The Show Must Go On

di se solose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.1 ***
Capitolo 2: *** 1.2 ***
Capitolo 3: *** 1.3 ***
Capitolo 4: *** 1.4 ***
Capitolo 5: *** 1.5 ***
Capitolo 6: *** 1.6 ***
Capitolo 7: *** 1.7 ***



Capitolo 1
*** 1.1 ***


Corro velocemente per la strada. L’adrenalina a mille. Il tacco scivola ma non posso fermarmi, non ci riesco. La testa fa male nel punto esatto in cui ho sbattuto contro il muro, ma non ho il tempo di piangere per il dolore. Devo arrivare alla macchina; dove l’ho messa? Dio, questi vicoli mi sembrano tutti uguali! Eccola lì, dall’altro lato della strada. Metto le mani in tasca e cerco la chiave. Ansimo. Non ce la faccio più, mi manca il fiato, mi fa male la testa ed ecco il luccichio della macchina sotto il bagliore della luna; esito prima di aprire lo sportello per guardare nella direzione del mio inseguitore. Corre verso di me e io monto in macchina.
-Entra chiave maledetta! –
Il rombo del motore acceso si fa strada nelle mie orecchie. Qualcosa sbatte contro il mio finestrino, mi volto urlante. È lui. Schiaccio l’acceleratore e schizzo via velocemente.
Scendo velocemente le scale, quasi fossi un automa, perché voglio solo chiudermi qua dentro e sentirmi al sicuro.
“Felicity!” la voce di Dig ferma la mia discesa.
“Grazie al cielo c’è qualcuno.” Il sollievo è evidente nella mia voce. Vedo Oliver spostarsi e venire alla fine della rampa che mi tende una mano; la afferro, grata che sia lì. Ora sono sicura che non mi accadrà niente di male.
Mi attira a sé il più possibile per vedere la ferita, ancora grondante di liquido rosso, sulla testa.
“E questa?”, mi chiede portandomi a sedere.
“Un muro” dico, ma evidentemente dovrò essere più specifica per farmi capire da entrambi.
“Un tipo, mi ha aggredito fuori dalla Queen C.” Oliver armeggia con il kit di primo soccorso mentre Diggle inizia il suo interrogatorio.
“Ti hanno aggredita? Chi? Sei riuscito a vederlo?”
“Ahi!” urlo al contatto del disinfettante con la ferita aperta. “Scusa.”
“Non lo so comunque. Appena sono uscita dall’edificio qualcuno mi ha attaccato”
“Perché non hai chiamato?” mi chiede Oliver come fosse stata la soluzione più logica, in quel momento.
“Sai, ero leggermente impegnata a salvarmi la pelle.” Devo averlo detto con un tono sarcastico perché lo sento aumentare, apposta, la pressione sell’ovatta imbevuta sulla mia ferita.  
“Ecco, l’ho disinfettata e il sangue si è fermato ma, adesso, ce ne andiamo in ospedale.”
“Cosa? Ospedale? Non mi serve sto bene”
“Felicity!” Mi rimprovera, ma purtroppo non posso cedere. Con gli ospedali cerco di avere meno rapporti possibili, non sono proprio il mio posto preferito.
“Giuro che se domani o stanotte dovessi avere qualche cosa che non va, qualsiasi cosa allora andrò in ospedale, ma adesso voglio solo andare a casa, per favore.” La supplica di solito funziona; occhi da cerbiatta e voce supplichevole e straziante il gioco è fatto!
“Ma resto con te. Voglio tenerti d’occhio.” Lo dice con quel fare autoritario, quello che di solito usa sotto il cappuccio verde, quello a cui non ci si può opporre perciò annuisco e mentre mi tiro su vedo Oliver sussurrare qualcosa a John il quale a sua volta annuisce serioso.
“Andiamo”
Lo seguo aggrappandomi al suo braccio.

