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Allora,
premetto che questa fic non so come mi sia uscita, a volte le parole sono più
forti della volontà e si allineano da sole, quindi non ho la minima idea di
come possa essere. Se non amate i rapporti Grifondoro/Serpeverde o un Harry
Potter donnaiolo e in generale più sveglio “da quel lato”, vi consiglio di
non leggere! ;P Èun po' che mi
girava in testa il personaggio di Blaise Zabini e ho voluto regalare anche a lui
una Donna (con la D maiuscola) come ho fatto con il mio adorato Sirius in “ti
amo e mai te lo dirò”. Spero vi piaccia, e commentate!! (non è un
consiglio...è un ORDINE!!!)
PS
è
la stessa storia che ho pubblicato prima, solo che è
ambientata in anni e momenti diversi, mi piaceva di più
questa versione...vi avverto sarò
molto lenta a scrivere, quindi aspettatevi un aggiornamento circa ogni due
settimane...Ci sentiamo!
Lo
sguardo. Fu questo a colpirlo subito.
Fiero,
deciso, assolutamente privo di paura o imbarazzo. Quasi altezzoso, ma
indifferente al fragoroso silenzio che si era creato al suo arrivo.
-Vi
presento la nuova studentessa di Hogwarts, Diana.- aveva detto Silente. Tutti si
erano sorpresi nel sentirsi presentare una nuova studentessa a metà anno, ma
quando il portone della Sala Grande si era spalancato di botto avevano
improvvisamente taciuto.
Occhi
grigio acciaio, ma ardenti come la fiamma più alta, brillanti di intelligenza,
di ironia, di scaltrezza, occhi bordati da una linea spessa di eyeliner che li
rendeva ancora più grandi e profondi, palpebre sfumate di un grigio più scuro,
ciglia lunghe e arcuate, e quello sguardo intenso, insostenibile, lo avevano
ammaliato.
Blaise
si riscosse da quell'attimo di perplessità, e distolse a fatica lo sguardo da
quei due baratri metallici. Si accorse di un viso attraente dalla forma antica,
quasi regale, tondo ma non paffuto, anzi, scavato sulle guance e sotto il mento.
Labbra pallide, piccole e perfette, erano strette in una espressione
d'indifferenza. Capelli scuri, quasi neri, ricadevano selvaggi sul collo e sulle
spalle, fino a metà schiena. Il corpo di Diana era alto, dalle curve morbide e
profonde, un seno prosperoso e braccia forti, non muscolose ma nemmeno
scheletriche. Ogni più piccolo movimento sembrava studiato, perfetto, fluido,
le movenze erano quelle di un gatto. La pelle candida risplendeva alla luce
delle candele galleggianti. Le sue mani erano grandi, femminili, ma solcate da
decine di cicatrici che risaltavano nel riflesso rossastro. Indossava un
mantello nero che l'aveva protetta dalla sferzante pioggia di fine novembre, e
sotto la divisa scolastica. Senza stemma, notò il sedicenne Blaise. La ragazza,
dopo una breve occhiata alla Sala gremita, avanzò verso il tavolo dei
professori, ignorando gli sguardi stupefatti degli studenti. Si fermò di fronte
a Silente.
-Diana
frequenterà il sesto anno. Ora prego la professoressa McGrannitt di portare qui
il cappello.- disse Silente, la voce che echeggiava quasi sinistra nella vasta
Sala silenziosa. Un rumore di tacchi infranse quell'attimo cristallino, e la
professoressa raggiunse la ragazza, porgendole un vecchio cappello consunto.
-Grazie.-
disse lei, parlando per la prima volta. La sua voce aveva un che di musicale,
come il canto delle sirene, altrettanto ammaliatore, in cui risuonava una forza
potente. Si infilò il cappello, e attese.
-Finirà
a Serpeverde. Ha l'aria di una troppo intelligente per le altre Case.- affermò
Draco accanto a lui, l'amico di sempre, il compagno di tante scoperte. Blaise,
momentaneamente ammutolito, annuì, capendo un attimo più tardi di desiderare
davvero che quella ragazza si unisse alla sua Casa.
Oh,
sì...Diana...interessante, sì, vedo molto nella tua mente...c'è coraggio, c'è
arguzia, c'è intelligenza. Sei una guerriera, ragazza, ami esserlo...e lo sai.
Se vuoi combattere, le Case migliori sono Serpeverde e Grifondoro...oh, vedo
dell'oscurità in te...ma c'è anche lealtà...difficile, davvero molto
difficile...difendi dalla violenza con la violenza stessa, questo è insolito
per entrambe le case...d'accordo, ho deciso.
-GRIFONDORO!-
gridò il Cappello qualche attimo dopo. Blaise si sentì sconfitto, mentre
guardava Diana sfilarsi il cappello con un sorriso soddisfatto sulle labbra. Lo
colpì quanto fosse strano, anche se meraviglioso, il sorriso su quel viso.
Sembrava fuori posto. La ragazza corse ad unirsi ai suoi nuovi compagni di
Grifondoro, che l'acclamarono festanti, e si sedette proprio accanto a Potter.
Un moto di fastidio colpì irrazionalmente Blaise. Il Ragazzo Sopravvissuto
l'aveva mangiata con gli occhi per tutto il tempo, e ora i suoi occhi
scivolavano sulla scollatura profonda di Diana, mentre intavolavano una
conversazione.
-Benvenuta!-
un bel ragazzo dagli occhi verdi le rivolse un gran sorriso. Diana si ricordò
di ricambiarlo: sorridere non era la prima cosa che le venisse in mente, ma non
per arroganza o pigrizia. Semplicemente, lei rideva solo quando ce n'era motivo.
-Grazie.-
disse, prendendo posto accanto a lui. Notò la cicatrice a forma di saetta, ma
non vi si soffermò. Cosa di cui sembrò esserle grato. -Tu sei Harry Potter,
giusto?- gli chiese, invece.
-Esatto.
Loro sono i miei migliori amici, Ron Weasley...- indicò un pel di carota dagli
occhi azzurri, che la salutò allegramente.
-Piacere.-
disse Diana, cedendo alla rigorosa educazione che sua madre le aveva imposto da
piccola.
-...e
Hermione Granger.- la brunetta riccia al suo fianco le rivolse un sorriso. Era
carina, e aveva l'aria intelligente.
-Piacere
di conoscerti, Diana.- le disse.
-Diana
è un bel nome. Da dove vieni?- le chiese Harry. Diana rispose mentre si serviva
di patate arrosto.
-Sono
americana. Mia madre ha deciso di tornare in Inghilterra, ha studiato qui da
giovane.-
-Però!
Come sono le scuole di magia in America?- le chiese Ron, curioso. Diana ci pensò
su un attimo, poi rispose, con un sorriso furbetto:
-Un
disastro. Un sacco di delinquenti, per tenergli testa bisogna essere più bulli
di loro. Da noi insegnano anche la difesa babbana, oltre che quella magica.
Boxe, karate e cose simili.-
-Tornano
sempre utili.- commentò saggiamente Ron, facendola ridere. Diana aveva una
risata calda, profonda, intrisa di sensualità. Harry rise, Hermione rise, Ron
rise. Aveva quest'effetto, la sua risata.
-Allora,
com'è questa scuola? Spero più tranquilla della mia.- chiese, con espressione
pratica.
-Gli
studenti sono divisi in quattro case: Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e
Serpeverde. I Tassorosso sono dei buoni lavoratori, i Corvonero i più
intelligenti, mentre quelli di Serpeverde sono degli idioti purosangue.- le
spiegò Hermione. Diana assunse un'espressione incredula. Non sembrava più così
inquietante come era parsa in un primo momento.
-Non
saranno mica gli snob convinti di essere i migliori solo per il loro sangue
“puro”, vero?- chiese.
-Esattamente.-
annuì Harry, cupo.
-Buon
Dio! Ma gli idioti sono proprio ovunque!- esclamò lei, scuotendo la testa. Il
trio rise. Diana indicò con il pollice dietro la sua schiena, verso il tavolo
lontano dei Serpeverde. -Sarebbero quelli?- chiese.
-Si.
Stai attenta al biondo platinato, Draco Malfoy; è il peggiore di tutti.- la
avvertì Hermione.
-Malfoy?
Il figlio di quel pomposo Mangiamorte?- le chiese Diana.
-Ehi,
certo che ne sai di cose!- si complimentò Harry.
-Voldemort
è una piaga anche in America. Odia il mio paese, perché i maghi sono quasi
tutti mezzosangue.- “Tranne me. Mia madre è Purosangue, e anche mio padre lo
era. Scommetto che nemmeno a lui importava di essere puro. Non che possa
saperlo. Tuo padre non ha mai saputo di avere una figlia, Diana.” I tre la
fissarono, sorpresi. -Cosa c'è?- chiese, sperando di non aver fatto una gaffe.
-Lo
hai chiamato per nome.- mormorò Ron, perplesso.
-Sì.
Ti dà fastidio?- gli chiese, un po' preoccupata di essere riuscita a inimicarsi
una persona già il primo giorno. Di solito succedeva dopo due o tre, come
minimo.
-Sì!-
rispose Ron.
-No!-
risposero in coro Harry e Hermione. Diana sorrise. Dopo un po', Hermione prese
ad indicarle i diversi compagni, i loro caratteri e i loro modi di fare. Harry e
Ron si divertirono a raccontarle le avventure che avevano vissuto gli anni
precedenti, ma gli occhi grigi di Diana scivolavano ogni qualche minuto verso il
tavolo dei Serpeverde, nonostante non sapessero bene cosa cercare.
Diana
e la Granger stavano chiacchierando allegramente, dirette alla scalinata che le
avrebbe portate alla Torre di Grifondoro. Blaise la vide, spiccava attraverso la
folla come la luna in una notte di nubi. Fece un cenno a Draco, che annuì, e si
diresse deciso verso di lei. Quando le passò accanto,volontariamente la urtò forte, con una spalla. La nuova Grifondoro
doveva capire chi comandava.
Nonostante
avesse quel provocante profumo fruttato.
Diana
ebbe appena il tempo di vederlo, prima di sentire la botta. Hermione smise di
parlare, e assunse quasi subito un'aria arrabbiata.
-Ehi!-
sbottò Diana, girando su se stessa per vedere l'ignoto aggressore. Il ragazzo
si voltò, e per un attimo la giovane americana perse la cognizione di giorno,
mese, luogo e nome.
Un
fisico alto, ben piantato, muscoli perfetti delineati dalla camicia bianca della
divisa dei Serpeverde, spalle larghe, carnagione bronzea. Un viso dai lineamenti
fini, perfetti, anche se per nulla effemminati, reso ancor più attraente da una
barba ispida sulle guance e sul mento. Capelli neri come l'ebano ricadevano
selvaggi fin sotto le orecchie e più lunghi ancora sulla schiena, con ciuffi
disordinati che si posavano sensuali su due occhi intensi, grigio-verdi, stretti
in un'espressione arrogante, e due labbra carnose, adatte a far impazzire
qualunque donna, storte in una smorfia beffarda.
-Ah,
la pivella Grifondoro.- disse Blaise, sprezzante.
-Ah,
un idiota Serpeverde.- replicò lei, tagliente e sarcastica. Gli occhi di
entrambi si fissarono in quelli dell'altro per un lungo, elettrico istante.
-Non
permetterti, ragazzina, e impara a stare al tuo posto. Ossia più in basso di
me.-
-Difficile
stare più in basso di un verme.- Blaise, piccato, fece per prendere la
bacchetta, ma la mano bianca di Diana già stringeva la sua, lunga, di quercia,
puntata contro il suo petto muscoloso. Blaise rimase immobile, sentendo la
rabbia verso quella arrogante ragazza aumentare.
-Cosa
succede qui?- intervenne all'improvviso Harry, giunto immediatamente al primo
campanello d'allarme.
-Non
agitarti, Sfregiato, altrimenti poi devi andare in infermeria. Volevo solo dare
un'occhiata alla pivellina.- gli disse Blaise, beffardo.
-Non
osare chiamarmi pivella. Il mio nome è Diana.- lo avvertì lei, la voce che
tagliava come un coltello.
-E
il mio è Blaise Zabini. Nessun piacere di conoscerti.- ribatté lui.
-Contraccambio.-
Blaise estrasse fulmineamente la bacchetta, e Potter fece lo stesso.
-Adesso
basta, Zabini.- lo minacciò. Ci fu un momento, un solo momento, in cui i loro
occhi si incrociarono, rabbiosi. Poi Blaise si voltò e, ancheggiando come John
Travolta in Staying Alive, si allontanò, con la certezza che due occhi grigi
stessero seguendo il sensuale movimento del suo apollineo didietro.
-Stupido
imbecille. Vieni, Diana, stiamo bloccando il passaggio.- sbottò Hermione, e
Diana si lasciò trascinare via, con la strana voglia di girarsi indietro.
Raggiunsero il ritratto della Signora Grassa, lo varcarono, poi le due ragazze
si congedarono da Harry e Ron e si diressero ai dormitori femminili.
-Certo
che quel tale Serpeverde è un bell'arrogante.- commentò Diana, mentre si
cambiavano. Diana indossò un pigiama color vinaccia, Hermione uno rosa pallido.
-Zabini
è il migliore amico di Malfoy. Non so quale sia il più insopportabile.- annuì
la Granger, infilandosi nel letto. Diana notò che non sembrava molto convinta.
-Saranno
la coppia del momento.- Hermione rise.
-Eh,
già. Buonanotte, Diana.- la novellina spense la luce con un colpo di bacchetta.
-'Notte
Hermione.-
Diana
si sdraiò sul suo letto a baldacchino, fissando il velluto rosso senza in realtà
vederlo. Una nuova scuola. Una nuova vita. Un bel posto, tranquillo senza essere
noioso. Persone perbene intorno, anziché i soliti, adorabili delinquenti.
Ma
quel ragazzo...
Era
diverso. Diana aveva istinto, e sapeva che quel bruno le avrebbe dato del filo
da torcere.
-Quella
puttana schifosa!- sbottò Blaise, andando avanti e indietro nel dormitorio dei
Serpeverde. Draco Malfoy, mollemente adagiato sul suo letto, sospirò.
-È
una Grifondoro, cosa ti aspettavi? Sono quasi tutte così.- disse, stancamente.
Era una buona mezz'ora che l'amico, furibondo, inveiva selvaggiamente contro la
ragazza nuova.
-Mi
ha affrontato! Dove lo ha trovato il coraggio, quella ragazzetta?- sbottò
Blaise, rivolto più a se stesso che all'amico. Sì, lo aveva affrontato. Gli
aveva tenuto testa. E aveva avuto la chiara impressione che non fosse nemmeno la
metà di ciò che Diana sapeva fare.
-Te
l'ho detto, per me sarebbe stata bene anche a Serpeverde.- disse Draco. Poi,
quando Blaise fu in procinto di riprendere la sua irosa litania, sbottò:
-Senti, se vuoi posso chiedere a Hermione qualcosa su di lei. Dovrei vederla
domani sera.- al pensiero, Draco sorrise fra sé.
-Ma
chi ne vuol sapere di lei!- sbottò Blaise, spense rabbiosamente la luce e si
buttò sul letto, a faccia in giù. Certo che di quella ragazza non sapeva
nulla, se non che era un tipino focoso. E bella. Era bella. Aveva un corpo da
schianto, anche se non era magra come le ragazze con cui usciva di solito. Aveva
un viso sensuale. Era scaltra, furba, e intelligente. Era una brava combattente,
lui aveva occhio per queste cose, se n'era accorto dalla velocità con cui aveva
estratto la bacchetta. E aveva due occhi...quelle labbra... “Ammettilo con te
stesso, Blaise. Fisicamente ti piace. E tanto, anche. Mentre come
carattere...” -Draco.- chiamò, nel buio.
-Dimmi,
Blaise.- rispose l'amico, così in fretta da fargli pensare che fosse in attesa
di quella sua chiamata.
-Voglio
sapere chi è. Mi ha l'aria di una dell'Ordine.- una buona scusa. Così Draco
non avrebbe pensato che...non avrebbe pensato cosa? La sua era solo curiosità.
Mera curiosità verso quella meravigliosa ragazza. “No, Blaise, no. Grifondoro.
Nemica.” si ricordò. E cancellò il “meravigliosa” dal suo pensiero
precedente.
-Certo,
fratello. Certo.- rispose Draco.
-Fottiti.-
-D'accordo.-
Altro
dormitorio, altri ragazzi.
-È
una gran figa, te lo dico io.- Ron scosse la testa, poco convinto.
-Sarà,
ma non è il mio tipo.-
-Ah,
giusto. Il tuo tipo è Lavanda.- sogghignò l'amico, tirandogli addosso un
calzino sporco che Ron schivò facilmente.
-Piantala,
Ragazzo Ancora Per Poco Sopravvissuto.-
-Ah,
ah, ah. E ancora: ah.- finse di ridere Harry, sarcastico.
-Divertente,
davvero. Allora, ci proverai con Diana?-
-Ovvio.
Secondo me ci sta.-
-Secondo
me ti trasforma in un rospo.- commentò Ron, in tono piatto.
-Invece
mi ha l'aria di una che quelli che le piacciono se li fa.-
-E
credi di piacerle?-
-Ultimamente
piaccio a molte. Perché a lei no?-
-Perché
è una che ha l'aria di saperti spezzettare le ossa se solo le tira.-
-Esagerato.-
Harry si distese sul suo letto, immaginando per un attimo di dividerlo con la
sensuale figura di Diana. Sentiva quasi sotto le dita scorrere la sua pelle
bianca. Al solo pensiero si eccitò.
-Fa'
un po' come vuoi, però poi glielo spieghi tu a Hermione perché ti ritrovi con
il naso a ricciolo. 'Notte Harry.- lo salutò Ron.
-'Notte.-
rispose il Prescelto, nonostante i suoi pensieri fossero già lontani.
Il mattino dopo, alle prime luci dell'alba, Diana si svegliò
Rieccomi qua!!! Allora, ho
passato una notte insonne che in teoria doveva essere dedicata allo studio…e
invece ha permesso a questa fic di raggiungere le 49 pagine…*stendiamo un velo
pietoso*
Innanzitutto,
volevo precisare alcune cose su Diana. Questo personaggio, che in alcuni
momenti mi rappresenta perfettamente, è parecchio PARECCHIO inquietante. Come
dice il titolo della fic, Diana è divisa fra Luce e Buio, fra Male e Bene, fra
Gioia e Dolore. È un personaggio promiscuo, molto molto promiscuo. Premetto che
presto dovrò alzare il rating, fino ad arancione o addirittura rosso, perché ci
saranno delle scene di tentata violenza sessuale, seguite dopo un paio di
capitoli da una scena, descritta molto soft, di sesso. Chiedo alle
amministratrici di farmi sapere qualcosa, al massimo posso inviargli i capitoli
prima così possono dirmi come regolarmi.
Ecco le
risposte alle rec:
D2OTTO:
ho fatto un salto nelle tue fic…beh, possono dire quello che vogliono, ma a me
piacciono un casino!! Spero che seguirai la mia, ci tengo ai tuoi commenti!
Iaia_Malfoy4ever:
sì Herm e Draco già stanno insieme…contentissima che Diana ti piaccia, non
avadakedavrizzarmi per tutte le pene che le farò passare, alla fine (spero) di
poterle dare un happy end!! Continua a recensire, mi raccomando!!
Mione1194:
che tu voglia leggere questa storia, nonostante sia contraria ai tuoi gusti, mi
commuove tantissimo. Cmq, se ti rassicura, la dramione è una cosa di sfondo,
perché la fic è incentrata principalmente su Diana e, in secondo luogo, Blaise.
Per Harry invece, non preoccuparti, perché saprà riscattarsi in un modo
meraviglioso!!! Ho solo voluto mostrare che anche Harry, come tutti i
sedicenni, ha gli ormoni e gli impulsi sessuali…com’è poi giusto che sia!!!
Buona
lettura, e mi raccomando, come al solito: RECENSITE!!! Un besone!!! PS: lancio una sfida da ora, così vediamo chi la becca: who is diana's father? (chi è il padre di Diana???)
Il mattino dopo, alle prime
luci dell'alba, Diana si svegliò. Per un attimo, dimenticò il motivo per cui si
trovava in un letto a baldacchino di una scuola inglese. Assonnata, si alzò e
silenziosamente si vestì. Durante la notte, sulla divisa era comparso lo stemma
di Grifondoro. Senza fare il minimo rumore, per non svegliare le tre compagne
di stanza, prese un piccolo beauty-case di pelle rosa shocking (l'unica
tonalità di quell'irritante colore che le piacesse) e si diresse in bagno. Fece
scorrere il getto dell'acqua a lungo, aspettando che raggiungesse il calore, e
si sciacquò il viso più volte, tenendo le mani premute sugli occhi mentre i
suoi pensieri tornavano chiari.
Suo padre.
Lo aveva visto tante volte, nelle foto che sua madre
aveva conservato: foto di squadre di Quidditch, di anni scolastici, di gruppi
di amici, tutti rigorosamente in oro e rosso. Sua madre le diceva che gli
somigliava tantissimo, e Diana non poteva non essere d'accordo con lei. La
stessa forma del viso, degli occhi, le stesse labbra, i capelli, l'altezza e il
carattere focoso, erano tutte cose che aveva ereditato da un uomo che non aveva
mai saputo della sua esistenza. Ma qualcosa le suggeriva che l'avrebbe amata.
Ammirava quell'uomo, sapeva tutto di lui, ma nel contempo non sapeva
assolutamente nulla: era tutta teoria, quella che aveva messo insieme, ma
niente poteva raccontarle veramente chi fosse suo padre. Se solo sua madre non
avesse lasciato Hogwarts dopo essersi scoperta incinta...se solo non avesse
nascosto a quel giovane uomo di aspettare un figlio...se solo non fosse stata
così irrimediabilmente codarda, e avesse preferito compiangersi della sorte di
ragazza-madre, anziché prendere in mano la propria vita...forse Diana avrebbe
potuto avere una famiglia. Genitori normali, felici, una vita senza dolore né
battaglie.
Fondotinta.
“No, Diana.” le ricordò la
sua stessa coscienza.
Cipria.
“Sai che senza il dolore non
saresti diventata quella che sei. E a te piace esserlo.”
Ombretto.
Sì, le piaceva essere se
stessa. Le piaceva anche la sua terra, il Texas.
Gloss leggero.
“Hai dovuto lasciarlo.
Faceva troppo male restare là.”
Eyeliner.
Vero. Troppo dolore. Troppa
sofferenza, unita ad un orribile senso di colpa.
-Sveglia,
Diana! Basta malinconie! Oggi è il tuo primo giorno a Hogwarts!- si disse,
finendo di truccarsi. Impose a sé stessa quale delle sue molteplici identità
avrebbe dovuto avere quel giorno. Il bello e che era come scegliere tra rose
identiche: tutte le piacevano, dalla Diana cupa alla Diana ironica a quella
sarcastica. Optò per un profilo allegro ma non frivolo, e ovviamente
sarcastico. Si scrutò allo specchio, e una diafana sedicenne dall'occhio sicuro
e ironico ricambiò il suo sguardo: era pronta.
La semibuia Sala Grande dal soffitto tempestoso era
quasi vuota: pochi erano gli studenti mattinieri quanto lei, che per di più
aveva la prima ora libera. Il tavolo di Grifondoro, a parte un ragazzino basso
ed esile che Hermione aveva indicato col nome di “Colin”, era deserto. In un
certo senso, Diana lo preferiva: era da sempre un lupo solitario.
Blaise la vide entrare. Era semplicemente splendida,
ma si ricordò di doverla detestare. Si costrinse a ripensare all'umiliazione
subita la sera prima, e gli fu facile mettere a tacere l'istinto.
Era mattiniera. Ed era sola. Cosa strana per una
ragazza, visto che di solito giravano sempre almeno in coppia. La vide sedersi,
fare colazione con una tazza di cereali e un bicchiere di succo di frutta. I
pallidi bagliori del sole, quando riuscivano a squarciare la coltre di nubi,
entravano dalle finestre e le colpivano i capelli scuri, donandogli riflessi
dorati che lo ipnotizzavano per un istante. Poi vide quei capelli muoversi
sulle sue spalle, la testa girarsi e gli occhi grigi voltarsi verso di lui.
Ma come aveva fatto?
Quell'idiota Serpeverde la stava guardando. Non le
piacque il suo sguardo, non le piacque il modo in cui lo abbassò subito quando
lei si voltò. Chi abbassa lo sguardo è un mentitore. Prima lezione di Analisi
Psico-Magica all'Accademia di Guerra e Magia di Morris-West. Con disappunto,
Diana tornò a rivolgersi ai suoi cereali.
Certo che era un gran bel figaccione, con 10 nel
fisico e 10 e lode nel viso. Le tornò in mente il breve attimo in cui si erano
scambiati quello sguardo, la sera prima. Si era aspettata di trovarvi
arroganza, altezzosità e idiozia allo stato puro. Sulle prime due non aveva
sbagliato, ma la terza non l'aveva nemmeno scorta in lontananza. Aveva visto
intelligenza, sarcasmo, scaltrezza, in quegli occhi. Ma non stupidità. E, per
quell'istante, Diana aveva sentito il suo cuore distrutto fremere, come un
morente che esce dal coma. Diana scosse la testa, allontanando quei pensieri:
non poteva permettersi di provare sentimenti amichevoli verso un cretino del
calibro di quel tale, di quel Blaise.
-Ehi, buongiorno!- la voce di Harry Potter la fece
sobbalzare. Gli rivolse un morbido sorriso mentre lui si sedeva accanto a lei.
Un po' troppo vicino, per i gusti di Diana.
-'Giorno, Harry. Come mai già in piedi?-
-Ho programmato l'allenamento di Quidditch fra dieci
minuti.- in effetti, Diana vide il distintivo di Capitano appuntato sul suo
petto. -Vuoi venire a vedere?- le propose. Diana, che di ragazzi aveva una
discreta esperienza, sapeva che ci stava provando. Tenero, dopotutto. Un
dongiovanni alle prime armi.
-Preferisco fare un giretto per il castello. Sai,
per ambientarmi.- disse, in tono sufficientemente cortese perché lui capisse
che non aveva intenzione di starci, ma che voleva comunque essere sua amica.
Quante cose possono essere dette senza profferir parola.
-Ok. Quando vuoi, puoi venire a vedere, gli
allenamenti sono aperti al pubblico.- le disse Harry, sorridendo. Dieci minuti
di piacevole conversazione dopo, Harry si alzò e raggiunse gli assonnati
compagni di squadra, guidandoli verso il campo da Quidditch.
“Sarà anche il Prescelto, ma in quanto a donne è
proprio un idiota. Anche se non è così male.” pensò Diana, alzandosi dopo un
po'. La Sala cominciava a riempirsi, ma lei si diresse decisa verso le
scalinate. Incontrò diversi studenti salendo attraverso i piani, molti la
osservavano con curiosità, ma nessuno, con suo sollievo, le rivolse la parola.
Non aveva voglia di intavolare conversazioni. Almeno, non con gli esseri umani.
Presto si ritrovò al nono piano, l'ultimo, prima delle torri. Lassù non c'era
nessuno.
Si appoggiò alla parete, ignorando una fitta al
fianco, segno che aveva trascurato gli allenamenti e che quelle interminabili
scale erano vere e proprie sfide all'alpinismo. Chiuse gli occhi.
“Hogwarts, raccontami la tua storia, se nessuno ti
ha mai ascoltata, e io, umile ascoltatrice, saprò cogliere insegnamenti da ciò
che tu hai visto e vissuto.” mormorò, fra sé e sé. Sentì le palme delle mani
farsi improvvisamente calde, a contatto con la nuda pietra. Sembravano ardere,
era quasi insopportabile. Diana sapeva che quello era il momento più duro.
Strinse forte i denti, sentendo quell'insopportabile fiamma propagarsi lungo
ogni braccio, congiungersi alla gemella sulle spalle, e poi scendere nel petto
e là esplodere con la forza di un uragano, raggiungendo il suo cuore che, per
un istante che ogni volta le mozzava il fiato, smise di battere. Qualche
secondo, il tempo di sentire il sangue rallentare nelle vene e nelle arterie, e
il muscolo aveva già ricominciato a contrarsi velocemente, inviando al cervello
sangue e non solo.
E poi fu come se qualcuno le avesse spalancato le
palpebre, costringendola a fissare ciò che aveva intorno. Hogwarts aveva tanto
da insegnarle. La saggezza intrisa nella roccia stessa di quel castello sarebbe
valsa di più di tutti i racconti di Hermione. E l'antico castello, avvertendo
la presenza di una persona capace di ascoltare, cominciò a raccontare.
Blaise era tentato di chiamare qualcuno. Quando
aveva seguito Diana, Disilluso, fino al nono piano, voleva solo farle pagare la
figuraccia della sera prima; non aveva pensato di assistere ad uno spettacolo
tanto strano. Quando si era appoggiata, aveva pensato che quella femminuccia
fosse stanca, perché aveva fatto tutte le scale del castello ad una andatura a
dir poco sostenuta. Ma, quando aveva visto un bagliore d'indaco sprigionarsi
dalle pareti a cui era appoggiata e avvolgerla lentamente, aveva cominciato a
preoccuparsi. Non per lei, chiaramente: se fosse stato trovato vicino al
cadavere della novellina, di sicuro non sarebbe stata una buona referenza per
un futuro lavoro al Ministero. Ma decise di intervenire quando gli occhi di lei
si spalancarono di botto, completamente bianchi e senza pupille.
Anche perché lo aveva spaventato.
-Ehi!- esclamò, Disilludendosi intanto con un colpo
di bacchetta. Diana non diede segno di averlo sentito. Blaise corse, si fermò
di fronte a lei e la prese per le spalle. -Ehi, pivella! Cosa ti succede?- la
scosse.
Gli occhi bianchi si alzarono su di lui.
Pulsavano.
Ad un ritmo martellante.
Più forte, sempre più forte. Blaise cominciò a
temere per la propria salute.
Ma poi...
Le palpebre ricaddero un istante per poi rialzarsi
subito dopo, rivelando due solite lame d'acciaio.
-Ehi!- protestò Diana, spingendolo lontano da sé.
-Calma! Ti ho appena salvato la vita, anche se non
credo ne valesse la pena!- sbottò Blaise, iroso.
-Salvato la vita? Ma di che cazzo parli?- replicò
lei nello stesso tono.
-Come “di cosa parlo”!? Di quel lavoro che ti è
successo prima!- sbraitò il Serpeverde, ormai sull'orlo di una crisi di nervi.
Diana tacque un secondo, sorpresa.
-Non rischiavo la vita.- si limitò a dire, in tono
freddo.
-E allora cosa stavi facendo?- le chiese lui.
-Non sono affari tuoi.-
-Lo so benissimo, ma lo voglio sapere e tu me lo
dirai.- gli occhi di Diana lampeggiarono pericolosamente. Blaise ghignò,
accorgendosi di come le sue parole la avessero fatta infuriare.
-Non prendo ordini da un idiota.- ringhiò lei, in un
tono basso e minaccioso che non lo impressionò.
-Infatti prendi ordini da me.- rincarò il
Serpeverde, soddisfatto di vedere letteralmente la rabbia crescerle dentro,
come un fiume in piena.
-Ah, giusto, mi correggo: non prendo ordini da
nessuno, idiota, cretino o aviocerebrale che sia.- ribatté Diana, con un
sarcasmo da tagliare con un coltello.
-E che sarebbe!?-
-Significa senza cervello, e il fatto che tu non lo
sappia non ne è che una conferma.- ok, Blaise si stava arrabbiando. Per non
dire incazzando. Decise di cambiare argomento, per evitare la tentazione di
estrarre la bacchetta e scagliarle addosso un meritatissimo Avada Kedavra.
-Allora, me lo dici che ti stava succedendo?- le
chiese, cercando di usare un tono il più normale possibile. Si era reso conto
che le maniere forti, con quella ragazza, non servivano a nulla.
-Ma guarda, allora sai anche usare l'educazione,
ogni tanto!- disse Diana, fissandolo con finta sorpresa. Poi aggiunse: -Visto
che sei tanto bravo da sembrare quasi un essere umano, te lo dirò. Stavo
parlando con la scuola.-
-Eh?- fece lui, attonito.
-Non fare quella faccia, serpentino. Sono
un'Elementale.-
-Cioè?- chiese lui, sempre più confuso. Diana perse
la pazienza.
-Oh, ma sei proprio ignorante! Un Elementale è una
persona in grado di comunicare, fare parte e attingere forza dagli Elementi!
Almeno questi sai cosa sono, spero!- sbottò. Poi si rese conto di un altro
particolare. -E poi, cosa ci fai qui? Mi segui?-
-In verità volevo fartela pagare per ieri, ma farti
arrabbiare mi è già bastato.- sogghignò lui, si voltò e si allontanò.
-Alarne.- la sentì sussurrare, un attimo
prima che la sua veste decidesse di trasformarsi in un costume da clown
babbano.
Le risate di Diana rimbombarono per il corridoio
deserto, così forti che probabilmente anche in Sala Grande la sentirono. Blaise
si voltò, rosso e furioso, trovandola seduta per terra, con le braccia strette
intorno alla pancia, dolorante per il gran ridere.
-Stronza.- fu solo capace di dire. L'orrore sembrava
avergli messo fuori uso il cervello. Diana lo sentì: smise di ridere, e si
rialzò in piedi. I suoi occhi brillavano alla luce delle torce, gelidi e
pericolosi.
-Oggi sono di buon'umore, Zabini, e ho voluto
divertirmi un po'. Ma stammi alla larga, d'ora in poi, altrimenti pagherai
perché ti trasformi solo in un clown.- e, con questa velata minaccia, Diana si
allontanò, con la sicurezza di essere guardata.
-Io la uccido.- sibilò Blaise, iroso, qualche ora
dopo. Lumacorno non diede segno di averlo sentito.
-Senti, adesso calmati. Non so che fattura ti abbia
fatto, però non dev'essere stato niente di simpatico, quindi posso anche capire
cosa ti spinga verso l'omicidio, ma uccidere una Grifondoro porta solo guai, e
tu lo sai.- Draco scherzava. O almeno, così sperava Blaise.
-Io la uccido.- ripeté, senza staccare gli occhi
dalla chioma scura di Diana, un banco avanti a sé. Proprio in quel momento, la
ragazza si voltò rapidissima verso di lui, e gli rivolse un gestaccio con la
mano che lui ricambiò all'istante.
-Fratello, questa ragazza mi piace. Ti tiene testa.
Se poi riesce a zittirti per cinque minuti di fila, giuro che te la porto
all'altare con tanto di benedizione.- sghignazzò Draco, a bassa voce.
-Ma chi la vuole, quella piccola mezzosangue!-
sbottò Blaise, tirandogli una manciata di occhi di Kneazle. Pochi minuti dopo,
una pallina di carta lo colpì dritto in testa. Lo distese in fretta e trovò una
calligrafia strana, minuta e spigolosa:
“Per tua informazione, stupido essere, io sono Purosangue (come se fosse
una cosa di cui vantarsi), e tra parentesi sono imparentata anche col tuo
affascinante amico biondo che ci vuole sposati. Digli da parte mia che il
matrimonio può allegramente ficcarselo in un certo posto. D”
-Che roba è? Una lettera
d'amore?- Draco gli rubò alla svelta il foglietto e lo lesse di volata.
-Ahahah! Questa ragazza è un mito!- rise, facendo un cenno amichevole a Diana,
che gli rivolse un occhiolino. Draco aveva un principio: i Grifondoro, quelli
maschi, erano tutti spazzatura, mentre per le donne il giudizio era sospeso
finché non le conosceva di persona. Potter si voltò verso di lui e gli fece un
gestaccio osceno, che i due Serpeverde ricambiarono.
-Stupido idiota.- commentò Zabini, rivolto al
Prescelto.
-Hai un rivale, Blaise. Anche Potter va dietro alla
novellina dagli occhi d'acciaio.- borbottò Draco dieci minuti dopo, dopo aver
osservato la tattica di Potter. Col suo viso d'angelo, Harry si ingraziava la
poveraccia di turno, disarmandola poi con un'intensa occhiata dei suoi
stupefacenti occhi verdi.
-Potter non ha la minima speranza, con lei. Non
attacca.- rispose Blaise che, malgrado si fosse deciso ad odiarla, non si era
perso un attimo di quella tiritera. E, in effetti, era vero: seppur
cortesemente, senza offendere, Diana lo stava fermamente respingendo.
-Amico mio, sei geloso?- sghignazzò Draco, del tutto
dimentico della sua pozione, che stava cominciando ad emanare vapori
putrescenti.
-Di chi? Di lei?- “Sì, sì, sì, sono geloso come una
scimmia, non voglio che quell'idiota di Potter ci provi con Diana, lei non è
alla sua altezza, solo io potrei provarci!” -Ma fottiti, Dray!-
Alla fine dell'ora...
-Ehi, brunetta, sai che hai fatto centro, vero?- una
voce leggermente strascicata risuonò alle spalle di Diana. Lei la riconobbe per
quella di Malfoy, il compare biondino di Zabini.
-In che senso, uomo dal capello fosforescente?-
rispose lei, senza cattiveria. Hermione, al suo fianco, scoppiò a ridere. Draco
si insinuò fra loro, ridendo a sua volta e prendendole entrambe sottobraccio.
-Nel senso che il mio amico Zabini è geloso dello
Sfregiato, che ci sta bellamente provando con te.-
-Me n'ero accorta.- commentò Diana, ignorando la
brusca accelerazione del suo battito cardiaco. Ci avrebbe pensato dopo, alla
tachicardia. Oppure non ci avrebbe pensato affatto: non voleva scoprire perché
il suo cuore dispettoso si ostinava ancora a battere. Dietro di loro, sentirono
la porta della segreta cigolare, e all'istante Malfoy le lasciò andare e le
superò in fretta. Quando Harry e Ron si furono uniti alle ragazze, Draco si
voltò e disse, con espressione completamente diversa:
-Smettila di sbavare dietro alla pivellina,
Sfregiato, altrimenti la Zannuta potrebbe ingelosirsi.- Diana fece per reagire,
ma colse gli occhi chiusi di Hermione, che lentamente le faceva cenno con la
testa di tacere.
-Figlio di puttana...- commentò Ron in direzione di
Malfoy, ormai lontano.
-Concordo. Cosa vi ha detto?- chiese Harry alle due
ragazze, sinceramente preoccupato.
-Ha usato
una vasta gamma di epiteti vari che riferire sarebbe un'oscenità.- rispose
Diana, sicura. Hermione le rivolse uno sguardo colmo di gratitudine. Ascoltando
i due ragazzi inveire in vari modi contro i Serpeverde in generale e Malfoy in
particolare, Diana lasciò vagare i propri pensieri su Zabini. Era arrogante,
saccente e altezzoso, uno di quei fighetti classisti e viziati che lei, ai
tempi del Texas, si cucinava come voleva. Però quel ragazzo era diverso: oltre
ad essere letteralmente meraviglioso,
Blaise Zabini era intelligente e determinato, proprio come lei. Sì, si
somigliavano. E poi era così tenebroso, sempre sulle sue, con la sola compagnia
di Malfoy...
Diana era sempre stata attratta dall'oscurità. Fin
da piccola. Vi si riconosceva, si ritrovava, si sentiva a casa. Era sempre
stato così. Negli abiti, nel carattere, nell'aspetto. L'oscurità era insita in
Diana fin dalla nascita. Che fosse questo ad attirare Zabini?
Diana scosse la testa. Non poteva. Non poteva
infatuarsi di quel ragazzo. Mentalmente, si fece una lista dei pro e dei
contro:
Motivi per non farmi piacere Zabini:
è un Idiota con la i
maiuscola;
è un arrogante che si crede
il padrone del mondo;
non rispetta le donne;
vuole sottomettermi ai suoi
ordini (cosa che non farò MAI!!).
Motivi per cui mi potrebbe
piacere Zabini:
è intelligente (almeno lo
sembra);
gli interesso, lo dice anche
il suo amico;
è simile a me praticamente
in tutto, dall'arroganza alla lealtà (questo si vede, con gli amici è leale,
anche se non lo è con i nemici vedi me, chissà poi per quale motivo);
We!!! Rieccomi qua, con un capitolo molto più lungo in
cui comincia a vedersi la lotta interiore di Diana. Non aggiungo altro, ma la
figlia di Sirius (Insomma!! Avete indovinato subito… -.- ) si scontrerà
con..rullo di tamburi…beh non vi rovinerò la sorpresa!! (ndTutti: carogna!!!)
Ecco le risposte alle rec:
Mione1194: sono contenta che ti piaccia la mia fic,
e sinceramente in questi primi capitoli Harry sta parecchio su anche a me…poi
ieri ne abbiamo parlato su msn, ti ho detto cosa succederà, quindi tranquilla
che si riscatterà presto…sì, Diana e Blaise prima o poi staranno insieme, anche
se una coppia del genere mi pare piuttosto…come dire…esplosiva??? UN besone!!
Ps presto continuerò anche la mia raccolta, ho solo un “blocco creativo”!
Iaia_Malfoy4ever: per Hermy leggi questo chappy,
poverina, si becca un interrogatorio di terzo grado da quella ficcanaso di
Diana…la compiango quasi!! Invece, per le creature magiche…sì, piacciono molto
anche a me, è per questo che i miei “nuovi personaggi” hanno sempre dei poteri
anomali (Ran, la fidanzata di Sirius nell’altra mia fic, è un’Empatica). Mi
racc, continua a recensire!!
D2OTTO: ho letto l’inizio della tua fic di shrek e
quella dei tre porcellini…mwahahahahah non sai quanto ho riso!! (alla fine il
problema di msn si è risolto, hai visto?)…cmq, davvero il tuo giudizio mi
interessa tantissimo!!
Buona lettura!! E continuate a recensire!!
Più tardi, dopo
cena, Diana si offrì di pattugliare i corridoi insieme ad Hermione e lei, con
entusiasmo, fu d'accordo. Mentre chiacchieravano del più e del meno, Diana
portò molto delicatamente il discorso su Malfoy.
-Come mai oggi
Draco si è comportato così?- la delicatezza non era mai stata una sua virtù.
Hermione arrossì violentemente e spostò il suo sguardo lontano.
-Vedi, noi...in
realtà io e Draco siamo amici.- confessò la mezzosangue, talmente rossa da far
invidia ad un Weasley.
-Solo amici?-
chiese Diana, maliziosa. Si era accorta già dalla sera prima degli sguardi
decisamente più che amichevoli che correvano fra il biondino platinato e la
grifoncina dagli occhi dorati.
-Solo amici!-
esclamò Herm, con fervore. Troppo. Diana decise di lasciar perdere: dopotutto,
era probabile che Hermione non volesse confidarsi con una perfetta sconosciuta.
Perché era questo che lei era: una novellina, una pivella, una incognita. Cosa
a cui doveva porre rimedio.
-Va bene,
lasciamo stare. Comunque, è un bel tipo, mi piace. Somiglia un po' ad un mio
amico...Alex.- il ricordo di un biondino alto e allampanato fece sorridere
vagamente Diana.
-Chi è?- le
chiese Hermione, curiosa.
-Beh, vedi,
alla Morris-West agli studenti più promettenti vengono affidati altri studenti,
perché li istruiscano. Alex è il mio pivello: stessa età nostra, ma quoziente
intellettivo dai valori instabili.- l'amica rise.
-Perché?- le
chiese.
-Perché a volte
fa l'idiota, altre esce fuori con delle considerazioni degne di Voltaire.-
spiegò Diana, sorridendo.
-Conosci
Voltaire?- Hermione la fissò, stupita.
-Non esiste
cosa che non valga la pena conoscere.- citò la ragazza.
-Mi
sorprendi...sono pochi i maghi purosangue che si interessano di poesia
babbana.- commentò Hermione, attonita dalla scoperta. Diana colse il vago
disgusto della sua voce, alla menzione della parola “purosangue”.
-Io sono
purosangue per caso, Herm. Mio padre era inglese, discendente di una nobile
casata Nonsoché, mia madre è per metà texana per metà apache, tutti discendenti
da stirpi pure. Ma non farti dei pregiudizi, eh!- disse, alzando le mani come
per dimostrare la propria innocenza.
-Non ne faccio.
Anche Ron è un Purosangue, ed è il mio migliore amico.- si affrettò a mettere
in chiaro la ragazza.
-Lo so, stai
tranquilla.- la rassicurò Diana. -Comunque, resta il fatto che sia Malfoy sia
Alex siano due bei signori.- aggiunse, in tono canzonatorio.
-Dai, raccontami
di questo Alex. Non è che hai una cotta per lui, eh?- insinuò Hermione, con un
sorriso birbante. Diana la fissò un attimo, prima di scoppiare in una fragorosa
risata.
-Oh santo
Merlino...io e Alex! È praticamente impossibile!- sghignazzò. Poi si accorse
dell'espressione stupita dell'amica, e cercò di recuperare un minimo di
serietà. -Vedi, io adoro Alex, per me è un fratello minore, un po' scemo ma
fondamentalmente buono. Per di più è fidanzato con una mia amica, Melissa. E
per finire preferisco i mori.- mise in chiaro, sorridendo ancora.
-Mori, eh? Come
Harry...o Zabini!- insinuò Hermione, maliziosa. Diana si strinse nelle spalle,
in un gesto non compromettente. Le piacevano entrambi, a dir la verità, anche
se uno era il diretto opposto dell'altro. Ma non poteva permettersi di
ammetterlo, nemmeno con se stessa.
-A te invece
piacciono i biondi, eh, Herm?- disse, dopo un po'.
-Ti ho già
detto che non c'è niente fra me e Draco!- esclamò la grifoncina, paonazza. Il
sopracciglio di Diana si levò in un'espressione di maliziosa saccenza.
-Sì sì, e io ci
credo...ma se te lo mangi con gli occhi!- borbottò, con un sorrisetto.
-Non me lo
mangio con gli occhi!- protestò Hermione, scandalizzata. Ma tenne lo sguardo
basso.
-E dai, Herm, a
me lo puoi dire. So tenere un segreto.- disse Diana, in tono improvvisamente
serio e con occhi sinceri. Sapeva di essere una eccellente custode di verità
nascoste. Lo sapeva per certo, soprattutto perché la sua stessa vita era un
continuo segreto.
Il
segreto che custodisci dalla nascita.
-Se lo dici a
qualcuno ti ammazzo.- la minacciò l'amica, e dentro di sé Diana esultò: l'aveva
convinta. Non sapeva cosa avesse spinto Hermione a rivelarle il suo segreto, ma
ne era contenta. Sapeva che nulla lega due persone come una confidenza in
comune.
-Morirei prima
di tradire un amico. E lo dico sul serio.- la rassicurò Diana, senza ironia o
sarcasmo negli occhi e nella voce. Era sincera. E Diana era una persona che
ispirava fiducia, con i suoi occhi chiari e puliti, con il suo viso angelico incapace
di tradire. Hermione la studiò un attimo, di sottecchi, poi, finalmente,
sospirò.
-E va bene...io
e Draco...beh, non so bene com'è iniziata, ma...-
-Guarda che ci
sono arrivata da sola.- la canzonò bonariamente Diana. -Ci sei andata a letto?-
Sempre
delicata, Diana.
-Diana!!-
protestò Hermione, scandalizzata, assumendo uno strano colorito rosso magenta.
-Ma che c'è? È
una normalissima domanda! Tanto ormai il succo della storia lo conosco...- si
difese Diana. Per lei, il sesso non era più un'incognita da tanto tempo. Per
lei, nemmeno l'amore era più sconosciuto.
-Questo è vero,
ma...insomma, chiederlo così!!- Hermione scosse la testa, come una gattina
confusa.
-Perché, come
avrei dovuto chiederlo? Il sesso è sesso, non ci sono tanti giri di parole intorno.-
replicò Diana, con la netta sensazione di spiegare l'ovvio. Nella sua
innocenza, non aveva mai compreso perché la gente dovesse fare tanti problemi
intorno a quell'argomento.
-Ma...oh,
lasciamo perdere!- disse l'amica, esasperata.
-Però non mi
hai risposto.- le fece notare Diana. Mentre parlavano, erano tornate alla torre
di Grifondoro. Hermione disse la parola d'ordine (alea iacta est) ed
entrarono, senza più parlare, perché continuare il loro discorso avrebbe
inevitabilmente svegliato l'intera torre immersa nel sonno. Appena furono nel
dormitorio, dopo aver appurato che Calì e Lavanda non ci fossero, Diana ripartì
all'attacco. Si piantò davanti a Hermione, assunse un cipiglio fintamente
severo e proruppe in un: -Allora?- spazientito. Hermione sospirò, dandole la
schiena mentre recuperava da sotto il cuscino il suo pigiama.
-Diana,
Draco...insomma, non pensare male di me, ma lui è...non so come spiegartelo...-
balbettò, sempre senza rivolgerle lo sguardo.
-Fammi
indovinare. È bello, carismatico, affascinante, gentile, premuroso e
soprattutto innamorato.- finì l'amica per lei. Hermione la guardò, stupefatta.
-Sì, infatti,
ma tu come lo sai?- le chiese. Diana sorrise: un sorriso per metà tenero, per
metà nostalgico.
-Conosco la
sensazione.- rispose semplicemente. Si infilò a letto, augurò la buonanotte e
non parlò più. Hermione, con molto tatto, non disse nulla e spense la luce dopo
un po'.
“Eh, già, tu
conosci la sensazione. Sei stata innamorata. Sei stata felice, molto tempo fa.
Quasi un anno fa. Quattro gennaio. È da lì che la vita ha cominciato ad andare
male.”
Pioggia.
Tanta pioggia che non riesce a lavare via l'orrore dal tuo viso.
“No, non di
nuovo, ti prego, basta, soffro già abbastanza...”
Sei
inginocchiata per terra, di fianco ad un corpo che non può essere altro che un
cadavere. Sei fradicia, ma non riesci ad allontanarti, mentre le tue lacrime si
fondono con quelle del cielo.
“Ti prego
no...non voglio vederlo...”
C'è
buio. È notte. Il sangue scorre sulle tue braccia bianche mentre allunghi una
mano verso il viso in ombra. Poco più in là, giace la tua arma, e ancora più in
là, giacciono dei cadaveri. Tanti.
“No, no, non
voglio ricordare, basta, lasciami in pace...”
Ti
sei buttata in mezzo ad una battaglia per salvare un caro amico. Quell'amico è
morto. E la persona che hai davanti, il cadavere che hai davanti, si è
sacrificato per te, proteggendoti con il suo corpo da una ventina di attacchi
diversi.
“Non doveva
farlo...stavo già combattendo da sola, mi sarei salvata, non doveva farlo...”
Sfiori
una carnagione bronzea, le palpebre dalle ciglia scure, e le abbassi quasi
inconsciamente su due intensi occhi neri, che ora non hanno più la luce che eri
abituata a vedere. La tua mano scivola su capelli mori, fradici come te,
capelli che hai sempre adorato.
“No, mioddio
no, non puoi essere morto, non mi puoi lasciare, non andartene, amore mio non
lasciarmi...”
La
pioggia bagna il torace ampio e muscoloso del giovane uomo. Bagna i suoi
vestiti. Bagna le braccia tra cui, fino a poche ore fa, ti trovavi, felice. Ora
il mondo ti cade addosso. Letteralmente.
“Sola...”
Sei
sola. Un altro amico si avvicina a te, prova a farti allontanare, ma non lo
ascolti. Quel giovane era tutto ciò che avevi. Era la tua famiglia. Era la tua
vita. Era l'unica cosa per cui valesse combattere. Il tuo sguardo lo lascia,
vaga sugli altri cadaveri. Hai fatto un massacro, uccidendo i Mangiamorte che
te lo hanno portato via.
Non
te ne penti.
Tanto
presto morirai anche tu. Perché tu troverai il responsabile di tutto questo. La
tua furia assassina brama il suo sangue di serpente. Lo troverai. E lo
riempirai di calci fino ad ucciderlo.
Perché
te lo ha portato via.
Ha
ucciso la prima persona che ha saputo amarti.
Ha
ucciso l'unico che hai saputo amare.
E
dentro di te, mentre gli Auror americani ti ammanettano e ti portano via,
decidi che non amerai più nessuno.
Perché
nessuno potrà mai essere come lui.
Lui
che non ti sorriderà più.
Lui
che non riderà più.
Lui
che non sarà più tuo.
Lui
che giace là, sotto la pioggia, senza più vita, senza...
Diana gridò.
Gridò e gridò e gridò, senza riuscire a fermarsi, senza sentire la voce
atterrita di Hermione cercare di calmarla, sentendo il proprio cuore lacerarsi,
proprio come quella notte.
-Ehi, Blaise,
guarda un po' chi c'è.- sussurrò Draco, seduto a fianco dell'amico,
indicandogli una figura alta e pallida appena comparsa sulle scalinate di
Hogwarts. Era presto, molto presto, ancora più del giorno prima. I due
Serpeverde, abituati com'erano a fare colazione ad orari antelucani, erano
soliti mangiare praticamente in solitudine. Ma quel mattino, Diana si sedette
senza tanti preamboli accanto a Malfoy, al tavolo deserto di Serpeverde. Blaise
notò che era più pallida del solito, e aveva gli occhi segnati da profonde
occhiaie, come se non avesse dormito.
-Buongiorno,
raggio di sole. Dormito male?- le chiese, sarcastico. Lei non lo degnò di uno
sguardo.
-Sa?- chiese
semplicemente, rivolta a Draco, indicandolo con un gesto del mento. La sua voce
era aspra, dura, come di chi ha passato momenti migliori.
-Se Hermione
non mi avesse mandato un gufo, ieri sera, ti chiederei di cosa tu stia
parlando, ma si da il caso che lo abbia fatto, quindi sì, Blaise sa, puoi
parlare liberamente.- disse il biondo, tranquillamente. Glissò sul fatto che
Herm gli avesse parlato anche dell'incubo, di cui Diana non aveva rivelato
nulla. Hermione era parsa molto preoccupata per lei, nella lettera.
-Benissimo.-
rispose lei, risoluta e seria. Blaise notò quanto i suoi occhi brillassero,
infervorati, nonostante la stanchezza fosse ben visibile. -Voglio sapere solo
una cosa.-
-Tutto ciò che
vuoi, principessa del sarcasmo.-
-La stai
prendendo in giro?- la domanda sorprese Blaise. Non l'avrebbe mai giudicata una
persona che si occupa degli altri, ma sembrava essersi già affezionata alla
piccola Granger. Si accorse di quanto fosse sicura di se stessa, in quel
momento: sembrava decisa a prendere a pugni Draco, se la risposta alla sua
domanda non fosse stata soddisfacente.
-No.- il grigio
si scontrò col grigio, nobiltà e fierezza in entrambi, mentre lo sguardo
perforante di Diana valutava, con la sicurezza che solo molta esperienza le
aveva dato, se Draco avesse mentito oppure no. Rimasero immobili entrambi per
un lungo, pesante minuto. Poi, lei batté le palpebre, e la sua espressione si
rasserenò.
-D'accordo, ti
credo.- ecco com'era fatta, lei. Si fidava del suo istinto. Draco le sorrise.
Sì, quella ragazza gli stava simpatica. E molto, anche.
-Ho ottenuto
anche l'approvazione della regina dei ghiacci. Sono pronto per incontrare i
suoi genitori, allora.- disse, allegro. Draco era maturato tanto, da quando si
frequentava con Hermione. Non si riconosceva più il vecchio Malfoy,
l'arrogante, quando lo si guardava un poco più attentamente. Aveva superato i
suoi pregiudizi nei confronti dei Mezzosangue, aveva persino avuto il coraggio
di parlare della sua relazione con i genitori, insomma, era cresciuto. L'amore
fa strani scherzi, a volte.
-Non sei
proprio il tipo da presentare ai genitori, Draco.- commentò Diana. -Forse, con
una messa a posto dei tuoi capelli ossigenati, andresti anche bene.- la ragazza
indicò il colore tutt'altro che convenzionale della capigliatura di Malfoy.
-E tu, agendo
sulla mia acconciatura, mi faresti diventare un bravo ragazzo?- le chiese lui,
ridendo. -Ti chiamerò per farmi da parrucchiera, quando vorrò parlare con i
suoi genitori.-
-Mi sembra
ovvio.- rispose lei, con il primo sorriso di quella giornata. Blaise era
irritato: non solo si sentiva bellamente ignorato da entrambi, ma per
l'ennesima volta quel sorriso non era stato rivolto a lui.
-Mi sembri
affamata. Dai, mangia qualcosa.- la esortò Draco, vedendo il suo sguardo
scivolare traditore sui croissant morbidi e caldi che avevano davanti.
-Grazie.- fece
lei, e ne prese alla svelta uno. -Ho passato una brutta notte.- spiegò, senza
entrare nei particolari.
-Cos'è, Potter
non è stato all'altezza?- borbottò Blaise, caustico. Draco alzò gli occhi al
cielo: Blaise diventava insopportabile, quando faceva così. Alle sue parole,
Diana sembrò risvegliarsi dal torpore che l'avvolgeva fin dalla notte prima:
niente di meglio che una bella lite, per svegliarsi come si deve.
-No, veramente
sei stato tu che hai deluso tutte le aspettative.- rispose, velenosa.
-Game, set and match per Diana! Scusa
fratello, ma te le vai proprio a cercare, certe volte.- commentò Draco, col
fine recondito di placare gli animi.
-Beh, se sei
frigida non è certo colpa mia.- ribatté Blaise, senza ascoltare minimamente
quello che l'amico aveva detto.
-Vaffanculo,
Faina.- Diana aveva sentito pronunciare quel nomignolo da Harry, e le era
sembrato immediatamente perfetto per Zabini. Draco sorrise fra sé: vedere
l'amico messo a posto da una ragazza era uno spettacolo non da poco.
-Chiamami
un'altra volta così e...- ringhiò Blaise.
-“E” cosa,
Faina? Credi di farmi paura?- lo interruppe lei, sardonica.
-Basta, voi
due.- li bloccò Draco, pacato. Aveva notato il preoccupante lampo assassino
nell'acciaio di Diana, e voleva evitare spargimenti di sangue. In più, la Sala
cominciava a riempirsi, e le loro voci echeggiavano fino al soffitto plumbeo.
Diana, furibonda, si alzò in piedi.
-Ci vediamo,
Dray.- disse, con innaturale cortesia.
-Certo, Diana.-
rispose lui, seccato dal comportamento imbecille del suo amico. La ragazza gli
fece un cenno amichevole, un po' guastato dalla sua espressione omicida, girò
sui tacchi e raggiunse a passo di marcia il tavolo di Grifondoro.
-Blaise, sei un
cretino.- commentò Draco, non appena vide Hermione unirsi a Diana e intavolare
una discussione, senza dubbio con loro due come soggetti.
-Tu ci provi!-
borbottò Zabini, in tono imbronciato, prima di rendersi conto di ciò che aveva
detto. I suoi occhi si spalancarono più o meno in contemporanea con la bocca di
Draco, che cominciava a sghignazzare.
-Non lo
sopporto.- esordì Diana, salutando Hermione con un'espressione a dir poco nera.
-Buongiorno
anche a te. Hai per caso incontrato Zabini?- rispose l'amica, sedendosi accanto
a lei.
-No, ho per
caso incontrato un Vermicolo.- borbottò Diana in risposta, aggredendo con furia
un'aringa affumicata. Nemmeno le piaceva, il pesce. Ma in quel momento avrebbe
potuto mangiare di tutto, perché a stento vedeva quello che faceva, figurarsi
quello che mangiava. La cosa che le aveva dato più fastidio, oltre
all'atteggiamento della Faina, era stata la sottovalutazione. Non sapeva con
chi aveva a che fare, Blaise Zabini, se non la temeva. Hermione rise e disse,
con aria sognante (e irritante):
-Ah, l'amore
non è bello...-
-Completa quel
proverbio e trasformo il tuo principino in un ranocchio, Hermione.-
Una mezz'ora
più tardi, Harry e Ron si unirono a loro al tavolo dei Grifondoro. Entrambi
avevano l'aria di chi preferirebbe trovarsi in qualsiasi altro posto, piuttosto
che accanto alla furibonda Diana che ogni tanto lanciava occhiate di fuoco al
tavolo dei Serpeverde. Nemmeno Diana sapeva spiegarsi cosa la facesse tanto
infuriare. Aveva sopportato di peggio, nella sua vita, di qualche insulto o
battutina velenosa. Sembrava che fosse proprio Zabini a darle sui nervi in
quella maniera eccelsa.
-Diana...-
cominciò Harry, cauto. La ragazza sembrava emanare un'aura di pericolosità
mista a rabbia omicida.
-Sì?- sbottò
lei, facendoli sobbalzare tuttie tre.
Ron fece cadere la forchetta a terra, e si tuffò sotto il tavolo per
recuperarla.
-Abbiamo
lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, fra poco...non hai preso la borsa.- le
fece notare, da sotto la tovaglia. Diana si alzò in piedi di scatto, i capelli
scuri che ondeggiavano irosi intorno al suo viso tondo.
-Avete ragione,
vado a prenderla. E tornate a respirare: non vi mangio mica.- disse,
rasserenandosi di colpo. Rivolse ai tre un mezzo sorriso, e sparì su per le
scale. Fece i gradini a due a due, ignorando il fiatone, e si fermò solo quando
fu sicura di essere sola, vicino alla Torre di Grifondoro. Non aveva voglia di
entrare, superare la ressa del mattino e dover raggiungere il dormitorio, così
Appellò la borsa con un incantesimo, e si avviò, più tranquilla, verso l'aula
di Piton. Mancavano ancora dieci minuti al suono della campana, ma aveva
sentito abbastanza voci sul conto di quel professore per sapere che arrivare in
anticipo era il modo migliore per non inimicarselo. Mentre aspettava, si
raccolse i capelli in una coda alta sulla nuca, che ogni tanto le ricadeva sul
volto e le valorizzava la forma del viso. Si accoccolò seduta contro il muro, e
chiuse gli occhi. Era stanca, nonostante la scarica di adrenalina l'avesse
rinvigorita. A qualcosa Zabini era servito.
-Ma
guarda...sembra che il destino voglia farci incontrare. Che destino crudele.-
Diana spalancò gli occhi.
-Ma
guarda...pensi al diavolo e spunti tu, Faina.- commentò, alzandosi di scatto e
rassettandosi la gonna della divisa sulle gambe morbide. Gesto che a Zabini non
sfuggì.
-Hai avuto un
incontro di lavoro da poco, pivella?- ma perché, perché, perché al mondo
esistevano persone tanto irritanti?
-Dammi un'altra
volta della puttana e te ne farò pentire, Zabini.- ringhiò lei, a voce bassa e
minacciosa.
-Non mi
spaventi, pivella.- rincarò lui, inconsapevole di quanto fosse vicino ad essere
trasformato in cibo per Vermicoli. Diana portò fulmineamente la mano dietro la
nuca, estrasse la bacchetta dalla sua custodia e gliela puntò addosso.
-Non
costringermi a farmi riconoscere subito, Faina.- l'espressione strafottente di
Zabini non mutò.
-Cosa sta
facendo, signorina Diana?- una voce melliflua la fece trasalire. “Avrei dovuto
capirlo. Non sarebbe mai stato così tranquillo solo contro di me. Diana
deficiente! Se lo sapesse Moore ti truciderebbe!” si disse Diana, mentre
rinfoderava alla svelta la bacchetta e si voltava a fronteggiare il professore.
Capelli unticci, divisi in due bande ai lati del viso, naso aquilino, pelle
olivastra e un ghigno malevolo sul viso, Severus Piton era comparso sulla
soglia della sua classe.
-Spiegando al
signor Zabini che non si deve permettere di insultarmi, professore. Non lo
accetto.- rispose Diana, in tono neutro.
-Che cosa è
successo?- chiese Piton a Zabini, ignorandola.
-Questa ragazza
è pazza, mi ha minacciato.- rispose lui, non riuscendo a trattenere un ghigno.
-Mi ha dato
della puttana!- protestò Diana.
-Ho detto solo
la verità!- si difese lui.
-Basta così,
tutti e due. Blaise, per quanto le tue opinioni possano essere azzeccate...-
Piton rivolse un'occhiata malevola a Diana. -...La scuola non è il luogo adatto
per questo tipo di espressioni. Dieci punti in meno a Serpreverde e trenta in
meno a Grifondoro, per la mancanza di rispetto.- Diana sentì la rabbia
esplodere.
-Mancanza di
rispetto!?!? Ma è matto, professore!? Qui l'unico che manca di rispetto è
Zabini!!- strillò, con voce stridula.
-Silenzio. Non
si permetta di parlarmi con quel tono arrogante, signorina.- la voce gelida di
Piton non ebbe alcun effetto su Diana. Le era appena balzato in mente un
aneddoto che sua madre le aveva raccontato da piccola: quel Piton non era
propriamente amato, fra i Grifondoro.
-Non parlo con
arroganza, professore. Ma mi pare ovvio che lei faccia dei favoritismi agli
appartenenti alla sua Casa.- rispose, irrisoria. Piton le si avvicinò, così
tanto da trovarsi quasi naso contro naso, e Diana nei suoi occhi lesse solo disprezzo,
sapendo bene di avere la stessa espressione dipinta nei propri.
-Evidentemente,
Diana, la sfacciataggine dev'essere ereditaria.- sibilò il professore. Gli
occhi di lei si strinsero, assassini. Silente aveva evidentemente parlato con i
suoi professori della sua ascendenza. Avvertì Piton cercare di violare la sua
mente.
-Non ci provi.
Non osi.- Diana raccolse in sé tutto il suo dolore, e lo usò come scudo. Aveva
imparato l'Occlumanzia da autodidatta. Piton si allontanò da lei, disgustato. E
spaventato. Aveva sentito un odio profondo ardere nella voce della ragazza, un
odio viscerale che nulla aveva a che fare con quella situazione. Il nero si
scontrò con il gelido metallo, e non fu lei a rimetterci.
-Punizione.
Domenica, alle nove, nel mio ufficio.- guardò Blaise, che sembrava
assolutamente confuso. -Per entrambi.-
-Ma...-
cominciò lui, sempre basito.
-Niente “ma”!
Ora entrate!- sbottò Piton, brusco. Diana, senza dire una parola, oltrepassò
entrambi ed entrò nell'aula.
-Complimenti,
pivella, un bel lavoro, non c'è che dire.- sibilò Blaise, passandole di fianco
mentre si sedeva con rabbia in penultima fila. Pochi minuti dopo, furono
raggiunti entrambi dai rispettivi amici.
-Blaise, sei un
deficiente.- commentò Draco aspro, dopo aver ascoltato il suo racconto.
-Io? È lei
quella che si è messa a litigare con Piton!- protestò lui.
-Tu l'hai
provocata. Insomma, ma che ti ha fatto quella ragazza?- replicò Malfoy, severo.
Blaise non seppe rispondere.
-Cazzo, Diana,
hai avuto fegato a sfidare Piton così!- esclamò Ron, ammirato.
-Ehi, è lui che
se l'è presa subito con me. Ma che gli ho fatto?- replicò lei, caustica. Non le
era piaciuta affatto l'allusione alla sua discendenza. Proprio per nulla.
-Non gli hai
fatto nulla, ma anche con me se l'è presa da subito. Forse perché sono il
figlio del suo peggior nemico, chissà...- Diana vide un sospetto balenare negli
occhi di Harry. -Ehi, potresti essere imparentata con uno dei suoi amici! O con
lui!- esclamò, eccitato.
-Non lo so. Non
conosco il mio cognome, non so chi fosse mio padre.- rispose lei, cauta.
“Bugiarda.” Lei sapeva benissimo chi era suo padre, ma era decisa a tenere per
sé quel nome. Voleva fare le sue ricerche da sola, voleva evitare una fama che
non voleva. Non più.
-Silenzio.- la
voce di Piton fece morire qualsiasi chiacchiera nella stanza. -Oggi studieremo
gli Incanti Paralizzanti. Chi sa dirmi la loro funzione?- la mano di Hermione
si alzò di scatto e, fra la sorpresa generale, anche il pugno rabbioso di
Diana. Dovendo scegliere, Piton optò con uno sgradevole sospiro per la
novellina. -Vediamo se la sua cultura è almeno metà della sua arroganza,
signorina Diana.- disse.
-Pareggiano.-
ribatté lei, velenosa. I compagni trasalirono, ma Piton non replicò e lei si
accinse a rispondere alla domanda. -Gli Incanti Paralizzanti sono utilizzati
per bloccare l'intero corpo o sue parti per un tempo indeterminato, fino al
loro scioglimento tramite un Incantesimo di Terminazione. I più frequenti sono
gli Incantesimi della Pastoia e l'Incarceramus, mentre uno dei meno conosciuti
è l'Everte Statis, anche se è considerato, dalle maggiori identità in campo di
tecnica difensiva, uno dei più utili e devastanti.- Piton rimase, suo malgrado,
impressionato.
-Allora non le
dispiacerà dimostrare la sua fantomatica utilità. Venga signorina, e anche lei,
signor Zabini. Vediamo cosa siete capaci di fare...ovviamente senza parlare. E
state attenti a usare solo l'Everte Statis e l'Incantesimo Scudo, altrimenti la
punizione sarà per voi due estremamente...-
-Sgradevole,
immagino, se ci sarà lei in nostra compagnia.- lo interruppe Diana,
bruscamente. Piton serrò le labbra, furibondo, ma si limitò a ghignare quando
il prestante Zabini allontanò con un calcio la sedia per raggiungerla davanti
alla cattedra. Era il migliore combattente della Casa di Serpeverde, e l'astio
che correva fra loro avrebbe incentivato la sua sete di vittoria. Diana
estrasse fluidamente la bacchetta da dietro la schiena, con un gesto elegante,
quasi casuale, come se l'avesse ripetuto mille volte. Blaise estrasse la sua da
sotto la giacca della divisa. I due si fissarono in cagnesco, immobili. Blaise
raccolse tutte le energie possibili e si concentrò, pronto ad attaccare,
quando...
Un unico,
rapidissimo, movimento di polso. Un lampo pericoloso nell'acciaio dei suoi occhi.
SBAM! CRASH!
Blaise Zabini
si ritrovò scaraventato contro la finestra, che andò in mille pezzi. Ogni
muscolo del suo corpo pareva atrofizzato, congelato, incapace anche dei
movimenti più minimi. Era come trovarsi sotto anestesia totale, non riusciva nemmeno
a muovere le labbra per pronunciare un qualsivoglia incantesimo. Piombò per
terra a faccia in giù, rigido come una statua, prima che Diana stessa
mormorasse:
-Liberacorpus.-
e gli permettesse di evitare una figuraccia.
Conosci
l'umiliazione.
Non
vuoi farla provare ad altri, nemmeno al nemico.
Mentre si
rialzava, imprecando mentalmente, sentì Diana rivolgersi a Piton.
-Soddisfatto,
professore?- Piton sembrava aver ingoiato qualche litro di Puzzalinfa. Senza
risponderle, si voltò verso la classe sbigottita e disse, più arrabbiato che
mai:
-Avete visto
gli effetti di questo incantesimo. Avanti, ora prendete il libro, andate a
pagina centoventiquattro e riassumete i primi tre paragrafi sull'Everte
Statis.- molti sguardi seguirono l'ancheggiante e soddisfatta figura di Diana
mentre la ragazza tornava al suo posto, accanto a Hermione.
-Diana, sei un
mito!- sibilò Ron, beccandosi un'occhiata particolarmente assassina del
professore.
-Ti sta bene.-
furono le uniche parole di Draco quando Blaise, che aveva raggiunto un livello
di bollitura decisamente preoccupante, lo raggiunse.
-Non l'ho
nemmeno vista.- disse, mezzo annichilito, gli occhi fissi sui capelli di Diana,
due file avanti a lui.
-Nemmeno io, è
stata fulminea.- Draco scribacchiò qualcosa su un foglietto, lo incantò e lo
spedì nella tasca di Diana, inosservato. Blaise, accanto a lui, quasi non lo
notò. Non si era sbagliato a giudicarla: quello che si vedeva non era nemmeno
la metà di quello che Diana era.
“Diana,
ti farei un monumento. Sei stata, beh, non dico meravigliosa perché è troppo
poco. Ma davvero sei mia parente? No perché se abbiamo qualcosa in comune spero
sia il talento nel combattere! Non ti preoccupare per il comportamento da
perfetto imbecille di Blaise: è innamorato. Te lo assicuro. Resta solo da
vedere cosa vuoi fare tu, ma se continui su questa linea fammi un fischio la
prossima volta che lo trasformi in un clown. Esigo esserci!
P.S.
Senza commenti velenosi, dì a Herm che stasera la porto fuori da Hogwarts, a
mezzanotte sulla Torre di Astronomia. Se l'accompagni ne approfitto per
inchinarmi alla tua superiorità.
Draco.”
-Herm, leggi.-
sussurrò Diana, passando alla compagna un biglietto. Dopo due altre ore, in cui
aveva dimostrato di cavarsela in Trasfigurazione e di essere particolarmente
talentuosa in Antiche Rune, Diana si era unita ad Hermione per una ricerca di
Difesa, in biblioteca. Hermione prese il messaggio di Draco, lo lesse e
sorrise.
-Lo hai
trasformato in un clown??- ridacchiò, a bassa voce.
-Assolutamente
sì. Una scena da album dei ricordi.- annuì vigorosamente Diana, orgogliosa.
-Ma davvero sei
parente di Draco? Hai detto di non sapere chi fosse tuo padre.- commentò Herm,
sospettosa.
-L'ho detto a
Harry e Ron. Non voglio che il mio nome mi dia una fama che non voglio.- la
giovane americana sospirò. No. Niente fama per lei. Ne aveva già abbastanza in
quel posto che fino a poco tempo prima aveva chiamato casa.
Un
uomo ascolta le parole di Diana, rivolte ad un ragazzo come lei. Ghigna quando
sente qualcosa di inverosimile, e lo dice. E anche lei sorride. Non sa chi è.
-E
tu vorresti affrontare quei Mangiamorte da sola, ragazzina? Senza magia?-
sghignazza, prendendola bellamente per il culo. Diana ha uno scatto della
testa, l'espressione tirata in uno sprezzante sorriso che la fa assomigliare ad
un grosso lupo famelico. Ma non potrebbe essere più bella di ora.
-Non
sarebbe la prima volta.-
-Tu
sei pazza.- ghigna lui.
-No.
Io sono Diana– - e aggiunge il suo cognome. L'uomo sbianca.
-Sì...forse
puoi.-
-Ma a me lo
puoi dire! Di me ti puoi fidare!- esclamò Hermione, infervorata. Diana alzò gli
occhi su di lei dalla sigaretta che stava fumando di nascosto da Madama Pince.
Gli occhioni della grifoncina erano limpidi e puri, sinceri e orgogliosi...come
i suoi. Una vita prima.
-Lo so. Ma
anche tu mi vedresti in modo diverso. Mi dispiace Herm, prima vorrei che mi
conoscessi per quella che sono.- Hermione non si arrabbiò.
-D'accordo, se
ci tieni così tanto allora va bene. Ma sentiti libera di parlarne.- le assicurò
con un sorriso. Diana le rivolse un sorriso vacuo, e spense la sigaretta. Si
alzò e andò alla finestra, pensierosa.
Sentiti libera
di parlarne.
“Mi dispiace,
Herm. Io non sono libera.”
Relegata da un
segreto nei meandri del proprio passato.
Intrappolata in
ricordi dolcemente amari, incapace di liberarsene e di continuare la sua vita.
Era giunta ad
Hogwarts per scoprire tutto il possibile su suo padre. Non sapeva perché, ma
sentiva di doverlo fare. Anche se non c'era più, anche se non c'era mai stato,
lei voleva sapere da chi era nata. Chi le aveva donato tutto quello che c'era
di bello in lei.
Era giunta ad
Hogwarts per poter combattere. Lei non era solo un'eccellente combattente. No.
Lei era di più. Molto, molto di più, e questo Voldemort lo sapeva. Era il
motivo per cui aveva voluto farla uccidere, in Texas.
Era giunta ad
Hogwarts per cominciare una nuova vita. Laggiù, a casa sua, era troppo
conosciuta. Era troppo grande la sua fama di vendicatrice, di assassina, che
aveva soppiantato in un attimo tutto ciò che si sapeva su quella ragazza buona,
spietata ma giusta, perché quella ragazza era scomparsa insieme a lui.
Dan.
Il suo primo
ragazzo.
Il suo primo
amore.
L'unico.
Che se n'era
andato. Che era stato brutalmente trucidato da assassini che volevano lei.
“Mangiamorte.” ricordò. “Avevo ucciso troppi dei loro. E a Voldemort questo non
è piaciuto. Per questo ha mandato i suoi migliori sgherri americani contro di
me. E ha fatto uccidere Scott. Il mio adorato Scott. Il mio migliore amico...trucidato
a coltellate. E poi Dan. E poi me.”
Uccisa
nel momento in cui aveva capito che Dan non ci sarebbe più stato. Uccisa. Per
sempre.
Le mani di
Diana corsero alle sue braccia. Là, decine e decine di cicatrici segnavano la
storia di una vita. Di una vita di violenza, di una vita di continue battaglie.
Non solo Voldemort, non solo Mangiamorte. Erano tanti i bastardi del Texas.
Soprattutto del suo Texas. Della sua vita. Di una vita che,
bizzarramente, Diana aveva amato e avrebbe anche continuato a farlo, se Dan
fosse stato ancora al suo fianco. Perché le sue mille avventure, i suoi mille
guai, li aveva vissuti con lui.
-Diana, tutto
bene?- le chiese Hermione, provvidenziale aiuto piovuto dal cielo, strappandola
dai suoi pensieri. Diana si sfregò il viso, senza miracolosamente rovinarsi il
trucco, si voltò verso l'amica e ricompose le sue labbra in un sorriso.
-Sì, Herm.
Tutto bene.- disse. “Ma che attrice che sono, potrei recitare a Hollywood”.
Hermione finì l'ultima frase della sua ricerca e la infilò insieme ai libri
dentro la borsa.
-Ascolta,
stasera mi accompagni? Non posso chiedere il Mantello a Harry, ma...- cominciò,
ma si interruppe presto.
-Ma...vorresti
sapere se la sottoscritta è abile nello scivolare silenziosamente attraverso un
vecchio castello, senza farsi scoprire da nessuno e soprattutto in grado di
ribattere persino a Piton?- terminò Diana per lei, con un sorriso stavolta
sincero. Hermione parve a disagio, ma sollevata per non aver dovuto spiegare
tutti quei motivi.
-Sì...però non
solo per questo. Mi fido di te, e vorrei essere sicura che non succeda niente
di brutto.- Diana capì che Herm era preoccupata per quella affermazione nel
post scrittum: “la porto via da Hogwarts”.
-Tranquilla,
Herm. Hai appena assunto un'ottima guardia del corpo.-
“Per forza,
Diana. Sai uccidere in una trentina di modi diversi, e ventotto senza usare la
bacchetta!”
-Ehi, ragazze,
come va?- s'intromise una voce all'improvviso, e Harry Potter fece capolino da
dietro gli scaffali.
-Meglio non
potrebbe andare. E tu?- rispose Diana.
-Torno ora
dall'allenamento di Quidditch. Un incubo, comincia a venire freddo e fra
qualche settimana comincerà anche a nevicare.- raccontò lui, e in effetti le
due ragazze notarono che aveva le guance arrossate dal vento, e i vestiti tutti
scompigliati.
-Dev'essere un
inferno.- commentarono entrambe, contrite.
-Lo è. Ma non
fa niente, l'importante è che riusciamo a battere i Tassorosso alla partita
prima di Natale.- chiacchierando, i tre uscirono dalla biblioteca e si
diressero alla Sala Grande, per cena.
-Ho sentito che
il loro Cacciatore, Smith, è un idiota.- commentò Diana. Aveva acquisito
talmente tante informazioni, dalle mura di Hogwarts, che ogni tanto qualcuna
usciva dal groviglio inestricabile che si era formato nella sua mente e le suggeriva
la risposta.
-Un altro dei
motivi che ho per volerli battere. Ah, avete visto in bacheca? La settimana
prossima c'è in programma una gita a Hogsmeade. Vi va di venire?- le due ci
pensarono su un attimo.
-Se non mi sono
guadagnata altre punizioni con Piton, molto volentieri.- rispose Diana.
-Se non ci sono
troppi compiti...- Harry e Diana scoppiarono a ridere.
-Herm, sei
veramente troppo secchia!- commentò lui.
-Draco, scopri
il possibile su quella dannata ragazza, usa tutti i mezzi che hai, anche quelli
illegali, non mi interessa, voglio sapere dove cazzo ha imparato ad essere più
svelta di me.- Blaise andava su e giù lungo il dormitorio serpeverde.
-Fratello, ci
aprirai un solco in quel pavimento a forza di camminarci.- gli ricordò Draco,
divertito. Poi tornò serio. -Io posso chiederle qualcosa, ma ti dirò solo
quello che lei non mi chiederà di tenere per me.- disse. L'amico alzò lo
sguardo su di lui, esterrefatto: Draco Lucius Malfoy che dimostrava lealtà
verso una novellina? Per di più Grifondoro?
-Hai deciso di
fartela amica, Draco?- gli chiese, antipatico.
-Beh, amico, al
contrario di te non la trovo affatto una “dannata ragazza”, anzi, ho intenzione
di conoscerla meglio. Davvero, non ho secondi fini.- rispose lui, pensieroso.
-E poi, Diana è meglio averla amica che nemica, come dimostra il signor Zabini
qui davanti a me.- aggiunse, con una punta di maligna e divertita ironia.
-Oh come sei
spiritoso.- ribatté lui, piccato.
-Vero? È un
dono di natura.- Draco si alzò dal suo letto. -Ascolta, io salgo per cena. Se
non vuoi venire, ti mando un elfo domestico.-
Blaise non
aveva la minima voglia di incontrare Diana, cosa che stava diventando
spiacevolmente frequente in Sala Grande.
-Troppo
gentile, Dray.- disse, e si buttò sul letto mentre l'amico usciva. Spense la
luce con la bacchetta, e rimase lì a pensare.
“Cazzo, è
bella. È intelligente. È...santo Merlino, quante volte me lo sono ripetuto? È
perfetta. Ma io non sono Dray. Suo padre è ad Azkaban, sua madre lo adorerebbe
anche se si trasferisse vita natural durante fra i Babbani, e lui può
innamorarsi di chi gli pare e piace, ha anche mandato al diavolo Pansy per
Hermione. Ma io sono diverso. Cazzo, a mia madre se sapesse che ho anche solo
toccato quella ragazza – per quanto Purosangue sia –, verrebbe un colpo. E poi,
io sono promesso a Daphne. Che è una Serpe come me.”
Blaise sospirò,
liberando le sue labbra da dispettosi crini corvini che gli erano scivolati sul
bel volto. Chissà perché, il pensiero di dover, fra pochi anni, sposare
l'affascinante e perfida Daphne Greengrass non gli dava alcuna gioia.
“Devo togliermi
Diana dalla testa. Tanto non la posso avere.”
Ma Blaise, che
di detti babbani sapeva poco o niente, non sapeva che il frutto più bramato è
proprio quello fuori dalla propria portata.
“Non c'è.” si
disse Diana, scorrendo velocemente il tavolo di Serpeverde con lo sguardo.
Stette bene attenta a non far intendere a Harry, al suo fianco, dove il suo
sguardo fosse scivolato.
L'attimo dopo,
si diede mentalmente un ceffone in piena faccia.
“Ma perché
diavolo lo cerchi, Di?” le chiese una vocina, a cui lei non rispose. Incontrò
lo sguardo di Draco, e gli rivolse un fugace occhiolino che lui ricambiò. Senza
ascoltare Harry, Ron e Hermione che discutevano animatamente di qualcosa di
sicuramente molto importante, si sedette al tavolo e si servì di patate arrosto
e patatine fritte. Lei adorava le patate. La tiravano su di morale. “Senza
doppi sensi.” pensò Diana, lasciandosi sfuggire un sorrisetto malizioso.
-Tu hai mai
fatto sesso, Diana?- a Diana andò di traverso un boccone. Cominciò a tossire, e
dovette sferrare diversi pugni, forti, sullo sterno per riuscire a calmarsi.
-Scusa???-
esclamò, paonazza, rivolta a Harry che le aveva fatto quell'inopportuna
domanda.
-Stavamo
parlando di ragazze precoci.- la ragguagliò, e Diana notò uno strano sguardo
infastidito correre verso una ragazzina dai capelli rossi con cui non aveva
ancora avuto occasione di parlare. -Tu l'hai fatto?- Diana notò Hermione
cercare di nascondersi dietro un grosso maiale arrosto. Respirando
profondamente per reprimere il desiderio di saltare alla gola di Harry,
l'americana alzò lo sguardo dal piatto e raggiunse gli occhi verdi di Harry,
curiosi e maliziosi come tutti quelli delle persone alle prime armi. Valutò le
varie ipotesi: dirglielo poteva farla sembrare una facile, una che la da al
primo che passa, “tanto per essere chiari”. Non dirglielo poteva solo renderla
ancora più desiderabile, agli occhi del Prescelto Arrapato. Tutte queste
macchinazioni passarono per la mente di Diana nel giro di un secondo.
-A quattordici
anni.- rispose, e istantaneamente si sentì arrossire ancor di più. Ron fece
cadere la forchetta sul piatto, con un gran fracasso.
-Quattordici?-
chiese Harry, più interessato che stupito.
-Sì. Ma non
farti venire strane idee, Cinno Sopravvissuto. L'ho fatto dopo due anni che
stavo insieme ad un ragazzo.- mise subito in chiaro.
-Con il
ragazzo, vero?- chiese Ron, malizioso.
-No, con il
primo passato per strada. Ron, ma che cazzo di domande fai??- sbottò lei, un
attimo prima che scoppiassero tutti e quattro a ridere. Dopo cena, Diana ed
Hermione si trattennero poco in sala comune e, con la scusa di avere un compito
di Antiche Rune il mattino seguente, si ritirarono verso le dieci e mezza nel
loro dormitorio.
-Allora, come
facciamo?- esordì Hermione, dopo aver insonorizzato il locale. Diana rise.
-Herm, stai con
il principe delle Serpi e non sai come svignartela?- la prese in giro.
-Ehi, scusa
tanto se non sono un agente segreto!- protestò lei.
-Io invece sono
stata addestrata ad esserlo, quindi ci penso io per tutte e due.- replicò
Diana, sicura di sé.
-Come,
addestrata?- fece Herm, sorpresa. L'idea che un'adolescente fosse stata
“addestrata” le suonava piuttosto strana. Diana non alzò la testa dal suo
baule, dove stava frugando in cerca di qualcosa.
-La
Morris-West, la scuola dove andavo io, è un'accademia di Guerra e Magia. Ho
imparato ad essere un soldato, là, sia nel senso babbano sia nel senso magico
del termine.- spiegò. Hermione sembrò scandalizzata.
-Ma è...è
orribile!- Diana si bloccò. Lentamente, alzò la testa e si volse verso la
compagna.
-Ho scelto io
di frequentarla.- disse, la voce tranquilla e pacata.
-Perché?-
Hermione era sempre più stupefatta.
-Vedi...-
cominciò Diana, sedendosi per terra con la schiena appoggiata al baule. -Fin da
piccola, sono sempre stata molto portata per la carriera militare. Avresti
dovuto vedere i piani che facevo con i miei amici, quando giocavamo a
nascondino: sembravano piani d'attacco dei Marine.- la ragazza sorrise al
ricordo. -Quando sono cresciuta, mia madre voleva che frequentassi una scuola
di prestigio, come Hogwarts, insomma. Non sai quanto ci ho litigato per quella
storia. Alla fine sono andata alla Morris-West...insieme a Dan.- Diana prese
fiato. Fidarsi o non fidarsi? Era lì il nocciolo della questione.
-Chi è Dan?-
chiese Hermione, incuriosita.
-Chi era.-
la corresse, cupa, e le spiegò brevemente di chi si trattava. Sentiva gli occhi
sempre più lucidi, via via che parlava, via via che rivedeva nella sua mente
tutti i ricordi legati a quel ragazzo, a quell'amore, a quella vita da
guerriera fatta su misura per lei. Ma una volta iniziato era difficile
smettere. Le raccontò di quanto fosse duro l'addestramento a scuola, ma di
quanto ne fosse rimasta affascinata. Le raccontò di essere stata considerata la
migliore studentessa di tutta la storia della Morris-West. Ridendo, narrò
diverse avventure vissute nelle missioni che le venivano affidate.
-Missioni? Ma
se non puoi usare la magia...-
-Infatti non la
usavo. Sai cos'è un Limbo, Herm?- le chiese.
-Sì. È una zona
in cui la magia non funziona.-
Una
zona in cui solo tu puoi regnare.
-Esattamente.
Vedi, in America c'è il Limbo più grande del mondo. Comprende quattro stati:
Texas, Nuovo Messico, Arizona e Colorado. La Morris-West è l'unico luogo nel
raggio di centinaia di miglia a possedere la magia. È un luogo pericoloso, il
Limbo. È rimasto all'Ottocento...ossia al Far West.-
-Che
disastro...- commentò Hermione. Diana rise.
-È
meraviglioso. Vedi, per me quel posto è una manna divina: ladri, killer,
truffatori e via dicendo. È un luogo in cui quasi tutti i maghi ricercati
cercano rifugio, perché gli Auror sono impotenti quanto loro, là. La
Morris-West incarica i suoi alunni di combattere questa gentaglia. Ultimamente,
ci si sono uniti anche molti Mangiamorte: Voldemort ha trovato nel Limbo un
sacco di gente pronta a combattere per lui...- l'amarezza colse Diana
all'improvviso. -...Anche se molti non sono mai arrivati qui.- aggiunse.
-Perché?-
Hermione si era seduta a gambe incrociate davanti a lei, come una bambina che
ascolta una storia, rapita.
-Perché molti
li ho fatti fuori io. Oh, ho una grande fama, nel Limbo. Amata dai giusti,
detestata dai cattivi, se si può riassumere così.- spiegò, a bassa voce, come
se il tono potesse in qualche modo nascondere ciò che lei aveva fatto. Non
amava, e mai avrebbe amato, uccidere.
-Li hai
uccisi?- esalò Hermione.
-Solo quando
minacciavano me o i miei amici. Ho sempre cercato di portare prigionieri vivi.-
Diana sospirò, e alzò la testa dal baule. Stringeva un lungo mantello nero fra
le mani. -E questa è stata la mia rovina, alla fine.-
-Perché?- Diana
si infilò il mantello e controllò il suo aspetto allo specchio. Sembrava una
Mangiamorte. Aveva lo stesso sguardo pericoloso e assassino di una Mangiamorte.
-Perché ho
fatto l'errore di amare. E quella risma di persone, quando hai qualcosa da
perdere, te lo portano via.- disse, piano. Non aggiunse altro, ma Hermione capì
da sola. Per un po', rimasero entrambe in silenzio, una assorta nei propri
pensieri, l'altra smarrita fra i ricordi. Poi, all'improvviso, Diana batté le
mani. -Forza, ora pensiamo a come fare per portarti sulla Torre, stanotte.-
-Ci
scopriranno...-
-Taci, Herm!-
sibilò Diana. Silenziosa, scivolò fluidamente attraverso un passaggio segreto
dietro un arazzo, prontamente seguita da Hermione. Non riuscì a vederla,
chiaramente, ma ne udiva alla perfezione i passi lievi sulla pietra. L'aveva
Disillusa così bene da renderla perfettamente invisibile, mentre lei avrebbe
fatto da capro espiatorio, nel caso fossero state scoperte. Hermione si era
opposta, ma alla fine si era lasciata convincere. La bacchetta alzata, Diana
sbirciò oltre un angolo. Il corridoio era deserto. -Diamoci una mossa. Abbiamo
un minuto prima che arrivi la mezzanotte.-
-Ma dove sono?-
Draco, preoccupato, andava su e giù per la Torre di Astronomia, prendendo
contro a tutti i cannocchiali. Blaise si stava tranquillamente fumando una
sigaretta, appoggiato al muro.
-Perché
“sono”?- chiese, colto un timore che non aveva nulla a che fare con Gazza.
-Perché viene
anche Diana, l'ho chiamata io.- Blaise diede una brusca inspirata alla
sigaretta, e cominciò a tossire, paonazzo.
-Che hai
fatto?!?!?- sbraitò, in mezzo ai colpi di tosse.
-Ho chiamato
Diana. Devo chiederle un favore.- rispose Draco, tranquillamente, senza però
riuscire a nascondere un ghigno soddisfatto dietro la sua aria innocentina.
-Ecco perché mi
hai requisito la bacchetta!- esalò Blaise, riprendendo un minimo di fiato.
Draco annuì, palesemente compiaciuto di sé stesso. Il suono cigolante della
botola che si apriva salvò Draco dall'essere trucidato. Capelli bruni,
illuminati da bagliori argentei donati dalla Luna, fecero capolino dal buio più
totale.
-Hola, Draco.-
disse Diana, inerpicandosi agile per la ripida scaletta. Puntò la bacchetta
contro il nulla e mormorò: -Disilluso-. Fattezze di giovane donna
cominciarono ad apparire dal vuoto di fronte a loro. Volendo dare a Draco ed
Hermione il tempo di salutarsi, Diana si voltò e si trovò davanti Zabini. Gli
occhi di entrambi si strinsero, minacciosi.
-E tu che ci
fai qui, Faina?- chiese lei, austera.
-Sono stato
precettato.- rispose lui, nello stesso tono gelido.
-Non
cominciate, voi due!- li ammonì Draco, sedando sul nascere qualsiasi
discussione.
-D'accordo,
giusto perché lo chiedi tu.- risposero involontariamente all'unisono,
dedicandosi poi un'occhiataccia velenosa. Hermione rise, Draco alzò gli occhi
al cielo.
-Lasciamo
stare...Diana, devo chiederti un favore.- disse.
-Spara.-
-Allora...-
cominciò, visibilmente a disagio. Blaise scosse la testa: il nuovo Draco era
decisamente troppo “umano” rispetto a quello vecchio. -Volevo chiederti di
coprire Hermione, le volte che ci incontriamo. Più di una volta abbiamo
rischiato di farci scoprire da Potter e Weasley, e...-
-E non sarebbe
molto auspicabile per nessuno dei due.- terminò lei, ironica. -Non
preoccuparti, ci penso io.- gli assicurò, volendo ignorare Zabini che dietro di
lei le faceva un feroce e inverosimile mimo.
-Grazie.- Draco
le rivolse un fascinoso sorriso. Poi rivolse il suo sguardo verso un vecchio
cappello per terra che stava cominciando a brillare. -Dobbiamo andare.
Torneremo prima dell'alba.- salutò i due amici, prese Hermione per mano e
Appellò il cappello, che appena sfiorò le sue dita s'illuminò di un bagliore
azzurro e scomparve insieme a loro.
-Buon
divertimento, ragazzi.- sussurrò Diana, così piano che lei stessa faticò a
sentirsi. Soprappensiero, si avvicinò al parapetto e incrociò le braccia sulla
fredda pietra, agitando un dito per aria. Un refolo di vento sembrò crearsi da
quel piccolo vortice, poco più che un simpatico sbuffo grigio. Le corse intorno
alle dita, alla mano, le carezzò il viso e tornò di fronte a lei, obbediente.
Si attorcigliò a formare una palla. La palla si allungò, quattro piccole
sporgenze si allungarono a formare delle zampe, due a formare lunghe ali sul
dorso. Una testa si modellò, fiera e spavalda. Un cavallo alato, minuscolo, si
era creato nel vento. Diana lo fece correre nell'aria, il cuore attanagliato
dalla nostalgia mentre lo osservava svolazzare allegro su e giù.
-È qualcosa di
vero o una fantasia?- la voce di Zabini la sorprese. Il cavallino atterrò sulla
pietra e guardò il ragazzo che si era avvicinato a Diana, fiocamente illuminato
dalla Luna. Sembrava...normale. Un normalissimo ragazzo che intratteneva una
conversazione civile. Diana decise di non rispondere causticamente.
-Un ricordo.-
il cavallino spiccò nuovamente il volo, e svolazzò intorno aBlaise per un po'. -C'è una bella vista, da
qui.- commentò Diana, rivolgendo il suo sguardo verso l'orizzonte. Gli alberi
della Foresta si stagliavano su un cielo terso, freddo, trapuntato di stelle
ardenti e lontane, mentre una Luna piena e tonda, bianca come la pelle di
Diana, lanciava la sua luce sui rami e sull'erba.
-Sì, è vero.-
rispose Blaise. Non sapeva cosa dirle. Non sapeva cosa dire a quegli occhi
improvvisamente lucidi.
Uh Thestral
incrociato con un cavallo. Ecco cos'era l'animaletto che Diana aveva evocato
dal vento. Un vecchio amico, un vecchio compagno di avventure che era stata
costretta ad abbandonare. “Come tutto il poco che mi era rimasto.”
Le rivelazioni
che aveva fatto a Hermione avevano allargato la ferita ancora sanguinante nel
suo cuore. Eppure era passato tanto tempo. Avrebbe dovuto ricominciare a
vivere...
Ricominciare ad
amare.
Ricordava
ancora le parole di Dan, scritte in una lettera che conservava ancora.
Nel
caso muoia io prima di te, voglio che tu non mi pianga. Voglio che tu viva di
nuovo come sai fare tu. Voglio che superi il dolore, Di, che lo fissi negli occhi
e che lo mandi a quel paese. Tu sei forte. Sei la persona più forte di questo
mondo disastrato. Non lasciarti distruggere a causa mia. Non lasciarti
sconfiggere, Diana. Non dal dolore. Solo una persona può farti del male, e
quella sei tu. Non permettertelo, Diana. Fallo per me. Per noi. Per quello che
è stato.
Dan già sapeva
che lei non sarebbe mai morta.
-Scusami.-
disse, all'improvviso, e senza aggiungere altro si infilò nella botola e
scomparve. Blaise avrebbe giurato di aver sentito un singhiozzo, prima che lo
sportello si richiudesse.
E
improvvisamente capì.
La ragazza
soffriva. C'era un dolore immenso, dietro alla sua irritante arroganza.
“Non ne parlerò
mai, Diana. Sarò una carogna, ma non fino a questo punto.” si disse, rivolto
più ad una ragazza che non poteva sentirlo piuttosto che a sé stesso.
Il Ritratto
della Signora Grassa si spostò, e Diana sfrecciò attraverso la Sala Comune semi
deserta. Solo Harry era rimasto a finire i compiti.
-Ehi, Diana,
cos'è successo?- le chiese, quando gli passò accanto. Diana si fermò sulla
porta del dormitorio, facendo dei respiri profondi, cercando di non mostrare
quanto fosse sconvolta.
-Niente.-
disse, voltandosi finalmente verso di lui. I suoi occhi umidi non lo
ingannarono.
-Non mi sembra
proprio.- commentò lui, serio.
-Tranquillo,
non è niente...niente di importante.- Diana riuscì a ricomporre il suo viso in
un sorriso, piuttosto tirato. Harry sospirò: non gliene voleva parlare.
-D'accordo...già
che ci siamo, volevo parlarti.- Diana si sentì sprofondare. Cosa voleva,
adesso? Non era il momento di accettare dichiarazioni d'amore imperituro da
parte di un'adolescente in piena crisi ormonale. I suoi nervi non avrebbero
retto.
-Di cosa?-
fece, stancamente.
-Diana, io
volevo...ecco...scusarmi.- gli occhi di Diana si strinsero, sospettosi.
-Di cosa,
Harry?- gli chiese, cauta.
-Di come mi
sono comportato con te.- questa Diana non l'aveva ancora sentita. D'accordo che
sapeva benissimo cosa il Prescelto pensasse di lei, però non gli aveva mai dato
molto peso, anche perché lo considerava un qualcosa di normalissimo per un ragazzo.
-In che senso,
Harry? Non mi hai fatto nulla.- disse, neutra. Harry sospirò.
-Vedi, da
quando sei arrivata, io ho...beh, ho pensato cose che non è molto bello pensare
di un'amica.- “Santo Merlino!! Questo si fa le paturnie per qualche pensiero
sconcio!!”
-Lo so. Harry,
ti ricordo che sono una brava Legilimens.- Harry rimase un attimo spiazzato, ma
lei continuò. -E cosa esattamente ti ha fatto rinsavire? O meglio...chi?- gli
occhi verdi si allargarono, sorpresi.
-Giura di non
dirlo a Ron.- “Ma cosa sono diventata, un confessore itinerante???”
-Ginny?- alla
menzione della ragazza, il volto di Harry si rischiarò come il cielo dopo un
temporale. Diana avvertì nel cuore del ragazzo un'emozione che la sorprese. Un
qualcosa di forte, di caldo, di rassicurante. Un'emozione che conosceva.
-L'ho vista
baciarsi con Dean...è stato un trauma...È per questo che volevo chiarire con
te...- disse, impacciato, dopo qualche minuto di silenzio. Diana rise.
-Harry, a sedici
anni è normale avere gli ormoni che s'impennano come Ippogrifi imbizzarriti. So
di fare quest'effetto, a volte...- lasciò la frase in sospeso, un ghigno
malizioso sul bel volto.
-Ma vai a quel
paese!- le intimò Harry, ridendo.
-Preferirei
andare a letto, veramente. Di Ginny avremo tutto il tempo di parlare, te lo
prometto, ma ora sono esausta. Ci vediamo domattina, Harry.- sorrise lei.
-Buonanotte.-
le augurò, e Diana riuscì finalmente a raggiungere il dormitorio senza altri
intoppi.
“Almeno questo,
è un problema in meno.”
Ecco qua il terzo capitolo della fic pseudo dark
che sto scrivendo...spero che vi piaccia, soprattutto a Mione1194 (alias
Diletta ;P ) perché harry torna il solito adorabile tontolone...qua alcuni
misteri del passato di Diana si spiegano, ma altri, soprattutto il più
importante (perché volevano ucciderla, i sicari di Voldemort? Non esiste solo
il motivo più semplice, ahimè...) ho pochissimo tempo per rispondere alle
recensioni, cosa che farò nel prossimo capitolo, mi limito a mandarvi un grosso
bacio immenso e a ringraziare di cuore i sei recensori e le sei persone che
hanno messo la mia fic fra i preferiti!! Alla prossima!!
We!! Eccomi di nuovo!! Allora, innanzitutto, grazie
mille a chi legge e mette fra i preferiti...ma soprattutto a chi recensisce!!
come promesso, ora rispondo alle recensioni:
Mione1194: sono felicissima che draco ed herm ti
piacciano, in questo capitolo li ho fatti letteralmente morire
d'imbarazzo...muahah come sono malefica...per ron, stai tranquilla, arriverà
anche lei...se mi mandi quella mail, così comincio a lavorarci, ok? Beso!!
Diddola: tranquilla, alzerò il rating solo ad
arancione, sperando che la scena di cui ho parlato due capitoli fa non ti
turbi...sono contenta che Harry riscuota di nuovo successo, in questo chappy lo
adoro, fammi poi sapere cosa ne pensi!
iaia_Malfoy4ever: sai, le tue recensioni mi mettono
sempre tanta allegria!! Sono contenta che Diana ti coinvolga tanto (ma, se
fossi in te, non mi farei sentire a dire che te la sposeresti se fosse un
uomo...sai, blaise credo potrebbe incavolarsi!)
D2OTTO: anche in questo chap il passato di diana
sarà molto violento, e molto triste...povera...ne ha passate tante e tante ne
passerà!! ti risentirò a recensire, ogni tanto?
Summers84: che bello rivederti fra i recensori!! Se
vuoi sapere chi è il padre, beh, l'ho scritto qualche chap fa...non resistevo a
lasciarvi col dubbio...(e poi D2OTTO l'ha beccato subito -.-)
mara_star: anche io leggo sempre le storie con
nuovi personaggi, e quando le scrivo cerco di darci quel carattere che come
dici tu la row non ha voluto dare agli originali, e nel contempo cerco di
“svegliarli” un po'...spero che continuerai anche a recensire e soprattutto che
la vicenda ti piacerà!!!
Un besone a tutti!!
Giunse il
sabato, e con esso l'uscita a Hogsmeade. Fu un sollievo uscire dal castello,
nonostante l'aria fosse tagliente e gelida, e il vento una lama fredda che li
trapassava tutti e quattro da parte a parte.
-Posso fare
qualcosa, per questo tempaccio.- si offrì Diana. Aveva rivelato agli amici di
essere un'Elementale.
-Te ne sarei
grata.- gridò Harry, sopra l'ululato del vento. Diana annuì, e socchiuse gli
occhi.
-Hene,
nashka, forite simi nes.- sussurrò, e all'istante il vento si placò intorno
a loro, il freddo si fece meno intenso, e loro finalmente riuscirono a parlare
senza gridare.
-Wow...certo
che è utile avere quei poteri.- commentò Ron, ammirato.
-Non sono un
granché potente. Gli Elementali ormai sono estinti, e i pochi che sono ancora
vivi hanno poco più che un rivolo di potere, rispetto ai grandi Elementali
della Storia.- spiegò lei.
-Una domanda,
Diana: ma tu e Hermione, cosa fate, vi mangiate i libri di Storia della Magia
al posto della colazione!?!?- sbraitò il rosso, facendoli ridere tutti,
all'interno della loro piccola bolla di tempo sereno.
-Più o meno,
Ron. Più o meno.- rispose Hermione per lei.
-Andiamo?-
propose Harry.
-D'accordo.- il
quartetto si avviò verso Hogsmeade. Nonostante la magia di Diana avesse
migliorato la situazione, raggiungere Mielandia fu comunque un'impresa.
-Rimaniamo qui
tutto il tempo, vi va?- chiese Ron. Diana si accorse prima degli altri di una
figura ciondolante che caracollava verso di loro.
-Ron, ma sai
che non ho mai visto nessuno più talentuoso di te nel Quidditch?- fece, con uno
strano tono da ochetta. Rivolse un'occhiata allusiva e molto minacciosa a
Hermione, che sorrise e rincarò:
-Davvero, sei
talmente sexy con quelle tue parate perfette...- rivolgendo a Ron un sorrisino
tutto moine e prendendolo a braccetto, mentre Diana faceva la stessa cosa
dall'altra parte.
Ron era
diventato paonazzo.
-Cosa odono le
mie orecchie?- la voce trillante di Horace Lumacorno li raggiunse. Harry, che
fissava attonito le due ragazze seriamente preoccupato che fossero sotto
Maledizione Imperius, ebbe un lampo di genio e capì.
Fece seria
fatica a non mettersi a ridere.
-Buongiorno,
professore. Ha saputo di quanto Ron sia sublime, a Quidditch?- salutò Hermione,
civettuola.
-Lo danno come
prossimo Adrian Pucey, sa?- aggiunse Diana, rivolgendo un'occhiata ammiccante
ad un Ron ormai diventato color pomodoro.
-Ma bene!-
squittì Lumacorno, deliziato. -Harry, Hermione, e anche tu Ronald, perché non vi
unite a me, la prossima volta che organizzo una delle mie cenette? Non voglio
che vi perdiate l'occasione di conoscere gente al vostro livello! Oh, e
ovviamente, anche la signorina Diana è invitata: ho saputo delle sue eccellenti
dimostrazioni pratiche in Difesa, signorina.- Diana fece un sorriso talmente
innocente, allegro, frivolo (e convincente), che per un istante Blaise, che
l'aveva notata dall'altra parte del negozio, ebbe un giramento di testa.
-Mille grazie,
professore.- disse, zuccherosa.
-Ma di niente,
miei cari!- rispose lui, e si allontanò. Il secondo dopo, il sorrisetto era già
scomparso dal viso di Diana, soppiantato dalla solita espressione di ghiaccio.
Lei e Hermione lasciarono andare Ron e lo osservarono, prima di scoppiare in
una sonora risata.
-Ma guardate
'sto intelligente! Non c'è linea di confine fra pelle e capelli...- commentò
Harry, dando una pacca sulla spalla all'amico, che sembrava assolutamente
ammutolito.
-Cosa...che...-
balbettò.
-Volevi che
Lumacorno ti notasse? Bene, ti accompagni a due delle più brillanti studenti di
Hogwarts e al famoso Prescelto, e per di più sei una promessa del Quidditch. Ti
ha notato.- spiegò Diana, brusca come sempre, ma soddisfatta.
-Io...grazie...-
-Ringrazia
Herm, piuttosto, che ha capito subito cosa volevo fare.- fece lei, esibendo uno
dei suoi rari sorrisi sinceri.
-Grazie Herm.-
fece lui, obbediente. Ridendo, i quattro uscirono da Mielandia e si diressero
verso I Tre Manici di Scopa. Ad un certo punto, però, Diana estrasse la
bacchetta ed esclamò, rabbiosa:
-Accio!-
qualcosa le volò fra le mani. Un calice d'argento, che recava un simbolo di
serpenti intrecciati, e una scritta. “Tojours Pur.”
-Ma che...ehi!
Mundungus!- esclamò Harry, vedendo un piccolo mago dall'aria sudicia
accoccolato sul ciglio della strada.
-Oh...Harry...potrei
riavere...?- fece Mundungus, a disagio, indicando il boccale.
-Questo è lo
stemma dei Black.- disse Diana, rivolgendo al mago uno sguardo assassino.
-Io...er...-
Mundungus non riuscì a finire la frase, perché Harry lo aveva agguantato per il
collo e l'aveva sbattuto contro un muro.
-Cos'hai fatto,
schifoso ladruncolo? Sei tornato in casa sua la notte che è morto e l'hai
saccheggiata?- ringhiò.
-Harry, no!-
esclamò Hermione, angosciata. Ma fu la voce gelida di Diana a fermare Harry.
-Lascialo
fare.-
Harry si voltò
verso di lei, stupefatto. Non aveva mai sentito una voce così vibrante di odio
represso a stento.
Con uno
schiocco, Mundungus approfittò del momento di stasi e scomparve.
-TORNA SUBITO
QUI, SUDICIO PICCOLO BA...-
-È inutile
gridare, Harry. Ormai Mundungus sarà a Londra.- tutti e quattro si voltarono.
Una strega magra, dall'aria sciupata e dai capelli color topo era comparsa alle
loro spalle.
-Ha rubato le
cose di Sirius!- sbottò lui, ma Tonks non gli dava più peso. I suoi occhi si
erano posati su Diana, ed era ammutolita.
La somiglianza
fra loro era strabiliante. Entrambe se ne resero conto, ed entrambe si
scrutarono con pari diffidenza. Lo stesso viso, la stessa forma degli occhi, la
stessa carnagione candida.
Ma Tonks era il
giorno (anche se di nubi), e Diana era la notte.
Gli sguardi del
trio correvano dall'adulta alla ragazza, curiosi, senza capire cosa ci fosse
fra loro.
-Tu chi sei?-
esordì Tonks, fredda.
-Diana.-
-Diana e?-
-Diana e
basta.- rispose la ragazza, gelida. Altri minuti corsero nel silenzio, senza
che nessuno osasse proferire parola. Poi Tonks fece un cenno ai tre, rivolse a
Diana un ultimo sguardo diffidente e sparì con uno schiocco.
Senza una
parola, Diana si voltò e tornò al castello. La protezione dei suoi poteri svanì
appena lei fu scomparsa oltre la collina che nascondeva Hogwarts alla vista. I
tre ragazzi rimasero lì, attoniti, sotto la pioggia che cominciava a
trasformarsi in neve.
È
così simile a te.
Talmente
tanto che ti ricorda in ogni momento tutto ciò che non hai potuto avere.
Una
famiglia.
Una
vita.
-Remus!- Remus
Lupin balzò in piedi, abbandonando la forchetta sul piatto. La voce angosciata
che l'aveva chiamato apparteneva ad una strega...la strega che ultimamente era
sempre nei suoi pensieri.
-Tonks...cos'è
successo?- chiese, stancamente. Profonde occhiaie gli segnavano gli occhi
ambrati, ed era più grigio e frusto che mai. La ragazza, senza guardarlo,
irruppe nella cucina di Grimmauld Place.
-Devi farmi un
favore.- esordì senza nemmeno salutarlo.
-Quale?- chiese
lui, cauto.
-Devi scoprire
tutto su una certa Diana.-
Alla menzione
di quel nome, a Remus andò di traverso la Burrobirra e cominciò a tossire, così
tanto che Tonks dovette dargli delle pacche sulla schiena per permettergli di
tornare a respirare.
-Come...com'è?-
chiese, boccheggiando.
-Alta, capelli
neri, sedici anni, occhi grigi e sguardo molto duro. Era con Harry, Ron e
Hermione a Hogsmeade. Mi somiglia molto.- aggiunse, insospettita dalla reazione
di Lupin.
“Ci credo che
ti somiglia...” pensò lui, ma stette ben attento a non far indovinare alla
ragazza i suoi sentimenti. Ci mancava solo che Tonks scoprisse chi fosse la
diafana sedicenne.
-Diana! Dove
sei?- la voce di Hermione perforò i timpani della ragazza, appollaiata sul balcone
del dormitorio femminile, mentre cancellava in fretta lacrime calde dal suo
viso.
-Non ho
intenzione di parlarne.- rispose lei, dura. Hermione fece letteralmente
irruzione nella stanza, affannata e stravolta. Diana si accorse immediatamente
che qualcosa non andava. -Cos'è successo?- Hermione crollò a sedere sul suo
letto, disperata.
-È successo
qualcosa a Katie Bell. Ha toccato una collana di opali, stregata, e...Harry
pensa sia stato Draco, io non lo so, so che ultimamente è molto nervoso, perché
è costretto a obbedire a V-Voldemort, e...- ma Diana non la stava più
ascoltando. A dire il vero, Diana non era nemmeno più sul balcone.
-Diana?- chiamò
Hermione, preoccupata. Nessuna risposta. Spaventata, corse al balcone e urlò.
Diana era
caduta dalla Torre.
-DIANA!-
-Sto bene,
Herm.- la sentì gridare.
“Cosa?”
Diana si
rialzò, un mezzo ghigno stampato sul volto. Adorava quel trucchetto, che le
permetteva di non ammazzarsi facendo una caduta simile. Merito dei suoi poteri
non così deboli come voleva far credere a tutti.
La bacchetta in
pugno e l'espressione risoluta, Diana corse dentro al castello, diretta verso
le segrete di Serpeverde. Raggiunse la porta della Sala Comune, un muro che
sapeva essere scorrevole, e cominciò a tempestarlo di pugni.
-Apri subito, dannato
Serpeverde!- abbaiò, rivolta a Malfoy. Dopo pochi attimi, il muro si aprì. -Era
o...- Diana si zittì e chiuse istantaneamente la bocca. Davanti a lei non c'era
Draco, bensì...
-Cosa vuoi? Hai
sbagliato piano sai, tu stai in una Torre.- fece Zabini, seccato. Diana, come
una furia, lo spinse da parte ed entrò nella sala comune, che sarebbe stata
deserta se non per un biondino mezzo addormentato su una poltrona. Lo
raggiunse, e lo scosse violentemente.
-Aaaah! Diana,
ma cosa cazzo stai facendo???- protestò lui, svegliato non proprio
delicatamente.
-Che cos'hai
fatto, pezzo d'idiota!?- sbottò lei. Blaise decise fra sé e sé di andare a
dormire. Rimanere nella stessa stanza con quella furia poteva risultare molto
dannoso. Si avviò alla chetichella verso la sua stanza, ma la voce imperiosa di
Diana lo raggiunse: -Non fare un altro passo, Faina, altrimenti ti faccio
mettere radici nella pietra.- Blaise decise di tornare indietro. Diana,
ignorandolo, ripartì alla carica. -Allora, cos'hai fatto?-
-Ma non ho fatto
niente!- si difese Draco, piuttosto preoccupato.
-Bugia. Non
mentirmi, Draco.- ribatté lei, gelida.
-Ma cosa vuoi
sapere, Diana?- chiese lui, cercando di riportare la calma in quel fulmine
bruno.
-La collana di
Magie Sinister. Come ha fatto a finire in mano alla Bell?-
-Ma cosa vuoi
che ne sappia!- sbottò lui, irato.
-Draco. Non.
Mentirmi.- lo avvisò lei, scandendo bene le parole. Chiunque, davanti a quella
giovane donna, non avrebbe osato non dire la verità.
-Diana, io...-
-Dimmi se
c'entri qualcosa perché, se sei stato tu (o un tuo complice), Herm ha il
diritto di saperlo. E anch'io, visto che sono tua amica.- aggiunse, con una
fredda occhiata molto eloquente. Usava quel termine molto raramente, Diana. E,
quando lo usava, non lo faceva con leggerezza. Draco sospirò, si alzò in piedi
e la guardò negli occhi.
Sembrava un
ragazzino terrorizzato, piuttosto che uno spietato killer.
-Non era
diretta a lei. Doveva arrivare a qualcun altro.- disse, finalmente.
-Tu sei pazzo.-
s'intromise Zabini.
-Taci.- ringhiò
Diana. -A chi era diretta, Draco? Chi è che devi uccidere?- Draco trasalì:
aveva capito alla svelta, la ragazza.
-Non posso
dirtelo.- disse, dopo un po'.
-Non farò la
spia, e sono una brava Occlumante. Nessuno lo saprà da me, nemmeno Hermione, se
non vuoi che lo sappia.- la voce di Diana si era abbassata, si era fatta più
calma, suadente quasi. Blaise ammirò la sua tecnica: sarebbe stata capace di
farsi rivelare un segreto persino da Voldemort.
-Il Signore
Oscuro ha...ha in pugno mia madre. La ucciderà, e ucciderà Hermione, se non
porterò a termine il mio compito. Non posso permetterlo, Diana. Lo capisci?- le
spiegò, con voce bassa e tormentata.
-Certo che lo
capisco.- gli assicurò, con la voce stranamente rotta.
-Devo uccidere
Silente.- Diana non mostrò sorpresa. Anzi, un'amara soddisfazione si dipinse
sul suo viso. Ci era già arrivata da sola.
Voldemort non
avrebbe mai permesso a nessuno di uccidere Harry Potter al posto suo, e Silente
era l'unica altra persona che poteva entrare nelle sue mire.
Maledetto.
Costringere
un ragazzo a diventare un assassino.
L'hai
fatto anche con me, Voldemort.
Questo
io te lo farò pagare.
Si sedette su
una poltrona libera, quella che le sembrò più comoda, e Draco si lasciò cadere
sulla sua. Zabini, che aveva la netta sensazione di essere di troppo, si
accomodò su quella più lontana da Diana – ma anche quella da cui la poteva
osservare meglio.
Certo che era
ancora più bella, quando era pensierosa. Gli occhi grigi erano fissi sulle
fiamme ardenti nel camino, che lanciava bagliori rossastri sulla sua pelle
bianca. Ma perché portava un abito lungo e scollato, senza maniche, nero, in
pieno inverno? Non sapeva quale dannatissimo effetto aveva sugli uomini, Blaise
in particolare, vestendosi a quel modo? O la sua era una deliberata provocazione?
Conoscendola – o, almeno, sapendo qualcosa di lei e del suo carattere –, poteva
trattarsi benissimo anche di questo.
-Mi vuoi
denunciare, Diana?- chiese Draco finalmente, dopo un tempo che sembrò a tutti e
tre infinito.
-No.- rispose
lei, con voce calma.
-E come faccio
a saperlo?- le chiese Draco, dedicandole una lunga occhiata dei suoi occhi
plumbei. Diana ricambiò lo sguardo, infervorato dalle fiamme e non solo.
Estrasse la bacchetta, la puntò su Zabini (decisamente allarmato) e mormorò:
-Muffliato.-
poi tornò a guardare il biondo Serpeverde, che di Serpeverde aveva sempre meno.
-Io ti affido un mio segreto, Dray. Così saremo entrambi più tranquilli.-
disse, al sicuro dall'udito fine di Zabini. Draco notò che quando parlava non
muoveva quasi le labbra, rendendo impossibile leggere le sue parole.
Ma chi diavolo
era quella ragazza?
-D'accordo.-
disse, titubante. E Diana disse due parole. Due parole che non si sarebbero mai
schiodate dalla mente di Draco Lucius Malfoy. Due parole che non avrebbe mai ripetuto.
Mai.
Diana entrò in
Sala Comune.
-Diana! Tutto a
posto?- la chiamò quasi immediatamente Harry, vedendo la sua espressione
tormentata. Diana raggiunse il terzetto sul lungo divano della sala comune.
Anche lì, come dieci piani più in basso, scoppiettava il fuoco nel grande
camino.
-Sì.- rispose
lei, sedendoglisi accanto. Ginny Weasley, dall'altra parte della sala, la
guardò male. “Scusa, Ginny. Non ho nulla contro di te, anzi.” -Come sta Katie?-
chiese.
-L'hanno
portata al San Mungo.- la informò Ron, stancamente. Erano tutti e due
devastati: Katie era una loro cara amica. Diana ignorò bellamente l'occhiata
allusiva che Hermione le rivolse.
-Perché te ne
sei andata, quando hai visto Tonks?- le chiese Harry. Diana non rispose, si
limitò a stringersi le gambe con le braccia, e a fissare il fuoco.
Conosceva
Ninfadora Andromeda Tonks. L'aveva vista, parecchie volte, anche se mai di
persona. Un membro dell'Ordine, come presto sarebbe diventata lei. Ne aveva già
parlato con Silente, che aveva dato il suo consenso. Quello che pensava sua
madre non le importava. Lei avrebbe combattuto. Per Dan. Per i suoi amici. Per
Draco. E per suo padre.
-Mi ha
ricordato una persona.- disse, dopo parecchio. Harry sembrò capire che non
voleva parlarne, e le cinse le spalle con un braccio.
Un
gesto che faceva sempre anche Scott.
Gli posò la
testa sulla spalla, e chiuse gli occhi.
Scott William
Parker. Sei anni più grande di lei, eppure il suo migliore amico da
praticamente una vita. Un Metamorfomagus abile come pochi, un Auror americano
infiltrato nel servizio dei ranger. L'aveva praticamente cresciuta lui. Sua
madre non era mai stata molto presente, nella sua vita. Cassandra O'Connell
aveva altro da fare, piuttosto che occuparsi di una figlia che non aveva mai
voluto. E il padre di Scott l'aveva presa sotto la sua ala protettiva.
Era morto
quando Scott aveva diciassette anni.
Diana non aveva
mai visto nessuno reagire al dolore come lui. Era scomparso per tre giorni,
senza dire a nessuno dove fosse finito, senza dare notizie di sé, per poi
tornare e fare come se non fosse successo, allegro come sempre.
Per poi tornare
e prendersi cura di Diana, l'undicenne che considerava una sorella.
Quando la
ragazzina aveva cominciato a manifestare le sue straordinarie abilità, e quando
alla Morris-West avevano cominciato ad assegnarle delle missioni, Scott si era
battuto perché fosse affidata a lui, come suo mentore. Quello che poi Diana,
con tre anni di anticipo, sarebbe diventata per Alex.
Gocce
di pioggia. Tic tic tic. Battono sulle giacche di pelle delle due ragazze.
Entrambe scure di capelli. Una è Diana.
Le
strade della città sono silenziose. E certo, si dice Diana, scostandosi i
capelli bagnati dagli occhi. È il quattro gennaio e sono le due di notte, è
ovvio che non ci sia nessuno.Scambia
un'occhiata con Dan: non le piace la situazione. L'altra ragazza è fredda,
calma, ma loro due sanno che sta per succedere qualcosa.
Clop,
clop.
Un
suono familiare eppure anomalo. Zoccoli ferrati sull'asfalto. Decisamente
rumori non adatti a Dallas la metropoli.
I
quattro ragazzi si fermano. Un cavallo avanza per la strada di periferia. Non
un cavallo normale. Grandi ali nascono dal suo dorso, ma ora sono ripiegate
vicino ai fianchi coperti da un manto nero come la pece. In groppa, di
traverso, c'è una persona. Anche da lontano si vede il tatuaggio sulla spalla,
un tribale nero, a quattro braccia.
Lo
stesso di Diana.
Il
cuore si ferma.
Per
un attimo è tutto congelato.
E
due grida gemelle squarciano la notte.
-SCOTT!-
le ragazze corrono, rivolgendo entrambe silenziose preghiere a Dio: fa' che non
sia morto, ti prego, fa' che non sia lui...
Gli
occhi di Diana si fermano sul viso quasi irriconoscibile. È stato bruciato.
Martoriato.
Diana
non sente la voce dell'amica in singhiozzi.
Non
sente la voce di Dan.
La
pioggia intorno a lei si fa più intensa. Freme. Le si avvicina, pulsante.
Intorno
a loro, compaiono i sicari. Venti, trenta, troppi. Non c'è speranza.
Ma
Diana non ragiona. Diana ha perso il controllo.
E
l'aria stessa si rivolta contro di loro.
-Si è
addormentata.- disse Harry guardando la ragazza, abbandonata sulla sua spalla.
-Chissà
che cosa le è successo.- si chiese Ron.
-Non lo
so. So solo che Diana ha perso molte persone che amava. Forse Tonks le ha
ricordato una di queste.- commentò Hermione, inconsapevolmente nel giusto.
-La
porto a letto. Mi apri la strada, Herm?- disse Harry. L'unico modo che avevano
trovato per salire ai dormitori femminili era incantare le scale, ed Hermione
era l'unica a riuscirci. Harry prese in braccio Diana, e seguì l'amica fino al
loro dormitorio. La posò sul suo letto.
Che
cretino, che era stato.
L'aveva
giudicata male. Malissimo. Aveva sbagliato tutto, su di lei.
Era una
ragazza sola, che aveva solo bisogno di amici veri e di dimenticare il suo
passato.
Per
fortuna, era ancora in tempo per rimediare.
Sì.
Sarebbe stato lui, suo amico. Lui, Hermione, e anche Ron.
La
domenica trascorse tranquilla sotto un cielo scuro e minaccioso. Nessuno
sembrava molto in forze, dopo l'incidente di Katie.
Sentivano
la guerra più vicina a loro.
Diana
sembrava prosciugata. Parlava poco, era tranquilla, e non fece nemmeno il
solito scambio di frecciatine velenose con Zabini, a pranzo.
“Chissà
che cos'ha. Ieri sera sembrava sconvolta per quello che era successo alla Bell,
ma non era solo questo.” pensò Blaise, osservandola dal tavolo di Serpeverde.
Anche Draco, accanto a lui, era stranamente silenzioso. Aveva passato la notte
a rimuginare su quello che gli aveva detto Diana, sul fatto che le avesse
rivelato la sua dolorosa missione. La giornata passò in una bruma di
stanchezza. Quando furono le nove meno un quarto, Blaise si preparò per la
punizione. Aveva appena fatto la doccia, e i capelli umidi gli ricadevano
liberi su fronte e spalle. Infilò un paio di jeans aderenti e una maglia nera,
a collo alto. Solo lui e Malfoy, fra i Serpeverde, avevano il fisico e lo charme
adatto per portare abiti del genere senza sembrare dei gay. Si rimirò per
un'istante allo specchio.
“Perfetto.”
si complimentò con se stesso, e uscì dalla sala comune con un ghigno.
-Che
palle.- era il commento che Diana ripeteva da almeno venti minuti. -Ginny,
dammi una mano, per favore!- Ginny Weasley sorrise. Sul letto di Diana erano
accatastati almeno una ventina di vestiti: abiti lunghi, pantaloni, camicie,
maglie. Diana stava letteralmente sclerando: se c'era una cosa che non
sopportava, era dover scegliere dei vestiti.
-Scusa,
ma se non ti piace Zabini, perché non riesci a decidere cosa metterti?-
insinuò, perfida. Avevano cominciato a chiacchierare quasi per caso quella
mattina, e non avevano più smesso.
-Perché
lo voglio intimidire. E l'aspetto fisico è la prima cosa che conta.- disse lei,
rischiando di diventare strabica per tracciare una lunga linea di eyeliner
sotto gli occhi. La fece continuare fino a che non somigliò a Cleopatra.
-Wow,
felina.- commentò Ginny, guardando il suo riflesso nello specchio. -Tieni,
prova questo.- le porse un abito color vinaccia, dalle maniche lunghe e
terminanti con un'ampio sbuffo, e con una profonda scollatura quadrata.
-L'avevo
perso! Ginny, sei un mito!- esclamò Diana, afferrando il vestito e
infilandoselo alla svelta. Si sistemò i capelli, che ricaddero morbidi coprendo
la scollatura, e si rimirò allo specchio.
-Ci sono
due possibilità: o sviene, oppure gli viene un infarto.- commentò Ginny,
ghignante.
Le nove
meno cinque. Ma perché diavolo arrivava sempre in anticipo? Non c'era Piton, e
non c'era nemmeno Diana. Finalmente, avvertì dei passi silenziosi nel
corridoio. Si voltò, pronto a fronteggiare la sua rivale, ma...
“Cazzo!!!”
Diana
avvertì letteralmente la propria mascella piombare a terra. Era assolutamente,
immensamente, incommensurabilmente (ndA: che parolone...)...bellissimo.
Ogni
muscolo del torace messo in evidenza da un'attillatissima maglia a collo alto,
nera, che scendeva provocante lungo quei fianchi dritti e ben delineati, sulle
braccia muscolose, sulle spalle larghe. Due gambe scattanti, vibranti di
muscoli, avvolte in jeans che facevano si e no da seconda pelle. I capelli
lunghi, ribelli, che ricadevano su quelle iridi verde plumbeo, gli davano
un'aria da bel tenebroso che rischiò di farle perdere i sensi. Ricacciando
indietro l'insano desiderio di saltargli addosso, Diana prese un bel respiro e
provò a dire qualcosa.
Una Dea.
Non c'era altra definizione. Era troppo bella per essere vera.
Il suo
corpo prosperoso, prorompente, era avvolto da un abito di un viola scuro, che
sulle mani si allargava fino a coprirle. I capelli lunghi, scuri, setosi,
coprivano un poco la generosa scollatura in cui si sarebbe volentieri perduto.
Le curve del suo seno, una quinta abbondante avrebbe detto, erano perfettamente
delineate dal vestito. Quasi senza volerlo, scese con lo sguardo, sentendosi
ogni attimo di più propenso a far fuori Piton e usare il suo ufficio
per...vabbé. Fianchi morbidi, profondi, un sedere da urlo, due gambe flessuose,
scattanti, eppure delicate, morbide. E poi...e poi il suo viso. Un trucco
leggero, solo la matita era visibile. Le palpebre argentate dello stesso colore
delle iridi ingrandivano il suo sguardo, e le sue labbra rosse erano...erano...
“Porca
miseria. E lo ripeto: porca miseria.” provò a dire qualcosa che non fosse
“adesso ti salto addosso”, ma le sue funzioni vocali erano entrate in sciopero.
Grazie a
Merlino, Piton scelse proprio quel momento per aprire la porta del suo ufficio.
-Bene,
vedo che siete puntuali. Mi sorprende, signorina Diana.-
-Er...sì,
professore.- mormorò Diana, senza staccare un attimo gli occhi di dosso a
Blaise.
-Entrate.-
ordinò, con la solita voce melliflua. Lo seguirono all'interno.
-Prima
le signore.- fece Blaise, facendole cenno di passargli avanti. Era puerile, ma
voleva assolutamente guardarle il sedere.
-Appunto.
Vai avanti tu.- evidentemente, Diana era più puerile di lui.
“Ebbene
sì. Condannatemi. Gli guardo il culo. Ma che dico!! Gli guardo il CULO, scritto
tutto maiuscolo come la scritta sulla collina di Hollywood!” Diana rimase un
attimo incantata, poi lo seguì all'interno dell'ufficio. Non riuscì a
staccargli gli occhi di dosso nemmeno quando Piton le disse di smettere di
sbavare. Cosa che ripeté l'attimo dopo a Blaise. Ascoltò per metà la
spiegazione di cosa doveva fare: riordinare gli annunci mortuari degli ex
studenti di Hogwarts. Perfetto. Nessun problema. Era un asso in questo genere
di cose. “Ma gli annunci mortuari portano un po' sfiga...” pensò quella minima
parte di lei non impegnata a tenere a freno gli ormoni, che avevano tutta
l'intenzione di commettere un atto di perversione assoluta che comprendeva
Blaise Zabini, un frustino e un paio di manette babbane.
(ndA: ma
Diana!!!!!!)
(ndDiana:
taci che l'hai scritto tu, mica io. Io avrei aggiunto anche un...)
(ndA:
ok, siamo ancora nel rating basso per queste cose, quindi trattieniti!!
Pervertita!)
Si
sedette dietro a Zabini, cercando in tutti i modi di abbassare lo sguardo sulle
cartelline che doveva mettere in ordine cronologico e alfabetico.
Niente
da fare.
Prese a
caso una cartellina e l'aprì, tanto per dare l'idea di fare qualcosa, mentre i
suoi pensieri vagavano sull'argomento “mi faccio mettere in punizione tre volte
al giorno, se è sempre così!”. Lesse il nome del deceduto.
Dimenticò
all'istante ogni pensiero perverso su Blaise Zabini.
“James
Richard Potter, 21 anni, è deceduto il giorno 31 ottobre 1981 per mano di Colui
Che Non Deve Essere Nominato. Lascia un figlio, Harry.” quelle parole
furono una lama gelida attraverso il suo cuore.
Il padre
di Harry.
Del suo
amico Harry.
Capì
all'istante perché Piton avesse voluto farle fare quel lavoro. Evidentemente,
aveva capito subito che, dietro la sua scorza dura, Diana era una persona
orribilmente emotiva.
“Richard...doveva
essere il nonno di Harry. Chissà se Harry sa che si chiamava Richard....”
pensò, colta da una improvvisa tristezza. Sistemò la cartellina sotto la
lettera “P”, e ne prese un'altra.
“Lilian
Cordelia Evans in Potter...” una seconda coltellata. Cordelia. Un nome
adatto ad una madre che, per amore del figlio, aveva sacrificato la sua vita.
Perché
diavolo doveva starci così male?
Ma la
risposta Diana la conosceva.
Era
sempre colpa di quell'ostinato del suo cuore.
Continuò
per un po', trovando ogni tanto i nomi di membri dell'Ordine, come i fratelli
Prewett, gli zii materni di Ron. Poi, dopo circa un'ora, prese la cartellina
più nuova di tutte. Scorse rapidamente il necrologio, senza guardare il nome:
era molto più lungo degli altri. Alzò lo sguardo sull'intestazione.
“Sirius
Alphard Black è deceduto oggi, venerdì 16 giugno, per mano della Mangiamorte
Bellatrix Black in Lestrange. Condannato all'ergastolo ad Azkaban per gli
omicidi di James Richard Potter e di Lilian Cordelia Evans, è stato scagionato
da tutte le accuse. Il Ministro della Magia, Cornelius Caramell, ha decretato
di voler assegnare a Sirius Alphard Black l'Ordine di Merlino, Prima Classe,
alla Memoria. Padrino del Ragazzo Che è Sopravvissuto, Black ha passato dodici
anni rinchiuso ad Azkaban, per omicidi che non aveva commesso...”
Diana
smise di leggere. Non ce la fece ad andare avanti. Aveva gli occhi colmi di
lacrime, che fu costretta a ricacciare indietro. Alzò lo sguardo su Piton, che
aveva visto quale cartella aveva estratto e si era avvicinato, trionfante.
