto bene l’ironica risposta dell’altro e si avventò su di lui con la chiara intenzione di picchiarlo e lui non se lo fece ripetere due volte.
Non chiedeva niente di meglio che una sana scazzottata con Malfoy.

Il primo pugno che andò a segno fu quello di Harry, impattò violentemente contro la mascella del biondo che dovette voltare la testa per incassate il colpo e il moro ne approfittò per spintonarlo lontano.
Draco si mantenne in equilibrio e si ributtò su di lui, facendo ruzzolare entrambi a terra e approfittandone per colpirlo allo stomaco con un paio di pugni.
Andarono avanti per una decina di minuti a suon di pugni e spintoni, fregandosene delle persone che li osservavano incuriosite poco lontano.
Smisero solo quando, entrambi stremati, si accasciarono a terra, l’uno accanto all’altro.

Ci erano andati giù pesanti ed erano entrambi conciati piuttosto male, sopratutto Draco che aveva un sopracciglio spaccato e un labbro gonfio.
Il moro lo fissò un attimo, soppesando la situazione, poi sfilò la bacchetta da sotto la maglietta e la puntò con sicurezza contro il viso del biondo che in risposta allargò gli occhi, allarmato.
Malfoy non ebbe il tempo materiale di fare alcunché che Harry con un paio di semplici incantesimi aveva già guarito le sue ferite e lo aveva ripulito dal sangue, apprestandosi poi a fare lo stesso per se.
“Al diavolo sfregiato, pensavo mi volessi lanciare un Oblivion..”
“E chi ti ha detto che non lo farò?” sogghignò ironico guardandolo con la coda dell’occhio e vedendo che anche l’altro lo stava fissando.
Poi Malfoy sospirò e si passò stancamente una mano sugli occhi.
Una volta riaperti lo sguardo era completamente diverso, come se quei pochi istanti fossero serviti per riprendere il controllo della situazione.
“Sei rimasto il solito stupido..ma per favore!”sbottò abbassando la mano di Harry, mentre questi teneva la bacchetta puntata contro se, il moro lo guardò, stupito dal gesto.
“Faccio io. Imbranato come sei non riuscirai a riaggiustarti il naso. Si Potter non mi guardare così, ti ho rotto il naso” rispose poi all’occhiata eloquente di Harry.
“E’ già la seconda volta..”
Solo un secondo più tardi, dall’espressione confusa di Draco capì di averlo anche detto, oltre che pensato.
“E ci sarà pure la terza se non stai fermo”alzò la bacchetta e pronunciò vari incantesimi in sequenza.
Harry senti un formicolio al naso e se lo tastò per valutare il lavoro di Malfoy.
“Sembra a posto..”
“Ovvio”
Draco lo scrutò di nuovo con quello sguardo indecifrabile, poi si alzò tendendogli la mano, mano che Harry afferrò senza pensarci su nemmeno un attimo.
Solo un secondo più tardi si rese conto di essere caduto in trappola.
Vide l’altro non accennare a mollare la presa e si divincolò inutilmente, ma ormai il biondo lo aveva in pugno.
“Tutto inutile Potter non mi scappi ora!” con un ghigno di soddisfazione il Serpeverde gli mostrò le due bacchette che teneva in mano, aggiungendo “adesso, volente o nolente, mi racconti tutto..andiamo”
Non ebbe quasi il tempo di notare la stretta di Malfoy, talmente forte da spezzargli per poco il polso, che la solita – odiosa – sensazione di strappo all’ombelico diede inizio alla smaterializzazione.

L’unica cosa vagamente sensata che passò nella mente di Harry in quel frangente fu l’idea alquanto bizzarra di poter apparire a Malfoy Manor, davanti a Lucius e Narcissa.





Invece, smentendo le sue aspettative, si smaterializzarono in una bella casa molto spaziosa, nel salotto per l’esattezza.
Draco lo mollò con uno strattone e, bacchetta alla mano, bisbigliò verso le pareti un qualche incantesimo indefinito.
Poi si buttò sul divano in pelle blu a tre posti che si trovava davanti a Harry e disse solo uno “Spiega” che non era né una domanda né non una richiesta ma solo un ordine, in puro Malfoy-stile.

Prima di rispondere Harry cercò di fare chiarezza nei suoi pensieri, visto che era successo tutto talmente in fretta che non aveva avuto nemmeno il tempo di valutare una contromossa.
Al momento si trovava alle strette, questo era chiaro, gli incantesimi pronunciati da Malfoy gli impedivano di smaterializzarsi fuori da li, senza contare che la sua bacchetta era stretta nella mano del biondo.
Non capiva cosa poteva volere da lui il Serpeverde, perché qualcosa Malfoy la voleva, sicuramente, altrimenti non si sarebbe scomodato a portarlo fin lì.

Per prendere tempo si guardò in giro.
Quella era proprio una bella casa.
Arredata bene. Tra lui e il divano c’era un basso tavolino in vetro, a coprire il pavimento un bel tappeto che sembrava decisamente costoso.
Sulla parete accanto, opposta rispetto all’ingresso si trovava la cucina.
Da quell’angolazione Harry poteva vedere solo qualche sedia e una parte del tavolino in legno scuro.
Si, era una casa decisamente bella, per gli standard babbani.

Ma che ci faceva Malfoy in una casa babbana??

Un sorriso strafottente comparve sul suo volto, visto che ormai era in gioco, tanto valeva giocare secondo le sue regole allora.
“Sai Malfoy non ti ho mai sopportato e stasera avrei preferito incontrare chiunque al posto tuo. Nonostante tutto non sono così ingenuo da non capire che non ho possibilità di scelta, quindi ti propongo uno scambio, tu mi spieghi che ci fai qui” e seguì le sue parole con un gesto eloquente delle mani “e io ti racconterò cos’è successo a me”
Sprofondò sul divano di fianco al biondo, poggiando sfrontatamente i piedi sul tavolino basso e beccandosi un’occhiataccia dal padrone di casa.

“Potty, prima cosa giù le tue zampacce dei miei mobili, secondo non sei tu qui a dare ordini, se non te ne fossi accorto questa è casa mia e terzo..ok ci sto, però poi voglio un resoconto dettagliato e completo su cosa cavolo hai combinato per non farti trovare da nessuno.”
La voce aveva mantenuto la solita inflessione strascicata ma lo vide trattenere la rabbia serrando le mani che teneva sulle gambe in pugni.
Malfoy doveva star facendo appello a tutta la sua volontà per non ricominciare a prenderlo a pugni, visto che le nocche erano nuovamente sbiancate fino a diventar ancora più bianche del solito, nonostante tutto però aveva accettato la sua proposta.
La cosa lo stupì non poco, c’era qualcosa di indefinito nel comportamento del biondo che non riusciva ad afferrare.
Qualcosa che aleggia nell’aria, ma che non riusciva a mettere ben a fuoco.
Ed Harry, in vita sua, aveva imparato che fidarsi del suo istinto era quasi sempre la soluzione migliore.
Lo osservò, pronto a notare il minimo indizio che lo potesse portare sulla giusta strada, ma Malfoy continuava a guardare il vuoto davanti a se, come a cercare le parole più adatte per iniziare.

Un silenzio teso aleggiò per qualche secondo, prima che il biondo cominciasse a parlare.
“Ti ricordi il processo, quello al quale hai deposto? Prima che tu uscissi completamente fuori di testa intendo..”

“Contro di te e la tua famiglia?” rispose Harry senza raccogliere la provocazione.

“Esatto quello! Sono stato assolto da tutte le accuse e così anche mia madre e..mio padre” lo vide arrischiare un’occhiata in sua direzione a saggiarne le reazioni.

“Tuo padre si è comprato la giuria?” domandò soltanto.
Draco lo osservò per un momento con un sopracciglio alzato “Secondo te? Ovvio Potter! Pensavo ti saresti infuriato venendone a conoscenza”
“Non sono affari miei, non più..non vedo perché dovrei prendermela per una cosa che non mi riguarda”

“Sei veramente cambiato Potty”
Era una semplice affermazione, il tono usato era quello monocorde che tante volte aveva sentito usare a Malfoy in classe o in sala grande, solo che adesso c’era una nota in più a colorare quella voce, qualcosa di indefinito, che stonava con il testardo atteggiamento d’indifferenza del biondo.
Sembrava quasi un tono..triste? Possibile?

“Pure tu Malfoy” disse accennando nuovamente all’appartamento e riprendendo il discorso, tranciando di netto i fili dei suoi pensieri.

Pensare troppo a volte fa male.

La sua attenzione comunque venne ben presto catturata nuovamente dal racconto di Draco.
“E’ estremamente semplice. Una volta scagionato completamente da tutte le accuse mi sono cercato un lavoro, ho fatto un concorso al Ministero e mi hanno preso. Su Potter non fare quella faccia, non ho comprato nessuno per averlo, che tu ci creda o no! Comunque, nello stesso periodo ho deciso di andarmene da casa dei miei, vivo qui da quasi cinque anni e mi ci trovo bene. In realtà la vita che fanno i babbani mi piace abbastanza”

Harry lo osservò nuovamente con fare ironico, a fargli capire che non si era bevuto nemmeno una parola.

“Ok, ok! In realtà nel modo magico la famiglia Malfoy non è ancora ben vista, sai ex Mangiamorte e cose simili ed io per questioni di immagine ho dovuto far finta di troncare ogni rapporto con loro. E’ stata l’unica condizione imposta dal Ministero per potermi assumere. Questo era una casa che apparteneva alla mia famiglia già da un po’ e che nessuno collegherebbe mai a mio padre, visto che è in una zona completamente babbana. Nonostante tutto ovviamente i primi tempi la maggior parte dei colleghi non mi degnava di uno sguardo”
Lo sguardo di Harry rimaneva fisso sul viso dell’altro a valutarne ogni minimo cambiamento, ogni singolo tratto accennato, ma il volto candito rimase una perfetta maschera di immobilità.
Solo gli occhi vagavano per la stanza, quasi a scatti, a nascondere un disagio nascosto.

“Le cose adesso però sono migliorate” il tono di Malfoy divenne di colpo più allegro, quasi orgoglioso, mentre riprendeva a raccontare “Sono stato promosso da poco, sto facendo una brillante carriera all’interno del Ministero e ultimamente tutti cercano di ingraziarsi i miei favori. Non mi trasferisco perché beh, ormai mi sono affezionato. In realtà alcune cose dei babbani non sono male, sul serio. E..e..”

“E cosa Malfoy?”

Forse il tono era risultato più duro di quello che intendeva perché Draco alzò su di lui uno sguardo risentito e lo fulminò con i suoi occhi argentati.
“E forse non te ne sei mai accorto Potter, troppo preso a pensare ai tuoi problemi, ma la guerra non ha cambiato solo te. Vedere la morte in faccia ha cambiato anche le mie priorità e si, non ho problemi ad ammetterlo, in passato sono stato uno sciocco, stupido, arrogante ragazzino. Però sono fiero di quello che sono diventato. Tutti sono andati avanti dopo la guerra, a quanto pare solo tu sei rimasto ostinatamente ancorato al passato ed al bambino odioso che eri a Hogwarts”

“Io non ero..Malfoy non sai di cosa parli!”

“Oh si che lo so, lo so benissimo. Sei rimasto il ragazzo complessato che eri un tempo, troppo preso dalle tue paranoie da non accorgerti di chi ti stava intorno!”

“Sono cambiato..”