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Capitolo 2
*** 1.2 ***


Solo una volta davanti la porta del mio appartamento mi rendo conto di cosa sta per accadere; Oliver Queen sta per entrare nel mio mondo. Quella parte di me, Felicity Smoak, che avrei voluto tenere gelosamente nascosta, gli sta per essere sbattuta in faccia senza il benché minimo preavviso. Sento già pendere la spada del giudizio sulla mia testa!
"Oliver sto bene, non è necessario che entri e mi fai da guardiano." Lo vedo sorridere. Un sorriso che crea quelle fossette sulle guance alle quali cedo così spesso. "Se non ti conoscessi, almeno un po', direi che mi stai cacciando." 
- Che imbarazzo! - 
Il mio tentativo di rimandarlo da dove è venuto era troppo evidente.
"No, è che... non fare caso al disordine,  non aspettavo visite!" dico tutta d'un fiato aprendo la porta. Poso le chiavi e la borsa sul mobile all'ingresso e gli faccio strada. "Bhé carino, qui." "Sicuramente piccolino rispetto al tuo castello!" "Ma accogliente", mi rimbecca. In effetti ho sempre pensato che casa di Oliver,  nella sua magnificenza,  fosse un po' fredda. "Posso offriti qualcosa? Non ho lo scotch ma un bello smoothie potrebbe interessarti?" Abbozzo un sorrido imbarazzato, perché vorrei sprofondare dalla vergogna per quello che ho appena detto! Sorride ancora, come se avessi detto qualcosa di divertente e non di tremendamente umiliante, muovendo la testa in una risposta negativa.
"Vorrei tanto avere dello scotch però,  adesso!" Lo dico ad alta voce, come sempre dato che credo di essere nata senza quei filtri che dovrebbero stare tra il cervello e la bocca. "Felicity,  tutto ok? Mi sembri strana...più del solito intendo", mi chiede interrompendo il flusso dei miei pensieri suicidi.  Ehm si, leggermente imbarazzata...ecco bene ancora senza filtri. Forse è il caso che  a farmi una doccia", Oliver annuisce e mi congendo ringraziando le docce e chi le ha inventate per essere la migliore scusa del mondo.
Accendo l'acqua, per farla scorrere un po', e inizio a spogliarmi accartocciando i vestiti in un angolo vicino il lavandino e legandomi i capello in una grossa cipolla malconcia; solo una volta sotto l'acqua corrente mi rendo conto di essere nuda in una stanza dove, al di là del muro, si trova Oliver Queen. Sussulto al solo pensiero e il ricordo delle sue parole, quella drammatica sera di due mesi fa, risuonano chiare e precise nella mia mente.
"Ha preso la donna sbagliata. Ti amo, Felicity, riesci a capire?" 
Ogni sera continuo a chiedermi come abbia fatto a credergli anche solo per un momento, come era possibile che così,  all'improvviso si fosse accorto di me. 
Mi bagno il viso con l'acqua per mandare lontano quei pensieri dalla mia mente. 
Una volta uscita, mi infilo i pantaloncini e una grossa felpa, che io chiamo 'la mia tenuta da casa', rimetto gli occhiali e dopo un grande respiro esco dal bagno.
Cerco Oliver che non è più nel corridoio e lo trovo in soggiorno, intento a guardare una fotografia. Mi avvicino a lui.
"Quelle siamo io e mia madre", gli dico con voce flebile e subito si volta a guardarmi.  "Vi somigliate molto" "Dio, spero proprio di no", quelle parole mi escono ancora prima che abbia il tempo di realizzarle veramente.  "Cattivi rapporti?" chiede. In effetti Oliver non mi conosce, o almeno non quanto il contrario, e credo che stia cercando si farlo ma....mia madre? Ha scelto l'argomento sbagliato.
"Una specie", resto evasiva pregando che non mi chieda altro. "Tutto qui? Non aggiungi altro? Mi preoccupa il tuo silenzio" "Ah, il sarcasmo non è proprio il tuo forte! Non so cos' altro vorresti sermi dire, la mia famiglia è stata un po' incasinata, ho avuto i miei alti e bassi con lei ma mi ha cresciuta da sola, non posso darle tutte le colpe" "Da sola?" "ehm si, mio padre ci ha abbandonate quando ero piccola" "Capisco". L'aria sembra essersi fatta triste e pesante ed essere compatita è l'ultima cosa che avrei voluto. Il suono del campanello ci fa rimettere entrambi sull'attenti. 
"Io, non aspettavo nessuno" dico mentre vado alla porta. Oliver fa segno di aprire. Con mani leggermente tremanti faccio scattare la serratura ed eccolo lì,  un fattorino cinese è davanti a me.
"Ah si, scusa ho ordinato la cena, sai memtre eri sotto la doccia" mi dice mentre paga il conto e prende la nostra consegna.
"Cinese? La pizza come fanno tutti gli altri non ti piaceva?" "Bhé, uno: potresti ringraziarmi per averci pensato e due: so quanto ti piaccia il cinese, la cucina intendo", resto sorpresa, piacevolmente sorpresa.
"In questo caso, grazie", gli faccio l'occhiolino facendogli segno di poggiare tutto sul tavolino in soggiorno per tornare poco dopo con piatti, tovaglioli e posate.
"Si mangia!" dico.
"Ne abbiamo fatti di progressi eh" mi lascio sfuggire tra un boccone e l'altro, ma vedo chiaramente,  dalla sua espressione,  che non capisce a cosa mi sto riferendo.
"Dal ti amo alle cene insieme, quale sarà il prossimo passo di Oliver e Felicity!" ovviamente sono ironica ma non credo che lui l'abbia colto.
"Felicity pensavo che..." "Stavo scherzando,  era solo una battuta, inopportunissima battuta", dico prima che lui finisca la frase perché non voglio ritrovarmi a parlare di cose che già so.
La cena passa silenziosa, nonostante le due chiamate di Laurel e quella di Diggle, dove ci informava di essere riuscito ad entrare in possesso del video delle telecamere di sorveglianza all'ingresso della QC.
"Almeno una buona notizia! Ma tu proprio non hai idea di chi fosse quel tipo?" Mi chiede mentre faccio zapping.
"Nope! Non ho neanche idea del perché mi abbia aggredita, magari era solo un ladro che voleva la mia borsa o qualcosa del genere" "qualsiasi sia il motivo lo scopriremo, in ogni caso è qualcuno da assicurare alla giustizia" mi spiega risoluto, tornando poi ad essere silenzioso.

*** Pov. Oliver***

Mentre Felicity continua a cambiare canale ogni due minuti,  io non riesco a smettere di pensare alla sua aggressione che sono sicuro non sia stata affatto casuale; cercavano il vigilante.
Ma chi? E perché attaccare lei?
Mentre continuo a farmi tutte queste domande mi rendo conto che Felicity si è appena accasciata sul mio petto. Allarmato mi volto a guardarla, sta solo dormendo. Un sorriso mi esce spontaneo mentre le accarezzo, delicatamente, i capelli. 
La prendo in braccio e la porto sul letto; dopo averla coperta resto al suo fianco a guardarla dormire, beatamente. Sembra una bambina, e nel guardarla mi rendo conto di quanto sia innocente e mi maledico per averle chiesto di fare parte di tutto ciò.
Se solo potessi dirle quello che realmente mi frulla nella testa, se solo potessi avvicinarmi a lei come vorrei non sarei più in grado di fare quello che faccio. Cerco di ritrarre quei pensieri tornando in me, quel me che non si può concedere nessuna distrazione, quel me che non ha il diritto di affezionarsi a nessuno, sono già troppe le persone a cui volevo bene che non mi hanno lasciato altroo che piangere sulle loro tombe.
Le accarezzo il viso con il dorso della mano; mugugna qualcosa a contatto con la mia pelle fredda e la ritraggo subito, uscendo dalla stanza.

