Alla luce del sole di phoenix_esmeralda (/viewuser.php?uid=178541)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vacanze del sole ***
Capitolo 2: *** Venditore di canzoni ***
Capitolo 3: *** Tradimento ***
Capitolo 4: *** Canzone blu ***
Capitolo 5: *** Alba ***
Capitolo 6: *** Speranza ***
Capitolo 1 *** Vacanze del sole ***
Ho scritto questa storia un anno e mezzo fa per un contest, e mi
è stata completamente smontata... La cosa mi aveva talmente
depressa, che avevo archiviato questo racconto
e cancellato il suo ricordo.
Poi oggi, chissà come, la sua esistenza mi è
tornata alla mente e visto che le critiche di allora sono state un po'
smorzate dal tempo trascorso, ho deciso di dare una
possibilità
a questa storia e ai suoi personaggi.
Sono pochi capitoli e possono risultare approssimativi,
perché le regole del contest prevedevano tantissima carne al
fuoco e un numero abbastanza limitato di parole.
Questo è quello che è saltato fuori. Abbiate
pazienza: è quello che è.
phoenix_esmeralda
PS: dimenticavo. Il genere in realtà è sul
distopico, ma non l'ho trovato da nessuna parte, come avvertimento!
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ALLA LUCE DEL SOLE
1
Il
bigliettino atterra sul suo banco senza preavviso,
producendo un ticchettio delicato; Alyssa getta un’occhiata
cauta alla
professoressa di letteratura, prima di afferrarlo e srotolarlo
rapidamente.
“Sondaggio” trova
scritto in una calligrafia distintamente femminile: “Quanto
ce l’ha lungo Vitor? a) 15cm;
b) 10cm; c)
5cm”
Alyssa alza
lo sguardo perplessa e individua Vitor seduto due
file più avanti a lei, sperando di ricavare qualche indizio
dalla sua figura.
Macché: i pantaloni non rivelano assolutamente nulla!
Lascia
penzolare la penna sopra al foglio, meditando sulla
sua inadeguatezza in una materia che sembra avvincere la maggior parte
delle
sue compagne. Chissà se loro riescono davvero a immaginare
cos’abbia Vitor
sotto i pantaloni!
Alla fine si
risolve a segnare con una crocetta la risposta b:
nell’indecisione la casella di mezzo
è sempre la scelta più sensata.
Quando
lascia cadere il bigliettino sul banco alla sua
destra, avverte la risatina di risposta di Etel; evidentemente trova
quel sondaggio
divertente.
A sedici
anni suonati, Alyssa si ritrova a convivere ogni
giorno in una classe esattamente divisa a metà fra le
compagne che hanno già
fatto sesso e descrivono l’esperienza nei dettagli a chiunque
le voglia
ascoltare, e quelle che invece devono ancora farlo e trascorrono il
tempo
chiedendosi a vicenda come sarà. In mezzo a quei discorsi,
lei non è che un
pesce fuor d’acqua.
Non che i
ragazzi non le interessino, si è già presa
qualche
cotta nel passato, ma la sua idea di romanticismo si ferma alla
condivisione
intima di chiacchiere e segreti, a parole dolci e telefonate, ad
abbracci e
baci. Non riesce a pensare a una vicinanza ancora più
prossima.
Se avere
sedici anni significa desiderare di trovarsi nude
accanto a ragazzi a loro volta senza abiti... beh, Alyssa quei sedici
anni non
se li sente proprio. A volte sospetta di avere l’animo di una
dodicenne.
A questo
pensa, mentre saluta le compagne con parole vaghe
sviando inviti per uscite notturne durante le Vacanze del Sole. Sa che
la porterebbero
in locali rumorosi al solo scopo di cercare ragazzi carini e lei non
riesce
proprio ad abituarsi all’abbigliamento cui la vogliono
convertire: ai tacchi
alti, al trucco vistoso, a quella sensazione bizzarra di essere merce
sul
bancone.
No davvero,
quei sedici anni luminosi e smodati di cui tutti
parlano proprio non se li sente!
Con un balzo
scende dal pullman che la porta fino ai piedi
della collina su cui si abbarbica la sua casa.
La mattina
sta lasciando il posto al primo pomeriggio, un
pomeriggio immerso in un crepuscolo sempre più deciso che
inaugura l’inizio
delle due settimane di Vacanze del Sole, durante le quali non ci
sarà scuola e
la città sarà satura di manifestazioni, eventi,
musica e bancarelle.
Fra pochi
giorni, il sole taglierà definitivamente la linea
dell’orizzonte
sorgendo nel cielo per quell’unica settimana
all’anno in cui è possibile
vederne la luce. Ogni volta, dopo undici mesi e mezzo di
oscurità, la comparsa
di quell’astro incandescente segna l’inizio di un
nuovo anno e la promessa
silenziosa che, sotto tanto splendore, la vita non potrà che
migliorare.
Poi
lentamente la sua corsa torna ad accorciarsi, la luce si
ritrasforma in un vespro sempre più breve e smorzato,
finché la consueta
oscurità torna ad accompagnare la vita quotidiana.
Alyssa sale
di corsa il sentiero che la porta a casa, saluto
Biro, il cane che le corre incontro, e poi Bela, la sua capretta chiusa
nel
recinto con i conigli; dribbla le galline e spalanca la porta di casa,
accolta dal
saluto lamentoso della gatta Estela.
