HeadHunter

di _Rainy_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 02. (Gwen) ***
Capitolo 3: *** 03. (Dawn) ***
Capitolo 4: *** 04. (Gwen) ***
Capitolo 5: *** 05. (Gwen) ***
Capitolo 6: *** 06. (Dawn) ***
Capitolo 7: *** 07. (Gwen) ***
Capitolo 8: *** 08. (Dawn) ***
Capitolo 9: *** 09. (Gwen) ***
Capitolo 10: *** 10. (Dawn) ***
Capitolo 11: *** 11. (Gwen) ***
Capitolo 12: *** 12. (Dawn) ***
Capitolo 13: *** 13. (Gwen) ***
Capitolo 14: *** 14. (Dawn) ***
Capitolo 15: *** 15. (Gwen) ***
Capitolo 16: *** 16. (Gwen) ***
Capitolo 17: *** 17. (Dawn) ***
Capitolo 18: *** 18. - Intermezzo - ***
Capitolo 19: *** 19. (Gwen) ***
Capitolo 20: *** 20. (Dawn) ***
Capitolo 21: *** 21. (Gwen) ***
Capitolo 22: *** 22. (Dawn) ***
Capitolo 23: *** 23. (Gwen) ***
Capitolo 24: *** 24. ***
Capitolo 25: *** 25. ***
Capitolo 26: *** 26. ***
Capitolo 27: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


01. Prologo

 

- Esigo una spiegazione!

- Ma... Milady, è impossibile... balbettò il maggiordomo.

- Impossibile? Pfui! Quel ladro ci svaligia la casa e voi non potete elargire fondi per le riparazioni?! Inaudito!”

-Ma Milady, al momento le casse dello stato...”
- Tsk!” La nobildonna si voltò in un turbine di broccato magenta e oro, e fece per uscire dalla grande sala dei ricevimenti, sotto lo sguardo sconsolato del maggiordomo, quando la pesante porta di quercia che dava sulla sala si spalancò, rivelando uno scorcio della sala del trono, e facendo apparire come d’incanto una figura femminile, in un lungo abito sontuoso.

La luce la illuminava da dietro, rendendo impossibile distinguere i tratti della figure e sfumandone i contorni, in una visione che rasentava la magia.

- Qual è Milady il motivo di cotanta stizza?” Chiese la figura.

Lady Heather si affrettò a voltarsi e si profuse in un inchino, mormorando un timoroso: “Sia grazia a voi, principessa”, a testa bassa. Il maggiordomo si chinò a sua volta e annunciò.

- Sua altezza la principessa Dawn Montrose, primogenita della regina della Terra del Fuoco, sua altezza Courtney Montrose, la nostra amata e potente sovrana.

Dawn gli sorrise e lo liquidò con un gesto della mano, dunque avanzò fino a trovarsi a pochi metri dalla Milady, rivelando i suoi delicati lineamenti. Nel regno la principessa era famosa per la sua bellezza, pari solo alla sua grazia.

- Perdoni la mia irruenza, p-principessa. Ero qui per parlarle del f-furto avvenuto a casa nostra, l’altro ieri, q-qualcuno si è introdotto nel salone e...”

Dawn sbuffò, chiaramente annoiata.

- Il solito?

Heather impallidì e fece per svenire,ma vedendo che nessuno l’avrebbe sorretta vi rinunciò.

- N-no! E’ sparito un pezzo dell’antica mappa dell’Imperatore. Quello donataci da sua madre.”

Dawn alzò gli occhi al cielo.

“Milady, sa anche lei che era un falso...”

Heather provò a replicare, ma senza successo.

- In ogni caso il ladro non ha portato via altro giusto? – Heather scosse la testa – Bene, meglio per lei. Oh, il ladro è sempre lo stesso, l’ha intravisto?”

- Si, ero venuta per chiederle un risarcimento...”

Dawn sorrise, gentile, ridacchiando sotto i baffi:

- Certo, ma non posso accordarglielo a meno che non ci siano oggetti rubati di reale valore, e non è così, mi è parso di capire, mi dispiace...”

E le rivolse un sorriso. Heather avvampò, e si voltò in fretta, andandosene... Dawn ridacchiava ancora quando chiamò il maggiordomo e gli ordinò con un tono gentile, molto diverso da quello della madre, di chiamare Gwendolyn Monsone. Il maggiordomo si chinò e corse all’armeria, dove la trovò ovviamente ad allenarsi con la sua istruttrice Jo.

Dopo qualche minuto tornarono nella sala dei ricevimenti e si inchinarono entrambi.

- Cameron, puoi andare. Gwendolyn, vieni dentro.

E indicò la sala del trono. I due eseguirono e non appena furono sole, le due si abbracciarono, ridendo. A corte tutti sapevano della loro grande amicizia, ma non ne parlavano mai, consapevoli che alla regina non sarebbe piaciuto venirlo a sapere.

 

***

 

- Perché mi hai fatto chiamare, Dawn?

- C’è stato un altro furto... Come al solito. I sudditi sono preoccupati, lo leggo nei loro occhi ogni volta che vengono a raccontare cosa è successo...

- Insieme all’avidità? - Gwen sorrise, cinica. Dawn sospirò e le mise una mano sulla spalla:

- Gwen, dovrai far uscire la rabbia che ti porti dentro e non cercare di illudermi dicendo che ti sfoghi combattendo!

Non c’era niente da fare : a Dawn non si mentiva!

- Perché mi hai fatto chiamare?

Dawn si incupì.

- Voglio che tu vada a prendere quel delinquente e lo uccida, non possiamo vivere nel terrore per sempre!

Silenzio. Gwen annuì e si inginocchiò, abbassando il capo. Dawn le poggiò una mano sul capo, mormorando:

- Che la forza di Mely e Shira sia con te e ti protegga. Io, legittima erede al trono della Terra del Fuoco, insignisco te, Gwendolyn Monsone, 11a cacciatrice di taglie del regno, del permesso di catturare e uccidere la persona designata. Che gli dei ti assistano.

Dopo che Gwen si fu alzata la abbracciò, dicendo :

- Partirai domani, buona fortuna!

 

***

 

Nel silenzio della sua stanza Gwen pensò al suo compito : era da tempo che non svolgeva quello per cui era nata.

Stavolta doveva essere facile, un semplice ladro. Sorrise all’idea dei soldi che avrebbe intascato e ripensò al nome del ladro : Duncan Sheperd.

Semplice, lo avrebbe trovato e ucciso.

Duncan Sheperd...

 

 

- Angolo della Neo-Autrice –

Esatto, purtroppo per voi sono sbarcata anche io su EFP! Muahahahah!
Il prologo è un po’ lungo per essere un prologo, e corto per essere un capitolo... Mi faccio subito riconoscere per le stramberie xD

Ok, basta farneticare, la storia mi è uscita dal cuore, volevo scriverla da un sacco di tempo e finalmente sono riuscita a scucire a mia madre il permesso di iscrivermi su EFP!

Quindi, I’m here!

Spero vi piaccia, leggete e recensite, così mi fate sapere cosa vi aspettate, o leggete e basta, vi sono grata in ogni caso!

Un bacione!

_Rainforest_

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Capitolo 2
*** 02. (Gwen) ***


2. Gwen

 

Destro, sinistro.
Destro, sinistro.
Destro, sinistro.

Il sacco era ormai allo stremo delle forze, tanto era consumato.

Ad un tratto, distintamente, il suono del Grafogallo. Era ora di andare.

Velocemente Gwen si rinfrescò, indossò la tenuta da viaggio e si ripromise di passare in armeria. Si guardò allo specchio : era di nuovo lei ora. Alta e magra, capelli corti e dritti, pelle lattea e occhi che promettevano guai.
La prima impressione che le persone avevano di lei era di una ragazza che ne aveva passate tante, ma la pietà non faceva per lei, nonostante fosse vero.
Scese dalle corte rampe di scale e arrivò nell’armeria. Entrò silenziosamente, ma come sapeva, a Geoff non la si faceva. Sentì un sibilo dietro di lei; si voltò e con un fluido movimento del polso deviò il pugnale lanciato con precisione da Geoff stesso. Gwen ghignò:

- Devi migliorare i lanci!

Geoff si mise a ridere:

- Non ho più nulla da insegnarti! Cosa ti serve?

Gwen tornò seria e scrutò le pareti e i tavoli colmi di pugnali, spade e armi di ogni genere.

- Direi un paio di pugnali, due spade e...

- La spada sacrale di tuo padre.

Gwen si rabbuiò e annuì. Geoff sorrise e le portò quanto richiesto.

- Buona fortuna, ho saputo chi andrai a uccidere stavolta. Auguri.

Lei sorrise debolmente e uscì nella fresca aria del mattino. Alle scuderie trovò Xia, il suo fedele drago della notte già pronto per la partenza, quindi non attese oltre e si levò in volo.
Erano anni che non si sentiva così libera, e per Xia era lo stesso, lo sapeva. Udì in modo chiaro nella sua mente:

- Dove andiamo padrona?

Gwen chiuse gli occhi e lasciò che la brezza mattutina le accarezzasse il viso, e pensò:

- Direi a sentire cosa i nobili rapiti hanno da dire...

- Certo padrona.

Xia battè le ali con più foga, dirigendosi nei quartieri residenziali della Terra del Fuoco, e atterrò elegantemente nella piazza della rivoluzione, proprio di fronte al palazzo del governatore, e Gwen vide che c’erano dei disordini.

- Allontaniamoci un po’...

Potè sentire i muscoli del drago tendersi per lo sforzo e alzarsi nuovamente in un rapido e basso volo che li fece atterrare in una via secondaria.
Gwen scese agilmente a terra e si diresse verso casa del governatore. Prima di arrivarvi venne raggiunta da una donna urlante:

- E’ tornato, è tornato! Il ladro è qui!

Senza esitare un istante Gwen si mise a correre, arrivando in piazza e notanto che una finestra del primo piano della casa governativa era rotta, e la folla sia accalcava al di sotto di essa. Si avvicinò e vide che al centro della folla, composta da donne e bambini inermi, due figure di dibattevano, avvinghiati in una lotta mortale con spade e pugnali nascosti. Senza pensarci troppo la ragazza si gettò nella mischia, separando i due mentre veniva aiutata da dei ragazzini a tenerli fermi.
L’uomo che Gwen stringeva aveva il volto coperto, mentre l’altro sbraitava.

- Io sono il governatore: anziché tenere me dovete imprigionare lui! E’ il ladro di cui tutti parlano! Arrestatelo, traditori!

Gwen assimilò le parole del governatore con fatale lentezza, lentezza che diede al ladro il tempo di tirarle una forte gomitata in pancia, liberarsi dalla sua stretta e correre via, lasciando tra le mani di una Gwen dolorante, il mantello che indossava.
Senza esitare Gwen si rialzò, leggermente piegata in due dal dolore, corse da Xia ignorando gli sguardi curiosi dei presenti e saltò goffamente in groppa dopo aver fatto annusare al drago il mantello. Xia prese il volo, sorvolando i boschi circostanti, intuendo l’urgenza della sua padrona.

- Ma se non lo troviamo?

- Lo dobbiamo trovare, Xia. A piedi non può essere andato lontano!

Senza preavviso però, un drago di ghiaccio sbucò dalla foresta sottostante sputando potenti fiammate dalle fauci e colpendo Xia al torace e a una zampa. A bordo del drago, Gwen lo vide, c’era il ladro, Sheperd.
Tornò a concentrarsi su Xia, che cominciò a precipitare lentamente, per poi prendere velocità. Solo allora Gwen si rese conto di quanto fossero in alto. Eseguendo un paio di giravolte appena accennate, Xia si posò goffamente sul terreno, distruggendo alberi e cespugli boschivi cresciuti lì intorno. Gwen scese mentre Xia si accasciava a terra, stremata.
La ragazza velocemente prese dalla bisaccia delle garze e un unguento, e fasciò la zampa di Xia. Per il torace, constatò, era una faccenda seria e con le medicine che aveva con se non avrebbe potuto fare nulla. Xia intuì al volo, senza dover ascoltare i pensieri della ragazza.

- Non se ne parla, ha visto di cosa è capace!

- Devo farlo Xia, non posso portarti con me...” Rispose Gwen affidandosi alle parole, anziché ai pensieri.

- No padrona. Non posso permetterlo!

Gwen si alzò, si avvicinò alla testa squamosa dell’amica fidata e la guardò negli occhi.

- Devo farlo : è un incarico di Dawn, lei si fida... E dopo quello che ha fatto, non...

Xia sbuffò un getto d’aria rovente e annuì leggermente per suggellare il loro tacito accordo. Gwen sorrise e pensò:

- Riposati, domani dovrai tornare in città e raggiungere Leshawna, lei saprà curarti!

Xia annuì.

- Ma, padrona, voi dove andrete? Non abbiamo scoperto nulla...

- Oh, ti sbagli...

Xia la scrutò con sguardo interrogativo.

- Xia, quello che cavalcava Sheperd era un drago di ghiaccio di circa 460 anni, vero? – Chiese Gwen e Xia annuì, cominciando a capire dove volesse andare a parare la padrona.
- Draghi del genere sono ormai pochi e quello del nostro amico è stato probabilmente catturato durante la Seconda Guerra di Secessione Draghica, e sappiamo entrambe che i draghi di ghiaccio sono impossibili da catturare, quindi all’epoca facemmo appello alla magia degli stregoni per riuscirci – Continuò Gwen – Ma gli stregono rifiutarono, consapevoli che una guerra avrebbe portato all’estinzione dei draghi di ghiaccio, deboli contro le altre specie controllate dal Cerchio. Quindi che successe?

Xia continuò, insinuandosi nella mente di Gwen.

- Bè, il cerchio diede fuoco alla città degli stregoni e li sterminò quasi tutti. Da quel giorno, il Giorno Bianco, i draghi di ghiaccio e gli stregoni si sono alleati, allontanandosi dal Cerchio e dal governo. Quando il Cerchio prese potere e instaurò il suo reame, si isolarono nei Boschi del Silenzio, e da allora conducono un’accanita resistenza contro il Cerchio. E’ esatto?

- Si, e ci sono stati altri domatori di draghi di ghiaccio da allora?

- No...

- Quindi il nostro amico deve essere un loro discendete, o un esiliato!

- Giusto, non ci avevo pensato!

- Quindi domani tu andrai da Lesh a farti curare, io partirò alla volta dei Boschi del Silenzio, intesi?

- Si, fai attenzione Gwen.

La ragazza sussultò : un drago non era solito dare al proprio padrone del tu, ma con Xia era diverso, e non era la prima volta.
Gwen sorrise :

- Si Xia, dimentichi con chi stai parlando, li conosco bene - fece una pausa - I Boschi del Silenzio.

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Capitolo 3
*** 03. (Dawn) ***


03. (Dawn)

 

- Dawn, mi vergogno di te...

- No, madre, non fatelo!

Dawn era in lacrime, il bel visino pallido rigato dal trucco colato.

- Dawn, non dovevi... Stringere amicizia con un soldato, e per di più una schiava con cui siamo state fin troppo clementi!

La ragazza era in ginocchio, di fronte a sua madre, con le mani premute sul volto. Courtney la guardava con aria di rimprovero, le mani sui fianchi, poggiati sulla morbida seta bianca e dorata del lussuoso abito reale.

- Ma madre, non ha fatto nulla di male, ho solo...

Lo schiaffo arrivò veloce, potente. Dawn se lo aspettava, ma fece ugualmente male; si accasciò a terra, piangete.

- Madre, lei...

- Si Dawn. A causa del tuo gesto irresponsabile verrà decapitata... E tu con lei!

La ragazza sussultò, alzando la testa  a guardare la madre e vide del crudele astio nel suo sguardo.

Sussurrò :

- Gwen...

Il secondo schiaffo fu ancora più forte del primo...

***

- Principessa... Principessa Dawn, si svegli!

Dawn lentamente aprì gli occhi, ma dovette richiuderli subito, ferita dalla luce del sole...
Cameron la scrollava leggermente per le spalle. Quando riuscì a tenere gli occhi aperti sbottò:
- Cameron, cosa c’è?! Che ore sono?

Cameron la lasciò, mortificato.
“Principessa, sono le 8.30, perdoni se l’ho svegliata, ma stava parlando nel sonno... La sua colazioni è sul comodino.”

- Oh... Scusa Cam... Cosa dicevo?

Chiese Dawn, a metà tra il dispiaciuto e il preoccupato. Cameron sorrise:
- Il solito milady

Il maggiordomo fece un rapido inchino e si voltò, uscendo dalla porta. Dawn appoggiò i grandi cuscini contro lo schienale del letto a baldacchino e vi si appoggiò con grazia. Prese il vassoio e se lo mise sulle ginocchia : mangiare tra dita unte e cioccolato colante era uno dei pochi piaceri che si poteva concedere senza scatenare le ire della madre, insieme all’equitazione.
Si leccò le labbra per l’eccitazione : Cameron le aveva fatto preparare il suo piatto preferito, pancakes con marmellata di lamportillo, croissant al cioccolato e the.
Senza badare al lindo pigiama, spazzolò tutto in pochi minuti, si alzò, fece un bagno profumato e indossò un abito di tulle leggere nelle tinte del verde. Stese velocemente le scale, fermamente decisa ad andare a cavalcare nel parco, ma venne raggiunta dal cuoco, DJ, che chiese, trafelato per la corsa che aveva evidentemente fatto:

- Principessa, vostra madre è nelle cucine e chiede di voi : penso voglia impartirvi un’altra lezione...

Dawn sospirò : non era una novità, la madre spesso cercava di insegnarle come mantenere il pugno di ferro sul regno che avrebbe dovuto ereditare alla morte di Courtney, e spesso erano terribili ore di consigli spietati, che solitamente culminavano con l’impiccagione di un servo che aveva fatto un minimo errore; e per scovare questi ultimi faceva spesso delle ispezioni nei piani dove lavoravano gli schiavi, di nascosto, senza farsi vedere e senza far intuire la propria presenza. Gli schiavi chiamavo questi giri “le Ronde”, e ne erano terrorizzati, al punto che non parlavano fra di loro e si dedicavano interamente al lavoro, che era esattamente quello che Courtney voleva.

Dawn odiava la freddezza di sua madre e la sua totale incapacità di amare.

Scese nelle cucine seguendo DJ, e la scena che le si presentò era ormai familiare : la madre che sbraitava contro un innocente che annuiva a testa bassa.

- Dawn, vieni qui!

La madre era bellissima : l’abito oro faceva da contrasto con la carnagione e i capelli, in un insieme perfetto, non esagerato, ma che non passava inosservato.
La figlia si avvicinò, esitante.

- Coraggio figlia mia! L’esitazione non ha mai fatto bene a una regina!

Dawn procedette più spedita e raggiunse la madre, che le indicò l’insalata preparata per lei da uno schiavo che Dawn conosceva bene : Trent. Un giovano dolce e gentile, arrivato a palazzo fuggendo dal padre ribelle e illuso dalla propaganda che al castello sarebbe stato accolto con tutti gli onori. Invece era stato sbattuto in cella, e fatto schiavo.
Dawn assaggiò l’insalata senza guardare la madre.

- Figlia mia, come puoi ben notare, l’insalata è insipida, e sono anni che ripeto che deve essere molto salata!

La ragazza non poteva crederci : sarebbe stato impiccato solo perché non era stato generoso di sale!

- Madre, forse non dovremmo...
- Essere così clementi, hai perfettamente ragione! Da ora non accoglieremo altri sguatteri al castello, siamo state troppo indulgenti... – Completò la madre.

Il plurale usato dalla madre disgustava Dawn, come la frase successiva della regina:

- Be, Terry? Tom? Ah, Trent. E’ stato un piacevole incontro, ma domain sarai impiccato all’alba! Guardie, portatelo via!

E dall’ombra della cucina sbucarono due guardie di cui Dawn non sospettava l’esistenza, che afferrarono Trent per le spalle e lo portarono via senza dire una parola. Trent fissò Courtney, muto, e prima di uscire dalla cucina sputò per terra, macchiandole l’orlo del vestito e sibilando:

- Noi trionferemo!

Courtney, dapprima pacatamente, poi sfacciatamente si mise a ridere:

- Oh, Trent caro, quindi sei una spia della rivolta? Ah! Il Cerchio ha trionfato e continuerà a trionfare nei secoli!

Dawn fu nauseata dall’elogio della madre verso il governo in cui credeva ciecamente.
La patetica scena venne fortunatamente interrotta da una guardia, che timidamente annunciò:

- E’ arrivato un messaggero dalla Città delle Fiamme, nella parte orientale della nostra gloriosa terra, e chiede di voi con urgenza, dice che riguarda...

- Ci sono luoghi e tempi più adatti per parlare di politica, non trovi? – Lo interruppe la regina, facendo intendere che non ne avrebbe parlato con altri, Dawn inclusa.

***

- Fatelo entrare!

La pesante porta scura si aprì, rivelando un giovane uomo dai capelli rossi, con la pelle lattea, vestito di tela beige, con una casacca e dei pantaloni. Si avvicinò al ricco trono della regina, si inchinò e le baciò velocemente la mano destra, chiedendo senza alzarsi, ma rimanendo a capo chino:

- I fondi non sono arrivati e i sudditi cominciano a dubitare di voi!

- Mio caro Scott, domani vi darò qualcosa per placarli...

Scott alzò la testa e ghignò, osservando la regina negli occhi scuri:

- Certo maestà! Purtroppo dovrò trattenermi qualche giorno a palazzo, per riorganizzarmi ovviamente... – Ammiccò, e Courtney rise, civettuola.

- Oh mio caro, passa nei miei alloggi la sera, quando hai tempo... – Ammiccò a sua volta.

Scott si fece improvvisamente serio.
- Mia regina, sono venuto perché il popolo chiede un vostro intervento sul Morbo di Kaan, cioè... Nell’ultima settimana ci sono stati 150 morti, e nell’ultimo mese 10.000 solo nella nostra terra... E’ grave maestà!

Courtney si finse preoccupata.
- Umm... Scott, parlami del morbo...

Scott intuì che non gliene importava nulla.
- Maestà, si pensa sia stato creato dagli stregoni per indebolirci... – Proseguì, ignorando il “vermi bastardi” uscito dalla bocca della regina - ...E poi diffuso in modo sconosciuto. Il malato viene assalito da convulsioni sempre più frequentemente e la pelle si copre di macchie scure, dopodiché le convulsioni cominciano ad essere autolesionistiche e nella fase finale tutti gli organi interni vengono distrutti...

- Oh, che cosa terribile! Ma tu sei salvo per fortuna...
Esclamò con voce suadente la regina.

Scott si finse affascinato, e Courtney ridacchiò compiaciuta.
- Smettiamola con questa farsa Scott! Stasera ti intratterrai con noi e potrai restare a dormire, ma dovrai ripartire entro due settimane per non destare sospetti, non ti sei mai trattenuto di più e a corte tutti si berranno la storia della stanchezza, come al solito...

- D’accordo maestà!

- Oh, basta fingere, Scott...

 

 

 

-Angolo dell’autrice-

Shalve a tutti!

Questo è il 3o capitolo, dove si vede l’introduzione alla “trama parallela”, quella di Dawn e quella di Gwen. Nei capitoli con “(Gwen)”, si parlerà dell’avventura della nostra gotica, mentre in quelli con “(Dawn)”, ovviamente (“-.-), Raggio di Luna sarà la protagonista... Perché? Eheh, lo scoprirete... E alla fine ci sarà una trama unica e tante sorprese *-* (??)

Qui ci sono accenni CxS (Courtney x Scott), ma, come molti avranno capito, non è reale, ed è solo un rapporto di interessi che serviva per far capire che razza di persona è Courtney in questa mia Ficcy... Quindi non vi preoccupate xD
Leggete, recensite, o leggete e basta, in ogni caso spero vi piaccia! Il tutto serve per far aumentare la suspense della ricerca di Gwen, e nei capitoli successivi vedrete cosa accadrà... Niente spoiler o anticipazioni consentite U.U

Ah, prima di dileguarmi... Gli aggiornamenti si faranno più radi, causa ? Liceo "-.- Abbiate pazienza...

_Rainy_

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Capitolo 4
*** 04. (Gwen) ***


04. (Gwen)

 

Era in marcia da ormai tre giorni; giorni vuoti, in silenzio, dove faticosamente, un passo dopo l’altro, ci si avvicinava alla propria destinazione.
Giorni tristi, in cui Gwen veniva presa d’assalto dai pensieri.

Aveva deciso di fare una sosta alla Città delle Fiamme per rifornirsi di cibo, ed era lì che aveva visto la carrozza delle grandi occasioni sfilare rapida davanti a se, riconoscendo l’uomo al suo interno:

“Scott”

E aveva realizzato che molte cose erano cambiate da quando si era trasferita a palazzo, molto anni prima, e quel figlio di puttana, con lo stesso ghigno di cui aveva memoria, doveva aver raggiunto un gradino importate nella scala sociale della città.

All’alba del quarto giorno, dopo aver dormito poco e male in un giaciglio di fortuna su un albero, avvistò la Città delle Fiamme e stimò circa un’ora di cammino per raggiungerla. Senza esitare scese agilmente dall’albero e con passo felpato si mise in marcia. Superò una radura con un grosso Woo che dormiva, nascosto dall’erba alta e perfettamente mimetizzato con l’ambiente; un gruppo di Fritzli le tagliò la strada, piccoli e luminescenti; e avvistò anche un Baar in lontananza, che stagliava le ali piumate nel cielo sconfinato.
Si perse nella contemplazione della natura selvatica, il suo ambiente, così selvaggio e indomabile, che non vide la guardia che le si era avvicinata, e che in breve le puntò la spada alla gola. La mano di Gwen scivolò rapida al pugnale, ma la guarda la ammonì.

- Fossi in te non lo farei, Gwendolyn!

La ragazza rimase interdetta dal sentire il suo nome pronunciato da un estraneo...
- C-cosa? – Balbettò confusa.
- Non ti ricordi di me?! Mi offendi orfanella...

Qualcosa scattò nella smente di Gwen e senza pensarci troppo, tirò un potente pugno nello stomaco della guardia, ridacchiando.

- Ciao Justin! O dovrei dire vermetto? Come mai ti sei ridotto a fare il leccapiedi armato?
- Oh, non hai perso il tuo humor, mia cara! – Ribattè lui, ancora piegato dal dolore.
- E tu la tua faccia da... – Fece per insultarlo Gwen, ma Justin la interruppe, rialzandosi:
- Poche ciance, cosa ci fai qui?
- Potrei farti la stessa domanda! – Sbuffò acida lei.
- Si, ma io ho l’autorizzazione a farla, tu no! – Ghignò lui.

Lei sbuffò e spiegò in breve il motivo del suo viaggio, mostrando anche la spilla reale che Dawn le consegnava prima di ogni missione.
Justin la squadrò, e annuì, deluso dalla perfetta legalità della sua missione.

- Puoi entrare in città Gwen, ma riguardati! – Sorrise lui.
- Anche tu Jus... – Ricambiò il sorriso, poi lo superò, senza voltarsi : lei non aveva amici, non più ormai...

Dopo pochi minuti avvistò il pesante portone di legno, accesso principale alla Città delle Fiamme, spalanco, incassato in spesse mura e torri di guardia gemelle.
Fece per sorpassarlo, quando un sibilo la fece spostare di lato, di pochi centimetri, tanti abbastanza da evitare la freccia che era stata scagliata da una delle torri, e che in volo aveva sparso nell’aria un liquido violaceo, contenuto in sacchette legate alla freccia stessa e esplose in volo.
Una figura la scrutò dalla finestra della torre, poi si voltò e Gwen capì che si stava precipitando giù per le scale a chiocciola che correvano lungo il fianco interno della torre. Dopo qualche secondo una ragazza bionda, nascosta in un’armatura, con i capelli biondi sciolti al vento, le corse in contro, sorridente.

- Gwen, non volevo ucciderti, il liquido è veleno anti Woo! Come avrai capito...

Gwen esitò, scrutando i lineamenti della ragazza e alla fine esclamò:
- Bridgette!

La bionda abbracciò di slancio l’amica d’infanzia, poi si ricompose, più seria:
- Immagino che come al solito non sia una visita di piacere... Sheperd vero?

Gwen annuì lentamente e fece per chiedere cosa ne pensasse, ma Bridgette la precedette, sbuffando:
- Non ne so nulla! I furti però sono sempre più frequenti...

Gwen abbozzò un sorriso e superò la bionda. Quando era a qualche passo da lei Bridgette esclamò:

- Non puoi fuggire dal passato! Molti del villaggio si sono trasferiti qui...

Gwen non si voltò, non mosse un muscolo, non fece niente, tranne un impercettibile movimento d’assenso con la testa, che non voleva dire nulla, o almeno nulla di quello che Bridgette si aspettava.

***

La città era cambiata, era stata rimodernata, e la sua pianta era stata modificata, ma Gwen non ci mise molto a trovare la piazza principale, con la locanda che si affacciava su di essa.
Vi entrò, decisa a dormire lì una notte e notò che l’interno era adibito per metà a vecchia zona ristoro o pub, e per metà a locanda.
Si avviò al bancone senza esitare e aspettò che qualcuno la servisse. Una ragazza dai capelli viola non tardò a chiederle, seppur le desse le spalle e stesse asciugando dei bicchieri sbeccati:

- Cosa desidera? Il the è ottimo la domenica...
- No, veramente vorrei una camera per dormire...

CRACK!
La barista fece cadere il bicchiere che aveva in mano e stette immobile, dando le spalle alla ragazza.

- Come ha detto?

Gwen, perplessa, ripeté il suo desiderio. La ragazza dai capelli viola urlò:
- Codyyyy!

Un ometto basso e mingherlino accorse, e chiese, trafelato:
- Cosa c’è cara?
La ragazza sbuffò:
- La signorina ha ordinato una stanza...
Cody sgranò gli occhi.
- Cosa?! Nessuno ordina una stanza da... – Scrutò la cacciatrice di taglie - ...Cristo Dio! Gwen!
La ragazza dai capelli viola urlò rabbiosa:
- Tu! Tu eri la ragazza del mio Coduccio!

Gwen sgranò gli occhi, un po’ perché era doloroso trovarsi in mezzo a tanti fantasmi del passato e un po’ perché stupita di essere riconosciuta per l’ennesima volta quel giorno.
Cody mise una mano sulla spalla della ragazza e sospirò:

- Sierra, sai che non è così! La mia cotta per Gwen è acqua passata, siamo sposati, Sierra!

Sierra non smise di scrutare la ragazza con odio, ma Cody non ci diede peso e con un gran sorriso si rivolse a Gwen:

- Ne sono passati di anni eh? Comunque provvederò a farti sistemare la camera migliore della locanda... Ma... Cosa ti porta qui? Sheperd?
Gwen sussultò:
- Cosa ne sai Cody?!

Sierra la guardò, inviperita, come se il nome di suo marito pronunciato da un’altra fosse una pugnalata.
Il marito non parve notarlo e spiegò:

- Ah, solo voci! L’altro giorno un cacciatore di taglie, mio cliente abituale, dopo il quarto liquore è andato su di giri e ha raccontato di come il suo drago, durante un giro di perlustrazione, avesse scorto un giovane Drago di Ghiaccio vicino alle grotte di Drakvaal... Ora, io non gli ho creduto, perché i Draghi di Ghiaccio sono estinti e perché era troppo ubriaco, ma l’informazione potrebbe anche essere attendibile...
Sierra sibilò:
- Hai avuto quello che volevi? Ora vattene..
Gwen ghignò:
- E la mia camera?
Cody alzò gli occhi al cielo e sorrise a Gwen:
- Non ti preoccupare, Sierra va subito a preparartela, e potrai rifornirti di provviste... Sai, non sei l’unica a dare la caccia a Sheperd...

Gwen annuì, Sierra sbuffò, fece gli occhi dolci  Cody e andò al piano superiore. Quando la moglie non potè più vederli Cody sorrise, e prese la mano di Gwen, avvicinandosi al suo volto.

- Mi sei mancata...

Gwen fu contenta che tra lei e Cody ci fosse il bancone, perché non voleva dargli illusioni, come non aveva mai voluto fare : sarebbe stato crudele.
Ricambiò il sorriso, e si allontanò, dirigendosi verso le scale.
Fu però bloccata da un signore alto e avvenente, che si piazzò tra lei e gli agognati gradini, ghignando:

- Dove va sola soletta una bella signorina come te?
Cody avvampò:
- Alejandro, non la toccare!
Al scoppiò a ridere.
- Ah si? E chi me lo impedirà? Tu forse? Mi piacerebbe che ci provassi!

Cody abbassò lo sguardo, Gwen gli sorrise, rassicurante e rivolta ad Alejandro ghignò:
- Cosa ci fa un nobile signore della capitale come voi, e sposato per di più, in una sperduta città a importunare le ragazze?
Il sorriso venne cancellato dalla faccia di Al.
- Attenta a come parli! Stasera la passerai con me, cara... Qual è il tuo nome puttanella? – Ghignò nuovamente.
Gwen ghignò a sua volta:
- Gwen... E non lo dimenticherai facilmente!

Detto ciò sferrò una potente ginocchiata nel petto del nobile, e con un pugno ben piazzato in faccia lo fece cadere a terra.
Lo scavalcò a testa alta, mentre la locanda ammutoliva. Prima di salire, si voltò, sputò a terra e sibilò:

- Fammi sapere se hai altri inviti da fare...

E senza attendere risposta salì le scale che portavano alle camere. Vide Sierra uscire dalla sua e scendere senza degnarla di uno sguardo.
Entrò e si buttò sul letto.
La camera era piccola e spartana, con un letto non proprio nuovo, un armadio sgangherato e uno specchio incrinato. L’unica finestra era murata per metà.
Si addormentò quasi subito, pensando a come fosse crudele che dovesse tornare in un luogo che aveva sperato con tutto il cuore di non rivedere mai più...

 

 

 

-Angolo dell’Autrice-

Questo capitolo fa letteralmente S-C-H-I-F-O! Lo so...
Ma non voletemene a male, il prossimo (che ho già scritto, ma attenderete un po’), è pieno d’azione (?), e mi piace moooooolto di più...
Tenete a mente i nomi degli “animali” incontrati qui (Woo, Fritzli...), perché nel prossimo capitolo vi serviranno di nuovo...
Ah, si, come vedete in questo capitolo si introduce la mia verognosa passione per i nomi semi elfici doppi (??) che tradotto vuol dire “tutti-quei-nomi-strani-quasi-mitici-con-una-doppia-vocale”, tipo Drakvaal... E ne ho messi un’esagerazione nei prossimi capitoli xD
Ma niente SPOILER u.u
Quindi shiau! Baciottoni!
_Rainforest_

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Capitolo 5
*** 05. (Gwen) ***


05. (Gwen)

 

Alle prime luci dell’alba lasciò la Città delle Fiamme, che aveva troppo del suo passato.
Aveva pianificato il suo viaggio prima di partire : ci sarebbero voluti due giorni di marcia per arrivare alla grotta di Drakvaal e il percorso più sicuro era costeggiare il fiume Noor, anziché avventurarsi nei boschi circostanti l’accesso principale delle grotte.

La fonte che gli aveva dato Cody non era sicura, ma Gwen riteneva che una verifica andasse fata, perché conosceva solo una persona in grado di mandare il proprio drago in perlustrazione : Harold. Il vecchio cacciatore fifone. Sapeva anche che Harold e l’alcool erano amici di vecchia data e il primo resisteva facilmente al secondo, quindi dubitava che fosse così ubriaco da inventarsi una storia del genere...

Il fiume Noor scorreva a qualche minuto di cammino dalla taverna di Cody, ed era esattamente come Gwen lo ricordava : acqua limpida con canne e giunchi, e qualche palafitta in rovina.
Da tempo non era più navigabile a causa dell’incremento dei Fritzli nella zona e la sera la loro luminescenza faceva del lago un posto magico.

Gwen sorrise, assalita dal ricordo della dichiarazione di Cody, avvenuta proprio sulle sponde del lago. Un passato triste, il suo...

Si incamminò senza esitare, seguendo le sponde del lago e lasciandosi cullare dal leggero venticello, che le scompigliò i capelli.

Certo, rivedere persone che credeva morte era stato bello, ma lei era sola, e non avrebbe potuto essere altrimenti.

Stava camminando da una decina di minuti, quando avvistò un ponte che non ricordava, in lontananza. Si avvicinò e vide che era splendido : di pietra bianca. Notò anche una lastra incastonata alla base di esso:

“Alla mia Jenny, la figlia che non ho mai avuto”

Sorrise, pensando a come il padre volesse bene a sua figlia, al punto da dedicarle un ponte, e fu consapevole del fatto che anche suo padre l’avrebbe fatto, se solo...

Mentre era immersa nei suoi pensieri udì un ringhio poco lontano. Si voltò lentamente e vide uno Woo a pochi metri da lei. Il corpo enorme, ricoperto di pelo scuro, era inquieto, la testa si muoveva a scatti.

- Calma Gwenny, se non ti muovi non ti vede ed è sordo...

I poderosi artigli dello Woo si rilassarono e fece per andarsene, quando un enorme gruppo di Fritzli si alzò dalle sponde del lago, in uno spettacolo meraviglioso; solo che non era il momento di fermarsi a scrutare le acque del lago, perché lo Woo reagiò con furia, sputando la bava velenosa addosso alla ragazza. Gwen urlò di dolore e maledicendo i Fritzli si voltò e si mise a correre, mentre lo Woo la inseguiva, ruggendo.
Senza pensarci, quando lo Woo la stava per prendere, si buttò nel fiume, consapevole che mai l’avrebbe inseguita nell’acqua.
Infatti lo Woo sbuffò aria rovente e passò all’inseguimento di qualche innocente Grafoniglio che si trovava nei paraggi.

Espirò, sollevata, poi realizzò che il solo motivo per cui lo Woo non si era buttato era per non rischiare la pelle. Infatti si accorse dopo qualche secondo di essere circondata da Fritzli sorridenti.
Erano incantevoli, simili a fatine, alti circa 15cm, con delicate ali che partivano da metà schiena, ognuno di un colore diverso : giallo, rosa, verde...
Gwen ne era affascinata e rimase incantata ad osservarli.

Finchè non avvertì un dolore acuto alla gamba; si voltò e vide un Fritzli che affondava i piccoli denti acuminati nella sua carne... Anziché provare un dolore sempre peggiore però, un senso di pace l’avvolse, mentre sentiva il cuore rallentare, il corpo intorpidirsi e tanti altri piccoli morsetti...
Lentamente si abbandonò a quella meravigliosa sensazione di pace, incapace di reagire, anche se sapeva che stava morendo: ma non poteva esserci morte più bella...

Qualcuno o qualcosa la afferrò per la vita e la tirò fuori dall’acqua, comprimendole la pancia e battendole ritmicamente sulla schiena, così che sputasse l’acqua inghiottita.

Tossendo Gwen notò che il braccio che la stringeva era squamoso... Squamoso?!
Si voltò di scatto e... Xia le sorrise, mostrandole le zanne affilate.

- Si rassegni, non può sopravvivere senza di me, padrona!

Gwen le  sorrise.
- Grazie... Ma cosa ci fai qui?

Il drago spiegò, smettendo di stringere Gwen per la vita, con la coda:

- Leshawna mi ha curato, poi sono venuta a cercarvi... Ed eccomi qua, appena in tempo direi...

Gwen sorrise, ma obiettò:
- Xia, possiamo fare il viaggio insieme, ma non posso avvicinarmi alla grotta con te, daremmo troppo nell’occhio!

Xia annuì, poi chiese, affidandosi alla sua voce roca e profonda, anziché ai pensieri:
- Ti ha attaccata uno Woo?
- No – Mentì Gwen, per non farla preoccupare ulteriormente.
- Oh... Ok, quando ripartiamo?

Gwen sorrise:
- Anche subito... Potresti lasciarmi al Lago della Memoria, a poche ore di cammino dalla grotta, che ne dici?
Xia annuì, seppur dubbiosa.
- Bene, allora partiamo Xia!

Gwen montò sopra la schiena del drago e insieme si librarono nel cielo, felici di essere di nuovo insieme, anche se non l’avrebbero mai ammesso.
Volarono per tre orette senza che nessuno le disturbasse, e avvistarono anche lo Woo con cui Gwen tanto aveva simpatizzato.
Ad un tratto, però, avvistarono in lontananza il Drago di Ghiaccio a loro ormai familiare e Xia, con prontezza, si tuffò negli alberi sottostanti.

- Padrona, l’ha visto?
- Si Xia... – Rispose preoccupata Gwen.
- Ci ha viste?
- Non credo Xia... Sei stata molto veloce! – Si congratulò Gwen – Però..
- So cosa stai per dire... No!
- Ma... Xia, io passerò inosservata... – La guardò negli occhi Gwen.
- Gwen, hai visto cosa ti è successo oggi, D’Arel!

L’imprecazione in draghico fece sorridere Gwen.
- Xia, so badare a me stessa!
- Lo so, ma io...

Gwen la guardò negli occhi e sospirò.
Xia sbuffò.

- Gwen, se ti succede qualcosa, qualsiasi cosa, chiamami D’Arel! Non fare l’eroina!

Gwen sorrise e annuì.
- Quanto ci vorrà da qui?
Xia pensò qualche secondo.
- Direi un giorno di cammino verso nord...
- Ok... Ciao Xia, stammi bene!
- Anche tu Gwen!

Il drago si alzò in volo e ripartì, pensando a quanto era cambiata Gwen da quando l’aveva conosciuta, tanti anni prima.
Gwen la guardò sparire all’orizzonte e sorrise. Dopo qualche secondo si arrampicò su un albero, si sistemò al meglio nell’attaccatura di un ramo al tronco e si addormentò, con una guancia dolorante perché irritata dal veleno salivare dello Woo...

Non sapeva che il Drago di Ghiaccio non solo le aveva viste, ma lo aveva subito riferito al suo padrone...

 

 

 

 

-Angolo dell’Autrice fantasy-
*rullo di tamburi*
Ta daa!
A grande richiesta (?) è tornata Xia! Anche se se ne va subito... Mi dispiace Dalhia, e comunque si, mi sono ispirata ad Eragon, anche se il film non mi è piaciuto molto...

Come vedete ho deciso di mettere due capitoli “Gwenneschi” di seguito, in attesa del fatidico incontro con voi-sapete-chi xD
Nell’attesa vi invito a passare a leggere “Crack”, la mia raccolta di FlashFic sulle CRACK PARING meno famose (infatti me le sono inventate xD) di A Tutto Reality *-*
Shiau!
_Rainforest_
Ah, si, ora mi chiamo _LyckyTie_, ma è stato un errore e per tutti sono ancora _Rainforest_, nell’attesa che l’amministrazione mi reimposti il nick che avevo prima... Continuate a chiamarmi _Rainforest_ xD Ci vorrà un mesetto purtroppo D:
Baciottoni!

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Capitolo 6
*** 06. (Dawn) ***


06. (Dawn)

Le lacrime scendevano copiose.

- Perché mia madre è così?!

Zoey le sorrise dolcemente. Era la damigella d’onore di Dawn dalla nascita e le due erano molto amiche.

- Forza Dawn! Lei è così, ma tu guiderai un regno giusto...

Dawn alzò la testa a guardarla:
- Si, ma nel frattempo quanti moriranno?

Zoey la fissò tristemente.
- Non lo so...

- Vabbè, parliamo di cose serie... Come sta Mike?
Sorrise Dawn.

Zoey rimase, come sempre, stupita da quanta dolcezza potesse celarsi in un corpicino tanto esile.

- Meglio, ma la malattia continua ad affliggerlo...
Rispose tristemente.

- Dai Zoey, ce la farà!

Zoey sorrise di nuovo.
- Si, ne sono sicura... E ora forza, ha la sua lezione di musica, signorina!

