Insegnami a scordarmi di pensare

di Rossy_chris
(/viewuser.php?uid=155417)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il vero nome della felicità quaggiù è consolazione ***
Capitolo 2: *** Anche un attimo può essere amore ***
Capitolo 3: *** Tutto incomincia sempre con le mani ***
Capitolo 4: *** Help me,Oliver! ***
Capitolo 5: *** Me la caverò parte 1 ***
Capitolo 6: *** Me la caverò parte 2 ***
Capitolo 7: *** Mai più sola ***



Capitolo 1
*** Il vero nome della felicità quaggiù è consolazione ***


Non feci neanche in tempo a mettere piede sull’ultimo scalino, che lo trovai lì, seduto sul pavimento, con la schiena ricurva e la testa bassa. Mi fermai,colpita dalla scena. Oliver aveva le braccia parallele al corpo, le labbra serrate e il torace non sembrava nemmeno sussultare ogni volta che inspirava. Il silenzio che lo avvolgeva era così assordante che sentii una morsa al petto tanto forte da farmi appannare gli occhi. Li chiusi  e respirai profondamente, contando fino a tre. Quando li riaprii non era cambiato niente, ma almeno il mio cuore batteva regolarmente,almeno così mi sembrava,e riuscivo di nuovo a muovere la gambe.
Scesi, facendo attenzione a non essere troppo rumorosa. Naturalmente, non ci riuscii.  Oliver alzò lo sguardo,per quello che mi sembrò un secondo soltanto, per poi tornare a fissare il vuoto. Mi bloccai nuovamente.
Deve essere così che si sentono i monaci quando sono davanti all’altare,pensai. Mi bastava guardalo per sentirmi beata, per sentire la mia anima danzare. Rabbrividii e cercai di scacciare quei pensieri.
  - Oliver – chiamai.
Lui non si mosse.
- Oliver ,guardami –
Mi avvicinai a lui e mi abbassai . Lui si girò piano.
Aveva gli occhi pieni di lacrime. Il volto stanco, di un uomo arreso. Mi fissava, ma il suo sguardo sembrava perso altrove ,era come se non mi vedesse neanche.
Gli accarezzai un braccio prima delicatamente poi con più forza. La camicia bianca gli avvolgeva in modo morbido i muscoli che la mia mano tastava nel modo più discreto possibile, anche se avrei voluto aggrappar mici con tutta me stessa e non lasciarli mai.
- Felicity –
Il mio cuore sussultò. L’aveva solo bisbigliato il mio nome, a stento le labbra si erano unite per far uscire le lettere,i suoni, ma nella mia testa risuonò come un tuono. Aveva bisogno di me, il mio nome non era un sussurro era un grido di disperazione. Gli cercai la mano e gliela strinsi. Lui ricambiò. Intrecciò le sue dita con le mie e alzò lo sguardo. Sta volta mi vedeva, lo capivo dal mio riflesso nelle sue pupille. Mi fissava con aria solenne, come se si trovasse di fronte a una regina. Alzò l’altro braccio e mi avvolse le spalle. Sentii che mi spingeva verso di lui e avrei voluto facilitargli il compito e abbracciarlo a mia volta, ma il corpo non voleva sapere di rispondere ai miei comandi. Pensai che è così deve sentirsi il mouse quando non mostra la freccia sullo schermo. 
- Vorrei essere morto sull’isola. –
Mi paralizzai. Il mio cervello mi diede credo una ventina di impulsi diversi, ma io non ne ascoltai neanche uno. In situazioni del genere,c’è un solo muscolo da ascoltare: il cuore.
Mi alzai, di scatto.
- Oh certo! –
Le parole mi uscirono automatiche
- Certo Oliver non dovresti neanche essere qui! Così le vite di centinaia di persone sarebbero finite nel modo più crudele possibile!così nessun criminale avrebbe mai pensato alla redenzione o ad una seconda possibilità, così la città vivrebbe nella normale lotta tra poliziotti corrotti e criminalità organizzata; Così nessuno avrebbe un briciolo di speranza nella giustizia! -
 Il silenzio che mi circondava faceva sembra la mia voce squillante. O forse lo era sul serio?
Presi una pausa e tornai a parlare. Oliver non si era mosso di un centimetro.
- Così io non saprei cosa vuol dire impegnarsi per avere un mondo migliore. Non saprei di cosa sono capace. E soprattutto, dovrei accontentarmi di sognare di essere rapita da un eroe verde col cappuccio ogni sera. Invece grazie al cielo è tutto vero. Nel senso c’è davvero un eroe verde col cappuccio, non ho mai sognato di essere rapita da te, è chiaro.-
Sorrisi e chiusi gli occhi perché sapevo di aver mentito. L’avevo sognato eccome di essere rapita da Arrow, una sera, dopo aver visto Spiderman. Camminavo in un vicolo di Starling City e lui spuntava dal nulla, si calava su di me e mi baciava, proprio come succede a Maryjane. Mi ripromisi di non noleggiare mai più spiderman, dopo quella notte.
Quando riaprii gli occhi, Oliver era appoggiato con la schiena dritta al palo dietro di lui. Aveva gli occhi fissi su di me, come se stesse assistendo ad uno spettacolo. Mi sorrise appena, con quel sorriso che avrebbe incantato chiunque, probabilmente anche lo stesso Slade.
Aprì le braccia e mi fece cenno di entravi.
Non me lo feci ripetere due volte. Mi avvicinai veloce e naturalmente inciampai nei miei stessi piedi. Gli caddi addosso, ma lui non si mosse, anzi, spinse il mio corpo verso il suo. Per rimanere in equilibrio, mi feci leva sulle ginocchia e mi ritrovai a cavalcioni su di lui.
Capii per la prima volta una frase di Shakespeare “Insegnami a scordarmi di pensare”
Oliver era il miglior insegnante che avessi mai avuto.
Abbassai la testa e mi ritrovai la sua a pochi centimetri. Sentiva probabilmente il mio respiro sul collo visto che lui sembrava una statua. Dio quanto era bello. Così serio,ma con lo sguardo giocoso, pieno di gratitudine. Se quella era la ricompensa per poche parole di conforto, pensai che gli avrei scritto un’ode quello stesso pomeriggio.
- Oliver!  –
La voce di Diggle fu come la campanella della scuola. Feci per alzarmi, mentre faticavo a metabolizzare la situazione, ma Oliver mi tenne a sé. Appoggiò delicatamente le sue mani alla mia schiena e mi spinse a restare com’ero.
Non riuscii a vedere la faccia di Diggle, ma visto il lungo silenzio dopo il suo arrivo capii che doveva essere davvero comica.
- Laurel ti sta cercando –
Dannazione! Quel nome, in quella frase! Abbassai lo sguardo per evitare quello di Oliver. Mi sentii così stupida ad essermi lasciata trasportare , ad aver solo pensato che lui avesse bisogno di me.
Poi improvvisamente, sentii una spinta che mi sollevava. Oliver si stava alzando e aveva avuto la brillante idea di lasciarmi aggrappata a lui. Sussultai per lo spavento e mi avvinghiai con le gambe alla sua schiena. Avrei dovuto confessarglielo, prima o poi, che soffrivo di vertigini.
Lui mi rimise giù, delicatamente. Nel farlo avvertii la sua mano sfiorarmi la schiena e poi il sedere. Arrossii , diventando rossa come un pomodoro.  Altro che farfalle nello stomaco!
Oliver si rivolse a Diggle con un semplice cenno. Fece per andarsene, ma poi tornò indietro di un passo.
Si girò lentamente verso di me e mi strinse forte la mano
- Grazie –
Sorrisi senza rispondere. Mi buttai a capofitto nei suoi dolci occhi e dovetti lottare per trattenere la voglia di confessargli che amavo quando mi ringraziava guardandomi in quel modo.
Lui sorrise a sua volta, facendomi sentire ancora più su di giri e poi sparì, salendo le scale.
Sospirai e andai a sedermi al mio posto, mentre ogni singolo centimetro del mio corpo bramava il tocco di Oliver Queen.
 