“Non che no-“

“Sono cambiato, Malfoy, non sai quanto!” la voce vacillò mentre soppesava la possibilità di raccontare tutto al biondo, poi ci rinunciò concludendo in un sussurro “Non ne hai nemmeno una vaga idea!”

Harry dalla sua posizione non riusciva a vedere lo sguardo dell’altro e per cambiare discorso ed evitare ulteriori domande si decise a mantenere il patto, per poi sparire il più velocemente possibile da quella città.

Era stata una pessima idea tornare a Londra.

“Non hai idea di quello che ho visto durante la guerra, di TUTTO quello che ho visto. Tu sapevi che avevo una connessione con Voldemort, no?” lo guardò e vide che sussultava a quel nome.
Prese il suo silenzio come un si e continuò imperterrito.

“Spesso durante la guerra la connessione si apriva e io potevo vederlo mentre torturava o uccideva, ho visto anche te, sai? Ti costringeva a torturare un prigioniero ed eri così spaventato.. ed io tutte le volte me ne stavo lì, inerme, senza poter far niente, senza aver il minimo controllo sulla cosa e mi odiavo per quello. Tu, tu e le altre persone che vedevo, tutti quelli che morivano, soffrivano, solo per colpa mia. Poi c’è stata la battaglia e davvero lì ho pensato di non farcela ad un certo punto.
E’ stato dopo aver scoperto il tradimento di Silente che mi sono ripromesso che, nel caso fossi sopravvissuto, me ne sarei andato lontano da tutti e tutto, almeno per un po’.

Lontano dal dolore.

All’inizio pensavo di tornare, di restare fino a che non mi fossi ripreso, ma poi i giorni passavano, diventavano settimane mesi e man mano mi sentivo meglio.
Finalmente ho avuto modo di essere me stesso, di fare quello che fanno tutti i ragazzi della mia età. Sono riuscito a divertirmi senza sentirmi addosso tutte le responsabilità che mi avevano riversato dopo la fine della guerra e senza il Ministero che ogni giorno mi voleva a disposizione per i loro affari.
Semplicemente, per una volta, ho pensato solo a me stesso. E non me ne pento per niente. E’ un bel modo di vivere, dovresti provarlo anche tu”

“E la bacchetta?” lo incalzò il biondo senza cadere nella sua provocazione.

“Incantata. Magia antica. Ho fatto un incantesimo perché non localizzassero me o la mia magia oltre che la bacchetta”

“Ci devi aver pensato a lungo” Una semplice affermazione.

“Si, ma la fuga è stata una decisione istintiva. L’incantesimo era pronto da un po’, quel giorno mi sono semplicemente deciso, non so perché. Comunque ecco, questa è la mia storia Malfoy, soddisfatto ora?”
Erano a pochi centimetri di distanza, le gambe di Harry allungate sul tavolo di fronte sfioravano di tanto in tanto un ginocchio del biondo.

“Abbastanza direi..e adesso Potter?” Malfoy aveva poggiato il collo al divano, chiuso gli occhi e reclinato la testa all’indietro.
Da quella posizione la voce gli era uscita dalla gola particolarmente bassa e roca.

Harry si spostò rapidamente da lì, come un animale braccato, facendo trasalire l’altro.
“Adesso cosa? Cosa intendi Malfoy?”

“Adesso intendi tornare?” Gli occhi di Draco si conficcarono nei suoi con precisione assoluta.
Non ammettevano menzogne, quegli occhi.

“No, assolutamente! Il fatto che tu mi abbia scoperto non vuol dire niente, anzi. Io faccio quello che voglio e al momento non ne ho nessuna intenzione. In realtà penso che non lo vorrò mai”

“Vuoi scappare per tutta la vita per caso?”

“Non sto scappando Malfoy!” Il suo fu un ringhio basso “E se anche fosse, te lo ripeto, non sono affari tuoi”

“Però ci sono persone che aspettano il tuo ritorno” Il tono dell’altro secco e pungente, forse anche un po’ arrabbiato, proprio come il suo.

“No che non ce ne sono. Tutti mi pensano ormai morto” Affermò il moro, giusto per chiarire il concetto.

“Lo pensi davvero? In effetti è strano, pensavo che la prima cosa che mi avresti chiesto fossero notizie dei tuoi amici”
Il moro scrollò le spalle indifferente.
“In realtà non è che mi interessi particolarmente di loro. Ultimamente non provo interesse quasi per niente” vide il sopracciglio biondo dell’altro inclinarsi in una curva perfetta verso l’alto e si affrettò a spiegare.

“Te l’ho detto adesso penso solo a me. Non mi interessa cosa fanno Ron ed Hermione, come stanno o cosa pensano. Non sono affari miei. Non più.”

“Hanno avuto un figlio” accennò appena Draco mentre si spostava di lato i ciuffi che gli nascondevano lo sguardo, cercando di cogliere un minimo cambiamento nel volto del moro “Ha quasi un anno adesso, si chiama Harry James Weasley”

Avesse ricevuto quella notizia qualche anno prima probabilmente Harry sarebbe corso da loro per vedere il piccolo appena nato almeno una volta.

Ma a quanto pare quella parte di lui è stata persa per sempre perché adesso non prova assolutamente niente. Vuoto totale.

“Saranno dei buoni genitori così come sono stati dei buoni amici, non posso far finta di essere qualcuno che non esiste più però. Il loro amico Harry Potter è realmente morto, l’ho ucciso io stesso il giorno in cui me ne sono andato via. Se ne sono fatti una ragione loro, perché tu no?” chiese infine, infastidito per tutta la situazione assurda in cui si trovava.

“Perché io, a differenza loro, ho rivisto lo sguardo di Potter, più volte, stasera. Potter non se ne è andato, semplicemente è stato rilegato da qualche parte dentro di te!”
Harry non riuscì a commentare, semplicemente rimase lì ad osservare Draco, seduto su quel grande divano blu scuro che contrastava terribilmente con i suoi capelli biondi.
Si studiarono, in silenzio, dopo anni di lontananza, fino a che il moro decise di averne abbastanza.

Era stato fin troppo accondiscendente.
Era stato ai patti e gli aveva spiegato in parte le motivazioni che l’avevano spinto ad andarsene e adesso l’unica cosa che voleva era mettere più chilometri possibili tra lui e il Serpeverde.
Ovviamente non gli aveva detto degli incubi.
Non ci teneva a far sapere una cosa così importante, specialmente a Malfoy, ma il biondo sembrava ugualmente soddisfatto delle sue risposte.

Si alzò con calma sentendo che l’altro lo seguiva con lo sguardo.
Si voltò in sua direzione e lo osservò un attimo prima di parlare.

“Adesso, visto che sono stato un bravo bambino e ho fatto quello che mi avevi chiesto fammi uscire di qua. Avrei di meglio da fare che starmene qui con te, la discoteca mi aspetta!”

Probabilmente era stato il tono canzonatorio del moro, oppure il suo modo di fare strafottente, fatto sta che per una volta Draco Malfoy rimase senza parole e gli rese la bacchetta senza mostrare nessun tipo di reazione alle sue parole.
Lo accompagnò semplicemente alla porta e vi si appoggiò invitandolo ad uscire.
Harry pensava di aver quanto meno raggiunto il livello del biondo in fatto di indifferenza e furbizia, ma dovette ricredersi quando la voce del Serpeverde lo raggiunse mentre stava già sul vialetto in procinto di smaterializzarsi.

“Hey, Potty Potty! Non crederai davvero che dopo stasera tu possa andartene indisturbato da qui, vero?? Dimmi..quanto sei disposto a pagare per la tua liberta?” il tono era identico a quello che nei corridoi di scuola lo prendeva perennemente in giro.
“Cosa??”
Mentre il moro lo osservava confuso, Malfoy chiarì il concetto.
“So il tuo segreto Potter, non penserai davvero che me lo terrò per me solo per farti un piacere. Dovrai pagare il mio silenzio e per farlo dovrai sottostare ai miei ordini”

“Tu sogni Malfoy! Perché mai dovrei? Mi basta smaterializzarmi per..”
“..per far si che io vada al Ministero e racconti a tutti di questa magia antica con cui ti sei nascosto in tutto questo tempo. Non penso ci impiegherebbero molto a capire di cosa si tratti sai?”
“Non puoi..”
“Si che posso Sfregiato. Io sono un Serpeverde, ricordi? Mai fidarsi dei Serpeverde”

Dopotutto un Malfoy è sempre un Malfoy.
Certe cose non cambiano mai.

La rabbia pervase Harry dalla testa ai piedi. Se lo sarebbe dovuto aspettare!
Stupido lui a confessare una cosa così importante come se niente fosse.
Cosa stava pensando, mentre spiattellava a Malfoy tutto il suo piano??
Se fossero venuti a conoscenza di quell’incantesimo avrebbero potuto rintracciarlo facilmente.
L’aveva incastrato, dannazione.

Si voltò piano verso il biondo, gli occhi socchiusi e le mani strette a pugni lungo i fianchi.

“Cosa vuoi Malfoy?”

La voce del biondo gli parve ancora più strascicata del solito mentre pronunciava la sua condanna.
“Voglio tenerti sotto controllo, almeno finché non mi stanco. Le condizioni sono queste e tu non hai possibilità di scegliere Potter. Ovviamente non andrai da nessuna parte, rimarrai a Londra e farai tutto quello che ti dirò, ogni volta che ti chiamerò dovrai correre ed essere sempre a mia disposizione e poi..qualcosa mi verrà in mente strada facendo, non preoccuparti, sarà divertente vedrai!”

Harry scattò così in fretta che Draco quasi non lo vide, si ritrovò le mani del moro che stringevano il suo colletto e la faccia del Grifondoro a due centimetri dalla sua.
“Perché?”
“Perchè l’idea di poter comandare a bacchetta il salvatore del mondo magico mi diverte Potter, nient’altro”
“Io non accetterò mai ordini da te..”
Il biondo se lo scrollò di dosso con uno scossone e fece un passo indietro, per poterlo vedere meglio negli occhi.
“Bene, fa come credi allora. Domani, alle 17,00 alla caffetteria davanti la discoteca di stasera. Vedi di essere puntuale. Altrimenti capirò che non ti interessa mantenere l’anonimato e mi comporterò di conseguenza, a te la scelta”
Detto questo si richiuse la porta alle spalle e lasciò Harry da solo nel piccolo vialetto, immobile come una statua di sale.

Voleva emozioni forti, ecco, Malfoy lo aveva accontentato.

Se ne tornò direttamente al suo appartamento, livido di rabbia.
Se Malfoy pensava sul serio di poter dar ordini a lui si sbagliava di grosso.
Sarebbe bastato un suo Oblivion ben fatto ed il biondo si sarebbe dimenticato tutta quella serata.
Harry non lo aveva fatto semplicemente perché il modo di fare del biondo lo aveva incuriosito non poco e voleva scoprire cosa nascondesse, perché sicuramente c’era qualcosa dietro a tutto quello.
Non era poi di poco conto il fatto che rispetto al principino viziato che Harry ricordava, il Draco Malfoy che aveva incontrato quella sera era profondamente cambiato.
Tutti gli anni passati a litigare per qualsiasi cosa, a combattere in schieramenti opposti, a sopportare le cattiverie gratuite del biondino avrebbero dovuto far si che Harry non gli rivolgesse nemmeno la parola, nonostante tutto invece c’era qualcosa in quegli occhi grigi che Harry non riusciva proprio ad interpretare ma che lo faceva essere sicuro del fatto che il cambiamento avvenuto nel biondo dovesse essere più radicale di quanto dava a vedere.

