The Twilight Saga - Dark Sunset

di Brokenhearted Bitch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


Erano le cinque di una domenica pomeriggio e io ero in camera mia a prepararmi: zia Alice doveva portarmi in giro a Port Angeles per comprare un vestito elegante e degli accessori in occasione dell’ottavo anniversario del matrimonio dei miei.
- Tesoro, io sono pronta, sbrigati o si farà tardi!
- Ok zia Alice sto arrivando
Alice è la mia zia preferita, nonché una delle persone a cui mi sono più affezionata nella mia famiglia. E’ un’ottima confidente, è paziente, allegra, gentile e premurosa. Ha tutte le qualità che una persona dovrebbe avere per considerarsi perfetta. Dice sempre che sono una ragazza speciale e fortunata, soprattutto perché sono circondata da persone che mi vogliono bene e si prendono cura di me, il che è vero. Anch’io ho sempre voluto bene e stimato tutti: a partire da zia Alice, mamma Bella, papà Edward, nonno Carlisle e nonna Esme, zio Emmett, e poi zia Rose e zio Jasper. Solo che questi ultimi sono più seri e distaccati rispetto agli altri, e sinceramente anche papà lo è a volte. Ma forse sta tutto nella sua natura. E comunque, non a caso sono dei vampiri; chissà se il loro carattere freddo ha a che fare con la loro pelle fredda. E poi c’è lui, Jacob, il mio migliore amico da sempre, che considero come un fratello.
- Allora, cosa ne pensi di questo?- chiese zia Alice mostrandomi un abito nero luccicante. Lei è sempre andata matta per gli abiti eleganti e molto vistosi.
- Beh…è…è proprio elegante. Forse fin troppo…
- Dici, eh? – zia Alice fece una smorfia – sì, hai ragione, è troppo appariscente – affermò rimettendolo a posto in mezzo agli altri.
- Magari questo: il rosso è il mio colore preferito.
- Eh no, è troppo scollato per te! E poi è anche molto corto per una ragazzina di sette anni! – sbottò prendendo in mano il vestito rosso di tessuto lucido.
- Oh, ti prego, non cominciare anche tu a fare come mamma! E comunque di anni ne dimostro quattordici, quindi…
- Quindi niente! Sei lo stesso troppo giovane. Dai lascia stare, ce ne sono centinaia di abiti più belli.
- Ok …Ehi! Guarda quello! – esclamai alla vista di un vestito turchese molto elaborato con un grande fiore sulla spallina – non è fantastico?!
- Uao! Certo questa sì che è un’ottima scelta! – dichiarò contenta – Su, provatelo. Voglio vedere come ti sta. Aspettare altri due giorni per vedertelo addosso mi farà morire di curiosità.
Quando uscii dal camerino zia Alice approvò a comprarlo. – Vedrai, farai un figurone alla cerimonia!
Entrammo in un altro negozio per le scarpe, dopodiché tornammo a casa. Al nostro ritorno mamma era sdraiata sul divano a leggere. – Oh, bentornate! Com’è andato il vostro pomeriggio di shopping?
- Benone – risposi – però il vestito lo vedrai alla festa: voglio che sia una sorpresa per te.
- Ok, va bene – disse sorridendo – Ah, Alice, Edward, Emmett e Jasper sono andati a caccia. Pare che le provviste stiano scarseggiando.
- Meno male, comincio ad avere fame! – m’intromisi.
- Beh, se vuoi c’è una torta al cioccolato che Esme ha fatto proprio per te. E’ in cucina.
- Ovvio che l’ha fatta apposta per me, per chi sennò? Comunque vado a mangiarla subito, i dolci di nonna Esme sono sempre squisiti.
Il cioccolato è l’unica cosa veramente buona del cibo umano. Infatti preferisco di gran lunga bere sangue, tenendo conto che sono mezza umana e mezza vampira.
- Credo che farò un pisolino, mi sento un po’ stanca, ma prima è meglio che ripassi matematica. Nonno Carlisle ha detto che m’interroga domani – annunciai tornando in salotto.
- Beata te che ogni tanto dormi. Io, da quando mi sono trasformata e non dormo più non faccio che annoiarmi. Insomma, le otto ore quotidiane che da umana usavo per dormire, adesso non so più come trascorrerle.
- Hai nostalgia della tua vecchia vita? O ti sei pentita della trasformazione?
- No, pentita certo che no! Però un po’ di nostalgia ce l’ho lo stesso…. mi sembra normale.
Quando andai in camera mia notai che zia Alice mi aveva conservato l’abito e le scarpe nell’armadio.
E’ vero, a differenza dei vampiri sono capace di dormire, cosa che faccio quando sono stanca, ovvero circa ogni tre-quattro giorni. E poi bastano poche ore per “ricaricarmi”.
Non vado neanche a scuola a causa della mia crescita veloce: ci sarebbero dei problemi e poi qualcuno si insospettirebbe… a meno che non raccontassi in giro di avere chissà quale stramba malattia! Perciò ci pensa nonno a insegnarmi a casa e a volte anche papà e mamma. Non dico di provare un grande amore verso lo studio, ma conosco i miei doveri e conosco la mia ammirazione verso la professione di nonno Carlisle. Non a caso, mi è stato sempre insegnato che la cultura nella nostra famiglia è un bene prezioso che deve essere tramandato di generazione in generazione.
Ho un altro motivo per stare attaccata ai libri....ed è il lato buffo di me: vado pazza per il loro odore! Innanzitutto, da mezza vampira che mi ritrovo ho un olfatto ben sviluppato, e a parte questo ...beh non saprei come spiegarlo ma eppure è così, mi piace l'odore dei libri, dei nuovi libri, quelli appena stampati, la carta liscia, l'inchiostro lucido...ogni libro nuovo profuma di nuovo ma ogni profumo è un profumo diverso.
 