Dawn sobbalzò e afferrò il violino, per poi correre fuori dalla stanza e arrivare in tutta fretta nella sala di musica. La madre l’attendeva guardando fuori dalla finestra, avvolta in un bellissimo abito bianco.

- Dawn cara, quali sono le 5 parole d’oro di una regina?

Dawn sospirò e declamò:
- Saggezza, ragione, crudeltà, apparenza e... Puntualità...

Courtney sorrise, compiaciuta:
- Giusto, quindi perché hai due minuti di ritardo?

Dawn abbassò la testa.

- Tsk, hai ancora molto da imparare e ora a lezione, su! Comincia con il suonare un brano a piacere...

Dawn eseguì quello che la madre voleva, ripetendo lo stesso brano all’infinito, finchè non avesse corretto tutte le imperfezioni.
Quando ebbero finito Courtney esclamò:

- L’ora è finita! Ti aspetto a pranzo tra due ore e poi alla lezione di canto, puoi andare...

Dawn non attese oltre, si voltò e se ne andò di corsa.
Tornò in camera, indossò la divisa da equitazione e corse alle scuderie, dove l’attendeva il suo fedele stallone Roknar.
Era stato salvato dal macello da una Dawn giovane e da una Courtney non ancora consumata dall’odio e ben presto la principessa si era accorta delle sue doti da corsa, che erano facilmente riconducibili alla sua specie, identificabile dal colore del suo manto: azzurro a macchie verdi, segno di un’antica razza di cavalli da corsa!

- Ciao Roknar!

Lo accarezzò e gli diede uno zuccherino, facendo nitrire il cavallo di felicità.

- Andiamo a cavalcare nella Foresta delle Nebbie, che ne dici?

Roknar nitrì in cenno d’assenso.
Allora Dawn lo sellò e senza dire nulla allo stalliere Owen (che come al solito ronfava), partì al galoppo.
Si sentiva di nuovo viva.
Sapeva che tra lei e Roknar c’era un legame forte come quello di Gwen e Xia, che mai si sarebbe spezzato.
La criniera di Roknar le accarezzava il viso mentre macinava metri su metri, battendo il sentiero ormai familiare.
Ad un tratto però Roknar si fermò, nitrendo spaventato.

- Che succede?

Chiese Dawn, allarmata. Quando, però, vide cosa c’era ai piedi del cavallo capì : un cadavere di Groniglio con una freccia nel petto.

- Oh, ma cosa è successo?! – Urlò Dawn, poi ci riflettè qualche secondo e arrivò all’unica conclusione possibile: - Un cacciatore! Ma... La stagione di caccia non è ancora aperta, quindi...

Non fece in tempo a finire la frase che una freccia si conficcò nel fianco di Roknar, che cadde a terra. Dawn urlò, inorridita:

- No! Aiuto!

E in breve le guardie accorsero, portando via il cavallo, ma Dawn rimase ferma, i pugni chiusi per la rabbia.

- Esci dalla foresta e fatti vedere, bastardo!

Quasi a rispondere un ragazzo dai capelli rossi uscì dalla vegetazione ridendo:

- Allora? Dov’è la mia preda?

Dawn lo guardò, furiosa e sbottò:

- Mostro! Non lo sai che la stagione di caccia è chiusa?!

Scott, perché di Scott si trattava, rimase estasiato dalla bellezza della ragazza e balbettò:

- S-Scusa...
- Scusa un cavolo! Come ti permetti di cacciare fuori stagione?! Chi sei?!

Scott ghignò, riprendendosi subito.

- Ho il permesso della regina, e voi chi sareste, mia piccola sguattera?

E così dicendo la prese per i polsi, spingendola contro un albero e strusciandosi sensualmente contro di lei.
Dawn avvampò:

- I-Io... Io sono Dawn...

Scott sussultò e si ritrasse, inorridito:

- Cosa?! La principessa?! – Si inginocchiò in fretta, diventando del colore dei suoi capelli – Mi voglia scusare, io non intendevo...

Dawn ghignò, gelida:
- Secondo te cosa dovrei farne di uno spregevole verme come te?! Magari dirlo a mia madre? A meno che voi non spiegate chi siete!

Scott annuì a testa bassa, rimanendo inginocchiato.

- Sono Scott Mc Fois, sono qui come messaggero...

Dawn riflettè qualche secondo:

- Mc Fois... Quello della Città delle Fiamme?

Scott annuì e Dawn ridacchiò.

- Allora non dirò niente a mia madre in favore dei commerci...

Il rosso la guardò, stupito da quell’ingiustificata bontà.
Dawn sorrise, maliziosa:

- E scommetto che con la barba leggermente incolta sarai ancora più carino!

Detto ciò corse via, lasciando un allibito Scott ancora in ginocchio.

***

-Altezza, ho conosciuto vostra figlia...
Scott era in ginocchio per la seconda volta quel dì, ma davanti alla regina in persona.

- E perché me lo dici?
Sbuffò lei.

- Perché è carina...

Courtney avvampò:
- No Scott! Lei è promessa in sposa al principe B, della Terra delle Rocce, non pensarci nemmeno!

La regina era convinta che se Scott voleva Dawn l’avrebbe conquistata con facilità.

- E poi, Scottuccio, tu hai me!

E sorrise. Un sorriso falso, in quanto Scott era un suo prezioso alleato e doveva tenerselo buono con tutti i mezzi possibili.
Scott fece finta di abboccare, perché era anche nei suoi interessi stare al gioco della regina.

***

- Zoey, oggi ho conosciuto...

La rossa saltò su:

- Chi?! B?! Com’è?!

Dawn ridacchiò, felice di poter spettegolare in santa pace con l’amica.
- No, sciocchina! Quello che ha ferito Roknar, ed è davvero carino!

Zoey si rabbuiò.
- Ah, Scott... E’ qui per conto di Courtney...

Dawn, annuì cupa.
- Lo so...

Poi guardò l’ora e balzò in piedi:
- Diost! La lezione di canto è cominciata da 30 minuti... A dopo Zoey!

E corse fuori dalla camera, facendo sorridere Zoey all’udire l’imprecazione.

 

 

 

 

-Angolo dell’Autrice-

Askdlfghj *-*
Sono una fan girl della DxS e dovevo farli incontrare, quindi eccoli *-*
SCOTT : Alleluja “-.-
Ma vaff... Hai un comportamento abbastanza maniaco, quindi stai zitto!
Non perdetevi il prossimo capitolo dedicato a Dawn (quindi tra due D: ) perché sarà il capitolo... No, non vi dico niente U.U
Comunque a me questa Dawn così maliziosa fa impazzire, a voi no?
SCOTT : Oh, eccome ^^
Zitto!
Voi che ne dite? Ciau, leggete e recensite :3
_Rainy_

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Capitolo 7
*** 07. (Gwen) ***


-Gwen, perché l’hai fatto?
Sei sempre stata sola... Ma così non ti puoi più lamentare!
Ti rendi conto di aver cacciato via la tua unica vera amica?

Gwen si dibatteva.
- No... No! Non è vero! Io ho Dawn e...

“Oh, andiamo Gwen! Lei ti ha adottato e poi sbattuto a fare da schiava, certo, travestita da guardia, ma sempre schiava!

Il bel visino chiaro era rigato dalle lacrime.

- No, non è vero, non mentirmi!

La voce della sua coscienza era implacabile.
- Gwen, perché sei rimasta sola? Perché hai mandato via Xia?! Lei avrebbe potuto solo aiutarti!

- Ma io...

- Gwen... Basta! Ammetti che vuoi la gloria tutta per te e Xia deve rimanere un pulcioso animale degno di farti da taxi...

Gwen sgranò gli occhi, velati di lacrime.
- Non è vero, Xia è...

- Il tuo animale da compagnia, ovvio!

- Bugiarda! – Cercò di urlare Gwen.

- Lascia stare, sai bene cosa è successo in questi anni : sei diventata egoista, molto... Però ho una soluzione...

- Eh? – Gwen chiuse gli occhi, fingendo di non sapere cosa sarebbe successo. Il pugnale le lacerò la carne, appena sotto lo sterno, spezzandole la colonna vertebrale... Un colpo secco, mortale...

Gwen urlò, ma non riuscì a sentire la sua voce salire.
Tutto era sfocato, i suoni ovattati e un mondo confuso intorno.

Poi tutto sparì...


... E Gwen si svegliò sul giaciglio che si era preparata, ancora la voce della coscienza nelle orecchie.

Erano giorni che sogni del genere la tormentavano, che fosse l’effetto del Morbo?
Dawn non ne era a conoscenza, ma lei si grazie alle uscite di nascosto che faceva occasionalmente. Sapeva che la regina non stava nulla...
All’idea di suo fratello prigioniero e infetto rabbrividì.

Erano passati due anni dal ricatto che aveva visto suo padre costretto a consegnare DJ a Courtney, tra le braccia della morte, per poi essere pugnalato insieme alla madre, subito dopo, e tutto per qualche misero soldino.

Balzò giù dal giaciglio agilmente e  si lasciò scivolare giù dal tronco dell’albero.
Stava per incamminarsi quando dal troncò scaturì un’intensa luce verde e lentamente una figura vestita del medesimo colore, dai brillanti capelli rossi apparve :

- Salve Gwen!

La cacciatrice di taglie fu colta di sorpresa e si voltò con un balzo, mano al pugnale. La donna in verde sorrise:

- Oh, Gwen! Non fare così con le vecchie amiche...

Gwen lanciò un urletto:
- Diost Dea! Isabel...

La donna in verde annuì sorridente:
- Si mia piccola Gwen... Guarda come sei cresciuta! Sono passati anni dall’ultima volta che ci siamo incontrate, vero?

Gwen annuì, mentre le lacrime affioravano.
- Izzy, io...

Isabel continuò a sorridere.
- Oh, cara! Non è stata colpa tua e come vedi sono ancora “viva”, se così si può dire, anche se molto debole... Ma sono stata in grado di attirarti qui, vedo!

Gwen sorrise:
- Sai che quello che ho fatto... – E una calda lacrima le rigò una guancia.
La rossa annuì.

- Lo so! E hai fatto bene...

Gwen si rilassò.

- Ora cosa farai?

Izzy sospirò:
- Cosa vuoi che faccia?! Il mio posto è qui, ma sarò con te, per sempre...

- Aspetta! – Gwen era nuovamente in lacrime – Potrei sacrificare...

- No! – Izzy la guardò severa. – Non farlo!

Ma Gwen aveva già estratto il pugnale e si avvicinava al tronco, decisa. Si inginocchiò sulle radici e con un taglio netto sul palmo lasciò cadere alcune gocce su di esse.
Izzy si illuminò di luce verde, sempre più intensa, sempre più luminosa e sparì ad un tratto, dopo aver sussurrato un “Grazie” a Gwen.
La cacciatrice si voltò e corse.
Corse per metri e metri, cadde e si rialzò, rallentò e accellerò, tutto per fuggire.
Quando si fermò era in riva al lago Drakvaal, a qualche ora di cammino dalle grotte.
Senza rifletterci si tolse l’armatura e si tuffò nel lago, lasciando che l’acqua fresca le inzuppasse i capelli e lavasse via il veleno dello Woo, che non sarebbe mai andato via del tutto senza una cura.
Incurante della mano sanguinante, se la passò tra i capelli e dopo aver strappato le ali ad alcuni Fritzli, perché non mordessero, uscì dall’acqua e si stese al sole.
Intrecciò i capelli ancora umidi con dell’Erba Magica, che in breve le avvolse la coda, e rifletté.
Rifletté su come da troppo tempo non vedesse casa, o almeno quello che ne restava, e rifletté su Izzy, ormai una Ninfa dei Boschi...
Sapeva come trattare le creature magiche, e il suo migliore amico era un folletto, ma Izzy era un’altra cosa, soprattutto per quello che era stata...

Lasciò che le lacrime fluissero, mentre realizzava di aver perso tutto, anche il suo ultimo contatto con il passato. Izzy era una creatura magica e per ciò priva di emozioni, anche se fingeva di provarle per non sembrare di ghiaccio agli occhi di Gwen, che però lo sapeva molto bene.

Dopo che si fu calmata si rimise in cammino e in breve raggiunse la grotta.
Si nascose dietro un cespuglio e spiò con attenzione l’entrata.
Vide Sheperd uscire dalla grotta, il volto coperto, e salire in groppa al Drago di Ghiaccio che riposava lì davanti.
In pochi secondi il drago spiccò il volo e i due si allontanarono.
Gwen esultò : prima di catturarlo, esaminare la grotta e privarlo di armi ed erbe sarebbe stato utile!

Quindi uscì allo scoperto e entrò nella grotta attraversando la piccola radura senza esitare.
Notò un giaciglio e qualche scaffale con barattoli vetro contenenti erbe, anche velenose.
L’interno era semplice e molto grande : un drago ci entrava senza problemi.
Il fondo era stato murato, così da bloccare l’accesso agli altri corridoi sotterranei naurali e sulla destra era stata creata una rientranza per il fuoco, con pietre e ceppi di legno.
Niente armi.
Fece per afferrare le erbe, quando un forte colpo alla nuca, con un ceppo di legno probabilmente, la fece cadere a terra.

- Stupida, è uno stregone!

Questo l’ultimo pensieri razionale insieme all’immagine di Sheperd che si allontanava a dorso di drago.

Poi tutto divenne nero...

 

 

 

 

-Angolo dell’Autrice-

*si mette a ballare in cerchio, battendo le mani e producendo suoni simili solo a “askdlfghj”*
Aaaaaah!
Si sono incontrati, si, si, siiiiiii!!
Brava _Rainy_ :3
Ah, spero si capisca la parte finale, dove dice che è uno stregone : quello usato da Duncan per far credere a Gwen di partire, era semplicemente un incantesimo, un’illusione... Ora è meglio (TUTTI : NO “-.-) ?
Ok, meglio che vada a nanna, prima che mia madre mi trascini a forza... Bye!
Non perdetevi il prossimo capitolo, mooolto importante per Dawn ^._.^

Bye! Leggete e recensite ^_^
_Rainy_

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Capitolo 8
*** 08. (Dawn) ***


08. Dawn

 

La cella era umida e fredda, e la catene ai polsi le avevano lasciato un segno rosso ormai.
Segno che in realtà Dawn aveva già da anni, dato che non era la prima volta che succedeva una cosa del genere.

Era arrivata tardi alla lezione con sua madre e lei si era arrabbiata, sbattendola in cella a digiuno, come suo solito.
Dawn era ormai abituata a quel trattamento e non sentiva il dolore fisico, ma dentro di se era a pezzi. Perché sua madre la odiava tanto?
La risposta, lo sapeva, era lampante : perché Dawn non era stata desiderata...

Tanti anni prima Courtney era stata portata come damigella a corte, ma il principe se n’era invaghito e della loro relazione segreta era nata lei, un peso inutile. Allora la legge voleva che due giovani con un figlio fossero considerati sposati e la cerimonia venne fatta in breve, costituendo un problema per tutti : lei non voleva essere legata a un uomo che non amava, lui era promesso a un’altra e i genitori di lui erano contrari al loro “amore”, per ovvio ragioni.

Dura lex, sed lex

Triste, ma vero.

Alla morte del padre il figlio fu incoronato, e Courtney con lui, che negli anni era riuscita ad acquistare grande prestigio e a mettere a tacere lo scandalo.
Ovviamente aveva compreso che essere regina poteva essere un grande vantaggio e non ci mise molto a far innamorare perdutamente di se il principe, chissà con quali oscuri metodi.

Dopo averlo ucciso, il regno era suo.


Un colpo alla porta che conduceva alle prigioni.
Due colpi.

La porta era poco distante dalla cella di Dawn, che rimase sorpresa da quel suono : era l’unica prigioniera, la ronda non si faceva mai, non poteva mangiare e doveva stare in cella altre sette ore... Chi poteva essere?

Si aprì cigolando e Dawn udì dei passi, di due persone.

- ...E qui le prigioni...

Era la voce di Noah, capo delle guardie reali.

- Oh, wow... Il giro è finito?

Una voce giovane, che Dawn conosceva, ma non associava a nessun volto.

- No signore, ci sarebbero ancora da vedere gli alloggi della regina, ma..
- Oh, li conosco molto bene...

La voce sconosciuta era carica di malizia.

- Oh, allora il giro termina qui... Avrei delle faccende da sbrigare, sapete tornare di sopra?

Una risata.
- Suvvia Noah, sono solo delle scale!
Altre risate.
- Avete ragione, arrivederci!

I tacchi degli stivali di Noah che si scontravano, nel classico saluto militare e dei passi che si allontanavano.
Qualcuno che sbuffava e cominciava a camminare in direzione di Dawn, lentamente.

La ragazza non tirò neanche su la testa, rimase con il capo chino, i capelli che toccavano quasi terra, per la forza di gravità.

Il ragazzo arrivò davanti alla cella di Dawn e si fermò:
- Oh, ma allora un prigioniero c’è!

Dawn sentì montare la rabbia dentro di se all’udire il nome con cui l’aveva chiamata: prigioniero.

- Oh forse... Una prigioniera?

Il ragazzo si appoggiò alle sbarre. Dawn cedette alla rabbia e alzò la testa urlando:
- Non sono una prigioniera, stolto!

Il ragazzo fece un balzo indietro. Solo allora Dawn lo riconobbe : era il ragazzo che aveva colpito Roknar, Scott.
- Oh, ciao Scott – Sibilò Dawn, acida.

Scott si inginocchiò di corsa e ghignò:
- A quanto pare è destino che lei mi lasci senza parole, principessa! Ah, il suo cavallo sta bene, se le interessa...

Dawn si rilassò un poco.
- Bene, addio Scott...

Il rosso fece per fare una battuta sarcastica, ma notò in che condizioni era Dawn e chiese, allibito:
- Ma perché siete qui? State giocando a una specie di nascondino con qualcuno?

L’intenzione di Dawn era rispondergli a tono:
- Scemo! Io... Io...

Ma si bloccò, scoppiando in lacrime. Scott si pentì della battuta appena fatta e si guardò intorno. Vide le chiavi appoggiate con noncuranza su un tavolino e le afferrò, aprendo velocemente la cella di Dawn. Aprì le chiusure metalliche che la bloccavano e la afferrò quando cadde a terra, non più retta dal metallo.
Senza pensarci troppo la abbracciò, accarezzandole la testa e sorreggendola.
- Dawn, cosa è successo?

Non aveva mai provato qualcosa del genere per qualcuno. Sentiva il bisogno di consolarla, perché sentiva che se lei era triste, il suo mondo era grigio.
Era una piccola creatura indifesa, ma era così strano... Non era mai stato un tipo incline alla pietà.

Si staccò in fretta, rosso in volto.
- Scusi maestà...

Dawn sorrise, il bel visino non più rigato dalle lacrime e raccontò la storia della madre al rosso.
Scott si sedette per terra, vicino a lei e diventava sempre più allibito.

- Non lo sapevi eh? Ora le vostre “notti di fuoco” non saranno più le stesse? Ops, scusa tanto, non volevo rovinarti il sesso più conveniente del regno...

Constatò Dawn, acida.
Scott si sentì un verme, ancora di più perché detto dalla creatura apparentemente più fragile, ma che in realtà covava una forza fuori dal comune.

- No Dawn, io...

La bionda distolse lo sguardo e sibilò:
- Fatemi sapere quando avrò un fratellino...

Scott abbassò la testa e una lacrima gli solcò la guancia. Non aveva mai pianto, perché lo faceva ora?
La rabbia di Dawn subito sbollì.
- Scusa, è che mia madre...
- No, hai ragione – la interruppe Scott – ma non c’è nulla fra me e tua madre, perché lei non vuole altro da me se non che mantenga i commerci, ma d’altronde io voglio lo stesso... E’ un rapporto di interessi e basta...

Perché si stava rivelando? Sentiva che era giusto...
E che nonostante fosse la figlia di Courtney non glielo avrebbe mai detto.
Dawn annuì:

- Tipico... Il letto è sempre stato più efficace di un tavolo delle trattative... E di sicuro prediletto da mia madre... Non disperare... – sorrise gentile.
Scott le rispose allo stesso modo, quindi si alzò, si pulì i pantaloni e si avvicinò a Dawn. La prese in braccia reggendola per la schiena e per le ginocchia (come una sposa...) e uscì deciso dalla cella.

- Cosa stai facendo?

Chiese Dawn, isterica e rossa in volto per quell’iniziativa.
Scott sorrise.

- Non posso lasciarti qui! Starai nelle mie stanze, se vuoi, fino a quando non sarai di nuovo libera...
- E quando vedranno che non ci sono?! – Dawn era imbarazzata.
- Li avvertirò che vado io a liberarti... Dai, tranquilla!
- Ma ci andremo di mezzo tutti e due...

Scott si bloccò, fissando un punto lontano sul muro. D’un tratto si voltò verso Dawn e la fissò negli occhi, sorridendo. Dawn diventò ancora più rossa.
- Principessina, ti sei chiesta perché lo sto facendo?

Dawn avvampò e annuì. Scott ghignò:
- E’ dovere di ogni cavaliere salvare le fanciulle in pericolo no?

La principessa rinunciò ad opporre qualsiasi resistenza e si lasciò condurre alle camere del giovane in braccio, per poi venire deposta sul letto soffice...

Mentre qualcosa nei cuori di entrambi si muoveva...

 

 

 

 

 

-Angolo Dell’Autrice-
Sono stra di fretta.. Quindi:.
ve l’avevo detto che sarebbe stato un capitolo importante ^._.^
Ok, alla prossima, torniamo con Gwen e... Muahahah!
Un baciottone a Craggy, shiau!
Leggete e recensite if possible, byeee!
_Rainy_

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Capitolo 9
*** 09. (Gwen) ***


09. (Gwen)

 

Si svegliò con un forte mal di testa.

Era seduta a terra, legata con delle corde; del sangue rappreso sulla tenuta da viaggio.
Era nella grotta che ricordava: abbastanza spaziosa; e un drago di ghiaccio era comodamente disteso verso il fondo. Un ragazzo più o meno della sua età stava in piedi davanti allo scaffale delle erbe, e pestava delle foglie scure. Quando si accorse che era sveglia ghignò e si avvicinò a lei. Si chinò per guardarla negli occhi e chiese:

- Ciao Gwendolyne! Cosa ci fai qui? Perché mi segui?

Gwen trasalì : la conosceva?!
Senza scomporsi rispose:

- Buongiorno a lei Sheperd!

Il ragazzo, estremamente affascinante, alto, ma muscoloso e con una vistosa cresta verde (probabilmente il suo elemento runico identificativo), la guardò rabbioso:

- Non hai capito! Qui comando io! O rispondi o...

Gwen si mise a ridere, elaborando una strategia per uscire viva da lì.
- Oh, scusi tanto signor Sheperd!

Lo schiaffo fu forte, e le fece parecchio male. Gwen non si mosse: stava andando tutto secondi i piani.

- Oh, è così che trattate le fanciulle voi stregoni?

Il secondo schiaffo fu ancora più forte.

- Signorina Gwen, o mi dice perché mi sta seguendo, oppure sarò costretto ad usare la forza...
- Ma non è contrario ai principi degli stregoni? – Chiese Gwen beffarda.

Sheperd ghignò e afferrò un coltello spalmato di crema viola.
- Vedo che non vuole capire...

Detto ciò piantò in profondità il coletto nella carne di Gwen, che però non fece una piega: conosceva bene quella sostanza viola, era bava di Baar, che rigenerava i tessuti vitali. In pratica si poteva torturare un prigioniero con un pugnale intriso di bava che lacerava gli organi interni, per poi rigenerarli subito dopo.
L’addestramento di Gwen aveva incluso ore di tortura con sostanze simili, fino a quando non avesse emesso alcun suono.
Sheperd sembrava disorientato, ed estrasse il pugnale.

- C-Cosa?!

Gwen ghignò:
- Non sapete poi molto di me, allora, signor Duncan...

Il ragazzo la fissò:
- Io non mi chiamo più Duncan. Cosa volete da me?

Gwen alzò gli occhi al cielo:
- Non è evidente?! State derubando le case del regno e su di voi c’è una taglia bella grossa...

Duncan sembrò stupito.
- Una taglia?! Ma se lavoro per il popolo... Ah, lasciamo perdere!

Gwen scrollò lo spalle:
- Io faccio il mio lavoro e... Aaaah!

Urlò di dolore: la bruciatura provocatale dalle Woo cominciava a infettarla. Andava curata. Sheperd osservò il taglio e spalmò un po’ della gelatina viole sulla bruciatura, che subito cambiò colore, diventando di un blu acceso.

- Grazie – Sussurrò Gwen.
- Lavori per Courtney?
- Diciamo di si... – sbuffò Gwen.

Duncan si illuminò e le preparò velocemente una minestra, facendogliela poi bere a forza.
Dopodichè prese un foglio e declamò:

- Gwendolyne Montrose, nata nella Terra del Fuoco il nono giorno del ventisettesimo anno. Madre originaria della Terra dell’aria e sacerdotessa, padre della Città delle Fiamme. Morti entrambi a causa di un’incursione armata. Combattiva e addestrata. Pericolosa. Ha sofferto per via di alcuni omicidi, in particolari ai suoi vecchi ami...
- Basta! – Urlò Gwen.

Sheperd tacque.
Gwen ansimò, ogni parole scolpita, dolorosamente, nella sua testa.

- Deduco che è tutto vero....
- Come fai a saperlo?!
- Bè, ho un drago, l’hai visto no?

Gwen alzò la testa e fissò il drago, furiosa.
- Bestie bastarde! I Saggi avrebbero dovuto uccidervi quando ne avevano la possibilità o vietarvi di usare la lettura della mente!

Il drago ruggì e rispose, con voce profonda:
- Cosa hai detto?!
- Ho detto che siete delle bestie bastarde e soprattutto voi Draghi di Ghiaccio, la più infima razza esistente sulla faccia della terra! – Lo provocò Gwen.

Il drago era furioso, Duncan intervenne:
- Fermo Valkaar! E tu taci, cacciatrice!

E la colpì con un terzo schiaffo.

- Ah, insulsi! Cosa sperate di ottenere?! – Gwen ridacchiò.
Duncan la fissò senza dire nulla, poi sussurrò un incantesimo e la caverna venne sigillata.

- Dormi cacciatrice, domani ci aspetta un lungo viaggio e...
- Cosa?! Per dove?!
Duncan rispose, strafottente:
- Se te lo dicessi dove sarebbe il divertimento?!

E si distese sul giaciglio, nel buio.
Si addormentò quasi subito, quando Gwen ebbe un’idea per uscire di lì.
Lentamente, senza farsi sentire dal drago di ghiaccio che vegliava, estrasse il pugnale dallo stivale e lo impugnò. Duncan non era molto bravo a fare nodi e aveva le braccia abbastanza libere.
Senza esitare, aspettò che Duncan si addormentasse e poi attuò il suo piano:

- Guarda che roba! Draghi ridotti a fare da animali domestici...

Valkaar drizzò la testa.
Gwen fece finta di ragionare tra se e se, a occhi chiusi:

- Pfui! Un tempo creature indomabili, ora dei cani da guardia... Sono addirittura peggio dei Woo...

Ora, va detto che c’era un’unica cosa che i draghi sopportavano di meno dell’acqua gelata, ed era essere comparati agli Woo, loro cugini alla lontana, e considerati come la feccia della terra. Per questo, Valkaar non ci vide più e sputò una potente fiammata. Gwen scartò di lato e la fiamma infranse la corda che la legava al muro. Gwen se ne liberò e lanciò il pugnale verso il drago, trafiggendogli un’ala e inchiodandolo alla parete.
Il drago ruggì, ma Gwen era già su Sheperd, a cavalcioni.
Duncan la guardava, carico di malizia:

- Oh, non era necessario fare tutto questo caos per...

Ma Gwen gli assestò un potete colpo alla tempia, che lo fece svenire e lo legò stretto con una corda e una catena. Con il coltello gli incise una runa di blocco sulla mano, che divenne violetta.

-Xia, ho bisogno di te...

Qualche minuto dopo Xia penetrò nella grotta, ruggendo, e Gwen le sorrise.
Valkaar ruggì, rabbioso e lanciò una potente fiammata contro Xia, che la evitò prontamente.
Xia tirò una zampata al drago, che grugnì e decise di non opporre ulteriore resistenza.

- Ciao Xia, come vedi abbiamo due gagliardi giovani... Cioè, un giovane e un non-proprio-umano da portare a Dawn!

Xia annuì, felice.

- Padrona, potremmo anche aspettare domani...
- No! Non so quanto Sheperd rimarrà privo di sensi...

Xia capì l’ansia della padrona.

- Umm... E se non fosse proprio malvagio?

Gwen si rabbuiò:
- Non mi riguarda : Dawn lo vuole, punto.

Xia sospirò, davanti alla totale fiducia della sua padrona e uscì dalla grotta, pronta a partire.
Gwen sospirò a sua volta e si voltò a guardare Valkaar:
- Scusa per l’inganno, ma come sai... Bè, il tuo padrone è un ladro...

Valkaar ridacchiò:
- Stolta! Tu non sai nulla! Voi cacciatori addestrati vi credete migliori degli altri in ogni cosa, ma non siete che polvere nell’immensità dell’universo...

Gwen sorrise, senza sapere il motivo, e uscì dalla grotta, nella chiara luce delle otto lune...
Sheperd era stato caricato su Xia, che si stagliava fiera nella notte.
Erano entrambe pronte a tornare alla loro vita di sempre, quasi con rimpianto, ma ancora non sapevano che quella vita, l’avevano ormai definitivamente abbandonata...

 

 

 

 

 

-PAUSA CIAMBELLE-
Sha-Baaaam!
Eccoci qui *-*
Gwen e Duncan si sono incontrati, cosa succederà nel prossimo capitolo? Lo scoprirete solo sintonizzati su KRainy, solo tra qualche giorno, solo qui, a... A TUTTO.... REALITY... HEAD...HUNTER!!
*boato di applausi (?)*
Shiau, baci ottoni, leggete e recensite (sempre sottolineato U.U),
_Rainy_
PS: io A-M-O questo Duncan così riflessivo e malizioso al tempo stesso *-* Voi no? Quasi quasi me lo sposo...
DUNCAN : Ti prego no!
Sisi, vabbè, già capito... Shiau!

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Capitolo 10
*** 10. (Dawn) ***


10. (Dawn)

- Ben svegliata mia cara!

Dawn socchiuse gli occhi lentamente, mentre la luce inondava la stanza. Scott stava aprendo le pensanti tende rosse, lentamente.

- Oh, ciao Scott, ma dove sono?

Scott ghignò:
- Ci siamo inconsapevolmente sposati ieri, ubriachi, dopodiché ti ho portato in camera e...

Dawn arrossì e gli tirò un cuscino. Scott ridacchiò.

- Hei, mi sono permesso di portarti la colazione...

Dawn si rese conto solo allora di quanto avesse fame.
Spostò delicatamente il coperchio del lucido vassoio d’argento e esultò: amarene sciroppate con yogurt e una brioche al cioccolato, DJ aveva superato se stesso. Scott guardò il cibo, malinconico:

- Quanto vorrei essere un principe! A me la regina concede giusto qualche pesca in più degli schiavi...

Dawn sorrise:
- Allora facciamo che sei il mio principe!

E delicatamente intinse il cucchiaio nello yogurt e nelle amarene e glielo porse. Lui sorrise a quel gioco infantile e ingoiò il contenuto del cucchiaio, e così per molte altre volte.
Dawn alla fine sorrise e sussurrò:

- Sarà meglio che torni in camera, mia madre vorrà sapere come sto...

Scott annuì e quasi tristemente rispose:

- Cam la sta intrattenendo, sa che sei qui... Oh, sarà meglio che ti rimetti i tuoi vestiti, sono sulla sedia...

Dawn arrossì e ridacchiò, annuendo.
Corse in bagno e ne riemerse vestita da prigioniera, così come era arrivata in camera di Scott.
Mentre usciva il rosso la osservava, triste. Quando la porta si richiuse alle spalle della bionda, Scott sospirò... Prima di tirarsi uno schiaffo:

- Scotty dannazione! Cosa ti sta succedendo?! Perché ti importa così tanto della principessa?!

Non seppe darsi una risposta, ma era consapevole che da quando l’aveva salvata da 7 ore di prigionia, qualcosa dentro di lui si era rotto, forse... Il ricordo di un passato di solitudine? Il ricordo di violenze?
Dawn ispirava fiducia e tranquillità, come se una creatura così forte e fragile al tempo stesso avesse potuto espiare tutte le sue colpe, dalla più lieve al suo nero passato di assassino...
Come si era ridotto così? Così dipendente da una ragazza?

Bè, lei non era come tutte le altre...

***

Dawn in camera sua ricevette la visita della madre, che con fierezza la ammonì:

- Spero tu abbia rifletto sul tuo comportamento e... Scott per te è off limits!

Dawn sgranò gli occhi, Courtney annuì:

- Si figlia mia! Lui è un alleato e non posso permettere che faccia un figlio con una sgualdrina come te! Tu sei promessa sposa a B, ok? Sai che è per aumentare il mio potere: non opporti! Sei mia figlia, ma sei sotto il mio volere e sai benissimo di non essere dissimile dal peggiore degli schiavi!

Dawn annuì, mentre le lacrime si affacciavano:
- Si madre!

Courtney ghignò:
- Anzi... Se ti farà delle avance, tu, mia cara, dovrai rifiutarle categoricamente o lo farò uccidere a sangue freddo...

Dawn annuì, sempre più disperata.

- Molto bene, ciao Dawn! Oggi dovrai prepararti al meglio per domani...

La principessa guardò la madre, interrogativa:

- Si cara, domani B verrà in visita e ti farà la grande proposta, e ovviamente tu dirai si, mostrandoti commossa e stupita. A dopo cara...

Si voltò e uscì.
Dawn rimase sola, nella sua disperazione.

Scott era diverso dagli altri pretendenti: non sembrava covare alcun interesse per la sua eredità. Non sembrava avare alcun secondo fine o obiettivo segreto...
Perché?
Non esisteva un motivo logico per cui avrebbe dovuto farlo, eppure...


Era immersa nelle sue riflessioni, quando Cam bussò alla porta; Dawn lo fece entrare. Il maggiordomo era visibilmente imbarazzato:

- C’è... Ehm... Il signor Scott alla porta...

Dawn ebbe un tuffo al cuore:
- Fallo entrare!

Si accoccolò al meglio sul letto, attendendo che la testa del rosso facesse capolino. Scott non si fece attendere e si inchinò entrando nella stanza.

- Buongiorno principessa, come sta?

Dawn sorrise e fece segno a Cameron di uscire. Cam balbettò:

- Ehm... Si... Arrivederci, ma... Veramente dovrei restare, perché la regina ha ordinato di presenziare i vostri incontri e...
Cameron era sempre più rosso e si voltò, andandosene di corsa, imbarazzato. Scott era perplesso.

- Si, ehm... Mia madre ha detto che devo rifiutare ogni tua eventuale avance e...

Scott scoppiò a ridere:

- Tentar non nuoce no?

Dawn arrossì, come era ormai solita fare di fronte a lui.

- Perché sei “tornato” ?

Scott si fece serio:

- Ehm... Volevo vedere come stavate...

La principessa annuì, sorridendo:

- Grazie, sto meglio, e in parte lo devo a te...
- Eh, sembra proprio che il mio destino sia salvare belle fanciulle...

Dawn rise.

***

Quella sera scesero entrambi per la cena e la regina li fece accomodare l’uno di fronte all’altra.
Vennero serviti gli antipasti e la regina attaccò:

- Allora Scott, a che punto siete con i preparativi per le nozze? – Sorrise, falsa.
Scott impallidì, e Dawn sentì un brivido freddo scenderle giù per la schiena.
Il rosso era confuso e fissò Dawn; la regina ghignò:

- Ma la principessa Dakota, vostra futura sposa, lo sa? Non aveva protestato perché era contraria? Non voleva riarredare la Baia dei Grafodrilli Fluorescenti solo per renderla più rosa?

Dawn era maschera di ghiaccio. Scott arrossì e ridacchiò nervosamente, come un ebete:

- Eh... No, cioè, alla fine ho dichiarato che sposerà un’altra persona...

Courtney sferrò il colpo di grazia:

- Oh povero caro, so che la amavi molto...

Dawn si alzò e corse via, mentre le lacrime si affacciavano. La madre ghignò, mentre Scott si alzava a sua volta e correva dietro a Dawn, urlando il nome della bella principessa:

- Dawn aspetta!

Scott si bloccò in mezzo al corridoio quando sentì dei singhiozzi e una porta che sbatteva, mentre Courtney ghignava, trionfante.
Il rosso immaginò che “il piano” della regina di separarli fosse riuscito, ma non se ne preoccupò più di tanto: presto sarebbe finito tutto!
Difatti, il suono di una palla di cannone magica, forte e distruttiva, che si abbatteva sulle mura non tardò ad arrivare.

Stavolta a ghignare fu il rosso: il momento era arrivato!

***

Dawn entrò in camera, sbattendo la porta, buttandosi sul letto e scoppiando in un pianto liberatorio.

Perché si sentiva così all’idea che Scott amasse un’altra?
Perché questa semplice informazione la faceva sentire così uno straccio?
Perché non riusciva ad ignorare semplicemente l’amore che Scott aveva tutto il diritto di provare per Dakota, così bella e ricca?
Perché l’unica cosa a cui aveva pensato era stata “Perché lei?” ?

Non riusciva a darsi una risposta nonostante fosse estremamente semplice...

Purtroppo non ebbe il tempo di rifletterci ulteriormente, interrotta dal rumore di una palla di cannone che colpiva le mura del castello e dal grido terrorizzato di Zoey: “Nei sotterranei!”...

 

 

 

 

PAUSA CIAMBELLE

Buon Donut a tutti *-*
Chiedo scusa per il ritardo, ma come sapete (?) questa storia è aggiornata con frequenza irregolare, probabilmente...
ENIUEI (?), questo chappy fa letteralmente schifo... Lo so >.< Però mi serve per introdurre il prossimo Dawnesco...
So anche che le cose tra Scott e Dawn stanno andando troppo velocemente, ma sapete come si dice: “colpo di fulmine” no? Eh... Se...
Ehm...
Nella vergogna vi saluto, shiau belli (*MICHAEL RIGHINI chiede il copyright*),
_Rainy_
PS: Siamo arrivati a 10 chappyyyyyy!! Yeppa! ^3^

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Capitolo 11
*** 11. (Gwen) ***


11. (Gwen)

 

- Avanti Xia, si torna a casa!

Il drago si librò in volo, possente, e velocemente salì ad alta quota, mentre Gwen si assicurava che Duncan non potesse slegarsi. Quando però tentò di mettergli una “museruola” magica, il mago la morse alla mano urlando insulti. Gwen ridacchiò:

- Va bene caro, ma prova a dire qualche formula e ti farò provare dolore infinito!

Duncan ghignò:

- Uh, aggressiva eh?

Gwen lo zittì con un pugno nello stomaco. Xia ridacchiò, suscitando l’ira di Duncan:

- Stupido drago! Taci e vola!

Xia ebbe un fremito, irata, ma Gwen la calmò subito e le promise che avrebbe potuto divorarlo a casa. Duncan, saggiamente, tacque.

Sorvolarono fiumi e colline; castelli e montagne, fino a quando Duncan non si addormentò, provato dal viaggio. Gwen ne approfittò per frugare nella sua bisaccia a tracolla e vi trovò una serie di antiche mappe magiche, raffiguranti il castello reale e le regge circostanti. C’era anche uno schema dei turni di guardia del palazzo e un elenco dei palazzi signorili della capitale.

Villa Burromuerto;
Villa Tomson;
Villa Whitrow;
Villa Dawson;
Villa O’Donnel

Le case derubate erano state sbarrate, quasi a segnare il progressivo completamento di qualcosa.

Heather e Alejandro, Mike e Zoey, Sam e Dakota... Cosa stava cercando?

- Hei bellezza, fatti i cavoli tuoi!

Gwen sussultò: si era svegliato eh?

- Oh, signor mago, stia tranquillo: non intendo interferire con i suoi piani di conquista del mondo, solo... Distruggerli!

Duncan ridacchiò:

- Non hai capito nulla eh?

Detto ciò si chiuse nel silenzio, mentre Gwen lo squadrava scettica. Dopo qualche minuto si decise a parlare di nuovo:

- Mia cara Gwendolyne, non ti sei chiesta perché sono venuto con te, nonostante avessi potuto benissimo fuggire?

Gwen finse di pensarci:

- Umm... Le possibilità sono due: o sei pessimo a bluffare, o sei un maniaco cannibale alla ricerca di belle fanciulle indifese, quale delle due?

Duncan ghignò:

- La seconda, mia cara!

Gwen finse di emozionarsi, per poi ribattere acida:

- Tu è andata male, caro mio! Non sono proprio una fanciulla indifesa e posso stenderti anche senza magia!
- Di sicuro non mi stendi con la simpatia!
- Chi ti ha detto che i cacciatori devono essere simpatici? – Ghignò a sua volta.

Duncan alzò le mani, in segno di resa.

Se l’era chiesto effettivamente... Era strano: tutti i prigionieri che aveva catturato scappavano terrorizzati o si arrendevano a lei dopo breve tempo e il più tenace (tale Gian dei Brughi, ma il cui vero nome era Chris) era durato sì e no 30 minuti, in cui aveva corso per qualche chilometro, prima di cadere a terra e farsi legare come un salame!
Invece Duncan era rilassato strafottente e anche superbo, perché? Non aveva paura della morte o sapeva qualcosa che a lei sfuggiva?

Finalmente avvistarono il castello della capitale, dimora di Courtney e Dawn, e Gwen subito notò che c’era qualcosa di strano. Duncan ridacchiò:

- E’ ora!

Gwen, furiosa, lo prese per il bavero della maglia e sibilò:

- Verme! Tu sapevi che sarebbe successo qualcosa!
- Non posso negarlo... – ghignò con una faccia terribilmente da schiaffi.
- Molto bene, che ne dici se andiamo a vedere cosa succede? Un drago può far comodo!

Lo lasciò cadere e si voltò per dire a Xia di avvicinarsi, ma Duncan la afferrò per un polso e la trascinò a terra: aveva infranto la runa di blocco!

- Ferma!

Era improvvisamente serio, Gwen lo fissò, trovando i suoi occhi stupendi e maledicendosi per quella riflessione:

- Sheperd, se pensi che ti lascerò allontanare con Xia...
- Gwen, ascoltami! – La cacciatrice lo fissò, senza scorgere ironia nella sua voce e incapace di distogliere lo sguardo – Il castello è sotto assedio dei ribelli e non c’è nulla che tu possa fare. Io sono uno di loro, ma non vogliamo spodestare la regina... Abbiamo bisogno di te! Allontaniamoci e ti spiegherò tutto, però credimi!

Gwen era quanto mai sorpresa e fu tentata di sghignazzare:

- Cosa?! Stai scherzando? Non penserai che ti creda vero?! La dentro c’è Dawn!
- E’ al sicuro: abbiamo un infiltrato al castello che è vicino alla principessa e la salverà; non è lei il nostro obiettivo!

Lontano, l’ala ovest del castello esplodeva in una potente fiammata.

- Padrona, cosa facciamo? – Ringhiò Xia.
- Non lo so... Sheperd, cosa volete al castello?

Duncan si rabbuiò:
- La cura...

La ragazza non capiva, quando Xia si voltò e si infilò nella vegetazione sottostante, facendo sobbalzare i due passeggeri.

- Ma cosa...

Xia si posò in una radura nascosta e ansimò:

- Era in arrivo un’ondata di Draghi di Ghiaccio con annessi stregoni e penso non sarebbe stato raccomandabile rimanere proprio davanti al loro naso... Se però volete diventare frittelle magiche...

Nessuno rispose.

- Sheperd, spiegati!

