Snowflakes

di Calime
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Torta al cioccolato [MM] ***
Capitolo 2: *** Do you want to ride our bike? [PF] ***
Capitolo 3: *** Un metodo infallibile [MM] ***
Capitolo 4: *** Giochi di bambine [PrF] ***
Capitolo 5: *** Tradizioni [MM] ***
Capitolo 6: *** Non sarò da meno! [MM] ***
Capitolo 7: *** Regali di Natale [MM] ***
Capitolo 8: *** To night [PF] ***
Capitolo 9: *** Ricordi [PF] ***
Capitolo 10: *** Il cielo si è svegliato [MM] ***



Capitolo 1
*** Torta al cioccolato [MM] ***


Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della Disney.





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Prompt: 11. Torta
Titolo: Torta al cioccolato
Autore: Calime
Fandom: Frozen – Il Regno di Ghiaccio
Personaggi: Anna, Regina, Re, Elsa
Genere: Malinconico, Triste
Rating: Verde
Avvertimenti: Missing Moment
Lunghezza: 834 parole – 2 pagine (contatore Word)
Note dell’autore: Ebbene, sì! Ho deciso di partecipare ad una challenge per la prima volta in assoluto! Volevo provarci da un po’ e avevo voglia di scrivere momenti della vita di Elsa e Anna durante e dopo Frozen, così… Ho colto la palla al balzo. Grazie ad areon per avermi permesso di partecipare!
Perciò, eccovi qui questa breve one-shot collegata al primo capitolo della mia fanfic/mini-raccolta Birthday – Just a Special Day (ma può essere letta tranquillamente senza conoscerla).
Enjoy :)







Snowflakes
Momenti della nostra vita




01. Torta al cioccolato


«Ti è piaciuta, Anna?» le chiese il papà scompigliandole i capelli in un gesto di dolce affetto.
Anna emise un risolino divertito, mentre mandava giù l’ultimo boccone di torta al cioccolato. «Moltissimo» rispose mettendo da parte il piattino e la forchetta per avere le mani libere. Si allungò sulla tavola, verso la torta, e prima che raggiungesse il coltello lui l’anticipò.
«La taglio io» disse, poggiando la lama sul dolce. «Così va bene?»
Quando la bambina annuì contenta, il coltello affondò nella morbida copertura, poi nel pandispagna ripieno di dolce crema al cioccolato e infine la fetta venne separata dal resto della torta.
«Questa è per Elsa» affermò Anna porgendogli un piattino pulito.
A quelle parole il re e la regina si guardarono confusi e preoccupati, non sapendo cosa ribattere di fronte alla spontaneità della loro figlia minore. Erano riusciti a scacciare la sua malinconia coinvolgendola in giochi e scherzi – con l'aiuto della buona Gerda e del fedele Kai – senza mai lasciarle il tempo di pensare alla sorella, ma…
«Posso portargliela?» chiese Anna con gli occhi azzurri pieni di malcelata speranza.
I due riportarono l’attenzione sulla piccola, allontanando le preoccupazioni e i pensieri negativi che affollavano la loro mente. Il re si accinse a mettere il dolce sul piattino, mentre la regina non poté evitare di sorridere mesta a quella richiesta.
«Vengo con te», decise. Era sicura che Elsa non avrebbe aperto, ma doveva preoccuparsi anche della delusione che sicuramente avrebbe provato Anna.
La bambina sorrise e saltò subito giù dalla sedia. Prese con attenzione l’abbondante porzione di torta che aveva riservato esclusivamente alla sorella e seguì la mamma fuori dalla sala da pranzo.
Attraversarono il corridoio fino allo scalone per il piano superiore e, prima di iniziare a salire i gradini in marmo, la regina si fermò.
«Ti aiuto a portarla?» le chiese dolcemente.
Anna scosse la testa decisa.
«Sicura?» tentò nuovamente con la paura di vedere a terra la torta, in mille pezzi il povero piattino di ceramica e Anna scossa da un pianto disperato.
All’affermazione convinta della bambina decise quindi di camminarle accanto in modo da tenerla d’occhio, pronta a una qualsiasi rovinosa caduta.
Fortunatamente riuscirono ad arrivare al piano superiore incolumi e con il dolce tutto intero. Lanciò con la coda dell’occhio uno sguardo alla figlia e lesse determinazione negli occhi chiari.
«Andiamo?» la spronò ad avvicinarsi alla porta della camera di Elsa.
Anna annuì e avanzò sicura fino a fermarsi davanti ad essa. Prima che la regina potesse proporsi di bussare o tenerle il dolce, si abbassò e posò il piattino sul pavimento.
Bussò.
«Elsa? Ti ho portato la torta!» annunciò. «Elsa?» riprovò non ricevendo risposta.
La madre decise di intervenire prima che fosse troppo tardi. «Anna, starà dormendo. Perché non la dai a me? La tengo io, così quando si sveglia la può mangiare subito».
La bambina la guardò confusa. «Dorme?» chiese ingenuamente.
«Certo», annuì. «Sarà stanca».
Anna riportò lo sguardo alla porta chiusa. «Volevo ringraziarla per il regalo. È bellissimo».
La regina sorrise dolcemente. «Lo farò io, non preoccuparti» mormorò, accarezzandole la testolina fulva su cui spiccava una ciocca bianca come il latte. «Adesso torna giù o papà si mangerà tutta la torta rimasta».
«Noo!!» saltò Anna imbronciandosi.
«Sì, invece» affermò con convinzione.
Anna rise contagiata dal divertimento della mamma e si allontanò subito, correndo.
«Fermalo! Fermalo!» la incalzò quindi.
Quando fu sicura che non potesse sentirla, bussò nuovamente alla porta di Elsa.
«Elsa? Sono solo io. Anna è andata via».
Sentì dei passi affrettati e poi lo scatto della serratura. Si abbassò a prendere la torta sul pavimento, prima di entrare.
Rabbrividì cogliendo la differenza di temperatura tra il corridoio e la sua stanza. Il gelo si sprigionava dal ghiaccio sottile che ricopriva il pavimento e le pareti, ma fortunatamente non imperversava il vento di un’innaturale tempesta. Era sicura che Elsa avesse dato sfogo ai suoi sentimenti, mentre loro festeggiavano giù con Anna, e a questo pensiero sentì una morsa attanagliarle il cuore.
«Anna ti ha lasciato una fetta di torta. È al cioccolato proprio come piace a lei, e a te. Mangiala» le disse avvicinandosi al grande letto a baldacchino.
Elsa era così rannicchiata su se stessa che sembrava scomparire tra le coperte e i cuscini. La regina appoggiò il piattino sul comodino e si sedette sul materasso.
«Elsa» la chiamò in un sospiro stanco. «Tesoro».
«Dovreste tornare da Anna, madre» rispose la bambina con voce flebile. «È il suo compleanno».
«Sì, ma adesso devo pensare a te. C’è qualcosa che posso-».
«Andate da Anna e abbracciatela da parte mia, ma non diteglielo» la interruppe Elsa.
La regina cacciò le lacrime che minacciavano di rigarle le guance, schiarendosi la gola per evitare che la voce uscisse tremula. Si stese sul letto e cinse in un abbraccio la sua primogenita.
«Ti vuole bene, Elsa. E te ne vorrà sempre».
«Ringraziatela per la torta» replicò la bambina in un tono così tranquillo da farla rabbrividire per la consapevolezza di quanto stesse crescendo in fretta. Troppo in fretta.



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Capitolo 2
*** Do you want to ride our bike? [PF] ***


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Prompt: 19. Giro in bicicletta
Titolo: Do you want to ride our bike?
Autore: Calime
Fandom: Frozen – Il Regno di Ghiaccio
Personaggi: Anna, Elsa
Genere: Fluff, Generale
Rating: Verde
Avvertimenti: Nessuno
Lunghezza: 1204 parole – 3 pagine (contatore Word)
Note dell’autore: Prima di lasciarvi alla lettura vorrei ringraziare tutti voi che avete recensito e inserito la raccolta già dal primo capitolo nelle preferite e nelle seguite!! Un caldo abbraccio a tutti! E un grazie speciale alla meravigliosa Kengha che, insieme a Tumblr, mi ha fatto scoprire questo particolare! :) Il titolo è una palese citazione da “Do you want to build a snowman?".
Enjoy :)







Snowflakes
Momenti della nostra vita




02. Do you want to ride our bike?


Il venticello primaverile che si era levato quel primo pomeriggio la investì subito, non appena aprì la vetrata del balcone per uscire. Deliziosamente le scompigliò le ribelli ciocche bionde sfuggite alla consueta treccia, ma non si premurò di rimetterle al loro posto: aveva bisogno di prendere un po' d'aria dopo lo sfiancante consiglio dei ministri a cui aveva presenziato.
Non sentì subito la sua voce, troppo intenta a godere della luce del sole e della frescura dell’aria. Soltanto quando si appoggiò alla ringhiera per osservare il paesaggio, sentì Anna chiamarla. Rivolse così la sua attenzione più in basso, dove si trovava la sorella, e prima di salutarla o chiederle di cosa avesse bisogno, lei l’anticipò.
«Guarda cos’ho trovato!» esclamò con un luminoso sorriso, non riuscendo a trattenere la gioia. «Scendi! Vieni a vedere!» la spronò.
Elsa scosse la testa ridendo per quella sua manifestazione di buffa impazienza. «Arrivo» disse prima di rientrare.
Non appena i soldati di guardia aprirono il portone per lei, venne travolta dalla sorella e coinvolta in un caldo abbraccio. Per un attimo ne rimase sorpresa, ma poi ricambiò con affetto.
«Stanca?» le chiese Anna.
«Un po’» rispose. «Cosa volevi farmi vedere?»
La principessa le rispose con un timido sorriso e, prendendola per mano, la portò in un punto non molto lontano dove aveva appoggiato…
«Una bicicletta?» chiese Elsa inarcando un sopracciglio confusa.
«Un tandem!» la corresse la sorella imbronciandosi appena. «Non ricordi?»
La Regina si rabbuiò quando i frammenti di un passato lontano ma indelebile vennero a galla. Certo che ricordava. Ricordava bene il capitombolo di Anna giù per le scale.
«Ero così arrabbiata per il tuo ennesimo rifiuto che l’avevo nascosto dietro il mio armadio. Non volevo vederlo più e me ne sono completamente dimenticata. Stamattina Gerda mi ha consigliato di approfittare di questa giornata soleggiata e fare un giro, e così… Be’, mi sono ricordata di lui» spiegò Anna accennando con la testa al vecchio tandem. «L’ho pulito, ho controllato ogni piccolo pezzo con Kai e… Ti va di provarlo insieme?» chiese guardandola negli occhi.
Elsa non riuscì a distogliere lo sguardo, nonostante si sentisse sopraffatta dall’angoscia e dalla paura di quei lunghi anni di prigionia autoimposta. Colse negli occhi della sorella una traccia della bambina che fu un tempo, con quella stessa preghiera silenziosa che aveva il potere di farla capitolare e sottometterla al suo volere.
«Ma certo. Certo» rispose con un sorriso.
Anna lanciò un urlo gettandole le braccia al collo, gridando tanti piccoli “sì” fino a quando non le mancò il fiato per parlare. Sciolse l’abbraccio e si avvicinò al tandem per metterlo in piedi.
«Pensavo di stare io davanti» affermò.
«Sì, è meglio» mormorò Elsa.
La principessa riuscì a cogliere un’incertezza in quel consenso, così si voltò alla ricerca di spiegazioni. La maggiore si schiarì la gola e distolse lo sguardo in un chiaro segno di imbarazzo.
«Non sono mai salita su una bicicletta» spiegò in un sussurro, già immaginandosi le risate di Anna.
«Meglio, così ti riposi!» esclamò invece la rossa come nulla fosse. «Qual è il problema?» Scrollò le spalle.
«Nulla. Nessun problema», annuì la Regina con un sorriso. «Andiamo?»
Anna abbozzò un inchino un po’ goffo a causa del tandem che stava reggendo. «Certamente, Vostra Altezza. Vi prego di attendere un secondo, quanto sistemo la vostra carrozza». Salì sulla bicicletta e piantò bene i piedi a terra. «Prego» la invitò.
Elsa appoggiò una mano sul manubrio e fece per salire a cavalcioni, quando la sorella la fermò. «Stai attenta. I pedali potrebbero colpirti le gambe».
«Va bene, grazie». Sorrise per quella premura, spingendo con il piede a terra per salire. Il mezzo traballò appena, prima che Anna riuscisse a prenderne il controllo. Non era abituata al trasporto di due persone, ma era fiduciosa: non se lo sarebbe mai perdonato, se Elsa si fosse fatta male a causa sua.
Aspettò poi che si sistemasse per stare il più comoda possibile, raccogliendo le gonne del vestito in modo che non si impigliassero accidentalmente nei pedali o nei raggi della ruota.
Anna avanzò di qualche passo per prendere familiarità con il tandem e solo quando fu sicura appoggiò i piedi sui pedali. «Oh. Oh, bene!» si entusiasmò. Iniziò a spingere e subito le ruote iniziarono a girare. «Pronti? Viaaa!» urlò aumentando la forza con cui pedalava per andare più veloce.
Attraversarono il cortile, uscendo dal castello, poi il ponte fino a immergersi nella piazza principale del regno. Era il giorno del mercato e con fatica evitarono i venditori e la loro merce, facendo slalom tra la folla.
Quando sfioravano qualche malcapitato o cassa di verdura, si voltavano a chiedere scusa ridendo come due bambine complici di divertenti marachelle. Vennero anche riconosciute e salutate con bonari e malcelati sorrisi.
«Arriviamo fino al porto!» la informò Anna.
Elsa si teneva stretta dal manubrio, sobbalzando quando passavano sopra una buca. Le strade erano lastricate in sampietrini e il tragitto le risultò un po’ scomodo, ma dimenticò tutto quando pensò alla fatica che doveva fare Anna per trasportarle entrambe.
Poi imboccarono una discesa e la minore lasciò che la bici la percorresse per sola forza di inerzia, liberando i pedali che girarono come impazziti. Anna lanciò un urlo al vento forte che sovrastò le proteste della sorella.
«Per tutti gli dei, Anna!! Annaaa! Ci schianteremo! Fermati!» Elsa teneva gli occhi socchiusi e la testa al riparo, le mani sudate stringevano il manubrio mentre cercava di assorbire gli scatti del tandem con la paura di essere sbalzata via da un movimento troppo brusco.
«Non preoccuparti, Elsa! È tutto sotto controllo!» Anna si voltò per rassicurarla con un sorriso.
La Regina sbiancò, ma non fece in tempo ad avvertirla che finirono letteralmente contro un carretto fermo davanti una taverna. Volarono, cadendo a terra.
«Ohi, che botta» protestò Anna massaggiandosi la testa.
«Anna! Stai bene?!», si allarmò Elsa.
«Sì, sì. Tu?»
«Bene. Più o meno», sorrise.
La principessa non riuscì a trattenere un piccolo sbuffo divertito per non ridere. «Oh, dovresti vederti. Sei piena di polvere e… Hai tutti i capelli fuori posto!»
«Ah, sì?», sogghignò Elsa. «Senti chi parla! Sei sporca qui», indicò una guancia. «E qui», le toccò la punta del naso.
«Come osi?» Anna finse di essere scandalizzata prima di scoppiare a ridere, seguita dalla sorella. «Ho come una sensazione di déjà-vu ma…»
«Questa volta siamo insieme» concluse per lei Elsa, prendendole le mani.
«Sì», annuì.
Tuttavia la magia del momento venne rotta dall’arrivo del proprietario del carretto. L’uomo non le riconobbe fino a quando Elsa non gli mostrò l’anello con il sigillo che portava sempre al dito. Si scusarono come due bambine, chiedendo mille volte perdono e invitandolo al castello per risarcire i danni.
Sulla strada del ritorno Anna fece più attenzione nella guida ed Elsa era sicura che fosse soprattutto dovuto ai molteplici lividi riportati. Si offrì addirittura di pedalare, ma quando ci provarono per poco non replicarono l’incidente.