Il pomeriggio seguente andai da sola a fare un giro. Amo fare passeggiate pomeridiane, anche solo per sentire il vento accarezzarmi il viso e mi da la sensazione di libertà e spensieratezza. Di solito vado nel bosco perché nella natura tutto diventa più magico, ma quella volta decisi di andare a Forks. Dopo mezzora di camminata mi fermai in un bar a prendere uno snack e mi sedetti al tavolino a sfogliare un giornale su automobili. Ormai dovevo cominciare a farmi un’idea sulla mia prima auto e non vedevo l’ora di prendere la patente. Ad un certo punto sentii la sedia di fronte a me spostarsi. Automaticamente alzai lo sguardo e mi ritrovai davanti una ragazza bionda con grandi occhi scuri.
- Scusa, ti dispiace se mi siedo qui con te?
- No, va bene, siediti pure – risposi indifferente.
- Mi chiamo Felicia – si presentò dopo essersi seduta – Non ti ho mai vista da queste parti…
- Io sono Renesmee e… no, effettivamente non vengo spesso qui… abito fuori città, ecco.
- Ah, capisco. E la scuola la frequenti in un altro paese?
- Ehm.. sì, è un po’ distante da qui – buttai sul vago.
- Ah, ecco, perché nella scuola qui a Forks non mi è mai capitato di vederti…
- Mhm.. – abbozzai un sorriso, poi ripresi a leggere il giornale.
- Sei un’appassionata di automobili? – mi chiese con tono annoiato.
- Appassionata no, sto solo fantasticando sulla mia prima auto, tra un anno e mezzo prenderò la patente di guida.
- Io invece la prenderò tra pochi mesi e sono elettrizzata!!! Purtroppo i miei mi daranno inizialmente un furgoncino, non si sa mai vado a sbattere chissà dove e addio macchina nuova…. che guardi? – chiese ancora accorgendosi che guardavo un uomo mentre bevevo un liquido rosso.
- Quel tizio… che beve? Sangue?
- Cosa? No! – disse divertita – E’ vino. Non sai cos’è il vino??! – sulla sua faccia apparve un’espressione di incredulità.
- Sì, cioè.. no.. è..è che non ho mai visto i miei che ne bevevano – risposi sentendomi ingenua.
- Aspetta, te ne faccio portare un po’, così lo assaggi – Felicia chiamò il cameriere – L’importante è che ne bevi poco, altrimenti diventi scema.
- Bleah, non ha un buon sapore – dichiarai dopo averlo assaggiato – Di certo preferirei bere sangue che questa roba!
- Ah sì? Perché? Tu bevi sangue? – mi canzonò ridendo.
- Oh, sì tutti i giorni – scherzai. Tanto non mi avrebbe creduta.
- Certo che sei proprio strana – disse scuotendo la testa.
Ci fu un momento di silenzio, che Felicia ruppe. – Chi è quello? – mi indicò con la testa verso la vetrina. Fuori c’era Jacob che mi salutava e mi faceva cenno di uscire da lui.
- Un mio amico, Jacob – le risposi salutandolo.
- Cavoli! Te li cerchi proprio bene i ragazzi… Anche se mi sembra un po’ più grande rispetto a te…
- Sì lo è…. Più che altro è un amico di famiglia, sai com’è…
- Mmm.. me lo dovresti presentare – ormai i suoi occhi non si scollavano più da lui.
- Sì, come no.. – mormorai tra me – Beh, vado, pare che abbia bisogno.
- Ok ciao, alla prossima, allora… se ci rivedremo.
- Ciao
 

