Luce e Buio

di ranyare
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'Elementale ***
Capitolo 3: *** Everte Statis ***
Capitolo 4: *** Il Tuo Passato ***
Capitolo 5: *** Tonks ***
Capitolo 6: *** Il Male Dentro Te ***
Capitolo 7: *** Esporsi per Lei? ***
Capitolo 8: *** V come Vendetta ***
Capitolo 9: *** Liti...e Qualcosa in Più ***
Capitolo 10: *** Lasciarsi Andare ***
Capitolo 11: *** Nuove e vecchie conoscenze ***
Capitolo 12: *** Liti e Gelosia ***
Capitolo 13: *** Arakta Shoenn ***
Capitolo 14: *** Una Nuova Normalità ***
Capitolo 15: *** Boxe, Feste e Primi Baci ***
Capitolo 16: *** La Festa ***
Capitolo 17: *** Lo Scontro fra Luce e Buio - 1° parte ***
Capitolo 18: *** Shoenn: la Prevalenza del Buio ***
Capitolo 19: *** Arakta: il Trionfo della Luce ***
Capitolo 20: *** La Camera della Morte ***
Capitolo 21: *** La Battaglia Di Hogwarts ***
Capitolo 22: *** Il Limbo ***
Capitolo 23: *** L'addestramento - Preludio ***
Capitolo 24: *** L'Addestramento ***
Capitolo 25: *** La Separazione ***
Capitolo 26: *** Il Tradimento di Kelly ***
Capitolo 27: *** Morte! ***
Capitolo 28: *** Il Sacrificio Della Regina ***
Capitolo 29: *** Ritorno Alla Vita ***
Capitolo 30: *** L'Intervento Del Lupo - La Fine Del Male ***
Capitolo 31: *** Vita! ***
Capitolo 32: *** Addio Limbo - Una Nuova Vita ***
Capitolo 33: *** Epilogo....Oppure No? ***
Capitolo 34: *** Ringraziamenti ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Nuova pagina 1

Allora, premetto che questa fic non so come mi sia uscita, a volte le parole sono più forti della volontà e si allineano da sole, quindi non ho la minima idea di come possa essere. Se non amate i rapporti Grifondoro/Serpeverde o un Harry Potter donnaiolo e in generale più sveglio “da quel lato”, vi consiglio di non leggere! ;P È  un po' che mi girava in testa il personaggio di Blaise Zabini e ho voluto regalare anche a lui una Donna (con la D maiuscola) come ho fatto con il mio adorato Sirius in “ti amo e mai te lo dirò”. Spero vi piaccia, e commentate!! (non è un consiglio...è un ORDINE!!!)

PS è la stessa storia che ho pubblicato prima, solo che è ambientata in anni e momenti diversi, mi piaceva di più questa versione...vi avverto sarò molto lenta a scrivere, quindi aspettatevi un aggiornamento circa ogni due settimane...Ci sentiamo!

 

 

 

Lo sguardo. Fu questo a colpirlo subito.

Fiero, deciso, assolutamente privo di paura o imbarazzo. Quasi altezzoso, ma indifferente al fragoroso silenzio che si era creato al suo arrivo.

-Vi presento la nuova studentessa di Hogwarts, Diana.- aveva detto Silente. Tutti si erano sorpresi nel sentirsi presentare una nuova studentessa a metà anno, ma quando il portone della Sala Grande si era spalancato di botto avevano improvvisamente taciuto.

Occhi grigio acciaio, ma ardenti come la fiamma più alta, brillanti di intelligenza, di ironia, di scaltrezza, occhi bordati da una linea spessa di eyeliner che li rendeva ancora più grandi e profondi, palpebre sfumate di un grigio più scuro, ciglia lunghe e arcuate, e quello sguardo intenso, insostenibile, lo avevano ammaliato.

Blaise si riscosse da quell'attimo di perplessità, e distolse a fatica lo sguardo da quei due baratri metallici. Si accorse di un viso attraente dalla forma antica, quasi regale, tondo ma non paffuto, anzi, scavato sulle guance e sotto il mento. Labbra pallide, piccole e perfette, erano strette in una espressione d'indifferenza. Capelli scuri, quasi neri, ricadevano selvaggi sul collo e sulle spalle, fino a metà schiena. Il corpo di Diana era alto, dalle curve morbide e profonde, un seno prosperoso e braccia forti, non muscolose ma nemmeno scheletriche. Ogni più piccolo movimento sembrava studiato, perfetto, fluido, le movenze erano quelle di un gatto. La pelle candida risplendeva alla luce delle candele galleggianti. Le sue mani erano grandi, femminili, ma solcate da decine di cicatrici che risaltavano nel riflesso rossastro. Indossava un mantello nero che l'aveva protetta dalla sferzante pioggia di fine novembre, e sotto la divisa scolastica. Senza stemma, notò il sedicenne Blaise. La ragazza, dopo una breve occhiata alla Sala gremita, avanzò verso il tavolo dei professori, ignorando gli sguardi stupefatti degli studenti. Si fermò di fronte a Silente.

-Diana frequenterà il sesto anno. Ora prego la professoressa McGrannitt di portare qui il cappello.- disse Silente, la voce che echeggiava quasi sinistra nella vasta Sala silenziosa. Un rumore di tacchi infranse quell'attimo cristallino, e la professoressa raggiunse la ragazza, porgendole un vecchio cappello consunto.

-Grazie.- disse lei, parlando per la prima volta. La sua voce aveva un che di musicale, come il canto delle sirene, altrettanto ammaliatore, in cui risuonava una forza potente. Si infilò il cappello, e attese.

-Finirà a Serpeverde. Ha l'aria di una troppo intelligente per le altre Case.- affermò Draco accanto a lui, l'amico di sempre, il compagno di tante scoperte. Blaise, momentaneamente ammutolito, annuì, capendo un attimo più tardi di desiderare davvero che quella ragazza si unisse alla sua Casa.

 

Oh, sì...Diana...interessante, sì, vedo molto nella tua mente...c'è coraggio, c'è arguzia, c'è intelligenza. Sei una guerriera, ragazza, ami esserlo...e lo sai. Se vuoi combattere, le Case migliori sono Serpeverde e Grifondoro...oh, vedo dell'oscurità in te...ma c'è anche lealtà...difficile, davvero molto difficile...difendi dalla violenza con la violenza stessa, questo è insolito per entrambe le case...d'accordo, ho deciso.

 

-GRIFONDORO!- gridò il Cappello qualche attimo dopo. Blaise si sentì sconfitto, mentre guardava Diana sfilarsi il cappello con un sorriso soddisfatto sulle labbra. Lo colpì quanto fosse strano, anche se meraviglioso, il sorriso su quel viso. Sembrava fuori posto. La ragazza corse ad unirsi ai suoi nuovi compagni di Grifondoro, che l'acclamarono festanti, e si sedette proprio accanto a Potter. Un moto di fastidio colpì irrazionalmente Blaise. Il Ragazzo Sopravvissuto l'aveva mangiata con gli occhi per tutto il tempo, e ora i suoi occhi scivolavano sulla scollatura profonda di Diana, mentre intavolavano una conversazione.

 

-Benvenuta!- un bel ragazzo dagli occhi verdi le rivolse un gran sorriso. Diana si ricordò di ricambiarlo: sorridere non era la prima cosa che le venisse in mente, ma non per arroganza o pigrizia. Semplicemente, lei rideva solo quando ce n'era motivo.

-Grazie.- disse, prendendo posto accanto a lui. Notò la cicatrice a forma di saetta, ma non vi si soffermò. Cosa di cui sembrò esserle grato. -Tu sei Harry Potter, giusto?- gli chiese, invece.

-Esatto. Loro sono i miei migliori amici, Ron Weasley...- indicò un pel di carota dagli occhi azzurri, che la salutò allegramente.

-Piacere.- disse Diana, cedendo alla rigorosa educazione che sua madre le aveva imposto da piccola.

-...e Hermione Granger.- la brunetta riccia al suo fianco le rivolse un sorriso. Era carina, e aveva l'aria intelligente.

-Piacere di conoscerti, Diana.- le disse.

-Diana è un bel nome. Da dove vieni?- le chiese Harry. Diana rispose mentre si serviva di patate arrosto.

-Sono americana. Mia madre ha deciso di tornare in Inghilterra, ha studiato qui da giovane.-

-Però! Come sono le scuole di magia in America?- le chiese Ron, curioso. Diana ci pensò su un attimo, poi rispose, con un sorriso furbetto:

-Un disastro. Un sacco di delinquenti, per tenergli testa bisogna essere più bulli di loro. Da noi insegnano anche la difesa babbana, oltre che quella magica. Boxe, karate e cose simili.-

-Tornano sempre utili.- commentò saggiamente Ron, facendola ridere. Diana aveva una risata calda, profonda, intrisa di sensualità. Harry rise, Hermione rise, Ron rise. Aveva quest'effetto, la sua risata.

-Allora, com'è questa scuola? Spero più tranquilla della mia.- chiese, con espressione pratica.

-Gli studenti sono divisi in quattro case: Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. I Tassorosso sono dei buoni lavoratori, i Corvonero i più intelligenti, mentre quelli di Serpeverde sono degli idioti purosangue.- le spiegò Hermione. Diana assunse un'espressione incredula. Non sembrava più così inquietante come era parsa in un primo momento.

-Non saranno mica gli snob convinti di essere i migliori solo per il loro sangue “puro”, vero?- chiese.

-Esattamente.- annuì Harry, cupo.

-Buon Dio! Ma gli idioti sono proprio ovunque!- esclamò lei, scuotendo la testa. Il trio rise. Diana indicò con il pollice dietro la sua schiena, verso il tavolo lontano dei Serpeverde. -Sarebbero quelli?- chiese.

-Si. Stai attenta al biondo platinato, Draco Malfoy; è il peggiore di tutti.- la avvertì Hermione.

-Malfoy? Il figlio di quel pomposo Mangiamorte?- le chiese Diana.

-Ehi, certo che ne sai di cose!- si complimentò Harry.

-Voldemort è una piaga anche in America. Odia il mio paese, perché i maghi sono quasi tutti mezzosangue.- “Tranne me. Mia madre è Purosangue, e anche mio padre lo era. Scommetto che nemmeno a lui importava di essere puro. Non che possa saperlo. Tuo padre non ha mai saputo di avere una figlia, Diana.” I tre la fissarono, sorpresi. -Cosa c'è?- chiese, sperando di non aver fatto una gaffe.

-Lo hai chiamato per nome.- mormorò Ron, perplesso.

-Sì. Ti dà fastidio?- gli chiese, un po' preoccupata di essere riuscita a inimicarsi una persona già il primo giorno. Di solito succedeva dopo due o tre, come minimo.

-Sì!- rispose Ron.

-No!- risposero in coro Harry e Hermione. Diana sorrise. Dopo un po', Hermione prese ad indicarle i diversi compagni, i loro caratteri e i loro modi di fare. Harry e Ron si divertirono a raccontarle le avventure che avevano vissuto gli anni precedenti, ma gli occhi grigi di Diana scivolavano ogni qualche minuto verso il tavolo dei Serpeverde, nonostante non sapessero bene cosa cercare.

 

Diana e la Granger stavano chiacchierando allegramente, dirette alla scalinata che le avrebbe portate alla Torre di Grifondoro. Blaise la vide, spiccava attraverso la folla come la luna in una notte di nubi. Fece un cenno a Draco, che annuì, e si diresse deciso verso di lei. Quando le passò accanto,  volontariamente la urtò forte, con una spalla. La nuova Grifondoro doveva capire chi comandava.

Nonostante avesse quel provocante profumo fruttato.

 

Diana ebbe appena il tempo di vederlo, prima di sentire la botta. Hermione smise di parlare, e assunse quasi subito un'aria arrabbiata.

-Ehi!- sbottò Diana, girando su se stessa per vedere l'ignoto aggressore. Il ragazzo si voltò, e per un attimo la giovane americana perse la cognizione di giorno, mese, luogo e nome.

Un fisico alto, ben piantato, muscoli perfetti delineati dalla camicia bianca della divisa dei Serpeverde, spalle larghe, carnagione bronzea. Un viso dai lineamenti fini, perfetti, anche se per nulla effemminati, reso ancor più attraente da una barba ispida sulle guance e sul mento. Capelli neri come l'ebano ricadevano selvaggi fin sotto le orecchie e più lunghi ancora sulla schiena, con ciuffi disordinati che si posavano sensuali su due occhi intensi, grigio-verdi, stretti in un'espressione arrogante, e due labbra carnose, adatte a far impazzire qualunque donna, storte in una smorfia beffarda.

-Ah, la pivella Grifondoro.- disse Blaise, sprezzante.

-Ah, un idiota Serpeverde.- replicò lei, tagliente e sarcastica. Gli occhi di entrambi si fissarono in quelli dell'altro per un lungo, elettrico istante.

-Non permetterti, ragazzina, e impara a stare al tuo posto. Ossia più in basso di me.-

-Difficile stare più in basso di un verme.- Blaise, piccato, fece per prendere la bacchetta, ma la mano bianca di Diana già stringeva la sua, lunga, di quercia, puntata contro il suo petto muscoloso. Blaise rimase immobile, sentendo la rabbia verso quella arrogante ragazza aumentare.

-Cosa succede qui?- intervenne all'improvviso Harry, giunto immediatamente al primo campanello d'allarme.

-Non agitarti, Sfregiato, altrimenti poi devi andare in infermeria. Volevo solo dare un'occhiata alla pivellina.- gli disse Blaise, beffardo.

-Non osare chiamarmi pivella. Il mio nome è Diana.- lo avvertì lei, la voce che tagliava come un coltello.

-E il mio è Blaise Zabini. Nessun piacere di conoscerti.- ribatté lui.

-Contraccambio.- Blaise estrasse fulmineamente la bacchetta, e Potter fece lo stesso.

-Adesso basta, Zabini.- lo minacciò. Ci fu un momento, un solo momento, in cui i loro occhi si incrociarono, rabbiosi. Poi Blaise si voltò e, ancheggiando come John Travolta in Staying Alive, si allontanò, con la certezza che due occhi grigi stessero seguendo il sensuale movimento del suo apollineo didietro.

-Stupido imbecille. Vieni, Diana, stiamo bloccando il passaggio.- sbottò Hermione, e Diana si lasciò trascinare via, con la strana voglia di girarsi indietro. Raggiunsero il ritratto della Signora Grassa, lo varcarono, poi le due ragazze si congedarono da Harry e Ron e si diressero ai dormitori femminili.

-Certo che quel tale Serpeverde è un bell'arrogante.- commentò Diana, mentre si cambiavano. Diana indossò un pigiama color vinaccia, Hermione uno rosa pallido.

-Zabini è il migliore amico di Malfoy. Non so quale sia il più insopportabile.- annuì la Granger, infilandosi nel letto. Diana notò che non sembrava molto convinta.

-Saranno la coppia del momento.- Hermione rise.

-Eh, già. Buonanotte, Diana.- la novellina spense la luce con un colpo di bacchetta.

-'Notte Hermione.-

Diana si sdraiò sul suo letto a baldacchino, fissando il velluto rosso senza in realtà vederlo. Una nuova scuola. Una nuova vita. Un bel posto, tranquillo senza essere noioso. Persone perbene intorno, anziché i soliti, adorabili delinquenti.

Ma quel ragazzo...

Era diverso. Diana aveva istinto, e sapeva che quel bruno le avrebbe dato del filo da torcere.

 

-Quella puttana schifosa!- sbottò Blaise, andando avanti e indietro nel dormitorio dei Serpeverde. Draco Malfoy, mollemente adagiato sul suo letto, sospirò.

-È una Grifondoro, cosa ti aspettavi? Sono quasi tutte così.- disse, stancamente. Era una buona mezz'ora che l'amico, furibondo, inveiva selvaggiamente contro la ragazza nuova.

-Mi ha affrontato! Dove lo ha trovato il coraggio, quella ragazzetta?- sbottò Blaise, rivolto più a se stesso che all'amico. Sì, lo aveva affrontato. Gli aveva tenuto testa. E aveva avuto la chiara impressione che non fosse nemmeno la metà di ciò che Diana sapeva fare.

-Te l'ho detto, per me sarebbe stata bene anche a Serpeverde.- disse Draco. Poi, quando Blaise fu in procinto di riprendere la sua irosa litania, sbottò: -Senti, se vuoi posso chiedere a Hermione qualcosa su di lei. Dovrei vederla domani sera.- al pensiero, Draco sorrise fra sé.

-Ma chi ne vuol sapere di lei!- sbottò Blaise, spense rabbiosamente la luce e si buttò sul letto, a faccia in giù. Certo che di quella ragazza non sapeva nulla, se non che era un tipino focoso. E bella. Era bella. Aveva un corpo da schianto, anche se non era magra come le ragazze con cui usciva di solito. Aveva un viso sensuale. Era scaltra, furba, e intelligente. Era una brava combattente, lui aveva occhio per queste cose, se n'era accorto dalla velocità con cui aveva estratto la bacchetta. E aveva due occhi...quelle labbra... “Ammettilo con te stesso, Blaise. Fisicamente ti piace. E tanto, anche. Mentre come carattere...” -Draco.- chiamò, nel buio.

-Dimmi, Blaise.- rispose l'amico, così in fretta da fargli pensare che fosse in attesa di quella sua chiamata.

-Voglio sapere chi è. Mi ha l'aria di una dell'Ordine.- una buona scusa. Così Draco non avrebbe pensato che...non avrebbe pensato cosa? La sua era solo curiosità. Mera curiosità verso quella meravigliosa ragazza. “No, Blaise, no. Grifondoro. Nemica.” si ricordò. E cancellò il “meravigliosa” dal suo pensiero precedente.

-Certo, fratello. Certo.- rispose Draco.

-Fottiti.-

-D'accordo.-

 

Altro dormitorio, altri ragazzi.

-È una gran figa, te lo dico io.- Ron scosse la testa, poco convinto.

-Sarà, ma non è il mio tipo.-

-Ah, giusto. Il tuo tipo è Lavanda.- sogghignò l'amico, tirandogli addosso un calzino sporco che Ron schivò facilmente.

-Piantala, Ragazzo Ancora Per Poco Sopravvissuto.-

-Ah, ah, ah. E ancora: ah.- finse di ridere Harry, sarcastico.

-Divertente, davvero. Allora, ci proverai con Diana?-

-Ovvio. Secondo me ci sta.-

-Secondo me ti trasforma in un rospo.- commentò Ron, in tono piatto.

-Invece mi ha l'aria di una che quelli che le piacciono se li fa.-

-E credi di piacerle?-

-Ultimamente piaccio a molte. Perché a lei no?-

-Perché è una che ha l'aria di saperti spezzettare le ossa se solo le tira.-

-Esagerato.- Harry si distese sul suo letto, immaginando per un attimo di dividerlo con la sensuale figura di Diana. Sentiva quasi sotto le dita scorrere la sua pelle bianca. Al solo pensiero si eccitò.

-Fa' un po' come vuoi, però poi glielo spieghi tu a Hermione perché ti ritrovi con il naso a ricciolo. 'Notte Harry.- lo salutò Ron.

-'Notte.- rispose il Prescelto, nonostante i suoi pensieri fossero già lontani.

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Capitolo 2
*** L'Elementale ***


Il mattino dopo, alle prime luci dell'alba, Diana si svegliò

Rieccomi qua!!! Allora, ho passato una notte insonne che in teoria doveva essere dedicata allo studio…e invece ha permesso a questa fic di raggiungere le 49 pagine…*stendiamo un velo pietoso*

Innanzitutto, volevo precisare alcune cose su Diana. Questo personaggio, che in alcuni momenti mi rappresenta perfettamente, è parecchio PARECCHIO inquietante. Come dice il titolo della fic, Diana è divisa fra Luce e Buio, fra Male e Bene, fra Gioia e Dolore. È un personaggio promiscuo, molto molto promiscuo. Premetto che presto dovrò alzare il rating, fino ad arancione o addirittura rosso, perché ci saranno delle scene di tentata violenza sessuale, seguite dopo un paio di capitoli da una scena, descritta molto soft, di sesso. Chiedo alle amministratrici di farmi sapere qualcosa, al massimo posso inviargli i capitoli prima così possono dirmi come regolarmi.

Ecco le risposte alle rec:

D2OTTO: ho fatto un salto nelle tue fic…beh, possono dire quello che vogliono, ma a me piacciono un casino!! Spero che seguirai la mia, ci tengo ai tuoi commenti!

Iaia_Malfoy4ever: sì Herm e Draco già stanno insieme…contentissima che Diana ti piaccia, non avadakedavrizzarmi per tutte le pene che le farò passare, alla fine (spero) di poterle dare un happy end!! Continua a recensire, mi raccomando!!

Mione1194: che tu voglia leggere questa storia, nonostante sia contraria ai tuoi gusti, mi commuove tantissimo. Cmq, se ti rassicura, la dramione è una cosa di sfondo, perché la fic è incentrata principalmente su Diana e, in secondo luogo, Blaise. Per Harry invece, non preoccuparti, perché saprà riscattarsi in un modo meraviglioso!!! Ho solo voluto mostrare che anche Harry, come tutti i sedicenni, ha gli ormoni e gli impulsi sessuali…com’è poi giusto che sia!!!

 

Buona lettura, e mi raccomando, come al solito: RECENSITE!!! Un besone!!! PS: lancio una sfida da ora, così vediamo chi la becca: who is diana's father? (chi è il padre di Diana???)

 

 

 

 

 

Il mattino dopo, alle prime luci dell'alba, Diana si svegliò. Per un attimo, dimenticò il motivo per cui si trovava in un letto a baldacchino di una scuola inglese. Assonnata, si alzò e silenziosamente si vestì. Durante la notte, sulla divisa era comparso lo stemma di Grifondoro. Senza fare il minimo rumore, per non svegliare le tre compagne di stanza, prese un piccolo beauty-case di pelle rosa shocking (l'unica tonalità di quell'irritante colore che le piacesse) e si diresse in bagno. Fece scorrere il getto dell'acqua a lungo, aspettando che raggiungesse il calore, e si sciacquò il viso più volte, tenendo le mani premute sugli occhi mentre i suoi pensieri tornavano chiari.

Suo padre.

Lo aveva visto tante volte, nelle foto che sua madre aveva conservato: foto di squadre di Quidditch, di anni scolastici, di gruppi di amici, tutti rigorosamente in oro e rosso. Sua madre le diceva che gli somigliava tantissimo, e Diana non poteva non essere d'accordo con lei. La stessa forma del viso, degli occhi, le stesse labbra, i capelli, l'altezza e il carattere focoso, erano tutte cose che aveva ereditato da un uomo che non aveva mai saputo della sua esistenza. Ma qualcosa le suggeriva che l'avrebbe amata. Ammirava quell'uomo, sapeva tutto di lui, ma nel contempo non sapeva assolutamente nulla: era tutta teoria, quella che aveva messo insieme, ma niente poteva raccontarle veramente chi fosse suo padre. Se solo sua madre non avesse lasciato Hogwarts dopo essersi scoperta incinta...se solo non avesse nascosto a quel giovane uomo di aspettare un figlio...se solo non fosse stata così irrimediabilmente codarda, e avesse preferito compiangersi della sorte di ragazza-madre, anziché prendere in mano la propria vita...forse Diana avrebbe potuto avere una famiglia. Genitori normali, felici, una vita senza dolore né battaglie.

Fondotinta.

“No, Diana.” le ricordò la sua stessa coscienza.

Cipria.

“Sai che senza il dolore non saresti diventata quella che sei. E a te piace esserlo.”

Ombretto.

Sì, le piaceva essere se stessa. Le piaceva anche la sua terra, il Texas.

Gloss leggero.

“Hai dovuto lasciarlo. Faceva troppo male restare là.”

Eyeliner.

Vero. Troppo dolore. Troppa sofferenza, unita ad un orribile senso di colpa.

 -Sveglia, Diana! Basta malinconie! Oggi è il tuo primo giorno a Hogwarts!- si disse, finendo di truccarsi. Impose a sé stessa quale delle sue molteplici identità avrebbe dovuto avere quel giorno. Il bello e che era come scegliere tra rose identiche: tutte le piacevano, dalla Diana cupa alla Diana ironica a quella sarcastica. Optò per un profilo allegro ma non frivolo, e ovviamente sarcastico. Si scrutò allo specchio, e una diafana sedicenne dall'occhio sicuro e ironico ricambiò il suo sguardo: era pronta.

La semibuia Sala Grande dal soffitto tempestoso era quasi vuota: pochi erano gli studenti mattinieri quanto lei, che per di più aveva la prima ora libera. Il tavolo di Grifondoro, a parte un ragazzino basso ed esile che Hermione aveva indicato col nome di “Colin”, era deserto. In un certo senso, Diana lo preferiva: era da sempre un lupo solitario.

 

Blaise la vide entrare. Era semplicemente splendida, ma si ricordò di doverla detestare. Si costrinse a ripensare all'umiliazione subita la sera prima, e gli fu facile mettere a tacere l'istinto.

Era mattiniera. Ed era sola. Cosa strana per una ragazza, visto che di solito giravano sempre almeno in coppia. La vide sedersi, fare colazione con una tazza di cereali e un bicchiere di succo di frutta. I pallidi bagliori del sole, quando riuscivano a squarciare la coltre di nubi, entravano dalle finestre e le colpivano i capelli scuri, donandogli riflessi dorati che lo ipnotizzavano per un istante. Poi vide quei capelli muoversi sulle sue spalle, la testa girarsi e gli occhi grigi voltarsi verso di lui.

Ma come aveva fatto?

 

Quell'idiota Serpeverde la stava guardando. Non le piacque il suo sguardo, non le piacque il modo in cui lo abbassò subito quando lei si voltò. Chi abbassa lo sguardo è un mentitore. Prima lezione di Analisi Psico-Magica all'Accademia di Guerra e Magia di Morris-West. Con disappunto, Diana tornò a rivolgersi ai suoi cereali.

Certo che era un gran bel figaccione, con 10 nel fisico e 10 e lode nel viso. Le tornò in mente il breve attimo in cui si erano scambiati quello sguardo, la sera prima. Si era aspettata di trovarvi arroganza, altezzosità e idiozia allo stato puro. Sulle prime due non aveva sbagliato, ma la terza non l'aveva nemmeno scorta in lontananza. Aveva visto intelligenza, sarcasmo, scaltrezza, in quegli occhi. Ma non stupidità. E, per quell'istante, Diana aveva sentito il suo cuore distrutto fremere, come un morente che esce dal coma. Diana scosse la testa, allontanando quei pensieri: non poteva permettersi di provare sentimenti amichevoli verso un cretino del calibro di quel tale, di quel Blaise.

-Ehi, buongiorno!- la voce di Harry Potter la fece sobbalzare. Gli rivolse un morbido sorriso mentre lui si sedeva accanto a lei. Un po' troppo vicino, per i gusti di Diana.

-'Giorno, Harry. Come mai già in piedi?-

-Ho programmato l'allenamento di Quidditch fra dieci minuti.- in effetti, Diana vide il distintivo di Capitano appuntato sul suo petto. -Vuoi venire a vedere?- le propose. Diana, che di ragazzi aveva una discreta esperienza, sapeva che ci stava provando. Tenero, dopotutto. Un dongiovanni alle prime armi.

-Preferisco fare un giretto per il castello. Sai, per ambientarmi.- disse, in tono sufficientemente cortese perché lui capisse che non aveva intenzione di starci, ma che voleva comunque essere sua amica. Quante cose possono essere dette senza profferir parola.

-Ok. Quando vuoi, puoi venire a vedere, gli allenamenti sono aperti al pubblico.- le disse Harry, sorridendo. Dieci minuti di piacevole conversazione dopo, Harry si alzò e raggiunse gli assonnati compagni di squadra, guidandoli verso il campo da Quidditch.

“Sarà anche il Prescelto, ma in quanto a donne è proprio un idiota. Anche se non è così male.” pensò Diana, alzandosi dopo un po'. La Sala cominciava a riempirsi, ma lei si diresse decisa verso le scalinate. Incontrò diversi studenti salendo attraverso i piani, molti la osservavano con curiosità, ma nessuno, con suo sollievo, le rivolse la parola. Non aveva voglia di intavolare conversazioni. Almeno, non con gli esseri umani. Presto si ritrovò al nono piano, l'ultimo, prima delle torri. Lassù non c'era nessuno.

Si appoggiò alla parete, ignorando una fitta al fianco, segno che aveva trascurato gli allenamenti e che quelle interminabili scale erano vere e proprie sfide all'alpinismo. Chiuse gli occhi.

“Hogwarts, raccontami la tua storia, se nessuno ti ha mai ascoltata, e io, umile ascoltatrice, saprò cogliere insegnamenti da ciò che tu hai visto e vissuto.” mormorò, fra sé e sé. Sentì le palme delle mani farsi improvvisamente calde, a contatto con la nuda pietra. Sembravano ardere, era quasi insopportabile. Diana sapeva che quello era il momento più duro. Strinse forte i denti, sentendo quell'insopportabile fiamma propagarsi lungo ogni braccio, congiungersi alla gemella sulle spalle, e poi scendere nel petto e là esplodere con la forza di un uragano, raggiungendo il suo cuore che, per un istante che ogni volta le mozzava il fiato, smise di battere. Qualche secondo, il tempo di sentire il sangue rallentare nelle vene e nelle arterie, e il muscolo aveva già ricominciato a contrarsi velocemente, inviando al cervello sangue e non solo.

E poi fu come se qualcuno le avesse spalancato le palpebre, costringendola a fissare ciò che aveva intorno. Hogwarts aveva tanto da insegnarle. La saggezza intrisa nella roccia stessa di quel castello sarebbe valsa di più di tutti i racconti di Hermione. E l'antico castello, avvertendo la presenza di una persona capace di ascoltare, cominciò a raccontare.

 

Blaise era tentato di chiamare qualcuno. Quando aveva seguito Diana, Disilluso, fino al nono piano, voleva solo farle pagare la figuraccia della sera prima; non aveva pensato di assistere ad uno spettacolo tanto strano. Quando si era appoggiata, aveva pensato che quella femminuccia fosse stanca, perché aveva fatto tutte le scale del castello ad una andatura a dir poco sostenuta. Ma, quando aveva visto un bagliore d'indaco sprigionarsi dalle pareti a cui era appoggiata e avvolgerla lentamente, aveva cominciato a preoccuparsi. Non per lei, chiaramente: se fosse stato trovato vicino al cadavere della novellina, di sicuro non sarebbe stata una buona referenza per un futuro lavoro al Ministero. Ma decise di intervenire quando gli occhi di lei si spalancarono di botto, completamente bianchi e senza pupille.

Anche perché lo aveva spaventato.

-Ehi!- esclamò, Disilludendosi intanto con un colpo di bacchetta. Diana non diede segno di averlo sentito. Blaise corse, si fermò di fronte a lei e la prese per le spalle. -Ehi, pivella! Cosa ti succede?- la scosse.

Gli occhi bianchi si alzarono su di lui.

Pulsavano.

Ad un ritmo martellante.

Più forte, sempre più forte. Blaise cominciò a temere per la propria salute.

Ma poi...

Le palpebre ricaddero un istante per poi rialzarsi subito dopo, rivelando due solite lame d'acciaio.

-Ehi!- protestò Diana, spingendolo lontano da sé.

-Calma! Ti ho appena salvato la vita, anche se non credo ne valesse la pena!- sbottò Blaise, iroso.

-Salvato la vita? Ma di che cazzo parli?- replicò lei nello stesso tono.

-Come “di cosa parlo”!? Di quel lavoro che ti è successo prima!- sbraitò il Serpeverde, ormai sull'orlo di una crisi di nervi. Diana tacque un secondo, sorpresa.

-Non rischiavo la vita.- si limitò a dire, in tono freddo.

-E allora cosa stavi facendo?- le chiese lui.

-Non sono affari tuoi.-

-Lo so benissimo, ma lo voglio sapere e tu me lo dirai.- gli occhi di Diana lampeggiarono pericolosamente. Blaise ghignò, accorgendosi di come le sue parole la avessero fatta infuriare.

-Non prendo ordini da un idiota.- ringhiò lei, in un tono basso e minaccioso che non lo impressionò.

-Infatti prendi ordini da me.- rincarò il Serpeverde, soddisfatto di vedere letteralmente la rabbia crescerle dentro, come un fiume in piena.

-Ah, giusto, mi correggo: non prendo ordini da nessuno, idiota, cretino o aviocerebrale che sia.- ribatté Diana, con un sarcasmo da tagliare con un coltello.

-E che sarebbe!?-

-Significa senza cervello, e il fatto che tu non lo sappia non ne è che una conferma.- ok, Blaise si stava arrabbiando. Per non dire incazzando. Decise di cambiare argomento, per evitare la tentazione di estrarre la bacchetta e scagliarle addosso un meritatissimo Avada Kedavra.

-Allora, me lo dici che ti stava succedendo?- le chiese, cercando di usare un tono il più normale possibile. Si era reso conto che le maniere forti, con quella ragazza, non servivano a nulla.

-Ma guarda, allora sai anche usare l'educazione, ogni tanto!- disse Diana, fissandolo con finta sorpresa. Poi aggiunse: -Visto che sei tanto bravo da sembrare quasi un essere umano, te lo dirò. Stavo parlando con la scuola.-

-Eh?- fece lui, attonito.

-Non fare quella faccia, serpentino. Sono un'Elementale.-

-Cioè?- chiese lui, sempre più confuso. Diana perse la pazienza.

-Oh, ma sei proprio ignorante! Un Elementale è una persona in grado di comunicare, fare parte e attingere forza dagli Elementi! Almeno questi sai cosa sono, spero!- sbottò. Poi si rese conto di un altro particolare. -E poi, cosa ci fai qui? Mi segui?-

-In verità volevo fartela pagare per ieri, ma farti arrabbiare mi è già bastato.- sogghignò lui, si voltò e si allontanò.

 -Alarne.- la sentì sussurrare, un attimo prima che la sua veste decidesse di trasformarsi in un costume da clown babbano.

Con tanto di naso rosso.

Blaise rimase immobile, completamente, assolutamente, irreversibilmente inorridito.

Le risate di Diana rimbombarono per il corridoio deserto, così forti che probabilmente anche in Sala Grande la sentirono. Blaise si voltò, rosso e furioso, trovandola seduta per terra, con le braccia strette intorno alla pancia, dolorante per il gran ridere.

-Stronza.- fu solo capace di dire. L'orrore sembrava avergli messo fuori uso il cervello. Diana lo sentì: smise di ridere, e si rialzò in piedi. I suoi occhi brillavano alla luce delle torce, gelidi e pericolosi.

-Oggi sono di buon'umore, Zabini, e ho voluto divertirmi un po'. Ma stammi alla larga, d'ora in poi, altrimenti pagherai perché ti trasformi solo in un clown.- e, con questa velata minaccia, Diana si allontanò, con la sicurezza di essere guardata.

 

-Io la uccido.- sibilò Blaise, iroso, qualche ora dopo. Lumacorno non diede segno di averlo sentito.

-Senti, adesso calmati. Non so che fattura ti abbia fatto, però non dev'essere stato niente di simpatico, quindi posso anche capire cosa ti spinga verso l'omicidio, ma uccidere una Grifondoro porta solo guai, e tu lo sai.- Draco scherzava. O almeno, così sperava Blaise.

-Io la uccido.- ripeté, senza staccare gli occhi dalla chioma scura di Diana, un banco avanti a sé. Proprio in quel momento, la ragazza si voltò rapidissima verso di lui, e gli rivolse un gestaccio con la mano che lui ricambiò all'istante.

-Fratello, questa ragazza mi piace. Ti tiene testa. Se poi riesce a zittirti per cinque minuti di fila, giuro che te la porto all'altare con tanto di benedizione.- sghignazzò Draco, a bassa voce.

-Ma chi la vuole, quella piccola mezzosangue!- sbottò Blaise, tirandogli una manciata di occhi di Kneazle. Pochi minuti dopo, una pallina di carta lo colpì dritto in testa. Lo distese in fretta e trovò una calligrafia strana, minuta e spigolosa:

Per tua informazione, stupido essere, io sono Purosangue (come se fosse una cosa di cui vantarsi), e tra parentesi sono imparentata anche col tuo affascinante amico biondo che ci vuole sposati. Digli da parte mia che il matrimonio può allegramente ficcarselo in un certo posto. D”

-Che roba è? Una lettera d'amore?- Draco gli rubò alla svelta il foglietto e lo lesse di volata. -Ahahah! Questa ragazza è un mito!- rise, facendo un cenno amichevole a Diana, che gli rivolse un occhiolino. Draco aveva un principio: i Grifondoro, quelli maschi, erano tutti spazzatura, mentre per le donne il giudizio era sospeso finché non le conosceva di persona. Potter si voltò verso di lui e gli fece un gestaccio osceno, che i due Serpeverde ricambiarono.

-Stupido idiota.- commentò Zabini, rivolto al Prescelto.

-Hai un rivale, Blaise. Anche Potter va dietro alla novellina dagli occhi d'acciaio.- borbottò Draco dieci minuti dopo, dopo aver osservato la tattica di Potter. Col suo viso d'angelo, Harry si ingraziava la poveraccia di turno, disarmandola poi con un'intensa occhiata dei suoi stupefacenti occhi verdi.

-Potter non ha la minima speranza, con lei. Non attacca.- rispose Blaise che, malgrado si fosse deciso ad odiarla, non si era perso un attimo di quella tiritera. E, in effetti, era vero: seppur cortesemente, senza offendere, Diana lo stava fermamente respingendo.

-Amico mio, sei geloso?- sghignazzò Draco, del tutto dimentico della sua pozione, che stava cominciando ad emanare vapori putrescenti.

-Di chi? Di lei?- “Sì, sì, sì, sono geloso come una scimmia, non voglio che quell'idiota di Potter ci provi con Diana, lei non è alla sua altezza, solo io potrei provarci!” -Ma fottiti, Dray!-

Alla fine dell'ora...

-Ehi, brunetta, sai che hai fatto centro, vero?- una voce leggermente strascicata risuonò alle spalle di Diana. Lei la riconobbe per quella di Malfoy, il compare biondino di Zabini.

-In che senso, uomo dal capello fosforescente?- rispose lei, senza cattiveria. Hermione, al suo fianco, scoppiò a ridere. Draco si insinuò fra loro, ridendo a sua volta e prendendole entrambe sottobraccio.

-Nel senso che il mio amico Zabini è geloso dello Sfregiato, che ci sta bellamente provando con te.-

-Me n'ero accorta.- commentò Diana, ignorando la brusca accelerazione del suo battito cardiaco. Ci avrebbe pensato dopo, alla tachicardia. Oppure non ci avrebbe pensato affatto: non voleva scoprire perché il suo cuore dispettoso si ostinava ancora a battere. Dietro di loro, sentirono la porta della segreta cigolare, e all'istante Malfoy le lasciò andare e le superò in fretta. Quando Harry e Ron si furono uniti alle ragazze, Draco si voltò e disse, con espressione completamente diversa:

-Smettila di sbavare dietro alla pivellina, Sfregiato, altrimenti la Zannuta potrebbe ingelosirsi.- Diana fece per reagire, ma colse gli occhi chiusi di Hermione, che lentamente le faceva cenno con la testa di tacere.

-Figlio di puttana...- commentò Ron in direzione di Malfoy, ormai lontano.

-Concordo. Cosa vi ha detto?- chiese Harry alle due ragazze, sinceramente preoccupato.

 -Ha usato una vasta gamma di epiteti vari che riferire sarebbe un'oscenità.- rispose Diana, sicura. Hermione le rivolse uno sguardo colmo di gratitudine. Ascoltando i due ragazzi inveire in vari modi contro i Serpeverde in generale e Malfoy in particolare, Diana lasciò vagare i propri pensieri su Zabini. Era arrogante, saccente e altezzoso, uno di quei fighetti classisti e viziati che lei, ai tempi del Texas, si cucinava come voleva. Però quel ragazzo era diverso: oltre ad essere letteralmente meraviglioso, Blaise Zabini era intelligente e determinato, proprio come lei. Sì, si somigliavano. E poi era così tenebroso, sempre sulle sue, con la sola compagnia di Malfoy...

Diana era sempre stata attratta dall'oscurità. Fin da piccola. Vi si riconosceva, si ritrovava, si sentiva a casa. Era sempre stato così. Negli abiti, nel carattere, nell'aspetto. L'oscurità era insita in Diana fin dalla nascita. Che fosse questo ad attirare Zabini?

Diana scosse la testa. Non poteva. Non poteva infatuarsi di quel ragazzo. Mentalmente, si fece una lista dei pro e dei contro:

Motivi per non farmi piacere Zabini:

è un Idiota con la i maiuscola;

è un arrogante che si crede il padrone del mondo;

 non rispetta le donne;

vuole sottomettermi ai suoi ordini (cosa che non farò MAI!!).

 

Motivi per cui mi potrebbe piacere Zabini:

è intelligente (almeno lo sembra);

gli interesso, lo dice anche il suo amico;

è simile a me praticamente in tutto, dall'arroganza alla lealtà (questo si vede, con gli amici è leale, anche se non lo è con i nemici vedi me, chissà poi per quale motivo);

è BELLO.

 

Erano decisamente più rilevanti i contro.

 

 

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Capitolo 3
*** Everte Statis ***


We

We!!! Rieccomi qua, con un capitolo molto più lungo in cui comincia a vedersi la lotta interiore di Diana. Non aggiungo altro, ma la figlia di Sirius (Insomma!! Avete indovinato subito… -.- ) si scontrerà con..rullo di tamburi…beh non vi rovinerò la sorpresa!! (ndTutti: carogna!!!)

Ecco le risposte alle rec:

Mione1194: sono contenta che ti piaccia la mia fic, e sinceramente in questi primi capitoli Harry sta parecchio su anche a me…poi ieri ne abbiamo parlato su msn, ti ho detto cosa succederà, quindi tranquilla che si riscatterà presto…sì, Diana e Blaise prima o poi staranno insieme, anche se una coppia del genere mi pare piuttosto…come dire…esplosiva??? UN besone!! Ps presto continuerò anche la mia raccolta, ho solo un “blocco creativo”!

Iaia_Malfoy4ever: per Hermy leggi questo chappy, poverina, si becca un interrogatorio di terzo grado da quella ficcanaso di Diana…la compiango quasi!! Invece, per le creature magiche…sì, piacciono molto anche a me, è per questo che i miei “nuovi personaggi” hanno sempre dei poteri anomali (Ran, la fidanzata di Sirius nell’altra mia fic, è un’Empatica). Mi racc, continua a recensire!!

D2OTTO: ho letto l’inizio della tua fic di shrek e quella dei tre porcellini…mwahahahahah non sai quanto ho riso!! (alla fine il problema di msn si è risolto, hai visto?)…cmq, davvero il tuo giudizio mi interessa tantissimo!!

 

Buona lettura!! E continuate a recensire!!

 

 

 

 

 

Più tardi, dopo cena, Diana si offrì di pattugliare i corridoi insieme ad Hermione e lei, con entusiasmo, fu d'accordo. Mentre chiacchieravano del più e del meno, Diana portò molto delicatamente il discorso su Malfoy.

-Come mai oggi Draco si è comportato così?- la delicatezza non era mai stata una sua virtù. Hermione arrossì violentemente e spostò il suo sguardo lontano.

-Vedi, noi...in realtà io e Draco siamo amici.- confessò la mezzosangue, talmente rossa da far invidia ad un Weasley.

-Solo amici?- chiese Diana, maliziosa. Si era accorta già dalla sera prima degli sguardi decisamente più che amichevoli che correvano fra il biondino platinato e la grifoncina dagli occhi dorati.

-Solo amici!- esclamò Herm, con fervore. Troppo. Diana decise di lasciar perdere: dopotutto, era probabile che Hermione non volesse confidarsi con una perfetta sconosciuta. Perché era questo che lei era: una novellina, una pivella, una incognita. Cosa a cui doveva porre rimedio.

-Va bene, lasciamo stare. Comunque, è un bel tipo, mi piace. Somiglia un po' ad un mio amico...Alex.- il ricordo di un biondino alto e allampanato fece sorridere vagamente Diana.

-Chi è?- le chiese Hermione, curiosa.

-Beh, vedi, alla Morris-West agli studenti più promettenti vengono affidati altri studenti, perché li istruiscano. Alex è il mio pivello: stessa età nostra, ma quoziente intellettivo dai valori instabili.- l'amica rise.

-Perché?- le chiese.

-Perché a volte fa l'idiota, altre esce fuori con delle considerazioni degne di Voltaire.- spiegò Diana, sorridendo.

-Conosci Voltaire?- Hermione la fissò, stupita.

-Non esiste cosa che non valga la pena conoscere.- citò la ragazza.

-Mi sorprendi...sono pochi i maghi purosangue che si interessano di poesia babbana.- commentò Hermione, attonita dalla scoperta. Diana colse il vago disgusto della sua voce, alla menzione della parola “purosangue”.

-Io sono purosangue per caso, Herm. Mio padre era inglese, discendente di una nobile casata Nonsoché, mia madre è per metà texana per metà apache, tutti discendenti da stirpi pure. Ma non farti dei pregiudizi, eh!- disse, alzando le mani come per dimostrare la propria innocenza.

-Non ne faccio. Anche Ron è un Purosangue, ed è il mio migliore amico.- si affrettò a mettere in chiaro la ragazza.

-Lo so, stai tranquilla.- la rassicurò Diana. -Comunque, resta il fatto che sia Malfoy sia Alex siano due bei signori.- aggiunse, in tono canzonatorio.

-Dai, raccontami di questo Alex. Non è che hai una cotta per lui, eh?- insinuò Hermione, con un sorriso birbante. Diana la fissò un attimo, prima di scoppiare in una fragorosa risata.

-Oh santo Merlino...io e Alex! È praticamente impossibile!- sghignazzò. Poi si accorse dell'espressione stupita dell'amica, e cercò di recuperare un minimo di serietà. -Vedi, io adoro Alex, per me è un fratello minore, un po' scemo ma fondamentalmente buono. Per di più è fidanzato con una mia amica, Melissa. E per finire preferisco i mori.- mise in chiaro, sorridendo ancora.

-Mori, eh? Come Harry...o Zabini!- insinuò Hermione, maliziosa. Diana si strinse nelle spalle, in un gesto non compromettente. Le piacevano entrambi, a dir la verità, anche se uno era il diretto opposto dell'altro. Ma non poteva permettersi di ammetterlo, nemmeno con se stessa.

-A te invece piacciono i biondi, eh, Herm?- disse, dopo un po'.

-Ti ho già detto che non c'è niente fra me e Draco!- esclamò la grifoncina, paonazza. Il sopracciglio di Diana si levò in un'espressione di maliziosa saccenza.

-Sì sì, e io ci credo...ma se te lo mangi con gli occhi!- borbottò, con un sorrisetto.

-Non me lo mangio con gli occhi!- protestò Hermione, scandalizzata. Ma tenne lo sguardo basso.

-E dai, Herm, a me lo puoi dire. So tenere un segreto.- disse Diana, in tono improvvisamente serio e con occhi sinceri. Sapeva di essere una eccellente custode di verità nascoste. Lo sapeva per certo, soprattutto perché la sua stessa vita era un continuo segreto.

Il segreto che custodisci dalla nascita.

-Se lo dici a qualcuno ti ammazzo.- la minacciò l'amica, e dentro di sé Diana esultò: l'aveva convinta. Non sapeva cosa avesse spinto Hermione a rivelarle il suo segreto, ma ne era contenta. Sapeva che nulla lega due persone come una confidenza in comune.

-Morirei prima di tradire un amico. E lo dico sul serio.- la rassicurò Diana, senza ironia o sarcasmo negli occhi e nella voce. Era sincera. E Diana era una persona che ispirava fiducia, con i suoi occhi chiari e puliti, con il suo viso angelico incapace di tradire. Hermione la studiò un attimo, di sottecchi, poi, finalmente, sospirò.

-E va bene...io e Draco...beh, non so bene com'è iniziata, ma...-

-Guarda che ci sono arrivata da sola.- la canzonò bonariamente Diana. -Ci sei andata a letto?-

Sempre delicata, Diana.

-Diana!!- protestò Hermione, scandalizzata, assumendo uno strano colorito rosso magenta.

-Ma che c'è? È una normalissima domanda! Tanto ormai il succo della storia lo conosco...- si difese Diana. Per lei, il sesso non era più un'incognita da tanto tempo. Per lei, nemmeno l'amore era più sconosciuto.

-Questo è vero, ma...insomma, chiederlo così!!- Hermione scosse la testa, come una gattina confusa.

-Perché, come avrei dovuto chiederlo? Il sesso è sesso, non ci sono tanti giri di parole intorno.- replicò Diana, con la netta sensazione di spiegare l'ovvio. Nella sua innocenza, non aveva mai compreso perché la gente dovesse fare tanti problemi intorno a quell'argomento.

-Ma...oh, lasciamo perdere!- disse l'amica, esasperata.

-Però non mi hai risposto.- le fece notare Diana. Mentre parlavano, erano tornate alla torre di Grifondoro. Hermione disse la parola d'ordine (alea iacta est) ed entrarono, senza più parlare, perché continuare il loro discorso avrebbe inevitabilmente svegliato l'intera torre immersa nel sonno. Appena furono nel dormitorio, dopo aver appurato che Calì e Lavanda non ci fossero, Diana ripartì all'attacco. Si piantò davanti a Hermione, assunse un cipiglio fintamente severo e proruppe in un: -Allora?- spazientito. Hermione sospirò, dandole la schiena mentre recuperava da sotto il cuscino il suo pigiama.

-Diana, Draco...insomma, non pensare male di me, ma lui è...non so come spiegartelo...- balbettò, sempre senza rivolgerle lo sguardo.

-Fammi indovinare. È bello, carismatico, affascinante, gentile, premuroso e soprattutto innamorato.- finì l'amica per lei. Hermione la guardò, stupefatta.

-Sì, infatti, ma tu come lo sai?- le chiese. Diana sorrise: un sorriso per metà tenero, per metà nostalgico.

-Conosco la sensazione.- rispose semplicemente. Si infilò a letto, augurò la buonanotte e non parlò più. Hermione, con molto tatto, non disse nulla e spense la luce dopo un po'.

“Eh, già, tu conosci la sensazione. Sei stata innamorata. Sei stata felice, molto tempo fa. Quasi un anno fa. Quattro gennaio. È da lì che la vita ha cominciato ad andare male.”

 

Pioggia. Tanta pioggia che non riesce a lavare via l'orrore dal tuo viso.

“No, non di nuovo, ti prego, basta, soffro già abbastanza...”

Sei inginocchiata per terra, di fianco ad un corpo che non può essere altro che un cadavere. Sei fradicia, ma non riesci ad allontanarti, mentre le tue lacrime si fondono con quelle del cielo.

“Ti prego no...non voglio vederlo...”

C'è buio. È notte. Il sangue scorre sulle tue braccia bianche mentre allunghi una mano verso il viso in ombra. Poco più in là, giace la tua arma, e ancora più in là, giacciono dei cadaveri. Tanti.

“No, no, non voglio ricordare, basta, lasciami in pace...”

Ti sei buttata in mezzo ad una battaglia per salvare un caro amico. Quell'amico è morto. E la persona che hai davanti, il cadavere che hai davanti, si è sacrificato per te, proteggendoti con il suo corpo da una ventina di attacchi diversi.

“Non doveva farlo...stavo già combattendo da sola, mi sarei salvata, non doveva farlo...”

Sfiori una carnagione bronzea, le palpebre dalle ciglia scure, e le abbassi quasi inconsciamente su due intensi occhi neri, che ora non hanno più la luce che eri abituata a vedere. La tua mano scivola su capelli mori, fradici come te, capelli che hai sempre adorato.

“No, mioddio no, non puoi essere morto, non mi puoi lasciare, non andartene, amore mio non lasciarmi...”

La pioggia bagna il torace ampio e muscoloso del giovane uomo. Bagna i suoi vestiti. Bagna le braccia tra cui, fino a poche ore fa, ti trovavi, felice. Ora il mondo ti cade addosso. Letteralmente.

“Sola...”

Sei sola. Un altro amico si avvicina a te, prova a farti allontanare, ma non lo ascolti. Quel giovane era tutto ciò che avevi. Era la tua famiglia. Era la tua vita. Era l'unica cosa per cui valesse combattere. Il tuo sguardo lo lascia, vaga sugli altri cadaveri. Hai fatto un massacro, uccidendo i Mangiamorte che te lo hanno portato via.

Non te ne penti.

Tanto presto morirai anche tu. Perché tu troverai il responsabile di tutto questo. La tua furia assassina brama il suo sangue di serpente. Lo troverai. E lo riempirai di calci fino ad ucciderlo.

Perché te lo ha portato via.

Ha ucciso la prima persona che ha saputo amarti.

Ha ucciso l'unico che hai saputo amare.

E dentro di te, mentre gli Auror americani ti ammanettano e ti portano via, decidi che non amerai più nessuno.

Perché nessuno potrà mai essere come lui.

Lui che non ti sorriderà più.

Lui che non riderà più.

Lui che non sarà più tuo.

Lui che giace là, sotto la pioggia, senza più vita, senza...

Diana gridò. Gridò e gridò e gridò, senza riuscire a fermarsi, senza sentire la voce atterrita di Hermione cercare di calmarla, sentendo il proprio cuore lacerarsi, proprio come quella notte.

 

-Ehi, Blaise, guarda un po' chi c'è.- sussurrò Draco, seduto a fianco dell'amico, indicandogli una figura alta e pallida appena comparsa sulle scalinate di Hogwarts. Era presto, molto presto, ancora più del giorno prima. I due Serpeverde, abituati com'erano a fare colazione ad orari antelucani, erano soliti mangiare praticamente in solitudine. Ma quel mattino, Diana si sedette senza tanti preamboli accanto a Malfoy, al tavolo deserto di Serpeverde. Blaise notò che era più pallida del solito, e aveva gli occhi segnati da profonde occhiaie, come se non avesse dormito.

-Buongiorno, raggio di sole. Dormito male?- le chiese, sarcastico. Lei non lo degnò di uno sguardo.

-Sa?- chiese semplicemente, rivolta a Draco, indicandolo con un gesto del mento. La sua voce era aspra, dura, come di chi ha passato momenti migliori.

-Se Hermione non mi avesse mandato un gufo, ieri sera, ti chiederei di cosa tu stia parlando, ma si da il caso che lo abbia fatto, quindi sì, Blaise sa, puoi parlare liberamente.- disse il biondo, tranquillamente. Glissò sul fatto che Herm gli avesse parlato anche dell'incubo, di cui Diana non aveva rivelato nulla. Hermione era parsa molto preoccupata per lei, nella lettera.

-Benissimo.- rispose lei, risoluta e seria. Blaise notò quanto i suoi occhi brillassero, infervorati, nonostante la stanchezza fosse ben visibile. -Voglio sapere solo una cosa.-

-Tutto ciò che vuoi, principessa del sarcasmo.-

-La stai prendendo in giro?- la domanda sorprese Blaise. Non l'avrebbe mai giudicata una persona che si occupa degli altri, ma sembrava essersi già affezionata alla piccola Granger. Si accorse di quanto fosse sicura di se stessa, in quel momento: sembrava decisa a prendere a pugni Draco, se la risposta alla sua domanda non fosse stata soddisfacente.

-No.- il grigio si scontrò col grigio, nobiltà e fierezza in entrambi, mentre lo sguardo perforante di Diana valutava, con la sicurezza che solo molta esperienza le aveva dato, se Draco avesse mentito oppure no. Rimasero immobili entrambi per un lungo, pesante minuto. Poi, lei batté le palpebre, e la sua espressione si rasserenò.

-D'accordo, ti credo.- ecco com'era fatta, lei. Si fidava del suo istinto. Draco le sorrise. Sì, quella ragazza gli stava simpatica. E molto, anche.

-Ho ottenuto anche l'approvazione della regina dei ghiacci. Sono pronto per incontrare i suoi genitori, allora.- disse, allegro. Draco era maturato tanto, da quando si frequentava con Hermione. Non si riconosceva più il vecchio Malfoy, l'arrogante, quando lo si guardava un poco più attentamente. Aveva superato i suoi pregiudizi nei confronti dei Mezzosangue, aveva persino avuto il coraggio di parlare della sua relazione con i genitori, insomma, era cresciuto. L'amore fa strani scherzi, a volte.

-Non sei proprio il tipo da presentare ai genitori, Draco.- commentò Diana. -Forse, con una messa a posto dei tuoi capelli ossigenati, andresti anche bene.- la ragazza indicò il colore tutt'altro che convenzionale della capigliatura di Malfoy.

-E tu, agendo sulla mia acconciatura, mi faresti diventare un bravo ragazzo?- le chiese lui, ridendo. -Ti chiamerò per farmi da parrucchiera, quando vorrò parlare con i suoi genitori.-

-Mi sembra ovvio.- rispose lei, con il primo sorriso di quella giornata. Blaise era irritato: non solo si sentiva bellamente ignorato da entrambi, ma per l'ennesima volta quel sorriso non era stato rivolto a lui.

-Mi sembri affamata. Dai, mangia qualcosa.- la esortò Draco, vedendo il suo sguardo scivolare traditore sui croissant morbidi e caldi che avevano davanti.

-Grazie.- fece lei, e ne prese alla svelta uno. -Ho passato una brutta notte.- spiegò, senza entrare nei particolari.

-Cos'è, Potter non è stato all'altezza?- borbottò Blaise, caustico. Draco alzò gli occhi al cielo: Blaise diventava insopportabile, quando faceva così. Alle sue parole, Diana sembrò risvegliarsi dal torpore che l'avvolgeva fin dalla notte prima: niente di meglio che una bella lite, per svegliarsi come si deve.

-No, veramente sei stato tu che hai deluso tutte le aspettative.- rispose, velenosa.

-Game, set and match per Diana! Scusa fratello, ma te le vai proprio a cercare, certe volte.- commentò Draco, col fine recondito di placare gli animi.

-Beh, se sei frigida non è certo colpa mia.- ribatté Blaise, senza ascoltare minimamente quello che l'amico aveva detto.

-Vaffanculo, Faina.- Diana aveva sentito pronunciare quel nomignolo da Harry, e le era sembrato immediatamente perfetto per Zabini. Draco sorrise fra sé: vedere l'amico messo a posto da una ragazza era uno spettacolo non da poco.

-Chiamami un'altra volta così e...- ringhiò Blaise.

-“E” cosa, Faina? Credi di farmi paura?- lo interruppe lei, sardonica.

-Basta, voi due.- li bloccò Draco, pacato. Aveva notato il preoccupante lampo assassino nell'acciaio di Diana, e voleva evitare spargimenti di sangue. In più, la Sala cominciava a riempirsi, e le loro voci echeggiavano fino al soffitto plumbeo. Diana, furibonda, si alzò in piedi.

-Ci vediamo, Dray.- disse, con innaturale cortesia.

-Certo, Diana.- rispose lui, seccato dal comportamento imbecille del suo amico. La ragazza gli fece un cenno amichevole, un po' guastato dalla sua espressione omicida, girò sui tacchi e raggiunse a passo di marcia il tavolo di Grifondoro.

-Blaise, sei un cretino.- commentò Draco, non appena vide Hermione unirsi a Diana e intavolare una discussione, senza dubbio con loro due come soggetti.

-Tu ci provi!- borbottò Zabini, in tono imbronciato, prima di rendersi conto di ciò che aveva detto. I suoi occhi si spalancarono più o meno in contemporanea con la bocca di Draco, che cominciava a sghignazzare.

 

-Non lo sopporto.- esordì Diana, salutando Hermione con un'espressione a dir poco nera.

-Buongiorno anche a te. Hai per caso incontrato Zabini?- rispose l'amica, sedendosi accanto a lei.

-No, ho per caso incontrato un Vermicolo.- borbottò Diana in risposta, aggredendo con furia un'aringa affumicata. Nemmeno le piaceva, il pesce. Ma in quel momento avrebbe potuto mangiare di tutto, perché a stento vedeva quello che faceva, figurarsi quello che mangiava. La cosa che le aveva dato più fastidio, oltre all'atteggiamento della Faina, era stata la sottovalutazione. Non sapeva con chi aveva a che fare, Blaise Zabini, se non la temeva. Hermione rise e disse, con aria sognante (e irritante):

-Ah, l'amore non è bello...-

-Completa quel proverbio e trasformo il tuo principino in un ranocchio, Hermione.-

Una mezz'ora più tardi, Harry e Ron si unirono a loro al tavolo dei Grifondoro. Entrambi avevano l'aria di chi preferirebbe trovarsi in qualsiasi altro posto, piuttosto che accanto alla furibonda Diana che ogni tanto lanciava occhiate di fuoco al tavolo dei Serpeverde. Nemmeno Diana sapeva spiegarsi cosa la facesse tanto infuriare. Aveva sopportato di peggio, nella sua vita, di qualche insulto o battutina velenosa. Sembrava che fosse proprio Zabini a darle sui nervi in quella maniera eccelsa.

-Diana...- cominciò Harry, cauto. La ragazza sembrava emanare un'aura di pericolosità mista a rabbia omicida.

-Sì?- sbottò lei, facendoli sobbalzare tutti  e tre. Ron fece cadere la forchetta a terra, e si tuffò sotto il tavolo per recuperarla.

-Abbiamo lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, fra poco...non hai preso la borsa.- le fece notare, da sotto la tovaglia. Diana si alzò in piedi di scatto, i capelli scuri che ondeggiavano irosi intorno al suo viso tondo.

-Avete ragione, vado a prenderla. E tornate a respirare: non vi mangio mica.- disse, rasserenandosi di colpo. Rivolse ai tre un mezzo sorriso, e sparì su per le scale. Fece i gradini a due a due, ignorando il fiatone, e si fermò solo quando fu sicura di essere sola, vicino alla Torre di Grifondoro. Non aveva voglia di entrare, superare la ressa del mattino e dover raggiungere il dormitorio, così Appellò la borsa con un incantesimo, e si avviò, più tranquilla, verso l'aula di Piton. Mancavano ancora dieci minuti al suono della campana, ma aveva sentito abbastanza voci sul conto di quel professore per sapere che arrivare in anticipo era il modo migliore per non inimicarselo. Mentre aspettava, si raccolse i capelli in una coda alta sulla nuca, che ogni tanto le ricadeva sul volto e le valorizzava la forma del viso. Si accoccolò seduta contro il muro, e chiuse gli occhi. Era stanca, nonostante la scarica di adrenalina l'avesse rinvigorita. A qualcosa Zabini era servito.

-Ma guarda...sembra che il destino voglia farci incontrare. Che destino crudele.- Diana spalancò gli occhi.

-Ma guarda...pensi al diavolo e spunti tu, Faina.- commentò, alzandosi di scatto e rassettandosi la gonna della divisa sulle gambe morbide. Gesto che a Zabini non sfuggì.

-Hai avuto un incontro di lavoro da poco, pivella?- ma perché, perché, perché al mondo esistevano persone tanto irritanti?

-Dammi un'altra volta della puttana e te ne farò pentire, Zabini.- ringhiò lei, a voce bassa e minacciosa.

-Non mi spaventi, pivella.- rincarò lui, inconsapevole di quanto fosse vicino ad essere trasformato in cibo per Vermicoli. Diana portò fulmineamente la mano dietro la nuca, estrasse la bacchetta dalla sua custodia e gliela puntò addosso.

-Non costringermi a farmi riconoscere subito, Faina.- l'espressione strafottente di Zabini non mutò.

-Cosa sta facendo, signorina Diana?- una voce melliflua la fece trasalire. “Avrei dovuto capirlo. Non sarebbe mai stato così tranquillo solo contro di me. Diana deficiente! Se lo sapesse Moore ti truciderebbe!” si disse Diana, mentre rinfoderava alla svelta la bacchetta e si voltava a fronteggiare il professore. Capelli unticci, divisi in due bande ai lati del viso, naso aquilino, pelle olivastra e un ghigno malevolo sul viso, Severus Piton era comparso sulla soglia della sua classe.

-Spiegando al signor Zabini che non si deve permettere di insultarmi, professore. Non lo accetto.- rispose Diana, in tono neutro.

-Che cosa è successo?- chiese Piton a Zabini, ignorandola.

-Questa ragazza è pazza, mi ha minacciato.- rispose lui, non riuscendo a trattenere un ghigno.

-Mi ha dato della puttana!- protestò Diana.

-Ho detto solo la verità!- si difese lui.

-Basta così, tutti e due. Blaise, per quanto le tue opinioni possano essere azzeccate...- Piton rivolse un'occhiata malevola a Diana. -...La scuola non è il luogo adatto per questo tipo di espressioni. Dieci punti in meno a Serpreverde e trenta in meno a Grifondoro, per la mancanza di rispetto.- Diana sentì la rabbia esplodere.

-Mancanza di rispetto!?!? Ma è matto, professore!? Qui l'unico che manca di rispetto è Zabini!!- strillò, con voce stridula.

-Silenzio. Non si permetta di parlarmi con quel tono arrogante, signorina.- la voce gelida di Piton non ebbe alcun effetto su Diana. Le era appena balzato in mente un aneddoto che sua madre le aveva raccontato da piccola: quel Piton non era propriamente amato, fra i Grifondoro.

-Non parlo con arroganza, professore. Ma mi pare ovvio che lei faccia dei favoritismi agli appartenenti alla sua Casa.- rispose, irrisoria. Piton le si avvicinò, così tanto da trovarsi quasi naso contro naso, e Diana nei suoi occhi lesse solo disprezzo, sapendo bene di avere la stessa espressione dipinta nei propri.

-Evidentemente, Diana, la sfacciataggine dev'essere ereditaria.- sibilò il professore. Gli occhi di lei si strinsero, assassini. Silente aveva evidentemente parlato con i suoi professori della sua ascendenza. Avvertì Piton cercare di violare la sua mente.

-Non ci provi. Non osi.- Diana raccolse in sé tutto il suo dolore, e lo usò come scudo. Aveva imparato l'Occlumanzia da autodidatta. Piton si allontanò da lei, disgustato. E spaventato. Aveva sentito un odio profondo ardere nella voce della ragazza, un odio viscerale che nulla aveva a che fare con quella situazione. Il nero si scontrò con il gelido metallo, e non fu lei a rimetterci.

-Punizione. Domenica, alle nove, nel mio ufficio.- guardò Blaise, che sembrava assolutamente confuso. -Per entrambi.-

-Ma...- cominciò lui, sempre basito.

-Niente “ma”! Ora entrate!- sbottò Piton, brusco. Diana, senza dire una parola, oltrepassò entrambi ed entrò nell'aula.

-Complimenti, pivella, un bel lavoro, non c'è che dire.- sibilò Blaise, passandole di fianco mentre si sedeva con rabbia in penultima fila. Pochi minuti dopo, furono raggiunti entrambi dai rispettivi amici.

 

-Blaise, sei un deficiente.- commentò Draco aspro, dopo aver ascoltato il suo racconto.

-Io? È lei quella che si è messa a litigare con Piton!- protestò lui.

-Tu l'hai provocata. Insomma, ma che ti ha fatto quella ragazza?- replicò Malfoy, severo. Blaise non seppe rispondere.

 

-Cazzo, Diana, hai avuto fegato a sfidare Piton così!- esclamò Ron, ammirato.

-Ehi, è lui che se l'è presa subito con me. Ma che gli ho fatto?- replicò lei, caustica. Non le era piaciuta affatto l'allusione alla sua discendenza. Proprio per nulla.

-Non gli hai fatto nulla, ma anche con me se l'è presa da subito. Forse perché sono il figlio del suo peggior nemico, chissà...- Diana vide un sospetto balenare negli occhi di Harry. -Ehi, potresti essere imparentata con uno dei suoi amici! O con lui!- esclamò, eccitato.

-Non lo so. Non conosco il mio cognome, non so chi fosse mio padre.- rispose lei, cauta. “Bugiarda.” Lei sapeva benissimo chi era suo padre, ma era decisa a tenere per sé quel nome. Voleva fare le sue ricerche da sola, voleva evitare una fama che non voleva. Non più.

-Silenzio.- la voce di Piton fece morire qualsiasi chiacchiera nella stanza. -Oggi studieremo gli Incanti Paralizzanti. Chi sa dirmi la loro funzione?- la mano di Hermione si alzò di scatto e, fra la sorpresa generale, anche il pugno rabbioso di Diana. Dovendo scegliere, Piton optò con uno sgradevole sospiro per la novellina. -Vediamo se la sua cultura è almeno metà della sua arroganza, signorina Diana.- disse.

-Pareggiano.- ribatté lei, velenosa. I compagni trasalirono, ma Piton non replicò e lei si accinse a rispondere alla domanda. -Gli Incanti Paralizzanti sono utilizzati per bloccare l'intero corpo o sue parti per un tempo indeterminato, fino al loro scioglimento tramite un Incantesimo di Terminazione. I più frequenti sono gli Incantesimi della Pastoia e l'Incarceramus, mentre uno dei meno conosciuti è l'Everte Statis, anche se è considerato, dalle maggiori identità in campo di tecnica difensiva, uno dei più utili e devastanti.- Piton rimase, suo malgrado, impressionato.

-Allora non le dispiacerà dimostrare la sua fantomatica utilità. Venga signorina, e anche lei, signor Zabini. Vediamo cosa siete capaci di fare...ovviamente senza parlare. E state attenti a usare solo l'Everte Statis e l'Incantesimo Scudo, altrimenti la punizione sarà per voi due estremamente...-

-Sgradevole, immagino, se ci sarà lei in nostra compagnia.- lo interruppe Diana, bruscamente. Piton serrò le labbra, furibondo, ma si limitò a ghignare quando il prestante Zabini allontanò con un calcio la sedia per raggiungerla davanti alla cattedra. Era il migliore combattente della Casa di Serpeverde, e l'astio che correva fra loro avrebbe incentivato la sua sete di vittoria. Diana estrasse fluidamente la bacchetta da dietro la schiena, con un gesto elegante, quasi casuale, come se l'avesse ripetuto mille volte. Blaise estrasse la sua da sotto la giacca della divisa. I due si fissarono in cagnesco, immobili. Blaise raccolse tutte le energie possibili e si concentrò, pronto ad attaccare, quando...

Un unico, rapidissimo, movimento di polso. Un lampo pericoloso nell'acciaio dei suoi occhi.

SBAM! CRASH!

Blaise Zabini si ritrovò scaraventato contro la finestra, che andò in mille pezzi. Ogni muscolo del suo corpo pareva atrofizzato, congelato, incapace anche dei movimenti più minimi. Era come trovarsi sotto anestesia totale, non riusciva nemmeno a muovere le labbra per pronunciare un qualsivoglia incantesimo. Piombò per terra a faccia in giù, rigido come una statua, prima che Diana stessa mormorasse:

-Liberacorpus.- e gli permettesse di evitare una figuraccia.

Conosci l'umiliazione.

Non vuoi farla provare ad altri, nemmeno al nemico.

Mentre si rialzava, imprecando mentalmente, sentì Diana rivolgersi a Piton.

-Soddisfatto, professore?- Piton sembrava aver ingoiato qualche litro di Puzzalinfa. Senza risponderle, si voltò verso la classe sbigottita e disse, più arrabbiato che mai:

-Avete visto gli effetti di questo incantesimo. Avanti, ora prendete il libro, andate a pagina centoventiquattro e riassumete i primi tre paragrafi sull'Everte Statis.- molti sguardi seguirono l'ancheggiante e soddisfatta figura di Diana mentre la ragazza tornava al suo posto, accanto a Hermione.

-Diana, sei un mito!- sibilò Ron, beccandosi un'occhiata particolarmente assassina del professore.

 

-Ti sta bene.- furono le uniche parole di Draco quando Blaise, che aveva raggiunto un livello di bollitura decisamente preoccupante, lo raggiunse.

-Non l'ho nemmeno vista.- disse, mezzo annichilito, gli occhi fissi sui capelli di Diana, due file avanti a lui.

-Nemmeno io, è stata fulminea.- Draco scribacchiò qualcosa su un foglietto, lo incantò e lo spedì nella tasca di Diana, inosservato. Blaise, accanto a lui, quasi non lo notò. Non si era sbagliato a giudicarla: quello che si vedeva non era nemmeno la metà di quello che Diana era.

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Capitolo 4
*** Il Tuo Passato ***


“Diana, ti farei un monumento

Diana, ti farei un monumento. Sei stata, beh, non dico meravigliosa perché è troppo poco. Ma davvero sei mia parente? No perché se abbiamo qualcosa in comune spero sia il talento nel combattere! Non ti preoccupare per il comportamento da perfetto imbecille di Blaise: è innamorato. Te lo assicuro. Resta solo da vedere cosa vuoi fare tu, ma se continui su questa linea fammi un fischio la prossima volta che lo trasformi in un clown. Esigo esserci!

P.S. Senza commenti velenosi, dì a Herm che stasera la porto fuori da Hogwarts, a mezzanotte sulla Torre di Astronomia. Se l'accompagni ne approfitto per inchinarmi alla tua superiorità.

Draco.

-Herm, leggi.- sussurrò Diana, passando alla compagna un biglietto. Dopo due altre ore, in cui aveva dimostrato di cavarsela in Trasfigurazione e di essere particolarmente talentuosa in Antiche Rune, Diana si era unita ad Hermione per una ricerca di Difesa, in biblioteca. Hermione prese il messaggio di Draco, lo lesse e sorrise.

-Lo hai trasformato in un clown??- ridacchiò, a bassa voce.

-Assolutamente sì. Una scena da album dei ricordi.- annuì vigorosamente Diana, orgogliosa.

-Ma davvero sei parente di Draco? Hai detto di non sapere chi fosse tuo padre.- commentò Herm, sospettosa.

-L'ho detto a Harry e Ron. Non voglio che il mio nome mi dia una fama che non voglio.- la giovane americana sospirò. No. Niente fama per lei. Ne aveva già abbastanza in quel posto che fino a poco tempo prima aveva chiamato casa.

 

Un uomo ascolta le parole di Diana, rivolte ad un ragazzo come lei. Ghigna quando sente qualcosa di inverosimile, e lo dice. E anche lei sorride. Non sa chi è.

-E tu vorresti affrontare quei Mangiamorte da sola, ragazzina? Senza magia?- sghignazza, prendendola bellamente per il culo. Diana ha uno scatto della testa, l'espressione tirata in uno sprezzante sorriso che la fa assomigliare ad un grosso lupo famelico. Ma non potrebbe essere più bella di ora.

-Non sarebbe la prima volta.-

-Tu sei pazza.- ghigna lui.

-No. Io sono Diana– - e aggiunge il suo cognome. L'uomo sbianca.

-Sì...forse puoi.-

 

-Ma a me lo puoi dire! Di me ti puoi fidare!- esclamò Hermione, infervorata. Diana alzò gli occhi su di lei dalla sigaretta che stava fumando di nascosto da Madama Pince. Gli occhioni della grifoncina erano limpidi e puri, sinceri e orgogliosi...come i suoi. Una vita prima.

-Lo so. Ma anche tu mi vedresti in modo diverso. Mi dispiace Herm, prima vorrei che mi conoscessi per quella che sono.- Hermione non si arrabbiò.

-D'accordo, se ci tieni così tanto allora va bene. Ma sentiti libera di parlarne.- le assicurò con un sorriso. Diana le rivolse un sorriso vacuo, e spense la sigaretta. Si alzò e andò alla finestra, pensierosa.

Sentiti libera di parlarne.

“Mi dispiace, Herm. Io non sono libera.”

Relegata da un segreto nei meandri del proprio passato.

Intrappolata in ricordi dolcemente amari, incapace di liberarsene e di continuare la sua vita.

Era giunta ad Hogwarts per scoprire tutto il possibile su suo padre. Non sapeva perché, ma sentiva di doverlo fare. Anche se non c'era più, anche se non c'era mai stato, lei voleva sapere da chi era nata. Chi le aveva donato tutto quello che c'era di bello in lei.

Era giunta ad Hogwarts per poter combattere. Lei non era solo un'eccellente combattente. No. Lei era di più. Molto, molto di più, e questo Voldemort lo sapeva. Era il motivo per cui aveva voluto farla uccidere, in Texas.

Era giunta ad Hogwarts per cominciare una nuova vita. Laggiù, a casa sua, era troppo conosciuta. Era troppo grande la sua fama di vendicatrice, di assassina, che aveva soppiantato in un attimo tutto ciò che si sapeva su quella ragazza buona, spietata ma giusta, perché quella ragazza era scomparsa insieme a lui.

Dan.

Il suo primo ragazzo.

Il suo primo amore.

L'unico.

Che se n'era andato. Che era stato brutalmente trucidato da assassini che volevano lei. “Mangiamorte.” ricordò. “Avevo ucciso troppi dei loro. E a Voldemort questo non è piaciuto. Per questo ha mandato i suoi migliori sgherri americani contro di me. E ha fatto uccidere Scott. Il mio adorato Scott. Il mio migliore amico...trucidato a coltellate. E poi Dan. E poi me.”

Uccisa nel momento in cui aveva capito che Dan non ci sarebbe più stato. Uccisa. Per sempre.

Le mani di Diana corsero alle sue braccia. Là, decine e decine di cicatrici segnavano la storia di una vita. Di una vita di violenza, di una vita di continue battaglie. Non solo Voldemort, non solo Mangiamorte. Erano tanti i bastardi del Texas. Soprattutto del suo Texas. Della sua vita. Di una vita che, bizzarramente, Diana aveva amato e avrebbe anche continuato a farlo, se Dan fosse stato ancora al suo fianco. Perché le sue mille avventure, i suoi mille guai, li aveva vissuti con lui.

-Diana, tutto bene?- le chiese Hermione, provvidenziale aiuto piovuto dal cielo, strappandola dai suoi pensieri. Diana si sfregò il viso, senza miracolosamente rovinarsi il trucco, si voltò verso l'amica e ricompose le sue labbra in un sorriso.

-Sì, Herm. Tutto bene.- disse. “Ma che attrice che sono, potrei recitare a Hollywood”. Hermione finì l'ultima frase della sua ricerca e la infilò insieme ai libri dentro la borsa.

-Ascolta, stasera mi accompagni? Non posso chiedere il Mantello a Harry, ma...- cominciò, ma si interruppe presto.

-Ma...vorresti sapere se la sottoscritta è abile nello scivolare silenziosamente attraverso un vecchio castello, senza farsi scoprire da nessuno e soprattutto in grado di ribattere persino a Piton?- terminò Diana per lei, con un sorriso stavolta sincero. Hermione parve a disagio, ma sollevata per non aver dovuto spiegare tutti quei motivi.

-Sì...però non solo per questo. Mi fido di te, e vorrei essere sicura che non succeda niente di brutto.- Diana capì che Herm era preoccupata per quella affermazione nel post scrittum: “la porto via da Hogwarts”.

-Tranquilla, Herm. Hai appena assunto un'ottima guardia del corpo.-

“Per forza, Diana. Sai uccidere in una trentina di modi diversi, e ventotto senza usare la bacchetta!”

-Ehi, ragazze, come va?- s'intromise una voce all'improvviso, e Harry Potter fece capolino da dietro gli scaffali.

-Meglio non potrebbe andare. E tu?- rispose Diana.

-Torno ora dall'allenamento di Quidditch. Un incubo, comincia a venire freddo e fra qualche settimana comincerà anche a nevicare.- raccontò lui, e in effetti le due ragazze notarono che aveva le guance arrossate dal vento, e i vestiti tutti scompigliati.

-Dev'essere un inferno.- commentarono entrambe, contrite.

-Lo è. Ma non fa niente, l'importante è che riusciamo a battere i Tassorosso alla partita prima di Natale.- chiacchierando, i tre uscirono dalla biblioteca e si diressero alla Sala Grande, per cena.

-Ho sentito che il loro Cacciatore, Smith, è un idiota.- commentò Diana. Aveva acquisito talmente tante informazioni, dalle mura di Hogwarts, che ogni tanto qualcuna usciva dal groviglio inestricabile che si era formato nella sua mente e le suggeriva la risposta.

-Un altro dei motivi che ho per volerli battere. Ah, avete visto in bacheca? La settimana prossima c'è in programma una gita a Hogsmeade. Vi va di venire?- le due ci pensarono su un attimo.

-Se non mi sono guadagnata altre punizioni con Piton, molto volentieri.- rispose Diana.

-Se non ci sono troppi compiti...- Harry e Diana scoppiarono a ridere.

-Herm, sei veramente troppo secchia!- commentò lui.

 

-Draco, scopri il possibile su quella dannata ragazza, usa tutti i mezzi che hai, anche quelli illegali, non mi interessa, voglio sapere dove cazzo ha imparato ad essere più svelta di me.- Blaise andava su e giù lungo il dormitorio serpeverde.

-Fratello, ci aprirai un solco in quel pavimento a forza di camminarci.- gli ricordò Draco, divertito. Poi tornò serio. -Io posso chiederle qualcosa, ma ti dirò solo quello che lei non mi chiederà di tenere per me.- disse. L'amico alzò lo sguardo su di lui, esterrefatto: Draco Lucius Malfoy che dimostrava lealtà verso una novellina? Per di più Grifondoro?

-Hai deciso di fartela amica, Draco?- gli chiese, antipatico.

-Beh, amico, al contrario di te non la trovo affatto una “dannata ragazza”, anzi, ho intenzione di conoscerla meglio. Davvero, non ho secondi fini.- rispose lui, pensieroso. -E poi, Diana è meglio averla amica che nemica, come dimostra il signor Zabini qui davanti a me.- aggiunse, con una punta di maligna e divertita ironia.

-Oh come sei spiritoso.- ribatté lui, piccato.

-Vero? È un dono di natura.- Draco si alzò dal suo letto. -Ascolta, io salgo per cena. Se non vuoi venire, ti mando un elfo domestico.-

Blaise non aveva la minima voglia di incontrare Diana, cosa che stava diventando spiacevolmente frequente in Sala Grande.

-Troppo gentile, Dray.- disse, e si buttò sul letto mentre l'amico usciva. Spense la luce con la bacchetta, e rimase lì a pensare.

“Cazzo, è bella. È intelligente. È...santo Merlino, quante volte me lo sono ripetuto? È perfetta. Ma io non sono Dray. Suo padre è ad Azkaban, sua madre lo adorerebbe anche se si trasferisse vita natural durante fra i Babbani, e lui può innamorarsi di chi gli pare e piace, ha anche mandato al diavolo Pansy per Hermione. Ma io sono diverso. Cazzo, a mia madre se sapesse che ho anche solo toccato quella ragazza – per quanto Purosangue sia –, verrebbe un colpo. E poi, io sono promesso a Daphne. Che è una Serpe come me.”

Blaise sospirò, liberando le sue labbra da dispettosi crini corvini che gli erano scivolati sul bel volto. Chissà perché, il pensiero di dover, fra pochi anni, sposare l'affascinante e perfida Daphne Greengrass non gli dava alcuna gioia.

“Devo togliermi Diana dalla testa. Tanto non la posso avere.”

Ma Blaise, che di detti babbani sapeva poco o niente, non sapeva che il frutto più bramato è proprio quello fuori dalla propria portata.

 

“Non c'è.” si disse Diana, scorrendo velocemente il tavolo di Serpeverde con lo sguardo. Stette bene attenta a non far intendere a Harry, al suo fianco, dove il suo sguardo fosse scivolato.

L'attimo dopo, si diede mentalmente un ceffone in piena faccia.

“Ma perché diavolo lo cerchi, Di?” le chiese una vocina, a cui lei non rispose. Incontrò lo sguardo di Draco, e gli rivolse un fugace occhiolino che lui ricambiò. Senza ascoltare Harry, Ron e Hermione che discutevano animatamente di qualcosa di sicuramente molto importante, si sedette al tavolo e si servì di patate arrosto e patatine fritte. Lei adorava le patate. La tiravano su di morale. “Senza doppi sensi.” pensò Diana, lasciandosi sfuggire un sorrisetto malizioso.

-Tu hai mai fatto sesso, Diana?- a Diana andò di traverso un boccone. Cominciò a tossire, e dovette sferrare diversi pugni, forti, sullo sterno per riuscire a calmarsi.

-Scusa???- esclamò, paonazza, rivolta a Harry che le aveva fatto quell'inopportuna domanda.

-Stavamo parlando di ragazze precoci.- la ragguagliò, e Diana notò uno strano sguardo infastidito correre verso una ragazzina dai capelli rossi con cui non aveva ancora avuto occasione di parlare. -Tu l'hai fatto?- Diana notò Hermione cercare di nascondersi dietro un grosso maiale arrosto. Respirando profondamente per reprimere il desiderio di saltare alla gola di Harry, l'americana alzò lo sguardo dal piatto e raggiunse gli occhi verdi di Harry, curiosi e maliziosi come tutti quelli delle persone alle prime armi. Valutò le varie ipotesi: dirglielo poteva farla sembrare una facile, una che la da al primo che passa, “tanto per essere chiari”. Non dirglielo poteva solo renderla ancora più desiderabile, agli occhi del Prescelto Arrapato. Tutte queste macchinazioni passarono per la mente di Diana nel giro di un secondo.

-A quattordici anni.- rispose, e istantaneamente si sentì arrossire ancor di più. Ron fece cadere la forchetta sul piatto, con un gran fracasso.

-Quattordici?- chiese Harry, più interessato che stupito.

-Sì. Ma non farti venire strane idee, Cinno Sopravvissuto. L'ho fatto dopo due anni che stavo insieme ad un ragazzo.- mise subito in chiaro.

-Con il ragazzo, vero?- chiese Ron, malizioso.

-No, con il primo passato per strada. Ron, ma che cazzo di domande fai??- sbottò lei, un attimo prima che scoppiassero tutti e quattro a ridere. Dopo cena, Diana ed Hermione si trattennero poco in sala comune e, con la scusa di avere un compito di Antiche Rune il mattino seguente, si ritirarono verso le dieci e mezza nel loro dormitorio.

-Allora, come facciamo?- esordì Hermione, dopo aver insonorizzato il locale. Diana rise.

-Herm, stai con il principe delle Serpi e non sai come svignartela?- la prese in giro.

-Ehi, scusa tanto se non sono un agente segreto!- protestò lei.

-Io invece sono stata addestrata ad esserlo, quindi ci penso io per tutte e due.- replicò Diana, sicura di sé.

-Come, addestrata?- fece Herm, sorpresa. L'idea che un'adolescente fosse stata “addestrata” le suonava piuttosto strana. Diana non alzò la testa dal suo baule, dove stava frugando in cerca di qualcosa.

-La Morris-West, la scuola dove andavo io, è un'accademia di Guerra e Magia. Ho imparato ad essere un soldato, là, sia nel senso babbano sia nel senso magico del termine.- spiegò. Hermione sembrò scandalizzata.

-Ma è...è orribile!- Diana si bloccò. Lentamente, alzò la testa e si volse verso la compagna.

-Ho scelto io di frequentarla.- disse, la voce tranquilla e pacata.

-Perché?- Hermione era sempre più stupefatta.

-Vedi...- cominciò Diana, sedendosi per terra con la schiena appoggiata al baule. -Fin da piccola, sono sempre stata molto portata per la carriera militare. Avresti dovuto vedere i piani che facevo con i miei amici, quando giocavamo a nascondino: sembravano piani d'attacco dei Marine.- la ragazza sorrise al ricordo. -Quando sono cresciuta, mia madre voleva che frequentassi una scuola di prestigio, come Hogwarts, insomma. Non sai quanto ci ho litigato per quella storia. Alla fine sono andata alla Morris-West...insieme a Dan.- Diana prese fiato. Fidarsi o non fidarsi? Era lì il nocciolo della questione.

-Chi è Dan?- chiese Hermione, incuriosita.

-Chi era.- la corresse, cupa, e le spiegò brevemente di chi si trattava. Sentiva gli occhi sempre più lucidi, via via che parlava, via via che rivedeva nella sua mente tutti i ricordi legati a quel ragazzo, a quell'amore, a quella vita da guerriera fatta su misura per lei. Ma una volta iniziato era difficile smettere. Le raccontò di quanto fosse duro l'addestramento a scuola, ma di quanto ne fosse rimasta affascinata. Le raccontò di essere stata considerata la migliore studentessa di tutta la storia della Morris-West. Ridendo, narrò diverse avventure vissute nelle missioni che le venivano affidate.

-Missioni? Ma se non puoi usare la magia...-

-Infatti non la usavo. Sai cos'è un Limbo, Herm?- le chiese.

-Sì. È una zona in cui la magia non funziona.-

Una zona in cui solo tu puoi regnare.

-Esattamente. Vedi, in America c'è il Limbo più grande del mondo. Comprende quattro stati: Texas, Nuovo Messico, Arizona e Colorado. La Morris-West è l'unico luogo nel raggio di centinaia di miglia a possedere la magia. È un luogo pericoloso, il Limbo. È rimasto all'Ottocento...ossia al Far West.-

-Che disastro...- commentò Hermione. Diana rise.

-È meraviglioso. Vedi, per me quel posto è una manna divina: ladri, killer, truffatori e via dicendo. È un luogo in cui quasi tutti i maghi ricercati cercano rifugio, perché gli Auror sono impotenti quanto loro, là. La Morris-West incarica i suoi alunni di combattere questa gentaglia. Ultimamente, ci si sono uniti anche molti Mangiamorte: Voldemort ha trovato nel Limbo un sacco di gente pronta a combattere per lui...- l'amarezza colse Diana all'improvviso. -...Anche se molti non sono mai arrivati qui.- aggiunse.

-Perché?- Hermione si era seduta a gambe incrociate davanti a lei, come una bambina che ascolta una storia, rapita.

-Perché molti li ho fatti fuori io. Oh, ho una grande fama, nel Limbo. Amata dai giusti, detestata dai cattivi, se si può riassumere così.- spiegò, a bassa voce, come se il tono potesse in qualche modo nascondere ciò che lei aveva fatto. Non amava, e mai avrebbe amato, uccidere.

-Li hai uccisi?- esalò Hermione.

-Solo quando minacciavano me o i miei amici. Ho sempre cercato di portare prigionieri vivi.- Diana sospirò, e alzò la testa dal baule. Stringeva un lungo mantello nero fra le mani. -E questa è stata la mia rovina, alla fine.-

-Perché?- Diana si infilò il mantello e controllò il suo aspetto allo specchio. Sembrava una Mangiamorte. Aveva lo stesso sguardo pericoloso e assassino di una Mangiamorte.

-Perché ho fatto l'errore di amare. E quella risma di persone, quando hai qualcosa da perdere, te lo portano via.- disse, piano. Non aggiunse altro, ma Hermione capì da sola. Per un po', rimasero entrambe in silenzio, una assorta nei propri pensieri, l'altra smarrita fra i ricordi. Poi, all'improvviso, Diana batté le mani. -Forza, ora pensiamo a come fare per portarti sulla Torre, stanotte.-

 

-Ci scopriranno...-

-Taci, Herm!- sibilò Diana. Silenziosa, scivolò fluidamente attraverso un passaggio segreto dietro un arazzo, prontamente seguita da Hermione. Non riuscì a vederla, chiaramente, ma ne udiva alla perfezione i passi lievi sulla pietra. L'aveva Disillusa così bene da renderla perfettamente invisibile, mentre lei avrebbe fatto da capro espiatorio, nel caso fossero state scoperte. Hermione si era opposta, ma alla fine si era lasciata convincere. La bacchetta alzata, Diana sbirciò oltre un angolo. Il corridoio era deserto. -Diamoci una mossa. Abbiamo un minuto prima che arrivi la mezzanotte.-

 

-Ma dove sono?- Draco, preoccupato, andava su e giù per la Torre di Astronomia, prendendo contro a tutti i cannocchiali. Blaise si stava tranquillamente fumando una sigaretta, appoggiato al muro.

-Perché “sono”?- chiese, colto un timore che non aveva nulla a che fare con Gazza.

-Perché viene anche Diana, l'ho chiamata io.- Blaise diede una brusca inspirata alla sigaretta, e cominciò a tossire, paonazzo.

-Che hai fatto?!?!?- sbraitò, in mezzo ai colpi di tosse.

-Ho chiamato Diana. Devo chiederle un favore.- rispose Draco, tranquillamente, senza però riuscire a nascondere un ghigno soddisfatto dietro la sua aria innocentina.

-Ecco perché mi hai requisito la bacchetta!- esalò Blaise, riprendendo un minimo di fiato. Draco annuì, palesemente compiaciuto di sé stesso. Il suono cigolante della botola che si apriva salvò Draco dall'essere trucidato. Capelli bruni, illuminati da bagliori argentei donati dalla Luna, fecero capolino dal buio più totale.

-Hola, Draco.- disse Diana, inerpicandosi agile per la ripida scaletta. Puntò la bacchetta contro il nulla e mormorò: -Disilluso-. Fattezze di giovane donna cominciarono ad apparire dal vuoto di fronte a loro. Volendo dare a Draco ed Hermione il tempo di salutarsi, Diana si voltò e si trovò davanti Zabini. Gli occhi di entrambi si strinsero, minacciosi.

-E tu che ci fai qui, Faina?- chiese lei, austera.

-Sono stato precettato.- rispose lui, nello stesso tono gelido.

-Non cominciate, voi due!- li ammonì Draco, sedando sul nascere qualsiasi discussione.

-D'accordo, giusto perché lo chiedi tu.- risposero involontariamente all'unisono, dedicandosi poi un'occhiataccia velenosa. Hermione rise, Draco alzò gli occhi al cielo.

-Lasciamo stare...Diana, devo chiederti un favore.- disse.

-Spara.-

-Allora...- cominciò, visibilmente a disagio. Blaise scosse la testa: il nuovo Draco era decisamente troppo “umano” rispetto a quello vecchio. -Volevo chiederti di coprire Hermione, le volte che ci incontriamo. Più di una volta abbiamo rischiato di farci scoprire da Potter e Weasley, e...-

-E non sarebbe molto auspicabile per nessuno dei due.- terminò lei, ironica. -Non preoccuparti, ci penso io.- gli assicurò, volendo ignorare Zabini che dietro di lei le faceva un feroce e inverosimile mimo.

-Grazie.- Draco le rivolse un fascinoso sorriso. Poi rivolse il suo sguardo verso un vecchio cappello per terra che stava cominciando a brillare. -Dobbiamo andare. Torneremo prima dell'alba.- salutò i due amici, prese Hermione per mano e Appellò il cappello, che appena sfiorò le sue dita s'illuminò di un bagliore azzurro e scomparve insieme a loro.

-Buon divertimento, ragazzi.- sussurrò Diana, così piano che lei stessa faticò a sentirsi. Soprappensiero, si avvicinò al parapetto e incrociò le braccia sulla fredda pietra, agitando un dito per aria. Un refolo di vento sembrò crearsi da quel piccolo vortice, poco più che un simpatico sbuffo grigio. Le corse intorno alle dita, alla mano, le carezzò il viso e tornò di fronte a lei, obbediente. Si attorcigliò a formare una palla. La palla si allungò, quattro piccole sporgenze si allungarono a formare delle zampe, due a formare lunghe ali sul dorso. Una testa si modellò, fiera e spavalda. Un cavallo alato, minuscolo, si era creato nel vento. Diana lo fece correre nell'aria, il cuore attanagliato dalla nostalgia mentre lo osservava svolazzare allegro su e giù.

-È qualcosa di vero o una fantasia?- la voce di Zabini la sorprese. Il cavallino atterrò sulla pietra e guardò il ragazzo che si era avvicinato a Diana, fiocamente illuminato dalla Luna. Sembrava...normale. Un normalissimo ragazzo che intratteneva una conversazione civile. Diana decise di non rispondere causticamente.

-Un ricordo.- il cavallino spiccò nuovamente il volo, e svolazzò intorno a  Blaise per un po'. -C'è una bella vista, da qui.- commentò Diana, rivolgendo il suo sguardo verso l'orizzonte. Gli alberi della Foresta si stagliavano su un cielo terso, freddo, trapuntato di stelle ardenti e lontane, mentre una Luna piena e tonda, bianca come la pelle di Diana, lanciava la sua luce sui rami e sull'erba.

-Sì, è vero.- rispose Blaise. Non sapeva cosa dirle. Non sapeva cosa dire a quegli occhi improvvisamente lucidi.

 

Uh Thestral incrociato con un cavallo. Ecco cos'era l'animaletto che Diana aveva evocato dal vento. Un vecchio amico, un vecchio compagno di avventure che era stata costretta ad abbandonare. “Come tutto il poco che mi era rimasto.”

Le rivelazioni che aveva fatto a Hermione avevano allargato la ferita ancora sanguinante nel suo cuore. Eppure era passato tanto tempo. Avrebbe dovuto ricominciare a vivere...

Ricominciare ad amare.

Ricordava ancora le parole di Dan, scritte in una lettera che conservava ancora.

 

Nel caso muoia io prima di te, voglio che tu non mi pianga. Voglio che tu viva di nuovo come sai fare tu. Voglio che superi il dolore, Di, che lo fissi negli occhi e che lo mandi a quel paese. Tu sei forte. Sei la persona più forte di questo mondo disastrato. Non lasciarti distruggere a causa mia. Non lasciarti sconfiggere, Diana. Non dal dolore. Solo una persona può farti del male, e quella sei tu. Non permettertelo, Diana. Fallo per me. Per noi. Per quello che è stato.

 

Dan già sapeva che lei non sarebbe mai morta.

-Scusami.- disse, all'improvviso, e senza aggiungere altro si infilò nella botola e scomparve. Blaise avrebbe giurato di aver sentito un singhiozzo, prima che lo sportello si richiudesse.

E improvvisamente capì.

La ragazza soffriva. C'era un dolore immenso, dietro alla sua irritante arroganza.

“Non ne parlerò mai, Diana. Sarò una carogna, ma non fino a questo punto.” si disse, rivolto più ad una ragazza che non poteva sentirlo piuttosto che a sé stesso.

 

Il Ritratto della Signora Grassa si spostò, e Diana sfrecciò attraverso la Sala Comune semi deserta. Solo Harry era rimasto a finire i compiti.

-Ehi, Diana, cos'è successo?- le chiese, quando gli passò accanto. Diana si fermò sulla porta del dormitorio, facendo dei respiri profondi, cercando di non mostrare quanto fosse sconvolta.

-Niente.- disse, voltandosi finalmente verso di lui. I suoi occhi umidi non lo ingannarono.

-Non mi sembra proprio.- commentò lui, serio.

-Tranquillo, non è niente...niente di importante.- Diana riuscì a ricomporre il suo viso in un sorriso, piuttosto tirato. Harry sospirò: non gliene voleva parlare.

-D'accordo...già che ci siamo, volevo parlarti.- Diana si sentì sprofondare. Cosa voleva, adesso? Non era il momento di accettare dichiarazioni d'amore imperituro da parte di un'adolescente in piena crisi ormonale. I suoi nervi non avrebbero retto.

-Di cosa?- fece, stancamente.

-Diana, io volevo...ecco...scusarmi.- gli occhi di Diana si strinsero, sospettosi.

-Di cosa, Harry?- gli chiese, cauta.

-Di come mi sono comportato con te.- questa Diana non l'aveva ancora sentita. D'accordo che sapeva benissimo cosa il Prescelto pensasse di lei, però non gli aveva mai dato molto peso, anche perché lo considerava un qualcosa di normalissimo per un ragazzo.

-In che senso, Harry? Non mi hai fatto nulla.- disse, neutra. Harry sospirò.

-Vedi, da quando sei arrivata, io ho...beh, ho pensato cose che non è molto bello pensare di un'amica.- “Santo Merlino!! Questo si fa le paturnie per qualche pensiero sconcio!!”

-Lo so. Harry, ti ricordo che sono una brava Legilimens.- Harry rimase un attimo spiazzato, ma lei continuò. -E cosa esattamente ti ha fatto rinsavire? O meglio...chi?- gli occhi verdi si allargarono, sorpresi.

-Giura di non dirlo a Ron.- “Ma cosa sono diventata, un confessore itinerante???”

-Ginny?- alla menzione della ragazza, il volto di Harry si rischiarò come il cielo dopo un temporale. Diana avvertì nel cuore del ragazzo un'emozione che la sorprese. Un qualcosa di forte, di caldo, di rassicurante. Un'emozione che conosceva.

-L'ho vista baciarsi con Dean...è stato un trauma...È per questo che volevo chiarire con te...- disse, impacciato, dopo qualche minuto di silenzio. Diana rise.

-Harry, a sedici anni è normale avere gli ormoni che s'impennano come Ippogrifi imbizzarriti. So di fare quest'effetto, a volte...- lasciò la frase in sospeso, un ghigno malizioso sul bel volto.

-Ma vai a quel paese!- le intimò Harry, ridendo.

-Preferirei andare a letto, veramente. Di Ginny avremo tutto il tempo di parlare, te lo prometto, ma ora sono esausta. Ci vediamo domattina, Harry.- sorrise lei.

-Buonanotte.- le augurò, e Diana riuscì finalmente a raggiungere il dormitorio senza altri intoppi.

“Almeno questo, è un problema in meno.”

 

 

Ecco qua il terzo capitolo della fic pseudo dark che sto scrivendo...spero che vi piaccia, soprattutto a Mione1194 (alias Diletta ;P ) perché harry torna il solito adorabile tontolone...qua alcuni misteri del passato di Diana si spiegano, ma altri, soprattutto il più importante (perché volevano ucciderla, i sicari di Voldemort? Non esiste solo il motivo più semplice, ahimè...) ho pochissimo tempo per rispondere alle recensioni, cosa che farò nel prossimo capitolo, mi limito a mandarvi un grosso bacio immenso e a ringraziare di cuore i sei recensori e le sei persone che hanno messo la mia fic fra i preferiti!! Alla prossima!!

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Capitolo 5
*** Tonks ***


We

We!! Eccomi di nuovo!! Allora, innanzitutto, grazie mille a chi legge e mette fra i preferiti...ma soprattutto a chi recensisce!! come promesso, ora rispondo alle recensioni:

 

Mione1194: sono felicissima che draco ed herm ti piacciano, in questo capitolo li ho fatti letteralmente morire d'imbarazzo...muahah come sono malefica...per ron, stai tranquilla, arriverà anche lei...se mi mandi quella mail, così comincio a lavorarci, ok? Beso!!

 

Diddola: tranquilla, alzerò il rating solo ad arancione, sperando che la scena di cui ho parlato due capitoli fa non ti turbi...sono contenta che Harry riscuota di nuovo successo, in questo chappy lo adoro, fammi poi sapere cosa ne pensi!

 

iaia_Malfoy4ever: sai, le tue recensioni mi mettono sempre tanta allegria!! Sono contenta che Diana ti coinvolga tanto (ma, se fossi in te, non mi farei sentire a dire che te la sposeresti se fosse un uomo...sai, blaise credo potrebbe incavolarsi!)

 

D2OTTO: anche in questo chap il passato di diana sarà molto violento, e molto triste...povera...ne ha passate tante e tante ne passerà!! ti risentirò a recensire, ogni tanto?

 

Summers84: che bello rivederti fra i recensori!! Se vuoi sapere chi è il padre, beh, l'ho scritto qualche chap fa...non resistevo a lasciarvi col dubbio...(e poi D2OTTO l'ha beccato subito -.-)

 

mara_star: anche io leggo sempre le storie con nuovi personaggi, e quando le scrivo cerco di darci quel carattere che come dici tu la row non ha voluto dare agli originali, e nel contempo cerco di “svegliarli” un po'...spero che continuerai anche a recensire e soprattutto che la vicenda ti piacerà!!!

 

Un besone a tutti!!

 

 

 

 

Giunse il sabato, e con esso l'uscita a Hogsmeade. Fu un sollievo uscire dal castello, nonostante l'aria fosse tagliente e gelida, e il vento una lama fredda che li trapassava tutti e quattro da parte a parte.

-Posso fare qualcosa, per questo tempaccio.- si offrì Diana. Aveva rivelato agli amici di essere un'Elementale.

-Te ne sarei grata.- gridò Harry, sopra l'ululato del vento. Diana annuì, e socchiuse gli occhi.

-Hene, nashka, forite simi nes.- sussurrò, e all'istante il vento si placò intorno a loro, il freddo si fece meno intenso, e loro finalmente riuscirono a parlare senza gridare.

-Wow...certo che è utile avere quei poteri.- commentò Ron, ammirato.

-Non sono un granché potente. Gli Elementali ormai sono estinti, e i pochi che sono ancora vivi hanno poco più che un rivolo di potere, rispetto ai grandi Elementali della Storia.- spiegò lei.

-Una domanda, Diana: ma tu e Hermione, cosa fate, vi mangiate i libri di Storia della Magia al posto della colazione!?!?- sbraitò il rosso, facendoli ridere tutti, all'interno della loro piccola bolla di tempo sereno.

-Più o meno, Ron. Più o meno.- rispose Hermione per lei.

-Andiamo?- propose Harry.

-D'accordo.- il quartetto si avviò verso Hogsmeade. Nonostante la magia di Diana avesse migliorato la situazione, raggiungere Mielandia fu comunque un'impresa.

-Rimaniamo qui tutto il tempo, vi va?- chiese Ron. Diana si accorse prima degli altri di una figura ciondolante che caracollava verso di loro.

-Ron, ma sai che non ho mai visto nessuno più talentuoso di te nel Quidditch?- fece, con uno strano tono da ochetta. Rivolse un'occhiata allusiva e molto minacciosa a Hermione, che sorrise e rincarò:

-Davvero, sei talmente sexy con quelle tue parate perfette...- rivolgendo a Ron un sorrisino tutto moine e prendendolo a braccetto, mentre Diana faceva la stessa cosa dall'altra parte.

Ron era diventato paonazzo.

-Cosa odono le mie orecchie?- la voce trillante di Horace Lumacorno li raggiunse. Harry, che fissava attonito le due ragazze seriamente preoccupato che fossero sotto Maledizione Imperius, ebbe un lampo di genio e capì.

Fece seria fatica a non mettersi a ridere.

-Buongiorno, professore. Ha saputo di quanto Ron sia sublime, a Quidditch?- salutò Hermione, civettuola.

-Lo danno come prossimo Adrian Pucey, sa?- aggiunse Diana, rivolgendo un'occhiata ammiccante ad un Ron ormai diventato color pomodoro.

-Ma bene!- squittì Lumacorno, deliziato. -Harry, Hermione, e anche tu Ronald, perché non vi unite a me, la prossima volta che organizzo una delle mie cenette? Non voglio che vi perdiate l'occasione di conoscere gente al vostro livello! Oh, e ovviamente, anche la signorina Diana è invitata: ho saputo delle sue eccellenti dimostrazioni pratiche in Difesa, signorina.- Diana fece un sorriso talmente innocente, allegro, frivolo (e convincente), che per un istante Blaise, che l'aveva notata dall'altra parte del negozio, ebbe un giramento di testa.

-Mille grazie, professore.- disse, zuccherosa.

-Ma di niente, miei cari!- rispose lui, e si allontanò. Il secondo dopo, il sorrisetto era già scomparso dal viso di Diana, soppiantato dalla solita espressione di ghiaccio. Lei e Hermione lasciarono andare Ron e lo osservarono, prima di scoppiare in una sonora risata.

-Ma guardate 'sto intelligente! Non c'è linea di confine fra pelle e capelli...- commentò Harry, dando una pacca sulla spalla all'amico, che sembrava assolutamente ammutolito.

-Cosa...che...- balbettò.

-Volevi che Lumacorno ti notasse? Bene, ti accompagni a due delle più brillanti studenti di Hogwarts e al famoso Prescelto, e per di più sei una promessa del Quidditch. Ti ha notato.- spiegò Diana, brusca come sempre, ma soddisfatta.

-Io...grazie...-

-Ringrazia Herm, piuttosto, che ha capito subito cosa volevo fare.- fece lei, esibendo uno dei suoi rari sorrisi sinceri.

-Grazie Herm.- fece lui, obbediente. Ridendo, i quattro uscirono da Mielandia e si diressero verso I Tre Manici di Scopa. Ad un certo punto, però, Diana estrasse la bacchetta ed esclamò, rabbiosa:

-Accio!- qualcosa le volò fra le mani. Un calice d'argento, che recava un simbolo di serpenti intrecciati, e una scritta. “Tojours Pur.”

-Ma che...ehi! Mundungus!- esclamò Harry, vedendo un piccolo mago dall'aria sudicia accoccolato sul ciglio della strada.

-Oh...Harry...potrei riavere...?- fece Mundungus, a disagio, indicando il boccale.

-Questo è lo stemma dei Black.- disse Diana, rivolgendo al mago uno sguardo assassino.

-Io...er...- Mundungus non riuscì a finire la frase, perché Harry lo aveva agguantato per il collo e l'aveva sbattuto contro un muro.

-Cos'hai fatto, schifoso ladruncolo? Sei tornato in casa sua la notte che è morto e l'hai saccheggiata?- ringhiò.

-Harry, no!- esclamò Hermione, angosciata. Ma fu la voce gelida di Diana a fermare Harry.

-Lascialo fare.-

Harry si voltò verso di lei, stupefatto. Non aveva mai sentito una voce così vibrante di odio represso a stento.

Con uno schiocco, Mundungus approfittò del momento di stasi e scomparve.

-TORNA SUBITO QUI, SUDICIO PICCOLO BA...-

-È inutile gridare, Harry. Ormai Mundungus sarà a Londra.- tutti e quattro si voltarono. Una strega magra, dall'aria sciupata e dai capelli color topo era comparsa alle loro spalle.

-Ha rubato le cose di Sirius!- sbottò lui, ma Tonks non gli dava più peso. I suoi occhi si erano posati su Diana, ed era ammutolita.

La somiglianza fra loro era strabiliante. Entrambe se ne resero conto, ed entrambe si scrutarono con pari diffidenza. Lo stesso viso, la stessa forma degli occhi, la stessa carnagione candida.

Ma Tonks era il giorno (anche se di nubi), e Diana era la notte.

Gli sguardi del trio correvano dall'adulta alla ragazza, curiosi, senza capire cosa ci fosse fra loro.

-Tu chi sei?- esordì Tonks, fredda.

-Diana.-

-Diana e?-

-Diana e basta.- rispose la ragazza, gelida. Altri minuti corsero nel silenzio, senza che nessuno osasse proferire parola. Poi Tonks fece un cenno ai tre, rivolse a Diana un ultimo sguardo diffidente e sparì con uno schiocco.

Senza una parola, Diana si voltò e tornò al castello. La protezione dei suoi poteri svanì appena lei fu scomparsa oltre la collina che nascondeva Hogwarts alla vista. I tre ragazzi rimasero lì, attoniti, sotto la pioggia che cominciava a trasformarsi in neve.

 

È così simile a te.

Talmente tanto che ti ricorda in ogni momento tutto ciò che non hai potuto avere.

Una famiglia.

Una vita.

 

-Remus!- Remus Lupin balzò in piedi, abbandonando la forchetta sul piatto. La voce angosciata che l'aveva chiamato apparteneva ad una strega...la strega che ultimamente era sempre nei suoi pensieri.

-Tonks...cos'è successo?- chiese, stancamente. Profonde occhiaie gli segnavano gli occhi ambrati, ed era più grigio e frusto che mai. La ragazza, senza guardarlo, irruppe nella cucina di Grimmauld Place.

-Devi farmi un favore.- esordì senza nemmeno salutarlo.

-Quale?- chiese lui, cauto.

-Devi scoprire tutto su una certa Diana.-

Alla menzione di quel nome, a Remus andò di traverso la Burrobirra e cominciò a tossire, così tanto che Tonks dovette dargli delle pacche sulla schiena per permettergli di tornare a respirare.

-Come...com'è?- chiese, boccheggiando.

-Alta, capelli neri, sedici anni, occhi grigi e sguardo molto duro. Era con Harry, Ron e Hermione a Hogsmeade. Mi somiglia molto.- aggiunse, insospettita dalla reazione di Lupin.

“Ci credo che ti somiglia...” pensò lui, ma stette ben attento a non far indovinare alla ragazza i suoi sentimenti. Ci mancava solo che Tonks scoprisse chi fosse la diafana sedicenne.

 

-Diana! Dove sei?- la voce di Hermione perforò i timpani della ragazza, appollaiata sul balcone del dormitorio femminile, mentre cancellava in fretta lacrime calde dal suo viso.

-Non ho intenzione di parlarne.- rispose lei, dura. Hermione fece letteralmente irruzione nella stanza, affannata e stravolta. Diana si accorse immediatamente che qualcosa non andava. -Cos'è successo?- Hermione crollò a sedere sul suo letto, disperata.

-È successo qualcosa a Katie Bell. Ha toccato una collana di opali, stregata, e...Harry pensa sia stato Draco, io non lo so, so che ultimamente è molto nervoso, perché è costretto a obbedire a V-Voldemort, e...- ma Diana non la stava più ascoltando. A dire il vero, Diana non era nemmeno più sul balcone.

-Diana?- chiamò Hermione, preoccupata. Nessuna risposta. Spaventata, corse al balcone e urlò.

Diana era caduta dalla Torre.

-DIANA!-

-Sto bene, Herm.- la sentì gridare.

“Cosa?”

Diana si rialzò, un mezzo ghigno stampato sul volto. Adorava quel trucchetto, che le permetteva di non ammazzarsi facendo una caduta simile. Merito dei suoi poteri non così deboli come voleva far credere a tutti.

La bacchetta in pugno e l'espressione risoluta, Diana corse dentro al castello, diretta verso le segrete di Serpeverde. Raggiunse la porta della Sala Comune, un muro che sapeva essere scorrevole, e cominciò a tempestarlo di pugni.

-Apri subito, dannato Serpeverde!- abbaiò, rivolta a Malfoy. Dopo pochi attimi, il muro si aprì. -Era o...- Diana si zittì e chiuse istantaneamente la bocca. Davanti a lei non c'era Draco, bensì...

-Cosa vuoi? Hai sbagliato piano sai, tu stai in una Torre.- fece Zabini, seccato. Diana, come una furia, lo spinse da parte ed entrò nella sala comune, che sarebbe stata deserta se non per un biondino mezzo addormentato su una poltrona. Lo raggiunse, e lo scosse violentemente.

-Aaaah! Diana, ma cosa cazzo stai facendo???- protestò lui, svegliato non proprio delicatamente.

-Che cos'hai fatto, pezzo d'idiota!?- sbottò lei. Blaise decise fra sé e sé di andare a dormire. Rimanere nella stessa stanza con quella furia poteva risultare molto dannoso. Si avviò alla chetichella verso la sua stanza, ma la voce imperiosa di Diana lo raggiunse: -Non fare un altro passo, Faina, altrimenti ti faccio mettere radici nella pietra.- Blaise decise di tornare indietro. Diana, ignorandolo, ripartì alla carica. -Allora, cos'hai fatto?-

-Ma non ho fatto niente!- si difese Draco, piuttosto preoccupato.

-Bugia. Non mentirmi, Draco.- ribatté lei, gelida.

-Ma cosa vuoi sapere, Diana?- chiese lui, cercando di riportare la calma in quel fulmine bruno.

-La collana di Magie Sinister. Come ha fatto a finire in mano alla Bell?-

-Ma cosa vuoi che ne sappia!- sbottò lui, irato.

-Draco. Non. Mentirmi.- lo avvisò lei, scandendo bene le parole. Chiunque, davanti a quella giovane donna, non avrebbe osato non dire la verità.

-Diana, io...-

-Dimmi se c'entri qualcosa perché, se sei stato tu (o un tuo complice), Herm ha il diritto di saperlo. E anch'io, visto che sono tua amica.- aggiunse, con una fredda occhiata molto eloquente. Usava quel termine molto raramente, Diana. E, quando lo usava, non lo faceva con leggerezza. Draco sospirò, si alzò in piedi e la guardò negli occhi.

Sembrava un ragazzino terrorizzato, piuttosto che uno spietato killer.

-Non era diretta a lei. Doveva arrivare a qualcun altro.- disse, finalmente.

-Tu sei pazzo.- s'intromise Zabini.

-Taci.- ringhiò Diana. -A chi era diretta, Draco? Chi è che devi uccidere?- Draco trasalì: aveva capito alla svelta, la ragazza.

-Non posso dirtelo.- disse, dopo un po'.

-Non farò la spia, e sono una brava Occlumante. Nessuno lo saprà da me, nemmeno Hermione, se non vuoi che lo sappia.- la voce di Diana si era abbassata, si era fatta più calma, suadente quasi. Blaise ammirò la sua tecnica: sarebbe stata capace di farsi rivelare un segreto persino da Voldemort.

-Il Signore Oscuro ha...ha in pugno mia madre. La ucciderà, e ucciderà Hermione, se non porterò a termine il mio compito. Non posso permetterlo, Diana. Lo capisci?- le spiegò, con voce bassa e tormentata.

-Certo che lo capisco.- gli assicurò, con la voce stranamente rotta.

-Devo uccidere Silente.- Diana non mostrò sorpresa. Anzi, un'amara soddisfazione si dipinse sul suo viso. Ci era già arrivata da sola.

Voldemort non avrebbe mai permesso a nessuno di uccidere Harry Potter al posto suo, e Silente era l'unica altra persona che poteva entrare nelle sue mire.

Maledetto.

Costringere un ragazzo a diventare un assassino.

L'hai fatto anche con me, Voldemort.

Questo io te lo farò pagare.

Si sedette su una poltrona libera, quella che le sembrò più comoda, e Draco si lasciò cadere sulla sua. Zabini, che aveva la netta sensazione di essere di troppo, si accomodò su quella più lontana da Diana – ma anche quella da cui la poteva osservare meglio.

Certo che era ancora più bella, quando era pensierosa. Gli occhi grigi erano fissi sulle fiamme ardenti nel camino, che lanciava bagliori rossastri sulla sua pelle bianca. Ma perché portava un abito lungo e scollato, senza maniche, nero, in pieno inverno? Non sapeva quale dannatissimo effetto aveva sugli uomini, Blaise in particolare, vestendosi a quel modo? O la sua era una deliberata provocazione? Conoscendola – o, almeno, sapendo qualcosa di lei e del suo carattere –, poteva trattarsi benissimo anche di questo.

-Mi vuoi denunciare, Diana?- chiese Draco finalmente, dopo un tempo che sembrò a tutti e tre infinito.

-No.- rispose lei, con voce calma.

-E come faccio a saperlo?- le chiese Draco, dedicandole una lunga occhiata dei suoi occhi plumbei. Diana ricambiò lo sguardo, infervorato dalle fiamme e non solo. Estrasse la bacchetta, la puntò su Zabini (decisamente allarmato) e mormorò:

-Muffliato.- poi tornò a guardare il biondo Serpeverde, che di Serpeverde aveva sempre meno. -Io ti affido un mio segreto, Dray. Così saremo entrambi più tranquilli.- disse, al sicuro dall'udito fine di Zabini. Draco notò che quando parlava non muoveva quasi le labbra, rendendo impossibile leggere le sue parole.

Ma chi diavolo era quella ragazza?

-D'accordo.- disse, titubante. E Diana disse due parole. Due parole che non si sarebbero mai schiodate dalla mente di Draco Lucius Malfoy. Due parole che non avrebbe mai ripetuto.

Mai.

 

Diana entrò in Sala Comune.

-Diana! Tutto a posto?- la chiamò quasi immediatamente Harry, vedendo la sua espressione tormentata. Diana raggiunse il terzetto sul lungo divano della sala comune. Anche lì, come dieci piani più in basso, scoppiettava il fuoco nel grande camino.

-Sì.- rispose lei, sedendoglisi accanto. Ginny Weasley, dall'altra parte della sala, la guardò male. “Scusa, Ginny. Non ho nulla contro di te, anzi.” -Come sta Katie?- chiese.

-L'hanno portata al San Mungo.- la informò Ron, stancamente. Erano tutti e due devastati: Katie era una loro cara amica. Diana ignorò bellamente l'occhiata allusiva che Hermione le rivolse.

-Perché te ne sei andata, quando hai visto Tonks?- le chiese Harry. Diana non rispose, si limitò a stringersi le gambe con le braccia, e a fissare il fuoco.

Conosceva Ninfadora Andromeda Tonks. L'aveva vista, parecchie volte, anche se mai di persona. Un membro dell'Ordine, come presto sarebbe diventata lei. Ne aveva già parlato con Silente, che aveva dato il suo consenso. Quello che pensava sua madre non le importava. Lei avrebbe combattuto. Per Dan. Per i suoi amici. Per Draco. E per suo padre.

-Mi ha ricordato una persona.- disse, dopo parecchio. Harry sembrò capire che non voleva parlarne, e le cinse le spalle con un braccio.

Un gesto che faceva sempre anche Scott.

Gli posò la testa sulla spalla, e chiuse gli occhi.

Scott William Parker. Sei anni più grande di lei, eppure il suo migliore amico da praticamente una vita. Un Metamorfomagus abile come pochi, un Auror americano infiltrato nel servizio dei ranger. L'aveva praticamente cresciuta lui. Sua madre non era mai stata molto presente, nella sua vita. Cassandra O'Connell aveva altro da fare, piuttosto che occuparsi di una figlia che non aveva mai voluto. E il padre di Scott l'aveva presa sotto la sua ala protettiva.

Era morto quando Scott aveva diciassette anni.

Diana non aveva mai visto nessuno reagire al dolore come lui. Era scomparso per tre giorni, senza dire a nessuno dove fosse finito, senza dare notizie di sé, per poi tornare e fare come se non fosse successo, allegro come sempre.

Per poi tornare e prendersi cura di Diana, l'undicenne che considerava una sorella.

Quando la ragazzina aveva cominciato a manifestare le sue straordinarie abilità, e quando alla Morris-West avevano cominciato ad assegnarle delle missioni, Scott si era battuto perché fosse affidata a lui, come suo mentore. Quello che poi Diana, con tre anni di anticipo, sarebbe diventata per Alex.

 

Gocce di pioggia. Tic tic tic. Battono sulle giacche di pelle delle due ragazze. Entrambe scure di capelli. Una è Diana.

Le strade della città sono silenziose. E certo, si dice Diana, scostandosi i capelli bagnati dagli occhi. È il quattro gennaio e sono le due di notte, è ovvio che non ci sia nessuno.  Scambia un'occhiata con Dan: non le piace la situazione. L'altra ragazza è fredda, calma, ma loro due sanno che sta per succedere qualcosa.

Clop, clop.

Un suono familiare eppure anomalo. Zoccoli ferrati sull'asfalto. Decisamente rumori non adatti a Dallas la metropoli.

I quattro ragazzi si fermano. Un cavallo avanza per la strada di periferia. Non un cavallo normale. Grandi ali nascono dal suo dorso, ma ora sono ripiegate vicino ai fianchi coperti da un manto nero come la pece. In groppa, di traverso, c'è una persona. Anche da lontano si vede il tatuaggio sulla spalla, un tribale nero, a quattro braccia.

Lo stesso di Diana.

Il cuore si ferma.

Per un attimo è tutto congelato.

E due grida gemelle squarciano la notte.

-SCOTT!- le ragazze corrono, rivolgendo entrambe silenziose preghiere a Dio: fa' che non sia morto, ti prego, fa' che non sia lui...

Gli occhi di Diana si fermano sul viso quasi irriconoscibile. È stato bruciato. Martoriato.

Diana non sente la voce dell'amica in singhiozzi.

Non sente la voce di Dan.

La pioggia intorno a lei si fa più intensa. Freme. Le si avvicina, pulsante.

Intorno a loro, compaiono i sicari. Venti, trenta, troppi. Non c'è speranza.

Ma Diana non ragiona. Diana ha perso il controllo.

E l'aria stessa si rivolta contro di loro.

 

-Si è addormentata.- disse Harry guardando la ragazza, abbandonata sulla sua spalla.

-Chissà che cosa le è successo.- si chiese Ron.

-Non lo so. So solo che Diana ha perso molte persone che amava. Forse Tonks le ha ricordato una di queste.- commentò Hermione, inconsapevolmente nel giusto.

-La porto a letto. Mi apri la strada, Herm?- disse Harry. L'unico modo che avevano trovato per salire ai dormitori femminili era incantare le scale, ed Hermione era l'unica a riuscirci. Harry prese in braccio Diana, e seguì l'amica fino al loro dormitorio. La posò sul suo letto.

Che cretino, che era stato.

L'aveva giudicata male. Malissimo. Aveva sbagliato tutto, su di lei.

Era una ragazza sola, che aveva solo bisogno di amici veri e di dimenticare il suo passato.

Per fortuna, era ancora in tempo per rimediare.

Sì. Sarebbe stato lui, suo amico. Lui, Hermione, e anche Ron.

 

La domenica trascorse tranquilla sotto un cielo scuro e minaccioso. Nessuno sembrava molto in forze, dopo l'incidente di Katie.

Sentivano la guerra più vicina a loro.

Diana sembrava prosciugata. Parlava poco, era tranquilla, e non fece nemmeno il solito scambio di frecciatine velenose con Zabini, a pranzo.

“Chissà che cos'ha. Ieri sera sembrava sconvolta per quello che era successo alla Bell, ma non era solo questo.” pensò Blaise, osservandola dal tavolo di Serpeverde. Anche Draco, accanto a lui, era stranamente silenzioso. Aveva passato la notte a rimuginare su quello che gli aveva detto Diana, sul fatto che le avesse rivelato la sua dolorosa missione. La giornata passò in una bruma di stanchezza. Quando furono le nove meno un quarto, Blaise si preparò per la punizione. Aveva appena fatto la doccia, e i capelli umidi gli ricadevano liberi su fronte e spalle. Infilò un paio di jeans aderenti e una maglia nera, a collo alto. Solo lui e Malfoy, fra i Serpeverde, avevano il fisico e lo charme adatto per portare abiti del genere senza sembrare dei gay. Si rimirò per un'istante allo specchio.

“Perfetto.” si complimentò con se stesso, e uscì dalla sala comune con un ghigno.

 

-Che palle.- era il commento che Diana ripeteva da almeno venti minuti. -Ginny, dammi una mano, per favore!- Ginny Weasley sorrise. Sul letto di Diana erano accatastati almeno una ventina di vestiti: abiti lunghi, pantaloni, camicie, maglie. Diana stava letteralmente sclerando: se c'era una cosa che non sopportava, era dover scegliere dei vestiti.

-Scusa, ma se non ti piace Zabini, perché non riesci a decidere cosa metterti?- insinuò, perfida. Avevano cominciato a chiacchierare quasi per caso quella mattina, e non avevano più smesso.

-Perché lo voglio intimidire. E l'aspetto fisico è la prima cosa che conta.- disse lei, rischiando di diventare strabica per tracciare una lunga linea di eyeliner sotto gli occhi. La fece continuare fino a che non somigliò a Cleopatra.

-Wow, felina.- commentò Ginny, guardando il suo riflesso nello specchio. -Tieni, prova questo.- le porse un abito color vinaccia, dalle maniche lunghe e terminanti con un'ampio sbuffo, e con una profonda scollatura quadrata.

-L'avevo perso! Ginny, sei un mito!- esclamò Diana, afferrando il vestito e infilandoselo alla svelta. Si sistemò i capelli, che ricaddero morbidi coprendo la scollatura, e si rimirò allo specchio.

-Ci sono due possibilità: o sviene, oppure gli viene un infarto.- commentò Ginny, ghignante.

 

Le nove meno cinque. Ma perché diavolo arrivava sempre in anticipo? Non c'era Piton, e non c'era nemmeno Diana. Finalmente, avvertì dei passi silenziosi nel corridoio. Si voltò, pronto a fronteggiare la sua rivale, ma...

“Cazzo!!!”

 

Diana avvertì letteralmente la propria mascella piombare a terra. Era assolutamente, immensamente, incommensurabilmente (ndA: che parolone...)...bellissimo.

Ogni muscolo del torace messo in evidenza da un'attillatissima maglia a collo alto, nera, che scendeva provocante lungo quei fianchi dritti e ben delineati, sulle braccia muscolose, sulle spalle larghe. Due gambe scattanti, vibranti di muscoli, avvolte in jeans che facevano si e no da seconda pelle. I capelli lunghi, ribelli, che ricadevano su quelle iridi verde plumbeo, gli davano un'aria da bel tenebroso che rischiò di farle perdere i sensi. Ricacciando indietro l'insano desiderio di saltargli addosso, Diana prese un bel respiro e provò a dire qualcosa.

 

Una Dea. Non c'era altra definizione. Era troppo bella per essere vera.

Il suo corpo prosperoso, prorompente, era avvolto da un abito di un viola scuro, che sulle mani si allargava fino a coprirle. I capelli lunghi, scuri, setosi, coprivano un poco la generosa scollatura in cui si sarebbe volentieri perduto. Le curve del suo seno, una quinta abbondante avrebbe detto, erano perfettamente delineate dal vestito. Quasi senza volerlo, scese con lo sguardo, sentendosi ogni attimo di più propenso a far fuori Piton e usare il suo ufficio per...vabbé. Fianchi morbidi, profondi, un sedere da urlo, due gambe flessuose, scattanti, eppure delicate, morbide. E poi...e poi il suo viso. Un trucco leggero, solo la matita era visibile. Le palpebre argentate dello stesso colore delle iridi ingrandivano il suo sguardo, e le sue labbra rosse erano...erano...

“Porca miseria. E lo ripeto: porca miseria.” provò a dire qualcosa che non fosse “adesso ti salto addosso”, ma le sue funzioni vocali erano entrate in sciopero.

Grazie a Merlino, Piton scelse proprio quel momento per aprire la porta del suo ufficio.

-Bene, vedo che siete puntuali. Mi sorprende, signorina Diana.-

-Er...sì, professore.- mormorò Diana, senza staccare un attimo gli occhi di dosso a Blaise.

-Entrate.- ordinò, con la solita voce melliflua. Lo seguirono all'interno.

-Prima le signore.- fece Blaise, facendole cenno di passargli avanti. Era puerile, ma voleva assolutamente guardarle il sedere.

-Appunto. Vai avanti tu.- evidentemente, Diana era più puerile di lui.

 

“Ebbene sì. Condannatemi. Gli guardo il culo. Ma che dico!! Gli guardo il CULO, scritto tutto maiuscolo come la scritta sulla collina di Hollywood!” Diana rimase un attimo incantata, poi lo seguì all'interno dell'ufficio. Non riuscì a staccargli gli occhi di dosso nemmeno quando Piton le disse di smettere di sbavare. Cosa che ripeté l'attimo dopo a Blaise. Ascoltò per metà la spiegazione di cosa doveva fare: riordinare gli annunci mortuari degli ex studenti di Hogwarts. Perfetto. Nessun problema. Era un asso in questo genere di cose. “Ma gli annunci mortuari portano un po' sfiga...” pensò quella minima parte di lei non impegnata a tenere a freno gli ormoni, che avevano tutta l'intenzione di commettere un atto di perversione assoluta che comprendeva Blaise Zabini, un frustino e un paio di manette babbane.

(ndA: ma Diana!!!!!!)

(ndDiana: taci che l'hai scritto tu, mica io. Io avrei aggiunto anche un...)

(ndA: ok, siamo ancora nel rating basso per queste cose, quindi trattieniti!! Pervertita!)

Si sedette dietro a Zabini, cercando in tutti i modi di abbassare lo sguardo sulle cartelline che doveva mettere in ordine cronologico e alfabetico.

Niente da fare.

Prese a caso una cartellina e l'aprì, tanto per dare l'idea di fare qualcosa, mentre i suoi pensieri vagavano sull'argomento “mi faccio mettere in punizione tre volte al giorno, se è sempre così!”. Lesse il nome del deceduto.

Dimenticò all'istante ogni pensiero perverso su Blaise Zabini.

James Richard Potter, 21 anni, è deceduto il giorno 31 ottobre 1981 per mano di Colui Che Non Deve Essere Nominato. Lascia un figlio, Harry.” quelle parole furono una lama gelida attraverso il suo cuore.

Il padre di Harry.

Del suo amico Harry.

Capì all'istante perché Piton avesse voluto farle fare quel lavoro. Evidentemente, aveva capito subito che, dietro la sua scorza dura, Diana era una persona orribilmente emotiva.

“Richard...doveva essere il nonno di Harry. Chissà se Harry sa che si chiamava Richard....” pensò, colta da una improvvisa tristezza. Sistemò la cartellina sotto la lettera “P”, e ne prese un'altra.

Lilian Cordelia Evans in Potter...” una seconda coltellata. Cordelia. Un nome adatto ad una madre che, per amore del figlio, aveva sacrificato la sua vita.

Perché diavolo doveva starci così male?

Ma la risposta Diana la conosceva.

Era sempre colpa di quell'ostinato del suo cuore.

Continuò per un po', trovando ogni tanto i nomi di membri dell'Ordine, come i fratelli Prewett, gli zii materni di Ron. Poi, dopo circa un'ora, prese la cartellina più nuova di tutte. Scorse rapidamente il necrologio, senza guardare il nome: era molto più lungo degli altri. Alzò lo sguardo sull'intestazione.