Intanto…
Laurel camminava spazientita fuori il Verdant. Appena lo vide corse da lui
- Oliver. –
- Ehi    –
Lo fissò solo per un attimo. Sembrava molto stanco.
- Deve venire con me. Devo mostrarti una cosa –
- Di che si tratta?-
Laurel lo fissò spaventata  - Ricordi i miei sospetti su Sebastian Blood?-
Oliver annuì
- Sebastian raccoglieva quel sangue per radunare un esercito. Devi credermi Ollie, ho fatto fare delle ricerche sul suo cont..
Oliver la fermò, mettendole le mani sulle spalle.
- Vieni con me. Devo presentarti un amico –
Le fece strada nel Verdant ,sapendo di dover aggiungere un altro nome alla lista di persone che erano a conoscenza del suo segreto.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Anche un attimo può essere amore ***


 Capitolo II 
“Anche un attimo può essere amore”
Avevo il cuore che batteva a mille,le mani tremanti e gli occhi fuori dalle orbite. Fissavo lo schermo del pc, ma non vedevo nulla. Nei miei occhi c’erano ancora quelli di Oliver.
Presi il mouse e giocai un po’ con la rotella. Chissà se anche la rotella andava su di giri quando la toccavo. Io di certo andavo su di giri soltanto se Oliver mi sfiorava.
-Basta. Oliver. Basta.-  Lo ripetei tre volte,ad alta voce, giusto per essere sicura.
-Basta cosa?-
La sua voce fu un pugno nello stomaco. Sentii il calore salirmi in viso e invadermi le guance. Mi girai velocemente, unendo le mani, quasi come per pregare Dio di farmela andare bene.
Ciò che vidi mi diede la risposta giusta
-Di portare persone quaggiù!Insomma, Slade,Isabel, Roy- presi una pausa e rivolsi lo sguardo più esasperato che potevo fingere di avere – quante altre persone devono essere a conoscenza del nostr..-mi fermai un secondo  -cioè, tuo segreto?- conclusi la frase senza riprendere fiato.
Lui non mi guardò neppure, aveva preso la mano di Laurel per mostrarle il “covo”:
Volevo piangere. Sentivo che ero stata una stupida a poter credere per un attimo che le mie parole gli avessero fatto da àncora.  Ero sicura di essere l’unica in grado di capirlo davvero, ma forse non ero quella tanto in gamba da meritarlo. Mi sentivo una ragazzina del college, una di quelle sfigate che non potrà mai uscire con il capitano della squadra di football perché porta gli occhiali e non ha le tette abbastanza grosse.
Mi fissai il seno per qualche secondo passandoci anche una mano sopra. Poi guardai Laurel.
“Push up e lenti a contatto alla prima occasione signorina Smoak”
Ricevuto.
 
-Lo sapevo già, Ollie.-
Rabbrividii al posto di Oliver, mentre Laurel pronunciava quella frase.
Lui non sembrava scomposto.
-Slade, una notte, mi disse che eri tu Arrow. Il mio cuore lo sapeva già, perché io ti conosco meglio di chiunque altro..-
Tossii rumorosamente.  Laurel non sembrò infastidita, ma Oliver mi rivolse uno sguardo interrogativo. Io gli feci un cenno con la mano come a dire “ok”, ma lui continuò a fissarmi
-Ti ho amato per metà della mia vita e sapere cosa fai tu per me, per la gente di Starling city, beh mi fa sapere di aver amato la persona giusta. – Fece una pausa molto lunga, durante la quale Oliver le aveva messo le mani sulle spalle, ma di soppiatto continuava a gettare lo sguardo dal mio lato.
-Sara è la tipa vestita di pelle, vero? Ecco perché c’era sempre lei quando io o papà eravamo in pericolo. Adesso capisco anche perché voi due funzionate meglio di me e te insieme.- Sorrise amara, mentre Oliver continuava a rimanere una statua.
-Oliver dobbiamo correre ai ripari. Sebastian ha un piano orribile in mente e sono sicura che farà del male a molte persone-
Lui finalmente si mosse. Tolse le mani dalle spalle di Laurel e la guardò. Poi si girò verso di me.
-Felicity- Si incamminò verso di me  - Sono certo che Sebastian lavori con Slade. Lo sta usando come pedina del suo esercito.- Strinse le spalle e chiuse gli occhi. Sembrò quasi di star trattenendo le lacrime. – Dobbiamo scoprire di più-
Mi attivai subito. Amavo quando mi chiedeva di far qualcosa, mi faceva sentire importante,desiderata.
-Cosa sai di preciso, Laurel?-
-Ha sostenuto una campagna per la raccolta di sangue. Un pomeriggio Thea venne da me a chiedermi aiuto su un loro amico scomparso. Io non gli diedi molto peso, ma dopo la notte in cui Slade è venuto da me –prese una pausa per guardare Oliver –vidi Sebastian in tv intento nella sua solita campagna elettorale. Mi venne automatico pensare alla conversazione avuta con sua madre nell’ospedale, al collegamento trovato con l’amico scomparso di Thea. Poi oggi pomeriggio sono riuscita ad entrare nel suo ufficio e a piazzare una ricetrasmittente sulla sua giacca. Parlava con un uomo al telefono e gli diceva “lo so, avrai il tuo esercito entro stasera.”-
-STASERA?-
Io e Oliver urlammo in contemporanea
Laurel annui spaventata
-Ho sentito che parlava di un magazzino che erano soliti usare per riunirsi. Diceva che avrebbe iniziato l’opera dando delle indicazioni a questi “soldati” su come attaccare la città-
-Dobbiamo intervenire subito-
Oliver lo disse a denti stretti, mentre impugnava l’arco
-Ci saranno centinai di magazzini a Starling city!-esclamai impaurita. –Non vorrai mica controllarli tutti?-
-No, da solo non potrei mai. Mi aiuterai tu.-
Si avvicinò, a passi lenti, come faceva di solito e con gli occhioni dolci. Passò una sua mano sul mio viso, accarezzandolo con le dita, dolcemente. –Tu mi hai dato la forza di rialzarmi poco fa.- La sua voce si era fatta più sicura e decisa –Non posso fare nulla se tu non sei con me-
Il mio cuore scoppiò di gioia a sentire quelle parole. Mi stava accarezzando e ringraziando davanti a Laurel! Per la prima volta era un momento “nostro” condiviso con qualche sua rivale.
Sorrisi a 36 denti, prendendogli la mano.
-Dimmi cosa devo fare. Puoi contare su di me.-
Lui me la strinse forte, ricambiando il sorriso
-Prendi il tuo completo nero, si torna in azione-
Mi lasciò la mano e si allontanò facendo cenno a Laurel di seguirlo.
Io mi limitai ad accasciarmi alla mia sedia e a roteare intorno felice come una pasqua. Oliver aveva bisogno di me e io non avevo intenzione di deluderlo.
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Tutto incomincia sempre con le mani ***