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


- Ehi, principessa – mi salutò lui con affetto.
- Ciao Jake, cosa ci fai da queste parti? Non mi avrai mica seguita, vero?
- No, ma che dici?! Ero venuto a comprarti una cosa…
- Per me?
- Sì, poi visto che ti ho riconosciuta mentre passavo davanti al bar, ho deciso di dartela adesso.
- Cos’è? – chiesi mentre Jacob mi metteva tra le mani un pacchetto. Poi notò la mia espressione sorpresa. – Che c’è? Il negoziante ci ha lasciato il prezzo sopra? – disse ridendo.
- No, no.. è che… è un regalo bellissimo – guardai la spilla per capelli argentata con un diamante sopra. Lo guardai. – E’ semplicemente stupenda… oh grazie Jake! – non esitai ad abbracciarlo – Come potrei ringraziarti?
- Beh, mi farebbe piacere se domani la indossassi alla cerimonia – sembrava soddisfatto.
- Ma certo che la metterò! Anzi, me la vorrei mettere anche subito, solo che ho paura di perderla – continuai a rigirarla delicatamente tra le mani. – E tu? Verrai domani?
-Non lo so, perché se non sbaglio agli anniversari solitamente si deve fare un discorso e io non saprei cosa dire.
- Puoi anche venire lo stesso e non dire niente, non credo ci sia nessuno contrario alla tua presenza. Ti invito io.
- E va bene, ai suoi ordini mia regina – rise.
- No, sul serio, ci tengo davvero e sono anche curiosa di vederti in versione elegante.
- Ah ah ah ok!
- E’ a mezzogiorno, a casa mia! – gli gridai mentre mi avviavo a casa.
 