Maledetta
carogna, lurido bastardo schifoso.
Questa
me la paghi, Piton.
Diana si
ricompose. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla sconvolta.
Verso
mezzanotte, li congedò. I due si defilarono lungo il corridoio, uno di fianco
all'altra, in silenzio.
-Non ti
libererai di me, Zabini. Voglio salutare Draco.- lo avvertì. Aveva la voce un
po' rauca, come di chi non parla da ore.
“E chi
si vuole liberare di te? Guarda, se invece di andare da Draco fai un salto in
camera mia, mica mi lamento! Anzi!” pensò lui, ma evitò di ripeterlo.
-Vorrà
dire che ti sopporterò. Anche se è un grande sacrificio, per me.- rispose,
caustico. Diana gli fece un gestaccio. Blaise non poté fare a meno di ritenersi
fortunato: era solo, lungo i corridoi di Hogwarts, in compagnia di una
splendida ragazza. Anche se si trattava di Diana. O, forse, soprattutto perché
si trattava di lei.
La
condusse fino alla sala comune serpeverde, per fortuna deserta. Non era pronto
ad affrontare i suoi compagni di Casa, soprattutto non con la conturbante
presenza di Diana accanto a lui. Aveva la sensazione che non si sarebbe potuto
controllare ancora per molto. Senza – ovviamente – smettere di beccarsi, a
bassa voce, la portò alla camera di Draco.
TOC TOC
TOC.
-Draco,
c'è qui la folle che vuole darti un salutino.- sibilò Blaise, sarcastico. Tre
minuti e dodici secondi più tardi, Draco Malfoy aprì la porta.
Blaise e
Diana si guardarono e, dimenticate per un attimo tutte le ostilità, scoppiarono
a ridere.
Vedete,
Diana era famosa per il suo essere inopportuna. Nessuno sapeva come facesse, ma
arrivava sempre nel momento più imbarazzante che potesse scegliere. E, anche
quella volta, non si era smentita.
Draco
era tutto arruffato, la camicia aperta e i capelli in disordine. Per di più,
aveva l'espressione di imbarazzata furia omicida che di solito viene ad una
persona quando viene interrotta sul più bello.
Dietro
di lui, con l'aria di chi vorrebbe Smaterializzarsi all'istante, così rossa da
far invidia a Ron nei suoi momenti migliori, stava Hermione Granger.
-Volete
piantarla!?- sibilò Draco, ma i due continuarono a ridere, uno appoggiato alla
parete, l'altra piegata in due. Dopo qualche secondo, tuttavia, sembrarono
rendersi conto che stavano ridendo della stessa cosa, e si ricomposero. O
almeno, finsero bene.
-Ah,
ciao Herm!- Diana salutò l'amica, che rispose con un timido cenno imbarazzato.
-Cosa
c'è?- chiese Draco, ormai sull'orlo di una crisi di nervi.
-Calmati,
altrimenti collassi. Ero passata a vedere come te la passavi...- Diana lanciò
un'occhiata divertita all'amica. -...E mi sembra bene, dopotutto.- aggiunse,
con un ghigno.
-Stavo
meglio quando non c'eravate voi due a rompere...- poi Draco notò l'abito di
Diana, e lo stesso ghigno della ragazza si dipinse sul suo viso mentre lanciava
un'occhiata a Blaise, che cominciava a preoccuparsi. -Cos'ha detto Piton, del
tuo abbigliamento?- chiese a Diana.
-Ha
detto alla Faina di smettere di sbavare.-
-Perché,
tu cosa facevi?-
-Studiavo
il nemico.-
-Diciamo
pure che sei rimasta folgorata dalla mia bellezza.-
-Sono
rimasta folgorata dal tuo ego smisurato, Zabini, non dalla tua dubbia
bellezza.-
-Mi
sembrava strano che andaste d'accordo...- commentò Draco, alzando gli occhi al
cielo. Zabini gli fece un cenno, e si allontanò verso la sua camera. -Forse è
stata la cosa migliore. Ancora un po', e vi sareste scannati.- commentò Draco.
Poi rivolse un sorriso sincero alla ragazza, che ancora si perdeva con lo
sguardo nella scia di Blaise. -Fatti un po' vedere...- le disse, prendendola
per mano e facendole fare una piroetta aggraziata.
-Sì, lo
so, sono l'essere più bello di questa Terra.- fece lei, ridendo.
-Certo,
dopo Herm...ci credo che quell'altro là è andato giù di testa, non ti ha
staccato un attimo gli occhi di dosso!- commentò Draco. Diana sorrise,
soddisfatta.
-Dai,
scherzi a parte...Hermione sa qualcosa?- sussurrò, così piano che faticò a
sentirla persino lui. Draco fece segno di “no” con la testa. Diana annuì, e si
allontanò dalla porta.
-Dai,
tornate a fare qualsiasi cosa vogliate fare...però ricordatevi che di nipoti,
per adesso, non ne voglio! Herm, ci vediamo domattina...- rivolse un occhiolino
all'amica. Hermione, sempre molto rossa, annuì.
-'Notte,
Di.- Diana trasalì.
Draco
l'aveva chiamata con il diminutivo.
Non lo
faceva nessuno da tanto, tanto tempo. L'ultimo a farlo era stato Alex. Non le
diede fastidio: la faceva quasi sentire...a casa.
-'Notte.-
disse, e si allontanò. Sentì la porta chiudersi dietro di lei. Si fermò, e
rimase per un attimo a riflettere, in piedi nel corridoio buio. Poi estrasse la
bacchetta, si Disilluse e si avvicinò alla porta di Zabini, abbassandosi per
spiare dal buco della serratura.
-Dai dai
dai dai, Diana, sveglia!- Ginny saltellava sul letto della compagna, cercando
in tutti i modi di svegliarla. Hermione mugugnò qualcosa di indistinto.
-Ginny...-
brontolò Diana, lanciando un'occhiata alla sveglia. Le sei. -Lasciami dormire.-
-Neanche
per sogno! Devi raccontarmi tutto!- esclamò lei, sveglia e allegra come
un'allodola.
-Ma
tutto cosa? Non è successo niente...- mormorò la mora, sicura ormai che non
l'avrebbe lasciata dormire per quell'ultima, tanto agognata, ora. Per fortuna
la prima ora l'aveva buca.
-Non
contarmi balle! Cos'ha combinato Zabini??- a quel punto, anche Hermione era
giunta ad ascoltare, mezza divertita, mezza imbarazzata.
-Si è
slogato la mascella quando mi ha vista, ma niente di più. A parte che ho fatto
la mia bella figura anch'io, quando mi si è presentato davanti in jeans e
dolcevita attillati. Piton ha consigliato ad entrambi di non sbavare.- si
decise finalmente a raccontare, la testa sempre infilata sotto al cuscino.
-Ginny!-
la rimproverò Hermione. Diana tirò fuori la testa da sotto il cuscino e le
lanciò un'occhiata divertita.
-Ho
preso in considerazione l'idea, Gin, poi mi sono ricordata di chi si trattava.
E abbiamo ricominciato a litigare.- disse, finalmente sveglia.
-Beh, ma
si sa, no? Tra amore e odio...- l'occhiata pericolosa di Diana suggerì a Ginny
di non terminare la frase.
-Brava.-
commentò lei, vedendo che si era finalmente zittita. -Comunque, devo dire che
tutto ignudo Zabini non è niente male...-
Hermione
diede uno strillo, e cadde dal letto.
Ginny
urlò qualcosa di incomprensibile, e le balzò addosso.
-Ci hai
scopato?? Perché non me l'hai detto subito!?- gridò, ormai totalmente fuori di
testa.
-Perché
non l'ho fatto! Ho solo dato una sbirciatina nei dormitori serpeverde,
Disillusa e silenziosa...- ribatté Diana, con aria innocente.
-Ma
Diana!!-
-Piaciuto
lo spettacolo, pivella?- sibilò una voce alle sue spalle. Diana s'irrigidì,
avvertendo la presenza di Zabini dietro di lei.
-Quale?
Tu che mi sbavavi dietro o Piton che mi guardava il culo? Perché sulla seconda
stenderei un velo pietoso...-
Sala
Grande, ora di colazione. Tutto come al solito.
-No,
intendevo...beh, sai, esistono incantesimi che si chiamano Sensori Segreti, di
solito si piazzano vicino ad una porta...- le spiegò, irritante allo stato
puro.
Le era
vicinissimo. Era più alto di lei, più possente, anche se Diana non era per
nulla sottile. Quasi la sfiorava. Vedeva ogni singolo capello della sua chioma
ribelle. E Diana sentiva il suo respiro letteralmente sul collo.
La
ragazza non rispose, ma digrignò i denti.
Per
quella volta, aveva vinto lui.
Il tempo
sembrò volare, ad Hogwarts. Gli abitanti del castello, professori compresi,
avevano ormai imparato a conoscere la novellina: se era in buona, tutto ok, ci
si poteva parlare, scherzare, ridere anche, ma se si era alzata con il piede
sbagliato...beh, in quel periodo, visto che Zabini la faceva arrabbiare un
giorno sì e uno anche, intorno a Diana si creava spessissimo il vuoto. Ormai
era quasi dicembre, e anche questo contribuiva al malumore perenne di Diana,
assieme ai soliti, orribili incubi. Di solito l'inverno le piaceva, ma
coincideva purtroppo con il periodo natalizio. Cosa che avrebbe preferito
evitare.
Se con
Zabini era ormai guerra aperta, fra lei e Harry era nato un rapporto
stranissimo. Il ragazzo sembrava averla presa a cuore, la trattava come una
sorella e, incredibilmente, Diana faceva lo stesso con lui. Dopo aver risolto
quell'imbarazzante equivoco, erano diventati unitissimi.
La
stessa cosa succedeva con Draco. Ma lui era diverso: era il ragazzo della sua
migliore amica, era un Serpeverde, ed era anche un idiota totale. Però le
piaceva. E si fidava di lui, cosa strana, per una abituata a non fidarsi
nemmeno di se stessa. Quante volte lo aveva raggiunto nel suo dormitorio, si
era seduta a gambe incrociate sul suo letto e aveva cominciato a inveire
rabbiosamente: contro chi, possiamo benissimo immaginarlo.
Ginny
era un'altra con cui aveva legato molto. Bella, allegra, intelligente, Ginevra
Weasley e Diana si somigliavano tantissimo, anche se una era felice e
spensierata nei suoi quindici anni, mentre l'altra era tagliente e lunatica
dall'alto della sua quasi maggiore età.
E Ron?
Lo adorava. La faceva ridere nei momenti in cui ne aveva bisogno, riusciva a
sopportare (ed era l'unico) le sue esplosioni senza fuggire, più di una volta
l'aveva difesa contro le malelingue che le parlavano dietro. Per non parlare
poi di Hermione, quella che poteva veramente definire la sua “migliore amica”.
Diana
era stupefatta. Possibile che Hogwarts fosse veramente così magica? Lei,
che aveva avuto pochissimi amici nell'arco della sua vita, ora si ritrovava
circondata da persone che le volevano bene, che l'apprezzavano e la stimavano.
Tranne
la Faina, ovviamente.
-ZABINI!! MALEDETTO STRONZO, DOVE
SEI?!?- l'inconfondibile grido di guerra di Diana.
Stranamente, nei momenti in cui
quell'urlo risuonava nel castello, la popolazione di Hogwarts diminuiva
drasticamente.
In quel preciso
istante, Diana stava correndo su e giù per i corridoi del quinto piano,
cercando quel perfetto imbecille di Zabini che le aveva distrutto gli occhiali
da sole, quelli belli, a mascherina, polarizzati, l'unica cosa costosa che le
avessero mai regalato e l'unica fra le sue cose a cui tenesse veramente: erano
un regalo di sua nonna, morta qualche mese prima. Quanto c'era rimasta male,
quando le lenti si erano sbriciolate fra le sue dita. A nulla era servito il reparo:
erano irrimediabilmente rovinati. Ed era per questo motivo che la giovane
americana stava inseguendo il Disilluso Serpeverde, di cui sentiva
perfettamente la risatina a dir poco irritante.
-Oh insomma!
Vieni fuori se hai il coraggio, codardo!- esclamò ad un certo punto. Risoluta,
estrasse la bacchetta e gridò: -Revelio maximo!- inondando tutto il
piano di luce candida. Appena la bolla bianca fu scomparsa, vide vicino ad una
armatura un Incantesimo di Disillusione cominciare a svanire, e due noti occhi
grigio-verdi rivolgerle uno sguardo astioso.
-Impedimenta!-
gridò Blaise, ma Diana si chinò alla svelta e schivò la fattura.
-Tarantallegra!-
-Protego!-
la Fattura Gambemolli fu bloccata per poco.
-Reducto!-
l'Incantesimo infranse lo scudo di Zabini e lo scaraventò addosso alla parete,
due metri più in là. Il ragazzo rimase senza fiato per la botta, ma alzò subito
la bacchetta e pensò: “Incendio!”. Una scintillante stria fiammeggiante
corse verso Diana e la colpì a livello della coscia, strappando i suoi vestiti
e aprendo una ferita rosso sangue su una coscia bianca e morbida.
-Crucio!-
la Maledizione Senza Perdono lo colpì in pieno, ma Diana si bloccò quasi
all'istante.
Blaise si
rialzò, una durezza furibonda scolpita nel viso.
Diana abbassò
la bacchetta. Non era possibile. Non poteva averlo fatto. Non poteva essere
stata lei. Aveva usato la Cruciatus.
Cosa le era
preso? Cosa diavolo le era preso? Non era da lei usare quelle Maledizioni.
Conosceva molti altri modi, meno cruenti, di attaccare qualcuno. Cosa le era
venuto, per farla reagire così?
Una rabbia
immensa l'aveva sommersa, aveva risvegliato qualcosa di sopito, in lei, che
unito al dolore aveva annientato il suo autocontrollo.
La bacchetta
cadde a terra, mentre sul viso della sua proprietaria si disegnava
un'espressione di cupo orrore. Non riuscì a sostenere lo sguardo di Zabini, e
abbassò gli occhi. Tremava.
Era
il Male.
Non l'aveva mai
abbandonata. Aveva ucciso per la prima volta a tredici anni, e da allora non
aveva più smesso di accompagnarla, di vivere dentro di lei, come un parassita,
che nei momenti più impensati prendeva il sopravvento sul suo cuore e la
spingeva a fare del male.
-Cos'hai
fatto?- la voce di Zabini la ferì dritta al cuore. Era una voce dura, rauca.
Cattiva, quasi.
-Io...non...-
“Non perdere il controllo. Ricomponiti. Ora!”
-Hai usato una
Maledizione senza Perdono su di me. Hai veramente esagerato, pivella.- Diana
non riuscì più a sopportarlo. Fece per andarsene, ma un Incantesimo di Ostacolo
la bloccò e la fece rovinare a terra. Diana avvertì un vago dolore al gomito:
se l'era sbucciato. Sentì l'umido sangue scivolare via da lei, sul freddo
pavimento di pietra.
E ancora,
quella furia ceca si impadronì di lei.
-Ishe quene
faien, ire ghesat.- mormorò, gli occhi stranamente spiritati.
L'attimo dopo,
la pietra prese vita.
-Ma che
diav...- Blaise scagliò istintivamente una fattura. Cos'era quella creatura?
Quell'essere spaventoso nato dalla pietra di Hogwarts?
L'espressione
di una rabbia troppo grande.
La bestia,
simile ad un troll, alzò gli occhi di roccia su di lui, e un ghigno perfido si
disegnò sulle sue zanne. Era basso, tarchiato, dotato di artigli ricurvi capaci
di sventrare un drago.
“Figuriamoci
cosa potrebbe fare a me!”
Mosse qualche
passo verso di lui, cauto, come se volesse saggiare le sue zampe nuove di
zecca.
-Reducto!-
l'Incantesimo colpì l'essere. Non fece alcun effetto, se non quello di attirare
la sua attenzione. Perfetto.
“Scappa!”
“Fossi matto!
Non sono un codardo.”
“Infatti sei un
suicida.”
La creatura si
mosse, Blaise invece rimase immobile.
E poi l'essere
saltò.
Blaise chiuse
istintivamente gli occhi, pronto allo scontro, che non avvenne.
Riaprì gli
occhi, e per un attimo credette di essere morto ed essere finito dritto
all'inferno.
Diana giaceva a
terra, in una pozza di sangue, mentre la creatura sprofondava di nuovo nel
pavimento di pietra.
Tutto era
successo così velocemente che Blaise non ci aveva capito nulla.
Poi però, la
verità lo colpì con la forza di un uragano.
Diana aveva
creato la bestia. L'aveva aizzata contro di lui.
E non le aveva
permesso di fargli del male.
S'inginocchiò
accanto a lei. Sanguinava copiosamente da una spalla, e imprecava come un
goblin ubriaco alla Testa di Porco.
Dopotutto,
stava piuttosto bene.
-Cos'è
successo?- le chiese.
-Non sono
affari tuoi!- sbottò lei. Estrasse la bacchetta, mormorò qualcosa, e la ferita
venne immediatamente fasciata da bende apparse dal nulla.
-Dì, ma sei
scema? Mi hai appena scatenato addosso un mostro di pietra, e poi non sarebbero
affari miei?- le chiese, astioso.
-Ti ho appena
salvato la vita, quindi non rompere e lasciami in pace.-
“Hai perso il
controllo! Dannata cretina!” si rimproverò mentalmente, mentre senza tante
remore spingeva via un Blaise Zabini assolutamente rincretinito, si alzava e se
ne andava. Solo un pensiero le rimbombava continuamente in testa.
Aveva perso il
controllo.
-Io
ti ammazzo, maledetta!-
la
voce di Kelly è una spada che ti trafigge il cuore.
-È
colpa tua! Hai perso il controllo! È colpa tua se Scott e Dan sono morti!-
dice
la verità che non vuoi sentire.
Gli
occhi di Kelly sono furibondi. Era la ragazza di Scott. Era tua amica.
Era.
Ti
si scaglia addosso.
Ti
lasci colpire tutte le volte che vuole.
Ogni
colpo, ogni graffio, ogni goccia di sangue che versi, non li senti nemmeno.
Te
li meriti.
Kelly
ha ragione. Se tu non avessi perso il controllo, Dan e Scott sarebbero ancora
vivi.
E
invece ti sei lasciata guidare dalla rabbia.
Hai
reagito al dolore attaccando e uccidendo quei maledetti Mangiamorte.
E
loro? Cos'avevano fatto?
Avevano
ucciso Dan.
E
perché avevano ucciso Scott?
Perché
volevano attirarla in trappola.
Era
tutto programmato. Tutto.
Ma
una cosa era andata storta.
Lei.
Non
può immaginare, Voldemort, come avrebbe voluto morire al posto loro.
Per la
frustrazione, Diana tirò un pugno contro il muro. E poi un altro. E un altro.
Fregandosene dei tagli che comparivano sulle sue nocche. Fregandosene del
dolore. Se lo meritava. Aveva quasi ucciso un innocente. Un idiota, sì, ma
innocente.
“Maledetta...idiota...”
continuava a ripetersi, accompagnando ogni pensiero con un colpo. Lei era una
pugile, e i suoi pugni facevano piuttosto male. Ma non ad un muro di roccia.
Si fermò,
ansante. Si guardò le mani: anche solo sollevarle le fece male. Erano
irriconoscibili, insanguinate, martoriate. Per di più, la spalla dove le zanne
di roccia erano penetrate le bruciava terribilmente. Il dolore era lancinante.
E a lei non
fregava nulla.
Sferrò un
ultimo pugno alle pietre.
La sua mano non
le incontrò mai.
Un'altra mano
le aveva stretto il pugno, incurante del sangue che ormai sgorgava copioso. Lo
riconobbe all'istante.
-Che cosa stai
facendo? Cosa sei, masochista?- la sua voce era stupita, eppure
anche...preoccupata?
-Ti ho già
detto di farti gli affari tuoi. Lasciami in pace.- ringhiò Diana.
-Non finché non
la smetterai di farti del male per niente.- tutta la rabbia della ragazza
scomparve. Da lui si sarebbe aspettata di tutto, meno che questo.
-Per niente,
dici?- chiese, alzando finalmente gli occhi a guardarlo. -Ti ho quasi
ammazzato. Ho perso il controllo dei miei poteri.- Blaise la guardava come se
fosse ammattita. E forse lo era.
-E per questo
vuoi spaccarti le mani? Ma sei scema?- le chiese. Non capiva. Non poteva.
-Non volevo
spaccarmi le mani. Volevo sfogarmi, e il muro è l'unico che regga i miei
colpi.- gli spiegò. Riacquistava la calma pian piano, di secondo in secondo.
-Tu sei pazza.-
-Non è vero.-
-Allora
spiegami cosa cazzo hai. A volte sei allegra, anche simpatica (non con me, ma
non me lo merito e quindi lasciamo stare), altre diventi pericolosa. Per delle
idiozie come un paio di occhiali, per di più.- Diana lo guardò, stupita. Non
finiva mai di sorprenderla.
-Erano un
regalo di mia nonna. È morta tre mesi fa, ed erano tutto quello che mi aveva
lasciato.- non sapeva perché glielo aveva detto. Ma lui sembrò comprendere.
-Le eri molto
affezionata?- le chiese.
-Mi ha fatto da
madre quando la mia voleva solo vedermi sparire.- Blaise sembrò dispiaciuto.
-Mi dispiace.
Non pensavo di...scusa.- Diana non era sicura di aver sentito bene. Blaise
Zabini che si scusava?
-Sono io quella
che deve scusarsi. Mi infiammo con poco.- ok, c'era qualcosa che non andava.
Diana non credeva di aver appena pronunciato quelle parole.
-Sai, me n'ero
accorto.-
Incredibilmente,
sul viso di Diana comparve un sorriso. Finalmente, Blaise lasciò andare il suo
polso.
-Questo non
cambia il fatto che ti detesto, sai?- gli ricordò. Anche Blaise sorrise: un
sorriso di sfida.
-La cosa è
reciproca, pivella.-
-Diana, ma
cos'hai fatto?- Harry guardò inorridito le diverse fasciature sul corpo
dell'amica che si era appena seduta accanto a lui, in Sala Grande.
-Sesso
selvaggio in posti poco convenzionali, pivellina?- li interruppe una voce
strascicata alle loro spalle.
-Ma guarda, ha
parlato uno dei componenti della prima coppia di fatto di Hogwarts. Cosa ti è
successo per essere così acido, Malferret? Zabini ti ha mandato in bianco?-
Harry, Ron ed Hermione scoppiarono a ridere, e anche Draco dovette fare uno
sforzo per nascondere le risate.
-Non osare
darmi del finocchio, pivella.- le intimò. Ma le rivolse un occhiolino quasi
impercettibile.
-Non ti do del
finocchio, Malfoy. Dico semplicemente che sei un essere di sesso confuso.- Ron
stava per sentirsi male. Malfoy, con una smorfia, si allontanò.
-Però non ci
hai detto cosa ti sei fatta. Uno scontro con quell'idiota di Zabini?- Diana
ripensò a quando l'aveva fermata, e a quello che le aveva detto.
-No, ho fatto
un disastro mentre mi esercitavo in Pozioni e mi è esploso il calderone.-
Quella sera,
sul cuscino del suo letto, trovò il suo falco, Crystal, con un pacchetto fra
gli artigli e un biglietto nel becco.
So
cosa vuol dire non avere una madre.
E
so cosa significa perdere la persona che l'ha sostituita.
Mi
dispiace, Diana.
Ma
questo, naturalmente, non vuol dire che ti sopporto.
Blaise
Diana aprì il
pacchetto, e un sorriso comparve sul suo viso pallido. Dentro ad una elegante
custodia nera, c'erano i suoi occhiali, perfettamente rimessi a nuovo.
Era stata una
cazzata. Ma sentiva di dovergliela.
-Fratello, tu
ti sei innamorato.- commentò Draco, dopo aver sentito il suo racconto.
-No. Sono solo
un avversario leale.- ribatté lui. -A proposito, tu sai perché è così
lunatica?- Draco sospirò.
-Sì. In parte.-
disse.
-E...?-
-E...e Diana è
un'anima in pena. Poveraccia. Soffre tantissimo perché ha perso in meno di un
anno tutti i suoi cari, e per di più, per alcuni, se ne fa anche una colpa. È
una ragazza dolcissima, nascosta sotto un addestramento militare.- gli spiegò
l'amico, ripetendo quasi a memoria le parole che Hermione aveva detto a lui.
Blaise rimuginò su quanto aveva appena appreso.
Quella ragazza
era un vero mistero.
Tra battibecchi
più o meno divertenti e un reparto di Trasfigurazione distrutto da un paio di
Incantesimi Reductor cozzati a mezz'aria, arrivò l'ultimo giorno di scuola.
Quella sera, in Sala Grande Silente aveva concesso il permesso di organizzare
una festa con i controfiocchi, senza professori di mezzo. Tutte le Case
sarebbero state presenti. Le ragazze erano eccitatissime, i ragazzi
pregustavano già l'alcool e le sue conseguenze. Ma una delle Grifondoro del
sesto anno, una a caso, non era molto entusiasta della festa imminente.
-Dai, devi
venire.- Ginny cercava in tutti i modi di convincerla.
-Non ne ho
voglia, Gin, davvero. Non sono il tipo da feste.- era la sua continua risposta.
Così, quella sera, salutò gli amici tutti tiratissimi (ebbene sì: Harry e Ron
avevano chiesto consiglio a lei, per l'abbigliamento, mentre Ginny aveva
rivestito Hermione come se fosse la sua Barbie), e li guardò uscire dal buco
del ritratto.
La sala comune
era silenziosa, proprio come piacevaa
lei.
Decise di
andare a fare un giretto, magari andare a trovare la professoressa McGrannitt,
che la trovava stranamente simpatica (strana gente, al mondo). Si infilò la
divisa, diede una pettinata ai capelli e uscì, diretta al quarto piano dove
sapeva esserci l'ufficio della professoressa. Passò di fianco a tre serperverde
che conosceva di vista: Tiger, Goyle e un certo Nott.
Non le piacque
lo sguardo che le rivolsero.
Tagliò per una
scorciatoia. Avvertiva la loro presenza dietro di lei, come un'ombra, ma non
era sicura che non fosse solo suggestione. Non sentiva i passi, ma le bastava
l'istinto, per capire che non era una bella situazione.
L'adrenalina
cominciò a pomparle nelle vene. L'istinto le suggeriva di correre, di scappare
il più lontano possibile, ma non si sarebbe chiamata Diana se non fosse stata
un'irrimediabile cercaguai.
Uno
scricchiolio.
Poco più che un
sibilo, ma qualcosa che le sue orecchie allenate riuscirono a cogliere.
Guardinga,
estrasse la bacchetta.
Fece scattare
la testa, a destra, a sinistra, movimenti velocissimi, mentre gli occhi
dardeggiavano sul corridoio intorno a lei, dietro, di fianco.
Lentamente,
molto lentamente, si appoggiò ad un muro. Una vecchia tecnica di autodifesa:
non dare mai le spalle.
Il castello,
intorno a lei, era silenzioso. Non si muoveva nessuno, nemmeno i dipinti.
Il sangue le
pulsava nelle orecchie mentre cercava un qualsiasi indizio, una traccia,
qualcosa che tradisse...
L'aria nel
castello era fredda. Il fiato si condensava in volute bianche.
E, davanti a
lei, sorprendentemente vicina, ecco quella nuvoletta che tradì i suoi
avversari.
Puntò
fulmineamente la bacchetta e gridò:
-Stupeficium!-
avvertì solo qualcosa afferrarle un polso, una morsa gelida e dolorosa, e poi
vide la sua bacchetta di quercia volare, volare lontano da lei.
Disarmata.
Sferrò un pugno
contro il nulla, avvertì la carne spappolarsi sotto le nocche.
-Maledetta
puttana!- abbaiò qualcuno. Diana sferrò un calcio.
-E stai ferma,
stronza!- un'altra voce, un corpo improvvisamente premuto addosso, due colpi
secchi nello stomaco che la lasciarono senza fiato. Cadde in ginocchio,
dolorante.
“In piedi!
Ora!”
Diana balzò in
piedi, raccolse le energie e pensò: “Disilluso!”
Un lampo, e tre
figure massicce comparvero dal nulla.
Tiger le si
scagliò addosso, le tirò un pugno sui seni. Diana inghiottì un grido di dolore,
ma sferrò con tutte le sue forze un calcio alle parti basse del Serpeverde.
Goyle le arrivò
da dietro, le torse le braccia dietro la schiena. Diana sentì le ossa
scricchiolare.
Piegò la testa,
e sferrò una potente testata al suo aggressore.
-Incarceramus!-
gridò Nott.
No!
Corde apparse
dal nulla le legarono i polsi.
C'era solo una
cosa da fare, se voleva salvarsi la pelle.
Le pupille le
si ribaltarono indietro, gli occhi brillarono un attimo di luce bianca.
-Eh, no, stronzetta!
Silencio!- sghignazzò Nott, e un bavaglio comparve stretto intorno alla
sua bocca.
Diana sentì uno
strappo ai capelli, e venne trascinata dentro un'aula vuota.
SCIAFF.
Mille stelline
comparvero nel suo campo visivo.
SCIAFF.
Sentì il labbro
spaccarsi.
SCIAFF.
Aveva gli occhi
oscurati dal sangue.
-Adesso ci
divertiamo, puttana.- disse una voce, e Diana sentì due mani forti e crudeli
afferrarle le gambe.
Era in
trappola.
No, non poteva
succedere, non a lei, non così...si divincolò, inutilmente. Non riusciva a
concentrarsi, non riusciva a pensare a nulla, e il bavaglio sulla bocca le
impediva di pronunciare qualunque cosa. “No, no, no! Non voglio! No,
lasciatemi!”
L'avrebbero
violentata, avrebbero ucciso una parte di lei, volevano farle del male, stuprarla,
e lei non poteva reagire, non poteva fare niente, niente, solo stringere
i denti e detestare le lacrime di frustrazione che correvano sul suo viso...
La toccarono, e
a nulla servì divincolarsi furiosamente.
Lacrime
di rabbia e paura.
E poi vide un
coltello, avrebbero tagliato i suoi vestiti, e non avrebbe avuto più
scampo...sentì il freddo della lama sulla pelle del torace, sentì la stoffa
tagliarsi e mani avide correre sul suo corpo inerme...
-Stupeficium!-
una voce imperiosa allontanò Nott da lei. Tiger e Goyle si alzarono di scatto,
spaventati. Diana riuscì a guardare verso la porta.
E là, il viso
sconvolto dalla rabbia e dalla paura, c'era...
Il buio le
offuscò gli occhi prima che potesse vederlo.
Era troppo.
Davvero troppo,
anche per una tosta come lei.
La testa le
ricadde indietro, e perse i sensi.
Spazio dell'autrice
Alor alor...ecco un nuovo chappy, uno dei più
intensi...dopo un excursus comico con il capitolo di prima, ecco il ritorno al
dark, con i ricordi di Kelly (ricordatela perchè tornerà fuori) e soprattutto
con la scena di tentata violenza...a scriverla, vi giuro che mi veniva voglia
di balzare nel computer e far fuori quei tre maledetti...chiedo perdono alle
fan di Nott, tanto so che di Tiger e Goyle non ce ne sono ;P
Ecco le risposte alle rec:
Mione1194: hihi poverini quei due...muahahahahah mi
sono divertita come una bessssstia a scrivere quella scena, ero in un momento
in cui ero allegra...mentre quando ho scritto questo chap ero in un momento
NERO...Piton, povero Pitonuccio, gli faccio sempre fare la parte del
cattivo...su zio Voldy sorvoliamo...ah, cmq, l'e mail mi è arrivata, è il mio
computer che è mongolo ;P comincio a lavorare subito sul nuovo personaggio
(nomi possibili: Meredith, Ambra, Kate, Lume – nome indiano – o poi boh...)...fammi
sapere!!
Honey Evans: che bello un'altra persona che mi ha
aggiunta ai preferiti e che commenta!! Sì, Diana è la figlia di Sirius, Draco
già lo sa ed è l'unico...si vede che gli somiglia? ;P
iaia_Malfoy4ever: hihi anche io ho fatto non pochi
pensieri impuri scrivendo quella scena...in quel momento Diana coincideva con
me, anche se io probabilmente sarei letteralmente svenuta...certo che Blaise è
cattivello, vestirsi così...muahahahahah...e poi, per quanto riguarda il mio
STRAadorato Siriusuccio...ma cara, lo adori anche tu?? No perchè quello è il
sex symbol di tutta la saga di HP!! Hai visto che ho aggiornato in fretta? ;P
Così non devi farti venire un colpo al cuore, che se no dopo ti ho sulla
coscenza!!!
Un diretto in
pieno viso raggiunse Goyle. Nonostante Blaise fosse meno robusto di quei due,
la rabbia che vi aveva imposto aveva moltiplicato la sua forza.
Diana.
Lei.
Così
forte, così coraggiosa, così pazza.
Là.
Priva di sensi. Inerme.
In
balia di tre bastardi.
Il
sangue sul corpo, sul volto, i vestiti stracciati.
I
polsi legati, le labbra strette da un crudele bavaglio.
Rabbia.
Forte, potente, incontrollabile.
Ira.
Pura e violenta.
Esplode.
Tiger gli si
scagliò addosso.
SBAM SBAM SBAM
Tre pugni precisi,
diretti, due al mento e uno allo stomaco. Tiger cadde a terra, e Blaise gli fu
subito addosso, massacrandolo, colpendolo ovunque riuscisse ad arrivare.
-Impedimenta!-
l'Incantesimo di Ostacolo di Goyle fece il suo effetto (“Da quando sa usare una
bacchetta, quel gorilla?”), e scagliò Blaise lontano da Tiger. Il gorilla si
rialzò, tremante, agguantò Nott e se la filarono.
-Al diavolo...-
imprecò Blaise, rinunciando al proposito di inseguirli e mettere fine alle loro
miserabili vite. Si alzò, constatando per la prima volta di provare un dolore
lancinante al viso. Evidentemente aveva incassato qualche colpo, ma non se
n'era accorto.
Ma ora non
importava.
-Diana!-
esclamò angosciato, correndo al fianco della ragazza. Aveva il viso martoriato,
i polsi sanguinanti, e lacrime perlacee immobili nei suoi occhi chiusi. -Diffindo.-
mormorò, tagliando con cura sia il bavaglio che le corde. Senza pensare al
pudore, controllò il suo corpo, il viso, le gambe, all'atterrita ricerca di un
segno che dimostrasse...ma non c'era nessun segno. Nessuno.
Una scossa
elettrica sembrò attraversarlo. Era arrivato in tempo.
Quasi
inconsciamente, le sfiorò il viso.
La sua pelle
bianca era morbida e vellutata, nonostante diversi tagli la solcassero.
Aveva lottato.
Certo, lei era una che combatteva fino alla morte. Ma evidentemente non era
riuscita a sopraffare quei tre: strano. Erano stati furbi: l'avevano legata e
imbavagliata, in modo che non potesse nemmeno chiamare a sé gli Elementi.
Blaise sapeva che era capace di farlo anche solo con la mente, ma le ci voleva
calma e solitudine per potersi concentrare. Cosa che le era mancata, in quel
momento.
Blaise sospirò,
e allontanò la mano dal suo volto. Poi le fece passare un braccio intorno al
collo, l'altro sotto le ginocchia, e la prese in braccio. Inconsciamente, Diana
posò la testa sulla sua spalla.
E Blaise sentì
per la prima volta il suo profumo da vicino.
Dolce,
ipnotico, potente, per un attimo lo costrinse a chiudere gli occhi, per
assaporarlo meglio, per lasciarcisi inebriare, per perdercisi.
Poi si
riscosse. Doveva portarla in infermeria.
“Credo di non
aver mai visto nulla di più bello.” Blaise non riusciva a staccarle gli occhi
di dosso.
Dormiva.
Il suo viso era
abbandonato sul cuscino, dello stesso colore della sua pelle. Con un braccio
cingeva il proprio seno, con l'altro la pancia. Era evidente che, anche nel
sonno, volesse proteggersi. I suoi occhi erano chiusi, ma guizzavano ogni tanto
sotto le palpebre, agitati.
Madama Chips
gli aveva consigliato di rimanerle accanto. Dopo averla controllata più
attentamente di quanto avesse fatto Blaise, l'aveva fatta posare su un letto e
aveva trasformato i suoi vestiti laceri in una camicia da notte. Poi le aveva
dato una piccola dose di Pozione Sonnifera, aveva fatto sedere Blaise al suo
fianco e lo aveva costretto a farsi curare il naso e il labbro spaccati.
Diana ebbe un
movimento convulso delle mani, che improvvisamente strinsero forte il cuscino.
Gli occhi si serrarono, e un'espressione di dolore si dipinse sui suoi bei
tratti.
Sognava. Cosa,
era facile capirlo.
Blaise le
sfiorò una mano. Lei colse il movimento, il tocco leggero, e lasciò lentamente
andare il cuscino. Le sue dita scivolarono fra quelle di Blaise, e strinsero
forte, come se fossero l'ultima ancora di salvezza, prima di sprofondare in un
oceano in tempesta. Un po' stupito, Blaise ricambiò la stretta.
Forse Diana,
nel sonno, riusciva ad esprimere tutto quello che soffocava da sveglia.
Le sfiorò il
viso. Una carezza, dolce, delicata, che dopo un attimo la fece rilassare. I
suoi lineamenti si distesero, e la stretta delle sue dita si sciolse.
Blaise si
allontanò da lei, sollevato nel vederla tranquillizzata.
In quel preciso
istante, la porta si aprì di schianto.
-Cos'è
successo!?- proruppe Draco, con Hermione alle calcagna. Blaise balzò in piedi e
gli rivolse uno sguardo astioso.
Figuratevi la
scena: una ragazza distesa su un letto in infermeria, e accanto a lei, con
l'aria tanto simile a quella di un affascinantissimo bodyguard, il suo peggior
nemico.
-...ok...-
sussurrò Malfoy.
-Cosa le è
successo?- chiese Hermione, la prima a riprendersi. Blaise aveva mandato un
messaggio ad entrambi poco prima, per avvertirli di correre immediatamente in
infermeria perché era successo qualcosa di grave a Diana. Erano ancora vestiti
a festa.
-Hanno cercato
di violentarla.- solo pronunciare quella parola lo fece fremere di disgusto.
-Cosa??- soffiò
Hermione, correndo al fianco dell'amica.
-Chi?- chiese
invece Draco, serio.
-Tiger, Goyle e
Nott.- rispose lui. Ma prima che Draco potesse rispondere, Diana aveva mugolato
qualcosa, segno che ormai in procinto di svegliarsi, e Blaise era scomparso.
Draco gli corse dietro e lo fermò, prendendolo per un braccio.
-Cos'hai
intenzione di fare, con lei?- gli chiese.
-Nulla.-
rispose Blaise.
-Non vuoi che
sappia che sei stato tu a salvarla?- Draco era scettico.
-Che differenza
farebbe? L'ho fatto perché non mi piacciono queste cose, non per lei.- Draco
non gli credette. Ne era certo. Anche perché non ci credeva nemmeno lui.
Aveva visto i
tre compagni di Casa allontanarsi dalla festa. Era strano, perché di solito
partecipavano solo per beccare qualche studentessa così ubriaca da non rendersi
conto di quanto fossero dei cessi. Quando aveva notato che Diana era l'unica
assente (in un momento in cui né il suo ragazzo, Dean, né Potter, la stavano
guardando, Ginny gliel'aveva confermato), gli si era accesa la proverbiale
lampadina nella testa, ed era corso via, lasciando una Daphne alquanto
contrariata sola in mezzo alla pista. Quando aveva trovato Diana, quando aveva
visto quell'orrida scena presentarsi davanti a lui, si era sentito
letteralmente morire. E aveva reagito d'istinto.
-Ma...- Blaise
si voltò a fronteggiare l'amico.
-Ascolta,
questo non cambierà niente fra me e lei. Capito? Niente.- disse, in un tono che
non ammetteva repliche. Poi si voltò, e se ne andò, esattamente un attimo prima
che Harry, Ron e Ginny irrompessero in infermeria.
-Cosa le hanno
fatto?- ruggì Harry, non appena vide il corpo distrutto dell'amica.
-Non lo so. Mi
ha chiamata Madama Chips, perché qualcuno l'ha portata qui dopo che è stata
aggredita. Non mi ha detto se...se sono riusciti a...- spiegò Hermione: aveva
quasi le lacrime agli occhi.
-Non sono
riusciti a fare...niente.- sobbalzarono tutti e quattro, nel sentire la flebile
voce di Diana uscire dalle sue labbra pallide e strette.
-Diana!- esclamarono.
La ragazza aveva gli occhi chiusi, ma un flebile sorriso comparve sulle sue
labbra.
-Sapete...sarei
dovuta venire alla festa.- disse.
In quel
momento, Madama Chips irruppe nella stanza, simile ad un uragano in gonnella, e
spedì i quattro ragazzi fuori dall'infermeria.
Diana,
nonostante le proteste, rimase in infermeria fino al mattino dopo. Madama Chips
non avrebbe voluto lasciarla andare, ma lei era decisissima a fare due cose,
prima che arrivasse il momento della partenza degli studenti.
Una, era salutare
i suoi amici.
L'altra, era vendetta.
My space
eccomi qui!! di solito non pubblico nel week end, ma mi è stato chiesto, quindi,
obbedisco...;P Spero che vi sia piaciuto il primo atto della “punizione” dei
tre bastardi...sì, primo, perché poi ci mette le mani sopra anche Diana, e non
vorrei mai essere nei loro panni!!
ecco le risposte alle rec:
Honey Evans: ok, respiriamo, calmiamo gli istinti
omicidi...riponi la bacchetta! ;P Spero che la “vendetta: primo atto” ti sia
piaciuta, non vedo l'ora che ci arrivi Diana...grazie per seguire la mia fic!!
Un bacionissimO!!
Diddola: anche io ho letto le storie su Nott e l'ho
trovato molto bello, ma in questa avevo bisogno che facessa la
maledetta-carogna-cervello-della-sozzura-ai-danni-di-Diana...per le sensazioni
di dolore, io che ho fatto pugilato so cosa vuol dire prendere quei
colpi...ahi...per questo sono riuscita a descriverli bene...un besone!!
D2OTTO: visto? Aggiornato velocissimamente! Sì,
Diana si detesterà parecchio per essersi lasciata sottomettere, ma non
dimenticare che dietro tutto c'è Nott che è il cervello del trio...alla fine,
la povera Di ha combattuto bene in questo scontro, ma loro erano in tre e sono
stati per di più scorretti...aaaah maledetti...un besissimo!!
Mione1194: allora optiamo per Lume, se ti va bene.
Se poi lo cambio te lo dico, ok? Allora, hai visto SuperBlaise all'attacco,
come volevi. Contenta? ;P Per Diana in quella situazione, vedi la risposta
sopra...cmq vedrai che si riscatterà di brutto...muahahahah come sono malefica...un
bacione!!!
Si trovava nella Sala d'Ingresso, accanto agli amici che stavano
partendo per le proprie case
Si trovava
nella Sala d'Ingresso, accanto agli amici che stavano partendo per le proprie
case. Era il 23 dicembre. C'era un chiasso infernale: studenti vestiti di tutto
punto per affrontare la neve alta un metro che li attendeva fuori, amici venuti
a salutare, fidanzati e fidanzate che scambiavano con il partner gli ultimi
saluti in modo decisamente spudorato.
-Sicura di star
bene?- Diana sospirò.
-Per la
millesima volta, Herm, sto benissimo. Non mi è successo nulla.- disse.
-Sicura di non
voler venire con noi?- le chiese Ron, staccandosi un attimo da Lavanda.
-Mi piacerebbe,
ve l'ho detto, ma mia madre non mi lascia e a casa non ho la minima voglia di
tornare.- spiegò, anche quello per l'ennesima volta.
-Se hai bisogno
di noi, manda un gufo e arriviamo subito.- le assicurò Harry. Diana gli
sorrise.
-Tranquillo,
papà, so cavarmela da sola.- disse, dandogli un buffetto sulla nuca.
È
facile essere la stessa.
Le
stesse parole, i gesti, gli atteggiamenti.
Rassicuri
i tuoi amici.
Ma
ora più che mai vorresti essere tu quella ad essere rassicurata.
Ma
tu stessa ti chiudi. Come un fiore delicato in una notte fredda.
Il
dolore è tuo.
Il
ricordo è tuo.
Quell'orribile
sensazione...
Inerme.
Non
la dimenticherai mai.
Non
riesci a capire come hanno fatto a sopraffarti.
Non
sei invincibile, lo sai, ma ora più di prima ti rendi conto di essere
vunerabile.
Ti
sei difesa. Al meglio.
Ti
riprometti di tornare ad allenarti, di tornare ad essere invincibile.
Devi
esserlo.
Ma
una cosa non riesci a ricordarla.
Chi?
“Ma cosa cazzo
c'è fra quei due??” pensò Blaise, osservando la ragazza dall'altra parte della
Sala.
-Blaise, se ti
dà tanto fastidio che lei e Potter siano amici, vai là e diglielo.- sospirò
Draco. Erano entrambi appoggiati ad un muro, l'immancabile sigaretta fra le
labbra, e un sorrisetto decisamente sadico sul viso. Non sarebbero partiti, ma
volevano assolutamente vedere...cosa, non lo sapevano nemmeno loro.
-Non mi dà
fastidio. Assolutamente nessun fastidio. Volevo solo vedere come stava.-
ribatté lui, senza staccarle gli occhi di dosso. Nonostante si fosse truccata,
e probabilmente anche fatta una doccia, si vedevano tutti i segni che quei tre
bastardi le avevano lasciato addosso. Non tanto i segni fisici, mascherati
perfettamente, ma quelli psicologici. Voltava la testa in continuazione, i suoi
occhi non smettevano mai di scrutare la Sala, ed era in disparte rispetto ai
quattro amici, pronti come la maggior parte della gente in quella Sala a
partire per le proprie case.
Un movimento ai
limiti del suo campo visivo lo distrassero dalla contemplazione della ragazza.
Tre persone,
due molto grosse e la terza più sottile, stavano cercando di allontanarsi senza
farsi vedere da lui.
Fin dalla sera
prima, cercavano in tutti i modi di evitare lui e Draco.
Draco stese un
braccio e fermò Blaise, esattamente un secondo prima che estraesse la bacchetta
e ponesse fine alla loro inutile vita.
-Guarda.- gli
disse, e con un gesto del mento indicò Diana. La ragazza si era voltata, li
aveva visti, e in quel preciso istante aveva perso ogni somiglianza con una
donna.
Ed era
diventata un lupo.
Harry si
accorse degli occhi omicidi di Diana. Seguì il suo sguardo, e vide cosa aveva
puntato.
-Ma che...-
fece, senza capire. Hermione, al contrario di lui, c'era già arrivata. E fece
qualcosa che la rese ancora più cara a Diana: sussurrò qualcosa a Ginny, e
insieme a lei si preparò per trattenere i due ragazzi. Diana vide tutto questo,
mentre avanzava con la bacchetta in pugno attraverso la folla.
-Tiger,
guarda.- mormorò Goyle, indicando il fulmine bruno in avvicinamento. Era
vicina. Troppo vicina.
-Cos'è, vuoi il
bis, puttanella?- fece Tiger, ignaro di star firmando la propria condanna a
morte. La Sala piombò nel silenzio più assoluto. Intorno ai quattro, si creò
quasi all'istante un varco.
Fuoco.
Ardeva
nei suoi occhi, nel suo sangue, nella sua anima.
Fuoco
di rabbia, fuoco di dolore.
Fuoco
di vendetta.
Nessuno, nessuno,
poteva guardare in quei due baratri metallici e non rimanerne terrorizzato.
-Eneshihan.-
disse, e nella sua mano comparvero tre bacchette. Un guizzo sinistro dei suoi
occhi, un sorriso crudele sulle labbra, e le bacchette arsero di fiamme
corvine, lasciando di sé solo cenere.
-Ehi!
Maledett...- Tiger e Goyle le si scagliarono addosso.
Errore.
Il movimento di
Diana fu talmente veloce che, in un primo momento, nessuno si rese conto di ciò
che aveva fatto. Ma qualcosa doveva pur aver fatto, visto che l'attimo prima
Tiger e Goyle erano in piedi, e l'attimo dopo giacevano a terra, senza fiato e
con un grossa botta allo stomaco.
Nott provò a scappare.
Sapeva riconoscere una partita persa in partenza. Ma i suoi piedi non si
mossero. Esterrefatto, abbassò lo sguardo e vide le proprie scarpe affondate
nel lucido pavimento della Sala.
Diana camminò
tranquillamente fino a lui. Avrebbe potuto ucciderlo. Una parte di lei voleva
farlo.
Una
parte di lei bramava di farlo soffrire quanto lui aveva fatto con lei.
Sorrise. Un
sorriso perfetto, crudele, tirato sui denti, bellissimo e letale.
-Lasciami
subito andare, schifos...-
Il rumore
sgradevole e soddisfacente di un pugno che affonda nella carne umana. Una forza
inaudita in quel colpo, in quell'unico colpo, che spedì Nott direttamente a
terra.
Dopotutto,
l'aveva liberato. L'aveva chiesto lui, no?
Con la coda
dell'occhio, vide un Ron e un Harry pericolosamente arrabbiati abbattersi con
la forza di due uragani contro a Tiger e Goyle. O Hermione gliel'aveva
spiegato, o ci erano arrivati da soli. Non provò a fermarli: Ginny li teneva
d'occhio, pronta ad intervenire nel caso che i due Grifoni avessero avuto la peggio.
Il suo
obiettivo era un altro.
La Mente di
quell'attacco premeditato.
Con fluida
eleganza, Draco agguantò Nott per la camicia e lo costrinse di nuovo verso
Diana. Blaise, accanto a lui, era indeciso se essere soddisfatto della vendetta
di Diana, o preoccupato che Nott potesse di nuovo farle qualcosa.
Un secondo
pugno andò a segno. Più forte, più calcolato del precedente. Theodore piombò di
nuovo a terra, il viso quasi irriconoscibile, la paura più grande del dolore.
Cercò di
sottrarsi alla vista omicida della ragazza.
Ma, prima che
Diana potesse fargli qualsiasi altra cosa (tipo farlo bruciare per un paio di
settimane, per poi seppellirlo vivo in una buca piena di lava bollente – e
questa era l'idea meno violenta che le passava nella testa), una voce preponderante
infranse quell'attimo di tensione che di solito precede l'omicidio.
-Che cosa sta
succedendo qui!?-
Erano già venti
minuti buoni che la McGrannitt sbraitava. Dopo aver dato una lavata di capo a
Harry, Ron, e a quel meschino duo di cui Diana non aveva nemmeno l'intenzione
di pensare il nome, li aveva spediti a casa dopo aver tolto a tutti e quattro
quaranta punti. Poi aveva mandato Nott in infermeria, accompagnato da un Zabini
quanto mai soddisfatto di rimanere solo con lui, aveva preso lei e Draco e se
li era letteralmente trascinati dietro, nel suo ufficio.
-Inaudito!!
Come vi è saltato in mente di ingaggiare un duello alla babbana nel mezzo della
Sala d'Ingresso? Esigo una spiegazione a questo comportamento riprovevole!
Diana, da lei non me lo sarei mai aspettata!- Diana rimaneva zitta. Draco,
accanto a lei, ogni tanto le rivolgeva uno sguardo in tralice. Fosse stato per
lui, avrebbe dato volentieri quei tre in pasto alla furibonda McGrannitt.
TOC TOC TOC
-Avanti!-
abbaiò la McGrannitt, ormai sull'orlo di una crisi di nervi. Madama Chips, per
nulla intimorita, aprì la porta.
-Minerva, posso
parlarti un secondo? È molto importante.- chiese, concitata. Draco e Diana si
scambiarono un'occhiata sospettosa. Le due donne uscirono dalla stanza.
-Diglielo.-
esordì Draco.
-No. Ho già
perso abbastanza...- Diana s'interruppe.
-Cosa, Di? Non
dirmi che hai perso la tua aria da principessa guerriera, perché ti tiro dietro
qualcosa. Io so com'è andata, e fidati se ti dico che non avresti potuto fare
altro.- disse Draco, serio.
-Avrei potuto
batterli.- fece lei, gli occhi fissi sul pavimento.
Hai
passato la vita a cercare di essere più forte delle altre.
Ora
ti rendi conto di aver fallito.
-Di, tu sei
scema. Nott è perfido in certe cose, sa preparare tutto perfettamente per non
lasciare scampo alle sue vittime. È il degno figlio di un Mangiamorte.- tentò
di rassicurarla.
-Anche tu sei
figlio di Mangiamorte, ma non te ne vai in giro a violentare delle ragazze!
Soprattutto di quelle che appena si riprendono ti ammazzano!- protestò lei,
irata: nei suoi occhi, quando aveva pronunciato la parola “violentare”, si era
accesa una strana luce assassina.
-Sì, ma io sono
Draco Malfoy, vuoi paragonarmi a Nott??? Io sono dieci volte più bello!-
inaspettatamente per entrambi, Diana scoppiò a ridere. Draco sorrise,
sollevato. Poteva immaginare benissimo come si fosse sentita. Sapeva bene che
Diana non avrebbe mai ammesso di stare male, di aver bisogno di qualcuno
vicino, perché era esattamente la stessa cosa che avrebbe fatto lui.
Era insito
nella loro stessa essenza, nella loro stirpe: nessuno di loro si sarebbe mai
piegato davanti al dolore, alla vergognosa debolezza umana.
Proprio in quel
momento, la McGrannitt rientrò nell'ufficio, con un'espressione totalmente
diversa rispetto a quella di poco prima. Rivolse un'occhiata dispiaciuta a
Diana, che finse di non coglierla, e una di inaspettato orgoglio verso Draco.
-Potete
andare.- disse, e li fece uscire senza un'altra parola. I due, una volta fuori,
si rivolsero un'occhiata stupefatta.
-La McGrannitt
è andata di testa. Completamente.- sentenziò Draco.
-No. La Chips
le avrà detto cosa è successo, e avrà deciso di non punirci.- ribatté lei,
pensierosa. Si incamminarono silenziosi attraverso il castello vuoto, diretti
in Sala Grande.
-Diana, devo
chiederti una cosa.- disse Draco ad un certo punto.
-Cosa?- il viso
di Diana era ancora perso dietro ai pensieri di tutto ciò che avrebbe potuto
fare e non aveva fatto. Draco appariva risoluto, serio, e preoccupato.
rieccomi qua...povera Diana, la McGrannitt le ha
rotto le uova nel paniere!!
D2OTTO: Blaise tanto non la molla, Diana, la
controlla sempre...è proprio andato di testa! Però stai zittina eh, che ti ho
rivelato in parte quello che succederà, non rovinare la sorpresa ai lettori!!
;P
Honey Evans: mi dispiace che Diana sia stata
interrotta nel compiere la sua sacrosanta vendetta, ma quello che ha fatto
Blaise mentre lo portava in infermeria poi lo sa solo lui...(ndBlaise: chissà
perché faccio sempre la fine del sanguinario...è quell'altra là la sanguinaria,
mica io!)(ndDiana: ma fottiti! Io non sono sanguinaria, sono solo molto
vendicativa...)(ndMe: se se...)(ndDiana&Blaise: AVADA KEDAVRA!)
Diddola: anche Diana sa picchare duro, come hai
visto...io ho cominciato a fare a botte tipo a sei mesi, e non ho più
smesso...qualche volta le ho prese...poche, però!! ;P
iaia_Malfoy4ever (la prossima volta scrivo Ilaria,
il tuo nome è complicatissimo da scrivere!;P): visto che la tua Diana è viva e
vegeta? Ha sempre i due angeli custodi, la coppia Draco Blaise è mitica...se
vuoi posso mandarti dentro la fic a fare una spedizione punitiva, ma mi sa che
anche Honey Evans voglia accodarsi! Un besionissimio tutto per te!!!
mara_star: per il passato di Diana...beh, presto
tornerà presente! Non anticipo nulla, anche perchè non so come si svolgerà (sto
scrivendo ora quella parte)...grazie per i complimenti!!
C'era stato un tempo in cui Diana aveva amato il Natale
C'era stato un
tempo in cui Diana aveva amato il Natale. Li passava con Dan e Scott. Ricordava
con tenerezza il momento dell'apertura dei regali, in cui tutti e tre
dimenticavano di avere rispettivamente quindici, diciassette e ventun anni, e
tornavano bambini.
Quello era il
primo Natale che passava senza di loro. Sua madre sarebbe tornata in America,
per stare con alcune amiche. Non poteva biasimarla: lei aveva inventato la
scusa che a Hogwarts ci sarebbe stato bisogno di lei, e la donna non aveva
intenzione di passare il Natale in solitudine. Al contrario della figlia.
Silente le
aveva assegnato il compito di Facente Funzione Prefetto. A lei. Silente doveva
essere pazzo: nessuno sano di mente avrebbe fatto fare la Prefetta alla
distruttrice del dipartimento di Trasfigurazione.
Non era un gran
divertimento, però, visto che doveva pattugliare corridoi che, con sette studenti
presenti a scuola, non avrebbe comunque potuto essere teatro di duelli epici.
Sette studenti.
Due, erano
Serpeverde, e Diana li conosceva benissimo.
Nel tardo
pomeriggio della Vigilia, si trovava al sesto piano, e stava letteralmente
congelando. Si era giusto fermata all'interno di una classe, cercando di
accendere un fuocherello senza dare in pasto alle fiamme tutto il mobilio,
quando una voce sghignazzò:
-Incendio.-
all'istante, intorno a lei arse un anello di fiamme che l'avvolse
completamente.
-Dimentichi con
chi hai a che fare, Faina.- disse Diana, tranquillamente. Chiuse gli occhi, e
chiese cortesemente alle fiamme di spegnersi. Mentre scemavano, il viso
antipatico di Blaise Zabini emerse dal buio. Fece appena in tempo a vedere la
bacchetta, quando lui l'alzò e gridò:
-Stupeficium!-
-Waddiwasi!-
esclamò lei puntando la propria su un banco, che schizzò verso l'alto e prese
in pieno lo Schiantesimo.
-Furnunculus!-
-Tarantallegra!-
le due fatture cozzarono fra loro e andarono a polverizzare la cattedra. -Ma
che cazzo vuoi da me, Zabini!?!?- esplose Diana, evitando senza un gran impegno
una seconda maledizione.
-Domarti e
sottometterti, ovviamente.- rispose lui, con un ghigno privo di intenti maligni
(ndA: deve pur mantenere la messinscena di detestarla, neh?). Le si avvicinò di
qualche passo, continuando pigramente a bersagliarla di incantesimi.
-Allora temo
che tu stia perdendo il tuo tempo.- Blaise diresse un Incantesimo Tagliuzzante
contro la sua pancia, dove sapeva esserci un tatuaggio (lo aveva saputo tramite
il suo solito asse Hermione-Draco). La veste si lacerò, e un simbolo apparve
sotto gli occhi avidi di Blaise.
Conosceva quel
simbolo, era qualcosa che aveva sotto gli occhi ogni giorno, a casa.
Il simbolo
dell'Oreana.
Una sfera con
quattro rami che si attorcigliavano intorno al centro, simmetrici e perfetti.
Ognuno
rappresentava un Valore: Forza, Coraggio, Saggezza, Lealtà.
Era diventato
il simbolo del mago Oscuro Orendall, alla fine del Settecento, di cui lui era
un vago discendente. Un simbolo che significava libertà da ogni regola,
controllo, freno inibitore: Anarchia era uno dei suoi sinonimi più sinistri.
-Per quello,
dici?- la prese in giro.
-STRONZO!-
esplose Diana. -CR...- s'interruppe.
Di
nuovo il Male nasce in te.
Potente,
scorre nelle tue vene e ti spinge a colpire.
Ma
tu ora lo fermi. Lo domini.
Hai
imparato.
-Expelliarmus!-
la bacchetta volò via dalla mano di Diana, Blaise le fu addosso e la spinse
violentemente contro il muro, i polsi stretti nella sua morsa di ferro.
-Lasciami!-
esclamò lei, rabbiosa e frustrata, cercando di divincolarsi con violenza.
-Datti una
calmata, cazzo, non ti faccio nulla!- la voce di Blaise fu come una secchiata
d'acqua gelida. Il panico si dissolse all'improvviso, quel terrore che l'aveva
attanagliata nel momento in cui si era resa conto di essere di nuovo in
trappola...scomparso.
Non
le avrebbe fatto del male.
Ne
era sicura. Come facesse ad esserlo, era un mistero.
-Lasciami.-
disse, appena un poco più calma.
-Non ci penso
neanche.- rispose lui, con un sorrisetto irritante. Diana si rese conto
all'improvviso di quanto le fosse vicino...anzi, di quanto le fosse
letteralmente addosso.
-Perché?- gli
chiese, stancamente.
-Perché per una
volta voglio parlare con te.-
-E parla,
allora!- sbottò lei in malo modo. Non le piacevano i pensieri tutt'altro che
casti che le stavano nascendo nella mente. Blaise ghignò: era una delle sue
soddisfazioni più grandi, farle venire i nervi. Per di più, quella posizione
era assolutamente piacevole: era più alto di Diana di una decina di centimetri
(lei era un metro e 75 spaccato), e da quella visuale vedeva ogni più piccolo
dettaglio della sua – come al solito – profondissima scollatura.
-Una domanda: sei
allergica alle maglie a collo alto, o lo fai apposta a provocarmi?- le chiese.
Diana alzò lo sguardo su di lui, mezzo seccata, mezzo divertita.
Era
vicinissima.
I
loro nasi quasi si sfioravano.
I
loro occhi erano una cosa sola, intensa, insostenibile.
Occhi
in cui ci si poteva perdere.
Occhi
in cui ci si voleva perdere.
-Sono affari
tuoi?- gli chiese. La battuta l'avrebbe fatta ridere, se non si fosse trattato
di lui. -“Lo fai apposta a provocarmi?”...Cosa nasce nella tua testolina
bacata, Faina?- disse, in tono di sfida. Blaise le si avvicinò ancora di più.
Poteva vedere ogni dettaglio dei suoi occhi, ormai. Ogni scintilla di
quell'acciaio in cui, ogni tanto, a seconda della luce, si scorgeva un lampo di
azzurro intenso. Un sorrisetto che non prometteva nulla di buono gli comparve
sul viso.
-Sicura di
volerlo scoprire, Diana?-
Diana.
L'aveva chiamata
con il suo nome. Non con qualche altro appellativo. No. Solo “Diana”. Non
l'aveva mai sentito farlo, non si era mai abbassato a tanto da chiamarla con il
suo nome di battesimo. E l'aveva detto in un modo, un modo così strano,
eppure semplicemente...perfetto.
Era sicura di
volerlo sapere?
No. Non era più
sicura di nulla, ormai. Da tanto, tanto tempo.
Blaise avvicinò
il viso al suo. Diana sentì la sua guancia premere contro quella del ragazzo.
Involontariamente,
i suoi occhi si socchiusero.
Zabini
le spinse il viso, delicatamente, verso la spalla. Avvertì il tocco delle sue
labbra sul collo, morbide, calde, premute sulla sua pelle, avide. Non riuscì a
trattenere un sospiro, quando quelle labbra che più di una volta aveva
desiderato la sfiorarono.
Che
lentamente, inesorabili, risalivano la linea della gola e arrivavano alla
guancia. All'angolo della bocca. Diana lo avvertì, intravide il viso a pochi
millimetri dal suo, respirò il suo respiro caldo, tranquillo. Aspettava.
Diana
non dischiuse le labbra quando lui la baciò. Avrebbe voluto farlo. Davvero.
Avrebbe voluto lasciarsi andare. Ma non ci riusciva.
Avevano un sapore
così intenso, le sue labbra...spinse ancora di più il suo corpo contro a lei, e
non la sentì protestare. La sua pelle, quando l'aveva sfiorata, era morbida,
fresca, sapeva di neve. Non aveva idea di come fosse la neve, ma era questa la
sensazione che aveva. Neve. Morbida neve in cui sprofondare, in gelide notti al
chiaro di luna. Non forzò le sue labbra. Non avrebbe mai potuto.
-Guarda che non
ti faccio niente.- la sua voce la sorprese. Non l'aveva avvertito allontanare
di poco il viso dal suo. Diana aprì gli occhi, per ritrovarli in quelli di lui.
-Di questo non
sono tanto sicura.- borbottò.
-Santo Salazar!
Ma tu ti fidi di qualcuno?- sbottò Blaise, alzando gli occhi al cielo.
-Certo non di
te.- “Veramente poco convincente, Di.”
-Si può sapere
perché mi odi tanto?- esclamò lui, esasperato. La reazione a quella domanda
sospirata non tardò a venire.
-IO!?!? Hai
cominciato tu tutta questa storia, Faina dei miei stivali col tacco a spillo!
Io proprio non avevo la minima intenzione di cominciare questa dannata faida,
sperando che tu sappia cosa sia!!- strillò Diana, isterica. Blaise represse un
sorriso: vedendola strepitare si era intenerito.
Non si saziava
mai di guardarla. Non poteva smettere, era più forte di lui, era come un
magnete, il suo carattere, il suo viso, il suo corpo, tutto lo attirava
irreversibilmente verso di lei.
E poi c'erano i
suoi occhi: non riusciva a staccarsene, avevano un che di ipnotico e di
ammaliante. Una forma perfetta, le ciglia lunghissime che approfondivano il suo
sguardo, già intenso di suo.
Erano occhi che
avevano visto il dolore.
Che avevano
odiato e amato.
Occhi in cui si
scorgeva un'infinita sensibilità, una dolcezza che non si coglieva mai in lei,
una profondità che solo una purezza come quella di Diana poteva dare. Ecco, la
parola giusta per descriverla: pura. Spontanea. Eppure, si rese conto, quella
che aveva conosciuto doveva per forza essere una maschera, un'altra persona, se
ora nei suoi occhi e nel suo viso vedeva tutto questo.
Una
maschera di dolore.
Chi
hai perso, Diana, perché diventassi così?
Chi
ha saputo guardarti e vedere la vera Diana?
Chi
è che se n'è andato, distruggendoti e costringendoti a creare una barriera,
intorno a te, per difenderti da tutto?
Chi
hai amato, Diana, dea alla ricerca della felicità?
Diana tacque,
rendendosi conto di non essere ascoltata. I suoi occhi brillavano come quelli
di una bambina. Lentamente, Blaise si abbassò di nuovo, sfiorò quelle labbra
color avorio con le sue e le sentì schiudersi...
-Non ho alcuna
intenzione di interrompere...- una voce un po' strascicata li fece sobbalzare.
Istintivamente, Blaise la lasciò andare. Draco Malfoy, con un ghigno alquanto
compiaciuto, li stava osservando, pigramente appoggiato allo stipite della
porta.
“Memorandum
mentale: uccidere Draco Malfoy.”
-...ma purtroppo
è quello che hai appena fatto.-terminò
l'amico, seccato. Con la coda dell'occhio, vide Diana dileguarsi attraverso la
stanza, diretta in corridoio, ma Draco la fermò prendendola gentilmente per un
braccio.
-Tutto a posto?-
le chiese, in tono da fratello maggiore. La cosa irritò Blaise forse ancor più
di essere stato interrotto: non le aveva fatto niente. Non le aveva fatto del
male. Perché Draco le chiedeva come stava? Come osava toccarla, guardarla negli
occhi? “Sei geloso, Blaise?” cinguettò antipatica una vocetta nel suo cervello.
Di nuovo.
-Sì, Dray, tutto
a posto.- rispose Diana, in tono sorprendentemente calmo. Fece un mezzo
sorriso, e sparì.
“Diana, sei
un'imbecille.”
Il cuore le
batteva forte, le guance le ardevano. Non si sentiva così da...da quanto? Mesi?
Anni?
Una vita intera?
Però era bello.
Era una sensazione stupenda. Per la prima volta, da tanto tempo, si sentiva
bene. Non era solo il bacio, non era solo quel momento in cui si erano
ritrovati in un contatto piuttosto “intimo”...aveva appena visto. Aveva appena
ricordato. Quegli occhi, quegli stessi occhi che fino a pochi attimi prima
erano a pochi centimetri dai suoi, lei li aveva visti ardere di rabbia, di
furia, illuminati dal bagliore rossastro di uno Schiantesimo.
Li aveva visti
proteggerla.
Non riusciva più
a fermare le emozioni. La diga che frenava i suoi sentimenti era crollata.
E lei aveva
capito.
L'aveva
salvata.
L'aveva
salvata perché ci teneva, a lei. Quanto, ancora non lo sapeva.
Perché
il pensiero di contare qualcosa per Blaise Zabini le accelerava i battiti
cardiaci, mandandola in iperventilazione?
Perché
improvvisamente si rendeva conto che, da quando lo aveva visto per la prima
volta, non aveva più visto nessun altro?
Ora che lui si
era fatto avanti, ora, che era ben conscia di interessargli, perché sapeva con
certezza di amarlo?
-Cos'è, hai
deciso di buttare alle Mandragole tutti i tuoi freni e di tentare il tutto per
tutto?- ghignò Draco, mentre praticamente correva per stare dietro all'amico
diretto ai loro dormitori.
-Avevi ragione.-
sussurrò lui, molto piano.
-Non ho capito,
cos'hai detto?- ghignò Draco.
-Non lo ripeterò,
Malfoy.- ringhiò Blaise.
-Lo immaginavo.
Allora alla fine l'hai capito, di essere cotto di lei!-
-Posso mandarti a
farti dare in culo?-
-Fa' pure, ma io
avevo ragione: ti sei innamorato!!- Draco cominciò a sghignazzare senza
ritegno. Ma i pensieri di Blaise non vertevano su come farlo fuori. No. La sua
mente era già lontana, persa dietro il profumo di quella ragazza.
Più tardi.
-Lasciala in
pace, ok? Fa' il gentiluomo e comportati bene. Educato, Blaise!- Blaise sospirò.
Draco era stato insopportabile per tutto il giorno. Fu quasi un sollievo
arrivare in Sala Grande, addobbata come al solito da dodici enormi abeti
decorati da ghirlande, palline, fili di perle e chi più ne ha più ne metta. Le
quattro tavole erano scomparse, lasciando il posto ad un'unica tavolata a cui
erano seduti, oltre ai professori, i pochi studenti rimasti al castello. Diana
era già là, accanto ad un primino tassorosso molto nervoso, e ad un Corvonero
del settimo anno che tentava, con scarso successo, di attaccare bottone con
lei.
-Sparisci.-
intimò elegantemente Draco al primino che, terrorizzato, filò via. Blaise si
limitò a trucidare il Corvonero con lo sguardo, e quello, piuttosto a disagio,
biascicò qualcosa su un impegno improvviso e si dileguò. I due serpeverde
presero posto ai due lati di una Diana parecchio divertita. Blaise non poté
fare a meno di notare un guizzo nei suoi occhi, quando inavvertitamente le
sfiorò un braccio.
-Tutto a posto?-
le chiese Draco, con un ghigno malcelato.
-A parte un
cretino per parte, sì.- rispose lei, con un sorrisetto che entrambi
contraccambiarono. Proprio in quel momento, ad un ordine di Silente, apparve la
grandiosa cena della Vigilia di Natale. Diana protese una mano per prendere un
piatto di tortelloni, ma Blaise la precedette e la servì per prima. -Blaise, mi
sorprendi: si sono risvegliate le tue indubbie qualità di gentleman?- gli
chiese lei, sinceramente colpita.
-Ovviamente,
mylady.- rispose lui, con aria tremendamente cavalleresca. Draco, alla sinistra
di Diana, scoppiò a ridere, spargendo pezzettini di pane su tutta la tavola, e
anche Diana sorrise; ma il suo era un sorriso sincero.
Non era mai
riuscito a parlare veramente con lei. Il più delle volte, si scambiavano
qualche insulto o allusione maligna, ma una conversazione seria, da persone
civili, non l'avevano mai fatta. Durante la cena, si rese conto di quanto Diana
fosse letteralmente una AMERICANA DOC: intelligente, scaltra, dinamica, con una
lingua “che taglia e cuce”. Una persona senza mezze misure, con un vocabolario
sconfinato e un'ironia che il più delle volte lo fece ridere di gusto.
“Se diventa così
ogni volta che mi bacia, mi sa che gli farò un trattamento intensivo.” era il
continuo pensiero di Diana. Non riusciva a capacitarsi di quanto quel ragazzo,
che fino al giorno prima avrebbe volentieri Cruciato a sangue, ora le stesse
facendo passare una cena decisamente piacevole, con la sua voce pacata,
ironica, con le sue battute, con la sua sola presenza.
E Draco? Draco se
la rideva come un matto, pensando già allo splendido viso della sua Hermione
illuminato da una risata, mentre le raccontava l'improvvisa amicizia (e forse
non solo) nata fra quei due cretini dei suoi migliori amici.
(ndA&Diana&Ran(ma
che ci fa qui??? O.o): Malfoy, lasciatelo dire: sei un fottutissimo bastardo!!)
-Beh, ragazzi...-
esordì, alla fine della cena, alzandosi dal tavolo. -Io devo andare.- quattro
occhi saettarono verso di lui.
-Dove?- chiesero
Blaise e Diana. All'unisono. Draco reprimette il desiderio di scoppiare a
ridere.
-A casa mia. Sono
rimasto un giorno in più perché volevo essere sicuro che non vi scannaste...-
gettò un'occhiata a Diana, che era arrossita. “DIANA ARROSSITA!?!?!? Qua il
mondo gira al contrario...” pensò. -...ma mi sembra che non ne abbiate la benché
minima intenzione.- aggiunse, con un sorrisetto. I due lo accompagnarono fino
alla Sala d'Ingresso, dove un elfo domestico aveva già portato i suoi bagagli.
-Mi
raccomando...salutami Hermione!- gli raccomandò Diana, assolutamente incapace
di fargliela passare liscia dopo tutte le allusioni che aveva fatto prima, dopo
e durante la cena.
-Contaci.-
rispose lui. Li salutò, e uscì dal castello, con un ghigno non più trattenuto
dipinto sul viso.
Olè!! Eccomi qua con il chap che mi piace di più
(avrei voluto concedervi un'altra chicca, ma ho deciso di farvi penare ancora
un giorno muahahahahahahah -me sadica-)...innanzitutto..beh wow!! 8
recensioni!! No dico OTTO!?!?!? Ma vi adorooooOO!!!!!!!!! Ed eccomi a
rispondere:
D2OTTO: Ma chi l'avrà mai detto, chissà...forse un
bel moretto...(Blaise fa gli occhi innocenti alla mia occhiataccia, Diana gli
fa gli occhi da cerbiatta e io inorridisco)...per la punizione, nel prossimo
chap oppure in quello dopo ci sarà un articolo sul profeta dove quei tre
subiranno una strana vendetta...besoni!!!
Mione1194: eh hai ragione quei tre non pensano...e
poi draco mi è piaciuto troppo, quando riprende nott e glielo mette davanti
(vedi: sadico)...oh mi raccomando, silenzio stampa!!
ilaria: calmati e respira, oki? Aspetta il nono
capitolo e poi sarai soddisfatta, della serie di quei tre ce ne
liberiamo...contentissima di averti fatto apprezzare ron, mi è piaciuto troppo
nel chap prima...spero che in questo tu non sia gelosa di Diana (Diana fa una
faccia strana, non capisco, mentre Blaise ti sta cercando per
avadakedavrizzarti)
honey evans: hehe quella battuta modestamente è
farina del mio sacco...eh si draco è bellissimo perché è anche stronzo,
hihi...(io sbav)...e poi quando fa il fratellone protettivo con Diana, beh io
lì sverrei (ilaria è già svenuta)
mara_star: beh contentissima che Diana ti piaccia
tanto, adoro quella ragazza anche perché è un tipo TOSTO!!!
Tayla: ma che bello un'altra recensitrice!! Si draco
ed herm per ora si vedono poco, però dopo, nella seconda parte della storia
(siamo circa a 1/3) ci saranno molto di più, promesso!!
Selphie: mo grassie!!!! Spero che continuerai a
recensire (a proposito, da dove vieni? Mi piace la parlata!! ;P)
Diddola: (risponde Diana) ma grazie per i
complimenti, arrossisco...no Blaise non è vero che sono montata, quello sei
tu...beh ma allora abbiamo lo stesso nome...io sono del 19 aprile (ndAutrice
leggermente incazzata: tutti i miei personaggi femminili hanno la mia stessa
data di nascita ----> modo occulto per ricordare che sabato è il mio
comple!!)...come vedi manca poco!!
(riprendo la parola io): Ma sinceramente le
occasioni che hanno gli altri di colpirmi sono poche...muahahah io li mando al
tappeto quasi subito, ho un sinistro che distrugge...si faccio diverse gare di
boxe, purtroppo a volte arrivo a casa che sembro reduce da un incontro con
tyson!!!!
Lui e Diana
rimasero a guardare l'amico allontanarsi, a lungo, per non
doversi guardare, per non doversi dire parole senza senso.
Parole che avrebbero distrutto quell'idillio, quell'attimo
di cristallina serenità scesa fra loro, assieme alla
morbida neve silenziosa che adornava le finestre.
Finalmente,
dopo quella che ad entrambi parve un'eternità, Blaise
si decise a prendere in mano quella situazione di stallo.
-Vuoi che ti
accompagni alla Torre?- “Idiota. Un assoluto,
completo, totale idiota, ecco cosa sono. Vuoi che ti mandi
al diavolo? Lei sa difendersi! O, almeno, è quello
che ti dirà di certo!” si disse, preparandosi
già ad uno sdegnoso rifiuto.
Ma...
-D'accordo,
grazie.- la risposta lo lasciò stupefatto. La guardò,
e capì immediatamente perché avesse risposto
così: erano ancora evidenti i segni della violenza,
sul suo viso, e lei non li aveva dimenticati.
Ma perché
voleva proprio lui, accanto?
Non riuscì
a capirlo, dal rossore che le cresceva sulla pelle chiara e
dal suo sguardo basso.
Silente,
dal suo posto a capotavola, sorrise vedendo i due ragazzi
allontanarsi verso la scalinata, fianco a fianco, vicini.
Continuarono a
chiacchierare, mentre lentamente salivano le scalinate che
portavano alla Torre; di cose futili, banali, ma erano solo
un pretesto per guardarsi, sorridersi, pensarsi. Fianco a
fianco, raggiunsero fin troppo presto il ritratto della
Signora Grassa, che li osservava curiosa.
-Beh...ciao.-
Diana si detestò per quel saluto balbettato, a occhi
bassi. Fece un passo, decisamente troppo breve, come di chi
non se ne vuole andare.
Voleva essere
fermata.
Voleva che lui
la fermasse.
“E va
bene, stupido cervello. Prenditi una vacanza.”
Blaise allungò
una mano, sfiorò la pelle candida delle dita di
Diana. Lei si fermò, senza voltarsi, un brivido che
correva caldo e repentino lungo la sua schiena.
Ci sarebbe
voluto così poco...solo un istante, per stringerla a
sé, per impedirle di scappare...
Il vestito
di Diana ondeggiò fra le gambe di Blaise, quando lui
la trasse a sé e la baciò.
Per un
istante, un solo istante, temette che l'avrebbe respinto. Se
l'avesse fatto, Diana avrebbe potuto dire qualsiasi cosa,
qualsiasi scusa...ma lui, lui ne sarebbe stato distrutto.
Ma no.
L'attimo dopo,
Diana aveva dischiuso le labbra, e si era lasciata
coinvolgere dal suo bacio.
Da lui.
Non poté
impedirsi, Blaise, di stringerla a sé, di farle
scivolare una mano lungo la schiena, sui fianchi, mentre
l'altra le carezzava i capelli, il viso, il collo.
Non poté
impedirsi, Diana, di sentire il proprio corpo fra le sue
braccia, di sentire i suoi muscoli perfetti contro il seno,
di stringersi alle sue spalle forti...di sentirsi, per la
prima volta, a casa.
Rinunciare
ad ogni replica, lasciarsi andare.
Entrambi
consci di aver abbandonato sé stessi nell'altro.
Le sembrava
così fragile, così indifesa.
Lei,
l'invincibile Diana, la dura, la guerriera.
Vulnerabile.
Esposta da un bacio che si faceva sempre più intenso,
sempre più profondo. Esposta a lui. Sua. In
quell'istante...e forse per sempre.
E l'attimo
dopo, si trovarono nella stanza di Diana.
La ragazza
sentì le mani di Blaise sfiorarle il giubbotto che
indossava sopra l'abito. Sentì il tessuto
allontanarsi dalla sua pelle, scendere sulle sue braccia
candide, e cadere a terra. Lle carezze sul suo corpo erano
morbide, tranquille, sicure, cancellavano senza sforzo ogni
dubbio ancora debole in lei. Sotto le dita avvertì le
linee perfette dei muscoli che tante volte aveva ammirato,
ogni più piccolo dettaglio, la camicia che le
impediva di sfiorarne la pelle. Poi, i bottoni. Li slacciò,
lentamente, ma senza goffaggine, come se...come se l'avesse
fatto molte altre volte. Fece scivolare le sue mani
rovinate, eppure così morbide, sul suo torace, sui
pettorali scolpiti, poi giù, sui fianchi, fino al
bordo dei pantaloni di ottima fattura.
E
un'emozione che conosci bene ti invade, Diana.
-Ho
paura.- sussurrò, gli occhi semi chiusi, le labbra
pronte ad accogliere un suo bacio.
-Non devi
averne. Fidati di me.- rispose lui, guardandola con quegli
occhi improvvisamente sinceri.
E lei si fidò.
Le sfilò
la camicetta e le baciò il collo, inebriandosi del
suo profumo, così potente, che lo faceva dubitare di
tutto, persino di sé stesso. Avvertiva il suo respiro
affannato premuto contro il torace, i seni caldi modellarsi
su di lui. Non poteva impedirsi di essere eccitato, di
spingere il bacino contro di lei. Gli faceva perdere il
controllo, bella com'era, selvaggia com'era, sensuale
com'era...
Le mani non
così innocenti di Diana lo trassero a sé, per
i jeans, e si ritrovò sul letto, sopra di lei. Cercò
di mantenersi calmo. Di non perdere il controllo.
Ma scendendo
lungo i suoi fianchi, sulla pancia morbida e liscia, sui
seni, carezzando e baciando quella pelle solcata da mille
cicatrici, non poteva non desiderarla ancora di più.
Risalì
con le mani le sue cosce, sotto la gonna dell'abito. Non
portava le calze, notò. “Sfacciata.”
pensò con un sorriso, mentre raggiungeva il bordo
degli slip e glieli sfilava, con una calma che tradiva tutto
il suo desiderio.
Ora c'era
passione. Diana la conosceva, l'aveva provata. E la provava.
Passione in lei, passione in lui, passione nei loro baci. E
la mano di Blaise, persa là sotto, di certo aiutava.
Era una dolce agonia, un dolce tormento, che presto non
riuscì più a sopportare. Slacciò il
bottone dei jeans di lui, e s'intromise sui fianchi scolpiti
del ragazzo, sulla linea dei boxer aderenti dello stesso
colore del suo intimo.
Sentì,
sentì chiaramente, che Blaise non ne poteva più
di aspettare.
E nemmeno lei.
Finalmente,
Diana gli permise di scivolare dentro di lei. E si accorse
immediatamente di una cosa che lo lasciò un attimo
perplesso.
Era già
stata amata.
Un moto di
rabbia pervase improvvisamente Blaise: non contro di lei,
questo mai; ma contro lui, quel lui che non
conosceva, quel lui che – per la sua salute –
doveva averla amata, e non che fosse stato
solo...beh, solo sesso.
Ma ora c'era
lui, Blaise. Lui e nessun altro, e lo sapeva.
Diana inarcò
la schiena, e Blaise si rese conto di essere rimasto
immobile, dentro di lei, perso nei suoi pensieri e fra le
sue labbra.
E allora si
mosse, si rituffò in lei, nel suo corpo, amandola con
desiderio, con passione, con bisogno. Sì, bisogno.
Bisogno di
lei.
Aveva
dimenticato l'amore. Aveva dimenticato cosa significava
amare, rischiare il tutto per tutto, darsi, darsi
completamente senza paura di soffrire. Aveva scordato il
sapore dei baci, la dolce carezza di un amante, i sorrisi
che nascevano quando ci si sentiva improvvisamente bene,
perché uniti, perché insieme.
Blaise...
Blaise era un
idiota. Un cretino. Un arrogante. Un Serpeverde. Un nemico.
E non le
importava.
Più
tardi.
Lenzuola che
accarezzano due corpi nudi, perfetti, abbracciati.
-L'avevi già
fatto, vero?- le chiese Blaise, piano. Le accarezzò
il viso, quel morbido viso che non aveva mai visto così
rilassato.
-Sì.
Anche tu.- e la sua non era una domanda. Aveva gli occhi
chiusi, Diana, l'espressione serena. Si voltò,
dandogli la schiena, lasciandosi abbracciare, facendo
scivolare le dita fra quelle di Blaise. -Buonanotte,
Blaise.-
-Buonanotte,
Diana.- le sussurrò lui all'orecchio, il viso
affondato fra i suoi capelli, le labbra che le posavano un
tenero bacio sulla tempia.
Si
addormentarono così, l'uno stretto all'altra.
E quella
notte, per la prima volta da mesi, Diana dormì un
sonno senza incubi.
Uno dei due
si alzò. Guardò l'altro, illuminato dalla
bianca luce della luna. Era proprio bello, quello dei due
che dormiva. Quello sveglio distolse a fatica lo sguardo,
prese una pergamena e una piuma dallo scrittoio, e scrisse
velocemente due righe, per poi affidarle a Crystal.
TIC TIC TIC.
Draco si
svegliò di soprassalto. Un falco batteva il becco
contro la finestra della sua camera. Si alzò in
fretta e andò ad aprirgli la finestra, lasciando
entrare l'aria fredda di dicembre, e prese la busta che gli
porgeva.
L'aprì
alla svelta, e dopo averla letta scoppiò in una
fragorosa risata.
-Cosa
succede?- Hermione, assonnata, alzò la testa dal
cuscino. Draco andò da lei e le diede un dolce bacio
fra i capelli, sempre sorridendo.
-Alzati,
tesoro. Abbiamo qualcosa da fare.-
§
Diana aprì
gli occhi. La bianca luce del sole riflessa sulla neve
l'abbagliò per un istante, e la costrinse a
richiuderli. Affondò ancora di più la testa
nel cuscino di piume, assonnata.
Poi, uno, due,
tre...il ricordo di una pelle bronzea e tonica, due corpi
uniti, allacciati...si voltò di scatto, sorpresa.
Il letto era
vuoto.
La delusione e
l'amarezza la invasero, mentre si lasciava ricadere sui
cuscini. “Dovevo aspettarmelo.” pensò
amaramente. Si era lasciata ingannare da quella dolcezza, da
quegli occhioni sinceri, e lui se n'era andato. “Ben
mi sta. Così imparo a inn...ehm...a fidarmi.”
-Diana?-
-Aaah!- Diana
sobbalzò di botto, nel sentirsi chiamare, e...e cadde
rovinosamente dal letto.
-Cos'è
successo?- la voce di Blaise suonava preoccupata, dalla sala
comune.
-Niente,
sono...sono caduta dal letto.- rispose lei, dolorante,
rialzandosi in piedi mentre la risata di Blaise risuonava in
tutta la Torre. Notò con la coda dell'occhio la pila
di pacchetti dorati in fondo ai piedi del letto, che
Morpheus covava con occhi avidi. Lo scacciò
dolcemente, poi si diresse in bagno e si infilò
dritta sotto la doccia. L'acqua calda sembrò
svegliarla. “È rimasto. È rimasto qui.”
pensò.
Sorrise.
Sentì
la porta della doccia scorrere, dopo qualche istante, mentre
l'acqua scrosciava morbidamente sul suo corpo.
-Ehi,
buongiorno.- le disse Blaise. Gli dava le spalle, ma avvertì
chiaramente il suo sguardo sul corpo.
-Pensavo che
te ne fossi andato.- mormorò, con malcelato sollievo.
-Perché?-
le chiese lui, tranquillamente. Poteva facilmente intuire
cosa fosse passato per la testolina di Diana, quando non
l'aveva trovato accanto a lei.
-Non lo so.-
rispose. La porta della doccia si chiuse, e Diana si rese
conto che se n'era andato davvero. “Diana deficiente,
hai rovinato tutto come tuo solito!” si voltò,
pronta a seguirlo.
E,
semplicemente, vi andò a sbattere contro.
-Dove hai
intenzione di andare?- le chiese Blaise, con un sorrisetto.
Diana non rispose: aveva momentaneamente perso ogni capacità
di parola, quando aveva visto l'acqua scorrere fra i suoi
muscoli scolpiti, sul suo torace levigato, fino ai jeans
aderenti e ormai fradici che non celavano nulla,
del suo desiderio.
-Da nessuna
parte. Proprio da nessuna parte.- riuscì a
rispondere, con voce strozzata. “E chi si muove!?”
Blaise
sorrise, e le fece scivolare le mani lungo il corpo,
eccitandola ancora di più. -Così non vale
però...- mugolò Diana, quando la spinse con il
bacino contro la parete della doccia.
-In amore e in
guerra, tutto è lecito.- le ricordò lui. Diana
carezzò con le sue dita bianche ogni singolo muscolo
del suo torace, guardandolo dritto negli occhi.
-E questo
cos'è?- gli chiese, mentre arrivava alla svelta alla
chiusura dei jeans.
-Un po' tutt'e
due.- rispose lui, raggiungendo le sue labbra bagnate e
perdendosi in lei.
Diana si
accoccolò vicino al camino. Indossava solo una
maglietta lunga, che le arrivava appena sotto il sedere, e i
capelli umidi le ricadevano intorno al viso. Era bellissima
anche così, senza trucco, con l'espressione morbida
di chi non potrebbe stare meglio di così.
Blaise la
raggiunse. Indossava ancora solo i jeans, di nuovo
perfettamente asciutti, e aveva un asciugamano intorno al
collo. Diana si beò per un istante della sua
celestiale immagine, del petto snello e slanciato delineato
perfettamente dalla pelle bronzea, tonica, scolpita.
-Tu mi vuoi
far morire, ad andare in giro così.- lo rimproverò
con un mezzo sorriso, mentre lui si sedeva accanto a lei,
sul tappeto. Prima che lei si svegliasse, aveva recuperato i
propri regali dal dormitorio dei Serpeverde e li aveva
portati lì, assieme a quelli di lei.
-Non è
mica colpa mia se sei una pervertita...- le fece notare.
-Ah, sono io
ad andare in giro mezza nuda?- entrambi abbassarono lo
sguardo sulle sue gambe, nude e paffute. -Vabbé, sì,
ma non c'entra.-
-Come, non
c'entra? E io di cosa sono fatto, di legno?- protestò
Blaise.
-Ma che ne so
io, so solo che non puoi costringere una signorina per bene
a certi pensieri...- Diana gli rivolse uno sguardo
civettuolo.
-Come se ti
servissero incentivi. E poi, scusa eh, ma io cosa dovrei
dire?- così dicendo, le fece correre una mano lungo
l'interno coscia. Diana socchiuse gli occhi, rapita.
-Che sei un
maiale.- rispose, con voce morbida.
-Verissimo.-
disse lui, e la baciò. Non riusciva a resisterle. Non
riusciva a fare a meno di lei. Le spinse la lingua fra le
labbra, possessivo, e nel contempo fece aderire il proprio
corpo al suo, le gambe nude che gli scivolavano sui jeans,
calde, invitanti. Poi, proprio quando stava diventando tutto
molto più profondo, Diana lo spinse via, ridendo.
-Dai,
piantala...voglio aprire i regali.-
-Beh puoi
sempre aprire i miei jeans, come regalo non è niente
male...- fece lui, senza spostarsi.
-Vaffanculo,
Blaise.- gli intimò, con un sorriso. Blaise la lasciò
andare, e la guardò mentre si avvicinava ai regali,
allegra e serena, bellissima così, semplice, con
addosso una maglietta troppo grande per lei. Si voltò
verso di lui, con un sorriso. -A proposito di
regali...tieni.- gli porse un pacchetto avvolto in carta
argentata. Lui la guardò, stupefatto.
-Mi hai fatto
un regalo? E quando te lo saresti procurata?- le chiese.
-Beh, caro il
mio serpentello, io sono pur sempre una potente Elementale,
non mi è difficile mettere insieme qualcosa...dai,
aprilo.- lo esortò. Le brillavano gli occhi, come ad
una bambina. Blaise, con un mezzo sorriso che non riusciva a
non fare guardandola, aprì il pacchetto. Qualcosa di
argenteo cadde da un'elegante custodia nera.
Il simbolo
dell'Oreana, intagliato in quello che sembrava argento,
brillava alla luce del fuoco. Su ognuna delle quattro
braccia stava una piccola pietra: uno smeraldo, un rubino,
uno zaffiro e una pietra trasparente che poteva essere
cristallo.
-Non vedere il
suo significato Oscuro. Immagino tu conosca la sua origine.-
disse Diana, tranquilla.
-I quattro
Valori.- disse lui, rigirandosi il ciondolo fra le dita. Non
era per nulla un gioiello femminile, anzi, tutto il
contrario. Diana aveva un ottimo gusto, per certe cose.
-Mi sembrava
adatto a te. E poi, mi piaceva, anche perché io ho lo
stesso tatuaggio, come hai visto. Oh, se non ti piace posso
semp...- Blaise le posò la mano sulla bocca, e le
sorrise.
-Diana...è
perfetto.- disse. Sotto le sue dita, la sentì
sorridere. “Accidenti, quant'è bella quando è
felice.” Si liberò dolcemente della sua mano, e
gli prese il ciondolo dall'altra.
-Dai, vieni
qui che te la metto.- si alzò in piedi e girò
intorno a lui. Blaise avvertì un brivido quando le
sue mani gli sfiorarono il collo, mentre allacciava il
ciondolo sulla nuca. -Fatto, adesso voltati e fatti vedere.-
gli disse, e lui lo fece. Diana rimirò la sua opera,
ignara (o forse no) di quanto fosse gradita.
-Mazza oh, sei
ancora più figo di prima.- commentò. Sempre
fine, Diana.
-Lo ritenevo
impossibile.- commentò lui.
-Egocentrico.-
lo apostrofò, ma rise quando la prese per mano e se
la tirò addosso, in braccio, viso contro viso, le
gambe di lei a cavalcioni intorno alla vita di lui. Le diede
un bacio, lungo, passionale, stringendola al suo torace. E,
non per la prima volta da quando le si era svegliato
accanto, quella mattina, si chiese se stava sognando.
Un sogno.
Doveva essere un sogno. Uno di quei sogni belli, così
realistici da sembrare veri, che quando ti svegli ti senti
uno schifo perché sai che non possono avverarsi. Non
poteva essere vero. Non credeva di poter essere di nuovo
così...così felice, serena, allegra, di poter
essere di nuovo quella ragazza che avrebbe dovuto essere. Di
poter essere sé stessa. Con lui. Con Blaise. Quel
bellissimo ragazzo che in teoria lei avrebbe dovuto
detestare. E che invece la rendeva felice come aveva
dimenticato di poter essere.
Blaise
allontanò le labbra dalle sue. Gli si avvicinò,
lo cercò, ma ogni volta che lo trovava lui si
allontanava, in un giochino leggermente sadico che se fosse
stata meno allegra le avrebbe fatto venire i nervi.
-Adesso
piantala...- disse, dopo un po' che continuava, lo spinse
per terra sotto di lei e riuscì finalmente a baciarlo
come si deve. E lui, a braccia aperte, comodamente
spaparanzato sul tappeto, la lasciò muoversi sopra di
lui, per un po'. Si lasciò baciare, le permise di
scendere sul proprio torace, sentì il tocco lieve e
provocante delle sue labbra sui pettorali, sugli addominali,
mentre con le mani lo carezzava, sensuale. Gli ci volle
tutto il suo autocontrollo per fermarla, anche perché
sia il suo cervello che il suo corpo avevano tutta
l'intenzione di godersi quelle dolci attenzioni.
-Comincio a
pensare che tu sia gay, Blaise.- commentò lei,
sedendosi a gambe incrociate di nuovo vicina al camino.
-No, solo
stronzo. Tu mi hai fermato per due volte, mi sembrava equo
farlo.-
-A me non
sembra equo. Proprio per niente.- brontolò Diana.
Blaise rise, e le si avvicinò per baciarla. Ma Diana,
per ripicca, lo allontanò. -Non pensarci neanche!-
-Proprio non
ci riusciamo, a non litigare, eh?- le chiese lui, e lei
annuì vigorosamente. -Dai...pace?- così
dicendo, estrasse dalla tasca un pacchettino avvolto in
carta color indaco e glielo mise davanti al viso. Fu la cosa
più bella, vedere gli occhi di lei farsi da
imbronciati a sorpresi.
-È...è
per me?- gli chiese, esitante.
-No, è
per la Signora Grassa. Dai, Diana, ma che domande fai?-
Diana sorrise, allungò una mano e prese il
pacchettino. Lo scartò con mani tremanti, e due
scintille scivolarono fuori da una scatolina di raso. I suoi
occhi parvero risplendere, illuminati dai due orecchini più
belli che avesse mai visto.
Tre pietre.
Una, un rubino del colore del sangue, e le altre, due
topazi, incatenati alla prima da una sottilissima catenina
argentata. Le pietre erano intagliate per essere sferoidali,
e ogni più piccola sfaccettatura rifletteva i
riflessi del camino, gettando sulla pelle candida di Diana
riflessi rossastri e color indaco.
-Blaise...sono...-
non riuscì nemmeno a trovare le parole per
descriverli. Erano magnifici, adatti a lei in un modo quasi
inquietante. -Come sapevi che rosso e viola sono i miei
colori preferiti?- gli chiese, senza smettere di rimirare i
suoi nuovi orecchini.
-Beh...rosso
perché sei una focosa Grifoncina, e perché è
il colore del fuoco, che a mio parere è il tuo
Elemento. E viola perché con quel colore addosso stai
benissimo.- le spiegò. Diana sorrise.
-Non ti sei
scordato il vestito che avevo quella sera, eh?- Blaise rise.
“Bugiardo” si disse.
-Esatto. Dai,
provateli.- Diana infilò gli orecchini nel buco che
aveva attraverso il lobo dell'orecchio, e Blaise, seduto
dietro di lei, Evocò uno specchio in cui lei poté
rimirarsi. -Di, sei...stupenda.- le disse, osservandola nel
riflesso. Gli orecchini le scendevano lungo il viso, fin
quasi alla spalla, le illuminavano gli occhi e la carnagione
chiarissima. Ma non era merito loro se Blaise le aveva fatto
quel complimento. Diana sorrise, un rossore imbarazzato che
le saliva dal collo. Le diede un bacio sul collo. Poi un
altro. E un altro ancora. La maglietta che scivolava via
sulla sua spalla nuda. Le sue mani corsero sul ventre
morbido e piatto di Diana, sfiorarono quel tatuaggio che
portava al collo, che ora li accomunava. Diana, seduta fra
le sue gambe, carezzò quelle braccia che la cingevano
in vita.
-Blaise...perché
mi hai baciata, ieri sera?- lui non rispose subito, mentre
con le labbra risaliva fino al suo viso.
-Perché
eri triste. E bella. E non volevo lasciarti sola.- le
sussurrò all'orecchio, gli occhi semi chiusi, perso
nel profumo dei suoi capelli.
-E tu vai a
letto con tutte le ragazze tristi, sole, e belle? No perché
io non rientrerei in questa categoria...- gli chiese,
cercando in parte di scherzare. Blaise sospirò.
-A parte che
non è vero...e poi, Di, è da quando sei qui
che non riesco a toglierti dalla testa. Ci ho provato,
Merlino solo sa quanto ci ho provato. Ma non ci riesco. Mi
alzo al mattino e il primo pensiero va a te, a come sarai in
questa giornata, a quanto riuscirò a guardarti senza
beccarmi una fattura, e alla sera mi addormento incazzato,
perché ti vorrei accanto sempre, e non posso.- Diana
lo ascoltò in silenzio, senza far trasparire nella
sua espressione tutta la sua sorpresa. Inclinò la
testa, raggiunse i suoi occhi, e gli sorrise.
-Non potevi.
Usa il passato, Blaise.- e lo baciò.
Draco,
che in quel momento si trovava con Hermione nella
gioielleria più rinomata di tutta Diagon Alley, ebbe
un solo, divertito pensiero, mentre consegnava un grosso
sacchetto di galeoni all'entusiasta commesso: “Mi devi
un grosso favore, Blaise. E settecento galeoni di
orecchini.”
Draco, che in quel momento si trovava con Hermione nella gioielleria più rinomata di tutta Diagon Alley, ebbe un solo, divertito pensiero, mentre consegnava un grosso sacchetto di galeoni all'entusiasta commesso: “Mi devi un grosso favore, Blaise. E settecento galeoni di orecchini.”
-È inaccettabile! Un Serpeverde nella Torre di Grifondoro! Albus, devi fare qualcosa, è inaudito!- la professoressa McGrannitt era a dir poco furiosa. Aveva saputo da un fantasma ficcanaso che Blaise aveva passato la notte nella Torre. Non sapeva se essere più arrabbiata per il fatto che la Torre fosse stata violata, perché fosse stata proprio Diana, la sua studentessa preferita, a permetterlo, oppure per quello che era successo fra i due ragazzi.
-Minerva cara, non vedo cosa ci sia di male.- rispose il Preside, condiscendente.
-Sono d'accordo con la professoressa McGrannitt; è una situazione alquanto sgradevole.- rincarò Piton, amabile come suo solito.
-Come se Blaise Zabini fosse il primo Serpeverde ad innamorarsi di una Grifondoro, Severus.- mormorò Silente, una scintilla maliziosa negli occhi azzurri. Proprio in quel momento, troppo vicini per i gusti dei due austeri professori, dalle scalinate scesero Blaise e Diana, che si sedettero uno accanto all'altra al tavolo unico, chiacchierando e tubando come due piccioncini in calore.
(ndA: “piccioncini in calore”? Pfff....ahahahahahahah!!!!)
-Albus, devi parlare con quei due.- affermò la McGrannitt, risoluta. -Per l'incolumità della ragazza, quantomeno.-
-Minerva, se servirà a tranquillizzarti, parlerò con loro oggi stesso.- sospirò Silente, mite. Conoscendo Minerva McGrannitt bene come la conosceva, sapeva che quando partiva col piede di guerra in quel modo, l'unica maniera per sopravvivere era accontentarla.
-E questo sarebbe...?- una pergamena arrotolata stretta era appena apparsa sul piatto di Diana. Lei riconobbe immediatamente lo stile di Silente: anche Harry, spesso, riceveva quei messaggi. La srotolò, con Blaise che sbirciava da sopra la sua spalla e intanto la distraeva carezzandole una gamba.
Cara Diana,
Avrei piacere di incontrarti oggi, nel pomeriggio, nel mio ufficio.
È benvenuto anche il Signor Zabini, se desidera, come pare sua intenzione, seguirti.
Un buonissimo Natale ad entrambi
Albus Silente
-Vecchia volpe...- mormorò Diana, sorridendo alle parole “come pare sua intenzione”.
-Chissà cosa vuole...- commentò Blaise. Lei si strinse nelle spalle. Potevano essere due, i motivi per cui Silente desiderava parlarle e, visto che non vietava la presenza di Blaise, solo uno era plausibile.
-Avrà saputo che abbiamo passato la notte insieme e vorrà...oh, ma che ne so io!!- borbottò.
-Beh, ce ne preoccuperemo dopo. Vieni.- così dicendo, Blaise la prese per mano e la costrinse ad alzarsi. Diana, ridendo, si lasciò trascinare fino alla Sala d'Ingresso, dove dal portone semi chiuso si intravedeva il parco, innevato e solitario.
-Aspetta un secondo, io congelo così...- lo fermò, estrasse la bacchetta ed Evocò sciarpa, guanti e berretto, che indossò insieme al caldo maglione fatto a mano che Molly Weasley le aveva mandato come regalo. Blaise fece la stessa cosa, ammettendo che forse – un grosso forse – era una buona idea.
-Le mie idee sono sempre buone, Blaise.- replicò lei, mentre uscivano sui prati e la neve scricchiolava sotto le loro scarpe da ginnastica.
-Su questo avrei qualche dubbio...- fece lui, con un sorrisetto sprezzante. Diana si fermò bruscamente e lui, prima di accorgersene, aveva già fatto altri due passi.
-Ah, è così?- disse lei, un sopracciglio alzato in un modo che Blaise le sarebbe volentieri saltato addosso.
-Non puoi negare di avere delle idee un tantino “fuori dal comune”, Di...- rispose lui, curioso di vedere dove la ragazza voleva andare a parare.
SPLAF!
La vista di Blaise fu oscurata da qualcosa di bianco e freddo.
-Ma brutta gattaccia malefica!- esclamò, pulendosi il viso dalla neve che bruciava. Diana, piegata in due, sghignazzava alla grande. Blaise approfittò della sua distrazione e le tirò a sua volta una palla di neve, che la prese in pieno viso. E finirono a giocare, così, come bambini, a tirarsi la neve e a ridere come da mesi e mesi non faceva più.
-Ok, ok, basta, mi arrendo.- fece Blaise alla fine, lasciandosi cadere sul prato imbiancato a braccia spalancate. Diana gli si avvicinò, come lui bagnata come un pulcino, come lui sorridente.
-Di già?-
-Sì.- Blaise si alzò, la prese per mano e se la tirò dietro, finendo a rotolarsi nella neve. La bloccò sotto di lui, gustandosi la meravigliosa immagine del suo viso incorniciato dai lunghi capelli scuri, in magnifico contrasto con la neve e con la sua carnagione. Era davvero bella...la sua Diana.
-Tu sei mia.- le disse, le mani sui suoi fianchi che scivolavano sotto il maglione che le arrivava a metà coscia.
-E tu sei possessivo.- gli disse, carezzandogli il viso reso ispido dalla barba non fatta.
-No. Giusto. Tu adesso sei mia, mia e basta.- la contraddisse. Le spostò un ciuffo che le copriva i suoi occhi meravigliosi.
-Come fai a dirlo, Blaise? Domani potrei non esserci più.-
-E dove dovresti andare, Di?-
-Non dimenticare la guerra, Blaise.- il viso di lei s'incupì un istante. -È sempre intorno a noi.-
-E tu combatterai, vero?- Diana annuì.
-Silente mi vuole nell'Ordine. E io voglio combattere.-
Tanto più ora che hai un motivo per vivere, oltre che per morire.
-Perché, Diana?- Diana non rispose subito. I suoi grandi occhi brillavano di determinazione ma, in fondo, erano cupi.
-Mi ha portato via tutto. Le persone che amavo, la mia famiglia, mio padre.- aggiunse, distogliendo lo sguardo per un istante. -Devo combattere. Per loro.- silenzio. -E tu, Blaise? Combatterai?- era chiaro che Diana si riferiva ad un altro fronte di battaglia.
-Mia madre è una Mangiamorte, Di. Lo vorrebbe.- Blaise odiava Zephira Zabini. Troppo impegnata a collezionare mariti ed eredità, aveva fatto crescere il figlio in una solitudine dalla quale Blaise non si era mai più allontanato. Diana sembrò cogliere i suoi pensieri.
-E la mia vorrebbe che ne restassi fuori.-
-Che figli degeneri che siamo.- Diana sorrise.
-Ci penseremo, Blaise. Presto, troppo presto, dovremo fare una scelta.-
-Ma ora...-
-Ora...ora è adesso, non domani.- Diana sollevò la testa dalla neve e sfiorò con le sue le labbra di Blaise.
Ora è adesso, e non tornerà.
Amarsi ora, senza pensare al futuro, perché quando sarà il momento sarete due creature segnate.
Segnate da un Destino crudele.
E Diana, questo, lo sa.
Le vacanze natalizie scivolarono pigramente verso gennaio. Un periodo immensamente felice, una bolla di sapone lontano da tutti, solo per loro: Diana e Blaise. Dormire insieme, nella Torre di Grifondoro o nella stanza nel dormitorio Serpeverde, di giorno nel parco e nella Foresta, a parlare, scherzare, e immancabilmente a battibeccare...di notte, invece, a conoscersi in modo diverso, a conoscersi attraverso l'amore. Divertentissimo era stato l'incontro con Silente, il pomeriggio di Natale, con tanto di severissimi McGrannitt e Piton per la prima volta uniti sotto una causa comune.
-I vostri professori hanno espresso il loro...ah, disappunto, verso un vostro certo comportamento.-
-Quale, professore?- aveva chiesto Diana, con la sua espressione più angelica. Blaise, accanto a lei, rischiava di soffocare per trattenere le risate. Silente aveva sorriso sotto la barba.
-A parte i vostri continui, disastrosi litigi? Direi...Il pernottamento del signor Zabini nel dormitorio Grifondoro, per esempio.-
-Ah, ma professori, Blaise è scarsissimo in Antiche Rune, abbiamo passato la notte a studiare...- se Blaise, Silente, e i due professori non avessero saputo che Diana mentiva, le avrebbero creduto.
-Nel dormitorio femminile?- aveva aggiunto la McGrannitt, piccata.
-Beh, sa, professoressa, se non vi decidete a cambiare le poltrone in sala comune...sa, sono ormai distrutte, credo che abbiano subito gli attacchi di un troll ubriaco.- a quel punto, persino Piton faticò a non ghignare sotto i baffi.
E via così, con la sua faccia di bronzo e la sua incontenibile, contagiosa allegria, Diana era riuscita ad evitare una lavata di capo e a far fare due risate al Preside, che in quel periodo – Harry le aveva raccontato tutto, a partire dalla profezia – sembrava più vecchio e preoccupato che mai.
Poi, il mattino dell'ultimo giorno di vacanze, Blaise e Diana stavano passeggiando lungo il lago, discutendo di un poster di un certo Kledi Kadiu che Diana non voleva assolutamente togliere dalla parete vicino al suo letto.
-Blaise, te l'ho già detto: Kledi-non-si-tocca.-
-Ma dai!! Quello è finocchio, Di, e poi mi dà fastidio, sta lì a guardare tutto il tempo...-
-Ma se è una foto babbana! E poi...NON E' FINOCCHIO!-
-Non m'importa, levalo di lì oppure lo faccio sparire io!-
-Non sarai mica geloso di un ballerino albanese in una foto, eh, Blaise?-
-Io? Geloso!? Tu sei tutta matta...-
-Sì sì...io...-
Blaise stava per ribattere, quando una voce lacerò l'aria fredda del parco e li raggiunse:
-DIANA!-
Diana si voltò. Conosceva quella voce, la conosceva benissimo.
-Lea!- esclamò, mentre un sorriso le nasceva sul volto.
Primo giorno alla Morris-West. Dan è insieme ai suoi compagni di anno. Diana prende un appunto mentale di fargliela pagare al più presto per averla lasciata sola.
Poi, nota una ragazza.
Come lei, sembra spaurita e leggermente fuori posto, con l'aria di chi vorrebbe trovarsi ovunque tranne che lì.
Diana si avvicina, trascinandosi dietro il baule con una Crystal in gabbia leggermente inviperita.
-Piacere, Diana. Nuova, eh?-
La ragazza scruta Diana, indecisa se dare confidenza o no. O forse solo timida.
-Già. Piacere, Lea Artesia.-
-Bel nome, “Lea”. È indiano, giusto?-
La ragazza annuisce, sembra più rincuorata.
-E Diana è latino.-
-Conosci il latino?-
-Adoro leggere di tutto, anche quello.-
-Davvero?- Diana è stupefatta. Così innocente, da dolcissima undicenne, però già così adulta. -Anch'io adoro i libri!-
E cominciano a parlare così, di libri e incantesimi, ignare di quanto quelle due bambine diventeranno grandi. Insieme.
Diana ebbe appena il tempo di vedere un qualcosa muoversi, che si ritrovò stritolata in un abbraccio mozzafiato da un qualcosa di molto simile ad un piccolo uragano.
-Lea, così mi strozzi...- le ricordò, ricambiando però l'abbraccio con pari affetto. La ragazza la lasciò andare, e Blaise poté finalmente vedere chi aveva (per fortuna) interrotto il loro battibecco.
Occhi scuri, grandi, accesi, brillavano in un visetto tondo, abbronzato, schiuso in un sorriso abbagliante e sincero. Capelli neri, dall'aspetto selvaggio e indomabile, erano legati in una coda sulla nuca, da cui decine di ciuffetti dispettosi sfuggivano ogni istante. Un bel fisico, allenato, né magro né grasso, vestiva abiti semplici ma di classe: jeans scuri, una camicia bianca, stivali, un giaccone elegante.
-Perché non ti sei fatta sentire? Pensavamo di darti per dispersa...infatti sono venuta a vedere.- disse, con aria di divertito rimprovero, a Diana, che sorrise.
-Sono stata molto impegnata a salvare il mondo, Lea.- disse.
-Santo Merlino...pazza come sei, ne saresti capace...- commentò Lea, alzando gli occhi al cielo.
-Che bella considerazione hai del tuo capo. Beh, ex capo.- replicò Diana, piccata.
-Per me rimani tu l'unico capo, Kelly è un Fuhrer.- Diana rise. Una risata cristallina, allegra, che lasciò Blaise e anche Lea basiti, per un solo istante.-Allora...come te la passi, qui?-
-Ah, benissimo. Non potrei stare meglio.- mentre parlava, Diana si accorse che Lea aveva notato per la prima volta Blaise, ed era arrossita. Niente da fare, si rassegnò: Lea era una inguaribile timidona. Non si era mai innamorata, la sua amica, ricordò: forse era questo che la rendeva tanto imbarazzata. -Ah, giusto. Lea, questo è Blaise, detto Faina, detto Idiota per brevità. Blaise, lei è Lea, americana di nascita e indiana d'adozione.- fece le presentazioni.
-Scusa, perché “Idiota”?- chiese Lea, stringendo la mano a Blaise con lo sguardo basso.
-Perché lo è! Chiaro, no?- poi Diana notò che lo sguardo di Lea, da imbarazzato, si era fatto leggermente malizioso, mentre osservava meglio Blaise e il suo fisicaccio. -Lea...non farti venire strane idee su 'sto coso: è occupato!- l'ammonì, in tono leggero, senza offendere.
-E da chi, scusa?- fece Blaise, guardandola con un sopracciglio alzato e l'espressione di sfida. Diana gli rivolse una linguaccia. Lea, stupita, osservò i due per un istante, sorridendo.
-Diana...sei felice?-
“Sì, sorella. Sono felice. Non immagini quanto.”
Diana sorrise, prese l'amica per un braccio e se la trascinò via, lasciando Blaise, sulla riva del lago, a chiedersi quante altre sorprese Diana avrebbe tirato fuori dal cilindro.
-No, aspetta...- Lea interruppe Diana, che stava raccontandole qualcosa. -Fammi capire bene: prima vi detestavate, l'hai addirittura Cruciato e gli hai aizzato contro la Roccia, poi lui ti salva da quei tre beoti (a proposito, come abbiano fatto a batterti rimarrà mistero) e tu gli cadi tra le braccia come una verginella innamorata?- riassunse. Si trovavano nella Torre di Grifondoro, dove Silente aveva permesso a Lea di restare per qualche giorno. Accoccolate davanti al camino, con tanto di cioccolata calda e fumante in due tazze rosse e oro, parlavano da circa un'ora.
-Detta così, mi fai sembrare una facile...te l'ho detto, Lea, è da quando sono arrivata qui che...insomma...-
-Che vi attraete come due marmotte in calore!- Diana scoppiò a ridere.
-Dimmi dove le hai prese, le marmotte in calore.- disse, divertita. Lea gonfiò il petto, orgogliosa.
-Modestamente, sono farina del mio sacco.- disse, scoppiando un attimo dopo a ridere anche lei.
Un rumore di voci, e il buco del ritratto si aprì.
-DIANA, BRUTTA CAROGNETTA MEZZ'AMERICANA, VIENI SUBITO QUI!- ma Diana, reagendo d'istinto, era Scomparsa per riapparire, al sicuro dalle mire omicide di Ginny Weasley, arrampicata agilmente sul lampadario.
-Ora dimmi come hai fatto.- disse Hermione, mentre Ginny si scusava con una Lea alquanto allarmata con labacchetta in pugno (ndA: anche Lea è una figlia della Morris, ottimi riflessi anche lei). Diana, dopo aver appurato di non essere in pericolo immediato, Sparì nuovamente e tornò sul pavimento.
-Uso la Materializzazione Elementale, è diversa da quella normale e posso usarla anche dentro Hog...- non era riuscita a finire la frase, perché Ginny le si era scaraventata letteralmente addosso, minacciandola di infliggerle una Cruciatus se non le avesse raccontato tutto su Blaise Zabini e quello che avevano combinato.
-Herm, ma come cazzo fate a saperlo!? Non lo so a momenti io!!- borbottò Diana, liberandosi di Ginny. Hermione si limitò a sorridere misteriosa. Diana alzò un sopracciglio, pronta a ribattere, ma poi si accorse che Lea cercava di mimetizzarsi con la moquette, e decise di fare le presentazioni. -Lea, questa è Hermione, la donna del biondino Malfoy di cui ti parlavo prima, e questa sottospecie di scimmia dai capelli rossi è la futura moglie di Harry Potter, Ginny.-
Di certo, Diana sapeva come zittire le due compagne.
Nello stesso momento, una voce strascicata e quanto mai divertita risuonò in tutta la Sala Comune dei Serpeverde.
-Blaise! Grandissimo idiota, dove sei!?- Blaise, nella sua camera, gemette. Draco, l'attimo dopo, irruppe nella stanza, un ghigno compiaciuto sull'affascinante viso.
-Allora! Prima di tutto tira fuori i miei soldi, e poi osa non raccontarmi qualcosa e ti consegnerò personalmente al Signore Oscuro. Te, e la tua ragazza.-
-Draco!- un fulmine bruno, un peso non dolcissimo catapultato addosso. Lea, Hermione e Ginny comparvero sulla scalinata, poco dietro quella stranissima, ma incredibilmente allegra, Diana.
-Diana, ci tieni tanto a strangolarmi?- le chiese. Diana lo lasciò andare. Draco si accorse immediatamente di quanto i suoi occhi, di solito gelidi, sarcastici, fossero incredibilmente sereni. Al contrario della donna che appariva quasi sempre, in quel momento Diana sembrava la spensierata sedicenne che in teoria avrebbe dovuto essere.
-Veramente sì. Allora, me lo spiegate o no cosa ci fate qui voi tre? Quei due esseri...- Diana indicò Hermione e Ginny con un cenno della testa. -...Non mi hanno detto nulla.- Draco sorrise. Non poteva farne a meno, anche se non ne avesse un motivo preciso: la gioia di Diana, la sua allegria, erano contagiose.
-Beh, ero ansioso di vedere cosa stavate combinando...- disse, fingendo con poco successo un'aria innocente. Non una delle sue performance più eclatanti.
-Diciamo pure che volevi venire a sfottere.- lo corresse una voce, e il cuore e gli occhi di Diana ebbero un guizzo quando Blaise comparve alle spalle dell'amico, con un sorriso sghembo da furfante e l'espressione alquanto soddisfatta.
-Sono sinonimi.- affermò Draco, mentre Ginny balzava al collo di Blaise e cominciava a tormentarlo come aveva fatto fino a quel momento con Diana. Perché Gin era così: era impossibile non volerle bene, non affezionarsi a lei, non ritrovarsela amica, anche per quei due algidi Serpenti non più così Serpenti. Draco notò Lea, rimasta per tutto il tempo a fianco di Diana, un po' imbarazzata. -Tu devi essere Lea, giusto? Un'altra texana...Piacere, Draco Malfoy.-
-Ehi, io non sono “un'altra texana”, sia chiaro. Io sono La altra texana, se proprio proprio.- Diana sorrise fra sé e sé, notando che l'amica cominciava ad ambientarsi. Ma poi perse ogni contatto col mondo intorno a lei, quando incrociò lo sguardo di Blaise. Draco, notando le espressioni non propriamente intelligenti dei due amici, scoppiò a ridere.
-Ragazzi, dateci un taglio, ok?- disse, prendendo Hermione per mano e trascinandosela dietro in Sala Grande. Diana colse uno stralcio della loro conversazione.
-Hai visto quant'è contenta Diana? Non l'avevo mai vista così.- stava dicendo Hermione.
-Ti dirò, è la prima volta che non ho il terrore che mi uccida per una battuta di pessimo gusto.-
-Esagerato...-
-Perché, hai mai visto Diana veramente incazzata, tesoro?-
Lea e Ginny, chiacchierando, seguirono i due compagni in Sala Grande. Blaise e Diana rimasero soli, fianco a fianco, guardando i quattro amici ridere e scherzare mentre si sedevano a tavola.
-È una cosa meravigliosa, la privacy.- commentò Diana. Blaise rise, le passò una mano sulla schiena e la trasse a sé.
-Non dirmi che non ti diverte essere al centro dell'attenzione, perché non ti crederei.- le disse. Diana agganciò le mani dietro al suo collo, muovendo la testa a scatti per liberare il viso dall'espressione sorniona dai ciuffi di capelli.
-Oh, andiamo, ha parlato Mister Modestia.- disse.
-Mai detto di esserlo. A proposito, comunque, ci stanno osservando tutti, compresi i professori.- le fece notare. Per fortuna, oltre a loro sei, a scuola gli altri studenti erano solo quattro, che sarebbero restati sicuramente zitti.
-Non c'è nulla da guardare...- commentò lei. Blaise le rivolse un sorriso molto simile ad un ghigno.
-E allora diamogli qualcosa, no?- Diana sorrise a sua volta, lo prese per il cravattino della divisa e lo trasse a sé, in un bacio così passionale che per un istante Blaise rimase del tutto spiazzato, prima di rispondere con altrettanta passione. La risata altezzosa di Draco e gli urletti eccitati di Ginny li raggiunsero, ma loro due, beatamente concentrati solo sull'altro, non ci fecero nemmeno caso.
E non fecero nemmeno caso allo sguardo scandalizzato della McGrannitt e al sorriso semi nascosto di Silente, dal tavolo dei professori.
Ma sapete una cosa?
Avrei pagato, per vedere l'espressione di Severus Piton in quell'istante.
[LA GAZZETTA DEL PROFETA (pagina 12, ultima colonna)
“Vincent Tiger, Gregory Goyle e Theodore Nott, studenti della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, sono stati aggrediti questa mattina da due personaggi non meglio identificati, presumibilmente donne, secondo le testimonianze del barista del Paiolo Magico, il signor Tom: “ Due ragazze. Sì. Sembravano indemoniate, non hanno nemmeno usato le bacchette ma li hanno massacrati”. I tre ragazzi sono stati ricoverati immediatamente all'Ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche.”
(Omaggio per Honey Evans e iaia_Malfoy4ever ---> cosa diavolo ci fate nella mia fic??? O.o)]
Quel pomeriggio, sul tardi, sarebbero tornati gli altri studenti,
compresi Potter e Weasley
Quel pomeriggio, sul tardi, sarebbero tornati gli altri
studenti, compresi Potter e Weasley. Si sarebbe complicato tutto, Blaise ne era
perfettamente conscio, mentre stringeva a sé Diana nella sua camera nei sotterranei.
Avrebbero dovuto nascondere quello che era sbocciato fra loro e,
inevitabilmente, avrebbero dovuto fingere di detestarsi ancora.
La baciò, con foga, come lei stessa aveva fatto pochi minuti
prima, nella Sala D'Ingresso. Diana lo spinse sul letto, rimase seduta sulle
sue cosce, le gambe piegate, continuando a baciarlo con passione. Gli slacciò
la camicia e gliela tolse lentamente, carezzandogli il petto, le spalle, la
schiena, godendosi ogni curva, ogni muscolo, il calore della sua pelle abbronzata
che scivolava via sotto le sue dita. Blaise rimase a torso nudo. Diana sentiva
le sue mani correre sul suo corpo, esperte e audaci. Gli slacciò i jeans, gli
permise di entrare in lei.
Un dolce, frenetico
dondolio.
Le baciò il collo, le spalle, il seno. La ribaltò sul letto,
intrappolata fra le sue gambe, ed entrò in lei ancora più a fondo, strappandole
un gemito che lo fece letteralmente andare fuori di testa. Ormai conosceva bene
il suo corpo, le sue curve, ma, ogni volta che l’amava, qualcosa in lei gliela
faceva desiderare ancora di più, così tanto da provare quasi un malessere
fisico. Forse erano le sue carezze, forse il sapore di caffè delle sue labbra,
forse i suoi occhi del colore delle nubi d’inverno, ma Blaise sapeva solo che
non aveva mai, mai, provato nulla di simile per nessun’altra.
Diana perse coscienza di tutto ciò che aveva intorno,
intrappolata in quel piacere profondo da cui non voleva sottrarsi, sentendosi
meravigliosamente distaccata da tutto, l’unica cosa vera e concreta era Blaise,
il suo corpo, il suo respiro, il suo desiderio. Sorrise, ripensando alla
domanda che Lea le aveva posto poche ore prima.
Sei felice, Diana?
Ma Diana sapeva che era un’altra, la domanda celata dietro
quelle parole.
Ti sei innamorata, Diana?
E Diana, la risposta, la conosceva.
Sala D’Ingresso, quella stessa sera. Un tumulto di persone dai
giacconi colorati, dai bauli ingombranti e dai gufi ansiosi di ritornare in
Guferia.
-Harry, Ron!- chiamò
Hermione. I
due ragazzi, con Leo ed Edvige nelle loro gabbie e l’aria alquanto affaticata,
mollarono i bauli per andare ad abbracciare l’amica.
-Herm, tutto bene?- le chiesero.
-Benissimo, non potrebbe andare meglio. Sono arrivata stamattina
con Ginny.- rispose lei.
-Giusto, volevate sapere come stava Diana…a proposito, dov’è?-
chiese Harry, guardandosi intorno. Proprio in quel momento, Diana Apparve sulla
scalinata. Aveva i capelli sciolti, leggermente arruffati, e gli occhi che le
brillavano. I due ragazzi si voltarono, e le sorrisero.
-Ragazzi!- esclamò lei, notandoli solo in quel momento. Sorrise,
e gli corse incontro, abbracciando Ron e saltando in braccio ad Harry, sulla
schiena.
Sei spontanea, allegra,
gioiosa.
Completamente diversa da
quella ragazza che il Trio ha conosciuto.
Ma sono piuttosto contenti,
tutti e tre, di non riconoscerti più.
-Diana, ma che hai? Sprizzi energia da tutti i pori!- commentò
Ron, stupito.
-Sono contenta. È venuta una mia vecchia amica a trovarmi.-
rispose lei, mentendo con una facilità e una faccia tosta invidiabili. Però, a
pensarci bene, Lea era davvero uno dei motivi per cui si sentiva così bene. Le
era mancata davvero tanto, la sua amica, e non se ne era mai resa veramente
conto.
-Ah sì? E dov’è?- Diana alzò un braccio, sempre comodamente
appollaiata sulla schiena dell’amico, e indicò Lea che, di fianco a Ginny sulla
scalinata, fissava Ron Weasley letteralmente a bocca aperta. Ron alzò lo
sguardo, la vide, e per un attimo le loro espressioni furono identiche.
Diana e Harry, invece, ghignarono divertiti.
“Oh mioddio. Oh-mio-Dio. E quello chi è? Ma è
troppo carino! Anzi, no, è bello! Oh mamma, devo avere una faccia da ebete, a
bocca aperta e occhi sgranati! Lea, ti ordino di ricomporti IMMEDIATAMENTE!”
Lea sbatté le palpebre, una, due, tre volte, e ricompose il
volto in un sorriso. Il rosso, d'altro canto, ci mise un po' di più a
mascherare lo stupore. Lea si sentì arrossire: di solito, i ragazzi non la
guardavano con quel misto di sorpresa, incredulità e apprezzamento, ma con
sguardi decisamente meno casti. Invece l'espressione di quel ragazzo era dolce,
sincera, come quella di un bambino.
-Lea, vieni qui!- la chiamò Diana, senza dare il minimo segno di
voler scendere dalla schiena di Harry. Rischiando di inciampare sull'ultimo
gradino, Lea raggiunse il gruppetto. Rivolse un'occhiata di fuoco a Diana,
quando le fece un occhiolino decisamente troppo malizioso, per i suoi gusti.
-Ragazzi, vi presento Lea Artesia, viene dalla mia stessa scuola, in Texas.
Rimarrà qua per qualche giorno. O qualche settimana...- aggiunse, scambiando
con Harry ed Hermione un'occhiata eloquente.
-Se l'occasione lo richiede.- completò Lea per lei, senza
staccare gli occhi dal pavimento.
-Loro sono Harry...-
-E Ron.- Ron interruppe Diana, alzando finalmente lo sguardo
verso Lea. La ragazza, osservandolo con interesse malcelato, notò che il viso
del ragazzo ormai aveva raggiunto lo stesso colore dei suoi capelli, di un
rosso acceso, color fiamma. Incontrò quegli occhi azzurri, brillanti e sinceri,
e sentì il proprio viso andare a fuoco.
-Di solito, quando si conosce qualcuno, gli si stringe la mano!-
suggerì loro l'irritantissima voce fuori campo di Diana. “Appena ti prendo ti
ammazzo, Di.”pensò Lea.
“Tanto non mi prendi, Lea.” pensò Diana di
rimando, avvertendo il pensiero omicida dell'amica attraverso la Legilimanzia.
Lei e Ron si strinsero la mano, borbottando dei saluti imbarazzati. Diana
nascose il viso sulla spalla di Harry, per non farsi sentire sghignazzare come
una perfetta idiota.
Quando alzò di nuovo il viso, però, il sorriso le morì
istantaneamente sulle labbra, soppiantato da un'inquietante e conosciuta
espressione assassina.
Non aveva previsto Daphne. Che gli si buttasse fra le braccia e
lo baciasse con quella passione fasulla, Blaise proprio non se lo aspettava,
men che meno da lei, la vera e propria Principessa delle Serpi, fredda e
sinistra come le si confaceva.
-Daphne, togliti di dosso!- esclamò, spingendola lontano da sé,
non proprio gentilmente. Si voltò verso Diana, sperando che la folla avesse
nascosto quel dannato bacio, ma vide con improvvisa preoccupazione un ben noto
sguardo tagliente trapassarlo come una spada.
“Dannazione!” imprecò mentalmente, ignorando le
proteste di una Daphne assolutamente infuriata. Scambiò un'occhiata con Draco,
disgustato quanto lui.
-Daphne, dacci un taglio.- intimò freddamente alla ragazza,
prima di dileguarsi nella folla, diretto verso il gruppetto dei Grifondoro.
Lea, Hermione e Ginny cominciarono contemporaneamente a tossire
rumorosamente, mentre Diana balzava giù dalla schiena di Harry con un movimento
fluido che tradiva tutta la sua rabbia. Aveva già visto quella stramaledetta
Faina e la dannatissima Serpe scambiarsi effusioni, in passato, ma la cosa a
quei tempi non le aveva procurato che un leggero fastidio. Ma ora, così, davanti
a lei...l'ira montò con una velocità impressionante, mentre a falcate decise e
furibonde attraversava la folla spintonando chiunque le fosse a meno di un
metro. Non se ne stava andando, no: lei era pur sempre Diana, la guerriera, e
non sarebbe scappata. No. Non prima di aver fatto pagare a quel maledetto
bastardo tutta la rabbia che le stava dando quasi la nausea.
Lo vide avvicinarsi a lei. Accecata com'era dalla rabbia, non
notò la sua espressione dura e preoccupata.
Lea, da lontano, la vide. “Povero Blaise”, pensò, “Non sa quanto
può essere letale una Diana tradita. Mi fa quasi pena.”
“L'odio verso di lei nasce.
La rabbia verso di lui
cresce.
Ti odio, ti odio, ti odio.
Mi hai illusa, stupido
stronzo.
Ti odio, ti odio, ti odio!
Mi odio.
Dovevo aspettarmelo, cazzo!
Mai fidarsi di un
Serpeverde. Mai fidarsi di nessuno.
Quante volte te lo hanno
ripetuto, stupida cretina che non sei altro!?
E tu continui a fidarti,
scema!
Non c'è questa cazzo di
felicità, in questa dannata vita! Almeno, non per me!
Mi sono lasciata illudere.
Avrei dovuto prevederlo.
Avrei dovuto evitarlo!
Dove cazzo sei finita,
Diana la Guerriera?
Dove diavolo sei, quando ho
bisogno di te!?!?
Ti sei fatta fottere. Hai
osato essere felice. Ben ti sta, Diana.”
Appena Diana arrivò a tiro di Blaise, prima ancora che lui
potesse dire qualsiasi cosa – prim'ancora che potesse aprire bocca –, gli tirò
uno schiaffo così forte che lui rimase un attimo immobile, spiazzato, con
cinque dita stampate a fuoco sulla guancia. La sua espressione era dura,
rabbiosa, identica in tutto e per tutto a quella di un lupo assassino. Un lupo
assassino, e decisamente incazzato.
-Diana...- sussurrò Blaise, ma lei non volle sentirlo. Intorno a
loro, si era già formato un varco.
Niente di nuovo.
Blaise provò a fare un passo, verso di lei, ma un secondo
schiaffo gli suggerì di rimanerle a distanza di sicurezza. Ma, al terzo, le
afferrò il polso e la bloccò. Avrebbe voluto trarla a sé, baciarla, stringere
il suo corpo, perché la sua espressione aveva risvegliato alcuni dei suoi
istinti più violenti.
Ma no, no, meglio di no.
Vide chiaramente gli occhi di lei saettare verso il resto della
scolaresca, attenti e gelidi, mentre con uno strattone si liberava della sua
stretta per nulla costrittiva. E avrebbe continuato a tirargli sberle fino a
sera, e forse anche qualche cazzotto, se quella santa di Lea non si fosse
letteralmente materializzata accanto a lei, non l'avesse presa per un braccio e
trascinata via, senza che lei opponesse alcuna resistenza.
Blaise sentì qualcuno scoppiare a ridere.
In effetti, la scena doveva essere stata piuttosto comica, per
chi non avesse saputo il perché di quegli occhi feriti.
-Diana, stai per andare a fuoco.-
-Vaffanculo.- Lea sospirò. Sapeva che l'amica non ce l'aveva con
lei, e non se la prese.
-Diana, calmati.-
-Fottiti.-
-Cazzo, Di! Ma che ti sta succedendo? Ti sei innamorata
veramente di quell'altro deficiente là?- Diana non rispose, ma distolse lo
sguardo. Quanto si detestava, in quel momento. Lea spalancò gli occhi e si
batté una mano sulla fronte, stupefatta. -Oddio, ti sei innamorata davvero!-
esclamò, allibita.
-Ma che intuizione strabiliante, complimenti, Lea.- ringhiò
Diana, con l'espressione di chi avrebbe volentieri ucciso qualcuno.
Si sentiva tremendamente infantile. Non una cosa a cui era
abituata. Si sentiva irrazionalmente irosa, ferita, umiliata. Ed era combattuta
fra il desiderio di urlare e quello di piangere. No. Piuttosto che piangere per
quella carogna, si sarebbe tagliata le vene.
