Il Pittore Ambizioso

di MajoWriter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ispirazione ***
Capitolo 2: *** La tavolozza ***
Capitolo 3: *** Colori ***



Capitolo 1
*** Ispirazione ***


C'era una volta, un giovane ed umile pittore di nome Elia. Alto, bello, con una folta barba marrone e due grandi occhi verdi, amava dipingere qualsiasi cosa: persone, animali, paesaggi, oggettistica varia... era sempre alla ricerca di qualcosa che lo ispirasse per creare nuovi capolavori. Ma, da qualche anno ormai, il povero Elia aveva completamente perso l'ispirazione. Non riusciva più a dipingere, non riusciva più a trovare un qualcosa, un'idea che gli desse la forza necessaria per dipingere. Un bel giorno decise quindi di andare in pellegrinaggio: visitare posti nuovi e conoscere gente nuova l'avrebbe sicuramente ispirato e fatto tornare la passione per la pittura! Dopo giorni di camminata, eccolo finalmente giungere in un piccolo e povero villaggio costituito da poche casupole di legno in pessimo stato. Acqua e cibo scarseggiavano, gli abitanti erano pochi e malnutriti e tutto intorno non vi era nulla se non rocce e terra rossa.

"Non credo che riuscirò a trovare la giusta ispirazione qui.... pregherò per queste persone, che possano salvarsi" si disse tra sé e sé Elia mentre, con passo svelto, si allontanava dal villaggio.

«Dove stai andando così di corsa straniero?»

Una voce bloccò Elia. Girò la testa verso destra, seguendo il suono di provenienza di quella misteriosa voce, e vide una vecchia seduta a terra, con la schiena appoggiata al muro di una casupola di legno che andava in pezzi. Aveva i capelli grigiastri, leggermente ricci ed unti, la faccia ricoperta di cicatrici e di mosche che le ronzavano intorno. Era sporca e puzzava, vestita com'era solo di stracci.

«Allora, te ne vai di già?» continuò lei, mostrando i pochi denti gialli rimasti in quella bocca rugosa.

«Sta parlando con me signora?» rispose cortesemente Elia.

«Certo giovanotto, vedi qualcun altro?»

Elia si guardò intorno e, con grande sorpresa, vide che non c'era più nessuno: le donne con una giara d'acqua in testa, i bambini intenti a rincorrersi, i gruppi di persone intenti a parlottare, i contadini armati di zappa, i mercanti intenti a strillare... tutti erano spariti.

«Ma.... dove sono andati tutti?» chiese Elia incredulo.

«Pensavo non ti ispirasse questo villaggio, così li ho fatti sparire, eheh» disse ridacchiando la vecchietta.

«Cosa intendi dire con 'li ho fatti sparire'?» domandò Elia fissando quella vecchia con una punta di terrore.

«Hai capito benissimo» replicò seccamente la vecchia, «so che hai intrapreso questo viaggio per cercare l'ispirazione, ormai perduta da anni. Hai visto questo villaggio povero e hai pensato che non potesse esserci nulla qui in grado di ispirarti qualche bel dipinto, non è forse così?»

Elia sbarrò gli occhi e, con voce tremante, disse: «Ma tu... come fai a sapere queste cose?»

La vecchia fissò l'espressione terrorizzata di Elia, quasi provandoci gusto. Infine, sfoggiando un sorriso che mostrava tutti i suoi cinque denti, disse:

«Perché sono una strega»

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Capitolo 2
*** La tavolozza ***


«Una strega?!». Elia non riusciva a credere a quelle parole. Eppure spiegherebbe il perché gli abitanti fossero spariti di colpo.

«Certo. Non se ne vedono più molte in giro, dopo il periodo della caccia alle streghe, però qualcuna ne è rimasta». La vecchietta iniziò a ridacchiare.

«Perché stai ridendo?» chiese Elia con una punta di curiosità.

«Perché se non ti avessi fermato, te ne saresti andato buttando al vento la tua unica possibilità di ritrovare la passione per la pittura»

«Come fai ad esserne così sicura?»

«Perché ho qui qualcosa per te». La vecchia tirò fuori, da dietro la schiena, una tavolozza. Era di legno, un legno marcio, dalla qualità molto scadente. Aveva chiazze nere un po' ovunque, ma nessun'altra macchia. La cosa era strana visto che la tavolozza sembrava abbastanza vecchia, impossibile che nessuno l'avesse mai utilizzata e che quindi non avesse qualche macchia colorata qua e là.