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Capitolo 3
*** 1.3 ***


Una volta aperti gli occhi capii di essere nella mia stanza solo non ricordavo come ci ero arrivata. Una volta fuori vidi che la casa era vuota, Oliver non c'era.
- Sicuramente avrà avuto una qualche emergenza ed è dovuto fuggire via -
Un po' delusa, com'era giusto che fosse, mi sono preparata, pronta per una nuova giornata di lavoro.
Assorta nella mia routine mattutina non mi resi conto che la porta di ingresso si stava aprendo. 
"Ehi, pensavo fossi andato via" gli dico affacciandomi nel corridoio; lo vedo mostrarmi una busta in una mano e la chiave di casa nell'altra. "Dormivi, così ho pensato di andare a prendere la colazione" "Ah". Resto imbambolata come una scema che pensa sempre male. "Non so bene cosa ti piace perciò è stata una scelta un po' a caso, spero vada bene" Prendo il caffè all'interno della busta prima di rispondere " È il pensiero quello che conta!", poi ne prendo un sorso. Allora ho passato il test? Niente ospedale, giusto?" Mi sorride dolcemente e fa cenno negativo con la testa. "Niente ospedale, ma voglio trovare il tipo che ti ha aggredito, perciò ti toccherà parecchio lavoro, Felicity."
Non avevo il minimo dubbio che la mia giornata sarebbe stata carica di lavoro; per la mente informatica del team neanche un giorno di convalescenza! 
Dopo l'ennesima giornata in ufficio dirigermi al covo è quasi una benedizione.
"Devo dire che voi due avete una vita sociale molto attiva, eh" dico rivolta ad entrambi dato che erano già all'opera.
"Stavamo analizzando il video della sicurezza della QC" mi dice Oliver mettendo in play il video sulla schermata. 
"Abbiamo escluso la pista del ladruncolo occasionale perché, come puoi vedere - puntando il dito sullo schermo- si è lanciato direttamente su di te invece che sulla borsa." In effetti ha ragione, guardando il filmato sembra che quell'uomo volesse aggredire proprio me, ma a che scopo?
"Ok, adesso sono ufficialmente terrorizzata! Che possono volere da me?" Chiedo nella speranza che uno dei due riesca a darmi una risposta.
"Probabilmente qualcuno che ti collega al vigilante?" Dice Diggle, buttando giù un'idea.
"Chiediamolo direttamente a lui. Felicity voglio nome e cognome" mi dice Oliver con quel suo tono autoritario, così mi metto subito all'opera lasciando scorrere velocemente le mie dita sulla tastiera del computer, intrecciando mille volti con gli occhi. Oliver mi resta incollato tutto il tempo, posso sentire il suo fiato posarsi sulla mia spalla con folate regolari.
"Se mi stai così addosso mi deconcentro" la dico senza realizzare che sarebbe putata sembrare diversa alle orecchie degli altri.
"Cioè, non che la tua vicinanza mi distragga è solo che sembra che mi controlli e allora..." "Felicity, smettila di straparlare". Resto un po' colpita dalla sua serietà, mi sembra che stia prendendo molto a cuore la questione. Dopo click infiniti e battute di tastiera decido di mettere in piazza una questione importante.
"Dato che qui ne avrò per un po', perché non sfrutti il tempo che stai perdendo andando a trovare il signor Steel...Walter, per questioni più urgenti di questa?" So bene di aver toccato un punto dolente, perché perdere la società di famiglia è stato un boccone amaro da mandar giù, sempre se lo abbia mandato giù. Riprendersela è uno dei suoi obbiettivi principali ma, cocciuto com'è, non vuole chiedere aiuto, vuole fare tutto da solo, e questo è uno dei suoi punti deboli. "Perché non ho nulla di cui discutere con Waler al momento. Non dirmi che già sei stufa del tuo nuovo capo" Eccola, sempre la stessa frecciatina, quella che mi manda da quando la storia di Slade si è conclusa. "Fai come ti pare!" Dico esasperata tornando con la faccia verso il computer.  
- A volte mi fa perdere il senno! -
"Smettetela di fare cane e gatto vi prego, almeno qui voglio un po' di tranquillità! " ci dice Dig completamente esasperato.
È lo squillo del telefono di Oliver che mi impedisce di rispondere. Tendo un orecchio per cercare di capire con chi stesse parlando ma, essendosi allontanato, riesco a captare poche parole.
"Ragazzi devo andare, appena avete novità chiamatemi" "dove vai?" Gli chiede Dig mentre già è sulle scale e l'unica cosa che sentiamo in risposta è il nome di Laurel.
Feci una smorfia e tornai ad esaminare i volti.
" Farai quella faccia ogni volta che sentirai il suo nome oppure è una cosa momentanea?" Le mani che prima si muovevano da sole ora sono ferme; mi volto a guardarlo.
"Non è facile" mi limito a dire nella speranza che possa bastare.
"Non lo è mai stato, cos' 'e cambiato?" Mi chiede risoluto per riuscire a venirne a capo. L'unica persona con cui ho parlato di quella sera è stato Oliver, ho preferito tenere per me il resto della storia, forse per evitare di ripetre ogni volta la delusione provata.
"Non mi va molto di parlarne" lo liquido velocemente
"E invece dovresti dato che questa cosa ti disturba, dovresti tirarla fuori" 
"Come tu dovresti tirare fuori quello che provi a proposito del tuo diventare padre?" So che lui cerca solo di aiutarmi e ha ragione su tutto quello che dice ma non sono pronta.
"Non mi sembra il momento migliore, ecco tutto" anche lui cerca di liquidare l'argomento in fretta.
"Dig?" Dico leggermente tesa "Cosa? " "L'ho trovato!" Gli dico mostrandogli la foto una volta che fu alle mie spalle.
"Chiamo Oliver!"
 
*** Pov. Oliver***
 
Laurel è davanti a me che risponde dettagliatamente alla mia domanda ma la mia mente è da qualche altra parte. Anche se mi dispiace per il Detective Lance non riesco a rimanere concentrato, troppe cose che si accumulano in testa; l'aggressione, la società, il fatto che sto per rimanere completamente al verde, troppo di cui occuparmi.
"Non mi stai ascoltando, vero?" Il silenzio che si è creato in sottofondo mi fa capire che sta aspettando una mia risposta, allora faccio un sorriso tirato. "Scusami è che mi sto occupando di una questione, al momento" "che questione? Una di quelle di - abbassa la voce- giustiziere odella notte?" "Ehm si. Qualcuno ha aggredito Felicity e pensiamo che sia perché vogliano arrivare a me ma ancora non siamo riusciti a trovarlo." "Cosa? Sta bene? Perché ti dovrebbero cercare?" "Diciamo che non sono molto ben visto in giro." 
Quando il telefono squilla non perdo tempo a rispondere e subito dopo congedo Laurel senza molte spiegazioni. 
 
"Cosa abbiamo?" Dico ancora in cima alle scale.
"Il suo nome è Tomas Altman, è un noto mercenario nel mondo del crimine internazionale, ma pare che ultimamente fosse sparito dalla circolazione" gli spiega John "ma sembra che ora sia tornato. Dove posso trovarlo? " "Il problema è questo; sembra che a Starling City sia un fantasma." Continua lui. "Dunque non abbiamo nulla?" "Non esattamente, ho controllato vari profili e sembra che un certo Alaric Smith sia atterrato a Starling ieri mattina e che abbia prenotato una stanza al Major Hotel. Allora ho cercato un riscontro facciale nel database degli arrivi aereoportuali e badabum" mi dice Felicity mostrandomi la scansione del passaporto sullo schermo.
"Andiamo a fare una visita al signor Smith" dico ai miei colleghi prendendo in mano il mio arco.
"Vengo con te" sento dire a Diggle e annuisco, nonostante non ce ne sia bisogno.
"Anche io!" Questa volta è Felicity a parlare, e faccio marcia indietro.
"No" la mia risposta e secca e non ammette repliche, ma Felicity trova sempre un modo per farlo.
"Voglio sapere" 
"Ti voglio qui, fine della discussione. Quel tipo ti ha aggredito già una volta, evitiamo repliche!" Il mio tono è duro, me ne rendo conto, ma è necessario che capisca.
 