Non appena varcarono le porte del castello, trovarono Gerda ad accoglierle. La cena era già in tavola e la balia fece per rimproverarle del ritardo, quando notò lo stato in cui erano: impolverate, sudate e affaticate.
Volse gli occhi al cielo in una muta preghiera: potessero almeno gli dei inculcare un po’ di responsabilità alle sue due bambine troppo cresciute.





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Capitolo 3
*** Un metodo infallibile [MM] ***


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Prompt: 15. Dolci
Titolo: Un metodo infallibile
Autore: Calime
Fandom: Frozen – Il Regno di Ghiaccio
Personaggi: Anna, Elsa
Genere: Malinconico
Rating: Verde
Avvertimenti: Missing Moment
Lunghezza: 523 parole – 1 pagina (contatore Word)
Note dell’autore: Eh, sì: ritorno al passato! Che ci posso fare? Mi piacciono i missing moments :D
Capitolo brevissimo dal punto di vista di Anna con una brevissima comparsa di Elsa. Non so, mi viene naturale usare la più piccola per questi momenti, forse per stemperare un po’ l’angst che verrebbe fuori da un missing moment con Elsa protagonista. Comunque, cercherò di farne uno anche con lei.
L’arco temporale in cui l’ho ambientato è durante l’infanzia (dai cinque anni in su di Anna), ovvero durante la prima parte di “Do you want to build a snowman?”.
Mi dispiace averci messo più del previsto per pubblicare e spero di aver ripagato almeno un poco la vostra attesa ;) Purtroppo non so quando riuscirò a pubblicare il nuovo capitolo... sono nel pieno della sessione esami estiva.







Snowflakes
Momenti della nostra vita




03. Un metodo infallibile


Sbirciò dalla porta appena socchiusa. La testolina rossiccia con la nota ciocca bianca fece capolino dallo spiraglio, poi il braccio con cui si aiutò ad aprirla completamente, infine l’intero corpicino paffuto.
Anna sorrise vittoriosa e machiavellica. Avanzò con circospezione fino a quando non appurò l’assenza di qualsiasi cuoco o cameriera, e solo allora si avvicinò al tavolo lì vicino per prendere in prestito una sedia. La spinse fin sotto la credenza e si arrampicò con un po’ di fatica su di essa, poi sul ripiano in legno e infine aprì le ante del mobile.
«Sì!» esultò allungando le braccia per afferrare l’enorme barattolo che conteneva ciò per cui era giunta.
Giovanna le aveva detto di aver visto la mamma portarlo in cucina e nasconderlo in alto, in modo che lei non vi potesse arrivare; tuttavia ne aveva un bisogno disperato, dopo l’ennesimo rifiuto di Elsa.
Aveva esaurito le lacrime, perciò la cioccolata le sembrava l’unica cosa che potesse confortarla – oltre ad una bella chiacchierata con l’amica.
Fece per chiudere le ante quando sentì il cigolio della porta. Si voltò di scatto credendo di essere stata scoperta, quando riconobbe i capelli chiari della sorella.
«Elsa!!» esclamò, ma ebbe appena il tempo di stupirsi che lei aveva già lasciato le cucine. «Aspetta!»
Non si perse d’animo e con ancora stretto il barattolo saltò giù dal ripiano, poi dalla sedia e infine le corse dietro, certa di poterla raggiungere.
Elsa tuttavia correva stranamente veloce, nonostante trascorresse tutto il tempo chiusa nella propria stanza, e Anna faticò a starle dietro così tanto che, quando arrivò davanti la sua stanza, la porta era già ben chiusa.
Si adombrò stringendo forte a sé il barattolo e prendendo in considerazione l’idea iniziale: andare dai suoi amici e affogare il dolore nella cioccolata.
Anna alzò gli occhi lucidi sulla porta intarsiata, poi si illuminò in un sorriso. Forse ad Elsa avrebbe fatto piacere mangiarne un po’! Forse voleva anche lei la cioccolata!
Appoggiò il contenitore a terra e si apprestò a togliere il coperchio. Non perse tempo a contare quanti cioccolatini ci fossero – aveva ancora qualche difficoltà con i numeri e si sarebbe presto confusa.
Ne prese una manciata e li lasciò cadere nella stoffa della gonna che teneva sollevata con la mano libera, in modo che il contenuto non cadesse. Soddisfatta del risultato, lasciò lì il barattolo e si allontanò.
Quando ripassò dal corridoio alla ricerca della mamma, lo trovò vuoto.

«Elsa ha mal di pancia» annunciò il re prendendo posto a tavola per la cena. Si passò una mano tra i capelli con aria stanca: la bambina non aveva fatto progressi dopo i guanti, e lui non sapeva più come aiutarla.
La regina gli accarezzò una guancia con dolcezza. «Anche Anna» rispose tranquilla: la piccola le aveva confessato tutto tra i singhiozzi.
«Davvero? C’è qualcosa che dovrei sapere?» chiese interessato.
«No, soltanto che dovresti ordinare altra cioccolata o i cuochi dovranno cambiare il dessert per il banchetto della prossima settimana» sorrise lei schioccandogli un bacio sulle labbra socchiuse.
Il marito non parve del tutto convinto, ma lei era così tranquilla – e sì, anche felice – che decise di non indagare oltre.



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Capitolo 4
*** Giochi di bambine [PrF] ***


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Prompt: 2. The
Titolo: Giochi di bambine
Autore: Calime
Fandom: Frozen – Il Regno di Ghiaccio
Personaggi: Anna, Elsa
Genere: Fluff, Generale, Malinconico
Rating: Verde
Avvertimenti: Nessuno
Lunghezza: 667 parole – 2 pagine (contatore Word)
Note dell’autore: Ehilà :) “Nooo, un altro Missing Moment?!” direte voi. E io vi rispondo: “Sììì!!” *w* A parte gli scherzi, spero davvero di non infastidirvi troppo con questi capitoletti ambientati nel passato (che poi questo non è proprio un vero Missing Moment). Sto aspettando un po’ di ispirazione post-Frozen, ma per il momento non ne ho… Okay, lo ammetto, ho scritto una sciocchezza post Frozen che dovevo utilizzare qui come “stacco” per respirare, ma non ne sono convinta. Non credo sia all’altezza dei capitoli che ho scritto fin ora, perciò non so se vedrà mai la luce.
Detto ciò, questa volta ci spingiamo ancora più indietro nel tempo, prima dell’incidente che ha segnato la vita di Elsa e Anna. Ho preso ispirazione dalle varie fanart che si trovano in giro e che le ritraggono bambine e insieme *-* Mi si è stretto il cuore a vederle, così ho buttato giù questa cosina: il banalissimo gioco di “prendiamo il tè con le bambole”, versione Frozen ovviamente ;)


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Snowflakes
Momenti della nostra vita




04. Giochi di bambine


Molteplici fiocchi di neve volavano leggeri sopra le loro teste: dall’alto soffitto della sala del trono scendevano come pioggerella estiva, fino a posarsi sul lucido pavimento. Qualcuno andava a sfiorare i nasi, le mani e i vestiti delle due bambine che osservavano rapite quello spettacolo.
Sul volto di Elsa era dipinto un sorriso gioioso che si aprì ancora di più, sfociando in una risata, quando si accorse di come la sorellina cercasse di soffiarne via uno dalla punta del nasino. Anna aprì allora le mani protendendosi verso l’alto nel tentativo di catturarli, rattristandosi quando si scioglievano tra le sue piccole dita.
Ad Elsa piaceva vederla giocare e giocare a sua volta con lei. Era bello.
Quel potere che aveva. Quel dono. Era bello.
«Ancora! Fa’ la magia! Fa’ la magia!» esclamò Anna battendo forte le mani.
E lei non poteva che obbedire: qualunque cosa pur di vedere ancora il suo sorriso e i suoi luminosi occhi ridenti.
«Basta, o sentirai troppo freddo» disse, quando cadde l’ultima neve.
La sorellina mise su un broncio, gli occhi lucidi e il labbro inferiore che iniziava a tremare. Elsa si rattristò appena, ma ricordava bene le raccomandazioni del papà sul loro gioco speciale: la salute di Anna veniva prima di tutto il divertimento del mondo.
«Non ho freddo!» ribatté la piccola con decisione. «Voglio la neve! Voglio giocare!!» Batté capricciosamente i piedi a terra.
«Hai il naso e le guance rosse, Anna. Sono sicura che stai sentendo freddo» ribatté la maggiore.
«Neve! Neve!! Neve!» Continuava imperterrita.
Elsa allora si ricordò di come la mamma riuscisse spesso a convincerla. Il segreto era coinvolgerla in un nuovo gioco, perciò rilassò le membra e lasciò fluire dalle sue mani la magia che diede forma a molteplici pupazzi di neve.
«Neve!!» urlò Anna entusiasta, osservandoli. «Beeelli» sussurrò rapita.
Elsa sorrise. «Anna, non vuoi offrire niente ai nostri nuovi amici?» le chiese.
Gli occhioni azzurri della sorellina si illuminarono. «Tè! E biscotti! E cioccolata!»
La bambina scoppiò a ridere. «Sì», annuì.
Era sicura che con una bella tazza di caldo tè Anna avrebbe dimenticato i fiocchi di neve. Gerda, poi, poteva portarle anche una coperta, così dopo potevano continuare a giocare.
Si guardò intorno: aveva fatto cadere molta neve, più del solito. Questo perché Anna diventava ogni giorno più esigente, prendendo con quello strano potere una familiarità che lei stessa trovava ancora estranea.
I pupazzi di neve sembravano sorriderle, quando si alzò per chiedere a Gerda o a qualche altra cameriera il tè e tutto il necessario.