Ha mangiato
un panino in pullman per non perdere nemmeno un
istante: vuole approfittare della penombra offerta dal crepuscolo per
passare
in rassegna i boschi. I cacciatori non fanno che riempire la foresta
dietro
casa, appartenente alla sua famiglia, di tagliole e trappole. I suoi
genitori provvedono
personalmente a perlustrare il territorio, ma durante le Vacanze del
Sole dovrà
essere lei a occuparsene.
Prende lo zainetto
già
carico e sale sulla motoretta di suo padre che ingrana le marce
rumorosamente,
trascinando dietro di sé l’ingombrante rimorchio.
Biro la segue correndo:
spesso le è indispensabile per rintracciare gli animali
feriti e indicarle la
via da seguire. I pochi lampioni attorno al sentiero brillano di luce
tenue,
segno che il crepuscolo durerà per un lasso di tempo ancora
ragionevole. Ha
almeno un paio d’ore davanti a sé.
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Capitolo 2 *** Venditore di canzoni ***
2
Un rumore
secco, acuto.
Insistente.
All’inizio
si confonde con il rosso dei suoi pensieri,
accompagna il martellare senza requie del suo dolore; poi,
all’improvviso, si
stacca dallo sfondo e prende la consistenza dell’abbaiare di
un cane che si fa sempre
più vicino.
Ai suoi
uggiolii si uniscono il rombo di un motore e il
frusciare delle foglie; quando il frastuono si spegne e viene
sostituito dal
calpestar di passi, Andrius si concede il primo pensiero positivo da
ore.
- Biro, che
cosa...?
Poi ode un
ansito soffocato e uno scalpiccio rapido che si
esaurisce proprio lì, a due centimetri dal suo capo.
È in quell’attimo che
sceglie di concentrare tutte le sue ultime forze e sibila, contrastato
dalla
gola secca: “Non sopporto più... il
dolore.”
Lei
però – è una lei,
l’ha sentito dalla voce – sta già
armeggiando con la tagliola serrata attorno
alla sua caviglia. Non ha molte speranze che possa fare davvero
qualcosa e rimane
sorpreso quando i denti aguzzi che l’hanno tenuto
imprigionato per ore si
staccano dalla sua carne con un sibilo metallico.
- Potrei
chiamare l’ambulanza – dice la voce, con
sorprendente calma – Ma ho lasciato il cellulare a casa e
dovrei lasciarti qui
per telefonare... Prima che i soccorsi arrivino, sarà
già sceso il buio. Se ti
fidi, potrei invece medicarti io... è una cosa che faccio
sempre con gli
animali, ho l’occorrente con me.
Il dolore lo
porta ad annuire: qualunque soluzione è buona se
veloce. Lei gli fa prendere per bocca degli antidolorifici, disinfetta
la
ferita e, con calma assoluta, la ricuce come se non avesse mai fatto
altro in
vita sua.
Prima ancora
che se ne renda conto, lo sta aiutando ad alzarsi
in piedi offrendosi come sostegno.
- Se riesci
a camminare per una ventina di metri, potrò
caricarti sul rimorchio e portarti a casa mia. Da lì
chiameremo un’ambulanza,
devi solo pazientare per un breve tragitto.
Pazientare
non è semplice quando ogni passo è un pugnale che
gli
trapassa la caviglia, ma la ragazza sta facendo del suo meglio per
facilitargli
il cammino e lui non osa lamentarsi. Cammina appoggiandosi alle sue
spalle
senza rallentare, un passo dietro l’altro, e prima che abbia
il tempo di
accorgersene sta già caracollando sul rimorchio, mentre la
ragazza si mette
alla guida di uno strano motorino.
Guida
cercando di evitare le buche: è brava, deve riconoscerlo.
Un tipino insolito in quella salopette di jeans fuori moda e i capelli
biondo
ramato legati in un’unica treccia che le sobbalza sulle
spalle, mentre il
motorino zigzaga per la strada dissestata.
Andrius la
osserva finché la vista non gli si fa sfocata e la
debolezza prevale facendogli perdere conoscenza.
***
- Sicuro di
non volere che chiami l’ambulanza?
Lui scuote
la testa e manda giù l’ennesimo antidolorifico.
Ora che gli
analgesici gli hanno ripulito la mente dal
dolore, può analizzare la situazione razionalmente. La
tagliola era costruita
per animali piccoli e, anche se la ferita è dolorosa, non
è così grave come
aveva temuto. La ragazza – Alyssa, ha detto di chiamarsi -
è carina e,
nonostante sembri molto giovane, è evidente che sia abituata
a cavarsela nella
vita: i suoi genitori sono assenti e si occupa da sola della casa,
degli
animali e della salvaguardia dei boschi di famiglia.
- Devo
cercare un albergo per la notte – le dice, senza
smettere di guardarsi intorno. La casa è composta da poche
stanze tutt’altro
che spaziose, ma c’è un camino in cui brucia un
fuoco caldo e il gatto
arrotolato sul divano gli fa venire voglia di stendersi e dormire.
- Albergo?
Non sei di queste parti?
Andrius
scuote la testa lentamente e indica la sua sacca.
- Sono un
venditore ambulante, non ho un’abitazione fissa, mi
limito a girare in lungo e in largo dormendo dove capita.