"Non credi di essere stato un po' eccessivo? " Mi chiede Dig ma io non lo degno di nessuna risposta e continuo a salire su per la scala antincendio fino alla finestra giusta. Faccio irruzione senza curarmi della modalità giusta; lui è lì, pronto a sparare. "Non lo farei":gli dico una volta attivato il modulatore vocale. Lo scruto con attenzione e noto il dito in movimento, prima che la pistola possa sparare scocco la mia freccia. "Che diavolo cerca il vigilante da me?" Mi chiede, e resto stupito dal fatto che non si aspetti una mia visita.
Altra freccia, tiro la corda e la punto verso di lui. "Perché volevi rapire Felicity Smoak?" Chiedo stando al suo gioco, con l'arco ben teso.
"Affari" mi risponde ed è chiaro che stia mentendo. " Che tipo di affari?" "Adesso ti metti a difendere le fanciulle?" Scocco una freccia e la conficco nel muro dietro di lui. "Che tipo di affari?" 
-Questa storia non mi piace! -
"Un tipo mi ha pagato per rapirla!" Mi urla dietro come se non capisse il perché del mio interessamento. 
Prima che potessi fare altre domande veniamo borbardati da una manica di pallottole ed istintivamente cerco riparo mentre vedo cadere, sanguinante, il mio interlocutore. 
Una volta cessato il fuoco mi avvicino all'uomo, ma ormai è troppo tardi.
Digrigno i denti per evitare di cedere alla tentazione di spaccare un muro.
 

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Capitolo 4
*** 1.4 ***


Ho passato tutta la notte chiuso nella fonderia a cercare di chiarirmi le idee, cercando di far passare la rabbia ardente che avevo in corpo senza successo.
La porta che si apre è l'unica cosa che mi distrae dai miei pensieri.
"Roy" dico duro. "Tranquillo, tutto liscio con Felicity, mi ha appena dato il cambio Dig". Al suono di quelle parole rilasso i muscoli. La scorsa notte, non essendo riuscito ad ottenere informazioni utili ho chiesto a Roy di controllare Felicity per evitare che qualcun'altro si presentasse alla sua porte, almeno fino a che non avremo capito con chi abbiamo a che fare.
"Secondo me dobbiamo tornare nella stanza del tizio e cercare qualche indizio" mi dice il ragazzo facendo scivolare il caffè verso di me. Mi asciugo via un po' di sudore e prendo il bricco bevendone un lungo sorso. Ne ho passate di notti in bianco, ma questa possiamo aggiungerla tra quelle peggiori.
"Infatti era quello che avevo intenzione di fare, prima che arrivasse la donna delle pulizie e trovasse il corpo."
"Che aspettiamo", mi rimetto la maglietta e ci dirigiamo verso l'uscita.
Arrivati sul luogo del misfatto tutto era esattamente come lo avevo lasciato le sei ore precedenti;  inizio a rovistare tra la roba dell'aggressore ritrovandomi con un pugno di mosche.
La voce di una donna nel corridoio ci fece da allarme, facendoci capire che il nostro tempo per rovistare era finito.

*** Pov. Felicity ***

"Pensavate davvero che non mi sarei accorta dei vostri pedinamenti?" Chiedo molto irritata appoggiando, per nulla delicatamente,  la mia borsa sul tavolo in ferro.
"Non so a cosa ti stai riferendo" guardo Roy in cagnesco prima di spostare il mio sguardo, carico di minacce, su Oliver. 
"Pensi davvero che sia così stupida?" L'indignazione che stavo provando era palpabile. "No, ma voglio essere certo che tu sia al sicuro" "oh ti prego! Mi sembra una scena già vista." Quando mi rendo conto di quello che ho detto è  troppo tardi perché Oliver ha già assunto la sua espressione da scocciato/ non so davvero cosa dire.
- Maledetta bocca!- 
"Forse dovremmo andare a prendere un caffè per tutti,  che dici Roy?" La voce di Dig mi arriva forte e chiara tra i  chiassosi pensieri, ed è chiaro che sia un tentativo di lasciarci soli.
Una volta sentito il rumore della porta Oliver si avvicina di più a me. 
"È chiaro che abbiamo ancora una faccenda irrisolta". Mi sta fissando con quegli occhi cosi profondi, tanto che potrei perdermici e non ritrovare più la via per tornare indietro.
"Non credo", cerco di fare finta di niente, di non capire di cosa stia parlando nonostante il mio cuore stia urlando tutt'altro.
"Felicity" si interrompe per prendere la mia mano e il mio cuore perde uno, due, dieci battiti, sento la pressione salire, il rossore spuntare sulle mie guance.
"A te ci tengo, non vorrei mai e poi mai che ti accadesse niente di male, lo riesci a capire questo?" Un Deja vù. Per un momento la testa mi gira e barcollo leggermente. Oliver mi guarda interrogativo e preoccupato allo stesso tempo, e cercando di non tradirmi do la colpa al bernoccolo che ho in testa.
"Oliver, ho scelto io di rimanere nella squadra, consapevole dei pericoli, perciò non trattarmi come una bambina, ok?" Queste parole, così seriose, non so neanche come abbia fatto a pensarle in questo momento, ma non posso certo dirgli cosa provo per lui; anche perché non so nemmeno io cosa provo, cos'è per me, o si?
Continua a guardarmi e io continuo a sfuggire a quello sguardo carico di parole, carico di significato. 
"Non lo faccio per farti sembrare un bambina, lo faccio solo perché voglio proteggerti" mi accarezza una guancia percorrendo linee immaginarie con il pollice. Non si era mai spinto così tanto, non mi aveva mai accarezzato prima d'ora, qualche sporadico abbraccio, gesti confortanti ma questo...
Sono sicura che può sentire il mio bollore sotto il suo palmo.
" Non da tutto..." riesco a dire prima che un nodo alla gola mi fermi il respiro. 
"Oh, scusate vi ho interrotti?" Una voce femminile si intromette in questo disegno idilliaco che mi stavo facendo in testa. Sento Oliver staccarsi e allontanarsi bruscamente da me, quasi a volermi scacciare via, alla vista di Laurel.
"No, figurati!" Lo sento dire mentre le va incontro. 
"Che ci fai qui?" "Voglio aiutarti, Oliver"  le sento dire e riesco a formulare un solo pensiero. 
- Anche qui! -
Fare parte della squadra del vigilante è l'unica cosa che mi fa sentire speciale, che mi fa sentire di fare qualcosa di buono, nonostante gli innumerevoli reati informatici che posso compiere ogni giorno, e adesso vuole interferire anche qui. Ma lei è Laurel, l'incredibile Laurel, non potrei mai reggere il confronto. 
- ok, sto vaneggiando-
"Non se ne parla" "Ma perché?  Tanto in un modo o nell'altro ti aiuterei comunque perché non farlo consapevolmente?"
" Perché non saresti al sicuro qui!"
"Oh, tranquilla, ha la mania della protezione del genere femminile" dico stizzita prima di andare alla mia postazione, ed in risposta ricevo un'occhiata torva.

