Per
un paio di francesine
Capitolo
1
IIII
L’inverno era quasi finito
ma, nonostante questo,
quel giorno faceva comunque molto freddo. A dirla tutta, io non ne
soffrivo:
venivo da Grenoble, e mi ero appena trasferito… in Francia sì che
faceva
freddo!
Difatti, quel mattino
giravo per le strade di Napoli
con un cappotto leggero, anche sbottonato, ed ero in cerca
d’ispirazione.
Perché Napoli? Beh… mi aveva incuriosito, mi sembrava una bella città…
anche se
non aveva esattamente l’aspetto pulito ed ordinato che aveva la mia
cittadina
francese…
- Ho deciso!- avevo
esclamato d’un tratto, un giorno
- Il mio libro sarà ambientato a Napoli! -, e l’avevo deciso così,
all’improvviso.
Si, il mio intento era
scrivere un libro,
dall’argomento un po’ particolare. Ma mi serviva una protagonista vera,
reale e
nel contempo non comune. Ed ore ero in giro, cercando la mia musa.
Tutti erano
vestiti pesanti, non abituati a quel gelo polare in un paese marittimo,
e ogni
tanto si sentiva esclamare qualcosa in napoletano, dai suoni stentati e
cadenzati del dialetto, che non riuscivo a comprendere bene… somigliava
a
qualche invocazione ai santi, di quelle che si sentono in chiesa, con
la parola
“fridd” (forse “freddo”) stampata sulle labbra.
In italiano me la cavo
abbastanza! Dopotutto ho
avuto un buon insegnante, mio fratello maggiore si trasferì a Firenze.
È un
pittore dalle grandi capacità, e devo a lui la mia creatività e
sensibilità.
Potrei dire che mi ha insegnato lui tutto quel che so. Anche se,
personalmente
alla pittura ho sempre preferito la scrittura.
La pioggerellina che aveva
iniziato a cadere quasi
non si sentiva, tanto fitta e leggera da parere foschia; il tempo
grigio
spegneva quella città che solitamente era luminosa e allegra. Le strade
erano
un tantino scivolose e avevo rischiato parecchie volte, ormai, di
cadere col
sedere per terra… Fortunatamente, avevo un buon equilibrio.
Al mio
fianco
camminava Corrado Cirillo, un tipo sulla trentina, non più alto di me,
un
italiano che aveva il compito di mostrarmi la città, anche se lui non
era
napoletano.
Era
diventato una
sorta di assistente, nonchè vicino di casa, dato che era stato grazie a
lui se ero
riuscito a trovare una casa in poco tempo… cioè, una casa che non sia
stata
solo un piccolo appartamento in centro.
Avevo
trovato una
casa carina, non lontano dal centro. Faceva parte di una serie di case
a
schiera, a due piani. Piccola, ma non male come stile, mi ci ero subito
adattato.*
C’era molta
gente…
Passò una
ragazza
dai capelli scuri, col taglio corto e asimmetrico, un trucco molto
pesante
sugli occhi e pelle olivastra. Scarsamente vestita (in inverno?), magra
e
piatta. E aveva una camminata alquanto svogliata, di chi se ne sta
altamente
fregando di ciò che la circonda. Gesticolava molto parlando al
telefono,
probabilmente era rivolta al proprio ragazzo.
“Non
potrebbe mai essere adatta…”pensai.
- Che ne
dici di quella?
– Corrado mi indicò un’altra ragazza.
Una tipa
dall’andatura
sicura di sé, la voce fin troppo alta e stridula, i capelli ricci e
disordinati
di un castano chiaro, le labbra doppie e colorate di rosso, la pelle
scura.
Delle belle mani affusolate, ma dei forti muscoli alle spalle, forse
era una
nuotatrice.
- No… non mi
piace!
– ribadii.
- Beh, sai,
se
almeno mi dessi qualche indizio su come vuoi questa benedetta
protagonista,
forse ti saprei aiutare meglio! – non so quante volte da quella mattina
mi
aveva ripetuto quelle parole.