Sirius Alphard Black è deceduto oggi, venerdì 16 giugno, per mano della Mangiamorte Bellatrix Black in Lestrange. Condannato all'ergastolo ad Azkaban per gli omicidi di James Richard Potter e di Lilian Cordelia Evans, è stato scagionato da tutte le accuse. Il Ministro della Magia, Cornelius Caramell, ha decretato di voler assegnare a Sirius Alphard Black l'Ordine di Merlino, Prima Classe, alla Memoria. Padrino del Ragazzo Che è Sopravvissuto, Black ha passato dodici anni rinchiuso ad Azkaban, per omicidi che non aveva commesso...”

Diana smise di leggere. Non ce la fece ad andare avanti. Aveva gli occhi colmi di lacrime, che fu costretta a ricacciare indietro. Alzò lo sguardo su Piton, che aveva visto quale cartella aveva estratto e si era avvicinato, trionfante.

Maledetta carogna, lurido bastardo schifoso.

Questa me la paghi, Piton.

Diana si ricompose. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla sconvolta.

 

Verso mezzanotte, li congedò. I due si defilarono lungo il corridoio, uno di fianco all'altra, in silenzio.

-Non ti libererai di me, Zabini. Voglio salutare Draco.- lo avvertì. Aveva la voce un po' rauca, come di chi non parla da ore.

“E chi si vuole liberare di te? Guarda, se invece di andare da Draco fai un salto in camera mia, mica mi lamento! Anzi!” pensò lui, ma evitò di ripeterlo.

-Vorrà dire che ti sopporterò. Anche se è un grande sacrificio, per me.- rispose, caustico. Diana gli fece un gestaccio. Blaise non poté fare a meno di ritenersi fortunato: era solo, lungo i corridoi di Hogwarts, in compagnia di una splendida ragazza. Anche se si trattava di Diana. O, forse, soprattutto perché si trattava di lei.

La condusse fino alla sala comune serpeverde, per fortuna deserta. Non era pronto ad affrontare i suoi compagni di Casa, soprattutto non con la conturbante presenza di Diana accanto a lui. Aveva la sensazione che non si sarebbe potuto controllare ancora per molto. Senza – ovviamente – smettere di beccarsi, a bassa voce, la portò alla camera di Draco.

TOC TOC TOC.

-Draco, c'è qui la folle che vuole darti un salutino.- sibilò Blaise, sarcastico. Tre minuti e dodici secondi più tardi, Draco Malfoy aprì la porta.

Blaise e Diana si guardarono e, dimenticate per un attimo tutte le ostilità, scoppiarono a ridere.

Vedete, Diana era famosa per il suo essere inopportuna. Nessuno sapeva come facesse, ma arrivava sempre nel momento più imbarazzante che potesse scegliere. E, anche quella volta, non si era smentita.

Draco era tutto arruffato, la camicia aperta e i capelli in disordine. Per di più, aveva l'espressione di imbarazzata furia omicida che di solito viene ad una persona quando viene interrotta sul più bello.

Dietro di lui, con l'aria di chi vorrebbe Smaterializzarsi all'istante, così rossa da far invidia a Ron nei suoi momenti migliori, stava Hermione Granger.

-Volete piantarla!?- sibilò Draco, ma i due continuarono a ridere, uno appoggiato alla parete, l'altra piegata in due. Dopo qualche secondo, tuttavia, sembrarono rendersi conto che stavano ridendo della stessa cosa, e si ricomposero. O almeno, finsero bene.

-Ah, ciao Herm!- Diana salutò l'amica, che rispose con un timido cenno imbarazzato.

-Cosa c'è?- chiese Draco, ormai sull'orlo di una crisi di nervi.

-Calmati, altrimenti collassi. Ero passata a vedere come te la passavi...- Diana lanciò un'occhiata divertita all'amica. -...E mi sembra bene, dopotutto.- aggiunse, con un ghigno.

-Stavo meglio quando non c'eravate voi due a rompere...- poi Draco notò l'abito di Diana, e lo stesso ghigno della ragazza si dipinse sul suo viso mentre lanciava un'occhiata a Blaise, che cominciava a preoccuparsi. -Cos'ha detto Piton, del tuo abbigliamento?- chiese a Diana.

-Ha detto alla Faina di smettere di sbavare.-

-Perché, tu cosa facevi?-

-Studiavo il nemico.-

-Diciamo pure che sei rimasta folgorata dalla mia bellezza.-

-Sono rimasta folgorata dal tuo ego smisurato, Zabini, non dalla tua dubbia bellezza.-

-Mi sembrava strano che andaste d'accordo...- commentò Draco, alzando gli occhi al cielo. Zabini gli fece un cenno, e si allontanò verso la sua camera. -Forse è stata la cosa migliore. Ancora un po', e vi sareste scannati.- commentò Draco. Poi rivolse un sorriso sincero alla ragazza, che ancora si perdeva con lo sguardo nella scia di Blaise. -Fatti un po' vedere...- le disse, prendendola per mano e facendole fare una piroetta aggraziata.

-Sì, lo so, sono l'essere più bello di questa Terra.- fece lei, ridendo.

-Certo, dopo Herm...ci credo che quell'altro là è andato giù di testa, non ti ha staccato un attimo gli occhi di dosso!- commentò Draco. Diana sorrise, soddisfatta.

-Dai, scherzi a parte...Hermione sa qualcosa?- sussurrò, così piano che faticò a sentirla persino lui. Draco fece segno di “no” con la testa. Diana annuì, e si allontanò dalla porta.

-Dai, tornate a fare qualsiasi cosa vogliate fare...però ricordatevi che di nipoti, per adesso, non ne voglio! Herm, ci vediamo domattina...- rivolse un occhiolino all'amica. Hermione, sempre molto rossa, annuì.

-'Notte, Di.- Diana trasalì.

Draco l'aveva chiamata con il diminutivo.

Non lo faceva nessuno da tanto, tanto tempo. L'ultimo a farlo era stato Alex. Non le diede fastidio: la faceva quasi sentire...a casa.

-'Notte.- disse, e si allontanò. Sentì la porta chiudersi dietro di lei. Si fermò, e rimase per un attimo a riflettere, in piedi nel corridoio buio. Poi estrasse la bacchetta, si Disilluse e si avvicinò alla porta di Zabini, abbassandosi per spiare dal buco della serratura.

“Ooooooh, che visione celestiale...”

Quando si dicono gli ormoni...

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Capitolo 6
*** Il Male Dentro Te ***


-Dai dai dai dai, Diana, sveglia

-Dai dai dai dai, Diana, sveglia!- Ginny saltellava sul letto della compagna, cercando in tutti i modi di svegliarla. Hermione mugugnò qualcosa di indistinto.

-Ginny...- brontolò Diana, lanciando un'occhiata alla sveglia. Le sei. -Lasciami dormire.-

-Neanche per sogno! Devi raccontarmi tutto!- esclamò lei, sveglia e allegra come un'allodola.

-Ma tutto cosa? Non è successo niente...- mormorò la mora, sicura ormai che non l'avrebbe lasciata dormire per quell'ultima, tanto agognata, ora. Per fortuna la prima ora l'aveva buca.

-Non contarmi balle! Cos'ha combinato Zabini??- a quel punto, anche Hermione era giunta ad ascoltare, mezza divertita, mezza imbarazzata.

-Si è slogato la mascella quando mi ha vista, ma niente di più. A parte che ho fatto la mia bella figura anch'io, quando mi si è presentato davanti in jeans e dolcevita attillati. Piton ha consigliato ad entrambi di non sbavare.- si decise finalmente a raccontare, la testa sempre infilata sotto al cuscino.

-Cazzo!! Dovevi saltargli addosso!- ululò Ginny, divertita.

-Ginny!- la rimproverò Hermione. Diana tirò fuori la testa da sotto il cuscino e le lanciò un'occhiata divertita.

-Ho preso in considerazione l'idea, Gin, poi mi sono ricordata di chi si trattava. E abbiamo ricominciato a litigare.- disse, finalmente sveglia.

-Beh, ma si sa, no? Tra amore e odio...- l'occhiata pericolosa di Diana suggerì a Ginny di non terminare la frase.

-Brava.- commentò lei, vedendo che si era finalmente zittita. -Comunque, devo dire che tutto ignudo Zabini non è niente male...-

Hermione diede uno strillo, e cadde dal letto.

Ginny urlò qualcosa di incomprensibile, e le balzò addosso.

-Ci hai scopato?? Perché non me l'hai detto subito!?- gridò, ormai totalmente fuori di testa.

-Perché non l'ho fatto! Ho solo dato una sbirciatina nei dormitori serpeverde, Disillusa e silenziosa...- ribatté Diana, con aria innocente.

-Ma Diana!!-

 

-Piaciuto lo spettacolo, pivella?- sibilò una voce alle sue spalle. Diana s'irrigidì, avvertendo la presenza di Zabini dietro di lei.

-Quale? Tu che mi sbavavi dietro o Piton che mi guardava il culo? Perché sulla seconda stenderei un velo pietoso...-

Sala Grande, ora di colazione. Tutto come al solito.

-No, intendevo...beh, sai, esistono incantesimi che si chiamano Sensori Segreti, di solito si piazzano vicino ad una porta...- le spiegò, irritante allo stato puro.

Le era vicinissimo. Era più alto di lei, più possente, anche se Diana non era per nulla sottile. Quasi la sfiorava. Vedeva ogni singolo capello della sua chioma ribelle. E Diana sentiva il suo respiro letteralmente sul collo.

La ragazza non rispose, ma digrignò i denti.

Per quella volta, aveva vinto lui.

 

Il tempo sembrò volare, ad Hogwarts. Gli abitanti del castello, professori compresi, avevano ormai imparato a conoscere la novellina: se era in buona, tutto ok, ci si poteva parlare, scherzare, ridere anche, ma se si era alzata con il piede sbagliato...beh, in quel periodo, visto che Zabini la faceva arrabbiare un giorno sì e uno anche, intorno a Diana si creava spessissimo il vuoto. Ormai era quasi dicembre, e anche questo contribuiva al malumore perenne di Diana, assieme ai soliti, orribili incubi. Di solito l'inverno le piaceva, ma coincideva purtroppo con il periodo natalizio. Cosa che avrebbe preferito evitare.

Se con Zabini era ormai guerra aperta, fra lei e Harry era nato un rapporto stranissimo. Il ragazzo sembrava averla presa a cuore, la trattava come una sorella e, incredibilmente, Diana faceva lo stesso con lui. Dopo aver risolto quell'imbarazzante equivoco, erano diventati unitissimi.

La stessa cosa succedeva con Draco. Ma lui era diverso: era il ragazzo della sua migliore amica, era un Serpeverde, ed era anche un idiota totale. Però le piaceva. E si fidava di lui, cosa strana, per una abituata a non fidarsi nemmeno di se stessa. Quante volte lo aveva raggiunto nel suo dormitorio, si era seduta a gambe incrociate sul suo letto e aveva cominciato a inveire rabbiosamente: contro chi, possiamo benissimo immaginarlo.

Ginny era un'altra con cui aveva legato molto. Bella, allegra, intelligente, Ginevra Weasley e Diana si somigliavano tantissimo, anche se una era felice e spensierata nei suoi quindici anni, mentre l'altra era tagliente e lunatica dall'alto della sua quasi maggiore età.

E Ron? Lo adorava. La faceva ridere nei momenti in cui ne aveva bisogno, riusciva a sopportare (ed era l'unico) le sue esplosioni senza fuggire, più di una volta l'aveva difesa contro le malelingue che le parlavano dietro. Per non parlare poi di Hermione, quella che poteva veramente definire la sua “migliore amica”.

Diana era stupefatta. Possibile che Hogwarts fosse veramente così magica? Lei, che aveva avuto pochissimi amici nell'arco della sua vita, ora si ritrovava circondata da persone che le volevano bene, che l'apprezzavano e la stimavano.

Tranne la Faina, ovviamente.

 

-ZABINI!! MALEDETTO STRONZO, DOVE SEI?!?- l'inconfondibile grido di guerra di Diana.

Stranamente, nei momenti in cui quell'urlo risuonava nel castello, la popolazione di Hogwarts diminuiva drasticamente.

In quel preciso istante, Diana stava correndo su e giù per i corridoi del quinto piano, cercando quel perfetto imbecille di Zabini che le aveva distrutto gli occhiali da sole, quelli belli, a mascherina, polarizzati, l'unica cosa costosa che le avessero mai regalato e l'unica fra le sue cose a cui tenesse veramente: erano un regalo di sua nonna, morta qualche mese prima. Quanto c'era rimasta male, quando le lenti si erano sbriciolate fra le sue dita. A nulla era servito il reparo: erano irrimediabilmente rovinati. Ed era per questo motivo che la giovane americana stava inseguendo il Disilluso Serpeverde, di cui sentiva perfettamente la risatina a dir poco irritante.

-Oh insomma! Vieni fuori se hai il coraggio, codardo!- esclamò ad un certo punto. Risoluta, estrasse la bacchetta e gridò: -Revelio maximo!- inondando tutto il piano di luce candida. Appena la bolla bianca fu scomparsa, vide vicino ad una armatura un Incantesimo di Disillusione cominciare a svanire, e due noti occhi grigio-verdi rivolgerle uno sguardo astioso.

-Impedimenta!- gridò Blaise, ma Diana si chinò alla svelta e schivò la fattura.

-Tarantallegra!-

-Protego!- la Fattura Gambemolli fu bloccata per poco.

-Reducto!- l'Incantesimo infranse lo scudo di Zabini e lo scaraventò addosso alla parete, due metri più in là. Il ragazzo rimase senza fiato per la botta, ma alzò subito la bacchetta e pensò: “Incendio!”. Una scintillante stria fiammeggiante corse verso Diana e la colpì a livello della coscia, strappando i suoi vestiti e aprendo una ferita rosso sangue su una coscia bianca e morbida.

-Crucio!- la Maledizione Senza Perdono lo colpì in pieno, ma Diana si bloccò quasi all'istante.

Blaise si rialzò, una durezza furibonda scolpita nel viso.

Diana abbassò la bacchetta. Non era possibile. Non poteva averlo fatto. Non poteva essere stata lei. Aveva usato la Cruciatus.

Cosa le era preso? Cosa diavolo le era preso? Non era da lei usare quelle Maledizioni. Conosceva molti altri modi, meno cruenti, di attaccare qualcuno. Cosa le era venuto, per farla reagire così?

Una rabbia immensa l'aveva sommersa, aveva risvegliato qualcosa di sopito, in lei, che unito al dolore aveva annientato il suo autocontrollo.

La bacchetta cadde a terra, mentre sul viso della sua proprietaria si disegnava un'espressione di cupo orrore. Non riuscì a sostenere lo sguardo di Zabini, e abbassò gli occhi. Tremava.

Era il Male.

Non l'aveva mai abbandonata. Aveva ucciso per la prima volta a tredici anni, e da allora non aveva più smesso di accompagnarla, di vivere dentro di lei, come un parassita, che nei momenti più impensati prendeva il sopravvento sul suo cuore e la spingeva a fare del male.

-Cos'hai fatto?- la voce di Zabini la ferì dritta al cuore. Era una voce dura, rauca. Cattiva, quasi.

-Io...non...- “Non perdere il controllo. Ricomponiti. Ora!”

-Hai usato una Maledizione senza Perdono su di me. Hai veramente esagerato, pivella.- Diana non riuscì più a sopportarlo. Fece per andarsene, ma un Incantesimo di Ostacolo la bloccò e la fece rovinare a terra. Diana avvertì un vago dolore al gomito: se l'era sbucciato. Sentì l'umido sangue scivolare via da lei, sul freddo pavimento di pietra.

E ancora, quella furia ceca si impadronì di lei.

-Ishe quene faien, ire ghesat.- mormorò, gli occhi stranamente spiritati.

L'attimo dopo, la pietra prese vita.

 

-Ma che diav...- Blaise scagliò istintivamente una fattura. Cos'era quella creatura? Quell'essere spaventoso nato dalla pietra di Hogwarts?

L'espressione di una rabbia troppo grande.

La bestia, simile ad un troll, alzò gli occhi di roccia su di lui, e un ghigno perfido si disegnò sulle sue zanne. Era basso, tarchiato, dotato di artigli ricurvi capaci di sventrare un drago.

“Figuriamoci cosa potrebbe fare a me!”

Mosse qualche passo verso di lui, cauto, come se volesse saggiare le sue zampe nuove di zecca.

-Reducto!- l'Incantesimo colpì l'essere. Non fece alcun effetto, se non quello di attirare la sua attenzione. Perfetto.

“Scappa!”

“Fossi matto! Non sono un codardo.”

“Infatti sei un suicida.”

La creatura si mosse, Blaise invece rimase immobile.

E poi l'essere saltò.

Blaise chiuse istintivamente gli occhi, pronto allo scontro, che non avvenne.

Riaprì gli occhi, e per un attimo credette di essere morto ed essere finito dritto all'inferno.

Diana giaceva a terra, in una pozza di sangue, mentre la creatura sprofondava di nuovo nel pavimento di pietra.

Tutto era successo così velocemente che Blaise non ci aveva capito nulla.

Poi però, la verità lo colpì con la forza di un uragano.

Diana aveva creato la bestia. L'aveva aizzata contro di lui.

E non le aveva permesso di fargli del male.

S'inginocchiò accanto a lei. Sanguinava copiosamente da una spalla, e imprecava come un goblin ubriaco alla Testa di Porco.

Dopotutto, stava piuttosto bene.

-Cos'è successo?- le chiese.

-Non sono affari tuoi!- sbottò lei. Estrasse la bacchetta, mormorò qualcosa, e la ferita venne immediatamente fasciata da bende apparse dal nulla.

-Dì, ma sei scema? Mi hai appena scatenato addosso un mostro di pietra, e poi non sarebbero affari miei?- le chiese, astioso.

-Ti ho appena salvato la vita, quindi non rompere e lasciami in pace.-

 

“Hai perso il controllo! Dannata cretina!” si rimproverò mentalmente, mentre senza tante remore spingeva via un Blaise Zabini assolutamente rincretinito, si alzava e se ne andava. Solo un pensiero le rimbombava continuamente in testa.

Aveva perso il controllo.

 

-Io ti ammazzo, maledetta!-

la voce di Kelly è una spada che ti trafigge il cuore.

-È colpa tua! Hai perso il controllo! È colpa tua se Scott e Dan sono morti!-

dice la verità che non vuoi sentire.

Gli occhi di Kelly sono furibondi. Era la ragazza di Scott. Era tua amica.

Era.

Ti si scaglia addosso.

Ti lasci colpire tutte le volte che vuole.

Ogni colpo, ogni graffio, ogni goccia di sangue che versi, non li senti nemmeno.

Te li meriti.

Kelly ha ragione. Se tu non avessi perso il controllo, Dan e Scott sarebbero ancora vivi.

E invece ti sei lasciata guidare dalla rabbia.

Hai reagito al dolore attaccando e uccidendo quei maledetti Mangiamorte.

E loro? Cos'avevano fatto?

Avevano ucciso Dan.

E perché avevano ucciso Scott?

Perché volevano attirarla in trappola.

Era tutto programmato. Tutto.

Ma una cosa era andata storta.

Lei.

 

Non può immaginare, Voldemort, come avrebbe voluto morire al posto loro.

 

Per la frustrazione, Diana tirò un pugno contro il muro. E poi un altro. E un altro. Fregandosene dei tagli che comparivano sulle sue nocche. Fregandosene del dolore. Se lo meritava. Aveva quasi ucciso un innocente. Un idiota, sì, ma innocente.

“Maledetta...idiota...” continuava a ripetersi, accompagnando ogni pensiero con un colpo. Lei era una pugile, e i suoi pugni facevano piuttosto male. Ma non ad un muro di roccia.

Si fermò, ansante. Si guardò le mani: anche solo sollevarle le fece male. Erano irriconoscibili, insanguinate, martoriate. Per di più, la spalla dove le zanne di roccia erano penetrate le bruciava terribilmente. Il dolore era lancinante.

E a lei non fregava nulla.

Sferrò un ultimo pugno alle pietre.

La sua mano non le incontrò mai.

Un'altra mano le aveva stretto il pugno, incurante del sangue che ormai sgorgava copioso. Lo riconobbe all'istante.

-Che cosa stai facendo? Cosa sei, masochista?- la sua voce era stupita, eppure anche...preoccupata?

-Ti ho già detto di farti gli affari tuoi. Lasciami in pace.- ringhiò Diana.

-Non finché non la smetterai di farti del male per niente.- tutta la rabbia della ragazza scomparve. Da lui si sarebbe aspettata di tutto, meno che questo.

-Per niente, dici?- chiese, alzando finalmente gli occhi a guardarlo. -Ti ho quasi ammazzato. Ho perso il controllo dei miei poteri.- Blaise la guardava come se fosse ammattita. E forse lo era.

-E per questo vuoi spaccarti le mani? Ma sei scema?- le chiese. Non capiva. Non poteva.

-Non volevo spaccarmi le mani. Volevo sfogarmi, e il muro è l'unico che regga i miei colpi.- gli spiegò. Riacquistava la calma pian piano, di secondo in secondo.

-Tu sei pazza.-

-Non è vero.-

-Allora spiegami cosa cazzo hai. A volte sei allegra, anche simpatica (non con me, ma non me lo merito e quindi lasciamo stare), altre diventi pericolosa. Per delle idiozie come un paio di occhiali, per di più.- Diana lo guardò, stupita. Non finiva mai di sorprenderla.

-Erano un regalo di mia nonna. È morta tre mesi fa, ed erano tutto quello che mi aveva lasciato.- non sapeva perché glielo aveva detto. Ma lui sembrò comprendere.

-Le eri molto affezionata?- le chiese.

-Mi ha fatto da madre quando la mia voleva solo vedermi sparire.- Blaise sembrò dispiaciuto.

-Mi dispiace. Non pensavo di...scusa.- Diana non era sicura di aver sentito bene. Blaise Zabini che si scusava?

-Sono io quella che deve scusarsi. Mi infiammo con poco.- ok, c'era qualcosa che non andava. Diana non credeva di aver appena pronunciato quelle parole.

-Sai, me n'ero accorto.-

Incredibilmente, sul viso di Diana comparve un sorriso. Finalmente, Blaise lasciò andare il suo polso.

-Questo non cambia il fatto che ti detesto, sai?- gli ricordò. Anche Blaise sorrise: un sorriso di sfida.

-La cosa è reciproca, pivella.-

 

-Diana, ma cos'hai fatto?- Harry guardò inorridito le diverse fasciature sul corpo dell'amica che si era appena seduta accanto a lui, in Sala Grande.

-Sesso selvaggio in posti poco convenzionali, pivellina?- li interruppe una voce strascicata alle loro spalle.

-Ma guarda, ha parlato uno dei componenti della prima coppia di fatto di Hogwarts. Cosa ti è successo per essere così acido, Malferret? Zabini ti ha mandato in bianco?- Harry, Ron ed Hermione scoppiarono a ridere, e anche Draco dovette fare uno sforzo per nascondere le risate.

-Non osare darmi del finocchio, pivella.- le intimò. Ma le rivolse un occhiolino quasi impercettibile.

-Non ti do del finocchio, Malfoy. Dico semplicemente che sei un essere di sesso confuso.- Ron stava per sentirsi male. Malfoy, con una smorfia, si allontanò.

-Però non ci hai detto cosa ti sei fatta. Uno scontro con quell'idiota di Zabini?- Diana ripensò a quando l'aveva fermata, e a quello che le aveva detto.

-No, ho fatto un disastro mentre mi esercitavo in Pozioni e mi è esploso il calderone.-

 

Quella sera, sul cuscino del suo letto, trovò il suo falco, Crystal, con un pacchetto fra gli artigli e un biglietto nel becco.

So cosa vuol dire non avere una madre.

E so cosa significa perdere la persona che l'ha sostituita.

Mi dispiace, Diana.

Ma questo, naturalmente, non vuol dire che ti sopporto.

Blaise

Diana aprì il pacchetto, e un sorriso comparve sul suo viso pallido. Dentro ad una elegante custodia nera, c'erano i suoi occhiali, perfettamente rimessi a nuovo.

 

Era stata una cazzata. Ma sentiva di dovergliela.

-Fratello, tu ti sei innamorato.- commentò Draco, dopo aver sentito il suo racconto.

-No. Sono solo un avversario leale.- ribatté lui. -A proposito, tu sai perché è così lunatica?- Draco sospirò.

-Sì. In parte.- disse.

-E...?-

-E...e Diana è un'anima in pena. Poveraccia. Soffre tantissimo perché ha perso in meno di un anno tutti i suoi cari, e per di più, per alcuni, se ne fa anche una colpa. È una ragazza dolcissima, nascosta sotto un addestramento militare.- gli spiegò l'amico, ripetendo quasi a memoria le parole che Hermione aveva detto a lui. Blaise rimuginò su quanto aveva appena appreso.

Quella ragazza era un vero mistero.

 

Tra battibecchi più o meno divertenti e un reparto di Trasfigurazione distrutto da un paio di Incantesimi Reductor cozzati a mezz'aria, arrivò l'ultimo giorno di scuola. Quella sera, in Sala Grande Silente aveva concesso il permesso di organizzare una festa con i controfiocchi, senza professori di mezzo. Tutte le Case sarebbero state presenti. Le ragazze erano eccitatissime, i ragazzi pregustavano già l'alcool e le sue conseguenze. Ma una delle Grifondoro del sesto anno, una a caso, non era molto entusiasta della festa imminente.

-Dai, devi venire.- Ginny cercava in tutti i modi di convincerla.

-Non ne ho voglia, Gin, davvero. Non sono il tipo da feste.- era la sua continua risposta. Così, quella sera, salutò gli amici tutti tiratissimi (ebbene sì: Harry e Ron avevano chiesto consiglio a lei, per l'abbigliamento, mentre Ginny aveva rivestito Hermione come se fosse la sua Barbie), e li guardò uscire dal buco del ritratto.

La sala comune era silenziosa, proprio come piaceva  a lei.

Decise di andare a fare un giretto, magari andare a trovare la professoressa McGrannitt, che la trovava stranamente simpatica (strana gente, al mondo). Si infilò la divisa, diede una pettinata ai capelli e uscì, diretta al quarto piano dove sapeva esserci l'ufficio della professoressa. Passò di fianco a tre serperverde che conosceva di vista: Tiger, Goyle e un certo Nott.

Non le piacque lo sguardo che le rivolsero.

Tagliò per una scorciatoia. Avvertiva la loro presenza dietro di lei, come un'ombra, ma non era sicura che non fosse solo suggestione. Non sentiva i passi, ma le bastava l'istinto, per capire che non era una bella situazione.

L'adrenalina cominciò a pomparle nelle vene. L'istinto le suggeriva di correre, di scappare il più lontano possibile, ma non si sarebbe chiamata Diana se non fosse stata un'irrimediabile cercaguai.

Uno scricchiolio.

Poco più che un sibilo, ma qualcosa che le sue orecchie allenate riuscirono a cogliere.

Guardinga, estrasse la bacchetta.

Fece scattare la testa, a destra, a sinistra, movimenti velocissimi, mentre gli occhi dardeggiavano sul corridoio intorno a lei, dietro, di fianco.

Lentamente, molto lentamente, si appoggiò ad un muro. Una vecchia tecnica di autodifesa: non dare mai le spalle.

Il castello, intorno a lei, era silenzioso. Non si muoveva nessuno, nemmeno i dipinti.

Il sangue le pulsava nelle orecchie mentre cercava un qualsiasi indizio, una traccia, qualcosa che tradisse...

L'aria nel castello era fredda. Il fiato si condensava in volute bianche.

E, davanti a lei, sorprendentemente vicina, ecco quella nuvoletta che tradì i suoi avversari.

Puntò fulmineamente la bacchetta e gridò:

-Stupeficium!- avvertì solo qualcosa afferrarle un polso, una morsa gelida e dolorosa, e poi vide la sua bacchetta di quercia volare, volare lontano da lei.

Disarmata.

Sferrò un pugno contro il nulla, avvertì la carne spappolarsi sotto le nocche.

-Maledetta puttana!- abbaiò qualcuno. Diana sferrò un calcio.

-E stai ferma, stronza!- un'altra voce, un corpo improvvisamente premuto addosso, due colpi secchi nello stomaco che la lasciarono senza fiato. Cadde in ginocchio, dolorante.

“In piedi! Ora!”

Diana balzò in piedi, raccolse le energie e pensò: “Disilluso!”

Un lampo, e tre figure massicce comparvero dal nulla.

Tiger le si scagliò addosso, le tirò un pugno sui seni. Diana inghiottì un grido di dolore, ma sferrò con tutte le sue forze un calcio alle parti basse del Serpeverde.

Goyle le arrivò da dietro, le torse le braccia dietro la schiena. Diana sentì le ossa scricchiolare.

Piegò la testa, e sferrò una potente testata al suo aggressore.

-Incarceramus!- gridò Nott.

No!

Corde apparse dal nulla le legarono i polsi.

C'era solo una cosa da fare, se voleva salvarsi la pelle.

Le pupille le si ribaltarono indietro, gli occhi brillarono un attimo di luce bianca.

-Eh, no, stronzetta! Silencio!- sghignazzò Nott, e un bavaglio comparve stretto intorno alla sua bocca.

Diana sentì uno strappo ai capelli, e venne trascinata dentro un'aula vuota.

SCIAFF.

Mille stelline comparvero nel suo campo visivo.

SCIAFF.

Sentì il labbro spaccarsi.

SCIAFF.

Aveva gli occhi oscurati dal sangue.

-Adesso ci divertiamo, puttana.- disse una voce, e Diana sentì due mani forti e crudeli afferrarle le gambe.

Era in trappola.

No, non poteva succedere, non a lei, non così...si divincolò, inutilmente. Non riusciva a concentrarsi, non riusciva a pensare a nulla, e il bavaglio sulla bocca le impediva di pronunciare qualunque cosa. “No, no, no! Non voglio! No, lasciatemi!”

L'avrebbero violentata, avrebbero ucciso una parte di lei, volevano farle del male, stuprarla, e lei non poteva reagire, non poteva fare niente, niente, solo stringere i denti e detestare le lacrime di frustrazione che correvano sul suo viso...

La toccarono, e a nulla servì divincolarsi furiosamente.

Lacrime di rabbia e paura.

E poi vide un coltello, avrebbero tagliato i suoi vestiti, e non avrebbe avuto più scampo...sentì il freddo della lama sulla pelle del torace, sentì la stoffa tagliarsi e mani avide correre sul suo corpo inerme...

-Stupeficium!- una voce imperiosa allontanò Nott da lei. Tiger e Goyle si alzarono di scatto, spaventati. Diana riuscì a guardare verso la porta.

E là, il viso sconvolto dalla rabbia e dalla paura, c'era...

Il buio le offuscò gli occhi prima che potesse vederlo.

Era troppo.

Davvero troppo, anche per una tosta come lei.

La testa le ricadde indietro, e perse i sensi.

 

Spazio dell'autrice

Alor alor...ecco un nuovo chappy, uno dei più intensi...dopo un excursus comico con il capitolo di prima, ecco il ritorno al dark, con i ricordi di Kelly (ricordatela perchè tornerà fuori) e soprattutto con la scena di tentata violenza...a scriverla, vi giuro che mi veniva voglia di balzare nel computer e far fuori quei tre maledetti...chiedo perdono alle fan di Nott, tanto so che di Tiger e Goyle non ce ne sono ;P

Ecco le risposte alle rec:

Mione1194: hihi poverini quei due...muahahahahah mi sono divertita come una bessssstia a scrivere quella scena, ero in un momento in cui ero allegra...mentre quando ho scritto questo chap ero in un momento NERO...Piton, povero Pitonuccio, gli faccio sempre fare la parte del cattivo...su zio Voldy sorvoliamo...ah, cmq, l'e mail mi è arrivata, è il mio computer che è mongolo ;P comincio a lavorare subito sul nuovo personaggio (nomi possibili: Meredith, Ambra, Kate, Lume – nome indiano – o poi boh...)...fammi sapere!!

Honey Evans: che bello un'altra persona che mi ha aggiunta ai preferiti e che commenta!! Sì, Diana è la figlia di Sirius, Draco già lo sa ed è l'unico...si vede che gli somiglia? ;P

iaia_Malfoy4ever: hihi anche io ho fatto non pochi pensieri impuri scrivendo quella scena...in quel momento Diana coincideva con me, anche se io probabilmente sarei letteralmente svenuta...certo che Blaise è cattivello, vestirsi così...muahahahahah...e poi, per quanto riguarda il mio STRAadorato Siriusuccio...ma cara, lo adori anche tu?? No perchè quello è il sex symbol di tutta la saga di HP!! Hai visto che ho aggiornato in fretta? ;P Così non devi farti venire un colpo al cuore, che se no dopo ti ho sulla coscenza!!!

 

Un beso enorme a tutte/i!!!!!

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Capitolo 7
*** Esporsi per Lei? ***


SBAM

SBAM.

Un diretto in pieno viso raggiunse Goyle. Nonostante Blaise fosse meno robusto di quei due, la rabbia che vi aveva imposto aveva moltiplicato la sua forza.

Diana.

Lei.

Così forte, così coraggiosa, così pazza.

Là. Priva di sensi. Inerme.

In balia di tre bastardi.

Il sangue sul corpo, sul volto, i vestiti stracciati.

I polsi legati, le labbra strette da un crudele bavaglio.

Rabbia. Forte, potente, incontrollabile.

Ira. Pura e violenta.

Esplode.

Tiger gli si scagliò addosso.

SBAM SBAM SBAM

Tre pugni precisi, diretti, due al mento e uno allo stomaco. Tiger cadde a terra, e Blaise gli fu subito addosso, massacrandolo, colpendolo ovunque riuscisse ad arrivare.

-Impedimenta!- l'Incantesimo di Ostacolo di Goyle fece il suo effetto (“Da quando sa usare una bacchetta, quel gorilla?”), e scagliò Blaise lontano da Tiger. Il gorilla si rialzò, tremante, agguantò Nott e se la filarono.

-Al diavolo...- imprecò Blaise, rinunciando al proposito di inseguirli e mettere fine alle loro miserabili vite. Si alzò, constatando per la prima volta di provare un dolore lancinante al viso. Evidentemente aveva incassato qualche colpo, ma non se n'era accorto.

Ma ora non importava.

-Diana!- esclamò angosciato, correndo al fianco della ragazza. Aveva il viso martoriato, i polsi sanguinanti, e lacrime perlacee immobili nei suoi occhi chiusi. -Diffindo.- mormorò, tagliando con cura sia il bavaglio che le corde. Senza pensare al pudore, controllò il suo corpo, il viso, le gambe, all'atterrita ricerca di un segno che dimostrasse...ma non c'era nessun segno. Nessuno.

Una scossa elettrica sembrò attraversarlo. Era arrivato in tempo.

Quasi inconsciamente, le sfiorò il viso.

La sua pelle bianca era morbida e vellutata, nonostante diversi tagli la solcassero.

Aveva lottato. Certo, lei era una che combatteva fino alla morte. Ma evidentemente non era riuscita a sopraffare quei tre: strano. Erano stati furbi: l'avevano legata e imbavagliata, in modo che non potesse nemmeno chiamare a sé gli Elementi. Blaise sapeva che era capace di farlo anche solo con la mente, ma le ci voleva calma e solitudine per potersi concentrare. Cosa che le era mancata, in quel momento.

Blaise sospirò, e allontanò la mano dal suo volto. Poi le fece passare un braccio intorno al collo, l'altro sotto le ginocchia, e la prese in braccio. Inconsciamente, Diana posò la testa sulla sua spalla.

E Blaise sentì per la prima volta il suo profumo da vicino.

Dolce, ipnotico, potente, per un attimo lo costrinse a chiudere gli occhi, per assaporarlo meglio, per lasciarcisi inebriare, per perdercisi.

Poi si riscosse. Doveva portarla in infermeria.

 

“Credo di non aver mai visto nulla di più bello.” Blaise non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.

Dormiva.

Il suo viso era abbandonato sul cuscino, dello stesso colore della sua pelle. Con un braccio cingeva il proprio seno, con l'altro la pancia. Era evidente che, anche nel sonno, volesse proteggersi. I suoi occhi erano chiusi, ma guizzavano ogni tanto sotto le palpebre, agitati.

Madama Chips gli aveva consigliato di rimanerle accanto. Dopo averla controllata più attentamente di quanto avesse fatto Blaise, l'aveva fatta posare su un letto e aveva trasformato i suoi vestiti laceri in una camicia da notte. Poi le aveva dato una piccola dose di Pozione Sonnifera, aveva fatto sedere Blaise al suo fianco e lo aveva costretto a farsi curare il naso e il labbro spaccati.

Diana ebbe un movimento convulso delle mani, che improvvisamente strinsero forte il cuscino. Gli occhi si serrarono, e un'espressione di dolore si dipinse sui suoi bei tratti.

Sognava. Cosa, era facile capirlo.

Blaise le sfiorò una mano. Lei colse il movimento, il tocco leggero, e lasciò lentamente andare il cuscino. Le sue dita scivolarono fra quelle di Blaise, e strinsero forte, come se fossero l'ultima ancora di salvezza, prima di sprofondare in un oceano in tempesta. Un po' stupito, Blaise ricambiò la stretta.

Forse Diana, nel sonno, riusciva ad esprimere tutto quello che soffocava da sveglia.

Le sfiorò il viso. Una carezza, dolce, delicata, che dopo un attimo la fece rilassare. I suoi lineamenti si distesero, e la stretta delle sue dita si sciolse.

Blaise si allontanò da lei, sollevato nel vederla tranquillizzata.

In quel preciso istante, la porta si aprì di schianto.

-Cos'è successo!?- proruppe Draco, con Hermione alle calcagna. Blaise balzò in piedi e gli rivolse uno sguardo astioso.

-Taci, deficiente! Vuoi svegliarla?- sibilò, irato. Draco ed Hermione rimasero assolutamente basiti.

Figuratevi la scena: una ragazza distesa su un letto in infermeria, e accanto a lei, con l'aria tanto simile a quella di un affascinantissimo bodyguard, il suo peggior nemico.

-...ok...- sussurrò Malfoy.

-Cosa le è successo?- chiese Hermione, la prima a riprendersi. Blaise aveva mandato un messaggio ad entrambi poco prima, per avvertirli di correre immediatamente in infermeria perché era successo qualcosa di grave a Diana. Erano ancora vestiti a festa.

-Hanno cercato di violentarla.- solo pronunciare quella parola lo fece fremere di disgusto.

-Cosa??- soffiò Hermione, correndo al fianco dell'amica.

-Chi?- chiese invece Draco, serio.

-Tiger, Goyle e Nott.- rispose lui. Ma prima che Draco potesse rispondere, Diana aveva mugolato qualcosa, segno che ormai in procinto di svegliarsi, e Blaise era scomparso. Draco gli corse dietro e lo fermò, prendendolo per un braccio.

-Cos'hai intenzione di fare, con lei?- gli chiese.

-Nulla.- rispose Blaise.

-Non vuoi che sappia che sei stato tu a salvarla?- Draco era scettico.

-Che differenza farebbe? L'ho fatto perché non mi piacciono queste cose, non per lei.- Draco non gli credette. Ne era certo. Anche perché non ci credeva nemmeno lui.

Aveva visto i tre compagni di Casa allontanarsi dalla festa. Era strano, perché di solito partecipavano solo per beccare qualche studentessa così ubriaca da non rendersi conto di quanto fossero dei cessi. Quando aveva notato che Diana era l'unica assente (in un momento in cui né il suo ragazzo, Dean, né Potter, la stavano guardando, Ginny gliel'aveva confermato), gli si era accesa la proverbiale lampadina nella testa, ed era corso via, lasciando una Daphne alquanto contrariata sola in mezzo alla pista. Quando aveva trovato Diana, quando aveva visto quell'orrida scena presentarsi davanti a lui, si era sentito letteralmente morire. E aveva reagito d'istinto.

-Ma...- Blaise si voltò a fronteggiare l'amico.

-Ascolta, questo non cambierà niente fra me e lei. Capito? Niente.- disse, in un tono che non ammetteva repliche. Poi si voltò, e se ne andò, esattamente un attimo prima che Harry, Ron e Ginny irrompessero in infermeria.

-Cosa le hanno fatto?- ruggì Harry, non appena vide il corpo distrutto dell'amica.

-Non lo so. Mi ha chiamata Madama Chips, perché qualcuno l'ha portata qui dopo che è stata aggredita. Non mi ha detto se...se sono riusciti a...- spiegò Hermione: aveva quasi le lacrime agli occhi.

-Non sono riusciti a fare...niente.- sobbalzarono tutti e quattro, nel sentire la flebile voce di Diana uscire dalle sue labbra pallide e strette.

-Diana!- esclamarono. La ragazza aveva gli occhi chiusi, ma un flebile sorriso comparve sulle sue labbra.

-Sapete...sarei dovuta venire alla festa.- disse.

In quel momento, Madama Chips irruppe nella stanza, simile ad un uragano in gonnella, e spedì i quattro ragazzi fuori dall'infermeria.

Diana, nonostante le proteste, rimase in infermeria fino al mattino dopo. Madama Chips non avrebbe voluto lasciarla andare, ma lei era decisissima a fare due cose, prima che arrivasse il momento della partenza degli studenti.

Una, era salutare i suoi amici.

L'altra, era vendetta.

 

My space

eccomi qui!! di solito non pubblico nel week end, ma mi è stato chiesto, quindi, obbedisco...;P Spero che vi sia piaciuto il primo atto della “punizione” dei tre bastardi...sì, primo, perché poi ci mette le mani sopra anche Diana, e non vorrei mai essere nei loro panni!!

ecco le risposte alle rec:

Honey Evans: ok, respiriamo, calmiamo gli istinti omicidi...riponi la bacchetta! ;P Spero che la “vendetta: primo atto” ti sia piaciuta, non vedo l'ora che ci arrivi Diana...grazie per seguire la mia fic!! Un bacionissimO!!

 

Diddola: anche io ho letto le storie su Nott e l'ho trovato molto bello, ma in questa avevo bisogno che facessa la maledetta-carogna-cervello-della-sozzura-ai-danni-di-Diana...per le sensazioni di dolore, io che ho fatto pugilato so cosa vuol dire prendere quei colpi...ahi...per questo sono riuscita a descriverli bene...un besone!!

 

D2OTTO: visto? Aggiornato velocissimamente! Sì, Diana si detesterà parecchio per essersi lasciata sottomettere, ma non dimenticare che dietro tutto c'è Nott che è il cervello del trio...alla fine, la povera Di ha combattuto bene in questo scontro, ma loro erano in tre e sono stati per di più scorretti...aaaah maledetti...un besissimo!!

 

Mione1194: allora optiamo per Lume, se ti va bene. Se poi lo cambio te lo dico, ok? Allora, hai visto SuperBlaise all'attacco, come volevi. Contenta? ;P Per Diana in quella situazione, vedi la risposta sopra...cmq vedrai che si riscatterà di brutto...muahahahah come sono malefica...un bacione!!!

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Capitolo 8
*** V come Vendetta ***


Si trovava nella Sala d'Ingresso, accanto agli amici che stavano partendo per le proprie case

Si trovava nella Sala d'Ingresso, accanto agli amici che stavano partendo per le proprie case. Era il 23 dicembre. C'era un chiasso infernale: studenti vestiti di tutto punto per affrontare la neve alta un metro che li attendeva fuori, amici venuti a salutare, fidanzati e fidanzate che scambiavano con il partner gli ultimi saluti in modo decisamente spudorato.

-Sicura di star bene?- Diana sospirò.

-Per la millesima volta, Herm, sto benissimo. Non mi è successo nulla.- disse.

-Sicura di non voler venire con noi?- le chiese Ron, staccandosi un attimo da Lavanda.

-Mi piacerebbe, ve l'ho detto, ma mia madre non mi lascia e a casa non ho la minima voglia di tornare.- spiegò, anche quello per l'ennesima volta.

-Se hai bisogno di noi, manda un gufo e arriviamo subito.- le assicurò Harry. Diana gli sorrise.

-Tranquillo, papà, so cavarmela da sola.- disse, dandogli un buffetto sulla nuca.

È facile essere la stessa.

Le stesse parole, i gesti, gli atteggiamenti.

Rassicuri i tuoi amici.

Ma ora più che mai vorresti essere tu quella ad essere rassicurata.

Ma tu stessa ti chiudi. Come un fiore delicato in una notte fredda.

Il dolore è tuo.

Il ricordo è tuo.

Quell'orribile sensazione...

Inerme.

Non la dimenticherai mai.

Non riesci a capire come hanno fatto a sopraffarti.

Non sei invincibile, lo sai, ma ora più di prima ti rendi conto di essere vunerabile.

Ti sei difesa. Al meglio.

Ti riprometti di tornare ad allenarti, di tornare ad essere invincibile.

Devi esserlo.

Ma una cosa non riesci a ricordarla.

Chi?

 

“Ma cosa cazzo c'è fra quei due??” pensò Blaise, osservando la ragazza dall'altra parte della Sala.

-Blaise, se ti dà tanto fastidio che lei e Potter siano amici, vai là e diglielo.- sospirò Draco. Erano entrambi appoggiati ad un muro, l'immancabile sigaretta fra le labbra, e un sorrisetto decisamente sadico sul viso. Non sarebbero partiti, ma volevano assolutamente vedere...cosa, non lo sapevano nemmeno loro.

-Non mi dà fastidio. Assolutamente nessun fastidio. Volevo solo vedere come stava.- ribatté lui, senza staccarle gli occhi di dosso. Nonostante si fosse truccata, e probabilmente anche fatta una doccia, si vedevano tutti i segni che quei tre bastardi le avevano lasciato addosso. Non tanto i segni fisici, mascherati perfettamente, ma quelli psicologici. Voltava la testa in continuazione, i suoi occhi non smettevano mai di scrutare la Sala, ed era in disparte rispetto ai quattro amici, pronti come la maggior parte della gente in quella Sala a partire per le proprie case.

Un movimento ai limiti del suo campo visivo lo distrassero dalla contemplazione della ragazza.

Tre persone, due molto grosse e la terza più sottile, stavano cercando di allontanarsi senza farsi vedere da lui.

Fin dalla sera prima, cercavano in tutti i modi di evitare lui e Draco.

Draco stese un braccio e fermò Blaise, esattamente un secondo prima che estraesse la bacchetta e ponesse fine alla loro inutile vita.

-Guarda.- gli disse, e con un gesto del mento indicò Diana. La ragazza si era voltata, li aveva visti, e in quel preciso istante aveva perso ogni somiglianza con una donna.

Ed era diventata un lupo.

 

Harry si accorse degli occhi omicidi di Diana. Seguì il suo sguardo, e vide cosa aveva puntato.

-Ma che...- fece, senza capire. Hermione, al contrario di lui, c'era già arrivata. E fece qualcosa che la rese ancora più cara a Diana: sussurrò qualcosa a Ginny, e insieme a lei si preparò per trattenere i due ragazzi. Diana vide tutto questo, mentre avanzava con la bacchetta in pugno attraverso la folla.

 

-Tiger, guarda.- mormorò Goyle, indicando il fulmine bruno in avvicinamento. Era vicina. Troppo vicina.

-Cos'è, vuoi il bis, puttanella?- fece Tiger, ignaro di star firmando la propria condanna a morte. La Sala piombò nel silenzio più assoluto. Intorno ai quattro, si creò quasi all'istante un varco.

Fuoco.

Ardeva nei suoi occhi, nel suo sangue, nella sua anima.

Fuoco di rabbia, fuoco di dolore.

Fuoco di vendetta.

Nessuno, nessuno, poteva guardare in quei due baratri metallici e non rimanerne terrorizzato.

-Eneshihan.- disse, e nella sua mano comparvero tre bacchette. Un guizzo sinistro dei suoi occhi, un sorriso crudele sulle labbra, e le bacchette arsero di fiamme corvine, lasciando di sé solo cenere.

-Ehi! Maledett...- Tiger e Goyle le si scagliarono addosso.

Errore.

Il movimento di Diana fu talmente veloce che, in un primo momento, nessuno si rese conto di ciò che aveva fatto. Ma qualcosa doveva pur aver fatto, visto che l'attimo prima Tiger e Goyle erano in piedi, e l'attimo dopo giacevano a terra, senza fiato e con un grossa botta allo stomaco.

Nott provò a scappare. Sapeva riconoscere una partita persa in partenza. Ma i suoi piedi non si mossero. Esterrefatto, abbassò lo sguardo e vide le proprie scarpe affondate nel lucido pavimento della Sala.

Diana camminò tranquillamente fino a lui. Avrebbe potuto ucciderlo. Una parte di lei voleva farlo.

Una parte di lei bramava di farlo soffrire quanto lui aveva fatto con lei.

Sorrise. Un sorriso perfetto, crudele, tirato sui denti, bellissimo e letale.

-Lasciami subito andare, schifos...-

Il rumore sgradevole e soddisfacente di un pugno che affonda nella carne umana. Una forza inaudita in quel colpo, in quell'unico colpo, che spedì Nott direttamente a terra.

Dopotutto, l'aveva liberato. L'aveva chiesto lui, no?

Con la coda dell'occhio, vide un Ron e un Harry pericolosamente arrabbiati abbattersi con la forza di due uragani contro a Tiger e Goyle. O Hermione gliel'aveva spiegato, o ci erano arrivati da soli. Non provò a fermarli: Ginny li teneva d'occhio, pronta ad intervenire nel caso che i due Grifoni avessero avuto la peggio.

Il suo obiettivo era un altro.

La Mente di quell'attacco premeditato.

Con fluida eleganza, Draco agguantò Nott per la camicia e lo costrinse di nuovo verso Diana. Blaise, accanto a lui, era indeciso se essere soddisfatto della vendetta di Diana, o preoccupato che Nott potesse di nuovo farle qualcosa.

Un secondo pugno andò a segno. Più forte, più calcolato del precedente. Theodore piombò di nuovo a terra, il viso quasi irriconoscibile, la paura più grande del dolore.

Cercò di sottrarsi alla vista omicida della ragazza.

Ma, prima che Diana potesse fargli qualsiasi altra cosa (tipo farlo bruciare per un paio di settimane, per poi seppellirlo vivo in una buca piena di lava bollente – e questa era l'idea meno violenta che le passava nella testa), una voce preponderante infranse quell'attimo di tensione che di solito precede l'omicidio.

-Che cosa sta succedendo qui!?-

 

Erano già venti minuti buoni che la McGrannitt sbraitava. Dopo aver dato una lavata di capo a Harry, Ron, e a quel meschino duo di cui Diana non aveva nemmeno l'intenzione di pensare il nome, li aveva spediti a casa dopo aver tolto a tutti e quattro quaranta punti. Poi aveva mandato Nott in infermeria, accompagnato da un Zabini quanto mai soddisfatto di rimanere solo con lui, aveva preso lei e Draco e se li era letteralmente trascinati dietro, nel suo ufficio.

-Inaudito!! Come vi è saltato in mente di ingaggiare un duello alla babbana nel mezzo della Sala d'Ingresso? Esigo una spiegazione a questo comportamento riprovevole! Diana, da lei non me lo sarei mai aspettata!- Diana rimaneva zitta. Draco, accanto a lei, ogni tanto le rivolgeva uno sguardo in tralice. Fosse stato per lui, avrebbe dato volentieri quei tre in pasto alla furibonda McGrannitt.

TOC TOC TOC

-Avanti!- abbaiò la McGrannitt, ormai sull'orlo di una crisi di nervi. Madama Chips, per nulla intimorita, aprì la porta.

-Minerva, posso parlarti un secondo? È molto importante.- chiese, concitata. Draco e Diana si scambiarono un'occhiata sospettosa. Le due donne uscirono dalla stanza.

-Diglielo.- esordì Draco.

-No. Ho già perso abbastanza...- Diana s'interruppe.

-Cosa, Di? Non dirmi che hai perso la tua aria da principessa guerriera, perché ti tiro dietro qualcosa. Io so com'è andata, e fidati se ti dico che non avresti potuto fare altro.- disse Draco, serio.

-Avrei potuto batterli.- fece lei, gli occhi fissi sul pavimento.

Hai passato la vita a cercare di essere più forte delle altre.

Ora ti rendi conto di aver fallito.

-Di, tu sei scema. Nott è perfido in certe cose, sa preparare tutto perfettamente per non lasciare scampo alle sue vittime. È il degno figlio di un Mangiamorte.- tentò di rassicurarla.

-Anche tu sei figlio di Mangiamorte, ma non te ne vai in giro a violentare delle ragazze! Soprattutto di quelle che appena si riprendono ti ammazzano!- protestò lei, irata: nei suoi occhi, quando aveva pronunciato la parola “violentare”, si era accesa una strana luce assassina.

-Sì, ma io sono Draco Malfoy, vuoi paragonarmi a Nott??? Io sono dieci volte più bello!- inaspettatamente per entrambi, Diana scoppiò a ridere. Draco sorrise, sollevato. Poteva immaginare benissimo come si fosse sentita. Sapeva bene che Diana non avrebbe mai ammesso di stare male, di aver bisogno di qualcuno vicino, perché era esattamente la stessa cosa che avrebbe fatto lui.

Era insito nella loro stessa essenza, nella loro stirpe: nessuno di loro si sarebbe mai piegato davanti al dolore, alla vergognosa debolezza umana.

Proprio in quel momento, la McGrannitt rientrò nell'ufficio, con un'espressione totalmente diversa rispetto a quella di poco prima. Rivolse un'occhiata dispiaciuta a Diana, che finse di non coglierla, e una di inaspettato orgoglio verso Draco.

-Potete andare.- disse, e li fece uscire senza un'altra parola. I due, una volta fuori, si rivolsero un'occhiata stupefatta.

-La McGrannitt è andata di testa. Completamente.- sentenziò Draco.

-No. La Chips le avrà detto cosa è successo, e avrà deciso di non punirci.- ribatté lei, pensierosa. Si incamminarono silenziosi attraverso il castello vuoto, diretti in Sala Grande.

-Diana, devo chiederti una cosa.- disse Draco ad un certo punto.

-Cosa?- il viso di Diana era ancora perso dietro ai pensieri di tutto ciò che avrebbe potuto fare e non aveva fatto. Draco appariva risoluto, serio, e preoccupato.

-Vuoi parlare?-

 

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My space:

rieccomi qua...povera Diana, la McGrannitt le ha rotto le uova nel paniere!!

D2OTTO: Blaise tanto non la molla, Diana, la controlla sempre...è proprio andato di testa! Però stai zittina eh, che ti ho rivelato in parte quello che succederà, non rovinare la sorpresa ai lettori!! ;P

Honey Evans: mi dispiace che Diana sia stata interrotta nel compiere la sua sacrosanta vendetta, ma quello che ha fatto Blaise mentre lo portava in infermeria poi lo sa solo lui...(ndBlaise: chissà perché faccio sempre la fine del sanguinario...è quell'altra là la sanguinaria, mica io!)(ndDiana: ma fottiti! Io non sono sanguinaria, sono solo molto vendicativa...)(ndMe: se se...)(ndDiana&Blaise: AVADA KEDAVRA!)

Diddola: anche Diana sa picchare duro, come hai visto...io ho cominciato a fare a botte tipo a sei mesi, e non ho più smesso...qualche volta le ho prese...poche, però!! ;P

iaia_Malfoy4ever (la prossima volta scrivo Ilaria, il tuo nome è complicatissimo da scrivere!;P): visto che la tua Diana è viva e vegeta? Ha sempre i due angeli custodi, la coppia Draco Blaise è mitica...se vuoi posso mandarti dentro la fic a fare una spedizione punitiva, ma mi sa che anche Honey Evans voglia accodarsi! Un besionissimio tutto per te!!!

mara_star: per il passato di Diana...beh, presto tornerà presente! Non anticipo nulla, anche perchè non so come si svolgerà (sto scrivendo ora quella parte)...grazie per i complimenti!!

 

UN ABBRACCIO E UN BACIONE IMMENSO A TUTTI!!!

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Capitolo 9
*** Liti...e Qualcosa in Più ***


C'era stato un tempo in cui Diana aveva amato il Natale

C'era stato un tempo in cui Diana aveva amato il Natale. Li passava con Dan e Scott. Ricordava con tenerezza il momento dell'apertura dei regali, in cui tutti e tre dimenticavano di avere rispettivamente quindici, diciassette e ventun anni, e tornavano bambini.

Quello era il primo Natale che passava senza di loro. Sua madre sarebbe tornata in America, per stare con alcune amiche. Non poteva biasimarla: lei aveva inventato la scusa che a Hogwarts ci sarebbe stato bisogno di lei, e la donna non aveva intenzione di passare il Natale in solitudine. Al contrario della figlia.

Silente le aveva assegnato il compito di Facente Funzione Prefetto. A lei. Silente doveva essere pazzo: nessuno sano di mente avrebbe fatto fare la Prefetta alla distruttrice del dipartimento di Trasfigurazione.

Non era un gran divertimento, però, visto che doveva pattugliare corridoi che, con sette studenti presenti a scuola, non avrebbe comunque potuto essere teatro di duelli epici.

Sette studenti.

Due, erano Serpeverde, e Diana li conosceva benissimo.

Nel tardo pomeriggio della Vigilia, si trovava al sesto piano, e stava letteralmente congelando. Si era giusto fermata all'interno di una classe, cercando di accendere un fuocherello senza dare in pasto alle fiamme tutto il mobilio, quando una voce sghignazzò:

-Incendio.- all'istante, intorno a lei arse un anello di fiamme che l'avvolse completamente.

-Dimentichi con chi hai a che fare, Faina.- disse Diana, tranquillamente. Chiuse gli occhi, e chiese cortesemente alle fiamme di spegnersi. Mentre scemavano, il viso antipatico di Blaise Zabini emerse dal buio. Fece appena in tempo a vedere la bacchetta, quando lui l'alzò e gridò:

-Stupeficium!-

-Waddiwasi!- esclamò lei puntando la propria su un banco, che schizzò verso l'alto e prese in pieno lo Schiantesimo.

-Furnunculus!-

-Tarantallegra!- le due fatture cozzarono fra loro e andarono a polverizzare la cattedra. -Ma che cazzo vuoi da me, Zabini!?!?- esplose Diana, evitando senza un gran impegno una seconda maledizione.

-Domarti e sottometterti, ovviamente.- rispose lui, con un ghigno privo di intenti maligni (ndA: deve pur mantenere la messinscena di detestarla, neh?). Le si avvicinò di qualche passo, continuando pigramente a bersagliarla di incantesimi.

-Allora temo che tu stia perdendo il tuo tempo.- Blaise diresse un Incantesimo Tagliuzzante contro la sua pancia, dove sapeva esserci un tatuaggio (lo aveva saputo tramite il suo solito asse Hermione-Draco). La veste si lacerò, e un simbolo apparve sotto gli occhi avidi di Blaise.

Conosceva quel simbolo, era qualcosa che aveva sotto gli occhi ogni giorno, a casa.

Il simbolo dell'Oreana.

Una sfera con quattro rami che si attorcigliavano intorno al centro, simmetrici e perfetti.

Ognuno rappresentava un Valore: Forza, Coraggio, Saggezza, Lealtà.

Era diventato il simbolo del mago Oscuro Orendall, alla fine del Settecento, di cui lui era un vago discendente. Un simbolo che significava libertà da ogni regola, controllo, freno inibitore: Anarchia era uno dei suoi sinonimi più sinistri.

-Per quello, dici?- la prese in giro.

-STRONZO!- esplose Diana. -CR...- s'interruppe.

Di nuovo il Male nasce in te.

Potente, scorre nelle tue vene e ti spinge a colpire.

Ma tu ora lo fermi. Lo domini.

Hai imparato.

-Expelliarmus!- la bacchetta volò via dalla mano di Diana, Blaise le fu addosso e la spinse violentemente contro il muro, i polsi stretti nella sua morsa di ferro.

-Lasciami!- esclamò lei, rabbiosa e frustrata, cercando di divincolarsi con violenza.

-Datti una calmata, cazzo, non ti faccio nulla!- la voce di Blaise fu come una secchiata d'acqua gelida. Il panico si dissolse all'improvviso, quel terrore che l'aveva attanagliata nel momento in cui si era resa conto di essere di nuovo in trappola...scomparso.

Non le avrebbe fatto del male.

Ne era sicura. Come facesse ad esserlo, era un mistero.

-Lasciami.- disse, appena un poco più calma.

-Non ci penso neanche.- rispose lui, con un sorrisetto irritante. Diana si rese conto all'improvviso di quanto le fosse vicino...anzi, di quanto le fosse letteralmente addosso.

-Perché?- gli chiese, stancamente.

-Perché per una volta voglio parlare con te.-

-E parla, allora!- sbottò lei in malo modo. Non le piacevano i pensieri tutt'altro che casti che le stavano nascendo nella mente. Blaise ghignò: era una delle sue soddisfazioni più grandi, farle venire i nervi. Per di più, quella posizione era assolutamente piacevole: era più alto di Diana di una decina di centimetri (lei era un metro e 75 spaccato), e da quella visuale vedeva ogni più piccolo dettaglio della sua – come al solito – profondissima scollatura.

-Una domanda: sei allergica alle maglie a collo alto, o lo fai apposta a provocarmi?- le chiese. Diana alzò lo sguardo su di lui, mezzo seccata, mezzo divertita.

Era vicinissima.

I loro nasi quasi si sfioravano.

I loro occhi erano una cosa sola, intensa, insostenibile.

Occhi in cui ci si poteva perdere.

Occhi in cui ci si voleva perdere.

-Sono affari tuoi?- gli chiese. La battuta l'avrebbe fatta ridere, se non si fosse trattato di lui. -“Lo fai apposta a provocarmi?”...Cosa nasce nella tua testolina bacata, Faina?- disse, in tono di sfida. Blaise le si avvicinò ancora di più. Poteva vedere ogni dettaglio dei suoi occhi, ormai. Ogni scintilla di quell'acciaio in cui, ogni tanto, a seconda della luce, si scorgeva un lampo di azzurro intenso. Un sorrisetto che non prometteva nulla di buono gli comparve sul viso.

-Sicura di volerlo scoprire, Diana?-

Diana.

L'aveva chiamata con il suo nome. Non con qualche altro appellativo. No. Solo “Diana”. Non l'aveva mai sentito farlo, non si era mai abbassato a tanto da chiamarla con il suo nome di battesimo. E l'aveva detto in un modo, un modo così strano, eppure semplicemente...perfetto.

Era sicura di volerlo sapere?

No. Non era più sicura di nulla, ormai. Da tanto, tanto tempo.

Blaise avvicinò il viso al suo. Diana sentì la sua guancia premere contro quella del ragazzo.

Involontariamente, i suoi occhi si socchiusero.

Zabini le spinse il viso, delicatamente, verso la spalla. Avvertì il tocco delle sue labbra sul collo, morbide, calde, premute sulla sua pelle, avide. Non riuscì a trattenere un sospiro, quando quelle labbra che più di una volta aveva desiderato la sfiorarono.

Che lentamente, inesorabili, risalivano la linea della gola e arrivavano alla guancia. All'angolo della bocca. Diana lo avvertì, intravide il viso a pochi millimetri dal suo, respirò il suo respiro caldo, tranquillo. Aspettava.

Diana non dischiuse le labbra quando lui la baciò. Avrebbe voluto farlo. Davvero. Avrebbe voluto lasciarsi andare. Ma non ci riusciva.

Avevano un sapore così intenso, le sue labbra...spinse ancora di più il suo corpo contro a lei, e non la sentì protestare. La sua pelle, quando l'aveva sfiorata, era morbida, fresca, sapeva di neve. Non aveva idea di come fosse la neve, ma era questa la sensazione che aveva. Neve. Morbida neve in cui sprofondare, in gelide notti al chiaro di luna. Non forzò le sue labbra. Non avrebbe mai potuto.

-Guarda che non ti faccio niente.- la sua voce la sorprese. Non l'aveva avvertito allontanare di poco il viso dal suo. Diana aprì gli occhi, per ritrovarli in quelli di lui.

-Di questo non sono tanto sicura.- borbottò.

-Santo Salazar! Ma tu ti fidi di qualcuno?- sbottò Blaise, alzando gli occhi al cielo.

-Certo non di te.- “Veramente poco convincente, Di.”

-Si può sapere perché mi odi tanto?- esclamò lui, esasperato. La reazione a quella domanda sospirata non tardò a venire.

-IO!?!? Hai cominciato tu tutta questa storia, Faina dei miei stivali col tacco a spillo! Io proprio non avevo la minima intenzione di cominciare questa dannata faida, sperando che tu sappia cosa sia!!- strillò Diana, isterica. Blaise represse un sorriso: vedendola strepitare si era intenerito.

Non si saziava mai di guardarla. Non poteva smettere, era più forte di lui, era come un magnete, il suo carattere, il suo viso, il suo corpo, tutto lo attirava irreversibilmente verso di lei.

E poi c'erano i suoi occhi: non riusciva a staccarsene, avevano un che di ipnotico e di ammaliante. Una forma perfetta, le ciglia lunghissime che approfondivano il suo sguardo, già intenso di suo.

Erano occhi che avevano visto il dolore.

Che avevano odiato e amato.

Occhi in cui si scorgeva un'infinita sensibilità, una dolcezza che non si coglieva mai in lei, una profondità che solo una purezza come quella di Diana poteva dare. Ecco, la parola giusta per descriverla: pura. Spontanea. Eppure, si rese conto, quella che aveva conosciuto doveva per forza essere una maschera, un'altra persona, se ora nei suoi occhi e nel suo viso vedeva tutto questo.

Una maschera di dolore.

Chi hai perso, Diana, perché diventassi così?

Chi ha saputo guardarti e vedere la vera Diana?

Chi è che se n'è andato, distruggendoti e costringendoti a creare una barriera, intorno a te, per difenderti da tutto?

Chi hai amato, Diana, dea alla ricerca della felicità?

Diana tacque, rendendosi conto di non essere ascoltata. I suoi occhi brillavano come quelli di una bambina. Lentamente, Blaise si abbassò di nuovo, sfiorò quelle labbra color avorio con le sue e le sentì schiudersi...

-Non ho alcuna intenzione di interrompere...- una voce un po' strascicata li fece sobbalzare. Istintivamente, Blaise la lasciò andare. Draco Malfoy, con un ghigno alquanto compiaciuto, li stava osservando, pigramente appoggiato allo stipite della porta.

“Memorandum mentale: uccidere Draco Malfoy.”

-...ma purtroppo è quello che hai appena fatto.- terminò l'amico, seccato. Con la coda dell'occhio, vide Diana dileguarsi attraverso la stanza, diretta in corridoio, ma Draco la fermò prendendola gentilmente per un braccio.

-Tutto a posto?- le chiese, in tono da fratello maggiore. La cosa irritò Blaise forse ancor più di essere stato interrotto: non le aveva fatto niente. Non le aveva fatto del male. Perché Draco le chiedeva come stava? Come osava toccarla, guardarla negli occhi? “Sei geloso, Blaise?” cinguettò antipatica una vocetta nel suo cervello. Di nuovo.

-Sì, Dray, tutto a posto.- rispose Diana, in tono sorprendentemente calmo. Fece un mezzo sorriso, e sparì.

“Diana, sei un'imbecille.”

Il cuore le batteva forte, le guance le ardevano. Non si sentiva così da...da quanto? Mesi? Anni?

Una vita intera?

Però era bello. Era una sensazione stupenda. Per la prima volta, da tanto tempo, si sentiva bene. Non era solo il bacio, non era solo quel momento in cui si erano ritrovati in un contatto piuttosto “intimo”...aveva appena visto. Aveva appena ricordato. Quegli occhi, quegli stessi occhi che fino a pochi attimi prima erano a pochi centimetri dai suoi, lei li aveva visti ardere di rabbia, di furia, illuminati dal bagliore rossastro di uno Schiantesimo.

Li aveva visti proteggerla.

Non riusciva più a fermare le emozioni. La diga che frenava i suoi sentimenti era crollata.

E lei aveva capito.

L'aveva salvata.

L'aveva salvata perché ci teneva, a lei. Quanto, ancora non lo sapeva.

Perché il pensiero di contare qualcosa per Blaise Zabini le accelerava i battiti cardiaci, mandandola in iperventilazione?

Perché improvvisamente si rendeva conto che, da quando lo aveva visto per la prima volta, non aveva più visto nessun altro?

 

Ora che lui si era fatto avanti, ora, che era ben conscia di interessargli, perché sapeva con certezza di amarlo?

 

 

-Cos'è, hai deciso di buttare alle Mandragole tutti i tuoi freni e di tentare il tutto per tutto?- ghignò Draco, mentre praticamente correva per stare dietro all'amico diretto ai loro dormitori.

-Avevi ragione.- sussurrò lui, molto piano.

-Non ho capito, cos'hai detto?- ghignò Draco.

-Non lo ripeterò, Malfoy.- ringhiò Blaise.

-Lo immaginavo. Allora alla fine l'hai capito, di essere cotto di lei!-

-Posso mandarti a farti dare in culo?-

-Fa' pure, ma io avevo ragione: ti sei innamorato!!- Draco cominciò a sghignazzare senza ritegno. Ma i pensieri di Blaise non vertevano su come farlo fuori. No. La sua mente era già lontana, persa dietro il profumo di quella ragazza.

Più tardi.

-Lasciala in pace, ok? Fa' il gentiluomo e comportati bene. Educato, Blaise!- Blaise sospirò. Draco era stato insopportabile per tutto il giorno. Fu quasi un sollievo arrivare in Sala Grande, addobbata come al solito da dodici enormi abeti decorati da ghirlande, palline, fili di perle e chi più ne ha più ne metta. Le quattro tavole erano scomparse, lasciando il posto ad un'unica tavolata a cui erano seduti, oltre ai professori, i pochi studenti rimasti al castello. Diana era già là, accanto ad un primino tassorosso molto nervoso, e ad un Corvonero del settimo anno che tentava, con scarso successo, di attaccare bottone con lei.

-Sparisci.- intimò elegantemente Draco al primino che, terrorizzato, filò via. Blaise si limitò a trucidare il Corvonero con lo sguardo, e quello, piuttosto a disagio, biascicò qualcosa su un impegno improvviso e si dileguò. I due serpeverde presero posto ai due lati di una Diana parecchio divertita. Blaise non poté fare a meno di notare un guizzo nei suoi occhi, quando inavvertitamente le sfiorò un braccio.

-Tutto a posto?- le chiese Draco, con un ghigno malcelato.

-A parte un cretino per parte, sì.- rispose lei, con un sorrisetto che entrambi contraccambiarono. Proprio in quel momento, ad un ordine di Silente, apparve la grandiosa cena della Vigilia di Natale. Diana protese una mano per prendere un piatto di tortelloni, ma Blaise la precedette e la servì per prima. -Blaise, mi sorprendi: si sono risvegliate le tue indubbie qualità di gentleman?- gli chiese lei, sinceramente colpita.

-Ovviamente, mylady.- rispose lui, con aria tremendamente cavalleresca. Draco, alla sinistra di Diana, scoppiò a ridere, spargendo pezzettini di pane su tutta la tavola, e anche Diana sorrise; ma il suo era un sorriso sincero.

Non era mai riuscito a parlare veramente con lei. Il più delle volte, si scambiavano qualche insulto o allusione maligna, ma una conversazione seria, da persone civili, non l'avevano mai fatta. Durante la cena, si rese conto di quanto Diana fosse letteralmente una AMERICANA DOC: intelligente, scaltra, dinamica, con una lingua “che taglia e cuce”. Una persona senza mezze misure, con un vocabolario sconfinato e un'ironia che il più delle volte lo fece ridere di gusto.

“Se diventa così ogni volta che mi bacia, mi sa che gli farò un trattamento intensivo.” era il continuo pensiero di Diana. Non riusciva a capacitarsi di quanto quel ragazzo, che fino al giorno prima avrebbe volentieri Cruciato a sangue, ora le stesse facendo passare una cena decisamente piacevole, con la sua voce pacata, ironica, con le sue battute, con la sua sola presenza.

E Draco? Draco se la rideva come un matto, pensando già allo splendido viso della sua Hermione illuminato da una risata, mentre le raccontava l'improvvisa amicizia (e forse non solo) nata fra quei due cretini dei suoi migliori amici.

(ndA&Diana&Ran(ma che ci fa qui??? O.o): Malfoy, lasciatelo dire: sei un fottutissimo bastardo!!)

-Beh, ragazzi...- esordì, alla fine della cena, alzandosi dal tavolo. -Io devo andare.- quattro occhi saettarono verso di lui.

-Dove?- chiesero Blaise e Diana. All'unisono. Draco reprimette il desiderio di scoppiare a ridere.

-A casa mia. Sono rimasto un giorno in più perché volevo essere sicuro che non vi scannaste...- gettò un'occhiata a Diana, che era arrossita. “DIANA ARROSSITA!?!?!? Qua il mondo gira al contrario...” pensò. -...ma mi sembra che non ne abbiate la benché minima intenzione.- aggiunse, con un sorrisetto. I due lo accompagnarono fino alla Sala d'Ingresso, dove un elfo domestico aveva già portato i suoi bagagli.

-Mi raccomando...salutami Hermione!- gli raccomandò Diana, assolutamente incapace di fargliela passare liscia dopo tutte le allusioni che aveva fatto prima, dopo e durante la cena.

-Contaci.- rispose lui. Li salutò, e uscì dal castello, con un ghigno non più trattenuto dipinto sul viso.

 

 

 

 

********************************************************************

My space:

Olè!! Eccomi qua con il chap che mi piace di più (avrei voluto concedervi un'altra chicca, ma ho deciso di farvi penare ancora un giorno muahahahahahahah -me sadica-)...innanzitutto..beh wow!! 8 recensioni!! No dico OTTO!?!?!? Ma vi adorooooOO!!!!!!!!! Ed eccomi a rispondere:

D2OTTO: Ma chi l'avrà mai detto, chissà...forse un bel moretto...(Blaise fa gli occhi innocenti alla mia occhiataccia, Diana gli fa gli occhi da cerbiatta e io inorridisco)...per la punizione, nel prossimo chap oppure in quello dopo ci sarà un articolo sul profeta dove quei tre subiranno una strana vendetta...besoni!!!

Mione1194: eh hai ragione quei tre non pensano...e poi draco mi è piaciuto troppo, quando riprende nott e glielo mette davanti (vedi: sadico)...oh mi raccomando, silenzio stampa!!

ilaria: calmati e respira, oki? Aspetta il nono capitolo e poi sarai soddisfatta, della serie di quei tre ce ne liberiamo...contentissima di averti fatto apprezzare ron, mi è piaciuto troppo nel chap prima...spero che in questo tu non sia gelosa di Diana (Diana fa una faccia strana, non capisco, mentre Blaise ti sta cercando per avadakedavrizzarti)

honey evans: hehe quella battuta modestamente è farina del mio sacco...eh si draco è bellissimo perché è anche stronzo, hihi...(io sbav)...e poi quando fa il fratellone protettivo con Diana, beh io lì sverrei (ilaria è già svenuta)

mara_star: beh contentissima che Diana ti piaccia tanto, adoro quella ragazza anche perché è un tipo TOSTO!!!

Tayla: ma che bello un'altra recensitrice!! Si draco ed herm per ora si vedono poco, però dopo, nella seconda parte della storia (siamo circa a 1/3) ci saranno molto di più, promesso!!

Selphie: mo grassie!!!! Spero che continuerai a recensire (a proposito, da dove vieni? Mi piace la parlata!! ;P)

Diddola: (risponde Diana) ma grazie per i complimenti, arrossisco...no Blaise non è vero che sono montata, quello sei tu...beh ma allora abbiamo lo stesso nome...io sono del 19 aprile (ndAutrice leggermente incazzata: tutti i miei personaggi femminili hanno la mia stessa data di nascita ----> modo occulto per ricordare che sabato è il mio comple!!)...come vedi manca poco!!

(riprendo la parola io): Ma sinceramente le occasioni che hanno gli altri di colpirmi sono poche...muahahah io li mando al tappeto quasi subito, ho un sinistro che distrugge...si faccio diverse gare di boxe, purtroppo a volte arrivo a casa che sembro reduce da un incontro con tyson!!!!

UN BESONISSIMO A TUTTI E GRAZIEEEEE!!!!!

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Capitolo 10
*** Lasciarsi Andare ***



Lui e Diana rimasero a guardare l'amico allontanarsi, a lungo, per non doversi guardare, per non doversi dire parole senza senso. Parole che avrebbero distrutto quell'idillio, quell'attimo di cristallina serenità scesa fra loro, assieme alla morbida neve silenziosa che adornava le finestre.

Finalmente, dopo quella che ad entrambi parve un'eternità, Blaise si decise a prendere in mano quella situazione di stallo.

-Vuoi che ti accompagni alla Torre?- “Idiota. Un assoluto, completo, totale idiota, ecco cosa sono. Vuoi che ti mandi al diavolo? Lei sa difendersi! O, almeno, è quello che ti dirà di certo!” si disse, preparandosi già ad uno sdegnoso rifiuto.

Ma...

-D'accordo, grazie.- la risposta lo lasciò stupefatto. La guardò, e capì immediatamente perché avesse risposto così: erano ancora evidenti i segni della violenza, sul suo viso, e lei non li aveva dimenticati.

Ma perché voleva proprio lui, accanto?

Non riuscì a capirlo, dal rossore che le cresceva sulla pelle chiara e dal suo sguardo basso.


Silente, dal suo posto a capotavola, sorrise vedendo i due ragazzi allontanarsi verso la scalinata, fianco a fianco, vicini.


Continuarono a chiacchierare, mentre lentamente salivano le scalinate che portavano alla Torre; di cose futili, banali, ma erano solo un pretesto per guardarsi, sorridersi, pensarsi. Fianco a fianco, raggiunsero fin troppo presto il ritratto della Signora Grassa, che li osservava curiosa.

-Beh...ciao.- Diana si detestò per quel saluto balbettato, a occhi bassi. Fece un passo, decisamente troppo breve, come di chi non se ne vuole andare.

Voleva essere fermata.

Voleva che lui la fermasse.


E va bene, stupido cervello. Prenditi una vacanza.”

Blaise allungò una mano, sfiorò la pelle candida delle dita di Diana. Lei si fermò, senza voltarsi, un brivido che correva caldo e repentino lungo la sua schiena.

Ci sarebbe voluto così poco...solo un istante, per stringerla a sé, per impedirle di scappare...


Il vestito di Diana ondeggiò fra le gambe di Blaise, quando lui la trasse a sé e la baciò.


Per un istante, un solo istante, temette che l'avrebbe respinto. Se l'avesse fatto, Diana avrebbe potuto dire qualsiasi cosa, qualsiasi scusa...ma lui, lui ne sarebbe stato distrutto.

Ma no.

L'attimo dopo, Diana aveva dischiuso le labbra, e si era lasciata coinvolgere dal suo bacio.

Da lui.

Non poté impedirsi, Blaise, di stringerla a sé, di farle scivolare una mano lungo la schiena, sui fianchi, mentre l'altra le carezzava i capelli, il viso, il collo.

Non poté impedirsi, Diana, di sentire il proprio corpo fra le sue braccia, di sentire i suoi muscoli perfetti contro il seno, di stringersi alle sue spalle forti...di sentirsi, per la prima volta, a casa.


Rinunciare ad ogni replica, lasciarsi andare.

Entrambi consci di aver abbandonato sé stessi nell'altro.


Le sembrava così fragile, così indifesa.

Lei, l'invincibile Diana, la dura, la guerriera.

Vulnerabile. Esposta da un bacio che si faceva sempre più intenso, sempre più profondo. Esposta a lui. Sua. In quell'istante...e forse per sempre.


E l'attimo dopo, si trovarono nella stanza di Diana.

La ragazza sentì le mani di Blaise sfiorarle il giubbotto che indossava sopra l'abito. Sentì il tessuto allontanarsi dalla sua pelle, scendere sulle sue braccia candide, e cadere a terra. Lle carezze sul suo corpo erano morbide, tranquille, sicure, cancellavano senza sforzo ogni dubbio ancora debole in lei. Sotto le dita avvertì le linee perfette dei muscoli che tante volte aveva ammirato, ogni più piccolo dettaglio, la camicia che le impediva di sfiorarne la pelle. Poi, i bottoni. Li slacciò, lentamente, ma senza goffaggine, come se...come se l'avesse fatto molte altre volte. Fece scivolare le sue mani rovinate, eppure così morbide, sul suo torace, sui pettorali scolpiti, poi giù, sui fianchi, fino al bordo dei pantaloni di ottima fattura.


E un'emozione che conosci bene ti invade, Diana.


-Ho paura.- sussurrò, gli occhi semi chiusi, le labbra pronte ad accogliere un suo bacio.

-Non devi averne. Fidati di me.- rispose lui, guardandola con quegli occhi improvvisamente sinceri.

E lei si fidò.


Le sfilò la camicetta e le baciò il collo, inebriandosi del suo profumo, così potente, che lo faceva dubitare di tutto, persino di sé stesso. Avvertiva il suo respiro affannato premuto contro il torace, i seni caldi modellarsi su di lui. Non poteva impedirsi di essere eccitato, di spingere il bacino contro di lei. Gli faceva perdere il controllo, bella com'era, selvaggia com'era, sensuale com'era...

Le mani non così innocenti di Diana lo trassero a sé, per i jeans, e si ritrovò sul letto, sopra di lei. Cercò di mantenersi calmo. Di non perdere il controllo.

Ma scendendo lungo i suoi fianchi, sulla pancia morbida e liscia, sui seni, carezzando e baciando quella pelle solcata da mille cicatrici, non poteva non desiderarla ancora di più.

Risalì con le mani le sue cosce, sotto la gonna dell'abito. Non portava le calze, notò. “Sfacciata.” pensò con un sorriso, mentre raggiungeva il bordo degli slip e glieli sfilava, con una calma che tradiva tutto il suo desiderio.

 

Ora c'era passione. Diana la conosceva, l'aveva provata. E la provava. Passione in lei, passione in lui, passione nei loro baci. E la mano di Blaise, persa là sotto, di certo aiutava. Era una dolce agonia, un dolce tormento, che presto non riuscì più a sopportare. Slacciò il bottone dei jeans di lui, e s'intromise sui fianchi scolpiti del ragazzo, sulla linea dei boxer aderenti dello stesso colore del suo intimo.

Sentì, sentì chiaramente, che Blaise non ne poteva più di aspettare.

E nemmeno lei.

 

Finalmente, Diana gli permise di scivolare dentro di lei. E si accorse immediatamente di una cosa che lo lasciò un attimo perplesso.

Era già stata amata.

Un moto di rabbia pervase improvvisamente Blaise: non contro di lei, questo mai; ma contro lui, quel lui che non conosceva, quel lui che – per la sua salute – doveva averla amata, e non che fosse stato solo...beh, solo sesso.

Ma ora c'era lui, Blaise. Lui e nessun altro, e lo sapeva.

Diana inarcò la schiena, e Blaise si rese conto di essere rimasto immobile, dentro di lei, perso nei suoi pensieri e fra le sue labbra.

E allora si mosse, si rituffò in lei, nel suo corpo, amandola con desiderio, con passione, con bisogno. Sì, bisogno.

Bisogno di lei.


Aveva dimenticato l'amore. Aveva dimenticato cosa significava amare, rischiare il tutto per tutto, darsi, darsi completamente senza paura di soffrire. Aveva scordato il sapore dei baci, la dolce carezza di un amante, i sorrisi che nascevano quando ci si sentiva improvvisamente bene, perché uniti, perché insieme.

Blaise...

Blaise era un idiota. Un cretino. Un arrogante. Un Serpeverde. Un nemico.

E non le importava.


Più tardi.

Lenzuola che accarezzano due corpi nudi, perfetti, abbracciati.

-L'avevi già fatto, vero?- le chiese Blaise, piano. Le accarezzò il viso, quel morbido viso che non aveva mai visto così rilassato.

-Sì. Anche tu.- e la sua non era una domanda. Aveva gli occhi chiusi, Diana, l'espressione serena. Si voltò, dandogli la schiena, lasciandosi abbracciare, facendo scivolare le dita fra quelle di Blaise. -Buonanotte, Blaise.-

-Buonanotte, Diana.- le sussurrò lui all'orecchio, il viso affondato fra i suoi capelli, le labbra che le posavano un tenero bacio sulla tempia.

Si addormentarono così, l'uno stretto all'altra.

E quella notte, per la prima volta da mesi, Diana dormì un sonno senza incubi.


Uno dei due si alzò. Guardò l'altro, illuminato dalla bianca luce della luna. Era proprio bello, quello dei due che dormiva. Quello sveglio distolse a fatica lo sguardo, prese una pergamena e una piuma dallo scrittoio, e scrisse velocemente due righe, per poi affidarle a Crystal.


TIC TIC TIC.

Draco si svegliò di soprassalto. Un falco batteva il becco contro la finestra della sua camera. Si alzò in fretta e andò ad aprirgli la finestra, lasciando entrare l'aria fredda di dicembre, e prese la busta che gli porgeva.

L'aprì alla svelta, e dopo averla letta scoppiò in una fragorosa risata.

-Cosa succede?- Hermione, assonnata, alzò la testa dal cuscino. Draco andò da lei e le diede un dolce bacio fra i capelli, sempre sorridendo.

-Alzati, tesoro. Abbiamo qualcosa da fare.-


§


Diana aprì gli occhi. La bianca luce del sole riflessa sulla neve l'abbagliò per un istante, e la costrinse a richiuderli. Affondò ancora di più la testa nel cuscino di piume, assonnata.

Poi, uno, due, tre...il ricordo di una pelle bronzea e tonica, due corpi uniti, allacciati...si voltò di scatto, sorpresa.

Il letto era vuoto.

La delusione e l'amarezza la invasero, mentre si lasciava ricadere sui cuscini. “Dovevo aspettarmelo.” pensò amaramente. Si era lasciata ingannare da quella dolcezza, da quegli occhioni sinceri, e lui se n'era andato. “Ben mi sta. Così imparo a inn...ehm...a fidarmi.”

-Diana?-

-Aaah!- Diana sobbalzò di botto, nel sentirsi chiamare, e...e cadde rovinosamente dal letto.

-Cos'è successo?- la voce di Blaise suonava preoccupata, dalla sala comune.

-Niente, sono...sono caduta dal letto.- rispose lei, dolorante, rialzandosi in piedi mentre la risata di Blaise risuonava in tutta la Torre. Notò con la coda dell'occhio la pila di pacchetti dorati in fondo ai piedi del letto, che Morpheus covava con occhi avidi. Lo scacciò dolcemente, poi si diresse in bagno e si infilò dritta sotto la doccia. L'acqua calda sembrò svegliarla. “È rimasto. È rimasto qui.” pensò.

Sorrise.

Sentì la porta della doccia scorrere, dopo qualche istante, mentre l'acqua scrosciava morbidamente sul suo corpo.

-Ehi, buongiorno.- le disse Blaise. Gli dava le spalle, ma avvertì chiaramente il suo sguardo sul corpo.

-Pensavo che te ne fossi andato.- mormorò, con malcelato sollievo.

-Perché?- le chiese lui, tranquillamente. Poteva facilmente intuire cosa fosse passato per la testolina di Diana, quando non l'aveva trovato accanto a lei.

-Non lo so.- rispose. La porta della doccia si chiuse, e Diana si rese conto che se n'era andato davvero. “Diana deficiente, hai rovinato tutto come tuo solito!” si voltò, pronta a seguirlo.

E, semplicemente, vi andò a sbattere contro.

-Dove hai intenzione di andare?- le chiese Blaise, con un sorrisetto. Diana non rispose: aveva momentaneamente perso ogni capacità di parola, quando aveva visto l'acqua scorrere fra i suoi muscoli scolpiti, sul suo torace levigato, fino ai jeans aderenti e ormai fradici che non celavano nulla, del suo desiderio.

-Da nessuna parte. Proprio da nessuna parte.- riuscì a rispondere, con voce strozzata. “E chi si muove!?”

Blaise sorrise, e le fece scivolare le mani lungo il corpo, eccitandola ancora di più. -Così non vale però...- mugolò Diana, quando la spinse con il bacino contro la parete della doccia.

-In amore e in guerra, tutto è lecito.- le ricordò lui. Diana carezzò con le sue dita bianche ogni singolo muscolo del suo torace, guardandolo dritto negli occhi.

-E questo cos'è?- gli chiese, mentre arrivava alla svelta alla chiusura dei jeans.

-Un po' tutt'e due.- rispose lui, raggiungendo le sue labbra bagnate e perdendosi in lei.


Diana si accoccolò vicino al camino. Indossava solo una maglietta lunga, che le arrivava appena sotto il sedere, e i capelli umidi le ricadevano intorno al viso. Era bellissima anche così, senza trucco, con l'espressione morbida di chi non potrebbe stare meglio di così.

Blaise la raggiunse. Indossava ancora solo i jeans, di nuovo perfettamente asciutti, e aveva un asciugamano intorno al collo. Diana si beò per un istante della sua celestiale immagine, del petto snello e slanciato delineato perfettamente dalla pelle bronzea, tonica, scolpita.

-Tu mi vuoi far morire, ad andare in giro così.- lo rimproverò con un mezzo sorriso, mentre lui si sedeva accanto a lei, sul tappeto. Prima che lei si svegliasse, aveva recuperato i propri regali dal dormitorio dei Serpeverde e li aveva portati lì, assieme a quelli di lei.

-Non è mica colpa mia se sei una pervertita...- le fece notare.

-Ah, sono io ad andare in giro mezza nuda?- entrambi abbassarono lo sguardo sulle sue gambe, nude e paffute. -Vabbé, sì, ma non c'entra.-

-Come, non c'entra? E io di cosa sono fatto, di legno?- protestò Blaise.

-Ma che ne so io, so solo che non puoi costringere una signorina per bene a certi pensieri...- Diana gli rivolse uno sguardo civettuolo.

-Come se ti servissero incentivi. E poi, scusa eh, ma io cosa dovrei dire?- così dicendo, le fece correre una mano lungo l'interno coscia. Diana socchiuse gli occhi, rapita.

-Che sei un maiale.- rispose, con voce morbida.

-Verissimo.- disse lui, e la baciò. Non riusciva a resisterle. Non riusciva a fare a meno di lei. Le spinse la lingua fra le labbra, possessivo, e nel contempo fece aderire il proprio corpo al suo, le gambe nude che gli scivolavano sui jeans, calde, invitanti. Poi, proprio quando stava diventando tutto molto più profondo, Diana lo spinse via, ridendo.

-Dai, piantala...voglio aprire i regali.-

-Beh puoi sempre aprire i miei jeans, come regalo non è niente male...- fece lui, senza spostarsi.

-Vaffanculo, Blaise.- gli intimò, con un sorriso. Blaise la lasciò andare, e la guardò mentre si avvicinava ai regali, allegra e serena, bellissima così, semplice, con addosso una maglietta troppo grande per lei. Si voltò verso di lui, con un sorriso. -A proposito di regali...tieni.- gli porse un pacchetto avvolto in carta argentata. Lui la guardò, stupefatto.

-Mi hai fatto un regalo? E quando te lo saresti procurata?- le chiese.

-Beh, caro il mio serpentello, io sono pur sempre una potente Elementale, non mi è difficile mettere insieme qualcosa...dai, aprilo.- lo esortò. Le brillavano gli occhi, come ad una bambina. Blaise, con un mezzo sorriso che non riusciva a non fare guardandola, aprì il pacchetto. Qualcosa di argenteo cadde da un'elegante custodia nera.

Il simbolo dell'Oreana, intagliato in quello che sembrava argento, brillava alla luce del fuoco. Su ognuna delle quattro braccia stava una piccola pietra: uno smeraldo, un rubino, uno zaffiro e una pietra trasparente che poteva essere cristallo.

-Non vedere il suo significato Oscuro. Immagino tu conosca la sua origine.- disse Diana, tranquilla.

-I quattro Valori.- disse lui, rigirandosi il ciondolo fra le dita. Non era per nulla un gioiello femminile, anzi, tutto il contrario. Diana aveva un ottimo gusto, per certe cose.

-Mi sembrava adatto a te. E poi, mi piaceva, anche perché io ho lo stesso tatuaggio, come hai visto. Oh, se non ti piace posso semp...- Blaise le posò la mano sulla bocca, e le sorrise.

-Diana...è perfetto.- disse. Sotto le sue dita, la sentì sorridere. “Accidenti, quant'è bella quando è felice.” Si liberò dolcemente della sua mano, e gli prese il ciondolo dall'altra.

-Dai, vieni qui che te la metto.- si alzò in piedi e girò intorno a lui. Blaise avvertì un brivido quando le sue mani gli sfiorarono il collo, mentre allacciava il ciondolo sulla nuca. -Fatto, adesso voltati e fatti vedere.- gli disse, e lui lo fece. Diana rimirò la sua opera, ignara (o forse no) di quanto fosse gradita.

-Mazza oh, sei ancora più figo di prima.- commentò. Sempre fine, Diana.

-Lo ritenevo impossibile.- commentò lui.

-Egocentrico.- lo apostrofò, ma rise quando la prese per mano e se la tirò addosso, in braccio, viso contro viso, le gambe di lei a cavalcioni intorno alla vita di lui. Le diede un bacio, lungo, passionale, stringendola al suo torace. E, non per la prima volta da quando le si era svegliato accanto, quella mattina, si chiese se stava sognando.


Un sogno. Doveva essere un sogno. Uno di quei sogni belli, così realistici da sembrare veri, che quando ti svegli ti senti uno schifo perché sai che non possono avverarsi. Non poteva essere vero. Non credeva di poter essere di nuovo così...così felice, serena, allegra, di poter essere di nuovo quella ragazza che avrebbe dovuto essere. Di poter essere sé stessa. Con lui. Con Blaise. Quel bellissimo ragazzo che in teoria lei avrebbe dovuto detestare. E che invece la rendeva felice come aveva dimenticato di poter essere.

Blaise allontanò le labbra dalle sue. Gli si avvicinò, lo cercò, ma ogni volta che lo trovava lui si allontanava, in un giochino leggermente sadico che se fosse stata meno allegra le avrebbe fatto venire i nervi.

-Adesso piantala...- disse, dopo un po' che continuava, lo spinse per terra sotto di lei e riuscì finalmente a baciarlo come si deve. E lui, a braccia aperte, comodamente spaparanzato sul tappeto, la lasciò muoversi sopra di lui, per un po'. Si lasciò baciare, le permise di scendere sul proprio torace, sentì il tocco lieve e provocante delle sue labbra sui pettorali, sugli addominali, mentre con le mani lo carezzava, sensuale. Gli ci volle tutto il suo autocontrollo per fermarla, anche perché sia il suo cervello che il suo corpo avevano tutta l'intenzione di godersi quelle dolci attenzioni.

-Comincio a pensare che tu sia gay, Blaise.- commentò lei, sedendosi a gambe incrociate di nuovo vicina al camino.

-No, solo stronzo. Tu mi hai fermato per due volte, mi sembrava equo farlo.-

-A me non sembra equo. Proprio per niente.- brontolò Diana. Blaise rise, e le si avvicinò per baciarla. Ma Diana, per ripicca, lo allontanò. -Non pensarci neanche!-

-Proprio non ci riusciamo, a non litigare, eh?- le chiese lui, e lei annuì vigorosamente. -Dai...pace?- così dicendo, estrasse dalla tasca un pacchettino avvolto in carta color indaco e glielo mise davanti al viso. Fu la cosa più bella, vedere gli occhi di lei farsi da imbronciati a sorpresi.

-È...è per me?- gli chiese, esitante.

-No, è per la Signora Grassa. Dai, Diana, ma che domande fai?- Diana sorrise, allungò una mano e prese il pacchettino. Lo scartò con mani tremanti, e due scintille scivolarono fuori da una scatolina di raso. I suoi occhi parvero risplendere, illuminati dai due orecchini più belli che avesse mai visto.

Tre pietre. Una, un rubino del colore del sangue, e le altre, due topazi, incatenati alla prima da una sottilissima catenina argentata. Le pietre erano intagliate per essere sferoidali, e ogni più piccola sfaccettatura rifletteva i riflessi del camino, gettando sulla pelle candida di Diana riflessi rossastri e color indaco.

-Blaise...sono...- non riuscì nemmeno a trovare le parole per descriverli. Erano magnifici, adatti a lei in un modo quasi inquietante. -Come sapevi che rosso e viola sono i miei colori preferiti?- gli chiese, senza smettere di rimirare i suoi nuovi orecchini.

-Beh...rosso perché sei una focosa Grifoncina, e perché è il colore del fuoco, che a mio parere è il tuo Elemento. E viola perché con quel colore addosso stai benissimo.- le spiegò. Diana sorrise.

-Non ti sei scordato il vestito che avevo quella sera, eh?- Blaise rise. “Bugiardo” si disse.

-Esatto. Dai, provateli.- Diana infilò gli orecchini nel buco che aveva attraverso il lobo dell'orecchio, e Blaise, seduto dietro di lei, Evocò uno specchio in cui lei poté rimirarsi. -Di, sei...stupenda.- le disse, osservandola nel riflesso. Gli orecchini le scendevano lungo il viso, fin quasi alla spalla, le illuminavano gli occhi e la carnagione chiarissima. Ma non era merito loro se Blaise le aveva fatto quel complimento. Diana sorrise, un rossore imbarazzato che le saliva dal collo. Le diede un bacio sul collo. Poi un altro. E un altro ancora. La maglietta che scivolava via sulla sua spalla nuda. Le sue mani corsero sul ventre morbido e piatto di Diana, sfiorarono quel tatuaggio che portava al collo, che ora li accomunava. Diana, seduta fra le sue gambe, carezzò quelle braccia che la cingevano in vita.

-Blaise...perché mi hai baciata, ieri sera?- lui non rispose subito, mentre con le labbra risaliva fino al suo viso.

-Perché eri triste. E bella. E non volevo lasciarti sola.- le sussurrò all'orecchio, gli occhi semi chiusi, perso nel profumo dei suoi capelli.

-E tu vai a letto con tutte le ragazze tristi, sole, e belle? No perché io non rientrerei in questa categoria...- gli chiese, cercando in parte di scherzare. Blaise sospirò.

-A parte che non è vero...e poi, Di, è da quando sei qui che non riesco a toglierti dalla testa. Ci ho provato, Merlino solo sa quanto ci ho provato. Ma non ci riesco. Mi alzo al mattino e il primo pensiero va a te, a come sarai in questa giornata, a quanto riuscirò a guardarti senza beccarmi una fattura, e alla sera mi addormento incazzato, perché ti vorrei accanto sempre, e non posso.- Diana lo ascoltò in silenzio, senza far trasparire nella sua espressione tutta la sua sorpresa. Inclinò la testa, raggiunse i suoi occhi, e gli sorrise.

-Non potevi. Usa il passato, Blaise.- e lo baciò.


Draco, che in quel momento si trovava con Hermione nella gioielleria più rinomata di tutta Diagon Alley, ebbe un solo, divertito pensiero, mentre consegnava un grosso sacchetto di galeoni all'entusiasta commesso: “Mi devi un grosso favore, Blaise. E settecento galeoni di orecchini.”




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Capitolo 11
*** Nuove e vecchie conoscenze ***


Draco, che in quel momento si trovava con Hermione nella gioielleria più rinomata di tutta Diagon Alley, ebbe un solo, divertito pensiero, mentre consegnava un grosso sacchetto di galeoni all'entusiasta commesso: “Mi devi un grosso favore, Blaise. E settecento galeoni di orecchini.”

 

-È inaccettabile! Un Serpeverde nella Torre di Grifondoro! Albus, devi fare qualcosa, è inaudito!- la professoressa McGrannitt era a dir poco furiosa. Aveva saputo da un fantasma ficcanaso che Blaise aveva passato la notte nella Torre. Non sapeva se essere più arrabbiata per il fatto che la Torre fosse stata violata, perché fosse stata proprio Diana, la sua studentessa preferita, a permetterlo, oppure per quello che era successo fra i due ragazzi.

-Minerva cara, non vedo cosa ci sia di male.- rispose il Preside, condiscendente.

-Sono d'accordo con la professoressa McGrannitt; è una situazione alquanto sgradevole.- rincarò Piton, amabile come suo solito.

-Come se Blaise Zabini fosse il primo Serpeverde ad innamorarsi di una Grifondoro, Severus.- mormorò Silente, una scintilla maliziosa negli occhi azzurri. Proprio in quel momento, troppo vicini per i gusti dei due austeri professori, dalle scalinate scesero Blaise e Diana, che si sedettero uno accanto all'altra al tavolo unico, chiacchierando e tubando come due piccioncini in calore.

(ndA: “piccioncini in calore”? Pfff....ahahahahahahah!!!!)

-Albus, devi parlare con quei due.- affermò la McGrannitt, risoluta. -Per l'incolumità della ragazza, quantomeno.-

-Minerva, se servirà a tranquillizzarti, parlerò con loro oggi stesso.- sospirò Silente, mite. Conoscendo Minerva McGrannitt bene come la conosceva, sapeva che quando partiva col piede di guerra in quel modo, l'unica maniera per sopravvivere era accontentarla.

 

-E questo sarebbe...?- una pergamena arrotolata stretta era appena apparsa sul piatto di Diana. Lei riconobbe immediatamente lo stile di Silente: anche Harry, spesso, riceveva quei messaggi. La srotolò, con Blaise che sbirciava da sopra la sua spalla e intanto la distraeva carezzandole una gamba.

Cara Diana,

Avrei piacere di incontrarti oggi, nel pomeriggio, nel mio ufficio.

È benvenuto anche il Signor Zabini, se desidera, come pare sua intenzione, seguirti.

Un buonissimo Natale ad entrambi

                                                                                   Albus Silente

-Vecchia volpe...- mormorò Diana, sorridendo alle parole “come pare sua intenzione”.

-Chissà cosa vuole...- commentò Blaise. Lei si strinse nelle spalle. Potevano essere due, i motivi per cui Silente desiderava parlarle e, visto che non vietava la presenza di Blaise, solo uno era plausibile.

-Avrà saputo che abbiamo passato la notte insieme e vorrà...oh, ma che ne so io!!- borbottò.

-Beh, ce ne preoccuperemo dopo. Vieni.- così dicendo, Blaise la prese per mano e la costrinse ad alzarsi. Diana, ridendo, si lasciò trascinare fino alla Sala d'Ingresso, dove dal portone semi chiuso si intravedeva il parco, innevato e solitario.

-Aspetta un secondo, io congelo così...- lo fermò, estrasse la bacchetta ed Evocò sciarpa, guanti e berretto, che indossò insieme al caldo maglione fatto a mano che Molly Weasley le aveva mandato come regalo. Blaise fece la stessa cosa, ammettendo che forse – un grosso forse – era una buona idea.

-Le mie idee sono sempre buone, Blaise.- replicò lei, mentre uscivano sui prati e la neve scricchiolava sotto le loro scarpe da ginnastica.

-Su questo avrei qualche dubbio...- fece lui, con un sorrisetto sprezzante. Diana si fermò bruscamente e lui, prima di accorgersene, aveva già fatto altri due passi.

-Ah, è così?- disse lei, un sopracciglio alzato in un modo che Blaise le sarebbe volentieri saltato addosso.

-Non puoi negare di avere delle idee un tantino “fuori dal comune”, Di...- rispose lui, curioso di vedere dove la ragazza voleva andare a parare.

SPLAF!

La vista di Blaise fu oscurata da qualcosa di bianco e freddo.

-Ma brutta gattaccia malefica!- esclamò, pulendosi il viso dalla neve che bruciava. Diana, piegata in due, sghignazzava alla grande. Blaise approfittò della sua distrazione e le tirò a sua volta una palla di neve, che la prese in pieno viso. E finirono a giocare, così, come bambini, a tirarsi la neve e a ridere come da mesi e mesi non faceva più.

-Ok, ok, basta, mi arrendo.- fece Blaise alla fine, lasciandosi cadere sul prato imbiancato a braccia spalancate. Diana gli si avvicinò, come lui bagnata come un pulcino, come lui sorridente.

-Di già?-

 -Sì.- Blaise si alzò, la prese per mano e se la tirò dietro, finendo a rotolarsi nella neve. La bloccò sotto di lui, gustandosi la meravigliosa immagine del suo viso incorniciato dai lunghi capelli scuri, in magnifico contrasto con la neve e con la sua carnagione. Era davvero bella...la sua Diana.

-Tu sei mia.- le disse, le mani sui suoi fianchi che scivolavano sotto il maglione che le arrivava a metà coscia.

-E tu sei possessivo.- gli disse, carezzandogli il viso reso ispido dalla barba non fatta.

-No. Giusto. Tu adesso sei mia, mia e basta.- la contraddisse. Le spostò un ciuffo che le copriva i suoi occhi meravigliosi.

-Come fai a dirlo, Blaise? Domani potrei non esserci più.-

-E dove dovresti andare, Di?-

-Non dimenticare la guerra, Blaise.- il viso di lei s'incupì un istante. -È sempre intorno a noi.-

-E tu combatterai, vero?- Diana annuì.

-Silente mi vuole nell'Ordine. E io voglio combattere.-

Tanto più ora che hai un motivo per vivere, oltre che per morire.

-Perché, Diana?- Diana non rispose subito. I suoi grandi occhi brillavano di determinazione ma, in fondo, erano cupi.

-Mi ha portato via tutto. Le persone che amavo, la mia famiglia, mio padre.- aggiunse, distogliendo lo sguardo per un istante. -Devo combattere. Per loro.- silenzio. -E tu, Blaise? Combatterai?- era chiaro che Diana si riferiva ad un altro fronte di battaglia.

-Mia madre è una Mangiamorte, Di. Lo vorrebbe.- Blaise odiava Zephira Zabini. Troppo impegnata a collezionare mariti ed eredità, aveva fatto crescere il figlio in una solitudine dalla quale Blaise non si era mai più allontanato. Diana sembrò cogliere i suoi pensieri.

-E la mia vorrebbe che ne restassi fuori.-

-Che figli degeneri che siamo.- Diana sorrise.

-Ci penseremo, Blaise. Presto, troppo presto, dovremo fare una scelta.-

-Ma ora...-

-Ora...ora è adesso, non domani.- Diana sollevò la testa dalla neve e sfiorò con le sue le labbra di Blaise.

Ora è adesso, e non tornerà.

Amarsi ora, senza pensare al futuro, perché quando sarà il momento sarete due creature segnate.

Segnate da un Destino crudele.

E Diana, questo, lo sa.

 

Le vacanze natalizie scivolarono pigramente verso gennaio. Un periodo immensamente felice, una bolla di sapone lontano da tutti, solo per loro: Diana e Blaise. Dormire insieme, nella Torre di Grifondoro o nella stanza nel dormitorio Serpeverde, di giorno nel parco e nella Foresta, a parlare, scherzare, e immancabilmente a battibeccare...di notte, invece, a conoscersi in modo diverso, a conoscersi attraverso l'amore. Divertentissimo era stato l'incontro con Silente, il pomeriggio di Natale, con tanto di severissimi McGrannitt e Piton per la prima volta uniti sotto una causa comune.

-I vostri professori hanno espresso il loro...ah, disappunto, verso un vostro certo comportamento.-

-Quale, professore?- aveva chiesto Diana, con la sua espressione più angelica. Blaise, accanto a lei, rischiava di soffocare per trattenere le risate. Silente aveva sorriso sotto la barba.

-A parte i vostri continui, disastrosi litigi? Direi...Il pernottamento del signor Zabini nel dormitorio Grifondoro, per esempio.-

-Ah, ma professori, Blaise è scarsissimo in Antiche Rune, abbiamo passato la notte a studiare...- se Blaise, Silente, e i due professori non avessero saputo che Diana mentiva, le avrebbero creduto.

-Nel dormitorio femminile?- aveva aggiunto la McGrannitt, piccata.

-Beh, sa, professoressa, se non vi decidete a cambiare le poltrone in sala comune...sa, sono ormai distrutte, credo che abbiano subito gli attacchi di un troll ubriaco.- a quel punto, persino Piton faticò a non ghignare sotto i baffi.

E via così, con la sua faccia di bronzo e la sua incontenibile, contagiosa allegria, Diana era riuscita ad evitare una lavata di capo e a far fare due risate al Preside, che in quel periodo – Harry le aveva raccontato tutto, a partire dalla profezia – sembrava più vecchio e preoccupato che mai.

Poi, il mattino dell'ultimo giorno di vacanze, Blaise e Diana stavano passeggiando lungo il lago, discutendo di un poster di un certo Kledi Kadiu che Diana non voleva assolutamente togliere dalla parete vicino al suo letto.

-Blaise, te l'ho già detto: Kledi-non-si-tocca.-

-Ma dai!! Quello è finocchio, Di, e poi mi dà fastidio, sta lì a guardare tutto il tempo...-

-Ma se è una foto babbana! E poi...NON E' FINOCCHIO!-

-Non m'importa, levalo di lì oppure lo faccio sparire io!-

-Non sarai mica geloso di un ballerino albanese in una foto, eh, Blaise?-

-Io? Geloso!? Tu sei tutta matta...-

-Sì sì...io...-

Blaise stava per ribattere, quando una voce lacerò l'aria fredda del parco e li raggiunse:

-DIANA!-

Diana si voltò. Conosceva quella voce, la conosceva benissimo.

-Lea!- esclamò, mentre un sorriso le nasceva sul volto.

Primo giorno alla Morris-West. Dan è insieme ai suoi compagni di anno. Diana prende un appunto mentale di fargliela pagare al più presto per averla lasciata sola.

Poi, nota una ragazza.

Come lei, sembra spaurita e leggermente fuori posto, con l'aria di chi vorrebbe trovarsi ovunque tranne che lì.

Diana si avvicina, trascinandosi dietro il baule con una Crystal in gabbia leggermente inviperita.

-Piacere, Diana. Nuova, eh?-

La ragazza scruta Diana, indecisa se dare confidenza o no. O forse solo timida.

-Già. Piacere, Lea Artesia.-

-Bel nome, “Lea”. È indiano, giusto?-

La ragazza annuisce, sembra più rincuorata.

-E Diana è latino.-

-Conosci il latino?-

-Adoro leggere di tutto, anche quello.-

-Davvero?- Diana è stupefatta. Così innocente, da dolcissima undicenne, però già così adulta. -Anch'io adoro i libri!-

E cominciano a parlare così, di libri e incantesimi, ignare di quanto quelle due bambine diventeranno grandi. Insieme.

Diana ebbe appena il tempo di vedere un qualcosa muoversi, che si ritrovò stritolata in un abbraccio mozzafiato da un qualcosa di molto simile ad un piccolo uragano.

-Lea, così mi strozzi...- le ricordò, ricambiando però l'abbraccio con pari affetto. La ragazza la lasciò andare, e Blaise poté finalmente vedere chi aveva (per fortuna) interrotto il loro battibecco.

Occhi scuri, grandi, accesi, brillavano in un visetto tondo, abbronzato, schiuso in un sorriso abbagliante e sincero. Capelli neri, dall'aspetto selvaggio e indomabile, erano legati in una coda sulla nuca, da cui decine di ciuffetti dispettosi sfuggivano ogni istante. Un bel fisico, allenato, né magro né grasso, vestiva abiti semplici ma di classe: jeans scuri, una camicia bianca, stivali, un giaccone elegante.

-Perché non ti sei fatta sentire? Pensavamo di darti per dispersa...infatti sono venuta a vedere.- disse, con aria di divertito rimprovero, a Diana, che sorrise.

-Sono stata molto impegnata a salvare il mondo, Lea.- disse.

-Santo Merlino...pazza come sei, ne saresti capace...- commentò Lea, alzando gli occhi al cielo.

-Che bella considerazione hai del tuo capo. Beh, ex capo.- replicò Diana, piccata.

 -Per me rimani tu l'unico capo, Kelly è un Fuhrer.- Diana rise. Una risata cristallina, allegra, che lasciò Blaise e anche Lea basiti, per un solo istante.  -Allora...come te la passi, qui?-

-Ah, benissimo. Non potrei stare meglio.- mentre parlava, Diana si accorse che Lea aveva notato per la prima volta Blaise, ed era arrossita. Niente da fare, si rassegnò: Lea era una inguaribile timidona. Non si era mai innamorata, la sua amica, ricordò: forse era questo che la rendeva tanto imbarazzata. -Ah, giusto. Lea, questo è Blaise, detto Faina, detto Idiota per brevità. Blaise, lei è Lea, americana di nascita e indiana d'adozione.- fece le presentazioni.

-Scusa, perché “Idiota”?- chiese Lea, stringendo la mano a Blaise con lo sguardo basso.

-Perché lo è! Chiaro, no?- poi Diana notò che lo sguardo di Lea, da imbarazzato, si era fatto leggermente malizioso, mentre osservava meglio Blaise e il suo fisicaccio. -Lea...non farti venire strane idee su 'sto coso: è occupato!- l'ammonì, in tono leggero, senza offendere.

-E da chi, scusa?- fece Blaise, guardandola con un sopracciglio alzato e l'espressione di sfida. Diana gli rivolse una linguaccia. Lea, stupita, osservò i due per un istante, sorridendo.

-Diana...sei felice?-

“Sì, sorella. Sono felice. Non immagini quanto.”

Diana sorrise, prese l'amica per un braccio e se la trascinò via, lasciando Blaise, sulla riva del lago, a chiedersi quante altre sorprese Diana avrebbe tirato fuori dal cilindro.

 

-No, aspetta...- Lea interruppe Diana, che stava raccontandole qualcosa. -Fammi capire bene: prima vi detestavate, l'hai addirittura Cruciato e gli hai aizzato contro la Roccia, poi lui ti salva da quei tre beoti (a proposito, come abbiano fatto a batterti rimarrà mistero) e tu gli cadi tra le braccia come una verginella innamorata?- riassunse. Si trovavano nella Torre di Grifondoro, dove Silente aveva permesso a Lea di restare per qualche giorno. Accoccolate davanti al camino, con tanto di cioccolata calda e fumante in due tazze rosse e oro, parlavano da circa un'ora.

-Detta così, mi fai sembrare una facile...te l'ho detto, Lea, è da quando sono arrivata qui che...insomma...-

-Che vi attraete come due marmotte in calore!- Diana scoppiò a ridere.

-Dimmi dove le hai prese, le marmotte in calore.- disse, divertita. Lea gonfiò il petto, orgogliosa.

-Modestamente, sono farina del mio sacco.- disse, scoppiando un attimo dopo a ridere anche lei.

Un rumore di voci, e il buco del ritratto si aprì.

-DIANA, BRUTTA CAROGNETTA MEZZ'AMERICANA, VIENI SUBITO QUI!- ma Diana, reagendo d'istinto, era Scomparsa per riapparire, al sicuro dalle mire omicide di Ginny Weasley, arrampicata agilmente sul lampadario.

-Ora dimmi come hai fatto.- disse Hermione, mentre Ginny si scusava con una Lea alquanto allarmata con la  bacchetta in pugno (ndA: anche Lea è una figlia della Morris, ottimi riflessi anche lei). Diana, dopo aver appurato di non essere in pericolo immediato, Sparì nuovamente e tornò sul pavimento.

-Uso la Materializzazione Elementale, è diversa da quella normale e posso usarla anche dentro Hog...- non era riuscita a finire la frase, perché Ginny le si era scaraventata letteralmente addosso, minacciandola di infliggerle una Cruciatus se non le avesse raccontato tutto su Blaise Zabini e quello che avevano combinato.

-Herm, ma come cazzo fate a saperlo!? Non lo so a momenti io!!- borbottò Diana, liberandosi di Ginny. Hermione si limitò a sorridere misteriosa. Diana alzò un sopracciglio, pronta a ribattere, ma poi si accorse che Lea cercava di mimetizzarsi con la moquette, e decise di fare le presentazioni. -Lea, questa è Hermione, la donna del biondino Malfoy di cui ti parlavo prima, e questa sottospecie di scimmia dai capelli rossi è la futura moglie di Harry Potter, Ginny.-

Di certo, Diana sapeva come zittire le due compagne.

 

Nello stesso momento, una voce strascicata e quanto mai divertita risuonò in tutta la Sala Comune dei Serpeverde.

-Blaise! Grandissimo idiota, dove sei!?- Blaise, nella sua camera, gemette. Draco, l'attimo dopo, irruppe nella stanza, un ghigno compiaciuto sull'affascinante viso.

-Allora! Prima di tutto tira fuori i miei soldi, e poi osa non raccontarmi qualcosa e ti consegnerò personalmente al Signore Oscuro. Te, e la tua ragazza.-

 

-Draco!- un fulmine bruno, un peso non dolcissimo catapultato addosso. Lea, Hermione e Ginny comparvero sulla scalinata, poco dietro quella stranissima, ma incredibilmente allegra, Diana.

-Diana, ci tieni tanto a strangolarmi?- le chiese. Diana lo lasciò andare. Draco si accorse immediatamente di quanto i suoi occhi, di solito gelidi, sarcastici, fossero incredibilmente sereni. Al contrario della donna che appariva quasi sempre, in quel momento Diana sembrava la spensierata sedicenne che in teoria avrebbe dovuto essere.

-Veramente sì. Allora, me lo spiegate o no cosa ci fate qui voi tre? Quei due esseri...- Diana indicò Hermione e Ginny con un cenno della testa. -...Non mi hanno detto nulla.- Draco sorrise. Non poteva farne a meno, anche se non ne avesse un motivo preciso: la gioia di Diana, la sua allegria, erano contagiose.

-Beh, ero ansioso di vedere cosa stavate combinando...- disse, fingendo con poco successo un'aria innocente. Non una delle sue performance più eclatanti.

-Diciamo pure che volevi venire a sfottere.- lo corresse una voce, e il cuore e gli occhi di Diana ebbero un guizzo quando Blaise comparve alle spalle dell'amico, con un sorriso sghembo da furfante e l'espressione alquanto soddisfatta.

-Sono sinonimi.- affermò Draco, mentre Ginny balzava al collo di Blaise e cominciava a tormentarlo come aveva fatto fino a quel momento con Diana. Perché Gin era così: era impossibile non volerle bene, non affezionarsi a lei, non ritrovarsela amica, anche per quei due algidi Serpenti non più così Serpenti. Draco notò Lea, rimasta per tutto il tempo a fianco di Diana, un po' imbarazzata. -Tu devi essere Lea, giusto? Un'altra texana...Piacere, Draco Malfoy.-

 -Ehi, io non sono “un'altra texana”, sia chiaro. Io sono La altra texana, se proprio proprio.- Diana sorrise fra sé e sé, notando che l'amica cominciava ad ambientarsi. Ma poi perse ogni contatto col mondo intorno a lei, quando incrociò lo sguardo di Blaise. Draco, notando le espressioni non propriamente intelligenti dei due amici, scoppiò a ridere.

-Ragazzi, dateci un taglio, ok?- disse, prendendo Hermione per mano e trascinandosela dietro in Sala Grande. Diana colse uno stralcio della loro conversazione.

-Hai visto quant'è contenta Diana? Non l'avevo mai vista così.- stava dicendo Hermione.

-Ti dirò, è la prima volta che non ho il terrore che mi uccida per una battuta di pessimo gusto.-

-Esagerato...-

 -Perché, hai mai visto Diana veramente incazzata, tesoro?-

Lea e Ginny, chiacchierando, seguirono i due compagni in Sala Grande. Blaise e Diana rimasero soli, fianco a fianco, guardando i quattro amici ridere e scherzare mentre si sedevano a tavola.

-È una cosa meravigliosa, la privacy.- commentò Diana. Blaise rise, le passò una mano sulla schiena e la trasse a sé.

-Non dirmi che non ti diverte essere al centro dell'attenzione, perché non ti crederei.- le disse. Diana agganciò le mani dietro al suo collo, muovendo la testa a scatti per liberare il viso dall'espressione sorniona dai ciuffi di capelli.

-Oh, andiamo, ha parlato Mister Modestia.- disse.

-Mai detto di esserlo. A proposito, comunque, ci stanno osservando tutti, compresi i professori.- le fece notare. Per fortuna, oltre a loro sei, a scuola gli altri studenti erano solo quattro, che sarebbero restati sicuramente zitti.

-Non c'è nulla da guardare...- commentò lei. Blaise le rivolse un sorriso molto simile ad un ghigno.

-E allora diamogli qualcosa, no?- Diana sorrise a sua volta, lo prese per il cravattino della divisa e lo trasse a sé, in un bacio così passionale che per un istante Blaise rimase del tutto spiazzato, prima di rispondere con altrettanta passione. La risata altezzosa di Draco e gli urletti eccitati di Ginny li raggiunsero, ma loro due, beatamente concentrati solo sull'altro, non ci fecero nemmeno caso.

E non fecero nemmeno caso allo sguardo scandalizzato della McGrannitt e al sorriso semi nascosto di Silente, dal tavolo dei professori.

Ma sapete una cosa?

Avrei pagato, per vedere l'espressione di Severus Piton in quell'istante.

 

 

[LA GAZZETTA DEL PROFETA (pagina 12, ultima colonna)

Vincent Tiger, Gregory Goyle e Theodore Nott, studenti della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, sono stati aggrediti questa mattina da due personaggi non meglio identificati, presumibilmente donne, secondo le testimonianze del barista del Paiolo Magico, il signor Tom: “ Due ragazze. Sì. Sembravano indemoniate, non hanno nemmeno usato le bacchette ma li hanno massacrati”. I tre ragazzi sono stati ricoverati immediatamente all'Ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche.”

(Omaggio per Honey Evans e iaia_Malfoy4ever ---> cosa diavolo ci fate nella mia fic??? O.o)]

 

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Capitolo 12
*** Liti e Gelosia ***


Quel pomeriggio, sul tardi, sarebbero tornati gli altri studenti, compresi Potter e Weasley

Quel pomeriggio, sul tardi, sarebbero tornati gli altri studenti, compresi Potter e Weasley. Si sarebbe complicato tutto, Blaise ne era perfettamente conscio, mentre stringeva a sé Diana nella sua camera nei sotterranei. Avrebbero dovuto nascondere quello che era sbocciato fra loro e, inevitabilmente, avrebbero dovuto fingere di detestarsi ancora.

La baciò, con foga, come lei stessa aveva fatto pochi minuti prima, nella Sala D'Ingresso. Diana lo spinse sul letto, rimase seduta sulle sue cosce, le gambe piegate, continuando a baciarlo con passione. Gli slacciò la camicia e gliela tolse lentamente, carezzandogli il petto, le spalle, la schiena, godendosi ogni curva, ogni muscolo, il calore della sua pelle abbronzata che scivolava via sotto le sue dita. Blaise rimase a torso nudo. Diana sentiva le sue mani correre sul suo corpo, esperte e audaci. Gli slacciò i jeans, gli permise di entrare in lei.

Un dolce, frenetico dondolio.

Le baciò il collo, le spalle, il seno. La ribaltò sul letto, intrappolata fra le sue gambe, ed entrò in lei ancora più a fondo, strappandole un gemito che lo fece letteralmente andare fuori di testa. Ormai conosceva bene il suo corpo, le sue curve, ma, ogni volta che l’amava, qualcosa in lei gliela faceva desiderare ancora di più, così tanto da provare quasi un malessere fisico. Forse erano le sue carezze, forse il sapore di caffè delle sue labbra, forse i suoi occhi del colore delle nubi d’inverno, ma Blaise sapeva solo che non aveva mai, mai, provato nulla di simile per nessun’altra.

Diana perse coscienza di tutto ciò che aveva intorno, intrappolata in quel piacere profondo da cui non voleva sottrarsi, sentendosi meravigliosamente distaccata da tutto, l’unica cosa vera e concreta era Blaise, il suo corpo, il suo respiro, il suo desiderio. Sorrise, ripensando alla domanda che Lea le aveva posto poche ore prima.

Sei felice, Diana?

Ma Diana sapeva che era un’altra, la domanda celata dietro quelle parole.

Ti sei innamorata, Diana?

E Diana, la risposta, la conosceva.

 

Sala D’Ingresso, quella stessa sera. Un tumulto di persone dai giacconi colorati, dai bauli ingombranti e dai gufi ansiosi di ritornare in Guferia.

-Harry, Ron!- chiamò Hermione. I due ragazzi, con Leo ed Edvige nelle loro gabbie e l’aria alquanto affaticata, mollarono i bauli per andare ad abbracciare l’amica.

-Herm, tutto bene?- le chiesero.

-Benissimo, non potrebbe andare meglio. Sono arrivata stamattina con Ginny.- rispose lei.

-Giusto, volevate sapere come stava Diana…a proposito, dov’è?- chiese Harry, guardandosi intorno. Proprio in quel momento, Diana Apparve sulla scalinata. Aveva i capelli sciolti, leggermente arruffati, e gli occhi che le brillavano. I due ragazzi si voltarono, e le sorrisero.

-Ragazzi!- esclamò lei, notandoli solo in quel momento. Sorrise, e gli corse incontro, abbracciando Ron e saltando in braccio ad Harry, sulla schiena.

Sei spontanea, allegra, gioiosa.

Completamente diversa da quella ragazza che il Trio ha conosciuto.

Ma sono piuttosto contenti, tutti e tre, di non riconoscerti più.

-Diana, ma che hai? Sprizzi energia da tutti i pori!- commentò Ron, stupito.

-Sono contenta. È venuta una mia vecchia amica a trovarmi.- rispose lei, mentendo con una facilità e una faccia tosta invidiabili. Però, a pensarci bene, Lea era davvero uno dei motivi per cui si sentiva così bene. Le era mancata davvero tanto, la sua amica, e non se ne era mai resa veramente conto.

-Ah sì? E dov’è?- Diana alzò un braccio, sempre comodamente appollaiata sulla schiena dell’amico, e indicò Lea che, di fianco a Ginny sulla scalinata, fissava Ron Weasley letteralmente a bocca aperta. Ron alzò lo sguardo, la vide, e per un attimo le loro espressioni furono identiche.

Diana e Harry, invece, ghignarono divertiti.

 

Oh mioddio. Oh-mio-Dio. E quello chi è? Ma è troppo carino! Anzi, no, è bello! Oh mamma, devo avere una faccia da ebete, a bocca aperta e occhi sgranati! Lea, ti ordino di ricomporti IMMEDIATAMENTE!”

Lea sbatté le palpebre, una, due, tre volte, e ricompose il volto in un sorriso. Il rosso, d'altro canto, ci mise un po' di più a mascherare lo stupore. Lea si sentì arrossire: di solito, i ragazzi non la guardavano con quel misto di sorpresa, incredulità e apprezzamento, ma con sguardi decisamente meno casti. Invece l'espressione di quel ragazzo era dolce, sincera, come quella di un bambino.

-Lea, vieni qui!- la chiamò Diana, senza dare il minimo segno di voler scendere dalla schiena di Harry. Rischiando di inciampare sull'ultimo gradino, Lea raggiunse il gruppetto. Rivolse un'occhiata di fuoco a Diana, quando le fece un occhiolino decisamente troppo malizioso, per i suoi gusti. -Ragazzi, vi presento Lea Artesia, viene dalla mia stessa scuola, in Texas. Rimarrà qua per qualche giorno. O qualche settimana...- aggiunse, scambiando con Harry ed Hermione un'occhiata eloquente.

-Se l'occasione lo richiede.- completò Lea per lei, senza staccare gli occhi dal pavimento.

-Loro sono Harry...-

-E Ron.- Ron interruppe Diana, alzando finalmente lo sguardo verso Lea. La ragazza, osservandolo con interesse malcelato, notò che il viso del ragazzo ormai aveva raggiunto lo stesso colore dei suoi capelli, di un rosso acceso, color fiamma. Incontrò quegli occhi azzurri, brillanti e sinceri, e sentì il proprio viso andare a fuoco.

-Di solito, quando si conosce qualcuno, gli si stringe la mano!- suggerì loro l'irritantissima voce fuori campo di Diana. “Appena ti prendo ti ammazzo, Di.”pensò Lea.

 

Tanto non mi prendi, Lea.” pensò Diana di rimando, avvertendo il pensiero omicida dell'amica attraverso la Legilimanzia. Lei e Ron si strinsero la mano, borbottando dei saluti imbarazzati. Diana nascose il viso sulla spalla di Harry, per non farsi sentire sghignazzare come una perfetta idiota.

Quando alzò di nuovo il viso, però, il sorriso le morì istantaneamente sulle labbra, soppiantato da un'inquietante e conosciuta espressione assassina.

 

Non aveva previsto Daphne. Che gli si buttasse fra le braccia e lo baciasse con quella passione fasulla, Blaise proprio non se lo aspettava, men che meno da lei, la vera e propria Principessa delle Serpi, fredda e sinistra come le si confaceva.

-Daphne, togliti di dosso!- esclamò, spingendola lontano da sé, non proprio gentilmente. Si voltò verso Diana, sperando che la folla avesse nascosto quel dannato bacio, ma vide con improvvisa preoccupazione un ben noto sguardo tagliente trapassarlo come una spada.

Dannazione!” imprecò mentalmente, ignorando le proteste di una Daphne assolutamente infuriata. Scambiò un'occhiata con Draco, disgustato quanto lui.

-Daphne, dacci un taglio.- intimò freddamente alla ragazza, prima di dileguarsi nella folla, diretto verso il gruppetto dei Grifondoro.

 

Lea, Hermione e Ginny cominciarono contemporaneamente a tossire rumorosamente, mentre Diana balzava giù dalla schiena di Harry con un movimento fluido che tradiva tutta la sua rabbia. Aveva già visto quella stramaledetta Faina e la dannatissima Serpe scambiarsi effusioni, in passato, ma la cosa a quei tempi non le aveva procurato che un leggero fastidio. Ma ora, così, davanti a lei...l'ira montò con una velocità impressionante, mentre a falcate decise e furibonde attraversava la folla spintonando chiunque le fosse a meno di un metro. Non se ne stava andando, no: lei era pur sempre Diana, la guerriera, e non sarebbe scappata. No. Non prima di aver fatto pagare a quel maledetto bastardo tutta la rabbia che le stava dando quasi la nausea.

Lo vide avvicinarsi a lei. Accecata com'era dalla rabbia, non notò la sua espressione dura e preoccupata.

Lea, da lontano, la vide. “Povero Blaise”, pensò, “Non sa quanto può essere letale una Diana tradita. Mi fa quasi pena.”

L'odio verso di lei nasce.

La rabbia verso di lui cresce.

Ti odio, ti odio, ti odio.

Mi hai illusa, stupido stronzo.

Ti odio, ti odio, ti odio!

Mi odio.

Dovevo aspettarmelo, cazzo!

Mai fidarsi di un Serpeverde. Mai fidarsi di nessuno.

Quante volte te lo hanno ripetuto, stupida cretina che non sei altro!?

E tu continui a fidarti, scema!

Non c'è questa cazzo di felicità, in questa dannata vita! Almeno, non per me!

Mi sono lasciata illudere.

Avrei dovuto prevederlo.

Avrei dovuto evitarlo!

Dove cazzo sei finita, Diana la Guerriera?

Dove diavolo sei, quando ho bisogno di te!?!?

Ti sei fatta fottere. Hai osato essere felice. Ben ti sta, Diana.”

Appena Diana arrivò a tiro di Blaise, prima ancora che lui potesse dire qualsiasi cosa – prim'ancora che potesse aprire bocca –, gli tirò uno schiaffo così forte che lui rimase un attimo immobile, spiazzato, con cinque dita stampate a fuoco sulla guancia. La sua espressione era dura, rabbiosa, identica in tutto e per tutto a quella di un lupo assassino. Un lupo assassino, e decisamente incazzato.

-Diana...- sussurrò Blaise, ma lei non volle sentirlo. Intorno a loro, si era già formato un varco.

Niente di nuovo.

Blaise provò a fare un passo, verso di lei, ma un secondo schiaffo gli suggerì di rimanerle a distanza di sicurezza. Ma, al terzo, le afferrò il polso e la bloccò. Avrebbe voluto trarla a sé, baciarla, stringere il suo corpo, perché la sua espressione aveva risvegliato alcuni dei suoi istinti più violenti.

Ma no, no, meglio di no.

Vide chiaramente gli occhi di lei saettare verso il resto della scolaresca, attenti e gelidi, mentre con uno strattone si liberava della sua stretta per nulla costrittiva. E avrebbe continuato a tirargli sberle fino a sera, e forse anche qualche cazzotto, se quella santa di Lea non si fosse letteralmente materializzata accanto a lei, non l'avesse presa per un braccio e trascinata via, senza che lei opponesse alcuna resistenza.

Blaise sentì qualcuno scoppiare a ridere.

In effetti, la scena doveva essere stata piuttosto comica, per chi non avesse saputo il perché di quegli occhi feriti.

 

-Diana, stai per andare a fuoco.-

-Vaffanculo.- Lea sospirò. Sapeva che l'amica non ce l'aveva con lei, e non se la prese.

-Diana, calmati.-

-Fottiti.-

-Cazzo, Di! Ma che ti sta succedendo? Ti sei innamorata veramente di quell'altro deficiente là?- Diana non rispose, ma distolse lo sguardo. Quanto si detestava, in quel momento. Lea spalancò gli occhi e si batté una mano sulla fronte, stupefatta. -Oddio, ti sei innamorata davvero!- esclamò, allibita.

