Un giallo per Bridgette De Paolo

di Alfred il sanguinario
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La giornalista migliore di Toronto ***
Capitolo 2: *** Il 14 di Elizabeth Street ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** La giornalista migliore di Toronto ***


Quella notte fra il 23 e il 24 Luglio vi fu un omicidio a Toronto. Le vittime furono due coniugi trentenni senza figli: Isabella e Noah Morgan.
Il mattino seguente, sempre a Toronto, Bridgette De Paolo, una donna alta, bionda, dagli occhi verdi intensi, uscì dall’appartamento e andò nel centro di Toronto, il cuore pulsante della città. Si era svegliata alle otto del mattino, e ora erano le nove meno venti. Adorava quell’ora della giornata, perché la folla dei pendolari e degli studenti aveva appena cessato di affluire negli uffici e nelle scuole, e la città era sgombra e semidesertica. Il mondo riprendeva lentamente a funzionare, e tutti i lavoratori cominciavano a dimenticarsi che esisteva un mondo al di fuori. Invece lei no.
Era una delle più rilevanti giornaliste dell’ultimo secolo, almeno secondo il suo datore di lavoro, che le affidava sempre casi di cronaca nera difficoltosi da scrivere. Adorava il suo lavoro, perché non la obbligava a svegliarsi presto, e non la obbligava a confondersi tra la folla dei canadesi stressati, che non aspettavano altro che qualche vacanza o la pensione.
Bridgette non si era mai sposata. E di conseguenza non aveva mai avuto figli. Veniva da una famiglia molto cattolica, per cui ovviamente avere figli prima del matrimonio, convivere o soprattutto abortire o divorziare significavano essere “poco seria” o “una ragazza facile”.
Prese la metropolitana, e in meno di dieci minuti giunse alla redazione.
“Bridgette!” l’accolse la collega, Mara Van Fuhrman, non appena arrivò.
“Buongiorno, Mara!” disse Bridgette.
“Il capo vuole vederti. È molto importante” disse Mara.
Bridgette annuì, e poi entrò nell’ufficio del capo redattore, John Rotterdam.
“Buongiorno, dottoressa Di Paolo!”
“Buongiorno dottor Rotterdam! Mara mi ha detto che voleva vedermi!”
“Esatto” disse lui.
Bridgette inarcò le sopracciglia: “Posso sapere perché?”
“Per l’omicidio dei coniugi Morgan, al centro di Toronto. Le modalità dell’omicidio sono inspiegabili: qualcuno ha rotto il vetro per poi aprire con le chiavi e lasciare pure la porta aperta!”
Bridgette annuì. “Con tutto il rispetto, ma temo che questa sia competenza della polizia.”
“Ah, Bridgette. Così fiscale, così precisa. Sì, questa è competenza di polizia. Io ti chiedo solo di scrivere l’articolo. Questo in via ufficiale: ma, capisci, non voglio uno di quei soliti articoli strappalacrime. Voglio un articolo ben documentato, ricco di particolari, quindi dovrai scoprire molto su di loro.”
Il redattore John Rotterdam fissò per qualche secondo il volto vacuo di Bridgette, che dopo un po’ di silenzio finalmente rispose.
“D’accordo, ne sarò più che lieta!” disse.
Stava per uscire dalla porta dell’ufficio, quando la voce di Rotterdam la inchiodò fissa. “Scopri tutto quello che puoi. È un caso di vitale importanza… e … non te l’ho assegnato a caso!”
Bridgette sorrise e quindi uscì definitivamente dall’ufficio. Chiese a Mara l’indirizzo. Era il 14 di Elizabeth I Street, proprio vicino al centro.
I nomi le erano vagamente familiari… ma le sfuggiva dove, dove li aveva sentiti. Ma mentre era sulla metropolitana tutto le fu chiaro.
“Oh, no” bisbigliò. 

Ehi ciau! :) Io mi sono impegnato in questa storia, spero vi piaccia... ! E se la leggeste vi spiacerebbe lasciarmi una piccola piccola recensione ! :)

 

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Capitolo 2
*** Il 14 di Elizabeth Street ***