Duncan annuì:

- Sono Duncan Sheperd, capo di un plotone di guerriglieri ribelli. Il regno e il nostro campo sono afflitti dal morbo e stiamo cercando una cura apposta per salvare i nostri cari... Abbiamo bisogno di te perché tu sei vicino alla famiglia reale, per questo ho commesso i furti, per metterti sulle mie tracce, e sempre per questo sono venuto conte, nell’attesa che vedessi l’assedio... Be’, potresti darci una mano e...
- No! – Lo interruppe secca Gwen. Duncan si rabbuiò, ma le sorrise:
- Capisco. Non voglio che raccogli le sorti di una guerra che non ti riguarda, se non vuoi...

Mai qualcuno le aveva parlato così. Dietro il sorriso sincero e luminoso del ragazzo, però, Gwen riusciva a scorgere una grande tristezza, che la spinse a chiedere:

- Chi hai perso?

Duncan la guardò, esitante e incredulo, e si pentì della domanda: la sua regola numero uno  era di non avere nessun contatto psicologico con i prigionieri, e l’aveva appena infranta... Ma ormai era tardi...

- Scusa, non volevo...

Duncan face spallucce:

- Te lo dirò, ma prima sappi che ti osserviamo da tempo e sappiamo bene che non simpatizzi per Courtney...

Gwen si irrigidì.

- Nonostante tutto, presto detto... Durante l’esplosione dell’epidemia e del morbo, gli studiosi aveva proposto di cercare la cura del morbo nel sangue della gente, perché sapevano che l’epidemia era partita da un mago che voleva vendicarsi di un torto fatto a sua figlia... Pensavano quindi che qualche stregone poteva avere in corpo il gene per curare il virus... Fecero dei rastrellamenti e quando toccò alla mia città, be’... – La voce gli si incrinò – Uscì mia sorella e...

Gwen tacque.

- Fu uccisa in piazza, davanti a tutti e morì guardandomi negli occhi, capisci? Vidi la vita che le scivolava lentamente via, dalle sue esili dita di tredicenne...

La ragazza vide il mago disperarsi, vide il suo vero “io”, che le chiedeva aiuto da dietro le chiare iridi. Gwen però era dubbiosa:

- Scusa, ma... Come una malattia magica? Non è una semplice febbre?

Duncan la fissò, la cresta verde che risplendeva: non si era sbagliata; era davvero il suo elemento runico, ossia ciò che gli dava potere.

- Non lo sai? E’ una malattia creata per punire il governo che sfidò la magia... Fa venire anche della febbre, ma è di natura più diabolica: si insinua nella tua mente e ti distrugge dall’interno... Ne sono malati in molti e...

Gwen gli mise una mano sulla spalle, inginocchiandosi:

- Dai, ce la farete... Basta aspettare che la magia si esaurisca!

Duncan scosse la testa e le afferrò un braccio:

- Non succederà, è un incantesimo estremamente potete e... Ma scusa, non lo sai? Ma dove hai vissuto fino ad ora?

Gwen vacillò a quella domanda.

Sapeva qualcosa di lei, si, ma non sapeva tutto...
Conosceva dati oggettivi, ma tutto il dolore che portava dentro era un mistero per chiunque tranne che per se stessa... Eppure quella semplice domanda l’aveva messa davanti a un bivio: rinnegare ancora il passato o liberarsi di un peso condiviso solo con se stessa fino ad allora?

Fissò lo sguardo a terra, pianse davanti a qualcuno che finalmente poteva comprenderla e cominciò a raccontare senza saperne il motivo...

 

 

 

-PAUSA CIAMBELLE-

La scuola mi sta uccidendo >.< Perché un liceo, perché?!
Comunque ormai è tardi (?) e dovete sorbirvi questo capitolo... Nonostante tutto non siete almeno un po’ curiosi di scoprire il passato di Gwen :D ?
Ciau a tutti, grazie infinite per TUTTO, baciottoni e shiau!
_Rainy_

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Capitolo 12
*** 12. (Dawn) ***


12. (Dawn)

DAWN pov

- Principessa, si sbrighi, dobbiamo metterla al riparo, venga nei sotterranei!

Zoey correva affannata dietro alla principessa che si disperava cercando una persona e una soltanto.

“Dove sei...” – Pensava.

Zoey la raggiunse e la prese per un braccio, trascinandola verso la scale e costringendola a scendere.

- No Zoey! Devo trovarlo, potrebbe essere nei guai... Aspetta...

Riuscì a divincolarsi e corse via, lontano da Zoey che gridava il suo nome.
Courtney la vide correre a la agguantò per un braccio.

- Figlia mia, spero tu sappia cosa stai facendo!

Dawn annuì e fissò la madre con aria di sfida... La regina la lasciò e si incamminò austera verso i sotterranei.

La figlia riprese a correre, diretta verso il suo vero obiettivo.


SCOTT pov

- Andiamo, dove sei? – Sussurrò all’aria, mentre un uomo incappucciato gli si avvicinava.

- Scott, siamo dentro... Verrai ricompensato, ma ora pensiamo a salvare la pelle e a prendere l’antidoto...

Scott annuì. Non era mai riuscito ad opporsi al volere di quell’uomo che lo metteva in soggezione da quando l’aveva costretto a entrare nei ribelli. Su di lui aleggiavano numerose leggende: che fosse l’antico erede al trono del regno, o magari un parente del principe ucciso dalla regina, mentre alcuni sostenevano che fosse uno spasimante respinto e poi contagiato dal morbo.
Così com’era arrivato sparì e Scott corse sul balcone dove erano state piantate alcune scale per permettere ai ribelli di salire.
Scott si affacciò e urlò a gran voce:

- Josh, Lindsay e George! Forza, dobbiamo salvare una persona...

Seguendo l’istinto (che si basava su una planimetria studiata a lungo) giunsero in breve all’ingresso dei sotterranei e entrarono sfondando il pannello segreto che ne proteggeva l’accesso.
Una folla di servi e la regina erano ammassati in un angolo, impauriti. Scott ringhiò:

- Dov’è la principessa?!

I servi indietreggiarono soffocando chi era contro la parete e imprecando. Scott ridusse gli occhi a due fessure:

- Ho chiesto dov’è!

Nessuno rispose... Scott ghignò e prese Cameron per un braccio.

- Cam, mio piccolo cameriere... Dov’è?

Cameron rabbrividì:
- Non lo sappiamo... Non è mai scesa qua sotto!

Scott si rabbuiò:

- Molto bene, Lindsay rimani qui a fargli la guardi... E noi George andiamo a cercarla!

George annuì e corsero fuori dai sotterranei salendo rapidamente nelle stanze al piano superiore...


DAWN pov

Era in camera sua a frugare nei cassetti alla ricerca dell’unica cosa che davvero voleva salvare nel castello.
Avvertiva il dolore che il castello custodiva mentre veniva lentamente demolito, le urla dei suoi abitanti e la pietra nera, cuore delle mura, che si incrinava sotto gli attacchi dei draghi: era qualcosa di preparato, lo sapeva...
Da tempo ormai sua madre aveva dei nemici e avrebbero dovuto essere preparati.
Invece no, non lo erano.
Il rumore sordo delle cannonate la stordiva. Ad un tratto le sue dita urtarono l’asprezza del legno e la fragilità del vetro: eccolo!
La tirò fuori dal cassetto, tremante.

- Ciao papà...

Un foglio di cara spiegazzato custodito in una cornice di legno, protetto da due sottili lastre di vetro... Sul foglio un ritratto a tempera, ormai rovinato, di una coppia felice e in basso la firma “I”.
Ormai erano passati anni, ma Dawn era ancora capace di piangere su quel ritratto, mentre le mura del castello si sgretolavano...

Quasi non si accorse del gruppo di ribelli che entrava dalla grande porta e Scott che senza dire nulla la trascinava fuori agguantandola per un braccio. Si riscosse dopo qualche secondo:

- Hei, cosa stai facendo?!
- Mi sembra evidente!

Dawn piantò i piedi a terra e Scott si bloccò:

- Cosa fai?! Forza!

La principessa non ripose e lo fissò, immobile. Scott lasciò cadere la mano:

- Dawn! Questo posto cadrà a pezzi!

Lei continuò a fissarlo e dopo qualche secondo di silenzio sussurrò:

- Traditore...

Quella parole ebbe su Scott l’effetto di uno schiaffo:

- No... Perché? – Urlò disperato.
- Perché era questo che volevi... Spodestare Courtney e fare tutti prigionieri, se non ucciderli! – Era in lacrime ormai e lo indicava con la mano destra, la sinistra alla bocca, in un’espressione di orrore e stupore.

Scott scosse la testa:

- Fammi spiegare!

Dawn non rispose, occhi chiusi e testa bassa. Scott annaspò, come se improvvisamente l’aria gli mancasse:

- Vogliamo solo una cura per il morbo...

Dawn non lo prese davvero in considerazione e urlò:

- Non ti credo! Sei solo un bugiardo!

Scott stava per ribattere quando una tonda lacrima perfetta cadde a terra, vicino ai piedi della principessa.
Scott fu come colpito da un pugno:

- Dawn... – La cercò i suoi occhi e lei alzò la testa – Io voglio salvarti!

La principessa, furente, rispose urlando:

- Bugiardo, meschino e manipolatore! Io mi fidavo di te! Ora esci verme e vattene da questo castello!

Scott la fissò a bocca aperta, poi digrignò i denti e sibilò, infuriato e offeso:

- Come vuoi!

Si voltò e se ne andò, seguito dai ribelli, muti.
Dawn aspettò che la porta si richiudesse per buttarsi sul letto e versare tutte le sue lacrime...

Zoey entrò di scatto e le gridò:

- Principessa, la prego veng... – Poi si accorse delle lacrime di Dawn e ammutolì.
La principessa la guardò e annuì, poi aspettò che Zoey uscisse per afferrare il ritratto e suo unico altro ricordo del padre e correre fuori dalla stanza.

Attraversò il corridoio di corsa e fece per entrare nei sotterranei, quando sentì qualcosa abbattersi sulla sua testa, una mazza di legno probabilmente.
L’immagine chiara e perfetta del ritratto di suo padre fu l’ultima cosa che vide, la sensazione di due mani che la afferravano l’ultima cosa che sentì, poi il buio...

 

 

 

-PAUSA CIAMBELLE DELL’AUTRICE DIMENTICATA-
Ve lo stavate tutti chiedendo eh?
*TUTTI: Ma cosa?*
Dove fossi finita, ovvio... Dopotutto sono quasi 18 giorni che non tocco il computer...
*TUTTI: Ma a noi cosa ce ne frega?! Si sta meglio senza di te!*
Ohimè lo so... In ogni caso il mio sfavillante ritorno (?) si compone di un chappy di HeadHunter (questo, appunto...), un chappy di Crack e una nuova ficcy stavolta NON a tema ATuttoRealitoso, perché ho deciso di lanciarmi in un altro genere... Sha-baam!
Molto bene, that’s all... Il prossimo chappy conterrà il passato di Gwen e forse qualcos’altro, ma niente SPOILER u.u Ad ogni modo questo capitolo non mi convince del tutto, e in ogni caso si notano diverse analogie tra Dawn e Gwen... Una per la verità, ossia la botta in testa ahah! ^3^
Bye byeeee,
_Rainy_ (ora il mio nick è ufficialmente questo ^^)

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Capitolo 13
*** 13. (Gwen) ***


13. (Gwen)

 

Il sole sorse illuminando i tetti del piccolo villaggio.

Gli abitanti erano tutti riuniti a casa del sindaco per protestare contro l’arrivo di un gruppo di forestieri, circa una decina, che non trovando un altro posto dove accamparsi si erano stabiliti nella piazza e ormai mancavano pochi giorni ai rastrellamenti.

La tribù era formata da diverse famiglie, alcune visibilmente del nord, altre provenienti dai boschi.
Non erano ben visti e spesso nelle scuole i ragazzi erano esclusi o additati.

Una delle famiglie nomadi arrivate in città per stabilirvisi era formata dai genitori, un fratello e una piccola ragazzina brava nel combattimento con le spade di legno, di nome Gwendolyne. Quando quella mattina uscì per andare a prendere acqua al pozzo, ancora non sapeva che avrebbe fatto l’incontro più importante della sua vita di lì a pochi minuti.

Si reggeva a malapena in piedi a causa del prolungato digiuno dovuto al viaggio e trascinava a fatica il grande secchio di legno. Arrivata al pozzo fece per riempirlo quando un bambino, che era lì a giocare nella piazza, la afferrò per una spalla e la insultò:

- Sporchi vagabondi, dovreste morire tutti!

Gwen rimase indifferente come ormai era abituata a comportarsi, quando il bambino, aiutato da un amico, la buttò a terra e cominciò a tirarle pugni e calci. Gwen sentì l’urlo di una bambina in sottofondo e balbettò:

- Avete paura di uno scontro alla pari?!

I due ragazzini si fermarono e risero. Uno, il più grosso, fece cenno all’altro di farsi da parte e si preparò a fronteggiare Gwen, che nel frattempo si era rialzata, scettico. Il risultato fu sorprendente: la ragazzina che con pochi movimenti lo atterrava a mani nude e ci si sedeva sopra, trionfante.
Il ragazzino che era stato messo da parte rise e la aiutò ad alzarsi, poi le tese la mano:

- Hey amica, sei forte! Qual è il tuo nome?

Gwen ghignò e lo atterrò con un pugno:

- La prossima volta che vuoi fare conoscenza con qualcuno, evita di picchiarlo, che dici?

Il bambino si rialzò in fretta, aiutò quello grasso a ripulirsi e corse via, seguito dal resto del gruppo.

- Tsk, codardi!

Disse Gwen tra sé e sé, e fece per riprendere il secchio, quando una giovane ragazzina più o meno della sua età, dai capelli di fiamma le si avvicinò:

- Ciao... Sei stata brava ad aver sistemato quegli idioti! Scusa se prima ho urlato, ma non pensavo te la cavassi così bene...

Gwen la squadrò scettica:

- Immagino sia un complimento, quindi grazie... Chi sei tu?
- Isabelle, ma puoi chiamarmi Izzy... Tu?
- Ehm... Gwendolyne, ma chiamami Gwen.

Sorrisero entrambe all’idea di avere nomi troppo lunghi che venivano abbreviati perché odiati...

Con quelle poche frasi e un cenno d’intesa le due iniziarono a giocare insieme, diventando una coppia di amiche tra le più affiatate al mondo.

Fino al tragico giorno.


I rastrellamenti si svolgevano ogni anno e la regina o il re in persona veniva a scegliere le sue “vittime”. Ogni anno potevano selezionare anche tutto un villaggio, che veniva spedito ai laboratori reali per scopi sconosciuti.

La famiglia di Gwen viveva da molti anni al villaggio, ma non essendo cittadini, non avevano partecipato ai rastrellamenti. Poi, da qualche anno, la regina Courtney aveva deciso che tutti potevano essere scelti, cittadini e non cittadini, e così quello era il suo primo anno.

Izzy e Gwen, ormai diciassettenni, sedute in una radura, stavano parlando proprio di essi, ricordando i vecchi tempi in cui non esistevano.

- Izzy, che si fa? Andiamo o no?
- E’ obbligatorio... Potrebbero ucciderti...
- Già... Non sei in ansia?

Gwen abbassò lo sguardo:
- No... Mia madre ha deciso di nascondere me e mio fratello per non permettere alla regina di sceglierci...

Izzy era sbalordita:
- Cosa?! Ma è proibito!
- Lo so! – Sbottò Gwen.

Izzy le mise una mano su una spalla:

- Facciamo così: ti donerò un portafortuna e se vorrai accompagnarmi, verrai, altrimenti no... Che dici?

Gwen annuì, nonostante fosse perplessa e Izzy sorrise, raggiante, poi afferrò del fango verdognolo, altamente curativo, e lo spalmò su alcune ciocche dei capelli di Gwen, che emise un gemito di sorpresa.

- Che fai?!
- Nulla... Cambieranno colore, diventeranno unici e speciali... Come te!

E si abbracciarono, consapevoli che forse quella sarebbe stata la loro ultima mattinata insieme.
All’ora di pranzo il gong, cupo e minaccioso, risuonò in tutto il villaggio, segno che dovevano recarsi in piazza e lì allinearsi per i rastrellamenti.
Si mossero con lentezza, non troppo ansiose di venire giudicate dalla regina.

Quando vi arrivarono la piazza era già gremita, con decine di ragazzi allineati e sua maestà a cavallo, in tutto il suo splendore, che li squadrava.
Gwen rabbrividì e si guardò intorno alla ricerca di DJ: non c’era.

- Izzy, andiamo a nasconderci ora, non corriamo il rischio...

Izzy la osservò, tentando di capire se facesse sul serio, poi, lentamente, scosse la testa:

- Non possiamo...
- Si invece – Gwen era disperata – Non voglio perderti! Ti prego... Ormai siamo in età giusta: ci sceglierà di sicuro...

Izzy rifletté alcuni secondi, poi sospirò, rassegnata e annuì. Gwen sorrise, un peso in meno sul cuore.
Senza farsi vedere aggirarono la piazza e entrarono nella casetta della famiglia di Gwen, dove sua madre corse ad abbracciarle e le guidò fino a un rifugio sotterraneo, a cui si accedeva da una botola nascosta sotto il pavimento.

Da fuori si sentiva il messaggero fare il solito discorso di apertura e poi Courtney pronunciare ad alta voce una sequela di “Tu!” con un tono assolutamente indifferente che innervosì Gwen e Izzy.

Poi, ad un tratto, il disastro.
Courtney chiese:

- Tu! Ascolta... Siete un po’ pochi, sicuri di essere tutti qui? A me sembra machi qualcuno rispetto agli altri anni... O forse manca qualche ex-nomade?

Una voce giovane, maschile, che rispondeva, pacatamente e con tono adulatorio:

- Oh, mia regina... Si, alcuni hanno cercato di sfuggire al vostro giudizio... La famiglia nomade Montrose e anche la figlia maggiore dei Lewis... Saranno nascosti qui intorno... In particolare raccomando i figli dei Montrose, sono entrambi forti...

Gwen si irrigidì: Scott! Aveva aspettato così tanto tempo e alla fine era riuscito a fargliela pagare per quella volta, quando l’aveva aggredita al pozzo, in cui lo aveva steso davanti ai suoi amichetti...

Quel traditore!

- Molto bene, mi sapresti dire dove sono?

Gwen pregò nella sua mente che Scott avesse ancora un po’ di cuore umano dentro il suo petto, ma le sue preghiere non vennero ascoltate:

- Certo Maestà! Saranno sicuramente a casa loro, perché sotto il pavimento c’è una botola segreta...

Gwen imprecò, mentre Izzy si guardava intorno terrorizzata e DJ stava immobile, paralizzato dalla paura. Senza esitare la mora uscì dal nascondiglio e corse incontro alla regina, le si inginocchiò davanti e pregò:

- Maestà, no! La prego, non faccia del male a mio fratello e se proprio deve prenda me, la prego...

La regina rise:

- Ah! Perché dovrei esaudire questo tuo favore, verme? Hai cercato di sfuggire al tuo destino e ora ne paghi le conseguenze! Portatemi chi si nascondeva con lei! Soprattutto suo fratello...

Gwen trasalì e si lasciò scivolare a terra. Alcuni servi della regina presero Izzy e DJ per le spalle e li trascinarono in piazza, davanti a sua Maestà.

- Bene bene... Abbiamo una ragazzina e un ragazzone ben pasciuto... Molto bene, lui lo prenderò di sicuro... E anche lei dai, come svago per i miei soldati! Anzi, facciamo che vi prendo tutti e tre? E magari diamo una lezione ai complici...

Gwen alzò la testa e vide che due soldati avevano afferrato Izzy, che si divincolava, e altri incombevano su DJ, immobile. Gli ultimi due, infine, le si stavano avvicinando...
La cosa che le fece più orrore però, fu vedere i soldati che con fluidi guizzi di spada tagliavano di netto la testa alla sua cara madre e a DJ, che senza fiatare cadde a terra, morto.
Mentre calde lacrime cominciavano a piovere dai suoi occhi decise che avrebbe fatto il possibile per sopravvivere e vendicarsi di Scott, che aveva condannando la sua famiglia: si alzò e corse via, disperata, sfuggendo ai soldati.

Si inoltrò nel bosco, che conosceva come le sue tasche e corse, corse e corse. Non si fermò mai, fino a quando non crollò a terra per il dolore alle gambe.


Si risvegliò molte ore dopo, ancora nella foresta, con qualche animaletto che non esitò ad allontanarsi da lei non appena di accorse che era viva.
Il ricordo di quanto successo tornò prorompente, insieme al dolore.
Non poteva fermarsi, non ora che aveva trovato uno scopo per la sua vita: la vendetta.
Si sarebbe stabilita al castello, avrebbe fatto finta di non sapere nulla e dopo essersi allenata fino allo stremo, avrebbe finalmente portato a compimento la sua vendetta uccidendo la regina e cercando Scott anche in capo al mondo, se necessario, per vederlo morire tra le sue mani, sofferente.

Così fece.
Si stabilì davvero al castello, legando con la principessa, verso la quale scoprì di provare un intenso sentimento di affetto, che non credeva più di poter avvertire verso un’altra persona.

Non sapeva ancora che non avrebbe avuto bisogno di cercare Scott, perché sarebbe stato lui a tornare da lei, inconsciamente...

 

- - -

 

Gwen tacque, imbarazzata.

Duncan la osservò, stavolta sotto una luce nuova.

Era esattamente come lui: un passato triste, una vita dalla quale non avevano ricevuto nulla, un desiderio incontrollabile di uccidere una persona, che li aveva portati a fare di tutto pur di diventare perfetti nell’arte dell’inganno, del travestimento, del combattimento...

Erano due perfette macchine per uccidere, ma allora come mai erano ancora capaci di provare emozioni?

Perché non si erano convertiti totalmente alla guerra, ed erano rimasti a metà, ancora capaci di provare emozioni, ma con la mente troppo offuscata dall’odio per realizzarlo?

Una risposta che nessuno dei due sarebbe mai riuscito a dare.

- Uh... Un passato triste... Anche io non sono da meno, te lo assicuro!

Gwen gli regalò un sorriso sincero.

- Grazie... Per avermi ascoltato!

Duncan capì che era troppo tempo che non raccontava la sua storia a qualcuno.

- Spero che ora vorrai riconsiderare la mia offerta...

La cacciatrice annuì debolmente, ma chiese, con voce ferma:

- Cosa dovrei fare?

Lo stregone sghignazzò:

- Eheh, ora viene il bello mia cara!

 

 

 

 

 

 

-PAUSA CIAMBELLE *Dunkin Donuts ^^* -
Allora? Che ve ne pare del passato di Gwen ;D?
E’ accettabile? Spero di si...
In ogni caso questo è il nuovo chappy, come vedete per lo più incentrato sulla storia della nostra eroina...
Spero si siano chiarite un po’ di cose e se ci dovessero essere delle incongruenze (è il mio grande problema y.y) dite pure, sono qui apposta *prende un bazooka*...
In fondo mica mi arrabbio *carica il bazooka*
Una felice serata/lettura a tutti, lasciatemi una recensione e ditemi cosa pensate vada migliorato ^3^,
grazie a tutti, baciottoni!
_Rainy_
PS: Notare il grassetto anzichè il corsivo dell'angolino u.u Perchè? Be', non credete che di corsivo per questo chappy ce ne sia abbastanza :P ? 

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Capitolo 14
*** 14. (Dawn) ***


14. (Dawn)

Tum Tum..

Tum Tum…

Un suono debole e lento veniva dal polso di Dawn, costantemente racchiuso nelle mani di uno Scott preoccupato più che mai.

L’aveva trovata in mezzo al corridoio, dopo che quasi tutti se n’erano andati, mentre stava perlustrando il castello un’ultima volta.
Era lì: stesa a terra, con una macchia scusa che si allargava da dietro la sua testa, imbrattando i capelli e il vestito della principessa. 
Non sapeva come potesse essere finita lì, ma immaginava che qualche ribelle l’avesse colpita pensando a lei come ad una nemica; e sbagliandosi di grosso.

Aveva rischiato di far fallire la seconda parte della missione, che prevedeva di rapire la principessa per poi chiedere un riscatto alla regina nel caso non fossero riusciti a trovare da sé la cura. 
Non l’avevano trovata ed erano tornati a perlustrare il castello per trovare Dawn. Evidentemente era stata stanata, ma poi abbandonata lì per qualche motivo, fino a quando non l’aveva trovata lui.
Era crollato in ginocchio, spaventatissimo, e si era fatto aiutare a tirarla fuori dal castello semi-diroccato dai ribelli che erano accorsi udendo le sue grida.

Il resto era conosciuto da praticamente tutti: lui che la caricava sul carro e urlava disperato…
- Chi l’ha abbandonata?! Chi?! Trovatemi quel figlio di…

Erano serviti tutto il suo autocontrollo e la sua pazienza per non scagliarsi contro la povera innocente Lindsay che aveva alzato la mano tremante:
- Non pensavo fosse lei la principessa… Me la immaginavo molto più alta e con un’aria più regale…

Scott aveva sospirato, alzando gli occhi al cielo:
- Ricordami perché sei ancora con noi Lindsay, ti prego…
- Penso sia perché conosco le Quattro Terre come le mie tasche e buona parte dei territori circostanti, signore…
- Ecco! Grazie… E ora tutti fuori!

Aveva esclamato, impaziente di occuparsi di Dawn.

I ribelli sfilarono davanti ai suoi occhi per uscire dalla tenda montata sul carro e lasciarono Scott da solo… 
Il ragazzo riflettè un secondo sulla sua situazione: zero esperienze mediche, un danno la cui gravità era un mistero, la condizione precaria di una persona a cui, inconsciamente, teneva molto…
Doveva provare a salvarla, in qualche modo. Chiamò a gran voce:

- Lindsay! George! Venite qui, subito!

I due accorsero, non senza un’espressione dubbiosa in volto.

- Si?
- George, ho bisogno di cure mediche, subito… Quindi vammi a chiamare Lui…Lindsay, penso che io e te dovremmo fare un discorsetto… George, sei congedato!

George se ne andò in fretta, leggermente imbarazzato e Scott lo osservò andarsene prima di cominciare:
- Lindsay, perché non hai riconosciuto la principessa?

La bionda sembrava molto imbarazzata:
- Ehm… Bè, non la vedevo da davanti, ho pensato fosse una semplice servetta, e oltretutto il vestito non era certo regale, così polveroso e…

Scott alzò gli occhi al cielo, nuovamente:
- Perché l’hai colpita senza prima accertarti della sua identità?! 
- Bè, ho pensato che dato che correva senza una meta imprecisata e piangendo, non avrebbe potuto essere la principessa, certamente chiusa nei sotterranei e…

Scott ci impiegò qualche secondo ad assimilare quello che aveva appena sentito:
- Cosa?

Lindsay lo guardò, dubbiosa:
- Ho detto che una principessa sarebbe sicuramente stata nei sotterranei, non a zonzo nei corridoi…
- Prima! Hai detto che… Stava piangendo?!

La ragazza si illuminò:
- Oh si! Stava proprio piangendo! I suoi singhiozzi si udivano da molto lontano…E non sbaglio stava sussurrando un nome, o qualcosa del genere…
- Un nome?

Scott sapeva di essere caduto nella trappola della ragazza: poteva essere ingenua o svampita, ma per quanto riguardava i pettegolezzi non aveva rivali; sapeva esattamente come attirare l’attenzione, con quali parole e quali gesti, ed era esattamente quello che stava facendo…
- Si, ma non ricordo esattamente… Forse con la A, o magari con la T… O forse la S…

Stoccata finale: sapeva di averlo in pugno.
- Cerca di ricordare meglio… Magari se ti dessi un tozzo ti pane la tua memoria migliorerebbe? O magari… La garanzia che quando avremo la cura Tyler sarà il primo ad essere curato?

Era l’unico modo: sapeva essere una fredda arpia quella ragazza, se c’era la possibilità di un tornaconto personale. Infatti Lindsay si illuminò:
- Ummm… Si, direi che si può fare! Il nome… Be’, era il suo signore… Penso l’abbia pronunciato diverse volte, ma sono riuscito ad udirlo distintamente, e poi penso l’abbia ripetuto… Era davvero abbattuta…

Scott sentì qualcosa romperglisi dentro: forse il ricordo della litigata e la maschera d’odio con cui l’aveva trattata, ma che sapeva essere assolutamente irreale.
Annuì con freddezza e congedò Lindsay, che sgusciò via con un gridolino di felicità, correndo probabilmente da Tyler a annunciargli la bella notizia.

Il rosso la osservò uscire, poi si accasciò accanto al corpicino di Dawn, immobile,  e pianse, come non aveva mai fatto…


DAWN POV

Era come sospesa in aria, in una bolla di luce e cristallo che intorno a lei vorticava…

Tutto era confuso, ma avvertiva una strana pace… Solo, forse, un’interferenza in quel mondo perfetto? Una specie di voce, di gemito addolorato, che le giungeva sordo e molto debole alle orecchie e andava via via soffocandosi nel silenzio…

Chi cercava di rivolgerle quella che aveva tutta l’aria di una richiesta d’aiuto? Perché le giungeva così strana? Dove si trovava?

Nel buio provò ad ascoltare la voce misteriosa…

- … E così ti ho trovato Dawn… Ti ricordi? La prima volta che mi avevano parlato di te ti pensavo frivola, egocentrica e vanitosa, ma… Be’… Mi sono accorto che sotto questo esile corpicino c’è qualcosa di molto prezioso, di anomalo… Sei come me, anche se probabilmente non mi sentirai e non vorrai ascoltarmi al tuo risveglio… Perché tu ti sveglierai! Ehm… Si, dicevo, sei come me: un’infanzia difficile, dei genitori difficili, una crescita difficile… E ora guarda cosa siamo diventati… Un ribelle in fuga dai suoi stessi amici e una principessa in bilico tra la vita e la morte per colpa di un’azione troppo avventata… E’ forse questo il mio destino? Perdere tutti quelli che amo?! Dawn, non andartene, non anche tu, perché io… Io… -

La principessa sentiva qualcosa bagnarle le guance, qualcosa che dagli occhi scendeva lungo il suo viso… Ma non era qualcosa di solido: sembravano lacrime, ma sapeva che non erano reali, era uno sfogo del suo inconscio…

Quella voce… La conosceva… E quel ricordo a cui aveva alluso… Perché sentiva di doversi ricordare un episodio in particolare? Tanta disperazione in un discorso incoerente, frutto del cuore e di uno sfogo…

Erano anni che cercava di alleviare le sofferenze di ogni essere vivente le si presentasse davanti, ma perché allora sembrava di aver fallito miseramente con quella voce? Perché, anzi, sembrava essere lei stessa causa della sua sofferenza?

Spalancò gli occhi e improvvisamente la bolla si frantumò intorno a lei, e si sentì come se stesse cadendo per chilometri e chilometri…

Fino al risveglio.
Si tirò su debolmente e si guardò intorno: si stava muovendo e dal ritmo ondeggiante con cui si muoveva dedusse che probabilmente era uno Woo addomesticato… 
La tenda era arredata con semplicità, spaziosa, ma pratica: una scrivania, diverse armi, un giaciglio e qualche vestito sparso per il pavimento. Delle bende insanguinate su un tavolo, chiaramente fuori posto. 
Provò a girare la testa, ma un dolore inteso le lacerò la cute. Emise un gemito.

Notò solo dopo qualche secondo che un ragazzo in lacrime dalla testa rossa la stava osservando, più felice che mai e con le lacrime che gli rigavano le guance.

- Dawn…

La voce!
Era lui! La principessa improvvisamente cominciò a riconoscerlo…

- Scott…

Il ragazzo la osservò e studiò i lineamenti della ragazza: viso gentile, pelle lattea, grandi occhi chiari, capelli che si sposavano perfettamente con la delicatezza del volto… Sembrava fatta di porcellana, oro e miele*…
Si alzò e si sporse verso di lei, baciandole delicatamente la fronte…

- Bentornata Dawn, ti va di sentire una spiegazione?

Dawn sussultò, il ricordo di quello che era successo tornò violentemente insieme alla vergogna di quel bacio proibito:
- No Scott! Dimmi dove sono e fammi tornare a casa! Cosa avete fatto a mia madre?!

Il rosso sembrò sinceramente addolorato da quelle accuse e balbettò:
- N-No, ti prego… Fammi spiegare, ti posso convincere che sono dalla parte giusta… Dalla nostra parte…


*= Avete mai letto “Il Barone Rampante” di Italo Calvino? Se si forse avete colto il riferimento, se no non leggetelo (è una noia assurda .-.), ma sappiate che questo “oro e miele” è riferito al personaggio clou femminile del libro (una stronzetta di nome Viola), nella scena looove tra lei e il protagonista… Perché l’ho messa? Perché adoro questo connubio, voi no *-* ?

 


-PAUSA CIAMBELLE U.U-
Shiau ragazze ^^
Pensavate fossi morta eh ù.ù? Malfidate, io sono viva per voi <3
*TUTTI: Diabete…*
Uff… Uno cerca di essere gentile… Vabbè!
Allora, il mio piano originale prevedeva di farli kissare (?) in questo episodio, ma pensandoci bene… Eheh, mi è venuta in mente una cosuccia wowowow ^._.^ Vi farò disperare I know u.u
Adieu a tutte, per ora… Un grazie a una mia amicissima (Fenicottero_) e ovviamente a Eternity_99 e a Craggy, che però non vedo da un po’ >.< Whyyy?!
Ringrazio anche tutte le ragazze che mi recensiscono, a cui voglio un mondo di bene, ma con le quali non sono ancora in confidenza…
Una persona che devo però citare? Ovviamente CrazyMoony (scusami se hai dei trattini da qualche parte nel nick e io me li sono persi >.< Potrai mai perdonarmiii?), che nel bene e nel male mi da sempre un parere sincero, che è una delle cose che apprezzo di più ^^… Grazie :’3
Vuoi essere tu la prossima ad essere citata da Rainy? Allora recensisci e sbalordiscimi e…
*TUTTI: Se, vabbè, poi?! Non so, anche una paletta da giudice vuoi?!*
Ehm… Siii *-*
*TUTTI: Addio!*
Eheh, baciotti a tutti :3 
_Rainy_

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Capitolo 15
*** 15. (Gwen) ***


15. (Gwen)

 

Gwen lo guardò storto:
- In che senso? Cosa dovremmo fare?

Duncan sorrise e spiegò:
- Semplicemente dovremmo ritrovare delle pietre anticamente usate per dei rituali religiosi per le loro proprietà curative e propiziatorie chiamate Pietre di Luna dal popolo dei Mei, guardiani del monte con l’unico accesso alla grotta dove vengono prodotte e..

Gwen continuò a fissarlo, perplessa:
- Cosa vuol dire che vengono “prodotte” ?

- Siamo curiosi eh? – Continuò a sorridere lui, un sorriso da perfetto idiota stampato in faccia – Vuol dire che il popolo dei Mei produce queste pietre in una fucina nel cuore del monte dove abitano, isolandosi dal mondo. Le producono fondendo un metallo particolare, l’Adamantio, e mescolandolo ad una polvere che si pensava fosse arrivata sulla terra direttamente dalla luna, e quindi chiamata Polvere di Luna, da cui deriva anche il nome delle pietre.

- Perchè non possiamo produrle da soli?

- Perché le riserve di Adamantio di questo mondo sono state consumate molti anni fa con la dittatura di Perpetuo II, ne sono rimaste in quantità sufficienti sono sul monte sacro dei Mei.

Gwen annuì.
- Ma a cosa dovrebbero servire?

Duncan divenne improvvisamente insicuro, quasi la ragazza avesse toccato un tasto dolente del suo discorso:
- Be’, pensiamo che potrebbero curare il morbo grazie alle loro proprietà curative…

- Potrebbero? – La cacciatrice era di nuovo scettica.

Duncan annuì.
- Ehm… Si. E’ un metodo mai sperimentato, ma ormai ci rimane solo questa alternativa… Ti prego, devi aiutarci…

Lo sguardo del ragazzo era supplicante, quasi pensasse che senza Gwen non avrebbero mai potuto farcela.

La ragazza lo fissò, studiando i dettagli del suo volto: i capelli un po’ verdi come segno distintivo, i profondi occhi acquamarina, un piccolo tatuaggio alla base del collo raffigurante lo stemma della gilda di stregoni di cui faceva parte e una pietra nera incastonata nel sopracciglio che invece indicava l’esilio dello stregone, probabilmente cacciato dalla sua stessa gilda in giovane età.
Annuì: lo avrebbe aiutato.

Il viso del ragazzo si illuminò:
- Molto bene, partiremo stasera! Ci attende un viaggio non troppo lungo, ma dovremo scalare il monte a piedi, perché i draghi non possono avvicinarsi oltre ad un certo punto a causa degli incantesimi protettivi dei monaci…

- I Monaci del Crepuscolo… - Disse senza pensare Gwen.

- Cosa? Come lo sai? – Chiese stupito lui.

La ragazza arrossì:
- Mia madre ne parlava spesso, penso che avessimo una pietra di luna a casa, sepolta in un cassetto, simbolo dell’antico lavoro che faceva mio nonno, alle fucine… Quando ancora i Mei non erano isolati dal mondo…
- Fantastico, potrebbe tornarci utile…

-LA SERA-

Si squadrarono per alcuni minuti, poi Duncan pronunciò la fatidica frase:
- Posso guidare il drago? In fondo conosco la destinazione…

Gwen lo guardò allibita e scosse la testa con decisione, mentre anche Xia dava chiari segni della sua disapprovazione.
Il ragazzo ridacchiò e salì dietro a Gwen, mantenendosi a debita distanza.

Se l’una non poteva vedere l’imbarazzo dell’altro, quest’ultimo non poteva vedere il rossore sulle guance di lei quando fu costretto a circondarle la vita con le braccia per reggersi.
E nel frattempo Xia ridacchiava, divertita.

- Andiamo Xia, ai monti del Silenzio.

Il drago si alzò goffamente in volo, rallentato dalle ferite, ma Gwen sentiva che non desiderava altro che volare di nuovo.

Volarono per ore ed ore, affrontando piogge e soli a picco, fino a quando avvistarono la sagoma minacciosa del monte in lontananza e atterrarono in una piccola radura nebbiosa.
I due passeggeri scesero agilmente dal corpo squamoso del drago e si guardarono intorno: una radura completamente spoglia e oscura, con alberi avvizziti e fili d’erba secca che spuntavano da un terreno arido e inospitale.
Non si udiva neanche il più piccolo suono, fatta eccezione per i loro respiri.

- Che posto è questo? – Chiese Gwen.

Duncan era cupo in volto:
- Per arrivare al monte dobbiamo superare la foresta silente, il prato delle nebbie e la grotta dei sogni dimenticati, luoghi dei quali i pochi che hanno fatto ritorno o non sono durati abbastanza da raccontare le loro avventure o sono impazziti a causa del gas tossico che circonda la valle, evitato comodamente dal drago in volo. – E indicò Xia, con un gesto secco e veloce.

- Padrona, non posso proseguire oltre questo punto, lo sento. - Le comunicò il drago.

Gwen annuì e sfoderò la spada. Duncan la imitò, estraendo un pugnale di pietra scura dalla giacca.

- Non hai, ovviamente, idea di quali pericoli potremmo dover affrontare, dico bene?

Lui scosse la testa.

- Molto bene, allora andiamo… - Sussurrò Gwen per incoraggiare più se stessa che l’altro.

Lentamente cominciarono a muoversi verso la fine della radura e subito videro che i rami costituivano un insieme intricato e indistricabile, le cui uniche vie percorribili erano due sentieri assolutamente identici, uno lastricato con delle pietre per la maggior parte sconnesse e ricoperte di erbacce, e l’altro sterrato, completamente abbandonato a se stesso.

- Quale prendiamo? – Chiese Duncan.

Gwen si diresse decisa verso quello sterrato: non le piaceva affidarsi a percorsi lastricati e quindi ritenuti “sicuri”, perché avrebbero sicuramente ospitato delle trappole e poi erano anni che combatteva su terreni sterrati e inospitali.
Il ragazzo la seguì senza fare domande.

Si incamminarono a passo svelto e ben presto divenne irreale il silenzio presente nella foresta, interrotto dal rumore dei loro passi e dai rami secchi che spezzavano avanzando.

- Perché pensi sia un luogo pericoloso? Qua non c’è assolutamente null…

Non terminò di dire la frase che improvvisamente un minuscolo verme grigiastro con un occhio blu al centro della fronte spuntò dal terreno e si lanciò contro di lei.
Erano piccoli, ma insidiosi, con lunghi artigli scuri ai lati del corpo, che ferirono la ragazza alla spalla e un rivolo di sangue le uscì dal taglio.
Quasi contemporaneamente un altro verme saltò fuori dal terreno alle spalle di Gwen e passò la coda sulla ferita inferta dal verme precedente, raccogliendo il sangue che ne stava colando.
La ragazza rimase immobile per qualche secondo a guardare quei vermetti che le saltavano addosso e le facevano minuscole ferite per poi raccogliere il sangue che ne colava.

Duncan fu più reattivo e cominciò a menare fendenti a destra e a manca. Purtroppo non ne andò a segno nessuno, perché i vermi erano piccoli e assai veloci.

Gwen si riprese in fretta e con la sua infallibile precisione di cacciatrice ne fece a fette qualcuno prima che potesse toccarla, in una danza di sangue e metallo.

- Rebuntur!

Dalle mani di Duncan di sparsero tante scintille verde acido, che si infilarono nel terreno e lentamente portarono in superficie tutto ciò che li sotto si annidava: decine e decine di vermi che si riunirono in un unico punto e lentamente cominciarono a costituire una figura più grande, un verme strisciante costituito da centinaia di suoi simili riuniti.

- Diost… - Sibilò Gwen – Cos’è questo essere?!

Duncan ridusse gli occhi a due fessure, preparandosi a combattere:
- E’ un Vermithrall*, una creatura composta da vermi estremamente difficile da uccidere, ma almeno lo si può colpire più facilmente…

Gwen ghignò:
- Difficile da uccidere? La prendo come una sfida personale…

E gridando si lanciò contro la creatura, affondando la spada dentro di essa e rigirandola molteplici volte. La creatura urlò e qualche verme si staccò da essa, ma presto si ricongiunsero al corpo originale.
Gwen ansimò.
Provò a ripetere l’attacco, ma il risultato era lo stesso: nessuno.

Duncan ghignò a sua volta, divertito:
- Hai finito la tua performance da guerriera-faccio-tutto-da-sola? Molto bene, ora lascia fare agli esperti e vatti a rifugiare su un albero!

La cacciatrice lo squadrò, perplessa, ma lui le urlò, mentre già cominciava ad illuminarsi di luce verde:
- Muoviti o sarà troppo tardi!

Appena la ragazza ebbe lasciato il suolo per accomodarsi su un tronco secco, Duncan squadrò il Vermithrall che era rimasto confuso da quella fuga e cominciò a recitare antiche parole magiche:

- Josis Veneris Los, Josis Veneris Los, Josis Veneris Los…

In una cantilena infinita.
Quando si fu illuminato di luce così abbagliante che Gwen dovette coprirsi gli occhi, il ragazzo si chino e tirò un deciso pugno al suolo. Dal segno che aveva lasciato per terra si sprigionarono delle onde concentriche di colore verde che si allargarono sempre di più, fino a lambire il Vermithrall, che indietreggiò strisciando, spaventato.
Duncan alzò la testa: al posto degli occhi aveva due tizzoni di luce verde e i suoi capelli tinti di quel colore risplendevano.

- Josis Veneris Los!

Gridò.
Una voce che non era quella fresca e sprezzante dello stregone che Gwen conosceva, ma qualcosa di più profondo, un coro di voci che cantilenavano insieme quella formula magica.
Un raggio verde investì la creatura e tutto si tinse di luce accecante; Gwen chiuse gli occhi.

Quando li riaprì Duncan era steso al suolo e del Vermithrall nessuna traccia, solo una polvere grigia per terra.