«Cosa dovrei farmene di quella tavolozza? Ho già la mia, guarda», Elia estrasse dalla sua bisaccia una splendida tavolozza di legno di quercia, perfettamente tenuta e levigata. Sul retro riportava le sue iniziali: E. W. Andava molto fiero di quella tavolozza, modellata da lui stesso usando il legno dell'albero di quercia che cresceva dietro la sua casa.

«Ma questa è speciale» ribattè la strega.

«E cosa avrebbe di così speciale?»

«Non ha bisogno di colori»

«E come dipingerei secondo te?»

«Con la fantasia e l'immaginazione!»

«Va bene che sei una strega, ma forse hai qualche rotella fuori posto»

«Sei ancora scettico vedo... ti propongo uno scambio allora: la mia tavolozza per la tua. Se non dovessi più essere soddisfatto, potrai tornare qui, in questo villaggio, e chiedermi di ridarti indietro la tua. Io non mi muoverò di qui»

Elia ci stava pensando.

«Suvvia, cos'hai da perdere? Non capita tutti i giorni di fare affari con una strega!» esortò la vecchia.

Il pittore si avvicinò alla strega, la fissò negli occhi e disse: «Se non dovessi trovarti quando tornerò, ti darò la caccia anche in capo al mondo e ti costringerò a ridarmi la mia tavolozza. E stai pur certa che se vorrai imbrogliarmi, me ne accorgerò»

«Ti do la mia parola, dovessi bruciare su di un rogo seduta stante!»

I due si strinsero la mano e si scambiarono le tavolozze.

«Un'ultima cosa... guarda dietro di te» disse la vecchia.

Elia si girò, ma non vide nulla.

«Vecchia, ti va di scherz...», una volta rigiratosi, la vecchia era sparita. Sentì di nuovo il chiacchiericcio di sottofondo. La gente era improvvisamente ritornata. Era come se non se ne fosse mai andata.

"Avrò fatto bene a fidarmi di quella strega? E se mi avesse lanciato qualche sortilegio?" si disse tra sé e sé.

Improvvisamente, un bambino che stava camminando con delle stoffe tra le braccia, cadde a terra. Era assetato e respirava affannosamente. Una folla accorse per soccorrerlo. Elia sentì le urla e gli schiamazzi e si avvicinò incuriosito.

«Ha bisogno di acqua. Presto, portate dell'acqua!»

«Non ce n'è più, per oggi l'abbiamo finita! Ci vogliono due ore per arrivare al pozzo, non credo che resisterà!»

«Se solo ci fosse ancora il fiume, a quest'ora avremmo acqua in abbondanza!»

Poco lontano dal villaggio, Elia notò quello che sembrava essere il letto di un fiume, oramai completamente prosciugato. E proprio in quel momento che, istintivamente, afferrò la tavolozza ed un pennello e si allontanò dalla folla, raggiungendo il letto del fiume. Una volta arrivato al suo bordo, passò il pennello sulla tavolozza. Era come in uno stato di trance, nella sua mente c'era un unico pensiero. 

"Azzurro"

Diede una pennellata, da un'estremità all'altra del fiume. Subito dopo tornò in se.

"Cosa stavo facendo?" si disse interdetto. Un rumore però lo distolse dai suoi pensieri. Dell'acqua stava confluendo dalla parte in cui aveva iniziato a muovere il pennello, passando per tutto il fiume, fino a perdita d'occhio.

Un abitante che passava di lì per caso iniziò ad urlare: «ACQUA! ACQUA! C'È DELL'ACQUA! SIAMO SALVI, IL FIUME È DI NUOVO PIENO D'ACQUA!»

La gente del villaggio accorse in massa per abbeverarsi e salvare così quel bambino. Era un tripudio di gioia: gente nuda che si faceva un bel bagno, bambini che giocavano con l'acqua, contadini che irrigavano i loro campi, donne che lavavano i propri vestiti.

Elia era incredulo a ciò che stava osservando. Era stato davvero lui a fare ciò? Che stregoneria era mai questa? Però quella vista lo rendeva felice. Era come ammirare un bellissimo dipinto.