Toronto era molto bella a Luglio. Specialmente di mattina. Erano le nove e dieci, e sopra Elizabeth Street sorgeva un candido e quasi timido sole. Irradiava con i suoi raggi ancora rosei le case della strada.
La metropolitana vi arrivò proprio alle nove e dieci. Scesero molte persone a quella fermata, una delle tante era Bridgette. La donna camminò a passo lento e deciso. Non bisogna mai perdere la superiorità, le avevano insegnato. Nonostante fosse in pieno panico, del resto aveva appena scoperto che due suoi amici di vecchia data erano stati uccisi, si sforzò di non apparire così. Strinse i pugni e si morsicò le labbra pur di non mostrare i suoi veri sentimenti.
Bridgette salì le scale della fermata della metrò, e piombò da un silenzioso sottopasso, alla rumorosa Elizabeth Street, precisamente all’altezza del numero 10. Non dovette camminare molto, per giungere davanti al civico 14. Era circondato da un cortile, la casa era scura; le pareti nere e la porta era l’unico oggetto bianco, ma forse talmente bianco e sgargiante da creare una leggera inquietudine.
Entrare dalla porta principale sarebbe stato un terribile sbaglio, così Bridgette si fece furba, ed entrò dalla porta sul retro del cortile. Peccato che vi fosse un nastro bianco e rosso, con la scritta tipica. “Crime Scene. Do not cross.”
Bridgette alzò la fotocamera che si era portata dietro e che teneva al collo e scattò una foto al nastro.
La porta era un tipico “ingresso alternativo” americano: presumibilmente non era chiusa. Frugò nella borsa e tirò fuori due guanti da laboratorio, se li mise e con quelli aprì la porta, scavalcando ed ignorando il nastro.
Ovviamente i poliziotti, che la videro entrare d’improvviso nel luogo del delitto, si spaventarono non poco.
“Lei non può entrare qui, signora!” disse un uomo sui trent’anni. Aveva la divisa della polizia, era un detective probabilmente.
Bridgette restò accigliata, e non ebbe sicuramente la reazione che i poliziotti raccolti a pensare sull’omicidio si aspettavano.
“Sono Bridgette Di Paolo, giornalista del Toronto Sun. Vorrei farvi delle domande.”
“Lei non può entrare qui! Siamo nel bel mezzo di un’indagine!” replicò lo stesso uomo sui trent’anni che aveva parlato prima.
Bridgette alzò un sopracciglio in segno di sfida. “Ah, no?”
“No!” replicò stizzito il presunto detective.
“Beh, allora mettiamola così. Io conoscevo le due vittime, abbiamo partecipato ad un reality show insieme!” disse Bridgette.
“Sta mentendo.”
“Sono serissima invece. Controlli!”
L’uomo la fissò con aria infuriata e, riluttante, chiamò: “Da Silva!”
La porta che presumibilmente conduceva alla sala si spalancò. Entrò un uomo sui venticinque anni. Era alto e aveva i capelli neri. Aveva qualcosa di familiare.
“Questa giornalista del Sun, dice di aver conosciuto le vittime al reality… la riconosci?” chiese l’uomo di prima.
Quello che evidentemente portava il cognome Da Silva, la squadrò per un istante.
“Così su due piedi non saprei… Qual è il nome?” disse lui.
Bridgette non riusciva a capire chi fosse Da Silva, anche perché non ricordava il cognome di nessuno del reality. Certo, le era familiare, ma non capiva chi diavolo fosse.
“Bridgette” rispose alla fine.
Gli occhi di Da Silva sgranarono. “Sì, li conosceva, potete farla entrare! Io sono Trent, ti ricordi di me?”
Ecco chi diamine era. Sì, ora le sembrava di rivedere il volto del ragazzino che suonava la chitarra a sedici anni in quello di un uomo che appariva molto colto.
Il detective sbuffò. Evidentemente non gradiva affatto la presenza di Bridgette, e non lo stava a nascondere.
“Ah, Trent! Certo che mi ricordo, ma sei un poliziotto?”
Trent scoppiò a ridere, e anche Bridgette, che fino ad allora aveva mantenuto un’espressione cupa e gelida sorrise. “No! Sono qui solo perché sono Noah e Izzy le vittime… che fattaccio!”
“Già” ne convenne Bridgette.
Ad interrompere il dialogo fu il detective. “Bene ora che vi siete riconosciuti, possiamo passare al caso. I due coniugi Morgan avevano una piccola bottega di alimentari sotto casa. Non avevano figli, entrambi ventisei anni… Possedevano un cane, che è presumibilmente scappato durante l’omicidio, e la sera erano soliti ballare tip – tap presso diversi centri culturali. Erano molto bravi!”
Bridgette prendeva nota sul suo taccuino, scrivendo le parole chiave della vita dei due.
“Insomma nessun motivo valido per ucciderli.” Disse la giornalista.
“Esatto” ne convenne un altro poliziotto.
Bridgette ascoltò ancora per una mezz’oretta i discorsi, poi uscì dalla casa, solo dopo essersi fatta strappare la promessa dal detective che avrebbe aiutato nella risoluzione del caso.
Mentre era sulla metro, Bridgette pensò a tutti i tempi passati a Wawanakwa. E anche nel quartiere cinematografico e su quello sgangherato aereo, e non poté non sorridere.
- Sì – pensò. Come era riuscita a strappare la promessa al detective che li avrebbe seguiti e aiutati, doveva riuscire a strappare a sé stessa la promessa che non solo avrebbe scritto il miglior articolo della storia, ma avrebbe anche scoperto il colpevole. 