Ero nel panico: la lampo non si chiudeva e io ero nel covo davanti alla teca di Oliver sperando di riuscire, attraverso il riflesso, a tirarla su in qualche modo. Perché a catwoman non è mai capitato che si incastrasse la lampo?in tutti i film aveva addirittura il tempo di mettersi l’eyeliner. Io non so nemmeno come si usa un eyeliner!
Sbuffai e quasi mi si riempirono gli occhi di lacrime. Non potevo andare con un semplice completo nero?E Sara che voleva regalarmi i suoi corpetti! Avrei fatto annodare tutti i laccetti in un secondo.
Sara. Al suo nome, sorrisi inavvertitamente. Mi mancava la sua presenza. Mi avrebbe aiutato in questa situazione e avrebbe saputo come consolarmi. C’era uno strano feeling tra di noi, riusciva a capirmi guardandomi negli occhi per questo molto spesso le parlavo a testa bassa. Probabilmente aveva anche capito quanto ci tenessi ad Oliver. Ricordai come durante una delle nostre serate lei aveva detto qualcosa di strano su noi due. Ogni sera dopo gli incontri di tutto il “team Arrow”, Sara mi portava con sé in una torre buia in periferia. Mi insegnava le tecniche elementari di lotta, come affrontare un nemico più grande e alto di me, quali erano i punti più facili da colpire, come correre senza sentire troppa fatica. Nessuno era a conoscenza di questi nostri incontri e dopo soltanto un mese di allenamenti mi sentivo diversa quando Oliver mi parlava delle missioni. Mi sentivo più pronta, più sicura. “Tutti questi miei insegnamenti non ti serviranno, Felicity” mi aveva detto Sara “finchè Oliver ti guarda con quegli occhi, non sarai mai in pericolo”
Al ricordo di quelle parole mi bloccai con una mano sulla schiena e il busto proteso in avanti. Osservai il mio corpo buffo nella teca e pensai di assomigliare alla strega Grimilde di biancaneve. Per niente sexy insomma, nonostante la posizione e il completo.
Presi un lungo respiro e tornai alle prese con la lampo. Doveva venire su in qualche modo. Allungai la mano dietro la schiena e feci per farla salire, ma nuovamente mi ritrovai bloccata. Appoggiai le braccia ai fianchi e sbuffai,stanca.
-Felicity?-
La voce di Oliver fu un pugno nello stomaco. Sentii le gambe cedere e il volto farsi paonazzo. Mi mancò quasi il fiato quando urlai:
-NON PROVARE A FARE UN ALTRO PASSO, OLIVER-
Stavo minacciando un arciere e lottatore professionista,mentre ero piegata e bloccata per colpa di una lampo. Nessuna possibilità di vincita insomma.
Lo sentii avvicinarsi e subito feci per drizzarmi. Lui mi sfiorò appena i fianchi,con un gesto sicuro e dolce come ad intimarmi di rimanere così. Avvertii la sua mano prendere la lampo e chiuderla velocemente . “Tic”. Chiusa.
Mi alzai pronta ad affrontare la bruttissima figura che avevo fatto. Mi si riempirono gli occhi di lacrime e mi vergognavo un modo a voltarmi. Mi portai le mani al volto e sussurrai –grazie-
Oliver non disse nulla. Fece un solo passo e si ritrovò davanti a me. Mi prese le mani e le allontanò dal mio volto, portandole al suo petto. Sentivo il suo sorriso perforarmi, insidiarsi dentro di me per sconfiggere ogni barriera, come sempre.
-Io…- iniziò a parlare, poi si interruppe per stringere forte le mie mani che erano ancora appoggiate sul suo petto.
-Io penso di non aver mai sentito il mio cuore battere così forte-
Stette in silenzio per farmi controllare che ciò che diceva era vero. Ad ogni battito le mie dita sussultavano. Cosa significava quella frase?
-Non immagini in che condizioni sia il mio- biasciai in modo confuso
Lui capì lo stesso. Mi alzò il volto, soltanto con un dito. Amavo questi contatti così intimi che nascevano da singoli e impercettibili gesti,moviment. Mi facevano salire un calore lungo tutto il corpo, che poi andava ad insidiarsi lì nel cuore, sotto il nome di Oliver Queen
-Dobbiamo restare concentrati,oggi. Abbiamo una missione importante-
Diceva quelle parole, ma i suoi occhi, i suoi gesti, dicevano altro. Il mio cervello aveva percepito ogni singola sillaba della frase pronunciata da Oliver, ma il mio corpo aveva colto quello che era nascosto. Quella sua luce negli occhi, quel suo modo di corrugare la fronte, di tenermi le mani, di stringere le labbra. Quel “ho tanta voglia di te” che si nascondeva in ogni singola carezza.
-Concentrati.-ripetei automaticamente. –puoi scommetterci, niente può distrarmi-
Lui strinse la mano nella mia,accarezzandone il dorso.
Niente può distrarmi,pensai. Niente tranne te, Oliver.
 
