Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli: Capitolo 1: *** Prologo. *** Capitolo 2: *** Capitolo 1 *** Capitolo 3: *** Capitolo 2 *** Capitolo 4: *** Capitolo 3 *** Capitolo 5: *** Capitolo 4: 'Thinking about you' *** Capitolo 6: *** Capitolo 5: 'Those sweet words you said' *** Capitolo 7: *** Capitolo 6: 'You change your mind, like a girl changes clothes' *** Capitolo 8: *** Capitolo 7: 'Every second is a highlight, when we touch don't ever let me go' *** Capitolo 9: *** Capitolo 8 'Call me maybe' *** Capitolo 10: *** Capitolo 9: 'I love the way you lie' *** Capitolo 11: *** Capitolo 10: 'It's too late to apologize' *** Capitolo 12: *** Capitolo 11: 'Just give me a reason' *** Capitolo 13: *** Capitolo 12: 'High Hopes' ***
Ringrazio Fiorels per
il fantastico banner, i ragazzi delle immagini
sono proprio 'i miei bambini'.
"I'll never be the same,
if we ever meet again"
Il fastidioso rumore
di una lampada al neon. Non ci era ancora
abituata nonostante lo sentisse da sei mesi a quella
parte, tutti i dannati venerdì pomeriggio mentre attendeva. Eppure ogni cosa in
quello squallido ospedale per lei, era nuova. Non
si capacitava ancora di tutto il tempo passato tra quelle mura bianche
scolorite, profumate di disinfettante medico e infestate da anime
vaganti. Quello non era il suo
mondo. E non lo sarebbe mai
diventato. Purtroppo
però, anche se non sarebbe stato il suo mondo,
sarebbe stata la sua seconda casa…non poteva fare
altrimenti. Le crisi erano diventate più frequenti e per
ogni sciocchezza dovevano correre in clinica e fare esami su esami. Patetico. Come se avesse davvero
qualche speranza di sopravvivere. Come se potesse
davvero azzardarsi a ritornare quella che era. Come se potesse
davvero illudersi che fosse solo un sogno. Ma non poteva, non
più. Forse prima avrebbe
potuto. Ma non ora. Non ora che tutto
stava andando a rotoli, un declino lento e
impossibile da evitare. Avrebbe voluto con tutta se stessa saper
chiudere gli occhi e immaginare l’ultimo periodo della sua
vita in modo diverso.
Eppure non ci riusciva. Era così
deprimente. Neanche immaginandolo
e lavorando con la fantasia era
possibile…neanche nella sua mente c’erano desideri
abbastanza forti da creare un’immagine di lei sana. La sua vita le faceva
schifo. Ma non era sempre
stato così: prima aveva ottimi voti a
scuola, amiche pronte a sostenerla in tutto anche se non aveva mai
provato l’amore vero… era felice. Ovvio…prima. Prima che scoprisse di
essere malata, prima che mandasse tutto a
puttane, prima che si rinchiudesse nel suo mondo e si lasciasse
deperire. Era davvero ridotta
male. Se qualche mese prima
le avessero detto che avrebbe fatto pensieri
così depressivi, li avrebbe squadrati da capo a piedi e
ridendo avrebbe offerto loro un bel gelato magari, invece ora sorrideva
amara. Una mano posata
gentilmente sulla sua spalla la riscosse e la convinse
ad alzarsi senza neanche guardare in faccia il suo interlocutore. -Stanza numero 36 al
secondo piano, repart... -Lo so- proruppe
brusca. Lo sapeva dannazione, lo sapeva! Ogni singola
volta glielo ripetevano; avrebbe voluto urlare che ormai conosceva
l’ospedale come se fosse casa sua, ma poi si tratteneva, non
le sarebbe servito a niente. Aggirò
l’infermiera e si incamminò con
passo pesante verso la sua meta, stando attenta a non sforzarsi troppo;
l’avrebbero portata sulla sedia a rotelle ma si era rifiutata
categoricamente, non era una malata terminale, a differenza di quello
che pensavano tutti. Seguì le regole: non affaticarsi e
respirare piano, niente scale e solo ed esclusivamente ascensore. Arrivò
dinanzi alla stanza 36 ed entrò senza
pensarci due volte, spalancando annoiata la porta. Si diresse al suo
solito armadio e ci buttò dentro la borsa con il cambio per
quei cinque fottutissimi giorni. Poi si gettò a peso morto
su uno dei tre letti e chiuse gli occhi, fece ripartire la musica
dell’ ipod che aveva precedentemente stoppato e si
estraniò da tutti, come sempre.