Ciau! :) Allora.. innanzitutto grazie mille a chi ha recensito il primo capitolo!!! :D E grazie a chi recensirà il secondo (se avrà recensioni)!! Spero che anche questo vi piaccia, e se lo leggete lasciate una piccola piccola recensione!! Gracias!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Il giorno seguente si svegliò di buon mattino, e si recò presso il Dipartimento di Polizia di Toronto.
Non appena il detective la vide, alzò gli occhi al cielo. “Hope!” strillò “c’è la giornalista De Paolo!”
Arrivò una donna alta, bionda e magra. Lei era più sorridente.
“Buongiorno, signora De Paolo.”
“Buongiorno… lei è?”
“Sono il capo del dipartimento Mac Andrews, ma mi può chiamare Vicky.”
Bridgette le strinse la mano. La donna aveva un’aria gentile, una fascetta a fiori in testa, che mandava all’aria in un attimo tutto il completino da capo del dipartimento e l’aria seriosa che avrebbe dovuto trasmettere.
“Dunque” disse la giornalista “sarei qui per le autopsie. Mi avevano promesso che avrei potuto collaborare.”
“Oh, sicuro. Mi segua.”
Bridgette seguì quella che a quanto pare era Vicky Mac Andrews. La seguì per un corridoio lungo, stretto e buio, che portò alla sala autopsie.
Li accolse il medico forense. Un uomo anziano, basso con dei folti baffi grigi e pelato.
“Dunque” cominciò quello “la causa della morte sono delle ferite riportate in sede cervicale. L’arma del delitto è probabilmente un bastone, di metallo. Quindi per esempio uno di quei lunghi bastoni usato per chiudere le saracinesche, o aprire le soffitte. I primi colpi sono stati sferrati sul retro della testa; quindi si presuppone che siano stati colti di sorpresa.”
Bridgette ascoltò attentamente e prese appunti sul taccuino.
“Impronte?” chiese Vicky.
“No. Nemmeno l’ombra. Il sangue che era sparso era tutto dei due coniugi.”
La bionda giornalista sospirò. Sì, tutti elementi utili, ma niente che potesse far identificare l’assassino.
“Avevano per caso dei nemici?” chiese Bridgette.
Il medico forense arricciò la bocca.
“Questa non è mia competenza.” disse, con tono soave.
La giornalista alzò lo sguardo e lo fissò per un momento, poi riabbassò lo sguardo sul taccuino e prese nota.
“Forse…” cominciò Vicky “si tratta di nemici derivati dall’attività di ballo…”
Bridgette continuò a prendere nota.
“Non credo” irruppe il medico “abbiamo analizzato il cellulare di Isabella Morgan” Bridgette non poteva sopportare di sentire quei nomi nel bel mezzo dell’autopsia. Un brivido veloce le percorse la schiena, e sospirò, pronta ad ascoltare. “ci sono due messaggi da un cellulare rubato a Downtown, che recitano” e prese in mano un foglio su cui erano stati analizzati, evidentemente, i tabulati “non siamo più al reality. Datevi una svegliata! Ci tenete a vivere? Spero e penso di sì!
Il medico alzò lo sguardo e guardò da sinistra a destra Vicky, due agenti della Canadian Mountain Police, e infine Bridgette.
La capa del dipartimento sgranò gli occhi imbarazzata e voltò lo sguardo verso la giornalista. Era stata stracciata da un medico forense. E di mezza età, per giunta.
Bridgette sorrise all’idea del travaglio interiore della Mac Andrews, ma il suo sorriso si spense non appena pensò ad una cosa. Riflettè.
Era scontato. L’assassino era qualcuno del reality. Almeno si presupponeva. Rimise la penna e il taccuino nel taschino e cominciò a pensare. Il primo nome che le venne in mente era scontatissimo: Duncan.
Un punk aggressivo avrebbe avuto motivo di uccidere Noah e Izzy? Molto poco. Ma, del resto, era anche un delinquente, e quindi era probabile che avesse rubato il cellulare.
“Le viene in mente qualche possibile indagato, dottoressa De Paolo?” chiese Vicky Mac Andrews, tentando di riprendersi dalla sconfitta.
Bridgette si morse il labbro.
“Duncan Nelson.” bisbigliò.
La Mac Andrews annuì. Evidentemente aveva capito il bisbiglio alla prima. Si rivolse ai due agenti della Canadian Mountain Police e ordinò: “Fate delle indagini su un tale Duncan Nelson, Toronto, di A Tutto Reality.”
I due uomini, robusti e alti, con occhiali a specchio e divisa, annuirono sommessamente, come soggiogati e succubi della donna, e sparirono dalla stanza in men che non si dica.
Bridgette salutò la capa del dipartimento, e si diresse verso casa. Si imbarcò sulla metro affollata, circondata da persone che parlavano, delle loro gioie e dei loro dolori, affrontando la vita. Lei invece si chiuse in sé stessa. Osservò le anziane signore che leggevano il giornale e commentavano le notizie, poi i fari accesi nel tunnel dei binari che si susseguivano, ad una tale velocità che tutti la ignoravano.
Scese quasi automaticamente, come un automa, e si diresse verso casa sua. Cominciò meccanicamente a scrivere tutte le notizie ottenute. E terminò la bozza dell’articolo con “attualmente l’unico sospettato plausibile è Duncan Nelson, ex concorrente del reality show proprio come le due vittime.
Poi sbadigliò. Capì che era giunto il momento di andare a dormire. Chiuse occhio con difficoltà: era molto ansiosa per le notizie e l’interrogatorio dell’indomani di Duncan.
E, prima che se ne accorgesse, venne la mattina. 