La ragazza scese in fretta e furia dall’albero e corse da Duncan:
- Complimenti… Ora svegliati e andiamo!

Il ragazzo non si mosse.
Gwen lo squadrò perplessa:
- Avanti, tutto qua il tuo potenziale magico?!

Il ragazzo non si mosse.
Gwen sentì un brivido scenderle lungo la schiena:
- Se non ti alzi entro cinque secondi, razza di stregone dei miei stivali…

Contò mentalmente, ma il ragazzo non si mosse.
La cacciatrice sentì una goccia di sudore freddo colarle lungo la schiena e si chinò sul ragazzo:
- Ti prego Duncan! Non posso salvare il mondo da sola, insomma, ci siamo appena conosciuti, ma tu sai dove dobbiamo andare… Io non mi ricordo neanche qual è la nostra prossima tappa…

Duncan non si mosse.
Gli occhi di Gwen si inumidirono e senza pensarci due volte tirò uno schiaffo in pieno viso al ragazzo, per poi chinarsi ancora di più su di lui e sibilare:
- Alzati razza di..

Ma venne bloccata a metà frase dagli occhi di Duncan, che si spalancarono: erano di nuovo normali, di quella meravigliosa tonalità acquamarina.

- Uh, che bel risveglio signorina… Sai che hai degli occhi davvero belli e… Ma quelle sono lacrime?

Un ghigno stampato sul volto del ragazzo, che si puntellò sui gomiti.
Gwen si tirò su di scatto e si asciugò gli occhi con la manica, borbottando:
- Ovviamente no, deve essermi andata della polvere negli occhi a seguito del tuo folgorante incantesimo!

Lo stregone ridacchiò e si alzò:
- Potente eh? Ma perché avevi quell’aria così preoccupata?
- Hai disintegrato un essere vivente, ci vuole una bella dose di mangia per farlo e pensavo fossi morto per lo sforzo. – Rispose lei a occhi bassi.
- La tua scarsa fiducia mi offende! – Finse di mettere il broncio lui. – Ma sarò disposto a passarci sopra se ripeti la parte dove ammetti di avere totale bisogno di me!
- Eri sveglio?! – Sibilò lei, a occhi sgranati.

Lo stregone scrollò le spalle:
- Forse mi sei apparsa in sogno e…

Venne bloccato da Gwen, che con un movimento fluido della spada gli aveva fatto un taglio rosso sulla guancia. Lo stregone la guardò, sbalordito:
- A cosa devo questo?

La cacciatrice replicò fissandolo, con la spada ancora stretta in pugno.
- Non devi fare una cosa del genere mai più, ok? Mai più. Mi hai fatto spaventare davvero, perché…

Lo stregone la fissò, immobile, senza dire una parola e aspettando che concludesse la frase.

- …Io ho davvero bisogno di te!

 


*VERMITHRALL: Qualsiasi riferimento a Shadowhunter è puramente casuale ù.ù Tiè ahah! No ok, il nome l'ho preso dal Codice ^^ Ci sono appasionate della serie qui :) ?

 

 

-ANGOLO DELL’AUTRICE-
Ehm… Da quant’è che non pubblico qualcosa? Tipo qualche mese? Probabile…
Spero di esservi mancata, anche perché altrimenti la mia vita non avrebbe più senso >.<
Comunque sono stata presa da un periodo di vuoto creativo senza precedenti, ma penso di essermi ripresa e devo dire grazie ad una mia carissima amica (reale lol), che condivide con me la passione per le ficcy e leggendone a caterve insieme mi si è risvegliato quell’antico amore per mettere online le mie creazioni orribilose *^*
Ah, poveri voi!
Che ne dite di ‘sti due? Anche il prossimo chappy sarà su Gwen, ve lo dico, e già comincia a intravedersi qualcosa di Gwuancanoso, ma ancora molto labile, perché insomma, si sono appena conosciuti u.u
Dite la verità, quanti di voi hanno pensato/sperato/temuto che si baciassero quando Gwen si “avvicina”? Eh? Eh? Eeeeeh?
Spero di non aver deluso troppe aspettative, ma come ho già detto è troppo presto u.u
E inoltre Gwen comincia a sentire qualcosa che può tranquillamente spacciarsi per fiducia dato che lei non conosce il percorso quanto lui u.u
Ehm… Vi saluto, baciottoni, mi avete di nuovo tra le scatole lo so, vi auguro tanta felicità e… Baciottoni ciambellosi (jaaa, torno con il mio marchio di fabbrica [?])
Se volete recensire… Siete i benvenuti ahah, tschuuuuuus,
_Rainy_

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Capitolo 16
*** 16. (Gwen) ***


16. (Gwen)

Tra i due calò un fastidioso silenzio. 

- Cosa? – Chiese Duncan sgranando gli occhi. 

Gwen si voltò di scatto, non mostrandogli il rossore che le era improvvisamente comparso sulle guance:
- Si, insomma, ho bisogno di te per questa storia del morbo... 

Il ragazzo la osservò, voltata di schiena per non mostrarsi debole ai suoi occhi, e intuì che finalmente il cuore della cacciatrice spietata era tornato vivo, uscendo dal disperato cerchio della solitudine in cui era stato rinchiuso per troppo tempo; e sorrise, sinceramente.

Gwen si voltò di nuovo verso di lui, acquistato un po’ di autocontrollo e lo guardò scettica mentre lui si affrettava a cancellarsi quel sorriso sincero dal volto.

- Andiamo? – Si alzò lui per primo e venne subito seguito da lei.

Si incamminarono sul sentiero sterrato con le spade sguainate, pronti a scattare.

Dopo qualche minuto di cammino notarono che la terra lasciava spazio alla pietra e il terreno si faceva sempre più roccioso.
Alla fine del sentiero una radura con centinaia di sassolini li attendeva.

- Che si fa ora? – Chiese Gwen, perplessa.

Duncan, purtroppo, era perplesso quanto lei:
- Ehm… Non ricordo di aver mai sentito parlare di una radura con dei sassi…

Crack.

I sensi di Gwen scattarono e il suo corpo si mosse per lei: rapidamente si mise in posizione d’attacco.
Un lampo di ammirazione passò negli occhi di Duncan prima che afferrasse un ramoscello da terra e mormorando qualche parola arcana lo trasformasse in un bordone magico splendente di luce verde.

Lentamente cominciò ad udirsi una lenta cantilena provenire da un punto imprecisato del bosco e gli scricchiolii divennero più intensi e veloci.
I due ragazzi si guardavano intorno, disorientati, senza sapere cosa fare e da che parte rivolgersi.

Gwen ad un tratto esasperata urlò:
- Mostrati!

Calò il silenzio.

Dopo qualche secondo lo scricchiolio riprese più violento di prima e finalmente li videro: i sassi che si stavano lentamente dischiudendo in centinaia di granchietti che correvano veloci verso di loro, tutti grigi, tutti uguali e dall’aria sinistra.

La ragazza si gettò subito verso di loro e cominciò a menare fendenti a destra e manca, uccidendone qualcuno che però veniva subito sostituito da altre centinaia di granchi che scavalcavano senza tante cerimonie il defunto per gettarsi contro la ragazza a maggiore velocità.
Presto qualcuno cominciò ad arrampicarsi sulle gambe di Gwen, cercando di graffiarla.

Duncan si guardò intorno affannato, mentre i granchi si accorgevano di lui e cominciavano a corrergli incontro, famelici:
- Gwen, lascia perdere, andiamocene via subito!

La cacciatrice lo guardò perplessa per un attimo e le fu fatale: i granchi ne approfittarono per salire rapidi lungo le sue gambe e lei perse l’equilibrio.

Duncan urlò il suo nome e lasciò che la magia fluisse rapidamente dalle sue dita, in letali raggi verdi che polverizzarono in massa numerosi granchi. I pochi rimasti lentamente si volsero a guardare il ragazzo, ormai trasformato in una furia con pozze verdi al posto degli occhi. Sibilò qualche parola a bassa voce e lentamente si sollevò da terra.

L’ultima cosa che vide Gwen fu un accecante bagliore bianco-verde, poi era stesa a terra con della poltiglia grigiastra intorno e addosso, dove prima c’erano stati i granchi. Purtroppo continuavano a riversarsi dalle rocce e ad avanzare, ma più intimoriti di prima.

Senza esitare si alzò e corse nel bosco, seguita da Duncan e dal sibilare degli animali.
Corsero e corsero, senza fermarsi mai fino a quando il sibilo non si spense del tutto; si accorsero di essere arrivati in un prato…

- Quella era m-magia nera! Tu sei un mago oscuro! – Strillò Gwen allontanandosi bruscamente dal ragazzo che si era avvicinato per vedere se fosse ferita.

Duncan impallidì:
- N-No, non è vero…
- Si invece! Solo una magia è in grado di togliere la vita in modo così improvviso e incontrollato ed è la magia nera, oltretutto della peggior specie: magia emozionale!

Il mago abbassò la testa, messo a nudo.

“ Ha la capacità di vedere oltre quello che tutti gli altri vedono in me: egoismo, strafottenza… Ma lei no: lei vede quello che realmente sono… Un mago dannato… Capisce la verità subito, non riuscirò mai a mantenere il mio scudo con lei… Alla fine lo scoprirà…”

- Gwen ascoltami… So che quello che hai visto ti ha spaventato, ma ti prego… Fidati di me.

La cacciatrice fissò il vuoto mentre tutte le sue certezze su Duncan crollavano… Certezze… Ne aveva mai avute?
Debolmente annuì, si alzò e si guardò intorno:
- Dove siamo?

Trasalì quando sentì la mano di Duncan sulla spalla:
- Questo è il prato delle nebbie. La natura delle nebbie di questo posto è sconosciuta: a volte sono cariche di insetti, a volte così spesse da non riuscire a vedere oltre il proprio naso, o cariche di ombre che portano anche i più impavidi alla pazzia.

La cacciatrice rabbrividì. Si alzò e scrutò un punto imprecisato dietro si sé:
- Ora che si fa dunque?

Nessuna risposta.

Con un orribile presentimento si voltò per vedere una minacciosa nebbia rossa avanzare verso di loro e Duncan, impietrito, osservarla.

Era una nebbia strana, molto fitta, ma con una forma definita: un lungo parallelepipedo alto e stretto che avanzava velocemente lasciando una scia puzzolente dietro di sé.

Senza esitare Gwen spinse via Duncan ed evitarono il raggio d’azione della nebbia per constatare con orrore che una lunga striscia d’erba era bruciata, laddove era passata la nebbia rossa.

- Wow… - Sussurrarono i due all’unisono.

Si rialzarono e si misero a correre nella direzione opposta rispetto a quella dalla quale erano arrivati, affannati.
Si trovarono ben presto in trappola: un anello grigio spesso qualche metro si era creato intorno a loro non appena si erano avvicinati troppo a degli strani fiori rossi sgargianti e andava restringendosi. Inoltre un altro parallelepipedo di nebbia rossa stava correndo velocemente verso di loro, tagliando l’anello grigio in due.
Senza aspettare ulteriormente Duncan congiunse le mani sopra la testa, i polsi che si toccavano e le dita disposte come a voler ricevere qualcosa dal cielo, e mormorò una formula magica: tra le sue mani si formò una sfera luminescente verde che scagliò rapidamente tra la nebbia grigia, squarciandola a metà e aprendovi un varco.

Corsero disperatamente tutti e due.

Mentre erano nella spaccatura creata dalla magia di Duncan, Gwen capì che entrambi non sarebbero riusciti a evitare le pareti grigie che si stavano richiudendo su di loro e prese una decisione in pochi secondi.

Si voltò e cominciò a trascinare Duncan più velocemente che poté, fino a spingerlo fuori dal raggio d’azione della nebbia grigia, ma non riuscendo a far uscire tutto il proprio corpo: la sua gamba rimase impigliata nella nebbia, che non appena la toccò si trasformò in colla, imprigionandola.

Si divincolò, ma la nebbia non sembrava dare segni di cedimento.
Duncan sollevò la testa e si rialzò velocemente dal punto in cui Gwen l’aveva scaraventato d’impulso, per correrle vicino e cominciare ad armeggiare con la magia:
- Sta cedendo, sta cedendo! Ma ci vorrà un po’…

D’un tratto un fruscio.

Gwen voltò la testa e la vide: un’immensa nebbia porpora così vasta da sembrare immensa.
Cominciò a spingere via Duncan urlando sempre più forte:
- Vattene, vattene!

Il ragazzo non si mosse e la nebbia li investì entrambi.

La cacciatrice si aspettò di sentire dolore, ma non fu così. Non sentiva assolutamente niente, neanche più il fruscio dell’erba che si udiva prima.
Si accorse di avere gli occhi chiusi, ne aprì solo uno per valutare la situazione e quello che vide la lasciò a bocca aperta: Duncan che aveva eretto e stava mantenendo una barriera che formava una bolla intorno a loro, dall’aspetto liquido e con delle sfumature verdastre in mezzo al materiale che la componeva, che sembrava in tutto e per tutto acqua.

- Duncan… -

Vide il sudore colare rapido dalla sua fronte, vide gli occhi chiusi per lo sforzo e lo poté quasi percepire nitidamente: mantenere quella barriera era qualcosa di terribile.
Con le lacrime agli occhi lo pregò di fermarsi, di lasciar stare e di proteggere solo se stesso mentre la nebbia purpurea premeva furiosa per riuscire ad entrare, ma lui era irremovibile:
- O moriamo tutti e due o non muore nessuno! Non ti lascerò qui per salvarmi e scappare via… Ti ho cercata per un motivo! – Aveva urlato, un urlo disumano dato dallo sforzo e dalla fatica di combattere quella sostanza demoniaca.

Gwen non esitò e, sapendo che era la cosa giusta da fare, estrasse il pugnale dalla custodia che lo proteggeva e pugnalò Duncan a una gamba: il ragazzo ebbe un sussulto e la guardò incredulo, poi urlò per il dolore e la barriera cedette.
La magia seguì il naturale istinto di sopravvivenza del ragazzo e automaticamente una barriera si alzò a proteggere il mago dall’esterno, ma Gwen ne rimase esclusa.

La nebbia purpurea la investì e lei alzò la testa al cielo e urlò, a occhi chiusi, svuotando i polmoni di tutta l’aria che vi era contenuta, perché la nebbia purpurea era velenosa e allucinogena e mentre vedeva tutti i suoi cari morire poteva chiaramente sentire migliaia di spilli perforarle la carne e dilaniarla, come se una bestia se ne stesse cibando.

Duncan da dietro la sua barriera provò ad aiutarla, ma la sua magia gli si ritorse contro, proteggendolo da tutto ciò che c’era all’esterno.

La nebbia si spostò e Gwen si accasciò al suolo, mentre sentiva finalmente di poter respirare e le sembrava che quell’improvvisa sensazione di libertà e cessazione del dolore glielo permettesse per la prima vera volta.
Si sentì come svuotata e decise che sarebbe morta lì, senza muovere un solo muscolo.
Poi cominciarono ad arrivare, prima delicate poi sempre più insistenti: fitte che la colpivano ovunque e che persistevano non particolarmente intense, ma insidiose.

- Oddio Gwen, io… -

Di chi era questa voce ai margini del suo campo uditivo? Una voce che le sembrava di conoscere, una bella voce…

- Chissà come canterebbe bene l’inno nazionale della nostra terra alle feste tradizionali… -

- Gwen, non lasciarmi, rispondi! Anche io ho bisogno di te!

- O magari a teatro… Senti come recita bene la parte del melodrammatico disperato… O magari non recita? Oh be’, speriamo che questa Gwen gli risponda presto… -

Sentì qualcosa scuoterla, ma non ebbe alcun effetto e rimase nel suo stato di trance.

Si stava forse… Muovendo? Si, percepiva l’alzarsi e l’abbassarmi ritmico dei passi di qualcuno che evidentemente la stava portando in spalla… Brusche virate, corse… Doveva essere alquanto affannato…

All’improvviso di nuovo quella voce:
- Mi dispiace, ti stai comprendo di macchie scure, io… Non volevo. La magia agisce involontariamente, lo sai… Questa è la grotta dei sogni dimenticati, sbrighiamoci…

- Be’, allora che si sbrighi questa Gwen, come si può far attendere uno così… Così come? –

Poi tornò improvvisamente in se stessa e cominciò a urlare a Duncan di metterla giù.
Lui ubbidì in fretta e la appoggiò contro una parete rocciosa, preoccupato:
- Hei, sono qui, va tutto bene…

La ragazza lo fissò negli occhi, annuendo. Lo stregone sembrò sollevato:
- Molto bene! Chi sei tu? Chi sono io?

Gwen ridacchiò e si perse di nuovo nei meandri del suo subconscio, facendolo parlare al posto suo:
- Io sono la più formidabile cacciatrice di taglie del regno, sai, mi hanno persino ordinato di assassinare la principessa quando ero agli ordini di Courtney, ma mi sono rifiutata… Courtney… Quella vecchia megera, così crudele e senza scrupoli… Tu? Tu sei… Dudley? Donnel? Duncan? No, aspetta… Si, Duncan! Un giovane e affascinante mago con due splendidi occhi e qualcosa di misterioso e incredibilmente attraente che…
- Torna in te! – E le tirò uno schiaffo, imbarazzato da quella sequela di complimenti.

L’inconscio di Gwen che ormai aveva preso possesso del suo corpo ridacchiò:
- Si, sei ancora più carino quando ti arrabb… - Non finì la frase che Duncan le tirò un altro poderoso schiaffo.
Aveva appena alzato la mano per infierire con un terzo schiaffo su una Gwen mansueta e con gli occhi chiusi, quando la suddetta li spalancò e gli bloccò il polso con una presa ferrea prima che raggiungesse la sua guancia:
- Fallo ancora una volta e ti ammazzo! – Gli occhi scuri che scintillavano di rabbia e fastidio.

Duncan sorrise apertamente, sollevato:
- E’ un piacere riaverti fra noi!

L’interpellata sbuffò e si alzò, incamminandosi. Si fermò un solo instante per sussurrare, dando le spalle al giovane:
- Qualsiasi cosa io abbia detto… Stavo delirando.

Il mago non rispose, ma in cuor suo si sentì un po’ deluso che rinnegasse tutto quello che aveva confessato in quegli attimi di totale confusione.

D’un tratto un urlo squarciò l’aria:
- Aiuto! Qualcuno mi salvi! No, ti prego, no! – Una voce femminile che urlava straziante invocando pietà.

Gwen alzò la testa di scatto e sussultò. Poi urlò a sua volta:
- Izzy!

E si mise a correre nella direzione da cui era arrivato l’urlo, imboccando un corridoio semi nascosto. Duncan la seguì pregandola di fermarsi, ma la ragazza non sentiva più nulla.
Solo la voce della sua amica d’infanzia che le urlava di aiutarla e a nulla valevano le obiezioni della sua logica che le intimava di fermarsi perché ormai Izzy era morta, era andata, per sempre…
Corse, fino a fermarsi istintivamente, a pochi centimetri da un burrone del quale non si vedeva il fondo.

Duncan la raggiunse e le mise una mano su una spalla:
- Gwen, torniamo ind…

Ma venne bloccato dalle lacrime che scendevano rapide dalle guance di Gwen, che si era voltata verso di lui sibilando, disperata:
- Viene da questo burrone, non posso rimanere qui mentre magari lei è in pericolo… Non posso restare qui a fare nulla, io… - Non riuscì a terminare la frase che scoppiò in un pianto dirotto.

Duncan sorrise e la abbracciò di riflesso:
- Allora anche tu piangi…

Gwen lo fissò e lui continuò a sorridere, sincero, poi lasciò che sfogasse sulla sua spalla tutte le sue lacrime.
Quando ebbe smesso di piangere sussurrò un timido “grazie” allo stregone e capì che con quel viaggio si stavano legando molto di più di quanto aveva previsto.
Gli sorrise e Duncan sentì qualcosa nel suo cuore sciogliersi, qualcosa che era stato congelato per troppo tempo:
- Le grotte dei sogni dimenticati sono pregne di un gas demoniaco allucinogeno che fa sentire urla strazianti delle persone a cui si tiene di più per condurle alla morte…

D’un tratto un altro urlò, sempre femminile, ancora peggiore del primo lo interruppe:
- Aaaaah! – Un urlo di dolore, disperato, che veniva dritto dalle profondità oscure del burrone.

Gwen scrutò Duncan, perplessa, ma ancora abbracciata a lui:
- Non riconosco questa voce..

Lui non rispose e deglutì, visibilmente sotto tensione. D’un tratto comprese anche Gwen:
- Tua sorella?

Lui annuì e la ragazza vide il suo autocontrollo incrinarsi, ma resistette all’impulso di gettarsi nel profondo dell’abisso.

- Usciamo di qui. – Disse il mago con decisione, si voltò e cominciò a camminare spedito evocando una luce verde che faceva loro da guida verso l’uscita.

Quando videro una luce in fondo alla stretta galleria di pietra si misero tutti e due a correre e uscirono alla luce del sole.
Socchiusero entrambi gli occhi, feriti dalla luce, e ispirarono più aria fresca possibile con l’effetto di sentirsi subito meglio.
Il paesaggio che si presentava loro davanti non aveva nulla a che fare con la nebbiolina che avevano visto da quando avevano lasciato Xia, era qualcosa di magnifico: verdi colline, un sole abbagliante e proprio davanti a loro uno slanciato castello in pietra con guglie e statue sulla sommità delle torre laterali, in un insieme quasi fiabesco.

Uno strano odore aleggiava nell’aria e i due ne furono presto storditi.

- Gwen, non ti sembra strano questo odore…
- Effettivamente… Mi sembra di conoscerlo… - La consapevolezza della natura di quell’odore arrivò troppo tardi e i due persero i sensi prima che la ragazza potesse urlare di tapparsi il naso e la bocca.

Prima di svenire i due notarono che il paesaggio si andava sgretolando davanti a loro man mano che perdevano conoscenza: una montagna brulla e desolata appariva ora davanti a loro, aguzza e rocciosa. Uno stretto sentiero si inerpicava fino alla cima, scosceso e con letali strapiombi ai lati.

In cima il castello non era cambiato, ma aveva un’aria molto più minacciosa: le torri sembravano prigioni di pietra e le statue apparivano come minacciosi mostri.

Dalla sala più interna del castello un canto lugubre, quasi una preghiera, saliva fino al cielo, risuonando nell’aria…

 

NB: Sisi, ok, ispirazione anche da Hunger Games e chi ha orecchie per intendere intenda u.u

 

-ANGOLO CIAMBELLOSO-
Ma shalveeee :3
Come avrete notato il chappy è più lungo… Perché? Perché insomma, dovevano arrivare u.u
Gli altri torneranno ad essere della solita lunghezza (quindi irrisoria, ma dettagli..) don’t worry bros!
Che ne dite di questo chappy dove i due si avvicinano ancora un pochetto? Eh ? EH??
Lasciatemi una recensione se volete e ditemi cosa pensate *-*
PS: Non siete un pochettinoinoinoino curiosi sul passato di Duncan? Sul perché della magia nera ecc ecc??
Byeeeeee & baciotti & ciambelle,
_Rainy_

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Capitolo 17
*** 17. (Dawn) ***


17. (Dawn)

Dawn lo fissò, uno sguardo fiero negli occhi.

Scott si prese un attimo di tempo per  riflettere su quanto quella ragazza assomigliasse a Courtney: erano entrambe belle, un’indole da regine e un qualcosa di regale nel portamento di entrambe. Quello sguardo fiero con cui ora lo fissava, accusatorio, era tutto di sua madre. Però c’erano anche innumerevoli differenze, soprattutto nel carattere, ma Courtney non era sempre stata così spietata…

- Okay Scott, ti ascolto, ma bada bene: sii breve e coinciso e se al termine della tua spiegazione non mi avrai convinto me ne tornerò a casa, che tu lo voglia o no.

Scott abbassò la testa, lasciandosi sfuggire una risatina:
- Non penso che la corte sia più posto per Voi, mia principessa rapita dai ribelli… Anzi, vi siete mai chiesta perché vostra madre non abbia ancora sguinzagliato delle guardie a cercarvi?

La principessa sussultò, ma non rispose.
Scott rialzò la testa e la fissò:
- Scusatemi…
- Sto aspettando una spiegazione. – Una voce gelida veniva dall’esile ragazzina, che poco aveva in comune con la dolce voce che Scott tanto bene ricordava.

Prese un bel respiro e parlò:
- Principessa, vi ho leggermente mentito sulla mia identità: non sono un messaggero della Città delle Fiamme, ma un alto funzionario nonché spia dei ribelli a corte. Il precedente alto funzionario è morto qualche mese fa e io ho preso il suo posto. Il mio compito è scoprire qualcosa riguardo al morbo che tua madre sta tentando di tenere nascosto, ma la paura è dilagata e non si conoscono le origini dell’epidemia se non che è di origine magica, quasi sicuramente. Per trovare una cura vostra madre sta usando tutti i metodi più terribili esistenti in questo mondo e per questo stiamo agendo su due fronti: indebolire la regina per mettere fine ai rastrellamenti e cercare una cura. Un nostro alleato ha fatto in modo di cercare collaboratori tra le guardie del palazzo più vicine alla regina e…

- Gwen! – Dawn ebbe un sussulto e ricordò di non avere notizie dell’amica da molti giorni.

Scott la guardò, dubbioso:
- Gwen? Gwen chi?

- Gwendolyne Mo… Monrose, si, Monrose. Non la conosco molto bene, ma ne ho spesso sentito parlare a palazzo e dicono che sia una buona guardia…

Non sapeva esattamente perché non si stava fidando di Scott, ma sentiva che quel ragazzo le stava nascondendo qualcosa e sicuramente non era qualcosa di bello. Quindi il suo istinto le aveva suggerito di proteggere se stessa e la cara amica, che – disse a se stessa – avrebbe dovuto contattare al più presto.

Il ragazzo la squadrò, poco convinto dall’esitazione della principessa, ma annuì:
- Questo è ciò che sono…

- Scott, perché mi avete rapito? – Chiese di getto la principessa, senza riflettere.

Il rosso, che si era aspettato tutto tranne quella domanda:
- Ehm… Perché non volevo che restassi a corte con i ribelli rimasti là, che ti avrebbero sicuramente fatto del male, poi non è sicuro rimanere a corte perché probabilmente il morbo vi si è infiltrato e inoltre… - Era ormai del colore dei suoi capelli e non osava guardare la principessa in faccia, ma faceva dei grandi respiri per calmarsi. – C’è una persona che ti vuole conoscere… Ti avverto, ha una grande capacità persuasiva e se gli dai troppo potere potrebbe sopraffarti…

Dawn impallidì: chi poteva avere tale potere?!

- Oh oh, la stai già terrorizzando? Suvvia… - Una voce bonaria e paterna veniva da fuori la tenda e si stava rapidamente avvicinando.

Scott impallidì e le fece un segno che voleva chiaramente dire : “E’ lui, non farti ingannare.”

Il rosso uscì dalla tenda e al suo posto entrò un uomo incappucciato, con un mantello nero e sporco, con i bordi frastagliati, di tela grezza. Dawn indovinò subito cosa fosse: un mantello sacrale.
Doveva quindi essere uno stregone.

- Vedo che hai già indovinato la mia natura: si, sono uno stregone. O meglio, lo ero.

La principessa era confusa. L’uomo ridacchiò, una risata quasi inumana.

- Principessa, facciamo così, prima io mi curo di spiegarle qualche cosa, poi le farò qualche domanda e voglio che mi risponda con sincerità, ci siamo capiti? – La voce era sempre gentile, ma c’era qualcosa di autoritario in essa, adesso. – Dunque, ero uno stregone di una potente gilda, anzi, la prima gilda di questo mondo, la gilda dei Crepuscoliani, come sicuramente saprai. Io avevo un fratello, Ftio, che molti anni fa lanciò una maledizione su questo mondo… Ora, forse non sai che Ftio era innamorato della regina di questo regno, la regina Nora, una grande donna che governò questo mondo con saggezza. Oltre che una grande politica era anche una grande maga e faceva parte della gilda mia e di mio fratello. Sia io che mio fratello avevamo una cotta per lei, ma ovviamente, essendo salita al trono, lei non avrebbe mai potuto sposare uno di noi, per cui decise di lasciarci entrambi, in un addio molto toccante. Nonostante tutto entrambi, anche se consapevoli del nostro amore per la medesima persona, unimmo le forze e riuscimmo a farci ammettere a palazzo come medici. La regina, intuita la natura malvagia di mio fratello, diede l’impressione di amare lui sopra ogni altra cosa, ma la verità è che ci incontravamo in segreto regolarmente. Si, lei preferiva me. Mi aveva avvisato che la nostra relazione, con Ftio di mezzo, non aveva futuro, ma io insistetti a continuare a vederci, fino alla tragica notte in cui, rischiando oltre ogni modo, mi introdussi in camera sua, nel cuore della notte. Purtroppo Ftio aveva avuto la medesima idea, e quando ci vide insieme, non capacitandosi del fatto che Nora amasse di più me e non volendo sentire le nostre ragioni, giurò che alla sua morte una terribile disgrazia avrebbe colpito questo mondo, fatto di bugiardi, depositi e traditori, e che una malattia incurabile avrebbe decimato le nostre file, strappando dalle braccia degli innamorati le loro amanti, in modo che io e Nora ci pentissimo della notte in cui l’avevamo tradito. La sua ira mi costrinse ad andarmene da palazzo e a fuggire, da esule, scappando continuamente dal mio stesso fratello che meditava vendetta. Uccise senza pietà Nora e pose sul trono un fidato alleato, mentre continuava, incessantemente, a cercarmi e a chiedere di me, per uccidermi. Questa, principessa, è l’origine del morbo, ma va’ detto, per completare questa bella storia, che in realtà mio fratello era malvagio, ma non del tutto sconsiderato e per assicurare alla sua discendenza un mondo da abitare lasciò un minuscolo indizio nella nostra vecchia casa, nella Città delle Fiamme, che solo suo figlio avrebbe saputo interpretare, per capire quale fosse la cura al morbo. Sfortunatamente non aveva calcolato che suo figlio non sarebbe stato malvagio come lui, e infatti ben presto egli venne a cercarmi e mi comunicò che aveva capito in cosa consistesse la cura.

Poi tacque.
Dawn ci mise qualche secondo ad assimilare tutte quelle informazioni in una volta sola e balbettò:
- Ftio nel libri di storia viene ricordato come un potente mago malvagio sconfitto anni fa… Non si fa cenno a una regina di nome Nora e neanche a un fratello…

L’uomo incappucciato ridacchiò:
- Si, mio fratello non voleva che qualche postero sapesse delle sue azioni, in modo da coglierci totalmente  impreparati…

La principessa annuì.

- E ora le domande.. Deduco che non avesse mai sentito questa storia, dico bene? – Dawn annuì. – Bene, dunque, lei conosce Gwendolyn Sheperd vero? Ho sentito cosa ha detto a Scott e capisco che non si fidi di lui, ma la conosce, vero? – La principessa annuì di nuovo e si affrettò a chiedere:

- Sta bene? E’ viva? Posso parlarle?

L’uomo scosse la testa:
- No, non può parlarle in effetti, ma sta bene: è con uno dei nostri migliori uomini, nonché… Be’, non credo sia il momento migliore di dirlo, in ogni caso quello che le chiedo è di mettere una buona parola per me quando lei e Gwen vi riunirete, perché succederà… Ehm… Potrebbe avere una reazione un po’… Particolare… Al vedermi… Conto su di lei okay?

Dawn era confusa, ma annuì ugualmente. L’uomo quindi si alzò e uscì dalla tenda. Sulla soglia però si voltò e sussurrò:
- Un ultima cosa… Non si fidi di Scott, glielo dico da amico e collaboratore.

Poi si voltò e uscì dalla tenda, lasciando posto a uno Scott trafelato che entrò di corsa:
- Cosa ti ha chiesto?

Dawn sussurrò:
- Non sono sicura di dovertelo dire…

Il rosso si ritrasse, sbalordito, e si rabbuiò quasi subito. Fece per ribattere, ma George entrò di corsa:
- Signore, dobbiamo proseguire a piedi, la frontiera con la città di Berth è vicina…

Scott annuì e ordinò a tutti di nascondere qualche arma in un paniere, di coprirle con un sottofondo e metterci delle proviste a coprirlo, in modo da passare inosservati.
- Ci fermeremo qui per qualche giorno, poi andremo fino alla Città delle Fiamme dove ci riuniremo con gli altri ribelli… - Si voltò e fissò Dawn. Si avvicinò come per darle un bacio, ma poi si ritrasse, uscendo dalla tenda.

Dawn fece come le era stato ordinato, mentre legava i capelli e li copriva con una fascia, cercando di rendersi irriconoscibile. Nel frattempo pensava a quello che le aveva detto l’uomo incappucciato.

Chi era veramente? Qual era il suo legame con Gwen? E soprattutto come stava la sua amica?

Tutte domande a cui non sapeva dare una risposta.

Lentamente il carro si fermò e il gruppo di ribelli che viaggiava con Scott scese e lo distrusse, uccidendo i cavalli per non lasciare tracce. Seppellirono gli animali e si incamminarono.
Si erano tutti vestiti come dei ricchi mercanti, con panieri e bisacce al fianco. Qualcuno aveva perfino delle piccole ceste con dentro vestiti e stoffe, ma nel sottofondo monete e soprattutto armi.

Dopo decine di minuti la frontiera apparve loro: un piccolo muro continuo che circondava una cittadina di casupole dominata da una reggia a più piani, in legno.
Erano case simili: stesse porte e finestre di legno scuro, stessi muri di pietra e stesso tetto di lastre di un minerale scuro, probabilmente una pietra estratta da una cava nei dintorni.

Il muro era fatiscente e c’erano solo due guardie, senza armatura e con solo una possente spada al fianco, davanti a un’apertura (più grande delle numerose altre) del muretto, probabilmente l’ “entrata” della città. Le due guardie erano disposte ai lati di uno stretto sentiero di ciottoli di che si perdeva nel dedalo dei vicoli cittadini.

Il gruppo si avvicinò e Scott parlò per tutti:
- Siamo dei mercanti venuti a vendere la nostra merce a Berth, lasciateci passare, ve ne prego.

Le guardie li guardarono sospettosi e una di loro parlò, con voce gracchiante:
- Ah si? Onesti immagino eh… Peccato che lo dicano tutti, un attimo prima di pugnalarti alle spalle… Be’, facciamo solo un piccolo controllo per vedere se avete il morbo…

Detto questo si misero a girare tra di loro, chiedendo a volte di scoprire un braccio o una gamba.
Quando arrivarono vicino a Dawn la guardia che aveva parlato ghignò, mostrando la bocca sdentata e i pochi denti marci:
- Ma cosa abbiamo qui?! Un delicato fiorellino indifeso… Rimani con noi, che ci divertiamo un po’.

Scott si irrigidì:
- No, mi dispiace, lei non può rimanere e…

La guardia che non aveva ancora parlato gli puntò rapida la spada alla gola, ridacchiando, poi disse con voce bassa e roca:
- Ehi, non ti abbiamo mica chiesto il permesso!

L’altra guardia si unì alle risate della prima:
- Ben detto Shark, anzi, direi che se li lasciamo passare e ci teniamo la ragazza facciamo un favore a tutti, tanto che aiuto può darvi una così nel commercio?

Dawn estrasse rapida un pugnale dalla cintola e in fretta accoltellò l’uomo, che stramazzò a terra, in un rantolo confuso e soffocato:
- Chi ti dice che io vada protetta? – Sibilò la principessa, ringraziando mentalmente Gwen del poco addestramento militare impartitole.

Scott fu rapido ad disarmare e poi uccidere con la sua stessa spada Shark, dopodichè si scrollò le spalle e si rivolse al gruppo:
- Possiamo proseguire…

Entrarono in città senza più dire una parola e entrarono nella prima locanda che trovarono. Il locandiere provò a fermarli:
- Signori, dovete avere il permesso delle guardie per poter entrare in città, non vi darò una stanza se  non me lo fate vedere e inoltre…

Ma si bloccò, diventando bianco come un cencio alla vista del pugnale che Scott gli stava puntando contro:
- Ehm… Ripensandoci prego, le camere sono tutte a vostra disposizione!

Scott sorrise, falso:
- Grazie, molto gentile da parte sua, ma non deve temerci, siamo dalla sua parte e staremo qui solo una notte…

 

 

 -ANGOLO DI RAINY-
Ehm… *si sporge da dietro un angolino, timorosa* Sono ancora bene accetta qui? Perché in effetti ho paura che mi rispondiate che la storia non vi interessa più D:
Nonostante tutto la finirò, per ringraziare quelli che la apprezzano (se ce ne sono :c) e perché è un progetto che ho iniziato e come tale è una mia responsabilità finirlo, quindi eccomi qui con un altro chappy…
Niente da dire: il mistero si infittisce, ma verrà spiegato tutto, state tranquilliiiii :3
Bye bye e come al solito vi auguro tante ciambelle *^*,
_Rainy_
 

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Capitolo 18
*** 18. - Intermezzo - ***


18. - Intermezzo -


La regina si svegliò di soprassalto.
Aveva dormito di nuovo male, stavolta l’oggetto del sogno era sua figlia, in una scena inquietante e tragica: Dawn giaceva con un pugnale piantato nel petto, la ferita ancora sanguinante; era vestita con un candido vestito bianco, i capelli chiari disposti a raggiera intorno al volto, esangue; la scenografia di tutto ciò era un cupa cripta con ragnatele alle pareti e crepe che davano l’impressione dovesse crollare da un momento all’altro.

Aveva già consultato l’indovino per sentire cosa potessero significare quegli oscuri sogni e il responso era stato terribile: un’epoca che finiva, un grande cambiamento, un’oscura vendetta per un torto subito che si sarebbe abbattuta su di lei…

Sapeva perfettamente a cosa si riferiva l’indovino, ma ovviamente non poteva dirlo a nessuno.

Si vestì in tutta fretta senza chiamare la sua cameriera personale e uscì di soppiatto dalla sua camera, attenta a non farsi notare.

Scese nei sotterrai con una torcia in mano, mettendo un piede davanti all’altro su una stretta scala a chiocciola in pietra che dava l’impressione di scendere fin dentro le viscere della terra.
La torcia lanciava una debole luce che illuminava le pareti creando inquietanti giochi di luce.

Superato l’ultimo gradino si trovò in una larga sala umida, fatta di pietre incastrate tra loro che sembravano doversi sbriciolare da un momento all’altro.
Un uomo avvolto in una tunica violacea la stava evidentemente aspettando:
- Mia Signora…

Lei lo zittì con un gesto secco del polso e sibilò:
- Non sono la tua regina qui, chiamami Katie, come al solito.

L’uomo ghignò sotto la tunica, scoprendo dei canini appena più appuntiti del normale.
Era un monaco e della peggior specie: un monaco notturno. Un ordine bandito dal regno tanto tempo prima per la loro familiarità con la magia nera, che consideravano uno strumento per poter dominare e comprendere il mondo.

- Katie, seguimi.

La regina ubbidì e seguì il monaco fino davanti ad una cella, dove un essere dalla pelle blu-verde e grandi occhi bianchi, senza pupilla o iride, era inginocchiato davanti ad un altare, numerosi braccialetti spinati legati alle braccia da cui usciva un rivolo di sangue violaceo, sussurrava arcane parole.

- Come sta? – Chiese la regina.
- La sua resistenza fisica è straordinaria, ma si sta indebolendo e la malattia è ormai facile da eliminare, ma si è creata esattamente la situazione che si aspettava: il panico è ormai radicato dentro la mente delle persone, è diventato uno stile di vita.

La regina ghignò:
- Perfetto. -  Poi si rivolse all’essere. – Hei, Amanita, è la tua regina che ti parla.

L’Amanita non sollevò neanche la testa, ma smise di sussurrare formule misteriose.
Gli Amaniti erano delle creature che vivevano in piccoli villaggi nelle foreste e rifiutavano qualsiasi contatto con la popolazione del regno di Courtney. Erano esseri dalle menti superiori, straordinariamente dotati per il calcolo, le arti e la scienza, non necessitavano di supporti scritti in cui custodire le loro memorie in quanto cultori del sapere e amanti dell’arte del raccontarlo e tramandarlo. Alcuni di loro si erano offerti volontari per fare da “biblioteche viventi” del mondo di Courtney, ma la loro presenza inquietava molte persone, che li vedevano come qualcosa di incomprensibile e misterioso. In particolare spaventava moltissimo la loro conoscenza della magia, delle arti oscure e dell’animo umano: erano in grado di scavare nel profondo del cervello di una persona facendole solo un paio di domande e ricavando responsi anche dai dettagli più insignificanti.

- Mia regina… - Sussurrò con una voce strascicata e sibilante. - … E’ venuta per uccidermi?

La regina ridacchiò e l’Amanita riprese:
- Bene, cosa posso fare per lei? Forse vuole sentire una storia?
- No Sith, voglio solo che tu continui il tuo lavoro come al solito. Non c’è bisogno che ti uccida io, tanto…
- … Sarò morto tra poco tempo, lo so. – Concluse per lei l’Amanita, ghignando. – Come farà allora? Vuole sentire cosa penso accadrà?

La regina ridacchiò e attese. L’Amanita espose la sua teoria dondolandosi leggermente sul posto:
- Le cose cambieranno, sono già in movimento; si sente dall’aria non trova? Un’aria di cambiamento… Una persona che pensavi di aver dimenticato tornerà per fartela pagare…
- Gwen? Ah! – Rise sfacciatamente la regina. – Quella sciocca ragazza? Ho chiuso i conti con lei anni fa, l’ho annullata psicologicamente! Non c’è possibilità che sia lei…
- Non guarderei così lontano se fossi in lei… - Sibilò l’Amanita scoprendo i denti appuntiti.

Poi la creatura riprese a sussurrare le sue formule oscure isolandosi dal mondo esterno. Il monaco si avvicinò e le sussurrò:
- Katie, il morbo emanato dalla sua magia ha cambiato il mondo, ma quello che ha detto l’Amanita è vero: la situazione cambierà. Spetta alla regina ora mantenere il controllo che ha creato diffondendo questa malattia.

Courtney annuì, consapevole che quello che aveva detto il monaco era la verità.

 

 

 

-FLASH-
Intermezzo minuscolo che forse vi ha confuso le idee, ma si spiegherà tutto :3
Aggiungiamo carne al fuoco perché non ho nulla da fare, yeeee *^*
La storia sta diventando un po’ complessa, ma gli ultimi capitoli chiariranno tutto tutto tutto, se vi sembra un po’ caotica ora è normale (figuratevi che io ho un plico di fogli con scritti tutti i dubbi che devo sciogliere alla fine eheh .-.), sembra caotica anche a me che so come andrà a finire “>.<
Posso dire che siamo OLTRE LA META’, quindi la nostra storia sta giungendo a una conclusione… Per fortuna vostra e mia :3
Diciamo subito che questa e un’altra long che inizierò dopo aver concluso HeadHunter saranno le ULTIME mie storie nel mondo di A Tutto Reality, ma verrà spiegato tutto più avanti (se volete spiegazioni NOW chiedetemele lol)… Ve l’ho solo anticipato per rendere meno brutale la botta (?).
Come al solito vi lascio i due link che mi riguardano:
BLOG: http://raggywords.blogspot.it/
PAGINA FACEBOOK (Ancora 5 people e si attiva *-*): https://www.facebook.com/pages/Rainy_/615961398491860?ref=ts&fref=ts

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Capitolo 19
*** 19. (Gwen) ***


19. (Gwen)

Un forte dolore alla testa svegliò Gwen.
Si guardò intorno, intontita, e comprese di essere in una cella.
Sentì l’inconfondibile freddezza delle catene di ferro che le legavano i polsi e delle fitte di dolore lungo tutto il corpo.

<< Calma; un passo per volta. >> Pensò.