Voltammo
l’angolo e
da Via Duomo ci ritrovammo a Via Foria, una strada ancora più affollata
di
prima, se non più rovinata e poco curata. A fatica superammo la folla
che si
era creata sul marciapiede, vicino a una rosticceria. Quante ragazze
con una
dose smisurata di trucco in faccia, quante con scollature assurde
nonostante il
freddo, e quante con colori decisamente improbabili abbinati ad altri
ancora
più indecenti!
Forse avevo
sbagliato città… forse mi ero illuso al riguardo!
Avevo fatto
male a
trasferirmi, forse avrei dovuto studiare meglio la questione a casa,
analizzare
mentalmente un piano, e invece ho voluto per una volta seguire
l’istinto e mi
sono lanciato, come la chiamo io, in una “grande impresa” speranzoso di
avere
un minimo di fortuna! Chissà se davvero era una passeggiata a vuoto,
quella che
stavo compiendo.
- Trovato! –
esclamai.
- Cosa? –
domandò.
- Voglio una
tipa
particolare… Proviamo a teatro! – mi incamminai verso il teatro Bellini.
- Come vuoi…
- e
con pazienza infinita Corrado mi seguì.
IIIII
Quando
arrivammo
era tutto chiuso e non c’era anima viva… a parte una vecchietta che
tentava di
attraversare la strada.
Niente da
fare: un
altro buco nell’acqua.
- Come non
detto…
torniamo indietro – dissi, deluso dalla strana situazione.
- E dove
andiamo?–
- A Piazza
Garibaldi… anche se non ne sono del tutto convinto. – risposi sbuffando.
Così ci
incamminammo verso Piazza Cavour, dove avremmo preso il treno.
- Ti va se
ti offro
un caffè? – domandò il mio collega.
- Oui, merci… ne avrei
proprio bisogno… -
IIIIII
Come poteva
chiamarsi
una grafferia, se non Parentesi Graffe?
Una volta arrivati, più che di un caffè, mi venne una certa golosità di
dolci;
così, su consiglio di Corrado, ne presi alcuni buonissimi chiamati Via col vento.
Oh
oui… erano
veramente squisiti!
- Sai, non
c’è solo
il tuo libro, in questo momento… dovremmo parlare anche del pagamento
della
casa… non c’è solo il tuo libro in questo momento. – mi ricordò il mio
amico.
- Lo so.
Prometto
che pagherò. I soldi devono ancora arrivarmi da Grenoble – mi passai
una mano
in faccia, stanco.
Il piccolo
bar era
quasi vuoto ma, del resto, date le dimensioni forse avrebbe fatto
meglio a
rimanere tale: era un locale stretto dove a malapena entravano due
tavolini ed
un bancone. C’era un forte odore di zucchero e cioccolato, di dolci e
bevande
di tutti i tipi, ipercalorici. Oltre a noi due, c’era solo una coppia
che
parlava di musica. Insomma, era un posto davvero accogliente, il posto
perfetto
per una qualsivoglia tipo di uscita mattutina… o anche pomeridiana
volendo.
- Perché non
chiedi
a tuo fratello di spedirteli? – Corrado prese un altro dolcetto.
- Perché è
troppo
occupato con la sua arte e con le modelle
della sua arte… non so se mi spiego. –
Ridemmo
insieme: erano piacevoli
quei momenti... sembrava che non potessero diventare ancora più
piacevoli.
Fu
in quel momento, che mi sentii
come quando ci si perde ad osservare un uccellino appena atterrato sul
davanzale della tua finestra, e ci si mette a fissarlo come qualcosa di
incredibilmente raro; oppure, come quando ci si siede su una panchina
stanchi
della giornata appena passata e si rimane a fissare i rami degli alberi
che si
aprono verso il cielo limpido, e si comincia a pensare quanto sia
pazzesca la
natura. Fu così che mi sentii, nel momento in cui vidi entrare nella
grafferia
lei, la ragazza perfetta per il mio libro…
I
capelli parevano fili d’oro,
gli occhi erano verde smeraldo e le labbra, invece, leggermente rosate;
un
profumo inebriante di zucchero filato mi solleticò il naso nonostante
l’odore
del locale. Indossava un cappotto nero, di quelli larghi sotto, con
sopra una
lucida sciarpa verde: le sue mani affusolate erano coperte da
elegantissimi
guanti neri di pelle, e ai piedi portava un paio di francesine nere a
punta…Si
avvicinò al bancone con movenze eleganti e raffinate. No, quella non
sembrava
la classica napoletana…
- Aspetta!
