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di Evanne991
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono ***
Capitolo 10: *** Capitolo Decimo ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undicesimo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


Capitolo Primo –
 
Come ogni mattina, da circa tre anni, arrivo in anticipo in ufficio. Sono le 08:15 ed ho tutto il tempo di fare una colazione tranquilla al bar all’angolo. So benissimo che ogni giorno arriverò sempre  prima di John, il nostro San Pietro possessore delle chiavi, eppure il mio essere tremendamente ansiosa mi porta a svegliarmi alle 06:00 tutti i giorni, prepararmi con calma, perdere anche tempo a leggere il giornale ma poi correre ad imbottigliarmi nel traffico senza fare colazione, con la paura di arrivare in ritardo. Odio fare ritardo, odio i ritardatari. E lo ammetto: amo il cappuccino con tanta schiuma e la brioche calda con mela che Tina, la proprietaria del mio bar preferito, prepara ogni mattina con cura. Quindi, il mio essere ansiosa e sempre in anticipo giova al mio umore ed alla cassa del bar.
Non la pensano così Leeve e Giselle, le mie più care amiche, nonché colleghe. Loro arrivano sempre intorno alle 09:00, quando io sono ormai alla lettura del terzo oroscopo diverso (così da scegliere quello che mi piace di più – io non mi lascio mica condizionare dall’astrologia, eh, son tutte baggianate!), quando inizio a fremere dal terrore di arrivare in ritardo in ufficio (che si trova esattamente di fronte al bar) e quando il mio stomaco reclama un’altra brioche.
Entro al Sitting, come al solito c’è poca gente, qualche impiegato e uomini in giacca e cravatta, qualche segretaria dagli occhiali grandi e la faccia da frigide inviperite.
Come potete capire, non ho molta simpatia per le segretarie: insomma, ma le avete viste? Hanno sempre l’aria infastidita di chi ti sta facendo un favore a condividere l’ossigeno con te, e camminano con l’aria di chi ha un palo ficcato su per… insomma, avete capito.
Eseguo la mia passerella diretta al bancone, da dove Tina sta già salutandomi. Mi avvicino alla donna sorridendo. In questi anni mi sono davvero affezionata a lei, è un po’ una mamma per una che come me ha la sua lontana chilometri, è sempre gentile, garbata, premurosa e sa esattamente come prendermi. Quella brioche, ad esempio.
-Buongiorno tesoro, ti aspettavo! – mi dice con la sua voce rauca da fumatrice incallita.
-Buongiorno Tina! Il solito, se non ti spiace!
-Mai, tesoro, è un piacere! – mi fa l’occhiolino ed io giro sui tacchi per sedermi al mio tavolo, vicino alla vetrata da cui posso osservare tutto quello che avviene per strada.
Un momento. Quello è il mio tavolino, cosa diavolo ci fa un tizio seduto comodamente a bere un caffè ed a leggere il giornale?
Ok, io sono abitudinaria. E un po’ fissata, lo ammetto. Non cambio mai nulla. Sempre stessi posti da frequentare, sempre stesso profumo, sempre stesso colore di capelli (sì, anche perché sono rossa naturale ed è bellissimo il mio colore: spero che nel momento  in cui scoverò il primo capello bianco le industrie cosmetiche inventino – abbastanza in fretta, anche -  una tinta camaleontica per il colore naturale della donna in questione, cioè io, altrimenti non saprei davvero cosa fare!). Ecco, diciamo che sono poco propensa al cambiamento, e mi innervosisco parecchio quando sono costretta a vedere un piccolo tassello del puzzle della mia vita fuori posto. Mi avvicino all’uomo, cercando di mantenere la calma e provando ad essere più diplomatica possibile (Alza il culo, stronzo, quello è il mio posto!) dò un leggero colpo di tosse per attirare la sua attenzione.
Beh, forse era troppo leggero. L’uomo non mi degna di uno sguardo. Riprovo, ma lui impassibile sfoglia le pagine del giornale. Pure un sordo doveva capitarmi, stamane. Tra poco Tina mi porterà la mia colazione e quel tizio deve sparire.
-Mi scusi? – dico. Sì, avete ragione, il mio tono è palesemente infastidito ed un po’ troppo acuto. Sembro quasi una segretaria.
Lui finalmente mi guarda. Non mi dice neanche “Prego, signorina, mi dica!”. È proprio un cafone. Attende che parli. Che idiota.
-Non vorrei disturbarla, sa, ma quello è il mio posto. Gentilmente…-  gli faccio cenno con la mano di accomodarsi lontano da me e dal mio tavolo. Lui continua a guardarmi come se non capisse la gravità della situazione.
-A dire il vero, signorina, pur non essendo nelle sue intenzioni, mi sta disturbando: non vede che sto leggendo il giornale? Vada  sedersi ad un altro tavolo.
Ehi. Un attimo. L’ho sognato. Vero? Lo stronzo non ha parlato. Non mi ha liquidata e non sta leggendo nuovamente il giornale lasciandomi imbambolata. Ok. Non ha capito nulla, lo stronzo. Quello è il mio posto, e lui deve andarsene, possibilmente a quel paese.
-No, senta, non ha capito quello che sto cercando di dirle – riprovo. Lui si volta nuovamente verso di me ed alza un sopracciglio. Io lo fisso direttamente negli occhi. Così ti voglio, cazzuta, non interrompere il contatto visivo e dimostra allo stronzo che hai le palle, donna!
-Lei deve accomodarsi ad un altro tavolo perché sta occupando il mio e non è carino da parte sua, soprattutto perché – e qui rabbrividisco – mi sta portando a fare tardi per il lavoro, e potrei davvero diventare poco piacevole ed educata.
Se è possibile, lui alza ancor di più il sopracciglio.
-C’è scritto il suo nome su questo tavolo?
-Come, scusi? – è ridicolo. Trova scuse ridicole per non farmi sedere. Che stronzo.
-Senta, signorina, mi sta infastidendo, vada ad occupare un altro tavolo.
L’ho già detto che è uno stronzo? Mi sento come se mi avesse preso a schiaffi. E ritorna ad ignorarmi. Di nuovo. Legge il giornale. Ma che razza di stronzo immane! Sono tentata a sbattergli la faccia sulla pagina dei necrologi, quando una voce familiare attira la mia attenzione.
-Si può sapere cosa diavolo ci fai in piedi con quest’espressione da ebete invece di aver già fatto colazione ed aggredirci perché secondo te siamo in ritardo?
Giselle mi guarda con la stessa espressione di poco fa dello stronzo. Leeve fa una smorfia verso di lui. Grazie amica mia.
Sposto gli occhi da Leeve a Giselle allo stronzo. Poi Tina mi passa accanto con un vassoio.
-Tesoro, Leeve e Giselle hanno ordinato, vi accomodate qui.
Non me lo ha chiesto. Me lo ha ordinato. Stiamo scherzando? Non dicevo, poco fa, che Tina era come una mamma? Sono un’orfana.
Guardo con stizza Tina, che mi ignora, anche lei. Che diamine! Senza rendermene conto batto i piedi e mi volto sbuffando come una bambina. Lo stronzo, impassibile, piega il giornale per leggere meglio un trafiletto sportivo.
Sì, occhio di lince, esatto. Mi siedo accanto a Leeve e continuo a fissare rabbiosa lo stronzo. Tina ci serve e sghignazzando ritorna al bancone. Da domani cambio bar (smettetela, so benissimo che avete riso di me!)
Porto la tazza di cappuccino alle labbra, mentre Giselle racconta animatamente a Leeve (e credo anche a me) della cena di ieri sera con il suo ex fidanzato del liceo (“Voglio dire, ricorda ancora che adoro il tartufo e la cannella, ha organizzato tutto nei minimi dettagli! Sono certa sia ancora innamorato di me!”) e…
-Cristo! – esclamo. Forse con un po’ troppa enfasi. Praticamente ho gridato. Le mie amiche mi guardano come se si fossero accorte solo ora che sono seduta con loro.
-Si può sapere cosa diavolo ti prende? – mi dice Giselle scandendo bene le parole, quasi avessi qualche disturbo all’udito.
Mi asciugo la bocca continuando a bestemmiare in aramaico nella mia mente, e bofonchiando dico loro che mi sono ustionata la lingua con il cappuccino.
Sento troppi occhi puntati addosso, ed infatti molti clienti mi stanno guardando. Sì, la mia boccuccia a cuore ha appena invocato Nostro Signore, che problemi avete?
È colpa dello stronzo. Se lui non avesse occupato il mio posto, io non mi sarei innervosita, non avrei bevuto senza pensare, con la paura di arrivare in ritardo in ufficio, non avrei dato spettacolo della mia poca femminilità religiosa ed ora non starei arrossendo perché mezzo bar mi osserva tamponare la lingua con questi tovagliolini inutili. Sono inutili.
Alla radio passa una canzone che mi piace moltissimo, e me ne accorgo solo ora. O meglio, me ne accorgo quando, pensando ad un'altra possibile lingua in cui imprecare, incrocio lo sguardo dello stronzo che mi guarda divertito e con un ghigno stampato su quella faccia da schiaffi, e canticchia:
-How am I gonna be an optimist about this?
Che stronzo di dimensioni epiche! Credo di aver assunto un’espressione davvero incarognita. Afferro la mia borsa, lascio delle banconote sul tavolo e:
-Vi aspetto in ufficio. – dico teatralmente alle ragazze.
 
***

In bagno controllo la mia figura. Sembra tutto ok, a parte che ho gli occhi infuocati di rabbia ed una piccola vena pulsa sulla tempia. Basterà nasconderla con i capelli. Oggi indosso il mio completo migliore. Sono professionale.
Ho ventiquattro anni, mi sono laureata l’anno scorso in Sociologia e subito sono stata assunta in questa compagnia pubblicitaria, come copyrighter. Avete presente le pubblicità su internet? Gli slogan? I siti di grandi aziende? Ecco, io faccio esattamente questo. Faccio credere alla gente che quello che propongo loro è assolutamente indispensabile ed innovativo. Inizialmente pensavo che i miei studi universitari sarebbero stati sprecati (sì, fatemi passare il termine) per fare la nerd (mi immaginavo così, credetemi!), invece è interessante a livello sociologico studiare le dinamiche di mercato e come gli individui si facciano soggiogare da parole bene articolate ed immagini coerenti tra loro. Dove starà la novità, potreste chiedermi: beh, è divertente fare tutto questo al computer, fare la copyrighter è assolutamente divertente. Certo, si ha a che fare con clienti idioti, a volte, pressanti, ma è gratificante vedere che noi sappiamo esattamente convincere le persone: è diverso dalle televisioni, dalle radio, internet ormai lo usiamo senza neanche accorgercene, e senza neanche accorgercene diventiamo pedine del sistema e compriamo esattamente quello che ci viene detto di comprare.
Comunque, dicevo: oggi sono più agitata degli altri giorni, perché oggi avremo una riunione importante con il nuovo amministratore delegato, che avrà un ufficio personale proprio nella nostra sede. Si dice sia un genio, uno tosto, e sono sicura che sarà importante ma difficile lavorare con e per lui. Proprio per questa ragione ho intenzione di dimostrare fin da subito le mie capacità e la mia preparazione.
Indosso un tailleur nero, con una camicia giallo chiaro e delle bellissime scarpe col tacco anch’esse gialle. Sì, seria e professione, ma sono una creativa, che diamine! I miei capelli sono raccolti in uno chignon rigoroso, e sto sistemando qualche ciuffo affinché possa nascondere la famosa vena sulla tempia.
La porta della toilette si apre e Giselle entra ancheggiando.
-Ah, sei qui! Sono così elettrizzata all’idea di conoscere il capo! Ma che, lo dobbiamo chiamare capo o Mister… Come si chiama?
Leeve la segue e chiude la porta, e passa a me ed all’altra due mascara diversi.
-Mr. Gregory Barker, classe 1973, laureato in Informatica con un master in Marketing e Comunicazione, single.
Guardo la mia amica facendo una smorfia.
-Il codice fiscale non lo sai?
Lei sbuffa. Sistema alla bell’e meglio i capelli ricci e scuri. Leeve ha padre inglese e madre ghanese, ed ha ereditato dalla madre tutta la fisicità delle donne africane. È molto bella, al liceo è stata più volta reginetta del ballo. Indossa un tubino bianco, che le sta divinamente, dato il colore della sua pelle ed il fisico eccezionale. Giselle schiocca le labbra dopo aver ripassato più volte il rossetto scuro, ammicca alla sua figura allo specchio. Lei ha corti capelli neri, la pelle diafana e gli zigomi pronunciati. Gli occhi azzurri e la bocca grande e carnosa. Indossa dei pantaloni neri ed una giacca dello stesso colore. Conoscendola sotto ha solo il reggiseno. Così agghindate, truccate, impazienti, io, Leeve Kemp e Giselle Powell ci dirigiamo verso la sala riunioni, in cui i nostri colleghi ovviamente ancora non hanno messo piede. Come mio solito, sono in anticipo, ed ho trascinato con me le mie amiche.
-Piuttosto – esordisce dal nulla Giselle – quell’uomo al bar?
Ecco. Lo sapevo. Avevo per un attimo messo da parte l’inconveniente della mattinata e Gis me lo ricorda. Succede sempre così: ha un talento eccezionale nel ricordami cose che preferirei far sparire nel dimenticatoio. Leeve ride e mi prede in giro, dicendo che ho dato prova di essere una maniaca ossessionata dall’abitudine. Faccio finta di non ascoltarle, fino a quando sento (per caso, eh) Giselle affermare:
-L’abbiamo visto come lo hai guardato dopo la bestemmia pubblica. Sei persino arrossita.
Mi volto verso di lei.
-Ma non farmi ridere. Guardato come? Era pure vecchio, aveva i capelli bianchi, potrebbe essere mio padre! – dico con tutto il veleno che ho in corpo.
-Veramente era castano, brizzolato, ed era affascinante! – sospira quell’altra idiota di Leeve.
Sono le mie migliori amiche, ci terrei a precisarlo.
Vorrei ribattere, ma finalmente e per fortuna i miei colleghi entrano in sala, in modo ordinato, contrariamente al solito.
-Oh, per favore! – sussurro. Immagino che Mr.Barker sia arrivato, ed ora tutti fingono di essere disciplinati e senza macchia né peccato alcuno. Le mie amiche prendono posto di fronte a me ed io, designata alle presentazioni ed alla discussione iniziale della riunione, mi schiarisco la voce, prima di vedere entrare il capo… no, il boss… va beh, Mr.Barker.
Indossa una giacca grigio chiaro, dei jeans e delle sneakers. E tutto il personale dell’ufficio è agghindato a festa. Ottimo. Ma non è questo che mi fa pietrificare.
Ha i capelli castano chiaro brizzolati, un sorriso perfetto, labbra carnose, è molto alto (ok, sono io ad essere bassa) e l’espressione di uno superiore al mondo.
-Salve a tutti, perdonate il ritardo! – dice allegro, ma dando l’idea che probabilmente avrebbe linciato chi mai avesse potuto aver da ridire sul suo ritardo.
Si avvicina a me, tendendo la mano, con un ghigno malefico.
-Immagino lei sia Denise Clark. – mi dice non distogliendo lo sguardo da me.
Lo guardo immobile. Brutto stronzo di merda!
-Mi stringe la mano o preferisce chiamare Cristo come prima al bar, Mrs.Clark?
 
Note della (pseudo) autrice:
Sono tornata! Sapevo che non avrei resistito a lungo senza scrivere, e quindi eccomi qui, con una nuova storia. Stavolta cercherò di essere meno melodrammatica possibile, ed infatti ho optato per una commedia romantica che, diversamente dalle altre storie, aggiornerò a cadenza settimanale.
La canzone a cui faccio riferimento, nel testo, è Pompeii, dei Bastille. Grazie a Kahlua che mi ha fatto notare l'incongruenza del codice fiscale. In Inghilterra è usato il NIN (National Insurance Number), fatemi passare la battuta perchè presto vedrete che Denise non è inglese inglese ;) Altro particolare: D. è stata assunta subito dopo la laurea, un ann o prima della storia, ma già da tre anni "lavorava" in ufficio, diciamo che si è fatta le ossa.
Che dire? Niente, non dico niente, spero solo che già questo primo capitolo vi possa piacere e che seguirete la storia!
Come sempre, linciatemi o sorridetemi! Recensite!
Baciotti, Evanne.
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


Capitolo secondo –
 
Non ho mai partecipato ad una riunione tanto difficile da sostenere ed imbarazzante come quella di questa mattina. Dopo la figuraccia che Mr.Barker, ossia lo stronzo, mi ha fatto fare davanti a tutti i colleghi, credevo che non sarei riuscita più a proferire parola. Devo ringraziare sentitamente il mio orgoglio ed il mio egocentrismo, però, che mi hanno portata a sorridere beffardamente ed a rispondere, stringendo più del dovuto la sua mano:
-Non è il caso, visto che Dio è appena entrato in questa stanza assumendo le sue sembianze, Mr.Barker.
Sì, lo so: forse ho esagerato, ma lo stronzo ha apprezzato, credo, questa mia uscita, tanto da sorridermi (ok, era una smorfia, la sua) per poi presentarsi allo staff e fare un discorso noiosissimo sullo spirito di collaborazione e la genialità che contraddistingue la nostra compagnia. Stronzate, ognuno lavora per conto proprio e l’unica collaborazione palpabile è quella che c’è quando qualcuno combina un pasticcio di cui potremmo essere responsabili tutti, e lì allora si cerca di porre rimedio insieme. In realtà è successo solo una volta, voglio dire: siamo quasi cinquanta teste diverse, come si possono mettere d’accordo così tante persone? È questa l’oggettivazione dei partiti politici: non ne esce mai nulla di buono.