La tazza fumava e più volte il liquido caldo le scottò labbra e lingua. Era dolce, buono.
«Questo è per te» diceva Anna mentre versava il contenuto invisibile di una teiera per bambole in una tazzina. Poi la metteva davanti a un pupazzo per servire gli altri in successione. «Ma certo, signore, gliene verso subito un’altra tazza».
Elsa osservava con un sorriso soddisfatto la mantella che si muoveva ad ogni suo più piccolo movimento. Bevve un altro generoso sorso e sentì le guance riscaldarsi per il calore: era una sensazione strana ma così simile a quella che sentiva al centro del petto, proprio all’altezza del cuore. La trovava così piacevole, che si sorprese nel vedere come la neve sembrasse immune al suo effetto.
«Ecco fatto. Adesso avete tutti il vostro tè» affermò Anna prendendo posto accanto alla sorellona.
Con in mano la tazza ricolma della gustosa bevanda, Elsa le sorrise. «Ne vuoi ancora?»
Anna scosse la testa con uno sbadiglio e si appoggiò alla sua spalla. Volse gli occhi ai silenziosi partecipanti di quel nuovo gioco e si trovò a sorridere: avevano gradito il suo tè.
"Ti voglio bene, Elsa", pensò prima di chiudere gli occhi per la stanchezza.
«Ti voglio bene, Anna» mormorò Elsa lasciando che riposasse tranquilla.
Posò la tazza e prese tra le mani una manciata di neve, lanciandola poi in aria: tanti piccoli fiocchi caddero giù, posandosi leggeri su quella già caduta.
Rise.
Era bello, quel potere. Era bello giocarci con Anna.







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Capitolo 5
*** Tradizioni [MM] ***


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Prompt: 7. Collana
Titolo: Tradizioni
Autore: Calime
Fandom: Frozen – Il Regno di Ghiaccio
Personaggi: Anna, Elsa
Genere: Generale, Introspettivo
Rating: Verde
Avvertimenti: Missing Moment (un po' What if?)
Lunghezza: 2745 parole – 6 pagine (contatore Word)
Note dell’autore: Pensavate di esservi liberati di me, eh? Be’, mi dispiace per voi ma… sono tornata!! Completerò la raccolta (e quindi la challenge), dovessi metterci anni e anni! Non mi piace lasciare le cose a metà e, d’altra parte, non voglio farvi leggere dei capitoli che non mi convincono del tutto, perciò spero perdoniate i miei ritardi…
Questa volta sono riuscita a tirare fuori un capitolo più lungo di quelli che ho scritto fino ad ora. Beccatevi ben sei pagine piene di feels(?)!! Prima che mi lanciate contro padelle, candelabri e oggetti vari, vi avverto che ci sarà parecchio angst, che Anna stempererà un po’ il tutto con il suo caratterino, perciò non dovrebbe risultare molto pesante.
Cosa ho combinato? Ehm, ho rivisitato un po’ una scena tagliata del film, quella della Dressing Room, di cui vi lascio i link alla fine delle note, per chi fosse interessato. Oltre alla suddetta scena, troverete altre citazioni dal film. L’unica nota è questa: Idunn è il nome della mamma di Elsa e Anna. Un’anima pia ha tradotto i nomi sulle lapidi dei genitori di Elsa e Anna, perciò sappiamo che si chiamavano Agdar e Idunn. E il simbolo di Arendelle è il crocus, ovvero lo zafferano (la pianta e, in particolare, il fiore). Per queste info si ringrazia la Wikia di Frozen ;)
Eccovi i link della scena tagliata:
- The Dressing Room (doppiaggio originale);
- The Dressing Room (doppiaggio amatoriale in italiano).
La collana a cui faccio riferimento è questa. Purtroppo non si vede bene né nell’immagine, né in altre del film.
Come al solito, se avete domande, perplessità, ortaggi vari da lanciarmi contro, c’è l’apposito spazio delle recensioni. Ammetto di avere qualche dubbio, perché è la prima volta che mi cimento con il primo incontro tra Elsa e Anna dopo i tragici tredici anni…
Scusate le note lunghissime xD Vi abbraccio tutti e vi mando un bacione!! ♥





Snowflakes
Momenti della nostra vita




05. Tradizioni


Si è svegliato il cielo… perciò io sono sveglia!

Anna?

Schiuse lentamente le palpebre ancora in dormiveglia, nella testa riecheggiò la voce della sorellina. Una. Due. Tre volte. Lontana. Sempre più lontana.
Anna.
Lasciò uscire dalle labbra un sospiro stanco e al tempo stesso di sollievo: era riuscita a svegliarsi prima di rivivere… Inghiottì il groppo in gola, scacciando l’ondata dei ricordi che la stava assalendo.
A fatica la chiara luce mattutina riuscì ad attraversare il ghiaccio perenne che da anni decorava l’ampia vetrata, illuminando fiocamente la camera da letto, ed Elsa suppose che fossero trascorse un paio di ore dall’alba.
Si è svegliato il cielo!
«Il cielo si è svegliato» ripeté inconsciamente in un sussurro.
Poi, ricordò e scattò a sedere sul letto con un gemito di angoscia: era arrivato il giorno.
Quel giorno. Il giorno che tutta Arendelle stava aspettando. Il giorno che sperava non sarebbe mai giunto, nonostante il padre l’avesse preparata sin da bambina.
Il giorno che – ne era certa – Anna stava attendendo con impazienza.
Passò le dita tra i capelli aggrovigliati dalla notte agitata. Era inutile mentire: aveva dormito male, tra l’ansia per l’incoronazione e tutto ciò ad essa collegata.
La cerimonia avrebbe ufficializzato il ruolo che ricopriva formalmente da ormai tre anni: era la primogenita ed erede al trono. Non più Prima Principessa di Arendelle, ma Regina di Arendelle.
"Regina Elsa di Arendelle", non suonava di certo male, ma un brivido le percorse la schiena a tradimento.
«Regina» mormorò, rendendolo così più vero e concreto.
Lo stomaco si contorse in una morsa, mentre il cuore accelerava i battiti. "Celare, domare, non mostrare", si ripeté come una nenia, prendendo al contempo ampi respiri. L’ultima cosa di cui aveva bisogno, quel giorno, era di scatenare inavvertitamente il potere.
Non seppe quanto tempo passò, ma finalmente il cuore diminuì la folle corsa riprendendo un ritmo più lento, e fu in quel momento che lo stomaco gorgogliò con vivacità. Elsa arrossì, nonostante nessuno l’avesse sentito, e decise di rendersi presentabile prima di chiamare qualcuno per farsi portare la colazione.
Era meglio non pensare al dopo, ma solo al presente. Una cosa alla volta: ci sarebbe stato tempo per preoccuparsi dell’incoronazione.
A quel pensiero, gli occhi corsero alle ante chiuse dell’armadio.  E, di conseguenza, a quel piccolo sacchetto che giaceva ormai da parecchie settimane al suo interno, proprio sul fondo.
La tradizione voleva che l’erede al trono regalasse ai membri della famiglia un monile da indossare durante la cerimonia di incoronazione ed Elsa desiderava rispettarla.
Lo doveva ad Anna, all'amata sorellina che non aveva visto crescere, che non conosceva. A lei andavano tutta la frustrazione provata durante la faticosa scelta del presente, tutto il suo raccapezzarsi per cercare di indovinare dei gusti di cui non era stata partecipe e tutto quell’amore che nascondeva gelosamente nel petto.
"Spero di tutto cuore che ti piaccia, Anna".


***


L’abito era magnifico, regale ed elegante nella sua semplicità: il corpetto di un azzurro vivace che richiamava il simbolo di Arendelle nel ricamo blu e viola, la lunga ed ampia gonna della stessa tonalità e la sottoveste nera con un piccolo decoro alla base del collo. Lo strascico del mantello, poi, le avrebbe dato ancora più dignità.
Elsa si rimirò allo specchio soddisfatta del risultato. Anche l’acconciatura con la tiara era perfetta, tenuta ben ferma dalle forcine e da altri espedienti utilizzati da Gerda, che si era premurata personalmente di pettinarla.
Se avesse ereditato un colore di capelli più scuro, era certa che l’avrebbero scambiata per sua madre, la defunta e compianta regina Idunn.
Il pensiero corse a loro, ai suoi genitori, morti per volere di un fato avverso che aveva privato lei e sua sorella del loro amore.
"Padre, io… non credo di essere pronta". Una mano corse al petto, stringendo lo spesso tessuto all’altezza del cuore che galoppava. Le sembrò di sentire come un’eco lontana e la sensazione fugace di un lieve tocco sulla spalla.
Si voltò sorpresa, ma non vide nessuno, soltanto il legno della porta chiusa. Era sola, come lo era sempre stata. Era sola in una stanza troppo grande e silenziosa, che non era la sua.
L’enorme armadio che occupava tutta la parete opposta era colmo di abiti di alta sartoria, scarpe di pregiata fattura, preziose stoffe e gioielli di ogni tipo. Armadietti più piccoli occupavano quelle laterali e busti da esposizione, qua e là si trovavano sedie, poggiapiedi e una cassettiera contente il necessario per il cucito e la presa delle misure. Fu proprio su quest’ultima che si soffermò per un lungo attimo, rimuginando sul contenuto del cassetto più in alto, dove aveva conservato il regalo per Anna.
Doveva darglielo al più presto.
Tornò così ad osservare con aria critica il proprio riflesso. Lo spettacolo sarebbe iniziato presto: mancavano ancora gli ultimi accorgimenti, come il mantello che avrebbe indossato più tardi insieme alla spilla della mamma e i guanti. Doveva trovarne al più presto un paio da abbinare al vestito, non poteva certo permettersi il lusso di ghiacciare accidentalmente qualunque cosa avesse toccato.
Sospirò, dando le spalle a quella donna in cui non riusciva a riconoscersi, ma subito venne colta da un leggero capogiro. Si appoggiò al tavolino accanto in cerca di stabilità e, incontrollato, il potere si sfogò sul legno, riverberandosi in fretta per raggiungere il vaso con i fiori che si frantumò sotto i suoi occhi atterriti.
«No, no, no, no!» sussurrò angosciata.
Non perse tempo quando sentì dei passi affrettati provenire dal corridoio, fin troppo prossimi alla stanza in cui si trovava. Afferrò quindi uno scialle lì vicino e lo posò sopra i cristalli di ghiaccio, sperando che bastasse ad evitare domande sconvenienti.
La porta si aprì rumorosamente e nella stanza irruppe un’affaticata ma raggiante Anna, che si irrigidì di colpo non appena la vide. Il cuore sembrò fermarsi un attimo, gli occhi assorbirono quanto più poterono della sua figura così solenne, alla disperata ricerca della sorellona che ricordava in quei tratti adulti e aggraziati.
«Elsa» mormorò schiudendo le labbra in un sorriso.
Neppure Elsa riuscì a distogliere lo sguardo dai suoi occhi e si stupì quando riuscì a risponderle timidamente: «Anna».
Anna non accennò alcun movimento, non volle interrompere la magia del momento. Al contrario, si beava di quella fortuna inaspettata, della vista di quella sconosciuta che assomigliava così tanto alla sorella.
"E così tanto alla mamma", Gerda aveva ragione. “Vostra sorella ha la bellezza di vostra madre e la fierezza di vostro padre”, aveva risposto alle sue innumerevoli e insistenti domande.
Elsa fu la prima a distogliere lo sguardo, sopraffatta dalle emozioni che tanto si era premurata di nascondere negli anni. Esse irruppero in quel momento, come un fiume che distruggeva gli argini con la violenza della sua piena.
Il monito tornò a farsi sentire con prepotenza e per la prima volta si trovò ad ignorarlo.
Anna. Anna era davanti a lei. Erano nella stessa stanza, una di fronte all’altra. E non riusciva a pensare ad altro.
L’imbarazzo cadde ad abbracciarle come una gelida coltre e per la prima volta Elsa percepì una sensazione strana, diversa dal freddo a cui era abituata quando il potere prendeva il sopravvento nella propria stanza.
«Dove sei stata?» riuscì a domandarle in tono gentile, incuriosita dal suo aspetto scomposto.
Anna rise imbarazzata. «Oh, un po’ di qua, un po’ di là. Mi ha svegliata Kai, buttandomi letteralmente giù dal letto! No, scusa, volevo dire come se mi stesse buttando giù dal letto! Ecco, non volevo dire che è entrato nella mia stanza – non entrerebbe mai senza permesso».
Elsa iniziò a chiedersi se stesse respirando tra una parola e l’altra ma, prima che potesse fermarla, lei continuò.
«Ho fatto colazione, poi un giro a cavallo per… per calmarmi un po’. Mi aiuta molto concentrarmi sul dondolio, sul vento tra i capelli e il paesaggio che scorre. Sai, stamattina mi sono svegliata così agitata e… Aspettavo da così tanto tempo che aprissero i cancelli! E di vedere tutta la gente che verrà, la gente di Arendelle, e dei regni alleati e… Elsa, desideravo così tanto vederti! Sei splendida! Sarai la regina più stupenda che Arendelle abbia mai visto! Ne sono certa». S’interruppe di colpo, abbassando gli occhi sul pavimento.
A quella confessione, Elsa sentì un formicolio sulla pelle, un moto di tenerezza, che finalmente scacciò il gelo dell’imbarazzo, distendendo i nervi tesi. Sorrise nell’attesa che la sorellina le regalasse un altro sguardo, un altro di quei sorrisi di cui era stata sempre privata.
Ne avrebbe fatto tesoro.
«Oh!» Anna si riscosse guardandosi intorno per poi tornare a posare lo sguardo su di lei. «Sei già pronta! Uffa, sono la solita ritardataria!» sbuffò, avanzando velocemente verso l’armadio.
Elsa la seguì con gli occhi fino a quando non scomparve oltre le tende. Divertita e con il sorriso ancora sulle labbra, tornò ad occuparsi di ciò che aveva abbandonato con il suo arrivo. Era dispiaciuta più per i fiori, poiché di vasi ne avevano tanti e altrettanti ne avrebbero potuti ordinare.
«Oh! Bello!» sentiva la voce di Anna ovattata. «Guarda…! Bellissimo! Ma forse è meglio questo e… Elsa!!»
Si voltò di scatto, non prima di ricoprire tutto con lo scialle. Giusto in tempo: la sorellina uscì dalle tende con un vestito dalle sfumature rosa.
«Come mi sta?» le chiese muovendosi per mostrarglielo.
«No!» esclamò Elsa prima di frenare la lingua. Si morse l’interno di una guancia, cercando il contegno che aveva perso nel vederla. «Volevo dire… Non mi piace come ti sta e, in più, lo trovo poco adatto all’occasione».
Anna abbassò gli occhi sulla stoffa. «Sì, hai ragione. Forse è un po’ troppo vistoso». Con un luccichio di sfida ed entusiasmo negli occhi, tornò dentro: avrebbe di sicuro trovato qualcosa che piacesse ad Elsa.
Scorrendo gli abiti appesi, ridacchiò senza volerlo al pensiero di ciò che era successo quando era entrata, alla tensione e all’imbarazzo che le avevano colte. In quel momento poteva dire con certezza come non si fosse mai sentita così felice in vita sua.
Era sicura che Elsa sarebbe andata via non appena fosse scomparsa oltre le tende, invece era ancora lì. E le piacque pensare che fosse rimasta per lei, per godere della sua compagnia. Forse si stava illudendo da sola, ma il suo sorriso sincero la faceva ben sperare.
«Ah!» esclamò un po’ troppo forte, correndo a coprirsi la bocca con entrambe le mani per soffocare le risate. Soltanto quando l’attacco passò, si decise ad indossare il vestito che aveva attirato la sua attenzione.