Il brutto era che, una sensazione del genere, Diana l'aveva già
vissuta.
Tre anni fa.
C'era una ragazza, carina,
seduta accanto a Dan. Lui non la guardava, teneva gli occhi fissi sul
bicchiere.
Fissai per un attimo la
scena, pietrificata.
Intravidi Kelly dare una
gomitata a Scott e fare cenno verso di me. Entrambi scattarono verso il
cretino.
E poi la ragazza gli prese
la mano.
TUNK!
Un colpo sordo, secco. Un
coltello piantato fra le dita della ragazza, penetrato per cinque centimetri
nel legno. Lei urlò. I rumori si spensero in tutto il saloon. Gli occhi di
tutti si fissarono sui miei, ardenti, ferini. Fissai Dan, che si era voltato di
scatto. Vidi la sorpresa allargarsi sul suo viso. Ero furente, lo sapevo. Tremavo
di rabbia. Mi voltai e uscii di corsa. Lo sentii chiamarmi:
-Diana, aspetta!-, ma io
ero già lontana. Se volevo, correvo veloce.
Volevo allontanarmi,
scappare, senza pensare, al diavolo tutto, al diavolo le dannate lacrime che
cadevano dietro di me, al diavolo il dolore, al diavolo la sensazione di essere
stata fregata. All'improvviso mi sentii afferrare, sbattere contro un muro. Non
violentemente, no. Alzai lo sguardo e vidi il viso di Dan. Mi teneva stretta
per le spalle.
-Lasciami!- esclamai.
-No adesso ti fermi e mi
ascolti!- replicò.
-Non voglio ascoltarti, non
voglio sentire niente da te, lasciami andare!- ero in lacrime. Lo sapevo, e mi
odiavo per questo.
-Diana piantala! Non è
successo niente, che diavolo, calmati!- smisi di agitarmi.
-Ah, non è successo niente!
E quella là, allora?-
-Ma se la stavo mandando
via, lo sai che fanno così!- era esasperato. Sì, lo sapevo. Aveva un sacco di
spasimanti, Dan. E più di una volta avevano fatto quella mossa avventata di
provarci. E ogni volta lui aveva reagito in quel modo.
E io mi sentivo una totale
cretina.
Visto che io ero ancora in
vena omicida, abbassò il viso a livello del mio e mi disse, piano: -Di, per me
ci sei solo tu. Lo vuoi capire? Io vedo solo te.-
Non c'era la bugia, nei
suoi occhi. Sapevo riconoscere delle parole sincere, e sapevo che lui era
assolutamente incapace di mentirmi.
Sapevo che mi amava.
La stessa, identica sensazione. Quella di sentirsi una perfetta
idiota. Si era resa ridicola, infantile, identica a ragazze del calibro di
Lavanda Brown (detta Lavacca, per brevità), ma aveva letteralmente visto il
classico drappo rosso. E non era così superiore da ignorarlo.
Lea la fissò per un istante. Sembrava così ringiovanita, la sua
amica; fino a pochi mesi prima, quando la si guardava, si scorgeva la maturità
e la durezza di una donna adulta, cinica, disillusa. Ora si vedeva solo
un'adolescente ferita...e schiumante di rabbia. Non era certo la prima volta
che Diana perdeva il controllo della sua algida maschera di freddezza, ma di
una cosa Lea era certa: presto, prestissimo, la ragazza avrebbe riacquistato il
suo naturale autocontrollo, e sarebbe tornata ad essere la gelida e assassina
Diana dagli occhi di ghiaccio.
“Devo ricordarmi di uccidere Blaise.”
-Lea, vado alla Torre. Riesci a inventarti una scusa plausibile
per Harry e Ron, per favore?- Diana le stava chiedendo un favore. E lei era una
che odiava fare debiti.
Poteva farlo? Certo. Diana le aveva raccontato tutto di quello
che era successo a Hogwarts negli ultimi mesi, e poteva benissimo inventare
qualcosa per coprire l'amica. Diana l'aveva fatto tante volte, per lei.
-Certo. Vai pure.- le disse. Diana le rivolse un breve,
stiracchiato sorriso, e si allontanò alla svelta.
-Sono un idiota.-
-Una volta tanto, non concordo.- Draco e Ginny stavano
ascoltando Blaise, che si stava auto-maledicendo da almeno dieci minuti.
Hermione era di sopra, con Lea, mentre cercavano di inventare una scusa per il
comportamento di Diana.
-Avrei dovuto spiegarle di Daphne.-
-Non è colpa tua se te l'hanno affibbiata come futura moglie!
Anche io dovrei sposare Pansy, che ti credi, che a Herm faccia piacere?- sbottò
Draco, brusco.
-Herm non prova ad ucciderti, no?- sibilò Ginny, metà divertita,
metà preoccupata. Poi si rivolse a Blaise. -Lascia che si calmi. Non andare da
lei, ora. Proverò io a parlarle, prima, per vedere se riesco a evitare che ti
uccida. Poi ti verrò a chiamare.-
-Gin, ti amo.- sospirò lui, sprofondando in una poltrona. Ginny
rise.
-Non farti sentire da Dean...- borbottò, ironica.
-Piuttosto non devo farmi sentire da Potter. Non ti stacca un
attimo gli occhi di dosso, sai?- Ginny sorrise fra sé, mentre si allontanava
dai dormitori serpeverde, mentre il cuore le batteva forte.
Diana raggiunse la sua stanza, e vi si rinchiuse dentro, lieta
di essere sola. Pochi giorni prima, infatti, aveva usato i suoi poteri per
crearsi una stanza singola, tutta per sé. Ora si complimentò con sé stessa, per
l'idea geniale che aveva avuto. Si buttò letteralmente sul letto, e cominciò a
prendere a pugni un cuscino.
-Maledetto...stronzo...schifoso...bastardo...- accompagnò ogni
colpo con un insulto. Si lasciò cadere sul piumino, nervosa e frustrata, girata
sul fianco e con lo sguardo, assente, fisso sulla finestra. Morfeus balzò sul
letto, e si accoccolò fra le sue braccia. Diana lo accarezzò.
-Sei l'unico uomo che non mi tradirà mai, sai, Morfeus?-
mormorò, rivolta al gatto. Quello non rispose subito: forse doveva pensarci un
po' su. Rimase a fissare, attraverso la finestra, il cielo diventare via via
più scuro, mentre calava la notte. Lentamente, socchiuse gli occhi e si
appisolò, un sonno agitato, popolato da quella continua immagine: Blaise, con
quella dannata puttana fra le braccia, che la baciava...“Grr...”
-Diana, posso entrare?- la voce di Gin la strappò dal suo
agitato dormiveglia.
-No.- rispose, brusca. Non aveva voglia di vedere né ascoltare
nessuno, tantomeno Ginny, che si sarebbe schierata certamente dalla parte di
Blaise. L'unica persona che desiderava incontrare era Daphne Greengrass, e se
fosse successo nessuno avrebbe potuto garantire per l'incolumità della bella
Serpe.
-Per favore.- ritentò la rossa.
-No. Gin, è un consiglio, stammi lontano; se vedo qualcuno ora
gli sparo.-
-Che?- Diana, suo malgrado, fece un sorrisetto. Ginny non sapeva
cosa voleva dire “sparare”.
-Niente, Gin. Voglio restare sola.- rispose, e ignorò per i
seguenti dieci minuti le sue richieste finché, esasperata, la rossa non se ne
andò. Diana scivolò di nuovo nel mondo dei sogni, dei suoi incubi agitati,
dettati dalla rabbia e da qualcosa di più profondo.
Dolore.
TOC TOC TOC.
-Vattene.- intimò, senza nemmeno sapere chi fosse.
-Alohomora.- la porta si spalancò. Diana si drizzò a
sedere, la bacchetta pronta in mano, quando una presa forte gliela strappò
letteralmente di mano. Riconobbe, prima ancora di vederne il proprietario, il
suo profumo.
-Vattene!- esclamò di nuovo, tentando di liberarsi. Ma questa
volta Blaise non la lasciò andare. Richiuse la porta e la sigillò, prima di
sbottare in un:
-Piantala, Diana!- piuttosto seccato. D'altronde, non aveva
tutti i torti. Diana lo stava prendendo a pugni, e non erano certo colpi
leggeri, i suoi.
-No che non la pianto! Sparisci, vattene di qui!- sibilò lei,
trattenendosi a stento dall'urlare.
-Diana, vuoi calmarti un attimo e ascoltarmi, per favore?-
-No. Fuori.- replicò lei, gelida.
-Per favore, Di.-
-Non chiamarmi “Di”!- sbottò lei. Blaise incontrò i suoi occhi,
esasperato.
-E come dovrei chiamarti, visto che non so nemmeno qual'è il tuo
cognome?- le chiese, sarcastico. Diana distolse lo sguardo.
-Non è affar tuo, il mio cognome.- disse.
-Tu sei affar mio, Diana.- replicò lui.
-Daphne è affar tuo, io con te non voglio aver niente a che
fare.- sapeva di stargli facendo del male, ma non le importava. Gliene aveva
fatto molto più lui.
-Ascolta, Di...-
-Non chiamarmi “Di”.-
-Diana, allora, per favore, ascoltami. Ti prego.- Diana smise di
lottare, e per un istante la sua espressione dura si trasformò in una di
sorpresa.
-Parla.- gli ordinò, finalmente. Si liberò di lui e andò alla
finestra, ben decisa a non rivolgergli nemmeno uno sguardo.
-Diana, io non so cosa le sia preso, a Daphne. Non stiamo
insieme, non ci siamo mai stati, ma...-
-E tutte le volte che te la sbaciucchiavi in pubblico, tutte le
volte che te la sei portata a letto, Blaise? Non credere che non lo sappia,
perché sbagli di grosso.- Diana si sentiva sempre più simile ad una adolescente
complessata. E la cosa non le piaceva affatto.
-Ascolta, Daphne mi è stata promessa in sposa. Dobbiamo
mantenere le apparenze, mostrare che le nostre famiglie si uniranno, in
futuro.-
-Lo so io, dove si uniranno: al cimitero.- Blaise represse un
sorriso.
-Io Daphne non la voglio.-
-Mi è difficile crederti.- Daphne Greengrass era di gran lunga
la ragazza più bella dei Serpeverde: alta, capelli rosso ramato, occhi verdi,
pelle chiara, corpo flessuoso. La maggior parte dei ragazzi di Hogwarts avrebbe
voluto sfiorare quelle gambe perfette e vederle aperte sotto di loro, ma
l'unico che fosse riuscito ad avverare quel desiderio era, per l'appunto,
Blaise. Non avrebbe mai potuto competere con lei, in quanto a bellezza, almeno.
-Diana, io è te che voglio.- Diana si voltò di scatto, non
riuscendo a nascondere la sua sorpresa.
“Non ci credo.
Non. Ci. Credo.
Ha appena detto quello che
ha detto, o è un'allucinazione?
Oddio, Blaise, non mi sarai
mica caduto così in basso, spero!”
“Sono un imbecille. Sono un completo, totale,
assoluto imbecille. Da dove diavolo mi è uscita, questa?” Blaise guardò Diana,
che lo fissava con uno sguardo stupefatto.
-In che senso, scusa?- gli chiese. Non avevano mai parlato
esplicitamente di quello che c'era fra loro, di un possibile futuro, o del loro
passato. Troppo imbarazzante.
Blaise sospirò. Ormai l'aveva detto. Ad alta voce, per giunta,
dando vita ai pensieri che da mesi ormai gli rimbombavano nella testa. Se ci
fosse stato Draco, lì, avrebbe già cominciato a sghignazzare. “Come rendersi un
perfetto cretino in sei parole. Potrei tenere dei corsi serali, ci farei una
fortuna.” commentò fra sé.
-Nel senso che...oh, insomma, Diana, devo anche spiegartelo?-
sbottò, grattandosi la testa, a disagio. Forse fu solo una sua impressione, ma
gli sembrò di vedere l'ombra di un sorriso, sulle sue labbra.
-No.- la voce della ragazza si era addolcita, ma quella dolcezza
non aveva raggiunto i suoi occhi.
-Meno male, altrimenti facevamo notte.- un mezzo sorriso
malinconico si aprì sul viso di Diana. “Un inizio, Blaise, un inizio.”
-Penso anch'io.- le si avvicinò. Notò con sollievo che Diana non
si ritraeva, anzi, gli si avvicinava. Presto poté sfiorarle il viso, guardare i
suoi occhi socchiudersi e la sua testa seguire il movimento della mano. Gli
posò le mani sul petto, senza spingerlo via.
“Non mentiva. Cazzo, non mentiva, ho
addirittura usato la Legilimanzia per esserne certa. Diana, chissene se c'è
andato a letto, anche tu l'hai fatto con qualcun altro, prima di lui! E fidati,
cazzo! Diglielo!” Diana alzò gli occhi verso Blaise. Un giovane uomo che voleva
lei, solo lei. E che sapeva essere sincero.
SCUSATEMIIII!!!! Ho dei problemi col pc, non riesco ad
aggiornare spesso! Perdonatemi, chiedo venia!!
ilaria: Dray ha chiamato herm tesoro solo per farla arrabbiare,
hihihih (come sono sadica)...per i diritti, stai tranquilla, non ti denuncerò
perché sono mooooolto buona!! (ndDiana: non è vero, ipocrita) (ndMe: TACI!) ti
perdono caVa, dormi sonni tranquilli e luuuunghi...
Honey Evans: per fortuna non avete usato le bacchette, ma al
povero tom avete fatto venire un infarto!!! La prossima volta trascinatevi quei
tre (presi a caso fra la folla) in un vicolo buio no??? ;P
D2OTTO: come hai notato su msn, kledi è una cosa che non finisce
mai....;P Cmq Lea rappresenta mione1194, se ti ci vedi allora significa che vi
somigliate!!!! ;P
Mione1194: Eccomi, finalmente ce l'ho fatta a pubblicare da sola!!
Grazie per aver pubblicato quello prima, mi hai salvata dal linciaggio! Per Lea
e Ron, come vedi, qua cominciano a piacersi (hihi povero ronnie) anche se
dovra(i) fare i conti con Lavacca...
Selphie: Scusa la gaffe... (me molto rossa) visto cotal
smummiata si da il Serpentello fascinoso? Era anche ora, per Diana (scusa Di)
(di niente cara....PAGA I DIRITTI)!!! Nei prossimi chap saranno pucciosissimi,
fino al diabete per noi che dovremo farci in vena del limone per resistergli!
Diddola: ahimè fra pochi chap cominceranno i problemi veri,
poveri Blaise/Diana e Draco/Herm (ndBlaise&Diana&Draco&Herm: QUALI
PROBLEMI!?!?!?!?!?!!?!?)
nel prossimo chap saranno svelati gli arcani su Diana...quella
che è iniziata come una lite si trasforma in una notte
luuuuuuuuuuunga..............(ndDiana: povera me)....un bacione a
tutti!!!!!!!!!!!!!
My space (trasferito all'intestazione anziché al piè di pagina
My space
(trasferito all'intestazione anziché al piè di pagina...solo per stavolta):
Allora,
premessa: questo chap è molto breve, perché voglio che ciò che contiene sia ben
chiaro. Diciamo che è il più importante fra tutti, quello in cui si capisce sul
serio chi Diana è, sarà, dovrebbe essere. Il titolo del capitolo è in indiano,
non conosco il significato letterale ma quello intrinseco è adattissimo al
personaggio di Diana che verrà rivelato completamente solo ora. Intanto, grazie
alle recensitrici e a chi mi ha aggiunta ai preferiti!! *me muy felice!!!*
Ecco le
risposte alle recensioni:
mione1194: La
vacca e Daphne avranno ciò che si meritano…su Blaise, dai, su, poveraccio, è un
bulletto al primo amore ed è pure un maschio, cosa possiamo pretendere!?!?!? ;P
Spero che si sia un po’ redarguito, in questo chap!!
Honey Evans:
Per Daphne…la vendetta di Diana sarà lenta e dolorosa, muahahahahahahahahah!!!!
Spero che Foscolo tu sia riuscita a risolverlo, se hai bisogno a me piace molto
posso darti una mano.
Innanzitutto,
su Moccia…io non apprezzo come scrive, non mi piace come rende le sue storie,
incentrate molto su parolacce e dialettismi, ma le storie in se non sarebbero
male, se venissero trattate meglio. Questa è la mia opinione, anche io ho
incontrato parecchie difficoltà perché ero l’unica a non innamorarmi del
personaggio di step, ecc ecc, però alla fine hanno dovuto ammettere che le mie
idee sono mie, e loro non possono cambiarle (vittoria dell’intelligenza)!! Per
il libro, grazie, vedrò di leggerlo (anche se non ho più spazio nelle
librerie!! ;P). Per le katane…hihi anche i miei la pensano così, ma io ho
approfittato di una gita a s. marino e me la sono comprata!! ;P Adoro il
giappone, mi attira molto, come vedo attira te, quindi abbiamo una cosa in comune!!
E per finire…Finlandese!?!?!?!?!!?!? O.o
Selphie:
magari fossero quelle due lì i problemi…ahimè (per Diana: ormai è assodato che
io mi diverto perché sono masochista, quindi…) saranno ben più grandi e
porteranno un detestatissimo nome: VOLDEMORT…-.- (non si fa mai i cazzi
suoi)….grazie per gli auguri!
Diddola: Diana
l’avrebbe uccisa, Daphne, però non stava tanto bene e Lea per fortuna è
intervenuta…e poi, c’è da ammirare il sangue freddo di Diana, che non ha
rivelato al mondo intero che stanno insieme, ma ha trovato una scappatoia per
schiaffeggiarlo e farlo passare per qualcosa di normale…fiu…per la vendetta su
Daphne (che non so se sia bionda, mora, rossa, verde o gialla a pois arancioni,
però mi piaceva l’idea della rossa e…voilà!), mi hai dato un’idea moooolto
interessante…muahahahahahahah…
Mara_star: io
avrei reagito proprio come Diana, e poi, non ne ha mica avuto il tempo di
arrivare mentre si sbaciucchiavano, perché lui le è andato in contro…mi sa che
in una occasione del genere si perda un po’ il controllo e si facciano cose
sconsiderate, e visto che Diana è una MOOOOLTO impulsiva è già tanto che non li
abbia uccisi entrambi…quando Diana s’incazza, come dice Lea, è letale!!! ;P
Grazie per i complimenti!!
Ilaria:
muahahahahah anche la mia prof mi trucida sempre con lo sguardo!!! E poi,
cos’hai da scusarti, stai tranquilla!! In questi chap mi fanno venire il
diabete, quei due, tanto sono pucci pucci cici cici cocò cocò (ok non lo
faranno mai nemmeno sotto tortura altrimenti li crucio io). Un bacionissimO!!!
D2OTTO:
pubblicità occultaaaaaaaaaaaaaaa!!!! Va beh va beh ti perdono…eh già, Diana
quando si incazza….mamma mia, non vorrei averla davanti (perché Diana mi sta
guardando così male??? Aiuto!!!)
E ora, che ho
finito di tediarvi, vi lascio al chap (sperando che Blaise abbia smesso di
rincretinirsi e Diana di incazzarsi!! ;P).
Buona lettura,
un bacione immenso e un abbraccio stratosferico a tutte/i!!!!!!
Blaise sbarrò gli occhi, mentre la realtà di quello che Diana
aveva appena detto lo colpiva con la forza di un troll infuriato. Black. Diana Black.
Ora tornava tutto.
La parentela con Draco, le somiglianze del fisico e del carattere,
il suo aspetto vagamente regale che lo aveva colpito subito...
-Black...- mormorò, cercando di ritrovare un minimo di contegno.
-Come la madre di Draco, Narcissa.- Diana annuì. Sembrava che le fosse costato
davvero tanto, dirglielo: si stava mordendo un labbro, la cupezza sul viso, gli
occhi stretti.
Sapeva che era solo l'inizio.
-Era la cugina di mio padre.-
-Sirius Black.- completò per lei. Diana lo guardò, stupita.
-Sì.-
-Sei la sorellastra di Potter.- Diana annuì di nuovo.
-Sono l'ultima dei Black.- la sua voce si spezzò. Blaise,
sentendolo, si avvicinò ancora di più a lei e le carezzò il viso. Per un tempo
che parve ad entrambi infinito, non disse nulla.
-Perché l'hai tenuto nascosto?- le chiese, alla fine. A parte la
sorpresa, un'inaspettata contentezza lo colpì tutto d'un tratto. Se Diana aveva
nascosto la sua identità, un motivo c'era. Un motivo doloroso,
-Perché...perché Diana Cassidy Black è un'assassina. Io
sono un'assassina.- le parole le morirono letteralmente sulle labbra, mentre si
allontanava di scatto da lui e abbassava lo sguardo.
“Io sono un'assassina.
Quanto ti è costato
ammetterlo, Di?”
-Chi?- le chiese, preoccupato per l'improvvisa tristezza che
vedeva sul suo viso.
-Troppe persone. Ero un'Auror, in Texas.- rispose lei, cupa.
Un pensiero terribile si presentò all'improvviso alla mente di
Blaise, prodotto di tanti piccoli indizi che si erano finalmente, perfettamente
incastrati fra loro.
Un'Elementale.
Una Purosangue.
L'ultima dei Black.
-Di...- Diana alzò lo sguardo su di lui. -Se ti dico Arakta
Shoenn, tu cosa mi rispondi?-
Diana sbarrò gli occhi, mentre il poco colore sul suo volto
scivolava via.
Paura.
Vera paura brilla nei suoi
occhi.
Paura verso se stessa.
Paura verso ciò che è.
A Blaise, quello sguardo improvvisamente atterrito, ferino, bastò.
Arakta Shoenn.
Si raccontava la sua leggenda da secoli, ormai.
Nell'anno Mille, un uomo conobbe un profeta.
Egli era il più potente e il più saggio fra i
profeti, colui che solo poteva scrutare nei meandri del futuro.
Il profeta riconobbe nell'uomo il capostipite
di una famiglia, nobile, potente, dal sangue puro discendente da mille dinastie
magiche; una famiglia che si sarebbe condensata in una sola donna, l'ultima a
portare il loro nome, colei che sarebbe stata la custode di un potere più
grande di qualsiasi altro.
Un potere che governava gli Elementi della
Natura, del Ghiaccio, della Pietra, di tutto ciò che nasce spontaneo.
Un potere capace di distruggere qualsiasi cosa,
legato alle emozioni dell'unica regina nascosta dalle Ombre, di cui sarebbe
stata sovrana.
Una regina dal cuore di Luce e dall'animo di
Oscurità, colei che avrebbe racchiuso in sé il legame fra tutto ciò che è
contrario, fra tutto ciò che è complementare, tutto ciò che dà vita e dà morte.
Una regina che sarebbe stata condannata a
perdere tutto ciò per cui si batteva.
Destinata ad essere vittima e carnefice del suo
Fato.
Pronta a sacrificare sé stessa, per ciò che le
sarebbe stato più caro.
Condannata a perdere l'amore, a perdere
l'amicizia, a perdere ogni felicità, nell'ultima battaglia contro il suo contrario.
Contrario impossibile da immaginare, perché la
Regina sola sceglierà in sé fra Luce e Buio.
Diana guardò Blaise. Era impallidito visibilmente, e nei suoi
occhi vi lesse stupore, timore, preoccupazione. Tutto ciò che si aspettava, ma
tutto ciò che temeva.
Solo due persone conoscevano il suo segreto e non ne erano
spaventate. Una, era Lea, la sua migliore amica, la sua compagna di tante
avventure.
L'altra, era Draco Malfoy.
Lo sapeva da mesi. Da quella fatidica sera in cui per la prima
volta Diana aveva fatto irruzione nel dormitorio serpeverde.
Tutti gli altri...non avrebbero capito. L'avrebbero allontanata,
sarebbero stati spaventati da lei, come stava succedendo ora con Blaise. Per
questo Diana aveva sempre nascosto il suo cognome: sarebbe stato un ulteriore
indizio per scoprire chi lei era veramente.
L'espressione di lui la ferì. Era l'espressione che aveva visto
sul volto di tanti, l'espressione che la allontanava per sempre dal resto del
mondo.
Si pentì all'istante di essersi aperta con lui. Blaise non avrebbe
capito, e lei lo avrebbe perso.
Non voleva perderlo.
Si rese conto solo in
quell'istante quanto Blaise contasse per lei.
Quanto fosse importante.
Quanto desiderasse averlo
accanto.
Era una sensazione che Diana
non provava da tanto.
Una sensazione che non
credeva di poter provare ancora.
Si voltò verso la finestra, le braccia strette intorno alla vita,
al corpo, l'espressione dura e lo sguardo lontano, indecifrabile.
Arakta Shoenn. La regina.
Era davanti a lui.
Era sempre rimasto affascinato da quella leggenda. Fin da piccolo,
quando la nutrice gliela raccontava prima di dormire. Lo ammaliava il fascino
di quella regina, dolce e segnata, il cui destino era legato inevitabilmente al
suo dolore.
E ora sapeva chi era. Sapeva che la leggenda era reale.
Eppure, non riusciva a vederla in modo diverso. Non riusciva a
vedere Diana come l'assassina, l'Auror, la Shoenn. No.
Era sempre Diana.
La Diana che rideva, la Diana che lo beccava, la Diana dallo
sguardo duro e fiero...la Diana che lo aveva schiaffeggiato (ndA: a ragione,
fosse per me l'avrei avadakedavrizzato direttamente!).
Non gli importava.
Non era di Arakta Shoenn, che gli importava.
-Diana...- cominciò, stando bene attento a non sbagliare parole.
Capiva perché Diana avesse
nascosto ciò che era.
Era un terribile segreto, che
l'avrebbe resa ancor più sola di quanto già non fosse.
Molti avrebbero avuto paura
di lei.
L'avrebbero temuta,
l'avrebbero denigrata.
Ma lui?
Lui...non era la Regina, che
amava.
-Blaise, io non...- bastò uno sguardo, per zittire quella Diana
dalle difese abbassate. La raggiunse, le sfiorò la guancia bianca e fredda.
-Diana. È il tuo nome, no? È quello che sei.- le disse,
tranquillo.
-Ma...-
-Diana, la leggenda dice che devi essere tu, a scegliere chi
essere, o sbaglio?-
“Questo è un colpo basso,
Blaise.”
-Sì...lo dice.- sospirò Diana. -Ma non è così facile come sembra.-
Blaise sorrise.
-Lo immagino.- quel sorriso, per Diana, fu un inaspettato
sollievo.
Non ha paura di te.
Gli sorrise, di rimando, e un po' della sua sicumera sembrò
rinascere nei suoi occhi.
TOC TOC TOC
“Questo dormitorio è peggio di un porto di mare.” commentò Diana fra sé e sé,
alzandosi. Indossava ancora la divisa, ma aveva i piedi nudi. Si voltò verso il
letto: Blaise dormiva profondamente, il braccio abbandonato là dove lei si
trovava fino a pochi attimi prima. Diana sorrise, e andò ad aprire.
-Ciao, Harry.- borbottò, assonnata, aprendo la porta quanto bastava per farsi
vedere, ma per non far vedere chi era con lei.
-Ciao, Di. Tutto bene?- le chiese lui, preoccupato. Diana buttò un occhio all'orologio:
era l'una passata. “Harry, ti voglio bene, ma sei un completo cretino: tu mi
vieni a svegliare a quest'ora di notte per chiedermi come sto!? Ma lasciami
dormire!”
-Sì, stai tranquillo.- rispose, evitando di esprimere ad alta voce i propri pensieri.
-Lea ci ha spiegato cos'è successo con Zabini.- “Lea santa subito. Cazzo, però,
poteva dirmi qualcosa, chissà cosa gli ha detto...”
-Non è stato niente, solo l'ennesima lite.- minimizzò Diana, sperando in cuor
suo di averci beccato.
-Già. Hai fatto bene a schiaffeggiarlo. Sai, anche Herm tirò uno schiaffo a
Malfoy, al terzo anno.-
“Ah, ora capisco tante cose. Dev'essere un rapporto causa-effetto: picchi un
Serpeverde, e alla fine diventi la sua donna. Comodo. Bisognerebbe scriverlo in
Storia di Hogwarts, però, chissà quante ragazze ci sono rimaste fottute...”
-Abbiamo una cosa in comune.- commentò, sghignazzando fra sé e sé. -Harry, va
tutto bene, vai a letto che stai per crollare.- aggiunse poi, cogliendo lo
sbadiglio malcelato dell'amico.
-Hai ragione, sono esausto. Notte, Di.- così dicendo, le sfiorò una guancia con
una carezza, dolce, fraterna.
-Notte, pal*.- Diana ricambiò il sorriso che Harry le rivolgeva, e lo guardò
allontanarsi finché non lo vide sparire nel buio delle scale. Poi, richiuse la porta
e tornò da Blaise, nel buio della sua stanza, accoccolandosi fra le sue braccia
calde, forti, intrecciando le dita con le sue. Era convinta che dormisse, e la
sorprese sentire un lieve bacio posarsi sul suo collo scoperto.
-Faccia di bronzo.- le sussurrò.
-Lo so.- Diana si strinse ancora di più a lui, e ben presto si addormentò.
-Quindi tu e Diana vi conoscete da quasi sei anni?- Lea annuì. Il fuoco che
ardeva nel camino rendeva insanguinata la sua pelle abbronzata, mentre
sorseggiava con aria assorta una cioccolata calda.
-Sì. Ne abbiamo passate tante, insieme. È la mia migliore amica...una delle
poche.- Lea distolse lo sguardo dal viso di Ronald Weasley. Il ragazzo colse la
sua improvvisa tristezza, e le si sedette accanto, un po' impacciato.
-Perché “una delle poche”?- le chiese, cercando di non sembrare indelicato.
-Oh, sai com'è...diciamo che sono considerata un po' strana, dai più...-
-Perché? Tu non sei strana.- per fortuna di Lea, il bagliore del fuoco nascose
il suo rossore.
-Non lo so...forse perché non mi piace uniformarmi alla massa.- rispose.
“Grazie a Morgana, Diana non è qui, altrimenti si sarebbe già schiantata dalle
risate.”
-Non mi sembra una cosa sbagliata, anzi. Ci vuole coraggio per distinguersi.-
(ndA: e questa perla di saggezza da dove l'ha tirata fuori, dall'incarto dei
Baci Perugina!?!?!? O.o)
Lea sorrise. Ron si accorse di quanto il suo sorriso fosse tenero e bellissimo,
così diverso da quello di...
Da quello di Lavanda.
Era un sorriso allegro, spensierato, vivo. Ma non era il sorriso svampito delle
ragazze vuote e leggere. Lea non era stupida e felice. Era intelligente e
felice.
Cos'era quella strana sensazione? Quel batticuore improvviso che le faceva
quasi scoppiare le arterie, quell'imbarazzo stranissimo, preoccupante, sospetto?
Quella sensazione di felicità che la pervadeva ogni volta che incontrava gli
occhi azzurri da cucciolo di Ron?
E, soprattutto, da quando aveva cominciato ad associare quel ragazzo ad un
tenero, dolce, affettuoso cucciolone?
-Sei saggio, Ron. La maggior parte dei ragazzi non saprebbe distinguere
coraggio da pazzia.- gli disse, rivolgendogli un sorriso. Ron la ricambiò, e
Lea sentì le sue guance accendersi di rosso. Perché non riusciva a guardarlo
negli occhi per più di un minuto senza arrossire?
Lea soffocò uno sbadiglio, che a Ron non sfuggì.
-Vai a dormire, Lea.- le consigliò, con un tono incredibilmente dolce.
-Credo che seguirò il tuo consiglio...buonanotte, Ron.- disse lei, alzandosi
dal divano. Ron la guardò allontanarsi, pensando che non solo era una ragazza
dolce e intelligente, ma che aveva anche un bel fisico.
-Sogni d'oro, Lea.- rispose, dopo un po'. La giovane americana sorrise fra sé,
mentre risaliva le scale diretta ai dormitori.
Avevano parlato di tutto. Di Hogwarts, dei professori, degli studenti, della
scuola di Lea e del Texas. Di tutto, meno di una cosa. Perché non le hai detto di Lavanda, Ron?
Blaise si destò all'improvviso, quando un pallido raggio di luce lo colpì sulle
palpebre chiuse. Per un istante, si chiese perché il sole riuscisse a
raggiungere la sua fredda stanza nei sotterranei, poi ricordò. Lenzuola rosse e
oro, un detestatissimo poster alla parete. Si voltò, e istintivamente sorrise.
Diana dormiva tranquilla accanto a lui. Girata su un fianco, la mano ancora
stretta nella sua, gli occhi chiusi e il volto calmo, rilassato. I capelli
scuri, dorati nella luce del sole che li colpiva, le ricadevano morbidi e
selvaggi sul viso e sul collo, fin sotto le scapole, sulla camicetta bianca che
valorizzava le sue curve generose.
Le scostò i capelli dal volto. Aveva un viso così dolce, bello. Tondo,
leggermente scavato sulle guance rosee. Sembrava quello di una bambina, tanto
pareva innocente. Nessuno, guardandola dormire, avrebbe mai anche solo
immaginato quanto quel viso potesse essere così duro, rabbioso, ferino, come
lui l'aveva visto tante volte.
Forse un tempo Diana era stata davvero così. Dolce, buona, allegra. Senza il
peso di essere ciò che era, senza la macchia indelebile del sangue sulle sue
mani, senza il dolore stampato a fuoco nelle iridi del colore dell'acciaio più
gelido.
Ora sapeva. Avevano parlato tanto, quella notte. Sapeva della Morris, sapeva
degli Auror (Diana era stata un capitano degli Auror alquanto precoce), sapeva
di Scott...e sapeva di Dan. Di quel lui che Diana aveva perduto nel modo più
tragico.
Era geloso?
No.
Come avrebbe potuto esserlo?
Aveva capito già da tempo che Diana era stata innamorata, e che la persona che
amava le era stata strappata. Conoscerne il nome non faceva alcuna differenza.
Certo, il solo pensiero che qualcuno avesse potuto toccarla, sfiorarla, anche
solo guardarla, prima di lui, lo faceva friggere di rabbia.
Ma, da quel che aveva capito, Dan l'aveva amata veramente.
Aveva frapposto se stesso fra Diana e la morte.
Come poteva avercela con qualcuno che l'aveva difesa, amata, fino a quel punto?
In un certo senso, in un senso molto lato, Blaise sentiva che quel Dan non gli
sarebbe stato poi così antipatico, se lo avesse conosciuto. Senza Diana fra
loro, ovviamente.
Lentamente, le carezzò il viso, toccando appena la sua pelle fresca. Si liberò
con dolcezza dalla sua stretta, sfiorandole il polso, l'avambraccio bianco.
Stando bene attento a non svegliarla, si alzò e, con un colpo di bacchetta, si
risistemò la camicia e i pantaloni, rendendoli di nuovo perfettamente stirati.
Gettò uno sguardo allo specchio di Diana, e notò di avere un qualcosa di
intricato e aggrovigliato, al posto dei capelli. Anche quelli, li sistemò con
un incantesimo. Diana, quando lo vedeva al mattino così scompigliato, scoppiava
a ridere di gusto, facendogli desiderare di restare così tutto il giorno, pur
di sentirla ridere.
“Ma che cazzo ti è venuto, Blaise? Ti sei fatto un'endovena di zuccheri? E
piantala!” si disse, rendendosi conto di essere veramente melenso.
Ripensò ad una cosa che Diana aveva detto la sera prima. -Lo sai che non puoi più tornare indietro, Blaise?- Diana sapeva quanto
difficile potesse essere stare con lei.
-Lo so. Ma non ne ho la minima intenzione. Ora ci sono, e mi dovrai
sopportare.-
Diana era sempre un passo avanti a tutti, pensò, mentre si Disilludeva e se ne
andava silenziosamente dalla Torre dei Grifondoro. Poi sorrise: gli era venuta
in mente un'idea che solo la mente perversa di Diana avrebbe potuto partorire.
Diana si svegliò nello stesso istante in cui Blaise richiuse la porta. Gettò
uno sguardo al suo orologio: erano quasi le otto. Tra pochi minuti, la solita
Ginny si sarebbe scaraventata in camera sua, per svegliarla con la consueta
delicatezza. Per fortuna Blaise se n'era andato prima, anche perché, se l'amica
li avesse trovati insieme e addormentati, avrebbe riso per almeno un paio
d'anni.
-Diana!- Ginny si fiondò in camera sua spalancando la porta e balzando sul suo
letto, costringendola ad aggrapparsi al materasso, per non cadere.
-Gin, ti aspettavo.- commentò, riprendendosi. Si accorse di Lea ed
Hermione che ridevano, sulla soglia. -Se volete parlare di cose private,
entrate e chiudete la porta. Tanto, ormai, questa camera è praticamente
pubblica.- disse alle due, agitando la bacchetta per chiudere la porta.
-Allora? Hai chiarito con Blaise?- esordì Ginny. Diana si stropicciò gli occhi,
ancora mezza addormentata.
-Sì, abbiamo chiarito.- rispose, e nel farlo alzò gli occhi su Lea,
concentrando tutte le sue energie in un unico pensiero: “Sa tutto, ora”.
-Oh, per fortuna!- commentò Hermione, sedendosi sul suo letto.
-Avete scopato?-
-Ginny!-
-No...purtroppo.-
-Diana!- Hermione era scandalizzata.
-Herm, ma cos'hai da rimproverarci?-
-Ne parlate così! Insomma, è qualcosa di...intimo!- “Herm, sei un'ipocrita.
Scopi come una mandrilla con Draco tutto il santo giorno, e poi vieni a fare la
paternale a me, e potresti anche averne ragione, e a Gin, che invece è più
vergine della Madonna”.
-Come sei arretrata, Herm. Non siamo più nell'Ottocento, sai?- Lea rise, e i
suoi occhi scuri incontrarono quelli chiari della sua migliore amica.
“Hai fatto bene, sister.”
“Lo so.”
Quella mattina, Hermione e Diana avevano Antiche Rune alla prima ora. Salutata
Lea, che se ne sarebbe rimasta a poltrire (questo il termine usato da Diana)
nella Torre, si diressero chiacchierando verso l'aula della professoressa
Vector.
-Ci pensi, Herm? Un mese fa, se qualcuno mi avesse detto che avrei fatto una
scenata di gelosia a Blaise Zabini, gli avrei riso in faccia...- stava dicendo
Diana.
-Ti capisco. È successa la stessa cosa a me, con Draco.- rispose Hermione.
-Non mi hai mai detto com'è iniziata, fra voi.- le fece notare. La dolce
Mezzosangue sorrise.
-Oh, beh...è cominciato tutto quest'estate. Prima di unirci al resto dell'Ordine,
io e Ginny siamo andate una settimana al mare, da sole.- La sabbia scivola fra le tue dita, tiepida, morbida. I raggi sanguigni del
sole morente ti colorano la pelle, screziandola di rosso, in perfetto contrasto
con la tua camicetta di raso verde. Il rumore del mare è calmo, tranquillo,
sciaborda sul bagnasciuga lento e delicato, sfiorandoti i piedi nudi. I capelli
ti ricadono in morbidi boccoli sulle spalle, sul collo, sull'affascinante
abbronzatura che quei pochi giorni in spiaggia ti hanno donato.
Ginny è nel vostro bungalow, sta cambiandosi per la cena. Tu, già pronta, hai
deciso di abbandonare le tue ballerine verde scuro sul selciato vicino alla
spiaggia, e di venire qui, sola, apprezzando il silenzio che il tramonto porta
con sé.
-Ma guarda chi si vede...la Mezzosangue.- una voce strascicata alle tue spalle
ti fa sobbalzare. Ti volti, e per un attimo dimentichi qualunque cosa.
I capelli biondi gli ricadono, lisci e umidi, fin sotto le orecchie. Il torace,
scolpito e muscoloso, è nudo, e il sole mette in risalto la sua abbronzatura
perfetta, non troppo scura. Indossa il costume da bagno, aderente, che – ti
vergogni un po' a pensarlo – mette benissimo in risalto il suo bel sedere. Le
iridi plumbee ti osservano, curiose, senza l'arroganza che sei solita
scorgervi. Sono due bellissimi occhi, quando non odiano.
Ha sottobraccio una tavola da surf. È di un verde scuro, quasi nero, ma reso
lucente dall'acqua che ancora scivola su quel colore inconfondibilmente
serpeverde.
-Che dispiacere...Malferret.- rispondi, ma sei sicura che Draco – da quando lo
chiami per nome? - abbia notato il tuo sguardo imbarazzato corrergli sul corpo
apollineo.
È una Dea. Stupenda, bellissima, meravigliosa. Come hai fatto a non notarlo
mai, prima?
Ha un corpo meraviglioso. Non è magrissima, come le donne che frequenti di
solito. Ha delle belle curve, tutte al posto giusto. E ha quella fierezza,
nello sguardo dorato, che non l'abbandona mai.
Ha una bella voce, anche quando è sarcastica.
Da quando pensi certe cose di una Mezzosangue, Draco?
-Sospendiamo le ostilità, Granger. Non ho intenzione di rovinarmi le vacanze.-
-Per me va più che bene...Malferret.- niente da fare. Quella ragazza non è
capace di rinunciare all'ultima parola. Ed è una cosa che la rende ancora più
intrigante.
Quella sera, per la prima volta, riuscite a parlare senza la tentazione di
uccidervi. Hermione – la chiami anche per nome, adesso? - è lì in vacanza, per
poco, con la sua amica Ginny. Conosci Ginny: è diventata tua amica quando, per
sbaglio, le hai rovesciato addosso un succo di zucca.
E poi, ad una tua battuta, Hermione ride e il tuo gelido cuore di Serpe si
scioglie sotto il sole quasi scomparso.
È una risata argentina, spontanea, tremendamente sensuale. È la risata di una
ragazza innocente, seduta sulla spiaggia in compagnia del suo peggior nemico.
E, senza pensarci, senza averlo premeditato, le sfiori il viso e la baci.
Non riesci a resistere alla dolcezza di quel bacio. Niente a che vedere con la
goffaggine di Viktor: Draco bacia benissimo, senza “aprire le fauci”, come hai
visto fare a Michael, il ragazzo di Gin. Le vostre lingue danzano per un eterno
istante fra le vostre labbra, senti la sua carezza sul viso e sul collo, sulla
spalla, sul braccio nudo. Senti il cuore battere all'impazzata, come se volesse
sfondarti la cassa toracica.
Hai ripensato a quel bacio tutta l'estate, alla Tana.
Al sapore del sale delle sue labbra.
Al colore dei suoi capelli sotto il sole.
Ron dice che sei lunatica. Non parli molto, passi il tuo tempo seduta sul
davanzale. Gin è l'unica a sapere. Ha cenato con voi e con Blaise, quella sera
che sembra già così lontana. Ti ha un po' sorpresa che la rossa fosse così
amica di entrambi i Serpeverde. Ma poi hai capito che nessuno può resistere
alla sua voglia di vivere. Nemmeno Zabini. E nemmeno Draco.
Forse ora è con Weasley, pensi. Magari Lenticchia ha trovato le palle di
dichiararsi, e la Mezzosangue...no, non la Mezzosangue. Cazzo, Draco, non
importa che sia una Mezzosangue. È Hermione. La ragazza della spiaggia. La
ragazza dalla risata così bambina, eppure così donna.
-Mi dispiace, madre. L'ho baciata, e non me ne pento.-
-Cos'ha fatto per spingerti a baciarla?- la domanda di Narcissa non è
sarcastica come può sembrare. Piuttosto, quasi un sorriso si apre sul suo
affascinante volto.
-Ha riso.- il sorriso si schiude. Il tuo bambino, Cissy, ha capito ciò che tu
conosci da tempo, ma che non hai mai potuto dimostrare.
-Fai quello che ti suggerisce la sua risata, tesoro. Non può sbagliare.- lo
sguardo di Draco è stupefatto. Si era aspettato rimproveri, interminabili
elucubrazioni sull'importanza del Sangue Puro e sull'esigenza di mantenerlo
tale. Non una spinta ad andare da lei.
E a Hogwarts, quel primo di settembre ancora abbastanza caldo, hai incontrato
Hermione sotto un faggio nel giardino. Ha voluto parlarti.
-Malfoy, io ho passato un'estate d'inferno pensando a quel bacio. Almeno dimmi
che era solo una scommessa, che tutto quello che ci siamo detti era una farsa,
così posso mettermi l'anima in pace.- la guardi. L'ultima cosa che vuoi è che soffra
a causa tua.
-Non lo era. Hermione, era qualcosa di vero.- ti guarda, stupefatta.
-“Qualcosa di vero”?- annuisci.
-Io non posso mostrare al mondo quanto abbia ripensato a quel bacio. Devo
tenerlo nascosto, devo evitare che la gente si accorga di quanto mi ha scosso
baciarti. Ma non a te.-
-Draco...- il tuo nome ha un suono così splendido, pronunciato da lei.
-Hermione...finché c'è questa guerra, io non posso mostrarti al mio fianco.-
-Ma puoi avermici lo stesso.-
-Ehi! C'è nessuno, in casa?- Blaise riscosse Draco dai suoi sogni ad occhi
aperti. Ripensare ai primi momenti con Hermione lo tranquillizzava sempre,
soprattutto dopo aver passato una notte a cercare di arginare la furia di una
Daphne Greengrass a dir poco infuriata.
-Ma guarda chi si vede...dove ti eri rintanato, Blaise? No, aspetta, lasciami
indovinare...nella stanza di mia cugina. Ci ho preso?- Blaise si sedette
accanto a lui, al tavolo delle Serpi.
-Allora lo sai.- commentò.
-Certo che lo so. So anche altro...-
-Anch'io, stupido furetto. Ne abbiamo parlato.- quest'affermazione lasciò Draco
completamente basito. Diana non si fidava quasi di nessuno: lui era uno dei
pochi a cui, per inesplicabili motivi, aveva concesso la sua fiducia. E ora
parlava del suo segreto con Blaise...beh, pensò con un ghigno, quei due gli
avrebbero dato presto qualcosa di cui ridere.
Proprio in quel momento, Hermione e Diana entrarono nell'aula di Antiche Rune,
l'unica lezione che seguissero tutti e quattro insieme. Diana puntò
immediatamente il banco davanti a quello di Blaise, facendo sloggiare con uno
sguardo trapassante un Ernie Macmillan piuttosto preoccupato. Si sedette, con
la sua solita eleganza, e spinse la sedia sui soli piedi di dietro, rimanendo
in perfetto equilibrio senza reggersi al banco. Hermione le dedicò uno sguardo
rassegnato: l'insolenza studiata di quella ragazza non sarebbe mai venuta meno.
Diana rovesciò la testa all'indietro, incontrando lo sguardo divertito di
Blaise.
-E Daphne? Ti ha fatto la scenata o no?- gli chiese, tranquilla. Anche capovolto,
il suo sguardo era sin troppo forte per essere quello di una semplice ragazza.
-L'ha accuratamente evitata.- intervenne Draco, che sembrava ridersela
alquanto.
-Non ci tengo ad essere Cruciato, sai?- ribatté Blaise, rivolgendogli
un'occhiata di ghiaccio.
-“Coraggioso”...si vede che sei un Serpeverde.- commentò Diana, sarcastica.
-Sai, c'è chi dice che il coraggio è la virtù dei folli.- ribatté lui,
avvicinandosi al suo viso.
-Capisco perché ti danno del matto, allora.- rispose lei, alzando un sopracciglio
e rivolgendogli un sorrisetto che era tutto un programma. “A suo modo, sarà un
complimento...” pensò Draco.
-Zabini, signorina Diana, state di nuovo litigando?- intervenne la
professoressa Vector che, come sempre, arrivava nei momenti più inopportuni.
-Certo che no, professoressa.- rispose Diana, lasciandosi ricadere sui quattro
piedi della sedia.
-Meglio così, perché la lezione è iniziata da almeno dieci minuti.- replicò
l'insegnante. -E fate in modo di non distrarvi più, signorina, perché i
risultati parlano da soli...- aggiunse, consegnando a lei e a Hermione due
fogli. Diana riconobbe la propria scrittura: era il compito in classe che
avevano fatto prima delle vacanze di Natale. Le sembrava passata un'eternità.
Voltò il foglio, e vide qualcosa che la lasciò stupefatta: una D.
-Cosa!?- esclamò, incredula. Lei, una D in Antiche Rune!? Impossibile.
-Non è possibile!- le voci gemelle di Draco ed Herm attirarono il suo sguardo.
-Anche voi una D?- chiese, la rabbia che vibrava nella sua voce. I due annuirono,
allibiti.
-Come avrete notato, i compiti sono andati generalmente male...dico bene,
signorina Diana?- chiese la professoressa dalla cattedra, scrutandoli uno ad
uno e fermandosi su Diana.
-Che carogna...-
-Diana, forse abbiamo sbagliato noi.- intervenne Hermione.
-Io non ho sbagliato! È quella che secondo me è in astinenza ed è
diventata malefica!- Diana indicò la professoressa con un gesto rabbioso della
testa. Era assolutamente incapace di ammettere di aver sbagliato, la piccola
Diana.
(ndDiana: se mi chiami un'altra volta “piccola” ti sparo.)
(ndGinny: ancora! Ma che vuol dire “sparare”??)
(ndMe&Diana: -.-'')
-Diana, è una professoressa...-
-Ma chissenefrega! Io le faccio ingoiare il suo maledetto libro e tutte le sue
dannatissime Rune, le faccio!- sibilò, agitando il voluminoso tomo di Antiche
Rune con fare minaccioso.
-Diana, zitta!- sibilò Hermione, esasperata.
-No che non ci sto, zitta! Porca miseria, Herm, ma ti rendi conto che il suo
stramaledettissimo test è andato male a tutti? Che è, colpa nostra, se va in
bianco tutte le notti?- replicò lei, irosa.
-A me è andato bene.- intervenne Blaise.
-Taci tu.- gli intimò Diana, voltandosi per un istante. Blaise scoppiò a
ridere: l'espressione della giovane Black era troppo, troppo buffa.
-Diana, se ti sente poi sei nei cazzi amari.- commentò Draco, intervenendo per
dare manforte alla sua ragazza. Diana lo incenerì letteralmente con lo sguardo.
-E che mi senta! Glielo dico in faccia che è un'aviopenica* cronica, se mi dice
qualcosa!-
Per fortuna, la professoressa Vector non la sentì. Alla fine della lezione, in
cui i sibili irosi di Diana avevano costretto Draco, Hermione e Blaise a
soffocare a forza le risate, Harry raggiunse le due ragazze. Blaise e Draco,
istintivamente, si allontanarono.
-Ciao, Harry.-
-Ciao Di, Herm. Tutto bene?- chiese loro il ragazzo.
-No.- risposero in coro. Poi, però, Diana si accorse che Ron non era con
l'amico. -Dov'è finito il nostro rosso?- chiese.
-Alla Torre...ha detto di aver dimenticato qualcosa.- Harry, Hermione e Diana
si scambiarono un'occhiata eloquente. Nella Torre, c'era Lea.
-Entrappulus.- le orecchie allenate di Diana colsero quel sussurro
lontano, ma non poté (e non volle) fare nulla per bloccarlo. Tutti gli studenti
che accalcavano il corridoio furono sospinti violentemente lontano da lei,
trattenuti da una barriera invisibile. Fece appena in tempo a voltarsi, che un
Everte Statis scagliato con maestria e silenziosità la scaraventò contro il
muro, bloccandola completamente.
-Sei malefico, lo sai?-
-Ho imparato da te, fratello. Allora, me la dai o no una mano?- Draco ghignò:
l'inconfondibile ghigno di un Serpeverde.
-Ma che domande fai? È ovvio.- Draco estrasse la bacchetta, e mormorò un
Incantesimo Intrappolante che isolò Diana nel corridoio. Lei si voltò e Blaise,
che quell'affronto non glielo aveva mai veramente perdonato, estrasse
fulmineamente la bacchetta e le scagliò un silenzioso Everte Statis. Draco capì
immediatamente che Diana se lo aspettava: il suo sguardo non mostrava alcuna
traccia di sorpresa. Probabilmente, aveva riconosciuto la sua voce.
Diana rimase un istante senza
fiato: Blaise avrebbe potuto anche andarci un po' più piano, pensò.
L'attimo dopo, si ritrovò il suo viso a pochi centimetri dal volto.
-Che vuoi, Faina?- ringhiò al ghigno strafottente che aveva ad un respiro dalle
labbra.
-Sei una persona intelligente, pivella, dovresti capirlo da sola.- le sussurrò
Blaise, provocante apposta. Si spinse ancora di più addosso a lei, facendo
aderire perfettamente il bacino contro il suo. Diana ringraziò fra sé e sé
Merlino di essere bloccata. Se fosse stata in grado di farlo, gli sarebbe
certamente saltata addosso. Con la coda dell'occhio, vide Harry e Draco che si
insultavano tranquillamente, il primo bloccato dall'Incantesimo del secondo.
-Cos'è, vuoi vendicarti per quei due buffetti di ieri?- sbottò lei, mantenendo
incredibilmente la sua arrogante faccia tosta.
-Esattamente.- rispose lui, con uno sguardo che di casto non aveva proprio
nulla. -Voglio qualcosa, da te.-
-Mi dispiace deluderti, ma da me non avrai niente.- sibilò lei, l'arroganza un
po' guastata dalle labbra di Blaise che sfioravano le sue, mentre parlava. Non
riuscì ad impedirsi, e a dirla tutta nemmeno si impegnò più di tanto, di
socchiudere gli occhi, avvertendo ancora più forte la pressione elettrica che
correva fra i loro corpi.
-Mi vuoi, vero, pivella?- le chiese, prendendole il mento con una mano e
costringendola a guardarlo.
-No.- rispose lei, altezzosa, con occhi accesi non dall'arroganza...ma dal
desiderio. “Ma che cazzo di domande fai, Blaise!? Fosse per me ti sarei saltata
addosso venti minuti fa!”
-Non sei una brava bugiarda.- fece lui, e all'improvviso premette le labbra
sulle sue, spingendole la lingua in bocca e stringendole il viso con una mano.
E Diana, ancora una volta, non provò nemmeno a ribellarsi, ma si abbandonò
completamente all'irruenza di quel bacio, udendo a malapena le proteste
schifate di Harry. Ricambiò Blaise con la stessa violenza, sentendo il suo
respiro farsi più affannoso e il suo tocco farsi più profondo, le mani che
correvano sul corpo che ben conoscevano, una in fondo alla sua schiena e
l'altra fra le sue gambe.
All'improvviso, con un gesto rabbioso della testa, si liberò del suo bacio e
dell'Incantesimo. Piuttosto a malincuore, potrei aggiungere.
-Scusa.- gli sussurrò a fior di labbra, senza quasi muovere le sue. E poi...
Blaise sentì la ginocchiata andare
a segno. Istintivamente, si piegò su se stesso, colpito proprio là, nel suo
piccolo. Diana ne approfittò, e lo spinse violentemente lontano da sé, mandandolo
a sbattere contro l'altra parete. Il suo udito riprese a funzionare, sentì il
rumoroso sollievo di Harry, e Draco che letteralmente ululava dal ridere.
-Riprovaci, Faina, e te lo taglio. Se ne è rimasto qualcosa.- disse, prima di
estrarre la bacchetta e liberare il resto della scolaresca, raggiungere una
Hermione sull'orlo di un collasso e un Harry quanto mai contrariato.
-Diana, stai...- lo zittì con un gesto della mano.
-Vado in bagno a lavarmi la bocca.- annunciò in tono disgustato, in modo che i
due Serpeverde (entrambi riversi a terra, uno scosso dalle risate, l'altro in
preda ad un dolore lancinante) la sentissero.
Chiuse la porta del bagno, e vi si appoggiò. Per la prima volta da quando si
era separata da Blaise, permise al proprio volto di rilassarsi in un sospiro:
l'aveva lasciata quasi senza fiato, quel bacio, e le aveva fatto balenare in
mente qualche idea che, se Blaise non si fosse dato una mossa, l'avrebbero
fatta impazzire. Quasi sentiva la voce di Lea. Depravata.
“Non è vero.” E come ti definiresti!?
“Guarda che ha iniziato lui.” Ah, perché tu ti sei ribellata, vero? Potevano scoprirvi!
“Era tutto programmato.” Certo non da te! In mezzo al corridoio...Dio, Diana!
“Puoi chiamarmi semplicemente Diana, sai?” Diana rise fra sé, mentre la voce della
sua migliore amica la mandava a quel paese.
Diana sentì la maniglia della
porta abbassarsi. Un semplice incantesimo non verbale rese per un istante il
legno bianco trasparente, permettendole di vedere chi volesse entrare.
Aprì la porta, mentre una risata le nasceva sulle labbra.
-Mi hai fatto male.- esordì Blaise, irritato solo a metà.
-Oh, povero, piccolo Blasie...- sghignazzò lei, appoggiandosi ad un lavandino
per non rischiare di perdere l'equilibrio, tante erano le risate che la
scuotevano. Blaise le arrivò addosso, prima che potesse rendersene conto, e la
baciò con forza, mentre con la bacchetta sigillava e insonorizzava la stanza.
Diana quasi cadde nel lavandino, e Blaise la sostenne (da perfetto gentleman?)
stringendola sulle natiche, stringendola a lui.
-Me la paghi, questa.- le sussurrò, senza l'ombra di cattiveria.
-Che paura...- ribatté lei. Blaise fece un sorrisetto, e con un solo movimento
entrò in lei, facendole sgranare gli occhi. Non si era nemmeno accorta di
essersi lasciata spogliare. È una continua lotta, fra te e Blaise.
Una lotta che si condensa in una passione che non si ferma mai.
È una battaglia fra due vincitori.
È un continuo stuzzicarsi, prendersi in giro, ma entrambi sapete che è solo un
gioco.
Perché quello che c'è dietro alle battute, alle frecciate velenose, alle
provocazioni, lo sapete solo tu e lui.
È amore.
(ndA: altrimenti detto, sono solo giochini erotici...)
(ndDiana: MUORIIIIII!!!!!!)
-AHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!- la risata
di Draco rimbombava nel dormitorio serpeverde, deserto. Il proprietario di
quella risata sgangherata era in quel momento accasciato fra i cuscini del
proprio letto, di fianco ad una Hermione altrettanto divertita, ma parecchio
più composta.
-In questo periodo sei piuttosto allegro, vero, furetto?- gli chiese Diana, dal
suo comodo posto sullo schienale della poltrona di Blaise, con le gambe dietro
la schiena di lui, spettinandolo con aria distratta mentre lui, con altrettanta
noncuranza, se li risistemava. (ndA:oooh, ma che pucciosi!)
-E certo...tra quello lì che si fa delle seghe mentali non da poco, tu che fai
delle scenate da tragedia greca, e insieme mi combinate dei lavori come quello
di stamattina...beh, ho di che divertirmi.- rispose. Diana ed Hermione erano
riuscite a sgattaiolare via dopo cena con la scusa di dover andare in
biblioteca, e avevano raggiunto i due Serpeverde nel loro dormitorio,
precisamente nella stanza di Draco che, insonorizzata e dotata di tutti i
comfort, era l'unico luogo in cui potessero rifugiarsi.
-Lieta di essere per te motivo di ilarità, caro cugino.- disse lei, altezzosa.
Draco la squadrò per un istante, osservando l'espressione fiera e arrogante nei
suoi regali lineamenti.
-So che mi ucciderai, per questo, ma in questo istante sei uguale a zia
Bellatrix.- lo scatto della testa di Diana, il suo sguardo assassino, non
giunsero inaspettati, ma lo inquietarono comunque.
-Già il solo pensiero di avere parte del sangue in comune con quella maledetta
mi fa accapponare la pelle, Dray...non ricordarmi che certi aspetti del mio
carattere sono uguali ai suoi.- disse, gelida. Blaise, cogliendo l'odio
vibrante nella sua voce, le carezzò una gamba e la risalì, per arrivare alla
sua mano. Diana ricambiò la sua stretta, con forza.
-Scusate, non vorrei interrompere il vostro scambio di battute, ma...in che
senso, “cugini”?- intervenne Hermione, perplessa. Blaise, Draco e Diana si
scambiarono un'occhiata. Poi, dopo un istante, Diana annuì.
-Sirius era mio padre, Herm.- la informò, con voce inespressiva. Hermione quasi
cadde dal letto, improvvisamente senza respiro.
-Cosa!?- esalò, riprendendo un po' di fiato. -Tu sei una Black?-
-Eh già.- rispose. Draco notò lo sguardo della cugina, perso in lontananza, e
si affrettò a fermare il fiume di domande che era sorto sulle labbra di
Hermione.
TOC TOC TOC!
Qualcuno cominciò a bussare furiosamente alla porta di Draco, facendoli
sobbalzare tutti e quattro.
-Malfoy...- già a sentire quella voce, Draco e Blaise avrebbero voluto gridarle
di tacere. Per il suo bene, ovviamente. Perché l'espressione di Diana, nel
sentire la voce di Daphne Greengrass, era diventata a dir poco inquietante.
-Dimmi che quel cretino di Blaise è lì!-
-Intelligente, la tua futura moglie. Ti ha già inquadrato.- commentò Diana, un
sorriso crudele che le si disegnava sul volto. Ancora una volta, la Serpe che
era in lei la spingeva a colpire.
(ndA: muahahahahahah!! Vendetta, tremenda vendetta!!!) Calma, Diana. Calma. Tranquilla.
Ti hanno insegnato come fare. Sei la migliore.
Alzati. Con eleganza. Vai ad aprire la porta.
Godi nel vedere l'espressione della Serpentella farsi da arrabbiata, a
sorpresa, a spaventata.
-Qualche problema?- chiedi, tranquillamente. Senti Blaise comparire dietro di
te.
-Allora è per questa troia che hai mollato me, eh?- Blaise alza gli occhi al
cielo quando il tuo sinistro parte.
Nessuno, nessuno, può dare della troia ad una Black e poterlo raccontare.
E in quel pugno metti tutta la tua rabbia, tutta la tua gelosia.
Povera Daphne. Si è rovinata il suo bel faccino.
Blaise le afferrò il polso prima che potesse scaraventarsi con tutta la sua
forza addosso all'atterrita Serpeverde. Diana non si ribellò a quella stretta,
non cercò di attaccare ancora. Quello che voleva, l'aveva ottenuto. La sua battaglia l'aveva vinta.
Estrasse la bacchetta, così velocemente che Blaise nemmeno la vide, e mormorò:
-Oblivion.-
-E così, questa ce la siamo tolti dai piedi.- commentò, guardando gli occhi
verdi della Greengrass farsi vuoti e spenti.
Torre di Grifondoro. Lea e Ron
stavano chiacchierando amabilmente, sotto gli occhi di un Harry e una Ginny
quanto mai contenti, quando una voce attraversò la sala comune.
-Ronron!!- l'espressione di Lea s'irrigidì. Ron provò a dire qualcosa,
qualsiasi cosa, ma prima che potesse farlo un qualcosa di biondo gli si slanciò
fra le braccia, baciandolo con passione. Ron provò ad allontanarla da sé, ma
Lavanda gli si avvinghiò ancor più stretto addosso. Era quasi possessiva, la
stretta della giovane Brown; non si era mai comportata così. Sembrava l'avesse
fatto apposta, a balzargli fra le braccia mentre parlava con Lea.
Avrebbe giurato di sentire un singhiozzo, prima di vedere una macchia scura
correre via.
“Mi ha illusa. Illusa!” ripeteva
una voce nella sua testa, in continuazione. Non riusciva a fermare le lacrime,
non riusciva a smettere di correre, pensando di essere stata una vera sciocca
a...a fare cosa? Cos'era che si era ritrovata a provare, in meno di dodici ore,
per quel ragazzo?
Non guardò nemmeno dove stava andando, finché non sentì una voce familiare e
una stretta intorno al gomito.
-Lea! Fermati!- le intimò la voce sferzante di Diana. No, non Diana. Il
capitano. A cui si deve obbedire sempre, come insegnavano alla Morris.
Lea si fermò. Anche perché Diana
era il doppio di lei, e la sua stretta le impediva di allontanarsi ancora. Ma
non voleva allontanarsi, non voleva andarsene. Voleva la sua amica. Voleva il
suo capitano. Voleva che, come aveva fatto tante volte in mezzo ai guai più
disparati, le dicesse che sarebbe andato tutto bene, che avrebbe trovato una
soluzione. Tutto qui.
Lea era stravolta. Sembrava
sull'orlo delle lacrime, ma era troppo orgogliosa per scoppiare in lacrime
davanti ad uno sconosciuto quale era Blaise, che, accanto a Diana, la guardava,
perplesso e preoccupato. La mora gli fece un cenno, consigliandogli di
andarsene. Le sfiorò un braccio, mentre si allontanava. Appena se ne fu andato,
Diana costrinse Lea a guardarla.
-Cosa è successo?- le chiese, senza tanti giri di parole.
-Niente.- rispose lei.
-Lea, tu non piangi mai. Ora lo stai facendo. Cos'è successo?- le chiese di
nuovo, brusca.
-Mi sono solo fatta dei castelli in aria. Tutto qua.- il labbro di Lea tremò
pericolosamente. E poi, Diana capì, e mentalmente si prese l'appunto di
uccidere Ronald Weasley. (ndDile: ma no!! Solo Lavanda!!)
-Hai conosciuto Lavanda Brown, eh?- Lea annuì bruscamente, senza guardarla.
Diana sentì montare la rabbia. Lea quasi tremava, aveva il viso rigato di
lacrime, la delusione dipinta negli occhioni scuri e il dolore scritto nel
cuore. Avrebbe dovuto aspettarselo, Diana, che quel momento sarebbe arrivato.
Lavanda non era una che passava troppo tempo lontana dal suo adorato “Ronron”,
e presto si sarebbe messa in mezzo fra la sua amica e il rosso. Però, a dirla
tutta, Diana si sarebbe aspettata più sincerità, da parte di Ron.
Una Lea entusiasta, quella mattina, le aveva raccontato di come avesse passato
la notte a parlare con Ron, di quanto le piacesse, di come si sentisse bene in
sua compagnia...e, quel pomeriggio, Ron le aveva ripetuto le stesse cose. E ora
la bionda svampita rovinava tutto prima ancora che qualcosa nascesse.
-Lea, ora sistemiamo tutto, ok? Ora andiamo su, uccidiamo
Lavac...ehm...Lavanda...e tu parli con Ron, ok?- la battutaccia di Diana riuscì
a farla sorridere.
-Poteva dirmelo, però.- mormorò, mentre Diana se la trascinava letteralmente
lungo i corridoi.
-Eh già...ma si sa, gli uomini sono tutti dei deficienti.- rispose lei.
-Anche Blaise?-
-Soprattutto Blaise. A proposito, hai saputo il bello scherzo che mi ha
combinato stamattina?- cercava di distogliere l'attenzione di Lea dal dolore
che Ron le aveva provocato, anche perché presto avrebbe dovuto farci di nuovo i
conti. E funzionò: il cipiglio dell'amica si fece istantaneamente severo.
-Sì...è stato imprudente, potevano scoprirvi.- Diana scoppiò a ridere: erano le
stesse parole che si era immaginata quella mattina. Precise e identiche.
-Lea, ti voglio bene, lo sai?- Lea questo non se l'aspettava. Diana non era una
persona dalle manifestazioni verbali di affetto...in altri tempi, in tempi più
sereni, quando era contenta e voleva raccontarle qualcosa, Diana le si
scaraventava letteralmente addosso, abbracciandola. Da un anno a questa parte,
da quando Dan e Scott erano morti, Diana si era fatta distante, distaccata,
aveva rinnegato ogni contatto umano...anche se, forse, sarebbero stati la cosa
migliore, per lei. Ma Diana voleva sempre fare tutto da sola: non accettava
aiuto, da nessuno. E forse era questo che la storia con Blaise stava demolendo.
-Lo so, Di. Ma non mi starai diventando sentimentale, eh?- le chiese, con un
sorriso umido di lacrime.
-Forse, sister. Forse.-
Sala comune di Grifondoro.
Occhi chiari comparvero a meno di un metro da Ron e Lavanda, seguiti presto dal
resto di una Diana quanto mai arrabbiata. Ma la scena che si parò davanti a lei
e a Lea fece dimenticare ad entrambe il motivo della loro giusta rabbia. Anzi,
furono tentate di scoppiare a ridere.
-Che cosa hai intenzione di fare, lasciarmi!?- sbottò una Lavanda dall'aria
indignata, i capelli biondi tutti scompigliati e il trucco sbavato.
-Beh...forse...- povero Ron.
-Come, forse!?!?!?- strillò la bionda, totalmente fuori di testa.
-No, non forse...sì.- borbottò lui, più convinto. Lavanda si voltò verso Lea,
con una espressione a dir poco folle negli occhi.
-È colpa tua! Puttana!- strillò. Diana scoppiò a ridere un attimo prima che Lea
partisse in quarta addosso a Lavanda.
-Vai Lea!!!- esclamò saltellando sul posto, attirando su di sé gli sguardi di
un Harry che un'esclamazione del genere, da lei, proprio non se l'aspettava. -È
stata Ginny.- fece lei, con aria seria, indicando la rossa.
-Non è vero! Sei tu che sei un'invasata!- protestò Ginny. Lei e Harry
scoppiarono a ridere, mentre Diana balzava in avanti per separare Lea da
Lavanda, coadiuvata da un Ron che, da perfetto cretino, si sentiva fiero di
avere due donne che si picchiavano per lui. Diana passò un braccio intorno alle
spalle di Lea e la trascinò via, sghignazzando come un'idiota, fino ai
dormitori femminili.
-Mi ha dato della puttana! A me! Ma si è vista allo specchio!?- sbottò Lea,
appena l'amica la lasciò andare. Diana non rispose: era momentaneamente
incapace di articolare discorsi articolati, dato che le risate le impedivano
praticamente di respirare.
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My space:
Eccomi qua! Alur alur, questo chappy…a parte che è lunghissimo, mamma
mia…alcune scene mi fanno sputtanare dal ridere, altre sono pucciolose e
tenerone (vedi: quando dormono insieme o quando sono nella camera di
Draco…duciiiii!!!)…spero di non avervi fatto venire il diabete! Sono parecchio
affezionata a questo chap, mi piace davvero tantissimo, fatemi sapere mi
raccomando se per voi vale lo stesso!!
E ora, passiamo ai ringraziamenti:
D2OTTO: le parentele te le ho spiegate su MSN…quindi siamo a posto…per quel
progetto che mi dicevi, tu proponi un’idea e io sono subito pronta, ok? ;P
Mione1194: guarda che non mi offendo mica se mi elogi…muahahahahahah me molto
vanitosa!!!…beh cmq…spero che ti sia piaciuto questo chap, con l’assalto a
Lavanda ù.ù quanto mi sono divertita, mi sembravo Diana!!!
Honey Evans: pensa che io stravedo, come la nostra cara Diana, per Kledi
Kadiu…il 17 maggio vado a Milano a vederlo!!! Muahahahah preparate le barchette
perché io SBAAAAAAAAAAAAAV!!!! Sono contenta per Foscolo, è sempre stato uno
dei miei preferiti (anche se molti mi prendono per matta quando lo sanno)…spero
che Blaise anche qui ti sia piaciuto!
Diddola: ma grazie…oddio arrossisco, non credo di meritarmeli tutti questi
complimenti!!! ;P Blaisuccino pottolino dolciolino…mi sa che se esistesse
veramente gli salteremmo tutte addosso, che ne dici? ;P
Ilaria: sia chiaro, a te Draco, a ME Blaise…come su Sirius ci ho messo il
Marchio Viola (sai, il Marchio Nero mi sapeva un po’ di Mangiamorte)…anche a me
fa tanta tenerezza rileggere i primi chap, quando si tormentavano e
punzecchiavano (perché, adesso cosa fanno!?!?!?)!!! Spero che questo chap ti
abbia fatto ridere la metà di quanto rido io leggendo la tua fic, perché ne
sarei veramente fiera!!
UN BACIONE IMMENSO A TUTTE!!!
Le giornate scivolavano
placidamente attraverso un gelido gennaio. Diana era riuscita ad evitare che Lea
uccidesse Lavanda nel sonno, non tanto per simpatia verso la Brown, quanto per
proteggere l'amica da imbarazzanti accuse di omicidio che avrebbero potuto farle
in seguito, se l'avesse ammazzata. “Uccidere le persone è ancora un reato,
dall'ultima volta che ho controllato”, aveva detto saggiamente, ma Lea l'aveva
squadrata male e aveva risposto: “Quella non è una persona, è una vacca. La
gente se le mangia, le vacche”.
Inutile dire che Ron si
spanciava dal ridere ogni volta che Lea partiva in una filippica contro Lavanda
Brown.
Che quei due si
piacessero, era palese: erano sempre insieme, non si staccavano mai l'uno
dall'altra, quando parlavano fra loro faticavano a prestare attenzione al resto
del mondo, col risultato di ignorare le diverse risse che Diana scatenava di
proposito, pestifera come non mai, contro tre Serpeverde a caso appena dimessi
dal San Mungo. Eppure, nonostante le spinte di Hermione, Ginny, Harry, e
soprattutto dell'onnipotente Diana che tutto vedeva e tutto sapeva, quei due non
si erano ancora messi insieme.
Un giorno, una delle
rare volte in cui Diana era riuscita a strappare Lea dalle attenzioni di Ron, le
due si erano rinchiuse in camera di Diana, rubando ai rispettivi ragazzi un paio
d'ore in cui avevano entrambe bisogno di sfogarsi con l'altra.
-Allora? Ti ci metti o
no?-
-Diana, non mettermi
fretta, ok? Se me lo vorrà chiedere, gli dirò di sì.-
-Ooh, Lea, siamo nel
ventesimo secolo, non nel Medioevo! È la donna che deve fare la prima mossa!-
-Non mi sembra però
che sia stata tua la prima mossa, con Blaise.- Diana aveva sorriso, un sorriso
inaspettatamente dolce, sereno, e si era lasciata cadere sul suo letto,
sgangherata come sempre.
-Ah, beh, sai che io
non sono da prendere a esempio.-
-Mmm...-
-“Mmm” cosa,
leoncina?-
-Niente...- aveva
risposto Lea, con aria da finta tonta.
-Sì, guarda...li
conosco i tuoi “niente”...-
-Ma se ti dico
“niente”, è niente!-
-Vabbé, lasciamo
perdere...però, dai, prova anche solo a parlargliene, così, butta l'idea a
casaccio mentre chiacchierate, oppure...beh, mentre fate altro...- Diana si era
ritrovata un cuscino spalmato in faccia e il poster di Kledi a rischio di
incendio.
-Diana, sei una
pervertita. Solo perché tu e Blaise scopate come due ricci arrapati in
qualunque angolo della scuola, non significa che tutti debbano seguire il vostro
esempio!-
-Lea, senti, se non te
ne sei accorta...-
-Di cosa?-
-Non sono l'unica a
scomparire per lunghe notti infuocate di passione...guarda Herm! O Lavacca, che
si è consolata presto con Seamus...-
-Diana, sei più
sboccata di un goblin strafatto di marijuana.- Diana aveva riso, poi era tornata
seria.
-Cambiando argomento,
Lea...non mi hai detto nulla di quello che sta succedendo nel Limbo.- Lea aveva
sospirato, e si era fatta seria anche lei.
-La nostra squadra ora
è sotto il comando di Kelly. Io, Alex e Melissa.-
-C'era da
immaginarselo. Dopo di me, è la migliore.-
-Modesta...però Kelly
è cambiata tanto, non la riconosceresti più se la vedessi...è quasi...beh,
cattiva. Sadica. Sembra...beh, sembra te, prima che venissi qui ad Hogwarts.-
Diana aveva sospirato. Ricordava quale periodo aveva passato, prima di giungere
in Inghilterra. Ricordava il suo essere vendicativa, sanguinaria, svuotata da
tutto. Lo ricordava veramente, veramente molto bene.
-Immagino quanto mi
voglia morta. Non mi ha mai perdonato la loro morte.- Lea era stata sollevata
nel sentire solo una punta di amarezza nella voce dell'amica: stava finalmente
superando il dolore, dopo tanto tempo.
-Già...ti ritiene una
codarda, perché te ne sei andata.-
-Sa benissimo che non
l'ho fatto per codardia. Altrimenti l'avrei fatto subito dopo la loro morte.-
-Guarda che lo so, Di.
Come lo sa Alex, come lo sa Melissa. Ma Kelly...beh, Kelly non ha trovato
qualcuno con cui ricominciare a vivere, come hai fatto tu.-
Prevedibilmente,
qualche giorno dopo quella conversazione, un'aspra lettera di Kelly Galindez
aveva intimato a Lea di tornare in Texas, a compiere quello per cui gli Auror la
pagavano. Lea aveva deciso di partire subito, perché sia lei che Diana sapevano
che, se avesse tardato nel tornare, Kelly sarebbe stata capace di scagliarle
qualche Cruciatus.
Quella stessa sera,
nella Sala d'Ingresso, Lea era pronta per partire. C'erano tutti: Harry,
Hermione, Ginny, un Blaise e un Draco appostati nella penombra, lontani dal
gruppetto, Ron, e naturalmente Diana. Lea salutò tutti quanti con un abbraccio:
come Diana, aveva trovato in loro dei veri amici.
-Fa' la brava, eh, che
se no mi tocca venire a salvarti la pelle.- le consigliò Diana, abbracciandola.
-Beh, non sarebbe la
prima volta...- commentò lei.
-Verissimo. Salutami il
pivello e Melissa, mi raccomando.- ma Diana si accorse immediatamente dello
sguardo che correva fra Lea e Ron. Si allontanò dall'amica e prese Harry e
Ginny sottobraccio, trascinandoseli praticamente dietro ignorando le loro
proteste (inguaribili ficcanaso), seguiti da un'Hermione molto soddisfatta.
Lea li guardò
allontanarsi.
-Mi mancherete tutti,
Ron.- disse, senza guardarlo.
-Anche tu mi...cioè, ci
mancherai molto.- balbettò lui, molto rosso in viso.
“Oddio, oddio,
oddio...e adesso, che faccio?” pensò Lea.
-Ron...- cominciò,
senza ben sapere cosa dire oltre al suo nome. Ron sembrava a disagio, mentre la
interrompeva e le si avvicinava di qualche passo. Entrambi sentirono il cuore
partire a mille e il viso accendersi di un rossore che non aveva nulla a che
fare con l'imbarazzo.
-Lea, prima che tu te
ne vada...- Lea alzò gli occhi scuri su di lui, e Ron capì che dire altro non
sarebbe servito.
“Forza, Ronron!
Baciala, che cazzo stai aspettando!?”
Ron si avvicinò a Lea,
che si accorse di non riuscire a muovere nemmeno un muscolo, tanto era tesa e
agitata. Era bella. Molto più bella di qualsiasi altra ragazza avesse mai
guardato, molto più bella di Fleur, di Hermione, di Diana, di sua sorella Ginny.
Mille volte più bella di Lavanda, più spontanea, più allegra, più...più
tutto.
Ron abbassò il viso,
la guardò un ultimo istante negli occhi e la baciò.
“Oddioooo!” fu
l'unico pensiero di Lea, quando sentì il contatto delle labbra sulle sue.
Sentiva di stare per svenire. Lo sapeva. Il suo primo bacio...
Lentamente, seguendo
per una volta l'istinto che parlava con la perversa voce di Diana, schiuse le
labbra e lo sentì approfondire il bacio, dolcemente, senza foga né fretta.
Niente a che vedere con i baci di Diana e Blaise, che quando si attaccavano
sembravano andare letteralmente in apnea. Quello era un bacio dolce, morbido,
casto...stupendo.
Lea non si accorse
nemmeno di essersi lasciata abbracciare, di aver posato le mani sulle sue spalle
scolpite dagli allenamenti di Quidditch, tanto la sua mente era concentrata
sulla sensazione più bella che avesse mai provato. Desiderava soltanto che quel
momento durasse in eterno, per sempre, in cui c'erano solo loro due, senza
nessun altro. Fu a malincuore che si separò da lui, ma Ron la tenne
abbracciata, vicino a sé, carezzandole i capelli e il viso, respirando il suo
profumo fresco, frizzante, sbarazzino quanto lei.
Rimasero così,
abbracciati, per un tempo infinito. Fu Lea a ricordarsi improvvisamente di
doversene andare, e a malincuore si separò da lui, senza dire nulla, rossa in
viso come un rapanello.
-Lea...- la chiamò Ron,
quando ormai era sulla soglia del portone di Hogwarts. Si voltò, trovandolo di
fronte a sé. Le posò un secondo bacio sulle labbra, casto, puro. -Buon
viaggio, Lea.- Lea gli sorrise.
-Grazie, Ron.- rispose,
lasciandolo con una carezza sul viso e il suo profumo ancora in testa. Rimase a
guardarla allontanarsi, correre sulla neve bianca, finché non fu scomparsa
oltre i cancelli di Hogwarts.
-Ronnie sei un mito!!-
esplose una voce dietro di lui, e l'attimo dopo si sentì stritolare da un
abbraccio straordinariamente simile a quello di sua madre.
-Ginny, così mi
strozzi...- le fece notare, visto che stava assumendo un colorito bluastro.
-E bravo Ron, ti sei
svegliato!- Harry gli diede una pacca sulla schiena, fiero di lui. Ron notò che
Hermione e Diana erano scomparse.
-Dove sono finite...?-
chiese, non del tutto dispiaciuto di non dover sopportare le battutine
sarcastiche di una Diana che sarebbe stata troppo felice per loro.
-Oh, beh...Diana è
stesa in corridoio da almeno dieci minuti che ride come un'imbecille, e Hermione
sta cercando di evitare che le venga un collasso.-
Giunse febbraio, che
portò con sé un clima più umido, ventoso, che spazzò via la poca neve
rimasta sugli alberi della Foresta Proibita. Harry seguiva ancora le lezioni con
Silente, Ron si perdeva nel leggere e scrivere lettere chilometriche ad una
certa americana dagli occhi scuri, Ginny era sempre più decisa a lasciare il
suo ragazzo, Dean, e Diana...beh, Diana era pur sempre la Regina, ma la regina
del caos. Gli amici sapevano che si divertiva come una pazza a combinare tutti i
danni che poteva: le continue risse ai danni di Tiger, Goyle e Nott, le battute
che coloravano l'aria di sarcastica allegria, e la sua risata, prima così rara,
ora così coinvolgente. Harry non sapeva perché fosse cambiata così tanto, ma
ne era felice: sua sorella, perché ormai la considerava tale, sembrava aver
trovato finalmente pace. Ron invece, che aveva bizzarramente sviluppato un sesto
senso per certe cose, qualcosa sospettava. Aveva colto, come Harry
inconsciamente rifiutava di fare, gli sguardi intensi che correvano fra l'amica
e un certo Serpeverde dagli occhi verdi, aveva notato che le loro liti avevano
in qualche modo “cambiato rotta”, spostandosi da un odio reciproco e
distruttivo ad un continuo di tentazioni, frecciatine, sguardi, che di astioso
avevano ben poco.
Fra Blaise e Diana non
avrebbe mai potuto andare meglio. Non era stato difficile per loro, mentitori di
professione, fingere liti e discussioni che accrescevano soltanto la loro
rivalità, il loro voler essere sempre il migliore rispetto all'altro...il loro
amore. Perché, anche se nessuno dei due ne aveva mai anche solo accennato, era
questo che entrambi sapevano esistere. Era questo che provavano, durante i loro
baci appassionati, durante le loro notti passate a fare l'amore fino a non
poterne più, durante anche solo uno sfiorarsi di pelle casuale, involontario.
A Blaise non era mai
capitato nulla del genere. Avere accanto una persona come Diana era la cosa più
strana che gli fosse mai successa. Non era come le ragazzette di cui si era
sempre circondato: era forte, in tutti i sensi possibili, era schietta, era
sbarazzina e irriverente come solo lei sapeva essere. Quante volte, di notte,
era rimasto a guardarla, quante volte, al mattino, l'aveva svegliata con un
bacio fra i capelli. Gli era diventata indispensabile, ormai. Il suo sorriso, la
sua risata, il suo corpo, le sue battute sarcastiche. Non riusciva a capacitarsi
di aver vissuto una vita intera, senza...beh, senza di lei.
Anche fra Draco ed
Hermione le cose filavano lisce. Quando erano insieme, anche solo nella stessa
stanza, erano il ritratto della felicità. Diana, che solo per quello che
riguardava i propri sentimenti era bellamente ignorante, sapeva che l'amore fra
quei due cresceva di giorno in giorno, sempre di più, e sempre più forte. Era
lei ad ascoltare Draco parlare di Hermione, parlare come il biondo Serpeverde
non aveva mai fatto, mentre Blaise consolava una Ginny sempre più di malumore
per via della storia con Dean Thomas che si trascinava sempre più a fatica.
Horace Lumacorno era
stato alquanto felice di vedere alle sue cenette Diana e Blaise fianco a fianco,
senza più tentare di uccidersi. Il professore aveva spinto, in precedenza,
perché quei due si frequentassero, ed era stato l'unico nel corpo insegnanti ad
essere entusiasta della loro relazione. Era anche riuscito a far passare il
progetto di Diana di istituire una palestra, in una grande sala al quarto piano,
per “allenare il corpo bene quanto le arti magiche” (queste le parole di
Diana che, se voleva ottenere qualcosa, sapeva essere straordinariamente
convincente).
Diana, che lo aveva
sempre trovato un po' viscido, aveva cominciato ad adorarlo.
Un giorno, proprio
nella palestra dove Diana passava la maggior parte del suo tempo libero, era
sola. Aveva indossato i suoi vecchi guantoni, un po' sdruciti e macchiati di
sangue in certi punti, e la sua vissuta tuta verde militare, che altro non era
che un paio di pantajazz e una canottiera aderente.
Legati i capelli in
alto, come piaceva a lei, con la bacchetta animò un pupazzo che all'istante
partì all'attacco. Diana schivò i primi, semplici attacchi, entrò facilmente
nella sua guardia e lo spedì lontano con un uppercut massacrante.
-Facile massacrare un
bamboccio, eh, Di?- Diana si voltò, con un sorriso arrogante dipinto sul volto.
Blaise la stava osservando, pigramente appoggiato alle corde del ring, in
pantaloncini corti, a vita bassa, e T-shirt nera, i capelli lunghi raccolti in
un codino.
-Cos'è, credi di saper
fare meglio?- gli disse, raggiungendolo. Blaise sbuffò, strafottente e
divertito.
-Volendo, ti batto.-
Diana alzò un sopracciglio, scettica.
-Ceerto...nei tuoi
sogni.- una scintilla di sfida negli occhi di entrambi.
-Scommettiamo?- disse
lui, salendo sulla pedana del ring ma rimanendo fuori dalle corde, guardandola
negli occhi che brillavano di una luce che ben conosceva.
-Cosa?- replicò lei
immediatamente. Se una cosa su di lei Blaise l'aveva imparata, era che Diana
davanti ad una sfida non si tirava mai indietro.
-Te lo dico dopo.- le
soffiò, a fior di labbra.
-D'accordo.- Diana
sorrise, un sorriso di sfida. Si voltò, e andò nell'angolo del ring. Blaise
seguì il movimento del suo fondoschiena, tondo e sodo, per tutto il tempo.
Diana si voltò a tre quarti, osservandolo con solo un occhio, ironica.
-Cosa fai, mi guardi il
culo?- Blaise fece un ghigno, e scavalcò con un balzo le corde del ring. Si
sfilò i guantoni nuovi dal collo, e cominciò ad allacciarseli. Non sembrava
inesperto, notò Diana.
-Veramente, pensavo a
cosa potrò farti quando avrò vinto...- la ragazza fece una faccia fintamente
stupita. Sapeva benissimo a cosa stava pensando Blaise.
-Aspetta prima di
immaginare, porco. Prima devi vincere.- gli ricordò, mentre stava appoggiata
alle corde con la schiena e osservava la calma e la naturalezza con cui si
muoveva sul ring. Blaise finì di allacciarsi i guantoni, tirando il cordino con
i denti.
-Appunto. Posso
tranquillamente cominciare a fare programmi.- replicò lui. Diana si alzò di
scatto, e lo raggiunse al centro del ring. Un colpo dei guantoni, e l'incontro
era iniziato.
Diana rimase in difesa,
guardinga. Girarono lentamente in tondo, senza dire niente, entrambi concentrati
su ogni mossa dell'altro. Blaise partì all'attacco, un destro che Diana parò
senza troppi problemi.
Stavano ancora
scaldandosi.
Diana, da abile pugile
qual'era, riuscì a cogliere qualche informazione dal suo modo di muoversi.
Partiva di destro e teneva la sinistra in difesa, leggermente troppo in basso,
come la maggior parte degli uomini. Ma era veloce, perché quel primo colpo che
aveva scagliato senza troppa energia era stato quasi fulmineo. Non era un
novellino.
Istintivamente, ghignò.
Blaise poteva anche conoscerla bene, ma gli aveva sempre tenuto accuratamente
nascosto quel suo particolare talento.
Ora stava a lei.
Partì di destro,
Blaise parò e lei infranse la sua guardia di sinistro, arrivandogli fin troppo
piano sotto il mento.
Ecco, ora si cominciava
a fare sul serio.
Blaise contrattaccò:
destro, uppercut, doppio diretto di sinistro! Troppo veloci! Diana si richiuse
in difesa, ma un paio di quei colpi andarono a segno. Reagì d'istinto: abbassò
di scatto le braccia che aveva alzato in protezione, e partì fulminea.
Sinistro, sinistro, parò un destro troppo lento, e gli rifilò tre diretti
brevi e potenti nello stomaco. Blaise si allontanò di scatto, dolorante.
-Fai male, sai?- le
disse, senza però staccarle gli occhi di dosso.
-Oh, sì che lo so.-
replicò Diana con un ghigno, e partì all'attacco con tutta la sua forza.
Blaise parò la maggior parte dei suoi colpi, finché con un destro ben mirato
riuscì finalmente ad entrare nella sua solida difesa. Mirò allo stomaco,
stando attento a non colpirle i seni, ma usò tutta la sua forza. Fu il turno di
Diana balzare lontano per un istante, prima di ripartire alla carica.
Destro, diretto,
sinistro, uppercut!
Blaise sentì il labbro
spaccarsi. Poco male, lo avrebbe curato con la magia.
Le si avventò addosso,
con una serie di diretti velocissimi mirati al ventre, e l'atterrò. La bloccò
a terra, entrambi con il fiato corto, bloccandola fra le sue gambe.
-Direi di aver vinto,
che ne dici?- disse, trionfante.
-Aspetta a dirlo,
Faina!- Diana partì improvvisamente di sinistro, colpendolo con una forza
inaudita. Non se l'aspettava, e fu lui a piombare a terra. Balzò in piedi prima
che Diana gli piombasse addosso, troppo veloce anche solo per essere vista, un
piccolo fulmine che colpiva con una potenza inaspettata. Si allontanò da lei,
dolorante e ansimante, dopo un colpo particolarmente infido sul fianco sinistro.
-E questo dove l'hai
imparato?- le chiese, massaggiandosi il punto dove l'aveva colpito.
-Ehi, Serpentello, lo
sai che stai parlando con la vincitrice dei Nazionali americani, sì?- replicò
lei.
-Adesso si spiega
tutto...- commentò lui, balzò in avanti e la prese di sorpresa, prima su una
spalla e poi in pieno stomaco. Diana, involontariamente, si piegò su se stessa,
fra le sue braccia che l'aspettavano. La spinse contro l'angolo del ring,
bloccandola fra il paletto e il suo corpo. -Resta il fatto che ho vinto io.-
aggiunse, lieto di vederla intrappolata e incapace di ricominciare a
massacrarlo.
-Uff...e va bene, hai
vinto...- mormorò lei, posandogli il viso sulla spalla, un gesto tenero, che lo
insospettì un attimo troppo tardi.
SBAM-SBAM! SBAM!
Due uppercut nello
stomaco e un diretto in pieno viso lo atterrarono completamente, lasciandolo
senza fiato a guardare Diana che rideva, trionfante, in piedi.
-Sei...una carogna,
Di.- ansimò, cercando di ritrovare un minimo di respiro. Diana si sedette a
cavalcioni su di lui, tranquillamente.
-Lo so.- rispose,
piantando le braccia ai due lati del suo viso. Blaise le sfilò il fermaglio che
le fermava i capelli sulla nuca, lasciando che gli ricadessero sul volto e
nascondessero i loro sguardi dalla vista di chiunque. Ma la palestra, oltre a
loro, era deserta.
Lentamente, molto
lentamente, Diana unì le labbra alle sue, un bacio fatto di respiri affannati e
del sudore che quell'incontro aveva portato. Blaise le carezzò i capelli,
facendole inclinare la testa in modo da poterla baciare ancora più a fondo, con
ancora più passione.
-Questa è una
palestra, ragazzi, non un bordello.- Diana si separò di scatto da Blaise,
balzando in piedi. Un bel ragazzo era tranquillamente appoggiato allo stipite
della porta, e li guardava con aria soddisfatta. Un ragazzo dagli occhi azzurri
e limpidi, e dai capelli del colore della fiamma.
-Ron!- esclamò
Diana, esterrefatta. Solo ora si rendeva conto di quanto fosse stato imprudente,
per loro, mettersi a pomiciare così, nel bel mezzo di una palestra aperta ad
ogni studente...deficiente in crisi ormonale, si disse. -Da quanto...-
-Abbastanza per vedere
che hai un ottimo sinistro...e che il tuo ragazzo ti ha fatto un occhio nero.-
Ron accennò al viso di Diana, che istintivamente si portò una mano all'occhio.
Sorrise fra sé, riconoscendo mentalmente a Blaise una discreta abilità come
pugile.
-Ron, tu...-
-Diana, guarda che non
ci vuole un genio a capire cosa c'è tra te e quell'altro là.- il rosso indicò
Blaise, che si era alzato e osservava tutto in religioso silenzio, con un gesto
del mento. Diana lo guardò di sottecchi.
-Te l'ha detto Lea.-
disse, dopo un istante. Ron sorrise.
-Non ucciderla, Di.
Sono capace di stare zitto.- quell'affermazione lasciò tanto Diana quanto
Blaise completamente di sale. Nessuno dei due avrebbe mai pensato che Ronald
Weasley fosse capace di tenere un segreto del genere. Diana gli voleva bene, non
avrebbe potuto non volergliene, ma non si sarebbe aspettata una comprensione del
genere proprio da lui, che detestava i Serpeverde con tutto il cuore.
Blaise raggiunse Diana,
le si fermò accanto. Stavano proprio bene, insieme, notò Ron. Al di là dei
loro caratteri, anche fisicamente erano perfetti l'uno per l'altra. Entrambi
alti, lui muscoloso e possente, lei formosa e prorompente, entrambi con i
capelli scuri e gli occhi chiari, lei pallida, lui abbronzato.
C'era voluta tutta la
buona volontà di Lea per costringerlo a vedere tutto questo.
Quando Lea gliel'aveva
detto, il suo orgoglio di Grifondoro e di fratello maggiore si era risvegliato,
ed era già pronto ad andare a cercare Zabini per distruggerlo quando Lea lo
aveva fermato. Gli aveva raccontato quello che c'era fra i due, gliel'aveva
fatto capire in tutti i modi possibili, e alla fine Ron aveva ceduto.
-Weasley...- cominciò
Blaise, cingendo Diana in vita con un braccio. Il gesto sorprese Diana: Blaise
non era il tipo da abbracciarla così, con quel qualcosa di protettivo nel
tocco, anche perché lei era l'ultima persona al mondo che avrebbe avuto bisogno
di protezione. Ma non le dispiacque, e anche Ron interpretò quel gesto nel modo
giusto.
-Zabini, io starò
zitto, ma tu non fare l'idiota con lei.-
-Ron, ti sembro una che
non sa badare a sé stessa?- sbottò Diana, ironica. Blaise sorrise a quella
battuta, e la stessa cosa fece Ron.
-Assolutamente no...ma
non si sa mai, che ne dici?- disse, andandosene. Blaise e Diana rimasero in
silenzio, esterrefatti.
-Io farò un monumento
a Lea.- disse Blaise, dopo un po'.
-Assolutamente.-
Un altro giorno. Un
altro luogo. Gli stessi pazzi.
-Nella Foresta...tu sei
andata di testa.-
-Blaise, ascolta,
Hagrid mi ha chiesto un favore, come potevo negarglielo?- Diana sorrise,
esasperata, rivolgendo un'occhiata al giovane che aveva al suo fianco. Si
trovavano in una radura della Foresta Proibita, il sole morente lanciava i suoi
raggi rossastri attraverso le fronde.
-Diana, sta per venire
notte, te ne rendi conto?- Blaise, accigliato, lanciò un'occhiata alla luce
sempre più scarsa che filtrava fra gli alberi.
-Non avrai mica paura,
vero?- lo canzonò lei, ironica, voltandosi a guardarlo camminando all'indietro.
Blaise sbuffò, arrogante.
-Io? Paura? Come no...-
commentò, prima di avvicinarsi a lei, sfiorando il suo corpo col proprio,
un'espressione ben conosciuta negli occhi. E Diana, che tanto santa non era, non
riuscì a non notare la camicia di lui, troppo aperta per essere a febbraio, due
bottoni slacciati che lasciavano intravedere i suoi splendidi pettorali. -Più
che altro, mi stanno venendo certe idee.- le sussurrò a fior di labbra,
scatenandole una violenta reazione a livello dello stomaco.
-Blaise, dobbiamo
trovare quell'unicorno, non...- ma Diana perse il filo del discorso quando sentì
quelle labbra, quelle irresistibili labbra a cui non riusciva mai a resistere,
posarsi per un istante sulla sua guancia morbida, le mani di lui che la
sfioravano, esperte nel tormentarla e ancor più nell'amarla.
-D'accordo...troviamo
quell'unicorno.- le disse lui, allontanandosi di scatto da lei. Diana sobbalzò,
contrariata, mentre tutti i suoi istinti le suggerivano di saltargli addosso.
-Blaise, sei un
bastardo!- sbottò, voltandosi di scatto, il collo e il viso che andavano a
fuoco. Lo sentì ridere, soddisfatto, mentre si incamminava velocemente
attraverso gli alberi, allontanandosi da lui, la gonna a pieghe della divisa,
opportunamente accorciata di diversi centimetri, che ondeggiava intorno alle sue
gambe.
-Ma dove vai?- lo sentì
chiamarla, inseguendola. Non s'impegnò nemmeno più di tanto per distanziarlo,
e presto lo sentì raggiungerla e fermarsi poco dietro di lei.
-Sei uno stronzo. Un
bastardo. Una carogna. Un...- ma Diana perse il filo del discorso, quando Blaise
posò le labbra sulla sua gola, mentre una mano scivolava, possessiva, nella
solita scollatura vertiginosa della sua ragazza. Diana borbottò qualcosa,
contrariata, ma la sentì appoggiarsi a lui, al suo torace, alle sue gambe, il
corpo che cedeva prima della cocciutaggine.
Ghignando, risalì
lungo la linea del suo collo, mordicchiandole il lobo dell'orecchio, sentendola
mugolare qualcosa d'indistinto quando le strinse lievemente un seno. Diana voltò
leggermente la testa, cercando le sue labbra che lui continuava ad allontanare
dalle sue.
-Cos'è che sono, io?-
le chiese Blaise, spingendosi ancora di più addosso a lei, slacciandole
lentamente la camicetta.
-Mmm...non me lo
ricordo...- brontolò lei, gli occhi socchiusi, con un sorrisetto. Si voltò
verso Blaise, lentamente, lasciando che le mani di lui le scivolassero lungo la
schiena bianca, alla ricerca del gancetto del reggiseno. Si accorse, aprendo per
un istante gli occhi, che stava osservando con palese interesse il suo intimo.
-Cos'è, nuovo?- le
chiese. Lei gli fece una smorfia, allontanando senza molta convinzione le sue
mani da sé e dal pizzo nero che indossava.
-Idiota.- borbottò.
Lui le sorrise, e Diana sentì i battiti accelerare.
-Perché? Ti sta
bene...anche se starebbe meglio per terra, adesso...- commentò Blaise, tornando
a baciarle il collo e ad accarezzarle il corpo bianco, mentre Diana,
arrendendosi, lasciava che le proprie mani s'insinuassero nelle tasche dei jeans
di lui.
Sfuggì le sue labbra,
quando provò a baciarla, e lo spinse contro il tronco di un albero. Prima che
Blaise potesse dire qualsiasi cosa, le labbra di lei si erano già posate,
infuocate, sul suo collo.
Per nulla contrariato,
le carezzò una gamba e la portò verso di sé, sentendola appoggiare il
ginocchio al tronco dell'albero, mandando a scontrarsi le loro intimità mentre
le mani di lei, per nulla innocenti, gli slacciavano la camicia.
-Ma bene...e poi voi
due eravate quelli che si detestavano.- una voce femminile li fece sobbalzare
tutti e due. Si voltarono, e là, che li osservava con un ghigno divertito sulla
faccia da carlino, c'era Pansy Parkinson.
-P-Pansy!- fu l''unica
cosa intelligente che Blaise riuscì a dire, rendendosi improvvisamente conto di
quanto entrambi fossero mezzi nudi. Diana, il volto nascosto sul suo collo,
sogghignò.
-Salve Parkinson!- la
salutò, nascondendo l'imbarazzo fra le braccia di lui.
-Salve, Diana...- fece
Pansy, divertita dall'espressione di lui.
-Io l'ho spiegato a Ron,
tu invece pensi a lei.- Blaise sentì sussurrare Diana, immaginando benissimo
quanto stesse ghignando la Grifondoro.
-Non dovete spiegarmi
nulla, tranquilli. Solo, ditemi una cosa...Malfoy lo sa?- chiese Pansy. Blaise
sospirò.
-Quello lì sa sempre
tutto, purtroppo.-
-Benissimo...allora
vado a cercarlo.- fece lei, battendo le mani con aria pratica.
-Perché?- anche Diana
alzò il viso dal petto di lui, curiosa.
-Perché avevo
scommesso che saresti riuscito a portartela a letto prima della primavera...ma
Dray non me l'ha detto, che bastardo...- Pansy si allontanò, sogghignando,
sentendo anche da lontano le risate di Diana all'incazzatissima esclamazione di
Blaise.
-Lo ammazzo.- fece lui,
ma Diana lo trattenne, ridendo, posandogli le mani sulle spalle.
-Dai, Blaise, piantala.
Anche Gin e Hermione avevano scommesso...- disse, sghignazzando.
-Cosa!?- la giovane
Black scoppiò a ridere, divertita, stringendosi a lui e facendogli dimenticare
quasi all'istante tutta la sua irritazione.
-Blaise...avrei
scommesso anch'io se fossi stata in loro.- mormorò, baciandolo sul torace
scoperto, le mani che scivolavano fra i suoi muscoli, sfilandogli la camicia con
sensuale delicatezza. Blaise le sorrise, senza ironia né malizia, e finalmente
la baciò, con dolcezza, con passione. Si lasciarono cadere fra le foglie
secche, sull'erba giallastra, la sentì ridere e alzò gli occhi su di lei. Lo
guardava, tenera, maliziosa, divertita, sdraiata sulla nuda terra, la camicetta
aperta senza che le desse imbarazzo.
-Ma noi non dovevamo
cercare un unicorno?- le chiese, divertito, puntellandosi sulle braccia per
riuscire a guardarla meglio. Diana rise, il cuore che batteva insolitamente
forte, così, a pochissimi centimetri da lui, come le capitava sempre. Gli lasciò
scivolare le mani lungo i fianchi, sulla schiena muscolosa, e lo trasse a sé.
-Dopo.-
-Blaise?- occhi
argentei fissi su stelle altrettanto ardenti.
Notte, notte dal freddo
pungente, notte di una coperta Evocata dal nulla su cui stendersi, stremati e
infreddoliti, ma riscaldati dal corpo dell'altro, dall'amore dell'altro. Braccia
muscolose in cui perdersi, in cui sentirsi bene, al sicuro, per quella Diana
che, finalmente, dopo tantissimo tempo, tornava a sentirsi sé stessa. Perché
solo con lui succedeva, solo con lui poteva essere solo, esclusivamente e
semplicemente Diana.
-Dimmi.- la sua voce,
calda, calma, sicura, la raggiunse nel buio.
-Possiamo rimanere qui
per qualche secolo?- Blaise sorrise, traendola a sé e dandole un bacio fra i
capelli. Sapeva, bene quanto lei, che non avrebbero mai potuto rimanere là, per
quanto fosse bello sentirla accanto a sé, saperla fra le sue braccia, e poterla
amare in tutti i sensi possibili.
-Fosse per me, Di, ci
resterei tutta la vita.- le disse, alzando lo sguardo al cielo che li osservava,
intenerito dal loro amore. Diana sorrise, affondando ancor di più il viso sul
suo torace, e non disse nulla. Solo quando lui si abbassò, guardandola negli
occhi con quel suo sguardo intenso, seppe trovare la cosa giusta da dire.
-A me basta adesso. E a
te?- anche Blaise sorrise, dandole un morbido bacio sulle labbra.
-A me basta fare
l'amore, Di. Mi basta amarti.- nel buio, Blaise non seppe mai quanto gli occhi
di Diana si fossero colmati di sorpresa, di felicità.
Si strinse a lui,
lasciando che il suo corpo muscoloso la sovrastasse dolcemente, sentendo il
proprio seno premere sul torace di lui, amando la sensazione di sentirlo addosso
a sé.
-Lo fai già. Ogni
giorno, ogni ora, ogni minuto.- mentre la baciava lentamente, insinuandosi fra
le sue gambe, Blaise sorrise, e la sentì ricambiare.
E, poco lontano, un
unicorno divertito osservava tutta la scena.
-Diana, lo sai che il
compleanno di Blaise è fra una settimana, vero?-
-No!-
-Potevi anche
evitartelo, furetto.- borbottò Blaise, mentre Diana si allontanava di scatto da
lui e si voltava verso Draco.
Stanza delle Necessità.
I soliti quattro sospetti.
-Quando?- chiese la
mora, rivolgendo a Blaise un'occhiata di fuoco. Diana teneva tantissimo ai
compleanni degli altri...esattamente il contrario di quello che provava per il
suo. Esattamente la stessa cosa che provava Blaise.
-Non è importante...-
cominciò l'affascinante Zabini, tentando, con scarso successo, di dissuaderla.
-Il 26.- rispose Draco,
rivolgendo all'amico un sorrisetto irritante. Diana scambiò un'occhiata con
Hermione, che le sorrise, e poi si fiondò addosso a Blaise, trascinandolo
praticamente fuori dalla Stanza delle Necessità.
-Diana, fammi entrare!-
protestò lui, quando la pestifera americana sigillò la porta dall'interno.
-Nemmeno per sogno. Vai
a dormire, Blaise.- rispose lei, sovrastando le ghignate di Draco e Hermione.
Blaise, che conosceva bene la testardaggine della sua ragazza, sospirò e si
allontanò.
Diana si voltò verso i
due amici, un sorriso inquietante sul volto.
-Cos'hai intenzione di
fare, Di?- le chiese Hermione, allarmata. Quando Diana aveva quella espressione,
di solito significava una valanga di guai in arrivo.
-Secondo voi Silente ce
lo darà il permesso per un'altra festa?-
eccomi
qua!!! Stavolta ho aggiornato dopo quattro giorni, così non mi
uccidete...specialmente Dile...ok ok Dile scherzo metti giù la
cerettaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!!!! Aaaaaaaaaaaah!!! AiutoooooO!!!!!
(ndDiana:
vi descrivo la scena: Bea sta scappando da Diletta che brandisce a mò di frusta
una striscia depilatoria...ecco, ora le è saltata addosso e si accinge a...STRAP...uhi...Bea
sta imprecando con selezionati epiteti scelti dal suo vocabolario infinitamente
sboccato...)
(ndBlaise:
lo sai che tu mi preoccupi, vero?)
(ndHerm:
ma quello è sangue? Credo che Bea stia tentando di uccidere Diletta...O.o)
(ndDraco:
muahahahahah!!! Forza ragazze!!!)
(ndDiana:
Herm, la prossima volta facciamo lottare i nostri due signori, qui...visto che
loro si divertono a guardare le donne che si picchiano, tocca anche a noi, che
ne dici?)
(ndHerm:
mi trovi perfettamente d'accordo, sorella.)
(ndDiana:
naturalmente a mani nude, non con le katane come sta facendo la nostra folle
autrice...povera Diletta...anzi, tutti nudi, come gli antichi Romani!!!
;P)
(ndBlaise:
COSA!? o.O)
(NdDraco:
COSA!? O.o)
(ndDiana:
e certo, dovremo pur divertirci un po' anche noi...;P)
(Hermione
è svenuta dalle risate, Draco e Blaise stanno fuggendo)
Va
bene, dopo “il teatrino di Hogwarts” ecco che riprendo la mia
tastiera...ecco le risposte alle recensioni:
Honey
Evans: -me molto scema!!!- mi sono dimenticata di mettere i significati!!!
Rimedio subito:
*pal:
è un dialetto americano, usato prevalentemente in Texas, Arizona, New Mexico e
Colorado, e significa “fratello”, “compagno” --> cameratismo;
*aviopenica:
penica significa senza, avio...beh, pensiamo agli avicoltori....;P
Lea
riscuote tantissimo successo...hehe sarà contenta Mione1194!! E poi
Blaise...beh in questo capitolo, non so poi cosa dire se non...SBAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAV!!!
Mione1194:
te l'ho detto...l'ultima volta che ho controllato l'omicidio era ancora
reato...anche se ho scoperto che in Giappone, se un marito si fa l'amante, la
moglie può uccidere lui solo a mani nude mentre lei come più le aggrada!!!
Meraviglioso paese, il Giappone!!! ;P Allora, mi sa che questo diventerà il tuo
chap preferito...chissà perchè!!!! ;P
Diddola:
ero tentata di lasciarle uccidere Lavaccaa...grrr...però ho preferito vendette
soft, sai, Diana e Lea si tengono pronte per quando dovranno veramente
combattere con tutte le loro forze!! Un besone!
D2OTTO:
beh un brutto voto può capitare a tutti no? Anche alla mitica Herm! Che poi,
anche nel libro dice che qualche volta persino lei doveva chiedere alla
McGrannitt di rispiegare...(della serie Enciclopedia Potteriana vol. VI ;P
)...io Herm al mare ce la vedo bene, trascinata da Ginny magari...però che
gelosia...Ginny e Herm al mare sole con Draco e Blaise...GRRRRRRRRRRRRRRRRR.....e
poi Ron...povero Ronnie, che ne sappiamo noi se nella lite con Lavanda non le
abbia detto veramente così? Missing moment che la Row poteva anche farci
vedere...almeno avremmo riso un pò!!!
Ilaria:
sono contentissima che ti abbia fatto ridere tanto, mi sono affezionata a quel
chap perché è proprio come me in questo periodo, allegro e romantico e
totalmente FOLLE!! ;P Ascolta oh ma tu vuoi farmi impennare gli ormoni a velocità
ipersonica presentando alla mia mente bacata certe immagini!?!?!?!?!? Quei due
come dèi greci...con toghe MOLTO succinte...ghaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa....(ndDiana:
ghaaaaaaaaaaaaaaa...ndHerm: ghaaaaaaaaaaaaaaaa...) Ok chiamiamo il TITANIC qui
si annega negli “sbav”!!!!;P Un bacione!!!
cherie:
mo che bello rivederti!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Come sono contenta che ti
piaccia la mia fic, guarda, non immagini!!! Grazie per i complimenti, non credo
di meritarmeli tutti ma fanno davvero piacere! Quindi...W Ron che qui è pure
lui tooooo sexy, W Draco che è sexy per antonomasia, e soprattutto W
BLAISEEEEEEEEEEEEEE!!!!!
Un
bacione a tutte, grazie per leggere e recensire! Conta davvero tanto per me!!
Nota dell’autrice: questo capitolo è totalmente diverso dal resto della
storia, ma chi scrive, come me, sa che quando un’idea prende forma è
impossibile non darle vita
Nota dell’autrice: questo capitolo è totalmente diverso dal
resto della storia, ma chi scrive, come me, sa che quando un’idea prende forma
è impossibile non darle vita. Approfitto di questa noticina per ricordarvi, se
già non l’ho fatto, che la fic è ambientata negli anni 2000, l’anno di preciso
non lo indico, ma è un utile riferimento per le canzoni che ho inserito (che
negli anni Novanta non credo fossero ancora state scritte). Infatti, questo
capitolo è un song-chap, per questo ho aggiunto agli avvertimenti il
“song-fic”. Le canzoni che sono nominate e usate, che sebbene non siano musica
da discoteca o da festa sono quelle che per me toccano di più, sono:
Just Feel Better,
di Carlos Santana e il cantante degli Aerosmith (non ricordo il nome ^.^)
Segui la Stella,
di MondoMarcio
Promiscuos, di
Nelly Furtado
ManEater, di
Nelly Furtado
What Goes Around
Comes Around, di Justin Timberlake
4 Minutes, di
Justin Timberlake feat. Madonna
Xverso, di
Tiziano Ferro
Ringrazio tutti questi cantautori perché mi fanno sognare e
spesso mi danno l’ispirazione per scrivere le mie follie, come questo capitolo.
Questo capitolo, il prossimo e quello precedente sono quelli
che fungono da “anello di congiunzione” con i futuri generi della storia, con
le sezioni che seguiranno. Ne approfitto per rassicurarvi anticipatamente,
visto che succederanno diverse cose che scombussoleranno un po’ tutto: è certo l’happy ending per tutti i pairing
presenti nell’introduzione, ma qualche cuore spezzato ci sarà. Torneranno
in vita alcuni personaggi, mentre altri se ne andranno definitivamente.
Ricordo che la storia
è una Alternative Universe, una What If e una Lemon a rating Arancione. Questo capitolo contiene
scene di rapporti sessuali d’amore che non scendono nei particolari,
come alcuni capitoli precedenti, ma è sempre meglio avvertire i lettori
minorenni (non vorrei mai combinare disastri).
Diana è un personaggio completamente reale, concreto, e
misterioso. Spero di aver chiarito bene il suo continuo oscillare fra la luce e
l’oscurità, fra la violenza del suo animo di guerriera o la dolcezza del suo
cuore di ragazza. È una persona semplice nella sua complessità, che ama
l’amore, quello vero, nudo e crudo, che non può mostrare il suo lato umano, ma
che con Blaise riesce ad essere sé stessa.Riesce ad essere dolce e allegra come ogni ragazza dovrebbe poter
essere.
Certo, qui è dotata di poteri magici e di un destino
crudele, ma la sua essenza, il suo carattere, il suo aspetto, coincide con
quello della sottoscritta. Volevo essere sicura che fosse ben chiaro per tutti
i lettori che si tratta di una fic in sostanza autobiografica, in cui molti
momenti (come questo capitolo) provengono da una vita vera. La mia.
E non solo: Diana sta a rappresentare la diversità, tutte
quelle ragazze che si sentono fuori posto, emancipate da un mondo che non gli
appartiene. Diana è fuori dal comune in tante cose: non è magra, ma è formosa.
Non è bionda come la principessa delle fiabe, ma bruna. Non è dolce nello
smielato senso comune del termine, ma lo è a suo modo.
Il romanticismo in questa storia viene trattato in modo
molto diverso rispetto ad altre. L’amore che intercorre in tutti i pairing, e
in special modo in Blaise/Diana, è qualcosa di implicito, che non necessita di
“ti amo”, “amore”, o vezzeggiativi vari (a parte “Faina” e “Furetto”, ma sono
soprannomi ironici), perché molto più profondo. È qualcosa che si intuisce
dagli atteggiamenti, dalla tenerezza insospettata di certi personaggi – come
Blaise o Diana –, che può al massimo essere nominato da quell’impicciona di
narratrice/autrice che è la sottoscritta.
Dovrò rallentare un po’ (sì, ancora di più), perché siamo
alla fine dell’anno scolastico e devo impegnarmi per non avere il debito nella
mia bestia nera, economia aziendale…cosa che non si può dire di italiano, visto
che ormai mi commissionano i temi se vogliono essere certi di avere un bel
voto… ;P Aggiornerò la prossima volta circa tra una settimana, forse anche
qualcosa di più...mi dispiace questa lentezza, ma non posso assolutamente avere
un debito, anche perché conosco un paio di poliziotti (vedi: i miei genitori)
che mi ucciderebbero a randellate se succedesse…-.-
Un’ultima cosa: mara_star, che fino a poco tempo fa seguiva
e recensiva la mia storia, l’ha tolta dai preferiti. Non voglio giudicare
nessuno né arrabbiarmi (esiste la libertà di pensiero), ma vorrei sapere
perché. Ho sbagliato qualcosa nella fic, o semplicemente è il passaggio dal
dark al romantico che ti ha dato fastidio? Ringrazio comunque tutte le persone
che inseriscono “Luce e Buio” fra i preferiti, che sono sempre di più. Per me
conta davvero tanto! ^.^
I ringraziamenti e le risposte alle recensioni li trovate in
fondo, come al solito, nel “My Space”. Ora vi lascio. Buona lettura!
La Festa
-Professore?- la testa bruna di Diana fece capolino da
dietro la porta, gli occhi grigi che brillavano, innocenti. Silente alzò lo
sguardo dalle carte che stava leggendo e, appena si accorse di chi era
arrivato, sorrise.
-Buonasera, Diana.-
-Posso entrare o è
impegnato?- chiese lei. Silente le fece cenno di accomodarsi. Si sedette sulla
sedia di fronte all'imponente scrivania, fissando lo sguardo in quello del
Preside che aveva appena controllato l'ora.
-A cosa devo questo piacere,
anche se ad un orario così insolito?- le chiese.
-Volevo parlare con lei di
un paio di cose. Una è meno importante, può aspettare...- Diana esitò, e
abbassò lo sguardo, arrossita. Silente se ne accorse.
-Il tuo colorito mi
suggerisce che per te non è di poca importanza.- commentò, affabile. Diana
sussultò, sentendosi scoperta.
-Beh...vede, ha presente
Blaise?- Silente sorrise, e annuì.
-Certamente. Spero che non
siano nati problemi.- Diana scosse la testa in segno di diniego, convinta.
-No, no, tutto bene. No,
ecco, volevo chiederle...- Diana esitò ancora, reprimendo un sorrisetto.
-Sabato prossimo è il suo compleanno, e pensavo...sì, insomma, lui non vuole
fare niente, ma ne compie diciassette, è un traguardo importante...certo,
potrei anche impegnarmi io a mio modo e potrei tranquillamente ovviare...- una
scintilla maliziosa nello sguardo del Preside le fece comprendere che il suo
doppio senso era stato colto. -Ecco, mi chiedevo se...se si potesse organizzare
un'altra festa, come quella di Natale...ovviamente con più sicurezza.- aggiunse
subito, anticipando l'obiezione del Preside. -Me ne occuperei io stessa, e può
star sicuro che non succederanno incidenti.- la voce di Diana aveva perso
l'esitazione e si era fatta dura, seria. Silente la soppesò un attimo,
pensieroso. Poi, sorrise.
-Ne sono convinto. Beh, non
vedo perché non si potrebbe fare. A patto che, dell'organizzazione, ve ne
occupiate tu, la signorina Granger e ovviamente la signorina Weasley, se è
interessata.- Diana sorrise.
-Certo, professore.- disse,
senza cominciare a saltellare sulla sedia come in realtà avrebbe voluto fare.
“Fuori uno, ora posso comportarmi normalmente. Per fortuna, questa farsa mi sta
uccidendo.” pensò, e in un istante perse qualunque traccia di imbarazzo o
frivolezza. Silente se ne accorse, e annuì.
-Non è solo per questo che
sei venuta da me, vero?- disse il Preside, serio.
-No, infatti. Ho delle nuove
informazioni sugli atteggiamenti dei Mangiamorte.- il timbro di voce di lei si
era indurito. Sembrava un generale in procinto di entrare in battaglia.
Lea le aveva fornito diverse
informazioni riservate, in una busta che le aveva infilato in tasca prima di
partire. Non erano cose che i muri di Hogwarts potessero sentire.
-Illuminami.-
-Voldemort sta reclutando
quanti più bandoleros (ndA: spagnolo,
“banditi”) possibili, nel Limbo. Sembra che riscuota sempre più successo fra
loro...gli ha promesso di distruggere il Limbo e di darglielo in pasto. Per
loro è una preda troppo ghiotta, sarebbe come consegnargliene la corona.-
ringhiò Diana, rabbiosa. La sua terra...non sarebbe finita in mano ai Mangiamorte.
-Sta ingrossando esponenzialmente le fila dei suoi scagnozzi. Presto saranno
tutti al suo servizio, e allora farà in modo di distruggere il Limbo...-
-Come potrebbe fare?- chiese
il Preside, serio. Diana lo fissò dritto negli occhi.
-Uccidendo me. Arakta Shoenn
è l'unico motivo per cui esistono i Limbi...sono i luoghi in cui posso
regnare.- la sua voce esprimeva solo disgusto. Disgusto verso sé stessa.
-Forse non è una buona idea
che tu combatta, appena maggiorenne. Se il Limbo venisse distrutto, i Mangiamorte
che vi si trovano potrebbero usare la magia, e la resistenza degli Auror
americani varrebbe ben poco. Finché li tengono bloccati là, non possono
combattere qui...-
-Perché se lo facessero sarebbe la fine di entrambe le resistenze.
Lo so, Preside. Ma io voglio combattere, e lo farò. Non so
se ricorda quanto Voldemort mi ha portato via.- Diana suonava altezzosa e
arrogante. Ed era nel giusto.
Silente la soppesò a lungo.
Diana era una guerriera eccellente anche senza le sue qualità di Shoenn.
Considerate come un'unica entità, era una combattente dal valore incalcolabile.
Era scaltra, intelligente e spietata. Sapeva come fare per conseguire una
vittoria, a costo di quasi qualsiasi cosa. Presto avrebbe conosciuto il segreto
degli Horcrux, e avrebbe certo saputo come distruggerli. Ed era animata da un
insano e venefico desiderio di vendetta che l'avrebbe portata alla morte...o
all'omicidio.
-Diana, Voldemort ha già
cercato di ucciderti, ma potrebbe non essere l'unica cosa che vuole, da te.-
-Intende dire che mi
vorrebbe dalla sua parte? Che Draco o Blaise sono sue pedine, per arrivare a
me, per impormi una Imperius?- Diana era svelta, a capire certe cose.
-Non solo. Potrebbe
minacciare loro...sai che Draco Malfoy ha già il Marchio, presumo.- Diana
annuì. -E saprai che ha ricevuto il compito di uccidermi...- Diana rimase senza
fiato, ma riuscì a non darlo a vedere e annuì di nuovo. -...Potrebbe minacciare
anche Zabini, e non credo tu sia capace di ignorare certe proposte.- gli occhi
di Diana si strinsero, sospettosi.
-Cosa vuol dire, Preside?-
chiese, guardinga.
-Se Voldemort minacciasse di
voler Marchiare anche Zabini, e proponesse uno scambio fra te e lui, tu cosa
faresti?- Diana rimase a lungo in silenzio, pensierosa.
Aveva già pensato tante
volte a quell'ipotesi.
Ma, al contrario del
Preside, lei conosceva bene Blaise.
-Io accetterei lo scambio
senza esitare. Ma Blaise non me lo permetterebbe, e nemmeno Draco. Quei due
sono Mangiamorte quanto Harry Potter.- disse, lentamente. E avrebbe potuto
giurare di vedere uno scintillio orgoglioso negli occhi del Preside.
-Benissimo.- disse, alla
fine di un lungo, pesante silenzio. -Il diciannove aprile, il giorno del tuo
diciassettesimo compleanno, entrerai a tutti gli effetti nell'Ordine. E,
un'ultima domanda...-
-Mi dica, professore.-
-Se nel Limbo la situazione
si facesse più drammatica, saresti pronta a tornare là per trattenere i
Mangiamorte emigranti verso l'Inghilterra?- Diana sorrise. Un sorriso sicuro e
spavaldo.
-Sarei già là, Preside. È la
mia terra, sono i miei amici che combattono. Non li lascerei soli.-
-A volte mi chiedo perché tu
abbia accettato.- commentò il Preside, mentre lei si alzava.
-Di fare da ponte fra le due
Resistenze? Di combattere su entrambi i fronti? Sono la migliore in tutto,
Preside, anche in questo.-
Ecco, il vero motivo del suo
trasferimento a Hogwarts.
Nei cinque giorni seguenti
Diana, Ginny e Hermione furono tutte prese dai preparativi. Visto che si
sarebbe trattato di una festa a cui tutte le Case avrebbero partecipato,
dovevano stare attente a non fare preferenze verso i loro colori e stili.
Difficile per Gin ma molto meno per le altre due, i cui cuori battevano
all'unisono con quelli di due affascinanti Serpenti.
A Harry e Ron avevano
semplicemente detto che Silente aveva affidato loro l'organizzazione di una
festa di Primavera. Il Preside aveva spesso di queste idee, e i due non avevano
sospettato nulla.
Ginny si sarebbe occupata
dell'ambiente, Hermione avrebbe sovrintenzionato tutto e Diana della musica.
Lei amava la musica più di quanto si potesse sospettare. Nessuno aveva mai
sentito la sua voce cantare...piccola vanità che Diana non mostrava.
Il giorno prima della festa,
quando ormai era tutto pronto e loro si stavano rilassando nella stanza di
Diana, Ginny tirò fuori un argomento che aveva accuratamente tenuto per ultimo.
-Ragazze, dobbiamo andare a
comprare i vestiti.-
-Scordatelo, Gin.- replicò
subito Hermione, che ben conosceva la passione di Ginevra Weasley per lo
shopping.
-Oh, daiii! Diana, tu cosa
dici?- Diana non rispose. Aveva gli occhi chiusi e l'espressione rapita, mentre
con studiata eleganza se ne stava adagiata sul davanzale della sua camera.
Aveva due piccole palline nere infilate nelle orecchie. Silente aveva stregato
quel lettore Mp3 per funzionare all'interno di Hogwarts, e lei era
completamente persa nelle melodie perfette di Carlos Santana. La musica babbana
era semplicemente la cosa più bella che Diana avesse mai ascoltato. Ginny le si
avvicinò, e le tolse un auricolare.
-Diana? Sei ancora fra noi?-
le chiese.
-Sì, Gin...e, comunque, non
se ne parla.- rispose lei, indossando nuovamente la cuffia.
-Ma insomma! C'è una festa
domani, siamo le organizzatrici, e non andiamo a comprarci dei vestiti per
l'occasione? E le scarpe, e gli accessori, e i gioielli...- Diana ed Hermione
le rivolsero un'occhiata di compatimento. Entrambe detestavano cordialmente lo
shopping, specialmente con la presenza di una persona iperattiva e folle come
Ginny.
-A parte che non possiamo
uscire da Hogwarts...- le fece notare Hermione.
-Beh, a questo si può
rimediare. Diana si può Smaterializzare anche qui, no?-
-Potrei...ma no, Gin, non se
ne parla neanche!- sbottò l'americana, sentendosi tirata in causa.
-Insomma, Diana, sei impossibile! È la festa per il tuo ragazzo, che tu hai avuto idea di organizzare, e non vuoi comprarti qualcosa di
bello per lui?-
-Basta che sia biancheria
sexy...- Diana sobbalzò e ruzzolò giù dal davanzale, sulle tegole spioventi del
tetto della Torre a punta di Grifondoro. Una stretta salda e forte le si
strinse intorno al polso prima che cadesse per qualche centinaio di metri.
-Deficiente!- sbottò, senza
però rifiutare l'aiuto che Blaise, a cavallo di una scopa con un ghigno
divertito sul viso, le stava offrendo. Appena fu in grado di reggersi dietro di
lui, cominciò a prenderlo a pugni su una spalla, forte.
-Ahia, Diana, piantala!
Quanto sei permalosa, per uno scherzo...- tentò di calmarla, sghignazzando.
-Ma che scherzo e scherzo,
potevo ammazzarmi! Imbecille!-
-Scusa, ma se una volta ti
sei buttata direttamente giù e non ti sei fatta nulla!- commentò Hermione, che
era corsa alla finestra appena l'aveva vista cadere.
-Davvero?- fecero Ginny e
Blaise, interessati.
-Ma mi ero concentrata sui
miei poteri! Così, all'improvviso, mi schianto!- sbottò lei, smettendo di prenderlo
a pugni solo quando si arrampicò di nuovo nella sua camera, seguita a ruota da
Blaise. -E comunque, Gin, questo è un colpo basso.- sbottò, rivolta all'amica
che se la rideva alla grande.
-Cosa?- fece lei, fingendo
di non capire.
-Chiamare questo coso
per convincermi. La risposta rimane no.- Gin alzò lo sguardo verso Blaise, che
le rivolse un occhiolino. Diana, che gli dava la schiena, poté solo intuirlo,
quando sentì il suo tocco sui fianchi, il suo respiro fra i capelli, la schiena
premuta sul suo torace. Quasi inconsapevolmente, si appoggiò a lui. Ginny e
Hermione non c'erano più, non le interessava che fossero o no ancora lì.
Le succedeva sempre, quando
c'era Blaise.
(ndA: troppo, troppo
pucciosi. Mamma mia...)
-Di...- le sussurrò
all'orecchio.
-Mm?-
-Vai, no? Prenditi una
pausa, esci, e comprati qualcosa. Tanto stai bene comunque, anche con degli
stracci.- le disse. Lei posò la testa sulla sua spalla, il viso affondato fra i
propri, morbidi, capelli.
-Tu hai le fette di
prosciutto sugli occhi, Faina.- gli rispose. Ma non era un “no”, semplicemente
perché a lui non riusciva a negare nulla.
-Non è vero.-
-Giusto. Sono di salame.-
replicò lei. Lentamente, tornò a rendersi conto che Ginny ed Hermione erano
presenti e stavano parlottando animatamente fra loro, ignorandoli (“E per
fortuna” pensò lei). Il momento magico era svanito.
-Gin, non è che hai...-
Hermione si guardò intorno, allarmata.
-Chi cerchi, il tuo Principe
delle Serpi?- le chiese Ginny, malefica.
-Conoscendoti, non si sa mai
cosa puoi inventare. Saresti capace di tirare fuori un furetto dal cappello.-
disse lei, un po' delusa.
-Non dirmi che non ti
farebbe piacere.- un guizzo dorato negli occhi ambrati di Hermione.
-Eccolo, il biondo, mancava solo lui. In teoria, ragazzi, questo è
il dormitorio femminile dei Grifondoro...- commentò Diana, mentre
Draco entrava agilmente dalla finestra e salutava Hermione. “Questa stanza è
più trafficata della Testa di Porco. Stessi brutti ceffi.” pensò Diana fra sé,
e provò una piccola fitta di nostalgia nel pensare a Lea, che avrebbe di sicuro
colto la sua battuta mentale.
-Allora, ci venite o no a
fare shopping?-
In quel momento, Diana ed
Hermione ebbero lo stessero pensiero: “Ginny, sei una carogna.”
-Ancora non riesco a capire
come tu sia riuscita a convincerci.-
-Semplice: è bastato farvi
perdere la testa con la vicinanza delle vostre belle Serpi...- Ginny balzellò
avanti un paio di metri, per evitare le mani di Hermione che cercavano di
strangolarla.
-Che in quanto a
bastardaggine tu equivali e superi.- commentò Diana, di malumore. Si erano
Materializzate vicino alla Stamberga Strillante, e ora Ginny le stava
conducendo verso i suoi negozi preferiti. Chi non avesse conosciuto bene Gin
l'avrebbe scambiata per una delle solite ochette patite di shopping e riviste
platinate...mai errore sarebbe stato più grande.
-Come siete
esagerate...eccoci, siamo arrivate!- Gin indicò un piccolo negozietto dall'aria
accogliente, la cui elegante insegna recitava: “Madame Sherazade, abiti da
Mille e una Notte”.
Hermione e Diana squadrarono
Ginny per un istante, scettiche.
-Vuoi che ci vestiamo da
concubine?- sbottò Hermione, incredula, dando voce ai pensieri di entrambe.
Ginny scoppiò a ridere.
-Non è quello che credete.
Ha degli abiti stupendi e costano veramente poco. Venite.- le esortò. Le due,
poco convinte, la seguirono dentro.
Caldi drappeggi in rosso,
porpora, indaco, oro, coloravano le pareti e il bancone, arabeschi d'argento si
attorcigliavano magicamente sulle stoffe che facevano da tappezzeria, creando
ghirigori mai identici. Il negozio era più ampio di quel che sembrava
dall'esterno, confortevole, gli abiti erano esposti in ordinati Magicarelli
lungo le pareti e su scaffali che si scambiavano ogni tanto di posto per
mostrare tutte le mercanzie. Avevano fatto appena in tempo ad assimilare tutto
questo, che una bella donna dagli occhi e dai capelli corvini e dalla pelle
ambrata veleggiò verso di loro.
-Ginny! Che piacere
vederti!- salutò caldamente la più giovane delle tre, con un sorriso che mise
in mostra una collezione di denti perfetti e bianchissimi.
-Ciao, Leila. Loro sono due
mie amiche, Hermione...- indicò la Grifoncina mezzosangue, che salutò
imbarazzata. -...e Diana.- lo sguardo dell'araba si alzò su Diana, scettica e
per nulla rilassata. Leila girò intorno ad Hermione, pensierosa.
-Capelli castani, boccoli,
occhi dorati...carnagione europea...dovrebbe starti bene il bianco, lo smeraldo
o l'oro.- decretò, prima di soppesare Diana. -Pallida, mora, occhi
grigi...stessi lineamenti dei Black, sarai imparentata con loro, somigli a
Bellatrix...- Leila notò l'irrigidimento di Diana. -Non volevo offenderti...era
una bellissima donna, vent'anni fa.- aggiunse. Diana annuì, poco convinta.
-Dovrebbe starti bene il nero, il verde palude o l'argento.- aggiunse.
“Verde e argento io, oro per
Hermione...che sia un segno?”
-Venite. Ginny, tu gira liberamente, il posto lo conosci.-
Hermione e Diana, senza parlare, seguirono l'elegante araba fino ad alcuni
Magicarrelli che, obbedienti, si avvicinarono appena Leila li chiamò. -Ecco qua.
Scegliete pure.- le invitò.
-Prima tu, Herm.- fece
Diana, precedendo l'amica di qualche secondo. Ghignò, quando lei le rivolse uno
sguardo omicida. Mentre Hermione era impegnata con prove e scelte, lei cominciò
a gironzolare per il negozio. Stoffe sottili, quasi impalpabili, colori caldi
come il sole o freddi come il ghiaccio, seta e cotone e altri di cui non
conosceva il nome...non faceva per lei, quel posto.
Diede un'occhiata sui
Magicarrelli, così, tanto per fare qualcosa, mentre Ginny ed Hermione provavano
gli abiti.
T-shirt, gonnelline
ultracorte, vestiti a fascia...nulla che le si adattasse.
-Non trovi nulla che ti
piaccia?- le chiese Leila, apparendo dietro di lei. Diana si strinse nelle
spalle. Poi, ad un suo tocco, qualcosa schizzò fuori dal carrello e rimase
sospeso a mezz'aria, deciso ad essere guardato proprio da lei.