Comunque, torniamo a me (l’avevo detto che sono egocentrica!) ed alla mia giornata difficile. Dopo che lo stronzo ha blaterato idiozie a cui tutti sorridevano miti ed a cui io prestavo attenzione attentamente (sia mai che mi beccasse con la testa altrove, lo stronzo!), la parola è passata a me. Ho mellifluamente ringraziato Mr.Barker per il suo discorso e la sua presenza. Poi velocemente ma dettagliatamente ho illustrato i nuovi progetti a cui lavoreremo da qui ad un anno, spiegando le motivazioni professionali che ci hanno spinto a creare diversi gruppi di lavoro per ogni nuovo progetto a cui dedicarsi. Un sacco di parole ben mescolate per dire che ci stiamo parecchio sul culo, tra di noi, e che ci siamo divisi il lavoro equamente in base alle nostre competenze mantenendo i soliti gruppi di lavoro. Il mio, ovviamente, consiste nel trio più figo della storia: Denise, Leeve e Giselle.
Non sono scesa in questi particolari, ma quando pensavo di essere quasi giunta al termine del mio discorso, lo stronzo ha iniziato a farmi domande tecniche, di sistema, a cui ho risposto propriamente, fino a quando non mi ha chiesto specifiche azioni economiche a cui la compagnia stava andando in contro.
Ok, sapevo benissimo di cosa parlare, ma quello non è il mio campo. Voglio dire, Mr. So Tutto Io ha un master in Marketing, non io. Quando si è fatto più insistente, sono sbottata, dicendogli:
-Mr.Barker, per quanto mi riguarda posso darle chiarimenti a livello sociologico, quindi sull’aspetto umano delle trattative. Sull’aspetto economico credo che il nostro commercialista, David Hope, potrà essere molto più esauriente di me.  
Avete captato il fastidio e l’acidità nel mio tono, vero? Ah, dettagli. David è stato carinissimo, ed ha subito colto l’occasione per prendere parola, bloccando in tempo quella lingua maligna dello stronzo che sicuramente stava per ribattere. In effetti Gis e Leeve mi ripetono da tempo che David è innamorato della sottoscritta e che solo io faccio finta di non accorgermene.

Suvvia!

Passiamo a cose più quiete. La riunione è termina dopo quattro ore. Lo stronzo ha praticamente interrogato tutti noi, per poi liquidarci con un:
-Bene, credo di aver dell’ottimo materiale su cui lavorare. Domani vi darò le mie direttive. Buona giornata.
E si è dileguato. Capite? Non è rimasto in ufficio fino alle 18:00 come ci si aspetta dal capo, almeno il suo primo giorno di lavoro. No, è sparito. Niente male, comunque. Era palese che tutti fossero sconcertati e sconvolti da Mr.Barker. Ha qualcosa, quell’uomo, di dittatoriale, dicono. Per me è solo uno stronzo.
Finalmente sono nel mio appartamento, piccolo e grazioso. Abito da sola dai tempi dell’università, quando mia madre ha deciso di tornare in Italia con il suo compagno. Ah, non ve l’ho detto? Sono di madre italiana e padre inglese. I miei hanno divorziato secoli fa, ormai, ed ho sempre abitato con mia madre dato che mio padre è sempre in giro per il mondo a fare l’hippie. Per cortesia, evitate di commentare. Mia madre, Emma, ha conosciuto Luigi al cinema, erano vicini di posto, ed erano andati a guardare Vicky Cristina Barcelona. Avevano poi passato il resto della serata a chiacchierare ed a bere coca cola al bar del multisala. Mia madre non aveva più avuto nessun altro uomo dopo mio padre, quindi ci pensò bene a presentarmi questo simpatico signore napoletano. D’altronde mia madre è originaria della splendida Capri, e per me è risultato familiare fin da subito quell’accento strano e quei “Bella wagliona!”.
Cos’è, vi stupite perché non solo parlo perfettamente italiano (non ironizzate sulla mia modestia!), ma mastico bene anche il napoletano?
Dunque, dov’ero? Mia madre è tornata in Italia ed io abito da sola da ormai qualche anno. Il mio appartamento è piccolo ma comodo, colorato, intimo. Ci sto bene. Ogni tanto quelle due psicopatiche di Leeve e Giselle irrompono qui e vi si stabiliscono anche per giorni credendo che stando da sola si alimenti la mia acidità, ma tutto sommato so che lo fanno perché loro abitano insieme e sentono la mia mancanza.

Adesso, subito dopo una doccia bollente, mi rilasso, in previsione di un post cena tranquillo al pub con le ragazze.
Accendo il mio pc, ed accedo direttamente alla mia mail. Ho bisogno di scrivere a Dimitri.
Dimitri è il mio… amico di posta? In realtà non saprei come definirlo. Sono circa quattro anni che scambio email e parole con uno sconosciuto, che si fa chiamare Dimitri, di cui so poco o niente, trovato per  caso dopo una serie di commenti a video su YouTube.
Abbiamo creato entrambi un contatto email solo per parlare con l’altro, proprio perché abbiamo deciso di non voler sapere il nostro vero nome. Lui mi conosce come Stella. Le ragazze non vedono di buon occhio questo mio scambio, diciamo, epistolare, più che altro perché temono che dietro Dimitri possa esserci la più grande delusione della mia vita. Nonostante questo però mi sento molto vicina a lui.
È la mia valvola di sfogo, la mia oasi. Credo di essere innamorata di lui.

From Stella To Dimitri:

Ciao bell’uomo! Ti scrivo velocemente, prima di andar al pub con Leeve e Giselle. Vengo da una giornata pesantissima. Al bar uno stronzo ha occupato il mio posto, e ti lascio immaginare come mi sia innervosita. Come se non bastasse oggi c’è stato il primo incontro con il capo, Mr.Barker. Indovina? Lo stronzo del bar! Inutile dirti come sia infastidita e quanto non lo tollero. Mi darà del filo da torcere, già lo so, e non chiamarmi Drama Queen! Devo scappare, è tardissimo. Cioè, no, ma mi conosci… Buona serata!

Invio, ed accendo lo stereo. Fantastico! Kate Bush mi accompagna dal salotto alla camera da letto, mentre ballo e canto con lei Wuthering Heights. Davanti allo specchio mi dondolo e mi cingo i fianchi con le braccia scoperte, immaginando  Heathcliff che mi culla… Magari Heathcliff si fa chiamare Dimitri, no?
Mi vesto velocemente, do un’occhiata all’orologio, mentre Kate continua a cantare in modalità ripetizione. Ho deciso di indossare dei semplici jeans ed un maglione bianco, degli stivali bassi e lascio i capelli sciolti, indomabili. Prima di truccarmi torno in salotto, controllo la posta elettronica e trovo esattamente quello che aspettavo.

From Dimitri To Stella:

Mai fare arrabbiare la mia Stella! Questo Mr.Barker non ha idea di con chi ha a che fare! Vai, che gli fai il culo! Sappiamo entrambi che vali molto. Dimostralo. Buona serata, e saluta le ragazze da parte mia, ché prima o poi diverrò loro simpatico! D.

Cosa vi avevo detto?
 
Note della (pseudo)autrice:
Bonsoir! Ho aggiornato in extremis, perché poi sarò incasinata con gli esami e non saprò quando pubblicare il terzo capitolo.
Qualcosa: la storia è ambientata a novembre 2013, Vicky Cristina Barcelona è un film di Woody Allen del 2008, Heathcliff è il protagonista maschile del romanzo di  Emily Brontë, Cime Tempestose, da qui la canzone di Kate Bush.
Ora vi lascio, non voglio dire nient’altro! Baciotti, Evanne.

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


Capitolo Terzo
 
Il Blue Sax è il pub che io e le ragazze frequentiamo da una vita. Non troppo grande, luci soffuse tipiche dei locali e tantissimi specchi ad incorniciare le mura. Siamo all’entrata del locale, stranamente non piove, e fumiamo tranquille, chiacchierando animatamente, un po’ ad alta voce.
-Ragazze, credetemi: spero davvero con tutto il cuore  che non mi prenda in giro, che non voglia vendicarsi perché l’ho lasciato poco prima della fine della scuola.
Giselle parla a tutto spiano di Tom, a cui ho già accennato in precedenza. Leeve sbuffa, ma maschera l’espressione dietro il fumo che le esce dalla bocca carnosa. Probabilmente non sente parlare d’altro da stamane.
Io sorrido e spengo la cicca nel portacenere accanto a me, facendo capire alle altre la mi intenzione di entrare, e difatti Gis ci dice:
-Andate, io gli telefono e vi raggiungo.
Quando entriamo nel nostro pub preferito, come sempre, veniamo colpite dall’ambiente caldo e familiare, e mille di noi vengono riflesse da una parte all’altra del locale. Camminiamo sicure e ci accomodiamo sempre al solito tavolo (indovinate?), spogliandoci dei cappotti, ed improvvisamente sono allegra, rilassata, spensierata.
Avete presente quando siete in un posto talmente speciale per voi da sentirvi esattamente a casa? Svaniscono paure, ansie, problemi, stress, e stai semplicemente bene. Ecco, io qui dentro sto bene, mi sento a casa. Male che possa andare, mi ubriaco e tutto prende una piega migliore.
Il cameriere, Anthony, raggiunge me e Leeve, ed amichevole ci saluta, senza aver bisogno delle ordinazioni. Sa già che berremo tre Campari Gin.
Leeve si eclissa un attimo, controllando le notifiche di Facebook dal suo smartphone ed io, dopo l’entusiasmo iniziale, mi annoio appoggiata alla parete di specchi. Come sempre c’è un sacco di  gente, e come sempre ci sono i soliti uomini privi di contenuto che lanciano occhiate fameliche verso di noi. In realtà verso tutte le ragazze del locale. Che gran perdita di tempo: non si vede che sono irraggiungibile?
Ora, non per tirarmela, ma non posso di certo finire con un uomo qualsiasi. Al di là dall’aspetto fisico, una persona per piacermi deve tenermi testa. Deve essere una spina nel fianco, per stare al mio fianco.
Sono persa nei miei pensieri, quanto in uno degli specchi incrocio la figura di un ragazzo. Okay. Calma, Denise. Al diavolo tutto ciò che ho appena affermato. I capelli neri e arruffati, gli occhi grandi e scuri, un giubbotto di pelle, una t-shirt grigia e dei pantaloni di tuta, stretti quanto basta per lasciarmi arrossire. Chi cazzo è quell’adone al seguito di Giselle?
Mi volto di scatto, e li ritrovo di fianco a me, che si accomodano al tavolo.
-Ciao Denise!

DAVID? DAVID HOPE, IL COMMERCILISTA?

Fermi tutti. L’occhialuto, sfigato, David Hope è il ragazzo sfatto, sexy e grondande di testosterone davanti a me?
Probabilmente ho assunto un espressione mista tra l’incredulità e la fame di sesso, perché Leeve mi tira una gomitata.
-C-ciao Dave!
-Ero fuori, al telefono con Tommy (- per favore, risparmiatemi i commenti. Tommy.), e vedo passare David. Aveva appena finito il turno di allenamento in palestra, qui accanto, abbiamo scambiato due chiacchiere e l’ho invitato ad unirsi a noi! – dice entusiasta Giselle. Oh, per favore, gente, perché volete per forza che ve lo dica, se già lo sapete? E va bene: Gis mi parla ammiccando ed io non posso che guardare David a bocca aperta chiedendomi come faccia a nascondere tutto questo ben di Dio nei completi tristi e grigi dell’ufficio.
Non mi rendo neanche conto di scolare in un sorso il Campari Gin che si è improvvisamente materializzato sul mio tavolo. Non ci posso credere. David. David Hope. Ho bisogno di aria.
-Scusatemi, esco fuori a fumare una sigaretta! – dico con la voce un po’ troppo squillante.
Merda! David Hope non può farmi questo effetto.
Quante probabilità ci sono che un tuo collega sfigato, e (a quanto pare) innamorato di te, sia in realtà un dio greco che occupa il tuo stesso tavolo nel tuo pub preferito dopo essere uscito dalla palestra accanto al suddetto pub, nonostante tutto ciò non sia mai capitato, pur data l’abitudine sia tua che sua di frequentare i due posti sopracitati? Ecco, appunto.

La sigaretta che tengo leggera tra le dita viene afferrata delicatamente da dita più grandi. Alzo gli occhi, e credetemi: non riesco a guardarlo. Sento ogni parte del mio corpo tremare. Sono imbarazzatissima.
Fuma e sento i suoi occhi fissati su di me. Voglio scappare. Ora. Gli sorrido di rimando e faccio per andare via. Mi afferra per il polso e mi tira verso di lui. La sua bocca è vicino al mio orecchio. Ha il fiato caldo e pesante. Oh mio Dio. Quello davanti ai miei occhi sbarrati è il suo petto che si muove su e giù? Quello che sento è il suo odore di menta, di sudore lieve e di testosterone? Devo trattenere il respiro.
-Tutto bene, Denise?
Sussurra. Dunque: se fossi la Regina Elisabetta farei un emendamento che vieti agli uomini portatori sani di carica sessuale di sussurrare nell’orecchio di giovani donne indifese.
-S-sì, Dave. Tutto ok.
Tremo. Cazzo! Posso dare la colpa al freddo. Certo. Sarò credibile, no?
Ora, non so perché lo faccio, ma questo silenzio mi spinge a voltare il viso verso di lui. Merda.
Le sue labbra sono troppo vicine alle mie, e sento la sua leggera barba prudermi il mento. No, insomma, è David Hope.
Sorride, e poggia una mano aperta sulla mia schiena, spingendomi leggermente a lui.
Schiudo le labbra. Al diavolo. Scopami qui, davanti al pub, mentre la gente fuma e commenta i risultati di una partita di calcio.

-Permesso?
Credevo che queste cose succedessero solo nei film. Ed invece no: stavo per limonare pesantemente con questa rivelazione di uomo ed una voce fastidiosa ci ha fatto staccare. E non voglio per niente sentire scuse, non mi importa che siamo sull’uscio del pub, quello doveva essere il mio momento da colonna sonora romantica, cazzo!
-Oh, prego! – David è sempre troppo gentile e diplomatico. Sbuffo guardando da altra parte.
-Ma chi si vede! Hope, Clark, buonasera, spero di non aver interrotto nulla!
Voglio morire. Esattamente ora. Voglio che il catrame si spacchi in due e che la terra e la lava mi inghiottano.
Mi guarda tra il divertito e l’infastidito, io stringo le labbra e sento quell’idiota di Dave dargli spiegazioni.
-No, si figuri, Mr.Barker, noi… insomma, io e la signorina Clark…
-Lasci perdere. Mi auguro solo che i vostri rapporti extra-lavorativi non incidano nel lavoro. Ora, se permettete, entro a bere qualcosa. Buon proseguimento.

BRUTTO STRONZO DI MERDA.

Sono paonazza. Dave è imbarazzato. Lo stronzo entra nel pub senza degnarmi di uno sguardo. Ripesco una sigaretta dal pacchetto, nella tasca del cappotto ed inizio a fumare in fretta. Dopo qualche tiro la butto a terra, incurante del portacenere. Evito lo sguardo di David. Idiota lui, senza spina dorsale, ed idiota io che mi lascio abbindolare da un paio di pettorali definiti.
Entro nel locale e dopo neanche qualche passo vengo sbattuta con le spalle ad una delle pareti di specchi.
-Beh, quanto meno diamogli davvero modo di pensare che abbiamo un rapporto extra-lavorativo. E poi non mi piace lasciare le cose a metà.
Posso anche aver immaginato questa frase perché in un attimo ricambio il bacio umico e caldo e passionale e… Oh, Cristo!
David Hope è il sesso, ed io non l’avevo mai notato. Apro leggermente gli occhi e mi vedo riflessa cento volte nel pub, mentre qualcuno ci guarda e qualcun altro fischia di ammirazione ed incitamento. Sorrido tra le labbra di David che mi lasciano respirare un attimo, per poi ritornare a giocare con la mia lingua. Questo ragazzo è uno spettacolo. Toccarlo è uno shock.


***
 

Sistemo dei documenti, firmo qualche relazione, e non posso che pensare al bacio passionale di ieri sera. David. Non posso ancora crederci. Le ragazze mi hanno detto che sembrava volesse divorarmi lì davanti a tutti. Ed invece volete sapere cosa ha fatto? Se n’è andato. Dopo avermi fatto una gastroscopia pubblica mi ha sorriso ed è andato via, lasciandomi appoggiata allo specchio. Fino a quando Giselle non è venuta a recuperarmi per poi farmi bere altri tre Campari Gin. Mr Barker è rimasto seduto al bancone, impassibile ad ogni cosa, persino quando una ragazza ubriaca ha ballato  su un tavolino per poi cadere a terra urlando “Sono CatWoman!”.