Quel giorno fu davvero speciale; erano tutti così eleganti! Avevamo deciso di festeggiare il decimo anniversario di matrimonio dei miei nel salone di casa nostra poiché doveva essere una cerimonia privata, esclusivamente tra vampiri, a parte i nostri amici licantropi, Seth e Leah, venuti con Jacob.
- Nessie, tesoro sei pronta? - nonna Esme mi chiamava dalle scale.
 - Arrivo! - le risposi eccitata.
Dopo essermi messa le scarpe (argentate con tacchi bassi) corsi giù.
- Santo cielo, nipotina mia, sei meravigliosa!
- Grazie nonna, lo credo: zia Alice è stata tre ore a prepararmi i capelli e il trucco! Dovrebbe fare l'estetista.
Con lei c'era Jacob – Per tutti i lupi vuoi farmi svenire? Sei bellissima!- disse baciandomi la fronte.
- Ma smettila! - risi – e guarda qua... - chinai la testa per mostrargli la spilla,
- Ah beh, quella è la ciliegina sulla torta!
- Venite, stanno cominciando! - comparve zia Alice.
Nonno Carlisle aveva appena aperto la cerimonia con un’introduzione – Dodici anni fa il nostro ragazzone Edward ha conosciuto Bella – con il braccio l'indicò, seduti poco distanti – e nonostante le avversità e la loro diversità hanno imparato ad amarsi contro ogni pericolo, e tuttora condividono la loro vita. Dieci anni fa si sono sposati... ed ecco che nacque Renesmee, la creatura più bella di tutto il mondo – indicò me, mentre mi alzavo in piedi e scherzosamente facevo degli inchini.
Poi venne il mio turno, non sapevo che il discorso più importante sarebbe stato il mio, ero piuttosto emozionata e non ero abituata a parlare davanti a così tanta gente. – Beh, che posso dire, sarei capace di ringraziare i miei cari genitori all'infinito, visto che sono i migliori genitori che una figlia possa mai avere. Dire che sono la mia vita è troppo poco, se immagino quanto si siano presi cura di me e quanto mi vogliano bene. Specialmente mamma, che ha sofferto molto per me e ha rischiato la vita, ma se non fosse per il suo coraggio e la sua determinazione a quest'ora non sarei neanche qui con voi a parlare! Entrambi mi hanno insegnato il rispetto per la vita e ogni giorno mi fanno sentire speciale e anch'io li stimo moltissimo. È raro che due persone si amino a tal punto di consegnarsi alla morte l'uno per l'altra.
Mi venne spontaneo incrociare lo sguardo con quello di Jacob Ammiro il loro amore puro e temerario e tutti, anche gli umani dovrebbero prenderli come esempio.
Mi girai verso di loro – Mamma, papà, non smetterò mai di amarvi, vi voglio troppo bene – e corsi ad abbracciarli.
Tutti applaudirono e alla fine si complimentarono con me. Anche gli altri fecero il loro discorso, poi venne il momento della musica e tutti si misero a ballare.
- Cosa ci fa una bella donzella come voi seduta da sola durante un ballo? - si avvicinò Jacob.
- Sei sempre il solito simpaticone – dissi levando gli occhi al cielo divertita.
- Allora spero che alla dama garbi un simpaticone come me – rise tendendomi la mano.
- Oh, sicuro – gli ricambiai il sorriso.
Cominciammo a ballare – Seth e Leah che fine hanno fatto? È un bel pezzo che non li vedo – chiesi guardandomi attorno.
- Se ne sono andati – fece spallucce – vedi, ai licantropi non piacciono questi tipi di feste. Quanto a me non devi preoccuparti. Finchè sono in compagnia della mia migliore amica non c'è niente che potrebbe annoiarmi – sorrise guardandomi negli occhi.
Adoro quando sorride. In sette anni di vita vissuti niente riusciva a farmi stare meglio. Solo che quella volta accadde qualcosa di insolito: arrossii. Non mi era mai capitato, eppure non era la prima volta che Jacob mi sorrideva. Abbasai lo sguardo e cominciai a sentirmi accaldata. Che mi stesse venendo la febbre? Però mamma dice che è normale a quest'età arrossire in compagnia di un ragazzo carino. Anche a lei capitava. Beh, se è per questo non c'è tanto bisogno di preoccuparsi.