- Anche i
miei genitori sono venditori ambulanti! – La cosa
sembra rallegrarla – Nei giorni bui si limitano a esporre la
loro merce in
città, ma durante le Vacanze del Sole si recano nella
capitale al Grande
Mercato. Per questo sono sola.
Andrius
capisce che l’idea le ha bussato alla mente e osserva
il succedersi dei pensieri sul suo volto, mentre la valuta. Alla fine
sembra
prendere la decisione giusta.
- Vuoi
fermarti da me questa notte? Hai perso molto sangue e
sei troppo debole per spostarti ancora, hai bisogno di riposare prima
di
tornare a lavorare. Immagino che quando sorgerà il sole
vorrai preparare il tuo
banco. – Gli occhi di lei scivolano quasi automaticamente
sulla sacca di
Andrius, lui sa che
è troppo piccola
perché non si ponga domande.
- Se non ti
sono di disturbo, accetto l’ospitalità. Hai
ragione, dovrò essere in forze quando sorgerà il
sole.
A questa
affermazione il viso di entrambi si volge verso la
finestra, là dove è ben visibile, attraverso il
vetro, l’enorme Campanile della
Clessidra. La sabbia scende centellinata, ma è evidente che
non manca molto
allo scadere dell’ultimo granello. Quando l’ultima
briciola toccherà il fondo, proprio
al sorgere del sole, la clessidra si capovolgerà su
sé stessa e ricomincerà il
cammino inverso che giungerà a compimento
nell’arco di una sola settimana.
- Ma se mi
fermo da te, dovrò in qualche modo ripagare la tua
gentilezza – aggiunge Andrius all’improvviso.
Libera il sorriso più
affascinante che riesce a produrre, mentre dice - Fare sesso con me
è
un’esperienza da urlo, vuoi accettarmi come pagamento?
Si aspettava
che arrossisse, invece gli rivolge uno sguardo
perplesso.
- Vorresti
venire a letto con me per ringraziarmi
dell’ospitalità? Ho qualche amica che sarebbe
felice di accettare la tua
proposta.
- Non
l’ho fatta alle tue amiche –
replica lui, leggermente pungente.
La ragazza
fa spallucce –
Il sesso non mi interessa. Non ancora, voglio dire.
- Quanti
anni hai?
- Sedici, ma
questo non significa nulla – gli rivolge uno
sguardo strano, come se lo sfidasse a proseguire il discorso.
Lui nasconde
il sorriso compiaciuto che la risposta gli ha
suscitato.
- Allora ti
darò qualcos’altro, per ripagarti. –
Afferra la
sacca e inizia a sciogliere i nodi.
- Che cosa
vendi? – domanda lei curiosa.
- Canzoni.
Sente su di
sé il suo sguardo stupefatto, mentre estrae dalla
borsa una serie di boccette colme di liquido denso dai svariati colori.
Le
appoggia su una credenza una in fila all’altra,
ordinatamente: la boccetta
colma di liquido giallo, poi quella arancione e quella rossa, quella
viola, la
blu, la grigia, la verde scuro e la verde pisello, l’azzurra
e la rosa, la fucsia
e la marrone, la nera e la bianca. Fanno la loro bella figura in
quell’ordine
rigido e spartano, come soldatini in attesa di ordini.
- Non
credevo che esistessero davvero – mormora Alyssa,
visibilmente sbalordita – Mio padre mi raccontava dei
venditori di canzoni, ma
credevo fossero solo una favola!
Andrius
sorride di fronte alla sua meraviglia, i colori
ardenti delle canzoni sembrano attrarla come quelli dei fiori fanno con
gli
insetti.
- Quindi
è questo che fai per vivere?
Lui sorride
di quel sorriso da venditore che ha aggiunto alla
gamma delle sue espressioni molti anni prima. Quando si scherma di quel
sorriso, non deve preoccuparsi di ciò che farà o
dirà, perché sarà la maschera
stessa di cui si fregia a condurre il gioco. Il vero Andrius, quello
che non
sorride, può raggomitolarsi in un angolo del suo cuore ed
addormentarsi.
- Sono
rimasto affascinato dalle canzoni anni fa e ho scelto
di farne il mestiere della mia vita – sfiora con una mano le
boccette colorate
– Hanno un potere incredibile, se sai come utilizzarle. Le
canzoni entrano
nella tua anima e ascoltano i tuoi segreti, conoscono ogni piega dei
tuoi
sentimenti e sanno curarti, consolarti, consigliarti. Ognuna di loro
è stata
creata per uno scopo diverso, devi solo scegliere quella che vuoi.
Alyssa
è incantata dalle sue parole, assoggettata
dall’irresistibile
seduzione che esercitano le canzoni .
- Devono
costare una cifra esorbitante – protesta – Vuoi
veramente
regalarmene una?
Andrius
incrocia le braccia sul petto e si dipinge sul volto
un’espressione impertinente – Non mi restano altri
mezzi per ringraziare la
sedicenne a cui non interessa il sesso!
Alyssa non
arrossisce neppure questa volta, si limita ad
avvicinarsi alle boccette e a passarne in rassegna le etichette.
- Forse la
viola potrebbe fare al caso tuo – suggerisce lui,
cedendo all’impulso di provocarla.