**
-Cara...cara
sveglia...- qualcuno le scosse timidamente le spalle e lei
si stiracchiò girandosi e si attorcigliò con i
fili dell' ipod spento. Si
stropicciò gli occhi e li aprì piano per
abituarsi alla luce artificiale. Mugugnò e
guardò male l'infermiera assottigliando
gli occhi. Perché diavolo l'aveva svegliata? Stava dormendo
così bene... solo nell'incoscienza riusciva ad essere
serena, perché dovevano privarla anche di quelle poche ore? Ecco, un semplice
gesto le aveva rovinato il resto della giornata,
doveva iniziare a dare una regolata ai suoi fastidiosi sbalzi d'umore. -Si?- chiese con voce
annoiata, rivolgendosi alla vecchia signora dal
viso gentile. -Il dottore Ruggeri ti
vorrebbe vedere- spiegò appoggiandosi
ad una sedia a rotelle che aveva notato solo ora, troppo addormentata. Una visita il giorno
stesso che era arrivata? Oh bene. Si alzò dal
letto controvoglia e si diresse verso il bagno: -Aspettami qui- secca
e lapidaria come aveva imparato ad essere. Si
rinfrescò velocemente e si lavò il viso,
togliendosi tutta la cipria che aveva applicato la mattina per celare
le pesanti occhiaie. Afferrò la
spazzola dal beauty e se la passò
velocemente per dare volume a quella massa bionda informe. Era
presentabile ora. Più o meno. Senza aspettare che
l'infermiera dicesse niente aprì la
porta e sbucò nell'ampio corridoio. La signora si
sbrigò a inseguirla, non aiutata affatto dall'ingombrante
sedia dalle ruote cigolanti. -Dovresti... -No. Evitò gli
inservienti che camminavano veloci: -Ma il dottore... -Ho detto di no, non
mi serve. -Mi è stato
ordinato di... -Capisci l'italiano?
No? Te lo ridico con calma allora: non me ne frega
un cazzo di quello che ti ha detto il dottore, mio corpo, mia
decisione- sputò acida e si girò, andando a
sbattere contro qualcosa; rialzò lo sguardo e
incontrò quello marrone di un ragazzo immobile davanti a lei
che la stava fissando. -Che hai tu da
guardare?- lo spostò malamente- vado da sola-
e continuò a camminare velocemente per seminarla. Certo, velocemente per
quanto le fosse concesso. Si fermò in
sala d'attesa e bevve un bicchiere d'acqua preso
dal distributore per riprendere fiato, faceva schifo e non sapeva di
niente. Che
palle.
**
L'infermiera si
fermò e sospirò pesantemente
guardandola allontanarsi e si rivolse al ragazzo davanti a lei: -Che ci fai qui tu?-
lo apostrofò. -Mi annoiavo-
alzò le spalle- piuttosto...chi era quella? -Ah...si scusala
è un carattere difficile da quanto mi hanno
detto- disse pettegola. -Voglio sapere il suo
nome- ribatté. -Perché non
glielo chiedi tu?- un lampo di malizia
passò negli occhi stanchi. Lui sospirò: -Margherita ti ho solo
chiesto il nome di quella ragazza!- iniziava ad
innervosirsi davvero. -E' bella eh?!-
ridacchiò. -Senti, fa niente-
assottigliò gli occhi stanco di quel
giochetto. -Lavinia Rocci,
starà qui cinque giorni per degli esami- si
affrettò a riferire l'infermiera. Lavinia
Rocci... -Bene, ciao- secco e
lapidario. -Ma come?! Non vuoi
sapere nient'altro?- disse delusa la signora. -Mh... no-
perché mai avrebbe dovuto interessarsi ad una
ragazza che aveva visto per pochi secondi? Aveva già
abbastanza problemi di suo. Le aveva solo chiesto il nome, non aveva
detto di volerla sposare. Scosse la testa con
forza, come per scacciare un'idea malsana e riprese
a camminare seguendo la sua strada. Addio
sconosciuta.