Attese qualche secondo e diede tempo ai suoi occhi di mettere a fuoco quello che aveva davanti.
Una cella vuota era tutto ciò che riusciva a vedere: negli angoli c’era qualche ciuffo di paglia, ghiaia e erba che si era fatta strada attraverso le pietre del pavimento per arrivare alla vita. Una minuscola finestra con sbarre di ferro era a qualche metro da terra sopra di lei, totalmente irraggiungibile. Davanti a lei sbarre metalliche, logore e arrugginite, bloccavano l’uscita. Al di là di esse non riusciva a scorgere nulla, solamente un muro di pietre simili a quelle della sua cella.
Non aveva idea di dove fosse, ma nell’aria risuonavano le note di un canto che aveva già sentito in passato.
Dopo qualche minuto riconobbe quella cantilena come una preghiera agli dei, sicuramente un canto di lode: era dunque in una cella nei sotterranei di una costruzione religiosa, magari un monastero… Non appena pensò a un “monastero” le venne in mente quello dei monaci del Crepuscolo, loro destinazione e dove probabilmente ora erano rinchiusi.

<< Duncan… >>  Non riuscì a ricordare assolutamente nulla su dove potesse essere o se fosse vivo.

Ad un tratto le giunse alle orecchie un lamento, proveniente da una cella vicina. I canti di lode si fermarono.

- Brakvah Altart, inizt farth lakmar…

Le parole giunsero alle orecchie di Gwen, ma ella non riuscì a individuarne l’origine: era come se fossero sospese nell’aria e venissero generate da essa stessa, impalpabili, ma chiare allo stesso tempo.
Il lamento le giunse da più vicino, stavolta, insieme a dei passi affrettati che scendevano velocemente delle scale.
Ad un tratto un monaco comparve davanti ai suoi occhi:
- Ah, sei sveglia… - Sentì le parole chiare nella sua testa.

Alzò di scatto la testa per osservare il monaco, ma non si era mosso. Era giunto di fronte alla sua cella e lì si era fermato, senza che lei potesse vedere i suoi occhi, coperti dal cappuccio della tunica in cui era avvolto.
La tunica era di color rossiccio, lunga fino ai piedi e dall’aspetto antico e logoro. L’unica parte del corpo del monaco che Gwen poteva scorgere era il volto, dal naso al mento, perché rimaneva scoperto dal cappuccio, nonostante il monaco avesse la testa reclinata in avanti. La pelle era chiara, quasi bianca, e dava un’idea di debolezza e malattia. I piedi erano coperti dalla tunica, dai bordi slabbrati, così come le mani che la ragazza pensava fossero giunte, ma siccome erano coperte non riusciva a capirlo.

- S-Si, sono sveglia…

Le sbarre della cella e le catene ai suoi polsi e si spezzarono e le braccia le caddero inermi ai suoi fianchi, mentre il suo corpo si accasciava in ginocchio, totalmente incapace di fare altro.
- Ma non sei tu che hai prodotto quel suono, immagino… -

Lei scosse la testa.

- Molto bene, alzati e sali le scale. Giungerai a una grande sala dove ti aspettiamo.

Gwen pensò fosse pazzo: come poteva non avere il minimo sospetto che sarebbe scappata? Come poteva, oltretutto, anche solo pensare che potesse alzarsi?
Fece per protestare, ma il monaco se ne era già andato.

Provò ad alzarsi, ma dopo pochi secondi cadde a terra rovinosamente. Fece qualche metro in avanti trascinandosi: dovevano averla drogata. Uscì nel corridoio e guardò prima a destra poi a sinistra: il corridoio aveva una sola uscita.
Lentamente cominciò a trascinarsi in quella direzione, sbirciando prima nella cella di fianco alla sua, ma trovandola vuota.

Salì gradino per gradino, scorticandosi le dita e le ginocchia e lasciando piccole gocce di sangue sulla pietra grezza. Arrivata circa a metà della scala provò ad alzarsi e appoggiandosi alla parete riuscì ad arrivare al piano superiore, dove una sala immensa la attendeva. Alle pareti arazzi e quadri dipinti, da un lato degli scranni dove sedeva una dozzina di monaci e al centro un profondo burrone al fondo del quale una distesa di lava ribolliva; sospese su di esso si trovavano decine di grandi pietre marroni, che sembravano ribollire per l’alta temperatura.
Dall’altro lato della sala, in una piccola cella si trovava Duncan, che osservava Gwen con uno sguardo triste. Non appena lo notò Gwen provò a raggiungerlo, ma cadde a terra non appena lasciò la parete. Sotto lo sguardo dei monaci si rialzò e zoppicò fino alla cella dell’amico dove si inginocchiò davanti alle sbarre e gli strinse una mano.

- Ce ne andremo da qui Gwen, perdonami per averti trascinato in una situazione del genere… - Cominciò lui, con la voce rauca dallo sforzo. - …Però insomma, con me non ti sei annoiata di certo! – Ghignò e a Gwen scappò un sorriso.

Si voltò verso i monaci, ansiosa. Quello centrale era seduto su un trono di pietra estremamente semplice, ma si capiva che occupava una posizione di rilievo rispetto agli altri, e sulla tunica aveva disegnato un simbolo runico, proprio sul petto, in un inchiostro nero come la pece.

- Brakvah Altart, inizt farth lakmar… Benvenuti stranieri, eccovi dunque alle nostre porte…

Gwen sapeva che era il monaco centrale ad aver parlato, nonostante non si fosse mosso, ma la sua voce risuonava sia nella testa della cacciatrice sia nell’atmosfera circostante, lo poteva sentire: una voce profonda e leggermente rauca che vibrava nell’aria.

- Vi prego di salire sulla prima pietra che vedete sospesa sul fiume di lava… Sappiate che sono pietre sacrali e se alle domande che vi faremo mentirete… Be’, si sgretoleranno e voi precipiterete con loro.

Le sbarre che bloccavano Duncan scomparvero e lui cadde addosso a Gwen. Quando si furono ricomposti si avviarono faticosamente verso la prima pietra, senza avere la forza di contestare e capendo che era l’unico modo per salvarsi la vita. Quando vi furono saliti la pietra oscillò leggermente, ma dopo qualche secondo si stabilizzò. Una luce rossa illuminò la roccia e Duncan pensò che fosse davvero arrivata la sua fine: un minimo spostamento di peso e la roccia avrebbe potuto ribaltarsi e precipitare.

- Bene, il mio nome è Luxar e vi interrogherò. Cominciamo da te, stregone, cosa ci fai qui? – La voce era cambiata, stavolta era più stridula e proveniva da un monaco seduto subito alla sinistra di quello centrale.

Duncan si schiarì la voce e provò a spiegare al meglio il loro obiettivo, interrompendosi a volte per tossire:
- Il mondo è infettato da una pericolosa malattia e io e la mia compagna, Gwendolyne, siamo venuti qui per cercare delle Pietre di Luna, che sappiamo essere prodotte da voi, per cercare di curare il morbo che sta decimando la nostra gente.
- Perché tu? Perché non la regina?
-
Alla regina… - Duncan si rabbuiò - … A lei non interessa delle questioni riguardanti il popolo, quindi non si preoccupa di tutta la gente che per le strade sta morendo, ma spera solo che passi presto e che riesca a guadagnarci qualcosa.

I monaci vennero scossi da una vibrazione che probabilmente doveva essere una risata.
- Si, lo sappiamo. Tu chi sei?
- Io sono Duncan, uno stregone. Appartenevo a una gilda, ma sono stato esiliato. Faccio parte di un grande gruppo di ribelli che vuole salvare il regno dal morbo e spodest…
- Non ci interessa la storia del regno – Lo interruppe Luxar – Chi sei tu?
- Ve l’ho detto. Io sono Duncan, uno stregone cresciuto senza genitori e con l’unica compagnia di un drago.
- Bene, Duncan, chi sei tu? Vedrò di essere più preciso: vogliamo sapere la tua storia.
- La mia storia?! – Duncan impallidì vedendo il monaco annuire impercettibilmente: era impreparato a quella domanda. – Io… Be’, i miei genitori sono morti in una grande guerra condotta dalla regina nelle nostre terre, a nord. Non erano maghi di questo regno, ma delle terre desolate che Courtney conquistò qualche anno fa, sterminandone tutta la popolazione. Io venni nascosto in una cittadina al confine quando avevo 8 anni e le ultime parole di mia madre furono: “Potenzia il tuo potere e porta il nostro ricordo nel cuore, non dimenticare mai quello che sei.”. Poi non li rividi mai più.

Gwen lo osservava, accasciata a terra vicino a lui, mentre raccontava. Il ragazzo aveva gli occhi socchiusi e sembrava non stesse neanche parlando con i monaci, ma con la propria anima, in una rievocazione di ricordi troppo a lungo sopiti, ma mai dimenticati.

- La famiglia aveva un drago, Valkaar, che si prese cura di me quando i miei genitori adottivi mi abbandonarono non appena cominciarono a manifestarsi i primi segni di poteri magici, a circa 10 anni. Sono cresciuto con lui. A 13 anni sono entrato in una gilda, i Cavalieri Oscuri, che a quell’epoca era estremamente potente e per qualche mese ho reso servizio lì, ma poi sono stato coinvolto in uno scontro tra un mago di alto rango nella gilda e un gruppetto di sottoposti che avevano dato fuoco a casa sua per costringerlo ad andarsene. I miei ex-compagni mi usarono come capro espiatorio, dicendo che l’idea era stata mia: a quei tempi ero debole e indifeso. – Una punta di amarezza nella voce del ragazzo. – Quindi il mago di alto rango diede l’ordine di catturarmi e si incaricò di persona della mia uccisione. Fu uno scontro impari e alla fine riuscii a prevalere solo ricorrendo a un incantesimo che mi aveva insegnato mia madre quando ero piccolo, un incantesimo molto potente di magia oscura, che lo privò dei suoi poteri. Le mie origini furono immediatamente chiare e venni esiliato dopo pochi giorni. Sapendo che non potevo fidarmi di chi mi aveva tradito già una volta, quindi uccisi tutti i miei compagni, dal primo all’ultimo, e scappai. Da quel giorno conduco un’esistenza solitaria, vagabondando per il mondo con la sola compagnia di Valkaar e i segni sul corpo di un passato che non posso cancellare. – Portò una mano alla pietra incastonata nel sopracciglio e al tatuaggio alla basa del collo, simbolo della sua vecchia gilda.
- Molto bene, chiaro ed esaustivo. – Si rivolse dunque a Gwen. – E lei signorina? Chi è lei e cosa ci fa qui?

Gwen fissò il monaco e raccontò pressappoco la storia che aveva già narrato a Duncan qualche sera prima, nonostante sembrasse passata un’infinità di tempo.
- Cosa ci fa qui? – Insistette Luxar.
- Be’, io… - La cacciatrice era confusa. – Sono qui per lo stesso motivo di Duncan.

La pietra su cui entrambi erano accasciati cominciò a sgretolarsi.
- No, quella è la motivazione dello stregone. Tu, cacciatrice, perché sei qui?
Gwen comprese: voleva sapere le più profonde motivazioni che l’avevano spinta a seguire Duncan.

La pietra continuava a rimpicciolirsi.

- Io ho seguito Duncan perché voglio tornare a casa. – La pietra smise di frantumarsi. – Voglio semplicemente tornare alla mia vita di prima.  – Duncan guardò la ragazza, riuscendo a scorgere un briciolo di umanità dietro alla corazza di ferro da dura cacciatrice di taglie che si era costruita intorno.
- Interessante… Quindi voi avete sfidato la sorte mettendo a nudo le vostre intenzioni per salvare il popolo? Improbabile… Duncan, perché vuoi spodestare la regina?
-
Perché è colpa sua se i miei veri genitori sono morti. – Rispose Duncan senza esitare.
- Vendetta quindi… Non credi che sia una motivazione tutt’altro che pura per imbarcarsi in un viaggio simile?

Duncan chiuse nuovamente gli occhi:
- Lei non crede che dopo essermi visto portare via tutto io abbia il diritto di volere vendetta?

I monaci “risero” di nuovo.
- Be’, in ogni caso nel vostro cuore c’è davvero l’intento di fermare il morbo… Però non possiamo darvi le nostre Pietre di Luna, perché gli affari del regno non ci riguardano più; non da quando la regina ha bandito il nostro ordine dal regno con false accuse, pensando che minassimo al suo potere.
-
Ma voi dovreste andare oltre tutto ciò! – Urlò Gwen senza potersi trattenere. E se ne pentì immediatamente.
- Ah si? Hai idea di cosa voglia dire condurre un’esistenza di preghiera e studio in completa solitudine? Senza poter viaggiare per il mondo alla luce del sole, perché verremmo additati e catturati? Dovendo strisciare come topi nell’ombra? Noi, che una volta eravamo la congregazione più autorevole del regno? Hai idea?! – La voce del monaco era diventata più stridula e infastidita. – No, non hai idea… Ma penso che potresti fartene una simile…

Tra i monaci si diffuse un mormorio di consenso. Duncan si guardò intorno perplesso:
- In che senso, scusate?
- Ma è ovvio! – Luxar ridacchiò. – Gwendolyne rimarrà con noi per rendersi conto di cosa voglia dire condurre un’esistenza come la nostra. Sarà votata alla magia e alla medicina e sono sicuro che con le sue conoscenze militari potrebbe anche entrare a far parte del corpo di difesa del monastero.
-
Perché fare una cosa del genere?! – Sibilò Duncan. Gwen rimase in silenzio.
- Avete violato i nostri spazi senza consenso e ci chiedete appoggio per questioni delle quali non volevamo più sentir parlare. La malattia ha una causa più profonda, che non può essere curata con una Pietra di Luna. Il vostro viaggio, seppur notevole, è stato inutile.
-
Prendete me. – Sussurrò Duncan. Poi alzò la testa e guardò i monaci, ripetendo più ad alta voce: - Prendete me!
- Ammirevole offrirti al posto della tua compagna, ma lei ci sarebbe più utile. Se tornerà con te farà un incontro che la cambierà per sempre, non tornerà più la stessa e morirà correndo un grande pericolo. Rimanendo con noi si può evitare tutto questo.

Gwen non si mosse, mentre Duncan impallidiva:
- Ah… - Poi si rivolse a Gwen. – Gwendolyne, non posso lasciarti ven…
- Lo so. – Lo interruppe lei. – Vai.
- Mi dispiace tantissimo. So che abbiamo viaggiato poco insieme, ma io…
- Vai. – Gli intimò Luxar.

Gwen socchiuse gli occhi e sorrise, sentendo i passi dell’amico allontanarsi.
Quando non riuscì più a sentirli alzò nuovamente la testa e fissò il monaco centrale:
- Allora?
- Per oggi ti puoi riposare, domani alle 5 comincerà il tuo addestramento. – Affermò Luxar.

-

Un fastidioso scricchiolio, come qualcosa che veniva sfregato su qualcos’altro di metallico, stava disturbando Gwen da qualche ora ormai, ma ella si rifiutava di girarsi per vedere cosa fosse, consapevole del fatto di dover dormire il più possibile per affrontare la giornata seguente.

Duncan se n’era andato.
Le aveva fatto male quell’addio frettoloso e quella frase incompleta che aveva lasciato troppi dubbi sul suo vero significato. Già, perché cosa aveva voluto dire separarsi dopo essersi reciprocamente salvati la vita?
Non lo sapeva. La risposta a quella domanda le sfuggiva, ma l’assenza di Duncan era qualcosa di concreto che le faceva male, come mai era successo prima. Non si era mai legata così in fretta a una persona, ma lui era diverso: erano simili per certi aspetti e lui aveva un fascino misterioso, dannato e sfrontato, che faceva considerare quello stregone la persona più strafottente della terra, quando in realtà dentro di sé aveva un passato triste e una grande solitudine. Lei invece era l’opposto esteriormente: cupa, chiusa e solitaria, mentre interiormente si assomigliavano.
Avevano entrambi trovato qualcuno che li capisse e raccontare del proprio passato era stata quasi una liberazione, soprattutto per lei.

E ora tutto quello non esisteva più.

Mancavano ormai poche ore alle 5 e quel fastidioso scricchiolio non voleva smetterla…

- Duncan… - Sussurrò la ragazza, coricata su un fianco su un pagliericcio duro e appuntito, gli occhi luci di lacrime.
- Bellezza, almeno non sussurrare il mio nome quando dormi… - Ridacchiò una voce ormai familiare, a pochi metri da lei.

La ragazza si tirò su di scatto, mano al pugnale e in due balzi fu davanti alle sbarre, la lama puntata alla gola dello stregone che dall’altra parte stava tagliando l’inferriata con un pugnale magico.

- Ehi ehi, calma! -  Lo stregone strabuzzò gli occhi.

Gwen ridacchiò:
- Questo è per avermi abbandonata. – E gli fece un piccolo taglio sulla guancia destra. – … Questo è per non essere arrivato subito a salvarmi… - E lo tagliò nuovamente sulla guancia destra - … E questo e per non aver completato quella frase, mi stavo emozionando! – Rise e fece per tagliarlo di nuovo, stavolta sul collo, ma Duncan, ridacchiando, le girò il polso di scatto, facendole cadere il coltello.
- Calma signorina. Ho deciso di venire a salvarti solo dopo! – Poi si fece improvvisamente serio. – Sei pronta a tornare con me? Voglio dire… Hai sentito quello che hanno detto i monaci…

Gwen annuì:
- Non ti libererai di me così facilmente, mio caro. Non di certo per la premonizione di monaci sadici vestiti con tuniche antiche. – Sogghignarono entrambi e lo stregone riprese il suo lavoro di rottura delle sbarre con più impegno.
Dopo qualche minuto erano spezzate e Gwen si trascinò fuori dalla cella.

- Qual è il piano ora?
- Mia cara, dobbiamo semplicemente scendere nelle fucine, prendere un po’ della Pietra e scappare. Nulla di più facile e ti dirò che ho già individuato la strada migliore.

La ragazza ridacchiò, poi Duncan la prese a spalle e la aiutò a mettersi in piedi. Insieme uscirono dai sotterranei passando dalla grande sala dove erano stati interrogati e dove non c’era più nessuno. Presero un corridoio laterale e strisciarono nell’ombra, aggirando due sentinelle e tramortendone una terza che stava per dare l’allarme.
Seguendo un’idea di Gwen rubarono i vestiti a quest’ultima e a un’altra che attirarono con un rumore provocato facendo cadere una spada a terra e li indossarono.
Silenziosamente percorsero altri corridoi e scesero per una stretta scala a chiocciola che divenne sempre più calda man mano che scendevano. L’aria intorno a loro si fece afosa e il caldo era soffocante, ma stranamente le tuniche sembravano preservare quel po’ di aria fresca che giungeva da sopra di loro, probabilmente perché erano costruite appositamente per resistere ad alte temperature e favorire la sopportazione del caldo da parte dei monaci.

Arrivati in fondo alla scala videro un corridoio con due entrate che era scavato direttamente nella roccia e senza pensarci troppo imboccarono quello di sinistra.
Il corridoio sembrava incandescente e la roccia al tatto era bollente, ma il pavimento non scottava affatto sotto i loro piedi. Dopo qualche svolta e ripide discese che facevano inoltrare il corridoio sempre più nelle profondità della terra, giunsero in uno spazio aperto, dove si trovava il cuore delle fucine.

Fino ad allora non avevano parlato granché per non far saltare la loro copertura, ma una volta arrivati in quell’immenso spazio che ospitava una vera e propria miniera di Polvere di Luna non poté che sfuggire un’esclamazione di meraviglia a entrambi…

 

-ANGOLO AUTRICE-
Eccoci qua :3 Questo capitolo è uno dei due che fanno da raccordo tra la parte del “viaggio” e la parte del “ritorno”, tutto ciò per dire che siamo quasi alla fine, eheh…
Non ho molto da dire, a parte che la ship sta diventando via via più evidente, ma con calma insomma u.u
Vi lascio con i soliti due link:
PAGINA FACEBOOK (attiva, eh: grazie mille :3): https://www.facebook.com/pages/Rainy_/615961398491860?ref=bookmarks
BLOGGUCCIO: http://raggywords.blogspot.it/
Grazie mille per la lettura e l’eventuale recensione *messaggi subliminali*, ciambelle a tutti :3
_Rainy_
PS: I più attenti (?) avranno colto l'ispirazione a Shadowhunter, forse... c: 

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Capitolo 20
*** 20. (Dawn) ***


20. (Dawn)

Erano partiti dopo una sola notte.
Non aveva neanche fatto in tempo a disfare la logora sacca di tela che custodiva le poche cose che possedeva.

All’alba era stata svegliata da Lindsay, che aveva ordinato a tutti di alzarsi e prepararsi per la partenza, perché Scott aveva decretato che rimanere lì era troppo pericoloso.
Alla richiesta di spiegazioni di qualcuno, Lindsay aveva risposto che secondo Scott le truppe della regina alla ricerca della figlia erano più vicine di quanto si potesse pensare.

- Dove siamo diretti? – Aveva chiesto Dawn.

Lindsay l’aveva squadrata da capo ai piedi:
- Alla città di origine di Scott. Dice che lì saremo al sicuro e che ha dei veloci affari da sistemare…

L’intera squadra aveva annuito e si era preparata alla partenza.

E così, dopo qualche giorno di marcia erano giunti alla città di Scott.
Il ragazzo si rabbuiava sempre di più man mano che si avvicinava a quel luogo e George aveva spiegato che il capo non aveva bei ricordi di quel posto:
- Si dice che fosse un luogo intriso di magia nera e violenza.  E’ uno dei pochi villaggi dove la ricchezza non è sufficiente per pagare i Rastrellamenti in denaro, annualmente, perciò vengono ancora svolti scegliendo tra le persone delle cavie per i laboratori reali. Si dice  anche che da giovane Scott non fu mai scelto, perché godeva di favoritismi da parte della regina… In effetti dobbiamo i suoi contatti a corte a quei favoritismi, che non si sono mai del tutto estinti…
- George! – La voce severa di Scott lo aveva ammonito. – Stai cercando di screditarmi? Ah, vediamo se dopo qualche giorno a pane e acqua ti verrà ancora voglia di sproloquiare sul mio conto…

George era ammutolito e così l’intera squadra.
Dawn aveva contratto le labbra in una linea sottile, decisa ad andare a parlargli più tardi.

-

Il villaggio si era lentamente trasformato in una città, ma era ancora estremamente povera.
Le guardie reali scorrazzavano liberamente per le strade ciottolate e ogni tanto entravano sghignazzando in qualche negozio, portando via qualcosa.
Le locande erano perennemente chiuse e solo qualche generale ubriaco ne usciva, insieme a tutta la sua squadra.
L’intera città trasudava miseria, che era resa ancora più evidente dagli innumerevoli vagabondi sempre alla ricerca di un riparo dalla pioggia e dalle sgualdrine che di notte abbondavano ai lati della strada, cercando di attirare l’attenzione con tatuaggi e vestiti dai colori sgargianti.
Intorno al villaggio si estendevano numerosi campi, ma il terreno non era particolarmente fertile ed era molto difficile far crescere un raccolto che riuscisse a mantenere una famiglia per un anno intero o sei mesi. I colori che si scorgevano dall’alto della Torre , ossia la sede del Governatore reale, erano sbalorditivi: il verde scuro dei boschi, il perenne grigio plumbeo del cielo e distese di coltivazioni in tutte le tonalità del giallo o del marrone, per poi lasciare spazio a un grande campo di fiori velenosi spontanei, dall’accecante blu elettrico.

Scott conosceva la sua città e non aveva avuto difficoltà a rimediare un posto dove dormire per tutti, nel fienile sul retro di una locanda dalle finestre tristemente sbarrate e dall’aspetto decrepito. Il locandiere aveva preteso una tariffa extra, ma in fondo non vedeva molto denaro e Scott aveva pagato la cifra abbastanza alta senza rimorsi.

Una volta sistemati nel fienile, tutti avevano manifestato il desiderio di riposare, Scott per primo, ma urgeva discutere del loro piano d’azione e il rosso non si fece attendere:
- Compagni, ormai siamo giunti a destinazione. Domani qui si terranno i Rastrellamenti e un funzionario reale verrà a scegliere chi sacrificare per il regno. – Ci fu un mormorio di sdegno. Scott levò una mano al cielo e proseguì. – Ma noi possiamo cambiare questa situazione! Noi accenderemo la miccia che farà esplodere la bomba della rivoluzione, amici miei! Noi, domani, ci opporremo a questo sistema e mostreremo che… - Fece una pausa ad effetto. – Questo regno è nostro!

La squadra non poté trattenersi e esplose in urla di approvazione e grida di sostegno. Dawn era molto stanca per il viaggio, ma esultò con il resto del gruppo e si avvicinò discretamente a Scott.
Quando furono definiti i turni di guardia la ragazza insistette perché Dylan la svegliasse al termine del suo turno, sostituendo Lindsay, in modo che avesse un po’ di tempo per parlare con chi di dovere, in privato…
Rivolgendo un ultimo cenno d’intesa a Dylan, si addormentò, pregando che rispettasse i patti.

-

- Dawn… Avanti Dawn… Principessa! Sveglia! – Sussurrò Dylan, quando più forte gli era possibile evitando di svegliare gli altri.

La Principessa si destò lentamente dal mondo dei sogni, riluttante ad abbandonare quel dolce torpore, ma poi improvvisamente ebbe la consapevolezza di doversi svegliare per un motivo preciso:
- Si Dylan. Ci sono. – Si tirò su di scatto e quasi urtò la testa del compagno di squadra, che ridacchiò e si scostò, visibilmente divertito dalla goffaggine della Principessa.

- Be’, allora prego, buon turno di guardia… Hai un’ora, dopodichè sveglia George. Per misurare un’ora capovolgi quella clessidra lì… - E indicò una clessidra di legno che era appoggiata sull’erba, vicino a dove Dylan si era seduto per fare la guardia.

Dawn annuì e si sedette contro il legno umido della porta, scrutando l’orizzonte, composto da campi e successivamente dal fitto bosco, in lontananza. Dopo un po’ rientrò e verificò che tutti fossero profondamente nel mondo dei sogni sventolandogli più volte un fazzoletto davanti agli occhi, ma nessuno si mosse.
Infine si avvicinò a Scott e gli sfiorò il braccio con una candida mano, che ormai stava iniziando a riempirsi di dolorose piaghe dovute al brusco cambiamento di vita che la Principessa era stata costretta a fare.
Non appena la punta delle sue dita sfiorò il braccio di Scott, scoperto a causa della manica della casacca che era scivolata verso l’alto, il ragazzo si svegliò e grazie agli eccezionali riflessi afferrò il pugnale riposto strategicamente vicino alla sua mano e atterrò Dawn, balzandogli sopra con uno scatto fulmineo e puntandole la lama al collo.
Era ancora mezzo intontito dal sonno, ma si stava riprendendo in fretta e la sua presa era ferrea. La ragazza cacciò un urletto che fece rigirare nel sonno qualche compagno e si accorse che aveva un braccio sopra la testa, tenuto saldamente da una mano di Scott, mentre invece tutto il resto del corpo era bloccato da quello del ragazzo che ci era sgraziatamente balzato sopra, la mano al pugnale.

<< Che situazione imbarazzante… >> Pensò Dawn con un accenno di frivolezza, mentre la vicinanza del rosso cominciava sia ad imbarazzarla sia a darle sicurezza, mentre tutto il suo corpo si metteva in allerta.

Scott la riconobbe e divenne del colore dei suoi capelli, le guancie si accesero di un rosso fuoco e cercò di evitare lo sguardo della Principessa, pregando che nessuno si svegliasse. Si scostò quanto più in fretta possibile, ma non si alzò in piedi per allontanarsi.
- Dawn! – Il suo nome pronunciato da lui dopo tanto tempo ebbe l’effetto di una boccata d’acqua fresca sulla ragazza. – C-Cosa stai facendo?!

Era palesemente perplesso. La ragazza gli sorrise e gli prese una mano:
- Scott, va tutto bene? Ti ho visto ansioso in questi giorni… C’è qualcosa che ti tormenta vero?
- Ehm… - Il ragazzo rimase inginocchiato vicino alla Principessa, lo sguardo fisso a terra e le lasciò la mano. – Nulla, va tutto bene.
- Scott… - Sussurrò Dawn.

Ad un tratto lo sguardo del ragazzo divenne gelido:
- Principessa, domani ci aspetta una sfida importante. E’ meglio se riposa un po’.
- Scott, perché mi parli così? – Chiese Dawn, perplessa e ferita dal gelo che avvertiva nella voce del ragazzo.
- Perché?! – La fissò rabbioso, alzando la testa di scatto e lasciandole la mano. – Tu non ti sei fidata di me, ma hai deciso di nascondermi le informazioni che ti aveva dato l’uomo incappucciato. Perché Dawn? Perché ti ho portato via di casa?! Davvero avresti preferito restare?!

La ragazza sapeva perfettamente che aveva ragione:
- Non so cosa mi sia successo, ma abbiamo avuto un dialogo particolare ed era stata una giornata movimentata… Ma io mi fido di te! – Poi, incapace di tenersi tutto dentro, liberò il proprio cuore dal grande peso che lo attanagliava. -Abbiamo solamente parlato delle origini del morbo, mi ha raccontato la storia di Ftio e Nora e mi ha chiesto di mettere una buona parola per lui quando la mia migliore amica mi raggiungerà…

Prese alcuni lenti respiri e sfiorò la mano di Scott. Il ragazzo la afferrò con decisione e si avvicinò incredibilmente a Dawn:
- Davvero questo è tutto quello che vi siete detti?
- Be’… - La ragazza era molto a disagio a causa della vicinanza di Scott e il suo cuore aveva iniziato a batterle più forte. – In effetti mi ha anche detto di non fidarmi di te… - Scott abbassò nuovamente la testa, così la ragazza si affrettò ad aggiungere. - …Ma io mi fido! Scott, io ho molta fiducia in te!

Il ragazzo la fissò a occhi spalancati.
Entrambi si guardavano come se fosse la prima volta: il ribelle misterioso e la principessa dall’animo puro.
In quel momento due cuori presero a battere più forte, mentre un timido sentimento cominciava a farsi strada al loro interno con più forza di quanta ne avesse mai impiegata prima.
- Tu ti fidi di me? – Sussurrò Scott, quasi incredulo.
- Certo che mi fido del mio salvatore. – Sorrise lei.

Ad un tratto l’incantesimo si ruppe e Scott distolse lo sguardo e la ragazza comprese che non le aveva detto tutto, ma che non sarebbe mai riuscito a confessare quello che celava, forse per timore o forse per vergogna:
- Vedi Dawn, io… E’ difficile da dire, ma da quando ci siamo incontrati al castello non faccio che pensare a quel giorno e… Be’… Faresti meglio a non fidarti troppo… - Concluse bruscamente il ragazzo, lasciandole la mano e rigirandosi dall’altra parte, facendo finta di dormire.

La ragazza rimase molto perplessa da questo suo atteggiamento e anche leggermente ferita nell’animo, ma non disse nulla se non un timido “Buonanotte, Scott”, prima di andare a svegliare George.
Avrebbe voluto confortarlo, avrebbe voluto chiedergli tante cose e molti “perché?”, ma tacque e andò a coricarsi.
Gli ultimi granelli di sabbia erano appena precipitati sul fondo della clessidra.

-

Il sole filtrava dal tetto del fienile, fatto di lastroni di pietra irregolari coperti con della paglia ormai appassita.
Un fastidioso raggio di sole che sembrava un fascio di fili dorati, si era andato a posare su una palpebra di Scott, che inevitabilmente si era svegliato.
Era rimasto a fissare il soffitto per qualche ora, sperando che una nuvola coprisse quel fastidioso raggio, ma le sue preghiere non erano state ascoltate e non era riuscito a riaddormentarsi.
Allora si era alzato e aveva preso arco e frecce per andare a rimediare qualcosa da mangiare. Sulla porta del fienile, che non si chiudeva neanche più completamente, si era voltato e aveva osservato la sua squadra fidata, più Dawn.

In particolare i suoi occhi avevano indugiato sul viso pallido, i lineamenti aggraziati e quasi angelici, per nulla rovinati dal pallore della pelle, sui capelli morbidamente stesi sul cuscino improvvisato, sul petto che dolcemente si alzava e si abbassava…
Sorrise amaramente, odiandosi per quello che sarebbe successo quel giorno.

Uscì dal fienile, ma non ebbe bisogno di cacciare della selvaggina, perché il gestore della locanda aveva provveduto a rimediare del pane, del latte e del formaggio che aveva lasciato in un cestino vicino alla porta, riparato dal sole. Il ragazzo ne osservò il contenuto, soddisfatto e lo riportò dentro, dove con suo enorme stupore si erano svegliati anche altri membri della sua squadra.

Noah, che avrebbe dovuto essere di guardia, era miseramente addormentato davanti alla porta. Scott lo svegliò, dandogli uno scappellotto come rimprovero e gli diede l’ordine di svegliare tutti.

Consumarono la colazione in fretta, senza dire nulla e quando fu l’ora di partire per andare nella piazza principale ad attendere il funzionario reale, Scott rivolse un cenno d’assenso all’intera squadra e tutti annuirono come risposta, pronti a sostenere il loro capo.

Si misero in marcia e in pochi minuti arrivarono nella piazza principale, lastricata di pietre grezze e circondata da case di contadini, umili e spoglie.
Era esattamente come Scott lo ricordava.
Si sedettero a terra e attesero per lunghe ed interminabili ore, durante le quali tutta la città di riunì in piazza, intorno a loro, incitandoli a compiere quanto promesso.

Ad un tratto uno squillo di trombe si diffuse dapprima cautamente, poi con violenza per tutta la città e una vocina gracchiante annunciò:
- Si raduni l’intera città, la regina in persona Courtney è in arrivo nella piazza principale per gli annuali Rastrellamenti. Tutta la città, ribadisco, tutta la città deve essere presente con i propri giovani figli.

Poi la voce tacque e Dawn si accasciò a terra.
Sua madre?! Qui?!

Scott non si mosse, ma chiuse gli occhi, una calda lacrima che scivolava lungo la sua guancia e che venne prontamente asciugata da una frettolosa mano.

-

La regina arrivò in groppa a un grande cavallo bianco, avvolta in un mantello rosso bordato di pelliccia e scortata da truppe di guardie a cavallo, che la circondavano come pedine intorno alla regina degli scacchi.
Si fermò e scrutò la folla senza dimostrare particolare interesse:
- Cittadini, è la vostra regina a parlare. Inchinatevi.

Tutta la folla riunita in piazza si abbassò fino a terra, senza esitazione.
Dawn fece la stessa cosa dubbiosa. Dopodichè tutto crollò.

La regina scrutò tra la folla nuovamente e non appena avvistò la squadra di Scott ghignò. Esaminò le facce di ogni membro della squadra, fingendo di non notare Dawn, anche se la ragazza sapeva perfettamente che la madre l’aveva vista. Quando vide Scott lo sguardo della regina si illuminò:
- Scottuccio! Oh, mio caro, quanto mi sei mancato!

Dawn trasalì.
Scott, a capo chino, si voltò per un istante a guardarla, poi si diresse verso la regina e la aiutò a scendere dal cavallo, dopodichè Courtney si esibì in un teatrale e appassionato bacio con Scott, che la strinse tra le braccia.

Dawn quasi svenne.
Fu Courtney a mettere fine al bacio. Prese fiato e sorrise benevola a Scott, che si voltò e osservò Dawn negli occhi. Nelle sue iridi Dawn leggeva del pentimento, ma si rifiutava di credergli. Si rifiutava anche solo di pensare che qualcosa di quello che sentiva di condividere con Scott fosse reale.
Per la prima volta nella sua vita, Dawn provò un senso di gelo e vuoto nel cuore. Lo sguardo si indurì, le mani si strinsero a pugno, le labbra disegnarono una sottile linea inespressiva.

- Bene bene, figlia mia. Cosa fai lì impalata, vieni dalla mamma! – Esclamò maligna Courtney.

Dawn non si mosse.

- Forse ti interesserà sapere.. - Continuò Courtney. - ..Che Scott è il Governatore di questa città e, come forse avrai già capito, mio promesso sposo da qualche tempo. E’ sempre stato sotto copertura come messaggero, ma… Ad un certo punto non siamo più riusciti a trattenere la bruciante e reciproca passione che ci unisce.

Dawn rimase nuovamente immobile, a testa bassa.

- Avanti, vieni da tua madre. – Sibilò Courtney con severità.

Dawn alzò lentamente la testa e fissò prima Scott, poi la madre negli occhi:
- No madre. Lei in questi anni ha cercato di annientare la mia identità, prima educandomi secondo i suoi usi e ora facendo questo sfoggio di potere e potenza. Lei non è più mia madre. Lei è solamente un’indegna sovrana che non merita di essere tale. – Poi tacque, la piazza  chiusa in un irreale silenzio.
- Oh bene! – Ridacchiò Courtney. – Guardie. Rinchiudetela nelle segrete del palazzo del governatore. – Poi si rivolse alla figlia. – Avanti Dawn, non ti sei stancata di essere chiusa in prigione? Ti basa venire qui e dare un abbraccio alla tua mamma. – E sorrise. Un sorriso che aveva la forma e la sostanza di un perfido ghigno.

Dawn si allontanò lentamente dalla folla, fissando il terreno arido mentre camminava.
Arrivò davanti alla madre e la fissò in volto, poi senza pensarci fece per abbracciarla, ma levò la mano in alto e fece per abbatterla sulla guancia della regina, quando Courtney stessa le afferrò il polso, ghignando:
- No no mia cara, così non si fa: non ti ho insegnato le buone maniere? Guardie!

Scott scattò, urlando:
- Courtney! Avevi promesso che non le sarebbe stato fatto alcun male!
- Oh Scotty! – La regina ridacchiò e si gettò fra le sue braccia. – Tu hai me, non ti devi più preoccupare di quell’innocua distrazione che è stata mia figlia!

Due uomini alti e massicci presero Dawn per le spalle e la condussero nelle segrete, dove la assicurarono a degli anelli di metallo spessi qualche centimetro, senza fare una piega. Prima di entrare nel palazzo del governatore Dawn alzò la testa e fissò Scott, i cui occhi erano pieni di risentimento e odio per se stesso.
La cella era simile a quelle del palazzo: vuota e spoglia di qualsiasi cosa, con della paglia sparsa qua e là e una finestrella con le sbarre per far entrare la luce del sole, all’alba.
Dawn non protestò e non fiatò, ma quando i due se ne furono andati e fu certa di essere sola scoppiò in un disperato pianto, invocando il nome dell’unica persona che le avesse mai lasciato un vuoto dentro: Scott..

 

{ANGOLO AUTRICE}
Buonsalve a tutti e buon inizio scuola (sigh…) :3
Avete passato una bella estate? Io non mi posso lamentare c: e sono tornata più carica che mai (?) ad aggiornare la mia storiellina che ormai sta per concludersi, sigh sigh…
Ma non vi lascerò da soli, perché ho iniziato un’Originale (la mia prima, yes) Fantasy (perché non riesco a staccarmi da questo genere, no no…) che in realà doveva essere su ATR, ma che alla fine ho deciso di sperimentare con altri personaggi… Il link è questo se volete darci un’occhiata :3:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2822907
Per il resto stop, vi lascio i soliti link e in ogni caso non vi lascerò soli in questo fandom perché (come forse già saprete) ho altre storie in attivo che devo aggiornare al più presto “>.< Ma tutto a suo tempo.
Un grande bacione e un grande buona fortuna per la scuola :3,
_Rainy_
http://raggywords.blogspot.it

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Capitolo 21
*** 21. (Gwen) ***


21. (Gwen)

La miniera aveva una struttura conica e Duncan poteva scorgere un lembo di cielo stellato oltre la sommità della montagna. Nonostante fossero quasi all’aria aperta la temperatura era altissima, perché sotto di loro un fiume di lava scorreva vivo dalle profondità della terra.
Numerosi carrelli si inseguivano, mossi da una forza invisibile, correndo spericolati su binari arrugginiti che sembravano sospesi nel vuoto.
Gli unici suoni che si sentivano erano lo sfrigolare della lava e della polvere che veniva estratta.

Vicino al fiume di lava alcuni operai estraevano, con l’aiuto della magia, la polvere dalla roccia viva e poi la caricavano sui carrelli che la portavano alle raffinerie ai livelli superiori, dove veniva pressata e modificata per coniare delle pietre irregolari.

Gwen e Duncan erano usciti da una buia galleria e la luce rossastra di quel luogo li aveva accecati per qualche secondo. Erano sbucati su una sporgenza dalla quale partivano strette scalinate scavate nella roccia che costeggiavano la parete, ripida e tagliente.

I due ragazzi si accorsero di avere la bocca spalancata per lo stupore e si sorrisero a vicenda, ridacchiando per le loro espressioni buffe. Dopo quell’attimo di ilarità che si erano concessi tornarono entrambi a concentrarsi sulla loro missione, accovacciandosi immediatamente per evitare di essere scoperti.

- Le pietre fatte e finite sono ai livelli superiori, quindi dovremmo imbarcarci su un carello per finire direttamente lì. I carrelli si spostano a seconda del peso, quindi dovremmo buttare giù un po’ di polvere e salire. – Sussurrò Duncan.

Gwen annuì, squadrando la situazione con aria professionale:
- C’è solo un piccolo problema: gli operai. Non sappiamo né se siano monaci anch’essi né se ai piani superiori, dove dobbiamo andare noi, ci sia qualcuno a fare la guardia.
- Hai ragione… Ma è l’unica alternativa, perché i depositi sono ben protetti e ormai si saranno accorti della tua fuga, quindi proprio le riserve di pietre già pronte saranno i primi luoghi che metteranno sotto sorveglianza più stretta. Non abbiamo molto tempo e possiamo uscire facilmente dalla cima di questo monte, per poi scappare a gambe levate.
- Ci servirà tutta la tua abilità di mago per passare inosservati, mio caro… - Sorrise Gwen e Duncan ghignò, come se l’idea lo divertisse parecchio.

Si guardarono per qualche secondo e si sorrisero a vicenda, prima che Gwen si avviasse verso il limitare della sporgenza sulla quale si trovavano.

Duncan osservò la ragazza allontanarsi di pochi metri e sorridere inconsciamente quando si sporse dalla roccia vedendo tutto da una prospettiva diversa. Il suo cuore si scaldò alla vista di quel sorriso segreto che probabilmente pochissime altre persone avevano visto.
Cosa gli stava succedendo? Erano successe così tante cose da quando quella furia dai capelli neri e petrolio era arrivata nella sua grotta, dando subito prova di una grande forza e un’intelligenza acuta.
Si era reso immediatamente conto che aveva trovato una persona simile a lui e pian piano entrambi si erano rivelati. Lui non avrebbe voluto raccontarle la sua storia, della quale si vergognava immensamente perché non aveva ancora trovato il modo di perdonare se stesso per quello che aveva fatto in gioventù e si portava dietro una coscienza macchiata del sangue dei suoi ex-amici, ma essendo obbligato a confessarsi non gli era dispiaciuto rivelare anche quella parte più nascosta di se stesso, perché lei lo capiva.
Sentiva che c’era qualcosa che li accomunava, forse il passato difficile o forse qualcosa di più profondo…
E poi lei stava incarnando inconsciamente il ruolo di sorella che lui non aveva mai avuto… O era qualcosa di più? Non aveva una risposta a quella domanda, ma era consapevole del fatto che qualcosa si stava facendo strada nel suo cuore e ciò lo tormentava.

L’altro elemento che lo turbava profondamente era quella frase incompleta, dettata dall’istinto e dalla paura di perderla e che gli era sfuggita dopo l’interrogatorio dei monaci. << So che abbiamo viaggiato poco insieme, ma io… >> Io cosa? Cosa avrebbe detto impulsivamente? Che si era affezionato? Che lei era una grande guerriera o una grande amica? O forse altro? Non ne era più così sicuro.