-Ma che intuizione strabiliante, complimenti, Lea.- ringhiò Diana, con l'espressione di chi avrebbe volentieri ucciso qualcuno.

Si sentiva tremendamente infantile. Non una cosa a cui era abituata. Si sentiva irrazionalmente irosa, ferita, umiliata. Ed era combattuta fra il desiderio di urlare e quello di piangere. No. Piuttosto che piangere per quella carogna, si sarebbe tagliata le vene.

Il brutto era che, una sensazione del genere, Diana l'aveva già vissuta.

Tre anni fa.

C'era una ragazza, carina, seduta accanto a Dan. Lui non la guardava, teneva gli occhi fissi sul bicchiere.

Fissai per un attimo la scena, pietrificata.

Intravidi Kelly dare una gomitata a Scott e fare cenno verso di me. Entrambi scattarono verso il cretino.

E poi la ragazza gli prese la mano.

TUNK!

Un colpo sordo, secco. Un coltello piantato fra le dita della ragazza, penetrato per cinque centimetri nel legno. Lei urlò. I rumori si spensero in tutto il saloon. Gli occhi di tutti si fissarono sui miei, ardenti, ferini. Fissai Dan, che si era voltato di scatto. Vidi la sorpresa allargarsi sul suo viso. Ero furente, lo sapevo. Tremavo di rabbia. Mi voltai e uscii di corsa. Lo sentii chiamarmi:

-Diana, aspetta!-, ma io ero già lontana. Se volevo, correvo veloce.

Volevo allontanarmi, scappare, senza pensare, al diavolo tutto, al diavolo le dannate lacrime che cadevano dietro di me, al diavolo il dolore, al diavolo la sensazione di essere stata fregata. All'improvviso mi sentii afferrare, sbattere contro un muro. Non violentemente, no. Alzai lo sguardo e vidi il viso di Dan. Mi teneva stretta per le spalle.

-Lasciami!- esclamai.

-No adesso ti fermi e mi ascolti!- replicò.

-Non voglio ascoltarti, non voglio sentire niente da te, lasciami andare!- ero in lacrime. Lo sapevo, e mi odiavo per questo.

-Diana piantala! Non è successo niente, che diavolo, calmati!- smisi di agitarmi.

-Ah, non è successo niente! E quella là, allora?-

-Ma se la stavo mandando via, lo sai che fanno così!- era esasperato. Sì, lo sapevo. Aveva un sacco di spasimanti, Dan. E più di una volta avevano fatto quella mossa avventata di provarci. E ogni volta lui aveva reagito in quel modo.

E io mi sentivo una totale cretina.

Visto che io ero ancora in vena omicida, abbassò il viso a livello del mio e mi disse, piano: -Di, per me ci sei solo tu. Lo vuoi capire? Io vedo solo te.-

Non c'era la bugia, nei suoi occhi. Sapevo riconoscere delle parole sincere, e sapevo che lui era assolutamente incapace di mentirmi.

Sapevo che mi amava.

La stessa, identica sensazione. Quella di sentirsi una perfetta idiota. Si era resa ridicola, infantile, identica a ragazze del calibro di Lavanda Brown (detta Lavacca, per brevità), ma aveva letteralmente visto il classico drappo rosso. E non era così superiore da ignorarlo.

Lea la fissò per un istante. Sembrava così ringiovanita, la sua amica; fino a pochi mesi prima, quando la si guardava, si scorgeva la maturità e la durezza di una donna adulta, cinica, disillusa. Ora si vedeva solo un'adolescente ferita...e schiumante di rabbia. Non era certo la prima volta che Diana perdeva il controllo della sua algida maschera di freddezza, ma di una cosa Lea era certa: presto, prestissimo, la ragazza avrebbe riacquistato il suo naturale autocontrollo, e sarebbe tornata ad essere la gelida e assassina Diana dagli occhi di ghiaccio.

Devo ricordarmi di uccidere Blaise.”

-Lea, vado alla Torre. Riesci a inventarti una scusa plausibile per Harry e Ron, per favore?- Diana le stava chiedendo un favore. E lei era una che odiava fare debiti.

Poteva farlo? Certo. Diana le aveva raccontato tutto di quello che era successo a Hogwarts negli ultimi mesi, e poteva benissimo inventare qualcosa per coprire l'amica. Diana l'aveva fatto tante volte, per lei.

-Certo. Vai pure.- le disse. Diana le rivolse un breve, stiracchiato sorriso, e si allontanò alla svelta.

 

-Sono un idiota.-

-Una volta tanto, non concordo.- Draco e Ginny stavano ascoltando Blaise, che si stava auto-maledicendo da almeno dieci minuti. Hermione era di sopra, con Lea, mentre cercavano di inventare una scusa per il comportamento di Diana.

-Avrei dovuto spiegarle di Daphne.-

-Non è colpa tua se te l'hanno affibbiata come futura moglie! Anche io dovrei sposare Pansy, che ti credi, che a Herm faccia piacere?- sbottò Draco, brusco.

-Herm non prova ad ucciderti, no?- sibilò Ginny, metà divertita, metà preoccupata. Poi si rivolse a Blaise. -Lascia che si calmi. Non andare da lei, ora. Proverò io a parlarle, prima, per vedere se riesco a evitare che ti uccida. Poi ti verrò a chiamare.-

-Gin, ti amo.- sospirò lui, sprofondando in una poltrona. Ginny rise.

-Non farti sentire da Dean...- borbottò, ironica.

-Piuttosto non devo farmi sentire da Potter. Non ti stacca un attimo gli occhi di dosso, sai?- Ginny sorrise fra sé, mentre si allontanava dai dormitori serpeverde, mentre il cuore le batteva forte.

 

Diana raggiunse la sua stanza, e vi si rinchiuse dentro, lieta di essere sola. Pochi giorni prima, infatti, aveva usato i suoi poteri per crearsi una stanza singola, tutta per sé. Ora si complimentò con sé stessa, per l'idea geniale che aveva avuto. Si buttò letteralmente sul letto, e cominciò a prendere a pugni un cuscino.

-Maledetto...stronzo...schifoso...bastardo...- accompagnò ogni colpo con un insulto. Si lasciò cadere sul piumino, nervosa e frustrata, girata sul fianco e con lo sguardo, assente, fisso sulla finestra. Morfeus balzò sul letto, e si accoccolò fra le sue braccia. Diana lo accarezzò.

-Sei l'unico uomo che non mi tradirà mai, sai, Morfeus?- mormorò, rivolta al gatto. Quello non rispose subito: forse doveva pensarci un po' su. Rimase a fissare, attraverso la finestra, il cielo diventare via via più scuro, mentre calava la notte. Lentamente, socchiuse gli occhi e si appisolò, un sonno agitato, popolato da quella continua immagine: Blaise, con quella dannata puttana fra le braccia, che la baciava...“Grr...”

-Diana, posso entrare?- la voce di Gin la strappò dal suo agitato dormiveglia.

-No.- rispose, brusca. Non aveva voglia di vedere né ascoltare nessuno, tantomeno Ginny, che si sarebbe schierata certamente dalla parte di Blaise. L'unica persona che desiderava incontrare era Daphne Greengrass, e se fosse successo nessuno avrebbe potuto garantire per l'incolumità della bella Serpe.

-Per favore.- ritentò la rossa.

-No. Gin, è un consiglio, stammi lontano; se vedo qualcuno ora gli sparo.-

-Che?- Diana, suo malgrado, fece un sorrisetto. Ginny non sapeva cosa voleva dire “sparare”.

-Niente, Gin. Voglio restare sola.- rispose, e ignorò per i seguenti dieci minuti le sue richieste finché, esasperata, la rossa non se ne andò. Diana scivolò di nuovo nel mondo dei sogni, dei suoi incubi agitati, dettati dalla rabbia e da qualcosa di più profondo.

Dolore.

 

TOC TOC TOC.

-Vattene.- intimò, senza nemmeno sapere chi fosse.

-Alohomora.- la porta si spalancò. Diana si drizzò a sedere, la bacchetta pronta in mano, quando una presa forte gliela strappò letteralmente di mano. Riconobbe, prima ancora di vederne il proprietario, il suo profumo.

-Vattene!- esclamò di nuovo, tentando di liberarsi. Ma questa volta Blaise non la lasciò andare. Richiuse la porta e la sigillò, prima di sbottare in un:

-Piantala, Diana!- piuttosto seccato. D'altronde, non aveva tutti i torti. Diana lo stava prendendo a pugni, e non erano certo colpi leggeri, i suoi.

-No che non la pianto! Sparisci, vattene di qui!- sibilò lei, trattenendosi a stento dall'urlare.

-Diana, vuoi calmarti un attimo e ascoltarmi, per favore?-

-No. Fuori.- replicò lei, gelida.

-Per favore, Di.-

-Non chiamarmi “Di”!- sbottò lei. Blaise incontrò i suoi occhi, esasperato.

-E come dovrei chiamarti, visto che non so nemmeno qual'è il tuo cognome?- le chiese, sarcastico. Diana distolse lo sguardo.

-Non è affar tuo, il mio cognome.- disse.

-Tu sei affar mio, Diana.- replicò lui.

-Daphne è affar tuo, io con te non voglio aver niente a che fare.- sapeva di stargli facendo del male, ma non le importava. Gliene aveva fatto molto più lui.

-Ascolta, Di...-

-Non chiamarmi “Di”.-

-Diana, allora, per favore, ascoltami. Ti prego.- Diana smise di lottare, e per un istante la sua espressione dura si trasformò in una di sorpresa.

-Parla.- gli ordinò, finalmente. Si liberò di lui e andò alla finestra, ben decisa a non rivolgergli nemmeno uno sguardo.

-Diana, io non so cosa le sia preso, a Daphne. Non stiamo insieme, non ci siamo mai stati, ma...-

-E tutte le volte che te la sbaciucchiavi in pubblico, tutte le volte che te la sei portata a letto, Blaise? Non credere che non lo sappia, perché sbagli di grosso.- Diana si sentiva sempre più simile ad una adolescente complessata. E la cosa non le piaceva affatto.

-Ascolta, Daphne mi è stata promessa in sposa. Dobbiamo mantenere le apparenze, mostrare che le nostre famiglie si uniranno, in futuro.-

-Lo so io, dove si uniranno: al cimitero.- Blaise represse un sorriso.

-Io Daphne non la voglio.-

-Mi è difficile crederti.- Daphne Greengrass era di gran lunga la ragazza più bella dei Serpeverde: alta, capelli rosso ramato, occhi verdi, pelle chiara, corpo flessuoso. La maggior parte dei ragazzi di Hogwarts avrebbe voluto sfiorare quelle gambe perfette e vederle aperte sotto di loro, ma l'unico che fosse riuscito ad avverare quel desiderio era, per l'appunto, Blaise. Non avrebbe mai potuto competere con lei, in quanto a bellezza, almeno.

-Diana, io è te che voglio.- Diana si voltò di scatto, non riuscendo a nascondere la sua sorpresa.

Non ci credo.

Non. Ci. Credo.

Ha appena detto quello che ha detto, o è un'allucinazione?

Oddio, Blaise, non mi sarai mica caduto così in basso, spero!”

 

Sono un imbecille. Sono un completo, totale, assoluto imbecille. Da dove diavolo mi è uscita, questa?” Blaise guardò Diana, che lo fissava con uno sguardo stupefatto.

-In che senso, scusa?- gli chiese. Non avevano mai parlato esplicitamente di quello che c'era fra loro, di un possibile futuro, o del loro passato. Troppo imbarazzante.

Blaise sospirò. Ormai l'aveva detto. Ad alta voce, per giunta, dando vita ai pensieri che da mesi ormai gli rimbombavano nella testa. Se ci fosse stato Draco, lì, avrebbe già cominciato a sghignazzare. “Come rendersi un perfetto cretino in sei parole. Potrei tenere dei corsi serali, ci farei una fortuna.” commentò fra sé.

-Nel senso che...oh, insomma, Diana, devo anche spiegartelo?- sbottò, grattandosi la testa, a disagio. Forse fu solo una sua impressione, ma gli sembrò di vedere l'ombra di un sorriso, sulle sue labbra.

-No.- la voce della ragazza si era addolcita, ma quella dolcezza non aveva raggiunto i suoi occhi.

-Meno male, altrimenti facevamo notte.- un mezzo sorriso malinconico si aprì sul viso di Diana. “Un inizio, Blaise, un inizio.”

-Penso anch'io.- le si avvicinò. Notò con sollievo che Diana non si ritraeva, anzi, gli si avvicinava. Presto poté sfiorarle il viso, guardare i suoi occhi socchiudersi e la sua testa seguire il movimento della mano. Gli posò le mani sul petto, senza spingerlo via.

 

Non mentiva. Cazzo, non mentiva, ho addirittura usato la Legilimanzia per esserne certa. Diana, chissene se c'è andato a letto, anche tu l'hai fatto con qualcun altro, prima di lui! E fidati, cazzo! Diglielo!” Diana alzò gli occhi verso Blaise. Un giovane uomo che voleva lei, solo lei. E che sapeva essere sincero.

E allora, perché non dirgli tutta la verità?

-Blaise.- lo chiamò.

-Sì?-

-Il mio cognome...è Black.-

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My space:

SCUSATEMIIII!!!! Ho dei problemi col pc, non riesco ad aggiornare spesso! Perdonatemi, chiedo venia!!

 

ilaria: Dray ha chiamato herm tesoro solo per farla arrabbiare, hihihih (come sono sadica)...per i diritti, stai tranquilla, non ti denuncerò perché sono mooooolto buona!! (ndDiana: non è vero, ipocrita) (ndMe: TACI!) ti perdono caVa, dormi sonni tranquilli e luuuunghi...

Honey Evans: per fortuna non avete usato le bacchette, ma al povero tom avete fatto venire un infarto!!! La prossima volta trascinatevi quei tre (presi a caso fra la folla) in un vicolo buio no??? ;P

D2OTTO: come hai notato su msn, kledi è una cosa che non finisce mai....;P Cmq Lea rappresenta mione1194, se ti ci vedi allora significa che vi somigliate!!!! ;P

Mione1194: Eccomi, finalmente ce l'ho fatta a pubblicare da sola!! Grazie per aver pubblicato quello prima, mi hai salvata dal linciaggio! Per Lea e Ron, come vedi, qua cominciano a piacersi (hihi povero ronnie) anche se dovra(i) fare i conti con Lavacca...

Selphie: Scusa la gaffe... (me molto rossa) visto cotal smummiata si da il Serpentello fascinoso? Era anche ora, per Diana (scusa Di) (di niente cara....PAGA I DIRITTI)!!! Nei prossimi chap saranno pucciosissimi, fino al diabete per noi che dovremo farci in vena del limone per resistergli!

Diddola: ahimè fra pochi chap cominceranno i problemi veri, poveri Blaise/Diana e Draco/Herm (ndBlaise&Diana&Draco&Herm: QUALI PROBLEMI!?!?!?!?!?!!?!?)

 

nel prossimo chap saranno svelati gli arcani su Diana...quella che è iniziata come una lite si trasforma in una notte luuuuuuuuuuunga..............(ndDiana: povera me)....un bacione a tutti!!!!!!!!!!!!!

 

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Capitolo 13
*** Arakta Shoenn ***


My space (trasferito all'intestazione anziché al piè di pagina

My space (trasferito all'intestazione anziché al piè di pagina...solo per stavolta):

Allora, premessa: questo chap è molto breve, perché voglio che ciò che contiene sia ben chiaro. Diciamo che è il più importante fra tutti, quello in cui si capisce sul serio chi Diana è, sarà, dovrebbe essere. Il titolo del capitolo è in indiano, non conosco il significato letterale ma quello intrinseco è adattissimo al personaggio di Diana che verrà rivelato completamente solo ora. Intanto, grazie alle recensitrici e a chi mi ha aggiunta ai preferiti!! *me muy felice!!!*

 

Ecco le risposte alle recensioni:

mione1194: La vacca e Daphne avranno ciò che si meritano…su Blaise, dai, su, poveraccio, è un bulletto al primo amore ed è pure un maschio, cosa possiamo pretendere!?!?!? ;P Spero che si sia un po’ redarguito, in questo chap!!

Honey Evans: Per Daphne…la vendetta di Diana sarà lenta e dolorosa, muahahahahahahahahah!!!! Spero che Foscolo tu sia riuscita a risolverlo, se hai bisogno a me piace molto posso darti una mano.

Innanzitutto, su Moccia…io non apprezzo come scrive, non mi piace come rende le sue storie, incentrate molto su parolacce e dialettismi, ma le storie in se non sarebbero male, se venissero trattate meglio. Questa è la mia opinione, anche io ho incontrato parecchie difficoltà perché ero l’unica a non innamorarmi del personaggio di step, ecc ecc, però alla fine hanno dovuto ammettere che le mie idee sono mie, e loro non possono cambiarle (vittoria dell’intelligenza)!! Per il libro, grazie, vedrò di leggerlo (anche se non ho più spazio nelle librerie!! ;P). Per le katane…hihi anche i miei la pensano così, ma io ho approfittato di una gita a s. marino e me la sono comprata!! ;P Adoro il giappone, mi attira molto, come vedo attira te, quindi abbiamo una cosa in comune!! E per finire…Finlandese!?!?!?!?!!?!? O.o

Selphie: magari fossero quelle due lì i problemi…ahimè (per Diana: ormai è assodato che io mi diverto perché sono masochista, quindi…) saranno ben più grandi e porteranno un detestatissimo nome: VOLDEMORT…-.- (non si fa mai i cazzi suoi)….grazie per gli auguri!

Diddola: Diana l’avrebbe uccisa, Daphne, però non stava tanto bene e Lea per fortuna è intervenuta…e poi, c’è da ammirare il sangue freddo di Diana, che non ha rivelato al mondo intero che stanno insieme, ma ha trovato una scappatoia per schiaffeggiarlo e farlo passare per qualcosa di normale…fiu…per la vendetta su Daphne (che non so se sia bionda, mora, rossa, verde o gialla a pois arancioni, però mi piaceva l’idea della rossa e…voilà!), mi hai dato un’idea moooolto interessante…muahahahahahahah…

Mara_star: io avrei reagito proprio come Diana, e poi, non ne ha mica avuto il tempo di arrivare mentre si sbaciucchiavano, perché lui le è andato in contro…mi sa che in una occasione del genere si perda un po’ il controllo e si facciano cose sconsiderate, e visto che Diana è una MOOOOLTO impulsiva è già tanto che non li abbia uccisi entrambi…quando Diana s’incazza, come dice Lea, è letale!!! ;P Grazie per i complimenti!!

Ilaria: muahahahahah anche la mia prof mi trucida sempre con lo sguardo!!! E poi, cos’hai da scusarti, stai tranquilla!! In questi chap mi fanno venire il diabete, quei due, tanto sono pucci pucci cici cici cocò cocò (ok non lo faranno mai nemmeno sotto tortura altrimenti li crucio io). Un bacionissimO!!!

D2OTTO: pubblicità occultaaaaaaaaaaaaaaa!!!! Va beh va beh ti perdono…eh già, Diana quando si incazza….mamma mia, non vorrei averla davanti (perché Diana mi sta guardando così male??? Aiuto!!!)

 

E ora, che ho finito di tediarvi, vi lascio al chap (sperando che Blaise abbia smesso di rincretinirsi e Diana di incazzarsi!! ;P).

 

Buona lettura, un bacione immenso e un abbraccio stratosferico a tutte/i!!!!!!

 

**************************************************************

 

-Il mio cognome...è Black.-

 

 

Blaise sbarrò gli occhi, mentre la realtà di quello che Diana aveva appena detto lo colpiva con la forza di un troll infuriato. Black. Diana Black.

Ora tornava tutto.

La parentela con Draco, le somiglianze del fisico e del carattere, il suo aspetto vagamente regale che lo aveva colpito subito...

-Black...- mormorò, cercando di ritrovare un minimo di contegno. -Come la madre di Draco, Narcissa.- Diana annuì. Sembrava che le fosse costato davvero tanto, dirglielo: si stava mordendo un labbro, la cupezza sul viso, gli occhi stretti.

Sapeva che era solo l'inizio.

-Era la cugina di mio padre.-

-Sirius Black.- completò per lei. Diana lo guardò, stupita.

-Sì.-

-Sei la sorellastra di Potter.- Diana annuì di nuovo.

-Sono l'ultima dei Black.- la sua voce si spezzò. Blaise, sentendolo, si avvicinò ancora di più a lei e le carezzò il viso. Per un tempo che parve ad entrambi infinito, non disse nulla.

-Perché l'hai tenuto nascosto?- le chiese, alla fine. A parte la sorpresa, un'inaspettata contentezza lo colpì tutto d'un tratto. Se Diana aveva nascosto la sua identità, un motivo c'era. Un motivo doloroso,

-Perché...perché Diana Cassidy Black è un'assassina. Io sono un'assassina.- le parole le morirono letteralmente sulle labbra, mentre si allontanava di scatto da lui e abbassava lo sguardo.

Io sono un'assassina.

Quanto ti è costato ammetterlo, Di?”

-Chi?- le chiese, preoccupato per l'improvvisa tristezza che vedeva sul suo viso.

-Troppe persone. Ero un'Auror, in Texas.- rispose lei, cupa.

Un pensiero terribile si presentò all'improvviso alla mente di Blaise, prodotto di tanti piccoli indizi che si erano finalmente, perfettamente incastrati fra loro.

Un'Elementale.

Una Purosangue.

L'ultima dei Black.

-Di...- Diana alzò lo sguardo su di lui. -Se ti dico Arakta Shoenn, tu cosa mi rispondi?-

Diana sbarrò gli occhi, mentre il poco colore sul suo volto scivolava via.

Paura.

Vera paura brilla nei suoi occhi.

Paura verso se stessa.

Paura verso ciò che è.

A Blaise, quello sguardo improvvisamente atterrito, ferino, bastò.

Arakta Shoenn.

Si raccontava la sua leggenda da secoli, ormai.

 

Nell'anno Mille, un uomo conobbe un profeta.

Egli era il più potente e il più saggio fra i profeti, colui che solo poteva scrutare nei meandri del futuro.

Il profeta riconobbe nell'uomo il capostipite di una famiglia, nobile, potente, dal sangue puro discendente da mille dinastie magiche; una famiglia che si sarebbe condensata in una sola donna, l'ultima a portare il loro nome, colei che sarebbe stata la custode di un potere più grande di qualsiasi altro.

Un potere che governava gli Elementi della Natura, del Ghiaccio, della Pietra, di tutto ciò che nasce spontaneo.

Un potere capace di distruggere qualsiasi cosa, legato alle emozioni dell'unica regina nascosta dalle Ombre, di cui sarebbe stata sovrana.

Una regina dal cuore di Luce e dall'animo di Oscurità, colei che avrebbe racchiuso in sé il legame fra tutto ciò che è contrario, fra tutto ciò che è complementare, tutto ciò che dà vita e dà morte.

Una regina che sarebbe stata condannata a perdere tutto ciò per cui si batteva.

Destinata ad essere vittima e carnefice del suo Fato.

Pronta a sacrificare sé stessa, per ciò che le sarebbe stato più caro.

Condannata a perdere l'amore, a perdere l'amicizia, a perdere ogni felicità, nell'ultima battaglia contro il suo contrario.

Contrario impossibile da immaginare, perché la Regina sola sceglierà in sé fra Luce e Buio.

 

Diana guardò Blaise. Era impallidito visibilmente, e nei suoi occhi vi lesse stupore, timore, preoccupazione. Tutto ciò che si aspettava, ma tutto ciò che temeva.

Solo due persone conoscevano il suo segreto e non ne erano spaventate. Una, era Lea, la sua migliore amica, la sua compagna di tante avventure.

L'altra, era Draco Malfoy.

Lo sapeva da mesi. Da quella fatidica sera in cui per la prima volta Diana aveva fatto irruzione nel dormitorio serpeverde.

Tutti gli altri...non avrebbero capito. L'avrebbero allontanata, sarebbero stati spaventati da lei, come stava succedendo ora con Blaise. Per questo Diana aveva sempre nascosto il suo cognome: sarebbe stato un ulteriore indizio per scoprire chi lei era veramente.

L'espressione di lui la ferì. Era l'espressione che aveva visto sul volto di tanti, l'espressione che la allontanava per sempre dal resto del mondo.

Si pentì all'istante di essersi aperta con lui. Blaise non avrebbe capito, e lei lo avrebbe perso.

Non voleva perderlo.

Si rese conto solo in quell'istante quanto Blaise contasse per lei.

Quanto fosse importante.

Quanto desiderasse averlo accanto.

Era una sensazione che Diana non provava da tanto.

Una sensazione che non credeva di poter provare ancora.

Si voltò verso la finestra, le braccia strette intorno alla vita, al corpo, l'espressione dura e lo sguardo lontano, indecifrabile.

 

Arakta Shoenn. La regina.

Era davanti a lui.

Era sempre rimasto affascinato da quella leggenda. Fin da piccolo, quando la nutrice gliela raccontava prima di dormire. Lo ammaliava il fascino di quella regina, dolce e segnata, il cui destino era legato inevitabilmente al suo dolore.

E ora sapeva chi era. Sapeva che la leggenda era reale.

Eppure, non riusciva a vederla in modo diverso. Non riusciva a vedere Diana come l'assassina, l'Auror, la Shoenn. No.

Era sempre Diana.

La Diana che rideva, la Diana che lo beccava, la Diana dallo sguardo duro e fiero...la Diana che lo aveva schiaffeggiato (ndA: a ragione, fosse per me l'avrei avadakedavrizzato direttamente!).

Non gli importava.

Non era di Arakta Shoenn, che gli importava.

-Diana...- cominciò, stando bene attento a non sbagliare parole.

Capiva perché Diana avesse nascosto ciò che era.

Era un terribile segreto, che l'avrebbe resa ancor più sola di quanto già non fosse.

Molti avrebbero avuto paura di lei.

L'avrebbero temuta, l'avrebbero denigrata.

Ma lui?

Lui...non era la Regina, che amava.

-Blaise, io non...- bastò uno sguardo, per zittire quella Diana dalle difese abbassate. La raggiunse, le sfiorò la guancia bianca e fredda.

-Diana. È il tuo nome, no? È quello che sei.- le disse, tranquillo.

-Ma...-

-Diana, la leggenda dice che devi essere tu, a scegliere chi essere, o sbaglio?-

 

Questo è un colpo basso, Blaise.”

-Sì...lo dice.- sospirò Diana. -Ma non è così facile come sembra.- Blaise sorrise.

-Lo immagino.- quel sorriso, per Diana, fu un inaspettato sollievo.

Non ha paura di te.

Gli sorrise, di rimando, e un po' della sua sicumera sembrò rinascere nei suoi occhi.

-Blaise...resta qui, stanotte.-

 

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Capitolo 14
*** Una Nuova Normalità ***


TOC TOC TOC

TOC TOC TOC
“Questo dormitorio è peggio di un porto di mare.” commentò Diana fra sé e sé, alzandosi. Indossava ancora la divisa, ma aveva i piedi nudi. Si voltò verso il letto: Blaise dormiva profondamente, il braccio abbandonato là dove lei si trovava fino a pochi attimi prima. Diana sorrise, e andò ad aprire.
-Ciao, Harry.- borbottò, assonnata, aprendo la porta quanto bastava per farsi vedere, ma per non far vedere chi era con lei.
-Ciao, Di. Tutto bene?- le chiese lui, preoccupato. Diana buttò un occhio all'orologio: era l'una passata. “Harry, ti voglio bene, ma sei un completo cretino: tu mi vieni a svegliare a quest'ora di notte per chiedermi come sto!? Ma lasciami dormire!”
-Sì, stai tranquillo.- rispose, evitando di esprimere ad alta voce i propri pensieri.
-Lea ci ha spiegato cos'è successo con Zabini.- “Lea santa subito. Cazzo, però, poteva dirmi qualcosa, chissà cosa gli ha detto...”
-Non è stato niente, solo l'ennesima lite.- minimizzò Diana, sperando in cuor suo di averci beccato.
-Già. Hai fatto bene a schiaffeggiarlo. Sai, anche Herm tirò uno schiaffo a Malfoy, al terzo anno.-
“Ah, ora capisco tante cose. Dev'essere un rapporto causa-effetto: picchi un Serpeverde, e alla fine diventi la sua donna. Comodo. Bisognerebbe scriverlo in Storia di Hogwarts, però, chissà quante ragazze ci sono rimaste fottute...”
-Abbiamo una cosa in comune.- commentò, sghignazzando fra sé e sé. -Harry, va tutto bene, vai a letto che stai per crollare.- aggiunse poi, cogliendo lo sbadiglio malcelato dell'amico.
-Hai ragione, sono esausto. Notte, Di.- così dicendo, le sfiorò una guancia con una carezza, dolce, fraterna.
-Notte, pal*.- Diana ricambiò il sorriso che Harry le rivolgeva, e lo guardò allontanarsi finché non lo vide sparire nel buio delle scale. Poi, richiuse la porta e tornò da Blaise, nel buio della sua stanza, accoccolandosi fra le sue braccia calde, forti, intrecciando le dita con le sue. Era convinta che dormisse, e la sorprese sentire un lieve bacio posarsi sul suo collo scoperto.
-Faccia di bronzo.- le sussurrò.
-Lo so.- Diana si strinse ancora di più a lui, e ben presto si addormentò.


-Quindi tu e Diana vi conoscete da quasi sei anni?- Lea annuì. Il fuoco che ardeva nel camino rendeva insanguinata la sua pelle abbronzata, mentre sorseggiava con aria assorta una cioccolata calda.
-Sì. Ne abbiamo passate tante, insieme. È la mia migliore amica...una delle poche.- Lea distolse lo sguardo dal viso di Ronald Weasley. Il ragazzo colse la sua improvvisa tristezza, e le si sedette accanto, un po' impacciato.
-Perché “una delle poche”?- le chiese, cercando di non sembrare indelicato.
-Oh, sai com'è...diciamo che sono considerata un po' strana, dai più...-
-Perché? Tu non sei strana.- per fortuna di Lea, il bagliore del fuoco nascose il suo rossore.
-Non lo so...forse perché non mi piace uniformarmi alla massa.- rispose. “Grazie a Morgana, Diana non è qui, altrimenti si sarebbe già schiantata dalle risate.”
-Non mi sembra una cosa sbagliata, anzi. Ci vuole coraggio per distinguersi.-
(ndA: e questa perla di saggezza da dove l'ha tirata fuori, dall'incarto dei Baci Perugina!?!?!? O.o)
Lea sorrise. Ron si accorse di quanto il suo sorriso fosse tenero e bellissimo, così diverso da quello di...
Da quello di Lavanda.
Era un sorriso allegro, spensierato, vivo. Ma non era il sorriso svampito delle ragazze vuote e leggere. Lea non era stupida e felice. Era intelligente e felice.


Cos'era quella strana sensazione? Quel batticuore improvviso che le faceva quasi scoppiare le arterie, quell'imbarazzo stranissimo, preoccupante, sospetto? Quella sensazione di felicità che la pervadeva ogni volta che incontrava gli occhi azzurri da cucciolo di Ron?
E, soprattutto, da quando aveva cominciato ad associare quel ragazzo ad un tenero, dolce, affettuoso cucciolone?
-Sei saggio, Ron. La maggior parte dei ragazzi non saprebbe distinguere coraggio da pazzia.- gli disse, rivolgendogli un sorriso. Ron la ricambiò, e Lea sentì le sue guance accendersi di rosso. Perché non riusciva a guardarlo negli occhi per più di un minuto senza arrossire?
Lea soffocò uno sbadiglio, che a Ron non sfuggì.
-Vai a dormire, Lea.- le consigliò, con un tono incredibilmente dolce.
-Credo che seguirò il tuo consiglio...buonanotte, Ron.- disse lei, alzandosi dal divano. Ron la guardò allontanarsi, pensando che non solo era una ragazza dolce e intelligente, ma che aveva anche un bel fisico.
-Sogni d'oro, Lea.- rispose, dopo un po'. La giovane americana sorrise fra sé, mentre risaliva le scale diretta ai dormitori.
Avevano parlato di tutto. Di Hogwarts, dei professori, degli studenti, della scuola di Lea e del Texas. Di tutto, meno di una cosa.
Perché non le hai detto di Lavanda, Ron?


Blaise si destò all'improvviso, quando un pallido raggio di luce lo colpì sulle palpebre chiuse. Per un istante, si chiese perché il sole riuscisse a raggiungere la sua fredda stanza nei sotterranei, poi ricordò. Lenzuola rosse e oro, un detestatissimo poster alla parete. Si voltò, e istintivamente sorrise.
Diana dormiva tranquilla accanto a lui. Girata su un fianco, la mano ancora stretta nella sua, gli occhi chiusi e il volto calmo, rilassato. I capelli scuri, dorati nella luce del sole che li colpiva, le ricadevano morbidi e selvaggi sul viso e sul collo, fin sotto le scapole, sulla camicetta bianca che valorizzava le sue curve generose.
Le scostò i capelli dal volto. Aveva un viso così dolce, bello. Tondo, leggermente scavato sulle guance rosee. Sembrava quello di una bambina, tanto pareva innocente. Nessuno, guardandola dormire, avrebbe mai anche solo immaginato quanto quel viso potesse essere così duro, rabbioso, ferino, come lui l'aveva visto tante volte.
Forse un tempo Diana era stata davvero così. Dolce, buona, allegra. Senza il peso di essere ciò che era, senza la macchia indelebile del sangue sulle sue mani, senza il dolore stampato a fuoco nelle iridi del colore dell'acciaio più gelido.
Ora sapeva. Avevano parlato tanto, quella notte. Sapeva della Morris, sapeva degli Auror (Diana era stata un capitano degli Auror alquanto precoce), sapeva di Scott...e sapeva di Dan. Di quel lui che Diana aveva perduto nel modo più tragico.
Era geloso?
No.
Come avrebbe potuto esserlo?
Aveva capito già da tempo che Diana era stata innamorata, e che la persona che amava le era stata strappata. Conoscerne il nome non faceva alcuna differenza. Certo, il solo pensiero che qualcuno avesse potuto toccarla, sfiorarla, anche solo guardarla, prima di lui, lo faceva friggere di rabbia.
Ma, da quel che aveva capito, Dan l'aveva amata veramente.
Aveva frapposto se stesso fra Diana e la morte.
Come poteva avercela con qualcuno che l'aveva difesa, amata, fino a quel punto?
In un certo senso, in un senso molto lato, Blaise sentiva che quel Dan non gli sarebbe stato poi così antipatico, se lo avesse conosciuto. Senza Diana fra loro, ovviamente.
Lentamente, le carezzò il viso, toccando appena la sua pelle fresca. Si liberò con dolcezza dalla sua stretta, sfiorandole il polso, l'avambraccio bianco. Stando bene attento a non svegliarla, si alzò e, con un colpo di bacchetta, si risistemò la camicia e i pantaloni, rendendoli di nuovo perfettamente stirati. Gettò uno sguardo allo specchio di Diana, e notò di avere un qualcosa di intricato e aggrovigliato, al posto dei capelli. Anche quelli, li sistemò con un incantesimo. Diana, quando lo vedeva al mattino così scompigliato, scoppiava a ridere di gusto, facendogli desiderare di restare così tutto il giorno, pur di sentirla ridere.
“Ma che cazzo ti è venuto, Blaise? Ti sei fatto un'endovena di zuccheri? E piantala!” si disse, rendendosi conto di essere veramente melenso.
 Ripensò ad una cosa che Diana aveva detto la sera prima.
-Lo sai che non puoi più tornare indietro, Blaise?- Diana sapeva quanto difficile potesse essere stare con lei.
-Lo so. Ma non ne ho la minima intenzione. Ora ci sono, e mi dovrai sopportare.-

Diana era sempre un passo avanti a tutti, pensò, mentre si Disilludeva e se ne andava silenziosamente dalla Torre dei Grifondoro. Poi sorrise: gli era venuta in mente un'idea che solo la mente perversa di Diana avrebbe potuto partorire.


Diana si svegliò nello stesso istante in cui Blaise richiuse la porta. Gettò uno sguardo al suo orologio: erano quasi le otto. Tra pochi minuti, la solita Ginny si sarebbe scaraventata in camera sua, per svegliarla con la consueta delicatezza. Per fortuna Blaise se n'era andato prima, anche perché, se l'amica li avesse trovati insieme e addormentati, avrebbe riso per almeno un paio d'anni.
-Diana!- Ginny si fiondò in camera sua spalancando la porta e balzando sul suo letto, costringendola ad aggrapparsi al materasso, per non cadere.
 -Gin, ti aspettavo.- commentò, riprendendosi. Si accorse di Lea ed Hermione che ridevano, sulla soglia.  -Se volete parlare di cose private, entrate e chiudete la porta. Tanto, ormai, questa camera è praticamente pubblica.- disse alle due, agitando la bacchetta per chiudere la porta.
-Allora? Hai chiarito con Blaise?- esordì Ginny. Diana si stropicciò gli occhi, ancora mezza addormentata.
-Sì, abbiamo chiarito.- rispose, e nel farlo alzò gli occhi su Lea, concentrando tutte le sue energie in un unico pensiero: “Sa tutto, ora”.
-Oh, per fortuna!- commentò Hermione, sedendosi sul suo letto.
-Avete scopato?-
-Ginny!-
-No...purtroppo.-
-Diana!- Hermione era scandalizzata.
-Herm, ma cos'hai da rimproverarci?-
 -Ne parlate così! Insomma, è qualcosa di...intimo!- “Herm, sei un'ipocrita. Scopi come una mandrilla con Draco tutto il santo giorno, e poi vieni a fare la paternale a me, e potresti anche averne ragione, e a Gin, che invece è più vergine della Madonna”.
-Come sei arretrata, Herm. Non siamo più nell'Ottocento, sai?- Lea rise, e i suoi occhi scuri incontrarono quelli chiari della sua migliore amica.
“Hai fatto bene, sister.”
“Lo so.”


Quella mattina, Hermione e Diana avevano Antiche Rune alla prima ora. Salutata Lea, che se ne sarebbe rimasta a poltrire (questo il termine usato da Diana) nella Torre, si diressero chiacchierando verso l'aula della professoressa Vector.
-Ci pensi, Herm? Un mese fa, se qualcuno mi avesse detto che avrei fatto una scenata di gelosia a Blaise Zabini, gli avrei riso in faccia...- stava dicendo Diana.
-Ti capisco. È successa la stessa cosa a me, con Draco.- rispose Hermione.
-Non mi hai mai detto com'è iniziata, fra voi.- le fece notare. La dolce Mezzosangue sorrise.
-Oh, beh...è cominciato tutto quest'estate. Prima di unirci al resto dell'Ordine, io e Ginny siamo andate una settimana al mare, da sole.-
La sabbia scivola fra le tue dita, tiepida, morbida. I raggi sanguigni del sole morente ti colorano la pelle, screziandola di rosso, in perfetto contrasto con la tua camicetta di raso verde. Il rumore del mare è calmo, tranquillo, sciaborda sul bagnasciuga lento e delicato, sfiorandoti i piedi nudi. I capelli ti ricadono in morbidi boccoli sulle spalle, sul collo, sull'affascinante abbronzatura che quei pochi giorni in spiaggia ti hanno donato.
Ginny è nel vostro bungalow, sta cambiandosi per la cena. Tu, già pronta, hai deciso di abbandonare le tue ballerine verde scuro sul selciato vicino alla spiaggia, e di venire qui, sola, apprezzando il silenzio che il tramonto porta con sé.
-Ma guarda chi si vede...la Mezzosangue.- una voce strascicata alle tue spalle ti fa sobbalzare. Ti volti, e per un attimo dimentichi qualunque cosa.
I capelli biondi gli ricadono, lisci e umidi, fin sotto le orecchie. Il torace, scolpito e muscoloso, è nudo, e il sole mette in risalto la sua abbronzatura perfetta, non troppo scura. Indossa il costume da bagno, aderente, che – ti vergogni un po' a pensarlo – mette benissimo in risalto il suo bel sedere. Le iridi plumbee ti osservano, curiose, senza l'arroganza che sei solita scorgervi. Sono due bellissimi occhi, quando non odiano.
Ha sottobraccio una tavola da surf. È di un verde scuro, quasi nero, ma reso lucente dall'acqua che ancora scivola su quel colore inconfondibilmente serpeverde.
-Che dispiacere...Malferret.- rispondi, ma sei sicura che Draco – da quando lo chiami per nome? - abbia notato il tuo sguardo imbarazzato corrergli sul corpo apollineo.
È una Dea. Stupenda, bellissima, meravigliosa. Come hai fatto a non notarlo mai, prima?
Ha un corpo meraviglioso. Non è magrissima, come le donne che frequenti di solito. Ha delle belle curve, tutte al posto giusto. E ha quella fierezza, nello sguardo dorato, che non l'abbandona mai.
Ha una bella voce, anche quando è sarcastica.
Da quando pensi certe cose di una Mezzosangue, Draco?
-Sospendiamo le ostilità, Granger. Non ho intenzione di rovinarmi le vacanze.-
-Per me va più che bene...Malferret.- niente da fare. Quella ragazza non è capace di rinunciare all'ultima parola. Ed è una cosa che la rende ancora più intrigante.
Quella sera, per la prima volta, riuscite a parlare senza la tentazione di uccidervi. Hermione – la chiami anche per nome, adesso? - è lì in vacanza, per poco, con la sua amica Ginny. Conosci Ginny: è diventata tua amica quando, per sbaglio, le hai rovesciato addosso un succo di zucca.
E poi, ad una tua battuta, Hermione ride e il tuo gelido cuore di Serpe si scioglie sotto il sole quasi scomparso.
È una risata argentina, spontanea, tremendamente sensuale. È la risata di una ragazza innocente, seduta sulla spiaggia in compagnia del suo peggior nemico.
E, senza pensarci, senza averlo premeditato, le sfiori il viso e la baci.
Non riesci a resistere alla dolcezza di quel bacio. Niente a che vedere con la goffaggine di Viktor: Draco bacia benissimo, senza “aprire le fauci”, come hai visto fare a Michael, il ragazzo di Gin. Le vostre lingue danzano per un eterno istante fra le vostre labbra, senti la sua carezza sul viso e sul collo, sulla spalla, sul braccio nudo. Senti il cuore battere all'impazzata, come se volesse sfondarti la cassa toracica.
Hai ripensato a quel bacio tutta l'estate, alla Tana.
Al sapore del sale delle sue labbra.
Al colore dei suoi capelli sotto il sole.
Ron dice che sei lunatica. Non parli molto, passi il tuo tempo seduta sul davanzale. Gin è l'unica a sapere. Ha cenato con voi e con Blaise, quella sera che sembra già così lontana. Ti ha un po' sorpresa che la rossa fosse così amica di entrambi i Serpeverde. Ma poi hai capito che nessuno può resistere alla sua voglia di vivere. Nemmeno Zabini. E nemmeno Draco.
Forse ora è con Weasley, pensi. Magari Lenticchia ha trovato le palle di dichiararsi, e la Mezzosangue...no, non la Mezzosangue. Cazzo, Draco, non importa che sia una Mezzosangue. È Hermione. La ragazza della spiaggia. La ragazza dalla risata così bambina, eppure così donna.
-Mi dispiace, madre. L'ho baciata, e non me ne pento.-
-Cos'ha fatto per spingerti a baciarla?- la domanda di Narcissa non è sarcastica come può sembrare. Piuttosto, quasi un sorriso si apre sul suo affascinante volto.
-Ha riso.- il sorriso si schiude. Il tuo bambino, Cissy, ha capito ciò che tu conosci da tempo, ma che non hai mai potuto dimostrare.
-Fai quello che ti suggerisce la sua risata, tesoro. Non può sbagliare.- lo sguardo di Draco è stupefatto. Si era aspettato rimproveri, interminabili elucubrazioni sull'importanza del Sangue Puro e sull'esigenza di mantenerlo tale. Non una spinta ad andare da lei.
E a Hogwarts, quel primo di settembre ancora abbastanza caldo, hai incontrato Hermione sotto un faggio nel giardino. Ha voluto parlarti.
-Malfoy, io ho passato un'estate d'inferno pensando a quel bacio. Almeno dimmi che era solo una scommessa, che tutto quello che ci siamo detti era una farsa, così posso mettermi l'anima in pace.- la guardi. L'ultima cosa che vuoi è che soffra a causa tua.
-Non lo era. Hermione, era qualcosa di vero.- ti guarda, stupefatta.
-“Qualcosa di vero”?- annuisci.
-Io non posso mostrare al mondo quanto abbia ripensato a quel bacio. Devo tenerlo nascosto, devo evitare che la gente si accorga di quanto mi ha scosso baciarti. Ma non a te.-
-Draco...- il tuo nome ha un suono così splendido, pronunciato da lei.
-Hermione...finché c'è questa guerra, io non posso mostrarti al mio fianco.-
-Ma puoi avermici lo stesso.-

-Ehi! C'è nessuno, in casa?- Blaise riscosse Draco dai suoi sogni ad occhi aperti. Ripensare ai primi momenti con Hermione lo tranquillizzava sempre, soprattutto dopo aver passato una notte a cercare di arginare la furia di una Daphne Greengrass a dir poco infuriata.
-Ma guarda chi si vede...dove ti eri rintanato, Blaise? No, aspetta, lasciami indovinare...nella stanza di mia cugina. Ci ho preso?- Blaise si sedette accanto a lui, al tavolo delle Serpi.
-Allora lo sai.- commentò.
-Certo che lo so. So anche altro...-
-Anch'io, stupido furetto. Ne abbiamo parlato.- quest'affermazione lasciò Draco completamente basito. Diana non si fidava quasi di nessuno: lui era uno dei pochi a cui, per inesplicabili motivi, aveva concesso la sua fiducia. E ora parlava del suo segreto con Blaise...beh, pensò con un ghigno, quei due gli avrebbero dato presto qualcosa di cui ridere.
Proprio in quel momento, Hermione e Diana entrarono nell'aula di Antiche Rune, l'unica lezione che seguissero tutti e quattro insieme. Diana puntò immediatamente il banco davanti a quello di Blaise, facendo sloggiare con uno sguardo trapassante un Ernie Macmillan piuttosto preoccupato. Si sedette, con la sua solita eleganza, e spinse la sedia sui soli piedi di dietro, rimanendo in perfetto equilibrio senza reggersi al banco. Hermione le dedicò uno sguardo rassegnato: l'insolenza studiata di quella ragazza non sarebbe mai venuta meno. Diana rovesciò la testa all'indietro, incontrando lo sguardo divertito di Blaise.
-E Daphne? Ti ha fatto la scenata o no?- gli chiese, tranquilla. Anche capovolto, il suo sguardo era sin troppo forte per essere quello di una semplice ragazza.
-L'ha accuratamente evitata.- intervenne Draco, che sembrava ridersela alquanto.
-Non ci tengo ad essere Cruciato, sai?- ribatté Blaise, rivolgendogli un'occhiata di ghiaccio.
-“Coraggioso”...si vede che sei un Serpeverde.- commentò Diana, sarcastica.
-Sai, c'è chi dice che il coraggio è la virtù dei folli.- ribatté lui, avvicinandosi al suo viso.
-Capisco perché ti danno del matto, allora.- rispose lei, alzando un sopracciglio e rivolgendogli un sorrisetto che era tutto un programma. “A suo modo, sarà un complimento...” pensò Draco.
-Zabini, signorina Diana, state di nuovo litigando?- intervenne la professoressa Vector che, come sempre, arrivava nei momenti più inopportuni.
-Certo che no, professoressa.- rispose Diana, lasciandosi ricadere sui quattro piedi della sedia.
-Meglio così, perché la lezione è iniziata da almeno dieci minuti.- replicò l'insegnante. -E fate in modo di non distrarvi più, signorina, perché i risultati parlano da soli...- aggiunse, consegnando a lei e a Hermione due fogli. Diana riconobbe la propria scrittura: era il compito in classe che avevano fatto prima delle vacanze di Natale. Le sembrava passata un'eternità. Voltò il foglio, e vide qualcosa che la lasciò stupefatta: una D.
-Cosa!?- esclamò, incredula. Lei, una D in Antiche Rune!? Impossibile.
-Non è possibile!- le voci gemelle di Draco ed Herm attirarono il suo sguardo.
-Anche voi una D?- chiese, la rabbia che vibrava nella sua voce. I due annuirono, allibiti.
-Come avrete notato, i compiti sono andati generalmente male...dico bene, signorina Diana?- chiese la professoressa dalla cattedra, scrutandoli uno ad uno e fermandosi su Diana.
-Che carogna...-
-Diana, forse abbiamo sbagliato noi.- intervenne Hermione.
 -Io non ho sbagliato! È quella che secondo me è in astinenza ed è diventata malefica!- Diana indicò la professoressa con un gesto rabbioso della testa. Era assolutamente incapace di ammettere di aver sbagliato, la piccola Diana.
(ndDiana: se mi chiami un'altra volta “piccola” ti sparo.)
(ndGinny: ancora! Ma che vuol dire “sparare”??)
(ndMe&Diana: -.-'')
-Diana, è una professoressa...-
-Ma chissenefrega! Io le faccio ingoiare il suo maledetto libro e tutte le sue dannatissime Rune, le faccio!- sibilò, agitando il voluminoso tomo di Antiche Rune con fare minaccioso.
-Diana, zitta!- sibilò Hermione, esasperata.
-No che non ci sto, zitta! Porca miseria, Herm, ma ti rendi conto che il suo stramaledettissimo test è andato male a tutti? Che è, colpa nostra, se va in bianco tutte le notti?- replicò lei, irosa.
-A me è andato bene.- intervenne Blaise.
-Taci tu.- gli intimò Diana, voltandosi per un istante. Blaise scoppiò a ridere: l'espressione della giovane Black era troppo, troppo buffa.
-Diana, se ti sente poi sei nei cazzi amari.- commentò Draco, intervenendo per dare manforte alla sua ragazza. Diana lo incenerì letteralmente con lo sguardo.
-E che mi senta! Glielo dico in faccia che è un'aviopenica* cronica, se mi dice qualcosa!-


Per fortuna, la professoressa Vector non la sentì. Alla fine della lezione, in cui i sibili irosi di Diana avevano costretto Draco, Hermione e Blaise a soffocare a forza le risate, Harry raggiunse le due ragazze. Blaise e Draco, istintivamente, si allontanarono.
-Ciao, Harry.-
-Ciao Di, Herm. Tutto bene?- chiese loro il ragazzo.
-No.- risposero in coro. Poi, però, Diana si accorse che Ron non era con l'amico. -Dov'è finito il nostro rosso?- chiese.
-Alla Torre...ha detto di aver dimenticato qualcosa.- Harry, Hermione e Diana si scambiarono un'occhiata eloquente. Nella Torre, c'era Lea.
-Entrappulus.- le orecchie allenate di Diana colsero quel sussurro lontano, ma non poté (e non volle) fare nulla per bloccarlo. Tutti gli studenti che accalcavano il corridoio furono sospinti violentemente lontano da lei, trattenuti da una barriera invisibile. Fece appena in tempo a voltarsi, che un Everte Statis scagliato con maestria e silenziosità la scaraventò contro il muro, bloccandola completamente.


-Sei malefico, lo sai?-
-Ho imparato da te, fratello. Allora, me la dai o no una mano?- Draco ghignò: l'inconfondibile ghigno di un Serpeverde.
-Ma che domande fai? È ovvio.- Draco estrasse la bacchetta, e mormorò un Incantesimo Intrappolante che isolò Diana nel corridoio. Lei si voltò e Blaise, che quell'affronto non glielo aveva mai veramente perdonato, estrasse fulmineamente la bacchetta e le scagliò un silenzioso Everte Statis. Draco capì immediatamente che Diana se lo aspettava: il suo sguardo non mostrava alcuna traccia di sorpresa. Probabilmente, aveva riconosciuto la sua voce.

Diana rimase un istante senza fiato: Blaise avrebbe potuto anche andarci un po' più piano, pensò.
L'attimo dopo, si ritrovò il suo viso a pochi centimetri dal volto.
-Che vuoi, Faina?- ringhiò al ghigno strafottente che aveva ad un respiro dalle labbra.
-Sei una persona intelligente, pivella, dovresti capirlo da sola.- le sussurrò Blaise, provocante apposta. Si spinse ancora di più addosso a lei, facendo aderire perfettamente il bacino contro il suo. Diana ringraziò fra sé e sé Merlino di essere bloccata. Se fosse stata in grado di farlo, gli sarebbe certamente saltata addosso. Con la coda dell'occhio, vide Harry e Draco che si insultavano tranquillamente, il primo bloccato dall'Incantesimo del secondo.
-Cos'è, vuoi vendicarti per quei due buffetti di ieri?- sbottò lei, mantenendo incredibilmente la sua arrogante faccia tosta.
-Esattamente.- rispose lui, con uno sguardo che di casto non aveva proprio nulla. -Voglio qualcosa, da te.-
-Mi dispiace deluderti, ma da me non avrai niente.- sibilò lei, l'arroganza un po' guastata dalle labbra di Blaise che sfioravano le sue, mentre parlava. Non riuscì ad impedirsi, e a dirla tutta nemmeno si impegnò più di tanto, di socchiudere gli occhi, avvertendo ancora più forte la pressione elettrica che correva fra i loro corpi.
-Mi vuoi, vero, pivella?- le chiese, prendendole il mento con una mano e costringendola a guardarlo.
-No.- rispose lei, altezzosa, con occhi accesi non dall'arroganza...ma dal desiderio. “Ma che cazzo di domande fai, Blaise!? Fosse per me ti sarei saltata addosso venti minuti fa!”
-Non sei una brava bugiarda.- fece lui, e all'improvviso premette le labbra sulle sue, spingendole la lingua in bocca e stringendole il viso con una mano. E Diana, ancora una volta, non provò nemmeno a ribellarsi, ma si abbandonò completamente all'irruenza di quel bacio, udendo a malapena le proteste schifate di Harry. Ricambiò Blaise con la stessa violenza, sentendo il suo respiro farsi più affannoso e il suo tocco farsi più profondo, le mani che correvano sul corpo che ben conoscevano, una in fondo alla sua schiena e l'altra fra le sue gambe.
All'improvviso, con un gesto rabbioso della testa, si liberò del suo bacio e dell'Incantesimo. Piuttosto a malincuore, potrei aggiungere.
-Scusa.- gli sussurrò a fior di labbra, senza quasi muovere le sue. E poi...

Blaise sentì la ginocchiata andare a segno. Istintivamente, si piegò su se stesso, colpito proprio là, nel suo piccolo. Diana ne approfittò, e lo spinse violentemente lontano da sé, mandandolo a sbattere contro l'altra parete. Il suo udito riprese a funzionare, sentì il rumoroso sollievo di Harry, e Draco che letteralmente ululava dal ridere.
-Riprovaci, Faina, e te lo taglio. Se ne è rimasto qualcosa.- disse, prima di estrarre la bacchetta e liberare il resto della scolaresca, raggiungere una Hermione sull'orlo di un collasso e un Harry quanto mai contrariato.
-Diana, stai...- lo zittì con un gesto della mano.
-Vado in bagno a lavarmi la bocca.- annunciò in tono disgustato, in modo che i due Serpeverde (entrambi riversi a terra, uno scosso dalle risate, l'altro in preda ad un dolore lancinante) la sentissero.
Chiuse la porta del bagno, e vi si appoggiò. Per la prima volta da quando si era separata da Blaise, permise al proprio volto di rilassarsi in un sospiro: l'aveva lasciata quasi senza fiato, quel bacio, e le aveva fatto balenare in mente qualche idea che, se Blaise non si fosse dato una mossa, l'avrebbero fatta impazzire. Quasi sentiva la voce di Lea.
Depravata.
“Non è vero.”
E come ti definiresti!?
“Guarda che ha iniziato lui.”
Ah, perché tu ti sei ribellata, vero? Potevano scoprirvi!
“Era tutto programmato.”
Certo non da te! In mezzo al corridoio...Dio, Diana!
“Puoi chiamarmi semplicemente Diana, sai?” Diana rise fra sé, mentre la voce della sua migliore amica la mandava a quel paese.

Diana sentì la maniglia della porta abbassarsi. Un semplice incantesimo non verbale rese per un istante il legno bianco trasparente, permettendole di vedere chi volesse entrare.
Aprì la porta, mentre una risata le nasceva sulle labbra.
-Mi hai fatto male.- esordì Blaise, irritato solo a metà.
-Oh, povero, piccolo Blasie...- sghignazzò lei, appoggiandosi ad un lavandino per non rischiare di perdere l'equilibrio, tante erano le risate che la scuotevano. Blaise le arrivò addosso, prima che potesse rendersene conto, e la baciò con forza, mentre con la bacchetta sigillava e insonorizzava la stanza. Diana quasi cadde nel lavandino, e Blaise la sostenne (da perfetto gentleman?) stringendola sulle natiche, stringendola a lui.
-Me la paghi, questa.- le sussurrò, senza l'ombra di cattiveria.
-Che paura...- ribatté lei. Blaise fece un sorrisetto, e con un solo movimento entrò in lei, facendole sgranare gli occhi. Non si era nemmeno accorta di essersi lasciata spogliare.
È una continua lotta, fra te e Blaise.
Una lotta che si condensa in una passione che non si ferma mai.
È una battaglia fra due vincitori.
È un continuo stuzzicarsi, prendersi in giro, ma entrambi sapete che è solo un gioco.
Perché quello che c'è dietro alle battute, alle frecciate velenose, alle provocazioni, lo sapete solo tu e lui.
È amore.

(ndA: altrimenti detto, sono solo giochini erotici...)
(ndDiana: MUORIIIIII!!!!!!)

-AHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!- la risata di Draco rimbombava nel dormitorio serpeverde, deserto. Il proprietario di quella risata sgangherata era in quel momento accasciato fra i cuscini del proprio letto, di fianco ad una Hermione altrettanto divertita, ma parecchio più composta.
-In questo periodo sei piuttosto allegro, vero, furetto?- gli chiese Diana, dal suo comodo posto sullo schienale della poltrona di Blaise, con le gambe dietro la schiena di lui, spettinandolo con aria distratta mentre lui, con altrettanta noncuranza, se li risistemava. (ndA:oooh, ma che pucciosi!)
-E certo...tra quello lì che si fa delle seghe mentali non da poco, tu che fai delle scenate da tragedia greca, e insieme mi combinate dei lavori come quello di stamattina...beh, ho di che divertirmi.- rispose. Diana ed Hermione erano riuscite a sgattaiolare via dopo cena con la scusa di dover andare in biblioteca, e avevano raggiunto i due Serpeverde nel loro dormitorio, precisamente nella stanza di Draco che, insonorizzata e dotata di tutti i comfort, era l'unico luogo in cui potessero rifugiarsi.
-Lieta di essere per te motivo di ilarità, caro cugino.- disse lei, altezzosa. Draco la squadrò per un istante, osservando l'espressione fiera e arrogante nei suoi regali lineamenti.
-So che mi ucciderai, per questo, ma in questo istante sei uguale a zia Bellatrix.- lo scatto della testa di Diana, il suo sguardo assassino, non giunsero inaspettati, ma lo inquietarono comunque.
-Già il solo pensiero di avere parte del sangue in comune con quella maledetta mi fa accapponare la pelle, Dray...non ricordarmi che certi aspetti del mio carattere sono uguali ai suoi.- disse, gelida. Blaise, cogliendo l'odio vibrante nella sua voce, le carezzò una gamba e la risalì, per arrivare alla sua mano. Diana ricambiò la sua stretta, con forza.
-Scusate, non vorrei interrompere il vostro scambio di battute, ma...in che senso, “cugini”?- intervenne Hermione, perplessa. Blaise, Draco e Diana si scambiarono un'occhiata. Poi, dopo un istante, Diana annuì.
-Sirius era mio padre, Herm.- la informò, con voce inespressiva. Hermione quasi cadde dal letto, improvvisamente senza respiro.
-Cosa!?- esalò, riprendendo un po' di fiato. -Tu sei una Black?-
-Eh già.- rispose. Draco notò lo sguardo della cugina, perso in lontananza, e si affrettò a fermare il fiume di domande che era sorto sulle labbra di Hermione.
TOC TOC TOC!
Qualcuno cominciò a bussare furiosamente alla porta di Draco, facendoli sobbalzare tutti e quattro.
-Malfoy...- già a sentire quella voce, Draco e Blaise avrebbero voluto gridarle di tacere. Per il suo bene, ovviamente. Perché l'espressione di Diana, nel sentire la voce di Daphne Greengrass, era diventata a dir poco inquietante. -Dimmi che quel cretino di Blaise è lì!-
-Intelligente, la tua futura moglie. Ti ha già inquadrato.- commentò Diana, un sorriso crudele che le si disegnava sul volto. Ancora una volta, la Serpe che era in lei la spingeva a colpire.
(ndA: muahahahahahah!! Vendetta, tremenda vendetta!!!)
Calma, Diana. Calma. Tranquilla.
Ti hanno insegnato come fare. Sei la migliore.
Alzati. Con eleganza. Vai ad aprire la porta.
Godi nel vedere l'espressione della Serpentella farsi da arrabbiata, a sorpresa, a spaventata.
-Qualche problema?- chiedi, tranquillamente. Senti Blaise comparire dietro di te.
-Allora è per questa troia che hai mollato me, eh?- Blaise alza gli occhi al cielo quando il tuo sinistro parte.
Nessuno, nessuno, può dare della troia ad una Black e poterlo raccontare.
E in quel pugno metti tutta la tua rabbia, tutta la tua gelosia.
Povera Daphne. Si è rovinata il suo bel faccino.

Blaise le afferrò il polso prima che potesse scaraventarsi con tutta la sua forza addosso all'atterrita Serpeverde. Diana non si ribellò a quella stretta, non cercò di attaccare ancora. Quello che voleva, l'aveva ottenuto.
La sua battaglia l'aveva vinta.
Estrasse la bacchetta, così velocemente che Blaise nemmeno la vide, e mormorò: -Oblivion.-
-E così, questa ce la siamo tolti dai piedi.- commentò, guardando gli occhi verdi della Greengrass farsi vuoti e spenti.

Torre di Grifondoro. Lea e Ron stavano chiacchierando amabilmente, sotto gli occhi di un Harry e una Ginny quanto mai contenti, quando una voce attraversò la sala comune.
-Ronron!!- l'espressione di Lea s'irrigidì. Ron provò a dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma prima che potesse farlo un qualcosa di biondo gli si slanciò fra le braccia, baciandolo con passione. Ron provò ad allontanarla da sé, ma Lavanda gli si avvinghiò ancor più stretto addosso. Era quasi possessiva, la stretta della giovane Brown; non si era mai comportata così. Sembrava l'avesse fatto apposta, a balzargli fra le braccia mentre parlava con Lea.
Avrebbe giurato di sentire un singhiozzo, prima di vedere una macchia scura correre via.

“Mi ha illusa. Illusa!” ripeteva una voce nella sua testa, in continuazione. Non riusciva a fermare le lacrime, non riusciva a smettere di correre, pensando di essere stata una vera sciocca a...a fare cosa? Cos'era che si era ritrovata a provare, in meno di dodici ore, per quel ragazzo?
Non guardò nemmeno dove stava andando, finché non sentì una voce familiare e una stretta intorno al gomito.
-Lea! Fermati!- le intimò la voce sferzante di Diana. No, non Diana. Il capitano. A cui si deve obbedire sempre, come insegnavano alla Morris.

Lea si fermò. Anche perché Diana era il doppio di lei, e la sua stretta le impediva di allontanarsi ancora. Ma non voleva allontanarsi, non voleva andarsene. Voleva la sua amica. Voleva il suo capitano. Voleva che, come aveva fatto tante volte in mezzo ai guai più disparati, le dicesse che sarebbe andato tutto bene, che avrebbe trovato una soluzione. Tutto qui.

Lea era stravolta. Sembrava sull'orlo delle lacrime, ma era troppo orgogliosa per scoppiare in lacrime davanti ad uno sconosciuto quale era Blaise, che, accanto a Diana, la guardava, perplesso e preoccupato. La mora gli fece un cenno, consigliandogli di andarsene. Le sfiorò un braccio, mentre si allontanava. Appena se ne fu andato, Diana costrinse Lea a guardarla.
-Cosa è successo?- le chiese, senza tanti giri di parole.
-Niente.- rispose lei.
-Lea, tu non piangi mai. Ora lo stai facendo. Cos'è successo?- le chiese di nuovo, brusca.
-Mi sono solo fatta dei castelli in aria. Tutto qua.- il labbro di Lea tremò pericolosamente. E poi, Diana capì, e mentalmente si prese l'appunto di uccidere Ronald Weasley. (ndDile: ma no!! Solo Lavanda!!)
-Hai conosciuto Lavanda Brown, eh?- Lea annuì bruscamente, senza guardarla.
Diana sentì montare la rabbia. Lea quasi tremava, aveva il viso rigato di lacrime, la delusione dipinta negli occhioni scuri e il dolore scritto nel cuore. Avrebbe dovuto aspettarselo, Diana, che quel momento sarebbe arrivato. Lavanda non era una che passava troppo tempo lontana dal suo adorato “Ronron”, e presto si sarebbe messa in mezzo fra la sua amica e il rosso. Però, a dirla tutta, Diana si sarebbe aspettata più sincerità, da parte di Ron.
Una Lea entusiasta, quella mattina, le aveva raccontato di come avesse passato la notte a parlare con Ron, di quanto le piacesse, di come si sentisse bene in sua compagnia...e, quel pomeriggio, Ron le aveva ripetuto le stesse cose. E ora la bionda svampita rovinava tutto prima ancora che qualcosa nascesse.
-Lea, ora sistemiamo tutto, ok? Ora andiamo su, uccidiamo Lavac...ehm...Lavanda...e tu parli con Ron, ok?- la battutaccia di Diana riuscì a farla sorridere.
-Poteva dirmelo, però.- mormorò, mentre Diana se la trascinava letteralmente lungo i corridoi.
-Eh già...ma si sa, gli uomini sono tutti dei deficienti.- rispose lei.
-Anche Blaise?-
-Soprattutto Blaise. A proposito, hai saputo il bello scherzo che mi ha combinato stamattina?- cercava di distogliere l'attenzione di Lea dal dolore che Ron le aveva provocato, anche perché presto avrebbe dovuto farci di nuovo i conti. E funzionò: il cipiglio dell'amica si fece istantaneamente severo.
-Sì...è stato imprudente, potevano scoprirvi.- Diana scoppiò a ridere: erano le stesse parole che si era immaginata quella mattina. Precise e identiche.
-Lea, ti voglio bene, lo sai?- Lea questo non se l'aspettava. Diana non era una persona dalle manifestazioni verbali di affetto...in altri tempi, in tempi più sereni, quando era contenta e voleva raccontarle qualcosa, Diana le si scaraventava letteralmente addosso, abbracciandola. Da un anno a questa parte, da quando Dan e Scott erano morti, Diana si era fatta distante, distaccata, aveva rinnegato ogni contatto umano...anche se, forse, sarebbero stati la cosa migliore, per lei. Ma Diana voleva sempre fare tutto da sola: non accettava aiuto, da nessuno. E forse era questo che la storia con Blaise stava demolendo.
-Lo so, Di. Ma non mi starai diventando sentimentale, eh?- le chiese, con un sorriso umido di lacrime.
-Forse, sister. Forse.-

Sala comune di Grifondoro.
Occhi chiari comparvero a meno di un metro da Ron e Lavanda, seguiti presto dal resto di una Diana quanto mai arrabbiata. Ma la scena che si parò davanti a lei e a Lea fece dimenticare ad entrambe il motivo della loro giusta rabbia. Anzi, furono tentate di scoppiare a ridere.
-Che cosa hai intenzione di fare, lasciarmi!?- sbottò una Lavanda dall'aria indignata, i capelli biondi tutti scompigliati e il trucco sbavato.
-Beh...forse...- povero Ron.
-Come, forse!?!?!?- strillò la bionda, totalmente fuori di testa.
-No, non forse...sì.- borbottò lui, più convinto. Lavanda si voltò verso Lea, con una espressione a dir poco folle negli occhi.
-È colpa tua! Puttana!- strillò. Diana scoppiò a ridere un attimo prima che Lea partisse in quarta addosso a Lavanda.
-Vai Lea!!!- esclamò saltellando sul posto, attirando su di sé gli sguardi di un Harry che un'esclamazione del genere, da lei, proprio non se l'aspettava. -È stata Ginny.- fece lei, con aria seria, indicando la rossa.
-Non è vero! Sei tu che sei un'invasata!- protestò Ginny. Lei e Harry scoppiarono a ridere, mentre Diana balzava in avanti per separare Lea da Lavanda, coadiuvata da un Ron che, da perfetto cretino, si sentiva fiero di avere due donne che si picchiavano per lui. Diana passò un braccio intorno alle spalle di Lea e la trascinò via, sghignazzando come un'idiota, fino ai dormitori femminili.
-Mi ha dato della puttana! A me! Ma si è vista allo specchio!?- sbottò Lea, appena l'amica la lasciò andare. Diana non rispose: era momentaneamente incapace di articolare discorsi articolati, dato che le risate le impedivano praticamente di respirare.


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My space:
Eccomi qua! Alur alur, questo chappy…a parte che è lunghissimo, mamma mia…alcune scene mi fanno sputtanare dal ridere, altre sono pucciolose e tenerone (vedi: quando dormono insieme o quando sono nella camera di Draco…duciiiii!!!)…spero di non avervi fatto venire il diabete! Sono parecchio affezionata a questo chap, mi piace davvero tantissimo, fatemi sapere mi raccomando se per voi vale lo stesso!!
E ora, passiamo ai ringraziamenti:
D2OTTO: le parentele te le ho spiegate su MSN…quindi siamo a posto…per quel progetto che mi dicevi, tu proponi un’idea e io sono subito pronta, ok? ;P
Mione1194: guarda che non mi offendo mica se mi elogi…muahahahahahah me molto vanitosa!!!…beh cmq…spero che ti sia piaciuto questo chap, con l’assalto a Lavanda ù.ù quanto mi sono divertita, mi sembravo Diana!!!
Honey Evans: pensa che io stravedo, come la nostra cara Diana, per Kledi Kadiu…il 17 maggio vado a Milano a vederlo!!! Muahahahah preparate le barchette perché io SBAAAAAAAAAAAAAV!!!! Sono contenta per Foscolo, è sempre stato uno dei miei preferiti (anche se molti mi prendono per matta quando lo sanno)…spero che Blaise anche qui ti sia piaciuto!
Diddola: ma grazie…oddio arrossisco, non credo di meritarmeli tutti questi complimenti!!! ;P Blaisuccino pottolino dolciolino…mi sa che se esistesse veramente gli salteremmo tutte addosso, che ne dici? ;P
Ilaria: sia chiaro, a te Draco, a ME Blaise…come su Sirius ci ho messo il Marchio Viola (sai, il Marchio Nero mi sapeva un po’ di Mangiamorte)…anche a me fa tanta tenerezza rileggere i primi chap, quando si tormentavano e punzecchiavano (perché, adesso cosa fanno!?!?!?)!!! Spero che questo chap ti abbia fatto ridere la metà di quanto rido io leggendo la tua fic, perché ne sarei veramente fiera!!
UN BACIONE IMMENSO A TUTTE!!!

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Capitolo 15
*** Boxe, Feste e Primi Baci ***


Nuova pagina 1

Le giornate scivolavano placidamente attraverso un gelido gennaio. Diana era riuscita ad evitare che Lea uccidesse Lavanda nel sonno, non tanto per simpatia verso la Brown, quanto per proteggere l'amica da imbarazzanti accuse di omicidio che avrebbero potuto farle in seguito, se l'avesse ammazzata. “Uccidere le persone è ancora un reato, dall'ultima volta che ho controllato”, aveva detto saggiamente, ma Lea l'aveva squadrata male e aveva risposto: “Quella non è una persona, è una vacca. La gente se le mangia, le vacche”.

Inutile dire che Ron si spanciava dal ridere ogni volta che Lea partiva in una filippica contro Lavanda Brown.

Che quei due si piacessero, era palese: erano sempre insieme, non si staccavano mai l'uno dall'altra, quando parlavano fra loro faticavano a prestare attenzione al resto del mondo, col risultato di ignorare le diverse risse che Diana scatenava di proposito, pestifera come non mai, contro tre Serpeverde a caso appena dimessi dal San Mungo. Eppure, nonostante le spinte di Hermione, Ginny, Harry, e soprattutto dell'onnipotente Diana che tutto vedeva e tutto sapeva, quei due non si erano ancora messi insieme.

Un giorno, una delle rare volte in cui Diana era riuscita a strappare Lea dalle attenzioni di Ron, le due si erano rinchiuse in camera di Diana, rubando ai rispettivi ragazzi un paio d'ore in cui avevano entrambe bisogno di sfogarsi con l'altra.

-Allora? Ti ci metti o no?-

-Diana, non mettermi fretta, ok? Se me lo vorrà chiedere, gli dirò di sì.-

-Ooh, Lea, siamo nel ventesimo secolo, non nel Medioevo! È la donna che deve fare la prima mossa!-

-Non mi sembra però che sia stata tua la prima mossa, con Blaise.- Diana aveva sorriso, un sorriso inaspettatamente dolce, sereno, e si era lasciata cadere sul suo letto, sgangherata come sempre.

-Ah, beh, sai che io non sono da prendere a esempio.-

-Mmm...-

-“Mmm” cosa, leoncina?-

-Niente...- aveva risposto Lea, con aria da finta tonta.

-Sì, guarda...li conosco i tuoi “niente”...-

-Ma se ti dico “niente”, è niente!-

-Vabbé, lasciamo perdere...però, dai, prova anche solo a parlargliene, così, butta l'idea a casaccio mentre chiacchierate, oppure...beh, mentre fate altro...- Diana si era ritrovata un cuscino spalmato in faccia e il poster di Kledi a rischio di incendio.

-Diana, sei una pervertita. Solo perché tu e Blaise scopate come due ricci arrapati in qualunque angolo della scuola, non significa che tutti debbano seguire il vostro esempio!-

-Lea, senti, se non te ne sei accorta...-

-Di cosa?-

-Non sono l'unica a scomparire per lunghe notti infuocate di passione...guarda Herm! O Lavacca, che si è consolata presto con Seamus...-

-Diana, sei più sboccata di un goblin strafatto di marijuana.- Diana aveva riso, poi era tornata seria.

-Cambiando argomento, Lea...non mi hai detto nulla di quello che sta succedendo nel Limbo.- Lea aveva sospirato, e si era fatta seria anche lei.

-La nostra squadra ora è sotto il comando di Kelly. Io, Alex e Melissa.-

-C'era da immaginarselo. Dopo di me, è la migliore.-

-Modesta...però Kelly è cambiata tanto, non la riconosceresti più se la vedessi...è quasi...beh, cattiva. Sadica. Sembra...beh, sembra te, prima che venissi qui ad Hogwarts.- Diana aveva sospirato. Ricordava quale periodo aveva passato, prima di giungere in Inghilterra. Ricordava il suo essere vendicativa, sanguinaria, svuotata da tutto. Lo ricordava veramente, veramente molto bene.

-Immagino quanto mi voglia morta. Non mi ha mai perdonato la loro morte.- Lea era stata sollevata nel sentire solo una punta di amarezza nella voce dell'amica: stava finalmente superando il dolore, dopo tanto tempo.

-Già...ti ritiene una codarda, perché te ne sei andata.-

-Sa benissimo che non l'ho fatto per codardia. Altrimenti l'avrei fatto subito dopo la loro morte.-

-Guarda che lo so, Di. Come lo sa Alex, come lo sa Melissa. Ma Kelly...beh, Kelly non ha trovato qualcuno con cui ricominciare a vivere, come hai fatto tu.-

Prevedibilmente, qualche giorno dopo quella conversazione, un'aspra lettera di Kelly Galindez aveva intimato a Lea di tornare in Texas, a compiere quello per cui gli Auror la pagavano. Lea aveva deciso di partire subito, perché sia lei che Diana sapevano che, se avesse tardato nel tornare, Kelly sarebbe stata capace di scagliarle qualche Cruciatus.

Quella stessa sera, nella Sala d'Ingresso, Lea era pronta per partire. C'erano tutti: Harry, Hermione, Ginny, un Blaise e un Draco appostati nella penombra, lontani dal gruppetto, Ron, e naturalmente Diana. Lea salutò tutti quanti con un abbraccio: come Diana, aveva trovato in loro dei veri amici.

-Fa' la brava, eh, che se no mi tocca venire a salvarti la pelle.- le consigliò Diana, abbracciandola.

-Beh, non sarebbe la prima volta...- commentò lei.

-Verissimo. Salutami il pivello e Melissa, mi raccomando.- ma Diana si accorse immediatamente dello sguardo che correva fra Lea e Ron. Si allontanò dall'amica e prese Harry e Ginny sottobraccio, trascinandoseli praticamente dietro ignorando le loro proteste (inguaribili ficcanaso), seguiti da un'Hermione molto soddisfatta.

Lea li guardò allontanarsi.

-Mi mancherete tutti, Ron.- disse, senza guardarlo.

-Anche tu mi...cioè, ci mancherai molto.- balbettò lui, molto rosso in viso.

“Oddio, oddio, oddio...e adesso, che faccio?” pensò Lea.

-Ron...- cominciò, senza ben sapere cosa dire oltre al suo nome. Ron sembrava a disagio, mentre la interrompeva e le si avvicinava di qualche passo. Entrambi sentirono il cuore partire a mille e il viso accendersi di un rossore che non aveva nulla a che fare con l'imbarazzo.

-Lea, prima che tu te ne vada...- Lea alzò gli occhi scuri su di lui, e Ron capì che dire altro non sarebbe servito.

“Forza, Ronron! Baciala, che cazzo stai aspettando!?”

Ron si avvicinò a Lea, che si accorse di non riuscire a muovere nemmeno un muscolo, tanto era tesa e agitata. Era bella. Molto più bella di qualsiasi altra ragazza avesse mai guardato, molto più bella di Fleur, di Hermione, di Diana, di sua sorella Ginny. Mille volte più bella di Lavanda, più spontanea, più allegra, più...più tutto.

Ron abbassò il viso, la guardò un ultimo istante negli occhi e la baciò.

“Oddioooo!” fu l'unico pensiero di Lea, quando sentì il contatto delle labbra sulle sue. Sentiva di stare per svenire. Lo sapeva. Il suo primo bacio...

Lentamente, seguendo per una volta l'istinto che parlava con la perversa voce di Diana, schiuse le labbra e lo sentì approfondire il bacio, dolcemente, senza foga né fretta. Niente a che vedere con i baci di Diana e Blaise, che quando si attaccavano sembravano andare letteralmente in apnea. Quello era un bacio dolce, morbido, casto...stupendo.

Lea non si accorse nemmeno di essersi lasciata abbracciare, di aver posato le mani sulle sue spalle scolpite dagli allenamenti di Quidditch, tanto la sua mente era concentrata sulla sensazione più bella che avesse mai provato. Desiderava soltanto che quel momento durasse in eterno, per sempre, in cui c'erano solo loro due, senza nessun altro. Fu a malincuore che si separò da lui, ma Ron la tenne abbracciata, vicino a sé, carezzandole i capelli e il viso, respirando il suo profumo fresco, frizzante, sbarazzino quanto lei.

Rimasero così, abbracciati, per un tempo infinito. Fu Lea a ricordarsi improvvisamente di doversene andare, e a malincuore si separò da lui, senza dire nulla, rossa in viso come un rapanello.

-Lea...- la chiamò Ron, quando ormai era sulla soglia del portone di Hogwarts. Si voltò, trovandolo di fronte a sé. Le posò un secondo bacio sulle labbra, casto, puro. -Buon viaggio, Lea.- Lea gli sorrise.

-Grazie, Ron.- rispose, lasciandolo con una carezza sul viso e il suo profumo ancora in testa. Rimase a guardarla allontanarsi, correre sulla neve bianca, finché non fu scomparsa oltre i cancelli di Hogwarts.

-Ronnie sei un mito!!- esplose una voce dietro di lui, e l'attimo dopo si sentì stritolare da un abbraccio straordinariamente simile a quello di sua madre.

-Ginny, così mi strozzi...- le fece notare, visto che stava assumendo un colorito bluastro.

-E bravo Ron, ti sei svegliato!- Harry gli diede una pacca sulla schiena, fiero di lui. Ron notò che Hermione e Diana erano scomparse.

-Dove sono finite...?- chiese, non del tutto dispiaciuto di non dover sopportare le battutine sarcastiche di una Diana che sarebbe stata troppo felice per loro.

-Oh, beh...Diana è stesa in corridoio da almeno dieci minuti che ride come un'imbecille, e Hermione sta cercando di evitare che le venga un collasso.-

 

Giunse febbraio, che portò con sé un clima più umido, ventoso, che spazzò via la poca neve rimasta sugli alberi della Foresta Proibita. Harry seguiva ancora le lezioni con Silente, Ron si perdeva nel leggere e scrivere lettere chilometriche ad una certa americana dagli occhi scuri, Ginny era sempre più decisa a lasciare il suo ragazzo, Dean, e Diana...beh, Diana era pur sempre la Regina, ma la regina del caos. Gli amici sapevano che si divertiva come una pazza a combinare tutti i danni che poteva: le continue risse ai danni di Tiger, Goyle e Nott, le battute che coloravano l'aria di sarcastica allegria, e la sua risata, prima così rara, ora così coinvolgente. Harry non sapeva perché fosse cambiata così tanto, ma ne era felice: sua sorella, perché ormai la considerava tale, sembrava aver trovato finalmente pace. Ron invece, che aveva bizzarramente sviluppato un sesto senso per certe cose, qualcosa sospettava. Aveva colto, come Harry inconsciamente rifiutava di fare, gli sguardi intensi che correvano fra l'amica e un certo Serpeverde dagli occhi verdi, aveva notato che le loro liti avevano in qualche modo “cambiato rotta”, spostandosi da un odio reciproco e distruttivo ad un continuo di tentazioni, frecciatine, sguardi, che di astioso avevano ben poco.

Fra Blaise e Diana non avrebbe mai potuto andare meglio. Non era stato difficile per loro, mentitori di professione, fingere liti e discussioni che accrescevano soltanto la loro rivalità, il loro voler essere sempre il migliore rispetto all'altro...il loro amore. Perché, anche se nessuno dei due ne aveva mai anche solo accennato, era questo che entrambi sapevano esistere. Era questo che provavano, durante i loro baci appassionati, durante le loro notti passate a fare l'amore fino a non poterne più, durante anche solo uno sfiorarsi di pelle casuale, involontario.

A Blaise non era mai capitato nulla del genere. Avere accanto una persona come Diana era la cosa più strana che gli fosse mai successa. Non era come le ragazzette di cui si era sempre circondato: era forte, in tutti i sensi possibili, era schietta, era sbarazzina e irriverente come solo lei sapeva essere. Quante volte, di notte, era rimasto a guardarla, quante volte, al mattino, l'aveva svegliata con un bacio fra i capelli. Gli era diventata indispensabile, ormai. Il suo sorriso, la sua risata, il suo corpo, le sue battute sarcastiche. Non riusciva a capacitarsi di aver vissuto una vita intera, senza...beh, senza di lei.

Anche fra Draco ed Hermione le cose filavano lisce. Quando erano insieme, anche solo nella stessa stanza, erano il ritratto della felicità. Diana, che solo per quello che riguardava i propri sentimenti era bellamente ignorante, sapeva che l'amore fra quei due cresceva di giorno in giorno, sempre di più, e sempre più forte. Era lei ad ascoltare Draco parlare di Hermione, parlare come il biondo Serpeverde non aveva mai fatto, mentre Blaise consolava una Ginny sempre più di malumore per via della storia con Dean Thomas che si trascinava sempre più a fatica.

Horace Lumacorno era stato alquanto felice di vedere alle sue cenette Diana e Blaise fianco a fianco, senza più tentare di uccidersi. Il professore aveva spinto, in precedenza, perché quei due si frequentassero, ed era stato l'unico nel corpo insegnanti ad essere entusiasta della loro relazione. Era anche riuscito a far passare il progetto di Diana di istituire una palestra, in una grande sala al quarto piano, per “allenare il corpo bene quanto le arti magiche” (queste le parole di Diana che, se voleva ottenere qualcosa, sapeva essere straordinariamente convincente).

Diana, che lo aveva sempre trovato un po' viscido, aveva cominciato ad adorarlo.

Un giorno, proprio nella palestra dove Diana passava la maggior parte del suo tempo libero, era sola. Aveva indossato i suoi vecchi guantoni, un po' sdruciti e macchiati di sangue in certi punti, e la sua vissuta tuta verde militare, che altro non era che un paio di pantajazz e una canottiera aderente.

Legati i capelli in alto, come piaceva a lei, con la bacchetta animò un pupazzo che all'istante partì all'attacco. Diana schivò i primi, semplici attacchi, entrò facilmente nella sua guardia e lo spedì lontano con un uppercut massacrante.

-Facile massacrare un bamboccio, eh, Di?- Diana si voltò, con un sorriso arrogante dipinto sul volto. Blaise la stava osservando, pigramente appoggiato alle corde del ring, in pantaloncini corti, a vita bassa, e T-shirt nera, i capelli lunghi raccolti in un codino.

-Cos'è, credi di saper fare meglio?- gli disse, raggiungendolo. Blaise sbuffò, strafottente e divertito.

-Volendo, ti batto.- Diana alzò un sopracciglio, scettica.

-Ceerto...nei tuoi sogni.- una scintilla di sfida negli occhi di entrambi.

-Scommettiamo?- disse lui, salendo sulla pedana del ring ma rimanendo fuori dalle corde, guardandola negli occhi che brillavano di una luce che ben conosceva.

-Cosa?- replicò lei immediatamente. Se una cosa su di lei Blaise l'aveva imparata, era che Diana davanti ad una sfida non si tirava mai indietro.

-Te lo dico dopo.- le soffiò, a fior di labbra.

-D'accordo.- Diana sorrise, un sorriso di sfida. Si voltò, e andò nell'angolo del ring. Blaise seguì il movimento del suo fondoschiena, tondo e sodo, per tutto il tempo. Diana si voltò a tre quarti, osservandolo con solo un occhio, ironica.

-Cosa fai, mi guardi il culo?- Blaise fece un ghigno, e scavalcò con un balzo le corde del ring. Si sfilò i guantoni nuovi dal collo, e cominciò ad allacciarseli. Non sembrava inesperto, notò Diana.

-Veramente, pensavo a cosa potrò farti quando avrò vinto...- la ragazza fece una faccia fintamente stupita. Sapeva benissimo a cosa stava pensando Blaise.

-Aspetta prima di immaginare, porco. Prima devi vincere.- gli ricordò, mentre stava appoggiata alle corde con la schiena e osservava la calma e la naturalezza con cui si muoveva sul ring. Blaise finì di allacciarsi i guantoni, tirando il cordino con i denti.

-Appunto. Posso tranquillamente cominciare a fare programmi.- replicò lui. Diana si alzò di scatto, e lo raggiunse al centro del ring. Un colpo dei guantoni, e l'incontro era iniziato.

Diana rimase in difesa, guardinga. Girarono lentamente in tondo, senza dire niente, entrambi concentrati su ogni mossa dell'altro. Blaise partì all'attacco, un destro che Diana parò senza troppi problemi.

Stavano ancora scaldandosi.

Diana, da abile pugile qual'era, riuscì a cogliere qualche informazione dal suo modo di muoversi. Partiva di destro e teneva la sinistra in difesa, leggermente troppo in basso, come la maggior parte degli uomini. Ma era veloce, perché quel primo colpo che aveva scagliato senza troppa energia era stato quasi fulmineo. Non era un novellino.

Istintivamente, ghignò. Blaise poteva anche conoscerla bene, ma gli aveva sempre tenuto accuratamente nascosto quel suo particolare talento.

Ora stava a lei.

Partì di destro, Blaise parò e lei infranse la sua guardia di sinistro, arrivandogli fin troppo piano sotto il mento.

Ecco, ora si cominciava a fare sul serio.

Blaise contrattaccò: destro, uppercut, doppio diretto di sinistro! Troppo veloci! Diana si richiuse in difesa, ma un paio di quei colpi andarono a segno. Reagì d'istinto: abbassò di scatto le braccia che aveva alzato in protezione, e partì fulminea. Sinistro, sinistro, parò un destro troppo lento, e gli rifilò tre diretti brevi e potenti nello stomaco. Blaise si allontanò di scatto, dolorante.

-Fai male, sai?- le disse, senza però staccarle gli occhi di dosso.

-Oh, sì che lo so.- replicò Diana con un ghigno, e partì all'attacco con tutta la sua forza. Blaise parò la maggior parte dei suoi colpi, finché con un destro ben mirato riuscì finalmente ad entrare nella sua solida difesa. Mirò allo stomaco, stando attento a non colpirle i seni, ma usò tutta la sua forza. Fu il turno di Diana balzare lontano per un istante, prima di ripartire alla carica.

Destro, diretto, sinistro, uppercut!

Blaise sentì il labbro spaccarsi. Poco male, lo avrebbe curato con la magia.

Le si avventò addosso, con una serie di diretti velocissimi mirati al ventre, e l'atterrò. La bloccò a terra, entrambi con il fiato corto, bloccandola fra le sue gambe.

-Direi di aver vinto, che ne dici?- disse, trionfante.

-Aspetta a dirlo, Faina!- Diana partì improvvisamente di sinistro, colpendolo con una forza inaudita. Non se l'aspettava, e fu lui a piombare a terra. Balzò in piedi prima che Diana gli piombasse addosso, troppo veloce anche solo per essere vista, un piccolo fulmine che colpiva con una potenza inaspettata. Si allontanò da lei, dolorante e ansimante, dopo un colpo particolarmente infido sul fianco sinistro.

-E questo dove l'hai imparato?- le chiese, massaggiandosi il punto dove l'aveva colpito.

-Ehi, Serpentello, lo sai che stai parlando con la vincitrice dei Nazionali americani, sì?- replicò lei.

-Adesso si spiega tutto...- commentò lui, balzò in avanti e la prese di sorpresa, prima su una spalla e poi in pieno stomaco. Diana, involontariamente, si piegò su se stessa, fra le sue braccia che l'aspettavano. La spinse contro l'angolo del ring, bloccandola fra il paletto e il suo corpo. -Resta il fatto che ho vinto io.- aggiunse, lieto di vederla intrappolata e incapace di ricominciare a massacrarlo.

-Uff...e va bene, hai vinto...- mormorò lei, posandogli il viso sulla spalla, un gesto tenero, che lo insospettì un attimo troppo tardi.

SBAM-SBAM! SBAM!

Due uppercut nello stomaco e un diretto in pieno viso lo atterrarono completamente, lasciandolo senza fiato a guardare Diana che rideva, trionfante, in piedi.

-Sei...una carogna, Di.- ansimò, cercando di ritrovare un minimo di respiro. Diana si sedette a cavalcioni su di lui, tranquillamente.

-Lo so.- rispose, piantando le braccia ai due lati del suo viso. Blaise le sfilò il fermaglio che le fermava i capelli sulla nuca, lasciando che gli ricadessero sul volto e nascondessero i loro sguardi dalla vista di chiunque. Ma la palestra, oltre a loro, era deserta.

Lentamente, molto lentamente, Diana unì le labbra alle sue, un bacio fatto di respiri affannati e del sudore che quell'incontro aveva portato. Blaise le carezzò i capelli, facendole inclinare la testa in modo da poterla baciare ancora più a fondo, con ancora più passione.

-Questa è una palestra, ragazzi, non un bordello.- Diana si separò di scatto da Blaise, balzando in piedi. Un bel ragazzo era tranquillamente appoggiato allo stipite della porta, e li guardava con aria soddisfatta. Un ragazzo dagli occhi azzurri e limpidi, e dai capelli del colore della fiamma.

-Ron!- esclamò Diana, esterrefatta. Solo ora si rendeva conto di quanto fosse stato imprudente, per loro, mettersi a pomiciare così, nel bel mezzo di una palestra aperta ad ogni studente...deficiente in crisi ormonale, si disse. -Da quanto...-

-Abbastanza per vedere che hai un ottimo sinistro...e che il tuo ragazzo ti ha fatto un occhio nero.- Ron accennò al viso di Diana, che istintivamente si portò una mano all'occhio. Sorrise fra sé, riconoscendo mentalmente a Blaise una discreta abilità come pugile.

-Ron, tu...-

-Diana, guarda che non ci vuole un genio a capire cosa c'è tra te e quell'altro là.- il rosso indicò Blaise, che si era alzato e osservava tutto in religioso silenzio, con un gesto del mento. Diana lo guardò di sottecchi.

-Te l'ha detto Lea.- disse, dopo un istante. Ron sorrise.

-Non ucciderla, Di. Sono capace di stare zitto.- quell'affermazione lasciò tanto Diana quanto Blaise completamente di sale. Nessuno dei due avrebbe mai pensato che Ronald Weasley fosse capace di tenere un segreto del genere. Diana gli voleva bene, non avrebbe potuto non volergliene, ma non si sarebbe aspettata una comprensione del genere proprio da lui, che detestava i Serpeverde con tutto il cuore.

Blaise raggiunse Diana, le si fermò accanto. Stavano proprio bene, insieme, notò Ron. Al di là dei loro caratteri, anche fisicamente erano perfetti l'uno per l'altra. Entrambi alti, lui muscoloso e possente, lei formosa e prorompente, entrambi con i capelli scuri e gli occhi chiari, lei pallida, lui abbronzato.

C'era voluta tutta la buona volontà di Lea per costringerlo a vedere tutto questo.

Quando Lea gliel'aveva detto, il suo orgoglio di Grifondoro e di fratello maggiore si era risvegliato, ed era già pronto ad andare a cercare Zabini per distruggerlo quando Lea lo aveva fermato. Gli aveva raccontato quello che c'era fra i due, gliel'aveva fatto capire in tutti i modi possibili, e alla fine Ron aveva ceduto.

-Weasley...- cominciò Blaise, cingendo Diana in vita con un braccio. Il gesto sorprese Diana: Blaise non era il tipo da abbracciarla così, con quel qualcosa di protettivo nel tocco, anche perché lei era l'ultima persona al mondo che avrebbe avuto bisogno di protezione. Ma non le dispiacque, e anche Ron interpretò quel gesto nel modo giusto.

-Zabini, io starò zitto, ma tu non fare l'idiota con lei.-

-Ron, ti sembro una che non sa badare a sé stessa?- sbottò Diana, ironica. Blaise sorrise a quella battuta, e la stessa cosa fece Ron.

-Assolutamente no...ma non si sa mai, che ne dici?- disse, andandosene. Blaise e Diana rimasero in silenzio, esterrefatti.

-Io farò un monumento a Lea.- disse Blaise, dopo un po'.

-Assolutamente.-

 

Un altro giorno. Un altro luogo. Gli stessi pazzi.

-Nella Foresta...tu sei andata di testa.-

-Blaise, ascolta, Hagrid mi ha chiesto un favore, come potevo negarglielo?- Diana sorrise, esasperata, rivolgendo un'occhiata al giovane che aveva al suo fianco. Si trovavano in una radura della Foresta Proibita, il sole morente lanciava i suoi raggi rossastri attraverso le fronde.

-Diana, sta per venire notte, te ne rendi conto?- Blaise, accigliato, lanciò un'occhiata alla luce sempre più scarsa che filtrava fra gli alberi.

-Non avrai mica paura, vero?- lo canzonò lei, ironica, voltandosi a guardarlo camminando all'indietro. Blaise sbuffò, arrogante.

-Io? Paura? Come no...- commentò, prima di avvicinarsi a lei, sfiorando il suo corpo col proprio, un'espressione ben conosciuta negli occhi. E Diana, che tanto santa non era, non riuscì a non notare la camicia di lui, troppo aperta per essere a febbraio, due bottoni slacciati che lasciavano intravedere i suoi splendidi pettorali. -Più che altro, mi stanno venendo certe idee.- le sussurrò a fior di labbra, scatenandole una violenta reazione a livello dello stomaco.

-Blaise, dobbiamo trovare quell'unicorno, non...- ma Diana perse il filo del discorso quando sentì quelle labbra, quelle irresistibili labbra a cui non riusciva mai a resistere, posarsi per un istante sulla sua guancia morbida, le mani di lui che la sfioravano, esperte nel tormentarla e ancor più nell'amarla.

-D'accordo...troviamo quell'unicorno.- le disse lui, allontanandosi di scatto da lei. Diana sobbalzò, contrariata, mentre tutti i suoi istinti le suggerivano di saltargli addosso.

-Blaise, sei un bastardo!- sbottò, voltandosi di scatto, il collo e il viso che andavano a fuoco. Lo sentì ridere, soddisfatto, mentre si incamminava velocemente attraverso gli alberi, allontanandosi da lui, la gonna a pieghe della divisa, opportunamente accorciata di diversi centimetri, che ondeggiava intorno alle sue gambe.

-Ma dove vai?- lo sentì chiamarla, inseguendola. Non s'impegnò nemmeno più di tanto per distanziarlo, e presto lo sentì raggiungerla e fermarsi poco dietro di lei.

-Sei uno stronzo. Un bastardo. Una carogna. Un...- ma Diana perse il filo del discorso, quando Blaise posò le labbra sulla sua gola, mentre una mano scivolava, possessiva, nella solita scollatura vertiginosa della sua ragazza. Diana borbottò qualcosa, contrariata, ma la sentì appoggiarsi a lui, al suo torace, alle sue gambe, il corpo che cedeva prima della cocciutaggine.

Ghignando, risalì lungo la linea del suo collo, mordicchiandole il lobo dell'orecchio, sentendola mugolare qualcosa d'indistinto quando le strinse lievemente un seno. Diana voltò leggermente la testa, cercando le sue labbra che lui continuava ad allontanare dalle sue.

-Cos'è che sono, io?- le chiese Blaise, spingendosi ancora di più addosso a lei, slacciandole lentamente la camicetta.

-Mmm...non me lo ricordo...- brontolò lei, gli occhi socchiusi, con un sorrisetto. Si voltò verso Blaise, lentamente, lasciando che le mani di lui le scivolassero lungo la schiena bianca, alla ricerca del gancetto del reggiseno. Si accorse, aprendo per un istante gli occhi, che stava osservando con palese interesse il suo intimo.

-Cos'è, nuovo?- le chiese. Lei gli fece una smorfia, allontanando senza molta convinzione le sue mani da sé e dal pizzo nero che indossava.

-Idiota.- borbottò. Lui le sorrise, e Diana sentì i battiti accelerare.

-Perché? Ti sta bene...anche se starebbe meglio per terra, adesso...- commentò Blaise, tornando a baciarle il collo e ad accarezzarle il corpo bianco, mentre Diana, arrendendosi, lasciava che le proprie mani s'insinuassero nelle tasche dei jeans di lui.

Sfuggì le sue labbra, quando provò a baciarla, e lo spinse contro il tronco di un albero. Prima che Blaise potesse dire qualsiasi cosa, le labbra di lei si erano già posate, infuocate, sul suo collo.

Per nulla contrariato, le carezzò una gamba e la portò verso di sé, sentendola appoggiare il ginocchio al tronco dell'albero, mandando a scontrarsi le loro intimità mentre le mani di lei, per nulla innocenti, gli slacciavano la camicia.

-Ma bene...e poi voi due eravate quelli che si detestavano.- una voce femminile li fece sobbalzare tutti e due. Si voltarono, e là, che li osservava con un ghigno divertito sulla faccia da carlino, c'era Pansy Parkinson.

-P-Pansy!- fu l''unica cosa intelligente che Blaise riuscì a dire, rendendosi improvvisamente conto di quanto entrambi fossero mezzi nudi. Diana, il volto nascosto sul suo collo, sogghignò.

-Salve Parkinson!- la salutò, nascondendo l'imbarazzo fra le braccia di lui.

-Salve, Diana...- fece Pansy, divertita dall'espressione di lui.

-Io l'ho spiegato a Ron, tu invece pensi a lei.- Blaise sentì sussurrare Diana, immaginando benissimo quanto stesse ghignando la Grifondoro.

-Non dovete spiegarmi nulla, tranquilli. Solo, ditemi una cosa...Malfoy lo sa?- chiese Pansy. Blaise sospirò.

-Quello lì sa sempre tutto, purtroppo.-

-Benissimo...allora vado a cercarlo.- fece lei, battendo le mani con aria pratica.

-Perché?- anche Diana alzò il viso dal petto di lui, curiosa.

-Perché avevo scommesso che saresti riuscito a portartela a letto prima della primavera...ma Dray non me l'ha detto, che bastardo...- Pansy si allontanò, sogghignando, sentendo anche da lontano le risate di Diana all'incazzatissima esclamazione di Blaise.

-Lo ammazzo.- fece lui, ma Diana lo trattenne, ridendo, posandogli le mani sulle spalle.

-Dai, Blaise, piantala. Anche Gin e Hermione avevano scommesso...- disse, sghignazzando.

-Cosa!?- la giovane Black scoppiò a ridere, divertita, stringendosi a lui e facendogli dimenticare quasi all'istante tutta la sua irritazione.

-Blaise...avrei scommesso anch'io se fossi stata in loro.- mormorò, baciandolo sul torace scoperto, le mani che scivolavano fra i suoi muscoli, sfilandogli la camicia con sensuale delicatezza. Blaise le sorrise, senza ironia né malizia, e finalmente la baciò, con dolcezza, con passione. Si lasciarono cadere fra le foglie secche, sull'erba giallastra, la sentì ridere e alzò gli occhi su di lei. Lo guardava, tenera, maliziosa, divertita, sdraiata sulla nuda terra, la camicetta aperta senza che le desse imbarazzo.

-Ma noi non dovevamo cercare un unicorno?- le chiese, divertito, puntellandosi sulle braccia per riuscire a guardarla meglio. Diana rise, il cuore che batteva insolitamente forte, così, a pochissimi centimetri da lui, come le capitava sempre. Gli lasciò scivolare le mani lungo i fianchi, sulla schiena muscolosa, e lo trasse a sé.

-Dopo.-

 

-Blaise?- occhi argentei fissi su stelle altrettanto ardenti.

Notte, notte dal freddo pungente, notte di una coperta Evocata dal nulla su cui stendersi, stremati e infreddoliti, ma riscaldati dal corpo dell'altro, dall'amore dell'altro. Braccia muscolose in cui perdersi, in cui sentirsi bene, al sicuro, per quella Diana che, finalmente, dopo tantissimo tempo, tornava a sentirsi sé stessa. Perché solo con lui succedeva, solo con lui poteva essere solo, esclusivamente e semplicemente Diana.

-Dimmi.- la sua voce, calda, calma, sicura, la raggiunse nel buio.

-Possiamo rimanere qui per qualche secolo?- Blaise sorrise, traendola a sé e dandole un bacio fra i capelli. Sapeva, bene quanto lei, che non avrebbero mai potuto rimanere là, per quanto fosse bello sentirla accanto a sé, saperla fra le sue braccia, e poterla amare in tutti i sensi possibili.

-Fosse per me, Di, ci resterei tutta la vita.- le disse, alzando lo sguardo al cielo che li osservava, intenerito dal loro amore. Diana sorrise, affondando ancor di più il viso sul suo torace, e non disse nulla. Solo quando lui si abbassò, guardandola negli occhi con quel suo sguardo intenso, seppe trovare la cosa giusta da dire.

-A me basta adesso. E a te?- anche Blaise sorrise, dandole un morbido bacio sulle labbra.

-A me basta fare l'amore, Di. Mi basta amarti.- nel buio, Blaise non seppe mai quanto gli occhi di Diana si fossero colmati di sorpresa, di felicità.

Si strinse a lui, lasciando che il suo corpo muscoloso la sovrastasse dolcemente, sentendo il proprio seno premere sul torace di lui, amando la sensazione di sentirlo addosso a sé.

-Lo fai già. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto.- mentre la baciava lentamente, insinuandosi fra le sue gambe, Blaise sorrise, e la sentì ricambiare.

E, poco lontano, un unicorno divertito osservava tutta la scena.

 

-Diana, lo sai che il compleanno di Blaise è fra una settimana, vero?-

-No!-

-Potevi anche evitartelo, furetto.- borbottò Blaise, mentre Diana si allontanava di scatto da lui e si voltava verso Draco.

Stanza delle Necessità. I soliti quattro sospetti.

-Quando?- chiese la mora, rivolgendo a Blaise un'occhiata di fuoco. Diana teneva tantissimo ai compleanni degli altri...esattamente il contrario di quello che provava per il suo. Esattamente la stessa cosa che provava Blaise.

-Non è importante...- cominciò l'affascinante Zabini, tentando, con scarso successo, di dissuaderla.

-Il 26.- rispose Draco, rivolgendo all'amico un sorrisetto irritante. Diana scambiò un'occhiata con Hermione, che le sorrise, e poi si fiondò addosso a Blaise, trascinandolo praticamente fuori dalla Stanza delle Necessità.

-Diana, fammi entrare!- protestò lui, quando la pestifera americana sigillò la porta dall'interno.

-Nemmeno per sogno. Vai a dormire, Blaise.- rispose lei, sovrastando le ghignate di Draco e Hermione. Blaise, che conosceva bene la testardaggine della sua ragazza, sospirò e si allontanò.

Diana si voltò verso i due amici, un sorriso inquietante sul volto.

-Cos'hai intenzione di fare, Di?- le chiese Hermione, allarmata. Quando Diana aveva quella espressione, di solito significava una valanga di guai in arrivo.

-Secondo voi Silente ce lo darà il permesso per un'altra festa?-

 

 

**************************************************************************

My space:

eccomi qua!!! Stavolta ho aggiornato dopo quattro giorni, così non mi uccidete...specialmente Dile...ok ok Dile scherzo metti giù la cerettaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!!!! Aaaaaaaaaaaah!!! AiutoooooO!!!!!

(ndDiana: vi descrivo la scena: Bea sta scappando da Diletta che brandisce a mò di frusta una striscia depilatoria...ecco, ora le è saltata addosso e si accinge a...STRAP...uhi...Bea sta imprecando con selezionati epiteti scelti dal suo vocabolario infinitamente sboccato...)

(ndBlaise: lo sai che tu mi preoccupi, vero?)

(ndHerm: ma quello è sangue? Credo che Bea stia tentando di uccidere Diletta...O.o)

(ndDraco: muahahahahah!!! Forza ragazze!!!)

(ndDiana: Herm, la prossima volta facciamo lottare i nostri due signori, qui...visto che loro si divertono a guardare le donne che si picchiano, tocca anche a noi, che ne dici?)

(ndHerm: mi trovi perfettamente d'accordo, sorella.)

(ndDiana: naturalmente a mani nude, non con le katane come sta facendo la nostra folle autrice...povera Diletta...anzi, tutti nudi, come gli antichi Romani!!! ;P)

(ndBlaise: COSA!? o.O)

(NdDraco: COSA!? O.o)

(ndDiana: e certo, dovremo pur divertirci un po' anche noi...;P)

(Hermione è svenuta dalle risate, Draco e Blaise stanno fuggendo)

 

Va bene, dopo “il teatrino di Hogwarts” ecco che riprendo la mia tastiera...ecco le risposte alle recensioni:

Honey Evans: -me molto scema!!!- mi sono dimenticata di mettere i significati!!! Rimedio subito:

*pal: è un dialetto americano, usato prevalentemente in Texas, Arizona, New Mexico e Colorado, e significa “fratello”, “compagno” --> cameratismo;

*aviopenica: penica significa senza, avio...beh, pensiamo agli avicoltori....;P

Lea riscuote tantissimo successo...hehe sarà contenta Mione1194!! E poi Blaise...beh in questo capitolo, non so poi cosa dire se non...SBAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAV!!!

Mione1194: te l'ho detto...l'ultima volta che ho controllato l'omicidio era ancora reato...anche se ho scoperto che in Giappone, se un marito si fa l'amante, la moglie può uccidere lui solo a mani nude mentre lei come più le aggrada!!! Meraviglioso paese, il Giappone!!! ;P Allora, mi sa che questo diventerà il tuo chap preferito...chissà perchè!!!! ;P

Diddola: ero tentata di lasciarle uccidere Lavaccaa...grrr...però ho preferito vendette soft, sai, Diana e Lea si tengono pronte per quando dovranno veramente combattere con tutte le loro forze!! Un besone!

D2OTTO: beh un brutto voto può capitare a tutti no? Anche alla mitica Herm! Che poi, anche nel libro dice che qualche volta persino lei doveva chiedere alla McGrannitt di rispiegare...(della serie Enciclopedia Potteriana vol. VI ;P )...io Herm al mare ce la vedo bene, trascinata da Ginny magari...però che gelosia...Ginny e Herm al mare sole con Draco e Blaise...GRRRRRRRRRRRRRRRRR.....e poi Ron...povero Ronnie, che ne sappiamo noi se nella lite con Lavanda non le abbia detto veramente così? Missing moment che la Row poteva anche farci vedere...almeno avremmo riso un pò!!!

Ilaria: sono contentissima che ti abbia fatto ridere tanto, mi sono affezionata a quel chap perché è proprio come me in questo periodo, allegro e romantico e totalmente FOLLE!! ;P Ascolta oh ma tu vuoi farmi impennare gli ormoni a velocità ipersonica presentando alla mia mente bacata certe immagini!?!?!?!?!? Quei due come dèi greci...con toghe MOLTO succinte...ghaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa....(ndDiana: ghaaaaaaaaaaaaaaa...ndHerm: ghaaaaaaaaaaaaaaaa...) Ok chiamiamo il TITANIC qui si annega negli “sbav”!!!!;P Un bacione!!!

cherie: mo che bello rivederti!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Come sono contenta che ti piaccia la mia fic, guarda, non immagini!!! Grazie per i complimenti, non credo di meritarmeli tutti ma fanno davvero piacere! Quindi...W Ron che qui è pure lui tooooo sexy, W Draco che è sexy per antonomasia, e soprattutto W BLAISEEEEEEEEEEEEEE!!!!!

Un bacione a tutte, grazie per leggere e recensire! Conta davvero tanto per me!!

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Capitolo 16
*** La Festa ***


Nota dell’autrice: questo capitolo è totalmente diverso dal resto della storia, ma chi scrive, come me, sa che quando un’idea prende forma è impossibile non darle vita

Nota dell’autrice: questo capitolo è totalmente diverso dal resto della storia, ma chi scrive, come me, sa che quando un’idea prende forma è impossibile non darle vita. Approfitto di questa noticina per ricordarvi, se già non l’ho fatto, che la fic è ambientata negli anni 2000, l’anno di preciso non lo indico, ma è un utile riferimento per le canzoni che ho inserito (che negli anni Novanta non credo fossero ancora state scritte). Infatti, questo capitolo è un song-chap, per questo ho aggiunto agli avvertimenti il “song-fic”. Le canzoni che sono nominate e usate, che sebbene non siano musica da discoteca o da festa sono quelle che per me toccano di più, sono:

Just Feel Better, di Carlos Santana e il cantante degli Aerosmith (non ricordo il nome ^.^)

Segui la Stella, di MondoMarcio

Promiscuos, di Nelly Furtado

ManEater, di Nelly Furtado

What Goes Around Comes Around, di Justin Timberlake

4 Minutes, di Justin Timberlake feat. Madonna

Xverso, di Tiziano Ferro

Ringrazio tutti questi cantautori perché mi fanno sognare e spesso mi danno l’ispirazione per scrivere le mie follie, come questo capitolo.

 

Questo capitolo, il prossimo e quello precedente sono quelli che fungono da “anello di congiunzione” con i futuri generi della storia, con le sezioni che seguiranno. Ne approfitto per rassicurarvi anticipatamente, visto che succederanno diverse cose che scombussoleranno un po’ tutto: è certo l’happy ending per tutti i pairing presenti nell’introduzione, ma qualche cuore spezzato ci sarà. Torneranno in vita alcuni personaggi, mentre altri se ne andranno definitivamente.

 

Ricordo che la storia è una Alternative Universe, una What If e una Lemon a rating Arancione. Questo capitolo contiene scene di rapporti sessuali d’amore che non scendono nei particolari, come alcuni capitoli precedenti, ma è sempre meglio avvertire i lettori minorenni (non vorrei mai combinare disastri).

 

Diana è un personaggio completamente reale, concreto, e misterioso. Spero di aver chiarito bene il suo continuo oscillare fra la luce e l’oscurità, fra la violenza del suo animo di guerriera o la dolcezza del suo cuore di ragazza. È una persona semplice nella sua complessità, che ama l’amore, quello vero, nudo e crudo, che non può mostrare il suo lato umano, ma che con Blaise riesce ad essere sé stessa.  Riesce ad essere dolce e allegra come ogni ragazza dovrebbe poter essere.

Certo, qui è dotata di poteri magici e di un destino crudele, ma la sua essenza, il suo carattere, il suo aspetto, coincide con quello della sottoscritta. Volevo essere sicura che fosse ben chiaro per tutti i lettori che si tratta di una fic in sostanza autobiografica, in cui molti momenti (come questo capitolo) provengono da una vita vera. La mia.

E non solo: Diana sta a rappresentare la diversità, tutte quelle ragazze che si sentono fuori posto, emancipate da un mondo che non gli appartiene. Diana è fuori dal comune in tante cose: non è magra, ma è formosa. Non è bionda come la principessa delle fiabe, ma bruna. Non è dolce nello smielato senso comune del termine, ma lo è a suo modo.

 

Il romanticismo in questa storia viene trattato in modo molto diverso rispetto ad altre. L’amore che intercorre in tutti i pairing, e in special modo in Blaise/Diana, è qualcosa di implicito, che non necessita di “ti amo”, “amore”, o vezzeggiativi vari (a parte “Faina” e “Furetto”, ma sono soprannomi ironici), perché molto più profondo. È qualcosa che si intuisce dagli atteggiamenti, dalla tenerezza insospettata di certi personaggi – come Blaise o Diana –, che può al massimo essere nominato da quell’impicciona di narratrice/autrice che è la sottoscritta.

 

Dovrò rallentare un po’ (sì, ancora di più), perché siamo alla fine dell’anno scolastico e devo impegnarmi per non avere il debito nella mia bestia nera, economia aziendale…cosa che non si può dire di italiano, visto che ormai mi commissionano i temi se vogliono essere certi di avere un bel voto… ;P Aggiornerò la prossima volta circa tra una settimana, forse anche qualcosa di più...mi dispiace questa lentezza, ma non posso assolutamente avere un debito, anche perché conosco un paio di poliziotti (vedi: i miei genitori) che mi ucciderebbero a randellate se succedesse…-.-

 

Un’ultima cosa: mara_star, che fino a poco tempo fa seguiva e recensiva la mia storia, l’ha tolta dai preferiti. Non voglio giudicare nessuno né arrabbiarmi (esiste la libertà di pensiero), ma vorrei sapere perché. Ho sbagliato qualcosa nella fic, o semplicemente è il passaggio dal dark al romantico che ti ha dato fastidio? Ringrazio comunque tutte le persone che inseriscono “Luce e Buio” fra i preferiti, che sono sempre di più. Per me conta davvero tanto! ^.^

 

I ringraziamenti e le risposte alle recensioni li trovate in fondo, come al solito, nel “My Space”. Ora vi lascio. Buona lettura!

 

La Festa

 

 

-Professore?- la testa bruna di Diana fece capolino da dietro la porta, gli occhi grigi che brillavano, innocenti. Silente alzò lo sguardo dalle carte che stava leggendo e, appena si accorse di chi era arrivato, sorrise.

-Buonasera, Diana.-

-Posso entrare o è impegnato?- chiese lei. Silente le fece cenno di accomodarsi. Si sedette sulla sedia di fronte all'imponente scrivania, fissando lo sguardo in quello del Preside che aveva appena controllato l'ora.

-A cosa devo questo piacere, anche se ad un orario così insolito?- le chiese.

-Volevo parlare con lei di un paio di cose. Una è meno importante, può aspettare...- Diana esitò, e abbassò lo sguardo, arrossita. Silente se ne accorse.

-Il tuo colorito mi suggerisce che per te non è di poca importanza.- commentò, affabile. Diana sussultò, sentendosi scoperta.

-Beh...vede, ha presente Blaise?- Silente sorrise, e annuì.

-Certamente. Spero che non siano nati problemi.- Diana scosse la testa in segno di diniego, convinta.

-No, no, tutto bene. No, ecco, volevo chiederle...- Diana esitò ancora, reprimendo un sorrisetto. -Sabato prossimo è il suo compleanno, e pensavo...sì, insomma, lui non vuole fare niente, ma ne compie diciassette, è un traguardo importante...certo, potrei anche impegnarmi io a mio modo e potrei tranquillamente ovviare...- una scintilla maliziosa nello sguardo del Preside le fece comprendere che il suo doppio senso era stato colto. -Ecco, mi chiedevo se...se si potesse organizzare un'altra festa, come quella di Natale...ovviamente con più sicurezza.- aggiunse subito, anticipando l'obiezione del Preside. -Me ne occuperei io stessa, e può star sicuro che non succederanno incidenti.- la voce di Diana aveva perso l'esitazione e si era fatta dura, seria. Silente la soppesò un attimo, pensieroso. Poi, sorrise.

-Ne sono convinto. Beh, non vedo perché non si potrebbe fare. A patto che, dell'organizzazione, ve ne occupiate tu, la signorina Granger e ovviamente la signorina Weasley, se è interessata.- Diana sorrise.

-Certo, professore.- disse, senza cominciare a saltellare sulla sedia come in realtà avrebbe voluto fare. “Fuori uno, ora posso comportarmi normalmente. Per fortuna, questa farsa mi sta uccidendo.” pensò, e in un istante perse qualunque traccia di imbarazzo o frivolezza. Silente se ne accorse, e annuì.

-Non è solo per questo che sei venuta da me, vero?- disse il Preside, serio.

-No, infatti. Ho delle nuove informazioni sugli atteggiamenti dei Mangiamorte.- il timbro di voce di lei si era indurito. Sembrava un generale in procinto di entrare in battaglia.

Lea le aveva fornito diverse informazioni riservate, in una busta che le aveva infilato in tasca prima di partire. Non erano cose che i muri di Hogwarts potessero sentire.

-Illuminami.-

-Voldemort sta reclutando quanti più bandoleros (ndA: spagnolo, “banditi”) possibili, nel Limbo. Sembra che riscuota sempre più successo fra loro...gli ha promesso di distruggere il Limbo e di darglielo in pasto. Per loro è una preda troppo ghiotta, sarebbe come consegnargliene la corona.- ringhiò Diana, rabbiosa. La sua terra...non sarebbe finita in mano ai Mangiamorte. -Sta ingrossando esponenzialmente le fila dei suoi scagnozzi. Presto saranno tutti al suo servizio, e allora farà in modo di distruggere il Limbo...-

-Come potrebbe fare?- chiese il Preside, serio. Diana lo fissò dritto negli occhi.

-Uccidendo me. Arakta Shoenn è l'unico motivo per cui esistono i Limbi...sono i luoghi in cui posso regnare.- la sua voce esprimeva solo disgusto. Disgusto verso sé stessa.

-Forse non è una buona idea che tu combatta, appena maggiorenne. Se il Limbo venisse distrutto, i Mangiamorte che vi si trovano potrebbero usare la magia, e la resistenza degli Auror americani varrebbe ben poco. Finché li tengono bloccati là, non possono combattere qui...-

 -Perché se lo facessero sarebbe la fine di entrambe le resistenze. Lo so, Preside. Ma io voglio combattere, e lo farò. Non so se ricorda quanto Voldemort mi ha portato via.- Diana suonava altezzosa e arrogante. Ed era nel giusto.

Silente la soppesò a lungo. Diana era una guerriera eccellente anche senza le sue qualità di Shoenn. Considerate come un'unica entità, era una combattente dal valore incalcolabile. Era scaltra, intelligente e spietata. Sapeva come fare per conseguire una vittoria, a costo di quasi qualsiasi cosa. Presto avrebbe conosciuto il segreto degli Horcrux, e avrebbe certo saputo come distruggerli. Ed era animata da un insano e venefico desiderio di vendetta che l'avrebbe portata alla morte...o all'omicidio.

-Diana, Voldemort ha già cercato di ucciderti, ma potrebbe non essere l'unica cosa che vuole, da te.-

-Intende dire che mi vorrebbe dalla sua parte? Che Draco o Blaise sono sue pedine, per arrivare a me, per impormi una Imperius?- Diana era svelta, a capire certe cose.

-Non solo. Potrebbe minacciare loro...sai che Draco Malfoy ha già il Marchio, presumo.- Diana annuì. -E saprai che ha ricevuto il compito di uccidermi...- Diana rimase senza fiato, ma riuscì a non darlo a vedere e annuì di nuovo. -...Potrebbe minacciare anche Zabini, e non credo tu sia capace di ignorare certe proposte.- gli occhi di Diana si strinsero, sospettosi.

-Cosa vuol dire, Preside?- chiese, guardinga.

-Se Voldemort minacciasse di voler Marchiare anche Zabini, e proponesse uno scambio fra te e lui, tu cosa faresti?- Diana rimase a lungo in silenzio, pensierosa.

Aveva già pensato tante volte a quell'ipotesi.

Ma, al contrario del Preside, lei conosceva bene Blaise.

-Io accetterei lo scambio senza esitare. Ma Blaise non me lo permetterebbe, e nemmeno Draco. Quei due sono Mangiamorte quanto Harry Potter.- disse, lentamente. E avrebbe potuto giurare di vedere uno scintillio orgoglioso negli occhi del Preside.

-Benissimo.- disse, alla fine di un lungo, pesante silenzio. -Il diciannove aprile, il giorno del tuo diciassettesimo compleanno, entrerai a tutti gli effetti nell'Ordine. E, un'ultima domanda...-

-Mi dica, professore.-

-Se nel Limbo la situazione si facesse più drammatica, saresti pronta a tornare là per trattenere i Mangiamorte emigranti verso l'Inghilterra?- Diana sorrise. Un sorriso sicuro e spavaldo.

-Sarei già là, Preside. È la mia terra, sono i miei amici che combattono. Non li lascerei soli.-

-A volte mi chiedo perché tu abbia accettato.- commentò il Preside, mentre lei si alzava.

-Di fare da ponte fra le due Resistenze? Di combattere su entrambi i fronti? Sono la migliore in tutto, Preside, anche in questo.-

Ecco, il vero motivo del suo trasferimento a Hogwarts.

 

Nei cinque giorni seguenti Diana, Ginny e Hermione furono tutte prese dai preparativi. Visto che si sarebbe trattato di una festa a cui tutte le Case avrebbero partecipato, dovevano stare attente a non fare preferenze verso i loro colori e stili. Difficile per Gin ma molto meno per le altre due, i cui cuori battevano all'unisono con quelli di due affascinanti Serpenti.

A Harry e Ron avevano semplicemente detto che Silente aveva affidato loro l'organizzazione di una festa di Primavera. Il Preside aveva spesso di queste idee, e i due non avevano sospettato nulla.

Ginny si sarebbe occupata dell'ambiente, Hermione avrebbe sovrintenzionato tutto e Diana della musica. Lei amava la musica più di quanto si potesse sospettare. Nessuno aveva mai sentito la sua voce cantare...piccola vanità che Diana non mostrava.

Il giorno prima della festa, quando ormai era tutto pronto e loro si stavano rilassando nella stanza di Diana, Ginny tirò fuori un argomento che aveva accuratamente tenuto per ultimo.

-Ragazze, dobbiamo andare a comprare i vestiti.-

-Scordatelo, Gin.- replicò subito Hermione, che ben conosceva la passione di Ginevra Weasley per lo shopping.

-Oh, daiii! Diana, tu cosa dici?- Diana non rispose. Aveva gli occhi chiusi e l'espressione rapita, mentre con studiata eleganza se ne stava adagiata sul davanzale della sua camera. Aveva due piccole palline nere infilate nelle orecchie. Silente aveva stregato quel lettore Mp3 per funzionare all'interno di Hogwarts, e lei era completamente persa nelle melodie perfette di Carlos Santana. La musica babbana era semplicemente la cosa più bella che Diana avesse mai ascoltato. Ginny le si avvicinò, e le tolse un auricolare.

-Diana? Sei ancora fra noi?- le chiese.

-Sì, Gin...e, comunque, non se ne parla.- rispose lei, indossando nuovamente la cuffia.

-Ma insomma! C'è una festa domani, siamo le organizzatrici, e non andiamo a comprarci dei vestiti per l'occasione? E le scarpe, e gli accessori, e i gioielli...- Diana ed Hermione le rivolsero un'occhiata di compatimento. Entrambe detestavano cordialmente lo shopping, specialmente con la presenza di una persona iperattiva e folle come Ginny.

-A parte che non possiamo uscire da Hogwarts...- le fece notare Hermione.

-Beh, a questo si può rimediare. Diana si può Smaterializzare anche qui, no?-

-Potrei...ma no, Gin, non se ne parla neanche!- sbottò l'americana, sentendosi tirata in causa.

 -Insomma, Diana, sei impossibile! È la festa per il tuo ragazzo, che tu hai avuto idea di organizzare, e non vuoi comprarti qualcosa di bello per lui?-

-Basta che sia biancheria sexy...- Diana sobbalzò e ruzzolò giù dal davanzale, sulle tegole spioventi del tetto della Torre a punta di Grifondoro. Una stretta salda e forte le si strinse intorno al polso prima che cadesse per qualche centinaio di metri.

-Deficiente!- sbottò, senza però rifiutare l'aiuto che Blaise, a cavallo di una scopa con un ghigno divertito sul viso, le stava offrendo. Appena fu in grado di reggersi dietro di lui, cominciò a prenderlo a pugni su una spalla, forte.

-Ahia, Diana, piantala! Quanto sei permalosa, per uno scherzo...- tentò di calmarla, sghignazzando.

-Ma che scherzo e scherzo, potevo ammazzarmi! Imbecille!-

-Scusa, ma se una volta ti sei buttata direttamente giù e non ti sei fatta nulla!- commentò Hermione, che era corsa alla finestra appena l'aveva vista cadere.

-Davvero?- fecero Ginny e Blaise, interessati.

-Ma mi ero concentrata sui miei poteri! Così, all'improvviso, mi schianto!- sbottò lei, smettendo di prenderlo a pugni solo quando si arrampicò di nuovo nella sua camera, seguita a ruota da Blaise. -E comunque, Gin, questo è un colpo basso.- sbottò, rivolta all'amica che se la rideva alla grande.

-Cosa?- fece lei, fingendo di non capire.

 -Chiamare questo coso per convincermi. La risposta rimane no.- Gin alzò lo sguardo verso Blaise, che le rivolse un occhiolino. Diana, che gli dava la schiena, poté solo intuirlo, quando sentì il suo tocco sui fianchi, il suo respiro fra i capelli, la schiena premuta sul suo torace. Quasi inconsapevolmente, si appoggiò a lui. Ginny e Hermione non c'erano più, non le interessava che fossero o no ancora lì.

Le succedeva sempre, quando c'era Blaise.

(ndA: troppo, troppo pucciosi. Mamma mia...)

-Di...- le sussurrò all'orecchio.

-Mm?-

-Vai, no? Prenditi una pausa, esci, e comprati qualcosa. Tanto stai bene comunque, anche con degli stracci.- le disse. Lei posò la testa sulla sua spalla, il viso affondato fra i propri, morbidi, capelli.

-Tu hai le fette di prosciutto sugli occhi, Faina.- gli rispose. Ma non era un “no”, semplicemente perché a lui non riusciva a negare nulla.

-Non è vero.-

-Giusto. Sono di salame.- replicò lei. Lentamente, tornò a rendersi conto che Ginny ed Hermione erano presenti e stavano parlottando animatamente fra loro, ignorandoli (“E per fortuna” pensò lei). Il momento magico era svanito.

-Gin, non è che hai...- Hermione si guardò intorno, allarmata.

-Chi cerchi, il tuo Principe delle Serpi?- le chiese Ginny, malefica.

-Conoscendoti, non si sa mai cosa puoi inventare. Saresti capace di tirare fuori un furetto dal cappello.- disse lei, un po' delusa.

-Non dirmi che non ti farebbe piacere.- un guizzo dorato negli occhi ambrati di Hermione.

 -Eccolo, il biondo, mancava solo lui. In teoria, ragazzi, questo è il dormitorio femminile dei Grifondoro...- commentò Diana, mentre Draco entrava agilmente dalla finestra e salutava Hermione. “Questa stanza è più trafficata della Testa di Porco. Stessi brutti ceffi.” pensò Diana fra sé, e provò una piccola fitta di nostalgia nel pensare a Lea, che avrebbe di sicuro colto la sua battuta mentale.

-Allora, ci venite o no a fare shopping?-

In quel momento, Diana ed Hermione ebbero lo stessero pensiero: “Ginny, sei una carogna.”

 

-Ancora non riesco a capire come tu sia riuscita a convincerci.-

-Semplice: è bastato farvi perdere la testa con la vicinanza delle vostre belle Serpi...- Ginny balzellò avanti un paio di metri, per evitare le mani di Hermione che cercavano di strangolarla.

-Che in quanto a bastardaggine tu equivali e superi.- commentò Diana, di malumore. Si erano Materializzate vicino alla Stamberga Strillante, e ora Ginny le stava conducendo verso i suoi negozi preferiti. Chi non avesse conosciuto bene Gin l'avrebbe scambiata per una delle solite ochette patite di shopping e riviste platinate...mai errore sarebbe stato più grande.

-Come siete esagerate...eccoci, siamo arrivate!- Gin indicò un piccolo negozietto dall'aria accogliente, la cui elegante insegna recitava: “Madame Sherazade, abiti da Mille e una Notte”.

Hermione e Diana squadrarono Ginny per un istante, scettiche.

-Vuoi che ci vestiamo da concubine?- sbottò Hermione, incredula, dando voce ai pensieri di entrambe. Ginny scoppiò a ridere.

-Non è quello che credete. Ha degli abiti stupendi e costano veramente poco. Venite.- le esortò. Le due, poco convinte, la seguirono dentro.

Caldi drappeggi in rosso, porpora, indaco, oro, coloravano le pareti e il bancone, arabeschi d'argento si attorcigliavano magicamente sulle stoffe che facevano da tappezzeria, creando ghirigori mai identici. Il negozio era più ampio di quel che sembrava dall'esterno, confortevole, gli abiti erano esposti in ordinati Magicarelli lungo le pareti e su scaffali che si scambiavano ogni tanto di posto per mostrare tutte le mercanzie. Avevano fatto appena in tempo ad assimilare tutto questo, che una bella donna dagli occhi e dai capelli corvini e dalla pelle ambrata veleggiò verso di loro.

-Ginny! Che piacere vederti!- salutò caldamente la più giovane delle tre, con un sorriso che mise in mostra una collezione di denti perfetti e bianchissimi.

-Ciao, Leila. Loro sono due mie amiche, Hermione...- indicò la Grifoncina mezzosangue, che salutò imbarazzata. -...e Diana.- lo sguardo dell'araba si alzò su Diana, scettica e per nulla rilassata. Leila girò intorno ad Hermione, pensierosa.

-Capelli castani, boccoli, occhi dorati...carnagione europea...dovrebbe starti bene il bianco, lo smeraldo o l'oro.- decretò, prima di soppesare Diana. -Pallida, mora, occhi grigi...stessi lineamenti dei Black, sarai imparentata con loro, somigli a Bellatrix...- Leila notò l'irrigidimento di Diana. -Non volevo offenderti...era una bellissima donna, vent'anni fa.- aggiunse. Diana annuì, poco convinta. -Dovrebbe starti bene il nero, il verde palude o l'argento.- aggiunse.

“Verde e argento io, oro per Hermione...che sia un segno?”

 -Venite. Ginny, tu gira liberamente, il posto lo conosci.- Hermione e Diana, senza parlare, seguirono l'elegante araba fino ad alcuni Magicarrelli che, obbedienti, si avvicinarono appena Leila li chiamò. -Ecco qua. Scegliete pure.- le invitò.

-Prima tu, Herm.- fece Diana, precedendo l'amica di qualche secondo. Ghignò, quando lei le rivolse uno sguardo omicida. Mentre Hermione era impegnata con prove e scelte, lei cominciò a gironzolare per il negozio. Stoffe sottili, quasi impalpabili, colori caldi come il sole o freddi come il ghiaccio, seta e cotone e altri di cui non conosceva il nome...non faceva per lei, quel posto.

Diede un'occhiata sui Magicarrelli, così, tanto per fare qualcosa, mentre Ginny ed Hermione provavano gli abiti.

T-shirt, gonnelline ultracorte, vestiti a fascia...nulla che le si adattasse.

-Non trovi nulla che ti piaccia?- le chiese Leila, apparendo dietro di lei. Diana si strinse nelle spalle. Poi, ad un suo tocco, qualcosa schizzò fuori dal carrello e rimase sospeso a mezz'aria, deciso ad essere guardato proprio da lei.

