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di Beth_99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Mi presento ***
Capitolo 2: *** Vicini o lontani? ***
Capitolo 3: *** 3. Sotto il chiaro di luna ***



Capitolo 1
*** 1. Mi presento ***



1. Mi presento

Allora, molte persone pensano che presentarsi subito all'inizio della storia è brutto, ma io lo voglio fare, visto che mi pare più educato. 
"Molto piacere io sono Charlotte... ma voi che siete miei amici potete chiamarmi Char." disse la prima.
"Bella, io so Alessandra, pe gli amici so Andra. Ma visto che nun semo amici me chiamate Alessandra, e vedete de tenevvelo en testa!" disse l'altra un po' scocciata.
"D-devo parlare a-adesso?" disse una voce timida. 
"Movite faccia de cazzo! Certo che tocca a te, deficiente!" disse Andra.
"O-ok, io sono T-tania... sono l-la più giovane delle tre...e mi p-piacerebbe che t-tu, Andra mi trattassi m-meglio...p-per favore." disse la vocetta impaurita di prima.
"Oh andiamo ragazze, state calme, dopo tutto ci stiamo presentando ad un pubblico, cercate di essere gentili!" disse Char entusiasta.
"A Merda! decido io come parlà!" disse infuriata Andra.
Alzai gli occhi al cielo, uffa, non stavano un attimo zitte quelle? Bene, penso che ormai sia inutile presentarmi con un inizio abbastanza figo... iniziamo dicendo che soffro di personalità multipla. Quelle che avete appena sentito erano la mia rovina. Dovete sapere che prima non c'erano, la mia mente era vuota, non avevo nessun tipo di persona che parlava dentro la mia testa. C'erano solo i miei pensieri... solo loro e nessun altro in quella camera del mio cervello.
Avanzai, e sentivo che Tania stava per uscire allo scoperto. Lei era la parte più ansiosa di me, quella del Terrore, infatti il suo nome iniziava per la T. T di Tania, T di Terrore. Era perfetto! 
Avevo scelto questo sistema con i nomi, tanto per fare una cosa carina. Per non starci così male...
"Oddio, così schifo te facciamo? Che stronza." cercai di ignorarla. Andra, invece era il mio lato Arrabbiato, A come Alessandra.
-Signorina Dane?- La voce della professoressa, si insinuò nella mia testa. Mi girai, e la vidi. Bionda, alta, magra, bella, e voce perfetta... si insomma, odiosa. Indossava dei tacchi alti, una gonna che gli arrivava sopra le ginocchia e la camicetta che le marcava il petto. Falsa, questa era la parola che mi venne in mente quando l'ho vista al piano di sotto. Si accomodò i libri stetti in mano, e si aggiustò gli occhiali da lettura che le pendevano dal collo, aveva i capelli pettinati in uno shignon, e una ciocca gli ricadeva sul viso ovale. Perfetta... ma falsa. Non sapevo spiegare il motivo per cui ce l'avevo con lei...dopo tutto l'avevo appena conosciuta, diamoli un po' di tempo.
"che faccia da cazzo che cià questa!" ci illuminò Andra. "Oh, andiamo Andra, neanche la conosci, giusto Tania?" Tania annui, non era una che parlava molto.
-Salve miss Carol- gli dissi, rispondendo al suo sorriso perfetto.
-Non le avevo detto di entrare in classe?- mi chiese con quell'aria da miss perfezione.
"Ce mancava soltanto che se chiamasse miss Perfect!" disse Andra. Ero assolutamente d'accordo con lei.
-Si, mi scusi...- mi mise un dito davanti agli occhi.
-Non ti preoccupare, è il tuo primo giorno in questa scuola è più che comprensibile che tu abbia paura.- volevo dirli che non avevo paura, ma così facendo le avrei mentito.
"E sti cazzi nun ce li metti?" chiese scorbutica Andra. Mi limitai a sbuffare.
-okay.- risposi, mi sorrise severa.
- ma questa è la prima e ultima volta che entri in ritardo- disse infine, poi aprì la porta.
Eccola, era uscita. Tania si era presa possesso del mio cuore, la mia anima era stata disturbata, di nuovo. Il terrore mi assalì. Il cuore cominciò a battere forte, le orecchie si riempirono di zanzare (si fa per dire ovviamente), le gambe erano di gelatina che per poco non caddi e il mio respiro era spezzato. 
Quando la classe si presentò davanti ai miei occhi, quest'ultimi si spalancarono e traboccavano di paura. Per fortuna c'era Andre che con il suo carattere marcato, cercava di non farmi cadere per terra svenuta o di far lasciare una sola lacrima.. le dovevo molto.
La professoressa si avvicinò con un gran sorriso alla cattedra e mi chiese di presentarmi. Uffa, non poteva farlo lei? Io avevo la lingua congelata e a quanto pare Tania non mi permetteva di aprire la bocca. Rimasi in silenzio.
Tutti rimasero a fissarmi interrogativi, staranno pensando cose tipo: e mo questa che cià? li si è paralizzato il cervello? oppure si, molto interessante il tuo nome ahahah... oh no! che vergogna! Maledetta Tania! La sentivo scusarsi... ma non me ne fregava niente, questa me la pagava!
-Signorina Dane?- mi chiamò la professoressa, e con un grande sforzo pronunciai due parole.
-R-rachel D-dane- dissi piano. 
-Su dai, dillo un o' più forte! siamo tutti curiosi qui!- disse entusiasta la prof, cercando di incitarmi a reagire.
-R-Rachel Dane..- dissi più forte. La prof sorrise, e cercai di farlo anche io... con scarso risultato.
-Bene Rachel, lì c'è un banco libero.- mi indicò un banco vicino ad una ragazza, che aveva tutta l'aria di non fregargliene niente di ciò che stava succedendo nel mondo. Era impegnata a esaminarsi le unghie.
Non dissi nulla, mi avviai semplicemente al mio nuovo banco. Mi sedetti, e puntai lo sguardo sulla superficie pulita del banco. Tutti mi guardavano. Incuriositi, e scorgevo qua e la qualche ghigno. Oh fantastico, già presa di mira il primo giorno di Superiori. Che palle!
" non ti preoccupare Rachel, ci penso io a loro." sorrise malvagia Andra.
grazie, ma no grazie. Sbuffò e si rintanò in un angolo della stanza.
Quella accanto a me mi lanciava ogni tanto delle occhiate fugaci. Era la tipica ragazza punk, quel genere in cui poteva andare d'accordo con Andra.
"mmhh.." fece la nostra scorbutica amica e si sedette in modo più comodo sul grande letto nella mia camera celebrale, come per sentire meglio i miei pensieri. Cercai di spostare la mia attenzione altrove.
La professoressa Carol stava spiegano qualcosa riferito alla matematica, credo che fossero le equazioni di primo grado. Non me la cavo male in matematica, quindi rimasi attenta per tutta l'ora. Finalmente Tania era ritornata nella sua camera, ora non avevo più paura, mi sentivo bene, forse era Char che si era impossessata della mia anima, lei era quella della Calma.
La campanella suonò ma nessuno uscì dalla classe. Mi sono dimenticata di dirvi che io vengo dall'America, precisamente da Manhattan. Li, quando finiva un'ora, si doveva uscire dalla classe e andare verso il proprio sportello, prendere la roba necessaria per la prossima ora e dirigersi vero l'aula dove si sarebbe svolta la prossima lezione.
Qui era tutto il contrario: erano i professori che dovevano cambiare l'aula, i libri te li potevi portare tutti e avevamo un'unica aula, per minimo 25 alunni. Comunque mi avevano già spiegato tutto.
Io e la mia famiglia, mamma fratello e nonno, ci siamo trasferiti qui in Italia perché era il desiderio più grande di papà prima che...morisse.
La mia compagna di banco mi distrasse dai miei pensieri. Mi aveva toccato la spalla.
-Tu non sei di qui, vero?- disse cercando di non essere molto incuriosita, cosa che non le riusciva molto  bene.
-Come lo hai capito?- alzò un sopracciglio, sentendo ora la mia voce così calma.
-Ma non eri una ragazzina impaurita, tu?- mi chiese lasciando le mura della sua indifferenza cedettero.
-Non si risponde a una domanda con un altra domanda.- classica frase dei film.
-E chi lo dice?- 
-io, che non mi senti?- dissi ironica. l'angolo della sua bocca si alzò, mostrando un mezzo sorriso. Poi si mise comoda nella sedia, si portò le mani dietro la nuca e chiuse gli occhi, come per dormire
-Il tuo accento- disse -l'ho capito dal tuo accento inglese.- questa volta fui io ad alzare l'angolo della bocca.
-Non è Inglese, è Americano.- 
-Sei Americana?- aprì un occhio solo.
-Si, vengo da Manhattan.- questa volta non sorrise, si rimise composta sulla sedia e mi guardò seria.
-Ah.- disse solamente. 
- Che c'è, non ti piace Manhattan?- chiesi
-No.- disse seccamente. Decisi di non continuare a disturbarla.
Una professoressa entrò in classe e diede il buon giorno a tutti, in inglese.
Guardai la ragazza, che mi guardò in contemporanea, e mi sorrise. Come per dire Stà culata!