*** Pov. Oliver ***

Non so cos'abbia Felicity,  perché si sta comportando in questo modo ma non voglio che altri, oltre me, ne paghino le conseguenze perciò a quelle parole la guardo torvo.
"No" sono secco, non posso combattere due battaglie allo stesso tempo.
"Oliver, lo sai che mi sentirei inutile nel sapere che voi siete qui a salvare la città dal crimine mentre io mi rigiro le mani"
"Non vorrei interrompere ma qui c'è un sacco di lavoro da fare." Mi dice Felicity.
"Laurel possiamo parlarne in un altro momento,  per favore?" Ci mette un po' a rispondere ma poi acconsente demoralizzata.
"Se mi cerchi sono da mio padre", mi dice prima di uscire.
"Cos' abbiamo?" Le chiedo.
"Cos' hai tu? Dovevi andare alla ricerca di indizi utili dopo il fiasco di ieri, no?" 
"Il tipo di pallottole usate, voglio che risali ai compratori recenti - le dico mettendo un paio di pallottole sul tavolo - e poi ho trovato questa - le mostro l'agenda - il nostro amico è stato di recente a Palermo, voglio che controlli se qualcun'altro da li è venuto a Starling City,  anzi controlla direttamente tutti gli arrivi dell'ultimo mese" "L'ultimo mese? Ci vorranno giorni!" "Allora ti conviene iniziare, ho avevi impegni più importanti?"
"In realtà questa sera c'è una festa aziendale della QC, alla quale sei stato invitato anche tu, ma scommetto che non te lo ricordavi"
Mi fa saltare i nervi quando usa quel tono ironico, come se sapesse quello che mi passa per la testa e se ne prende gioco, ma forse dopo averla caricata così tanto di lavoro avrei dovuto immaginarlo.
"Ehm, giusto! Allora inizia adesso, cosi domani sarai avvantaggiata!" Le rispondo, ripagandola con  la sua stessa moneta, con il suo stesso tono e la vedo irrigidirsi indispettita; un sorriso spontanea di vittoria spunta sotto i baffi.

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Capitolo 5
*** 1.5 ***


~~La così detta festa aziendale, che ogni anno ero io con la mia famiglia ad organizzare,  era iniziata quando mi decisi ad entrare nella sala gremita di gente.  Investitori, vecchi impiegati, vecchi colleghi; scambi di saluti cordiali che rendevano quella situazione ancora più difficile da sopportare, da gestire. Tutto quello che volevo fare era essere il degno successore di mio padre per questa compagnia e invece sono solo riuscito a distruggerla, perdendo di vista i miei obiettivi,  in quanto Oliver Queen, erede di un grande impero.
 Resto tra i miei pensieri in un angoletto vicino il bar mentre aspetto l'arrivo di Diggle e Felicity. Nonostante la predica ho mandato, comunque, John a prenderla.
 Quando la porta della sala in questione si apre per l'ennesima volta, torno a girarmi verso di essa.
 "Siamo qui" sono le parole che risento nel mio orecchio attraverso l'auricolare, ed infatti vedo John entrare, per primo,  vestito di tutto punto seguito subito dopo dalla bionda informatica, come ci divertiamo a chiamarla qualche volta per prenderla in giro.
 Per un lunghissimo momento stento a riconoscerla vestita in quel modo, un vestito lungo sulla coscia, i capelli acconciati con dei boccoli dorati e senza i soliti occhiali. La fisso, quasi stessi avendo una visione; normalmente mi dimentico di quanto sia bella.
Li vedo venire nella mia direzione e tento di tornare in me allontanando certi pensieri. Tossisco e mi sistemo il colletto della camicia.
 "Finalmente" dico, grato di non essere più da solo in quella sala.
 "Le donne, sono sempre in ritardo" ironizza il mio amico facendo cenno con la testa in direzione di Felicity che lo guarda in cagnesco.
 Allungo un braccio verso di lei che lo afferra delicata.
 "Posso offrirti qualcosa da bere?" Le chiedo quasi in un sussuro.
 "Tecnicamente il bar è offerto dalla QC"  mi corregge lei, sottolineando che in realtà non sto facendo nulla di così speciale.
 "Non potesti solo accettare?" La rimbecco leggermente esasperato.
 "Con piacere!" Mi dice in risposta.

"Come ti senti? Nervoso?" Mi chiede tra un sorso e l'altro di martini.
 "Leggermente. Mi sento un po' fuori posto, in realtà" "Non devi. Perché non vai a chiacchierare un po' di qua e di la, a tastare il terreno? Se non inizi a fare nulla non potrai riprendertela". La guardo serio perché so perfettamente che ha ragione eppure qualcosa mi blocca, una stupida paura di fallire ancora mi tiene lontano dall'unica cosa che mi resta della famiglia Queen.
 "Oliver, vuoi sapere cosa penso davvero?"
 "Qualcosa mi dice che me lo diresti in ogni caso" le lancio un sorriso amichevole.
 "Penso che tu sia spaventato, che hai paura di fallire ancora, perché sai bene che andando da Walter ritorneresti in possesso delle tue vecchie quote" poi si zittisce e torna a sorseggiare il suo drink.
 " Puoi scusarmi un momento? Ho appena visto qualcuno con cui vorrei parlare" le dico incrociando con lo sguardo uno dei grandi sostenitori di mol padre.

*** Pov. Felicity ***

Vedo Oliver allontanarsi tra la folla, rimanendo da sola vicino il bar, come una perfetta sfigata.
 " Sola al bar ad una festa non mi sembra una cosa felice" dice una voce provenire dal posto appena lasciato vuoto da Oliver. Mi volto nella sua direzione e trovo Cameron.
 "Ciao!" Gli dico facendogli un grosso sorriso.
 " Non c'è modo di farti tornare ai piani bassi?" Mi chiede mentre fa cenno al barman per ordinare.
 "Oh, magari! Ma la mia richiesta è stata respinta. Mi mancate troppo!  Lassù è così freddo e silenzioso" alle mie parole scoppia a ridere, come se avessi detto qualcosa di davvero divertente.
 "Posso svelarti un pettegolezzo?" Annuisco leggermente preoccupata. "Tutti pensavano che la tua salita ai piani alti fosse per una storia con il figlio dei Queen" resto pietrificata e soprattutto indignata.
 "Chi ha messo in giro questa voce?" "Tory" faccio schioccare le dita accompagnandole con un  " Lo sapevo! Non mi sopporta" "Lo sospettavo" dice prendendo il drink appena fatto.
 "Allora non è vero?" Mi chiede e resto sorpresa dalla sua sfacciataggine.
 "Nessuna relazione" abbozzo un sorriso triste ripensando ancora una volta a quelle parole famose.