-Forse qualcosa ho trovato.- commentò Diana, con un mezzo sorriso soddisfatto. Era un completino, l'oggetto che si era scagliato fuori dalla fila di vestiti. Una minigonna, nera, leggera, che le sarebbe arrivata fin sopra il ginocchio, elegante e sbarazzina, con arabeschi argentati sull'orlo che si attorcigliavano in disegni tribali. Ma ad attirare la sua attenzione fu l'altro pezzo, e seppe immediatamente che sarebbe stato quello, il suo acquisto. Era una camicetta, senza maniche, di un bel verde scuro, con ricami in argento che richiamavano quelli della gonna. La scollatura era quadrata, profonda, e gli orli erano neri. Molto aderente, avrebbe valorizzato ognuna delle sue curve profonde.

-Ho l'impressione che siano stati questi abiti a scegliere te.- commentò Leila.

-Anch'io.- rispose semplicemente Diana, sorridendo fra sé al pensiero delle facce di Harry e Ron quando l'avrebbero vista vestita a quel modo. “Gli verrà un colpo, senza ombra di dubbio”. -Lo prendo.- Ginny ed Hermione la raggiunsero, la prima con un abitino color oro pallido, la seconda con una gonna ed una T-shirt d'un bianco abbacinante. Diana si accorse che entrambe avevano la sua stessa aria sognante: quel posto trasudava magia. Pagarono, salutarono Leila e uscirono.

“Che strano posto..” pensarono sia Diana che Hermione, mentre Ginny le trascinava verso un negozio di scarpe. E si arresero alla sua esuberanza, alla sua allegria, lasciandocisi contagiare, prendendosi un pomeriggio di libertà in cui entrambe non avrebbero dovuto pensare a tutto ciò che le preoccupava.

 

La sera dopo, verso le sette – due ore prima che cominciasse la festa –, Diana buttò fuori le due solite Grifone che ridevano e scherzavano. Spalancò la finestra, assaporando il fresco bacio del sole di Febbraio sulla sua pelle candida, scurita appena dal fondotinta. Aveva visto Blaise l'ultima volta il giorno prima, quando l'aveva convinta ad andare a Hogsmeade, perché quel giorno l'aveva passato nella Torre, con Harry, Ron e Hermione. Le mancava.

“Possibile che sia diventato così indispensabile, quel ragazzo? Diana, mi spaventi...”

Gli orecchini che portava scintillarono di rosso e di indaco nel sole morente.

 

Hermione si separò da Ginny e si diresse ai dormitori del sesto anno, pensando a come sarebbe stata quella serata, e se sarebbe riuscita a separarsi da Harry e Ron per un po', quel tanto che bastava a passare qualche minuto con Draco. Qualche minuto che sarebbe stato il momento più bello dell'intera notte.

Lavanda e Calì stavano parlottando di qualcosa e, quando passò accanto a loro, colse parole come “riconquistarlo”, “rosso”, e “stupida americana”. Con un mezzo ghigno molto serpeverde stampato sul volto, Hermione estrasse la bacchetta mentre era china sul suo baule, e pensò: “Furnunculus” puntandola di nascosto su Lavanda Brown.

-AAAAAAAAH!- uno strillo trapassò tutte le pareti della Torre. Hermione, soddisfatta, si voltò con il suo completo fra le mani e chiese:

-Cos'è successo, Lavanda?-

Di certo, quella sera, Lavanda non sarebbe andata a nessuna festa.

“Mi sa che Diana e Draco mi stanno contagiando”.

 

Ginny indossò il suo abito. Era bellissima, e se ne rendeva conto. Una ragazza con i capelli rossi, lunghi e perfetti, il fisico minuto e sottile, il viso angelico e lo sguardo caldo e buono, che l'aveva sempre contraddistinta, fu l'immagine che lo specchio le restituì. Bella, davvero stupenda. Con una tristezza nelle iridi castane, screziate d'oro.

“Bella per tutti, tranne che per lui”.

 

Un'ora e cinquantadue minuti più tardi.

-Muoviti, stupido diciassettenne! Ci metti più tempo di una ragazza, a prepararti!- abbaiò la voce strascicata di Draco Malfoy, affacciandosi nella stanza di Blaise. Il neo-uomo stava fumando una sigaretta, assorto, mentre finiva di allacciarsi la camicia. Draco notò il ciondolo che Diana gli aveva regalato, che quell'insospettabile tenerone non si toglieva mai, sparire dietro la seta nera della camicia.

-Arrivo, arrivo.- borbottò lui, spegnendo la sigaretta nel posacenere sulla scrivania. Di fianco ad una lettera, sigillata, che portava il blasone dei Zabini. Draco indugiò sulla busta, capendo cosa avesse scatenato il bisogno di fumare dell'amico.

-E quella cos'è?-

-Niente che stasera mi possa interessare.- replicò Blaise, asciutto, precedendolo fuori dalla sala comune serpeverde ormai deserta. Erano già tutti di sopra.

 

-Ragazze, questo è un capolavoro.-

La Sala Grande era irriconoscibile. Alla fine, Ginny aveva optato per una caratterizzazione da discoteca: stendardi neri, i colori delle Case che comparivano ogni tanto, luci stroboscopiche che gettavano lampi colorati e musica a palla. Nelly Furtado rimbombava nelle casse toraciche del gruppetto dei Grifondoro appena entrati in Sala Grande: Harry, Ron, Hermione, Ginny con Dean e Diana. Tutti perfetti, “tiratissimi”. Harry, Ron e Dean in jeans e camicia, Ginny semplicemente divina con il suo attillato vestito color oro (Ron aveva minacciato Dean di ucciderlo, se avessero fatto qualcosa in più di un ballo), Hermione che splendeva come una stella nell'oscurità della Sala, in bianco, e Diana. Blaise la vide subito, appena uscito dal corridoio che portava ai sotterranei.

Era stupenda. Ed era così bella esclusivamente per lui, lo sapeva.

Aveva fatto qualcosa ai capelli...per una sera, non sarebbero stati la solita massa di selvaggi crini scuri, ma erano lisci, lunghi fin quasi al fondoschiena, scuriti di un tono quasi da sembrare corvini. La sua pelle, meno pallida del solito ma comunque molto chiara, contrastava splendidamente con le sue labbra, rosse, sottili, perfette. Le palpebre erano scurite di verde, poco, quel tanto che bastava a sfumarle gli occhi. E il corpo...Blaise reprimette a stento il desiderio di attraversare la folla e di saltarle addosso. Una camicetta verde, scura, copriva appena i seni e i fianchi, finendo là dove iniziava una minigonna nera che lasciava scoperte le sue gambe, velate da collant bronzei. Calzava delle ballerine argentate, che richiamavano i ricami della gonna e della camicetta. Portava diversi, sottili bracciali argentei ai polsi, un pendente che scendeva fin quasi fra i seni e...Blaise sorrise. Portava i suoi orecchini. Che legavano con la cintura a fascia, rosso sangue, che aveva a vita bassa.

Un tocco di Grifondoro in una sensuale Serpeverde.

(ndA: fischia oh, vuol proprio farlo morire 'sto ragazzo...aspettiamo però di vedere com'è vestito lui, così farà morire direttamente anche noi...)

 

I suoi occhi argentei lo cercarono, e lo trovarono. Diana sorrise fra sé: bello, davvero bellissimo. Un dio. Camicia di seta corvina, jeans aderenti, anch'essi neri, il suo fisico perfetto che risaltava in qualunque modo lo si osservasse. Una scossa elettrica la attraversò, vedendolo muoversi: li riconobbe subito, i maledetti. Gli ormoni. Gli stessi che, spesso, le presentavano alla mente progetti non proprio castissimi che puntualmente metteva in atto. Era bello, aveva una carica erotica che la faceva sciogliere, e non era l'unica ad essersene accorta. Gli occhi di quasi tutte le ragazze lo raggiunsero, avide arpie che volevano saziarsi della sua perfetta, apollinea immagine.

“Mi sa che Blaise non sfigurerebbe neanche, di fianco ad un dio greco...” pensò Diana. Poi, con un ghigno, notò che Daphne aveva subito provato ad attaccare bottone. Con una semplicissima alzata di sopracciglia, i tacchi vertiginosi della Serpeverde sprofondarono nel marmo del pavimento della Sala Grande. Blaise le rivolse un'occhiata divertita, e lasciò Daphne occupata a trasformare le sue belle scarpine in ballerine.

Diana notò anche Draco...impossibile non notarlo. Lui e Blaise erano di gran lunga i due ragazzi più belli di Hogwarts. Vestito allo stesso, identico modo dell'amico, aveva letteralmente fatto capitolare Hermione che, al fianco di Diana, cercava di mantenere un minimo di contegno.

-Ragazze, vi guardano tutti.- fece gentilmente notare Ron, che non sembrava minimamente interessato a nessuna delle splendide ragazze di Hogwarts. Era vero: gli sguardi di tre quarti della popolazione maschile di Hogwarts erano concentrati sulle tre Grifoncine.

-E che guardino, lo spettacolo mi sembra abbastanza piacevole.- decretò Diana, facendoli ridere tutti. Si diressero ad uno dei tanti tavolini fatti Apparire vicino alle pareti, bassi, rotondi, circondati da divanetti di pelle nera, e si sedettero. Diana agitò la bacchetta, e un cameriere fatto di quella che sembrava proprio acqua si avvicinò, un vassoio carico di bevande sulle mani.

-Diana, quelli cosa sono?- chiese Dean, smettendo per un istante di sbavare dietro Ginny.

-Sono miei...come dire...amici? Hanno dato non poco aiuto gli Elementi, vero, ragazze?- Diana sorrise, soddisfatta. Harry e Ron si guardarono intorno, e cominciarono a notare i camerieri, esseri fatti d'acqua limpida e trasparente, e quelle che sembravano proprio guardie, creature scure fatte d'ombra e di roccia, appostate un po' ovunque. -Loro si occupano della sicurezza. Ah, sì: Tiger, Goyle e Nott li ho spediti in infermeria per qualche giorno con qualche brutta piaga purulenta in faccia.- suggerì loro la voce di Diana, compiaciuta.

-Ottima idea.- commentò Harry, con un sorriso. Il suo sguardo scivolò verso Ginny, che non se ne accorse. Lee Jordan, chiamato per l'occasione dal trio di Grifoncine, salutò i ragazzi dalla postazione del Magi-jay e alzò il livello della musica. Alcuni, in gran parte Tassorosso, si buttarono subito in pista, seguiti da Dean, che si trascinava dietro Ginny, e da Harry, che Ginny non voleva perderla di vista nemmeno per un istante.

-Secondo voi ce la farà Harry a strapparle un ballo?- chiese Hermione a Diana e a Ron, che risero. (ndA: anche qui, Lea ha spifferato tutto a Ron...-.-)

-Mah...spero per lei di sì, se lo meriterebbe, no?- commentò Diana. Afferrò da un vassoio che passava un secondo bicchiere di Acquaviola. Di certo, non era una novellina in fatto di liquori: in mezz'ora ne aveva fatti fuori almeno altri cinque, eppure su di lei sembravano avere l'effetto dell'acqua.

-Sembriamo tre idioti, qui seduti.- commentò Hermione, ad un certo punto. Infatti, quasi tutti si erano alzati e ballavano sulle note di MenEater, mentre cominciavano a vedersi i segni dell'alcool. Diana tamburellava con le dita sullo schienale del divanetto, mentre con l'altra mano stringeva un bicchiere di qualcosa di più forte di un'Acquaviola. I suoi begli occhi erano fissi in lontananza, su un certo Serpeverde che sembrava si stesse divertendo un sacco. Cambiava compagna di danze ogni cinque minuti, e ogni tanto le lanciava uno sguardo strafottente.

-Secondo me lo fa apposta.- le fece notare Ron.

-Guarda, non me n'ero accorta.- borbottò lei.

-Vai, no? Dopotutto, è la vostra festa...- Diana notò un movimento biondo accanto a Blaise. Draco gli aveva detto qualcosa, ed entrambi avevano ghignato. Brutto segno.

-Solo se posso portarmi Hermione. Ron, perché non vieni anche tu?- fece lei, alzandosi di scatto. Per un istante, il mondo sembrò vorticare: forse aveva bevuto abbastanza. Finì in un sol sorso la sua tequila – adorava quel liquore –, prese i due amici per un braccio e se li trascinò in pista, fra i corpi ondeggianti di ragazzi e ragazze rapiti completamente fra le note di una musica pulsante, coinvolgente,  appena iniziata, che Diana riconobbe all'istante.

 -Segui La Stella!- esclamò, pronunciando il titolo in italiano. I due amici la guardarono, attoniti, ma lei già non dava più importanza ai loro sguardi confusi. Quella canzone era sua, era la voce del suo cuore di ragazza che, ogni tanto, ricominciava a battere.

Chiudo gli occhi per un istante, mi lascio prendere dalla musica.

Prendo Ron per mano e me lo trascino addosso. -Sono sicura che Lea non sarebbe gelosa di me.- dico, pensando alla faccia della mia amica se sapesse che sto per ballare col suo ragazzo.

Ron sorride, e accetta il mio invito.

E comincio a muovermi, un po' arrugginita perché è tanto che non ballo.

Ma la musica mi viene in aiuto. E anche Ron, è bravo.

I fianchi si muovono, movimenti lenti e profondi.

La testa segue ognuna delle parole che conosco a memoria.

Lasciati andare, Diana. Questa sera sei solo Diana, e nient'altro. Solo una ragazza.

Le luci lampeggiano, tutto sembra in bianco e nero, ogni luce una scena diversa, come i fotogrammi di un film...

All'improvviso, sento un tocco familiare sui fianchi, sulla vita. Mi sento trascinare via da Ron, che sorride.

-Cos'hai intenzione di fare? Circuisci Lenticchia?- mi chiede Blaise, traendomi a sé, i visi vicini, gli occhi che si specchiano fra loro, un sorriso arrogante che ben conosco.

Cazzo, è bellissimo.

-Geloso?- faccio io, con un sorrisetto sornione.

Mi volto, gli do la schiena, basta un sopracciglio alzato e uno sguardo penetrante e le oche che gli ballano intorno sono già scomparse. La musica si alza ancor di più.

Amo questa canzone, amo ballare...e amo Blaise.

Cazzo, almeno con me stessa potrò ammetterlo, o no?

È accanto a me, addosso a me, e io ballo, fra le sue braccia, i fianchi che si muovono al ritmo di questa musica troppo alta, i fianchi che ballano solo per lui, un bacio sul collo, un sorriso rubato, le braccia attorno al collo, le sue mani calde sulla schiena, sui fianchi, e più giù, e sulle gambe, sulle cosce...

-Ma cosa fa? Balla con Zabini!?- Ginny rise, prese Harry per mano e lo costrinse a guardarla.

-Harry, stasera non ci sono Grifondoro o Serpeverde, non ci sono Mezzosangue o Purosangue, non ci sono differenze. Guarda.- gli indicò l'inconfondibile testa boccoluta di Hermione, abbracciata ad una altrettanto inconfondibile chioma biondo platino.

-Malfoy!?-

-Harry, stasera siamo solo ragazzi. Niente di più. Ragazzi e musica.- Ginny sorrise. Un sorriso caldo, sincero. -Vieni a ballare, Harry. Con me.- lo prese per mano, e lo condusse in mezzo alla folla, sentendo la stretta calda nella mano che le faceva accelerare il cuore.

La musica cambiò. Diventò più intensa, passionale, erotica, sulle note di un altro autore italiano, un certo Tiziano Qualcosa.

Spingo Blaise lontano da me, ballo da sola, sapendo di avere i suoi occhi puntati addosso.

Mi avvicino di nuovo a lui, provocante, lo sfioro appena con braccia e bacino. Mi giro, mi appoggio a lui, ballo scendendo lungo il suo corpo, i capelli che mi seguono lungo quella dannatamente sensuale camicia, torno su.

Perversa.

E torniamo a ballare, lui dietro di me, le mani sul bacino, sulle cosce, in mezzo alle gambe, le braccia attorno al suo collo, un bacio, un altro, e altra tequila, per tutti e due.

Gente, siamo troppo ubriachi.

La musica è cambiata, è più intensa, più erotica, e travolgente, i miei movimenti cambiano, e il suo tocco si fa più deciso, voglioso, eccitante, e la voglia di stare soli, di stare insieme, cresce. Lo bacio sul collo, le carezze...

Ora mi guarda. Ha uno sguardo intenso. Sa cosa penso.

Con Justin che va e torna di sottofondo, cerca le mie labbra e mi bacia, un bacio ardente, eppure... tenero.

Così, davanti a tutti.

Cosa direbbe Lea?

Beh, stavolta Artesia se ne starebbe zitta.

Questa è la mia notte, la nostra.

Punto.

-Vuole farlo morire, quel ragazzo.- commentò Hermione, alzando un istante lo sguardo sui due amici, stretti, nel bel mezzo della pista. -Non sono un po' imprudenti?-

-E noi cosa siamo, Mione?- le sussurrò Draco all'orecchio, dandole un dolce bacio sulla tempia, assaporando il profumo del suo balsamo, mandorla. Amava quel profumo, quella dolce fierezza...amava Hermione.

 

-Guarda.- sussurrò Diana a Blaise, aprendo gli occhi dopo quella che le era sembrata un'eternità. Aveva appena visto una chioma di capelli rossi, fiammeggianti, e una ribelle di capelli corvini. Insieme.

-Alla fine Gin ce l'ha fatta.- commentò lui, con un sorriso.

-Vieni.- Diana lo prese per mano, incurante degli sguardi stupefatti di chi era loro vicino, e se lo trascinò dietro, verso i due Grifondoro abbracciati. Quando fu abbastanza vicina, si accostò all'orecchio della rossa e sussurrò:

-Se domattina vieni a rompermi le scatole, vi farò morire tutti e due, per questo.- Ginny aveva spalancato gli occhi e sollevato la testa dalla spalla di Harry, ma Diana era già sparita, con Blaise, fra la folla, in quattro minuti che avrebbero portato a tanti quattro minuti di felicità.

-Buon compleanno, Blaise.-

 

-Blaise, mettimi giù, so camminare da sola.- borbottò Diana, debolmente. Blaise la sentì prenderlo a pugni, sulle spalle, ma era troppo ubriaca per metterci la sua solita forza. Se l'era caricata sulla schiena quando le gambe avevano cominciato a cederle, sia per il troppo alcool che aveva bevuto, sia perché aveva ballato per tre ore di fila, senza mai fermarsi. Borbottava da almeno cinque minuti, il viso affondato nel suo collo.

-Diana, non sei quello che si dice un “dolce peso”, puoi stare ferma, per favore?- le chiese, rendendosi conto l'attimo dopo di essere anche lui leggermente annebbiato.

All'improvviso, da un corridoio laterale, emersero Harry e Ginny, entrambi leggermente fatti, che si sorreggevano a vicenda.

-Cosa stai facendo a Diana?- chiese Potter, la voce impastata.

-Me la sto portando a letto. Sai, Sfregiato (-Non chiamarlo Sfregiato...- borbottò Diana), dovresti provare a cogliere le occasioni. Ginny ci starebbe, vero, Gin?- replicò Blaise. Se fosse stato un poco meno ubriaco, non avrebbe mai detto una cosa del genere.

-Assolutamente.- rispose Ginny, annuendo con fare convinto. Blaise li sorpassò, e si diresse alla Torre di Grifondoro, sempre con Diana che brontolava sulla schiena.

-Dì quella maledetta parola d'ordine, per favore.- le chiese, quando furono davanti alla Signora Grassa.

-Birbolona. E non chiedermi che cazzo vuol dire.- Blaise sorrise, ed entrò. Stregò le scale dei dormitori femminili e raggiunse la stanza di Diana, senza, fortunatamente, incontrare nessuno. Chiuse la porta a chiave e la scaricò senza tante cerimonie sul suo letto, dove lei rimase, il viso affondato fra i capelli arruffati di nuovo lunghi fino alle spalle e l'espressione imbronciata di una bambina.

-Stronzo.- mormorò. Blaise si chinò su di lei, carezzandole il viso con entrambe le mani, con l'inequivocabile espressione di chi vuole concludere una serata in bellezza.

-Lo sai, vero, che potrei farti qualsiasi cosa, messa come sei messa?- le fece notare. Diana ricambiò il suo sguardo, altrettanto lascivo.

-E tu fallo, no?- Blaise sorrise. Salì sul letto, la scavalcò con una gamba e le carezzò i fianchi, la pancia, indugiando sulla chiusura della minigonna. Diana gli rivolse un sorrisetto saccente, e gli sfilò la camicia che si era impegnata a sbottonare, godendosi appieno la visione del suo fisico scolpito nella penombra dorata della sua camera.

Blaise assaporò le sue sensuali carezze sul corpo, fin quando Diana non lo trasse a sé, in un bacio che sapeva dell'alcool che avevano bevuto e delle sigarette che avevano fumato, un bacio ubriaco da cui non si sottrasse.

La spogliò, facendola lentamente nuda sotto di sé, ma decise fra sé di farla penare ancora un po'. Scese a baciarle il collo, le spalle, i seni, bloccandole i polsi fra le lenzuola certo che, ubriaca com'era, non si sarebbe ribellata. Diana mugolò qualcosa di indistinto, in segno di protesta, quando lui continuò il suo tormento fatto di baci e carezze.

-Blaise...- mormorò, con voce rotta. Fu il suo nome, pronunciato con tanta sensualità e desiderio, a fargli perdere il controllo. La voleva. Assolutamente. Conosceva quell'ansia, quella voglia di amarla. La provava ogni volta, ogni volta come se fosse la prima...o l'ultima.

Si slacciò i jeans neri ed entrò in lei, spingendosi nel suo corpo il più possibile, strappandole un gemito ad ogni spinta. Chinò il viso su di lei, sul suo collo diafano, sentendo il suo respiro affannoso, e quando raggiunse l'apice la baciò più forte, mordendola, tanto da rubarle un piccolo segno di protesta da quelle labbra, rosse come il sangue, che volle di nuovo assaggiare, assaporare. Diana aveva gli occhi chiusi, l'espressione estatica e sognante.

Le si stese accanto, traendola a sé, i visi vicini e i respiri affannati che scemavano insieme, abbracciati stretti, i seni di lei premuti sui muscoli del torace di lui, il verde screziato d'argento di lui perso nelle pozze plumbee che erano gli occhi di lei.

Si addormentarono così, uno stretto all'altra, un segno rosso su un collo bianco, traccia di una passione che fra loro non sarebbe scemata mai.

 

Diana si svegliò improvvisamente, senza riuscire per un istante a capire dove si trovava. Poi riconobbe le sue lenzuola, la sua camera, riconobbe le braccia fra cui si trovava. Blaise dormiva accanto a lei, sdraiato sulla pancia, un braccio abbandonato attorno alla sua vita. Era tutto arruffato, ma gli donava: era più attraente che mai.

Diana lanciò uno sguardo alla sveglia: erano le tre passate. Non aveva dormito molto, quel tanto che le bastava per smaltire la sbornia. Al contrario di quanto pensasse il suo amante, che in quel momento ronfava alla grande, lei l'alcool lo reggeva benissimo. Ricordava ogni istante della serata, della pista da ballo, di quando Blaise se l'era caricata sulla schiena e si erano rinchiusi nella sua camera. Ecco, soprattutto di quei momenti aveva ricordi molto nitidi. Sorrise, lasciandosi sprofondare nel suo cuscino di piume. Blaise l'aveva portata veramente al limite, quella notte.

Ma Diana era una che si riprendeva presto.

Si avvicinò a lui, al suo viso nascosto per metà dal cuscino.

-Blaise...- sussurrò, mettendo in quel sussurro tutta la sensualità di cui era capace. Lasciò scivolare delicatamente le dita fra i muscoli della sua schiena, provocandogli un brivido che lo costrinse ad aprire gli occhi, ancora appannati di sonno. Fece per dire qualcosa, ma Diana gli posò un dito sulle labbra, zittendolo. -Non è ancora finita, la serata.- gli sussurrò, e, con movimenti lenti, fluidi, studiati apposta per svegliarlo in un certo modo, salì a cavalcioni su di lui, strusciando il suo corpo nudo sulla schiena di Blaise. Lo sentì mugugnare qualcosa di indistinto, e mettersi comodo. Diana sorrise, pensando che la dolce tortura che lei stessa aveva ricevuto, poche ore prima, non avrebbe mai potuto competere con il suo delicato, passionale, crudele piano.

Si chinò su di lui, posandogli un bacio infuocato sul collo. Sentì un brivido nascere da quel contatto.

-Diana...- la chiamò, con la voce preoccupata di chi ha appena intuito qualcosa. Diana non rispose. Scese con i suoi baci lasciandone una scia sulla sua schiena colpita, mentre le sue carezze lo sfioravano appena, provocanti. -Diana...- la chiamò di nuovo, con voce diversa, rauca. Lo stava facendo letteralmente impazzire, con quel suo lieve ed eccitante tocco.

Diana si alzò di nuovo e arrivò alle sue spalle, larghe, forti, e le sue dita esperte affondarono fra i suoi muscoli.

-Ehi, Diana...- mormorò Blaise, spiazzato da quel dolore anomalo, fuso col piacere, che Diana con quel sensuale massaggio gli aveva provocato e gli stava provocando. Avvertì le sue dita penetrare fra i muscoli, sciogliere quei nodi che non sapeva esistessero, sulle spalle, alla base del collo, sulla schiena, sui fianchi, il dolore scomparso, soppiantato da un piacere assoluto.

Diana scese, sorridendo soddisfatta ai mugolii di piacere del suo compagno. Sapeva bene qual'era l'effetto che gli stava facendo. Sensuale come una gatta, altrettanto perfida nel giocare con la sua arrendevole preda, Diana ricominciò a baciarlo finché Blaise, riscossosi dallo stato di trance in cui era sprofondato, non si voltò e la ribaltò sul letto, amandola di nuovo, con forza, quasi violentemente, tanto era il desiderio che la ragazza aveva fatto nascere in lui.

 

Fu solo quando il sole inondò con la sua luce la camera di Diana che la ragazza si destò. Era stretta a lui, il viso posato sui suoi pettorali, le braccia che lo e la cingevano sulla schiena, le gambe intrecciate. Lo sentiva respirare, troppo velocemente per un ragazzo – no, un uomo – addormentato. Aprì finalmente gli occhi, e alzò lo sguardo verso di lui, che la guardava con un sorriso.

Da quanto tempo la stava osservando?

-Buongiorno, maggiorenne.- lo salutò, alzando il viso per posargli un tenero bacio a fior di labbra.

Da quando esiste in te questa dolcezza, Diana?

-'Giorno, Di. Dormito bene?- le chiese, con una scintilla di malizia nella voce.

-Quel poco che ho dormito...- rispose lei, nello stesso tono. Blaise sorrise – non smetteva mai di notare quanto fosse splendido il suo sorriso –, e la baciò di nuovo, non riuscendo a capacitarsi di come potessero le sue labbra avere quel sapore così dolce, di primo mattino. Poi però, i suoi occhi notarono qualcosa di rosso sul suo collo.

-Cos'è questo?- le chiese, scostandole i capelli. Là, appena sotto l'orecchio, stava l'inequivocabile segno di un morso.

-Guarda che sei stato tu.- gli ricordò, con un sopracciglio alzato.

-Davvero? Scusa, non...-

-Blaise, non mi da fastidio.- Diana sorrise, scostandogli la mano dal collo. -Ne ho sopportate di peggio di un morso, lo sai.- gli ricordò. Blaise sapeva che si riferiva alle decine, forse centinaia di sottili cicatrici che aveva sul corpo.

-Un giorno me lo dirai, come te le sei fatte.-

-Un giorno.- concesse lei, chiudendo nuovamente gli occhi, lasciandosi carezzare i capelli.

-Ci pensi, Diana? Tre mesi fa ci saremmo volentieri Cruciati a vicenda...-

-Io l'ho anche fatto, se ben ricordi.- sorrise lei, accoccolandosi di nuovo fra le sue braccia.

-Avevo cercato di rimuoverlo, quel ricordo.- commentò Blaise, carezzandole la schiena.

-Esagerato...-

La maniglia si abbassò di scatto, facendoli sobbalzare, ma la porta rimase chiusa.

-Diana, la porta è chiusa.- osservò la voce di Ginny, dall'altro lato della parete.

-Per fortuna...- mormorò Diana,  maliziosa.

-Perché!? Sei in compagnia?- chiese la voce di Hermione, incredibilmente simile a quella della rossa.

-Sono affari vostri?- fece Diana, pensando che, forse, lei e Ginny stessero avendo un effetto deleterio sulla solitamente algida e rigida Hermione.

-Sì!!- risposero in coro.

-Mi sa che non ci lasceranno in pace...- commentò Blaise, a bassa voce, rivolgendole uno dei suoi rari sorrisi sinceri, senza ironia o sarcasmo.

-Già, lo penso anch'io.- lentamente, controvoglia, Diana si alzò.

-Diana, se tra dieci minuti non apri questa porta la faccio buttare giù da Herm!-

-Scusa, perché io?-

-Perché da me farebbe poca impressione. Ormai se lo aspetta.- Diana guardò Blaise, e insieme scoppiarono a ridere.

 

-Ho mal di testa.- borbottò Harry, più o meno per la centesima volta.

-Harry, non è colpa mia se non reggi l'alcool.- sospirò Diana.

-Diana, non infierire.-

-Harry, cos'hai fatto con mia sorella?- intervenne Ron, inghiottendo un'aringa affumicata.

-Ron, non è il momento.- gli intimò Hermione.

-Non ho fatto nulla con Ginny.-

-Vi ho visti andare via insieme.- gli fece notare Ron, duramente.

-L'ho solo riaccompagnata alla Torre.-

-Mmm...-

-Ron, piantala!- esplose Hermione.

-Herm, per favore, non gridare.- mugolò Harry, tenendosi la testa fra le mani.

-Harry, tu non hai un ricordo da recuperare?- gli ricordò Diana.

-Dopo...quando mi sarà passato il mal di testa.-

-Andiamo bene...ci vorranno mesi.- commentò lei, sarcastica. Dei passi felpati dietro di lei, un tocco provocante appena accennato sui capelli, scostati in modo da rivelare il segno rosso sulla sua gola. Riconobbe all'istante il suo tocco. -Toglimi le mani di dosso, Faina.-

-Non sembrava ti desse tanto fastidio, ieri sera...- fece lui, approfittando dello stato comatoso di Harry e Ron per posarle alla svelta un bacio fra i capelli. (ndA: QUALCUNO MI DIA DELL'INSULINA!!!!!! PRESTO!!!)

-Avevo bevuto parecchio, non sapevo nemmeno quello che facevo.- replicò lei, scacciandolo con pochissima convinzione.

-Un segno te l'ho lasciato, però...- commentò lui, insopportabile. Harry e Ron alzarono lo sguardo, accorgendosi solo in quel momento della sua presenza.

-Che vuoi, Zabini?- sbottò Harry. Blaise ghignò, sprezzante.

 -Ringraziare la tua amica, Potter. Mi ha fatto passare una notte alquanto...piacevole.- replicò lui. Diana si alzò di scatto e si voltò verso di lui, lo sguardo fiammeggiante e il viso arrossito. Blaise la guardò, tranquillo, strafottente, a pochi centimetri dal suo volto furiosamente imbarazzato.

-Stai zitta, stupida Faina.- ringhiò. Blaise alzò una mano e l'affondò fra i suoi capelli morbidi, portandoseli al viso e assaporandone il profumo di cocco.

-Ti chiamerò, quando vorrò ripetere questa bella esperienza.- le sussurrò all'orecchio. Diana estrasse velocemente la bacchetta ed esclamò:

 -Impedimenta!- Blaise venne scagliato lontano da lei, ma l'incantesimo non era potente e riuscì a mantenersi in piedi. Avrebbe volentieri ribattuto, ma Ron e Harry (il rosso con un ghigno malcelato sul viso) e gli avevano puntato addosso la bacchetta.

-Ci vediamo, pivella...anche se non in tutti gli ambiti.-

-Sparisci!- abbaiarono Harry e Diana, rabbiosi. Blaise, sghignazzando, attraversò la Sala Grande e si unì a Draco, che rivolse un saluto sprezzante ad Hermione.

 -Ragazze, ma cos'avete fatto con quei due?- le aggredì Harry, tornando a sedersi. Hermione e Diana si scambiarono un'occhiata: se Harry avesse saputo anche solo metà di quello che avevano fatto...

-Ma niente, ci abbiamo solo ballato, sono quei due che si fanno dei viaggi mentali.- rispose Diana, irosa. Ma, in cuor suo, si rese conto che, per quanto gli volesse bene, Harry  certe cose non le avrebbe mai capite.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

My space:

eccomi qua! Non ho nulla da aggiungere a quello che ho scritto sopra, se non un GRAZIE immenso a tutti coloro che recensiscono, mettono fra i preferiti e leggono! Viky, mi rivolgo anche a te!

 

Cherie: ecco qua la festa, spero che ti piaccia…spero soprattutto di non essermi spinta troppo oltre il rating arancione, se no…amministrazione uccide…ho cercato in questi capitoli di dare più spicco anche a Ronnie, che secondo me dalla Row è sempre stato trattato un po’ così…a me sta troppo simpatico…

 

Honey Evans: rieccomi! Sì quei tre…mah…non saprei proprio…hihihihi…come vedi Diana se ne è liberata alla svelta, poveri, con le piaghe purulente…muahahahahahah…

 

Mione1194: Il monumento? Te lo faccio a Scandiano nella micropiazza Prampolini, ok? ;P ah e cmq…nel prossimo capitolo (che sarà postato tra un paio di secoli vista la maledetta nana economica che mi perseguita anche di notte O.o) torna anche Lea…e ho anticipato alcune cose che dovevano succedere in quello dopo…muahahah così non ti raccapezzi più (me molto sadica)…poi leggerai!! E cmq…Tutti in trasferta in Giappone!!!!!!!!!

 

D2OTTO: quella della festa come idea mi è venuta fuori sabato scorso in disco…e cmq…le anticipazioni sono nulla, cara, anche perché ho stravolto un po’ tutto…sembro Boccaccio, sempre a cambiare ogni cosa! (si vede che lo stiamo studiando in italiano?) e poi…ci avevo pensato a farle usare la stanza, ma per una festa in grande stile…beh…ci voleva la sala grande! Così evitiamo casini…e poi, dai, sei crudele con Ronnie…;P

 

Ilaria: quella della lotta romana è una chicca dal mio sacco…penso di provarla con il mio STRABONISSIMO prof di diritto, un giorno….ghaaaaaaaaaaaa…prima o poi mi trasferisco dentro la fic e poi quello che faccio lo so solo io!!! Muahahahahah! (ndDiana: scusa, ma tu non sei me? Ossia, io non sono te? Il tuo alter ego? Oddio…non ci capisco niente…mi stanno andando a fuoco i neuroni…-.-) PS in questo chap ho usato il paragone dio/blaise che mi hai suggerito tu, visto? ;P un basottone!

 

Koki: grazie per i complimenti, innanzitutto, anche nell’altra fic! E poi…in che senso idealizzo Diana? Perché, come ho scritto, sono io…e sapere di essere idealizzata…mi sembra di essere un fumetto!! ;P

 

Diddola: voglio tornare a Firenze!!! Ci sono stata due giorni ed è meravigliosa!!! Cmq, per Ron…ehehe ho provato la stessa cosa mentre la scrivevo!! Anche a me non aveva mai svegliato particolarmente gli ormoni…ma in quel momento, beh…(mione1194 mi sta strangolando) Lea invece è proprio lei, mione1194 alias diletta, che mi pregò a suo tempo di non lasciare ronnie solo soletto mentre herm si sollazzava con draco…quindi…et voilà, nuova personaggia che ha conquistato tutti! Contentissima che Blaise sportivo (ghaaaaaaaaaaaaaaa) ti sia piaciuto, concordo!!! ;P

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Capitolo 17
*** Lo Scontro fra Luce e Buio - 1° parte ***


I giorni seguenti passarono con sorprendente tranquillità

I giorni seguenti passarono con sorprendente tranquillità. Nessuna lite, nessun battibecco, solo qualche sclero mattutino della giovane Black, che inveiva selvaggiamente ogni volta che trovava un nuovo brufolo sul viso. La cosa più buffa era vederla affannarsi a destra e a manca, scaravoltare cassetti e beauty case, alla ricerca del cancella foruncoli dei Tiri Vispi Weasley che Ginny le nascondeva periodicamente.

-E piantala...guarda che il trucco non serve.- sospirava Hermione ogni volta, mentre Diana si truccava (cosa che faceva più o meno ogni quattro-cinque ore, con una precisione quasi svizzera).

-Hermione, sinceramente, vai a quel paese. Dovrò pur fare opera di restauro, no?- Hermione, ogni volta che riceveva questa risposta leggermente auto critica, lasciava perdere il discorso. Non c'era verso di far capire a Diana che non aveva poi questo gran bisogno di cosmetici.

Il fatto era che Diana si era fissata con l'aspetto fisico, ultimamente. Passava ore e ore a lamentarsi di tutti i più inimmaginabili difetti che potesse trovare in sé stessa: le maniglie dell'amore, la pancetta, la cellulite, i brufoli...tutte cose che la mandavano fuori dai gangheri.

-Diana, stai diventando insicura.-

-Insicura mia nonna!-

Hermione, un po' preoccupata da questo suo repentino cambio di atteggiamento – da un orgoglio di sé ad un rifiuto più totale del suo corpo, aveva scritto a Lea, da cui aveva ottenuto alla svelta una divertita e sarcastica risposta.

“Non è possibile, ci risiamo! È partita con le sue fisime primaverili...mi sa che questa volta dovrete sorbirvela voi, in questo periodo Diana diventa insopportabile. Sai, primavera, corpi più scoperti...è così ogni santa estate. Autostima sotto i tacchi, direi. È buffa, alla fin fine, ma è pesante in una maniera assurda. Oh, ve ne renderete conto...”

Nemmeno Blaise riusciva a farle cambiare idea. D'altronde, del suo giudizio e di quello dei suoi amici mica poteva fidarsi, pensò Diana. Loro le volevano bene, non le avrebbero mai detto qualcosa che potesse ledere il suo amor proprio già di per sé parecchio instabile.

“...Ditele che è brutta, che è grassa e che fa schifo al mondo intero. Di solito, o si affloscia e va in depressione, oppure si risveglia il suo smisurato ego e tira il collo all'incauto che ha osato insultarla...a voi la scelta, ma se mi trovassi al vostro posto lo farei fare a qualcuno che sia svelto a scappare. Oppure a Tiger, Goyle o Nott.”

Il primo di marzo, Hermione e Diana erano nell'aula di Storia della Magia, alla seconda ora, assieme ai pochi che seguivano quel corso. Quella sera, in sala comune ci sarebbe stata festa grande per il compleanno di Ron, che aveva espressamente vietato ogni tipo di festa del genere di quella appena passata. Diana si stava addormentando, come al solito, e la stessa cosa stava facendo suo cugino Draco, tre file più indietro. Sembrava tutto normale.

Sembrava.

Mentre Ruf attaccava l'ennesima filippica sulle guerre dei goblin, qualcosa di simile ad un proiettile pennuto sfrecciò attraverso la classe.

Diana alzò di scatto il braccio. Conosceva il suo sibilo.

Crystal le piantò gli artigli nella carne, arpionandole il braccio per fermarsi, strappandole la divisa. Ma a Diana non importava. Abbassò il braccio e nascose il suo adorato falco alla vista del professore, che grazie al cielo non si era accorto di nulla, e prese la pergamena arrotolata che aveva legata all'artiglio destro.

Per un istante, il terrore che fosse successo qualcosa a Lea, Alex o Melissa la sopraffece.

Poi, riconobbe la scrittura di Harry, veloce e disordinata. Ma il sollievo fu di breve durata.

Venite subito in infermeria. Ron è stato avvelenato nell'ufficio di Lumacorno.”

Diana lanciò il foglio a Hermione che, come il resto della classe, la stava osservando con tanto d'occhi, e si alzò in piedi quando Ruf si voltò per scrivere qualcosa alla lavagna, con Crystal sulla spalla. Prima che qualcuno potesse notare la sua espressione atterrita, Diana era già scomparsa oltre la porta che si stava richiudendo.

“Ron è stato avvelenato...” era l'unico pensiero che rimbombava nella sua mente.

Ron.

Il ragazzo che la faceva ridere, che con lei scherzava, che sapeva di lei e Blaise.

No. Impossibile.

Doveva guarire...Doveva!

Diana spalancò la porta dell'infermeria con un impeto tale che quasi la scardinò.

Le prime persone che vide furono Harry e Ginny, seduti l'uno accanto all'altra, devastati. Poi, Madama Chips che si affannava con pozioni e medicine. E poi...

Ron.

Sdraiato su un lettino, il viso d'un bianco latteo, gli occhi chiusi e il respiro lento, regolare.

“No no no no no no no no, non lo accetto! Ron!”

-Che cosa DIAVOLO è successo!?- esplose.

-Signorina Diana!- la rimproverò distrattamente Madama Chips, impegnata con le sue medicine. Diana la ignorò. Andò da Harry, si piantò di fronte a lui, risoluta.

-Harry, cos'è successo?-

-Stamattina Ron ha mangiato per sbaglio dei Cioccocalderoni ripieni di filtri d'amore.-

-Se prendo Romilda Vane...- borbottò Ginny.

-...L'ho portato da Lumacorno, che l'ha curato subito, poi ha versato dell'idromele a tutti e tre e appena Ron l'ha bevuto ha cominciato a stare male.- finì Harry, ignorando l'interruzione.

-Da dove veniva l'idromele? Una bottiglia aperta o chiusa?- chiese Diana, con il classico, gelido tono di un poliziotto.

-Era chiusa. Doveva regalarla a Silente per Natale...- Harry non fece in tempo a finire di parlare, che Diana si era già fiondata fuori dall'infermeria, un'orribile consapevolezza scritta sul viso.

 

SBAM! SBAM!

KABOOM!

La porta della camera di Draco Malfoy volò all'interno della stanza stessa, scardinata e distrutta da un calcio furibondo.

-Malfoy!- un ruggito potente, di donna, di donna incazzata e spaventata. Draco balzò in piedi dalla sua scrivania, allarmato.

-Diana, cosa cazzo stai facendo?- sbottò, vedendo la ragazza entrare dallo squarcio che con tre calci aveva creato. Era a dir poco furibonda, gli occhi erano gelidi e i denti stretti.

-Ti dico due parole. Idromele barricato.- Draco, sul momento, non capì subito. Poi, la comprensione gli illuminò cupamente il viso.

-Io...chi è stato...-

-Ron Weasley. Anche se so che non te ne frega molto, di lui.- la voce di Diana grondava sarcasmo. Lei ed Hermione avevano provato, invano, a far capire a Draco che Ron e Harry non erano quello che credeva, ma lui era sempre rimasto fermo sulle sue convinzioni. Non li sopportava, punto, al contrario di Blaise che cominciava a trovare Ron...simpatico (non allarghiamoci troppo).

-Non volevo...-

-So che non volevi, ma cazzo! Non si ammazzano così, le persone, non con innocenti di mezzo!- esplose Diana, arrivandogli talmente vicina che Draco poté scorgere ogni più piccola venatura nera nei suoi occhi del colore dell'argento fuso.

-Cosa dovrei...-

-Qualunque altra cosa! Hai quasi ammazzato un mio amico, Malfoy!- ruggì lei, stravolta dalla rabbia e dalla paura.

-Non potevo immaginare...-

-Se non hai capito che Lumacorno si sarebbe tenuto una cosa così ghiotta per sé, sei più idiota di quel che sembri.- sibilò lei, furibonda.

-Diana, io sto provando...-

-Fallo senza metterci delle persone di mezzo! Capisco che tu voglia difendere tua madre e la tua donna, ma non puoi ammazzare tutti quelli che ti si parano davanti! Usa la testa, furetto, ci sono modi più puliti di ammazzare una persona!- anche se più bassa, la voce di Diana era rimasta tagliente e venefica, i suoi occhi due lame lucenti. Draco rimase zitto, detestandola con tutto il cuore: aveva ragione, era stata una mossa stupida, una mossa disperata...

Un braccio scivolò improvvisamente intorno alle spalle di Diana, allontanandola da lui. Una buona cosa, probabilmente.

Diana permise a Blaise di trarla a sé, senza rifiutare quel minimo conforto che era l'unica cosa di cui avesse veramente bisogno. Sentì tutta la paura che aveva soppresso scaraventarsi addosso a lei, l'adrenalina, il terrore, tutto insieme. Si ritrovò a tremare.

-Cosa sta succedendo qui?- chiese Blaise, con la sua solita voce pacata.

-Succede che il tuo amico ha deciso di ammazzare Ron.- sbottò Diana, irosa. Blaise alzò lo sguardo sull'amico, uno sguardo indecifrabile che corse fra i due Serpeverde. Uno sguardo che Diana non comprese. Che non volle comprendere, perché un pensiero ben più importante le era balzato nella mente. -Io devo andare.- annunciò.

-Dove?-

-A prendere Lea.-

E, prima che uno dei due potesse dire o fare qualsiasi cosa, si era sentito uno schiocco tremendo e scomparve in un lampo di luce.

 

Un sibilo sinistro, un lampo metallico a livello del cuore.

Senti il dolore una frazione di secondo più tardi. Ti accasci a terra, Lea, il sangue che gocciola piano dalla tua ferita. Le voci dei tuoi compagni non ti raggiungono già più...

I tuoi pensieri si affollano su Ron. Vorresti averlo accanto a te, in questo istante.

Gli ultimi istanti.

Le grida dei Mangiamorte si affievoliscono. È strano: le voci le senti ancora distintamente, non è il tuo udito che non funziona.

È qualcos'altro che li ha fermati.

-Uccidili.- ordina una voce fredda, gelida, in una lingua che non comprendi.

Senti una belva ruggire, e le urla spaventate dei Mangiamorte.

Poi, più nulla.

Qualcuno si inginocchia accanto a te. Non è Alex, non è Melissa, non è nemmeno Kelly, per fortuna. È qualcuno, qualcosa di diverso.

-Farà male, sister. Perdonami. Fuoco, guariscila.- ordina la stessa voce.

Una voce che conosci benissimo.

Il fuoco comincia ad ardere sulla tua pelle, penetra nella carne e raggiunge l'organo pulsante. Senti le ferite risanarsi, i tendini legarsi. O, almeno, li sentiresti, se il dolore non fosse immane e ti costringesse a gridare, urlare, fuori di te.

Poi, repentino, tutto si ferma.

Ti tasti la pelle: hai una cicatrice a livello del cuore, ma sei tutta intera.

Alzi lo sguardo, vedi occhi grigi appannati di fatica.

-Non sarà piacevole nemmeno questo.- afferma lei, con un sorriso tirato e stanco.

-Diana, che...-

Troppo tardi. Senti il tuo corpo parcellizzarsi, svanire, mentre Diana ti trascina con te chissà dove, dopo un occhiolino ad un Alex assolutamente basito.

 

CRAC!

Uno scoppio risuonò per tutta l'infermeria. Un flash, un lampo di abbacinante luce bianca, e due figure, sporche, sudate, stremate, apparvero di fronte al letto di Ron.

-Ma che caz...- esclamò Harry, balzando in avanti appena in tempo per sorreggere Diana, in stato di semi incoscienza. Accanto a lei, Lea Artesia, pallida, scombussolata, i vestiti macchiati di sangue.

-Cosa è successo?- furono le prime tre parole che le si presentarono sulle labbra. Non ci capiva più nulla: i Mangiamorte, il coltello che l'aveva trafitta, la voce eterea che ordinava a qualcosa di uccidere i tuoi nemici...e l'improvvisa guarigione. Diana nel Limbo, di nuovo.

Impossibile.

-Siete appena Apparse in infermeria...- rispose Hermione, gli occhioni lucidi di preoccupazione fissi, attoniti, su di lei.

-Perché...Ron!- la voce di Lea si fece angosciata, quando vide Ronald Weasley disteso sul letto, pallido e immobile. Fu sicura di aver sentito il suo cuore risanato perdere qualche battito. Si fiondò accanto a lui, mille volte più spaventata di quanto avesse provato fino a pochi minuti prima.

-Starà bene, è fuori pericolo.- la rassicurò immediatamente Hermione.

Bu-bum.

Il sangue riprese a scorrere normalmente. Lea sospirò, rivolgendo alla Grifona uno sguardo colmo di gratitudine.

-Io ti...ammazzo...Lea.- Lea sobbalzò. La voce ringhiante, raspante, esausta di Diana le trafisse l'udito. Si voltò, e per un istante non riconobbe la compagna di tante avventure.

Nessuna sfumatura vitale screziava la sua pelle diafana, bianca, cadaverica. Gli occhi erano spiritati, impalliditi essi stessi fino a fondersi con il bianco degli occhi, le labbra null'altro che una pallida impronta sul volto, persino i capelli sembravano più chiari. Graffi, lividi e ferite varie sorprendentemente scuri contrastavano su di lei, il sangue rosso che colava via piano.

-Morgana...- sussurrò Ginny, intimorita dalla sua somiglianza con un fantasma molto, molto, molto incazzato.

-Diana, la uccidi dopo, ora stenditi.- Harry, risoluto, la costrinse a sdraiarsi su uno dei lettini. Diana non protestò, debilitata com'era, chiuse gli occhi e perse i sensi quasi all'istante. -Cosa diavolo le è successo?- sbottò il Prescelto l'attimo dopo, angosciato nel vedere due dei suoi migliori amici distesi in un letto d'ospedale.

-Se lo sapessi, te lo direi. Ero in mezzo ad una missione, mi sono ritrovata un coltello piantato nel cuore e l'attimo dopo Diana ha ammazzato tutti i Mangiamorte e salvato la vita a me, prima di portarmi qui.- riferì Lea, gli occhi che saettavano da Ron a Diana, preoccupati.

“Forse”, pensò, “Diana si è spinta un po' troppo oltre i suoi poteri”.

 

Blaise Zabini fece la sua irruzione in infermeria esattamente sette ore e ventiquattro minuti più tardi. Lea, che si era ricordata di avvertirlo solo dieci minuti prima, non si sorprese di trovarselo davanti con la stessa espressione che, probabilmente, aveva avuto lei nel vedere Ron.

-Diana!- esclamò, angosciato, vedendo la ragazza giacere sul lettino.

-È tutto il giorno che dorme, non credo che...- una voce aspra interruppe Lea.

-Credi male.- gli occhi di Diana, tornati grazie al cielo del loro colore normale, si erano spalancati nello stesso momento in cui aveva sentito il proprio nome pronunciato da Blaise. In tre lunghe falcate, Blaise la raggiunse, il sollievo che non mascherava del tutto la preoccupazione sul suo bel volto. Diana era ancora molto pallida, stanca, ma non sembrava più la sorella minore della Dama Grigia. Lo abbracciò prima di potersene rendere conto, cercando fra le sue braccia quel conforto che sapeva di potervi trovare.

-Mi hai fatto prendere un colpo. Tutto ok?- le sussurrò lui, così piano che nessuno a parte lei poté sentirlo.

-Mi riprenderò presto.- fu la sua risposta.

-Che cosa sta succedendo?- borbottò Ron, svegliandosi con un basso brontolio. Non era la prima volta che apriva gli occhi, quel giorno, ma fu lo stesso enormemente felice di vedere Lea accanto a lui, stringergli la mano e rivolgergli un dolce sorriso.

-Come stai, Weasley?- gli chiese Blaise, sempre con Diana stretta fra le braccia. La domanda lasciò Ron e Lea di sale, ma Diana, il viso affondato sul suo petto, sorrise debolmente.

-Io...bene.- borbottò Ron, spiazzato. Blaise annuì, serio, senza perdere quell'aria tormentata sul viso.

-Bene. Diana, riesci a camminare? Devo parlarti. Subito.- Diana alzò lo sguardo, indossando nuovamente, con quel gesto, la sua maschera. Si alzò, senza aver bisogno di aiuto, e lo seguì fuori dall'infermeria, per le scalinate deserte, fino al parco. Zoppicava e ogni tanto le girava la testa, ma nel complesso stava benone. Ne aveva passate di peggio.

Quando furono al limitare della Foresta Proibita, Blaise si fermò e si voltò verso di lei. Madama Chips aveva chiuso tutte le sue ferite e fatto riassorbire i lividi, ma i segni persistevano.

-Blaise, cosa sta succedendo?- gli chiese senza tanti preamboli, brusca come sempre.

-Il Signore Oscuro...-

-Voldemort.- Blaise fece un gesto irritato con la mano, come a dirle di non perdere tempo in certe sciocchezze.

-Lui, insomma, ha saputo del secondo fallimento di Draco. È a casa mia, e ci vuole entrambi là.- una ragazza normale si sarebbe spaventata. I suoi occhi si sarebbero colmati di paura, avrebbe cominciato a tremare.

Ma Diana non era una ragazza normale.

-Perché anche tu?- gli chiese, senza la minima traccia di sorpresa.

-Non lo so.- rispose lui. Sapeva che Diana aveva i suoi stessi pensieri: se Voldemort lo voleva presente, significava volerlo fra i Mangiamorte. Oppure, ipotesi molto più tragica, poteva significare che aveva scoperto di loro.

-Vengo con te.-

-No.- replicò Blaise con veemenza, e subito sentì nella sua voce un'eco strascicata. Draco, preoccupato forse ancor più di lui, li aveva raggiunti.

-Credete davvero di potermi fermare, voi due?- sbottò lei, con un'occhiataccia storta ad entrambi. Blaise e Draco si guardarono: fermare Diana? Nessuno avrebbe potuto farlo.

-Diana, ti ricordo quello che sei. Il Signore Oscuro ti vuole, viva o morta non gli interessa. Sarebbe come andare a ficcarsi nelle spire del Basilisco.- le fece notare Malfoy. Lei scosse la testa.

-Non farei nulla. Voglio solo esserci, voglio poter intervenire se la situazione degenera. E non ditemi che è troppo pericoloso, perché sono appena tornata da un posto dove la minor violenza è una bella sventagliata di proiettili.- se i due non avessero imparato proprio da lei l'uso delle armi babbane, mesi prima, non avrebbero certo saputo di cosa stava parlando. Ma lo sapevano bene, e sapevano anche che Diana col pericolo ci andava a nozze.

-Dray, vai avanti.- mormorò Blaise, una strana espressione risoluta sul viso. Draco, un po' spiazzato, annuì e li precedette verso i cancelli.

-Blaise, dimentica di lasciarmi qui.- ripartì all'attacco lei.

-Non ti lascio qui. Però devi promettermi, anzi, giurarmi una cosa.- replicò lui.

-Cosa?- gli chiese, insospettita.

-Che farai qualsiasi cosa ti dirò.- la fermò prima che potesse cominciare a parlare, e riprese. -Nel senso, Di, che se ti dirò di andartene lo farai, che se ti dirò di lasciare che qualsiasi cosa avvenga, lascerai che succeda.- gli occhi e la voce di Blaise erano fermi, inaspettatamente fermi.

Diana lo soppesò a lungo, ma sapeva che si trattava di una causa persa. Blaise l'avrebbe Schiantata, pur di impedirle di seguirlo, se non avesse accettato.

-D'accordo.- “Al massimo, infrango una promessa. Non sarebbe la prima volta”. Blaise la guardò, con l'aria di sapere cosa le era appena passato per la testa.

-Giuramelo su qualcosa di importante, Diana. Sulla cosa più importante che hai.- questa affermazione di Blaise la prese sottogamba. Non se l'aspettava.

“Cazzo!”

Aspettò qualche attimo, prima di sospirare e rispondere, col tono della sconfitta: -Te lo giuro su di noi. Non ho nulla, di più importante.-

Diana non seppe mai quanto le sue parole lo avessero colpito. Blaise le si avvicinò, le sfiorò le labbra con le sue, poi fianco a fianco corsero verso i cancelli di Hogwarts, sotto un cielo che minacciava tempesta.

 

-Cazzo, Blaise! Ma questa è casa tua!?- fu la prima esclamazione di Diana, appena usciti dall'oscuro limbo della Materializzazione. Si era tenuta a lui, non ce l'avrebbe fatta a farlo da sola e in teoria non avrebbe nemmeno potuto, secondo la legge. E ora guardava il Maniero, come veniva chiamato da secoli ormai, con un'espressione che tradiva la sua meraviglia.

Era un luogo lugubre e affascinante al tempo stesso, quel luogo. Vi era una grande, sontuosa abitazione al centro di un vastissimo, lussureggiante giardino dove Diana riconobbe diverse piante magiche ed esotiche. Un sentiero acciottolato serpeggiava verso la casa, elegante, maestosa, da cui sorgevano diverse torri e torrette che si innalzavano verso il cielo scuro. Trasudava bellezza, magia, e timore verso chi poteva vivere in un luogo tanto sinistro. Ecco, la parola giusta per descrivere il Maniero: sinistro. Inquietante. I gargoyle di pietra viva, gli occhi rappresentati da due grossi rubini, sembravano seguire ogni movimento. Il posto era silenzioso, solo una luce filtrava attraverso le grandi, alte vetrate da cattedrale che dovevano essere quelle del salone principale. Il portone di legno massiccio, non tanto dissimile da quello di Hogwarts, era chiuso.

Per una cresciuta in un ranch ai confini con il Messico, quel posto aveva praticamente dell'assurdo.

-Diana, resta con me o con Blaise. Questo posto ha occhi dappertutto.- Diana scoccò a Draco un'occhiataccia che lo mise a disagio. La trattavano come una pivella, ma lei non riuscì a prendersela più di tanto: sapeva che lo facevano per proteggerla. Per quanto non ne avesse bisogno.

Estrasse la bacchetta, la puntò su sé stessa e pensò: “Illuso”, nascondendosi ad eventuali guardoni.

In silenzio, seguì i due uomini lungo il sentiero. Presto non la sentirono più: sapeva muoversi senza fare il minimo rumore, ed era solo qualche fruscio di incantesimi a loro sconosciuti che rivelava la sua presenza solo a loro.

-Cosa stai facendo?- le chiese Blaise, superando una statua marmorea raffigurante un serpente.

-Sto Evocando l'Aria. Tranquillo, Blaise, non per combattere. È l'unico Elemento che possa proteggere dalla penetrazione mentale della Legilimanzia.- rispose lei, in un soffio. Blaise se lo tenne per sé, ma l'aveva impressionato parecchio: quella ragazza non finiva mai di stupirlo.

Raggiunsero il portone. Un piccolissimo elfo domestico era seduto in una guardiola, e squittì appena li vide, eccitato.

-Signorino Blaise, signorino Draco! Helby è molto felice di rivedervi, stanno aspettando i signorini nel Salone delle Conferenze!-

“Pure il Salone delle Conferenze. Oh, ma se ne usciamo vivi io lo sfotto all'infinito, per questa cosa.” pensò Diana, cercando almeno con la mente di aggrapparsi ad un pensiero che non fosse la pessima sensazione che provava da quando avevano lasciato Hogwarts. Non poteva impedirsi di essere tesa, concentrata, di essere il soldato che era di natura, ma poteva evitare di essere l'Auror che c'era in lei. Represse l'istinto di estrarre la bacchetta, quando un paio di Mangiamorte aprirono il portone del Maniero. E represse l'impressione di star chiudendosi in trappola.

-Era ora, ragazzi.- li rimproverò aspramente uno dei due, con voce aspra e roca.

-Questa è casa mia, Avery. Posso andare e venire come preferisco.- replicò duramente Blaise, lo sguardo di ghiaccio e la voce di ferro. Il Mangiamorte borbottò qualcosa di incomprensibile, e poi li condusse dentro. L'atrio era grande, spazioso, ma cupo come il resto della casa. Tappeti scuri, dipinti altezzosi e altisonanti alle pareti di un verde poco lontano dal nero, pochi ma lussuosi mobili antichi. Diana non poté impedirsi di pensare che quel luogo sembrava l'abitazione di un vampiro, dopotutto.

“Idiota, piantala di farti le battutine da sola, non c'è Lea che ti può sentire.” si rimproverò. E si affrettò a seguire Draco e Blaise, scomparsi dietro una magnifica porta decorata da serpenti intagliati, che si attorcigliavano pigramente sul legno e alzarono lo sguardo quando lei li oltrepassò.

Data un'occhiata all'interno del salone, decise di estrarre immediatamente la bacchetta.

Una trentina di Mangiamorte erano assiepati nella sala, mollemente adagiati sulle eleganti poltrone, sui divani lussuosi, sulle sedie disposte intorno ad un lungo tavolo di legno lucido e scuro, finemente lavorato. Con uno scatto di pura ira, riconobbe Bellatrix Lestrange.

L'assassina di suo padre era là, a pochi metri da lei, che sorseggiava un bicchiere di vino elfico con aria elegantemente altezzosa. Era stata bella, sicuramente, ma la sua bellezza era svanita tanto tempo prima. Ed era vero quello che le dicevano, per quanto si rifiutasse di accettarlo: le somigliava. E tanto.

-Diana, non fare nulla. Stai vicina a uno dei due e non fare niente.- sibilò Blaise, così piano che dovette praticamente andargli addosso per sentirlo. Diana digrignò i denti, ma obbedì, e rimase vicina a lui.

Si sentiva in trappola. Era un'emozione strana, venefica, che la costringeva a voltare continuamente la testa, a scatti, per paura che qualcuno l'attaccasse, che le faceva stringere la mano intorno alla bacchetta ancora più forte, che le provocava una stretta rabbiosa allo stomaco quando riconosceva un assassino.

Era una regina braccata.

Se non ci fossero stati Draco e, soprattutto, Blaise, avrebbe attaccato. Avrebbe ucciso. Ne sentiva il desiderio, sentiva il sapore della morte nelle mani e sulle labbra. Nonostante fosse esausta, provata dal continuo sfruttamento dei suoi poteri anche in quel momento, si sentiva inebriata e pronta all'attacco.

Conosceva bene quelle sensazioni...era parecchio che non le provava, ma si ripresentavano ora alla sua mente, più forti di quanto non le avesse mai provate. Più malsane, più crudeli, come non l'avevano mai animata.

Brama. Desiderio. Passione per quell'atto violento, sporco, crudele che era l'omicidio.

Era la sua droga. Lo sapeva, e lo aveva sempre sfruttato a suo vantaggio.

Una creatura di morte.

Creata per combaciare con il sangue.

Perfetta nella sua bramosia di morte.

“No!”

L'orrore le si dipinse sul volto. Era sbagliato, sbagliato, pensare quello che aveva appena pensato. Lei non amava uccidere! Lo sapeva, ne era sicura – lo aveva sempre fatto col ribrezzo di spegnere una vita...

Perché quei pensieri si affollavano in lei? Perché si sentiva strana, perché non era schifata di avere intorno quei Mangiamorte? Perché quel luogo non le accendeva tutti i campanelli d'allarme, come avrebbe fatto di solito?

Perché si sentiva una di loro?

“Diana! A dopo le riflessioni psicologiche! Sveglia!” si intimò, riscuotendosi. I suoi occhi non avevano lasciato la scena, per quanto la sua mente ne fosse lontana. Una donna, anch'essa vestita come i Mangiamorte, si avvicinò ai due ragazzi e la strappò dai suoi pensieri non proprio da irreprensibile Grifondoro.

-Zephira.- Draco s'inchinò alla donna. Sembrava a suo agio, il ragazzo, ma Diana lo conosceva troppo bene per non sapere quanto fosse teso e spaventato, in realtà. Osservò la nuova venuta con più curiosità: era una bellissima donna, sui trentacinque anni, dai capelli sorprendentemente lunghi, corvini e lucenti, la pelle bronzea e gli occhi...occhi così diversi, eppure così uguali, a quelli che amava...

“La madre di Blaise”.

-Draco, vai avanti. Il Signore Oscuro vuole vederti, ora.- disse lei, con voce graffiante. Rivolse solo un'occhiata al figlio, che ricambiò con la stessa, gelida indifferenza.

Eccone un'altra che vorresti uccidere...

Come può una madre trattare così il proprio figlio?

Diana dovette cedere. Annaspò nel buio improvviso dei suoi occhi, accecata dall'odio e dal sangue, e trovò la mano di Blaise.

Il suo contatto, la pelle gelida di lei stretta a quella tiepida e confortante di lui, la calmarono.

Cosa le stava succedendo?

Draco era scomparso. Diana aveva perso ogni riferimento di tempo, di luogo, l'unica cosa concreta era la mano di Blaise, stretta nella sua. Non osava lasciarlo, per paura di perdersi ancora in quelle sensazioni, in quelle emozioni che conosceva, ma che non aveva mai provato a quel modo. C'era buio, c'era un senso di opprimente irrealtà. Furono le grida di Draco, sotto Cruciatus, a risvegliarla.

-No!- sibilò, per fortuna abbastanza piano perché nessuno la sentisse.

-Sta' calma. Non lo ucciderà.- le soffiò Blaise vicino, impassibile e teso. Diana si rese conto di poter sentire quello che provava lui. Nulla di definito, di chiaro, ma emozioni abbastanza nitide perché si distinguessero dalle sue.

Blaise aveva paura. Per quello che stavano facendo al suo migliore amico, per quello che stava accadendo a lei. Sapeva cosa le stava succedendo? Sapeva che si trovava sballottata in una tempesta rossa di sangue?

Sembrava di sì. Sembrava che fosse nato un contatto, fra loro, così profondo da toccare le corde più recondite dei loro animi segnati.

Cosa stava succedendo?

Passò altro tempo. Diana non avrebbe saputo dire quanto, ormai aveva perso qualsiasi cognizione temporale, spaziale, fisica. Draco tornò da loro, scosso, ma illeso. Rimasero immobili, tutti e tre, in attesa che Voldemort chiamasse Blaise a lui.

Perché l'avrebbe fatto, ne erano certi.

-Ah, sì...- il gelo attraversò l'aria e la colpì con una forza inaudita. Attraverso la folla, attraverso i corpi dei Mangiamorte, due occhi rossi la trafissero. -Il giovane Zabini...vieni avanti, ragazzo, vieni avanti.- il gelo si propagò fra i Mangiamorte: le poche conversazioni morirono, gli sguardi si volsero tutti verso l'uomo (si poteva definire tale?) appena entrato nel salone.

Pelle liscia, tirata, quasi lucida, come le squame del serpente che sibilava intorno alle sue spalle. Senza capelli, le mani lunghe e sottili, come grossi, pallidi ragni. Il corpo avvolto da un lungo mantello nero, la bocca una ferita e il naso due fessure.

Blaise lasciò la mano di Diana. Zephira lo spinse verso Voldemort, una luce folle negli occhi. Il giovane avanzò fra la folla che gli faceva largo, bello, sprezzante, come un vero Mangiamorte. Solo Diana, nel suo stato confusionale, sapeva con chiarezza cosa stesse provando l'uomo che amava.

-Mio Signore...- disse, inchinandosi al Lord Oscuro per poi tornare a fissarlo dritto negli occhi, rispettoso, ma indifferente. Diana ebbe un lampo di chiarezza nel delirio della febbre: i suoi poteri funzionavano ancora, nonostante la loro regina fosse momentaneamente senza controllo. La mente di Blaise era protetta. Ma Voldemort non provò a violarla, non provò ad usare la Legilimanzia contro di lui. I suoi occhi sanguigni dardeggiarono nella sala, e si fermarono dritti in quelli di Diana.

Shoenn. Quale onore averti fra noi.

La sua voce poteva sentirla solo la ragazza, ma non era una voce come siamo abituati ad intenderla. Era un sibilo, rasposo, rauco, che raggiungeva direttamente il suo animo nero, che parlava solo a lei.

Cosa mi stai facendo, Voldemort? Uccidimi, se sai che sono qui. Non giocare con me. Si sorprese, Diana, di sapergli rispondere.

Perché uccidere una come te, Shoenn? Preferirei eliminare il tuo amato, qui. Voldemort sentì la sua sorpresa e il suo allarmismo. Sì, so che il cuore di questo giovane è stato intaccato dall'amore per te. So molto, Shoenn.

Sono qui. Prendimi, e lascia lui. È solo una pedina in un gioco fra più grandi. Avrebbe urlato. Il sibilo dell'Oscuro Signore le trapanava il cranio, ferendola.

Vieni tu da me, regina. Diana si ritrovò a camminare, obbedendo a quell'ordine imperioso. Si fermò dopo due passi.

Cosa mi stai facendo, Riddle? Gridò nella sua mente, ormai terrorizzata.

Hai sempre vissuto nella Luce, creatura oscura...Shoenn significa “ombra”...e Arakta “luce”...hai sempre scelto quest'ultima, benché tu sia molto più simile all'oscurità. Ora proverai quello che hai sempre limitato...la tua parte di Buio. La parte che sai più potente. Ora Diana capiva cosa le stava succedendo.

Io ho già scelto, e ho scelto di essere nel grigio.

Sciocca...con me tu potresti fare grandi cose, regina...

Le faccio già. Gli occhi rossi di Voldemort si strinsero appena.

Disprezzi senza sapere, Shoenn. Provalo, quello che combatti. Diana sentì una fitta al cuore, dolorosa, e cadde in ginocchio. Immagini di morte deturparono all'improvviso la sua mente: omicidi, assassini, sangue, sangue ovunque, tutti i suoi incubi ricorrenti...le sue mani macchiate di un rosso che non sarebbe mai andato via...Vedi? Non sei poi così dissimile da me...hai ucciso tante volte, e tante volte non te ne sei mai pentita...

 

Il sangue, il sangue! Ce n'è così tanto, sulle mie mani! Rosso, vivo, pulsante, sangue che sgorga da ferite aperte da me!

Ancora! Ce n'è sempre di più!

Sì, ancora!

 

Smettila, Voldemort! Gridò all'improvviso, strappandosi da quelle immagini che davano letteralmente estasi alla parte più violenta di lei. Si rialzò in piedi, barcollante, febbricitante, ma salda. Tu non puoi vincere. Non contro di me, Riddle.

Lo credi, sciocca.

Lo so, idiota. Io so cosa sono. Io so amare, Voldemort, non temo il sentimento che lascia gli animi puri. Tu sei pazzo, un folle omicida. Io no. Io sono la regina, e come tale mi comporto. Non riuscirai a piegarmi a te. E non ti lascerò uccidere Blaise.

Potresti diventare grande, al mio fianco, Regina. Il sibilo si era ridotto ad un sussurro. Diana controllò l'orrore, lo schifo, di sentirsi rivolgere quelle parole. La vera Diana, la creatura che lei era, colei che il sangue era riuscito a lavarlo via dalle sue mani, stava riprendendo il sopravvento.

La grandezza non mi interessa. Proprio non ci arrivi, vero? C'è altro, molto altro, oltre al potere. Non riesci a vederlo...è l'amore che salva dalla dannazione, non il contrario.

Un lungo silenzio seguì le sue parole, prima che Voldemort parlasse di nuovo.

Sei sprecata, Shoenn. Credo che dovrò ucciderti...ma non ora. Non è ancora giunto, il momento di porre fine alla tua vita.

Non toccherai Blaise. Il pensiero e la volontà di Diana erano fermi.

Conosco modi peggiori di separarti da ciò che tu chiami amore.

Diana raggelò, cogliendo ciò che l'Oscuro Signore aveva voluto intendere.

L'attimo dopo, qualcosa fu strappato da lei con una forza impressionante. Si ritrovò a terra, sdraiata, il petto che si alzava e si abbassava furiosamente, gli occhi che finalmente vedevano e la mente libera, sgombra, di nuovo interamente sua. Il tempo era tempo, non si dilatava o restringeva più, e furono lunghi i secondi che passò senza sentire nulla se non il proprio affannoso respiro.

Poi, la voce serpentina di Voldemort.

-Tua madre, giovane Blaise, ha espresso il desiderio che tu divenga uno di noi.-

“NO!”

 

“Cosa ti è successo, Diana? Cos'hai?” i pensieri di Blaise erano fissi su di lei. Aveva seguito il contatto fra l'Oscuro e Diana, senza poter parlare, nella sua mente. Si era sentito come una formica di fronte a due giganti, tanta era la potenza che i due sprigionavano. Ora il contatto si era interrotto, ma sapeva che Diana era là, stremata, distrutta, senza potersi difendere.

Se avesse rifiutato, Voldemort li avrebbe uccisi entrambi. Forse anche Draco.

Oppure avrebbe ucciso solo lui...Zephira non si sarebbe certo opposta. E avrebbe costretto Diana, nello stato in cui si trovava, a intervenire. E lui non poteva fare niente.

Se non...

“No, Blaise, non puoi farlo!” la voce di Diana gli entrò prepotentemente nella testa. Come diavolo faceva quella ragazza a usare la telepatia? Pure questo era, adesso!?

“Mi dispiace, Diana. Se non accetto, avrà te, in qualunque modo. Sei troppo importante per sacrificarti a causa mia.” Blaise si concentrò per chiuderla fuori. Non una cosa semplice.

Abbassò il capo, detestandosi per dover ancora una volta perdere quello che voleva.

-Se il mio Signore lo desidera, ne sarò onorato.-

 

“No.”

Voldemort sorrise, affabile.

-Vai a prepararti, Zabini, non ho intenzione di Marchiare uno studente di Hogwarts.- gli disse, accennando alla divisa che il ragazzo indossava. Blaise annuì, si alzò e si diresse verso un corridoio deserto, che portava alle sue stanze. Si chiuse la porta dietro, sentendo appena il fruscio degli abiti di Diana entrare dallo spiraglio.

-Non puoi farlo.- proruppe, mentre lentamente tornava visibile. Era pallida, tremava, probabilmente era scossa dalla febbre, ma i suoi occhi erano fermi.

-Diana, torna a Hogwarts.- le disse lui, con voce atona.

-Adesso? Neanche per sogno!- protestò lei. Blaise sospirò.

-Diana, ti ha già fatto del male. Guardati, sei più morta che viva.-

-Blaise, voglio restare con te.- Blaise le si avvicinò, le carezzò il viso gelato. Quanto faceva male, vederla così, devastata.

-Anch'io, ma non posso.- le sussurrò. Diana vide chiaramente la sconfitta, nei suoi occhi. -Torna a Hogwarts. Cerca di riprenderti, e se tra un'ora non sarò tornato vieni a cercarmi.- la vide cercare disperatamente un argomento con cui controbattere. “Non capisci, Diana? Voglio solo proteggerti”.

Diana sospirò, sconfitta. Gli posò un bacio sulle labbra, inaspettatamente caldo e tenero, girò su sé stessa e si Smaterializzò.

 

 

 

 

 

 

My space:

Rieccomi qua!! Scusatemi per il ritardo, mi cospargo il capo di cenere per implorare umilmente il vostro perdono...Allora, come promesso, questo capitolo segna la chiusura del “romantico/comico” e dà inizio al “dark/triste”...in teoria doveva essere molto più lungo, doveva includere anche tutto quello che succedeva al ritorno a Hogwarts di Draco e Blaise, ma poi ho visto che diventava una cosa oscenamente lunga e ho deciso di tagliare...vi dirò, ho scritto questo chap invece di studiare storia (20 pagine senza neanche una figura, e domani mi interroga...glab...), però mi sono sentita ispiratissima e ho dovuto per forza scriverlo. Non ci posso fare niente, è più forte di me!!! ;p Spero come sempre che vi sia piaciuto, mi sono immedesimata tantissimo in quei momenti tragici in cui Diana viene corrotta dal Buio...O.O C'è da preoccuparsi, che ne dite?

Ecco le risposte alle recensioni:

Mione1194: visto che brava, la nostra Diana? Ha tenuto testa e sconfitto lo zio Voldy! Certo che mi ha un po’ spaventata – mi spavento con le cose che scrivo io, sono da internare –…ecco tornata Lea, nel prossimo capitolo avrà(i) una parte più importante, adesso ho appena accennato al suo ritorno…ti ho fatta pugnalare, muaaaaaaah…;P

Koki: uhm uhm uhm, credo di aver capito cosa intendi. Spero con questo capitolo di aver mostrato un po’ di più i difetti di Diana, specialmente con l’inizio sui brufoli (hehe mi ricorda tanto me stessa!;P), e anche col conflitto interiore che è costretta a provare. Grazie cmq per i complimenti!

Honey Evans: conosco quella tattica!!! Dev’essere comune a tutte le povere figlie di poliziotti/carabinieri/filohitleriani e via dicendo…mama…ho qualche problema a metterla in atto perché i signori genitori mi rinchiudono sempre in una stanza con una sola lampadina accesa puntata su di me…fa molto interrogatorio da CSI, vero? ;P Contenta che il negozio magico ti sia piaciuto….eeeeeh se esistessero posti del genere….

Cherie: hihi grazie dei complimenti! Eh già, Diana è venuta a Hogwarts per tanti motivi…non vedo l’ora che ricompaia Siriu….UUUUUU non posso dirlo!!! Caspiterina ina ina!!! (me che si spalma una mano sulla faccia)

D2OTTO: spero che con questo capitolo tu non ti sia cecata, ho scritto “solo” dodici pagine…fortuna che dovevano essere almeno 20…hihi poi ho pensato a te e mi son detta: mi sa che mi uccide…allora ho ridotto! Hehe…

Ilaria: mo ciao tesora!!! In questo capitolo ho limitato le mie divagazioni sulla figaccioneria di Blaise…sai, ho passato serate anche più trasgressive di queste (me con aria molto saggia e maliziosa)!!! Certo che, la fusione di tutti gli dei dell’Olimpo mi attizza alquanto…buaaaaaaaaaah!!! Va beh dai, spero che questo chap ti sia piaciuto, anche se riconosco che è PARECCHIO pesantuccio…un basottone!! Tivitititititibi!!!

SlytherinAngel: grazie mille dei tuoi complimenti, non credo di meritarmeli tutti ma fanno comunque tantissimo piacere!! Harry purtroppo qua l’ho fatto decisamente testone…nel prossimo chap ci sarà la famigerata lite fra lui e Diana, ormai dovevamo aspettarcelo…spero che continuerai a seguirmi e a recensire! Grazie!

 

Ragazze, siamo a 91 recensioni: mi aiutate ad arrivare a 100, vero?^.^

 

Un bacione e un abbraccio a tutte!

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Capitolo 18
*** Shoenn: la Prevalenza del Buio ***


18. Shoenn: la prevalenza del Buio

 

Pioggia. Gocce di pioggia grandi come galeoni cadevano dalle nubi scure, ammassate minacciosamente nel cielo. Diana si strinse il suo mantello addosso, senza però coprirsi il viso. Il gelo dell'acqua era un balsamo, per la sua mente confusa.

Aveva sconfitto Voldemort, lo sapeva. Ma sapeva anche che lui adesso aveva la vita di Blaise e di Draco fra le mani. “Diana: 1. Voldy: 1” pensò, sarcastica, ringraziando tutti gli dei, conosciuti e sconosciuti, di non averla privata di quel suo adorato modo di fare.

Sentiva la preoccupazione dilaniarle il cuore ad ogni minuto che passava. Ormai era quasi un'ora, e dei due Serpeverde ancora nessuna traccia. Cominciava ad essere ancora più tesa di quello che era stata al Maniero, sentiva i nervi tendersi al massimo e i muscoli farsi rigidi, pronti a scattare. Era un riflesso condizionato dettato dal suo rigido addestramento, le capitava sempre.

Dov'era Blaise? Dov'era Draco?

Perché era lì a chiederselo, dannazione? Doveva essere con loro! Non avrebbe dovuto giurare, non avrebbe dovuto cedere...anche se, forse, se fosse rimasta, sarebbe morta.

Poteva solo aspettare. Aspettare, e sperare.

POP!

Uno schiocco improvviso oltre i cancelli di Hogwarts. Diana sobbalzò, e con un gesto sciolse gli incantesimi che chiudevano l'entrata del castello.

Blaise, pallido come un fantasma, le rivolse uno sguardo appannato attraverso la pioggia, quando sentì le sue braccia stringerglisi al collo e sostenerlo.

-Diana...- mormorò, lieto di sentire il suo calore fra le braccia, stretta al suo corpo febbricitante.

-Blaise, tu scotti.- gli disse, sentendogli il viso con la meravigliosamente fresca mano bagnata di pioggia.

-Sto bene.- mormorò lui, allontanandole quel freddo ristoro dal viso.

-Non ti reggi in piedi, non venirmi a dire che stai bene.- se avesse avuto più forza, Blaise avrebbe certamente sorriso davanti alla sua brusca preoccupazione. Si limitò a stringerla a sé, incapace di dire alcunché, incapace anche solo di pensare a quello che doveva fare.

 

-I Mangiamorte non possono essere avvelenati dall'amore. Rinuncia alla tua regina, Zabini, o dovrò essere io a portartela via. Hai visto di cosa sono capace. Non sfidarmi.-

 

-Diana...- sussurrò, scostandole dal viso pallido i capelli fradici. -Mi ha Marchiato.-

Diana incassò bene il colpo. Con movimenti lenti, dolci, gli prese il braccio e scostò la manica dalla pelle schiarita. Il Marchio Nero, rosso e bruciante, spiccava sul braccio di Blaise.

Le dita di Diana scivolarono intorno al tatuaggio ardente. Non erano una tortura, come il tocco violento di Zephira quando aveva voluto vedere quell'impronta di male, ma erano un sollievo, un contatto gelido, stranamente gelido, come di ghiaccio posato sulla pelle bollente...

Aveva Evocato un altro dei suoi Elementi per aiutarlo. Ancora. Avrebbe consumato sé stessa, quella notte, se non avesse smesso di chiedere a sé stessa l'impossibile.

-Diana...ascoltami.-

-No.- persino la sua voce aveva risentito del Ghiaccio che aveva sulla pelle.

-Diana...- doveva farlo. Ma era dura, rinunciare a tutto, rinunciare a lei.

-Lo so. Lo so già, Blaise, so cosa ti ha minacciato di fare.- le parole le morirono in gola, la sua voce si spezzò e si spense. Sapeva cosa avrebbero rischiato, se avessero continuato ad amarsi...la vita di entrambi. Non che della propria le interessasse...

 Si alzò sulle punte dei piedi, cercò le sue labbra, e Blaise la strinse a sé, in un bacio lungo, che sapeva di amaro e di pioggia, di dolore, di parole troppo penose per essere pronunciate...sapeva di addio.

-Diana, io...- Diana gli posò l'indice sulle labbra. L'aveva fatto tante volte, giocando, per zittirlo. Per un istante, l'unico rumore fra loro fu quello della pioggia che continuava a cadere incessante, e dei tuoni che facevano fremere l'aria.

-Blaise, non dire nulla. Per favore.- incredibilmente, gli sorrise. Un sorriso vero, dolcissimo, malinconico. Amaro.

Si separò da lui, raggiunse Draco che l'aspettava un centinaio di metri avanti, e si allontanò da lui, senza mai voltarsi indietro.

 

-Stai bene?- chiese Diana, vedendo l'insolita cupezza negli occhi gemelli dei suoi, ricordando che, durante il suo delirio, le grida di Draco l'avevano per poco risvegliata.

-Una volta tanto, non pensare agli altri. Io sto benissimo, quella che soffre sei tu.- Draco le rivolse uno sguardo di rimprovero che lei ignorò.

-Non importa. Lo sapevo, che sarebbe successo, prima o poi.- Diana tacque. Aveva raggiunto la scalinata, da dove avrebbe raggiunto l'infermeria dove avrebbe dovuto trovarsi. Dietro di loro, nessun suono di passi faceva pensare che Blaise avesse intenzione di tornare al castello.

Era rimasto là, sotto la pioggia.

-Diana...-

-Parla con Hermione.- lo interruppe, con voce atona, e sparì sulle scale. Ad ogni passo, la cruda realtà le piombava sempre più addosso, macigni su macigni che si accatastavano sulle sue spalle.

 

Sola.

Sei sola, di nuovo.

Blaise ti è stato portato via...hai perduto anche lui.

Non provi nulla. Non vuoi provare nulla.

Vuoi solo entrare in infermeria, gettare uno sguardo vacuo a Lea e Ron, abbracciati, lui addormentato, lei sveglia, in attesa di te.

Vuoi dirigerti verso il tuo letto e lasciartici cadere, stremata.

Vuoi ignorare le mute domande della tua migliore amica.

Ora, l'unica cosa che vuoi è restare sola con te stessa, con l'odio che improvviso divampa nel tuo cuore. Ma non è l'odio venefico che Voldemort ha risvegliato in te.

È odio perfettamente giustificato.

Vuoi pensare, per l'ennesima volta, che Gliela farai pagare.

 

Hermione uscì di corsa dal buco del ritratto. Un giovane dai capelli biondo platino l'aspettava appoggiato al muro, l'accolse fra le sue braccia.

-Draco, cos'è successo?- gli chiese.

-Mi dispiace, Mione.- mormorò lui, senza guardarla, allontanandosi da lei, dal suo corpo profumato. Non riusciva a guardarla, a vedere il suo fiero sguardo di Grifona. Era troppo.

-Draco...- mormorò lei, allarmata.

-È troppo pericoloso. Mione, Lui sa.-

 

-Ti sei divertito con la Mezzosangue, Draco, e per questo hai fallito. Allontana la tua Mezzosangue, o dovrò portarti il suo cuore indegno come incentivo a svolgere il tuo compito.-

 

-Draco, non mi interessa! Te l'ho detto un migliaio di volte!- l'orgoglio di Hermione le vibrava nella voce. Draco alzò gli occhi su di lei, l'argento incontrò l'oro, il dolore incontrò la fierezza.

-Hermione, non posso rischiare la tua vita. Preferisco perderti ora, che per sempre. Ti amo.- Draco si voltò, si allontanò, lasciandola lì in piedi, immobile, ferita e stupita da quelle parole che nessuno le aveva mai detto prima. Nemmeno lui.

(ndA: ok, è ufficiale. Aperta battuta di caccia allo zio Voldy.)

 

Nessuno vide Diana ed Hermione per i quattro giorni successivi. Diana, distrutta sia dentro che fuori, provata dall'eccessivo sfruttamento dei suoi poteri, era caduta in un sonno profondo da cui nessuno aveva intenzione di svegliarla. Lea vegliava su di lei, mentre rimaneva accanto a Ron. Hermione, invece, da fiera Grifondoro e da maniaca studiosa quale era, si era praticamente trasferita in biblioteca, il suo rifugio, il suo regno. Tornava in dormitorio solo la sera tardi, gli occhi gonfi e stanchi per il troppo leggere – o il troppo piangere. Ma, quando era con Harry e Ron, era la Hermione di sempre. Un'ottima attrice.

Draco e Blaise non erano messi meglio. Erano devastati: nel giro di una notte, erano precipitati in un inferno da cui non si sarebbero facilmente sottratti. Perdere chi amavano era stato un duro colpo, per entrambi, più duro di quello che si sarebbero aspettati.

Anche quando si svegliò, Diana non volle parlare di quello che era successo. Si limitò a poche parole per riferire ai due amici, preoccupati, che lei e Blaise non stavano più insieme.

Quando uscì dall'infermeria, il lunedì successivo, nessuno poté dire di averla vista. Sciupata, stanca, provata da tutto, Diana non disse una parola che fosse una per tutto il giorno, seguendo le lezioni con sguardo vacuo, ascoltando per metà i discorsi di Harry. E così il giorno dopo. E il giorno dopo ancora.

La Regina si era smarrita. Non c'era solo il dolore, il senso di perdita nei riguardi di Blaise, che sarebbero stati già più che sufficienti per distruggerla. No.

Nei momenti più impensati, le sensazioni che aveva provato in quella dannata notte si ripresentavano. Si costringeva a reprimerle, a non dargli voce, ma i suoi brevi sonni agitati erano popolati da incubi di sangue, di morte, e spesso si risvegliava di soprassalto, vedendo le sue mani macchiate di un rosso indelebile. Era nata questa lotta, in lei, tra bene e male, tra rettitudine e violenza, tra rabbia e sadismo.

E poi...e poi c'era Blaise. O meglio, non c'era, ed era questo ad ucciderla. Le mancavano i suoi sorrisi, i suoi scherzi, le loro frecciatine. Le mancavano i baci, le coccole, le carezze, l'amore. Le mancava tutto, di lui. Le mancava lui, il suo unico appiglio, l'unica fonte di luce nell'oscurità in cui era, di nuovo, sprofondata.

Fu l'ombra di sé stessa, in quei giorni.

Blaise la vedeva. La vedeva in Sala Grande, durante le lezioni, nei corridoi. Mai sola (sempre con quell'idiota di Potter), ma mai con qualcuno. Vedeva quanto fosse distrutta, quanto i suoi occhi avessero perso la loro luce, quanto la sua risata mancasse: alla vita nel castello, e soprattutto a lui. Non lo guardava, non lo cercava, perché sapeva bene cosa sarebbe successo se fossero entrati in contatto: Voldemort l'avrebbe saputo.

Passarono giorni, che si trasformarono presto in settimane, in più di un mese. Giunse aprile, passò il quindici, si avvicinava il compleanno di Diana. Il diciassettesimo. Sarebbe diventata maggiorenne, avrebbe dovuto entrare nell'Ordine. In teoria.

Perché, in pratica...

In pratica, non era più sicura di ciò che era. L'odio e la rabbia, la sete di sangue che sempre più spesso la animavano, rendevano la sua scelta molto meno logica, molto meno esplicita.

Voleva davvero entrare nell'Ordine della Fenice?

O, meglio ancora, era davvero convinta di esserne degna?

Era sempre più convinta di essere una creatura del male. Lo sapeva, perché ciò che sentiva crescere in sé, come un mostro neonato, non era certo qualcosa che un essere di luce avrebbe potuto provare.

Era terrorizzata. Viveva nella costante paura di perdere il controllo di quella sua ira, di fare del male a qualcuno...di godere, nel farlo.

Fino a quel momento, era riuscita a trattenersi, Arakta aveva prevalso, anche se a fatica, su Shoenn. Nessuno l'aveva provocata tanto da costringerla ad attaccare, e lei non si andava certo a cercare rogne. Non più, almeno.

Il freddo, la pioggia, il vento rabbioso, non erano che un'espressione della lotta che infuriava in lei.

 

Giunse il suo  compleanno.  Diana non aveva rivelato a nessuno dei suoi amici quale fosse la data, non aveva voluto che lo sapessero. Solo Draco e Blaise lo sapevano, ma erano gli unici a non poterle essere accanto quel giorno che, in teoria, doveva essere un giorno felice.

Maggiore età.

Sarebbe diventata una donna, in tutti i sensi possibili.   

Quel giorno, Diana fu strappata dai suoi incubi dai raffinati epiteti di Ginny Weasley.

-Diana, svegliati, sono quasi le otto!- cercava di svegliarla. L'americana aprì gli occhi, assonnata ma lieta di essere stata interrotta nel suo sonno agitato.

-Sei in ritardo anche tu, Gin?- le chiese, mentre afferrava la bacchetta e se la puntava addosso. Istantaneamente, il suo viso si fece perfettamente truccato, i suoi capelli si domarono (poco, ma meglio di niente) e il pigiama si trasformò nella divisa di Hogwarts. Diana riconobbe l'orlo leggermente sdrucito della gonna...era la stessa che aveva portato a Natale, la stessa con cui si era amata per la prima volta con Blaise...

Ignorò la fitta dolorosa a livello del cuore, simile ad una pugnalata.

-Sì, ho Incant…- Ginny non fece nemmeno in tempo a finirle la frase, che Diana aveva agitato una mano e l’aveva fatta Smaterializzare, diretta all’Aula di Vitious. Uno sguardo a Crystal e a Morpheus, per controllare che stessero bene, e si Smaterializzò.

Ormai, usava i suoi poteri con allarmante frequenza.

Stava crescendo. Il dolore e la frustrazione di quelle dannatissime sei settimane annaffiavano i suoi poteri, rendendoli ogni giorno più grandi.

Rendendola ogni giorno più pericolosa.

 

Draco sentì un fruscio. Era fuori dall'aula di Trasfigurazione, gli studenti stavano aspettando la professoressa, quando all'improvviso, accanto a Potter, apparve.

Pallida, debilitata, la ragazza dovette aggrapparsi per un istante al braccio dell'amico, per non perdere l'equilibrio.

-Stai esagerando. Finirai col farti del male.- le disse Potter, severo. Diana fece un brusco gesto con la mano.

-Non sto esagerando. Sto benissimo.- replicò, riassumendo istantaneamente il suo solito contegno. Draco le rivolse uno sguardo, sprezzante, che lei ricambiò con gli interessi.

Non osò alzare lo sguardo su Hermione, ma ne sentiva il profumo, ne avvertiva la presenza.

Il suo sorriso, le sue risate, la sua mania per i libri...

I capelli boccoluti e morbidi, gli occhi dorati, la carnagione chiara e vellutata...

Tutto di lei gli mancava, come avrebbe potuto mancargli l'aria. Nulla aveva più sapore, nulla aveva più senso, senza Hermione al suo fianco.

Draco si costrinse a reprimere i suoi pensieri. Non poteva, non poteva assolutamente pensare a lei. Non doveva farlo, non doveva rischiare la sua vita solo perché lui era uno scarso Occlumante.

Doveva dimenticarla. Ma la cosa più difficile era avere la coscienza di quanto fosse impossibile, farlo.

Malfoy spostò il suo sguardo sulla cugina. Erano giorni, ormai, che non riusciva più a parlare con lei, ma sapeva – a grandi linee – che cosa stava succedendo nel suo animo tormentato. Era preoccupato: se Diana, la Regina, fosse stata corrotta dal male...ma no. Doveva fidarsi di lei, come aveva sempre fatto. Diana poteva vincere la sua battaglia, una battaglia che non poteva combattere con le sue amate armi, ma solo con il suo cuore.

Aveva gli occhi spenti, vacui, senza vita. Era più pallida che mai, affaticata, il respiro più veloce del solito. Soffriva. Soffriva quanto soffriva Blaise, che passava il suo tempo sdraiato sul proprio letto, senza muovere un muscolo, per ore intere.

-Che ti guardi, furetto?-

Di certo, però, sapeva fingere bene.

 

Diana si sedette accanto ad Hermione, silenziosa quanto l'amica, quando qualcosa la colpì sul collo e cadde nel cappuccio della felpa che aveva indossato sopra la divisa, per proteggersi dal freddo assolutamente fuori stagione di cui sapeva essere la causa. Lo prese: era una pallina di carta. L'aprì, e dentro, oltre a poche parole, c'era un cioccolatino di Mielandia. Lesse il messaggio, e un timido, pallido sorriso increspò, per la prima volta dopo settimane, le sue labbra.

 

Buon compleanno, Diana.

                                                D. M.”

 

Diana si separò dagli amici per andare al bagno, prima di pranzo. Cercò di non pensare a quante volte lei e Blaise si fossero rinchiusi in quella stanza piastrellata di bianco per fare l'amore, con il timore di essere scoperti, ma con la passione indescrivibile di chi si ama.

Cazzo, Diana, non pensarci! Sei una masochista, ti fai solo del male se continui a pensare a lui!” si rimproverò, mentre si chiudeva la porta alle spalle. Si voltò, per andarsene, ma aveva appena fatto un passo che fu costretta a fermarsi.

Là, nel corridoio deserto, una sigaretta accesa fra le labbra e l'espressione tormentata, c'era Blaise.

I suoi piedi sembrarono sprofondare nella pietra. Non riusciva più a muoversi, non riusciva a non guardare i suoi occhi che tanto amava, tanto simili, in quel momento, ai suoi.

 

Merlino, quanto faceva male vederla così. Pallida, silenziosa, gli occhi lucidi e spenti. Blaise si detestò ancora più del solito, per quello che le aveva fatto, per quello che avrebbe dovuto continuare a farle.

Fece qualche passo verso di lei. Diana non si mosse. Le cadeva un ciuffo di capelli sull'occhio sinistro, il più intenso, nascondendolo alla vista. Avevano discusso tante volte, per quel ciuffo. Blaise non voleva che il suo viso si nascondesse...ma ora, rifletté, Diana si nascondeva sempre.

Era così vicina. Sentiva il suo profumo, di nuovo.

 

Vattene, Blaise. Per favore, stai lontano da me. Ti prego. Non sai quanto fa male, averti di nuovo così vicino.”

Diana non disse nulla. Blaise alzò una mano, le sfiorò i capelli che le coprivano il viso. Lei socchiuse gli occhi, cercando con tutte le sue forze di non piangere quelle lacrime che non erano mai sfuggite dal suo contegno, quando lo sentì raccoglierle i capelli dietro l'orecchio. Avvertì il suo tocco, leggero, familiare, sulla guancia, sul viso. Seguì la sua carezza, inclinando lievemente la testa, perché non poteva, non riusciva a fare a meno di quel piccolo conforto.

Gli carezzò la mano, cercò le dita di lui e le intrecciò con le sue, stringendole forte, sentendolo ricambiare la stretta.

 Alzò gli occhi su di lui. Non se lo ritrovava così vicino da quella notte, da quella maledetta notte.

Diana si detestava, perché stava per piangere e non ce l'avrebbe fatta a trattenersi.

 

No. Cazzo, Di, non piangere. Non per me”.

Era vicina. Vicinissima.

Ma non era più sua.

Diana strinse la sua mano, contro la spalla, contro il cuore, quello stesso cuore che sarebbe sempre appartenuto a lui. Si liberò dolcemente dalla sua stretta, le carezzò il viso, morbido, la sentì seguire il movimento della sua mano. Le si avvicinò ancora di più, portandole il viso alla sua altezza, facendo in modo che fossero solo gli occhi di lei ad occupare il suo campo visivo. Quei bellissimi, stupendi occhi argentati in cui vide delle lacrime.

Non avrebbe mai dovuto farlo. No. Non avrebbe mai dovuto sfiorare le sue labbra, ancora una volta, senza che lei si ritraesse. Avrebbe fatto male ad entrambi.

 

Era per questo che gli era rimasta lontana. Era per questo che evitava i suoi occhi, il suo sguardo, il suo ricordo. Era per questo che non aveva mai pianto, che aveva finto, che si era chiusa in sé stessa.

Perché ammettere di soffrire avrebbe significato ammettere di averlo perduto.

Si separò da lui, ma non si allontanò.

Lo guardò un istante, e vide il suo stesso dolore riflesso in lui.

E l'attimo dopo lo aveva abbracciato, forte, aveva nascosto il viso nell'incavo del suo collo ed era  finalmente scoppiata a piangere, piangere quelle lacrime che aveva troppo a lungo trattenuto.

 

Blaise la strinse forte, affondando il viso fra i suoi capelli, gli occhi chiusi, ascoltando le sue lacrime silenziose di cui era l'unico responsabile.

 -Shh...avanti, Diana, non piangere. Sono qui.- le sussurrò, carezzandole i capelli. Parole vuote. Senza senso. Lui non poteva esserci.

-Blaise, io non ce la faccio più.- la sentì sussurrare e, per quanto rotta dal pianto, fu immensamente felice di sentire di nuovo la sua voce, il suo nome pronunciato con tanta dolcezza.

-Sì che ce la fai. Ce l'hai sempre fatta, in situazioni peggiori di questa.- Blaise la sentì dissentire, senza che alzasse il viso dal suo petto.

-Non stavolta. Blaise, io non so più chi sono, senza di te. C'è questa oscurità, dentro, che mi corrode, che mi fa dubitare di me stessa...ho bisogno di te. Ho bisogno di te, per sapere di non essere malvagia, per avere un punto fermo, sicuro...mi manchi, Blaise, non riesco a continuare a vivere, senza di te...- mormorò lei, stringendo i denti per cercare, invano, di fermare le lacrime.

-Lo so, Di. Lo so.- la strinse, forte, cercando di dimostrarle, senza parlare, quanto tenesse a lei. Lo distruggeva, sentirla così, sentire la sua debolezza, la sua paura. Tacquero entrambi, perché non c'era altro da dire, nient'altro da fare se non restare lì, l'uno stretto all'altra, perché entrambi sapevano di aver bisogno dell'altro.

-Diana!?-

Blaise sentì Diana irrigidirsi fra le sue braccia. Alzò lo sguardo dai suoi capelli, e vide qualcosa – o meglio, qualcuno – che non sarebbe mai potuto capitare in un momento peggiore.

Harry Potter.

 

Blaise e Diana si separarono di scatto. Entrambi avvertirono un vuoto, quando persero il contatto con l'altro, quel vuoto in cui vivevano ormai da un mese e mezzo.

Harry era a dir poco stupefatto.

Non poteva crederci. Non poteva assolutamente crederci.

Diana, la ragazza che per lui era come una sorella, l'unica che sapesse della sua cotta per Ginny, la Diana che ultimamente era caduta in depressione...

Abbracciata a lui. A quell'idiota serpeverde di Blaise Zabini. Quel cretino che le aveva reso la vita un inferno fin da quando era arrivata a Hogwarts...

Fino ad un mese prima.

Fin quando Diana non aveva cominciato a soffrire.

Tutti i tasselli andarono improvvisamente al loro posto, le sue misteriose sparizioni, le “liti” a sfondo perennemente sessuale fra quei due, le strane allusioni maligne di Ginny e Lea...e la felicità di Diana, che da Natale sembrava essere rinata, la sua gioia e le sue risate che da giorni ormai non si sentivano più...

-Cosa...- balbettò, esterrefatto.

-Harry...- cominciò Diana, ma l'amico si rivolse a Blaise, improvvisamente arrabbiato.

-È colpa tua...- disse, estraendo la bacchetta. -È a causa tua se Diana è un mese che non vive più.- Blaise scoccò un'occhiata obliqua alla ragazza, non si aspettava un'affermazione del genere, e una di fuoco a Potter.

-Non sono affari tuoi, Sfregiato.- disse duramente, e la bacchetta sembrò Materializzarsi nella sua mano. Harry se ne accorse, ma le lacrime che vide sul viso e negli occhi di Diana gli avevano fatto perdere ogni dubbio.

 -Si da il caso, Zabini, che Diana sia una sorella per me. Sono affari miei.- replicò lui, sarcastico.

-Oh, gran fratello sei. Non ti sei nemmeno accorto di cosa le sta succedendo.- ribatté Blaise, sarcastico. Harry si voltò verso Diana, rivolgendole lo stesso sguardo rabbioso che aveva usato con Blaise.

-E come avrei potuto, Diana? Dimmelo tu.- le disse, duro.

-Harry...- Diana avrebbe volentieri Schiantato entrambi. Le sembrava di essere invisibile.

-Lasciala in pace, Potter.- il tono di Blaise era gelido.

 -Lasciala in pace tu, Zabini. Cosa le hai fatto per ridurla così?- Diana non aveva mai sentito Harry usare con lei un tono così rabbioso. Un lampo rosso. -Protego!-

Lo Schiantesimo di Blaise rimbalzò sullo scudo di Harry e si diresse verso Diana, che lo fece Evanescere con un gesto fulmineo della bacchetta. Né Potter né lei videro il movimento di Blaise, ma l'attimo prima era accanto a Diana, l'attimo dopo la sua mano si stringeva attorno alla gola di Harry.

-Per tua informazione, Potter...- ringhiò, gli occhi che lampeggiavano di rabbia. Diana trasalì: non l'aveva mai visto perdere veramente il controllo, non a quel modo. -...Io non le ho mai fatto del male.-

-Blaise, calmati.- intervenne la ragazza. Blaise lasciò andare la gola di Harry, senza mutare l'espressione assassina del viso.

Così simili, in quel momento, da non poter essere distinti l'uno dall'altra.

-Se non le hai mai fatto del male...- annaspò Harry, cercando di riprendere un minimo di respiro. -...allora perché soffre?-

Quelle parole, dette per fare del male, fecero breccia nella rabbia di Blaise. Una rabbia ceca, venefica, verso quell'idiota che non capiva quanto lui tenesse a Diana.

Fu proprio la voce della ragazza, bassa e gelida, a porre fine a quella che prometteva di diventare una rissa con i controfiocchi.

-Harry, Blaise...basta così.- Blaise si voltò verso di lei: il suo viso era di nuovo duro, imperscrutabile, impassibile. Gli fece un cenno verso il corridoio, e lui annuì. Passandole accanto, mentre se ne andava, le sfiorò il viso e vide i suoi occhi socchiudersi, sofferenti.

-Ti ha solo usata.-

Blaise si fermò e si voltò di scatto, pronto a saltare di nuovo addosso a Potter, ma quello che vide lo lasciò di stucco.

Gli occhi di Diana avevano lampeggiato di rosso. Ne era certo, aveva visto quel sinistro luccichio nelle sue iridi. Aveva estratto la bacchetta, e l'aveva puntata contro la gola di Harry, immobile e stupefatto, con un gesto irato.

-Sarei una puttana, quindi?- sillabò, la voce più tagliente e pericolosa che mai. Harry scosse la testa: Diana aveva frainteso, non era quello che lui intendeva dire...voleva solo farle notare quanto stesse soffrendo inutilmente.

Grosso errore.

-Certo che no. Diana, lui è un Serpeverde. Non sa amare, e tu ti sei illusa.- disse, ma c'era una nota di panico, nella sua voce. Gli occhi di Diana si strinsero.

-Io mi sarei illusa, Potter? Ma tu che ne sai?-

Per un istante, Blaise non credette alle sue orecchie. Non era la voce di Diana, quella che aveva appena udito. Troppo bassa, sibilante, come quella di un serpente...

-Diana, io non...- lei gli si avvicinò, un movimento che trasudava scioltezza.

-Tu non sai nulla. Non permetterti di giudicarmi, o di giudicare Blaise. Non ne hai il diritto, Potter.- sussurrò.

-Perché non me l'hai detto, Diana? Forse avrei potuto capire prima.-

-Come se tu fossi in grado di capire, Prescelto.- la bacchetta fremette.

-Andiamo, Diana!- sbottò lui, arrabbiato e spaventato. -Avrei capito!-

-Che cosa, avresti capito, Harry?- mormorò lei, con una dolcezza che aveva dell'inquietante.

-Non lo so! Tu non mi hai detto nulla!-

-Forse per il tuo comportamento, Harry?- insinuò Diana. Ma abbassò la bacchetta, pur mantenendo il suo sguardo serpentino. Harry la guardò, stupefatto.

-Cosa ti sta succedendo? Perché non ti fidi più di me, Diana?- le chiese, dopo un po'. Per un attimo, Diana rimase immobile. Poi, sbatté le palpebre, i suoi occhi tornarono grigi e la sua espressione si fece terrorizzata. Harry e Blaise se ne accorsero, sentirono la preoccupazione aumentare. Diana fece un cenno a Blaise, chiedendogli di andarsene, mentre scivolava lentamente appoggiata alla parete, spaventata.

Dopo un attimo di esitazione, lui annuì e se ne andò.

Harry si inginocchiò di fianco all'amica, preoccupato.

-Diana, cosa ti sta succedendo?- ripeté.

-Non lo so, Harry.-

-Perché mi hai attaccato?-

-Harry, io...- l'espressione di Potter si fece amara, e le parole le morirono in gola. Aveva ragione. Lo aveva chiaramente minacciato, quando lui, seppur in errore, voleva solo proteggerla.

-Forse saresti stata meglio fra i Serpeverde.- fu allora, che il sarcasmo di Diana prevalse sul buonsenso.

-Come quasi tutti i Black, del resto.- disse, e l'attimo dopo sbarrò gli occhi, riflettendo l'espressione di Harry sul proprio viso.

-Black? Ma che...-

-Black? Black? La figlia dell'assassino?- cantilenò una terza voce, facendoli sobbalzare. Pix, il poltergeist, era appena apparso sopra le loro teste.

-Pix!- esclamarono, balzando in piedi. Lui si tenne fuori portata, balzellando da una parete all'altra con aria maligna e soddisfatta.

-Diana Black e Blaise Zabini...innamorati, che cosa patetica...- mormorò, prima di riempirsi i polmoni d'aria e gridare: -DIANA È FIGLIA DELL'ASSASSINO BLACK! DIANA E ZABINI AVEVANO UNA TRESCA!-

-Oblivion!- gridò Diana puntandogli addosso la bacchetta. Pix tacque, gli occhi improvvisamente vacui.

Troppo tardi.

Gli studenti di Hogwarts, finito il pranzo, stavano ripopolando i corridoi in attesa delle lezioni del pomeriggio, e per un maligno scherzo del fato una buona parte aveva sentito cosa aveva urlato il poltergeist.

Cazzo!”

-Che cos'ha detto Pix?-

-”L'assassino Black”? Sirius Black, intende?-

Harry si voltò verso Diana, ma era già Sparita.

 

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My space:

ndBlaise: ragazze, vi descrivo la scena. Hermione e Diana, assatanate, stanno inseguendo Bea, la prima armata di bacchetta, la seconda di mazza ferrata in una mano e katana nell’altra. Bea sta gridando qualcosa, ma non capisco bene cosa, sembra un insieme di parolacce ed epiteti vari.

Oh, ecco Draco armato di un affare che credo si chiami “gatto a nove code”…Se non volessi descrivervi la scena, sarei là con loro a torturarla.

Oh, ecco che Diana le è saltata addosso con fluida eleganza…quanto amo quella donna…ok, forse non è tanto elegante in questo momento, sembra più un babbuino impaz…AHIA! DIANA, VA BENE TUTTO, MA LA MAZZA FERRATA NO!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ndBea, bisbigliando nel buio con fare atterrito: Ragazze aiuto…mi sono rinchiusa nel baule della macchina per sfuggire a quei tre…vi ho già assicurato l’happy end, quindi  almeno voi non cruciatemi! Sotto ci sono le risposte alle recen…

SMASH!

NdDiana: eccoti, brutta st***** pu***** fi**** di b**** do***!!

NdBea: AIUTOOOO!!!

 

 

 

Comunque, fra Harry e Diana c’è stata una sorta di malinteso: Diana credeva che Harry non fosse in grado di capire il sentimento che provava per Blaise, quando invece avrebbe potuto comprenderla, mentre Harry ha dapprima frainteso le intenzioni di Blaise, credendolo un puttaniere (della serie: mandiamocele a dire), poi ha provato risentimento verso Diana, perché non si è fidata di lui e soprattutto perché lo ha attaccato. Non sono sicura di aver reso benissimo questa cosa, quindi ci tenevo a precisare per evitare che voi lettrici, dopo aver infierito sul mio cadavere, decideste di linciare il povero Harry, che fa una ben misera figura, ma fa quello che fa solo perché vuole bene a Diana. Diana attacca Harry perché è governata dal Buio, mi sembra chiaro questo. Harry e Diana si rappacificheranno, ma più avanti.

 

Ho aggiornato così presto perché domani vado a Milano a vedere “Io Ballo” (col mio adorato Klediiii!!!! Sbaaaaaaaaaaaaav!) e domenica sarò via, e non ci riuscivo proprio a lasciarvi in sospeso….

 

 

L’indice dei capitoli (siamo poco oltre la metà) è questo:

 

19. Arakta: il trionfo della Luce

20. La Camera della Morte

21. La Battaglia di Hogwarts

22. Il Limbo

23. Addestramento Militare

24. Partenza per Morris-West – la Separazione

25. Il Tradimento di Kelly

26. Morte!

27. Il Sacrificio della Regina

28. Ritorno alla Vita

29. L’Intervento del Lupo – la Fine del Male

30. Vita!

31. Addio, Limbo – Una Nuova Vita

32. Epilogo…Oppure No?

E probabilmente seguirà un capitolo per i ringraziamenti.

 

Honey Evans: mi sa che Diana è un po' outside, in questo periodo, appena si riprende e trova lo zio Voldy lo ammazza di botte...così, a mani nude, in un remake di Ran Lupin (altra mia fic --> pubblicità occulta!! ;P) Nel prossimo chap poi vedrai la fine dello scontro che sta infuriando dentro Diana...anche se il nome dovrebbe darti qualche suggerimento ^.^

 

Mione1194: (ndBea: cazzo questa mi sta inseguendo armata di mitragliatrice!!!! aiuto!!!!) Io ti avevo avvertita però...almeno ti sei preparata....Scusa se Lea non ha grande rilievo, avevo in mente un modo per svolgere il capitolo che poi non mi attirava più e ho optato per questo...perdonami...Lea cmq torna fuori nel 22mo chap ^.^

 

Ilaria: almeno una che mi ha detto “se non venisse marchiato, dove starebbe il dark?”...tesora non sai quanto ti ho lovvata (sì c'è pure il passato di “lovvare” ^.^) per la tua recensione...PS anche tu economia? Ma che è, una persecuzione imperitura? PPS per il disegno fai con calma, ok? Non c'è fretta!

 

D2OTTO: no, tranquilla, non mi delirare please...eh lo so, mi sa che ho preso dalla Row che fa capitoli chilometrici...questo è sempre sulle 11 pagine, mi sa che obbrobri chilometrici come quello della festa non li faccio più (per fortuna! NdD2OTTO) ;P

 

Cherie: ho aggiornato alla sveltissimissima, ma mi sa che mi ucciderai lo stesso...glab...(vedete Cherie partire alla volta di casa mia, imprigionarmi in uno stanzino col mio portatile e una lampadina e intimarmi, a mò di funzionario della Gestapo: SCRIVI!!!)--->aiuto...tra mazze ferrate, mitragliatrici e filohitleriane mi sa che qua l'unica cosa da fare è scappare....HELP!!!! O.O

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Capitolo 19
*** Arakta: il Trionfo della Luce ***


Uno schianto tremendo

Uno schianto tremendo. L'elegante porta in legno di mogano si abbatté sul tappeto, facendo tremare le pareti di tutto l'ufficio. Silente balzò in piedi, allarmato, la bacchetta stretta nella mano avvizzita. Con un gesto, fece abbassare il polverone che si era alzato.

Ansimante, i capelli che ricadevano davanti nascondendole il viso, le mani appoggiate agli stipiti della porta, Diana.

-Cosa è successo, Diana?- le chiese Silente, avvicinandosi a lei. Diana ebbe un singulto, uno scatto del corpo, ed evitò il contatto.

-Professore...- sussurrò, la voce bassa, sibilante di terrore.

Diana alzò il viso: nei suoi occhi, nessun argento visibile dove avrebbe dovuto essere. Ma sangue. Sangue rosso, sangue vivo, sangue assassino, brillava nelle sue iridi.

-Aiuto.-

 

 

 

Diana spalancò gli occhi. Per un istante, la sua vista fu annebbiata dal dolore tremendo che le pervadeva il cervello.

Poi, vide.

Vide un soffitto bianco, sentì sotto le dita lenzuola fresche, e la riconobbe: l'infermeria.

Si alzò a sedere, tenendosi la testa con una mano. Le faceva davvero male, ma ne aveva passate di peggio e non era quello il suo problema più impellente. Si guardò intorno, stupefatta.

Era in un film in bianco e nero.

I colori erano diventati dei grigi, più chiari, più scuri, a seconda dell'origine. Il bianco era bianco, il nero era nero, ma il resto era completamente mutato.

Diana balzò in piedi, allibita. E lo fu ancora di più, quando vide i propri abiti.

Jeans aderenti, camicia senza maniche, scura, Stetson.

-Stetson!?- esclamò, togliendosi il cappello nero dalla testa. Sì, era proprio uno Stetson, un cappello a tesa larga, da cowboy. Il suo cappello, che l'aveva accompagnata ovunque, nella sua vita.

-C'è qualcosa che non mi quadra.- borbottò mentre se lo rimetteva, poco convinta. Si guardò intorno: eh, sì, decisamente qualcosa che non quadrava.

Poi, una macchia per terra. Inconfondibile. L'odore, ora che ne vedeva l'impronta, ne ammorbava l'aria.

Sangue.

D'istinto, Diana cercò la bacchetta, ma la sua custodia era vuota. Non c'era nemmeno in cintura, e non c'era nemmeno un qualsiasi tipo d'arma, nemmeno un coltellino.

-Cazzo.- disse, lo sguardo duro e scocciato. Si diresse nel corridoio, e senza quasi pensarci chiamò a sé le pietre di Hogwarts, affamata di informazioni.

Ma, per la prima volta da quando era nata, l'Elemento non le rispose.

-Cazzo!- ripeté. Era disarmata, si disse. Disarmata di tutte le sue armi, disarmata dei suoi poteri. Eppure, in lei, non c'era paura. Non c'era ansia, non c'era tensione. Era fredda, fredda come un lago gelato. Fredda come tutto ciò che aveva intorno, fredda come le mute mura di Hogwarts.

Seguì le tracce di sangue, guardinga, ma calma. Non riusciva a provare nulla, se non un senso di irrealtà crescente, come se non si trovasse nel mondo reale.

L'ultima cosa che ricordava era di essere piombata nell'ufficio di Silente, e di avergli chiesto aiuto. Il Preside aveva annuito, le aveva puntato la bacchetta contro una tempia e aveva pronunciato: “Arestae Animae”. Poi, il vuoto.

-Arestae Animae...non mi suona affatto bene.- borbottò, riflettendo sulla natura di quell'incantesimo. Non poteva trovarsi nel mondo reale: Hogwarts non era così, Hogwarts non era deserta, non aleggiava nell'aria quel tanfo di sangue e di morte. Quella era un'illusione...un'illusione creata dalla sua testa.

“Un sogno.” capì all'improvviso. “È solo un sogno...anche se il più realistico in cui mi sia mai trovata.” Eppure doveva necessariamente esserlo. In una situazione del genere, col sangue che colava dalle pareti e il puzzo che infetidiva l'aria, non sarebbe mai stata capace di sopprimere l'ansia, la tensione, la preoccupazione.

Continuò a camminare, sentendosi ogni attimo più indifesa.

Nessuna arma, e intorno a lei i segni sempre più inequivocabili della morte.

Cominciarono ad apparire i cadaveri...studenti, professori, persino creature magiche.

Persone che vedeva in ogni momento, ogni giorno, ogni attimo della sua vita.

Le si strinse il cuore riconoscendo la professoressa McGrannitt: era stesa a terra, una lancia conficcata nel torace, il sangue che zampillava piano.

Niente.

Nessun disgusto, nessun orrore, nessun dolore.

Completamente svuotata di ogni cosa: poteri, emozioni, sentimenti.

Presa dalla frustrazione, fece per tirare un pugno al muro, senza riuscire nemmeno a provare rabbia verso sé stessa.

-Sei stata separata dal tuo essere, Diana.- una voce evanescente, cupa, proveniente dai più reconditi angoli del buio, la fece sobbalzare.

-È per questo che non provi niente.- un'altra voce, eterea, nata da qualcosa di cangiante ed eterno, si unì alla prima.

Diana si voltò di scatto, e per poco non perse i sensi.

Davanti a lei, c'erano due creature. Due creature che erano...potevano solo essere...

Lei.

Uguali come gemelle, ma diverse come ciò che rappresentavano.

La prima era completamente nera. La pelle era lucida, levigata, come una pietra preziosa, ogni dettaglio sembrava essere stato scavato nel marmo corvino, persino i capelli. Eppure, non era statuaria, non era statica. Era una creatura in continuo movimento, seppur perennemente immobile...Diana non riusciva a descriverla, era impossibile. Ma quell'essere aveva i suoi lineamenti, i suoi stessi, identici lineamenti, persino gli stessi difetti della pelle, come un neo o un brufoletto. L'unica cosa diversa da Diana erano gli occhi: erano scolpiti, levigati, lucidi, ma erano privi d'iridi, profondi e neri come un vuoto nello spazio, che davano la sensazione di poterti attirare, catturare, ipnotici.

L'altro essere era il suo esatto contrario. Identico al primo e a Diana per lineamenti, diverso da entrambe per il colore abbacinante del suo corpo. Bianco. Bianco luminescente, brillante come una stella, mutevole ogni volta che lo sguardo si perdeva in quella luce così simile a quella del sole, eppure priva del colore caratteristico dell'astro.

La guardavano.

Oh Merlino, quei due esseri la guardavano.

Avevano l'aria di chi può uccidere con un solo sguardo di quegli occhi, d'onice o di ghiaccio.

Eppure...eppure la paura si dissolse nell'animo di Diana.

Non le aveva mai incontrate, prima, ma sapeva di chi si trattava. Lo Sapeva.

-Arakta...- mormorò, guardando la creatura di perla. -Shoenn...- disse, posando poi gli occhi sull'essere di lucido corvo. Le due creature annuirono.

-Esattamente.- rispose Arakta. Erano serie, prive d'espressione, algide.

-Cosa sta succedendo, qui?- chiese Diana, senza lasciarsi impressionare.

-Sei qui perché hai smarrito la strada.- disse Shoenn, con la sua voce profonda, oscura.

-Pensavo foste voi due, le strade.- commentò Diana, caustica. Entrambe dissentirono.

-No, Diana. Le tue strade devono ancora essere segnate, e dovrai essere tu, a farlo.- Diana sospirò.

-Non so cosa sono diventata.- ammise, abbassando lo sguardo. -Non so più fare scelte sensate, sono governata dal male, non c'è più...-

-Controllo?- le suggerì Arakta.

-Esattamente.- annuì Diana.

-Diana, tu sei la regina del promiscuo, del poco chiaro, del contrario. Dentro ogni essere umano esistono bene e male...- cominciò Shoenn.

-Luce e Buio.- la corresse Diana. Shoenn ed Arakta alzarono gli occhi privi di pupille su di lei.

-No.- disse Arakta.

-Luce e buio non sono Bene, o Male. Io sono Shoenn, il Buio, ma non sono il Male, così come Arakta non è il Bene. È questo il tuo errore, Diana, credere che noi siamo la personificazione della tua lotta interiore.- continuò Shoenn, paziente.

-Ma la leggenda dice che “dovrò scegliere fra Luce e Buio”.- obiettò Diana, cominciando a sentirsi un po' confusa.

-La leggenda sbaglia. D'altronde, è stata pronunciata da un uomo, e per quanto fosse potente era pur sempre un mortale. Non sarà fra Arakta o Shoenn che dovrai scegliere.

Noi siamo parte di te.

Tu porti entrambi i nostri nomi, pur non essendo nessuna delle due. Sei il perfetto connubio che esiste fra Luce e Buio, fra notte e giorno, sei l'alba e il crepuscolo. Ma non sei l'unione di bene e male, ricordalo. L'Oscurità non è male, così come la Luce non è bene.

Tu sei una divinità, devi solo scegliere il tuo schieramento.- la corresse Arakta, dolcemente. Diana non rispose subito, meditabonda.

-Quindi io devo scegliere fra Bene e Male...ma smetterla di combattere una di voi.-

-Esatto. Non puoi combatterci perché, come vedi, noi siamo te. È il Male che l'Anoma ha seminato in te che devi vincere, e così esaudirai parte della leggenda.- Shoenn sorrise.

-Anoma? Cos'è?- chiese Diana.

-Gli Anoma sono esseri fatti di puro male. Quell'essere che ha fatto questo scempio...- Shoenn indicò intorno a sé, le pareti imbrattate di sangue, i cadaveri sparsi ovunque. -È uno di loro. Naturalmente qui non è reale nel senso stretto del termine, ma lo è più che a sufficienza per mostrarti quale orrenda creatura sia.-

-Gli Anoma sono i tuoi, nostri più pericolosi nemici. Hanno il controllo sull'Arn-rhua, l'Elemento Dannato, l'unico che non puoi governare. Sono gli unici capaci di ucciderti, con la magia. Sono creature che vivono in funzione della tua morte. Tu sei l'unica che può ucciderli...tranne l'Oscuro.- continuò Arakta.

-Voldemort è un Anoma?- chiese Diana. Le due annuirono.

-Quell'Anoma è l'unico destinato ad essere ucciso da un altro.-

-Harry Potter.- disse la ragazza, capendo.

-Sì.- annuì Shoenn. Passarono lunghi istanti di silenzio, rotti solo dal respiro della giovane.

Pensava a sé stessa, Diana. Pensava alle proprie emozioni, le sondava, cercando per la prima volta di capire se fossero sensazioni maligne o benigne, e non luminose od oscure.

Pensò al rancore e all'affetto verso Harry.

Pensò all'amicizia con Lea e Ron, con Hermione, Ginny, Draco.

Pensò ad Alex e Melissa, vecchi compagni di guai.

E pensò a Blaise. Pensò all'amore che per lei significava tutto. Pensò a quanto fosse importante per lei, a quanto fosse orribile il calvario in cui viveva da quando l'aveva perduto. Pensò a lui.

E capì.

L'amore è ciò che salva dalla dannazione.

-Ho capito.- disse, finalmente. -So chi sono, ora.-

-L'hai sempre saputo.- dissero le due, sorridendo. E l'attimo dopo erano scomparse.

All'istante, Diana sentì un impeto di forza scorrerle nelle vene, inebriandola, risvegliando ognuna delle sue fino a quel momento sopite emozioni.

Si guardò le mani. Erano rosee, il sangue pulsava nelle vene, visibili attraverso la pelle trasparente.

Un'esplosione di colori, di suoni, di sensazioni.

Aria, Acqua, Terra, Fuoco, tutti gli Elementi minori, la Luce, il Buio.

Risiedevano dentro di lei. Erano lei.

Diana si mosse, fluidamente, con naturalezza. Un movimento che non le costò quasi nessuno sforzo.

-Dov'è quell'Anoma?- chiese alla Pietra di Hogwarts, usando la lingua sacra degli Algonquin, la tribù indiana che si diceva discendere dal profeta che aveva dato vita alla sua leggenda.

La Pietra le indicò la via, suggerendola direttamente al suo cuore.

Diana girò su sé stessa, sentendo con somma soddisfazione il suo corpo parcellizzarsi nell'Aria.

Riapparve in Sala Grande. Anche là, tutto sembrava scialbo, spento, in confronto al tripudio di colore ed energia, di emozioni e sentimenti, che era lei.

Ed eccolo là, l'Anoma, chino sull'ennesimo cadavere. Una creatura avvolta in un mantello scuro, che celava dietro crini neri il proprio viso bianco.

Diana alzò le mani. Gli Elementi, ad una sua muta preghiera, si riunirono là, fra le sue dita, facendo schioccare le falangi e le falangette, raggiungendo le unghie e facendole risplendere di mille colori. Le guardò: iridescenti tripudi di colore, rosso e verde, giallo e blu, bianco e nero, grigio e viola, tutti condensati in una massa abbacinante che erano le sue mani.

Sorrise, prima di scagliarsi contro l'essere. Le mani penetrarono nella sua schiena, strappandogli – o strappandole – un grido disumano, di dolore crudo e animale. L'essere si voltò verso la sua assassina.

Occhi rossi. E lì finiva la loro diversità.

La tua scelta l'hai fatta, Diana. Questo è il Male che si annida in te.

 

-AAH!- gridò Diana, svegliandosi di soprassalto in una infermeria di nuovo a colori.

 

 

 

 

********************************************************************

My Space:

Ma eccomi qua...alur, sono stata veloce? ;P

Spero che il chap vi piaccia, ci ho messo parecchio impegno perché è uno dei più importanti...la scelta...

Io sono sempre nascosta nel baule della macchina, ora si è pure aggiunta la McGrannitt che mi vuole ammazzare!!!!! Aiuto!!!!

 

Ecco le risposte alle recensioni:

SlytherinAngel: anche io soffro perchè si sono lasciati tutti...ma ahimé non sono io che comando, ma il mio cervellino pazzoide!! ;P Comunque stai tranquilla, l'happy end è assicurato! Per Harry...avevo bisogno che facesse quella parte, ho cercato di penalizzarlo il meno possibile benché preferisca altri personaggi a lui (nella mia FF)...per la lingua, come dico in questo chap, è la lingua sacra della tribò indiana (d'America) Algonquin. ^.^

cherie: per ora lo zio Voldy lasciamelo perché ho bisogno del cattivo...poi te lo faccio ammazzare, okappa? ;P spero che l'ambulanza sia arrivata, perché mi sa che qua stiamo sprofondando nella pazzia assoluta...e ripeto stiamo...^.^

Axyna: grazie mille per i complimenti, davvero, sia a me che a Diana (che poi è la stessa cosa ;P) spero di non deluderti!

Iaia_Malfoy4ever: allora ragazza se IO sono un genio TU sei uno stinco di santo! Il disegno è FANTASMAGORICO, ti giuro che non riesco a smettere di rimirarmelo tanto è bello! Ah poi cmq...a Milano non c'era Kledi...ma c'era Leon, José (che è marron, ma bon bon!!), GARRISON (amo quell'“uomo”!), Anbeta, Francesca, la Zaffino, Francesca, la Giulia Ottonello (mitica)...e FRANCESCO, che ha messo su un fisico da bonazzo che mi sono messa a strillare in teatro!!

Mione1194: hehe mi sa che dovrai aspettare ad uccidermi, caVa...anche a torturarmi, perché se lo fai mi rinchiudo in silenzio stampa! Si lo so che sono malefica...

D2OTTO: mi sa che qua c'è stato un piagnisteo generale, mamma mia, ho fatto scioglere tutti...sigh sob...pure me...^.^

Honey Evans: spero che questo chap ti sia piaciuto...l'errore della leggenda, la luce e il buio che beccano Diana (povera, però è sempre un mito riesce persino a tenergli testa!)...alla fine, come vedi, Diana ha scelto e ha scelto bene!

pei_chan: wow...la tua recensione mi ha gonfiato di orgoglio! A parte che è la più lunga che abbia mai ricevuto, mamma mia, sono contenta che la mia fic ti prenda tanto e ti piaccia...anche io in classe non riesco a smettere di pensarci, col risultato che ho riempito un quaderno con tutti gli appunti, scene, eccetera...della storia. Sono felicissima di averti appassionata tanto, e ringraziamo l'onnipotente Dile (hehe anche da lei prendo le mazzette ^.^) che te l'ha suggerita! ;P

Koki: et voilà, accontentata! (ps: si è risolto quel problema che c'era con l'idealizzazione secondo te? Perchè non ne sono sicura...)

PolarLight: ed eccola! Mi chiedevo quando saresti rispuntata! (me felice) Grazie per i complimenti...non sono solo le descrizioni ad essere migliorate, ma tutto lo stile...rileggendo “ti amo e mai te lo dirò” mi sono addirittura chiesta come siano le recensioni tutte positive...grazie per il consiglio, non ho letto quella trilogia ma lo farò al più presto! ^.^

UN BACIONE A TUTTI, E GRAZIE!

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Capitolo 20
*** La Camera della Morte ***


-Calmati, Diana

-Calmati, Diana. Va tutto bene.- Diana, il fiato corto, la paura negli occhi, alzò lo sguardo sul Preside, seduto molto tranquillamente accanto a lei. C'era qualcosa di eterno, nella figura di Silente: trasmetteva calma e pace, e riuscì ad attenuare un poco il terrore che le attanagliava il cuore.

-Preside...- la ragazza si guardò ancora in giro: voleva essere sicura di trovarsi nella vera Hogwarts, e non in quell'orribile luogo che trasudava morte.

Lentamente, molto lentamente, la paura si chetò nel suo animo.

-Cosa è successo?- chiese infine, dopo aver fatto molti lunghi respiri. Silente incatenò gli occhi ai suoi, dandole l'inquietante sensazione di essere radiografata. “Provo emozioni...provo sensazioni...non ho mai amato tanto la paura come in questo momento.” si disse, sollevata.

-Io non lo so. Ho semplicemente fatto in modo che tu fossi messa in grado di scegliere.- rispose il Preside, la voce ferma e pacata. Diana colse un'ombra di dubbio e di diffidenza, nel suo sguardo.

 -L'ho fatto.- disse, più dura di quel che volesse essere. -Ho scelto.- Silente non le chiese che cosa avesse scelto. Si limitò ad osservarla a lungo, in silenzio, mentre lei sosteneva il peso enorme di quello sguardo secolare.

-È stata dura?- le chiese infine. Diana scosse la testa: la sensazione di irrealtà, di confusione, che l'aveva accompagnata durante quelle dannate settimane era scomparsa. Era lucida, riusciva a sentire chiaramente ogni emozione: tensione, dolore, rancore...paura. Paura verso quell'essere che nel sogno aveva ucciso. Paura di quella creatura col volto sporco di sangue caldo, gocciolante, dai denti ingialliti dal sapore dell'omicidio, dagli occhi rosso vivo, pulsante...

Terrore.

Puro e indicibile terrore, scatenato da quella perversa versione di lei.

-No.- rispose. Ed era la verità: annientarla, annientare quella creatura, non era stato affatto difficile. Anzi, si era sentita animata da un fiero orgoglio, come se stesse estirpando la sua anima da un cancro mortale.

Silente le sorrise per la prima volta. Diana sentì un macigno sollevarsi dal suo cuore: vedere il Preside rilassarsi era una conferma, un “va tutto bene”.

-Resta qui in infermeria. Manderò il signor Malfoy a trovarti, se lo desideri.- le disse dolcemente, mentre si alzava.

-Ma Preside...il resto della scolaresca non sa...- cominciò Diana, confusa. Un'ombra di tristezza passò nell'azzurro intenso degli occhi di Silente.