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


Quattro mesi dopo fu il mio compleanno. Il mio ottavo compleanno. Apparentemente, però, dimostravo quindici anni. Zia Alice mi ha anche spiegato che tra un paio d'anni raggiungerò la maturità, e che quindi non crescerò più e che non invecchierò neanche.
Poi, sempre quella fetente di Alice, con la scusa di voler fare una passeggiata con me, mi ha portata fuori casa, così gli altri hanno potuto addobbare il salone indisturbati per una festicciola a sorpresa. Quando tornammo a casa tutti mi fecero gli auguri e mi regalarono qualcosa: nonno Carlisle mi regalò quattro romanzi che aveva trovato nella sua enorme biblioteca, dicendo che li potevo tenere in camera mia per leggerli quando mi andava; nonna Esme, oltre che a una deliziosa torta al cioccolato mi donò una grande cornice di legno intarsiato con una foto di famiglia ingrandita di quando avevo quattro anni; zio Emmett e zio Jasper uno stereo nuovo di zecca e zia Alice e zia Rose dei vestiti e un paio di scarpe sportive.
- Piccola – papà mi mise le mani sulle spalle – io e tua madre abbiamo pensato molto al nostro regalo e volevamo farti qualcosa di veramente speciale, però ci serve il tuo parere.
Mamma si avvicinò a noi – Ti andrebbe un viaggio a Londra con noi?
Ero stupefatta! – Un viaggio a Londra??? Wow è…fantastico! – esclamai
- Può andare bene il mese prossimo? – chiese papà.
- Sì, va benissimo! Oh, grazie, grazie mille! Vi voglio un’infinità di bene!
- Te ne vogliamo anche noi, tesoro. – sussurò mamma con la sua voce dolce.
- Accidenti quanto sei cresciuta! Ancora ricordo quando ti tenevo in braccio e percepivo i tuoi pensieri ancora prima che nascesti.. mi sembra ieri! – disse papà accarezzandomi i capelli.
- Beh, guardate il lato positivo – obiettò nonna Esme – siamo immortali, dobbiamo ritenerci fortunati!
A un tratto suonarono alla porta, zia Alice si avvicinò – So già chi è. Vai, è Jacob che ti aspetta.
E’ vero. E’ fico essere dotati di ‘’superpoteri’’, però è anche vero che la privacy qui va un po’ a farsi benedire! Insomma, un padre che ti legge nel pensiero, una zia che vede quello che farai, e io, sempre perennemente attenta a non toccare nessuno o trasmetto i miei stessi pensieri.
 
Jacob aveva un mazzo di rose rosse in mano.
-  Dovrei spedire questi fiori alla signorina Renesmee Carlie Cullen in onore del suo ottavo compleanno. Ah, il mittente dice che si tratta una bella ragazza, quindi immagino sia lei la signorina Cullen.. disse guardando prima il mazzo di rose, poi me, con un gran sorriso.
- Oh, Jake, da quando fai il fattorino adesso?! Ahaha - è così bello scherzare con lui. Lui, che è l’unico con cui sento davvero di poter essere me stessa, che mi fa sentire così importante da rendermi così sicura di me stessa. Se lo perdessi, sarebbe come perdere una parte di me. Una visione tragica e triste. Ma in questo momento, non c’è niente di tragico e triste. In questo momento c’è solo Jacob Black che mi sorride con delle rose in mano, che sembra una fotografia. E quel sorriso sembra più grande, con la pelle scura che mette in risalto i denti chiari, un fascio di luce che illumina il cuore, che sarebbe capace di illuminare una stanza intera, o perfino… la notte più buia.
- Grazie, Jake. Sono davvero fortunata ad avere un amico come te.
- Tanti auguri, principessa – disse dandomi un bacio sulla guancia. E ancora quello strano calore. Peggio. Era un a vampata radioattiva e il cuore batteva incontrollatamente. Non pensavo che l’imprinting potesse avere effetti così devastanti. O forse sto diventando matta.
- Che hai? – bene, ci mancava solo che lo notasse. – Ehm, no niente – risposi, cercando di essere il più convincente possibile.
- Comunque c’è ancora un’altra sorpresa..
- Addirittura? – cominciavo a essere davvero entusiasta!
- Adesso, però, ti lascio con la suspense, perché non posso fartela vedere in questo momento..
- Ah, peccato..
- Non ho potuto portartela, ecco perché. Ma domani mattina, ti passo a prendere alle 8, così ti porto io da lei – Jacob scoprì di nuovo il sorriso bianco appoggiandosi alla porta, e io poggiai il mazzo di rose su un mobile là vicino. – Okaay.. Come sei misterioso!
Dopodichè, raggiungemmo gli altri nel salone e Jacob sui fermò 5 minuti, a chiacchierare, mentre io sistemai le rose in un vaso. Proprio quando stetti per andare nell’altra stanza, tornai dal vaso. Avevo notato qualcosa di strano. Tra la ventina di rose rosse, ordinatamente una sopra l’altra, un puntino bianco compariva sotto i petali e i gambi, e quando le mie dita attraversarono tutto quel velluto rosso, quel che afferai fu un’altra rosa. Bianca.
Forse il fioraio l’aveva fatta capitare nel posto sbagliato nella fretta. Eppure la presi, l’annusai e strofinai i petali morbidissimi sulla guancia. Una rosa bianca. Bianca, come suo il sorriso.
 