Angolo Autore: Benvenuti a questo nuovo (e IN RITARDISSIMO!) capitolo del giallo con protagonista la giornalista migliore di Toronto, Bridgette! se vi va leggete, e se vi va, una mini recensione non guasta! Mi scuso con tutti quelli che hanno recensito il secondo capitolo di questa storia e io non ho nemmeno considerato, o ho fatto aspettare millemila anni!! Scusate!
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Le erano venute in mente due cose durante la notte. Uno, che l’assassino era entrato in casa con le chiavi, rompendo un vetro, e due, che il cane era fuggito.
Sebbene silenzioso, quella bestiola era probabilmente il più attendibile dei testimoni.
Riflettè, mentre era ancora sdraiata sul letto, infilata nelle coperte per proteggersi dal freddo umido di quella mattina.
Forse Duncan voleva qualcosa da Noah e Izzy, per questo li aveva uccisi. Era quella l’ipotesi più attendibile, per incriminare Duncan. Ma allora perché era entrato con le chiavi, e aveva lasciato la porta aperta? E perché aveva rotto il vetro della porta? Forse per entrare.
Sì, tutto quadrava. Poteva essere lui il colpevole. Bisognava solo capire se era stato lui a rubare il cellulare, e a inviare quel messaggio minatorio ai coniugi.
Si alzò, con la bocca impastata e i capelli biondi spettinati. Si lavò i denti, si vestì e si pettino. Prese la macchina fotografica, la mise al collo, prese taccuino e penna ed uscì di casa. Corse a mescolarsi con i pendolari di primo mattino sulla metropolitana e poi scese vicino al Dipartimento di Polizia.
Vicky Mac Andrews aveva i capelli biondi raccolti in due trecce infantili, con un cerchietto rosso in testa e un vestito a fiori. Sembrava più una hippy incallita, che un capo della polizia.
“Ciao, Bridgette!” strillò la donna non appena la vide arrancare sfinita verso di lei. A quanto pare aveva lasciato perdere i convenevoli, e infatti non sembrava proprio il tipo.
“Buongiorno, Vicky. Ci sono novità su Duncan Nelson?” chiese Bridgette.
La donna prese parola con ancora un sorriso smagliante a trentadue denti stampato sul volto. “
“Sì… stanotte gli agenti l’hanno beccato in un locale a Downtown a spacciare roba al limite tra legalità e illegalità. L’hanno subito fermato, e portato in centrale. Per il momento è in stato di fermo, ma ha chiamato un avvocato molto abile, sua madre, pare.”
Bridgette restò incredula. La madre di Duncan… un avvocato?
“Che tipo è quest’avvocato?” domandò.
Vicky assunse un espressione stizzita. “Una logorroica isterica, dicono abbia avuto quattro mariti…”
Ora era più chiaro.
 “assisterà il figlio solo per l’accusa di duplice omicidio.” proseguì.
“Lui come si dichiara?”
“Innocente. Giura e spergiura.”
Bridgette seguì la donna all’interno dell’edificio, sino ad arrivare alla sala degli interrogatori. Riconobbe subito Trent, che osservava il muro trasparente dal quale si vedeva chiaramente Duncan, accanto ad una donna dall’espressione truce sui cinquant’anni, occhi azzurri e capelli biondo cenere. Probabilmente sua madre, e il suo avvocato.
Anche Trent la vide, e subito sorrise e la salutò.