-Ahimé, Diana, forse il signor Gazza non ha tutti i torti nel voler espellere Pix. Il signor Malfoy le spiegherà tutto, presumo. Ora devo andare...- la salutò con un cenno affettuoso, e si volatilizzò non appena fu  fuori dall'infermeria. Diana si lasciò ricadere sui cuscini, esterrefatta e preoccupata.

Pix...

Aveva Obliviato quel dannato poltergeist non appena aveva rivelato alla scolaresca due dei suoi più importanti segreti.

Troppo tardi, però, perché molti studenti lo avevano sentito.

E poi, Harry.

Harry che l'accusava di essersi illusa, di essersi lasciata usare, di essersi innamorata di un idiota...beh, su questo non poteva non dargli ragione, ammise con un mezzo sorriso.

Cazzo, che disastro...” pensò, rendendosi conto che, in quel momento, sulla bocca di tutti poteva esserci solo un nome: Diana Black.

La porta si aprì, e Draco, trafelato, entrò praticamente di corsa.

-Diana, tutto bene?- le chiese.

-Secondo te?- replicò lei, caustica. Draco sospirò, sollevato: se faceva del sarcasmo, allora stava piuttosto bene. Si sedette sulla poltroncina lasciata libera da Silente, riprendendo lentamente fiato.

-Che cosa cazzo hai combinato? Sono tre ore che ti cerco, e Silente mi ha appena avvertito che ti trovavi qui.- le disse. Diana si strinse nelle spalle.

 -Ho fatto un piccolo viaggio nei meandri del mio cervello per ricordarmi da che parte sto, ti lascio  immaginare in quale caos mi sono trovata.- disse, strappando al cugino un mezzo sorriso.

-Prima o dopo aver rivelato al mondo intero di essere una Black?- le chiese.

-Dopo.- rispose lei. Anche il dolore si era un po' attenuato, benché il solo pensiero di Blaise le bruciasse gli occhi e l'anima.

-Sanno di te e Blaise, quelle sanguisughe. Sono perfidi, preparati quando uscirai perché vorranno farti sicuramente del male.- la avvertì.

-So cavarmela.- si limitò a fargli notare. Draco annuì, riconoscendo che sì, lei sapeva cavarsela.

-Lo so, ma avrai tutti contro. I Serpeverde ti daranno della puttana, ho quasi affatturato Hoper per farlo tacere, mentre i Grifondoro ti accusano di essere una traditrice del “nobile animo di Godric”.- mimò, con evidente sarcasmo. Diana sospirò.

-C'era da aspettarselo.- commentò, filosofica.

-Già.- silenzio. I pensieri di entrambi si affollavano sullo stesso sentimento, incarnato da due persone diverse. -Diana...come sta Hermione?- chiese lui, alla fine. La cugina colse l'amarezza negli occhi e nella voce di Draco.

-È forte e sa fingere bene. Sta male, ma si riprenderà.- quelle parole sembrarono rincuorare un po' il tormento del giovane Malfoy, che le rivolse un sorriso malinconico.

-Spero che ci riesca...almeno lei.-

Un fruscìo. Diana si era alzata dal suo letto e lo aveva abbracciato, conscia di quanto il cugino stesse male, conscia del dolore e della frustrazione che gli attanagliavano il cuore e lo spirito, conscia di quanto gli mancasse la sua adorata Hermione. Diana era l'unica a sapere quanto fosse grande e potente il sentimento di Draco, l'unica con cui lui si fosse mai sfogato del tutto...

Tranne Blaise, ovviamente.

-Finirà, Dray. Prima o poi, finirà anche questa guerra. Bisogna tenere duro.- sussurrò, gli occhi chiusi, stretta fra le braccia del cugino. -Anche se ci viene portato tutto via...- aggiunse, con un groppo doloroso fermo in gola, un dolore immane che minacciava di nuovo di sopraffarla.

-Mi sa che siamo rimasti soli, adesso. Ma hai ragione, non possiamo mollare.- le disse lui, dopo un po', carezzandole i capelli e la schiena, cercando in qualche modo di confortarla e, inconsciamente, di essere confortato.

-Se tieni duro tu, lo farò anch'io.- sentenziò Diana. Draco si sorprese di sentirle pronunciare quelle parole: gli davano la sensazione di essere importante, per la cugina, almeno quanto lei lo era per lui.

-Ne usciremo tutti senza cadere, allora.-

-È una promessa, Dray?-

-Sì, Di. Lo è.-

 

Diana passava la maggior parte del suo tempo in solitudine, ora. Tutti sapevano chi era, grazie a quel maledetto poltergeist. Nei corridoi, nelle aule, in Sala Grande, Diana Black veniva evitata e allontanata, come se fosse portatrice di peste.

Aveva duramente imposto a Ron, Hermione e Ginny (ai due rossi, per fortuna, la sua ascendenza non importava) di starle lontano: le mancava soltanto che anche i suoi amici venissero denigrati quanto lei, figlia di colui che, per la maggior parte delle persone, sarebbe sempre rimasto un assassino e un traditore. Per di più, ora che la sua ascendenza era ben nota, Diana veniva spesso, sgradevolmente associata a Bellatrix Lestrange. La loro somiglianza era qualcosa che nemmeno Diana poteva ignorare: era bella e spietata, altezzosa e fiera come solo una Black poteva essere.

Solo Draco le rimaneva accanto. Anche lui, sempre più pallido e teso, sempre più preoccupato per il compito che avrebbe dovuto assolvere in tutti i modi, passava il suo tempo da solo o con lei. La loro amicizia, così come la relazione che c’era stata fra Diana e Blaise, era ormai oggetto di dominio pubblico, e nasconderla non sarebbe servito a nulla. Unica nota positiva in una situazione…beh, in una situazione di merda.

Il pensiero di Harry era quello che le faceva quasi più male, per quanto detestasse ammetterlo anche con sé stessa. Sapeva che, se avessero parlato, se gli avesse spiegato tutto, Harry avrebbe capito perché lo aveva attaccato, perché si fosse comportata a quel modo. Ci era passato anche lui, per una cosa del genere.

Sperava che, se avessero parlato, Harry avrebbe cambiato idea su quello che c’era stato fra lei e Blaise. Aveva sbagliato, forse, a valutare il giovane Potter: forse era in grado di capire. Ma l’orgoglio, e anche la vergogna per i propri comportamenti non proprio irreprensibili, impedivano ad entrambi di chiarirsi.

Ginny, Ron e Hermione non sapevano perché i due si fossero allontanati, perché le poche volte che i loro sguardi si incontravano vi era solo imbarazzo misto ad altezzosità, fra loro.

Lea le scriveva valanghe di lettere. Crystal era un mezzo sicuro e veloce di comunicazione, e le due potevano scambiarsi informazioni, notizie e pensieri senza il timore di essere intercettate. A parte Draco, Lea era il suo unico appiglio: se n'era andata da Hogwarts pochi giorni dopo l'attacco a Ron, richiamata in missione, ma aveva continuato a stare accanto all'amica che, lo sapeva, soffriva più che mai.

E c'era sempre il dolore. Diverso, ora, meno irruente e selvaggio, più controllato dalla sua nuova, cupa serenità. Il senso di vuoto nel cuore, là dov'era stato Blaise, il letto freddo in cui si coricava tutte le notti, le giornate vuote, senza la sua voce. Era riuscita ad accettare che Blaise doveva starle lontano, per il bene di entrambi, ma non per questo avrebbe smesso di combattere.

Perché aveva preso una decisione, Diana: si sarebbe ripresa il suo ragazzo, il suo amore, la sua vita. Gli avrebbe fatto vedere i sorci verdi, a quel maledetto Signore Oscuro, ora che era maggiorenne e membro a tutti gli effetti dell'Ordine della Fenice.

Ricordava bene quella sera, la stessa sera del suo movimentato compleanno, l'ufficio di Silente. La lunga conversazione avuta con il Preside, con Kingsley Shacklebolt e la professoressa McGrannitt, che l'avevano interrogata a lungo e a fondo, per essere sicuri che il Male fosse veramente stato estirpato da lei. Diana aveva risposto con fredda pacatezza, con studiata eleganza, ma sincera.

Alla fine, i tre le avevano concesso di entrare a far parte dell'Ordine.

Diana aveva accettato subito, benché una parte della sua anima aveva continuato a gridarle in faccia la verità: ora era ufficiale. Era vero, ormai: lei era da una parte, e Blaise dall'altra. Separati e divisi da qualcosa di enorme che Diana aveva tutta l'intenzione e la determinazione di distruggere.

Il suo primo incarico, escluso il solito “ponte” di informazioni che le arrivavano dal Limbo, era quello di stare vicina a Draco. Di controllare che riuscisse a portare a termine la sua missione, benché sulle reali intenzioni di Silente non avesse che qualche vago dubbio.

Ma lei era un soldato, dopotutto (anche se spesso decisamente indisciplinato), e aveva obbedito.

 

Una sera, una calda, fragrante sera di fine maggio, Diana era appollaiata sul grande faggio in riva al Lago, in compagnia del suo diario. Era puerile tenere ancora un diario, a diciassette anni, ma era l’unico modo che avesse per sfogare quello che aveva dentro. Diana aveva sempre amato scrivere.

Intorno a lei, nessuno. Le piaceva così, Hogwarts, adesso. Deserta.

-Diana, sei lassù?- una voce matura, di uomo, pacata. Diana lanciò uno sguardo alla base dell’albero, dove una figura alta e avvolta dall’oscurità la stava chiamando. Non scese subito: sei anni di Morris-West le avevano insegnato a non fidarsi di una situazione del genere. -Diana, sono Remus. Puoi scendere, per favore?-

Un balzo, e Diana era già a terra, un sorriso tirato ma sincero che nasceva sul viso. Pallida, più del solito, smagrita, segni rossi sul viso là dove gli allenamenti in palestra si erano fatti troppo duri, ma straordinariamente simile a suo padre, la stessa gioia sincera e velata di malinconia negli occhi.

Davanti a lei, Remus John Lupin, licantropo di professione, amico per vocazione.

 

Aveva conosciuto Remus quando lei e sua madre si erano trasferite in Inghilterra. Il licantropo era venuto a sapere dell’esistenza di quella ragazza, figlia del suo migliore amico, e aveva voluto assolutamente conoscerla. Diana non si era opposta, anzi: avrebbe potuto sapere qualcosa su suo padre, da quell’amico…avrebbe potuto raccontarle chi era.

Un giorno, Remus si era presentato a casa O’Connell. Cassandra, sua madre, lo aveva riconosciuto, visto che avevano passato due anni insieme, ad Hogwarts. Avevano passato un paio d’ore a parlare, in salotto, mentre Diana ascoltava da dietro la porta della sua camera, senza trovare il coraggio per intervenire. Da una parte, perché meno stava fra i piedi di sua madre più quest’ultima sarebbe stata contenta, ma dall’altra, da quella che riguardava lei, era un po’ spaventata dalla presenza così vicina di un uomo che aveva potuto conoscere suo padre, il padre che Cassandra le aveva sempre negato.

Sì, almeno con sé stessa lo aveva ammesso: la grande Diana Black aveva paura.

Una paura irrazionale, forse, ma forte, verso qualcosa – qualcuno – che le era sempre stato estraneo.

Abituata com’era a badare a sé stessa, non aveva mai pensato veramente a come sarebbe stato avere un padre. Ma, da quando Dan e Scott erano morti, il desiderio di conoscere qualcosa su quell’uomo era andato via via crescendo, fino a diventare insostenibile. E aveva colto l’occasione, quando il suo capo le aveva proposto di combattere su entrambi i fronti.

Ad un certo punto, Remus aveva chiesto di lei. Diana aveva avvertito la voce della madre indurirsi, mentre partiva con le sue solite filippiche su quanto fosse una ragazza difficile, preoccupante, su quanto fossero assurdi i suoi interessi e pericolosi i guai in cui si cacciava…Lupin aveva ascoltato tutto, senza mai interromperla, e poi aveva detto: -Cassie, posso parlare con lei?-

Cassandra, un po’ delusa, gli aveva indicato la porta dietro la quale Diana origliava. Diana aveva aspettato che l’uomo entrasse in camera sua, e aveva notato che non sembrava sorpreso di averla scoperta ad origliare. Remus l’aveva guardata a lungo, stupefatto, prima di dire:

-Te l’ha mai detto, Cassie, che sei identica a tuo padre?-

-No. Mi ha sempre e solo tacciato di ribellione.- aveva replicato lei, diffidente, appollaiata nella sua poltrona preferita.

-Allora te l’ha detto. Anche tuo padre era un ribelle cronico.- Diana lo aveva soppesato a lungo, lo sguardo fiero e indagatore.

-Parlami di lui…per favore.-

Remus aveva sorriso, e aveva cominciato a parlare. Si erano incontrati tante volte, dopo quel primo contatto. Remus le raccontava le avventure di quel gruppo di spostati che si facevano chiamare Malandrini, di tutti i danni che avevano combinato, delle incessanti avance di James, Ramoso, all'esasperata Lily Evans. E le raccontava di Sirius, quel giovane che metteva sempre davanti a sé gli amici, quel folle sconsiderato che si metteva nei guai un giorno sì e uno anche, quel rubacuori che non aveva mai trovato l'amore, ma non desisteva nel cercarlo. E Diana ascoltava, affascinata e divertita, a volte anche esasperata, rendendosi conto, giorno dopo giorno, di quanto il suo carattere fosse simile a quello del padre.

E Diana si era aperta, con Remus. Gli aveva raccontato della sua vita, dei propri guai, e del proprio dolore. Aveva aperto il suo cuore a quell'uomo a cui si era affezionata, in quel periodo. E Remus, con una stretta di nostalgia al cuore, si era affezionato a lei, assumendo inconsciamente il ruolo di quel padre che non aveva mai potuto avere.

E ora era lì, ad Hogwarts, preoccupato per le voci che gli erano giunte su di lei.

 

-Remus, come mai qui?- gli chiese Diana. Remus la guardò storto.

-Silente mi ha mandato un messaggio. Sei un po' incasinata, o è una mia impressione?- Diana sorrise, malinconica.

-Un po'...- disse, abbassando lo sguardo. Cominciarono a camminare lungo la riva del lago, uno accanto all'altra, mentre le luci della scuola si spegnevano una ad una.

-Vuoi parlarne?-

-Non ti dispiace ascoltare i drammi di un'adolescente?- Remus scoppiò a ridere.

-Sopportavo i drammi di tuo padre, di James e anche di Lily. Credo di potercela fare.- disse, divertito. Anche Diana sorrise, un po' a malincuore.

-Mi sono innamorata, Remus. E non sarai contento di sapere di chi.-

-Un Serpeverde?- Diana lo guardò, stupita.

-Sì...al secolo, Blaise Zabini.- Remus incassò bene la notizia: si limitò a sospirare, rassegnato.

-Lo conosco. E lui...- lasciò la frase in sospeso.

-È un sentimento reciproco, Remus. Ed è forte, forse troppo forte, perché lui mi è stato portato via da quel brutto serpente gigante che di nome fa Voldemort.- Lupin colse tantissimo dolore, in quella voce sarcastica.

-Ti ha lasciata?- le chiese, comprensivo.

 -Ci siamo lasciati. Perché Voldemort mi vuole morta e tramite lui arriverebbe a me, perché Blaise rischierebbe la vita a stare con me. È una situazione veramente di merda.- lo corresse, con rabbia.

-Lo immagino. E Harry? Silente mi ha detto che avete litigato...- le disse, dolcemente. Diana sospirò, affranta.

-È così. Mi crede un'illusa traditrice dei Grifoni, detesta l'idea che mi sia innamorata di un Serpeverde e vorrebbe volentieri Cruciare Blaise.- spiegò.

-Harry è sempre stato in conflitto con le Serpi, lo hanno sempre trattato come un verme e ha sviluppato parecchi pregiudizi. Tu mi dici che Zabini non ti ha mai illusa, che ti ama sul serio, e io ti credo, ma per lui non è la stessa cosa.- le spiegò Remus, paziente.

-Lo so...è che mi ha fatto male, sentirlo trattarmi così, quando fino a due settimane fa eravamo legatissimi.- commentò lei, addolorata.

-Lo immagino. Sai, anche Sirius una volta ha litigato con James per un motivo simile. Per tua madre, per essere precisi.- Diana si voltò verso Remus, stupefatta.

-Cosa?- Lupin sorrise.

-Sì. Tua madre era una Serpeverde. Tuo padre si era invaghito di lei, e non è servito a nulla dirgli che di lui, a Cassie, non interessava nulla. Senza offesa.- aggiunse. Diana fece un gesto con la mano.

-So che è una carogna, ma non sapevo che fosse stata una Serpe. Non mi sorprende.- commentò, filosofica.

-Non essere troppo severa con Cassie. È arrivata a Hogwarts al quarto anno, ed è finita fra le Serpi solo per il suo cognome. Non ha mai avuto il tuo coraggio o quello di tuo padre, ma non era cattiva e ha passato la vita all'ombra di Bellatrix Lestrange.- le spiegò, notando l'irrigidimento di Diana alla menzione della Mangiamorte.

-Chissà come ha fatto mio padre ad innamorarsi di lei...- borbottò la ragazza, accigliata.

-Si era invaghito di lei, non innamorato. Poi è rinsavito, e quando tua madre lasciò Hogwarts aveva già una nuova fiamma. Non era proprio serissimo, con le donne.- Diana sbuffò, divertita.

-Una delle poche cose che non ho preso da lui.- l'amarezza la colse improvvisa, velandone la voce. -Mi sarebbe piaciuto, conoscerlo. Non è giusto che mia madre non me l'abbia permesso.- aggiunse, sentendosi odiosamente simile ad una pivella viziata. Detestava esprimere quel genere di sentimenti, non sopportava di sentirsi un'egoista.

Si sorprese, quando vide una scintilla malandrina negli occhi di Remus.

-Si può sempre rimediare.- disse il licantropo, con un ghigno non molto dissimile dal suo.

Fu proprio quel sorriso, a preoccuparla.

(ndA: lettrici, preparate trombette, cappellini e champagne. È un consiglio da amica. ;P)

 

Passi. Passi veloci, passi che risuonavano nel buio e nel gelo di quel luogo.

Passi affrettati, passi decisi, passi di una donna che aveva un obiettivo.

Passi di una donna che aveva una speranza.

Un mantello nero, frusciante intorno alle sue gambe, scivolava sulle nude pietre del pavimento. Le sue mani bianche si strinsero sull'orlo, mentre volute di fiato si condensavano nell'aria gelida.

Diana fissò il proprio sguardo sulla sala in cui si trovava. Pietra fredda, agli occhi di chiunque, ma pulsante ai suoi, pulsante dei sentimenti dilanianti dei vivi, e della pace dei morti. Gradinate sulle pareti, che fungevano sia da panchine che da scalini, scendevano a spirale fino a dove si trovava lei, a pochi metri da una piattaforma anch'essa scavata nella roccia, innalzata di una decina di centimetri dal pavimento.

E là, un arco.

Semplice, a ogiva, senza nessuna struttura che lo sostenesse.

E là, il Velo.

Diana non riuscì a staccarne gli occhi dal momento in cui lo vide. Ondeggiava leggermente, mosso da un vento inesistente.

Mosso dal respiro delle anime che dietro vi riposavano.

Diana si avvicinò, ignorando i sussurri che infrangevano quel silenzio innaturale e le arrivavano dritti al cuore, gelandole l'anima.

Il Velo si scostò appena quando lei allungò una mano per sfiorarlo, allontanandosi dalla sua pelle diafana senza toccarla.

-Desidero mio padre.- sussurrò. Non era certa che avrebbe funzionato, ma doveva assolutamente provare. Mise in quelle parole tutto il bruciante desiderio che provava da mesi e mesi, ormai, il desiderio di incontrare l'uomo che le aveva donato la vita.

Il velo si scostò completamente.

Là, esseri eterei e gioiosi si annodavano in volute e spirali, spiriti pallidi ed evanescenti che si attorcigliavano e si inseguivano sotto gli occhi stupefatti di Diana.

Sembravano…felici.

Come avrebbe voluto, Diana, unirsi a loro.

Attraversare la soglia dell’ignoto e smetterla, smetterla di soffrire, smetterla di vivere.

Per un istante, fu tentata di farlo.

Fu uno ad avvicinarsi a lei. Dapprima, non fu altro che una delle tante anime inespressive, senza volto, ma mano a mano che si avvicinava i suoi lineamenti presero forma.

Con un sospiro, lo spirito uscì dall'arco e si alzò in piedi, di fronte a lei.

Diana trattenne il respiro, esterrefatta, evitando per un pelo di indietreggiare. Un uomo era di fronte a lei, con un sorriso sul volto pallido.

Era alto, ben piantato, le spalle larghe. Il viso era giovane, bello, attraente, e due occhi molto intensi, familiari, la guardavano con visibile orgoglio. I capelli erano lunghi, raccolti in una coda bassa, neri come la pece.

Gli occhi di Diana erano spalancati, sbarrati.

-Diana.- disse l'uomo, con voce calda, allegra.

-Papà.- la parola suonava arrugginita, poco usata, sulle sue labbra.

Sirius Orion Black era davanti a lei. Con un sorriso orgoglioso e sincero sul volto affascinante e straordinariamente simile a quello della ragazza.

Diana era pietrificata. Non riusciva a muoversi, i suoi muscoli e la sua voce erano entrati in sciopero. Aveva davanti, per quanto impossibile potesse sembrare, quel padre che non aveva mai conosciuto, quel padre che ammirava più di quanto le fosse mai successo con chiunque altro...

-Che strano effetto, essere chiamato così.- commentò Sirius con una risata. Era diversa da quella di Diana, più simile al latrato gioioso di un cane, mentre quella della figlia era più bassa, sensuale e profonda, anche se entrambe vibravano dello stesso calore. E spezzò quell'istante di cristallo, quell'attimo che aveva lasciato Diana, per la prima volta nella sua vita, assolutamente senza parole.

-Eh già...immagino.- borbottò, la voce strozzata. “Non avevi proprio nulla di più intelligente, vero, Diana?”

-Ricordati di respirare, Diana.- le fece gentilmente notare il padre, con un ghigno malcelato.

-Spiritoso.- commentò lei con una smorfia. -Almeno adesso so da chi ho preso il pessimo umorismo che mi ritrovo.-

-Ah, beh, è una delle mie – anzi, nostre – migliori qualità. Dopo la bellezza, ovviamente.- rise Sirius, ironico.

-Ovviamente.- rincarò lei con un sorriso. Si sedettero sul bordo della piattaforma, infranto il disagio iniziale, in silenzio.

-Certo che ne hai fatti, di guai.- commentò Sirius dopo un po' che si era perso a guardarla, ammirato e stupito di aver potuto creare qualcosa di così bello e di così straordinariamente simile a lui.

-Eh, beh, degna erede...- Diana stiracchiò le gambe, mettendosi comoda.

 -Sarei rimasto deluso se mia figlia non fosse diventata la degna erede dei Malandrini.- Diana scoppiò a ridere: Malandrina, un aggettivo e un appellativo perfetti, per lei. -Ma mi hai reso fiero, sai? Ti ho osservato, da lassù...- Diana arrossì, cercando di non mostrarsi troppo orgogliosa per quell'inaspettato complimento.

-Anche se mi sono innamorata di un Serpente, papà?- Sirius tornò serio, ma non arrabbiato.

-So che cosa c'è tra voi, ho visto tutto quello che è successo...- Diana arrossì di colpo, rendendosi improvvisamente conto di cosa il padre poteva aver visto. Sirius se ne accorse, una scintilla maliziosa e divertita negli occhi. -Stai tranquilla, c'era Lily a impedirmi di guardare certe cose.- la rassicurò, rammentando le proteste di James mentre Lily impediva ai due Malandrini di accaparrarsi per vedere i momenti di intimità della figlia.

-Bisognerebbe santificarla.- borbottò Diana, ancora dubbiosa e imbarazzata.

-Concordo.- poi la guardò. Diana si sentì quasi a disagio, riconoscendo nel padre la stessa intensità dei propri occhi, capendo perché fossero pochi coloro che riuscivano a sostenere il suo sguardo. -Io ti ascolto, Diana. Puoi dirmi quello che vuoi.-

Diana sorrise, ricacciando indietro le lacrime di gioia che le si affollavano negli occhi.

Abbassa le difese, Di.

Hai tutto il tempo che vuoi.

Apri il tuo cuore, che hai sempre tenuto...chiuso.

Blindato.

È strano, ma ora ti senti al sicuro. Protetta.

C'è il tuo papà, qui.

Per te.

 

 

 

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My space:

Alur alura!!! Mi sa che adesso invece di uccidermi vogliate farmi un monumento, là, in piazza Prampolini (Scandiano ^.^)...muahahahahahah!!

E' da quando ho iniziato la fic che fleshio questo momento...spero di essere stata abbastanza brava nel descrivere la reazione di Diana, il rapporto consolidato con Remus (altro mio amour ^.^) e il rapporto nascente con Sirius (Mio first ammore!!!!!! ;P)

Diana può richiamare Sirius perché sono legati da un legame di sangue, e perché i poteri di Diana glielo permettono. È un esperimento che Remus ha voluto tentare, mi sa che il monumento lo faccio a lui invece che a me, riesce sempre a tirare su il morale di tutti!!!

Remmie we love u!!! ;P

 

Ah, cmq…ho cercato di riassumere gli ultimi mesi di scuola, perché questo è l’ultimo capitolo dark/triste e si passa al mio genere in assoluto preferito…ossia la guerra/dark! A metà di questo e all’inizio del prossimo sono presenti due riassunti, simili, che spiegano più o meno come è diventata la vita ad Hogwarts (insostenibile…dannato Pix)…nel prossimo poi ci sarà…beh lo dice già il titolo: “La Battaglia Di Hogwarts”! Ho poco tempo per rispondere alle recensioni, quindi ringrazio: Axyna, pei_chan (mi sa che tu e la Dile avete in comune un insano desiderio di uccidere ME!! ^.^), Ilaria (muahahah a momenti gli saltavo addosso io a Francesco..però dai..conteniamoci - parlo io...che a Blaise beh lo sai e mi censuro! ^.^), Honey Evans, Cherie, Mione1104 (le armi dell'autrice...muahahahah!!!), e D2OTTO (con calma, ci arriveremo...;P)




Queste sono alcuni disegni che hanno fatto alcune mie amiche...tralasciando il capolavoro di Iaia_Malfoy4ever, che sarà postato nel prossimo chap, le disegnatrici sono: Geraldine, una vecchissima amica che ancora mi sopporta. Ragazze, vi adoro!!!





Questa è la nostra Lea ^.^:

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E questa è Ginny Weasley:

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Capitolo 21
*** La Battaglia Di Hogwarts ***


Maggio scivolò via con una velocità impressionante

Maggio scivolò via con una velocità impressionante. In pochi giorni, Diana si ritrovò a dover affrontare non solo tutti i suoi problemi, le sue paure, i suoi dolori. No, dovevano aggiungersi pure quegli inutili, fottutissimi esami.

Ora però sembrava più facile sopportare tutto. Persino lo studio continuo e perenne a cui si era costretta, dopo auto rinunce piuttosto penose, a seguire.

Tutte le notti, si Smaterializzava dalla sua stanza e raggiungeva l'Ufficio Misteri. Parlava con Sirius, gli raccontava tutto quello che succedeva ed era successo, tutto quello che non aveva potuto raccontargli in quei diciassette anni in cui non c'era stato. Sirius, affettuoso, ascoltava le sue parole, la consigliava, scherzava con lei, cercando di cogliere tutto quello che poteva di quella figlia che presto imparò ad adorare.

Un padre è il primo amore di una figlia.

L'appiglio a cui l'eterna bambina potrà sempre aggrapparsi.

Il legame fra Sirius e Diana era già indissolubile.

Nemmeno la solitudine le pesava più, perché ora non sentiva più di esserlo.

Avrebbe voluto poter condividere quella piccola gioia con Blaise. Sarebbe stato contento per lei, ne era sicura. Sapeva quanto Diana tenesse anche solo al ricordo, del padre, e vederla felice – Diana lo sapeva bene – era ciò che Blaise desiderava di più.

Ma avrebbe potuto esserlo davvero solo quando avrebbe sentito di nuovo il calore delle sue braccia.

Avrebbe voluto far sapere a Harry che poteva di nuovo parlare con il padrino. Ne sarebbe stato felice, ma le poche volte che si scambiavano qualche parola avvertiva ancora il gelo che il fratellastro emanava.

L'unica cosa che Harry avesse fatto di buono in quel periodo era stato dichiararsi a Ginny. Quella notte, Diana era in disparte, ad osservare i festeggiamenti per la vittoria della Coppa di Quidditch, quando il Prescelto era entrato dal buco del ritratto e Ginny, di slancio, gli si era buttata tra le braccia.

Il bacio che era seguito era stato il più bello che la rossa avesse mai ricevuto.

Quando si erano separati, Harry non aveva cercato Hermione, non aveva cercato Ron. Aveva cercato lei, Diana, aveva incontrato il suo sguardo con un misto di vergogna e speranza, e l'aveva vista annuire con un mezzo sorriso, mentre con una mano tratteneva Ron per un braccio.

Un solo, misero cenno.

Tutto quello che era stato fra loro, si riduceva a questo.

E non riusciva a infrangere quell'equilibrio, quella situazione di stallo che si era creata fra lei e quello che era stato il suo migliore amico.

 

Fu una notte di metà giugno che precipitò tutto quanto.

Diana era in Sala Comune, seduta in un angolo solitario, mentre tentava – con scarso successo – di mandare a mente alcune formule di Trasfigurazione. Erano quasi le undici, ormai era ora di mettere via i libri e di avviarsi verso l'Ufficio Misteri.

All'improvviso, il buco del ritratto si aprì, e ne entrò un Harry stravolto e affannato.

-Harry!- chiamò Hermione, dall'altro capo della sala comune, correndogli incontro. Ron, che come la mora stava cercando di studiare, raggiunse i due amici. -Che cosa vuole Silente?-

-Harry, tutto a posto?- gli chiese Ron, vedendo l'espressione stravolta dell'amico. Diana si mise istantaneamente in ascolto.

-Sto bene.- il Prescelto si fiondò nel dormitorio maschile. Ron e Hermione ebbero appena il tempo di lanciare un'occhiata stupita e preoccupata all'amica, prima che lui tornasse.

-Non ho molto tempo. Silente crede che sia venuto a prendere il Mantello. Sentite, io devo andare. Silente ha localizzato un Horcrux, nella caverna dove Riddle terrorizzò due bambini, da piccolo. Capite cosa vuol dire? Silente non sarà qui, stanotte, quindi Malfoy avrà un'ottima possibilità di tentare qualunque cosa abbia in mente.- scoccò un'occhiata di disapprovazione a Diana: sapeva della sua amicizia con Draco. -So che Malfoy tenterà qualcosa, stanotte, quindi tenete.- e consegnò a Ron una boccetta dorata che Diana riconobbe immediatamente per la Felix Felicis, la pozione che aveva vinto tanti mesi prima a Lumacorno. Ginny li raggiunse, avvertita da Harry con un Patronus pochi minuti prima.

Dopo aver dato ai tre ragazzi anche la Mappa del Malandrino e spiegatogli cosa fare, si voltò finalmente verso Diana che, in disparte, appoggiata alla parete con le braccia conserte, stava ascoltando ogni cosa.

-Ho bisogno di te.- le disse, duramente. Diana alzò lo sguardo, fissò i suoi occhi metallici in quelli smeraldini del Prescelto. Ron, Hermione e Ginny li guardarono entrambi.

-Hai bisogno delle mie capacità.- lo corresse lei, gelida. Harry annuì bruscamente.

-Esattamente. Te li affido.- disse solo, prima di consegnare a Ron la Felix, lasciare un bacio sulle labbra di Ginny e allontanarsi. Fu solo quando il buco del ritratto si chiuse dietro il ragazzo, che si voltarono verso di lei…e si trovarono davanti un soldato.

La sua espressione era mutata, si era indurita. I suoi occhi si erano fatti attenti, aperti il più possibile, per cogliere ogni dettaglio di ciò che aveva intorno.

-Andiamo.- disse, con voce dura. I tre, allibiti, la seguirono fuori dalla sala comune. Diana agitò la bacchetta, un gesto morbido, fluido, e due lampi di luce saettarono per un istante nel corridoio, prima di svanire. -Patronus.- spiegò. -Ho avvertito Neville e Luna, abbiamo bisogno di loro. Andiamo, ci raggiungeranno al settimo piano.- li precedette lungo la strada.

-Impressionante.- mormorò Hermione. Ron e Ginny annuirono. Raggiunsero alla svelta il settimo piano, senza dire nulla, mentre i tre si dividevano la Felix Felicis. Neville e Luna li stavano aspettando davanti al nascosto ingresso della Stanza delle Necessità.

-Hermione, Luna, andate a tenere d’occhio Piton. Presto. Ron, Ginny, fuori le bacchette e seguiteci. Neville, con me.- ordinò seccamente Diana. Le due ragazze annuirono, e si allontanarono alla svelta.

Era tesa, Diana: quella notte si sarebbe messa contro Draco. I suoi peggiori incubi stavano per avverarsi. Lei e Draco, cugini, fratelli, sui due fronti di una battaglia che non avrebbe lasciato vincitori.

Rimasero immobili, ben nascosti dietro le colonne del settimo piano.

“Forza, Draco, esci…lasciati Schiantare, cugino…” era il continuo pensiero di Diana.

L’attesa si faceva snervante. Ron perse la concentrazione, e si mise a giocherellare con la bacchetta. Uno sguardo penetrante di Diana lo spinse ad affrettarsi a rimettersi in riga.

GNEEK…

Si era distratta. Dannato Ron.

-Sono qui! Presto!- Diana fece appena in tempo a scorgere due occhi, gemelli dei suoi, e poi tutto divenne nero.

-Polvere Buiopesto! State addossati alle pareti!- ruggì, e con un solo, possente gesto chiamò il Fuoco ad ardere intorno alla sua mano, illuminando quel nero innaturale che le premeva sugli occhi.

-Stupeficium!- gridò una voce di Mangiamorte.

-Protego! Ares!- ruggì lei in risposta, e un ariete esplose dalla sua bacchetta, infrangendo lo scudo che aveva Evocato e incornando quello che sembrava uno dei fratelli Carrow. -Ragazzi, muovetevi!- chiamò aspramente, e tutti e quattro si scagliarono dietro ai Mangiamorte. -Oppugno!- gridò Diana, puntando la bacchetta contro una schiena. L’ariete attaccò, ma Dolohov fu più svelto, e lo fece esplodere.

-Fermi!- gridò ai Mangiamorte. Solo Draco continuò a correre, ma Diana non volle fermarlo. Si dirigeva verso la Torre di Astronomia, seguendo un altro Mangiamorte che era andato avanti. Valutò alla svelta la situazione: erano sette contro quattro.

Sorrise.

-Strengito!- gridò repentinamente, puntando la bacchetta contro le pareti. All’istante, quelle si compressero intorno ai Mangiamorte, spaventandoli a tal punto che molti mollarono la bacchetta.

-Avada kedavra!- gridò un Mangiamorte, e l’Anatema che Uccide partì alla volta di Ginny.

-Deflagro!- gridò Ron, puntando la bacchetta contro il raggio di luce verde. Le due maledizioni cozzarono, e Neville fece Evanescere l’Avada Kedavra.

-Confringo!- gridarono Ginny e Diana insieme, e il pavimento sembrò tremare quando una voragine si aprì nella pietra, sotto i Mangiamorte.

-Intrappolali, Roccia!- gridò Diana, e la pietra prese vita, intrappolando gli arti dei Mangiamorte dentro di sé.

-Crucio!- la Maledizione Cruciatus scaraventò Diana lontana dagli altri, ma lei, agilmente, roteò su sé stessa mentre ancora era sollevata da terra, e atterrò fluidamente sul pavimento. Bellatrix Lestrange le scagliò una seconda Maledizione, ma Diana la fermò senza troppe difficoltà. Gli occhi scuri della prima si scontrarono con il gelido ghiaccio di quelli di Diana, iniettati d’odio. Aveva riconosciuto la Mangiamorte. Aveva riconosciuto l’assassina di suo padre.

Aveva visto un distorto, malato riflesso di sé stessa.

-E così, tu sei la figlia di mio cugino. La regina.- la valutò Bellatrix, incurante delle maledizioni che le correvano intorno.

-Esattamente. Sono quella che il tuo Signore vuole, viva o morta.- rispose Diana, rialzandosi.

-Ti avrà morta. E ti avrà dalle mie mani.-

-Non credo proprio.- Diana alzò la bacchetta, Bella riuscì a parare l’attacco appena in tempo.

-Brava, davvero brava. Sei una degna Black. Mi somigli, mi dicono.- la rabbia salì con forza impetuosa in gola a Diana.

-Piuttosto la morte, maledetta! AVADA KEDAVRA!!- esplose, ma Bellatrix ancora una volta parò appena in tempo il suo attacco.

-Hai ancora da imparare. Crucio!-

-Sectumsempra!- le due maledizioni si scontrarono ed esplosero, dando la possibilità a Bellatrix e agli altri Mangiamorte di fuggire verso il parco. Solo alcuni presero la stessa direzione di Draco. Diana si ritrovò una scelta da fare: attaccare il grosso dei Mangiamorte, attaccare Bellatrix, oppure far fuori quei tre Mangiamorte fuggiti verso la Torre?

Senza indugiare, imboccò una scorciatoia che l’avrebbe portata nel parco, seguita a rotta di collo da Ron, Ginny e Neville. Appena toccò l’erba umida di rugiada, Diana partì all’attacco.

-Crucio! Reducto! Bombarda!- tre maledizioni andate a segno.

-Confringo!-

-Protego!- gridò lei di rimando, proteggendo sé stessa e gli amici. -Forza, attaccate! Abbiamo bisogno di aiuto!- li esortò, e si ritirò repentinamente dietro di loro, chiudendo gli occhi e chiamando a sé tutte le sue energie.

-Nasci, Pietra! Cresci, alzati e combatti per me!- gridò, e quasi nello stesso momento, dalla pietra di Hogwarts emersero centinaia di creature: troll, goblin, lupi, orsi, fatti di roccia viva, gli occhi rossi e inquietanti, i movimenti fluidi.

Un ruggito da far drizzare i capelli proruppe nel parco. Tutti si voltarono a guardare quelle bestie, un istante prima che attaccassero.

-Non i due ragazzi! Uccidete i Marchiati, ma non i due più giovani!- la voce di Diana, eterea e incorporea, ricordò alle sue creature di non uccidere Draco e Blaise, se li avessero incontrati. Ma  non li vedeva: Draco era sulla Torre di Astronomia, e Blaise…

-Crucio!- la Maledizione Senza Perdono partì da una donna, incappucciata, che lasciava intravedere solo due occhi verdi, gelidi, e una chioma lunghissima di capelli corvini.

Diana non se l’aspettava. Era concentrata sul controllo delle creature, e la difesa dei suoi compagni si era rotta quando Neville era stato colpito da un Incantesimo Paralizzante.

Fu scaraventata a terra, il dolore che la trapassava come decine di lame affilate. Poi, all’improvviso, si fermò.

Diana balzò in piedi, il fiato corto, la bacchetta in pugno.

Una seconda figura vestita del Mantello dei Mangiamorte aveva bloccato l’azione della Maledizione Cruciatus. Era di fronte a lei, alta e ben piantata, la bacchetta tesa.

La proteggeva.

Ora le due figure si scrutavano, silenziose, mentre l’odio correva fra loro, elettrico.

-Tradisci il tuo stesso sangue, figlio? Il Signore Oscuro la vuole morta.- la voce di Zephira Zabini era sferzante, folle, come quella di Bellatrix Lestrange.

-Il Signore Oscuro può andare a farsi fottere, per quel che mi riguarda.- Diana sentì un impeto di orgoglio verso Blaise invaderla. E sentire di nuovo la sua voce, più rauca, più adulta, ma sempre la stessa per lei, fu il dono più grande.  -Tu non le farai del male, finché ci sono io.-

“Blaise…” fu l’unico pensiero che le si presentò alla mente. Il suo nome. Poi volse la testa verso i Mangiamorte, appena in tempo per vedere uno dei suoi lupi venire distrutto.

Evidentemente, la Pietra non bastava.

-Sali, acqua profonda, infrangi i tuoi argini e combatti per la tua terra!- colonne d’acqua si alzarono improvvisamente dal Lago Nero, si condensarono in temibili, enormi creature dalle sembianze demoniache, che balzarono sulla riva e attaccarono.

I Mangiamorte, esterrefatti, non poterono fare nulla, quando l’irruenza dell’acqua li colpì con una forza inaudita.

Diana osservò la scena per un istante, soddisfatta. Poi, recuperò la bacchetta dalla sua custodia e partì alla ricerca di colei che aveva scatenato la sua furia.

-Reducto!- gridò, quando riconobbe la schiena di Bellatrix Lestrange. La strega si voltò fulmineamente, e parò l’attacco.

-Desideri la morte, allora.- disse, riconoscendola, il volto storpiato in un ghigno.

-Desidero vendetta, Lestrange.- la corresse, gelida.

-Per il tuo paparino? Povera cara, orfana in così giovane età…- la derise la Mangiamorte.

-Crucio!- fu la risposta rabbiosa di Diana. La Maledizione, questa volta, andò a segno. All’improvviso, mentre Bellatrix si contorceva in preda agli spasmi, qualcuno andò a sbattere contro la schiena di Diana.

-Tutto bene?- le chiese Blaise, scagliando una fattura contro sua madre.

-Certo! Che domande!- rispose lei, un sorriso strafottente sul viso. Blaise la tirò verso il basso, mentre un Avada Kedavra saettava sopra le loro teste.

-È un buon modo per farsi ammazzare, che ne dici?- le disse, accennando a Bellatrix e a Zephira, che si stavano preparando a contrattaccare.

-E dove sarebbe il divertimento, altrimenti?- rispose lei, con un sorriso baldanzoso ed esaltato. “Questa si diverte! Ma è pazza!” pensò Blaise. Ma guardandola, di nuovo vicina, di nuovo accanto a lui, non poté fare a meno di sorridere a sua volta. Balzarono in piedi, schiena contro schiena, e ripresero a combattere.

-Brava, Diana!- si complimentò una voce, apparsa dal nulla.

-Remus, alleluia! Abbiamo bisogno di una mano, qui!- esclamò lei, sollevata nel vedere il licantropo alla guida dell’Ordine della Fenice al completo. Incontrò per un istante lo sguardo di Tonks, e capì che la giovane Auror sapeva.

-Scusa il ritardo!- le gridò Lupin, affiancando una delle sue creature d’acqua in un combattimento.

Poi, l’esplosione.

Diana e Blaise alzarono lo sguardo insieme. Un corpo, bianco, etereo come quello di un fantasma, cadeva dalla Torre di Astronomia.

-Silente!- esclamò, con voce rotta, la ragazza. Il corpo del Preside piombò a terra, con uno schianto tremendo.

Non era possibile.

Silente non poteva essere morto…

Poteva significare solo una cosa: Draco era lassù. E la sua anima era stata spezzata per sempre.

-Blaise, io devo andare!- esclamò. Si voltò per un istante verso il giovane uomo: aveva il viso lucido di sangue, come lei, probabilmente.

-Va’.- le disse solo. Diana annuì, e corse via.

Doveva fare qualcosa.

Doveva sapere se era stato Draco ad ucciderlo.

Non sapeva perché…

Ma il suo istinto le diceva che era importante.

Doveva trovare suo cugino, il cui sangue era legato al suo.

Doveva fare qualcosa.

All’improvviso, dalle scalinate, eruttò una fiamma che le strinò i capelli e la scaraventò lontano. Una figura vestita di nero, il mantello ondeggiante e l’aria stravolta, la superò di corsa.

-Piton…-mormorò, balzando in piedi, ignorando il dolore come tante altre volte aveva fatto. Intravide un giovane dai capelli biondi, correre davanti al professore.

-Fermalo, Diana! È stato Piton!- la voce di Harry la raggiunse, e lei partì d’istinto a correre, senza veramente comprendere cosa significasse quell’urlo angosciato.

Piton.

Piton ha ucciso Silente.

-Enclampo!- gridò, e Piton inciampò sull’erba, riuscendo miracolosamente a reggersi in piedi.

-Cosa vuoi, Black?- ruggì il professore, così forte che per un istante tutti si voltarono a guardare quella ragazza chiamata con lo stesso disgusto, con lo stesso odio, che Piton aveva sempre e solo usato verso suo padre.

Papà…stammi vicino.

Prima che Diana potesse rispondere, prima che potesse rendersi conto di qualsiasi cosa, un ruggito abnorme sovrastò qualunque grido. Tutti alzarono lo sguardo sul drago apparso nel cielo. Enorme, grande come il Lago stesso, le ali che alzavano una tempesta di polvere verso di loro, il magma, vero, reale, che brillava fra le sue fauci, il corpo ricoperto di squame rossastre sotto cui si intravedeva il sangue, rosso scuro, pulsante.

-Cazzo!- commentò Diana, esterrefatta. Non aveva mai visto niente di così bello…e di così letale.

Il drago eruttò, e fu solo grazie alla sua prontezza di spirito nel fermarlo che il fuoco non uccise nessuno.

Li avrebbe ammazzati tutti quanti.

Avrebbe distrutto Hogwarts, una volta uccisi Mangiamorte, studenti e membri dell’Ordine.

Avrebbe ucciso i suoi amici, Remus, Draco…Blaise.

Le avrebbe portato via la vendetta su Bellatrix Lestrange.

Fu questo pensiero a convincerla del tutto. Quel campo di battaglia non era più sicuro per loro.

Dovevano cambiare aria.

Non poteva uccidere quella creatura, Portatrice di Fuoco. Era come uccidere una parte di lei.

Vide la Mangiamorte che desiderava morta al di sopra di ogni altra cosa alzare la bacchetta e urlare una Maledizione.

Una Maledizione che immobilizzò tutti quanti, lei compresa.

Non le interessava morire, notò. Voleva vincere quella battaglia per il suo Signore.

Folle.

“Beh, cara zietta…non sei l’unica, a voler vincere.” pensò, e chiuse gli occhi.

L’istante dopo, si scatenò una vera e propria tempesta, tremenda, che si abbatté sul drago spegnendo le sue fiamme. La bestia ruggì, irritata dalla pioggia, dal vento, dai fulmini che fioccavano dalle nubi apparse dal nulla, dai tuoni che sovrastavano persino il suo ruggito possente.

Tutti, istintivamente, si voltarono verso la causa e l’effetto di quel marasma.

E si trovarono davanti Arakta Shoenn.

 

La luce dei fulmini si schiantava sulla terra, la luce l’accerchiava, era dentro di lei. Una forza immensa le scorreva nelle vene, la inebriava, la scuoteva fin nel profondo. Non c’erano bacchette che tenevano, non c’erano incantesimi, fatture, maledizioni. Lei era la Magia. Lei era tutto, in quel momento. Era fuori, era dentro, era ovunque. Il corpo non era nulla, in confronto al potere che vi scorreva.

Il potere del Fuoco, ardente e distruttivo, la Terra, capace di smuovere ogni cosa, l’Aria, in continuo mutamento, l’Acqua, forte e impetuosa, si condensavano in lei. Lei era la Luce, era il Buio, era tutto. Lei, era una cosa sola.

Lei era la Regina.

Le nubi in cielo si addensarono. Non erano nubi normali, non erano bianche o grigie. Erano rosse, rosso sangue, ed erano vicine, troppo vicine alla cima degli alberi della Foresta.

La terra iniziò a tremare. I cancelli di Hogwarts si chiusero con uno schianto, bloccando ogni via di fuga. Tutti si volsero verso di lei, immobile nel vento sferzante, gli occhi completamente bianchi, privi di iridi, le braccia spalancate ad accogliere in sé ogni più piccola particella di potere.

E poi arse il fuoco.

Cadde da quel cielo che non era cielo, piombò sulla terra con una furia inaudita, corse sull’erba lasciando dietro di sé solo cenere, e attaccò. Attaccò i Mangiamorte, uno ad uno, li intrappolò fra le sue fiamme, li disintegrò. Uno alla volta, finché Draco e Blaise furono gli unici a non essere catturati. La fiamma si volse verso di loro. Non provarono ad allontanarsi. Lo sguardo privo d’occhi di Diana si era posato su di loro, gli aveva sussurrato di non combatterlo. Si lasciarono attaccare, si lasciarono avvolgere pian piano da quelle fiamme che non bruciavano, finché di loro non rimase nulla.

E la fiamma si voltò verso i combattenti di Hogwarts. E anche loro, uno alla volta, furono presi. La fiamma inarrestabile non era che un mezzo, comprese all’improvviso Harry. Solo un mezzo. Non poteva essere altro: Diana non avrebbe attaccato i suoi amici, non li avrebbe mai uccisi. Vide Remus e Tonks sparire fra le fiamme. Vide Ron e Hermione stringersi l’uno all’altra, spaventati, mentre si lasciavano catturare. E poi sentì un formicolio intorno ai piedi, abbassò lo sguardo e vide le proprie gambe parcellizzarsi, polverizzarsi, sotto il tocco tiepido del fuoco di Diana. Alzò lo sguardo su di lei, sovrana incontrastata di quel caos, e la vide annuire, senza guardarlo.

Non combatté, quando venne trascinato nel buio anfratto della Materializzazione.


Era ora di andare. Tutti coloro che stavano combattendo, tutti i suoi amici e i suoi nemici, erano partiti. Ora toccava a lei. Alzò gli occhi sul drago che, viste le sue prede sparire, si era voltato e se ne stava andando.

Non ti ucciderò, fratello di fuoco.” pensò, guardandolo allontanarsi.

Con un semplice pensiero, ordinò agli Elementi di raggiungerla.

Un fulmine improvviso cadde dalle nubi sanguigne, il fuoco si alzò in quell’istante in una colonna, e lei si trovò proprio in mezzo. Ebbe solo un istante di oscurità, prima di riaprire gli occhi e di ritrovarsi di nuovo in mezzo alla tempesta.

Il vento alzava la sabbia del deserto su di loro, che volteggiava selvaggia intorno a lei, in quel ciclone che aveva creato. Deserto. L’odore inconfondibile dell’aria povera di magia. L’odore della polvere da sparo.

Casa.

Un sorriso si disegnò sulle sue labbra sottili. Il sorriso più crudele, disumano, che labbra di donna avrebbero mai potuto creare. Il sorriso della sovrana di tutto.

-Il Limbo.- furono le uniche parole che scivolarono dalle sue labbra, prima che il corpo le cedesse e lei piombasse a terra, priva di sensi.

 

 

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My space:

Beh, bando alle ciance, ecco le risposte alle recensioni:

D2OTTO: scusamiiiiii!!!! MSN mi parte ogni tre minuti! Perdona questa povera scrittrice in erba...Cmq, Sir, oh Sir, mio amato...non potevo farne una figlia e poi non farle conoscere il suo papà, neh?

Honey Evans: ma ti ringrazio, ho la tripla cittadinanza adesso!!! (Scandianese, Tiezzina e americana ^.^) eh sì hai proprio ragione, gli Hogwartiani sono delle teste di minchia...guarda tutte le volte che hanno denigrato Harry! Comunque, come vedi, risparmiamo i tuoi interventi per il finale...anche se temo saranno rivolti a me...(ndHoney Evans: PERCHEEEEEEEEEEEEEEE'???????) (ndMe:.......muahahahaahahahah!!!!!)

Mione1194: no no, non ti crucio, puoi dire NOSTRO...sia chiaro però, che devo essere sempre presente nelle proprietarie di Sirius!! ^.^ Piaciuto il ritratto, sono contenta, la Geraldine (una stanga di colore alta due metri e pesante cinquanta chili...beata lei) ringrazia per i complimenti!!!

pei_chan: dovrai penare ancora un po', tipo un altro chap e mezzo (heheh non troppo dai!!! ^.^) per rivedere le nostre coppie riunite...anche se per Blaise e Diana non saranno rose e fiori, anzi, perché tornando nel Limbo può esserci solo un obiettivo per lei: Guerra....ma mi sa che ho già detto troppo!!! E per Remus, beh, ha scoperto dagli Indicibili che era possibile una cosa del genere, e ha voluto provare appena lo ha saputo!! W Remmie!!! (se ti interessa, ho scritto un'altra fic tempo fa, dove la protagonista è la sorella (ran) di Remus innamorata di Sirius, e dove naturally c'è il nostro licantropino preferito) come hai visto non si sono fatti del male, avevo una mezza ideuzza di farli combattere ma poi la bacchetta di Diana puntata alla gola mi ha fatto cambiare idea...O.O (ndDiana: con la calma, la ragionevolezza e la minaccia di morte si ottiene sempre tutto)...Sirius e James sono due maiali, ma non posso non adorarli anche per questo!! e infine, per l'OPAK...ho solo una parola da dire: AIUTOOOOOOO!!!

Ilaria: per il disegno vai tranquilla, mi raccomando...non slogarti la mano! E Sirius, sia chiaro, NOSTRO!!! Proprietà in comune con tutte le sue fan, ma noi siamo le prime (anche perché siamo capaci di uccidere se ce lo toccano, vero^^?)...sia chiaro, le scarpe e la borsa Made in Nagini le voglio anch'io!!! Tanto ne vengono fuori un bel po', per quanto è grossa!! a morte!!! Anche a me i serpenti piacciono un casino, però preferisco i felini e i lupi...e Remmie, ovviamente!! Ah, remus lupin lo adoro dal terzo libro, avrei ucciso la row perché mi ha fatto morire i miei due personaggi preferiti (sir e rem)...per MSN, perdonami anche tu (please!! ^^) perché ha deciso che non vuole andare...dannatissimo stupidissimo programma!!!

cherie: mi sono commossa con Diana scrivendo la scena dell'incontro con papà Sirius...se lo merita!!! E poi Harry....non lo sopporto più, voglio fargli fare pace (tra due chap, più o meno...sì lo so che sono sadica!!)

 

UN BASOTTONE ENORME ALLE MIE STELLE E A TUTTI COLORO CHE LEGGONO, LEGGONO E LEGGONO!!! E ANCHE AI PREFERITI!!! (37, wowowowowowow!!!!!!!!)

 

P.s. X Laura.......l'ho messo il disegno, vissto!!!!????????? non uccidermiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!

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Capitolo 22
*** Il Limbo ***


-Dove diavolo siamo

-Dove diavolo siamo?- sbottò Blaise, guardandosi intorno.

Sabbia, deserto, cielo scuro trapunto di migliaia di stelle ardenti come fiamme. Un odore strano nell'aria secca.

Prima che potesse fare qualsiasi altra cosa, sua madre alzò la bacchetta su di lui e gridò:

-Avada Kedavra!- Blaise chiuse gli occhi, aspettando il colpo.

Nulla.

-Venite via, idioti! Qui le bacchette non funzionano!- gridò una voce, roca, di uomo.

ZIIIP!

Qualcosa sibilò vicino ai piedi di Blaise, alzando uno sbuffo di sabbia.

-Ah!- sentì esclamare Hermione, ferita da qualcosa di più veloce di una Maledizione.

-Hermione!- esclamarono Draco, Weasley e Potter all’unisono. Altri proiettili – perché altro non potevano essere – fioccarono intorno a loro, mentre sulle dune di sabbia apparivano loschi individui dai cappelli a tesa larga, armati di fucili e pistole.

Fucili e pistole.

Questo risvegliò qualcosa nella mente di Blaise…

-Diana!- esclamò, voltandosi di scatto.

Diana era là, accasciata a terra, priva di sensi.

Ignorando il baccano infernale degli spari, ignorando i proiettili che lo inseguivano, Blaise si scaraventò verso di lei. Crollò in ginocchio accanto al suo corpo riverso a terra, immobile, pallida come non l’aveva mai vista. Qualunque cosa avesse fatto per salvarli dal drago, doveva averla sfinita. Solo sfinita. Perché non poteva, non poteva assolutamente, nemmeno lontanamente pensare che Diana fosse…

CLICK.

Un rumore sconosciuto vicinissimo all’orecchio.

-Lasciala.- gli ordinò una voce, maschile, dura, dal profondo accento americano.

-Non ci penso neanche.- ribatté, rimanendo però perfettamente – e prudentemente – immobile.

-Chi sei?- gli chiese l’altro, un giovane uomo, sembrava.

-La domanda è chi sei tu.- replicò Blaise, alzandosi lentamente in piedi.

-Alex, non ammazzarlo, è un amico!- una voce fendette l’aria e probabilmente salvò la vita di Blaise. La pistola si abbassò, di poco, mentre una Lea diversa da come Blaise l’avesse mai vista, armata, l’espressione dura, correva verso di loro.

-Ha il Marchio, Lea.- le fece notare Alex.

-Pivello, mettila giù immediatamente.-

 

La sua voce.

Alex non l’aveva mai dimenticata.

Dura, aspra, tagliente, affilata come un coltello, affilata come una spada.

Affilata come i suoi occhi che lo trafiggevano in quell’istante, mentre Diana Black accettava l’aiuto che il giovane moro le stava offrendo per alzarsi.

Era lei.

Non avrebbe mai creduto di poterla rivedere. Identica alla donna che aveva lasciato.

Cambiata, in un certo modo.

-Se Lea ti dice una cosa, falla. Sai che non sbaglia.- gli disse duramente. Era pallida, come un cadavere, tremava quasi, era sciupata e barcollante, ma la sua durezza era intatta.

-Mi hai insegnato tu che bisogna dubitare sempre.- replicò Alex, ma abbassò lo sguardo. Sapeva di aver torto. Sapeva che lei aveva ragione. Aveva sempre ragione.

-Ti ho anche insegnato ad obbedire agli ordini sensati.- replicò Diana, ma il suo tono si era un po’ ammorbidito. Poi, l’ultimo sparo. La sua testa scattò di lato, attenta, felina.

-Dammi una pistola.- ordinò ad Alex, che le lanciò repentinamente la Colt ’44 prim’ancora di rendersene conto.

Diana mirò e sparò ad una velocità impressionante, tre colpi precisi, due verso le gambe e uno verso il torace di quello che sembrava il capo degli uomini apparsi sulle dune. Lo colpì, l'uomo cadde.

I suoi compari alzarono lo sguardo, sorpresi, allarmati non tanto dall'omicidio del loro capo, quanto da quel modo di sparare che ben conoscevano.

Un nome serpeggiò fra i Mangiamorte texani, un nome sussurrato con timore, riverenza, quasi.

-Black.-

-Ora sanno che sono qui.- commentò Diana, restituendo l’arma ad un Alex per nulla sorpreso.

-È come firmare la propria condanna.- commentò il ragazzo.

-È come fargli capire contro chi dovranno vedersela.- replicò lei, rivolgendogli uno sguardo di fuoco.

Ancora una volta, aveva ragione. Niente spaventava quei bastardi più di lei.

Diana si voltò verso il gruppetto dei suoi alleati: i Mangiamorte si erano ritirati insieme ai loro colleghi, e uno scalpiccio di zoccoli ferrati le fece capire che si stavano allontanando in fretta.

-Siamo capitati in un bel momento, immagino.- commentò, lasciando la presa sul braccio di Blaise.

-Non potevi scegliere meglio. Siamo capitati in un agguato.- rispose Lea che, con una calma studiata e impressionante, stava ricaricando le sue due Smith & Wesson.

Blaise osservò le due ragazze: diverse dalle giovani che conosceva come la notte era diversa dal giorno. O, almeno, per quello che riguardava Diana, come la notte era diversa dal crepuscolo.

-Finite in un agguato un giorno sì e uno no. Come ai vecchi tempi, eh?- commentò la mora ex Auror, sarcastica, e i due americani distolsero lo sguardo, imbarazzati.

-Diana, sei davvero tu? Non sei un miraggio di questo cazzo di deserto, vero?- s’intromise una voce femminile, graffiante, inconfondibile. Proveniva da una ragazza, una brunetta d’origini giapponesi, i capelli corti, lisci e sottili, che teneva sotto tiro gli inglesi decisamente preoccupati. Si voltò, e due occhi azzurrissimi, a mandorla, sorrisero per un istante all’amica, prima di farsi nuovamente duri.

Quanto quelli di Lea e Alex.

Quanto quelli di Diana.

-No, Melissa. Sono tornata. Lasciali stare, sono con me.- Melissa abbassò l’arma.

-Lo immaginavo, ma…-

-Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio, lo so.- completò Diana per lei, raggiungendola, con Lea alle calcagna e Blaise che scrutava torvo Alex, che non riusciva a toglierle lo sguardo di dosso.

Perché Diana era sempre stata tutto, per lui.

Una famiglia, un'amica, una speranza.

Una sorella e una madre.

Oppure, semplicemente, una maestra.

Diana rivolse uno sguardo agli “immigrati”: Harry, Ginny, Ron, Hermione di fianco a Draco, Remus Lupin e Ninfadora Tonks. Tutti piuttosto scossi, ma vivi e in buona salute, a parte un graffio di proiettile sulla spalla di Hermione.

-Diana, cosa cazzo sta succedendo? Dove siamo?- esordì Harry. Il suo tono arrabbiato gli attirò addosso gli sguardi di tutti e quattro gli americani.

-Siamo nel Limbo, Potter. In Texas, vicino a El Paso, precisamente.- rispose Diana, astiosa.

-E perché ci hai portati qui?- Ron ed Hermione rivolsero un’occhiata di avvertimento all’amico.

-Perché non potevo…non potevamo uccidere quel drago, ci avrebbe ammazzati tutti.-

-Perché proprio qui? A casa tua?- Diana represse l’impulso di colpirlo con un pugno ben assestato. D’accordo che Harry avesse tutte le ragioni per detestarla, lo aveva quasi avadakedavrizzato, ma così si attirava addosso solo guai.

-Perché è l’unico posto dove abbiamo un qualche vantaggio, oltre alla solita marea di svantaggi.- rispose, dura.

-Quali?-

-Ad esempio il fatto che non ci sia la magia e la maggior parte dei Mangiamorte non abbia mai preso un’arma in mano, che ne dici?- il sarcasmo di Diana fu una secchiata d’acqua gelida, per Harry.

-Nemmeno noi, però…siamo nella stessa situazione.- commentò Ginny, cercando di smorzare la tensione che era venuta a crearsi.

-I giovani imparano velocemente. E, per di più, qui avete un jolly.- rispose Diana.

-Quale?-

-Diana. La sua magia qui funziona, ed è più potente che nel resto del mondo.- s’intromise Hermione. Diana annuì.

-Esattamente.- si volse verso i tre americani e i due adulti, che avevano seguito lo scambio di battute in silenzio. -Andiamo in città. Là spiegherò tutto a voi e a loro.-

 

Diana rimase insolitamente zitta durante tutto il viaggio di ritorno. Aveva preso senza tanti complimenti uno dei cavalli di scorta dei tre Auror, un bello stallone nero, con un’occhiata aveva intimato a Lupin di salire dietro di lei e aveva aspettato, lei e il cavallo scalpitanti, che gli altri montassero sulle bestie. Erano l’unico mezzo di trasporto, i cavalli, in quel luogo.

Blaise seguì Draco su un baio…scocciato, decisamente molto scocciato. Detestava i cavalli.

Hermione e Harry, gli unici che, almeno, conoscevano le basi dell’equitazione, si caricarono rispettivamente Ginny e Tonks dietro, mentre Ron andava con Lea. Sei cavalli, dodici cavalieri.

-Dove siete stanziati?-

-Volevano darci il ranch, ma Kelly non ha voluto. Siamo in una fazenda abbandonata un po’ più a ovest, per ora.- rispose Lea, affiancando lei e Remus. Diana notò che Ron non sembrava per nulla contento.

-Andiamo al ranch, dopo la città. C’è più spazio, e ci sono ancora i miei vecchi incantesimi a proteggerlo.- disse, con voce accuratamente atona.

-Diana...- la chiamò Remus.

-Sì?-

-Il ranch non è dove vivevi con...-

-Dan e Scott, sì. È mio, adesso.- rispose lei, bruscamente. Voltò la testa per assicurarsi che fossero tutti pronti, e Remus poté vederla in faccia: occhi duri, sorprendentemente duri, mascella contratta, espressione determinata e gelida. La stessa degli Auror, la stessa che aveva avuto suo padre, ai tempi in cui lui e James facevano parte di quel corpo. -Pronti?- chiese, e senza aspettare risposta sferrò un colpo di talloni nei fianchi del cavallo, facendolo impennare di botto e costringendo Remus ad aggrapparsi ai suoi fianchi, per non essere disarcionato.

-Ma che razza di bestie sono, queste!?- sentì sbottare Ron. La risata di Lea le giunse un attimo dopo.

 

Il deserto, intorno a loro, si chetò. Il vento che Diana aveva scatenato li inseguiva, ridotto ad una brezza leggera, mentre la sabbia si alzava in piccoli mulinelli sotto gli zoccoli scalpitanti dei cavalli. La notte era scura, scura come la maggior parte degli uomini non l'ha mai vista, scura come la morte. Le stelle, migliaia, milioni di stelle, brillavano sopra di loro, trapuntando quel cielo assurdamente nero.

-Ci capisci qualcosa, tu?- chiese Draco a Blaise, ad un certo punto. Erano in disparte, una decina di metri dietro al resto dei cavalieri. Blaise, dietro di lui, scosse la testa.

-Quanto te. So che siamo nel Limbo, che Diana è il capo di questa squadra di Auror, ma non molto di più.- rispose, meditabondo, cercando di ignorare l'antipatica bestia che stava montando.

-Non si era dimessa?-

-No. Ha avuto ordine di trasferirsi in Inghilterra, per fare da tramite tra gli Auror di qui e Silente.- alla nomina del Preside, Draco ebbe uno scatto involontario dei nervi del collo. Blaise se ne accorse. -Chi l'ha ucciso, alla fine? Piton?- Draco annuì bruscamente, e diede al cavallo un colpo un po' troppo forte di talloni. Quello scattò in avanti, costringendo Blaise ad imprecare sonoramente.

Diana non era l'unica ad essersi indurita, in quei mesi. Blaise era cambiato, non solo fisicamente: si era chiuso in sé stesso più che mai, rifiutando qualsiasi contatto, passando ore solitarie in palestra o in camera sua, col risultato di essersi irrobustito ancora di più e di essere maturato molto, sia dentro, che fuori.

Il dolore leviga i volti e le anime, quando non si sa che cosa fare per sminuirlo.

 

-Perché quei due sono con noi?- chiese Tonks, dietro Harry, indicando Blaise e Draco. Da quando si era ritrovata in quel deserto, erano successe troppe cose perché riuscisse a raccapezzarcisi. Conosceva vagamente la storia di Diana, sapeva che quella era la sua terra e quei ragazzi americani la sua squadra, ma perché vi avesse trascinato anche lei e i due giovani Mangiamorte, mistero.

-Non ne ho la minima idea. Malfoy è un amico di Diana, Zabini il suo ex. Forse per questo.- rispose Harry, seccato dalla presenza dei due Serpeverde nelle vicinanze. Non ce l'aveva con Malfoy: lo disprezzava, ma non poteva dimenticare che aveva abbassato la bacchetta, invece di uccidere il Preside.

Per Zabini, invece, il discorso era diverso.

Ginny gli aveva spiegato cosa c'era stato fra lui e Diana, cosa ancora esisteva. Harry aveva capito, ma non poteva perdonare tanto facilmente alla sorellastra quella mancanza di fiducia che aveva avuto nei suoi confronti. Non gli aveva detto di essere una Black, non gli aveva detto di Zabini. E non riusciva a capire perché.

(ndA: se sei tonto, non è mica colpa nostra...eh!)

 

-Dove stiamo andando?- chiese Ron.

-Nel nostro paesino, Springerville. Non farti trarre in inganno dal nome, è un covo di delinquenti che, bizzarramente, detestano i Mangiamorte e venerano praticamente Diana. È la base texana della Morris, che si trova in Arizona, dall'altro lato del Limbo.- rispose Lea. Alzò la mano destra, e indicò l'orizzonte. -È là, la Warschool, come la chiamano alcuni. Mentre a Springerville c'è solo un distaccamento di Auror: io, Alex e Melissa (Lea accennò ai due Auror poco avanti a loro), e Kelly, la sostituta di Diana.-

-Non è un po' poco, per l'intero Texas?- chiese di nuovo il rosso, perplesso.

-Il Limbo non occupa tutto il paese, solo una parte al confine con Messico e Nuovo Messico. Ed è la nostra area, piena zeppa di Mangiamorte, come hai visto.- gli spiegò lei, paziente.

-Cosa vi è successo? Eravate in mezzo ad una sparatoria?- Lea sospirò.

-Già. È colpa di Kelly, che ci ha mandati in avanscoperta in una landa che da sempre fa parte del territorio dei Mangiamorte. Se non foste piombati qui, probabilmente saremmo morti. Prevedo scintille, però...- aggiunse, rivolgendo all'austera Black un lungo, intenso sguardo.

-In che senso?-

-Nel senso che, se Kelly se la trova davanti, l'ammazza. E Diana sarebbe capace di lasciarla fare.-

 

-Kelly era la donna di Scott, Remus. È un tenente Auror, al di sotto di me, ma la più alta in grado in tutto questo pezzo di Limbo. Le hanno dato il comando quando io sono venuta in Inghilterra. È brava, ma, a ragione, mi odia.- Diana parlava a bassa voce, senza farsi sentire da nessuno.

-Come mai?- le chiese Remus.

-A causa mia, Dan e Scott sono morti. Era legata ad entrambi, e non credo abbia finito di farmela pagare.- rispose lei, laconica. -Non mi fido di lei. Da quel che mi ha raccontato Lea, quella che si è caricata Ron, è diventata peggio di me dopo la loro morte. È sadica, spietata, e pronta a tutto per raggiungere i propri obiettivi. Avremo a che fare con lei, fra poco. Ti chiedo solo di starne fuori: tu, e Tonks. Anche perché avremo bisogno di rinforzi...- Diana lasciò la frase in sospeso.

-Credi che il nostro arrivo qui scatenerà una battaglia?- le chiese lui.

-Il mio arrivo, e quello di Harry. Per non parlare di Draco e Blaise, che già saranno considerati dei traditori dell'Oscuro. Non mi stupirebbe venire a sapere che Voldemort manderà qui i suoi Mangiamorte, forse lui stesso. E da soli, gli Auror del Limbo non possono molto, nemmeno col mio aiuto.- rispose lei, scrutando l'orizzonte dove un insieme di luci tremolanti brillava nella notte del deserto. “Con l'aiuto della Regina...è ora che io accetti ciò che sono.”

-Vuoi che andiamo a chiamare il resto dell'Ordine...- Diana annuì.

-Potrebbe essere l'occasione buona per distruggere Voldemort una volta per tutte. Se le cose andranno come penso io, si troverà davanti un manipolo di persone addestrate alla guerra, contro i suoi arroganti Mangiamorte.- commentò, con un'espressione che non prometteva nulla di buono.

Ma ormai, i suoi progetti e le sue congetture, dettate da una mente militare e totalmente folle, dovevano farsi da parte.

Perché là c'era Springerville, il suo paese...e il suo passato.

 

Luci della città.

Città...un nome molto esagerato, per quell'ammasso di case di legno, dalle facciate più grandi che davano una falsa illusione di enormità, per quelle strade sterrate ai cui margini erano fermi alcuni cavalli, legati da cavezze a paletti orizzontali.

-Sbaglio o siamo finiti nel Far West?- chiese Ron, guardandosi intorno nella buia notte texana. Molte abitazioni e quasi tutti i negozi erano chiusi, e i cavalli riposavano tranquilli nelle loro stalle. Non tutti gli edifici, però, erano bui. Uno, in particolare, un grande fabbricato che aveva intorno l'inconfondibile chiasso, l'odore di tabacco e di alcool, la folla, che potevano esistere solo nelle vicinanze di un saloon.

-Sì. Qui si è fermato tutto nell'Ottocento.- rispose Diana. Blaise ne approfittò per guardarla: l'espressione dura si era un po' attenuata, sostituita da qualcosa di molto simile alla nostalgia...e al sollievo di sentirsi a casa. Perché era lì che era, era quello che il Limbo significava per lei: casa. Era tornata nella sua terra, e vi si trovava perfettamente a suo agio. Ne osservò i movimenti fluidi, il corpo che seguiva ogni movimento del cavallo, perfetta e sinuosa come se ne facesse parte. Era bella, bella come i colori del tramonto, bella come una pantera nella foresta pluviale. Nel suo habitat, nel suo regno.

E Diana si voltò verso di lui, lo guardò per un istante negli occhi, come se sapesse cosa stava pensando. Fissò i suoi occhi argentei, vi vide tutto quello che aveva immaginato, e anche molto di più. Si accorse della tensione, della paura che Diana celava dietro quella maschera strafottente.

Diana aspettava un pericolo imminente.

Sapeva che niente sarebbe filato liscio.

Si fermarono davanti al saloon. Le persone, gli uomini che stavano sul portico a fumare, a parlare con voci grosse e impastate di tequila, li videro. I loro volti nerboruti, ispidi, levigati dalle intemperie e da una vita rude, si dipinsero della stessa, identica espressione. Gli occhi di tutti si puntarono sulla ragazza appena smontata da cavallo assieme ad un uomo, sulla giovanissima Auror che conoscevano benissimo.

Uno si riscosse abbastanza per entrare nel saloon e gridare qualcosa.

Diana si aprì in un mezzo sorriso, perfettamente conscia di cosa sarebbe successo una volta entrata in quel locale, tanto conosciuto, sotto le luci calde e accoglienti che tante volte le avevano carezzato la pelle. Quel posto in cui ne aveva vissute tante, quel posto dove aveva molte volte riso, molte volte pianto.

Precedendo tutti gli altri, con Lea alla sua destra, Diana spinse le porte girevoli del saloon ed entrò.

Un fragoroso silenzio accolse il suo arrivo.

Il volto illuminato dalla calda luce dorata delle lampade, la sicumera scritta sul sorriso, Diana rivolse uno sguardo agli avventori del locale, soffermandosi in particolar modo sul barista, che da dietro al bancone di legno lucido la guardava con un misto di orgoglio ed esasperazione.

-Beh?- chiese, soddisfatta dell'effetto che aveva avuto semplicemente entrando. -Cosa sono quelle facce? Vi siete trasformati tutti in pesci rossi?-

-Jihita, ma tu non cambi mai?- le chiese il barman, sorridendo. Era un uomo alto, parecchio robusto, la pelata incipiente sulla testa rotonda, la pelle scura e gli occhi caldi, buoni, sopra due guance rubiconde e un sorriso sorprendentemente smagliante.

-Perché dovrei cambiare, Juan? Sono già l'incarnazione della perfezione.- replicò lei, ben sapendo che Juan non avrebbe preso sul serio la sua immodestia.

-Sei un demonio, altro che perfezione!- disse lui, la voce roca e profonda dei messicani. Diana fece un gesto con la mano e schioccò la lingua, seccata.

-Sempre questa pessima opinione di me...- disse, sorridendo un attimo dopo. Juan uscì da dietro al bancone e le andò incontro, avvolgendola in uno dei suoi soliti abbracci tritacostole.

-Ci sei mancata, estrella.- le disse piano, pronunciando morbidamente l'ultima parola.

-Non chiamarmi così, Juan.- protestò lei dolcemente, ma non le dispiaceva realmente essere chiamata “stella” da quel vecchio, caro amico che l'aveva sopportata per tanti anni. Juan la lasciò andare, e altri le si avvicinarono, stringendole entusiasti la mano e parlando ad alta voce, con allegria, in spagnolo.

Era palese che Diana si stesse godendo quel bagno di folla, anche se nulla nella sua espressione lo dava a vedere. Era perfettamente a suo agio in quella folla chiassosa, fatta di nerboruti uomini col volto levigato dalle intemperie della vita, che le rivolgevano occhiate festanti, orgogliose, e alcune fin troppo lascive, secondo Blaise.

Capiva perché tutti le fossero così affezionati, in quel posto. Anche in mezzo ad altri ragazzi, anche accanto a tre Auror come lei, Diana spiccava come le stelle della notte texana, emanava un'aura di potenza e fragilità che non aveva mai colto in lei, prima d'allora. Per la prima volta, Blaise si rese conto appieno di che cos'era veramente quella ragazza. Non una donna, non una semplice mortale.

Una Dea.

Un essere diverso, esotico, affascinante, dotato di una mistica e di un potere troppo grandi anche solo per essere percepiti, agli occhi di un comune mortale. Si distingueva rispetto agli altri come i Kennedy al mercato, alta e bella, fiera e spavalda, ma distante. Distante da tutto, pur essendone parte, il viso concentrato eppure assente, gli occhi che si perdevano in lontananza.

Fu strappato bruscamente dai suoi pensieri quando una voce sferzante costrinse la folla al silenzio.

-Cosa ci fai, tu, qui?-

I messicani, i texani, tutti quanti si ritrassero, facendo cerchio intorno ad una Diana dall'espressione mutata, dura, tesa. Blaise aveva già visto quella reazione in una folla, intorno a lei.

E là, a pochi metri, una ragazza. Prima di coglierne l'aspetto, fu colpito dalla strabiliante somiglianza con il nitido ricordo di una Diana fredda, distante, apparsa sulla soglia di Hogwarts quasi nove mesi prima. Lo stesso guardo duro, indifferente e ferino, con una sostanziale diversità: le iridi nere come l'ebano, lucenti come una pietra preziosa, erano colme di un puro, inequivocabile, sprezzante odio.

Capelli neri, lunghi, raccolti in una coda alta. Pelle abbronzata di natura, i lineamenti inconfondibili dei messicani, la bellezza intensa e inquietante nascosta dalla sua rabbia. Esile, più bassa di Diana di dieci buoni centimetri, eppure chiaramente più vecchia di qualche anno, forse sulla ventina.

-È casa mia, mi pare.- rispose Diana, attenta e prudente nello scegliere un tono accuratamente neutro. Un nervo sul collo dell'altra scattò.

-Te ne sei andata un anno fa. Ormai non lo è più.- la corresse, gelida.

-Sai benissimo che ho solo obbedito agli ordini. Sapevi che sarei tornata.- replicò Diana, perdendo quella parvenza di prudenza di pochi attimi prima.

-Non sei la benvenuta.-

Odio. Ondate così potenti che Diana riusciva quasi a sentire, sentimenti omicidi, assassini, rivolti a lei. Non una novità.

-Certo non da te, Kelly.- gli occhi di Kelly si spostarono sugli inglesi silenziosi, rimasti in disparte per tutto quel tempo. Si fermarono su Harry, scivolarono sulla cicatrice a forma di saetta che recava in fronte.

-Porti guerra, con te.- commentò.

-Non lo nego.- rispose Diana, fredda. Sapeva di aver portato nel Limbo ancora più violenza di quella che già esisteva, ma il suo piano era proprio quello: distruggere i Mangiamorte e il loro capo, grazie ai vantaggi che in quel luogo aveva e avrebbe presto avuto.

-Chi hai intenzione di far ammazzare, ancora?- questo fu decisamente troppo, per Diana. Sentì la furia infrangere i suoi argini, le sue difese, ma qualcuno che la conosceva bene le fu subito accanto, stringendole un polso in una stretta salda, ma non dura, per evitare che attaccasse. Alzò lo sguardo, per ritrovarlo in quello verde-argento di Blaise. Si sorprese di vederlo cambiato, nonostante per lei fosse sempre lo stesso. Il viso era più duro, gli occhi più scuri, ma verso di lei lo sguardo era lo stesso che le aveva sempre rivolto.

Si liberò dolcemente dalla sua stretta, cercò inconsciamente le sue dita e le intrecciò con le proprie, sentendolo stringerle la mano con quel che di sicuro, rassicurante, che le era tanto mancato in quei mesi.

A Kelly, il gesto, non sfuggì.

-Lo hai sostituito alla svelta, vedo.- disse, con un tono vibrante di cattiveria. Ancora una volta, fu il tocco di Blaise a fermarla. Lui sapeva chi era Kelly, sapeva perché volesse fare del male a Diana, ferirla. E sapeva che attaccarla avrebbe solo peggiorato le cose, per Diana. Quella messicana aveva un potere immenso, sul Limbo e alla Morris, quasi più della giovane, diafana Black.

Quasi.

-Taci, Kelly.- sibilò Diana, lieta di riuscirsi a trattenere, lieta di sentire Blaise di nuovo accanto a lei.

-Solo “Kelly”?- la canzonò l'altra, perfida. -Non te lo ricordi più il mio cognome, capitano Black?- Diana serrò i denti, conscia di quanto il cognome di Kelly facesse male, anche solo a pronunciarlo.

-Non farmelo dire.- mormorò, abbassando così tanto la voce che solo Blaise e Kelly la sentirono.

-Perché, capitano? Brutti ricordi?- l'orgoglio di Diana prese il sopravvento.

-Secondo te, tenente Galindez?- nel pronunciare l'ultima parola, quel nome messicano che non aveva mai smesso di echeggiare nel suo cuore, la mascella le si serrò involontariamente. Kelly ghignò, sapendo benissimo di aver segnato un punto. Guardò i tre americani, rimasti poco dietro Diana, che la fissavano con qualcosa di simile al disgusto.

-Puoi tenerti i tuoi cagnolini, ora che sei tornata. Vorrai andare al ranch, presumo, ma verrò anch'io. Mi è stato ordinato.- aggiunse, vedendo lo sguardo perplesso della giovane Auror. Diana annuì bruscamente e distolse lo sguardo, il dolore che l'opprimeva dritto nel cuore. Ma si ricordò improvvisamente della stretta di Blaise, della sua mano calda che la stringeva, e riuscì dopo un attimo a tornare a respirare.

-“Cagnolini” a chi, Kelly?- la voce di Lea la fece trasalire. Artesia si era incazzata di brutto, nel sentirsi chiamare così, e ora fissava torva Kelly, come se non chiedesse altro che saltarle alla gola.

(ndA: forza Lea!! Riempila di botte!! Tirale una sedia in testa!!!)

-A voi tre. Guardatevi, appena tornata la vostra Diana avete cominciato a scodinzolare.- Melissa si spostò a fianco dell'amica, e tutti notarono le sue movenze feline, fluide, come quelle di una ballerina.

-Sai, Kelly, esiste una cosa meravigliosa che si chiama amicizia. Te la ricordi?- disse, colpendo Kelly proprio dove faceva più male.

-Una cosa inutile, a mio parere.-

-Più o meno come mandarci in avanscoperta in quella zona, no?- intervenne Alex, la voce pacata e fredda sorprendentemente simile a quella di Diana. Kelly ignorò la sua interruzione, ma lo squadrò dall'alto in basso prima di tornare a rivolgersi a Diana.

-L'hai tirato su a tua immagine e somiglianza, no?- le chiese, irrisoria, prima di voltarsi e andarsene.

-Andiamocene.- disse subito Diana, bloccando sul nascere le proteste dei tre Auror. Rivolse un cenno a Juan, che le sorrise comprensivo, ed uscì dal saloon prima di tutti, passando di fronte a Harry, Ron, Tonks ed Hermione, che la guardavano attoniti, e a Draco e Remus, che le rivolsero entrambi una lunga occhiata penetrante.

Raggiunse il porticato ringraziando di quella momentanea quiete notturna, socchiudendo gli occhi per assaporare il fresco della sua notte sulla pelle e la presenza di Blaise, poco dietro di lei, soli. Merlino, quanto le era mancato. -Kelly era la sorella di Dan.- rispose alla sua muta domanda, sentendo la sua carezza su una spalla.

-Vuole solo farti del male.- le disse piano, capendo cosa l'avesse ferita.

-Non ci può più riuscire.- mormorò Diana, voltandosi a guardarlo con qualcosa, negli occhi, molto simile a gratitudine. E per un istante fu di nuovo la sua Diana, la dolce guerriera che aveva imparato ad amare.

Gli altri li raggiunsero, e quell'istante si ruppe nel suono delle loro voci. Tornarono ai cavalli, e questa volta Blaise andò con lei, mentre Hermione, con grande sorpresa di Harry e Ron, seguiva Draco sul baio. Ginny andò con Harry, e Tonks, con un ghigno malcelato di Diana a seguirla, con Lupin. Si era già accorta di come l'Auror Metamorfomaga guardasse il “patrigno” con intensità sempre crescente.

-Mel, Alex, guidate voi.- disse Diana, sorprendendo tutti quanti quando si affiancò ad Harry e a Ginny, mentre si allontanavano. Il Prescelto la guardò, stupito. -Avremo tempo per chiarire, Harry, ma ho bisogno che tu ti fidi di me, qui. Sei più in pericolo di tutti noi messi insieme, salvo forse Gin.- Ginny guardò Blaise, senza comprendere.

-D'accordo.- disse lui, capendo cosa Diana avesse voluto dirgli. La Regina annuì, brusca, e si allontanò.

Nessuno parlò più per un'ora, finché non giunsero ad una decina di chilometri fuori dal paese. In lontananza, una grande massa scura, appena rilucente d'antichi incantesimi, li aspettava.

Una grande casa in legno si stendeva su almeno duecento metri quadrati di deserto, circondata da un basso steccato di tronchi, in un cerchio ampio almeno un chilometro. Diversi recinti più piccoli erano all'interno di quel cerchio, corrals per cavalli, alcuni ingombri di oscure attrezzature che nel buio la maggior parte di loro non riconobbe. Una piccola luce in una delle stalle, poste a fianco della casa principale, fece presumere a Diana che Kelly fosse già là.

Il ranch vero e proprio non poteva essere definito diversamente che bello. Nello stile dei ranch dell'Ottocento, a tre piani, ma con qualcosa di perfetto e dinamico che gli dava un'aria piuttosto moderna. Le finestre erano chiuse, dietro vi si scorgevano delle tende bianche, il tetto era spiovente, una portafinestra che dava probabilmente su una cucina si nascondeva nel buio di un elegante porticato, mentre un'altra, la principale, si apriva dopo tre gradini, su un grande, raffinato ballatoio di legno dove, nell'oscurità, si intravedevano delle sedie.

-Luce.- mormorò Diana, la voce un po' roca, e di scatto in tutto il ranch si accesero le luci. Senza guardare le stupite espressioni dei suoi compagni – dopotutto, la stessa che aveva avuto lei, la prima volta che aveva visto quell'enorme abitazione –, smontò da cavallo e salì sul ballatoio, aprendo la bella porta, straordinariamente simile a quella dell'ufficio di Silente, semplicemente sfiorandone la maniglia. Con un sospiro, fece un passo ed entrò.

Il suo cuore, per un attimo, si smarrì nel passato. Il grande salone, che si apriva dopo un breve corridoio da cui era separato solo da un muretto, era identico a come lo ricordava. I soffici tappeti rosso sangue, i mobili di legno scuro, il grande camino sulla parete ovest. La scrivania, la sua scrivania, il lungo tavolo frattino circondato da eleganti sedie intagliate con maestria, le centinaia di libri ammassate sulle librerie, un po' ovunque. Il candelabro enorme appeso al soffitto, acceso dalla sua magia.

Sfiorando le pareti di legno con affetto, mormorò qualcosa nella sua lingua indiana, l'Algonquin.

-Ishe que ne merta furmiga shede avas. Husted, akajimehes.- suonavano affettuose, le sue parole, anche se Blaise non ne colse il significato. Non poteva sapere, ovviamente, che Diana aveva appena ricambiato il festante, silenzioso saluto della casa.

Si voltò finalmente verso gli altri, che notarono all'istante quanto sembrasse più serena, in quel luogo.

-Le stanze sono ai due piani di sopra. Ce ne sono parecchie, alcune hanno già il nome...- indicò con un cenno della testa i tre amici, che avevano vissuto con lei in quel luogo fino a che non se n'era andata, e Kelly, che si era silenziosamente insinuata fra la piccola folla e aveva raggiunto le ampie scalinate di legno dall'altra parte dell'immenso salone. -...altre due sono sigillate. Vi prego di non entrarci, in quelle. Per il resto, scegliete quella che più vi piace, sono libere. Remus, Tonks, vorrei parlare con voi, prima che andiate di sopra.- aggiunse, mentre gli altri si allontanavano verso le scale. I due adulti annuirono, Remus già consapevole di cosa avesse bisogno Diana, e rimasero indietro, nel salone. Blaise e Lea rimasero con lei. Diana guardò l'amica, un mezzo sorriso, stanco e malizioso, sul viso. -Va' a dire a Ron che non deve cercarsi una stanza, che ne dici?- le disse, scatenando il suo rossore.

-Stronza.- le disse, ma l'idea di dividere la camera, e di conseguenza il letto, con Ron non le dispiaceva proprio del tutto. (ndA: Dile pervertita!! Buahahahahah!) Corse via, su per le scale, mentre Diana celava un ghigno sul proprio volto. Si voltò verso Blaise, gli rivolse un sorriso stanco. Se c'era una cosa che sapeva, era che avrebbe dormito con lui. Non poteva nemmeno pensare di non farlo, le era mancata troppo la sua presenza, il suo calore nel letto, accanto a lei. Si volse verso Remus e Tonks.

-Remus, tu sai già cosa vorrei chiedervi di fare. Abbiamo bisogno dell'Ordine e di tutti i combattenti possibili. Vi ci vorrà un mese per uscire dal Limbo, perché i confini in questo territorio sono tutti in balia dei Mangiamorte. Dovrete arrivare fino al confine tra Nuovo Messico e Arizona, a cavallo e sotto falso nome, prima di potervi Smaterializzare. Ve la sentite?-

-Che domande fai, Diana? È ovvio.- rispose Remus, anche se lanciò un'occhiata cupa a Tonks.

-Certo.- rincarò lei, ricambiando la sua occhiataccia. Diana celò una seconda volta un ghigno, e accennò alle scale.

-Mi sa che c'è una sola stanza libera...- ignorò l'occhiata assassina del licantropo. -Primo piano, ultima stanza a destra.- indicò, e si defilò su per le scale, con Blaise, prima che Remus potesse ucciderla. Ma notò lo sguardo grato e felice che Tonks le rivolse.

-Lo sai che sei una carogna, sì?- le disse Blaise, a bassa voce, mentre salivano al secondo e ultimo piano.

-Sono innamorati l'uno dell'altra, ma Remus la tiene lontana per paura di quello che potrebbe farle come licantropo.- rispose, anche lei sussurrando, mentre sorpassava con aria decisa una porta che recava il suo nome. Incontrarono Draco e Harry che discutevano, a bassa voce, in fondo al corridoio, mentre Hermione li guardava, esasperata. -Herm, vai a dormire con Draco. Punto. Harry, Ginny immagino che ti stia aspettando.- intervenne Diana, sedando la discussione. Li superò, decisa, e finalmente raggiunse la stanza che cercava, quella più solitaria, divisa dalle altre. Allungò una mano nel buio, sfiorò quella di Blaise, e lui la seguì dentro senza una parola.

-Stai bene?- le chiese appena si fu chiuso la porta dietro. Aveva sentito il tremito delle sue dita, quando l'avevano sfiorato.

-Sono solo molto stanca.- rispose Diana con voce morbida, mentre andava alla portafinestra e l'apriva. Un fresco venticello entrò quando spalancò le due ante, gonfiando le lunghe e leggere tende bianche. Accese una piccola lampada sul comodino, vicino al letto matrimoniale vestito di lenzuola candide, inondando così la stanza di una tenue luce dorata. La camera era bella, spaziosa, c'era un armadio di legno scuro in un angolo e un cassettone sovrastato da un elegante specchio nell'altro. Diana si infilò senza esitare in una porta che Blaise non aveva notato subito, che doveva condurre ad un bagno. La sentì accendere l'acqua della doccia, immaginò il suo corpo nudo, martoriato dalla battaglia e dalla stanchezza, scivolare sotto il getto d'acqua calda.

Stranamente (di solito ci metteva ore), ci mise pochissimo a lavarsi, e uscì dal bagno un quarto d'ora dopo, i capelli gocciolanti e il viso più tranquillo, avvolta in un asciugamano bianco. Gli rivolse un sorriso, uno splendido sorriso, e accennò al bagno.

-Datti una mossa però, ho sonno.- gli disse, mentre le passava accanto. Blaise le sfiorò dolcemente un braccio, troppo stanco per parlare. Diana si cambiò, gettò nel cestino della spazzatura la divisa lacera e sporca di sangue, e cercò nei cassettoni una camicia da notte che sapeva di trovare. Quella stanza era stata sua, un tempo, prima che cominciasse a dormire con Dan...

Essere lì glielo ricordava ancora più di quanto non le succedesse normalmente. Le ricordava i suoi sorrisi, le notti profumate d'amore, le risate che avevano tante volte echeggiato in quella casa.

Non soffriva più, ormai. Il dolore era qualcosa di lontano, molto lontano, finalmente superato. E, di quello, doveva essere grata a Blaise.

Blaise...

Aveva ricominciato a vivere, con lui. Le aveva restituito quel sorriso che pensava di aver dimenticato, le aveva insegnato di nuovo ad amare.

Era stata sul punto di perderlo, in quei mesi, ma ora era lì, di nuovo con lei, e la sua tristezza non aveva più ragione di esistere.

Ma qualcosa continuava a turbarla. Nel Limbo, Diana lo sapeva bene, i suoi nemici erano esseri scaltri e straordinariamente intelligenti. Non sarebbe stato difficile, per i Mangiamorte texani, venire a sapere di quello che c'era fra lei e Blaise. Ancora una volta, la sua sola esistenza avrebbe messo in pericolo l'uomo che amava.

Non poteva sopportarlo. Non poteva pensare che avrebbe potuto essere la causa di...no, non doveva nemmeno accennare quell'idea. Il solo pensiero di perdere Blaise era insopportabile.

Non l'avrebbe permesso. Di questo era certa.

A qualunque costo.

Si lasciò letteralmente cadere sul letto, esausta, sul lato destro, dove dormiva sempre. E lì rimase, distesa su un fianco in modo scomposto, sentendo l'indicibile stanchezza di quella notte caderle addosso. Là, in Texas, erano le dieci di sera, mentre a Hogwarts dovevano essere almeno le quattro di mattino. L'aspettava una lunga, pacifica notte di sonno.

Chiuse gli occhi, e l'istante dopo già dormiva.

Blaise uscì dal bagno dieci minuti più tardi, con solo i boxer addosso contro la calura opprimente, un po' placata dall'aria fresca che entrava dalla finestra. Sorrise, intenerito, quando la vide, profondamente addormentata, mezzo scivolata giù dal letto. Andò da lei, la sollevò fra le braccia, senza sforzo, e la depose più composta sulle lenzuola candide. Rimase vicino al suo viso un istante, assaporando il profumo che tanto gli era mancato, in quelle troppe settimane passate lontano da lei.

-È bello riaverti, Di. Non immagini quanto.- le sussurrò, senza un vero motivo, e le lasciò un bacio sulle sue morbide labbra socchiuse.

L'amava. Di questo era certo, non poteva più negare quelle parole a sé stesso. Aveva avuto molto, molto tempo per riflettere su quello che provava per lei, in quelle settimane vuote e senza senso in cui si era costretto a tenerla lontana da sé.

Era diventato un Mangiamorte per salvare lei, l'aveva lasciata, per proteggerla, aveva sopportato senza mai urlare le Cruciatus di Voldemort e di sua madre, quando con la Legilimanzia constatavano che il suo cuore non era quell'organo oscuro, di pietra, che avrebbero voluto che fosse.

Oltre a lasciargli segni profondi e indelebili sul corpo scolpito, quelle interminabili, sanguinose torture lo avevano temprato più che mai. E avevano trasformato la sua già insolita maturità in quella di un uomo molto più adulto di lui.

Non aveva mai obbedito a Voldemort, si era guadagnato fra le sue fila la fama di un ribelle, sopportando senza poter ribattere le angherie di quegli esseri che di umano avevano ben poco. Non poteva combatterli veramente, non poteva lanciare quelle tanto desiderate Avada Kedavra contro di loro. Se l'avesse fatto, avrebbe messo in pericolo Diana.

Voldemort, scaltro, aveva stretto un patto, con lui, pochi giorni prima della battaglia di Hogwarts. Se avesse partecipato, se avesse combattuto dalla parte dei Mangiamorte, avrebbe comprato la salvezza di Diana. Se non l'avesse fatto, avrebbe ucciso entrambi...

Ma lui, da perfetto idiota, non l'aveva fatto. Non era riuscito a controllare la propria ira, quando prima Bellatrix e poi sua madre avevano colpito Diana. E non se ne pentiva, perché averla di nuovo accanto valeva tutto ciò che aveva e avrebbe dovuto passare, e anche di più, conscio della battaglia interiore che anche Diana aveva dovuto sostenere. E vincere, aggiunse fra sé.

L'amava tanto, tantissimo, forse troppo. Forse non avrebbe mai dovuto innamorarsi di lei: l'aveva fatta soffrire, in quei mesi, e questo non se lo sarebbe mai perdonato davvero. Forse avrebbe dovuto evitare di legarsi (e legarla) così tanto a sé, perché il loro era un amore proibito, un amore dannato, ed entrambi lo sapevano benissimo.

Ma il cuore non segue mai la ragione, perché se lo facesse non si chiamerebbe amore.

Si distese accanto a lei, sospirando grato per le lenzuola fresche e profumate, quando la sentì mormorare nel buio, la voce impastata dal sonno:

-Oh, sì che lo immagino.-

Blaise sorrise fra sé. Sì, pensò fra sé. Diana era l'unica donna al mondo capace di rispondere a quel modo.

Ed era uno dei motivi per cui l'amava.

 

 

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My space:

rieccomi!!! Sono brava, vero? Invece di studiare per le cinque verifiche (ok, 4, una è un tema e per me i temi sono dei piaceri, non delle verifiche ;P ) che mi attendono nei prossimi giorni...scrivo! Anche perché sono stata colta dall'ispirazione folle, per questo chap, e non potevo assolutamente metterla a tacere. Spero che vi sia piaciuto, anche se lungo ben 12 pagine (scusa, Ale!! ^.^)...ho lavorato molto sulla descrizione degli ambienti, visto il drastico cambiamento da quelli Hogwarts, ho insistito sul rapporto Alex/Diana e Kelly/ Diana, riservando però ai miei due morettoni le ultime pagine ovviamente zuccherose...Blaise e Diana sono cresciuti: già prima erano molto maturi, adesso sono adulti. Ma non è cambiato il loro amore, i loro sentimenti: Blaise che la protegge e dimostra, attraverso i ricordi, quanto abbia capito di amarla (pucciolo mio!!), Diana che con lui, e solo con lui, riesce ad essere dolce e sincera, mentre col resto del mondo è l'Auror Black, la dura, la guerriera. È un fardello che Diana è felice di portare, perché è perfettamente conscia di essere la migliore. Avete visto, spero, con quale indifferenza uccide un Mangiamorte...in realtà, il suo cuore si spezza ogni volta che spegne una vita, ma è necessario farlo, e lei lo sa. Nel prossimo chap, “L'Addestramento” (un altra bestia di lunghezze colossali), si approfondirà il ruolo di Diana come Auror, come figura autoritaria e folle nel Limbo, e comparirà l'ennesimo nuovo personaggio, un vecchio indiano Algonquin, Ho-take-nah (“l'uomo dalla grande saggezza”), oltre ad un insegnante della Morris-West, Johnathan Moore. Il piano di Diana sarà rivelato proprio da quest'ultimo, ma mò taccio perché se no parlo troppo! Ecco le risposte alle recensioni, e sotto due disegni che raffigurano 1) Melissa, la giapponese texana, e 2) IL CAPOLAVORO DI IAIA_MALFOY4EVER (al secolo, Ilaria ^.^) SU DIANA E BLAISE NEL CHAP “LA FESTA”!

Un basottone enorme a tutte/i le/i lettrici/lettori, anche a Laura e Sara che, forse, vorranno rinfoderare le loro fruste dopo questo chap...^,^ !!!

Ah, giusto, un'ultima cosa: ADERITE ALL'OPAK (Organizzazione Per Avada Kedavrizzarmi)!!!!!! Presto capirete perché....muahahahahahahahah!!! (risata sadica)

Ilaria: ma tesora grassie!!! Adesso mi devi spiegare commo se fa a mettere le immagini nelle storie...perché non ci riescooooooo!!! Caspiterina!!!! (ok ok mi calmo ^.^) Non preoccuparti, non me la prenderei mai con te...a meno che tu non mi faccia arrabbiare...allorché potrei diventare cattiva (della serie: Diana in confronto a me è un agnellino...muahahahahahahahahah!)! Ma no dai scherzo, sono contenta di sapere che le battaglie che tanto mi piacciono siano fatte bene...aspetta di vedere quelle con fucili e pistole, se ti vuoi divertire, perché sono proprio la mia specialità! Un basottone!

D2OTTO: ho dovuto solo accennare Sirius, per mostrare che lui e Diana si sono affezionati in poco tempo...avrò modo di ritirarlo fuori dal velo, tranquilla!

Mione1194: QUALE ARMA!?!?!?!?!?!?!?!?!?!?!?!? Aiuto sono preoccupata!! E molto!!!!

Honey Evans: perdonami...ma non è ancora il momento perché io sveli l'arcano mistero che avvolge i prossimi capitoli...muahahahahahaha cough-cough-(me incazzata verso Diana e Blaise) cazzo, volete smetterla di fumare mentre faccio le mie risate malefiche???? Mi vanno di traverso!!!

cherie: vai tra, succede di perdere un chap o di recensirlo in ritardo!! Bellatrix, oh, Bellatrix, quanto non vedo l'ora che venga azzannata alla gola da...ok taccio!!! -mano spalmata sulla fronte- (ndme: Bea, stai zitta eccheccavolo!! Se no riveli il finale!)

pei_chan: sì, sì, tranquilla, come hai visto si sono rimessi insieme anche Draco e Mione...ma per Blaise e Diana non è un nuovo inizio, bensì una serie di problemi che sarà lei, questa volta, a crearsi...si fa delle seghe mentali non da poco quella donna, ma ha ragione, purtroppo! Anche io per Silente ho pianto da quando è morto (sniff...sono due anni e mezzo ormai...), lo adoravo, ma rivederlo nel 7 (come sirius, remus, james, lily) è stato un dono di mamma Row per cui la ringrazierò in eterno! E stai tranquilla che i Mangiamorte ne vedranno delle brutte....anche perché la signorina Diana è tornata nel suo West!!! Si salvi chi puòòòòòòò!!!!





Diana e Blaise!!!

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Melissa!

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Capitolo 23
*** L'addestramento - Preludio ***


Dodici ore di sonno giovarono a tutti quanti

Dodici ore di sonno giovarono a tutti quanti. Per la prima volta, da quando Alex la conosceva, Diana aveva rinunciato a fargli fare dei turni di guardia.

-Forse era troppo stanca.- commentò Melissa quando le espose i suoi dubbi, dalla doccia. Alex, sdraiato sul letto con solo il lenzuolo che lo copriva, scosse la testa, poco convinto.

-O forse mi si è rammollita.- borbottò. Melissa, vestita solo di perlacee goccioline d'acqua, uscì dal bagno. Alex sorrise godendosi l'immagine del suo corpo perfetto, snello e slanciato come quello di una modella. Il corpo che da mesi, ormai, apparteneva a lui.

-Ti ricordo che è della nostra Diana, che stai parlando.- gli ricordò, con un sorriso. Alex si alzò in ginocchio sul materasso, la prese per un braccio e la trasse a sé, al suo torace scoperto.

-Mah...secondo me è quel capellone che me l'ha ammorbidita.- commentò, baciandole il seno piccolo e sodo. Gli aveva dato fastidio, non poteva negarlo, vedere l'affinità fra Diana e l'inglese. (ndA&Diana: Blaise “capellone”!?!? Muahahahahahahahahahah!!!)

-Sei geloso di lei, Alex?- gli chiese Mel divertita, spettinandogli i capelli.

-Non ne avrei motivo. Ho solo paura che soffra di nuovo, ora che è qui con lui. E poi, non mi piace. Dan era dieci volte meglio. Ma io ho una donna meravigliosa accanto, e non sono geloso di Diana.- disse. Melissa rise, quando la ribaltò sul letto e baciò le sue labbra sottili.

 

Alex Bonn era entrato alla Morris due anni prima. Prima di questo, era stato l'unico superstite di una nota famiglia di delinquenti. Un cacciatore di taglie, Jim Galver, aveva deciso di guadagnare qualche soldo facile portando la sua testa, su cui pendevano parecchi dollari, alle autorità.

Era stato allora, in mezzo ad una sparatoria che lo vedeva letteralmente come carne al macello, che aveva conosciuto Diana.

La quindicenne sergente, bionda (sì, bionda), era intervenuta nel momento più giusto. Alex aveva perso la presa sul suo fucile, e sarebbe certo stato ammazzato se non fosse stato per quel fulmine in mimetica piombato sul campo di battaglia. Diana aveva sparato, e aveva reso per sempre inutilizzabile la mano destra di Galver. Preferiva non uccidere, a quei tempi.

Ed era così che era piombata nella sua vita, per non andarsene più.

Agendo come una perfetta politicante, aveva fatto in modo che tutte le accuse che pendevano sulla sua testa cadessero. Aveva riabilitato il suo nome, e gli aveva permesso di entrare alla Morris-West, sotto le gigantesche ali protettive delle due regine incontrastate della scuola: Diana, e Kelly.

La loro fama, quando Alex era arrivato, era gigantesca. La prima, più giovane dell'altra di tre anni, era di gran lunga l'Auror più conosciuta di tutto il Limbo, e non solo. Cominciata la Morris rispettivamente a dodici e quindici anni, Diana e Kelly, talmente legate da sembrare quasi sorelle, avevano scalato rapidamente la gerarchia auror, per ritrovarsi come sergente e capitano giusto un anno prima. Erano perfette, scapestrate, senza freni se non quelli che si imponevano da sole. Intorno a loro, quattro persone che ne formavano la formidabile squadra: Lea Artesia, l'Auror dolce, Dan Galindez e Scott Parker, la cui fama quasi superava quella delle loro due donne, e Melissa Moore, la figlia dell'insegnante di tiro della Morris.

Ed era in quella ristretta cerchia di eletti che Alex era entrato.

Era arrivato in quella scuola, quindicenne e spaurito, senza sapere praticamente nulla della vita. Ne era uscito, a sedici, come la letterale fotocopia al maschile di Diana.

Era diventato il suo discepolo, il suo “pivello”. E, insieme, il suo migliore amico. Si erano salvati a vicenda la pelle più di una volta, Diana gli aveva insegnato tutto ciò che poteva, lo aveva messo nella privilegiata posizione di fare le sue veci, al momento del suo trasferimento. Gli voleva bene, Alex lo sapeva. Anche se nove volte su dieci provava l'insano desiderio di strangolarlo.

Mentre cresceva sotto il durissimo addestramento di Diana, Alex aveva conosciuto Melissa.

La bella giapponese era la migliore tiratrice della scuola, assieme a Diana e Kelly. Elegante, intelligente e spietata quando l'occasione lo richiedeva, Mel aveva messo in chiaro, fin da subito, quanto non sopportasse quel biondino fanfarone ed egocentrico, quell'idiota che ci provava un giorno sì e uno anche.

Quando Dan e Scott, che a Melissa era molto legato, erano morti, Lea gli aveva consigliato di rimanerle accanto. Aveva passato mesi a cercare di riportarla alla vita, di farle superare il dolore, e alla fine c'era riuscito.

Ed era così che si erano innamorati.

Ora, Alex si presentava come un abbronzato diciassettenne, i capelli dorati, lisci, un fisico asciutto e muscoloso, alto come una betulla, un sorrisetto strafottente perennemente stampato sul volto.

Si presentava come l'amico protettivo che non vedeva di buon occhio Blaise, diffidente e sospettoso, con la paura che Diana soffrisse ancora sempre presente nel cuore.

 

Ron si stiracchiò, e aprì gli occhi. La luce calda del sole, nonostante fossero solo le otto di mattino, entrava dalla finestra spalancata.

Si voltò verso Lea, addormentata, girata su un fianco, il visetto ovale morbidamente abbandonato sul cuscino. Sorrise, ripensando alla notte che aveva passato con lei, abbracciati, senza fare nulla, senza voler fare nulla.

Il ricordo del suo dolce imbarazzo, quando gli aveva proposto di dormire assieme a lei, era troppo bello per essere sciupato da quello. Sarebbe arrivato il momento, Ron lo sapeva, ma non voleva forzarla a fare nulla per cui lei non si sentisse pronta. Anche se il desiderio di farla sua, di essere il primo a poterla amare, era quasi insostenibile. (ndDile: ma io sono prontissimaaaaa!!!) (ndBea: Dile, SPARISCI!)

Le carezzò la chioma scura, e al suo tocco la ragazza si destò. Borbottò qualcosa di indistinto, e aprì i suoi occhioni scuri.

-Buongiorno.- le disse, con un sorriso.

-Mmm...ciao...dormito bene?- brontolò lei, sfregandosi gli occhi.

-Sì...tu?-

-Idem.- Lea si alzò, e Ron notò che i suoi pantaloncini si erano leggermente alzati, rivelando ancor di più le sue belle gambe. Represse il desiderio che si era acuito nel suo corpo, si alzò anche lui e, senza un motivo, l'abbracciò, cingendole i fianchi con le braccia, tenendola stretta al suo torace. La tensione, la paura della battaglia avevano lasciato il segno anche su di lui, e Lea era l'unica persona che potesse in qualche modo restituirgli il sorriso.

-Ron, cosa è successo a Hogwarts? Non mi avete ancora detto nulla.- gli chiese. Il rosso sospirò, il viso scurito da un'improvvisa preoccupazione.

-C'è stata una battaglia...Silente è morto. I Mangiamorte hanno chiamato un drago, e Diana ci ha portati via prima che ci ammazzasse tutti.- riassunse, cupo.

-Silente è morto?- esalò Lea, improvvisamente spaventata. Conosceva la fama del Preside, conosceva la sua grandezza.

-Sì.- annuì Ron. -Da quello che ho capito, è stato Piton.-

-Piton? Ma doveva essere Draco a...- Lea si zittì, mordendosi la lingua. Gli occhi di Ron si fecero improvvisamente sospettosi.

-Malfoy? Cosa doveva fare?- le chiese, accigliato. Lea si separò da lui, si volse verso la finestra. Si era fatto tutto così confuso, da quando gli studenti di Hogwarts e i Mangiamorte erano comparsi nel deserto. Diana, Kelly, il ranch, e ora la scoperta che Piton aveva ucciso Silente...due Mangiamorte disertori sotto lo stesso tetto di cinque Auror...un obiettivo troppo ghiotto per i loro nemici.

-Non lo so...non ci capisco più niente.- mormorò, con voce incolore. Ron le si avvicinò, le sfiorò una spalla con le dita tiepide, sentendola rabbrividire piano al suo lieve tocco.

Cosa gli nascondeva?

-Lea...- la chiamò. -C'è qualcosa che devi dirmi?-

 

Ginny era seduta sul bordo del letto, i capelli rossi abbandonati sulla schiena, sulla maglietta di Harry che indossava, che le arrivava appena sotto l'orlo delle mutandine. Harry, il torace magro e muscoloso coperto solo da un lenzuolo, dormiva con un braccio abbandonato là dove lei si trovava fino a pochi minuti prima.

Era stata con lui, quella notte, per la prima volta nella sua vita. Era stato...bello, bellissimo, sublime, fare l'amore con il ragazzo che amava. Si sentiva strana, come se fosse cresciuta tutto ad un tratto, come se quei momenti in cui lei e Harry erano stati la stessa cosa, la stessa anima, l'avessero mutata in una donna.

Eppure, non riusciva ad essere felice. Qualcosa la preoccupava, le faceva dubitare del sentimento del suo amato.

Si voltò verso Harry, e allungò una manina per scuoterlo leggermente.

Il moro aprì lentamente gli occhi, un po' appannati per l'assenza degli occhiali.

-Harry, dobbiamo parlare.- a quelle parole, il Prescelto si alzò a sedere, inforcò gli occhiali e la guardò, preoccupato.

-Gin, stai bene? Tutto ok?- le chiese, avvicinandosele. Ginny si ritrasse appena, allontanandosi da lui.

-Sto bene, ma sono preoccupata.- rispose, distante.

-Per cosa?- Ginny sospirò, e alzò i suoi occhioni castani su quelli smeraldini di lui. Doveva chiederglielo, doveva sapere se i suoi sospetti erano fondati.

-Harry, cosa è successo con Diana?- chiese, seria. Harry sospirò.

-Abbiamo litigato. Non è un mistero.- rispose, tenendo lo sguardo basso.

-Sì, ma perché? Da un giorno all'altro siete passati dall'amicizia all'indifferenza! Cos'è successo?- sbottò lei, improvvisamente arrabbiata. Lui la guardò stupito, senza capire.

-Gin...Diana ha...- vide le lacrime negli occhi della sua ragazza, vide la paura nelle sue iridi. -Gin, cosa pensi che sia successo?- le chiese, colto da un improvviso sospetto.

-Non lo so...- lei aprì e chiuse più volte le palpebre, ricacciando indietro le lacrime. -Non so cos'è successo, mi fido di te e mi fido di Diana, so che non potreste mai avermi fatto nulla, ma...- Harry le posò un dito sulle labbra, zittendola con un sorriso.

-Ginevra Molly Weasley, credi che sia andato a letto con Diana?- Ginny, imbarazzata, distolse lo sguardo.

(ndA: ma come cazzo le vengono queste idee!?!?!?!?! Mettiamo a confronto Potter e Blaise, e capiamo subito che Blaisuccio è MILLE volte meglio del Prescelto!!!!!!!)

-Non lo so. Né tu né lei mi avete mai detto cos'è successo, e io cosa dovrei pensare?- borbottò, irata. Ma, con sua grande sorpresa e irritazione, Harry scoppiò a ridere. Lo guardò male, molto male, ma lui era troppo divertito dalla situazione per smetterla.

-Gin, ma tu ti fai dei viaggi non da poco! Pensaci un attimo, ok? Tu mi piaci da prima di Natale, te l'ho detto, e Diana non ti avrebbe mai fatto una cosa del genere! Senza contare Zabini.- aggiunse, tornando improvvisamente serio. Ginny, furibonda con sé stessa e parecchio imbarazzata, si aprì in un malinconico sorriso.

-Hai ragione, è solo che...- ancora una volta, il Prescelto la zittì.

-Ginny, quello che è successo con Diana non c'entra nulla con quello che pensi. Fidati.- Ginny gli sorrise, si liberò dalla sua morbida stretta e lo baciò con slancio, cadendo entrambi sul letto, ridendo.

 

DRIN!

DRIN!

Diana balzò in piedi, la pistola estratta fulmineamente dalla fodera sotto al letto ben salda nella mano sinistra, lo sguardo allarmato.

Si rese conto l'istante successivo che era stato il campanello, a svegliarla.

Sospirò, e ripose con un gesto fluido la 44 Magnum nella sua fondina. Sapeva di doversi calmare, ma il suo addestramento aveva spesso la meglio: aveva sistemato anni prima, nei punti più improbabili della casa, ogni tipo di armi. Semiautomatiche, revolvers, coltelli bilanciati e a serramanico, tutti disposti in modo da permetterle di raggiungerli alla svelta. E ora, ritrovatasi nella sua vecchia stanza, i ricordi incisi a fuoco nella sua mente le avevano suggerito all'istante dove trovare quella pistola.

-Cosa sta succedendo?- borbottò Blaise, svegliato dal suo brusco movimento. Si stropicciò gli occhi, e la guardò, stupito. Diana gli rivolse un mezzo sorriso dolce, sentendo la tensione svanire.

-Nulla...sono un po' tesa.- rispose, sbirciando dalla finestra per vedere chi era appena arrivato. Un bello stallone fulvo era fermo di fronte al ballatoio, ma di persone non v'era traccia. Sospirò.

-“Un po' tesa”?- commentò lui scettico, osservandola. I nervi del collo tesi fino allo spasmo, gli occhi attenti e guardinghi, i pugni stretti. Ma bella. Indescrivibilmente bella. E sensuale...sensuale come una gatta, come una guerriera, risvegliava tutti i suoi istinti fin troppo a lungo tenuti a bada.

-Forse parecchio.- commentò lei, con un sorriso che non le raggiunse gli occhi. -Ma purtroppo è necessario, qui.- disse, distogliendo lo sguardo da lui per posarlo di nuovo sulla finestra. Blaise si alzò, andò da lei e le sfiorò un braccio, ben conscio del potere che aveva di calmarla. E, infatti, vide il suo viso rilassarsi impercettibilmente, i suoi occhi socchiudersi.

Le carezzò i fianchi, i seni, sfiorandola appena sotto la leggera camicia da notte. Diana socchiuse appena gli occhi, rapita.

E, cedendo all'istinto come sempre gli capitava, con lei, la baciò.

Rimasero un istante immobili, le labbra unite, assaporando quell'attimo in tutta la sua pienezza, sentendo il proprio desiderio crescere improvvisamente.

Un secondo più tardi, Diana aveva schiuso le sue morbide labbra e Blaise le aveva spinto la lingua in bocca, violento e possessivo come non gli era mai capitato di essere. Era tutta quella situazione, quel posto, il comportamento di lei, a fargli perdere il controllo.

Non lo stupì sentirla rispondere con la stessa furia. Spinse il corpo addosso al suo, voleva sentirla, desiderava quelle carezze sulla schiena e sul collo. La sollevò per i fianchi, Diana si strinse a lui, e la portò sul letto, sotto di lui, affondato nel suo corpo caldo.

TOC TOC TOC.

-Diana, vieni giù. C'è qualcuno che vuole parlarti.- disse la voce dal marcato accento di Alex, mezza divertita, mezza arrogante. Diana, a fatica e controvoglia, si separò dalle labbra di Blaise.

-Arrivo subito.- disse, mascherando la morbidezza della sua voce dietro un convincente tono deciso. Sentirono Alex allontanarsi. -Blaise...datti una calmata.- sussurrò allora, divertita, costringendolo ad alzare lo sguardo dalle attenzioni che stava dedicando al suo collo. Dopo un attimo di confusione, Blaise scrollò la testa, attonito, e disse:

-Hai ragione.- “Ma che cazzo mi è preso?”

Diana, vedendo la sua espressione confusa, scoppiò in una risata silenziosa e gli posò un casto bacio sulle labbra. Gli carezzò il viso, la dolcezza e l'amarezza dipinti negli occhi.

-Mi sei mancato tanto anche tu, Blaise...ma non ti salto addosso, no?- una scintilla maliziosa nei suoi occhi. Blaise sorrise, senza spostarsi di un centimetro da lei.

-Beh...non ti fermerei, se lo facessi.- disse, facendola sorridere. E, per pochi attimi, tutto sembrò tornato alla normalità, sembrarono di nuovo solo Diana e Blaise.

-Te l'ho già detto che sei un maiale, sì?- gli chiese.

-Un paio di centinaia di volte, ma chi le conta?- rispose lui, dandole un bacio sulla punta del naso. Si spostò da lei, la lasciò alzare, e la guardò mentre lentamente faceva scivolare via dal suo corpo morbido la camicia da notte, rimanendo solo in slip. Notò le costole mostrarsi sotto i suoi seni, molto più del solito. Notò i diversi segni che si era procurata in palestra, rossi in confronto alle vecchie cicatrici. Ma, soprattutto, notò quanto gli fosse mancato, quel corpo caldo, morbido, dalle curve profonde. -Io sarò anche un maiale, ma tu mi stuzzichi non poco, Di.- commentò, beatamente spaparanzato sul letto a braccia aperte. Diana si voltò, un sorriso ironico sul viso. Tornò da lui, fra le sue braccia, lasciandosi cingere la schiena e i fianchi nudi dalle sue braccia muscolose. Incontrò il suo sguardo, ora calmo, privo della smania di poco prima.

-Non sono io che ti stuzzico, stupida Faina. Sei tu che sei in astinenza.- gli disse, posandogli un bacio sulle labbra, spogliata dei suoi vestiti e della sua durezza.

Quanto sarebbe durata?

Blaise non lo sapeva.

-Una spiacevole situazione che dovremmo risolvere.- Diana sorrise, esasperata, posò il viso sul suo torace. Ma poi, repentino e venefico, un improvviso pensiero distrusse quell'istante di pace nel suo animo.

Non puoi.

Non puoi permetterti, qui, di essere la Diana che conosce, la vera Diana.

Non puoi amarlo. Sai di non poterlo legare ancora più a te.

Sai di avere paura. Tanta, tantissima paura.

-Lo vorrei tanto, Blaise. Ma non posso.- disse, la voce improvvisamente remota e cupa, lontana.

-E cosa te lo impedisce?-

-Non...non posso, e basta.- tagliò corto lei, stringendo le palpebre, ben sapendo cosa stava facendo. E detestandosi per questo.

Avvertì il tocco di Blaise farsi più freddo, distante. La ferì, ma era quello che voleva, dopotutto.

“Perdonami, Blaise, se puoi.

Perdonami, perché ancora una volta devo stare lontana da te.

Ci ho pensato tutta la notte...e ora...ed è la cosa più sicura”.

(ndA: Diana prevede quello che succederà più avanti, non voletemene se questo suo comportamento vi pare poco appropriato o strambo)

Dopo quella che ad entrambi sembrò un'eternità troppo breve, Diana lasciò il suo abbraccio e si alzò. Si vestì in silenzio, lui fece lo stesso (Diana aveva ripescato da un qualche remoto cassetto un paio di jeans e una T-shirt nuovi, entrambi neri, per lui), e fianco a fianco scesero nel salone, raggiungendo i quattro americani già svegli, chi appollaiato sullo schienale delle poltrone, chi alla scrivania, chi sul divano. Anzi, non quattro. Cinque.

-Moore...che sorpresa.- mormorò Diana, rivolta all'uomo elegantemente seduto su una poltrona. Lui si alzò, con un movimento che non doveva essergli costato praticamente nessuno sforzo, e le andò incontro. Blaise lo osservò e, istintivamente, visualizzò con gli occhi della mente l'immagine di Crystal.

Occhi scuri, leggermente a mandorla, penetranti, lo trapassarono quando Moore spostò il suo sguardo su di lui. Carnagione asiatica, bronzata dal sole, lineamenti affilati e un fisico asciutto, prestante, i capelli neri pettinati all'indietro. Dimostrava una quarantina d'anni circa, ma Blaise avrebbe pagato volentieri per arrivare a quell'età con quel fisico.

-Capitano Black, è un piacere rivederla.- Diana gli strinse la mano, con la sua solita stretta salda. Blaise notò quanto l'appellativo “capitano” non l'avesse minimamente sorpresa.

-Il piacere è mio, comandante.- lo sguardo di Moore si spostò sull'unico inglese presente nella stanza. I suoi occhi da falco si strinsero, sospettosi, ma gli tese la mano. -Comandante degli Auror Mike Moore.- si presentò. Diffidente, Blaise gli strinse la mano.

-Zabini...Blaise.- disse. La stretta di Moore si fece improvvisamente dura. Velocissima, l'altra mano raggiunse l'avambraccio del giovane e scostò bruscamente la polsiera di cuoio che Blaise portava sempre.

Il Marchio Nero spiccava sulla sua pelle, nero contro bronzo.

Blaise rimase immobile, rivolgendo una sola occhiata disgustata al tatuaggio prima di distogliere lo sguardo.

Diana, invece, si voltò verso Kelly, rabbia e odio negli occhi.

-L'ho fatto solo per sicurezza.- si difese lei, malcelando un ghigno sul suo viso.

-Sì, e io ci credo.- replicò Diana, ringhiante.

-Hai portato dei Mangiamorte a Springerville, Diana. Non me lo sarei aspettato, da te.- intervenne duramente Moore.

Un istante, e le dita di Diana si strinsero sul polso del comandante, allontanandolo di scatto da Blaise che, notata subito la spietatezza insita in quegli occhi da falco, non aveva mosso prudentemente un muscolo. La ragazza si spostò davanti a lui, decisa.

-Faccio io da garante per lui e Malfoy.- annunciò, fredda. Un'ombra di sorpresa passò sul viso di Moore.

-Sai cosa vuol dire?- le chiese. Lei annuì. “Magari lo sapessi anch'io...” pensò Blaise, accigliato.

-Che mi assumo tutte le responsabilità delle loro azioni, sì.- replicò la ragazza. -Silente si fidava di loro. E io non sono così stupida da smettere di obbedire ai suoi ordini, anche da morto.- aggiunse, gelida.

-È un rischio.- le fece notare Moore.

-No, non lo è.- lo corresse.

Pausa. Silenzio gravoso che premeva sulle loro orecchie.

-Ma non è qui solo per questo, giusto?- chiese finalmente Diana, spezzando quell'innaturale mancanza di dialogo. Melissa e Alex, e Lea con loro, ripresero a respirare. Moore si allontanò dall'Auror e da Blaise, continuando a scrutare torvo quest'ultimo, che ne sostenne senza paura lo sguardo.

-No, infatti.- il comandante si sedette di nuovo, e così fecero Diana e Blaise. -Il vostro arrivo ha movimentato i Mangiamorte. Hanno nuovi accoliti, ma sono disorganizzati e ci vorrà del tempo prima che torni l'ordine fra i loro ranghi. Ma una cosa è certa: tu, Diana, Potter e i due...traditori...- Melissa fulminò il proprio padre con lo sguardo. -...sarete i loro bersagli preferiti. Potter, Zabini e Malfoy sono facili da capire, ma quella che vogliono sul serio sei tu.-

“Voldemort vuole la Regina. Non ha ancora rinunciato ai poteri di Arakta Shoenn”, fu il pensiero identico di Diana e Blaise, ma si guardarono bene dall'esprimerlo.

La Regina era l'unica, nel Limbo, che avrebbe potuto causare a Voldemort dei seri problemi.

-Come sa tutto questo? Il solito topo di fogna?- chiese lei, non riuscendo a nascondere un ghigno.

-Esattamente.-

-Task è diventato ancora più infido, Di.- commentò Alex, con una risata. Moore lo incenerì con lo sguardo. Melissa e Lea si guardarono, esasperate: il comandante non aveva mai sopportato quel biondino, non da quando aveva osato posare gli occhi sulla sua unica figlia.

-Resta pur sempre il nostro informatore migliore.- Moore guardò Diana, intensamente, dandole la conosciuta sensazione di essere trapassata da una spada. -Arriveranno rinforzi dall'Inghilterra e dalla Bulgaria, e quando saranno abbastanza numerosi attaccheranno Springerville.- disse, a bassa voce.

Lea e Alex trasalirono, Kelly rimase impassibile, Melissa scambiò un'occhiata eloquente con Diana.

-Quanto gli ci vorrà per organizzarsi?- chiese quest'ultima, dopo un attimo.

-Secondo Task, almeno un mese.-

-Non possiamo permetterlo.- intervenne Lea, risoluta. Diana annuì, improvvisamente simile ad uno stratega militare.

-Non possono attaccare la Morris, e ripiegano sul paese, sperando di attirare noi e gli Auror fuori dai confini magici della scuola. L'unica cosa da fare sarebbe raggiungere la Morris e attirarli lì...saremmo in vantaggio, avremmo la magia. Ma...- s'interruppe, guardando Blaise con un'occhiata preoccupata.

-Cosa?- le chiese lui.

-Siete dei civili impreparati ad una guerra del genere.- rispose lei, semplicemente. -Anche solo il viaggio richiede competenze che non avete, e in quattro (rivolse un'occhiata velenosa a Kelly), o cinque, non sono sicura che sarebbe prudente portarvici.- aggiunse.

-Per questo li addestrerete a combattere e a vivere nel Limbo.- dieci occhi saettarono stupiti su Moore, che per la prima volta sorrise, soddisfatto. I giovani Auror capirono un istante più tardi. -O, meglio, saranno Lea, Alex, Melissa e Kelly a farlo.-

-Perché io no?- sbottò Diana, sorpresa.

-Perché anche tu necessiti di un addestramento.-

-E da quando!?- Diana s'infiammò subito, orgogliosa delle proprie capacità e ansiosa di dimostrarle. “Sono la migliore da sempre!! Cos'è questa storia!?”

-Non è per nulla sicura di sé stessa, la piccola.- borbottò Blaise sarcastico, strappando a Lea un sorriso decisamente sadico e guadagnandosi un'occhiataccia da una seccatissima Black.

-Chiamami un'altra volta “piccola”, Faina, e te la farò pagare molto cara.- lo minacciò, irata. Se c'era una cosa che Diana non sopportava, erano quei nomignoli assurdi. Anche se “piccola” non le dispiaceva, dopotutto.

-Che paura...piccola.-

-Fottiti, Blaise.-

-Magari.- replicò lui, un sopracciglio alzato e l'espressione ironica. Ma non c'era accusa, non c'era rabbia o delusione, in quello sguardo. Diana sbuffò, senza però riuscire a nascondere un mezzo sorriso divertito. Moore, che aveva seguito lo scambio di frecciatine in silenzio, se ne accorse, ma lei non gli diede tempo di fare domande: -Quale addestramento, comandante?-

-Ho-take-nah ha chiesto di te appena ha “sentito” il tuo arrivo.- rispose l'uomo. Diana, inaspettatamente per tutti quanti, scoppiò in una sonora risata.

-È ancora vivo, quel vecchio pazzo? Non gli è arrivata qualcuna delle mie maledizioni?- chiese. Lea la guardò male: Ho-take-nah era stato il suo maestro, il suo protettore, il suo padre adottivo. Era egli un vecchio indiano di età indefinita, sclerotico e iracondo come pochi, che aveva fatto del portare sfiga l'obiettivo della sua vita. Secondo Diana.

-Non credo. Comunque, non solo lui, ma anche Torishah vuole che tu li raggiunga.- Diana annuì, pensierosa, visualizzando nella mente la figura di un indiano alto, muscoloso, con l'aria di poterti spezzare qualche osso semplicemente guardandoti. Poi, alzò lo sguardo sul comandante, penetrante e indecifrabile come al solito.

-Questi sono ordini, vero, Moore?- marrone contro acciaio. Sguardo laser contro sguardo gelido.

-Sì.-

-E sia, allora.- sospirò Diana, ben conscia che disobbedire a Mike Moore sarebbe stato crearsi un grosso nemico.

-Avete un mese per preparare i civili al viaggio. Addestramento completo.- Moore si rivolse ai quattro americani, che annuirono.

-Proprio un mese...lo stesso tempo che hanno i Mangiamorte, Moore.- commentò Diana. Lo sguardo dell'Auror saettò su di lei, e vi colse qualcosa di molto simile all'irritazione.

-Esatto.-

-Perché?- chiese Alex. Lea e Diana si guardarono un istante: solo loro due, esclusa Kelly, avevano capito il subdolo piano di Moore.

Ma fu Blaise a rispondere al biondo.

-Perché saranno pronti anche loro, e ce li tireremo dietro fino alla Morris.-

Moore alzò lo sguardo di lui, guardandolo per la prima volta come se non fosse un nemico.

-Esatto.- disse solo, senza riuscire a nascondere la sorpresa nella sua voce. Diana, fra sé e sé, sorrise. Erano veramente i pochi che riuscivano a sorprendere il comandante auror, e Blaise aveva appena guadagnato un punto importante per esserci riuscito.

Moore si alzò.

-Diana, muoviti.-

-Cosa?- fece lei, senza capire.

-Mi hai sentito. Datti una mossa, tu vieni via con me. Ti porto al villaggio.- Lea, Alex e Melissa rivolsero al comandante uno sguardo stupefatto. Kelly, invece, celò un sorrisetto malefico.

-Adesso!?- sbottarono Diana e Blaise, all'unisono.

“Non se ne parla neanche!”

-Sì, adesso.- la ragazza inghiottì una replica.

-Mi piace questo, di lei: sa sempre dare un così solerte preavviso...- borbottò, irata. Ma già sapeva che sarebbe stato inutile controbattere. Alzò lo sguardo su Blaise, sorpreso e incazzato, e gli fece cenno di seguirla nella cucina dove già si stava dirigendo. La porta si chiuse di schianto, senza che lei la toccasse, non appena lui fu entrato.

-Dov'è che dovresti andare?- esordì Blaise, saltando tutti i vari convenevoli.

-Al villaggio. Nel nord del Nuovo Messico. Nella riserva indiana.- rispose lei, seccamente. L'idea non le piaceva affatto, e lui se ne accorse.

-Perché?-

-Non ne ho la minima idea! Ho-take-nah è un vecchio citrullo, Torishah un esaltato, non ho la più pallida impressione di che cosa vogliano insegnarmi!- s'infiammò lei. Si pentì quasi all'istante di essersela presa con lui, e l'attimo dopo di aver insultato quei due indiani che, assieme a Chato Parker (l'indiano mezzosangue che era stato il padre di Scott), l'avevano cresciuta.

-Datti una calmata, eh, non è colpa mia.- disse Blaise, pacato, ma con l'aria di chi si prepara a litigare.

-Mi chiedi delle cose che non posso sapere!- sbottò Diana. Lui sospirò, cercando di non mettersi a discutere con una ragazza che, in quel momento, ce l'aveva con il mondo intero.

Perché non voleva lasciarli soli.

Non voleva allontanarsi così tanto da loro, da lui.

