Algene Dastor

di sonofposeidon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un mostro mi mette K.O. ***
Capitolo 2: *** Scopro le mie origini ***
Capitolo 3: *** Incontro il mio Eroe ***



Capitolo 1
*** Un mostro mi mette K.O. ***


Cap I La luce filtrava dalla finestra e con quella mi svegliai. Vedevo il sole dal letto ma non ci feci caso, i raggi illuminavano e riscaldavano il mio viso in modo da rendermi quei pochi minuti di pace perfetti, si pochi perchè appena notai la sveglia mi resi conto che erano le 8:25 e sarei dovuto entrare in classe alle 8:30 così mi vestii in fretta e furia e mi piombai in cucina e vi trovai mia madre -Perchè sei ancora qui?- mi urlò brandendo una padella, sembrava volesse uccidermi. -Non è suonata la sveglia> risposi io con nonchalance. -Vestiti ti porto a scuola io, altrimenti avremo pagato per nulla- fece lei annuendo, si riferiva al fatto che quel giorno dovessi partire per una gita di tre giorni per visitare musei, castelli e paesini nel Lazio. Mentre mi vestivo provai qualche maglietta e tre paia di pantaloni, mi guardai allo specchio e mi vidi riflesso tutto spettinato, capelli rossi come al solito, e con due occhi marrone scuro sbarrati, non sono molto alto, circa 1,70, ho un naso a patata (patatona visto che è gigante) carnagione chiara e con uno dei nomi più strani del mondo: Algene Dastor. Quando tornai in cucina vidi mia madre, una donna con i capelli come i miei ma piu lunghi, la faccia con molte lentiggini e non molto alta, seduta sul divano che mi aspettava, presi lo zaino con dentro i panini per il viaggio e, dopo aver sceso le scale, salii in macchina. Partimmo da casa mia a Orvieto per poi arrivare a un piccolo paesino sperduto sopra la montagna dove si trovava la mia scuola. Appena arrivai vidi che il pullman stava per partire e per fortuna riuscii a fermarlo prima che prendesse il via; salutai mia madre baciandola sulla guancia, non avrei mai immaginato che da quel momento la mia vita sarebbe cambiata. “Cavolo” pensai”La collana di papà, me la sono dimenticata a casa”. Ma non potei finire il pensiero che subito sentii un peso sul mio collo così controllai: lei era lì con tutto il suo splendore bronzeo, la sua scritta “Sono ciò di cui avrai bisogno” e il suo strano simbolo, un tridente con un teschio sopra. Strano ma non ci feci troppo caso forse mi ero sbagliato ed era sempre stata lì. Mi sedetti vicino a Francesco, il mio migliore amico, un ragazzo di sedici anni con il pizzetto, i capelli scuri spa rati,alto più o meno 1,70 con indosso una camicia a quadri verde e jeans grigi e per finire un giubbotto verde ed era anche di bell’aspetto. Solo che lui aveva un piccolo problema: aveva subito un’operazione al ginocchio prima di raggiungere la mia scuola e ora doveva portare con se la sua fedele stampella. Era anche molto simpatico e forte, anche con le gambe in quel modo riusciva a spaccare la faccia a chi ci infastidiva e mi aveva salvato la pelle dai bulli non poche volte. Misi le cuffie e feci partire la mia Playlist in cui la prima canzone era Radioactive, la canzone che di più mi faceva pensare a Leo Valdez: uno dei personaggi della mia saga letteraria preferita, Eroi dell’Olimpo! La storia tratta di sette semidei che devono salvare il mondo dalle grinfie di Gea e far alleare semidei romani e greci in lotta da sempre. Arrivato a metà viaggio mi accorsi che nessuno dei miei compagni si era messo le cuffie così domandai a Francesco il perché di ciò e lui mi rispose “Quella di matematica non c’è l’ha permesso, anzi toglile anche tu o ti sgriderà!” non fece in tempo a finire la frase che la Contetti(la professoressa di matematica) mi vide e si avvicinò a passo svelto. Non appena mi raggiunse mi prese la guancia e me la strinse -Sei così tenero Algene, che ascolti?- lo disse con voce dolce ma da quando mi aveva toccato sentivo che mi era gelato il sangue. -Thi-This is war- le dissi io balbettando mentre lei dopo aver sentito queste parole se ne andava. Finalmente arrivammo a Roma e appena scesi dal pullman avvertii una strana sensazione al petto, un calore enorme e al contempo sentivo che sentivo un senso di appartenenza per quella città ma anche di non appartenenza come se non dovessi essere lì. Non feci caso a queste sensazioni come però avrei dovuto e seguii il gruppo, Francesco si guardava sempre intorno come se aspettasse qualcosa da un momento all’altro, ogni tanto guardavo il mio ciondolo e sembrava farsi sempre più luminoso ma succedeva spesso forse aveva un qualche sistema di accensione che lo faceva accendere e spegnere come una lampadina ma non lo aveva mai fatto prima d’ora. -Algene cosa fai non vieni?- chiese la Contetti mentre guardavo la strana collana, -Arrivo! Arrivo!- Risposi io mentre mi mettevo a correre per raggiungere il gruppo che mi aveva lasciato indietro. Appena raggiunsi Francesco notai che squadrava Zeno, un nostro compagno di classe molto antipatico sembra sempre uno di quei fighetti snob con la puzza sotto il naso e in effetti lo è. È alto più o meno quanto me ma mette sempre scarpe alte quindi sembra più alto, porta sempre delle camice nere o bianche e poi credo che ogni volta che esce si svuoti addosso una boccetta di profumo perche non si può stargli accanto da quanto ne porta comunque sembra essere il più popolare fra le ragazze, fortunato lui! -Entriamo?- chiesi al mio amico appena arrivammo davanti al Pantheon -Certo- mi disse così entrammo e ci mettemmo a vedere le iscrizioni e le statue, mi avvicina a una parete e toccai le scritte e notai che cambiarono forma anzi diventavano della mia stessa lingua, “Come è possibile ciò” mi domandai nella mia testa. Sembrava tutto così strano in quella giornata, troppo strano! La collana, Francesco che si guardava sempre intorno e quella sensazione opprimente, mi mancava l’aria così uscii fuori a prendere una boccata d’aria, appena uscii notai Francesco che litigava con Zeno, quasi si picchiavano così mi avvicina i e dissi -Cosa succede? Perché litigate?- di tutta risposta Zeno mi diede una botta in testa con un bastone credo e io caddi a terra ma appena guardai meglio notai che era il suo braccio non un bastone, le sue braccia erano diventate due aculei gli erano spuntate due ali! Allora mi alza e feci per scappare ma notai che Francesco non aveva più le stampelle ma bensì due spade, allora non capii più nulla e toccai la collana pensando di voler combattere e aiutare il mio amico e sulle mie mani dalla collana scaturì una spada, il ciondolo non era più al mio collo ma bensì sull’elsa della lama, così,con questa nuova arma, mi scagliai contro il mostro e mi mossi come se lo avessi fatto da sempre ma non avevo mai toccato una spada in vita mia, sembrava fossi nato per quello. Schivai il suo affondo con l’aculeo che un tempo era il suo braccio destro e glielo tagliai con un primo fendente e con un secondo gli mozzai la testa di netto ma non appena feci questo, la testa gli ricrebbe e vidi appena in tempo un aculeo darmi una botta in testa e stavolta finii K.O