Elsa con mille scuse ringraziò Kai che gentilmente si era prestato a raccogliere i frammenti di ghiaccio e a portare via il tavolino irrimediabilmente rovinato. Richiuse quindi la porta alle sue spalle, appoggiandocisi contro. Doveva trovare al più presto un paio di guanti! E lasciare che Anna scegliesse da sola il vestito da indossare.
D’altro canto, aveva ancora il regalo da darle… di persona. Il fedele maggiordomo era stato fin troppo chiaro, quando lo aveva pregato di farle da tramite e messaggero.
Le sfuggì un gemito di frustrazione. Presto Anna sarebbe uscita di nuovo e avrebbe finalmente risolto quel problema. Poi, non l’avrebbe più vista fino alla cerimonia e il successivo banchetto.
Quel pensiero le provocò nuova agitazione, che si tramutò subito in pace quando ripensò a come era stata trattata: Anna poteva mostrarsi fredda e invece le aveva dato calore, poteva ignorarla e invece teneva al suo giudizio.
"Possibile che tu mi voglia bene, Anna? Dopo tutti questi anni?"
Fu proprio l’oggetto dei suoi pensieri a riportarla alla realtà.
«Uh-là-là!» esclamò infatti Anna, scostando con violenza le tende per riuscire più facilmente a uscire.
«A-Anna?!» quasi squittì sorpresa. Aveva davvero una tempistica impeccabile! E… indossava quell’orrendo, oltre che ridicolo, vestito sulle tonalità di giallo e arancio – dono di non ricordava quale regno vicino.
«Uh-uh» continuava ad ancheggiare Anna, i fianchi ingigantiti dall’enorme gonna dell’abito.
«Smettila, Anna!» Cercò di risultare dura nel rimprovero, ma più la guardava più non riusciva a trattenersi dal ridere, fino a quando non scoppiò coprendosi educatamente la bocca con le mani.
«Quindi ti piace? Me lo presti per la cerimonia?» cinguettò Anna sbattendo le ciglia in maniera volutamente frivola.
«No. Non ti consentirò di presenziarci così!» rispose Elsa con un cipiglio severo, recuperando un po’ di contegno. «Non fare la bambina» la redarguì con una naturalezza che non sapeva di possedere.
La sorellina sorrise, ancora un po’ incredula di essere riuscita a farla ridere. Non avrebbe mai dimenticato quel suono cristallino, come di catenelle di vetro che tintinnavano al passaggio del vento.
«Va bene, va bene. Vado a sceglierne un altro» disse ritornando verso l’armadio.
«Aspetta!» la fermò Elsa. Non aveva motivo di attardarsi ancora, non fosse altro per ciò che si trovava ben nascosto nella cassettiera.
Anna si voltò e la osservò con curiosità aprire uno dei cassetti del mobile lì vicino. Poi, sotto gli occhi si ritrovò un piccolo sacchetto di velluto verde scuro, chiuso da un nastrino di stoffa dorata.
«È per me?» chiese emozionata, facendo saettare gli occhi dalla sorella a ciò che teneva sul palmo.
Elsa annuì. «È consuetudine che il futuro sovrano regali qualcosa da indossare alla cerimonia di incoronazione» spiegò, vedendola ancora indecisa.
Anna allora fermò lo sguardo sulla sua figura, sui suoi occhi. Gioì, quando riuscì a superare quelle cristalline barriere, leggendovi l’incerta speranza di vederle accettare il dono.
«Oh, Elsa!» sussurrò, abbracciandola di slancio.
A quel contatto Elsa trasalì, lasciando cadere il sacchetto. Sentì qualcosa attraversare i vestiti, la pelle e scaldarle il sangue fino a raggiungere il cuore.
No! Non toccarmi! Vi prego, non voglio farvi del male!
Con violenza si liberò dalla sua stretta. «No! Non toccarmi!» gridò, gli occhi sgranati dal puro terrore. In un attimo rivide il corpo di Anna riverso a terra, sulla neve. Lei l’aveva colpita. Era colpa sua. Era…
Anna sussultò, confusa da tutta quella foga. «S-Scusa» balbettò, rabbuiandosi.
E fu proprio il suono lieve della sua voce a farle riportare i piedi per terra. Elsa scacciò i ricordi, ma non la sensazione dolorosa che la colpì con violenza all’altezza dello stomaco. Per la prima volta si sentì male, peggio di quando erano state allontanate: Anna cercava un affetto che non poteva darle.
"Mi dispiace".
Riacquisì la gelida compostezza che le era ormai propria. «Non… Non amo essere toccata. Non farlo, d’accordo? Accettalo e basta» disse in modo secco e un po’ brusco, freddo: la sensazione calda che aveva sentito era ormai un lontano ricordo.
A grandi falcate attraversò la stanza, uscendo senza salutarla. Aveva rischiato grosso e proprio per quello l’indomani non sarebbe cambiato nulla tra di loro. Avrebbe governato più che bene dalla sua camera: non aveva bisogno di uscire tranne in occasioni speciali, come le pubbliche udienze che avrebbe ridotto e i consigli con i ministri che si svolgevano soltanto una volta al mese.
Anna non la fermò e, anche quando la porta sbatté con un rumore sordo, continuò a fissare il punto in cui si trovava la sorella.
«Io… ti voglio bene, Elsa. Non ho avuto il tempo per dirtelo» mormorò con sofferenza, le mani strette al petto e gli occhi umidi.
Abbassò lo sguardo sul pavimento e notò il sacchetto abbandonato. Lo raccolse, accogliendolo tra i palmi come fosse l’oggetto più prezioso e fragile di tutto il regno.
«E non me ne hai lasciato per ringraziarti» continuò con uno sbuffo di amaro divertimento. I piagnistei erano ormai inutili, quando aveva trascorso anni e anni di perduta infanzia e solitaria adolescenza, sentendo sempre una mancanza nel suo essere che l’amore dei genitori non avrebbe mai potuto colmare.
Sciolse il nastro e svuotò il contenuto del sacchetto sulla mano. Il dono di Elsa era un semplice nastro di stoffa verde bosco da cui pendeva un ciondolo di forma rotonda. Su di esso era inciso il fiore di crocus, stemma della famiglia.
Era bellissimo nella sua semplicità, senza gemme né brillanti – forse un po' troppo formale, ma l’occasione stessa lo richiedeva. Suppose che fosse fatto interamente d’oro, ma non era quello a renderlo prezioso ai suoi occhi.
Elsa le aveva fatto un regalo, forse più per rispettare una tradizione che per vero piacere. Eppure si ostinava a credere che non avesse scelto la prima cosa vista ma, al contrario, avesse cercato di indovinare i suoi gusti senza sapere che, qualunque cosa avesse comprato, per lei sarebbe stato il più bel gioiello mai ricevuto in dono.
L’avrebbe indossata con orgoglio, mostrata e presentata come il tesoro più prezioso che Arendelle possedesse; ma forse quel tesoro non era altro che la sua amata sorella, Elsa.









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Capitolo 6
*** Non sarò da meno! [MM] ***


Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della Disney.





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Prompt: 1. Libro
Titolo: Non sarò da meno!
Autore: Calime
Fandom: Frozen – Il Regno di Ghiaccio
Personaggi: Anna, Regina
Genere: Generale
Rating: Verde
Avvertimenti: Missing Moment
Lunghezza: 818 parole – 2 pagine (contatore Word)
Note dell’autore: Sono riuscita ad aggiornare prima di quanto pensassi… Wow!!
Questa volta è un capitoletto molto leggero leggero, nulla di impegnativo :) Ennesimo Missing Moment, un po’ privo di angst e con un’Anna nel pieno dell’adolescenza. Spero vi piaccia!
Un caldo abbraccio a tutti!! ♥