Li aveva portati lì, in una terra selvaggia e violenta ferma ad un secolo prima, e non si sarebbe mai perdonata se gli fosse successo qualcosa.

Era una sua responsabilità, tenerli tutti vivi.

Ma non era colpa di Blaise, si rese conto. Se la stava prendendo con l'unico che, anche se l'aveva trattato malissimo, poche decine di minuti prima, le sarebbe sempre stato accanto. Che ora la guardava con uno sguardo duro, seccato, lo stesso che le aveva rivolto tante volte, prima che si mettessero insieme.

-Blaise...- lo chiamò, sentendo l'irritazione scemare. -Scusa.- mormorò, a voce bassa. Anche l'espressione di lui si addolcì. Perché sapeva che quelle scuse non erano solo per lo scoppio d'ira di quel momento, ma soprattutto per come si stava comportando, per come lo stava allontanando, perché, ancora una volta, gli sarebbe stata strappata.

Le sorrise.

-Vedi di non fare danni e di tornare alla svelta. Altrimenti ammazzo Potter mentre mi esercito col fucile.- lei sorrise, e scosse la testa, esasperata. Quell'uomo non sarebbe cambiato mai.

-Blaise...sei un cretino.- lui annuì, convinto.

Dieci minuti dopo, Diana aveva sellato lo stesso stallone che aveva usato il giorno prima e lo aveva portato davanti al ballatoio, dove Hermione e Draco si erano aggiunti al gruppetto. Dalle loro espressioni, intuì che dovevano già essere stati informati. Li prese da parte un istante, e gli disse:
-Fidatevi di loro. Soprattutto di Alex: l'ho tirato praticamente su io, quel biondo. Ma guardatevi da Kelly.- aggiunse.

-Contaci.- rispose Draco, rivolgendo all'americana ventenne uno sguardo diffidente.

-E se abbiamo bisogno di te?- chiese invece Hermione.

-Saprò sentirvi.- rispose semplicemente lei, enigmatica. Montò a cavallo con impressionante scioltezza, e incontrò gli occhi azzurri di Alex. -Te li affido, pivello.- disse solo, ben sapendo che Alex avrebbe capito.

-Vedrò di non farli ammazzare. E, Diana...- un gesto velocissimo della mano, qualcosa di nero che saettava verso Diana. Lei alzò una mano e lo afferrò al volo, sorridendo nel riconoscerlo all'istante.

Un vecchio Stetson nero, un po' consunto, il cordino di pelle e un nastro scuro intorno alla tesa, dove ancora si vedeva un solco, simile ad un pacchetto di sigarette.

-Grazie, pivello.- mormorò Diana, infilandosi il cappello con un gesto naturalissimo, quasi impaziente. E si sentì di nuovo forte, di nuovo invincibile, facendolo. Si sentì, per la prima volta da quando era tornata, a casa.

Sorrise, un sorriso sicuro di sé, il sorriso di chi non ha paura di nulla di quello che le si sarebbe presto presentato davanti.

-Hasta pronto. Y suerte.- salutò, incrociando solo per pochi istanti gli occhi di Blaise.

E in quegli attimi gli disse tutto ciò che provava, senza pronunciare una sola parola.

Lui annuì, rivolgendole uno dei suoi bellissimi, rarissimi sorrisi.

“Non fare danni, Faina.”

“Nemmeno tu, pivella.”

“Ti odio.”

“Lo so.”

 

Villaggio indiano. Notte.

L'hogan era silenzioso, diverse maschere tribali ed inquietanti erano posate a oscuri bauli oppure alle pareti di rami intrecciati. La nuda terra era ricoperta da pelli o tappeti scuri, lavorati con maestria. Là, nell'angolo più lontano, a gambe incrociate, sedeva un uomo. Era anziano, talmente tanto che avrebbe potuto essere più che centenario. Ma la pelle era liscia e morbida, salvo che sul suo viso, e il suo corpo non mostrava i segni inevitabili dell'età. Due occhi neri come la pece brillavano nel buio, innaturali. Il suo viso squadrato si posò su una figura nera appena apparsa sulla soglia, stagliata contro il cielo infuocato di stelle.

-Torke sabanna, Waktojah.- bentornata, Bianc'Aquila.

-Husfas, ije thos minuke Ho-take-nah.- sei una rottura di scatole, Ho-take-nah.

Il vecchio sorrise.

 

 

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My space:

SCUSATEMIIIIIII!!!!! Ma tra la scuola e una crisi d’ispirazione, complice anche una notte completamente insonne, non sono riuscita a completare questo chap (11 pagine) prima di oggi, e mancano anche le scene Draco/Herm e Remus/Tonks, che ci saranno invece nel prossimo. Allora, non ho altro da aggiungere, se non che Diana l’adoro sempre di più, e mi sento tanto nostalgica verso il Texas…voglio tornare a casaaaaaaaaaaaa!!! Uffi…va beh, un bacio dalla vostra mezz’americana…ah, giusto, “L’addestramento” continua anche nel prox chap, ho dovuto dividerlo in due se no veniva una bestia di venti e passa pagine!! Ho pochissimo tempo, rispondo brevissimamente alle recensioni:

pei-chan: ma tu mi hai lasciato un papiro, non una recensione!! Grazie!! Come vedi, le coppie si sono ristabilite, ma ho dovuto di nuovo separare quei due…per far vedere che l’amore è, alla fine, più importante e forte di tutto. Sono contenta che ti piaccia l’ambientazione, io amo il Texas, e che Kelly t’inquieti…mamaaaa la odio quasi quanto Bellatrix! E poi…per quanto riguarda il fatto che conosca tante cose, l’indiano, i nomi delle pistole etc…beh, fanno parte di me da tanto tempo, ormai sono quasi indispensabili, per me. Di cosa avevi bisogno per essere consigliata? ;P e per Silente…niente da aggiungere se non: ALBUS, WE WANT YOU TO RETURN!!!! Sigh sob…

Honey Evans: ecco Harry che si sveglia, gli arcani misteri che si infittiscono…muahahah come sono sadica…ma, sbaglio, o lo spagnolo lo conosci anche tu? E per Kelly…mi sa che invece dell’OPAK fonderete l’OPAKK (Organizzazione Per Avada Kedavrizzare Kelly)..che idiota che sono, lo studio mi da alla testa…

Cherie: vai tra, ti capisco benissimo! Allora, grazie per i complimenti, Diana è tornata a casa (beata lei), e ci sta bene…più o meno…Kelly, oh Kelly, devo farla così carogna per esigenze…però prima che morisse Scott lei era molto più dolce, viva…ora invece è l’ombra di sé stessa, e ricorda che anche Diana ha passato un periodo in cui era così. Lo scontro ci sarà, temo, anche perché Diana raggiungerà il livello di bollitura molto alla svelta…Blaisucciolo pottolo pottolino è troppo duci, ma sia chiaro: è di Diana in primis, POI MIO, e poi del resto del mondo!!!! ;P

Ilaria: Allora calmati, capisco la fonditura (al secolo, la fusione ^.^) dei neuroni, ma cerchiamo di mantenere una certa sanità mentale…contentissima che il chap ti sia piaciuto, ma non ammazzarmi please se no rimani con il dubbio per l’eternità!!!! E Kelly…beh stavolta evito di farti entrare nella fic per ammazzarla, ci penserà un’altra persona…un nome a caso? Comincia con la D e non è il tuo Draco…hihihihihihihi…

D2OTTO: vai tra, l’importante è che il chap ti sia piaciuto…a proposito ho dei problemi con MSN, non è colpa mia se spesso mi disconnetto e si blocca…sigh…

Shuyin: alèèè il primo uomo che recensisce la mia storia!! Che bello!! Sono contenta che ti piaccia, spero che continuerai a seguirla…mi serve proprio un parere maschile! Un beso!!

Mione1194: innanzitutto perdonnez moi perché non riesco più a usare la posta di MSN, ma aspetta un altro chap e avrai la tua scenetta tutta per te…però voglio sapere cos’è quella dannata arma!! Diletta PARLAAAAA!!! HO PAURA!!! PS io amo il Texas proprio perché tentano di ammazzarti un giorno sì e uno anche…sì lo so sono un caso disperato…

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Capitolo 24
*** L'Addestramento ***


-E così, sei arrivata

-E così, sei arrivata.- le disse l'indiano, facendole cenno di sedersi di fronte a lui. Lei obbedì.

-Lo vedi anche tu, vecchio pazzo.- commentò, acida come sempre. -Si può sapere che cosa dovresti insegnarmi?- gli chiese poi, seccata. Ho-take-nah, già esasperato, sospirò.

-Ho sentito il tuo arrivo. Sono stato tuo maestro, ti ho insegnato ad usare i tuoi poteri. Ma un'esplosione di forza come quella che ti ha portata qui non l'avevo mai sentita.- Diana tacque. Sapeva che se Ho-take-nah diceva una cosa del genere, lui, che aveva assistito alle manifestazioni di poteri molto più grandi di lei durante la sua lunga vita di stregone, doveva sentirsene lusingata. -Sei cresciuta molto.-

-Sì.- rispose, laconica.

-Posso domandarti che cosa ti ha fatta maturare?- Diana distolse lo sguardo da lui. Pensò per un istante a tutto quello che aveva passato: perdere Blaise, combattere dentro di sé contro una forza irresistibile, affrontare i suoi demoni e il suo odio, che puntuale si era ripresentato durante la battaglia di Hogwarts. Riuscire ad incanalarlo, a non perdervisi, era stato molto più arduo di quel che credeva. Verso Bellatrix, verso Zephira, verso Voldemort che scatenava un'altra battaglia, tutta quella rabbia, quell'odio, avevano rischiato di sconfiggerla ancora una volta.

Ma era stato diverso. C'era stato qualcosa a darle la forza di combattere nel modo “giusto”, questa volta.

Qualcuno, e lei sapeva benissimo chi. Arakta e Shoenn le avevano fatto chiaramente capire cosa significava per lei.

Blaise.

-Sai cos'ho dentro.- disse solo.

-So che vivi nel grigio.- la corresse. Diana annuì.

-Ho trovato un equilibrio. Non è stato facile.- ricordò l'aspetto di Arakta e di Shoenn, ricordò la bestia malata che le era parsa tanto uguale a sé stessa...quella bestia che aveva ucciso.

-Pochi esseri umani vi riescono, dovresti andarne fiera.-

-Io non sono un'essere umano, Ho-take-nah.- gli ricordò, sarcastica. Ho-take-nah sorrise.

-Per molte cose, ragazza mia, lo sei. Tutti affrontano nella vita un momento in cui devono scegliere, ma pochi sono quelli che riescono a trovare il perfetto equilibrio dentro di sé.- la corresse, paziente.

-E io ce l'ho fatta. Niente applausi, per favore, ma piuttosto dimmi che cosa vuoi da me.- fece lei, che al contrario dell'indiano di pazienza ne aveva ben poca.

-Per tutto ci vuole tempo.- le ricordò.

-Io ho trenta giorni.- replicò lei, improvvisamente cupa.

-Il tempo è relativo, sto cercando di insegnartelo fin da quando eri bambina.- anche la voce dell'indiano si era incupita.

-Ho-take-nah...- mormorò Diana, a bassa voce, cercando di trattenere il nervoso.

Non ce la fece.

-HO LASCIATO I MIEI AMICI AL RANCH PER ESSERE ADDESTRATI, I MANGIAMORTE POTREBBERO AMMAZZARMELI TUTTI MENTRE SONO QUI, QUINDI EVITA DI PARLARE PER ENIGMI E DIMMI COSA CAZZO VUOI CHE IMPARI!!!- esplose. Ho-take-nah non si scompose, ma un sorriso enigmatico increspò per un istante il suo viso antico. Le esplosioni di Diana, per lui, erano pane quotidiano da almeno sedici anni.

-Voglio renderti invincibile.-

Le sue parole fecero breccia in Diana, che si bloccò, a bocca aperta, pronta a continuare a strillare.

-Ok, ti ascolto.- disse, dopo un istante. La prospettiva era troppo allettante per non essere ascoltata, anche se il potere non le interessava: il tono con cui Ho-take-nah aveva parlato era troppo serio e cupo per non svegliare in lei tutti i suoi istinti. L'indiano sorrise ancora, e si accinse a parlare.

-Fino ad ora tu hai sempre usato i tuoi poteri in modo istintivo. Li richiami con le tue emozioni, li nutri con esse e usi il tuo corpo come un condotto attraverso cui passa la magia elementale.-

-Me l'hai insegnato tu.- gli ricordò Diana. Lui annuì.

-Ora però non è più abbastanza. Per venire qui, hai movimentato tutte le forze che possiedi, e sei quasi morta. Questo non deve più succedere.- l'indiano fece una pausa. -Non so bene cosa succederà, ma vedo nel tuo futuro solo sangue e battaglie, Aquila Bianca*. Devi poter usare i tuoi poteri senza rischiare le tue energie, ed è questo che devo insegnarti.- Diana rimase in silenzio. Era sempre stata orgogliosa delle sue capacità, e ora scopriva che non erano abbastanza. Il pensiero la preoccupava non poco. -Se imparerai a sfruttare non le tue energie, ma quelle degli Elementi e dei tuoi nemici, non ci sarà limite a quello che potrai fare. Sconfiggere gli Anoma, se riuscirai a porti come vera Regina di tutto, sarà per te un gioco.-

-Non voglio il potere, Ho-take-nah. Mi avvelena, e risveglia la parte più oscura di me.- commentò Diana, distante con la mente da quel luogo buio.

-Devi imparare a dominarla. Puoi usare i tuoi poteri per fare del bene, e finché lo farai il male dentro di te ti servirà solo come mezzo per riuscire ad uccidere.- le parole del vecchio facevano male, ma erano veritiere. Senza quella bestia nel corpo e nella mente, Diana non sarebbe mai riuscita a spegnere una vita. E questo la ragazza lo sapeva benissimo.

-D'accordo, ho capito. E Torishah cosa c'entra?- chiese, cercando di deviare da quell'argomento penoso. Torishah (che significa “falco nero”) era un uomo sulla quarantina, alto e muscoloso, che in gioventù aveva militato nella Prima Guerra contro Voldemort.

-Torishah è un Elementale.- questo sì che lasciò Diana senza parole.

Sapeva che, esclusa lei, erano solo tre gli Elementali ancora vivi al mondo, ma che erano dormienti, i loro poteri erano ancora sopiti. Ma il fato aveva voluto che fosse Torishah, uno dei predestinati...così vicino a lei...non poteva essere una coincidenza, rifletté. Qualcuno aveva voluto che succedesse. E poteva essere benissimo il vecchio citrullo.

-Da quando?- esalò.

-Da quando l'ho risvegliato.- “Ecco, lo sapevo che da qualche parte c'entrava lui”. La pazienza di Diana era ormai prossima allo zero.

-Perché!? Ho-take-nah, perché hai fatto in modo che si risvegliasse? Perché proprio lui, così vicino, pronto a combattere? Gli Elementali si sono eliminati da soli, nel corso dei secoli, ne sono rimasti tre più me, che oltre ad esserlo sono pure...- s'interruppe. Quella definizione non le piaceva, non le pareva calzante. L'aveva trattenuta sulle labbra appena in tempo.

-...una regina.- sussurrò l'indiano, finendo la frase per lei.

-No. Non sono la regina di niente. Non ho intenzione di esserlo.- sbottò Diana, cupa, distogliendo lo sguardo.

-Devi accettarlo, invece.-

-Io non sono nessuno. Sono solo un mezzo perché gli Elementi, la Luce e il Buio si rivelino.- decretò, dura. Era così che si era sempre vista, era questo che credeva di essere.

-Ogni regnante è il mezzo del proprio popolo per esprimersi. Ma tu sei qualcosa di più grande, Diana. Ed è ora che tu impari ad assumerti la tua responsabilità.- questo, per Diana fu troppo.

-Io mi assumo le mie responsabilità! Non ho fatto altro per tutta la vita!- sbraitò, balzando in piedi.

Pensava a tutto ciò che aveva dovuto sacrificare per la sua causa disperata.

Pensava a Blaise, al fatto che avesse dovuto allontanarlo più di una volta, per non farlo ammazzare a causa sua.

Pensava ai suoi amici, trascinati fin lì proprio da lei, impegnati ad addestrarsi per combattere.

Pensava a Silente, morto.

Pensava ai genitori di Harry, a Cedric Diggory, a Katie Bell e a Ron.

Pensava a suo padre.

Tutti coloro che si erano sacrificati per quella guerra, che avevano perso tutto per il bene superiore.

Lottava per loro. E per chi era vivo. Lottava sempre, si faceva carico di tutto, non esitava mai davanti ad un combattimento.

E ora quel vecchio pazzoide le veniva a dire che non si prendeva le sue responsabilità!?

-Ho sempre fatto tutto quello che dovevo, e anche di più! Non venirmi a dire che sono una irresponsabile!- ringhiò, rabbiosa.

-Non ho detto questo.- fece lui, calmo, senza scomporsi. -Ma devi capire, ragazza mia, che da te dipende la sorte dell'intero mondo.-

-In che senso?- abbaiò lei, irata.

-Sei la Regina degli Elementi, Diana. Se tu morissi per cause non naturali, gli Elementi perderebbero ogni controllo. Quando sei triste, il cielo piange con te. Quando sei arrabbiata, si scatenano le tempeste. Diana, devi imparare ad essere ciò che sei. Ed è per questo che sei qui. Per questo che, da domani, ti scontrerai tutti i giorni con Torishah, sia con la vostra magia, sia con le armi. Perché impari cosa vuol dire avere il peso del mondo sulle tue spalle, e soprattutto perché impari a difendere ciò che ti è stato assegnato.- il tono del vecchio stregone si era fatto duro. Diana se ne accorse, e si affrettò a controllarsi: quel vecchio era un amico, ma un amico che era meglio non far arrabbiare.

-Non ho intenzione di fuggire ciò che devo fare.- disse, dura.

-Lo so bene.- replicò lui, caustico. Diana si voltò per andarsene, infuriata ma stranamente calma. -E, un'altra cosa.- lei si voltò. -Bentornata, bambina.- il tono della voce dell'indiano si era addolcito, e Diana non poté fare a meno di sorridere davanti a quel vecchio scorbutico che le aveva insegnato ad usare la sua magia.

-Sono cresciuta, vecchio matto d'uno stregone. Non sono più una bambina.- disse, con dolcezza, prima di dileguarsi nella notte.

 

Cinque ore prima.

Sabbia negli occhi, sul viso, granelli incandescenti che le facevano lacrimare gli occhi.

Di nuovo.

Era la terza volta che quella dannata messicana le sbatteva per terra. In confronto, Diana era una pivella, oppure non si era mai veramente impegnata, quando la guardava in palestra.

Hermione balzò in piedi con la forza della disperazione, ma Kelly ripartì subito all'attacco. Usava calci e pugni, mosse infide e taglienti da perfetta lottatrice. Si muoveva bene, sinuosa come una pantera, gelida e calcolatrice come solo un'assassina può essere.

-Kelly, dalle tregua!- la ammonì Melissa, irata. Hermione si difendeva come poteva, ma era ben poca cosa rispetto a quella furia. Un lampo, troppo veloce per essere visto, e Herm si ritrovò di nuovo a terra.

-Tsk...più che un allenamento, ci vorrà un miracolo.- commentò Kelly, guardandola rialzarsi. Era tutto il giorno che quella donna li costringeva ad allenarsi nella lotta, tutti quanti, senza eccezioni. Fino a quel momento, Herm si era allenata con Lea, che le aveva insegnato qualche mossa, ma era chiaro che per la lotta la Grifoncina non era portata.

-Senti, tu...- borbottò, mentre si alzava, dolorante. Kelly si voltò, trucidandola con lo sguardo, ma lei non si lasciò intimorire. -Forse non saprò fare a pugni, ma se mi insulti un'altra volta il modo di vendicarmi lo trovo, sta' sicura.- le disse, arrabbiata, gli occhi dorati che lampeggiavano d'ira. D'istinto, Harry, Draco e Ron trasalirono: vederla così arrabbiata, lei, la dolce Hermione secchiona, era tutta una novità.

-Sai che paura, novellina...-

-Tra tre settimane poi ne parliamo.- replicò Hermione, svelta. Vide Lea farle un cenno entusiasta, da dietro la schiena della messicana, e sorrise. Kelly si allontanò, altezzosa.

-Tutto bene?- chiese Melissa, apparsa accanto a lei praticamente dal nulla.

-Un po' scossa, ma sto bene.-

-C'è andata leggera. Se vuoi un consiglio, non sfidarla. È perfida e vendicativa.- le consigliò la giapponese, prima di riprendere il suo allenamento con Ginny. I quattro americani avevano deciso, per la prima settimana d'allenamento, di addestrarli alla lotta a mani nude che, in un luogo in cui un pugno vale come cento parole, era molto utile conoscere. I ragazzi non se la cavavano male, soprattutto Blaise sembrava portato, ma Ginny ed Hermione...beh, la rossa aveva dalla sua un'innata agilità, come Melissa (ed era per questo che la giapponesina aveva insistito per allenarla), mentre Hermione era meno abile in quel genere di cose. A dir la verità, come Lea, era un po' goffa. Lei amava i libri, per Merlino. Non la lotta, non il sangue, non le battaglie. Al massimo, avrebbe potuto fare la stratega.

Alzò lo sguardo su Draco, che le sorrise. Sentì un po' del nervoso svanire, perdendosi nei suoi occhi argentei per qualche istante, prima di essere trascinata via da Lea per una nuova, massacrante seduta d'allenamento.

Quella notte, per la prima volta da mesi, aveva dormito con lei. Hermione. Nemmeno lui si era reso conto di quanto la sua presenza gli fosse mancata, di quanto avesse bramato il rassicurante calore del suo corpo accanto al proprio. Certo, non era stato facile, all'inizio, spiegarle tutto. Hermione si era chiusa in un silenzio totale fino a quando le luci non si erano spente, girata su un fianco, ostinatamente voltata verso la parete.

-Hermione...- aveva tentato lui. Nessuna risposta. -Herm, puoi ascoltarmi?- lei, dopo un istante, aveva annuito. Draco, cogliendo l'occasione, le aveva spiegato tutto: la notte al Maniero, le torture di Voldemort, la lotta di Diana, il compito che gli aveva affidato e le minacce che aveva fatto. Lei, lentamente, ad ogni parola del biondo si era voltata un po' di più, fino a guardarlo negli occhi, spaventata e colpevole del risentimento che provava verso di lui. Quando Draco aveva taciuto, fra loro era calato il silenzio.

-Dicevi sul serio?- aveva chiesto lei, alla fine.

-Quando?- ma Draco già conosceva la risposta.

-Quando hai detto che mi ami.- il biondo aveva respirato a fondo. Quelle due parole che le aveva detto, quelle due parole che nessuno dei due aveva dimenticato, erano state le più difficili che avesse mai detto. Era cresciuto con la convinzione di dover essere superiore a sentimenti futili come l'amore, plasmato da quel folle di suo padre per diventare, in un non lontano futuro, un Mangiamorte spietato e perfetto. Ma, da quando Hermione era entrata nella sua vita, tutte le sue convinzioni erano andate letteralmente a puttane.

-Sì.- aveva risposto, guardandola dritto negli occhi, cercando in tutti i modi di mostrarle la sua sincerità. Hermione, con le lacrime a stento trattenute, aveva sorriso e aveva cercato la sua mano, nell'oscurità, stringendola forte.

Quello che era successo dopo, lo serbavano nel cuore solo loro due.

(ndIlaria: ma nooo lo vogliamo sapere anche noi!!!) (ndBea: A cuccia, donna in crisi ormonale!)

-Sentite...- la voce di Ron, spazientita, li richiamò entrambi al presente. -Cosa diavolo sta succedendo qui!?- sbraitò dunque il rosso, mentre Harry e Ginny, alle sue spalle, osservavano divertiti.

-In che senso, Ron?- chiese Hermione, fingendo di non comprendere. Draco, quasi inconsciamente, si spostò accanto a lei. Ron li stava guardando, sospettoso e arrabbiato, le orecchie pericolosamente rosse. Lea, cogliendo la mala parata, veleggiò alla svelta verso di loro.

-Nel senso...cosa cazzo c'è tra te e quel furetto platinato!?- sbottò lui, guardandola con occhi fiammeggianti.

-Beh, mi sembra logico, Weasley.- commentò Blaise, apparso quasi magicamente accanto a Ginny. Lo sguardo di Harry saettò verso di lui, indispettito.

-A me no!!- esplose lui.

-Ron, io e Draco stiamo insieme.- disse Hermione, molto tranquillamente, sorprendendo tutti quanti per la sicurezza con cui l'aveva detto. Ron rimase di sasso: aprì e chiuse la bocca più di una volta, cercando di parlare, il colorito che aveva raggiunto ormai livello di bollitura, esterrefatto.

-Tu...Malfoy...- esalò.

-Eh già, Weasley. Lei e Malfoy.- commentò Blaise, che, senza nemmeno provare a nasconderlo, se la stava ghignando alla grande. -Vuoi un consiglio? Ricomincia a respirare, perché ti sta per venire un colpo.- gli suggerì, irritante allo stato puro. Ron annuì, incapace di dire altro, e riprese fiato.

-Da quando?- riuscì solo a chiedere, trattenendosi dal mettersi ad urlare. Hermione e Draco si guardarono un istante, divertiti e finalmente sereni.

-Dall'inizio dell'anno.- stavano cercando di farlo letteralmente esplodere. Non c'era altra spiegazione.

-Ma...- Ron annaspò, ormai sull'orlo di una crisi di nervi. -Vi siete sempre...sempre odiati!-

-Hai presente lui e Diana?- Hermione indicò Blaise. -Ecco, più o meno è successa la stessa cosa.-

-Scusa eh, Hermione, ma tu sei più sana di mente di Diana.- intervenne Blaise, sentendosi chiamato in causa.

-Concordo.- commentò Draco, fingendo un'espressione saggia.

-Ma insomma!- Hermione li guardò entrambi, severa e scandalizzata. -E se vi sentisse?-

-Guarda che li sente.- commentò Lea, impegnata a evitare che Ron cadesse in catalessi.

-In che senso!?- sbraitarono entrambi, allarmati, perdendo per un istante la loro solita imperscrutabilità di Serpi. Lea sorrise.

-Lo vedete quel biondino, lì?- indicò Alex, che osservava divertito tutta la scena da almeno un minuto. -Lui può “collegarsi” alla mente di Diana. È un incantesimo che Diana ha posto su di loro un po' di tempo fa, quando ad Alex fu affidata la prima missione in solitario. Ha sempre fatto la chioccia, con lui.- spiegò.

-Non che ne avessi bisogno...- ci tenne a precisare lui. Blaise, per qualche motivo, s'incupì. Se Diana era capace di una magia del genere, avrebbe potuto ripeterla prima di partire. Avrebbe potuto fare in modo che potessero “sentirsi” anche da lontani. Perché non l'aveva fatto? Cosa era successo perché quella stramaledettissima mezz'americana si allontanasse così da lui?

-E quindi adesso cosa sta facendo?- chiese Harry, che per qualche motivo aveva assunto un'espressione simile alla sua e lo guardava male.

-Sta ridendo come una povera deficiente, in mezzo al deserto, sola.- rispose Alex, senza staccare il suo sguardo astioso di dosso da Blaise. Melissa, divertita più che mai, osservò per un istante la situazione: il Serpeverde non avrebbe avuto vita facile, con Alex e Potter contro. E lei, che aveva passato anni a respirare la bastardaggine cronica di Diana, si sarebbe divertita un mondo nel guardarli.

-Piantiamola di ridere e riprendiamo gli allenamenti. Potter, tu contro Zabini.- l'espressione cupa di Blaise si trasformò all'istante in un ghigno malefico. Draco e Lea, gli unici che sapessero cosa rendevano tanto forte l'odio del Serpeverde verso Harry, con un sorrisetto che non prometteva niente di buono, si accinsero ad assistere.

-Con molto piacere.- commentò Zabini a bassa voce.

Harry nascose la preoccupazione mentre Blaise gli si avvicinava. Aveva avuto modo di osservarlo, era veloce, e quando colpiva era letale. E incazzato. Di questo infatti era certo: Zabini ce l'aveva a morte, con lui. Non a torto, commentò la parte più ragionevole di lui, ma la mise in fretta a tacere.

Era così preso dalle sue elucubrazioni mentali, che non vide arrivare il pugno. Sentì solo una fitta al mento, e l'attimo dopo si ritrovò con la schiena a terra.

-Potter, ti facevo più sveglio.- la voce irritante del Serpente lo raggiunse, mentre con un balzo si rialzava.

-Mi hai solo preso di sorpresa. Trucchetti da Serpe.- commentò Harry, caustico.

-Credi davvero che ti diranno anche quando ti attaccheranno, qui?- lo derise Blaise, prima di ripartire all'attacco. Harry non ebbe scampo: riuscì a mandare a segno qualche colpo, ma la furia controllata e letale di Blaise lo mandò una seconda volta con la schiena a terra, un labbro spaccato e la vista annebbiata. Blaise gli fu subito addosso, ma Harry riuscì a metterlo in difficoltà sferrandogli un pugno, colpendo inconsciamente un taglio profondo sul fianco del Serpeverde. Blaise strinse i denti e abbassò la difesa, e fu in quel momento che il Prescelto attaccò: con due uppercut velocissimi, sempre sullo stesso punto, Harry riuscì a ribaltarlo a terra e a bloccarlo.

“Col cazzo che mi faccio battere da Potter! Non riuscirei più a guardarla negli occhi...”

-Chissà poi Diana cosa ci trova, in te...- commentò, ansante, ma trionfante. Perché era questo, al di là di tutto il resto, che Harry non avrebbe mai capito. Cosa avesse spinto la mezz'americana ad innamorarsi di quell'idiota di Serpe.

Fu la rabbia a dare a Blaise la forza di contrattaccare. Con un destro massacrante, si liberò del Prescelto, mandandolo a mangiare l'amara polvere del deserto. Balzarono entrambi in piedi, ansanti, arruffati, ma Blaise approfittò di quel momento per attaccare di nuovo. Harry non capì come fosse successo, ma si ritrovò una mano gelida stretta attorno alla gola e il viso irato e irritante del bel Serpente a pochi centimetri dal proprio.

-Devi ancora capire una cosa, Potter...- sussurrò Blaise, non riuscendo a nascondere un ghigno. -Diana è mia. Mia, comprendi?- godette appieno dell'espressione rabbiosa e disgustata che apparve negli occhi di giada di Harry Potter.

-Ora basta, vi state massacrando.- intervenne Lea in quell'istante, scoccando intanto un'occhiataccia a Melissa. La giapponesina, infatti, accanto ad un Alex palesemente scocciato, stava ghignando alla grande.

 

-Tutto bene?-

-Tutto bene.- Tonks indossò nuovamente il cappello che Lea le aveva dato per proteggersi dal sole, e spronò il suo roano per allontanarsi da Remus, che le si era avvicinato quando aveva dato segni di non sopportare quel sole spietato.

-Tonks, per favore. Abbiamo delle settimane da passare insieme, almeno non farmi la guerra.- sospirò il licantropo, seguendola al galoppo sulla sabbia rovente del deserto. Erano sei ore buone che viaggiavano, ma il paesaggio non era cambiato nemmeno impercettibilmente: una distesa infinita di fine sabbia dorata, inframmezzata da macchie verdi e spinose o da rocce grigie e levigate. Ogni tanto, un coyote si infilava nei meandri fra questi massi, uno scorpione morto fra i denti.

Remus e Tonks avevano litigato ancora, quella notte, per il solito, frustrante motivo: Tonks lo amava, ma lui non poteva ricambiare quel sentimento che sapeva di provare. L'avrebbe solo messa in pericolo.

-Non ho intenzione di farti la guerra, Remus. Ho solo deciso di non rivolgerti la parola.- Remus alzò gli occhi al cielo, così azzurro da far quasi male, a guardarlo. Sarebbero state delle lunghe, lunghissime settimane.

 

Diana imprecò, il sapore del sangue che si mischiava con quello della sabbia. Rotolò su sé stessa, evitò una fiammata eruttata dal cielo, e chiamò a sé l'Acqua. Cercò in tutti i modi di non dare in pasto all'Elemento le proprie energie, annaspò alla ricerca di un modo, ma l'Acqua non volle raggiungerla senza il suo tributo.

La frustrazione crebbe a velocità strabiliante, quando si sentì, per la prima volta, inerme.

-Concentrati! L'acqua ha una forza immensa, chiamala, raccoglila in te.- la voce di Ho-take-nah la raggiunse da lontano, mentre lei, stremata, balzava in piedi.

-Fosse facile!- sbottò, alzando lo sguardo sull'indiano che aveva davanti. Torishah, calmo e tranquillo, gli occhi d'un candore inquietante, le sorrise.

-Nessuno pretende che tu ci riesca subito.- le disse, ma gongolava. Diana non se la prese: sapeva che Torishah provava le stesse emozioni che vivevano in lei, in quel momento. Gli Elementali erano delle bestie combattive ed orgogliose, lo sapeva bene, ed era per questo che nel corso dei secoli si erano eliminati a vicenda fin quasi ad estinguersi.

Andavano avanti così da una settimana, ormai: Torishah la attaccava in continuazione, senza darle tregua, e lei doveva trovare il modo di evocare gli Elementi...senza, però, usare le proprie emozioni, come aveva sempre fatto. Doveva far leva sulle loro essenze, sulla loro forza, e non sull'ira e sulla testardaggine della Regina. Doveva dimenticare, in quei momenti, di poter controllare anche Luce e Buio, perché erano loro che davano vita alle sue emozioni, sia in bene, che in male.

-Devi fonderti con gli Elementi, Aquila Bianca. Devi essere un connubio con loro, non un semplice mezzo di trasporto per la magia. Devi essere la magia.-

-Ho-take-nah, ma che differenza c'è?- sospirò lei, per l'ennesima volta.

-C'è la tua vita, che fa la differenza!- abbaiò lui, rabbiosamente. -Ricorda che sei quasi morta, quando hai portato i tuoi amici qui!- Rammentarle ognuno degli errori che aveva fatto era diventato il passatempo preferito di Ho-take-nah. Continuava a spronarla, durante i combattimenti estenuanti che sosteneva, a gridarle cosa doveva fare e come. Era massacrante. Per di più, Torishah, il caro, vecchio, affidabile Torishah, non era più lo “zio” indulgente che aveva fatto perdere la testa alla madre di Diana, tempo addietro. Diventare un Elementale lo aveva cambiato, lo aveva indurito e gli aveva donato un'arroganza irritante e velenosa che Diana si stupì di riconoscere. Era la stessa che viveva in lei, la stessa che lei amava tanto, e che ora si ritrovava a detestare.

-D'accordo, d'accordo!- esclamò, frustrata. Se c'era una cosa che Diana Black non sopportava, era non riuscire in qualcosa. Scacciò quelle emozioni, scacciò ogni emozione dalla sua mente. O, almeno, ci provò. Ma non era così facile...

Ad ogni momento, i suoi amici le balzavano avanti fra i pensieri.

Pensava a Hermione, a Ginny, a come se la stessero cavando quelle due pigrone in quel duro allenamento. Draco e Harry, poi, non riusciva proprio ad immaginarseli senza vederli litigare. Il pensiero di Ron, del suo amico Ron, era quasi insopportabile per quanto le mancasse. Per non parlare di Blaise.

Si sforzava di tenere chiuso il canale mentale che aveva con Alex. Funzionava solo nel Limbo, per fortuna, e solo se entrambi volevano, ma la tentazione di mettersi in contatto con lui, di sapere come stavano e se c'erano stati problemi, era forte. Ho-take-nah, quando aveva saputo di quella magia, era stato perentorio: nessun contatto. Niente di niente, nemmeno una parola. Doveva isolarsi da tutto e da tutti, per permettere alla sua duplice natura – di Elementale e di Regina – di trovare l'unione.

Si costrinse a sopprimere ognuno dei visi che aveva scolpiti nella mente e nel cuore. Lo faceva per loro, continuava a ripetersi. Per ognuno di loro. Per uno di loro soprattutto.

La sua mente si fece piatta e gelida, come un lago ghiacciato. Nessuna emozione solcava quella lastra di fredda indifferenza.

E là, il Guardiano dell'Acqua.

Una creatura fatta di liquido vorticante, limpido e puro, che la guardava con occhi creati dalla spuma dell'oceano.

Fu un istante, niente di più. L'attimo prima, Diana era al cospetto di quell'essere etereo. L'attimo dopo, lei era quell'essere.

Un'energia del tutto nuova irruppe potente nel suo corpo, forte e incontrastabile come un fiume in piena, come la marea notturna, illuminata dalla tonda luce bianca della luna...

Diana comandò a quell'energia – a quella sua energia – di muoversi contro Torishah.

L'indiano non la vide nemmeno arrivare. L'attimo prima, la fissava con sufficienza attraverso quei suoi inquietanti occhi bianchi. L'attimo dopo, qualcosa di simile ad una tempesta in alto mare si era abbattuta contro di lui, scaraventandolo a cento buoni metri di distanza, senza fiato.

-Ottimo!- Ho-take-nah le si avvicinò, sorridendole per la prima volta da quando quell'allenamento era iniziato. Diana sorrise, soddisfatta: forse, stava cominciando a capire le regole di quel gioco pericoloso.

 

-Scordatelo, Lea.- Ron scosse la testa, convinto. Dietro di lui, con la stessa espressione scocciata, Blaise.

-Ragazzi, non è difficile!- sospirò lei, almeno per la decima volta.

-Odio queste bestiacce. Non chiedermi di salirci.- decretò il rosso, mentre Zabini annuiva vigorosamente. Draco e Harry, divertiti, gli si avvicinarono, entrambi in sella a due bellissimi roani.

-Ragazzi, avete qualche problema?- chiese loro Malfoy, ghignando.

-Assolutamente nessuno. Sono questi cavalli che hanno qualche problema con noi.- rispose Blaise, irato. Infatti, i due cavalli che avrebbero dovuto montare lui e Ron sembravano aver deciso che i due ragazzi non gli stavano per nulla simpatici. Ogni volta che uno dei due, senza molta convinzione, provava a salire, scartavano di lato e li mandavano a gambe all'aria.

-Guarda che sentono la tensione.- gli ricordò Harry, palesemente divertito dalla sua difficoltà. Il Prescelto, al contrario di quanto era successo per la lotta, sembrava molto portato per l'equitazione. Se fosse stato meno impegnato a scambiare sguardi truci con il cavallo a lui assegnato, Blaise avrebbe sicuramente fatto qualche battuta sarcastica.

-Te la do io la tensione...- borbottò.

-Blaise, piantala.-

-Malfoy, fammi un piacere. Taci.- replicò Blaise, e raccogliendo tutto ciò che restava della sua dignità riuscì, come non lo capì nemmeno lui, ad issarsi in groppa. Il cavallo lo guardò molto, molto male, ma non sgroppò, con suo grande sollievo. Ron, invece, continuava a tenere le distanze con il suo cavallo. Non gli piacevano, no, proprio per niente.

-Non è che posso usare, che ne so, qualsiasi altra cosa?- chiese, scrutando la fiera bestia come se stesse guardando uno Schiopodo Sparacoda.

-No.- rispose Lea, respirando a fondo per non scoppiare a ridere. Convincere Blaise e Ron che i cavalli erano l'unico mezzo di trasporto, in quel deserto infinito, era più arduo di quanto potesse sembrare. Detestavano quegli animali, e non c'era verso di fargli cambiare idea. Represse un ghigno, al pensiero di quanto si sarebbe divertita Diana a sfotterli entrambi, se fosse stata presente. Una fitta di nostalgia le fece morire il sorriso: le mancava, la sua amica. Come mancava a tutti, del resto.

Hermione si avvicinò, facendo rallentare il baio che montava con naturalezza. Appena la vide arrivare, Draco si voltò e le sorrise. Harry sospirò: ultimamente, Malfoy non gli era più così antipatico, e la relazione con la sua amica sembrava averlo cambiato molto. Più di una volta, si era ritrovato a parlare con lui quasi civilmente, dimentichi entrambi di quanto, negli anni passati, si fossero detestati. Hermione li osservava, quando parlavano, sorridendo fra sé: fra il biondo e il Prescelto sembrava stesse nascendo una bella amicizia, o, perlomeno, un'amichevole sopportarsi a vicenda. Più o meno come Blaise e Ron.

Kelly, tirando con rabbia le redini del suo cavallo, si fermò a pochi metri da loro. In quelle due settimane e mezzo, si era guadagnata l'antipatia di tutti, nessuno escluso.

-Rientriamo.- ordinò bruscamente, e accennò con un secco movimento della testa al cielo via via più scuro. Che strano, pensò Ginny, mentre smontava di sella. Fino a pochi minuti prima, il cielo era sgombro di nuvole, azzurro carico come aveva imparato a conoscerlo. Ora, invece, nubi nere si ammassavano all'orizzonte, e si avvicinavano con preoccupante – e innaturale – velocità.

-Ma come funziona il tempo, qui?- chiese ad Alex e a Melissa, i più vicini. I due si guardarono, e la rossa distinse chiaramente la preoccupazione, nei loro occhi.

-Beh...sai, Diana qui è l'unica fonte di magia. Il Limbo segue ogni suo cambiamento.- commentò Melissa. Blaise, appena sentito il nome dell'Auror, si voltò verso di loro.

-Il tempo qui è in funzione sua.-

-Tutto qui è in funzione sua.- commentò Kelly, sarcastica, a mezza voce. Blaise lasciò il suo cavallo a Lea, e si allontanò in fretta dal gruppo. Possibile che anche solo sentire il nome della ragazza gli provocasse quell'irritazione e preoccupazione crescenti?

La pioggia cominciò a sferzare il suo viso, ma non ci badò. Non gli interessava, e non gli dava fastidio. Con la sua innata agilità, si arrampicò sul tetto spiovente del ranch. Più di una volta, per sfuggire al sovraffollamento di quel ranch chiassoso e pieno di coppiette, si era inerpicato lassù, assaporando la carezza del vento della notte sulla pelle, sul corpo atletico e muscoloso che si stava modellando sempre di più. Una carezza che gli ricordava quella di una certa moretta dagli occhi di ghiaccio.

E ora pioveva. Forte, violentemente, quasi rabbiosamente. Se veramente Diana era l'inconsapevole artefice di quella tempesta, allora stava soffrendo. E tanto, anche.

“Dove sei, Diana?”

 

-Ci sono riuscita solo una volta, Ho-take-nah! Non mi è più venuto, non mi riesce!- sbottò Diana, scaraventando il cappello a terra, assieme al cinturone a cui stavano appese le sue pistole e la sua navaja*.

-Devi sforzarti.- il vecchio indiano sospirò. Erano in mezzo al deserto, soli: Torishah si era allontanato dopo l'ennesima sconfitta inflitta ad una Diana sanguinante, barcollante, e frustrata.

-Non voglio! Non posso e non voglio rinunciare alle mie emozioni!- il grido di Diana fu coperto dal rombo di un tuono. Nubi nere e minacciose si ammassavano intorno a loro, in un cielo tempestoso che prometteva devastazione.

-Perché?- chiese Ho-take-nah, paziente davanti alla sua furia crescente.

-Perché sono l’unica cosa che mi trattiene!!- replicò rabbiosamente lei, gli occhi lucidi e spalancati nel buio via via più intenso.

-Ti trattiene dal fare cosa? Sfogati, Aquila Bianca. A questo punto, è la cosa migliore.- le disse, pacato e freddo, un’espressione indifferente che fece perdere a Diana quel minimo di controllo che possedeva.

-Mi trattengono dal diventare un’assassina!- esplose finalmente Diana, i pugni stretti, i tuoni che rombavano sopra e intorno a lei, i lampi che saettavano sul deserto, la sabbia che si alzava in mulinelli rabbiosi scossi da un vento crudele. -Sai, Ho-take-nah, qual è stata la mia prima mansione, alla Morris?- gli chiese, la voce irrisoria e venata di sarcasmo.

Ho-take-nah, cupo, scosse la testa in un segno di dissenso.

-Cecchina.- quella parola risuonò nell’improvviso silenzio del cielo come lo schiocco di uno sparo. Gli occhi argentei di Diana, velati da lacrime a stento trattenute, si fissarono in quelli neri del vecchio indiano. -Ero un’assassina professionista. Avevo tredici anni.- mormorò, sentendo la propria voce incrinata.

-Io…-

-Me li ricordo ancora, Ho-take-nah. I primi che uccisi. I primi dieci, i primi venti, poi persi il conto. Ma le loro espressioni non le dimenticherò mai.- lo interruppe. Sembrava che non riuscisse a fermarsi, che dovesse parlare, liberare quei ricordi da dove li aveva sempre serbati. -Tu mi chiedi di rinunciare all’unica cosa che mi ha impedito di diventare una macchina per uccidere. Le mie emozioni, i miei sentimenti, sono stati quel poco che mi ha tenuta in vita. E ora, per questa stupida, stupida guerra, io dovrei rinunciarci? Me ne fotto dell’invincibilità, degli Anoma, di tutto quanto! Non ci riesco e non voglio riuscirci!- la rabbia esplose sulle sue ultime parole, e i fulmini cominciarono a schiantarsi sulla sabbia, aprendo voragini a pochi metri da lei. Nei suoi occhi, insieme a gocce di frustrazione, brillava la luce dei lampi, nella sua voce il rombo dei tuoni.

-Diana…-

-Torishah è più abile di me! Fallo fare a lui, il Predestinato! Fai una delle tue magie da pauau*, trasferiscigli i miei poteri, a me non interessa nulla!- gocce di pioggia cominciarono a sferzare i visi dell’indiano e della ragazza, violente come la rabbia e il dolore che imperversavano nella loro signora. Diana scivolò lentamente sulle ginocchia, piegata dal vento e dal diluvio che lei stessa aveva risvegliato. Non solo la pioggia bagnava il suo viso. -Voglio solo una vita normale, Ho-take-nah…non ne posso più di combattere…voglio tornare a Hogwarts, con il mio ragazzo, con mio cugino e i miei amici! Voglio mio fratello vicino, non voglio dover allontanare tutti perché sono una creatura segnata e destinata a morire in questa dannata guerra!- mormorò, la voce rotta dal pianto. Il vecchio indiano le si avvicinò, le posò una mano su una spalla.

-Tu non morirai.- le sussurrò, sovrastando magicamente il frastuono della tempesta.

-Lo sappiamo tutti e due, Ho-take-nah. Io non uscirò viva da questa guerra, è stato scritto tanto tempo fa. Morirò, e la cosa che mi fa più male sai qual è?- l’indiano scosse la testa. -È che la mia morte costringerà Blaise a soffrire. Di me non me ne importa nulla, lo sai, non me n’è mai importato…ma non è giusto, non è giusto che debba finire così, non per lui…- la sua voce si spense lentamente, così come i suoi occhi. Era lontana, irraggiungibile per chiunque, in quell’istante. -Io non chiedo tanto, vecchio. Vorrei solo potermene andare, andare via con lui, in un posto lontano da questa guerra…non ce la faccio più, sono stanca di combattere…ma non posso smettere, e non lo farò.- la sua voce, remota, si fece più ferma.

-Queste, Diana...- Ho-take-nah le sorrise, ignorando la pioggia sferzante. -Sono parole degne di te. Non potevo aspettarmi di meno, da te.- la costrinse ad alzarsi in piedi. -Sei sempre stata forte. Hai sempre combattuto, anche quando non avevi più nulla. Torishah è più abile nel controllare e sedare le sue emozioni, è vero, ma tu trai la tua forza proprio da esse. Ed è per questo che sei e resterai migliore di lui.- Diana alzò gli occhi sul vecchio, stupita.

-Ma...-

-Quando chiami a te gli Elementi, quando combatti, devi essere fredda e calcolatrice. Solo quando combatti, non sempre. È questo che devi capire: le tue emozioni non possono andare a sfamare gli Elementi, perché sono fin troppo grandi e devasterebbero ogni cosa, te compresa. Hai visto l'energia dell'Acqua, l'hai sperimentata attraverso di te. Immagina cosa succederebbe se si fondesse con la tua.- Diana fece un verso strano, a metà fra uno sbuffo e un singhiozzo, che nemmeno si sentì sotto lo scrosciare della pioggia. -Alimenta la Luce e il Buio, con le tue emozioni. Sono loro che fanno di te la Regina, prima ancora degli Elementi. Ora vieni.- Diana si lasciò condurre via dal deserto, fino alla capanna di Ho-take-nah. -C'è qualcosa che devo insegnarti.-

-Cosa?-

-Una formula che spero tu non debba usare mai. Si chiama Anderhamakenah. Non ha traduzione nella tua lingua.- si sedettero entrambi per terra.

-A cosa serve?-

-A liberare tutto quello che esiste in te.- le parole di Ho-take-nah furono sovrastate da un tuono particolarmente violento. -La tua essenza, la tua linfa vitale. La vita della Regina vale come quella di cento mortali.-

-E a cosa mi servirebbe?- chiese lei, insospettita e preoccupata.

-Lo scoprirai a tempo debito.- rispose l'indiano, e Diana lo conosceva abbastanza per sapere che non le avrebbe mai detto a cosa le sarebbe servito.

 

-Voglio quella.- Ginny indicò una calibro 9 appesa nell'armeria del ranch. Piccola, argentata, adatta alle sue mani affusolate e minute.

-Ottima scelta, Gin.- si complimentò Melissa, staccandola dalla parete metallica e prendendo un paio di caricatori, consegnandole il tutto con un sorriso. Ultimi giorni di allenamento: ormai, dei sei inglesi arrivati un mese prima nel Limbo, ne rimanevano soltanto i nomi. Erano migliorati tutti tantissimo, si erano integrati perfettamente in quel luogo aspro e spietato, e ora li stavano armando dopo una settimana passata ad insegnargli ad usare le armi più disparate. Coltelli, fruste, pistole, fucili, erano diventati pane quotidiano per loro. Ormai l'addestramento era finito, e non c'era motivo di non consegnare ad ognuno di loro un'arma. I quattro ragazzi già avevano scelto: Malfoy e Potter avevano optato per una coppia di Colt 45, Weasley per un fucile Comanche a canna corta e Zabini per un Winchester e una sola pistola, un revolver. Melissa e Lea si erano scambiate uno sguardo complice: anche Diana amava tantissimoquei fucili, specialmente il suo Winchester, che si era previdentemente portata dietro al villaggio indiano.

-E tu, Herm?- chiese Lea. Hermione, pensierosa, indicò un paio di calibro 8.

-Quelle?- Lea annuì, già aveva pensato di darle quelle. Erano diventate amiche, le due ragazze, che, come Ginny e Melissa, avevano tante cose in comune.

-Ehi, biondo...- Blaise attirò l'attenzione di Alex. Erano nel salone, in uno dei rari momenti di riposo che si concedevano. Era sera tarda, ormai, la notte premeva con la sua innaturale oscurità sulle finestre.

-Che vuoi?- rispose Alex, cercando di essere gentile.

-È da ieri che ci penso...come facciamo a sapere quando i Mangiamorte saranno pronti?- Alex rimase un attimo attonito, mentre la realtà della domanda che gli era appena stata posta. I particolari della conversazione avuta con Moore un mese prima gli passarono davanti agli occhi in un istante: i Mangiamorte volevano attaccare Springerville...e appena sarebbero stati pronti, l'avrebbero fatto...gli ci sarebbe voluto un mese...

-Cazzo! Lea, Melissa!- esclamò, balzando in piedi. Le due, seguite a ruota da Hermione e Ginny, lo raggiunsero.

-Cosa c'è?- chiesero, allarmate.

-Dobbiamo andare in città! Alla svelta!-

-Perché?- chiese Ginny, senza capire.

-Perché, se i Mangiamorte ci hanno messo un mese a prepararsi, Springerville sarà la loro prima tappa.- rispose Blaise per Alex.

 

-Malditos! Quindi stanno per attaccare il paese, quei jihos de buena madre!- Juan prese qualcosa da sotto il bancone e lo sbatté sul piano di lavoro.

-E quello da dove l'hai tirato fuori, amigo?- chiese Alex, divertito e preoccupato insieme, fissando il grosso fucile a canna mozza che il barista aveva estratto.

-Un Greener! Non ne vedevo uno da secoli!- esclamò Melissa, ammirata. Greener. Un fucile a pallettoni, a doppio sparo, che dove si abbatteva non cresceva più l'erba.

-Hai avvertito tutti di stare all'erta, Juan?- chiese Lea. Il barista annuì.

-Le donne, i vecchi e i bambini sono rinchiusi in casa, a finestre sbarrate. Gli uomini sono appostati nei punti più caldi: in centro, qui e sul limitare del paese.- rispose lui.

-Bueno.- Lea si voltò verso i sei inglesi, che aspettavano, attenti. Era ora di mettere in pratica tutto ciò che aveva imparato, sia alla Morris che da Diana. Era lei a capo di quella missione, per la prima volta nella sua vita, e non aveva intenzione di fallire. -Blaise, Draco, Harry, voi siete quelli più precisi. Andate nelle case al limite del paese, e appena vedete i Mangiamorte sparate. Uno a ovest, uno a nord e uno a est. Ron, io e te andremo sul lato sud. Alex, prendi Hermione con te e vai in centro. Mel, tu e Gin state a cavallo, pronte ad andare nel punto dove attaccheranno.- i due Auror annuirono, e insieme agli inglesi si allontanarono.

-E per me, Artesia? Non mi dai ordini?- fece la voce irritante di Kelly, appollaiata sul bancone con aria insolente. Lea si voltò e le rivolse un'occhiataccia.

-Fai quello che ti pare.- rispose duramente, prima di raggiungere Ron e allontanarsi alla svelta. Si ritrovò per pochi istanti a contatto con Alex, e non perse tempo per sussurrargli un consiglio: -Fai quello che puoi, ma chiamala. Abbiamo bisogno di lei.- il biondo annuì.

 

-Ah!- Diana si svegliò di soprassalto. Si era coricata da poco, aveva appena preso sonno, quando la prepotente coscienza di Alex Bonn le entrò nella testa.

“Svegliati!” si massaggiò una tempia, perforata da quel pensiero quasi urlato.

“Pivello, che cazzo hai da strillare?” sbottò, rispondendo al messaggio telepatico che le trasmetteva tutta l'ansia del biondino.

“Stanno per attaccare Springerville. Abbiamo bisogno di te, io ho bisogno di te.” quel pensiero fu una secchiata d'acqua gelida, per Diana. Balzò in piedi, e cominciò a vestirsi, prima di radunare le sue armi.

“Arrivo. Fai in modo che nessuno venga ammazzato.” rispose, prima di interrompere ogni contatto con l'amico. Quando fu pronta, afferrò lo Stetson e si catapultò nella capanna di Ho-take-nah, poco distante dalla sua.

-Vecchio!- gridò, appena entrata. L'indiano non dormiva: era seduto a gambe incrociate, e parlava fitto fitto in indiano con Torishah.

-Cosa succede?- chiesero entrambi.

-Stanno per attaccare il paese. Devo andare...- esitò. -Posso? Ho finito il mio addestramento?- i due si guardarono un istante.

-Vai.- disse solo il vecchio. Diana sorrise nel buio, e uscì di corsa, seguita da Torishah. Correndo, senza nemmeno accorgersi della figura silenziosa alle sue spalle, si diresse ad un piccolo corral e ne fece uscire lo stallone nero che aveva eletto come suo. Montò in groppa, a pelo, senza sella e soprattutto senza alcun problema.

-Aquila Bianca.- la chiamò. Lei si voltò, lo Stetson calato sugli occhi.

-Dimmi, Torishah.- disse. C'era qualcosa di diverso, nel suo aspetto, o forse solo nei suoi movimenti.

-Non tenerlo lontano da te. Hai bisogno di lui quanto lui di te. È inutile che tu lo tenga lontano, dato che è comunque nel mirino dei Mangiamorte.- gli occhi di Diana si allargarono di sorpresa.

-Grazie, hermano.- disse solo, con un sorriso.

-Suerte, Waktojah.- la salutò. Un mezzo sorriso della mora Auror, un soffio di vento, e Diana era già scomparsa.

Riapparve in una stalla abbandonata di Springerville. Poteva sentire, sopra di lei, le voci degli uomini appostati, in attesa dei Mangiamorte. Sorrise: Lea aveva fatto un buon lavoro. Controllò che le sue due Colt 44 e il suo Winchester fossero carichi: una volta soltanto, durante l'addestramento alla Morris, si era ritrovata senza munizioni, e non era stata una cosa piacevole. Aveva imparato presto a controllare sempre di esserne fornita.

Intorno a lei, il silenzio vibrava d'attesa. Conosceva quella sensazione, quell'ansia crescente, quella tensione che precedeva una battaglia. Ne aveva affrontate tanti, di quegli scontri sanguinosi. Una parte di lei li amava.

Ma prima...

Diana fece roteare il coltello fra le dita. C’era una cosa, che doveva fare assolutamente, che doveva eliminare, perché una debolezza e una vanità.

Lasciò scivolare la lama argentea sulla propria gola, sulla spalla. Non sarebbe stato difficile, la lama era affilatissima: lei stessa si occupava di tenere il vasto armamentario della casa sempre efficiente, e quella navaja* era il suo gioiello, il suo orgoglio.

Solo un taglio.

Netto, preciso, pulito.

Perché esitava? Dopotutto, non era la prima volta che lo faceva, che si liberava di quella parte di sé che amava tanto ma che, purtroppo, costituiva un punto debole. Eppure, era pur sempre una parte di lei.

ZAC.

Una massa di capelli scuri cadde a terra. Venti centimetri buoni, perduti.

Con un sospiro, sistemò in pochi tagli la sua nuova acconciatura. Detestava i capelli corti, ma era stato necessario. Una volta uscita dal Limbo, se fosse sopravvissuta, li avrebbe fatti ricrescere con la magia.

Se fosse sopravvissuta...

Ma non doveva pensarci. Non doveva. Doveva solo concentrarsi sulla battaglia imminente, escludere tutto il resto, e usare la forza degli Elementi come Ho-take-nah e Torishah le avevano insegnato a fare.

Si appostò, e attese.

 

 

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My Space:

Rieccomi qua!! Una settimana precisa da quando ho aggiornato l'ultima volta, dai, non è male! ;P Innanzitutto, il significato delle parole con l'asterisco:

*Aquila Bianca: nome indiano di Diana, la traduzione in Algonquin è “Waktojah”

*Pauau: uomo della medicina, stregone

*navaja: coltello lungo, molto affilato, dalla lama affilata su entrambi i lati

Spero che il chap vi sia piaciuto, io mi sono divertita in certi punti  e commossa in altri a scriverlo...e ringrazio le 44 persone che hanno messo la mia storia fra i preferiti!!! (me felicissima) Non sapete quanto mi renda fiera di me questo!!

Ecco le risposte alle recensioni:

Mione1194: Dile, aspetta, che nel prossimo chap...hehehe, come sono sadica...hai visto che tenerucci Diana e Blaise lontani? Mama, mi sono venuti i lacrimoni a pensare a quello che devono passare ancora...ma Dile TACI perché tu già lo sai...visto Ron con i cavalli? ;P

Honey Evans: Eccoti accontentata con l'addestramento! Vedo che come me le lingue ti piacciono molto...hehehe...io ne conosco 4, a parte l'italiano: inglese, da quando sono nata, tedesco, da sei anni, spagnolo da autodidatta e indiano (algonquin)...siamo messe bene!! ;P

Lisbeth: no, non è inventato, è una lingua indiana quasi in disuso, l'algonquin. Sono contenta di vederti anche qui! Spero che Harry preso a botte da Blaise ti sia piaciuto ;P!

D2OTTO: eccolo qua, il mio vecchio pazzoide...sai, è un personaggio reale, come la maggior parte degli americani...quindi immagina che voglia di strozzarlo! ;P ti ho messo la Dramione, contenta? ;P

Ilaria: e finalmente la scuola finì e la scrittrice si dedicò alla sua fic!! ;P ehehehe alla fine sono uscita senza nemmeno un debito!! Che bello!!! beh, cmq, ecco Draco ed Hermione che si ritrovano...e tu che intervieni, visto? ;P E comunque non ti preoccupare, non sei l'unica pervertita qui...muahahahahahahaha!!! ti lovvo! (la prossima volta che mi fai l'uscita alla zorro mi schianto letteralmente dal ridere)

Shuyin: eccoti accontentato! È importante che Diana impari, e l'ha fatto, alla fine, perché potrebbe rimanerci secca nell'usare i suoi poteri...però Blaise e Harry non hanno fatto pace ;P Grazie per il suggerimento delle lotte elementale vs elementale, hai dato carattere a Torishah grazie a questo e presto tornerà! Grazie!

Pei_chan: oh uffi, che recensione “minuscola”...spero di averti accontentata, come hai visto harry la prende bene la relazione fra draco e herm, è solo per diana che ha qualche problema...è un sant'uomo il nostro harry dopotutto...gli casca il mondo addosso un giorno sì e uno anche ! ;P per Diana e Blaise...se guardi il titolo del prox chap ti verrà un coccolone perché saranno costretti a lasciarsi di nuovo (colpa di moore non mia!!)...quindi ahinoi...poverini...

sarita46: grazie dei complimenti, ma così arrossisco! ;P sono contenta che ti piaccia la mia storia! Grazie!

Cherie: capellone...pfff HAHAHAHAHAHAHAHAH rido ancora come una beota se ci penso!! Hehe...cmq, sì, ho fatto in modo che tra Alex e Diana il rapporto sia molto stretto, mi servirà più avanti...come dice Lea, Diana ha sempre fatto la chioccia con lui, è un po' come se fosse suo figlio...per la remus/tonks, tornerà anche nel prox chap e lì mi divertirò ai danni del lupacchiotto (remus mi guarda con aria preoccupata)...

Un basottone enorme a tutti coloro che leggono e recensiscono, e uno STRAGRANDISSIMO ai miei recensori! Vi lovvo!




Nuova pagina 1

questo è il cappello che indossa Diana

 

questo il cavallo di Diana ^.^

e questi i suoi nuovi capelli, solo, immaginateli castano scurissimo, sul nero, con riflessi castano chiaro

 

Grazie alla mia tesora iaia_malfoy4ever per avermi insegnato a postare le immagini!! ^.^

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Capitolo 25
*** La Separazione ***


Nota dell’autrice (di nuovo ^

Nota dell’autrice (di nuovo ^.^): allora, dal prossimo chap in poi vi chiedo di tenere pronti forconi, torce, fucili e baionette e via dicendo, perché la situazione precipiterà non poco…tutto ciò che posso dirvi è di avere fede in me e di non abbandonare la fic, perché ho già assicurato un migliaio di volte l’happy ending, per quanto impossibile potrà sembrarvi, e vi prometto che tutto si risolverà per il meglio. Tenete pronti i fazzoletti e, vi scongiuro, non uccidetemi, che già sono abbastanza le persone che mi hanno sulla loro lista nera…

Una piccola noticina mia: avrete certamente notato tutte le volte che Diana e Blaise, e non solo ma soprattutto (dopotutto, sono o no i protagonisti?), hanno dovuto e dovranno separarsi. C’è un motivo dietro questo mio apparente sadismo nel volerli continuamente allontanare: litigano, si beccano, discutono e sono lontani in una terra crudele che sembra volerli dividere in continuazione, ma l’amore è più forte di tutto, non credete? È quello che voglio far trasparire da loro, quanto grande e forte sia il loro sentimento, forse anche più grande di quello che c’era stato fra Diana e Dan. Vi chiedo di tenerlo a mente, perché sarà proprio questo l’anello di congiunzione non, come starete immaginando, fra Luce e Buio, bensì tra Bene e Male (due cose ben diverse da luce e buio), tra Vita e Morte, tra Dolore e Felicità. Quella felicità che ogni persona al mondo cerca, ma che solo dopo molte, troppe avversità può, forse, trovare.

Sapete, sto mettendo anima e corpo in questa fic. È fortemente autobiografica, come si è notato varie volte. Però io il mio Blaise ancora non l’ho trovato…

 

Voglio approfittarne per dedicare l’intera storia, la più lunga che mi sia mai accinta a scrivere, a mia nonna, una donna fantastica a cui ero affezionata tantissimo, che mi ha fatto da seconda madre, sorella, ma prima di tutto amica. Mi ha lasciata lunedì 9 giugno. Mi aggrappo a Diana, a Blaise, a tutti i miei personaggi di cui la buona parte non sono altro che persone reali “intruse” nel mondo di HP, per affrontare questo dolore, quindi perdonatemi, se vi verrà voglia di strozzarmi per tutto quello che succederà, ma la mia tastiera è l’unico mezzo che possiedo per esprimermi, sfogarmi, essere veramente me stessa.

Nonna, mi hai sempre spronata a fare ciò che voglio, mi hai sempre insegnato che non è importante quello che gli altri desiderano da noi, ma solo quello che noi vogliamo da noi stessi. È grazie a te che ho ripreso la penna in mano dopo due anni in cui non volevo più scrivere. Ti voglio bene, anche se sono parole senza senso. Mancherai nel mio cuore come l’aria che si respira. Ti voglio bene, nonna. Tanto.

 

E in questo capitolo torna il diabete per Diana e Blaise…scusatemi, ma con tutto quello che gli farò passare voglio regalare ai miei due personaggi preferiti qualche momento di tenerezza…insomma, poi dopo…oh vabbé taccio…se no che intrigo è? ;P

Ci rivediamo alla Morris, ragazzi. E a fondo pagina.

Un beso.

R

 

 

 

25. La Separazione

 

Una linea scura all'orizzonte altrettanto buio. Una cinquantina buona di cavalieri avanzava al galoppo verso Springerville. Distinse grida, smargiassate, spari rivolti al cielo.

“Porca miseria...proprio di qua dovevano arrivare. Beh, c'era da aspettarselo, col culo che mi ritrovo ultimamente...” pensò Blaise fra sé e sé, sarcastico. Si sdraiò sulla pancia, posò il Winchester sul basso parapetto del tetto dove si trovava, e mise a fuoco attraverso il mirino la massa scura dei Mangiamorte. Il suo occhio si fermò su una figura di donna. Capelli lunghissimi, color ebano, pelle chiara, che cavalcava con un qualcosa di forzato nei movimenti, come se detestasse usare quel vile mezzo di trasporto. Sua madre.

Caricò il fucile prima di rendersene conto.

Un solo sparo.

Non erano così lontani, e il Winchester era preciso. L'avrebbe sicuramente colpita.

Aveva fatto del male a lui, aveva fatto del male a Diana. Era stata una delle maggiori cause della loro separazione. Tutte le sue cellule gli urlavano di farlo...

Un solo colpo...il grilletto che scivolava via facilmente sul suo indice...

No, si disse improvvisamente. No.

Lui non era un assassino.

Spostò bruscamente la mira su un altro Mangiamorte, anonimo, che non gli scatenava quell'orrendo desiderio di vendetta.

-Spara, ragazzo.- gli consigliò uno degli americani che gli facevano compagnia sul tetto, imitando subito le proprie parole. Blaise annuì, e premette il grilletto. Infallibile, il proiettile attraversò con una fiammata l'aere texano e andò a conficcarsi nella fronte dello sfortunato Mangiamorte.

Blaise represse un brivido quando sentì quasi la sua anima lacerarsi. Non poteva permettersi pietà verso di loro. Avrebbe reso il suo compito ancora più arduo.

Eppure, non riuscì a reprimere il pensiero di essere diventato improvvisamente un omicida.

Poi, però, pensò a Diana. Alla sua insospettata dolcezza, ai suoi rari sorrisi sinceri, alla sua allegra follia.

Lei riusciva a scindere le due cose: assassina da una parte, sé stessa dall'altra. Se ci riusciva lei, doveva per forza farcela anche lui. Più che altro per l'orgoglio di volerla guardare ancora negli occhi senza vergogna.

Sospirò, e ricaricò con un gesto che alla svelta aveva fatto suo. Altri Mangiamorte caddero, ma erano troppi perché i colpi dei tre poveracci appostati su quel tetto potessero fare danni considerevoli.

 

La testa di Melissa scattò di lato, come quella di un gatto, i sottili capelli neri che le ricadevano sugli occhi. Li scostò, pensando con una fitta al cuore ad Alex: era un gesto che faceva sempre, il suo adorato biondino.

No, non poteva permettersi sentimentalismi in quel momento. Gliel'aveva insegnato o no, Kelly, che in battaglia non si può perdere tempo con i sentimenti? Era stata sua allieva, e non era così sciocca da dimenticarne gli insegnamenti.

-Ginny, spara a braccia e gambe. Mira ai cavalli.- disse improvvisamente, sentendo la cacofonia di spari provenire dal lato ovest del paese. La battaglia stava per abbattersi su di loro.

-Mel, mi hai insegnato a mirare al cuore. Come mai questo cambiamento?- le chiese Ginny, da sotto il suo cappello a tesa larga, bianco, che contrastava magnificamente con la sua chioma fiammeggiante.

-Per quel che vale, siete degli innocenti. Il lavoro sporco lasciatelo fare a noi.- rispose la giapponesina, preoccupata, mentre con un gesto tanto sicuro da risultare inquietante toglieva la sicura dalle sue pistole.

 

-Lea, sparano.- Ron si alzò in piedi, incurante del pericolo di essere colpito.

-Li ho sentiti. Attaccano il lato di Blaise.- rispose lei. Fece un cenno ai due messicani che erano con loro, che annuirono. Sarebbero rimasti lì, per precauzione. -Andiamo.- disse, mentre si scaraventava giù dalla scala esterna dell'edificio. Ron la seguì a ruota. Quando furono in strada, fecero per salire a cavallo, ma qualcosa fermò Lea, inchiodata lì dov'era.

-E corri, Artesia, ma tanto più veloce di me non lo puoi essere.- una voce arrogante, nessuno che l'avesse pronunciata. Lea si guardò in giro, freneticamente, ma sapeva già che, se non si voleva mostrare, non l'avrebbe trovata. Uno schiocco, e seppe che si era allontanata.

-Chi...?- fece Ron, ma lei lo zittì con un gesto impaziente.

-È qui.- mormorò, gli occhi spalancati dalla preoccupazione e da qualcosa di molto simile al terrore.

 

Draco si buttò letteralmente giù dalla sella del suo cavallo, appena arrivato nel centro del paese.

-Herm!- chiamò. La ragazza gli fece un cenno, e lui si affrettò a raggiungerla al riparo. Con lei, Alex.

-Cosa ci fai qui?- gli chiese lei.

-Arrivano da ovest. Era inutile che rimanessi dov'ero.- rispose lui. D'accordo averle detto di amarla, ma dirle che aveva il terrore di lasciarla sola in quella situazione era un po' troppo, per lui. Era pur sempre un Malfoy, no?

-Abbiamo avuto la stessa idea, a quanto pare.- commentò Harry, apparso in quel momento. Hermione, suo malgrado, si sentì sollevata: non era pronta per quella battaglia. Non si sarebbe tirata indietro, non si sarebbe chiamata Hermione Jane Granger se l'avesse fatto, ma non voleva uccidere. E la presenza di Draco, Harry e anche di Alex, la faceva sentire al sicuro.

Ed eccoli.

Irruppero nella piazza con un fragore assordante di zoccoli e spari, mirando ai vetri delle finestre e ai tetti, da dove figure invisibili mietevano vittime. Una quarantina, forse qualcosa di più, alcuni senza cavallo, in sella ad altri. Assassini. Mangiamorte.

Due figure fulminee esplosero fuori da una viuzza laterale, i cavalli lanciati al galoppo, le armi in pugno. Nello stesso momento, altri due cavalieri emersero dall'altro lato della piazza. Melissa e Ginny aprirono il fuoco, imitati immediatamente da Lea e Ron. Le due Auror miravano a uccidere, i due rossi solo a ferire e disarmare.

Draco, Harry e Alex puntarono le proprie armi, chi i fucili, chi le pistole, e fecero fuoco. Hermione colse un fotogramma dell'immagine di Draco, illuminato dal bagliore degli spari. Il viso teso e concentrato, i capelli biondi e lisci che ricadevano sulla canna del fucile preso in prestito per l'occasione, le dita pallide strette saldamente al grilletto. E, nonostante la situazione disperata, non riuscì a non notare quanto fosse semplicemente bellissimo, anche in quel momento.

La Grifoncina scosse la testa, ed estrasse le sue pistole. Ne posò le canne sulle casse che li riparavano, mirò, e fece fuoco. Una, due, tre volte. Sei colpi in tutto, sei colpi che andarono a rendere inoffensivi altrettanti Mangiamorte.

Draco e Harry si voltarono verso di lei, stupiti da quella letale precisione. Hermione era una continua fonte di sorprese, ultimamente.

 

Blaise ricaricò alla svelta il Winchester e sparò di nuovo. Stava prendendoci gusto, nell'usare quell'arma babbana. Quello che gli sembrava proprio Dolohov cadde, ferito ad una spalla.

“Al diavolo, avevo mirato alla testa.” pensò il Serpeverde, pentendosi un attimo dopo di quel pensiero. Poi, vide tre dei Mangiamorte sgusciare via dalla massa sotto il suo tiro preciso, e dirigersi verso il nascondiglio di Draco, Hermione, Bonn e Potter. Non potevano vederli, erano smontati di sella e nelle loro mani baluginavano lame argentee e silenziose. Erano vicini, troppo vicini ai suoi compagni...e da lì non potevano sentirlo, gli spari coprivano la sua voce.

Imprecando, Blaise si scaraventò verso la scala più vicina.

Non vide il lampo nero che si era frapposto fra i tre e i ragazzi.

 

Una figura nera, velocissima e quasi indistinguibile, si parò davanti ad Hermione e fermò il coltello che saettava verso di lei, incrociandolo con una lunga lama argentata.

Pantaloni neri, aderentissimi alle sue gambe formose, T-shirt attillata dello stesso colore. Sguardo sicuro, arrogante, insolente. Un cinturone in vita con due Colt '44 nelle fondine, un lungo pugnale appeso dietro, a livello della schiena e un fucile Winchester a tracolla. Guanti di pelle nera sulle mani affusolate, a proteggere le sue armi migliori.

Diana sorrise. Il Mangiamorte che aveva davanti era americano, la conosceva, e temeva quel ghigno arrogante e strafottente, sicuro e altezzoso, letale. Il sorriso di un'assassina senza remore.

Un sorriso da squalo.

-Addio.- disse lei con somma noncuranza, prima di estrarre fulmineamente una Colt e sparare un unico colpo, che colpì il Mangiamorte in pieno petto. Lo sparo, stranamente, echeggiò in tutta la piazza, e le attirò addosso gli sguardi di tutti quanti. Un solo pensiero in otto menti diverse.

“Diana!”

Lei si rese conto degli occhi che aveva puntati addosso. Sorrise, e in un istante represse ogni emozione nel suo corpo. Niente poteri, ma freddo calcolo.

E colpì. Velocissima, letale, il coltello estratto con tanta rapidità da essere poco più di un movimento indistinto. Ne uccise quattro prima che chiunque se ne rendesse conto, nulla più di un lampo assassino che calava su di loro, precisa come un rapace, altrettanto spietata.

Un Mangiamorte, stupidamente, si scagliò su Ginny. Harry, veloce, si frappose, la mano destra e armata già pronta a fare fuoco. Abbassò il grilletto, ma...

CRACK.

Diana era comparsa alle spalle del Mangiamorte, e con somma noncuranza gli aveva spezzato il collo.

Ginny trattenne un urlo di orrore. Era necessario. Doveva metterselo in testa, doveva capirlo. Diana era l'unica che potesse farlo, che potesse uccidere. Doveva essere fatto.

Fu un massacro. E lei ne fu l'unica responsabile.

Una ventina circa riuscirono a filarsela. Gli altri rimasero a terra, e non si sarebbero più alzati.

Quando tutto fu finito, quando nessun Mangiamorte fu più vivo in quel luogo, il fulmine si fermò e Diana riprese fiato. La navaja, stretta nel suo pugno, era sporca di sangue, che gocciolava piano sul selciato della strada, colorandolo di rosso denso e viscoso. Intorno a lei, cadaveri.

E silenzio.

Silenzio di morte.

Diana chiuse gli occhi, nascondendo le sue iridi da quella vista oscena. Era stato necessario. Avrebbero ucciso i suoi amici. Aveva dovuto, dovuto farlo.

Ma non ne aveva goduto.

Se ne rese conto, si sentì bizzarramente fiera di sé stessa: ce l'aveva fatta. Aveva dominato sé stessa, i suoi demoni, aveva scisso sé stessa e insieme aveva unito le sue due nature.

Ora era completa.

Rinfoderò con cautela la navaja dietro la schiena. Le Colt fumavano, scariche, nelle loro fondine.

-Lasciateli andare.- disse ai texani che si accingevano ad inseguire i Mangiamorte. -È probabile che abbiano dei rinforzi vicini, sarebbe un suicidio seguirli.- gli uomini le diedero ascolto, e si fermarono.

Allora, e solo allora, si voltò verso i suoi amici.

Non fu sorpresa di trovare in Ginny ed Hermione quello stesso orrore, verso quell'atto crudele che era l'omicidio, che sapeva esistere in lei, ma furono confortanti i loro sorrisi sollevati, i loro occhi lucidi. Melissa e Lea erano visibilmente più serene: addirittura, riuscì a scorgere un mezzo sorriso sulle labbra della solitamente imperturbabile giapponesina.

Ma non stava cercando loro. No, i suoi occhi argentei cercavano i “suoi” uomini. E li trovarono.

Harry e Draco erano vicini ad Hermione. Il moro era turbato, ma l'occhiata che le rivolse accennava il sollievo di rivederla. Il biondo, invece, le rivolse un occhiolino. Alex, poco dietro di loro, le fece un cenno: il suo pivello preferito, ancora una volta, non era minimamente sorpreso di trovarsela davanti. E poi, una voce conosciuta, un giovane uomo che la osservava, pigramente appoggiato ad una parete, il fucile a tracolla e un cappello calato sul viso. Quando si voltò, per un istante Diana provò il fortissimo impulso di saltargli addosso: era troppo bello, troppo divino per i suoi ormoni sopiti che si risvegliarono con un grido di gioia.

-Eccola, il disastro. Che hai fatto ai capelli, Di?- le disse, alzando gli occhi su di lei.

-Cambio di look.- rispose la ragazza.

-Apprezzo.- commentò lui, con un mezzo sorriso che, se fossero stati ancora ad Hogwarts, avrebbe provocato in Diana un improvviso mancamento. E poco ci mancò anche lì, perché Blaise era diventato troppo, troppo...troppo. Non c'era altra definizione possibile.

-Chissà perché, lo immaginavo. Porco.- Blaise scosse la testa, divertito ed esasperato. Non c'era niente da fare: Diana, dopotutto, non sarebbe cambiata mai. Ed era quello che amava di lei.

Era riuscito, miracolosamente, a mantenere i suoi modi da Serpe, quando se l'era ritrovata davanti. Fosse stato per quel folle del suo istinto, le sarebbe saltato addosso, perché la giovane donna che aveva davanti era semplicemente la creatura più bella che avesse mai visto.

Capelli corti, ribelli e scompigliati, pelle più abbronzata e tonica, vestiti che lasciavano ben poco all'immaginazione, Diana si era (chiaramente) rimessa totalmente in forma. Sia esteriormente, con un corpo da urlo, che interiormente, e lo vedeva dalla nuova tranquillità, pacata e sicura, nei suoi occhi. Eppure, anche a fianco di persone come lei, di altri Auror, lei spiccava comunque. Era diversa da Ginny e Melissa, più minute e slanciate, era diversa da Lea e da Hermione, dolcissime ma un po' impacciate nonostante il loro aspetto asciutto. Lei era...beh, lei era Diana. Questo spiegava tutto, alla fine.

-Venite.- disse lei, rivolgendosi agli altri. Li condusse via, lontano da quel luogo di morte, fino al saloon di Juan. Nessuno disse nulla, tutti troppo stupiti dalla sua repentina apparizione da non trovare nulla da dire. Solo quando furono ormai lontani Ron sembrò ritrovare la parola.

-Scusa, ma come hai fatto ad arrivare subito?-

-L'avrà avvertita Alex, no?- commentò Harry. Ron arrossì, imbarazzato.

-Piuttosto, come hai fatto a metterci così poco?- intervenne Hermione, scoccando intanto ai due amici un'occhiataccia penetrante.

-Herm, l'hai detto tu: nel Limbo la mia magia è più forte. Mi sono Materializzata.- le spiegò Diana, tranquilla. Poi si rivolse ai suoi tre Auror. -Andate a dare un'occhiata. Identificateli, voglio i nomi dei morti.- ordinò. I tre annuirono, e si dileguarono. Suo malgrado, Diana si ritenne soddisfatta: era passato quasi un anno da quando se n'era andata, ma i suoi tre amici (sottoposti, in quel momento) non avevano dimenticato cosa voleva dire lealtà.

Si accorse delle facce ancora stupite dei suoi amici inglesi, salvo quella di Blaise, la cui espressione tutt'altro che casta vagava avidamente sul suo corpo.

-Si può sapere cos'avete da guardare?- sbottò, sentendosi a disagio in quella situazione.

-Stanno guardando quello che avrebbero dovuto imparare a fare, e invece non sanno.- disse una voce fredda. Diana si voltò di scatto verso Kelly, come lei, incredibilmente, macchiata del sangue dei Mangiamorte.

-Non era tuo compito addestrarli ad uccidere, ma a combattere.- le ricordò, duramente.

-C'è differenza?- le chiese Kelly, irrisoria.

-Quella che sta fra un'assassina come te e un soldato come me.- i loro sguardi si incrociarono, rabbiosi e furenti. Erano diversi dall'astio e dall'antipatia che correvano fra Blaise e Harry o fra Draco e Ron, non vi era nulla dell'arrogante diffidenza di Alex verso Zabini. Era odio, puro e distillato, dettato dalla rabbia – e dal senso di colpa.

-Sempre modesta, vero, capitano?- ringhiò l'esile messicana, e tutti notarono la sua destra scivolare lentamente verso la fondina.

-No. Conscia dei propri limiti e dei propri demoni, tenente.- replicò Diana, a cui il movimento non era sfuggito. La sua stessa mano sinistra, dato che era mancina, si spostò leggermente verso l'impugnatura della Colt. L'aria si fece più pesante, elettrica quasi, mentre i loro occhi si incatenavano e si fronteggiavano.

Sguardi delle due signore incontrastate di quel luogo, sguardi di due donne che di dolore ne avevano visto abbastanza, che della morte avevano fatto la loro ragione di vita. Sguardi di chi non aveva avuto la forza di rinascere, e di chi era sbocciata due volte. Sguardi carichi di malinconia, sì, dolore e solitudine per entrambe, per quelle due donne che un tempo si erano chiamate amiche, sorelle, e ora erano solo avversarie. Occhi negli occhi, immobili, le persone intorno a loro scomparse. Solo il loro odio brillava nelle iridi d'onice e d'argento.

Kelly non la vide. Fu un colpo tremendo, una sconfitta abissale, sentire quel sibilo bruciante vicino alla mano. Un avvertimento, un monito, che Diana aveva voluto regalarle, che aveva voluto ricordarle: lei era sempre la migliore. Si guardò il dorso della mano: una sottile riga di sangue la solcava. Il proiettile, infallibile come tutti quelli sparati dalle due 44 del capitano Black, l'aveva appena sfiorata.

Diana rinfoderò la Colt fumante. In un attimo, entrambe tornarono consce delle persone che le stavano osservando, dei sei inglesi immobili ed attenti ad ogni loro gesto.

-Questa me la paghi, Black.- sibilò Kelly.

-Non contarci.- replicò Diana, gli occhi stretti che la trapassavano. Kelly si voltò, montò a cavallo e se ne andò con un brusco colpo di talloni nei fianchi del povero cavallo.

La giovanissima Auror sospirò, non riuscendo a nascondere tutta la malinconia legata a quella donna che si stava allontanando.

-Ahia! Kelly, ma ti pare?- Diana protesta mentre si rialza, scaravoltata pochi istanti prima a terra da una mossa parecchio infida della ridente messicana.

-Devi saperli veder arrivare questi colpi, Di.- le dice Kelly, fra le risate. La caduta di Diana è stata parecchio buffa, e anche la risata della biondina Black si unisce alla sua. Non possono avere più di quattordici e diciassette anni. Sono poco più che delle ragazzine spensierate.

Diana si volta verso il ranch, dove due giovani sono beatamente spaparanzati sulle poltrone sul ballatoio e le osservano sghignazzando.

-Dan, vuoi provare tu al posto di Kelly? Chissà che non ti passi la voglia di ridere...- lo invita Diana, con un ghigno che non promette nulla di buono.

-Fratello, hai fatto incazzare la peste. Io starei attento.- consiglia il più adulto dei due, i capelli castani sugli occhi chiari e un sorriso sornione sul viso. Dan sbuffa, divertito, balza oltre il basso cancelletto del ballatoio e si dirige verso Diana.

-Cercherò di non farti troppo male, ok?- le dice, divertito.

Non la vede.

Kelly sorride: Diana ha imparato alla svelta quella mossa, e Dan ora è a terra, senza capire bene come ci è finito.

-Ok.- fa Diana, ridendo trionfante. Dan la fa inciampare e lei gli cade fra le braccia, e finiscono a rotolarsi sulla sabbia, picchiandosi solo per scherzo, rubandosi qualche casto bacio a fior di labbra.

-Che ne dici, sloggiamo? Qua mi sa che si va sulle luci rosse...- fa Kelly rivolta a Scott, al suo Scott, guardando i due che si fermano e, prevedibilmente, cominciano a pomiciare. Scott sorride, la prende per la vita e la trae a sé. Kelly ride, nei suoi occhi nessuna scintilla d'odio o di rabbia, ma solo pura e semplice serenità.

-Solo se prendiamo esempio da loro.- fa lui, con un'occhiata lasciva.

-Scott, sei un idiota totale. Come fa poi Diana a sopportarti da quattordici anni, per me rimarrà un mistero.- lo prende in giro, sfuggendo ai suoi tentativi di baciarla.

-Diana è una donna, e come tale non può resistere al mio fascino.- fa lui.

Kelly balza indietro, esattamente un attimo prima che una bolla d'acqua esploda sopra la testa di Scott, infradiciandolo da capo a piedi. Scoppia a ridere alla vista della sua faccia, sorpresa e scombussolata.

-Parker, ben ti sta.- commenta Diana, artefice di quella piccola magia.

Quanto tempo era passato da quando Kelly era un essere umano. Non l'avrebbe mai ammesso, ma la “vecchia” Kelly, quella donna a cui somigliava in maniera quasi inquietante, le mancava. Era stata quello che lei era stata per Lea, e soprattutto per Alex. Una maestra, un'amica, una sorella. Lei e Scott. Quanto erano stati felici, Diana lo ricordava bene.

Si riscosse dai suoi ricordi, accorgendosi in quel momento che Hermione e Ginny erano entrate al saloon, seguite da Ron, mentre Harry e Draco parlavano e Blaise non perdeva occasione per insinuare qualche commento velenoso rivolto al Prescelto, senza però perderla di vista nemmeno per un istante. Accortosi del suo “risveglio”, si rivolse a lei.

-Stai bene?- le chiese, sinceramente preoccupato. Lei annuì. Blaise le sorrise, sollevato: non gli era piaciuta quella minaccia che Kelly le aveva rivolto. Aveva imparato a conoscere e detestare quella messicana, e sapeva che diceva sul serio.

-Zabini...- lo chiamò Harry, evidentemente contrariato nel vederlo scambiare con sua “sorella” quegli intensi sguardi che parlavano molto più delle parole.

-Che vuoi, Potter?- replicò lui in malo modo, voltandosi. Eppure, fu sicuro di aver visto Diana alzare gli occhi al cielo buio, prima di distogliere lo sguardo da lei. -Pensavo di averti già chiarito la situazione su me e lei, che ne dici?- gli chiese.

-Veramente, non avete chiarito proprio niente.- replicò Harry, più sicuro di sé ora che anche Diana era lì (a impedirgli di strozzarlo)...e, soprattutto, ora che sapeva di non essere l'unico, su quel fronte, conscio di quanto anche Alex Bonn detestasse cordialmente la relazione fra quei due. Coraggioso quanto volete, ma quel Serpente già due volte gli aveva fatto passare cinque brutti minuti, e non ci teneva a ripetere l'esperienza.

-Bene, te lo spiego una volta per tutte...- Blaise non fece in tempo ad aggiungere altro, perché Diana lo interruppe, avvicinandoglisi e premendo le labbra sulle sue.

Rimasero uniti una manciata di attimi, nemmeno mezzo minuto, ma sufficienti perché Blaise perdesse il filo di quello che stava dicendo. Era tanto che non sentiva più la morbidezza delle sue labbra…era tanto, che non baciava più la sua donna…

Diana si staccò, un ghigno malcelato su quelle labbra morbide e la dolcezza nascosta nei suoi occhi. Lui rimase un attimo attonito a guardarla.

-E quello per che cos’era?- le chiese. Lei sorrise, furbetta.

-Così stai zitto.- disse, facendogli venire istantaneamente voglia di strozzarla. Draco, che aveva assistito a tutta la scena, scoppiò a ridere. -Ed ecco che il biondo riparte con le sue sghignazzate…ah, quanto mi sei mancato, Dray.- disse Diana, voltandosi verso il cugino. Harry, di fianco a lui, la osservava, con qualcosa di molto simile all’esasperazione scritta in faccia.

-Dai, Diana, sono…quanto, sei mesi, che mi diverto alle vostre spalle?- le chiese, sorridendo, il biondo, che da Serpe qual’era e quale sarebbe sempre rimasto non perdeva l’occasione per far saltare i nervi a chiunque, in special modo al Prescelto.

-Da Natale. Dalla Vigilia, per essere precisi.- rispose lei, rischiando di far venire un colpo al povero Harry. Il moretto non immaginava, infatti, da quanto andasse avanti la loro storia.

-Che bella Vigilia…- commentò Blaise, fingendo (o forse no) un’aria sognante al ricordo. Diana gli tirò un calcio nello stinco.

-Taci, Faina.- gli intimò, e lui notò un rossore imbarazzato e sospetto salirle sul collo. Merlino, quanto si divertiva a metterla in imbarazzo. Le si avvicinò, i visi a pochi centimetri l’uno dall’altra, gli occhi brillanti di sfida.

-Zittiscimi tu…piccola.- le disse, e ghignò quando Diana divenne ancora una volta paonazza.

-Ancora! Ma tu vuoi morire!- protestò, rifilandogli un paio di pugni sulla spalla, senza forza. Lui la bloccò senza sforzo e la trasse a sé, al suo torace, senza che lei protestasse. Anzi, la sentì ridere.

-Ho solo una domanda…- borbottò Harry, che aveva respirato varie volte per evitare di intervenire. -Ma voi due litigate sempre?- Diana, la testa appoggiata alla spalla di Blaise, gli sorrise.

-Certo.-

-Ovviamente.- rincarò lui. Harry sospirò, rassegnato.

-Dovrò farci l’abitudine, vero?- Diana annuì vigorosamente, in cuor suo sollevata di non dover più tenere nascosta a Harry la sua storia con Blaise. In quel momento, Alex li raggiunse, non senza aver scoccato ai due abbracciati un’occhiataccia che fece ghignare ancora di più la nostra Diana.

-Ne è rimasto uno vivo. Un certo Dolohov.- Blaise e Diana si separarono, riassumendo entrambi un’espressione dura.

-Perfetto. Dov’è?- chiese lei, sistemandosi il cappello.

-Nelle cantine del saloon. L’abbiamo rinchiuso lì, ma Juan vuole che esca alla svelta: dice che gli rovina i liquori, glieli avvelena.- Diana sorrise. Sì, Juan era proprio il tipo da dire una cosa del genere.

-Andiamo. Ho proprio voglia di fare una chiacchierata con un Mangiamorte.- disse, precedendo tutti quanti verso il saloon. Alex sorrise, beffardo.

-Interrogatorio vecchia maniera?- le chiese.

-Ovviamente.- rispose lei, con un ghigno. Blaise scambiò un’occhiata preoccupata con Draco: aveva una brutta impressione, sulla “vecchia maniera” che poteva intendere Diana. Che, in quel momento, disse quattro parole che nessuno dei quattro giovani si aspettava potesse dire. -Ho bisogno di Kelly.-

 

-Allora...vediamo di chiarirci...non è difficile, su, è solo un semplice verbo: parla.- Kelly accompagnò l'ultima parola con una stretta particolarmente dolorosa, per Dolohov, alle tenaglie che stringevano la carne del suo braccio.

Il Mangiamorte strinse i denti, mordendosi la lingua per non gridare di dolore.

-Non saprete nulla da me...sgualdrine.- gli occhi di Diana, fino a quel momento rimasti fissi con indifferenza sulla lama della navaja che stava affilando, si alzarono per un istante quando Kelly quasi gli strappò un pezzo di carne, tanto salda era la stretta delle sue dita sul manico delle tenaglie.

-Io parlerei, se fossi in te.- commentò, tornando ad affilare la lama già letale.

-Perché...puttana?- ansimò Dolohov. Non era messo bene: da quello che Diana era venuta a sapere, era stato Blaise a provocargli il foro di proiettile nella spalla che ancora sanguinava, e le due ore che aveva passato fino a quel momento in balia delle mani sadiche di Kelly non gli avevano certo giovato. -Non sono...un rammollito...come te...Auror.-

-Ne sono convinta.- rispose Diana, tranquilla, rigirandosi il coltello fra le dita con indubbia abilità. Dolohov seguì preoccupato il movimento della lama argentea, rilucente nel buio della cantina del saloon. -Ma è un altro il motivo per cui ti consiglio di parlare. Sai, se non parli con Kelly, dovrai farlo con me.-

-E allora?- Diana si sporse verso di lui, vicina al suo viso, indifferente e altezzosa, un ghigno sulle belle labbra. I suoi occhi tranquilli e sicuri incontrarono quelli folli e iniettati di sangue del Mangiamorte.

-Io sono quella cattiva.-

 

-Povero Dolohov. Mi fa quasi pena.- borbottò Harry, l'orecchio teso per cogliere qualsiasi altro grido provenire dalla “cella”.

-A me no.- replicò Draco asciutto, ricordando che, sotto ordine del Signore Oscuro, Dolohov lo aveva Cruciato troppo a lungo perché lui potesse dimenticare facilmente.

Blaise si voltò di scatto, quando Diana, seguita da Kelly, uscì dalla porticina che portava alle cantine del saloon.

-Ha parlato?- le chiese Alex, precedendolo con una sorta di gioia sadica. Cominciava veramente a scocciare, il biondino accolito di Diana. Veramente, veramente tanto.

-Certo.- rispose Diana, fulminando Blaise con lo sguardo quando vide l'occhiataccia lanciata al suo pivello. Possibile che quel Serpente del suo uomo fosse così incline a litigare con tutti gli uomini a cui era più legata?

Kelly si dileguò, e lei non provò a fermarla. Invece, si sedette accanto a Blaise, al bancone, chiedendo ad un Juan sporco, insanguinato, ma trionfante, un grosso boccale di tequila.

-Cos'ha detto?- le chiese, mentre le versava il liquore. Conscia di quanto tutti tendessero le orecchie per ascoltarla, Diana scosse la testa.

-Che siamo nella merda più totale.-

-Ah, colorito.- commentò Ron. Tutti risero, persino lei abbozzò un sorriso stanco.

-Andiamo al ranch. Abbiamo bisogno di qualche ora di sonno, prima di partire.- a quelle parole, i tre Auror rizzarono la testa e l'udito.

-Partire?- chiese Harry, senza capire. Diana annuì, seria.

-Domattina si parte per Morris-West.-

 

Giunsero al ranch che erano ormai le due passate di notte. Ginny, Harry, Draco, Hermione e Ron andarono a letto quasi subito, esausti e provati da quella notte di preludio alla battaglia, ma Diana volle parlare a quattr'occhi con i suoi tre Auror, prima che andassero a letto. Mentre tutti quanti, sporchi e laceri, si cambiavano e si davano una lavata, Blaise e Diana rimasero soli nel grande salone. Lei si lasciò cadere sul divano, sgangherata come sempre.

-Sono esausta.- declamò, il viso affondato in un cuscino. Blaise, sorridendo in modo davvero malizioso, si chinò su di lei, bloccandola sui cuscini, con le braccia ai due lati del suo corpo.

-Prima di dormire il sonno dei giusti mi devi spiegare una cosa.- le disse. Lei si voltò a guardarlo, maliziosa.

-Cosa?-

-Non che non apprezzi...- premise, affondando lentamente le dita fra i suoi cortissimi, scompigliati capelli scuri. -Ma perché hai tagliato i capelli?- Diana sospirò, ma gli rivolse comunque un tenue sorriso.

-Ti ricordi quanto Tiger, Goyle e Nott mi hanno aggredita?- Blaise trasalì: non avevano mai parlato di quell'episodio. Lui voleva evitarle ricordi dolorosi, lei non voleva rammentare quegli attimi orribili, e su tutto, fra loro, era calato un velo di decoroso silenzio.

-Sì.- rispose solo, guardandola negli occhi alla ricerca della paura che aveva visto in quell'occasione. Una paura che non avrebbe mai dimenticato.

-Ecco...riuscirono a...sopraffarmi...- la parola la fece fremere di disgusto. -Anche per colpa dei capelli. Sono sempre stata molto sensibile, e sentirseli quasi strappare...beh, non è divertente.- spiegò, distogliendo per un istante lo sguardo.

-Capisco...beh, stai bene comunque.- le sorrise, rassicurandola, e  si allontanò da lei, sedendole accanto. Diana si alzò, lui la prese gentilmente per un polso e la trasse a sé, fra le sue braccia, sentendola ridere. Gli si accoccolò sulle gambe, le sue piegate sul divano, le braccia strette al suo collo e il viso posato sulla sua spalla. Sembrava una bambina, in quel momento. Le cinse la vita con le braccia, carezzandole intanto la schiena e posando la guancia contro la sua fronte.

Diana socchiuse gli occhi, sentendo la tensione e la sua maschera di durezza scivolare via.

-Mi sei mancato, Blaise.- sussurrò. Le parole le erano sorte sulle labbra involontarie, prima che lei potesse controllarle.

“Hai bisogno di lui come lui di te...è inutile tenerlo lontano da te.”

Torishah aveva ragione, dopotutto.

-Anche tu.- le rispose, spiazzandola per un istante. Da sé stessa poteva anche aspettarsi, raramente, qualche sdolcinatissima caduta di stile, ma da lui...era quasi impossibile che le dicesse una cosa tenera, un “amore” o un “tesoro” e altre schifezzuole varie. Diana non le sopportava, per fortuna di Blaise che, anche solo al pensiero di usarle, rabbrividiva. Quell'“anche tu” era il massimo che potesse dirle, ed era il massimo che lei potesse accettare. Eppure, una parte di lei fece le fusa al sentirlo parlare così, con quel tono basso, dolce...

Diana! Non mi starai mica diventando romantica, vero!?” ed eccola di nuovo, commentò fra sé Diana. L'antipatica vocetta della sua coscienza, quella che parlava con la voce di Lea, si era risvegliata.

Rimasero in quella posizione a lungo, abbracciati, inspirando il respiro dell'altro, gli occhi chiusi e la mente, dopo settimane, finalmente rasserenata.

Blaise le carezzò il viso, lo sollevò dolcemente carezzandole il mento e portandole gli occhi a livello dei suoi. Baciò delicatamente le sue labbra, delicate e fini, alcune volte, prima di lasciar scivolare una mano sulla sua nuca e inclinarle leggermente il capo, imponendo al bacio un suo dolce ritmo. S'insinuò nella sua bocca, risentendo il vago sapore di caffè che ben conosceva, che da parecchio non gustava più.

Diana si strinse a lui, premendo il proprio addome sul suo, le mani abbandonate da qualche parte fra i suoi capelli, scompigliati da un suo breve gesto, e rispose al bacio con una dolcezza inaspettata per entrambi. “Al diavolo tutto. Blaise, non me ne frega più nulla. Io resto qui con te. Voglio restare qui con te.” pensò.

-E-ehm...-

Oddio la Umbridge! Ah, no, è peggio...” Blaise si separò di scatto da Diana e alzò lo sguardo, riconoscendo l'odiata figura di Alex Bonn, fermo sulla soglia del salone, con l'aria decisamente scocciata. Diana non si mosse.

-Pivello, sai di essere una rottura di palle stratosferica, sì?- gli disse, infastidita, le guance accese di uno strano colorito roseo.

-Veramente ci hai detto tu di venire a rompere.- così dicendo, Alex indicò Lea e Melissa nella sua ombra, entrambe palesemente divertite.

-Sì, ma l'unico con la faccia tosta di interrompere sei tu.- replicò Diana sicura, alzandosi e permettendo anche a Blaise di farlo. Il bel Serpente ignorò ostinatamente le occhiate maliziose e divertite di Lea, ma rivolse un occhiolino di sfuggita al sorriso altezzoso di Melissa. (ndMe/Diana&Alex: AHOOOO!! Blaise, che cazzo fai, circuisci Melissa!?!?!? è_é)

-E tu appartati.-

-E tu fottiti.- Alex alzò gli occhi al cielo, ricacciando indietro una risata. Quella scenetta si era ripetuta tante di quelle volte, in modi e parole diverse, che ormai entrambi quasi la aspettavano. Diana sapeva bene che non era geloso, non nel senso preciso del termine...più come un fratello, o uno zio sclerotico. Solo ed esclusivamente in quelle occasioni, i loro ruoli si invertivano: Alex diventava padre, e Diana figlia.

Ma, in pochi attimi, Diana riassunse la sua solita imperscrutabilità.

 -Sedetevi.- disse, con il suo solito tono metallico. Alex fu lieto di sentirla così: non era la sua Diana, la Diana che conosceva, quella che si era appena profusa in coccole e tenerezze con l'inglese, ma una ragazza diversa che non aveva mai avuto l'occasione di conoscere. In effetti, meditò mentre si sedeva su una delle quattro poltrone, solo due persone potevano dire di averla conosciuta in tutti i suoi molteplici ruoli, e quei due (per quanto avesse preferito il primo al secondo) erano Dan e Zabini. -Dov'è Kelly?-

-Qui.- rispose l'inquietante voce di Kelly, emersa dall'ombra con non più di un fruscio sinistro. Blaise ebbe la strana sensazione che avesse visto tutto quanto da quando lui e Diana erano rimasti soli. Non seppe perché, ma la cosa gli procurò una fitta di preoccupazione.

-Bueno.- commentò Diana, con l'aria di chi preferirebbe trovarsi ancora fra le braccia del proprio uomo. -Allora, Dolohov ci ha riferito certe cose molto interessanti. E, Alex, non fare quella faccia: Blaise rimane.- il biondino fece una smorfia, Blaise ghignò trionfante.

-I Mangiamorte, come aveva previsto Moore, vorranno inseguirci. La Morris per loro è Irrintracciabile, quindi devono per forza seguirci per trovarla...e distruggerla.- in un istante, le voci di Kelly e di Diana si erano praticamente fuse in una soltanto, identiche, quasi appartenessero ad una sola Auror.

-Hanno un centinaio di Mangiamorte dalla loro, e saranno tutti alle nostre calcagna. Non fate quelle smorfie, abbiamo affrontato cose peggiori. Per questo ci divideremo in due squadre, una che partirà per prima e che attirerà su di sé il grosso dei Mangiamorte, e la seconda che invece raggiungerà alla svelta la Morris. Nella prima ci sarò io a guidare la squadra, nella seconda Kelly.- Diana guardò Lea dritto negli occhi, mentre parlava, e la vide annuire impercettibilmente: benché nessuna delle due si fidasse di Kelly, l'avevano vista combattere e uccidere i Mangiamorte, sapevano che era comunque la migliore Auror della Morris...dopo Diana, ovviamente. Ed era per questo che Diana si accollava i rischi maggiori, in quella missione.

-La squadra di Diana seguirà un percorso più lungo e conosciuto, dove la maggior parte dei Mangiamorte sarà appostato. Se li tirerà dietro fino alla Morris, dove la squadra capitanata da me sarà nel frattempo già giunta per vie traverse, e dove avremo avuto modo di preparare un'adeguata accoglienza per i Mangiamorte.- continuò Kelly. Diana, per quanto fosse inquietata dall'imminente annuncio che doveva dare, notò una scintilla strana nei suoi occhi color onice, che non seppe identificare. Strano, per lei, che degli occhi conosceva ogni segreto.

-E di ammazzare quelli che, sicuramente, saranno appostati anche sui percorsi meno conosciuti.- terminò, continuando a guardarla di traverso, senza capire.

-Semplice.- commentò Alex, caustico. L'idea delle due squadre doveva essere stata sicuramente di Kelly...logico: era una che si divertiva nel dividere le persone, nel vederle soffrire per solitudine, proprio come lei.

-Le squadre come sono divise?- chiese Melissa. Diana sospirò, ed evitò lo sguardo di Blaise. L'ex Mangiamorte (ndA: fa tanto bel tenebroso ;P), a quel rapido abbassarsi di occhi, s'insospettì.

-Tu sarai con me. Lea e Alex con Kelly.- disse lei, con voce atona.

-I due Weasley, Potter e la Granger con Diana.-

-Gli altri con Kelly.- Blaise chiuse gli occhi per un istante, assorbendo il colpo e respirando a fondo, per non esplodere. Di nuovo. Ancora una volta, si separava da lui. “Dannazione!”

Alex colse il disagio del suo capitano. Si alzò di scatto, prese Melissa per un braccio e la condusse via a forza, seguito a ruota da Lea, mentre Kelly svaniva nell'ombra così com'era arrivata.

-Blaise...- cominciò Diana, a voce molto bassa.

-Dimmi solo una cosa.- fece lui, il tono duro, arrabbiato. -Perché.-

-Ho i miei motivi.- rispose piano lei, senza guardarlo. Blaise balzò in piedi, furibondo.

-E sono così poco intelligente da non poterli sapere?- le disse, sarcastico, più cattivo di quel che avrebbe voluto.

-Non è per questo.- Diana non l'avrebbe ammessa mai, la ragione per cui aveva deciso di dividerli a quel modo. Era troppo orgogliosa, troppo fragile per dover spiegare quei dolorosi motivi.

-E allora per cosa? Sembra che tu ti diverta, ad andartene in continuazione...mi stupisce soltanto che tu non abbia preso quel dannato biondo, con te.- gli occhi d'argento di Diana saettarono su di lui, sorpresi e feriti insieme. Gli fece male, vedere quell'espressione in lei.

-Quel dannato biondo ha un nome, ed è Alex.- disse, piano, ma il suo autocontrollo stava lentamente svanendo.

-Con cui sei parecchio in confidenza...- insinuò lui, velenoso e irrazionale. Diana balzò in piedi, furibonda.

-Sei geloso, Blaise? Dillo, no? Se ti da fastidio non posso farci niente, Alex è il mio pivello, e se non ti sta bene puoi anche andare tranquillamente a farti fottere perché la cosa non cambierà!- sbottò.

-Ah, beh, tu lo verresti certo a sapere in ritardo...dato che te ne vai in continuazione...- borbottò lui, fingendosi rammaricato. Diana divenne paonazza, tanto da far concorrenza a Ron quando aveva saputo di Draco e di Hermione.

-Ci sono dei motivi validi, perché lo faccio.-

-Che tieni gelosamente per te...e probabilmente anche per Bonn, dato che avete quell'interessantissimo collegamento mentale...- Blaise stava pronunciando tutte le parole più amare, rancorose e cattive che aveva pensato negli ultimi tempi. Ma, appena le ebbe dette, desiderò rimangiarsele: i pugni di Diana si strinsero pericolosamente, le braccia aderenti ai suoi fianchi, il viso basso e gli occhi lucidi di rabbia.

-Primo: lascia in pace Alex. Secondo: se non ti dico le ragioni per cui faccio delle scelte, forse è perché non servirebbe a nulla farle, se te lo dicessi. Terzo: se sei così idiota da non vedere almeno il più chiaro di questi motivi, allora questa discussione è finita.- lo superò, decisa ad andarsene, ma quasi subito sentì la sua stretta, inaspettatamente dolorosa, sul braccio, che la costrinse a fermarsi e voltarsi.

-Questa discussione non è finita finché non lo dico io.- Diana aveva ragione. Era un dannatissimo idiota, non sapeva nemmeno chi stava parlando in quel momento, perché di sicuro non era lui.

-Oh, perché, credi davvero di potermi fermare, se me ne voglio andare?- Diana si liberò con uno strattone. Si diresse verso la loro camera, seguita a ruota da lui, entrò sbattendo la porta e altrettanto sbattendo la richiuse dopo che lui fu entrato, senza toccarla. Blaise le si avvicinò di nuovo, costringendola ad arretrare fin quasi contro al muro. Era arrabbiato, e Diana sapeva benissimo che aveva ragione.

-Cosa cazzo ti è venuto, Diana? Non ti riconosco più. Non sei più tu.- quelle parole la ferirono più di quanto diede a vedere.

-Sono cambiata.-

-Sai, si è visto!- sbottò lui, rabbioso. -Ti chiedo solo perché ti comporti così. Prima è tutto ok, è tutto come prima, e l'attimo dopo “ci dividiamo in due squadre” e te ne vai di nuovo!- Diana non rispose. Non riuscì a trovare le parole per farlo, perché sapeva che Blaise era nel giusto. Invece, si diresse in bagno, e vi si rinchiuse, ordinando alla porta di non aprirsi per lui. Quando uscì, venti minuti più tardi, i capelli umidi e gli occhi arrossati dal docciaschiuma, gli augurò un freddo “buonanotte” e si appallottolò sul letto, come faceva sempre quando stava male.

Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace...Blaise, cerca di capirmi. Se tu fossi con me in questo viaggio...sarebbe troppo pericoloso. Non voglio perderti, lo capisci?” pensò, quando lo sentì coricarsi accanto a lei, dandole la schiena come lei stava facendo con lui. E, non per la prima volta in quelle settimane, maledisse fra sé il Limbo, quella guerra, e soprattutto Voldemort. Tante, tante volte, finché non si assopì.

 

-Voglio venire con te.-

-Ron, no.- sospirò Lea, affranta. Erano dieci minuti buoni che cercava di convincere Ron che non sarebbe stato con lei, in quel viaggio. Il rosso scuoteva la testa con convinzione, decisissimo a non lasciarla andare senza di lui.

-Lea, voglio venire con te.- ripeté, in un tono che non ammetteva repliche.

-Senti, se Diana ha deciso così, c’è un motivo. Dobbiamo fidarci di lei…se non possiamo fidarci di lei non possiamo fidarci di nessuno, qui.- mormorò lei. Sì. Diana era l'unica che potesse tirarli fuori di lì tutti sani e salvi, e, anche se non comprendeva fino in fondo i motivi che anche Blaise, al piano di sopra, sembrava voler conoscere, si fidava di lei. Era la sua migliore amica, e soprattutto era la migliore Auror in circolazione.

-So che Diana ha ragione, ma io voglio proteggerti! Ci tengo a te!- Lea fu strappata bruscamente dai suoi pensieri da quelle ultime quattro parole. Si sentì arrossire violentemente, mentre anche Ron, resosi conto di quello che aveva detto, diventò di un color rapanello acceso.

-Anche io ci tengo a te, Ron. Tanto.- mormorò lei, a occhi bassi. Ron sospirò, quasi con sollievo. “A questo punto, buttiamoci.” pensò.

-Ti amo, Lea.- Lea sobbalzò e alzò lo sguardo su di lui, allibita.

-C-cosa!?- balbettò, incapace sul momento di comprendere cosa il rosso le avesse appena detto.

-Ho detto che ti amo. E che non posso pensare di saperti lontana e in pericolo.- rispose lui, trovando in qualche angolo sconosciuto della sua mente la faccia tosta e il coraggio di pronunciare quelle parole.

-Ron…-

-No, ascoltami.- le si avvicinò, rischiando di mandarla in fibrillazione quando le carezzò il viso con entrambe le mani e si abbassò per guardarla negli occhi, con quei due sprazzi di cielo estivo, sinceri, che provocavano in lei il rossore istantaneo, quando si fissavano nei suoi. -Devi arrivare a quella scuola. Capito? Devi arrivarci prima di me, perché non posso passare nemmeno un minuto ad aspettarti con l’angoscia addosso.- le disse, sempre attingendo a quella sconosciuta fonte di forza e sicurezza. Si rese improvvisamente conto che poteva averne accesso solo quando era con lei...forse era proprio lei.

-Ron…-

-Lea. Io…- Lea gli posò una manina sulle labbra, e gli sorrise.

-Ron, stai zitto.- Ron le prese il polso e abbassò la sua mano, prima di baciarla. Lentamente, molto lentamente, Lea si strinse a lui, facendogli scivolare le braccia attorno al collo. E qualcosa in quel gesto, oppure nel loro bacio, suggerì a Ron il permesso di andare avanti.

-Sei sicura?- le chiese, quando sentì la sua carezza spostarsi sui suoi fianchi ben delineati, timida e un po' impacciata.

-Sì.- rispose lei ad occhi chiusi. Aveva lo stomaco serrato per la paura, ma si sentiva stranamente calma, fra le braccia di Ron. Intuiva che sarebbe andato tutto bene. Ron le sorrise, un bellissimo, tenero sorriso, e le carezzò la schiena, tornando a baciarla con una nuova passione.

Lea si lasciò posare sul letto, immersa fra le lenzuola candide, con la cupa consapevolezza che quella poteva essere la prima e ultima volta che poteva amarlo.

 

-Allora è per questo che avete litigato!- Ginny balzò in piedi, furibonda, allontanandosi di scatto da Harry, imbarazzato e dispiaciuto. Non riusciva a credere che il Prescelto potesse essere stato così idiota...le aveva appena rivelato i motivi insulsi e futili che avevano fatto litigare i due fratellastri.

-Beh...sì.- mormorò lui, a disagio.

 -Harry sei un cretino! Diana ci è stata malissimo per mesi...a causa tua!?!?- ormai Ginny aveva perso ogni somiglianza con la spensierata e vivace ragazzina che era di solito, per diventare, in maniera molto inquietante, simile a sua madre nei suoi momenti d'ira funesta.

 -Non è solo colpa mia...si erano lasciati...-

-E tu l'hai allontanata e trattata come una merda solo perché si è innamorata!? Ma che sei, scemo!?- lo aggredì la rossa. Harry rimase zitto, a testa china, penitente.

-Ginny, Zabini è...-

-Mio amico da almeno tre anni!- sbottò lei. Harry alzò di scatto la testa, allibito.

-Cosa!?- il mondo stava girando al contrario, per il povero Bambino Sopravvissuto A Tutto Fuorché all'Adolescenza. Prima Diana con Zabini...e ok, ci si era rassegnato. Poi Draco ed Hermione...e anche lì, poco da obiettare. Ma Ginny!?

-Harry, l'unico che continua con questa assurda guerra sei tu! Diana e Hermione sono innamorate, conosco bene Draco e Blaise e so che non potranno mai fargli niente di male! Tu sei un idiota, Harry!- sbottò Ginny, irata.

-Ma insomma! Come cazzo faccio a sapere queste cose se nessuno me le dice!?- esplose lui, esasperato. Ginny finse di pensarci su, sarcastica.

-Mmm...vediamo...facciamo un esempio, và. Diana è stata una sottospecie di Mangiamorte fino a Natale...l'abbiamo lasciata a Hogwarts sola con Blaise...e, guarda caso, quando torniamo è la felicità fatta persona! Tutte le loro liti, i loro battibecchi, la festa...non credi che se fossi stato meno restio a crederci te ne saresti accorto molto tempo fa?- a ogni parola della sua ragazza, Harry sprofondava un po' di più nel letto. Aveva ragione...che emerito cretino, era stato. -E poi si sono lasciati...Blaise ha addirittura accettato di fare il Mangiamorte, per salvarla, visto che Voldemort la vuole morta e ha cercato di insinuare dentro di lei il Male!- a quelle parole, il Prescelto ebbe un sussulto. Ecco, ora tornava ogni cosa. L'aveva attaccato per quello, il giorno del suo compleanno...ma certo, aveva gli occhi rossi, rammentò. Avrebbe dovuto rendersene conto... -Diana ti è affezionatissima, Harry. Me l'ha detto lei, e si vede. Sei pur sempre il suo fratellastro, ma non ha potuto nemmeno dividere con te il dolore per la morte di Sirius, suo padre! Si è sempre tenuta tutto dentro, e tu non l'hai capito.-

-Gin...lo so.- mormorò lui, zittendola. -Mi credi se ti dico che so di essere stato un idiota?-

-Almeno ci sei arrivato.- sbottò lei, prima di spegnere la luce e mettersi a dormire senza più un fiato. Se c'era una cosa che Ginny Weasley non sopportava, era chi si comportava come Harry aveva fatto con Diana. Gli amici, per la rossa, erano sempre stato tutto.

(ndA: povero Harry...prima Blaise che lo vuol strozzare, poi Diana e Draco che lo irritano, e poi Gin...povero il nostro Presceltino sfigatino...)

 

-Alex, piantala di origliare! Sembri un marito geloso!- sbottò Melissa al suo compagno, mezza irritata mezza divertita, che in quel momento aveva l'orecchio premuto contro la porta e l'espressione alquanto preoccupata. Era una delle tante cose meravigliose di quella ragazza: non era gelosa del sentimento vero e spontaneo che correva fra Diana e il suo uomo.

-Voglio sapere cosa sta succedendo.- Alex non l'avrebbe ammesso mai, nemmeno con sé stesso, ma si trovava d'accordo con Blaise. Non capiva – o, almeno, non si sforzava più di tanto – i motivi di Diana per cui volesse dividersi da lui. Pochi minuti prima, quando li aveva trovati abbracciati, assieme ad una fitta di fraterna gelosia aveva provato un inaspettato senso di tenerezza. Erano così belli, insieme, stavano bene. E aveva visto la dolcezza con cui si guardavano, quando l'altro non se ne accorgeva. Non era così stupido da accorgersi che Diana, finalmente, si era innamorata di nuovo,  e che era ricambiata ampiamente.

-Bene...cosa sta succedendo?- Alex sorrise, sentendo cedere Melissa alla curiosità.

-Lui vuole sapere perché gli sta così lontano.-

-Beh, è chiaro.- commentò lei, filosofica.

-Ah sì?- fece lui, stupito.

-Non ci sei arrivato?- Alex scosse la testa, Melissa sorrise.

-Lo ama. Il Mangiamorte che hanno interrogato le ha detto che la vogliono morta più di Potter: è pur sempre l'unica fonte di magia qui, l'unica che può creare seri guai. Per questo vuole evitare di averlo vicino in questo viaggio.- Alex tacque un istante: Diana, che sempre metteva avanti a sé la salute degli altri...avrebbe finito col farsi ammazzare al posto di qualcuno. Provò una fitta di senso di colpa, quando sperò che quel “qualcuno” avrebbe potuto essere Melissa.

-Mel, ho paura.- borbottò, dopo un po'.

-Non sei l'unico. È normale avere paura della morte.- rispose lei, la voce addolcita, avvicinandoglisi.

-Non della mia. Insomma, se si muore è finita, ciao ciao e domani niente scuola. Ho paura per te.- replicò lui, cingendole i fianchi asciutti con le braccia, posando il viso fra i suoi capelli corvini.

 -Io sarò con Diana. Starò bene.- sussurrò lei di rimando, il volto appoggiato alla sua spalla. Non poteva credere che fosse proprio lui l'uomo che amasse...l'uomo che Diana le aveva presentato con un ghigno malefico sul volto, con cui la costringeva ad andare in missione, nonostante lei non sopportasse l'allegria e l'apparente superficialità di quel biondino, così diversa dalla sua freddezza e dalla sua distanza...Doveva tutto a Diana, rifletté. La propria vita, la vita di Alex, la loro vita.

-Ne dubito.- mormorò lui ironico, facendola sorridere. Lo guardò, si alzò in punta di piedi e unì le labbra sottili alle sue, piene, carnose, che riuscivano a farle battere il cuore come non credeva potesse succedere.

-Alex, fa' il bravo. Non picchiarti con Zabini, e non farti cagnare da Kelly, ok?- gli sussurrò, piano, nel buio.

-Accidenti, e io che ci speravo...- Mel scoppiò a ridere.

-Alex, sei un idiota.-

-Mi ami per questo.-

-Anche.-

 

-Ci divideremo.-

-Così pare.-

Draco ed Hermione erano abbracciati, sul loro letto, le urla dei due amici che rimbombavano attraverso le pareti di legno.

-Draco, voglio andarmene.- Draco affondò ancor di più il viso fra i suoi capelli crespi. “Non sei l'unica, Mione”.

-E dove vuoi andare?- Hermione, da petulante Grifoncina qual'era, sospirò, con la sua saccente aria di chi spiega l'ovvio.

-Draco, io non sono pronta per questo viaggio. Non voglio sparare, combattere, uccidere...-

 -E non lo devi fare.- Draco alzò improvvisamente gli occhi su di lei, guardandola con una tale intensità da costringerla quasi ad abbassare lo sguardo. -Non devi uccidere. Difenditi e basta, spara per ferire. Non rischiare di lacerare la tua anima, è troppo...- s'interruppe.

-Troppo?- Hermione non capì cosa lui volesse dirle.

-Troppo pura. Troppo pura, per rischiare di essere lacerata.- rispose semplicemente lui. La sentì nascondersi sul suo torace, cercandolo.

Diana, se me la fai ammazzare ti giuro che ti taglio la testa”, pensò. Irrazionale: Diana non avrebbe fatto ammazzare una sua amica. Piuttosto, si sarebbe messa in mezzo. Per qualche motivo, il pensiero non lo rallegrò minimamente.

-Hermione...-

-Sì?-

-Ti ricordi quando mi hai tirato un pugno?- Hermione rise. Una risata cristallina, di una ragazza spaventata nel buio della notte. Quel suono riscaldò il freddo cuore del Serpeverde.

-Ti ho rotto il naso.- gli rammentò. -E tu ricordi quando mi hai fatto crescere i denti, al quarto?- anche Draco rise, rassicurandola.

-Se avessi immaginato che saresti stata mia...- mormorò, sprezzante come suo solito.

-Il bello del futuro è che non se ne ha coscienza. Arriva e basta, spesso in modo totalmente diverso da come l'avevamo immaginato.- commentò lei, saggiamente.

-E questa perla da dove arriva, Herm?- la canzonò, facendole il solletico.

-Ahi! Dai, piantala!- protestò lei a bassa voce, cercando di sfuggire alla sua salda presa, senza successo. Draco la trasse a sé: il suo corpo morbido era leggero, per lui, e non faticò a trarla sopra di sé, guardando i suoi occhioni dorati rilucere nel buio della notte.

-Ti senti forte, eh, Granger?- le disse, quando lei diede segno di gradire quella posizione.

-Ovviamente, Malferret.- Hermione rise quando Draco la trasse a sé, baciandola.

Due giovani che ridevano e si amavano nella notte, prima della partenza per un viaggio ignoto. Eccco quello che erano, quello che erano diventati. Il Principe delle Serpi e la Regina dei Grifoni. Uniti da qualcosa di più forte dei pregiudizi, del sangue puro, dei colori delle loro amate casate. Di molto, molto più forte.

 

Squallido. Era l'unico aggettivo che Remus potesse trovare per quell'alberghetto sgangherato in cui si erano fermati, al limitare del confine fra Nuovo Messico e Colorado. L'indomani, dopo un mese di marcia per evitare i Mangiamorte appostati lungo quasi tutto il confine, sarebbero finalmente usciti dal Limbo. Avrebbe tirato un sospiro di sollievo quando finalmente avrebbe potuto separarsi da Tonks: la ragazza non gli aveva praticamente rivolto la parola per un mese, se non per qualche fredda, distante richiesta sulla strada che dovevano percorrere. Per quanto Remus avrebbe dovuto esserne contento, il suo comportamento gli faceva male. Non riusciva ad impedirsi di guardarla, di pensarla in continuazione, di maledirsi per la sua diversità che gli impediva di ricambiare il suo amore irruente. Perché era così: Remus John Lupin si era innamorato di quella ragazza goffa e allegra, nonostante avesse dieci anni in meno di lui, nonostante non avrebbero mai potuto stare insieme...la amava. Ne era perfettamente conscio.

Il problema era che anche Tonks lo sapeva.

Remus sospirò e si voltò: in quel dannato buco avevano una sola camera libera, e si erano ritrovati, come la prima notte nel Limbo, a condividere il letto. Tonks, la gelida, determinata Tonks così simile alla sua cugina più giovane, in quelle settimane, si era coricata dandogli la schiena.

Chissà cosa avrebbe detto Sirius...

Gli avrebbe tirato qualcosa. Poco ma sicuro. Gli avrebbe dato dell'idiota, perché si stava lasciando sfuggire l'ennesima occasione per essere felice, come aveva sempre fatto. Avrebbe consolato sua cugina, rassicurandola, perché avrebbe sicuramente capito da quel bel pezzo che anche il licantropo era perso dietro all'Auror dai capelli rosa cicca. Avrebbe cercato in tutti i modi di convincerlo a dichiararsi, e forse ce l'avrebbe anche fatta. Perché Sirius era stato la persona che lo conosceva più di chiunque altro al mondo, e avrebbe saputo come fare.

Gli mancava.

Suo fratello, il suo amico, quella peste di cagnaccio pulcioso. Con la sua risata simile ad un latrato e il suo sguardo caldo, velato dalla malinconia di uno spirito libero rinchiuso in gabbia, le ali tarpate dalla guerra.

Ma gli aveva lasciato due cose meravigliose. Una era sua figlia, che gli somigliava più di quanto potesse immaginare, e l'altra sua cugina. Quella cugina che lui non riusciva, per quanto ci provasse, a togliersi dalla testa.

-Tonks...- la chiamò, mentre il sole fuori dalla finestra tramontava, colorando le assi lignee di un arancio sanguigno.

-Sono stanca, Remus.- rispose lei, fredda e distante come era stata negli ultimi gioni.

-Tonks, domani saremo fuori. Per favore, non fare così.- sospirò il licantropo, a disagio.

-Sembra che sia io, quella che sbaglia.-

-So di essere io.- la ragazza si voltò, stupita dalla sua ammissione. Remus la stava guardando, con quei dannatissimi occhi d'ambra che ben conosceva.

-E allora rimedia.- gli disse, incerta anche lei delle sue parole. Lui rispose una manciata di secondi più tardi, abbassando lo sguardo.

-Non posso.- Tonks balzò a sedere, infuriata, decisa ormai a esplodere.

-Remus, quante volte te lo devo dire!? Non mi importa che tu sia un licantropo! È una notte al mese, non tutta la vita!- esclamò, rabbiosa.

-Non potrei renderti felice.- Merlino, quanto si detestava Remus, per quelle parole a cui non credeva nemmeno.

-Questo lo credi tu! Sai cosa mi interessa se la gente ti crede un pericolo per me o per chiunque altro? Se mi diranno “stai sprecando la tua vita” o che potrei avere di meglio? Niente! Io non voglio nessun altro, perché so che tu saresti l'unico a rendermi felice!- le parole di Tonks, dure e dette con orgoglio, lo colpirono direttamente al cuore. Era cresciuta, quella ragazzina dai capelli rosa che aveva conosciuto quasi due anni prima e che gli aveva quasi dato fuoco al mantello. Pensarlo gli provocò un insaspettato senso di tenerezza.

-Tonks...- cominciò, lentamente, cercando intanto di trovare le parole giuste.

-Non c'è Tonks che tenga!- sbottò lei, il viso acceso dalla frustrazione e dalla rabbia. -Remus, io...-

Non poté finire la sua frase, perché sentì qualcosa premere sulle sue labbra a forma di cuore. Solo l'istante dopo si rese conto che si trattava della bocca di Remus.

Si sentì arrossire violentemente, ma non si ritrasse. Dopotutto, era quello che desiderava da tanto tempo...

 

Blaise era sveglissimo, sdraiato su un fianco. Diana, accanto a lui, dormiva…o fingeva bene. L’adrenalina che la loro discussione gli aveva causato ancora gli vagava nel sangue, impedendogli di prendere sonno. Non la capiva, non la capiva più. Era troppo lontana per essere ancora la sua Diana, era cambiata. L’attimo prima, andava tutto bene, mentre quello dopo ecco che se ne andava di nuovo, più lontana che mai. Perché si comportava così? Era l’unica domanda che continuasse a porsi, l’unica a cui non avesse ancora trovato risposta.

Sentì improvvisamente il suo corpo caldo accoccolarsi vicino a lui. Si girò, trovandola profondamente addormentata, il viso sofferente, gli occhi stretti. Blaise già sapeva quanto nel sonno lei fosse più libera, capace di dimostrare tutto quello che nascondeva da sveglia. Ma ora, cosa celava dietro i suoi occhi?

L’abbracciò, stringendola finalmente fra le sue braccia, dopo quelle settimane in cui gli era stata tenuta lontana. I capelli, corti, andavano a stuzzicargli il viso, dispettosi, con il loro dolce profumo. La pelle tiepida e liscia, per nulla sudata, come invece ci si aspetterebbe in un luogo afoso come il Texas, scivolava via morbida sotto le sue dita, mentre l’accarezzava dolcemente.

Cazzo, quanto gli era mancata.

Mentre la sentiva stringersi ancora di più a lui, trovando il punto perfetto del suo torace per abbandonarvi il viso, Blaise chiuse gli occhi e provò ad immaginare per un istante come sarebbe stata la sua vita se non l’avesse mai conosciuta.

Orribile. Vuota, spenta, una vita malsana di chi non sa vivere.

Doveva fidarsi di lei. Anche se non comprendeva i motivi che la spingevano a volersi continuamente separare da lui. Al diavolo tutti i suoi viaggi mentali, doveva fidarsi di Diana Black.

Proprio in quel momento, Diana aprì gli occhi. Li alzò su di lui, incatenò lo sguardo al suo. Erano diventati indecifrabili, quegli occhi argentati, che ora risplendevano come stelle nel buio della notte.

Ma era più bella che mai, e Blaise se ne rendeva conto benissimo.

Non disse nulla né lui, né lei. Si guardarono per un lungo istante, senza muoversi, respirando il respiro dell’altro.

“Perdonami, Blaise, se puoi.”

Avvicinò lentamente il viso al suo, senza nemmeno chiudere le palpebre, per poter continuare a guardarla negli occhi.

E poi, Diana unì le loro bocche, affamate d’amore, affamate dei loro sapori.

Le mani di Blaise scivolarono sui suoi fianchi, sulla schiena liscia, vellutata, tiepida. Le sue dita agili ed esperte raggiunsero il gancetto del reggiseno, lo slacciarono, glielo sfilarono. La tenne fra le braccia, carezzandole lentamente i seni, tenendola accanto a sé, persa in quel loro bacio profondo, passionale.

Diana si aggrappò alle sue spalle, affondò una mano fra i capelli che ora erano più lunghi dei suoi, e mosse il corpo leggermente, traendolo a sé. Blaise insinuò una gamba fra le sue, e si portò sopra di lei, affondato fra le sue labbra e le mani perse sul suo corpo.

Le carezzò quelle labbra con la lingua, e pose fine al loro bacio. Sollevò il viso dal suo collo e la osservò per un istante. Diana aveva gli occhi chiusi, la bocca semiaperta, pronta ad accoglierlo di nuovo.

-Diana…apri gli occhi.- le sussurrò. Lei lo fece, aprì le palpebre su quelle due pozze d’argento e le fissò su di lui.

Blaise non li lasciò mai, mentre lentamente entrava dentro di lei.

Un piccolo brivido, un sospiro a stento trattenuto.

Si mosse piano nel suo corpo, nel suo bacino, la guardò socchiudere gli occhi e abbandonarsi lentamente a lui. Seguiva i suoi movimenti, assecondava le sue morbide spinte, si aggrappava alla sua schiena e lo stringeva a sé, le dita che graffiavano sempre più lievemente mentre le sue paure si attenuavano.

E si amarono, come solo uomo e donna possono amarsi, consci di quanto quel dolce dondolio, quel frenetico amore potesse essere l’ultimo, strappandosi sospiri a vicenda, sospiri che rendevano fragrante la notte texana. Amandosi con dolcezza, con l’esperienza che il loro amore gli aveva dato, amandosi per tanto tempo, senza volersi fermare, perché non desideravano altro che essere una cosa sola. Per sempre.

La paura un po’ attenuata, per quella notte, i corpi ancora caldi e spossati d’amore, si addormentarono uno stretto all’altra, lui supino, lei accoccolata accanto a lui, un braccio del suo uomo avvolto intorno alla vita.

E non furono più soli, da quella notte.

 

§

 

Diana si destò alle prime luci dell’alba. Il suo primo pensiero andò alla missione imminente, ai pericoli mortali che avrebbero dovuto affrontare. Un qualcosa di duro e pesante sembrò depositarsi nella sua anima, mentre si rendeva conto delle abbronzate, calde braccia fra cui si trovava. Alzò lo sguardo verso di lui, trovandolo profondamente addormentato, il viso sprofondato nel cuscino e fra i suoi capelli corti.