La guarda
afferrare la boccetta e scrutarne le indicazioni.
“Provoca
una passione travolgente”
legge ad alta voce, senza particolari
inflessioni della voce – Potrebbe essere la volta buona per
comprendere come si
possa desiderare di toccare un uomo nudo.
Quando si
accorge che il suo tono serio non è artefatto,
Andrius non può fare a meno di ridere. La maschera si ritrae
un istante,
lasciando il posto a un divertimento genuino.
“Placa
la rabbia e stimola il perdono” prosegue Alyssa,
riponendo la boccetta verde scuro e prendendo quella arancione:
“Provoca un
forte senso di nostalgia”. “Aiuta a piangere chi
non sa farlo” legge sulla blu,
“Stimola coraggio e combattività” sulla
nera; e ancora “Sviluppa l’amore
materno” sulla rosa e “Rinforza lo spirito di
fronte alle avversità” sulla
bianca.
-
È difficile scegliere! – Sospira – Posso
pensarci sopra stanotte
e decidere domattina?
Domattina.
Andrius si
morde il labbro per non tradirsi, poi estrae da
una tasca una sottile fiala ricolma di liquido color panna e la stappa.
Una musica
dolcissima permea la stanza all’improvviso,
accompagnata da parole in una lingua incomprensibile.
- Un piccolo
omaggio che faccio sempre ai miei clienti – le
spiega – Ti aiuterà stanotte a prendere la
decisione giusta.
Non stacca
lo sguardo da Alyssa, mentre estrae dei moduli
dalla sacca.
- Ecco,
firma qui. È necessario per poter acquistare una
canzone.
Gli occhi di
Alyssa sono appannati, distanti. La canzone
color panna sta facendo effetto.
Le porge la
biro e lei l’afferra senza neppure rendersi conto
di ciò che sta facendo; un istante dopo ha firmato.
Andrius
infila il tappo alla fiala e immediatamente la musica
tace.
- Era
bellissima – sospira Alyssa – Mi ha trascinata in
un
altro mondo.
-
Sì, le canzoni fanno questo effetto – risponde
lui, mentre
estrae il cellulare di tasca. Scrive velocemente un sms e lo invia
– Allora. Presupponendo
che non dividerai il letto con me... dove dormo?
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Capitolo 3 *** Tradimento ***
3
Alyssa si
mette a sedere sul letto e stancamente appoggia i
piedi a terra. Per un momento il senso dell’orientamento la
tradisce,
impedendole di riconoscere la stanza in cui si trova, poi rammenta di
aver
lasciato il suo letto al giovane venditore e di essere andata a dormire
nella
camera dei suoi genitori.
La sveglia
indica le tre del mattino, orario impietoso per
alzarsi, ma il bisogno urgente del bagno la costringe ad abbandonare le
coperte.
Si muove silenziosamente facendo ogni cosa con la massima cautela, ma
mentre
sta rientrando a letto viene colta dalla strana sensazione che non
tutto sia
come deve essere.
Si affaccia
prudentemente alla porta della cucina e lì vede
Andrius seduto sulla panca di legno per il lungo, i piedi sul sedile e
le
braccia avvolte attorno alle ginocchia, intento a guardare il cielo
scuro oltre
la finestra.
Il suo volto
è illuminato dal bagliore aranciato dei numerosi
lampioncini che il padre di Alyssa ha appeso agli alberi del cortile e
le
permettono di scorgere la sua espressione malinconica.
C’è
poco, in quel volto, del ragazzo che ha conosciuto la
sera prima: in quello sguardo si leggono ritrosia e introversione,
tristezza e
inquietudine.
Quando lui
si volta e la scorge, lei si avvicina lentamente.
- Sono
stanca di così tanta oscurità – gli
mormora - Quando il
sole sorge, il mondo si trasforma in qualcosa di diverso... di
positivo. Ma
dura sempre troppo poco, non fai in tempo a rallegrarti della luce e
dei
colori, che di nuovo la terra sprofonda nelle tenebre.
- Dici?
– La voce di lui è un sussurro, ma tinto di
amarezza
– Io invece detesto l’alba. Vorrei che il sole
smettesse di sorgere.
Alyssa, in
quelle parole, legge molto più di ciò che
vogliono
dire.
È
vero, rispetto alle sue compagne è ancora acerba e
nell’animo si sente infantile se confrontata a loro. Ma ha
imparato a
comprendere il dolore intorno a lei più di qualunque sua
amica, perché i suoi
genitori le hanno insegnato la sensibilità e
l’empatia, l’attenzione ai
dettagli e il rispetto per la sofferenza altrui.
Così
è Alyssa nei confronti del mondo: ha meno di sedici anni
quando si parla di futilità e ne ha molti di più
quando si parla di umanità.
Vorrebbe
dare sollievo a quel ragazzo, ma lo conosce troppo
poco per poter fare qualunque cosa. Così si appiglia al
banale.
- La
caviglia ti fa male? Vuoi degli altri antidolorifici?
Lui esita un
istante, sembra sul punto di accettare. Invece
scuote la testa.
- Va bene
così. Tu invece dovresti dormire. L’alba
è sempre
troppo vicina.
L’alba.
Ma non ci
sarà nessuna alba in questo giorno, la sabbia nella
clessidra scenderà ancora per molte ore prima di esaurirsi.