David è nel suo ufficio. L’ho incrociato, prima, ma mi ha ignorata. No, insomma. Io stanotte non ho chiuso occhio e lui mi ignora? Non posso crederci. E meno male che si diceva fosse innamorato della sottoscritta!
-Clark, mi segua.
Per poco non mi strozzo con la mia stessa saliva. Che palle! Lo stronzo passa veloce accanto alla mia postazione. Lo seguo, mio malgrado, ancheggiando sui tacchi a spillo.
Si ferma al centro della sala. Schiarisce la voce, e magicamente (come diavolo fa?) attira tutta l’attenzione su di sé. Con la coda dell’occhio vedo David raggiungerci. Cavolo, devo calmarmi, sono già arrossita.
-Bene, non ho grandi modifiche da apportare ai vostri gruppi di lavoro, chiedo solo delle referenze settimanali di ogni passo progettuale.
Mi chiedo perché mi abbia chiesto di seguirlo. Pare abbia finito di parlare.
-Per quanto riguarda lei, Mrs. Clark… - ecco! – Sono cosciente della sua preparazione e credo sia un elemento valido alle… come dire?, relazioni circuite all’azienda – è mellifluo, e stronzo, non c’è che dire – per cui da questo momento in poi lei è la mia segretaria.

CHE COSA?
 
 
NOTE DELLA (PSEUDO)AUTRICE:
Saaaalve!
Dunque: quanto è stronzo Mr.Barker? In questo momento Denise non sa se odiare di più la figura del suo capo o la figura della segretaria.


Qualcosa:
David è un gran figo. Il solito ragazzo serio e studioso che passa per banale, in giacca e cravatta, che poi si scopre essere un pezzo da cento. E Denise c’è cascata con tutte le scarpe. Amiamolo tutte per la sua sfrontatezza improvvisa.

Nel testo faccio riferimento ad una canzone che amo, Amore Disperato, di Nada. Nel particolare: Blue Sax, il Sassofono Blu, locale della canzone; “[…]mi annoio appoggiata alla parete di specchi” “Ma si annoia appoggiata ad uno specchio”; “[…]ci sono i soliti uomini privi di contenuto che lanciano occhiate fameliche verso di noi. Che gran perdita di tempo” “Tra fanatici in pelle che la scrutano senza poesia. Sto perdendo tempo”; “Ma una sera incontrò un ragazzo gentile, lui quella sera era un lampo e guardarlo era proprio uno shock”, che ve lo dico a fare?; “Toccarlo è uno shock” “Quando si incontrano toccarsi è proprio uno shock”.
 
Passo e chiudo! Baciotti, Evanne.

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


Capitolo Quarto –
 
From Stella To Dimitri

Ti sto scrivendo dalla mia nuova postazione. E sono incazzata nera. Oh, al diavolo se credono che io stia lavorando. Vuoi sapere cosa ha fatto lo stronzo? Mi ha regredita (perché per me è un regresso) al ruolo di segretaria. Segretaria. Io. Ma siamo impazziti? Mi faccio il culo in questa azienda da prima che finissi l’Università, ho lavorato sodo e sono sempre stata puntuale, e cosa fa quel troglodita, vecchio tra l’altro, di Mr.Barker? Lascia tutti invariati nei loro compiti e nomina me segretaria. Io non ho parole. Non c’è ruolo più odioso.
Tra l’altro, ieri sera al pub… Ecco, sono quasi imbarazzata. Insomma, David Hope, un mio collega. Ecco, mi ha baciato. Non che io gli sia stata proprio indifferente. Sembrava una scena da film, Dim: gli specchi, lui che non si è mai mostrato così figo, i clienti del pub meravigliati… Ah, c’era anche lo stronzo. Ci ha interrotti all’entrata, ed ha insinuato che io e Dave stessimo insieme. Meglio così, però. Una volta rientrata stizzita, Dave mi ha letteralmente sbattuta al muro ed ha attentamente ispezionato il mio esofago con la sua lingua.
Ora, ti prego: non fare come sempre. Non dirmi che secondo te scrivo delle mie “avventure” solo per farti ingelosire e spingerti a trovarmi e portarmi via con te. Abbiamo affrontato più volte questo discorso, e non voglio ripetermi anche stamani. Sai quanto tu sia importante per me, ed è giusto che io ti dica la verità: ti ho raccontato di Dave perché è come se in me si fosse svegliata una piccola parte improvvisamente presa da lui.
Devo andare, vedo Gis e Leeve raggiungermi.
Stella.
 
Invio l’email, ed appena alzo gli occhi incrocio quelli delle mie amiche. Mi guardano sospettose.
-Che volete?- sbotto.
Gis tiene il viso tra le mani, poggiandosi sui gomiti, Leeve mi osserva attentamente.
Ok, io sono poco paziente, e come se non bastasse sono dietro questa scrivania che non mi appartiene a ricoprire un ruolo che odio, non c’è niente da guardare.
-Secondo me ti piace.- Giselle si sistema in posizione eretta ed incrocia le braccia, poggiandosi su una gamba e dondolandosi un po’.
Sento di arrossire leggermente.
-Beh, non lo conosco, voglio dire, credevo di conoscerlo e poi la sorpresa… Piacevolissima, per carità. Piacere è un parolone, ecco, io…
-Aspetta, Denise, fermati.- Leeve assume un’aria divertita. La guardo confusa.
-Ti piace essere la sua segretaria.
Guardo prima Leeve, poi Gis, poi credo di diventare strabica per cercare di guardarle entrambe.
-Ma vi siete rincretinite? Io segretaria? Lo sapete benissimo cosa penso delle segretarie, come potete pensare che mi piaccia fare la segretaria?
-Beh sì… - ho sempre detto che Leeve è la più intelligente – Allora ti piace lui.
Ecco. Arrossisco nuovamente.
-Beh, Dave…
-Denise, per favore, quale Dave! Mr.Barker!- Giselle sbotta alzando gli occhi al cielo.
Sono impazzite. Non ho dubbi. Apro la bocca indignata.
-Come cazzo può venirvi in mente una cosa del genere?

Ora, immaginate la scena. Vorrei urlare, ma non posso, quindi assumo un tono di voce tra il falsetto ed il soffocato, e sento la famosa vena pulsare sulla tempia – meno male che ho i capelli sciolti. I nostri colleghi, con il loro barbottare, coprono benissimo la mia rabbia e le risa di scherno delle mie migliori amiche.

-Dee, si vede benissimo che lo ignori solo per partito preso, che eviti il contatto visivo con lui, mentre lui ti cerca con gli occhi sempre- Leeve parla ed io no, non sto diventando fuxia in volto, no- e quando ti parla con quel tono da padrone si capisce benissimo che gli fai le fusa. C’è una tensione sessuale spaventosa tra di voi!
-Non dite cazzate, ragazze, per favore, stiamo parlando dello stronzo che mi nominata segretaria, quel vecchio rimbambito che…
-Denise, l’ha fatto di proposito: ogni segretaria fa frequenti giri sotto la scrivania del capo!- mi interrompe Giselle.
Faccio per rispondere in malo modo quando il telefono squilla.
Afferro la cornetta.
-Pronto?- dico annoiata. Dall’altra parte c’è silenzio.
Leeve sgrana gli occhi e mi sussurra:
-Dee, non sei a casa tua, è il telefono aziendale, sii professionale!
Voglio morire? Voglio morire!
-Buongiorno, WebLine Corporation, sono Mrs.Clark, in cosa posso esserle utile?
Le mie amiche mi guardano orgogliose. Io accenno un sorriso. Sì lo so, è una smorfia.
-Mrs.Clark- la voce calda mi fa rabbrividire lungo la schiena- volevo solo controllare in che modo avrebbe risposto al telefono. Il primo lo eviterei, non è mica a casa sua. Il secondo è ottimo. Buon lavoro.

E riattacca.
 
***
 
Sono quasi le 18:00, e tra pochissimo questa estenuante giornata lavorativa giungerà al termine. È mortificante, per me, limitarmi a rispondere al telefono, prendere appuntamenti, fare ordini, quando fino a... stamattina, praticamente, ideavo, ricercavo, mi confrontavo. Che amarezza. E quello stronzo mi ha chiamata svariate volte al giorno per richieste insensate: portargli un caffè, fargli delle fotocopie, metterlo in contatto con un’agenzia di viaggi. Che se ne vada a fanculo, eh!
Tra l’altro, Dave ha continuato ad ignorarmi, restando chiuso nel suo ufficio, per uscire alla pausa pranzo e dileguarsi senza darmi il tempo di realizzare che non portava gli occhiali. Le ragazze hanno cercato di riprendere con me il discorso Mr.Barker, ma le ho zittite.
Insomma, sono solo stronzate, e se davvero evito il suo sguardo è perché mi irrita in modo assurdo. Non lo tollero. Per niente.
Prima di spegnere il pc, ricontrollo la mia casella elettronica. Ho un tuffo al cuore.
 
From Dimitri To Stella

Stella, non si capisce affatto che odi il tuo capo. Immagino sia una persona davvero irritante, ma so anche che tu sei poco paziente e poco diplomatica. Confido che tu riesca a mantenerti nel tuo, senza sboccare, da un tipo come lui potresti anche aspettarti il licenziamento, e non è il caso.
David, il tuo collega. Non mi convince. Spunta adesso all’improvviso, ma chi è? Attenta, Stella, non vorrei prendessi una sbandata senza fondamenti.
Non credo tu me l’abbia detto per farmi ingelosire. Sì, è vero, ne abbiamo parlato diverse volte, ma ci tengo a precisarlo: non so chi sei, non ho il tuo indirizzo, né il tuo numero di telefono. Per me sei Stella, ed è giusto così: la realtà non è mai tanto affascinante quanto l’immaginazione. D.
 
Sbuffo. E spengo il pc. Dimitri neanche immagina quanto male mi faccia leggere queste parole. È una delle poche persone con cui mi senta davvero in sintonia. E mi tiene lontana. Venderei l’anima al diavolo per incontrarlo almeno una volta, per dare un volto alle parole.
Con un leggero broncio, mi alzo e raggiungo le ragazze già pronte ad andare via.
-Mr.Clark.
Trucidatemi. Vi prego.
-Sì, Mr.Barker?- si sente l’acidità con cui pronuncio il suo nome?
-Senta, ho da sbrigare molte praticare, quindi deve fermarsi in ufficio con me.
Non ho capito. Stiamo scherzando?
-Mi perdoni, Mr.Barker, ma sono le 18:00 e…
Mi fissa con quell’aria accigliata e con fare scorbutico dice:
-A cosa serve avere una segretaria, secondo lei? La smetta di dire stronzate, l’aspetto in sala riunioni, prima iniziamo prima finiamo.
Mi sento come se mi avesse schiaffeggiata. Lui si ritira in fondo al corridoio. Lo guardo sparire poi mi volto verso le mie amiche, e mi accorgo che mi trema il labbro. Non sto per scoppiare a piangere, ovviamente! Sono, se è possibile, più incazzata di Kate quando, dopo il suo matrimonio,  si è parlato di più di Pippa che di lei.
Leeve mi guarda senza parlare. Gis sta sicuramente per partorire una perla delle sue.
-Dee… - invece decide di parlare Leeve.
Alzo una mano per fermarla.
-Sono professionale. Eseguirò i miei compiti in modo impeccabile.
Forse sono troppo solenne, alle volte.
-Quasi ti invidio, Dee, Mr.Barker ha l’aria di uno che a letto ti fa dei giochetti da farti impazzire!- esclama Gis un attimo prima di chiudersi la porta alle spalle, per impedirmi di maledirla.
Sbuffo per la milionesima volta nella giornata e mi dirigo alla mia postazione per posare le mie cose, prima di raggiungere lo stronzo in sala riunioni. Solo adesso noto un post-it sulla scrivania.

Oggi eri bellissima, non mi sono avvicinato a te perché avrei potuto stuprarti davanti a tutti. D.

Ok. Sto andando in iperventilazione. Dave! Maledetto anche lui! Ma non poteva trascinarmi per un braccio, alle 17:55 così avremmo potuto discutere in santa pace e lo stronzo non mi avrebbe bloccata qui?

Idiota, è proprio un uomo!

-MRS.CLARK, NON SIAMO QUI AI SUOI COMODI!

Trasalisco nel sentire lo stronzo abbaiarmi alle spalle. Mi volto. Le luci al neon gli tagliano gli zigomi, e la barba corta è illuminata a tratti. Ha gli occhi verdi. Non ci avevo fatto caso. Si avvicina lentamente a me. Sento il suo profumo invadermi le narici. Che cosa sta facendo?
E’ a qualche millimetro da me e mi guarda con un’espressione indecifrabile. Allunga il braccio e per un secondo sono quasi certa che stia per stringermi a sé.
Fà qualche passo indietro e leggere proprio quel post-it. Che infame! Boccheggio ed arrossisco violentemente.
Mi guarda divertito adesso.
-Molto romantico, delicato. Ora la prego, Denise, mi segua.
Mi ha chiamata per nome?

 
NOTE DELLA (PSEUDO)AUTRICE:
Cosa potrei dire? Voglio ringraziare innanzi tutto raw_input e Kahlua, per i consigli, i suggerimenti e la pazienza, soprattutto, che hanno nel supportarmi e sopportarmi. Tanti cuori a voi!
Non mi dilungo, non aggiungo altro, e lascio spazio a voi. Forza, linciatemi o sorridetemi.
Baciotti, Evanne.

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***


Capitolo Quinto –
 
-Senta, ho da sbrigare molte praticare, quindi deve fermarsi in ufficio con me.

Mi ha detto così, ed invece volete sapere che cosa stiamo facendo? Io scrivo la data di oggi, gli passo il foglio e lui lo firma. Avremmo potuto farlo anche domani, avrei preferito anche portare il materiale a casa per poi ripresentarglielo domani in modo tale che lui firmasse direttamente. Io non ho parole. Non ha senso organizzativo, quest’uomo.
Siamo seduti l’uno di fronte all’altra. In silenzio. Sono urtata dal fatto che non dica nulla, tanto per rendere meno noioso il lavoro. Alzo lo sguardo, passandogli l’ultimo foglio. Lui è chino e con una grafia sottile e stretta scrive Gregory M. Barker.
Senza rendermene conto, parlo:
-È mancino!
Lui finalmente mi guarda, sorpreso. Sono una stupida! Parlo sempre a sproposito.
-Come scusi?
Sento di diventare cremisi. Oh, al diavolo, non posso mica ritirarmi, ora, farei la figura della debole.
Mi schiarisco la voce.
-Noto solo ora che è mancino.
Merda. Suona così stupido! Lo stronzo mi guarda incuriosito, poi… lo sta facendo sul serio? Mi sorride. Gli occhi gli si stringono tanto da farlo sembrare un bimbo divertito. Diamine, sto arrossendo ancora di più!
-È la prima volta che lavoriamo insieme, è ovvio che non l’aveva mai notato, Denise. Comunque sono ambidestro, solo preferisco usare la mano sinistra.
Sembra quasi gentile, affabile, predisposto al dialogo.
-Io sono mancina.
-Lo so.
Mi sorprendo a sorridere.
-È la prima volta che lavoriamo insieme…
-Certo, ma io l’ho osservata bene, Denise, sapevo già che fosse mancina.
Mi lascia spiazzata. Mi guarda senza battere ciglio. Sento i miei occhi iniziare a bruciare, perché non li sbatto, perché li tengo fissi ai suoi. Ha gli occhi verdi. L’ho già detto, vero? Diamine.
Abbasso lo sguardo, e tolgo i miei occhiali con la scusa di pulire le lenti. Lo sento sorridere. So che lo sta facendo. Firma l’ultimo foglio, poi mi dice:
-Le dispiacerebbe attendere un attimo, prima di andar via? Faccio una telefonata.
Gli rivolgo nuovamente lo sguardo ed annuisco.
-Non si preoccupi, sistemo i documenti, nel frattempo.
Esce dalla sala riunioni, ed io prendo il suo posto dall’altra parte della scrivania. Quant’è disordinato! Tutti i fogli sono riposti a casaccio, senza seguire l’ordine di verso. Con calma li sistemo, ogni tanto li batto sulla superficie per drizzarli, poi a blocchi da cinquanta li sistemo in cartelle colorate. Lo sento rientrare, ma non alzo il capo, continuo a sistemare, nel modo, però, più lento possibile.
-Bene, allora li farò spedire domani. Grazie, buonasera.
Si avvicina a me, e poggia una mano sulla scrivania. Finalmente lo guardo, alzandomi. Stranamente stasera mi è quasi simpatico. E stranamente, in alcuni istanti, l’imbarazzo lascia spazio alla curiosità. Forse l’ho giudicato male. Anche se è lo stesso stronzo che ha occupato il mio posto al bar e che mi ha declassata al ruolo di segretaria. Maledizione!
Ora, spiegatemi perchè mi guarda e tace. Non capisco che senso abbia fissare in questo modo una persona senza dir nulla. Va bene, faccio io.
-Mr.Barker, se abbiamo finito io andrei.
Sono pur sempre passate tre ore. Non chiedetemi come si possa perdere tanto tempo a firmare dei fogli, ma vi giuro che sono quasi le 21:00. E tra l’altro, proprio ora (uccidetemi!), il mio stomaco brontola dalla fame.
Lo stronzo sorride. Non avevo dubbi.
-Certo, Denise, anzi le chiedo scusa per averle fatto fare così tardi, non credevo…
Si sta scusando? No vi prego, ci manca solo che Lord Voldemort compaia in questa stanza e balli il merengue.
-Si, figuri, non c’è problema… - mi affretto a dire. È vero, non avrei mai voluto restare in ufficio fino a quest’ora, ma sono pur sempre la migliore dell’ufficio, e non sono io a dirlo, e lui è pur sempre il mio capo, per quanto sia stronzo, per cui lavoro in modo impeccabile, a priori.
-Bene, Denise, allora le verrà accreditata una somma per gli straordinari sul prossimo stipendio. Cento sterline all’ora vanno bene?
Che cosa?
-Prego?
-Denise, non si lavora mai gratis, e so che lei qui ha lavorato per molto tempo in modo gratuito, finché non è stata assunta. È mia premura darle ciò che le spetta. Trecento sterline le saranno accreditate sullo stipendio, come minimo. Ovviamente ogni volta che farà degli straordinari per me la somma iniziale sarà sempre di cento sterline l’ora.
Lo guardo con la bocca aperta. Probabilmente ho assunto un’espressione davvero stupida.
-Mr.Barker io…
-Taccia, una buona volta, Denise!
Me lo dice ridendo. Non lo dice con quel tono burbero ed acido. Lo dice in modo simpatico, esausto, come a dire: Non voglio litigare, Dee!
Allora gli sorrido anche io. O meglio, mi unisco alla sua risata, e lo ringrazio.
-Dovere, Denise.
Ci avviamo finalmente all’uscita, ed educatamente aspetto che chiuda con premura l’ufficio. Finora ho visto aprire e chiudere questa porta solo da John. Entriamo in ascensore, in silenzio, composti, e quasi nascondo metà del viso nella sciarpa che ho al collo. La vibrazione del mio cellulare annuncia l’arrivo di un sms. Controllo velocemente.