*** Pov. Oliver ***

Subito dopo aver congedato il signor Tuner mi precipito in direzione del bar, dove avevo lasciato da sola Felicity.
- Che ora non è più sola!-
La vedo mentre chiacchiera tranquillamente con un tipo seduto vicino a lei che non ho mai visto prima e una sensazione strana mi pervade, come un senso di fastidio.
 " Oliver,  sta solo facendo due chiacchiere con un suo collega" la voce di Dig mi fa riprendere contatto con la realtà e mi rendo conto di essermi irrigidito e aver serrato i pugni. Il mio amico mi poggia una mano sulla spalla e mi volto a guardarlo. "Chi è? " " Un collega, te l'ho detto" resto in silenzio, continuando ad osservarli.
 "Oliver, se posso chiedere,  avete qualche problema voi due?" "Non mi sembra, perché? " "Perché le cose mi sembrano strane tra voi. Magari non sei così indifferente come credi. " Mi lancia questa frecciatina e so perfettamente a cosa si sta riferendo, ma lo ignoro dirigendomi, a mia volta, verso il bar.
 "Felicity" la chiamo interrompendoli. "Oliver ehm conosci Cameron?" Mi chiede, come se avessi dovuto sapere chi fosse.
 "In effetti,  no" gli allungo una mano, in segno di cortesia,  che lui stringe vigorosamente.
 " Volevi qualcosa? " "Ehm si, ti dispiace seguirmi fuori un momento?" Mi guarda interrogativa ma senza fare storie mi segue fuori dalla sala, dalla confusione, dagli occhi delle persone.
 "Volevi dirmi qualcosa? " mi chiede ma prima che potessi rispondere sentii un rumore strano. Le metto una mano sulla bocca per evitare che parli ancora. Uno sparo, due spari. Qualcuno stava facendo irruzione. La prendo per il braccio e la porto velocemente su per le scale, facendola entrare nel bagno.
 Prendo il telefono e digito il numero di Roy "vieni subito....e porta il mio cappuccio" gli dico. "Qualcuno sta entrando armato alla festa, devi rimanere qui, ok?" Mi guarda contrariata " Oliver, Diggle è li dentro!" "Come molte altre persone,  se la caverà. Piuttosto chi diavolo vorrebbe andare armato ad una festa?" Le chiedo per cercare di capire la situazione. "Molte persone, soprattutto dopo tutti i licenziamenti di quest'ultimo periodo" la guardo interrogativo perché non ho idea di quello che stia dicendo.

*** Pov.  Felicity ***

Come al solito in questa città non si riesce a fare una festa senza che ci scappi il morto! Forse devo considerare davvero l'idea di trasferirmi da qualche altra parte. Oliver è davanti a me, con le orecchie attizzate, tanto che a volte mi chiedo dove abbia acquisito il super udito.  "Sta arrivando qualcuno!" Mi dice afferrandomi e senza darmi neanche il tempo di capire mi fa entrare in un piccolo ripostiglio di fianco a noi. Completamente al buio, il suo corpo si spiaccica sul mio, siamo così vicini che riesco a sentire il suo respiro caldo accarezzarmi la fronte.
 Se non fosse che rischiamo la vita avrei sicuramente fatto una delle mie solite battute!
 Lo sento afferrarmi per un fianco e avvicinarsi di più a me....ho la mente svuotata, non riesco a pensare, la mia mente e annebbiata da un istinto.... li sento anche io i passi, quelli che probabilmente lui ha già sentito quando mi ha stretto ancora di più a sé;  la paura inizia a fare capolino facendomi sudare.
 - Moriremo qua, sono sicura!-
 Ma quandonla porta si apre tiro un sospiro di soglievo nel vedre Roy davanti a noi.
 "C'è gente presa in ostaggio e voi amoreggiate in uno sgabuzzino?", entrambi gli lanciamo uno sguardo di rimprovero ma al contempo grato.
 "Andiamo" sento dire dall'uomo al mio fianco mentre mi fa cenno di rimanere in quel tugurio.

"La devi smettere di prendere o farti sfiorare dalle pallottole!" Dico, ancora un poco spaventata e scossa dalla visione di Oliver sanguinante che torna a prendermi, per poi tamponargli la ferita al braccio.
 "Non hai più molta pelle rimasta senza cicatrici, eh!" Continuo a rimproverarlo ma in risposta ricevo solo un grandissimo silenzio. Mi adatto anche io continuando la medicazione senza proferire parola, ma è mentre rimetto via il kit da pronto soccordo che si decide a parlarmi
 "Ci sono stati davvero così tanti licenziamenti?" E guardando i suoimocchi tormentati capisco qual'è il problema; lui si sta incolpando. Sono certa che sta pensando che è colpa sua perché si è fidato di Isabel e adesso la compagnia ne sta soffrendo.
 Mi avvicino lasciando stare quella stupida cassetta dei disinfettanti e gli prendo una mano.
 "Te la riprenderai e sono sicura che la riporterai agli antichi splendori, Oliver" lo vedo sorridermi dolcemente piantando i suoi occhi nei miei. "A volte mi chiedo come fai ad avere tutta questa fiducia in me" "mmm in effetti non ne ho idea" dico ironica e una volta ritornato il silenzio mi volto per finire di sistemare ma lui non me lo permette perché mi afferra per un polso costringendomi a voltarmi. I suoi occhi cielo mi stanno fissando intensamente e resto immobile a contemplarli senza riuscire a dire una parola, senza riuscire a muovere un muscolo. Fa piccoli passi verso di me e appoggia la sua fronte alla mia. Non sento più il mio cuore battere, o si è fermato oppure corre troppo veloce, ancora non riesco a capirlo.
 "Ti ho preso la cena e tanto caffè! " mi dice Roy entrando nella fonderia, rompendo quel momento così unico.

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Capitolo 6
*** 1.6 ***


Due giorni chiusi qua dentro senza ottenere un risultato concreto. Felicity ha fatto le ore piccole senza potersi dire di aver fatto un buon lavoro perché niente di buono ne è uscito fuori.
"Vorrei poter fare più in fretta di così" mi dice e in risposta le metto una mano sulla spalla.
Questo è il massimo che siamo riusciti a condividere fino ad ora dalla notte della festa. 
"Piccioncini, ecco la colazione" È Roy seguito da Diggle.
"Grazie al cielo! Stavo morendo di fame, senza contare che ho tipo venti minuti per arrivare a lavoro" dice lei addentando una ciambella. 
"Anche io ho un lavoro adesso! Ragazzo delle consegne" ci informa il ragazzo strizzando un occhio.
"Bene, così sarai sempre in giro e controllerai la situazione generale" gli dico afferrando anche io una ciambella dato che la fame iniziava a sentirsi.