-Mettiamoci al lavoro-
-Non aspetto altro-
Lo dissi così spontaneamente che Oliver non poté fare a meno di sorridermi di nuovo. Non ero pronta per niente, ma avrei dovuto esserlo. Avrei dovuto esserlo per quel sorriso.
Lo guardai di nuovo e seppi in cuor mio di aver trovato una delle forze più grandi su cui far affidamento: l’amore. Salve!questa era una scena "preparatoria"alla missione, perchè dopo gli ultimi episodi della serie volevo concentrarmi ancora un po' sul bellissimo rapporto di Oliver e felicity. La missione inizierà in settimana. Rimanete in lettura :P

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Help me,Oliver! ***


-Sarà difficile affrontare tutti gli uomini di Blood-
Oliver aveva un tono serio,quasi preoccupato. Io ero di fronte a lui, in religioso silenzio. Mi limitavo a fissarlo con aria concentrata, cercando di non perdermi neanche una parola, anzi in verità cercando di capire anche i suoi silenzi. Ogni volta che ci parlavo mi sembrava di dover risolvere un cruciverba, ma non uno di quelli facili, uno di quelli dove ti chiedono il nome della capitale del Kazakistan.
-Ho bisogno della tua abilità e della tua straordinaria intelligenza. È molto rischioso quello che sto per chiederti Felicity..-
-Ci sto- risposi così velocemente, da non dargli il tempo di concludere la frase.
Lui sorrise e incrociò le braccia,guardandomi serio.
-Mi serve un’arma, un qualcosa di più potente delle mie frecce. Ci ho pensato su, ed è praticamente impossibile cercare il magazzino in cui si nascondono. Devo aspettare una loro mossa e ucciderli- si fermò un attimo, stringendo i pugni-uno ad uno.-
Avevo i brividi a sentirlo parlare così,ma lo nascosi. Se avesse notato un mio minimo tentennamento mi avrebbe sicuramente lasciato a casa.
-A che tipo di arma stai pensando?-
-Quando ero sull’isola,c’era un ingegnere aerospaziale che lavorava per il dottor Ivo. Diceva di aver trovato un’arma alimentata da flussi di energia magnetica.-
-Ma è assurdo!sei sicuro di quello che dici?-
Mi passarono per la testa tutte le nozioni di fisica quantistica che avevo avuto modo di studiare al college, ma non trovai nessun collegamento plausibile.
-Io non lo so- Si avvicinò a me e mi mise una mano sulla spalla. Era il suo tocco per infondermi coraggio. E naturalmente, ci riusciva sempre. – Ma dobbiamo scoprire il più possibile-
-Posso contattare Berry e i suoi amici!- Lo dissi probabilmente con troppa enfasi, perché lui sembrò alzare gli occhi al cielo
-Ti rendi conto della gravità della situazione?- scandì bene ogni sillaba, come a volermi sgridare. –Nessuno deve essere a conoscenza di ciò che sta accadendo a Starling City-
- Oh giusto, Oliver. Molto meglio fidarci delle supposizioni di Laurel, soltanto perché, beh è Laurel! Non c’è bisogno di un motivo quando si tratta di lei-
Non cambierò mai, pensai mentre finivo la frase. Troppo impulsiva, dannazione. Quanto avrei voluto essere come lui, così distaccato e freddo.
-Scopri tutto quello che puoi- La sua voce fu un sibilo. –E fa attenzione alla lampo.-
Non mi diede neanche il tempo di rispondergli che scattò via sulle scale.
Grazie tante Oliver! Ero così stizzita che avrei potuto affrontarlo tutta da sola quel dannato esercito!
Cercai di scacciare via i pensieri,mentre digitavo il numero degli Star Labs. Fu Cisco a rispondermi, un caro amico di Berry.
Gli spiegai la situazione cercando di essere più precisa possibile nonostante le scarse informazioni di cui ero a disposizione. Per fortuna lui capì di cosa stavo parlando:
-C’era un tipo tutto strambo qui, che è stato mandato via perché creava armi pericolose. Diceva di essere un erede di Tesla, roba del genere.- Giurai di averlo sentito ridere –Se passi oggi al magazzino posso cercarti qualcosa e magari lo analizziamo insieme-
-Grazie, Cisco.-
-E magari ceniamo assieme, insomma,sai per parlarne con calma-
Mi guardai nella teca e sorrisi imbarazzata.
-Per stasera passo Cisco,ma ti prometto che recupereremo-
Non avrei voluto far saltare via la tuta, era già stato troppo imbarazzante prima con la lampo.
-Okay allora ti aspetto. Ciao-
Riagganciai e mi preparai ad uscire. Mi sentivo davvero impacciata,odiavo essere sola.
Salii le scale e cercai le chiavi dell’auto nello zaino.
-Cercavi queste?-
Era apparso Diggle davanti a me, con in mano un mazzo di chiavi che dondolava davanti al mio viso.
Gli rivolsi il sorriso più bello della giornata. Era lì sempre pronto per me, non so come, ma c’era. Sempre.
-Si, grazie. Guidi tu?-
Lui ricambiò il sorriso –Ovvio Felicity.Cerchiamo di arrivare almeno sani e salvi ai laboratori-
Gli feci la linguaccia. –Non è carino origliare,sai?-
-Ordini del capo-
Lo guardi torva e lui subito cercò di mascherare le parole, tossendo.
Fortuna che Oliver non poteva,o almeno non ancora, leggermi anche nel pensiero.