Alyssa
rinuncia a capire e torna a letto, ma fa fatica a
riaddormentarsi. Le parole di Andrius la interrogano, il suo sguardo la
ossessiona.
Alla fine comprende
qual è la canzone che sceglierà e solamente
allora riesce a ricadere nel sonno.
La sveglia
suona alle sette e la scaglia giù dal letto come
una molla. Nonostante l’oscurità sia completa,
impiega pochissimo a vestirsi:
potrebbe fare qualunque cosa al buio, in quella casa.
Passando in
cucina si accorge delle boccette colorate ancora
in riga sul tavolo. Afferra d’istinto la canzone prescelta e
la infila in una
tasca dei pantaloni, poi esce per portare il cibo alle galline e una
carota a
Bela. Il cortile è illuminato dai lampioncini che suo padre
ha appeso in un
reticolo multicolore lungo tutta l’area; le galline, sotto
quella luce, paiono
chiazzate dai colori più bizzarri.
Ha appena
terminato di sfamare le bestie, quando si accorge
di Andrius in piedi poco distante da lei, faticosamente in equilibrio
sul piede
sano.
Credeva
fosse ancora a letto, ma le ombre scure sotto i suoi
occhi le dicono che non ha affatto dormito.
Non fa in
tempo ad aprire la bocca per interrogarlo, che due
uomini sbucano dalle sue spalle e la afferrano per le braccia.
-
Ma...che...?
-
È lei? – Domanda uno dei due rivolto ad Andrius.
Lui annuisce
– Ha la casa libera, potete aspettare qui il
sorgere del sole.
Alyssa sente
le dita degli uomini affondarle nella pelle, uno
dei due all’improvviso le lega le mani dietro alla schiena e
la spintona in
avanti.
- Cosa fate?
Che succede?
L’uomo
alla sua destra sghignazza.
- Tutte
uguali, Andrius! Le incanti con le tue canzoni e
quando si accorgono della verità non riescono a capire cosa
stia succedendo!
Non riesci proprio a fare le cose in modo più trasparente,
eh?
Lui sorride,
i suoi occhi sono freddi come l’acqua che scorre
dai nevai.
- E a voi
cosa importa? Basta avere carne fresca no?
Loro
scoppiano a ridere, mentre la trascinano in casa.
- Sei stata
fregata, bellezza – dice uno, dandole una pacca
sul sedere – Hai ceduto la tua libertà a questo
individuo e lui ora ti venderà
per un pugno di denaro!
- Ceduto la
mia libertà? Io... non ho fatto niente del
genere!
- Oh
sì, invece! Contratto di schiavitù! –
L’uomo alza il
foglio che Andrius gli sta porgendo e lei riconosce la sua calligrafia.
Per un
attimo rimane disorientata, poi ricorda... Ricorda il momento in cui
era
incantata dalla canzone color panna, tanto da non badare a cosa stava
firmando.
Fissa
Andrius sbalordita, mentre le emozioni più disparate si
accavallano senza senso nel suo petto.
- Mi hai...
mi hai ingannata! Mi hai mentito!
Andrius
sorride indifferente – Non la metterei su questo piano,
diciamo che ti ho dato una versione un po’ edulcorata della
realtà. In fondo
sono realmente un venditore di canzoni e senza quella firma sul
contratto non ti
avrei ceduto nulla. Ora hai la tua canzone e tutto ciò che
ne consegue.
Quella
risposta la ammutolisce, forse più per la disinvolta
freddezza con cui Andrius accoglie le sue rimostranze che per quanto
realmente
sta accadendo.
Stordita,
lascia che i due uomini la trascinino verso casa,
accompagnata verso un futuro che non le appartiene più.
Le
ammanettano una caviglia alla testiera del letto e la
lasciano lì, in balia del vuoto.
È
talmente frastornata dalla piega presa dagli eventi, che
non riesce a formulare pensieri di qualche utilità; desidera
solo sapere cosa è
accaduto: chi sono quegli uomini, cosa le ha fatto Andrius, cosa
significa il
contratto che ha firmato. Ma le ore del giorno si trascinano in una
lenta
agonia; verso le dieci del mattino il cielo si colora di un crepuscolo
violetto
che perdura fino alle quattro del pomeriggio, poi
l’oscurità avvolge la stanza
e Alyssa non può fare a meno di sporgersi ed accendere
l’abat-jour sul
comodino.
È
ormai sera inoltrata, quando Andrius fa capolino nella
stanza. Porta in mano un piatto con del cibo e un bicchiere
d’acqua, li
appoggia sul comodino e fa per andarsene.
- Aspetta!
– Lo richiama lei, con una voce più gracile di
quanto avrebbe desiderato – Ho bisogno di capire cosa sta
succedendo!
Lui si ferma
e le lancia uno sguardo astioso – Non sta a me
darti spiegazioni.
- E allora a
chi starebbe? Nessuno è entrato in questa stanza
oggi, non ho la minima idea di cosa stia accadendo!
Lui scrolla
le spalle, indifferente – Firmando un contratto
di schiavitù, hai accettato di donarmi la tua esistenza. E
ora io ti venderò al
signore del mio paese.
- Mi...
venderai?