Snowflakes
Momenti della nostra vita




06. Non sarò da meno!


Anna sbuffò annoiata, girando l’ennesima pagina di quel tomo più pesante di lei. Con l’indice della mano destra seguiva la calligrafia chiara e arrotondata, mentre la sinistra era impegnata a sorreggere la testa ciondolante.
La mamma era stata irremovibile: finirlo tutto entro una settimana. E sette giorni erano infatti trascorsi, durante i quali aveva memorizzato qualche data, un paio di avvenimenti abbastanza importanti e… le guerre! Ricordava che ne fossero scoppiate almeno due.
Lasciò perdere la lettura, afferrando la piuma d’oca accanto al libro. La sfregò sul mento con aria assorta, persa in riflessioni che non riguardavano assolutamente i suoi bis-bis-bis-bis… nonni?
Quella mattinata era così bella da essere sprecata, se trascorsa chiusa a studiare! Giovanna era dello stesso parere e una pessima amica, visto che l’aveva ripresa ricordandole i doveri.
Sospirò sconfortata, poggiando il mento sul libro aperto. “Che noia”.
Erano quelle, le volte in cui si chiedeva come Elsa riuscisse a stare nella propria stanza senza uscire a prendere una boccata d’aria, riempirsi i polmoni della fragranza dei fiori appena sbocciati, godere della luce e del calore del sole, assaporare l’odore fresco di salsedine…
Tuttavia, ogni suo tentativo di convincerla si era rivelato fallace. Erano anni che ci provava, instancabile, testarda. Anni persi a implorarla, ad aspettare che quella porta chiusa semplicemente si aprisse – per lei.
Il tempo passava e ormai ne era certa: Elsa non le avrebbe aperto, Elsa non sarebbe uscita con lei a fare una passeggiata in giardino, Elsa non avrebbe condiviso nulla con lei, né il saluto, né quel tandem tanto desiderato e ormai dimenticato; ma soltanto occhi bassi e sguardi sfuggenti.
Ignorare quel chiaro messaggio era piuttosto infantile e ridicolo – ne era ben consapevole, ma… “Elsa, sei mia sorella!”
Gonfiò le guance di aria e la soffiò subito fuori con forza e frustrazione. Ricordò il primo insegnamento di Giovanna: “Mai arrendersi, cadere e alzarsi sempre”… E se un giorno non ci sarebbe più riuscita per il troppo dolore?
Cambiò posizione, poggiando le braccia incrociate sulle pagine aperte del libro e immergendoci la testa, sopraffatta da tutte quelle domande e tristi pensieri che si susseguivano uno dietro l’altro, rincorrendosi in fretta, sovrapponendosi quasi, così tanto da farle venire male alla testa.
Partì il conto alla rovescia, ma l’esplosione non arrivò: giunse soltanto un leggero bussare.
«Avanti» biascicò svogliata.
Il suono della serratura aperta la avvertì della nuova presenza nella stanza, poi ne riconobbe i passi in avvicinamento e il fruscio delle gonne sul pavimento.
«Anna! Stai bene?» La voce preoccupata della mamma arrivò attutita alle sue orecchie.
«Sì» rispose controvoglia Anna senza alzare la testa. «Mamma, non ne posso più di studiare! Voglio uscire!» implorò.
La Regina le accarezzò i capelli con aria sofferta. «Ormai è quasi ora di pranzo, ma più tardi possiamo andare a vedere come stanno crescendo le rose».
La principessa non si stupì di come fosse riuscita ad ignorare la verità nascosta: perché non le era permesso uscire dal castello?
Ingoiò il magone e annuì con un mugugno. «Elsa?» si arrischiò a chiedere quindi, spinta da quella speranza che non sembrava mai abbandonarla.
«Elsa sta studiando» rispose prontamente la mamma.
Fu un attimo: riemerse dalle nebbie dell’apatia, la testa scattò in alto e lentamente si voltò a guardarla con gli occhi sgranati e la bocca socchiusa per la sorpresa. «Anche lei?»
La Regina annuì con un sorriso divertito. «Ha qualche difficoltà nel ricordare le date e i nomi dei regnanti che ci hanno preceduti».
«Davvero?» Anna era sempre più stupita. «Ma io credevo… Io… Lei… Elsa?!», interruppe il balbettio sconnesso.
Rise leggera alla sua buffa reazione. «Dopo pranzo mi ripeterai quello che hai imparato, va bene? Sei troppo distratta adesso», le concesse.
Anna annuì con un sorriso raggiante. «Elsa com’è andata?»
«Bene. È brava e un giorno diventerà un’ottima regina».
«Allora non sarò da meno!», s’infervorò stringendo i pungi in aria. «Cioè… Insomma… Cercherò di essere brava come lei, ecco!» Rise imbarazzata: Elsa non era poi così perfetta come aveva sempre pensato ed era certa che avrebbe trovato altri punti in comune – se soltanto le aprisse quella dannata porta e le parlasse!
La Regina non si fece sfuggire l’occasione per motivarla: Anna nutriva scarso interesse per quegli argomenti che era tenuta a conoscere in quanto principessa e seconda in linea di successione, e faticava sempre un po’ a memorizzare tutto.
«Nonostante incontri difficoltà, Elsa si fa trovare sempre preparata» affermò in tono pensieroso.
«Anche io, madre!! Anche io! Dopo pranzo vi ripeterò tutto: dalla fondazione del regno alla caduta e alla ripresa e…»
«Va bene, ho capito», la interruppe con una risata. Quindi chinò il capo per posarle un bacio sulla nuca, tra i capelli, e si allontanò per uscire dalla stanza.
Appena sentì la porta richiudersi, Anna fulminò il libro con lo sguardo. «Mi sono rimasti solo tre capitoli da leggere, chiaro? Vedi di non farmi brutti scherzi!», lo minacciò puntando il dito contro le pagine incriminate.









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Capitolo 7
*** Regali di Natale [MM] ***


Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della Disney.





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Prompt: 19. Regali di Natale
Titolo: Regali di Natale
Autore: Calime
Fandom: Frozen – Il Regno di Ghiaccio
Personaggi: Anna, Elsa, Re, Regina
Genere: Fluff, Generale Malinconico
Rating: Verde
Avvertimenti: Missing Moment
Lunghezza: 2522 parole – 5 pagine (contatore Word)
Note dell’autore: Giusto in tempo per Natale con un prompt a tema!! Questo è il mio regalino per voi tutti, sperando che apprezziate nonostante la carica di angst :)
Non aspettatevi un allegro Natale, perché la protagonista è Elsa, che potrebbe essere OOC… Dico “potrebbe” perché per me non lo è. Ho ambientato la one-shot in un periodo abbastanza prossimo all’incidente, quando ancora Elsa ha fresca la paura ma non ne è divorata e ho supposto che fa una sconsideratezza spinta dalla preoccupazione per Anna. Comunque, fatemi sapere sinceramente cosa pensate :)
Ho tenuto “Babbo Natale”, perché ogni Paese ha le sue tradizioni e non mi pareva il caso di usare proprio il termine in norvegese o altre lingue.
Vi abbraccio tutti, augurandovi un bellissimo Natale! ♥





Snowflakes
Momenti della nostra vita




07. Regali di Natale


Delicatamente passò le piccole dita tra le foglie e i decori della ghirlanda natalizia, che teneva in grembo. Seduta sul letto a baldacchino, troppo grande per il suo corpo di bambina, Elsa alzò gli occhi all’ampio soffitto, stringendo le labbra in una linea sottile, le palpebre serrate per isolarsi dalla realtà e volare via, indietro nel passato. Riportò alla mente il crepitio del fuoco nel camino, il calore delle fiamme, l’atmosfera gioiosa e le venne naturale abbracciare Anna, che le saltò al collo facendola quasi cadere.
Le foglie appuntite della ghirlanda la riportarono dolorosamente alla realtà: non si trovava nel salone, non stava abbracciando Anna, non c’era nessun fuoco a donarle calore – soltanto una stanza vuota e fredda, e quel regalo anticipato che stringeva al petto con tutte le sue forze.
«Anna…» mormorò con voce fioca, accarezzandolo.
Era la Vigilia di Natale, ma aveva rifiutato l’abete addobbato che il papà voleva sistemare nella camera. Tuttavia, la settimana successiva le aveva portato un po’ di vischio, agrifoglio e pungitopo da appendere ai mobili e alle colonnine del letto. Elsa aveva tentato di dissuaderlo dall’intento, ma lui era stata irremovibile, facendola ricredere quando si divertirono a sistemare tutto.
E ciò che teneva con tanta cura tra le braccia – quella ghirlanda dai piccoli e grandi fiocchi non molto stretti e le pigne e le bacche colorate non ben sistemate – era il suo personale Natale. L’aveva fatta Anna con l’aiuto della mamma e il fogliettino appeso recava la calligrafia grande e tremolante della sorellina: “Buon Natale, Elsa”.
«Buon Natale, Anna» rispose con un piccolo sorriso.
Fece per alzarsi dal letto e riporla sulla cassapanca, quando percepì distintamente un forte calpestio in corridoio: passi veloci e ansiosi si susseguirono in fretta. Preoccupata, corse verso la porta e subito vi poggiò l’orecchio in ascolto, ma non riuscì a distinguere alcuna parola, soltanto voci confuse e familiari.
Cos’era successo?

La preoccupazione fu un crescendo continuo per tutto quel pomeriggio: altro trambusto aveva sentito qualche ora prima e, ricordandosi la disposizione delle camere da letto, era riuscita a capire a cosa fosse dovuto, o meglio a chi.
Qualcosa era successo ad Anna.
Ma cosa?
Perché nessuno non le aveva ancora detto nulla?
Dov’era il papà? E la mamma? E Gerda? E Kai?
Elsa non fece che ripetersi il monito per tutto il tempo, sussurrandolo appena, focalizzandosi su ogni singolo termine, controllando il respiro e l’accelerazione del battito. Aveva fatto nevicare appena e riverberi di ghiaccio erano comparsi qua e là sui vari mobili e sul pavimento.
Il sole era tramontato e l’ora di cena vicina: presto avrebbe avuto tutte le risposte.
Due colpi secchi alla porta e poi il vocione gentile di Kai la fecero scattare come una molla giù dalla sedia. Aprì subito, lasciandolo entrare e sommergendolo al contempo di domande.
«Anna! Anna! Cosa è successo? Come sta? Kai, rispondimi per favore. Ti prego…»
Il maggiordomo posò il vassoio con la cena sulla scrivania, lasciando uscire dalle labbra serie un sospiro. «Non si tormenti così, principessa. La principessina si riprenderà presto».
Anna stava male?
Elsa sentì un tuffo al cuore, ma non riuscì a chiedergli altro: era appena uscito, lasciandola di nuovo sola. Angosciata, osservò le pietanze abbondanti e si decise a mangiucchiare qualche pezzo di pane, la zuppa ormai tiepida a causa della bassa temperatura della stanza e le succose mele.
Soltanto più tardi, quando il cielo si scurì ulteriormente, il Re bussò alla porta per darle la buonanotte.
Non appena gli aprì, Elsa si gettò tra le sue braccia aperte, sfregando il viso bagnato dalle prime lacrime sulla giubba.
«Padre, Anna… Anna sta bene?» La voce uscì rotta e soffocata dal tessuto.
Il Re accentuò la stretta. Avrebbe dovuto metterla subito a conoscenza dei fatti: la sua primogenita ed erede era fin troppo intelligente e intuitiva, ma non voleva allarmarla prima di essere certo dell’accaduto. Sciolse l’abbraccio per poterla guardare in quegli occhi che entrambe le figlie avevano ereditato dall’amata moglie, e le sorrise con dolcezza, dispiacendosi di averle procurato involontariamente tutta quell’ansia.
«Guarirà presto» rispose.
«È ammalata?» Elsa si allarmò, aggrappandosi con forza al tessuto della giubba.
Il padre le accarezzò le guance con tenerezza. «Ha preso il raffreddore, ma è normale in questo periodo».
Quelle parole riuscirono a sciogliere la fastidiosa morsa che le attanagliava lo stomaco e con le maniche della vestaglia andò ad asciugare le lacrime versate. Tirò su con il naso ed annuì, prima di replicare: «Domani è Natale». Al suo cenno affermativo, continuò: «Non potrà aprire i regali, se sta male».
«La febbre è scesa. Sono certo che domani starà così bene che verrà a svegliarci all’alba, impaziente di aprirli». Il Re rise spensierato e fu allora che la figlia si acquietò, accettando il bacio della buonanotte.