–sussurrai all’improvviso colto da un’ispirazione improvvisa.
Corrado si
girò
nella direzione in cui stavo guardando e capì che stavo chiamando la
ragazza
che aveva attirato la mia attenzione.
- Ma cos…
Perché
chiami quella ragazza? – io non lo ascoltai minimamente, mi alzai con
uno
slancio dallo sgabello alto e la raggiunsi con un passo. Lei non aveva
badato a
nulla, era concentrata su cosa ordinare.
- Io ti
consiglierei i “Via col vento” sono
ottimi – involontariamente e inaspettatamente mi venne da parlarle con
il mio
accento un po’ francese, e subito dopo mi resi conto che forse la stavo
disturbando…
Lei in un
primo
momento mi guardò un po’ sorpresa… come se stesse analizzando
lentamente la
situazione.
- Oh! –
esclamò
all’improvviso – Diceva a me? –
- Oui – risposi accennando un sorriso.
- Grazie del
consiglio! – e mi rivolse un dolce sorriso.
- Che
diavolo
combini?! – mi sussurrò arrabbiato il mio collega.
- L’ho
trovata! –
risposi.
- Mi scuso,
signorina – mi rivolsi di nuovo a lei che sta volta mi stava prestando
più
attenzione – Non mi sono presentato! Mi chiamo Daniel Legrand e… -
- Molto
piacere! –
non mi fece finire la frase! – Vorrei qualche “Via col
vento” da mangiare ora, grazie! – si rivolse alla
commessa.
- Vorrei
proporle…
- tentai di continuare il mio discorso.
- Mi scusi
solo un
secondo – mi guardò dispiaciuta – Quant’è? – si rivolse di nuovo alla
commessa.
Pagò, e si
sedette
al nostro tavolino che ormai avevamo lasciato vuoto.
- Mi dica… -
appoggiò i dolci sul tavolo dove poco prima c’erano i nostri, si sfilò
i guanti
e prese a mangiare accavallando le gambe con nonchalance.
- Le
piacerebbe
diventare la protagonista del mio libro? – domandai velocemente senza
fermarmi
a pensare.
Lei si fermò
con un
dolcetto a mezz’aria, chiuse la bocca e mi guardò un po’ sorpresa.
- Cos’è? Un
nuovo
modo per rimorchiare? – e riprese a mangiare.
Mi scappò
una
leggera risata. In effetti avevo corso un po’ troppo… mi ero lasciato
trascinare dall’entusiasmo, come al solito, e non avevo pensato alle
conseguenze.
Il mio
collega
intanto, sapevo perfettamente che dietro a me si disperava pensando
alla
pessima figura che gli stavo facendo fare.
- Posso
rubarle
solo qualche minuto del suo tempo? – chiesi cordialmente.
- Okay… però
faccia
presto, a mezzogiorno ho un appuntamento importante –
IIII
- Il mio
nome è
Melinda Bloomwood – mi tese la mano.
Ormai
eravamo tutti
e tre seduti ad un tavolino a parlare, ed io le avevo spiegato chi ero,
chi era
il mio collega e perché la stavamo disturbando. Lei ascoltò con
pazienza ma poi
esclamò: - Sinceramente, non so se crederle… potrebbe essere chiunque –
- Non le do
torto!
– ribatté il mio amico guardandomi storto.
- Oui…je compris… troviamo un accordo – mi
guardarono dubbiosi. Le porsi così il mio biglietto da visita.
- Qui ci
sono il io
indirizzo e il mio numero di telefono. La pregherei di chiamarmi, devo,
diciamo… intervistarla. Ho bisogno della sua personalità per scrivere
il libro,
non della sua presenza. Anche se mi avrebbe ispirato di più – le
sorrisi un po’
deluso e feci per andarmene.
Lei mi fermò.
- Aspetti!
Io… io
sono una persona molto ingenua generalmente… è per questo che cerco di
non
fidarmi di nessuno –
Che razza di
ragionamento…??
- E’ per
questo che
ho scelto lei – risposi enigmatico e me ne andai seguito dal mio
collega che
esclamò:- Buona giornata signorina! – prima di allontanarsi al mio
fianco.