"Come ammirare.... un dipinto? MA CERTO!". Elia aveva finalmente capito. Sapeva cosa doveva fare. Ripose la tavolozza ed il pennello nella bisaccia e continuò il suo viaggio, lasciandosi alle spalle quella gente in festa.

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Capitolo 3
*** Colori ***


Camminò per ore Elia, in mezzo alla desolazione più totale: intorno a lui c'erano solo rocce e qualche sterpaglia. La terra aveva delle crepe causate dalla siccità, il vento alzava polvere e terriccio facendo apparire l'ambiente ancora più desolato. Era un ambiente veramente ostile, inadatto alla vita.

"Perfetto! È il luogo ideale per fare pratica di pittura" pensò Elia che estrasse la sua incredibile tavolozza. Prese il pennello e pensò: "Inizierei con un po' di verde...". Detto fatto: il pittore agitò il pennello ed una scia verde ne scaturì dalla punta. Si muoveva leggiadro Elia, come se quel pennello fosse l'estensione del suo braccio e, cosa più importante, stava sorridendo. Dopo tanto tempo, aveva finalmente ritrovato la voglia di dipingere, la gioia di dipingere! Non era più solo un lavoro, non era più un obbligo: lui stava dipingendo per il gusto di farlo, per vedere le sue creazioni prendere vita. Con la sola differenza che, questa volta, le sue opere avrebbero preso realmente vita!

"Un po' di verde qui.... un po' di marroncino lì.... un po' di rosso qua.... un po' di giallo la...."

Pian piano intorno a lui si stava formando una vera e propria foresta: alberi imponenti, alcuni ricoperti da frutta, il terreno ricoperto da erba e fiori di ogni genere, funghi che crescevano ai piedi degli alberi, cespugli pieni di frutti di bosco, piante di ogni specie, terra fresca e viva.

"Senza un sostentamento la mia opera rischia di appassirsi e tornare alla desolazione di prima.... ci serve dell'acqua!". Detto fatto, Elia agitò il pennello e creò un lago in mezzo alla foresta.

"Ora tutte le piante avranno dell'acqua fresca con cui sostentarsi, evitando di appassire. Però così il paesaggio è un po' spoglio.... ci vuole un po' di vita!". Elia riprese ad agitare il pennello. "Un po' di grigio, un po' di bianco, un po' di giallo.... orecchie a punta, occhi profondi che incutano timore, zanne aguzze...", la mente del pittore aveva ben chiaro il soggetto del disegno. Dopo qualche minuto, ecco apparire un bellissimo esemplare di lupo: occhi gialli, pelo argentato, lunghi artigli. Aveva il naso giallo, questo perché Elia non voleva che incutesse troppo timore e che fosse docile ed amichevole. Ma quel lupo era tutto fuorché amichevole: appena vide il pittore, tirò indietro le orecchie e cominciò a ringhiare, mostrando i suoi affilati denti aguzzi. Elia capì che non bastava creare qualcosa perché questa ti fosse fedele. Il lupo si mise in posizione d'accatto, pronto a balzare al collo del pittore che, preso dal panico, iniziò a tremare. "Che cosa faccio adesso? Cosa può addolcire una creatura selvaggia? Pensa Elia, pensa..... ci sono!". Il pittore mosse il pennello prima che la bestia potesse balzargli addosso. Quest'ultima, vedendo il brusco gesto di Elia, saltò istintivamente addosso all'uomo, facendolo cadere a terra. Il suo muso era a pochi centimetri dal viso del pittore. Elia poteva sentirne il caldo respiro. La fine era vicina... chiuse gli occhi pregando con tutte le sue forze di sopravvivere. Sorprendentemente il lupo non lo azzannò, ma iniziò a leccarlo affettuosamente.

«Piano... piano.... così mi fai il solletico!» disse ridacchiando Elia, allontanando il muso del lupo dalla sua faccia. Quel lupo che un attimo prima era una spietata belva assetata di sangue, ora era docile come un agnellino.

"Il segreto è l'amore! Mi è bastato tingere il suo cuore di un forte rosso per far sì che mi amasse, e ha funzionato" pensò il pittore mentre fissava quel docile lupo. "Ora so come mi devo comportare!"