“Ciao, Trent.” disse lei, senza dargli troppa importanza.
Lui ricambiò il saluto.
Bridgette si immerse a fissare le domande che il detective faceva a Duncan sui suoi movimenti negli ultimi giorni. Si poteva vedere tutto benissimo da lì, ma invece dall’interno della stanza dell’interrogatorio, quello appariva solo un muro.
“Cos’ha detto finora?” chiese Bridgette.
Trent fece spallucce. “Niente d’importante. Solo che non sa niente della morte di Noah e Izzy, e che non ha rubato il cellulare.”
Bridgette annuì. Poteva vedere e sentire chiaramente il detective adirarsi e urlarsi contro l’avvocato/madre di Duncan.
L’uomo uscì stizzito.
“Non sa niente. Dice di non sapere niente!” strillò in faccia a Trent e Bridgette, e a Vicky Mac Andrews.
Quest’ultima sorrise e disse: “Beh, la nostra giornalista Bridgette conosceva a fondo il sospettato. Potrebbe interrogarlo lei.”
Bridgette sbiancò.
Era intimorita dall’idea di parlare con un possibile assassino, ma non poteva tirarsi indietro.
Così, in un minuto appena si ritrovò nella stanza degli interrogatori con Duncan davanti.
A vederlo da vicino si notavano le occhiaie e le borse sotto gli occhi e tutti gli arrossamenti sul viso. Si teneva proprio male.
Decise di non presentarsi come Bridgette, o almeno non subito.
“Bene, Duncan. Ti confesso che sospettiamo di te perché eri il meno affidabile tra i concorrenti del reality a cui parteciparono Noah e Izzy.”
Duncan annuì, con aria di sfida.
Bridgette si adirò. “E quindi, caro Duncan, sei quello che facilmente potrebbe aver rubato il cellulare…”
Duncan sbuffò.
L’avvocato prese la parola: “Il mio cliente ammette di aver commesso diversi furti, e non ricorda se ha eseguito anche quello di un cellulare.”
Bridgette sospirò.
“Duncan sono io, Bridgette, del reality!” disse in un soffio, senza dar peso all’affermazione della madre/avvocato.
Duncan sgranò gli occhi. “Bridgette!”
Lei rimase accigliata, inespressiva, o almeno si sforzò di restare tale.
“Dobbiamo sapere se hai rubato un cellulare.” disse.
Duncan gettò uno sguardo d’intesa alla madre.
“Non l’ho rubato. L’ho trovato per terra a 11 November Street, e così l’ho preso.”
“Quando?” chiese lei.
Duncan apparve incerto. “Per le… sei e mezzo, sette del mattino di due giorni fa.”
Bridgette rifletté. Il giorno dell’omicidio. Il che significava che, se ciò era vero, Duncan aveva ritrovato il cellulare dopo l’invio dell’SMS al cellulare di Izzy. A meno che non fosse lui il colpevole, e stesse mentendo.
Vicky irruppe nella stanza come una furia. “Nelson è rilasciato! Bridgette, vieni. Abbiamo una notizia incredibile, potrebbe stravolgere tutto!”
Bridgette non era convintissima, ma la donna l’afferrò per il braccio e la tirò via, mentre Duncan e la madre si affrettavano a lasciare il dipartimento. 
non so stasera m'ha preso la fregola di aggiornare tutto l'aggiornabile. Mi scuso con Marty3000 per aver aspettato 100 anni ad aggiornare, e mi scuso con Night01 per non aver aspettato la sua recensione x andare avanti. Grazie a tutti!! 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