Ecco, proprio in base a quella sicurezza, anche sapendo di andare incontro all’enorme rischio di vedersi smascherato, Harry decise di tenergli il gioco, almeno per un paio di giorni.
Solo per vedere se la cosa potesse risultare divertente o meno, si disse.
Se le cose avessero preso una brutta piega gli sarebbe bastato l’incantesimo di memoria, per poter sparire di nuovo nel nulla.
Povero Malfoy, non sapeva con chi aveva a che fare e se pensava di aver trovato Potter si sbagliava di grosso.
Harry Spungen non era di certo come il ragazzino Grifondoro che conosceva.
Il biondo avrebbe avuto una brutta sorpresa probabilmente.












Passiamo subito a rispondere ai commenti sia quelli fatti al prologo che quelli fatti al primo capitolo^^

Per antote: Sono contenta ti sia piaciuto l’inizio della storia, vedrai che con questo secondo capitolo le cose si cominceranno a delineare maggiormente. Spero che questi primi chap siano stati all’altezza del prologo :)

Per Maira_Hermione96: Mi fa piacere ti piaccia la storia e spero seguirai anche i prossimi capitoli ;) Grazie mille per i complimenti!!

Per ragazza silenziosa: In realtà ho creato questa storia proprio attorno all’immagine di un Harry più adulto e decisamente più menefreghista, cercando di dimostrare come appaia cambiato anche a chi come Ernie lo aveva conosciuto, al punto da essere quasi irriconoscibile. Fammi sapere cosa ne pensi anche di questo capitolo..ti piace il ‘nuovo’ Harry?^^

Per Lalia: Tocchi una nota dolente, solitamente i riassunti sono la mia croce, visto che vorrei in poche righe riuscire ad esprimere al meglio le caratteristiche della storia, ed invece alla fine solitamente scelgo di mettere alcune parti cruciali del racconto. Sono contenta di averci azzeccato questa volta :) Visto che il prologo ti aveva incuriosito, fammi sapere che ne pensi, ora che la storia si sta delineando..

Per hay_chan: Sono contenta che segui dall’inizio la storia e sono d’accordo con te: Harry è un po’ sfortunato, ma quello lo si è sempre saputo, attira i problemi lui, ha una specie di calamita. Anche se, Draco è da considerarsi un problema? :P

Per dany23: Mhh, chissà se si è girato per caso o meno? Io ho la bocca cucita su questo, diciamo che magari più avanti avrai una risposta :P

Per _G0tik4_: Grazie per i complimenti^^ Anche se l’aggiornamento non è stato così veloce, spero di essermi fatta perdonare con il confronto tra i due :)

A presto
Layla84

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Documento senza titolo

Ed eccomi qua finalmente con questo nuovo capitolo.
Finalmente ho cambiato pc e quindi d’ora in avanti gli aggiornamenti saranno più rapidi.
Spero che chi segua questa storia possa lasciare anche un solo, piccolo commento, in modo da farmi sapere se piace o meno.
Intanto, buona lettura.

 

 

 

Pieno centro di Londra.
Ore 17.10, seduto all’aperto della pasticceria più gettonata del momento Draco Malfoy picchiettava nervosamente le dita della mano contro il freddo metallo del tavolo. Il tamburellare aumentava d’intensità man mano che i minuti passavano.
Di Potter intanto, nemmeno l’ombra.

L’ex Grifondoro quel giorno stava giocando con la poca pazienza rimasta al biondo, ed a farne le spese quel giorno intanto era stato il povero cameriere del locale che, quando solo cinque minuti prima si era avvicinato al tavolo del Serpeverde per servirlo, si era sentito lanciare contro una sequela colorita d’improperi, oltre che una sedia, reo secondo il biondo di avergli versato del caffè sul tavolo mentre portava la sua ordinazione.
Il poveretto, al momento orbitava il più lontano possibile dalla zona in cui era seduto il biondo, lanciando di tanto in tanto un’occhiata timorosa in sua direzione.
Intanto Malfoy, leggermente più tranquillo dopo quella sfuriata, continuava a tenere lo sguardo fisso sulla strada davanti a se, fulminando ogni persona che passava davanti a lui e la cui unica colpa era quella di non essere Potter.

 

 

Alle 17.20, ignaro di tutto il trambusto che con il suo ritardo aveva provocato, dall’altro lato della strada apparve, giacchetto in pelle d’ordinanza, niente di meno che Harry-colui-che-fa-attendere-sempre-e-comunque.
Harry camminava tranquillamente tra la folla, senza fretta, guardandosi intorno.
Indossava una maglietta sportiva nera sotto la solita giacca, dei jeans strappati e un cappello verde scuro a coprirgli il cespuglio disordinato che si ritrovava come capelli.

Arrivato al tavolo di Malfoy, ignaro del pericolo lo salutò tranquillamente con un cenno del capo, prima di sedersi sulla sedia in metallo davanti all’altro.
Solo una volta alzati gli occhi verdi sulla figura del biondo, Harry si rese conto che qualcosa non andava, chiedendo, con la sua voce più innocente un “Malfoy, come mai quell’aria infuriata? La rabbia fa venire le rughe, te l’ha mai detto nessuno?” che fece esplodere il Serpeverde.

“Potter, ti rendi conto vero di avere venti, dico venti minuti di ritardo?? Hai una vaga idea di cosa sia la buona educazione tu?”
“Ma dai? Una tragedia eh?” rispose in tono canzonatorio il moro, divertito da tutta quella situazione.
“Ma cosa parlo a fare con te?” disse quasi tra se e se il biondo, passandosi con fare melodrammatico una mano sugli occhi.
“Per caso mi avevi detto di essere puntuale? Sai con tutte le cavolate che dici non posso ascoltarti sempre”
“Si che te lo avevo detto e comunque era sottointeso che, visto che avevi un appuntamento con me, tu dovessi rispettare puntualmente l’orario”
“Certo appuntamento, come no! Mi ci hai costretto Malfoy, non avevo scelta mi pare”
“Abbassa il tono Potter, con me non attacca questa tua nuova posa da duro che ti sei creato”
“Sei assurdo! Sono venuto solo per mia curiosità e nient’altro, non penserai davvero che le tue minacce mi facciano paura perché non è così. Ricordati che posso lanciarti un Oblivion in qualsiasi momento io voglia e non so cosa mi trattenga dal farlo, a dir la verità”
“Oh! Io lo so cos’è, se vuoi te lo spiego” sorrise sornione l’altro, ritrovando la calma.
“Avanti Malfoy allora, sputa il rospo!”
“Ti trattiene quella parte di te che ancora ci tiene a comportarsi da perfetto Grifondoro, in puro stile potteriano. Comunque non pensare neanche di poterci provare, ho già fatto in modo che anche se tu mi lanciassi un Oblivion io possa comunque riuscire a denunciarti. Non ti spiego come perché io non sono così stupido da rivelare le parti fondamentali dei miei piani ai miei nemici”
“Magari allora per adesso mi accontenterò di lanciarti un pugno, che ne dici?”
“Dico che dovresti essere meno aggressivo Potter e goderti un buon caffè”
Il biondo per chiudere la discussione lanciò contro Harry un menù che il moro prese al volo, dimostrando che tutti quegli anni lontano dal mondo della magia non avevano arrugginito i suoi riflessi da cercatore.

“Anzitutto non chiamarmi ‘Potter’, non lo sono più. Adesso il mio nome è Harry Spungen. Vedi di farci l’abitudine” disse questi mentre iniziava a spulciare il menù.

La reazione di Malfoy fu talmente spropositata che quasi cadde dalla sedia dalla sorpresa, mentre i menu scivolava via dalle sue mani.

“Spungen? SPUNGEN?? Ma che razza di cognome orrendo è Spungen? Sembra il classico nome babbano. Se lo avessi io un obbrobrio del genere, penso mi sarei suicidato da giovane!”
“Perché Malfoy è meglio invece..”
“Suona bene con il mio nome..Draco Malfoy, senti com’è armonioso. Invece ti immagini Draco Spungen, sarebbe terribile!”
Vide gli occhi argentati assottigliarsi un attimo, poi il biondo si voltò per richiamare a gran voce il cameriere che se ne stava nell’angolo opposto a quello in cui si trovavano loro.
Questi arrivò al tavolo con la faccia terrorizzata e prese le ordinazioni. Malfoy ordinò del caffè per entrambi – ovviamente senza consultarlo – prima di riportare la propria attenzione su di lui.

“Questa volta paghi tu. Dopo avermi fatto aspettare quasi mezzora e avermi fatto pensare a che orrore di cognome poteva toccarmi se mi fosse andata male, è il minimo che puoi fare per farti perdonare”
“Comunque a me non piace il caffè” puntualizzò Harry, quasi divertito dalla situazione surreale.
“Ti sbagli! Non piaceva a Harry Potter, ma Harry Spungen lo adora sicuramente!”
Per quanto la situazione di per se fosse assurda -lui costretto a vedersi con Malfoy in una caffetteria babbana e a subirsi le sue stranezze - Harry in quel momento si stupì del fatto che stava bene in compagnia del biondo.

Un sorriso affiorò sulle sue labbra senza che potesse fermarsi e vide anche gli angoli della bocca di Draco curvarsi all’insù, prima che questi si voltasse di nuovo in direzione del cameriere per far presente quanto scarsa fosse la qualità del servizio di quel posto.

Passarono più di un’ora così, saltando da cose più serie ai capricci di Draco, perdendo la cognizione del tempo.
Quando, alle sei passate, il cameriere andò per l’ennesima volta al loro tavolo a chiedere se prendevano qualcos’altro, Harry aveva già raccontato a Draco i vari cognomi che aveva cambiato - tutti orrendi secondo il biondo - e il suo esperimento col Nottetempo che l’altro che aveva commentato un “Che idiota che sei, Potter!” sopprimendo un sorriso nella tazza del caffè che non era passato inosservato ad Harry.

Poi era stato il biondo a parlare, gli aveva raccontato di Blaise e Pansy, del fatto che era rimasto in contatto con loro, sempre, anche durante la guerra e che lo avevano convinto loro ad andare in discoteca, per smaltire un po’ lo stress del nuovo lavoro.
“Non pensi ad altro che al lavoro Draco, dovresti divertirti di più” gli scimmiottò il biondo in un’imitazione che ricordava una perfetta Pansy al tempo di Hogwarts.

Quando si decisero finalmente a pagare, con somma gioia del povero cameriere Harry si arrischiò a fare una domanda che dalla sera prima gli ronzava in testa.
“Toglimi una curiosità Malfoy. Come ci sei riuscito a riconoscermi visto che nessun altro ci riesce? Con questi vestiti, la barba  e la cicatrice coperta dai capelli non penso di somigliare poi molto al Potter che tu ricordi”
Gli occhi grigi del biondo lo stavano osservando in quel momento da una strana angolazione, dal basso verso l’alto, visto che lui era già in piedi, mentre l’altro era ancora comodamente seduto al tavolo.
Malfoy lo guardò così intensamente che quasi sentì il desiderio di distogliere lo sguardo per paura di rimanerne scottato, prima che la sua risposta lo gelasse.
“Potter, mi sottovaluti. Riconoscerei te ed i tuoi occhi in qualsiasi momento” disse con  un tono fin tropo serio alzandosi e facendo cozzare la sua spalla con quella dell’altro, in uno strano  gesto di saluto.
“Domani stesso posto stessa ora. Puntuale”
Un istante dopo Harry stava osservando la schiena del Serpeverde che si allontanava tra la folla.