-Forse qualcosa ho trovato.-
commentò Diana, con un mezzo sorriso soddisfatto. Era un completino, l'oggetto
che si era scagliato fuori dalla fila di vestiti. Una minigonna, nera, leggera,
che le sarebbe arrivata fin sopra il ginocchio, elegante e sbarazzina, con
arabeschi argentati sull'orlo che si attorcigliavano in disegni tribali. Ma ad
attirare la sua attenzione fu l'altro pezzo, e seppe immediatamente che sarebbe
stato quello, il suo acquisto. Era una camicetta, senza maniche, di un bel
verde scuro, con ricami in argento che richiamavano quelli della gonna. La
scollatura era quadrata, profonda, e gli orli erano neri. Molto aderente,
avrebbe valorizzato ognuna delle sue curve profonde.
-Ho l'impressione che siano
stati questi abiti a scegliere te.- commentò Leila.
-Anch'io.- rispose
semplicemente Diana, sorridendo fra sé al pensiero delle facce di Harry e Ron
quando l'avrebbero vista vestita a quel modo. “Gli verrà un colpo, senza ombra
di dubbio”. -Lo prendo.- Ginny ed Hermione la raggiunsero, la prima con un
abitino color oro pallido, la seconda con una gonna ed una T-shirt d'un bianco
abbacinante. Diana si accorse che entrambe avevano la sua stessa aria sognante:
quel posto trasudava magia. Pagarono, salutarono Leila e uscirono.
“Che strano posto..”
pensarono sia Diana che Hermione, mentre Ginny le trascinava verso un negozio
di scarpe. E si arresero alla sua esuberanza, alla sua allegria, lasciandocisi
contagiare, prendendosi un pomeriggio di libertà in cui entrambe non avrebbero
dovuto pensare a tutto ciò che le preoccupava.
La sera dopo, verso le sette
– due ore prima che cominciasse la festa –, Diana buttò fuori le due solite
Grifone che ridevano e scherzavano. Spalancò la finestra, assaporando il fresco
bacio del sole di Febbraio sulla sua pelle candida, scurita appena dal
fondotinta. Aveva visto Blaise l'ultima volta il giorno prima, quando l'aveva
convinta ad andare a Hogsmeade, perché quel giorno l'aveva passato nella Torre,
con Harry, Ron e Hermione. Le mancava.
“Possibile che sia diventato
così indispensabile, quel ragazzo? Diana, mi spaventi...”
Gli orecchini che portava
scintillarono di rosso e di indaco nel sole morente.
Hermione si separò da Ginny
e si diresse ai dormitori del sesto anno, pensando a come sarebbe stata quella
serata, e se sarebbe riuscita a separarsi da Harry e Ron per un po', quel tanto
che bastava a passare qualche minuto con Draco. Qualche minuto che sarebbe
stato il momento più bello dell'intera notte.
Lavanda e Calì stavano
parlottando di qualcosa e, quando passò accanto a loro, colse parole come
“riconquistarlo”, “rosso”, e “stupida americana”. Con un mezzo ghigno molto
serpeverde stampato sul volto, Hermione estrasse la bacchetta mentre era china
sul suo baule, e pensò: “Furnunculus”
puntandola di nascosto su Lavanda Brown.
-AAAAAAAAH!- uno strillo
trapassò tutte le pareti della Torre. Hermione, soddisfatta, si voltò con il
suo completo fra le mani e chiese:
-Cos'è successo, Lavanda?-
Di certo, quella sera,
Lavanda non sarebbe andata a nessuna festa.
“Mi sa che Diana e Draco mi
stanno contagiando”.
Ginny indossò il suo abito.
Era bellissima, e se ne rendeva conto. Una ragazza con i capelli rossi, lunghi
e perfetti, il fisico minuto e sottile, il viso angelico e lo sguardo caldo e
buono, che l'aveva sempre contraddistinta, fu l'immagine che lo specchio le
restituì. Bella, davvero stupenda. Con una tristezza nelle iridi castane,
screziate d'oro.
“Bella per tutti, tranne che
per lui”.
Un'ora e cinquantadue minuti
più tardi.
-Muoviti, stupido
diciassettenne! Ci metti più tempo di una ragazza, a prepararti!- abbaiò la
voce strascicata di Draco Malfoy, affacciandosi nella stanza di Blaise. Il
neo-uomo stava fumando una sigaretta, assorto, mentre finiva di allacciarsi la
camicia. Draco notò il ciondolo che Diana gli aveva regalato, che
quell'insospettabile tenerone non si toglieva mai, sparire dietro la seta nera
della camicia.
-Arrivo, arrivo.- borbottò
lui, spegnendo la sigaretta nel posacenere sulla scrivania. Di fianco ad una
lettera, sigillata, che portava il blasone dei Zabini. Draco indugiò sulla
busta, capendo cosa avesse scatenato il bisogno di fumare dell'amico.
-E quella cos'è?-
-Niente che stasera mi possa
interessare.- replicò Blaise, asciutto, precedendolo fuori dalla sala comune
serpeverde ormai deserta. Erano già tutti di sopra.
-Ragazze, questo è un
capolavoro.-
La Sala Grande era
irriconoscibile. Alla fine, Ginny aveva optato per una caratterizzazione da
discoteca: stendardi neri, i colori delle Case che comparivano ogni tanto, luci
stroboscopiche che gettavano lampi colorati e musica a palla. Nelly Furtado
rimbombava nelle casse toraciche del gruppetto dei Grifondoro appena entrati in
Sala Grande: Harry, Ron, Hermione, Ginny con Dean e Diana. Tutti perfetti,
“tiratissimi”. Harry, Ron e Dean in jeans e camicia, Ginny semplicemente divina
con il suo attillato vestito color oro (Ron aveva minacciato Dean di ucciderlo,
se avessero fatto qualcosa in più di un ballo), Hermione che splendeva come una
stella nell'oscurità della Sala, in bianco, e Diana. Blaise la vide subito,
appena uscito dal corridoio che portava ai sotterranei.
Era stupenda. Ed era così
bella esclusivamente per lui, lo sapeva.
Aveva fatto qualcosa ai
capelli...per una sera, non sarebbero stati la solita massa di selvaggi crini
scuri, ma erano lisci, lunghi fin quasi al fondoschiena, scuriti di un tono
quasi da sembrare corvini. La sua pelle, meno pallida del solito ma comunque
molto chiara, contrastava splendidamente con le sue labbra, rosse, sottili,
perfette. Le palpebre erano scurite di verde, poco, quel tanto che bastava a
sfumarle gli occhi. E il corpo...Blaise reprimette a stento il desiderio di
attraversare la folla e di saltarle addosso. Una camicetta verde, scura, copriva
appena i seni e i fianchi, finendo là dove iniziava una minigonna nera che
lasciava scoperte le sue gambe, velate da collant bronzei. Calzava delle
ballerine argentate, che richiamavano i ricami della gonna e della camicetta.
Portava diversi, sottili bracciali argentei ai polsi, un pendente che scendeva
fin quasi fra i seni e...Blaise sorrise. Portava i suoi orecchini. Che legavano con la cintura a fascia, rosso sangue,
che aveva a vita bassa.
Un tocco di Grifondoro in
una sensuale Serpeverde.
(ndA: fischia oh, vuol
proprio farlo morire 'sto ragazzo...aspettiamo però di vedere com'è vestito
lui, così farà morire direttamente anche noi...)
I suoi occhi argentei lo
cercarono, e lo trovarono. Diana sorrise fra sé: bello, davvero bellissimo. Un
dio. Camicia di seta corvina, jeans aderenti, anch'essi neri, il suo fisico
perfetto che risaltava in qualunque modo lo si osservasse. Una scossa elettrica
la attraversò, vedendolo muoversi: li riconobbe subito, i maledetti. Gli
ormoni. Gli stessi che, spesso, le presentavano alla mente progetti non proprio
castissimi che puntualmente metteva in atto. Era bello, aveva una carica
erotica che la faceva sciogliere, e non era l'unica ad essersene accorta. Gli
occhi di quasi tutte le ragazze lo raggiunsero, avide arpie che volevano
saziarsi della sua perfetta, apollinea immagine.
“Mi sa che Blaise non
sfigurerebbe neanche, di fianco ad un dio greco...” pensò Diana. Poi, con un
ghigno, notò che Daphne aveva subito provato ad attaccare bottone. Con una
semplicissima alzata di sopracciglia, i tacchi vertiginosi della Serpeverde
sprofondarono nel marmo del pavimento della Sala Grande. Blaise le rivolse
un'occhiata divertita, e lasciò Daphne occupata a trasformare le sue belle
scarpine in ballerine.
Diana notò anche
Draco...impossibile non notarlo. Lui e Blaise erano di gran lunga i due ragazzi
più belli di Hogwarts. Vestito allo stesso, identico modo dell'amico, aveva
letteralmente fatto capitolare Hermione che, al fianco di Diana, cercava di
mantenere un minimo di contegno.
-Ragazze, vi guardano
tutti.- fece gentilmente notare Ron, che non sembrava minimamente interessato a
nessuna delle splendide ragazze di Hogwarts. Era vero: gli sguardi di tre
quarti della popolazione maschile di Hogwarts erano concentrati sulle tre
Grifoncine.
-E che guardino, lo
spettacolo mi sembra abbastanza piacevole.- decretò Diana, facendoli ridere
tutti. Si diressero ad uno dei tanti tavolini fatti Apparire vicino alle
pareti, bassi, rotondi, circondati da divanetti di pelle nera, e si sedettero.
Diana agitò la bacchetta, e un cameriere fatto di quella che sembrava proprio
acqua si avvicinò, un vassoio carico di bevande sulle mani.
-Diana, quelli cosa sono?-
chiese Dean, smettendo per un istante di sbavare dietro Ginny.
-Sono miei...come dire...amici? Hanno dato non poco aiuto gli
Elementi, vero, ragazze?- Diana sorrise, soddisfatta. Harry e Ron si guardarono
intorno, e cominciarono a notare i camerieri, esseri fatti d'acqua limpida e
trasparente, e quelle che sembravano proprio guardie, creature scure fatte
d'ombra e di roccia, appostate un po' ovunque. -Loro si occupano della
sicurezza. Ah, sì: Tiger, Goyle e Nott li ho spediti in infermeria per qualche
giorno con qualche brutta piaga purulenta in faccia.- suggerì loro la voce di
Diana, compiaciuta.
-Ottima idea.- commentò
Harry, con un sorriso. Il suo sguardo scivolò verso Ginny, che non se ne
accorse. Lee Jordan, chiamato per l'occasione dal trio di Grifoncine, salutò i
ragazzi dalla postazione del Magi-jay e alzò il livello della musica. Alcuni,
in gran parte Tassorosso, si buttarono subito in pista, seguiti da Dean, che si
trascinava dietro Ginny, e da Harry, che Ginny non voleva perderla di vista
nemmeno per un istante.
-Secondo voi ce la farà
Harry a strapparle un ballo?- chiese Hermione a Diana e a Ron, che risero.
(ndA: anche qui, Lea ha spifferato tutto a Ron...-.-)
-Mah...spero per lei di sì,
se lo meriterebbe, no?- commentò Diana. Afferrò da un vassoio che passava un
secondo bicchiere di Acquaviola. Di certo, non era una novellina in fatto di
liquori: in mezz'ora ne aveva fatti fuori almeno altri cinque, eppure su di lei
sembravano avere l'effetto dell'acqua.
-Sembriamo tre idioti, qui
seduti.- commentò Hermione, ad un certo punto. Infatti, quasi tutti si erano
alzati e ballavano sulle note di MenEater, mentre cominciavano a vedersi i
segni dell'alcool. Diana tamburellava con le dita sullo schienale del
divanetto, mentre con l'altra mano stringeva un bicchiere di qualcosa di più
forte di un'Acquaviola. I suoi begli occhi erano fissi in lontananza, su un
certo Serpeverde che sembrava si stesse divertendo un sacco. Cambiava compagna
di danze ogni cinque minuti, e ogni tanto le lanciava uno sguardo strafottente.
-Secondo me lo fa apposta.-
le fece notare Ron.
-Guarda, non me n'ero
accorta.- borbottò lei.
-Vai, no? Dopotutto, è la
vostra festa...- Diana notò un movimento biondo accanto a Blaise. Draco gli
aveva detto qualcosa, ed entrambi avevano ghignato. Brutto segno.
-Solo se posso portarmi
Hermione. Ron, perché non vieni anche tu?- fece lei, alzandosi di scatto. Per
un istante, il mondo sembrò vorticare: forse aveva bevuto abbastanza. Finì in
un sol sorso la sua tequila – adorava quel liquore –, prese i due amici per un
braccio e se li trascinò in pista, fra i corpi ondeggianti di ragazzi e ragazze
rapiti completamente fra le note di una musica pulsante, coinvolgente,appena iniziata, che Diana riconobbe
all'istante.
-Segui La Stella!- esclamò, pronunciando il titolo in italiano. I
due amici la guardarono, attoniti, ma lei già non dava più importanza ai loro
sguardi confusi. Quella canzone era sua,
era la voce del suo cuore di ragazza che, ogni tanto, ricominciava a battere.
Chiudo gli
occhi per un istante, mi lascio prendere dalla musica.
Prendo Ron per mano e me lo trascino addosso. -Sono sicura che Lea non
sarebbe gelosa di me.- dico, pensando alla faccia della mia amica se sapesse
che sto per ballare col suo ragazzo.
Ron sorride, e accetta il mio invito.
E comincio a muovermi, un po' arrugginita perché è tanto che non ballo.
Ma la musica mi viene in aiuto. E anche Ron, è bravo.
I fianchi si muovono, movimenti lenti e profondi.
La testa segue ognuna delle parole che conosco a memoria.
Lasciati andare, Diana. Questa sera sei solo Diana, e nient'altro. Solo
una ragazza.
Le luci lampeggiano, tutto sembra in bianco e nero, ogni luce una scena
diversa, come i fotogrammi di un film...
All'improvviso, sento un tocco familiare sui fianchi, sulla vita. Mi
sento trascinare via da Ron, che sorride.
-Cos'hai intenzione di fare? Circuisci Lenticchia?- mi chiede Blaise,
traendomi a sé, i visi vicini, gli occhi che si specchiano fra loro, un sorriso
arrogante che ben conosco.
Cazzo, è bellissimo.
-Geloso?- faccio io, con un sorrisetto sornione.
Mi volto, gli do la schiena, basta un sopracciglio alzato e uno sguardo
penetrante e le oche che gli ballano intorno sono già scomparse. La musica si
alza ancor di più.
Amo questa canzone, amo ballare...e amo Blaise.
Cazzo, almeno con me stessa potrò ammetterlo, o no?
È accanto a me, addosso a me, e io ballo, fra le sue braccia, i fianchi
che si muovono al ritmo di questa musica troppo alta, i fianchi che ballano
solo per lui, un bacio sul collo, un sorriso rubato, le braccia attorno al
collo, le sue mani calde sulla schiena, sui fianchi, e più giù, e sulle gambe,
sulle cosce...
-Ma cosa fa? Balla con Zabini!?- Ginny rise, prese
Harry per mano e lo costrinse a guardarla.
-Harry, stasera non ci sono
Grifondoro o Serpeverde, non ci sono Mezzosangue o Purosangue, non ci sono
differenze. Guarda.- gli indicò l'inconfondibile testa boccoluta di Hermione,
abbracciata ad una altrettanto inconfondibile chioma biondo platino.
-Malfoy!?-
-Harry, stasera siamo solo
ragazzi. Niente di più. Ragazzi e musica.- Ginny sorrise. Un sorriso caldo,
sincero. -Vieni a ballare, Harry. Con me.- lo prese per mano, e lo condusse in
mezzo alla folla, sentendo la stretta calda nella mano che le faceva accelerare
il cuore.
La musica cambiò. Diventò più
intensa, passionale, erotica, sulle note di un altro autore italiano, un certo
Tiziano Qualcosa.
Spingo Blaise
lontano da me, ballo da sola, sapendo di avere i suoi occhi puntati addosso.
Mi avvicino di nuovo a lui, provocante, lo sfioro appena con braccia e
bacino. Mi giro, mi appoggio a lui, ballo scendendo lungo il suo corpo, i
capelli che mi seguono lungo quella dannatamente sensuale camicia, torno su.
Perversa.
E torniamo a ballare, lui dietro di me, le mani sul bacino, sulle
cosce, in mezzo alle gambe, le braccia attorno al suo collo, un bacio, un
altro, e altra tequila, per tutti e due.
Gente, siamo troppo ubriachi.
La musica è cambiata, è più intensa, più erotica, e travolgente, i miei
movimenti cambiano, e il suo tocco si fa più deciso, voglioso, eccitante, e la
voglia di stare soli, di stare insieme, cresce. Lo bacio sul collo, le
carezze...
Ora mi guarda. Ha uno sguardo intenso. Sa cosa penso.
Con Justin che va e torna di sottofondo, cerca le mie labbra e mi
bacia, un bacio ardente, eppure... tenero.
Così, davanti a tutti.
Cosa direbbe Lea?
Beh, stavolta Artesia se ne starebbe zitta.
Questa è la mia notte, la nostra.
Punto.
-Vuole farlo morire, quel ragazzo.- commentò
Hermione, alzando un istante lo sguardo sui due amici, stretti, nel bel mezzo
della pista. -Non sono un po' imprudenti?-
-E noi cosa siamo, Mione?-
le sussurrò Draco all'orecchio, dandole un dolce bacio sulla tempia,
assaporando il profumo del suo balsamo, mandorla. Amava quel profumo, quella
dolce fierezza...amava Hermione.
-Guarda.- sussurrò Diana a
Blaise, aprendo gli occhi dopo quella che le era sembrata un'eternità. Aveva
appena visto una chioma di capelli rossi, fiammeggianti, e una ribelle di
capelli corvini. Insieme.
-Alla fine Gin ce l'ha
fatta.- commentò lui, con un sorriso.
-Vieni.- Diana lo prese per
mano, incurante degli sguardi stupefatti di chi era loro vicino, e se lo
trascinò dietro, verso i due Grifondoro abbracciati. Quando fu abbastanza
vicina, si accostò all'orecchio della rossa e sussurrò:
-Se domattina vieni a
rompermi le scatole, vi farò morire tutti e due, per questo.- Ginny aveva
spalancato gli occhi e sollevato la testa dalla spalla di Harry, ma Diana era
già sparita, con Blaise, fra la folla, in quattro
minuti che avrebbero portato a tanti quattro minuti di felicità.
-Buon compleanno, Blaise.-
-Blaise, mettimi giù, so
camminare da sola.- borbottò Diana, debolmente. Blaise la sentì prenderlo a
pugni, sulle spalle, ma era troppo ubriaca per metterci la sua solita forza. Se
l'era caricata sulla schiena quando le gambe avevano cominciato a cederle, sia
per il troppo alcool che aveva bevuto, sia perché aveva ballato per tre ore di
fila, senza mai fermarsi. Borbottava da almeno cinque minuti, il viso affondato
nel suo collo.
-Diana, non sei quello che
si dice un “dolce peso”, puoi stare ferma, per favore?- le chiese, rendendosi
conto l'attimo dopo di essere anche lui leggermente annebbiato.
All'improvviso, da un
corridoio laterale, emersero Harry e Ginny, entrambi leggermente fatti, che si
sorreggevano a vicenda.
-Cosa stai facendo a Diana?-
chiese Potter, la voce impastata.
-Me la sto portando a letto.
Sai, Sfregiato (-Non chiamarlo Sfregiato...- borbottò Diana), dovresti provare
a cogliere le occasioni. Ginny ci starebbe, vero, Gin?- replicò Blaise. Se
fosse stato un poco meno ubriaco, non avrebbe mai detto una cosa del genere.
-Assolutamente.- rispose
Ginny, annuendo con fare convinto. Blaise li sorpassò, e si diresse alla Torre
di Grifondoro, sempre con Diana che brontolava sulla schiena.
-Dì quella maledetta parola
d'ordine, per favore.- le chiese, quando furono davanti alla Signora Grassa.
-Birbolona. E non chiedermi che cazzo vuol dire.- Blaise sorrise, ed
entrò. Stregò le scale dei dormitori femminili e raggiunse la stanza di Diana,
senza, fortunatamente, incontrare nessuno. Chiuse la porta a chiave e la
scaricò senza tante cerimonie sul suo letto, dove lei rimase, il viso affondato
fra i capelli arruffati di nuovo lunghi fino alle spalle e l'espressione
imbronciata di una bambina.
-Stronzo.- mormorò. Blaise
si chinò su di lei, carezzandole il viso con entrambe le mani, con
l'inequivocabile espressione di chi vuole concludere una serata in bellezza.
-Lo sai, vero, che potrei
farti qualsiasi cosa, messa come sei messa?- le fece notare. Diana ricambiò il
suo sguardo, altrettanto lascivo.
-E tu fallo, no?- Blaise
sorrise. Salì sul letto, la scavalcò con una gamba e le carezzò i fianchi, la
pancia, indugiando sulla chiusura della minigonna. Diana gli rivolse un
sorrisetto saccente, e gli sfilò la camicia che si era impegnata a sbottonare,
godendosi appieno la visione del suo fisico scolpito nella penombra dorata
della sua camera.
Blaise assaporò le sue
sensuali carezze sul corpo, fin quando Diana non lo trasse a sé, in un bacio
che sapeva dell'alcool che avevano bevuto e delle sigarette che avevano fumato,
un bacio ubriaco da cui non si sottrasse.
La spogliò, facendola
lentamente nuda sotto di sé, ma decise fra sé di farla penare ancora un po'.
Scese a baciarle il collo, le spalle, i seni, bloccandole i polsi fra le
lenzuola certo che, ubriaca com'era, non si sarebbe ribellata. Diana mugolò
qualcosa di indistinto, in segno di protesta, quando lui continuò il suo
tormento fatto di baci e carezze.
-Blaise...- mormorò, con
voce rotta. Fu il suo nome, pronunciato con tanta sensualità e desiderio, a
fargli perdere il controllo. La voleva. Assolutamente. Conosceva quell'ansia,
quella voglia di amarla. La provava ogni volta, ogni volta come se fosse la
prima...o l'ultima.
Si slacciò i jeans neri ed
entrò in lei, spingendosi nel suo corpo il più possibile, strappandole un
gemito ad ogni spinta. Chinò il viso su di lei, sul suo collo diafano, sentendo
il suo respiro affannoso, e quando raggiunse l'apice la baciò più forte,
mordendola, tanto da rubarle un piccolo segno di protesta da quelle labbra,
rosse come il sangue, che volle di nuovo assaggiare, assaporare. Diana aveva
gli occhi chiusi, l'espressione estatica e sognante.
Le si stese accanto,
traendola a sé, i visi vicini e i respiri affannati che scemavano insieme,
abbracciati stretti, i seni di lei premuti sui muscoli del torace di lui, il
verde screziato d'argento di lui perso nelle pozze plumbee che erano gli occhi
di lei.
Si addormentarono così, uno
stretto all'altra, un segno rosso su un collo bianco, traccia di una passione
che fra loro non sarebbe scemata mai.
Diana si svegliò
improvvisamente, senza riuscire per un istante a capire dove si trovava. Poi
riconobbe le sue lenzuola, la sua camera, riconobbe le braccia fra cui si
trovava. Blaise dormiva accanto a lei, sdraiato sulla pancia, un braccio
abbandonato attorno alla sua vita. Era tutto arruffato, ma gli donava: era più
attraente che mai.
Diana lanciò uno sguardo
alla sveglia: erano le tre passate. Non aveva dormito molto, quel tanto che le
bastava per smaltire la sbornia. Al contrario di quanto pensasse il suo amante,
che in quel momento ronfava alla grande, lei l'alcool lo reggeva benissimo.
Ricordava ogni istante della serata, della pista da ballo, di quando Blaise se
l'era caricata sulla schiena e si erano rinchiusi nella sua camera. Ecco,
soprattutto di quei momenti aveva ricordi molto nitidi. Sorrise, lasciandosi
sprofondare nel suo cuscino di piume. Blaise l'aveva portata veramente al
limite, quella notte.
Ma Diana era una che si
riprendeva presto.
Si avvicinò a lui, al suo
viso nascosto per metà dal cuscino.
-Blaise...- sussurrò,
mettendo in quel sussurro tutta la sensualità di cui era capace. Lasciò
scivolare delicatamente le dita fra i muscoli della sua schiena, provocandogli
un brivido che lo costrinse ad aprire gli occhi, ancora appannati di sonno.
Fece per dire qualcosa, ma Diana gli posò un dito sulle labbra, zittendolo. -Non
è ancora finita, la serata.- gli sussurrò, e, con movimenti lenti, fluidi,
studiati apposta per svegliarlo in un certo modo, salì a cavalcioni su di lui,
strusciando il suo corpo nudo sulla schiena di Blaise. Lo sentì mugugnare
qualcosa di indistinto, e mettersi comodo. Diana sorrise, pensando che la dolce
tortura che lei stessa aveva ricevuto, poche ore prima, non avrebbe mai potuto
competere con il suo delicato, passionale, crudele piano.
Si chinò su di lui,
posandogli un bacio infuocato sul collo. Sentì un brivido nascere da quel
contatto.
-Diana...- la chiamò, con la
voce preoccupata di chi ha appena intuito qualcosa. Diana non rispose. Scese
con i suoi baci lasciandone una scia sulla sua schiena colpita, mentre le sue
carezze lo sfioravano appena, provocanti. -Diana...- la chiamò di nuovo, con
voce diversa, rauca. Lo stava facendo letteralmente impazzire, con quel suo
lieve ed eccitante tocco.
Diana si alzò di nuovo e
arrivò alle sue spalle, larghe, forti, e le sue dita esperte affondarono fra i
suoi muscoli.
-Ehi, Diana...- mormorò
Blaise, spiazzato da quel dolore anomalo, fuso col piacere, che Diana con quel
sensuale massaggio gli aveva provocato e gli stava provocando. Avvertì le sue
dita penetrare fra i muscoli, sciogliere quei nodi che non sapeva esistessero,
sulle spalle, alla base del collo, sulla schiena, sui fianchi, il dolore
scomparso, soppiantato da un piacere assoluto.
Diana scese, sorridendo
soddisfatta ai mugolii di piacere del suo compagno. Sapeva bene qual'era
l'effetto che gli stava facendo. Sensuale come una gatta, altrettanto perfida
nel giocare con la sua arrendevole preda, Diana ricominciò a baciarlo finché
Blaise, riscossosi dallo stato di trance in cui era sprofondato, non si voltò e
la ribaltò sul letto, amandola di nuovo, con forza, quasi violentemente, tanto
era il desiderio che la ragazza aveva fatto nascere in lui.
Fu solo quando il sole
inondò con la sua luce la camera di Diana che la ragazza si destò. Era stretta
a lui, il viso posato sui suoi pettorali, le braccia che lo e la cingevano
sulla schiena, le gambe intrecciate. Lo sentiva respirare, troppo velocemente
per un ragazzo – no, un uomo –
addormentato. Aprì finalmente gli occhi, e alzò lo sguardo verso di lui, che la
guardava con un sorriso.
Da quanto tempo la stava osservando?
-Buongiorno, maggiorenne.- lo salutò, alzando il
viso per posargli un tenero bacio a fior di labbra.
Da quando esiste in te
questa dolcezza, Diana?
-'Giorno, Di. Dormito bene?- le chiese, con una
scintilla di malizia nella voce.
-Quel poco che ho
dormito...- rispose lei, nello stesso tono. Blaise sorrise – non smetteva mai
di notare quanto fosse splendido il suo sorriso –, e la baciò di nuovo, non
riuscendo a capacitarsi di come potessero le sue labbra avere quel sapore così
dolce, di primo mattino. Poi però, i suoi occhi notarono qualcosa di rosso sul
suo collo.
-Cos'è questo?- le chiese,
scostandole i capelli. Là, appena sotto l'orecchio, stava l'inequivocabile
segno di un morso.
-Guarda che sei stato tu.-
gli ricordò, con un sopracciglio alzato.
-Davvero? Scusa, non...-
-Blaise, non mi da
fastidio.- Diana sorrise, scostandogli la mano dal collo. -Ne ho sopportate di
peggio di un morso, lo sai.- gli ricordò. Blaise sapeva che si riferiva alle
decine, forse centinaia di sottili cicatrici che aveva sul corpo.
-Un giorno me lo dirai, come
te le sei fatte.-
-Un giorno.- concesse lei,
chiudendo nuovamente gli occhi, lasciandosi carezzare i capelli.
-Ci pensi, Diana? Tre mesi
fa ci saremmo volentieri Cruciati a vicenda...-
-Io l'ho anche fatto, se ben
ricordi.- sorrise lei, accoccolandosi di nuovo fra le sue braccia.
-Avevo cercato di
rimuoverlo, quel ricordo.- commentò Blaise, carezzandole la schiena.
-Esagerato...-
La maniglia si abbassò di
scatto, facendoli sobbalzare, ma la porta rimase chiusa.
-Diana, la porta è chiusa.-
osservò la voce di Ginny, dall'altro lato della parete.
-Per fortuna...- mormorò
Diana,maliziosa.
-Perché!? Sei in compagnia?-
chiese la voce di Hermione, incredibilmente simile a quella della rossa.
-Sono affari vostri?- fece
Diana, pensando che, forse, lei e Ginny stessero avendo un effetto deleterio
sulla solitamente algida e rigida Hermione.
-Sì!!- risposero in coro.
-Mi sa che non ci lasceranno
in pace...- commentò Blaise, a bassa voce, rivolgendole uno dei suoi rari
sorrisi sinceri, senza ironia o sarcasmo.
-Già, lo penso anch'io.-
lentamente, controvoglia, Diana si alzò.
-Diana, se tra dieci minuti
non apri questa porta la faccio buttare giù da Herm!-
-Scusa, perché io?-
-Perché da me farebbe poca
impressione. Ormai se lo aspetta.- Diana guardò Blaise, e insieme scoppiarono a
ridere.
-Ho mal di testa.- borbottò
Harry, più o meno per la centesima volta.
-Harry, non è colpa mia se
non reggi l'alcool.- sospirò Diana.
-Diana, non infierire.-
-Harry, cos'hai fatto con
mia sorella?- intervenne Ron, inghiottendo un'aringa affumicata.
-Ron, non è il momento.- gli
intimò Hermione.
-Non ho fatto nulla con
Ginny.-
-Vi ho visti andare via
insieme.- gli fece notare Ron, duramente.
-L'ho solo riaccompagnata
alla Torre.-
-Mmm...-
-Ron, piantala!- esplose
Hermione.
-Herm, per favore, non
gridare.- mugolò Harry, tenendosi la testa fra le mani.
-Harry, tu non hai un
ricordo da recuperare?- gli ricordò Diana.
-Dopo...quando mi sarà passato il mal di testa.-
-Andiamo bene...ci vorranno
mesi.- commentò lei, sarcastica. Dei passi felpati dietro di lei, un tocco
provocante appena accennato sui capelli, scostati in modo da rivelare il segno
rosso sulla sua gola. Riconobbe all'istante il suo tocco. -Toglimi le mani di
dosso, Faina.-
-Non sembrava ti desse tanto
fastidio, ieri sera...- fece lui, approfittando dello stato comatoso di Harry e
Ron per posarle alla svelta un bacio fra i capelli. (ndA: QUALCUNO MI DIA
DELL'INSULINA!!!!!! PRESTO!!!)
-Avevo bevuto parecchio, non
sapevo nemmeno quello che facevo.- replicò lei, scacciandolo con pochissima
convinzione.
-Un segno te l'ho lasciato,
però...- commentò lui, insopportabile. Harry e Ron alzarono lo sguardo,
accorgendosi solo in quel momento della sua presenza.
-Ringraziare la tua amica, Potter. Mi ha fatto passare una notte
alquanto...piacevole.- replicò lui.
Diana si alzò di scatto e si voltò verso di lui, lo sguardo fiammeggiante e il
viso arrossito. Blaise la guardò, tranquillo, strafottente, a pochi centimetri
dal suo volto furiosamente imbarazzato.
-Stai zitta, stupida Faina.-
ringhiò. Blaise alzò una mano e l'affondò fra i suoi capelli morbidi,
portandoseli al viso e assaporandone il profumo di cocco.
-Ti chiamerò, quando vorrò
ripetere questa bella esperienza.- le sussurrò all'orecchio. Diana estrasse
velocemente la bacchetta ed esclamò:
-Impedimenta!- Blaise
venne scagliato lontano da lei, ma l'incantesimo non era potente e riuscì a
mantenersi in piedi. Avrebbe volentieri ribattuto, ma Ron e Harry (il rosso con
un ghigno malcelato sul viso) e gli avevano puntato addosso la bacchetta.
-Ci vediamo, pivella...anche
se non in tutti gli ambiti.-
-Sparisci!- abbaiarono Harry
e Diana, rabbiosi. Blaise, sghignazzando, attraversò la Sala Grande e si unì a
Draco, che rivolse un saluto sprezzante ad Hermione.
-Ragazze, ma cos'avete fatto con quei due?- le aggredì Harry,
tornando a sedersi. Hermione e Diana si scambiarono un'occhiata: se Harry
avesse saputo anche solo metà di
quello che avevano fatto...
-Ma niente, ci abbiamo solo
ballato, sono quei due che si fanno dei viaggi mentali.- rispose Diana, irosa.
Ma, in cuor suo, si rese conto che, per quanto gli volesse bene, Harrycerte cose non le avrebbe mai capite.
My space:
eccomi
qua! Non ho nulla da aggiungere a quello che ho scritto sopra, se non un GRAZIE
immenso a tutti coloro che recensiscono, mettono fra i preferiti e leggono!
Viky, mi rivolgo anche a te!
Cherie:
ecco qua la festa, spero che ti piaccia…spero soprattutto di non essermi spinta
troppo oltre il rating arancione, se no…amministrazione uccide…ho cercato in
questi capitoli di dare più spicco anche a Ronnie, che secondo me dalla Row è
sempre stato trattato un po’ così…a me sta troppo simpatico…
Honey
Evans: rieccomi! Sì quei tre…mah…non saprei proprio…hihihihi…come vedi Diana se
ne è liberata alla svelta, poveri, con le piaghe purulente…muahahahahahah…
Mione1194:
Il monumento? Te lo faccio a Scandiano nella micropiazza Prampolini, ok? ;P ah
e cmq…nel prossimo capitolo (che sarà postato tra un paio di secoli vista la
maledetta nana economica che mi perseguita anche di notte O.o) torna anche
Lea…e ho anticipato alcune cose che dovevano succedere in quello dopo…muahahah
così non ti raccapezzi più (me molto sadica)…poi leggerai!! E cmq…Tutti in
trasferta in Giappone!!!!!!!!!
D2OTTO:
quella della festa come idea mi è venuta fuori sabato scorso in disco…e cmq…le
anticipazioni sono nulla, cara, anche perché ho stravolto un po’ tutto…sembro
Boccaccio, sempre a cambiare ogni cosa! (si vede che lo stiamo studiando in
italiano?) e poi…ci avevo pensato a farle usare la stanza, ma per una festa in
grande stile…beh…ci voleva la sala grande! Così evitiamo casini…e poi, dai, sei
crudele con Ronnie…;P
Ilaria:
quella della lotta romana è una chicca dal mio sacco…penso di provarla con il
mio STRABONISSIMO prof di diritto, un giorno….ghaaaaaaaaaaaa…prima o poi mi
trasferisco dentro la fic e poi quello che faccio lo so solo io!!!
Muahahahahah! (ndDiana: scusa, ma tu non sei me? Ossia, io non sono te? Il tuo
alter ego? Oddio…non ci capisco niente…mi stanno andando a fuoco i neuroni…-.-)
PS in questo chap ho usato il paragone dio/blaise che mi hai suggerito tu,
visto? ;P un basottone!
Koki:
grazie per i complimenti, innanzitutto, anche nell’altra fic! E poi…in che
senso idealizzo Diana? Perché, come ho scritto, sono io…e sapere di essere
idealizzata…mi sembra di essere un fumetto!! ;P
Diddola:
voglio tornare a Firenze!!! Ci sono stata due giorni ed è meravigliosa!!! Cmq,
per Ron…ehehe ho provato la stessa cosa mentre la scrivevo!! Anche a me non
aveva mai svegliato particolarmente gli ormoni…ma in quel momento,
beh…(mione1194 mi sta strangolando) Lea invece è proprio lei, mione1194 alias
diletta, che mi pregò a suo tempo di non lasciare ronnie solo soletto mentre
herm si sollazzava con draco…quindi…et voilà, nuova personaggia che ha
conquistato tutti! Contentissima che Blaise sportivo (ghaaaaaaaaaaaaaaa) ti sia
piaciuto, concordo!!! ;P
Capitolo 17 *** Lo Scontro fra Luce e Buio - 1° parte ***
I giorni seguenti passarono con sorprendente tranquillità
I giorni seguenti passarono con sorprendente tranquillità.
Nessuna lite, nessun battibecco, solo qualche sclero mattutino della giovane
Black, che inveiva selvaggiamente ogni volta che trovava un nuovo brufolo sul
viso. La cosa più buffa era vederla affannarsi a destra e a manca, scaravoltare
cassetti e beauty case, alla ricerca del cancella foruncoli dei Tiri Vispi
Weasley che Ginny le nascondeva periodicamente.
-E piantala...guarda che il trucco non serve.- sospirava
Hermione ogni volta, mentre Diana si truccava (cosa che faceva più o meno ogni
quattro-cinque ore, con una precisione quasi svizzera).
-Hermione, sinceramente, vai a quel paese. Dovrò pur fare
opera di restauro, no?- Hermione, ogni volta che riceveva questa risposta
leggermente auto critica, lasciava perdere il discorso. Non c'era verso di far
capire a Diana che non aveva poi questo gran bisogno di cosmetici.
Il fatto era che Diana si era fissata con l'aspetto fisico,
ultimamente. Passava ore e ore a lamentarsi di tutti i più inimmaginabili difetti
che potesse trovare in sé stessa: le maniglie dell'amore, la pancetta, la
cellulite, i brufoli...tutte cose che la mandavano fuori dai gangheri.
-Diana, stai diventando insicura.-
-Insicura mia nonna!-
Hermione, un po' preoccupata da questo suo repentino cambio
di atteggiamento – da un orgoglio di sé ad un rifiuto più totale del suo corpo,
aveva scritto a Lea, da cui aveva ottenuto alla svelta una divertita e
sarcastica risposta.
“Non è possibile, ci
risiamo! È partita con le sue fisime primaverili...mi sa che questa volta
dovrete sorbirvela voi, in questo periodo Diana diventa insopportabile. Sai,
primavera, corpi più scoperti...è così ogni santa estate. Autostima sotto i
tacchi, direi. È buffa, alla fin fine, ma è pesante in una maniera assurda. Oh,
ve ne renderete conto...”
Nemmeno Blaise riusciva a farle cambiare idea. D'altronde,
del suo giudizio e di quello dei suoi amici mica poteva fidarsi, pensò Diana.
Loro le volevano bene, non le avrebbero mai detto qualcosa che potesse ledere
il suo amor proprio già di per sé parecchio instabile.
“...Ditele che è
brutta, che è grassa e che fa schifo al mondo intero. Di solito, o si affloscia
e va in depressione, oppure si risveglia il suo smisurato ego e tira il collo
all'incauto che ha osato insultarla...a voi la scelta, ma se mi trovassi al
vostro posto lo farei fare a qualcuno che sia svelto a scappare. Oppure a
Tiger, Goyle o Nott.”
Il primo di marzo, Hermione e Diana erano nell'aula di
Storia della Magia, alla seconda ora, assieme ai pochi che seguivano quel
corso. Quella sera, in sala comune ci sarebbe stata festa grande per il
compleanno di Ron, che aveva espressamente vietato ogni tipo di festa del
genere di quella appena passata. Diana si stava addormentando, come al solito,
e la stessa cosa stava facendo suo cugino Draco, tre file più indietro.
Sembrava tutto normale.
Sembrava.
Mentre Ruf attaccava l'ennesima filippica sulle guerre dei
goblin, qualcosa di simile ad un proiettile pennuto sfrecciò attraverso la
classe.
Diana alzò di scatto il braccio. Conosceva il suo sibilo.
Crystal le piantò gli artigli nella carne, arpionandole il
braccio per fermarsi, strappandole la divisa. Ma a Diana non importava. Abbassò
il braccio e nascose il suo adorato falco alla vista del professore, che grazie
al cielo non si era accorto di nulla, e prese la pergamena arrotolata che aveva
legata all'artiglio destro.
Per un istante, il terrore che fosse successo qualcosa a
Lea, Alex o Melissa la sopraffece.
Poi, riconobbe la scrittura di Harry, veloce e disordinata.
Ma il sollievo fu di breve durata.
“Venite subito in
infermeria. Ron è stato avvelenato nell'ufficio di Lumacorno.”
Diana lanciò il foglio a Hermione che, come il resto della
classe, la stava osservando con tanto d'occhi, e si alzò in piedi quando Ruf si
voltò per scrivere qualcosa alla lavagna, con Crystal sulla spalla. Prima che
qualcuno potesse notare la sua espressione atterrita, Diana era già scomparsa
oltre la porta che si stava richiudendo.
“Ron è stato avvelenato...” era l'unico pensiero che
rimbombava nella sua mente.
Ron.
Il ragazzo che la faceva ridere, che con lei scherzava, che
sapeva di lei e Blaise.
No. Impossibile.
Doveva guarire...Doveva!
Diana spalancò la porta dell'infermeria con un impeto tale
che quasi la scardinò.
Le prime persone che vide furono Harry e Ginny, seduti l'uno
accanto all'altra, devastati. Poi, Madama Chips che si affannava con pozioni e
medicine. E poi...
Ron.
Sdraiato su un lettino, il viso d'un bianco latteo, gli
occhi chiusi e il respiro lento, regolare.
“No no no no no no no no, non lo accetto! Ron!”
-Che cosa DIAVOLO è successo!?- esplose.
-Signorina Diana!- la rimproverò distrattamente Madama
Chips, impegnata con le sue medicine. Diana la ignorò. Andò da Harry, si piantò
di fronte a lui, risoluta.
-Harry, cos'è successo?-
-Stamattina Ron ha mangiato per sbaglio dei Cioccocalderoni
ripieni di filtri d'amore.-
-Se prendo Romilda Vane...- borbottò Ginny.
-...L'ho portato da Lumacorno, che l'ha curato subito, poi
ha versato dell'idromele a tutti e tre e appena Ron l'ha bevuto ha cominciato a
stare male.- finì Harry, ignorando l'interruzione.
-Da dove veniva l'idromele? Una bottiglia aperta o chiusa?-
chiese Diana, con il classico, gelido tono di un poliziotto.
-Era chiusa. Doveva regalarla a Silente per Natale...- Harry
non fece in tempo a finire di parlare, che Diana si era già fiondata fuori
dall'infermeria, un'orribile consapevolezza scritta sul viso.
SBAM! SBAM!
KABOOM!
La porta della camera di Draco Malfoy volò all'interno della
stanza stessa, scardinata e distrutta da un calcio furibondo.
-Malfoy!- un ruggito potente, di donna, di donna incazzata e
spaventata. Draco balzò in piedi dalla sua scrivania, allarmato.
-Diana, cosa cazzo stai facendo?- sbottò, vedendo la ragazza
entrare dallo squarcio che con tre calci aveva creato. Era a dir poco
furibonda, gli occhi erano gelidi e i denti stretti.
-Ti dico due parole. Idromele
barricato.- Draco, sul momento, non capì subito. Poi, la comprensione gli
illuminò cupamente il viso.
-Io...chi è stato...-
-Ron Weasley. Anche se so che non te ne frega molto, di
lui.- la voce di Diana grondava sarcasmo. Lei ed Hermione avevano provato,
invano, a far capire a Draco che Ron e Harry non erano quello che credeva, ma
lui era sempre rimasto fermo sulle sue convinzioni. Non li sopportava, punto,
al contrario di Blaise che cominciava a trovare Ron...simpatico (non
allarghiamoci troppo).
-Non volevo...-
-So che non volevi, ma cazzo! Non si ammazzano così, le
persone, non con innocenti di mezzo!- esplose Diana, arrivandogli talmente
vicina che Draco poté scorgere ogni più piccola venatura nera nei suoi occhi
del colore dell'argento fuso.
-Cosa dovrei...-
-Qualunque altra
cosa! Hai quasi ammazzato un mio amico, Malfoy!- ruggì lei, stravolta dalla
rabbia e dalla paura.
-Non potevo immaginare...-
-Se non hai capito che
Lumacorno si sarebbe tenuto una cosa così ghiotta per sé, sei più idiota di
quel che sembri.- sibilò lei, furibonda.
-Diana, io sto provando...-
-Fallo senza metterci delle persone di mezzo! Capisco che tu
voglia difendere tua madre e la tua donna, ma non puoi ammazzare tutti quelli
che ti si parano davanti! Usa la testa, furetto, ci sono modi più puliti di
ammazzare una persona!- anche se più bassa, la voce di Diana era rimasta
tagliente e venefica, i suoi occhi due lame lucenti. Draco rimase zitto,
detestandola con tutto il cuore: aveva ragione, era stata una mossa stupida,
una mossa disperata...
Un braccio scivolò improvvisamente intorno alle spalle di
Diana, allontanandola da lui. Una buona cosa, probabilmente.
Diana permise a Blaise di trarla a sé, senza rifiutare quel
minimo conforto che era l'unica cosa di cui avesse veramente bisogno. Sentì
tutta la paura che aveva soppresso scaraventarsi addosso a lei, l'adrenalina,
il terrore, tutto insieme. Si ritrovò a tremare.
-Cosa sta succedendo qui?- chiese Blaise, con la sua solita
voce pacata.
-Succede che il tuo amico ha deciso di ammazzare Ron.-
sbottò Diana, irosa. Blaise alzò lo sguardo sull'amico, uno sguardo
indecifrabile che corse fra i due Serpeverde. Uno sguardo che Diana non
comprese. Che non volle comprendere, perché un pensiero ben più importante le
era balzato nella mente. -Io devo andare.- annunciò.
-Dove?-
-A prendere Lea.-
E, prima che uno dei due potesse dire o fare qualsiasi cosa,
si era sentito uno schiocco tremendo e scomparve in un lampo di luce.
Un
sibilo sinistro, un lampo metallico a livello del cuore.
Senti
il dolore una frazione di secondo più tardi. Ti accasci a terra, Lea, il sangue
che gocciola piano dalla tua ferita. Le voci dei tuoi compagni non ti
raggiungono già più...
I tuoi
pensieri si affollano su Ron. Vorresti averlo accanto a te, in questo istante.
Gli
ultimi istanti.
Le
grida dei Mangiamorte si affievoliscono. È strano: le voci le senti ancora
distintamente, non è il tuo udito che non funziona.
È
qualcos'altro che li ha fermati.
-Uccidili.-
ordina una voce fredda, gelida, in una lingua che non comprendi.
Senti
una belva ruggire, e le urla spaventate dei Mangiamorte.
Poi,
più nulla.
Qualcuno
si inginocchia accanto a te. Non è Alex, non è Melissa, non è nemmeno Kelly,
per fortuna. È qualcuno, qualcosa di
diverso.
-Farà
male, sister. Perdonami. Fuoco, guariscila.- ordina la stessa voce.
Una
voce che conosci benissimo.
Il
fuoco comincia ad ardere sulla tua pelle, penetra nella carne e raggiunge
l'organo pulsante. Senti le ferite risanarsi, i tendini legarsi. O, almeno, li
sentiresti, se il dolore non fosse immane e ti costringesse a gridare, urlare,
fuori di te.
Poi,
repentino, tutto si ferma.
Ti
tasti la pelle: hai una cicatrice a livello del cuore, ma sei tutta intera.
Alzi lo
sguardo, vedi occhi grigi appannati di fatica.
-Non
sarà piacevole nemmeno questo.- afferma lei, con un sorriso tirato e stanco.
-Diana,
che...-
Troppo
tardi. Senti il tuo corpo parcellizzarsi, svanire, mentre Diana ti trascina con
te chissà dove, dopo un occhiolino ad un Alex assolutamente basito.
CRAC!
Uno scoppio risuonò per tutta l'infermeria. Un flash, un
lampo di abbacinante luce bianca, e due figure, sporche, sudate, stremate,
apparvero di fronte al letto di Ron.
-Ma che caz...- esclamò Harry, balzando in avanti appena in
tempo per sorreggere Diana, in stato di semi incoscienza. Accanto a lei, Lea
Artesia, pallida, scombussolata, i vestiti macchiati di sangue.
-Cosa è successo?- furono le prime tre parole che le si
presentarono sulle labbra. Non ci capiva più nulla: i Mangiamorte, il coltello
che l'aveva trafitta, la voce eterea che ordinava a qualcosa di uccidere i tuoi nemici...e l'improvvisa guarigione.
Diana nel Limbo, di nuovo.
Impossibile.
-Siete appena Apparse in infermeria...- rispose Hermione,
gli occhioni lucidi di preoccupazione fissi, attoniti, su di lei.
-Perché...Ron!- la
voce di Lea si fece angosciata, quando vide Ronald Weasley disteso sul letto,
pallido e immobile. Fu sicura di aver sentito il suo cuore risanato perdere
qualche battito. Si fiondò accanto a lui, mille volte più spaventata di quanto
avesse provato fino a pochi minuti prima.
-Starà bene, è fuori pericolo.- la rassicurò immediatamente
Hermione.
Bu-bum.
Il sangue riprese a scorrere normalmente. Lea sospirò,
rivolgendo alla Grifona uno sguardo colmo di gratitudine.
-Io ti...ammazzo...Lea.- Lea sobbalzò. La voce ringhiante,
raspante, esausta di Diana le trafisse l'udito. Si voltò, e per un istante non
riconobbe la compagna di tante avventure.
Nessuna sfumatura vitale screziava la sua pelle diafana,
bianca, cadaverica. Gli occhi erano spiritati, impalliditi essi stessi fino a
fondersi con il bianco degli occhi, le labbra null'altro che una pallida
impronta sul volto, persino i capelli sembravano più chiari. Graffi, lividi e
ferite varie sorprendentemente scuri contrastavano su di lei, il sangue rosso
che colava via piano.
-Morgana...- sussurrò Ginny, intimorita dalla sua
somiglianza con un fantasma molto, molto, molto incazzato.
-Diana, la uccidi dopo, ora stenditi.- Harry, risoluto, la
costrinse a sdraiarsi su uno dei lettini. Diana non protestò, debilitata
com'era, chiuse gli occhi e perse i sensi quasi all'istante. -Cosa diavolo le è
successo?- sbottò il Prescelto l'attimo dopo, angosciato nel vedere due dei
suoi migliori amici distesi in un letto d'ospedale.
-Se lo sapessi, te lo direi. Ero in mezzo ad una missione,
mi sono ritrovata un coltello piantato nel cuore e l'attimo dopo Diana ha
ammazzato tutti i Mangiamorte e salvato la vita a me, prima di portarmi qui.-
riferì Lea, gli occhi che saettavano da Ron a Diana, preoccupati.
“Forse”, pensò, “Diana si è spinta un po' troppo oltre i
suoi poteri”.
Blaise Zabini fece la sua irruzione in infermeria
esattamente sette ore e ventiquattro minuti più tardi. Lea, che si era ricordata
di avvertirlo solo dieci minuti prima, non si sorprese di trovarselo davanti
con la stessa espressione che, probabilmente, aveva avuto lei nel vedere Ron.
-Diana!- esclamò, angosciato, vedendo la ragazza giacere sul
lettino.
-È tutto il giorno che dorme, non credo che...- una voce
aspra interruppe Lea.
-Credi male.- gli occhi di Diana, tornati grazie al cielo
del loro colore normale, si erano spalancati nello stesso momento in cui aveva
sentito il proprio nome pronunciato da Blaise. In tre lunghe falcate, Blaise la
raggiunse, il sollievo che non mascherava del tutto la preoccupazione sul suo
bel volto. Diana era ancora molto pallida, stanca, ma non sembrava più la
sorella minore della Dama Grigia. Lo abbracciò prima di potersene rendere
conto, cercando fra le sue braccia quel conforto che sapeva di potervi trovare.
-Mi hai fatto prendere un colpo. Tutto ok?- le sussurrò lui,
così piano che nessuno a parte lei poté sentirlo.
-Mi riprenderò presto.- fu la sua risposta.
-Che cosa sta succedendo?- borbottò Ron, svegliandosi con un
basso brontolio. Non era la prima volta che apriva gli occhi, quel giorno, ma
fu lo stesso enormemente felice di vedere Lea accanto a lui, stringergli la
mano e rivolgergli un dolce sorriso.
-Come stai, Weasley?- gli chiese Blaise, sempre con Diana
stretta fra le braccia. La domanda lasciò Ron e Lea di sale, ma Diana, il viso
affondato sul suo petto, sorrise debolmente.
-Io...bene.- borbottò Ron, spiazzato. Blaise annuì, serio,
senza perdere quell'aria tormentata sul viso.
-Bene. Diana, riesci a camminare? Devo parlarti. Subito.-
Diana alzò lo sguardo, indossando nuovamente, con quel gesto, la sua maschera.
Si alzò, senza aver bisogno di aiuto, e lo seguì fuori dall'infermeria, per le
scalinate deserte, fino al parco. Zoppicava e ogni tanto le girava la testa, ma
nel complesso stava benone. Ne aveva passate di peggio.
Quando furono al limitare della Foresta Proibita, Blaise si
fermò e si voltò verso di lei. Madama Chips aveva chiuso tutte le sue ferite e
fatto riassorbire i lividi, ma i segni persistevano.
-Blaise, cosa sta succedendo?- gli chiese senza tanti
preamboli, brusca come sempre.
-Il Signore Oscuro...-
-Voldemort.- Blaise fece un gesto irritato con la mano, come
a dirle di non perdere tempo in certe sciocchezze.
-Lui, insomma, ha saputo del secondo fallimento di Draco. È
a casa mia, e ci vuole entrambi là.- una ragazza normale si sarebbe spaventata.
I suoi occhi si sarebbero colmati di paura, avrebbe cominciato a tremare.
Ma Diana non era una ragazza normale.
-Perché anche tu?- gli chiese, senza la minima traccia di
sorpresa.
-Non lo so.- rispose lui. Sapeva che Diana aveva i suoi
stessi pensieri: se Voldemort lo voleva presente, significava volerlo fra i
Mangiamorte. Oppure, ipotesi molto più tragica, poteva significare che aveva
scoperto di loro.
-Vengo con te.-
-No.- replicò Blaise con veemenza, e subito sentì nella sua
voce un'eco strascicata. Draco, preoccupato forse ancor più di lui, li aveva
raggiunti.
-Credete davvero di potermi fermare, voi due?- sbottò lei,
con un'occhiataccia storta ad entrambi. Blaise e Draco si guardarono: fermare
Diana? Nessuno avrebbe potuto farlo.
-Diana, ti ricordo quello che sei. Il Signore Oscuro ti
vuole, viva o morta non gli interessa. Sarebbe come andare a ficcarsi nelle
spire del Basilisco.- le fece notare Malfoy. Lei scosse la testa.
-Non farei nulla. Voglio solo esserci, voglio poter
intervenire se la situazione degenera. E non ditemi che è troppo pericoloso,
perché sono appena tornata da un posto dove la minor violenza è una bella sventagliata
di proiettili.- se i due non avessero imparato proprio da lei l'uso delle armi
babbane, mesi prima, non avrebbero certo saputo di cosa stava parlando. Ma lo
sapevano bene, e sapevano anche che Diana col pericolo ci andava a nozze.
-Dray, vai avanti.- mormorò Blaise, una strana espressione
risoluta sul viso. Draco, un po' spiazzato, annuì e li precedette verso i
cancelli.
-Blaise, dimentica di lasciarmi qui.- ripartì all'attacco
lei.
-Non ti lascio qui. Però devi promettermi, anzi, giurarmi
una cosa.- replicò lui.
-Cosa?- gli chiese, insospettita.
-Che farai qualsiasi cosa ti dirò.- la fermò prima che
potesse cominciare a parlare, e riprese. -Nel senso, Di, che se ti dirò di
andartene lo farai, che se ti dirò di lasciare che qualsiasi cosa avvenga, lascerai
che succeda.- gli occhi e la voce di Blaise erano fermi, inaspettatamente
fermi.
Diana lo soppesò a lungo, ma sapeva che si trattava di una
causa persa. Blaise l'avrebbe Schiantata, pur di impedirle di seguirlo, se non
avesse accettato.
-D'accordo.- “Al massimo, infrango una promessa. Non sarebbe
la prima volta”. Blaise la guardò, con l'aria di sapere cosa le era appena
passato per la testa.
-Giuramelo su qualcosa di importante, Diana. Sulla cosa più
importante che hai.- questa affermazione di Blaise la prese sottogamba. Non se
l'aspettava.
“Cazzo!”
Aspettò qualche attimo, prima di sospirare e rispondere, col
tono della sconfitta: -Te lo giuro su di noi. Non ho nulla, di più importante.-
Diana non seppe mai quanto le sue parole lo avessero
colpito. Blaise le si avvicinò, le sfiorò le labbra con le sue, poi fianco a
fianco corsero verso i cancelli di Hogwarts, sotto un cielo che minacciava
tempesta.
-Cazzo, Blaise! Ma questa è casa tua!?- fu la prima
esclamazione di Diana, appena usciti dall'oscuro limbo della Materializzazione.
Si era tenuta a lui, non ce l'avrebbe fatta a farlo da sola e in teoria non
avrebbe nemmeno potuto, secondo la legge. E ora guardava il Maniero, come
veniva chiamato da secoli ormai, con un'espressione che tradiva la sua meraviglia.
Era un luogo lugubre e affascinante al tempo stesso, quel
luogo. Vi era una grande, sontuosa abitazione al centro di un vastissimo,
lussureggiante giardino dove Diana riconobbe diverse piante magiche ed
esotiche. Un sentiero acciottolato serpeggiava verso la casa, elegante,
maestosa, da cui sorgevano diverse torri e torrette che si innalzavano verso il
cielo scuro. Trasudava bellezza, magia, e timore verso chi poteva vivere in un
luogo tanto sinistro. Ecco, la parola giusta per descrivere il Maniero:
sinistro. Inquietante. I gargoyle di pietra viva, gli occhi rappresentati da
due grossi rubini, sembravano seguire ogni movimento. Il posto era silenzioso,
solo una luce filtrava attraverso le grandi, alte vetrate da cattedrale che
dovevano essere quelle del salone principale. Il portone di legno massiccio,
non tanto dissimile da quello di Hogwarts, era chiuso.
Per una cresciuta in un ranch ai confini con il Messico,
quel posto aveva praticamente dell'assurdo.
-Diana, resta con me o con Blaise. Questo posto ha occhi
dappertutto.- Diana scoccò a Draco un'occhiataccia che lo mise a disagio. La
trattavano come una pivella, ma lei non riuscì a prendersela più di tanto:
sapeva che lo facevano per proteggerla. Per quanto non ne avesse bisogno.
Estrasse la bacchetta, la puntò su sé stessa e pensò: “Illuso”, nascondendosi ad eventuali
guardoni.
In silenzio, seguì i due uomini lungo il sentiero. Presto
non la sentirono più: sapeva muoversi senza fare il minimo rumore, ed era solo
qualche fruscio di incantesimi a loro sconosciuti che rivelava la sua presenza
solo a loro.
-Cosa stai facendo?- le chiese Blaise, superando una statua
marmorea raffigurante un serpente.
-Sto Evocando l'Aria. Tranquillo, Blaise, non per
combattere. È l'unico Elemento che possa proteggere dalla penetrazione mentale
della Legilimanzia.- rispose lei, in un soffio. Blaise se lo tenne per sé, ma
l'aveva impressionato parecchio: quella ragazza non finiva mai di stupirlo.
Raggiunsero il portone. Un piccolissimo elfo domestico era
seduto in una guardiola, e squittì appena li vide, eccitato.
-Signorino Blaise, signorino Draco! Helby è molto felice di
rivedervi, stanno aspettando i signorini nel Salone delle Conferenze!-
“Pure il Salone delle Conferenze. Oh, ma se ne usciamo vivi
io lo sfotto all'infinito, per questa cosa.” pensò Diana, cercando almeno con
la mente di aggrapparsi ad un pensiero che non fosse la pessima sensazione che
provava da quando avevano lasciato Hogwarts. Non poteva impedirsi di essere
tesa, concentrata, di essere il soldato che era di natura, ma poteva evitare di
essere l'Auror che c'era in lei. Represse l'istinto di estrarre la bacchetta,
quando un paio di Mangiamorte aprirono il portone del Maniero. E represse
l'impressione di star chiudendosi in trappola.
-Era ora, ragazzi.- li rimproverò aspramente uno dei due,
con voce aspra e roca.
-Questa è casa mia, Avery. Posso andare e venire come
preferisco.- replicò duramente Blaise, lo sguardo di ghiaccio e la voce di
ferro. Il Mangiamorte borbottò qualcosa di incomprensibile, e poi li condusse
dentro. L'atrio era grande, spazioso, ma cupo come il resto della casa. Tappeti
scuri, dipinti altezzosi e altisonanti alle pareti di un verde poco lontano dal
nero, pochi ma lussuosi mobili antichi. Diana non poté impedirsi di pensare che
quel luogo sembrava l'abitazione di un vampiro, dopotutto.
“Idiota, piantala di farti le battutine da sola, non c'è Lea
che ti può sentire.” si rimproverò. E si affrettò a seguire Draco e Blaise,
scomparsi dietro una magnifica porta decorata da serpenti intagliati, che si
attorcigliavano pigramente sul legno e alzarono lo sguardo quando lei li
oltrepassò.
Data un'occhiata all'interno del salone, decise di estrarre
immediatamente la bacchetta.
Una trentina di Mangiamorte erano assiepati nella sala,
mollemente adagiati sulle eleganti poltrone, sui divani lussuosi, sulle sedie
disposte intorno ad un lungo tavolo di legno lucido e scuro, finemente
lavorato. Con uno scatto di pura ira, riconobbe Bellatrix Lestrange.
L'assassina di suo padre era là, a pochi metri da lei, che
sorseggiava un bicchiere di vino elfico con aria elegantemente altezzosa. Era
stata bella, sicuramente, ma la sua bellezza era svanita tanto tempo prima. Ed
era vero quello che le dicevano, per quanto si rifiutasse di accettarlo: le
somigliava. E tanto.
-Diana, non fare nulla. Stai vicina a uno dei due e non fare niente.- sibilò Blaise, così
piano che dovette praticamente andargli addosso per sentirlo. Diana digrignò i
denti, ma obbedì, e rimase vicina a lui.
Si sentiva in trappola. Era un'emozione strana, venefica,
che la costringeva a voltare continuamente la testa, a scatti, per paura che
qualcuno l'attaccasse, che le faceva stringere la mano intorno alla bacchetta
ancora più forte, che le provocava una stretta rabbiosa allo stomaco quando
riconosceva un assassino.
Era una regina braccata.
Se non ci fossero stati Draco e, soprattutto, Blaise,
avrebbe attaccato. Avrebbe ucciso. Ne sentiva il desiderio, sentiva il sapore
della morte nelle mani e sulle labbra. Nonostante fosse esausta, provata dal
continuo sfruttamento dei suoi poteri anche in quel momento, si sentiva
inebriata e pronta all'attacco.
Conosceva bene quelle sensazioni...era parecchio che non le
provava, ma si ripresentavano ora alla sua mente, più forti di quanto non le
avesse mai provate. Più malsane, più crudeli, come non l'avevano mai animata.
Brama. Desiderio. Passione per quell'atto violento, sporco,
crudele che era l'omicidio.
Era la sua droga. Lo sapeva, e lo aveva sempre sfruttato a
suo vantaggio.
Una
creatura di morte.
Creata
per combaciare con il sangue.
Perfetta
nella sua bramosia di morte.
“No!”
L'orrore le si dipinse sul volto. Era sbagliato, sbagliato, pensare quello che aveva
appena pensato. Lei non amava uccidere! Lo sapeva, ne era sicura – lo aveva
sempre fatto col ribrezzo di spegnere una vita...
Perché quei pensieri si affollavano in lei? Perché si
sentiva strana, perché non era schifata di avere intorno quei Mangiamorte?
Perché quel luogo non le accendeva tutti i campanelli d'allarme, come avrebbe
fatto di solito?
Perché si sentiva una di loro?
“Diana! A dopo le riflessioni psicologiche! Sveglia!” si
intimò, riscuotendosi. I suoi occhi non avevano lasciato la scena, per quanto
la sua mente ne fosse lontana. Una donna, anch'essa vestita come i Mangiamorte,
si avvicinò ai due ragazzi e la strappò dai suoi pensieri non proprio da
irreprensibile Grifondoro.
-Zephira.- Draco s'inchinò alla donna. Sembrava a suo agio,
il ragazzo, ma Diana lo conosceva troppo bene per non sapere quanto fosse teso
e spaventato, in realtà. Osservò la nuova venuta con più curiosità: era una
bellissima donna, sui trentacinque anni, dai capelli sorprendentemente lunghi,
corvini e lucenti, la pelle bronzea e gli occhi...occhi così diversi, eppure
così uguali, a quelli che amava...
“La madre di Blaise”.
-Draco, vai avanti. Il Signore Oscuro vuole vederti, ora.-
disse lei, con voce graffiante. Rivolse solo un'occhiata al figlio, che
ricambiò con la stessa, gelida indifferenza.
Eccone
un'altra che vorresti uccidere...
Come
può una madre trattare così il proprio figlio?
Diana dovette cedere. Annaspò nel buio improvviso dei suoi
occhi, accecata dall'odio e dal sangue, e trovò la mano di Blaise.
Il suo contatto, la pelle gelida di lei stretta a quella
tiepida e confortante di lui, la calmarono.
Cosa le stava succedendo?
Draco era scomparso. Diana aveva perso ogni riferimento di
tempo, di luogo, l'unica cosa concreta era la mano di Blaise, stretta nella
sua. Non osava lasciarlo, per paura di perdersi ancora in quelle sensazioni, in
quelle emozioni che conosceva, ma che non aveva mai provato a quel modo. C'era
buio, c'era un senso di opprimente irrealtà. Furono le grida di Draco, sotto
Cruciatus, a risvegliarla.
-No!- sibilò, per fortuna abbastanza piano perché nessuno la
sentisse.
-Sta' calma. Non lo ucciderà.- le soffiò Blaise vicino,
impassibile e teso. Diana si rese conto di poter sentire quello che provava
lui. Nulla di definito, di chiaro, ma emozioni abbastanza nitide perché si
distinguessero dalle sue.
Blaise aveva paura. Per quello che stavano facendo al suo
migliore amico, per quello che stava accadendo a lei. Sapeva cosa le stava
succedendo? Sapeva che si trovava sballottata in una tempesta rossa di sangue?
Sembrava di sì. Sembrava che fosse nato un contatto, fra
loro, così profondo da toccare le corde più recondite dei loro animi segnati.
Cosa stava succedendo?
Passò altro tempo. Diana non avrebbe saputo dire quanto,
ormai aveva perso qualsiasi cognizione temporale, spaziale, fisica. Draco tornò
da loro, scosso, ma illeso. Rimasero immobili, tutti e tre, in attesa che
Voldemort chiamasse Blaise a lui.
Perché l'avrebbe fatto, ne erano certi.
-Ah, sì...- il gelo attraversò l'aria e la colpì con una
forza inaudita. Attraverso la folla, attraverso i corpi dei Mangiamorte, due
occhi rossi la trafissero. -Il giovane Zabini...vieni avanti, ragazzo, vieni
avanti.- il gelo si propagò fra i Mangiamorte: le poche conversazioni morirono,
gli sguardi si volsero tutti verso l'uomo (si poteva definire tale?) appena
entrato nel salone.
Pelle liscia, tirata, quasi lucida, come le squame del
serpente che sibilava intorno alle sue spalle. Senza capelli, le mani lunghe e
sottili, come grossi, pallidi ragni. Il corpo avvolto da un lungo mantello
nero, la bocca una ferita e il naso due fessure.
Blaise lasciò la mano di Diana. Zephira lo spinse verso
Voldemort, una luce folle negli occhi. Il giovane avanzò fra la folla che gli
faceva largo, bello, sprezzante, come un vero Mangiamorte. Solo Diana, nel suo
stato confusionale, sapeva con chiarezza cosa stesse provando l'uomo che amava.
-Mio Signore...- disse, inchinandosi al Lord Oscuro per poi
tornare a fissarlo dritto negli occhi, rispettoso, ma indifferente. Diana ebbe
un lampo di chiarezza nel delirio della febbre: i suoi poteri funzionavano
ancora, nonostante la loro regina fosse momentaneamente senza controllo. La
mente di Blaise era protetta. Ma Voldemort non provò a violarla, non provò ad
usare la Legilimanzia contro di lui. I suoi occhi sanguigni dardeggiarono nella
sala, e si fermarono dritti in quelli di Diana.
Shoenn. Quale onore
averti fra noi.
La sua voce poteva sentirla solo la ragazza, ma non era una
voce come siamo abituati ad intenderla. Era un sibilo, rasposo, rauco, che
raggiungeva direttamente il suo animo nero, che parlava solo a lei.
Cosa mi stai
facendo, Voldemort? Uccidimi, se sai che sono qui. Non giocare con me.
Si sorprese, Diana, di sapergli rispondere.
Perché uccidere una
come te, Shoenn? Preferirei eliminare il tuo amato, qui. Voldemort
sentì la sua sorpresa e il suo allarmismo. Sì,
so che il cuore di questo giovane è stato intaccato dall'amore per te. So
molto, Shoenn.
Sono qui. Prendimi,
e lascia lui. È solo una pedina in un gioco fra più grandi. Avrebbe
urlato. Il sibilo dell'Oscuro Signore le trapanava il cranio, ferendola.
Vieni tu da me,
regina. Diana si ritrovò a camminare, obbedendo a quell'ordine
imperioso. Si fermò dopo due passi.
Cosa mi stai
facendo, Riddle? Gridò nella sua mente, ormai terrorizzata.
Hai sempre vissuto
nella Luce, creatura oscura...Shoenn significa “ombra”...e Arakta “luce”...hai
sempre scelto quest'ultima, benché tu sia molto più simile all'oscurità. Ora
proverai quello che hai sempre limitato...la tua parte di Buio. La parte che
sai più potente. Ora Diana capiva cosa le stava succedendo.
Io ho già scelto, e
ho scelto di essere nel grigio.
Sciocca...con me tu
potresti fare grandi cose, regina...
Le faccio già.
Gli occhi rossi di Voldemort si strinsero appena.
Disprezzi senza
sapere, Shoenn. Provalo, quello che
combatti. Diana sentì una fitta al cuore, dolorosa, e cadde in
ginocchio. Immagini di morte deturparono all'improvviso la sua mente: omicidi,
assassini, sangue, sangue ovunque, tutti i suoi incubi ricorrenti...le sue mani
macchiate di un rosso che non sarebbe mai andato via...Vedi? Non sei poi così dissimile da me...hai ucciso tante volte, e
tante volte non te ne sei mai pentita...
Il
sangue, il sangue! Ce n'è così tanto, sulle mie mani! Rosso, vivo, pulsante,
sangue che sgorga da ferite aperte da me!
Ancora!
Ce n'è sempre di più!
Sì, ancora!
Smettila,
Voldemort! Gridò all'improvviso, strappandosi da quelle immagini che
davano letteralmente estasi alla parte più violenta di lei. Si rialzò in piedi,
barcollante, febbricitante, ma salda. Tu
non puoi vincere. Non contro di me, Riddle.
Lo credi, sciocca.
Lo so, idiota. Io
so cosa sono. Io so amare, Voldemort, non temo il sentimento che lascia gli
animi puri. Tu sei pazzo, un folle omicida. Io no. Io sono la regina, e come
tale mi comporto. Non riuscirai a piegarmi a te. E non ti lascerò uccidere
Blaise.
Potresti diventare
grande, al mio fianco, Regina. Il sibilo si era ridotto ad un sussurro.
Diana controllò l'orrore, lo schifo, di sentirsi rivolgere quelle parole. La
vera Diana, la creatura che lei era, colei che il sangue era riuscito a lavarlo
via dalle sue mani, stava riprendendo il sopravvento.
La grandezza non mi
interessa. Proprio non ci arrivi, vero? C'è altro, molto altro, oltre al
potere. Non riesci a vederlo...è l'amore che salva dalla dannazione, non il
contrario.
Un lungo silenzio seguì le sue parole, prima che Voldemort
parlasse di nuovo.
Sei sprecata,
Shoenn. Credo che dovrò ucciderti...ma non ora. Non è ancora giunto, il momento
di porre fine alla tua vita.
Non toccherai
Blaise. Il pensiero e la volontà di Diana erano fermi.
Conosco modi
peggiori di separarti da ciò che tu chiami amore.
Diana raggelò, cogliendo ciò che l'Oscuro Signore aveva
voluto intendere.
L'attimo dopo, qualcosa fu strappato da lei con una forza
impressionante. Si ritrovò a terra, sdraiata, il petto che si alzava e si
abbassava furiosamente, gli occhi che finalmente vedevano e la mente libera,
sgombra, di nuovo interamente sua. Il tempo era tempo, non si dilatava o
restringeva più, e furono lunghi i secondi che passò senza sentire nulla se non
il proprio affannoso respiro.
Poi, la voce serpentina di Voldemort.
-Tua madre, giovane Blaise, ha espresso il desiderio che tu
divenga uno di noi.-
“NO!”
“Cosa ti è successo, Diana? Cos'hai?” i pensieri di Blaise
erano fissi su di lei. Aveva seguito il contatto fra l'Oscuro e Diana, senza
poter parlare, nella sua mente. Si era sentito come una formica di fronte a due
giganti, tanta era la potenza che i due sprigionavano. Ora il contatto si era
interrotto, ma sapeva che Diana era là, stremata, distrutta, senza potersi
difendere.
Se avesse rifiutato, Voldemort li avrebbe uccisi entrambi.
Forse anche Draco.
Oppure avrebbe ucciso solo lui...Zephira non si sarebbe
certo opposta. E avrebbe costretto Diana, nello stato in cui si trovava, a
intervenire. E lui non poteva fare niente.
Se non...
“No, Blaise, non puoi farlo!” la voce di Diana gli entrò
prepotentemente nella testa. Come diavolo faceva quella ragazza a usare la
telepatia? Pure questo era, adesso!?
“Mi dispiace, Diana. Se non accetto, avrà te, in qualunque
modo. Sei troppo importante per sacrificarti a causa mia.” Blaise si concentrò
per chiuderla fuori. Non una cosa semplice.
Abbassò il capo, detestandosi per dover ancora una volta
perdere quello che voleva.
-Se il mio Signore lo desidera, ne sarò onorato.-
“No.”
Voldemort sorrise, affabile.
-Vai a prepararti, Zabini, non ho intenzione di Marchiare
uno studente di Hogwarts.- gli disse, accennando alla divisa che il ragazzo
indossava. Blaise annuì, si alzò e si diresse verso un corridoio deserto, che
portava alle sue stanze. Si chiuse la porta dietro, sentendo appena il fruscio
degli abiti di Diana entrare dallo spiraglio.
-Non puoi farlo.- proruppe, mentre lentamente tornava
visibile. Era pallida, tremava, probabilmente era scossa dalla febbre, ma i
suoi occhi erano fermi.
-Diana, torna a Hogwarts.- le disse lui, con voce atona.
-Adesso? Neanche per sogno!- protestò lei. Blaise sospirò.
-Diana, ti ha già fatto del male. Guardati, sei più morta
che viva.-
-Blaise, voglio restare con te.- Blaise le si avvicinò, le
carezzò il viso gelato. Quanto faceva male, vederla così, devastata.
-Anch'io, ma non posso.- le sussurrò. Diana vide chiaramente
la sconfitta, nei suoi occhi. -Torna a Hogwarts. Cerca di riprenderti, e se tra
un'ora non sarò tornato vieni a cercarmi.- la vide cercare disperatamente un
argomento con cui controbattere. “Non capisci, Diana? Voglio solo proteggerti”.
Diana sospirò, sconfitta. Gli posò un bacio sulle labbra,
inaspettatamente caldo e tenero, girò su sé stessa e si Smaterializzò.
My space:
Rieccomi qua!! Scusatemi
per il ritardo, mi cospargo il capo di cenere per implorare umilmente il vostro
perdono...Allora, come promesso, questo capitolo segna la chiusura del
“romantico/comico” e dà inizio al “dark/triste”...in teoria doveva essere molto
più lungo, doveva includere anche tutto quello che succedeva al ritorno a
Hogwarts di Draco e Blaise, ma poi ho visto che diventava una cosa oscenamente
lunga e ho deciso di tagliare...vi dirò, ho scritto questo chap invece di
studiare storia (20 pagine senza neanche una figura, e domani mi
interroga...glab...), però mi sono sentita ispiratissima e ho dovuto per forza
scriverlo. Non ci posso fare niente, è più forte di me!!! ;p Spero come sempre
che vi sia piaciuto, mi sono immedesimata tantissimo in quei momenti tragici in
cui Diana viene corrotta dal Buio...O.O C'è da preoccuparsi, che ne dite?
Ecco le risposte alle
recensioni:
Mione1194: visto che
brava, la nostra Diana? Ha tenuto testa e sconfitto lo zio Voldy! Certo che mi
ha un po’ spaventata – mi spavento con le cose che scrivo io, sono da internare
–…ecco tornata Lea, nel prossimo capitolo avrà(i) una parte più importante,
adesso ho appena accennato al suo ritorno…ti ho fatta pugnalare, muaaaaaaah…;P
Koki: uhm uhm uhm, credo
di aver capito cosa intendi. Spero con questo capitolo di aver mostrato un po’
di più i difetti di Diana, specialmente con l’inizio sui brufoli (hehe mi
ricorda tanto me stessa!;P), e anche col conflitto interiore che è costretta a
provare. Grazie cmq per i complimenti!
Honey Evans: conosco
quella tattica!!! Dev’essere comune a tutte le povere figlie di
poliziotti/carabinieri/filohitleriani e via dicendo…mama…ho qualche problema a
metterla in atto perché i signori genitori mi rinchiudono sempre in una stanza
con una sola lampadina accesa puntata su di me…fa molto interrogatorio da CSI,
vero? ;P Contenta che il negozio magico ti sia piaciuto….eeeeeh se esistessero
posti del genere….
Cherie: hihi grazie dei
complimenti! Eh già, Diana è venuta a Hogwarts per tanti motivi…non vedo l’ora
che ricompaia Siriu….UUUUUU non posso dirlo!!! Caspiterina ina ina!!! (me che
si spalma una mano sulla faccia)
D2OTTO: spero che con
questo capitolo tu non ti sia cecata, ho scritto “solo” dodici pagine…fortuna
che dovevano essere almeno 20…hihi poi ho pensato a te e mi son detta: mi sa
che mi uccide…allora ho ridotto! Hehe…
Ilaria: mo ciao tesora!!!
In questo capitolo ho limitato le mie divagazioni sulla figaccioneria di
Blaise…sai, ho passato serate anche più trasgressive di queste (me con aria
molto saggia e maliziosa)!!! Certo che, la fusione di tutti gli dei dell’Olimpo
mi attizza alquanto…buaaaaaaaaaah!!! Va beh dai, spero che questo chap ti sia
piaciuto, anche se riconosco che è PARECCHIO pesantuccio…un basottone!!
Tivitititititibi!!!
SlytherinAngel: grazie
mille dei tuoi complimenti, non credo di meritarmeli tutti ma fanno comunque
tantissimo piacere!! Harry purtroppo qua l’ho fatto decisamente testone…nel
prossimo chap ci sarà la famigerata lite fra lui e Diana, ormai dovevamo
aspettarcelo…spero che continuerai a seguirmi e a recensire! Grazie!
Ragazze, siamo a 91
recensioni: mi aiutate ad arrivare a 100, vero?^.^
Capitolo 18 *** Shoenn: la Prevalenza del Buio ***
…
18. Shoenn: la prevalenza del Buio
Pioggia. Gocce di pioggia grandi come galeoni
cadevano dalle nubi scure, ammassate minacciosamente nel cielo. Diana si
strinse il suo mantello addosso, senza però coprirsi il viso. Il gelo
dell'acqua era un balsamo, per la sua mente confusa.
Aveva sconfitto Voldemort, lo sapeva. Ma sapeva
anche che lui adesso aveva la vita di Blaise e di Draco fra le mani. “Diana: 1.
Voldy: 1” pensò, sarcastica, ringraziando tutti gli dei, conosciuti e
sconosciuti, di non averla privata di quel suo adorato modo di fare.
Sentiva la preoccupazione dilaniarle il cuore ad
ogni minuto che passava. Ormai era quasi un'ora, e dei due Serpeverde ancora
nessuna traccia. Cominciava ad essere ancora più tesa di quello che era stata
al Maniero, sentiva i nervi tendersi al massimo e i muscoli farsi rigidi,
pronti a scattare. Era un riflesso condizionato dettato dal suo rigido
addestramento, le capitava sempre.
Dov'era Blaise? Dov'era Draco?
Perché era lì a chiederselo, dannazione? Doveva
essere con loro! Non avrebbe dovuto giurare, non avrebbe dovuto cedere...anche
se, forse, se fosse rimasta, sarebbe morta.
Poteva solo aspettare. Aspettare, e sperare.
POP!
Uno schiocco improvviso oltre
i cancelli di Hogwarts. Diana sobbalzò, e con un gesto sciolse gli incantesimi
che chiudevano l'entrata del castello.
Blaise, pallido come un fantasma, le rivolse uno
sguardo appannato attraverso la pioggia, quando sentì le sue braccia
stringerglisi al collo e sostenerlo.
-Diana...- mormorò, lieto di sentire il suo calore fra
le braccia, stretta al suo corpo febbricitante.
-Blaise, tu scotti.- gli disse, sentendogli il viso
con la meravigliosamente fresca mano bagnata di pioggia.
-Sto bene.- mormorò lui, allontanandole quel freddo
ristoro dal viso.
-Non ti reggi in piedi, non venirmi a dire che stai
bene.- se avesse avuto più forza, Blaise avrebbe certamente sorriso davanti
alla sua brusca preoccupazione. Si limitò a stringerla a sé, incapace di dire
alcunché, incapace anche solo di pensare a quello che doveva fare.
-I Mangiamorte
non possono essere avvelenati dall'amore. Rinuncia alla tua regina, Zabini, o
dovrò essere io a portartela via. Hai visto di cosa sono capace. Non sfidarmi.-
-Diana...- sussurrò, scostandole dal viso pallido i
capelli fradici. -Mi ha Marchiato.-
Diana incassò bene il colpo. Con movimenti lenti,
dolci, gli prese il braccio e scostò la manica dalla pelle schiarita. Il
Marchio Nero, rosso e bruciante, spiccava sul braccio di Blaise.
Le dita di Diana scivolarono intorno al tatuaggio
ardente. Non erano una tortura, come il tocco violento di Zephira quando aveva
voluto vedere quell'impronta di male, ma erano un sollievo, un contatto gelido,
stranamente gelido, come di ghiaccio
posato sulla pelle bollente...
Aveva Evocato un altro dei suoi Elementi per aiutarlo.
Ancora. Avrebbe consumato sé stessa, quella notte, se non avesse smesso di
chiedere a sé stessa l'impossibile.
-Diana...ascoltami.-
-No.- persino la sua voce aveva risentito del
Ghiaccio che aveva sulla pelle.
-Diana...- doveva farlo. Ma era dura, rinunciare a
tutto, rinunciare a lei.
-Lo so. Lo so già, Blaise, so cosa ti ha minacciato
di fare.- le parole le morirono in gola, la sua voce si spezzò e si spense.
Sapeva cosa avrebbero rischiato, se avessero continuato ad amarsi...la vita di
entrambi. Non che della propria le interessasse...
Si alzò
sulle punte dei piedi, cercò le sue labbra, e Blaise la strinse a sé, in un
bacio lungo, che sapeva di amaro e di pioggia, di dolore, di parole troppo
penose per essere pronunciate...sapeva di addio.
-Diana, io...- Diana gli posò l'indice sulle labbra.
L'aveva fatto tante volte, giocando, per zittirlo. Per un istante, l'unico
rumore fra loro fu quello della pioggia che continuava a cadere incessante, e
dei tuoni che facevano fremere l'aria.
-Blaise, non dire nulla. Per favore.-
incredibilmente, gli sorrise. Un sorriso vero, dolcissimo, malinconico. Amaro.
Si separò da lui, raggiunse Draco che l'aspettava un
centinaio di metri avanti, e si allontanò da lui, senza mai voltarsi indietro.
-Stai bene?- chiese Diana, vedendo l'insolita
cupezza negli occhi gemelli dei suoi, ricordando che, durante il suo delirio,
le grida di Draco l'avevano per poco risvegliata.
-Una volta tanto, non pensare agli altri. Io sto
benissimo, quella che soffre sei tu.- Draco le rivolse uno sguardo di
rimprovero che lei ignorò.
-Non importa. Lo sapevo, che sarebbe successo, prima
o poi.- Diana tacque. Aveva raggiunto la scalinata, da dove avrebbe raggiunto
l'infermeria dove avrebbe dovuto trovarsi. Dietro di loro, nessun suono di
passi faceva pensare che Blaise avesse intenzione di tornare al castello.
Era rimasto là, sotto la pioggia.
-Diana...-
-Parla con Hermione.- lo interruppe, con voce atona,
e sparì sulle scale. Ad ogni passo, la cruda realtà le piombava sempre più
addosso, macigni su macigni che si accatastavano sulle sue spalle.
Sola.
Sei sola, di nuovo.
Blaise ti è stato portato via...hai perduto anche lui.
Non provi nulla. Non vuoi provare nulla.
Vuoi solo entrare in infermeria, gettare uno sguardo vacuo a Lea e Ron,
abbracciati, lui addormentato, lei sveglia, in attesa di te.
Vuoi dirigerti verso il tuo letto e lasciartici cadere, stremata.
Vuoi ignorare le mute domande della tua migliore amica.
Ora, l'unica cosa che vuoi è restare sola con te stessa, con l'odio che
improvviso divampa nel tuo cuore. Ma non è l'odio venefico che Voldemort ha
risvegliato in te.
È odio perfettamente giustificato.
Vuoi pensare, per l'ennesima volta, che Gliela farai pagare.
Hermione uscì di corsa dal buco del ritratto. Un
giovane dai capelli biondo platino l'aspettava appoggiato al muro, l'accolse
fra le sue braccia.
-Draco, cos'è successo?- gli chiese.
-Mi dispiace, Mione.- mormorò lui, senza guardarla,
allontanandosi da lei, dal suo corpo profumato. Non riusciva a guardarla, a
vedere il suo fiero sguardo di Grifona. Era troppo.
-Draco...- mormorò lei, allarmata.
-È troppo pericoloso. Mione, Lui sa.-
-Ti sei
divertito con la Mezzosangue, Draco, e per questo hai fallito. Allontana la tua
Mezzosangue, o dovrò portarti il suo cuore indegno come incentivo a svolgere il
tuo compito.-
-Draco, non mi interessa! Te l'ho detto un migliaio
di volte!- l'orgoglio di Hermione le vibrava nella voce. Draco alzò gli occhi
su di lei, l'argento incontrò l'oro, il dolore incontrò la fierezza.
-Hermione, non posso rischiare la tua vita.
Preferisco perderti ora, che per sempre. Ti amo.- Draco si voltò, si allontanò,
lasciandola lì in piedi, immobile, ferita e stupita da quelle parole che
nessuno le aveva mai detto prima. Nemmeno lui.
(ndA: ok, è ufficiale. Aperta battuta di caccia allo
zio Voldy.)
Nessuno vide Diana ed Hermione per i quattro giorni
successivi. Diana, distrutta sia dentro che fuori, provata dall'eccessivo
sfruttamento dei suoi poteri, era caduta in un sonno profondo da cui nessuno
aveva intenzione di svegliarla. Lea vegliava su di lei, mentre rimaneva accanto
a Ron. Hermione, invece, da fiera Grifondoro e da maniaca studiosa quale era,
si era praticamente trasferita in biblioteca, il suo rifugio, il suo regno.
Tornava in dormitorio solo la sera tardi, gli occhi gonfi e stanchi per il
troppo leggere – o il troppo piangere. Ma, quando era con Harry e Ron, era la
Hermione di sempre. Un'ottima attrice.
Draco e Blaise non erano messi meglio. Erano
devastati: nel giro di una notte, erano precipitati in un inferno da cui non si
sarebbero facilmente sottratti. Perdere chi amavano era stato un duro colpo,
per entrambi, più duro di quello che si sarebbero aspettati.
Anche quando si svegliò, Diana non volle parlare di
quello che era successo. Si limitò a poche parole per riferire ai due amici,
preoccupati, che lei e Blaise non stavano più insieme.
Quando uscì dall'infermeria, il lunedì successivo,
nessuno poté dire di averla vista. Sciupata, stanca, provata da tutto, Diana
non disse una parola che fosse una per tutto il giorno, seguendo le lezioni con
sguardo vacuo, ascoltando per metà i discorsi di Harry. E così il giorno dopo.
E il giorno dopo ancora.
La Regina si era smarrita. Non c'era solo il dolore,
il senso di perdita nei riguardi di Blaise, che sarebbero stati già più che
sufficienti per distruggerla. No.
Nei momenti più impensati, le sensazioni che aveva
provato in quella dannata notte si ripresentavano. Si costringeva a reprimerle,
a non dargli voce, ma i suoi brevi sonni agitati erano popolati da incubi di
sangue, di morte, e spesso si risvegliava di soprassalto, vedendo le sue mani
macchiate di un rosso indelebile. Era nata questa lotta, in lei, tra bene e
male, tra rettitudine e violenza, tra rabbia e sadismo.
E poi...e poi c'era Blaise. O meglio, non c'era, ed
era questo ad ucciderla. Le mancavano i suoi sorrisi, i suoi scherzi, le loro
frecciatine. Le mancavano i baci, le coccole, le carezze, l'amore. Le mancava
tutto, di lui. Le mancava lui, il suo
unico appiglio, l'unica fonte di luce nell'oscurità in cui era, di nuovo,
sprofondata.
Fu l'ombra di sé stessa, in quei giorni.
Blaise la vedeva. La vedeva in Sala Grande, durante
le lezioni, nei corridoi. Mai sola (sempre con quell'idiota di Potter), ma mai
con qualcuno. Vedeva quanto fosse distrutta, quanto i suoi occhi avessero perso
la loro luce, quanto la sua risata mancasse: alla vita nel castello, e
soprattutto a lui. Non lo guardava, non lo cercava, perché sapeva bene cosa
sarebbe successo se fossero entrati in contatto: Voldemort l'avrebbe saputo.
Passarono giorni, che si trasformarono presto in
settimane, in più di un mese. Giunse aprile, passò il quindici, si avvicinava
il compleanno di Diana. Il diciassettesimo. Sarebbe diventata maggiorenne,
avrebbe dovuto entrare nell'Ordine. In teoria.
Perché, in pratica...
In pratica, non era più sicura di ciò che era.
L'odio e la rabbia, la sete di sangue che sempre più spesso la animavano,
rendevano la sua scelta molto meno logica, molto meno esplicita.
Voleva davvero entrare nell'Ordine della Fenice?
O, meglio ancora, era davvero convinta di esserne
degna?
Era sempre più convinta di essere una creatura del
male. Lo sapeva, perché ciò che sentiva crescere in sé, come un mostro neonato,
non era certo qualcosa che un essere di luce avrebbe potuto provare.
Era terrorizzata. Viveva nella costante paura di
perdere il controllo di quella sua ira, di fare del male a qualcuno...di
godere, nel farlo.
Fino a quel momento, era riuscita a trattenersi,
Arakta aveva prevalso, anche se a fatica, su Shoenn. Nessuno l'aveva provocata
tanto da costringerla ad attaccare, e lei non si andava certo a cercare rogne.
Non più, almeno.
Il freddo, la pioggia, il vento rabbioso, non erano
che un'espressione della lotta che infuriava in lei.
Giunse il suocompleanno.Diana non aveva
rivelato a nessuno dei suoi amici quale fosse la data, non aveva voluto che lo
sapessero. Solo Draco e Blaise lo sapevano, ma erano gli unici a non poterle
essere accanto quel giorno che, in teoria, doveva essere un giorno felice.
Maggiore età.
Sarebbe diventata una donna, in tutti i sensi
possibili.
Quel giorno, Diana fu strappata dai suoi incubi dai
raffinati epiteti di Ginny Weasley.
-Diana, svegliati, sono quasi le otto!- cercava di
svegliarla. L'americana aprì gli occhi, assonnata ma lieta di essere stata
interrotta nel suo sonno agitato.
-Sei in ritardo anche tu, Gin?- le chiese, mentre
afferrava la bacchetta e se la puntava addosso. Istantaneamente, il suo viso si
fece perfettamente truccato, i suoi capelli si domarono (poco, ma meglio di
niente) e il pigiama si trasformò nella divisa di Hogwarts. Diana riconobbe
l'orlo leggermente sdrucito della gonna...era la stessa che aveva portato a
Natale, la stessa con cui si era amata per la prima volta con Blaise...
Ignorò la fitta dolorosa a livello del cuore, simile
ad una pugnalata.
-Sì,
ho Incant…- Ginny non fece nemmeno in tempo a finirle la frase, che Diana aveva
agitato una mano e l’aveva fatta Smaterializzare, diretta all’Aula di Vitious.
Uno sguardo a Crystal e a Morpheus, per controllare che stessero bene, e si Smaterializzò.
Ormai,
usava i suoi poteri con allarmante frequenza.
Stava crescendo. Il dolore e la frustrazione di quelle dannatissime sei
settimane annaffiavano i suoi poteri, rendendoli ogni giorno più grandi.
Rendendola ogni giorno più pericolosa.
Draco sentì un fruscio. Era fuori dall'aula di Trasfigurazione, gli
studenti stavano aspettando la professoressa, quando all'improvviso, accanto a
Potter, apparve.
Pallida, debilitata, la ragazza dovette aggrapparsi per un istante al
braccio dell'amico, per non perdere l'equilibrio.
-Stai esagerando. Finirai col farti del male.- le disse Potter, severo.
Diana fece un brusco gesto con la mano.
-Non sto esagerando. Sto benissimo.- replicò, riassumendo istantaneamente
il suo solito contegno. Draco le rivolse uno sguardo, sprezzante, che lei
ricambiò con gli interessi.
Non osò alzare lo sguardo su Hermione, ma ne sentiva il profumo, ne
avvertiva la presenza.
Il suo sorriso, le sue risate, la sua mania per i libri...
I capelli boccoluti e morbidi, gli occhi dorati, la carnagione chiara e
vellutata...
Tutto di lei gli mancava, come avrebbe potuto mancargli l'aria. Nulla aveva
più sapore, nulla aveva più senso, senza Hermione al suo fianco.
Draco si costrinse a reprimere i suoi pensieri. Non poteva, non poteva
assolutamente pensare a lei. Non doveva farlo, non doveva rischiare la sua vita
solo perché lui era uno scarso Occlumante.
Doveva dimenticarla. Ma la cosa più difficile era avere la coscienza di
quanto fosse impossibile, farlo.
Malfoy spostò il suo sguardo sulla cugina. Erano giorni, ormai, che non
riusciva più a parlare con lei, ma sapeva – a grandi linee – che cosa stava
succedendo nel suo animo tormentato. Era preoccupato: se Diana, la Regina,
fosse stata corrotta dal male...ma no. Doveva fidarsi di lei, come aveva sempre
fatto. Diana poteva vincere la sua battaglia, una battaglia che non poteva
combattere con le sue amate armi, ma solo con il suo cuore.
Aveva gli occhi spenti, vacui, senza vita. Era più pallida che mai,
affaticata, il respiro più veloce del solito. Soffriva. Soffriva quanto
soffriva Blaise, che passava il suo tempo sdraiato sul proprio letto, senza
muovere un muscolo, per ore intere.
-Che ti guardi, furetto?-
Di certo, però, sapeva fingere bene.
Diana si sedette accanto ad Hermione, silenziosa quanto l'amica, quando
qualcosa la colpì sul collo e cadde nel cappuccio della felpa che aveva
indossato sopra la divisa, per proteggersi dal freddo assolutamente fuori
stagione di cui sapeva essere la causa. Lo prese: era una pallina di carta.
L'aprì, e dentro, oltre a poche parole, c'era un cioccolatino di Mielandia.
Lesse il messaggio, e un timido, pallido sorriso increspò, per la prima volta
dopo settimane, le sue labbra.
“Buon
compleanno, Diana.
D.
M.”
Diana si separò dagli amici per andare al bagno, prima di pranzo. Cercò di
non pensare a quante volte lei e Blaise si fossero rinchiusi in quella stanza
piastrellata di bianco per fare l'amore, con il timore di essere scoperti, ma
con la passione indescrivibile di chi si ama.
“Cazzo, Diana, non pensarci! Sei una masochista, ti
fai solo del male se continui a pensare a lui!” si rimproverò, mentre si
chiudeva la porta alle spalle. Si voltò, per andarsene, ma aveva appena fatto
un passo che fu costretta a fermarsi.
Là, nel corridoio deserto, una sigaretta accesa fra le labbra e
l'espressione tormentata, c'era Blaise.
I suoi piedi sembrarono sprofondare nella pietra. Non riusciva più a
muoversi, non riusciva a non guardare i suoi occhi che tanto amava, tanto
simili, in quel momento, ai suoi.
Merlino, quanto faceva male vederla così. Pallida, silenziosa, gli occhi
lucidi e spenti. Blaise si detestò ancora più del solito, per quello che le
aveva fatto, per quello che avrebbe dovuto continuare a farle.
Fece qualche passo verso di lei. Diana non si mosse. Le cadeva un ciuffo di
capelli sull'occhio sinistro, il più intenso, nascondendolo alla vista. Avevano
discusso tante volte, per quel ciuffo. Blaise non voleva che il suo viso si
nascondesse...ma ora, rifletté, Diana si nascondeva sempre.
Era così vicina. Sentiva il suo profumo, di nuovo.
“Vattene, Blaise. Per favore, stai lontano da me.
Ti prego. Non sai quanto fa male, averti di nuovo così vicino.”
Diana non disse nulla. Blaise alzò una mano, le sfiorò i capelli che le
coprivano il viso. Lei socchiuse gli occhi, cercando con tutte le sue forze di
non piangere quelle lacrime che non erano mai sfuggite dal suo contegno, quando
lo sentì raccoglierle i capelli dietro l'orecchio. Avvertì il suo tocco,
leggero, familiare, sulla guancia, sul viso. Seguì la sua carezza, inclinando
lievemente la testa, perché non poteva, non riusciva a fare a meno di quel
piccolo conforto.
Gli carezzò la mano, cercò le dita di lui e le intrecciò con le sue,
stringendole forte, sentendolo ricambiare la stretta.
Alzò gli occhi su di lui. Non se lo ritrovava
così vicino da quella notte, da quella maledetta
notte.
Diana
si detestava, perché stava per piangere e non ce l'avrebbe fatta a trattenersi.
“No. Cazzo, Di, non piangere. Non per me”.
Era vicina. Vicinissima.
Ma non era più sua.
Diana strinse la sua mano, contro la spalla, contro il cuore, quello stesso
cuore che sarebbe sempre appartenuto a lui. Si liberò dolcemente dalla sua
stretta, le carezzò il viso, morbido, la sentì seguire il movimento della sua
mano. Le si avvicinò ancora di più, portandole il viso alla sua altezza,
facendo in modo che fossero solo gli occhi di lei ad occupare il suo campo
visivo. Quei bellissimi, stupendi occhi argentati in cui vide delle lacrime.
Non avrebbe mai dovuto farlo. No. Non avrebbe mai dovuto sfiorare le sue
labbra, ancora una volta, senza che lei si ritraesse. Avrebbe fatto male ad
entrambi.
Era per questo che gli era rimasta lontana. Era per questo che evitava i
suoi occhi, il suo sguardo, il suo ricordo. Era per questo che non aveva mai
pianto, che aveva finto, che si era chiusa in sé stessa.
Perché ammettere di soffrire avrebbe significato ammettere di averlo
perduto.
Si separò da lui, ma non si allontanò.
Lo guardò un istante, e vide il suo stesso dolore riflesso in lui.
E
l'attimo dopo lo aveva abbracciato, forte, aveva nascosto il viso nell'incavo
del suo collo ed erafinalmente
scoppiata a piangere, piangere quelle lacrime che aveva troppo a lungo
trattenuto.
Blaise la strinse forte, affondando il viso fra i suoi capelli, gli occhi
chiusi, ascoltando le sue lacrime silenziose di cui era l'unico responsabile.
-Shh...avanti, Diana, non piangere. Sono
qui.- le sussurrò, carezzandole i capelli. Parole vuote. Senza senso. Lui non poteva esserci.
-Blaise,
io non ce la faccio più.- la sentì sussurrare e, per quanto rotta dal pianto,
fu immensamente felice di sentire di nuovo la sua voce, il suo nome pronunciato
con tanta dolcezza.
-Sì che ce la fai. Ce l'hai sempre fatta, in situazioni peggiori di
questa.- Blaise la sentì dissentire, senza che alzasse il viso dal suo petto.
-Non stavolta. Blaise, io non so più chi sono, senza di te. C'è questa
oscurità, dentro, che mi corrode, che mi fa dubitare di me stessa...ho bisogno
di te. Ho bisogno di te, per sapere di non essere malvagia, per avere un punto
fermo, sicuro...mi manchi, Blaise, non riesco a continuare a vivere, senza di
te...- mormorò lei, stringendo i denti per cercare, invano, di fermare le
lacrime.
-Lo so, Di. Lo so.- la strinse, forte, cercando di dimostrarle, senza
parlare, quanto tenesse a lei. Lo distruggeva, sentirla così, sentire la sua
debolezza, la sua paura. Tacquero entrambi, perché non c'era altro da dire,
nient'altro da fare se non restare lì, l'uno stretto all'altra, perché entrambi
sapevano di aver bisogno dell'altro.
-Diana!?-
Blaise sentì Diana irrigidirsi fra le sue braccia. Alzò lo sguardo dai suoi
capelli, e vide qualcosa – o meglio, qualcuno – che non sarebbe mai potuto
capitare in un momento peggiore.
Harry Potter.
Blaise e Diana si separarono di scatto. Entrambi avvertirono un vuoto,
quando persero il contatto con l'altro, quel vuoto in cui vivevano ormai da un
mese e mezzo.
Harry era a dir poco stupefatto.
Non poteva crederci. Non poteva assolutamente crederci.
Diana, la ragazza che per lui era come una sorella, l'unica che sapesse
della sua cotta per Ginny, la Diana che ultimamente era caduta in
depressione...
Abbracciata a lui. A quell'idiota serpeverde di Blaise Zabini. Quel cretino
che le aveva reso la vita un inferno fin da quando era arrivata a Hogwarts...
Fino ad un mese prima.
Fin quando Diana non aveva cominciato a soffrire.
Tutti i tasselli andarono improvvisamente al loro posto, le sue misteriose
sparizioni, le “liti” a sfondo perennemente sessuale fra quei due, le strane
allusioni maligne di Ginny e Lea...e la felicità di Diana, che da Natale
sembrava essere rinata, la sua gioia e le sue risate che da giorni ormai non si
sentivano più...
-Cosa...- balbettò, esterrefatto.
-Harry...- cominciò Diana, ma l'amico si rivolse a Blaise, improvvisamente
arrabbiato.
-È colpa tua...- disse, estraendo la bacchetta. -È a causa tua se Diana è
un mese che non vive più.- Blaise scoccò un'occhiata obliqua alla ragazza, non
si aspettava un'affermazione del genere, e una di fuoco a Potter.
-Non sono affari tuoi, Sfregiato.- disse duramente, e la bacchetta sembrò
Materializzarsi nella sua mano. Harry se ne accorse, ma le lacrime che vide sul
viso e negli occhi di Diana gli avevano fatto perdere ogni dubbio.
-Si da il caso, Zabini, che Diana sia una
sorella per me. Sono affari miei.-
replicò lui, sarcastico.
-Oh,
gran fratello sei. Non ti sei nemmeno accorto di cosa le sta succedendo.-
ribatté Blaise, sarcastico. Harry si voltò verso Diana, rivolgendole lo stesso
sguardo rabbioso che aveva usato con Blaise.
-E come avrei potuto, Diana? Dimmelo tu.- le disse, duro.
-Harry...- Diana avrebbe volentieri Schiantato entrambi. Le sembrava di
essere invisibile.
-Lasciala in pace, Potter.- il tono di Blaise era gelido.
-Lasciala in pace tu, Zabini. Cosa le hai fatto per ridurla così?- Diana non aveva
mai sentito Harry usare con lei un tono così rabbioso. Un lampo rosso. -Protego!-
Lo
Schiantesimo di Blaise rimbalzò sullo scudo di Harry e si diresse verso Diana,
che lo fece Evanescere con un gesto fulmineo della bacchetta. Né Potter né lei
videro il movimento di Blaise, ma l'attimo prima era accanto a Diana, l'attimo
dopo la sua mano si stringeva attorno alla gola di Harry.
-Per tua informazione, Potter...- ringhiò, gli occhi che lampeggiavano di
rabbia. Diana trasalì: non l'aveva mai visto perdere veramente il controllo, non a quel modo. -...Io non le ho mai fatto del male.-
-Blaise, calmati.- intervenne la ragazza. Blaise lasciò andare la gola di
Harry, senza mutare l'espressione assassina del viso.
Così simili, in quel momento, da non
poter essere distinti l'uno dall'altra.
-Se
non le hai mai fatto del male...- annaspò Harry, cercando di riprendere un
minimo di respiro. -...allora perché soffre?-
Quelle parole, dette per fare del male, fecero breccia nella rabbia di
Blaise. Una rabbia ceca, venefica, verso quell'idiota che non capiva quanto lui
tenesse a Diana.
Fu proprio la voce della ragazza, bassa e gelida, a porre fine a quella che
prometteva di diventare una rissa con i controfiocchi.
-Harry, Blaise...basta così.-
Blaise si voltò verso di lei: il suo viso era di nuovo duro, imperscrutabile,
impassibile. Gli fece un cenno verso il corridoio, e lui annuì. Passandole
accanto, mentre se ne andava, le sfiorò il viso e vide i suoi occhi
socchiudersi, sofferenti.
-Ti ha solo usata.-
Blaise si fermò e si voltò di scatto, pronto a saltare di nuovo addosso a
Potter, ma quello che vide lo lasciò di stucco.
Gli occhi di Diana avevano lampeggiato di rosso. Ne era certo, aveva visto
quel sinistro luccichio nelle sue iridi. Aveva estratto la bacchetta, e l'aveva
puntata contro la gola di Harry, immobile e stupefatto, con un gesto irato.
-Sarei una puttana, quindi?- sillabò, la voce più tagliente e pericolosa
che mai. Harry scosse la testa: Diana aveva frainteso, non era quello che lui
intendeva dire...voleva solo farle notare quanto stesse soffrendo inutilmente.
Grosso errore.
-Certo che no. Diana, lui è un Serpeverde. Non sa amare, e tu ti sei
illusa.- disse, ma c'era una nota di panico, nella sua voce. Gli occhi di Diana
si strinsero.
-Io mi sarei illusa, Potter? Ma tu che ne sai?-
Per un istante, Blaise non credette alle sue orecchie. Non era la voce di
Diana, quella che aveva appena udito. Troppo bassa, sibilante, come quella di
un serpente...
-Diana, io non...- lei gli si avvicinò, un movimento che trasudava
scioltezza.
-Tu non sai nulla. Non permetterti di giudicarmi, o di giudicare Blaise.
Non ne hai il diritto, Potter.- sussurrò.
-Perché non me l'hai detto, Diana? Forse avrei potuto capire prima.-
-Come se tu fossi in grado di capire, Prescelto.- la bacchetta fremette.
-Andiamo, Diana!- sbottò lui, arrabbiato e spaventato. -Avrei capito!-
-Che cosa, avresti capito, Harry?- mormorò lei, con una dolcezza che aveva
dell'inquietante.
-Non lo so! Tu non mi hai detto nulla!-
-Forse per il tuo comportamento, Harry?- insinuò Diana. Ma abbassò la
bacchetta, pur mantenendo il suo sguardo serpentino. Harry la guardò,
stupefatto.
-Cosa ti sta succedendo? Perché non ti fidi più di me, Diana?- le chiese,
dopo un po'. Per un attimo, Diana rimase immobile. Poi, sbatté le palpebre, i
suoi occhi tornarono grigi e la sua espressione si fece terrorizzata. Harry e
Blaise se ne accorsero, sentirono la preoccupazione aumentare. Diana fece un
cenno a Blaise, chiedendogli di andarsene, mentre scivolava lentamente
appoggiata alla parete, spaventata.
Dopo un attimo di esitazione, lui annuì e se ne andò.
Harry si inginocchiò di fianco all'amica, preoccupato.
-Diana, cosa ti sta succedendo?- ripeté.
-Non lo so, Harry.-
-Perché mi hai attaccato?-
-Harry, io...- l'espressione di Potter si fece amara, e le parole le
morirono in gola. Aveva ragione. Lo aveva chiaramente minacciato, quando lui,
seppur in errore, voleva solo proteggerla.
-Forse saresti stata meglio fra i Serpeverde.- fu allora, che il sarcasmo
di Diana prevalse sul buonsenso.
-Come quasi tutti i Black, del resto.- disse, e l'attimo dopo sbarrò gli
occhi, riflettendo l'espressione di Harry sul proprio viso.
-Black? Ma che...-
-Black? Black? La figlia dell'assassino?- cantilenò una terza voce,
facendoli sobbalzare. Pix, il poltergeist, era appena apparso sopra le loro
teste.
-Pix!- esclamarono, balzando in piedi. Lui si tenne fuori portata,
balzellando da una parete all'altra con aria maligna e soddisfatta.
-Diana Black e Blaise Zabini...innamorati, che cosa patetica...- mormorò,
prima di riempirsi i polmoni d'aria e gridare: -DIANA È FIGLIA DELL'ASSASSINO
BLACK! DIANA E ZABINI AVEVANO UNA TRESCA!-
-Oblivion!- gridò Diana
puntandogli addosso la bacchetta. Pix tacque, gli occhi improvvisamente vacui.
Troppo tardi.
Gli studenti di Hogwarts, finito il pranzo, stavano ripopolando i corridoi
in attesa delle lezioni del pomeriggio, e per un maligno scherzo del fato una
buona parte aveva sentito cosa aveva urlato il poltergeist.
ndBlaise: ragazze,
vi descrivo la scena. Hermione e Diana, assatanate, stanno inseguendo Bea, la
prima armata di bacchetta, la seconda di mazza ferrata in una mano e katana
nell’altra. Bea sta gridando qualcosa, ma non capisco bene cosa, sembra un
insieme di parolacce ed epiteti vari.
Oh, ecco Draco
armato di un affare che credo si chiami “gatto a nove code”…Se non volessi
descrivervi la scena, sarei là con loro a torturarla.
Oh, ecco che Diana
le è saltata addosso con fluida eleganza…quanto amo quella donna…ok, forse non
è tanto elegante in questo momento, sembra più un babbuino impaz…AHIA! DIANA, VA
BENE TUTTO, MA LA MAZZA FERRATA NO!
ndBea, bisbigliando nel buio con fare atterrito: Ragazze
aiuto…mi sono rinchiusa nel baule della macchina per sfuggire a quei tre…vi ho
già assicurato l’happy end, quindialmeno voi non cruciatemi! Sotto ci sono le risposte alle recen…
SMASH!
NdDiana: eccoti,
brutta st***** pu***** fi**** di b**** do***!!
NdBea: AIUTOOOO!!!
Comunque, fra Harry
e Diana c’è stata una sorta di malinteso: Diana credeva che Harry non fosse in
grado di capire il sentimento che provava per Blaise, quando invece avrebbe
potuto comprenderla, mentre Harry ha dapprima frainteso le intenzioni di
Blaise, credendolo un puttaniere (della serie: mandiamocele a dire), poi ha
provato risentimento verso Diana, perché non si è fidata di lui e soprattutto
perché lo ha attaccato. Non sono sicura di aver reso benissimo questa cosa,
quindi ci tenevo a precisare per evitare che voi lettrici, dopo aver infierito
sul mio cadavere, decideste di linciare il povero Harry, che fa una ben misera
figura, ma fa quello che fa solo perché vuole bene a Diana. Diana attacca Harry
perché è governata dal Buio, mi sembra chiaro questo. Harry e Diana si
rappacificheranno, ma più avanti.
Ho aggiornato così
presto perché domani vado a Milano a vedere “Io Ballo” (col mio adorato
Klediiii!!!! Sbaaaaaaaaaaaaav!) e domenica sarò via, e non ci riuscivo proprio
a lasciarvi in sospeso….
L’indice dei
capitoli (siamo poco oltre la metà) è questo:
19. Arakta: il
trionfo della Luce
20. La Camera della
Morte
21. La Battaglia di
Hogwarts
22. Il Limbo
23. Addestramento
Militare
24. Partenza per
Morris-West – la Separazione
25. Il Tradimento di
Kelly
26. Morte!
27. Il Sacrificio
della Regina
28. Ritorno alla
Vita
29. L’Intervento del
Lupo – la Fine del Male
30. Vita!
31. Addio, Limbo –
Una Nuova Vita
32. Epilogo…Oppure
No?
E probabilmente
seguirà un capitolo per i ringraziamenti.
Honey Evans: mi sa
che Diana è un po' outside, in questo periodo, appena si riprende e trova lo
zio Voldy lo ammazza di botte...così, a mani nude, in un remake di Ran Lupin
(altra mia fic --> pubblicità occulta!! ;P) Nel prossimo chap poi vedrai la
fine dello scontro che sta infuriando dentro Diana...anche se il nome dovrebbe
darti qualche suggerimento ^.^
Mione1194: (ndBea:
cazzo questa mi sta inseguendo armata di mitragliatrice!!!! aiuto!!!!) Io ti
avevo avvertita però...almeno ti sei preparata....Scusa se Lea non ha grande
rilievo, avevo in mente un modo per svolgere il capitolo che poi non mi
attirava più e ho optato per questo...perdonami...Lea cmq torna fuori nel 22mo
chap ^.^
Ilaria: almeno una
che mi ha detto “se non venisse marchiato, dove starebbe il dark?”...tesora non
sai quanto ti ho lovvata (sì c'è pure il passato di “lovvare” ^.^) per la tua
recensione...PS anche tu economia? Ma che è, una persecuzione imperitura? PPS
per il disegno fai con calma, ok? Non c'è fretta!
D2OTTO: no,
tranquilla, non mi delirare please...eh lo so, mi sa che ho preso dalla Row che
fa capitoli chilometrici...questo è sempre sulle 11 pagine, mi sa che obbrobri
chilometrici come quello della festa non li faccio più (per fortuna! NdD2OTTO)
;P
Cherie: ho
aggiornato alla sveltissimissima, ma mi sa che mi ucciderai lo
stesso...glab...(vedete Cherie partire alla volta di casa mia, imprigionarmi in
uno stanzino col mio portatile e una lampadina e intimarmi, a mò di funzionario
della Gestapo: SCRIVI!!!)--->aiuto...tra mazze ferrate, mitragliatrici e
filohitleriane mi sa che qua l'unica cosa da fare è scappare....HELP!!!! O.O
Uno schianto tremendo.
L'elegante porta in legno di mogano si abbatté sul tappeto, facendo tremare le
pareti di tutto l'ufficio. Silente balzò in piedi, allarmato, la bacchetta
stretta nella mano avvizzita. Con un gesto, fece abbassare il polverone che si era
alzato.
Ansimante, i capelli che
ricadevano davanti nascondendole il viso, le mani appoggiate agli stipiti della
porta, Diana.
-Cosa è successo, Diana?-
le chiese Silente, avvicinandosi a lei. Diana ebbe un singulto, uno scatto del
corpo, ed evitò il contatto.
-Professore...- sussurrò,
la voce bassa, sibilante di terrore.
Diana alzò il viso: nei
suoi occhi, nessun argento visibile dove avrebbe dovuto essere. Ma sangue.
Sangue rosso, sangue vivo, sangue assassino, brillava nelle sue iridi.
-Aiuto.-
Diana spalancò gli occhi. Per un istante, la sua vista fu annebbiata dal
dolore tremendo che le pervadeva il cervello.
Poi, vide.
Vide un soffitto bianco, sentì sotto le dita lenzuola fresche, e la
riconobbe: l'infermeria.
Si alzò a sedere, tenendosi la testa con una mano. Le faceva davvero male,
ma ne aveva passate di peggio e non era quello il suo problema più impellente.
Si guardò intorno, stupefatta.
Era in un film in bianco e nero.
I colori erano diventati dei grigi, più chiari, più scuri, a seconda dell'origine.
Il bianco era bianco, il nero era nero, ma il resto era completamente mutato.
Diana balzò in piedi, allibita. E lo fu ancora di più, quando vide i propri
abiti.
Jeans aderenti, camicia senza maniche, scura, Stetson.
-Stetson!?- esclamò, togliendosi il cappello nero dalla testa. Sì, era
proprio uno Stetson, un cappello a tesa larga, da cowboy. Il suo
cappello, che l'aveva accompagnata ovunque, nella sua vita.
-C'è qualcosa che non mi quadra.- borbottò mentre se lo rimetteva, poco
convinta. Si guardò intorno: eh, sì, decisamente qualcosa che non quadrava.
Poi, una macchia per terra. Inconfondibile. L'odore, ora che ne vedeva
l'impronta, ne ammorbava l'aria.
Sangue.
D'istinto, Diana cercò la bacchetta, ma la sua custodia era vuota. Non
c'era nemmeno in cintura, e non c'era nemmeno un qualsiasi tipo d'arma, nemmeno
un coltellino.
-Cazzo.- disse, lo sguardo duro e scocciato. Si diresse nel corridoio, e
senza quasi pensarci chiamò a sé le pietre di Hogwarts, affamata di
informazioni.
Ma, per la prima volta da quando era nata, l'Elemento non le rispose.
-Cazzo!- ripeté. Era disarmata, si disse. Disarmata di tutte le sue armi,
disarmata dei suoi poteri. Eppure, in lei, non c'era paura. Non c'era ansia,
non c'era tensione. Era fredda, fredda come un lago gelato. Fredda come tutto
ciò che aveva intorno, fredda come le mute mura di Hogwarts.
Seguì le tracce di sangue, guardinga, ma calma. Non riusciva a provare
nulla, se non un senso di irrealtà crescente, come se non si trovasse nel mondo
reale.
L'ultima cosa che ricordava era di essere piombata nell'ufficio di Silente,
e di avergli chiesto aiuto. Il Preside aveva annuito, le aveva puntato la
bacchetta contro una tempia e aveva pronunciato: “Arestae Animae”. Poi,
il vuoto.
-Arestae Animae...non mi suona affatto bene.- borbottò, riflettendo
sulla natura di quell'incantesimo. Non poteva trovarsi nel mondo reale:
Hogwarts non era così, Hogwarts non era deserta, non aleggiava nell'aria quel
tanfo di sangue e di morte. Quella era un'illusione...un'illusione creata dalla
sua testa.
“Un sogno.” capì all'improvviso. “È solo un sogno...anche se il più
realistico in cui mi sia mai trovata.” Eppure doveva necessariamente esserlo.
In una situazione del genere, col sangue che colava dalle pareti e il puzzo che
infetidiva l'aria, non sarebbe mai stata capace di sopprimere l'ansia, la
tensione, la preoccupazione.
Continuò a camminare, sentendosi ogni attimo più indifesa.
Nessuna arma, e intorno a lei i segni sempre più inequivocabili della
morte.
Cominciarono ad apparire i cadaveri...studenti, professori, persino
creature magiche.
Persone che vedeva in ogni momento, ogni giorno, ogni attimo della sua
vita.
Le si strinse il cuore riconoscendo la professoressa McGrannitt: era stesa
a terra, una lancia conficcata nel torace, il sangue che zampillava piano.
Niente.
Nessun disgusto, nessun orrore, nessun dolore.
Completamente svuotata di ogni cosa: poteri, emozioni, sentimenti.
Presa dalla frustrazione, fece per tirare un pugno al muro, senza riuscire
nemmeno a provare rabbia verso sé stessa.
-Sei stata separata dal tuo essere, Diana.- una voce
evanescente, cupa, proveniente dai più reconditi angoli del buio, la fece
sobbalzare.
-È per questo che non provi niente.- un'altra voce, eterea,
nata da qualcosa di cangiante ed eterno, si unì alla prima.
Diana si voltò di scatto, e per poco non perse i sensi.
Davanti a lei, c'erano due creature. Due creature che erano...potevano solo
essere...
Lei.
Uguali come gemelle, ma diverse come ciò che rappresentavano.
La prima era completamente nera. La pelle era lucida, levigata, come una
pietra preziosa, ogni dettaglio sembrava essere stato scavato nel marmo
corvino, persino i capelli. Eppure, non era statuaria, non era statica. Era una
creatura in continuo movimento, seppur perennemente immobile...Diana non
riusciva a descriverla, era impossibile. Ma quell'essere aveva i suoi
lineamenti, i suoi stessi, identici lineamenti, persino gli stessi difetti
della pelle, come un neo o un brufoletto. L'unica cosa diversa da Diana erano
gli occhi: erano scolpiti, levigati, lucidi, ma erano privi d'iridi, profondi e
neri come un vuoto nello spazio, che davano la sensazione di poterti attirare,
catturare, ipnotici.
L'altro essere era il suo esatto contrario. Identico al primo e a Diana per
lineamenti, diverso da entrambe per il colore abbacinante del suo corpo.
Bianco. Bianco luminescente, brillante come una stella, mutevole ogni volta che
lo sguardo si perdeva in quella luce così simile a quella del sole, eppure
priva del colore caratteristico dell'astro.
La guardavano.
Oh Merlino, quei due esseri la guardavano.
Avevano l'aria di chi può uccidere con un solo sguardo di quegli occhi,
d'onice o di ghiaccio.
Eppure...eppure la paura si dissolse nell'animo di Diana.
Non le aveva mai incontrate, prima, ma sapeva di chi si trattava. Lo
Sapeva.
-Arakta...- mormorò, guardando la creatura di perla. -Shoenn...- disse,
posando poi gli occhi sull'essere di lucido corvo. Le due creature annuirono.
-Esattamente.- rispose Arakta. Erano serie, prive d'espressione,
algide.
-Cosa sta succedendo, qui?- chiese Diana, senza lasciarsi impressionare.
-Sei qui perché hai smarrito la strada.- disse Shoenn, con la
sua voce profonda, oscura.
-Pensavo foste voi due, le strade.- commentò Diana, caustica. Entrambe
dissentirono.
-No, Diana. Le tue strade devono ancora essere segnate, e dovrai
essere tu, a farlo.- Diana sospirò.
-Non so cosa sono diventata.- ammise, abbassando lo sguardo. -Non so più
fare scelte sensate, sono governata dal male, non c'è più...-
-Controllo?- le suggerì Arakta.
-Esattamente.- annuì Diana.
-Diana, tu sei la regina del promiscuo, del poco chiaro, del
contrario. Dentro ogni essere umano esistono bene e male...- cominciò
Shoenn.
-Luce e Buio.- la corresse Diana. Shoenn ed Arakta alzarono gli occhi privi
di pupille su di lei.
-No.- disse Arakta.
-Luce e buio non sono Bene, o Male. Io sono Shoenn, il Buio, ma non
sono il Male, così come Arakta non è il Bene. È questo il tuo errore, Diana,
credere che noi siamo la personificazione della tua lotta interiore.-
continuò Shoenn, paziente.
-Ma la leggenda dice che “dovrò scegliere fra Luce e Buio”.- obiettò Diana,
cominciando a sentirsi un po' confusa.
-La leggenda sbaglia. D'altronde, è stata pronunciata da un uomo, e
per quanto fosse potente era pur sempre un mortale. Non sarà fra Arakta o
Shoenn che dovrai scegliere.
Noi siamo parte di te.
Tu porti entrambi i nostri nomi, pur non essendo nessuna delle due. Sei il
perfetto connubio che esiste fra Luce e Buio, fra notte e giorno, sei l'alba e
il crepuscolo. Ma non sei l'unione di bene e male, ricordalo. L'Oscurità non è
male, così come la Luce non è bene.
Tu sei una divinità, devi solo scegliere il tuo schieramento.- la corresse Arakta,
dolcemente. Diana non rispose subito, meditabonda.
-Quindi io devo scegliere fra Bene e Male...ma smetterla di combattere una
di voi.-
-Esatto. Non puoi combatterci perché, come vedi, noi siamo te. È il
Male che l'Anoma ha seminato in te che devi vincere, e così esaudirai parte
della leggenda.- Shoenn sorrise.
-Anoma? Cos'è?- chiese Diana.
-Gli Anoma sono esseri fatti di puro male. Quell'essere che ha fatto
questo scempio...- Shoenn indicò intorno a sé, le pareti imbrattate di
sangue, i cadaveri sparsi ovunque. -È uno di loro. Naturalmente qui non è
reale nel senso stretto del termine, ma lo è più che a sufficienza per
mostrarti quale orrenda creatura sia.-
-Gli Anoma sono i tuoi, nostri più pericolosi nemici. Hanno il
controllo sull'Arn-rhua, l'Elemento Dannato, l'unico che non puoi governare.
Sono gli unici capaci di ucciderti, con la magia. Sono creature che vivono in
funzione della tua morte. Tu sei l'unica che può ucciderli...tranne l'Oscuro.-
continuò Arakta.
-Voldemort è un Anoma?- chiese Diana. Le due annuirono.
-Quell'Anoma è l'unico destinato ad essere ucciso da un altro.-
-Harry Potter.- disse la ragazza, capendo.
-Sì.- annuì Shoenn. Passarono lunghi istanti di silenzio,
rotti solo dal respiro della giovane.
Pensava a sé stessa, Diana. Pensava alle proprie emozioni, le sondava,
cercando per la prima volta di capire se fossero sensazioni maligne o benigne,
e non luminose od oscure.
Pensò al rancore e all'affetto verso Harry.
Pensò all'amicizia con Lea e Ron, con Hermione, Ginny, Draco.
Pensò ad Alex e Melissa, vecchi compagni di guai.
E pensò a Blaise. Pensò all'amore che per lei significava tutto. Pensò a
quanto fosse importante per lei, a quanto fosse orribile il calvario in cui
viveva da quando l'aveva perduto. Pensò a lui.
E capì.
L'amore è ciò che salva dalla dannazione.
-Ho capito.- disse, finalmente. -So chi sono, ora.-
-L'hai sempre saputo.- dissero le due, sorridendo. E l'attimo
dopo erano scomparse.
All'istante, Diana sentì un impeto di forza scorrerle nelle vene,
inebriandola, risvegliando ognuna delle sue fino a quel momento sopite
emozioni.
Si guardò le mani. Erano rosee, il sangue pulsava nelle vene, visibili
attraverso la pelle trasparente.
Un'esplosione di colori, di suoni, di sensazioni.
Aria, Acqua, Terra, Fuoco, tutti gli Elementi minori, la Luce, il Buio.
Risiedevano dentro di lei. Erano lei.
Diana si mosse, fluidamente, con naturalezza. Un movimento che non le costò
quasi nessuno sforzo.
-Dov'è quell'Anoma?- chiese alla Pietra di Hogwarts, usando la lingua sacra
degli Algonquin, la tribù indiana che si diceva discendere dal profeta che
aveva dato vita alla sua leggenda.
La Pietra le indicò la via, suggerendola direttamente al suo cuore.
Diana girò su sé stessa, sentendo con somma soddisfazione il suo corpo
parcellizzarsi nell'Aria.
Riapparve in Sala Grande. Anche là, tutto sembrava scialbo, spento, in
confronto al tripudio di colore ed energia, di emozioni e sentimenti, che era
lei.
Ed eccolo là, l'Anoma, chino sull'ennesimo cadavere. Una creatura avvolta
in un mantello scuro, che celava dietro crini neri il proprio viso bianco.
Diana alzò le mani. Gli Elementi, ad una sua muta preghiera, si riunirono
là, fra le sue dita, facendo schioccare le falangi e le falangette,
raggiungendo le unghie e facendole risplendere di mille colori. Le guardò:
iridescenti tripudi di colore, rosso e verde, giallo e blu, bianco e nero,
grigio e viola, tutti condensati in una massa abbacinante che erano le sue
mani.
Sorrise, prima di scagliarsi contro l'essere. Le mani penetrarono nella sua
schiena, strappandogli – o strappandole – un grido disumano, di dolore crudo e
animale. L'essere si voltò verso la sua assassina.
Occhi rossi. E lì finiva la loro diversità.
La tua scelta l'hai fatta, Diana. Questo è il Male che si
annida in te.
-AAH!- gridò Diana,
svegliandosi di soprassalto in una infermeria di nuovo a colori.
Spero
che il chap vi piaccia, ci ho messo parecchio impegno perché è uno dei più
importanti...la scelta...
Io
sono sempre nascosta nel baule della macchina, ora si è pure aggiunta la
McGrannitt che mi vuole ammazzare!!!!! Aiuto!!!!
Ecco
le risposte alle recensioni:
SlytherinAngel:
anche io soffro perchè si sono lasciati tutti...ma ahimé non sono io che
comando, ma il mio cervellino pazzoide!! ;P Comunque stai tranquilla, l'happy
end è assicurato! Per Harry...avevo bisogno che facesse quella parte, ho
cercato di penalizzarlo il meno possibile benché preferisca altri personaggi a
lui (nella mia FF)...per la lingua, come dico in questo chap, è la lingua sacra
della tribò indiana (d'America) Algonquin. ^.^
cherie:
per ora lo zio Voldy lasciamelo perché ho bisogno del cattivo...poi te lo
faccio ammazzare, okappa? ;P spero che l'ambulanza sia arrivata, perché mi sa
che qua stiamo sprofondando nella pazzia assoluta...e ripeto stiamo...^.^
Axyna:
grazie mille per i complimenti, davvero, sia a me che a Diana (che poi è la
stessa cosa ;P) spero di non deluderti!
Iaia_Malfoy4ever:
allora ragazza se IO sono un genio TU sei uno stinco di santo! Il disegno è
FANTASMAGORICO, ti giuro che non riesco a smettere di rimirarmelo tanto è
bello! Ah poi cmq...a Milano non c'era Kledi...ma c'era Leon, José (che è
marron, ma bon bon!!), GARRISON (amo quell'“uomo”!), Anbeta, Francesca, la
Zaffino, Francesca, la Giulia Ottonello (mitica)...e FRANCESCO, che ha messo su
un fisico da bonazzo che mi sono messa a strillare in teatro!!
Mione1194:
hehe mi sa che dovrai aspettare ad uccidermi, caVa...anche a torturarmi, perché
se lo fai mi rinchiudo in silenzio stampa! Si lo so che sono malefica...
D2OTTO:
mi sa che qua c'è stato un piagnisteo generale, mamma mia, ho fatto scioglere
tutti...sigh sob...pure me...^.^
Honey
Evans: spero che questo chap ti sia piaciuto...l'errore della leggenda, la luce
e il buio che beccano Diana (povera, però è sempre un mito riesce persino a
tenergli testa!)...alla fine, come vedi, Diana ha scelto e ha scelto bene!
pei_chan:
wow...la tua recensione mi ha gonfiato di orgoglio! A parte che è la più lunga
che abbia mai ricevuto, mamma mia, sono contenta che la mia fic ti prenda tanto
e ti piaccia...anche io in classe non riesco a smettere di pensarci, col
risultato che ho riempito un quaderno con tutti gli appunti, scene,
eccetera...della storia. Sono felicissima di averti appassionata tanto, e
ringraziamo l'onnipotente Dile (hehe anche da lei prendo le mazzette ^.^) che
te l'ha suggerita! ;P
Koki:
et voilà, accontentata! (ps: si è risolto quel problema che c'era con
l'idealizzazione secondo te? Perchè non ne sono sicura...)
PolarLight:
ed eccola! Mi chiedevo quando saresti rispuntata! (me felice) Grazie per i
complimenti...non sono solo le descrizioni ad essere migliorate, ma tutto lo
stile...rileggendo “ti amo e mai te lo dirò” mi sono addirittura chiesta come
siano le recensioni tutte positive...grazie per il consiglio, non ho letto quella
trilogia ma lo farò al più presto! ^.^
-Calmati, Diana. Va tutto bene.- Diana, il fiato
corto, la paura negli occhi, alzò lo sguardo sul Preside, seduto molto
tranquillamente accanto a lei. C'era qualcosa di eterno, nella figura di
Silente: trasmetteva calma e pace, e riuscì ad attenuare un poco il terrore che
le attanagliava il cuore.
-Preside...- la ragazza si guardò ancora in giro:
voleva essere sicura di trovarsi nella vera
Hogwarts, e non in quell'orribile luogo che trasudava morte.
Lentamente, molto lentamente, la paura si chetò
nel suo animo.
-Cosa è successo?- chiese infine, dopo aver fatto
molti lunghi respiri. Silente incatenò gli occhi ai suoi, dandole l'inquietante
sensazione di essere radiografata. “Provo emozioni...provo sensazioni...non ho
mai amato tanto la paura come in questo momento.” si disse, sollevata.
-Io non lo so. Ho semplicemente fatto in modo che
tu fossi messa in grado di scegliere.- rispose il Preside, la voce ferma e
pacata. Diana colse un'ombra di dubbio e di diffidenza, nel suo sguardo.
-L'ho
fatto.- disse, più dura di quel che volesse essere. -Ho scelto.- Silente non le
chiese che cosa avesse scelto. Si
limitò ad osservarla a lungo, in silenzio, mentre lei sosteneva il peso enorme
di quello sguardo secolare.
-È stata dura?- le chiese infine. Diana scosse la
testa: la sensazione di irrealtà, di confusione, che l'aveva accompagnata
durante quelle dannate settimane era scomparsa. Era lucida, riusciva a sentire
chiaramente ogni emozione: tensione, dolore, rancore...paura. Paura verso
quell'essere che nel sogno aveva ucciso. Paura di quella creatura col volto
sporco di sangue caldo, gocciolante, dai denti ingialliti dal sapore
dell'omicidio, dagli occhi rosso vivo, pulsante...
Terrore.
Puro e indicibile terrore, scatenato da quella
perversa versione di lei.
-No.- rispose. Ed era la verità: annientarla,
annientare quella creatura, non era stato affatto difficile. Anzi, si era
sentita animata da un fiero orgoglio, come se stesse estirpando la sua anima da
un cancro mortale.
Silente le sorrise per la prima volta. Diana sentì
un macigno sollevarsi dal suo cuore: vedere il Preside rilassarsi era una
conferma, un “va tutto bene”.
-Resta qui in infermeria. Manderò il signor Malfoy
a trovarti, se lo desideri.- le disse dolcemente, mentre si alzava.
-Ma Preside...il resto della scolaresca non sa...-
cominciò Diana, confusa. Un'ombra di tristezza passò nell'azzurro intenso degli
occhi di Silente.