From Gis
Ma sei ancora in ufficio? Mi auguro che almeno ci abbiate dato dentro, dopo tre ore, cazzo! In caso contrario, ti aspettiamo al Blue Sax. Spero di non vederti arrivare, lo ammetto. XOXO

Sorrido come un’ebete allo schermo del cellulare, poi lo ripongo in borsa. Non le rispondo, così potrà farsi tutti i film mentali che vuole. Non ha capito nulla, Giselle.
Arrivati al pianterreno, alle porte aperte dell’ascensore, Mr.Barker mi lascia passare per prima, e facciamo qualche passo in silenzio. Sul marciapiede mi stringo meglio nel cappotto e gli dico:
-Buona serata, Mr.Barker. A domani!
Lui mi sorride e fa per andare via. Io mi alzo leggermente sulle punte per cercare di scovare  un taxi all’orizzonte. Mentre mi mordo il labbro, maledicendo tutti i tassisti di Londra, anche perché sta per venir giù un acquazzone, lui si volta e si avvicina a me.
-Vuole un passaggio?
Lo dice quasi intimorito. Sento di arrossire per l’ennesima volta del giorno. A questo punto, credo di essere affetta da una qualche malattia cutanea, altrimenti è inspiegabile.
-N-non si preoccupi, aspetto un taxi…
-Ah, la smetta, si muova, sta per piovere, l’accompagno io.
Dicevo intimorito? No, è un dittatore. Sta già camminando spedito verso una Mercedes nera parcheggiata dall’altra parte della strada. Mi convinco in un secondo a seguirlo. Questa giornata non finisce più? Sembro sicuramente un’idiota, zampetto sui tacchi, e lo raggiungo. Saliamo in macchina, e neanche il tempo di allacciare la cintura di sicurezza, ché è già partito.
-Dove abita?
Sembra di nuovo tranquillo. Secondo me è bipolare.
-Scendo al Blue Sax, se non le spiace, il pub, sà, quello…
-So benissimo di quale pub sta parlando, Mrs. Clark, c’ero anche io ieri sera.
Bipolare? No, è squilibrato. Ora è perfino accigliato. Ma insomma! Mi ha chiamata per nome tutta la sera ed ora, al nominare il pub, mi tratta con sufficienza, come se fossi una stupida. Ci rinuncio. In silenzio, guardo fuori dal finestrino le luci al neon, nascondendomi nuovamente nella sciarpa.
Una musica esce bassa dallo stereo. Lui la segue, canticchiando. Devo ammettere che ha proprio una bella voce.
Siamo fermi ad un semaforo, e mi volto a guardarlo. Lo scopro a fissarmi, con un ghigno, mentre canta.
-I said, hey honey, take a walk on the wild side. And the coloured girls say doo doo doo, doo...
Sospiro, e alzo gli occhi al cielo, divertita, tutto sommato. Non so neanche io perché. Non chiedetemelo.
-È verde!
Gli dico. E so che si è sentito il tono allegro. Quasi sollevato, rilassato. Dannazione!
Scorgo il Blue Sax, e mentre lui continua a cantare, mi ricompongo, sedendomi dritta, ponta a scendere, invece lui tira dritto, verso i parcheggi. Capisce sicuramente il punto di domanda che mi sto ponendo, perché dice:
-Scendo anche io al pub, ho proprio voglia di un Campari Gin.
Si volta verso di me, e mi trova osservarlo con la fronte aggrottata.
-Non la sto seguendo, Denise, ho un appuntamento, sia chiaro.
Che stronzo! Come se me ne importasse qualcosa!
-Oh, anche io!- mi affretto a dire, slacciando la cintura.
-Con chi, quell’invertebrato di Hope?
Mi volto di scatto.
-Cosa?
Sghignazza.
-La prego, Denise, davvero vuole farmi credere che le piace David Hope?
Sento di avvampare. Non per l’imbarazzo, non sono affatto imbarazzata, sono incazzata. Chi cazzo crede di essere? Come si permette di metter bocca nel mio privato?
-Questi non sono affari suoi, Mr.Barker.
Diplomazia. Sono una donna diplomatica.
Lui scoppia a ridere. Mi sta irritando. Scendiamo finalmente dall’auto e mentre io sbatto lo sportello, forse poco delicatamente, dice:
-È solo un ragazzino, Denise, e sappiamo entrambi che non le piace per niente.
Ok, ora sono furiosa.
-Senta, - forse ho il tono di voce un po’ più alto del normale – lei è solo il mio capo, ed in quanto tale non ha alcun diritto di metter voce in cose che non la riguardano della mia vita privata, è chiaro?
-Io lo dicevo per lei…
Continua a sorridere. Non posso crederci!
-Il consiglio di un padre, immagino! – sbotto.
Questo sembra colpirlo. Stringe gli occhi, fino a farli diventare una fessura. Non so perché, ma ora mi sento in colpa. Gli ho dato del vecchio? Ma insomma, potrebbe davvero essere mio padre!
-Buona serata, Mrs.Clark.
Mi lascia così. Davanti alla sua automobile. Cammina spedito verso il Blue Sax, entra. Ed io resto qui. Inizia o piovere. Le lenti degli occhiali vengono subito bagnate da qualche goccia.
Maledizione!


 
NOTE DELLA (PSEUDO)AUTRICE:
Ciao! Ho aggiornato il prima possibile, perché colta da ispirazione fugace, e ne ho approfittato, prima di fuggire per poi ritornare… non so quando!
Allora: inutile dirvi che Dee è combattuta, lo capiamo tutti. Un po’ infastidita, un po’ imbarazzata. È lei a cercare il dialogo con Mr.Barker. E più volte dice: Non so perché, quando si imbarazza, quando si agita, quando si rilassa.
Una cosa a cui tengo: ad una recensione rispondo dicendo che, essendo la storia raccontata in prima persona, Denise non ci descrive mai benissimo l’aspetto fisico dello stronzo, evita di guardarlo, ed accenna solo a pochi elementi. Ma sappiate, lo vedrete, che è un gran bel pezzo d’uomo.
Dunque, Dee dice che lui potrebbe essere suo padre, si riferisce all’età: un po’ esagerata, la nostra Denise, lui ha quarant’anni (nel primo capitolo Leeve dice che è del 1973), lei ha 24 anni.
La canzone che canticchia Mr.B in auto è Walk on the wild side, di Lou Reed.
Credo di non aver altro da aggiungere. Ah, ecco: tanto amore per le mie Leeve e Giselle: raw_input e Kahlua (ancora devo decidere chi è Leeve e chi Gis!).
Vado! Baciotti, Ev.

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Capitolo 6
*** Capitolo Sesto ***


Capitolo Sesto –
 
From Dimitri To Stella

Quindi, correggimi se sbaglio: il tuo capo ti ha detto che David non ti piace affatto e tu gli hai praticamente dato del vecchio? Stella, Stella. Come diavolo ti viene in mente? Ti piace davvero così tanto Dave, da difendere a spada tratta questo piacere che provi per lui?
 
Ok, so benissimo che dovrei lavorare, invece di scrivere e rispondere alle mail di Dimitri, ma non sono dell’umore. Capita a tutti.
Sono entrata al Blue Sax quando la pioggia è divenuta insistente, ed appena entrata ho subito raggiunto le ragazze al solito tavolo, senza indugiare sulla figura di Barker seduto al bancone. Ero arrabbiata. Non saprei bene il perché. Credo perché lo stronzo abbia avuto la presunzione di parlare della mia vita privata, come se la conoscesse, come se ne avesse il diritto. Ero arrabbiata perché potevo quasi dire che avevo passato delle ore, o quanto meno l’ultima mezzora, in modo piacevole, con lui, e poi lui aveva rovinato tutto. Leeve mi ha capita subito, Gis inizialmente ha ritenuto che la mia rabbia fosse derivata dal fatto che non mi avesse sbattuta sulla scrivania. Testuali parole. Insomma, sono andata via dal pub qualche ora dopo, e lui era ancora al bancone, da solo, a sorseggiare il mio amatissimo Campari Gin. Tutta la notte non ho fatto altro che pensare a lui. E a Dave. Ma ad ogni modo, saranno fatti miei se David mi piace o meno?
Stamane, come sempre, dopo la colazione da Tina, colazione silenziosa, con le ragazze, sono arrivata in ufficio e loro c’erano già, nei rispettivi uffici. E la mia scrivania è esattamente posta al centro. David è passato un paio di volte davanti alla mia postazione, evitandomi accuratamente con lo sguardo, ed io non ho ancora capito il perché, se poi mi lascia biglietti discutibili sulla scrivania. Mr.Barker mi ha telefonato solo una volta per dirmi che non voleva essere disturbato da nessuno e che se avesse ricevuto delle chiamate avrei dovuto asserire che fosse fuori sede. Neanche il tempo di rispondergli ed aveva già riattaccato.
Ma insomma! Dovrei essere io quella offesa! Questi uomini sono peggio delle donne nei giorni del ciclo.
 
From Stella To Dimitri

Hai capito benissimo, e mi sento in colpa. Non so neanche io perché. E no, David non mi piace a tal punto. Devo ammettere che è stato una rivelazione, e che la sua presunta corte non mi dispiaccia affatto, ad oggi, ma forse ha ragione Mr.Barker. Ad ogni modo, ne converrai sicuramente con me, lo stronzo non ha alcun diritto di parlare della mia vita privata. E potrebbe benissimo essere mio padre. Più o meno. Va bene, sono stata poco carina, ma insomma! Io sono una persona riservata, è il mio capo, non è mica mio amico!
 
Invio, alzo gli occhi e mi guardo in giro. I miei colleghi sembrano stiano lavorando, ma so benissimo che probabilmente stanno solo chiacchierando e non affatto del loro progetto. Non faccio in tempo a distrarmi a dovere, che la risposta di Dimitri arriva. Non avrà nulla da fare stamane.
 
From Dimitri To Stella

Secondo me ti piace. Molto.
 
From Stella To Dimitri

Smettila, anche le ragazze lo credono, ma ti assicuro di no.
 
From Dimitri To Stella

Quando ti ha detto che ti ha osservata bene ne sei rimasta lusingata!
 
From Stella To Dimitri

Non vuol dire nulla. E non ne sono rimasta lusingata.
 
From Dimitri To Stella

David non ti piace per niente, a te piace il tuo capo, solo non vuoi ammetterlo.
 
From Stella To Dimitri

Ti ho detto di no. E se proprio c’è qualcuno che mi piace, quello sei tu!
 
From Dimitri To Stella

Non mi conosci, Stella, non riprendiamo questo discorso. Io sono solo un’immagine nella tua testa, e parole, solo parole. Non nasconderti dietro di me perché non hai il coraggio di dire la verità. Ti piace il tuo capo.
 
From Stella To Dimitri

Sai essere davvero stronzo. Non mi piace il mio capo. Vado a prendere un caffè. Buona giornata, Dim!
 
Ne vogliamo parlare, gente? Gli dico che se c’è qualcuno che mi piace, questo è lui, e lui cosa fa? Fosse per lui mi lancerebbe tra le braccia dello stronzo. Fosse anche per le ragazze. Ma per favore! Cosa sono, io, una di quelle segretarie acide e insipide che si trombano il proprio capo? Per niente, e se proprio dobbiamo dirla tutta, io non sono una segretaria, sono costretta a farlo. E questo non presuppone che debba avere una relazione con il mio capo. Anche perché, diciamo le cose come stanno: tutta questa simpatia nei miei confronti, lo stronzo, non la ha.
Mi alzo dalla mia postazione, e mi dirigo verso la sala relax. Che di rilassante non ha un bel niente, a parte un divano rosso ed una macchinetta del caffè. Mi preparo un caffè, e nel frattempo mi accendo una sigaretta. Guardo fuori. Oggi non piove, ma il cielo è minaccioso. Appanno con il respiro il vetro.
-Ehi…
Mi volto. Gli sorrido.
-Mi hai seguita?
-In realtà sì, ma diciamo che volevo un caffè!
Mi passa il mio, pronto, e con gesti lenti prepara il suo. Forse ieri pomeriggio gli avrei permesso di stuprarmi davanti a tutto l’ufficio. Ora lo guardo ed ammetto che è carino, che è delicato nei modi, che è dolce. Manca qualcosa però. E non so cosa.
Beviamo i nostri caffè, in silenzio, guardandoci negli occhi. Pagherei per sapere cosa sta pensando. Abbasso gli occhi. Non sono imbarazzata. Solo, voglio ritornare alla mia scrivania. È successo tutto così in fretta, fino a due giorni fa David Hope per me non esisteva. Ieri credevo mi piacesse molto. Oggi lo guardo e capisco che manca qualcosa. Ma cosa?
Gli sorrido, butto il mio bicchiere di carta, spengo la sigaretta. Faccio per superarlo ma mi afferra dai polsi.
-Tutto ok, Dee?
Ecco, ed ora cosa gli dico? Certo, tutto ok, solo credevo mi piacessi ma poi il capo mi ha detto che sei un invertebrato e Dimitri insiste mettendoci del suo.
-Sono solo un po’ stanca, non ho dormito stanotte.
La scusa del non ho dormito stanotte funziona sempre. Sono triste. Non ho dormito stanotte. Sono arrabbiata. Non ho dormito stanotte. Sono delusa. Non ho dormito stanotte. Non voglio parlarne. Non ho dormito stanotte.
Mi sorride. Capite?
-Ti va se stasera andiamo a mangiare fuori, io e te?
Non ho dormito stanotte e mi chiedi di andare  cena fuori, invece di lasciarmi sul divano a crogiolarmi nei miei pensieri?
-Non saprei…
Mi da un leggero bacio a stampo. Sento di arrossire. Al diavolo!
Mi stacco dalla sua presa e mi dirigo alla mia scrivania. Manca qualcosa. Basterebbe un segno, un gesto. Qualsiasi cosa che mi facesse capire cosa fare.
Suona il telefono, la linea interna, lo stronzo mi sta chiamando.
-Sì, Mr.Barker?
-Mrs.Clark – rabbrividisco. Dovremmo alzare la temperatura dei caloriferi. – può venire da me? Devo consegnarle dei documenti da protocollare.
-Arrivo subito.
Incrocio il mio stesso sguardo nello schermo scuro del pc. Trattengo un attimo il respiro e sento il mio cuore pulsare velocemente. Merda.
Busso alla porta chiara e vengo invitata ad entrare.
Non è seduto, è praticamente sdraiato sulla sedia in pelle. Mi rivolge uno sguardo di sufficienza quando sono di fronte a lui.
-In questa cartella c’è tutta la documentazione da protocollare. Buon lavoro.
Rivolge nuovamente lo sguardo allo schermo del suo computer. Mi sta ignorando. Quest’uomo mi irrita come poche persone al mondo. Prendo la cartella ed a labbra strette mi volto verso la porta.
-Tutto ok, Mrs.Clark?
Mi fermo. Giro sui tacchi per guardarlo. Lo trovo a fissarmi. Tiene due dita sulle labbra, e come sempre ha il sopracciglio destro teso.
-Sono solo un po’ stanca, non ho dormito stanotte.
Ovviamente.
Continua a fissarmi. Ed io non mi muovo. Mi riscopro a trattenere nuovamente il respiro.
Si alza e lentamente cammina verso di me. Si ferma a qualche centimetro da me, sorridendo.
-A cos’ha pensato invece di dormire, Denise?
Che stronzo! Che stronzo!
Mi giro stizzita, raggiungo la porta e gli dico, senza voltarmi, ma sentendolo ridere. Ride.
-Non sono affari suoi, Mr.Barker.
Esco dall’ufficio, e sono se possibile più nervosa di ieri sera. Lancio la cartella sulla mia scrivania ed ancheggiando raggiungo l’ufficio di David. La porta è aperta, lui è concentrato su dei documenti.
-Dave.
Alza lo sguardo e mi accoglie con un sorriso.
-Passa a prendermi alle 21:00, stasera.
 