“Non capisco…” disse Bridgette, mentre era costretta a seguire Vicky verso il suo ufficio. Quando vi arrivarono, poté vedere già tutti gli altri: Trent, i detective, gli agenti della Canadian Mountain Police e una donna alta, dai capelli neri e la carnagione chiarissima.
“Lei è Sharon Smith, esperta nel campo dei servizi segreti e delle attività segrete illecite, già agente della CIA.”
Inconsciamente Bridgette rivide per un attimo la sua postura, cercando di apparire il più fiscale e precisa possibile.
Sharon Smith inarcò le sopracciglia.
“Voi detective della polizia… giungete a conclusioni troppo presto! La teoria di un colpevole del reality è molto azzardata.”
Bridgette sentì una vena di rabbia dentro di sé, ma si trattenne.
“In pratica ci ha comunicato una cosa interessantissima su Izzy!” disse Trent, rivolgendosi alla giornalista. Evidentemente il commento di quella donna non l’aveva toccato per niente.
“Cioè?” chiese Bridgette, fingendo di non essere troppo interessata.
“Isabella Karen Morgan era sotto osservazione dai servizi segreti.” decretò quella, con aria imperiale.
Evidentemente Trent e Vicky già lo sapevano, probabilmente gliel’aveva già detto.
Bridgette sbiancò. Eppure… quell’SMS. Era giunta ad un sacco di conclusioni…
Non volle ascoltare la voce che, dentro di lei, le disse per un buon quarto d’ora di lasciar perdere, di rassegnarsi. I colpevoli erano più grandi di lei.
E di tutto il Dipartimento di Polizia di Toronto.
“E’ la nostra unica pista, Bridgette!” le disse Trent, quando si erano tutti raccolti nella sala autopsie.
Bridgette restò in silenzio. Non ci credeva. Non ci credeva affatto.
“E se i colpevoli sono della CIA, allora come mai li hanno ammazzati a bastonate? Non potevano rapirli e farli fuori in segreto in qualche base militare… per esempio sulle Marianne? Inoltre vale a dire che Izzy lavorava per i servizi segreti americani? E allora perché le hanno lasciato la residenza in Canada? Non sarebbe stato un tantino rischioso!?” pose così tanti interrogativi in una sola volta, che Trent dovette sospirare, e Vicky Mac Andrews spense il suo sorriso.
“Non ha tutti i torti, però…” disse con la sua voce acuta la capa del dipartimento.
Trent sbuffò.
“Comunque dall’interrogatorio di Duncan Nelson è emerso qualcosa…”
Trent socchiuse gli occhi, incurante, mentre Vicky li spalancò.
“Illuminaci!” disse.
“Sostiene di aver trovato il cellulare per le sette del mattino di due giorni fa. Ossia il giorno dell’omicidio. I messaggi sono stati inviati alle tre del pomeriggio del giorno prima. O Duncan sta mentendo, oppure il messaggio non è stato inviato da lui.”
Vicky annuì. Portò una mano sul mento e poi si rivolse con tono imperioso agli agenti. “Trovate a chi apparteneva il cellulare rubato da Nelson.”
Come sempre, i due agenti annuirono e si eclissarono.
“Quanto a te, Bridgette!” disse Vicky “la tua pista è molto interessante. Non possiamo escludere nulla… Ma, capisci, non possiamo neanche condurre indagini su tutti gli ex concorrenti.”
Bridgette sospirò ed annuì.
 “Ma!” riprese con un urletto la capa del dipartimento “suppongo che alcuni siano più sospettabili di altri… intanto sentiamo un po’ di chi era il cellulare rubato da Duncan Nelson!”
Bridgette rimase attonita. Non per le solite affermazioni entusiastiche della capa del dipartimento, ma per un’illuminazione.
“Che stupida!” disse.
Trent, Vicky e gli agenti si voltarono verso di lei. Bridgette si sentì contemporaneamente un genio, per aver avuto quell’illuminazione, e stupida, per non averci pensato prima.
“Owen.” disse. “Owen era innamorato di Izzy, che si è sposata con Noah. La gelosia è un movente perfetto!”
Non stette a sentire i complimenti rivoltile da Trent e Vicky, perché si mise a pensare. Stavano cercando una persona che avesse un buon movente… ma anche la freddezza e le capacità di compiere un omicidio. E Owen non era esattamente l’ideale.
Nonostante volesse gingillarsi e complimentarsi, dentro di sé sapeva che non poteva essere stato Owen… o forse sì. 