***

Sono passate tre ore, e la campanella suonò nello stesso istante in cui l'aveva pensato. 
"Quattro" disse Char. Sorrisi, adesso tutti si sono alzati e si precipitavano alla porta. Doveva essere la ricreazione.
-Tu non ti precipiti al bar?- mi girai e vidi che la ragazza punk che mi fissava, mentre si alzava lentamente.
-Perché tu non vai con loro?- chiesi, vedendo la classe vuota.
-Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda.- mi rispose sorridendo. Io risi.
-Ok, perché non sapevo l'esistenza di un bar. Nessuno me lo ha detto.- risposi 
-Beh, meglio, così lo scopri da sola.- si avvicinò alla porta, ma poi si fermò, si girò e mi guardò.
-Vieni?- sorrisi e la raggiunsi.
-Posso farti una domanda?-
-Dimmi.-
-Come ti chiami?-
-Dana-. 
Mentre camminavo con Dana nei giardinetti della scuola, lei mi raccontava chi aveva malmenato in quel vicolo e anche il motivo. Dana è una ragazza strana, ma anche sola. Lei usava la violenza per difendersi dalle provocazioni degli altri ragazzi, certo era una reazione un po' eccessiva, ma lei era fatta così, sincera con se stessa, e con il mondo. Come avevo fatto a scoprire tutte queste cose di lei? le avevo fatto solo due domande: Perché picchi le persone? e Ti consideri grassa o magra? il resto lo aveva fatto da sola, mi raccontò tutto di lei, in mezz'ora sapevo metà della sua vita -e non è neanche la metà di ciò che ti devo raccontare!- disse tutta entusiasta, si era completamente aperta a me, poverina aveva bisogno di un'amica.
-Cesari.- una voce disse con disprezzo. Dana si girò dalla parte in cui veniva la voce.
-Hamich..- disse con altrettanto disprezzo. Davanti a noi si presentò un ragazzo bianco con i capelli biondi e la tipica faccia da polacco. 
-Levati di torno Cesari, dobbiamo dare il benvenuto alla nuova arrivata.- disse colpendosi con un pugno la mano. Dietro a lui c'erano altri due ragazzi, uno aveva i capelli biondo ossigenato e l'altro ce li aveva rosso fuoco, tutti e due con la cresta. Patetici. Quello al mezzo, Hamich, aveva una pizzetta di cacca in testa, era dello stesso colore del letame di mucca appena fresco. Ridicolo.
-Ma per favore,lo sai che con quel nuovo taglio sei ridicolo? ahahah- si mostrò senza paura, ma io sapevo che in verità ce ne aveva molta di paura.
Andra cominciava a muoversi inquieta per la stanza mormorando. "E chi cazzo si crede questo? Mortacci tua Rachel! devi farti vedere così innocente e sensibile davanti a questo cretino? Mo glielo do io il benvenuto!" cercai di trattenerla, non voglio fare male a qualcuno, che lei faccia male a qualcuno. Ma purtroppo loro, le mie personalità, potevano impossessarsi della mia anima come e quando volevano. 
-Adesso ti fai la dura? Spostati che dobbiamo dare una lezione a questa sgualdrina- Hamich lanciò mi lanciò uno sguardo come per dire mo metto KO questa e ti do il benvenuto oh, cazzo, eccola che esce...
Hamich schioccò le dita e i due ragazzi dietro si avvicinarono minacciosi a Dana e la cinsero con forza le braccia e le gambe, bloccandogli il corpo.
Mentre lei si dimenava, Hamich si stava pericolosamente avvicinando a me, alzò il pugno. Prima che potesse colpirmi gli sputai in faccia e il suo ghigno sparì dal volto... adesso ce l'avevo io, il ghigno. Andra si era impossessata della mia anima.
-Che cazzo vuoi farmi tu? Menarmi? Ahahahahah ha fatto la battuta lo stronzo con la pizzetta de merda in testa.-
Sentendo queste parole spalancò gli occhi e si girò a guardare gli amici sbalordito, loro erano bianchi cencio. Approfittai di quel momento di distrazione e attaccai senza pietà.
La mia gamba partì da sola e si posizionò in mezzo alle gambe di Hamich. Lui si piegò in due e lanciò una bestemmia. Non ancora sazia, mi avvicino dandogli un pugno allo stomaco. -Questo è per aver fatto del male alla mia amica...- gli diedi una ginocchiata sul naso aquilino. -Questo per avermi chiamata sgualdrina..- lo presi per i capelli, mentre frignava come un bambino -E questo...- Lanciai un destro alla mascella, e quella rispose con un terrificante Crack! -..per il pessimo gusto in fatto di capelli.- Gli altri due scapparono spaventati, mentre raccoglievano da terra quello che una volta era il loro capo.
-Dane... m-me la pagherai...- riuscì a sentire un lamento da parte del bullo della scuola. Mi voltai a guardare se Dana stava bene. Mi stava guardando con gli occhi sbarrati e la bocca aperta.
-Dove hai imparato a fare...quello che hai fatto?- mi guardava con occhi diversi... cominciava a conoscere le mie personalità. La mia rovina. Il mio problema.