“Blaise…”

Si strinse ancora di più a lui, allontanando ogni pensiero, ogni preoccupazione. Chiuse gli occhi e abbandonò il viso sul suo torace, rannicchiata vicino a lui. Eppure, non riusciva a non pensare che poteva essere l’ultima occasione per potergli stare vicina, per poterlo sentire accanto a sé, per sentirgli dire che sarebbe andato tutto bene. Perché solo a lui avrebbe creduto, in qualsiasi situazione.

A malincuore, scivolò via dal suo abbraccio e si alzò. Si rinchiuse in bagno, si lavò, e si vestì. Prima di uscire, lanciò un’occhiata allo specchio. Senza alcun motivo valido, perché sapeva cosa vi avrebbe trovato.

Jeans lunghi fino alle ginocchia, sfilacciati e consunti sui bordi, aderenti alle sue cosce formose ma scattanti, camicetta verde, scozzese, attillata sui suoi fianchi morbidi e sulla pancia piatta, di nuovo scolpita dagli allenamenti continui. Il viso levigato dalla sabbia del deserto, segnato da graffi e tagli che era un po’ che non vedeva sul proprio volto. Bruciature sulle braccia guizzanti di muscoli non troppo evidenti, stivali da cavallerizza a completare il tutto. La pelle scottata dal sole, scurita di almeno due toni, i capelli molto più corti, gli occhi che brillavano innaturali, di determinazione, di sicumera…di paura.

Diana distolse lo sguardo, preoccupata nel vedere di nuovo quell’impavida, dolce amazzone pronta per combattere.

Uscì silenziosamente dalla loro stanza, attraversò il ranch e uscì sul porticato. Chiuse gli occhi un istante, assaporando la fresca carezza di una brezza leggera che spirava sempre, all’alba. Il sole stava nascendo, timido, dalla piatta linea dell’orizzonte, squarciando il buio della notte con intensi raggi di luce rosata. La sabbia del deserto, intorno al ranch, si alzava in buffi ed ipnotici mulinelli.

La parte ottimista di lei le diceva che non poteva succedere nulla di brutto, in un posto così bello. Ma quella realista, quella dominante, le fece notare quasi subito che vi è sempre quiete, prima della tempesta.

Si sedette sui gradini, assumendo quasi inconsciamente una posa arrogante, insolente, una gamba distesa e un’altra piegata, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e lo sguardo perso nel cielo limpido.

Avvertì, più che vederlo, Blaise. Ne riconobbe il profumo, il rumore dei passi.

Si sedette accanto a lei, senza dire nulla, il torace scoperto illuminato dal sole, gli inequivocabili segni degli allenamenti che spiccavano sulla sua carnagione bronzea. Bello. Bellissimo.

-Ora me lo spieghi, perché ci hai divisi così?- le chiese, dopo un po’. Diana sospirò: cosa le costava dirglielo? Avrebbe capito. Perché si rendeva conto di quanto lui fosse intelligente solo quando era troppo tardi?

-Lea e Draco vorranno tornare da Ron e da Hermione, e viceversa. Ce la metteranno tutta per non farsi ammazzare, e daranno il meglio di sé stessi. Ginny l’ho presa con me più che altro perché non voglio lasciare troppa gente in balia di Kelly: è brava, è la migliore, ma non mi fido di lei. Perché ho messo te, Draco, Lea e Alex con lei, altrimenti? Perché siete gli unici che se la sanno cavare. Soprattutto il pivello…sarà i miei occhi, le mie orecchie e, nel caso, le mie armi. E Harry…beh, Harry l’ho preso con me perché sono la migliore, e non posso permettermi di far ammazzare il Prescelto.- spiegò. Glissò ovviamente sull’aspetto più importante, sul vero motivo che l’aveva spinta a formare le squadre a quel modo.

-E io?- Blaise già lo sapeva. Lo intuiva. Ma voleva sentirlo da lei.

-Sai perché sono la migliore?- gli chiese, dopo un silenzio interminabile. -Mi sono sempre buttata a capofitto nelle battaglie, con baldanza, con desiderio. Amo combattere, non è un mistero. Ma l’ho sempre fatto per qualcosa a cui tenevo. Ora non avrei avuto nessuno da cui tornare, nessuno per cui valesse combattere. E poi…- si interruppe un istante, gli occhi fissi sull’orizzonte, a est, dove il sole minacciava di ardere da un momento all’altro. -…voglio evitare sacrifici inutili. Sia da parte mia, che da parte tua.-

Blaise era allibito. Ora capiva cosa intendeva Lea quando diceva che Diana aveva una mente militare. Con la massima freddezza, il capitano Auror aveva analizzato ogni loro punto debole e di forza, aveva manipolato i loro sentimenti per porli in condizione di dare il massimo, e li aveva divisi. E non aveva risparmiato neppure sé stessa.

E poi…“sacrifici inutili”. Quelle parole gli suggerirono qualcosa.

Diana non voleva che morisse a causa sua. Per l’ennesima volta, voleva proteggerlo: lo conosceva fin troppo bene, sapeva che, se lei si fosse trovata in pericolo, lui si sarebbe sicuramente fatto ammazzare per aiutarla. Aveva già sofferto quel dolore, dopotutto.

-Non mi pare che Dan abbia fatto un sacrificio inutile.- le disse, cauto. Funzionò: gli occhi di Diana, sorpresi, saettarono verso di lui. L’aveva presa sottogamba, menzionando Dan.

-Di questo non sono tanto sicura. Fino a poco prima di conoscere te, avrei detto che avrei preferito morire, piuttosto che farmi difendere in quel modo.- rispose, dopo un po’.

-Oh, lo so. Ti conosco anche io, cosa credi? Tu non hai solo paura di quello che potrei fare io. Tu vuoi evitare di ammazzarti, e, indovina un po’? Neanche per te stessa. No, tu vuoi evitare di far soffrire me. Vivi in funzione del dolore degli altri, Diana?- le chiese.

Quelle parole lasciarono Diana, per la prima volta nella sua vita, senza parole.

Era così evidente? Era così grande la sua paura, il suo terrore di fargli passare quel dolore che lei già conosceva? Perché continuava ad aggrapparsi a quel motivo?

-Forse.- rispose, poco convinta.

-Diana…- cominciò lui. Ma la ragazza si era spazientita.

-Non è solo questo, Blaise. Cazzo, non lo vuoi capire? Io ho bisogno di te, e ho bisogno di saperti dove ci sarà meno pericolo, non posso pensare di metterti nei guai solo con la mia vicinanza!- sbottò, improvvisamente arrabbiata, la voce rotta. -Sono io quella che Voldemort vuole morta, anche più di Harry. L’ha confermato anche Dolohov. Finché non finirà, e in qualche modo finirà, io sarò un bersaglio. Già hai i tuoi problemi con i Mangiamorte, vuoi aggiungerci anche i miei?- gli chiese, sarcastica. Blaise l’ascoltò, senza dire nulla. Capiva finalmente cosa spingesse Diana a comportarsi come si comportava. La zittì con uno sguardo, le lasciò posare la testa sulla sua spalla, e le cinse forte la vita, posando il viso fra i suoi capelli. “Ho bisogno di te”, aveva detto. E non era l’unica.

-A me non importa, quante volte te lo devi dire? Diana, non sei l’unica ad avere qualcosa da perdere. Lo so che per te è diverso, che sei tutto quello che sei, ma non puoi farti del male così.- le disse, carezzandole i capelli.

-Non m’importa.-

-Importa a me.- la corresse. Diana cercò le sue dita, e le strinse forte. Per lunghi istanti, rimasero ancora in silenzio. -Perché soffrivi, l’altro giorno?-

-Quando?- gli chiese lei, senza capire.

-Quando è venuta giù quella tempesta.- rispose lui.

-Ah…si è vista anche qui.- commentò lei, con voce assente.

-Sì.- Diana sospirò, affondò il viso nel calore rassicurante del suo collo. Si spostò, si sedette sul gradino sotto quello di lui, fra le sue gambe, lasciandosi abbracciare.

-Sono stanca, Blaise. Combatto da quando sono nata…non ne posso più. Voglio solo andare via, lontano da qui, lontano da tutto.- mormorò, gli occhi chiusi, la testa appoggiata al suo torace.

-Andiamo.- i suoi occhi si spalancarono, per ritrovarsi in quelli calmi di lui.

-Cosa?-

-Basta che tu me lo dica, e io ti porto via di qui.- le spiegò lui, tranquillamente. Diceva sul serio. Merlino, diceva sul serio! Bastava una parola…una sola parola…e se ne sarebbero andati. Via. Lontano da quella guerra, solo loro due, insieme, soli, felici.

-Non tentarmi, Blaise.-

-Non sto scherzando, Di. Prendiamo due cavalli, usciamo dal Limbo e ci Smaterializziamo. Andiamo in un posto sconosciuto, magari una bella isola caraibica, e dimentichiamo tutto. Io e te.-

-Sai quanto questa proposta mi alletta, Blaise? Se potessimo…- la sua voce si perse.

-E cosa ti ferma?- le chiese. Lei lo maledisse in silenzio, perché sapeva cosa voleva che dicesse. Voleva che si ricordasse i suoi doveri, e voleva che ci riuscisse da sola. “Serpe”, pensò.

-Non potrei andarmene lasciando qui tutti. Non riuscirei a vivere, pensando che li abbiamo lasciati in mezzo alla guerra.- Blaise rise, le diede un bacio sulla tempia e le carezzò i capelli cortissimi.

-Sai qual è il tuo problema, piccola? Hai il complesso dell’eroe.- anche Diana sorrise, accettando per la prima volta quell’assurdo nomignolo.

-Blaise…promettimelo.- mormorò, dopo un po’, i raggi del sole che coloravano le loro pelli d’avorio e di bronzo.

-Cosa?- le chiese, tranquillamente.

-Che ce ne andremo sul serio, una volta finito tutto.- Blaise sorrise, avvicinò le labbra al suo orecchio e le sussurrò:

-Te lo prometto. Ma sai che cosa vuol dire?- Diana annuì.

-Sì. Dobbiamo uscirne vivi…tutti e due.- Blaise le rivolse uno dei suoi meravigliosi sorrisi, trasse il suo viso a sé, e le diede un bacio, lungo, profondo.

Non potevano certo sapere che la loro promessa non si sarebbe mai avverata.

 

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My space:
Ok, D2OTTO mi vorrà uccidere, perché questa bestia di capitolo è lunga ben ventitré pagine…O.O

Da lunedì, purtroppo, inizio lo stage lavorativo, quindi non so quanto tempo avrò per aggiornare…ma state tranquilli che finirò la fic, poco ma sicurom anche perché molti pezzi dei chap successivi sono già stati scritti in un documento a parte…quindi ce la farò benissimo.

Spero che, per quanto lungo, questo chap vi sia piaciuto…ho sorriso quando Blaise ha pensato “Oddio la Umbridge! Ah, no, è peggio…” quando Alex ha tossicchiato…hehe, povero Blaisuccio nostro…in teoria, nel chap doveva starci anche la partenza delle due squadre, ma poi ho pensato che l’OPAK avrebbe preso seri provvedimenti, quindi ho evitato…;P nel prossimo chap, prima del chap vero e proprio, ci sarà questo pezzo, intitolato “Partenza per Morris-West”. Ho già sforato…sigh…

Beh, dai, ecco qui le risposte alle recensioni:

D2OTTO: Ale non uccidermi ti prego!! Dopotutto, è estate, si ha più tempo!! ;P Cmq, per le immagini te lo spiego subito: devi usare frontpage e non word, fare inserisci immagine da file e cliccare “annulla” sulla prima finestra (ne escono due). Poi inserisci dove c'è scritto URL l'indirizzo web dell'immagine hostata tipo con imageshack. È semplice, davvero. Cmq...quali sono le parole che non hai capito? Urge un ripasso di spagnolo!! ;P

Shuyin: gli elementali e la loro storia in questo chap sono un po' lasciati a parte, ma nei prossimi due torneranno fuori. Per Harry e Alex...beh...Harry prende sotto anche da Gin, poraccio ^.^ mentre Alex...vuole un bene dell'anima a quella ragazza, si vede, ma il suo cuore appartiene a Melissa (i veri Alex e Melissa mi uccideranno quando leggeranno O.O) Grazie dei complimenti!

Cherie: miri io e te dobbiamo parlare...perché soffrirci dopo cinque mesi per la morte di remus e tonks non è normale... (parla quella a cui si riempiono gli occhi di lacrimoni al pensiero -.-)...io tifavo Blaise quando si picchiano!! Ovviamente! ;P com'è andata poi la fine della scuola?

pei_chan: ma lasciamelo dire...dormi!! Invece di recensire! Lo fai il mattino dopo, che ti costa? ;P Scherzi a parte, le tue rimangono sempre le rece più lunghe...eheh...Blaise e Harry li teniamo ben divisi, poverino il Prescelto, fa sempre delle figure...-.- se torni un chap indietro, vedrai alla fine la foto dei capelli di Diana (l'ho inserita dopo)

Ilaria: Ilaria calmati!!!! Sia con gli ormoni (se no rifacciamo quella famosa endovena di kledi kadiu...ghaaaa sbaaaaav) sia con le manie pc-omicide!! Blaise qua fa frullare letteralmente i nostri poveri ormoni...col fucile, col revolver, col cappello...ommioddio mi sento male!!! ;P

Koki: grazie mille! Per la grammatica...eh, sai, presi un insufficiente in prima media...(orrore) decisi fra le lacrime che non sarebbe più successo, e da allora fui la migliore!! ;P Eheh, dai, faccio un po' l'idiota...ossia come sempre...;P

Lisbeth: ho pensato a te tutte le volte che Harry prende sotto...visto come sono brava? ;P

DileWeasley/Mione1194: Harry e Blaise mi diverto troppo a farli menare, quindi non c'è verso che facciano pace!! Muahahahahah...allora, contenta della tua scenetta? Se poi ti viene la canzone dimmelo!!

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Capitolo 26
*** Il Tradimento di Kelly ***


Non ditemi che questo capitolo è bello, perché non ci crede nessuno

No ma vi rendete conto che compreso questo chap la storia è di 223 pagine!?!?

 

 

Non ditemi che questo capitolo è bello, perché non ci crede nessuno! Insomma, mi sa che mi manca un po’ l’ispirazione…uff…ecco, ora vi chiederete perché il “My Space” è stato spostato all’inizio…ehm…(a disagio) beh lo capirete leggendo! Qua ci sono diversi cambi di POV, e come guest stars parlano in prima persona nientepopodimenoché i nostri morettoni preferiti, alias Diana e Blaise!

Comunque, verso la metà del capitolo, per esigenze di trama, il font è esclusivamente di Diana in terza persona.

Diana durante questo capitolo perde completamente il senso di quello che le succede. Si trova sballottata in mezzo a cose che sul momento non riesce a comprendere, la guerra che infuria senza più nessun freno, e l’unica cosa che può fare è seguire il suo istinto, agire come lo richiede il momento, agire come il buon soldato che è, secondo le situazioni, e rimandare le domande (e il dolore) a dopo.

 

Ecco…ragazzi…quando avrete finito di leggere questa bestia immonda (sia per lunghezza, che per contenuti) di capitolo, vorrete uccidermi. Lo so. Perché voglio uccidermi da sola, fate un po’ voi… -.-“

Posso solo dirvi che dovete ricordarvi che cos’è Diana, cosa è capace di fare e, soprattutto, che vi ho giurato che ci sarà l’happy end per tutti i pairing. Anche se vi parrà impossibile, e, fidatevi, vi parrà veramente impossibile.

Ecco, so che non mi crederete, alla fine del chap. Ma è una promessa: abbiate fiducia in me.

E scusatemi, ma è un periodo un po’ nero anche (ma non solo e non soprattutto) per me.

 

Ecco le risposte alle recensioni:

DileWeasley: ecco, la Dile è andata in crisi ormonale…se mi ritiri fuori Gollum ti sparo…ehm, consiglio mio? Taaaaanti fazzoletti…

Ilaria: tesoro come stai? Non ti sento da un po’ sono preoccupatissima!! Scusami in anticipo per questo chap…non ti risolleverà il morale alla fine…ti voglio bene stella!

D2OTTO: ehm…Diana? Incinta? Ma che, sei fuori di zucca, eh!? Eh!?!?!? (vagamente isterica)

semplicementeme: ehm…(faccia da angioletto)…quello si saprà più avanti, se lo è o non lo è…non ne sono ancora sicura! ;P Grazie per la recensione lunghissima, sono contenta di sapere che la fic ti appassiona tanto!

pei_chan: guarda no comment!! Quella non è una recensione è un papirooooo!!!! Comunque saretta…stesso consiglio che ho dato a Diletta….fazzolettiiiiiiiiii!!!!!

Honey Evans: devo chiederti un favorone!! Ti ricordi se la traduzione di “spirito” in spagnolo è “spirto” o “espirto”? Ho questo dubbio amletico, ma mi serve per i prossimi chaps!! Help this poor half-american writer, please!!! Gracias in anticipo!!! Un beso chica! (e non rispondermi “pregos”, come fece una mia amica a suo tempo, che fu rimandata in spagnolo ;P)

cherie: ecco a te un chap veramente orribile, scritto con l’angoscia e la rabbia nel cuore…contenta? ;P

Shuyin: qua sei accontentato soprattutto tu, per gli Elementali e i poteri di Diana che si sprigionano quasi del tutto, metamorfosandola…spero ti piacerà!!

koki: consiglio anche per te: leggi quando sarà finita…perché secondo me ti viene un coccolone!

 

Laura!!! Poi sono io la brutta caccola!?!?!? Esigo che tu mi lasci almeno un commentino!!!! Tanto lo so che sei registrata, ti ho vista!!! Farea!!!!!!! Se non lo fai, la calma sarà la cosa che perderò molto alla svelta!!

 

E, un’ultima cosa: questi sono Diablo e Fuego. Cavalli reali, tranne che per un piccolo particolare…secondo voi, qual è? ;P



questo è il simbolo dell

questo è il simbolo dell'Oreana...scusate il disegno pessimo ma non ero in vena...

 

Fuego...

 

e infine Diablo...

 

 



 

 

 

 

 

Blaise le rivolse uno dei suoi meravigliosi sorrisi, trasse il suo viso a sé, e le diede un bacio, lungo, profondo.

Non potevano certo sapere che la loro promessa non si sarebbe mai avverata.

 

Partenza per Morris-West

Rimasero uniti per tanto, tanto tempo, il sentimento che li investiva a morbide ondate di tranquillità, lo spazio dissolto, solo loro in quell'attimo che ad entrambi parve eterno.

Fu Diana, avvertendo dei rumori provenire dai piani superiori, a separarsi a malincuore da lui. Si alzò in piedi, indossando nuovamente, con quel movimento, la sua maschera impenetrabile. Il sole arse in quel momento all'orizzonte, infuocando ogni cosa, la sabbia, il cielo, le pareti del ranch.

Diana si voltò verso Blaise, e lui, per la prima volta nella sua vita, vide il vero terrore nei suoi occhi.

-Ci siamo. È ora.- disse.

 

Mezz'ora. Ci aveva messo solo mezz'ora, a radunarli di fronte al ranch. Diana lanciò uno sguardo alla sua “squadra”: Harry e Ginny, che non si rivolgevano la parola, stavano chiacchierando con Draco, che aveva un'Hermione silenziosa e tesa al fianco. Melissa era accanto ad Alex, non parlavano, ma i loro sguardi erano l'addio più doloroso che potessero darsi. Blaise era poco dietro di lei, appoggiato con fare incurante al corral, il cappello calato sul volto per proteggersi dal sole...oppure per non mostrare la sua inquietudine crescente. Diana lo guardò a lungo, in tralice, preoccupata di quanto ci avrebbe messo per tornare da lui.

Mancavano solo...

La porta del ranch si aprì silenziosamente, ma Diana conosceva ogni centimetro di quella casa, e ne avvertì il lieve cigolio. Si voltò, e un ghigno si dipinse all'istante sul suo viso.

Sul viso di Lea, un sorriso che ben conosceva. Un sorriso che non si era mai mostrato sul suo visetto di leoncina. Un sorriso che, lo sapeva, solo Ron poteva averle strappato.

Le si avvicinò, ma quando le fu accanto Lea le sibilò, rossissima in viso:

-Fottiti a prescindere, Black- Diana ghignò. Era la conferma che cercava.

-Seguo il tuo esempio, allora.- rispose, facendo in modo che solo lei e Ron la sentissero. I due la guardarono con occhi allibiti e imbarazzati, ma lei si era già allontanata verso le scuderie, dirette a sellare i cavalli per la sua squadra.

Sarà meglio per Ron che sia andato tutto bene...hihi, se lo dico ad Alex mi sa che lo uccide di getto...” pensò, aggrappandosi al proprio sarcasmo, alla propria ironia, per non sprofondare nella preoccupazione in attesa, appostata nell'ombra del suo cuore. Entrò nelle ampie scuderie in penombra, e non fu sorpresa di trovarvi Kelly, intenta a svolgere il suo stesso compito.

-Kelly...-

-Diana.- si salutarono, gelide. Senza aggiungere altro, la meticcia si avvicinò allo scaffale delle selle e cominciò a preparare il baio che aveva eletto Hermione come sua proprietaria. Per un po', lavorarono in silenzio, ignorandosi. -Mi sorprende che tu abbia messo il moro con me.- disse Kelly, all'improvviso. Diana si rizzò in piedi, improvvisamente dura. Lasciò a metà la sellatura, e si avvicinò alla messicana.

-Ascoltami bene.- le disse, la voce tagliente come un coltello. Kelly ricambiò il suo sguardo, indifferente. Attenta, ma indifferente alla sua arroganza.

-Hai la mia attenzione.- disse. Diana la soppesò, attenta.

-Ti ho affidato il mio uomo, il mio pivello, mio cugino e la mia migliore amica. Falli ammazzare, e ti giuro che sarà la tua gola che avrò fra le mani.-

Una minaccia fredda, chiara, pulita.

-Non credo sopravvivresti, nel caso.- commentò Kelly, per nulla impressionata.

-Non vorrei dimostrarti il contrario.- replicò Diana, dura. Sarebbe stata pronta ad annullare tutto il loro piano, se non fosse stata convinta della, se non lealtà, almeno correttezza di Kelly. Dopotutto, la conosceva da anni...non poteva pensare di saperla una traditrice. Non c'era nessun motivo per crederlo, comunque: aveva pur sempre combattuto dalla parte giusta. L'aveva vista con i propri occhi.

-Non te ne darò l'occasione.- Diana annuì, accettando le sue parole, si voltò e tornò alla sellatura, senza più dire nulla, impegnata in un fitto dialogo mentale con Alex Bonn.

 

-Ecco.- Diana consegnò ai cinque ragazzi della sua squadra le redini dei cavalli. Ci pensò Melissa a distribuirli. Le due Auror celarono un ghigno quando Ron montò a cavallo, mentre Diana si perse un istante nel rimirarsi Blaise, che sembrava aver superato la sua diffidenza verso quegli animali, ed era montato in sella con fluida eleganza, senza nemmeno scomporsi il cappello. Scosse la testa, domando i suoi istinti primordiali che le suggerivano di prendersi almeno una decina di minuti per far vedere a quel cowboy improvvisato quanto potessero essere peperine, le texane.

No, Diana. Meglio di no. Dopotutto, aveva una missione da compiere. Non poteva distrarsi.

Gli inglesi guardarono lei e Kelly, una volta montati a cavallo. Nessuna delle due aveva preso un cavallo per sé. Gli americani, invece, ghignarono.

Le due si allontanarono di una ventina di passi dai due gruppi, fianco a fianco, qualche metro di sabbia a separarle. Alzarono gli sguardi al cielo, fissando due puntolini lontani nel cielo con un sorriso identico sul viso.

-DIABLO!- gridò Diana all'improvviso, la voce amplificata dal Vento chiamato a sé per l'occasione, e nel suo richiamo l'eco di un “Fuego” chiamato da Kelly.

I due puntolini si avvicinarono, e Blaise riuscì a vederli meglio. Sembravano uccelli...per le ali. E lì finiva la somiglianza con dei pennuti.

Muscoli guizzanti, potenti, in quattro zampe possenti e impressionanti che cavalcavano lentamente nell'aria, come se corressero. Ali immense si aprivano nel cielo. Zoccoli lucidi, le dimensioni almeno raddoppiate rispetto ad un cavallo normale, le code che sferzavano l'aria, due enormi cavalli alati piombarono a velocità impressionante verso di loro, atterrando a pochi metri dalle rispettive padrone. Fuego era bianco, bianco come la neve, la criniera e la coda fatte di filamenti d'argento, le ali ricoperte di candide, abbacinanti piume soffici.

Diablo, invece, teneva fede al suo nome. Nero come l'universo più profondo, il pelo lucido che sembrava risplendere sotto il sole nato da poco, la criniera rossa, rossa come il fuoco che ardeva nel cuore di Diana, le ali fatte di pura fiamma, ad un primo sguardo, prima di accorgersi delle penne e delle piume del colore del sangue.

Gli occhi grigi, familiari, sorprendentemente familiari, si spostarono su Diana. E istintivamente lo stallone s'impennò di gioia, agitando le ali, alzando mulinelli di sabbia, rischiando di calpestarla quando gli si avvicinò, sorridente.

-Todo bien, amigo, todo bien. Estoy a qui, a ora.- lo calmò, parlandogli in spagnolo, sapendo che poteva comprenderla. Diablo si chetò, ma trotterellò veloce verso di lei, dandole delle musate di felicità, chiedendo coccole che lei, intenerita, non riuscì a negargli.

-E quei cosi, cosa sarebbero!?- sbottò Ron, letteralmente atterrito da quelle due bestie enormi, che quasi erano il doppio dei loro. Persino Draco era rimasto basito nel vedere quelle due magnifiche creature stagliarsi sul cielo azzurro.

-Questi cosi, Ron, sono dei cavalli.- rispose Diana, soddisfatta, mentre Diablo si lasciava coccolare come un grosso gatto.

-Io lo conosco.- commentò Blaise, attirandosi addosso gli sguardi di tutti, nessuno escluso.

-E dove l'avresti conosciuto? Da Madama Piediburro?- gli chiese Draco, suscitando un sorriso divertito in tutte le donne presenti, persino in Kelly.

-Fottiti, Dray.- lo liquidò Blaise, prima di rivolgersi alla sua compagna. -Era a lui che pensavi sulla Torre, vero?- le chiese. Diana annuì.

-Esattamente.- il ricordo di quegli istanti sulla Torre di Astronomia, un secolo prima, un'eternità prima, fecero arrossire entrambi.

Ma durò solo un istante.

-Andiamo.- annunciò Diana, sospirando, balzando in groppa a Diablo con una fluidità e un'eleganza quasi innaturali. Diablo agitò le ali, impaziente di tornare a volare. La sua proprietaria sorrise: anche lei bramava di rialzarsi nel cielo assieme a lui. Di sentire l'aria e il vento scuoterla fin nel profondo, di avvicinarsi all'azzurro della volta celeste, di sentirsi, finalmente, libera. -Pronti?- chiese, distogliendo la mente da quei pensieri. “Ancora poco. Pochi attimi.” si disse, cercando di mantenere il controllo sul suo stesso desiderio, oltre che su Diablo.

-Ci segui dall'alto?- le chiese Harry, che fissava Diablo con gli occhi ridotti ormai a due palline da tennis.

-Ovviamente. Y a ora, mi hermano...- sussurrò, chinandosi verso il muso del cavallo e affondando le mani nella criniera rossastra, lunga e lucida. -...VAMONOS!-

Diablo esplose. Corse, una corsa gioiosa, eccitante, le zampe enormi che falcavano il deserto sollevando spruzzi di sabbia. Diana sorrise, e chiuse gli occhi, assaporando il vento fischiarle intorno, presa dalla meraviglia selvaggia di quella corsa.

Diablo raccolse le zampe e balzò nell'aria, e gli zoccoli non toccarono più la sabbia.

Le ali rosse si spalancarono, catturando ogni refolo d'aria, e con pochi possenti battiti sollevarono cavallo e ragazza nel cielo azzurro.

Stai volando. Finalmente, stai di nuovo volando.

Non ci sono problemi, non ci sono paure con te...pace e frenesia, esaltazione!

L'aria intorno a te, il fuoco che arde nel tuo petto e nel tuo cuore, un bagno di luce nel sole non più così lontano...libera. Sei libera.

Ok, Diana. Ora calmati, su. Sei in missione”.

Con dei lievi movimenti di ginocchia, Diana suggerì a Diablo di abbassarsi leggermente. Amava quel cavallo, era sempre stato il suo fedele compagno di avventure e di guai. Riusciva a governarne il volo e la corsa senza quasi muoversi, tanta era la loro intesa.

Scese, rimanendo sospeso sopra la squadra di Diana. Kelly era cento metri più in là, in groppa a Fuego. La giovane Black distolse lo sguardo, ricordando con una fitta di nostalgia Scott, in groppa a quello stesso cavallo, con Kelly abbracciata a lui.

-Tre giorni. Ci vorranno tre giorni per arrivare in Arizona, se ci fermeremo solo per far riposare gli animali. Voi, invece...- Diana si voltò verso l'altra squadra. -Domani sera dovreste essere già arrivati. Proseguirete in rettilineo, ci metterete pochissimo.-

-Scusa, eh, ma se Remus e Tonks ci hanno messo un mese per arrivare ai confini del Nuovo Messico...-obiettò Hermione. Diana ghignò.

-Sì, ma gli ho fatto fare un percorso a dir poco impervio. Hanno fatto avanti e indietro per due buone settimane.-

-Carogna...- mormorò Blaise con un sorriso, senza perderla di vista un istante. Era semplicemente stupenda, lassù, una dea, la sua dea, quella dolce amazzone a cavallo di un inferno, i capelli scompigliati dal vento, gli occhi velati da un paio di occhiali a mascherina che Blaise ben conosceva (dopotutto, glieli aveva riparati lui stesso, dopo averli distrutti), senza la sella, perché non ne aveva il minimo bisogno.

-Non fate gli eroi.- Diana s'interruppe per un istante, e i suoi occhi indugiarono inequivocabilmente su Blaise. -...quello è compito nostro.- e indicò i tre Auror, a terra, senza lasciarlo con lo sguardo.

Stai attento”.

Lo sono sempre”.

Ma fammi il piacere...”

-Andiamo!- gridò, e sotto di lei vide la sua squadra, capitanata da Melissa, partire al galoppo. Il grido furibondo di Ron la raggiunse fin lassù:

-Detesto queste bestiacce!-

Le risate di Diana colorarono l'aria per qualche evanescente istante.

Si lasciarono alle spalle il ranch, Kelly, tutti i dolci ricordi amari a loro legati. Si lasciarono alle spalle Lea e Alex, suo cuore e suoi occhi. Si lasciarono alle spalle l'unico legame di sangue che le rimaneva.

Si lasciarono alle spalle Blaise, baluardo d'amore e di speranza.

 

 

Il Tradimento di Kelly

 

[First day, Diana Black's POV]

È tutto calmo. Tutto troppo calmo per essere naturale.

Andiamo, conosco questa terra come le mie tasche. È praticamente impossibile che in quattro ore di marcia nel deserto non si sia fatto vedere nemmeno uno straccio Mangiamorte! Nemmeno uno piccino piccino...solo coyotes. Mi prudono le mani, ho bisogno di picchiare qualcuno. È questo il brutto della mia terra: quando fai un viaggio, vai giù di testa e cominci quasi a cercarli, i guai, pur di spezzare questa afosa routine, questo sole battente sulle tese larghe degli Stetson, l'unico rumore quello degli zoccoli dei cavalli che affondano, annaspano nella sabbia...

Controllo le mie armi. Mi tranquillizza ripassare il mio arsenale, purché io stessa sia un'arma: due Colt, cariche, la navaja ben affilata, il Winchester dodici-colpi al sicuro nella sua custodia sulla schiena. E, per buona misura, appeso al fianco di Diablo, un arco e sei frecce.

Lancio un'occhiata a Melissa: l'ex pivella di Kelly mi osserva, mi rivolge un occhiolino malizioso. È inutile, adoro questa donna. Con un solo sguardo riesce a cogliere qualsiasi cosa gli altri pensino. Fa fatica solo con me, ma, dopotutto, io ho passato anni a perfezionare le mie barriere.

Harry è davanti, accanto a lei. Poveraccio, soffre del complesso dell'eroe abbattuto. Non ce l'ho nemmeno più di tanto con lui, ora come ora. La sua strada crudele è già stata segnata. Come la mia. Posso contare sulla sua presenza in battaglia, comunque, e sulla sua lealtà. Certo, farlo arrabbiare con la complicità di Blaise è troppo spassoso, però gli voglio ancora bene, alla fin fine.

Ed ecco Ron. Cazzo, questo si è portato a letto Lea! Me ne rendo conto bene solo ora: Lea ha scopato. Per la miseria, Lea ha fatto sesso! (Vogliamo sottolineare meglio il concetto già ampiamente idealizzato? Tre parole: LEA – SESSO – RON!!!) Mi viene da ridere al solo pensiero! Insomma, proprio lei, così pudica, così innocente...hihi...mica tanto innocente ora, la mia buona vecchia Artesia. Eh, speriamo che abbiano preso le dovute precauzioni...non ho intenzione di diventare zia, al momento. Non mi pare la situazione appropriata. Cazzo, sembro una deficiente, sospesa nell’aria a sghignazzare come una deficiente.

Ginny. Cosa cazzo è successo a Ginny? Miseria, fosse un pelino più incazzata e le uscirebbe il fumo dalle orecchie! Harry le lancia occhiate in tralice, piene di dispiacere: ecco, lo sapevo, il Prescelto l'ha fatta arrabbiare. Harry sei uno sfigato! Far arrabbiare Ginevra Molly Weasley può essere molto pericoloso...quella ti salta sul letto fino a sfondartelo. Eh, quanto mi mancano i suoi arrivi...cazzo, a Hogwarts ho passato dei mesi meravigliosi. Speravo che potessero durare, non volevo mettermi di nuovo in mezzo a questa guerra...ma, come dice uno dei miei detti babbani preferiti: ora siamo in ballo, quindi balliamo.

E Hermione...lei sì che è stata una sorpresa. Detesta combattere, detesta questo luogo, non è difficile da capire. Però è brava, accidenti se è brava! Spara quasi come me, ed è un grosso complimento detto dall'orgogliosa per eccellenza nelle sue doti balistiche! Se c'è una cosa buona che ha portato questo trasferimento, è stata la rivelazione della sua storia con Dray. Passi l'infarto di Ron, c'era da aspettarselo da uno che detesta Draco con tutto se stesso, ma l'hanno presa bene tutti. Anche Harry, ed è la cosa che mi scoccia di più. Ce l'ha solo con Blaise, quel fottuto Prescelto!?

I miei occhi dardeggiano sul deserto sotto di me. Mi piace avere questa visione d'insieme, dall'alto. Questa distesa di sabbia dorata, che si fonde all'orizzonte con la volta del cielo, un magnifico contrasto fra l'oro e il celeste. Qualche roccia sparsa, qualche cactus bello e letale, i fiori sanguigni che occhieggiano verso di me. Carezzo inconsciamente la criniera rossa del mio cavallo, mentre osservo con occhio militare il territorio. Devo prestare attenzione, ora: è pieno di dune. Un luogo ideale per nascondersi e attaccare. Lo so per esperienza...quando nelle missioni capitava di dover pianificare un assalto, ero io la stratega. E raramente ho fallito.

Anzi, diciamo pure mai.

-Diablo, scendiamo.- mormoro. Mi basta questo, per farmi capire dal mio adorato cavallo. Fra noi c'è una affinità tale che spesso mi sorprendo di riuscire quasi a parlargli. E spesso ottengo delle risposte alquanto singolari.

Diablo scende in picchiata. YY-HAAA!! Meraviglioso!!

Ecco il mio spirito texano che si risveglia...YUPPIEEE!! Andale, amigo, andale!!

Rasentiamo il deserto, sfiorando appena con gli zoccoli la sabbia, e poi ci rialziamo, io che rido, non posso farne a meno, solo per un istante. Poi torno la Diana di sempre.

Se penso a quanto Blaise detesta questi miei sbalzi d'umore...

E, prevedibile, la malinconia mi assale nuovamente, repentina.

Blaise.

Dimmi che sei al sicuro. Non posso non pensarti nei guai, ma sorrido cercando di convincermi che te la sai cavare. Devo aggrapparmi a questo, perché il solo pensiero di perderti mi manda i neuroni a puttane e mi fa venir voglia di prendere a pugni qualcuno. Tanto per non mandarcele a dire...ma io sono schietta di natura. Lo sai.

Mi strappo a forza dai miei pensieri e dirigo Diablo verso Melissa.

-Attenti, adesso. È un brutto passaggio.- li avverto. Melissa estrae una delle pistole, per precauzione, e gli altri la imitano. Volo sopra il Trio delle Meraviglie e Ginny. Ecco, un altro motivo per cui li ho voluti insieme, è che quei quattro insieme fanno scintille. E ho bisogno di saperli uniti.

Noto che Ron e Harry si sono inconsciamente messi a protezione delle ragazze...bueno. L'addestramento è servito a qualcosa, dopotutto.

-Diablo, alziamoci! Ora!- esclamo, e intanto Evoco intorno a me la potenza cristallina dell'Aria. Mi rende invisibile ad un solo cenno. Ormai sono diventata davvero invincibile: volendo, potrei distruggere il Limbo. Come ha detto il mio personalissimo vecchio pazzoide, se unissi le mie energie a quelle degli Elementi, la forza sarebbe inaudita. Devo ricordarmelo, questo, perché potrebbe tornarmi utile.

Ah, Diana, sempre ottimista...

Ghigno improvvisamente.

Eccoli là. Tre Mangiamorte, appostati dietro le dune, i fucili puntati contro la mia squadra in avvicinamento.

Il mio ghigno si trasforma in una vera e propria smorfia malefica, e decisamente sadica.

Questi me li cucino come mi pare. Ho voglia di divertirmi.

Prima di piombargli addosso, salgo ancora di più e controllo che non ce ne siano altri. No, nessuno nel raggio di almeno tre chilometri. Bueno, posso farmi un giro con quei tre.

-Diablo, piombagli addosso.- dico. Ahimé, parlo in inglese, e non mi capisce. Traduco in spagnolo e lui obbedisce. Mi sa che devo insegnargli le lingue...altrimenti non potrà mai fare carriera nel marketing internazionale!!

Sìììì!! Avete capito bene!! Sono pazza da legare!!

Silenziosa come un rapace piombo accanto a loro. Diablo plana, e io balzo giù, atterrando sui piedi, un ginocchio affondato nella sabbia, il coltello già nelle mani e il sole che riflette per un istante i suoi raggi sulle lenti degli occhiali.

Escludo ogni sensazione. Ormai so come fare, è diventato quasi un'abitudine. Ho-take-nah e Torishah hanno fatto un buon lavoro, con me.

Lascio cadere la mia invisibilità non appena mi alzo in piedi. I tre mi danno la schiena, stanno borbottando qualcosa in messicano. Bueno, sono nostrani. Meglio.

-E-ehm.- mi schiarisco la voce. I tre irrigidiscono e si voltano lentamente. Vi sto aspettando, belli, qui, in piedi stagliata contro al cielo azzurro, il cappello che vela il mio viso. Mi sfilo lentamente gli occhiali e li faccio Svanire nell'aria. Guai se si rompessero, già una volta l'ha fatto Blaise, e mi è bastata.

Alzo lo sguardo. Li conosco, tutti e tre. Sono dei bandoleros da due soldi che non fanno altro che carne da macello, per dare ai veri Mangiamorte lo spazio per attaccare.

-Black.- ringhia uno di loro.

-Esattamente.- rispondo io, con un sorrisone. Noto che si ritraggono. Eppure, io sono tanto buona e cara! Guarda, sorrido pure!

Ok, ora però mi sono rotta di questa situazione di stallo. Devo scaricare i nervi.

E...velocissima mi avvento su di loro. Non mi vedono, nessuno ci riesce.

Atterro il primo con un pugno a livello della trachea...gli ho mozzato il respiro. Il secondo prova ad afferrarmi la gola, roteo su me stessa e gli arrivo con un calcio sul fianco che lo fa gemere. C'ha provato, dai, siamo clementi...il terzo è più svelto, prende una pistola e abbassa il grilletto.

Ok, svelto sì, ma non esageriamo...

La pistola vola via dopo un calcio ben assestato, che precede un arrivo non molto piacevole sotto l'equatore maschile. Mi volto, torno ad occuparmi con la massima calma degli altri due.

In pochi minuti, sono tutti a terra, privi di sensi, e io mi sento parecchio più tranquilla.

Ah, le gioie di essere me...

Diablo vola accanto a me, non atterra nemmeno. Tesoro mio, sa quanto mi diverto in queste imprese da ginnasta quale non sono...balzo in groppa al volo, appena in tempo per sentire degli spari.

Merda!

-Alzati Diablo! Torniamo dagli altri!- grido. Lo strappo delle ali è spaventoso, mi strappa un urlo di sorpresa. In pochi attimi, le ali frenetiche, ci alziamo in volo. Eccolì là...nei guai: ovviamente! Non posso lasciarli soli nemmeno un minuto!!

Dieci contro quattro: è impari come lotta. E questi sono dieci esperti, altro che quei tre pivelli.

E che cazzo!! Sempre a me andarli a salvare!

-Vola, amigo, dai che gli facciamo un'entrata indimenticabile!- incito Diablo.

Secondo me questo cavallo ha qualche problema di testa...non è normale che parta a questo modo!! Io mi ammazzo!!

Diablo piomba come l'inferno che è in mezzo agli spari. Estraggo le pistole: ora si gioca pesante. Sparo a due mani, ne atterro due, Diablo attacca come un indemoniato uno che gli sta antipatico. Armata, balzo giù e sparo. Sparo e sparo.

E uccido, facendolo.

Evito che i miei inglesi diventino assassini. Non potrei sopportarlo. Già non sono riuscita ad evitarlo a Blaise...

Non distrarti, cretina!

Un proiettile mi sfiora la spalla. Dannazione!

Roteo su me stessa, alzo la mano destra e sparo.

-Così impari, figlio di puttana! Non si spara alle donne!- faccio. Era l'ultimo. Mi fermo. Ancora una volta, un massacro orrendo. Sento qualcosa rivoltarsi dentro di me: è quella cosa assurda chiamata coscienza...

Cazzo!!

Basta! Non voglio più uccidere...togliere delle vite...vedere il sangue defluire dagli occhi e dalle ferite che infierisco...

L'unica cosa che vorrei è rifugiarmi fra le braccia dell'uomo che amo, in questo momento. Ma lui è lontano...e l'ho voluto io.

Maledetta guerra.

 

-Diana...come fai?- la domanda di Harry mi coglie impreparata. È quasi notte. Il piccolo scontro di stamani è stato l'unico, sporadico tentativo di fermarci. Ci siamo fermati, per una mezz'oretta, per far riposare i cavalli. I miei pensieri, fino a pochi attimi fa, erano fissi sull'inquietudine crescente che ho dentro. Perché non si sono ancora mossi, i Mangiamorte? E non ditemi che erano tutti lì, perché non ci credo! Che si stiano limitando a seguirci, per poi attaccare in massa la scuola? Non posso permetterlo. Andrò a cercarli, l'indomani. Di notte è un suicidio.

-A fare cosa, Harry?- gli chiedo. Sono stanca. Esausta. E tesa.

-A uccidere. Io non so se ci riuscirei...di solito, sparo per ferire.- lo guardo. Seduto accanto ad una Ginny letteralmente crollata dal sonno, mentre Ron e Hermione riposano poco più in là, e Melissa fa come i gatti, dorme con un occhio solo.

Harry...dopo tutto quello che hai passato, riesci a mantenerti puro di cuore? Mi leverei il cappello davanti a te...io mi sento così sporca...sporca di sangue, sporca di paura e terrore che non so se riuscirò a cancellare, se e quando uscirò da questa guerra...

-Forza dell'abitudine. E un ottimo controllo dell'orrore.-

-Orrore...?-

-Orrore, Harry. Orrore.- confermo, gli occhi fissi sulle fiamme che io stessa ho Evocato, cedendo all'umano timore del buio della notte. Soprattutto del buio texano, della notte nel deserto, che amo e rispetto nonostante mi metta in soggezione fin da quando ho memoria di questo posto che tanto amo... -Orrore verso quello che faccio, con la dolorosa consapevolezza di quanto sia necessario farlo.- continuo. Gli occhi verdi del Prescelto, di quello che ha fra le mani il nostro destino (povero destino...e poveri noi), mi guardano sorpresi.

-Perché hai deciso di fare questa vita, Diana?- mi chiede, dopo un po'. Non sa, ricordo. Non sa che la mia strada è stata scritta prim'ancora della mia nascita...più di mille anni fa...che il mio destino è questo, quello di combattere...e probabilmente di morire tentando di rimettere un po' a posto questo mondo disastrato.

-Perché in fondo so che è quello che devo fare.-

-Devi...ma tu cosa vuoi?- sorrido, scuotendo la testa, mezza sconsolata, mezza esasperata.

-Cosa voglio io? Vorrei Blaise, in questo momento. Ma mi sa che è un po' irreperibile.- faccio, con uno sbuffo di cinismo. Non so perché gliel'ho detto. Se c'è una persona che Harry detesta, quella è Blaise, e se c'è una cosa che non sopporto io è aprirmi così.

Eppure, è l'unica cosa che desidero veramente. Blaise. Col suo sorriso da infarto e il suo fisico che è meglio che mi autocensuri. Con le sue frecciatine da Serpe che mi fanno tanto ridere e la sua cocciutaggine. Oh, sì, perché è testardo come un mulo, quando ci si mette. Con quello sguardo tanto ironico quanto intelligente, con il suo modo di affrontare la vita con filosofia, con un ghigno, con la sua tanto ostentata perfezione e i suoi atteggiamenti da “macho”, che gli servono più che altro per evitare di cadermi nel melenso. Con il suo essere solitario, almeno quanto me.

Due anime sole che si sono trovate. Ecco quello che siamo.

-Diana, io...- comincia Harry. No, non ho nessuna intenzione di ascoltarlo.

-È ora di svegliare gli altri. Dobbiamo rimetterci in marcia.-

-Diana, mi dispiace.- lo guardo ancora. So di avere l'espressione indifferente e disillusa del soldato che sono. So di avere la tristezza scritta negli occhi. Non posso farci nulla.

-È un po' tardi, non credi?- gli entro nella testa con la Legilimanzia. Non se ne accorge nemmeno, ma cerco i motivi per cui ha litigato con Ginny. Ecco, lo sapevo...è colpa mia. Mi volto: -Mel, smettila di origliare e tirati su. Dobbiamo andare.- lei finge di sbadigliare e si tira su a sedere, con un ghigno malcelato sul viso.

-Io? Origliare? Che bassa opinione hai di me...- fa, divertita. Sorrido.

-Cretina.-

-Mai quanto te.- ah! Deve sempre avere l'ultima parola! Ecco, in questo lei e Alex si sono trovati. Sono dei rompiscatole...degli adorabili rompiscatole. Diversi come il sole e la luna, indispensabili l'uno all'altra.

Harry sveglia Ron, Hermione e Ginny. Dopo nemmeno mezz'ora, ed è poco considerata la pigrezza di quelle due dormiglione. Per non parlare del mio rosso preferito! Ahahah, penso a Lea e mi viene da ridere...ecco, un giorno di questi devo prendere da parte Ron e farmi raccontare tutto...oh, come sono perfida...altro che Grifona! Sono una Serpe in certi casi!

Ed è con questo allegro pensiero che mi alzo nuovamente in cielo, fondendomi col buio della notte, gli occhi che riflettono le stelle ardenti, la mente che cerca qualcuno che non può sentirmi.

Basta con le malinconie, Diana. Sei un soldato, dopotutto. E sei in missione. I sentimentalismi, a dopo.

Buonanotte, Blaise.

[End of Diana Black’s POV]

 

[Second day, Blaise Zabini's POV]

Porca puttana! L' ho detto e lo ripeto: porca puttana schifosa!

Sono dietro al cadavere del mio cavallo, Draco è accanto a me. Ho il fucile imbracciato e la vista oscurata dal mirino. Un paio di Mangiamorte cadono, ne rimangono altri sette. No, sei. Uno lo fa fuori Lea lanciando un coltello...dimentico sempre che è stata allevata dagli indiani. Chissà quante cose di questo genere le hanno insegnato.

Gli zoccoli di Fuego sfondano un cranio e rasentano le nostre teste, costringendoci a buttarci a terra per evitarli. Dannazione a quella dannata messicana! Dannazione a tutti quanti in questo momento!

Sparo ancora. Merda, il colpo va a segno. Speravo di sbagliare. Non mi piace uccidere.

-Come cazzo si fa a vivere in questo dannato posto!?- esplode Draco, sull'orlo di una crisi di nervi. Quel dannato (anche lui, ne ho per tutti in questo momento) biondino di Alex gli risponde comunque. Forse non l'ha capito che si trattava di una domanda retorica.

-Ci si fa l'abitudine.- e intanto spara e ne atterra un altro. Oh, posso dire che non lo sopporto? Abituarsi a questi massacri? Ma che è, scemo? È impossibile farlo!

Finalmente i Mangiamorte finiscono. Aspetto qualche attimo prima di alzarmi cautamente a controllare. Ok, tutto a posto.

Ci hanno attaccato stamattina, dopo ventiquattr'ore di calma piatta e di attesa snervante. Erano in quindici...ora, sono in zero.

Comincio veramente a stufarmi di questo posto. Morti, sangue, dolore e solitudine. Qual'è la differenza da prima? Beh, forse il sangue e le morti. Ma solitudine e dolore...quelli sono sempre gli stessi. Specialmente la prima.

Come cazzo ha fatto Diana a crescere qui? Ci credo che ha dei complessi...vengono a me che è un mese che sono qui!

-Tutto ok?- chiedo a Lea, che si stringe un avambraccio con un'espressione di intensa sofferenza sul viso. Eccone un'altra scaraventata nella guerra quando il suo posto è un altro. Il suo posto è con Weasley, miseria ladra. Lontano da questo schifo.

-Sì...è uscito, mi basta bendarlo.- risponde. Piccola soldatina coraggiosa. Le ha fatto bene l'influenza di Diana, dopotutto.

-Ti do una mano.- mi offro. Mi piace, Lea. Mi sta simpatica. Santo Salazar, ma come ha fatto Diana a cambiarmi così? In meglio, ovviamente...ma mi ha cambiato sul serio. Mi ha insegnato a vivere. Ho capito cos'è la felicità, da quando ho lei al mio fianco. E ho capito cos'è il dolore quando l'ho perduta. Mentre aiuto Lea con la fasciatura, che ha prontamente estratto dalla sella del suo cavallo, lascio vagare lontano i miei pensieri.

Conoscendola, si sarà già messa nei guai...ah, quella donna non cambierà mai.

Perché Diana è sempre lì...anche se cerca tanto di fare la dura, di non mostrare la parte più vulnerabile di sé, io riesco a vederla. La mia (sia ben chiaro, sono piuttosto rigido su questa cosa: quella donna è di mia proprietà, mia, assolutamente e solamente mia) Diana, quella pazza sconsiderata che sa tenere testa a Piton, McGrannitt e Silente tutti e tre insieme. Quella peste che balla in un modo che mi manda in estasi. Quella creatura prorompente combattuta fra bene e male, ferita in continuazione dalle batoste della vita, con quel coraggio incredibile di ritirare su la testa.

Ah, Blaise, ti sei completamente rincoglionito...è ufficiale: Blaise Zabini è completamente partito per quella donna. Come se non si fosse capito, eh?

Voglio che finisca. Non è l'unica ad essere stanca di tutto questo. È il pensiero di passare almeno qualche secolo in pace, su una spiaggia assolata e solitaria, insieme a lei, che mi tiene allegro. Anche perché non sarei Blaise Zabini, se non avessi la mia inesauribile fonte d'ironia.

-Mi dispiace per il cavallo.- si scusa Lea. Ha schivato una pallottola che ha colpito la mia cavalcatura.

-Figurati! Vorrà dire che mi darà un passaggio Dray.- la rassicuro. Cerco di non pensare ai cadaveri intorno a me. Se lo facessi, mi ricorderei che alcuni sono morti per mano mia.

-Muoviamoci!- la voce sferzante di Kelly ci raggiunge. -Siamo già in ritardo sulla tabella di marcia!- oh, quanto non la sopporto!

Dray è già rimontato a cavallo. Lo raggiungo e gli salgo dietro, dopo essermi premurato che Lea stia bene. Sono pur sempre un cavaliere, io. Malfoy ghigna in modo serpentino.

-Attento, che dopo Diana diventa gelosa...- Santo Salazar, Diana gelosa è una delle piaghe d'Egitto!

-Malfoy, te l'ho già detto di andare a farti fottere?-

-Qualche volta.-

-Ecco, aggiungine un'altra.-

Scoppiamo a ridere come due emeriti cretini. Sapete, io e Draco ci conosciamo da qualcosa come una vita. Non lo sopporto, a volte, ma è un amico fidato. Diciamo pure l'unico che posso fidarmi a chiamare amico, fratello.

Sento lo sguardo di Bonn addosso. Ci affianca, borbotta qualcosa in spagnolo. Fanculo, io lo spagnolo non lo so e questo dannatissimo biondo lo sa bene. Lo fa apposta per irritarmi? No, ditelo, perché se proprio devo glielo spiego io che a irritarmi fa una brutta fine!

-Tra poco ci fermiamo.- traduce, per la grazia di noi mortali. Non ho niente di personale contro di lui, non è come con Potter che detesto cordialmente, Bonn non mi ha fatto nulla. A parte essere così vicino alla mia donna. E guardarla con un affetto che posso tollerare solo da Draco.

Sì, sono geloso. Immensamente geloso. Ma non chiedetemi di dirlo ad alta voce: non lo farò mai, nemmeno sotto tortura. Tanto Diana non ha bisogno di sentirselo dire, già lo sa. E quella piccola falsa Grifona si diverte un mondo, nel vedermi andare fuori di testa dalla gelosia.

Ci fermiamo dopo una mezz'ora neanche. Il cavallo di Draco è esausto: portare due persone non dev'essere divertente, per lui. Il sole cocente batte con crudeltà sui cappelli...è in questi momenti che rimpiango la mia piovosa Inghilterra.

Una bella birra fresca. Ghiacciata. Ecco quello che mi ci vorrebbe. E un angolino buio e tranquillo, dove poter passare una buona mezz'ora solo con Diana. Abbracciarla, stringerla, sentire quel suo dolce profumo di cocco, dei suoi capelli...ok, sto zitto. Niente melensaggini, Zab, non è decisamente il momento.

-Quanto ci vuole, ancora?- sento chiedere da Draco, mentre sono perso fra i miei pensieri.

-Stanotte dovremmo essere arrivati. Manca poco, ormai.- risponde Lea.

-Gli altri dovrebbero arrivare domani.-

-Sempre che non si siano fatti ammazzare prima.- ecco, anche se non lo vedo, so che Draco mi sta scoccando un'occhiataccia. -E non guardarmi così, Dray. È inutile mandarsela a dire, è possibilissimo, in questo posto.- faccio io, mentre sono sdraiato su questa maledetta sabbia cocente, il cappello sul viso a evitare di bruciarmi, e ringrazio fra me e me i jeans e la maglietta neri che indosso, che proteggono un po' il mio corpo da questo sole.

-Ti ricordo chi è a capo di quella squadra. È l'unica che rischia davvero, perché ha il fottuto problema di voler sempre salvare tutti.- mi sorprende il tono duro di Lea. È preoccupata, si vede. E non solo per Ron Weasley.

-Oh, lo so che è là. Fidati che lo so.- come potrei dimenticarlo? Abbiamo anche litigato, a causa di questa assurda divisione di squadre. Cioè, non tanto assurda, ma crudele.

Ha bisogno di me. Lo so, lo sento, è una di quelle emozioni che ti si insinuano sottopelle, impossibili da scacciare. Voglio arrivare a quella maledetta Morris, o Scuola di Guerra, che dir si voglia. Voglio Diana. Punto, e poche balle. Ecco, una persona normale in questo momento aggiungerebbe “dopotutto, è la mia donna...bla bla bla...”. Io no. Perché dovrei? Diana è praticamente la mia vita, non solo la mia donna. Se le capitasse qualcosa, impazzirei.

Cazzo, non devo pensarci! Solo un fugace flash di Diana, ferita, mi manda in palle il cervello. E mi agito per nulla, perché in fondo so che è un'Auror in gamba, una donna formidabile, un vero soldato. Anche se piuttosto scapestrato e incline a disobbedire agli ordini...ah, un'altra cosa che adoro di lei.

Ma c'è qualcosa che non amo, di lei?

Risaliamo a cavallo dopo una ventina di minuti. Poco, ma non ne può più nessuno di noi, vogliamo solo arrivare. Ed è la mia determinazione nel raggiungere finalmente un posto dove posso Evocare una di quelle bibite hawaiane, con tanto di ombrellino, con un solo movimento di bacchetta, che mi spinge a mettermi davanti a Draco e a spronare questa bestia che, come tutti i suoi compari, mi odia.

Odio queste bestiacce!

[End of Blaise Zabini's POV]


-Non mi piace questo passaggio.- commentò Lea. Era tardi, ormai era quasi sera, e il buio già minacciava di calare sul deserto. La temperatura si stava abbassando drasticamente, merito di una escursione termica assolutamente ingiusta. Stavano attraversando, a detta dei due Auror, uno dei tanti canyon che circondavano la Morris-West. Il buio, laggiù, era già più fitto, faticavano a vedere a più di dieci metri di distanza. Sopra di loro, l'inquietante figura bianca di Kelly, che volteggiava alto sul suo cavallo d'un bianco abbacinante.

-Nemmeno a me.- concordò Alex. Lanciò un'occhiata ai due inglesi: quasi senza rendersene conto, avevano estratto le loro armi. Lui e Lea fecero lo stesso.

Il silenzio era innaturale, laggiù. Solo il vento fischiava lentamente fra le due pareti di roccia viva, pulsante di una vita più grande di quella mortale.

Blaise scostò il cappello dal suo viso, lasciandolo ricadere sulla sua schiena ampia. Era assolutamente inutile, in quel momento. Draco, dietro di lui, si guardava intorno muovendo la testa a scatti, guardingo. L'atmosfera si era fatta tesa, quasi palpabile, mentre avanzavano con esasperante lentezza.

Kelly, cento metri più in alto, estrasse le sue pistole. I suoi occhi si spostarono sulla parte alta del canyon, sui costoni rocciosi, cercando deboli luccichii che avrebbero tradito la presenza di tiratori armati. Poi, guardò la “sua” squadra.

Hanno fiutato la trappola.

Era anche ora.

Abbassò il cane della Beretta e prese accuratamente la mira.

Per l'ennesima volta, qualcosa dentro di lei si ribellò, urlandole in faccia nel silenzio quanto fosse sbagliato quello che stava per fare.

Un errore.

Una stupida vendetta.

Kelly scosse la testa, ignorando la voce della sua coscienza. Non una stupida vendetta. Non ancora. Sarebbe venuto, il momento di prendersi ciò che voleva, e da lei, ma non ora. Ora, doveva solo lasciarle un segnale. Un monito, come la cicatrice che le aveva inferto sul dorso della mano.

Un primo assaggio di dolore.

BANG.

Il braccio di Kelly assorbì il rinculo, esperto. Vide gli sguardi stupefatti e allarmati alzarsi verso di lei, ma non vi badò. Si voltò verso i Mangiamorte in attesa su entrambi i costoni del canyon, e gli gridò:

-Non ammazzateli. Li voglio vivi.-

Vide Bellatrix Lestrange annuire, e fare cenno ad alcuni dei suoi sgherri di scendere. Lea, da là sotto, la stava chiamando, allarmata, perché altri Mangiamorte erano apparsi intorno a loro e li avevano circondati. Li osservò mentre venivano costretti a gettare le armi.

Bene.

Erano in trappola.

 

-Fermi.- Blaise si bloccò all'istante. Nel buio, non distinse il proprietario di quella voce fredda.

Un lieve fruscio intorno a loro gli fece capire che erano circondati.

Dannazione!” pensò, abbassando lentamente il fucile. Era ormai chiaro che provare a dare battaglia sarebbe stato inutile.

In trappola. Erano caduti in una fottutissima trappola!

-Gettate le armi. Adesso. Altrimenti farete la fine del vostro amico.- la voce accennava ad Alex, a terra, in un bagno di sangue. Era stata Kelly a sparargli, dall'alto. Era piombato a terra a causa della violenza del proiettile, colpito in pieno petto, e nessuno di loro aveva potuto fare nulla per aiutarlo.

-Ragazzi, fate come vi dicono.- la voce di Lea tremava di rabbia, mentre lanciava rabbiosamente a terra le sue due Smith & Wesson.

-Abbiamo poca scelta.- ringhiò Draco, imitandola e costringendo Blaise, che pareva intenzionato a dare battaglia, a farlo.

-Brava, Artesia.- la voce di Kelly li raggiunse mentre l'Auror piombava giù dal cielo buio. Il suo volto ghignante era in ombra.

-Questa me la pagherai cara, Kelly.- Kelly le si avvicinò, sospesa ad un paio di metri da terra, e la guardò. Nei suoi occhi, nemmeno un barlume di rimorso.

-Non sono io quella che pagherà, in questa battaglia. Sarà lei.- nessuno si accorse di Alex, per nulla rassegnato all'idea di dover morire in silenzio, che aveva estratto una delle pistole. Solo Blaise lo notò, e la sua mente da Serpe capì immediatamente cosa doveva fare.

-Si può sapere cosa ti ha fatto, per meritare questo?- le chiese, anche se già immaginava la risposta.

Doveva solo distrarla...dare tempo ad Alex di prendere bene la mira, nonostante fosse ferito, nonostante stesse molto probabilmente soffrendo, nonostante fosse in punto di morte...

Kelly ignorò Blaise e si voltò lentamente verso Alex, che rimase immobile, pietrificato.

Negli occhi d'onice, solo sete di vendetta.

-Non provarci neanche, Bonn.- mormorò, con voce dolce, dolcemente minacciosa.

-Muori, Kelly.- replicò lui, il sangue che scivolava piano lungo la sua guancia, i denti stretti, per trattenere un grido di dolore. L'Auror ghignò, ma non rispose al suo lugubre augurio.

-Precedimi all'inferno.- disse solo. Poi si volse verso i Mangiamorte. -Legategli i polsi ai pomi delle selle. Dobbiamo allontanarci da qui.- ordinò seccamente. I Mangiamorte obbedirono alla svelta, loro non poterono nemmeno provare a ribellarsi.

Cazzo! Kelly ha tradito...non è possibile, non voglio crederci...siamo nella merda, nella merda fino al collo...Cristo, no! Dobbiamo avvertire Diana!” Lea aveva gli occhi fissi su Alex, previdentemente disarmato, che lentamente si stava dissanguando. Avrebbe voluto fare qualcosa, qualsiasi cosa! Non poteva permettere che il suo amico morisse così...no...non Alex!

Blaise, impotente, dovette permettere ai Mangiamorte di legarlo. Non era il momento di fare gli eroi: avrebbe significato la morte certa, con almeno una ventina di cecchini pronti ad eliminarli al minimo cenno di ribellione. I suoi occhi verde-argento si fissarono in quelli azzurri di Alex. Vide il dolore atroce del biondo scritto in quelle iridi.

La frustrazione crebbe, quando si rese conto che non avrebbe potuto aiutarlo. Che Kelly, maledetta traditrice, li stava costringendo ad abbandonarlo alla morte.

O forse no.

Continuò a guardarlo, con insistenza, e Alex si rese conto di cosa volesse dirgli. Di chi volesse dirgli di chiamare, e alla svelta, per permetterle di salvarlo.

Uno dei Mangiamorte prese le redini del cavallo suo e di Draco, e se li tirò dietro con forza, rischiando di farli cadere entrambi.

Si allontanarono. Prigionieri. Esche. Pedine nel piano di Kelly, che improvvisamente pareva molto più chiaro.

Perché loro tre, Blaise lo sapeva benissimo, erano tutto quello che Diana aveva. Loro, e Alex, che restò là, a terra, il sangue che sgorgava da una ferita molto probabilmente mortale, la mente annebbiata e un solo pensiero fisso nella testa: “Diana”.

 

-Aaah!- una lama incandescente attraversò la mente di Diana. Diablo perse quota, allarmato, scendendo fin quasi a sfiorare le teste di Harry e Ron.

Stavano correndo. E correndo anche velocemente, inseguiti da proiettili e da almeno una trentina di Mangiamorte.

-Porca miseria!- gridò Diana, frustrata, riversa sull'ampio dorso del suo cavallo. Si voltò di scatto, abbandonando con le gambe la salda presa sui fianchi dell'animale, appoggiò la schiena al collo di Diablo ed estrasse entrambe le Colt. Non prese nemmeno la mira, sparò nel mucchio. E fece centro fino a scaricarle. Le rinfoderò, sempre imprecando, e si diede da fare col fucile.

-Datevi una mossa! Andate avanti, io li trattengo indietro!-

-Diana tu sei pazza!- le gridò dietro Melissa, come lei impegnata a sfoltire il gruppo degli inseguitori.

-È un ordine!- replicò Diana, sapendo che l'amica non avrebbe disobbedito. La sentì rivolgerle un insulto esasperato, e poi la vide rinfoderare le pistole. Un secondo più tardi, aveva preso la frusta che aveva appesa alla sella e aveva cominciato a farla schioccare in aria, agitando ancor di più i cavalli degli inglesi. Quelli nitrirono terrorizzati, e corsero ancora più veloce. Diablo, invece, rallentò il suo volo. -Bueno. Amigo, tieniti forte.- gli raccomandò Diana. Chiuse gli occhi per un istante, e quando li riaprì brillavano di luce bianca, innaturale.

La sabbia cominciò ad alzarsi sotto il soffio di un vento inesistente. S'innalzava, sempre di più, intorno ai Mangiamorte, che furono costretti a respirarla, inalarla, dato che si stringeva sempre di più attorno ad ognuno di loro, come una tempesta mortale che li prendeva, li sballottava, li seppelliva sotto una coperta di fine, dorata sabbia assassina...

Diablo si rialzò in cielo, portando il suo cavaliere con sé al sicuro. Ormai i Mangiamorte non erano più una minaccia: solo i loro cavalli continuavano a correre, ma di loro, nessuna traccia.

Diana riprese il controllo di sé. E subito si concentrò su quella fitta di dolore che aveva provato durante la fuga.

Immediatamente, una fitta dolorosa al centro del petto la fece quasi urlare.

-Che diavolo...-

Un viso. Capelli biondi. Occhi azzurri. Sorriso strafottente.

-MERDA! ALEX!- sbottò, improvvisamente spaventata. Si voltò, tornò in sella a Diablo, e gli ordinò duramente: -Raggiungili. Ora. Adesso.-

Il cavallo nitrì, esausto, ma spinse al massimo le ali e raggiunse il resto della squadra.

-Fermi!- gridò l'Auror, concitata. Tre minuti dopo, erano tutti quanti immobili nel deserto, i cavalli stramazzati a terra dalla stanchezza, ansimanti. I loro cavalieri non erano messi meglio, salvo Diana, gli occhi illuminati dalla paura.

-La Morris non è lontana. Melissa, guidali tu. Ormai il piano è andato a puttane: ammazzate qualunque Mangiamorte vediate, e fate alla svelta.- disse, velocemente.

-Perché? Tu dove vai?- le chiese Ginny, allarmata. Diana non poté rispondere: una seconda lama le trapassò il cervello, costringendola ad urlare e a cadere a terra, in ginocchio, le mani premute sulle tempie.

-Alex...- riuscì solo a mormorare, la voce un sussurro atterrito. Gli occhi azzurri di Melissa si allargarono di sorpresa.

-Cos'è successo?-

-Non lo so...soffre...devo andare da lui.-

-Vengo con te.- affermò la giapponese, risoluta. Diana scosse la testa, il dolore che le dava alla testa, la voce di Alex che la chiamava, terrorizzato. Un unico, prolungato, straziante grido di dolore che le annebbiava i pensieri.

-No. Ho bisogno che li porti alla Morris. Lo porterò lì...lo salverò.- Melissa non rispose. Si limitò ad annuire bruscamente e a dirigersi verso i cavalli, assicurandosi della loro salute. Ne avevano perso uno.

-Prendi Diablo.- le disse Diana. Lei si voltò, sorpresa: non permetteva mai a nessuno di montare il suo cavallo. Melissa annuì, e Diana scomparve.

 

Un grido angosciato nella notte texana. Rumore di passi sulla roccia, una corsa disperata, un cappello che cadeva da scompigliati capelli scuri.

-Alex!- Diana crollò di fianco al corpo quasi esangue del biondo americano.

-Di...Diana...- mormorò lui. I suoi occhi erano chiusi, la voce appena percepibile. Era di più il sangue per terra che nel suo corpo. Le mani della giovane si macchiarono di quel rosso, quando si posarono per terra, accanto a lui.

-Alex...cos'è successo?- gli chiese, mentre raccoglieva le energie. Per la magia che aveva in mente, non poteva fare affidamento sull'energia degli Elementi, ma solo sulla sua natura di Regina. Quindi aveva bisogno delle proprie emozioni.

Ma le parole che Alex sussurrò le fecero perdere completamente la concentrazione.

-Kelly...è stata...Kelly...si è alleata...coi Mangiamorte...-

-No.-

-Ha preso...gli altri...li ha portati...via.- Diana tacque per un istante, terrificata. Lea...Draco...Blaise...in balia dei Mangiamorte. Kelly, una traditrice. “Dannazione!”

-Ci penseremo dopo...ora voglio occuparmi di te.- gli disse, posando le mani sulla ferita dall'aspetto per nulla rassicurante. Alex sobbalzò quando sfiorò la carne sanguinolenta, ma Diana non ritrasse le mani.

Fu il suo polso ad essere stretto da una mano impallidita, esangue.

-Ma che...- il biondo scosse lentamente la testa.

-Hai bisogno...delle tue energie.- Diana comprese improvvisamente cosa Alex voleva che non facesse.

-No. Non chiedermelo.- disse, scuotendo vigorosamente la testa, ma la stretta di Alex non si allentò.

-Diana...non ho paura...di morire.- ogni parola che pronunciava la spaventava ancora di più, ma il suo tono era fermo.

-Ho paura io...pivello, non ti lascio morire.- si liberò della sua mano, delicatamente, e fece per curarlo. Ma la sua magia non riuscì a raggiungere la ferita.

-Devo volerlo...anche io...ricordi?- le disse lui.

-Vaffanculo Alex!- sbottò Diana, esasperata. Il biondo sorrise debolmente. -Perché?- gli chiese, fregandosene del suo tono alto e stridulo, della sua voce udibilissima ovunque, delle lacrime di frustrazione che le scendevano lungo le guance.

-Non è...così...brutto.- Diana crollò accanto a lui, in singhiozzi. Sentì le sue dita stringersi alle sue, gelide, orribilmente gelide, bianche come la neve, più della pelle scottata di Diana.

-Alex...non anche tu...- mormorò lei.

-Diana...non piangerai mica...per me?- la canzonò lui, debolmente.

-E per chi altro dovrei farlo!? Spiegamelo! Non puoi morire, Alex...ti prego, lasciati curare.- sussurrò, cosciente di quanto la vita stesse fluendo via dal corpo del suo amico, del suo pivello, come il sangue, che scorreva sempre più lentamente...

-No. Dopotutto...morirò con accanto una bella donna...cosa potrei volere...di più?- Diana gli carezzò il viso. Un gesto protettivo, un gesto dolce e tenero...il gesto di una madre, di una sorella. L'addio doloroso che non voleva pronunciare.

-Shh...non parlare.-

Rimase con lui finché la stretta nella sua mano non si allentò.

Rimase con lui finché non se ne andò.

Allora, e solo allora, con le lacrime immobili sul viso, strinse più forte il suo braccio e si Smaterializzò.

 

-MELISSA!- urlò Diana, appena Apparve nel piazzale della Morris. La giapponesina si voltò verso di lei, vide le sue labbra strette e la mascella contratta, vide i suoi denti stretti.

E capì.

Diana  andò da lei, le permise di buttarsi fra le sue braccia e di scoppiare a piangere. Strinse forte la sua amica, senza dire nulla, sopportando i suoi pugni sulla spalla, colpi inferti col dolore, con la disperazione. Harry la guardò: aveva l’espressione di una belva ferita a morte, il dolore scritto in ogni tratto del viso, ma con quello che sembrava uno sforzo immane si tratteneva dal piangere. Lei si morse un labbro, forte, fino a farlo sanguinare, sentendone il dolce sapore amaro nella bocca, alzando gli occhi al cielo, rabbiosamente, come per rivolgere una maledizione a quelle divinità che le avevano portato via Alex. Forte, forte anche per la sua amica distrutta, forte per tutti loro, il cuore dilaniato ma ancora in piedi, pronta a combattere anche e soprattutto per vendetta. Mai come in quel momento Harry si era reso conto di quanto Diana fosse coraggiosa, di quanto avesse imparato a controllare sé stessa e le proprie emozioni, quando le serviva farlo.

Dopo un po’, Melissa si staccò da lei e si diresse, senza più una lacrima né una parola, verso le sale dell’obitorio, dove Diana aveva fatto comparire il corpo di Alex.

Nella sinistra di Diana invece arse il Fuoco, prima che la fiammella si scagliasse contro una parete, incenerendola.

-Ehi!- gridarono alcuni studenti, lì vicini, ma Diana non gli diede retta e chiamò un’altra volta le fiamme ad ardere, scagliandole con rabbia e con forza, ignorando le proteste dei giovani Auror.

Alex…morto.

Blaise, Lea e Draco…dispersi. Forse uccisi.

Kelly…una traditrice. Assassina.

-MALEDETTA!- esplose Diana, incenerendo con un semplice sguardo l’intera parete, che crollò con uno schianto tremendo, che fece tremare la terra. L’odio riprese vita nel suo cuore, Diana non volle più fermarlo. Lasciò che le emozioni maledette scorressero in lei, la inebriassero, la caricassero di nuova forza omicida. Ormai non le importava più di controllarsi: voleva uccidere, voleva trovare Kelly e massacrarla fino a spezzarle ogni osso, e non c’erano freni che tenevano, lei era un’assassina e voleva esserlo con tutte le sue forze. Non le importava di consumarsi, di perdere sé stessa.

Ora lei era ciò che era nata per essere.

Una vendicatrice.

-SERGEN!- tuonò, la voce magicamente amplificata. Un uomo alto, stempiato, dall'aspetto vigoroso nonostante l'età avanzata, arrivò immediatamente, correndo sul piazzale sabbioso dell'antico forte ottocentesco che formava la Morris, formava allarmato ma non del tutto sorpreso di vedere la sua rabbia esplodere. Il capo supremo della Morris-West. Il colonnello degli Auror Johnathan Sergen.

-Kelly ha tradito. Si è alleata con i Mangiamorte e ha ucciso Alex. Voglio una squadra. Dei migliori. Voglio trovarla e ucciderla, e ho bisogno di qualcuno che mi spiani la strada fra i Mangiamorte.- annunciò Diana, la voce dura e gli occhi taglienti.

-No. Non metterò in pericolo i miei Auror per una missione suicida. E non andrai nemmeno tu.- le disse. Sapeva come prendere quella ragazza, era stata la sua pupilla e la sua diletta.

-Non creda di potermi fermare.- per la prima volta da quando la conosceva, il colonnello fece un passo indietro davanti alla furia di Diana. Chiunque, nel forte, sentì la sua ira travolgere e distruggere ogni cosa.

-Tu non andrai. Ti farai uccidere.-

-ME LA PORTERÒ DIETRO, ALLORA! E MI PORTERÒ DIETRO ANCHE I MANGIAMORTE!- esplose la ragazza, ormai un unico concentrato di rabbia, furia, dolore.

-Non posso permetterlo.- il colonnello si voltò verso un uomo rimasto nell’ombra, che annuì.

Torishah si fece avanti, il potere che emanava da lui come il calore da un fuoco. Diana socchiuse gli occhi, preparandosi a combattere.

-Calmati, Diana. Non voglio farti del male.-

-Nemmeno io. Non costringermi a farlo.-

-Stai perdendo il controllo.-

-Ancora non l’avete capito!? Io voglio perdere il controllo!- a quelle parole urlate, Diana sprigionò dalle mani piccole scintille di fiamme miste a lampi elettrici.

-Non posso permettertelo.- a quelle parole pacate, Diana perse ogni tipo di controllo. Una rabbia assassina le accecò gli occhi, non le permise più di vedere nulla, se non l’Elementale che aveva davanti. I suoi istinti di Elementale, uniti alla furia della Regina, riconobbero in lui solo una cosa.

Nemico.

Alzò una mano. il Fuoco e i Fulmini fluirono senza sforzo sulla sua pelle e si scagliarono sull’indiano, che li schivò per poco.

-Perché sei qui, Torishah?- gli chiese, la voce raspante e bassa, ringhiante. I suoi occhi non erano più del colore dell’argento, e nemmeno bianchi: le sue iridi erano rosse, rosse come il sangue, rosse come il Fuoco che imperversava in lei. Il suo viso era tirato, i denti stretti e la mascella contratta, più simile in quel momento ad un animale feroce che ad una donna.

-Perché Ho-take-nah si aspettava che reagissi così al dolore.-

-HO-TAKE-NAH NON SA NULLA DI ME!- ruggì lei, scagliando ancora gli Elementi su di lui.

-Invece sa molto. Sa che stai soffrendo e che vuoi vendetta, ma non puoi ottenerla così.- disse Torishah, con voce dolce e comprensiva, come l’addestratore di un leone inferocito.

-Questo lo dice lui.- disse lei, con voce fredda. I suoi occhi lampeggiarono di grigio.

-Questo lo sai tu. Non perderti. Calmati, e vinci questa guerra. Per tutti coloro che ti hanno lasciata.- a quelle parole dolci, Diana barcollò. Tutta la sua energia l’abbandonò all’improvviso, soppiantata dal dolore che aveva mascherato. Harry le fu subito accanto, sorreggendola prima che cadesse.

-Diana, riprendi il controllo. Torna in te. Altrimenti, come farai a salvare Blaise e Draco?- le parole del Prescelto fecero breccia nella sua confusione, dissolsero i suoi dubbi, e le misero addosso un irrefrenabile desiderio di piangere. Chiuse un istante gli occhi, e quando li riaprì erano di nuovo pozze d’argento vivo in cui perdersi.

“Non posso perdermi. Non posso abbandonarmi alla furia. Non è giusto, non devo. Per Alex. Per Lea e Draco. Per Blaise.”

Lasciò il confortante abbraccio del fratellastro, e con un gesto riparò la parete distrutta. Sergen, cogliendo l'attimo di pace, le si avvicinò. Si era sempre comportato con lei come un padre, ma pur sempre uno che esigeva e pretendeva rispetto, dai suoi sottoposti.

-Puoi andare, se vuoi. Ma solo per recuperare Lea e i due civili. Sì, Melissa e i tre ragazzi mi hanno spiegato tutto.- annuì, davanti alla sua espressione confusa. -Non voglio morti, non più del necessario. La tua squadra è sfuggita per un pelo alle grinfie dei Mangiamorte, arrivando qui. Si stanno preparando per attaccare, ma li respingeremo. Tu va'. Trovali...e, se riesci a prendere Kelly, portala qui. Viva, Diana.- aggiunse, severo.

-Si aspetti le mie dimissioni, Sergen. Se c'è una cosa che non sopporto, è il suo irritantissimo modo di fare.- replicò Diana, ancora scombussolata, ma già pronta a tornare in azione. Negli occhi della mente, solo la vista del corpo di Alex le diede la forza necessaria per quella battuta. Il pivello avrebbe riso sicuramente. Ne era certa.

Alex...

Se n'era andato.

Se n'era andato alla sua destra, come era sempre stato.

Il pivello le era stato sempre accanto. Sempre. Anche quando erano morti Dan e Scott, lui era al suo fianco, pronto a sopportare i suoi scatti d'ira, la sua ira omicida, la sua dura risolutezza, le sue lacrime. La notte dopo la loro morte, l'aveva passata sveglio, a vegliare lei, in preda alla febbre, in punto di morte, a causa di una ferita di cui nessuno, lei compresa, si era accorta, che si era infettata.

“Sergen ha detto 'non più del necessario', vero? Bueno...vedrò di fare in modo che ucciderla sia necessario.” pensò, distogliendo a forza i pensieri da quello che aveva visto scorrerle davanti agli occhi, ricordi di una vita che si era appena spenta.

-Non correte rischi inutili. Quando tornerò, vi rimanderò in Inghilterra. Devo vincere questa guerra, e lo farò senza voi di mezzo.- disse duramente ai quattro inglesi.

-Scordatelo! Io di qui non me ne vado! Non ora che sta arrivando Voldemort!- sbottò Harry, irato. Diana rimase un attimo basita: quella notizia era nota solo agli Auror. Come diavolo aveva fatto Harry a scoprirlo?

-Con quei dannati Horcrux in giro? Scordatelo, Harry.- Diana si voltò di scatto verso un sergente. -Sergente Marlinson!- chiamò, con voce stentorea, militare. Lui scattò sull'attenti, nonostante fosse più anziano di lei di almeno dieci anni.

-Agli ordini, capitano Black.-

-Non voglio che nessuno...e quando dico nessuno intendo anche Melissa...esca da questo posto per seguirmi. Usate la magia, se necessario, ma trattenete qui questi quattro inglesi e la figlia di Moore, fino a mio contrordine.-

-Sissignora.- Diana ignorò le proteste di Harry e Ron, ma si voltò un istante, prima di Scomparire, e vide Melissa. Nei suoi occhi azzurri, a mandorla, una fredda risolutezza. E una supplica.

“Se riesco a prenderla viva...sarà tua, sorella.” pensò, sperando che il suo pensiero potesse raggiungerla. E, con cupa soddisfazione, la vide annuire.

 

Riapparve nel buio del deserto, senza Diablo, senza nulla se non le sue armi, in primis sé stessa. Era di nuovo fredda. Era di nuovo spietata.

E non sapeva dove andare.

Per la prima volta, senza il suo fedele pivello al fianco, si sentì per un istante persa.

Avrebbe voluto cedere. Cedere alle lacrime e al dolore. Piangere, piangere a lungo, là nel suo amato deserto.

Ma non poteva. Non poteva fermarsi, non ora.

-Ma bene...hai deciso di lasciarli al sicuro, vero?-

Diana, istintivamente, si Smaterializzò. Evitando per un pelo un qualcosa di rosso e bruciante, che fendette l'aria là dove lei si trovava un istante prima.

-Ma che diavolo...- esclamò. Poi, s'interruppe, e lentamente si voltò. Intravide Lea, in ginocchio, il viso scorticato e sanguinante, circondata da almeno cinque Mangiamorte. Non li distinse bene, nel buio.

Ma la sua attenzione venne attirata immediatamente da qualcun altro.

Là, in piedi, illuminata da una luce che aveva visto solo in Torishah, c'era Kelly Galindez.

L'odio e la rabbia proruppero nuovamente nelle sue vene, inondandole d'ira e di violenza. Tentò di calmarsi, di prendere coscienza di sé, ma fu inutile. Il sangue di Alex, che ancora macchiava le sue mani, continuava a ricordarle cosa Kelly aveva fatto, in un'incessante sete di vendetta.

Con uno scatto di pura violenza, Evocò intorno a sé un anello di fuoco. Arse lontano dalla sua pelle almeno di un paio di metri, ma ne avvertì comunque il calore.

-Che inutile sfoggio di potere...- commentò Kelly, caustica, e schioccò le dita.

All'istante, un anello gemello di quello di Diana la circondò.

“Non è possibile!”

La traditrice dovette cogliere la sorpresa di Diana.

-Sì...visto che grazioso dono ho ricevuto, insieme a questo bel tatuaggio?- e le mostrò l'avambraccio destro. Là, sul bronzo della sua pelle, spiccava il Marchio Nero.

-Maledetta...traditrice...- l'odio le impediva anche di parlare. Le fiamme arsero più alte.

-Oh, no. Non credere che abbia tradito i miei ideali, Diana. Io servo sempre e solo me stessa, dovresti saperlo, ormai.- non la vedeva così soddisfatta da anni. Sembrava aver raggiunto una propria pace, scritta col sangue...col sangue di Alex.

A quel pensiero, Diana non si trattenne più.

-Restar!- ruggì con una rabbia inaudita, e le fiamme si scagliarono contro Kelly. Questa non se l'aspettava. La messicana dovette infrangere il proprio anello di fuoco contro le sue fiammate, per proteggersi.

-Bruciano, queste fiamme elementali. Vero, Diana? Bruciano come il sangue del tuo amato pivello...- Diana non ci vide più.

-Ora mi hai veramente rotto!-

Alzò le mani, e dalle sue dita, dal suo palmo, proruppero i fulmini. Tremendi lampi di luce, mortali al solo guardarli, saettarono velocissimi verso Kelly, l'aria che crepitava d'elettricità, di rabbia, di frustrazione...

La messicana fu colpita in pieno, e fu peggio della Maledizione Cruciatus. Gridò, si dibatté in preda ai dolori più atroci, tentando di liberarsene: inutile.

Fu Diana a porre fine a quella tortura, vacillando per un istante di troppo. Non aveva mia sfruttato quel potere, ed era stato devastante. Ma non le interessava. Non le interessava consumarsi, sforzarsi, stancarsi. Non le interessava nulla, se non un pensiero fisso, l'unico che fosse chiaro nella sua mente annebbiata: uccidere.

-Diana, Blaise e Draco sono...- un Mangiamorte zittì Lea con uno schiaffo.

L'attimo dopo, un proiettile era saettato nel buio, e lo aveva ucciso.

Diana non si voltò, non le importava sapere chi fosse sopraggiunto. I suoi occhi erano fissi con rabbia omicida su Kelly, che lentamente si stava rialzando.

-Come hai fatto ad avere questi poteri, dannata?- sibilò, nella lingua che sapeva potessero solo lei e Lea comprendere.

-Qualunque Anoma...come il mio Signore...può risvegliare un Elementale. Anche il tuo amato Ho-take-nah l'ha fatto, dopotutto.- ansimò lei, proteggendosi a stento da un secondo, furibondo attacco della mezz'americana. Per un istante, Diana rimase attonita.

Cosa c'entrava Ho-take-nah in quella faccenda?

-Cosa intendi dire?- le chiese, suo malgrado, un orribile sospetto che le si insinuava nella mente. Kelly rise: una risata fredda, malvagia, corrotta. La risata di una Mangiamorte.

-Non dirmi che non te l'ha detto!- la sbeffeggiò, fra le risate.

-Dirmi che cosa, maledetta? Cosa?- altri fulmini andarono a colpire Kelly, ma lei si Smaterializzò un metro più indietro, evitandoli per un soffio.

-Non ti sei mai chiesta come mai quel vecchio potesse usare la magia nel Limbo? Solo gli Elementali, gli Anoma...e naturalmente la Regina...- le rivolse un cenno sarcastico con la testa. Diana era allibita, dietro al suo odio: come aveva fatto a scoprirlo? -...possono farlo. Ho-take-nah è un Anoma, piccola Diana.-

-Io...tu menti!- intorno a Diana, il fuoco arse più forte e mortale che mai. Le fiamme lambivano la sua pelle, la ricoprivano, diventavano parte di lei. Una nova nel deserto, la rabbia che si fondeva con l'immensa potenza del Fuoco, l'aria stessa che si ritirava, davanti alla furia della Regina.

-No. Fa male la verità, vero?-

-TACI!- ruggì Diana, e l'attimo dopo quella creatura fatta di fiamme si scagliò su Kelly. Una, due, tre volte, i suoi pugni colpirono, violenti e distruttivi, intorno a loro la battaglia che infuriava.

Le due cominciarono a prendersi a pugni, con una forza e una rabbia inaudite, fracassandosi ossa, spaccandosi carne, distruggendo ogni singola cosa dell'altra che i loro pugni andavano a colpire.

-Sai quanto hanno urlato, i due Serpenti, mentre bruciavano vivi?- a quell'ennesima provocazione, Diana esplose. “No, no, no, no, Blaise e Draco no!!”

-MUORI!- ruggì, e caricò il suo pugno, colpendo Kelly con tutta la forza che possedeva.

Il suo pugno sprofondò per venti centimetri buoni nella sabbia, vetrificandola.

E Kelly, ridendo ancora con quella sua risata orribile, semplicemente scomparve.

Le fiamme smisero di ardere intorno a Diana quasi all'istante. La ragazza piombò a terra, esausta, svuotata, svuotata dentro da qualunque cosa, persino da quella venefica sete di vendetta che l'aveva animata fino a poco prima.

-Diana!- una voce angosciata la costrinse ad aprire gli occhi. Una voce conosciuta, tanto amata quanto detestata.

Harry le fu subito accanto, il viso lucido di sangue. Quando la sfiorò, sussultò: la pelle di Diana ardeva ancora.

-Cosa cazzo...ci fai...tu...qui?- ansimò lei, stringendo nuovamente le palpebre, i polmoni che urlavano di dolore, il cuore che batteva all'impazzata.

Le parole del Prescelto furono una condanna a morte, per lei.

-I Mangiamorte hanno attaccato la scuola appena sei scomparsa. Gli Auror sono caduti.- Diana balzò a sedere, esterrefatta, fendendo con gli occhi il buio, intravedendo un Ron attonito e devastato in ginocchio, con Lea fra le braccia, entrambi singhiozzanti.

-È impossibile! Dove sono le altre?- sbottò, atterrita, voltandosi verso Harry.

Gli occhi di smeraldo la guardarono. Erano spenti, vacui, vuoti. Svuotati di vita e di ogni ragione per viverla.

-Harry, dove sono le ragazze?- gli chiese, la paura che spariva, soppiantata dal vero terrore. “Ti prego, dimmi che sono in salvo...ti prego, fratello, dimmi che non sono...non possono essere...”

-Harry...-

-La Morris è esplosa. Siamo sopravvissuti solo noi due.-

 

“No.”

 

 

 

 

 

 

Ditemi che non volete uccidermi e controllerò di non avervi imposto inconsciamente un Imperius…perché voglio suicidarmi, dopo tutto quello che ho fatto e farò in questa storia…

Ecco, mò torno nel mio bagagliaio…e mi ci rinchiudo col portatile e con un casco in testa…sperando di sopravvivere al prevedibile attacco…

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Capitolo 27
*** Morte! ***


Ok, se avete desiderato uccidermi alla fine dello scorso capitolo, alla fine di questo cosa farete

Ok, se avete desiderato uccidermi alla fine dello scorso capitolo, alla fine di questo cosa farete? Mi squarterete pezzo per pezzo e mi getterete in pasto agli Schiopodi Sparacoda!? Sto già provvedendo da sola, perché vi informo che è l’una e diciotto minuti di notte, mentre scrivo il My Space, e sono sdraiata col portatile sul mio letto a soppalco, le lacrime che mi rigano le guance e finiscono nelle orecchie, come ai bambini. Vi chiedo perdono. E ringrazio con tutto il cuore e l’orgoglio inevitabile di scrittrice le 49 persone che hanno Luce e Buio fra i preferiti. Ragazzi, grazie!!!!

Ecco…so già chi vorrà uccidermi (tutti) alla fine…e anche all’inizio…comunque, lunedì posterò il prossimo capitolo, perché stage rompendo la sottoscritta qui scrive come la grafomane che è di notte, come vi ho scritto sopra…vedete, per me scrivere è tutto, è l’unico modo in cui il mio animo tormentato, lacerato, rovinato, possa trovare un po’ di pace. Un po’ di sfogo.

Ed ecco le risposte alle recensioni:

semplicementeme: oddio, la prossima volta dormi...anche perché i miei chap non sono da considerarsi “lettura leggera”! ;P Ho pianto scrivendo quella parte, a dir la verità ho pianto durante tutto il cap...in questo c'è un nuovo cambio di font, è il POV in terza persona è proprio quello di Kelly. Per gli occhi, li feci rossi perché il nero l'ho usato qui...grazie cmq per il consiglio! E buona fortuna con l'università!!

DileWeasley: (e Diletta preparò l'arma).....sai cosa succederà qui, vero? Dile siii comprensiva...sai il finale....ti prego...non uccidermi!!!!

D2OTTO: Alex sapeva che Diana avrebbe combattuto contro Kelly, per questo non ha voluto che “sprecasse” energie con lui...coraggioso pivello, lo adoro...Kelly...Kelly...per morire, morirà di certo, nel prossimo chap e per mano di ....ok taccio...e perdonami per tutto quello che combinerò in questo chap...;P

SlytherinAngel: non preoccuparti se non riesci a recensire! Anche a me capita spesso!!! Per Blaise e Diana, oddio, io sto piangendo, quindi perdonami....non riesco a non pensare alle calde e assolate spiagge delle hawaii....sigh....sob....ueeeeee!!!!

Ilaria: tesoro non preoccuparti della cupezza, sai che ti capisco benissimo e non me la prenderei mai con te. Si, per Melissa ho pensato a te, e per quei tre ho pensato a quelli che ho pestato...dopotutto, è o no un'autobiografia? Per qualunque cosa, io sono qui, ricordatelo! Un bacione stella!

Sarita46: aspetta di vedere cosa combino in questo chap....cmq....l'happy end, per tutti, ci sarà...anche se non riuscirai a vederlo, per ora, ci sarà----promesso!!!

pei_chan: io non ti faccio morire Draco, premetto....io e la Dile sapevamo che avresti reagito così muahahahah.....se la battaglia con Kelly ti è piaciuta, come mi par di capire, aspetta di leggere e poi giudica...e, per favore, risveglia l'OPAK di cui voglio entrare a far parte (manie suicide)...

cherie: ehm......ehm......Ron, dici????? ehm.....oddio.....perdonami anche tu.....per le due cose che hai espresso, te lo rivelo in anteprima, succederanno entrambe....ma shhhhhhhhh!!!!!!

Inno: se non assicuravo l'happy end mi sa che mi cruciavano a morte per un paio di settimane!! ;P

Honey Evans: ragazza, respira, respira, e ripetiti: l'ha promesso-l'ha promesso-l'ha promesso.............e ogni promessa è debito per la sottoscritta!!! Grazie per l'aiuto, ero andata nel pallone perché non me lo ricordavo e il mio dizionario è finito in pasto a Camomilla (il mio pastore tedesco deficiente!) Grazie e....anche tu...perdonami!

Shuyin: ragazzo, calmati, dai....su....;P Questo chap l'ho scritto anche pensando a te, visto che ti piacciono tanto i poteri di Diana! Spero tu gradisca....ma mi sa che vorrai uccidermi lo stesso...

Farea: E SIGNORI E SIGNORE, ECCOLAAAA!!!! Ma dai, tanto sapevi che succedeva, te l'avevo detto, no? Pensa alla fine di questo cosa vorrai farmi...muahahahahah risata malefica...grazie per il commento Lauretta!!!

 

Se tornate indietro di un chap, troverete queste immagini:

Diablo

Fuego

L’Oreana

E ora…beh, non vi auguro buona lettura, perché diciamo che è un po’ da suicidio…

BUONA LETTURA (ci tengo a morire prematuramente ^.^)

 

 

 

 

 

 

MORTE!

 

Diana non riuscì a dire nulla. Le sembravano passati solo pochi minuti, da quando si era Smaterializzata dalla Morris, eppure dovevano essere passate ore. Le pareva impossibile che i Mangiamorte avessero attaccato in massa, fatto esplodere la roccaforte della magia nel Limbo, ucciso...non era possibile che le tre ragazze fossero...

Fece l'unica cosa che le parve sensata, in quel momento. Abbracciò il suo fratellastro, sentì le braccia di lui stringerla in vita, forte, quasi con rabbia, mentre la verità la colpiva con la forza di una mazzata.

Alex.

Melissa.

Hermione.

Ginny.

Rimasero in silenzio, tutti e quattro. Non trovarono niente da dire, le loro lacrime silenti parlavano per loro. Solo dopo un'eternità di tempo, Diana si separò da Harry, pallido e tremante, e andò da Lea. Curò le ferite di tutti e tre, senza dire nulla, mentre ascoltava il rapporto che aveva ordinato all'amica di farle.

-...li ha portati verso Eagle Pass. Sono ancora vivi.- terminò. Il cuore di Diana ebbe un cupo sobbalzo: vivi, ma chissà in quali condizioni...

O forse già morti.

Avrebbe urlato. Il dolore e la frustrazione erano così immensi da impedirle persino di usare le sue capacità vocali, non riusciva a pensare, sembrava un automa.

Alzò le mani, chiamò a sé l'Aria, e Diablo apparve nel buio del deserto. Solo le sue ali e la sua criniera spiccavano nella notte, mentre il suo corpo vi si fondeva.

-Salite. È abbastanza forte per portare tutti e tre.- ordinò, con voce atona.

-Ma...-

-Harry, in questo momento vorrei mandarvi il più lontano possibile da qui. Ma so che piuttosto che permetterlo mi uccideresti. Vuoi restare, volete restare, e non ve lo impedirò.- l'affermazione di Diana lo spaventò: come faceva a cogliere, anche in quel momento, ogni suo più piccolo pensiero, ogni suo determinato desiderio di restare e combattere? Di restare, e uccidere gli assassini di Ginny e Hermione?

-Io mi Smaterializzerò. Voi raggiungete Eagle Pass con calma, non è lontano.- Diana, nonostante il suo corpo fosse martoriato da cento e più ferite sanguinolente, si reggeva benissimo in piedi. Voleva arrivare prima di loro, voleva far fuori tutti i Mangiamorte che le fosse stato possibile uccidere, facendo in modo di lasciare Voldemort, solo, dinanzi a Harry. Avrebbe trovato Blaise e Draco, e in qualche modo li avrebbe portati via, da lì. Non avrebbe avuto problemi a evitare di farsi ammazzare, lei. E anche Kelly. Oh, lei sarebbe sopravvissuta. Poco ma sicuro, avrebbe vissuto ancora a lungo.

Senza più gli occhi, né le mani, né i piedi. L'avrebbe condannata ad una vita di buio e dolore.

-Ma...- Ron annaspò alla ricerca delle parole per esprimere il dolore immenso che portava dentro. Ma Diana comprese lo stesso.

-Ron, non è il momento di disperarci. Verrà il tempo in cui potremo arrenderci al dolore, piangere i nostri morti. Ma adesso è solo una la cosa che dobbiamo fare, che devo fare, ed è ucciderli tutti.- Lea, Ron e Harry furono spaventati dal tono basso, rasposo, quasi serpentino della voce di Diana. Sembrava prontissima a mettere in atto le sue minacce, e sapevano che era capace di farlo.

E non l'avrebbero fermata.

Con un brusco cenno di Diana, Diablo si alzò in volo nel silenzio più totale. Diana attese, la testa rovesciata verso il cielo, finché non lo vide sparire fra le stelle.

Poi, pronunciò alcune parole scelte con cura, parole tenui, sottili, che si persero nella notte.

La sabbia cominciò a muoversi. Si alzò lentamente, frusciando nel buio, creando mulinelli ipnotici che andarono a condensarsi in una piccola, minuta, eterea figura di bambino.

-Ai suoi ordini, mia Regina.- disse lo spirito del deserto, con voce bassa e flautata.

 -Distruggi gli Horcrux.- ordinò seccamente lei. Aveva trovato quella soluzione solo pochi attimi prima. Si maledisse ferocemente, quando si rese conto che, se le fosse venuta prima quell'idea, i ragazzi sarebbero stati ancora vivi.

 -Sarà fatto.- rispose lo spirito, e tornò a immergersi nel proprio elemento. Diana rimase un istante a guardarlo svanire, prima di girare su sé stessa e di Smaterializzarsi.

Desiderava solo una cosa, in quel momento. Un desiderio, una bramosia, ormai un'ossessione che l'animava da quando la stretta della mano di Alex si era allentata nella sua.

Dare libero sfogo al suo Male.

 

Riapparve sopra uno dei due picchi di Eagle Pass. Erano due grandi, frastagliate formazioni rocciose, che si innalzavano verso il cielo come torri di pietra brunita dal sole, e in mezzo a loro correva una strada, stretta, sterrata, ideale per passare inosservati e per cadere negli agguati. Diana ne aveva evitati tanti, laggiù. Nella notte, si ergevano come due colonne dritto verso le stelle.

“Ho-take-nah...so che puoi sentirmi. Volevi che imparassi ad essere invincibile...proprio tu, che dovresti uccidermi...non so perché. Forse non avrò tempo di scoprirlo. Ma ora, in questo istante, ho bisogno di dimenticare i tuoi insegnamenti. Ho bisogno della mia furia. Ormai non mi spaventa più.”

Non ottenne risposta, ma sapeva che l'indiano aveva colto le sue parole.

Chiuse gli occhi per un istante, trovando nel buio delle proprie palpebre l'ardente sete di sangue che non riusciva più a voler placare.

Si concentrò su quella, e su niente altro. Rimase immobile, lassù, col vento che la faceva rabbrividire, per interminabili, inquietanti attimi. Attimi di dolore, di rancore, di rabbia e di odio, tutti condensati in un unica brama dal sapore amaro: quella di vendetta.

Quando i suoi occhi si riaprirono, Shoenn ebbe la meglio su di essi. Si perdevano nel cielo come l'ombra nella buio, neri come l'universo più profondo, ardenti di una fiamma incessante, che la consumava fin nel più profondo antro del suo animo lacerato. Il bianco degli occhi non esisteva più: le iridi si erano allargate fino a comprenderlo tutto.

Fendettero la notte con estrema facilità. Là, in lontananza, distinse le ali e la criniera sanguigne di Diablo. Il suo udito allenato colse a distanza impressionante le loro voci.

Non avrebbe diviso il sangue di Kelly con nessun altro. Questo Lea lo sapeva bene. E non l'avrebbe fermata.

Spostò lo sguardo verso il basso, e distinse la vaga luce eterea che brillava in tutti gli Elementali. La preda della Regina era laggiù.

E c'erano anche decine e decine di Mangiamorte, alcuni ancora accaldati dopo una corsa a cavallo, probabilmente gli stessi che avevano distrutto la Morris-West. Altri erano lì da più tempo: distinse Bellatrix, sua zia, la donna a cui in quel momento somigliava di più che a chiunque altro, allo scodinzolante seguito di un uomo alto, emaciato, avvolto in un mantello nero come i suoi occhi.

Voldemort era giunto nel Limbo.

Avrebbe avuto poche possibilità, rifletté. Solo il tempo necessario per scatenare le sue più oscure forze, prima che Voldemort, coadiuvato da Kelly, la uccidesse.

Non le importava minimamente. Voleva solo dare vita all'inferno, per i Mangiamorte, e sarebbero morti anche senza la sua supervisione.

Ed eccolì, là. Quasi irriconoscibili. Un moto di rabbia violenta assalì Diana ancor di più, quando a stento li riconobbe. Blaise e Draco erano stati pestati da mani esperte. I loro volti lividi e sanguinanti spiccavano nel buio. Intorno ai loro polsi insanguinati, manette di gelido acciaio segavano le loro ossa.

 Chiunque  avesse osato fare questo a loro, avrebbe pagato. Molto, molto caro.

Con indubbia agilità, Diana discese silenziosamente il picco di ovest. Conosceva quelle rocce come i palmi delle sue mani diafane, ormai privi della protezione dei guanti, e non le fu difficile inerpicarsi su quelle pareti senza nemmeno un suono.

Nel suo cuore, ormai albergava solo la gelida calma che precede l'omicidio.

Passò in mezzo ai Mangiamorte intorno ai due ragazzi, senza che la vedessero, celata da poche, semplici parole sussurrate al Vento. I suoi passi non producevano il minimo rumore sulla strada sterrata dell'accampamento. Le ombre che danzavano intorno a lei, nei riflessi rossastri dei fuochi accesi per illuminare il buio, attraversavano i corpi dei suoi nemici, senza che loro le vedessero, e ne fermava i cuori. Fu Diana a bloccarle: non meritavano morti così dolci, quelle carogne.

Erano gli spiriti dei morti, che attraverso di lei tornavano fra i mortali, assetati di vendetta, bramosi di quel sangue che solo lei poteva dargli. Le loro grida di rabbia risuonavano vaghe nel cuore di Diana, irrobustivano la sua sete già immensa di morte.

S'inginocchiò dietro i due ragazzi, e Blaise riconobbe il suono lieve delle sue ginocchia che schioccavano.

-Dove sei?- sussurrò, così piano che persino lei faticò a sentirlo.

-Dietro di voi.- rispose, la voce gelida, fredda, inspiegabilmente diversa da quella che i due conoscevano. Ad un lieve cenno della sua mano sinistra, due evanescenti ombre s'insinuarono nelle serrature. Le manette scattarono con un metallico ticchettio, e caddero a terra. -Allontanatevi. Andate via di qui: non siete in grado di fare nulla.- gli disse, rialzandosi.

-Diana...-

-Blaise, una volta tanto, dammi retta.- lo interruppe, e li superò entrambi, dirigendosi verso la giovane donna, in attesa, al centro dell'accampamento. Mentre camminava, sciolse l'incantesimo. Avvertì grida, sussurri, mormorii, al suo passaggio, ma i suoi occhi erano fissi su quelli di Kelly.

 -Diana, hai deciso di gettarti nella bocca del leone?- la beffeggiò, anche se, con perversa soddisfazione, la mestiza colse una vaga preoccupazione nella sua voce, quando la messicana vide il suo sguardo. Voldemort, a quelle parole, si volse verso di loro.

Ma nulla, nemmeno una vaga sorpresa, aleggiò sul suo viso serpentino.

-Chiamami con il mio nome, Kelly. Sai qual'è.- disse Diana, pacata, indifferente al fatto di essere l'oggetto di tutti gli sguardi dei Mangiamorte. Nessuno si accorse di Draco e di Blaise, che lentamente, il primo sorreggendo il secondo, si stavano portando al sicuro.

-Quale? “Regina”?- la voce irrisoria della Galindez non la sfiorò minimamente. Scosse la testa, senza chiudere nemmeno per un istante le palpebre sui due baratri oscuri al posto dei suoi occhi, e sorrise. Un sorriso crudele, inquietante.

 -No. Shoenn.-

-E così...alla fine...hai scelto, mia Regina.- la voce di Voldemort si propagò serpeggiando fra le sue fila, e la raggiunse. Anche Blaise lo sentì, si irrigidì nel cogliere le due ultime parole, e si voltò di scatto.

-Esattamente. Ho scelto quello che desideravi...ma non nel modo che prevedevi, Voldemort.- pronunciando il nome dell'Oscuro, Diana rivolse un'occhiata sprezzante a Bellatrix, il cui collo era scattato involontariamente nel sentirlo.

-È ancora presto per deciderlo, Shoenn.- replicò lui, beffardo, ma fece due passi indietro quando Kelly avanzò. Il suo viso era storto di rabbia e di odio, mentre quello di Diana era calmo, insolente, d'una perfezione assoluta creata dalle ombre.

-Non credere di spaventarmi, Black.-

-Oh, non lo credo.- Diana sorrise ancora, affabile. -Ma sai, forse ho il dovere di avvertirti di una cosa...- inclinò leggermente la testa, felina, scrutandola con interesse.

-Cosa?- sibilò duramente la messicana, allarmata dalla sua assoluta mancanza di pietà.

-La sottoscritta...- Diana scomparve. L'attimo prima era dinanzi a lei, e quello dopo lo spazio che occupava era vuoto.

Un sibilo, un sussurro dietro la schiena di Kelly. -...sta ancora giocando.-

Le ombre s'insinuarono prepotentemente nel corpo di Diana, lo risalirono, ed esplosero insieme agli Elementi dalle sue mani, in una sfera fiammeggiante che andò ad ardere contro la schiena di Kelly.

La messicana fu scagliata a terra a tre metri di distanza. Voldemort, ghignante, si voltò appena in tempo per schivare una pallottola.

I suoi occhi rossi fiammeggiarono verso il cielo da dove era nato quel colpo. E vide solo qualcosa di nero, prima che un Diablo infuriato gli piombasse addosso.

Lea, Harry e Ron balzarono a terra, armati, furibondi, animati da una furia cieca che, al contrario di Diana, non sapevano controllare. Alzarono le armi, aprirono il fuoco.

E l'attimo dopo fu il caos.

-Cosa cazzo sta succedendo? Dove sono Hermione e Ginny?- sbottò Draco, accanto all'amico esausto, sanguinante, seduto scompostamente contro una parete di roccia. Una gamba di Blaise era stata rotta a livello del ginocchio da un calcio di Rowle.

-Non lo so...Draco, vai anche tu. È inutile che resti qui, vai a combattere.- rispose lui, gli occhi stretti a causa del dolore inimmaginabile che provava. Draco, che non aspettava altro, annuì e corse via, atterrando con un pugno ben piazzato il primo Mangiamorte che gli si parò davanti.

-Mi serve il fucile...- gli disse, con un ghigno beffardo, e se ne appropriò.

-Tiramelo, và, e tu prendi le pistole.- gli gridò dietro Blaise. Draco seguì la sua proposta e gli tirò l'arma, che Blaise prese al volo. Cominciò a mietere vittime, mirando ai Mangiamorte intorno a Diana, per darle spazio di manovra e per non perderla di vista. Non l'avrebbe mai ammesso, ma quello scontro fra titani lo spaventava.

Diana schivò senza troppi problemi un attacco furibondo di Kelly. Si muoveva appena, limitandosi a schivare e parare gli Elementi che Kelly scatenava contro la lorostessa regina.

-Non vuoi combattere?- la provocò la messicana, ansante.

-Mi diverto a vederti provare.- replicò Diana, arrogante. -Ma, se proprio ci tieni...-

Chiuse gli occhi, per la prima volta da quando era giunta in quell'accampamento. Intorno a lei, le ombre cominciarono a danzare velocemente, sempre più velocemente, in movimenti pulsanti e ipnotici, e l'ira che le alimentava crebbe nel suo animo, accecandola, inebriandola fino allo spasmo.

E, un istante più tardi, quell'oscura massa assassina si era scagliata su Kelly.

A nulla valsero i suoi tentativi di proteggersi: Diana era troppo grande, troppo potente, per essere contrastata. Fu colpita in pieno, sentì le urla che echeggiavano nel cuore dell'Auror, sentì lo strazio di quelle anime di cui lei aveva causato il dolore, e gridò con loro, soffrendo tutte le ferite che aveva inferto, tutto il male che aveva fatto.

-RON!- un grido distolse l'attenzione di Diana da ciò che stava compiendo. Si voltò di scatto, allarmata, e vide il suo amico, Ron, il rosso, le mani strette spasmodicamente alle spalle di Lea, il viso contratto, e tre fori nella schiena.

Un flash. Un orribile flash di una scena vissuta sulla propria pelle.

Ron ci mise un'eternità a cadere a terra. Le sue ginocchia cedettero lentamente, Lea in lacrime, che s'inginocchiava accanto a lui, che sussurrava parole che non riusciva a sentire.

E gli occhi azzurri che si chiudevano lentamente.

Immobili.

Ogni muscolo che si abbandonava.

Diana fissò la scena, esterrefatta e inorridita. Lea piangeva. Harry accorreva. Blaise era immobile, orripilato quanto lei. Draco era l'unico ancora a combattere.

Non era possibile...non era assolutamente possibile...

Un Mangiamorte, il Mangiamorte che aveva sparato a Ron, puntò Lea e fece fuoco.

 -NO!- Diana fu in mezzo in un istante, le ombre ondeggiarono intorno a lei, e i proiettili si fermarono a mezz'aria.  -Muori.- sibilò soltanto, e ad un suo gesto i proiettili saettarono contro il proprio tiratore, trapassandolo da parte a parte.

E fu allora che Voldemort si mosse.

Diana si era distratta. Kelly era riuscita a liberarsi, si era rialzata e, ad un imperioso cenno del Signore Oscuro, le si era avvicinata di soppiatto. Fu solo l'odore di carne bruciata, la sensazione di qualcosa di orrendamente sbagliato, prima che il dolore raggiungesse il cervello di Diana e lo mandò letteralmente in fiamme.

La Regina fu scagliata contro una delle pareti di roccia, aprendovi un varco delle dimensioni del suo corpo. Gridò, il dolore insopportabile, disumano, quando le sue ossa si ruppero.

 Crollò a terra, il sangue in bocca, le braccia che non rispondevano ai suoi richiami. Provò a rialzarsi, ma qualcosa di poco dissimile dalla Cruciatus la colpì. Avvertì il proprio corpo dibattersi, la schiena inarcarsi, in preda a quel dolore folle, immane, la mente stessa stravolta, un unico urlo  prolungato e atroce...

-DIANA!- la voce angosciata di Blaise fu l'ultima cosa che sentì, prima di piombare a terra, priva di sensi.

 

Poche ore più tardi. Notte, sempre notte, un breve baluginio a est, la notte che schiariva appena.

Solo quattro prigionieri. Harry, Lea, Draco, Blaise. Catturati dopo la caduta di Diana. Svenuti, pestati affinché rimanessero privi di sensi.

Nessuno, intorno a loro. Silenzio, silenzio di morte.

Solo una struttura, un cubo d'un bianco strano, perlaceo, evanescente, a cento metri da loro.

E là, nel suo ventre, un corpo svenuto, martoriato da una battaglia sanguinosa.

Occhi neri sciolsero la magia che teneva tutti e cinque addormentati. Voleva godersela, quella.

 

Diana spalancò gli occhi. Per un istante, credette che fosse la sua vista, un po’ appannata, a rendere tutto così sfocato, così tremolante, come attraverso un velo d’acqua, a rendere la notte pallida. Quanto era rimasta priva di sensi? Dov'era la furia assassina che l'aveva animata? Cos'era successo agli altri? A Ron?

Poi…

Una fulminea comprensione. Uno sgranarsi degli occhi.

Si rese conto all’improvviso di dove si trovava, e il panico si impossessò di lei.

Questo è un luogo dove non esiste la tua magia.

Solo Lui può averlo Evocato.

Bianco. Solo ed esclusivamente bianco, intorno a te.

L’aria sa di stantio e di veleno, povera di ossigeno come di vita.

La tua testa scatta, a destra, a sinistra, vedi le manette che ti insanguinano i polsi.

Non puoi comandarle. Sono fatte dello stesso materiale di quel maledetto posto, di quelle dannate pareti.

Sei in ginocchio. I tuoi vestiti sono laceri. Il sangue gocciola piano sul perlaceo, sparisce appena tocca quel bianco abbacinante.

Attorno a te, la vivida crudezza del solo Elemento che non puoi comandare.

Perché è un Elemento che è nato con te.

Nato per distruggerti.

Arn-rhua. L’Elemento maledetto.

Il tuo respiro si fa più veloce. Frenetico. Cerchi aria che non può arrivarti. Senti il tuo cuore battere all’impazzata per tenerti in vita.

È una lotta senza speranza.

Sai che non puoi vincere questa tortura.

Sconfitta...

 

-Dov’è Diana?- furono le prime due parole che uscirono dalla bocca di Blaise, appena aprì gli occhi. Non avvertì il dolore lancinante delle manette che gli segavano i polsi, non sentì l’aria premere crudele su almeno una decina di profonde ferite aperte, non sentì il pulsare della dolorosa botta che aveva ricevuto sulla nuca.

Aveva visto Diana imprigionata, e questo non era possibile.

 

-È là…là dentro.- mormorò Lea, che come lui si era appena risvegliata, che come lui era messa malissimo. Lacrime immobili brillavano sull’orlo delle sue palpebre, ma non voleva arrendersi al pianto, arrendersi al dolore: c’era ancora qualcuno di vivo. C’era ancora qualcuno da salvare.

Anche se Ron non c’era più.

Anche se Ron se n’era andato.

 

Blaise alzò lo sguardo verso il cubo che Lea aveva indicato. Una struttura imponente, massiccia, fatta di qualcosa simile a porcellana come consistenza, ma trasparente come il vetro più sottile.

Là dentro, c’era Diana.

Incatenata da quelle che sembravano tralci della stessa sostanza vetrosa in cui era rinchiusa, si guardava in giro, frenetica, il terrore dipinto sul volto e il sangue che scorreva fra i suoi lineamenti, sul suo corpo, che non lasciava tracce sul bianco opprimente che la circondava.

Aveva l’espressione che le aveva visto tante volte, sul viso. L’espressione ferina, spaventata, aggressiva, di una fiera in trappola.

 

Kelly Galindez si Materializzò dietro ai prigionieri. Sul suo viso, solo somma soddisfazione, quando vide Diana imprigionata, incatenata, sconfitta. Assaporò nella sua mente quest’ultima parola…

Sconfitta.

Era quello che desiderava da quando suo fratello e Scott erano morti. Per quanto tanti avessero provato a convincerla del contrario, lei sapeva che Diana era l’unica causa di quelle tante morti, in quella maledetta guerra.

Aveva accettato il Marchio solo per poterle finalmente infliggere quello che lei aveva costretto a subire tanti altri. Cercava di non pensare di essere in combutta con lo stesso mostro che le aveva portato via Scott e Dan, perché solo quella consapevolezza le provocava un immenso disgusto di sé stessa.

Ma era stato necessario, per raggiungere lo scopo che da tanti mesi bramava.

Incontrò gli occhi di nuovo argentei di quella che una volta aveva chiamato amica. Erano spaventati, eppure fieri, orgogliosi. Come sempre.

Ci avrebbe pensato lei, a distruggere anche quegli ultimi barlumi di vita che ancora esistevano in lei.

Estrasse con calma studiata la pistola, senza lasciare lo sguardo di Diana, tenendo il proprio accuratamente indifferente. E l’orrore, lentamente, si dipinse sul volto della mezz’americana.

-Kelly! No!- gridò, strattonando le catene, urlando di dolore quando l’Arn-rhua le bruciò la carne, penetrando fino alle ossa. Ma non le interessava.

Blaise, lentamente, si voltò e alzò lo sguardo. E quello che vide non gli piacque affatto.

“Merda!”

Kelly spinse la canna della pistola contro la testa del moro Serpeverde, costringendolo a seguirne l’urto. Era crudele, la giovane donna lo sapeva benissimo. Per una persona orgogliosa come quel ragazzo, non ci sarebbe mai stato nulla di peggio che essere umiliato così, davanti alla sua donna.

-Kelly!- Diana gridò di nuovo, ribellandosi con violenza le catene che la intrappolavano. Kelly ghignò: sapeva bene che non avrebbe mai potuto liberarsi. Sarebbe stata costretta ad assistere.

Si gingillò con l’arma, sfiorando i capelli di Blaise, il viso, le spalle. Era indecisa: meglio un colpo alla testa, pulito e veloce, o la lenta agonia del perforamento di un polmone?

No. Quel ragazzo, dopotutto, era un innocente. Una pedina. Non sarebbe servito a nulla farlo soffrire. Non era lui, quello che avrebbe sofferto.

-Kelly! No!- Diana strattonò le catene con ancora più forza, tentando di alzarsi, tentando di liberarsi, stravolta, gli occhi lucidi.

-Come ci si sente, Diana? Te lo ricordi?- sussurrò Kelly, piano, sapendo che poteva sentirla. No, decise. Meglio un colpo alla testa, diretto, preciso, pulito.

Non doveva provare dolore. Non lui, almeno.

Diana crollò di nuovo in ginocchio, esausta, il viso rivolto al proprio sangue, che colava sulle sue gambe. Gli occhi lucidi, senza il coraggio di fissarsi ancora in quelle due pietre d’onice. E poi parlò: una voce disperata, di chi non ha più nulla da dimostrare.

-Kelly…ti prego…no.-

Le due Auror, Draco, Harry e Blaise alzarono lo sguardo, stupiti, per un istante dimentichi di cosa stava succedendo intorno a loro.

Per la prima volta nella sua vita, Diana implorava.

Implorava salva la vita dell’uomo che amava. Rinunciava a sé stessa, all’orgoglio a cui teneva al di sopra di ogni altra cosa, per lui.

Lui che la guardava, lui che non riusciva a distogliere lo sguardo da lei, che le diceva con gli occhi che non doveva farlo, che non doveva arrendersi…che doveva lottare, che non doveva piangere, che cercava con lo sguardo di darle quel coraggio che pareva aver perduto, quel poco di coraggio che gli rimaneva, la morte a pochi passi, pronta a ghermirlo.

Non piangere, Diana.

Non implorare per me.

Andrà tutto bene, piccola.

Tutto bene.

Diana lo sentiva. Diana lo guardava. Diana scuoteva la testa, atterrita, consumata dalla paura che le si era avvolta nell’anima.

Kelly la guardò: in ginocchio, quasi in lacrime, devastata, sconfitta. Spezzata.

Quello che voleva.

Abbassò il grilletto.

-Kelly, è me che vuoi morta! Non lui!- gli occhi scuri di Kelly raggiunsero quelli chiari di Diana, e la Regina vide in quei baratri neri la sua sconfitta.

-NO!-

 

BANG.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E qui la Bea grida, dal suo bagagliaio ormai dotato di tutti i comfort, piange davvero come una povera cretina singhiozzando: “Blaise…no…” della serie “W il suicidio”…vi presento il masochismo fatto persona…ossia la sottoscritta…che ha deciso di perdere la vita prematuramente…

 

Ehm…forse l’happy ending non è del tutto assicurato, dopo tutto…vi lascio col dubbio…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

STO SCHERZANDO, OVVIAMENTE.

OVVIAMENTE!!

GIU’ QUELLE MALEDETTE BACCHETTE!!!

 

 

 

 

 

 

 

Ringrazio me stessa per l’ironia e il sarcasmo che non ho perduto e non perderò mai…nonostante tutto.

 

E anche l'azienda produttrice di Kleenex, visto che ne sto consumando a quantità industriali.......

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Capitolo 28
*** Il Sacrificio Della Regina ***


Ho pochissimo tempo e non posso rispondere alle recensioni

Ho pochissimo tempo e non posso rispondere alle recensioni...comunque, per la mia promessa dell'happy end...ho un dubbio da insinuarvi? Chi vi ha assicurato che anche il pairing principale avrà l'happy end? Muahahahahahahah......anzi no non c'è nulla da ridere...semmai da piangere...e in questo capitolo (FORSE...o forse no, chissà?) troverete la risposta...voglio lasciarvi col dubbio...e ora, a voi, con “Il Sacrificio Della Regina”.

 

 

Il Sacrificio della Regina

Catene spezzate. Energia improvvisa nei muscoli.

Diana balzò in piedi, libera, corse, piantò i pugni contro la parete del cubo. Non poteva usare la magia, poteva solo prenderla a pugni, le lacrime che le rigavano le guance, gli occhi fissi su quello che fino a pochi istanti prima era stato il suo uomo.

-No…- la sua voce si spezzò. Le sue mani scivolarono sul gelido Elemento, lentamente, allontanandosi da esso, cadendole sui fianchi. Diana cadde in ginocchio. -Blaise!- gridò con voce strozzata, gli occhi sgranati, come se bastasse chiamarlo, per far sì che non fosse vero.

È morto.

Renditene conto. Adesso.

È morto.

Morto!

Diana posò le mani sulla base del cubo. Quel contatto bruciava la sua pelle, mangiava ogni centimetro di carne che riusciva a raggiungere, ma non le importava.

Non si concentrò nemmeno.

Bastò pensare a lui.

CRASH.

 

Il cubo non fece in tempo a distruggersi, che un lampo rabbioso si era già scagliato addosso a Kelly.

-Diana!- Lea ritrovò la parola, l’orrore ancora dipinto sul volto. Diana agitò una mano, e le corde che la legavano si sciolsero. Le due donne si colpivano, colpi tremendi, inferti con odio e rabbia, con dolore e rancore, così forti da sfondare ossa e organi. La sabbia che accoglieva il loro duello, prima Kelly, poi Diana, poi di nuovo la messicana, in un turbinio confuso di grida e di sangue. Vide i pugni di Diana infierire su Kelly, incapace di difendersi dalla sua furia, vide il sangue della più giovane dei Galindez macchiare copioso la sabbia, mischiarsi con quello dell’ultima dei Black.

Vide lo sguardo di Diana.

Vide lo sguardo di un animale. Ferito dal dolore, assassino, accecato dalla furia più nera.

E non volle fermarla.

 

Senti le ossa e le cartilagini spaccarsi sotto la tua violenza.

Ancora.

Senti la tua rabbia esplodere assassina, riversarsi nelle tue mani, i poteri svaniti, solo la tua forza che compie quell’atto brutale.

Ancora.

Senti le lacrime cadere dal tuo viso sul suo sangue, lacrime che non riesci a fermare.

Ancora.

Kelly non reagisce più, piagnucola. Ha la faccia distrutta, lo stomaco livido e nero.

Ancora.

Smette anche di implorare.

Ancora.

Una stretta improvvisa sulle spalle, due mani forti che ti allontanano da Kelly, immobile. Non ribatti, non ti liberi. La furia svanisce di scatto, l’odio rimane, più vivo che mai.

La brama del sangue che hai finalmente soddisfatto.

-Diana, l’hai ammazzata.- dice la voce di Draco, spenta, vuota, malsana.

Non rispondi.

I tuoi occhi scattano su di lui.

Ti liberi della presa di Draco, un gesto violento, involontario. I tuoi passi affondano nella sabbia, mentre corri verso di lui.

Crolli in ginocchio, al suo fianco. Ha un piccolo, insignificante, fatale forellino a livello della tempia. Gli occhi sbarrati, spenti, il sangue che cola piano sulla sua pelle bronzea, fra i lunghi capelli disordinati che tanto ami.

O amavi.

-Blaise…- lo chiami, piano, ben sapendo che non ti può sentire. La tua voce è spezzata, trema, incrinata dalle lacrime.

-È colpa mia…ti ha ucciso a causa mia…Blaise…ti prego…torna da me…- singhiozzi, non riuscendo a trattenerti. Il tuo cuore si dilania, si strappa, si spezza, e i brandelli sanguinolenti si perdono nel vento.

La tua anima grida e grida, urla il dolore straziante che provi dentro.

La tua anima muore con lui, lo segue là dove non può più sorriderti.

Gli chiudi gli occhi, rivivendo ogni istante di più lo stesso dolore che già una volta hai provato.

No.

Non è lo stesso. Te ne rendi conto, non è lo stesso dolore.

È molto più grande.

 

E scoppi a piangere.

Il viso nascosto dalle tue braccia, perché non saranno più le sue a cingerti.

Il viso posato sul suo torace, perché non potrai più rifugiartici.

Piangi, piangi tutte le tue lacrime, in un silenzio innaturale infranto solo dal tuo respiro affannoso. Intorno a te, Lea, Draco, Harry. Ti guardano in silenzio, senza dire nulla, osservando il tuo dolore. Senti le lacrime di Lea, senti con sorpresa anche quelle di Draco.

“A cosa serve essere una regina, se chi amo mi viene strappato?”

Ed è questo tuo amaro pensiero che risveglia in te un ricordo che ti è sempre sembrato futile, ma che ora scopri essere essenziale.

Una parte della leggenda. Una delle ultime.

Pronta a sacrificare sé stessa, per ciò che le sarebbe stato più caro.

Sì. È l’unica cosa da fare.

 

Diana si alzò in piedi, lasciò il cadavere di Blaise. Si voltò verso l’amica, che la guardava, con le lacrime agli occhi. Il volto tumefatto, il sangue che colava dalle sue mani martoriate, dal labbro spaccato. Lea vide risolutezza, vide determinazione…vide sconfitta, nei suoi occhi lucidi.

-Lea…posso fare qualcosa.- non era una domanda, la sua. Lea non capì.

-Cosa?- le chiese, senza arrivare dove Diana voleva che arrivasse.

-Posso riportarli indietro. Posso Evocare i Guardiani degli Elementi, posso riportarli indietro.- la voce di Diana era remota, spenta, come quella di una folle. In quell’istante, la somiglianza con Bellatrix era lampante.

-Fallo.- fu la voce di Draco, determinata, a darle il permesso di muoversi. Diana chiuse gli occhi.

-Diana, no!- proruppe Lea, comprendendo improvvisamente cosa l’amica volesse fare. Un gesto disperato, l’ultimo gesto di chi non ha più nulla da perdere. -Diana, sai che vogliono sempre in cambio qualcosa! Diana, non puoi farlo!-

Inutile. Diana non l’ascoltava.

Usando solo la sua mente, indirizzò verso coloro che aspettava una muta richiesta.

-Venite a me, Elementi che da sempre creano la vita.

Venite a me, Guardiani della Natura, Guardiani della Terra, Guardiani di tutto ciò che nasce spontaneo.

Venite dalla Regina, obbedite al mio umile richiamo.

La regina chiede la vostra presenza-.

L’aria intorno a lei cominciò a vibrare. Vibrare e vibrare, come onde d’urto, che si propagarono nel deserto a velocità impressionante.

Dalla sabbia emersero colonne d’acqua, si innalzarono verso il cielo, fendendo il vento impetuoso che in quel momento aveva ricominciato a soffiare.

E il fuoco. Il fuoco che si sprigionò dall’anima di Diana, il fuoco che la contraddistingueva, che la plasmava fin da quando era nata. Il fuoco che era in lei, il fuoco che era lei.

Arakta e Shoenn abbandonarono il suo corpo, crebbero, l’una nella luce della luna, l’altra nelle ombre della notte.

I quattro Elementi si condensarono dinanzi a Diana. Acqua, Aria, Terra. Fuoco.

E Luce e Buio con loro.

-Regina.-

-Non voglio più quel titolo, Arakta. Non voglio più nulla, se non una cosa.- Diana saltò tutti i convenevoli che, in un altro momento, in qualsiasi altro momento, avrebbe voluto rivolgere a quelle sei divinità. Perché era questo che erano. Divinità. Dèi. I suoi dèi, che da secoli avevano fra le mani il suo destino, e insieme ad esso quello di tutta l’umanità.

-Riportateli qui.-

-Una vita per un’altra vita. Sai qual è il costo per questa magia.-

-Non ho intenzione di uccidere nessuno. Ci sono già stati fin troppi morti.- Diana sospirò, i suoi occhi raggiunsero per un istante i loro gemelli. -Una soluzione ci sarebbe.- disse, in indiano, in modo che i suoi amici non capissero. Solo una, fra le tre persone che stavano assistendo a quell’incontro irripetibile, comprese le sue parole.

-Quale, Regina?- chiese la Terra.

-La mia vita.-

-NO!- la voce di Lea la fece trasalire, ma gli Elementi annuirono, cupi.

-Zitta, Lea. La mia energia può riportarli tutti in vita. Il sangue della Regina vale come quello di cento mortali, se non erro.- Diana fece un cenno a Draco, che trattenne Lea dal tirarle qualche maledizione.

-È un sacrificio molto grande. Sei disposta a farlo lo stesso?- le chiese la Fiamma. L’Elemento con cui aveva più affinità, il fuoco, bruciante d’amore e di passione…capiva. Sapeva cosa significasse per lei quel sacrificio.

-Qualunque cosa, pur di riportare in vita chi è morto in questa guerra. Qualunque cosa, pur di riportare in vita Blaise.- rispose Diana, gli occhi scuriti dal dolore che anche solo pronunciare il suo nome le aveva dato. I sei Elementi si guardarono, scambiarono una lunga occhiata che Diana non comprese.

-Dovrai morire per mano umana, e recitare l’Anderhamakenah.- il Sacrificio. Il sommo e proibito incantesimo che Ho-take-nah le aveva insegnato. Le parole sacre, maledette, che non aveva compreso sul momento cosa potessero significare. Le parole che per lei, ora lo capiva, erano una condanna a morte. Diana annuì, la mascella contratta, pallida, gli occhi spaventati, ma determinati.

-Vi chiedo solo una cosa.-

-Un ultimo ordine dalla Regina…possiamo farlo.- annuì la Terra.

-Distruggete gli Horcrux di Voldemort. Tutti quanti.- disse Diana, determinata. Avrebbe reso le cose molto più facili a Harry, quando avrebbe affrontato Voldemort. (ndA: qui Harry non è un Horcrux)

-Sarà fatto, mia signora.- annuì la Terra, e una parte di lei si allontanò di scatto, diretta ad eliminare quelle creazioni del Male.

“E così, la Morte.

L’ho aspettata per anni, per tutta la vita mi sembra.

L’ho cercata quando non ho più avuto nulla per cui vivere.

L’ho evitata quando invece avevo ricominciato ad amare.

E ora…

Ora, le vado incontro.

Per salvare quel poco che ho di caro.”

Si voltò verso Lea. Guardò negli occhi la sua migliore amica, sua sorella, colei che avrebbe dovuto fare la mossa più ardua.