-Ahimé, Diana, forse il signor Gazza non ha tutti
i torti nel voler espellere Pix. Il signor Malfoy le spiegherà tutto, presumo.
Ora devo andare...- la salutò con un cenno affettuoso, e si volatilizzò non
appena fufuori dall'infermeria. Diana
si lasciò ricadere sui cuscini, esterrefatta e preoccupata.
Pix...
Aveva Obliviato quel dannato poltergeist non
appena aveva rivelato alla scolaresca due dei suoi più importanti segreti.
Troppo tardi, però, perché molti studenti lo
avevano sentito.
E poi, Harry.
Harry che l'accusava di essersi illusa, di essersi
lasciata usare, di essersi innamorata di un idiota...beh, su questo non poteva
non dargli ragione, ammise con un mezzo sorriso.
“Cazzo, che disastro...”
pensò, rendendosi conto che, in quel momento, sulla bocca di tutti poteva
esserci solo un nome: Diana Black.
La porta si aprì, e Draco, trafelato, entrò
praticamente di corsa.
-Diana, tutto bene?- le chiese.
-Secondo te?- replicò lei, caustica. Draco
sospirò, sollevato: se faceva del sarcasmo, allora stava piuttosto bene. Si
sedette sulla poltroncina lasciata libera da Silente, riprendendo lentamente
fiato.
-Che cosa cazzo hai combinato? Sono tre ore che ti
cerco, e Silente mi ha appena avvertito che ti trovavi qui.- le disse. Diana si
strinse nelle spalle.
-Ho fatto
un piccolo viaggio nei meandri del mio cervello per ricordarmi da che parte
sto, ti lascioimmaginare in quale caos
mi sono trovata.- disse, strappando al cugino un mezzo sorriso.
-Prima o dopo aver rivelato al mondo intero di
essere una Black?- le chiese.
-Dopo.- rispose lei. Anche il dolore si era un po'
attenuato, benché il solo pensiero di Blaise le bruciasse gli occhi e l'anima.
-Sanno di te e Blaise, quelle sanguisughe. Sono
perfidi, preparati quando uscirai perché vorranno farti sicuramente del male.-
la avvertì.
-So cavarmela.- si limitò a fargli notare. Draco
annuì, riconoscendo che sì, lei sapeva cavarsela.
-Lo so, ma avrai tutti contro. I Serpeverde ti
daranno della puttana, ho quasi affatturato Hoper per farlo tacere, mentre i
Grifondoro ti accusano di essere una traditrice del “nobile animo di Godric”.-
mimò, con evidente sarcasmo. Diana sospirò.
-C'era da aspettarselo.- commentò, filosofica.
-Già.- silenzio. I pensieri di entrambi si
affollavano sullo stesso sentimento, incarnato da due persone diverse.
-Diana...come sta Hermione?- chiese lui, alla fine. La cugina colse l'amarezza
negli occhi e nella voce di Draco.
-È forte e sa fingere bene. Sta male, ma si
riprenderà.- quelle parole sembrarono rincuorare un po' il tormento del giovane
Malfoy, che le rivolse un sorriso malinconico.
-Spero che ci riesca...almeno lei.-
Un fruscìo. Diana si era alzata dal suo letto e lo
aveva abbracciato, conscia di quanto il cugino stesse male, conscia del dolore
e della frustrazione che gli attanagliavano il cuore e lo spirito, conscia di
quanto gli mancasse la sua adorata Hermione. Diana era l'unica a sapere quanto
fosse grande e potente il sentimento di Draco, l'unica con cui lui si fosse mai
sfogato del tutto...
Tranne Blaise, ovviamente.
-Finirà, Dray. Prima o poi, finirà anche questa
guerra. Bisogna tenere duro.- sussurrò, gli occhi chiusi, stretta fra le
braccia del cugino. -Anche se ci viene portato tutto via...- aggiunse, con un
groppo doloroso fermo in gola, un dolore immane che minacciava di nuovo di
sopraffarla.
-Mi sa che siamo rimasti soli, adesso. Ma hai
ragione, non possiamo mollare.- le disse lui, dopo un po', carezzandole i capelli
e la schiena, cercando in qualche modo di confortarla e, inconsciamente, di
essere confortato.
-Se tieni duro tu, lo farò anch'io.- sentenziò
Diana. Draco si sorprese di sentirle pronunciare quelle parole: gli davano la
sensazione di essere importante, per la cugina, almeno quanto lei lo era per
lui.
-Ne usciremo tutti senza cadere, allora.-
-È una promessa, Dray?-
-Sì, Di. Lo è.-
Diana passava la maggior parte del suo tempo in
solitudine, ora. Tutti sapevano chi era, grazie a quel maledetto poltergeist.
Nei corridoi, nelle aule, in Sala Grande, Diana Black veniva evitata e
allontanata, come se fosse portatrice di peste.
Aveva duramente imposto a Ron, Hermione e Ginny
(ai due rossi, per fortuna, la sua ascendenza non importava) di starle lontano:
le mancava soltanto che anche i suoi amici venissero denigrati quanto lei,
figlia di colui che, per la maggior parte delle persone, sarebbe sempre rimasto
un assassino e un traditore. Per di più, ora che la sua ascendenza era ben
nota, Diana veniva spesso, sgradevolmente associata a Bellatrix Lestrange. La
loro somiglianza era qualcosa che nemmeno Diana poteva ignorare: era bella e
spietata, altezzosa e fiera come solo una Black poteva essere.
Solo Draco le rimaneva accanto. Anche lui, sempre
più pallido e teso, sempre più preoccupato per il compito che avrebbe dovuto
assolvere in tutti i modi, passava il suo tempo da solo o con lei. La loro
amicizia, così come la relazione che c’era stata fra Diana e Blaise, era ormai
oggetto di dominio pubblico, e nasconderla non sarebbe servito a nulla. Unica
nota positiva in una situazione…beh, in una situazione di merda.
Il pensiero di Harry era quello che le faceva
quasi più male, per quanto detestasse ammetterlo anche con sé stessa. Sapeva
che, se avessero parlato, se gli avesse spiegato tutto, Harry avrebbe capito perché lo aveva attaccato, perché si
fosse comportata a quel modo. Ci era passato anche lui, per una cosa del
genere.
Sperava che, se avessero parlato, Harry avrebbe
cambiato idea su quello che c’era stato fra lei e Blaise. Aveva sbagliato,
forse, a valutare il giovane Potter: forse era in grado di capire. Ma
l’orgoglio, e anche la vergogna per i propri comportamenti non proprio
irreprensibili, impedivano ad entrambi di chiarirsi.
Ginny, Ron e Hermione non sapevano perché i due si
fossero allontanati, perché le poche volte che i loro sguardi si incontravano
vi era solo imbarazzo misto ad altezzosità, fra loro.
Lea le scriveva valanghe di lettere. Crystal era
un mezzo sicuro e veloce di comunicazione, e le due potevano scambiarsi
informazioni, notizie e pensieri senza il timore di essere intercettate. A
parte Draco, Lea era il suo unico appiglio: se n'era andata da Hogwarts pochi
giorni dopo l'attacco a Ron, richiamata in missione, ma aveva continuato a
stare accanto all'amica che, lo sapeva, soffriva più che mai.
E c'era sempre il dolore. Diverso, ora, meno
irruente e selvaggio, più controllato dalla sua nuova, cupa serenità. Il senso
di vuoto nel cuore, là dov'era stato Blaise, il letto freddo in cui si coricava
tutte le notti, le giornate vuote, senza la sua voce. Era riuscita ad accettare
che Blaise doveva starle lontano, per il bene di entrambi, ma non per questo
avrebbe smesso di combattere.
Perché aveva preso una decisione, Diana: si
sarebbe ripresa il suo ragazzo, il suo amore, la sua vita. Gli avrebbe fatto
vedere i sorci verdi, a quel maledetto Signore Oscuro, ora che era maggiorenne
e membro a tutti gli effetti dell'Ordine della Fenice.
Ricordava bene quella sera, la stessa sera del suo
movimentato compleanno, l'ufficio di Silente. La lunga conversazione avuta con
il Preside, con Kingsley Shacklebolt e la professoressa McGrannitt, che
l'avevano interrogata a lungo e a fondo, per essere sicuri che il Male fosse
veramente stato estirpato da lei. Diana aveva risposto con fredda pacatezza,
con studiata eleganza, ma sincera.
Alla fine, i tre le avevano concesso di entrare a
far parte dell'Ordine.
Diana aveva accettato subito, benché una parte
della sua anima aveva continuato a gridarle in faccia la verità: ora era ufficiale.
Era vero, ormai: lei era da una parte, e Blaise dall'altra. Separati e divisi
da qualcosa di enorme che Diana aveva tutta l'intenzione e la determinazione di
distruggere.
Il suo primo incarico, escluso il solito “ponte”
di informazioni che le arrivavano dal Limbo, era quello di stare vicina a
Draco. Di controllare che riuscisse a portare a termine la sua missione, benché
sulle reali intenzioni di Silente non avesse che qualche vago dubbio.
Ma lei era un soldato, dopotutto (anche se spesso
decisamente indisciplinato), e aveva obbedito.
Una sera, una calda, fragrante sera di fine
maggio, Diana era appollaiata sul grande faggio in riva al Lago, in compagnia
del suo diario. Era puerile tenere ancora un diario, a diciassette anni, ma era
l’unico modo che avesse per sfogare quello che aveva dentro. Diana aveva sempre
amato scrivere.
Intorno a lei, nessuno. Le piaceva così, Hogwarts,
adesso. Deserta.
-Diana, sei lassù?- una voce matura, di uomo,
pacata. Diana lanciò uno sguardo alla base dell’albero, dove una figura alta e
avvolta dall’oscurità la stava chiamando. Non scese subito: sei anni di
Morris-West le avevano insegnato a non fidarsi di una situazione del genere.
-Diana, sono Remus. Puoi scendere, per favore?-
Un balzo, e Diana era già a terra, un sorriso
tirato ma sincero che nasceva sul viso. Pallida, più del solito, smagrita,
segni rossi sul viso là dove gli allenamenti in palestra si erano fatti troppo
duri, ma straordinariamente simile a suo padre, la stessa gioia sincera e
velata di malinconia negli occhi.
Davanti a lei, Remus John Lupin, licantropo di
professione, amico per vocazione.
Aveva conosciuto Remus quando lei e sua madre si
erano trasferite in Inghilterra. Il licantropo era venuto a sapere
dell’esistenza di quella ragazza, figlia del suo migliore amico, e aveva voluto
assolutamente conoscerla. Diana non si era opposta, anzi: avrebbe potuto sapere
qualcosa su suo padre, da quell’amico…avrebbe potuto raccontarle chi era.
Un giorno, Remus si era presentato a casa
O’Connell. Cassandra, sua madre, lo aveva riconosciuto, visto che avevano
passato due anni insieme, ad Hogwarts. Avevano passato un paio d’ore a parlare,
in salotto, mentre Diana ascoltava da dietro la porta della sua camera, senza
trovare il coraggio per intervenire. Da una parte, perché meno stava fra i
piedi di sua madre più quest’ultima sarebbe stata contenta, ma dall’altra, da
quella che riguardava lei, era un po’ spaventata dalla presenza così vicina di
un uomo che aveva potuto conoscere suo padre, il padre che Cassandra le aveva
sempre negato.
Sì, almeno con sé stessa lo aveva ammesso: la
grande Diana Black aveva paura.
Una paura irrazionale, forse, ma forte, verso
qualcosa – qualcuno – che le era sempre stato estraneo.
Abituata com’era a badare a sé stessa, non aveva
mai pensato veramente a come sarebbe stato avere un padre. Ma, da quando Dan e
Scott erano morti, il desiderio di conoscere qualcosa su quell’uomo era andato
via via crescendo, fino a diventare insostenibile. E aveva colto l’occasione,
quando il suo capo le aveva proposto di combattere su entrambi i fronti.
Ad un certo punto, Remus aveva chiesto di lei.
Diana aveva avvertito la voce della madre indurirsi, mentre partiva con le sue
solite filippiche su quanto fosse una ragazza difficile, preoccupante, su
quanto fossero assurdi i suoi interessi e pericolosi i guai in cui si
cacciava…Lupin aveva ascoltato tutto, senza mai interromperla, e poi aveva
detto: -Cassie, posso parlare con lei?-
Cassandra, un po’ delusa, gli aveva indicato la
porta dietro la quale Diana origliava. Diana aveva aspettato che l’uomo
entrasse in camera sua, e aveva notato che non sembrava sorpreso di averla
scoperta ad origliare. Remus l’aveva guardata a lungo, stupefatto, prima di
dire:
-Te l’ha mai detto, Cassie, che sei identica a tuo
padre?-
-No. Mi ha sempre e solo tacciato di ribellione.-
aveva replicato lei, diffidente, appollaiata nella sua poltrona preferita.
-Allora te l’ha detto. Anche tuo padre era un
ribelle cronico.- Diana lo aveva soppesato a lungo, lo sguardo fiero e
indagatore.
-Parlami di lui…per favore.-
Remus aveva sorriso, e aveva
cominciato a parlare. Si erano incontrati tante volte, dopo quel primo
contatto. Remus le raccontava le avventure di quel gruppo di spostati che si
facevano chiamare Malandrini, di tutti i danni che avevano combinato, delle
incessanti avance di James, Ramoso,
all'esasperata Lily Evans. E le raccontava di Sirius, quel giovane che metteva
sempre davanti a sé gli amici, quel folle sconsiderato che si metteva nei guai
un giorno sì e uno anche, quel rubacuori che non aveva mai trovato l'amore, ma
non desisteva nel cercarlo. E Diana ascoltava, affascinata e divertita, a volte
anche esasperata, rendendosi conto, giorno dopo giorno, di quanto il suo
carattere fosse simile a quello del padre.
E Diana si era aperta, con
Remus. Gli aveva raccontato della sua vita, dei propri guai, e del proprio
dolore. Aveva aperto il suo cuore a quell'uomo a cui si era affezionata, in
quel periodo. E Remus, con una stretta di nostalgia al cuore, si era
affezionato a lei, assumendo inconsciamente il ruolo di quel padre che non
aveva mai potuto avere.
E ora era lì, ad Hogwarts,
preoccupato per le voci che gli erano giunte su di lei.
-Remus, come mai qui?- gli
chiese Diana. Remus la guardò storto.
-Silente mi ha mandato un
messaggio. Sei un po' incasinata, o è una mia impressione?- Diana sorrise,
malinconica.
-Un po'...- disse,
abbassando lo sguardo. Cominciarono a camminare lungo la riva del lago, uno
accanto all'altra, mentre le luci della scuola si spegnevano una ad una.
-Vuoi parlarne?-
-Non ti dispiace ascoltare i
drammi di un'adolescente?- Remus scoppiò a ridere.
-Sopportavo i drammi di tuo
padre, di James e anche di Lily. Credo di potercela fare.- disse, divertito.
Anche Diana sorrise, un po' a malincuore.
-Mi sono innamorata, Remus.
E non sarai contento di sapere di chi.-
-Un Serpeverde?- Diana lo
guardò, stupita.
-Sì...al secolo, Blaise
Zabini.- Remus incassò bene la notizia: si limitò a sospirare, rassegnato.
-Lo conosco. E lui...-
lasciò la frase in sospeso.
-È un sentimento reciproco,
Remus. Ed è forte, forse troppo forte, perché lui mi è stato portato via da
quel brutto serpente gigante che di nome fa Voldemort.- Lupin colse tantissimo
dolore, in quella voce sarcastica.
-Ti ha lasciata?- le chiese,
comprensivo.
-Ci siamo lasciati.
Perché Voldemort mi vuole morta e tramite lui arriverebbe a me, perché Blaise
rischierebbe la vita a stare con me. È una situazione veramente di merda.- lo
corresse, con rabbia.
-Lo immagino. E Harry?
Silente mi ha detto che avete litigato...- le disse, dolcemente. Diana sospirò,
affranta.
-È così. Mi crede un'illusa
traditrice dei Grifoni, detesta l'idea che mi sia innamorata di un Serpeverde e
vorrebbe volentieri Cruciare Blaise.- spiegò.
-Harry è sempre stato in
conflitto con le Serpi, lo hanno sempre trattato come un verme e ha sviluppato
parecchi pregiudizi. Tu mi dici che Zabini non ti ha mai illusa, che ti ama sul
serio, e io ti credo, ma per lui non è la stessa cosa.- le spiegò Remus,
paziente.
-Lo so...è che mi ha fatto
male, sentirlo trattarmi così, quando fino a due settimane fa eravamo
legatissimi.- commentò lei, addolorata.
-Lo immagino. Sai, anche
Sirius una volta ha litigato con James per un motivo simile. Per tua madre, per
essere precisi.- Diana si voltò verso Remus, stupefatta.
-Cosa?- Lupin sorrise.
-Sì. Tua madre era una
Serpeverde. Tuo padre si era invaghito di lei, e non è servito a nulla dirgli
che di lui, a Cassie, non interessava nulla. Senza offesa.- aggiunse. Diana
fece un gesto con la mano.
-So che è una carogna, ma
non sapevo che fosse stata una Serpe. Non mi sorprende.- commentò, filosofica.
-Non essere troppo severa
con Cassie. È arrivata a Hogwarts al quarto anno, ed è finita fra le Serpi solo
per il suo cognome. Non ha mai avuto il tuo coraggio o quello di tuo padre, ma
non era cattiva e ha passato la vita all'ombra di Bellatrix Lestrange.- le
spiegò, notando l'irrigidimento di Diana alla menzione della Mangiamorte.
-Chissà come ha fatto mio
padre ad innamorarsi di lei...- borbottò la ragazza, accigliata.
-Si era invaghito di lei,
non innamorato. Poi è rinsavito, e quando tua madre lasciò Hogwarts aveva già
una nuova fiamma. Non era proprio serissimo, con le donne.- Diana sbuffò,
divertita.
-Una delle poche cose che
non ho preso da lui.- l'amarezza la colse improvvisa, velandone la voce. -Mi
sarebbe piaciuto, conoscerlo. Non è giusto che mia madre non me l'abbia
permesso.- aggiunse, sentendosi odiosamente simile ad una pivella viziata.
Detestava esprimere quel genere di sentimenti, non sopportava di sentirsi
un'egoista.
Si sorprese, quando vide una
scintilla malandrina negli occhi di Remus.
-Si può sempre rimediare.-
disse il licantropo, con un ghigno non molto dissimile dal suo.
Fu proprio quel sorriso, a
preoccuparla.
(ndA: lettrici, preparate
trombette, cappellini e champagne. È un consiglio da amica. ;P)
Passi. Passi veloci, passi
che risuonavano nel buio e nel gelo di quel luogo.
Passi affrettati, passi
decisi, passi di una donna che aveva un obiettivo.
Passi di una donna che aveva
una speranza.
Un mantello nero, frusciante
intorno alle sue gambe, scivolava sulle nude pietre del pavimento. Le sue mani
bianche si strinsero sull'orlo, mentre volute di fiato si condensavano
nell'aria gelida.
Diana fissò il proprio
sguardo sulla sala in cui si trovava. Pietra fredda, agli occhi di chiunque, ma
pulsante ai suoi, pulsante dei sentimenti dilanianti dei vivi, e della pace dei
morti. Gradinate sulle pareti, che fungevano sia da panchine che da scalini,
scendevano a spirale fino a dove si trovava lei, a pochi metri da una
piattaforma anch'essa scavata nella roccia, innalzata di una decina di
centimetri dal pavimento.
E là, un arco.
Semplice, a ogiva, senza
nessuna struttura che lo sostenesse.
E là, il Velo.
Diana non riuscì a staccarne
gli occhi dal momento in cui lo vide. Ondeggiava leggermente, mosso da un vento
inesistente.
Mosso dal respiro delle anime che dietro vi riposavano.
Diana si avvicinò, ignorando
i sussurri che infrangevano quel silenzio innaturale e le arrivavano dritti al
cuore, gelandole l'anima.
Il Velo si scostò appena
quando lei allungò una mano per sfiorarlo, allontanandosi dalla sua pelle
diafana senza toccarla.
-Desidero mio padre.- sussurrò. Non era certa che avrebbe
funzionato, ma doveva assolutamente provare. Mise in quelle parole tutto il
bruciante desiderio che provava da mesi e mesi, ormai, il desiderio di
incontrare l'uomo che le aveva donato la vita.
Il velo si scostò
completamente.
Là, esseri eterei e gioiosi
si annodavano in volute e spirali, spiriti pallidi ed evanescenti che si
attorcigliavano e si inseguivano sotto gli occhi stupefatti di Diana.
Sembravano…felici.
Come avrebbe voluto, Diana, unirsi a loro.
Attraversare la soglia dell’ignoto e smetterla, smetterla di soffrire,
smetterla di vivere.
Per un istante, fu tentata di farlo.
Fu uno ad avvicinarsi a lei.
Dapprima, non fu altro che una delle tante anime inespressive, senza volto, ma
mano a mano che si avvicinava i suoi lineamenti presero forma.
Con un sospiro, lo spirito
uscì dall'arco e si alzò in piedi, di fronte a lei.
Diana trattenne il respiro,
esterrefatta, evitando per un pelo di indietreggiare. Un uomo era di fronte a
lei, con un sorriso sul volto pallido.
Era alto, ben piantato, le
spalle larghe. Il viso era giovane, bello, attraente, e due occhi molto
intensi, familiari, la guardavano con visibile orgoglio. I capelli erano
lunghi, raccolti in una coda bassa, neri come la pece.
Gli occhi di Diana erano
spalancati, sbarrati.
-Diana.- disse l'uomo, con
voce calda, allegra.
-Papà.- la parola suonava
arrugginita, poco usata, sulle sue labbra.
Sirius Orion Black era
davanti a lei. Con un sorriso orgoglioso e sincero sul volto affascinante e
straordinariamente simile a quello della ragazza.
Diana era pietrificata. Non
riusciva a muoversi, i suoi muscoli e la sua voce erano entrati in sciopero.
Aveva davanti, per quanto impossibile potesse sembrare, quel padre che non
aveva mai conosciuto, quel padre che ammirava più di quanto le fosse mai
successo con chiunque altro...
-Che strano effetto, essere
chiamato così.- commentò Sirius con una risata. Era diversa da quella di Diana,
più simile al latrato gioioso di un cane, mentre quella della figlia era più
bassa, sensuale e profonda, anche se entrambe vibravano dello stesso calore. E
spezzò quell'istante di cristallo, quell'attimo che aveva lasciato Diana, per
la prima volta nella sua vita, assolutamente senza parole.
-Eh già...immagino.-
borbottò, la voce strozzata. “Non avevi proprio nulla di più intelligente,
vero, Diana?”
-Ricordati di respirare,
Diana.- le fece gentilmente notare il padre, con un ghigno malcelato.
-Spiritoso.- commentò lei
con una smorfia. -Almeno adesso so da chi ho preso il pessimo umorismo che mi
ritrovo.-
-Ah, beh, è una delle mie –
anzi, nostre – migliori qualità. Dopo
la bellezza, ovviamente.- rise Sirius, ironico.
-Ovviamente.- rincarò lei
con un sorriso. Si sedettero sul bordo della piattaforma, infranto il disagio
iniziale, in silenzio.
-Certo che ne hai fatti, di
guai.- commentò Sirius dopo un po' che si era perso a guardarla, ammirato e
stupito di aver potuto creare qualcosa di così bello e di così
straordinariamente simile a lui.
-Eh, beh, degna erede...-
Diana stiracchiò le gambe, mettendosi comoda.
-Sarei rimasto deluso se mia figlia non fosse diventata la degna
erede dei Malandrini.- Diana scoppiò a ridere: Malandrina, un aggettivo e un
appellativo perfetti, per lei. -Ma mi hai reso fiero, sai? Ti ho osservato, da
lassù...- Diana arrossì, cercando di non mostrarsi troppo orgogliosa per
quell'inaspettato complimento.
-Anche se mi sono innamorata
di un Serpente, papà?- Sirius tornò serio, ma non arrabbiato.
-So che cosa c'è tra voi, ho
visto tutto quello che è successo...- Diana arrossì di colpo, rendendosi
improvvisamente conto di cosa il
padre poteva aver visto. Sirius se ne accorse, una scintilla maliziosa e
divertita negli occhi. -Stai tranquilla, c'era Lily a impedirmi di guardare
certe cose.- la rassicurò, rammentando le proteste di James mentre Lily
impediva ai due Malandrini di accaparrarsi per vedere i momenti di intimità
della figlia.
-Bisognerebbe santificarla.-
borbottò Diana, ancora dubbiosa e imbarazzata.
-Concordo.- poi la guardò.
Diana si sentì quasi a disagio, riconoscendo nel padre la stessa intensità dei
propri occhi, capendo perché fossero pochi coloro che riuscivano a sostenere il
suo sguardo. -Io ti ascolto, Diana. Puoi dirmi quello che vuoi.-
Diana sorrise, ricacciando
indietro le lacrime di gioia che le si affollavano negli occhi.
Abbassa le difese, Di.
Hai tutto il tempo che vuoi.
Apri il tuo cuore, che hai sempre tenuto...chiuso.
Alur
alura!!! Mi sa che adesso invece di uccidermi vogliate farmi un monumento, là,
in piazza Prampolini (Scandiano ^.^)...muahahahahahah!!
E'
da quando ho iniziato la fic che fleshio questo momento...spero di essere stata
abbastanza brava nel descrivere la reazione di Diana, il rapporto consolidato
con Remus (altro mio amour ^.^) e il rapporto nascente con Sirius (Mio first
ammore!!!!!! ;P)
Diana
può richiamare Sirius perché sono legati da un legame di sangue, e perché i
poteri di Diana glielo permettono. È un esperimento che Remus ha voluto
tentare, mi sa che il monumento lo faccio a lui invece che a me, riesce sempre
a tirare su il morale di tutti!!!
Remmie
we love u!!! ;P
Ah, cmq…ho cercato di riassumere gli ultimi mesi di scuola, perché questo
è l’ultimo capitolo dark/triste e si passa al mio genere in assoluto
preferito…ossia la guerra/dark! A metà di questo e all’inizio del prossimo sono
presenti due riassunti, simili, che spiegano più o meno come è diventata la
vita ad Hogwarts (insostenibile…dannato Pix)…nel prossimo poi ci sarà…beh lo
dice già il titolo: “La Battaglia Di Hogwarts”! Ho poco tempo per rispondere alle recensioni, quindi ringrazio: Axyna, pei_chan (mi sa che tu e la Dile avete in comune un insano desiderio di uccidere ME!! ^.^), Ilaria (muahahah a momenti gli saltavo addosso io a Francesco..però dai..conteniamoci - parlo io...che a Blaise beh lo sai e mi censuro! ^.^), Honey Evans, Cherie, Mione1104 (le armi dell'autrice...muahahahah!!!), e D2OTTO (con calma, ci arriveremo...;P)
Queste sono alcuni disegni che hanno fatto alcune mie amiche...tralasciando il capolavoro di Iaia_Malfoy4ever, che sarà postato nel prossimo chap, le disegnatrici sono: Geraldine, una vecchissima amica che ancora mi sopporta. Ragazze, vi adoro!!!
Maggio scivolò via con una velocità impressionante
Maggio scivolò via con una velocità impressionante. In pochi
giorni, Diana si ritrovò a dover affrontare non solo tutti i suoi problemi, le
sue paure, i suoi dolori. No, dovevano aggiungersi pure quegli inutili,
fottutissimi esami.
Ora però sembrava più facile sopportare tutto. Persino lo
studio continuo e perenne a cui si era costretta, dopo auto rinunce piuttosto
penose, a seguire.
Tutte le notti, si Smaterializzava dalla sua stanza e
raggiungeva l'Ufficio Misteri. Parlava con Sirius, gli raccontava tutto quello
che succedeva ed era successo, tutto quello che non aveva potuto raccontargli
in quei diciassette anni in cui non c'era stato. Sirius, affettuoso, ascoltava
le sue parole, la consigliava, scherzava con lei, cercando di cogliere tutto
quello che poteva di quella figlia che presto imparò ad adorare.
Un padre è il primo amore di una figlia.
L'appiglio a cui l'eterna bambina potrà
sempre aggrapparsi.
Il legame fra Sirius e Diana era già
indissolubile.
Nemmeno la solitudine le pesava più, perché ora non sentiva
più di esserlo.
Avrebbe voluto poter condividere quella piccola gioia con
Blaise. Sarebbe stato contento per lei, ne era sicura. Sapeva quanto Diana
tenesse anche solo al ricordo, del padre, e vederla felice – Diana lo sapeva
bene – era ciò che Blaise desiderava di più.
Ma avrebbe potuto esserlo davvero solo
quando avrebbe sentito di nuovo il calore delle sue braccia.
Avrebbe voluto far sapere a Harry che poteva di nuovo
parlare con il padrino. Ne sarebbe stato felice, ma le poche volte che si scambiavano
qualche parola avvertiva ancora il gelo che il fratellastro emanava.
L'unica cosa che Harry avesse fatto di buono in quel periodo
era stato dichiararsi a Ginny. Quella notte, Diana era in disparte, ad
osservare i festeggiamenti per la vittoria della Coppa di Quidditch, quando il
Prescelto era entrato dal buco del ritratto e Ginny, di slancio, gli si era
buttata tra le braccia.
Il bacio che era seguito era stato il più bello che la rossa
avesse mai ricevuto.
Quando si erano separati, Harry non aveva cercato Hermione,
non aveva cercato Ron. Aveva cercato lei, Diana, aveva incontrato il suo
sguardo con un misto di vergogna e speranza, e l'aveva vista annuire con un
mezzo sorriso, mentre con una mano tratteneva Ron per un braccio.
Un solo, misero cenno.
Tutto quello che era stato fra loro, si riduceva a questo.
E non riusciva a infrangere quell'equilibrio, quella
situazione di stallo che si era creata fra lei e quello che era stato il suo
migliore amico.
Fu una notte di metà giugno che precipitò tutto quanto.
Diana era in Sala Comune, seduta in un angolo solitario,
mentre tentava – con scarso successo – di mandare a mente alcune formule di
Trasfigurazione. Erano quasi le undici, ormai era ora di mettere via i libri e
di avviarsi verso l'Ufficio Misteri.
All'improvviso, il buco del ritratto si aprì, e ne entrò un
Harry stravolto e affannato.
-Harry!- chiamò Hermione, dall'altro capo della sala comune,
correndogli incontro. Ron, che come la mora stava cercando di studiare,
raggiunse i due amici. -Che cosa vuole Silente?-
-Harry, tutto a posto?- gli chiese Ron, vedendo
l'espressione stravolta dell'amico. Diana si mise istantaneamente in ascolto.
-Sto bene.- il Prescelto si fiondò nel dormitorio maschile.
Ron e Hermione ebbero appena il tempo di lanciare un'occhiata stupita e
preoccupata all'amica, prima che lui tornasse.
-Non ho molto tempo. Silente crede che sia venuto a prendere
il Mantello. Sentite, io devo andare. Silente ha localizzato un Horcrux, nella
caverna dove Riddle terrorizzò due bambini, da piccolo. Capite cosa vuol dire?
Silente non sarà qui, stanotte, quindi Malfoy avrà un'ottima possibilità di
tentare qualunque cosa abbia in mente.- scoccò un'occhiata di disapprovazione a
Diana: sapeva della sua amicizia con Draco. -So che Malfoy tenterà qualcosa,
stanotte, quindi tenete.- e consegnò a Ron una boccetta dorata che Diana
riconobbe immediatamente per la Felix Felicis, la pozione che aveva vinto tanti
mesi prima a Lumacorno. Ginny li raggiunse, avvertita da Harry con un Patronus
pochi minuti prima.
Dopo aver dato ai tre ragazzi anche la Mappa del Malandrino
e spiegatogli cosa fare, si voltò finalmente verso Diana che, in disparte,
appoggiata alla parete con le braccia conserte, stava ascoltando ogni cosa.
-Ho
bisogno di te.- le disse, duramente. Diana alzò lo sguardo, fissò i suoi occhi
metallici in quelli smeraldini del Prescelto. Ron, Hermione e Ginny li
guardarono entrambi.
-Hai
bisogno delle mie capacità.- lo corresse lei, gelida. Harry annuì bruscamente.
-Esattamente.
Te li affido.- disse solo, prima di consegnare a Ron la Felix, lasciare un
bacio sulle labbra di Ginny e allontanarsi. Fu solo quando il buco del ritratto
si chiuse dietro il ragazzo, che si voltarono verso di lei…e si trovarono
davanti un soldato.
La
sua espressione era mutata, si era indurita. I suoi occhi si erano fatti
attenti, aperti il più possibile, per cogliere ogni dettaglio di ciò che aveva
intorno.
-Andiamo.-
disse, con voce dura. I tre, allibiti, la seguirono fuori dalla sala comune.
Diana agitò la bacchetta, un gesto morbido, fluido, e due lampi di luce
saettarono per un istante nel corridoio, prima di svanire. -Patronus.- spiegò.
-Ho avvertito Neville e Luna, abbiamo bisogno di loro. Andiamo, ci
raggiungeranno al settimo piano.- li precedette lungo la strada.
-Impressionante.-
mormorò Hermione. Ron e Ginny annuirono. Raggiunsero alla svelta il settimo
piano, senza dire nulla, mentre i tre si dividevano la Felix Felicis. Neville e
Luna li stavano aspettando davanti al nascosto ingresso della Stanza delle
Necessità.
-Hermione,
Luna, andate a tenere d’occhio Piton. Presto. Ron, Ginny, fuori le bacchette e
seguiteci. Neville, con me.- ordinò seccamente Diana. Le due ragazze annuirono,
e si allontanarono alla svelta.
Era tesa, Diana: quella notte si sarebbe messa contro Draco.
I suoi peggiori incubi stavano per avverarsi. Lei e Draco, cugini, fratelli,
sui due fronti di una battaglia che non avrebbe lasciato vincitori.
Rimasero immobili, ben nascosti dietro le colonne del
settimo piano.
“Forza, Draco, esci…lasciati Schiantare, cugino…” era il
continuo pensiero di Diana.
L’attesa si faceva snervante. Ron perse la concentrazione, e
si mise a giocherellare con la bacchetta. Uno sguardo penetrante di Diana lo
spinse ad affrettarsi a rimettersi in riga.
GNEEK…
Si era distratta. Dannato Ron.
-Sono qui! Presto!- Diana fece appena in tempo a scorgere
due occhi, gemelli dei suoi, e poi tutto divenne nero.
-Polvere Buiopesto! State addossati alle pareti!- ruggì, e
con un solo, possente gesto chiamò il Fuoco ad ardere intorno alla sua mano,
illuminando quel nero innaturale che le premeva sugli occhi.
-Stupeficium!- gridò una voce di Mangiamorte.
-Protego! Ares!- ruggì lei in risposta, e un ariete
esplose dalla sua bacchetta, infrangendo lo scudo che aveva Evocato e
incornando quello che sembrava uno dei fratelli Carrow. -Ragazzi, muovetevi!-
chiamò aspramente, e tutti e quattro si scagliarono dietro ai Mangiamorte. -Oppugno!-
gridò Diana, puntando la bacchetta contro una schiena. L’ariete attaccò, ma
Dolohov fu più svelto, e lo fece esplodere.
-Fermi!- gridò ai Mangiamorte. Solo Draco continuò a
correre, ma Diana non volle fermarlo. Si dirigeva verso la Torre di Astronomia,
seguendo un altro Mangiamorte che era andato avanti. Valutò alla svelta la
situazione: erano sette contro quattro.
Sorrise.
-Strengito!- gridò repentinamente,
puntando la bacchetta contro le pareti. All’istante, quelle si compressero
intorno ai Mangiamorte, spaventandoli a tal punto che molti mollarono la
bacchetta.
-Avada kedavra!- gridò un Mangiamorte,
e l’Anatema che Uccide partì alla volta di Ginny.
-Deflagro!- gridò Ron, puntando la
bacchetta contro il raggio di luce verde. Le due maledizioni cozzarono, e
Neville fece Evanescere l’Avada Kedavra.
-Confringo!- gridarono Ginny e Diana
insieme, e il pavimento sembrò tremare quando una voragine si aprì nella
pietra, sotto i Mangiamorte.
-Intrappolali, Roccia!- gridò
Diana, e la pietra prese vita, intrappolando gli arti dei Mangiamorte dentro di
sé.
-Crucio!- la Maledizione Cruciatus
scaraventò Diana lontana dagli altri, ma lei, agilmente, roteò su sé stessa
mentre ancora era sollevata da terra, e atterrò fluidamente sul pavimento.
Bellatrix Lestrange le scagliò una seconda Maledizione, ma Diana la fermò senza
troppe difficoltà. Gli occhi scuri della prima si scontrarono con il gelido
ghiaccio di quelli di Diana, iniettati d’odio. Aveva riconosciuto la
Mangiamorte. Aveva riconosciuto l’assassina di suo padre.
Aveva visto un distorto, malato riflesso di
sé stessa.
-E così, tu sei la figlia di mio cugino. La
regina.- la valutò Bellatrix, incurante delle maledizioni che le correvano
intorno.
-Esattamente. Sono quella che il tuo Signore
vuole, viva o morta.- rispose Diana, rialzandosi.
-Ti avrà morta. E ti avrà dalle mie mani.-
-Non credo proprio.- Diana alzò la bacchetta,
Bella riuscì a parare l’attacco appena in tempo.
-Brava, davvero brava. Sei una degna Black.
Mi somigli, mi dicono.- la rabbia salì con forza impetuosa in gola a Diana.
-Piuttosto la morte, maledetta! AVADA
KEDAVRA!!- esplose, ma Bellatrix ancora una volta parò appena in tempo il
suo attacco.
-Hai ancora da imparare. Crucio!-
-Sectumsempra!- le due maledizioni si
scontrarono ed esplosero, dando la possibilità a Bellatrix e agli altri
Mangiamorte di fuggire verso il parco. Solo alcuni presero la stessa direzione
di Draco. Diana si ritrovò una scelta da fare: attaccare il grosso dei
Mangiamorte, attaccare Bellatrix, oppure far fuori quei tre Mangiamorte fuggiti
verso la Torre?
Senza indugiare, imboccò una scorciatoia che
l’avrebbe portata nel parco, seguita a rotta di collo da Ron, Ginny e Neville.
Appena toccò l’erba umida di rugiada, Diana partì all’attacco.
-Crucio! Reducto! Bombarda!- tre
maledizioni andate a segno.
-Confringo!-
-Protego!- gridò lei di rimando,
proteggendo sé stessa e gli amici. -Forza, attaccate! Abbiamo bisogno di
aiuto!- li esortò, e si ritirò repentinamente dietro di loro, chiudendo gli
occhi e chiamando a sé tutte le sue energie.
-Nasci, Pietra! Cresci, alzati e
combatti per me!- gridò, e quasi nello stesso momento, dalla pietra di
Hogwarts emersero centinaia di creature: troll, goblin, lupi, orsi, fatti di
roccia viva, gli occhi rossi e inquietanti, i movimenti fluidi.
Un ruggito da far drizzare i capelli proruppe
nel parco. Tutti si voltarono a guardare quelle bestie, un istante prima che
attaccassero.
-Non i due ragazzi! Uccidete i
Marchiati, ma non i due più giovani!- la voce di Diana, eterea e
incorporea, ricordò alle sue creature di non uccidere Draco e Blaise, se li
avessero incontrati. Manon li vedeva:
Draco era sulla Torre di Astronomia, e Blaise…
-Crucio!- la Maledizione Senza Perdono
partì da una donna, incappucciata, che lasciava intravedere solo due occhi
verdi, gelidi, e una chioma lunghissima di capelli corvini.
Diana non se l’aspettava. Era concentrata sul
controllo delle creature, e la difesa dei suoi compagni si era rotta quando
Neville era stato colpito da un Incantesimo Paralizzante.
Fu scaraventata a terra, il dolore che la
trapassava come decine di lame affilate. Poi, all’improvviso, si fermò.
Diana balzò in piedi, il fiato corto, la
bacchetta in pugno.
Una seconda figura vestita del Mantello dei
Mangiamorte aveva bloccato l’azione della Maledizione Cruciatus. Era di fronte
a lei, alta e ben piantata, la bacchetta tesa.
La proteggeva.
Ora le due figure si scrutavano, silenziose,
mentre l’odio correva fra loro, elettrico.
-Tradisci il tuo stesso sangue, figlio? Il
Signore Oscuro la vuole morta.- la voce di Zephira Zabini era sferzante, folle,
come quella di Bellatrix Lestrange.
-Il Signore Oscuro può andare a farsi
fottere, per quel che mi riguarda.- Diana sentì un impeto di orgoglio verso
Blaise invaderla. E sentire di nuovo la sua voce, più rauca, più adulta, ma
sempre la stessa per lei, fu il dono più grande.-Tu non le farai del male, finché ci sono io.-
“Blaise…” fu l’unico pensiero che le si
presentò alla mente. Il suo nome. Poi volse la testa verso i Mangiamorte,
appena in tempo per vedere uno dei suoi lupi venire distrutto.
Evidentemente, la Pietra non bastava.
-Sali, acqua profonda, infrangi i tuoi
argini e combatti per la tua terra!- colonne d’acqua si alzarono
improvvisamente dal Lago Nero, si condensarono in temibili, enormi creature
dalle sembianze demoniache, che balzarono sulla riva e attaccarono.
I Mangiamorte, esterrefatti, non poterono
fare nulla, quando l’irruenza dell’acqua li colpì con una forza inaudita.
Diana osservò la scena per un istante,
soddisfatta. Poi, recuperò la bacchetta dalla sua custodia e partì alla ricerca
di colei che aveva scatenato la sua furia.
-Reducto!- gridò, quando riconobbe la
schiena di Bellatrix Lestrange. La strega si voltò fulmineamente, e parò
l’attacco.
-Desideri la morte, allora.- disse,
riconoscendola, il volto storpiato in un ghigno.
-Desidero vendetta, Lestrange.- la corresse,
gelida.
-Per il tuo paparino? Povera cara, orfana in
così giovane età…- la derise la Mangiamorte.
-Crucio!- fu la risposta rabbiosa di
Diana. La Maledizione, questa volta, andò a segno. All’improvviso, mentre
Bellatrix si contorceva in preda agli spasmi, qualcuno andò a sbattere contro
la schiena di Diana.
-Tutto bene?- le chiese Blaise, scagliando
una fattura contro sua madre.
-Certo! Che domande!- rispose lei, un sorriso
strafottente sul viso. Blaise la tirò verso il basso, mentre un Avada Kedavra
saettava sopra le loro teste.
-È un buon modo per farsi ammazzare, che ne
dici?- le disse, accennando a Bellatrix e a Zephira, che si stavano preparando
a contrattaccare.
-E dove sarebbe il divertimento, altrimenti?-
rispose lei, con un sorriso baldanzoso ed esaltato. “Questa si diverte! Ma è
pazza!” pensò Blaise. Ma guardandola, di nuovo vicina, di nuovo accanto a lui,
non poté fare a meno di sorridere a sua volta. Balzarono in piedi, schiena
contro schiena, e ripresero a combattere.
-Brava, Diana!- si complimentò una voce,
apparsa dal nulla.
-Remus, alleluia! Abbiamo bisogno di una
mano, qui!- esclamò lei, sollevata nel vedere il licantropo alla guida
dell’Ordine della Fenice al completo. Incontrò per un istante lo sguardo di
Tonks, e capì che la giovane Auror sapeva.
-Scusa il ritardo!- le gridò Lupin,
affiancando una delle sue creature d’acqua in un combattimento.
Poi, l’esplosione.
Diana e Blaise alzarono lo sguardo insieme.
Un corpo, bianco, etereo come quello di un fantasma, cadeva dalla Torre di
Astronomia.
-Silente!- esclamò, con voce rotta, la
ragazza. Il corpo del Preside piombò a terra, con uno schianto tremendo.
Non era possibile.
Silente non poteva essere morto…
Poteva significare solo una cosa: Draco era
lassù. E la sua anima era stata spezzata per sempre.
-Blaise, io devo andare!- esclamò. Si voltò
per un istante verso il giovane uomo: aveva il viso lucido di sangue, come lei,
probabilmente.
-Va’.- le disse solo. Diana annuì, e corse
via.
Doveva fare qualcosa.
Doveva sapere se era stato Draco ad
ucciderlo.
Non sapeva perché…
Ma il suo istinto le diceva che era
importante.
Doveva trovare suo cugino, il cui sangue era
legato al suo.
Doveva fare qualcosa.
All’improvviso, dalle scalinate, eruttò una
fiamma che le strinò i capelli e la scaraventò lontano. Una figura vestita di
nero, il mantello ondeggiante e l’aria stravolta, la superò di corsa.
-Piton…-mormorò, balzando in piedi, ignorando
il dolore come tante altre volte aveva fatto. Intravide un giovane dai capelli
biondi, correre davanti al professore.
-Fermalo, Diana! È stato Piton!- la voce di
Harry la raggiunse, e lei partì d’istinto a correre, senza veramente
comprendere cosa significasse quell’urlo angosciato.
Piton.
Piton ha ucciso Silente.
-Enclampo!- gridò, e Piton inciampò
sull’erba, riuscendo miracolosamente a reggersi in piedi.
-Cosa vuoi, Black?- ruggì il professore, così
forte che per un istante tutti si voltarono a guardare quella ragazza chiamata
con lo stesso disgusto, con lo stesso odio, che Piton aveva sempre e solo usato
verso suo padre.
Papà…stammi vicino.
Prima che Diana potesse rispondere, prima che
potesse rendersi conto di qualsiasi cosa, un ruggito abnorme sovrastò qualunque
grido. Tutti alzarono lo sguardo sul drago apparso nel cielo. Enorme, grande
come il Lago stesso, le ali che alzavano una tempesta di polvere verso di loro,
il magma, vero, reale, che brillava fra le sue fauci, il corpo ricoperto di
squame rossastre sotto cui si intravedeva il sangue, rosso scuro, pulsante.
-Cazzo!- commentò Diana, esterrefatta. Non
aveva mai visto niente di così bello…e di così letale.
Il drago eruttò, e fu solo grazie alla sua
prontezza di spirito nel fermarlo che il fuoco non uccise nessuno.
Li avrebbe ammazzati tutti quanti.
Avrebbe distrutto Hogwarts, una volta uccisi
Mangiamorte, studenti e membri dell’Ordine.
Avrebbe ucciso i suoi amici, Remus, Draco…Blaise.
Le avrebbe portato via la vendetta su
Bellatrix Lestrange.
Fu questo pensiero a convincerla del tutto.
Quel campo di battaglia non era più sicuro per loro.
Dovevano cambiare aria.
Non poteva uccidere quella creatura,
Portatrice di Fuoco. Era come uccidere una parte di lei.
Vide la Mangiamorte che desiderava morta al
di sopra di ogni altra cosa alzare la bacchetta e urlare una Maledizione.
Una Maledizione che immobilizzò tutti quanti,
lei compresa.
Non le interessava morire, notò. Voleva
vincere quella battaglia per il suo Signore.
Folle.
“Beh, cara zietta…non sei l’unica, a voler
vincere.” pensò, e chiuse gli occhi.
L’istante dopo, si scatenò una vera e propria
tempesta, tremenda, che si abbatté sul drago spegnendo le sue fiamme. La bestia
ruggì, irritata dalla pioggia, dal vento, dai fulmini che fioccavano dalle nubi
apparse dal nulla, dai tuoni che sovrastavano persino il suo ruggito possente.
Tutti, istintivamente, si voltarono verso la
causa e l’effetto di quel marasma.
E si trovarono davanti Arakta Shoenn.
La luce dei fulmini si schiantava sulla terra, la luce
l’accerchiava, era dentro di lei. Una forza immensa le scorreva nelle vene, la
inebriava, la scuoteva fin nel profondo. Non c’erano bacchette che tenevano,
non c’erano incantesimi, fatture, maledizioni. Lei era la Magia. Lei era
tutto, in quel momento. Era fuori, era dentro, era ovunque. Il corpo non era
nulla, in confronto al potere che vi scorreva.
Il potere del Fuoco, ardente e distruttivo, la Terra, capace
di smuovere ogni cosa, l’Aria, in continuo mutamento, l’Acqua, forte e
impetuosa, si condensavano in lei. Lei era la Luce, era il Buio, era tutto.
Lei, era una cosa sola.
Lei era la Regina.
Le nubi in cielo si addensarono. Non erano nubi normali, non
erano bianche o grigie. Erano rosse, rosso sangue, ed erano vicine, troppo
vicine alla cima degli alberi della Foresta.
La terra iniziò a tremare. I cancelli di Hogwarts si
chiusero con uno schianto, bloccando ogni via di fuga. Tutti si volsero verso
di lei, immobile nel vento sferzante, gli occhi completamente bianchi, privi di
iridi, le braccia spalancate ad accogliere in sé ogni più piccola particella di
potere.
E poi arse il fuoco.
Cadde da quel cielo che non era cielo, piombò sulla terra
con una furia inaudita, corse sull’erba lasciando dietro di sé solo cenere, e
attaccò. Attaccò i Mangiamorte, uno ad uno, li intrappolò fra le sue fiamme, li
disintegrò. Uno alla volta, finché Draco e Blaise furono gli unici a non essere
catturati. La fiamma si volse verso di loro. Non provarono ad allontanarsi. Lo
sguardo privo d’occhi di Diana si era posato su di loro, gli aveva sussurrato
di non combatterlo. Si lasciarono attaccare, si lasciarono avvolgere pian piano
da quelle fiamme che non bruciavano, finché di loro non rimase nulla.
E la fiamma si voltò verso i combattenti di Hogwarts. E
anche loro, uno alla volta, furono presi. La fiamma inarrestabile non era che
un mezzo, comprese all’improvviso Harry. Solo un mezzo. Non poteva essere
altro: Diana non avrebbe attaccato i suoi amici, non li avrebbe mai uccisi.
Vide Remus e Tonks sparire fra le fiamme. Vide Ron e Hermione stringersi l’uno
all’altra, spaventati, mentre si lasciavano catturare. E poi sentì un
formicolio intorno ai piedi, abbassò lo sguardo e vide le proprie gambe
parcellizzarsi, polverizzarsi, sotto il tocco tiepido del fuoco di Diana. Alzò
lo sguardo su di lei, sovrana incontrastata di quel caos, e la vide annuire,
senza guardarlo.
Non combatté, quando venne trascinato nel buio anfratto
della Materializzazione.
Era ora di andare. Tutti coloro che stavano combattendo, tutti i suoi amici e i
suoi nemici, erano partiti. Ora toccava a lei. Alzò gli occhi sul drago che,
viste le sue prede sparire, si era voltato e se ne stava andando.
“Non ti ucciderò, fratello di fuoco.” pensò,
guardandolo allontanarsi.
Con un semplice pensiero, ordinò agli Elementi di
raggiungerla.
Un fulmine improvviso cadde dalle nubi sanguigne, il fuoco
si alzò in quell’istante in una colonna, e lei si trovò proprio in mezzo. Ebbe
solo un istante di oscurità, prima di riaprire gli occhi e di ritrovarsi di
nuovo in mezzo alla tempesta.
Il vento alzava la sabbia del deserto su di loro, che
volteggiava selvaggia intorno a lei, in quel ciclone che aveva creato. Deserto.
L’odore inconfondibile dell’aria povera di magia. L’odore della polvere da
sparo.
Casa.
Un sorriso si disegnò sulle sue labbra sottili. Il sorriso
più crudele, disumano, che labbra di donna avrebbero mai potuto creare. Il
sorriso della sovrana di tutto.
-Il Limbo.- furono le uniche parole che scivolarono dalle
sue labbra, prima che il corpo le cedesse e lei piombasse a terra, priva di
sensi.
Beh, bando alle ciance,
ecco le risposte alle recensioni:
D2OTTO: scusamiiiiii!!!!
MSN mi parte ogni tre minuti! Perdona questa povera scrittrice in erba...Cmq,
Sir, oh Sir, mio amato...non potevo farne una figlia e poi non farle conoscere
il suo papà, neh?
Honey Evans: ma ti
ringrazio, ho la tripla cittadinanza adesso!!! (Scandianese, Tiezzina e
americana ^.^) eh sì hai proprio ragione, gli Hogwartiani sono delle teste di
minchia...guarda tutte le volte che hanno denigrato Harry! Comunque, come vedi,
risparmiamo i tuoi interventi per il finale...anche se temo saranno rivolti a
me...(ndHoney Evans: PERCHEEEEEEEEEEEEEEE'???????)
(ndMe:.......muahahahaahahahah!!!!!)
Mione1194: no no, non ti
crucio, puoi dire NOSTRO...sia chiaro però, che devo essere sempre presente
nelle proprietarie di Sirius!! ^.^ Piaciuto il ritratto, sono contenta, la
Geraldine (una stanga di colore alta due metri e pesante cinquanta
chili...beata lei) ringrazia per i complimenti!!!
pei_chan: dovrai penare
ancora un po', tipo un altro chap e mezzo (heheh non troppo dai!!! ^.^) per
rivedere le nostre coppie riunite...anche se per Blaise e Diana non saranno
rose e fiori, anzi, perché tornando nel Limbo può esserci solo un obiettivo per
lei: Guerra....ma mi sa che ho già detto troppo!!! E per Remus, beh, ha
scoperto dagli Indicibili che era possibile una cosa del genere, e ha voluto
provare appena lo ha saputo!! W Remmie!!! (se ti interessa, ho scritto un'altra
fic tempo fa, dove la protagonista è la sorella (ran) di Remus innamorata di
Sirius, e dove naturally c'è il nostro licantropino preferito) come hai visto
non si sono fatti del male, avevo una mezza ideuzza di farli combattere ma poi
la bacchetta di Diana puntata alla gola mi ha fatto cambiare idea...O.O
(ndDiana: con la calma, la ragionevolezza e la minaccia di morte si ottiene
sempre tutto)...Sirius e James sono due maiali, ma non posso non adorarli anche
per questo!! e infine, per l'OPAK...ho solo una parola da dire: AIUTOOOOOOO!!!
Ilaria: per il disegno
vai tranquilla, mi raccomando...non slogarti la mano! E Sirius, sia chiaro,
NOSTRO!!! Proprietà in comune con tutte le sue fan, ma noi siamo le prime
(anche perché siamo capaci di uccidere se ce lo toccano, vero^^?)...sia chiaro,
le scarpe e la borsa Made in Nagini le voglio anch'io!!! Tanto ne vengono fuori
un bel po', per quanto è grossa!! a morte!!! Anche a me i serpenti piacciono un
casino, però preferisco i felini e i lupi...e Remmie, ovviamente!! Ah, remus
lupin lo adoro dal terzo libro, avrei ucciso la row perché mi ha fatto morire i
miei due personaggi preferiti (sir e rem)...per MSN, perdonami anche tu (please!!
^^) perché ha deciso che non vuole andare...dannatissimo stupidissimo
programma!!!
cherie: mi sono commossa
con Diana scrivendo la scena dell'incontro con papà Sirius...se lo merita!!! E
poi Harry....non lo sopporto più, voglio fargli fare pace (tra due chap, più o
meno...sì lo so che sono sadica!!)
UN BASOTTONE ENORME ALLE
MIE STELLE E A TUTTI COLORO CHE LEGGONO, LEGGONO E LEGGONO!!! E ANCHE AI
PREFERITI!!! (37, wowowowowowow!!!!!!!!)
P.s. X Laura.......l'ho
messo il disegno, vissto!!!!????????? non uccidermiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!
Sabbia,
deserto, cielo scuro trapunto di migliaia di stelle ardenti come fiamme. Un
odore strano nell'aria secca.
Prima
che potesse fare qualsiasi altra cosa, sua madre alzò la bacchetta su di lui e
gridò:
-Avada Kedavra!- Blaise chiuse gli occhi,
aspettando il colpo.
Nulla.
-Venite
via, idioti! Qui le bacchette non funzionano!- gridò una voce, roca, di uomo.
ZIIIP!
Qualcosa
sibilò vicino ai piedi di Blaise, alzando uno sbuffo di sabbia.
-Ah!-
sentì esclamare Hermione, ferita da qualcosa
di più veloce di una Maledizione.
-Hermione!-
esclamarono Draco, Weasley e Potter all’unisono. Altri proiettili – perché
altro non potevano essere –
fioccarono intorno a loro, mentre sulle dune di sabbia apparivano loschi
individui dai cappelli a tesa larga, armati di fucili e pistole.
Fucili e pistole.
Questo
risvegliò qualcosa nella mente di Blaise…
-Diana!-
esclamò, voltandosi di scatto.
Diana
era là, accasciata a terra, priva di sensi.
Ignorando
il baccano infernale degli spari, ignorando i proiettili che lo inseguivano,
Blaise si scaraventò verso di lei. Crollò in ginocchio accanto al suo corpo
riverso a terra, immobile, pallida come non l’aveva mai vista. Qualunque cosa
avesse fatto per salvarli dal drago, doveva averla sfinita. Solo sfinita.
Perché non poteva, non poteva assolutamente,
nemmeno lontanamente pensare che Diana fosse…
CLICK.
Un
rumore sconosciuto vicinissimo all’orecchio.
-Lasciala.-
gli ordinò una voce, maschile, dura, dal profondo accento americano.
-Non
ci penso neanche.- ribatté, rimanendo però perfettamente – e prudentemente –
immobile.
-Chi
sei?- gli chiese l’altro, un giovane uomo, sembrava.
-La
domanda è chi sei tu.- replicò Blaise, alzandosi lentamente in piedi.
-Alex,
non ammazzarlo, è un amico!- una voce fendette l’aria e probabilmente salvò la
vita di Blaise. La pistola si abbassò, di poco, mentre una Lea diversa da come
Blaise l’avesse mai vista, armata, l’espressione dura, correva verso di loro.
-Ha
il Marchio, Lea.- le fece notare Alex.
-Pivello,
mettila giù immediatamente.-
La
sua voce.
Alex
non l’aveva mai dimenticata.
Dura,
aspra, tagliente, affilata come un coltello, affilata come una spada.
Affilata
come i suoi occhi che lo trafiggevano in quell’istante, mentre Diana Black
accettava l’aiuto che il giovane moro le stava offrendo per alzarsi.
Era
lei.
Non
avrebbe mai creduto di poterla rivedere. Identica alla donna che aveva
lasciato.
Cambiata,
in un certo modo.
-Se
Lea ti dice una cosa, falla. Sai che non sbaglia.- gli disse duramente. Era
pallida, come un cadavere, tremava quasi, era sciupata e barcollante, ma la sua
durezza era intatta.
-Mi
hai insegnato tu che bisogna dubitare sempre.- replicò Alex, ma abbassò lo
sguardo. Sapeva di aver torto. Sapeva che lei
aveva ragione. Aveva sempre ragione.
-Ti
ho anche insegnato ad obbedire agli ordini sensati.- replicò Diana, ma il suo
tono si era un po’ ammorbidito. Poi, l’ultimo sparo. La sua testa scattò di
lato, attenta, felina.
-Dammi
una pistola.- ordinò ad Alex, che le lanciò repentinamente la Colt ’44
prim’ancora di rendersene conto.
Diana
mirò e sparò ad una velocità impressionante, tre colpi precisi, due verso le
gambe e uno verso il torace di quello che sembrava il capo degli uomini apparsi
sulle dune. Lo colpì, l'uomo cadde.
I
suoi compari alzarono lo sguardo, sorpresi, allarmati non tanto dall'omicidio
del loro capo, quanto da quel modo di sparare che ben conoscevano.
Un
nome serpeggiò fra i Mangiamorte texani, un nome sussurrato con timore,
riverenza, quasi.
-Black.-
-Ora
sanno che sono qui.- commentò Diana, restituendo l’arma ad un Alex per nulla
sorpreso.
-È
come firmare la propria condanna.- commentò il ragazzo.
-È
come fargli capire contro chi dovranno vedersela.- replicò lei, rivolgendogli
uno sguardo di fuoco.
Ancora
una volta, aveva ragione. Niente spaventava quei bastardi più di lei.
Diana
si voltò verso il gruppetto dei suoi alleati: i Mangiamorte si erano ritirati
insieme ai loro colleghi, e uno scalpiccio di zoccoli ferrati le fece capire
che si stavano allontanando in fretta.
-Siamo
capitati in un bel momento, immagino.- commentò, lasciando la presa sul braccio
di Blaise.
-Non
potevi scegliere meglio. Siamo capitati in un agguato.- rispose Lea che, con
una calma studiata e impressionante, stava ricaricando le sue due Smith &
Wesson.
Blaise
osservò le due ragazze: diverse dalle giovani che conosceva come la notte era
diversa dal giorno. O, almeno, per quello che riguardava Diana, come la notte
era diversa dal crepuscolo.
-Finite
in un agguato un giorno sì e uno no. Come ai vecchi tempi, eh?- commentò la
mora ex Auror, sarcastica, e i due americani distolsero lo sguardo,
imbarazzati.
-Diana,
sei davvero tu? Non sei un miraggio di questo cazzo di deserto, vero?-
s’intromise una voce femminile, graffiante, inconfondibile. Proveniva da una
ragazza, una brunetta d’origini giapponesi, i capelli corti, lisci e sottili,
che teneva sotto tiro gli inglesi decisamente preoccupati. Si voltò, e due
occhi azzurrissimi, a mandorla, sorrisero per un istante all’amica, prima di
farsi nuovamente duri.
Quanto
quelli di Lea e Alex.
Quanto
quelli di Diana.
-No,
Melissa. Sono tornata. Lasciali stare, sono con me.- Melissa abbassò l’arma.
-Lo
immaginavo, ma…-
-Fidarsi
è bene, non fidarsi è meglio, lo so.- completò Diana per lei, raggiungendola,
con Lea alle calcagna e Blaise che scrutava torvo Alex, che non riusciva a
toglierle lo sguardo di dosso.
Perché Diana era sempre
stata tutto, per lui.
Una famiglia, un'amica, una
speranza.
Una sorella e una madre.
Oppure, semplicemente, una
maestra.
Diana
rivolse uno sguardo agli “immigrati”: Harry, Ginny, Ron, Hermione di fianco a
Draco, Remus Lupin e Ninfadora Tonks. Tutti piuttosto scossi, ma vivi e in
buona salute, a parte un graffio di proiettile sulla spalla di Hermione.
-Diana,
cosa cazzo sta succedendo? Dove siamo?- esordì Harry. Il suo tono arrabbiato
gli attirò addosso gli sguardi di tutti e quattro gli americani.
-Siamo
nel Limbo, Potter. In Texas, vicino a El Paso, precisamente.- rispose Diana,
astiosa.
-E
perché ci hai portati qui?- Ron ed Hermione rivolsero un’occhiata di
avvertimento all’amico.
-Perché
non potevo…non potevamo uccidere quel
drago, ci avrebbe ammazzati tutti.-
-Perché
proprio qui? A casa tua?- Diana represse l’impulso di colpirlo con un pugno ben
assestato. D’accordo che Harry avesse tutte le ragioni per detestarla, lo aveva
quasi avadakedavrizzato, ma così si attirava addosso solo guai.
-Perché
è l’unico posto dove abbiamo un qualche vantaggio, oltre alla solita marea di
svantaggi.- rispose, dura.
-Quali?-
-Ad esempio il fatto che non
ci sia la magia e la maggior parte dei Mangiamorte non abbia mai preso un’arma
in mano, che ne dici?- il sarcasmo di Diana fu una secchiata d’acqua gelida,
per Harry.
-Nemmeno
noi, però…siamo nella stessa situazione.- commentò Ginny, cercando di smorzare
la tensione che era venuta a crearsi.
-I
giovani imparano velocemente. E, per di più, qui avete un jolly.- rispose
Diana.
-Quale?-
-Diana.
La sua magia qui funziona, ed è più potente che nel resto del mondo.-
s’intromise Hermione. Diana annuì.
-Esattamente.-
si volse verso i tre americani e i due adulti, che avevano seguito lo scambio
di battute in silenzio. -Andiamo in città. Là spiegherò tutto a voi e a loro.-
Diana
rimase insolitamente zitta durante tutto il viaggio di ritorno. Aveva preso
senza tanti complimenti uno dei cavalli di scorta dei tre Auror, un bello
stallone nero, con un’occhiata aveva intimato a Lupin di salire dietro di lei e
aveva aspettato, lei e il cavallo scalpitanti, che gli altri montassero sulle
bestie. Erano l’unico mezzo di trasporto, i cavalli, in quel luogo.
Blaise
seguì Draco su un baio…scocciato, decisamente molto scocciato. Detestava i
cavalli.
Hermione
e Harry, gli unici che, almeno, conoscevano le basi dell’equitazione, si
caricarono rispettivamente Ginny e Tonks dietro, mentre Ron andava con Lea. Sei
cavalli, dodici cavalieri.
-Dove
siete stanziati?-
-Volevano
darci il ranch, ma Kelly non ha voluto. Siamo in una fazenda abbandonata un po’ più a ovest, per ora.- rispose Lea,
affiancando lei e Remus. Diana notò che Ron non sembrava per nulla contento.
-Andiamo
al ranch, dopo la città. C’è più spazio, e ci sono ancora i miei vecchi
incantesimi a proteggerlo.- disse, con voce accuratamente atona.
-Diana...-
la chiamò Remus.
-Sì?-
-Il
ranch non è dove vivevi con...-
-Dan
e Scott, sì. È mio, adesso.- rispose lei, bruscamente. Voltò la testa per
assicurarsi che fossero tutti pronti, e Remus poté vederla in faccia: occhi
duri, sorprendentemente duri, mascella contratta, espressione determinata e
gelida. La stessa degli Auror, la stessa che aveva avuto suo padre, ai tempi in
cui lui e James facevano parte di quel corpo. -Pronti?- chiese, e senza
aspettare risposta sferrò un colpo di talloni nei fianchi del cavallo,
facendolo impennare di botto e costringendo Remus ad aggrapparsi ai suoi fianchi,
per non essere disarcionato.
-Ma
che razza di bestie sono, queste!?- sentì sbottare Ron. La risata di Lea le
giunse un attimo dopo.
Il
deserto, intorno a loro, si chetò. Il vento che Diana aveva scatenato li
inseguiva, ridotto ad una brezza leggera, mentre la sabbia si alzava in piccoli
mulinelli sotto gli zoccoli scalpitanti dei cavalli. La notte era scura, scura
come la maggior parte degli uomini non l'ha mai vista, scura come la morte. Le
stelle, migliaia, milioni di stelle, brillavano sopra di loro, trapuntando quel
cielo assurdamente nero.
-Ci
capisci qualcosa, tu?- chiese Draco a Blaise, ad un certo punto. Erano in
disparte, una decina di metri dietro al resto dei cavalieri. Blaise, dietro di
lui, scosse la testa.
-Quanto
te. So che siamo nel Limbo, che Diana è il capo di questa squadra di Auror, ma
non molto di più.- rispose, meditabondo, cercando di ignorare l'antipatica
bestia che stava montando.
-Non
si era dimessa?-
-No.
Ha avuto ordine di trasferirsi in Inghilterra, per fare da tramite tra gli
Auror di qui e Silente.- alla nomina del Preside, Draco ebbe uno scatto
involontario dei nervi del collo. Blaise se ne accorse. -Chi l'ha ucciso, alla
fine? Piton?- Draco annuì bruscamente, e diede al cavallo un colpo un po'
troppo forte di talloni. Quello scattò in avanti, costringendo Blaise ad
imprecare sonoramente.
Diana
non era l'unica ad essersi indurita, in quei mesi. Blaise era cambiato, non
solo fisicamente: si era chiuso in sé stesso più che mai, rifiutando qualsiasi
contatto, passando ore solitarie in palestra o in camera sua, col risultato di
essersi irrobustito ancora di più e di essere maturato molto, sia dentro, che
fuori.
Il dolore leviga i volti e
le anime, quando non si sa che cosa fare per sminuirlo.
-Perché
quei due sono con noi?- chiese Tonks, dietro Harry, indicando Blaise e Draco.
Da quando si era ritrovata in quel deserto, erano successe troppe cose perché
riuscisse a raccapezzarcisi. Conosceva vagamente la storia di Diana, sapeva che
quella era la sua terra e quei ragazzi americani la sua squadra, ma perché vi
avesse trascinato anche lei e i due giovani Mangiamorte, mistero.
-Non
ne ho la minima idea. Malfoy è un amico
di Diana, Zabini il suo ex. Forse per questo.- rispose Harry, seccato dalla
presenza dei due Serpeverde nelle vicinanze. Non ce l'aveva con Malfoy: lo
disprezzava, ma non poteva dimenticare che aveva abbassato la bacchetta, invece
di uccidere il Preside.
Per
Zabini, invece, il discorso era diverso.
Ginny
gli aveva spiegato cosa c'era stato fra lui e Diana, cosa ancora esisteva.
Harry aveva capito, ma non poteva perdonare tanto facilmente alla sorellastra
quella mancanza di fiducia che aveva avuto nei suoi confronti. Non gli aveva
detto di essere una Black, non gli aveva detto di Zabini. E non riusciva a
capire perché.
(ndA:
se sei tonto, non è mica colpa nostra...eh!)
-Dove
stiamo andando?- chiese Ron.
-Nel
nostro paesino, Springerville. Non farti trarre in inganno dal nome, è un covo
di delinquenti che, bizzarramente, detestano i Mangiamorte e venerano
praticamente Diana. È la base texana della Morris, che si trova in Arizona,
dall'altro lato del Limbo.- rispose Lea. Alzò la mano destra, e indicò
l'orizzonte. -È là, la Warschool, come la chiamano alcuni. Mentre a
Springerville c'è solo un distaccamento di Auror: io, Alex e Melissa (Lea
accennò ai due Auror poco avanti a loro), e Kelly, la sostituta di Diana.-
-Non
è un po' poco, per l'intero Texas?- chiese di nuovo il rosso, perplesso.
-Il
Limbo non occupa tutto il paese, solo una parte al confine con Messico e Nuovo
Messico. Ed è la nostra area, piena zeppa di Mangiamorte, come hai visto.- gli
spiegò lei, paziente.
-Cosa
vi è successo? Eravate in mezzo ad una sparatoria?- Lea sospirò.
-Già.
È colpa di Kelly, che ci ha mandati in avanscoperta in una landa che da sempre
fa parte del territorio dei Mangiamorte. Se non foste piombati qui,
probabilmente saremmo morti. Prevedo scintille, però...- aggiunse, rivolgendo
all'austera Black un lungo, intenso sguardo.
-In
che senso?-
-Nel
senso che, se Kelly se la trova davanti, l'ammazza. E Diana sarebbe capace di
lasciarla fare.-
-Kelly
era la donna di Scott, Remus. È un tenente Auror, al di sotto di me, ma la più
alta in grado in tutto questo pezzo di Limbo. Le hanno dato il comando quando
io sono venuta in Inghilterra. È brava, ma, a ragione, mi odia.- Diana parlava
a bassa voce, senza farsi sentire da nessuno.
-Come
mai?- le chiese Remus.
-A
causa mia, Dan e Scott sono morti. Era legata ad entrambi, e non credo abbia
finito di farmela pagare.- rispose lei, laconica. -Non mi fido di lei. Da quel
che mi ha raccontato Lea, quella che si è caricata Ron, è diventata peggio di
me dopo la loro morte. È sadica, spietata, e pronta a tutto per raggiungere i
propri obiettivi. Avremo a che fare con lei, fra poco. Ti chiedo solo di starne
fuori: tu, e Tonks. Anche perché avremo bisogno di rinforzi...- Diana lasciò la
frase in sospeso.
-Credi
che il nostro arrivo qui scatenerà una battaglia?- le chiese lui.
-Il
mio arrivo, e quello di Harry. Per non parlare di Draco e Blaise, che già
saranno considerati dei traditori dell'Oscuro. Non mi stupirebbe venire a
sapere che Voldemort manderà qui i suoi Mangiamorte, forse lui stesso. E da
soli, gli Auror del Limbo non possono molto, nemmeno col mio aiuto.- rispose
lei, scrutando l'orizzonte dove un insieme di luci tremolanti brillava nella
notte del deserto. “Con l'aiuto della Regina...è ora che io accetti ciò che
sono.”
-Vuoi
che andiamo a chiamare il resto dell'Ordine...- Diana annuì.
-Potrebbe
essere l'occasione buona per distruggere Voldemort una volta per tutte. Se le
cose andranno come penso io, si troverà davanti un manipolo di persone
addestrate alla guerra, contro i suoi arroganti Mangiamorte.- commentò, con
un'espressione che non prometteva nulla di buono.
Ma
ormai, i suoi progetti e le sue congetture, dettate da una mente militare e
totalmente folle, dovevano farsi da parte.
Perché
là c'era Springerville, il suo paese...e il suo passato.
Luci
della città.
Città...un
nome molto esagerato, per quell'ammasso di case di legno, dalle facciate più
grandi che davano una falsa illusione di enormità, per quelle strade sterrate
ai cui margini erano fermi alcuni cavalli, legati da cavezze a paletti
orizzontali.
-Sbaglio
o siamo finiti nel Far West?- chiese Ron, guardandosi intorno nella buia notte
texana. Molte abitazioni e quasi tutti i negozi erano chiusi, e i cavalli
riposavano tranquilli nelle loro stalle. Non tutti gli edifici, però, erano
bui. Uno, in particolare, un grande fabbricato che aveva intorno
l'inconfondibile chiasso, l'odore di tabacco e di alcool, la folla, che
potevano esistere solo nelle vicinanze di un saloon.
-Sì.
Qui si è fermato tutto nell'Ottocento.- rispose Diana. Blaise ne approfittò per
guardarla: l'espressione dura si era un po' attenuata, sostituita da qualcosa
di molto simile alla nostalgia...e al sollievo di sentirsi a casa. Perché era
lì che era, era quello che il Limbo significava per lei: casa. Era tornata
nella sua terra, e vi si trovava perfettamente a suo agio. Ne osservò i
movimenti fluidi, il corpo che seguiva ogni movimento del cavallo, perfetta e
sinuosa come se ne facesse parte. Era bella, bella come i colori del tramonto,
bella come una pantera nella foresta pluviale. Nel suo habitat, nel suo regno.
E
Diana si voltò verso di lui, lo guardò per un istante negli occhi, come se
sapesse cosa stava pensando. Fissò i suoi occhi argentei, vi vide tutto quello
che aveva immaginato, e anche molto di più. Si accorse della tensione, della
paura che Diana celava dietro quella maschera strafottente.
Diana aspettava un pericolo imminente.
Sapeva che niente sarebbe
filato liscio.
Si
fermarono davanti al saloon. Le persone, gli uomini che stavano sul portico a
fumare, a parlare con voci grosse e impastate di tequila, li videro. I loro
volti nerboruti, ispidi, levigati dalle intemperie e da una vita rude, si
dipinsero della stessa, identica espressione. Gli occhi di tutti si puntarono
sulla ragazza appena smontata da cavallo assieme ad un uomo, sulla giovanissima
Auror che conoscevano benissimo.
Uno
si riscosse abbastanza per entrare nel saloon e gridare qualcosa.
Diana
si aprì in un mezzo sorriso, perfettamente conscia di cosa sarebbe successo una
volta entrata in quel locale, tanto conosciuto, sotto le luci calde e
accoglienti che tante volte le avevano carezzato la pelle. Quel posto in cui ne
aveva vissute tante, quel posto dove aveva molte volte riso, molte volte
pianto.
Precedendo
tutti gli altri, con Lea alla sua destra, Diana spinse le porte girevoli del
saloon ed entrò.
Un
fragoroso silenzio accolse il suo arrivo.
Il
volto illuminato dalla calda luce dorata delle lampade, la sicumera scritta sul
sorriso, Diana rivolse uno sguardo agli avventori del locale, soffermandosi in
particolar modo sul barista, che da dietro al bancone di legno lucido la
guardava con un misto di orgoglio ed esasperazione.
-Beh?-
chiese, soddisfatta dell'effetto che aveva avuto semplicemente entrando. -Cosa
sono quelle facce? Vi siete trasformati tutti in pesci rossi?-
-Jihita, ma tu non cambi mai?- le chiese
il barman, sorridendo. Era un uomo alto, parecchio robusto, la pelata
incipiente sulla testa rotonda, la pelle scura e gli occhi caldi, buoni, sopra
due guance rubiconde e un sorriso sorprendentemente smagliante.
-Perché
dovrei cambiare, Juan? Sono già l'incarnazione della perfezione.- replicò lei,
ben sapendo che Juan non avrebbe preso sul serio la sua immodestia.
-Sei
un demonio, altro che perfezione!- disse lui, la voce roca e profonda dei
messicani. Diana fece un gesto con la mano e schioccò la lingua, seccata.
-Sempre
questa pessima opinione di me...- disse, sorridendo un attimo dopo. Juan uscì
da dietro al bancone e le andò incontro, avvolgendola in uno dei suoi soliti
abbracci tritacostole.
-Ci
sei mancata, estrella.- le disse
piano, pronunciando morbidamente l'ultima parola.
-Non
chiamarmi così, Juan.- protestò lei dolcemente, ma non le dispiaceva realmente
essere chiamata “stella” da quel vecchio, caro amico che l'aveva sopportata per
tanti anni. Juan la lasciò andare, e altri le si avvicinarono, stringendole
entusiasti la mano e parlando ad alta voce, con allegria, in spagnolo.
Era
palese che Diana si stesse godendo quel bagno di folla, anche se nulla nella
sua espressione lo dava a vedere. Era perfettamente a suo agio in quella folla
chiassosa, fatta di nerboruti uomini col volto levigato dalle intemperie della
vita, che le rivolgevano occhiate festanti, orgogliose, e alcune fin troppo
lascive, secondo Blaise.
Capiva
perché tutti le fossero così affezionati, in quel posto. Anche in mezzo ad
altri ragazzi, anche accanto a tre Auror come lei, Diana spiccava come le
stelle della notte texana, emanava un'aura di potenza e fragilità che non aveva
mai colto in lei, prima d'allora. Per la prima volta, Blaise si rese conto
appieno di che cos'era veramente quella ragazza. Non una donna, non una
semplice mortale.
Una
Dea.
Un
essere diverso, esotico, affascinante, dotato di una mistica e di un potere
troppo grandi anche solo per essere percepiti, agli occhi di un comune mortale.
Si distingueva rispetto agli altri come i Kennedy al mercato, alta e bella,
fiera e spavalda, ma distante. Distante da tutto, pur essendone parte, il viso
concentrato eppure assente, gli occhi che si perdevano in lontananza.
Fu
strappato bruscamente dai suoi pensieri quando una voce sferzante costrinse la
folla al silenzio.
-Cosa
ci fai, tu, qui?-
I
messicani, i texani, tutti quanti si ritrassero, facendo cerchio intorno ad una
Diana dall'espressione mutata, dura, tesa. Blaise aveva già visto quella
reazione in una folla, intorno a lei.
E
là, a pochi metri, una ragazza. Prima di coglierne l'aspetto, fu colpito dalla
strabiliante somiglianza con il nitido ricordo di una Diana fredda, distante,
apparsa sulla soglia di Hogwarts quasi nove mesi prima. Lo stesso guardo duro,
indifferente e ferino, con una sostanziale diversità: le iridi nere come
l'ebano, lucenti come una pietra preziosa, erano colme di un puro,
inequivocabile, sprezzante odio.
Capelli
neri, lunghi, raccolti in una coda alta. Pelle abbronzata di natura, i
lineamenti inconfondibili dei messicani, la bellezza intensa e inquietante
nascosta dalla sua rabbia. Esile, più bassa di Diana di dieci buoni centimetri,
eppure chiaramente più vecchia di qualche anno, forse sulla ventina.
-È
casa mia, mi pare.- rispose Diana, attenta e prudente nello scegliere un tono
accuratamente neutro. Un nervo sul collo dell'altra scattò.
-Te
ne sei andata un anno fa. Ormai non lo è più.- la corresse, gelida.
-Sai
benissimo che ho solo obbedito agli ordini. Sapevi che sarei tornata.- replicò
Diana, perdendo quella parvenza di prudenza di pochi attimi prima.
-Non
sei la benvenuta.-
Odio.
Ondate così potenti che Diana riusciva quasi a sentire, sentimenti omicidi,
assassini, rivolti a lei. Non una novità.
-Certo
non da te, Kelly.- gli occhi di Kelly si spostarono sugli inglesi silenziosi,
rimasti in disparte per tutto quel tempo. Si fermarono su Harry, scivolarono
sulla cicatrice a forma di saetta che recava in fronte.
-Porti
guerra, con te.- commentò.
-Non
lo nego.- rispose Diana, fredda. Sapeva di aver portato nel Limbo ancora più
violenza di quella che già esisteva, ma il suo piano era proprio quello:
distruggere i Mangiamorte e il loro capo, grazie ai vantaggi che in quel luogo
aveva e avrebbe presto avuto.
-Chi
hai intenzione di far ammazzare, ancora?- questo fu decisamente troppo, per
Diana. Sentì la furia infrangere i suoi argini, le sue difese, ma qualcuno che
la conosceva bene le fu subito accanto, stringendole un polso in una stretta
salda, ma non dura, per evitare che attaccasse. Alzò lo sguardo, per ritrovarlo
in quello verde-argento di Blaise. Si sorprese di vederlo cambiato, nonostante
per lei fosse sempre lo stesso. Il viso era più duro, gli occhi più scuri, ma
verso di lei lo sguardo era lo stesso che le aveva sempre rivolto.
Si
liberò dolcemente dalla sua stretta, cercò inconsciamente le sue dita e le
intrecciò con le proprie, sentendolo stringerle la mano con quel che di sicuro,
rassicurante, che le era tanto mancato in quei mesi.
A
Kelly, il gesto, non sfuggì.
-Lo
hai sostituito alla svelta, vedo.- disse, con un tono vibrante di cattiveria.
Ancora una volta, fu il tocco di Blaise a fermarla. Lui sapeva chi era Kelly,
sapeva perché volesse fare del male a Diana, ferirla. E sapeva che attaccarla
avrebbe solo peggiorato le cose, per Diana. Quella messicana aveva un potere
immenso, sul Limbo e alla Morris, quasi più della giovane, diafana Black.
Quasi.
-Taci,
Kelly.- sibilò Diana, lieta di riuscirsi a trattenere, lieta di sentire Blaise
di nuovo accanto a lei.
-Solo
“Kelly”?- la canzonò l'altra, perfida. -Non te lo ricordi più il mio cognome,
capitano Black?- Diana serrò i denti, conscia di quanto il cognome di Kelly
facesse male, anche solo a pronunciarlo.
-Non
farmelo dire.- mormorò, abbassando così tanto la voce che solo Blaise e Kelly
la sentirono.
-Perché,
capitano? Brutti ricordi?- l'orgoglio di Diana prese il sopravvento.
-Secondo
te, tenente Galindez?- nel pronunciare l'ultima parola, quel nome messicano che
non aveva mai smesso di echeggiare nel suo cuore, la mascella le si serrò
involontariamente. Kelly ghignò, sapendo benissimo di aver segnato un punto.
Guardò i tre americani, rimasti poco dietro Diana, che la fissavano con
qualcosa di simile al disgusto.
-Puoi
tenerti i tuoi cagnolini, ora che sei tornata. Vorrai andare al ranch, presumo,
ma verrò anch'io. Mi è stato ordinato.-
aggiunse, vedendo lo sguardo perplesso della giovane Auror. Diana annuì
bruscamente e distolse lo sguardo, il dolore che l'opprimeva dritto nel cuore.
Ma si ricordò improvvisamente della stretta di Blaise, della sua mano calda che
la stringeva, e riuscì dopo un attimo a tornare a respirare.
-“Cagnolini”
a chi, Kelly?- la voce di Lea la fece trasalire. Artesia si era incazzata di
brutto, nel sentirsi chiamare così, e ora fissava torva Kelly, come se non
chiedesse altro che saltarle alla gola.
(ndA:
forza Lea!! Riempila di botte!! Tirale una sedia in testa!!!)
-A
voi tre. Guardatevi, appena tornata la vostra Diana avete cominciato a
scodinzolare.- Melissa si spostò a fianco dell'amica, e tutti notarono le sue
movenze feline, fluide, come quelle di una ballerina.
-Sai,
Kelly, esiste una cosa meravigliosa che si chiama amicizia. Te la ricordi?- disse, colpendo Kelly proprio dove faceva
più male.
-Una
cosa inutile, a mio parere.-
-Più
o meno come mandarci in avanscoperta in quella zona, no?- intervenne Alex, la
voce pacata e fredda sorprendentemente simile a quella di Diana. Kelly ignorò
la sua interruzione, ma lo squadrò dall'alto in basso prima di tornare a
rivolgersi a Diana.
-L'hai
tirato su a tua immagine e somiglianza, no?- le chiese, irrisoria, prima di
voltarsi e andarsene.
-Andiamocene.-
disse subito Diana, bloccando sul nascere le proteste dei tre Auror. Rivolse un
cenno a Juan, che le sorrise comprensivo, ed uscì dal saloon prima di tutti,
passando di fronte a Harry, Ron, Tonks ed Hermione, che la guardavano attoniti,
e a Draco e Remus, che le rivolsero entrambi una lunga occhiata penetrante.
Raggiunse
il porticato ringraziando di quella momentanea quiete notturna, socchiudendo
gli occhi per assaporare il fresco della sua notte sulla pelle e la presenza di
Blaise, poco dietro di lei, soli. Merlino, quanto le era mancato. -Kelly era la
sorella di Dan.- rispose alla sua muta domanda, sentendo la sua carezza su una
spalla.
-Vuole
solo farti del male.- le disse piano, capendo cosa l'avesse ferita.
-Non
ci può più riuscire.- mormorò Diana, voltandosi a guardarlo con qualcosa, negli
occhi, molto simile a gratitudine. E per un istante fu di nuovo la sua Diana, la dolce guerriera che aveva
imparato ad amare.
Gli
altri li raggiunsero, e quell'istante si ruppe nel suono delle loro voci.
Tornarono ai cavalli, e questa volta Blaise andò con lei, mentre Hermione, con
grande sorpresa di Harry e Ron, seguiva Draco sul baio. Ginny andò con Harry, e
Tonks, con un ghigno malcelato di Diana a seguirla, con Lupin. Si era già
accorta di come l'Auror Metamorfomaga guardasse il “patrigno” con intensità
sempre crescente.
-Mel,
Alex, guidate voi.- disse Diana, sorprendendo tutti quanti quando si affiancò
ad Harry e a Ginny, mentre si allontanavano. Il Prescelto la guardò, stupito.
-Avremo tempo per chiarire, Harry, ma ho bisogno che tu ti fidi di me, qui. Sei
più in pericolo di tutti noi messi insieme, salvo forse Gin.- Ginny guardò
Blaise, senza comprendere.
-D'accordo.-
disse lui, capendo cosa Diana avesse voluto dirgli. La Regina annuì, brusca, e
si allontanò.
Nessuno
parlò più per un'ora, finché non giunsero ad una decina di chilometri fuori dal
paese. In lontananza, una grande massa scura, appena rilucente d'antichi
incantesimi, li aspettava.
Una
grande casa in legno si stendeva su almeno duecento metri quadrati di deserto,
circondata da un basso steccato di tronchi, in un cerchio ampio almeno un
chilometro. Diversi recinti più piccoli erano all'interno di quel cerchio,
corrals per cavalli, alcuni ingombri di oscure attrezzature che nel buio la maggior
parte di loro non riconobbe. Una piccola luce in una delle stalle, poste a
fianco della casa principale, fece presumere a Diana che Kelly fosse già là.
Il
ranch vero e proprio non poteva essere definito diversamente che bello. Nello stile dei ranch dell'Ottocento,
a tre piani, ma con qualcosa di perfetto e dinamico che gli dava un'aria
piuttosto moderna. Le finestre erano chiuse, dietro vi si scorgevano delle
tende bianche, il tetto era spiovente, una portafinestra che dava probabilmente
su una cucina si nascondeva nel buio di un elegante porticato, mentre un'altra,
la principale, si apriva dopo tre gradini, su un grande, raffinato ballatoio di
legno dove, nell'oscurità, si intravedevano delle sedie.
-Luce.- mormorò Diana, la voce un
po' roca, e di scatto in tutto il ranch si accesero le luci. Senza guardare le
stupite espressioni dei suoi compagni – dopotutto, la stessa che aveva avuto
lei, la prima volta che aveva visto quell'enorme abitazione –, smontò da
cavallo e salì sul ballatoio, aprendo la bella porta, straordinariamente simile
a quella dell'ufficio di Silente, semplicemente sfiorandone la maniglia. Con un
sospiro, fece un passo ed entrò.
Il
suo cuore, per un attimo, si smarrì nel passato. Il grande salone, che si
apriva dopo un breve corridoio da cui era separato solo da un muretto, era
identico a come lo ricordava. I soffici tappeti rosso sangue, i mobili di legno
scuro, il grande camino sulla parete ovest. La scrivania, la sua scrivania, il lungo tavolo frattino
circondato da eleganti sedie intagliate con maestria, le centinaia di libri
ammassate sulle librerie, un po' ovunque. Il candelabro enorme appeso al
soffitto, acceso dalla sua magia.
Sfiorando
le pareti di legno con affetto, mormorò qualcosa nella sua lingua indiana,
l'Algonquin.
-Ishe que ne merta furmiga shede avas.
Husted, akajimehes.- suonavano affettuose, le sue parole, anche se Blaise
non ne colse il significato. Non poteva sapere, ovviamente, che Diana aveva
appena ricambiato il festante, silenzioso saluto della casa.
Si
voltò finalmente verso gli altri, che notarono all'istante quanto sembrasse più
serena, in quel luogo.
-Le stanze sono ai due piani di sopra. Ce ne sono
parecchie, alcune hanno già il nome...- indicò con un cenno della testa i tre
amici, che avevano vissuto con lei in quel luogo fino a che non se n'era
andata, e Kelly, che si era silenziosamente insinuata fra la piccola folla e
aveva raggiunto le ampie scalinate di legno dall'altra parte dell'immenso
salone. -...altre due sono sigillate. Vi prego di non entrarci, in quelle. Per
il resto, scegliete quella che più vi piace, sono libere. Remus, Tonks, vorrei
parlare con voi, prima che andiate di sopra.- aggiunse, mentre gli altri si
allontanavano verso le scale. I due adulti annuirono, Remus già consapevole di
cosa avesse bisogno Diana, e rimasero indietro, nel salone. Blaise e Lea
rimasero con lei. Diana guardò l'amica, un mezzo sorriso, stanco e malizioso,
sul viso. -Va' a dire a Ron che non deve cercarsi una stanza, che ne dici?- le
disse, scatenando il suo rossore.
-Stronza.-
le disse, ma l'idea di dividere la camera, e di conseguenza il letto, con Ron
non le dispiaceva proprio del tutto.
(ndA: Dile pervertita!! Buahahahahah!) Corse via, su per le scale, mentre Diana
celava un ghigno sul proprio volto. Si voltò verso Blaise, gli rivolse un
sorriso stanco. Se c'era una cosa che sapeva, era che avrebbe dormito con lui.
Non poteva nemmeno pensare di non farlo, le era mancata troppo la sua presenza,
il suo calore nel letto, accanto a lei. Si volse verso Remus e Tonks.
-Remus,
tu sai già cosa vorrei chiedervi di fare. Abbiamo bisogno dell'Ordine e di
tutti i combattenti possibili. Vi ci vorrà un mese per uscire dal Limbo, perché
i confini in questo territorio sono tutti in balia dei Mangiamorte. Dovrete
arrivare fino al confine tra Nuovo Messico e Arizona, a cavallo e sotto falso
nome, prima di potervi Smaterializzare. Ve la sentite?-
-Che
domande fai, Diana? È ovvio.- rispose Remus, anche se lanciò un'occhiata cupa a
Tonks.
-Certo.-
rincarò lei, ricambiando la sua occhiataccia. Diana celò una seconda volta un
ghigno, e accennò alle scale.
-Mi
sa che c'è una sola stanza libera...- ignorò l'occhiata assassina del
licantropo. -Primo piano, ultima stanza a destra.- indicò, e si defilò su per
le scale, con Blaise, prima che Remus potesse ucciderla. Ma notò lo sguardo
grato e felice che Tonks le rivolse.
-Lo
sai che sei una carogna, sì?- le disse Blaise, a bassa voce, mentre salivano al
secondo e ultimo piano.
-Sono
innamorati l'uno dell'altra, ma Remus la tiene lontana per paura di quello che
potrebbe farle come licantropo.- rispose, anche lei sussurrando, mentre
sorpassava con aria decisa una porta che recava il suo nome. Incontrarono Draco
e Harry che discutevano, a bassa voce, in fondo al corridoio, mentre Hermione
li guardava, esasperata. -Herm, vai a dormire con Draco. Punto. Harry, Ginny
immagino che ti stia aspettando.- intervenne Diana, sedando la discussione. Li
superò, decisa, e finalmente raggiunse la stanza che cercava, quella più
solitaria, divisa dalle altre. Allungò una mano nel buio, sfiorò quella di
Blaise, e lui la seguì dentro senza una parola.
-Stai
bene?- le chiese appena si fu chiuso la porta dietro. Aveva sentito il tremito
delle sue dita, quando l'avevano sfiorato.
-Sono
solo molto stanca.- rispose Diana con voce morbida, mentre andava alla
portafinestra e l'apriva. Un fresco venticello entrò quando spalancò le due
ante, gonfiando le lunghe e leggere tende bianche. Accese una piccola lampada
sul comodino, vicino al letto matrimoniale vestito di lenzuola candide,
inondando così la stanza di una tenue luce dorata. La camera era bella,
spaziosa, c'era un armadio di legno scuro in un angolo e un cassettone
sovrastato da un elegante specchio nell'altro. Diana si infilò senza esitare in
una porta che Blaise non aveva notato subito, che doveva condurre ad un bagno.
La sentì accendere l'acqua della doccia, immaginò il suo corpo nudo, martoriato
dalla battaglia e dalla stanchezza, scivolare sotto il getto d'acqua calda.
Stranamente
(di solito ci metteva ore), ci mise pochissimo a lavarsi, e uscì dal bagno un
quarto d'ora dopo, i capelli gocciolanti e il viso più tranquillo, avvolta in
un asciugamano bianco. Gli rivolse un sorriso, uno splendido sorriso, e accennò
al bagno.
-Datti
una mossa però, ho sonno.- gli disse, mentre le passava accanto. Blaise le
sfiorò dolcemente un braccio, troppo stanco per parlare. Diana si cambiò, gettò
nel cestino della spazzatura la divisa lacera e sporca di sangue, e cercò nei
cassettoni una camicia da notte che sapeva di trovare. Quella stanza era stata
sua, un tempo, prima che cominciasse a dormire con Dan...
Essere
lì glielo ricordava ancora più di quanto non le succedesse normalmente. Le
ricordava i suoi sorrisi, le notti profumate d'amore, le risate che avevano
tante volte echeggiato in quella casa.
Non
soffriva più, ormai. Il dolore era qualcosa di lontano, molto lontano,
finalmente superato. E, di quello, doveva essere grata a Blaise.
Blaise...
Aveva
ricominciato a vivere, con lui. Le aveva restituito quel sorriso che pensava di
aver dimenticato, le aveva insegnato di nuovo ad amare.
Era
stata sul punto di perderlo, in quei mesi, ma ora era lì, di nuovo con lei, e
la sua tristezza non aveva più ragione di esistere.
Ma
qualcosa continuava a turbarla. Nel Limbo, Diana lo sapeva bene, i suoi nemici
erano esseri scaltri e straordinariamente intelligenti. Non sarebbe stato
difficile, per i Mangiamorte texani, venire a sapere di quello che c'era fra
lei e Blaise. Ancora una volta, la sua sola esistenza avrebbe messo in pericolo
l'uomo che amava.
Non
poteva sopportarlo. Non poteva pensare che avrebbe potuto essere la causa
di...no, non doveva nemmeno accennare quell'idea. Il solo pensiero di perdere
Blaise era insopportabile.
Non
l'avrebbe permesso. Di questo era certa.
A
qualunque costo.
Si
lasciò letteralmente cadere sul letto, esausta, sul lato destro, dove dormiva
sempre. E lì rimase, distesa su un fianco in modo scomposto, sentendo
l'indicibile stanchezza di quella notte caderle addosso. Là, in Texas, erano le
dieci di sera, mentre a Hogwarts dovevano essere almeno le quattro di mattino.
L'aspettava una lunga, pacifica notte di sonno.
Chiuse
gli occhi, e l'istante dopo già dormiva.
Blaise
uscì dal bagno dieci minuti più tardi, con solo i boxer addosso contro la
calura opprimente, un po' placata dall'aria fresca che entrava dalla finestra.
Sorrise, intenerito, quando la vide, profondamente addormentata, mezzo
scivolata giù dal letto. Andò da lei, la sollevò fra le braccia, senza sforzo,
e la depose più composta sulle lenzuola candide. Rimase vicino al suo viso un
istante, assaporando il profumo che tanto gli era mancato, in quelle troppe
settimane passate lontano da lei.
-È
bello riaverti, Di. Non immagini quanto.- le sussurrò, senza un vero motivo, e
le lasciò un bacio sulle sue morbide labbra socchiuse.
L'amava.
Di questo era certo, non poteva più negare quelle parole a sé stesso. Aveva
avuto molto, molto tempo per
riflettere su quello che provava per lei, in quelle settimane vuote e senza
senso in cui si era costretto a tenerla lontana da sé.
Era
diventato un Mangiamorte per salvare lei, l'aveva lasciata, per proteggerla,
aveva sopportato senza mai urlare le Cruciatus di Voldemort e di sua madre,
quando con la Legilimanzia constatavano che il suo cuore non era quell'organo
oscuro, di pietra, che avrebbero voluto che fosse.
Oltre
a lasciargli segni profondi e indelebili sul corpo scolpito, quelle
interminabili, sanguinose torture lo avevano temprato più che mai. E avevano
trasformato la sua già insolita maturità in quella di un uomo molto più adulto
di lui.
Non
aveva mai obbedito a Voldemort, si era guadagnato fra le sue fila la fama di un
ribelle, sopportando senza poter ribattere le angherie di quegli esseri che di
umano avevano ben poco. Non poteva combatterli veramente, non poteva lanciare
quelle tanto desiderate Avada Kedavra contro di loro. Se l'avesse fatto,
avrebbe messo in pericolo Diana.
Voldemort,
scaltro, aveva stretto un patto, con lui, pochi giorni prima della battaglia di
Hogwarts. Se avesse partecipato, se avesse combattuto dalla parte dei
Mangiamorte, avrebbe comprato la salvezza di Diana. Se non l'avesse fatto,
avrebbe ucciso entrambi...
Ma
lui, da perfetto idiota, non l'aveva fatto. Non era riuscito a controllare la
propria ira, quando prima Bellatrix e poi sua madre avevano colpito Diana. E
non se ne pentiva, perché averla di nuovo accanto valeva tutto ciò che aveva e
avrebbe dovuto passare, e anche di più, conscio della battaglia interiore che
anche Diana aveva dovuto sostenere. E vincere, aggiunse fra sé.
L'amava
tanto, tantissimo, forse troppo. Forse non avrebbe mai dovuto innamorarsi di
lei: l'aveva fatta soffrire, in quei mesi, e questo non se lo sarebbe mai
perdonato davvero. Forse avrebbe dovuto evitare di legarsi (e legarla) così
tanto a sé, perché il loro era un amore proibito, un amore dannato, ed entrambi
lo sapevano benissimo.
Ma
il cuore non segue mai la ragione, perché se lo facesse non si chiamerebbe
amore.
Si
distese accanto a lei, sospirando grato per le lenzuola fresche e profumate,
quando la sentì mormorare nel buio, la voce impastata dal sonno:
-Oh,
sì che lo immagino.-
Blaise
sorrise fra sé. Sì, pensò fra sé. Diana era l'unica donna al mondo capace di
rispondere a quel modo.
rieccomi!!! Sono brava, vero?
Invece di studiare per le cinque verifiche (ok, 4, una è un tema e per me i
temi sono dei piaceri, non delle verifiche ;P ) che mi attendono nei prossimi
giorni...scrivo! Anche perché sono stata colta dall'ispirazione folle, per
questo chap, e non potevo assolutamente metterla a tacere. Spero che vi sia
piaciuto, anche se lungo ben 12 pagine (scusa, Ale!! ^.^)...ho lavorato molto
sulla descrizione degli ambienti, visto il drastico cambiamento da quelli
Hogwarts, ho insistito sul rapporto Alex/Diana e Kelly/ Diana, riservando però
ai miei due morettoni le ultime pagine ovviamente zuccherose...Blaise e Diana
sono cresciuti: già prima erano molto maturi, adesso sono adulti. Ma non è
cambiato il loro amore, i loro sentimenti: Blaise che la protegge e dimostra,
attraverso i ricordi, quanto abbia capito di amarla (pucciolo mio!!), Diana che
con lui, e solo con lui, riesce ad
essere dolce e sincera, mentre col resto del mondo è l'Auror Black, la dura, la
guerriera. È un fardello che Diana è felice di portare, perché è perfettamente
conscia di essere la migliore. Avete visto, spero, con quale indifferenza
uccide un Mangiamorte...in realtà, il suo cuore si spezza ogni volta che spegne
una vita, ma è necessario farlo, e lei lo sa. Nel prossimo chap,
“L'Addestramento” (un altra bestia di lunghezze colossali), si approfondirà il
ruolo di Diana come Auror, come figura autoritaria e folle nel Limbo, e
comparirà l'ennesimo nuovo personaggio, un vecchio indiano Algonquin,
Ho-take-nah (“l'uomo dalla grande saggezza”), oltre ad un insegnante della
Morris-West, Johnathan Moore. Il piano di Diana sarà rivelato proprio da
quest'ultimo, ma mò taccio perché se no parlo troppo! Ecco le risposte alle
recensioni, e sotto due disegni che raffigurano 1) Melissa, la giapponese
texana, e 2) IL CAPOLAVORO DI IAIA_MALFOY4EVER (al secolo, Ilaria ^.^) SU DIANA
E BLAISE NEL CHAP “LA FESTA”!
Un basottone enorme a tutte/i le/i
lettrici/lettori, anche a Laura e Sara che, forse, vorranno rinfoderare le loro
fruste dopo questo chap...^,^ !!!
Ilaria: ma tesora grassie!!! Adesso
mi devi spiegare commo se fa a mettere le immagini nelle storie...perché non ci
riescooooooo!!! Caspiterina!!!! (ok ok mi calmo ^.^) Non preoccuparti, non me
la prenderei mai con te...a meno che tu non mi faccia arrabbiare...allorché
potrei diventare cattiva (della serie: Diana in confronto a me è un
agnellino...muahahahahahahahahah!)! Ma no dai scherzo, sono contenta di sapere
che le battaglie che tanto mi piacciono siano fatte bene...aspetta di vedere
quelle con fucili e pistole, se ti vuoi divertire, perché sono proprio la mia
specialità! Un basottone!
D2OTTO: ho dovuto solo accennare
Sirius, per mostrare che lui e Diana si sono affezionati in poco tempo...avrò
modo di ritirarlo fuori dal velo, tranquilla!
Mione1194: QUALE
ARMA!?!?!?!?!?!?!?!?!?!?!?!? Aiuto sono preoccupata!! E molto!!!!
Honey Evans: perdonami...ma non è
ancora il momento perché io sveli l'arcano mistero che avvolge i prossimi
capitoli...muahahahahahaha cough-cough-(me incazzata verso Diana e Blaise)
cazzo, volete smetterla di fumare mentre faccio le mie risate malefiche???? Mi
vanno di traverso!!!
cherie: vai tra, succede di perdere
un chap o di recensirlo in ritardo!! Bellatrix, oh, Bellatrix, quanto non vedo
l'ora che venga azzannata alla gola da...ok taccio!!! -mano spalmata sulla
fronte- (ndme: Bea, stai zitta eccheccavolo!! Se no riveli il finale!)
pei_chan: sì, sì, tranquilla, come
hai visto si sono rimessi insieme anche Draco e Mione...ma per Blaise e Diana
non è un nuovo inizio, bensì una serie di problemi che sarà lei, questa volta,
a crearsi...si fa delle seghe mentali non da poco quella donna, ma ha ragione,
purtroppo! Anche io per Silente ho pianto da quando è morto (sniff...sono due
anni e mezzo ormai...), lo adoravo, ma rivederlo nel 7 (come sirius, remus,
james, lily) è stato un dono di mamma Row per cui la ringrazierò in eterno! E
stai tranquilla che i Mangiamorte ne vedranno delle brutte....anche perché la
signorina Diana è tornata nel suo West!!! Si salvi chi puòòòòòòò!!!!
Dodici
ore di sonno giovarono a tutti quanti. Per la prima volta, da quando Alex la
conosceva, Diana aveva rinunciato a fargli fare dei turni di guardia.
-Forse
era troppo stanca.- commentò Melissa quando le espose i suoi dubbi, dalla
doccia. Alex, sdraiato sul letto con solo il lenzuolo che lo copriva, scosse la
testa, poco convinto.
-O
forse mi si è rammollita.- borbottò. Melissa, vestita solo di perlacee
goccioline d'acqua, uscì dal bagno. Alex sorrise godendosi l'immagine del suo
corpo perfetto, snello e slanciato come quello di una modella. Il corpo che da
mesi, ormai, apparteneva a lui.
-Ti
ricordo che è della nostra Diana, che stai parlando.- gli ricordò, con un
sorriso. Alex si alzò in ginocchio sul materasso, la prese per un braccio e la
trasse a sé, al suo torace scoperto.
-Mah...secondo me è quel capellone che me l'ha
ammorbidita.- commentò, baciandole il seno piccolo e sodo. Gli aveva dato
fastidio, non poteva negarlo, vedere l'affinità fra Diana e l'inglese. (ndA&Diana:
Blaise “capellone”!?!? Muahahahahahahahahahah!!!)
-Sei
geloso di lei, Alex?- gli chiese Mel divertita, spettinandogli i capelli.
-Non ne
avrei motivo. Ho solo paura che soffra di nuovo, ora che è qui con lui. E poi,
non mi piace. Dan era dieci volte meglio. Ma io ho una donna meravigliosa
accanto, e non sono geloso di Diana.- disse. Melissa rise, quando la ribaltò
sul letto e baciò le sue labbra sottili.
Alex
Bonn era entrato alla Morris due anni prima. Prima di questo, era stato l'unico
superstite di una nota famiglia di delinquenti. Un cacciatore di taglie, Jim
Galver, aveva deciso di guadagnare qualche soldo facile portando la sua testa,
su cui pendevano parecchi dollari, alle autorità.
Era
stato allora, in mezzo ad una sparatoria che lo vedeva letteralmente come carne
al macello, che aveva conosciuto Diana.
La
quindicenne sergente, bionda (sì, bionda), era intervenuta nel momento più
giusto. Alex aveva perso la presa sul suo fucile, e sarebbe certo stato
ammazzato se non fosse stato per quel fulmine in mimetica piombato sul campo di
battaglia. Diana aveva sparato, e aveva reso per sempre inutilizzabile la mano
destra di Galver. Preferiva non uccidere, a quei tempi.
Ed era
così che era piombata nella sua vita, per non andarsene più.
Agendo
come una perfetta politicante, aveva fatto in modo che tutte le accuse che
pendevano sulla sua testa cadessero. Aveva riabilitato il suo nome, e gli aveva
permesso di entrare alla Morris-West, sotto le gigantesche ali protettive delle
due regine incontrastate della scuola: Diana, e Kelly.
La loro
fama, quando Alex era arrivato, era gigantesca. La prima, più giovane
dell'altra di tre anni, era di gran lunga l'Auror più conosciuta di tutto il
Limbo, e non solo. Cominciata la Morris rispettivamente a dodici e quindici
anni, Diana e Kelly, talmente legate da sembrare quasi sorelle, avevano scalato
rapidamente la gerarchia auror, per ritrovarsi come sergente e capitano giusto
un anno prima. Erano perfette, scapestrate, senza freni se non quelli che si
imponevano da sole. Intorno a loro, quattro persone che ne formavano la
formidabile squadra: Lea Artesia, l'Auror dolce, Dan Galindez e Scott Parker,
la cui fama quasi superava quella delle loro due donne, e Melissa Moore, la
figlia dell'insegnante di tiro della Morris.
Ed era
in quella ristretta cerchia di eletti che Alex era entrato.
Era
arrivato in quella scuola, quindicenne e spaurito, senza sapere praticamente
nulla della vita. Ne era uscito, a sedici, come la letterale fotocopia al
maschile di Diana.
Era
diventato il suo discepolo, il suo “pivello”. E, insieme, il suo migliore
amico. Si erano salvati a vicenda la pelle più di una volta, Diana gli aveva
insegnato tutto ciò che poteva, lo aveva messo nella privilegiata posizione di
fare le sue veci, al momento del suo trasferimento. Gli voleva bene, Alex lo
sapeva. Anche se nove volte su dieci provava l'insano desiderio di
strangolarlo.
Mentre
cresceva sotto il durissimo addestramento di Diana, Alex aveva conosciuto
Melissa.
La
bella giapponese era la migliore tiratrice della scuola, assieme a Diana e
Kelly. Elegante, intelligente e spietata quando l'occasione lo richiedeva, Mel
aveva messo in chiaro, fin da subito, quanto non sopportasse quel biondino
fanfarone ed egocentrico, quell'idiota che ci provava un giorno sì e uno anche.
Quando
Dan e Scott, che a Melissa era molto legato, erano morti, Lea gli aveva
consigliato di rimanerle accanto. Aveva passato mesi a cercare di riportarla
alla vita, di farle superare il dolore, e alla fine c'era riuscito.
Ed era
così che si erano innamorati.
Ora,
Alex si presentava come un abbronzato diciassettenne, i capelli dorati, lisci,
un fisico asciutto e muscoloso, alto come una betulla, un sorrisetto
strafottente perennemente stampato sul volto.
Si
presentava come l'amico protettivo che non vedeva di buon occhio Blaise,
diffidente e sospettoso, con la paura che Diana soffrisse ancora sempre
presente nel cuore.
Ron si
stiracchiò, e aprì gli occhi. La luce calda del sole, nonostante fossero solo
le otto di mattino, entrava dalla finestra spalancata.
Si
voltò verso Lea, addormentata, girata su un fianco, il visetto ovale
morbidamente abbandonato sul cuscino. Sorrise, ripensando alla notte che aveva
passato con lei, abbracciati, senza fare nulla, senza voler fare nulla.
Il
ricordo del suo dolce imbarazzo, quando gli aveva proposto di dormire assieme a
lei, era troppo bello per essere sciupato da quello. Sarebbe arrivato il
momento, Ron lo sapeva, ma non voleva forzarla a fare nulla per cui lei non si
sentisse pronta. Anche se il desiderio di farla sua, di essere il primo a
poterla amare, era quasi insostenibile. (ndDile: ma io sono prontissimaaaaa!!!)
(ndBea: Dile, SPARISCI!)
Le
carezzò la chioma scura, e al suo tocco la ragazza si destò. Borbottò qualcosa
di indistinto, e aprì i suoi occhioni scuri.
-Buongiorno.-
le disse, con un sorriso.
-Mmm...ciao...dormito
bene?- brontolò lei, sfregandosi gli occhi.
-Sì...tu?-
-Idem.- Lea si alzò, e Ron notò che
i suoi pantaloncini si erano leggermente alzati, rivelando ancor di più le sue
belle gambe. Represse il desiderio che si era acuito nel suo corpo, si alzò
anche lui e, senza un motivo, l'abbracciò, cingendole i fianchi con le braccia,
tenendola stretta al suo torace. La tensione, la paura della battaglia avevano
lasciato il segno anche su di lui, e Lea era l'unica persona che potesse in
qualche modo restituirgli il sorriso.
-Ron,
cosa è successo a Hogwarts? Non mi avete ancora detto nulla.- gli chiese. Il
rosso sospirò, il viso scurito da un'improvvisa preoccupazione.
-C'è
stata una battaglia...Silente è morto. I Mangiamorte hanno chiamato un drago, e
Diana ci ha portati via prima che ci ammazzasse tutti.- riassunse, cupo.
-Silente
è morto?- esalò Lea, improvvisamente spaventata. Conosceva la fama del Preside,
conosceva la sua grandezza.
-Sì.-
annuì Ron. -Da quello che ho capito, è stato Piton.-
-Piton?
Ma doveva essere Draco a...- Lea si zittì, mordendosi la lingua. Gli occhi di
Ron si fecero improvvisamente sospettosi.
-Malfoy?
Cosa doveva fare?- le chiese, accigliato. Lea si separò da lui, si volse verso
la finestra. Si era fatto tutto così confuso, da quando gli studenti di
Hogwarts e i Mangiamorte erano comparsi nel deserto. Diana, Kelly, il ranch, e
ora la scoperta che Piton aveva ucciso Silente...due Mangiamorte disertori sotto
lo stesso tetto di cinque Auror...un obiettivo troppo ghiotto per i loro
nemici.
-Non lo
so...non ci capisco più niente.- mormorò, con voce incolore. Ron le si
avvicinò, le sfiorò una spalla con le dita tiepide, sentendola rabbrividire
piano al suo lieve tocco.
Cosa
gli nascondeva?
-Lea...-
la chiamò. -C'è qualcosa che devi dirmi?-
Ginny
era seduta sul bordo del letto, i capelli rossi abbandonati sulla schiena,
sulla maglietta di Harry che indossava, che le arrivava appena sotto l'orlo
delle mutandine. Harry, il torace magro e muscoloso coperto solo da un
lenzuolo, dormiva con un braccio abbandonato là dove lei si trovava fino a
pochi minuti prima.
Era
stata con lui, quella notte, per la prima volta nella sua vita. Era
stato...bello, bellissimo, sublime, fare l'amore con il ragazzo che amava. Si
sentiva strana, come se fosse cresciuta tutto ad un tratto, come se quei
momenti in cui lei e Harry erano stati la stessa cosa, la stessa anima,
l'avessero mutata in una donna.
Eppure,
non riusciva ad essere felice. Qualcosa la preoccupava, le faceva dubitare del
sentimento del suo amato.
Si
voltò verso Harry, e allungò una manina per scuoterlo leggermente.
Il moro
aprì lentamente gli occhi, un po' appannati per l'assenza degli occhiali.
-Harry,
dobbiamo parlare.- a quelle parole, il Prescelto si alzò a sedere, inforcò gli
occhiali e la guardò, preoccupato.
-Gin,
stai bene? Tutto ok?- le chiese, avvicinandosele. Ginny si ritrasse appena,
allontanandosi da lui.
-Sto
bene, ma sono preoccupata.- rispose, distante.
-Per
cosa?- Ginny sospirò, e alzò i suoi occhioni castani su quelli smeraldini di
lui. Doveva chiederglielo, doveva sapere se i suoi sospetti erano fondati.
-Harry,
cosa è successo con Diana?- chiese, seria. Harry sospirò.
-Abbiamo
litigato. Non è un mistero.- rispose, tenendo lo sguardo basso.
-Sì, ma
perché? Da un giorno all'altro siete passati dall'amicizia all'indifferenza!
Cos'è successo?- sbottò lei, improvvisamente arrabbiata. Lui la guardò stupito,
senza capire.
-Gin...Diana
ha...- vide le lacrime negli occhi della sua ragazza, vide la paura nelle sue
iridi. -Gin, cosa pensi che sia successo?- le chiese, colto da un improvviso
sospetto.
-Non lo
so...- lei aprì e chiuse più volte le palpebre, ricacciando indietro le
lacrime. -Non so cos'è successo, mi fido di te e mi fido di Diana, so che non
potreste mai avermi fatto nulla, ma...- Harry le posò un dito sulle labbra,
zittendola con un sorriso.
-Ginevra
Molly Weasley, credi che sia andato a letto con Diana?- Ginny, imbarazzata,
distolse lo sguardo.
(ndA:
ma come cazzo le vengono queste idee!?!?!?!?! Mettiamo a confronto Potter e
Blaise, e capiamo subito che Blaisuccio è MILLE volte meglio del
Prescelto!!!!!!!)
-Non lo
so. Né tu né lei mi avete mai detto cos'è successo, e io cosa dovrei pensare?-
borbottò, irata. Ma, con sua grande sorpresa e irritazione, Harry scoppiò a
ridere. Lo guardò male, molto male, ma lui era troppo divertito dalla
situazione per smetterla.
-Gin,
ma tu ti fai dei viaggi non da poco! Pensaci un attimo, ok? Tu mi piaci da
prima di Natale, te l'ho detto, e Diana non ti avrebbe mai fatto una cosa del
genere! Senza contare Zabini.- aggiunse, tornando improvvisamente serio. Ginny,
furibonda con sé stessa e parecchio imbarazzata, si aprì in un malinconico
sorriso.
-Hai
ragione, è solo che...- ancora una volta, il Prescelto la zittì.
-Ginny,
quello che è successo con Diana non c'entra nulla con quello che pensi.
Fidati.- Ginny gli sorrise, si liberò dalla sua morbida stretta e lo baciò con
slancio, cadendo entrambi sul letto, ridendo.
DRIN!
DRIN!
Diana
balzò in piedi, la pistola estratta fulmineamente dalla fodera sotto al letto
ben salda nella mano sinistra, lo sguardo allarmato.
Si rese
conto l'istante successivo che era stato il campanello, a svegliarla.
Sospirò,
e ripose con un gesto fluido la 44 Magnum nella sua fondina. Sapeva di doversi
calmare, ma il suo addestramento aveva spesso la meglio: aveva sistemato anni
prima, nei punti più improbabili della casa, ogni tipo di armi. Semiautomatiche,
revolvers, coltelli bilanciati e a serramanico, tutti disposti in modo da
permetterle di raggiungerli alla svelta. E ora, ritrovatasi nella sua vecchia
stanza, i ricordi incisi a fuoco nella sua mente le avevano suggerito
all'istante dove trovare quella pistola.
-Cosa
sta succedendo?- borbottò Blaise, svegliato dal suo brusco movimento. Si
stropicciò gli occhi, e la guardò, stupito. Diana gli rivolse un mezzo sorriso
dolce, sentendo la tensione svanire.
-Nulla...sono
un po' tesa.- rispose, sbirciando dalla finestra per vedere chi era appena
arrivato. Un bello stallone fulvo era fermo di fronte al ballatoio, ma di
persone non v'era traccia. Sospirò.
-“Un
po' tesa”?- commentò lui scettico, osservandola. I nervi del collo tesi fino
allo spasmo, gli occhi attenti e guardinghi, i pugni stretti. Ma bella.
Indescrivibilmente bella. E sensuale...sensuale come una gatta, come una
guerriera, risvegliava tutti i suoi istinti fin troppo a lungo tenuti a bada.
-Forse
parecchio.- commentò lei, con un sorriso che non le raggiunse gli occhi. -Ma
purtroppo è necessario, qui.- disse, distogliendo lo sguardo da lui per posarlo
di nuovo sulla finestra. Blaise si alzò, andò da lei e le sfiorò un braccio,
ben conscio del potere che aveva di calmarla. E, infatti, vide il suo viso
rilassarsi impercettibilmente, i suoi occhi socchiudersi.
Le
carezzò i fianchi, i seni, sfiorandola appena sotto la leggera camicia da
notte. Diana socchiuse appena gli occhi, rapita.
E,
cedendo all'istinto come sempre gli capitava, con lei, la baciò.
Rimasero
un istante immobili, le labbra unite, assaporando quell'attimo in tutta la sua
pienezza, sentendo il proprio desiderio crescere improvvisamente.
Un
secondo più tardi, Diana aveva schiuso le sue morbide labbra e Blaise le aveva
spinto la lingua in bocca, violento e possessivo come non gli era mai capitato
di essere. Era tutta quella situazione, quel posto, il comportamento di lei, a
fargli perdere il controllo.
Non lo
stupì sentirla rispondere con la stessa furia. Spinse il corpo addosso al suo,
voleva sentirla, desiderava quelle carezze sulla schiena e sul collo. La
sollevò per i fianchi, Diana si strinse a lui, e la portò sul letto, sotto di
lui, affondato nel suo corpo caldo.
TOC TOC
TOC.
-Diana,
vieni giù. C'è qualcuno che vuole parlarti.- disse la voce dal marcato accento
di Alex, mezza divertita, mezza arrogante. Diana, a fatica e controvoglia, si
separò dalle labbra di Blaise.
-Arrivo
subito.- disse, mascherando la morbidezza della sua voce dietro un convincente
tono deciso. Sentirono Alex allontanarsi. -Blaise...datti una calmata.-
sussurrò allora, divertita, costringendolo ad alzare lo sguardo dalle
attenzioni che stava dedicando al suo collo. Dopo un attimo di confusione,
Blaise scrollò la testa, attonito, e disse:
-Hai
ragione.- “Ma che cazzo mi è preso?”
Diana,
vedendo la sua espressione confusa, scoppiò in una risata silenziosa e gli posò
un casto bacio sulle labbra. Gli carezzò il viso, la dolcezza e l'amarezza
dipinti negli occhi.
-Mi sei
mancato tanto anche tu, Blaise...ma non ti salto addosso, no?- una scintilla
maliziosa nei suoi occhi. Blaise sorrise, senza spostarsi di un centimetro da
lei.
-Beh...non
ti fermerei, se lo facessi.- disse, facendola sorridere. E, per pochi attimi,
tutto sembrò tornato alla normalità, sembrarono di nuovo solo Diana e Blaise.
-Te
l'ho già detto che sei un maiale, sì?- gli chiese.
-Un
paio di centinaia di volte, ma chi le conta?- rispose lui, dandole un bacio
sulla punta del naso. Si spostò da lei, la lasciò alzare, e la guardò mentre
lentamente faceva scivolare via dal suo corpo morbido la camicia da notte,
rimanendo solo in slip. Notò le costole mostrarsi sotto i suoi seni, molto più
del solito. Notò i diversi segni che si era procurata in palestra, rossi in
confronto alle vecchie cicatrici. Ma, soprattutto, notò quanto gli fosse
mancato, quel corpo caldo, morbido, dalle curve profonde. -Io sarò anche un
maiale, ma tu mi stuzzichi non poco, Di.- commentò, beatamente spaparanzato sul
letto a braccia aperte. Diana si voltò, un sorriso ironico sul viso. Tornò da
lui, fra le sue braccia, lasciandosi cingere la schiena e i fianchi nudi dalle
sue braccia muscolose. Incontrò il suo sguardo, ora calmo, privo della smania
di poco prima.
-Non
sono io che ti stuzzico, stupida Faina. Sei tu che sei in astinenza.- gli
disse, posandogli un bacio sulle labbra, spogliata dei suoi vestiti e della sua
durezza.
Quanto
sarebbe durata?
Blaise
non lo sapeva.
-Una
spiacevole situazione che dovremmo risolvere.- Diana sorrise, esasperata, posò
il viso sul suo torace. Ma poi, repentino e venefico, un improvviso pensiero
distrusse quell'istante di pace nel suo animo.
Non
puoi.
Non
puoi permetterti, qui, di essere la Diana che conosce, la vera Diana.
Non
puoi amarlo. Sai di non poterlo legare ancora più a te.
Sai
di avere paura. Tanta, tantissima paura.
-Lo
vorrei tanto, Blaise. Ma non posso.- disse, la voce improvvisamente remota e
cupa, lontana.
-E cosa
te lo impedisce?-
-Non...non
posso, e basta.- tagliò corto lei, stringendo le palpebre, ben sapendo cosa stava
facendo. E detestandosi per questo.
Avvertì
il tocco di Blaise farsi più freddo, distante. La ferì, ma era quello che
voleva, dopotutto.
“Perdonami,
Blaise, se puoi.
Perdonami,
perché ancora una volta devo stare lontana da te.
Ci ho
pensato tutta la notte...e ora...ed è la cosa più sicura”.
(ndA:
Diana prevede quello che succederà più avanti, non voletemene se questo suo
comportamento vi pare poco appropriato o strambo)
Dopo
quella che ad entrambi sembrò un'eternità troppo breve, Diana lasciò il suo
abbraccio e si alzò. Si vestì in silenzio, lui fece lo stesso (Diana aveva
ripescato da un qualche remoto cassetto un paio di jeans e una T-shirt nuovi,
entrambi neri, per lui), e fianco a fianco scesero nel salone, raggiungendo i
quattro americani già svegli, chi appollaiato sullo schienale delle poltrone,
chi alla scrivania, chi sul divano. Anzi, non quattro. Cinque.
-Moore...che
sorpresa.- mormorò Diana, rivolta all'uomo elegantemente seduto su una
poltrona. Lui si alzò, con un movimento che non doveva essergli costato
praticamente nessuno sforzo, e le andò incontro. Blaise lo osservò e,
istintivamente, visualizzò con gli occhi della mente l'immagine di Crystal.
Occhi
scuri, leggermente a mandorla, penetranti, lo trapassarono quando Moore spostò
il suo sguardo su di lui. Carnagione asiatica, bronzata dal sole, lineamenti
affilati e un fisico asciutto, prestante, i capelli neri pettinati
all'indietro. Dimostrava una quarantina d'anni circa, ma Blaise avrebbe pagato
volentieri per arrivare a quell'età con quel fisico.
-Capitano
Black, è un piacere rivederla.- Diana gli strinse la mano, con la sua solita
stretta salda. Blaise notò quanto l'appellativo “capitano” non l'avesse
minimamente sorpresa.
-Il
piacere è mio, comandante.- lo sguardo di Moore si spostò sull'unico inglese
presente nella stanza. I suoi occhi da falco si strinsero, sospettosi, ma gli
tese la mano. -Comandante degli Auror Mike Moore.- si presentò. Diffidente,
Blaise gli strinse la mano.
-Zabini...Blaise.- disse. La
stretta di Moore si fece improvvisamente dura. Velocissima, l'altra mano
raggiunse l'avambraccio del giovane e scostò bruscamente la polsiera di cuoio
che Blaise portava sempre.
Il
Marchio Nero spiccava sulla sua pelle, nero contro bronzo.
Blaise
rimase immobile, rivolgendo una sola occhiata disgustata al tatuaggio prima di
distogliere lo sguardo.
Diana,
invece, si voltò verso Kelly, rabbia e odio negli occhi.
-L'ho
fatto solo per sicurezza.- si difese lei, malcelando un ghigno sul suo viso.
-Sì, e
io ci credo.- replicò Diana, ringhiante.
-Hai
portato dei Mangiamorte a Springerville, Diana. Non me lo sarei aspettato, da
te.- intervenne duramente Moore.
Un
istante, e le dita di Diana si strinsero sul polso del comandante, allontanandolo
di scatto da Blaise che, notata subito la spietatezza insita in quegli occhi da
falco, non aveva mosso prudentemente un muscolo. La ragazza si spostò davanti a
lui, decisa.
-Faccio
io da garante per lui e Malfoy.- annunciò, fredda. Un'ombra di sorpresa passò
sul viso di Moore.
-Sai
cosa vuol dire?- le chiese. Lei annuì. “Magari lo sapessi anch'io...” pensò
Blaise, accigliato.
-Che mi
assumo tutte le responsabilità delle loro azioni, sì.- replicò la ragazza.
-Silente si fidava di loro. E io non sono così stupida da smettere di obbedire
ai suoi ordini, anche da morto.- aggiunse, gelida.
-È un
rischio.- le fece notare Moore.
-No,
non lo è.- lo corresse.
Pausa.
Silenzio gravoso che premeva sulle loro orecchie.
-Ma non
è qui solo per questo, giusto?- chiese finalmente Diana, spezzando
quell'innaturale mancanza di dialogo. Melissa e Alex, e Lea con loro, ripresero
a respirare. Moore si allontanò dall'Auror e da Blaise, continuando a scrutare
torvo quest'ultimo, che ne sostenne senza paura lo sguardo.
-No,
infatti.- il comandante si sedette di nuovo, e così fecero Diana e Blaise. -Il
vostro arrivo ha movimentato i Mangiamorte. Hanno nuovi accoliti, ma sono
disorganizzati e ci vorrà del tempo prima che torni l'ordine fra i loro ranghi.
Ma una cosa è certa: tu, Diana, Potter e i due...traditori...- Melissa fulminò
il proprio padre con lo sguardo. -...sarete i loro bersagli preferiti. Potter,
Zabini e Malfoy sono facili da capire, ma quella che vogliono sul serio sei
tu.-
“Voldemort
vuole la Regina. Non ha ancora rinunciato ai poteri di Arakta Shoenn”, fu il
pensiero identico di Diana e Blaise, ma si guardarono bene dall'esprimerlo.
La
Regina era l'unica, nel Limbo, che avrebbe potuto causare a Voldemort dei seri
problemi.
-Come
sa tutto questo? Il solito topo di fogna?- chiese lei, non riuscendo a
nascondere un ghigno.
-Esattamente.-
-Task è
diventato ancora più infido, Di.- commentò Alex, con una risata. Moore lo
incenerì con lo sguardo. Melissa e Lea si guardarono, esasperate: il comandante
non aveva mai sopportato quel biondino, non da quando aveva osato posare gli
occhi sulla sua unica figlia.
-Resta
pur sempre il nostro informatore migliore.- Moore guardò Diana, intensamente,
dandole la conosciuta sensazione di essere trapassata da una spada. -Arriveranno
rinforzi dall'Inghilterra e dalla Bulgaria, e quando saranno abbastanza
numerosi attaccheranno Springerville.- disse, a bassa voce.
Lea e
Alex trasalirono, Kelly rimase impassibile, Melissa scambiò un'occhiata
eloquente con Diana.
-Quanto
gli ci vorrà per organizzarsi?- chiese quest'ultima, dopo un attimo.
-Secondo
Task, almeno un mese.-
-Non
possiamo permetterlo.- intervenne Lea, risoluta. Diana annuì, improvvisamente
simile ad uno stratega militare.
-Non
possono attaccare la Morris, e ripiegano sul paese, sperando di attirare noi e
gli Auror fuori dai confini magici della scuola. L'unica cosa da fare sarebbe
raggiungere la Morris e attirarli lì...saremmo in vantaggio, avremmo la magia.
Ma...- s'interruppe, guardando Blaise con un'occhiata preoccupata.
-Cosa?-
le chiese lui.
-Siete
dei civili impreparati ad una guerra del genere.- rispose lei, semplicemente.
-Anche solo il viaggio richiede competenze che non avete, e in quattro (rivolse
un'occhiata velenosa a Kelly), o cinque, non sono sicura che sarebbe prudente
portarvici.- aggiunse.
-Per
questo li addestrerete a combattere e a vivere nel Limbo.- dieci occhi
saettarono stupiti su Moore, che per la prima volta sorrise, soddisfatto. I
giovani Auror capirono un istante più tardi. -O, meglio, saranno Lea, Alex,
Melissa e Kelly a farlo.-
-Perché
io no?- sbottò Diana, sorpresa.
-Perché
anche tu necessiti di un addestramento.-
-E da
quando!?- Diana s'infiammò subito, orgogliosa delle proprie capacità e ansiosa
di dimostrarle. “Sono la migliore da sempre!! Cos'è questa storia!?”
-Non è
per nulla sicura di sé stessa, la piccola.- borbottò Blaise sarcastico,
strappando a Lea un sorriso decisamente sadico e guadagnandosi un'occhiataccia
da una seccatissima Black.
-Chiamami
un'altra volta “piccola”, Faina, e te la farò pagare molto cara.- lo minacciò,
irata. Se c'era una cosa che Diana non sopportava, erano quei nomignoli
assurdi. Anche se “piccola” non le dispiaceva, dopotutto.
-Che
paura...piccola.-
-Fottiti,
Blaise.-
-Magari.-
replicò lui, un sopracciglio alzato e l'espressione ironica. Ma non c'era
accusa, non c'era rabbia o delusione, in quello sguardo. Diana sbuffò, senza
però riuscire a nascondere un mezzo sorriso divertito. Moore, che aveva seguito
lo scambio di frecciatine in silenzio, se ne accorse, ma lei non gli diede
tempo di fare domande: -Quale addestramento, comandante?-
-Ho-take-nah
ha chiesto di te appena ha “sentito” il tuo arrivo.- rispose l'uomo. Diana,
inaspettatamente per tutti quanti, scoppiò in una sonora risata.
-È
ancora vivo, quel vecchio pazzo? Non gli è arrivata qualcuna delle mie
maledizioni?- chiese. Lea la guardò male: Ho-take-nah era stato il suo maestro,
il suo protettore, il suo padre adottivo. Era egli un vecchio indiano di età
indefinita, sclerotico e iracondo come pochi, che aveva fatto del portare sfiga
l'obiettivo della sua vita. Secondo Diana.
-Non
credo. Comunque, non solo lui, ma anche Torishah vuole che tu li raggiunga.-
Diana annuì, pensierosa, visualizzando nella mente la figura di un indiano
alto, muscoloso, con l'aria di poterti spezzare qualche osso semplicemente
guardandoti. Poi, alzò lo sguardo sul comandante, penetrante e indecifrabile
come al solito.
-Questi
sono ordini, vero, Moore?- marrone contro acciaio. Sguardo laser contro sguardo
gelido.
-Sì.-
-E sia,
allora.- sospirò Diana, ben conscia che disobbedire a Mike Moore sarebbe stato
crearsi un grosso nemico.
-Avete
un mese per preparare i civili al viaggio. Addestramento completo.- Moore si
rivolse ai quattro americani, che annuirono.
-Proprio
un mese...lo stesso tempo che hanno i Mangiamorte, Moore.- commentò Diana. Lo
sguardo dell'Auror saettò su di lei, e vi colse qualcosa di molto simile
all'irritazione.
-Esatto.-
-Perché?-
chiese Alex. Lea e Diana si guardarono un istante: solo loro due, esclusa
Kelly, avevano capito il subdolo piano di Moore.
Ma fu
Blaise a rispondere al biondo.
-Perché
saranno pronti anche loro, e ce li tireremo dietro fino alla Morris.-
Moore
alzò lo sguardo di lui, guardandolo per la prima volta come se non fosse un
nemico.
-Esatto.-
disse solo, senza riuscire a nascondere la sorpresa nella sua voce. Diana, fra
sé e sé, sorrise. Erano veramente i pochi che riuscivano a sorprendere il
comandante auror, e Blaise aveva appena guadagnato un punto importante per
esserci riuscito.
Moore
si alzò.
-Diana,
muoviti.-
-Cosa?-
fece lei, senza capire.
-Mi hai
sentito. Datti una mossa, tu vieni via con me. Ti porto al villaggio.- Lea,
Alex e Melissa rivolsero al comandante uno sguardo stupefatto. Kelly, invece,
celò un sorrisetto malefico.
-Adesso!?-
sbottarono Diana e Blaise, all'unisono.
“Non se
ne parla neanche!”
-Sì,
adesso.- la ragazza inghiottì una replica.
-Mi
piace questo, di lei: sa sempre dare un così solerte preavviso...- borbottò,
irata. Ma già sapeva che sarebbe stato inutile controbattere. Alzò lo sguardo
su Blaise, sorpreso e incazzato, e gli fece cenno di seguirla nella cucina dove
già si stava dirigendo. La porta si chiuse di schianto, senza che lei la
toccasse, non appena lui fu entrato.