Tutti questi pensieri si susseguirono rapidissimi nella mente del ragazzo che osservava Gwen guardare in basso, verso le profondità delle fucine.

- Ehi Duncan, hai intenzione di stare lì impalato ancora per molto? – Chiese piccata lei, ma sinceramente preoccupata che fosse successo qualcosa.
- Ah, io… - Si riscosse dai suoi pensieri lui, pensando subito a una risposta adeguata. – Be’, prima lascio che i pivellini esamino la situazione. Dopotutto, i migliori arrivano dopo. – Concluse con un ghigno, avvicinandosi a sua volta alla ragazza, guardando in basso con lei.

Gwen gli tirò uno scherzoso pugno sulla spalla, ridacchiando, ma tornò subito seria.
- Il binario più vicino è dall’altro lato della parete e ne passa uno ogni 15 secondi circa, rallentando brevemente per qualche secondo. Come ci arriviamo?
- Direi che dobbiamo prendere carrelli separati o non il tempo non ci basterà per togliere sufficiente sabbia e salire. Per arrivare là... Dovrò usare uno dei miei trucchetti per renderci invisibili.

Duncan ridacchiò davanti allo sguardo sinceramente stupito di Gwen e spiegò, con aria professionale:
- Ci sono tanti modi perché l’incantesimo funzioni: sposarci, ballare come degli ossessi per ore e ore, suonare il flauto e costringere un monaco ad avere dei bambini da un drago, ma ovviamente sono metodi molto… - Non finì la frase, perché Gwen gli aveva tirato un altro pugno, rimproverandolo con gli occhi nonostante stesse sorridendo anche lei. – Come siamo seri! Okay okay… Niente di particolare, ci vorranno pochi secondi e poi voilà. – Gwen annuì.
- Cosa devo fare? – Chiese lei, pratica.
- Siediti qui. – Il ragazzo indicò uno spazio vicino a lui.

Gwen si sedette a gambe incrociate di fronte al ragazzo, le ginocchia che quasi si sfioravano.
- Duncan, non pensi che sia rischioso? Potrebbero vederci…

Lui annuì e sussurrò qualche parola misteriosa. Immediatamente una superficie a cupola azzurrina, della stessa consistenza dell’acqua, li avvolse. La sua superficie era mobile e volute blu si rincorrevano su quella sostanza misteriosa che delimitava uno spazio di qualche metro intorno e sopra di loro.
- Questa è una barriera statica. Rende invisibile ciò che è dentro, ma non si può spostare. Per questo dobbiamo usufruire di un altro incantesimo. Allora, mia giovane cavia, sei pronta? – Ridacchiò Duncan.

Gwen annuì.
- Per prima cosa avvicinati ancora.

La ragazza si fece ancora più vicino tant’è che le loro ginocchia premevano le une sulle altre.

- Ora dammi le mani. – Ordinò Duncan, chiudendo gli occhi.

La ragazza ubbidì e non poté fare a meno di notare che le mani del ragazzo erano estremamente morbide, nonostante ci fossero numerosi calli e cicatrici di graffi. Si rilassò immediatamente al tocco di lui.

- Bene, ora chiudi gli occhi e rilassati. – Sussurrò Duncan, sempre più concentrato.

Gwen chiuse gli occhi e si accorse che il ragazzo si stava avvicinando ulteriormente. Tutto il suo corpo entrò in uno stato di allarme e si ritrasse involontariamente di pochi millimetri, ma poi sentì la calda fronte dello stregone poggiare contro la sua e fermarsi.
Il suo cuore accelerò. Perché sentiva uno strano calore dentro il corpo? Erano in una posizione innaturale per lei, molto intima e quasi amorevole. Era un po’ a disagio, ma si fidava di lui ormai.

Lentamente le loro mani, le ginocchia e le fronti si accaldarono e il calore si diffuse a tutto il corpo.

Quando lui interruppe il contatto lei si sentì stranamente sola e riaprì gli occhi, desiderando stringerli ancora le mani, ma senza sapere perché.

Lui si era allontanato e la guardava profondamente, sorridendo, mentre la barriera implodeva intorno a loro, scomparendo con qualche piccola scintilla.
- Ora siamo pronti.

Lei annuì, lievemente imbarazzata da quello sguardo e si alzò, voltandosi per nascondere il rossore delle sue guance.
Il ragazzo si riscosse nello stesso istante, rendendosi conto che era stata una cosa alquanto particolare, ma non ebbe tanto tempo per riflettere, perché lei si era già avviata a grandi passi verso le scale.

Scesero rapidi la scalinata e arrivarono alla piattaforma davanti alla quale i carrelli rallentavano.
Duncan andò per primo, togliendo grandi manciate di polvere dal primo carrello che era passato e gettandole nel vuoto. Il carrello reagì fermandosi a causa dell’improvvisa diminuzione del peso e ripartì con un cigolio rassicurante quando Duncan si issò sopra di esso.
Gwen fece lo stesso e i due si ritrovarono coinvolti in una corsa follemente veloce dentro a carrelli spericolati. Una volta giunti al capolinea Duncan avvisò Gwen con un gesto di un pericolo imminente e la ragazza si guardò intorno, senza capire.

Fu un attimo.
Vide Duncan saltare improvvisamente di lato, fuori dal carrello, per atterrare su una sporgenza e notò che i carrelli, dopo essersi improvvisamente capovolti per svuotarsi, precipitavano per metri e metri nel buio, in una profonda gola dalla quale poi risalivano cigolando su un binario differente, per poi riprendere il loro corso.
Senza esitare saltò anche lei di lato e atterrò agilmente vicino a Duncan.

Erano molto più vicini all’apertura ora e il pensiero di tornare a casa rassicurò sia Gwen sia Duncan, infondendogli nuova speranza.

Degli operai deperiti e sporchi che non sembravano monaci stavano azionando numerose macchine che pressavano la polvere e sprigionavano scintille azzurrine. I macchinari erano arrugginiti e non si sentiva quasi nulla a parte il loro cigolio.
Quando le presse si sollevavano magicamente la polvere aveva una consistenza molliccia e da sola si modellava fino a formare delle pietre violacee, dal bordo appuntito. Poi le pietre venivano caricate su un rullo lurido che le faceva scomparire nelle profondità della roccia.

Duncan si avvicinò molto lentamente e sfiorò uno dei due operai , tramortendolo grazie a un incantesimo, mentre Gwen accoltellava rapidamente l’altro, facendo schizzare sangue scuro dal profondo taglio alla gola.
- Siamo troppo brutali qui, eh! – Ridacchiò Duncan annullando l’incantesimo d’invisibilità e Gwen alzò gli occhi al cielo afferrando una piccola pietra prima che scomparisse negli anfratti della roccia, diretta chissà dove.

- Fermatevi, intrusi. – La voce risuonò chiara e forte nell’aria e i due si guardarono intorno, spaventati.

L’operaio tramortito si era rialzato come animato da una forza misteriosa, gli occhi completamente blu che rilucevano.
Gwen e Duncan tacquero.

- Posate la pietra e tornate nelle segrete e forse non vi faremo del male. – Parlò l’operaio con voce tonante. – Avete ucciso un nostro compagno e dovete pagare per la sua morte. Tornate nelle segrete da soli e non vi verrà inferto alcun dolore fisico.

Gwen valutò la situazione: erano in netto svantaggio, vicino alla fine della sporgenza e rischiavano di morire da un momento all’altro. Consegnarsi era ovviamente improponibile e l’unica alternativa era combattere e scappare.
Duncan si avvicinò, fulmineo, e trafisse il corpo dell’uomo con un corto pugnale. Sangue scuro zampillò dalla ferita, ma l’operaio non si mosse.
- Le ferite fisiche non hanno effetto quando ciò che controlla questo corpo è una forza psichica, stolti. – La risata malefica dei monaci si diffuse nell’aria.

- Duncan. Sali su un carrello. – Sibilò Gwen, indietreggiando.
- Cosa?!
- Fidati di me. – Rispose sicura lei.

Il ragazzo balzò su un carrello, scuotendo la testa.
Gwen si avvicinò all’operaio posseduto e gli sferrò un calcio nella pancia che lo fece cadere a terra, guadagnando così secondi preziosi. Poi si voltò e balzò sullo stesso carrello di Duncan, che ormai si stava lanciando a folle velocità verso la profonda gola buia.
- Attiva un incantesimo di volo forza! – Urlò Gwen, mentre il vento le sferzava il volto.

Duncan aveva capito le intenzioni della ragazza e stava già mormorando la formula.
Il carrello sprofondò nel buio e i ragazzi provarono la vertiginosa sensazione di cadere. Gwen non vide più niente, sentì solo due caldi mani cingerle la vita e poi si ritrovò a saettare nell’aria tra le braccia di Duncan, che ovviamente ghignava soddisfatto.

Uscirono nell’aria notturna e una ventata d’aria fresca accompagnò i due ragazzi mentre si posavano dolcemente vicino all’apertura. Duncan lanciò un urlo liberatorio che culminò in una risata e Gwen gli sorrise sinceramente.
Il paesaggio era desolato: una distesa di montagne appuntite e pietre grigie prive di vita circondava quel monte, ma poco importava in quel momento.
- Magnifica idea, bellezza! – Ridacchiò Duncan, guardandola ammirato.
- Ti devo la vita, stregone. E grazie per la fiducia. – Rispose lei, altrettanto riconoscente.

<< Devo confessarle la mia paura di quello che sta nascendo tra noi… >> Disse la voce interiore di Duncan e il ragazzo capì che era giunto il momento di ammettere quanto avesse paura della loro somiglianza e di quello che lei stava diventando per lui.

- Naturale che mi fidi, vedi c’è qualcosa che devo dirti… - Duncan si avvicinò a Gwen, prendendole le mani. - Io non so cosa mi stia succedendo, ma…

Non fece in tempo a finire la frase, che Gwen lanciò un urlo di terrore indicando qualcosa alle spalle del ragazzo. Duncan si voltò appena in tempo per vedere l’operaio posseduto che si innalzava in aria, sopra l’apertura dalla quale erano usciti:
- Stolti. Pagherete per il vostro affronto.

Dalla mano dell’operaio scaturì un raggio biancastro che si diresse dritto verso Gwen. La ragazza provò a schivare di lato e si accucciò a terra per proteggersi, la mano che correva alla spada.
Non ci fu bisogno di combattere però, perché Duncan aveva già scagliato una freccia nel cuore dell’operaio che iniziò a precipitare scomparendo dalla loro vista.
- Complimenti per i rifl… - Fece per congratularsi Gwen, ma un’occhiata al compagno bastò a farla tacere.

Duncan aveva assorbito in pieno il raggio bianco dell’operaio posseduto ed era a terra, la fronte impregnata di sudore, mentre una ferita si allargava inesorabilmente dal suo petto.
- Duncan, no! Diost, ti curerò! Aspetta che trovi il modo di fare qualcosa… - Urlò Gwen preoccupata, mentre calde lacrime cominciavano a cadere spontaneamente dai suoi occhi.

- Gwen, non piangere. – Lei lo guardò incredula, ma non smise né di piangere né di affannarsi intorno a lui, tirando fuori bende e fili dalla sua bisaccia. – Gwen. Smettila. – La ragazza si immobilizzò, fissandolo negli occhi. Lui le appoggiò una mano sulla guancia, sussurrando con voce roca. – Gwen, cosa sono io per te?

La ragazza arrossì violentemente davanti a quella domanda e sgranò gli occhi:
- Cosa?! Ti preoccupi di queste cose in un momento del genere?! Non c’è tempo!
- Gwen. – Ripeté lui con voce ferma. – Cosa sono io per te?

Lei esitò, abbassando lo sguardo. Quando tornò a fissarlo negli occhi rispose, insicura:
- Non lo so. Non sei più un nemico e sei più di un compagno. Non lo so Duncan.

Lui sorrise, chiudendo gli occhi:
- Sei la sorella che non ho mai avuto. Anzi, no. Sei di più. Gwen, quello che è nato tra noi in questi giorni di viaggio... – Si interruppe per tossire violentemente del sangue. - … Non lo so spiegare. Ma proprio quando quel bastardo mi ha colpito ho capito. Gwen, sto per morire e devo dirtelo, io credo di… - E tacque, la testa cadde di lato, immobile.

Gwen si sfogò in un pianto liberatorio sul petto di Duncan, poi gli squarciò la camicia e gli cucì rapidamente la ferita che non accennava a smettere di sanguinare. Pur sapendo che era inutile la bendò accuratamente e si mise il compagno sulle spalle, cercando di scendere dalla montagna senza cadere. Non c’era tempo: i monaci stavano sicuramente arrivando, o magari avevano deciso di lasciarla andare dopo averle inflitto un grande dolore.

<< Io credo di essermi innamorata di te e ho paura di questo sentimento… >> Pensò Gwen, finalmente raggiunta quella consapevolezza. << E che per te sia lo stesso o no, io ti salverò. >>

 

- ANGOLO AUTRICE -
Una sola parola: feelings.
Non ho nulla da aggiungere a questo capitolo, se non scusarmi per il fatto che le cose tra Gwen e Duky siano concentratissime in questo capitolo… Capisco che non aver nessuna riflessione “sentimentosa” prima e così tante in questo chappy sia traumatico, ma mi sono resa conto che altrimenti non saremmo mai arrivati degnamente al finale che voglio dare a questa ficcy.
Grazie a tutti c:,
_Rainy_
ORIGINALE: http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2822907&i=1

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Capitolo 22
*** 22. (Dawn) ***


22. (Dawn)

Courtney sentiva che qualcosa era cambiato: dopo l’eliminazione di sua figlia il popolo aveva cominciato a temerla ancora di più e sapeva che questo timore, se sfruttato adeguatamente, poteva affermare ulteriormente il suo dominio sulle terre conosciute.
Presto la notizia si sarebbe diffusa e sua figlia sarebbe diventata il simbolo del suo potere: già si immaginava manifesti con la sua faccia distorta dal dolore e scritte ad effetto che ricordassero ai suoi sottoposti chi comandava.

- Mia signora… - Sussurrò una voce triste alle sue spalle.

Courtney si volto e vide che Scott era entrato nella stanza dove si trovava.
L’aspetto del giovane non era dei migliori e Courtney sapeva che era in parte colpa sua. Aveva da tempo capito che quel giovane ragazzo dai capelli rossi provava qualcosa per sua figlia, ma non era intenzionata a far sviluppare questo “qualcosa”.
Lei era la regina, come poteva un giovincello qualunque preferire una stolta principessa alla carica massima di uno stato, in grado di dargli ricchezza e potere?

Scott aveva delle profonde occhiaie violacee e si teneva a stento in piedi: probabilmente aveva affogato la sua disperazione nell’alcool e dormiva a stento.

- Che aria pesta, Scott. Cosa succede? – Chiese la regina, fingendosi comprensiva.
- Maestà, io credo che la vostra decisione di rinchiudere vostra figlia sia stata affrettata… - Il ragazzo poteva anche avere un aspetto orribile, ma il suo sguardo era deciso.
- Affrettata dici? E come mai?
- Forse, mia signora, non era il caso di sbattere la sua stessa figlia in cella… Capisco dovesse dare una prova di forza, ma in fondo eliminare Dawn non contribuirà di certo a renderla più simpatica, anche perché tutti sappiamo che non è mai stata esattamente magnanima con i suoi sudditi e nemmeno con sua figlia… - Scott stava fissando la regina dritta negli occhi e quello che voleva comunicarle con quello sguardo era odio, puro e semplice odio.

Courtney era allibita:
- Cosa? Mi stai dicendo che non approvi i miei metodi? – Si mise una mano sulla fronte, fingendosi addolorata.

Scott annuì.

- E come mai ti sono venuti questi scrupoli proprio in questo momento? – Sibilò amaramente Courtney, ogni traccia di bontà sparita dal suo sguardo.
- Perché Dawn è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. – Scott stava facendo di tutto per trattenere la rabbia e non urlare. - Non vede che il popolo è stremato? Non capisce che quello che sta facendo, che ogni suo gesto per affermare la sua autorità non fa altro che minarla? Nel caso non se ne fosse accorta, là fuori si sta preparando una rivolta. – Alla fine Scott non era riuscito a trattenersi e stava urlando con il dito puntato fuori dalla finestra, ad indicare il mondo esterno dove la regina era sempre meno gradita.

Courtney ghignò perfidamente e fece qualche lento, misurato passo verso la scrivania posta vicino alla finestra. Sulla scrivania, di pregiato legno di ciliegio, si trovava un vaso di delicati gigli bianchi e Courtney prese ad accarezzarne dolcemente i petali.
- Vedi Scott, nel caso io lasciassi intravedere uno spiraglio di cedimento nel mio sistema di governo, quello che ne otterrei sarebbe una rivolta popolare e un conseguente colpo di stato. Be’, un colpo di stato non conviene né a me né a te, visto che la tua vita dipende strettamente dalla mia. Dunque non tediarmi con questi discorsi inutili: in fondo ho centinaia di soldati al mio servizio e sedare un’innocua rivolta di qualche contadinello esuberante non sarebbe un problema.
- Ma mia signora… - Riprese Scott con voce tirata dall’ira.
- No, Scott. – La regina alzò una mano e fermo la replica del giovane sul nascere. – Capisco cosa tu voglia dire e sono d’accordo: bisogna fare qualcosa in fretta. Cominceremo con l’eliminare i problemi dall’interno e per prima cosa direi che domani all’alba ci sarà la pubblica esecuzione di mia figlia. Puoi dare l’annuncio ai messaggeri e agli strilloni del villaggio.

Scott trasalì: aveva sentito bene?!
- Come avete detto? – Sussurrò.
- Ho detto che intendo far decapitare mia figlia. – Sorrise Courtney, ma il suo sorriso non aveva nulla di amorevole.
- Perché mai?! – Alzò di nuovo la voce Scott.
- Perché così daremo un concreto messaggio ai ribelli e si guarderanno bene dal fare qualsiasi azione avventata. Lei è il simbolo della rivoluzione del sistema sociale del nostro stato e eliminando la fonte…
- Non potete farlo! Lei non è un simbolo né un oggetto! – La interruppe Scott, furente.
- Non ancora, ma se si sparge la voce che la figlia ribelle della regina sta minando al suo potere ed è libera come pensi reagiranno i ribelli con i quali verrà in contatto? La adoreranno. È questo il suo obiettivo: depormi in modo da diventare regina! Mia figlia è esattamente come me: ambiziosa  e senza scrupoli.
- Non è vero.

Scott era rimasto in ginocchio da quanto era entrato, come si usava fare al cospetto di un regnante. Improvvisamente, però, si era alzato e ora fronteggiava la regina come un suo pari, il viso distorto in un‘espressione d’odio.

La regina si voltó  a guardarlo, ghignando:
- Cosa vorresti dire, mio caro? Avanti, butta fuori tutto quello che pensi, coraggio. – Concluse, affabile.
- Dawn non potrebbe essere più diversa da voi! Lei è gentile, amabile e coraggiosa. Non mira al potere personale e non vuole creare violenza, ma ha semplicemente deciso di opporsi a voi, facendo la scelta migliore per se stessa. Per una volta si è permessa di pensare a se stessa, anziché a voi o allo stato come le avete sempre imposto, e così se n’è andata, senza pensarci due volte. – Le parole di Scott avrebbero dovuto essere calme, ma ogni sillaba trasudava odio e Courtney le assorbiva, divertita e stizzita al tempo stesso.

 - Oh bene! – Ridacchiò la regina. – A cosa devo tanto disprezzo? – Gli occhi di Courtney erano glaciali e sapeva che lei e Scott erano arrivati al punto di rottura della loro falsa relazione tenuta in piedi per motivi economici e per ferire Dawn.
- Non dovevate fare questo a Dawn! – Urlò Scott.
- Ah no? E a te cosa importa? Tu hai me! – Rispose Courtney con la calma glaciale di chi aspetta di infierire il colpo mortale.
- Ma Dawn è… Dawn è speciale per me… - Balbettò Scott, senza sapere dove quel discorso lo avrebbe portato.
- Speciale? Il governo che potrei offrirti, tutti i soldi che potresti ottenere e il mio amore non lo sono? – La parola “amore” venne fuori distorta dalla bocca della regina, come se fosse un misero oggetto da usare all’occasione, non il più forte dei sentimenti.
- Io la amo! – Urlò infine Scott, tutto d’un fiato.

Quelle tre semplici parole suonarono strane anche alle sue orecchie.

Era vero? Si. Forse non era amore del tutto completo e affermato, ma quel piccolo sentimento che si era fatto strada nel suo cuore era amore, ancora grezzo e da modellare, ma senza dubbio amore. Ed era tutto per Dawn, una ragazza semplice che lo aveva affascinato fin da subito e lo attraeva con una forza incredibile; dentro quel piccolo corpicino si nascondeva un grande coraggio e il ruolo di principessa o la differenza di classe sociale non erano stati barriere abbastanza resistenti per il cuore di Scott, che aveva proseguito imperterrito per la sua strada.
Courtney, invece, si sentì come frastornata da quelle parole.
L’aveva intuito da tempo, ovvio, ma sentirselo dire ad alta voce era un’altra cosa. Fortunata sua figlia che aveva l’amore di un uomo con il quale Courtney aveva sempre sperato che nascesse qualcosa, rimasta inevitabilmente stregata dal suo fascino di dannato, ma che aveva sempre rifiutato ogni proposta di approfondire il loro rapporto, che era rimasto esclusivamente d’affari.
Rapidamente lo smarrimento si trasformò in rabbia: rabbia verso sé stessa, che non era stata capace di far innamorare Scott, rabbia verso Scott che l’aveva disprezzata e, infine, una fortissima rabbia verso Dawn, che inconsapevolmente era stata la causa di tutti i suoi guai.
Il suo controllo sull’Amanita cominciava a diminuire, i ribelli avevano quasi sviluppato una cura per la malattia, sapeva che i monaci del Crepuscolo avevano subito un furto da parte di due ribelli e ora anche Scott la abbandonava? Non poteva accettarlo.
Lentamente la pazzia si fece strada nella mente della regina, la cui bocca si aprì in un malvagio, folle sorriso:

- Davvero? Allora, mio caro, seguirai la sua sorte! Guardie! – Urlò infine, alzando una mano al cielo.

Nella stanza entrarono di corsa numerose guardie armate che presero Scott per le spalle e lo trascinarono fuori. Il ragazzo non oppose alcuna resistenza.

-

Dawn non aveva chiuso occhio: era rimasta nella sua cella, accasciata a terra, vigile come non mai.

Ormai non le restava più nulla dopo il tradimento di Scott e l’unica cosa che le interessava era riuscire a fuggire quanto più lontano possibile.
La guardia che aveva l’incarico di sorvegliare le povere segrete del villaggio era un nano dalla folta barba rossa e dalla pancia prominente che passava metà del suo tempo a bere da una bottiglia di vino sporca e odorosa, che periodicamente si alzava per riempire.

La quantità di vino che ingeriva era troppa persino per uno stomaco allenato come il suo e regolarmente si addormentava, accasciandosi sul vecchio sgabello di legno che costituiva la sua postazione “di guardia”.

Quel giorno non era diverso dagli altri: ormai si era addormentato e russava sonoramente, le chiavi di tutte le celle che pendevano dalla cintola, attaccate ad uno spesso anello di ferro.

Dawn si avvicinò alle sbarre della cella, fulminea. Allungò una mano verso le chiavi, quando una voce esile strillò:
- Sveglia Brutus! – Cameron fece la sua comparsa nelle spoglie segrete del villaggio e lanciò uno sguardo triste a Dawn, senza però rivolgerle la parola.

Il nano caracollò giù dallo sgabello e guardò Cameron come se fosse una persona misteriosa e soprannaturale:

- Chi va là? – Chiese con la voce strascicata e esitante tipica degli ubriachi, facendo una pausa troppo lunga tra “chi” e “va là” .
- Sono io. Apri la cella di fianco a quella della Principessa. – Rispose Cam senza una minima sfumatura nella voce, anche se il suo sguardo era cupo al pronunciare della parola “Principessa”.
- Certo… - Stentò Brutus, alzandosi e saltellando allegramente fino ad una cella piccolissima vicino a quella di Dawn, per poi infilare con violenza la chiave nella serratura e girarla, producendo un fastidiosissimo cigolio.

Cameron fece un segno a qualcuno fuori dall’entrata delle segrete e due guardie entrarono, portando Scott per le braccia.
Il cuore di Dawn sussultò e lei si infuriò con se stessa per quell’attimo di debolezza che il ragazzo non meritava assolutamente dopo quello che le aveva fatto, dopo che aveva finto che tra di loro ci fosse qualcosa.
Scott alzò la testa e quando vide la ragazza non le tolse gli occhi di dosso per un secondo, sussurrando il suo nome in una lenta litania. Anche lei lo fissò, ma il volto era impassibile.

Quando le guardie e Cameron se ne furono andati i due giovani rimasero soli, separati solo da un muro di pietre e con Brutus che lentamente si scolava un’altra bottiglia. Scott, ad un tratto cominciò a scusarsi ad alta voce e sembrava che stesse parlando da solo, ma Dawn non lo ascoltò e finse di ignorarlo, quando in realtà ogni parola pronunciata dal ragazzo si imprimeva nella sua memoria:

- Sono stato cieco. Non ho capito il valore di quello che ho perso fino a poco fa. Courtney è sempre stata tutto per me fino a quando non sei arrivata tu. In effetti le promesse di tua madre erano piuttosto allettanti e io ho ceduto, come uno stolto. Ora sono qua. Le ho detto cosa penso di lei e cosa penso di te. Non so cosa provo per te, ma qualcosa c’è. Io… Credo di amarti sul serio. – Le frasi erano scollegate tra loro e senza senso, ma ogni parola pronunciata scalfiva il cuore indurito di Dawn.

Quell’ “amarti sul serio” cosa voleva dire? Era l’ennesima bugia? Sperava di no, perché anche lei aveva capito che il tradimento di Scott le aveva fatto così male perché nonostante tutti i suoi difetti, le frasi glaciali sibilate tra i denti, l’imbarazzo che colorava le guance del rosso ogni volta che provava a esprimere le sue emozioni, quel ragazzo cresciuto troppo in fretta aveva fatto breccia nel suo cuore, e non se ne sarebbe andato tanto facilmente. Tutte quelle bugie e quell’amore che Dawn pensava fosse unilaterale, però, l’avevano distrutta.

Quando Brutus si fu addormentato, tese l’esile manina lattea attraverso le sbarre della cella e afferrò le chiavi che oscillavano nel vuoto, liberandosi con pochi movimenti delicati e pugnalando la guardia alla gola, senza pietà.

Non si riconosceva più in molti suoi gesti, ma ormai quello che era successo non poteva essere cancellato e aveva lasciato un segno indelebile dentro di lei.
Fece per correre fuori senza attendere oltre, quando la coscienza cominciò a pungolarla: e Scott? Era davvero così crudele da lasciarlo lì a morire?

Il rosso era accasciato contro le sbarre, ma la testa era alta e la fissava:
- Dawn… - Sussurrò.

La ragazza si volto e camminò fino alla sua cella, per poi fermarsi con la testa reclinata, immobile.

Scott alzò lo sguardo:
- Cosa stai facendo…
- Scott… - Dawn si era accasciata contro le sbarre ed era scoppiata in lacrime a pochi centimetri dal rosso, dal quale solo le sbarre della cella la dividevano. Avrebbe voluto piangere sulla sua spalla, urlare e poi perdonarlo per far tornare tutto come prima, ma non era possibile.

L’eco del discorso senza senso di Scott ancora la tormentava: Credo di amarti sul serio…

- Scott… - Riprese la ragazza, guardandolo negli occhi. Le sue mani erano inermi, appoggiate sul suo grembo, mentre Scott era aggrappato alle sbarre con entrambe, come se sapesse che sarebbe scivolato via, se si fosse lasciato andare. – Quello che hai detto prima… - Un singhiozzo. – Non so cosa fare. Mi hai distrutto, sai. E se questa fosse l’ennesima bugia? Come posso crederti? – Le ultime parole erano appena udibili, soffocate da singhiozzi sempre più disperati.

Scott infilò una mano tra le sbarre e afferrò dolcemente un polso di Dawn, che sussultò e lo fissò:
- Dawn, scappa. Non liberare me, fuggi. – E concluse sorridendo.

La ragazza si alzò impassibile e fece per andarsene, ma poi si volto ancora una volta e osservò il giovane steso a terra, la testa reclinata e gli occhi chiusi, il corpo mollemente accasciato a terra, come se non valesse più la pena di vivere per niente.

In pochi secondi Dawn tornò indietro di corsa e liberó anche Scott. Il ragazzo la fissò incredulo e quando la ragazza fece per aiutarlo ad alzarsi, un lampo di determinazione gli animó gli occhi: senza pensarci due volte la afferrò con decisione per un braccio, la trascinò per terra vicino a se e, mettendole una mano dietro la nuca e una alla vita, premette con decisione le labbra sulle sue, chiudendo gli occhi.

Dawn non si aspettava un gesto del genere, ma ben presto l’incredulità lasciò il posto alla gioia e calde lacrime ripresero a cadere dai suoi occhi.

Fu un bacio violento e salato, che sapeva di sangue e di sporco, ma fu la prima volta in cui i due ragazzi misero davvero a nudo i loro sentimenti.

Entrambi assaporarono il bacio e quando Scott provò timidamente ad approfondire il contatto, Dawn fece un salto di sorpresa e spalancò gli occhi, non avendo mai baciato qualcuno nei suoi anni passati a palazzo. Scott ridacchiò appoggiato alle labbra della ragazza e sussurrò:
- Sei un’ottima baciatrice, ma ti devo fare un corso accelerato di recupero.

Anche Dawn rise e lo aiutó ad alzarsi, per poi precipitarsi fuori alla massima velocità possibile e allontanarsi da quella maledetta città e da sua madre, anche se ormai nulla poteva scalfire la sua felicità.

- Scott, anche io penso di amarti.

Il ragazzo la fissò intensamente e sorrise, prima di avventarsi di nuovo sulle sue labbra.

 

 

 

- ANGOLO AUTRICE –

Yeeee! We did it!
DxS finalmente *-* Troppo affrettata? Forse, ma dopo 20 capitoli era ora che accadesse qualcosa da ambo le parti lol
Niente, spero vi sia piaciuto, ciauuu c:
_Rainy_
BLOG: http://raggywords.blogspot.it

ORIGINALE: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2822907

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Capitolo 23
*** 23. (Gwen) ***


23. (Gwen)

La polvere le sferzava il volto.

Stava correndo giù dalla montagna alla massima velocità possibile, che fra l’altro non era molto elevata con Duncan sulle spalle, immobile.

Ogni tanto la ragazza sospirava, sussurrando qualche parola al corpo insanguinato che trasportava. Dei sussurri, niente più, ma ogni volta che il ragazzo non le rispondeva qualcosa dentro Gwen si rompeva.

<< Duncan… >> Sussurrava continuamente, disperata.

Il corpo era inerte sulle sue spalle e alla ragazza pareva di non udire neanche più il battito  incerto del cuore del ragazzo, suono che si ostinava a controllare ogni manciata di minuti, sentendosi allo stesso tempo confortata da quel ritmico tum-tum e disperata da come quel battito fosse sempre più debole.

Doveva fare in tempo.

Prese una via secondaria dotata di binari che si inoltrava tra le montagne e che veniva usata dai monaci come mezzo di trasporto per le loro merci.
Era una stradina molto ripida e Gwen la scelte appositamente per quella pendenza, pensando che sarebbe arrivata più facilmente a valle.

Nonostante tutto, però, la marcia da fare era considerevolmente lunga e Gwen era esausta al tramonto, tant’è che decise di fermarsi in un grotta per quelle poche ore necessarie a recuperare le forze.

Era un rischio però: e se fosse successo qualcosa a Duncan nel frattempo? Se le sue condizioni si fossero aggravate o peggio, se fosse morto mentre lei riposava?

- Cosa devo fare… - Sussurrò a se stessa.

Dormire o non dormire?

Entrò nella grotta e constatò che non c’era spazio né per un giaciglio, né per un focolare con il quale preparare delle medicazioni. Era rischioso fermarsi: avrebbero perso del tempo prezioso e la morte di Duncan diventava sempre più reale, minuto dopo minuto.

Non voleva dormire, ma non poteva farne a meno, quindi si sdraiò sulla dura pietra e si addormentò sul colpo, provata dalla fatica dei giorni precedenti in cui aveva dormito poco e male.

Non risposò affatto, però. Il suo sonno fu agitato e animato da terribili incubi che riguardavano sempre la tessa cosa, riproposta in scenari via via più terribili: la morte di Duncan.
Si svegliò di soprassalto dopo l’ennesimo incubo in cui lei stessa pugnalava Duncan al cuore e glielo strappava a mani nude dal petto, grondate di sangue. Inorridì a quella visione e si affrettò a controllare il battito cardiaco dal posto del ragazzo: debole, ma presente.

Non aveva dormito più di qualche ora, calcolò, e non poteva permettersene di più. La ferita, da sanguinante e slabbrata, stava diventato violacea e spirali nere si diradavano dalla carne martoriata.

<< Magia… >> Constatò amaramente Gwen.

Questo peggiorava le cose: se con una ferita normale Duncan non avrebbe potuto sopravvivere per un paio di giorni, forse meno, con una ferita magica e un veleno che di sicuro si stava diffondendo all’interno del corpo del ragazzo, le sue speranze di vita si riducevano a qualche ora ancora. Poi l’inevitabile.

La determinazione e la disperazione di Gwen crebbero all’unisono e si rimise in marcia più in fretta che poté, constatando che, però, anche lei avrebbe avuto bisogno di cure, anche se in maniera minore.

La stradina si interruppe bruscamente all’ingresso della foresta silente, luogo che le ricordò con una dolorosa morsa allo stomaco i suoi trascorsi con Duncan, che avrebbero potuto bruscamente finire lì se non fosse riuscita a trovare aiuto abbastanza velocemente.

Non poteva permettersi di attraversare la foresta in quelle condizioni, però: sarebbero morti entrambi. Era debole, disarmata e con un ferito a cui badare.

D’altro canto, però, non poteva aggirarla foresta, perché ci sarebbe voluto troppo tempo.

Pregò gli dei che non succedesse nulla e con un ultimo sospiro entrò nel fitto degli alberi, cercando di camminare più silenziosamente e rapidamente possibile.

Non fece in tempo a fare qualche chilometro che udì un forte sibilo che spezzò l’inquietante silenzio in cui la foresta era avvolta.

<< Ti prego, no… >> Pensò la ragazza, disperata.

Si mise a correre più veloce che poté, ma portandosi un peso tale sulle spalle la massima velocità che poteva raggiungere non ere elevatissima e ben presto fu esausta.

Rallentò e il sibilo dietro di lei divenne più acuto. Si rifiutò di fermarsi o voltarsi.

Una perfida vocina interiore le sussurrava: “Lascia il cadavere, tanto è impossibile che si salvi! Corri e vivi.”

Si, avrebbe potuto vivere, ma a quale prezzo?

Dopo pochi minuti sentì i primi graffi sulla pelle e il sibilare dei vermi intorno a lei.
Il suo cuore batteva all’impazzata e per la prima vera volta in vita sua ebbe seriamente paura. Paura di perdere l’unica persona che avesse davvero fatto breccia nel suo cuore, paura di morire o forse paura di vivere sola, terrore che accomunava tutti i suoi più segreti timori.

Le ferite sul suo corpo si accumulavano, il battito del suo cuore accelerò ancora e i passi rallentarono. Ogni nuova ferita era una fitta di dolore.

I vermi le sfrecciavano intorno, saltellando da dietro in avanti, da destra a sinistra e poi infilandosi nel terreno per rincorrerla. Le ferite erano aperte e grondanti di caldo sangue scuro.
La ragazza strizzò gli occhi umidi e si passò una mano sulla fronte madida di sudore, consapevole che non ce l’avrebbe mai fatta.

Ad un tratto inciampò in una radice e ruzzolò lontano dal corpo di Duncan, inerme.
I vermi le furono addosso più voraci e in poco tempo la ragazza perse i sensi, udendo un lungo fischio prima di chiudere gli occhi e concedendosi, finalmente, di piangere.

Le sue lacrime salate inondarono la terra e i vermi proseguirono implacabili la loro danza di morte.

-

Gwen si risvegliò con un dolore lancinante che serpeggiava in tutto il suo corpo.
La testa era piegata di lato e le pulsava, non sentiva più le gambe e poteva percepire del sangue secco su tutta la pelle. La sua pelle era cosparsa di tagli piccoli, ma profondi e ogni punto della sua pelle ferita le doleva.

Analizzò rapidamente l’ambiente facendo serpeggiare gli occhi per la stanza, anche se ci mise qualche secondo per mettere a fuoco ogni cosa.

La parte di stanza che riusciva a scorgere non era grandissima e i muri erano di tronchi di legno scuro impilati e stretti con delle corde robuste alle estremità. Il tetto aveva una struttura di legno, ma probabilmente era rivestito di pietra o paglia a seconda della zona. Nella stanza si trovavano un tavolino e uno scaffale fatti dello stesso legno delle pareti, con sopra diverse polveri colorate, ampolle di vetro e qualche cristallo lucente. Le pareti erano per lo più spoglie, a parte quella più lontano da lei che aveva diversi cappelli, casacche e mantelli appesi su dei chiodi infissi direttamente nel legno.
Una porta si stagliava sulla parete di fronte a lei, nell’angolo, e proiettava fasci di fastidiosa luce solare nella stanza.
La ragazza era stesa su un letto rialzato con una solida struttura anch’essa lignea ed era ricoperta da una leggera coperta grezza, color grigio. Sotto di sé sentiva lo scrosciare dell’acqua.

Ci impiegò qualche minuto a trovare la forza per girare la testa dall’altra parte e mugolò di dolore non appena ci provò, ma riuscì nel suo intento.

Quasi urlò.

Vicino al suo letto ce n’era un secondo e sopra di esso era steso proprio Duncan, una vistosa benda insanguinata avvolta sul petto e un tavolino accanto alla testa su cui stavano diversi utensili medici di metallo e del liquido verde in un’ampolla. Aveva gli occhi chiusi, ma Gwen poteva vedere il petto che si alzava e si abbassava leggermente, segno che almeno era ancora vivo.

- Ben svegliata! – Esclamò un’allegra voce vicino alla porta.

Gwen trasalì e mugolò di nuovo di dolore quando voltò la testa per vedere chi avesse parlato.
Le si presentò davanti agli occhi un giovane più o meno della sua età, con chiari capelli dorati e occhi color delle foglie d’autunno. Indossava delle semplici vesti grigie, dello stesso materiale della coperta che l’avvolgeva e in mano reggeva delle bende pulite.

- Scusami, non volevo spaventarti. – Si scusò immediatamente, accorato, ma non si avvicinò. – Io mi chiamo Jerith e sono un medico… Be’, quasi. – E rise tranquillamente, come se nulla potesse renderlo più felice della sua vita stessa.

La ragazza aprì la bocca per parlare, ma non riuscì ad articolare alcun suono. La gola le bruciava, secca com’era, e aveva tutta la bocca impastata.

- Si, ci vorrà ancora un po’ di tempo perché tu riesca a parlare di nuovo normalmente, ma non ti preoccupare: questione di minuti. – Sorrise di nuovo e Gwen cominciò a trovarlo seccante. – Ora immagino tu voglia sapere dove sei e perché ti trovi qui, quindi te lo spiegherò brevemente.

Gwen provò a drizzarsi a sedere, ma una fitta di dolore lancinante al fianco glielo impedì.
Jerith si avvicinò immediatamente con lo sguardo preoccupato:
- Non ti conviene provare a muoverti: sei ancora debole. Dunque, l’unica ragione per cui sei qui e non sei morta è che viaggiavi con Duncan. – Disse con naturalezza, come se stesse parlando di cosa preparare per pranzo. – Sei in un accampamento di ribelli al governo della regina poco lontano dalla Città delle Fiamme e Duncan è uno di noi, come ti avrà detto; uno dei capi, in realtà. L’altro nostro capo è in viaggio e lui è la massima autorità presente qui in questo momento. Capisci?

Gwen annuì debolmente, ignorando le fitte di dolore al collo.

- Bene, forse ti starai chiedendo perché sei ancora viva… - Sorrise, felice più che mai e cominciando a mescolare diversi ingredienti che tirava fuori dagli scaffali e metteva in una nuova ampolla pulita. - … La mia squadra di ricognizione ti ha trovato con Duncan nella Foresta Silente e entrambi eravate messi maluccio: lui era quasi morto per quell’inconfondibile maledizione dei Monaci del Crepuscolo e tu… Be’, sei stata fortunata: avevi così poco sangue nel corpo che temevano fosse troppo tardi. Avremmo voluto lasciarti lì a morire, ma in effetti ci è sorto il dubbio che potessi aver aiutato Duncan a fuggire dai Monaci del Crepuscolo o che magari volessi la sua testa per riscattare una ricompensa, quindi attualmente sei nostra prigioniera, ma non sei morta perché non siamo sicuri del tuo ruolo in questa faccenda.

Gwen lanciò delle ansiose occhiate a Duncan, provando ad articolare dei suoni:
- Lui… Bene…?
- Si, lui sta bene. Fortunatamente i migliori medici immuni al morbo si trovavano in questo accampamento quando vi abbiamo trovato e vi hanno guariti entrambi quasi del tutto.
- …Uasi? – Biascicò Gwen, tossendo violentemente.
- Quasi. Ora riposa e non tentare fughe improvvisate. Quando Duncan si sveglierà sarà lui a dirci cosa fare di te, chiaro? – La guardò, improvvisamente serissimo.

Gwen, per tutta risposta, chiuse gli occhi e si addormentò di colpo.

-

La spalla della ragazza venne violentemente scossa e lei si svegliò di soprassalto quasi urlando di dolore.

- Scusa… - Bofonchiò una vecchia bassa, rozza e dalla pelle estremamente rugosa che stava appoggiando una bacinella d’acqua con uno straccio pulito su un tavolino comparso magicamente vicino alla sua brandina.

Gwen non fece in tempo a rispondere che quella se ne andò, silenziosamente com’era entrata.

Non aveva idea di quanto avesse dormito, ma una luce meno intensa entrava dalla porta socchiusa e poteva indovinare che fosse il tramonto. Vicino al suo letto, sul tavolino, c’era una ciotola di zuppa ancora fumante, evidentemente portata dalla vecchia di poco prima.

Si girò mugolando di dolore e notò che tutte le sue ferite erano state cosparse di erbe e fasciate con delle bende pulite, anche se con poca cura. Afferrò tremante la zuppa e la ingurgitò in fretta, beandosi del calore  della pietanza che le arroventava la gola.

Lanciò un’occhiata a Duncan, steso nella brandina accanto a lei, immobile e sospirò sonoramente.
Ad un tratto, però, trasalì: il ragazzo emise un mugolio indistinto.

Gwen tentò subito di alzarsi, ma nella fretta rovesciò la ciotola di zuppa che si frantumò in mille pezzi producendo un terribile suono di cocci rotti e attirando l’attenzione dell’intero accampamento.
Jerith, la vecchia di prima e qualche altro sconosciuto si precipitarono dentro alla piccola stanza per vedere cosa stesse succedendo e trovarono una Gwen piegata in due sulla brandina, con una gamba a penzoloni protesa verso il pavimento e una smorfia di dolore dipinta sul volto.

- L’avevo detto che avrebbe tentato di scappare… - Bofonchiò la vecchia.
- Cosa sta succedendo? – Chiese Jerith con uno sguardo e un tono di voce severissimi.
- L-Lui… - Sussurrò Gwen con voce roca, stupendosi di riuscire a parlare.