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Capitolo 2
*** Scopro le mie origini ***


Quando rinvenni avevo la vista offuscata così strofinai con le mani i miei occhi e finalmente vidi chiaramente la stanza, non era la mia. Speravo che ciò che era successo prima fosse solo un brutto sogno ma evidentemente non lo era. Nella stanza c’era un letto,una vetrina piena di bicchieri, delle sedie, una scrivania molto vecchia, un tavolo e una cucina. Doveva essere un monolocale, c’era anche una porta da cui sentii tirare lo sciacquone: doveva essere il bagno, dai precedenti di prima mi rizzai in piedi e trasformai il ciondolo in modalità spada e mi nascosi dietro la cucina, in un punto dove dal bagno non mi si vedeva così appena l’intruso si avvicinato per vedere dove fossi l’ho immobilizzato piazzandogli la spada sulla nuca –Fermo dimmi chi sei!- dissi con tono autoritario. –Algene sono io.- subito lo riconobbi, era Francesco così tolsi la spada e quando si girò notai che aveva due strane corna sulla testa e le gambe erano piene di peli e finivano in zoccoli. Cosa aveva il mio migliore amico? –Hai delle corna in testa, sai?- dissi io –Devo spiegarti alcune cose, ti preparo un Tè! Faremo questo discorso davanti a una bevanda calda.- ribatté lui. Dopo che lui ebbe preparato la bevanda ci sedemmo al tavolo e cominciò a raccontarmi tutto –Tu sei il figlio di un dio, Algene.- lui esordì con questo –Tu sei pazzo.- risposi io ma lui subito fece –Se io sono pazzo lo sei anche tu perché lo hai visto cos’era Zeno, quel mostro aveva una testa da insetto, corpo umano e bracci co giganteschi aculei: sai che non è una cosa normale.- Mi aveva convinto ad ascoltarlo così annuii e presi un sorso di Tè, appena deglutii mi sentii molto meglio, come se avessi fatto un pasto intero. –Tuo Padre o Tua Madre sono degli dei greci, quelli dei miti!- enfatizzava molto la parola “dei”, forse ne aveva paura. –Tu non dovresti essere qui, l’Italia per voi è proibita come la Grecia! Sono pieni di mostri e non capisco come non ti abbiano già trovato, tutte le creature mitologiche qui sono più pericolose, non abbiamo l’influenza divina qui! Se fossimo nei guai nessuno potrebbe aiutarci! Comunque per fortuna io sono qui con te- mi sorrise e riprese- Ah già! Io sono un Satiro comunque- -Un che?- ero confuso, e anche molto -Sai i guardiani della natura che venivano raffigurati con la clava, le corna e le gambe molto pelose? Beh io sono uno di quelli- ricordavo qualcosa sui Satiri dalle lezioni di storia della mia professoressa e anche dai libri che avevo letto, e poi ricordai! Certo i Satiri, i semidei e gli dei! Erano tutti personaggi dei libri di Percy Jackson! Ma come era possibile tutto ciò? Stavo ancora sognando? Così cominciai a chiedere che mi ronzava in testa: -Senti Francesco, ti chiami così o…- -Veramente il mio nome fra Satiri è Copo ma scegli come chiamarmi te visto che mi conoscevi come Francesco- replicò lui - Copo io ricordo di aver letto di ciò in alcuni libri ma come è possibile? Se tu sei un Satiro non dovresti essere al Campo?- Lui trasse un respiro profondo e mi rispose –Allora qualche anno fa un semidio di nome Percy Jackson salvò il mondo da Crono, Chirone non volle far passare tutto ciò per segreto alla civiltà mortale così incaricò uno scrittore e figlio di Atena di narrare le sue imprese in alcuni libri e lui lo fece, tutto il ricavato andò al campo e ora noi satiri possiamo viaggiare per il mondo in cerca di voi semidei e questo mi porta qui da te- ero shockato, ciò voleva dire che Percy,il mio eroe, era reale potevo conoscerlo e parlarci! –Quando si parte per il campo?- non vedevo l’ora di partire-Presto dobbiamo solo aspettare un figlio di Ade- Quando finì la frase dall’ombra che produceva la vetrina nella stanza uscì fuori un ragazzo dalla pelle olivastra e i capelli lunghi e scompigliati –Io sono Nico Di Angelo, tu devi essere Algene-