Ebbene sì... il placido Owen... potrebbe essere effettivamente il nostro ricercato assassino! In fondo il movente c'era, e le persone non sono sempre come sembrano. 
Ma forse avrebbero dovuto fare più attenzione ai dettagli! 
Beh, basta non spoilero più!
Alla prossima 
Alfred

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Due ore dopo, Bridgette era sulla metropolitana, diretta verso casa. Osservò le anziane signore, che leggevano gli articoli di giornale e commentavano. Vi era un dibattito molto acceso tra due di loro, proprio riguardo all’omicidio dei Morgan.
“Insomma!” sbottava una, capelli bianchi e setosi, occhi grigi e accesi “hanno interrogato quel delinquente del Nelson, ma l’hanno rilasciato! Ora si sono messi in testa che sia Owen Manuels il colpevole?!”
“Beh” disse l’altra, i cui capelli conservavano ancora un colore simile al biondo cenere “non sai quanta gente ammazza per gelosia!”
La prima scosse la testa, con l’aria di un testardo insegnante. “Una volta, mia nipote è stata derubata da Nelson! E, indovina… tremila dollari!”
“E basta?”
“Non un penny di più! Tra l’altro la madre ha avuto quattro mariti, sai…”
Bridgette smise di ascoltare i loro discorsi. Probabilmente, per ora, il giornale non aveva scritto niente riguardo ad una cosa importantissima: a casa dei Morgan non era stato rubato niente. E il solo motivo che poteva portare Duncan Nelson a farli fuori era derubarli…
Si accorse che le porte si spalancarono a Downtown, e scese di corsa, per non perdere la fermata.
Arrivata a casa, si collegò ad internet e scrisse un’email al suo datore di lavoro. Lo informava che stava lavorando al tanto agognato articolo, e che ben presto il ‘Toronto Sun’ avrebbe conosciuto il miglior articolo di sempre.
Stava per schiacciare ‘Invia’, quando il telefono squillò.
Bridgette alzò il Samsung Ace – Plus e osservò il numero che la stava chiamando. Un numero sconosciuto. Scacciò l’idea che potesse essere l’assassino dei Morgan, che la minacciava per convincerla a lasciare le indagini, e quindi accettò la chiamata e accostò il telefonino all’orecchio.
“Pronto?”
“Pronto, Bridgette?” disse una voce femminile acuta, a lei ormai familiare.
Senza volerlo, Bridgette tirò un sospiro di sollievo. “Ciao Vicky.” disse.
“Ehm… ciao. Senti, hai presente quell’ipotesi che Owen Manuels fosse l’assassino dei Morgan?”
Bridgette socchiuse gli occhi. Sapeva di aver fatto un colpo nell’acqua. Ma volle ascoltare.
“Sì, dimmi.”
“Ecco… non credo che possa essere stato lui!”
Bridgette rimase in silenzio. Scosse la testa, desolata. “E come fate ad esserne sicuri?” domandò.
Dall’altra parte di Toronto, Vicky Mac Andrews sgranò gli occhi. “Beh, vedi. Lui e sua moglie sono stati uccisi in casa loro, con un bastone di metallo: proprio come i Morgan.”
Bridgette lasciò cadere il telefono. La cover si staccò e si rovesciò per terra. “Pronto? Bridgette?” ripeteva la voce della capa del dipartimento.
Bridgette portò le mani alla fronte. Non poteva essere. Owen e sua moglie… uccisi? Nello stesso modo dei Morgan?
Qui c’era qualcosa di strano.
Si accorse di aver lasciato la televisione accesa. Un telegiornale seguiva le immagini dell’omicidio dei Morgan, ma nessun accenno a quello di Owen Manuels e sua moglie. Perché?
Forse nessuno ancora lo sapeva.
A tutti questi interrogativi avrebbe risposto l’indomani, quando alle otto e trenta andò al Dipartimento per chiedere spiegazioni.
“Oh Bridgette!” disse Vicky, stravolta dalle troppe domande di Bridgette. “non vogliamo creare panico, perché c’è qualcosa che non va in questi due omicidi…”
Bridgette si adirò, ma si trattenne dallo sbuffare sonoramente. “Certo, le due vittime parteciparono allo stesso reality anni fa!”
Vicky scosse la testa. “Non solo per quello.”
“E per cos’altro?” chiese lei, adirata.
“Hai mai sentito quella filastrocca?”
Bridgette pensò. Quale filastrocca che c’entrasse con l’inspiegabile morte di due coniugi?
“Trenta giorni a Novembre?” disse, senza che le venisse nient’altro in mente.
“No, non quella.” disse Vicky “una filastrocca americana che cantano i bambini mentre saltano la corda… fa ‘Lizzie Borden took an ax and gave her mother forthy whacks, when she saw what she had done, she gave her father forty – one*’”
Bridgette arricciò le labbra. No, non la conosceva. Ma comunque non riusciva a capire il nesso tra quella stupida e truculenta filastrocca e l’omicidio, tranne che le vittime erano due coniugi.
“E allora?” domandò.
Vicky sospirò e sorrise. “Beh, Izzy Morgan ha ricevuto quaranta colpi, mentre Noah Morgan quarantuno, la moglie di Owen Manuels, Stacy, ne ha ricevuti quaranta, e suo marito quarantuno.”
Bridgette sbiancò e rimase senza fiato per un attimo. Cosa? Allora quell’sms non c’entrava niente…? O forse c’entrava, ma c’era di mezzo un serial killer? Qualcuno ossessionato da quella filastrocca, di cui lei ignorava l’esistenza.
“Inoltre” disse Vicky, e poi mise le mani nella borsa e frugò. Estrasse due fotografie e le poggiò su un tavolino.
“Chi è quel corpo nella stessa identica posizione di Noah?” chiese Bridgette, ma, in fondo, era già consapevole che c’entrasse con quella filastrocca.
“E’ il corpo di Andrew Borden, ucciso dalla figlia Lizzie nel Massachusetts nel 1892, insieme alla consorte.”
Ora era chiaro. Qualcuno stava cercando di imitare Lizzie Borden, l’assassina americana nota per la filastrocca… ma perché farlo?
Forse si trattava di qualcuno del reality… ma chi?
 
 

 * = la filastrocca in italiano sarebbe 'Lizzie Borden ha preso un'ascia e ha dato a sua madre quaranta colpi, quando ha visto cos'ha fatto ne ha dati a suo padre quarantuno.' in italiano non fa rima, ma era ispirata ad un crimine reale, consumatosi a Fall River, Massachusetts nella fine '800. 