- Sei
abituata alla tua città ricca e libera, ma le cose sono
ben diverse nel luogo da cui provengo io. Il nostro signore dispone
delle vite
di tutti i suoi abitanti, ha molte mogli e molte concubine. Ed
è usanza che
ogni anno, al sorgere del sole, lui si procuri una concubina straniera.
Così
incarica me di provvedergliela; io faccio in modo di assicurarmi una
schiava e
gliela cedo in cambio di una ricompensa molto alta. E se un paese
straniero
dovesse accusare il mio signore di rapimento, il contratto di
schiavitù e
quello di vendita dimostrerebbero la legalità del suo
acquisto.
Le parole di
Andrius suonano a vuoto nella testa di Alyssa.
Non riesce a credere a quanto le sue orecchie stanno ascoltando.
Contratto di
schiavitù, vendita... concubine.
-
Concubine... Significa che io...?
Con orrore,
Alyssa vede comparire sul volto del ragazzo un
sorriso divertito – Una destinazione bizzarra per la ragazza
a cui non
interessa il sesso, vero?
- Andrius,
non farlo, io non posso vivere così! E i miei
genitori poi...
- Non farlo
tu! – La zittisce lui bruscamente – Non cercare
di impietosirmi, è tempo sprecato per te e motivo di noia
per me. Lo ripeto
tutti gli anni, cara Alyssa! Ogni anno inganno una giovane ragazza e la
vendo
al mio signore e ogni volta vengo subissato di lamenti, suppliche e
promesse,
ma non serve a niente. Non serve assolutamente a niente! Io le vendo
ugualmente, le ho sempre vendute tutte!
E tu non sei diversa dalle altre, non c’è nulla
che tu possa fare per
commuovermi, perché non nutro il benché minimo
interesse verso ciò che ti
accadrà. Ringrazio solamente il fato di averti messa sul mio
cammino, perché se
non ti avessi incontrata in quella foresta, probabilmente non sarei mai
riuscito a procurarmi in tempo un’altra ragazza. Quindi vedi
bene che il mio
unico interesse è quello di venderti al più
presto e prendermi quanto mi
spetta. Al sorgere del sole arriverà il messo del mio
signore a firmare la
vendita e io non sentirò più parlare di te.
Detto
questo, le gira definitivamente le spalle e la lascia
lì, sola, in compagnia di un vassoio di cibo che nessuno
toccherà.
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Capitolo 4 *** Canzone blu ***
4
Esce a
camminare nella notte, troppo nervoso per coricarsi sul
divano e dormire.
Questo, ogni
anno, è il momento più difficile: quello in cui
non resta altro da fare se non aspettare che vengano a prendersi la
ragazza.
Per questo preferisce starle alla larga e non vederla più,
non sarebbe neppure
entrato in quella stanza, quella sera, se non si fosse accorto che
nessuno si
era premurato di portare ad Alyssa un po’ di cibo e acqua.
Ripensa alla
sua espressione spaventata, al terrore sul suo
viso quando ha scoperto il suo destino,
all’incredulità di fronte alla libertà
perduta.
Su una cosa
non le ha mentito: lei non è diversa dalle altre,
il dolore e la paura sono sempre quelli.
Sempre.
In chiunque.
Ora sono
altre le espressioni sofferenti che Andrius vede davanti
ai suoi occhi. Li chiude sperando di frantumarne l’immagine.
Non può
permettersi distrazioni, deve restare concentrato finché,
anche per quest’anno,
tutto non sarà finito.
Gironzola
per l’intera notte e dorme per buona parte della
mattinata, durante il pomeriggio si occupa degli animali di Alyssa, li
nutre,
li pulisce... tutto pur di restare occupato.
È
solo a notte inoltrata che rientra in casa e trova il cane
della ragazza fermo immobile di fronte alla sua stanza. Uggiola nella
sua
direzione, implorandolo di aprire la porta.
Andrius
dischiude una fessura, giusto quel tanto da far
passare l’animale, ma questo basta a fargli notare il vassoio
sul comodino
della ragazza: i piatti sono gli stessi della sera prima, da allora
nessuno è
venuto a portarle da mangiare e da bere.
-
Maledizione – impreca sottovoce. Gli uomini di Arinkya sono
delle vere bestie, non si interessano dei bisogni di nessuno al di
là dei
propri.
A passo
deciso si dirige in cucina e raduna su un piatto
quello che riesce a trovare, aggiungendo una caraffa d’acqua.
È l’ultima notte
di Alyssa nella sua casa ed è giusto che le si rivolga un
minimo di attenzione:
fra poche ore il sole varcherà la soglia
dell’orizzonte regalando luce e festa
a tutti i popoli del mondo e un dolore senza rimedio a quella povera
ragazza.
Andrius
getta un’occhiata fuori dalla finestra, verso il
Campanile illuminato di giallo brillante: i granuli rimasti sono agli
sgoccioli, se provasse solo ad accendere la televisione troverebbe su
ogni
canale un veglione in attesa dell’alba.
Ma per lui
il sorgere del sole non è più segno di gioia da
dieci anni.
Spalanca con
un calcio la porta di Alyssa ed entra con un
vassoio. Lei sussulta sentendolo entrare, la stanza è
illuminata solo dal
flebile chiarore dell’abat-jour e la ragazza si stringe le
ginocchia fra le
braccia, spaventata.