Con Anna, che bussava ogni giorno alla sua porta per invitarla a giocare, le sue orecchie erano abituate a percepire ogni minimo rumore: ormai riconoscevano la cadenza dei suoi piccoli passi, quale fosse il suo ritmo nel bussare e, da quanti colpi dava alla porta, Elsa riusciva a capire di che umore fosse.
Fu a causa di questo senso sviluppato che si svegliò nel cuore della notte: non sapeva che ore fossero, né da quanto stesse dormendo. Il rumore di passi proveniente dal corridoio era troppo simile a quello sentito durante il pomeriggio, persistente ma meno violento.
“La febbre di Anna era peggiorata”, pensò subito. Il respiro le si mozzò in gola e il cuore perse un battito, mentre la preoccupazione si riversava in brividi lungo la schiena.
Scese in fretta dal letto per raggiungere la porta. Come quello stesso pomeriggio, appoggiò l’orecchio all’altezza della toppa e ascoltò, attenta ai brusii e ai fruscii che provenivano da fuori.
Non riuscì a distinguere bene le voci e questo la rese ansiosa e frustrata. Voleva sapere come stava Anna, ma non poteva uscire. Era bloccata lì dentro, mentre la sua sorellina soffriva.
Quel pensiero la spinse a reagire. Prese un po’ di coraggio e, afferrata la maniglia, spinse piano per riuscire a spiare con un occhio la situazione.
Il buio la accolse, così si arrischiò ad aprire di più, fino a quando non riuscì a scivolare silenziosamente fuori.
Più in là, proprio dove si trovava la stanza di Anna, stavano la mamma e Gerda, che reggeva in mano una candela. Grazie a quella debole luce Elsa riuscì a distinguere i loro volti preoccupati e in attesa.
Non tenne conto di quanto rimase lì, nascosta dalla notte, forse interi minuti o qualche secondo – probabilmente lo stesso tempo si fermò a tenerle compagnia. Schiacciata contro il legno intarsiato alle sue spalle, era pronta a rientrare in camera prima di venire scoperta.
Le lancette del suo personale orologio ripresero a girare, quando sentì il cigolio caratteristico della porta. Qualcuno era appena uscito dalla stanza di Anna: il papà?
Le voci si sovrapposero: alcune acute, altre più roche e profonde. Con lo sguardo fisso sulle due donne e l’unico punto di luce, Elsa riuscì a scorgere un volto maschile che riconobbe come quello del dottore. Sforzandosi ancora, strinse le palpebre per riconoscere chi gli era affianco. “Padre!”, quasi le scappò dalle labbra serrate.
Attentamente ascoltò il sussurrare del dottore, ma non riuscì a comprendere molto tra il tono basso di voce e l’utilizzo di alcuni vocaboli a lei sconosciuti. Soltanto quando vide la mamma e Gerda guardarsi con dei piccoli sorrisi e le spalle finalmente rilassate, tornò il sereno nel suo piccolo mondo.
«Buon Natale, Maestà».
L’augurio arrivò chiaro alle sue orecchie: segno che il dottore si stava congedando e lei, di conseguenza, non poteva più stare lì. Fu lesta a rinchiudersi dentro la camera, mentre il cuore scalpitava nel petto per la paura, ma il gruppo passò oltre e il corridoio ridivenne silenzioso.
“Era già Natale e Anna stava ancora male”, pensò stropicciando la stoffa della vestaglia nei piccoli pugni chiusi.
Attese, restia a tornare a dormire. Poteva mai avere sonni tranquilli, sapendo che Anna soffriva? Papà l’aveva tranquillizzata, certo, ma prima di quello.
Sospirò, tenendo lo sguardo basso e fisso sull’orlo della vestaglia: gli occhi si erano ormai abituati all’oscurità e il ghiaccio presente in giro rifletteva la fioca luce della luna e delle stelle, illuminando appena l’ambiente.
Finalmente sentì tornare la mamma e il papà, che oltrepassarono entrambe le stanze, fermandosi in fondo al corridoio. Quando sentì chiudersi la porta e tornare il quieto silenzio, interrotto dal lieve ticchettio della pendola che scandiva i secondi, Elsa smise di trattenere il respiro.
Un pensiero prese dimora nella sua testa, così tanto che non riuscì a cacciarlo via: “E se… E se…”
Inghiottì a vuoto.
Soltanto per assicurarsi. Soltanto per augurarle silenziosamente buon Natale e buona guarigione. Soltanto…
Una lacrima silenziosa scese lungo la guancia, fino all’angolo delle labbra dove si asciugò.
Per vederla. Soltanto una volta, quella volta.
Non voleva disubbidire ai genitori, né fare del male ad Anna. Scivolò a terra, rannicchiandosi con le gambe strette al petto e il volto nascosto.
Ricordava e mai avrebbe dimenticato quello che fu, quello che perse, quello che successe.
Alzò il viso con gli occhi lucidi, decisa. Nessuno l’avrebbe saputo, neanche Anna.
In fretta si rimise in piedi e piano aprì la porta, attenta a non provocare alcun tipo di rumore. Uscì senza richiuderla e iniziò ad avanzare nella quasi totale oscurità, con il cuore che sembrò scoppiarle in petto.
Non tornò indietro.
Piede destro avanti, poi il sinistro, e così via, le braccia stese innanzi per evitare di sbattere contro i mobili.
Finalmente la punta delle dita incontrarono l’ostacolo cercato: era arrivata. Appoggiò i palmi sul legno recante i decori caratteristici del castello e della famiglia reale. Scivolò quindi in alto e un po’ a destra, fino a quando non incontrò la maniglia.
Per un attimo si trovò ad indossare i panni di Anna: era così che si sentiva ogni volta? Con quella forte speranza di vederla?
Scosse la testa per snebbiarla dai pensieri e, senza indugiare ulteriormente, si affrettò ad entrare.
Orientarsi non fu facile, ma gli occhi e i ricordi furono dei validi alleati. Non aveva più visto quella stanza da quando avevano spostato le sue cose, eppure si accorse subito di come il letto di Anna fosse sempre allo stesso posto.
Si avvicinò silenziosa e presto riuscì a poggiare le mani sulle pesanti coperte. Il chiarore del cielo stellato la aiutò: Anna dormiva tranquilla su un fianco, respirando un po’ affannosamente per via del raffreddore con la bocca aperta. Riuscì a notare il colorito pallido soltanto a causa delle guance accese di rosso, ma nonostante ciò sembrava stare bene – forse stava sognando qualcosa di bello.
«Buonanotte, Anna» sussurrò appena, persa nella contemplazione.
Non fermò la mano che andò a sfiorarle il ciuffo di capelli sulla fronte. Le dita accarezzarono quelle ciocche un po’ umide di sudore, soffermandosi poi sull’unica bianca: segno indelebile del suo errore.
Gli occhi si inumidirono di una colpa mai espiata e sussultò, indietreggiando, sopraffatta dai ricordi. Doveva andarsene! Cosa stava facendo lì?!
«Elsa?»
Quella vocina strascicata e sofferente la riportò bruscamente alla realtà, ma per fortuna Anna aveva appena mormorato nel sonno.
«Elsa» continuò a chiamarla, poi tossì.
Elsa le fu subito accanto. «Shh, Anna. Anna, andrà tutto bene. Te lo prometto» sussurrò, passandole una mano sulla fronte calda.
«Elsa…» piagnucolò la piccola, agitandosi nel sonno.
Sentendola tremare appena, si allontanò di scatto: Anna doveva stare al caldo, non sentire freddo a causa sua.
“Sarebbe guarita presto”, sperò.
Fece per voltarsi e tornare indietro, quando si accorse di come la sorellina avesse allungato un braccio verso di lei per riuscire a toccarla.
«Elsa, Babbo Natale ha esaudito il mio desiderio» stava articolando a fatica. «Volevo tanto vederti. Facciamo un pupazzo di neve insieme?»
Elsa si sentì morire: le labbra tremarono appena e lacrime iniziarono a rigarle le guance. Le asciugò in fretta con le maniche della vestaglia per afferrare la sua mano tesa. E a quel contatto Anna emise un sospiro, rasserenata; rilassò la fronte e le sopracciglia, mentre le palpebre sbatterono appena senza però aprirsi.
Sapeva di dover approfittare del momento e uscire, ma non se la sentì di lasciarla: da quanto non si trovavano così vicine? Da quanto non stringeva la sua mano?
Si era aspettata di soffocare sotto il peso delle emozioni e dei dolorosi ricordi; invece, la testa era stranamente vuota, leggera.
Forse Babbo Natale esisteva davvero, ma lei non era stata una brava bambina quell’anno: aveva fatto del male ad Anna.
Perciò, non meritava tutto quello. Non meritava quel contatto.
«Babbo Natale, per favore, fa’ che Anna si svegli senza febbre. Ti prego. Ti prego. Ti prego» sussurrò al vuoto, stringendo la morbida mano della sorellina. «Rinuncerò a tutti i regali di Natale, lo prometto, ma guarisci Anna».
Fu con il cuore a pezzi che lasciò la stanza.


*


«Mamma! Mamma!»
La Regina mugugnò qualcosa nel sonno, muovendo il corpo intorpidito. Quando sentì un peso non bene identificato caderle addosso, pensò che la sua ora fosse ormai giunta.
Aprì gli occhi di scatto e si ritrovò a specchiarsi in quelli ridenti della figlia minore.
«Posso aprire i regali? Eh, mamma? Posso?»
Sbatté le palpebre più volte, pensando di stare ancora sognando, ma il sorriso di Anna era proprio lì davanti. E, sentendola ridere, la abbracciò forte.
«Anna!» sospirò con sollievo. «Tesoro mio, come stai? Ti senti bene?»
Anna tirò su col naso, mentre la mano della mamma le tastava la fronte alla ricerca di un calore che non era più presente.
«Non hai più febbre… Sia ringraziato il cielo!» Gioì, tenendola stretta e cullandola dolcemente.
«Mamma, Babbo Natale ha esaudito il mio desiderio! La mia letterina gli è arrivata!» esultò Anna.
La Regina la guardò con aria confusa, ricordandosi delle sue richieste: una bambola, un nuovo peluche e… Elsa.
La sua bambina era proprio testarda… Ma se ancora doveva aprire i regali, come faceva ad essere sicura che Babbo Natale le avesse portato tutto?
«Elsa è passata a trovarmi! L’ha portata Babbo Natale!»
La donna rimase ancora senza parole, ma subito pensò che fosse stata la febbre a portarle degli strani sogni. Non era possibile che avesse visto Elsa!
«Davvero?» Le sorrise, prendendole il viso tra i palmi delle mani. Con i pollici le accarezzò le gote paffute e rosate.
Anna annuì convinta. «Sono sicura che oggi vorrà giocare con me! Gliel’ha fatto promettere Babbo Natale».
La Regina sospirò con un piccolo sorriso: «Perché non vai ad aprire i regali, intanto?»
La piccola annuì e saltò giù dal lettone ridendo, mentre correva fuori dalla camera dei genitori.
Non appena fu uscita, si ridistese, voltandosi verso il marito che aveva osservato tutta la scena.
«Sono contenta di vederla così allegra» gli disse, sollevata.
«Sarà stato Babbo Natale…» Il Re scrollò le spalle, lasciandole un bacio sulla fronte fresca. «Dovevamo chiedergli di regalarci un altro paio di giorni di tranquillità» ammiccò.
La Regina arrossì sulle guance, rimproverandolo: «Agdar!»
Lui scoppiò a ridere di gusto, abbracciandola stretta.
«Non è affatto divertente! Mi ha fatta stare parecchio in pensiero! Non aveva mai preso un raffreddore così brutto…»
«Sta crescendo» constatò il Re. Poi le sorrise, baciandole una guancia. «Buon Natale, cara».
«Buon Natale» rispose lei, accoccolandosi contro il suo petto.









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Capitolo 8
*** To night [PF] ***


Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della Disney.





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Prompt: 10. Letto
Titolo: To night
Autore: Calime
Fandom: Frozen – Il Regno di Ghiaccio
Personaggi: Anna, Elsa, Olaf
Genere: Fluff, Generale
Rating: Verde
Avvertimenti: Nessuno
Lunghezza: 1421 parole – 3 pagine (contatore Word)
Note dell’autore: Sono tornata!! Spero che questo 2015 per tutti sia cominciato super benissimo! Scusatemi ancora per gli aggiornamenti così centellinati, ma proprio non ho altro materiale pronto e l’università mi toglie un sacco di tempo… Perciò saranno sempre così molto scostanti.
Be’, avevo detto niente angst? Infatti non ce n’è quasi per nulla in questo capitolo (solo un pelino pelino, davvero piccolissimo)! In più, non è un Missing Moment, ma un momento post film! Non ve l’aspettavate, vero? ;)
Spero tanto vi piaccia, nonostante l’idea non proprio originale e la brevità! Fatemi sapere :) Per il titolo ringrazio tantissimo (ma tantissimissimissimo) Hendy che ha avuto il colpo di genio! ♥♥♥
Un caldo abbraccio e buon Frozen Fever (che è finalmente uscitoooo :3) ♥