III
Passarono
ventiquattro ore, e lei non aveva mai chiamato. Ero a casa solo ed
inconsolabile.
Mi serviva ispirazione!! Mi serviva lei!! Perché diamine non faceva una
semplice telefonata?? Avevo mille domande da porle!
Bussarono
alla
porta.
“Cavolo!
Sarà lei?”
Ero talmente
emozionato ed ansioso di incontrarla, di parlarle! Non volevo una
conoscenza
approfondita, ma, chessò, capire il suo carattere ed il suo modo di
agire, e
sapevo benissimo che se non si fosse fidata di me, non sarei mai
riuscito a
combinare niente!
- Melinda?!
–
esclamai aprendo la porta di corsa.
No… Corrado…
- Che vuoi?!
–
domandai seccato.
- Oh,
grazie! Sono
anche io felice di vederti! – ironizzò.
- Taglia
corto! Diable! –
- Oggi è
passato da
me il proprietario di casa tua! – aveva un accento leggermente
infuriato.
- Et alors? –
- E allora?
E
allora?! Casa tua è intestata a me! E qualcuno
non mi ha dato i soldi per finire di pagarla! – chiuse la porta
dietro di
se e si infuriò ancora peggio.
- Ti ho già
detto
che devo aspettare i soldi da Grenoble! –
- E quando
arrivano
questi maledetti soldi?! È una settimana che vivi qui a mie spese! –
- Okay…
scusami –
abbassai il tono.
Lui si fermò
a
guardarmi.
- Mi spiace,
ti ho
trascinato in questa specie di follia che mi è balenata in testa… non
scriverò
mai questo libro, e non so quando arriveranno i soldi che mi servono
per
sopravvivere. Ho sprecato due mesi di tempo per organizzare tutto, ed
in poco
tempo l’ho guastata. Appena mi arriveranno i soldi ti pagherò e tornerò
a
Grenoble… qui non ho più niente da fare. –
- Prima mi
coinvolgi nei tuoi assurdi piani, e poi all’improvviso molli tutto! Non
credi
di essere un pochino frettoloso nel prendere le decisioni? - mi posò le
mani
sulle spalle guardandomi in faccia – Dovresti pensare prima di parlare!
Facciamo
così… io avrò ancora un po’ di pazienza. E tu cerchi di trattenerti dal
fermare
le persone in mezzo alla strada per domandare loro se vogliono far
parte del
tuo libro. Okay? –
Ci fu un
momento di
pausa, respirai a fondo ed affermai:- Okay, va bene, farò come dici tu…
-
- Io torno a
casa,
ormai le mie finanze stanno andando in fumo! – girò sui tacchi e fece
per
andarsene.
- Ti
ringrazio –
gli urlai dietro.
- Non c’è di
che –
rispose per poi sparire dietro la mia porta.
Io passai la
maggior parte del giorno su internet cercando di farmi venire idee
originali,
ma capii ben presto che su internet sono più le idee che se ne vanno
piuttosto
che quelle che vengono! Così decisi di fare quattro passi. Mi fermai a
Piazza
Cavour, dove si trovava un discreto spazio verde, mi sedetti su una
panchina e
mi fermai a pensare e ad osservare l’acqua della fontana che sgorgava.
Ogni tanto
una gran
folla usciva dalla metropolitana proprio lì affianco, e mi domandavo se
gli
altri si fermassero mai un secondo ad osservare. Io trovo interessante
guardare
le persone, i gesti che fanno, il modo in cui si comportano ed
immaginare cosa
si dicono… guardare ogni particolare e pensare quanto effettivamente
siano
diversi i francesi dai napoletani. E poi pensai, “Chissà
che tipo è Melinda… sarà la classica napoletana?” e mentre
immaginavo come sarebbe potuta essere la mia protagonista, mi appisolai
sulla
panchina per pochi minuti…
“Sarebbe
bello se la rincontrassi di nuovo
per caso… aveva delle deliziose francesine… scommetto che questa non
era una
coincidenza…”
Note:
* Non credo di aver mai visto a
Napoli una serie di case a schiera vicino
al centro… perdonatemi questa piccola immaginazione… ho pensato che
sarebbe
stata più carina una casetta, piuttosto che un appartamento.
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