Attendemmo l’orario di chiusura per scendere dal furgone ed avviarci ai laboratori. Cisco mi aspettava sul retro, nel deposito. Lo trovai seduto ad un pc con un’espressione preoccupata.
-Cisco!-
Lui si alzò improvvisamente, intimandomi il silenzio.
Diggle si strinse a me. Evidentemente aveva capito l’allerta di Cisco.
-Non siamo soli. Hai per caso altri amici?-
-No…-
Non feci neanche in tempo a rispondere che andò via la luce. Sentii il cuore salirmi in gola.
-DI QUA!-
Cisco iniziò a correre e io lo seguii a ruota. Cioè Diggle lo seguì a ruota, perché io gli tenevo la mano e venivo trascinata per inerzia. Il panico incominciava a paralizzarmi e il mio corpo non ne voleva sapere di rispondere ai comandi. Non riuscivo a vedere bene dove andavamo,ne avevo idea di chi ci stesse seguendo. Possibile che Diggle non si fosse accorto di nessuno?
-Dannazione le chiavi!-
Ci fermammo di colpo ed ebbi il tempo di riprendermi e respirare un po’. Il buio si era fatto meno fitto e riuscivo a vedere una specie di porta davanti a noi
-Oh, levati di mezzo.-
Diggle mi lasciò la mano e si schiantò contro la porta. Tre colpi e la porta andò giù
-Ti prego insegnami come si fa-
Lui mi guardò esasperato, poi fece cenno a Cisco di entrare.
-Eccola, dovrebbe essere questa. –
Diede a Diggle una specie di fucile, ma non uno di quelli che fanno paura, uno di quelli che si usano per le battaglie d’acqua sulla spiaggia
-Siamo sicuri che sia questa l’arma giusta?-
Cisco non ebbe tempo di rispondere. Una mano si era allungata sul suo collo e lo stava alzando in aria, come se pesasse quanto una piuma
-Oh mio Dio!Dig!-
Corsi via, andando a sbattere contro una specie di tavolo. Sentii Diggle caricare la pistola e orientarsi nel buio per sorprendere l’aggressore.
Io mi accovacciai, stringendo forte l’arma. Continuavo a non vedere bene così feci affidamento sul mio udito.
Bum,bum, bum.
Tre colpi di pistola, poi il silenzio.
-Andiamo Felicity, so che sei qui. Non rendere tutto più difficile-
Sobbalzai dallo spavento. Cercava me, non l’arma.
Se avessi preso il cellulare avrei fatto luce di sicuro e non potevo in alcun modo parlare ad Oliver. Accesi la ricetrasmittente che avevo nell’orecchio sperando che arrivasse qualcosa e  in qualche modo ad Oliver. Non tanto per salvarmi, ma per fargli capire che l’arma l’avrei lasciata lì in modo che lui potesse prenderla.
La lasciai scivolare dolcemente sul pavimento per evitare ogni minimo rumore. Mi spostai leggermente, ma non feci neanche in tempo a spostare il braccio che mi sentii sollevare.
-Finalmente Oliver si è deciso a lasciarti da sola..-
Mi mise del nastro per sigillarmi le labbra. Urlai più forte che potevo, per far capire a Oliver che ero in pericolo. Probabilmente non fu nemmeno criptato dalla trasmittente il suono che ne uscì. Mi caricò in spalla e si avviò chissà dove, mentre il mio cuore batteva forte e il respiro mi veniva meno. Chi diavolo mi aveva rapito?perché mai aveva scelto me?Da quanto tempo mi osservava?
Quasi piansi al pensiero di tutte queste domande senza risposta. Presa dallo spavento,cercai di graffiare o accecare il mio rapitore usando le mani libere. Ma non toccai pelle, sembrava di ferro. Forse indossava una maschera.
-Non avresti dovuto nemmeno provarci-
Sentii questa frase,poi più nulla.

Riuscirà Oliver a capire che Felicity è in pericolo? La risposta la avrete entro mercoledì. Rimanete in lettura,mi raccomando :D
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Me la caverò parte 1 ***