NOTE DELLA (PSEUDO) AUTRICE:
Salve! Non dico molto su questo capitolo, spero che siate voi 18 lettrici a dirmi la vostra. Non siate timide, suvvia! Fatemi capire se sto procedendo bene o se sono banale.
Ho scelto i prestavolto delle mie creature, taaaa daaaannn!
Eccoli qui:

Denise Clark: Holland Roden
http://www.hq-pictures.com/albums/userpics/10004/normal_holland-roden-photoshoots_282329.jpg

Gregory M. Barker: Michael Fassbender
http://www.liveforfilms.com/wp-content/uploads/2013/10/Michael-Fassbender.jpg

David Hope: Brandon Beemer
http://www.tramedibeautiful.com/var/tramedibeautiful/storage/images/cast/owen-knight/brandon-beemer5/4937-1-ita-IT/Brandon-Beemer.jpg

Leeve Kemp: Zoe Saldana
http://images4.fanpop.com/image/photos/23700000/Zoe-zoe-saldana-23775336-1024-768.jpg

Giselle Powell: Ginnifer Goodwin
http://www.morefashionable.com/wp-content/uploads/2011/09/Ginnifer-Goodwin-Pixie-Cut-Hairstyle.jpg
 
Non aggiungo nient’altro. Aspetto voi.
Linciatemi o sorridetemi! Baciotti, Evanne.

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Capitolo 7
*** Capitolo Settimo ***


Capitolo Settimo –
 
Sono quasi le 21:00 e sono già pronta. Tra poco David passerà a prendermi e mi porterà fuori a cena. Andrà tutto bene. Lo so. Lo sapete anche voi. Dave sarà gentile e carino, e mi farà capire cosa voglio fare. Al diavolo Dimitri, al diavolo le ragazze e le loro idee malate, al diavolo lo stronzo che… che… oh, merda! Insomma, avete capito.
Indosso dei semplici pantaloni neri, una camicia di jeans ed un maglioncino bianco. Non ho idea di dove possa portarmi, ma ho voluto rimanere semplice e casual. Voglio dire, Dave non è affatto il tipo da ristorante di lusso ed abiti da sera.
Il segnale acustico di Skype attira la mia attenzione. Mi è inevitabile sorridere.
Ha i capelli corti ed arancioni, è stata lei ad inculcarmi la paure per le tinte. Ho ereditato da lei la chioma rossa, ma la sua è andata via via scemando verso un arancione fluo. Mi accoglie con una risata, e nei suoi occhi, anche se i pixel non sono mai veritieri, leggo tutto l’amore del mondo.
-Mammina!
-Ciao amore! Ho due minuti da dedicarti, ho il pollo in forno e Luigi è in cantina, a scegliere il vino!
Mia madre ha una voce acuta, simpatica, solare, calda. Accogliente. Da mamma. Mi chiede velocemente come sto, come procede a lavoro, quanto sia stronzo il capo, e si stupisce quando le dico che stasera esco con David.
-David Hope?
Alzo gli occhi al cielo.
-Sì, mamma. Lo so che non me lo sono mai filato, ma ecco… sembra essersi dato una svegliata e non è poi così male!
Mia madre assume un’espressione poco convinta. Non capisco perché devo convincere il mondo che Dave potrebbe essere un… compagno? Oddio. No, fermi tutti. Facciamo un passo indietro. Esco con David solo per passare un po’ di tempo con lui.
-Tesoro…- mamma inizia, incerta, a parlare, mordendosi le labbra- non saprei, David non ti è mai piaciuto, non capisco questo accanimento improvviso… Centrerà mica…
Proprio mentre alzo il sopracciglio destro, come qualcuno di mia vaga conoscenza, mamma urla e si precipita in cucina lasciandomi imbambolata davanti al pc.
Neanche qualche secondo dopo, Luigi spunta nell’obiettivo.
-Ciao stellina! Tua madre ha bruciato il pollo!
Non avevo dubbi! Scoppio a ridere, spensierata, poi saluto Luigi e spengo la comunicazione, sentendo mia madre fuoricampo sbraitare in napoletano.

Guardo l’orologio. Sono le 21:13. Già partiamo male, caro Dave. Appena ci penso, suona il citofono. Invece di precipitarmi all’apparecchio, mi alzo lentamente e lentamente mi avvicino alla cornetta del citofono, tanto ormai abbiamo fatto tardi.
-Sì?
-Denise, sono David…
-Scendo.
Non avrei dovuto invitarlo a salire, vero? Oh, ma insomma, chi l’ha detto che se esci con uomo devi mostrargli il tuo appartamento? Io sono gelosa dei miei spazi, non tutti possono entrare in casa mia. Sì, vi ho sentiti, è vero: me la tiro un sacco. Ci mancherebbe!
David mi aspetta sul marciapiede. Indossa un cappotto lungo. Mi cinge i fianchi e mi da un bacio leggero all’angolo della bocca. Mi piace il suo profumo. È davvero un bel ragazzo, e non riesco ancora a capire come diavolo abbia fatto a nascondere tanta beltà in questi anni.
Mi apre lo sportello della sua Golf, da galantuomo. Sento di arrossire. Tutto sommato non c’è molto a cui pensare, no? Uno che ti tratta da principessa è un principe. È il principe azzurro!

 
***

 
Ok, io lo capisco che i principi siano un po’ sbruffoni. Volete sapere dove mi ha portata a cena? Proprio in uno di quei locali di lusso. Ed io sono in converse. Parliamone. Lui sotto il cappotto ha un bellissimo spezzato scuro e persino la cravatta. Io ho una camicia di jeans.

Uomini. Quando portate a cena una donna ricordate di dare dei suggerimenti, soprattutto se siete dei principi nascosti dietro alla figura di un commercialista sfigato. Uno di questi suggerimenti è:
-Ti porto in un posto tranquillo, intimo.
Così noi sapremo che dovremo indossare il miglior abito con le scarpe più alte che possediamo.

Ad ogni modo, proprio perché è un uomo, non ha capito il mio iniziale imbarazzo, ma poco male, una volta accomodati abbiamo iniziato a chiacchierare sorseggiando vino bianco, e fortunatamente le bollicine stanno facendo in modo che possa rilassarmi del tutto.
-Denise, non voltarti…
Mi sussurra. Ovviamente mi giro appena lo dice. Sono persino sorridente e tra le dita tengo il bicchiere di cristallo quasi vuoto.
Non lo dico che sta bene, in abito. Non lo dico, perché voi lo sapete ed io non vi darò questa soddisfazione. La donna con lui è altissima, tanto da superarlo, e cammina come una gatta su dei tacchi a spillo. Indossa un tubino nero e molti gioielli. È mora, ha lunghi capelli lisci, sembra più giovane di lui, ma non avrà meno di trent’anni.
Incrocio lo sguardo di lui. Lo distoglie lui per primo, ed accompagna la sua dama ad un tavolo, tenendo una mano sul fianco prosperoso di lei.
Mi rivolto verso Dave, ma evito accuratamente di guardarlo.
-Com’è che l’infame è sempre in mezzo?
Lo dice in modo dolce, e divertente, quasi urtato, versandomi ancora del vino. Mi fa sorridere. Anche a lui, lo stronzo, sta antipatico.
-Poco male, Dave, non dobbiamo mica passare la serata con lui!
Lui mi guarda attentamente. Sento di arrossire sotto il suo sguardo.
-Scusami, devo usare il bagno.
Gli dico, forse troppo in fretta.
La cosa bella dei locali come questi, è che i bagni sono lindi, immacolati, puliti. In realtà sono scappata dal tavolo, tanto per stare un attimo lontana da David e realizzare che lo stronzo è a qualche metro da noi con una gatta dalle gambe chilometriche, ma ora mi rendo conto che tutto il vino che ho ingurgitato finora deve essere espulso.
Chiudo la porta alle mie spalle, e nonostante la toelette sia pulita, costruisco la mia personalissima difesa di strati e strati di carta igienica. Mentre maledico mentalmente la mia vescica che pare essersi manifestata solo ora, sento una voce al di là della porta.
Ora, io non voglio origliare, non sono il tipo, ma la voce della donna pronuncia un nome ed io non posso fare a meno di fermarmi ad ascoltare.

-Sì, sono a cena con Greg Barker, proprio lui. Non esaltarti, prima di portarmi in questo ristorante è stato anche gentile, brillante, poi si è incupito. Esattamente! Io ho fatto finta di non accorgermene, ma ho notato l’espressione che ha fatto quando ha visto quella ragazzina. Sì, ti ho detto che c’è una ragazzina al locale, e lui non riesce a toglierle gli occhi di dosso. Lei ci da le spalle, non credo si sia accorta di qualcosa. Sì mi sto annoiando. Vorrei vedere te! Certo che sono arrabbiata. Ora gli dico che mi sento poco bene e mi faccio riaccompagnare. Ti chiamo dopo. Ok…ok! Ciao!

Sento la porta principale riaprirsi e richiudersi. E sento solo il mio respiro.
C’è stato un malinteso. Certamente. Ci sono tante persone al locale, voglio dire…

 
***

 
Siamo sotto casa mia, in auto. Dave sta raccontandomi episodi divertenti di quando era all’università. Appena tornata dal bagno, non ho potuto fare a meno di guardarmi intorno e Mr.Barker e la gatta non c’erano più. Ho mascherato il mio imbarazzo e la mia, improvvisa, ansia, a David, che infatti non ha notato il mio essere distratta. Almeno credo. Subito dopo la cena (e tra l’altro ritornata al tavolo non ho più mangiato, mi era passata la fame, ho solo assaggiato qualcosa, per educazione, ma David non ci ha fatto caso), lui è venuto direttamente qui, sotto casa mia. Dubito abbia capito che voglio solo ritirarmi, immagino voglia essere invitato su da me.
Gli sorrido, senza aver capito nulla di quello che sta dicendo.
-Sei stato davvero molto carino, Dave. Ora vado. Ci vediamo domattina in ufficio!
-Come?
Alzo un sopracciglio. Insomma!
-Si è fatto tardi…
-Non mi fai vedere il tuo appartamento?
Posso essere maleducata?
-Un’altra volta, magari…-non so davvero come faccio ad essere tanto diplomatica, a volte.
Lui sembra rimanerci male. Mi stringo nelle spalle. Mi avvicino per salutarlo, e lui prende il mio viso tra le mani, baciandomi.
Chiudo gli occhi, tanto quanto per vedere degli occhi verdi ed un accenno di barba brizzolata. Tanto da sentire un profumo diverso. Spalanco gli occhi.
Merda.
David si accorge che d’improvviso sono poco partecipativa.
-Tutto bene, Dee?
Ecco!
-Sì, tutto ok. Ora… vado! ‘Notte, David!
Scendo dall’auto prima che lui possa proferire parola. Merda!

 
***

 
Ho gli occhi gonfi, le occhiaie violacee ed il broncio. E le converse. Entro al Sitting e saluto con un cenno della mano Tina. Non ho chiuso occhio. Ho pensato tutta la notte alle parole della gatta in bagno. Non ho condiviso con voi la certezza che fosse la gatta, ma immagino che voi l’abbiate capito subito, no?
Mi fermo davanti al mio tavolino. Incrocio le braccia, ma non posso fare a meno di sorridere.
-Mr.Barker, quello è il mio posto!
Lui mi guarda, alza il sopracciglio e poi mi sorride, divertito.
-Si accomodi, Denise, qui di fronte a me, impari a cambiare prospettiva.

Dovrei arrabbiarmi? Non lo faccio, scuoto la testa e prendo posto di fronte a lui, al posto opposto al mio. Lancio un’occhiata alla mia sinistra, verso la strada, verso quel lato che mai guardavo seduta dalla parte opposta. Tolgo gli occhiali, proprio mente Tina serve la mia colazione e, noto con estremo piacere, anche quella dello stronzo.
-Non hai dormito stanotte, tesoro?-dice Tina allegra.
So che lui mi sta guardando. Lo ignoro beatamente e sorrido alla donna, dicendo:
-Per niente, ma sto bene.
Lei si allontana sorridendo, io rivolgo la mia attenzione al mio cappuccino.
-A cos’ha pensato invece di dormire, Denise?
Lo sussurra. Incrocio il suo sguardo.
-Non sono affari suoi, Mr.Barker.
Sorrido, mio malgrado, rendendomi conto dello scambio delle medesime battute di ieri.
Lui ride, beve il suo caffè, si sistema sulla sedia, guarda fuori, arriccia le labbra. Lo sto osservando in ogni minimo particolare.
-Cosa vede, adesso, Denise?-mi chiede a bruciapelo, senza guardarmi.
 
NOTE DELLA (PSEUDO)AUTRICE:

Ciiiiiiao! Al contrario di quanto mi aspettassi io stessa, ho aggiornato in fretta. Allora, che dire? Dee non ci dice mai sul serio quello che prova, ma ce lo lascia intuire, con le sue imprecazioni.
David non capisce mai nulla. Povero Dave, non si accorge di nulla. O fa solo finta?
Ho adorato la scena di Emma, la mamma di Denise, la immagino un po’ svampita, ma molto tenera.

“-Com’è che l’infame è sempre in mezzo?”, è una frase detta da raw_input, proprio a proposito di Mr.Barker, e che ci stava tutta nel momento, quindi l’ho amabilmente citata.

Come proseguirà? Illuminatemi con i vostri pensieri.
Baciotti, Evanne.

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Capitolo 8
*** Capitolo Ottavo ***


Capitolo Ottavo –

 
Riattacco il telefono. Il mondo, oggi, sembra non voler fare altro che parlare con Mr.Barker, e lui ha dato chiare disposizioni.
-Mi passi solo la compagnia di viaggi, per il resto dica che sono in riunione.
Ma io mi chiedo: lavora mai quest’uomo? Io non sto facendo altro che rispondere alle telefonate di clienti e fornitori, ed al contrario dello stronzo che se ne lava le mani, per quello che posso, passo le chiamate ai miei colleghi leader dei vari progetti.
Gis si avvicina a me con un fascicolo in mano che sventola a mo’ di ventaglio. Leeve sarà da qualche parte e limarsi le unghie.
-Abbiamo un problema!- dice la mia amica, e prima che possa chiedere delucidazioni continua:
-Abbiamo grafica, elementi. Ma manca uno slogan. E dobbiamo consegnare il progetto domani mattina.
Così facendo mi passa il fascicolo ed inizio a sfogliarlo. Si tratta di una campagna pubblicitaria per un nuovo locale che aprirà al centro di Londra, di cui in realtà abbiamo veramente poche foto e poche informazioni. Si tratta del tipico cliente che vuole tenere tutto segreto, non sappiamo se per megalomania o cosa. Con quel poco che Gis e Leeve avevano a disposizione, hanno strutturato una locandina affascinante. Consiste nel buco della serratura di una porta in Swarovski oltre al quale ci saranno dei numeri a segnare il countdown all’apertura del locale. Ma non bisogna dire che si tratta di un locale. Potrebbe essere anche un negozio, una libreria, un caffè. Più volte in ufficio ci si è trovati ad arrivare al giorno prima della consegna senza aver terminato il lavoro. Ad ogni modo capisco il lieve panico che sta cogliendo Gis e Leeve, perché questo cliente è uno grosso, ci sono in ballo moltissimi soldi. Ed anche se non vogliono dirlo, sentono la mia mancanza nel gruppo. Mi mordo il labbro.
-Dee, pensaci. Domani consegneremo il lavoro, e dovrà essere terminato ed impeccabile.
Lo sapevo! Faccio per restituirle il fascicolo ma fa un passo indietro, prima di ritornare alla sua postazione.
-No, quella è una copia per te, così ci pensi bene e ci salvi il culo!
La guardo a bocca aperta. Ora capisco anche perché sia venuta lei e non Leeve. Giselle è indomabile ed è una delle poche persone che riesce ad avere l’ultima parola con me. Leeve avrebbe esitato.
Mi abbandono con le spalle alla comoda poltrona. Devo ammettere che questa è l’unica nota positiva del fare la segretaria: non ho una sedia come tutti gli altri, ma una poltrona in pelle nera. Sfoglio lentamente il fascicolo.
Stamane ho fatto colazione con Mr.Barker. Ed è stato piacevole. Abbiamo chiacchierato del tempo e della qualità del caffè. Apparentemente questi sono discorsi che fanno due persone che non hanno nulla da dirsi. Eppure credo che in realtà sono stati degli argomenti neutri che ci hanno permesso di evitare liti e di provare a parlare tranquillamente. Lo so cosa vi state chiedendo. Volete sapere cosa gli ho risposto quando mi ha chiesto cosa vedessi.

-Niente, fin quando non rimetto gli occhiali da vista, Mr.Barker.
-Lei è un’amabile bugiarda, Denise.