Snowflakes
Momenti della nostra vita




08. To night


La maestosa camera da letto della Regina di Arendelle era appena illuminata dalla fioca luce del cielo notturno, che riusciva a penetrare la sottile stoffa dei tendaggi chiari della finestra. Dallo spiraglio della porta, appena socchiusa, ne entrava altra, interrotta dall’ombra della figura che stava in piedi a pochi passi da essa.
L’inquietante silenzio era interrotto dal rassicurante suono del respiro regolare e leggero di Elsa, che dormiva tranquilla sull’enorme letto a baldacchino, così rannicchiata su se stessa da sembrare una dolce bambina e non quella splendida sorella e fiera regina che appariva di giorno.
Il cuore di Anna si intenerì a quella vista e un sorriso addolcì l’espressione tesa del volto. Si strinse nelle spalle in un brivido di freddo, dovuto al naturale corso delle stagioni e al suo abbigliamento leggero da notte, mentre chiudeva la porta dietro di sé. A piccoli ed incerti passi si avvicinò al letto, osservando il volto sereno di Elsa nella penombra. Quando la sentì mugugnare nel sonno “cioccolata”, per poco riuscì a soffocare le risate con le mani, attenta a non far cadere ciò che aveva portato con sé sovrappensiero.
Il divertimento scemò in un sospiro sollevato e si arrischiò a sfiorarle i ciuffi chiari che le ricadevano scomposti sulla fronte e sugli occhi.
«Buonanotte, Elsa» sussurrò con affetto.
E, come se avesse percepito la sua presenza, la Regina aprì gli occhi di scatto e subito assunse la posizione di difesa con le mani protese e il potere pronto a scatenarsi.
«Anna?!» esclamò, abbassando le braccia.
«Scusa, scusa, scusa!» rispose Anna in uno squittio. «Non volevo svegliarti». Fuggì i suoi occhi indagatori abbassando lo sguardo, sinceramente dispiaciuta.
Elsa sospirò e si spostò indietro per farle posto. «No, ho il sonno leggero» disse.
La sorellina accettò l’invito, sedendosi sul letto. «Davvero?»
«Sì» annuì con un piccolo sorriso. Poi strattonò le coperte per toglierle d’impiccio e sistemarle sulle sue gambe.
«Ah, grazie». Anna sentì le guance arrossire per l’imbarazzo di quelle piccole attenzioni a cui non era abituata, ma che già amava moltissimo.
Elsa si ridistese sul cuscino e la invitò a fare altrettanto. Così, ognuna voltata sul fianco utile per potersi guardare a vicenda, si sorrisero complici.
«Se Gerda lo venisse a sapere…» iniziò a dire la maggiore, prima di essere interrotta dalle proprie risate che coprì con entrambe le mani.
Anna la seguì in quel divertimento, già immaginandosi come avrebbe reagito la vecchia balia. Non erano più bambine, ma capitava che tornassero a quell’infanzia felice che era stata negata loro. A poco a poco stavano scoprendo cosa significasse avere qualcuno di speciale diverso da un innamorato o un amico: era qualcosa di più. Un di più che non poteva spiegare a parole, ma che sentiva ogni volta che stavano insieme.
«Cosa è successo?» le chiese poi Elsa con una leggera apprensione.
La principessa sistemò con un gesto imbarazzato una ciocca di capelli dietro l’orecchio, alla ricerca di un coraggio che in quelle situazioni veniva meno. Si sentiva così infantile…
«Hai avuto un incubo?»
A quelle parole strabuzzò gli occhi. «No!» esclamò con forza, ma Elsa le lanciò uno sguardo così eloquente che si affrettò a confessare. «Uno piccolo! Insignificante! Non mi sono preoccupata affatto di non trovarti nella tua stanza… Aspetta, che?!»
Con un gesto dolce, Elsa appoggiò due dita sulle sue labbra schiuse e le sorrise commossa. «Sono qui» sussurrò, pronta a riceverla a braccia aperte quando Anna vi si gettò di slancio. «Sono qui» continuò a mormorarle tra i capelli, accarezzandole la testa.
Anna strinse gli occhi per scacciare via le sgradevoli sensazioni che l’incubo aveva riportato a galla.
«Sono qui e la porta è aperta». Elsa continuava a parlarle in tono dolce con fare materno.
La sorellina annuì con il volto affondando nell’incavo del suo collo.
«Va tutto bene. Adesso siamo insieme». La maggiore si allontanò appena per poterla guardare negli occhi. Le accarezzò le guance con i palmi delle mani e poi le pizzicò per farle ritornare il sorriso.
Anna ridacchiò appena, sfuggendole, ma Elsa prese quel gesto come una sfida e si affrettò a risponderle con una mossa che l’avrebbe definitivamente stesa: il solletico. Fece per avventarsi su di lei, ma le mani non incontrarono la sua camicia da notte. Tastò quell’ostacolo, prima di tirarlo fuori dalle coperte per guardarlo nella semioscurità: era una semplice bambola di stoffa dalle trecce bionde con una coroncina sulla testa e il vestitino azzurro.
«E questa?» chiese sorpresa.
«Ah, Elsa!» Anna si affrettò a riprenderla e stringerla al petto.
«Eh?» La Regina la guardò confusa.
«Elsa!» spiegò la principessa con un sorriso colpevole. «E questa è Anna» continuò, tirando fuori da sotto il cuscino la gemella dai capelli rossi e il vestitino verde.
La bionda le lanciò uno sguardo ancora più interdetto. «Hai dato alle tue bambole i nostri nomi?» chiese, cautamente.
«Sì, certo!» Anna annuì entusiasta. «Non ti piacciono?» mormorò, adombrandosi appena.
«Cos-?» balbettò Elsa presa alla sprovvista. «Sì! Certo che mi piacciono» si affrettò a risponderle.
«Davvero?» Gli occhi della sorellina brillarono di gioia.
Non poteva spegnere quella luce, perciò le sorrise sincera, pensando a tutto quello che aveva passato a causa propria. Tuttavia, Anna si accorse subito del suo repentino cambio di umore e così corse a cercare i suoi occhi sfuggenti e rattristati.
«Va tutto bene, l’hai detto tu» disse, accarezzandole una guancia. «Non lascerò che tu vada via o fugga dai tuoi doveri di sorella maggiore e regina! Né che ti chiuda nuovamente in questa stanza» proclamò con un’ironica serietà, che Elsa ben colse: quella era una solenne promessa, un giuramento di sangue, una dolce condanna a vita, una punizione che sarebbe stata ben lieta di scontare per l’eternità; ma riuscì a percepire anche la sottile paura che si annidava nello scherzo.
Si sciolse in un sorriso e strinse le sue mani tra le proprie, annegando nel calore e nell’amore dei suoi occhi chiari. Cercò così di trasmetterle la confusione dei propri sentimenti e la silenziosa risposta, una seconda promessa: non l’avrebbe allontanata mai più.
Stettero in quella bolla di felicità per interminabili minuti, poiché nessuna delle due voleva interrompere la magia del momento, ma fu il suono della maniglia della porta a rompere l’incanto.
«Gerda!» si allarmò Anna, voltandosi subito verso il rumore.
«Gerda!» le fece eco Elsa con il cuore che galoppava. «Dovevamo parlare più piano!»
La figura che entrò nella stanza era tuttavia troppo bassa per appartenere alla balia e stranamente tozza, bianca e… nevicosa?
«Anna! Elsa!» esclamò con gioia il nuovo arrivato.
«Sshh!! Olaf!» risposero entrambe, lasciandosi andare ad un sospiro di sollievo.
«Cosa ci fai qui?» chiese Elsa sottovoce, mentre Anna gli faceva segno di avvicinarsi.
Il simpatico pupazzo di neve sgambettò verso il letto con la fedele nuvoletta a seguirlo e mantenerlo in vita. «Non so perché, ma pensavo non ci foste» spiegò con un’aria abbattuta. «Ma per fortuna siete qui!» Gioì con un enorme sorriso, saltando in braccio ad Anna.
«Olaf» mormorò la Regina con dolcezza, accarezzandogli la testa.
«Era solo un brutto sogno» cercò di consolarlo la principessa. «Molto simile al mio, sai?»
Olaf rivolse ad entrambe uno sguardo sollevato e si affrettò a scavalcare Anna per sistemarsi sul letto proprio in mezzo ad entrambe.
Elsa trattenne un sorriso, mentre la sua sorellina si fingeva offesa: «Ehi! Volevo dormire io vicino ad Elsa!»
«Non litigate. C’è posto per entrambi in questo lettone» affermò poi, sistemandosi sui morbidi cuscini.
«Sì, ma Olaf è più vicino a te» sbuffò Anna, recuperando le bambole con cui giocava da piccola e dormiva nelle notti agitate.
La Regina ridacchiò divertita, prima di allungare un braccio per avvolgere sia il pupazzo di neve che la sorellina. «Così va meglio?» chiese, inarcando un sopracciglio con aria furba.
«Oh, molto meglio!» affermò, stringendosi di più ad Olaf e posando anche lei un braccio su quello di Elsa.
«È arrivata l’estate…» biascicò Olaf già nel mondo dei sogni.
Elsa e Anna lo guardarono, prima di scambiarsi uno sguardo complice e consapevole. La maggiore sistemò poi le coperte per evitare che nessuno di loro sentisse freddo durante la notte, le sillabò “buonanotte” e chiuse gli occhi, serena.
Anna le rispose con un sorriso, prima di seguire il suo esempio addormentandosi senza più alcun pensiero a turbarla, e finalmente si sentì completa, amata ed accettata come da tempo non lo era mai stata.
Cullata dalla sinfonia dei loro respiri, pensò che il letto della sorellona era davvero più morbido e caldo del proprio; ma forse aveva ragione Olaf e l’estate stava arrivando – nonostante l’inverno dovesse ancora terminare e affacciarsi la primavera.









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Capitolo 9
*** Ricordi [PF] ***


Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della Disney.





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Prompt: 20. Bacio
Titolo: Ricordi
Autore: Calime
Fandom: Frozen – Il Regno di Ghiaccio
Personaggi: Anna, Elsa, Olaf
Genere: Fluff, Generale
Rating: Verde
Avvertimenti: Nessuno
Lunghezza: 948 parole – 2 pagine (contatore Word)
Note dell’autore: Gente! Ci siete ancora? Spero tanto di sì ^^’ Inutile ripetere quanto io sia un’incostante cronica, ma be’… ritorno sempre, eh! u.u
Tutto bene dalle mie parti e spero anche dalle vostre :) Questa volta ho sfornato un capitoletto post-Frozen e incentrato su Elsa, di una semplicità unica che spero non vi annoierà!
Alla prossima ♥





Snowflakes
Momenti della nostra vita




09. Ricordi


Il primo ricordo che Elsa aveva di Anna riguardava una culla in legno intarsiato, dipinto del giallo del croco e del verde delle sue foglie, del rosa dei nastri dei fiocchi appesi e del bianco immacolato delle lenzuola che avvolgevano il fagottino all’interno.
Graziosa era stato il secondo aggettivo a cui aveva pensato dopo aver esclamato ingenuamente: «È così piccola!», suscitando così le risate divertite della mamma.
Poi, l’aveva presa in braccio con l’aiuto di Gerda, terrorizzata dal male che avrebbe potuto arrecarle nello stringerla troppo forte o troppo poco. Il tremito delle braccia e il battito ansioso del cuore si chetarono, quando la sorellina aprì gli occhioni azzurri e si dimenò appena per sistemarsi più comodamente. Anna emise dei versetti deliziati e Elsa ne rimase così incantata che si abbassò a posarle un bacio sulla piccola testolina dai radi ciuffi rossicci.
Il sapore della sua pelle di neonata, così liscia e morbida, calda, riempì le sue narici e la sua bocca.

Un altro bel momento che le ispirava il pensiero di Anna aveva il profumo dei fiori appena raccolti e il luccichio della prima magia compiuta davanti i suoi occhi. Quel giorno di fresca primavera stavano giocando nella camera da letto, poiché mamma e papà erano impegnati e per questo impossibilitati a portarle fuori a divertirsi.
Anna era graziosa nel vestitino color verde pastello e i capelli acconciati in due codine che le conferivano un’aria buffa e adorabile, ma aveva messo su un broncio che Elsa stava tentando di spazzare via come il vento faceva talvolta con i nuvoloni grigi.
Doveva trovare al più presto un altro gioco per farle passare la noia.
«Elsa!!» esclamò la sorellina insoddisfatta, gonfiando le guance.
Elsa rise divertita e allora pensò di mostrarle una magia: atteggiò le mani come in una preghiera e si concentrò, aggrottando la fronte. Dopo pochi attimi, le aprì piano piano in modo da farle ammirare i luccicanti fiocchetti di neve che vorticavano nello spazio tra di esse che si allargava sempre di più, sempre di più, fino a quando il caos non si calmò e ogni fiocco trovò il proprio posto in uno più grande.
Anna ammutolì dinanzi quello spettacolo, con gli occhi sgranati dalla sorpresa e dall’entusiasmo e la bocca socchiusa in una piccola o di ammirazione. Poi saltò sul fiocco di neve, ma Elsa non riuscì ad assorbire l’impatto del suo slancio e cadde a terra in una fragorosa risata.
«Bello! Bello!» gridò Anna, agitandosi sopra di lei in tanti piccoli saltelli.
Elsa la strinse a sé – era così calda – e le lasciò un bacio tra i capelli profumati all’olio di mandorle dell’ultimo bagnetto che aveva fatto proprio quella mattina.

Poi… Poi passarono le stagioni: la primavera divenne estate e sfiorì nell’autunno, dormendo per tutto l’inverno come gli orsi che abitavano le montagne – non ne aveva mai visto un esemplare, ma si raccontavano tante leggende. Trascorsero anche gli anni tra le risate, la gioia e i loro giochi speciali: Anna cresceva e così anche Elsa, sempre più responsabile, sempre più attenta…
Tuttavia, accadde l’irreparabile e, così, l’ultimo bacio che regalò alla sua sorellina fu gelido come la magia che le piaceva tanto e che le era quasi costata la vita, fu profumato – Anna aveva sempre un buonissimo odore – e fu bagnato dalle lacrime di una colpa che l’avrebbe logorata per ben tredici, lunghi, anni.