Era appena scoccata la mezzanotte e Oliver non aveva ancora nessuna notizia né di Diggle né di Felicity. Iniziava a preoccuparsi seriamente.
Scese nel covo, a passo svelto, sperando di trovarli lì,magari si erano soltanto dimenticati di richiamarlo. Magari Felicity si era davvero trattenuta a cena con quel Cisco. Si immaginò la scena: lei con indosso un lungo abito nero,avvolgente sulle curve,e lui così cicciottello dall’altro capo del tavolo a fissarla come se fosse uno spuntino. No, Felicity non avrebbe mai potuto accettare di andare a cena con lui, in fondo non era il suo tipo. Pensò a come poteva essere il tipo di ragazzo da cui Felicity sarebbe stata attratta,ma il freddo vuoto del covo lasciò quel pensiero lì, sospeso a mezz’aria.
Nessuna traccia, nessun biglietto. Niente, nulla. Rimase al centro della stanza, con i pugni stretti e le braccia parallele al corpo, il respiro che accelerava assieme al battito cardiaco e la rabbia, mista a preoccupazione che si faceva preda del suo corpo. Si avviò verso i computer e ne accese uno. Il segnale di Diggle era assente,mentre quello di Felicity…
Era molto lontano dal magazzino, ed era immobile. Dove diavolo era finita?
Mentre guardava quello schermo giurò di aver sentito il cuore fermarsi per una manciata di secondi. Non c’era più un minuto da perdere. Afferrò il suo costume e si affrettò ad indossarlo.
 Il rombo feroce di una moto spezzò il silenzio di Starling City.
Quando arrivò ai laboratori Star, le lancette si erano spostate di appena tre minuti. Osservò con circospezione l’ambiente,aiutandosi con i sensi. Quando fu dentro, strinse l’arco più forte. C’era qualcosa nell’aria che non lo faceva stare tranquillo.
Girovagò per l’ambiente,accelerando quando il buio si faceva meno fitto. Arrivò davanti ad una porta buttata a terra e si fermò. Respirò a pieni polmoni ed entrò.
Cisco era a terra, in una pozza di sangue. Corse ad aiutarlo e si accorse che aveva un graffio profondo sull’addome. Gli controllò il polso e sospiro dal sollievo. Strappò un pezzo della sua maglia e gli fasciò la ferita nel miglior modo che potè,facendo attenzione a non fargli troppo male. Lui non si mosse un millimetro e questo mise ancora più paura ad Oliver. Lo alzò in braccio e lo appoggiò sul tavolo e finalmente Cisco aprì gli occhi,mostrando un’espressione impaurita.
-C’èra qualcuno…c’era qualcuno!-
-Chi?-
Forse fu troppo duro nel rispondere, ma la preoccupazione gli stava facendo perdere le buone maniere.
-Qual…qualcuno.-
Lo sussurrò quasi e poi chiuse gli occhi di nuovo. Oliver ruggì dalla rabbia. Chi diavolo li aveva seguiti?
Guardò con maggiore attenzione la stanza e soffocò un grido.
Diggle era steso a terra, con la pistola tra le mani, un ampio graffio sul viso e l’addome che non si muoveva.
-DIG!DIG!-
Oliver si lasciò su di lui, posando l’arco a terra e togliendosi il cappuccio.
Prese il corpo dell’amico e lo scosse forte, urlando il suo nome a squarcia gola. Per fortuna Diggle aprì gli occhi
-Dov’è Felicity?-
Diggle scosse la testa,trattenendo le lacrime.
Oliver si alzò e prese a calci delle sedie,scaraventandole per aria. Cisco sentì il rumore, fece per alzarsi, ma poi si accasciò di nuovo, stanco.
-L’ha presa lei, Oliver- La voce di Diggle fu un tuono in una giornata di sole
-Lei chi?-
-Isabel-
Oliver si abbassò, con un’espressione indecifrabile in volto. Aiutò l’amico ad alzarsi e gli controllò la ferita. Il sangue scintillava ancora,ma per fortuna il volto di Diggle non ne avrebbe risentito.
-Aiuta Cisco,ha una ferita parecchio profonda, ma se la caverà-
Diggle non rispose,si limitò a guardarlo con occhi dispiaciuti. Occhi che nascondevano un “ti prego, salva Felicity” tanto evidente da far male perfino al forte cuore di Oliver.
Ma mentre voltava le spalle ai suoi amici captò qualcosa, nel suo orecchio risuonò un richiamo, un sussurro impercettibile. Si concentrò al massimo: non c’erano dubbi, era la voce di Felicity.
Prese il cellulare e captò la sua posizione. 10 km lo separavano da lei.
Riafferrò l’arco e si avviò veloce.
-Oliver aspetta!-
Non dovette neanche rientrare che si ritrovò tra le mani una specie di pistola. Diggle gliel’aveva lanciata,guardandolo speranzoso. –Dovrebbe essere questa.-
Lui non disse niente, si voltò e se ne andò di nuovo. Nascose l’arma nella faretra e per la prima volta dopo l’isola,si ritrovò a pregare Dio di mandargliela buona.
[…]
-Oliver,Oliver,Oliver, Oliver, Oliver-
Continuavo a ripeterlo, nonostante lo scotch alle labbra. Sentivo che presto avrei perso le forze e sarei svenuta,facevo troppa fatica a respirare. Non riconoscevo nulla del posto in cui ero stata trascinata né immaginavo perché mai Isabel avrebbe dovuto rapirmi. Beh forse un po’ lo sapevo, visto che mi era sempre apparsa antipatica,ma non fino a questo punto (o forse si?). Rabbrividii quando mi accorsi dei pensieri che stavo avendo, ero così tranquilla, come se la morte non mi facesse per niente paura. E infatti era così: non avevo paura della morte perché sapevo che da un momento all’altro, Oliver sarebbe entrato e mi avrebbe salvato. E se non ci fosse riuscito, avrebbe avuto l’arma adatta per porre fine a tutto questo e il mio sacrificio avrebbe permesso la salvezza di tutta la città. Mi si riempì il cuore d’orgoglio: se questo significava morire, avrei accettato di farlo.
-Ci sta mettendo un po’ troppo tempo eh bambolina?-
Isabel si avvicinò a me,lentamente. Mi guardò, dietro quella stupidissima maschera che indossava, con aria sprezzante e soddisfatta. Allungò la lama della katana che aveva in mano lungo il mio collo ed esitò,per qualche secondo, senza smettere di fissarmi:
-Mi sa che dovremmo iniziare la festa senza di lui..-
Il freddo della lama sulla pelle mi diede i brividi. Avvertii le lacrime scendere,veloci. Me ne sarei andata, gloriosa come un’eroina,ma piena di rimpianti.
-NO!-
L’urlo di Oliver fu così forte da farmi avere l’impressione che Isabel stesse cadendo. Mi chiesi se fosse dovuto alla forza dei sentimenti o alle onde radio.
-NON TOCCARLA!-
Finalmente lei si spostò e potei guardare Oliver. Era lì come avevo previsto e subito sentii il mio cuore più leggero,pieno di gioia. Che paradosso per la situazione che stavo vivendo.
-E come credi di fermarmi,stupido Oliver?Sono invincibile, le tue frecce non mi faranno nulla-
Isabel si allontanò da me, dirigendosi verso Oliver. Allargò le gambe,aprì le braccia e gli rivolse un sorriso isterico:
-Colpiscimi Oliver!non puoi nulla contro di me-
E fu in quel momento che pensai veramente di svenire.
Oliver abbassò l’arco, si tolse il cappuccio e la implorò,piangendo
-Lasciala andare,ti prego, lei non ha colpe..-
Isabel si limitò a ridere,ricomponendosi e posandosi dietro le mie spalle.
-Lo so come la guardi sai, Oliver?Come ti perdi nei suoi occhi, come indugi sulle sue labbra, come desideri le sue gambe-
Avvertii la lama sfiorarmi le cosce, dandomi i coniati di vomito.
-Dimmi, se ti piacciono tanto posso pure regalartele tanto a lei non servono più-
Chiusi gli occhi e spinsi la bocca più che potevo. Mi passarono 1000 immagini e pensieri diversi per la testa, ma non c’è ne fu uno che non vedeva Oliver coprotagonista.
Era finita, non aveva trovato l’arma o forse non era quella giusta, avevo fallito, ma starling city non era ancora condannata. Oliver ce l’avrebbe fatta e non si sarebbe fatto scoraggiare dalla mia morte. Non poteva,non doveva.
“Perfino a un passo dall’altro mondo non posso fare a meno di pensarti, Oliver”
Riaprii gli occhi e vidi Isabel, alzare la spada. Li richiusi e urlai con tutta la forza che avevo in corpo:
-TI AMO OLIVER!!!-
Quello che successe dopo, stento ancora a immaginarlo. Attenzione!Ci avviciniamo al finale...ultimi due capitoli. Prossima pubblicazione domani stesso,mi raccomando fatemi sapere cosa ve ne pare della storia *-*