L’espressione di Jerith cambiò in un istante e da fredda divenne accorata e tesa:
- Lui… Cosa? – La esortò, impaziente.
- Si è mosso… Credo… - Rispose debolmente la ragazza, guardandosi intorno agitata.
- Andate a chiamare il luogotenente subito! – Strillò la vecchia e una giovane donna dai folti capelli rossi uscì immediatamente dalla stanza per tornarvi subito dopo accompagnata da un uomo dai capelli nerissimi.

L’uomo sorrise bonario a Gwen:
- Quindi tu saresti la fedele compagna di Duncan o la sua futura assassina, dico bene? – Non c’era, però, traccia di disprezzo nella sua voce. Si rivolse poi a Jerith. – Cosa sta succedendo?
- Duncan si è mosso, a quanto dice la giovinastra, qui. – Rispose subito la vecchia.
- Per favore, Melsa. – Sospirò paziente. - Jerith?
- E’ come dice lei. – Annuì lui.
- Oh, bene… - Sorrise l’uomo. – Era ora. Jerith occupati della salute del nostro amato capo e avvisaci quando si sveglierà.

Jerith annuì e la folla che si era radunata nella stanza venne dispersa in poco tempo.
Nella stanza rimasero solo Gwen, ancora scossa, e l’apprendista, che si affaccendava intorno al corpo di Duncan, tastandogli ora il polso ora la gola o facendogli inalare una polvere.

- Si sveglierà? – Chiese timorosa Gwen.
- E’ sicuro, mia cara. La vera domanda è quando. In ogni caso, però, non posso solo badare a lui: ci sono altre persone da curare. – Sospirò pensoso e dopo aver spalmato un unguento verde sotto ad una benda all’altezza del cuore di Duncan si strofinò le mani soddisfatto e fece per uscire, intimando a Gwen: - Se si sveglia caccia un urlo, va bene?
- Va bene. – Sorrise la ragazza.

Le ore che passarono furono di estenuante attesa e lacerante dubbio: si sarebbe svegliato davvero? Jerith diceva di si, ma quanto era attendibile? Gwen si era immaginata quel mugolio?

Domande a cui non poteva dare una risposta, così cercò di impiegare il suo tempo elaborando il discorso che avrebbe fatto al ragazzo quando (non se, ma quando) si fosse svegliato e alzandosi lentamente per poi avvicinarsi alla branda di lui.

Stette lì accovacciata diverse ore, scrutando i lineamenti del ragazzo e sussurrandogli pensieri, dichiarazioni, dubbi, domande e preghiere.

Fino a quando lui non si mosse di nuovo; e stavolta Gwen era certa di quello che aveva visto.

La ragazza era stata sul punto di tornare a stendersi, perché le gambe le dolevano e le sue numerose ferite non avevano smesso di bruciare. Nonostante ciò, però, non lo aveva abbandonato neanche un istante.

E poi lui si era mosso.

Gwen trasalì, incapace di fare alcunché e assistette immobile al suo lento e doloro risveglio.

Vide spalancarsi i profondi occhi di lui e fissarla incapaci di realizzare subito chi fosse.

Un dubbio attanagliò immediatamente la mente della ragazza: e se non si ricordasse?

Ma tutti i suoi dubbi svanirono quando Duncan si rese conto di chi aveva davanti, spalancò maggiormente le palpebre e afferrò le spalle della ragazza con le sue forti mani, per poi farla rudemente avvicinare a sé e premere con veemenza le labbra sulle sue.

I due ragazzi non potevano sapere che, poco lontana, anche la fedele amica di Gwen stava scoprendo l’amore racchiuso nel suo primo vero bacio.

Le labbra si scontrarono, si cercarono, si assaporarono e quando si separarono sembravano non aver più bisogno d’altro.

I due ragazzi si guardarono negli occhi senza dire una parola e Duncan sorrise: quel suo sorriso strafottente che Gwen tanto odiava; o forse, ormai, amava.

- Bene bene, direi che è chiaro quale ruolo abbia la nostra prigioniera per il nostro capo. Ah, bentornato. – Ridacchiò Jarith alle spalle dei due ragazzi.

 


- CIAMBELLANGOLO -
Lo scorso chappy una DxS, finalmente una DxG :3
Ci siamo arrivati, dunque: yuppi!
Niente da dire se non che ormai macano 3/4 capitoli alla fine di questa luuunga ficcy c: Vi ringrazio per averla seguita.
Byeee,
_Rainy_
PS: http://raggywords.blogspot.it
HARRYPOTTER:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2625484
ORIGINALE:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2822907

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Capitolo 24
*** 24. ***


24.

- DAWN -

- Tesoro, so che sono favoloso, ma dovremmo andare... – Ghignò Scott sciogliendosi, seppur controvoglia, dall’abbraccio di Dawn.
- Dove andiamo? – Chiese la ragazza, rossa di imbarazzo.
- Io collaboro davvero con i ribelli, dovresti averlo capito… - Dawn sussultò comunque: qual era la verità quindi? – Ho stretto quel patto con Courtney perché non volevo ti fosse fatto del male, ma sono uno degli oppositori al suo regine. Voglio che tu lo capisca. – La guardò intensamente, a testa bassa.

Dawn annuì:
- Non mi importa cosa sei. – Sorrise, timidamente.

Scott sorrise a sua volta e la baciò di nuovo, velocemente, stringendola a sé con forza, come se non volesse lasciarla mai più. Si allontanò leggermente e le spostò una ciocca dorata dietro l’orecchio:
- Qui vicino c’è un accampamento dei ribelli: è lì che andremo. Dista solo un paio d’ore di marcia e lì ci organizzeremo meglio. Il mio collega e capo di quell’avamposto, un certo Duncan, dovrebbe essere già lì e…
- Oh no. – Impallidì Dawn e Scott si allarmò immediatamente.
- Che succede?
- Duncan… Sheperd? – Chiese, impaurita.

Scott annuì.

- E’ il ladro che Gwendolyne, la mia migliore amica nonché fidata guardia del palazzo, è stata mandata ad uccidere. – Al pensiero dell’amica il cuore di Dawn si rattristò.
- Non credo. – Ghignò Scott. – Duncan non è uno sprovveduto. Conosco Gwendolyne di fama, ma non dubitare: lui non si sarà fatto uccidere così facilmente.

Dawn si rasserenò:
- Quando partiamo?
- Dopo questo… - Sussurrò Scott prima di baciarla di nuovo, lentamente.

-

- GWEN –

- Jerith, togliti quel ghigno idiota dalla faccia. – Rise Duncan, le guance colorate di una leggerissima sfumatura di un rosso gioioso.

Gwen sentì una sorda felicità esploderle nel petto e sicuramente avrebbe pianto di gioia, ma lei era una spietata cacciatrice di taglie, no?

- Ehi, bellezza, so che vorresti piangere e la mia bellezza stenderebbe chiunque: non devi trattenerti. – Ghignò subito Duncan, per poi mugolare di dolore.
- Si da il caso, però, che la tua bellezza sia debole come te, in questo momento. – Rispose sorridendo Gwen. – Quindi stai a riposo. – Poi si alzò e si trascinò fino alla sua brandina, sentendosi gli occhi dell’intero accampamento addosso.

Jerith si schiarì la gola e il capo dell’avamposto ridacchiò. Il medico sussurrò:
- Capo, devo chiedertelo perché la procedura… Cosa ne facciamo di lei? – Indicò Gwen, che lo guardò perplessa.
- Vi assicurate che stia meglio possibile. Anzi, sarai proprio tu, Jerith, ad esaudire tutti i suoi desideri, che dici? – Ghignò di nuovo Duncan mentre Jerith sorrideva, sbuffando scherzosamente.

Il capo dell’avamposto che aveva trattato così gentilmente Gwen divenne improvvisamente serio:
- Capo, cosa facciamo?
- Uh, ehm… - Duncan si rabbuiò. – Il tempo della guerra è giunto. Scott dovrebbe essere sulla via del ritorno, con lui ci sarà anche lo Stregone. Aspettiamo, dunque. Prendetevi del tempo per preparare tutto il necessario. Gwen… - Si rivolse alla ragazza, che arrossì brevemente sentendosi interpellata. - … Xia dov’è?

Gwen scosse la testa: non lo sapeva, ma sicuramente era tornata a casa e aveva percepito che la sua padrona era ancora viva e al sicuro.

- Non importa. Stasera si festeggia! – Esultò Duncan ridendo.

La piccola folla che si era radunata nella stanza uscì a cuor leggerlo e si iniziarono i preparativi per l’attacco che presto avrebbero sferrato.

-

Dawn e Scott marciarono in silenzio per qualche minuto, aiutandosi a vicenda nel superare le difficoltà della foresta, poi la ragazza ruppe il silenzio:
- Che fine ha fatto l’uomo incappucciato?
- Ne so quanto te… Quando ci siamo… - Arrossì per un instante. - … Riavvicinati… Nelle prigioni e siamo scappati insieme non ho minimamente pensato a lui.

Dawn annuì, delusa: cosa intendeva quell’uomo quando aveva parlato di una possibile reazione negativa di Gwen al vederlo? Era curiosa di scoprirlo, ma come avrebbe potuto?

- Comunque… - Iniziò Scott spostando una radice dal loro percorso. - … Se vorrà mostrarsi lo farà. Potrebbe riapparire con la stessa facilità con cui è scomparso… - Il ragazzo non era felice di toccare quell’argomento, forse ricordandosi di come a causa sua aveva provato un forte senso di gelosia e aveva discusso con Dawn, la ragazza che, ormai era chiaro, amava.

Dawn ridacchiò e chiese, leggermente angosciata:
- Quanto manca?
- Poco, anzi… Ci siamo. – Scott scostò una liana bluastra e Dawn poté osservare un laghetto minuscolo incassato tra grosse rocce grigie.
Sul laghetto si stagliavano delle palafitte e delle casupole sorrette da pali piantati nell’acqua. Le costruzioni, interamente di legno e con il letto rivestito di lastre di pietra, erano collegate da stretti ponticelli levatoi di corde e esili tronchi biancastri. Sembrava disabitato, solo un ometto gracile stava seduto su una pietra a una decina di metri dalla riva del lago, con arco e frecce in mano e gli occhi chiusi, come se stesse dormendo.

- Siamo… Arrivati? – Chiese Dawn, esitante.

Scott annuì:
- Probabilmente si sono accorti del nostro arrivo…

Si avvicinò alle rive del lago osservando la sentinella e si bagnò leggermente i piedi, aspettando in silenzio.
Dawn non osò fiatare.

Dopo pochi secondi di silenzio l’esile ometto spalancò gli occhi e fissò attentamente il volto di Scott e di Dawn:
- Forestieri. – Disse con la sua vocina flebile.

Scott annuì:
- Non mi riconosci, Pitt?
- Non riconosco più tanta gente, ormai. Nessuno è chi dice di essere e non ci possiamo fidare di nessuno, lei comprenderà di sicuro, no? – Ribattè deciso Pitt.

Il ragazzo annuì di nuovo e iniziò le presentazioni:
- Io sono Scott, il tuo capo, mezza calzetta. – Ghignò brevemente. – E a quanto pare ti ho addestrato bene… Lei invece è Dawn, principessa di questo regno, come dovresti sapere. Chiaro?
- No. – Piff scosse la testa. – Mi serve una prova delle vostre identità. Cosa potete dirmi di esclusivo?
- Uff… Quanto la fai lunga! – Sibilò Scott, alzando gli occhi al cielo. – Il nome del mio collega, nonché stregone molto potente e cacciato dalla sua precedente Gilda di maghi per un crimine misterioso che ha rivelato a pochissime persone al mondo, si chiama Duncan Sheperd. Va bene?

Piff non si mosse e spostò lo sguardo sulla principessa:
- Che mi dici tu?
- Io? – Chiese Dawn, allibita. – Ehm…
- Garantisco io per lei. – Aggiunge Scott amaramente. – Se ti fidi di me ti fidi di lei, chiaro, Piff?

La sentinella li scrutò per degli interminabili secondi, facendo scivolare lo sguardo da uno all’altro e in un attimo alzò l’arco, incoccando una freccia e puntandola su di loro.

- Piff, cosa stai facendo?! – Urlò Scott, indietreggiando e mettendo una mano a riparare Dawn, per quanto potesse servire…

Lui non rispose e in un secondo, con una silenziosa torsione del busto, scagliò la freccia che fece suonare un gong, appeso alla costruzione più alta del villaggio.

Il suono del gong era debole e quasi inudibile, ma tutti gli abitanti dell’accampamento uscirono dalle case, accorrendo per vedere chi fosse arrivato e allineandosi sulla passerella che collegava la terra ferma con le casupole, in modo da sentire cosa Piff aveva da dire loro.

Piff si alzò in piedi sulla roccia, si schiarì la voce e il suo viso si aprì in un sorriso luminoso:
- Ragazzi, Scott è tornato! – Urlò al cielo, ridendo.

Fu subito un tripudio di urla di gioia: tutti accorsero intorno a Scott e lo abbracciarono, lo baciarono e le donne lo benedirono piangendo. Venne trasportato a forza sulle passerelle e nessuno si accorse di Dawn.

Fu Piff a richiamare l’attenzione schiarendosi rumorosamente la voce:
- Ragazzi, un po’ di contegno! E non dimentichiamo che non è da solo! Guardate chi ha portato con se… - Indicò Dawn, che molti non avevano visto, inchinandosi.

Sussurri imbarazzati serpeggiarono tra i ribelli che si inchinarono all’unisono: “Ma è la principessa”, “Si, è lei!”, “Cosa ci fa qui?!”, “Pensavo fosse morta…”.

Dawn, imbarazzata da tante attenzioni, si coprì la bocca con una mano e sorrise:
- Non dovete inchinarvi… Non sono più principessa, ormai. Non mi identifico più con mia madre…

Un lento applauso partì da una donna con un bambino attaccato alle gonne e si diffuse a tutti i ribelli, coinvolgendo anche Scott che guardava la ragazza, sorridendo.

Il capo dell’accampamento sorrise bonario a Scott, dandogli una pacca sulla spalla, e con un inchino si avvicinò a Dawn, facendola salire sulle passerelle, poi parlò a tutti:
- Oggi è un giorno di festa: entrambi i capi dei ribelli sono qui con noi e siamo pronti per passare all’offensiva. Tutti al lavoro, dunque! – Concluse gioioso dicendo un ultimo “Bentornato!” a Scott.

La mente di Dawn, però, era altrove: anche Duncan era lì, ma Gwen? Era morta? Il pensiero la fece disperare: cosa avrebbe fatto lei senza la sua migliore amica?

Scott sorrise a tutti – Dawn non l’aveva mai visto così felice – e li incitò a tornare alle loro occupazioni, poi strinse la mano del capo dell’accampamento e chiese, facendo avvicinare Dawn:
- Jerard, ti presento Dawn. – Jerard le sorrise, poi Scott si rabbuiò per un istante. – Dov’è Duncan?
- In questo momento non è nelle migliori condizioni fisiche. Ha passato dei brutti momenti e ti verranno presto raccontati… L’offensiva è quasi del tutto organizzata, rimangono da definire i ruoli che avrete tu, la principessa, Duncan e la sua giovane amica in tutto questo.
- La sua giovane amica? – Chiesero all’unisono Scott e Dawn, lui preoccupato e lei speranzosa.
- Si, una tale Gwen con cui il nostro capo è… Intimo. Non so se mi spiego. – Rise fragorosamente, ma Dawn non lo stava già più ascoltando.
- Gwen?! – Chiese con foga. Scott sorrise.
- Si, anche lei non sta benissimo. – Dawn impallidì e Jerard si affrettò ad aggiungere, sorridendo: - Ma quei due si fanno forza a vicenda. Potrete vederli presto, ma al momento stanno risposando. Più tardi, magari…
- No: io ho bisogno di vederla ora! – Si agitò Dawn.
- Pazienta. – Scott le appoggiò una mano sul braccio. – Abbiamo tante cose sulle quali aggiornate Jerard, dai a Gwen il tempo di rimettersi. – Poi sospirò, rinvangando il passato. - anche io conoscevo una Gwen, sai… Una bambina con quel nome, in realtà.
- Ah si? – Chiese Dawn, interessata.
- Interessa anche a me. – Si intromise Jerard. – Venite a casa mia: abbiamo delle informazioni da condividere e…

Poi ammutolì.

Scott e Dawn si girarono e ciò che videro li fece rabbuiare entrambi.

Sulle sponde del lago stava l’uomo incappucciato, silenzioso e immobile come suo solito.

-

- Ehilà, ragazzi! – Esordì Jerard più tardi, sorridendo bonario come suo solito. – Abbiamo visite.
- Ho sentito il suono del gong, infatti… - Rispose Duncan, intontito dalle medicine.
- Già, fuori si è radunata una piccola folla che aspetta la vostra uscita dall’infermeria per vedere la vostra reazione al loro arrivo. – Ridacchiò Jerard con l’aria di chi la sa lunga.
- “Loro”? – Indagò Gwen, in piedi, ma in equilibrio precario a causa delle sue condizioni di salute non completamente ristabilite.
- Si. Due persone. – Ghignò Jerard. – Non vi dirò altro. – E uscì senza dare il tempo a Gwen e Duncan di chiedere di più.

La ragazza aveva provato ad alzarsi e a fare qualche incerto passo con risultati migliori di quelli che si aspettava, ma si era sentita subito affaticata. Duncan, invece, aveva cercato di fare lo spaccone mettendosi a saltellare in mezzo alla stanza, per poi subito accasciarsi a terra dal dolore tra le risatine di Gwen.

Ora stavano entrambi provando a sorreggersi a vicenda e non, camminando da una parte all’altra della casa e sentendo che l’effetto dei tranquillanti andava lentamente svanendo e le loro percezioni miglioravano in fretta.

- Ehm… Gwen… - Sussurrò Duncan, prendendo la ragazza per la vita. - … Forse sono stato troppo affrettato prima, ma volevo solo… Ringraziarti. Per non avermi lasciato lì a morire, dico… - Abbassò la testa, imbarazzato.
- Non c’è di che. – Ridacchiò la ragazza, abbracciandolo.

Lui la baciò rapidamente e sussurrò sulle sue labbra:
- Giusto per non perdere le buone abitudini…

Gwen sospirò e assaporò il bacio, prima di scostarsi con leggero imbarazzo e chiedere:
- Andiamo?

Lui annuì e le prese la mano, dirigendosi faticosamente verso la porta e spalancandola.

La casetta era buia rispetto all’esterno e i due ragazzi dovettero coprirsi gli occhi con i palmi liberi delle mani. Quando i loro occhi si furono abituati alla luce videro che molte persone erano radunate intorno a due ragazzi che erano in piedi accanto a Jerard, visibilmente imbarazzati.

Dawn e Scott, perché di loro si trattava, avevano due atteggiamenti opposti: insicuro e tremante quello di lei e gioioso e rilassato quello di lui. La principessa si tormentava nervosamente una ciocca di capelli, appoggiata alla spalla di Scott, mentre quest’ultimo si massaggiava il collo, sorridendo.

Jerard sorrise e urlò alla folla, già acclamante:
- Diamo il benvenuto a questi ospiti! Qualcuno è già conosciuto, qualcun altro… Be’, qualcun’altra, no. Benvenuti o bentornati nella nostra comunità! – La folla esplose in grida di approvazione, sempre contenute a causa della costante paura di essere scoperti.

Jerard, però, non era stato ascoltato dai quattro nuovi arrivati: quando aveva finito di parlare i quattro si erano avvicinati gli uni agli altri e le reazioni erano state diverse.

Scott e Duncan si erano fraternamente abbracciate, mentre Dawn e Gwen si scrutavano, le braccia immobili lungo i fianchi.

Per entrambe il tempo sembrò fermarsi e si percepirono come isolate dentro una bolla: fuori tutto il resto, dentro solo loro. Dawn alzò un braccio, tremante di gioia, indicando l’amica di sempre che ormai credeva perduta.

Gwen si lasciò andare, per un volta, alle lacrime e le corse incontro.

Si abbracciarono più forte che poterono e si sussurrarono quanto si erano mancate, traboccanti d’amicizia l’una per l’altra.

- Non posso credere che tu sia qui… - Sussurrava Gwen.
- Sei viva! Non ci speravo più: è un’immensa gioia! – Replicava Dawn, piangendo.

Le lacrime si confondevano e inzuppavano i capelli di Dawn e le bende di Gwen.

- Oh Dea! Ma sei ferita! – Strillò ad un tratto Dawn, allontanandosi.
- Non ti preoccupare. Sto guarendo. – Sorrise Gwen.
- E lui? – Dawn indicò Duncan, scettica, ignorando gli sguardi di disapprovazione comparsi tra la folla a quel gesto.
- E’ a posto. Niente è come pensavamo e tua madre… - Iniziò Gwen, a testa bassa.
- Lo so. – Sorrise Dawn.

Poi Gwen si girò.

Si girò lentamente e vide Scott. Non appena i suoi occhi incontrarono quelli di lui il suo passato si riversò su di lei con la forza di una cascata. La sua mente si annebbiò e dovette appoggiarsi a Dawn per rimanere in piedi. La principessa subito le chiese, preoccupata :
- Gwen! Gwen, stai bene?

La cacciatrice di taglie, però, non la stava ascoltando.

Stava fissando Scott, che a sua volta la guardava in un colpevole silenzio, mentre sussurrava una rabbiosa serie di insulti:
- Tu! Tu! Tu! – Sibilava Gwen, additando il rosso.

- Ciao Gwen. – Sussurrò lui, fissandola negli occhi.

La folla ammutolì e così Jerard, incapace di dire qualcosa e non capendo cosa stesse succedendo.
Dawn e Duncan si guardarono per un attimo, perplessi.

Poi Gwen cedette alla follia e si scagliò contro Scott, saltandogli addosso agilmente e tempestandolo di pugni, mentre altre lacrime, stavolta di rabbia e di disperazione, gli colavano sulle guance. Scott era riuscito a evitare parzialmente i colpi, ma l’addestramento della ragazza ebbe il sopravvento e tra le urla generali riuscì a buttare a terra Scott e a sovrastarlo, tirandogli un violento pugno in faccia. Scott mugolò di dolore.

Gwen aveva appena estratto il pugnale dalla cintola e si accingeva a infliggere al ragazzo un colpo mortale, quando Dawn urlò:
- Gwen, no!

L’urlo arrivò ovattato, come se venisse da lontano, alle orecchie di Gwen, ma ebbe l’effetto di farla immobilizzare. Scott la guardava, ansimante, mentre la cacciatrice lo sovrastava, il pugnale alzato.

Nei brevi attimi che seguirono due ribelli con dei grandi bicipiti si avvicinarono di soppiatto a Gwen e la buttarono a terra. Il pugno che la fece cadere a terra vicino a Scott arrivò del tutto inaspettato alla ragazza, che era ancora persa nei meandri della sua mente mentre cercava di capire da dove arrivasse quella voce che l’aveva risvegliata dalla sua follia.

I due ribelli la sollevarono di peso mentre lei riprendeva coscienza di se stessa e si ribellava, urlando e scalciando.

Dawn e Duncan la guardavano increduli e la principessa piangeva di tristezza al vedere l’amica così e Scott a terra, il volto insanguinato.

- Cos’è successo?! – Chiese Jerard, ogni traccia di felicità svanita.
- Non lo so… - Rispose Duncan, una scura ombra negli occhi, guardando Dawn, che però scosse la testa.
- Scott, cos’è successo? – Jerard era andato fino dal rosso e lo stava aiutando ad alzarsi. – Come dobbiamo punirla per questo affronto? Sei sicuro che non collabori con la regina?
- No! – Risposero Dawn e Duncan all’unisono, scandalizzati.
- E’… Colpa mia. – Rispose Scott, a bassa voce, quasi sussurrando e senza guardare in faccia nessuno.

La folla, che nel frattempo stava scagliando insulti contro Gwen - sorretta dalle due guardie e inerme tra le loro mani, la testa bassa - ammutolì nuovamente.

- Cosa? – Ripeté Jerard, già più calmo.

Scott non rispose.

- Gwen? – Chiese Dawn, avvicinandosi all’amica e vedendo delle lucide lacrime che cadevano a terra. – Lasciatela! – Urlò rivolta alle guardie, che però non si mossero.
- Si, lasciatela. – Duncan si avvicinò e fece per accogliere Gwen tra le sue braccia, ma la ragazza si ritrasse, le lacrime che non si fermavano. – Cos’è successo? – Le chiese il ragazzo, chinandosi davanti a lei e accarezzandole delicatamente una mano.
- E’ lui. – Sibilò Gwen alzando il volto e fissando Duncan negli occhi.

Quello sguardo inquietò il ragazzo: era uno sguardo carico di odio, di rimorso e di disprezzo come pochi ne aveva visti prima di allora e di sicuro non pensava che lei fosse capace di provare così intensamente quelle sensazioni.

 

- CIAMBELLANGOLO -
Eccoci alla fine di questo maxi capitolo (nonché uno degli ultimi: ne prevedo altri 3 compreso l’epilogo) c:
Spero che questa specie di riunione di famiglia vi sia piaciuta e come avrete intuito questi capitoli non avranno POV nel titolo, perché seguono sia la storia di Gwen che quella di Dawn.
Vi ringrazio per essere arrivati fin qui :3,
_Rainy_
PS: http://raggywords.blogspot.it (recentemente aggiunto un post sul Giappone :3)
HARRYPOTTER:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2625484 
ORIGINALE:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2822907

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Capitolo 25
*** 25. ***


25.

 

- Gwen… - Iniziò Scott alzando il volto per fissare la ragazza, ma lei lo interruppe immediatamente:
- Non osare rivolgerti a me, mostro! – Sibilò tra i denti, rabbiosa.
- Cosa sta succedendo?! – Chiese fermamente Jerard, sprigionando autorevolezza dalla sua figura e dalla sua voce.
- E’ lui. E’ colpa sua se i mia madre e mio fratello sono morti. – Rispose freddamente Gwen, stringendo i pugni per la rabbia. – Lui ci ha traditi e condannati.

Duncan, improvvisamente, capì, ricordandosi di quello che Gwen gli aveva raccontato del suo passato.

- E’ vero, Scott? – Chiese Dawn, portandosi una mano alla bocca.
- Si. – Rispose semplicemente il ragazzo, lo sguardo basso. – Io li ho uccisi.

La folla sospirò, come un gigantesco animale che freme nell’attesa di una reazione.

- Ma sicuramente non sapevi cosa stavi facendo… - Iniziò Dawn, pacata.
- Non provare a difenderlo! – Sibilò Gwen e il tono rabbioso con cui disse quelle parole ferì e stupì la principessa. – Non vorrai dirmi che ti è stato sempre fedele, che non ti ha mai tradito?!

Dawn tacque, abbassando gli occhi, imbarazzata.

- Diamoci tutti una calmata. – La figura di Jerard emergeva in quella confusione, emanando potere. Poi si rivolse alla ragazza, avvicinandosi. – Gwen, domani ci metteremo in viaggio per assaltare il castello, poi tu e Scott potrete risolvere i vostri screzi. Non dobbiamo perdere tempo e non possiamo permetterci di fermarci per una simile sciocchezza.
- Io con lui non faccio proprio niente. – Sibilò Gwen fissando Jerard negli occhi.
- Cosa? – La voce di Jerard non era più solo ferma e autorevole, ma anche decisa e infastidita. – Non manderò tutto all’aria per dei capricci, mi hai sentito?! – Urlò.

Gwen continuò a fissarlo negli occhi, poi si alzò senza dire una parola e si avviò verso la terraferma, passando davanti alla processione di persone allineate sul molo.

- Dove stai andando? – Chiese Dawn, preoccupata.
- Via di qui. Assaltate il castello senza di me, non voglio avere nulla a che fare con i seguaci di un simile mostro. – Sibilò Gwen, la voce carica d’odio. Poi si fermò e voltando di scatto la testa sputò a terra con tutto il disprezzo che aveva in corpo, allontanandosi con più decisione.

- Tornate ai vostri posti, il piano non cambia! – Ordinò Jerard, ritrovata la sua solita calma e rivolgendosi alla folla, che lentamente tornò nelle proprie casette.
- Cosa?! – Chiesero all’unisono Dawn e Duncan.
- Se pensate che per una singola persona mandi all’aria il piano di un’intera vita vi sbagliate. Non mi sottoporrò nemmeno al volere tuo e di Scott, non ora. – Rispose fermamente Jerard.
- Invece dovresti. – Scott si alzò e si avvicinò a Jerard, serissimo. – Lei ci serve. Ogni aiuto può fare molto e il suo è quasi fondamentale. Jerard, rifletti: cos’abbiamo? Tante armi, ovvio, ma nessuno qui sa combattere seriamente a parte una decina di persone e sono decisamente poche per il nostro scopo.
- Non venirmi a fare la lezioncina! – Imprecò Jerard fissando Scott. – E’ colpa tua, in fondo, se ora abbiamo perso un’alleata. Ci siamo preparati a sufficienza per questo evento e non lo fermerò di certo per un’insulsa cacciatrice di taglie che hai offeso in passato.

Poi Jerard si voltò, tornando ai suoi compiti di coordinatore delle operazioni.

- Cosa facciamo? – Chiese Dawn, rompendo il fastidioso silenzio che si era venuto a creare.
- Vado a cercarla. – Si offrì immediatamente Duncan.
- No. – Rispose deciso Scott. – Vado io.
- Ti ucciderà. – Ribatté tristemente Dawn.
- Così sia, allora. Questo conto è in sospeso da troppo tempo. – E Scott, senza aspettare risposta, si avviò verso la terraferma e il bosco in cui si era inoltrata Gwen, lanciando un’ultima occhiata a Duncan e Dawn che intimava loro di non seguirlo, perché era una questione tra lui e la ragazza e che tra loro due soli andava risolta.

-

Gwen non sapeva quanto si era allontanata dall’accampamento, ma non appena i nervi erano sbolliti avevano lasciato posto ad una grande tristezza e si era seduta a terra nella prima radura che aveva trovato, lasciando le lacrime scorrere liberamente.

Aveva pianto non solo per i suoi genitori, ma anche per se stessa, perché non era riuscita a dominare le sue emozioni e aveva avuto una reazione estremamente infantile. Rivedere Scott, però, era stato un colpo troppo duro.

Sapeva che aveva fatto carriera al servizio della regina, ma non immaginava di trovarlo lì, affiancato alla sua migliore amica e pronto ad assaltare il castello. Non gli credeva, ovviamente: per lei era e rimaneva un traditore.

- Asciugati le lacrime, Gwen. – Disse Scott, appena entrato nella radura dopo aver camminato qualche minuto, sapendo che la ragazza non poteva essere difficile da trovare.

Non ci aveva messo molto a capire dove fosse andata, perché era troppo scossa e i suoi movimenti erano evidenti nella foresta: impronte, rami spezzati…

Gwen non si mosse, percependo la presenza del ragazzo qualche metro alle sue spalle.

- Vattene. – Sussurrò, passandosi velocemente una mano sugli occhi.
- No, Gwen.
- Ho detto: vattene! – La ragazza alzò la voce, caricandola d’odio.

Scott sospirò rumorosamente:
- Scusami.
- Non so che farmene delle tue scuse false e ipocrite. – Ghignò amaramente Gwen, scuotendo la testa. – Non sei cambiato per niente…
- Si, invece! – La interruppe Scott, camminando in tondo per trovarsi di fronte a lei, ma senza avvicinarsi. – Non sono più il traditore che ero. Ora sono un uomo nuovo, non sono più al servizio della regina, perché ella stessa mi ha tradito: Dawn mi ha aperto gli occhi.
- Povera. La stai sfruttando. – Sentenziò Gwen tenendo gli occhi bassi, evitando di fissarlo. – Perché sei venuto? Sai perfettamente che non ci metterei molto a ucciderti.
- Se ti aiuterebbe a perdonarmi fallo. – Rispose impassibile Scott.

Gwen ghignò e in pochi secondi gli fu addosso, sibilando un “Dove eravamo rimasti?” all’estrazione del pugnale. Scott non provò neanche a difendersi e chiuse gli occhi in attesa del colpo mortale, confessandosi alla ragazza mentre ella lo atterrava:
- Non mi sono mai perdonato quello che ho fatto. Pensavo di aver perso per sempre la fiducia delle persone e che la regina mi avrebbe aiutato a riconquistarla, ma così non era. Tutti mi odiavano per quello che gli avevo fatto… Che ti avevo fatto. So di aver ucciso la tua famiglia e mi dispiace, davvero. Da quando mi sono reso conto che la regina non riusciva a darmi quello che cercavo sono partito e ho incontrato Dawn. Lei mi ha cambiato e… Credo di amarla davvero. – Sospirò rumorosamente, sentendo i singhiozzi di Gwen sopra di sé. – Sono entrato nei ribelli per cercare di farmi perdonare per tutto il dolore causato e l’attacco di domani è la mia ultima possibilità di redenzione e sono quanto mai felice che Dawn venga con me. Courtney l’ha tradita, sbattendola in cella, e ha tradito me quando le ho confessato di amare sua figlia. Mai avrei pensato di incontrarti di nuovo, soprattutto insieme a Duncan… – Ghignò. – … Ma sono felice che così sia stato, perché ho la possibilità di implorare il tuo perdono. Perdonami, quindi, Gwen. Perdonami per tutto il dolore che ti ho causato e uccidimi pure, se ritieni che sia l’unico modo di espiare le mie colpe. – Poi tacque.

Gwen si passò una mano sulle guance umide di lacrime, asciugandole e sospirò, riconoscendo la sincerità nella voce di Scott, che giaceva sotto di lei, immobile, in attesa della morte:
- Io ti ho odiato, Scott. Ti ho odiato come non ho odiato nessun’altro in vita mia, ma in fondo sapevo che l’avevi fatto per sopravvivere e non posso dire che non avrei fatto lo stesso, perché in fondo siamo tutti fatti della stessa pasta e ormai ho lasciato andare chi per colpa tua è morto. Ti ho odiato e ti odio ancora, non posso negarlo, ma… Tutti meritano una seconda possibilità, persino i traditori. – Lasciò cadere il pugnale a terra, a fianco della testa di Scott e si scostò. Il ragazzo si tirò su e osservò Gwen in silenzio.

- Gwen… - Iniziò lui, ma lei lo interruppe fissandolo negli occhi e ghignando, serissima:
- Fai del male a Dawn e giuro che ti ucciderò davvero. Non è ancora venuta la tua ora, Scotty.

Lui sorrise e la aiutò ad alzarsi. Si osservarono per qualche secondo, immobili, poi il ragazzo le accarezzò una spalla, sorridendo:
- Bentornata, cara compaesana.
- Adesso non ci allarghiamo troppo, eh! – Ridacchiò Gwen spingendolo indietro scherzosamente, ma poi diventando immediatamente seria. – Questa non è una pace, sia chiaro. E’ una tregua. Quando tutto questo sarà finito, quando Courtney sarà stata deposta e il Morbo curato allora ci faremo una lunga chiacchierata.

Il ragazzo annuì e i due suggellarono il loro patto con una stretta di mano, per poi tornare insieme all’accampamento con gli animi più leggeri.

Il loro ritorno fu accolto con grande sollievo da Dawn e Duncan e Gwen andò subito a scusarsi con Jerard, implorandolo di poter partecipare all’assalto del giorno successivo. Jerard rise, bonario, e rispose che in effetti i due capi ufficiali erano Scott e Duncan, quindi avrebbe dovuto chiedere a loro.

Fuori dall’accampamento, nel frattempo, l’uomo incappucciato ghignava vedendo che Gwen e Scott si erano riappacificati.

- Bene bene, mia cara Gwen, ci rincontreremo presto. Purtroppo per te la tua resa dei conti con il passato non è finita.

Dopodiché sussurrò un oscuro incantesimo e sparì in una nuvoletta di fumo nero, materializzandosi alle porte del castello di Courtney.

Era una splendida costruzione progettata con l’ausilio degli Elfi: i muri erano di pietra massiccia e verso il cielo si innalzavano innumerevoli torre e guglie. I tetti erano di lucido metalli chiaro e le uniformi delle guardie sui torrioni lampeggiavano dorate alla luce del sole. Una grande balconata sovrastava il ponte levatoio che dava accesso al massiccio portone in legno e un fiume ormai quasi del tutto secco lambiva il castello come in un abbraccio.

Quando la regina era dentro il palazzo esso appariva in tutto il suo splendore, ma ora che era assente esso era lugubre, smorto e per niente regale. Le guardie sulle torri non avevano più il loro splendore o la loro aura di timore e autorità e il silenzio era quasi irreale.

L’uomo incappucciato si era materializzato davanti al portone e ad un suo cenno della mano quello si aprì cigolando e le sentinelle caddero in un sonno profondo. Entrò a passo sicuro, osservando i giardini reali con gli splendidi giochi d’acqua e le aiuole fiorite, non curate da qualche tempo però, e si diresse verso gli scantinati, sparendo nell’ombra con un ultimo ghigno fulmineo.

-

La sera, all’accampamento, si fece una piccola festa propiziatoria per l’assalto dell’indomani e si accese un falò con delle sterpaglie per qualche minuto, per poi spegnerlo onde evitare di essere scoperti proprio l’ultima notte.

Qualcuno fece delle offerte alle Dee, facendo bruciare cibo, vestiti o libri, mentre altri si riunirono qualche momento in preghiera.

Jerard passava a dare pacche sulle spalle e parole d’incoraggiamento a tutti e Scott e Duncan giravano tra la gente per riscoprire quello che si erano persi.

Dawn e Gwen erano insieme e vennero coinvolte nelle danze dai ribelli che, seppur non conoscendole, le trattarono come se fossero state di famiglia, perché ormai non importava più essere favorevoli o contrari a Courtney, ormai la sorte era decisa: quelle persone l’indomani sarebbero andate a morire o a vincere contro un regime sbagliato che forse era giunto al suo epilogo.

La festa si protrasse fino alle più oscure luci della notte, quando Jerard si issò nel mezzo delle ceneri del falò e intimò a tutti di andare a nanna, dato che l’indomani li avrebbe aspettati una grande impresa.

- Scott, Dawn! – Intimò loro Jerard. – Vi abbiamo sistemati nel vostro vecchio alloggio, vicino a quello di Gwen e Duncan.
- Magari non vogliono essere sentiti… - Ammiccò Scott.
- Non ti preoccupare: le pareti sono di solido legno impenetrabile. – Rise Jerard ammiccando a sua volta. – Questo vale sia per loro… Sia per voi. – Ammiccò di nuovo, stavolta con più forza.

Dawn arrossì inevitabilmente e Scott si passò una mano sulla nuca, imbarazzato.

- Avanti, ragazzi, un po’ di umorismo! – Rise Jerard. – Buonanotte. – E si avviò nelle sue camere.

La gente intorno a loro si ritirava nelle proprie casette, ancora euforica per la festa e per il liquore ingerito, mentre loro due, imbarazzati si dirigevano verso il loro alloggio.

Era una casetta soprelevata come tutte le altre, del tutto anonima e simile a quella degli altri occupanti dell’accampamento, ma per loro, abituati a dormire all’addiaccio da giorni, era quasi una reggia.

- Ah! – Sospirò di sollievo Dawn buttandosi sul letto, concedendosi quel piccolo gesto infantile.

Scott sorrise e si issò sopra di lei, abbassandosi per baciarla appassionatamente.

Lei ricambiò il bacio stringendo il volto di Scott tra le mani e sorridendogli, felice.

- Cos’è successo con Gwen? – Non poté trattenersi dal chiedere Dawn, curiosa.

Scott sospirò e si stese accanto a lei, raccontandogli quanto accaduto, amaramente.

- Non giudicarmi, ti prego. – Concluse lui.
- Non lo sto facendo. Molte persone avrebbero fatto come te, ma… Capisco la reazione di Gwen. – Ammise Dawn.
- Abbiamo risolto e lei mi ha quasi ucciso, se devo dirla tutta. – Ridacchiò Scott. – Non è cambiata per niente: anche quando eravamo bambini era sempre lei la coraggiosa e leale del gruppo.
- Tu che ruolo avevi? – Lo punzecchiò Dawn.
- Io? Ovviamente il leader amato e osannato da tutti. – Ghignò Scott.
- Oh, ovvio. – Rise anche Dawn.
- Comunque non siamo qui per parlare di me… - Un’ombra di malizia si accese come un lampo negli occhi del ragazzo. - … Mia cara, come vogliamo passare la nostra, forse, ultima notte insieme?

Dawn avvampò immediatamente.

Si era concentrata sul racconto di Scott e sul passato di Gwen che conosceva solo in parte, non aveva minimamente preso in considerazione i desideri di Scott.

- Io… - Cominciò, più rossa che mai.
- Ah, ah! – Scott rise di gusto, baciandola di nuovo, delicatamente. Era un bacio dolce, casto e puro.

Il ragazzo si issò nuovamente sopra la ragazza, baciandole il collo, lascivo e slacciandole la camicia, insinuando le sue mani sotto la casacca di lei.

Dawn chiuse gli occhi, beandosi di quel contatto, ma avvampando e rimanendo rigida e inerte sotto le mani esperte del ragazzo.

- Scott… - Sussurrò lei, agitata e tesa. – Io…
- Dawn. – Lui si sollevò, immobile e la guardò negli occhi, felice. – Non ho intenzione di fare nulla che tu non voglia fare.
- Scusami… - Sussurrò Dawn, sentendosi inadeguata e immatura.
- Non devi. – Sorrise nuovamente lui, tornando a stendersi vicino a lei. – Sospettavo che non fossi pronta, ma non importa! – Si affrettò ad aggiungere. – La ragazza di cui mi sono innamorato è quella timida, insicura e dolcissima Principessa con un coraggio fuori dal comune e un senso di giustizia superiore a qualsiasi altra cosa. – La guardò negli occhi, spostandole una ciocca di capelli dal viso. – Quella è la ragazza che voglio al mio fianco domani, quando combatteremo insieme e quella è la ragazza che vorrò accanto nei momenti migliori e peggiori della mia vita, se anche lei lo vorrà. Se lei sceglierà me, io ci sarò per lei e la aspetterò sempre.
- Lei ti ha già scelto. – Disse, sicura, Dawn, baciandolo a sua volta.

Lui la abbracciò e sussurrò sulle sue labbra:
- Dawn, io ti amo. – Lei sussultò di gioia e sorrise. – Se dopo la grande battaglia di domani saremo ancora vivi non ti lascerò mai più andare.

Dawn annuì e si rituffò tra le sue braccia, posizione in cui si addormentò con il cuore traboccante d’amore e il sorriso sulle labbra.

-

Duncan aveva aspettato di rimanere da solo con Gwen tutto il giorno, per parlarle.

Si erano ormai ritirati in una casetta diversa assegnata loro da Jerard, dopo che erano stati dimessi dall’infermeria e la ragazza si era seduta sul letto, sorridendo a Duncan e sapendo che stavano per avere una chiacchierata quanto mai seria.

- Mia cara… - Iniziò Duncan poggiandole una mano sul ginocchio e sedendosi accanto a lei sul letto.
- Chiedimi quello che vuoi sapere senza esitare. – Sorrise lei a sua volta.
- E’… Tutto a posto con Scott? – Chiese Duncan, il ricordo del racconto della ragazza e dei suoi occhi furenti impresso nella mente.
- Penso di si. Domani combatteremo insieme; è deciso. Non so se riusciremo a tornare davvero alleati come eravamo da bambini, ma non importa. Domani tutto questo finirà. – Sorrise Gwen. – Altro?
- In effetti no. – Ghignò Duncan. – Quindi, ora che abbiamo esaurito la parte dei preliminari possiamo passare a qualcosa di più entusiasmante, non credi?

Gwen non fece in tempo a finire di chiedere cosa intendesse che lui era già saltato giù dal letto, si era messo di fronte e a lei e la stava baciando con passione. Il corpo di Gwen reagì per lei e gli circondò la vita con le gambe, abbandonandosi a quel bacio.

Duncan la prese in braccio e la spinse contro la parete, baciandola e mordendola sensualmente mentre lei inspirava bruscamente. Gwen afferrò il colletto della camicia di lui e lo premette con più forza contro di se, insinuando le sue delicate mani sotto i suoi indumenti e accarezzandogli la pelle nuda.