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Capitolo 2
*** Vicini o lontani? ***


2. Vicini o lontani?

Dana non la smetteva di sussurrarmi all'orecchio quanto fossi forte, straordinaria, mister incazzagirl e così via.
-Grazie, ma voglio che tu sappia che non ti farò mai del male. Okay? lui è stata un'occasione speciale... ma non dirlo a nessuno, va bene?- mentre scrivevo gli appunti sul quaderno cercavo di non sembrare preoccupata per la eccessiva reazione di Andra. Cosa che mi usciva da schifo.
"Tutto ti esce da schifo, cara" grazie, Andra. "E di che, tesoro". Alzai gli occhi al cielo.
-Pensi che Hamich possa dire qualcosa a qualcuno in giro?- chiesi preoccupata.
- E dire che è stato pestato da una ragazza? Nah, non lo direbbe mai. Ci tiene alla sua reputazione di bullo della scuola.- La campanella suonò e tutti i ragazzi si buttarono verso la porta.

***

Vabbè, cerchiamo di dimenticare questo episodio. "P-penso che sia stato e-eccessivo da p-parte tua, A-andra." disse la timida Tania.
"Che scherzi? è stato molto liberatorio!" Andra si stiracchiò annoiata. Io penso di essere d'accordo con Tania, questa volta.
Andra mi lanciò un'occhiataccia. "Guarda che lo so che dopo tutto non ti dispiaceva che fossi tu 
quella a menarlo." Alzai gli occhi al cielo sbuffando.
-Perchè alzi sempre gli occhi al cielo? e sbuffi di continuo.- mi chiese Dana. La guardai, mentre la strada della via del ritorno sfrecciava davanti ai nostri occhi. 
Avevamo deciso di tornare a casa insieme, visto che ho scoperto che vivevamo vicino.
-Beh... ecco.. io non ci ho mai fatto caso.- non mi veniva nulla in mente. Dana mi guardo per un po' pensierosa. Poi alzò le spalle e tornò a guardare la strada fuori dal finestrino dell'autobus.
"Per fortuna che non è una ragazza impicciona!" Charlotte era sempre così euforica per tutto, e quando mi trovavo in situazioni tristi c'era sempre lei che mi tirava su il morale... 
"sei popo culata, tesò! Però te lo doveva." Andra invece commentava tutto ciò che mi succedeva, specialmente le cose brutte. Ce l'avevo sempre in testa, ma almeno non mi sentivo sola.
"S-si che f-fortuna.." Tania invece sapeva sempre controllarmi nei momenti in cui non c'era bisogno che io intervenissi. Mi ha salvato da molte brutte figure.
-Rachel, questa è la tua fermata.- Dana mi riscosse ancora una volta dai miei pensieri.
-Cosa? Oh, si certo.- mi alzai dal sedile e la salutai.
-Ciao Dana, ci vediamo domani.- L'autobus si fermò e scesi, poi ripartì portando con se la mia prima amicizia fatta in Italia.
Camminai verso il grande giardino che mi comparve appena girato l'angolo. Aprì il cancello con una leggera spinta, e mi ritrovai a camminate in un sentiero marcato dalle spighe di grano. Vi starete chiedendo che cosa ci fanno delle spighe di grano a casa mia...beh io vivo in una specie di fattoria. L'abbiamo ereditata dal nonno di papà quando è morto. Quindi adesso la mia panoramica è: cielo azzurro, alberi ovunque, un cavallo nelle stalle,( non so perchè avevamo un cavallo, però abbiamo deciso di tenerlo visto che era solo uno) campi di grano e la fattoria simile a quella della pubblicità della mulino bianco... che avevo visto stamattina in tv. Dovevamo mantenerci solo noi quattro, il cavallo ce lo accudiva il vicino (Come ha sempre fatto dopo che il nonno morì). Mamma stava cercando un lavoro, io qualcuno disposto a assumere una quindicenne per un lavoretto tanto per accontentare i miei capricci. Praticamente vivevamo con la pensione del nonno, e i soldi che ci inviano i parenti dall'America.
Finchè mamma non si trovava un lavoro qui in Italia, noi dovevamo stare molto attenti con le spese. Specialmente io e mio fratello.
Una volta arrivata alla porta di casa, tirai fuori le chiavi della tasca dei jeans, la misi nella serratura e la girai. Era un po' difettosa quindi ci metteva un po' di tempo ad aprirsi. Alla fine entrai e me la richiusi alle spalle. C'erano quattro scalini interrati nel pavimento, una volta saliti sarei sbucata in soggiorno che era pieno di scatoloni servizio trasporto aereo. Raggiunto il divano mi ci buttai sopra, e quintali di polvere mi ricoprirono tutta. Aciù! cavolo! questo è il divano del nonno, perchè è ancora qui? mi alzai barcollante, e mi diressi verso le scale che portavano al piano di sopra.
-Mamma! sono tornata!- urlai mentre salivo le scale a chiocciola. 
-Hi my princess!- sentì la voce melodiosa di mia madre, che veniva dalla sua stanza. Probabilmente stava mettendo a posto i vestiti della valigia [*Per non complicarvi le cose vi faccio direttamente la traduzione da Inglese a Italiano. Quando vedrete il testo sottolineato vuol dire che questa persona sta parlando in Inglese... scusate l'interruzione*].
"Finalmente a casa, oh! So stanchissima soré!" ovviamente la prima a sentirsi doveva essere Andra.
"Home sweet home" intervenne Char. 
"Mh-mh" concordò Tania. Si erano già abituate alla nuova casa.
Finite le scale, scorsi mio fratello Jack allo stipide della porta. -Mamma! dove mi hai messo la scatola dei giochi?- Sorrido e gli scompiglio i capelli, passandogli accanto.
-Ciao imbranato.- poi gli do un bacio in testa. Mio fratello è un santo, per essere un ragazzino di 8 anni, si comportava abbastanza bene.. io e lui non eravamo i classici fratelli che si odiavano. Anzi, tutt'altro!
-Rachel! sei tornata!- disse tutto euforico e mi abbracciò forte. "Aaww, che cariinoo!!" dice Char.
"Testa rossa!" scherza Andra. 
"Jack!" sorride Tania.
-Guarda che non sono andata in guerra!- ricambio l'abbraccio. Alza la testa e mi guarda con quei suoi grandi occhi celesti.
-Si ,scusa. E' che mi sei mancata!-
-Va bene Campione...Hai aiutato la mamma mentre ero fuori in missione?- gli dico in tono da generale. Lui si immedesima subito nella parte.
-Si, generale Rachel! La missione aiuta base madre mandata a termine con successo!- si mette dritto e unisce i piedi, lo sguardo serio.
-Eccellente soldato Dane! Ti mando in avanscoperta al campo di grano. L'Amer..cioè, L'Italia conta su di te!- dico anche io dritta.
-Signor sì! Non deluderò l'Italia!- e si precipita giù per le scale imitando un aereo da guerra, con tanto di spari, mentre borbotta le coordinate della casa. Che bello essere così bambini, e non aver paura di dire ciò che si pensa.. io ormai devo cambiare. Sorrisi al pensiero di Jack mentre corre tra le spighe di grano. Comincio a muovermi e a dirigermi verso la stanza di mamma.