 

 

I giorni successivi si susseguirono scanditi da questi incontri veloci, sempre nella solita caffetteria.
Non era successo niente di particolare, se ne rimanevano lì a parlare o a punzecchiarsi, parlando di qualsiasi argomento venisse in mente al biondo, visto che raramente il moro iniziava la conversazione, se non per punzecchiare l’altro.
Erano passati ormai cinque giorni dal loro primo incontro e quelle chiacchierate giornaliere, stavano diventando un’abitudine ormai.
Non che Harry se lo aspettasse, ma quel Malfoy che si trovava davanti a lui in quel momento, gli andava a genio come poche persone, nell’ultimo periodo, riuscivano a fare.
Anche perché, nel frattempo, si era fatto un’idea più precisa sul Serpeverde.
Probabilmente non era poi così cambiato dai tempi della scuola, semplicemente era lui che non aveva mai avuto modo di conoscere anche quel lato di Malfoy.
Aveva scoperto che questo era pieno di piccole stravaganze e si divertiva un mondo ad infastidire le persone. Soprattutto i camerieri.
Nella caffetteria che era diventata oramai il loro punto di ritrovo. Ogni giorno ne trovavano uno nuovo che puntualmente dopo aver servito il biondo non si ripresentava a lavoro il giorno successivo.
Harry immaginava che un giorno o l’altro il proprietario sarebbe andato da loro a chiedergli di non presentarsi più, anche se aveva l’impressione che pure lui avesse paura del Serpeverde.

Per quanto assurde, in realtà ad Harry queste stranezze dell’altro iniziavano a piacere, soprattutto perché avevano il potere di distrarlo dai suoi cupi pensieri.

 

 

Al momento si trovavano al solito bar, con le solite due tazze di caffè fumanti davanti.
Il biondo stava zuccherando con attenzione la sua bevanda, senza degnare il moro di un’occhiata.
Questi intanto guardava con ostilità la tazza ancora piena davanti a lui.
Ecco una cosa che ancora non aveva capito.
Dal primo giorno che si erano visti lì, il biondo aveva aperto anche la crociata ancora in corso al motto “il caffè piace ad Harry Spungen” e che lo vedeva costretto a sorbirsi ogni giorno tazze e tazze di quella bevanda.
Bevanda che tra l’altro sembrava far impazzire il biondo che ne beveva in continuazione, ordinando insieme ogni genere di schifezza contenesse cioccolata.
Come riusciva a non diventare obeso con tutta la roba che divorava era un mistero.
In sostanza se Harry era diventato più cupo e silenzioso in quegli anni, Malfoy aveva tirato fuori il lato più chiassoso del suo carattere.
In più, almeno per il momento non avevano litigato.
Assurdo, visto i loro precedenti.
Ovvio, si punzecchiavano a vicenda - Harry adorava prenderlo in giro per le sue manie - ma non si erano più presi a pugni o insultati seriamente dalla prima sera.
Sembravano entrambi soddisfatti dalla piega che avevano preso quegli incontri e non erano più tornati sul discorso ‘ricatto’.
Malfoy aveva preso il silenzio di Harry come accettazione del patto e il moro da parte sua anche se avrebbe voluto sparire dalla circolazione, non riusciva ormai a rinunciare a quei piccoli momenti con il biondo.
Teneva a bada la sua coscienza dicendo che era solo per pura curiosità e perché con il biondo effettivamente si divertiva ma in realtà le cose erano ben diverse.
Aveva voglia a dire che il motivo era quello, ma il fatto che non rinunciasse mai ad un loro incontro e che il pensiero dei guai che i loro incontri potevano portare erano solo un lontano eco nella sua mente, smentiva questa sua teoria.
Non era da lui ragionare così.
In verità, niente di quello che faceva con Malfoy ultimamente era da lui.

 

 

Capì che era realmente così una mattina di circa una settimana dopo, mentre il biondo lo tormentava con la sua paura di diventare calvo – un paio di giorni prima aveva trovato un capello sul suo cuscino e da quel momento era terrorizzato all’idea di stempiarsi – e lui lo osservava disperarsi divertito.
Era uscito fuori che il giorno successivo, sabato, Malfoy sarebbe dovuto restare a coprire un turno in ufficio anche nel pomeriggio.
Quindi niente caffè insieme.
L’unico commento del biondo fu un ‘Per domani saltiamo, ci rivediamo domenica’ senza particolare enfasi, che l’aveva lasciato con l’amaro in bocca, cosa che sorprese lui stesso.

Un giorno intero senza sentire le sciocchezze di Malfoy.

Si era reso conto in quel momento che alla fine quell’ora giornaliera era diventata più importante di quello che credeva e aveva agito di conseguenza.
Come solito fare da un po’ di tempo a quella parte, qualsiasi cosa che si avvicinava troppo a lui, veniva immancabilmente allontanata all’istante.
Decise che avrebbe fatto lo stesso con il biondo.

Allontanare Malfoy dalla sua vita, niente di più facile, almeno sulla carta.

 

 

Due giorni dopo quindi, in perfetto orario, alle 17.00 precise, Harry si presentò al bar convinto a mettere in pratica la sua decisione.
Avrebbe mantenuto le distanze dal biondo, finché questi non si fosse stancato della situazione e l’avesse lasciato libero.
Lanciò una lunga occhiata tra i clienti che occupavano ai tavoli: di Malfoy nemmeno traccia.
Si stava giusto chiedendo cosa fare e se il biondo si sarebbe presentato o meno che il suo sguardo spostandosi sul marciapiede incrociò due occhi grigi che lo osservavano divertiti.
I suoi piani per liberarsi del biondo svanirono in quello stesso istante, come neve al sole.

Draco se ne stava poggiato al muro, una mano nella tasca dei pantaloni di jeans grigi, l’altra poggiata al ginocchio della gamba destra piegato per permettergli di poggiare la suola della scarpa sui mattoni dietro di lui.
Portava un maglioncino nero che metteva incredibilmente in risalto il biondo dei suoi capelli.
Dentro se Harry ammise, sconfitto, che Malfoy era proprio un bel ragazzo.

E che probabilmente lui ne era un tantino attratto, ma giusto poco poco.
Ma questo non voleva dire niente. O almeno sperava.

“Spungennnnn”
Lo canzonò questi, prima di avvicinarsi a lui e indirizzargli un sorriso furbesco.
“Malfoy, che scherzo patetico”
“Non era uno scherzo Potter, ero solo curioso di vedere la tua faccia se non mi fossi presentato, tutto qui”
“E l’espressione della mia faccia è stata soddisfacente?”
“Abbastanza si. Sembravi un pesce lesso”
Sembrava particolarmente di buon umore, Draco, così anche lui si rilassò impercettibilmente avviandosi verso il bar accantonando definitivamente il  suo piano.
Niente da Fare. Con Malfoy non riusciva mai ad averla vinta.
“No no Potter, forse non ci siamo capiti. Oggi niente bar”
“..”
“Devo andare a fare un paio di cose, che ne dici di venire con me? Nessun posto frequentato da maghi ovviamente. Almeno non più di una discoteca” concluse ghignando in sua direzione.
Il buonumore del Serpeverde contagiò anche lui e si ritrovarono ben presto a zonzo per le vie della città come due vecchi amici.
Era la prima volta che vedeva il biondo al di fuori della caffetteria e notò che alla fine non erano così diversi loro due.
Harry aveva semplicemente conquistato scappando quello che Draco aveva conquistato restando e scendendo a patti con il suo orgoglio: la libertà di fare quello che volevano.

Si chiese il moro, mentre accompagnava l’altro in giro, se tutto quello che aveva fatto negli ultimi sei anni avesse avuto un senso, se il chiudersi al mondo fosse stata la cosa giusta, ma come al solito non trovò risposta alle sue domande.
Anzi, un nuovo quesito si era formato nella sua mente.

Non è che continuo a frequentare Malfoy solo perché in realtà vorrei poter tornare indietro?
Perché lui è l’unico legame con il mondo magico?

Continuando a camminando a fianco del biondo e chiacchierando con lui si accorse però che non era quello il motivo per cui erano passati tutti quei giorni, senza che lui avesse preso la decisione di andarsene di nuovo, nel nulla.
Gli piaceva stare con lui. Punto. Ecco la verità.

E non riusciva in nessun modo a staccarsi da Malfoy o anche solo a pensare all’idea di non poter più risentire i suoi stupidi capricci.

E da qualche parte, in fondo al suo cuore, qualcosa si mosse, riprendendo a battere.

 

 

Le commissioni di Draco, che si rivelarono, essere la ricerca del regalo per il compleanno di Pansy, furono disastrose.
A quanto pareva la ragazza pretendeva ogni anno qualcosa di estremamente ‘carino e costoso’, o almeno erano state queste le esatte parole riportate dal biondo.
Girarono una decina di negozi senza trovare niente di adatto e sempre più sconsolati finché non furono buttati fuori dall’ennesimo negoziante che voleva chiudere.
“Che modi buzzurri Io sono un Mal..”
“Si si..tu sarai anche un Malfoy ma sono le otto passate, stanno tutti chiudendo” lo canzonò Harry, stanco da tutto quel girare.

Sfiniti e senza essere riusciti a comprare alcunché si incamminarono per strada, spalla a spalla.
Fu Harry ad interrompere poco dopo quel silenzio così rilassante.
“Io abito qui vicino, ci vediamo domani allora”
Non l’avesse mai detto.
Draco, come fulminato da un’idea improvvisa, si intestardì nel voler vedere a ogni costo il suo appartamento e a niente valsero le sue proteste.
Il biondo disse che voleva andare da lui un po’ perché era curioso e un po’ perché “con questa informazione potrei anche ricattarli, lo sai?” prima di fissarlo un attimo e poi sussurrare uno stupito “Ah no è vero, lo faccio già quello!” in maniera così innocente e stupita che fece scoppiare a ridere Harry in mezzo alla strada.

E per la prima volta in anni si sentì realmente libero.

Poteva essere anche la scelta più folle del mondo, ma Harry decise proprio in quel momento di continuare a vedere Malfoy, almeno finché fosse stato possibile.

 

 

Arrivati all’edificio in cui si trovava il suo appartamento, Draco storse vistosamente la bocca ma il commento ‘Che schifo’ che si leggeva chiaramente nei suoi occhi non raggiunse mai le sue labbra.
Il posto non era dei migliori, Harry ne era consapevole.
Abitava in una zona un po’ malfamata e l’edificio in cui stava, visto da fuori, appariva un po’ fatiscente, ma l’interno della casa risultava abbastanza carino.
Non come quello di Malfoy, ma comunque visto che non aveva molti soldi babbani quello era stato il massimo che si era potuto permettere.
Ed era sempre meglio che vivere in un sottoscala.
Nel palazzo non c’era ascensore e il suo appartamento si trovava al quarto piano, già questo per il Serpeverde fu l’inizio del dramma.

Dramma che si protrasse e poi concluse all’interno del locale.
Harry non ci aveva mai badato più di tanto, in tutti quegli anni aveva abitato in posti ben peggiori di quello, soprattutto all’inizio, ma Draco riuscì però a trovare difetti ovunque.
Dal colore dei muri allo spessore delle porte, dal tessuto delle tende alla forma delle sedie tutto per lui era orrendo.
Alla fine della perlustrazione la testa bionda fece capolino dalla porta della cucina con un’idea ben precisa.