- Ti ho
portato qualcosa – le dice freddamente, appoggiando
il vassoio sul letto – Non voglio che domattina il mio
signore ti trovi poco
attraente.
- Grazie
– mormora lei - Ma
volevo dirti, i miei animali...
- Sono a
posto, ci ho pensato io. I tuoi genitori li
ritroveranno ancora integri.
La ragazza
annuisce sollevata, sembra che quei due giorni di
solitudine l’abbiano portata a una sorta di rassegnazione.
Afferra il vassoio e
inizia a mangiare lentamente; il cane è accucciato ai suoi
piedi, felice di
averla ritrovata. Non sa che sarà per un periodo molto breve.
Andrius
abbassa lo sguardo e trattiene un’imprecazione: non
ha alcun senso iniziare a provare compassione per un cane!
Ma quando fa
per voltarsi e andarsene, la voce di Alyssa lo
trattiene.
- Tu non sei
così indifferente, vero? Non riesci a fare ciò
che fai a cuor leggero.
Lui
sogghigna, fingendo divertimento – Che cosa vuoi saperne?
- Eri triste
l’altra notte, quando ti ho trovato sveglio in
cucina. Hai detto che detesti il sole... che non vorresti mai vederlo
sorgere e
il motivo è questo: ciò che fai ogni anno in
questo periodo.
Lui sorride
sarcastico, dandole le spalle.
- Credi
quello che preferisci, Alyssa.
- Ho ancora
la canzone che mi hai dato.
Lui si gira
stupito – Non te l’ho data, eri indecisa.
-
L’ho presa al mattino, quando mi sono alzata. Le avevi
lasciate tutte sul tavolo.
Andrius fa
spallucce – Spero che tu abbia scelto quella che
provoca una passione travolgente. Ne avrai bisogno – aggiunge
con una punta di
cattiveria.
- No, non ho
preso quella.
Vede la
giovane accompagnare quell’affermazione con un fluido
gesto del braccio. Una boccetta spunta dalle sue tasche e lui non fa in
tempo a
notarne il colore che già Alyssa l’ha stappata.
Una musica
struggente avvolge immediatamente la stanza e lo
colpisce come un pugno al petto. Andrius rimane senza respiro mentre le
note
gli stringono le viscere in una morsa dolorosa; sa che non si tratta
altro che
di una sensazione, non ci sono vere dita a stritolargli il cuore e
l’anima, ma
la sofferenza è ugualmente reale, viva. La musica che gli
penetra nelle
orecchie evoca immagini nella sua testa: un bambino in lacrime, una
donna
debole, un uomo ammalato. E poi ragazze: una,due, cinque... dieci. Gli
occhi
spalancati di terrore, i lamenti, l’angoscia, il loro odio. E
la sensazione di
essere in trappola, sempre, costantemente, senza scampo.
Dolore
ovunque si volti.
Quando si
accorge della lacrime che gli inondano il viso,
capisce finalmente cos’ha fatto Alyssa.
La canzone
blu.
-
Perché? – Grida, coprendosi il volto con le mani e
sperando
che quel gesto faccia sparire la sofferenza.
La voce di
Alyssa, rotta a sua volta dai singhiozzi, lo
raggiunge in un sussurro.
- La notte
in cui ti ho trovato sveglio, ho capito che
portavi dentro un dolore che non riuscivi a sfogare. Ho scelto quella
canzone
per te, per farti un regalo, pensavo ti avrebbe aiutato. Ma ora spero
solo che
questa musica abbia toccato in te qualche corda sensibile,
perché tu possa
capire anche il mio dolore.
- Capire il
tuo dolore? – Sussurra lui, mentre disperazione e
rabbia si mescolano nel suo cuore – E a che scopo? Per quale
fine? Tanto non
serve a niente! – La sua voce si rompe in un singhiozzo
straziante e nuove
lacrime gli riempiono il viso – Serve solo a farmi stare
male, a fare della mia
vita una sola, incessante crocefissione. Perché tanto non
posso liberarti! Non
posso fare niente!
- Andrius...
- Quando mio
padre è rimasto invalido, ci siamo coperti di
debiti e la mia intera famiglia è stata venduta schiava al
signore della mia
terra. Volevano uccidere mio padre, ormai incapace di lavorare,
così mi sono
offerto di fare qualunque cosa volessero pur di salvargli la vita.
Avevo già
quindici anni... e mi è stato proposto questo patto: trovare
ogni anno una
ragazza straniera per l’harem del mio signore escogitando una
strategia che
rendesse legale la vendita. Io l’ho escogitata e ho sempre
portato a termine il
mio compito... In cambio loro lasciano vivere mio padre e mi danno
soldi
sufficienti a sfamare la mia famiglia per un anno intero. Un anno meno
due
settimane, perché gli ultimi giorni prima del sorgere del
sole i miei familiari
inizino a soffrire la fame e io mi senta più motivato a
compiere la mia
mansione. – I suoi occhi ora sono pozze di afflizione
– Per questo devo farlo,
Alyssa. Per questo non posso avere pietà... e non ne ho mai
avuta. Posso solo
sbarrare la mia anima perché si ferisca il meno possibile. E
c’ero riuscito,
c’ero sempre riuscito finché non hai aperto quella
canzone! Ma questo non
cambia nulla, se non che soffrirò di più. Non
posso liberarti!