- Duncan… - Gemette lei alzando la testa verso l’alto e lasciandosi baciare il collo, per poi spingere via Duncan e ghignare. - Non ho intenzione di fare sesso con te questa sera, sia chiaro.

Duncan rise per qualche secondo, incredulo:
- Cosa?! Ma guardati!

Gwen ridacchiò a sua volta e pensò che effettivamente doveva avere un aspetto arruffato a causa delle carezze passionali di Duncan.
- Caro mio, te le devi guadagnare certe cose! – Ghignò.
- Ah si? – Duncan ghignò a sua volta, malizioso.

Si avvicinò nuovamente alla ragazza, sussurrando con voce roca e carica di desiderio:
- Me le devo guadagnare… Come? Così? – Le sollevò la camicia insinuando le sue dita su ogni centimetro di pelle sensibile della ragazza, che reagì inspirando immediatamente e spalancando gli occhi.

- Oppure così…? – Continuò Duncan, baciandole languidamente il collo.

- O anche così…? – Finì, baciandola con passione sulle labbra, mentre lei si abbandonava contro il suo corpo.

Il ragazzo sussurrò contro la sua bocca:
- Non importa quanto dovrò aspettare, Gwen. Nonostante sia sicuro che neanche tu puoi resistermi! – Sorrise sghembo, poi tornò serio. – Il sottoscritto non è uno che abbandona facilmente le persone a cui tiene e… Io ti amo. – La baciò di nuovo e lei lo fissò negli occhi, senza staccarsi.

Lui sorrise e concluse:
Se dopo la grande battaglia di domani saremo ancora vivi non ti lascerò mai più andare.

-

L’alba era sorta da qualche ora e ogni traccia degli ultimi fuochi si era spenta.

Gli zoccoli del cavallo nell’acqua producevano un suono che nel silenzio del mattino sembrava assordante.

Ciaf, ciaf.

In groppa a quello splendido cavallo bianco, adornata del suo mantello rosso bordato di pelliccia e con in testa una vistosa corona dorata e di pietre preziose, Courtney esaminava l’accampamento dei ribelli da poco scoperto.

Le case erano state perquisite, ovviamente, ma erano tutte inesorabilmente vuote, anche se, come aveva sentenziato il suo capo delle guardie, non erano state lasciate più di qualche ora prima.

Courtney si aggirava tra di esse in groppa al suo cavallo, respirando l’aria che avevano respirato i ribelli e quasi percependo il loro eco.

Una guardia le si avvicinò:
- Probabilmente si dirigono al castello.
- Sicuramente, stolto. – Ghignò Courtney, osservando il paesaggio circostante. – Molto bene, chiamate gli stregoni per farci trasferire immediatamente a palazzo: dobbiamo preparare una degna accoglienza a questi seccatori. Ah, date fuoco a tutto: i nostri scarafaggi da stanare hanno firmato la loro condanna a morte.

 

- CIAMBELLANGOLO -
Buongiorno a tutti, miei baldi giovani e mie balde giovani (?) :3
Ormai siamo molto vicini alla fine di questa storia (direi quasi lì) e non mi sembra vero di averla finita, quindi preparatevi a un discorsone pieno di feels da parte mia, la prossima volta.
Avrei voluto dare uno spazio immensamente più grande al rapporto Gwen/Scott, ma in effetti non li ho resi due personaggi così vicini o così legati, quindi va bene così… Che ne pensate?
Lasciatemi una recensione se volete darmi un parere, ma grazie ugualmente per aver letto (se siete arrivati fino a questo capitolo vi faccio i miei più sentiti complimenti e ringraziamenti :3),
un mega abbraccio a tutti voi,
_Rainy_
PS: Sto scrivendo una storia sui clichè presenti in moltissime fanfiction romantiche su EFP, vuoi dargli un’occhiata? > http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3056658&i=1

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Capitolo 26
*** 26. ***


26.

 

Erano in marcia da poche ore e l’atmosfera nel piccolo esercito era tesa. I bambini e le donne avevano preso una strada diversa arrivati a un incrocio con una strada di terra battuta e si erano diretti verso una città più vicina perché il loro compito era finito: ora i soldati non avevano bisogno di essere allietati o confortati dalle urla di gioia e dai giochi dei bambini. Il tempo delle risate era finito.

Dawn aveva insistito per proseguire con loro, perché nel suo cuore ancora sperava di poter redimere la madre, ma era consapevole che se ciò non fosse successo sua madre sarebbe stata uccisa.

Gwen e Duncan marciavano in silenzio, fianco a fianco, in testa al gruppo e appena dietro a Jerard. Ogni tanto si scambiavano uno sguardo fuggevole o si sfioravano con la punta delle dita e entrambi non riuscivano a non sentire un confortante calore nel petto ogni volta che succedeva. Stavano per perdersi? Non lo sapevano, ma almeno sarebbero stati vicini anche nella morte.

Il piccolo drappello di uomini era composto principalmente da contadini addestrati il più possibile che impugnavano con fierezza le loro armi, fieri di immolarsi per la loro causa. Jerard li guidava con sguardo fisso all’orizzonte e si irrigidì quando cominciarono ad intravedersi le prime guglie del castello.

- Direi che ci siamo. – Sussurrò Duncan, ghignando di soddisfazione e eccitazione per l’imminente battaglia.
- Frena i bollenti spiriti. Dobbiamo ripassare il piano. – Replicò con voce profonda Jerard.

Il mago sbuffò e annuì.

Si accamparono più vicini che poterono al castello, in una piccola radura nascosta dal fitto fogliame degli alberi boschivi. Jerith sospirò sedendosi su un masso e fissò a lungo Jerard prima di porre la domanda che tutti si stavano facendo:
- Cosa facciamo?
- Semplice, mio caro… - Replicò Jerard sorridendogli. - … Attacchiamo secondo il piano e uccidiamo la regina.

Jerard lanciò un’occhiata di sfuggita a Dawn, che sussultò immaginandosi il cadavere della madre.

- Tutto a posto, principessa? – Le chiese Scott, premuroso.
- Si. – Annuì con vigore. – Qual è il piano?
- Semplice. – Si intromise Jerard. – Duncan e i Guaritori fanno qualche diavoleria magica per permetterci di entrare nel castello indisturbati, poi andiamo dritti dentro per setacciare il palazzo e trovare Courtney, dopodiché qualcuno dovrà farsi dire la causa della malattia con qualsiasi mezzo… - Calcò “con qualsiasi mezzo” con enfasi e odio. - … E infine morirà.

Dawn sussultò di nuovo, ma annuì decisa:
- Quando attuiamo questo piano?
- Ora. – Ghignò Duncan e senza aspettare un cenno di Jerard si alzò e fece segno ai Guaritori, unici praticanti di arti magiche oltre a lui, di seguirlo.

Si posizionarono a raggiera dietro agli alberi più vicini al fiume che circondava il castello e osservarono la situazione: sopra le mura almeno una ventina di guardie passeggiavano avanti e indietro o chiacchieravano tra loro.

Duncan ghignò e fece un segno con la mano, per poi congiungere le mani davanti al proprio volto, quasi come se fosse in preghiera. Chiuse le mani a pugno intrecciandole ad eccezione degli indici, che rimasero dritti e giunti. Dalla punta di quelle due dita si sprigionò lentamente una luce verde, che crebbe d’intensità e si fuse con gli altri raggi bluetti emanati dai Guaritori, vicino a lui. Le luci si mescolarono, si lambirono, si abbracciarono e divennero quasi impalpabili mentre si alzavano verso il cielo, nel più assoluto silenzio. Scesero come un mantello sulle guardie, che lentamente crollarono a terra, una dopo l’altra.

- Dimmi che non le hanno appena uccise… - Sussurrò Dawn a Gwen.
- Temo di si. – Rispose gravemente la cacciatrice di taglie.

Lo stregone fece poi un segno a Jerard che prese ad avanzare insieme al plotone di uomini. Il ponte levatoio si abbassò lentamente ad un gesto di Duncan e entrarono nel cortile del palazzo.

Il silenzio era irreale e per terra c’erano decine di cadaveri uccisi dall’incantesimo di Duncan, chiaramente magia oscura. Dawn rabbrividì e si strinse istintivamente a Gwen, che sorrise a quel gesto così infantile.

Sguainarono le spade e per un attimo lo stridio del metallo riempì l’aria, poi scese nuovamente il silenzio più assoluto.

Jerard fece degli ampi segni verso una porta laterale nascosta da due file parallele di colonne di pietra e la socchiuse lentamente, uccidendo senza esitare la guardia che si nascondeva li dietro.

Entrò seguito dal drappello di uomini. Nessuno osava emettere un suono e Gwen trattenne persino il fiato.

Entrarono nel palazzo. L’interno era semplicemente di pietra con numerosi arazzi appesi ai muri in quasi tutte le sale, che fossero da letto, da conversazione, per mangiare o semplicemente corridoi bui e deserti. Tutti arazzi celebrativi di Courtney o della sua dinastia; alcuni ritraevano persino la bambina, Dawn, al momento della sua nascita.

Jerard guardò Dawn intensamente e lei annuì, capendo che doveva essere lei a guidarli.

Sentirsi di nuovo a casa, dopo così tanti avvenimenti, era strano. Non sentiva più di appartenere a quel posto, ma al tempo stesso tutte le cose che vedeva la chiamavano fortemente a loro, dandole una sensazione di familiarità e nostalgia che le fece salire le lacrime agli occhi. Sentì la forte mano di Scott posarsi su una spalla, pronto a sorreggerla.

Lei scosse la testa e ricacciò indietro le lacrime: era il momento di essere forti.

Girò sicura in un corridoio e vide Cameron venirle in contro, spaventatissimo:
- Intrusi! – Urlò il ragazzino.
- No! – Urlò Dawn vedendo Jerard che avanzava a spada sguainata, pronto a ucciderlo. – Cam! Sono io!
- Principessa! – Cameron sgranò gli occhi pieni di lacrime. – E’ tornata!
- Si… - Sorrise amaramente lei. – Questo incubo finisce oggi, Cam. Dov’è mia madre?
- E’ rientrata molte ore fa ed è nella sala del trono. Sa del vostro arrivo. – Rispose greve.

La notizia calò su di loro come una nuvola nera: erano attesi, dunque.

Dawn annuì seria e fece loro strada verso la sala del trono indicando un corridoio con un ampio gesto della mano:
- Di là.
- Ci faremo ammazzare! – Protestò Jerith. – Sa che siamo qui!
- Sei libero di andartene. – Sibilò Jerard fulminandolo con uno sguardo.

Jerith tacque e abbassò lo sguardo, seguendo poi il piccolo drappello di uomini che si spostava verso la sala del trono.

Percorsero lunghi corridoi costellati di armature grigie e infine Dawn si fermò davanti a un massiccio portone di legno:
- E’ qui dietro.
- Molto bene, la ringrazio, principessa. – Ripose Jerard sorridendo, poi si voltò verso i suoi soldati. – Uomini, dietro questa porta ci attende una grande battaglia. O la vita o la morte. Se avete qualcosa da dire fatelo in questo momento, perché tanto sanno già che siamo qui e in ogni caso è la vostra ultima occasione. – Esitò qualche secondo, ma nessuno disse niente. – Fratelli, permettetemi di essere la vostra guida in questa ultima battaglia per riscattare la nostra dignità e mettere fine a quest’inferno durato fin troppo. Uomini, vivere o morire! – Alzò la spada in aria perforando la folla con lo sguardo e ben presto tutti i suoi soldati lo imitarono sussurrandosi incoraggiamenti l’un l’altro.

Scott, Gwen e Duncan fecero lo stesso guardandosi e sorridendosi.

Dawn sorrise a tutti e quando ebbero riposto le spade prese un profondo respiro, mise le mani sulle due ante del portone e spinse con tutte le sue forze.

Il portone si aprì con un lento e pesante cigolio.

La sala del trono era maestosa: muri e pavimento di pietra levigata; una doppia fila di colonne di marmo perlaceo reggevano un soffitto a volta altissimo e affrescato, quasi come una cattedrale. Un lungo tappeto rosso scorreva in mezzo al colonnato raggiungendo una corta rampa di scale che portava al piano rialzato su cui c’era il trono. Uno solo, ovviamente. Era di legno massiccio intarsiato con oro e pietre preziose, riccamente decorato e imponente. Dietro al trono c’erano tre enormi finestre su cui erano stesi drappi violacei che facevano da tendaggi, ma la luce filtrava lo stesso facendo scintillare gli intarsi della sedia regale e le piccole gemme incastonate nella corona della regina, che li aspettava seduta.

Era avvolta in un maestoso vestito di broccato bianco con fili dorati che creavano motivi floreali sulla gonna e si intrecciavano sul corpetto per creare una fitta rete scintillante. Le maniche a sbuffo terminavano sui gomiti e le mani ben curate erano strette una a pugno e l’altra attorno al manico di uno scettro d’oro e pietre preziose, che richiamava la corona reale che la regina portava sul capo.

- Benvenuti, miei cari ospiti. – Ghignò Courtney squadrando i ribelli ad uno ad uno. Quello sguardo si insinuò nell’anima dei soldati facendoli correre un brivido di puro terrore per la spina dorsale. – Ciao anche a te, figlia mia.
- Salve, Courtney. – Sibilò Dawn ricambiando lo sguardo d’odio della madre.
- “Courtney”? Non ti ho insegnato le buone maniere? Vediamo se l’acciaio, di cui fai così spudoratamente uso, te le ricorda… Guardie! – Strillò isterica agitando lo scettro.

Dalle pareti si staccarono una decina di armature rimaste immobili fino ad allora e accerchiarono i ribelli. Dal portone entrò poi un’altra trentina di guardie che si dispose dietro le prime con le spade puntate verso i nemici.

- Stiamo per morire tutti… - Sussurrò Gwen terrorizzata, spalancando gli occhi e guardandosi intorno, capendo di non avere scelta.
- Ti fidi di me? – Duncan le prese una mano e la fissò intensamente negli occhi.

Gwen annuì e lui strillò:
- A terra!

Istantaneamente tutti i ribelli si gettarono al suolo e lui fece comparire dal nulla il suo bordone magico per poi sbatterne violentemente la punta a terra, urlando parole in una lingua ormai dimenticata.

Dalla punta del bordone si sprigionarono scintille verdognole da cui dipartirono altrettanti raggi che colpirono la prima fila di guardie, che subito crollò a terra.

Gwen esultò internamente e sorrise, ma quell’espressione di gioia le si raggelò sul viso, perché dopo pochi secondi i soldati caduti si rialzarono aiutati da qualche compagno e massaggiandosi esclusivamente la testa.

- Ah ah! – La risata isterica della regina giunse fino a loro. – Se pensi che questi insulsi trucchetti magici servano a qualcosa ti sbagli: non puoi usare la magia.
- Molto bene. – Ghignò Duncan trasformando il bordone in una mazza ferrata di dimensioni ridotte. – Sarà più divertente!

E con un urlo si lanciò verso la prima guardia, abbattendo con violenza la mazza ferrata sulla sua testa, protetta dall’elmo. L’elmo si accartocciò su se stesso comprimendo con violenza la testa della guardia e in alcuni punti si ruppe, permettendo al metallo con cui era fatta l’arma di raggiungere la pelle viva. Il sangue schizzò intorno al corpo morente della guardia colpita e imbrattò le guardie vicine, che però rimasero impassibili.

- Avanti, uomini! – Urlò Jerard sguainando la spada e correndo verso la guardia più vicina a lui. L’esercito rispose come un sol uomo e tutti i ribelli si lanciarono verso i nemici brandendo le loro armi.

Gwen assaporò l’aria di battaglia e sguainò la spada con un ghigno malefico per poi sorridere amabile a una guardia che le si era avvicinata e trafiggerla senza pietà al petto. Le armature erano di metallo solido, ma non esisteva materiale che potesse resistere alla sua spada, forgiata dai migliori fabbri del regno.

I ribelli volteggiavano aggraziati intorno alle guardie, più violente e scoordinate, ma non tutti avevano una preparazione adeguata e ben presto il sangue che imbevette il tappeto non fu più solo dei soldati della regina. Diversi corpi smembrati giacevano inerti al suolo.

Dawn saltellava agilmente intorno a una guardia decisamente più grande di lei con in mano una piccola spada affilatissima e a tratti gli infliggeva qualche profondo e fastidioso taglio che subito si infettava a causa del veleno di cui era cosparsa l’arma.

- Principessa, la smetta: non vorrei farle del male. – Disse deciso la guardia evitando un affondo della ragazza.
- Il dolore di cui ti devi preoccupare non è certo il mio. – Sibilò la principessa estraendosi fulminea un pugnale dalla cintura e lanciandolo con precisione (un trucchetto che le aveva insegnato Gwen anni prima) nella fenditura per gli occhi dell’elmo. La lama penetrò in profondità nel bulbo oculare della guardia, che urlò di dolore e crollò in ginocchio. Dawn la pugnalò rapidamente al cuore con la spada, con uno sguardo di scuse.

Scott e Duncan avevano uno stile di combattimento molto simile, essendosi spesso addestrati insieme, e in quel momento erano schiena contro schiena alle prese con tre guardie che gli giravano intorno pregustando il loro sangue.

Scott ghignò sapendo esattamente cosa fare e si lanciò contro una di loro nello stesso istante in cui Duncan scagliava un pugnale contro quella di fronte a lui, che però lo colpì solo di striscio al fianco. Volteggiarono insieme scambiandosi di posto, parando, ferendo e colpendo senza pietà.
Improvvisamente si trovarono separati: una guardia di fronte ad ognuno di loro e una in mezzo a dividerli l’uno dall’altro. Scott si abbassò in un lampo per scagliare un pugnale alle gambe della guardia di fronte a lui mentre Duncan si girava, fulmineo, per un micidiale affondo alla cieca con la mazza ferrata che tranciò di netto la testa alla guardia che era in mezzo a loro, poi si voltò e assalì l’ultima guardia rimasta prevalendo facilmente.

I due ragazzi si sorrisero per un attimo, complici, prima di tornare alla battaglia che infuriava intorno a loro.

Duncan infilzò con la mazza ferrata una guardia già ferita alla gamba e si osservò intorno mentre estraeva l’arma dal petto dell’uomo che aveva appena ucciso. Colse qualche frammento del combattimento di Scott, vide Dawn parare un colpo di una guardia e notò che la regina, Courtney, se ne stava ancora sul trono, immobile e sorrideva beandosi dello spettacolo. Per ultima vide Gwen, la sua Gwen, a terra, la spada lontano di qualche braccio dal suo corpo e una guardia che si preparava a infliggergli il colpo mortale.

Fece per intervenire, ma con immenso orgoglio vide la ragazza sferrare un potente calcio alla spada della guardia che istintivamente la lasciò cadere a terra. La lama non fece in tempo a toccare il suolo che era già nelle mani di Gwen per poi essere conficcata in profondità nel petto del suo aggressore. La cacciatrice ghignò e scivolò rapidamente a recuperare la sua amata spada per poi rivolgere uno sguardo d’intesa a Duncan. Lo stregone stava per sorriderle di rimando quando improvvisamente vide il bel visino della ragazza sbiancare e fece appena in tempo a scartare di lato e ad evitare la lama di una spada nemica, che però incise un profondo taglio nella spalla.

Urlò di dolore e si girò rabbiosamente per uccidere chi aveva osato ferirlo.

La battaglia infuriò per decine di minuti e alla fine, quando anche l’ultima guardia fu a terra, morta, i ribelli rimasti erano meno della metà di quelli che erano partiti.

Dawn, Scott, Duncan e Gwen erano tutti vivi e si girarono a sorridersi l’un l’altro per poi guardare i superstiti: soldati conciati male, sanguinanti e con le vesti logore che si squadravano a vicenda. Jerith era vivo e chino sul corpo di Jerard, che invece era riverso a terra con un profondo squarcio nel petto.
- No, capo! – Si disperò Jerith piangendo copiosamente.
- Cosa ti ho sempre detto, Jerith? – Sorrise debolmente Jerard, respirando affannosamente e con i sensi storditi dal dolore. – Un vero uomo non piange mai.
- Allora non voglio essere un vero uomo! – Jerith continuò a piangere abbandonandosi sul petto del suo capo, ormai quasi un padre.
- Oh, no, Jerard! – Dissero Scott e Duncan che si erano subito avvicinati insieme al resto del ribelli.
- E’ colpa sua! – Strillò rabbiosamente uno dei soldati indicando con furia la regina.
- Già: veniamo a noi… - Ghignò Duncan avviandosi a grandi passi verso Courtney che era sbiancata e si era precipitosamente alzata per uscire dalla sala. – Non provare a scappare: ormai niente potrà salvarti.
- No, aspettate… - Strillò Courtney con gli occhi spalancati per il terrore. – Verranno altre guardie e… E…
- Lascia che vengano! – Sibilò Scott affiancando Duncan mentre i ribelli immobilizzavano la regina.
- No, vi prego, aspettate! – Si disperò ancora Courtney guardandosi freneticamente intorno in cerca di un rifugio.
- Già. – Sussurrò una voce perfida e acuta proveniente dall’entrata della sala. – Aspettate…

I ribelli si voltarono e videro l’uomo incappucciato.

Era a testa bassa e avvolto nel suo solito mantello e non si scorgeva nessuna fattezza né del corpo né del volto.

- Buongiorno, miei cari: avete fatto un eccellente lavoro qui. – Ghignò, ma la sua voce trasudava odio piuttosto che orgoglio o apprezzamento.

Fece un gesto della mano appena accennato e il portone si chiuse di scatto con un assordante boato:
- Così nessuno ci disturberà. – Poi proruppe in una perfida risata.
- Cosa vuoi? – Lo aggredì Scott.
- Oh, Scott! Che maniere! Sono solo venuto a salutare una vecchia amica prima di andarmene… - Si finse offeso, poi la voce tornò malvagia come prima.

Con un gesto lento ed estenuante si scostò il cappuccio di dosso e rivelò prima una zazzera di capelli neri, poi due vispi occhi scuri, ma c’era qualcosa di oscuro in quei lineamenti: nessuna traccia della gioia che doveva averli animati un tempo.

Gwen crollò in ginocchio spalancando gli occhi e la spada le sfuggì di mano.

L’uomo incappucciato doveva aver ottenuto l’effetto desiderato, perché esplose in una perfida risata:
- Ciao, Gwen.

Duncan si girò di scatto a guardare la ragazza che si era accasciata su se stessa come se fosse totalmente priva di energie e vide i suoi begli occhi riempirsi di lacrime:
- Gwen…? – Fece per andarle incontro, ma Dawn lo fermò fissando intensamente la sua amica.

- Papà… - Sussurrò Gwen portandosi le mani alla bocca.
- Vieni ad abbracciare papà! – Sussurrò mellifluo l’uomo incappucciato allargando le braccia.

La ragazza si alzò tremante riprendendo la spada tra le mani tremanti e si fermò a qualche braccio di distanza dall’uomo.

- E’ suo padre?! – Sussurrò Scott a Dawn.
- Non lo so. – Ammise la ragazza, serissima.

Duncan era rimasto il silenzio a osservare la scena con uno strano presentimento.

- La mamma? – Chiese timidamente Gwen, facendo un altro passo avanti.
- E’ morta. – Rispose gravemente l’uomo.

La ragazza annuì con sguardo triste.

- Perché ti fai rivedere ora?
- Oh, avanti, a dopo le domande! – Rise l’uomo allargando maggiormente le braccia. – Vieni da papà, avanti!
- Perché ora? – Ripeté lentamente la ragazza.
- Be’… - L’uomo sembrò sinceramente imbarazzato. - … Te lo spiegherò quando tutto questo sarà finito, ora vieni qui! – C’era una strana ombra di insistenza nella sua voce e Gwen indietreggiò istintivamente mentre nella sala regnava il silenzio.
- Papà… Che ne hai fatto della mia Melith? – Chiese Gwen chinando la testa di lato e stringendo gli occhi.
- La… Tua… Melith? – Sussurrò l’uomo. – C-cosa?
- Non ti ricordi cos’è la mia Melith? – Gwen strinse gli occhi e impugnò più freddamente la spada.
- Figlia mia, sono passati così tanti anni…
- E’ impossibile che tu l’abbia dimenticato. – Sibilò Gwen, decisa e riprese ad avanzare verso l’uomo. – Tu non sei mio padre!
- Come?! Non riconosci il tuo vecchio?! La tua Melith è… Ma certo! E’ una bambola! – Ghignò trionfante l’uomo.
- Ah. – Gwen ghignò a sua volta. – Mio caro impostore, chiunque tu sia, non è mai esistita nessuna Melith. – L’uomo si irrigidì. – E’ qualcosa che mi sono inventata in questo momento e il fatto che tu abbia saputo rispondere vuol dire che mi hai letto nel pensiero o qualche altra diavoleria magica e ti posso assicurare che mio padre non ne era capace. – Una calma di ghiaccio era scesa sulla ragazza. – Perché hai provato a fingerti mio padre, cosa vuoi da me? Ah, poco importa. Non ti perdonerò mai! – Gwen aveva urlato le ultime parole mentre si lanciava contro l’uomo brandendo con forza la spada.

Lui ghignò di perfidia e estrasse fulmineo un pugnale avvelenato trasformando il suo vero volto e rivelandosi per quello che era: uno stregone dalla pelle scura e martoriata per i troppi incantesimi di guarigione e dai capelli bianchi e stopposi, i denti giallognoli e gli occhi neri come la notte illuminati da un’ombra di malvagità.

- Come sei intelligente, mia cara. – Ghignò ancora.

Gwen stava per affondare la spada dritta nel suo petto, quando lui si teletrasportò alle sue spalle, pronto a colpire. Gwen si buttò a terra in tempo e evitò il colpo per poi graffiare di striscio l’uomo alla gamba. Lui ringhiò di frustrazione e si teletrasportò un’altra volta, stavolta caricando con tutta la sua immensa e innaturale forza un colpo al petto della ragazza, che si spostò, ma non abbastanza velocemente e la lama le recise di netto un braccio, all’altezza della spalla.

 

 

- CIAMBELLANGOLO -
Si, avevo detto che questo sarebbe stato l’ultimo, ma poi mi sono resa conto che sarebbe stato lunghissimo o.o quindi ho deciso di spezzarlo e questo è il risultato c:
Eccoci dunque al penultimo (stavolta davvero lol) capitolo di questa ficcy ergo nel prossimo chappy preparatevi a dediche smielate a tutti voi che siete arrivati fin qui <3
Grazie mille per TUTTO :3
_Rainy_
PS: Avete mai visto le regole del delitto perfetto? No? Allora andate a dare un’occhiata qui > http://raggywords.blogspot.it per scoprire questa fantastica serie tv *-*

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Capitolo 27
*** Epilogo ***


EPILOGO

 

Gwen crollò a terra urlando per il dolore mentre il suo sangue colava copiosamente dalla ferita e imbrattava il tappeto.

- Tsk, stupida. Avresti potuto venire con me senza tante storie, io ti avrei rubato tutta l’energia vitale e sarebbe tutto finito: rapido e indolore. Invece guarda cosa mi tocca fare… - Alzò la spada puntandola al petto della ragazza che lo fissava negli occhi con odio e si preparò a colpire. – Io sono Ftio, reincarnazione dell’uomo che lanciò il morbo su queste terre e sono venuto a reclamare il mio trono. Tu sei solo la mia prima vittima. Non ti senti leggermente strana? – Ghignò.

Duncan corse da Gwen e si inginocchiò vicino a lei, supplicandola di non morire:
- Ti prego, no…
- Che scena commovente! – Rise malvagiamente Ftio. – Ripeto: non ti senti strana?
- Oh, no! Guarda! – Dawn alzò il braccio per indicare con orrore alcune macchie scure che stavano rapidamente comparendo sulla pelle lattea della cacciatrice. – E’ il morbo. – Concluse con un’espressione di puro terrore.
- Ebbene si. Io sono causa di quella malattia. – Sghignazzò Ftio. – Il pugnale è avvelenato. Addio. – Scaraventò Duncan lontano con un gesto distratto del polso, poi alzò la spada per infliggere il colpo mortale a Gwen, ma un’espressione di stupore e acuto dolore gli si dipinse sul volto mentre la sua testa lentamente si staccava dal colpo, recisa di netto da un colpo di Scott.

- Scott… - Sussurrò Gwen.
- Shh. – Duncan le mise un dito sulle labbra prima di fare a brandelli quello che restava del corpo di Ftio. – Ora guarirai: Ftio è morto.

Gwen però chiuse gli occhi e il suo corpo venne scosso da terribili convulsioni, la pelle le si fece giallastra e cominciò a sudare copiosamente mentre il sangue sgorgava ininterrottamente dal braccio reciso.

- No, Gwen… Che succede?! Perché non guarisce?! – Urlò Duncan disperato.
- Non era Ftio la causa. – Urlò Jerith dall’altra parte della stanza, poi prese la regina per il colletto dell’abito e le sibilò a pochi centimetri dal volto: - Come facciamo a farla guarire?!
- Non lo dirò certo a te, lurido pezzente! – Sibilò di rimando Courtney.
- Lasciala. – Ordinò Dawn avvicinandosi rapidamente alla madre.

Jerith la guardò perplesso e fece per protestare mentre la regina esultava trionfante, ma Dawn non appena fu sufficientemente vicino alla regina le tirò un forte schiaffo sulla guancia che la fece cadere a terra.

- Figlia mia, cosa fai?! – Urlò Courtney per lo stupore e per il dolore.
- Questo era per tutte le vite che hai spezzato e per tutta la sofferenza che hai causato. Ora, madre, hai la tua occasione di redimerti. Come facciamo a far guarire Gwen? – Chiese Dawn glaciale.
- Traditrice. – Courtney sputò per terra.
- Madre… - Dawn si inginocchiò accanto al corpo della donna e la fissò dritto negli occhi. - … Non hai mai desiderato una vita migliore, con qualcuno che ti ami? Quella vita può iniziare oggi, con la tua prima buona azione.
- Non pensare di convincermi con queste belle parole, ingrata.
- Si, forse sarò un’ingrata, ma tu non hai portato altro che male al tuo stato: è davvero questo il governo che volevi condurre quando sei salita al trono?! – La regina non rispose. – Se non vuoi fare un favore a me fallo al tuo regno con un atto che segni il tuo cambiamento e forse ti verrà risparmiata la vita come ringraziamento per averne salvata un’altra. Una vita per una vita. Se muore lei sicuramente morirai anche tu. Non capisci che hai l’opportunità, oltre che di sopravvivere, anche di riscoprire quel tuo lato buono che sono sicura ci fosse tempo fa?
- Hai detto bene: c’era.
- No. Io so che c’è ancora. Riflettici. Faresti davvero morire una creatura innocente e condanneresti te stessa solo perché sei troppo egoista per ammettere di aver fallito? Ormai è finita… 

Courtney esitò, valutando le opzioni e meditò sulla richiesta della figlia: cambiare in meglio o condannarsi a una morte coerente con la sua linea di governo?

- Dawn, figlia mia, devi sapere che… Ftio era impotente. Non era né concentrato né sufficientemente potente quando ha lanciato l’incantesimo, per cui… Non funzionò. Il morbo è causato da… Un Amanita, nelle fondamenta.

Non sappiamo se quella risposta spontanea fosse venuta dal cuore di Courtney o piuttosto dal suo senso di sopravvivenza e opportunismo, ma in quel momento i suoi occhi erano velati di sincere lacrime e scrutava la figlia con una punta di primordiale e vero amore.

Duncan non aspettò altro e si alzò dal corpo inerme di Gwen dopo averla velocemente baciata sulla fronte per correre verso l’entrata della cantine che le era stata indicata velocemente da Dawn.

Corse per le scale e uccise senza pietà tutte le guardie che incontrava, perché il suo obiettivo era più importante di tutto il resto.

La profezia dei monaci del Crepuscolo si stava dunque per avverare? Gwen sarebbe morta quel giorno? Non conosceva la risposta, l’unica cosa che sapeva era che avrebbe fatto di tutto per impedirlo, perché nel caso lei fosse morta non gli sarebbe rimasto più nulla per cui vivere.

- Io ti salverò… - Sussurrò a se stesso mentre i suoi occhi luccicavano di lacrime dovute alla disperazione.

Arrivò nelle fondamenta e con un deciso colpo di spada e il favore dell’attacco a sorpresa tranciò di netto la testa della guardia di nero vestita che controllava una porta di legno massiccio. La spalancò e superò una stretta scala a chiocciola per poi fermarsi improvvisamente avvertendo un pericolo nelle ossa.

- Bene bene: carne fresca… E carne magica direi! – Rise perfidamente qualcuno nell’ombra.

Duncan non riusciva a vederlo e quando la figura si mosse trasalì: un monaco notturno.

- Lasciami passare, con te farò i conti dopo! – Ringhiò Duncan.
- E perché mai? – Rise sguaiatamente. – Solo perché la tua amica sta morendo? – Duncan si irrigidì. – Vuoi sapere la verità? Non mi interessa minimamente. E’ troppo tempo che non combatto con un mago, quindi…

Il monaco oscuro si aprì il mantello sul davanti rivelando una tonaca della stessa tonalità violacea e si mise in posizione d’attacco.

- Non ho tempo per te! – Urlò rabbiosamente Duncan.
- Lo vedremo… - Ghignò il monaco prima di lanciarsi verso il ragazzo.

Dalle mani del monaco scaturivano scintille nerastre che si infrangevano contro la parete, incidendo profonde crepe nelle pietre murali. Duncan scartava e evitava tutti i suoi colpi provando ad avvicinarsi alla porta protetta dal monaco, ma egli glielo impediva.

Impugnò il bordone magico e sferrò degli incantesimi in rapida successione, ma neanche uno arrivò a centrare il bersaglio, quindi tramutò il bastone in mazza ferrata e passò al contrattacco.

Si lanciò sul monaco con micidiali e rapidissimi affondi, ma egli era troppo veloce per lui e ogni volta che pensava di averlo in pugno se lo ritrovava poche braccia dietro di sé e doveva buttarsi a terra per evitare altrimenti un raggio mortale.

- Sei bravo, non c’è che dire. – Ghignò il monaco. – Ma fino ho solo giocato e voglio farti l’onore di combattere contro tutta la mia potenza.

Congiunse le mani davanti a sé e rimase per pochi istanti immobile mentre Duncan ne approfittava per recuperare le forze. Quando il monaco sollevò la testa velata dal cappuccio il ragazzo poteva chiaramente vedere due occhi rossi scintillare sospesi nel buio e un lungo brivido di terrore gli scese giù per la schiena.

Strinse una mano sudata sul manico della sua arma e attaccò per primo, ma il monaco parò facilmente i suoi colpi a mani nude e poi lo scaraventò in aria con un secco gesto della mano.

Si avvicinò ridacchiando malvagiamente e gli tolse di mano l’arma per poi scagliarla lontano:
- Tutto qui? – Ghignò.

Duncan era accasciato contro la parete con un profondo taglio sulla fronte per il colpo subito e ansimava di fatica.

Il monaco si preparò ad infiggergli il colpo di grazia facendo brevemente roteare le mani e creando una sfera di oscurità che pareva liquida per poi scagliarla contro il ragazzo. Duncan alzò la mano per produrre, a sua volta, una sfera di luce verdastra che si scontrò con quella nera del monaco.

Le due sfere spingevano l’una contro l’altra e nessuna delle due pareva prevalere.

Buio contro luce. Male contro bene.

Il ragazzo era affaticato e gocce di sudore presero a scorrere sul suo volto, mentre il monaco era impassibile e sembrava non avvertire la benché minima ombra di fatica.

Con un ghigno fulmineo il monaco spinse più in avanti la mano e la sfera di luce di Duncan venne annientata.

Il ragazzo vide la sfera nera giungere verso di sé e comprese che era giunta la sua ora, che non sarebbe mai sopravvissuto ad un colpo del genere.

Mentre osservava la sfera avvicinarsi ripercorse mentalmente tutti i momenti significativi, sia positivi sia negativi, della sua vita che gli scorsero davanti agli occhi spontaneamente: il primo incantesimo, lo sguardo terrorizzato dei suoi genitori, la consapevolezza di essere stato abbandonato, l’incontro con Valkar, le lezioni di magia, Gwen… Già, Gwen: decisamente annoverata tra i momenti migliori della sua vita, ogni istante che avevano passato insieme era impresso e custodito dalla sua memoria.

Lei ora probabilmente era in fin di vita se non già morta: almeno sarebbe morto insieme a lei. Il rimorso per non averla salvata era bruciante, ma non avrebbe dovuto soffrire la sua mancanza nel caso avesse ucciso l’Amanita e lei non fosse guarita.

Ormai la sfera era a pochi centimetri dal suo volto e il monaco sorrideva trionfante. Si impresse nella mente la sensazione dei baci di Gwen e il suo sorriso, perché con essi voleva morire e chiuse gli occhi, aspettando la morte.

Morte che, però, non arrivò.

Quando li riaprì, esitante, vide che Scott stava pochi passi dietro il monaco e l’aveva pugnalato esattamente al cuore di tenebra che aveva nel petto.
La sfera mortale era scomparsa e il compare gli stava sorridendo:
- Va’. – Gli ordinò con un sorriso indicando con un cenno del capo la porta misteriosa.

Duncan annuì e si rialzò combattendo la stanchezza e il dolore. Si appoggiò alla porta e spinse con tutto il suo corpo. L’anta girò sui cardini e si aprì cigolando, rivelando la cripta in cui era rinchiuso l’Amanita, ormai ridotto allo stremo delle forze.

- Chi è? – Sussurrò debolmente la creatura con quella sua caratteristica voce sibilante.
- Mi chiamo Duncan, sei tu la causa del morbo che affligge queste terre? – Chiese il ragazzo trascinandosi fino davanti all’Amanita, appoggiandosi all’altare, per guardarlo negli occhi.
- Si.
- Cosa devo fare per interrompere questo processo? – Chiese seccamente Duncan alludendo al rituale magico.
- Ah. – L’Amanita sorrise. – Vedo una ragazza ferita… Tu l’ami vero?
- Si. – Annuì Duncan senza ombra di imbarazzo.
- Saresti disposto a morire per lei, vedo… Sai cosa devi fare.

Duncan annuì: doveva ucciderlo.

Alzò la mazza ferrata, ma esitò e l’Amanita sorrise di nuovo:
- Sei un puro di cuore e se le tue motivazioni sono pure non sarò morto invano, ma per raggiungere una vita migliore sapendo di lasciare una terra che senza di me crescerà e tornerà fertile e pacifica. Uccidimi. – L’ultima parola suonò quasi come una supplica dalle membra stanche della creatura.

Duncan annuì e gli sorrise a sua volta per poi calare con violenza la mazza ferrata sulla sua fragile testa.

-

DUE ANNI DOPO

Duncan prese fiato e si voltò verso l’altare sorridendo a Scott che gli stava affianco, nel suo impeccabile completo chiaro.

- Allora, sei pronto? – Gli chiese il rosso dandogli una pacca sulla spalla.
- Per niente. – Ammise Duncan sorridendo.

La folla radunata lì intorno si alzò all’unisono e i due ragazzi si voltarono appena in tempo per vedere l’entrata trionfale di Gwen e Dawn.

Le ragazze avevano abiti gemelli di tulle di diverse tonalità di bianco impreziositi da ricami oro per Dawn e argento per Gwen. Il velo, che partiva da una corona di fiori freschi dai mille colori posti sui loro capi, cingeva le loro teste e sembrava impalpabile e fatto di luce pura. Entrambe sorridevano felici mentre avanzavano nella navata principale della chiesa.

Scott e Duncan erano preparati a una vista meravigliosa, ma non poterono trattenersi dallo spalancare gli occhi e la bocca di stupore e commozione.

- Siamo qui riuniti oggi, miei cari… - Iniziò Cameron con gli occhi scintillanti di felicità. – … Per celebrare il felice di matrimonio della Regina Dawn con il signor Scott Tyson e della Guardia reale Gwen con il signor Duncan Sheperd.

Gwen e Dawn raggiunsero i loro sposi e ognuna strinse la mano al suo amato.

- Promettimi che non piangerai. – Ghignò Duncan rivolgendosi a Gwen.
- Ho i fazzoletti nella giarrettiera, nel caso ti servissero. – Rispose di rimando lei.
- Insomma, siamo a un matrimonio! Riserva queste allusioni per stasera… - Ammiccò lui sorridendole, complice.

Cameron guardò gli sposi regalando a ognuno occhiate di apprezzamento e recitò il cerimoniale:
- Signori, quest’oggi non si festeggia solo l’unione di due, be’ quattro in realtà, anime innamorate, ma anche la vittoria del bene che, ancora una volta, ha trionfato sul male. Nel caso non lo sapeste, ma dubito che ci sia qualcuno che non ne sia a conoscenza, questi quattro giovani eroi insieme a un drappello di altri valorosi uomini alcuni dei quali sono oggi in mezzo a noi… - Lanciò un’occhiata complice alla folla. - … Hanno sconfitto la terribile piaga del morbo eliminandola definitivamente dalle nostre terre: dopo l’uccisione dell’Amanita che controllava la malattia perché obbligato dalla precedente regina del regno, Courtney, esso si è risolto in pochi mesi perché è stato abbattuto dal frutto dell’amore più puro che oggi celebriamo con questa cerimonia. – Sorrise riconoscente a Duncan e Scott. – Dunque invoco la protezione delle Dee su questi giovani a cui noi tutti, oggi, dobbiamo la vita. – Inchinò brevemente la testa e come una massa indistinta la folla lo seguì chiudendosi in brevi attimi di silenzio carichi di gratitudine mentre ognuno seduto su quelle panche chinava il capo davanti ai quattro ragazzi.

- E ora… Vuoi tu, Scott Tyson prendere la Regina come tua legittima sposa?
- Si, lo voglio. – Sorrise raggiante Scott.
- E vuoi tu, mia Regina, prendere Scott Tyson come tuo legittimo sposo?
- Si, lo voglio. – Annuì con forza Dawn.
- Riguardo a te, Duncan Sheperd, vuoi tu prendere la Guardia reale Gwen come tua legittima sposa?
- Eccome! – Rispose sorridendo Duncan e facendo ridacchiare la sua sposa.
- E, Comandante delle Guardie reali, Gwen, vuoi tu prendere Duncan Sheperd come tuo legittimo sposo?
- Si, lo voglio. – Sorrise amabilmente la ragazza.
- Allora, finalmente, con l’autorità concessami dal Supremo Consiglio Religioso delle Dee di questo regno vi dichiaro marito e moglie. Potete, per vostra somma gioia, baciare le spose.

Mentre Duncan e Scott sollevavano con delicatezza i veli dal volto delle ragazze e le baciavano con amore dalla folla riunita si sollevò uno scrosciante applauso.

- Miei cari sudditi.. – Prese la parola Dawn quando si fu separata da Scott. - … Vi invito a dirigervi nei giardini reali per i festeggiamenti di questo doppio matrimonio. Che sia un giorno felice per tutti e grazie ancora per essere qui. – Concluse raggiante per poi prendere per mano il suo novello sposo e fare strada verso i giardini imitati da Gwen e Duncan, raggianti più che mai.

 

 

- CIAMBELLANGOLO -
Eeeed eccoci qui :3
Dopo un anno e mezzo – quasi due – questa storia è finalmente finita per davvero.
Vi ringrazio tantissimo per tutto quello che avete fatto per me in questi anni: non solo siete stati dei meravigliosi compagni di viaggio silenziosi o meno, ma avete perseverato nel leggere questa storia che è cresciuta nel tempo incasinandosi sempre di più :3
Spero che questa conclusione sia degna di tale nome (?) e vi rinnovo i miei più sentiti ringraziamenti <3
Ve se ama ‘na cifra, grazie ancora a tutti,
_Rainy_

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