Perché non poteva chiederlo a Draco. Non poteva chiederlo a Harry.

Doveva essere Artesia, a farlo.

-Lea…- la chiamò, senza smuovere il suo sguardo dagli occhi scuri dell’amica. -Ti prego.-

Lea scosse la testa, facendo cadere le lacrime dalle sue guance, sulla sabbia morbida.

-No. Non chiedermelo, Diana.-

Qualcosa nell’espressione di Diana si spezzò. Le lacrime infransero i loro argini tenuti insieme da quella folle speranza, da quel sacrificio che era pronta a fare senza pensarci due volte, le rigarono le guance, le scesero sul collo martoriato dalle catene dell’Arn-rhua.

-Lea, ti prego. Prendi, e spara.- estrasse la sua Colt, gliela lanciò. Lea la prese al volo, per la canna, senza però impugnarla.

-Non posso farlo.-

-Lea.- Artesia guardò l’amica. Non l’aveva mai vista così, stravolta, il viso rigato di lacrime, gli occhi vuoti e spenti, senza vita, brillanti di una gelida determinazione suicida. -Fallo.-

-Diana, io non posso ucciderti!- sbottò Lea.

-Lea, io sono già morta.- sussurrò Diana, la voce incrinata dal pianto. -Non ha più senso vivere senza di loro. Non ha senso la vita senza Blaise.- nuove lacrime scesero sulle sue guance bianche, lo sguardo saettò per un doloroso istante sul cadavere di Blaise. -Lea, ti scongiuro, premi quel grilletto. Fallo finire. Fai finire questo dolore, fai finire questa maledizione su tutti coloro che hanno fatto l’errore di amarmi.- gli occhi argentati di Diana, imploranti, non lasciarono mai quelli scuri e caldi di Lea, umidi di dolore. -So che è una fuga. Che è da codardi morire adesso. Ma non posso andare avanti, pensando che avrei potuto salvarli. Lea, è arrivato anche il mio momento, ma non il loro.-

-Diana…- mormorò, le dita tremanti che abbassavano il cane della pistola.

-Lea.- il tono di Diana si fece improvvisamente duro, stentoreo. -È un ordine. Spara. Adesso.-

 

BANG.

 

Il corpo di Diana fu percorso da un tremito, mentre il proiettile penetrava nel suo torace. Un dolore impossibile, lancinante, dritto sopra al cuore, raggiunse le sinapsi del suo cervello e le inondò di grida inumane, strazianti. Le sue dita affondarono nella ferita, nella carne pulsante e sanguinolenta, cercando di trattenere la vita dal defluirne.

Gli occhi chiusi, il pugno stretto per trattenere le grida di dolore, alzò il viso verso i Guardiani in attesa. Gli occhi di Arakta e di Shoenn, della Fiamma, erano cupi.

La voce evanescente, rimbombante, eterea, Diana aprì le sue labbra e parlò. Rivolta agli Elementi, rivolta ad Arakta e a Shoenn, rivolta al cielo, gli occhi rovesciati, le palpebre ora spalancate, il sangue che scorreva fra le sue dita.

E la sua voce risuonò nel deserto, risuonò in tutta la Terra. Maghi e Babbani, Creature Magiche e animali, tutti sentirono la voce della Regina pronunciare le sue ultime parole.

Anderhamakenah.

Il Sacrificio della Regina.

-Il sangue della Regina vi è offerto in sacrificio.

La forza del suo spirito è pronta ad essere distrutta.-

Gli Elementi si posero intorno a lei, accerchiandola, circondandola.

-Prendete la sua forza, e rendetela Acqua.-

Una scintilla azzurra sibilò fra le sue dita e lasciò il suo corpo morente.

-Prendete la sua lealtà, e rendetela Aria.-

Una seconda stilla, bianca.

-Prendete il suo coraggio, e rendetelo Terra.-

Una dorata.

-Prendete il suo amore, e rendetelo Fuoco.-

Una rosso rubino, più grande e pulsante delle altre.

-Che la Luce torni Arakta,

che il Buio torni Shoenn.-

Da lei si separarono la sua ombra e la sua anima, abbandonandola con un sospiro evancescente.

-Che tutto ciò che esiste in me torni vita,

sangue per il sangue di chi a me legato,

vita per la Vita di chi da essa è stato strappato.-

Le sei stille raggiunsero i propri Elementi. La loro luminosità crebbe, sempre di più, fino a risplendere come il sole.

E poi gli Elementi esplosero, in un tripudio di colori e di suoni ridondanti nell’anima, soffocando le grida atterrite di Lea, di Draco, di Harry, costretti a ripararsi il viso con le braccia, accecati da quella forza immensa che sprigionava dalle creature ora libere dalla loro regina.

Poi, improvvisa, pace. Silenzio.

-E ora, Morte.-

E Diana, che solitaria scivolava sulla bollente sabbia del deserto.

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Capitolo 29
*** Ritorno Alla Vita ***


-Diana

-Diana!- tre voci lacerarono l'aria del Texas, improvvisamente più carica, attraversata da schegge di elettrica luce azzurrina che saettavano nell'aere intorno a loro, gonfiandogli i capelli.

Draco fu il più veloce. Corse accanto alla cugina, si lasciò cadere in ginocchio accanto a lei e le sollevò dolcemente la testa, rabbrividendo al contatto con la sua pelle gelida.

Ma Diana non era ancora morta. Sanguinava da tutte le ferite che aveva, era bianca come un cadavere, gli occhi erano mezzo rovesciati all'indietro, vacui. Ma il suo cuore batteva ancora, sfinito.

-Diana...Diana, dimmi qualcosa.- mormorò il giovane Malfoy, sorprendendosi di sentire la propria voce così spaventata.

-Dray...- nulla lo ferì coe sentire la sua voce. Morente, esausta, stremata. Come lei.

-Cosa diavolo hai fatto, Di?- Draco non aveva capito cosa era successo. Non conosceva l'Algonquin.

-La cosa...giusta.- rispose lei, in poco più di un sussurro, abbandonando il viso sul braccio del cugino.

-Nessuno te l'avrebbe mai chiesto. Non dovevi farlo.- la rimproverò.

-Io l'ho chiesto...dovevo.- un brivido la scosse. -Dray...fa' in modo...che Harry...lo uccida. Te...li affido...e dì a Blaise...che mi dispiace.- i suoi occhi si chiusero, ormai esausti.

-Ti dispiace di cosa!?- esplose Draco, frustrato. -Hai appena riportato in vita tutti, hai salvato tante vite, di cosa cazzo devi dispiacerti!?- un lieve sorriso comparve sulle labrba pallide di lei.

-Dovrà imparare...a vivere...col dolore.- disse, facendo un enorme sforzo per ogni parola che pronunciava. “Basta. Non ce la faccio più”.

-Diana...sta' sveglia. Non andartene, cazzo, non morire!- nella mente di Diana comparve un pensiero, limpido in confronto alla nebbia confusa che le aveva oscurato i sensi.

-Fammi un favore...-

-Qualunque cosa.-

-Tornate...alla Morris..è stata...ricostruita. Ci sarà...Herm. Prendila con te...andate via.- sussurrò, così piano che Draco dovette chinarsi verso di lei per sentirla, avvertendo l'odore del suo sangue a pochi centimetri dal proprio volto.

-Non capisco.- disse, piano.

-È una promessa...che Blaise mi aveva fatto...e che non potrà...mantenere.- un brivido la scosse fin nel profondo, facendole storcere il viso in un'espressione di intenso dolore.

“Scusa, cugino. Ma reclamano il mio tributo, per compiere il sacrificio. Devo andare.”

Prima di arrendersi, il suo cuore pulsò un'ultima volta, e i suoi confusi pensieri si affollarono su un viso. Un sapore. Un profumo.

Un sorriso.

Lui.

Blaise.

 

La testa le ricadde indietro, il respiro le si affievolì.

Draco inghiottì a forza il groppo doloroso che gli si era fermato in gola. La sollevò fra le braccia, sentendo morire con lei una parte di sé stesso, mentre lo faceva, mentre si voltava veso Harry e Lea, l'espressione dura e indecifrabile. Non servirono parole, non servirono lacrime. Bastò che le plumbee iridi di Draco incontrassero quelle smeraldine di Harry, perché il Prescelto capisse.

-No.- lo vide sillabare, mentre lentamente scuoteva la testa.

Draco si voltò, distogliendo lo sguardo dal Prescelto. Poco più in là, un movimento.

-Il Limbo non esiste più.- mormorò, osservando le schegge di magia che saettavano sopra e intorno a loro.

Lea gli si avvicinò. Aveva gli occhi lucidi, le labbra strette in un'espressione di profondo disgusto.

Disgusto verso sé stessa.

Verso quello che aveva fatto.

-La porto con me alla Morris.- balbettò.

-Ci vado io.- si offrì Draco, senza riuscire ad abbassare lo sguardo sul cadavere – solo il pensiero era insopportabile – che aveva fra le braccia. Lea scosse la testa.

-No. Devo dirlo io agli Auror. Sarà un...una tragedia.- mormorò con voce atona, fissando l'amica come se potesse riportarla in vita solo con la forza del pensiero.

-Vengo con te.- Lea si voltò di scatto, e così fece Harry.

Là, in piedi, la T-shirt sporca di sangue ma nessuna ferita visibile, gli occhi azzurri cupi e colmi di dolore, c'era Ron Weasley.

-Ron...- mormorò lei, esterrefatta, le lacrime che scendevano sulle sue guance, ma nessun sorriso sul volto. Troppo era il dolore, in quel momento, per permetterle di sorridere.

Il rosso le si avvicinò, le sfiorò il viso con una carezza, dolce, confortante. Poi si diresse verso Draco, che lo guardava allibito, e prese delicatamente Diana fra le sue braccia. Malfoy colse un lampo di dolore, nei suoi occhi chiari, quando guardò il viso innaturalmente immobile dell'amica.

-Lea...vieni.- chiamò Ron. Lei gli si avvicinò di corsa, gli posò una mano sulla spalla larga, quasi timorosa, per paura che fosse solo un'illusione. Ron rivolse un cenno ad Harry, che ricambiò stupefatto, prima di girare su sé stesso e di Smaterializzarsi.

-Dammi una mano, Potter.- fece Draco, dopo un po', riscuotendosi. Si diresse verso il luogo dove giaceva il corpo di Blaise. Quando gli si avvicinò, quando lo vide ancora immobile come lo aveva lasciato, pensò per un terribile istante che il sacrificio di Diana fosse stato vano.

Ma, quando gli si inginocchiò accanto, vide solo una cicatrice candida sulla tempia dell'amico, là dove fino a pochi istanti prima si trovava una ferita mortale. Il torace di Blaise si alzava e si abbassava piano, in un lento respiro regolare.

“È vivo.” pensò Draco, sentendosi suo malgrado sollevato.

-Io vado con il cavallo, Malfoy.- gli disse Harry, strappandolo dai suoi pensieri con lo schiocco della sua Smaterializzazione.

Per un istante, quando fu solo, Dray fu tentato di svegliare l'amico.

Ma si rese conto, con una tremenda fitta al cuore, che sarebbe stato il risveglio più brutto, per Blaise.

Sospirò, posandogli una mano sulla spalla, e si Smaterializzò.

 

Aria. Aria nei polmoni, nel corpo, respiro tranquillo e vitale.

Dormiva. Dormiva tranquillamente, ma la sua mente già cominciava a destarsi dal torpore.

Le mani formicolavano, come se il sangue fosse stato bloccato dallo scorrervi per un po'. A pensarci bene, in tutto il corpo provava quella sensazione.

Eppure, stava bene.

Lentamente, provando un intenso bruciore quando una fredda luce sfiorò le sue iridi, Blaise aprì gli occhi. E, stranamente, la prima persona che vide fu Draco, seduto a pochi metri da lui, in un ufficio sconosciuto.

-Bentornato nel mondo dei vivi.- lo salutò lui, cupamente, alzando solo per un istante gli occhi su di lui, prima di riportarli sulle proprie ginocchia. Soffriva, Blaise lo conosceva troppo bene per non accorgersene. Ma perché?

-Cos'è successo?- la sua voce suonava rauca, arrugginita. A quel suono, una porta si spalancò, e l'attimo dopo una folta chioma di lucenti capelli fiammeggianti oscurò la sua vista.

-Sei vivo...- singhiozzò Ginny, stretta al suo collo, in lacrime. Blaise ricambiò il suo abbraccio, senza capire. Alzò lo sguardo, e vide il resto dei suoi compagni entrare nella stanza. Potter. Weasley. Hermione, Alex, Melissa.

No, un momento.

Weasley? Alex?

Qualcosa non quadrava. Lui stesso li aveva visti morti, cadaveri. Ne aveva anche sofferto.

Eppure, ora erano lì. In carne, ossa...e lacrime.

Guardò in particolar modo Alex, ma lui distolse lo sguardo: non riusciva a sopportare gli occhi di quel giovane, di quel giovane uomo che presto avrebbe sofferto. Trasse a sé Melissa, affondò il viso fra i suoi capelli scuri, avvertendola nascondere il volto sulla sua spalla. Non voleva piangere, l'orgogliosa giapponesina. Già pochi minuti prima, quando l'aveva vista, si era arresa alle lacrime. Non sarebbe più successo.

Alex la strinse, dandole la familiare sensazione di trovarsi al sicuro. Lei avvertì il corpo asciutto del biondo essere attraversato da un brivido. Soffriva.

E non poteva biasimarlo.

 

Blaise stava cominciando a preoccuparsi. Cosa cazzo stava succedendo? Perché quei volti cupi, quel dolore silenzioso, le lacrime di Gin, sulla sua spalla? Mancava Lea, notò. Forse era con...

“Ehi!” il pensiero lo colpì con forza devastante.

Dov'era Diana?

Prima che potesse porre quell'impellente domanda, la porta si aprì di nuovo. Distinse solo un movimento di scompigliati capelli neri, prima che Lea raggiungesse il rassicurante abbraccio di Ron. Non riuscì ad alzare gli occhi sul bel Serpeverde, e questo lo preoccupò. Si alzò in piedi, un po' barcollante, lasciando Ginny fra le braccia di Harry, e si avvicinò a Ron e a Lea.

-Lea...- chiamò, dolcemente, per non turbarla ancora di più. -Dov'è Diana?-

Lei non rispose subito. Lentamente, troppo lentamente, alzò gli occhi scuri su di lui.

-Diana ha…- Lea s’interruppe per affondare ancora una volta il viso sul petto di Ron, che sembrava anch'egli sull’orlo delle lacrime. Continuò lui al suo posto.

-Diana ha fatto un patto con gli Elementi. Non so come, anche io ero morto, ma…ora noi siamo qui.- Blaise ebbe uno scatto.

Ora ricordava: ricordava Diana, in quel cubo, ricordava le sue lacrime e il suo terrore...la pressione della canna della pistola contro la sua tempia...

-Ok, fin qui ci sono arrivato. E Diana?- Ron distolse lo sguardo. Blaise si sentì per un attimo vacillare: le lacrime di Lea, il dolore di Weasley…

“No”.

-Weasley…Ron…dov’è Diana?- chiese, la voce incredibilmente seria. Il rosso dagli occhi azzurri sostenne il suo sguardo, devastato.

-Diana è morta.-

 

-No.- la parola gli nacque spontanea sulle labbra. Era impossibile. Era uno scherzo. Diana non poteva essere morta: non lei, non Diana…lei che era troppo forte, per morire. -Lea.- chiamò. La ragazza alzò lo sguardo appannato di lacrime su di lui. Uno sguardo affranto, distrutto, che diceva tutto, tutto quello che lui non voleva sentire.

-Mi dispiace, Blaise.- mormorò, la voce rotta di pianto.

-È impossibile. Non può…Diana non può essere morta. Andiamo, è di Diana che stiamo parlando.- già mentre lo diceva, Blaise si rese conto che sacrificarsi per tutti coloro che amava era tipico di Diana…ma no, non poteva nemmeno pensarci.

-Blaise…- cominciò Ginny.

-No, Gin. Diana non è morta, punto. Non ci credo. Dov’è?- chiese, a nessuno in particolare. Si stava lasciando prendere dall’ansia, ma quei deficienti dei suoi compagni non capivano: Diana era troppo intelligente, troppo scaltra, troppo furba, troppo bella, per morire in modo così stupidamente eroico…cazzo, era la sua donna, la sua Diana, non poteva essergli stata strappata, non ci avrebbe mai creduto. Mai.

-È di sotto…nell’obitorio.- rispose una Lea ormai in lacrime. Mentre usciva di corsa, intravide l’espressione identica di Draco e di Potter, entrambi devastati, entrambi distrutti.

Avrebbero fatto una faccia indimenticabile, quando sarebbe tornato lì, con Diana al fianco.

Perché Diana non era morta. Di questo era assolutamente certo.

Raggiunse l’obitorio. C’erano diversi cadaveri, li vide oltre il vetro della porta a due battenti: molti, li riconobbe come le vittime di Diana. Era sicuro di trovarla lì, bella e strafottente come suo solito, era certo di vederla voltarsi sorridente verso di lui, era convinto di poter sentire ancora una volta il sapore dei suoi baci.

Non riusciva nemmeno a prenderla in considerazione, l’idea.

Solo l’immagine, un flash, di una vita senza Diana, di qualsiasi posto senza Diana, era assolutamente impensabile. Era un luogo buio, freddo, senza luce né musica, quel posto dove lei non esisteva.

E allora, se era così sicuro di trovarla viva, perché indugiava su quella soglia? Perché all’improvviso era così consapevole di avere un corpo, di avere il respiro corto, di avere l’espressione stravolta e il battito accelerato?

-Tu devi essere Blaise.- disse all’improvviso una voce, facendolo sobbalzare. Alzò lo sguardo dalla maniglia della porta a vetri: un uomo, sulla trentina, scuro di capelli e di carnagione ma chiaro d’occhi, lo stava guardando.

-Lo sono. E tu…-

-Kit. Un amico di Diana.- Kit accennò alla porta che Blaise non era ancora riuscito a varcare.

-È qui?- gli chiese il ragazzo. Kit annuì.

-So che non ci credi. Nemmeno Dan ci avrebbe mai creduto, e teneva a lei quanto ci tieni tu. Entra. Prima te ne renderai conto, e prima troverai i suoi assassini.- Blaise non si prese nemmeno la briga di rispondere. Raccolse tutto il suo coraggio, ma scoprì di non averne tanto quanto aveva sempre creduto: il timore per ciò che poteva essere successo a Diana sembrava averglielo portato via tutto. Era lei, il suo coraggio. Con un sospiro, aprì la porta.

Là, sotto una crudele luce azzurrina, stesa su un gelido tavolo d’acciaio, c’era Diana.

-No.- sussurrò, mentre il colore scivolava via dal suo volto e una disgustosa voragine sembrava aprirsi dentro di lui.

-Diana…no.-

Era bella, anche così. Indossava ancora i suoi pantaloncini di jeans, la sua adorata camicetta scozzese, aggressiva. La sua pelle era bianchissima, candida, come la neve in cui una volta, mesi prima, un’eternità prima, avevano giocato, ridendo come due bambini.

Aveva gli occhi chiusi. Sembrava che dormisse.

No. Se ne rendeva conto perfettamente. Non dormiva. L’aveva osservata tante volte, dormire, sapeva che non era così. Lei non sarebbe mai stata così immobile, così ferma, senza muovere un muscolo, non ci sarebbe mai riuscita, nemmeno a volerlo.

Aveva le labbra così pallide che quasi si confondevano con la sua pelle. Colpa di quella dannata luce troppo chiara che la investiva, notò Blaise. A lei avrebbe dato sicuramente fastidio. Doveva spegnerla.

Vacillando, le si avvicinò, sentendo ad ogni passo qualcosa in lui che veniva strappato violentemente via.

La verità gli crollò letteralmente addosso, pesante e opprimente come un macigno.

Diana non era viva.

Diana non era più lì.

Le sfiorò il viso, sentendola gelida sotto le dita.

-Diana…- la chiamò, sentendo la voce morirgli in gola.

Non poteva rispondergli.

Non avrebbe più potuto, non avrebbe più aperto i suoi occhi meravigliosi, impastati di sonno, non gli avrebbe più sorriso e non l’avrebbe più preso a pugni…

Non c’era più. Se n’era andata, per l’ennesima volta, l’aveva guardato con i suoi occhi d’argento ed era scomparsa, lontana da lui, dove non poteva più raggiungerla.

Ti lasci cadere su una sedia, accanto a lei. È impossibile, continui a ripetertelo, come se potessi riportarla da te solo con la forza della tua volontà. Ma in fondo al cuore lo sai, che non puoi fare nulla.

Le sfiori una mano. Ha le unghie tutte mangiucchiate, spezzate. Glielo dicevi sempre che non doveva tormentarle, perché poi ti graffiava. E lei rideva, maliziosa, e di notte ti graffiava apposta, per ripicca. E ti mandava in estasi, quando lo faceva, mentre l’amavi.

Il braccio ti ricade lontano da lei. Non riesci nemmeno a toccarla, ti terrorizza anche solo lo sfiorare quella pelle ghiacciata.

Ti prendi il viso tra le mani, chiudi gli occhi e premi i palmi sulle palpebre, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e il volto basso, una parola soltanto sulle labbra e nella mente.

Perché.”

Perché questa guerra, perché quel destino, perché proprio lei.

Perché lei, con la sua energica voglia di vivere, con la sua allegra follia.

Perché condannarla al sacrificio, come un animale al macello?

Perché, Diana.

Perché l’hai fatto?

Mi hai detto di non volere che io soffrissi…

Avrai pensato che era il male minore. Soffrire per te, vivo.

O forse non hai proprio pensato.

Hai fatto la cosa che ti sembrava giusta.

E ti ho persa. Per sempre. Ti ho perduta.”

Una mano ti si posa sulla spalla. Un conforto familiare, che conosci. Alzi lo sguardo per un istante, e incontri gli occhi di Draco. Così simili a quelli che amavi, così simili a quelli che hai a pochi centimetri da te, su cui le palpebre non si apriranno più.

Rimani in silenzio per qualche minuto che ti pare interminabile, che ti allontana ancora di più da lei.

-Com’è successo?- chiedi. La tua stessa voce ti spaventa, tanto è cupa e atona, senza più vita. I tuoi occhi restano chiusi, le mani che scorrono fra i capelli, una fitta al cuore quando ricordi quanto Diana amasse spettinarti.

-Kelly ti ha sparato. Lei si è liberata di quella prigione, non so come, e le si è scagliata addosso.-

-Dov’è Kelly, ora?- gli chiedi, un moto d’odio che ti spinge a parlare con quell’odio nella voce.

-È morta. L’ha uccisa.- risponde Draco. Una fitta dolorosa ti attraversa il corpo come una lama incandescente.

La tua morte ha costretto Diana a uccidere di nuovo.

-Ha Evocato gli Elementi, per salvarvi. Blaise, ha detto una cosa, mentre parlava con loro, che devi sapere.-

-Cosa?-

-Ha detto che…- Draco esita. La ferita brucia anche per lui. -Le hanno detto che era un sacrificio molto grande, quello che voleva fare. E lei ha risposto…ha risposto che la sua vita non aveva senso, senza di te.-

Blaise non parlò, assorbendo la verità di quelle parole.

Avevi detto che volevi evitare sacrifici inutili…Dannazione, Diana! Lo sapevo che avrei dovuto essere con te! Avrei potuto, dovuto evitarlo!”

-Non farti colpe. Sapeva quello che faceva.-

-Avrei dovuto saperlo io.-

Rimasero entrambi in silenzio: Draco, che non riusciva a staccare gli occhi dalla cugina – dal suo cadavere, e Blaise, con la testa fra le mani, impallidito, gli occhi chiusi e il cuore che non riusciva a battere più. Il biondo gli rimase accanto, per tutto quel tempo, perché sapeva che l’amico stava soffrendo come un cane bastonato. Sapeva che desiderava solo vendetta.

 

La Morris era stata riportata al suo splendore dalla magia di Diana. L'energia di Arakta Shoenn, della Regina, dell'Elementale, era stata così potente da ricostruire quel luogo che lei tanto amava, da riportare in vita gli Auror morti negli ultimi scontri, e, naturalmente, loro. Forse non sapeva quanto avrebbe riportato alla vita il suo sacrificio, pensava Blaise mentre, al seguito di Draco, tornavano a dirigersi verso la stanza dove gli altri aspettavano. Forse non gliene era importato nulla della Morris...l'unico suo pensiero, in quei momenti, doveva essere stato per loro. Per i suoi amici scomparsi, per lui. Riusciva solo vagamente ad immaginare quale orrore doveva aver provato, nel vederlo morire così, davanti a lei...costretta a sacrificarsi per ridare la vita a coloro che amava.

Un moto di rabbia lo investì improvvisamente. Rabbia contro il Limbo, contro la Morris, contro il mondo intero. Rabbia contro Voldemort, contro Kelly, contro chiunque avesse fatto soffrire Diana in vita, contro tutti coloro che l'avevano costretta a quel sacrificio.

L'avrebbe vendicata. Questo era il suo unico pensiero, mentre si riunivano ai compagni, senza una parola, mentre raggiungeva la piccola finestra impolverata di sabbia, lontano da tutti, lontano dalla pietà che non voleva.

Vendetta.

 

-Si può sapere perché ci tengono chiusi qui dentro?- Harry stava cominciando ad innervosirsi. I sei inglesi erano rimasti nell'ufficio, mentre i tre Auror – tutto ciò che rimaneva della squadra più rinomata della Morris – erano usciti non appena il comandante Sergen, che da quello che avevano capito era stato il mentore e la nemesi di Diana, li chiamasse fuori. Era più di un'ora che non avevano notizie, e il Prescelto stava cominciando a scaldarsi. Draco sedeva accanto ad Hermione, una mano stretta nella sua, gli occhi vacui, persi in lontananza. Ginny lanciava ogni tanto un'occhiata prima al fratello, che verteva nello stesso stato del giovane Malfoy, poi a Blaise, rimasto immobile, in piedi, accanto alla finestra, per tutto quel tempo.

La porta, finalmente, si aprì.

Il comandante, seguito dai tre Auror, entrò velocemente, lasciando la porta aperta.

-Sono il comandante Sergen.- si presentò, bruscamente.

-Lo sappiamo.- la voce dura di Blaise fece sobbalzare tutti quanti. Sergen lo guardò per un istante, truce, ma lui non si lasciò intimidire. Sostenne il suo sguardo trapassante, senza alcun problema.

-I Mangiamorte ancora vivi si stanno riunendo. Guiderò personalmente un attacco di massa verso di loro, coadiuvato dall'Ordine della Fenice, appena giunto nel Lim...qui.- Sergen s'interruppe, ricordando che il Limbo, il regno della Regina, non esisteva più.

-E noi?- chiese Blaise, bruscamente.

-Voi rimarrete qui.-

L'istante dopo aver pronunciato quelle tre parole, Sergen si ritrovò una bacchetta fremente puntata alla gola, e due freddi occhi verdi, screziati d'acciaio, incatenati ai suoi.

-Non ci pensi nemmeno.- scandì Blaise, gelido.

-Non prendo ordini da un Mangiamorte, ragazzo.- Draco scattò in piedi, allarmato e infuriato. Il suo gesto sembrò infondere calma a Blaise, ma non abbastanza perché abbassasse la bacchetta.

-Un Mangiamorte, eh?- Blaise scostò bruscamente la fascia di cuoio dal Marchio Nero, brillante sulla sua pelle bronzea, che scrutava tutti i presenti con aria malefica. -È quello che sono, dopotutto. Un Mangiamorte traditore. Chissà perché mi hanno voluto morto, i veri Mangiamorte...- la sua voce grondava sarcasmo. Sergen fece per ribattere, infastidito da quella che vedeva come un'insubordinazione fatta e finita, ma una voce dall'accento spagnolo lo interruppe improvvisamente.

-Mi piace, questo ragazzo. Bello e arrogante, proprio come lei.-

I quattro Auror presenti nella stanza si voltarono di scatto.

Là, sulla soglia della porta, c'erano due giovani uomini. Il più alto sembrava oltre la ventina, mentre l'altro non doveva avere più di un paio d'anni di loro. Uno era castano, i capelli mossi lunghi fin sotto le orecchie, gli occhi celesti, intensi, brillanti d'ironia e di sarcasmo onnipresenti, un'affascinante barba castana appena accennata sulle guance e sul mento, la pelle scura, tipica degli indiani, ma con forti influenze occidentali, tanto che dai suoi lineamenti non s'intuiva nemmeno la sua ascendenza. Spalle larghe, un fisico invidiabile, un'unica cicatrice che correva lungo il suo braccio, bianca e sorprendentemente evidente, che terminava là, sulla spalla, dove si univa con un simbolo, un tatuaggio, d'un bianco quasi abbacinante, che Blaise riconobbe con un doloroso sussulto.

Oreana.

L'altro era completamente diverso. Anche lui alto, più o meno come Blaise e Draco, ma dai capelli nerissimi, quasi lucenti, scompigliati e indomabili, corti. Meticcio, lo capirono subito tutti quanti. Il suo fisico decisamente ben piantato, fatto di muscoli guizzanti e perfetti sotto i jeans e la T-shirt bianca, era quello massiccio dei messicani. Ma il suo volto aveva ben poche influenze di quella stirpe. Baffetti e pizzetto appena accennati, che avevano fatto impazzire mezza popolazione femminile del Texas, viso ovale, affascinante, dall'espressione arrogante, quasi insolente, occhi neri. Neri come il baratro più profondo, come l'universo più sconosciuto, dall'intensità disarmante e affilata dall'esperienza, due lame taglienti capaci di trapassare una mente solo con uno sguardo.

Belli. Belli entrambi, nessuno avrebbe mai potuto negarlo.

-È impossibile.- esalò Lea, esterrefatta.

Davanti a loro c'erano Scott Parker e Daniel Galindez.

 

 

My Space:

COLPO DI SCENA!! Ragazzi, qua Dan e Scott ci stavano…quanto li adoro…eh, sì, per chi conosce la mia storia e il mio passato, questo è un sogno bello e buono che la mia mente affranta vorrebbe avverare…pagherei oro per poter veramente riportare in vita chi non c’è più, sapete? Tranne Sergen…mi sta antipatico, comandante!! (come se non si fosse capito, eh?) MI ricorda troppo l’insegnante del poligono di Modena, dove ho imparato a tirare di pistola e fucile….uffiiii che pizza d’uomo…LEGGE era il suo secondo nome!! AAAAAAAAAH ORRORE!!

 

Sapete, ho pianto come una pirla all’inizio, quando Blaise prima non crede alla morte di Diana, poi soprattutto quando la vede…va beh che ultimamente piango per quello che scrivo e non lo faccio per tutto il resto…in compenso, distruggo tutto ciò che mi trovo sottomano, per la rabbia che questa vita di m***a mi provoca.

Ma va beh, lasciamo perdere la mia depressione assassina…voglio ringraziare (alla svelta visto che come al solito devo scappare): Ilaria, Mione1194, Koki, Honey Evans, pei_chan, D2OTTO, sarita46, excel sana, cherie(scusaaaaaaaa!!!!) Un basotto a tutte!!!!!

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Capitolo 30
*** L'Intervento Del Lupo - La Fine Del Male ***


Attenzione attenzione attenzione

Attenzione attenzione attenzione!!! Ritmo serratissimo per questa battaglia!!!! Leggete con attenzione e lentezza!!! Buona lettura!!

 

 

 

 

 

Blaise alzò lo sguardo, esterrefatto, per un istante dimentico di tutta la sua giusta rabbia. I suoi occhi chiari incontrarono quelli di Dan. Lo riconobbe all'istante, seppe per certo quale fosse dei due. Non c'era da sbagliarsi, perché la sensazione che quello sguardo gli dava, l'essere vivisezionato da quegli occhi neri, intensi e penetranti, era sorprendentemente, dolorosamente familiare...

Per un istante, su tutti i presenti calò il silenzio.

La prima a riprendersi fu Lea, ormai sull'orlo di una crisi di nervi.

-Voi due eravate morti.- sbottò, sospettosa, conscia di quanto un po' di Polisucco potesse ovviare a tante cose.

-E brava Lea, hai imparato proprio tutto, da lei. Anche a non fidarti.- si complimentò Scott, ironico. Rivolse un mezzo sorriso a Melissa, la ragazzina che era stata, un tempo, la “pivella” sua e di Kelly, la sua migliore amica, dopotutto.

-E che cazzo!! Io morti vi ho visti!- esplose Artesia, che non riusciva a credere a ciò che aveva davanti, alla presenza in carne e ossa di quei due cari amici scomparsi tanto tempo prima...

-Evidentemente, Lea, era più forte di quel che credevi.-

Blaise se ne accorse. Dan non riusciva a pronunciare il suo nome, evitava di farlo, ed aveva esitato, prima di dire “era”.

-Scusate, qualcuno potrebbe spiegarci cosa sta succedendo?- intervenne Ginny, spezzando quell'attimo.

-Certo. Ragazzi, per quanto paia impossibile, loro sono Dan e Scott.- rispose Alex, guadagnandosi un'occhiataccia proprio dal moro messicano. Cinque sguardi stupefatti saettarono sui due, specialmente su Dan. Tutti loro sapevano cosa era stato fra lui e Diana.

Blaise rimase zitto. Già non pensava più a cosa potesse significare quell'improvvisa resurrezione di massa; i suoi pensieri si erano già spostati su qualcosa di molto più urgente, di molto più importante.

Come distruggere i Mangiamorte che gliel'avevano portata via.

Si alzò, lasciò quella stanza fin troppo affollata, mentre gli occhi curiosi e preoccupati degli altri lo seguivano. Si diresse verso le scuderie: c'era qualcuno, là, che avrebbe potuto aiutarlo non poco. Nonostante non lo sopportasse, come tutti quelli della sua razza.

-Diablo.- sussurrò, non appena fu entrato nel box del cavallo alato. Gli occhi di Diana, gli stessi, identici specchi d'argento, si volsero verso di lui. Lo lasciò avvicinare, Blaise se ne sorprese, perché Lea gli aveva raccontato che nessuno, fuorché Diana (e Dan), era mai riuscito ad avvicinarlo.

-Ho bisogno del tuo aiuto, amico.- mormorò, accarezzandogli lentamente la criniera rossa. Sì. Forse non erano così male, i cavalli.

Diablo non poté rispondergli, ma il suo basso nitrito lo convinse che aveva capito.

-È intelligente, quel cavallo. Un gran bastardo, ma dopotutto è tutto la sua padrona.- Blaise sobbalzò e si voltò di scatto, trovandosi davanti nientemeno che Dan. Anche Diablo alzò lo sguardo, riconoscendolo.

-È il primo cavallo che sembra sopportarmi. E viceversa.- lo informò Blaise, sorprendendosi di trovarsi a disagio in sua presenza, come si sarebbe trovato con chiunque avesse conosciuto Diana così come la conosceva lui.

-Non mi stupisce. Sa capire molte cose, molte più di quelle che sembra.- commentò il messicano. Fra i due calò il silenzio, rotto solo dallo scalpitare degli zoccoli di Diablo, ansioso di rialzarsi in volo nel cielo azzurro, ansioso di massacrare a zoccolate qualsiasi Mangiamorte gli si fosse parato davanti.

Blaise continuò a carezzargli la criniera, il senso di colpa che tornava a colpirlo, inesorabile.

-Era fatta così.- disse all'improvviso Dan, l'accento ispanico cupo, vibrante di qualcosa di molto simile alla malinconia.

-In che senso?-

-Non è colpa tua se Diana ha sempre avuto il complesso dell'eroe.- rispose Dan, ripensando a tutte le volte che Diana si era quasi fatta ammazzare, o aveva ucciso, sempre e solo per aiutare qualcuno.

-Gliel'ho sempre detto.- commentò Blaise, senza capire perché con quel messicano fosse più facile parlare di lei, senza che il nome della ragazza gli facesse così male, come quando veniva pronunciato da qualcun altro.

-Anch'io. Ma era, e probabilmente è ancora, una dannatissima testaccia dura.- suo malgrado, Blaise si lasciò sfuggire un mezzo sorriso.

-Non ho intenzione di rimanere qui.-

-E io ho intenzione di darti una mano ad uscire.- Blaise si voltò di scatto, sorpreso: di tutto si sarebbe aspettato da Dan Galindez, fuorché quell'atteggiamento amichevole. Dan si strinse nelle spalle, capendo cosa avesse stupito il bel Serpente. -Ehi, non credere che ce l'abbia con te, chiaro? So quanto l'amavi...e quanto lei amava te.- spiegò, senza l'ombra d'inquietudine sul viso.

Perché Dan già sapeva che cosa avrebbe fatto, se lei fosse stata fra loro.

 

La porta dell'ufficio era stata sprangata non appena Sergen e gli Auror erano usciti. A nulla erano valse le proteste di Lea, Alex, Ron: Sergen non li avrebbe messi di nuovo in condizione di farli ammazzare. E, per di più, aveva requisito loro anche le bacchette, impedendogli di liberarsi.

-Dannazione!- sbottò Harry, per la duecentesima volta. Stava andando avanti e indietro da una buona mezz'ora, frustrato, irritato, mentre Draco e Ginny lo guardavano con aria assente.

Poi, all'improvviso, una voce maschile fuori dalla porta, un sussurro che era una via di fuga.

-Alohomora.- la porta si aprì lentamente, senza il minimo cigolio. E là, sulla soglia, con un mezzo sorriso soddisfatto sul bel volto, si trovava Scott.

-Beh, inglesini, datevi una mossa, non ho tutto il giorno per farvi evadere.- disse, divertito dalle loro espressioni stupite.

-Ma...ti metterai nei guai con...- cominciò Hermione, esitante, ma lui sorrise mentre restituiva loro le bacchette rubate dalla tasca di un ignaro comandante.

-Ehi, è praticamente il mio lavoro far incazzare Sergen. Forza, datevi una mossa. Il vostro amico è già fuori dalle mura, con Diablo e altri cinque cavalli.- li esortò, mostrandogli una porticina che portava verso l'esterno. Li guardò allontanarsi in un corridoio buio, mentre pensava alla piccola peste, e a quanto avesse dovuto amare quelle persone, per sacrificarsi.

Conoscendola come la conosceva, sapeva che Diana era una persona che in casi del genere voleva solo una cosa. E, se ben aveva capito, anche quegli inglesi la desideravano.

-Beh, Di...io la possibilità di vendicarsi gliel'ho data.- sospirò, mentre si dirigeva verso il piazzale della Morris, dove Sergen stava radunando tutti i combattenti che avrebbero lottato in quell'ultima, grande, decisiva battaglia.

 

-Alla buon'ora.- li salutò Blaise, già a cavallo di un Diablo leggermente scalpitante. Notò l'occhiata interrogativa di Draco, ma lo ignorò apposta. Non aveva tempo per le domande.

-Come hai fatto ad uscire?- gli chiese Harry.

-Non è importante. Avanti, prendete un cavallo e datevi una mossa. Io vado avanti.- replicò, brusco, il nervosismo di Diablo che si rifletteva in lui. E, l'istante più tardi, lo stallone si era alzato in volo, con un Blaise teso e concentrato in groppa, diretto a ovest.

-E noi come cazzo facciamo a sapere dove andare?-

-Semplice.- disse una voce. Si voltarono di scatto, riconoscendola. Un mustang bruno, una ragazza. -Vi ci guiderò io.- decretò Lea, avvicinandosi al gruppo, seria e concentrata.

Era stato Dan ad avvertirla, a dirle di accompagnare gli inglesi. Erano incredibili, quei due: appena tornati in vita, riuscivano comunque a riprendere in mano le redini di una situazione incasinata, organizzando tutto, affinché la battaglia che sarebbe venuta avrebbe visto la disfatta dei Mangiamorte.

 

Battaglia. Una parola che Hermione detestava, odiava, che avrebbe voluto cancellare dai dizionari. Una parola che grondava sangue, che sapeva di omicidio. Una parola che in quel momento descriveva tutto ciò che stava passando.

Erano appostati su una duna, nel deserto, mentre Blaise li sorvolava. Osservavano i movimenti degli Auror, dell'Ordine, che si stavano radunando in un luogo sicuro. Da quel che Lea aveva spiegato loro, Sergen aveva deciso di radere al suolo tutta Eagle Pass, il luogo dove si trovavano i Mangiamorte. Di prenderli di sorpresa, e di massacrarli una volta per tutte. E loro, non appena la battaglia fosse iniziata, si sarebbero buttati nella mischia, proteggendo Harry, cercando di portarlo il più possibile vicino a Voldemort. Anche se non ne avevano parlato, sapevano che era quello il loro compito.

Salvo Blaise, ovviamente.

Di lui non ci si poteva fidare, in quel momento. Amareggiato, rancoroso, Blaise avrebbe ucciso chiunque gli si fosse parato davanti. In quel momento, somigliava a Diana molto più di quanto avrebbe mai potuto anche solo immaginare.

-Siamo sempre in tempo, Mione.- le sussurrò Draco, accanto a lei.

-No. Voglio restare, voglio combattere.- replicò lei, risoluta. Andarsene era il suo più grande desiderio...ma non era una codarda. Sarebbe rimasta, avrebbe combattuto. Per Diana, che non aveva mai smesso di lottare, nonostante ne fosse disgustata, fino a sacrificarsi. Per la sua amica perduta.

-Sai una cosa, Draco? Mi disgusti.- Draco si voltò di scatto, allarmato, e gridò:

-Protego!- evitando che la Maledizione Avada Kedavra li colpisse tutti quanti. Alzò gli occhi, pieni d'odio, su una donna appena Apparsa dietro di loro. Brandiva una bacchetta e una pistola, e sembrava parecchio soddisfatta.

Capelli lunghissimi, lisci e lucenti, neri come la pece. Occhi grigio-verdi, privi del calore di quelli del figlio, un viso stupendo e attraente, come quello di una Veela.

Prima che Draco o chiunque altro potesse fare qualsiasi cosa, un fulmine nero piombò giù dal cielo, e un lampo verde colpì in pieno Zephira Zabini, uccidendola all'istante.

Diablo si arrestò a terra, e Blaise scivolò fluidamente a terra, la bacchetta ancora stretta in pugno e gli occhi illuminati dalla luce dell'Avada Kedavra.

Hermione e Ginny guardarono stupefatte il corpo della Mangiamorte accasciarsi lentamente a terra, gli occhi stupefatti fissi in quelli di Blaise, riconoscendo nell'ultimo istante quel figlio che non aveva mai amato.

Lui non si mosse, fissando truce il corpo già cadavere, senza l'ombra di rimpianto.

Harry e Ron, se non fossero stati sicuri della sua innocenza, lo avrebbero Schiantato.

Perché Blaise, con quello sguardo duro, omicida, sembrava più che mai un Mangiamorte.

Ormai non c'è più nulla che lo trattenga dall'uccidere.

L'unico motivo che aveva avuto se n'era andato.

Per sempre.

 

Avvertiti probabilmente da Zephira, intorno a loro si Materializzarono parecchi Mangiamorte, tutti armati, tutti ghighanti. Hermione distinse Bellatrix che la guardava, con due occhi neri che la fecero rabbrividire.

Harry,  Ron, Draco e Ginny, insieme a lei, balzarono in piedi. Per un istante, i due gruppi si fronteggiarono, immobili, attenti alle mosse di ognuno dei combattenti.

E poi, con un ululato, qualcosa attirò l'attenzione di tutti quanti.

Si voltarono verso i picchi di Eagle Pass, stagliati nel cielo azzurro ed ardente del Texas.

E là, un animale.

Pelo lucente, argenteo, brillante sotto la crudele luce del sole. Corpo poderoso, zampe dotate di artigli lunghi e ricurvi, adatti allo squartamento di qualsiasi preda. Zanne bianche come la luna brillavano nelle sue fauci, gli occhi si fondevano con il colore del pelo, i muscoli tesi e guizzanti erano pronti a balzare.

Un lupo.

L'animale buttò la testa indietro e ululò di nuovo, un grido prolungato di rabbia, che fece rabbrividire tutti quanti lo sentirono. Anche gli Auror, dalla piana dov'erano radunati, lo videro. Anche Dan e Scott, Alex e Melissa, e Lea che si era unita a loro, se ne accorsero, e sgranarono gli occhi. Ognuno dei combattenti, Moody, Lupin, Tonks, i Weasley al gran completo, tutti coloro che stavano preparandosi a combattere la grande battaglia, alzarono lo sguardo. I Mangiamorte, Bellatrix, Dolohov, Mulciber, i texani, per la prima volta provarono timore.

Perché quella bestia era una creatura fatta per uccidere.

E sapevano che non avrebbe attaccato i “buoni”.

Ora sono qui.

Pronto a combattere.

Pronto a farvela pagare tutta.

Non avete scampo.

-Avada Kedavra!- gridò Bellatrix all'improvviso, spezzando quell'attimo statico, attirando su di lei l'attenzione degli Auror poco lontani. Blaise bloccò il suo attacco, proteggendo la vittima predestinata.

Hermione.

-Ci penso io, Blaise!- gli gridò Draco sopra il fragore improvviso di incantesimi e spari, fioccati l'istante dopo che Bella aveva gridato. Lui annuì e, con Diablo che volteggiava sopra la sua testa, si allontanò, combattendo come mai aveva fatto prima, l'odio e il dolore che guidava le sue parole e le sue maledizioni.

Draco balzò in avanti, proteggendo Hermione dall'attacco di Bella. Fianco a fianco, cominciarono a duellare con la Mangiamorte, che li equivaleva.

-Sei una delusione, nipote!- la voce sferzante di follia di Bellatrix lo raggiunse. -Hai tradito l'Oscuro, e morirai per questo! Tu, e la tua Mezzosangue!-

-Ma fottiti, zia!- replicò lui, scagliandole una Cruciatus che la mancò di poco.

 

Dieci, venti, cinquanta Mangiamorte apparvero nel deserto, gridanti di folle esultanza, quando videro gli Auror schierati. Dan strinse più forte la bacchetta, dominando il desiderio di attaccare immediatamente. Doveva aspettare. Doveva attendere. Lui, Scott, Melissa, Alex e Lea erano Disillusi, pronti a cogliere di sorpresa i Mangiamorte, non appena avessero attaccato.

Ci sarebbe servita Diana, lì. Adorava gli incantesimi esplosivi, ed era quello che serviva, per farne fuori un bel po' in un sol colpo.

Ma Diana non c'era, rifletté amaramente. Non c'era più.

Ed ecco, un grido di rabbia, e i Mangiamorte attaccarono.

-ORA!- esclamò.

-BOMBARDA!- cinque voci gridarono all'unisono lo stesso, devastante incantesimo. Altrettanti lampi di luce saettarono all'improvviso, dritti verso la massa dei Mangiamorte, ed esplosero con un boato assordante.

Una decina di nemici riuscirono a schivarlo e a scagliarsi là dove avevano visto partire le fatture.

-Revelio maximo!- gridò uno, rendendo inutile la loro Disillusione. Tutti e cinque, esperti, si allontanarono di scatto dagli altri, veloci, per confondere per qualche vitale istante i Mangiamorte.

-Effugite!- gridò l'affascinante Auror messicano, atterrandone un paio. Non si accorse in tempo di Melissa che veniva sbalzata di lato, ferita non gravemente, prima che un grosso Mangiamorte gli si scagliasse addosso, colpendolo con una forza formidabile e inaspettata.

-Muori, Auror!- ringhiò Rowle, cercando di colpirlo ancora.

-Già dato, grazie!- rispose Dan, partendo al contrattacco. Uno, due, tre volte schivò gli attacchi, velocissimo. Ma il quarto sarebbe andato a segno, se delle zanne candide non si fossero piantate in quell'attimo nella nuca del Mangiamorte, uccidendolo all'istante.

Quello che successe dopo, Dan non lo capì. Si ritrovò schiena a terra, quattro zampe piantate addosso, il peso dell'animale premuto addosso. Guardò per un istante il magnifico lupo, dritto negli occhi, dimenticando tutte le precauzioni sulle bestie feroci che aveva imparato anni prima. Perché quella non era una bestia normale...

-Non è possibile.- affermò, colto da un'improvvisa illuminazione. Il lupo mugolò, palesemente divertito.

-Andiamo, non ci credo. Pure il Lupo, adesso!?- sbraitò, esasperato. Il lupo sembrò ghignare – incredibile, ma vero, vi riusciva veramente – e balzò lontano dal mezzo messicano, lasciandolo basito, ad assorbire la notizia che aveva appena ricevuto.

-E va beh...pure questa, accettiamo. Tanto, ormai, mi aspetto di tutto.- esclamò alla fine, esasperato, recuperando la bacchetta e ributtandosi nella mischia.

 

Draco si era allontanato, assorbito da un altro duello, lasciando Hermione alle prese con Bellatrix.

-Maledetta Mezzosangue...hai infettato anche il sangue puro di Draco!- le gridò la Mangiamorte, tentando di Disarmarla.

-Non credo proprio, Lestrange.- replicò Hermione, dura, il fuoco del suo orgoglio che brillava negli occhi dorati.

-Ci penserò io a liberarlo dalla tua presenza, sudicia mezzosangue.- sibilò la strega, folle di rabbia, di odio. In quel momento, la somiglianza fra lei e la nipote era nulla, in confronto alla loro differenza. Diana, anche quando combatteva, era sempre stata guidata dal suo amore, dai suoi sentimenti. Bellatrix, invece, era pazza.

Ma quell'attimo di riflessione fu quasi fatale, per Hermione.

-Expelliarmus!- la bacchetta le volò via di mano, e un istante più tardi un coltello d'argento era puntato contro la sua gola.

-Hermione!- solo un taglio, e Draco sarebbe arrivato troppo tardi.

Ma...

GROAR!

Un ruggito potente fece trasalire Bellatrix.

Il lupo balzò, con uno slancio tale che i suoi tendini si tirarono, urlando di dolore per l’impeto e la furia che lo avevano improvvisamente animato.

Draco afferrò Hermione per un braccio e la trasse a sé, lontana dalle grinfie della Mangiamorte.

Bellatrix poté solo vedere un indistinto lampo grigio, prima che quattro zampe dotate di artigli affilati le penetrassero nel corpo. Il sangue umido e caldo, rosso, sprizzò sul pelo della bestia, macchiandone la pelliccia argentata. Bella spalancò gli occhi, gridando di folle dolore, mentre le zanne bianche dell’animale brillavano per un istante alla luce della luna. Alzò gli occhi su quelli del lupo, quasi indistinguibili dal suo pelo, e vi scorse in un istante la sua condanna.

Muori, maledetta!

Il lupo ruggì, spalancò le fauci e affondò le zanne nella sua gola.

Draco inorridì, stringendo Hermione al suo petto, impedendole di vedere quello spettacolo orrendo, sentendola singhiozzare al rumore delle grida strozzate di Bellatrix.

L’animale scrollò la testa, penetrando ancora di più i denti nella giugulare dilaniata della Mangiamorte. La guardò negli occhi, vide lentamente la vita fluire via da quei due baratri di oscura follia.

La lasciò andare solo quando sentì il sangue smettere di premere sulle sue zanne, quando fu sicuro che il cuore avesse cessato di battere. Solo allora, liberò la testa con uno strappo e balzò via dal cadavere, pronto ad uccidere ancora, il sapore amaro di quel sangue sulla lingua, nella gola…

Rosso come gli occhi che si fissarono su di lui, in quell’istante.

Voldemort lo guardava, stupito, forse, per la prima volta nella sua vita, seriamente spaventato da un nemico.

-Espirtu de l’Alma…- sussurrò. Il lupo scoprì i denti macchiati di sangue, in un ringhio minaccioso, ma non lo attaccò e Voldemort non attaccò lui, conscio di quanto sarebbe stato inutile.

Il lupo si voltò al suono di un grido.

Melissa era in ginocchio, una gamba ferita. Alex, disarmato, la proteggeva con calci e pugni, contro cinque diversi Mangiamorte che, travolti dalla sua furia, non riuscivano nemmeno ad alzare le bacchette.

E bravo pivello.

Il lupo balzò fra i Mangiamorte, ringhiò selvaggiamente. I cinque si voltarono, e la bestia piombò su di loro con una furia sanguinaria, omicida, che ne uccise tre in pochi istanti. Fu Alex ad uccidere i due restanti, con due fortunati colpi sui nervi alla base della nuca. Il lupo lo guardò un istante, quasi divertito, e mosse la testa in un equivocabile segno di assenso. Come se riconoscesse la sua bravura in quella mossa che Diana gli aveva insegnato.

Poi si voltò, in tempo per vedere la bacchetta di Blaise cantare il suo canto mortale.

Due Mangiamorte caddero, i crani scavati da maledizioni devastanti e precise. Un cecchino perfetto e letale, Blaise girava su sé stesso, colpendo chiunque finisse nel mirino della sua bacchetta o della sua pistola, che teneva con la sinistra.

Negli occhi, una luce assassina e gelida identica a quella che aveva così spesso brillato nello sguardo di Diana.

Corse. Corse verso di lui, balzò di nuovo in mezzo ai nemici, e addentò la prima gamba che si trovò a tiro. Avvertì Blaise smettere di usare la bacchetta, per evitare che le maledizioni lo colpissero. I Mangiamorte si voltarono verso il lupo, al centro del loro gruppo scomposto, si voltarono verso quella belva feroce e sanguinaria. Fecero appena in tempo a vederlo prima che, con un ringhio che fece rabbrividire persino Voldemort, l’animale balzasse loro addosso e li ammazzasse tutti, uno dopo l’altro, schivando proiettili e maledizioni finché non lasciò intorno a sé solo cadaveri.

Solo allora, Voldemort si mosse. Lui e Harry erano rimasti immobili ai due lati del campo di battaglia, senza fare nulla, osservando la disfatta dei Mangiamorte, senza mai staccare lo sguardo da quello dell’altro. Ma ora, scivolando sulla sabbia come se non avesse peso, Voldemort avanzò verso di lui, la bacchetta stretta fra le dita lunghe e sottili, e la puntò contro il lupo.

-No!- ruggì Blaise, e con un Incantesimo Scudo protesse sé stesso e l’animale. Non sapeva neanche perché l’avesse fatto, ma sentiva che quella fiera era qualcosa di anomalo, di diverso. E non poteva permettere che morisse.

-Ti rivolti contro il tuo stesso Signore, Zabini?- disse Voldemort, mellifluo.

-Quale Signore? Io vedo solo un povero vecchio demente.- replicò Blaise, dandosi mentalmente dell’idiota. Gli occhi rossi dell’Oscuro si strinsero, minacciosi.

-Pagherai quest’affronto, ragazzo.- disse solo, prima di muovere la sua bacchetta di tasso. Un gesto così veloce, così fluido, che Blaise nemmeno lo vide. Ma nemmeno Voldemort distinse il secondo lampo di luce argentea, prima che gli azzannasse il braccio della bacchetta. L’Avada Kedavra mancò Blaise, e aprì un cratere nella sabbia.

Ora, saldiamo i conti.

La stretta delle mandibole si fece ancora più salda. Voldemort osservò la bestia, quasi con curiosità.

-Osi tanto, Espirtu?- chiese, fissandolo nei suoi fiammeggianti occhi rotondi. Il lupo lo guardò con astio, ma non poteva rispondere. Invece, spostò i suoi occhi animaleschi su Harry, prima di allontanarsi di scatto da Voldemort. L’Oscuro, con la massima naturalezza, richiamò la bacchetta e sigillò le sue ferite.

-Reducto!- gridò Harry. La magia fu Deviata con facilità.

-Tutto qui, paladino di Silente? È tutto quello che sai fare?- lo derise Voldemort, con una risata fredda, che penetrò nelle ossa di tutti coloro che la sentirono. Harry avanzò, deciso, la bacchetta in pugno.

-Sai, Voldemort…non esistono più Horcrux.- la notizia lasciò appena un’ombra di sorpresa negli occhi di Tom Riddle. -Diana Black li ha distrutti. L’hai sottovalutata.- il lupo rizzò la testa.

-Mi risulta che sia morta, nel farlo.- replicò l’Oscuro, irrisorio.

-Vero. Ma sapeva quel che faceva, e non lascerò che il suo sacrificio sia stato vano.- replicò Harry, la voce dura e ferma.

-Sciocco Grifone…morirai proprio come la tua amica, Potter. La tua sorellastra…che effetto fa aver perso quel poco che rimaneva della tua famiglia, Potter?- Voldemort, come già prima d’allora, voleva colpire il punto debole di Harry. Ma il Grifone sorprese tutti quanti.

-Fa male. È un dolore che permette di combattere, Tom, e questo non lo capirai mai. È questo dolore che mi darà la forza di ucciderti.- disse, gli occhi verdi che mandavano lampi di rabbia. “Me l’hai insegnato tu, Diana. L’ho imparato da te che arrendersi al dolore non serve a nulla.” pensò, sperando che, in qualche modo, lei potesse sentirlo.

Posso, fratello.

-Continua a crederci, Harry Potter.- Voldemort alzò la bacchetta, e uno zampillo di luce verde saettò verso Harry.

Il lupo approfittò di quel momento, mentre l’Oscuro osservava Harry schivare la Maledizione, per balzargli addosso e addentarlo alla nuca.

L’urlo di dolore, disumano, terribile, di Voldemort risuonò nel deserto.

Le zanne penetrarono nella sua carne viscida, di serpente, fino a raggiungere la durezza delle vertebre cervicali.

Adesso, stupido Prescelto! Ammazzalo adesso!

-Potter, muoviti!- latrò Blaise, che in un istante aveva capito. Harry alzò la bacchetta, quasi senza accorgersene, e gridò:

-Avada Kedavra!-

Il lupo balzò lontano da Voldemort appena in tempo. La potenza inaudita della Maledizione Senza Perdono scavò la sua strada nel deserto, violenta si scagliò verso di lui, e colpì l’Oscuro Signore in pieno petto.

Voldemort cadde, senza un grido, senza un suono.

Giacque a terra, gli occhi rossi vacui e spalancati, le braccia aperte e l’espressione vuota.

Nessuno fiatò.

Il silenzio cadde innaturale su ognuno dei combattenti: Auror, Ordine, Mangiamorte, tutti fissavano quel guscio vuoto che era stato Colui Che Non Deve Essere Nominato, tutti fissavano Harry Potter, in piedi, la bacchetta levata e la sorpresa negli occhi.

E poi, un rombo corse fra i “buoni”. Un grido di giubilo, di esultanza, un grido animalesco di felicità pura. I Mangiamorte non provarono nemmeno a fuggire, si arresero. Ginny balzò addosso a Harry, abbracciandolo con gioiosa irruenza, gridando:

-Ce l’hai fatta, Harry, ce l’hai fatta!-

L’Ordine alzò le bacchette al cielo, altri alzarono le pistole, e lampi di luce misti a proiettili si alzarono sul nero del deserto, rumorosi come fuochi d’artificio, adatti a quel momento di vittoria.

Voldemort era morto. Era stato sconfitto, una volta per tutte.

La Guerra era finita.

 

Dan si Smaterializzò non appena finì di Incarcerare l'ultimo dei Mangiamorte. Sapeva cosa sarebbe successo, sapeva che cos'era quel lupo. E sapeva che avrebbe saputo dove trovarlo, al momento giusto.

 

Solo una persona, oltre a lui, non si unì alla folla festante che si accalcava intorno al Bambino Sopravvissuto.

Blaise si voltò, improvvisamente conscio di chi era ancora là, in attesa.

Il lupo.

Il giovane guardò l’animale, che li stava osservando, attento. Inconsciamente, fece qualche passo verso di lui, allontanandosi dai vincitori festeggianti, ignorando Hermione che, distrattamente, gli mormorava di stare attento. Blaise non aveva paura. Non provava più nulla, il suo cuore aveva smesso da parecchio di battere, se non per l’adrenalina che ancora gli scorreva nel sangue.

Si avvicinò anche il lupo, per nulla guardingo, gli occhi che lo fissavano con sorprendente intensità. Gli pareva di conoscerlo, quello sguardo, quell’intelligenza pura e scaltra…

E poi, l’animale balzò giù dalla duna dove si trovava, agile, e mentre cadeva cominciò a cambiare.

La pelliccia divenne pelle, chiara, pallida. Candida.

Le zampe diventarono mani, segnate, affusolate, bianche.

Le orecchie si abbassarono, il muso si arrotondò, diventò un volto umano. Un volto che Blaise non osava sperare di poter rivedere.

Occhi grigi, limpidi, grandi, scossi da quell’improvvisa trasformazione.

Labbra pallide, sottili e insieme carnose.

Un viso tondo, quasi angelico, segnato.

Capelli lunghi e selvaggi, scuri, ma ora screziati dello stesso argento del pelo del lupo.

Le labbra delicate e sottili, l’espressione stravolta che doveva aver avuto durante i suoi ultimi attimi.

Il cuore di Blaise fece un balzo.

Lei.

 

 

 

My Space:

Daphne. È Daphne, sicuramente. ;P

 

 

cherie: quando leggerai, ti verrà un bel coccolone...muahahahahahahah!!!!!!!!!

Mione1194: la sottoscritta/Diana è come la peste...torna sempreeeee!!!

excel sana: hehe....tutti vivi....salvo Diana ovviamente!!! ;P

Honey Evans: indovina indovinello, chi sarà mai “lei”?? Risollevato un po' il morale tesò?? ;P

pei_chan: ed eccomi quaaa!!! Tornata dall'oltretomba!! Ed era anche ora, le tariffe erano veramente...come dire...infernaliiii!!!!!!

Iaia: woppala!!!! E LEI rispuntò dalle tenebre!!! BELLATRIX MUORE!!! siiiiii!!!! muahahahahahahahahahaha!!!!!! Ti vooglio bene stella!

Sarita46: siiiii sono perfida come una Serpe!!! muahahahahahahah sono troppo feliceeee!!! Non sono morta!!!

D2OTTO: tornati tutti, ma proprio proprio tutti!!! In effetti anche io ora mi voglio divertire a vedere Diana alle prese con quei due...che sembrano trovarsi simpatici !!! O.O

 

 

UN BACIONE A TUTTI!!!! E ABBIAMO SUPERATO LE 200 RECENSIONI SIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!! *Bea che salta su e giù come un'indemoniata*

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Capitolo 31
*** Vita! ***


PO POOOOOO

PO POOOOOO!!! PO POPOPOPOPOPOPOOOOOOO!!!!

Bea che esce trionfante dal suo bagagliaio muffito con aria decisamente soddisfatta....MUAHAHAHAHAHAHAH!!!!

Ma davvero avevate creduto che facessi morire Diana!?!?!?!? Dico mica sono una suicida!!! Beh, più o meno.... hehe....

Coooomunque, rispondo alle recensioni con calma, per una volta...ormai con lo stage ci ho preso la mano, mi mancano “solo” tre settimane...(AIUTATEMI!!)

Un bacio enorme a tutti!!!

 

giuliettaTH: ma grassie dei complimenti!! Fanno sempre piacere, oddio, arrossisco!! hehe...

cherie: oooo ma che onoreee!! in diretta dalla verde irlanda!! io amo l'irlanda, e so l'inglese così (schiocca le dita), posso venire li da teeee!!?!?!? pleaseeee!!!! E comunque...già l'ho detto....è sicuramente Daphne........morta però!!! uccisa da meeee!!!!! oh questi ultimi chap sono corti...così non devi pagare troppo, se no mi sento in colpa!!

mione1194: è sempre pronto lì...TE MAGNO SUL SERIO DILEEE!!! MUAHHAHAHAHAHAH!!!! *risata da strega malefica tipo emoticon su MSN* ehm....io, volere morta Bella??? nooooo....le voglio taaaanto bene.....e quella battuta del mio adoratissimo blaise.....da monumento!!!!!!

Shuyin: come ho messo su MSN....Diana è erba mooooolto cattiva....NON MUORE MAIIIIi!!!!!!

Pei_chan: cazziu sara...le risposte alle tue domande le troverai lungo il tuo cammino....huhuhuhu non riesco a dirlo restando seria!! E poi, non preoccuparti della fine della fic....mica finisco di rompere, io!!

Ilaria: tesò la statua puoi anche evitarla...basta un tempietto nell'armadio stile setta satanica (per stare in tema heheh)!!! E BELLA MORIIIIIIIIII'!!!!!!! SIIII MUAHAHAHAHAHAH!!!!! ciao stella!!

D2OTTO: mi è venuta pensando che il lupo ultimamente mi somiglia molto....insomma tipo illuminazione buddhista...hehehehehe....

koki: capito bene, capito male, chissàààà!!!!! Scoprilo leggendoooo!! ;P

sarita46: muhaahahahah mi sono flesciata troppo te che ballavi DIANA E' TORNA-TA!!! huhuhuhu che risate!!! Te lo giuro mi sono spanciata!!

 

 

va beh dai...dopo una pagina di vaneggiamenti vari....vi lascio al chap!! Buona lettura (e sono solo 5 pagine!!!)!!!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Blaise rimase immobile.

-Di…- mormorò, con voce rotta dall’impeto di gioia che lo aveva travolto, incapace di dire altro, incapace quasi di respirare davanti a quella meravigliosa scoperta…

Lei era là. Ferma, immobile quanto lui.

-Blaise…- la vide mormorare, stupefatta nel riconoscerlo, gli occhi che si allargavano di sorpresa e felicità, gli occhi solo per lui, in lacrime, lacrime di gioia…Diana…era lì, era viva, era reale davanti a lui.

E lei, vedendo il suo sorriso incredulo, non riuscì più a trattenersi.

La ragazza fece un passo, due, che si trasformarono in una corsa di felicità, corse da lui, corse da Blaise.

Si lanciò fra le braccia che la aspettavano, nel rassicurante calore del suo abbraccio. Le braccia strette al collo di lui, affondò il viso sulla sua spalla e scoppiò a piangere.

Piangeva di felicità, piangeva di sollievo, piangeva per l’immensa gioia di non averlo perduto. Piangeva semplicemente, dando sfogo alle sue emozioni, bella ed incoerente, libera dai suoi freni e dalle sue paure. Libera di amare.

 

Blaise se la ritrovò fra le braccia, calda, morbida, il corpo concreto e reale, vera, vera in ogni senso possibile, il suo profumo tanto conosciuto nella testa, il viso affondato fra i suoi capelli. Sentì qualcosa dalle parti del petto ricominciare a battere, così forte da fargli quasi male. La strinse forte a sé, con tutta l’intenzione di non lasciarla andare più via.

-Blaise…- la sentì mormorare. Diana alzò il volto lucido di lacrime, la voce morbida e divertita.
-…calmati, così mi stritoli…- gli fece notare, sentendo le braccia di lui che la cingevano saldamente, stretta al corpo muscoloso del suo giovane uomo.

-Te lo meriteresti.- le sussurrò sulle labbra, sorridendo, desiderando in cuor suo di poter rimanere in quell’istante per sempre. Desiderando di vedere per sempre quei due occhioni grigi finalmente sereni, umidi di lacrime. -Mi hai fatto perdere dieci anni di vita.- la rimproverò dolcemente, carezzandole il viso e sfiorandole le labbra con un dito, incapace di credere che fosse veramente successo. Incapace di credere di poterla riavere.

Eppure, era lì. Era tornata.

Diana era tornata da lui.

Come ha sempre fatto, del resto” pensò, con un sorriso a trentadue denti.

 

La dea della Fiamma, da dentro il cuore di Diana, sorrise.

Quando la Regina era giunta nel regno dei morti, lei l’aveva chiamata a sé.

Non era ancora finito il suo compito, nel regno mortale. Diana era rimasta sorpresa, perché pensava di aver esaudito tutti gli ambiti della sua leggenda. Beltane, la dea, aveva sorriso alla sua pupilla, alla sua diletta.

-Non è della leggenda che dovrai preoccuparti ancora. Ma della tua vita.-

-Cosa…-

-Devi tornare fra i mortali, libera da ogni costrizione, da ogni destino. Sarai tu a tracciare la tua strada.-

-Ma…perché?- aveva chiesto Diana, dubbiosa, conscia di quanto dietro a qualunque offerta ci fosse un secondo fine. Beltane, misteriosa, aveva sorriso ancora.

-Hai una vita da crescere e amare. La vita della creatura che porti in grembo.- Diana aveva sgranato gli occhi, le sue mani erano salite a sfiorare il suo ventre.

-Quale creatura?-

-Torna dall’uomo che ami, Arakta Shoenn, Regina degli Elementi.-

-No, pausa, aspetta un secondo: quale creatura!?-

Beltane aveva riso, e il rumore della sua risata era quello dello scoppiettare del fuoco.

-La figlia del vostro amore.- aveva risposto, semplicemente. Non aveva lasciato tempo a Diana di assorbire la notizia, e aveva continuato a parlare. -Tornerai sotto la vera forma del tuo Spirito. Espirtu de l’Alma, lo Spirito dell’Anima. Sarai tu, quando la guerra sarà conclusa, a decidere se riassumere o no la tua forma umana.-

-E qual è questa forma?- aveva chiesto lei, ancora sconcertata dall’improvvisa news.

-Il Lupo.-

 

-Povero, lui…- Diana lo prese in giro, e si spinse sulle punte cercando le sue labbra, unendole fameliche d’amore in un bacio entusiasta, sollevato, felice, indicibilmente, incredibilmente felice. Un bacio eterno, da cui nessuno dei due voleva separarsi. Le lingue che si intrecciavano, i corpi stretti l’uno all’altro, la paura di essersi perduti che svaniva, annegata nella gioia di essersi ritrovati.

Blaise si separò un istante da lei, deciso. Tanto valeva rendersi un idiota, in quel momento.

-Ah, giusto. Di…- disse guardandola dritto negli occhi.

-Sì?-

-Ti amo.-

Un attimo di stupito silenzio.

E poi un sorriso si schiuse raggiante sul viso di Diana, gli occhi che si colmavano di lacrime. Di nuovo. Aveva il pianto facile, in quel momento, ma non dispiaceva a nessuno dei due.

Lo baciò, con slancio, con passione, con tutta l’irresistibile felicità che aveva nel cuore, stringendo forte le braccia attorno al suo collo.

-Lo prendo come un “anch’io ti amo tanto, Blaise”.- scherzò lui, ripresi subito i soliti modi irritanti. Diana rise, esasperata.

-Ma prendilo come ti pare, idiota!- replicò, e tornò a perdersi fra le sue labbra in un bacio mozzafiato, mordicchiandogli il labbro inferiore come faceva sempre, quando era contenta. E ora aveva tutti i motivi per esserlo, e anche di più.

-Beh, bisogna dire che i suoi modi bruschi non li ha persi, anche se mi si è rammollita.- commentò una voce all’improvviso, sorprendentemente vicina, incredibilmente conosciuta.

Diana si separò di scatto da Blaise, che le sorrise quando gli rivolse un’occhiata interrogativa e stupefatta. Sbirciò da sopra la sua spalla, e poco ci mancò che morisse di nuovo.

Là, con un sorriso sornione e soddisfatto, nella sua classica e conosciutissima posa da bello e impossibile, c’era Scott Parker.

-Scott…- sussurrò, le lacrime che ormai avevano deciso di fare di testa propria e di cadere, libere.

L’attimo dopo, senza capire bene come ci fosse arrivata, era letteralmente saltata addosso a Scott, travolgendolo in un abbraccio stritolacostole.

-Io sarei la rammollita!? E da quando, brutto deficiente che non sei altro?- esclamò, allegramente agitata, sfregandogli la testa con un pugno e abbracciandolo con l’altro. Scott scoppiò a ridere, sostenendo senza fatica il suo peso.

-Oh, ma che bello, mi mancava proprio sentirmi dare del deficiente da una pivella…- commentò con sarcasmo. Ma la verità era che si sarebbe lasciato dare del deficiente tutto il giorno, pur di vedere la sua adorata sorellina acquisita con quel sorriso entusiasta sul volto.

-“Pivella” a chi, eh!? Vola basso, Parker, che più di una volta ti ho battuto!- lo minacciò, rischiando di decapitarlo con un altro abbraccio. E la sentì sussurrare, Scott, poche parole che erano tutto quello che Diana, per orgoglio o per imbarazzo, ad alta voce non avrebbe mai detto: -Mi sei mancato, fratello. Non immagini quanto.- Scott sorrise fra sé.

-Anche tu, Di.-

-DIANA! VIENI SUBITO QUI, CHE È LA BUONA VOLTA CHE TI STRANGOLO!- Diana balzò a terra, allarmata e divertita, esattamente un istante prima che un fulmine bruno le si scaraventasse addosso, atterrandola.

-Lea, un po’ di contegno, per piacere!- borbottò, bloccando senza sforzo i pugni dell’amica.

-Sei una carogna! Mi hai fatto sentire in colpa come una bestia, e poi salti fuori in questo modo!? Ma avverti, cazzo!- esclamò Lea, senza smettere di far pagare alla mora tutto il calvario che le aveva fatto passare.

-E dove stava l’effetto scenico, dopo?- rise lei. Prima che Lea potesse porre fine (di nuovo) alla sua vita sgangherata, Ginny, Hermione e incredibilmente anche l’algida Melissa si scagliarono addosso alle due, finendo in un confuso intrico di braccia e gambe chiassose. -Blaise, mi daresti una mano?- annaspò Diana.

-Assolutamente no.- rispose lui sorridendo, guardando le cinque ragazze accapigliarsi divertite.

-Levatevi di dosso!!- sbottò Diana, riuscendo a scivolare via da una presa non meglio identificata. Ma, dietro di lei, una stretta sul braccio, salda e conosciuta.

-Tu sei una carogna.- le disse Draco, costringendola a voltarsi.

-È ovvio. Sono imparentata con te.- replicò lei, sicura, prima di saltargli al collo. Non poteva farci niente: adorava quella Serpe di suo cugino. Quella Serpe che la stringeva a sé con qualcosa di molto simile al sollievo. Lo lasciò andare senza dirgli nulla, non ce n’era bisogno, non ce n’era mai stato. Sapevano entrambi quanto era grande il loro legame.

Diana si voltò verso Harry e Ron che, immersi nella folla festante, non l’avevano ancora vista. -Ehi, Prescelto del piffero, dai un po’ un’occhiata a chi ti salta fuori dalle sembianze del lupo!- gli gridò. Tutti si zittirono: conoscevano la sua voce, tutti quanti, senza esclusione. Harry spintonò le persone, facendosi largo fra la ressa, senza osare credere alla voce che aveva appena sentito.

Eppure, Diana era lì che lo aspettava, sorniona ed ironica come sempre. Gli rivolse un sorriso sicuro di sé, arrogante.

-Credevi davvero di liberarti di me, Potter?- gli chiese, ironica.

-Speranza vana, Diana.- rispose lui con un sorriso sincero che lei non faticò a ricambiare. -Puoi perdonarmi?- le chiese infine, dopo lunghi istanti passati occhi negli occhi.

-E di cosa, Harry?- Diana sorrise di nuovo, sincera e sollevata, prima di correre ad abbracciare lui e Ron, così forte che le loro teste quasi cozzarono.

Ma li lasciò andare quasi immediatamente, avvertendo dietro di sé una presenza tanto conosciuta. Si voltò, con un sorriso quasi materno rivolto solo a lui, solo ad Alex, rimasto letteralmente a bocca aperta nel rivederla.

Non disse nulla. Gli si avvicinò, gli diede un buffetto affettuoso su una guancia.

-Alex, riprendi a respirare.- gli consigliò caldamente. Ma non si sarebbe mai aspettata quello che successe l'attimo dopo: il pivello, cedendo a sé stesso, l'aveva abbracciata forte, quasi sopraffatto dalla gioia di rivederla viva. Sorridendo, Diana ricambiò il suo abbraccio, il primo che si fossero mai scambiati, l'unico, vero, abbraccio di due fratelli.

Un boato sembrò crescere all'improvviso nel deserto. Diana si separò dal pivello e si voltò.

E là, tutti i combattenti esultavano, gridando il suo nome come avevano gridato quello di Harry, fuochi d'artificio nel cielo e lampi di spari sulla terra, vittoriosi, acclamavano la Regina, acclamavano colei che aveva permesso il ritorno, dopo tanto tempo, della pace.

Scott le si fermò accanto, posandole un braccio intorno alle spalle, chinandosi verso di lei e sussurrandole:

-Non dimenticare qualcuno, Di.- lei annuì: non l'aveva affatto dimenticato. Non avrebbe mai potuto.

Alzò lo sguardo su Blaise, che le sorrideva. Ricambiò con dolcezza, gli rivolse un occhiolino, e scomparve.

 

 

 

 




Nuova pagina 1

Questi sono disegni che ha fatto la quarta persona che ha deciso di lavorare sui personaggi di Luce e Buio...hihi, non pensate male, non le ho costrette *me che nasconde la lupara e il baschettino fischiettando con aria innocente*...Miriam, grazie perché sono BELESOM!!!!

Alur il primo è un disegno di Alex e Melissa la notte prima della partenza...hanno quell'aria leggermente malinconica come di chi sa già cosa li attende...*hem...hehe...a disagio mentre si sente in colpa*...il secondo è una reinterpretazione grintosa della giapponesina texana, mooolto tostissima!!! (W i superlativi!!)...il terzo invece è il mio preferito in assoluto...è Kelly, esattamente come avrei voluto descriverla, nel primo momento in cui compare nella storia attivamente e non solo nominata "a casaccio" (nulla è mai a casaccio in Luce e Buio, caaaaVi...ormai dovreste averlo imparato!!)...come al solito purtroppo li ho postati un giorno dopo, quindi non so quanti di voi li vedranno...ma tanto nel prox chap VI OBBLIGO a venirli a vedere!! MUHAHAHAHAH!!! Miri grazie!!! Sei bravissima, come tutte, del resto!!!

 

 

 

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Capitolo 32
*** Addio Limbo - Una Nuova Vita ***


My Space:

My Space:

Ragaaaazziiiiiii!!!!! (molto Grande Fratello à programma idiota)

Visto che ormai la mia grafomania è assodata quest’estate non vi libererete di me!

(ndTutti: NOOOO ci tocca sopportarla ancora!!! NUUUUUUUUUU!!!)

(ndMe: sigh…sob…come siete crudeli…)

(ndTutti: NOI!?!?!? Sei tu quella che ci ha fatto morire tutti quanti, e poi rivivere, e poi rischiattare, che non si capiva più nulla!)

(ndMe: ehm…)

Innanzitutto vi comunico con MOLTA gioia che ho pubblicato la seguente one-shot (cercatela col titolo):

 

 

 

What if...? - Cosa Sarebbe Successo Se...

 

 

 

 

Che è una rating rosso, pubblicata con il nick di un'altra persona, su Blaise e Diana...muahahah la mia perversione è alle stelle! Sullo stesso account mi ha permesso di pubblicare Black Blood, sempre rating rosso su Sirius...

E, infine, per coloro che hanno seguito il mio primo lavoro, ho una buona notizia:

 

Ran Lupin: the begin

 

è finalmente tornata ad essere scritta!!!

 

E, per finire, una notiziona che vi riempirà di gioia (se, come no):

LUCE E BUIO CONTINUERAAAAA'!!!!!

*rumore di passi e di gente che fugge atterrita*

...

-.-

mooooolto divertenti...

 

 

 

Un’ultima cosa soltanto: non pensate che Scott sia crudele, o cinico…è solo un ragazzo, pardon Scottie, un uomo, che sa vedere al di là di ogni sentimento, vede la verità nuda e cruda, e la prende con molta filosofia. Mi dispiace accennarlo soltanto, qui, ma nelle prossime avventure (faccio molto Indiana Jones…aaaaah, Harrison, quanto eri figo da giovane!!) ci sarà molto più spazio anche per lui. E anche per Dan, ovviamente. ^.^ Li amo troppo per non metterli!! Eheh…

E, per finire i miei vaneggiamenti, vi do un ORDINE PERENTORIO (muahahah!!!): tornate indietro di un capitolo, andate in fondo e guardate che bei disegni che ha fatto Cherie!! (Alias: miri ;P)

 

Ecco le risposte alle recensioni:

D2OTTO: eheh...fate bene a non credermi su queste cose...anche perché io sono parecchio cattivella muahahahahahahahahahaha!!!!! sì in effetti....Diana dopo l'assalto delle donne ha rischiato di finire di nuovo all'altro mondo ;P

pei_chan: hihi, pensaci un attimo, sara...una figlia (è una femmina, lo dice Beltane^^) di Diana e Blaise...stronza come il padre e carogna come la madre.....O.O *Draco e Harry che fuggono disperati urlando come degli ossessi*

sarita46: muahahahahahahahahahah!!!!! Daiiii tutti a fare il treninoooo!!! (Blaise strategico si mette dietro a tutte le donne ---> PORCO MANIACOOO!!) e non ti preoccupare...siamo TUTTI pazzi qui dentro...sottoscritta compresa!! (al primo posto)

Ilaria (risponde Diana): sai che mi trovi d’accordo con te? Blaise è un cretino totale…e secondo me hai ragione, ce l’aveva in tasca, il preservativo…(Blaise si vuota furtivamente le tasche nel cestino buttando i Settebello) ma è fuori discussione che ti permetta di evirarlo!! Insomma, mi servirebbe!!!! Eh!!

(risponde Blaise): Ah, piccola, sei sempre gentile come un pugno in un occhio. Comunque, Ilaria, non credo che Diana sia solo “convinta” del mio armamentario…oh, se vuoi provare…*ndBea: Iaia non ci pensare neanche!!*

(Diana cerca di strangolarlo): Blaise Arthur Zabini, sei un porco bifolco e maniaco!

(Blaise ghigna): Sì, ti amo anch’io.

(Diana lo manda a quel paese, mentre io mi riapproprio della mia tastiera e della mia mente): vedi cosa mi succede!?!? Sclero completamente quando sei presente tu, mi si sdoppia (anzi si divide in tre) la personalitààà!!!! Aiutooo!!! Dico, ma li hai sentiti quei due!?!? Va beh che sono troppo divertenti, starei ad ascoltarli/scriverli per ore…muahahahah!! Comunque sono d’accordo, per come lui le ha detto “ti amo” la prima volta…è un idiota, ma insomma, chi non lo vorrebbe uno così??? Un basottone stella! COMPLIMENTI PER FIRENZE TE L'AVEVO DETTO CHE SARESTI STATA BRAVISSIMA!!!! PS un'ultima cosa: cosa vuoi fare con quella povera fiiiic!?!?!

Honey Evans: se hai pianto con quelli indietro...con me del resto...prepariamo fazzoletti perché ora c'è Diana che incontra Dan...sniff...oddiooooo piangoooo!!!

Mione1194: ecco a voi l'erede di Houdini che riesce ad evadere ovunque!!!! eheh...guarda un po' come reagisci alla notizia, più in basso...huhuhu...però qua...mia cara...ti sorprenderò (più o meno)...muahahahahah!!!!

Shuyin: povero piccolo shuyin...che scrittrice cattiva sono a far soffrire persino gli uomini....(huhuhuhuhu!!!)

semplicementeme: anche secondo me Diana sarà una mamma...come dire...unica!! Insomma, una come lei, che di amore da dare ne ha così tanto, non potrà che essere una mamma dolce, buona, folle (sì, perché lei è proprio pazza)...per Kelly, ci arrivo, ci arrivo!! Mama mia sono tutti qui ad assillarmi per sapere di Scott...con calma!! ;) sapessi quanta malinconia al pensiero che siamo alla fine ormai...sniff....sono mesi che mi fa compagnia la mia storia...e ora....ueeeee!!!:,(

 

 

32. Addio, Limbo – Una Nuova Vita

 

Una brezza leggera carezzò il viso di Dan, seduto sul cornicione del loro balcone, della loro camera. Una brezza fresca, dal profumo conosciuto. L'attimo dopo, seduta accanto a lui, apparve Diana.

Cazzo, quanto era diventata bella.

I suoi occhi di nuovo sereni erano fissi sul tramonto lontano, il suo viso era tranquillo come poche volte l'aveva visto, la sua posa era la solita, da dolcissima, indomabile ribelle.

-Ciao, Dan.- gli disse, con la sua voce melodiosa.

-Ciao, Di.- rispose, nascondendo un sorriso nato spontaneo sulle sue labbra, vedendola così assorta nel guardare il sole morente. Rimasero in silenzio, senza una parola e senza imbarazzo fra loro. Si conoscevano da così tanto tempo, avevano condiviso un sentimento forte che, forse, non si era mai spezzato. Sapevano quasi sempre cosa l'altro pensasse, in ogni situazione.

Sapevano cosa correva fra loro, in quel momento.

Dopo quella che parve un eternità, Diana sorrise, divertita.

-Avresti mai immaginato che saremmo finiti in questa situazione, Dan?- gli chiese, voltandosi finalmente a guardarlo. Bello, non era mai riuscita a negarlo. Bello esattamente come ricordava, identico al Dan che aveva perduto. Al contrario di lei, che era cresciuta tanto.

Lui sorrise, esasperato e divertito.

-No. Da te mi sono sempre aspettato di tutto, ma ancora una volta sei riuscita a sorprendermi.-

-Eh già...sono troppo furba, io.- commentò lei, saccente.

-...- un sopracciglio alzato, uno sguardo ironico di quei due occhi neri, profondi, che la scrutavano fin nei più reconditi angoli della sua anima.

-Non c'è bisogno del silenzio scettico, sai?- gli ricordò, pungente.

-...- stessa ironia, un sorrisetto.

-Dan, non ti sopporto.- Dan scoppiò a ridere.

-Idem, Diana. Idem.-

Di nuovo, silenzio. Entrambi tornarono a guardare il tramonto, mentre una fresca folata di vento scompigliava i capelli di entrambi. Dan la osservò per un istante, notando quanto fosse bella, lì, selvaggia come era sempre stata, in sintonia con i suoi Elementi e con il suo cuore. Preoccupata, ora, la sua espressione.

 -Cosa devo fare, Dan?- gli chiese, all'improvviso. Dan non rispose: sapeva che avrebbe continuato a parlare. -Devo rinunciare per forza a uno dei due uomini che amo...- balenò una scintilla birichina nei suoi occhi. -Certo, si potrebbe sempre fare un menage a trois, ma...- Dan strabuzzò gli occhi.

-Diana!- la rimproverò, scandalizzato dalla sua assoluta mancanza di pudore. Lei sorrise, maliziosa, rivolgendogli un'occhiata penetrante.

-...non credo che sareste d'accordo.- terminò, mentre i loro sguardi si incatenavano e lei tornava seria. Dan le sorrise: aveva uno splendido sorriso, a rilascio lento, come se fosse un po' fuori posto sul suo viso, sempre duro, sempre concentrato. Anche in quello, lui e Diana combaciavano.

-Fa' quello che ti dice il cuore.- le disse, scostandole la frangia ribelle dalla fronte. Avvertì un brivido, nello sfiorarla, nel toccarle i suoi capelli morbidi.

-Non so cosa mi dice, il cuore.- mormorò lei, perdendosi in quella carezza che scendeva lungo i capelli, sulla spalla scoperta dalla camicetta senza maniche dal taglio aggressivo.

-Io sì.- Diana spalancò gli occhi, stupita e affranta, ma lui, ancora una volta, le sorrise.

-Dan...-

-Diana, te l'ho detto io.- la rassicurò. -Te l'ho detto io, di tornare ad amare. Certo, ora come ora mi mangerei le mani...- Diana sorrise con dolcezza. -...però ne sono felice. Ho visto quel ragazzo, ho visto quanto ti ama. Non potrei volere niente di più bello, per te.- Diana sentì qualcosa sprofondare nel suo cuore: sapeva quanto gli era costato dire quelle parole...a lui, che era sempre stato così possessivo, geloso, con lei...che l’aveva amata e che era stato amato tanto…

Ora la lasciava andare. Lasciava andare il suo cuore, che sapeva non appartenergli più.

“Come potrei volerti con me, Di, se non sei più mia? Ti amo, non potrei vederti infelice. Anche se significa perderti...”

Diana sentì gli occhi bruciarle di lacrime. Si sentiva così tremendamente egoista, a costringerlo a lasciarla.

-Dan...- mormorò. Dan la zittì, carezzandole le labbra.

-Diana...va' da lui.- Diana gli sorrise, grata di sapere che lui aveva capito, distrutta perché lei, in un angolo in fondo al cuore, lo avrebbe sempre amato. E Dan, questo, lo sapeva.

Diana scivolò giù dal cornicione, lo lasciò lì, solo, e sparì nelle tende fluttuanti.

“Vorrei solo sentire le tue labbra un'ultima volta, Di. Il tuo sapore, il tuo profumo. Un'ultima volta, ma non sono così carogna da chiedertelo”.

Dei passi, e due braccia chiare e tiepide gli cinsero improvvisamente il collo, abbracciandolo.

Dan sentì un peso scivolare via dal suo cuore, quando si rese conto che quelle braccia appartenevano a Diana.

-Ti ho amato tanto, Dan. Lo sai che non smetterò di volerti bene...- gli sussurrò all'orecchio, il vento che le scompigliava i capelli, che solleticavano il viso di lui.

-...ma so che ora tu appartieni a lui.- Diana annuì, il viso nascosto nel suo collo. Aveva sempre adorato abbracciarlo così, affondare il viso nel profumo caldo, latino, di lui. Dan si voltò, la guardò dritto negli occhi. E Diana gli si avvicinò, incontrò le sue labbra, si persero entrambi in quel sapore che tanto conoscevano, che era stato spesso l'unico appiglio in situazioni insostenibili.

Quell'appiglio che, ora, non poteva più essere.

-Vai, Di.- le sussurrò sulle labbra, quando si separarono. Diana sorrise – un sorriso furbetto –, gli rivolse un occhiolino e svanì in un alito di vento, lasciandolo con il suo sapore fra le labbra e il suo profumo nella testa.

 

Era stato troppo. Veramente, veramente troppo.

Vedere Diana, stretta a Dan, su quel balcone...

Un qualcosa di enorme e doloroso sembrava aver preso vita nel suo petto.

Blaise spalancò la porta della sua camera con un calcio. In pochi minuti, aveva raccolto tutta la sua poca roba, e l'aveva chiusa in una sacca. Se la caricò in spalla, ma prima di uscire lanciò un'occhiata  allo specchio sopra il cassettone. Non sapeva perché, ma era tanto che non vedeva il proprio riflesso.

Per poco non si riconobbe. Sembrava un selvaggio, altro che il solito, elegante Zabini.

Si era irrobustito, ancor più di prima. I capelli erano più lunghi, più selvaggi che mai, il viso levigato dal dolore e dalle intemperie, la barba sfatta e la carnagione scura, abbronzata, le braccia guizzanti di muscoli non troppo evidenti, ma che gli davano comunque un'aria possente mantenendo la sua naturale scioltezza. Il torace ampio, le gambe muscolose, la mimetica nera che tanto gli donava. Inutile dire che era più bello di quanto non fosse mai stato.

(ndA: Blaise il Cavernicolo...buaaaaaaaaah!!! Bonazzo!)

Distolse lo sguardo dal riflesso dei propri occhi. Aveva visto durezza, nelle proprie iridi, la durezza di chi non ha più nulla da perdere.

Uscì dalla stanza, sbattendosi la porta dietro, lieto di vedere intorno a sé solo il corridoio deserto. Non aveva voglia di incontrare nessuno, se ne sarebbe andato alla chetichella.

-Dove hai intenzione di andare, Faina?- dove l'attimo prima c'era solo un muro, ora era comparsa una ragazza, appoggiata alla parete con fare insolente e le braccia conserte, lo Stetson nero calato sul viso pallido che nascondeva i capelli bicromatici.

-Mmm, fammi pensare...- fece lui, sarcastico. -A Hogwarts?- Diana alzò lo sguardo, per nulla sorpresa dal suo tono.

-Senza di me?- disse, con arroganza. Blaise non capì, sul momento, cosa voleva dire.

-Mi è un po' difficile, se tu resti qui.- le fece “gentilmente” notare. Diana si alzò dalla parete, spingendosi con una spalla, e si diresse verso la fine del corridoio passandogli di fronte.

-E chi lo ha detto?-

Blaise sentì qualcosa balzare in avanti, nel suo cuore.

-Dove stai andando?- le chiese, senza sapere bene il perché.

-Io?- Diana si fermò, si voltò verso di lui a tre quarti e lo guardò, con aria di divertita sufficienza. -Io torno in Inghilterra. Con o senza di te, è una scelta tua.- Diana si voltò, fece per allontanarsi, ma sorrise fra sé quando sentì la sua stretta salda intorno al polso. Blaise la tirò a sé, intrappolandola fra le sue braccia.

 -Con me. Poco ma sicuro.- le disse. Diana sorrise, malandrina, e si alzò sulle punte dei piedi, baciandolo con la sua solita, dolcissima irruenza. Blaise gettò di lato la borsa - “Al diavolo la borsa”-, le passò un braccio intorno alla schiena e una mano fra i capelli e la strinse a sé, in un bacio ardente, passionale, di due persone che si amavano e non avevano più motivo di non farlo.

Diana si separò da lui, sorridendogli senza ironia. Quant'era splendido, il suo sorriso, lui non l’aveva mai veramente apprezzato fino in fondo, fino a quel momento.

-Ti amo, Blaise.- gli sussurrò, per la prima volta da quando l'aveva capito...da sempre, forse.

Anche Blaise sorrise, qualcosa nel petto che ruggiva, trionfante.

-Si era capito.- le fece notare, e la strinse in un nuovo bacio, altrettanto focoso, altrettanto innamorato. E un pensiero gli rimbalzava nella testa, lo faceva sorridere sulle labbra di Diana, lo rendeva più felice di quanto non fosse mai stato prima di conoscerla...

Era sua.

 

Scott li vide arrivare. Sorrise quando vide lo sguardo colmo d'affetto che lui le rivolse...ma provò una stretta al cuore riconoscendo quello sguardo, lo stesso che le aveva rivolto tante volte anche Dan.

Non era giusto, da parte sua, lasciarlo in Texas da solo. Ma Dan aveva già dei progetti, in mente: tornare in Messico, la sua terra madre, dai suoi genitori, riprendere il suo lavoro di Auror, fare tutti i danni che gli fosse possibile fare. Lui aveva ancora qualcuno, lì, una famiglia. Al contrario di Scott, che la sua famiglia si personificava solo in lei. Diana. Sorella, figlia, amica, tutto insieme. L’avrebbe seguita in Inghilterra, sapeva che era là che la piccola avrebbe voluto andare. Erano sempre stati tutto, l'uno per l'altra, senza famiglia se non loro stessi. Non poteva abbandonarla. Non ora che aveva solo lei.

-Come stai?- non lo sorprese la voce di Melissa, accanto a lui. Sorrise, pensando che, una volta tanto, le parti di maestro e pivella si stavano invertendo.

-Benissimo. Perché non dovrei?- chiunque, a parte Diana e Dan, avrebbe creduto alle sue parole. Tranne lei, che lo conosceva meglio di tutti.

-Kelly.- Scott sospirò.

Kelly.

Un nome. Una sola parola. Un ricordo incessante. Una ragazza dolce, sincera, che arrossiva ogni volta che alzava gli occhi su di lui.

Se n’era andata molto tempo prima. Se n’era andata quando se n’era andato lui.

L’aveva osservata, a lungo, dal luogo sconosciuto dov’era finito dopo la morte. Aveva sofferto, anche se non se ne era nemmeno reso conto, nel vederla diventare quello che era diventata.

Un’assassina.

Una Mangiamorte.

Un essere amaro e rancoroso, chiuso nel suo dolore.

La sua Kelly non c’era più, e lui non era così sciocco da non rendersene conto. Ma non era stata Diana a portargliela via.

Era stata Kelly stessa a distruggersi.

E lui doveva ricordare quello che si diceva sempre, il suo mantra quotidiano contro le ingiustizie del mondo, le parole che, bizzarramente, proprio Kelly gli aveva insegnato.

Vai avanti.

Guarda la verità, nuda e cruda, renditi conto di ciò che hai intorno e non illuderti.

Non illuderti mai.

Soffri oggi, e poi avanti, c'è un altro giorno.

Soffri oggi, per la donna che hai amato, che ha fatto tanto male all'unica altra persona che contasse qualcosa per te. Per la donna che non riesci più ad amare, adesso.

E, domani, trova qualcosa di bello che ti restituisca il sorriso.

Ora doveva pensare a Diana. Alla sua sorellina. E all’uomo che aveva al suo fianco.

Ghignò istintivamente, pensando alla sorpresa che aspettava la piccola peste.

Lea raggiunse l'amica, sorridendole. Aveva visto l’occhiata che lei e Blaise si erano scambiati, aveva visto la serenità negli occhi d’argento della giovane Black. E ne era felice.

-Allora...tutto a posto?- le chiese.

-Ovvio, no? Mi sono resa ridicola dichiarando il mio amore imperituro, così siamo pari in quanto a figuracce.- replicò Diana, scoccando un'occhiata a Blaise che le rivolse un ghigno. Anche gli altri si avvicinarono.

-Vieni qui subito, tu!- Diana non provò nemmeno a fuggire. Sapeva che sarebbe stato inutile tentare di sottrarsi alle grinfie di Ginevra Molly Weasley quando si metteva in testa una cosa. Permise alla rossa di balzarle addosso, mandandola gambe all’aria, ridendo entrambe come due sceme.

-Ragazze, venite un attimo, và.- Diana chiamò anche Melissa ed Hermione, che le raggiunsero. Blaise rivolse un occhiolino alla mora e tentò, invano, di raggiungere Draco. Ma Alex e Scott, carogne come delle vere Serpi, lo braccarono a metà strada.

“Povero Blaise…quei due sclerotici gli renderanno la vita un inferno.” pensò Diana, non riuscendo a nascondere un ghigno sadico nel cogliere alcune delle parole dei due americani. Erano due chiocce protettive, con lei, lo erano sempre stati ed erano diventati amici proprio grazie a quello.

Diana era l’unico anello di congiunzione fra tutti loro.

Alex e Scott, Draco e Harry, Blaise e Ron.

Alex e Melissa, Harry e Ginny.

Aveva unito le strade di tante persone che non si sarebbero mai incontrate, senza di lei.

E, soprattutto, aveva trovato la sua.

Diana afferrò le ragazze e se le trascinò via, lontano dagli altri, lontano dalle orecchie indiscrete degli “uomini” presenti. Draco se ne accorse, fece un cenno ad Harry (con cui stava chiacchierando amabilmente – assurdo) e le seguirono di soppiatto.

Diana se ne accorse, ma ghignò, pensando a quale bella sorpresa avrebbe colto i due impiccioni.

-Ragazze…- cominciò, voltandosi verso le quattro che l’avevano seguita, e che ora la guardavano incuriosite da tutto quel mistero. -Vi direi di sedervi, ma mi sa che è un po’ impossibile, in mezzo al deserto.- cominciò, non riuscendo a cancellare quel ghigno divertito dal suo viso.

-Perché?- le chiese Gin, la più ingenua fra loro. Le altre tre, invece sgranarono gli occhi, capendo in anticipo cosa Diana volesse dire.

-Diana, non sarai mica…- cominciò Melissa.

-Non è possibile…- rincarò Hermione.

-Andiamo, sister, non diventerò mica…- Diana annuì con convinzione, palesemente divertita.

-Sì, mi hermana. Diventerai zia.-

Lea rimase immobile. E così Melissa, Hermione e Ginny. Gli occhi spalancati, le bocche aperte e i pensieri completamente bloccati. Diana, vedendo le loro espressioni, non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere di gusto.

Le mani, a dispetto della sua solita aria da pestifera, salirono a proteggerle il ventre, a proteggere quella creatura che fra nove mesi avrebbe incasinato ancora di più la sua vita, quella creatura che già amava.

Le quattro se ne accorsero, stupite, e intenerite da quel gesto che Diana era l’ultima donna al mondo da cui se lo aspettassero.

Era un gesto tenero, amorevole, protettivo.

Era un gesto da mamma.

E lei sorrise, accorgendosi degli sguardi allibiti delle sue amiche. Sorrise in un modo molto diverso da quello a cui le quattro erano abituate, sorrise dolcemente, serenamente, sorrise rendendosi conto, forse per la prima volta in tutta la sua pienezza, che dentro di lei stava nascendo una vita. La vita di sua figlia.

Poi, una scintilla divertita nei suoi occhi, e si voltò verso la duna dove dietro erano nascosti quella Serpe di suo cugino e quel Grifone di suo fratello. Si avvicinò, vi lanciò un’occhiata e disse alle ragazze, ghignando:

-Herm, Gin, armatevi di bacchette e venite a rianimare ‘sti due. Mi sa che gli è venuto un colpo.-

 

Poco dopo, le cinque donne si riunirono agli altri. Draco e Harry erano scomparsi, probabilmente stavano cercando di riprendersi dalla notizia. Diana raggiunse Scott e Alex, rifilò ad entrambi un pugno sulla spalla e salvò Blaise dalle loro grinfie.

-Grazie.- le disse lui, sollevato, sorridendole. Lei ghignò, ma si lasciò cingere in vita dall’abbraccio che tanto amava.

-Aspetta, prima di ringraziarmi.- gli disse, facendogli squillare quasi all’istante tutti i campanelli d’allarme nel cervello.

-Diana, cosa…-

Ma una voce maschile lo interruppe.

-Ma guarda che bella banda di spostati gira intorno a mia figlia.- Diana e Harry, che stava convergendo verso la sorella, si bloccarono e si voltarono di scatto.

Era impossibile.

Impossibile.

O, almeno, lo sarebbe stato. In un altro luogo. In un altro posto in cui non esisteva la parola “sacrificio”. Né la parola “amore”.

Sui loro volti, identiche, si dipinsero due espressioni di sorpresa, gioia, stupore, felicità, tutto insieme.

Sorpresa.

Felicità.

Pure e semplici, nude nei loro cuori finalmente sereni.

Un bell'uomo, sulla trentina d'anni, li stava guardando, arrogantemente appoggiato alla spalla di Remus Lupin con un gomito (ndBea: della serie: “guardate come sono bello e figo”). I lineamenti eleganti, fini, virili, gli occhi del colore dell'argento e i capelli lunghi, lisci e nerissimi, il fisico alto e ben piantato.

Tutti notarono la somiglianza. Anche chi non l’aveva mai visto.

Tutti capirono cosa legava quell’uomo a lei.

Vero, opaco, concreto.

Fatto di carne, di ossa e di sfacciataggine.

Non come l'ultima volta che Diana lo aveva visto, sotto forma di spirito, in una Camera dell'Ufficio Misteri, più di un mese prima. Un secolo prima. Una vita prima, letteralmente.

Era lì. Di fronte a lei, aveva occhi solo per lei, e le sorrideva con orgoglio e fierezza.

L'amore perduto di una bambina.

L'affetto verso un uomo che amava e ammirava al di là dell'inverosimile.

I suoi occhi si riempirono di lacrime, lacrime di gioia vera e spontanea, e una parola le nacque timida, arrugginita, sulle labbra:

 -Papà...-

Sirius Black le si avvicinò, ignorando per una volta tutto ciò che aveva intorno.

-Ne hai combinati di disastri, eh?- le chiese, una volta che le fu di fronte. Diana sorrise e annuì, sentendosi improvvisamente molto più giovane, felice più di quanto non credeva di poter essere. Suo padre...vivo. Accanto a lei, e non l'avrebbe lasciata più.

Il suo papà...

-Avrò preso da mio padre.- disse, prima di abbracciarlo forte, come le era sempre stato negato di fare, come aveva sempre sognato di fare. E Sirius la strinse, sorridendo, riconoscendo in lei la figlia che gli era stata negata, la figlia che si era ritrovato ad amare in un modo che non gli era mai capitato.

Harry, sorridente, con gli occhi appannati, spostò lo sguardo verso le altre persone che erano giunte insieme a Sirius. Sorrise a Remus e a Tonks, mano nella mano, i capelli di lei tornati di un accesissimo rosa cicca.

Poi però, vide chi c'era dietro il licantropo e l'Auror, e per un istante dimenticò persino qual'era il suo nome.

L'uomo era identico a lui. Alto esattamente quanto lui, gli stessi capelli di lui, il viso e la corporatura straordinariamente simili ai suoi. Il sorriso era identico al suo. Harry lo conosceva, non poteva non conoscerlo...

La donna lo guardava con occhi smeraldini colmi di gioia e di orgoglio. I capelli rossi, ondulati e lunghi, le ricadevano morbidi su tutta la schiena. La corporatura esile, aggraziata, di una ballerina, il viso dolce e il sorriso sincero.

Harry non disse nulla, incapace di farlo. Corse ad abbracciare James e Lily Potter, i suoi genitori, col cuore più leggero di quanto non gli fosse mai capitato prima.

-Ma quanta gente hai riportato in vita, Di?- le chiese Draco, ricomparso misteriosamente accanto ad Herm, il primo fra tutti loro a riprendersi dalla sorpresa di ritrovarsi davanti tre “defunti”. Hermione e Ginny erano quasi in lacrime dalla felicità, Lea e Melissa guardavano l'amica stretta a uno dei due uomini della sua vita con un sorriso intenerito. Ron, Alex e Blaise, invece, erano tutti intenti a guardare le proprie ragazze, mezzi imbambolati. (ndA: maiali!)

-Più che abbastanza, signor Malfoy.- Draco e tutti gli altri sobbalzarono e si voltarono, trovandosi davanti un Albus Silente ridacchiante e in piena forma, entrambe le mani sane e il viso più florido, come se fosse ringiovanito. (ndMe: mancava giusto il vecchio matto in una banda di spostati -.- )

-Professor Silente!- esclamarono, allibiti.

-Proprio io.- rispose lui, allegramente. Diana e Harry, entrambi con gli occhi lucidi, si voltarono verso il Preside. -Siete stati meravigliosi, ragazzi miei.- gli disse lui, sorridendogli.

-Il merito è tutto di Diana, che ha distrutto gli Horcrux.- lo corresse Harry. Diana sospirò, arrivandogli addosso con un balzo e scompigliandogli ancora di più i capelli.

-Ma piantala di fare il ruffiano, Prescelto! Ci siamo già chiariti!- gli disse, e tutti scoppiarono in una fragorosa, liberatoria risata.

Blaise andò da lei, la tirò via da Harry prima che lo rendesse pelato, e l'accolse fra le sue braccia, dove lei si abbandonò, ridendo più felice di quanto non le fosse mai capitato di essere nella sua vita.

-Ehi, voi due, limitate le effusioni...- borbottò Sirius, contrariato.

-E lasciali in pace, non vedi come sono carini?- lo riprese James, di fianco a suo figlio che non riusciva a smettere di sorridere.

-Non mi va che mia figlia si metta a pomiciare in pubblico.- borbottò lui. Diana, un sopracciglio alzato e l'espressione furbetta, alzò lo sguardo su Blaise, che le rivolse un sorrisetto.

L'attimo dopo, l'aveva tratta a sé, come un ballerino che eseguisse un perfetto casquet, e l'aveva stretta in un bacio mozzafiato, mentre Diana rivolgeva al padre e a Remus, entrambi sull'orlo di un collasso, un gestaccio divertito. James scoppiò a ridere.

-Non puoi dire che non ti somiglia, fratello.- disse a Sirius, frizionandogli i lunghi capelli. Tutti scoppiarono a ridere, mentre con un soffio improvviso di vento i due sparivano, diretti in un luogo che nessuno sapeva, lontano dai loro amici, lontani dal Limbo, lontani da quel luogo.

 

E ricomparvero al Maniero dei Zabini, deserto, davanti ad una alta porta riccamente intarsiata, in un corridoio buio e arredato con gusto. Blaise la baciò, la strinse al suo corpo, le mani che la traevano a lui premute sulla sua schiena. Diana non si separò un istante dalle sue labbra, mentre con una mano apriva la porta e con l'altra si aggrappava alla sua spalla, stringendosi a lui. Blaise le slacciò la camicetta, gliela sfilò, e si separò da lei solo per permetterle di fare altrettanto. Senza smettere di baciarsi, stringersi, animati da una dolce frenesia, i corpi che non riuscivano ad allontanarsi, si avvicinarono al grande letto a baldacchino, velato di lenzuola di seta del colore del corvo.

Blaise le baciò il collo, avido di sentire di nuovo il suo sapore, il suo odore così intenso, così buono. Diana lo spinse fra le lenzuola, rimase sopra di lui, baciandolo con irruenza e passione. Ci volle poco perché entrambi fossero nudi, e ancor meno perché si possedessero ancora, folli di passione, di gioia, i corpi lucidi del sudore dell'amore, avvinghiati in un abbraccio entusiasta, il corpo pallido di lei adagiato completamente sopra quello bronzeo di lui.

Raggiunsero l'apice insieme, tra gemiti e sospiri, i volti vicini, avvampati di calore, i sorrisi che si fondevano in un bacio morbido, esausto, ma più innamorato che mai, gli occhi incatenati, che si specchiavano in quelli dell'altro.

-Non andartene.-

-Non ho intenzione di farlo. Mai più.-

E tornarono a perdersi, l'uno nel corpo dell'altra, abbandonandosi all'istinto e a quel buffo sentimento chiamato amore.

 

 

 

(SIIIIIIRIUUUUUUS!!! Ammore mioooo!! E’ tornatoooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo!!!! Sìììììì! E triplo muahahahahahahahahahah!!)

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Capitolo 33
*** Epilogo....Oppure No? ***


Nuova pagina 1

Diana si destò che la notte era già calata oltre i vetri, appannati dai loro sospiri, della stanza di Blaise, al Maniero. Si alzò a sedere e si guardò intorno, per la prima volta da quando era lì. Il posto era bello, molto bello, aveva già avuto occasione di vederlo, ma le pareva molto diverso da quell'unica volta.

Quella stanza era elegante, arredata con gusto. Si vedeva lo stile di Blaise nei mobili di legno scuro, riccamente intarsiati, nel grande letto a baldacchino dalle lenzuola nere – un po' macabre, forse, ma terribilmente eccitanti –, nei tappeti rosso sangue. Blaise si trattava bene, molto bene, dopotutto.

"Riccastro" pensò con un ghigno, voltandosi verso di lui. Beh, pensò, lanciandogli un'occhiata tutt'altro che casta, oltre che essere ricco era decisamente un gran bonazzo. Eh, era parecchio che non si soffermava seriamente ad ammirare il suo Blaise...e là, addormentato e arruffato fra le lenzuola del proprio letto, i capelli di solito lisci accuratamente scompigliati dalle sue mani, era troppo carino.

Sorrise, ricordando improvvisamente di avere la mano stretta a quella di lui. Non l'aveva lasciata mai, nemmeno per un istante. Era un gesto tenero, protettivo, rassicurante, che lei amava.

Ora era libera di farlo. Non c'era più nulla a trattenerla, a frenarla, a volerla portare via da lui. Ora poteva fare quello che più desiderava: stare con lui, senza pensare più a nulla, senza dare più importanza a nulla, se non al loro amore.

Scostò i capelli da davanti al viso: non capiva perché, ma quando era tornata dal mondo dei morti la sua chioma era tornata ad allungarsi, molto più di prima, fino alla vita, colorandosi di bruno e dello stesso argento del pelo del Lupo.

Il Lupo...la sua anima. Il suo spirito, la sua vera forma. La forma che ora poteva assumere quando voleva, come un'Animaga.

Sfiorò con le dita il proprio ventre, assorta nei suoi pensieri. Là, nascosta nel suo intimo, c'era la sua bambina. La loro bambina, sua e di Blaise. L'unico motivo per cui lei aveva ottenuto la possibilità di tornare, la creaturina concepita per amore, durante una notte in cui l'amore non aveva avuto bisogno di parole. La creaturina che, già adesso, attirava amore.

Non si sentiva troppo giovane per avere una figlia. Dopotutto, quando sarebbe nata, avrebbe avuto quasi diciott'anni. Ma l'età non contava, Diana lo sapeva bene. Dentro, nel cuore e nella mente, sia lei che Blaise erano dotati di una maturità ben più grande, ben più adulta. Era stanca, in fondo, della sua turbolenta adolescenza. Ora voleva solo pace...sì, proprio lei, la guerriera, voleva solo pace e silenzio, silenzio fatto di baci e d'amore.

"Ti amo .", le aveva detto. Una sola volta. L'unica e sola, da sempre. E lei, benché lo sapesse, era rimasta sorpresa non poco nel sentirglielo dire. Sorpresa, e felice.

Ora era tutto lontano. Il Limbo, la guerra finalmente finita, il sangue e il dolore, le battaglie e le uccisioni. Tutto svanito, scritto in un passato che era ora di chiudere.

Perché c'era un futuro, ora, da scrivere.

Si lasciò scivolare accanto a Blaise, e gli posò un lieve bacio sulle labbra semiaperte, sentendolo rispondere un secondo più tardi nonostante ancora dormisse.

Sorridendo, si separò lentamente dalle sue labbra, osservandolo aprire gli occhi. Sorrise, non appena la vide.

-Ciao, piccola.- le disse. Diana sospirò, sprofondando di nuovo il viso nel cuscino.

(ndRanXCooper: non è riferito al Platy, sia ben chiaro...ma ad un'altra persona, che poi ti spiego...)

-Blaise, io non sono piccola. Quante volte te lo devo dire?- gli chiese, esasperata, sospirando.

-Appunto. Lo dico apposta.- replicò lui, voltandosi su un fianco e guardandola con insospettata tenerezza. Rimasero a lungo in silenzio, guardandosi negli occhi, finché nella mente di Diana si presentò una domanda.

-Perché proprio qui? Al Maniero?- gli chiese, con voce morbida e suadente, alzando il viso dal cuscino per guardarlo negli occhi.

-Perché è qui che verremo a vivere.- rispose Blaise, tranquillo, cingendole la vita con un braccio e portandola sopra di sé, adagiata morbidamente su di lui.

-E quando?- gli chiese, l’espressione calma e sensuale, gli occhi semichiusi e le labbra scure schiuse in un sorrisetto.

-Quando ci sposeremo.- una scintilla di sorpresa non riuscì a scalfire lo sguardo di Diana. Sorrise, mentre si accomodava meglio, sdraiata sul suo petto, fra le sue braccia, posandogli le sue mani affusolate sulle spalle.

-Non ci vedo a fare la coppia sposata.- commentò, ridendo. Blaise la guardò: era stupenda, là, in quella stanza in penombra, nuda fra le lenzuola scure, nuda fra le sue braccia. Le sorrise.

-Non sto scherzando, Diana. Tu dimmi un giorno, e io ti sposo.- le disse, guardandola intensamente negli occhi con uno sguardo di sfida. Lei scosse la testa, divertita, si avvicinò alle sue labbra e vi sussurrò, provocante:

-Domani.- lui sorrise, con l’aria di chi se l’aspettava.

-D’accordo.- la sua risposta insospettì Diana, i suoi occhi si strinsero.

-Stai scherzando.- gli disse, a pochi millimetri dal suo viso.

-Mai stato più serio in vita mia.- "Pazzo. È pazzo, ormai è ufficiale!" Diana lo guardò a lungo, gli occhi indecifrabili, i pensieri che si affollavano nella mente.

Poi lo baciò, con slancio, con gioia, stringendosi a lui con qualcosa di molto simile alla felicità.

E si amarono di nuovo, e ancora, senza mai volersi fermare.

Rumore d’acqua scrosciante, vetri opachi e lavorati, piastrelle color crema e manopole dell’acqua a forma di serpente.

-Blaise, per caso hai parlato con Draco o Harry, prima di decidere di sopportarmi per il resto della vita?- gli chiese Diana, mentre si trovava sotto la doccia da cui lui era appena uscito. Aveva lasciato la porta scorrevole aperta in spiraglio, e osservava dallo specchio tutti i movimenti di un Blaise seminudo e alquanto eccitante.

Dopotutto, rimaneva o no una Malandrina, figlia e figlioccia di Malandrini?

-No. Perché?-

gPerfetto. E adesso come cazzo glielo dico!?"

-Oh, beh, sai…così…- borbottò, alzando ancora di più la forza dell’acqua. Blaise aprì la porta, un asciugamano legato in vita che Diana non mancò di osservare, i capelli ancora umidi e l’espressione sospettosa. L’asciugamano era abbassato, fin troppo perché lei potesse ignorarlo, e scivolava traditore sulla linea dritta e perfetta dell’inguine…

-Perché, Diana? Cosa sanno Dray e Potter?- le chiese, in un tono che non ammetteva repliche. Diana alzò gli occhi su di lui e sorrise.

-Sanno che sono incinta.- rispose semplicemente.

-Ah.- fece Blaise. Poi però, la verità lo colpì con la forza di un uragano. Sbarrò gli occhi, esterrefatto. -Tu sei…che cosa!?- esalò, allibito.

-Incinta.- rispose tranquillamente Diana, che in realtà se la stava ridendo un mondo nel vedere la sua espressione da pesce lesso. Blaise aprì e chiuse la bocca varie volte, senza trovare nulla da dire, per la prima volta in tutta la sua vita senza parole. Il solo pensiero era troppo assurdo per essere anche solo espresso: Diana incinta? Lui, padre?

gOh santo Salazar…io, padre!? Santo cielo…un figlio? Con Diana? Io!?" persino il cervello pareva esserglisi inceppato.

-È…- provò, ma le sue funzioni vocali erano entrate in sciopero.

-Inaspettato?- gli suggerì lei con un sorriso. Se la rideva, la carogna, notò Blaise.

-No…- entrò nella doccia, lasciando dietro di sé, abbandonato e inutile, l’asciugamano, e si richiuse la porta dietro.

(ndA: AAAAAH!) (ndTUTTE LE DONNE DI EFP: Ran calmati! Gli saltiamo addosso noi, non ti sforzare!!) (ndMe: col piffero! È mmioooo!!) *rumore di lotta tra ragazze assatanate*

Trovò da qualche parte la forza di sorriderle. Di sorridere alla sua futura moglie, alla futura mamma di suo figlio. Merlino…solo quel pensiero, bastava a farlo sorridere. Lui e Diana stavano per avere un figlio. La verità lo colpì all’improvviso, lo riempì di qualcosa di molto simile alla pura e semplice felicità. -È bellissimo.- le disse, sincero. Anche Diana sorrise.

-C’è solo una cosa, ancora…- disse, ignorando per una volta il fatto che se lo trovava davanti nudo come sua madre lo aveva (molto ben) fatto.

-Cosa?- fece Blaise, preoccupato.

-Dovrai sopportarne due come me…perché è una femmina.- alla notizia, Blaise non seppe più resistere. La prese per i fianchi, la trasse a sé e la baciò di slancio, sentendola stringersi a lui. La sollevò, sentendo le sue gambe avvolgerglisi attorno al bacino, e ed entrò dentro di lei, strappandole un gemito che lo fece sorridere ancora di più. -Direi che tu sia contento della notizia, no?- fece lei, ridendo con quella sua risata cristallina, coinvolgente, che lui amava tanto.

-Contento? Sono l’uomo più felice di questa Terra.- rispose lui con un sorriso, prima di amarla.

Amarla come aveva sempre fatto.

Amarla come avrebbe sempre continuato a fare.

Sempre, e per sempre.

 

Finché morte non ci separi.

 

 

 

[Epilogo]

Ed è così che finisce la storia di questo pezzo di vita. La mia storia, dopotutto, visto che porto il nome di una dea dell'antichità. Diana. Una vita folle, sconsiderata, vissuta agli estremi.

Come dite?

Non ne valeva la pena? Io credo di sì.

Infatti, se potessi tornare indietro, probabilmente farei le stesse cose.

Perché la mia vita è stata ed è ancora una "cosa" caotica, incomprensibile, inimmaginabile. Ed è la mia vita, anzi, è VITA, tutto maiuscolo.

Ho avuto la fortuna di trovare una persona come Blaise. Non è facile trovare un uomo del genere, ragazze e anche ragazzi, perché no, ma alla fine ognuno di noi trova la persona con cui è destinato a vivere. A me è successo, e quella persona di nome fa Blaise.

Anche se non potrò mai dimenticare Dan. Lo amavo, così tanto che sono diventata quello che sono, grazie a lui. Con lui sono cresciuta, felice nonostante le tante avversità che dovevamo affrontare. Non posso e non voglio dimenticarlo, e questo Blaise lo sa bene. Come sa, del resto, che il mio cuore, la mia anima, il mio amore, appartengono a lui.

Non è stato facile, sapete? Vivere questo ruolo, vivere questa vita.

Molti dicono che chi vive in pace vive felice...vive sul serio.

Beh, forse è vero. Non lo so, non ho mai provato.

Ma ho imparato che solo dalle avversità si può capire cos'è veramente la gioia, la felicità, la spensieratezza. Solo capendo cos'è il dolore si può sapere cos'è l'amore.

Quindi, e mi rivolgo a voi, voi che avete seguito i miei passi, voi che avete percorso con me la strada che faticosamente, a volte, ho tracciato, ho un consiglio per voi.

Non smettete mai di amare.

Amate, amate e amate.

Amate il sorriso di un bambino e amate il profumo di un fiore.

Amate la luce del sole che vi sveglia al mattino, e il tenue, magico chiarore della luna piena.

Amate qualsiasi cosa abbiate di bello intorno. Imparate da ogni più piccola avversità, imparate che dietro le nubi c'è sempre il cielo azzurro, come il cielo del mio amato Texas.

Amate.

E, se già non l'avete accanto, troverete una persona capace di mostrarvi tutto questo.

Fidatevi di me, della vostra "cara" Diana.

Arriverà. Esiste per ognuno di noi. Esiste la metà di noi, in qualche luogo là fuori, ed è destinato ad incontrarci. O a scontrarci, com'è successo a me (due volte...eheh, un giorno ve lo racconterò).

Amate.

Anche quando la vita sembra riservarvi solo dolore. Solo disperazione, un baratro buio da cui non riuscite a uscire.

Lasciatevi andare quando sentite il vostro cuore battere forte davanti a qualcuno.

Amate.

Sempre vostra,

 

 

 

 

 

 

NdBea: Per i ringraziamenti e i saluti, il prossimo capitolo!!! Un besoooo!!!

 

 

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Capitolo 34
*** Ringraziamenti ***


Nuova pagina 1 Eccomi qua Nuova pagina 1


Eccomi qua. È stata dura, molto dura, decidersi a scrivere questo capitolo dei ringraziamenti. Forse perché non riesco a credere di essere riuscita a portare a termine quest’impresa, forse perché già provo molta nostalgia, ma non riesco ancora a pensare che Luce e Buio sia veramente finita.

Questa fanfiction, questo racconto, è stato per me un modo per raccontarvi, anche se ovviamente romanzata, la mia vita, me stessa, il mio carattere e anche le mie paure. Ho dato tutto quello che potevo a Diana, a Blaise, a tutti i miei personaggi, ho dato la mia passione e le mie emozioni, e il risultato…beh, non mi pare così schifoso, dopotutto. ^.^

Ma, com’è ovvio, il merito della fine di questa impresa per me titanica va soprattutto alle persone che mi hanno accompagnata, che mi hanno fatta sorridere, che mi hanno commossa, con le loro recensioni e i loro commenti ogni tanto anche parecchio pazzi. Ovviamente non sono in ordine di importanza, ma di memoria…^.^

Cherie: questa ragazza è riuscita a cogliere di Luce e Buio molti aspetti secondari, come il carattere di Alex e di Melissa o la solitudine di Kelly, che ho lasciato trasparire appena. Addirittura, per seguire il mio lavoro, si è connessa dall’Irlanda…^.^ abbiamo riso e scherzato insieme, ha fatto dei disegni stupendi ed è sempre riuscita a gonfiarmi di orgoglio per quello che stavo scrivendo. Grazie perché ho riso e pianto tante volte, leggendo le tue recensioni allegre e folli, e perché mi sei vicina in quello che ancora sto passando. (ci conto che tu recensisca anche il what if! ^.^)

Mione1194: alias Lea Artesia…^.^ Io e Diletta ci siamo trovate in questa fanfiction, lei con Ron, io con Blaise…ho permesso ad entrambe di sognare, di ridere anche, con le nostre immancabili battute che anche su MSN si ripetono. Due rimarranno negli annali: “Quella non è una donna, è una vacca. La gente se le mangia, le vacche.” e “Quale Signore? Io vedo solo un povero vecchio demente”. Grazie per tutte le risate, le minacce di morte, i lacrimoni che mi hai provocato, Dile. MSN sembra vuoto senza i tuoi coloratissimi messaggi personali…=_(

Iaia_Malfoy4ever: signori e signore, vi presento la mattoide più pazza di tutte! È assodato che in questo posto pochi sono i sani di mente, ma lei batte tutti! ^.^ Io e Iaia ci siamo trovate, siamo molto simili soprattutto per quello che pensiamo al riguardo di certi uomini (ossia un immenso e categorico SBAV!), ci siamo affezionate e, soprattutto, c’eravamo quando avevamo bisogno dell’altra. Ha sofferto tanto, e purtroppo posso capirla, ma lei è una vera Serpe e spero che riuscirà presto a ritrovare un sorriso. Grazie per tutti gli scleri, gli inondamenti della Senna, i confronti con gli dei dell’Olimpo, le risate e, ma sì, anche delle lacrime e della tristezza.

D2OTTO: la filosoficissima Alessandra, che riesce sempre a strapparti un sorriso o una riflessione, con cui rido tanto su MSN e che scrive meglio ogni giorno che passa, glielo posso assicurare. Ale è stata una delle prime a recensire, a leggere anche l’altra versione di “Luce e Buio”, e ha sempre seguito con costanza veramente ammirevole (Santo Silente come son prolissa, sembro Percy!!) Grazie Ale. Di tutto.

Honey Evans: Ecco, vi presento la “massacratrice”! Dovete sapere che questa donna ha una vena sadica e violenta che si è sfogata su tre studenti presi a caso dalla folla…eheh, a parte i miei scleri oramai quotidiani, Honey ha sempre fatto commenti che mi hanno fatta a) ridere fino alle lacrime (“che razza di happy end mi devo aspettare? I mangiamorte vissero felici e contenti e bellatrix sposò voldemort?”) b) commuovere fino alle lacrime (“noooooooooooooooooo[…] è m-m-m-orta!”)…grazie perché abbiamo riso, abbiamo scherzato, abbiamo pianto sulle mie stesse parole.

Sarita46: la donna del trenino! Eheh quanto ho riso nelle due occasioni che Sara ha tirato fuori questa idea…perché questa donna è pazza (come me, del resto…forse è per questo che ci troviamo! ^.^), ma lo è in un modo che, quando ho letto del suo trenino e delle sue follie, mi ha ritirata su di morale in un momento molto brutto…quindi, Sara, grazie per la tua pazzia.

SlytherinAngel: anche se non ha recensito tutti i capitoli (mica l’ho mai preteso ^.^) mi hanno sempre molto inorgoglita le sue parole, i suoi consigli, e soprattutto mi ha rincuorata parecchio il fatto che non volesse uccidermi prima della fine della fic…una delle poche…^.^ Ah, giusto, il mio contatto di MSN è biabeltrami@hotmail.it, se lo vuoi aggiungere!

Shuyin: l’uomo della situazione! Shu credo sia il più sano di mente fra i miei recensori, forse anche perché non è stato soggiogato dalla mia influenza folle fin dall’inizio, ma solo da metà storia. Shu è l’uomo degli Elementali, se così si può chiamare ^.^, ha apprezzato molto questa trovata e spero che nel seguito torni a seguire quest’avventura magica, che certo non può dirsi conclusa. Grazie per i complimenti, per la commozione, per le risate.

Semplicementeme: mi riempie di serio orgoglio ogni volta che recensisce, scrive in maniera eccelsa e nemmeno se ne accorge, e poi si complimenta con questa pivellina (la sottoscritta)…questa donna ha lasciato delle recensioni che mi hanno veramente fatta sentire una Scrittrice, con la S maiuscola, l’unica cosa che voglio essere, ed è riuscita a cogliere di me, attraverso Diana, molti aspetti più oscuri. Grazie perché mi hai seguita e apprezzata.

Pei_chan: ella è colei che scrisse recensioni chilometriche ^.^! davvero, per leggere le sue recensioni ci vuole più o meno lo stesso tempo che serve per leggere “la Separazione” (che è di 27 pagine…-.-). Pei è colei che ha fondato l’OPAK, che ha cercato di fulminarmi a distanza, con cui mi collegavo dall’oltretomba e con cui su MSN ho fatto tante risate. Grazie, Pei, per non avermi Avada Kedavrizzata…^,^

Grazie a Inno, excel sana, Neera Sharim, Koki, Kishal, giuliettaTH, Farea , mia compagna di classe, e ringrazio anche Sara già che ci sono...e, visto che si merita qualche parola in più, la spendo. Sara, grazie perché questa storia ci ha fatte diventare amiche, ci ha fatte conoscere meglio e mi ha fatto scoprire una persona che non credevo tu fossi. Grazie mille, ti voglio benissimo.
Grazie a Lisbeth (a cui ho dedicato diversi massacri di Harry), Axyna, PolarLight (quando leggerai gli ultimi due capitoli poi parliamo di quel monumento che volevi erigermi ^.^), Tayla, Summers84, che hanno lasciato di sé solo alcune tracce, apprezzatissime comunque.

Un grazie anche a mara_star, Diddola e Selphie, che hanno seguito i passi di Luce e Buio per un po’.

Un grazie alle 2 persone che hanno recentemente tolto la fic dalle preferite, poiché è finita ^.^.

Un grazie alle 90 persone che invece ce l’hanno ancora:

 

1 - 19sunflower88 [Contatta]
2 - Ainwen [Contatta]
3 - Ale Skywalker [Contatta]
4 - alice brendon cullen [Contatta]
5 - AliceCullen93 [Contatta]
6 - AnAngel [Contatta]
7 - Angelgirl1993 [Contatta]
8 - Anomimated [Contatta]
9 - aquizziana [Contatta]
10 - Axyna [Contatta]
11 - bbolloo [Contatta]
12 - bettybionda [Contatta]
13 - bribry85 [Contatta]
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17 - cicci92 [Contatta]
18 - Crazy_Fra [Contatta]
19 - criandola [Contatta]
20 - cy17_love [Contatta]
21 - dark angel of silence [Contatta]
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25 - DileWeasley [Contatta]
26 - DNikSophieG [Contatta]
27 - draco4ever [Contatta]
28 - erda [Contatta]
29 - excel sana [Contatta]
30 - fania [Contatta]
31 - Farea [Contatta]
32 - flavia93 [Contatta]
33 - gaiac88 [Contatta]
34 - Gattina_ [Contatta]
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36 - Gingy [Contatta]
37 - GiulyMPotter90 [Contatta]
38 - giusy89 [Contatta]
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40 - Honey Evans [Contatta]
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44 - Inno [Contatta]
45 - Isabel Lupin [Contatta]
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47 - katiuz [Contatta]
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49 - kirapotter [Contatta]
50 - kishal [Contatta]
51 - Koki [Contatta]
52 - ladyherm [Contatta]
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54 - laretta [Contatta]
55 - Les [Contatta]
56 - Lexie___o [Contatta]
57 - lia163 [Contatta]
58 - Lisbeth [Contatta]
59 - lolla10 [Contatta]
60 - Lord Kivito [Contatta]
61 - LoveTakesCourage [Contatta]
62 - magamaghella [Contatta]
63 - Maharet [Contatta]
64 - Mie [Contatta]
65 - Mione1194 [Contatta]
66 - Neera Sharim [Contatta]
67 - Nikyblack [Contatta]
68 - Noemipotter [Contatta]
69 - pei_chan [Contatta]
70 - Queensol [Contatta]
71 - sarita46 [Contatta]
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73 - semplicementeme [Contatta]
74 - SeRe85 [Contatta]
75 - sesshy93 [Contatta]
76 - Shavanna [Contatta]
77 - shila [Contatta]
78 - Shuyin [Contatta]
79 - SlytherinAngel [Contatta]
80 - SognatriceCullen_182 [Contatta]
81 - SoporAeternus [Contatta]
82 - tigre [Contatta]
83 - titti6493 [Contatta]
84 - vavva [Contatta]
85 - Vio [Contatta]
86 - waka_laka_lilli [Contatta]
87 - xerkey [Contatta]
88 - Yuki no Hime [Contatta]
89 - _ale23_ [Contatta]
90 - __Acid Romance [Contatta]

Un grazie a Emil (uno dei due uomini che mi hanno ispirata per Alex), a Kelly (sì proprio lei, però quella vera…che se scopre cosa le ho fatto fare mi sa che mi ammazza), a Giuliano (alias Sergen), al mio adoratissimo nonno – adottivo – pazzo (sì, Ho-take-nah), a mio zio (Remus).

Grazie a Paul, Tom e Lucas. Gli ultimi due che qui si sono ritrovati in una persona sola. Mi mancate, ragazzi. E grazie anche a te, sister, che mi manchi come può mancare una sorella.

E, infine, un grazie un po’ esasperato alla sottoscritta, per essersi regalata il piacere di scrivere questa storia.

Quindi, con gli occhi lucidi, ora posso finalmente scrivere, con un augurio di rivederci in “The Queen’s Blood” e nelle mie altre fic:

THE END

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