Hola! La storia ha preso una piega un po' diversa... non si tratta di un assassino dei gialli classici, ma un/una pazzo/a furioso/a! 
e chi sarà questo assassino? Continuate a leggere e recensite x scoprirlo :P 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Le cose stavano prendendo decisamente una brutta piega.
Vicky chiamò nell’ufficio Trent, gli agenti e, a suo dire, un profiler criminale molto in gamba, Martin Sanchez.
Tutti si radunarono nell’ufficio.
Il respiro di Bridgette si fece pesante, e mentre Vicky presentava le varie persone, la giornalista era assorta nei suoi pensieri.
“Dottor Sanchez” disse, civettuola, Vicky, avvicinandosi all’uomo basso e magrolino dai capelli neri e la carnagione olivastra. “lei che ne pensa di tutto questo?”
L’uomo, intimidito, prese parola balbettando. “Beh… ci sono persone che possono voler, ecco… copiare assassini del passato.”
“Com’è in gamba!” disse Vicky, ridacchiando come una iena nella stagione degli amori.
Bridgette era infuriata. Il suo viso si fece pallido e il suo sguardo arcigno e acido, rafforzato dagli occhi verdi che sembravano essere diventati color ghiaccio. “Fin qui c’eravamo anche noi, ‘dottore’!” disse, a denti stretti.
Calò il silenzio. A romperlo fu Trent, che scosse una bustina di zucchero, prima di aprirla e infilarsi il contenuto, con aria infantile, in bocca.
Dagli sguardi ammutoliti di Vicky e il profiler, capì che aveva dannatamente esagerato. Si rimproverò da sola, e poi prese parola.
“Scusatemi” disse sommessamente “è che non riesco a capacitarmi di essere io per prima in pericolo!”
Nell’inventarsi quella frottola, a Bridgette venne in mente che era seriamente in pericolo. Un assassino seminava il terrore a Toronto, uccidendo persone dell’ex reality… lei era in lista.
“Non deve preoccuparsi, signora De Paolo” la rassicurò il profiler, con voce ancora intimidita, ma che non serbava rancore. “l’assassino, o assassina, sembra intenzionato a colpire più che altro coniugi sposati e nella loro casa, secondo il ‘modello’ di Lizzie Borden. Lei non è sposata, perciò per il momento non corre alcun rischio…”
La sua voce si fece più flebile. “per ora.”
“Beh” intervenne Trent “io corro il rischio, allora?”
Tutti gli occhi presenti in quella stanza lo fissarono intensamente.
“Lei è sposato?” chiese il profiler.
Trent annuì. “Da otto anni con Gwendolyn Corsaq… quindi rischio seriamente di essere colpito quaranta volte da un’ascia?”
Bridgette si sentì felice e sollevata… ma non per Gwen! Egoisticamente, si rese conto che di Trent non le importava più di tanto, di Gwen qualcosa, visto che erano state amiche, ma più di tutti le importava di sé stessa. Di non essere nel mirino di uno psicopatico, o psicopatica.
“Quarantuno” la voce lugubra e imperscrutabile del profiler corresse Trent.
Sì, effettivamente la moglie quaranta e il padre quarantuno, ma non era esattamente un bel momento per prestare attenzione a simili sciocchezze.
“Oh, ora sì che sono rassicurato!” strillò Trent, dal nervoso.
“Calmati!” interruppe Vicky, che per la prima volta dopo la sfuriata di Bridgette apriva bocca, “non starete certo nella vostra solita casa, vi manderemo a Montreal, al sicuro, non potete certo correre il rischio, e l’assassino non ci ha certo sentiti…”
Prima che potesse calare un altro lungo silenzio, vi fu un lugubre rumore.
Chiavi. Chiavi che giravano nella serratura esterna dell’ufficio.
“Ehi!” urlò Trent, che d’istinto si gettò sulla porta, trasformando l’inquietante accaduto, in una nauseabonda certezza. Non si apriva. Era stata chiusa dall’esterno.
“Calma” disse Martin Sanchez, per nulla rassicurante con la sua voce stridula e infantile. “Vicky ha le chiavi, vero Vicky?”
La capa del dipartimento scosse la testa, sconsolata.
“Quindi siamo chiusi qui.” disse Bridgette, con inaspettata incuranza. Inaspettata non solo dagli altri, ma soprattutto da lei stessa.
“Come fai a stare così tranquilla?” chiese Vicky, che nel frattempo, similmente a Trent, stava cominciando a camminare nervosamente per la stanza alla disperata ricerca di una via d’uscita.
Bridgette fece spallucce. “Il tuo cognome è inglese, dovresti essere tu quella calma!” disse, pungente e sarcastica, provocando una fragorosa risata di Martin, che era anche lui abbastanza calmo.
La giornalista buttò un occhio all’orologio. “Sono le sei e mezza.” Decretò.
Trent si mise le mani nei capelli. “Il dipartimento chiude alle sei, nessuno ci può più sentire!” 

Ragazziii (o meglio, ragazze!) perdonooooo!! Non aggiorno da millemila anni, ma ho avuto un sacco di impegni: campagna, mare, e domani me ne vado a New York!!!!!! Eh, sì, la grande mela!! Inutile dire che per un po' non aggiornerò, ma sarò disponibile su mp e risponderò alle recensioni (ammesso che non vi siate dimenticati, come me, dell'esistenza della storia), quindi... sono rinchiusi qui, Trent è potenziale vittima... ma chi è lo psicopatico? Questo capitolo non era previsto, ma mi è venuta voglia leggendo Agatha Christie!! 
Aggiorno adesso perché mi sembrava giusto lasciare un capitolo ad OGNI MIA STORIA prima della partenza... bye bye!

 

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