Aprì la porta di legno che cigolò appena, Davanti a me si presentò una grande stanza rosa confetto con le finestre aperte, perciò c'era molta luce. C'era una valigia aperta sopra il letto, anzi sopra la retina del letto, dentro era quasi vuota. Rose era sopra uno sgabbello ed era intenta a mettere una valigia sopra il grande armadio. 
-Ciao mamma, sono tornata... hai bisogno di aiuto?- le chiesi mettendomi accanto a lei. I suoi capelli ricci e arancioni carota le nascondevano il viso, quindi non potevo vederla in faccia.
-Tesoro! come è andata il tuo primo giorno di scuola qui?- mi chiese tutta euforica.. mamma rispecchiava alla perfezione Char, chi sa se magari Char doveva essere nella sua testa...mmhh..
-Ti vedo in difficoltà, lascia che faccio io- le dissi preoccupanta visto che stava perdendo l'equilibrio. Rose è sempre stata molto distratta e maldestra.
-No,no, tranquilla tesoro. Tu vai a riposarti...io ce la facc..- neanche finì la frase che scivolò dallo sgabello. Per fortuna la presi al volo e tutte e due cadiamo per terra, alzando un po' di polvere.
tossì un paio di volte.
-Si- dissi -lo vedo come ce la fai!- lei mi rispose ridendo come una scema, però poi mi contagiò e una risata uscì dalla mia gola.
Mi alzai da terra pulendomi con le mani i jeans, poi aiutai mia madre ad alzarsi.
-Dai su, ti aiuto.- dissi seria. Lei alzò le spalle -Se proprio ci tieni.. ma guarda che dopo non ci si tira in dietro.- cercò di dissuadermi. -E' inutile.. mi hai promesso che se ti aiutavo potevo decidere quale stanza prendere.- le ricordai della chiaccherata di sta mattina. Lei rise e scompigliò i miei capelli arancioni carota.. proprio come i suoi.
Andavo fiera del mio aspetto, Capelli rossi e ricci, lentigini, occhi verdi, naso a punta, gambe snelle, dei bei fianchi formosi e un seno da seconda... si insomma, io mi sono sempre tenuta in forma.
-Da dove inizio?- si spolverò il suo completo di jeans per i lavoretti del volontariato di New York (infatti c'erano residui di colori) -Beh, inanzitutto, porta qui la scopa e spazza un po' il pavimento, che l'aria è irrespirabile!- mi sorride e mi fa l'occhiolino.
-Okay, dov'è la scopa?- mi sorrise -Oh, ma noi non ce l'abbiamo, dobbiamo comprarla.- disse tranquillamente. Ecco spiegata tutta la polvere in casa. -E l'aspirapolvere?- mi sorrise mortificata -Non abbiamo neanche quella.
-E allora come pulisco?- gli chiedo.
-Oh, ma potresti chiedere al vicino, no?- oh, si giusto. Il nostro "vicino" si trovava infondo alla collina, accanto al piccolo lago... si diciamo circa due isolati di distanza. Uffa, devo ricordarmi di comprare una scopa!
-Ok, allora io vado a chiedere la scopa al signor Vega.- Stavo per uscire dalla porta quando mamma mi chiama.
-Rai..- mi giro e la guardo in attesa - Mi hanno detto che c'è un nuovo arrivato a casa Vega.- la guardai confusa. -Chi?
-Te lo lascio scoprire da sola.- me ne andai confusa, ma non li diedi tanto peso.. una delle pazzie di mamma.
Esco di casa e vedo Jack disteso su un prato verde a guardare le nuvole. Mi scappa un sorriso, e mi dimenticai ciò che mi aveva detto mamma.
Mi incammino nella stradina che spuntava in mezzo all'enorme distesa verde.
Una volta giunta davanti alla porta della grande casa, mi fermo e ammiro tutti i dettagli della dimora dei Vega.
La porta era di legno, chiaramente fatta a mano, verniciata di un marrone scuro. Il pomello era di metallo, e la serratura era elegante e affusolata. La casa era di un colore simile alla panna, solo un po' più scuro. Il tetto era Rosso scuro e una finestrella lasciava intravedere un comodino alto con sopra una macchina da scrivere, e accanto un vaso, dove probabilmente una volta c'erano dei fiori. La casa era un po' triste, nel complesso. Le erbacce crescevano indisturbate nel giardino e ai lati della casa. Le finestre buie  erano sporche e piene di regalini di uccelli passegeri. Nel giardino c'era pure una fontana sporca, che però era chiusa, e aveva l'aria di non essere stata aperta da un bel po'. Il signor Vega era pigro a quanto pare.. io non l'ho mai incontrato. Mamma si, dice che è un signore molto elegante, gentile e vecchio. Disse l'ultima parola come se volesse tranquillizarmi. Ma non doveva affatto tranquillizarmi, anzi, dopo sette anni da madre single.. potrebbe anche pensarci a risposarsi, sarebbe più felice e sono sicura che papà sarebbe d'accordo con me.
Suonai al campanello, che fece un suono inquetante, quello classico delle case infestate. Den doooong si, molto inquetante. Improvvisamente non avevo più la curiosità di conoscere il signor Vega.
La porta si aprì e davanti a me comparve un ragazzo moro, con un sorriso stampato sul volto... non aveva per niente l'aria da un quarantenne stanco e pigro.
-Oh.. scusa credo di aver sbagliato... questa non è casa Vega?-
-Non ti sbagli... tu chi sei?- alzò un sopracciglio e mi squadrò da capo a piedi. "Oh-oh" sentì che Tania stava per uscire..eh no, dai! ma perché esci adesso??
"Pronto? apri gli occhi ragazza! Hai visto che figo da urlo che ciai davanti?" urlò Andra emozionata. E allora? Andra sospirò "Odio.. che ingenua che sei." che vorresti dire con questo?
Il mio sguardo intanto si era abbassato sul suo petto, che era all'altezza della mia testa.. improvvisamente mi sentì bassa.
-Hey? Terra chiama barboncino rosso.- Barboncino rosso?!? arrossì violentemente. La mia anima si scambiò con Tania. Cazzo!
-S-scusa..- mi girai e me la diedi a gambe. Merdamerdamerdamerdamerdaa!! Che figura di merda!
Tania ti odio!
"S-scusa, non ce la f-facevo più." IO NON CE LA FACCIO PIU'! urlai mentalmente.
Quando arrivo a casa arriva anche il problema numero due. E la scopa?? Improvvisamente mi ricordo che cosa mi aveva detto mamma: - Mi hanno detto che c'è un nuovo arrivato a casa Vega.- Uffa mamma!
-Dove sei andata?- mi giro e mi ritrovo accanto Jack, sospiro di solievo.
-Ah, sei tu..- Poi una lampadina compare sopra la mia testa.
-Jack! Ti va di conoscere il vicino?- lui mi guarda stranito.
-Ma io li ho già conosciuti.- giusto, lui non era andato a scuola, mi morsi l'interno labbra...-Si ma c'è una nuova persona a casa Vega- i suoi occhi si illuminano. -Chi?- sorrido, è fatta!
-Un ragazzo..magari lui vuole giocare con te!- sorride.
-Si! ci voglio andare!
-Okay campione, ma devi chiedere al signor Vega se ha la scopa, va bene?- perchè sono così nervosa?? "e così codarda.." oh ma sta zitta Andra!
Char sospira, ma questa volta era un sospiro pieno di...non so.. qualcosa di bello.
-Va bene!- Sta per correre in direzione casa Vega, ma io lo fermo.
-Aspetta!- dico -ricordati di parlare Italiano.- mi sorride complice.
-Tranquilla sorellona.- e parte come un razzo. Ma l'ansia e il batticuore di prima non se ne va..anzi, peggiora.

***

Jack era tornato con la scopa, ma aveva il broncio.
-Pensavo che fosse un ragazzo della mia età..- disse deluso.
-Scusa..che ti ha detto?- gli chiesi agitata, mentremi dava la scopa.
-Ha detto che non può giocare con me perchè doveva uscire..- l'avevo interrotto.
-No,no intendo che ha fatto e che ha detto quando ti ha visto.- aveva quell'aria confusa come quando mamma gli aveva spiegato, l'anno scorso, che Babbo Natale era scappato per la finestra e per ciò non poté vederlo.
-Okay.. ha alzato il sopraciglio e ha guardato i miei capelli rossi, poi ha detto un'altro barboncino- sorrisi.. ha capito che è di famiglia "Certo! mica è stupido quello!" -e poi io gli ho chiesto che tu avevi bisogno della scopa e..- sgranai gli occhi. 
-Gli hai detto come mi chiamo?!?
-Veramente ho detto mia sorella, non ho detto il tuo nome..ma perchè stai sudando?- mai passai la mano sulla fronte, era imperlata di sudore.
-Ho.. caldo. Ma lui che ha detto dopo?- chiesi ansiosa, mentre giocherellavo con il laccio attaccato alla scopa. Stavo toccando la sua scopa.. La sua scopa... oh, andiamo! Sentii Andra ridacchiare.. loro sapevano qualcosa, perchè non dicevano che mi stava succedendo?
-Ha detto Tua sorella, eh? poi ha sorriso e ha detto Vabbene, vado a prendere la scopa, tu aspettami qui. e mi ha portato la scopa.- indicò la scopa che stavo tenendo in mano.
-Okay.. gazie.- le avevo detto. Poi mamma ci aveva chiamato per mangiare.
Adesso stò pulendo i vetri del soggiorno, mentre stavo pensando a cosa aveva detto il ragazzo... Mi ritrovai a sorridere come un'ebete.. perchè ero così felice? Voi ne sapete qualcosa, vero? Parlate!
"Stai calma sorè! Non possiamo dirtelo." perchè? 
"Noi non dovremmo saperlo, ma per qualche oscuro motivo possiamo partecipare alla creazione di una nuova te." Una nuova me? Un'altra di voi?
"N-no.. non un'a-altra di noi.." cosa? spiegatemi meglio. 
Nessuna risposta. 
Uffa! Quando ho bisogno di voi non ci siete mai, e quando non vi voglio state sempre in mezzo! Neanche l'irrascibile Andra rispose. Che mi stava succedendo? Una nuova me? Uffa, tutte cavolate, io sto benissimo, io sono io, punto. Loro non riusciranno a confondermi. Resterò lucida nei miei pensieri. Mentre la mano si muoveva energica sulla superficie trasparente del vetro il tramonto si avvicinava... caspita erano tipo 5 ore che mettevo in ordine la stanza. Persino Jack ci aveva aiutato. Che bravo bambino.
Alla fine la giornata finì con un sorriso, il nonno era comparso sulla soglia, all'ora di cena. Era andato a camminare.. certo e adesso i cactus volano.
Finalmente la casa era in ordine. La nostra nuova casa.

ANGOLINO DELL'AUTRICE ^u^ :
Buoooon gioornooo!!! ed eccomi qui con il secondo capitolo, yeee!! Vi starete chiedendo: Ma come già il secondo capitolo? Beh, care.. io mi do da fare e visto che ero piena di idee... pooof! eccolo qua! il sencondo capitoloo!!
Sono emozionatissimaa! voi no? *O* asadsunbeir!! scusate, mi è uscita la pazzia ^^"
Mi raccomando, recensitee!! (accetto sia commenti negativi che positivi o altro, qui non si smette mai di imparare!)
Bacissimi dalla vostra Beth! <3 <3 *___________*

 

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Capitolo 3
*** 3. Sotto il chiaro di luna ***


3. Sotto il chiaro di luna

Correre. Questa è l'unica cosa importante. Non sapevo il motivo, solo dovevo correre e allontanarmi da ciò che mi faceva stare male. Dietro di me sentivo i passi pesanti della paura, quelli sinistri della calma e quelli veloci della rabbia... volevano prendere il controllo, adesso lo sapevo, era il loro più grande desiderio e anche se cercano di nasconderlo io lo so.. l'ho sempre saputo ma loro mi hanno tenuto gli occhi chiusi, e quindi non me ne sono accorta.
Una radice sporgente spuntava da terra, l'avevo vista, ne ero sicura, volevo evitarla ma l'ho presa, e adesso cado verso il fiume... mi immergo nell'acqua gelida e il respiro mi abbandona. Sto annegando.

Aprì gli occhi di scatto e urlai con tutto il fiato che avevo in corpo. Jack si alzò impaurito e mi guardò terrorizzato. Mi costrinsi a calmarmi.. che ci fa lui nella mia stanza? questo piccolo pensiero mi solleticò la mente, ma non gli diedi peso, non è importante adesso.
-Rai !- sentì la voce carica di preoccupazione entrarmi fastidiosa nella testa.
-Mamma..- boccheggiai, ancora con la sensazione di annegare.
Lei arrivò dopo qualche attimo, i capelli legati in una coda scompigliata, il pigiama verde scuro con fiorellini bianchi e i piedi scalzi. Corse nella mia direzione con gli occhi colmi di ansia e paura.
-Rai! tranquilla..- mi abbracciò forte mentre io mi aggrappai a lei con gli occhi che fissano il vuoto. Jack era li, in un angolino. Adesso non aveva paura, ci era abituato. Povero bambino, costretto a sopportare le tragedie della sorella... Quanto mi dispiace Jack.
- Scusa mamma... non volevo svegliarvi.- mi scappò un singhiozzo. -Shh.. tranquilla tesoro, non è colpa tua..c'è qui la mamma.- per quanto tempo ho sentito queste parole? Ah, già da quando è morto papà..
Le mie tre personalità non si erano ancora fatte sentire... come sempre. Tutte le volte che avevo gli incubi loro sparivano per un bel po'.
-Ti va di dormire, adesso?- mi chiese Rose mentre mi accarezza i capelli più ricci che mai.
-Ci..ci proverò.- mentii. Tutte le volte che avevo un incubo non riuscivo più a dormire, il pensiero mi tormentava sempre, e la cosa peggiore è che non riesco mai a ricordarmelo. Avevo solo la sensazione che riguardava le mie personalità. Questo era l'indizio che sognavo sempre la stessa cosa, o almeno qualcosa di simile.
-Va bene, tesoro. Vuoi dormire insieme a me?- mi chiese mentre mi baciava la testa e si alzava.
-No, grazie. Se ho un'altro incubo non vorrei disturbarti.- mi sorride rassicurante. 
-Ma tu devi svegliarmi quando hai gli incubi.- il suo sorriso si spense, forse al ricordo di un episodio della sua vita. Aveva sempre quello sguardo vacuo e distante quando facevo questi incubi. Odiavo darle peso. Odiavo la mia posizione mentale. Odiavo tutto. Tutto. Abbassai lo sguardo.
-Va bene, tesoro. Ma se non riesci a dormire vieni, promesso?- Annui, senza avere la forza di guardarla in faccia perchè sapevo che non sarei riuscita a sostenere il suo sguardo.
Sentii che si allontanava esitante. Jack era ancora vicino allo stipite della porta, e mi guardava.
-Rai..- lo guardai, lui si stava avvicinando.
-Dimmi campione.- dissi con scarso entusiasmo. 
-Che cosa sogni di così brutto?- oh, se lo sapessi Jack..
-Non lo so.. mi dimentico sempre. Ma forse è meglio, sai? Perché, così non ci penso e quindi sono felice per tutto il giorno.- faccio un grande sforzo per sorridergli, e lui ricambia. 
-Ah, meno male!- e invece di stendersi accanto a me, come prima, se ne torna in camera sua tutto felice, come se i problemi se ne fossero andati.. ma il problema è questo, i problemi non se ne vanno, mai. "Perché era in camera tua?" è mio fratello, non mi farebbe mai del male. "mmh.."

***

Mi alzai molto silenziosamente, e mi cambiai in fretta: Fusò neri, maglietta bianca, scarpe da ginnastica, felpa grigia e una sciarpa. Fuori faceva freddo a quell'ora. 
Erano circa le 5.10 quando ero uscita. Non riuscivo proprio a dormire, quindi avevo deciso di farmi una camminata per le colline, ero passata davanti a casa Vega, ricordando l'episodio con il ragazzo. Avvampai improvvisamente e quindi decisi di continuare il mio percorso. Alla fine mi sedetti sotto un albero con la luna piena attaccata al firmamento pieno di stelle, a riflettere ancora sul sogno. 
Allora, mi ricordo che mi facevano male le gambe... quindi probabilmente avevo fatto uno sforzo con esse, forse stavo correndo. Si, molto probabile. Poi avevo una sensazione di soffocamento, forse l'ossigeno era improvvisamente sparito... Come se mi trovassi in un luogo dove non ce ne sia. Una camera a gas? no no, la sensazione era come se qualcosa di fresco si impossessasse del mio corpo. Rimasi a pensarci un per un po' di tempo. Acqua si, ma certo, l'acqua! ecco spiegata la sensazione di freschezza dentro di me, e il senso di soffocamento. Stavo annegando... ma, che cosa stavo facendo? forse le gambe mi facevano male perchè stavo cercando di andare in superficie... se c'era una superficie... aaahh!! non ci capisco niente! mi afferrai la testa con tutte e due le mani e me la strinsi con forza, mentre i ricciolini rossi dei capelli mi facevano il solletico in mezzo alle dita. Beh, in verità io avevo i capelli mossi, solo che a me piaceva definirli ricci, così a buffo.
- Che ci fai a quest'ora qui fuori?- disse una voce accanto a me. Il mio cuore saltò un battito. Io conoscevo quella voce, già sentita. Alzai di scatto la testa e davanti a me si materializzò un ragazzo alto, moro, snello e con lo sguardo confuso. Cazzo..
Mi alzai più rossa dei miei capelli.
-C-che ci fai qui?- la mia schiena contro il tronco, ero un po' spaventata per l'apparizione improvvisa del ragazzo cinquantenne.
-E tu invece?- fece un passo avanti. Senza pensare risposi.
-Non si risponde a una domanda con un'altra domanda.- lui alzò il sopracciglio prima che io mi rendessi conto di ciò che avevo detto.
-Okay, come vuoi.- alzò le spalle. -Ma prima vorrei presentarmi.- disse gentilmente.
-Io sono Andrea Vega.- Vega?? Ma allora era lui il cinquantenne che ha incontrato mamma? Questa volta fui io ad alzare il sopracciglio.
-Vega? Non mi sembri un signore di mezza età.- mi morsi forte il labbro. Uffa, dov'era Tania quando c'era bisogno di lei??
Lui rise.
-Ahahah, no no, io sono suo figlio.- Ah.
-Ah.- riuscì solo a dire. Che stupida, come non l'ho capito subito? Era chiaro come il sole che lui fosse suo figlio!
-Anche se mi piace chiamarti Barboncino rosso, potrei sapere il tuo nome?- sfoderò un sorriso. 
-Rachel Dane.- gli si illuminarono gli occhi.
-Hai detto Dane?- si e allora?
-Si, perché..?- mi interruppe.
-C'è anche John Dane?- mio padre.. come faceva a sapere il nome di mio padre?
-No.- strinsi i denti. Ero arrabbiata, non lo so perchè ero semplicemente arrabbiata. Forse perchè lui sapeva chi era mio padre, sembrava che lo conosceva da tantissimo tempo...
-Come no?- non voglio parlare con te di mio padre.
-Deve esserci, sai per caso dov'è? Lo conosci?- Basta, stai zitto.
-Siete parenti?- Zitto!
-Perchè non rispondi?- Basta!
-Basta!- una lacrima scese dalla mia guancia. Me l'asciugai con noncuranza.
-S-scusa..- balbettò confuso.
- No! Non parlarmi, non parlare di lui, non provare a nominarlo!- "Eccomi che entro in pista!"
No, Andra, ti prego, no!! 
La mia anima si rinchiuse nella stanza più remota del mio cervello lasciando uscire la rabbia.
Le mie mani lo spinsero e lui andò indietro di un passo.
-Tu..tu non lo devi neanche nominare il nome di mio padre!- urlai.. no non ero io era la voce della mia angoscia della mia rabbia della mia stanchezza.
-CHI SEI TU per nominarlo! Per portarmi angoscia e dolore!- Piansi, e questo era strano. Andra non mi permetteva mai di piangere, figuriamoci se lo faceva lei. Allora chi governava il mio corpo? Ero io? O Andra? Penso che il mio cervello sia andato in tilt.
Cominciai a darli pugni sul petto e a dirgli parole che non erano mai uscite dalla mia bocca, parole che erano rimaste per troppo tempo dentro.
Lui afferrò i miei polsi e mi spinse contro l'albero. Mi schiacciò letteralmente, potevo sentire ogni centimetro del suo corpo, avvampai e questo era positivo perchè mi calmai.
-Adesso stai calma, e non urlare altrimenti sveglierai i morti.- disse serio.
-Ci sono dei morti qui?- dissi piano, ma il mio corpo continuava ribellarsi debolmente.
-No, ma forse ce ne sarebbe stato uno se non ti avessi calmato.- sgranai gli occhi, adesso ero in pieno possesso del mio corpo. Lui si allontanò un po'.
-I-io non volevo.. scusa.- abbassai la testa rossa di vergogna. Lo sentì sorridere.
-Cavolo, chi l'avrebbe detto che una persona dall'aspetto fragile come il tuo potesse avere tanta forza e tanto dolore dentro. Alzai la testa di scatto. Oh no, Andra! che gli hai detto.
"Io ho solo fatto uscì la tua angoscia.. occupava troppo stazio nella stanza." Vaffanculo! era li che doveva restare!
-Che ti ha detto?- dissi... che cazzo ho detto?!?
-Che mi ha detto? chi?- merda, questa è tutta colpa tua Andra! "Mia? la bocca è TUA!" disse tua con tutto il disprezzo che aveva... e non era poco.
-C-cioè.. ho sbagliato..- 
-Che mi ha detto la tua parte selvaggia?- le gambe mi cedettero a quella domanda.
-Hey! stai bene?- mi afferrò al volo prima di ritrovarmi per terra.
-La mia parte selvaggia hai detto? ahahah che spiritoso.- la mia risata non era felice, no... era decisamente nervosa, non avevo neanche sorriso.
-Si... hai visto come eri impazzita? eri un'altra persona, quindi ho pensato di dire parte selvaggia perchè adesso sei completamente un'altra persona.- Si, lo so.. sono strana.
-Ah, ok...- la voce mi si spense.
-Che strano incontro il nostro, vero?- cercò di tirarmi su di morale. Sorrisi appena.
-Che ne dici di sederci, e mi racconti qual'è il tuo problema? sai io sono bravo ad ascoltare le persone.- Lo guardai negli occhi.. bellissimi occhi verde smeraldo.. come ho fatto a non accorgermi prima dei suoi occhi? Così espressivi, lucenti, sensuali.. sprigionavano senerità e calma. Mi persi in quei occhi per un breve istante, sentendomi subito meglio. Poi il dolore mi riportò alla realtà.
-Si..- risposi -mi sembra una buona idea.- dissi con un'accento di tristezza.

***

Non so perchè, ma mi trovavo bene con lui. Riuscivo a sfogarmi, riuscivo a parlare fluidamente,  riuscivo a mettere in ordine le cose nella mia testa.
Gli raccontai che mio padre era John Dane e che era morto per un incidente stradale, che qualche settimana dopo io e la mia famiglia (insieme a papà) saremmo andati in italia... 
-..ma era stato rimandato per il funerale. Mamma non ne voleva più sapere di andare in Italia. Poi, un giorno, trovò una lettera scritta da papà. Non si sapeva a chi era indirizzato ma diceva che era pronta una sorpresa per noi... saremmo andati a vivere in Italia, alla fattoria del nonno. Papà viaggiava molto in Italia, per lavoro e un giorno era tornato in ritardo e aveva detto che il nonno era morto d'infarto, e adesso la casa era vuota. Aveva assistito alla sua morte e per lo shock aveva perso il volo. Quindi mamma aveva deciso che ci saremo trasferiti, pensava che fosse un modo per farsi perdonare da John per non esserci andata prima. Abbiamo preso baracca e burattini e ce ne siamo venuti qui, aveva detto che avremmo ricominciato da capo..-  
-Sono tre giorni che mi trovo qui in Italia.- Gli dico alla fine della storia. Lui era rimasto in silenzio ad ascoltarmi.
-Tre giorni? E come fai a sapere l'italiano?- mi chiede incuriosito. -Cioè, hai un lieve accento americano. Ma a chi non presta attenzione non lo nota.- sorrisi.
-Grazie.. mio padre mi ha insegnato da quando ero piccolina e mamma l'aveva imparato in una scuola specifica quando era giovane. Quindi tutti e due a casa mi parlavano Italiano, e quando andavo a scuola imparavo l'inglese. Così ho imparato tutte e due le lingue.- risposi arrossendo. Raramente parlavo di me.. quella era la prima volta che parlavo dei miei sentimenti a uno sconosciuto.. no, forse stavamo diventando amici.
-Caspita, ma allora non sei un barboncino rosso senza cervello- okay, ritiro tutto indietro, noi non siamo amici. Mi girai e lo guardai con uno dei miei famosi sguardi omicida.
-Hey, stavo scherzando!- sorrise alzando le mani. Okay..pivello. Mi lascio sfuggire una risatina.
-Non so perchè.. ma penso che la lettera che papà stava scrivendo era indirizzata a te.- gli dico dopo un po' di silenzio. 
Lui mi guardò pensieroso. -Sai, forse hai ragione. Io e tuo padre ci conoscevamo.- mi misi seduca comoda sull'erba. Comiciò a raccontarmi la sua storia.
Lui e mio padre si conoscevano perchè papà andava tutti gli anni a casa del nonno, quando viaggiava, e aveva conosciuto i vicini. In quel periodo i suoi non erano separati quindi viveva in quella casa. Tutte le volte lo andava a trovare e facevano lunghe chiacchierate e giocavano insieme. Poi c'è stato il periodo in cui i signori Vega si separarono, e lui andò con la madre. Si alternava con l'incontro dei genitori. Purtroppo il periodo in cui stava con la madre John veniva alla fattoria, e quando stava con il padre lui era già ritornato. Visto che i periodi erano stati assegnati dal tribunale, non si potevano cambiare a meno che tutti e due i genitori non fossero d'accordo.. e i due freschi di divorzio non si volevano neanche vedere. Quindi hanno trovato metodo delle lettere, e si scrivevano sempre. Lui arrossì leggermente.
-Aveva accennato che avrebbe voluto rimanere a vivere in Italia, e che gli sarebbe piaciuto portare con lui la famiglia.- disse -Mi sarebbe piaciuto conoscerti prima, magari saremmo diventati grandi amici- questa volta fui io ad arrossire.
-Si, avrebbe fatto piacere anche a me.- Rimasimo in silenzio per un po'. Poi lui parlò.
-Credo che tu non mi abbia detto tutto..- lo guardo.
-Come?- 
-Penso che tu non mia abbia ancora detto la parte più rovinata della tua vita.- adesso lui mi guardava.
Li avevo raccontato tutto, di come mi sentissi, di mio padre, dell'affetto che provavo per mio fratello, il terrore che avevo di perderlo... ma no li avevo detto dei mie tre problemi che mi assillano da tutta la vita. "Chi hai chiamato problemi? Quando cazzo capirai che semo parte de te?" ignorai uno dei miei problemi "Fanculo." Santa pazienza.
-Si.. forse hai ragione.. Ma questo mio problema non posso dirtelo. E' molto..personale.- era incredibile come ci azzeccava la parola... personale.. si, decisamente!
-Capisco..- disse deluso. - Se hai bisogno di me, io ci sarò.. Quest'anno starò qui, da mio padre.- si alzò e si spolverò i jeans. io ci sarò, lasciai stare quella stupida vocina che mi tormentava.
-E quando te ne vai?- mi alzai pure io.
-L'estate la passo con mia madre. Nuovo contratto con il tribunale.- fece un sorriso triste. Poi si guardò il polso...cioè l'orologio.
-Sono quasi le sette e mezza, io..- 
- Sette e mezza?!?- sgranai gli occhi. -Sono in ritardo! Scusa, io devo andare!- senza neanche pensarci mi avvicino a lui e gli lascio un bacio sulla guancia, dopo sfreccio a casa. Non c'è tempo di arrossire. Lui rimane li, per un po' a guardarmi poi se ne va.



ANGOLINO DELL'AUTRICE ^u^ :
Oooooh buon giornoooo!!! Sono qui tornata con il 3° capitolooo!! youhù!
Bene bene, cosa abbiamo qui? *-* Rachel e Andrea si incontrano finalmente, e la nostra amica si è voluta fidare di lui.. -u- ihihihih -U- (okay, basta).
Strano inizio, un incubo che però non riesce a ricordare quando si sveglia... e cerca di ricostruirlo pezzettino alla volta (Andando avanti con i capitoli capirete u.u). E mi dispiace non do' altri indizi... scoprirete tutto qui su "Chi vuoi essere!" da da da daan daaaaaan! *fine show*
(Ricordatevi di recensireeee!! ^-^ Accetto sia positivi che negativi. Bene, mi dileguoo *___*).
Bacissimi dalla vostra Beth <3

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