-Dov'è
che dovresti andare?- esordì Blaise, saltando tutti i vari convenevoli.
-Al
villaggio. Nel nord del Nuovo Messico. Nella riserva indiana.- rispose lei,
seccamente. L'idea non le piaceva affatto, e lui se ne accorse.
-Perché?-
-Non ne
ho la minima idea! Ho-take-nah è un vecchio citrullo, Torishah un esaltato, non
ho la più pallida impressione di che cosa vogliano insegnarmi!- s'infiammò lei.
Si pentì quasi all'istante di essersela presa con lui, e l'attimo dopo di aver
insultato quei due indiani che, assieme a Chato Parker (l'indiano mezzosangue
che era stato il padre di Scott), l'avevano cresciuta.
-Datti
una calmata, eh, non è colpa mia.- disse Blaise, pacato, ma con l'aria di chi
si prepara a litigare.
-Mi
chiedi delle cose che non posso sapere!- sbottò Diana. Lui sospirò, cercando di
non mettersi a discutere con una ragazza che, in quel momento, ce l'aveva con
il mondo intero.
Perché
non voleva lasciarli soli.
Non
voleva allontanarsi così tanto da loro, da lui.
Li
aveva portati lì, in una terra selvaggia e violenta ferma ad un secolo prima, e
non si sarebbe mai perdonata se gli fosse successo qualcosa.
Era una
sua responsabilità, tenerli tutti vivi.
Ma non
era colpa di Blaise, si rese conto. Se la stava prendendo con l'unico che, anche
se l'aveva trattato malissimo, poche decine di minuti prima, le sarebbe sempre
stato accanto. Che ora la guardava con uno sguardo duro, seccato, lo stesso che
le aveva rivolto tante volte, prima che si mettessero insieme.
-Blaise...-
lo chiamò, sentendo l'irritazione scemare. -Scusa.- mormorò, a voce bassa.
Anche l'espressione di lui si addolcì. Perché sapeva che quelle scuse non erano
solo per lo scoppio d'ira di quel momento, ma soprattutto per come si stava
comportando, per come lo stava allontanando, perché, ancora una volta, gli
sarebbe stata strappata.
Le sorrise.
-Vedi
di non fare danni e di tornare alla svelta. Altrimenti ammazzo Potter mentre mi
esercito col fucile.- lei sorrise, e scosse la testa, esasperata. Quell'uomo
non sarebbe cambiato mai.
-Blaise...sei
un cretino.- lui annuì, convinto.
Dieci
minuti dopo, Diana aveva sellato lo stesso stallone che aveva usato il giorno
prima e lo aveva portato davanti al ballatoio, dove Hermione e Draco si erano
aggiunti al gruppetto. Dalle loro espressioni, intuì che dovevano già essere
stati informati. Li prese da parte un istante, e gli disse:
-Fidatevi di loro. Soprattutto di Alex: l'ho tirato praticamente su io, quel
biondo. Ma guardatevi da Kelly.- aggiunse.
-Contaci.-
rispose Draco, rivolgendo all'americana ventenne uno sguardo diffidente.
-E se
abbiamo bisogno di te?- chiese invece Hermione.
-Saprò
sentirvi.- rispose semplicemente lei, enigmatica. Montò a cavallo con
impressionante scioltezza, e incontrò gli occhi azzurri di Alex. -Te li affido,
pivello.- disse solo, ben sapendo che Alex avrebbe capito.
-Vedrò
di non farli ammazzare. E, Diana...- un gesto velocissimo della mano, qualcosa
di nero che saettava verso Diana. Lei alzò una mano e lo afferrò al volo,
sorridendo nel riconoscerlo all'istante.
Un
vecchio Stetson nero, un po' consunto, il cordino di pelle e un nastro scuro
intorno alla tesa, dove ancora si vedeva un solco, simile ad un pacchetto di
sigarette.
-Grazie,
pivello.- mormorò Diana, infilandosi il cappello con un gesto naturalissimo, quasi
impaziente. E si sentì di nuovo forte, di nuovo invincibile, facendolo. Si
sentì, per la prima volta da quando era tornata, a casa.
Sorrise,
un sorriso sicuro di sé, il sorriso di chi non ha paura di nulla di quello che
le si sarebbe presto presentato davanti.
-Hasta
pronto. Y suerte.- salutò, incrociando solo per pochi istanti gli occhi di
Blaise.
E in
quegli attimi gli disse tutto ciò che provava, senza pronunciare una sola
parola.
Lui
annuì, rivolgendole uno dei suoi bellissimi, rarissimi sorrisi.
“Non
fare danni, Faina.”
“Nemmeno
tu, pivella.”
“Ti
odio.”
“Lo
so.”
Villaggio
indiano. Notte.
L'hogan
era silenzioso, diverse maschere tribali ed inquietanti erano posate a oscuri
bauli oppure alle pareti di rami intrecciati. La nuda terra era ricoperta da
pelli o tappeti scuri, lavorati con maestria. Là, nell'angolo più lontano, a
gambe incrociate, sedeva un uomo. Era anziano, talmente tanto che avrebbe
potuto essere più che centenario. Ma la pelle era liscia e morbida, salvo che
sul suo viso, e il suo corpo non mostrava i segni inevitabili dell'età. Due
occhi neri come la pece brillavano nel buio, innaturali. Il suo viso squadrato
si posò su una figura nera appena apparsa sulla soglia, stagliata contro il
cielo infuocato di stelle.
SCUSATEMIIIIIII!!!!! Ma tra la scuola e una crisi
d’ispirazione, complice anche una notte completamente insonne, non sono
riuscita a completare questo chap (11 pagine) prima di oggi, e mancano anche le
scene Draco/Herm e Remus/Tonks, che ci saranno invece nel prossimo. Allora, non
ho altro da aggiungere, se non che Diana l’adoro sempre di più, e mi sento
tanto nostalgica verso il Texas…voglio tornare a casaaaaaaaaaaaa!!! Uffi…va
beh, un bacio dalla vostra mezz’americana…ah, giusto, “L’addestramento”
continua anche nel prox chap, ho dovuto dividerlo in due se no veniva una
bestia di venti e passa pagine!! Ho pochissimo tempo, rispondo brevissimamente
alle recensioni:
pei-chan: ma tu mi hai lasciato un papiro, non una
recensione!! Grazie!! Come vedi, le coppie si sono ristabilite, ma ho dovuto di
nuovo separare quei due…per far vedere che l’amore è, alla fine, più importante
e forte di tutto. Sono contenta che ti piaccia l’ambientazione, io amo il
Texas, e che Kelly t’inquieti…mamaaaa la odio quasi quanto Bellatrix! E poi…per
quanto riguarda il fatto che conosca tante cose, l’indiano, i nomi delle
pistole etc…beh, fanno parte di me da tanto tempo, ormai sono quasi
indispensabili, per me. Di cosa avevi bisogno per essere consigliata? ;P e per
Silente…niente da aggiungere se non: ALBUS, WE WANT YOU TO RETURN!!!! Sigh sob…
Honey Evans: ecco Harry che si sveglia, gli arcani
misteri che si infittiscono…muahahah come sono sadica…ma, sbaglio, o lo
spagnolo lo conosci anche tu? E per Kelly…mi sa che invece dell’OPAK fonderete
l’OPAKK (Organizzazione Per Avada Kedavrizzare Kelly)..che idiota che sono, lo
studio mi da alla testa…
Cherie: vai tra, ti capisco benissimo! Allora,
grazie per i complimenti, Diana è tornata a casa (beata lei), e ci sta bene…più
o meno…Kelly, oh Kelly, devo farla così carogna per esigenze…però prima che
morisse Scott lei era molto più dolce, viva…ora invece è l’ombra di sé stessa,
e ricorda che anche Diana ha passato un periodo in cui era così. Lo scontro ci
sarà, temo, anche perché Diana raggiungerà il livello di bollitura molto alla
svelta…Blaisucciolo pottolo pottolino è troppo duci, ma sia chiaro: è di Diana
in primis, POI MIO, e poi del resto del mondo!!!! ;P
Ilaria: Allora calmati, capisco la fonditura (al
secolo, la fusione ^.^) dei neuroni, ma cerchiamo di mantenere una certa sanità
mentale…contentissima che il chap ti sia piaciuto, ma non ammazzarmi please se
no rimani con il dubbio per l’eternità!!!! E Kelly…beh stavolta evito di farti
entrare nella fic per ammazzarla, ci penserà un’altra persona…un nome a caso? Comincia
con la D e non è il tuo Draco…hihihihihihihi…
D2OTTO: vai tra, l’importante è che il chap ti sia
piaciuto…a proposito ho dei problemi con MSN, non è colpa mia se spesso mi
disconnetto e si blocca…sigh…
Shuyin: alèèè il primo uomo che recensisce la mia
storia!! Che bello!! Sono contenta che ti piaccia, spero che continuerai a
seguirla…mi serve proprio un parere maschile! Un beso!!
Mione1194: innanzitutto perdonnez moi perché non
riesco più a usare la posta di MSN, ma aspetta un altro chap e avrai la tua
scenetta tutta per te…però voglio sapere cos’è quella dannata arma!! Diletta
PARLAAAAA!!! HO PAURA!!! PS io amo il Texas proprio perché tentano di
ammazzarti un giorno sì e uno anche…sì lo so sono un caso disperato…
-E così, sei arrivata.-
le disse l'indiano, facendole cenno di sedersi di fronte a lui. Lei obbedì.
-Lo vedi anche tu,
vecchio pazzo.- commentò, acida come sempre. -Si può sapere che cosa dovresti
insegnarmi?- gli chiese poi, seccata. Ho-take-nah, già esasperato, sospirò.
-Ho sentito il tuo
arrivo. Sono stato tuo maestro, ti ho insegnato ad usare i tuoi poteri. Ma
un'esplosione di forza come quella che ti ha portata qui non l'avevo mai
sentita.- Diana tacque. Sapeva che se Ho-take-nah diceva una cosa del genere,
lui, che aveva assistito alle manifestazioni di poteri molto più grandi di lei
durante la sua lunga vita di stregone, doveva sentirsene lusingata. -Sei
cresciuta molto.-
-Sì.- rispose, laconica.
-Posso domandarti che
cosa ti ha fatta maturare?- Diana distolse lo sguardo da lui. Pensò per un
istante a tutto quello che aveva passato: perdere Blaise, combattere dentro di
sé contro una forza irresistibile, affrontare i suoi demoni e il suo odio, che
puntuale si era ripresentato durante la battaglia di Hogwarts. Riuscire ad
incanalarlo, a non perdervisi, era stato molto più arduo di quel che credeva.
Verso Bellatrix, verso Zephira, verso Voldemort che scatenava un'altra
battaglia, tutta quella rabbia, quell'odio, avevano rischiato di sconfiggerla
ancora una volta.
Ma era stato diverso.
C'era stato qualcosa a darle la forza di combattere nel modo “giusto”, questa
volta.
Qualcuno, e lei sapeva
benissimo chi. Arakta e Shoenn le avevano fatto chiaramente capire cosa
significava per lei.
Blaise.
-Sai cos'ho dentro.-
disse solo.
-So che vivi nel grigio.-
la corresse. Diana annuì.
-Ho trovato un
equilibrio. Non è stato facile.- ricordò l'aspetto di Arakta e di Shoenn,
ricordò la bestia malata che le era parsa tanto uguale a sé stessa...quella
bestia che aveva ucciso.
-Pochi esseri umani vi
riescono, dovresti andarne fiera.-
-Io non sono un'essere
umano, Ho-take-nah.- gli ricordò, sarcastica. Ho-take-nah sorrise.
-Per molte cose, ragazza
mia, lo sei. Tutti affrontano nella vita un momento in cui devono scegliere, ma
pochi sono quelli che riescono a trovare il perfetto equilibrio dentro di sé.-
la corresse, paziente.
-E io ce l'ho fatta.
Niente applausi, per favore, ma piuttosto dimmi che cosa vuoi da me.- fece lei,
che al contrario dell'indiano di pazienza ne aveva ben poca.
-Per tutto ci vuole
tempo.- le ricordò.
-Io ho trenta giorni.-
replicò lei, improvvisamente cupa.
-Il tempo è relativo, sto
cercando di insegnartelo fin da quando eri bambina.- anche la voce dell'indiano
si era incupita.
-Ho-take-nah...- mormorò
Diana, a bassa voce, cercando di trattenere il nervoso.
Non ce la fece.
-HO LASCIATO I MIEI AMICI
AL RANCH PER ESSERE ADDESTRATI, I MANGIAMORTE POTREBBERO AMMAZZARMELI TUTTI
MENTRE SONO QUI, QUINDI EVITA DI PARLARE PER ENIGMI E DIMMI COSA CAZZO VUOI CHE
IMPARI!!!- esplose. Ho-take-nah non si scompose, ma un sorriso enigmatico
increspò per un istante il suo viso antico. Le esplosioni di Diana, per lui,
erano pane quotidiano da almeno sedici anni.
-Voglio renderti
invincibile.-
Le sue parole fecero
breccia in Diana, che si bloccò, a bocca aperta, pronta a continuare a
strillare.
-Ok, ti ascolto.- disse,
dopo un istante. La prospettiva era troppo allettante per non essere ascoltata,
anche se il potere non le interessava: il tono con cui Ho-take-nah aveva
parlato era troppo serio e cupo per non svegliare in lei tutti i suoi istinti.
L'indiano sorrise ancora, e si accinse a parlare.
-Fino ad ora tu hai
sempre usato i tuoi poteri in modo istintivo. Li richiami con le tue emozioni,
li nutri con esse e usi il tuo corpo come un condotto attraverso cui passa la
magia elementale.-
-Me l'hai insegnato tu.-
gli ricordò Diana. Lui annuì.
-Ora però non è più
abbastanza. Per venire qui, hai movimentato tutte le forze che possiedi, e sei
quasi morta. Questo non deve più succedere.- l'indiano fece una pausa. -Non so
bene cosa succederà, ma vedo nel tuo futuro solo sangue e battaglie, Aquila
Bianca*. Devi poter usare i tuoi poteri senza rischiare le tue energie, ed è
questo che devo insegnarti.- Diana rimase in silenzio. Era sempre stata
orgogliosa delle sue capacità, e ora scopriva che non erano abbastanza. Il
pensiero la preoccupava non poco. -Se imparerai a sfruttare non le tue energie,
ma quelle degli Elementi e dei tuoi nemici, non ci sarà limite a quello che
potrai fare. Sconfiggere gli Anoma, se riuscirai a porti come vera
Regina di tutto, sarà per te un gioco.-
-Non voglio il potere,
Ho-take-nah. Mi avvelena, e risveglia la parte più oscura di me.- commentò
Diana, distante con la mente da quel luogo buio.
-Devi imparare a dominarla.
Puoi usare i tuoi poteri per fare del bene, e finché lo farai il male dentro di
te ti servirà solo come mezzo per riuscire ad uccidere.- le parole del vecchio
facevano male, ma erano veritiere. Senza quella bestia nel corpo e nella mente,
Diana non sarebbe mai riuscita a spegnere una vita. E questo la ragazza lo
sapeva benissimo.
-D'accordo, ho capito. E
Torishah cosa c'entra?- chiese, cercando di deviare da quell'argomento penoso.
Torishah (che significa “falco nero”) era un uomo sulla quarantina, alto e
muscoloso, che in gioventù aveva militato nella Prima Guerra contro Voldemort.
-Torishah è un
Elementale.- questo sì che lasciò Diana senza parole.
Sapeva che, esclusa lei,
erano solo tre gli Elementali ancora vivi al mondo, ma che erano dormienti, i
loro poteri erano ancora sopiti. Ma il fato aveva voluto che fosse Torishah,
uno dei predestinati...così vicino a lei...non poteva essere una coincidenza,
rifletté. Qualcuno aveva voluto che succedesse. E poteva essere benissimo il
vecchio citrullo.
-Da quando?- esalò.
-Da quando l'ho
risvegliato.- “Ecco, lo sapevo che da qualche parte c'entrava lui”. La pazienza
di Diana era ormai prossima allo zero.
-Perché!? Ho-take-nah,
perché hai fatto in modo che si risvegliasse? Perché proprio lui, così vicino,
pronto a combattere? Gli Elementali si sono eliminati da soli, nel corso dei
secoli, ne sono rimasti tre più me, che oltre ad esserlo sono pure...-
s'interruppe. Quella definizione non le piaceva, non le pareva calzante.
L'aveva trattenuta sulle labbra appena in tempo.
-...una regina.- sussurrò
l'indiano, finendo la frase per lei.
-No. Non sono la regina
di niente. Non ho intenzione di esserlo.- sbottò Diana, cupa, distogliendo lo
sguardo.
-Devi accettarlo,
invece.-
-Io non sono nessuno.
Sono solo un mezzo perché gli Elementi, la Luce e il Buio si rivelino.-
decretò, dura. Era così che si era sempre vista, era questo che credeva di
essere.
-Ogni regnante è il mezzo
del proprio popolo per esprimersi. Ma tu sei qualcosa di più grande, Diana. Ed
è ora che tu impari ad assumerti la tua responsabilità.- questo, per Diana fu
troppo.
-Io mi assumo le mie
responsabilità! Non ho fatto altro per tutta la vita!- sbraitò, balzando in
piedi.
Pensava a tutto ciò che
aveva dovuto sacrificare per la sua causa disperata.
Pensava a Blaise, al
fatto che avesse dovuto allontanarlo più di una volta, per non farlo ammazzare
a causa sua.
Pensava ai suoi amici,
trascinati fin lì proprio da lei, impegnati ad addestrarsi per combattere.
Pensava a Silente, morto.
Pensava ai genitori di
Harry, a Cedric Diggory, a Katie Bell e a Ron.
Pensava a suo padre.
Tutti coloro che si erano
sacrificati per quella guerra, che avevano perso tutto per il bene superiore.
Lottava per loro. E per
chi era vivo. Lottava sempre, si faceva carico di tutto, non esitava mai
davanti ad un combattimento.
E ora quel vecchio
pazzoide le veniva a dire che non si prendeva le sue responsabilità!?
-Ho sempre fatto tutto
quello che dovevo, e anche di più! Non venirmi a dire che sono una
irresponsabile!- ringhiò, rabbiosa.
-Non ho detto questo.-
fece lui, calmo, senza scomporsi. -Ma devi capire, ragazza mia, che da te
dipende la sorte dell'intero mondo.-
-In che senso?- abbaiò
lei, irata.
-Sei la Regina degli
Elementi, Diana. Se tu morissi per cause non naturali, gli Elementi perderebbero
ogni controllo. Quando sei triste, il cielo piange con te. Quando sei
arrabbiata, si scatenano le tempeste. Diana, devi imparare ad essere ciò che
sei. Ed è per questo che sei qui. Per questo che, da domani, ti scontrerai
tutti i giorni con Torishah, sia con la vostra magia, sia con le armi. Perché
impari cosa vuol dire avere il peso del mondo sulle tue spalle, e soprattutto
perché impari a difendere ciò che ti è stato assegnato.- il tono del vecchio
stregone si era fatto duro. Diana se ne accorse, e si affrettò a controllarsi:
quel vecchio era un amico, ma un amico che era meglio non far arrabbiare.
-Non ho intenzione di
fuggire ciò che devo fare.- disse, dura.
-Lo so bene.- replicò
lui, caustico. Diana si voltò per andarsene, infuriata ma stranamente calma.
-E, un'altra cosa.- lei si voltò. -Bentornata, bambina.- il tono della voce
dell'indiano si era addolcito, e Diana non poté fare a meno di sorridere
davanti a quel vecchio scorbutico che le aveva insegnato ad usare la sua magia.
-Sono cresciuta, vecchio
matto d'uno stregone. Non sono più una bambina.- disse, con dolcezza, prima di
dileguarsi nella notte.
Cinque ore prima.
Sabbia negli occhi, sul
viso, granelli incandescenti che le facevano lacrimare gli occhi.
Di nuovo.
Era la terza volta che
quella dannata messicana le sbatteva per terra. In confronto, Diana era una
pivella, oppure non si era mai veramente impegnata, quando la guardava in
palestra.
Hermione balzò in piedi
con la forza della disperazione, ma Kelly ripartì subito all'attacco. Usava
calci e pugni, mosse infide e taglienti da perfetta lottatrice. Si muoveva
bene, sinuosa come una pantera, gelida e calcolatrice come solo un'assassina
può essere.
-Kelly, dalle tregua!- la
ammonì Melissa, irata. Hermione si difendeva come poteva, ma era ben poca cosa
rispetto a quella furia. Un lampo, troppo veloce per essere visto, e Herm si
ritrovò di nuovo a terra.
-Tsk...più che un
allenamento, ci vorrà un miracolo.- commentò Kelly, guardandola rialzarsi. Era
tutto il giorno che quella donna li costringeva ad allenarsi nella lotta, tutti
quanti, senza eccezioni. Fino a quel momento, Herm si era allenata con Lea, che
le aveva insegnato qualche mossa, ma era chiaro che per la lotta la Grifoncina
non era portata.
-Senti, tu...- borbottò,
mentre si alzava, dolorante. Kelly si voltò, trucidandola con lo sguardo, ma
lei non si lasciò intimorire. -Forse non saprò fare a pugni, ma se mi insulti
un'altra volta il modo di vendicarmi lo trovo, sta' sicura.- le disse,
arrabbiata, gli occhi dorati che lampeggiavano d'ira. D'istinto, Harry, Draco e
Ron trasalirono: vederla così arrabbiata, lei, la dolce Hermione secchiona, era
tutta una novità.
-Sai che paura,
novellina...-
-Tra tre settimane poi ne
parliamo.- replicò Hermione, svelta. Vide Lea farle un cenno entusiasta, da
dietro la schiena della messicana, e sorrise. Kelly si allontanò, altezzosa.
-Tutto bene?- chiese
Melissa, apparsa accanto a lei praticamente dal nulla.
-Un po' scossa, ma sto
bene.-
-C'è andata leggera. Se
vuoi un consiglio, non sfidarla. È perfida e vendicativa.- le consigliò la
giapponese, prima di riprendere il suo allenamento con Ginny. I quattro
americani avevano deciso, per la prima settimana d'allenamento, di addestrarli
alla lotta a mani nude che, in un luogo in cui un pugno vale come cento parole,
era molto utile conoscere. I ragazzi non se la cavavano male, soprattutto
Blaise sembrava portato, ma Ginny ed Hermione...beh, la rossa aveva dalla sua
un'innata agilità, come Melissa (ed era per questo che la giapponesina aveva
insistito per allenarla), mentre Hermione era meno abile in quel genere di
cose. A dir la verità, come Lea, era un po' goffa. Lei amava i libri, per
Merlino. Non la lotta, non il sangue, non le battaglie. Al massimo, avrebbe
potuto fare la stratega.
Alzò lo sguardo su Draco,
che le sorrise. Sentì un po' del nervoso svanire, perdendosi nei suoi occhi
argentei per qualche istante, prima di essere trascinata via da Lea per una
nuova, massacrante seduta d'allenamento.
Quella notte, per la
prima volta da mesi, aveva dormito con lei. Hermione. Nemmeno lui si era reso
conto di quanto la sua presenza gli fosse mancata, di quanto avesse bramato il
rassicurante calore del suo corpo accanto al proprio. Certo, non era stato
facile, all'inizio, spiegarle tutto. Hermione si era chiusa in un silenzio
totale fino a quando le luci non si erano spente, girata su un fianco,
ostinatamente voltata verso la parete.
-Hermione...- aveva
tentato lui. Nessuna risposta. -Herm, puoi ascoltarmi?- lei, dopo un istante,
aveva annuito. Draco, cogliendo l'occasione, le aveva spiegato tutto: la notte
al Maniero, le torture di Voldemort, la lotta di Diana, il compito che gli
aveva affidato e le minacce che aveva fatto. Lei, lentamente, ad ogni parola
del biondo si era voltata un po' di più, fino a guardarlo negli occhi,
spaventata e colpevole del risentimento che provava verso di lui. Quando Draco
aveva taciuto, fra loro era calato il silenzio.
-Dicevi sul serio?- aveva
chiesto lei, alla fine.
-Quando?- ma Draco già
conosceva la risposta.
-Quando hai detto che mi
ami.- il biondo aveva respirato a fondo. Quelle due parole che le aveva detto,
quelle due parole che nessuno dei due aveva dimenticato, erano state le più
difficili che avesse mai detto. Era cresciuto con la convinzione di dover
essere superiore a sentimenti futili come l'amore, plasmato da quel folle di
suo padre per diventare, in un non lontano futuro, un Mangiamorte spietato e
perfetto. Ma, da quando Hermione era entrata nella sua vita, tutte le sue
convinzioni erano andate letteralmente a puttane.
-Sì.- aveva risposto,
guardandola dritto negli occhi, cercando in tutti i modi di mostrarle la sua
sincerità. Hermione, con le lacrime a stento trattenute, aveva sorriso e aveva
cercato la sua mano, nell'oscurità, stringendola forte.
Quello che era successo
dopo, lo serbavano nel cuore solo loro due.
(ndIlaria: ma nooo lo
vogliamo sapere anche noi!!!) (ndBea: A cuccia, donna in crisi ormonale!)
-Sentite...- la voce di
Ron, spazientita, li richiamò entrambi al presente. -Cosa diavolo sta
succedendo qui!?- sbraitò dunque il rosso, mentre Harry e Ginny, alle sue
spalle, osservavano divertiti.
-In che senso, Ron?-
chiese Hermione, fingendo di non comprendere. Draco, quasi inconsciamente, si
spostò accanto a lei. Ron li stava guardando, sospettoso e arrabbiato, le
orecchie pericolosamente rosse. Lea, cogliendo la mala parata, veleggiò alla
svelta verso di loro.
-Nel senso...cosa
cazzo c'è tra te e quel furetto platinato!?- sbottò lui, guardandola con
occhi fiammeggianti.
-Beh, mi sembra logico,
Weasley.- commentò Blaise, apparso quasi magicamente accanto a Ginny. Lo
sguardo di Harry saettò verso di lui, indispettito.
-A me no!!- esplose lui.
-Ron, io e Draco stiamo
insieme.- disse Hermione, molto tranquillamente, sorprendendo tutti quanti per
la sicurezza con cui l'aveva detto. Ron rimase di sasso: aprì e chiuse la bocca
più di una volta, cercando di parlare, il colorito che aveva raggiunto ormai
livello di bollitura, esterrefatto.
-Tu...Malfoy...- esalò.
-Eh già, Weasley. Lei e
Malfoy.- commentò Blaise, che, senza nemmeno provare a nasconderlo, se la stava
ghignando alla grande. -Vuoi un consiglio? Ricomincia a respirare, perché ti
sta per venire un colpo.- gli suggerì, irritante allo stato puro. Ron annuì,
incapace di dire altro, e riprese fiato.
-Da quando?- riuscì solo
a chiedere, trattenendosi dal mettersi ad urlare. Hermione e Draco si
guardarono un istante, divertiti e finalmente sereni.
-Dall'inizio dell'anno.-
stavano cercando di farlo letteralmente esplodere. Non c'era altra spiegazione.
-Ma...- Ron annaspò, ormai
sull'orlo di una crisi di nervi. -Vi siete sempre...sempre odiati!-
-Hai presente lui e
Diana?- Hermione indicò Blaise. -Ecco, più o meno è successa la stessa cosa.-
-Scusa eh, Hermione, ma
tu sei più sana di mente di Diana.- intervenne Blaise, sentendosi chiamato in
causa.
-Ma insomma!- Hermione li
guardò entrambi, severa e scandalizzata. -E se vi sentisse?-
-Guarda che li sente.-
commentò Lea, impegnata a evitare che Ron cadesse in catalessi.
-In che senso!?-
sbraitarono entrambi, allarmati, perdendo per un istante la loro solita
imperscrutabilità di Serpi. Lea sorrise.
-Lo vedete quel biondino,
lì?- indicò Alex, che osservava divertito tutta la scena da almeno un minuto.
-Lui può “collegarsi” alla mente di Diana. È un incantesimo che Diana ha posto
su di loro un po' di tempo fa, quando ad Alex fu affidata la prima missione in
solitario. Ha sempre fatto la chioccia, con lui.- spiegò.
-Non che ne avessi
bisogno...- ci tenne a precisare lui. Blaise, per qualche motivo, s'incupì. Se
Diana era capace di una magia del genere, avrebbe potuto ripeterla prima di
partire. Avrebbe potuto fare in modo che potessero “sentirsi” anche da lontani.
Perché non l'aveva fatto? Cosa era successo perché quella stramaledettissima
mezz'americana si allontanasse così da lui?
-E quindi adesso cosa sta
facendo?- chiese Harry, che per qualche motivo aveva assunto un'espressione
simile alla sua e lo guardava male.
-Sta ridendo come una
povera deficiente, in mezzo al deserto, sola.- rispose Alex, senza staccare il
suo sguardo astioso di dosso da Blaise. Melissa, divertita più che mai, osservò
per un istante la situazione: il Serpeverde non avrebbe avuto vita facile, con
Alex e Potter contro. E lei, che aveva passato anni a respirare la
bastardaggine cronica di Diana, si sarebbe divertita un mondo nel guardarli.
-Piantiamola di ridere e
riprendiamo gli allenamenti. Potter, tu contro Zabini.- l'espressione cupa di
Blaise si trasformò all'istante in un ghigno malefico. Draco e Lea, gli unici
che sapessero cosa rendevano tanto forte l'odio del Serpeverde verso Harry, con
un sorrisetto che non prometteva niente di buono, si accinsero ad assistere.
-Con molto piacere.-
commentò Zabini a bassa voce.
Harry nascose la
preoccupazione mentre Blaise gli si avvicinava. Aveva avuto modo di osservarlo,
era veloce, e quando colpiva era letale. E incazzato. Di questo infatti era
certo: Zabini ce l'aveva a morte, con lui. Non a torto, commentò la parte più
ragionevole di lui, ma la mise in fretta a tacere.
Era così preso dalle sue
elucubrazioni mentali, che non vide arrivare il pugno. Sentì solo una fitta al
mento, e l'attimo dopo si ritrovò con la schiena a terra.
-Potter, ti facevo più
sveglio.- la voce irritante del Serpente lo raggiunse, mentre con un balzo si
rialzava.
-Mi hai solo preso di
sorpresa. Trucchetti da Serpe.- commentò Harry, caustico.
-Credi davvero che ti
diranno anche quando ti attaccheranno, qui?- lo derise Blaise, prima di
ripartire all'attacco. Harry non ebbe scampo: riuscì a mandare a segno qualche
colpo, ma la furia controllata e letale di Blaise lo mandò una seconda volta
con la schiena a terra, un labbro spaccato e la vista annebbiata. Blaise gli fu
subito addosso, ma Harry riuscì a metterlo in difficoltà sferrandogli un pugno,
colpendo inconsciamente un taglio profondo sul fianco del Serpeverde. Blaise
strinse i denti e abbassò la difesa, e fu in quel momento che il Prescelto
attaccò: con due uppercut velocissimi, sempre sullo stesso punto, Harry riuscì
a ribaltarlo a terra e a bloccarlo.
“Col cazzo che mi faccio
battere da Potter! Non riuscirei più a guardarla negli occhi...”
-Chissà poi Diana cosa ci
trova, in te...- commentò, ansante, ma trionfante. Perché era questo, al di là
di tutto il resto, che Harry non avrebbe mai capito. Cosa avesse spinto la
mezz'americana ad innamorarsi di quell'idiota di Serpe.
Fu la rabbia a dare a
Blaise la forza di contrattaccare. Con un destro massacrante, si liberò del
Prescelto, mandandolo a mangiare l'amara polvere del deserto. Balzarono
entrambi in piedi, ansanti, arruffati, ma Blaise approfittò di quel momento per
attaccare di nuovo. Harry non capì come fosse successo, ma si ritrovò una mano
gelida stretta attorno alla gola e il viso irato e irritante del bel Serpente a
pochi centimetri dal proprio.
-Devi ancora capire una
cosa, Potter...- sussurrò Blaise, non riuscendo a nascondere un ghigno. -Diana
è mia. Mia, comprendi?- godette appieno dell'espressione rabbiosa e
disgustata che apparve negli occhi di giada di Harry Potter.
-Ora basta, vi state
massacrando.- intervenne Lea in quell'istante, scoccando intanto
un'occhiataccia a Melissa. La giapponesina, infatti, accanto ad un Alex
palesemente scocciato, stava ghignando alla grande.
-Tutto bene?-
-Tutto bene.- Tonks
indossò nuovamente il cappello che Lea le aveva dato per proteggersi dal sole,
e spronò il suo roano per allontanarsi da Remus, che le si era avvicinato
quando aveva dato segni di non sopportare quel sole spietato.
-Tonks, per favore.
Abbiamo delle settimane da passare insieme, almeno non farmi la guerra.-
sospirò il licantropo, seguendola al galoppo sulla sabbia rovente del deserto.
Erano sei ore buone che viaggiavano, ma il paesaggio non era cambiato nemmeno
impercettibilmente: una distesa infinita di fine sabbia dorata, inframmezzata
da macchie verdi e spinose o da rocce grigie e levigate. Ogni tanto, un coyote
si infilava nei meandri fra questi massi, uno scorpione morto fra i denti.
Remus e Tonks avevano
litigato ancora, quella notte, per il solito, frustrante motivo: Tonks lo
amava, ma lui non poteva ricambiare quel sentimento che sapeva di provare.
L'avrebbe solo messa in pericolo.
-Non ho intenzione di
farti la guerra, Remus. Ho solo deciso di non rivolgerti la parola.- Remus alzò
gli occhi al cielo, così azzurro da far quasi male, a guardarlo. Sarebbero
state delle lunghe, lunghissime settimane.
Diana imprecò, il sapore
del sangue che si mischiava con quello della sabbia. Rotolò su sé stessa, evitò
una fiammata eruttata dal cielo, e chiamò a sé l'Acqua. Cercò in tutti i modi
di non dare in pasto all'Elemento le proprie energie, annaspò alla ricerca di
un modo, ma l'Acqua non volle raggiungerla senza il suo tributo.
La frustrazione crebbe a
velocità strabiliante, quando si sentì, per la prima volta, inerme.
-Concentrati! L'acqua ha
una forza immensa, chiamala, raccoglila in te.- la voce di Ho-take-nah la
raggiunse da lontano, mentre lei, stremata, balzava in piedi.
-Fosse facile!- sbottò,
alzando lo sguardo sull'indiano che aveva davanti. Torishah, calmo e
tranquillo, gli occhi d'un candore inquietante, le sorrise.
-Nessuno pretende che tu
ci riesca subito.- le disse, ma gongolava. Diana non se la prese: sapeva che
Torishah provava le stesse emozioni che vivevano in lei, in quel momento. Gli
Elementali erano delle bestie combattive ed orgogliose, lo sapeva bene, ed era
per questo che nel corso dei secoli si erano eliminati a vicenda fin quasi ad
estinguersi.
Andavano avanti così da
una settimana, ormai: Torishah la attaccava in continuazione, senza darle
tregua, e lei doveva trovare il modo di evocare gli Elementi...senza, però,
usare le proprie emozioni, come aveva sempre fatto. Doveva far leva sulle loro
essenze, sulla loro forza, e non sull'ira e sulla testardaggine della Regina.
Doveva dimenticare, in quei momenti, di poter controllare anche Luce e Buio,
perché erano loro che davano vita alle sue emozioni, sia in bene, che in male.
-Devi fonderti con gli
Elementi, Aquila Bianca. Devi essere un connubio con loro, non un semplice
mezzo di trasporto per la magia. Devi essere la magia.-
-Ho-take-nah, ma che
differenza c'è?- sospirò lei, per l'ennesima volta.
-C'è la tua vita, che fa
la differenza!- abbaiò lui, rabbiosamente. -Ricorda che sei quasi morta, quando
hai portato i tuoi amici qui!- Rammentarle ognuno degli errori che aveva fatto
era diventato il passatempo preferito di Ho-take-nah. Continuava a spronarla,
durante i combattimenti estenuanti che sosteneva, a gridarle cosa doveva fare e
come. Era massacrante. Per di più, Torishah, il caro, vecchio, affidabile
Torishah, non era più lo “zio” indulgente che aveva fatto perdere la testa alla
madre di Diana, tempo addietro. Diventare un Elementale lo aveva cambiato, lo
aveva indurito e gli aveva donato un'arroganza irritante e velenosa che Diana
si stupì di riconoscere. Era la stessa che viveva in lei, la stessa che lei
amava tanto, e che ora si ritrovava a detestare.
-D'accordo, d'accordo!-
esclamò, frustrata. Se c'era una cosa che Diana Black non sopportava, era non
riuscire in qualcosa. Scacciò quelle emozioni, scacciò ogni emozione dalla sua
mente. O, almeno, ci provò. Ma non era così facile...
Ad ogni momento, i suoi
amici le balzavano avanti fra i pensieri.
Pensava a Hermione, a
Ginny, a come se la stessero cavando quelle due pigrone in quel duro
allenamento. Draco e Harry, poi, non riusciva proprio ad immaginarseli senza
vederli litigare. Il pensiero di Ron, del suo amico Ron, era quasi
insopportabile per quanto le mancasse. Per non parlare di Blaise.
Si sforzava di tenere
chiuso il canale mentale che aveva con Alex. Funzionava solo nel Limbo, per
fortuna, e solo se entrambi volevano, ma la tentazione di mettersi in contatto
con lui, di sapere come stavano e se c'erano stati problemi, era forte.
Ho-take-nah, quando aveva saputo di quella magia, era stato perentorio: nessun contatto.
Niente di niente, nemmeno una parola. Doveva isolarsi da tutto e da tutti, per
permettere alla sua duplice natura – di Elementale e di Regina – di trovare
l'unione.
Si costrinse a sopprimere
ognuno dei visi che aveva scolpiti nella mente e nel cuore. Lo faceva per loro,
continuava a ripetersi. Per ognuno di loro. Per uno di loro soprattutto.
La sua mente si fece
piatta e gelida, come un lago ghiacciato. Nessuna emozione solcava quella
lastra di fredda indifferenza.
E là, il Guardiano
dell'Acqua.
Una creatura fatta di
liquido vorticante, limpido e puro, che la guardava con occhi creati dalla
spuma dell'oceano.
Fu un istante, niente di
più. L'attimo prima, Diana era al cospetto di quell'essere etereo. L'attimo
dopo, lei era quell'essere.
Un'energia del tutto
nuova irruppe potente nel suo corpo, forte e incontrastabile come un fiume in
piena, come la marea notturna, illuminata dalla tonda luce bianca della luna...
Diana comandò a
quell'energia – a quella sua energia – di muoversi contro Torishah.
L'indiano non la vide
nemmeno arrivare. L'attimo prima, la fissava con sufficienza attraverso quei
suoi inquietanti occhi bianchi. L'attimo dopo, qualcosa di simile ad una
tempesta in alto mare si era abbattuta contro di lui, scaraventandolo a cento
buoni metri di distanza, senza fiato.
-Ottimo!- Ho-take-nah le
si avvicinò, sorridendole per la prima volta da quando quell'allenamento era
iniziato. Diana sorrise, soddisfatta: forse, stava cominciando a capire le
regole di quel gioco pericoloso.
-Scordatelo, Lea.- Ron
scosse la testa, convinto. Dietro di lui, con la stessa espressione scocciata,
Blaise.
-Ragazzi, non è
difficile!- sospirò lei, almeno per la decima volta.
-Odio queste bestiacce.
Non chiedermi di salirci.- decretò il rosso, mentre Zabini annuiva vigorosamente.
Draco e Harry, divertiti, gli si avvicinarono, entrambi in sella a due
bellissimi roani.
-Ragazzi, avete qualche
problema?- chiese loro Malfoy, ghignando.
-Assolutamente nessuno.
Sono questi cavalli che hanno qualche problema con noi.- rispose Blaise,
irato. Infatti, i due cavalli che avrebbero dovuto montare lui e Ron sembravano
aver deciso che i due ragazzi non gli stavano per nulla simpatici. Ogni volta
che uno dei due, senza molta convinzione, provava a salire, scartavano di lato
e li mandavano a gambe all'aria.
-Guarda che sentono la
tensione.- gli ricordò Harry, palesemente divertito dalla sua difficoltà. Il
Prescelto, al contrario di quanto era successo per la lotta, sembrava molto
portato per l'equitazione. Se fosse stato meno impegnato a scambiare sguardi
truci con il cavallo a lui assegnato, Blaise avrebbe sicuramente fatto qualche
battuta sarcastica.
-Te la do io la
tensione...- borbottò.
-Blaise, piantala.-
-Malfoy, fammi un
piacere. Taci.- replicò Blaise, e raccogliendo tutto ciò che restava della sua
dignità riuscì, come non lo capì nemmeno lui, ad issarsi in groppa. Il cavallo
lo guardò molto, molto male, ma non sgroppò, con suo grande sollievo.
Ron, invece, continuava a tenere le distanze con il suo cavallo. Non gli
piacevano, no, proprio per niente.
-Non è che posso usare,
che ne so, qualsiasi altra cosa?- chiese, scrutando la fiera bestia come se
stesse guardando uno Schiopodo Sparacoda.
-No.- rispose Lea,
respirando a fondo per non scoppiare a ridere. Convincere Blaise e Ron che i cavalli
erano l'unico mezzo di trasporto, in quel deserto infinito, era più arduo di
quanto potesse sembrare. Detestavano quegli animali, e non c'era verso di
fargli cambiare idea. Represse un ghigno, al pensiero di quanto si sarebbe
divertita Diana a sfotterli entrambi, se fosse stata presente. Una fitta di
nostalgia le fece morire il sorriso: le mancava, la sua amica. Come mancava a
tutti, del resto.
Hermione si avvicinò,
facendo rallentare il baio che montava con naturalezza. Appena la vide
arrivare, Draco si voltò e le sorrise. Harry sospirò: ultimamente, Malfoy non
gli era più così antipatico, e la relazione con la sua amica sembrava averlo
cambiato molto. Più di una volta, si era ritrovato a parlare con lui quasi
civilmente, dimentichi entrambi di quanto, negli anni passati, si fossero
detestati. Hermione li osservava, quando parlavano, sorridendo fra sé: fra il
biondo e il Prescelto sembrava stesse nascendo una bella amicizia, o,
perlomeno, un'amichevole sopportarsi a vicenda. Più o meno come Blaise e Ron.
Kelly, tirando con rabbia
le redini del suo cavallo, si fermò a pochi metri da loro. In quelle due
settimane e mezzo, si era guadagnata l'antipatia di tutti, nessuno escluso.
-Rientriamo.- ordinò
bruscamente, e accennò con un secco movimento della testa al cielo via via più
scuro. Che strano, pensò Ginny, mentre smontava di sella. Fino a pochi minuti
prima, il cielo era sgombro di nuvole, azzurro carico come aveva imparato a
conoscerlo. Ora, invece, nubi nere si ammassavano all'orizzonte, e si avvicinavano
con preoccupante – e innaturale – velocità.
-Ma come funziona il
tempo, qui?- chiese ad Alex e a Melissa, i più vicini. I due si guardarono, e
la rossa distinse chiaramente la preoccupazione, nei loro occhi.
-Beh...sai, Diana qui è
l'unica fonte di magia. Il Limbo segue ogni suo cambiamento.- commentò Melissa.
Blaise, appena sentito il nome dell'Auror, si voltò verso di loro.
-Il tempo qui è in
funzione sua.-
-Tutto qui è in funzione
sua.- commentò Kelly, sarcastica, a mezza voce. Blaise lasciò il suo cavallo a
Lea, e si allontanò in fretta dal gruppo. Possibile che anche solo sentire il
nome della ragazza gli provocasse quell'irritazione e preoccupazione crescenti?
La pioggia cominciò a
sferzare il suo viso, ma non ci badò. Non gli interessava, e non gli dava
fastidio. Con la sua innata agilità, si arrampicò sul tetto spiovente del
ranch. Più di una volta, per sfuggire al sovraffollamento di quel ranch
chiassoso e pieno di coppiette, si era inerpicato lassù, assaporando la carezza
del vento della notte sulla pelle, sul corpo atletico e muscoloso che si stava
modellando sempre di più. Una carezza che gli ricordava quella di una certa
moretta dagli occhi di ghiaccio.
E ora pioveva. Forte,
violentemente, quasi rabbiosamente. Se veramente Diana era l'inconsapevole
artefice di quella tempesta, allora stava soffrendo. E tanto, anche.
“Dove sei, Diana?”
-Ci sono riuscita solo
una volta, Ho-take-nah! Non mi è più venuto, non mi riesce!- sbottò Diana,
scaraventando il cappello a terra, assieme al cinturone a cui stavano appese le
sue pistole e la sua navaja*.
-Devi sforzarti.- il
vecchio indiano sospirò. Erano in mezzo al deserto, soli: Torishah si era
allontanato dopo l'ennesima sconfitta inflitta ad una Diana sanguinante,
barcollante, e frustrata.
-Non voglio! Non posso e
non voglio rinunciare alle mie emozioni!- il grido di Diana fu coperto dal
rombo di un tuono. Nubi nere e minacciose si ammassavano intorno a loro, in un
cielo tempestoso che prometteva devastazione.
-Perché?- chiese
Ho-take-nah, paziente davanti alla sua furia crescente.
-Perché sono l’unica cosa
che mi trattiene!!- replicò rabbiosamente lei, gli occhi lucidi e spalancati
nel buio via via più intenso.
-Ti trattiene dal fare
cosa? Sfogati, Aquila Bianca. A questo punto, è la cosa migliore.- le disse,
pacato e freddo, un’espressione indifferente che fece perdere a Diana quel
minimo di controllo che possedeva.
-Mi trattengono dal
diventare un’assassina!- esplose finalmente Diana, i pugni stretti, i tuoni che
rombavano sopra e intorno a lei, i lampi che saettavano sul deserto, la sabbia
che si alzava in mulinelli rabbiosi scossi da un vento crudele. -Sai,
Ho-take-nah, qual è stata la mia prima mansione, alla Morris?- gli chiese, la
voce irrisoria e venata di sarcasmo.
Ho-take-nah, cupo, scosse
la testa in un segno di dissenso.
-Cecchina.- quella parola
risuonò nell’improvviso silenzio del cielo come lo schiocco di uno sparo. Gli
occhi argentei di Diana, velati da lacrime a stento trattenute, si fissarono in
quelli neri del vecchio indiano. -Ero un’assassina professionista. Avevo
tredici anni.- mormorò, sentendo la propria voce incrinata.
-Io…-
-Me li ricordo ancora,
Ho-take-nah. I primi che uccisi. I primi dieci, i primi venti, poi persi il
conto. Ma le loro espressioni non le dimenticherò mai.- lo interruppe. Sembrava
che non riuscisse a fermarsi, che dovesse parlare, liberare quei ricordi
da dove li aveva sempre serbati. -Tu mi chiedi di rinunciare all’unica cosa che
mi ha impedito di diventare una macchina per uccidere. Le mie emozioni, i miei
sentimenti, sono stati quel poco che mi ha tenuta in vita. E ora, per questa
stupida, stupida guerra, io dovrei rinunciarci? Me ne fotto
dell’invincibilità, degli Anoma, di tutto quanto! Non ci riesco e non voglio
riuscirci!- la rabbia esplose sulle sue ultime parole, e i fulmini cominciarono
a schiantarsi sulla sabbia, aprendo voragini a pochi metri da lei. Nei suoi
occhi, insieme a gocce di frustrazione, brillava la luce dei lampi, nella sua
voce il rombo dei tuoni.
-Diana…-
-Torishah è più abile di
me! Fallo fare a lui, il Predestinato! Fai una delle tue magie da pauau*,
trasferiscigli i miei poteri, a me non interessa nulla!- gocce di pioggia
cominciarono a sferzare i visi dell’indiano e della ragazza, violente come la
rabbia e il dolore che imperversavano nella loro signora. Diana scivolò
lentamente sulle ginocchia, piegata dal vento e dal diluvio che lei stessa
aveva risvegliato. Non solo la pioggia bagnava il suo viso. -Voglio solo una
vita normale, Ho-take-nah…non ne posso più di combattere…voglio tornare a Hogwarts,
con il mio ragazzo, con mio cugino e i miei amici! Voglio mio fratello vicino,
non voglio dover allontanare tutti perché sono una creatura segnata e destinata
a morire in questa dannata guerra!- mormorò, la voce rotta dal pianto. Il
vecchio indiano le si avvicinò, le posò una mano su una spalla.
-Tu non morirai.- le
sussurrò, sovrastando magicamente il frastuono della tempesta.
-Lo sappiamo tutti e due,
Ho-take-nah. Io non uscirò viva da questa guerra, è stato scritto tanto tempo
fa. Morirò, e la cosa che mi fa più male sai qual è?- l’indiano scosse la
testa. -È che la mia morte costringerà Blaise a soffrire. Di me non me ne
importa nulla, lo sai, non me n’è mai importato…ma non è giusto, non è giusto
che debba finire così, non per lui…- la sua voce si spense lentamente, così
come i suoi occhi. Era lontana, irraggiungibile per chiunque, in quell’istante.
-Io non chiedo tanto, vecchio. Vorrei solo potermene andare, andare via con
lui, in un posto lontano da questa guerra…non ce la faccio più, sono stanca di
combattere…ma non posso smettere, e non lo farò.- la sua voce, remota, si fece
più ferma.
-Queste, Diana...-
Ho-take-nah le sorrise, ignorando la pioggia sferzante. -Sono parole degne di
te. Non potevo aspettarmi di meno, da te.- la costrinse ad alzarsi in piedi.
-Sei sempre stata forte. Hai sempre combattuto, anche quando non avevi più
nulla. Torishah è più abile nel controllare e sedare le sue emozioni, è vero,
ma tu trai la tua forza proprio da esse. Ed è per questo che sei e resterai
migliore di lui.- Diana alzò gli occhi sul vecchio, stupita.
-Ma...-
-Quando chiami a te gli
Elementi, quando combatti, devi essere fredda e calcolatrice. Solo
quando combatti, non sempre. È questo che devi capire: le tue emozioni non
possono andare a sfamare gli Elementi, perché sono fin troppo grandi e
devasterebbero ogni cosa, te compresa. Hai visto l'energia dell'Acqua, l'hai
sperimentata attraverso di te. Immagina cosa succederebbe se si fondesse con la
tua.- Diana fece un verso strano, a metà fra uno sbuffo e un singhiozzo, che
nemmeno si sentì sotto lo scrosciare della pioggia. -Alimenta la Luce e il
Buio, con le tue emozioni. Sono loro che fanno di te la Regina, prima ancora
degli Elementi. Ora vieni.- Diana si lasciò condurre via dal deserto, fino alla
capanna di Ho-take-nah. -C'è qualcosa che devo insegnarti.-
-Cosa?-
-Una formula che spero tu
non debba usare mai. Si chiama Anderhamakenah. Non ha traduzione nella
tua lingua.- si sedettero entrambi per terra.
-A cosa serve?-
-A liberare tutto quello
che esiste in te.- le parole di Ho-take-nah furono sovrastate da un tuono
particolarmente violento. -La tua essenza, la tua linfa vitale. La vita della
Regina vale come quella di cento mortali.-
-E a cosa mi servirebbe?-
chiese lei, insospettita e preoccupata.
-Lo scoprirai a tempo
debito.- rispose l'indiano, e Diana lo conosceva abbastanza per sapere che non
le avrebbe mai detto a cosa le sarebbe servito.
-Voglio quella.- Ginny
indicò una calibro 9 appesa nell'armeria del ranch. Piccola, argentata, adatta
alle sue mani affusolate e minute.
-Ottima scelta, Gin.- si
complimentò Melissa, staccandola dalla parete metallica e prendendo un paio di
caricatori, consegnandole il tutto con un sorriso. Ultimi giorni di
allenamento: ormai, dei sei inglesi arrivati un mese prima nel Limbo, ne
rimanevano soltanto i nomi. Erano migliorati tutti tantissimo, si erano
integrati perfettamente in quel luogo aspro e spietato, e ora li stavano
armando dopo una settimana passata ad insegnargli ad usare le armi più
disparate. Coltelli, fruste, pistole, fucili, erano diventati pane quotidiano
per loro. Ormai l'addestramento era finito, e non c'era motivo di non
consegnare ad ognuno di loro un'arma. I quattro ragazzi già avevano scelto:
Malfoy e Potter avevano optato per una coppia di Colt 45, Weasley per un fucile
Comanche a canna corta e Zabini per un Winchester e una sola pistola, un
revolver. Melissa e Lea si erano scambiate uno sguardo complice: anche Diana
amava tantissimoquei fucili, specialmente il suo Winchester, che si era
previdentemente portata dietro al villaggio indiano.
-E tu, Herm?- chiese Lea.
Hermione, pensierosa, indicò un paio di calibro 8.
-Quelle?- Lea annuì, già
aveva pensato di darle quelle. Erano diventate amiche, le due ragazze, che,
come Ginny e Melissa, avevano tante cose in comune.
-Ehi, biondo...- Blaise
attirò l'attenzione di Alex. Erano nel salone, in uno dei rari momenti di
riposo che si concedevano. Era sera tarda, ormai, la notte premeva con la sua
innaturale oscurità sulle finestre.
-Che vuoi?- rispose Alex,
cercando di essere gentile.
-È da ieri che ci
penso...come facciamo a sapere quando i Mangiamorte saranno pronti?- Alex
rimase un attimo attonito, mentre la realtà della domanda che gli era appena
stata posta. I particolari della conversazione avuta con Moore un mese prima
gli passarono davanti agli occhi in un istante: i Mangiamorte volevano
attaccare Springerville...e appena sarebbero stati pronti, l'avrebbero
fatto...gli ci sarebbe voluto un mese...
-Cazzo! Lea, Melissa!-
esclamò, balzando in piedi. Le due, seguite a ruota da Hermione e Ginny, lo
raggiunsero.
-Cosa c'è?- chiesero,
allarmate.
-Dobbiamo andare in
città! Alla svelta!-
-Perché?- chiese Ginny,
senza capire.
-Perché, se i Mangiamorte
ci hanno messo un mese a prepararsi, Springerville sarà la loro prima tappa.-
rispose Blaise per Alex.
-Malditos! Quindi
stanno per attaccare il paese, quei jihos de buena madre!- Juan prese
qualcosa da sotto il bancone e lo sbatté sul piano di lavoro.
-E quello da dove
l'hai tirato fuori, amigo?- chiese Alex, divertito e preoccupato insieme,
fissando il grosso fucile a canna mozza che il barista aveva estratto.
-Un Greener! Non ne
vedevo uno da secoli!- esclamò Melissa, ammirata. Greener. Un fucile a
pallettoni, a doppio sparo, che dove si abbatteva non cresceva più l'erba.
-Hai avvertito tutti di
stare all'erta, Juan?- chiese Lea. Il barista annuì.
-Le donne, i vecchi e i
bambini sono rinchiusi in casa, a finestre sbarrate. Gli uomini sono appostati
nei punti più caldi: in centro, qui e sul limitare del paese.- rispose lui.
-Bueno.- Lea si voltò
verso i sei inglesi, che aspettavano, attenti. Era ora di mettere in pratica
tutto ciò che aveva imparato, sia alla Morris che da Diana. Era lei a capo di
quella missione, per la prima volta nella sua vita, e non aveva intenzione di
fallire. -Blaise, Draco, Harry, voi siete quelli più precisi. Andate nelle case
al limite del paese, e appena vedete i Mangiamorte sparate. Uno a ovest, uno a
nord e uno a est. Ron, io e te andremo sul lato sud. Alex, prendi Hermione con
te e vai in centro. Mel, tu e Gin state a cavallo, pronte ad andare nel punto
dove attaccheranno.- i due Auror annuirono, e insieme agli inglesi si
allontanarono.
-E per me, Artesia? Non
mi dai ordini?- fece la voce irritante di Kelly, appollaiata sul bancone con
aria insolente. Lea si voltò e le rivolse un'occhiataccia.
-Fai quello che ti pare.-
rispose duramente, prima di raggiungere Ron e allontanarsi alla svelta. Si
ritrovò per pochi istanti a contatto con Alex, e non perse tempo per
sussurrargli un consiglio: -Fai quello che puoi, ma chiamala. Abbiamo bisogno
di lei.- il biondo annuì.
-Ah!- Diana si svegliò di
soprassalto. Si era coricata da poco, aveva appena preso sonno, quando la
prepotente coscienza di Alex Bonn le entrò nella testa.
“Svegliati!” si massaggiò
una tempia, perforata da quel pensiero quasi urlato.
“Pivello, che cazzo hai
da strillare?” sbottò, rispondendo al messaggio telepatico che le trasmetteva
tutta l'ansia del biondino.
“Stanno per attaccare
Springerville. Abbiamo bisogno di te, io ho bisogno di te.” quel pensiero fu
una secchiata d'acqua gelida, per Diana. Balzò in piedi, e cominciò a vestirsi,
prima di radunare le sue armi.
“Arrivo. Fai in modo che
nessuno venga ammazzato.” rispose, prima di interrompere ogni contatto con
l'amico. Quando fu pronta, afferrò lo Stetson e si catapultò nella capanna di
Ho-take-nah, poco distante dalla sua.
-Vecchio!- gridò, appena
entrata. L'indiano non dormiva: era seduto a gambe incrociate, e parlava fitto
fitto in indiano con Torishah.
-Cosa succede?- chiesero
entrambi.
-Stanno per attaccare il
paese. Devo andare...- esitò. -Posso? Ho finito il mio addestramento?- i due si
guardarono un istante.
-Vai.- disse solo il
vecchio. Diana sorrise nel buio, e uscì di corsa, seguita da Torishah.
Correndo, senza nemmeno accorgersi della figura silenziosa alle sue spalle, si
diresse ad un piccolo corral e ne fece uscire lo stallone nero che aveva eletto
come suo. Montò in groppa, a pelo, senza sella e soprattutto senza alcun
problema.
-Aquila Bianca.- la
chiamò. Lei si voltò, lo Stetson calato sugli occhi.
-Dimmi, Torishah.- disse.
C'era qualcosa di diverso, nel suo aspetto, o forse solo nei suoi movimenti.
-Non tenerlo lontano da
te. Hai bisogno di lui quanto lui di te. È inutile che tu lo tenga lontano,
dato che è comunque nel mirino dei Mangiamorte.- gli occhi di Diana si
allargarono di sorpresa.
-Grazie, hermano.- disse
solo, con un sorriso.
-Suerte, Waktojah.- la
salutò. Un mezzo sorriso della mora Auror, un soffio di vento, e Diana era già
scomparsa.
Riapparve in una stalla
abbandonata di Springerville. Poteva sentire, sopra di lei, le voci degli
uomini appostati, in attesa dei Mangiamorte. Sorrise: Lea aveva fatto un buon
lavoro. Controllò che le sue due Colt 44 e il suo Winchester fossero carichi:
una volta soltanto, durante l'addestramento alla Morris, si era ritrovata senza
munizioni, e non era stata una cosa piacevole. Aveva imparato presto a
controllare sempre di esserne fornita.
Intorno a lei, il
silenzio vibrava d'attesa. Conosceva quella sensazione, quell'ansia crescente,
quella tensione che precedeva una battaglia. Ne aveva affrontate tanti, di
quegli scontri sanguinosi. Una parte di lei li amava.
Ma prima...
Diana fece roteare il
coltello fra le dita. C’era una cosa, che doveva fare assolutamente, che doveva
eliminare, perché una debolezza e una vanità.
Lasciò scivolare la lama
argentea sulla propria gola, sulla spalla. Non sarebbe stato difficile, la lama
era affilatissima: lei stessa si occupava di tenere il vasto armamentario della
casa sempre efficiente, e quella navaja* era il suo gioiello, il suo orgoglio.
Solo un taglio.
Netto, preciso, pulito.
Perché esitava?
Dopotutto, non era la prima volta che lo faceva, che si liberava di quella
parte di sé che amava tanto ma che, purtroppo, costituiva un punto debole.
Eppure, era pur sempre una parte di lei.
ZAC.
Una massa di capelli
scuri cadde a terra. Venti centimetri buoni, perduti.
Con un sospiro, sistemò
in pochi tagli la sua nuova acconciatura. Detestava i capelli corti, ma era
stato necessario. Una volta uscita dal Limbo, se fosse sopravvissuta, li
avrebbe fatti ricrescere con la magia.
Se fosse sopravvissuta...
Ma non doveva pensarci.
Non doveva. Doveva solo concentrarsi sulla battaglia imminente, escludere tutto
il resto, e usare la forza degli Elementi come Ho-take-nah e Torishah le
avevano insegnato a fare.
Rieccomi
qua!! Una settimana precisa da quando ho aggiornato l'ultima volta, dai, non è
male! ;P Innanzitutto, il significato delle parole con l'asterisco:
*Aquila
Bianca: nome indiano di Diana, la traduzione in Algonquin è “Waktojah”
*Pauau:
uomo della medicina, stregone
*navaja:
coltello lungo, molto affilato, dalla lama affilata su entrambi i lati
Spero
che il chap vi sia piaciuto, io mi sono divertita in certi puntie commossa in altri a scriverlo...e
ringrazio le 44 persone che hanno messo la mia storia fra i preferiti!!! (me
felicissima) Non sapete quanto mi renda fiera di me questo!!
Ecco
le risposte alle recensioni:
Mione1194:
Dile, aspetta, che nel prossimo chap...hehehe, come sono sadica...hai visto che
tenerucci Diana e Blaise lontani? Mama, mi sono venuti i lacrimoni a pensare a
quello che devono passare ancora...ma Dile TACI perché tu già lo sai...visto
Ron con i cavalli? ;P
Honey
Evans: Eccoti accontentata con l'addestramento! Vedo che come me le lingue ti
piacciono molto...hehehe...io ne conosco 4, a parte l'italiano: inglese, da
quando sono nata, tedesco, da sei anni, spagnolo da autodidatta e indiano
(algonquin)...siamo messe bene!! ;P
Lisbeth:
no, non è inventato, è una lingua indiana quasi in disuso, l'algonquin. Sono
contenta di vederti anche qui! Spero che Harry preso a botte da Blaise ti sia
piaciuto ;P!
D2OTTO:
eccolo qua, il mio vecchio pazzoide...sai, è un personaggio reale, come la
maggior parte degli americani...quindi immagina che voglia di strozzarlo! ;P ti
ho messo la Dramione, contenta? ;P
Ilaria:
e finalmente la scuola finì e la scrittrice si dedicò alla sua fic!! ;P ehehehe
alla fine sono uscita senza nemmeno un debito!! Che bello!!! beh, cmq, ecco
Draco ed Hermione che si ritrovano...e tu che intervieni, visto? ;P E comunque
non ti preoccupare, non sei l'unica pervertita qui...muahahahahahahaha!!! ti
lovvo! (la prossima volta che mi fai l'uscita alla zorro mi schianto
letteralmente dal ridere)
Shuyin:
eccoti accontentato! È importante che Diana impari, e l'ha fatto, alla fine,
perché potrebbe rimanerci secca nell'usare i suoi poteri...però Blaise e Harry
non hanno fatto pace ;P Grazie per il suggerimento delle lotte elementale vs
elementale, hai dato carattere a Torishah grazie a questo e presto tornerà!
Grazie!
Pei_chan:
oh uffi, che recensione “minuscola”...spero di averti accontentata, come hai
visto harry la prende bene la relazione fra draco e herm, è solo per diana che
ha qualche problema...è un sant'uomo il nostro harry dopotutto...gli casca il
mondo addosso un giorno sì e uno anche ! ;P per Diana e Blaise...se guardi il
titolo del prox chap ti verrà un coccolone perché saranno costretti a lasciarsi
di nuovo (colpa di moore non mia!!)...quindi ahinoi...poverini...
sarita46:
grazie dei complimenti, ma così arrossisco! ;P sono contenta che ti piaccia la
mia storia! Grazie!
Cherie:
capellone...pfff HAHAHAHAHAHAHAHAH rido ancora come una beota se ci penso!!
Hehe...cmq, sì, ho fatto in modo che tra Alex e Diana il rapporto sia molto
stretto, mi servirà più avanti...come dice Lea, Diana ha sempre fatto la
chioccia con lui, è un po' come se fosse suo figlio...per la remus/tonks,
tornerà anche nel prox chap e lì mi divertirò ai danni del lupacchiotto (remus
mi guarda con aria preoccupata)...
Un
basottone enorme a tutti coloro che leggono e recensiscono, e uno
STRAGRANDISSIMO ai miei recensori! Vi lovvo!
Nuova pagina 1
questo è il cappello che indossa Diana
questo il cavallo di Diana ^.^
e questi i suoi nuovi capelli, solo, immaginateli castano scurissimo, sul
nero, con riflessi castano chiaro
Grazie alla mia tesora iaia_malfoy4ever per avermi insegnato a postare le
immagini!! ^.^
Nota dell’autrice (di
nuovo ^.^): allora, dal prossimo chap in poi vi chiedo di tenere pronti
forconi, torce, fucili e baionette e via dicendo, perché la situazione
precipiterà non poco…tutto ciò che posso dirvi è di avere fede in me e di non
abbandonare la fic, perché ho già assicurato un migliaio di volte l’happy
ending, per quanto impossibile potrà sembrarvi, e vi prometto che tutto si
risolverà per il meglio. Tenete pronti i fazzoletti e, vi scongiuro, non
uccidetemi, che già sono abbastanza le persone che mi hanno sulla loro lista
nera…
Una piccola noticina mia: avrete certamente notato tutte le
volte che Diana e Blaise, e non solo ma soprattutto (dopotutto, sono o no i
protagonisti?), hanno dovuto e dovranno separarsi. C’è un motivo dietro questo
mio apparente sadismo nel volerli continuamente allontanare: litigano, si
beccano, discutono e sono lontani in una terra crudele che sembra volerli
dividere in continuazione, ma l’amore è più forte di tutto, non credete? È
quello che voglio far trasparire da loro, quanto grande e forte sia il loro
sentimento, forse anche più grande di quello che c’era stato fra Diana e Dan.
Vi chiedo di tenerlo a mente, perché sarà proprio questo l’anello di
congiunzione non, come starete immaginando, fra Luce e Buio, bensì tra Bene e
Male (due cose ben diverse da luce e buio), tra Vita e Morte, tra Dolore e
Felicità. Quella felicità che ogni persona al mondo cerca, ma che solo dopo
molte, troppe avversità può, forse, trovare.
Sapete, sto mettendo anima e corpo in questa fic. È fortemente
autobiografica, come si è notato varie volte. Però io il mio Blaise ancora non
l’ho trovato…
Voglio approfittarne per dedicare l’intera storia, la più lunga che
mi sia mai accinta a scrivere, a mia nonna, una donna fantastica a cui ero
affezionata tantissimo, che mi ha fatto da seconda madre, sorella, ma prima di
tutto amica. Mi ha lasciata lunedì 9 giugno. Mi aggrappo a Diana, a Blaise, a
tutti i miei personaggi di cui la buona parte non sono altro che persone reali
“intruse” nel mondo di HP, per affrontare questo dolore, quindi perdonatemi, se
vi verrà voglia di strozzarmi per tutto quello che succederà, ma la mia
tastiera è l’unico mezzo che possiedo per esprimermi, sfogarmi, essere veramente me stessa.
Nonna, mi hai sempre spronata a fare ciò che voglio, mi hai sempre
insegnato che non è importante quello che gli altri desiderano da noi, ma solo
quello che noi vogliamo da noi stessi. È grazie a te che ho ripreso la penna in
mano dopo due anni in cui non volevo più scrivere. Ti voglio bene, anche se
sono parole senza senso. Mancherai nel mio cuore come l’aria che si respira. Ti
voglio bene, nonna. Tanto.
E in questo capitolo torna il diabete per Diana e
Blaise…scusatemi, ma con tutto quello che gli farò passare voglio regalare ai
miei due personaggi preferiti qualche momento di tenerezza…insomma, poi dopo…oh
vabbé taccio…se no che intrigo è? ;P
Ci rivediamo alla Morris, ragazzi. E a fondo pagina.
Un beso.
R
25. La Separazione
Una linea scura
all'orizzonte altrettanto buio. Una cinquantina buona di cavalieri avanzava al
galoppo verso Springerville. Distinse grida, smargiassate, spari rivolti al
cielo.
“Porca miseria...proprio di qua dovevano arrivare.
Beh, c'era da aspettarselo, col culo che mi ritrovo ultimamente...” pensò
Blaise fra sé e sé, sarcastico. Si sdraiò sulla pancia, posò il Winchester sul
basso parapetto del tetto dove si trovava, e mise a fuoco attraverso il mirino
la massa scura dei Mangiamorte. Il suo occhio si fermò su una figura di donna.
Capelli lunghissimi, color ebano, pelle chiara, che cavalcava con un qualcosa
di forzato nei movimenti, come se detestasse usare quel vile mezzo di
trasporto. Sua madre.
Caricò il fucile prima di rendersene conto.
Un solo sparo.
Non erano così lontani, e il Winchester era preciso.
L'avrebbe sicuramente colpita.
Aveva fatto del male a lui, aveva fatto del male a
Diana. Era stata una delle maggiori cause della loro separazione. Tutte le sue
cellule gli urlavano di farlo...
Un solo colpo...il grilletto che scivolava via
facilmente sul suo indice...
No, si disse improvvisamente. No.
Lui non era un assassino.
Spostò bruscamente la mira su un altro Mangiamorte,
anonimo, che non gli scatenava quell'orrendo desiderio di vendetta.
-Spara, ragazzo.- gli consigliò uno degli americani
che gli facevano compagnia sul tetto, imitando subito le proprie parole. Blaise
annuì, e premette il grilletto. Infallibile, il proiettile attraversò con una
fiammata l'aere texano e andò a conficcarsi nella fronte dello sfortunato
Mangiamorte.
Blaise represse un brivido quando sentì quasi la sua
anima lacerarsi. Non poteva permettersi pietà verso di loro. Avrebbe reso il
suo compito ancora più arduo.
Eppure, non riuscì a reprimere il pensiero di essere
diventato improvvisamente un omicida.
Poi, però, pensò a Diana. Alla sua insospettata
dolcezza, ai suoi rari sorrisi sinceri, alla sua allegra follia.
Lei riusciva a scindere le due cose: assassina da
una parte, sé stessa dall'altra. Se ci riusciva lei, doveva per forza farcela
anche lui. Più che altro per l'orgoglio di volerla guardare ancora negli occhi
senza vergogna.
Sospirò, e ricaricò con un gesto che alla svelta
aveva fatto suo. Altri Mangiamorte caddero, ma erano troppi perché i colpi dei
tre poveracci appostati su quel tetto potessero fare danni considerevoli.
La testa di Melissa scattò di lato, come quella di
un gatto, i sottili capelli neri che le ricadevano sugli occhi. Li scostò,
pensando con una fitta al cuore ad Alex: era un gesto che faceva sempre, il suo
adorato biondino.
No, non poteva permettersi sentimentalismi in quel
momento. Gliel'aveva insegnato o no, Kelly, che in battaglia non si può perdere
tempo con i sentimenti? Era stata sua allieva, e non era così sciocca da
dimenticarne gli insegnamenti.
-Ginny, spara a braccia e gambe. Mira ai cavalli.-
disse improvvisamente, sentendo la cacofonia di spari provenire dal lato ovest
del paese. La battaglia stava per abbattersi su di loro.
-Mel, mi hai insegnato a mirare al cuore. Come mai
questo cambiamento?- le chiese Ginny, da sotto il suo cappello a tesa larga,
bianco, che contrastava magnificamente con la sua chioma fiammeggiante.
-Per quel che vale, siete degli innocenti. Il lavoro
sporco lasciatelo fare a noi.- rispose la giapponesina, preoccupata, mentre con
un gesto tanto sicuro da risultare inquietante toglieva la sicura dalle sue
pistole.
-Lea, sparano.- Ron si alzò in piedi, incurante del
pericolo di essere colpito.
-Li ho sentiti. Attaccano il lato di Blaise.-
rispose lei. Fece un cenno ai due messicani che erano con loro, che annuirono.
Sarebbero rimasti lì, per precauzione. -Andiamo.- disse, mentre si scaraventava
giù dalla scala esterna dell'edificio. Ron la seguì a ruota. Quando furono in
strada, fecero per salire a cavallo, ma qualcosa fermò Lea, inchiodata lì
dov'era.
-E corri, Artesia, ma tanto più veloce di me non lo
puoi essere.- una voce arrogante, nessuno che l'avesse pronunciata. Lea si
guardò in giro, freneticamente, ma sapeva già che, se non si voleva mostrare,
non l'avrebbe trovata. Uno schiocco, e seppe che si era allontanata.
-Chi...?- fece Ron, ma lei lo zittì con un gesto
impaziente.
-È qui.- mormorò, gli occhi spalancati dalla
preoccupazione e da qualcosa di molto simile al terrore.
Draco si buttò letteralmente giù dalla sella del suo
cavallo, appena arrivato nel centro del paese.
-Herm!- chiamò. La ragazza gli fece un cenno, e lui
si affrettò a raggiungerla al riparo. Con lei, Alex.
-Cosa ci fai qui?- gli chiese lei.
-Arrivano da ovest. Era inutile che rimanessi
dov'ero.- rispose lui. D'accordo averle detto di amarla, ma dirle che aveva il
terrore di lasciarla sola in quella situazione era un po' troppo, per lui. Era
pur sempre un Malfoy, no?
-Abbiamo avuto la stessa idea, a quanto pare.-
commentò Harry, apparso in quel momento. Hermione, suo malgrado, si sentì
sollevata: non era pronta per quella battaglia. Non si sarebbe tirata indietro,
non si sarebbe chiamata Hermione Jane Granger se l'avesse fatto, ma non voleva
uccidere. E la presenza di Draco, Harry e anche di Alex, la faceva sentire al
sicuro.
Ed eccoli.
Irruppero nella piazza con un fragore assordante di
zoccoli e spari, mirando ai vetri delle finestre e ai tetti, da dove figure
invisibili mietevano vittime. Una quarantina, forse qualcosa di più, alcuni
senza cavallo, in sella ad altri. Assassini. Mangiamorte.
Due figure fulminee esplosero fuori da una viuzza
laterale, i cavalli lanciati al galoppo, le armi in pugno. Nello stesso
momento, altri due cavalieri emersero dall'altro lato della piazza. Melissa e
Ginny aprirono il fuoco, imitati immediatamente da Lea e Ron. Le due Auror
miravano a uccidere, i due rossi solo a ferire e disarmare.
Draco, Harry e Alex puntarono le proprie armi, chi i
fucili, chi le pistole, e fecero fuoco. Hermione colse un fotogramma
dell'immagine di Draco, illuminato dal bagliore degli spari. Il viso teso e
concentrato, i capelli biondi e lisci che ricadevano sulla canna del fucile
preso in prestito per l'occasione, le dita pallide strette saldamente al
grilletto. E, nonostante la situazione disperata, non riuscì a non notare
quanto fosse semplicemente bellissimo, anche in quel momento.
La Grifoncina scosse la testa, ed estrasse le sue
pistole. Ne posò le canne sulle casse che li riparavano, mirò, e fece fuoco.
Una, due, tre volte. Sei colpi in tutto, sei colpi che andarono a rendere
inoffensivi altrettanti Mangiamorte.
Draco e Harry si voltarono verso di lei, stupiti da
quella letale precisione. Hermione era una continua fonte di sorprese,
ultimamente.
Blaise ricaricò alla svelta il Winchester e sparò di
nuovo. Stava prendendoci gusto, nell'usare quell'arma babbana. Quello che gli
sembrava proprio Dolohov cadde, ferito ad una spalla.
“Al diavolo, avevo mirato alla testa.” pensò il
Serpeverde, pentendosi un attimo dopo di quel pensiero. Poi, vide tre dei
Mangiamorte sgusciare via dalla massa sotto il suo tiro preciso, e dirigersi
verso il nascondiglio di Draco, Hermione, Bonn e Potter. Non potevano vederli,
erano smontati di sella e nelle loro mani baluginavano lame argentee e
silenziose. Erano vicini, troppo vicini ai suoi compagni...e da lì non potevano
sentirlo, gli spari coprivano la sua voce.
Imprecando, Blaise si scaraventò verso la scala più
vicina.
Non vide il lampo nero che si era frapposto fra i
tre e i ragazzi.
Una figura nera, velocissima e quasi
indistinguibile, si parò davanti ad Hermione e fermò il coltello che saettava
verso di lei, incrociandolo con una lunga lama argentata.
Pantaloni neri, aderentissimi alle sue gambe
formose, T-shirt attillata dello stesso colore. Sguardo sicuro, arrogante,
insolente. Un cinturone in vita con due Colt '44 nelle fondine, un lungo
pugnale appeso dietro, a livello della schiena e un fucile Winchester a
tracolla. Guanti di pelle nera sulle mani affusolate, a proteggere le sue armi
migliori.
Diana sorrise. Il Mangiamorte che aveva davanti era
americano, la conosceva, e temeva quel ghigno arrogante e strafottente, sicuro
e altezzoso, letale. Il sorriso di un'assassina senza remore.
Un sorriso da squalo.
-Addio.- disse lei con somma noncuranza, prima di
estrarre fulmineamente una Colt e sparare un unico colpo, che colpì il Mangiamorte
in pieno petto. Lo sparo, stranamente, echeggiò in tutta la piazza, e le attirò
addosso gli sguardi di tutti quanti. Un solo pensiero in otto menti diverse.
“Diana!”
Lei si rese conto degli occhi che aveva puntati
addosso. Sorrise, e in un istante represse ogni emozione nel suo corpo. Niente
poteri, ma freddo calcolo.
E colpì. Velocissima, letale, il coltello estratto
con tanta rapidità da essere poco più di un movimento indistinto. Ne uccise
quattro prima che chiunque se ne rendesse conto, nulla più di un lampo
assassino che calava su di loro, precisa come un rapace, altrettanto spietata.
Un Mangiamorte, stupidamente, si scagliò su Ginny.
Harry, veloce, si frappose, la mano destra e armata già pronta a fare fuoco.
Abbassò il grilletto, ma...
CRACK.
Diana era comparsa alle
spalle del Mangiamorte, e con somma noncuranza gli aveva spezzato il collo.
Ginny trattenne un urlo di orrore. Era necessario.
Doveva metterselo in testa, doveva capirlo. Diana era l'unica che potesse
farlo, che potesse uccidere. Doveva essere fatto.
Fu un massacro. E lei ne fu l'unica responsabile.
Una ventina circa riuscirono a filarsela. Gli altri
rimasero a terra, e non si sarebbero più alzati.
Quando tutto fu finito, quando nessun Mangiamorte fu
più vivo in quel luogo, il fulmine si fermò e Diana riprese fiato. La navaja,
stretta nel suo pugno, era sporca di sangue, che gocciolava piano sul selciato
della strada, colorandolo di rosso denso e viscoso. Intorno a lei, cadaveri.
E silenzio.
Silenzio di morte.
Diana chiuse gli occhi, nascondendo le sue iridi da
quella vista oscena. Era stato necessario. Avrebbero ucciso i suoi amici. Aveva
dovuto, dovuto farlo.
Ma non ne aveva goduto.
Se ne rese conto, si sentì bizzarramente fiera di sé
stessa: ce l'aveva fatta. Aveva dominato sé stessa, i suoi demoni, aveva scisso
sé stessa e insieme aveva unito le sue due nature.
Ora era completa.
Rinfoderò con cautela la navaja dietro la schiena.
Le Colt fumavano, scariche, nelle loro fondine.
-Lasciateli andare.- disse ai texani che si
accingevano ad inseguire i Mangiamorte. -È probabile che abbiano dei rinforzi
vicini, sarebbe un suicidio seguirli.- gli uomini le diedero ascolto, e si
fermarono.
Allora, e solo allora, si voltò verso i suoi amici.
Non fu sorpresa di trovare in Ginny ed Hermione quello
stesso orrore, verso quell'atto crudele che era l'omicidio, che sapeva esistere
in lei, ma furono confortanti i loro sorrisi sollevati, i loro occhi lucidi.
Melissa e Lea erano visibilmente più serene: addirittura, riuscì a scorgere un
mezzo sorriso sulle labbra della solitamente imperturbabile giapponesina.
Ma non stava cercando loro. No, i suoi occhi
argentei cercavano i “suoi” uomini. E li trovarono.
Harry e Draco erano vicini ad Hermione. Il moro era
turbato, ma l'occhiata che le rivolse accennava il sollievo di rivederla. Il
biondo, invece, le rivolse un occhiolino. Alex, poco dietro di loro, le fece un
cenno: il suo pivello preferito, ancora una volta, non era minimamente sorpreso
di trovarsela davanti. E poi, una voce conosciuta, un giovane uomo che la
osservava, pigramente appoggiato ad una parete, il fucile a tracolla e un
cappello calato sul viso. Quando si voltò, per un istante Diana provò il
fortissimo impulso di saltargli addosso: era troppo bello, troppo divino per i suoi ormoni sopiti che si
risvegliarono con un grido di gioia.
-Eccola, il disastro. Che hai fatto ai capelli, Di?-
le disse, alzando gli occhi su di lei.
-Cambio di look.- rispose la ragazza.
-Apprezzo.- commentò lui, con un mezzo sorriso che,
se fossero stati ancora ad Hogwarts, avrebbe provocato in Diana un improvviso
mancamento. E poco ci mancò anche lì, perché Blaise era diventato troppo,
troppo...troppo. Non c'era altra definizione possibile.
-Chissà perché, lo immaginavo. Porco.- Blaise scosse
la testa, divertito ed esasperato. Non c'era niente da fare: Diana, dopotutto,
non sarebbe cambiata mai. Ed era quello che amava di lei.
Era riuscito, miracolosamente, a mantenere i suoi
modi da Serpe, quando se l'era ritrovata davanti. Fosse stato per quel folle
del suo istinto, le sarebbe saltato addosso, perché la giovane donna che aveva
davanti era semplicemente la creatura più bella che avesse mai visto.
Capelli corti, ribelli e scompigliati, pelle più
abbronzata e tonica, vestiti che lasciavano ben poco all'immaginazione, Diana si
era (chiaramente) rimessa totalmente in forma. Sia esteriormente, con un corpo
da urlo, che interiormente, e lo vedeva dalla nuova tranquillità, pacata e
sicura, nei suoi occhi. Eppure, anche a fianco di persone come lei, di altri
Auror, lei spiccava comunque. Era diversa da Ginny e Melissa, più minute e
slanciate, era diversa da Lea e da Hermione, dolcissime ma un po' impacciate
nonostante il loro aspetto asciutto. Lei era...beh, lei era Diana. Questo
spiegava tutto, alla fine.
-Venite.- disse lei, rivolgendosi agli altri. Li
condusse via, lontano da quel luogo di morte, fino al saloon di Juan. Nessuno
disse nulla, tutti troppo stupiti dalla sua repentina apparizione da non
trovare nulla da dire. Solo quando furono ormai lontani Ron sembrò ritrovare la
parola.
-Scusa, ma come hai fatto ad arrivare subito?-
-L'avrà avvertita Alex, no?- commentò Harry. Ron
arrossì, imbarazzato.
-Piuttosto, come hai fatto a metterci così poco?-
intervenne Hermione, scoccando intanto ai due amici un'occhiataccia penetrante.
-Herm, l'hai detto tu: nel Limbo la mia magia è più
forte. Mi sono Materializzata.- le spiegò Diana, tranquilla. Poi si rivolse ai
suoi tre Auror. -Andate a dare un'occhiata. Identificateli, voglio i nomi dei
morti.- ordinò. I tre annuirono, e si dileguarono. Suo malgrado, Diana si
ritenne soddisfatta: era passato quasi un anno da quando se n'era andata, ma i
suoi tre amici (sottoposti, in quel momento) non avevano dimenticato cosa
voleva dire lealtà.
Si accorse delle facce ancora stupite dei suoi amici
inglesi, salvo quella di Blaise, la cui espressione tutt'altro che casta vagava
avidamente sul suo corpo.
-Si può sapere cos'avete da guardare?- sbottò,
sentendosi a disagio in quella situazione.
-Stanno guardando quello che avrebbero dovuto
imparare a fare, e invece non sanno.- disse una voce fredda. Diana si voltò di
scatto verso Kelly, come lei, incredibilmente, macchiata del sangue dei
Mangiamorte.
-Non era tuo compito addestrarli ad uccidere, ma a
combattere.- le ricordò, duramente.
-C'è differenza?- le chiese Kelly, irrisoria.
-Quella che sta fra un'assassina come te e un
soldato come me.- i loro sguardi si incrociarono, rabbiosi e furenti. Erano
diversi dall'astio e dall'antipatia che correvano fra Blaise e Harry o fra
Draco e Ron, non vi era nulla dell'arrogante diffidenza di Alex verso Zabini.
Era odio, puro e distillato, dettato dalla rabbia – e dal senso di colpa.
-Sempre modesta, vero, capitano?- ringhiò l'esile
messicana, e tutti notarono la sua destra scivolare lentamente verso la
fondina.
-No. Conscia dei propri limiti e dei propri demoni,
tenente.- replicò Diana, a cui il movimento non era sfuggito. La sua stessa
mano sinistra, dato che era mancina, si spostò leggermente verso l'impugnatura
della Colt. L'aria si fece più pesante, elettrica quasi, mentre i loro occhi si
incatenavano e si fronteggiavano.
Sguardi delle due signore incontrastate di quel
luogo, sguardi di due donne che di dolore ne avevano visto abbastanza, che
della morte avevano fatto la loro ragione di vita. Sguardi di chi non aveva avuto
la forza di rinascere, e di chi era sbocciata due volte. Sguardi carichi di
malinconia, sì, dolore e solitudine per entrambe, per quelle due donne che un
tempo si erano chiamate amiche, sorelle, e ora erano solo avversarie. Occhi
negli occhi, immobili, le persone intorno a loro scomparse. Solo il loro odio
brillava nelle iridi d'onice e d'argento.
Kelly non la vide. Fu un colpo tremendo, una
sconfitta abissale, sentire quel sibilo bruciante vicino alla mano. Un
avvertimento, un monito, che Diana aveva voluto regalarle, che aveva voluto
ricordarle: lei era sempre la migliore. Si guardò il dorso della mano: una
sottile riga di sangue la solcava. Il proiettile, infallibile come tutti quelli
sparati dalle due 44 del capitano Black, l'aveva appena sfiorata.
Diana rinfoderò la Colt fumante. In un attimo,
entrambe tornarono consce delle persone che le stavano osservando, dei sei
inglesi immobili ed attenti ad ogni loro gesto.
-Questa me la paghi, Black.- sibilò Kelly.
-Non contarci.- replicò Diana, gli occhi stretti che
la trapassavano. Kelly si voltò, montò a cavallo e se ne andò con un brusco
colpo di talloni nei fianchi del povero cavallo.
La giovanissima Auror sospirò, non riuscendo a
nascondere tutta la malinconia legata a quella donna che si stava allontanando.
-Ahia! Kelly, ma ti pare?- Diana protesta mentre si rialza,
scaravoltata pochi istanti prima a terra da una mossa parecchio infida della
ridente messicana.
-Devi saperli veder arrivare
questi colpi, Di.- le dice Kelly, fra le risate. La caduta di Diana è stata
parecchio buffa, e anche la risata della biondina Black si unisce alla sua. Non
possono avere più di quattordici e diciassette anni. Sono poco più che delle
ragazzine spensierate.
Diana si volta verso il
ranch, dove due giovani sono beatamente spaparanzati sulle poltrone sul
ballatoio e le osservano sghignazzando.
-Dan, vuoi provare tu al
posto di Kelly? Chissà che non ti passi la voglia di ridere...- lo invita
Diana, con un ghigno che non promette nulla di buono.
-Fratello, hai fatto
incazzare la peste. Io starei attento.- consiglia il più adulto dei due, i
capelli castani sugli occhi chiari e un sorriso sornione sul viso. Dan sbuffa,
divertito, balza oltre il basso cancelletto del ballatoio e si dirige verso
Diana.
-Cercherò di non farti
troppo male, ok?- le dice, divertito.
Non la vede.
Kelly sorride: Diana ha
imparato alla svelta quella mossa, e Dan ora è a terra, senza capire bene come
ci è finito.
-Ok.- fa Diana, ridendo
trionfante. Dan la fa inciampare e lei gli cade fra le braccia, e finiscono a
rotolarsi sulla sabbia, picchiandosi solo per scherzo, rubandosi qualche casto
bacio a fior di labbra.
-Che ne dici, sloggiamo? Qua
mi sa che si va sulle luci rosse...- fa Kelly rivolta a Scott, al suo Scott,
guardando i due che si fermano e, prevedibilmente, cominciano a pomiciare.
Scott sorride, la prende per la vita e la trae a sé. Kelly ride, nei suoi occhi
nessuna scintilla d'odio o di rabbia, ma solo pura e semplice serenità.
-Solo se prendiamo esempio
da loro.- fa lui, con un'occhiata lasciva.
-Scott, sei un idiota
totale. Come fa poi Diana a sopportarti da quattordici anni, per me rimarrà un
mistero.- lo prende in giro, sfuggendo ai suoi tentativi di baciarla.
-Diana è una donna, e come
tale non può resistere al mio fascino.- fa lui.
Kelly balza indietro,
esattamente un attimo prima che una bolla d'acqua esploda sopra la testa di
Scott, infradiciandolo da capo a piedi. Scoppia a ridere alla vista della sua
faccia, sorpresa e scombussolata.
-Parker, ben ti sta.-
commenta Diana, artefice di quella piccola magia.
Quanto tempo era passato da
quando Kelly era un essere umano. Non l'avrebbe mai ammesso, ma la “vecchia”
Kelly, quella donna a cui somigliava in maniera quasi inquietante, le mancava.
Era stata quello che lei era stata per Lea, e soprattutto per Alex. Una
maestra, un'amica, una sorella. Lei e Scott. Quanto erano stati felici, Diana
lo ricordava bene.
Si riscosse dai suoi ricordi, accorgendosi in quel
momento che Hermione e Ginny erano entrate al saloon, seguite da Ron, mentre
Harry e Draco parlavano e Blaise non perdeva occasione per insinuare qualche
commento velenoso rivolto al Prescelto, senza però perderla di vista nemmeno
per un istante. Accortosi del suo “risveglio”, si rivolse a lei.
-Stai bene?- le chiese, sinceramente preoccupato.
Lei annuì. Blaise le sorrise, sollevato: non gli era piaciuta quella minaccia
che Kelly le aveva rivolto. Aveva imparato a conoscere e detestare quella
messicana, e sapeva che diceva sul serio.
-Zabini...- lo chiamò Harry, evidentemente
contrariato nel vederlo scambiare con sua “sorella” quegli intensi sguardi che
parlavano molto più delle parole.
-Che vuoi, Potter?- replicò lui in malo modo,
voltandosi. Eppure, fu sicuro di aver visto Diana alzare gli occhi al cielo
buio, prima di distogliere lo sguardo da lei. -Pensavo di averti già chiarito
la situazione su me e lei, che ne dici?- gli chiese.
-Veramente, non avete chiarito proprio niente.-
replicò Harry, più sicuro di sé ora che anche Diana era lì (a impedirgli di
strozzarlo)...e, soprattutto, ora che sapeva di non essere l'unico, su quel
fronte, conscio di quanto anche Alex Bonn detestasse cordialmente la relazione
fra quei due. Coraggioso quanto volete, ma quel Serpente già due volte gli
aveva fatto passare cinque brutti minuti, e non ci teneva a ripetere l'esperienza.
-Bene, te lo spiego una
volta per tutte...- Blaise non fece in tempo ad aggiungere altro, perché Diana
lo interruppe, avvicinandoglisi e premendo le labbra sulle sue.
Rimasero uniti una manciata di attimi, nemmeno
mezzo minuto, ma sufficienti perché Blaise perdesse il filo di quello che stava
dicendo. Era tanto che non sentiva più la morbidezza delle sue labbra…era
tanto, che non baciava più la sua donna…
Diana
si staccò, un ghigno malcelato su quelle labbra morbide e la dolcezza nascosta
nei suoi occhi. Lui rimase un attimo attonito a guardarla.
-E
quello per che cos’era?- le chiese. Lei sorrise, furbetta.
-Così
stai zitto.- disse, facendogli venire istantaneamente voglia di strozzarla.
Draco, che aveva assistito a tutta la scena, scoppiò a ridere. -Ed ecco che il
biondo riparte con le sue sghignazzate…ah, quanto mi sei mancato, Dray.- disse
Diana, voltandosi verso il cugino. Harry, di fianco a lui, la osservava, con
qualcosa di molto simile all’esasperazione scritta in faccia.
-Dai,
Diana, sono…quanto, sei mesi, che mi diverto alle vostre spalle?- le chiese,
sorridendo, il biondo, che da Serpe qual’era e quale sarebbe sempre rimasto non
perdeva l’occasione per far saltare i nervi a chiunque, in special modo al
Prescelto.
-Da
Natale. Dalla Vigilia, per essere precisi.- rispose lei, rischiando di far
venire un colpo al povero Harry. Il moretto non immaginava, infatti, da quanto
andasse avanti la loro storia.
-Che
bella Vigilia…- commentò Blaise, fingendo (o forse no) un’aria sognante al
ricordo. Diana gli tirò un calcio nello stinco.
-Taci,
Faina.- gli intimò, e lui notò un rossore imbarazzato e sospetto salirle sul
collo. Merlino, quanto si divertiva a metterla in imbarazzo. Le si avvicinò, i
visi a pochi centimetri l’uno dall’altra, gli occhi brillanti di sfida.
-Zittiscimi
tu…piccola.- le disse, e ghignò
quando Diana divenne ancora una volta paonazza.
-Ancora!
Ma tu vuoi morire!- protestò, rifilandogli un paio di pugni sulla spalla, senza
forza. Lui la bloccò senza sforzo e la trasse a sé, al suo torace, senza che
lei protestasse. Anzi, la sentì ridere.
-Ho
solo una domanda…- borbottò Harry, che aveva respirato varie volte per evitare
di intervenire. -Ma voi due litigate sempre?- Diana, la testa appoggiata alla
spalla di Blaise, gli sorrise.
-Certo.-
-Ovviamente.-
rincarò lui. Harry sospirò, rassegnato.
-Dovrò
farci l’abitudine, vero?- Diana annuì vigorosamente, in cuor suo sollevata di
non dover più tenere nascosta a Harry la sua storia con Blaise. In quel
momento, Alex li raggiunse, non senza aver scoccato ai due abbracciati
un’occhiataccia che fece ghignare ancora di più la nostra Diana.
-Ne
è rimasto uno vivo. Un certo Dolohov.- Blaise e Diana si separarono,
riassumendo entrambi un’espressione dura.
-Perfetto.
Dov’è?- chiese lei, sistemandosi il cappello.
-Nelle
cantine del saloon. L’abbiamo rinchiuso lì, ma Juan vuole che esca alla svelta:
dice che gli rovina i liquori, glieli avvelena.- Diana sorrise. Sì, Juan era
proprio il tipo da dire una cosa del genere.
-Andiamo.
Ho proprio voglia di fare una chiacchierata con un Mangiamorte.- disse,
precedendo tutti quanti verso il saloon. Alex sorrise, beffardo.
-Interrogatorio
vecchia maniera?- le chiese.
-Ovviamente.-
rispose lei, con un ghigno. Blaise scambiò un’occhiata preoccupata con Draco:
aveva una brutta impressione, sulla “vecchia maniera” che poteva intendere
Diana. Che, in quel momento, disse quattro parole che nessuno dei quattro
giovani si aspettava potesse dire. -Ho bisogno di Kelly.-
-Allora...vediamo
di chiarirci...non è difficile, su, è solo un semplice verbo: parla.- Kelly
accompagnò l'ultima parola con una stretta particolarmente dolorosa, per
Dolohov, alle tenaglie che stringevano la carne del suo braccio.
Il
Mangiamorte strinse i denti, mordendosi la lingua per non gridare di dolore.
-Non
saprete nulla da me...sgualdrine.- gli occhi di Diana, fino a quel momento
rimasti fissi con indifferenza sulla lama della navaja che stava affilando, si
alzarono per un istante quando Kelly quasi gli strappò un pezzo di carne, tanto
salda era la stretta delle sue dita sul manico delle tenaglie.
-Io
parlerei, se fossi in te.- commentò, tornando ad affilare la lama già letale.
-Perché...puttana?-
ansimò Dolohov. Non era messo bene: da quello che Diana era venuta a sapere,
era stato Blaise a provocargli il foro di proiettile nella spalla che ancora
sanguinava, e le due ore che aveva passato fino a quel momento in balia delle
mani sadiche di Kelly non gli avevano certo giovato. -Non sono...un
rammollito...come te...Auror.-
-Ne
sono convinta.- rispose Diana, tranquilla, rigirandosi il coltello fra le dita
con indubbia abilità. Dolohov seguì preoccupato il movimento della lama
argentea, rilucente nel buio della cantina del saloon. -Ma è un altro il motivo
per cui ti consiglio di parlare. Sai, se non parli con Kelly, dovrai farlo con
me.-
-E
allora?- Diana si sporse verso di lui, vicina al suo viso, indifferente e
altezzosa, un ghigno sulle belle labbra. I suoi occhi tranquilli e sicuri
incontrarono quelli folli e iniettati di sangue del Mangiamorte.
-Io
sono quella cattiva.-
-Povero
Dolohov. Mi fa quasi pena.- borbottò Harry, l'orecchio teso per cogliere
qualsiasi altro grido provenire dalla “cella”.
-A
me no.- replicò Draco asciutto, ricordando che, sotto ordine del Signore
Oscuro, Dolohov lo aveva Cruciato troppo a lungo perché lui potesse dimenticare
facilmente.
Blaise
si voltò di scatto, quando Diana, seguita da Kelly, uscì dalla porticina che
portava alle cantine del saloon.
-Ha
parlato?- le chiese Alex, precedendolo con una sorta di gioia sadica. Cominciava
veramente a scocciare, il biondino accolito di Diana. Veramente, veramente
tanto.
-Certo.-
rispose Diana, fulminando Blaise con lo sguardo quando vide l'occhiataccia
lanciata al suo pivello. Possibile che quel Serpente del suo uomo fosse così
incline a litigare con tutti gli uomini a cui era più legata?
Kelly
si dileguò, e lei non provò a fermarla. Invece, si sedette accanto a Blaise, al
bancone, chiedendo ad un Juan sporco, insanguinato, ma trionfante, un grosso
boccale di tequila.
-Cos'ha
detto?- le chiese, mentre le versava il liquore. Conscia di quanto tutti
tendessero le orecchie per ascoltarla, Diana scosse la testa.
-Che
siamo nella merda più totale.-
-Ah,
colorito.- commentò Ron. Tutti risero, persino lei abbozzò un sorriso stanco.
-Andiamo
al ranch. Abbiamo bisogno di qualche ora di sonno, prima di partire.- a quelle
parole, i tre Auror rizzarono la testa e l'udito.
-Partire?-
chiese Harry, senza capire. Diana annuì, seria.
-Domattina
si parte per Morris-West.-
Giunsero
al ranch che erano ormai le due passate di notte. Ginny, Harry, Draco, Hermione
e Ron andarono a letto quasi subito, esausti e provati da quella notte di
preludio alla battaglia, ma Diana volle parlare a quattr'occhi con i suoi tre
Auror, prima che andassero a letto. Mentre tutti quanti, sporchi e laceri, si
cambiavano e si davano una lavata, Blaise e Diana rimasero soli nel grande
salone. Lei si lasciò cadere sul divano, sgangherata come sempre.
-Sono
esausta.- declamò, il viso affondato in un cuscino. Blaise, sorridendo in modo
davvero malizioso, si chinò su di lei, bloccandola sui cuscini, con le braccia
ai due lati del suo corpo.
-Prima
di dormire il sonno dei giusti mi devi spiegare una cosa.- le disse. Lei si
voltò a guardarlo, maliziosa.
-Cosa?-
-Non
che non apprezzi...- premise, affondando lentamente le dita fra i suoi
cortissimi, scompigliati capelli scuri. -Ma perché hai tagliato i capelli?-
Diana sospirò, ma gli rivolse comunque un tenue sorriso.
-Ti
ricordi quanto Tiger, Goyle e Nott mi hanno aggredita?- Blaise trasalì: non
avevano mai parlato di quell'episodio. Lui voleva evitarle ricordi dolorosi,
lei non voleva rammentare quegli attimi orribili, e su tutto, fra loro, era
calato un velo di decoroso silenzio.
-Sì.-
rispose solo, guardandola negli occhi alla ricerca della paura che aveva visto
in quell'occasione. Una paura che non avrebbe mai dimenticato.
-Ecco...riuscirono
a...sopraffarmi...- la parola la fece
fremere di disgusto. -Anche per colpa dei capelli. Sono sempre stata molto
sensibile, e sentirseli quasi strappare...beh, non è divertente.- spiegò,
distogliendo per un istante lo sguardo.
-Capisco...beh,
stai bene comunque.- le sorrise, rassicurandola, esi allontanò da lei, sedendole accanto. Diana si alzò, lui la
prese gentilmente per un polso e la trasse a sé, fra le sue braccia, sentendola
ridere. Gli si accoccolò sulle gambe, le sue piegate sul divano, le braccia
strette al suo collo e il viso posato sulla sua spalla. Sembrava una bambina,
in quel momento. Le cinse la vita con le braccia, carezzandole intanto la schiena
e posando la guancia contro la sua fronte.
Diana
socchiuse gli occhi, sentendo la tensione e la sua maschera di durezza
scivolare via.
-Mi
sei mancato, Blaise.- sussurrò. Le parole le erano sorte sulle labbra
involontarie, prima che lei potesse controllarle.
“Hai
bisogno di lui come lui di te...è inutile tenerlo lontano da te.”
Torishah aveva ragione, dopotutto.
-Anche tu.- le rispose, spiazzandola per un
istante. Da sé stessa poteva anche aspettarsi, raramente, qualche
sdolcinatissima caduta di stile, ma da lui...era quasi impossibile che le
dicesse una cosa tenera, un “amore” o un “tesoro” e altre schifezzuole varie.
Diana non le sopportava, per fortuna di Blaise che, anche solo al pensiero di
usarle, rabbrividiva. Quell'“anche tu” era il massimo che potesse dirle, ed era
il massimo che lei potesse accettare. Eppure, una parte di lei fece le fusa al
sentirlo parlare così, con quel tono basso, dolce...
“Diana! Non mi starai mica diventando romantica, vero!?” ed eccola di nuovo,
commentò fra sé Diana. L'antipatica vocetta della sua coscienza, quella che
parlava con la voce di Lea, si era risvegliata.
Rimasero
in quella posizione a lungo, abbracciati, inspirando il respiro dell'altro, gli
occhi chiusi e la mente, dopo settimane, finalmente rasserenata.
Blaise
le carezzò il viso, lo sollevò dolcemente carezzandole il mento e portandole
gli occhi a livello dei suoi. Baciò delicatamente le sue labbra, delicate e
fini, alcune volte, prima di lasciar scivolare una mano sulla sua nuca e
inclinarle leggermente il capo, imponendo al bacio un suo dolce ritmo.
S'insinuò nella sua bocca, risentendo il vago sapore di caffè che ben
conosceva, che da parecchio non gustava più.
Diana
si strinse a lui, premendo il proprio addome sul suo, le mani abbandonate da
qualche parte fra i suoi capelli, scompigliati da un suo breve gesto, e rispose
al bacio con una dolcezza inaspettata per entrambi. “Al diavolo tutto. Blaise,
non me ne frega più nulla. Io resto qui con te. Voglio restare qui con te.” pensò.
-E-ehm...-
“Oddio la Umbridge! Ah, no, è peggio...” Blaise si separò di scatto da Diana
e alzò lo sguardo, riconoscendo l'odiata figura di Alex Bonn, fermo sulla
soglia del salone, con l'aria decisamente scocciata. Diana non si mosse.
-Pivello,
sai di essere una rottura di palle stratosferica, sì?- gli disse, infastidita,
le guance accese di uno strano colorito roseo.
-Veramente
ci hai detto tu di venire a rompere.- così dicendo, Alex indicò Lea e Melissa
nella sua ombra, entrambe palesemente divertite.
-Sì,
ma l'unico con la faccia tosta di interrompere sei tu.- replicò Diana sicura,
alzandosi e permettendo anche a Blaise di farlo. Il bel Serpente ignorò
ostinatamente le occhiate maliziose e divertite di Lea, ma rivolse un
occhiolino di sfuggita al sorriso altezzoso di Melissa. (ndMe/Diana&Alex:
AHOOOO!! Blaise, che cazzo fai, circuisci Melissa!?!?!? è_é)
-E
tu appartati.-
-E
tu fottiti.- Alex alzò gli occhi al cielo, ricacciando indietro una risata.
Quella scenetta si era ripetuta tante di quelle volte, in modi e parole
diverse, che ormai entrambi quasi la aspettavano. Diana sapeva bene che non era
geloso, non nel senso preciso del
termine...più come un fratello, o uno zio sclerotico. Solo ed esclusivamente in
quelle occasioni, i loro ruoli si invertivano: Alex diventava padre, e Diana
figlia.
Ma,
in pochi attimi, Diana riassunse la sua solita imperscrutabilità.
-Sedetevi.- disse, con il suo solito tono
metallico. Alex fu lieto di sentirla così: non era la sua Diana, la Diana che conosceva, quella che si era appena profusa
in coccole e tenerezze con l'inglese, ma una ragazza diversa che non aveva mai
avuto l'occasione di conoscere. In effetti, meditò mentre si sedeva su una
delle quattro poltrone, solo due persone potevano dire di averla conosciuta in
tutti i suoi molteplici ruoli, e quei due (per quanto avesse preferito il primo
al secondo) erano Dan e Zabini. -Dov'è Kelly?-
-Qui.-
rispose l'inquietante voce di Kelly, emersa dall'ombra con non più di un
fruscio sinistro. Blaise ebbe la strana sensazione che avesse visto tutto
quanto da quando lui e Diana erano rimasti soli. Non seppe perché, ma la cosa
gli procurò una fitta di preoccupazione.
-Bueno.-
commentò Diana, con l'aria di chi preferirebbe trovarsi ancora fra le braccia
del proprio uomo. -Allora, Dolohov ci ha riferito certe cose molto
interessanti. E, Alex, non fare quella faccia: Blaise rimane.- il biondino fece
una smorfia, Blaise ghignò trionfante.
-I
Mangiamorte, come aveva previsto Moore, vorranno inseguirci. La Morris per loro
è Irrintracciabile, quindi devono per forza seguirci per trovarla...e
distruggerla.- in un istante, le voci di Kelly e di Diana si erano praticamente
fuse in una soltanto, identiche, quasi appartenessero ad una sola Auror.
-Hanno
un centinaio di Mangiamorte dalla loro, e saranno tutti alle nostre calcagna.
Non fate quelle smorfie, abbiamo affrontato cose peggiori. Per questo ci
divideremo in due squadre, una che partirà per prima e che attirerà su di sé il
grosso dei Mangiamorte, e la seconda che invece raggiungerà alla svelta la
Morris. Nella prima ci sarò io a guidare la squadra, nella seconda Kelly.-
Diana guardò Lea dritto negli occhi, mentre parlava, e la vide annuire
impercettibilmente: benché nessuna delle due si fidasse di Kelly, l'avevano
vista combattere e uccidere i Mangiamorte, sapevano che era comunque la
migliore Auror della Morris...dopo Diana, ovviamente. Ed era per questo che
Diana si accollava i rischi maggiori, in quella missione.
-La
squadra di Diana seguirà un percorso più lungo e conosciuto, dove la maggior
parte dei Mangiamorte sarà appostato. Se li tirerà dietro fino alla Morris,
dove la squadra capitanata da me sarà nel frattempo già giunta per vie
traverse, e dove avremo avuto modo di preparare un'adeguata accoglienza per i
Mangiamorte.- continuò Kelly. Diana, per quanto fosse inquietata dall'imminente
annuncio che doveva dare, notò una scintilla strana nei suoi occhi color onice,
che non seppe identificare. Strano, per lei, che degli occhi conosceva ogni
segreto.
-E
di ammazzare quelli che, sicuramente, saranno appostati anche sui percorsi meno
conosciuti.- terminò, continuando a guardarla di traverso, senza capire.
-Semplice.-
commentò Alex, caustico. L'idea delle due squadre doveva essere stata
sicuramente di Kelly...logico: era una che si divertiva nel dividere le
persone, nel vederle soffrire per solitudine, proprio come lei.
-Le
squadre come sono divise?- chiese Melissa. Diana sospirò, ed evitò lo sguardo
di Blaise. L'ex Mangiamorte (ndA: fa tanto bel tenebroso ;P), a quel rapido
abbassarsi di occhi, s'insospettì.
-Tu
sarai con me. Lea e Alex con Kelly.- disse lei, con voce atona.
-I
due Weasley, Potter e la Granger con Diana.-
-Gli
altri con Kelly.- Blaise chiuse gli occhi per un istante, assorbendo il colpo e
respirando a fondo, per non esplodere. Di nuovo. Ancora una volta, si separava
da lui. “Dannazione!”
Alex
colse il disagio del suo capitano. Si alzò di scatto, prese Melissa per un
braccio e la condusse via a forza, seguito a ruota da Lea, mentre Kelly svaniva
nell'ombra così com'era arrivata.
-Blaise...-
cominciò Diana, a voce molto bassa.
-Dimmi
solo una cosa.- fece lui, il tono duro, arrabbiato. -Perché.-
-Ho
i miei motivi.- rispose piano lei, senza guardarlo. Blaise balzò in piedi,
furibondo.
-E
sono così poco intelligente da non poterli sapere?- le disse, sarcastico, più
cattivo di quel che avrebbe voluto.
-Non
è per questo.- Diana non l'avrebbe ammessa mai, la ragione per cui aveva deciso
di dividerli a quel modo. Era troppo orgogliosa, troppo fragile per dover
spiegare quei dolorosi motivi.
-E
allora per cosa? Sembra che tu ti diverta, ad andartene in continuazione...mi
stupisce soltanto che tu non abbia preso quel dannato biondo, con te.- gli
occhi d'argento di Diana saettarono su di lui, sorpresi e feriti insieme. Gli
fece male, vedere quell'espressione in lei.
-Quel
dannato biondo ha un nome, ed è Alex.- disse, piano, ma il suo autocontrollo
stava lentamente svanendo.
-Con
cui sei parecchio in confidenza...- insinuò lui, velenoso e irrazionale. Diana
balzò in piedi, furibonda.
-Sei
geloso, Blaise? Dillo, no? Se ti da fastidio non posso farci niente, Alex è il mio pivello, e se non ti sta bene puoi
anche andare tranquillamente a farti fottere perché la cosa non cambierà!-
sbottò.
-Ah,
beh, tu lo verresti certo a sapere in ritardo...dato che te ne vai in
continuazione...- borbottò lui, fingendosi rammaricato. Diana divenne paonazza,
tanto da far concorrenza a Ron quando aveva saputo di Draco e di Hermione.
-Ci
sono dei motivi validi, perché lo faccio.-
-Che
tieni gelosamente per te...e probabilmente anche per Bonn, dato che avete
quell'interessantissimo collegamento
mentale...- Blaise stava pronunciando tutte le parole più amare, rancorose e
cattive che aveva pensato negli ultimi tempi. Ma, appena le ebbe dette,
desiderò rimangiarsele: i pugni di Diana si strinsero pericolosamente, le
braccia aderenti ai suoi fianchi, il viso basso e gli occhi lucidi di rabbia.
-Primo:
lascia in pace Alex. Secondo: se non
ti dico le ragioni per cui faccio delle scelte, forse è perché non servirebbe a
nulla farle, se te lo dicessi. Terzo: se sei così idiota da non vedere almeno
il più chiaro di questi motivi, allora questa discussione è finita.- lo superò,
decisa ad andarsene, ma quasi subito sentì la sua stretta, inaspettatamente
dolorosa, sul braccio, che la costrinse a fermarsi e voltarsi.
-Questa
discussione non è finita finché non lo dico io.- Diana aveva ragione. Era un
dannatissimo idiota, non sapeva nemmeno chi stava parlando in quel momento,
perché di sicuro non era lui.
-Oh,
perché, credi davvero di potermi fermare, se me ne voglio andare?- Diana si
liberò con uno strattone. Si diresse verso la loro camera, seguita a ruota da
lui, entrò sbattendo la porta e altrettanto sbattendo la richiuse dopo che lui
fu entrato, senza toccarla. Blaise le si avvicinò di nuovo, costringendola ad arretrare
fin quasi contro al muro. Era arrabbiato, e Diana sapeva benissimo che aveva
ragione.
-Cosa
cazzo ti è venuto, Diana? Non ti riconosco più. Non sei più tu.- quelle parole
la ferirono più di quanto diede a vedere.
-Sono
cambiata.-
-Sai,
si è visto!- sbottò lui, rabbioso. -Ti chiedo solo perché ti comporti così.
Prima è tutto ok, è tutto come prima, e l'attimo dopo “ci dividiamo in due
squadre” e te ne vai di nuovo!- Diana non rispose. Non riuscì a trovare le
parole per farlo, perché sapeva che Blaise era nel giusto. Invece, si diresse
in bagno, e vi si rinchiuse, ordinando alla porta di non aprirsi per lui.
Quando uscì, venti minuti più tardi, i capelli umidi e gli occhi arrossati dal docciaschiuma, gli augurò un freddo
“buonanotte” e si appallottolò sul letto, come faceva sempre quando stava male.
“Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace...Blaise, cerca di capirmi. Se tu
fossi con me in questo viaggio...sarebbe troppo pericoloso. Non voglio
perderti, lo capisci?” pensò, quando lo sentì coricarsi accanto a lei, dandole
la schiena come lei stava facendo con lui. E, non per la prima volta in quelle
settimane, maledisse fra sé il Limbo, quella guerra, e soprattutto Voldemort.
Tante, tante volte, finché non si assopì.
-Voglio
venire con te.-
-Ron, no.- sospirò Lea, affranta. Erano dieci
minuti buoni che cercava di convincere Ron che non sarebbe stato con lei, in
quel viaggio. Il rosso scuoteva la testa con convinzione, decisissimo a non
lasciarla andare senza di lui.
-Lea,
voglio venire con te.- ripeté, in un tono che non ammetteva repliche.
-Senti,
se Diana ha deciso così, c’è un motivo. Dobbiamo fidarci di lei…se non possiamo
fidarci di lei non possiamo fidarci di nessuno, qui.- mormorò lei. Sì. Diana
era l'unica che potesse tirarli fuori di lì tutti sani e salvi, e, anche se non
comprendeva fino in fondo i motivi che anche Blaise, al piano di sopra,
sembrava voler conoscere, si fidava di lei. Era la sua migliore amica, e
soprattutto era la migliore Auror in circolazione.
-So
che Diana ha ragione, ma io voglio proteggerti! Ci tengo a te!- Lea fu
strappata bruscamente dai suoi pensieri da quelle ultime quattro parole. Si
sentì arrossire violentemente, mentre anche Ron, resosi conto di quello che
aveva detto, diventò di un color rapanello acceso.
-Anche
io ci tengo a te, Ron. Tanto.- mormorò lei, a occhi bassi. Ron sospirò, quasi
con sollievo. “A questo punto, buttiamoci.” pensò.
-Ti
amo, Lea.- Lea sobbalzò e alzò lo sguardo su di lui, allibita.
-C-cosa!?-
balbettò, incapace sul momento di comprendere cosa il rosso le avesse appena detto.
-Ho
detto che ti amo. E che non posso pensare di saperti lontana e in pericolo.-
rispose lui, trovando in qualche angolo sconosciuto della sua mente la faccia
tosta e il coraggio di pronunciare quelle parole.
-Ron…-
-No,
ascoltami.- le si avvicinò, rischiando di mandarla in fibrillazione quando le
carezzò il viso con entrambe le mani e si abbassò per guardarla negli occhi,
con quei due sprazzi di cielo estivo, sinceri, che provocavano in lei il
rossore istantaneo, quando si fissavano nei suoi. -Devi arrivare a quella
scuola. Capito? Devi arrivarci prima di me, perché non posso passare nemmeno un
minuto ad aspettarti con l’angoscia addosso.- le disse, sempre attingendo a
quella sconosciuta fonte di forza e sicurezza. Si rese improvvisamente conto
che poteva averne accesso solo quando era con lei...forse era proprio lei.
-Ron…-
-Lea.
Io…- Lea gli posò una manina sulle labbra, e gli sorrise.
-Ron,
stai zitto.- Ron le prese il polso e abbassò la sua mano, prima di baciarla.
Lentamente, molto lentamente, Lea si strinse a lui, facendogli scivolare le
braccia attorno al collo. E qualcosa in quel gesto, oppure nel loro bacio,
suggerì a Ron il permesso di andare avanti.
-Sei
sicura?- le chiese, quando sentì la sua carezza spostarsi sui suoi fianchi ben
delineati, timida e un po' impacciata.
-Sì.-
rispose lei ad occhi chiusi. Aveva lo stomaco serrato per la paura, ma si
sentiva stranamente calma, fra le braccia di Ron. Intuiva che sarebbe andato
tutto bene. Ron le sorrise, un bellissimo, tenero sorriso, e le carezzò la
schiena, tornando a baciarla con una nuova passione.
Lea
si lasciò posare sul letto, immersa fra le lenzuola candide, con la cupa
consapevolezza che quella poteva essere la prima e ultima volta che poteva
amarlo.
-Allora
è per questo che avete litigato!- Ginny balzò in piedi, furibonda,
allontanandosi di scatto da Harry, imbarazzato e dispiaciuto. Non riusciva a
credere che il Prescelto potesse essere stato così idiota...le aveva appena rivelato i motivi insulsi e futili
che avevano fatto litigare i due fratellastri.
-Beh...sì.- mormorò lui, a disagio.
-Harry sei
un cretino! Diana ci è stata malissimo per mesi...a causa tua!?!?- ormai Ginny
aveva perso ogni somiglianza con la spensierata e vivace ragazzina che era di
solito, per diventare, in maniera molto
inquietante, simile a sua madre nei suoi momenti d'ira funesta.
-Non è solo
colpa mia...si erano lasciati...-
-E tu l'hai allontanata e trattata come una merda
solo perché si è innamorata!? Ma che sei, scemo!?- lo aggredì la rossa. Harry
rimase zitto, a testa china, penitente.
-Ginny,
Zabini è...-
-Mio
amico da almeno tre anni!- sbottò lei. Harry alzò di scatto la testa, allibito.
-Cosa!?-
il mondo stava girando al contrario, per il povero Bambino Sopravvissuto A
Tutto Fuorché all'Adolescenza. Prima Diana con Zabini...e ok, ci si era
rassegnato. Poi Draco ed Hermione...e anche lì, poco da obiettare. Ma Ginny!?
-Harry,
l'unico che continua con questa assurda guerra sei tu! Diana e Hermione sono
innamorate, conosco bene Draco e Blaise e so che non potranno mai fargli niente
di male! Tu sei un idiota, Harry!- sbottò Ginny, irata.
-Ma
insomma! Come cazzo faccio a sapere queste cose se nessuno me le dice!?-
esplose lui, esasperato. Ginny finse di pensarci su, sarcastica.
-Mmm...vediamo...facciamo
un esempio, và. Diana è stata una sottospecie di Mangiamorte fino a
Natale...l'abbiamo lasciata a Hogwarts sola con Blaise...e, guarda caso, quando
torniamo è la felicità fatta persona! Tutte le loro liti, i loro battibecchi,
la festa...non credi che se fossi stato meno restio a crederci te ne saresti
accorto molto tempo fa?- a ogni parola della sua ragazza, Harry sprofondava un
po' di più nel letto. Aveva ragione...che emerito cretino, era stato. -E poi si
sono lasciati...Blaise ha addirittura accettato di fare il Mangiamorte, per
salvarla, visto che Voldemort la vuole morta e ha cercato di insinuare dentro
di lei il Male!- a quelle parole, il Prescelto ebbe un sussulto. Ecco, ora
tornava ogni cosa. L'aveva attaccato per quello, il giorno del suo
compleanno...ma certo, aveva gli occhi rossi, rammentò. Avrebbe dovuto
rendersene conto... -Diana ti è affezionatissima, Harry. Me l'ha detto lei, e
si vede. Sei pur sempre il suo fratellastro, ma non ha potuto nemmeno dividere
con te il dolore per la morte di Sirius, suo padre! Si è sempre tenuta tutto
dentro, e tu non l'hai capito.-
-Gin...lo
so.- mormorò lui, zittendola. -Mi credi se ti dico che so di essere stato un
idiota?-
-Almeno
ci sei arrivato.- sbottò lei, prima di spegnere la luce e mettersi a dormire
senza più un fiato. Se c'era una cosa che Ginny Weasley non sopportava, era chi
si comportava come Harry aveva fatto con Diana. Gli amici, per la rossa, erano
sempre stato tutto.
(ndA:
povero Harry...prima Blaise che lo vuol strozzare, poi Diana e Draco che lo
irritano, e poi Gin...povero il nostro Presceltino sfigatino...)
-Alex,
piantala di origliare! Sembri un marito geloso!- sbottò Melissa al suo
compagno, mezza irritata mezza divertita, che in quel momento aveva l'orecchio
premuto contro la porta e l'espressione alquanto preoccupata. Era una delle
tante cose meravigliose di quella ragazza: non era gelosa del sentimento vero e
spontaneo che correva fra Diana e il suo uomo.
-Voglio
sapere cosa sta succedendo.- Alex non l'avrebbe ammesso mai, nemmeno con sé
stesso, ma si trovava d'accordo con Blaise. Non capiva – o, almeno, non si
sforzava più di tanto – i motivi di Diana per cui volesse dividersi da lui.
Pochi minuti prima, quando li aveva trovati abbracciati, assieme ad una fitta
di fraterna gelosia aveva provato un inaspettato senso di tenerezza. Erano così
belli, insieme, stavano bene. E aveva visto la dolcezza con cui si guardavano,
quando l'altro non se ne accorgeva. Non era così stupido da accorgersi che
Diana, finalmente, si era innamorata di nuovo,e che era ricambiata ampiamente.
-Bene...cosa
sta succedendo?- Alex sorrise, sentendo cedere Melissa alla curiosità.
-Lui
vuole sapere perché gli sta così lontano.-
-Beh,
è chiaro.- commentò lei, filosofica.
-Ah
sì?- fece lui, stupito.
-Non
ci sei arrivato?- Alex scosse la testa, Melissa sorrise.
-Lo
ama. Il Mangiamorte che hanno interrogato le ha detto che la vogliono morta più
di Potter: è pur sempre l'unica fonte di magia qui, l'unica che può creare seri
guai. Per questo vuole evitare di averlo vicino in questo viaggio.- Alex tacque
un istante: Diana, che sempre metteva avanti a sé la salute degli
altri...avrebbe finito col farsi ammazzare al posto di qualcuno. Provò una
fitta di senso di colpa, quando sperò che quel “qualcuno” avrebbe potuto essere
Melissa.
-Mel,
ho paura.- borbottò, dopo un po'.
-Non
sei l'unico. È normale avere paura della morte.- rispose lei, la voce
addolcita, avvicinandoglisi.
-Non
della mia. Insomma, se si muore è finita, ciao ciao e domani niente scuola. Ho
paura per te.- replicò lui, cingendole i fianchi asciutti con le braccia,
posando il viso fra i suoi capelli corvini.
-Io sarò
con Diana. Starò bene.- sussurrò lei di rimando, il volto appoggiato alla sua
spalla. Non poteva credere che fosse proprio lui l'uomo che amasse...l'uomo che
Diana le aveva presentato con un ghigno malefico sul volto, con cui la
costringeva ad andare in missione, nonostante lei non sopportasse l'allegria e
l'apparente superficialità di quel biondino, così diversa dalla sua freddezza e
dalla sua distanza...Doveva tutto a Diana, rifletté. La propria vita, la vita
di Alex, la loro vita.
-Ne dubito.- mormorò lui ironico, facendola
sorridere. Lo guardò, si alzò in punta di piedi e unì le labbra sottili alle
sue, piene, carnose, che riuscivano a farle battere il cuore come non credeva
potesse succedere.
-Alex,
fa' il bravo. Non picchiarti con Zabini, e non farti cagnare da Kelly, ok?- gli
sussurrò, piano, nel buio.
-Accidenti,
e io che ci speravo...- Mel scoppiò a ridere.
-Alex,
sei un idiota.-
-Mi
ami per questo.-
-Anche.-
-Ci
divideremo.-
-Così
pare.-
Draco
ed Hermione erano abbracciati, sul loro letto, le urla dei due amici che
rimbombavano attraverso le pareti di legno.
-Draco,
voglio andarmene.- Draco affondò ancor di più il viso fra i suoi capelli
crespi. “Non sei l'unica, Mione”.
-E
dove vuoi andare?- Hermione, da petulante Grifoncina qual'era, sospirò, con la
sua saccente aria di chi spiega l'ovvio.
-Draco,
io non sono pronta per questo viaggio. Non voglio sparare, combattere,
uccidere...-
-E non lo
devi fare.- Draco alzò improvvisamente gli occhi su di lei, guardandola con una
tale intensità da costringerla quasi ad abbassare lo sguardo. -Non devi
uccidere. Difenditi e basta, spara per ferire. Non rischiare di lacerare la tua
anima, è troppo...- s'interruppe.
-Troppo?- Hermione non capì cosa lui volesse
dirle.
-Troppo
pura. Troppo pura, per rischiare di essere lacerata.- rispose semplicemente
lui. La sentì nascondersi sul suo torace, cercandolo.
“Diana, se me la fai ammazzare ti giuro che ti taglio la testa”, pensò.
Irrazionale: Diana non avrebbe fatto ammazzare una sua amica. Piuttosto, si
sarebbe messa in mezzo. Per qualche motivo, il pensiero non lo rallegrò
minimamente.
-Hermione...-
-Sì?-
-Ti
ricordi quando mi hai tirato un pugno?- Hermione rise. Una risata cristallina,
di una ragazza spaventata nel buio della notte. Quel suono riscaldò il freddo
cuore del Serpeverde.
-Ti
ho rotto il naso.- gli rammentò. -E tu ricordi quando mi hai fatto crescere i
denti, al quarto?- anche Draco rise, rassicurandola.
-Se
avessi immaginato che saresti stata mia...- mormorò, sprezzante come suo
solito.
-Il
bello del futuro è che non se ne ha coscienza. Arriva e basta, spesso in modo
totalmente diverso da come l'avevamo immaginato.- commentò lei, saggiamente.
-E
questa perla da dove arriva, Herm?- la canzonò, facendole il solletico.
-Ahi!
Dai, piantala!- protestò lei a bassa voce, cercando di sfuggire alla sua salda
presa, senza successo. Draco la trasse a sé: il suo corpo morbido era leggero,
per lui, e non faticò a trarla sopra di sé, guardando i suoi occhioni dorati
rilucere nel buio della notte.
-Ti
senti forte, eh, Granger?- le disse, quando lei diede segno di gradire quella
posizione.
-Ovviamente,
Malferret.- Hermione rise quando Draco la trasse a sé, baciandola.
Due
giovani che ridevano e si amavano nella notte, prima della partenza per un
viaggio ignoto. Eccco quello che erano, quello che erano diventati. Il Principe
delle Serpi e la Regina dei Grifoni. Uniti da qualcosa di più forte dei
pregiudizi, del sangue puro, dei colori delle loro amate casate. Di molto,
molto più forte.
Squallido.
Era l'unico aggettivo che Remus potesse trovare per quell'alberghetto
sgangherato in cui si erano fermati, al limitare del confine fra Nuovo Messico
e Colorado. L'indomani, dopo un mese di marcia per evitare i Mangiamorte
appostati lungo quasi tutto il confine, sarebbero finalmente usciti dal Limbo.
Avrebbe tirato un sospiro di sollievo quando finalmente avrebbe potuto
separarsi da Tonks: la ragazza non gli aveva praticamente rivolto la parola per
un mese, se non per qualche fredda, distante richiesta sulla strada che
dovevano percorrere. Per quanto Remus avrebbe
dovuto esserne contento, il suo comportamento gli faceva male. Non riusciva ad
impedirsi di guardarla, di pensarla in continuazione, di maledirsi per la sua
diversità che gli impediva di ricambiare il suo amore irruente. Perché era
così: Remus John Lupin si era innamorato di quella ragazza goffa e allegra,
nonostante avesse dieci anni in meno di lui, nonostante non avrebbero mai
potuto stare insieme...la amava. Ne era perfettamente conscio.
Il
problema era che anche Tonks lo sapeva.
Remus
sospirò e si voltò: in quel dannato buco avevano una sola camera libera, e si
erano ritrovati, come la prima notte nel Limbo, a condividere il letto. Tonks,
la gelida, determinata Tonks così simile alla sua cugina più giovane, in quelle
settimane, si era coricata dandogli la schiena.
Chissà
cosa avrebbe detto Sirius...
Gli
avrebbe tirato qualcosa. Poco ma sicuro. Gli avrebbe dato dell'idiota, perché
si stava lasciando sfuggire l'ennesima occasione per essere felice, come aveva
sempre fatto. Avrebbe consolato sua cugina, rassicurandola, perché avrebbe
sicuramente capito da quel bel pezzo che anche il licantropo era perso dietro
all'Auror dai capelli rosa cicca. Avrebbe cercato in tutti i modi di
convincerlo a dichiararsi, e forse ce l'avrebbe anche fatta. Perché Sirius era
stato la persona che lo conosceva più di chiunque altro al mondo, e avrebbe
saputo come fare.
Gli
mancava.
Suo
fratello, il suo amico, quella peste di cagnaccio pulcioso. Con la sua risata
simile ad un latrato e il suo sguardo caldo, velato dalla malinconia di uno
spirito libero rinchiuso in gabbia, le ali tarpate dalla guerra.
Ma
gli aveva lasciato due cose meravigliose. Una era sua figlia, che gli
somigliava più di quanto potesse immaginare, e l'altra sua cugina. Quella
cugina che lui non riusciva, per quanto ci provasse, a togliersi dalla testa.
-Tonks...-
la chiamò, mentre il sole fuori dalla finestra tramontava, colorando le assi
lignee di un arancio sanguigno.
-Sono
stanca, Remus.- rispose lei, fredda e distante come era stata negli ultimi
gioni.
-Tonks,
domani saremo fuori. Per favore, non fare così.- sospirò il licantropo, a
disagio.
-Sembra
che sia io, quella che sbaglia.-
-So
di essere io.- la ragazza si voltò, stupita dalla sua ammissione. Remus la
stava guardando, con quei dannatissimi occhi d'ambra che ben conosceva.
-E
allora rimedia.- gli disse, incerta anche lei delle sue parole. Lui rispose una
manciata di secondi più tardi, abbassando lo sguardo.
-Non
posso.- Tonks balzò a sedere, infuriata, decisa ormai a esplodere.
-Remus,
quante volte te lo devo dire!? Non mi importa che tu sia un licantropo! È una
notte al mese, non tutta la vita!- esclamò, rabbiosa.
-Non
potrei renderti felice.- Merlino, quanto si detestava Remus, per quelle parole
a cui non credeva nemmeno.
-Questo
lo credi tu! Sai cosa mi interessa se la gente ti crede un pericolo per me o
per chiunque altro? Se mi diranno “stai sprecando la tua vita” o che potrei
avere di meglio? Niente! Io non voglio nessun altro, perché so che tu saresti
l'unico a rendermi felice!- le parole di Tonks, dure e dette con orgoglio, lo
colpirono direttamente al cuore. Era cresciuta, quella ragazzina dai capelli
rosa che aveva conosciuto quasi due anni prima e che gli aveva quasi dato fuoco
al mantello. Pensarlo gli provocò un insaspettato senso di tenerezza.
-Tonks...-
cominciò, lentamente, cercando intanto di trovare le parole giuste.
-Non
c'è Tonks che tenga!- sbottò lei, il viso acceso dalla frustrazione e dalla
rabbia. -Remus, io...-
Non
poté finire la sua frase, perché sentì qualcosa premere sulle sue labbra a
forma di cuore. Solo l'istante dopo si rese conto che si trattava della bocca
di Remus.
Si
sentì arrossire violentemente, ma non si ritrasse. Dopotutto, era quello che
desiderava da tanto tempo...
Blaise
era sveglissimo, sdraiato su un fianco. Diana, accanto a lui, dormiva…o fingeva
bene. L’adrenalina che la loro discussione gli aveva causato ancora gli vagava
nel sangue, impedendogli di prendere sonno. Non la capiva, non la capiva più.
Era troppo lontana per essere ancora la sua Diana, era cambiata. L’attimo
prima, andava tutto bene, mentre quello dopo ecco che se ne andava di nuovo,
più lontana che mai. Perché si comportava così? Era l’unica domanda che
continuasse a porsi, l’unica a cui non avesse ancora trovato risposta.
Sentì improvvisamente il suo corpo caldo
accoccolarsi vicino a lui. Si girò, trovandola profondamente addormentata, il
viso sofferente, gli occhi stretti. Blaise già sapeva quanto nel sonno lei
fosse più libera, capace di dimostrare tutto quello che nascondeva da sveglia.
Ma ora, cosa celava dietro i suoi occhi?
L’abbracciò, stringendola finalmente fra le sue
braccia, dopo quelle settimane in cui gli era stata tenuta lontana. I capelli,
corti, andavano a stuzzicargli il viso, dispettosi, con il loro dolce profumo.
La pelle tiepida e liscia, per nulla sudata, come invece ci si aspetterebbe in
un luogo afoso come il Texas, scivolava via morbida sotto le sue dita, mentre
l’accarezzava dolcemente.
Cazzo, quanto gli era mancata.
Mentre la sentiva stringersi ancora di più a lui,
trovando il punto perfetto del suo torace per abbandonarvi il viso, Blaise
chiuse gli occhi e provò ad immaginare per un istante come sarebbe stata la sua
vita se non l’avesse mai conosciuta.
Orribile. Vuota, spenta, una vita malsana di chi
non sa vivere.
Doveva fidarsi di lei. Anche se non comprendeva i
motivi che la spingevano a volersi continuamente separare da lui. Al diavolo
tutti i suoi viaggi mentali, doveva fidarsi di Diana Black.
Proprio in quel momento, Diana aprì gli occhi. Li
alzò su di lui, incatenò lo sguardo al suo. Erano diventati indecifrabili,
quegli occhi argentati, che ora risplendevano come stelle nel buio della notte.
Ma era più bella che mai, e Blaise se ne rendeva
conto benissimo.
Non disse nulla né lui, né lei. Si guardarono per
un lungo istante, senza muoversi, respirando il respiro dell’altro.
“Perdonami, Blaise, se puoi.”
Avvicinò lentamente il viso al suo, senza nemmeno
chiudere le palpebre, per poter continuare a guardarla negli occhi.
E poi, Diana unì le loro bocche, affamate d’amore,
affamate dei loro sapori.
Le mani di Blaise scivolarono sui suoi fianchi,
sulla schiena liscia, vellutata, tiepida. Le sue dita agili ed esperte
raggiunsero il gancetto del reggiseno, lo slacciarono, glielo sfilarono. La
tenne fra le braccia, carezzandole lentamente i seni, tenendola accanto a sé,
persa in quel loro bacio profondo, passionale.