Sull’amabile sono arrossita violentemente, ed ho ripensato a ieri sera ed alla gatta. Fortunatamente ho colto appieno il momento, perché lui stava togliendosi la sciarpa che portava al collo ed ho detto la mia su come fosse cambiato il tempo e che bella giornata di sole fosse oggi.
Tacete! Ho sentito i vostri commenti! Oh, ma insomma, cosa volete che faccia? Non posso mica dirgli di aver sentito le parole della gatta, ed anche se fosse lo vedete anche voi come mi tratta! E poi a me non piace per nulla.
Tacete, ho detto!
Il campanello suona due volte velocemente. Odio le persone che suonano così. Mi sanno di invadenti, di impazienti, di viziati. Premo il tasto che fa scattare la porta bianca e quando questa viene spinta leggermente sento il respiro mancarmi.

Indossa dei pantaloni a palazzo, bianchi, un cappotto nero. Non riesco a vedere che scarpe porta ai piedi, ma sono certa siano dei tacchi altissimi. La lunga chioma scura le incornicia il viso da bambola. Mi sorride. Capite? Mi sorride. Mi ritrovo a fare il gesto delle corna sotto la scrivania, come mamma mi ha insegnato.
-Posso esserle utile?
Voce ferma. Decisa. La gatta non sa che ho sentito le sue parole.
-Devo vedere Greg… Mr.Barker.
Poggia una mano sulla mia scrivania e guarda la targhetta su cui è scritto il mio nome. Porta dei bellissimi anelli.
-Mr.Barker è occupato, può dire a me, altrimenti possiamo prendere un appuntamento.
Sembra sorpresa della mia professionalità. In effetti lo sono anche io. Certe volte sembro proprio una segretaria!
-Greg sapeva benissimo che sarei passata stamattina, mi annunci, per cortesia.
Alzo un sopracciglio. Lo stronzo deve avere una calamita attrattiva per i suoi simili. Mio malgrado alzo la cornetta, senza smettere di fissarla.
-Lei è?
La gatta mi sorride.
-Cheryl.
Anche il nome odioso!
-Mrs. Cheryl…?
-Solo Cheryl, lui mi conosce, non ha bisogno del mio cognome, Mrs. Clark.
Il mio sopracciglio è sparito sotto l’attaccatura dei capelli. Questa donna è quanto di più irritante ci sia sulla faccia della terra, forse più di lui, e mi odia, lo so che mi odia. Premo il pulsante che mi mette in contatto con lo stronzo.
-Sì?
Dobbiamo alzare la temperatura dei caloriferi, l’ho già detto?
-Mr.Barker, la signorina Cheryl chiede di vederla.
Riattacca. Quest’uomo ha dei problemi. Non faccio in tempo a riattaccare anche io, che lui esce dal suo ufficio, raggiante.
-Cheryl, tesoro! Che piacere, hai mantenuto la promessa!
L’abbraccia. Lei ride. Lui la guarda con gli occhi illuminati.
Io non ho parole.
Brutto stronzo di merda!
Che poi non capisco neanche perché debba darmi fastidio questo teatrino davanti agli occhi.
Schiocco le guance.
Lui mi guarda, finalmente.
-Mrs. Clark, non ci sono per nessuno. Vieni, tesoro, ti mostro il mio ufficio!
Mrs. Clark?
Ma vattene a fanculo, Mr.Barker!

 
***

 
Seduta al bar, con Giselle e Leeve, mordicchio leggermente le unghie. Tra me e le ragazze è sceso un imbarazzante silenzio dopo che ho raccontato loro della sceneggiata di Barker e Cheryl. Più che altro perché subito dopo ho detto loro cos’ho ascoltato in bagno ieri sera. Neanche loro sanno cosa dirmi. Così, in pausa pranzo, guardo fuori, seduta al mio posto, alla faccia dello stronzo e delle nuove prospettive, ho toccato appena cibo e le ragazze mi osservano. Il fascicolo del progetto è aperto davanti a me, ma non lo degno di considerazione.
-Secondo me vuole farti ingelosire.
Neanche le rispondo. Meno male che ci pensa Leeve.
-Ma come, Gis? Lui non sa che Dee ha origliato…
-Non ho origliato!
-Sì, insomma, ha ascoltato per sbaglio la telefonata della gatta a qualcuno, no? Come può, lui, decidere di farla ingelosire?
-Siete davvero ingenue, a volte: se davvero lui non toglieva gli occhi di dosso a Denise, ha visto che lei è andata alla toilette e subito dopo anche la gatta!
-Sì, ma lui non può sapere cosa sia successo!
-Smettetela, ragazze, vi prego!
Le interrompo.
-Non ha senso parlarne, punto numero uno, e punto numero due: a me non interessa Mr.Barker. Smettiamola, occupiamoci del progetto.
Leeve mi guarda preoccupata. Giselle, ovviamente, dice la sua:
-Vorrei solo farti notare che sei letteralmente impazzita di gelosia quando lui ha accolto la gatta!
Posso rovesciarle l’acqua addosso?
-Ed eri estremamente deliziata, stamane, dopo aver fatto colazione con lui…
Spalanco la bocca. Leeve maschera una risata in un colpo di tosse.
-A te piace, ammettilo, tesoro!
-Chi ti piace, Denise?

Voglio morire. Ora. E voglio che Giselle muoia con me. Ed anche Leeve che non la ferma nello sparare cazzate.
David è alle mie spalle. Mi volto cercando di assumere un’espressione rilassata.
-Oh, niente, Dave! Che ci fai qui?
Solitamente lui non viene a pranzo al Sitting. Quest’uomo inizia a mettermi ansia. Mi dice che infatti è qui di passaggio, si chiedeva se volessi scambiare con quattro chiacchiere con lui.
Inizio ad odiare Giselle. Oggi non la tollero. Ha tossito, ha finto di tossire rumorosamente. Decido di ignorarla, e mi alzo sorridendo.
-Certo, Dave!
Ehi, vi ho sentiti! Si può sapere cosa volete? Barker può chiamare “tesoro” Cheryl ed io non posso scambiare due chiacchiere con David?
Tiene la porta del bar aperta per lasciarmi passare. Torniamo in ufficio, in silenzio, a braccetto, e ci dirigiamo direttamente in sala relax.
-Denise, io…
Mi guarda imbarazzato. Io incrocio le braccia. Cavolo, a volte è davvero difficile parlare con me!
Gli sorrido per spingerlo a parlare.
-Insomma… Ti conosco da qualche anno, ed mi chiedevo se tu… ecco…
Sta arrossendo. No, vi scongiuro! Ed ora che faccio? Cosa gli dico?
-Io credo di… io sono innamorato di te, Denise!
Lascio cadere le braccia lungo i fianchi. Ed ora? Cioè, mi guarda come se si aspettasse qualcosa. Devo fare qualcosa? Devo dire qualcosa? Merda.
-Ah, un caffè in compagnia, proprio quello che ci voleva!
Per una volta devo ammettere che adoro il suo tempismo. David si sposta, appena lo sente parlare, e lo lascia entrare. Sento di arrossire, ed abbasso gli occhi, avvicinandomi alla macchinetta del caffè. Chissà da quanto tempo era dietro Dave. Chissà cos’ha sentito.
Si siede comodamente sul divano rosso. Gli passo il suo bicchiere di caffè, evitando di guardarlo negli occhi.
-Ho interrotto qualcosa?
Mi costringe a guardarlo. Sorride beffardo. David nega a bassa voce. Prima o poi quest’uomo gli chiederà scusa perché respira.
-Niente. Cosa si aspettava, Mr.Barker?
Lo dico leggermente arrabbiata. E non so neanche perché. So che forse ho per un secondo alimentato le speranze di David con il mio tono spazientito. Lo stronzo mi guarda serrando la mascella.
Mi volto ed esco dalla stanza senza bere il mio caffè. Sento il cuore pulsare velocemente. Raggiungo la postazione delle ragazze, che sono rientrate, come tutti gli altri e senza dire una parola afferro un uniposca argento e scrivo una frase sulla stampa del progetto.

 
***
 

Leeve e Giselle sono nell’ufficio dello stronzo. Chissà come sta andando. Non hanno aspettato a domani per la consegna. Appena hanno letto cos’ho scritto si sono illuminate ed hanno lavorato neanche dieci minuti al computer per poi ristampare il progetto. Ho semplicemente scritto, sotto il buco della serratura: “Cosa vuoi vedere? Cosa ti aspetti?”

La linea interna suona. Rispondo.
-Sì?
-Mrs. Clark, venga immediatamente nel mio ufficio.
Entro risoluta, anche abbastanza scocciata. Quest’uomo mi irrita. E sono arrabbiata con lui. Per partito preso.
Le ragazze si voltano verso di me, leggermente preoccupate.
Barker parla.
-Mrs. Clark, il suo ruolo qui dentro è quello di segretaria. Mi sembrava di esser stato chiaro.
Continuo a guardarlo senza capire, ma accigliata.
Prende la stampa del progetto e me lo passa. Istintivamente  gli occhi cercano il logo della compagnia e la firma delle ragazze. Diamine! Hanno aggiunto anche la mia di firma!
-Mr.Barker, io…
Non saprei neanche come giustificarmi. O giustificare loro. Non so cosa si sono detti finora.
-Mr.Barker, senta- Leeve. Leeve combattiva. Il mondo va a rotoli.- È giusto che a Denise venga dato il merito che le spetta. Lo slogan è suo. Se non vuole accettarlo, io e Giselle ritiriamo il progetto come nullo e non lo consegneremo. Denise non c’entra nulla, siamo state noi a chiederle una mano.
Lui fissa primo loro due e poi me. Passa una mano sul viso. Sembra stanco. Chissà che fine ha fatto Cheryl.
-E va bene. Ma che non si ripeta mai più, o quanto meno abbiate il garbo di avvisarmi prima.

Le ragazze sono raggianti. Io continuo a stare in piedi con un’espressione da ebete. Lui le congeda e, quando mi volto per seguirle fuori, dice:
-Aspetti, Denise, devo parlarle.
Sento squittire Giselle. Appena le ragazze chiudono la porta alle loro spalle, mi avvicino alla scrivania e mi siedo di fronte a lui. Ha degli occhi bellissimi. Improvvisamente mi sento stanca.
-Mi dica.
Mi guarda intensamente. Vorrei sapere cosa sta pensando. Si alza e si avvicina a me. Si china di fronte a me. Sento di trattenere il respiro. Stringo con le mani le mie ginocchia.
-La smetti di farmi la guerra, Dee?
Sussurra. Ha il fiato caldo. Non batte ciglio. Vorrei prendere il suo viso tra le mani e… Ma non lo faccio. Resto a guardarlo, iniziando ad respirare lentamente.
Il suo cellulare vibra. Si volta verso la scrivania per leggere il nome di chi lo sta chiamando. Faccio lo stesso. Mamma.
-Devo rispondere…
Sembra dispiaciuto. Si allontana da me. Mi rilasso. Mi alzo. Gli volto le spalle. Sembrano passare ore. Ogni movimento sembra lentissimo. Apro la porta e senza più voltarmi la chiudo alle mie spalle.
Sento improvvisamente freddo.
 


NOTE DELLA (PSEUDO) AUTRICE:

Ciiiiiao! Ho letteralmente sudato per scrivere questo capitolo, perché volevo raccontare tutto ma non sapevo bene come incastrare le scene. Spero sia venuto fuori bene.
Dave è davvero un invertebrato, ha ragione Mr.Barker. Denise è palesemente gelosa dello stronzo, le ragazze sono state eccezionali nel coinvolgerla nel lavoro. E lui, Mr.Barker. prima dolce con la gatta, nonostante la sera prima l’abbia considerata poco, poi dà addirittura del tu alla nostra Dee.
Voglio ringraziare voi ventotto delizie che seguite, ricordate e preferite questa storia!
Ditemi cosa ne pensate! Baciotti, Ev.

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Capitolo 9
*** Capitolo Nono ***


Capitolo Nono –
 
Le luci, l’atmosfera, i colori, gli odori. Tutto rimanda a Natale, ormai prossimo. Sono passati circa dieci giorni dalla consegna del progetto di Leeve e Gis. E mio. In questi dieci giorni non è successo nulla di rilevante.
Ma insomma! Siete davvero petulanti. Cosa credete abbia potuto fare?

-La smetti di farmi la guerra, Dee?

Gregory Barker è il mio capo, io sono una sua dipendente, ci sono quasi vent’anni tra di noi, ed io non mi sento minimamente attratta da lui. Tant’è che sono uscita con David più volte in questi giorni. Tacete. Ho sentito i vostri commenti. David non sarà l’uomo della mia vita, ma cosa c’è di male a passare del tempo con lui? In fin dei conti è un gran bel ragazzo, ha una simpatia velata – in realtà tante volte non capisco le sue battute – e mi tratta da principessa. E poi piace a tutti scambiare delle effusioni con un bel ragazzo. Non giudicatemi male.
Le ragazze mi odiano. Credono che io agisca per ripicca a Mr.Barker. Semplicemente perché Cheryl, la gatta, passa quasi ogni giorno in ufficio e lui l’accoglie ogni volta felice. Ma a me non importa, sul serio. Non mi importa per niente che quando loro escono a pranzo insieme lui si sofferma a guardarmi più del dovuto. Non mi importa per niente che quando sono con David in macchina e passa Lou Reed alla radio mi sorprendo a canticchiare. Non mi importa affatto che lui cambi stazione perché non gli piace il genere. E non importa neanche a Dave, quando dopo tante carezze e sospiri prova ad entrare in me ed io mi scosto da lui. Al massimo mi crede un po’ frigida.

Piuttosto, oggi è un giorno speciale. Stasera aprirà finalmente il locale per cui abbiamo ideato la campagna pubblicitaria. Colpo di fortuna: il locale si chiama Who?, ed hanno apprezzato moltissimo la nostra idea di mistero. Dunque, giorno speciale perché le ideatrici della campagna sono invitate all’inaugurazione; un modo carino per prenderci tutti i complimenti e cercare di accaparrare nuovi clienti. Aspettiamo questo giorno da tanto, e non solo da quando il progetto è stato accettato: aspettiamo da tempo il momento di presentarci direttamente alla società inglese come coloro che burattinano le loro scelte commerciali. Questo significa anche ricevere richieste dirette: il cliente apprezza il nostro lavoro, ci conosce e chiede che proprio noi lavoriamo per lui. Significa una gratifica professionale, significa avanzare nella scalata dell’azienda, significa uno stipendio più alto.
Ad ogni modo, io e le ragazze nel mio appartamento stiamo preparandoci, in largo anticipo. L’inaugurazione è fissata per le 22:00 e sono appena le 19:30. Stiamo scegliendo gli abbinamenti migliori, le scarpe più belle, lo smalto più lucido e cerchiamo di placare i capelli indomabili di Leeve. Siamo al punto cruciale dell’attesa. Credo che quando si debba andare ad una premiere, o a qualsivoglia evento, anche una cena fuori con l’uomo della tua vita, la parte migliore è la preparazione. L’eccitazione, l’ansia, i “Chissà se…”, l’adrenalina ed il terrore che quel vestito non ci entri.
-Sono davvero lunghi, da naturali non si direbbe!
Carezzo i capelli finalmente lisci e lucidi di Leeve, proprio mentre Giselle ci passa una maschera da tenere sul viso dieci minuti. Dovevo seguire un rito cerimoniale come questo dal giorno della mia laurea, probabilmente.
Applichiamo questa marmaglia verde e stomachevole, ed appena lavo le mani, con una smorfia sul viso, il mio cellulare inizia a suonare insistente e ansioso.
Lo scovo sotto un paio di autoreggenti, accanto a Giselle mezza nuda, ed avvio la chiamata, in vivavoce. Non conosco il numero.
-Sì?
-Mrs. Clark, sono Greg.
-Chi? – esclama Leeve, mentre Gis balza in piedi.
Avvampo. Lo sento. Meno male che la maschera copre la pelle.
-Ehm, sono Barker.
Avrà sentito quell’idiota di Leeve ed avrà creduto fossi stata io a parlare.
-Sì, sì, salve. Mi dica…
-La chiamo a proposito dell’inaugurazione.
-Mi scusi, ma come fa ad avere il mio numero privato?- lo so che non c’entra nulla, ma per favore, gente: quest’uomo tra un po’ lo ritrovo nel mio salotto senza sapere come, è dappertutto!
-Denise… Sul suo curriculum non c’è scritto solo nome e cognome.
Apro la bocca e la richiudo.
-Cosa credevi, che l’avesse chiesto a tutto lo studio?- sussurra quella megera di Giselle. Leeve la spintona per farla tacere. Almeno un’amica sana di mente.
-Oh, sì, mi scusi. Mi dica.
Lo sento sorridere. Sono certa stia sorridendo. E sono certa lui sappia che è in vivavoce e che io non sono da sola.
-A che ora passo a prenderla?
-Prego?
Rispondo troppo in fretta, e la mia voce esce come un suono stridulo.
Lui sospira.
-Denise, va bene che il cliente abbia invitato le creative, ma io sono il capo, l’invito è diretto principalmente a me.
Che stronzo, però. Mai una gioia, sempre in mezzo, con questo suo atteggiamento irritante da superuomo. Resto in silenzio. Lui riprende a parlare, mentre le mie due amiche stupide fanno un trenino intorno a me. Sono circondata da idioti.
-Passo io prenderla, andiamo insieme. Ovviamente prenderemo anche Mrs. Kemp e Mrs. Powell. Ma non ho dubbi che le troverò già da lei, vero?
Le ragazze si fermano, sentendosi tirate in causa. Giselle sogghigna, Leeve annuisce guardando il cellulare. Io non posso farcela.
-Va bene, Mr.Barker.
-Alle 21:30 sarò sotto casa sua.
-Le do il mio indirizzo?
-Ho tutto ciò che mi occorre, Denise.
Riattacca. Non capisco perché non debba congedarsi con un saluto educato ma debba lasciarmi sempre con l’amaro in bocca.
Le ragazze mi guardano felici, entusiaste, allegre, e lo sguardo di Giselle preannuncia una volgarità.
-Non dite nulla! Vado a lavarmi il viso, questa melma puzza!
Mi chiudo velocemente in bagno, e sento loro scoppiare a ridere. Ed io, mio malgrado sorrido, e provo una leggera ansia piacevole in petto.
 