“L’ho sempre detto io che i Grifondoro hanno pessimi gusti” gli disse con aria sicura “Ho deciso, Potter. Ti troverai il prima possibile un altro posto dove vivere. Ovviamente ti aiuterò io a trovare una casa decente, visto che non mi fido del suo giudizio”

Ecco, si disse Harry, mentre osservava il biondo a braccia conserte, che nel mezzo del suo salotto che lo osservava con aria di sfida.
Ecco, adesso si, che era rovinato.

 

 

 

Anzitutto ci tengo a dire che non sono impazzita ad inserire un capitolo di questo genere dopo i due più ‘pesanti’ dell’inizio, i comportamenti di questi due verranno chiariti più avanti tranquille.
Ed eccoci ai commenti, sperando che intanto questo capitolo sia stato di vostro gradimento ;)
Già che ci siamo, vediamo se riuscite a trovare il piccolo richiamo alla Rowling che ho inserito in questo capitolo..è una cavolata ve lo dico subito, ma appena ho letto la cosa ho deciso di inserirla :P

Per dany23: Non vorrei che questo capitolo ti avesse delusa, ma tranquilla, non sono impazziti, più avanti avranno modo di chiarirsi..a tutto c’è una spiegazione e si.. Draco è sempre cinico, anche se negli anni è cambiato come è giusto che sia e Harry, bhè dire che Harry è un tantino confuso è dir poco.. nei prossimi capitoli lo si noterà ancora di più, ma stai tranquilla, il ‘nuovo Harry’ ci riserverà ancora un bel po’ di sorprese..

Per antote: Che Draco sia ‘scongelato’ non ci sono dubbi. Che Harry sia diventato cinico nemmeno, anche se in questo capitolo non lo dimostra non preoccuparti, il suo nuovo carattere è lì, che aspetta solo di tornare a galla..

Per ragazza silenziosa: Si per Draco sarà una vera e propria sfida, soprattutto perché Harry di base è confuso e non riesce a capire nemmeno lui cosa vuole dalla vita, per questo è così poco combattivo.  Non riesce a scegliere e lascia che siano gli eventi a farlo per lui..anche con Draco, al momento si sono avvicinati ma chi dice che durerà?? Il vero confronto tra i due è alle porte..

Per hay_chan: Sono d’accordo con te, Draco è tutto fuorchè un problema, anche Harry se ne sta accorgendo, pian piano ;)

 

Layla84

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Documento senza titolo

Nuovo capitolo e no, non sono impazzita. C’è una spiegazione logica per la piega che prenderanno gli eventi e ben presto la capirete anche voi, diciamo che questo è un assaggio, nel prossimo capitolo avrete maggiori spiegazioni :)

Ci terrei ad avere una vostra opinione, anche da parte di chi soltanto legge la storia o di chi l’ha inserita tra i preferiti. Non avete idea di quanto i vostri commenti facciano piacere agli autori e quanto spronino a migliorare, quindi grazie mille a tutte/i quelle/i che hanno commentato finora. Di cuore.

 

Extra: Ne approfitto anche per chiedervi un piccolo aiuto. Rileggendo più volte i capitoli ho notato che restano errori qua e là e mi sono resa conto di aver bisogno di una beta.
Se qualche anima pia volesse rendersi disponibile in tal senso mi contatti privatamente, mi farebbe un enorme favore. Grazie mille ;)

Ora vi lascio alla storia e vi aspetto alla fine per le risposte ai commenti.

Layla84

 

 

 

Com’erano passati, in quei pochi giorni, da anni di disprezzo reciproco a quella specie di amicizia, Harry non riusciva a capirlo.
Fatto sta che non si era opposto alla decisione di Malfoy di cercare insieme una nuova abitazione, visto che per lui poco importava dove vivere e soprattutto era stata l’aria così soddisfatta dell’altro a farlo desistere dal rifiutare l’idea.

Harry non riusciva a capire cosa fosse, ma qualcosa nel biondo lo attirava come una calamita ed era curioso, si curioso, ecco, era quella la parola giusta, di conoscere il vero Malfoy.
Questo per lui era un cambiamento non indifferente, visto che poche cose da quando era fuggito lo avevano interessato tanto, per lo più tendeva a fregarsene di tutti, vivendo alla giornata.

Un pomeriggio, davanti ad un cappuccino fumante, aveva raccontato a Draco dove lavorava, quando il biondo, per l’ennesima volta, aveva trattato male il cameriere.
Solo che questa volta era stata una ragazza a servirli e a sentire le osservazioni spietate di Malfoy era scoppiata in lacrime, correndo via.
“Non che me ne importi qualcosa ma… dovresti smetterla sai?”
“Di fare cosa? Sembrava davvero una papera mentre tentava di portare le ordinazioni al tavolo e il cappuccino è realmente rimasto quasi tutto sul vassoio, invece che nella tazza dove dovrebbe stare di solito”
“Lo so… ma continuando così ci butteranno fuori, prima o poi”
“L’unica cosa buona qui è il caffè, è difficile trovare qualcuno che lo faccia bene, ma prima o poi sarò io che deciderò di frequentare un posto dove il servizio è migliore, qui tutti i camerieri fanno schifo”
“Sei tu che pretendi troppo Malfoy”
“No Potter, sei tu che non sai come dovrebbe comportarsi un vero cameriere, semmai”
“Hemm” il moro si grattò la guancia con un sorrisino imbarazzato “Non te ne ho mai parlato, ma la maggior parte dei lavori che ho fatto in questi anni comprendevano il barista o il cameriere, quindi conosco bene il mestiere”
“Tu, Potter, facevi il cameriere?? Tu, che sei l’imbranato per eccellenza?”
“In realtà lo faccio anche a Londra. Lavoro in un bar vicino al mio appartamento”
“..”
“Malfoy?”
“Cioè tu mi stai dicendo che… che… posso venire  a scroccare il caffè da te e non me lo avevi mai detto? Non pensavo tu fossi così cattivo Potter” disse con voce lamentosa.
“Non puoi venire a scroccare il caffè, altrimenti il capo mi licenzia”
“Però posso passare per vedere se riesci a fare un buon caffè”
“No, non ci pensare nemmeno. Ho visto come tratti i camerieri, no grazie”
“Potter, ovviamente con te mi comporterò diversamente” disse Malfoy con aria offesa, venendo però tradito dal luccicare divertito dei suoi occhi. Probabilmente stava pensando a cosa poter combinare al moro.
Harry sospiro.
Sapeva fin dall’inizio che era una cattiva idea, ora se lo sarebbe ritrovato al locale a lamentarsi di tutto.
Un po’ ci si stava abituando, però.

 

 

A quanto pareva aveva cominciato a conoscere bene Malfoy perché la mattina dopo, alle nove, mentre il bar era pieno di persone che facevano colazione, vide una testa bionda fare capolino dalla porta d’ingresso.
Il posto era, tutto sommato, carino.
Era un comune bar di città, molto vicino a diversi uffici e quindi sempre relativamente pieno la mattina.
Solitamente a quell’ora c’era sempre lui a servire, visto che il suo turno era dalle sette alle quindici, quando poi il titolare del posto arrivava per dargli il cambio.
Harry se ne stava dietro il lungo bancone, intento a preparare una serie di caffè, quando se lo vide arrivare sorridente davanti.
“Un caffè triplo e una ciambella, grazie”
“Buongiorno, eh!”
“Scusi?? Il mio caffè prego”
L’idiota faceva finta di non conoscerlo! Lo vide sedersi ad un tavolino vicino alla finestra, intento ad osservare la gente attorno a lui.
Quando portò la sua ordinazione al tavolo il biondo lo stava osservando con fare critico, probabilmente cercando in lui qualcosa da criticare, come faceva con tutti gli altri camerieri.
Non riuscì a chiedergli cosa avesse intenzione di fare perché un gruppo di persone era appena entrato e lui era da solo a servire.
Per circa una buona mezz’ora non ebbe un attimo di pace, tra ordinazioni e caffè vari non riuscì a far altro che buttare di tanto in tanto un’occhiata al tavolo del biondo, vedendolo immerso nella lettura di un giornale babbano.

Verso le dieci il locale si era svuotato ed Harry poté prendersi un attimo di pausa.
Nel bar era rimasto solo Draco ed un paio di signori seduti nel tavolo più appartato del locale.
Si sedette senza tanti complimenti davanti all’altro, notando che aveva finito tutto il suo caffè.
“Che ci fai ancora qua? Non lavori oggi?”
L’altro decise di smettere di far finta di non conoscerlo e gli sorrise furbescamente.
“Entro più tardi oggi ed ero curioso di vedere il tuo lavoro”
“Il mio lavoro non è niente di speciale”
“Potter?”
“Dimmi” rispose stranito dal tono di voce del biondo. Raramente lo aveva sentito così serio.
“Devo dirti una cosa, sembra impossibile anche a me ma… il tuo caffè è il più buono che abbia mai assaggiato! Ho deciso che questo posto diventerà il mio bar d’ora in poi!!”
Harry quasi cadde dalla sedia vedendolo così esaltato nel pronunciare quella frase che quasi non ne capì il senso.
“Vorresti dire che... ”
“Che ogni mattina, d’ora in poi verrò qui a farmi preparare il caffè da te!”
“Ma... ”
“Niente ma, Potter! Io sono il cliente e tu il cameriere, quindi non puoi dirmi assolutamente nulla! Sai non lo avrei mai creduto, ma questa tua dote nascosta ti fa guadagnare molti punti”
Harry rinunciò a controbattere, anche se sarebbe stato curioso di sapere in cosa avesse guadagnato quei punti, quando il biondo si alzò lasciando i soldi sul tavolo.
“Devo andare, ci vediamo stasera Potter?”
“Al solito posto, alle 17.00?”
“Veramente mi chiedevo se ti andasse di venire con me in un nuovo locale che hanno aperto da poco, è una specie di discoteca ed è qui vicino, che ne pensi?”
Harry rimase un attimo spiazzato dalla proposta, quella di Malfoy sembrava un’ uscita tra amici, ma sentì la sua voce stupirlo ed accettare la proposta in automatico.
“Ok, a che ora?”
“Alle dieci, che ne dici se passo da casa tua?”
“A stasera allora” disse mentre toglieva la tazza per ripulire il tavolo di Malfoy.
“Ora scappo altrimenti il mio capo mi licenzia” sentì dire dall’altro alle sue spalle e si voltò di poco, solo per vederlo uscire con la coda dell’occhio dalla porta.
“Non avevi detto che entravi più tardi?” gli chiese incuriosito.
“Si, ma l’ho deciso stamattina e al capo non l’ho detto” sentì rispondere Malfoy, in tono decisamente allegro, prima che uscisse dal locale.