Il pittore riprese a destreggiarsi con il suo pennello, usando ogni genere di colore e disegnando ogni genere di forma: creò animali di tutti i tipi e dimensioni, dal possente elefante fino alla minuscola formica, e a tutti infuse una dose di amore così che non potessero attaccarsi a vicenda. Predatori e prede coesistevano armoniosamente in quell'habitat dalla magica atmosfera. Tutto era un tripudio di colori: nel cielo volavano stormi di tanti uccelli diversi, nel lago erano presenti tante di quelle specie di pesci da formare un quadro nell'acqua, sulla terraferma le varie specie davano vita al tutto: ghepardi, lupi, leoni, iene, orsi, tori, pantere andavano tranquillamente a passeggio insieme a cervi, pecore, zebre, gnu e tantissime altre specie, pericolose o meno. Era un vero paradiso.

"Sento che manca ancora una cosa...." pensò Elia. Agitò per l'ultima volta il pennello ed ecco spuntare dal nulla un uomo ed una donna, entrambi di carnagione chiara e con indosso abiti arabeggianti. L'uomo era alto e muscoloso, pelato e con una folta barba risaltata dai suoi occhi verdi. Indossava degli abiti rossi con dei ghirigori dorati che somigliavano a tante chiavi di violino. La donna invece aveva capelli lunghi e neri, leggermente ondulati, che le arrivavano fino ai fianchi. I lineamenti del viso quasi perfetti, come quelli di un angelo. I suoi occhi azzurri e cristallini avrebbero rapito chiunque, come le sue labbra estremamente sensuali. Indossava degli abiti celesti con dei ghirigori dorati che ricordavano delle chiavi di basso.

«Dove siamo? Che posto è questo?» disse l'uomo spaesato. Anche la donna non sapeva cosa stesse succedendo.

«Benvenute nel mio mondo! Io sono Dio e voi siete delle mie creazioni, insieme a tutte le altre creature che vedete qui» disse Elia cercando di contenere le risate.

«Quindi sei stato tu a crearci? Te ne saremo eternamente grati!» disse l'uomo.

«Ma perché ci hai creato?» chiese la donna.

«Già e quali sono i nostri nomi?» ribatté l'uomo.

"Caspita, li ho fatti più svegli di quanto pensassi! Ed ora che gli rispondo? Nel libro che ho letto, non hanno mai esposto questa domanda.... oh beh, mi inventerò qualcosa".

«Tu, mio uomo, sei Adamo. E tu, mia graziosa fanciulla, ti chiami Eva. Siete stati creati per vivere in armonia insieme a queste altre creature in questo luogo. Non temete, non vi faranno del male. Qui siete al sicuro, questo è il giardino dell'Eden!» disse con fierezza Elia.

«Ti ringraziamo Dio per averci creato. Come possiamo ripagare la tua immensa gentilezza?» disse Adamo.

«Non devi ringraziarmi, l'ho fatto per amore. Potete fare ciò che volete, ma badate bene: non dovrete mai cogliere i frutti dell'albero che è al centro del lago.

I due si girarono ed Eva esclamò: «Quale albero, mio Dio?»

"Diamine, mi sono dimenticato di disegnarlo!". Elia, con un astuto stratagemma, porse rimedio al malinteso: «Guardate in alto, c'è una maestosa aquila!». I due uomini alzarono la testa il tempo necessario perché Elia disegnasse un albero di melo pieno di frutti al centro del lago.

«Davvero un bell'esemplare di ucc... hey, ecco l'albero!» esclamò Eva per lo stupore.

«Come abbiamo fatto a non vederlo prima?» si domandò Adamo.

«Non è il momento di porsi simili domande Adamo... Ora è tempo per me di lasciarvi, ho delle questioni urgenti da sbrigare. Sapete.... creare mondi, popolarli.... quello che fanno le divinità» Elia stava calcando un po' troppo la mano e doveva andarsene prima di perdere completamente il controllo della situazione.

«Possiamo davvero fare tutto ciò che vogliamo?» chiese Adamo.

«Tutto, tranne cogliere i frutti da quell'albero» rispose Elia.

«Grazie Dio, non ti deluderemo!» esclamò Eva.

Elia salutò nuovamente le sue creature e si allontanò. Quando fu abbastanza lontano, si girò per ammirare nuovamente la sua opera e disse: «Sono veramente soddisfatto, è un capolavoro assoluto! Se fosse stato un quadro, si sarebbe intitolato 'Il Paradiso Terrestre'». Dopo averlo ammirato ancora per qualche secondo, Elia si girò e proseguì verso la sua strada, fischiettando allegramente.

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