"Direi che forse dovremmo dare una mano a quella poveretta" la voce di John mi scuote e quando mi volto a guardarlo lo vedo posizionarsi ai computer dove fino a poco fa stava lavorando Felicity, così lo raggiungo per aggiungere un altro paio di occhi.
"Allora Oliver cosa cerchiamo con esattezza?" 
"Un nome comune, un presunto compagno di viaggio dell'aggressore" 
"Ok!" Minuti di silezio seguono, nei quali ci sforziamo di trovare un nome , un volto per arrivare alla conclusione di questa storia quando John riprende a parlare. 
"Ultimamente state passando molto tempo insieme voi, eh?"
"Si chiama lavorare"
"Si, ne sono sicuro solo che - fa una pausa - ti chiedo di stare attento", lo guardo interrogativo e lui se ne rende conto. 
"Oliver, non voglio dover raccogliere i pezzi di nessuno dei due".
Perché mi sta facendo questo discorso?  Sono stanco di questo atteggiamento,  quello di qualcuno che sembra sapere le cose prima degli altri.
"Sono solo preoccupato per un'amica e voglio assicurare un criminale alla giustizia, chiaro?" Mi rendo conto di essere stato scortese e di aver alzato la voce, ma inizio a perdere il controllo. 
"Sicuramente,  ma non vorrai farmi credere che tu non ti sia reso conto di quello che succede tra voi?" 
"Non succede nulla!"
"Perfetto".
Fatico non poco nel non controbattere ancora nel sentire quel tono accondiscendente.

*** Pov Felicity ***

Sono sicura che Oliver mi farà una ramanzina per essere uscita così tardi dall'ufficio.
Mentre mi avvicino alla mia auto non posso non fare caso alla sensazione che mi sento addosso; quella di essere osservata.
Mi fermo qualche secondo per guardarmi intorno ma è tutto deserto. Proseguo e raggiungo la mia auto a passo svelto. Solo una volta dentro e acceso il motore tiro un sospiro di sollievo.
Una volta alla base del Team Arrow, come mi diverto a chiamarlo, chiudo la porta accertandomi che sia davvero chiusa e non come faccio di solito, ovvero tirandomela alle spalle mentre continuo a camminare.
"Tutto bene?" Mi chiede John ed io sobbalzo.
"Ehm, si" dico fintamente,  ma nessuno dei due se la beve, come era prevedibile che fosse.
" Che succede? " questa volta è Oliver a parlare e vedo segnali di allarme nei suoi profondi occhi azzurri.
"Niente,  pensavo che qualcuno mi stesse seguendo, ma credo fosse solo una stupida sensazione" lo dico come se non si trattasse di qualcosa di importante,  ma entrambi non la prendono sotto gamba.
"Potrebbe essere qualcun'altro, qualcuno che ha sostituito il tizio morto, no?" 
"Si, infondo non avevano finito qualsiasi cosa avessero in mente" termina Oliver.
"Ok, adesso mi state spaventando. Perché cavolo qualcuno vorrebbe rapirmi o che so io, e non mi dire per arrivare a te perché sennò ti uccido!" Dico puntanto l'indice verso Oliver, leggermente agitata e con gli occhi velati di paura.
"Non lo so, davvero" il suo sguardo è dispiaciuto, come il tono della sua voce; so bene che si sente in difetto perché magari il vero obiettivo è lui, ma io non sono fatta per queste cose.
"Non permetteremo a nessuno di farti del male, Felicity" mi rassicura John mettendomi una mano su una spalla.
"Lo so, è solo che....vado un po' fuori di testa quando succedono queste cose".
"Intanto stanotte resto a casa tua" dice Oliver con fare sicuro e sia io che John lo guardiamo di sbieco.
"Come?" Lo rimbecca l'amico.
"Sempre se non ti dispiace. Sai, preferirei averti sott'occhio" ci spiega, ed io annuisco ancora sconcertata. Dopo la sera della festa Oliver che si offre volontario per venire a dormire sul mio divano diciamo solo che mi manda nel panico più totale.
"Mentre tu e Roy resterete di pattuglia. Dobbiamo essere pronti per qualsiasi evenienza", Diggle annuisce poi si precipita al telefono, starà sicuramente chiamando Roy.
"Ti senti più tranquilla così? " mi chiede il mio partner sfiorando il mio braccio per catturare la mia attenzione.  Annuisco.


"Credo di aver trovato qualcosa!", esclamo eccitata, terrorizzata,  agitata e non so cos' altro. Entrambi si precipitano al mio fianco, ansiosi di sapere.
"Allora,  non sono sicura ma ho notato una strana coincidenza, a Malta Robert Way è partito con lo stesso volo del nostro amico e indovinate?" 
"È venuto a Starling con lui" dice Dig sprezzando ovvietà da tutti i pori.
"Quasi. Il giorno in cui è morto. Coincidenza? Comunque il signor Way è un azionista canadese, apparentemente ha tutto in regola."
"Credo di dover fare una visita a questo Robert Way" esclama Oliver precipitandosi verso l'arco.

*** Pov Oliver ***

Finalmente dopo tante ricerche abbiamo una pista.  Mi sento carico!
Afferro l'arco ma una mano mi blocca prima di arrivare al vestito.
"Oliver e che ne è del tuo piano teniamo Felicity al sicuro?"
" Dig abbiamo una pista finalmente,  non posso lasciarmela sfuggire. Se c'è lui dietro tutto questo?  Potrebbe finire stanotte."
" E se avesse ordinato a qualcun'altro di fare fuori la tua socia? Oliver, devi pensare a quali sono le tue priorità. "
"La mia priorità è tenere salva questa città. "
"Anche se significa passare sul suo cadavere? Sapresti conviverci?"
Ha ragione. Assicurarmi che questo Robert Way sia l'artefice di tutto potrebbe costarle la vita. Eppure sono combattuto.
" Devo fare quello che è giusto!" Dico alla fine tra i denti.

A meno di un isolato di distanza dall'indirizzo datomi da Felicity mi fermo. Mille pensieri di lei mi tornano alla mente; tutte le volte che è stata li per me a sorreggermi, a darmi forza, a farmi ridere e adesso stavo scegliendo un criminale alla sua sicurezza. 
Istintivamente mi volto e inizio a correre.
Alla fonderia non c'era più nessuno, solo un biglietto di Dig.
"Faccio un turno di pattuglia vicino casa sua."
Sapevo che non l'avrebbe lasciata sola, ma questo non è una scusante. Velocemente ritorno nei panni di Oliver Queen e mi dirigo verso casa di Felicity. 
Stranamente sembra tutto tranquillo e nessun rumore si sente provenire dall'interno.  Preoccupato suono. Aspetto una risposta che ci mette una vita ad arrivare. Sto per suonare ancora quando la porta si apre e davanti mi ritrovo una Felicity un po' assonnata e in pigiama.
"Ti ho svegliata? " le chiedo, ma lei fa una faccia contrariata posando lo sguardo  sulla maniglia della porta.
"Qualcosa non va?"
"Che strano,  credevo di aver chiuso a chiave ma la porta si è aperta solo con la maniglia". Mi guarda con una faccia interrogativa. 
"Qualcuno stava provando ad entrare" le dico spingendola dentro. Accendo la luce e guardo in ogni stanza della casa, controllo che sia tutto in ordine,  e lo è. 
"Sembra che il mio arrivo abbia fatto rinunciare all'impresa". Annuisce guardandosi intorno.
- Sono tornato appena in tempo,  non oso immaginare altrimenti. -
Deglutisco a quel pensiero.
"Dato che sei qui...ehm, posso offrirti qualcosa? Certo alle tre del mattino non è la domanda migliore ma..." rido, interrompendo il suo farneticare che, a volte, mi sembra essere così dolce.
"Un bicchiere d'acqua va bene".