Diana si aggrappò alle sue spalle, affondò una
mano fra i capelli che ora erano più lunghi dei suoi, e mosse il corpo
leggermente, traendolo a sé. Blaise insinuò una gamba fra le sue, e si portò
sopra di lei, affondato fra le sue labbra e le mani perse sul suo corpo.
Le carezzò quelle labbra con la lingua, e pose
fine al loro bacio. Sollevò il viso dal suo collo e la osservò per un istante.
Diana aveva gli occhi chiusi, la bocca semiaperta, pronta ad accoglierlo di
nuovo.
-Diana…apri gli occhi.- le sussurrò. Lei lo fece,
aprì le palpebre su quelle due pozze d’argento e le fissò su di lui.
Blaise non li lasciò mai, mentre lentamente
entrava dentro di lei.
Un piccolo brivido, un sospiro a stento
trattenuto.
Si mosse piano nel suo corpo, nel suo bacino, la
guardò socchiudere gli occhi e abbandonarsi lentamente a lui. Seguiva i suoi
movimenti, assecondava le sue morbide spinte, si aggrappava alla sua schiena e
lo stringeva a sé, le dita che graffiavano sempre più lievemente mentre le sue
paure si attenuavano.
E si amarono, come solo uomo e donna possono
amarsi, consci di quanto quel dolce dondolio, quel frenetico amore potesse
essere l’ultimo, strappandosi sospiri a vicenda, sospiri che rendevano
fragrante la notte texana. Amandosi con dolcezza, con l’esperienza che il loro
amore gli aveva dato, amandosi per tanto tempo, senza volersi fermare, perché
non desideravano altro che essere una cosa sola. Per sempre.
La paura un po’ attenuata, per quella notte, i
corpi ancora caldi e spossati d’amore, si addormentarono uno stretto all’altra,
lui supino, lei accoccolata accanto a lui, un braccio del suo uomo avvolto
intorno alla vita.
E non furono più soli, da quella notte.
§
Diana si destò alle prime luci dell’alba. Il suo
primo pensiero andò alla missione imminente, ai pericoli mortali che avrebbero
dovuto affrontare. Un qualcosa di duro e pesante sembrò depositarsi nella sua
anima, mentre si rendeva conto delle abbronzate, calde braccia fra cui si
trovava. Alzò lo sguardo verso di lui, trovandolo profondamente addormentato,
il viso sprofondato nel cuscino e fra i suoi capelli corti.
“Blaise…”
Si strinse ancora di più a lui, allontanando ogni
pensiero, ogni preoccupazione. Chiuse gli occhi e abbandonò il viso sul suo
torace, rannicchiata vicino a lui. Eppure, non riusciva a non pensare che
poteva essere l’ultima occasione per potergli stare vicina, per poterlo sentire
accanto a sé, per sentirgli dire che sarebbe andato tutto bene. Perché solo a
lui avrebbe creduto, in qualsiasi situazione.
A malincuore, scivolò via dal suo abbraccio e si
alzò. Si rinchiuse in bagno, si lavò, e si vestì. Prima di uscire, lanciò
un’occhiata allo specchio. Senza alcun motivo valido, perché sapeva cosa vi
avrebbe trovato.
Jeans lunghi fino alle ginocchia, sfilacciati e
consunti sui bordi, aderenti alle sue cosce formose ma scattanti, camicetta
verde, scozzese, attillata sui suoi fianchi morbidi e sulla pancia piatta, di
nuovo scolpita dagli allenamenti continui. Il viso levigato dalla sabbia del
deserto, segnato da graffi e tagli che era un po’ che non vedeva sul proprio volto.
Bruciature sulle braccia guizzanti di muscoli non troppo evidenti, stivali da
cavallerizza a completare il tutto. La pelle scottata dal sole, scurita di
almeno due toni, i capelli molto più corti, gli occhi che brillavano
innaturali, di determinazione, di sicumera…di paura.
Diana distolse lo sguardo, preoccupata nel vedere
di nuovo quell’impavida, dolce amazzone pronta per combattere.
Uscì silenziosamente dalla loro stanza, attraversò
il ranch e uscì sul porticato. Chiuse gli occhi un istante, assaporando la
fresca carezza di una brezza leggera che spirava sempre, all’alba. Il sole
stava nascendo, timido, dalla piatta linea dell’orizzonte, squarciando il buio
della notte con intensi raggi di luce rosata. La sabbia del deserto, intorno al
ranch, si alzava in buffi ed ipnotici mulinelli.
La parte ottimista di lei le diceva che non poteva
succedere nulla di brutto, in un posto così bello. Ma quella realista, quella
dominante, le fece notare quasi subito che vi è sempre quiete, prima della
tempesta.
Si sedette sui gradini, assumendo quasi
inconsciamente una posa arrogante, insolente, una gamba distesa e un’altra
piegata, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e lo sguardo perso nel cielo
limpido.
Avvertì, più che vederlo, Blaise. Ne riconobbe il
profumo, il rumore dei passi.
Si sedette accanto a lei, senza dire nulla, il
torace scoperto illuminato dal sole, gli inequivocabili segni degli allenamenti
che spiccavano sulla sua carnagione bronzea. Bello. Bellissimo.
-Ora me lo spieghi, perché ci hai divisi così?- le
chiese, dopo un po’. Diana sospirò: cosa le costava dirglielo? Avrebbe capito.
Perché si rendeva conto di quanto lui fosse intelligente solo quando era troppo
tardi?
-Lea e Draco vorranno tornare da Ron e da
Hermione, e viceversa. Ce la metteranno tutta per non farsi ammazzare, e
daranno il meglio di sé stessi. Ginny l’ho presa con me più che altro perché
non voglio lasciare troppa gente in balia di Kelly: è brava, è la migliore, ma
non mi fido di lei. Perché ho messo te, Draco, Lea e Alex con lei, altrimenti?
Perché siete gli unici che se la sanno cavare. Soprattutto il pivello…sarà i
miei occhi, le mie orecchie e, nel caso, le mie armi. E Harry…beh, Harry l’ho
preso con me perché sono la migliore, e non posso permettermi di far ammazzare
il Prescelto.- spiegò. Glissò ovviamente sull’aspetto più importante, sul vero
motivo che l’aveva spinta a formare le squadre a quel modo.
-E io?- Blaise già lo sapeva. Lo intuiva. Ma
voleva sentirlo da lei.
-Sai perché sono la migliore?- gli chiese, dopo un
silenzio interminabile. -Mi sono sempre buttata a capofitto nelle battaglie,
con baldanza, con desiderio. Amo combattere, non è un mistero. Ma l’ho sempre
fatto per qualcosa a cui tenevo. Ora non avrei avuto nessuno da cui tornare,
nessuno per cui valesse combattere. E poi…- si interruppe un istante, gli occhi
fissi sull’orizzonte, a est, dove il sole minacciava di ardere da un momento
all’altro. -…voglio evitare sacrifici inutili. Sia da parte mia, che da parte
tua.-
Blaise era allibito. Ora capiva cosa intendeva Lea
quando diceva che Diana aveva una mente militare. Con la massima freddezza, il
capitano Auror aveva analizzato ogni loro punto debole e di forza, aveva
manipolato i loro sentimenti per porli in condizione di dare il massimo, e li
aveva divisi. E non aveva risparmiato neppure sé stessa.
E poi…“sacrifici inutili”. Quelle parole gli
suggerirono qualcosa.
Diana non voleva che morisse a causa sua. Per
l’ennesima volta, voleva proteggerlo: lo conosceva fin troppo bene, sapeva che,
se lei si fosse trovata in pericolo, lui si sarebbe sicuramente fatto ammazzare
per aiutarla. Aveva già sofferto quel dolore, dopotutto.
-Non mi pare che Dan abbia fatto un sacrificio
inutile.- le disse, cauto. Funzionò: gli occhi di Diana, sorpresi, saettarono
verso di lui. L’aveva presa sottogamba, menzionando Dan.
-Di questo non sono tanto sicura. Fino a poco
prima di conoscere te, avrei detto che avrei preferito morire, piuttosto che
farmi difendere in quel modo.- rispose, dopo un po’.
-Oh, lo so. Ti conosco anche io, cosa credi? Tu
non hai solo paura di quello che potrei fare io. Tu vuoi evitare di ammazzarti,
e, indovina un po’? Neanche per te stessa. No, tu vuoi evitare di far soffrire
me. Vivi in funzione del dolore degli altri, Diana?- le chiese.
Quelle parole lasciarono Diana, per la prima volta
nella sua vita, senza parole.
Era così evidente? Era così grande la sua paura,
il suo terrore di fargli passare quel dolore che lei già conosceva? Perché
continuava ad aggrapparsi a quel motivo?
-Forse.- rispose, poco convinta.
-Diana…- cominciò lui. Ma la ragazza si era
spazientita.
-Non è solo questo, Blaise. Cazzo, non lo vuoi
capire? Io ho bisogno di te, e ho bisogno di saperti dove ci sarà meno
pericolo, non posso pensare di metterti nei guai solo con la mia vicinanza!-
sbottò, improvvisamente arrabbiata, la voce rotta. -Sono io quella che
Voldemort vuole morta, anche più di Harry. L’ha confermato anche Dolohov.
Finché non finirà, e in qualche modo finirà, io sarò un bersaglio. Già hai i
tuoi problemi con i Mangiamorte, vuoi aggiungerci anche i miei?- gli chiese,
sarcastica. Blaise l’ascoltò, senza dire nulla. Capiva finalmente cosa
spingesse Diana a comportarsi come si comportava. La zittì con uno sguardo, le
lasciò posare la testa sulla sua spalla, e le cinse forte la vita, posando il viso
fra i suoi capelli. “Ho bisogno di te”, aveva detto. E non era l’unica.
-A me non importa, quante volte te lo devi dire?
Diana, non sei l’unica ad avere qualcosa da perdere. Lo so che per te è
diverso, che sei tutto quello che sei, ma non puoi farti del male così.- le
disse, carezzandole i capelli.
-Non m’importa.-
-Importa a me.- la corresse. Diana cercò le sue
dita, e le strinse forte. Per lunghi istanti, rimasero ancora in silenzio.
-Perché soffrivi, l’altro giorno?-
-Quando?- gli chiese lei, senza capire.
-Quando è venuta giù quella tempesta.- rispose
lui.
-Ah…si è vista anche qui.- commentò lei, con voce
assente.
-Sì.- Diana sospirò, affondò il viso nel calore
rassicurante del suo collo. Si spostò, si sedette sul gradino sotto quello di
lui, fra le sue gambe, lasciandosi abbracciare.
-Sono stanca, Blaise. Combatto da quando sono
nata…non ne posso più. Voglio solo andare via, lontano da qui, lontano da
tutto.- mormorò, gli occhi chiusi, la testa appoggiata al suo torace.
-Andiamo.- i suoi occhi si spalancarono, per
ritrovarsi in quelli calmi di lui.
-Cosa?-
-Basta che tu me lo dica, e io ti porto via di
qui.- le spiegò lui, tranquillamente. Diceva sul serio. Merlino, diceva sul
serio! Bastava una parola…una sola parola…e se ne sarebbero andati. Via. Lontano
da quella guerra, solo loro due, insieme, soli, felici.
-Non tentarmi, Blaise.-
-Non sto scherzando, Di. Prendiamo due cavalli,
usciamo dal Limbo e ci Smaterializziamo. Andiamo in un posto sconosciuto,
magari una bella isola caraibica, e dimentichiamo tutto. Io e te.-
-Sai quanto questa proposta mi alletta, Blaise? Se
potessimo…- la sua voce si perse.
-E cosa ti ferma?- le chiese. Lei lo maledisse in
silenzio, perché sapeva cosa voleva che dicesse. Voleva che si ricordasse i
suoi doveri, e voleva che ci riuscisse da sola. “Serpe”, pensò.
-Non potrei andarmene lasciando qui tutti. Non
riuscirei a vivere, pensando che li abbiamo lasciati in mezzo alla guerra.-
Blaise rise, le diede un bacio sulla tempia e le carezzò i capelli cortissimi.
-Sai qual è il tuo problema, piccola? Hai il
complesso dell’eroe.- anche Diana sorrise, accettando per la prima volta
quell’assurdo nomignolo.
-Blaise…promettimelo.- mormorò, dopo un po’, i
raggi del sole che coloravano le loro pelli d’avorio e di bronzo.
-Cosa?- le chiese, tranquillamente.
-Che ce ne andremo sul serio, una volta finito
tutto.- Blaise sorrise, avvicinò le labbra al suo orecchio e le sussurrò:
-Te lo prometto. Ma sai che cosa vuol dire?- Diana
annuì.
-Sì. Dobbiamo uscirne vivi…tutti e due.- Blaise le
rivolse uno dei suoi meravigliosi sorrisi, trasse il suo viso a sé, e le diede
un bacio, lungo, profondo.
Non potevano certo sapere che la loro promessa non
si sarebbe mai avverata.
My
space:
Ok, D2OTTO mi vorrà uccidere, perché questa bestia di capitolo è lunga ben
ventitré pagine…O.O
Da
lunedì, purtroppo, inizio lo stage lavorativo, quindi non so quanto tempo avrò
per aggiornare…ma state tranquilli che finirò la fic, poco ma sicurom anche
perché molti pezzi dei chap successivi sono già stati scritti in un documento a
parte…quindi ce la farò benissimo.
Spero
che, per quanto lungo, questo chap vi sia piaciuto…ho sorriso quando Blaise ha
pensato “Oddio la Umbridge! Ah, no, è peggio…” quando Alex ha
tossicchiato…hehe, povero Blaisuccio nostro…in teoria, nel chap doveva starci
anche la partenza delle due squadre, ma poi ho pensato che l’OPAK avrebbe preso
seri provvedimenti, quindi ho evitato…;P nel prossimo chap, prima del chap vero
e proprio, ci sarà questo pezzo, intitolato “Partenza per Morris-West”. Ho già
sforato…sigh…
Beh,
dai, ecco qui le risposte alle recensioni:
D2OTTO:
Ale non uccidermi ti prego!! Dopotutto, è estate, si ha più tempo!! ;P Cmq, per
le immagini te lo spiego subito: devi usare frontpage e non word, fare
inserisci immagine da file e cliccare “annulla” sulla prima finestra (ne escono
due). Poi inserisci dove c'è scritto URL l'indirizzo web dell'immagine hostata
tipo con imageshack. È semplice, davvero. Cmq...quali sono le parole che non
hai capito? Urge un ripasso di spagnolo!! ;P
Shuyin:
gli elementali e la loro storia in questo chap sono un po' lasciati a parte, ma
nei prossimi due torneranno fuori. Per Harry e Alex...beh...Harry prende sotto
anche da Gin, poraccio ^.^ mentre Alex...vuole un bene dell'anima a quella
ragazza, si vede, ma il suo cuore appartiene a Melissa (i veri Alex e Melissa
mi uccideranno quando leggeranno O.O) Grazie dei complimenti!
Cherie:
miri io e te dobbiamo parlare...perché soffrirci dopo cinque mesi per la morte
di remus e tonks non è normale... (parla quella a cui si riempiono gli occhi di
lacrimoni al pensiero -.-)...io tifavo Blaise quando si picchiano!! Ovviamente!
;P com'è andata poi la fine della scuola?
pei_chan:
ma lasciamelo dire...dormi!! Invece di recensire! Lo fai il mattino dopo, che
ti costa? ;P Scherzi a parte, le tue rimangono sempre le rece più
lunghe...eheh...Blaise e Harry li teniamo ben divisi, poverino il Prescelto, fa
sempre delle figure...-.- se torni un chap indietro, vedrai alla fine la foto
dei capelli di Diana (l'ho inserita dopo)
Ilaria:
Ilaria calmati!!!! Sia con gli ormoni (se no rifacciamo quella famosa endovena
di kledi kadiu...ghaaaa sbaaaaav) sia con le manie pc-omicide!! Blaise qua fa
frullare letteralmente i nostri poveri ormoni...col fucile, col revolver, col
cappello...ommioddio mi sento male!!! ;P
Koki:
grazie mille! Per la grammatica...eh, sai, presi un insufficiente in prima
media...(orrore) decisi fra le lacrime che non sarebbe più successo, e da allora
fui la migliore!! ;P Eheh, dai, faccio un po' l'idiota...ossia come sempre...;P
Lisbeth:
ho pensato a te tutte le volte che Harry prende sotto...visto come sono brava?
;P
DileWeasley/Mione1194:
Harry e Blaise mi diverto troppo a farli menare, quindi non c'è verso che
facciano pace!! Muahahahahah...allora, contenta della tua scenetta? Se poi ti
viene la canzone dimmelo!!
Non ditemi che questo capitolo è bello, perché non ci crede nessuno
No ma vi rendete conto che compreso questo chap la storia
è di 223 pagine!?!?
Non ditemi
che questo capitolo è bello, perché non ci crede nessuno! Insomma, mi sa che mi
manca un po’ l’ispirazione…uff…ecco, ora vi chiederete perché il “My Space” è
stato spostato all’inizio…ehm…(a disagio) beh lo capirete leggendo! Qua ci sono
diversi cambi di POV, e come guest stars parlano in prima persona
nientepopodimenoché i nostri morettoni preferiti, alias Diana e Blaise!
Comunque,
verso la metà del capitolo, per esigenze di trama, il font è esclusivamente di
Diana in terza persona.
Diana durante
questo capitolo perde completamente il senso di quello che le succede. Si trova
sballottata in mezzo a cose che sul momento non riesce a comprendere, la guerra
che infuria senza più nessun freno, e l’unica cosa che può fare è seguire il
suo istinto, agire come lo richiede il momento, agire come il buon soldato che
è, secondo le situazioni, e rimandare le domande (e il dolore) a dopo.
Ecco…ragazzi…quando
avrete finito di leggere questa bestia immonda (sia per lunghezza, che per
contenuti) di capitolo, vorrete uccidermi. Lo so. Perché voglio uccidermi da
sola, fate un po’ voi… -.-“
Posso solo
dirvi che dovete ricordarvi che cos’è Diana, cosa è capace di fare e,
soprattutto, che vi ho giurato che ci sarà l’happy end
per tutti i
pairing. Anche se vi parrà impossibile, e,
fidatevi, vi parrà veramente impossibile.
Ecco, so che
non mi crederete, alla fine del chap. Ma è una promessa: abbiate fiducia in me.
E scusatemi,
ma è un periodo un po’ nero anche (ma non solo e non soprattutto) per me.
Ecco le
risposte alle recensioni:
DileWeasley:
ecco, la Dile è andata in crisi ormonale…se mi ritiri fuori Gollum ti
sparo…ehm, consiglio mio? Taaaaanti fazzoletti…
Ilaria:
tesoro come stai? Non ti sento da un po’ sono preoccupatissima!! Scusami in
anticipo per questo chap…non ti risolleverà il morale alla fine…ti voglio bene
stella!
D2OTTO:
ehm…Diana? Incinta? Ma che, sei fuori di zucca, eh!? Eh!?!?!? (vagamente
isterica)
semplicementeme:
ehm…(faccia da angioletto)…quello si saprà più avanti, se lo è o non lo è…non
ne sono ancora sicura! ;P Grazie per la recensione lunghissima, sono contenta
di sapere che la fic ti appassiona tanto!
pei_chan:
guarda no comment!! Quella non è una recensione è un papirooooo!!!! Comunque
saretta…stesso consiglio che ho dato a Diletta….fazzolettiiiiiiiiii!!!!!
Honey Evans:
devo chiederti un favorone!! Ti ricordi se la traduzione di “spirito” in
spagnolo è “spirto” o “espirto”? Ho questo dubbio amletico, ma mi serve per i
prossimi chaps!! Help this poor half-american writer, please!!! Gracias in
anticipo!!! Un beso chica! (e non rispondermi “pregos”, come fece una mia amica
a suo tempo, che fu rimandata in spagnolo ;P)
cherie: ecco
a te un chap veramente orribile, scritto con l’angoscia e la rabbia nel
cuore…contenta? ;P
Shuyin: qua
sei accontentato soprattutto tu, per gli Elementali e i poteri di Diana che si
sprigionano quasi del tutto, metamorfosandola…spero ti piacerà!!
koki:
consiglio anche per te: leggi quando sarà finita…perché secondo me ti viene un
coccolone!
Laura!!! Poi
sono io la brutta caccola!?!?!? Esigo che tu mi lasci almeno un commentino!!!!
Tanto lo so che sei registrata, ti ho vista!!! Farea!!!!!!! Se non lo fai, la calma sarà la cosa che perderò molto alla svelta!!
E, un’ultima
cosa: questi sono Diablo e Fuego. Cavalli reali, tranne che per un piccolo
particolare…secondo voi, qual è? ;P
questo è il simbolo dell
questo è il simbolo dell'Oreana...scusate il disegno pessimo ma non ero in
vena...
Fuego...
e infine Diablo...
Blaise le
rivolse uno dei suoi meravigliosi sorrisi, trasse il suo viso a sé, e le diede
un bacio, lungo, profondo.
Non
potevano certo sapere che la loro promessa non si sarebbe mai avverata.
Partenza
per Morris-West
Rimasero uniti per tanto, tanto tempo, il
sentimento che li investiva a morbide ondate di tranquillità, lo spazio
dissolto, solo loro in quell'attimo che ad entrambi parve eterno.
Fu Diana, avvertendo dei rumori provenire dai
piani superiori, a separarsi a malincuore da lui. Si alzò in piedi, indossando
nuovamente, con quel movimento, la sua maschera impenetrabile. Il sole arse in
quel momento all'orizzonte, infuocando ogni cosa, la sabbia, il cielo, le
pareti del ranch.
Diana si voltò verso Blaise, e lui, per la prima
volta nella sua vita, vide il vero terrore nei suoi occhi.
-Ci siamo. È ora.- disse.
Mezz'ora. Ci aveva messo solo mezz'ora, a
radunarli di fronte al ranch. Diana lanciò uno sguardo alla sua “squadra”:
Harry e Ginny, che non si rivolgevano la parola, stavano chiacchierando con
Draco, che aveva un'Hermione silenziosa e tesa al fianco. Melissa era accanto
ad Alex, non parlavano, ma i loro sguardi erano l'addio più doloroso che
potessero darsi. Blaise era poco dietro di lei, appoggiato con fare incurante
al corral, il cappello calato sul volto per proteggersi dal sole...oppure per
non mostrare la sua inquietudine crescente. Diana lo guardò a lungo, in
tralice, preoccupata di quanto ci avrebbe messo per tornare da lui.
Mancavano solo...
La porta del ranch si aprì silenziosamente, ma
Diana conosceva ogni centimetro di quella casa, e ne avvertì il lieve cigolio.
Si voltò, e un ghigno si dipinse all'istante sul suo viso.
Sul viso di Lea, un sorriso che ben conosceva. Un
sorriso che non si era mai mostrato sul suo visetto di leoncina. Un sorriso
che, lo sapeva, solo Ron poteva averle strappato.
Le si avvicinò, ma quando le fu accanto Lea le
sibilò, rossissima in viso:
-Fottiti a prescindere, Black- Diana ghignò. Era
la conferma che cercava.
-Seguo il tuo esempio, allora.- rispose, facendo
in modo che solo lei e Ron la sentissero. I due la guardarono con occhi
allibiti e imbarazzati, ma lei si era già allontanata verso le scuderie,
dirette a sellare i cavalli per la sua squadra.
“Sarà meglio per Ron che sia andato tutto
bene...hihi, se lo dico ad Alex mi sa che lo uccide di getto...” pensò,
aggrappandosi al proprio sarcasmo, alla propria ironia, per non sprofondare
nella preoccupazione in attesa, appostata nell'ombra del suo cuore. Entrò nelle
ampie scuderie in penombra, e non fu sorpresa di trovarvi Kelly, intenta a
svolgere il suo stesso compito.
-Kelly...-
-Diana.- si salutarono, gelide. Senza aggiungere
altro, la meticcia si avvicinò allo scaffale delle selle e cominciò a preparare
il baio che aveva eletto Hermione come sua proprietaria. Per un po', lavorarono
in silenzio, ignorandosi. -Mi sorprende che tu abbia messo il moro con me.-
disse Kelly, all'improvviso. Diana si rizzò in piedi, improvvisamente dura.
Lasciò a metà la sellatura, e si avvicinò alla messicana.
-Ascoltami bene.- le disse, la voce tagliente come
un coltello. Kelly ricambiò il suo sguardo, indifferente. Attenta, ma
indifferente alla sua arroganza.
-Hai la mia attenzione.- disse. Diana la soppesò,
attenta.
-Ti ho affidato il mio uomo, il mio pivello, mio
cugino e la mia migliore amica. Falli ammazzare, e ti giuro che sarà la tua
gola che avrò fra le mani.-
Una minaccia fredda, chiara, pulita.
-Non credo sopravvivresti, nel caso.- commentò
Kelly, per nulla impressionata.
-Non vorrei dimostrarti il contrario.- replicò
Diana, dura. Sarebbe stata pronta ad annullare tutto il loro piano, se non
fosse stata convinta della, se non lealtà, almeno correttezza di Kelly.
Dopotutto, la conosceva da anni...non poteva pensare di saperla una traditrice.
Non c'era nessun motivo per crederlo, comunque: aveva pur sempre combattuto
dalla parte giusta. L'aveva vista con i propri occhi.
-Non te ne darò l'occasione.- Diana annuì,
accettando le sue parole, si voltò e tornò alla sellatura, senza più dire
nulla, impegnata in un fitto dialogo mentale con Alex Bonn.
-Ecco.- Diana consegnò ai cinque ragazzi della sua
squadra le redini dei cavalli. Ci pensò Melissa a distribuirli. Le due Auror
celarono un ghigno quando Ron montò a cavallo, mentre Diana si perse un istante
nel rimirarsi Blaise, che sembrava aver superato la sua diffidenza verso quegli
animali, ed era montato in sella con fluida eleganza, senza nemmeno scomporsi
il cappello. Scosse la testa, domando i suoi istinti primordiali che le
suggerivano di prendersi almeno una decina di minuti per far vedere a quel
cowboy improvvisato quanto potessero essere peperine, le texane.
No, Diana. Meglio di no. Dopotutto, aveva una
missione da compiere. Non poteva distrarsi.
Gli inglesi guardarono lei e Kelly, una volta
montati a cavallo. Nessuna delle due aveva preso un cavallo per sé. Gli
americani, invece, ghignarono.
Le due si allontanarono di una ventina di passi dai
due gruppi, fianco a fianco, qualche metro di sabbia a separarle. Alzarono gli
sguardi al cielo, fissando due puntolini lontani nel cielo con un sorriso
identico sul viso.
-DIABLO!- gridò Diana all'improvviso, la voce
amplificata dal Vento chiamato a sé per l'occasione, e nel suo richiamo l'eco
di un “Fuego” chiamato da Kelly.
I due puntolini si avvicinarono, e Blaise riuscì a
vederli meglio. Sembravano uccelli...per le ali. E lì finiva la somiglianza con
dei pennuti.
Muscoli guizzanti, potenti, in quattro zampe
possenti e impressionanti che cavalcavano lentamente nell'aria, come se
corressero. Ali immense si aprivano nel cielo. Zoccoli lucidi, le dimensioni
almeno raddoppiate rispetto ad un cavallo normale, le code che sferzavano
l'aria, due enormi cavalli alati piombarono a velocità impressionante verso di
loro, atterrando a pochi metri dalle rispettive padrone. Fuego era bianco,
bianco come la neve, la criniera e la coda fatte di filamenti d'argento, le ali
ricoperte di candide, abbacinanti piume soffici.
Diablo, invece, teneva fede al suo nome. Nero come
l'universo più profondo, il pelo lucido che sembrava risplendere sotto il sole
nato da poco, la criniera rossa, rossa come il fuoco che ardeva nel cuore di
Diana, le ali fatte di pura fiamma, ad un primo sguardo, prima di accorgersi
delle penne e delle piume del colore del sangue.
Gli occhi grigi, familiari, sorprendentemente
familiari, si spostarono su Diana. E istintivamente lo stallone s'impennò di
gioia, agitando le ali, alzando mulinelli di sabbia, rischiando di calpestarla
quando gli si avvicinò, sorridente.
-Todo bien, amigo, todo bien. Estoy a qui, a ora.-
lo calmò, parlandogli in spagnolo, sapendo che poteva comprenderla. Diablo si
chetò, ma trotterellò veloce verso di lei, dandole delle musate di felicità,
chiedendo coccole che lei, intenerita, non riuscì a negargli.
-E quei cosi,
cosa sarebbero!?- sbottò Ron, letteralmente atterrito da quelle due bestie
enormi, che quasi erano il doppio dei loro. Persino Draco era rimasto basito
nel vedere quelle due magnifiche creature stagliarsi sul cielo azzurro.
-Questi cosi,
Ron, sono dei cavalli.- rispose Diana, soddisfatta, mentre Diablo si
lasciava coccolare come un grosso gatto.
-Io lo conosco.- commentò Blaise, attirandosi
addosso gli sguardi di tutti, nessuno escluso.
-E dove l'avresti conosciuto? Da Madama
Piediburro?- gli chiese Draco, suscitando un sorriso divertito in tutte le
donne presenti, persino in Kelly.
-Fottiti, Dray.- lo liquidò Blaise, prima di
rivolgersi alla sua compagna. -Era a lui che pensavi sulla Torre, vero?- le
chiese. Diana annuì.
-Esattamente.- il ricordo di quegli istanti sulla
Torre di Astronomia, un secolo prima, un'eternità prima, fecero arrossire
entrambi.
Ma durò solo un istante.
-Andiamo.- annunciò Diana, sospirando, balzando in
groppa a Diablo con una fluidità e un'eleganza quasi innaturali. Diablo agitò
le ali, impaziente di tornare a volare. La sua proprietaria sorrise: anche lei
bramava di rialzarsi nel cielo assieme a lui. Di sentire l'aria e il vento
scuoterla fin nel profondo, di avvicinarsi all'azzurro della volta celeste, di
sentirsi, finalmente, libera. -Pronti?- chiese, distogliendo la mente da quei
pensieri. “Ancora poco. Pochi attimi.” si disse, cercando di mantenere il
controllo sul suo stesso desiderio, oltre che su Diablo.
-Ci segui dall'alto?- le chiese Harry, che fissava
Diablo con gli occhi ridotti ormai a due palline da tennis.
-Ovviamente. Y a ora, mi hermano...- sussurrò,
chinandosi verso il muso del cavallo e affondando le mani nella criniera
rossastra, lunga e lucida. -...VAMONOS!-
Diablo esplose. Corse, una corsa gioiosa,
eccitante, le zampe enormi che falcavano il deserto sollevando spruzzi di
sabbia. Diana sorrise, e chiuse gli occhi, assaporando il vento fischiarle
intorno, presa dalla meraviglia selvaggia di quella corsa.
Diablo raccolse le zampe e balzò nell'aria, e gli
zoccoli non toccarono più la sabbia.
Le ali rosse si spalancarono, catturando ogni
refolo d'aria, e con pochi possenti battiti sollevarono cavallo e ragazza nel
cielo azzurro.
Stai volando.
Finalmente, stai di nuovo volando.
Non ci
sono problemi, non ci sono paure con te...pace e frenesia, esaltazione!
L'aria
intorno a te, il fuoco che arde nel tuo petto e nel tuo cuore, un bagno di luce
nel sole non più così lontano...libera. Sei libera.
“Ok,
Diana. Ora calmati, su. Sei in missione”.
Con dei lievi movimenti di ginocchia, Diana
suggerì a Diablo di abbassarsi leggermente. Amava quel cavallo, era sempre
stato il suo fedele compagno di avventure e di guai. Riusciva a governarne il
volo e la corsa senza quasi muoversi, tanta era la loro intesa.
Scese, rimanendo sospeso sopra la squadra di
Diana. Kelly era cento metri più in là, in groppa a Fuego. La giovane Black
distolse lo sguardo, ricordando con una fitta di nostalgia Scott, in groppa a quello
stesso cavallo, con Kelly abbracciata a lui.
-Tre giorni. Ci vorranno tre giorni per arrivare
in Arizona, se ci fermeremo solo per far riposare gli animali. Voi, invece...-
Diana si voltò verso l'altra squadra. -Domani sera dovreste essere già arrivati.
Proseguirete in rettilineo, ci metterete pochissimo.-
-Scusa, eh, ma se Remus e Tonks ci hanno messo un
mese per arrivare ai confini del Nuovo Messico...-obiettò Hermione. Diana
ghignò.
-Sì, ma gli ho fatto fare un percorso a dir poco
impervio. Hanno fatto avanti e indietro per due buone settimane.-
-Carogna...- mormorò Blaise con un sorriso, senza
perderla di vista un istante. Era semplicemente stupenda, lassù, una dea, la
sua dea, quella dolce amazzone a cavallo di un inferno, i capelli scompigliati
dal vento, gli occhi velati da un paio di occhiali a mascherina che Blaise ben
conosceva (dopotutto, glieli aveva riparati lui stesso, dopo averli distrutti),
senza la sella, perché non ne aveva il minimo bisogno.
-Non fate gli eroi.- Diana s'interruppe per un
istante, e i suoi occhi indugiarono inequivocabilmente su Blaise. -...quello è
compito nostro.- e indicò i tre Auror, a terra, senza lasciarlo con lo sguardo.
“Stai attento”.
“Lo sono sempre”.
“Ma fammi il piacere...”
-Andiamo!- gridò, e sotto di lei vide la sua
squadra, capitanata da Melissa, partire al galoppo. Il grido furibondo di Ron
la raggiunse fin lassù:
-Detesto queste bestiacce!-
Le risate di Diana colorarono l'aria per qualche
evanescente istante.
Si lasciarono alle spalle il ranch, Kelly, tutti i
dolci ricordi amari a loro legati. Si lasciarono alle spalle Lea e Alex, suo
cuore e suoi occhi. Si lasciarono alle spalle l'unico legame di sangue che le
rimaneva.
Si lasciarono alle spalle Blaise, baluardo d'amore
e di speranza.
Il Tradimento di Kelly
[First
day, Diana Black's POV]
È tutto calmo. Tutto troppo calmo per essere
naturale.
Andiamo, conosco questa terra come le mie tasche.
È praticamente impossibile che in quattro ore di marcia nel deserto non si sia
fatto vedere nemmeno uno straccio Mangiamorte! Nemmeno uno piccino
piccino...solo coyotes. Mi prudono le mani, ho bisogno di picchiare qualcuno. È
questo il brutto della mia terra: quando fai un viaggio, vai giù di testa e
cominci quasi a cercarli, i guai, pur di spezzare questa afosa routine, questo
sole battente sulle tese larghe degli Stetson, l'unico rumore quello degli
zoccoli dei cavalli che affondano, annaspano nella sabbia...
Controllo le mie armi. Mi tranquillizza ripassare
il mio arsenale, purché io stessa sia un'arma: due Colt, cariche, la navaja ben
affilata, il Winchester dodici-colpi al sicuro nella sua custodia sulla
schiena. E, per buona misura, appeso al fianco di Diablo, un arco e sei frecce.
Lancio un'occhiata a Melissa: l'ex pivella di
Kelly mi osserva, mi rivolge un occhiolino malizioso. È inutile, adoro questa
donna. Con un solo sguardo riesce a cogliere qualsiasi cosa gli altri pensino.
Fa fatica solo con me, ma, dopotutto, io ho passato anni a perfezionare le mie
barriere.
Harry è davanti, accanto a lei. Poveraccio, soffre
del complesso dell'eroe abbattuto. Non ce l'ho nemmeno più di tanto con lui,
ora come ora. La sua strada crudele è già stata segnata. Come la mia. Posso
contare sulla sua presenza in battaglia, comunque, e sulla sua lealtà. Certo,
farlo arrabbiare con la complicità di Blaise è troppo spassoso, però gli voglio
ancora bene, alla fin fine.
Ed ecco Ron. Cazzo, questo si è portato a letto
Lea! Me ne rendo conto bene solo ora: Lea ha scopato. Per la miseria, Lea ha
fatto sesso! (Vogliamo sottolineare meglio il concetto già ampiamente
idealizzato? Tre parole: LEA – SESSO – RON!!!) Mi viene da ridere al solo
pensiero! Insomma, proprio lei, così pudica, così innocente...hihi...mica tanto
innocente ora, la mia buona vecchia Artesia. Eh, speriamo che abbiano preso le
dovute precauzioni...non ho intenzione di diventare zia, al momento. Non mi
pare la situazione appropriata. Cazzo, sembro una deficiente, sospesa nell’aria
a sghignazzare come una deficiente.
Ginny. Cosa cazzo è successo a Ginny? Miseria,
fosse un pelino più incazzata e le uscirebbe il fumo dalle orecchie! Harry le
lancia occhiate in tralice, piene di dispiacere: ecco, lo sapevo, il Prescelto
l'ha fatta arrabbiare. Harry sei uno sfigato! Far arrabbiare Ginevra Molly
Weasley può essere molto pericoloso...quella
ti salta sul letto fino a sfondartelo. Eh, quanto mi mancano i suoi
arrivi...cazzo, a Hogwarts ho passato dei mesi meravigliosi. Speravo che
potessero durare, non volevo mettermi di nuovo in mezzo a questa guerra...ma,
come dice uno dei miei detti babbani preferiti: ora siamo in ballo, quindi balliamo.
E Hermione...lei sì che è stata una sorpresa.
Detesta combattere, detesta questo luogo, non è difficile da capire. Però è
brava, accidenti se è brava! Spara quasi come me, ed è un grosso complimento detto
dall'orgogliosa per eccellenza nelle sue doti balistiche! Se c'è una cosa buona
che ha portato questo trasferimento, è stata la rivelazione della sua storia
con Dray. Passi l'infarto di Ron, c'era da aspettarselo da uno che detesta
Draco con tutto se stesso, ma l'hanno presa bene tutti. Anche Harry, ed è la
cosa che mi scoccia di più. Ce l'ha solo con Blaise, quel fottuto Prescelto!?
I miei occhi dardeggiano sul deserto sotto di me.
Mi piace avere questa visione d'insieme, dall'alto. Questa distesa di sabbia
dorata, che si fonde all'orizzonte con la volta del cielo, un magnifico
contrasto fra l'oro e il celeste. Qualche roccia sparsa, qualche cactus bello e
letale, i fiori sanguigni che occhieggiano verso di me. Carezzo inconsciamente
la criniera rossa del mio cavallo, mentre osservo con occhio militare il
territorio. Devo prestare attenzione, ora: è pieno di dune. Un luogo ideale per
nascondersi e attaccare. Lo so per esperienza...quando nelle missioni capitava
di dover pianificare un assalto, ero io la stratega. E raramente ho fallito.
Anzi, diciamo pure mai.
-Diablo, scendiamo.- mormoro. Mi basta questo, per
farmi capire dal mio adorato cavallo. Fra noi c'è una affinità tale che spesso
mi sorprendo di riuscire quasi a parlargli. E spesso ottengo delle risposte
alquanto singolari.
Diablo scende in picchiata. YY-HAAA!!
Meraviglioso!!
Ecco il mio spirito texano che si
risveglia...YUPPIEEE!! Andale, amigo, andale!!
Rasentiamo il deserto, sfiorando appena con gli
zoccoli la sabbia, e poi ci rialziamo, io che rido, non posso farne a meno,
solo per un istante. Poi torno la Diana di sempre.
Se penso a quanto Blaise detesta questi miei
sbalzi d'umore...
E, prevedibile, la malinconia mi assale
nuovamente, repentina.
Blaise.
Dimmi che sei al sicuro. Non posso non pensarti
nei guai, ma sorrido cercando di convincermi che te la sai cavare. Devo
aggrapparmi a questo, perché il solo pensiero di perderti mi manda i neuroni a
puttane e mi fa venir voglia di prendere a pugni qualcuno. Tanto per non
mandarcele a dire...ma io sono schietta di natura. Lo sai.
Mi strappo a forza dai miei pensieri e dirigo
Diablo verso Melissa.
-Attenti, adesso. È un brutto passaggio.- li
avverto. Melissa estrae una delle pistole, per precauzione, e gli altri la
imitano. Volo sopra il Trio delle Meraviglie e Ginny. Ecco, un altro motivo per
cui li ho voluti insieme, è che quei quattro insieme fanno scintille. E ho
bisogno di saperli uniti.
Noto che Ron e Harry si sono inconsciamente messi
a protezione delle ragazze...bueno. L'addestramento è servito a qualcosa,
dopotutto.
-Diablo, alziamoci! Ora!- esclamo, e intanto Evoco
intorno a me la potenza cristallina dell'Aria. Mi rende invisibile ad un solo
cenno. Ormai sono diventata davvero invincibile: volendo, potrei distruggere il
Limbo. Come ha detto il mio personalissimo vecchio pazzoide, se unissi le mie
energie a quelle degli Elementi, la forza sarebbe inaudita. Devo ricordarmelo,
questo, perché potrebbe tornarmi utile.
Ah, Diana, sempre ottimista...
Ghigno improvvisamente.
Eccoli là. Tre Mangiamorte, appostati dietro le
dune, i fucili puntati contro la mia squadra in avvicinamento.
Il mio ghigno si trasforma in una vera e propria
smorfia malefica, e decisamente sadica.
Questi me li cucino come mi pare. Ho voglia di
divertirmi.
Prima di piombargli addosso, salgo ancora di più e
controllo che non ce ne siano altri. No, nessuno nel raggio di almeno tre
chilometri. Bueno, posso farmi un giro con quei tre.
-Diablo, piombagli addosso.- dico. Ahimé, parlo in
inglese, e non mi capisce. Traduco in spagnolo e lui obbedisce. Mi sa che devo
insegnargli le lingue...altrimenti non potrà mai fare carriera nel marketing
internazionale!!
Sìììì!! Avete capito bene!! Sono pazza da legare!!
Silenziosa come un rapace piombo accanto a loro.
Diablo plana, e io balzo giù, atterrando sui piedi, un ginocchio affondato
nella sabbia, il coltello già nelle mani e il sole che riflette per un istante
i suoi raggi sulle lenti degli occhiali.
Escludo ogni sensazione. Ormai so come fare, è
diventato quasi un'abitudine. Ho-take-nah e Torishah hanno fatto un buon
lavoro, con me.
Lascio cadere la mia invisibilità non appena mi
alzo in piedi. I tre mi danno la schiena, stanno borbottando qualcosa in
messicano. Bueno, sono nostrani. Meglio.
-E-ehm.- mi schiarisco la voce. I tre irrigidiscono
e si voltano lentamente. Vi sto aspettando, belli, qui, in piedi stagliata
contro al cielo azzurro, il cappello che vela il mio viso. Mi sfilo lentamente
gli occhiali e li faccio Svanire nell'aria. Guai se si rompessero, già una
volta l'ha fatto Blaise, e mi è bastata.
Alzo lo sguardo. Li conosco, tutti e tre. Sono dei
bandoleros da due soldi che non fanno altro che carne da macello, per dare ai veri Mangiamorte lo spazio per
attaccare.
-Black.- ringhia uno di loro.
-Esattamente.- rispondo io, con un sorrisone. Noto
che si ritraggono. Eppure, io sono tanto buona e cara! Guarda, sorrido pure!
Ok, ora però mi sono rotta di questa situazione di
stallo. Devo scaricare i nervi.
E...velocissima mi avvento su di loro. Non mi
vedono, nessuno ci riesce.
Atterro il primo con un pugno a livello della
trachea...gli ho mozzato il respiro. Il secondo prova ad afferrarmi la gola,
roteo su me stessa e gli arrivo con un calcio sul fianco che lo fa gemere. C'ha
provato, dai, siamo clementi...il terzo è più svelto, prende una pistola e
abbassa il grilletto.
Ok, svelto sì, ma non esageriamo...
La pistola vola via dopo un calcio ben assestato,
che precede un arrivo non molto piacevole sotto l'equatore maschile. Mi volto,
torno ad occuparmi con la massima calma degli altri due.
In pochi minuti, sono tutti a terra, privi di
sensi, e io mi sento parecchio più tranquilla.
Ah, le gioie di essere me...
Diablo vola accanto a me, non atterra nemmeno.
Tesoro mio, sa quanto mi diverto in queste imprese da ginnasta quale non sono...balzo in groppa al volo,
appena in tempo per sentire degli spari.
Merda!
-Alzati Diablo! Torniamo dagli altri!- grido. Lo
strappo delle ali è spaventoso, mi strappa un urlo di sorpresa. In pochi
attimi, le ali frenetiche, ci alziamo in volo. Eccolì là...nei guai: ovviamente!
Non posso lasciarli soli nemmeno un minuto!!
Dieci contro quattro: è impari come lotta. E
questi sono dieci esperti, altro che quei tre pivelli.
E che cazzo!! Sempre a me andarli a salvare!
-Vola, amigo, dai che gli facciamo un'entrata
indimenticabile!- incito Diablo.
Secondo me questo cavallo ha qualche problema di
testa...non è normale che parta a questo modo!! Io mi ammazzo!!
Diablo piomba come l'inferno che è in mezzo agli
spari. Estraggo le pistole: ora si gioca pesante. Sparo a due mani, ne atterro
due, Diablo attacca come un indemoniato uno che gli sta antipatico. Armata,
balzo giù e sparo. Sparo e sparo.
E uccido, facendolo.
Evito che i miei inglesi diventino assassini. Non
potrei sopportarlo. Già non sono riuscita ad evitarlo a Blaise...
Non distrarti, cretina!
Un proiettile mi sfiora la spalla. Dannazione!
Roteo su me stessa, alzo la mano destra e sparo.
-Così impari, figlio di puttana! Non si spara alle
donne!- faccio. Era l'ultimo. Mi fermo. Ancora una volta, un massacro orrendo.
Sento qualcosa rivoltarsi dentro di me: è quella cosa assurda chiamata
coscienza...
Cazzo!!
Basta! Non voglio più uccidere...togliere delle
vite...vedere il sangue defluire dagli occhi e dalle ferite che infierisco...
L'unica cosa che vorrei è rifugiarmi fra le
braccia dell'uomo che amo, in questo momento. Ma lui è lontano...e l'ho voluto
io.
Maledetta guerra.
-Diana...come fai?- la domanda di Harry mi coglie
impreparata. È quasi notte. Il piccolo scontro di stamani è stato l'unico,
sporadico tentativo di fermarci. Ci siamo fermati, per una mezz'oretta, per far
riposare i cavalli. I miei pensieri, fino a pochi attimi fa, erano fissi
sull'inquietudine crescente che ho dentro. Perché non si sono ancora mossi, i
Mangiamorte? E non ditemi che erano tutti lì, perché non ci credo! Che si
stiano limitando a seguirci, per poi attaccare in massa la scuola? Non posso
permetterlo. Andrò a cercarli, l'indomani. Di notte è un suicidio.
-A fare cosa, Harry?- gli chiedo. Sono stanca.
Esausta. E tesa.
-A uccidere. Io non so se ci riuscirei...di
solito, sparo per ferire.- lo guardo. Seduto accanto ad una Ginny letteralmente
crollata dal sonno, mentre Ron e Hermione riposano poco più in là, e Melissa fa
come i gatti, dorme con un occhio solo.
Harry...dopo tutto quello che hai passato, riesci
a mantenerti puro di cuore? Mi leverei il cappello davanti a te...io mi sento
così sporca...sporca di sangue, sporca di paura e terrore che non so se
riuscirò a cancellare, se e quando uscirò da questa guerra...
-Forza dell'abitudine. E un ottimo controllo
dell'orrore.-
-Orrore...?-
-Orrore, Harry. Orrore.- confermo, gli occhi fissi
sulle fiamme che io stessa ho Evocato, cedendo all'umano timore del buio della
notte. Soprattutto del buio texano, della notte nel deserto, che amo e rispetto
nonostante mi metta in soggezione fin da quando ho memoria di questo posto che
tanto amo... -Orrore verso quello che faccio, con la dolorosa consapevolezza di
quanto sia necessario farlo.- continuo. Gli occhi verdi del Prescelto, di
quello che ha fra le mani il nostro destino (povero destino...e poveri noi), mi
guardano sorpresi.
-Perché hai deciso di fare questa vita, Diana?- mi
chiede, dopo un po'. Non sa, ricordo. Non sa che la mia strada è stata scritta
prim'ancora della mia nascita...più di mille anni fa...che il mio destino è
questo, quello di combattere...e probabilmente di morire tentando di rimettere
un po' a posto questo mondo disastrato.
-Perché in fondo so che è quello che devo fare.-
-Devi...ma tu cosa vuoi?- sorrido, scuotendo la testa, mezza sconsolata, mezza
esasperata.
-Cosa voglio io? Vorrei Blaise, in questo momento.
Ma mi sa che è un po' irreperibile.- faccio, con uno sbuffo di cinismo. Non so
perché gliel'ho detto. Se c'è una persona che Harry detesta, quella è Blaise, e
se c'è una cosa che non sopporto io è aprirmi così.
Eppure, è l'unica cosa che desidero veramente.
Blaise. Col suo sorriso da infarto e il suo fisico che è meglio che mi
autocensuri. Con le sue frecciatine da Serpe che mi fanno tanto ridere e la sua
cocciutaggine. Oh, sì, perché è testardo come un mulo, quando ci si mette. Con
quello sguardo tanto ironico quanto intelligente, con il suo modo di affrontare
la vita con filosofia, con un ghigno, con la sua tanto ostentata perfezione e i
suoi atteggiamenti da “macho”, che gli servono più che altro per evitare di
cadermi nel melenso. Con il suo essere solitario, almeno quanto me.
Due anime sole che si sono trovate. Ecco quello
che siamo.
-Diana, io...- comincia Harry. No, non ho nessuna
intenzione di ascoltarlo.
-È ora di svegliare gli altri. Dobbiamo rimetterci
in marcia.-
-Diana, mi dispiace.- lo guardo ancora. So di
avere l'espressione indifferente e disillusa del soldato che sono. So di avere
la tristezza scritta negli occhi. Non posso farci nulla.
-È un po' tardi, non credi?- gli entro nella testa
con la Legilimanzia. Non se ne accorge nemmeno, ma cerco i motivi per cui ha
litigato con Ginny. Ecco, lo sapevo...è colpa mia. Mi volto: -Mel, smettila di
origliare e tirati su. Dobbiamo andare.- lei finge di sbadigliare e si tira su
a sedere, con un ghigno malcelato sul viso.
-Io? Origliare? Che bassa opinione hai di me...-
fa, divertita. Sorrido.
-Cretina.-
-Mai quanto te.- ah! Deve sempre avere l'ultima
parola! Ecco, in questo lei e Alex si sono trovati. Sono dei
rompiscatole...degli adorabili rompiscatole. Diversi come il sole e la luna,
indispensabili l'uno all'altra.
Harry sveglia Ron, Hermione e Ginny. Dopo nemmeno
mezz'ora, ed è poco considerata la pigrezza di quelle due dormiglione. Per non
parlare del mio rosso preferito! Ahahah, penso a Lea e mi viene da
ridere...ecco, un giorno di questi devo prendere da parte Ron e farmi
raccontare tutto...oh, come sono perfida...altro che Grifona! Sono una Serpe in
certi casi!
Ed è con questo allegro pensiero che mi alzo
nuovamente in cielo, fondendomi col buio della notte, gli occhi che riflettono
le stelle ardenti, la mente che cerca qualcuno che non può sentirmi.
Basta con le malinconie, Diana. Sei un soldato,
dopotutto. E sei in missione. I sentimentalismi, a dopo.
Buonanotte, Blaise.
[End of
Diana Black’s POV]
[Second
day, Blaise Zabini's POV]
Porca puttana! L' ho detto e lo ripeto: porca
puttana schifosa!
Sono dietro al cadavere del mio cavallo, Draco è
accanto a me. Ho il fucile imbracciato e la vista oscurata dal mirino. Un paio
di Mangiamorte cadono, ne rimangono altri sette. No, sei. Uno lo fa fuori Lea
lanciando un coltello...dimentico sempre che è stata allevata dagli indiani.
Chissà quante cose di questo genere le hanno insegnato.
Gli zoccoli di Fuego sfondano un cranio e
rasentano le nostre teste, costringendoci a buttarci a terra per evitarli.
Dannazione a quella dannata messicana! Dannazione a tutti quanti in questo
momento!
Sparo ancora. Merda, il colpo va a segno. Speravo
di sbagliare. Non mi piace uccidere.
-Come cazzo si fa a vivere in questo dannato
posto!?- esplode Draco, sull'orlo di una crisi di nervi. Quel dannato (anche
lui, ne ho per tutti in questo momento) biondino di Alex gli risponde comunque.
Forse non l'ha capito che si trattava di una domanda retorica.
-Ci si fa l'abitudine.- e intanto spara e ne
atterra un altro. Oh, posso dire che non lo sopporto? Abituarsi a questi
massacri? Ma che è, scemo? È impossibile farlo!
Finalmente i Mangiamorte finiscono. Aspetto
qualche attimo prima di alzarmi cautamente a controllare. Ok, tutto a posto.
Ci hanno attaccato stamattina, dopo
ventiquattr'ore di calma piatta e di attesa snervante. Erano in quindici...ora,
sono in zero.
Comincio veramente a stufarmi di questo posto.
Morti, sangue, dolore e solitudine. Qual'è la differenza da prima? Beh, forse
il sangue e le morti. Ma solitudine e dolore...quelli sono sempre gli stessi.
Specialmente la prima.
Come cazzo ha fatto Diana a crescere qui? Ci credo
che ha dei complessi...vengono a me che è un mese che sono qui!
-Tutto ok?- chiedo a Lea, che si stringe un
avambraccio con un'espressione di intensa sofferenza sul viso. Eccone un'altra
scaraventata nella guerra quando il suo posto è un altro. Il suo posto è con
Weasley, miseria ladra. Lontano da questo schifo.
-Sì...è uscito, mi basta bendarlo.- risponde.
Piccola soldatina coraggiosa. Le ha fatto bene l'influenza di Diana, dopotutto.
-Ti do una mano.- mi offro. Mi piace, Lea. Mi sta
simpatica. Santo Salazar, ma come ha fatto Diana a cambiarmi così? In meglio,
ovviamente...ma mi ha cambiato sul serio. Mi ha insegnato a vivere. Ho capito
cos'è la felicità, da quando ho lei al mio fianco. E ho capito cos'è il dolore
quando l'ho perduta. Mentre aiuto Lea con la fasciatura, che ha prontamente
estratto dalla sella del suo cavallo, lascio vagare lontano i miei pensieri.
Conoscendola, si sarà già messa nei guai...ah,
quella donna non cambierà mai.
Perché Diana è sempre lì...anche se cerca tanto di
fare la dura, di non mostrare la parte più vulnerabile di sé, io riesco a
vederla. La mia (sia ben chiaro, sono
piuttosto rigido su questa cosa: quella donna è di mia proprietà, mia,
assolutamente e solamente mia) Diana, quella pazza sconsiderata che sa tenere
testa a Piton, McGrannitt e Silente tutti e tre insieme. Quella peste che balla
in un modo che mi manda in estasi. Quella creatura prorompente combattuta fra
bene e male, ferita in continuazione dalle batoste della vita, con quel
coraggio incredibile di ritirare su la testa.
Ah, Blaise, ti sei completamente rincoglionito...è
ufficiale: Blaise Zabini è completamente partito per quella donna. Come se non
si fosse capito, eh?
Voglio che finisca. Non è l'unica ad essere stanca
di tutto questo. È il pensiero di passare almeno qualche secolo in pace, su una
spiaggia assolata e solitaria, insieme a lei, che mi tiene allegro. Anche
perché non sarei Blaise Zabini, se non avessi la mia inesauribile fonte
d'ironia.
-Mi dispiace per il cavallo.- si scusa Lea. Ha
schivato una pallottola che ha colpito la mia cavalcatura.
-Figurati! Vorrà dire che mi darà un passaggio Dray.-
la rassicuro. Cerco di non pensare ai cadaveri intorno a me. Se lo facessi, mi
ricorderei che alcuni sono morti per mano mia.
-Muoviamoci!- la voce sferzante di Kelly ci
raggiunge. -Siamo già in ritardo sulla tabella di marcia!- oh, quanto non la sopporto!
Dray è già rimontato a cavallo. Lo raggiungo e gli
salgo dietro, dopo essermi premurato che Lea stia bene. Sono pur sempre un
cavaliere, io. Malfoy ghigna in modo serpentino.
-Attento, che dopo Diana diventa gelosa...- Santo
Salazar, Diana gelosa è una delle piaghe d'Egitto!
-Malfoy, te l'ho già detto di andare a farti
fottere?-
-Qualche volta.-
-Ecco, aggiungine un'altra.-
Scoppiamo a ridere come due emeriti cretini.
Sapete, io e Draco ci conosciamo da qualcosa come una vita. Non lo sopporto, a
volte, ma è un amico fidato. Diciamo pure l'unico che posso fidarmi a chiamare
amico, fratello.
Sento lo sguardo di Bonn addosso. Ci affianca,
borbotta qualcosa in spagnolo. Fanculo, io lo spagnolo non lo so e questo
dannatissimo biondo lo sa bene. Lo fa apposta per irritarmi? No, ditelo, perché
se proprio devo glielo spiego io che a irritarmi fa una brutta fine!
-Tra poco ci fermiamo.- traduce, per la grazia di
noi mortali. Non ho niente di personale contro di lui, non è come con Potter
che detesto cordialmente, Bonn non mi ha fatto nulla. A parte essere così
vicino alla mia donna. E guardarla con un affetto che posso tollerare solo da
Draco.
Sì, sono geloso. Immensamente geloso. Ma non
chiedetemi di dirlo ad alta voce: non lo farò mai, nemmeno sotto tortura. Tanto
Diana non ha bisogno di sentirselo dire, già lo sa. E quella piccola falsa
Grifona si diverte un mondo, nel vedermi andare fuori di testa dalla gelosia.
Ci fermiamo dopo una mezz'ora neanche. Il cavallo
di Draco è esausto: portare due persone non dev'essere divertente, per lui. Il
sole cocente batte con crudeltà sui cappelli...è in questi momenti che
rimpiango la mia piovosa Inghilterra.
Una bella birra fresca. Ghiacciata. Ecco quello
che mi ci vorrebbe. E un angolino buio e tranquillo, dove poter passare una
buona mezz'ora solo con Diana. Abbracciarla, stringerla, sentire quel suo dolce
profumo di cocco, dei suoi capelli...ok, sto zitto. Niente melensaggini, Zab,
non è decisamente il momento.
-Quanto ci vuole, ancora?- sento chiedere da
Draco, mentre sono perso fra i miei pensieri.
-Stanotte dovremmo essere arrivati. Manca poco,
ormai.- risponde Lea.
-Gli altri dovrebbero arrivare domani.-
-Sempre che non si siano fatti ammazzare prima.-
ecco, anche se non lo vedo, so che Draco mi sta scoccando un'occhiataccia. -E
non guardarmi così, Dray. È inutile mandarsela a dire, è possibilissimo, in
questo posto.- faccio io, mentre sono sdraiato su questa maledetta sabbia
cocente, il cappello sul viso a evitare di bruciarmi, e ringrazio fra me e me i
jeans e la maglietta neri che indosso, che proteggono un po' il mio corpo da
questo sole.
-Ti ricordo chi è a capo di quella squadra. È
l'unica che rischia davvero, perché ha il fottuto problema di voler sempre
salvare tutti.- mi sorprende il tono duro di Lea. È preoccupata, si vede. E non
solo per Ron Weasley.
-Oh, lo so che è là. Fidati che lo so.- come
potrei dimenticarlo? Abbiamo anche litigato, a causa di questa assurda
divisione di squadre. Cioè, non tanto assurda, ma crudele.
Ha bisogno di me. Lo so, lo sento, è una di quelle
emozioni che ti si insinuano sottopelle, impossibili da scacciare. Voglio
arrivare a quella maledetta Morris, o Scuola di Guerra, che dir si voglia.
Voglio Diana. Punto, e poche balle. Ecco, una persona normale in questo momento
aggiungerebbe “dopotutto, è la mia donna...bla bla bla...”. Io no. Perché
dovrei? Diana è praticamente la mia vita, non solo la mia donna. Se le
capitasse qualcosa, impazzirei.
Cazzo, non devo pensarci! Solo un fugace flash di
Diana, ferita, mi manda in palle il cervello. E mi agito per nulla, perché in
fondo so che è un'Auror in gamba, una donna formidabile, un vero soldato. Anche
se piuttosto scapestrato e incline a disobbedire agli ordini...ah, un'altra
cosa che adoro di lei.
Ma c'è qualcosa che non amo, di lei?
Risaliamo a cavallo dopo una ventina di minuti.
Poco, ma non ne può più nessuno di noi, vogliamo solo arrivare. Ed è la mia
determinazione nel raggiungere finalmente un posto dove posso Evocare una di
quelle bibite hawaiane, con tanto di ombrellino, con un solo movimento di
bacchetta, che mi spinge a mettermi davanti a Draco e a spronare questa bestia
che, come tutti i suoi compari, mi odia.
Odio queste bestiacce!
[End of
Blaise Zabini's POV]
-Non mi piace questo passaggio.- commentò Lea. Era tardi, ormai era quasi sera,
e il buio già minacciava di calare sul deserto. La temperatura si stava
abbassando drasticamente, merito di una escursione termica assolutamente
ingiusta. Stavano attraversando, a detta dei due Auror, uno dei tanti canyon
che circondavano la Morris-West. Il buio, laggiù, era già più fitto, faticavano
a vedere a più di dieci metri di distanza. Sopra di loro, l'inquietante figura
bianca di Kelly, che volteggiava alto sul suo cavallo d'un bianco abbacinante.
-Nemmeno a me.- concordò Alex. Lanciò un'occhiata
ai due inglesi: quasi senza rendersene conto, avevano estratto le loro armi.
Lui e Lea fecero lo stesso.
Il silenzio era innaturale, laggiù. Solo il vento
fischiava lentamente fra le due pareti di roccia viva, pulsante di una vita più
grande di quella mortale.
Blaise scostò il cappello dal suo viso,
lasciandolo ricadere sulla sua schiena ampia. Era assolutamente inutile, in
quel momento. Draco, dietro di lui, si guardava intorno muovendo la testa a
scatti, guardingo. L'atmosfera si era fatta tesa, quasi palpabile, mentre
avanzavano con esasperante lentezza.
Kelly, cento metri più in alto, estrasse le sue
pistole. I suoi occhi si spostarono sulla parte alta del canyon, sui costoni
rocciosi, cercando deboli luccichii che avrebbero tradito la presenza di
tiratori armati. Poi, guardò la “sua” squadra.
Hanno
fiutato la trappola.
Era anche
ora.
Abbassò il cane della Beretta e prese
accuratamente la mira.
Per l'ennesima volta, qualcosa dentro di lei si
ribellò, urlandole in faccia nel silenzio quanto fosse sbagliato quello che
stava per fare.
Un errore.
Una stupida vendetta.
Kelly scosse la testa, ignorando la voce della sua
coscienza. Non una stupida vendetta. Non ancora. Sarebbe venuto, il momento di
prendersi ciò che voleva, e da lei, ma non ora. Ora, doveva solo lasciarle un
segnale. Un monito, come la cicatrice che le aveva inferto sul dorso della
mano.
Un primo assaggio di dolore.
BANG.
Il braccio di Kelly assorbì il rinculo, esperto.
Vide gli sguardi stupefatti e allarmati alzarsi verso di lei, ma non vi badò.
Si voltò verso i Mangiamorte in attesa su entrambi i costoni del canyon, e gli
gridò:
-Non ammazzateli. Li voglio vivi.-
Vide Bellatrix Lestrange annuire, e fare cenno ad
alcuni dei suoi sgherri di scendere. Lea, da là sotto, la stava chiamando, allarmata,
perché altri Mangiamorte erano apparsi intorno a loro e li avevano circondati.
Li osservò mentre venivano costretti a gettare le armi.
Bene.
Erano in trappola.
-Fermi.- Blaise si bloccò all'istante. Nel buio,
non distinse il proprietario di quella voce fredda.
Un lieve fruscio intorno a loro gli fece capire
che erano circondati.
“Dannazione!” pensò, abbassando lentamente il
fucile. Era ormai chiaro che provare a dare battaglia sarebbe stato inutile.
In trappola. Erano caduti in una fottutissima trappola!
-Gettate le armi. Adesso. Altrimenti farete la
fine del vostro amico.- la voce accennava ad Alex, a terra, in un bagno di
sangue. Era stata Kelly a sparargli, dall'alto. Era piombato a terra a causa
della violenza del proiettile, colpito in pieno petto, e nessuno di loro aveva
potuto fare nulla per aiutarlo.
-Ragazzi, fate come vi dicono.- la voce di Lea
tremava di rabbia, mentre lanciava rabbiosamente a terra le sue due Smith &
Wesson.
-Abbiamo poca scelta.- ringhiò Draco, imitandola e
costringendo Blaise, che pareva intenzionato a dare battaglia, a farlo.
-Brava, Artesia.- la voce di Kelly li raggiunse
mentre l'Auror piombava giù dal cielo buio. Il suo volto ghignante era in
ombra.
-Questa me la pagherai cara, Kelly.- Kelly le si
avvicinò, sospesa ad un paio di metri da terra, e la guardò. Nei suoi occhi,
nemmeno un barlume di rimorso.
-Non sono io quella che pagherà, in questa
battaglia. Sarà lei.- nessuno si accorse di Alex, per nulla rassegnato all'idea
di dover morire in silenzio, che aveva estratto una delle pistole. Solo Blaise
lo notò, e la sua mente da Serpe capì immediatamente cosa doveva fare.
-Si può sapere cosa ti ha fatto, per meritare
questo?- le chiese, anche se già immaginava la risposta.
Doveva solo distrarla...dare tempo ad Alex di
prendere bene la mira, nonostante fosse ferito, nonostante stesse molto
probabilmente soffrendo, nonostante fosse in punto di morte...
Kelly ignorò Blaise e si voltò lentamente verso
Alex, che rimase immobile, pietrificato.
Negli occhi d'onice, solo sete di vendetta.
-Non provarci neanche, Bonn.- mormorò, con voce
dolce, dolcemente minacciosa.
-Muori, Kelly.- replicò lui, il sangue che
scivolava piano lungo la sua guancia, i denti stretti, per trattenere un grido
di dolore. L'Auror ghignò, ma non rispose al suo lugubre augurio.
-Precedimi all'inferno.- disse solo. Poi si volse
verso i Mangiamorte. -Legategli i polsi ai pomi delle selle. Dobbiamo
allontanarci da qui.- ordinò seccamente. I Mangiamorte obbedirono alla svelta,
loro non poterono nemmeno provare a ribellarsi.
“Cazzo! Kelly ha tradito...non è possibile, non
voglio crederci...siamo nella merda, nella merda fino al collo...Cristo, no!
Dobbiamo avvertire Diana!” Lea aveva gli occhi fissi su Alex, previdentemente
disarmato, che lentamente si stava dissanguando. Avrebbe voluto fare qualcosa,
qualsiasi cosa! Non poteva permettere che il suo amico morisse così...no...non
Alex!
Blaise, impotente, dovette permettere ai
Mangiamorte di legarlo. Non era il momento di fare gli eroi: avrebbe
significato la morte certa, con almeno una ventina di cecchini pronti ad
eliminarli al minimo cenno di ribellione. I suoi occhi verde-argento si
fissarono in quelli azzurri di Alex. Vide il dolore atroce del biondo scritto
in quelle iridi.
La frustrazione crebbe, quando si rese conto che
non avrebbe potuto aiutarlo. Che Kelly, maledetta traditrice, li stava
costringendo ad abbandonarlo alla morte.
O forse no.
Continuò a guardarlo, con insistenza, e Alex si
rese conto di cosa volesse dirgli. Di chi
volesse dirgli di chiamare, e alla svelta, per permetterle di salvarlo.
Uno dei Mangiamorte prese le redini del cavallo
suo e di Draco, e se li tirò dietro con forza, rischiando di farli cadere
entrambi.
Si allontanarono. Prigionieri. Esche. Pedine nel
piano di Kelly, che improvvisamente pareva molto più chiaro.
Perché loro tre, Blaise lo sapeva benissimo, erano
tutto quello che Diana aveva. Loro, e Alex, che restò là, a terra, il sangue
che sgorgava da una ferita molto probabilmente mortale, la mente annebbiata e
un solo pensiero fisso nella testa: “Diana”.
-Aaah!- una lama incandescente attraversò la mente
di Diana. Diablo perse quota, allarmato, scendendo fin quasi a sfiorare le
teste di Harry e Ron.
Stavano correndo. E correndo anche velocemente,
inseguiti da proiettili e da almeno una trentina di Mangiamorte.
-Porca miseria!- gridò Diana, frustrata, riversa
sull'ampio dorso del suo cavallo. Si voltò di scatto, abbandonando con le gambe
la salda presa sui fianchi dell'animale, appoggiò la schiena al collo di Diablo
ed estrasse entrambe le Colt. Non prese nemmeno la mira, sparò nel mucchio. E
fece centro fino a scaricarle. Le rinfoderò, sempre imprecando, e si diede da
fare col fucile.
-Datevi una mossa! Andate avanti, io li trattengo
indietro!-
-Diana tu sei pazza!- le gridò dietro Melissa,
come lei impegnata a sfoltire il gruppo degli inseguitori.
-È un ordine!- replicò Diana, sapendo che l'amica
non avrebbe disobbedito. La sentì rivolgerle un insulto esasperato, e poi la
vide rinfoderare le pistole. Un secondo più tardi, aveva preso la frusta che
aveva appesa alla sella e aveva cominciato a farla schioccare in aria, agitando
ancor di più i cavalli degli inglesi. Quelli nitrirono terrorizzati, e corsero
ancora più veloce. Diablo, invece, rallentò il suo volo. -Bueno. Amigo, tieniti
forte.- gli raccomandò Diana. Chiuse gli occhi per un istante, e quando li
riaprì brillavano di luce bianca, innaturale.
La sabbia cominciò ad alzarsi sotto il soffio di
un vento inesistente. S'innalzava, sempre di più, intorno ai Mangiamorte, che
furono costretti a respirarla, inalarla, dato che si stringeva sempre di più
attorno ad ognuno di loro, come una tempesta mortale che li prendeva, li
sballottava, li seppelliva sotto una coperta di fine, dorata sabbia
assassina...
Diablo si rialzò in cielo, portando il suo
cavaliere con sé al sicuro. Ormai i Mangiamorte non erano più una minaccia:
solo i loro cavalli continuavano a correre, ma di loro, nessuna traccia.
Diana riprese il controllo di sé. E subito si
concentrò su quella fitta di dolore che aveva provato durante la fuga.
Immediatamente, una fitta dolorosa al centro del
petto la fece quasi urlare.
-Che diavolo...-
Un viso. Capelli biondi. Occhi azzurri. Sorriso
strafottente.
-MERDA! ALEX!- sbottò, improvvisamente spaventata.
Si voltò, tornò in sella a Diablo, e gli ordinò duramente: -Raggiungili. Ora.
Adesso.-
Il cavallo nitrì, esausto, ma spinse al massimo le
ali e raggiunse il resto della squadra.
-Fermi!- gridò l'Auror, concitata. Tre minuti
dopo, erano tutti quanti immobili nel deserto, i cavalli stramazzati a terra
dalla stanchezza, ansimanti. I loro cavalieri non erano messi meglio, salvo
Diana, gli occhi illuminati dalla paura.
-La Morris non è lontana. Melissa, guidali tu.
Ormai il piano è andato a puttane: ammazzate qualunque Mangiamorte vediate, e fate
alla svelta.- disse, velocemente.
-Perché? Tu dove vai?- le chiese Ginny, allarmata.
Diana non poté rispondere: una seconda lama le trapassò il cervello,
costringendola ad urlare e a cadere a terra, in ginocchio, le mani premute
sulle tempie.
-Alex...- riuscì solo a mormorare, la voce un
sussurro atterrito. Gli occhi azzurri di Melissa si allargarono di sorpresa.
-Cos'è successo?-
-Non lo so...soffre...devo andare da lui.-
-Vengo con te.- affermò la giapponese, risoluta.
Diana scosse la testa, il dolore che le dava alla testa, la voce di Alex che la
chiamava, terrorizzato. Un unico, prolungato, straziante grido di dolore che le
annebbiava i pensieri.
-No. Ho bisogno che li porti alla Morris. Lo
porterò lì...lo salverò.- Melissa non rispose. Si limitò ad annuire bruscamente
e a dirigersi verso i cavalli, assicurandosi della loro salute. Ne avevano
perso uno.
-Prendi Diablo.- le disse Diana. Lei si voltò,
sorpresa: non permetteva mai a nessuno di montare il suo cavallo. Melissa
annuì, e Diana scomparve.
Un grido angosciato nella notte texana. Rumore di
passi sulla roccia, una corsa disperata, un cappello che cadeva da scompigliati
capelli scuri.
-Alex!- Diana crollò di fianco al corpo quasi
esangue del biondo americano.
-Di...Diana...- mormorò lui. I suoi occhi erano
chiusi, la voce appena percepibile. Era di più il sangue per terra che nel suo
corpo. Le mani della giovane si macchiarono di quel rosso, quando si posarono
per terra, accanto a lui.
-Alex...cos'è successo?- gli chiese, mentre
raccoglieva le energie. Per la magia che aveva in mente, non poteva fare
affidamento sull'energia degli Elementi, ma solo sulla sua natura di Regina.
Quindi aveva bisogno delle proprie emozioni.
Ma le parole che Alex sussurrò le fecero perdere
completamente la concentrazione.
-Kelly...è stata...Kelly...si è alleata...coi
Mangiamorte...-
-No.-
-Ha preso...gli altri...li ha portati...via.-
Diana tacque per un istante, terrificata. Lea...Draco...Blaise...in balia dei Mangiamorte. Kelly, una traditrice.
“Dannazione!”
-Ci penseremo dopo...ora voglio occuparmi di te.-
gli disse, posando le mani sulla ferita dall'aspetto per nulla rassicurante.
Alex sobbalzò quando sfiorò la carne sanguinolenta, ma Diana non ritrasse le
mani.
Fu il suo polso ad essere stretto da una mano
impallidita, esangue.
-Ma che...- il biondo scosse lentamente la testa.
-Hai bisogno...delle tue energie.- Diana comprese
improvvisamente cosa Alex voleva che non
facesse.
-No. Non chiedermelo.- disse, scuotendo
vigorosamente la testa, ma la stretta di Alex non si allentò.
-Diana...non ho paura...di morire.- ogni parola
che pronunciava la spaventava ancora di più, ma il suo tono era fermo.
-Ho paura io...pivello, non ti lascio morire.- si
liberò della sua mano, delicatamente, e fece per curarlo. Ma la sua magia non riuscì
a raggiungere la ferita.
-Devo volerlo...anche io...ricordi?- le disse lui.
-Vaffanculo Alex!- sbottò Diana, esasperata. Il
biondo sorrise debolmente. -Perché?- gli chiese, fregandosene del suo tono alto
e stridulo, della sua voce udibilissima ovunque, delle lacrime di frustrazione
che le scendevano lungo le guance.
-Non è...così...brutto.- Diana crollò accanto a
lui, in singhiozzi. Sentì le sue dita stringersi alle sue, gelide, orribilmente
gelide, bianche come la neve, più della pelle scottata di Diana.
-Alex...non anche tu...- mormorò lei.
-Diana...non piangerai mica...per me?- la canzonò
lui, debolmente.
-E per chi altro dovrei farlo!? Spiegamelo! Non
puoi morire, Alex...ti prego, lasciati curare.- sussurrò, cosciente di quanto
la vita stesse fluendo via dal corpo del suo amico, del suo pivello, come il
sangue, che scorreva sempre più lentamente...
-No. Dopotutto...morirò con accanto una bella
donna...cosa potrei volere...di più?- Diana gli carezzò il viso. Un gesto
protettivo, un gesto dolce e tenero...il gesto di una madre, di una sorella.
L'addio doloroso che non voleva pronunciare.
-Shh...non parlare.-
Rimase con lui finché la stretta nella sua mano
non si allentò.
Rimase con lui finché non se ne andò.
Allora, e solo allora, con le lacrime immobili sul
viso, strinse più forte il suo braccio e si Smaterializzò.
-MELISSA!- urlò Diana, appena Apparve nel piazzale
della Morris. La giapponesina si voltò verso di lei, vide le sue labbra strette
e la mascella contratta, vide i suoi denti stretti.
E capì.
Dianaandò
da lei, le permise di buttarsi fra le sue braccia e di scoppiare a piangere.
Strinse forte la sua amica, senza dire nulla, sopportando i suoi pugni sulla
spalla, colpi inferti col dolore, con la disperazione. Harry la guardò: aveva
l’espressione di una belva ferita a morte, il dolore scritto in ogni tratto del
viso, ma con quello che sembrava uno sforzo immane si tratteneva dal piangere.
Lei si morse un labbro, forte, fino a farlo sanguinare, sentendone il dolce
sapore amaro nella bocca, alzando gli occhi al cielo, rabbiosamente, come per
rivolgere una maledizione a quelle divinità che le avevano portato via Alex.
Forte, forte anche per la sua amica distrutta, forte per tutti loro, il cuore
dilaniato ma ancora in piedi, pronta a combattere anche e soprattutto per
vendetta. Mai come in quel momento Harry si era reso conto di quanto Diana
fosse coraggiosa, di quanto avesse imparato a controllare sé stessa e le
proprie emozioni, quando le serviva farlo.
Dopo un po’, Melissa si staccò da lei e si diresse,
senza più una lacrima né una parola, verso le sale dell’obitorio, dove Diana
aveva fatto comparire il corpo di Alex.
Nella sinistra di Diana invece arse il Fuoco,
prima che la fiammella si scagliasse contro una parete, incenerendola.
-Ehi!- gridarono alcuni studenti, lì vicini, ma
Diana non gli diede retta e chiamò un’altra volta le fiamme ad ardere,
scagliandole con rabbia e con forza, ignorando le proteste dei giovani Auror.
Alex…morto.
Blaise, Lea e Draco…dispersi. Forse uccisi.
Kelly…una traditrice. Assassina.
-MALEDETTA!- esplose Diana, incenerendo con un
semplice sguardo l’intera parete, che crollò con uno schianto tremendo, che
fece tremare la terra. L’odio riprese vita nel suo cuore, Diana non volle più
fermarlo. Lasciò che le emozioni maledette scorressero in lei, la inebriassero,
la caricassero di nuova forza omicida. Ormai non le importava più di
controllarsi: voleva uccidere, voleva trovare Kelly e massacrarla fino a
spezzarle ogni osso, e non c’erano freni che tenevano, lei era un’assassina e voleva esserlo con tutte le sue forze.
Non le importava di consumarsi, di perdere sé stessa.
Ora lei era ciò che era nata per essere.
Una vendicatrice.
-SERGEN!- tuonò, la voce magicamente amplificata.
Un uomo alto, stempiato, dall'aspetto vigoroso nonostante l'età avanzata,
arrivò immediatamente, correndo sul piazzale sabbioso dell'antico forte
ottocentesco che formava la Morris, formava allarmato ma non del tutto sorpreso
di vedere la sua rabbia esplodere. Il capo supremo della Morris-West. Il colonnello
degli Auror Johnathan Sergen.
-Kelly ha tradito. Si è alleata con i Mangiamorte
e ha ucciso Alex. Voglio una squadra. Dei migliori. Voglio trovarla e
ucciderla, e ho bisogno di qualcuno che mi spiani la strada fra i Mangiamorte.-
annunciò Diana, la voce dura e gli occhi taglienti.
-No. Non metterò in pericolo i miei Auror per una
missione suicida. E non andrai nemmeno tu.- le disse. Sapeva come prendere
quella ragazza, era stata la sua pupilla e la sua diletta.
-Non creda di potermi fermare.- per la prima volta
da quando la conosceva, il colonnello fece un passo indietro davanti alla furia
di Diana. Chiunque, nel forte, sentì la sua ira travolgere e distruggere ogni
cosa.
-Tu non andrai. Ti farai uccidere.-
-ME LA PORTERÒ DIETRO, ALLORA! E MI PORTERÒ DIETRO
ANCHE I MANGIAMORTE!- esplose la ragazza, ormai un unico concentrato di rabbia,
furia, dolore.
-Non posso permetterlo.- il colonnello si voltò
verso un uomo rimasto nell’ombra, che annuì.
Torishah si fece avanti, il potere che emanava da
lui come il calore da un fuoco. Diana socchiuse gli occhi, preparandosi a
combattere.
-Calmati, Diana. Non voglio farti del male.-
-Nemmeno io. Non costringermi a farlo.-
-Stai perdendo il controllo.-
-Ancora non l’avete capito!? Io voglio perdere il controllo!- a quelle
parole urlate, Diana sprigionò dalle mani piccole scintille di fiamme miste a
lampi elettrici.
-Non posso permettertelo.- a quelle parole pacate,
Diana perse ogni tipo di controllo. Una rabbia assassina le accecò gli occhi,
non le permise più di vedere nulla, se non l’Elementale che aveva davanti. I
suoi istinti di Elementale, uniti alla furia della Regina, riconobbero in lui
solo una cosa.
Nemico.
Alzò una mano. il Fuoco e i Fulmini fluirono senza
sforzo sulla sua pelle e si scagliarono sull’indiano, che li schivò per poco.
-Perché sei qui, Torishah?- gli chiese, la voce
raspante e bassa, ringhiante. I suoi occhi non erano più del colore
dell’argento, e nemmeno bianchi: le sue iridi erano rosse, rosse come il
sangue, rosse come il Fuoco che imperversava in lei. Il suo viso era tirato, i
denti stretti e la mascella contratta, più simile in quel momento ad un animale
feroce che ad una donna.
-Perché Ho-take-nah si aspettava che reagissi così
al dolore.-
-HO-TAKE-NAH NON SA NULLA DI ME!- ruggì lei,
scagliando ancora gli Elementi su di lui.
-Invece sa molto. Sa che stai soffrendo e che vuoi
vendetta, ma non puoi ottenerla così.- disse Torishah, con voce dolce e
comprensiva, come l’addestratore di un leone inferocito.
-Questo lo dice lui.- disse lei, con voce fredda.
I suoi occhi lampeggiarono di grigio.
-Questo lo sai tu. Non perderti. Calmati, e vinci
questa guerra. Per tutti coloro che ti hanno lasciata.- a quelle parole dolci,
Diana barcollò. Tutta la sua energia l’abbandonò all’improvviso, soppiantata
dal dolore che aveva mascherato. Harry le fu subito accanto, sorreggendola
prima che cadesse.
-Diana, riprendi il controllo. Torna in te.
Altrimenti, come farai a salvare Blaise e Draco?- le parole del Prescelto
fecero breccia nella sua confusione, dissolsero i suoi dubbi, e le misero
addosso un irrefrenabile desiderio di piangere. Chiuse un istante gli occhi, e
quando li riaprì erano di nuovo pozze d’argento vivo in cui perdersi.
“Non posso perdermi. Non posso abbandonarmi alla
furia. Non è giusto, non devo. Per Alex. Per Lea e Draco. Per Blaise.”
Lasciò il confortante abbraccio del fratellastro,
e con un gesto riparò la parete distrutta. Sergen, cogliendo l'attimo di pace,
le si avvicinò. Si era sempre comportato con lei come un padre, ma pur sempre
uno che esigeva e pretendeva rispetto, dai suoi sottoposti.
-Puoi andare, se vuoi. Ma solo per recuperare Lea
e i due civili. Sì, Melissa e i tre ragazzi mi hanno spiegato tutto.- annuì,
davanti alla sua espressione confusa. -Non voglio morti, non più del
necessario. La tua squadra è sfuggita per un pelo alle grinfie dei Mangiamorte,
arrivando qui. Si stanno preparando per attaccare, ma li respingeremo. Tu va'.
Trovali...e, se riesci a prendere Kelly, portala qui. Viva, Diana.- aggiunse,
severo.
-Si aspetti le mie dimissioni, Sergen. Se c'è una
cosa che non sopporto, è il suo irritantissimo modo di fare.- replicò Diana,
ancora scombussolata, ma già pronta a tornare in azione. Negli occhi della
mente, solo la vista del corpo di Alex le diede la forza necessaria per quella
battuta. Il pivello avrebbe riso sicuramente. Ne era certa.
Alex...
Se n'era andato.
Se n'era andato alla sua destra, come era sempre
stato.
Il pivello le era stato sempre accanto. Sempre.
Anche quando erano morti Dan e Scott, lui era al suo fianco, pronto a
sopportare i suoi scatti d'ira, la sua ira omicida, la sua dura risolutezza, le
sue lacrime. La notte dopo la loro morte, l'aveva passata sveglio, a vegliare
lei, in preda alla febbre, in punto di morte, a causa di una ferita di cui
nessuno, lei compresa, si era accorta, che si era infettata.
“Sergen ha detto 'non più del necessario', vero?
Bueno...vedrò di fare in modo che ucciderla sia necessario.” pensò,
distogliendo a forza i pensieri da quello che aveva visto scorrerle davanti
agli occhi, ricordi di una vita che si era appena spenta.
-Non correte rischi inutili. Quando tornerò, vi
rimanderò in Inghilterra. Devo vincere questa guerra, e lo farò senza voi di
mezzo.- disse duramente ai quattro inglesi.
-Scordatelo! Io di qui non me ne vado! Non ora che
sta arrivando Voldemort!- sbottò Harry, irato. Diana rimase un attimo basita:
quella notizia era nota solo agli Auror. Come diavolo aveva fatto Harry a
scoprirlo?
-Con quei dannati Horcrux in giro? Scordatelo,
Harry.- Diana si voltò di scatto verso un sergente. -Sergente Marlinson!-
chiamò, con voce stentorea, militare. Lui scattò sull'attenti, nonostante fosse
più anziano di lei di almeno dieci anni.
-Agli ordini, capitano Black.-
-Non voglio che nessuno...e quando dico nessuno
intendo anche Melissa...esca da questo posto per seguirmi. Usate la magia, se
necessario, ma trattenete qui questi quattro inglesi e la figlia di Moore, fino
a mio contrordine.-
-Sissignora.- Diana ignorò le proteste di Harry e
Ron, ma si voltò un istante, prima di Scomparire, e vide Melissa. Nei suoi
occhi azzurri, a mandorla, una fredda risolutezza. E una supplica.
“Se riesco a prenderla viva...sarà tua, sorella.”
pensò, sperando che il suo pensiero potesse raggiungerla. E, con cupa
soddisfazione, la vide annuire.
Riapparve nel buio del deserto, senza Diablo,
senza nulla se non le sue armi, in primis sé stessa. Era di nuovo fredda. Era
di nuovo spietata.
E non sapeva dove andare.
Per la prima volta, senza il suo fedele pivello al
fianco, si sentì per un istante persa.
Avrebbe voluto cedere. Cedere alle lacrime e al
dolore. Piangere, piangere a lungo, là nel suo amato deserto.
Ma non poteva. Non poteva fermarsi, non ora.
-Ma bene...hai deciso di lasciarli al sicuro,
vero?-
Diana, istintivamente, si Smaterializzò. Evitando
per un pelo un qualcosa di rosso e
bruciante, che fendette l'aria là dove lei si trovava un istante prima.
-Ma che diavolo...- esclamò. Poi, s'interruppe, e
lentamente si voltò. Intravide Lea, in ginocchio, il viso scorticato e
sanguinante, circondata da almeno cinque Mangiamorte. Non li distinse bene, nel
buio.
Ma la sua attenzione venne attirata immediatamente
da qualcun altro.
Là, in piedi, illuminata da una luce che aveva
visto solo in Torishah, c'era Kelly Galindez.
L'odio e la rabbia proruppero nuovamente nelle sue
vene, inondandole d'ira e di violenza. Tentò di calmarsi, di prendere coscienza
di sé, ma fu inutile. Il sangue di Alex, che ancora macchiava le sue mani,
continuava a ricordarle cosa Kelly aveva fatto, in un'incessante sete di
vendetta.
Con uno scatto di pura violenza, Evocò intorno a
sé un anello di fuoco. Arse lontano dalla sua pelle almeno di un paio di metri,
ma ne avvertì comunque il calore.
-Che inutile sfoggio di potere...- commentò Kelly,
caustica, e schioccò le dita.
All'istante, un anello gemello di quello di Diana
la circondò.
“Non è possibile!”
La traditrice dovette cogliere la sorpresa di
Diana.
-Sì...visto che grazioso dono ho ricevuto, insieme
a questo bel tatuaggio?- e le mostrò l'avambraccio destro. Là, sul bronzo della
sua pelle, spiccava il Marchio Nero.
-Maledetta...traditrice...- l'odio le impediva
anche di parlare. Le fiamme arsero più alte.
-Oh, no. Non credere che abbia tradito i miei
ideali, Diana. Io servo sempre e solo me stessa, dovresti saperlo, ormai.- non
la vedeva così soddisfatta da anni. Sembrava aver raggiunto una propria pace,
scritta col sangue...col sangue di Alex.
A quel pensiero, Diana non si trattenne più.
-Restar!-
ruggì con una rabbia inaudita, e le fiamme si scagliarono contro Kelly. Questa
non se l'aspettava. La messicana dovette infrangere il proprio anello di fuoco
contro le sue fiammate, per proteggersi.
-Bruciano, queste fiamme elementali. Vero, Diana?
Bruciano come il sangue del tuo amato pivello...- Diana non ci vide più.
-Ora mi
hai veramente rotto!-
Alzò le mani, e dalle sue dita, dal suo palmo,
proruppero i fulmini. Tremendi lampi di luce, mortali al solo guardarli,
saettarono velocissimi verso Kelly, l'aria che crepitava d'elettricità, di
rabbia, di frustrazione...
La messicana fu colpita in pieno, e fu peggio
della Maledizione Cruciatus. Gridò, si dibatté in preda ai dolori più atroci,
tentando di liberarsene: inutile.
Fu Diana a porre fine a quella tortura, vacillando
per un istante di troppo. Non aveva mia sfruttato quel potere, ed era stato
devastante. Ma non le interessava. Non le interessava consumarsi, sforzarsi,
stancarsi. Non le interessava nulla, se non un pensiero fisso, l'unico che
fosse chiaro nella sua mente annebbiata: uccidere.
-Diana, Blaise e Draco sono...- un Mangiamorte
zittì Lea con uno schiaffo.
L'attimo dopo, un proiettile era saettato nel
buio, e lo aveva ucciso.
Diana non si voltò, non le importava sapere chi
fosse sopraggiunto. I suoi occhi erano fissi con rabbia omicida su Kelly, che
lentamente si stava rialzando.
-Come hai
fatto ad avere questi poteri, dannata?- sibilò, nella lingua che sapeva
potessero solo lei e Lea comprendere.
-Qualunque
Anoma...come il mio Signore...può risvegliare un Elementale. Anche il tuo amato
Ho-take-nah l'ha fatto, dopotutto.- ansimò lei, proteggendosi a stento
da un secondo, furibondo attacco della mezz'americana. Per un istante, Diana
rimase attonita.
Cosa c'entrava Ho-take-nah in quella faccenda?
-Cosa
intendi dire?- le chiese, suo malgrado, un orribile sospetto che le si
insinuava nella mente. Kelly rise: una risata fredda, malvagia, corrotta. La
risata di una Mangiamorte.
-Non
dirmi che non te l'ha detto!- la sbeffeggiò, fra le risate.
-Dirmi
che cosa, maledetta? Cosa?-
altri fulmini andarono a colpire Kelly, ma lei si Smaterializzò un metro più indietro,
evitandoli per un soffio.
-Non
ti sei mai chiesta come mai quel vecchio potesse usare la magia nel Limbo? Solo
gli Elementali, gli Anoma...e naturalmente la Regina...- le rivolse un cenno sarcastico con la testa. Diana
era allibita, dietro al suo odio: come aveva fatto a scoprirlo? -...possono farlo. Ho-take-nah è un
Anoma, piccola Diana.-
-Io...tu
menti!- intorno a Diana, il
fuoco arse più forte e mortale che mai. Le fiamme lambivano la sua pelle, la
ricoprivano, diventavano parte di lei. Una nova nel deserto, la rabbia che si
fondeva con l'immensa potenza del Fuoco, l'aria stessa che si ritirava, davanti
alla furia della Regina.
-No.
Fa male la verità, vero?-
-TACI!- ruggì Diana, e l'attimo dopo quella creatura
fatta di fiamme si scagliò su Kelly. Una, due, tre volte, i suoi pugni
colpirono, violenti e distruttivi, intorno a loro la battaglia che infuriava.
Le due cominciarono a prendersi a pugni, con una
forza e una rabbia inaudite, fracassandosi ossa, spaccandosi carne,
distruggendo ogni singola cosa dell'altra che i loro pugni andavano a colpire.
-Sai
quanto hanno urlato, i due Serpenti, mentre bruciavano vivi?- a quell'ennesima provocazione, Diana esplose.
“No, no, no, no, Blaise e Draco no!!”
-MUORI!- ruggì, e caricò il suo pugno, colpendo
Kelly con tutta la forza che possedeva.
Il suo pugno sprofondò per venti centimetri buoni
nella sabbia, vetrificandola.
E Kelly, ridendo ancora con quella sua risata
orribile, semplicemente scomparve.
Le fiamme smisero di ardere intorno a Diana quasi
all'istante. La ragazza piombò a terra, esausta, svuotata, svuotata dentro da
qualunque cosa, persino da quella venefica sete di vendetta che l'aveva animata
fino a poco prima.
-Diana!- una voce angosciata la costrinse ad
aprire gli occhi. Una voce conosciuta, tanto amata quanto detestata.
Harry le fu subito accanto, il viso lucido di
sangue. Quando la sfiorò, sussultò: la pelle di Diana ardeva ancora.
-Cosa cazzo...ci fai...tu...qui?- ansimò lei,
stringendo nuovamente le palpebre, i polmoni che urlavano di dolore, il cuore
che batteva all'impazzata.
Le parole del Prescelto furono una condanna a
morte, per lei.
-I Mangiamorte hanno attaccato la scuola appena
sei scomparsa. Gli Auror sono caduti.- Diana balzò a sedere, esterrefatta,
fendendo con gli occhi il buio, intravedendo un Ron attonito e devastato in
ginocchio, con Lea fra le braccia, entrambi singhiozzanti.
-È impossibile! Dove sono le altre?- sbottò,
atterrita, voltandosi verso Harry.
Gli occhi di smeraldo la guardarono. Erano spenti,
vacui, vuoti. Svuotati di vita e di ogni ragione per viverla.
-Harry, dove sono le ragazze?- gli chiese, la
paura che spariva, soppiantata dal vero terrore. “Ti prego, dimmi che sono in
salvo...ti prego, fratello, dimmi che non sono...non possono essere...”
-Harry...-
-La Morris è esplosa. Siamo sopravvissuti solo noi
due.-
“No.”
Ditemi che
non volete uccidermi e controllerò di non avervi imposto inconsciamente un
Imperius…perché voglio suicidarmi, dopo tutto quello che ho fatto e farò in
questa storia…
Ecco, mò
torno nel mio bagagliaio…e mi ci rinchiudo col portatile e con un casco in
testa…sperando di sopravvivere al prevedibile attacco…
Ok, se avete desiderato uccidermi alla fine dello scorso capitolo, alla
fine di questo cosa farete
Ok, se avete
desiderato uccidermi alla fine dello scorso capitolo, alla fine di questo cosa
farete? Mi squarterete pezzo per pezzo e mi getterete in pasto agli Schiopodi
Sparacoda!? Sto già provvedendo da sola, perché vi informo che è l’una e
diciotto minuti di notte, mentre scrivo il My Space, e sono sdraiata col
portatile sul mio letto a soppalco, le lacrime che mi rigano le guance e
finiscono nelle orecchie, come ai bambini. Vi chiedo perdono. E ringrazio con
tutto il cuore e l’orgoglio inevitabile di scrittrice le 49 persone che hanno
Luce e Buio fra i preferiti. Ragazzi,
grazie!!!!
Ecco…so già
chi vorrà uccidermi (tutti) alla fine…e anche all’inizio…comunque, lunedì
posterò il prossimo capitolo, perché stage rompendo la sottoscritta qui scrive
come la grafomane che è di notte, come vi ho scritto sopra…vedete, per me
scrivere è tutto, è l’unico modo in cui il mio animo tormentato, lacerato,
rovinato, possa trovare un po’ di pace. Un po’ di sfogo.
Ed ecco le
risposte alle recensioni:
semplicementeme:
oddio, la prossima volta dormi...anche perché i miei chap non sono da
considerarsi “lettura leggera”! ;P Ho pianto scrivendo quella parte, a dir la
verità ho pianto durante tutto il cap...in questo c'è un nuovo cambio di font,
è il POV in terza persona è proprio quello di Kelly. Per gli occhi, li feci
rossi perché il nero l'ho usato qui...grazie cmq per il consiglio! E buona
fortuna con l'università!!
DileWeasley:
(e Diletta preparò l'arma).....sai cosa succederà qui, vero? Dile siii
comprensiva...sai il finale....ti prego...non uccidermi!!!!
D2OTTO: Alex
sapeva che Diana avrebbe combattuto contro Kelly, per questo non ha voluto che
“sprecasse” energie con lui...coraggioso pivello, lo
adoro...Kelly...Kelly...per morire, morirà di certo, nel prossimo chap e per mano
di ....ok taccio...e perdonami per tutto quello che combinerò in questo
chap...;P
SlytherinAngel:
non preoccuparti se non riesci a recensire! Anche a me capita spesso!!! Per
Blaise e Diana, oddio, io sto piangendo, quindi perdonami....non riesco a non pensare
alle calde e assolate spiagge delle hawaii....sigh....sob....ueeeeee!!!!
Ilaria: tesoro
non preoccuparti della cupezza, sai che ti capisco benissimo e non me la
prenderei mai con te. Si, per Melissa ho pensato a te, e per quei tre ho
pensato a quelli che ho pestato...dopotutto, è o no un'autobiografia? Per
qualunque cosa, io sono qui, ricordatelo! Un bacione stella!
Sarita46:
aspetta di vedere cosa combino in questo chap....cmq....l'happy end, per tutti,
ci sarà...anche se non riuscirai a vederlo, per ora, ci sarà----promesso!!!
pei_chan: io
non ti faccio morire Draco, premetto....io e la Dile sapevamo che avresti
reagito così muahahahah.....se la battaglia con Kelly ti è piaciuta, come mi
par di capire, aspetta di leggere e poi giudica...e, per favore, risveglia
l'OPAK di cui voglio entrare a far parte (manie suicide)...
cherie:
ehm......ehm......Ron, dici????? ehm.....oddio.....perdonami anche tu.....per
le due cose che hai espresso, te lo rivelo in anteprima, succederanno
entrambe....ma shhhhhhhhh!!!!!!
Inno: se non
assicuravo l'happy end mi sa che mi cruciavano a morte per un paio di
settimane!! ;P
Honey Evans:
ragazza, respira, respira, e ripetiti: l'ha promesso-l'ha promesso-l'ha
promesso.............e ogni promessa è debito per la sottoscritta!!! Grazie per
l'aiuto, ero andata nel pallone perché non me lo ricordavo e il mio dizionario
è finito in pasto a Camomilla (il mio pastore tedesco deficiente!) Grazie
e....anche tu...perdonami!
Shuyin:
ragazzo, calmati, dai....su....;P Questo chap l'ho scritto anche pensando a te,
visto che ti piacciono tanto i poteri di Diana! Spero tu gradisca....ma mi sa
che vorrai uccidermi lo stesso...
Farea: E
SIGNORI E SIGNORE, ECCOLAAAA!!!! Ma dai, tanto sapevi che succedeva, te l'avevo
detto, no? Pensa alla fine di questo cosa vorrai farmi...muahahahahah risata
malefica...grazie per il commento Lauretta!!!
Se tornate
indietro di un chap, troverete queste immagini:
Diablo
Fuego
L’Oreana
E ora…beh, non
vi auguro buona lettura, perché diciamo che è un po’ da suicidio…
BUONA LETTURA
(ci tengo a morire prematuramente ^.^)
MORTE!
Diana non riuscì
a dire nulla. Le sembravano passati solo pochi minuti, da quando si era
Smaterializzata dalla Morris, eppure dovevano essere passate ore. Le pareva
impossibile che i Mangiamorte avessero attaccato in massa, fatto esplodere la
roccaforte della magia nel Limbo, ucciso...non era possibile che le tre ragazze
fossero...
Fece l'unica cosa che le parve
sensata, in quel momento. Abbracciò il suo fratellastro, sentì le braccia di
lui stringerla in vita, forte, quasi con rabbia, mentre la verità la colpiva
con la forza di una mazzata.
Alex.
Melissa.
Hermione.
Ginny.
Rimasero in silenzio, tutti e
quattro. Non trovarono niente da dire, le loro lacrime silenti parlavano per
loro. Solo dopo un'eternità di tempo, Diana si separò da Harry, pallido e
tremante, e andò da Lea. Curò le ferite di tutti e tre, senza dire nulla,
mentre ascoltava il rapporto che aveva ordinato all'amica di farle.
-...li ha portati verso Eagle
Pass. Sono ancora vivi.- terminò. Il cuore di Diana ebbe un cupo sobbalzo:
vivi, ma chissà in quali condizioni...
O forse già morti.
Avrebbe urlato. Il dolore e la
frustrazione erano così immensi da impedirle persino di usare le sue capacità
vocali, non riusciva a pensare, sembrava un automa.
Alzò le mani, chiamò a sé
l'Aria, e Diablo apparve nel buio del deserto. Solo le sue ali e la sua
criniera spiccavano nella notte, mentre il suo corpo vi si fondeva.
-Salite. È abbastanza forte per
portare tutti e tre.- ordinò, con voce atona.
-Ma...-
-Harry, in questo momento
vorrei mandarvi il più lontano possibile da qui. Ma so che piuttosto che
permetterlo mi uccideresti. Vuoi restare, volete
restare, e non ve lo impedirò.- l'affermazione di Diana lo spaventò: come
faceva a cogliere, anche in quel momento, ogni suo più piccolo pensiero, ogni
suo determinato desiderio di restare e combattere? Di restare, e uccidere gli
assassini di Ginny e Hermione?
-Io mi Smaterializzerò. Voi
raggiungete Eagle Pass con calma, non è lontano.- Diana, nonostante il suo
corpo fosse martoriato da cento e più ferite sanguinolente, si reggeva
benissimo in piedi. Voleva arrivare prima di loro, voleva far fuori tutti i
Mangiamorte che le fosse stato possibile uccidere, facendo in modo di lasciare
Voldemort, solo, dinanzi a Harry. Avrebbe trovato Blaise e Draco, e in qualche
modo li avrebbe portati via, da lì. Non avrebbe avuto problemi a evitare di
farsi ammazzare, lei. E anche Kelly. Oh, lei sarebbe sopravvissuta. Poco ma
sicuro, avrebbe vissuto ancora a lungo.
Senza più gli occhi, né le
mani, né i piedi. L'avrebbe condannata ad una vita di buio e dolore.
-Ma...- Ron annaspò alla
ricerca delle parole per esprimere il dolore immenso che portava dentro. Ma
Diana comprese lo stesso.
-Ron, non è il momento di
disperarci. Verrà il tempo in cui potremo arrenderci al dolore, piangere i
nostri morti. Ma adesso è solo una la cosa che dobbiamo fare, che devo fare, ed è ucciderli tutti.- Lea,
Ron e Harry furono spaventati dal tono basso, rasposo, quasi serpentino della
voce di Diana. Sembrava prontissima a mettere in atto le sue minacce, e
sapevano che era capace di farlo.
E non l'avrebbero fermata.
Con un brusco cenno di Diana,
Diablo si alzò in volo nel silenzio più totale. Diana attese, la testa
rovesciata verso il cielo, finché non lo vide sparire fra le stelle.
Poi, pronunciò alcune parole
scelte con cura, parole tenui, sottili, che si persero nella notte.
La sabbia cominciò a muoversi.
Si alzò lentamente, frusciando nel buio, creando mulinelli ipnotici che
andarono a condensarsi in una piccola, minuta, eterea figura di bambino.
-Ai suoi ordini, mia Regina.- disse lo spirito del deserto,
con voce bassa e flautata.
-Distruggi gli Horcrux.-
ordinò seccamente lei. Aveva trovato quella soluzione solo pochi attimi prima.
Si maledisse ferocemente, quando si rese conto che, se le fosse venuta prima
quell'idea, i ragazzi sarebbero stati ancora vivi.
-Sarà fatto.-
rispose lo spirito, e tornò a immergersi nel proprio elemento. Diana rimase un
istante a guardarlo svanire, prima di girare su sé stessa e di
Smaterializzarsi.
Desiderava solo una cosa, in
quel momento. Un desiderio, una bramosia, ormai un'ossessione che l'animava da
quando la stretta della mano di Alex si era allentata nella sua.
Dare libero sfogo al suo Male.
Riapparve sopra uno dei due
picchi di Eagle Pass. Erano due grandi, frastagliate formazioni rocciose, che
si innalzavano verso il cielo come torri di pietra brunita dal sole, e in mezzo
a loro correva una strada, stretta, sterrata, ideale per passare inosservati e
per cadere negli agguati. Diana ne aveva evitati tanti, laggiù. Nella notte, si
ergevano come due colonne dritto verso le stelle.
“Ho-take-nah...so che puoi
sentirmi. Volevi che imparassi ad essere invincibile...proprio tu, che dovresti
uccidermi...non so perché. Forse non avrò tempo di scoprirlo. Ma ora, in questo
istante, ho bisogno di dimenticare i tuoi insegnamenti. Ho bisogno della mia
furia. Ormai non mi spaventa più.”
Non ottenne risposta, ma sapeva
che l'indiano aveva colto le sue parole.
Chiuse gli occhi per un
istante, trovando nel buio delle proprie palpebre l'ardente sete di sangue che
non riusciva più a voler placare.
Si concentrò su quella, e su
niente altro. Rimase immobile, lassù, col vento che la faceva rabbrividire, per
interminabili, inquietanti attimi. Attimi di dolore, di rancore, di rabbia e di
odio, tutti condensati in un unica brama dal sapore amaro: quella di vendetta.
Quando i suoi occhi si
riaprirono, Shoenn ebbe la meglio su di essi. Si perdevano nel cielo come
l'ombra nella buio, neri come l'universo più profondo, ardenti di una fiamma
incessante, che la consumava fin nel più profondo antro del suo animo lacerato.
Il bianco degli occhi non esisteva più: le iridi si erano allargate fino a
comprenderlo tutto.
Fendettero la notte con estrema
facilità. Là, in lontananza, distinse le ali e la criniera sanguigne di Diablo.
Il suo udito allenato colse a distanza impressionante le loro voci.
Non avrebbe diviso il sangue di
Kelly con nessun altro. Questo Lea lo sapeva bene. E non l'avrebbe fermata.
Spostò lo sguardo verso il
basso, e distinse la vaga luce eterea che brillava in tutti gli Elementali. La
preda della Regina era laggiù.
E c'erano anche decine e decine
di Mangiamorte, alcuni ancora accaldati dopo una corsa a cavallo, probabilmente
gli stessi che avevano distrutto la Morris-West. Altri erano lì da più tempo:
distinse Bellatrix, sua zia, la donna a cui in quel momento somigliava di più
che a chiunque altro, allo scodinzolante seguito di un uomo alto, emaciato,
avvolto in un mantello nero come i suoi occhi.
Voldemort era giunto nel Limbo.
Avrebbe avuto poche
possibilità, rifletté. Solo il tempo necessario per scatenare le sue più oscure
forze, prima che Voldemort, coadiuvato da Kelly, la uccidesse.
Non le importava minimamente.
Voleva solo dare vita all'inferno, per i Mangiamorte, e sarebbero morti anche
senza la sua supervisione.
Ed eccolì, là. Quasi
irriconoscibili. Un moto di rabbia violenta assalì Diana ancor di più, quando a
stento li riconobbe. Blaise e Draco erano stati pestati da mani esperte. I loro
volti lividi e sanguinanti spiccavano nel buio. Intorno ai loro polsi
insanguinati, manette di gelido acciaio segavano le loro ossa.
Chiunqueavesse osato fare questo a loro, avrebbe
pagato. Molto, molto caro.
Con indubbia
agilità, Diana discese silenziosamente il picco di ovest. Conosceva quelle
rocce come i palmi delle sue mani diafane, ormai privi della protezione dei
guanti, e non le fu difficile inerpicarsi su quelle pareti senza nemmeno un
suono.
Nel suo cuore, ormai albergava
solo la gelida calma che precede l'omicidio.
Passò in mezzo ai Mangiamorte
intorno ai due ragazzi, senza che la vedessero, celata da poche, semplici
parole sussurrate al Vento. I suoi passi non producevano il minimo rumore sulla
strada sterrata dell'accampamento. Le ombre che danzavano intorno a lei, nei
riflessi rossastri dei fuochi accesi per illuminare il buio, attraversavano i
corpi dei suoi nemici, senza che loro le vedessero, e ne fermava i cuori. Fu
Diana a bloccarle: non meritavano morti così dolci, quelle carogne.
Erano gli spiriti dei morti,
che attraverso di lei tornavano fra i mortali, assetati di vendetta, bramosi di
quel sangue che solo lei poteva dargli. Le loro grida di rabbia risuonavano
vaghe nel cuore di Diana, irrobustivano la sua sete già immensa di morte.
S'inginocchiò dietro i due
ragazzi, e Blaise riconobbe il suono lieve delle sue ginocchia che
schioccavano.
-Dove sei?- sussurrò, così
piano che persino lei faticò a sentirlo.
-Dietro di voi.- rispose, la
voce gelida, fredda, inspiegabilmente diversa da quella che i due conoscevano.
Ad un lieve cenno della sua mano sinistra, due evanescenti ombre s'insinuarono
nelle serrature. Le manette scattarono con un metallico ticchettio, e caddero a
terra. -Allontanatevi. Andate via di qui: non siete in grado di fare nulla.-
gli disse, rialzandosi.
-Diana...-
-Blaise, una volta tanto, dammi
retta.- lo interruppe, e li superò entrambi, dirigendosi verso la giovane
donna, in attesa, al centro dell'accampamento. Mentre camminava, sciolse
l'incantesimo. Avvertì grida, sussurri, mormorii, al suo passaggio, ma i suoi
occhi erano fissi su quelli di Kelly.
-Diana, hai deciso di gettarti nella bocca del leone?- la
beffeggiò, anche se, con perversa soddisfazione, la mestiza colse una vaga preoccupazione nella sua voce, quando la
messicana vide il suo sguardo. Voldemort, a quelle parole, si volse verso di
loro.
Ma nulla, nemmeno una vaga
sorpresa, aleggiò sul suo viso serpentino.
-Chiamami con il mio nome,
Kelly. Sai qual'è.- disse Diana, pacata, indifferente al fatto di essere
l'oggetto di tutti gli sguardi dei Mangiamorte. Nessuno si accorse di Draco e
di Blaise, che lentamente, il primo sorreggendo il secondo, si stavano portando
al sicuro.
-Quale? “Regina”?- la voce
irrisoria della Galindez non la sfiorò minimamente. Scosse la testa, senza
chiudere nemmeno per un istante le palpebre sui due baratri oscuri al posto dei
suoi occhi, e sorrise. Un sorriso crudele, inquietante.
-No. Shoenn.-
-E così...alla fine...hai
scelto, mia Regina.- la voce di Voldemort si propagò serpeggiando fra le sue
fila, e la raggiunse. Anche Blaise lo sentì, si irrigidì nel cogliere le due
ultime parole, e si voltò di scatto.
-Esattamente. Ho scelto quello
che desideravi...ma non nel modo che prevedevi, Voldemort.- pronunciando il
nome dell'Oscuro, Diana rivolse un'occhiata sprezzante a Bellatrix, il cui
collo era scattato involontariamente nel sentirlo.
-È ancora presto per deciderlo,
Shoenn.- replicò lui, beffardo, ma fece due passi indietro quando Kelly avanzò.
Il suo viso era storto di rabbia e di odio, mentre quello di Diana era calmo,
insolente, d'una perfezione assoluta creata dalle ombre.
-Non credere di spaventarmi,
Black.-
-Oh, non lo credo.- Diana
sorrise ancora, affabile. -Ma sai, forse ho il dovere di avvertirti di una
cosa...- inclinò leggermente la testa, felina, scrutandola con interesse.
-Cosa?- sibilò duramente la
messicana, allarmata dalla sua assoluta mancanza di pietà.
-La sottoscritta...- Diana
scomparve. L'attimo prima era dinanzi a lei, e quello dopo lo spazio che occupava
era vuoto.
Un sibilo, un sussurro dietro
la schiena di Kelly. -...sta ancora giocando.-
Le ombre s'insinuarono
prepotentemente nel corpo di Diana, lo risalirono, ed esplosero insieme agli
Elementi dalle sue mani, in una sfera fiammeggiante che andò ad ardere contro
la schiena di Kelly.
La messicana fu scagliata a
terra a tre metri di distanza. Voldemort, ghignante, si voltò appena in tempo
per schivare una pallottola.
I suoi occhi rossi
fiammeggiarono verso il cielo da dove era nato quel colpo. E vide solo qualcosa
di nero, prima che un Diablo infuriato gli piombasse addosso.
Lea, Harry e Ron balzarono a
terra, armati, furibondi, animati da una furia cieca che, al contrario di
Diana, non sapevano controllare. Alzarono le armi, aprirono il fuoco.
E l'attimo dopo fu il caos.
-Cosa cazzo sta succedendo?
Dove sono Hermione e Ginny?- sbottò Draco, accanto all'amico esausto,
sanguinante, seduto scompostamente contro una parete di roccia. Una gamba di
Blaise era stata rotta a livello del ginocchio da un calcio di Rowle.
-Non lo so...Draco, vai anche
tu. È inutile che resti qui, vai a combattere.- rispose lui, gli occhi stretti
a causa del dolore inimmaginabile che provava. Draco, che non aspettava altro,
annuì e corse via, atterrando con un pugno ben piazzato il primo Mangiamorte
che gli si parò davanti.
-Mi serve il fucile...- gli
disse, con un ghigno beffardo, e se ne appropriò.
-Tiramelo, và, e tu prendi le
pistole.- gli gridò dietro Blaise. Draco seguì la sua proposta e gli tirò
l'arma, che Blaise prese al volo. Cominciò a mietere vittime, mirando ai
Mangiamorte intorno a Diana, per darle spazio di manovra e per non perderla di
vista. Non l'avrebbe mai ammesso, ma quello scontro fra titani lo spaventava.
Diana schivò senza troppi
problemi un attacco furibondo di Kelly. Si muoveva appena, limitandosi a
schivare e parare gli Elementi che Kelly scatenava contro la lorostessa regina.
-Non vuoi combattere?- la
provocò la messicana, ansante.
-Mi diverto a vederti provare.-
replicò Diana, arrogante. -Ma, se proprio ci tieni...-
Chiuse gli occhi, per la prima
volta da quando era giunta in quell'accampamento. Intorno a lei, le ombre
cominciarono a danzare velocemente, sempre più velocemente, in movimenti
pulsanti e ipnotici, e l'ira che le alimentava crebbe nel suo animo,
accecandola, inebriandola fino allo spasmo.
E, un istante più tardi,
quell'oscura massa assassina si era scagliata su Kelly.
A nulla valsero i suoi
tentativi di proteggersi: Diana era troppo grande, troppo potente, per essere
contrastata. Fu colpita in pieno, sentì le urla che echeggiavano nel cuore
dell'Auror, sentì lo strazio di quelle anime di cui lei aveva causato il dolore, e gridò con loro, soffrendo tutte le
ferite che aveva inferto, tutto il male che aveva fatto.
-RON!- un grido distolse
l'attenzione di Diana da ciò che stava compiendo. Si voltò di scatto,
allarmata, e vide il suo amico, Ron, il rosso, le mani strette spasmodicamente
alle spalle di Lea, il viso contratto, e tre fori nella schiena.
Un flash. Un orribile flash di
una scena vissuta sulla propria pelle.
Ron ci mise un'eternità a
cadere a terra. Le sue ginocchia cedettero lentamente, Lea in lacrime, che
s'inginocchiava accanto a lui, che sussurrava parole che non riusciva a
sentire.
E gli occhi azzurri che si
chiudevano lentamente.
Immobili.
Ogni muscolo che si
abbandonava.
Diana fissò la scena,
esterrefatta e inorridita. Lea piangeva. Harry accorreva. Blaise era immobile,
orripilato quanto lei. Draco era l'unico ancora a combattere.
Non era possibile...non era
assolutamente possibile...
Un Mangiamorte, il Mangiamorte
che aveva sparato a Ron, puntò Lea e fece fuoco.
-NO!- Diana fu in mezzo in un istante, le ombre ondeggiarono
intorno a lei, e i proiettili si fermarono a mezz'aria.-Muori.- sibilò soltanto, e ad un suo gesto
i proiettili saettarono contro il proprio tiratore, trapassandolo da parte a
parte.
E fu allora che Voldemort si
mosse.
Diana si era distratta. Kelly
era riuscita a liberarsi, si era rialzata e, ad un imperioso cenno del Signore
Oscuro, le si era avvicinata di soppiatto. Fu solo l'odore di carne bruciata,
la sensazione di qualcosa di orrendamente sbagliato, prima che il dolore
raggiungesse il cervello di Diana e lo mandò letteralmente in fiamme.
La Regina fu scagliata contro
una delle pareti di roccia, aprendovi un varco delle dimensioni del suo corpo.
Gridò, il dolore insopportabile, disumano, quando le sue ossa si ruppero.
Crollò a terra, il sangue in bocca, le braccia che non
rispondevano ai suoi richiami. Provò a rialzarsi, ma qualcosa di poco dissimile
dalla Cruciatus la colpì. Avvertì il proprio corpo dibattersi, la schiena
inarcarsi, in preda a quel dolore folle, immane, la mente stessa stravolta, un
unico urloprolungato e atroce...
-DIANA!- la voce
angosciata di Blaise fu l'ultima cosa che sentì, prima di piombare a terra,
priva di sensi.
Poche ore più tardi. Notte,
sempre notte, un breve baluginio a est, la notte che schiariva appena.
Solo quattro prigionieri.
Harry, Lea, Draco, Blaise. Catturati dopo la caduta di Diana. Svenuti, pestati
affinché rimanessero privi di sensi.
Nessuno, intorno a loro.
Silenzio, silenzio di morte.
Solo una struttura, un cubo
d'un bianco strano, perlaceo, evanescente, a cento metri da loro.
E là, nel suo ventre, un corpo
svenuto, martoriato da una battaglia sanguinosa.
Occhi neri sciolsero la magia
che teneva tutti e cinque addormentati. Voleva godersela, quella.
Diana spalancò gli occhi. Per
un istante, credette che fosse la sua vista, un po’ appannata, a rendere tutto
così sfocato, così tremolante, come attraverso un velo d’acqua, a rendere la
notte pallida. Quanto era rimasta priva di sensi? Dov'era la furia assassina
che l'aveva animata? Cos'era successo agli altri? A Ron?
Poi…
Una fulminea
comprensione. Uno sgranarsi degli occhi.
Si rese conto
all’improvviso di dove si trovava, e il panico si impossessò di lei.
Questo è un luogo dove non esiste la tua
magia.
Solo Lui può averlo Evocato.
Bianco. Solo ed esclusivamente bianco,
intorno a te.
L’aria sa di stantio e di veleno, povera di
ossigeno come di vita.
La tua testa scatta, a destra, a sinistra,
vedi le manette che ti insanguinano i polsi.
Non puoi comandarle. Sono fatte dello stesso
materiale di quel maledetto posto, di quelle dannate pareti.
Sei in ginocchio. I tuoi vestiti sono
laceri. Il sangue gocciola piano sul perlaceo, sparisce appena tocca quel
bianco abbacinante.
Attorno a te, la vivida crudezza del solo
Elemento che non puoi comandare.
Perché è un Elemento che è nato con te.
Nato per distruggerti.
Arn-rhua. L’Elemento maledetto.
Il tuo respiro si fa più veloce. Frenetico.
Cerchi aria che non può arrivarti. Senti il tuo cuore battere all’impazzata per
tenerti in vita.
È una lotta senza speranza.
Sai che non puoi vincere questa tortura.
Sconfitta...
-Dov’è Diana?-
furono le prime due parole che uscirono dalla bocca di Blaise, appena aprì gli
occhi. Non avvertì il dolore lancinante delle manette che gli segavano i polsi,
non sentì l’aria premere crudele su almeno una decina di profonde ferite
aperte, non sentì il pulsare della dolorosa botta che aveva ricevuto sulla
nuca.
Aveva visto Diana
imprigionata, e questo non era possibile.
-È là…là dentro.-
mormorò Lea, che come lui si era appena risvegliata, che come lui era messa
malissimo. Lacrime immobili brillavano sull’orlo delle sue palpebre, ma non
voleva arrendersi al pianto, arrendersi al dolore: c’era ancora qualcuno di
vivo. C’era ancora qualcuno da salvare.
Anche se Ron non
c’era più.
Anche se Ron se
n’era andato.
Blaise alzò lo
sguardo verso il cubo che Lea aveva indicato. Una struttura imponente,
massiccia, fatta di qualcosa simile a porcellana come consistenza, ma
trasparente come il vetro più sottile.
Là dentro, c’era
Diana.
Incatenata da
quelle che sembravano tralci della stessa sostanza vetrosa in cui era
rinchiusa, si guardava in giro, frenetica, il terrore dipinto sul volto e il
sangue che scorreva fra i suoi lineamenti, sul suo corpo, che non lasciava
tracce sul bianco opprimente che la circondava.
Aveva
l’espressione che le aveva visto tante volte, sul viso. L’espressione ferina,
spaventata, aggressiva, di una fiera in trappola.
Kelly Galindez si
Materializzò dietro ai prigionieri. Sul suo viso, solo somma soddisfazione,
quando vide Diana imprigionata, incatenata, sconfitta. Assaporò nella sua mente
quest’ultima parola…
Sconfitta.
Era quello che
desiderava da quando suo fratello e Scott erano morti. Per quanto tanti
avessero provato a convincerla del contrario, lei sapeva che Diana era l’unica
causa di quelle tante morti, in quella maledetta guerra.
Aveva accettato
il Marchio solo per poterle finalmente infliggere quello che lei aveva
costretto a subire tanti altri. Cercava di non pensare di essere in combutta
con lo stesso mostro che le aveva portato via Scott e Dan, perché solo quella
consapevolezza le provocava un immenso disgusto di sé stessa.
Ma era stato necessario,
per raggiungere lo scopo che da tanti mesi bramava.
Incontrò gli
occhi di nuovo argentei di quella che una volta aveva chiamato amica. Erano
spaventati, eppure fieri, orgogliosi. Come sempre.
Ci avrebbe
pensato lei, a distruggere anche quegli ultimi barlumi di vita che ancora
esistevano in lei.
Estrasse con
calma studiata la pistola, senza lasciare lo sguardo di Diana, tenendo il
proprio accuratamente indifferente. E l’orrore, lentamente, si dipinse sul
volto della mezz’americana.
-Kelly! No!-
gridò, strattonando le catene, urlando di dolore quando l’Arn-rhua le bruciò la
carne, penetrando fino alle ossa. Ma non le interessava.
Blaise,
lentamente, si voltò e alzò lo sguardo. E quello che vide non gli piacque
affatto.
“Merda!”
Kelly spinse la
canna della pistola contro la testa del moro Serpeverde, costringendolo a
seguirne l’urto. Era crudele, la giovane donna lo sapeva benissimo. Per una
persona orgogliosa come quel ragazzo, non ci sarebbe mai stato nulla di peggio
che essere umiliato così, davanti alla sua donna.
-Kelly!- Diana
gridò di nuovo, ribellandosi con violenza le catene che la intrappolavano.
Kelly ghignò: sapeva bene che non avrebbe mai potuto liberarsi. Sarebbe stata
costretta ad assistere.
Si gingillò con
l’arma, sfiorando i capelli di Blaise, il viso, le spalle. Era indecisa: meglio
un colpo alla testa, pulito e veloce, o la lenta agonia del perforamento di un
polmone?
No. Quel ragazzo,
dopotutto, era un innocente. Una pedina. Non sarebbe servito a nulla farlo
soffrire. Non era lui, quello che avrebbe sofferto.
-Kelly! No!-
Diana strattonò le catene con ancora più forza, tentando di alzarsi, tentando
di liberarsi, stravolta, gli occhi lucidi.
-Come ci si
sente, Diana? Te lo ricordi?- sussurrò Kelly, piano, sapendo che poteva
sentirla. No, decise. Meglio un colpo alla testa, diretto, preciso, pulito.
Non doveva
provare dolore. Non lui, almeno.
Diana crollò di
nuovo in ginocchio, esausta, il viso rivolto al proprio sangue, che colava
sulle sue gambe. Gli occhi lucidi, senza il coraggio di fissarsi ancora in
quelle due pietre d’onice. E poi parlò: una voce disperata, di chi non ha più
nulla da dimostrare.
-Kelly…ti prego…no.-
Le due Auror,
Draco, Harry e Blaise alzarono lo sguardo, stupiti, per un istante dimentichi
di cosa stava succedendo intorno a loro.
Per la prima
volta nella sua vita, Diana implorava.
Implorava salva
la vita dell’uomo che amava. Rinunciava a sé stessa, all’orgoglio a cui teneva
al di sopra di ogni altra cosa, per lui.
Lui che la
guardava, lui che non riusciva a distogliere lo sguardo da lei, che le diceva
con gli occhi che non doveva farlo, che non doveva arrendersi…che doveva
lottare, che non doveva piangere, che cercava con lo sguardo di darle quel
coraggio che pareva aver perduto, quel poco di coraggio che gli rimaneva, la
morte a pochi passi, pronta a ghermirlo.
Non piangere, Diana.
Non implorare per me.
Andrà tutto bene, piccola.
Tutto bene.
Diana lo sentiva.
Diana lo guardava. Diana scuoteva la testa, atterrita, consumata dalla paura
che le si era avvolta nell’anima.
Kelly la guardò:
in ginocchio, quasi in lacrime, devastata, sconfitta. Spezzata.
Quello che
voleva.
Abbassò il
grilletto.
-Kelly, è me che
vuoi morta! Non lui!- gli occhi scuri di Kelly raggiunsero quelli chiari di
Diana, e la Regina vide in quei baratri neri la sua sconfitta.
-NO!-
BANG.
E qui la Bea
grida, dal suo bagagliaio ormai dotato di tutti i comfort, piange davvero come
una povera cretina singhiozzando: “Blaise…no…” della serie “W il suicidio”…vi
presento il masochismo fatto persona…ossia la sottoscritta…che ha deciso di
perdere la vita prematuramente…
Ehm…forse
l’happy ending non è del tutto assicurato, dopo tutto…vi lascio col dubbio…
STO SCHERZANDO, OVVIAMENTE.
OVVIAMENTE!!
GIU’ QUELLE MALEDETTE BACCHETTE!!!
Ringrazio me
stessa per l’ironia e il sarcasmo che non ho perduto e non perderò
mai…nonostante tutto.
E anche
l'azienda produttrice di Kleenex, visto che ne sto consumando a quantità
industriali.......
Ho pochissimo tempo e non posso rispondere alle recensioni
Ho pochissimo tempo e non posso rispondere alle
recensioni...comunque, per la mia promessa dell'happy end...ho un dubbio da
insinuarvi? Chi vi ha assicurato che anche il pairing principale avrà l'happy
end? Muahahahahahahah......anzi no non c'è nulla da ridere...semmai da
piangere...e in questo capitolo (FORSE...o forse no, chissà?) troverete la
risposta...voglio lasciarvi col dubbio...e ora, a voi, con “Il Sacrificio Della
Regina”.
Il Sacrificio della Regina
Catene
spezzate. Energia improvvisa nei muscoli.
Diana balzò
in piedi, libera, corse, piantò i pugni contro la parete del cubo. Non poteva
usare la magia, poteva solo prenderla a pugni, le lacrime che le rigavano le
guance, gli occhi fissi su quello che fino a pochi istanti prima era stato il
suo uomo.
-No…- la sua voce si spezzò. Le sue mani
scivolarono sul gelido Elemento, lentamente, allontanandosi da esso, cadendole
sui fianchi. Diana cadde in ginocchio. -Blaise!- gridò con voce strozzata, gli
occhi sgranati, come se bastasse chiamarlo, per far sì che non fosse vero.
È morto.
Renditene conto. Adesso.
È morto.
Morto!
Diana posò
le mani sulla base del cubo. Quel contatto bruciava la sua pelle, mangiava ogni
centimetro di carne che riusciva a raggiungere, ma non le importava.
Non si
concentrò nemmeno.
Bastò
pensare a lui.
CRASH.
Il cubo non
fece in tempo a distruggersi, che un lampo rabbioso si era già scagliato
addosso a Kelly.
-Diana!-
Lea ritrovò la parola, l’orrore ancora dipinto sul volto. Diana agitò una mano,
e le corde che la legavano si sciolsero. Le due donne si colpivano, colpi
tremendi, inferti con odio e rabbia, con dolore e rancore, così forti da
sfondare ossa e organi. La sabbia che accoglieva il loro duello, prima Kelly,
poi Diana, poi di nuovo la messicana, in un turbinio confuso di grida e di
sangue. Vide i pugni di Diana infierire su Kelly, incapace di difendersi dalla
sua furia, vide il sangue della più giovane dei Galindez macchiare copioso la
sabbia, mischiarsi con quello dell’ultima dei Black.
Vide lo
sguardo di Diana.
Vide lo
sguardo di un animale. Ferito dal dolore, assassino, accecato dalla furia più
nera.
E non volle
fermarla.
Senti le ossa e le cartilagini spaccarsi
sotto la tua violenza.
Ancora.
Senti la tua rabbia esplodere assassina,
riversarsi nelle tue mani, i poteri svaniti, solo la tua forza che compie
quell’atto brutale.
Ancora.
Senti le lacrime cadere dal tuo viso sul suo
sangue, lacrime che non riesci a fermare.
Ancora.
Kelly non reagisce più, piagnucola. Ha la
faccia distrutta, lo stomaco livido e nero.
Ancora.
Smette anche di implorare.
Ancora.
Una stretta improvvisa sulle spalle, due
mani forti che ti allontanano da Kelly, immobile. Non ribatti, non ti liberi.
La furia svanisce di scatto, l’odio rimane, più vivo che mai.
La brama del sangue che hai finalmente
soddisfatto.
-Diana, l’hai ammazzata.- dice la voce di
Draco, spenta, vuota, malsana.
Non rispondi.
I tuoi occhi scattano su di lui.
Ti liberi della presa di Draco, un gesto
violento, involontario. I tuoi passi affondano nella sabbia, mentre corri verso
di lui.
Crolli in ginocchio, al suo fianco. Ha un
piccolo, insignificante, fatale forellino a livello della tempia. Gli occhi
sbarrati, spenti, il sangue che cola piano sulla sua pelle bronzea, fra i
lunghi capelli disordinati che tanto ami.
O amavi.
-Blaise…- lo chiami, piano, ben sapendo che
non ti può sentire. La tua voce è spezzata, trema, incrinata dalle lacrime.
-È colpa mia…ti ha ucciso a causa
mia…Blaise…ti prego…torna da me…-
singhiozzi, non riuscendo a trattenerti. Il tuo cuore si dilania, si strappa,
si spezza, e i brandelli sanguinolenti si perdono nel vento.
La tua anima grida e grida, urla il dolore
straziante che provi dentro.
La tua anima muore con lui, lo segue là dove
non può più sorriderti.
Gli chiudi gli occhi, rivivendo ogni istante
di più lo stesso dolore che già una volta hai provato.
No.
Non è lo stesso. Te ne rendi conto, non è lo
stesso dolore.
È
molto più grande.
E scoppi a piangere.
Il viso nascosto dalle tue braccia, perché
non saranno più le sue a cingerti.
Il viso posato sul suo torace, perché non
potrai più rifugiartici.
Piangi, piangi tutte le tue lacrime, in un
silenzio innaturale infranto solo dal tuo respiro affannoso. Intorno a te, Lea,
Draco, Harry. Ti guardano in silenzio, senza dire nulla, osservando il tuo
dolore. Senti le lacrime di Lea, senti con sorpresa anche quelle di Draco.
“A cosa serve essere una regina, se chi amo
mi viene strappato?”
Ed è questo tuo amaro pensiero che risveglia
in te un ricordo che ti è sempre sembrato futile, ma che ora scopri essere
essenziale.
Una parte della leggenda. Una delle ultime.
Pronta a sacrificare sé stessa, per ciò
che le sarebbe stato più caro.
Sì. È l’unica cosa da fare.
Diana si
alzò in piedi, lasciò il cadavere di Blaise. Si voltò verso l’amica, che la
guardava, con le lacrime agli occhi. Il volto tumefatto, il sangue che colava
dalle sue mani martoriate, dal labbro spaccato. Lea vide risolutezza, vide
determinazione…vide sconfitta, nei suoi occhi lucidi.
-Lea…posso
fare qualcosa.- non era una domanda, la sua. Lea non capì.
-Cosa?- le
chiese, senza arrivare dove Diana voleva che arrivasse.
-Posso
riportarli indietro. Posso Evocare i Guardiani degli Elementi, posso riportarli
indietro.- la voce di Diana era remota, spenta, come quella di una folle. In
quell’istante, la somiglianza con Bellatrix era lampante.
-Fallo.- fu
la voce di Draco, determinata, a darle il permesso di muoversi. Diana chiuse
gli occhi.
-Diana,
no!- proruppe Lea, comprendendo improvvisamente cosa l’amica volesse fare. Un
gesto disperato, l’ultimo gesto di chi non ha più nulla da perdere. -Diana, sai
che vogliono sempre in cambio qualcosa! Diana, non puoi farlo!-
Inutile.
Diana non l’ascoltava.
Usando solo
la sua mente, indirizzò verso coloro che aspettava una muta richiesta.
-Venite a me, Elementi che da sempre
creano la vita.
Venite a me, Guardiani della Natura,
Guardiani della Terra, Guardiani di tutto ciò che nasce spontaneo.
Venite dalla Regina, obbedite al mio
umile richiamo.
La regina chiede la vostra presenza-.
L’aria
intorno a lei cominciò a vibrare. Vibrare e vibrare, come onde d’urto, che si
propagarono nel deserto a velocità impressionante.
Dalla
sabbia emersero colonne d’acqua, si innalzarono verso il cielo, fendendo il
vento impetuoso che in quel momento aveva ricominciato a soffiare.
E il fuoco.
Il fuoco che si sprigionò dall’anima di Diana, il fuoco che la
contraddistingueva, che la plasmava fin da quando era nata. Il fuoco che era in
lei, il fuoco che era lei.
Arakta e
Shoenn abbandonarono il suo corpo, crebbero, l’una nella luce della luna,
l’altra nelle ombre della notte.
I quattro
Elementi si condensarono dinanzi a Diana. Acqua, Aria, Terra. Fuoco.
E Luce e
Buio con loro.