Gli occhi
verde chiaro di Alyssa sono enormi e colmi di
compassione. Se quella canzone per lei rappresentava ancora una
speranza, ora
questa si è eclissata. Si stringe le ginocchia fra le
braccia e appoggia il
viso alle gambe.
- Ho capito.
Scusami.
Andrius non
sa che dire, asciuga le ultime lacrime con il
dorso della mano e resta in silenzio.
- Ti prego
– bisbiglia Alyssa, in un’ultima invocazione
–
Fammi almeno un favore... almeno questo. Fai l’amore con me.
Fai che la mia
prima volta non sia puramente violenza... Preparami a quello che
succederà.
La richiesta
lo congela, la sua risposta rimane in bilico tra
la fuga e l’indulgenza.
Alla fine
china il capo in un cenno di assenso appena
percettibile.
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Capitolo 5 *** Alba ***
5
Quando
Andrius le sfiora il viso, Alyssa sente la
disperazione espandersi per intero nel suo corpo. Aveva confidato
troppo nella
sua ultima cartuccia, si era appigliata al malessere intravisto nel
giovane,
come a uno spuntone di roccia su un precipizio.
Ma il cuore
di Andrius non è un’arma da usare a proprio
vantaggio. Il ragazzo si trova in trappola quanto lei, schiavo di un
signore
senza morale.
Quando sente
le mani di lui scivolarle sotto la maglia, sulla
pelle, tutto il suo corpo si irrigidisce. Aspetta,
nell’attesa di abituarsi, ma
non succede. E quando si rende conto che questo è solo
l’inizio, un accenno
millesimale di quello che verrà, il suo coraggio viene meno.
Getta le braccia
attorno al collo di Andrius e scoppia in un pianto angoscioso
– È inutile – singhiozza
– Non sono pronta. Non la sarò mai!
Sa che non
serve a niente, che non cambierà nulla, ma
non riesce più a fermarsi.
Lui si
blocca immediatamente e dopo un’attesa di lunghi
secondi, la stacca con delicatezza e si avvicina alla finestra. Il
viola del
crepuscolo sta scolorendo in un rosa più caldo, la sabbia
della meridiana
luccica iridescente ai colori del cielo.
Andrius
osserva il paesaggio oltre il vetro e pensa. Alyssa
trema sulle lenzuola, mentre lui continua a riflettere. Poi si volta e
le porge
una mano, aiutandola ad alzarsi. La catena è
sufficientemente lunga da
permetterle di raggiungere la finestra e appoggiarsi a lui,
nell’attesa di
quell’alba che ora anche lei, come il ragazzo, non vorrebbe
mai veder sorgere.
Ma il tempo
non rallenta a comando, tutt’altro: come la
sabbia della clessidra, sfugge tanto più rapido quanto
cerchi di trattenerlo. E
mentre l’ultimo granello precipita sotto i loro occhi verso
il fondo, il primo
raggio di sole si leva a festa nel cielo.
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Capitolo 6 *** Speranza ***
6
Per qualche
motivo, Andrius non è più spaventato.
Nonostante
il camioncino ballonzoli sul terreno dissestato
trasportandolo verso casa, nonostante là ci sia una famiglia
che attende il suo
ritorno con speranza... ora non sente paura.
Chiude gli
occhi ripensando a ciò che ha fatto.
Al primo
accenno d’alba, il messo di Arinkya era arrivato con
il contratto di vendita; il compenso, i termini... ogni cosa era
già stata
stabilita da tempo, secondo usanze che si tramandavano ormai da dieci
anni.
Mancava solo la firma di Andrius perché Alyssa fosse
ufficialmente ceduta e la
famiglia di lui risparmiata per un altro anno.
Il messo non
si era aspettato un simile cambiamento. Non si
era atteso che lui si parasse di fronte alla ragazza esclamando:
“Non è in
vendita!”
Oh, una
follia era stata.
Una follia
che ora lo pervade di eccitazione nuova, un senso
di euforia che non dovrebbe provare, dal momento che non ha ancora idea
di come
potrà cavarsela.
Ma
è meravigliosamente liberante non aver ceduto, per una
volta, al ricatto.
- Non ho
intenzione di venderla – aveva spiegato a un messo
sconcertato – La porterò dal mio signore come
merce di mia proprietà e sarò io
stesso a stabilire un nuovo patto con lui.
Non avevano
potuto opporsi al suo volere, perché aveva
giurato di uccidersi se avessero tentato di costringerlo a firmare.
Così
ora corre verso il suo paese con Alyssa, un’Alyssa a cui
ha promesso la salvezza.
La riporterò a casa presto
– continua a pensare. La
sua
presenza gli serve solo come copertura, finché non
avrà elaborato un piano.
Non
cederà più, mai
più.
E nessuno toccherà Alyssa, nessuno farà morire di
fame la sua famiglia o
ucciderà suo padre.
Le cose
stanno per cambiare.
Non sa
ancora come, ma in qualche modo farà.
Perché
ora si sente libero, libero dalla paura e dal senso di
colpa, libero dalla disperata certezza di non avere scelta.
Oh
sì, lui di possibilità ne ha, deve solo scovarle.
E quel sole
che inizia a sollevarsi in un cielo azzurro
chiaro, per la prima volta da dieci anni torna ad essere un segno di
speranza.
FINE
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