Finita la festa, mi ritirai in camera e non sapendo cosa fare, mi misi a leggere un libro sul letto. Un orrendo libro di storia medievale dalla copertina giallo-ocra che nonno Carlisle mi ha consigliato di leggere. Ma la mia testa non volle concentrarsi sui cavalieri teutonici e le armature argentee. Tutto quel che la mia mente vedeva erano pagine vuote, pagine… bianche.
 Mi resi conto, troppo tardi, che abbracciando Jacob, le mie emozioni non gli sarebbero state più ignote. Inizialmente non ci pensai su più di tanto, “Gli ho fatto capire quanto gli sia affezionata semplicemente con un abbraccio, senza tante parole” mi dissi poi. E’ così facile. E’ come.. se i sentimenti, l’affetto, la gioia passassero da un corpo all’altro al loro contatto reciproco. Allora le parole a che servono? Non servono. Allora a che serve avere una bocca? A mangiare, si direbbe. No.. I denti servono a nutrirsi. E le labbra..?

Una visione, un fermo immagine lampeggiò nella mia mente senza preavviso, tanto che ebbi un fremito mentre ero stesa sul letto. In quell’immagine irreale ci siamo io e il mio migliore amico, e la risposta all’ultima delle mie domande.

Le labbra servono a baciare.

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


- Aspetta… siamo quasi arrivati.. Ecco, ora puoi guardare!
- Oh mio Dio.. non posso crederci! – esclamai quando Jacob sciolse la sciarpa che mi copriva gli occhi. Mi trovavo davanti a una specie di palafitta costruita su una grande quercia, una casa sull’albero.- Io.. io la desideravo fin da bambina! – la stavo ancora ammirando a bocca spalancata, quando cominciai a girare attorno al grosso tronco con il naso per aria.
- Lo so, per questo io e i ragazzi ci siamo dati da fare.
- Ma voi siete impazziti! Wow.. e tra qualche anno che farete? Mi regalerete un’auto nuova fiammante? O un castello? Davvero, è troppo, non dovevate! – fui così commossa che impulsivamente corsi ad abbracciarlo. Tanto che stavolta anche lui sembrò sorpreso dal gesto improvviso. Invece, affondò il suo viso tra i miei capelli e in un sussurro rispose – Anche un castello, se lo desideri.
Nel fresco pungente di una mattina primaverile, essere avvolta nel suo abbraccio caldo era la sensazione più bella. Ma mi staccai, per cercare di controllare quelle strane emozioni dalle quali venivo colta di recente. – Effettivamente stavo cominciando a preoccuparmi per te, per tutti quei pomeriggi in cui io ti chiamavo e tu dicevi di essere impegnato a lavorare all’officina.
- Ah ah ah, hai ragione.. ma l’ho fatto per te. E adesso che l’opera è terminata, non ci sono più scuse per non vederti.
- Grazie, Jake. Grazie! Vorrei ripagarti in qualche modo, ma non saprei come.. beh, a qualcosa penserò!
- Scherzi!? Non c’è nulla che tu debba fare. La tua compagnia mi basta – disse, accarezzandomi il viso. E di nuovo quella sensazione. Ok, è ufficiale. Sto impazzendo. Forse sarebbe il caso che mi facessi visitare da nonno Carlisle, visto che è un dottore, così saprà curarmi da questa strana forma di pazzia, o da quest’effetto collaterale dell’imprinting, quello che è. Così cercai di tranquillizzarmi, respirando forte, ed evitando di guardare Jacob negli occhi, per un momento.
- Nessie, che ti prende? Ti vedo così pensierosa..
- Ah, beh.. sì, ecco.. in questo periodo mi sento un po’ strana, non so proprio perché..
- Vuoi provare a parlarne?
- No, non ha importanza.. non credo che saprei spiegarlo. – così cambiai discorso in fretta – Allora, sicuro che posso salire sulla casa? Non salgo se non ci sei tu sotto a braccia aperte, metti che cado!
- Veramente.. volevo salire con te! – disse raggiungendomi.