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Me la caverò parte 2 ***


Invece di avvertire un dolore atroce alle gambe,un freddo vuoto pronto ad accogliermi o qualunque altro tipo di sensazione si possa provare da morti, il mio corpo percepì solo la sua presenza.
La presenza di Oliver, che era lì, a sciogliere le corde che mi tenevano legata e a parlarmi,a parlami come non aveva mai fatto prima. Con una voce così dolce da assomigliare a quella degli angeli.
Si, forse ero davvero morta, solo che in paradiso c’era anche lui. Perché lui era il mio paradiso.
-Fe li ci ty-
4 sillabe. 4 sillabe e il mio cuore tornò al battere,il mio sangue tornò a circolare normalmente e il mio cervello riordinò tutte le idee. No, non ero morta. Ci era riuscito, era riuscito di nuovo a salvarmi.
Aprii gli occhi e lui era lì,davanti a me, con un’espressione inconfondibile. L’espressione di chi si sente in colpa, di chi sta per piangere e crollare, ma non lo fa perché deve essere forte per entrambi.
Perché questo faceva Oliver: essere forte anche per me, rimanere solido come una roccia senza tentennamenti né debolezze. Ero io quella più fragile,la ragazzina che non pensava mai prima di parlare,quella che a stento sapeva liberarsi da un aggressore e che probabilmente non sarebbe ancora viva, proprio perché doveva sempre contare su qualcun altro. O meglio, su Oliver.
-è tutto finito, felicity. Tutto!-
La sua mano sul mio volto, per la prima volta,mi fece sentire stupida e diversa. Lo guardai, ma in realtà pensavo ad altro.
-Come hai fatto?-
Lui sorrise, scompigliandomi i capelli
-L’arma!l’arma è quella giusta. L’avevo con me nascosta nella faretra. Ho soltanto premuto il grilletto ed è uscito un raggio, non so spiegarlo, di solito sei tu quella che sa cosa succede in certe situazioni. –
Parlava come un bambino che è appena stato sulle montagne russe. Pieno di spavento prima, super felice dopo.
-Perché?-
La mia voce fu probabilmente come quella della mamma che gli dice “no, nessun’altro giro, dobbiamo tornare a casa.”
Smise di toccarmi e mi guardò torvo
-Come perché?-
-Perché sei venuto a salvarmi,Oliver?-
Lui si alzò, quasi offeso.
-Perché nessuno può farti del male. È una promessa che faccio a me stesso da quando il Conte ti ha rapito..-
Non gli diedi il tempo di finire: - Ah ecco. Faccio parte dei tuoi sensi di colpa,vero?Rimpiangi di aver ucciso il Conte,di avermi lasciato in pericolo e allora espiri il tuo peccato salvandomi di nuovo?-
-Tu non capisci..Come puoi travisare in questo modo le mie parole?-
-Io capisco invece. Due minuti fa ero certa di stare per morire ed ero felice. Ero felice perché sapevo che la mia morte sarebbe servita a qualcosa, sarei finita tra le pagine della storia di questa città e magari anche in quelle del tuo cuore!Adesso invece non sono altro che un’altra damigella salvata da te, Oliver e non perché tu ci tieni a me in qualche modo ma soltanto perché faccio parte di quelle persone a cui tu hai fatto una promessa. O meglio, per cui hai fatto un fioretto! Beh ho deciso che non ho più intenzione di vivere nella tua ombra. Voglio emozionarti come faceva Sara,voglio essere la prima per me stessa. Non voglio più essere quello che sono ora, qualunque cosa io sia ora, perché non è così che avrò il tuo cuore-
Oliver aveva ascoltato in silenzio, serrando i pugni e non rivolgendomi nessuno sguardo. Io a stento mi reggevo in piedi, ma al suo contatto, mi allontanai ripugnata.
-Tu mi ami..-
Caddi per terra,come un peso morto. Stavolta lui rimase lì
-Io ti amo,Oliver,- presi una pausa,dirlo ad alta voce e senza una spada al collo, faceva tutto un altro effetto - ma sono stanca delle tue scuse sul non poter stare insieme. Le tragedie lasciamole a Shakespeare.-
Mi feci forza sulle braccia e riuscii a rimettermi in piedi. Mi sentii così fiera di me che non mi fece male il silenzio di Oliver, che voltandomi le spalle, era diretto fuori dalla mia vita.
-Resta qui, per favore. Verrà Diggle a prenderti.-
Non risposi,ma fui contenta di sentire il nome di Diggle. Lui mi avrebbe capito, ne ero sicura.
Oliver si voltò, un’ultima volta,come Orfeo quando negli Inferi disobbedì a Persefone.
Dovevo sparire per un po’ e contemporaneamente lavorare su me stessa. Non sarei stata più un peso per Oliver, non avrei più dovuto temere nulla perché sarei stata padrona dei miei sentimenti. E c’era soltanto un modo per farlo:
Passare del tempo sull’isola,da sola.
Cosa succederà ora?non perdetevi il finale sabato!:D