 

 

Quella sera era appena uscito dalla doccia e si stava vestendo, quando sentì il campanello suonare.
Lanciò uno sguardo stupito all’orologio, notando che erano le dieci precise.
Draco l’avrebbe strozzato un giorno di quelli per il suo continuo ritardo.
Chiudendosi alla meglio i jeans scuri che aveva deciso di indossare, afferrò al volo la camicia blu indossandola mentre correva ad aprire la porta.
Una volta aperto, senza nemmeno aspettare i soliti commenti del biondo, gli fece cenno di entrare.
“Ciao Draco. Si lo so che sono le dieci e ancora non sono pronto. Dammi cinque minuti e usciamo, intanto siediti e… insomma fai quello che vuoi, io arrivo subito”
Doveva essere una scena piuttosto buffa quella in cui si trovavano pensò, perché Draco non sembrava dar segno di voler entrare nell’appartamento.
Semplicemente lo fissava con una stana espressione.
“Su dai, non fare il solito acido, faccio prima che posso” lo tirò dentro Harry, tirandolo per un polso e traducendo la sua espressione come l’inizio di una delle sue scenate.
“Muoviti Potter”
Il suo tono di voce sembrava dare ragione ad Harry, sull’interpretazione dell’occhiata, però non ne era del tutto convinto.
Si fiondò comunque in camera, mentre il biondo si accomodava sul divano ed iniziò a chiudersi la camicia, fino a quel momento rimasta aperta.
Osservò la sua immagine allo specchio e prese il gel per sistemarsi i capelli, rinunciandoci dopo un paio di minuti. Erano rimasti indomabili, proprio come un tempo.
Non che gli interessasse molto, l’unica cosa importante era coprire la cicatrice, per il resto i suoi capelli potevano anche sparare in tutte le direzioni.
Afferrò il suo inseparabile giacchetto di pelle e con i capelli ancora umidi tornò in salotto a recuperare Draco.
Questi lo guardò alzando un sopracciglio e alzandosi a sua volta dal divano.
“Alla buon’ora Potter”
Notò solo in quel momento che il biondo indossava dei jeans scuri e una camicia totalmente bianca, con i primi bottoni slacciati, sotto ad un cappotto nero.
I capelli, liberi dal gel, scendevano lungo il collo e davanti agli occhi in ciocche ribelli.
Stava veramente bene vestito così, ma ovviamente si tenne per se il commento, visto l’aria assassina che l’altro gli stava lanciando.

Usciti, Harry notò che faceva decisamente freddo per essere novembre e si chiuse velocemente il cappotto di pelle. Notò con la coda dell’occhio Draco che lo stava osservando.
“Dovresti comprarti con cappotto più adatto a questa stagione Potter” fu l’unico commento del biondo che indossava una morbida sciarpa grigio scuro che prima non aveva notato.
Forse non aveva tutti i torti, dopotutto.
“Allora” disse cambiando discorso “Dove si trova questo nuovo locale?”
“A pochi minuti a piedi da qui, me ne ha parlato Blaise pochi giorni fa. Tranquillo Potter è un locale babbano. E’ solo che Blaise è fissato con le discoteche, dice che sono l’invenzione più riuscita dei babbani”
Sbuffò, sentendo il biondo chiamarlo per l’ennesima volta ‘Potter’.
Lo faceva in continuazione, giusto perché sapeva essere una cosa che lo irritava non poco.

Il secondo giorno in cui si videro alla pasticceria, Harry infatti aveva chiesto più volte all’altro di chiamarlo se non Spungen, almeno Harry.
Lo aveva fatto in maniera gentile, sforzandosi di non apparire aggressivo e Draco non lo aveva minimamente calcolato, come parlare al muro.
“Si può sapere perché ti ostini a chiamarmi così?”
“Come ti dovrei chiamare, scusa? Tu per me sei sempre stavo Potter. Anzi no, a volte eri anche sfregiato”
“Ecco, allora piuttosto chiamami così, chiamami come vuoi ma non Potter”
Vedendo che si scaldava tanto l’altro parve prenderci ancora più gusto e da quel momento, per un’intera settimana, Draco non aveva fatto che inserire quel cognome in tutte le frasi che gli rivolgeva.
Era stato talmente logorroico che ad un certo punto Harry gli aveva detto di chiamarlo come voleva, pur di non sentirlo ancora parlare.

Quindi si vedeva costretto a quella situazione, senza non poter dire niente, rischio un’altra settimana assurda.

Pareva essere una serata tranquilla.
Il posto, una volta arrivati, scoprirono essere una discoteca abbastanza tranquilla.
Si avviarono verso il bancone del bar, per prendere qualcosa da bere e, mentre Draco ordinava per entrambi due Vodka Lemon – al solito non gli aveva chiesto niente –, Harry iniziò a guardarsi intorno incuriosito.

Scorse in un angolo un tavolino libero e sbatté la propria spalla contro quella di Draco, per attirarne l’attenzione.
Gli fece cenno verso il tavolo, andandosi poi a sedere, mentre aspettava le ordinazioni.
Il biondo lo raggiunse pochi istanti dopo, visibilmente contrariato.
“Guarda che non sono il tuo schiavetto Potter, non pretendere mai più che ti porti le ordinazioni al tavolo”
“Ma dai, è troppo faticoso per te, principino?” disse iniziando a bere la bevanda fresca “Comunque questo posto mi pare un po’ noioso”.
“A me pare carino Potter. Almeno non è rumoroso e incasinato come i posti che frequenti tu di solito”
“Se lo dici tu”
Mentre si punzecchiavano a vicenda, Harry vide di sfuggita un gruppo di ragazzi avvicinarsi al bancone.
Aveva lavorato in fin troppi locali per non capire subito alla prima occhiata che quei tipi erano alla ricerca di guai.
Draco dovette intercettare il suo sguardo perché voltò leggermente il capo verso di loro e poi tornò a fissarlo con un sopracciglio alzato.
“Potter?”
Un rumore sordo non diede il tempo al moro di spiegare, si voltarono entrambi verso la direzione da cui proveniva il chiasso per vedere il più grosso del gruppo che aveva preso per il colletto il barista e lo stava tirando verso di lui, con il risultato che il poveretto si ritrovava praticamente schiacciato contro il bancone.
Quando Harry vide il biondo fare per alzarsi lo trattenne per un braccio, costringendolo a rimettersi seduto.
“Cosa pensi di fare?”
“Come?” disse l’altro, con un fare stupito che poco gli si addiceva “Sono in quattro e sono grandi come armadi, se non facciamo qualcosa lo riempiranno di botte”
“E allora?”
Mentre il Serpeverde lo osservava con gli occhi grigi spalancati, Harry trattenne un sorrisino.
A quanto pareva lui era diventata la Serpe e Draco il Grifone.
Come cambiano le persone con il tempo.
“Non sono affari nostri, mi pare. Non rovinarti la serata per così poco”
“Potter, davvero non te ne frega niente di quello che faranno a quel poveretto?”
“No! Non ti stupire così tanto Draco, mi sembrava di avertelo già detto, sono diventato molto più egoista di quello che credi. I problemi degli altri non mi toccano più”
Nello stesso istante in cui stava concludendo la frase vide il biondo alzarsi.
“Forse hai ragione Potter, sei veramente cambiato in questi anni. Ma lo sono anch’io e non ho intenzione di restarmene a guardare quei gradassi fare del male a quel poveretto”
Si diresse con fare sicuro verso il gruppetto, bloccando il braccio di quello che ancora stava tenendo fermo il barista contro il bancone.
“Smettila immediatamente idiota o ti farò molto male”
A quelle parole Harry represse un gemito frustrato.
Addio seratina tranquilla.
Draco, che non era abituato ad avere a che fare con tizi del genere, se non avesse avuto un suo aiuto, le avrebbe prese di sicuro.
Se per il barista non provava alcunché e non gliene poteva importare di meno della fine che avrebbe fatto, per Malfoy era diverso.
Si alzò di controvoglia facendo stridere le gambe della sedia contro il pavimento lucido, attirando l’attenzione su di lui.
Si avvicinò con lentezza studiata al gruppo e a Malfoy che in quel momento stava fronteggiando uno di quei colossi che avevano l’aria decisamente incazzata.

“Te lo avevo detto di lasciar perdere mi pare”
“Non mi serve il tuo aiuto Potter” disse l’altro a denti stretti, mentre probabilmente si rendeva conto della situazione assurda in cui si era andato a cacciare.
Il barista intanto se l’era svignata nel retro, lasciandoli soli con quegli armadi umani.
“Ok ragazzi, visto che ci siamo, che ne dite di andare a parlarne fuori?”
“Se pensi che parlare ti servirà a qualcosa ragazzetto, ti sbagli di grosso! Quando avremmo finito con te non ti ricon… ”
“Si si, ok… però usciamo fuori e poi potrai farmi tutto quello che vuoi”
Senti Draco che lo tratteneva per un braccio e si voltò scocciato.
“Cosa c’è?”
“Cosa pensi di fare adesso? Non puoi usare la magia con dei babbani, è illegale”
Sorriso strafottente in risposta a quella frase.
A Harry Spungen della legalità non fregava un bel niente, ma questo Malfoy non poteva saperlo.
In effetti finora aveva solo visto il suo lato tranquillo, ed era meglio capisse fino in fondo chi si trovava veramente davanti.
Immaginò che per il biondo sarebbe stato uno shock, ma non se ne preoccupò più di tanto.
L’idea di poter menare di nuovo le mani aveva messo in circolo in lui un bel po’ di adrenalina.
“Tieni questo” disse mollandogli in mano il giacchetto “Non vorrei sporcarlo. Il sangue è difficile da mandar via”
“Sangue?? Potter cosa hai intenzione di..”
“Secondo te Malfoy? E dire che anche tu hai partecipato alla guerra..”
E si avviò con fare deciso, seguendo il gruppo che era già fuori dal locale.
Li vide in attesa in una stradina più buia a lato della discoteca, intenti a far schioccare le dita delle mani, per sembrare più minacciosi.
A quella vista non riuscì a reprimere un sorriso.
Non sapevano con chi avevano a che fare.
“Eccomi! Allora??”
“Allora adesso finirà molto male per te, moccioso”
“Se lo dici tu”
Il più vicino a lui scattò, afferrandolo per un braccio e ringhiandogli praticamente contro una sequela non ben definita di insulti.
“Ohhh… questo si che è spaventare le persone. Complimenti”
Ironizzò il moro, prima di compiere un veloce e fluido movimento con il braccio che produsse un sonoro “Crack” proveniente dal polso dell’armadio che lo aveva bloccato.
Ululando di dolore questi si tenne il braccio dolorante con l’altro, lasciandogli il tempo di assestargli un potente pugno che gli ruppe il naso e lo fece cadere a terra come un sacco di patate.
“Meno uno. Voi siete più forti, spero”
Aveva notato da un movimento accanto a se che Draco stava osservando poco lontano la scena.
Meglio, così avrebbe capito più in fretta.
Altri due teppisti si avventarono contro di lui ma non riuscirono nemmeno a sfiorarlo che si ritrovarono appesi per una caviglia, sospesi nel vuoto.
La voce di Draco risuonò cristallina, nella gelida notte.
“Potter!No-“
“Zitto Malfoy”
Lo tacitò all’istante, per poi riportare l’attenzione sui tre rimasti.
Con uno sbuffo vide che i due appesi a mezz’aria erano stravolti e appena li lasciò andare con il contro incantesimo se la svignarono a tempo di record.
Il più grande dei quattro, quello che probabilmente era il capo, se ne stava invece fermo, immobile, in mezzo alla strada, sul viso un’espressione incredula.
Notò che dalla paura non riusciva nemmeno a muovere un passo.
“Che delusione non ci sono più i teppisti di una volta. Comunque… ” e iniziò a girare intorno al povero malcapitato “Cosa dovevi farmi tu?”
“I-io..”
“Tu” disse Harry con voce calma “Sei solo uno stupido idiota senza spina dorsale che non merita nemmeno un attimo della mia attenzione, sei soltanto un patetico idiota”
Detto questo si voltò in direzione di Draco, che osservava la scena leggermente tranquillizzato dalla piega che avevano preso le cose.
“Se ti trovo di nuovo da queste parti non sarò così gentile ricordatelo”

Il sospiro di sollievo che il biondo tirò arrivò fino alle sue orecchie, proprio nel momento in cui dalla sua bocca uscivano le parole di un altro incantesimo.