Per tutto il tempo eravamo rimasi seduti l’una accanto all’altro sulla palafitta, a volte parlando del più e del meno, a volte in silenzio, e quando quel silenzio diventava troppo lungo e imbarazzante la mia mente si affaccendava a trovare un nuovo argomento. Fu così che trascorsi quella mattinata, alternando momenti di tranquillità a silenzi di tensione interiore. A volte dimenticavo perfino che il giorno prima era stato il mio compleanno. Infine, cominciai ad avere fame e Jacob acconsentì ad accompagnarmi a casa. Ma sulla via del ritorno, mentre eravamo immersi nel verde, nell’umidità e in uno dei nostri lunghi silenzi, scorsi di sfuggita qualcosa muoversi repentinamente tra i cespugli, a un centinaio di metri di distanza.
Impulsivamente deviai per quella direzione, ma la voce di Jacob mi fermò: - Dove stai andando?
- Dev’essere un animale. Voglio prenderlo. – risposi senza voltarmi, mantenendo l’attenzione fissa su quei cespugli. Nonostante non potessi vederlo in faccia, poiché era alle mie spalle, ebbi l’impressione che un lampo di preoccupazione stesse percorrendo il viso di Jacob, che si limitò a chiedere: - Sei riuscita almeno a capire che animale fosse?
-No.. aspettami qua, vado a dare un’occhiata. Se non trovo nulla torno indietro. – dissi guardandolo, stavolta.
- Nessie… - Jacob guardò prima i cespugli scuri, poi me, con uno sguardo ansioso e mordendosi le labbra. Sapevo quel che voleva dirmi. Sapeva che volevo andare a caccia, come fanno i vampiri. Ma non era una cosa che a lui andava molto a genio. Non era mai molto d’accordo su questo, non era d’accordo che io fossi metà di quel che sono: un vampiro. Ma sa che è necessario anche per me andare a caccia, bere sangue, uccidere animali. E dopotutto, anche lui è un animale. Jacob è un licantropo. La differenza è che la metà di quel che è lui non mai stata un problema per me. Lui sa controllare questa parte di sé, ed è raro per me vederlo coperto di pelo. Ma ciò non hai mai compromesso i miei sentimenti per lui e so che anche lui mi vuole bene lo stesso, e mi accetta per quello che sono. Semplicemente, preferisce non assistere alle mie battute di caccia, tutto qui.
Ecco perché vado a cacciare solo con la mia famiglia. E quando lo faccio, mi diverto. Papà, mamma, zio Emmett, zio Jasper non fanno altro che sfidarmi. Facciamo gare, corse, acrobazie, e l’effetto è sorprendente! Ho imparato a cacciare solo un paio d’anni fa, mentre quando ero più piccola, invece, erano mamma e papà a portarmi le prede già abbattute.
- Ok, aspettami qui – lo rassicurai con un sorriso. Lui annuì e i miei piedi si mossero.
Mi inoltrai nella foresta, nella direzione dove avevo visto andare l’animale. Sentivo l’olfatto e l’udito intensificarsi e venni completamente assorbita dalla natura. A un tratto, qualcosa mi sfrecciò accanto e non feci in tempo a capire cosa fosse. Seguì un silenzio e quando stetti per fare un altro passo, l’ombra sfrecciò alle mie spalle ancora una volta. Mi stava girando intorno, pensai. Strano. Mi era anche parsa molto più grande che un semplice scoiattolo, o un gatto selvatico. Doveva essere un cervo, allora. L’idea di questa possibilità mi eccitò. Non è mai stato difficile trovare dei cervi nelle foreste di Forks, ma per me lo è stato da sempre. E’ una sfida con me stessa riuscire a catturarne uno.
Mi avvicinai a passi lenti verso uno scorcio cui mi ero ritrovata davanti e attraverso il quale avevo intravisto un piccolo spiazzo. Quando spostai le foglie dei rami dal mio viso per liberare il campo visivo, mi ritrovai davanti a uno spettacolo mozzafiato.