-Regina.-
-Non voglio più quel titolo, Arakta. Non
voglio più nulla, se non una cosa.- Diana saltò tutti i convenevoli
che, in un altro momento, in qualsiasi
altro momento, avrebbe voluto rivolgere a quelle sei divinità. Perché era
questo che erano. Divinità. Dèi. I suoi dèi, che da secoli avevano fra le mani
il suo destino, e insieme ad esso quello di tutta l’umanità.
-Riportateli
qui.-
-Una vita per un’altra vita. Sai qual è il
costo per questa magia.-
-Non ho
intenzione di uccidere nessuno. Ci sono già stati fin troppi morti.- Diana
sospirò, i suoi occhi raggiunsero per un istante i loro gemelli. -Una soluzione ci sarebbe.- disse,
in indiano, in modo che i suoi amici non capissero. Solo una, fra le tre
persone che stavano assistendo a quell’incontro irripetibile, comprese le sue
parole.
-Quale, Regina?- chiese la Terra.
-La mia vita.-
-NO!- la
voce di Lea la fece trasalire, ma gli Elementi annuirono, cupi.
-Zitta,
Lea. La mia energia può riportarli
tutti in vita. Il sangue della Regina vale come quello di cento mortali, se non
erro.- Diana fece un cenno a Draco, che trattenne Lea dal tirarle
qualche maledizione.
-È un sacrificio molto grande. Sei
disposta a farlo lo stesso?- le chiese la Fiamma. L’Elemento con cui
aveva più affinità, il fuoco, bruciante d’amore e di passione…capiva. Sapeva
cosa significasse per lei quel sacrificio.
-Qualunque cosa, pur di riportare in vita
chi è morto in questa guerra. Qualunque cosa, pur di riportare in vita Blaise.-
rispose Diana, gli occhi scuriti dal dolore che anche solo pronunciare il suo
nome le aveva dato. I sei Elementi si guardarono, scambiarono una lunga
occhiata che Diana non comprese.
-Dovrai morire per mano umana, e recitare
l’Anderhamakenah.- il Sacrificio. Il sommo e proibito incantesimo che
Ho-take-nah le aveva insegnato. Le parole sacre, maledette, che non aveva
compreso sul momento cosa potessero significare. Le parole che per lei, ora lo
capiva, erano una condanna a morte. Diana annuì, la mascella contratta,
pallida, gli occhi spaventati, ma determinati.
-Vi chiedo solo una cosa.-
-Un ultimo ordine dalla Regina…possiamo
farlo.- annuì la Terra.
-Distruggete gli Horcrux di Voldemort.
Tutti quanti.- disse Diana, determinata. Avrebbe reso le cose molto più
facili a Harry, quando avrebbe affrontato Voldemort. (ndA: qui Harry non è un
Horcrux)
-Sarà fatto, mia signora.- annuì
la Terra, e una parte di lei si allontanò di scatto, diretta ad eliminare
quelle creazioni del Male.
“E così, la Morte.
L’ho aspettata per anni, per tutta la vita
mi sembra.
L’ho cercata quando non ho più avuto nulla
per cui vivere.
L’ho evitata quando invece avevo
ricominciato ad amare.
E ora…
Ora, le vado incontro.
Per salvare quel poco che ho di caro.”
Si voltò
verso Lea. Guardò negli occhi la sua migliore amica, sua sorella, colei che
avrebbe dovuto fare la mossa più ardua.
Perché non
poteva chiederlo a Draco. Non poteva chiederlo a Harry.
Doveva
essere Artesia, a farlo.
-Lea…- la
chiamò, senza smuovere il suo sguardo dagli occhi scuri dell’amica. -Ti prego.-
Lea scosse
la testa, facendo cadere le lacrime dalle sue guance, sulla sabbia morbida.
-No. Non
chiedermelo, Diana.-
Qualcosa
nell’espressione di Diana si spezzò. Le lacrime infransero i loro argini tenuti
insieme da quella folle speranza, da quel sacrificio che era pronta a fare
senza pensarci due volte, le rigarono le guance, le scesero sul collo
martoriato dalle catene dell’Arn-rhua.
-Lea, ti
prego. Prendi, e spara.- estrasse la sua Colt, gliela lanciò. Lea la prese al
volo, per la canna, senza però impugnarla.
-Non posso
farlo.-
-Lea.-
Artesia guardò l’amica. Non l’aveva mai vista così, stravolta, il viso rigato
di lacrime, gli occhi vuoti e spenti, senza vita, brillanti di una gelida
determinazione suicida. -Fallo.-
-Diana, io
non posso ucciderti!- sbottò Lea.
-Lea, io
sono già morta.- sussurrò Diana, la voce incrinata dal pianto. -Non ha più
senso vivere senza di loro. Non ha senso la vita senza Blaise.- nuove lacrime
scesero sulle sue guance bianche, lo sguardo saettò per un doloroso istante sul
cadavere di Blaise. -Lea, ti scongiuro, premi quel grilletto. Fallo finire. Fai
finire questo dolore, fai finire questa maledizione su tutti coloro che hanno
fatto l’errore di amarmi.- gli occhi argentati di Diana, imploranti, non
lasciarono mai quelli scuri e caldi di Lea, umidi di dolore. -So che è una
fuga. Che è da codardi morire adesso. Ma non posso andare avanti, pensando che
avrei potuto salvarli. Lea, è arrivato anche il mio momento, ma non il loro.-
-Diana…-
mormorò, le dita tremanti che abbassavano il cane della pistola.
-Lea.- il
tono di Diana si fece improvvisamente duro, stentoreo. -È un ordine. Spara. Adesso.-
BANG.
Il corpo di
Diana fu percorso da un tremito, mentre il proiettile penetrava nel suo torace.
Un dolore impossibile, lancinante, dritto sopra al cuore, raggiunse le sinapsi
del suo cervello e le inondò di grida inumane, strazianti. Le sue dita
affondarono nella ferita, nella carne pulsante e sanguinolenta, cercando di
trattenere la vita dal defluirne.
Gli occhi
chiusi, il pugno stretto per trattenere le grida di dolore, alzò il viso verso
i Guardiani in attesa. Gli occhi di Arakta e di Shoenn, della Fiamma, erano
cupi.
La voce
evanescente, rimbombante, eterea, Diana aprì le sue labbra e parlò. Rivolta
agli Elementi, rivolta ad Arakta e a Shoenn, rivolta al cielo, gli occhi
rovesciati, le palpebre ora spalancate, il sangue che scorreva fra le sue dita.
E la sua
voce risuonò nel deserto, risuonò in tutta la Terra. Maghi e Babbani, Creature
Magiche e animali, tutti sentirono la voce della Regina pronunciare le sue
ultime parole.
Anderhamakenah.
Il
Sacrificio della Regina.
-Il
sangue della Regina vi è offerto in sacrificio.
La
forza del suo spirito è pronta ad essere distrutta.-
Gli Elementi si posero intorno a lei,
accerchiandola, circondandola.
-Prendete
la sua forza, e rendetela Acqua.-
Una scintilla azzurra sibilò fra le sue dita
e lasciò il suo corpo morente.
-Prendete
la sua lealtà, e rendetela Aria.-
Una seconda stilla, bianca.
-Prendete
il suo coraggio, e rendetelo Terra.-
Una dorata.
-Prendete
il suo amore, e rendetelo Fuoco.-
Una rosso rubino, più grande e pulsante
delle altre.
-Che
la Luce torni Arakta,
che
il Buio torni Shoenn.-
Da lei si separarono la sua ombra e la sua
anima, abbandonandola con un sospiro evancescente.
-Che
tutto ciò che esiste in me torni vita,
sangue
per il sangue di chi a me legato,
vita
per la Vita di chi da essa è stato strappato.-
Le sei stille raggiunsero i propri Elementi.
La loro luminosità crebbe, sempre di più, fino a risplendere come il sole.
E poi gli Elementi esplosero, in un tripudio
di colori e di suoni ridondanti nell’anima, soffocando le grida atterrite di
Lea, di Draco, di Harry, costretti a ripararsi il viso con le braccia, accecati
da quella forza immensa che sprigionava dalle creature ora libere dalla loro
regina.
Poi, improvvisa, pace. Silenzio.
-E
ora, Morte.-
E Diana, che
solitaria scivolava sulla bollente sabbia del deserto.
-Diana!- tre voci lacerarono
l'aria del Texas, improvvisamente più carica, attraversata da schegge di
elettrica luce azzurrina che saettavano nell'aere intorno a loro, gonfiandogli
i capelli.
Draco fu il più veloce.
Corse accanto alla cugina, si lasciò cadere in ginocchio accanto a lei e le
sollevò dolcemente la testa, rabbrividendo al contatto con la sua pelle gelida.
Ma Diana non era ancora
morta. Sanguinava da tutte le ferite che aveva, era bianca come un cadavere,
gli occhi erano mezzo rovesciati all'indietro, vacui. Ma il suo cuore batteva
ancora, sfinito.
-Diana...Diana, dimmi
qualcosa.- mormorò il giovane Malfoy, sorprendendosi di sentire la propria voce
così spaventata.
-Dray...- nulla lo ferì coe
sentire la sua voce. Morente, esausta, stremata. Come lei.
-Cosa diavolo hai fatto,
Di?- Draco non aveva capito cosa era successo. Non conosceva l'Algonquin.
-La cosa...giusta.- rispose
lei, in poco più di un sussurro, abbandonando il viso sul braccio del cugino.
-Nessuno te l'avrebbe mai
chiesto. Non dovevi farlo.- la rimproverò.
-Io l'ho chiesto...dovevo.-
un brivido la scosse. -Dray...fa' in modo...che Harry...lo uccida. Te...li
affido...e dì a Blaise...che mi dispiace.- i suoi occhi si chiusero, ormai
esausti.
-Ti dispiace di cosa!?-
esplose Draco, frustrato. -Hai appena riportato in vita tutti, hai salvato
tante vite, di cosa cazzo devi dispiacerti!?- un lieve sorriso comparve sulle
labrba pallide di lei.
-Dovrà imparare...a
vivere...col dolore.- disse, facendo un enorme sforzo per ogni parola che
pronunciava. “Basta. Non ce la faccio più”.
-Diana...sta' sveglia. Non
andartene, cazzo, non morire!- nella mente di Diana comparve un pensiero,
limpido in confronto alla nebbia confusa che le aveva oscurato i sensi.
-Fammi un favore...-
-Qualunque cosa.-
-Tornate...alla Morris..è
stata...ricostruita. Ci sarà...Herm. Prendila con te...andate via.- sussurrò,
così piano che Draco dovette chinarsi verso di lei per sentirla, avvertendo
l'odore del suo sangue a pochi centimetri dal proprio volto.
-Non capisco.- disse, piano.
-È una promessa...che Blaise
mi aveva fatto...e che non potrà...mantenere.- un brivido la scosse fin nel
profondo, facendole storcere il viso in un'espressione di intenso dolore.
“Scusa, cugino. Ma reclamano
il mio tributo, per compiere il sacrificio. Devo andare.”
Prima di arrendersi, il suo
cuore pulsò un'ultima volta, e i suoi confusi pensieri si affollarono su un
viso. Un sapore. Un profumo.
Un sorriso.
Lui.
Blaise.
La testa le ricadde
indietro, il respiro le si affievolì.
Draco inghiottì a forza il
groppo doloroso che gli si era fermato in gola. La sollevò fra le braccia,
sentendo morire con lei una parte di sé stesso, mentre lo faceva, mentre si
voltava veso Harry e Lea, l'espressione dura e indecifrabile. Non servirono
parole, non servirono lacrime. Bastò che le plumbee iridi di Draco
incontrassero quelle smeraldine di Harry, perché il Prescelto capisse.
-No.- lo vide sillabare,
mentre lentamente scuoteva la testa.
Draco si voltò, distogliendo
lo sguardo dal Prescelto. Poco più in là, un movimento.
-Il Limbo non esiste più.-
mormorò, osservando le schegge di magia che saettavano sopra e intorno a loro.
Lea gli si avvicinò. Aveva
gli occhi lucidi, le labbra strette in un'espressione di profondo disgusto.
Disgusto verso sé stessa.
Verso quello che aveva
fatto.
-La porto con me alla
Morris.- balbettò.
-Ci vado io.- si offrì
Draco, senza riuscire ad abbassare lo sguardo sul cadavere – solo il pensiero
era insopportabile – che aveva fra le braccia. Lea scosse la testa.
-No. Devo dirlo io agli
Auror. Sarà un...una tragedia.- mormorò con voce atona, fissando l'amica come
se potesse riportarla in vita solo con la forza del pensiero.
-Vengo con te.- Lea si voltò
di scatto, e così fece Harry.
Là, in piedi, la T-shirt
sporca di sangue ma nessuna ferita visibile, gli occhi azzurri cupi e colmi di
dolore, c'era Ron Weasley.
-Ron...- mormorò lei,
esterrefatta, le lacrime che scendevano sulle sue guance, ma nessun sorriso sul
volto. Troppo era il dolore, in quel momento, per permetterle di sorridere.
Il rosso le si avvicinò, le
sfiorò il viso con una carezza, dolce, confortante. Poi si diresse verso Draco,
che lo guardava allibito, e prese delicatamente Diana fra le sue braccia.
Malfoy colse un lampo di dolore, nei suoi occhi chiari, quando guardò il viso
innaturalmente immobile dell'amica.
-Lea...vieni.- chiamò Ron.
Lei gli si avvicinò di corsa, gli posò una mano sulla spalla larga, quasi
timorosa, per paura che fosse solo un'illusione. Ron rivolse un cenno ad Harry,
che ricambiò stupefatto, prima di girare su sé stesso e di Smaterializzarsi.
-Dammi una mano, Potter.-
fece Draco, dopo un po', riscuotendosi. Si diresse verso il luogo dove giaceva
il corpo di Blaise. Quando gli si avvicinò, quando lo vide ancora immobile come
lo aveva lasciato, pensò per un terribile istante che il sacrificio di Diana
fosse stato vano.
Ma, quando gli si
inginocchiò accanto, vide solo una cicatrice candida sulla tempia dell'amico,
là dove fino a pochi istanti prima si trovava una ferita mortale. Il torace di
Blaise si alzava e si abbassava piano, in un lento respiro regolare.
“È vivo.” pensò Draco,
sentendosi suo malgrado sollevato.
-Io vado con il cavallo,
Malfoy.- gli disse Harry, strappandolo dai suoi pensieri con lo schiocco della
sua Smaterializzazione.
Per un istante, quando fu solo,
Dray fu tentato di svegliare l'amico.
Ma si rese conto, con una
tremenda fitta al cuore, che sarebbe stato il risveglio più brutto, per Blaise.
Sospirò, posandogli una mano
sulla spalla, e si Smaterializzò.
Aria. Aria nei polmoni, nel
corpo, respiro tranquillo e vitale.
Dormiva. Dormiva
tranquillamente, ma la sua mente già cominciava a destarsi dal torpore.
Le mani formicolavano, come
se il sangue fosse stato bloccato dallo scorrervi per un po'. A pensarci bene,
in tutto il corpo provava quella sensazione.
Eppure, stava bene.
Lentamente, provando un
intenso bruciore quando una fredda luce sfiorò le sue iridi, Blaise aprì gli
occhi. E, stranamente, la prima persona che vide fu Draco, seduto a pochi metri
da lui, in un ufficio sconosciuto.
-Bentornato nel mondo dei
vivi.- lo salutò lui, cupamente, alzando solo per un istante gli occhi su di
lui, prima di riportarli sulle proprie ginocchia. Soffriva, Blaise lo conosceva
troppo bene per non accorgersene. Ma perché?
-Cos'è successo?- la sua
voce suonava rauca, arrugginita. A quel suono, una porta si spalancò, e
l'attimo dopo una folta chioma di lucenti capelli fiammeggianti oscurò la sua
vista.
-Sei vivo...- singhiozzò
Ginny, stretta al suo collo, in lacrime. Blaise ricambiò il suo abbraccio,
senza capire. Alzò lo sguardo, e vide il resto dei suoi compagni entrare nella
stanza. Potter. Weasley. Hermione, Alex, Melissa.
No, un momento.
Weasley? Alex?
Qualcosa non quadrava. Lui
stesso li aveva visti morti, cadaveri. Ne aveva anche sofferto.
Eppure, ora erano lì. In
carne, ossa...e lacrime.
Guardò in particolar modo
Alex, ma lui distolse lo sguardo: non riusciva a sopportare gli occhi di quel
giovane, di quel giovane uomo che presto avrebbe sofferto. Trasse a sé Melissa,
affondò il viso fra i suoi capelli scuri, avvertendola nascondere il volto
sulla sua spalla. Non voleva piangere, l'orgogliosa giapponesina. Già pochi
minuti prima, quando l'aveva vista,
si era arresa alle lacrime. Non sarebbe più successo.
Alex la strinse, dandole la
familiare sensazione di trovarsi al sicuro. Lei avvertì il corpo asciutto del
biondo essere attraversato da un brivido. Soffriva.
E non poteva biasimarlo.
Blaise stava cominciando a
preoccuparsi. Cosa cazzo stava succedendo? Perché quei volti cupi, quel dolore
silenzioso, le lacrime di Gin, sulla sua spalla? Mancava Lea, notò. Forse era
con...
“Ehi!” il pensiero lo colpì
con forza devastante.
Dov'era Diana?
Prima che potesse porre
quell'impellente domanda, la porta si aprì di nuovo. Distinse solo un movimento
di scompigliati capelli neri, prima che Lea raggiungesse il rassicurante
abbraccio di Ron. Non riuscì ad alzare gli occhi sul bel Serpeverde, e questo
lo preoccupò. Si alzò in piedi, un po' barcollante, lasciando Ginny fra le
braccia di Harry, e si avvicinò a Ron e a Lea.
-Lea...- chiamò, dolcemente,
per non turbarla ancora di più. -Dov'è Diana?-
Lei non rispose subito.
Lentamente, troppo lentamente, alzò gli occhi scuri su di lui.
-Diana ha…- Lea s’interruppe
per affondare ancora una volta il viso sul petto di Ron, che sembrava anch'egli
sull’orlo delle lacrime. Continuò lui al suo posto.
-Diana ha fatto un patto con
gli Elementi. Non so come, anche io ero morto, ma…ora noi siamo qui.- Blaise
ebbe uno scatto.
Ora ricordava: ricordava
Diana, in quel cubo, ricordava le sue lacrime e il suo terrore...la pressione
della canna della pistola contro la sua tempia...
-Ok, fin qui ci sono
arrivato. E Diana?- Ron distolse lo sguardo. Blaise si sentì per un attimo
vacillare: le lacrime di Lea, il dolore di Weasley…
“No”.
-Weasley…Ron…dov’è Diana?- chiese, la voce
incredibilmente seria. Il rosso dagli occhi azzurri sostenne il suo sguardo,
devastato.
-Diana è morta.-
-No.- la parola gli nacque
spontanea sulle labbra. Era impossibile. Era uno scherzo. Diana non poteva
essere morta: non lei, non Diana…lei che era troppo forte, per morire. -Lea.-
chiamò. La ragazza alzò lo sguardo appannato di lacrime su di lui. Uno sguardo
affranto, distrutto, che diceva tutto, tutto quello che lui non voleva sentire.
-Mi dispiace, Blaise.-
mormorò, la voce rotta di pianto.
-È impossibile. Non
può…Diana non può essere morta. Andiamo, è di Diana che stiamo parlando.- già
mentre lo diceva, Blaise si rese conto che sacrificarsi per tutti coloro che
amava era tipico di Diana…ma no, non poteva nemmeno pensarci.
-Blaise…- cominciò Ginny.
-No, Gin. Diana non è morta,
punto. Non ci credo. Dov’è?- chiese, a nessuno in particolare. Si stava
lasciando prendere dall’ansia, ma quei deficienti dei suoi compagni non
capivano: Diana era troppo intelligente, troppo scaltra, troppo furba, troppo bella, per morire in modo così
stupidamente eroico…cazzo, era la sua donna, la sua Diana, non poteva essergli stata strappata, non ci avrebbe mai
creduto. Mai.
-È di sotto…nell’obitorio.-
rispose una Lea ormai in lacrime. Mentre usciva di corsa, intravide
l’espressione identica di Draco e di Potter, entrambi devastati, entrambi
distrutti.
Avrebbero fatto una faccia
indimenticabile, quando sarebbe tornato lì, con Diana al fianco.
Perché Diana non era morta. Di questo era
assolutamente certo.
Raggiunse l’obitorio. C’erano diversi cadaveri, li
vide oltre il vetro della porta a due battenti: molti, li riconobbe come le
vittime di Diana. Era sicuro di trovarla lì, bella e strafottente come suo
solito, era certo di vederla voltarsi sorridente verso di lui, era convinto di
poter sentire ancora una volta il sapore dei suoi baci.
Non riusciva nemmeno a
prenderla in considerazione, l’idea.
Solo l’immagine, un flash,
di una vita senza Diana, di qualsiasi posto senza Diana, era assolutamente
impensabile. Era un luogo buio, freddo, senza luce né musica, quel posto dove
lei non esisteva.
E allora, se era così sicuro
di trovarla viva, perché indugiava su quella soglia? Perché all’improvviso era
così consapevole di avere un corpo, di avere il respiro corto, di avere
l’espressione stravolta e il battito accelerato?
-Tu devi essere Blaise.-
disse all’improvviso una voce, facendolo sobbalzare. Alzò lo sguardo dalla
maniglia della porta a vetri: un uomo, sulla trentina, scuro di capelli e di
carnagione ma chiaro d’occhi, lo stava guardando.
-Lo sono. E tu…-
-Kit. Un amico di Diana.-
Kit accennò alla porta che Blaise non era ancora riuscito a varcare.
-È qui?- gli chiese il
ragazzo. Kit annuì.
-So che non ci credi.
Nemmeno Dan ci avrebbe mai creduto, e teneva a lei quanto ci tieni tu. Entra.
Prima te ne renderai conto, e prima troverai i suoi assassini.- Blaise non si
prese nemmeno la briga di rispondere. Raccolse tutto il suo coraggio, ma scoprì
di non averne tanto quanto aveva sempre creduto: il timore per ciò che poteva
essere successo a Diana sembrava averglielo portato via tutto. Era lei, il suo coraggio. Con un sospiro,
aprì la porta.
Là, sotto una crudele luce
azzurrina, stesa su un gelido tavolo d’acciaio, c’era Diana.
-No.- sussurrò, mentre il
colore scivolava via dal suo volto e una disgustosa voragine sembrava aprirsi
dentro di lui.
-Diana…no.-
Era bella, anche così.
Indossava ancora i suoi pantaloncini di jeans, la sua adorata camicetta
scozzese, aggressiva. La sua pelle era bianchissima, candida, come la neve in
cui una volta, mesi prima, un’eternità prima, avevano giocato, ridendo come due
bambini.
Aveva gli occhi chiusi.
Sembrava che dormisse.
No. Se ne rendeva conto
perfettamente. Non dormiva. L’aveva osservata tante volte, dormire, sapeva che
non era così. Lei non sarebbe mai stata così immobile, così ferma, senza
muovere un muscolo, non ci sarebbe mai riuscita, nemmeno a volerlo.
Aveva le labbra così pallide
che quasi si confondevano con la sua pelle. Colpa di quella dannata luce troppo
chiara che la investiva, notò Blaise. A lei avrebbe dato sicuramente fastidio.
Doveva spegnerla.
Vacillando, le si avvicinò,
sentendo ad ogni passo qualcosa in lui che veniva strappato violentemente via.
La verità gli crollò
letteralmente addosso, pesante e opprimente come un macigno.
Diana non era viva.
Diana non era più lì.
Le sfiorò il viso,
sentendola gelida sotto le dita.
-Diana…- la chiamò, sentendo
la voce morirgli in gola.
Non poteva rispondergli.
Non avrebbe più potuto, non avrebbe più aperto i suoi
occhi meravigliosi, impastati di sonno, non gli avrebbe più sorriso e non
l’avrebbe più preso a pugni…
Non c’era più. Se n’era
andata, per l’ennesima volta, l’aveva guardato con i suoi occhi d’argento ed
era scomparsa, lontana da lui, dove non poteva più raggiungerla.
Ti
lasci cadere su una sedia, accanto a lei. È impossibile, continui a
ripetertelo, come se potessi riportarla da te solo con la forza della tua
volontà. Ma in fondo al cuore lo sai, che non puoi fare nulla.
Le sfiori una mano. Ha le unghie tutte mangiucchiate, spezzate. Glielo
dicevi sempre che non doveva tormentarle, perché poi ti graffiava. E lei
rideva, maliziosa, e di notte ti graffiava apposta, per ripicca. E ti mandava
in estasi, quando lo faceva, mentre l’amavi.
Il braccio ti ricade lontano da lei. Non riesci nemmeno a toccarla, ti
terrorizza anche solo lo sfiorare quella pelle ghiacciata.
Ti prendi il viso tra le mani, chiudi gli occhi e premi i palmi sulle
palpebre, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e il volto basso, una parola
soltanto sulle labbra e nella mente.
“Perché.”
Perché questa guerra, perché quel destino, perché proprio lei.
Perché lei, con la sua energica voglia di vivere, con la sua allegra
follia.
Perché condannarla al sacrificio, come un animale al macello?
“Perché, Diana.
Perché l’hai fatto?
Mi hai detto di non volere che io soffrissi…
Avrai pensato che era il male minore. Soffrire per te, vivo.
O forse non hai proprio pensato.
Hai fatto la cosa che ti sembrava giusta.
E ti ho persa. Per sempre. Ti ho perduta.”
Una mano ti si posa sulla spalla. Un conforto familiare, che conosci.
Alzi lo sguardo per un istante, e incontri gli occhi di Draco. Così simili a
quelli che amavi, così simili a quelli che hai a pochi centimetri da te, su cui
le palpebre non si apriranno più.
Rimani in silenzio per qualche minuto che ti pare interminabile, che ti
allontana ancora di più da lei.
-Com’è
successo?- chiedi. La tua stessa voce ti spaventa, tanto è cupa e atona, senza
più vita. I tuoi occhi restano chiusi, le mani che scorrono fra i capelli, una
fitta al cuore quando ricordi quanto Diana amasse spettinarti.
-Kelly
ti ha sparato. Lei si è liberata di quella prigione, non so come, e le si è
scagliata addosso.-
-Dov’è
Kelly, ora?- gli chiedi, un moto d’odio che ti spinge a parlare con quell’odio
nella voce.
-È
morta. L’ha uccisa.- risponde Draco. Una fitta dolorosa ti attraversa il corpo
come una lama incandescente.
La
tua morte ha costretto Diana a uccidere di nuovo.
-Ha
Evocato gli Elementi, per salvarvi. Blaise, ha detto una cosa, mentre parlava
con loro, che devi sapere.-
-Cosa?-
-Ha
detto che…- Draco esita. La ferita brucia anche per lui. -Le hanno detto che
era un sacrificio molto grande, quello che voleva fare. E lei ha risposto…ha
risposto che la sua vita non aveva senso, senza di te.-
Blaise
non parlò, assorbendo la verità di quelle parole.
“Avevi detto che volevi evitare sacrifici inutili…Dannazione, Diana! Lo
sapevo che avrei dovuto essere con te! Avrei potuto, dovuto evitarlo!”
-Non
farti colpe. Sapeva quello che faceva.-
-Avrei
dovuto saperlo io.-
Rimasero entrambi in silenzio:
Draco, che non riusciva a staccare gli occhi dalla cugina – dal suo cadavere, e
Blaise, con la testa fra le mani, impallidito, gli occhi chiusi e il cuore che
non riusciva a battere più. Il biondo gli rimase accanto, per tutto quel tempo,
perché sapeva che l’amico stava soffrendo come un cane bastonato. Sapeva che
desiderava solo vendetta.
La Morris era stata riportata al
suo splendore dalla magia di Diana. L'energia di Arakta Shoenn, della Regina,
dell'Elementale, era stata così potente da ricostruire quel luogo che lei tanto
amava, da riportare in vita gli Auror morti negli ultimi scontri, e,
naturalmente, loro. Forse non sapeva quanto avrebbe riportato alla vita il suo
sacrificio, pensava Blaise mentre, al seguito di Draco, tornavano a dirigersi
verso la stanza dove gli altri aspettavano. Forse non gliene era importato
nulla della Morris...l'unico suo pensiero, in quei momenti, doveva essere stato
per loro. Per i suoi amici scomparsi, per lui. Riusciva solo vagamente ad immaginare
quale orrore doveva aver provato, nel vederlo morire così, davanti a
lei...costretta a sacrificarsi per ridare la vita a coloro che amava.
Un moto di rabbia lo investì
improvvisamente. Rabbia contro il Limbo, contro la Morris, contro il mondo
intero. Rabbia contro Voldemort, contro Kelly, contro chiunque avesse fatto
soffrire Diana in vita, contro tutti coloro che l'avevano costretta a quel
sacrificio.
L'avrebbe vendicata. Questo era
il suo unico pensiero, mentre si riunivano ai compagni, senza una parola,
mentre raggiungeva la piccola finestra impolverata di sabbia, lontano da tutti,
lontano dalla pietà che non voleva.
Vendetta.
-Si può sapere perché ci tengono
chiusi qui dentro?- Harry stava cominciando ad innervosirsi. I sei inglesi
erano rimasti nell'ufficio, mentre i tre Auror – tutto ciò che rimaneva della
squadra più rinomata della Morris – erano usciti non appena il comandante
Sergen, che da quello che avevano capito era stato il mentore e la nemesi di
Diana, li chiamasse fuori. Era più di un'ora che non avevano notizie, e il
Prescelto stava cominciando a scaldarsi. Draco sedeva accanto ad Hermione, una
mano stretta nella sua, gli occhi vacui, persi in lontananza. Ginny lanciava
ogni tanto un'occhiata prima al fratello, che verteva nello stesso stato del
giovane Malfoy, poi a Blaise, rimasto immobile, in piedi, accanto alla
finestra, per tutto quel tempo.
La porta, finalmente, si aprì.
Il comandante, seguito dai tre
Auror, entrò velocemente, lasciando la porta aperta.
-Sono il comandante Sergen.- si
presentò, bruscamente.
-Lo sappiamo.- la voce dura di
Blaise fece sobbalzare tutti quanti. Sergen lo guardò per un istante, truce, ma
lui non si lasciò intimidire. Sostenne il suo sguardo trapassante, senza alcun
problema.
-I Mangiamorte ancora vivi si stanno
riunendo. Guiderò personalmente un attacco di massa verso di loro, coadiuvato
dall'Ordine della Fenice, appena giunto nel Lim...qui.- Sergen s'interruppe,
ricordando che il Limbo, il regno della Regina, non esisteva più.
-E noi?- chiese Blaise, bruscamente.
-Voi rimarrete qui.-
L'istante dopo aver pronunciato
quelle tre parole, Sergen si ritrovò una bacchetta fremente puntata alla gola,
e due freddi occhi verdi, screziati d'acciaio, incatenati ai suoi.
-Non ci pensi nemmeno.- scandì
Blaise, gelido.
-Non prendo ordini da un
Mangiamorte, ragazzo.- Draco scattò in piedi, allarmato e infuriato. Il suo
gesto sembrò infondere calma a Blaise, ma non abbastanza perché abbassasse la
bacchetta.
-Un Mangiamorte, eh?- Blaise
scostò bruscamente la fascia di cuoio dal Marchio Nero, brillante sulla sua
pelle bronzea, che scrutava tutti i presenti con aria malefica. -È quello che
sono, dopotutto. Un Mangiamorte traditore. Chissà perché mi hanno voluto morto,
i veri Mangiamorte...- la sua voce grondava sarcasmo. Sergen
fece per ribattere, infastidito da quella che vedeva come un'insubordinazione
fatta e finita, ma una voce dall'accento spagnolo lo interruppe
improvvisamente.
-Mi piace, questo ragazzo. Bello
e arrogante, proprio come lei.-
I quattro Auror presenti nella stanza
si voltarono di scatto.
Là, sulla soglia della porta,
c'erano due giovani uomini. Il più alto sembrava oltre la ventina, mentre
l'altro non doveva avere più di un paio d'anni di loro. Uno era castano, i
capelli mossi lunghi fin sotto le orecchie, gli occhi celesti, intensi,
brillanti d'ironia e di sarcasmo onnipresenti, un'affascinante barba castana
appena accennata sulle guance e sul mento, la pelle scura, tipica degli
indiani, ma con forti influenze occidentali, tanto che dai suoi lineamenti non s'intuiva
nemmeno la sua ascendenza. Spalle larghe, un fisico invidiabile, un'unica
cicatrice che correva lungo il suo braccio, bianca e sorprendentemente
evidente, che terminava là, sulla spalla, dove si univa con un simbolo, un
tatuaggio, d'un bianco quasi abbacinante, che Blaise riconobbe con un doloroso
sussulto.
Oreana.
L'altro era completamente
diverso. Anche lui alto, più o meno come Blaise e Draco, ma dai capelli
nerissimi, quasi lucenti, scompigliati e indomabili, corti. Meticcio, lo
capirono subito tutti quanti. Il suo fisico decisamente ben piantato, fatto di
muscoli guizzanti e perfetti sotto i jeans e la T-shirt bianca, era quello
massiccio dei messicani. Ma il suo volto aveva ben poche influenze di quella
stirpe. Baffetti e pizzetto appena accennati, che avevano fatto impazzire mezza
popolazione femminile del Texas, viso ovale, affascinante, dall'espressione
arrogante, quasi insolente, occhi neri. Neri come il baratro più profondo, come
l'universo più sconosciuto, dall'intensità disarmante e affilata
dall'esperienza, due lame taglienti capaci di trapassare una mente solo con uno
sguardo.
Belli. Belli entrambi, nessuno
avrebbe mai potuto negarlo.
-È impossibile.- esalò Lea,
esterrefatta.
Davanti a loro c'erano Scott
Parker e Daniel Galindez.
My Space:
COLPO
DI SCENA!! Ragazzi, qua Dan e Scott ci stavano…quanto li adoro…eh, sì, per chi
conosce la mia storia e il mio passato, questo è un sogno bello e buono che la
mia mente affranta vorrebbe avverare…pagherei oro per poter veramente riportare
in vita chi non c’è più, sapete? Tranne Sergen…mi sta antipatico, comandante!!
(come se non si fosse capito, eh?) MI ricorda troppo l’insegnante del poligono
di Modena, dove ho imparato a tirare di pistola e fucile….uffiiii che pizza
d’uomo…LEGGE era il suo secondo nome!! AAAAAAAAAH ORRORE!!
Sapete,
ho pianto come una pirla all’inizio, quando Blaise prima non crede alla morte
di Diana, poi soprattutto quando la vede…va beh che ultimamente piango per
quello che scrivo e non lo faccio per tutto il resto…in compenso, distruggo
tutto ciò che mi trovo sottomano, per la rabbia che questa vita di m***a mi
provoca.
Ma
va beh, lasciamo perdere la mia depressione assassina…voglio ringraziare (alla
svelta visto che come al solito devo scappare): Ilaria, Mione1194, Koki, Honey
Evans, pei_chan, D2OTTO, sarita46, excel sana, cherie(scusaaaaaaaa!!!!) Un basotto a tutte!!!!!
Capitolo 30 *** L'Intervento Del Lupo - La Fine Del Male ***
Attenzione attenzione attenzione
Attenzione
attenzione attenzione!!! Ritmo serratissimo per questa battaglia!!!! Leggete
con attenzione e lentezza!!! Buona lettura!!
Blaise alzò lo sguardo,
esterrefatto, per un istante dimentico di tutta la sua giusta rabbia. I suoi
occhi chiari incontrarono quelli di Dan. Lo riconobbe all'istante, seppe per
certo quale fosse dei due. Non c'era da sbagliarsi, perché la sensazione che
quello sguardo gli dava, l'essere vivisezionato da quegli occhi neri, intensi e
penetranti, era sorprendentemente, dolorosamente familiare...
Per un istante, su tutti i
presenti calò il silenzio.
La prima a riprendersi fu Lea,
ormai sull'orlo di una crisi di nervi.
-Voi due eravate morti.- sbottò,
sospettosa, conscia di quanto un po' di Polisucco potesse ovviare a tante cose.
-E brava Lea, hai imparato
proprio tutto, da lei. Anche a non fidarti.- si complimentò Scott, ironico.
Rivolse un mezzo sorriso a Melissa, la ragazzina che era stata, un tempo, la
“pivella” sua e di Kelly, la sua migliore amica, dopotutto.
-E che cazzo!! Io morti vi ho
visti!- esplose Artesia, che non riusciva a credere a ciò che aveva davanti,
alla presenza in carne e ossa di quei due cari amici scomparsi tanto tempo
prima...
-Evidentemente, Lea, era più
forte di quel che credevi.-
Blaise se ne accorse. Dan non
riusciva a pronunciare il suo nome, evitava di farlo, ed aveva esitato, prima
di dire “era”.
-Scusate, qualcuno potrebbe
spiegarci cosa sta succedendo?- intervenne Ginny, spezzando quell'attimo.
-Certo. Ragazzi, per quanto paia
impossibile, loro sono Dan e Scott.- rispose Alex, guadagnandosi
un'occhiataccia proprio dal moro messicano. Cinque sguardi stupefatti
saettarono sui due, specialmente su Dan. Tutti loro sapevano cosa era stato fra
lui e Diana.
Blaise rimase zitto. Già non
pensava più a cosa potesse significare quell'improvvisa resurrezione di massa;
i suoi pensieri si erano già spostati su qualcosa di molto più urgente, di
molto più importante.
Come distruggere i Mangiamorte
che gliel'avevano portata via.
Si alzò, lasciò quella stanza
fin troppo affollata, mentre gli occhi curiosi e preoccupati degli altri lo
seguivano. Si diresse verso le scuderie: c'era qualcuno, là, che avrebbe potuto
aiutarlo non poco. Nonostante non lo sopportasse, come tutti quelli della sua
razza.
-Diablo.- sussurrò, non appena
fu entrato nel box del cavallo alato. Gli occhi di Diana, gli stessi, identici
specchi d'argento, si volsero verso di lui. Lo lasciò avvicinare, Blaise se ne
sorprese, perché Lea gli aveva raccontato che nessuno, fuorché Diana (e Dan),
era mai riuscito ad avvicinarlo.
-Ho bisogno del tuo aiuto,
amico.- mormorò, accarezzandogli lentamente la criniera rossa. Sì. Forse non
erano così male, i cavalli.
Diablo non poté rispondergli, ma
il suo basso nitrito lo convinse che aveva capito.
-È intelligente, quel cavallo.
Un gran bastardo, ma dopotutto è tutto la sua padrona.- Blaise sobbalzò e si
voltò di scatto, trovandosi davanti nientemeno che Dan. Anche Diablo alzò lo
sguardo, riconoscendolo.
-È il primo cavallo che sembra
sopportarmi. E viceversa.- lo informò Blaise, sorprendendosi di trovarsi a
disagio in sua presenza, come si sarebbe trovato con chiunque avesse conosciuto
Diana così come la conosceva lui.
-Non mi stupisce. Sa capire
molte cose, molte più di quelle che sembra.- commentò il messicano. Fra i due
calò il silenzio, rotto solo dallo scalpitare degli zoccoli di Diablo, ansioso
di rialzarsi in volo nel cielo azzurro, ansioso di massacrare a zoccolate
qualsiasi Mangiamorte gli si fosse parato davanti.
Blaise continuò a carezzargli la
criniera, il senso di colpa che tornava a colpirlo, inesorabile.
-Era fatta così.- disse
all'improvviso Dan, l'accento ispanico cupo, vibrante di qualcosa di molto
simile alla malinconia.
-In che senso?-
-Non è colpa tua se Diana ha
sempre avuto il complesso dell'eroe.- rispose Dan, ripensando a tutte le volte
che Diana si era quasi fatta ammazzare, o aveva ucciso, sempre e solo per
aiutare qualcuno.
-Gliel'ho sempre detto.-
commentò Blaise, senza capire perché con quel messicano fosse più facile
parlare di lei, senza che il nome della ragazza gli facesse così male, come
quando veniva pronunciato da qualcun altro.
-Anch'io. Ma era, e
probabilmente è ancora, una dannatissima testaccia dura.- suo malgrado, Blaise
si lasciò sfuggire un mezzo sorriso.
-Non ho intenzione di rimanere
qui.-
-E io ho intenzione di darti una
mano ad uscire.- Blaise si voltò di scatto, sorpreso: di tutto si sarebbe
aspettato da Dan Galindez, fuorché quell'atteggiamento amichevole. Dan si
strinse nelle spalle, capendo cosa avesse stupito il bel Serpente. -Ehi, non
credere che ce l'abbia con te, chiaro? So quanto l'amavi...e quanto lei amava
te.- spiegò, senza l'ombra d'inquietudine sul viso.
Perché Dan già sapeva che cosa
avrebbe fatto, se lei fosse stata fra loro.
La porta dell'ufficio era stata sprangata
non appena Sergen e gli Auror erano usciti. A nulla erano valse le proteste di
Lea, Alex, Ron: Sergen non li avrebbe messi di nuovo in condizione di farli
ammazzare. E, per di più, aveva requisito loro anche le bacchette, impedendogli
di liberarsi.
-Dannazione!- sbottò Harry, per
la duecentesima volta. Stava andando avanti e indietro da una buona mezz'ora,
frustrato, irritato, mentre Draco e Ginny lo guardavano con aria assente.
Poi, all'improvviso, una voce
maschile fuori dalla porta, un sussurro che era una via di fuga.
-Alohomora.- la
porta si aprì lentamente, senza il minimo cigolio. E là, sulla soglia, con un
mezzo sorriso soddisfatto sul bel volto, si trovava Scott.
-Beh, inglesini, datevi una
mossa, non ho tutto il giorno per farvi evadere.- disse, divertito dalle loro
espressioni stupite.
-Ma...ti metterai nei guai
con...- cominciò Hermione, esitante, ma lui sorrise mentre restituiva loro le
bacchette rubate dalla tasca di un ignaro comandante.
-Ehi, è praticamente il mio
lavoro far incazzare Sergen. Forza, datevi una mossa. Il vostro amico è già
fuori dalle mura, con Diablo e altri cinque cavalli.- li esortò, mostrandogli
una porticina che portava verso l'esterno. Li guardò allontanarsi in un
corridoio buio, mentre pensava alla piccola peste, e a quanto avesse dovuto
amare quelle persone, per sacrificarsi.
Conoscendola come la conosceva,
sapeva che Diana era una persona che in casi del genere voleva solo una cosa.
E, se ben aveva capito, anche quegli inglesi la desideravano.
-Beh, Di...io la possibilità di
vendicarsi gliel'ho data.- sospirò, mentre si dirigeva verso il piazzale della
Morris, dove Sergen stava radunando tutti i combattenti che avrebbero lottato
in quell'ultima, grande, decisiva battaglia.
-Alla buon'ora.- li salutò
Blaise, già a cavallo di un Diablo leggermente scalpitante. Notò l'occhiata
interrogativa di Draco, ma lo ignorò apposta. Non aveva tempo per le domande.
-Come hai fatto ad uscire?- gli
chiese Harry.
-Non è importante. Avanti,
prendete un cavallo e datevi una mossa. Io vado avanti.- replicò, brusco, il
nervosismo di Diablo che si rifletteva in lui. E, l'istante più tardi, lo
stallone si era alzato in volo, con un Blaise teso e concentrato in groppa,
diretto a ovest.
-E noi come cazzo facciamo a
sapere dove andare?-
-Semplice.- disse una voce. Si
voltarono di scatto, riconoscendola. Un mustang bruno, una ragazza. -Vi ci
guiderò io.- decretò Lea, avvicinandosi al gruppo, seria e concentrata.
Era stato Dan ad avvertirla, a
dirle di accompagnare gli inglesi. Erano incredibili, quei due: appena tornati
in vita, riuscivano comunque a riprendere in mano le redini di una situazione
incasinata, organizzando tutto, affinché la battaglia che sarebbe venuta
avrebbe visto la disfatta dei Mangiamorte.
Battaglia. Una parola che
Hermione detestava, odiava, che avrebbe voluto cancellare dai dizionari. Una
parola che grondava sangue, che sapeva di omicidio. Una parola che in quel
momento descriveva tutto ciò che stava passando.
Erano appostati su una duna, nel
deserto, mentre Blaise li sorvolava. Osservavano i movimenti degli Auror,
dell'Ordine, che si stavano radunando in un luogo sicuro. Da quel che Lea aveva
spiegato loro, Sergen aveva deciso di radere al suolo tutta Eagle Pass, il
luogo dove si trovavano i Mangiamorte. Di prenderli di sorpresa, e di
massacrarli una volta per tutte. E loro, non appena la battaglia fosse
iniziata, si sarebbero buttati nella mischia, proteggendo Harry, cercando di
portarlo il più possibile vicino a Voldemort. Anche se non ne avevano parlato,
sapevano che era quello il loro compito.
Salvo Blaise, ovviamente.
Di lui non ci si poteva fidare,
in quel momento. Amareggiato, rancoroso, Blaise avrebbe ucciso chiunque gli si
fosse parato davanti. In quel momento, somigliava a Diana molto più di quanto
avrebbe mai potuto anche solo immaginare.
-Siamo sempre in tempo, Mione.-
le sussurrò Draco, accanto a lei.
-No. Voglio restare, voglio
combattere.- replicò lei, risoluta. Andarsene era il suo più grande
desiderio...ma non era una codarda. Sarebbe rimasta, avrebbe combattuto. Per
Diana, che non aveva mai smesso di lottare, nonostante ne fosse disgustata,
fino a sacrificarsi. Per la sua amica perduta.
-Sai una cosa, Draco? Mi disgusti.- Draco si voltò di scatto, allarmato, e gridò:
-Protego!-
evitando che la Maledizione Avada Kedavra li colpisse tutti quanti. Alzò gli
occhi, pieni d'odio, su una donna appena Apparsa dietro di loro. Brandiva una
bacchetta e una pistola, e sembrava parecchio soddisfatta.
Capelli lunghissimi, lisci e
lucenti, neri come la pece. Occhi grigio-verdi, privi del calore di quelli del
figlio, un viso stupendo e attraente, come quello di una Veela.
Prima che Draco o chiunque altro
potesse fare qualsiasi cosa, un fulmine nero piombò giù dal cielo, e un lampo
verde colpì in pieno Zephira Zabini, uccidendola all'istante.
Diablo si arrestò a terra, e
Blaise scivolò fluidamente a terra, la bacchetta ancora stretta in pugno e gli
occhi illuminati dalla luce dell'Avada Kedavra.
Hermione e Ginny guardarono
stupefatte il corpo della Mangiamorte accasciarsi lentamente a terra, gli occhi
stupefatti fissi in quelli di Blaise, riconoscendo nell'ultimo istante quel
figlio che non aveva mai amato.
Lui non si mosse, fissando truce
il corpo già cadavere, senza l'ombra di rimpianto.
Harry e Ron, se non fossero
stati sicuri della sua innocenza, lo avrebbero Schiantato.
Perché Blaise, con quello
sguardo duro, omicida, sembrava più che mai un Mangiamorte.
Ormai
non c'è più nulla che lo trattenga dall'uccidere.
L'unico
motivo che aveva avuto se n'era andato.
Per
sempre.
Avvertiti probabilmente da
Zephira, intorno a loro si Materializzarono parecchi Mangiamorte, tutti armati,
tutti ghighanti. Hermione distinse Bellatrix che la guardava, con due occhi
neri che la fecero rabbrividire.
Harry,Ron, Draco e Ginny, insieme a lei, balzarono in piedi. Per un
istante, i due gruppi si fronteggiarono, immobili, attenti alle mosse di ognuno
dei combattenti.
E poi, con un ululato, qualcosa attirò l'attenzione di tutti quanti.
Si voltarono verso i picchi di
Eagle Pass, stagliati nel cielo azzurro ed ardente del Texas.
E là, un animale.
Pelo lucente, argenteo,
brillante sotto la crudele luce del sole. Corpo poderoso, zampe dotate di
artigli lunghi e ricurvi, adatti allo squartamento di qualsiasi preda. Zanne
bianche come la luna brillavano nelle sue fauci, gli occhi si fondevano con il colore
del pelo, i muscoli tesi e guizzanti erano pronti a balzare.
Un lupo.
L'animale buttò la testa
indietro e ululò di nuovo, un grido prolungato di rabbia, che fece rabbrividire
tutti quanti lo sentirono. Anche gli Auror, dalla piana dov'erano radunati, lo
videro. Anche Dan e Scott, Alex e Melissa, e Lea che si era unita a loro, se ne
accorsero, e sgranarono gli occhi. Ognuno dei combattenti, Moody, Lupin, Tonks,
i Weasley al gran completo, tutti coloro che stavano preparandosi a combattere
la grande battaglia, alzarono lo sguardo. I Mangiamorte, Bellatrix, Dolohov,
Mulciber, i texani, per la prima volta provarono timore.
Perché quella bestia era una
creatura fatta per uccidere.
E sapevano che non avrebbe attaccato
i “buoni”.
Ora
sono qui.
Pronto
a combattere.
Pronto
a farvela pagare tutta.
Non
avete scampo.
-Avada Kedavra!-
gridò Bellatrix all'improvviso, spezzando quell'attimo statico, attirando su di
lei l'attenzione degli Auror poco lontani. Blaise bloccò il suo attacco,
proteggendo la vittima predestinata.
Hermione.
-Ci penso io, Blaise!- gli gridò
Draco sopra il fragore improvviso di incantesimi e spari, fioccati l'istante
dopo che Bella aveva gridato. Lui annuì e, con Diablo che volteggiava sopra la
sua testa, si allontanò, combattendo come mai aveva fatto prima, l'odio e il
dolore che guidava le sue parole e le sue maledizioni.
Draco balzò in avanti,
proteggendo Hermione dall'attacco di Bella. Fianco a fianco, cominciarono a
duellare con la Mangiamorte, che li equivaleva.
-Sei una delusione, nipote!- la
voce sferzante di follia di Bellatrix lo raggiunse. -Hai tradito l'Oscuro, e
morirai per questo! Tu, e la tua Mezzosangue!-
-Ma fottiti, zia!- replicò lui,
scagliandole una Cruciatus che la mancò di poco.
Dieci, venti, cinquanta
Mangiamorte apparvero nel deserto, gridanti di folle esultanza, quando videro
gli Auror schierati. Dan strinse più forte la bacchetta, dominando il desiderio
di attaccare immediatamente. Doveva aspettare. Doveva attendere. Lui, Scott,
Melissa, Alex e Lea erano Disillusi, pronti a cogliere di sorpresa i
Mangiamorte, non appena avessero attaccato.
Ci sarebbe servita Diana, lì.
Adorava gli incantesimi esplosivi, ed era quello che serviva, per farne fuori
un bel po' in un sol colpo.
Ma Diana non c'era, rifletté
amaramente. Non c'era più.
Ed ecco, un grido di rabbia, e i
Mangiamorte attaccarono.
-ORA!- esclamò.
-BOMBARDA!-
cinque voci gridarono all'unisono lo stesso, devastante incantesimo.
Altrettanti lampi di luce saettarono all'improvviso, dritti verso la massa dei
Mangiamorte, ed esplosero con un boato assordante.
Una decina di nemici riuscirono
a schivarlo e a scagliarsi là dove avevano visto partire le fatture.
-Revelio maximo!-
gridò uno, rendendo inutile la loro Disillusione. Tutti e cinque, esperti, si
allontanarono di scatto dagli altri, veloci, per confondere per qualche vitale
istante i Mangiamorte.
-Effugite!-
gridò l'affascinante Auror messicano, atterrandone un paio. Non si accorse in
tempo di Melissa che veniva sbalzata di lato, ferita non gravemente, prima che
un grosso Mangiamorte gli si scagliasse addosso, colpendolo con una forza
formidabile e inaspettata.
-Muori, Auror!- ringhiò Rowle,
cercando di colpirlo ancora.
-Già dato, grazie!- rispose Dan,
partendo al contrattacco. Uno, due, tre volte schivò gli attacchi, velocissimo.
Ma il quarto sarebbe andato a segno, se delle zanne candide non si fossero
piantate in quell'attimo nella nuca del Mangiamorte, uccidendolo all'istante.
Quello che successe dopo, Dan
non lo capì. Si ritrovò schiena a terra, quattro zampe piantate addosso, il
peso dell'animale premuto addosso. Guardò per un istante il magnifico lupo,
dritto negli occhi, dimenticando tutte le precauzioni sulle bestie feroci che
aveva imparato anni prima. Perché quella non era una bestia normale...
-Non è possibile.- affermò,
colto da un'improvvisa illuminazione. Il lupo mugolò, palesemente divertito.
-Andiamo, non ci credo. Pure il
Lupo, adesso!?- sbraitò, esasperato. Il lupo sembrò ghignare – incredibile, ma
vero, vi riusciva veramente – e balzò lontano dal mezzo messicano, lasciandolo
basito, ad assorbire la notizia che aveva appena ricevuto.
-E va beh...pure questa,
accettiamo. Tanto, ormai, mi aspetto di tutto.- esclamò alla fine, esasperato,
recuperando la bacchetta e ributtandosi nella mischia.
Draco si era allontanato,
assorbito da un altro duello, lasciando Hermione alle prese con Bellatrix.
-Maledetta Mezzosangue...hai
infettato anche il sangue puro di Draco!- le gridò la Mangiamorte, tentando di
Disarmarla.
-Non credo proprio, Lestrange.-
replicò Hermione, dura, il fuoco del suo orgoglio che brillava negli occhi
dorati.
-Ci penserò io a liberarlo dalla
tua presenza, sudicia mezzosangue.- sibilò la strega, folle di rabbia, di odio.
In quel momento, la somiglianza fra lei e la nipote era nulla, in confronto
alla loro differenza. Diana, anche quando combatteva, era sempre stata guidata
dal suo amore, dai suoi sentimenti. Bellatrix, invece, era pazza.
Ma quell'attimo di riflessione
fu quasi fatale, per Hermione.
-Expelliarmus!-
la bacchetta le volò via di mano, e un istante più tardi un coltello d'argento
era puntato contro la sua gola.
-Hermione!- solo un taglio, e
Draco sarebbe arrivato troppo tardi.
Ma...
GROAR!
Un ruggito potente fece
trasalire Bellatrix.
Il lupo balzò, con uno slancio tale che i suoi
tendini si tirarono, urlando di dolore per l’impeto e la furia che lo avevano
improvvisamente animato.
Draco afferrò Hermione per un braccio e la trasse
a sé, lontana dalle grinfie della Mangiamorte.
Bellatrix poté solo vedere un indistinto lampo
grigio, prima che quattro zampe dotate di artigli affilati le penetrassero nel
corpo. Il sangue umido e caldo, rosso, sprizzò sul pelo della bestia,
macchiandone la pelliccia argentata. Bella spalancò gli occhi, gridando di folle
dolore, mentre le zanne bianche dell’animale brillavano per un istante alla
luce della luna. Alzò gli occhi su quelli del lupo, quasi indistinguibili dal
suo pelo, e vi scorse in un istante la sua condanna.
Muori,
maledetta!
Il lupo ruggì, spalancò le fauci e affondò le
zanne nella sua gola.
Draco inorridì, stringendo Hermione al suo petto,
impedendole di vedere quello spettacolo orrendo, sentendola singhiozzare al
rumore delle grida strozzate di Bellatrix.
L’animale scrollò la testa, penetrando ancora di
più i denti nella giugulare dilaniata della Mangiamorte. La guardò negli occhi,
vide lentamente la vita fluire via da quei due baratri di oscura follia.
La lasciò andare solo quando sentì il sangue
smettere di premere sulle sue zanne, quando fu sicuro che il cuore avesse
cessato di battere. Solo allora, liberò la testa con uno strappo e balzò via
dal cadavere, pronto ad uccidere ancora, il sapore amaro di quel sangue sulla
lingua, nella gola…
Rosso come gli occhi che si fissarono su di lui,
in quell’istante.
Voldemort lo guardava, stupito, forse, per la
prima volta nella sua vita, seriamente spaventato da un nemico.
-Espirtu de l’Alma…- sussurrò. Il lupo scoprì i
denti macchiati di sangue, in un ringhio minaccioso, ma non lo attaccò e
Voldemort non attaccò lui, conscio di quanto sarebbe stato inutile.
Il lupo si voltò al suono di un grido.
Melissa era in ginocchio, una gamba ferita. Alex,
disarmato, la proteggeva con calci e pugni, contro cinque diversi Mangiamorte
che, travolti dalla sua furia, non riuscivano nemmeno ad alzare le bacchette.
E bravo
pivello.
Il lupo balzò fra i Mangiamorte, ringhiò
selvaggiamente. I cinque si voltarono, e la bestia piombò su di loro con una
furia sanguinaria, omicida, che ne uccise tre in pochi istanti. Fu Alex ad
uccidere i due restanti, con due fortunati colpi sui nervi alla base della
nuca. Il lupo lo guardò un istante, quasi divertito, e mosse la testa in un
equivocabile segno di assenso. Come se riconoscesse la sua bravura in quella
mossa che Diana gli aveva insegnato.
Poi si voltò, in tempo per vedere la bacchetta di
Blaise cantare il suo canto mortale.
Due Mangiamorte caddero, i crani scavati da
maledizioni devastanti e precise. Un cecchino perfetto e letale, Blaise girava
su sé stesso, colpendo chiunque finisse nel mirino della sua bacchetta o della
sua pistola, che teneva con la sinistra.
Negli occhi, una luce assassina e gelida identica
a quella che aveva così spesso brillato nello sguardo di Diana.
Corse. Corse verso di lui, balzò di nuovo in mezzo
ai nemici, e addentò la prima gamba che si trovò a tiro. Avvertì Blaise
smettere di usare la bacchetta, per evitare che le maledizioni lo colpissero. I
Mangiamorte si voltarono verso il lupo, al centro del loro gruppo scomposto, si
voltarono verso quella belva feroce e sanguinaria. Fecero appena in tempo a
vederlo prima che, con un ringhio che fece rabbrividire persino Voldemort,
l’animale balzasse loro addosso e li ammazzasse tutti, uno dopo l’altro,
schivando proiettili e maledizioni finché non lasciò intorno a sé solo cadaveri.
Solo allora, Voldemort si mosse. Lui e Harry erano
rimasti immobili ai due lati del campo di battaglia, senza fare nulla,
osservando la disfatta dei Mangiamorte, senza mai staccare lo sguardo da quello
dell’altro. Ma ora, scivolando sulla sabbia come se non avesse peso, Voldemort
avanzò verso di lui, la bacchetta stretta fra le dita lunghe e sottili, e la
puntò contro il lupo.
-No!- ruggì Blaise, e con un Incantesimo Scudo
protesse sé stesso e l’animale. Non sapeva neanche perché l’avesse fatto, ma sentiva che quella fiera era qualcosa di
anomalo, di diverso. E non poteva permettere che morisse.
-Ti rivolti contro il tuo stesso Signore, Zabini?-
disse Voldemort, mellifluo.
-Quale Signore? Io vedo solo un povero vecchio
demente.- replicò Blaise, dandosi mentalmente dell’idiota. Gli occhi rossi
dell’Oscuro si strinsero, minacciosi.
-Pagherai quest’affronto, ragazzo.- disse solo,
prima di muovere la sua bacchetta di tasso. Un gesto così veloce, così fluido,
che Blaise nemmeno lo vide. Ma nemmeno Voldemort distinse il secondo lampo di
luce argentea, prima che gli azzannasse il braccio della bacchetta. L’Avada
Kedavra mancò Blaise, e aprì un cratere nella sabbia.
Ora,
saldiamo i conti.
La stretta delle mandibole si fece ancora più
salda. Voldemort osservò la bestia, quasi con curiosità.
-Osi tanto, Espirtu?- chiese, fissandolo nei suoi
fiammeggianti occhi rotondi. Il lupo lo guardò con astio, ma non poteva
rispondere. Invece, spostò i suoi occhi animaleschi su Harry, prima di
allontanarsi di scatto da Voldemort. L’Oscuro, con la massima naturalezza,
richiamò la bacchetta e sigillò le sue ferite.
-Reducto!-
gridò Harry. La magia fu Deviata con facilità.
-Tutto qui, paladino di Silente? È tutto quello
che sai fare?- lo derise Voldemort, con una risata fredda, che penetrò nelle
ossa di tutti coloro che la sentirono. Harry avanzò, deciso, la bacchetta in
pugno.
-Sai, Voldemort…non esistono più Horcrux.- la
notizia lasciò appena un’ombra di sorpresa negli occhi di Tom Riddle. -Diana
Black li ha distrutti. L’hai sottovalutata.- il lupo rizzò la testa.
-Mi risulta che sia morta, nel farlo.- replicò
l’Oscuro, irrisorio.
-Vero. Ma sapeva quel che faceva, e non lascerò
che il suo sacrificio sia stato vano.- replicò Harry, la voce dura e ferma.
-Sciocco Grifone…morirai proprio come la tua
amica, Potter. La tua sorellastra…che
effetto fa aver perso quel poco che rimaneva della tua famiglia, Potter?-
Voldemort, come già prima d’allora, voleva colpire il punto debole di Harry. Ma
il Grifone sorprese tutti quanti.
-Fa male. È un dolore che permette di combattere,
Tom, e questo non lo capirai mai. È questo dolore che mi darà la forza di
ucciderti.- disse, gli occhi verdi che mandavano lampi di rabbia. “Me l’hai
insegnato tu, Diana. L’ho imparato da te che arrendersi al dolore non serve a
nulla.” pensò, sperando che, in qualche modo, lei potesse sentirlo.
Posso,
fratello.
-Continua a crederci, Harry Potter.- Voldemort
alzò la bacchetta, e uno zampillo di luce verde saettò verso Harry.
Il lupo approfittò di quel momento, mentre l’Oscuro
osservava Harry schivare la Maledizione, per balzargli addosso e addentarlo
alla nuca.
L’urlo di dolore, disumano, terribile, di
Voldemort risuonò nel deserto.
Le zanne penetrarono nella sua carne viscida, di
serpente, fino a raggiungere la durezza delle vertebre cervicali.
Adesso,
stupido Prescelto! Ammazzalo adesso!
-Potter, muoviti!- latrò Blaise, che in un istante
aveva capito. Harry alzò la bacchetta, quasi senza accorgersene, e gridò:
-Avada
Kedavra!-
Il lupo balzò lontano da Voldemort appena in tempo.
La potenza inaudita della Maledizione Senza Perdono scavò la sua strada nel
deserto, violenta si scagliò verso di lui, e colpì l’Oscuro Signore in pieno
petto.
Voldemort cadde, senza un grido, senza un suono.
Giacque a terra, gli occhi rossi vacui e
spalancati, le braccia aperte e l’espressione vuota.
Nessuno fiatò.
Il silenzio cadde innaturale su ognuno dei
combattenti: Auror, Ordine, Mangiamorte, tutti fissavano quel guscio vuoto che
era stato Colui Che Non Deve Essere Nominato, tutti fissavano Harry Potter, in
piedi, la bacchetta levata e la sorpresa negli occhi.
E poi, un rombo corse fra i “buoni”. Un grido di
giubilo, di esultanza, un grido animalesco di felicità pura. I Mangiamorte non
provarono nemmeno a fuggire, si arresero. Ginny balzò addosso a Harry,
abbracciandolo con gioiosa irruenza, gridando:
-Ce l’hai fatta, Harry, ce l’hai fatta!-
L’Ordine alzò le bacchette al cielo, altri
alzarono le pistole, e lampi di luce misti a proiettili si alzarono sul nero
del deserto, rumorosi come fuochi d’artificio, adatti a quel momento di
vittoria.
Voldemort era morto. Era stato sconfitto, una
volta per tutte.
La Guerra era finita.
Dan si Smaterializzò non appena finì di
Incarcerare l'ultimo dei Mangiamorte. Sapeva cosa sarebbe successo, sapeva che
cos'era quel lupo. E sapeva che avrebbe saputo dove trovarlo, al momento
giusto.
Solo una persona, oltre a lui, non si unì alla
folla festante che si accalcava intorno al Bambino Sopravvissuto.
Blaise si voltò, improvvisamente conscio di chi
era ancora là, in attesa.
Il lupo.
Il giovane guardò l’animale, che li stava
osservando, attento. Inconsciamente, fece qualche passo verso di lui,
allontanandosi dai vincitori festeggianti, ignorando Hermione che,
distrattamente, gli mormorava di stare attento. Blaise non aveva paura. Non
provava più nulla, il suo cuore aveva smesso da parecchio di battere, se non
per l’adrenalina che ancora gli scorreva nel sangue.
Si avvicinò anche il lupo, per nulla guardingo,
gli occhi che lo fissavano con sorprendente intensità. Gli pareva di
conoscerlo, quello sguardo, quell’intelligenza pura e scaltra…
E poi, l’animale balzò giù dalla duna dove si
trovava, agile, e mentre cadeva cominciò a cambiare.
La pelliccia divenne pelle, chiara, pallida.
Candida.
Le zampe diventarono mani, segnate, affusolate,
bianche.
Le orecchie si abbassarono, il muso si arrotondò,
diventò un volto umano. Un volto che Blaise non osava sperare di poter
rivedere.
Occhi grigi, limpidi, grandi, scossi da
quell’improvvisa trasformazione.
Labbra pallide, sottili e insieme carnose.
Un viso tondo, quasi angelico, segnato.
Capelli lunghi e selvaggi, scuri, ma ora screziati
dello stesso argento del pelo del lupo.
Le labbra delicate e sottili, l’espressione
stravolta che doveva aver avuto durante i suoi ultimi attimi.
Il cuore di Blaise fece un balzo.
Lei.
My Space:
Daphne. È Daphne, sicuramente. ;P
cherie: quando leggerai, ti verrà un bel
coccolone...muahahahahahahah!!!!!!!!!
Mione1194: la sottoscritta/Diana è come la peste...torna
sempreeeee!!!
Honey Evans: indovina indovinello, chi sarà mai “lei”??
Risollevato un po' il morale tesò?? ;P
pei_chan: ed eccomi quaaa!!! Tornata dall'oltretomba!! Ed
era anche ora, le tariffe erano veramente...come dire...infernaliiii!!!!!!
Iaia: woppala!!!! E LEI rispuntò dalle tenebre!!!
BELLATRIX MUORE!!! siiiiii!!!! muahahahahahahahahahaha!!!!!! Ti vooglio bene
stella!
Sarita46: siiiii sono perfida come una Serpe!!!
muahahahahahahah sono troppo feliceeee!!! Non sono morta!!!
D2OTTO: tornati tutti, ma proprio proprio tutti!!! In
effetti anche io ora mi voglio divertire a vedere Diana alle prese con quei
due...che sembrano trovarsi simpatici !!! O.O
UN BACIONE A TUTTI!!!! E ABBIAMO SUPERATO LE 200 RECENSIONI SIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!! *Bea che salta su e giù come un'indemoniata*
Bea che esce trionfante dal
suo bagagliaio muffito con aria decisamente soddisfatta....MUAHAHAHAHAHAHAH!!!!
Ma davvero avevate creduto che
facessi morire Diana!?!?!?!? Dico mica sono una suicida!!! Beh, più o meno....
hehe....
Coooomunque, rispondo alle
recensioni con calma, per una volta...ormai con lo stage ci ho preso la mano,
mi mancano “solo” tre settimane...(AIUTATEMI!!)
Un bacio enorme a tutti!!!
giuliettaTH: ma grassie dei
complimenti!! Fanno sempre piacere, oddio, arrossisco!! hehe...
cherie: oooo ma che onoreee!!
in diretta dalla verde irlanda!! io amo l'irlanda, e so l'inglese così
(schiocca le dita), posso venire li da teeee!!?!?!? pleaseeee!!!! E
comunque...già l'ho detto....è sicuramente Daphne........morta però!!! uccisa
da meeee!!!!! oh questi ultimi chap sono corti...così non devi pagare troppo,
se no mi sento in colpa!!
mione1194: è sempre pronto
lì...TE MAGNO SUL SERIO DILEEE!!! MUAHHAHAHAHAHAH!!!! *risata da strega
malefica tipo emoticon su MSN* ehm....io, volere morta Bella??? nooooo....le
voglio taaaanto bene.....e quella battuta del mio adoratissimo blaise.....da
monumento!!!!!!
Shuyin: come ho messo su
MSN....Diana è erba mooooolto cattiva....NON MUORE MAIIIIi!!!!!!
Pei_chan: cazziu sara...le
risposte alle tue domande le troverai lungo il tuo cammino....huhuhuhu non
riesco a dirlo restando seria!! E poi, non preoccuparti della fine della
fic....mica finisco di rompere, io!!
Ilaria: tesò la statua puoi
anche evitarla...basta un tempietto nell'armadio stile setta satanica (per
stare in tema heheh)!!! E BELLA MORIIIIIIIIII'!!!!!!! SIIII MUAHAHAHAHAHAH!!!!!
ciao stella!!
D2OTTO: mi è venuta pensando
che il lupo ultimamente mi somiglia molto....insomma tipo illuminazione
buddhista...hehehehehe....
sarita46: muhaahahahah mi sono
flesciata troppo te che ballavi DIANA E' TORNA-TA!!! huhuhuhu che risate!!! Te
lo giuro mi sono spanciata!!
va beh dai...dopo una pagina
di vaneggiamenti vari....vi lascio al chap!! Buona lettura (e sono solo 5
pagine!!!)!!!!!
Blaise rimase immobile.
-Di…- mormorò, con voce rotta dall’impeto di gioia
che lo aveva travolto, incapace di dire altro, incapace quasi di respirare
davanti a quella meravigliosa scoperta…
Lei era là. Ferma, immobile quanto lui.
-Blaise…- la vide mormorare, stupefatta nel
riconoscerlo, gli occhi che si allargavano di sorpresa e felicità, gli occhi
solo per lui, in lacrime, lacrime di gioia…Diana…era lì, era viva, era reale
davanti a lui.
E lei, vedendo il suo sorriso incredulo, non
riuscì più a trattenersi.
La ragazza fece un passo, due, che si
trasformarono in una corsa di felicità, corse da lui, corse da Blaise.
Si lanciò fra le braccia che la aspettavano, nel
rassicurante calore del suo abbraccio. Le braccia strette al collo di lui,
affondò il viso sulla sua spalla e scoppiò a piangere.
Piangeva di felicità, piangeva di sollievo,
piangeva per l’immensa gioia di non averlo perduto. Piangeva semplicemente,
dando sfogo alle sue emozioni, bella ed incoerente, libera dai suoi freni e
dalle sue paure. Libera di amare.
Blaise se la ritrovò fra le braccia, calda,
morbida, il corpo concreto e reale, vera, vera in ogni senso possibile, il suo
profumo tanto conosciuto nella testa, il viso affondato fra i suoi capelli.
Sentì qualcosa dalle parti del petto ricominciare a battere, così forte da
fargli quasi male. La strinse forte a sé, con tutta l’intenzione di non lasciarla
andare più via.
-Blaise…- la sentì mormorare. Diana alzò il volto
lucido di lacrime, la voce morbida e divertita.
-…calmati, così mi stritoli…- gli fece notare, sentendo le braccia di lui che
la cingevano saldamente, stretta al corpo muscoloso del suo giovane uomo.
-Te lo meriteresti.- le sussurrò sulle labbra,
sorridendo, desiderando in cuor suo di poter rimanere in quell’istante per
sempre. Desiderando di vedere per sempre quei due occhioni grigi finalmente
sereni, umidi di lacrime. -Mi hai fatto perdere dieci anni di vita.- la
rimproverò dolcemente, carezzandole il viso e sfiorandole le labbra con un
dito, incapace di credere che fosse veramente successo. Incapace di credere di
poterla riavere.
Eppure, era lì. Era tornata.
Diana era tornata da lui.
“Come ha sempre fatto, del resto” pensò, con un
sorriso a trentadue denti.
La dea
della Fiamma, da dentro il cuore di Diana, sorrise.
Quando la
Regina era giunta nel regno dei morti, lei l’aveva chiamata a sé.
Non era
ancora finito il suo compito, nel regno mortale. Diana era rimasta sorpresa,
perché pensava di aver esaudito tutti gli ambiti della sua leggenda. Beltane,
la dea, aveva sorriso alla sua pupilla, alla sua diletta.
-Non è
della leggenda che dovrai preoccuparti ancora. Ma della tua vita.-
-Cosa…-
-Devi
tornare fra i mortali, libera da ogni costrizione, da ogni destino. Sarai tu a
tracciare la tua strada.-
-Ma…perché?-
aveva chiesto Diana, dubbiosa, conscia di quanto dietro a qualunque offerta ci
fosse un secondo fine. Beltane, misteriosa, aveva sorriso ancora.
-Hai una
vita da crescere e amare. La vita della creatura che porti in grembo.- Diana
aveva sgranato gli occhi, le sue mani erano salite a sfiorare il suo ventre.
-Quale
creatura?-
-Torna
dall’uomo che ami, Arakta Shoenn, Regina degli Elementi.-
-No,
pausa, aspetta un secondo: quale creatura!?-
Beltane
aveva riso, e il rumore della sua risata era quello dello scoppiettare del
fuoco.
-La figlia del vostro amore.- aveva risposto, semplicemente. Non aveva lasciato
tempo a Diana di assorbire la notizia, e aveva continuato a parlare. -Tornerai
sotto la vera forma del tuo Spirito. Espirtu de l’Alma, lo Spirito dell’Anima.
Sarai tu, quando la guerra sarà conclusa, a decidere se riassumere o no la tua
forma umana.-
-E qual è
questa forma?- aveva chiesto lei, ancora sconcertata dall’improvvisa news.
-Il
Lupo.-
-Povero, lui…- Diana lo prese in giro, e si spinse
sulle punte cercando le sue labbra, unendole fameliche d’amore in un bacio
entusiasta, sollevato, felice, indicibilmente, incredibilmente felice. Un bacio
eterno, da cui nessuno dei due voleva separarsi. Le lingue che si
intrecciavano, i corpi stretti l’uno all’altro, la paura di essersi perduti che
svaniva, annegata nella gioia di essersi ritrovati.
Blaise si separò un istante da lei, deciso. Tanto
valeva rendersi un idiota, in quel momento.
-Ah, giusto. Di…- disse guardandola dritto negli
occhi.
-Sì?-
-Ti amo.-
Un attimo di stupito silenzio.
E poi un sorriso si schiuse raggiante sul viso di
Diana, gli occhi che si colmavano di lacrime. Di nuovo. Aveva il pianto facile,
in quel momento, ma non dispiaceva a nessuno dei due.
Lo baciò, con slancio, con passione, con tutta
l’irresistibile felicità che aveva nel cuore, stringendo forte le braccia
attorno al suo collo.
-Lo prendo come un “anch’io ti amo tanto,
Blaise”.- scherzò lui, ripresi subito i soliti modi irritanti. Diana rise,
esasperata.
-Ma prendilo come ti pare, idiota!- replicò, e
tornò a perdersi fra le sue labbra in un bacio mozzafiato, mordicchiandogli il
labbro inferiore come faceva sempre, quando era contenta. E ora aveva tutti i
motivi per esserlo, e anche di più.
-Beh, bisogna dire che i suoi modi bruschi non li
ha persi, anche se mi si è rammollita.- commentò una voce all’improvviso,
sorprendentemente vicina, incredibilmente conosciuta.
Diana si separò di scatto da Blaise, che le
sorrise quando gli rivolse un’occhiata interrogativa e stupefatta. Sbirciò da
sopra la sua spalla, e poco ci mancò che morisse di nuovo.
Là, con un sorriso sornione e soddisfatto, nella
sua classica e conosciutissima posa da bello e impossibile, c’era Scott Parker.
-Scott…- sussurrò, le lacrime che ormai avevano
deciso di fare di testa propria e di cadere, libere.
L’attimo dopo, senza capire bene come ci fosse
arrivata, era letteralmente saltata addosso a Scott, travolgendolo in un
abbraccio stritolacostole.
-Io sarei la rammollita!? E da quando, brutto
deficiente che non sei altro?- esclamò, allegramente agitata, sfregandogli la
testa con un pugno e abbracciandolo con l’altro. Scott scoppiò a ridere,
sostenendo senza fatica il suo peso.
-Oh, ma che bello, mi mancava proprio sentirmi
dare del deficiente da una pivella…- commentò con sarcasmo. Ma la verità era
che si sarebbe lasciato dare del deficiente tutto il giorno, pur di vedere la
sua adorata sorellina acquisita con quel sorriso entusiasta sul volto.
-“Pivella” a chi, eh!? Vola basso, Parker, che più
di una volta ti ho battuto!- lo minacciò, rischiando di decapitarlo con un
altro abbraccio. E la sentì sussurrare, Scott, poche parole che erano tutto
quello che Diana, per orgoglio o per imbarazzo, ad alta voce non avrebbe mai
detto: -Mi sei mancato, fratello. Non immagini quanto.- Scott sorrise fra sé.
-Anche tu, Di.-
-DIANA! VIENI SUBITO QUI, CHE È LA BUONA VOLTA CHE
TI STRANGOLO!- Diana balzò a terra, allarmata e divertita, esattamente un
istante prima che un fulmine bruno le si scaraventasse addosso, atterrandola.
-Lea, un po’ di contegno, per piacere!- borbottò,
bloccando senza sforzo i pugni dell’amica.
-Sei una carogna! Mi hai fatto sentire in colpa
come una bestia, e poi salti fuori in questo modo!? Ma avverti, cazzo!- esclamò
Lea, senza smettere di far pagare alla mora tutto il calvario che le aveva
fatto passare.
-E dove stava l’effetto scenico, dopo?- rise lei.
Prima che Lea potesse porre fine (di nuovo) alla sua vita sgangherata, Ginny,
Hermione e incredibilmente anche l’algida Melissa si scagliarono addosso alle
due, finendo in un confuso intrico di braccia e gambe chiassose. -Blaise, mi
daresti una mano?- annaspò Diana.
-Assolutamente no.- rispose lui sorridendo,
guardando le cinque ragazze accapigliarsi divertite.
-Levatevi di dosso!!- sbottò Diana, riuscendo a
scivolare via da una presa non meglio identificata. Ma, dietro di lei, una
stretta sul braccio, salda e conosciuta.
-Tu sei una carogna.- le disse Draco,
costringendola a voltarsi.
-È ovvio. Sono imparentata con te.- replicò lei,
sicura, prima di saltargli al collo. Non poteva farci niente: adorava quella
Serpe di suo cugino. Quella Serpe che la stringeva a sé con qualcosa di molto
simile al sollievo. Lo lasciò andare senza dirgli nulla, non ce n’era bisogno,
non ce n’era mai stato. Sapevano entrambi quanto era grande il loro legame.
Diana si voltò verso Harry e Ron che, immersi
nella folla festante, non l’avevano ancora vista. -Ehi, Prescelto del piffero,
dai un po’ un’occhiata a chi ti salta fuori dalle sembianze del lupo!- gli
gridò. Tutti si zittirono: conoscevano la sua voce, tutti quanti, senza
esclusione. Harry spintonò le persone, facendosi largo fra la ressa, senza
osare credere alla voce che aveva appena sentito.
Eppure, Diana era lì che lo aspettava, sorniona ed
ironica come sempre. Gli rivolse un sorriso sicuro di sé, arrogante.
-Credevi davvero di liberarti di me, Potter?- gli
chiese, ironica.
-Speranza vana, Diana.- rispose lui con un sorriso
sincero che lei non faticò a ricambiare. -Puoi perdonarmi?- le chiese infine,
dopo lunghi istanti passati occhi negli occhi.
-E di cosa, Harry?- Diana sorrise di nuovo,
sincera e sollevata, prima di correre ad abbracciare lui e Ron, così forte che
le loro teste quasi cozzarono.
Ma li lasciò andare quasi immediatamente,
avvertendo dietro di sé una presenza tanto conosciuta. Si voltò, con un sorriso
quasi materno rivolto solo a lui, solo ad Alex, rimasto letteralmente a bocca
aperta nel rivederla.
Non disse nulla. Gli si avvicinò, gli diede un
buffetto affettuoso su una guancia.
-Alex, riprendi a respirare.- gli consigliò
caldamente. Ma non si sarebbe mai aspettata quello che successe l'attimo dopo:
il pivello, cedendo a sé stesso, l'aveva abbracciata forte, quasi sopraffatto
dalla gioia di rivederla viva. Sorridendo, Diana ricambiò il suo abbraccio, il
primo che si fossero mai scambiati, l'unico, vero, abbraccio di due fratelli.
Un boato sembrò crescere all'improvviso nel
deserto. Diana si separò dal pivello e si voltò.
E là, tutti i combattenti esultavano, gridando il
suo nome come avevano gridato quello di Harry, fuochi d'artificio nel cielo e
lampi di spari sulla terra, vittoriosi, acclamavano la Regina, acclamavano
colei che aveva permesso il ritorno, dopo tanto tempo, della pace.
Scott le si fermò accanto, posandole un braccio
intorno alle spalle, chinandosi verso di lei e sussurrandole:
-Non dimenticare qualcuno, Di.- lei annuì: non
l'aveva affatto dimenticato. Non avrebbe mai potuto.
Alzò lo sguardo su Blaise, che le sorrideva.
Ricambiò con dolcezza, gli rivolse un occhiolino, e scomparve.
Nuova pagina 1
Questi sono disegni che ha
fatto la quarta persona che ha deciso di lavorare sui personaggi di Luce e
Buio...hihi, non pensate male, non le ho costrette *me che nasconde la lupara e
il baschettino fischiettando con aria innocente*...Miriam, grazie perché sono
BELESOM!!!!
Alur il primo è un disegno di
Alex e Melissa la notte prima della partenza...hanno quell'aria leggermente
malinconica come di chi sa già cosa li attende...*hem...hehe...a disagio mentre
si sente in colpa*...il secondo è una reinterpretazione grintosa della
giapponesina texana, mooolto tostissima!!! (W i superlativi!!)...il terzo invece
è il mio preferito in assoluto...è Kelly, esattamente come avrei voluto
descriverla, nel primo momento in cui compare nella storia attivamente e non
solo nominata "a casaccio" (nulla è mai a casaccio in Luce e Buio,
caaaaVi...ormai dovreste averlo imparato!!)...come al solito purtroppo li ho
postati un giorno dopo, quindi non so quanti di voi li vedranno...ma tanto nel
prox chap VI OBBLIGO a venirli a vedere!! MUHAHAHAHAH!!! Miri grazie!!! Sei
bravissima, come tutte, del resto!!!
Che è una rating rosso, pubblicata con
il nick di un'altra persona, su Blaise e Diana...muahahah la mia perversione è
alle stelle! Sullo stesso account mi ha permesso di pubblicare Black Blood,
sempre rating rosso su Sirius...
E, infine, per coloro che hanno seguito
il mio primo lavoro, ho una buona notizia:
Ran Lupin: the begin
è finalmente tornata ad essere
scritta!!!
E, per finire, una notiziona che vi
riempirà di gioia (se, come no):
LUCE E BUIO CONTINUERAAAAA'!!!!!
*rumore di passi e di gente che fugge
atterrita*
...
-.-
mooooolto divertenti...
Un’ultima cosa soltanto: non pensate
che Scott sia crudele, o cinico…è solo un ragazzo, pardon Scottie, un uomo, che
sa vedere al di là di ogni sentimento, vede la verità nuda e cruda, e la prende
con molta filosofia. Mi dispiace accennarlo soltanto, qui, ma nelle prossime
avventure (faccio molto Indiana Jones…aaaaah, Harrison, quanto eri figo da
giovane!!) ci sarà molto più spazio anche per lui. E anche per Dan, ovviamente.
^.^ Li amo troppo per non metterli!! Eheh…
E, per finire i miei vaneggiamenti, vi do un ORDINE
PERENTORIO (muahahah!!!): tornate indietro di un capitolo, andate in fondo e
guardate che bei disegni che ha fatto Cherie!! (Alias: miri ;P)
Ecco le risposte alle recensioni:
D2OTTO: eheh...fate bene a non credermi
su queste cose...anche perché io sono parecchio cattivella
muahahahahahahahahahaha!!!!! sì in effetti....Diana dopo l'assalto delle donne
ha rischiato di finire di nuovo all'altro mondo ;P
pei_chan: hihi, pensaci un attimo,
sara...una figlia (è una femmina, lo dice Beltane^^) di Diana e
Blaise...stronza come il padre e carogna come la madre.....O.O *Draco e Harry
che fuggono disperati urlando come degli ossessi*
sarita46: muahahahahahahahahahah!!!!!
Daiiii tutti a fare il treninoooo!!! (Blaise strategico si mette dietro a tutte
le donne ---> PORCO MANIACOOO!!) e non ti preoccupare...siamo TUTTI pazzi
qui dentro...sottoscritta compresa!! (al primo posto)
Ilaria (risponde Diana): sai che mi
trovi d’accordo con te? Blaise è un cretino totale…e secondo me hai ragione, ce
l’aveva in tasca, il preservativo…(Blaise si vuota furtivamente le tasche nel
cestino buttando i Settebello) ma è fuori discussione che ti permetta di evirarlo!!
Insomma, mi servirebbe!!!! Eh!!
(risponde Blaise): Ah, piccola, sei
sempre gentile come un pugno in un occhio. Comunque, Ilaria, non credo che
Diana sia solo “convinta” del mio armamentario…oh, se vuoi provare…*ndBea: Iaia
non ci pensare neanche!!*
(Diana cerca di strangolarlo): Blaise
Arthur Zabini, sei un porco bifolco e maniaco!
(Blaise ghigna): Sì, ti amo anch’io.
(Diana lo manda a quel paese, mentre io
mi riapproprio della mia tastiera e della mia mente): vedi cosa mi succede!?!?
Sclero completamente quando sei presente tu, mi si sdoppia (anzi si divide in
tre) la personalitààà!!!! Aiutooo!!! Dico, ma li hai sentiti quei due!?!? Va
beh che sono troppo divertenti, starei ad ascoltarli/scriverli per
ore…muahahahah!! Comunque sono d’accordo, per come lui le ha detto “ti amo” la
prima volta…è un idiota, ma insomma, chi non lo vorrebbe uno così??? Un
basottone stella! COMPLIMENTI PER FIRENZE TE L'AVEVO DETTO CHE SARESTI STATA
BRAVISSIMA!!!! PS un'ultima cosa: cosa vuoi fare con
quella povera fiiiic!?!?!
Honey Evans: se hai pianto con quelli
indietro...con me del resto...prepariamo fazzoletti perché ora c'è Diana che
incontra Dan...sniff...oddiooooo piangoooo!!!
Mione1194: ecco a voi l'erede di
Houdini che riesce ad evadere ovunque!!!! eheh...guarda un po' come reagisci
alla notizia, più in basso...huhuhu...però qua...mia cara...ti sorprenderò (più
o meno)...muahahahahah!!!!
Shuyin: povero piccolo shuyin...che
scrittrice cattiva sono a far soffrire persino gli uomini....(huhuhuhuhu!!!)
semplicementeme: anche secondo me Diana
sarà una mamma...come dire...unica!! Insomma, una come lei, che di amore da
dare ne ha così tanto, non potrà che essere una mamma dolce, buona, folle (sì,
perché lei è proprio pazza)...per Kelly, ci arrivo, ci arrivo!! Mama mia sono
tutti qui ad assillarmi per sapere di Scott...con calma!! ;) sapessi quanta
malinconia al pensiero che siamo alla fine ormai...sniff....sono mesi che mi fa
compagnia la mia storia...e ora....ueeeee!!!:,(
32. Addio, Limbo –
Una Nuova Vita
Una brezza leggera carezzò
il viso di Dan, seduto sul cornicione del loro
balcone, della loro camera. Una
brezza fresca, dal profumo conosciuto. L'attimo dopo, seduta accanto a lui,
apparve Diana.
Cazzo, quanto era diventata
bella.
I suoi occhi di nuovo sereni
erano fissi sul tramonto lontano, il suo viso era tranquillo come poche volte
l'aveva visto, la sua posa era la solita, da dolcissima, indomabile ribelle.
-Ciao, Dan.- gli disse, con
la sua voce melodiosa.
-Ciao, Di.- rispose,
nascondendo un sorriso nato spontaneo sulle sue labbra, vedendola così assorta
nel guardare il sole morente. Rimasero in silenzio, senza una parola e senza
imbarazzo fra loro. Si conoscevano da così tanto tempo, avevano condiviso un
sentimento forte che, forse, non si era mai spezzato. Sapevano quasi sempre
cosa l'altro pensasse, in ogni situazione.
Sapevano cosa correva fra
loro, in quel momento.
Dopo quella che parve un
eternità, Diana sorrise, divertita.
-Avresti mai immaginato che
saremmo finiti in questa situazione, Dan?- gli chiese, voltandosi finalmente a
guardarlo. Bello, non era mai riuscita a negarlo. Bello esattamente come
ricordava, identico al Dan che aveva perduto. Al contrario di lei, che era
cresciuta tanto.
Lui sorrise, esasperato e
divertito.
-No. Da te mi sono sempre
aspettato di tutto, ma ancora una volta sei riuscita a sorprendermi.-
-...- un sopracciglio
alzato, uno sguardo ironico di quei due occhi neri, profondi, che la scrutavano
fin nei più reconditi angoli della sua anima.
-Non c'è bisogno del
silenzio scettico, sai?- gli ricordò, pungente.
-...- stessa ironia, un
sorrisetto.
-Dan, non ti sopporto.- Dan
scoppiò a ridere.
-Idem, Diana. Idem.-
Di nuovo, silenzio. Entrambi
tornarono a guardare il tramonto, mentre una fresca folata di vento
scompigliava i capelli di entrambi. Dan la osservò per un istante, notando
quanto fosse bella, lì, selvaggia come era sempre stata, in sintonia con i suoi
Elementi e con il suo cuore. Preoccupata, ora, la sua espressione.
-Cosa devo fare, Dan?- gli chiese, all'improvviso. Dan non
rispose: sapeva che avrebbe continuato a parlare. -Devo rinunciare per forza a
uno dei due uomini che amo...- balenò una scintilla birichina nei suoi occhi.
-Certo, si potrebbe sempre fare un menage
a trois, ma...- Dan strabuzzò gli occhi.
-Diana!- la rimproverò,
scandalizzato dalla sua assoluta mancanza di pudore. Lei sorrise, maliziosa,
rivolgendogli un'occhiata penetrante.
-...non credo che sareste
d'accordo.- terminò, mentre i loro sguardi si incatenavano e lei tornava seria.
Dan le sorrise: aveva uno splendido sorriso, a rilascio lento, come se fosse un
po' fuori posto sul suo viso, sempre duro, sempre concentrato. Anche in quello,
lui e Diana combaciavano.
-Fa' quello che ti dice il
cuore.- le disse, scostandole la frangia ribelle dalla fronte. Avvertì un
brivido, nello sfiorarla, nel toccarle i suoi capelli morbidi.
-Non so cosa mi dice, il
cuore.- mormorò lei, perdendosi in quella carezza che scendeva lungo i capelli,
sulla spalla scoperta dalla camicetta senza maniche dal taglio aggressivo.
-Io sì.- Diana spalancò gli
occhi, stupita e affranta, ma lui, ancora una volta, le sorrise.
-Dan...-
-Diana, te l'ho detto io.-
la rassicurò. -Te l'ho detto io, di tornare ad amare. Certo, ora come ora mi
mangerei le mani...- Diana sorrise con dolcezza. -...però ne sono felice. Ho
visto quel ragazzo, ho visto quanto ti ama. Non potrei volere niente di più
bello, per te.- Diana sentì qualcosa sprofondare nel suo cuore: sapeva quanto
gli era costato dire quelle parole...a lui, che era sempre stato così
possessivo, geloso, con lei...che l’aveva amata e che era stato amato tanto…
Ora la lasciava andare.
Lasciava andare il suo cuore, che sapeva non appartenergli più.
“Come potrei volerti con me,
Di, se non sei più mia? Ti amo, non potrei vederti infelice. Anche se significa
perderti...”
Diana sentì gli occhi
bruciarle di lacrime. Si sentiva così tremendamente egoista, a costringerlo a
lasciarla.
-Dan...- mormorò. Dan la
zittì, carezzandole le labbra.
-Diana...va' da lui.- Diana gli sorrise, grata di sapere
che lui aveva capito, distrutta perché lei, in un angolo in fondo al cuore, lo
avrebbe sempre amato. E Dan, questo, lo sapeva.
Diana scivolò giù dal
cornicione, lo lasciò lì, solo, e sparì nelle tende fluttuanti.
“Vorrei solo sentire le tue
labbra un'ultima volta, Di. Il tuo sapore, il tuo profumo. Un'ultima volta, ma
non sono così carogna da chiedertelo”.
Dei passi, e due braccia
chiare e tiepide gli cinsero improvvisamente il collo, abbracciandolo.
Dan sentì un peso scivolare
via dal suo cuore, quando si rese conto che quelle braccia appartenevano a
Diana.
-Ti ho amato tanto, Dan. Lo
sai che non smetterò di volerti bene...- gli sussurrò all'orecchio, il vento
che le scompigliava i capelli, che solleticavano il viso di lui.
-...ma so che ora tu
appartieni a lui.- Diana annuì, il viso nascosto nel suo collo. Aveva sempre
adorato abbracciarlo così, affondare il viso nel profumo caldo, latino, di lui.
Dan si voltò, la guardò dritto negli occhi. E Diana gli si avvicinò, incontrò
le sue labbra, si persero entrambi in quel sapore che tanto conoscevano, che
era stato spesso l'unico appiglio in situazioni insostenibili.
Quell'appiglio che, ora, non
poteva più essere.
-Vai, Di.- le sussurrò sulle
labbra, quando si separarono. Diana sorrise – un sorriso furbetto –, gli
rivolse un occhiolino e svanì in un alito di vento, lasciandolo con il suo
sapore fra le labbra e il suo profumo nella testa.
Era stato troppo. Veramente,
veramente troppo.
Vedere Diana, stretta a Dan,
su quel balcone...
Un qualcosa di enorme e
doloroso sembrava aver preso vita nel suo petto.
Blaise spalancò la porta
della sua camera con un calcio. In pochi minuti, aveva raccolto tutta la sua
poca roba, e l'aveva chiusa in una sacca. Se la caricò in spalla, ma prima di
uscire lanciò un'occhiataallo specchio
sopra il cassettone. Non sapeva perché, ma era tanto che non vedeva il proprio
riflesso.
Per poco non si riconobbe.
Sembrava un selvaggio, altro che il solito, elegante Zabini.
Si era irrobustito, ancor
più di prima. I capelli erano più lunghi, più selvaggi che mai, il viso
levigato dal dolore e dalle intemperie, la barba sfatta e la carnagione scura,
abbronzata, le braccia guizzanti di muscoli non troppo evidenti, ma che gli
davano comunque un'aria possente mantenendo la sua naturale scioltezza. Il
torace ampio, le gambe muscolose, la mimetica nera che tanto gli donava.
Inutile dire che era più bello di quanto non fosse mai stato.
(ndA: Blaise il
Cavernicolo...buaaaaaaaaah!!! Bonazzo!)
Distolse lo sguardo dal
riflesso dei propri occhi. Aveva visto durezza, nelle proprie iridi, la durezza
di chi non ha più nulla da perdere.
Uscì dalla stanza,
sbattendosi la porta dietro, lieto di vedere intorno a sé solo il corridoio
deserto. Non aveva voglia di incontrare nessuno, se ne sarebbe andato alla
chetichella.
-Dove hai intenzione di
andare, Faina?- dove l'attimo prima c'era solo un muro, ora era comparsa una
ragazza, appoggiata alla parete con fare insolente e le braccia conserte, lo
Stetson nero calato sul viso pallido che nascondeva i capelli bicromatici.
-Mmm, fammi pensare...- fece
lui, sarcastico. -A Hogwarts?- Diana alzò lo sguardo, per nulla sorpresa dal
suo tono.
-Senza di me?- disse, con
arroganza. Blaise non capì, sul momento, cosa voleva dire.
-Mi è un po' difficile, se
tu resti qui.- le fece “gentilmente” notare. Diana si alzò dalla parete,
spingendosi con una spalla, e si diresse verso la fine del corridoio
passandogli di fronte.
-E chi lo ha detto?-
Blaise sentì qualcosa
balzare in avanti, nel suo cuore.
-Dove stai andando?- le
chiese, senza sapere bene il perché.
-Io?- Diana si fermò, si
voltò verso di lui a tre quarti e lo guardò, con aria di divertita sufficienza.
-Io torno in Inghilterra. Con o senza di te, è una scelta tua.- Diana si voltò,
fece per allontanarsi, ma sorrise fra sé quando sentì la sua stretta salda
intorno al polso. Blaise la tirò a sé, intrappolandola fra le sue braccia.
-Con me. Poco ma
sicuro.- le disse. Diana sorrise, malandrina, e si alzò sulle punte dei piedi,
baciandolo con la sua solita, dolcissima irruenza. Blaise gettò di lato la
borsa - “Al diavolo la borsa”-, le passò un braccio intorno alla schiena e una
mano fra i capelli e la strinse a sé, in un bacio ardente, passionale, di due
persone che si amavano e non avevano più motivo di non farlo.
Diana si separò da lui,
sorridendogli senza ironia. Quant'era splendido, il suo sorriso, lui non
l’aveva mai veramente apprezzato fino in fondo, fino a quel momento.
-Ti amo, Blaise.- gli
sussurrò, per la prima volta da quando l'aveva capito...da sempre, forse.
Anche Blaise sorrise,
qualcosa nel petto che ruggiva, trionfante.
-Si era capito.- le fece
notare, e la strinse in un nuovo bacio, altrettanto focoso, altrettanto
innamorato. E un pensiero gli rimbalzava nella testa, lo faceva sorridere sulle
labbra di Diana, lo rendeva più felice di quanto non fosse mai stato prima di
conoscerla...
Era sua.
Scott li vide arrivare.
Sorrise quando vide lo sguardo colmo d'affetto che lui le rivolse...ma provò
una stretta al cuore riconoscendo quello sguardo, lo stesso che le aveva
rivolto tante volte anche Dan.
Non era giusto, da parte
sua, lasciarlo in Texas da solo. Ma Dan aveva già dei progetti, in mente:
tornare in Messico, la sua terra madre, dai suoi genitori, riprendere il suo
lavoro di Auror, fare tutti i danni che gli fosse possibile fare. Lui aveva
ancora qualcuno, lì, una famiglia. Al contrario di Scott, che la sua famiglia
si personificava solo in lei. Diana. Sorella, figlia, amica, tutto insieme.
L’avrebbe seguita in Inghilterra, sapeva che era là che la piccola avrebbe
voluto andare. Erano sempre stati tutto, l'uno per l'altra, senza famiglia se
non loro stessi. Non poteva abbandonarla. Non ora che aveva solo lei.
-Come stai?- non lo sorprese
la voce di Melissa, accanto a lui. Sorrise, pensando che, una volta tanto, le
parti di maestro e pivella si stavano invertendo.
-Benissimo. Perché non
dovrei?- chiunque, a parte Diana e Dan, avrebbe creduto alle sue parole. Tranne
lei, che lo conosceva meglio di tutti.
-Kelly.- Scott sospirò.
Kelly.
Un nome. Una sola parola. Un
ricordo incessante. Una ragazza dolce, sincera, che arrossiva ogni volta che
alzava gli occhi su di lui.
Se n’era andata molto tempo
prima. Se n’era andata quando se n’era andato lui.
L’aveva osservata, a lungo,
dal luogo sconosciuto dov’era finito dopo la morte. Aveva sofferto, anche se
non se ne era nemmeno reso conto, nel vederla diventare quello che era
diventata.
Un’assassina.
Una Mangiamorte.
Un essere amaro e rancoroso,
chiuso nel suo dolore.
La sua Kelly non c’era più,
e lui non era così sciocco da non rendersene conto. Ma non era stata Diana a
portargliela via.
Era stata Kelly stessa a
distruggersi.
E lui doveva ricordare
quello che si diceva sempre, il suo mantra quotidiano contro le ingiustizie del
mondo, le parole che, bizzarramente, proprio Kelly gli aveva insegnato.
Vai avanti.
Guarda la verità, nuda e cruda, renditi conto di ciò che hai intorno e
non illuderti.
Non illuderti mai.
Soffri oggi, e poi avanti, c'è un altro giorno.
Soffri oggi, per la donna che hai amato, che ha fatto
tanto male all'unica altra persona che contasse qualcosa per te. Per la donna
che non riesci più ad amare, adesso.
E, domani, trova qualcosa di bello che ti restituisca il
sorriso.
Ora doveva pensare a Diana.
Alla sua sorellina. E all’uomo che aveva al suo fianco.
Ghignò istintivamente,
pensando alla sorpresa che aspettava la piccola peste.
Lea raggiunse l'amica,
sorridendole. Aveva visto l’occhiata che lei e Blaise si erano scambiati, aveva
visto la serenità negli occhi d’argento della giovane Black. E ne era felice.
-Allora...tutto a posto?- le
chiese.
-Ovvio, no? Mi sono resa
ridicola dichiarando il mio amore imperituro, così siamo pari in quanto a
figuracce.- replicò Diana, scoccando un'occhiata a Blaise che le rivolse un
ghigno. Anche gli altri si avvicinarono.
-Vieni qui subito, tu!-
Diana non provò nemmeno a fuggire. Sapeva che sarebbe stato inutile tentare di
sottrarsi alle grinfie di Ginevra Molly Weasley quando si metteva in testa una
cosa. Permise alla rossa di balzarle addosso, mandandola gambe all’aria,
ridendo entrambe come due sceme.
-Ragazze, venite un attimo,
và.- Diana chiamò anche Melissa ed Hermione, che le raggiunsero. Blaise rivolse
un occhiolino alla mora e tentò, invano, di raggiungere Draco. Ma Alex e Scott,
carogne come delle vere Serpi, lo braccarono a metà strada.
“Povero Blaise…quei due
sclerotici gli renderanno la vita un inferno.” pensò Diana, non riuscendo a
nascondere un ghigno sadico nel cogliere alcune delle parole dei due americani.
Erano due chiocce protettive, con lei, lo erano sempre stati ed erano diventati
amici proprio grazie a quello.
Diana era l’unico anello di congiunzione fra tutti loro.
Alex e Scott, Draco e Harry, Blaise e Ron.
Alex e Melissa, Harry e Ginny.
Aveva unito le strade di tante persone che non si sarebbero mai
incontrate, senza di lei.
E, soprattutto, aveva trovato la sua.
Diana afferrò le ragazze e
se le trascinò via, lontano dagli altri, lontano dalle orecchie indiscrete
degli “uomini” presenti. Draco se ne accorse, fece un cenno ad Harry (con cui
stava chiacchierando amabilmente –
assurdo) e le seguirono di soppiatto.
Diana se ne accorse, ma
ghignò, pensando a quale bella sorpresa avrebbe colto i due impiccioni.
-Ragazze…- cominciò,
voltandosi verso le quattro che l’avevano seguita, e che ora la guardavano
incuriosite da tutto quel mistero. -Vi direi di sedervi, ma mi sa che è un po’
impossibile, in mezzo al deserto.- cominciò, non riuscendo a cancellare quel
ghigno divertito dal suo viso.
-Perché?- le chiese Gin, la
più ingenua fra loro. Le altre tre, invece sgranarono gli occhi, capendo in
anticipo cosa Diana volesse dire.
-Diana, non sarai mica…-
cominciò Melissa.
-Non è possibile…- rincarò
Hermione.
-Andiamo, sister, non
diventerò mica…- Diana annuì con convinzione, palesemente divertita.
-Sì, mi hermana. Diventerai
zia.-
Lea rimase immobile. E così
Melissa, Hermione e Ginny. Gli occhi spalancati, le bocche aperte e i pensieri
completamente bloccati. Diana, vedendo le loro espressioni, non riuscì a
trattenersi e scoppiò a ridere di gusto.
Le mani, a dispetto della
sua solita aria da pestifera, salirono a proteggerle il ventre, a proteggere
quella creatura che fra nove mesi avrebbe incasinato ancora di più la sua vita,
quella creatura che già amava.
Le quattro se ne accorsero, stupite,
e intenerite da quel gesto che Diana era l’ultima donna al mondo da cui se lo
aspettassero.
Era un gesto tenero,
amorevole, protettivo.
Era un gesto da mamma.
E lei sorrise, accorgendosi
degli sguardi allibiti delle sue amiche. Sorrise in un modo molto diverso da
quello a cui le quattro erano abituate, sorrise dolcemente, serenamente,
sorrise rendendosi conto, forse per la prima volta in tutta la sua pienezza,
che dentro di lei stava nascendo una vita. La vita di sua figlia.
Poi, una scintilla divertita
nei suoi occhi, e si voltò verso la duna dove dietro erano nascosti quella
Serpe di suo cugino e quel Grifone di suo fratello. Si avvicinò, vi lanciò
un’occhiata e disse alle ragazze, ghignando:
-Herm, Gin, armatevi di
bacchette e venite a rianimare ‘sti due. Mi sa che gli è venuto un colpo.-
Poco dopo, le cinque donne
si riunirono agli altri. Draco e Harry erano scomparsi, probabilmente stavano
cercando di riprendersi dalla notizia. Diana raggiunse Scott e Alex, rifilò ad
entrambi un pugno sulla spalla e salvò Blaise dalle loro grinfie.
-Grazie.- le disse lui,
sollevato, sorridendole. Lei ghignò, ma si lasciò cingere in vita
dall’abbraccio che tanto amava.
-Aspetta, prima di
ringraziarmi.- gli disse, facendogli squillare quasi all’istante tutti i campanelli
d’allarme nel cervello.
-Diana, cosa…-
Ma una voce maschile lo
interruppe.
-Ma guarda che bella banda
di spostati gira intorno a mia figlia.- Diana e Harry, che stava convergendo
verso la sorella, si bloccarono e si voltarono di scatto.
Era impossibile.
Impossibile.
O, almeno, lo sarebbe stato.
In un altro luogo. In un altro posto in cui non esisteva la parola
“sacrificio”. Né la parola “amore”.
Sui loro volti, identiche,
si dipinsero due espressioni di sorpresa, gioia, stupore, felicità, tutto insieme.
Sorpresa.
Felicità.
Pure e semplici, nude nei loro cuori finalmente sereni.
Un bell'uomo, sulla trentina
d'anni, li stava guardando, arrogantemente appoggiato alla spalla di Remus
Lupin con un gomito (ndBea: della serie: “guardate come sono bello e figo”). I
lineamenti eleganti, fini, virili, gli occhi del colore dell'argento e i
capelli lunghi, lisci e nerissimi, il fisico alto e ben piantato.
Tutti notarono la somiglianza. Anche chi non l’aveva mai
visto.
Tutti capirono cosa legava quell’uomo a lei.
Vero, opaco, concreto.
Fatto di carne, di ossa e di
sfacciataggine.
Non come l'ultima volta che
Diana lo aveva visto, sotto forma di spirito, in una Camera dell'Ufficio
Misteri, più di un mese prima. Un secolo prima. Una vita prima, letteralmente.
Era lì. Di fronte a lei,
aveva occhi solo per lei, e le
sorrideva con orgoglio e fierezza.
L'amore perduto di una
bambina.
L'affetto verso un uomo che
amava e ammirava al di là dell'inverosimile.
I suoi occhi si riempirono
di lacrime, lacrime di gioia vera e spontanea, e una parola le nacque timida,
arrugginita, sulle labbra:
-Papà...-
Sirius Black le si avvicinò,
ignorando per una volta tutto ciò che aveva intorno.
-Ne hai combinati di
disastri, eh?- le chiese, una volta che le fu di fronte. Diana sorrise e annuì,
sentendosi improvvisamente molto più giovane, felice più di quanto non credeva
di poter essere. Suo padre...vivo. Accanto a lei, e non l'avrebbe lasciata più.
Il suo papà...
-Avrò preso da mio padre.- disse, prima di abbracciarlo
forte, come le era sempre stato negato di fare, come aveva sempre sognato di
fare. E Sirius la strinse, sorridendo, riconoscendo in lei la figlia che gli
era stata negata, la figlia che si era ritrovato ad amare in un modo che non
gli era mai capitato.
Harry, sorridente, con gli occhi
appannati, spostò lo sguardo verso le altre persone che erano giunte insieme a
Sirius. Sorrise a Remus e a Tonks, mano nella mano, i capelli di lei tornati di
un accesissimo rosa cicca.
Poi però, vide chi c'era
dietro il licantropo e l'Auror, e per un istante dimenticò persino qual'era il
suo nome.
L'uomo era identico a lui.
Alto esattamente quanto lui, gli stessi capelli di lui, il viso e la
corporatura straordinariamente simili ai suoi. Il sorriso era identico al suo.
Harry lo conosceva, non poteva non conoscerlo...
La donna lo guardava con
occhi smeraldini colmi di gioia e di orgoglio. I capelli rossi, ondulati e
lunghi, le ricadevano morbidi su tutta la schiena. La corporatura esile,
aggraziata, di una ballerina, il viso dolce e il sorriso sincero.
Harry non disse nulla,
incapace di farlo. Corse ad abbracciare James e Lily Potter, i suoi genitori,
col cuore più leggero di quanto non gli fosse mai capitato prima.
-Ma quanta gente hai
riportato in vita, Di?- le chiese Draco, ricomparso misteriosamente accanto ad
Herm, il primo fra tutti loro a riprendersi dalla sorpresa di ritrovarsi
davanti tre “defunti”. Hermione e Ginny erano quasi in lacrime dalla felicità,
Lea e Melissa guardavano l'amica stretta a uno dei due uomini della sua vita
con un sorriso intenerito. Ron, Alex e Blaise, invece, erano tutti intenti a
guardare le proprie ragazze, mezzi imbambolati. (ndA: maiali!)
-Più che abbastanza, signor
Malfoy.- Draco e tutti gli altri sobbalzarono e si voltarono, trovandosi
davanti un Albus Silente ridacchiante e in piena forma, entrambe le mani sane e
il viso più florido, come se fosse ringiovanito. (ndMe: mancava giusto il
vecchio matto in una banda di spostati -.- )
-Professor Silente!-
esclamarono, allibiti.
-Proprio io.- rispose lui,
allegramente. Diana e Harry, entrambi con gli occhi lucidi, si voltarono verso
il Preside. -Siete stati meravigliosi, ragazzi miei.- gli disse lui,
sorridendogli.
-Il merito è tutto di Diana,
che ha distrutto gli Horcrux.- lo corresse Harry. Diana sospirò, arrivandogli
addosso con un balzo e scompigliandogli ancora di più i capelli.
-Ma piantala di fare il
ruffiano, Prescelto! Ci siamo già chiariti!- gli disse, e tutti scoppiarono in
una fragorosa, liberatoria risata.
Blaise andò da lei, la tirò
via da Harry prima che lo rendesse pelato, e l'accolse fra le sue braccia, dove
lei si abbandonò, ridendo più felice di quanto non le fosse mai capitato di
essere nella sua vita.
-Ehi, voi due, limitate le
effusioni...- borbottò Sirius, contrariato.
-E lasciali in pace, non
vedi come sono carini?- lo riprese James, di fianco a suo figlio che non
riusciva a smettere di sorridere.
-Non mi va che mia figlia si
metta a pomiciare in pubblico.- borbottò lui. Diana, un sopracciglio alzato e
l'espressione furbetta, alzò lo sguardo su Blaise, che le rivolse un
sorrisetto.
L'attimo dopo, l'aveva
tratta a sé, come un ballerino che eseguisse un perfetto casquet, e l'aveva
stretta in un bacio mozzafiato, mentre Diana rivolgeva al padre e a Remus,
entrambi sull'orlo di un collasso, un gestaccio divertito. James scoppiò a
ridere.
-Non puoi dire che non ti
somiglia, fratello.- disse a Sirius, frizionandogli i lunghi capelli. Tutti
scoppiarono a ridere, mentre con un soffio improvviso di vento i due sparivano,
diretti in un luogo che nessuno sapeva, lontano dai loro amici, lontani dal
Limbo, lontani da quel luogo.
E ricomparvero al Maniero
dei Zabini, deserto, davanti ad una alta porta riccamente intarsiata, in un
corridoio buio e arredato con gusto. Blaise la baciò, la strinse al suo corpo,
le mani che la traevano a lui premute sulla sua schiena. Diana non si separò un
istante dalle sue labbra, mentre con una mano apriva la porta e con l'altra si
aggrappava alla sua spalla, stringendosi a lui. Blaise le slacciò la camicetta,
gliela sfilò, e si separò da lei solo per permetterle di fare altrettanto.
Senza smettere di baciarsi, stringersi, animati da una dolce frenesia, i corpi
che non riuscivano ad allontanarsi, si avvicinarono al grande letto a
baldacchino, velato di lenzuola di seta del colore del corvo.
Blaise le baciò il collo,
avido di sentire di nuovo il suo sapore, il suo odore così intenso, così buono.
Diana lo spinse fra le lenzuola, rimase sopra di lui, baciandolo con irruenza e
passione. Ci volle poco perché entrambi fossero nudi, e ancor meno perché si
possedessero ancora, folli di passione, di gioia, i corpi lucidi del sudore
dell'amore, avvinghiati in un abbraccio entusiasta, il corpo pallido di lei
adagiato completamente sopra quello bronzeo di lui.
Raggiunsero l'apice insieme,
tra gemiti e sospiri, i volti vicini, avvampati di calore, i sorrisi che si
fondevano in un bacio morbido, esausto, ma più innamorato che mai, gli occhi
incatenati, che si specchiavano in quelli dell'altro.
-Non andartene.-
-Non ho intenzione di farlo.
Mai più.-
E tornarono a perdersi,
l'uno nel corpo dell'altra, abbandonandosi all'istinto e a quel buffo
sentimento chiamato amore.
(SIIIIIIRIUUUUUUS!!!
Ammore mioooo!! E’ tornatoooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo!!!!
Sìììììì! E triplo muahahahahahahahahahah!!)
Diana
si destò che la notte era già calata oltre i vetri, appannati dai loro
sospiri, della stanza di Blaise, al Maniero. Si alzò a sedere e si guardò
intorno, per la prima volta da quando era lì. Il posto era bello, molto bello,
aveva già avuto occasione di vederlo, ma le pareva molto diverso da quell'unica
volta.
Quella stanza
era elegante, arredata con gusto. Si vedeva lo stile di Blaise nei mobili di
legno scuro, riccamente intarsiati, nel grande letto a baldacchino dalle
lenzuola nere – un po' macabre, forse, ma terribilmente eccitanti –, nei
tappeti rosso sangue. Blaise si trattava bene, molto bene, dopotutto.
"Riccastro"
pensò con un ghigno, voltandosi verso di lui. Beh, pensò, lanciandogli
un'occhiata tutt'altro che casta, oltre che essere ricco era decisamente un gran
bonazzo. Eh, era parecchio che non si soffermava seriamente ad ammirare il suo
Blaise...e là, addormentato e arruffato fra le lenzuola del proprio letto, i
capelli di solito lisci accuratamente scompigliati dalle sue mani, era troppo
carino.
Sorrise,
ricordando improvvisamente di avere la mano stretta a quella di lui. Non l'aveva
lasciata mai, nemmeno per un istante. Era un gesto tenero, protettivo,
rassicurante, che lei amava.
Ora era libera
di farlo. Non c'era più nulla a trattenerla, a frenarla, a volerla portare via
da lui. Ora poteva fare quello che più desiderava: stare con lui, senza pensare
più a nulla, senza dare più importanza a nulla, se non al loro amore.
Scostò i
capelli da davanti al viso: non capiva perché, ma quando era tornata dal mondo
dei morti la sua chioma era tornata ad allungarsi, molto più di prima, fino
alla vita, colorandosi di bruno e dello stesso argento del pelo del Lupo.
Il Lupo...la sua
anima. Il suo spirito, la sua vera forma. La forma che ora poteva assumere
quando voleva, come un'Animaga.
Sfiorò con le
dita il proprio ventre, assorta nei suoi pensieri. Là, nascosta nel suo intimo,
c'era la sua bambina. La loro bambina, sua e di Blaise. L'unico motivo per cui
lei aveva ottenuto la possibilità di tornare, la creaturina concepita per
amore, durante una notte in cui l'amore non aveva avuto bisogno di parole. La
creaturina che, già adesso, attirava amore.
Non si sentiva
troppo giovane per avere una figlia. Dopotutto, quando sarebbe nata, avrebbe
avuto quasi diciott'anni. Ma l'età non contava, Diana lo sapeva bene. Dentro,
nel cuore e nella mente, sia lei che Blaise erano dotati di una maturità ben
più grande, ben più adulta. Era stanca, in fondo, della sua turbolenta
adolescenza. Ora voleva solo pace...sì, proprio lei, la guerriera, voleva solo
pace e silenzio, silenzio fatto di baci e d'amore.
"Ti amo
.", le aveva detto. Una sola volta. L'unica e sola, da sempre. E lei,
benché lo sapesse, era rimasta sorpresa non poco nel sentirglielo dire.
Sorpresa, e felice.
Ora era tutto
lontano. Il Limbo, la guerra finalmente finita, il sangue e il dolore, le
battaglie e le uccisioni. Tutto svanito, scritto in un passato che era ora di
chiudere.
Perché c'era un
futuro, ora, da scrivere.
Si lasciò
scivolare accanto a Blaise, e gli posò un lieve bacio sulle labbra semiaperte,
sentendolo rispondere un secondo più tardi nonostante ancora dormisse.
Sorridendo, si
separò lentamente dalle sue labbra, osservandolo aprire gli occhi. Sorrise, non
appena la vide.
-Ciao, piccola.-
le disse. Diana sospirò, sprofondando di nuovo il viso nel cuscino.
(ndRanXCooper:
non è riferito al Platy, sia ben chiaro...ma ad un'altra persona, che poi ti
spiego...)
-Blaise, io non
sono piccola. Quante volte te lo devo dire?- gli chiese, esasperata, sospirando.
-Appunto. Lo
dico apposta.- replicò lui, voltandosi su un fianco e guardandola con
insospettata tenerezza. Rimasero a lungo in silenzio, guardandosi negli occhi,
finché nella mente di Diana si presentò una domanda.
-Perché proprio
qui? Al Maniero?- gli chiese, con voce morbida e suadente, alzando il viso dal
cuscino per guardarlo negli occhi.
-Perché è qui
che verremo a vivere.- rispose Blaise, tranquillo, cingendole la vita con un
braccio e portandola sopra di sé, adagiata morbidamente su di lui.
-E quando?- gli
chiese, l’espressione calma e sensuale, gli occhi semichiusi e le labbra scure
schiuse in un sorrisetto.
-Quando ci
sposeremo.- una scintilla di sorpresa non riuscì a scalfire lo sguardo di
Diana. Sorrise, mentre si accomodava meglio, sdraiata sul suo petto, fra le sue
braccia, posandogli le sue mani affusolate sulle spalle.
-Non ci vedo a
fare la coppia sposata.- commentò, ridendo. Blaise la guardò: era stupenda,
là, in quella stanza in penombra, nuda fra le lenzuola scure, nuda fra le sue
braccia. Le sorrise.
-Non sto
scherzando, Diana. Tu dimmi un giorno, e io ti sposo.- le disse, guardandola
intensamente negli occhi con uno sguardo di sfida. Lei scosse la testa,
divertita, si avvicinò alle sue labbra e vi sussurrò, provocante:
-Domani.- lui
sorrise, con l’aria di chi se l’aspettava.
-D’accordo.-
la sua risposta insospettì Diana, i suoi occhi si strinsero.
-Stai
scherzando.- gli disse, a pochi millimetri dal suo viso.
-Mai stato più
serio in vita mia.- "Pazzo. È pazzo, ormai è ufficiale!" Diana lo
guardò a lungo, gli occhi indecifrabili, i pensieri che si affollavano nella
mente.
Poi lo baciò,
con slancio, con gioia, stringendosi a lui con qualcosa di molto simile alla
felicità.
E si amarono di
nuovo, e ancora, senza mai volersi fermare.
Rumore d’acqua
scrosciante, vetri opachi e lavorati, piastrelle color crema e manopole dell’acqua
a forma di serpente.
-Blaise, per
caso hai parlato con Draco o Harry, prima di decidere di sopportarmi per il
resto della vita?- gli chiese Diana, mentre si trovava sotto la doccia da cui
lui era appena uscito. Aveva lasciato la porta scorrevole aperta in spiraglio, e
osservava dallo specchio tutti i movimenti di un Blaise seminudo e alquanto
eccitante.
Dopotutto,
rimaneva o no una Malandrina, figlia e figlioccia di Malandrini?
-No. Perché?-
gPerfetto. E
adesso come cazzo glielo dico!?"
-Oh, beh, sai…così…-
borbottò, alzando ancora di più la forza dell’acqua. Blaise aprì la porta,
un asciugamano legato in vita che Diana non mancò di osservare, i capelli
ancora umidi e l’espressione sospettosa. L’asciugamano era abbassato, fin
troppo perché lei potesse ignorarlo, e scivolava traditore sulla linea dritta e
perfetta dell’inguine…
-Perché, Diana?
Cosa sanno Dray e Potter?- le chiese, in un tono che non ammetteva repliche.
Diana alzò gli occhi su di lui e sorrise.
-Sanno che sono
incinta.- rispose semplicemente.
-Ah.- fece
Blaise. Poi però, la verità lo colpì con la forza di un uragano. Sbarrò gli
occhi, esterrefatto. -Tu sei…che cosa!?- esalò, allibito.
-Incinta.-
rispose tranquillamente Diana, che in realtà se la stava ridendo un mondo nel
vedere la sua espressione da pesce lesso. Blaise aprì e chiuse la bocca varie
volte, senza trovare nulla da dire, per la prima volta in tutta la sua vita
senza parole. Il solo pensiero era troppo assurdo per essere anche solo
espresso: Diana incinta? Lui, padre?
gOh santo
Salazar…io, padre!? Santo cielo…un figlio? Con Diana? Io!?" persino il
cervello pareva esserglisi inceppato.
-È…- provò,
ma le sue funzioni vocali erano entrate in sciopero.
-Inaspettato?-
gli suggerì lei con un sorriso. Se la rideva, la carogna, notò Blaise.
-No…- entrò
nella doccia, lasciando dietro di sé, abbandonato e inutile, l’asciugamano, e
si richiuse la porta dietro.
(ndA: AAAAAH!) (ndTUTTE
LE DONNE DI EFP: Ran calmati! Gli saltiamo addosso noi, non ti sforzare!!) (ndMe:
col piffero! È mmioooo!!) *rumore di lotta tra ragazze assatanate*
Trovò da
qualche parte la forza di sorriderle. Di sorridere alla sua futura moglie, alla
futura mamma di suo figlio. Merlino…solo quel pensiero, bastava a farlo
sorridere. Lui e Diana stavano per avere un figlio. La verità lo colpì all’improvviso,
lo riempì di qualcosa di molto simile alla pura e semplice felicità. -È
bellissimo.- le disse, sincero. Anche Diana sorrise.
-C’è solo una
cosa, ancora…- disse, ignorando per una volta il fatto che se lo trovava
davanti nudo come sua madre lo aveva (molto ben) fatto.
-Cosa?- fece
Blaise, preoccupato.
-Dovrai
sopportarne due come me…perché è una femmina.- alla notizia, Blaise non
seppe più resistere. La prese per i fianchi, la trasse a sé e la baciò di
slancio, sentendola stringersi a lui. La sollevò, sentendo le sue gambe
avvolgerglisi attorno al bacino, e ed entrò dentro di lei, strappandole un
gemito che lo fece sorridere ancora di più. -Direi che tu sia contento della
notizia, no?- fece lei, ridendo con quella sua risata cristallina, coinvolgente,
che lui amava tanto.
-Contento? Sono
l’uomo più felice di questa Terra.- rispose lui con un sorriso, prima di
amarla.
Amarla come
aveva sempre fatto.
Amarla come
avrebbe sempre continuato a fare.
Sempre, e per
sempre.
Finché
morte non ci separi.
[Epilogo]
Ed
è così che finisce la storia di questo pezzo di vita. La mia storia,
dopotutto, visto che porto il nome di una dea dell'antichità. Diana. Una vita
folle, sconsiderata, vissuta agli estremi.
Come
dite?
Non ne valeva la
pena? Io credo di sì.
Infatti, se potessi
tornare indietro, probabilmente farei le stesse cose.
Perché la mia vita
è stata ed è ancora una "cosa" caotica, incomprensibile,
inimmaginabile. Ed è la mia vita, anzi, è VITA, tutto maiuscolo.
Ho avuto la fortuna
di trovare una persona come Blaise. Non è facile trovare un uomo del genere,
ragazze e anche ragazzi, perché no, ma alla fine ognuno di noi trova la persona
con cui è destinato a vivere. A me è successo, e quella persona di nome fa
Blaise.
Anche se non potrò
mai dimenticare Dan. Lo amavo, così tanto che sono diventata quello che sono,
grazie a lui. Con lui sono cresciuta, felice nonostante le tante avversità che
dovevamo affrontare. Non posso e non voglio dimenticarlo, e questo Blaise lo sa
bene. Come sa, del resto, che il mio cuore, la mia anima, il mio amore,
appartengono a lui.
Non è stato
facile, sapete? Vivere questo ruolo, vivere questa vita.
Molti dicono che
chi vive in pace vive felice...vive sul serio.
Beh, forse è vero.
Non lo so, non ho mai provato.
Ma ho imparato che
solo dalle avversità si può capire cos'è veramente la gioia, la felicità, la
spensieratezza. Solo capendo cos'è il dolore si può sapere cos'è l'amore.
Quindi, e mi
rivolgo a voi, voi che avete seguito i miei passi, voi che avete percorso con me
la strada che faticosamente, a volte, ho tracciato, ho un consiglio per voi.
Non smettete mai di
amare.
Amate, amate e
amate.
Amate il sorriso di
un bambino e amate il profumo di un fiore.
Amate la luce del
sole che vi sveglia al mattino, e il tenue, magico chiarore della luna piena.
Amate qualsiasi
cosa abbiate di bello intorno. Imparate da ogni più piccola avversità,
imparate che dietro le nubi c'è sempre il cielo azzurro, come il cielo del mio
amato Texas.
Amate.
E, se già non
l'avete accanto, troverete una persona capace di mostrarvi tutto questo.
Fidatevi di me,
della vostra "cara" Diana.
Arriverà. Esiste
per ognuno di noi. Esiste la metà di noi, in qualche luogo là fuori, ed è
destinato ad incontrarci. O a scontrarci, com'è successo a me (due volte...eheh,
un giorno ve lo racconterò).
Amate.
Anche quando la
vita sembra riservarvi solo dolore. Solo disperazione, un baratro buio da cui
non riuscite a uscire.
Lasciatevi andare
quando sentite il vostro cuore battere forte davanti a qualcuno.
Amate.
Sempre vostra,
NdBea: Per i ringraziamenti e i
saluti, il prossimo capitolo!!! Un besoooo!!!
Eccomi qua. È stata dura, molto dura, decidersi a scrivere
questo capitolo dei ringraziamenti. Forse perché non riesco a credere di essere
riuscita a portare a termine quest’impresa, forse perché già provo molta
nostalgia, ma non riesco ancora a pensare che Luce e Buio sia veramente finita.
Questa
fanfiction, questo racconto, è stato per me un modo per raccontarvi, anche se
ovviamente romanzata, la mia vita, me stessa, il mio carattere e anche le mie
paure. Ho dato tutto quello che potevo a Diana, a Blaise, a tutti i miei
personaggi, ho dato la mia passione e le mie emozioni, e il risultato…beh, non
mi pare così schifoso, dopotutto. ^.^
Ma, com’è ovvio,
il merito della fine di questa impresa per me titanica va soprattutto alle
persone che mi hanno accompagnata, che mi hanno fatta sorridere, che mi hanno
commossa, con le loro recensioni e i loro commenti ogni tanto anche parecchio
pazzi. Ovviamente non sono in ordine di importanza, ma di memoria…^.^
Cherie: questa ragazza è
riuscita a cogliere di Luce e Buio molti aspetti secondari, come il carattere
di Alex e di Melissa o la solitudine di Kelly, che ho lasciato trasparire
appena. Addirittura, per seguire il mio lavoro, si è connessa dall’Irlanda…^.^
abbiamo riso e scherzato insieme, ha fatto dei disegni stupendi ed è sempre
riuscita a gonfiarmi di orgoglio per quello che stavo scrivendo. Grazie perché
ho riso e pianto tante volte, leggendo le tue recensioni allegre e folli, e
perché mi sei vicina in quello che ancora sto passando. (ci conto che tu
recensisca anche il what if! ^.^)
Mione1194: alias Lea Artesia…^.^
Io e Diletta ci siamo trovate in questa fanfiction, lei con Ron, io con
Blaise…ho permesso ad entrambe di sognare, di ridere anche, con le nostre
immancabili battute che anche su MSN si ripetono. Due rimarranno negli annali:
“Quella non è una donna, è una vacca. La gente se le mangia, le vacche.” e
“Quale Signore? Io vedo solo un povero vecchio demente”. Grazie per tutte le
risate, le minacce di morte, i lacrimoni che mi hai provocato, Dile. MSN sembra
vuoto senza i tuoi coloratissimi messaggi personali…=_(
Iaia_Malfoy4ever: signori e
signore, vi presento la mattoide più pazza di tutte! È assodato che in questo
posto pochi sono i sani di mente, ma lei batte tutti! ^.^Io e Iaia ci siamo trovate, siamo molto
simili soprattutto per quello che pensiamo al riguardo di certi uomini (ossia un immenso e categorico SBAV!), ci siamo
affezionate e, soprattutto, c’eravamo quando avevamo bisogno dell’altra. Ha
sofferto tanto, e purtroppo posso capirla, ma lei è una vera Serpe e spero che
riuscirà presto a ritrovare un sorriso. Grazie per tutti gli scleri, gli
inondamenti della Senna, i confronti con gli dei dell’Olimpo, le risate e, ma
sì, anche delle lacrime e della tristezza.
D2OTTO: la filosoficissima
Alessandra, che riesce sempre a strapparti un sorriso o una riflessione, con
cui rido tanto su MSN e che scrive meglio ogni giorno che passa, glielo posso
assicurare. Ale è stata una delle prime a recensire, a leggere anche l’altra
versione di “Luce e Buio”, e ha sempre seguito con costanza veramente
ammirevole (Santo Silente come son prolissa, sembro Percy!!) Grazie Ale. Di
tutto.
Honey Evans: Ecco, vi presento
la “massacratrice”! Dovete sapere che questa donna ha una vena sadica e
violenta che si è sfogata su tre studenti
presi a caso dalla folla…eheh, a parte i miei scleri oramai quotidiani,
Honey ha sempre fatto commenti che mi hanno fatta a) ridere fino alle lacrime
(“che razza di happy end mi devo aspettare? I mangiamorte vissero felici e
contenti e bellatrix sposò voldemort?”) b) commuovere fino alle lacrime
(“noooooooooooooooooo[…] è m-m-m-orta!”)…grazie perché abbiamo riso, abbiamo
scherzato, abbiamo pianto sulle mie stesse parole.
Sarita46: la donna del trenino!
Eheh quanto ho riso nelle due occasioni che Sara ha tirato fuori questa
idea…perché questa donna è pazza (come me, del resto…forse è per questo che ci
troviamo! ^.^), ma lo è in un modo che, quando ho letto del suo trenino e delle
sue follie, mi ha ritirata su di morale in un momento molto brutto…quindi, Sara,
grazie per la tua pazzia.
SlytherinAngel: anche se non ha
recensito tutti i capitoli (mica l’ho mai preteso ^.^) mi hanno sempre molto
inorgoglita le sue parole, i suoi consigli, e soprattutto mi ha rincuorata
parecchio il fatto che non volesse uccidermi prima della fine della fic…una
delle poche…^.^ Ah, giusto, il mio contatto di MSN è biabeltrami@hotmail.it, se lo vuoi
aggiungere!
Shuyin: l’uomo della situazione!
Shu credo sia il più sano di mente fra i miei recensori, forse anche perché non
è stato soggiogato dalla mia influenza folle fin dall’inizio, ma solo da metà
storia. Shu è l’uomo degli Elementali, se così si può chiamare ^.^, ha
apprezzato molto questa trovata e spero che nel seguito torni a seguire
quest’avventura magica, che certo non può dirsi conclusa. Grazie per i
complimenti, per la commozione, per le risate.
Semplicementeme: mi riempie di
serio orgoglio ogni volta che recensisce, scrive in maniera eccelsa e nemmeno
se ne accorge, e poi si complimenta con questa pivellina (la
sottoscritta)…questa donna ha lasciato delle recensioni che mi hanno veramente
fatta sentire una Scrittrice, con la S maiuscola, l’unica cosa che voglio
essere, ed è riuscita a cogliere di me, attraverso Diana, molti aspetti più
oscuri. Grazie perché mi hai seguita e apprezzata.
Pei_chan: ella è colei che
scrisse recensioni chilometriche ^.^! davvero, per leggere le sue recensioni ci
vuole più o meno lo stesso tempo che serve per leggere “la Separazione” (che è
di 27 pagine…-.-). Pei è colei che ha fondato l’OPAK, che ha cercato di
fulminarmi a distanza, con cui mi collegavo dall’oltretomba e con cui su MSN ho
fatto tante risate. Grazie, Pei, per non avermi Avada Kedavrizzata…^,^
Grazie a Inno, excel sana, Neera
Sharim, Koki, Kishal, giuliettaTH, Farea
, mia compagna di classe, e ringrazio anche Sara già che ci sono...e, visto che si merita qualche parola in più, la spendo. Sara, grazie perché questa storia ci ha fatte diventare amiche, ci ha fatte conoscere meglio e mi ha fatto scoprire una persona che non credevo tu fossi. Grazie mille, ti voglio benissimo. Grazie a Lisbeth
(a cui ho dedicato diversi massacri di Harry), Axyna, PolarLight
(quando leggerai gli ultimi due capitoli poi parliamo di quel monumento che
volevi erigermi ^.^), Tayla, Summers84, che hanno lasciato di
sé solo alcune tracce, apprezzatissime comunque.
Un grazie anche
a mara_star, Diddola e Selphie, che hanno seguito i passi di Luce e Buio per un
po’.
Un grazie alle 2 persone che hanno recentemente
tolto la fic dalle preferite, poiché è finita ^.^.
Un grazie alle 90
persone che invece ce l’hanno
ancora:
Un grazie a Emil (uno dei due uomini che mi
hanno ispirata per Alex), a Kelly
(sì proprio lei, però quella vera…che se scopre cosa le ho fatto fare mi sa che
mi ammazza), a Giuliano (alias
Sergen), al mio adoratissimo nonno –
adottivo – pazzo (sì, Ho-take-nah), a mio zio (Remus).
Grazie a Paul, Tom e Lucas. Gli ultimi due che qui si
sono ritrovati in una persona sola. Mi mancate, ragazzi. E grazie anche a te,
sister, che mi manchi come può mancare una sorella.
E, infine, un grazie un po’ esasperato alla sottoscritta,
per essersi regalata il piacere di scrivere questa storia.
Quindi, con gli
occhi lucidi, ora posso finalmente scrivere, con un augurio di rivederci in
“The Queen’s Blood” e nelle mie altre fic: