tour bus
Salve a
tutti, eccomi ancora qui.
Due parole come al solito, prima di iniziare:
Questa è nata come una one-shot, però
è diventata più lunga del previsto,
così ho deciso di trasformarla in una
mini-fanfiction.Infatti i capitoli non saranno molti.
Gli avvenimenti trattati sono completamente inventati da me, non hanno
nulla di reale.
Inoltre, forse è una storia che potrebbe toccare le persone
più sensibili.
E... i commenti fanno sempre un'immenso piacere e spronano a migliorare
e andare avanti!^^
Buona lettura
Ps:Il narratore è Bill Kaulitz
tour bus
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Apro gli occhi lentamente.
Mi bruciano e non riesco a distinguere le figure attorno a
me,così li richiudo rapidamente.
Rimango per secondi, minuti, o forse ore lì immobile, immerso
nel silenzio più totale, avendo quasi l’impressione
di non essere più capace di ragionare.
L'ultimo mio ricordo risale alla vasta folla, che intonava con me ogni
parola delle nostre canzoni.
La testa mi gira e sento qualcosa colarmi dalla tempia destra.
Istintivamente, mi porto una mano alla fronte e subito mi accorgo, che
ho difficoltà a muovermi.
Appena le mie dita toccano la pelle, sento un forte dolore e un liquido
quasi denso rimanere sui miei polpastrelli.
Mi costringo a riaprire gli occhi per capire cosa sia.
Quando riesco a mettere a fuoco, vedo che è di un rosso scuro.
Si,è sangue.
Tasto ancora un’altra volta la fronte, facendo scorrere le
dita fino alla tempia.
Lì la pelle non è più liscia, ma
solcata da un profondo taglio.
Ancora non del tutto cosciente, non collego subito quella ferita a me
stesso.
Poverino, si dev'esser
fatto male quel tizio...
Passo ancora una volta l'indice su quella che sembra essere una brutta
crepa in una statua perfetta.
Già,mi sembra
quasi di sentire il suo dolore, mi sembra quasi...
In quell'istate una sensazione di terrore mista a preoccupazione,
risveglia tutti i miei sensi.
Oh cazzo.
Con uno scatto dovuto alla crisi di panico che ormai mi pervade, cerco
di alzarmi, fallendo però.
Riprovo, ma ancora è inutile.Le mie gambe sono bloccate.
E finalmente, inizio a capire.
La luce fioca che va ad intermittenza e illumina il tour bus,mi offre
una di quelle immagini, che non scorderò mai: a qualche
metro da me, il mezzo è un insieme di lamiere aggrovigliate.
Oggetti, vestiti, mobili sono ovunque e uno di quest’ultimi
è proprio su di me.
Ecco cosa mi impediva di muovermi.
Spigo,tiro,cerco di girarmi:tutto inutile.L’armadio,
sradicato dal punto dov'era stato fissato, non si sposta di un
centimetro.
Vorrei urlare con tutto il fiato che ho in corpo, però cerco
di riprendere il controllo, facendo un profondo respiro.
Nulla, tutto quello che ne ricavo è solo un gran fastidio
causato dall'odore di benzina.
L'impressione che i miei polmoni siano schaicciati da un immenso peso
non si placa.
Guardandomi intorno, con gli occhi che si spostano schizzofrenici da
una parte all'altra, vedo un pezzo di legno, che afferro velocemente e
inizio a far leva,mettendoci tutta la forza che possiedo.
Finalmente il peso del mobile sulle mie gambe diminuisce gradualmente.
Così, dopo vari tentativi,riesco a liberarmi.
Gli arti inferiori sono indolenziti e per qualche secondo incapaci di
muoversi, per esser stati nella stessa posizione così a
lungo.
Seduto su un cumulo di valige, rimango ad osservare
l’abitacolo.
Sembra l’inferno.
Come posso essere ancora
vivo?
A quella domanda, ne segue immediatamente un’altra, che mi
scuote come una bambola nelle mani di una bambina capricciosa.
E gli altri?
Fino a quel momento non ho realizzato, che non ci sono solo io
lì.
Il mio viso si trasforma in una maschera di puro terrore.
L’attacco di panico è tornato ancora
più forte di prima.
Respirando a fatica, mi rialzo, gemendo per lo sforzo.
Deglutisco rumorosamente e resto a fissare per l’ennesima
volta le condizioni del bus.
Non so cosa fare.
Il mio cervello sembra essere andato in stand-by, faccio fatica a
formulare un qualunque pensiero logico.
Quell'angosciante presa di coscienza ha totalmente annullato ogni mia
capacità mentale.
Le mani fremono dal bisogno di agire, di fare una qualsiasi cosa e
proprio in quell'istante mi accorgo delle scale che salgono al piano
superiore, come se fossero comparse solo in quel momento.
Miracolosamente sono intatte.
Senza riflettere un secondo, le salgo con foga, non preoccupandomi
delle gambe, che urlano di dolore.
Appena appoggio il piede sull’ultimo scalino, ritrovo lo
spettacolo nel quale mi ero svegliato.
Come sotto, la parte anteriore dal pullman, che è poco
distante da me, è del tutto distrutta.
La osservo ancora e ancora, non capacitandomi di come questa possa
essere la realtà.
Un rumore mi fa ritornare nel mondo reale.
Giro di scatto la testa e per qualche secondo provo una sensazione di
vertigini e la vista mi si annebbia.
Riesco appena a captare un movimento sotto i materassi e i cuscini
rovesciati.
Mi avvicino con cautela, preoccupato da cosa vi potrei trovar sotto.
Forse Tom, forse Georg.
Forse ancora tutti interi o forse no.
Un altro movimento.
Prendo uno dei materassi con entrambe le mani e lo sollevo,riuscendo a
spostarlo di lato.
Ora sono visibili dei pantaloncini bianchi.
Solo una persona può indossarli.
“Gustav!” esclamo allo stesso tempo felice e
preoccupato.
Lo aiuto a togliersi da lì sotto e il batterista cerca a sua
volta di districarsi con le braccia .
Il fatto che avesse le forze per farlo, mi rassicura.
Pochi secondi ed è libero, di fronte a me, che si guarda in
giro con un’aria simile a quella di un bambino, che non vede
più la mamma.
-Ma cosa..- sono le uniche parole appena sussurrate, che riesce a
pronunciare.
-Non lo so!-
La mia voce è un misto tra disperazione e confusione.
-Ho aperto gli occhi il sangue colava era sulle mie mani ho cercato di
alzarmi c'era un armadio su di me le gambe mi fanno male gli altri non
so come stanno la testa mi gira non so ...-
Mentre continuo il mio racconto gesticolando agitato,senza fare neanche
una pausa e prendere fiato,sento due mani stringermi le spalle,
scuotendomi leggermente.
-Frenati cazzo!- mi impone un Gustav notevolemente alterato.
Con il fiatone lo guardo negli occhi.
-Stai bene?-
La mia voce è affannosa e la sua risposta è uno
sguardo perplesso.
Certo, non è forse la domanda più intelligente da
fare in quel momento.
-Intendo dire se non hai nulla di rotto- specifico con un sospiro per
rimediare.
I secondi passano e da lui nessun cenno di vita.
Le braccia gli ricadono sui fianchi e fissa un punto, con gli occhi
immobili e vuoti.
Mi volto per capire cosa ci sia alle mie spalle, che ha attirato tanto
la sua attenzione.
Non imprego molto a comprendere.
Già, lui non aveva ancora visto le condizioni del bus.
Mi rigiro immediatamente, incapace di sostenere ancora quella visione.
Dopo aver deglutito un paio di volte, mormora titubante -Hai detto che
non sai dove sono, giusto?-
Un vortice di angoscia mi pervade.
-No, non lo so- gli rispondo, incapace di tener lo sguardo alto.
Gli attimi che seguono, sono intrisi in un silenzio glaciale.
Nessuno di noi ha la forza di prendere in mano la situazione.
A quanto sembra, non sono l’unico che ha paura di scoprire la
verità.
La tensione e l'ansia mi impediscono di ragionare.
Lancio un'occhiata a Gustav.
I suoi occhi dopo qualche secondo, sembrano riprender vita.
-Hai già controllato tutto giù?-
Domanda secca e diretta, senza giri di parole.
La mia mente, anche se collabora a fatica, prova a metter insieme tutte
le immagini.
A un certo punto, con la bocca semiaperta e guardando il vuoto mormoro
-Il bagno..-.
-Cos'hai detto?-
Il ragazzo intanto si è avvicinato a me per sentire meglio.
-Il bagno!- esclamo con una sfumatura quasi isterica.- Gustav, il
bagno!Sono sicuro che sia nella parte ancora integra del bus!Non so
come non me ne sia ricordato prim...-
-Muoviti!- mi urla mentre lui sta già per scendere le scale.
Senza farmelo ripetere due volte scatto verso di lui.
Fatti però un paio di scalini, le mie gambe cedono.
E’ come se la terra stesse sprofondando sotto di me.
Non capisco più quello che sta succedendo.
Sento il fianco, la spalla, poi la testa picchiare violentemente contro
gli spigoli.
Fortunatamente qualcosa blocca la mia caduta.
Cerco di capire cos’è, ma la mia vista
è totalmente offuscata e vedo solo ombre attorno a me.
Una voce sempre più lontana mi chiama.
Vorrei risponderle, ma il mio corpo non asseconda la mia
volontà.
Sbatto ancora una volta le palpebre.
Tutto è sempre più scuro, buio.
Sento ancora quella voce chiamarmi, poi, il nulla.
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