Un cervo enorme era eretto al centro della radura, e un fascio di luce ne illuminava il pelo corto e lucente, di un marrone chiaro. Era così bello e imponente mentre brucava l’erba con maestosa tranquillità, che mi sentii in colpa anche solo di averlo distratto, dopo aver fatto rumore pestando un cumulo di foglie secche. Al rumore il cervo alzò la testa, e si voltò verso di me. Eppure rimase fermo dov’era. Se fosse scappato, probabilmente sarebbe stato in ogni caso più veloce di me. Così scelsi un’alternativa: cercare di avvicinarlo pian piano.
E così feci, cercando di tenere un profilo basso, sussurrandogli dolci parole. Ma a ogni passo che avanzavo, lui indietreggiava di uno. Allora raccolsi un ciuffo d’erba e glielo porsi e stavolta il cervo smise di indietreggiare e si avvicinò impercettibilmente verso la mano tesa. Finalmente mangiò il ciuffo d’erba dalla mia mano, e fu una sensazione indescrivibile. Se fino a un attimo prima tutti i miei sensi erano tesi e pronti a scattare, ora i muscoli erano rilassati, e una dolce energia si irradiava nel mio corpo. Il raggio di luce adesso scaldava anche il mio viso e sentivo me stessa completamente riconciliata alla natura. Era come se facessi io stessa parte di una visione estatica, quasi surreale.

Il vuoto allo stomaco mi risvegliò come un suono d’allarme. “Devi agire ora. Attaccalo in questo momento, alla sprovvista!”. Seppur mi dispiaceva rovinare quel momento così pacifico per entrambi, decisi di agire. “Jacob mi sta aspettando” e questo bastò per risvegliare il mio istinto da predatrice. Sei una predatrice, pensai. Ma nell’attimo di massima concentrazione psicologica, la quiete della radura mutò e calò il silenzio totale. Prima ancora che potessi capirne il motivo, il cervo emise un verso acuto e lo vidi mentre veniva paurosamente scaraventato prima per aria, poi per terra, e un’ombra invisibile gli squarciò una parte del collo con un movimento rapidissimo. Un istante dopo l’animale non aveva più l’aspetto maestoso di prima, bensì era pietosamente accasciato sull’erba tinta di rosso, emettendo i suoi ultimi ansimi. Paralizzata dalla violenza e dalla velocità della scena, ero rimasta fissa a bocca aperta e con gli occhi lucidi, ma la vista del sangue mi trascinò verso l’animale esanime.
 
Prima ancora che potessi berne il sangue, che colava copioso dal manto lucido, qualcosa si interpose tra me e il cervo. Indietreggiai per identificare l’ostacolo.
Non era qualcosa, era qualcuno.

- Mi dispiace averti rovinato il pranzo, dolce Renesmee. – la voce era quella di una donna sconosciuta, l’odore era quello acre di un vampiro. Bionda, alta, con la pelle chiara e  la voce, fredda e tagliente. Non ho idea di come faccia a conoscermi, ma in quel primo momento qualcosa mi disse che non dovevo fidarmi.

- Mi chiedo se la tua famiglia ti abbia mai parlato di me. Io sono Irina.

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