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Mai più sola ***


Avevo detto che l’avrei pubblicata sabato la fine della storia ma dopo l’episodio di oggi mi sono sentita così male che sono corsa al pc e ho scritto mandando all’aria ogni altro impegno xD spero tanto che vi piaccia!!
Erano passati 30 giorni da quando avevo detto addio ad Oliver.
Dopo l’esperienza, quasi mortale, del rapimento avevo deciso di diventare una donna forte, una donna capace di far innamorare un tipo come Oliver. Quando sei ad un passo dalla morte capisci che il più grande dolore è dato dai rimpianti e io non volevo averne.
 Mi accompagnò Diggle sull’isola,il mattino dopo, con il jet privato della Queen Consolidated. Lo avevo pregato di lasciarmi sola,di farmi crescere,di darmi spazio,ma nulla. Veniva spesso a trovarmi e ogni volta non riuscivo a sembrare triste per la sua venuta. Mi insegnò ad accendere il fuoco e a tagliare la legna dagli alberi. Io dal mio canto ero riuscita a costruire una specie di rifugio con la paglia e i rami,piuttosto scomodo,ma molto invitante per ogni specie di insetto. Così imparai anche ad avere meno paura degli scarafaggi e delle lucertole. Dio,quanto le odiavo!
Mi arrangiavo col cibo,pescando di tanto in tanto qualche pesce che si avvicinava alla riva e bevendo il latte di cocco. Non riuscii a trovare una cavolo di canna da zucchero e presto mi stancai di berlo amaro. Ero dimagrita almeno sette chili a detta di Diggle,ma non mi importava. Non mi importava perché era un segnale del mio corpo, era la mia trasformazione. Ma ciò che mi rendeva davvero fiera di me stessa erano le mie cicatrici. Cinque bellissime e piccolissime cicatrici rosa luccicanti che avevo sparse sulle braccia e sull’addome. Diggle rise di gusto quando gliele feci notare:
-Non saranno delle cicatrici a far innamorare Oliver di te,Felicity-
Quella fu l’unica e l’ultima frase che uscì dalla bocca di Diggle su noi due insieme. Mi faceva ancora male sentire parlare di lui,anzi più ascoltavo Diggle raccontare le sue giornate al covo più mi mancava. Non dovrebbe essere lontano dagli occhi lontano dal cuore? Stupidi proverbi.
Oliver si era completamente dimenticato di me, non aveva accennato a chiedere mie notizie a Diggle né tanto meno aveva mando un messaggio, un segnale. Me lo immaginavo, lì nel letto di Laurel a vaneggiare sul vero amore,perché ormai lei sapeva tutto e non avevano più ostacoli. Potevano essere felici insieme.
Ogni volta che pensavo ,anche minimamente,a Oliver mi davo un pizzico tanto forte da farmi lacrimare gli occhi. Un giorno giurai di averne fatti centocinquanta.
Diggle non sapeva quanto mi mancasse stare con lui ed Oliver. Ogni volta che lo sentivo arrivare,mi preparavo a fingere di essere la ragazza più felice e convinta del mondo. Finchè non mi diede una notizia a cui le lacrime non poterono resistere
-Felicity,ora che Oliver è in banca rotta non possiamo più tenere il jet privato. Mi sa che è l’ultima volta che io vengo a trovarti,cercherò di fare il possibile per tenerlo e venirti a recuperare in qualche modo. Peccato che non ci siano voli di linea per questo posto così..turistico-
Rise,mentre mi accarezzava le guance raccogliendo le lacrime.
-Non fare così,torna con me-
Ma anche questa volta riuscii a resistere. Lo abbracciai forte,sapendo che quello sarebbe stato il mio unico abbraccio di quei mesi, e lo salutai,assicurandogli che sarei tornata presto.
Così passai altri giorni sull’isola,esplorando nuovi posti e contando i cadaveri o i topi quando mi sentivo sola. Le ore di luce passavano in fretta,ma il buio era davvero difficile da sopportare.
Dovevano essere a stento le tre di notte quando avvertii dei rumori strani. Cercai di capire bene l’ora,ma fuori era troppo buio per creare una qualche meridiana. Afferrai una noce di cocco e sgusciai fuori dal mio rifugio,affidandomi ai sensi che, nonostante la pratica, erano rimasti inutili. I passi che sentivo erano troppo pesanti per essere quelli di qualche animale e soprattutto troppo sicuri. Sentivo che si avvicinava,così strinsi sempre di più la noce di cocco e corsi fuori,al buoi,cercando di coglierlo di sorpresa. L’unica cosa che mi auguravo e che non fosse l’uomo delle nevi,perché da bambina ne ero sempre stata terrorizzata.
-Eccoti qui!-
Ero a pochi centimetri da lui perché avvertii la sua mano toccarmi il braccio. Nonostante la voce dovetti convincermi che non si trattava di un miraggio,così gli guardai le dita e le riconobbi senza tener conto della lontananza e del buio. Riconobbi il suo tocco. Avevo il marchio di Oliver Queen sulla pelle.
-Ehi,Felicity. Sono io,Oliver-
Quella frase fu come una doccia fredda. Mi svegliai completamente e di soprassalto. La paura fu sostituita dalla rabbia,in meno di mezzo secondo.
-Oh lo vedo che sei tu Oliver!-
Glielo urlai quasi,mentre gli scagliavo la noce di cocco contro. Gli presi una gamba e lui diede appena un accenno di fastidio.
Incomincia a correre sperando di seminarlo aiutata dal buio. Non tolsi per un attimo lo sguardo dal terreno per evitare di inciampare o di pestare qualche mina. Nella zona che mi ero scelta come “domicilio” non vi erano molti pericoli,ma non ero mai entrata troppo nella foresta. Non avevo mai osato allontanarmi troppo dal mare,non avevo mai provato a correre fino allo stremo o ad arrampicarmi sugli alberi per aumentare la mia forza fisica.
Presa da questi pensieri e dalla stanchezza,crollai,esausta.
Oliver arrivò pochi secondi dopo. Ebbi l’impressione che in realtà fosse arrivato addirittura prima di me, ma aveva aspettato per sedermi accanto. Probabilmente aveva paura di ricevere un’altra noce di cocco contro.
-Ehi-
La sua voce era un sussurro. Un bellissimo sussurro. Quasi fosse il canto del vento.
-Mi dispiace,Felicity-
Lo disse piano,scandendo bene le lettere del mio nome. Il mio nome che diventava così bello quando lo pronunciava lui.
-Sono sicuro che hai lavorato tanto in questi giorni-
Avvertii la sua mano cingermi le spalle e quel tocco così sincero e premuroso mi fece crollare del tutto
-Non ho fatto nulla Oliver! Non so correre per chilometri,non so difendermi da un nemico e continuo ad avere paura delle lucertole!-
Lui rise,stringendo la sua mano sulla mia spalla. Le sue dita mi massaggiavano la scapola e stavano piano piano salendo verso il collo.
-Sono contento di sentirtelo dire-
Lo guardai,con aria interrogativa,alzando appena il volto. Lui passò un solo dito,l’indice,lungo il mio collo,facendolo aderire bene alla mia pelle. Arrivò fino all’orecchio e lo superò con delicatezza per poi andare a giocare con i miei capelli.
-Sai,non potrei immaginarti diversa da come sei ora. Voglio dire..-prese una pausa,stringendosi più a me –Io non ti voglio diversa. Io voglio quella Felicity imbranata e coraggiosa allo stesso tempo. Quella Felicity maga del computer, mia partner fidata. Insomma,io voglio te,Felicity,la mia Felicity. La ragazza così pura e bella che ho il compito di proteggere. Mi sono ripromesso dal primo giorno che ti ho incontrata di impedire che la vita ti facesse del male,ma non mi rendevo conto che il pericolo più grande ero io. Io voglio te,in ogni tua sfumatura e ti voglio..  – Avvicinò le sue labbra al mio orecchio. Avvertii il suo fiato sulla mia pelle e mi diede i brividi. - perché..-
Mise la sua mano sinistra sui miei fianchi facendo aderire il suo corpo al mio. Erano movimenti così lenti che sembravano studiati.
-Perché io ti amo,Felicity.-
Lo disse piano,ma la sua voce tradì una nota di emozione. Lo guardai dritto negli occhi e notai una luce diversa. Era una luce nuova che non gli avevo mai visto prima. Sentivo tutta la sincerità nel suo sguardo e tutto l’amore che mi aveva appena decantato. Non avrebbe avuto bisogno di alcuna parola se mi fossi degnata di guardarlo. Il mio cuore batteva così forte che avrebbe fatto invidia al batterista di una band metal. Avrei voluto dirgli tante,tantissime cose,ma non riuscivo a pronunciare una lettera. Così fui spontanea come sempre. Fui la Felicity che lui aveva appena detto di amare.
Avvicinai il mio viso al suo e lo baciai. Le mie labbra calde e morbide incontrarono le sue tanto fredde e dure. Il suo fiato diventò il mio respiro,la sua lingua danzò con la mia in un vortice tanto dolce e appassionato da coinvolgere perfino le nostre anime. Fu il bacio più bello della mia vita e lo pregai,stringendolo a me,di restare così per altri secondi ancora. Lui capì il mio desiderio e aspettò. Staccarsi fu davvero faticoso.
-Non me ne andrò Felicity. Sarò sempre al tuo fianco-
Io sorrisi, baciandolo di nuovo.
-Questo lo so. Volevo solo aspettare l’alba per assicurarmi che non fosse un sogno-
Lui ricambiò il sorriso e mi strinse a sé promettendomi ,con i suoi baci,una realtà molto più bella dei sogni.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2585577