***
 
Sono le 21:27. Spruzzo un po’ di profumo, sui polsi. Le ragazze mi guardano in silenzio. Mi sento un po’ in soggezione. Indosso il mio cappotto. Prendo la pochette nera. Finalmente rivolgo loro uno sguardo.
Leeve indossa un tubino amaranto, accollato, e con i capelli lisci sembra quasi un’altra persona. Giselle è splendida nel suo vestito lungo, argento, monospalla. Io alla fine ho optato per un abito corto, blu elettrico, con la scollatura a cuore ed i bordi neri. Ho stretto i capelli in una coda e sono truccata più del solito. Giselle ha insistito perché non mi limitassi al solito mascara. Ho messo persino le lenti a contatto.
Gis dà un’occhiata dalla finestra.
-Ha una Mercedes?
Annuisco. Ho la bocca secca. Maledizione.
-È arrivato, scendiamo?
Leeve mi sorride.
-Puntuale: 21:30 spaccate.
Scendiamo a piedi, abito al primo piano e le ragazze escono dall’edificio prima di me, che perdo tempo a chiudere il portone. Quando mi volto le vedo salire sui posti posteriori della vettura, salutando lo stronzo, entusiaste. Quanto posso odiarle? I vetri oscurati della bella macchina non mi permettono di vedere lui. Apro lo sportello e salgo in auto.
-Buona sera.
Non mi risponde, mi guarda, tenendo entrambe le mani sullo sterzo.
Il silenzio nella vettura è imbarazzante. Persino le ragazze sono ammutolite. Probabilmente hanno smesso di respirare.
-Buona sera, Mrs. Clark.
Sento il cuore battere velocemente. La vibrazione del mio cellulare mi ricorda che non ho letto una mail, arrivatami mezzora fa. Controllo velocemente.

From Dimitri To Stella
Stella, sarà mica un segno del destino la sua presenza ovunque? Fallo impazzire, stasera, non potrà resisterti. Buona serata!

Quest’uomo farà impazzire me. Mi sta letteralmente buttando tra le braccia di Barker. Ma nessuno si chiede io cosa pensi a riguardo? Mi sorprendo a sbuffare. E mi arriva un ulteriore sms.

From David
Divertitevi! E sta attenta, tesoro! Baci

Voglio morire. Quest’uomo è pesante, geloso, appiccicoso. E non gli ho detto che anche Mr. Barker è all’inaugurazione. Sbuffo nuovamente, stavolta non mi rendo conto che lo faccio rumorosamente.
-Qualcosa non va, Mrs. Clark?
Barker sorride mentre mi parla. Ne sa una più del diavolo.
-Va tutto benissimo.
Spengo il cellulare. Non ho alcuna voglia, stasera, di pensare.
Barker alza leggermente il volume dello stereo.
 
***
 
Posso dirlo che il  Who? non è niente di speciale? Hanno creato tutta questa suspense, ed alla fine, a mio parere, il gioco non vale la candela. Tutto molto minimal, la musica techo-francese. Insomma, sarà che sono affezionatissima del Blue Sax, ma questo Who? non mi piace per niente. Sorseggiamo dello champagne, io e le ragazze, in piedi, salutando qualcuno e presentandoci ad altri. Barker si è volatilizzato appena arrivati. Si è trattenuto un attimo solo a squadrarmi quando ho tolto il cappotto, ed io stessa sono rimasta affascinata dalla sua figura elegante e longilinea.
-Mi ha chiesto di passare il prossimo week-end insieme, ad Edimburgo.
Giselle parla di Tom. Sì, sono stupita anche io quanto voi: ancora si frequentano e non hanno ancora consumato. Forse per questo Gis è così esplicita e poco velata nei commenti. È l’ormone.
Passa un cameriere che ci offre altro champagne e noi non lo facciamo insistere. Proprio mentre brindiamo per l’ennesima volta, una voce si intromette tra noi.
-Permettetemi di brindare con voi!
È un bell’uomo, alto, con i capelli ricci e gonfi, biondi, gli occhi azzurri. Sembra un cherubino. Lui sorride e tutte e tre, poi aggiunge:
-Mi presento, sono Mark Dawson, e so che voi siete le artefici della campagna pubblicitaria migliore di Londra.
Mi guarda pronunciando le ultime parole. Gli sorrido.
-Non ci sminuisca, così: la campagna pubblicitaria migliore di tutta l’Inghilterra, se permette!
Touché. Mi sorride. Chiacchieriamo beatamente con lui, che conosce già i nostri nomi, e ci dice di essere anche lui un copyrighter, arrivato a Londra da qualche mese direttamente da New York.
Sento la testa iniziare a diventare pesante, lo champagne comincia ad infastidirmi. Mi congedo con la scusa di una sigaretta, abbandonando le mie amiche con Mark. Loro pendono dalle sue labbra, praticamente.

Il terrazzo è spazioso, e c’è poca gente. In effetti il locale sembra strapieno perché è poco più grande di questo terrazzo. L’ho già detto che non è niente di speciale?
Mi appoggio alla ringhiera e guardo davanti a me. Le mille luci di Londra. Il campanile del Big Ben segna quasi mezzanotte. Vorrei andar via. Maledizione. Maledetto Mr. Barker che chissà dove sarà.
-Ehi…
Mi volto. Mark mi porge un altro bicchiere di champagne. Non ce la faccio più. Lo prendo, tuttavia, ma non lo porto alle labbra.
-Sono eccezionali Leeve e Giselle.
Annuisco.
-Mi hanno detto che lo slogan è stato idea tua.
-Sì, ma il lavoro è stato loro. Io sono la segretaria dell’azienda.
Non mi va di parlare, questo Mark è simpatico ma ha qualcosa che non va. Ho una strana sensazione.
-È un peccato, Denise. Sei davvero in gamba, le tue amiche mi hanno parlato di te, e sono certo che non siano totalmente di parte.
Io non capisco perché ultimamente sono diventata l’argomento di conversazione preferito di Leeve e Gis. Mi stringo nelle spalle e sorseggio, di nuovo, ancora champagne.
-Ascolta, arrivo, direttamente al punto. Sto per aprire un’agenzia di copyrighter, e voglio che tu lavori per me.
Alzo un sopracciglio.
-Come, scusa?
Lui mi sorride. Mi gira leggermente la testa.
-Sei la migliore, ne sono certo. Se non vuoi venire da sola, sono disposto ad assumere anche Leeve e Giselle. Vi offro il triplo dello stipendio che percepite ora. Passate da me, vi renderò l’onore che meritate. Con Barker non otterrete mai il prestigio che posso assicurarvi io.
Nel sentir nominare lo stronzo schiocco le labbra.
-Senti Mark, tu non hai idea di come gestiamo il lavoro e di come Mr.Barker ci tratti…
-Certo che lo so… Abbiamo lavorato insieme, in America.
Aggrotto la fronte. Si avvicina a me, e mi soffia in un orecchio.
-Pensaci, Denise… Barker è un mostro del marketing, non fa nulla senza tornaconto, e per declassarti al ruolo di segretaria probabilmente ha paura del tuo talento. Ti manderò una mail, teniamoci in contatto.
Non mi dà modo di rispondergli perché si allontana.

Possibile? Mr. Barker non è un esempio di simpatia, non è gentile, non è cordiale. È dittatoriale, è severo, è stronzo. Ma non voglio pensare che lo sia al punto tale dall’avermi declassata per indebolire me e le ragazze. In effetti era arrabbiato alla consegna della campagna per Who?, ma poi ha accettato che la mia firma comparisse nel progetto. Non poteva fare altrimenti, in effetti, Leeve era stata chiara.
Mark sembra conoscerlo, hanno lavorato insieme. Chissà cosa sarà successo. Ma io non voglio andar via. Anche se…
-Denise?
Trasalisco. Fuma una sigaretta, stringe gli occhi, tiene una mano in tasca. Gli sorrido, a disagio, come se avesse potuto leggere i miei pensieri.
-Bella serata, Mr. Barker?
Si poggia alla ringhiera, accanto a me. Mi guarda.
-Non voglio fare giri di parole, Denise: ho visto Mark Dawson parlare con lei e le signorine Powell e Kemp. Non so cosa vi abbia detto, ma non fidatevi di lui: abbiamo avuto un disguido anni fa, e diciamo che tende a mettermi in cattiva luce quando può.
Secondo me legge nel pensiero. Sembra provato, in qualche modo, mentre parla.
-Cos’è successo?
In alcuni momenti non riesco davvero a frenare la mia lingua da pettegola!
Mi fissa intensamente.
-Ho lasciato sua sorella il giorno del nostro matrimonio.
Sgrano gli occhi.
-Che cosa?
Lui sorride. Cosa diavolo c’è da ridere?
-Non le sembra una buona motivazione per odiarmi, Denise?
-Ecco, io.. n-non credevo… insomma- balbetto. Cioè, sto balbettando.
-Non credeva che potessi mai essere stato amato da qualcuno?
Avvampo.
-Cosa?
Sembro una stupida.
Mi sfiora leggermente il viso con la mano fredda.
-Non sono così terribile!
Sembra un bambino, arriccia le labbra. Mi scopro a ricambiare il suo sorriso.
-No…Non lo è…
Lo sussurro. Si avvicina a me, e passa la mano dietro la mia testa tirandomi leggermente verso di lui.
Al diavolo le ragazze, al diavolo David, al diavolo Dimitri, al diavolo Cheryl, al diavolo me stessa.
Nell’attimo stesso in cui porto le mie mani  al colletto della sua giacca un applauso ci fa come rinsavire e faccio un passo indietro. Dentro al locale hanno presentato una torta a cinque piani, e l’entusiasmo generale ha disarmato me e Barker. Sono imbarazzata. Alzo gli occhi, mordendomi il labbro.
Lui sembra di nuovo duro, scostante.
-La festa è finita, possiamo andare, recuperi Kemp e Powell, vi aspetto in macchina.
 
 
NOTE DELLA (PSEUDO) AUTRICE:

Saaaaalve! Cosa dirvi? Denise deve far pace con se stessa, un po’ odia Barker ed un attimo dopo gli si butta addosso. Il tempismo è tutto, in questa storia, non credete? Ogni volta che siamo lì lì per… zac! Niente, scordatevelo. Riuscirà mai Greg a rubare un bacio alla nostra Dee? E questo Mark… non dimenticatevi di lui, entra in gioco e giocherà parecchio. David è così insipido e Dimitri sembra il migliore amico che tutti vorremmo ma che Denise non vuole.

Ditemi cosa ne pensate! Trentuno baci e grazie a voi trentuno stelline che seguite, preferite e ricordate questa storia!

Baciotti, Ev.

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Capitolo 10
*** Capitolo Decimo ***


Capitolo Decimo –
 
Sono di pessimo umore. Scendo dal taxi e sbatto la portiera come se la colpa di tutti i mali del mondo fosse del tassista che, in effetti, mi guarda in cagnesco. Non mi premuro di aprire l’ombrello, vista la pioggia insistente, piuttosto abbasso la testa, alzo il cappuccio del giubbotto e corro verro il Sitting. Entro e come al solito faccio la mia passerella, sorrido a Tina, nonostante non abbia nessuna voglia di farlo, e mi dirigo al mio posto. Lui non c’è.
Ieri sera io e Greg Barker ci siamo quasi baciati. Poi io ho fatto un passo indietro. E lui, infastidito, mi ha ordinato di recuperare Leeve e Giselle e di raggiungerlo in auto. Ci ha riaccompagnate a casa. O meglio, volete sapere cos’ha fatto pur di non restare da solo con me? Ha lasciato prima me e poi ha accompagnato le ragazze. Non che sia gelosa, assolutamente, ma voglio dire: avranno parlato in tutto tre volte, e poi non avremmo dovuto scambiare due parole di chiarimento io e lui?

Oh, merda! Ok, lo ammetto: avevo voglia di baciarlo, ed era palese che anche lui volesse, e forse le ragazze hanno ragione a dirmi che lui mi cerca, ma tanti tasselli non tornano: credo abbia una relazione, non so di che tipo, con la gatta Cheryl, come d’altronde io con David, allo stesso tempo io sono attratta da Dimitri che non mi si fila per niente e come se non bastasse un altro pensiero, squallido, lo ammetto, si è palesato in me, stanotte.
Mark Dawson mi ha detto che Barker è senza scrupoli, che non fa nulla per niente. Che magari mi ha declassata per limitare il mio talento. Barker mi ha poi detto che Mark lo odia per un vecchio rancore – e ci credo, come si fa a lasciare una donna il giorno stesso del matrimonio?- e che cerca di metterlo in cattiva luce appena può. Ma se Mark non avesse poi torto? Il fatto che Barker abbia lasciato la sua donna proprio in un giorno in cui doveva celebrarsi il loro amore, la dice lunga sul carattere di lui. Ho passato la notte a chiedermi cosa ci fosse di sbagliato in tutto questo – tutto cosa, poi?- e non posso che dire che Barker è il problema: è prorompato nella mia vita fin dall’inizio come uno stronzo, al di là della questione del tavolino qui al bar. Non c’è stato un attimo in cui abbia manifestato gentilezza, e se c’è stato subito dopo ha fatto in modo di maltrattarmi. Non che io sia la simpatia fatta a persona con lui.
Mentre Tina lascia la mia colazione sul tavolino, qui davanti a me, senza dirmi nulla, estraggo il mio telefono, e leggo una mail appena giuntami.
 
From Dimitri To Stella
Senti, io ti scrivo quello che penso, ora, poi ci diamo un taglio, chiaro? Potrai arrabbiarti, potrai dirmi che sono uno stronzo, ma Stella, a te piace Greg Barker, e niente ti limita dall’avvicinarti a lui se non due cose: non vuoi passare per la solita segretaria che si fa il capo, e credi, speri, ancora, che io e te un giorno possiamo iniziare una relazione. Dunque: per quanto riguarda la tua reputazione, stai tranquilla. Monica Lewinsky è stata l’amante del Presidente degli Stati Uniti, va bene che all’inizio si è alzato un polverone, ma di lei adesso nessuno si ricorda. Voglio dire semplicemente che non bene o nel male la gente parlerà sempre di te, troverà il modo di criticarti. “È la fidanzata del capo” oppure “È la segretaria del capo”, per loro non fa differenza. Sei già segnata, fattene una ragione. Tanto vale, sparlassero su fondamenti concreti: tregua con Mr.Barker, avvicinati a lui. Sappiamo tutti che vi desiderate. Stai solo prolungando l’attesa, e non sempre l’attesa è alimento di desiderio: a volte lascia esausti. Non tutti sanno aspettare. Tu per prima.
Per quanto riguarda, invece, la tua speranza di vedermi sbucare e di passare il resto della nostra vita felici e contenti, mi spiace: non succederà. Io ho idealizzato te e tu hai idealizzato me.
Abbiamo parlato molto in questi anni, e poi per caso ti ho trovata. Mi hai detto il nome del tuo capo, e la mia curiosità non ha saputo placarsi. Mi è bastata una piccola ricerca su internet per trovarti, Denise Clark, bella, rossa, limpida, giovane e brillante.
Il gioco non ha più senso, adesso. Non pensare a me, perché non sono nessuno in realtà, tu credi di amare un Dimitri che potrebbe essere un Jack, un Fred, un Bill, o una Mary, una Elizabeth, una Christine.
Dimenticati di me, questa email verrà disattivata. Ti lascio solo una cosa, per ringraziarti di questi anni di parole, e per spronarti a vivere. Perché tu, Stella – perché per Dimitri sei Stella, non Denise – sei bravissima con le parole, sei talentuosa. Ma hai troppa paura di vivere. Lasciati andare.
Con affetto, buona fortuna. Dim
 
Le lacrime rigano il mio viso. Non posso crederci. Mi alzo di scatto, e mi precipito all’uscita del Sitting, scontrandomi proprio con Leeve e Giselle.
-Che cazzo… Denise! – sento esclamare, con una sorta di ansia, Giselle. Attraverso la strada senza controllare il traffico, e salgo le scale del palazzo dell’ufficio tre alla volta.
Trovo la porta principale già aperta. La spingo un po’, sentendo il cuore scoppiarmi in petto. Da qualche parte dell’ufficio Barker chiacchiera con John e qualcun altro. Sulla mia scrivania c’è un’orchidea bianca. Ed un biglietto. Tiro su col naso, rumorosamente.