“Crucio”
L’urlo di dolore del teppista risuonò per tutto il vicolo deserto e pochi secondi dopo questi si accasciò a terra svenuto.
“Giusto per farti ricordare meglio” disse il moro, ben sapendo che l’altro non lo poteva comunque sentire.
Si voltò e vide un Draco Malfoy decisamente sconvolto che lo fissava incredulo.
“Torniamo dentro?”
La voce calme e allegra, come se fino a quel momento non fosse stato impegnato in quell’assurda lotta.
“Tu sei pazzo Potter”
“No Malfoy, semplicemente io non sono Potter, sono settimane che te lo ripeto ormai. Adesso hai capito?”
Le narici dell’altro si allargarono per un attimo, prima che questi lo sbattesse violentemente contro un muro.
“Hai infranto almeno una decina di leggi magiche Potter, ma questo posso anche capirlo. Ma niente, niente di quello che quegli stupidi hanno fatto meritava una Cruciatus. Niente!”
Si era aspettato un pugno, invece si sentì libero dalla stretta che lo teneva bloccato ed ebbe appena il tempo di vedere un frusciare d’abiti, prima di sentire il familiare “Crack” della smaterializzazione, segno che Draco se ne era andato.
Si lasciò scivolare su quel marciapiede sudicio e umido, osservandosi le mani.
Aveva fatto una cosa che quasi tutti avrebbero ritenuto abominevole. Usare una maledizione senza perdono su un babbano indifeso.
Si sarebbe dovuto sentire un perfetto schifo, invece in quel momento non sentiva assolutamente niente, se non una leggera punta di fastidio perché Malfoy era furioso con lui.
Era abituato a fregarsene del male che poteva fare intenzionalmente o meno agli altri e a scaricare la sua frustrazione in quei modi violenti.
Era tempo ormai che non provava più sentimenti.
Se Draco voleva mantenere un qualche rapporto con lui, avrebbe dovuto farci l’abitudine.
Quando quella sera però rientrò in casa, buttandosi sul letto vestito, ripensò agli occhi di Malfoy che lo osservavano, nella penombra di quel marciapiede.
Sembravano pieni di… delusione, possibile?
Chissà se Malfoy lo avrebbe voluto rivedere dopo quella serata.
Sentì nuovamente quella strana e sconosciuta sensazione di dolore al petto, come se qualcosa di acuminato e sottile lo stesso trapassando, da parte a parte.
E, nonostante fosse passato ormai molto tempo dall’ultima volta che si era sentito così, si ritrovò a rabbrividire, al suo stesso pensiero.
Il pensiero che lo tormentava, da anni, da quando si era reso conto di non riuscire a controllarsi, di riuscire a far del male alle persone, senza minimamente provare rimorso.
Harry si addormentò, nel buio di quella stanza, la paura che prendeva il sopravvento su tutto e una domanda, che vorticava furiosa nella sua mente.

“Sto diventando come Voldemort?”

 

 

 

Ecco le risposte alle recensioni..

Per Hollina: Per questo dovrai aspettare ancora un paio di capitoli, comunque tranquilla, Draco ci riserva ancora un mucchio di sorprese :P

Per hay_chan: Mi sa che per adesso Harry non ha colto ancora il senso della frase di Draco… dovrà aspettare ancora un po’..

Per Karin93: Spero Harry ti piaccia anche in questo capitolo, anche se nel prossimo si capirà il perché di alcuni suoi comportamenti, o quanto meno si avrà una spiegazione..

Per Goten: Grazie mille :) Che dici, ti piace questo Harry più ‘cattivo’? :P

Per ragazza silenziosa: Grazie mille :) L’ex di Harry? Chissà, non si può mai dire… anche se Harry è già abbastanza incasinato di suo, senza metterci pure l’ex, ma non si può mai

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Documento senza titolo

Anzitutto vi devo delle scuse, so bene che non aggiorno le mie storie da troppo tempo ma nonostante la mia buona volontà le cose in questo periodo sono un po’ incasinate e quindi, tra influenza, lavoro e i soliti problemi che la vita vera ci scarica addosso quando meno ce lo aspettiamo, eccomi di nuovo qui, sperando stavolta di riuscire a mantenere l’impegno di pubblicare un capitolo a settimana.
In più, una buna notizia, ho trovato un’anima volenterosa che ha accettato di farmi da beta, correggendo gli errori che lascio qua e là nelle mie storie, quindi ringrazio tantissimo Annaly per il lavoro che sta facendo e per la pazienza che ha con me.

E adesso..buona lettura. Io vi aspetto alla fine per le risposte ai commenti. Ovviamente se qualcuno vuole  lasciare anche solo un paio di righe per farmi sapere che ne pensa della piega che sta prendendo la storia, non può che farmi piacere ^^

Layla84

 

 

La mattina dopo, alla luce del sole, Harry cercò di analizzare a mente fredda gli avvenimenti della sera prima.
Aveva usato la maledizione Cruciatus.
Aveva fatto del male ad una persona. Di nuovo.
Era già successo in altre, sporadiche, occasioni. Non riusciva a spiegarsi il perché, si era ritrovato a fare volontariamente del male a qualcuno, con una Cruciatus, poi… non era mai arrivato alla Cruciatus, se non la sera prima, però.

E adesso, di nuovo, tutte le sue paure stavano invadendo la sua mente, assieme a i ricordi, vivide come non mai. Con un brivido si ricordò le parole di Silente:

“Tu eri il settimo Horcrux, Harry, l’Horcrux che non ha mai avuto intenzione di creare”

Lui aveva dentro di se parte dell’anima di Voldemort, che Silente gli aveva assicurato fosse stata distrutta.
Ma, se in realtà non fosse stato così? Se dentro di lui, da qualche parte, albergasse ancora un po’ di Voldemort?

Aveva così tanta paura della risposta, che non aveva più provato a parlare in Serventese, solo per vedere se ne era ancora in grado; così tanto terrore, che aveva pensato realmente di tornare e chiedere aiuto ad Hermione: lei era l’unica che poteva dargli un parere obiettivo; l’unica che, oltre lui e Ron, conosceva la verità.
Non avevano raccontato degli Horcrux a nessuno, mai: una sorta di patto silenzioso, che loro tre avevano stretto alla fine della guerra.

In quel momento Harry avrebbe dato qualsiasi cosa per avere la riccia vicina, per i suoi consigli.
Assurdo, come nella sua situazione, gli unici sentimenti che provava erano la paura ed il terrore.

Si prese la testa tra le braccia, sconfortato, mentre se ne stava da solo, al buio, nella sua cucina.

Non poteva essere così.
Aveva ucciso lui stesso Voldemort.
Eppure…
Vedeva nei suoi incubi tutte le azioni compiute da Voldemort: tutti gli omicidi, le torture e non provava niente, esattamente come lui, nel causare male negli altri, e quella era l’unica spiegazione, plausibile, che era riuscito a trovare in quegli anni di isolamento.

Lui era stato un Horcrux e, dalle ricerche di Hermione una volta finita la guerra, avevano scoperto che mai un Horcrux era stato un essere umano; un animale si: Nagini ne era stata l’esempio, ma una persona mai.

Gli Horcrux, come gli aveva spiegato Hermione anni prima, potevano essere distrutti solo da, parole sue: “Qualcosa di così devastante, che l’Horcrux non possa autoripararsi” e solo alcune cose, come le zanne di Basilisco o l’Ardemonio erano infallibili.
Chissà se lo era anche l’Avada Kedrava che Voldemort gli aveva lanciato?
Chissà se, per un Horcrux umano, come lui, valevano le stesse regole?

Soprattutto: possibile che l’Horcrux dentro di lui si fosse rigenerato?

Con questa ed altre mille domande a tormentarlo, Harry si decise ad uscire per il lavoro, continuando la sua vita di sempre e nascondendo in un angolo della sua mente il suo terrore più grande.
Avrebbe voluto parlarne con qualcuno, confidarsi: magari con Draco, spiegandogli il suo comportamento.
Ma, se da una parte temeva la reazione del biondo, dall’altra aveva paura che una volta espresso il suo timore a parole, questo diventasse reale.
Senza contare che per spiegare bene la cosa, avrebbe dovuto raccontare a Malfoy degli Horcrux e non era ancora sicuro di potersi fidare dell’ex Serpeverde.

L’unica cosa certa, in tutta quella marea di dubbi che sembrava sommergerlo ogni istante di più, era che
non voleva perdere il rapporto che stava costruendo con Draco ed il biondo aveva tutte le ragioni per avercela con lui, al momento.
Perciò, si disse, se Draco non si fosse presentato al bar per fare colazione quella mattina, avrebbe provato ad aspettarlo alla caffetteria nel pomeriggio, altrimenti quella sera stessa si sarebbe presentato a casa sua. Non voleva essere considerato un mostro, non da lui; voleva dargli delle spiegazioni, per quanto possibile.
Anche se ormai nemmeno lui stesso si capiva.

Come previsto, Malfoy non si fece vedere la mattina al bar e, tra un cappuccino e l’altro, Harry si chiese se veramente l’altro si fosse arrabbiato al punto da non volerlo più vedere.
Gli sembrava assurdo, eppure nemmeno nel pomeriggio il biondo si presentò alla solita caffetteria: se ne rimase seduto al tavolo a sorseggiare caffè, collezionando tazze su tazze al solito tavolo che sceglieva sempre il biondo, finché alle 19.00 decise di andare direttamente a casa sua.