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Capitolo 3
*** Incontro il mio Eroe ***


Il ragazzo si accomodò su una delle sedie de tavolo e dopo esserci presentati per bene mi disse: -Sai che ora dovrai venire con me, vero? Ti devo portare al Campo Mezzosangue, dovrai dire addio ai tuoi cari per proteggerli.- mi voltai verso il satiro –Copo che sta dicendo? Mamma non può venire? Comunque ancora mi sembra strana questa cosa, siete sicuri non sia uno scherzo? Cioè va bene giocare ma qui si parla di cose serie. Quel mostro poteva uccidermi!- ero molto più alterato di prima, quel ragazzo mi inquietava ma allo stesso tempo sentivo che con lui potevo essere me stesso qualunque cosa significasse. –Mi dispiace Algene ma devi venire con noi- Copo non era più sorridente come il giorno precedente sul bus ma era molto serio quindi proseguì –Sarebbe pericoloso lasciarti qui- Pensavo disperatamente a una soluzione per portare anche mamma ma non la trovavo, quando ad un tratto ebbi un lampo di genio: -Possiamo mandarla al Campo Giove!- Nico parve sorpreso da ciò che dissi e replicò stupefatto:- Cosa sai del Campo Giove?- Fui pronto a risponder a questa domanda:-So che è una specie di campo Mezzosangue ma lì i semidei sono romani e possono formare delle famiglie.- -Non accettano umani, dovresti saperlo se hai letto ciò che è scritto nei libri- -Tu hai una certa influenza, so anche questo ambasciatore di Plutone.- -Posso provare ma non ti assicuro nulla- -Affare fatto allora .- gli strinsi la mano e dopo aver preparato i bagagli uscimmo dalla casa. Ciò che mi trovai davanti fu fantastico, una nave gigante, con lo scafo in bronzo una testa di drago come polena e l’albero maestro immenso: doveva essere l’Argo II. Un ragazzo stava scendendo dalla scaletta montata a lato. Era poco più basso di me, aveva le orecchie a punta con la carnagione color caffè latte e i capelli ricci e neri. Si avvicinava e quando mi porse la mano disse -Leo Valdez, molto piacere- aveva un sorriso da chi ne combinava sempre una. Io dopo aver sentito quel nome rimasi a bocca aperta: Leo era il mio personaggio preferito e ora era lì davanti a me. Gli presi la mano e riuscii a dire solo -P-Piacere, mi ch-chiamo Algene.- Dopo aver sentito ciò si voltò e corse verso la nave -Se non vi muovete i mostri potrebbero arrivare, Muovetevi!- non potemmo replicare visto che era già a bordo. Salimmo anche io, Nico e Copo che si era fatto abbastanza cupo. Mi voltai verso di lui e feci andare avanti Nico così da poter rimanere da solo con Copo -Che hai? Perché questa faccia?- sembrava avesse visto un fantasma. -Non è nulla solo che voi tre siete molto potenti e ho paura di ciò che potrebbe succedervi.- -Che intendi?- sembrava molto spaventato -Che i mostri sono attirati dai semidei grazie all’odore che voi emanate e più siete potenti più possono fiutarvi.- -Credo che qui siamo al sicuro, no?- non rispose e andò verso il timone lasciandomi solo.

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