Un brivido percorse la schiena di Elsa al ricordo, mentre il dolore piano piano si faceva strada nel suo cuore, trafiggendola come la puntura di una spina.
Olaf scelse proprio quel momento per irrompere nello studio in cui si rinchiudeva per firmare permessi, redigere proclami e mandare avanti l’economia del regno.
«È tornata!» esclamò il pupazzo di neve, saltellando per raggiungerla alla scrivania.
Il suo sorrisone le regalò un respiro di pace e sollievo.
«È tornata!» ripeté lui con più energia, accorgendosi della tristezza che velava i suoi occhi.
«Come fai a saperlo?» Elsa abbozzò un sorriso tirato.
Olaf ammutolì d’un tratto e la fissò spaesato.
«È tornata…» rispose in un sussurro.
E non capì come, ma qualcosa scattò dentro di lei – o forse volle soltanto credergli: Anna era partita per accompagnare Kristoff sulle Montagne del Nord a tagliare ghiaccio, così per tutto il tempo fu la malinconia, alternata all’allegria di Olaf, a tenerle compagnia.
Si alzò senza aver finito di smaltire le pratiche del giorno – pensò che, tanto, domani avrebbe recuperato e comunque era già distratta da un po’ – e corse fuori, seguita dal pupazzo di neve.
Attraversò i lunghi corridoi, scese le scale scivolando dal corrimano – proprio come le aveva insegnato Anna – e si precipitò fuori nel cortile giusto in tempo per vedere l’amata sorellina scendere dalla slitta, aiutata da Kristoff.
Non appena la scorse, Anna si precipitò verso di lei con un sorriso così enorme da scoprirle i denti e raggiungere quasi le orecchie, e con gli occhi illuminati dalla felicità di rivederla dopo quasi un mese di lontananza – ed Elsa pensò a quanto fosse graziosa nella sua goffaggine, un po’ impacciata dal lungo mantello, nel suo affetto sincero che mai era scemato nel tempo e nel suo gettarsi tra le braccia aperte come la prima volta che le aveva mostrato la magia.
Si strinsero con forza, trasmettendosi tanto senza emettere alcun suono, e Elsa le baciò la guancia arrossata dal freddo.
Fu un contatto gelido per colpa dell’inverno ormai inoltrato e al tempo stesso caldo, fu profumato di Anna e di renna, di muschio e di terra e fu l’ultima, ma non unica, pennellata di quel quadro di ricordi che lei stressa stava per macchiare di nero, quando avrebbe dovuto rimanere così brillante di colori – di vita – da accecarla ogni volta che si fermava ad osservarlo.









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Capitolo 10
*** Il cielo si è svegliato [MM] ***


Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della Disney.





Prompt: 4. Colazione
Titolo: Il cielo si è svegliato
Autore: Calime
Fandom: Frozen – Il Regno di Ghiaccio
Personaggi: Elsa, Re, Regina
Genere: Angst, Malinconico
Rating: Verde
Avvertimenti: Missing Moment
Lunghezza: 1398 parole – 4 pagine (contatore Word)
Note dell’autore: Salve e benvenuti, o bentornati! Non ho scusanti e non sto qui a farne inutilmente un elenco. Ho sempre avuto un’ispirazione ballerina, ma speravo che con Frozen durasse di più… Per chi avrà la pazienza di leggere, qualcosa arriverà ancora ;) In ogni caso, chi ha già seguito questa raccolta si sarà accorto che ne ho modificato il titolo tenendo solo Snowflakes ed anche l’intro e sì, la raccolta risulta completa giusto perché ho voluto mettere le mani avanti. Sono la prima a volerla completare, nonostante i miei tempi biblici. Di certo, non mi precludo alcuna possibilità con il nuovo corto in arrivo e il seguito in cantiere ^^ In più, adesso accanto al titolo dei capitoli troverete una sigla: MM (Missing Moment), PrF (Pre Frozen), PF (Post Frozen). Così è più agevole capire la linea temporale dei momenti.
Passiamo adesso alla fanfiction… L’ambientazione è subito dopo l’incidente di Anna. Tornati al castello, Anna ancora non si sveglia ed Elsa trascorre al suo capezzale le poche ore che intercorrono tra il rientro a casa e la colazione.
Credo di non aver mai descritto un momento del genere e tutto Elsa centrico, be’… Spero possa piacere a qualcuno!
Grazie come sempre per la lettura ♥





Snowflakes
Momenti della nostra vita




10. Il cielo si è svegliato


Il fruscio dei tovaglioli di seta sugli abiti e la tovaglia ricamata e il cristallino rumore dell’argento delle posate sulla porcellana del servizio stavano intonando una triste melodia, accompagnata dai pesanti sospiri dei commensali; quella mattina i colori avevano perso la loro lucentezza, come fossero ingrigiti da una sottile patina di polvere nonostante l’impeccabile pulizia della servitù. Le candele e i candelabri illuminavano la sala, gettando calda luce sui pavimenti, i mobili, le suppellettili e le persone che servivano e consumavano la colazione meccanicamente. L’allegro scoppiettare del fuoco nel camino, poi, cercava di risollevarne gli animi, ma con scarsi risultati.
Colpa dell’inverno” mentì ognuno dei presenti, poiché era l’unica spiegazione plausibile. Colpa di quel rigido inverno caratteristico di Arendelle che non risparmiava nessuno, nemmeno il sole ormai sorto da ore – eppure invisibile.
Il cielo lattiginoso aveva dato il buongiorno ad Elsa, rimasta a rimirare l’alba e a trascorrere le prime ore del giorno in preda all’angoscia. Il papà era stato chiaro, quando erano tornati e l’aveva mandata a dormire, e Gerda le aveva anche fatto compagnia fino a quando non era riuscita a fingere bene di aver preso sonno. Poi, una volta sola, aveva gettato via le coperte per precipitarsi accanto ad Anna.
Seduta sul bordo del suo letto, le aveva stretto la piccola mano per tutto il tempo, nonostante il pericolo fosse passato, le guance avevano ripreso colore e il suo corpicino calore.
Così la trovò Gerda più tardi, quando il sole era già sorto e l’ora della colazione giunta. Entrò bussando con colpi leggeri alla porta della camera condivisa dalle principesse per svegliare la maggiore e controllare la minore. Il soffice rumore dei suoi passi e della gonna del suo abito che accarezzava il pavimento attirarono l’attenzione di Elsa e la balia rimase profondamente colpita dallo sguardo colmo di disperazione che l’erede al trono di Arendelle le rivolse.
Non si sveglia”, parvero gridare i suoi tristi occhi azzurri.
Gerda ancora rabbrividiva al ricordo.
Tuttavia, non seppe mai spiegarsi come ma riuscì a convincerla a lasciare il capezzale di Anna – probabilmente la bambina era troppo stanca e scossa per ribattere e fare di testa sua.
«Elsa, non mangi? Non hai fame?»
Il Re ruppe il pesante silenzio, infastidito dall’atmosfera cupa che aleggiava su di loro. Non vedeva il motivo di tanto raccapezzarsi: credeva nella magia dei troll e anche il dottore li aveva assicurati sulle condizioni stabili di Anna… Soltanto, la bambina ancora non aveva aperto gli occhi.
Elsa seguitò a rimestare il latte con aria meditabonda. Leggere volute di vapore si innalzavano dalla tazza ad intervalli sempre più lunghi, segno del repentino raffreddamento della bevanda, ma non parve preoccuparsene. Nessun suono uscì dalle sue labbra strette, soltanto il rumore del cucchiaino che raschiava la porcellana rivelava la sua presenza a tavola.
Agdar sapeva che il suo non era un voluto gesto di maleducazione nei suoi confronti ma soltanto mancanza di attenzione, per questo lanciò una veloce e disperata richiesta di aiuto alla moglie che gli sorrise con aria benevola.
«Elsa» la chiamò, appoggiando la propria mano su quella libera e chiusa in un pugno della figlia.
Quel contatto parve riscuoterla ed Elsa sobbalzò appena. Trovandosi davanti il dolce viso della mamma, sentì venir meno la forza con cui cercava di trattenere le emozioni.
«È colpa mia» singhiozzò con un filo di voce, incapace di nascondere ciò che le faceva dolere il cuore.
Idun prese lesta il proprio tovagliolo e le asciugò le lacrime che fuoriuscivano incontrollate.
«Non dire così, tesoro».
«Ma è colpa mia!» L’angoscia di Elsa era così tangibile che la Regina sentì l’impotenza attanagliarle le viscere e si trattenne a fatica dal farle compagnia.
Deglutì il nodo alla gola: era madre, prima che moglie e regina.
«Anna è fuori pericolo. Bisogna soltanto-».
«No, cara. Ha ragione». Il Re intervenne in tono severo.
La donna si voltò come scottata, ma con un gesto della mano lui fermò ogni protesta.
«È giusto. È ora che Elsa impari a prendersi la responsabilità delle sue azioni». Agdar sospirò e addolcì l’espressione seria, rivolgendosi alla sua piccola erede. «È stato un incidente – non lo metto in dubbio –, ma adesso sai perché ti abbiamo sempre raccomandato attenzione».
La bambina deglutì e abbassò lo sguardo sulla tazza piena di latte e fiocchi d’avena, aggrappandosi al bordo del tavolo con tutte le sue forze per non scoppiare a piangere.
«Sì, padre» mormorò, pronta a ricevere la sgridata che sapeva di meritare e che aveva atteso da quando erano tornati al castello.
Tuttavia, il Re sorprese figlia, consorte e la servitù presente domandando: «Hai vegliato su Anna per tutto questo tempo, vero?»
Stupita, Elsa alzò di scatto gli occhi pregni di genuina confusione.
Il Re le scompigliò affettuosamente i capelli.
«Il mio piccolo fiocco di neve», la vezzeggiò. «La mia piccola e degna erede».
La mano del papà era grande, così grande da avvolgerle il viso dalla guancia fino alla nuca. E calda, talmente calda da riuscire a sciogliere le catene di ghiaccio che le stringevano il cuore.
«Sei una brava sorella maggiore, Elsa» continuò a lodarla con traboccante affetto. «Di questo non devi mai dubitare, tesoro».
Elsa annuì e finalmente la sua inquietudine si attenuò.
«Imparerò a controllare i miei poteri» affermò come una solenne promessa. «Così non farò più del male ad Anna e potrò tornare a giocare con lei».
Il Re sorrise soddisfatto, leggendo negli occhi della figlia determinazione e severità che reputava essere qualità essenziali per un buon sovrano. Di benevolenza, ne possedeva fin troppa e una saggezza ancora poco temprata incominciava ad affacciarsi, ma il tempo e l’esperienza avrebbero forgiato una grande sovrana.
Non servirono altre parole, Elsa capì che non sarebbe mai stata sola e che lui le avrebbe sempre teso una mano amica, nonostante le dure parole e lezioni che già le impartiva a quella tenera età. Questa consapevolezza la calmò e ricordò al suo stomaco le lunghe ore di digiuno.
Il Re lasciò e attese con la moglie che la bambina iniziasse a mangiare. Soltanto quando il cucchiaino colmo di latte e fiocchi sparì tra le sue labbra, tirarono un sospiro di sollievo.
Elsa mugolò affamata e si dedicò a consumare velocemente la colazione in modo da poter tornare dall’amata sorellina. Rincuorati, i due reali coniugi le fecero compagnia trangugiando pane, tè, biscotti e tutto il bendidio che era uscito quella mattina dalle cucine.
Il clima si assestò su una calma fiduciosa – nella magia dei troll, nelle competenze del dottore, nelle preghiere rivolte agli dei. Non potevano far altro che attendere.
«Maestà, la principessa Anna si è svegliata».
La pacata voce di Kai, foriera della lieta notizia, irruppe nella sala riecheggiando tra i muri e nelle loro orecchie.
Dapprima, non vi fu alcuna reazione ma soltanto un lungo attimo di smarrimento ed incredulità, poi qualcosa si mosse: il concitato rumore di posate che sbattevano sul legno e lo stridore di sedie sul pavimento palesarono la preoccupazione latente dei presenti.
La piccola Elsa fu la prima a correre incontro al fedele maggiordomo, ma non lo incitò con domande inopportune. Stette ferma davanti al suo sguardo inespressivo, nella scarsa altezza dei suoi otto anni, con gli occhi sgranati e pronti a memorizzare ogni suo minimo movimento e parola, le mani giunte in una preghiera.
Soltanto al cenno del Re, Kai parlò: «Il dottore ha detto che la principessina ha bisogno di un altro po’ di riposo e di mangiare».
I sospiri di sollievo uscirono quasi all’unisono dalla famiglia reale di Arendelle.
«Che magnifica notizia, Kai!» esclamò il Re. «Fallo pure accomodare nel mio studio. Vi raggiungo subito».
Quando passò accanto alla figlia, ancora paralizzata da mille dubbi, le posò una mano sulla spalla abbassandosi poi per attirare la sua attenzione.
«Potresti aiutare Gerda a portare la colazione ad Anna», sorrise nel vedere il suo sguardo illuminarsi di pura gioia. «Ti va?» le chiese, già conoscendo la risposta.
La bambina gli gettò le braccia al collo.
«Sì, sì, sì, sì» ripeté, stretta nel suo abbraccio. «Grazie!»
Anna si era svegliata! Stava bene!
Elsa non riuscì a crederci fino a quando non lo vide con i propri occhi.
«Elsa! Facciamo un pupazzo di neve insieme?» fu la prima cosa che Anna le chiese.
La sorella maggiore le rispose, ridendo: «Quando starai meglio».
E quando riuscirò a controllare i miei poteri”, aggiunse tra sé.
Ma nessuna delle due sapeva ancora quanto ci sarebbe voluto.
E quanto ne avrebbero sofferto.









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