Dal marciapiede riusciva a vedere le luci accese dalla finestra, segno che Draco era in casa. Si diresse verso la porta e suonò esitante il campanello, poco dopo la faccia conosciuta e spigolosa di Draco apparve davanti a lui.
Da quella distanza poté vedere nel dettaglio il cambiamento dell’espressione di Malfoy: il suo viso si contrasse rapidamente in una smorfia, che definire seccata era poco.
“Che vuoi?” Anche la voce appariva più monocorde del solito; era il tono in stile Malfoy, che Draco usava sempre con gli estranei.
“Posso entrare?”
“No”
“Dr-“ non riuscì a finire la frase, che il biondo scomparve nel corridoio, per riapparire un istante dopo, con la sua giacca in mano.
“Questa è tua” disse soltanto, porgendogliela.
“Draco, posso entrare?” ripeté stavolta più deciso, senza tener conto dell’indifferenza dell’altro.
“Non vedo perché dovresti, non abbiamo più niente da dirci”
“Io invece ci terrei a spiegarti alcune cose: dopo potrai mandarmi anche a quel paese, ma prima ascoltami”
Il biondo sembrò soppesare un attimo le sue parole, prima di spostarsi di lato facendogli segno di entrare.
Non pronunciò una singola parola, nemmeno mentre si sedeva sul divano ed appoggiava il capo sui cuscini.
Harry prese il suo silenzio come un invito e cominciò a raccontare: spiegò della sua voglia, una volta scappato, di non volersi più legare a nessuno; del suo chiudersi in se stesso, sempre più.
Il biondo lo ascoltava senza muovere un singolo muscolo, ma nei suoi occhi Harry riusciva a scorgere un vero coinvolgimento a ciò che sentiva.
Gli raccontò di come aveva provato ad aprirsi con una persona e quanto questa l’avesse ferito, senza entrare comunque nei dettagli. Gli spiegò di aver relegato i suoi sentimenti in un angolo per così tanto tempo, che ad un certo punto quando era tornato a cercarli non li aveva più trovati.
Niente. Vuoto totale.
Glissò sulle paure che aveva, cercando piuttosto di far capire all’altro che l’unica cosa che in sei anni lo aveva smosso in qualche modo, era stato lo strano rapporto che si era creato tra loro.
Osservando il viso concentrato di Draco alle sue parole, ebbe voglia per un istante, un solo, folle istante, di raccontargli tutto.
Invece gli raccontò che la sera prima aveva usato la Cruciatus solo per vedere se poteva provare di nuovo qualcosa. Patetica e debole, come scusa, lo sapeva anche lui, eppure Draco non diede segno, o non ne volle dare, di dubitare della sua parola.
Per un momento si sentì un verme, ad approfittarsi della sua fiducia, ma scacciò infastidito la sensazione.
Non poteva fare altrimenti, almeno per il momento.
E poi riprese a raccontare cose vere, cose che aveva fatto in quegli anni: parlò per così tanto tempo che gli si seccò la gola, eppure continuò a raccontare.
Raccontò di quando, troppo accecato dalla rabbia che provava per essere finito in quella situazione assurda, riempiva di pugni il muro, fino a farsi sanguinare le mani; del perché, ogni volta, volesse mettersi alla prova raggiungendo il limite, per capire cosa ci fosse di rotto dentro lui. Del suo vivere sempre e comunque da solo, escludendo tutti dalla sua vita, cercando di allontanare in qualsiasi modo chi provava ad avvicinarsi a lui e di come, invece, aveva incontrato lui e non riusciva più ad allontanarlo, perché solo lui gli dava la sensazione di aver risvegliato qualcosa che pensava perso per sempre.
E che adesso teneva a quella strana amicizia che si era creata tra loro, perché era come se fosse la sua ancora di salvataggio; se ne era accorto solo la sera prima, quando lo aveva visto sparire nel nulla.
Quando ebbe finito, fuori era già calata la sera e Draco, davanti a lui, continuava ad osservarlo impassibile. Avrebbe voluto chiedergli qualcosa, qualsiasi cosa, ma quell’ espressione pareva di ghiaccio.
Scosse la testa impercettibilmente e si avviò verso la porta.
“Quello che volevo dire, l’ ho detto. Non era per giustificarmi o altro, volevo solo tu capissi la mia situazione”
La voce roca dell’altro risuonò come una stilettata nel silenzio di quella casa.
“Potter”
Voltò appena la testa di lato, per poterne scorgere l’espressione, ma Draco aveva abbracciato le gambe con le braccia e la testa era semi nascosta dalle ginocchia: alcuni ciuffi ribelli gli ricadevano scomposti al lato del viso, e solo in quel momento Harry si accorse che aveva un aspetto più pallido e trasandato del solito; indossava un pigiama verde che sembrava troppo grande per lui, che gli ricopriva del tutto i piedi scalzi e sembrava nervoso.
“Resta, Harry”
E bastò quel piccolo sussurro, per far sciogliere il nodo di preoccupazione che aveva all’altezza del cuore.
Draco lo aveva accettato per quello che era, bastava quello.

Ma non era ancora finita, non del tutto.
C’era ancora qualcosa che stonava, qualcosa che aveva a che fare con il pigiama troppo grande di Draco e con i suoi capelli scompigliati, ed Harry voleva capire.
“Draco?” azzardò, per poi ritrovarsi addosso due occhi argentati, segno che aveva l’attenzione del biondino. Facendosi coraggio espresse a parole la domanda che vorticava nella sua testa, temendone la risposta.

“Mi stavo domandando: ok, ho sbagliato, ho fatto una cosa orrenda in quel vicolo, ma perché ieri, come prima, mi guardavi come se fossi un mostro? C’è qualcos’altro che non so?”
Draco lo fissò un attimo, per poi portare lo sguardo sul televisore spento, come se si sentisse in trappola.
Le mani intorno alle ginocchia presero a torturarsi a vicenda e in quel momento ad Harry non sembrò né il ragazzino viziato di Hogwarts, né il venticinquenne allegro che aveva conosciuto in quei giorni.
Sembrava un ragazzo fragile e indifeso, ed era un’ immagine che cozzava con quella che si era sempre fatto di lui. Chissà quante parti ancora del carattere di Draco doveva scoprire, prima di conoscerlo veramente.
“La Cruciatus era la maledizione che Voldemort si divertiva sempre a provare su di me.”
Fu solo un sussurro, ma arrivò alle orecchie di Harry più forte di una cannonata.
Tutto il peso di quelle parole si riversò in lui, facendogli scorrere una cascata di brividi per la schiena.
Era un perfetto idiota, Draco aveva sempre avuto ragione su quello.
“Mi dis-”
“No! Non rendiamo la cosa ancora più patetica di quanto già non lo sia! Mi odio abbastanza per essere ancora così debole, a distanza di anni, senza dover sentire anche le tue patetiche scuse. E non l’ho fatto per essere compatito, era solo che volevo essere sincero anch’io, come hai fatto tu. Discorso chiuso”

Era tornato il Draco acido di sempre, quello che passava da un’arrabbiatura al mettersi a scherzare nel giro di pochi secondi, ma l’immagine di lui che si torturava le mani sul divano di casa, con indosso un pigiama sgualcito e i capelli scompigliati, era stata riposta in un cassetto della sua memoria, ed Harry dubitava ne sarebbe uscita presto.
Mentre Draco accendeva il televisore e lui si accomodava meglio sul divano, si rese conto che in quel modo si stava legando sempre più a lui, ma l’unica cosa certa nella sua testa era di quanto in quel momento avesse bisogno della sua amicizia, più di qualsiasi altra cosa.

 

Si svegliò stranamente intorpidito, gli ci vollero cinque minuti buoni per riprendersi del tutto e riuscire ad
aprire gli occhi.
La sera prima era stata veramente assurda: aveva passato gran parte del tempo ad osservare Malfoy guardare una partita di calcio in tv, incitando i calciatori a menarsi, manco fossero dei pugili, e ad ascoltare le sue lamentele, quando alla fine del match nessuno aveva anche solo minimamente iniziato una rissa.
Draco era sembrato veramente deluso dall’andamento della gara e poco dopo la fine, aveva tirato fuori da un mobile del salotto una bottiglia di firewhisky, offrendone un po’ anche a lui.
Harry aveva accettato con piacere un bicchiere di liquore, visto che erano ormai anni che non aveva modo di berlo, per ovvi motivi. Da quel piccolo assaggio a svuotare completamente la bottiglia non riusciva però a ricordarsi come ci fossero arrivati.
L’unico ricordo vivido nella sua testa, era Draco che lo sorreggeva e lo smaterializzava a casa sua, nella sua stanza; gli ronzava nelle orecchie anche una frase del tipo: “Non reggi nemmeno un po’ d’alcol Potter, che pena”… troppo Malfoy, perché se la fosse solo sognata.

Un rumore, nel frattempo, si fece strada in tutto quel pensare e si accorse di essersi svegliato per colpa di quella dannata sveglia babbana, che segnava le 6.30 del mattino.
Alla fine quella notte, più o meno, era riuscito a dormire un paio d’ore e al momento un mal di testa allucinante lo perseguitava.

Ributtò la testa sul cuscino che mai, prima di quel giorno, gli era apparso così morbido e un sospiro frustrato gli uscì dalle labbra: doveva vestirsi ed andare a lavoro, la giornata si prospettava infernale.
Di mala voglia si trascinò fino in bagno, buttandosi subito sotto la doccia gelata. Anche se erano a Novembre, quello era il modo più rapido per svegliarsi che conosceva.
Cercò di rimettere insieme i pezzi della sera prima, ma ogni tanto gli riaffioravano solo piccoli flash confusi: avrebbe dovuto chiedere a Draco i particolari, quel pomeriggio.

In realtà non dovette attendere molto perché, poco dopo aver aperto il locale, se lo vide arrivare davanti, perfettamente sveglio e pimpante.
“Uhh Potter! Siamo messi malino stamattina, eh?”
Gli mise davanti il suo solito caffè triplo e una ciambella alla glassa senza degnarlo di una risposta.
Si appoggiò con i palmi delle mani al bancone e lo osservò per un attimo, Malfoy doveva reggere proprio bene l’alcol, per essere così riposato di prima mattina: indossava un completo elegante da lavoro, teneva i capelli leggermente all’indietro con i gel e una sciarpa verde argento al collo.
Alzò un sopracciglio indicando l’indumento, prima di sghignazzare divertito.
“Cos’è, ti mancano i vecchi tempi, per caso?”
Draco, che era intento a masticare la sua ciambella con calma, lo guardò per un attimo, prima di posare gli occhi sulla sciarpa, scuotendo la testa e facendo così cadere una ciocca di capelli davanti al suo viso.
“E’ un regalo Potter, dicono che questi colori mi si intonino particolarmente”
“Un regalo? Di Blaise o Pansy?”
“Non, non è loro. Come mai tanto interesse Potter?”
“Curiosità, nient’altro” disse, spostandosi poi per servire una coppia appena entrata nel locale.

Draco rimase ancora un attimo a sorseggiare il suo caffè, poi lasciò i soldi sul bancone e si avviò verso l’uscita; Harry non fece in tempo nemmeno a chiedergli se nel pomeriggio si sarebbero visti che era già sparito nel nulla.
Prese i soldi, chiedendosi cosa mai dovesse fare di così urgente e vide un biglietto, oltre alle solite banconote: incuriosito lo apri e lesse l’unica riga che ricopriva il foglio.
“Passo a casa tua nel pomeriggio, aspettami”
Certo, come frase risuonava proprio ambigua, non c’era che dire: si chiese cosa mai volesse fare quel pomeriggio e soprattutto se quel foglietto fosse indirizzato realmente a lui o fosse caduto sul bancone per sbaglio. Che fosse la scrittura di Malfoy non vi erano dubbi, l’avrebbe riconosciuta tra mille: elegante e spigolosa, esattamente come lui.

Eppure gli piaceva, esattamente come Draco.

 

 

Chi avrà mai regalato la sciarpa a Draco?? Si accettano scommesse..
So bene che le cose sono ancora più incasinate di prima, ma ricordate, pian piano tutto verrà spiegato, intanto vi lascio alle risposte..

 

Per Hollina: Questo capitolo dovrebbe un po’ chiarire il comportamento di Harry, sono contenta la storia ti piaccia e spero mi farai sapere che ne pensi anche di questo chap ^^

Per hay_chan:  In questo capitolo va un po’ meglio no? E si capisce anche il perché della reazione di Draco^^

Per dany23: Ehmm, se Harry ti faceva paura prima non oso immaginare adesso con i dubbi che ha ^^; Comunque eccoti, anche se in ritardo di un bel po’, le loro reazioni :)

Per Goten: Anzitutto grazie per i complimenti e scusa per il ritardo, spero di farmi perdonare con questo capitolo. Fammi sapere se ti piace ;)

Per ragazza silenziosa: Eh si, Harry è cambiato un bel po’..  ma anche Draco. Non faccio fatica a credere che non te lo aspettavi, del resto non se lo aspettava nemmeno lui.. grazie mille per i complimenti^^

Per Axyna: Grazie per i complimenti, sono contenta ti piacciano questi  Harry e Draco^^

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