*** Pov. Felicity ***

A passo lento vado in cucina e apro il rubinetto lasciando scorrere l'acqua mente cerco un bicchiere pulito. 
Credevo che dopo la missione notturna non sarebbe più venuto a farmi compagnia, o come dice lui a tenermi sott'occhio, invece...
Qualcosa si posa sulla mia bocca, sono dita, è una mano. Una gocciolina di sudore si imperla sulla mia fronte. Mi toglie il bicchiere dalla mani e lo poggia sul lavandino chiundendo l'acqua. È Oliver che mi fa segno di stare in silenzio. 
- Come posso stare zitta quando qualcuno ha appena fatto irruzione in casa mia?-
Mi fa cenno di seguirlo fuori dalla cucina e lo faccio. Silenziosa quanto più mi riesce e spaventata a morte.
Una mano è tutto quello che vedo prima di sparire nell'oblio.

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Capitolo 7
*** 1.7 ***


Macchie di luce è l'unica cosa che riesco a vedere una volta ripresa conoscenza. Un dolore lancinante mi prende la testa ed istintivamente mi porto una mano nel punto in cui la fitta ha origine.
Qualcosa di viscoso sento sotto i polpastrelli e non ho nemmeno bisogno di controllare per capire che è sangue.
Un mugugno strano esce fuori dalla mia bocca quando invece avrei voluto parlare. 
Alle mie orecchie arriva un rumore,  passi credo. 
"Ti sei svegliata finalmente". Ancora non riesco a vedere con chiarezza ma la voce di Oliver la riconoscerei ovunque. Una sensazione di sollievo mi pervade perché vuol dire che siamo entrambi salvi e che ha sicuramente messo in manette o peggio quel tipo. Provo ad alzarmi ma il dolore torna e ricado miseramente sul cuscino. Morbido. Ma dove siamo? Vorrei parlare ma mi sembra di essere afona, nessun suono oltre qualche scimmioide mugugno.
Si siede vicino a me, perché solo così sono in grado di vedere il suo viso. Mi solleva piano la testa e con dell'ovatta mi tampona la dove prima avevo sentito il sangue.
"Hai preso una bella botta, misa che stavolta nessuno ti salverà da un bel giretto in ospedale", abbozzo un sorriso di rimando, l'unica cosa che la mia bocca mi permette di fare al momento.
"Cerca di riposare un poco, va bene? Io vado a chiamare Diggle."
Non voglio stare sola, non voglio guardare dei muri a cui non posso neanche parlare. Gli afferro la mano con quanta più forza riesco a raccogliere. Mi guarda fissa e credo con fermezza che voglia leggermi nella mente,  che voglia tirare fuori le parole che vorrei  usare se solo ci riuscissi. Adesso è lui che prende la mia, ribaltando la situazione. 
"Se preferisci che resti Dig può aspettare", lo dice quasi in un sussurro e io non mi sento più la testa, e non è per via del colpo, è lui.
Mi limito ad annuire.
Restiamo così per un tempo che sembra infinito, inafferrabile,  assolutamente fuori da ogni logica scientifica, rimaniamo così fino a che io...non mi addormento. Troppo provata, troppo esausta, troppo tutto.

*** Pov Oliver ***

Sembra serena mentre dorme e questo mi rende tranquillo. 
Il braccio fa male, andrebbe disinfettato ma ho tutto quello che mi serve al covo; mi toccherà resistere ancora un po'.
Il cellulare suona e lo recupero dalla tasca della giacca; sul display lampeggiante mi appare il nome del mio socio.
Mi allontano appena fuori la porta per rispondere. 
"Dimmi"
"Prima Felicity,  come sta?"
"Si è svegliata poco fa ma è crollata di nuovo, meglio così"
"Bene. Senti Oliver ho fatto come mi hai chiesto, ho dato a Laurel il nome, appena il detective Lance ha qualche novità saremo avvertiti"
"Perfetto,  grazie"
"Scommetto che non mi stai dicendo tutto,  vero?"
"Diciamo solo che vorrei prima esserne certo"
"Dunque sai contro chi stiamo combattendo?"
Mi volto a guardare la ragazza stesa sul letto nella mia stanza.
"Potrei averne una vaga idea." Chiudo rapido per evitare altre domande.

"Dormigliona!" Le dico una volta aperti gli occhi, di nuovo.
"Oliver...oh, la voce!" La guardo interrogativo ma lei non ci fa neanche caso. "Dove siamo?"
"Casa mia. Ho pensato fosse più sicuro".
"Con le botte in testa siamo diventati intimi eh! Che è successo la dentro? Chi era quello?"
E ora cosa le racconto? Non posso sganciare una bomba del genere senza avere nessuna certezza. 
"Diciamo che non farà più del male a nessuno."
"L'hai ucciso? "
"Vorresti biasimarmi?"
"No, solo che...pensavo l'avessi messo k.o."
Il silenzio è pesante,  come se l'aria fosse piena di parole che non si possono dire.
"È la seconda volta che uccidi per me" 
Si avvicina a me quasi volesse sentire il mio respiro. Dio com'è vicina!
Le poso entrambe le mani ai lati delle guance.
"Vero"
"Non voglio essere il motivo per cui sei costretto a cambiare rotta....occasionalmente"
"Sono responsabile delle mie azioni, tu non c'entri"
Non riesco a non osservarla, a guardarla, anche con un bernoccolo in testa, con i capelli scompigliati, gli occhi rossi e gli occhiali è sempre così dannatamente bella. I miei occhi non fanno che posarsi su quelle labbra, come se volessero dirmi di assaggiarle, almeno una volta.
Le tiro indietro un ciuffo biondo scombinato.
"Ehm - da un colpo di tosse - potrei avere un bicchiere d'acqua, per favore? " lo dice interrompendo,  quasi volontariamente,  quel momento.  Ma forse è meglio cosi. Con lei non posso cedere come con qualsiasi donna, non me lo perdonerei mai. Non me lo perdonerebbe mai.
"Certo!" Faccio per scendere ma poi torno indietro. 
"Volevo dirti, ehm che fino a che non sappiamo cosa succede potresti farmi un favore?"
Lei annuisce e io prendo fiato prima di parlare. 
"Potresti venire a stare qui?" La butto così,  come fosse una normale richiesta da fare, tra vittima e salvatore.
"Non lo so, Oliver io..."
Mi avvicino a lei, poche dita ci separano e cerco di mettre su l'espressione più convincente che posso fare.
"Sarei più tranquillo se fossi sempre vicino a me, sai ehm, per la tua sicurezza".

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