Vivi, Stella.

Singhiozzo senza controllo ormai. Una mano si posa sulla mia spalla. Mi volto e incontro gli occhi amorevoli di Leeve. Mi tuffo tra le sue braccia, e lei mi sussurra:
-Hai lasciato il telefono al bar… Non avremmo dovuto leggere, ma eri sconvolta, eravamo preoccupate…
La mano piccola di Giselle mi carezza la testa.
-Sh, tesoro, calmati…
Non saprei davvero cosa dire. Cosa pensare. Non lo so. So che sento un grande vuoto. Una grande inquietudine.
-Cosa succede?
La sua voce mi fa staccare da Leeve, e cerco di ricompormi alla bell’e meglio.
-Niente, Mr.Barker. Niente.
Giselle gli risponde in modo fermo.
-Denise!
Oh, cazzo, lui no! David di palesa dal nulla e si avvicina a me. Evito con tutta me stessa di guardarlo, e così facendo incrocio lo sguardo di Barker. Sembra seriamente preoccupato.
-Ma questa pianta? C’è un biglietto…- così dicendo Dave legge il biglietto, poi mi guarda e riprende:
-Denise… cosa? Stella? Ma… c’è qualcosa che devi dirmi?
Ora, io capisco che sono scoppiata in lacrime rumorose e mezzo ufficio è accorso ad assistere a questa scena, ma lui… Lui!
-Sì…- a volte sono davvero teatrale a volte. Dovrei fare l’attrice. – Sparisci!
Gis scoppia a ridere. Che stronza! Diamine, forse anche io sono stata stronza. Leeve mi guarda scioccata. Io sento per un secondo il bisogno di ridere, isterica. Dave mi guarda dispiaciuto, umiliato, prima di voltarsi ed allontanarsi.
-Clark, nel mio ufficio, ora.

Mi passa davanti, apre la porta del suo ufficio ed attende che io entri. Mi avvicino a lui, e lo anticipo nell’entrare. Lui chiude la porta alle nostre spalle.
-Cos’è successo?
Parla a voce bassa, vicino a me, guardandomi fisso negli occhi. Sento di nuovo l’angoscia in petto, sento le lacrime inumidire nuovamente i miei occhi. Tolgo gli occhiali e li tengo in mano, tremando.
-Diciamo che è finita una… storia.
-Credevo stesse con Hope.
Gli sorrido, mio malgrado.
-No… David non è assolutamente la persona che può stare con me. Ho preso in giro lui e me stessa.
Lui continua a guardarmi con interesse. Vuole spingermi a parlare, ma non chiede.
-Ecco…- inizio. Mi lecco le labbra e lui mi sorride per rassicurarmi- Per qualche anno ho sentito molto vicino a me una persona… ed ora non… ora questa persona ha pensato bene di porre fine a questa cosa.
Lui sembra non capire. In effetti non saprei neanche come spiegare. Solo le ragazze sanno tutto, dall’inizio. Le ragazze: sono certa che arriverà il momento in cui mi diranno “Te l’avevamo detto!”.
Mi rendo conto di lasciar scivolare una lacrima sulla guancia. Tiro su col naso ed arrossisco. Sembro una bambina.
Lui non smette un attimo di guardarmi. Raccoglie la mia lacrima e mi sfiora il viso più volte con i polpastrelli ruvidi.
Ha la barba leggermente ispida, di chi non si rasa da qualche giorno. Sento il suo respiro pesante, come se fosse agitato e non riuscisse a prender fiato. Mi accorgo di accompagnare il suo quasi ansimare, seguendolo ritmicamente con il petto.

Si morde il labbro, quasi fosse stato sul punto di parlare. Ha una bella bocca. Delle belle labbra. Un bel sorriso. Dei begli occhi. E riconosco il suo odore. Come se l’avessi sempre sentito. Come se l’avessi nascosto da qualche parte in me, e lo riscoprissi ogni volta che mi sta di fronte.

-Denise, io…
Gli poggio un dito sulle labbra. Lo strofino leggero sulla carne rosea, solleticandomi quando incontro la barba.
Credo di essere sul punto di avere un infarto. Ho bisogno di toccarlo, o il cuore mi scoppia in petto.
Alzo leggermente le punte e gli sfioro le labbra con le mie. Lui è immobile. Gioco leggera con i denti, mordendogli la carne, cercando di crearmi in varco per assaggiarlo meglio.
Mi rendo conto che lui resta fermo. Apro gli occhi e mi accorgo che mi guarda incredulo. Merda! Cos’ho fatto? Cazzo. Cazzo. Cazzo.
Avvampo. Sposto gli occhi velocemente per la stanza, cercando un appiglio, provando a prendere aria.
Appena poso gli occhi sulla maniglia della porta sento le sue mani intrappolare la mia testa.

Riesco solo a pensare che è fresco. Fresco e pungente. Mi morde, mi carezza la lingua con la sua, preme le sue labbra con avidità sulla mia. Mi tiene la testa delicatamente, poi intreccia le sue dita ai miei capelli, tirandoli appena, facendomi mugugnare leggermente. Porto le mie mani, alla cieca, alla sua di testa, volendo far forza e tirarlo ancor più a me.
Ci allontaniamo un attimo. Mi guarda, respirando a bocca aperta. Arrossato. Spettinato.
Io mi lecco le labbra, poi mollo la presa. Lui mi segue nei movimenti. Mi schiarisco la voce.
-Io… io andrei a… sì… ehm… vado a lavorare.
-Sì… sì… Ecco. Sì, vada.
Non riesco a guardarlo. Senza avere idea del mio aspetto esco dall’ufficio e mi dirigo velocemente alla mia scrivania. L’orchidea è bellissima. Il biglietto è poggiato sulla tastiera del computer.

Vivi, Stella.

Alzo gli occhi e da lontano scorgo Leeve e Giselle intende a fissarmi. Leeve mi sorride e Gis agita il pugno in segno di vittoria. Mi specchio nello schermo scuro e mi vedo spettinata e col viso rilassato, arrossato, le labbra piene.
Non posso crederci.
 
 
NOTE DELLA (PSEUDO) AUTRICE:

Ce l’abbiamo fatta! Ce l’ho fatta! Ce l’hanno fatta! Sono esattamente come Giselle che si agita vittoriosa, sto saltellando sulla sedia!
Dimitri esce di scena, saggio, sapendo che fin quando non si allontana Dee non si avvicinerà mai sul serio a Barker. Ma chissà se Dim avrebbe mai pensato a tanta velocità di reazione! E chissà che Dim non ricompaia con le sue vere sembianze nella storia…
David viene ridicolizzato. Insomma è pesante, petulante, invertebrato.

Non saprei cosa dire. Davvero! I soliti ringraziamenti, alle mie muse: LightSaber, raw_input, Kahlua.
E tanto amore a voi trentadue stelline <3

Recensite, ditemi cosa ne pensate, ché ora avrò un po’ di tempo per pensare al proseguo.
Baciotti, Ev.

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Capitolo 11
*** Capitolo Undicesimo ***


Capitolo Undicesimo –
 
Tra qualche giorno è Natale, in ufficio è un via vai tra campagne di auguri ed eventi a tema, la solita piovosa Londra sta offrendo sole, le vetrine dei negozi sono ipnotiche. Io batto al computer email tutto il tempo, rispondo al telefono con fare professionale. Sono diventata proprio una segretaria! Giselle ha finalmente consumato con Tommy, il che è cosa buona e giusta, così la smette di commentare ogni mio respiro. Leeve pare esca con un tizio conosciuto una sera al Blue Sax, ma tiene tutto celato in gran segreto, credo perché sappia benissimo che Giselle potrebbe allestire una campagna pubblicitaria sul suo intimo.
Io sto bene. Dico sul serio. Sono solo molto stressata, lavoro tanto, mi impegno. Sono un po’ sciupata, ma insomma, non ho quasi il tempo per magiare e per dormire. Ma lo faccio, in minima parte lo faccio.
Gregory Barker ed io ci siamo scambiati un bacio, il bacio, e da quel momento siamo solo capo e dipendente. Non mi rivolge sguardo o parola che non sia di lavoro, sembra accigliato ed arrabbiato per qualcosa. Ho provato a scusarmi con lui – scusarmi poi per un qualcosa voluto da entrambi? – ma mi ha liquidata con due parole in croce.
Non capisco. Voglio dire, non capisco perché ignorarmi così, trattarmi con sufficienza, dopo un piccolo contatto… Cheryl! Ecco, ho pensato che lui si sentisse in colpa nei riguardi della gatta, che infatti non viene in ufficio da tempo ormai.
Ma insomma: quante di voi non hanno fatto supposizioni sul comportamento di questi uomini? Dicono che noi donne siamo strane, incoerenti, confuse, ma loro? Dicono davvero quello che pensano? Hanno paura di essere presi in giro quanto noi, hanno paura di essere ingabbiati in un matrimonio lampo, hanno paura di avere a che fare con donne dotate di un cervello e non solo di un seno sodo. Ad avercelo, il seno!
Mi pongo molte domande, continue domande, non riuscendo a darmi risposte, credendo che forse il problema sono io, la ragazzina che è saltata addosso al suo capo. Poi rifletto e mi dico: no, Dee, non sei tu il problema, tu sei eccezionale, lui è solo il solito uomo senza cervello che ha paura dei proprio impulsi.
Forse sono estrema, lo so. Eppure c’è stato qualcosa, fin dalla prima volta che l’ho visto, fin dalle prime battute maligne che ci siamo rivolti, che mi ha fatto il solletico sotto al mento. Non lo avrei mai ammesso se non fossi arrivata al punto di riempirmi di tanti pensieri fino a scoppiarne.
Invio l’ultima email di auguri di buone feste, alzo gli occhi e sorrido all’orchidea bianca posta sulla mia scrivania. Dimitri. Potrei rintracciarlo, sapete? Basterebbe convincere il fiorista che gli ha venduto l’orchidea a dirmi chi è stato l’acquirente. Ma non voglio. Bisogna chiudere fuori delle cose, per quanto faccia male, perché non è possibile vivere di farfalle e poesia, per sempre.
Il telefono squilla per l’ennesima volta.
-Buongiorno, WebLine Corporation, sono Mrs.Clark, in cosa posso esserle utile?
-Denise! Che piacere risentirti!
Resto interdetta ed aggrotto la fronte. Non capisco a chi appartenga la voce maschile all’altro capo del telefono.
-Mark Dawson, tesoro, non dirmi che ti sei già dimenticata di me!
Spalanco la bocca e la richiudo immediatamente.
-M-Mark! Salve!
Ho un tono isterico, lo sento, e sto arrossendo violentemente. Scivolo lentamente sulla mia poltrona per nascondermi meglio dietro la scrivania.
-Dovrai farti perdonare, Denise, per non avermi riconosciuto!
Ha un qualcosa di minaccioso nel tono, ma decido di ignorarlo e piuttosto gli chiedo:
-Come stai? A cosa devo questa telefonata? Vuoi parlare con Mr.Barker?
Lui ride di gusto. Ha qualcosa che non mi piace.
-Sto bene, Denise, benissimo a dir il vero. Ma potrei star meglio… Ti ho telefonato per invitarti a bere qualcosa, magari stasera, dopo il lavoro, magari al Who?, così che tu possa apprezzarlo senza troppa gente che gira intorno, come all’inaugurazione. E no, non ho alcuna intenzione di parlare con Barker.
Per tutto il tempo che ha parlato ho trattenuto il fiato. Riprendo a respirare lentamente, mi lecco le labbra e gli dico:
-Sono lieta dell’invito, Mark, ma…- Greg mi ha messo in guardia. Ma Greg chi?
-Ma…?- lo sento sorridere.
-Ma facciamo per il dopo cena, ok?- dico tutto d’un fiato.
-Perfetto. Non desideravo altro. Vengo a prenderti. Dammi il tuo indirizzo.
Un minimo di buon senso mi porta a dirgli che ci saremmo visti direttamente al locale. Chiudiamo la comunicazione ridendo entrambi. Ma sento un grosso peso sul petto.
Basta! Barker non può condizionarmi a tal punto: andrò a bere un drink con un bell’uomo, e basta, lo fanno tutte, non sono mica da condannare!
Leeve si avvicina a me.
-Andiamo a pranzo?
 
***
 
Sto bevendo l’ennesimo caffè della giornata, dopo aver assaggiato del pudding tanto per far contente le ragazze. Loro tanno discutendo dell’ultimo successo di Katy Perry, ed io le ascolto davvero interessata, pur di non ricadere nei miei pensieri.
-A me piace, insomma, il testo è davvero bello!
-Sei la solita romantica!- Gis ammonisce Leeve – Sicuramente anche Dee è d’accordo con te!
-Ragazze… Stasera esco con Mark Dawson.
 
***
 
Il Who? continua, per me, ad essere niente di speciale. Nonostante ora abbia modo di guardarlo con più calma, non trovo nulla che davvero possa colpirmi. Sono seduta su queste poltrone, anche scomode, con Mark che mi racconta qualche aneddoto americano, mentre beviamo della Caipirinha. Devo ammettere che è davvero un bel ragazzo. Ho scoperto che ha appena trent’anni, ed è anche simpatico. Forse sono io ad essere troppo controllata. Sostenuta.
-Denise, ascolta… So che non ha mai preso in considerazione l’idea di lavorare per me.
Mi stupisce il fatto che prenda lui l’argomento e che lo faccia con tale cognizione.
-È vero. Non l’ho mai fatto. Io sto bene alla WebLine, davvero.
Sento la mia voce ovattata e lontana.
-Permettimi di vederti ancora, però. E sappi una cosa, Denise: te ne andrai di tua spontanea volontà dalla WebLine, e verrai da me.
Scoppio a ridere. Ci crede davvero?
Il locale inizia a riempirsi, ed io poggio le spalle alla poltrona, cercando di rilassarmi, chiudo gli occhi per un attimo.
Credo di riconoscere le note della canzone che passa nel locale. Appena riapro gli occhi incrocio quelli azzurri di Mark, troppo vicini ai miei. Riconosco il suo profumo. È lo stesso di Mr.Barker. Con un sorriso gli do il permesso di baciarmi.
È diverso da Greg. Sembra voglia trattenersi, come se fosse troppo erotico per un luogo pubblico. Io non mi stupisco di baciare un altro e di pensare a lui.  Improvvisamente mi morde leggero e mi bacia con più foga ed io partecipo anche con una certa complicità.
Si stacca all’improvviso, mi sorride, ed io abbasso gli occhi, imbarazzata. Mi seggo dritta, e prendo in mano il mio bicchiere. Portandolo alla bocca incontro gli occhi verdi di Greg che mi guardano privi di espressione, mentre Katy Perry canta:
“The trap ins is the key to be, to be truly free. Will you do the same for me?”
 
***
 
Non chiedetemi nulla. Non fatemi pensare a nulla. Non voglio ricordare nulla. Ho passato la notte con Mark. Siamo andati a letto insieme. Ho fatto sesso con rabbia. Credo che lui l’abbia interpretata come disinibizione. Al locale Greg Barker mi ha visto baciare con passione l’uomo a cui, mi aveva raccomandato, devo stare alla larga. Non ditemi, non chiedete, non parlate. Le ragazze mi hanno già espresso il loro dissenso. Non sono una ragazza facile, ed ho dimostrato il contrario. Ma a chi faccio dispetto?
L’aria in ufficio è pesante. Non ho visto Barker, ma sono sicura sia in ufficio. Io termino di protocollare dei documenti. Oggi è l’ultimo giorno di lavoro prima delle vacanze natalizie. I miei colleghi sono allegri, persino David ride e scherza. Io sono concentrata e ad occhi bassi.
La porta dell’ufficio di Barker si apre e lui supera la mia postazione. Alzo la testa solo quando lui mi da le spalle. Tiene le mani in tasca e con un colpo di tosse attira l’attenzione dei dipendenti.
-Bene, volevo solo dirvi che finora avete fatto un ottimo lavoro, e che per il nuovo anno ci saranno progetti importanti a cui andare in contro! Vi auguro delle buone festività!
Non l’ho mai sentito tanto allegro. Anche gli altri sembrano stupiti di tale entusiasmo. Si volta di scatto e mi trova a fissarlo.
-Quanto a lei, Mrs.Clark…
Ok. Sono licenziata. Lo sapevo. Deglutisco.
-Ho letto attentamente il suo curriculum e mi fa piacere constatare che parla italiano.
Non riesco neanche ad annuire. Non ho idea di dove voglia andare a parare.
-L’azienda è stata invitata ad un importante evento a Venezia per festeggiare il nuovo anno. Io non parlo italiano, ed ho bisogno di un’interprete. Verrà con me in Italia per capodanno, Denise.
 

NOTE DELLA (PSEUDO) AUTRICE:
Sono tornata! Mi scuso per il capitolo scarno e confuso, ma diciamo che sto vivendo pene d’amore che mi rendono un po’ la Dee della situazione!
Dunque, Mark ritorna e Denise si concede a lui, Barker la ignora e poi la porta con sé a Venezia.
Non mi dilungo, piuttosto ringrazio voi trentacinque cuori che seguite, preferite e recensite questo mio delirio! Baciotti, Evanne
 
Ps. La canzone di Katy a cui faccio riferimento è Unconditionally.

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