********************************************************************** Inizio
con il dire che sono EMOZIONATISSIMA, visto che è la
mia prima originale. Non avrei mai pensato di poterne
scrivere una, ma semplicemente guardando un'immagine questi due ragazzi
si sono fatti spazio nel mio cuore e non se ne sono più
andati. Questa specie di prologo può risultare un
po' depressivo,
diciamo ma vi assicuro che la storia non sarà
così. Mi scuso per la brevità ma i prossimi
saranno decisamente più lunghi ;) Vi
ringrazio per aver letto, per essere arrivati fin qui e se vorrete
posterò il primo capitolo esattamente la settimana
prossima. Ci
tengo a dire che dedico
questo primo capitolo a quella stronza della mia migliore amica che mi
ha assillato affinchè lo postassi oggi. Ringrazio
inoltre quella trota di Tati
Yeah che ha
letto ogni cosa in anteprima e mi ha spennato
viva. Okay
mi ritiro e aspetto qualche vostro parere, sia positivo che
critico ovviamente. So
che la canzone non ci dice molto, ma il titolo è perfetto
'Non
sarò
più lo stesso se ci rincontreremo ancora'. Se
avete consigli sono sempre ben accetti e se volete contattarmi
potete trovarmi qui: Il
contatto su facebook:Athena Efp Il
gruppo su facebook:My
Crazy Stories. Sarò
felicissima di rispondere alle vostre domande! O
semplicemente per spettegolare un pochino ;)
Come sempre ringrazio Fiorels per lo splendido banner e
tutta la sua
pazienza con cui
asseconda ogni volta le mie pazze richieste senza mandarmi a quel
paese.
2
mesi dopo...
Sistemò il
fiocco delle sue
converse nere e si alzò in piedi: non stonavano
così
tanto sotto quell'orrenda divisa, che poi alla fine non era neanche
brutta: faceva così tanto Gossip Girl.
D'altronde era stata
lei a decidere: scuola privata.
Non ci pensava neanche
ad andare in
una pubblica dove tutti erano socievoli e normali, nelle scuole private
erano tutti snob, nessuno avrebbe tentato di attaccare bottone e
sarebbe passata inosservata.
Era un piano perfetto.
Era stata costretta
a trasferirsi da Genova a Pisa, almeno quello lo aveva scelto lei. Si
sedette davanti allo specchio a ginocchia incrociate, osservandosi le
gambe diventate un po più magre dall'ultima volta che le
aveva
osservate bene.
Il giorno precedente
aveva fatto un
discorso con il suo Io interiore: si era detta che doveva ricominciare
da capo, per lei e per la sua famiglia. Era davvero disposta a farlo, a
provarci.
Voleva farlo.
Insomma, stavano
già facendo
il possibile per sconfiggere quella “fastidiosa”
situazione, doveva applicarsi anche lei; per un secondo
pensò
alle sue amiche da una vita, a quelle che aveva lasciato a Genova e una
lacrima solitaria scese prima che se potesse accorgere. Si
sbrigò ad asciugarla per non rovinare la cipria applicata e
sospirò: non era il momento per rivangare il passato, il
destino
aveva voluto quello, e lei doveva affrontarlo a testa alta.
Si ravvivò
i capelli biondi.
Si, ce la poteva fare.
***
Si torse le mani
sudate e si portò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.
-Vuoi che ti
accompagni?
-No.
-Sicura?
-Si.
-Perchè se
vuoi....
-Mamma ti prego.
-Scusa è
che mi sembri agitata.
-Come sei perspicace.
-Che figlia acidella
che mi ritrovo.
-Oh, sta zitta.-
stiracchiò le gambe e tamburellò le unghie sul
cruscotto.
Un volta.
Due volte.
Tre volte.
-Okay io vado- si
decisse afferrando lo zaino- ci vediamo all'uscita.
-Va bene- Cristina
sorrise alla figlia e le accarezzò i capelli- sono sicura
che andrà bene vedrai.
-Se lo dici tu.- non
era affatto convinta ma doveva pur aggrapparsi a qualcosa.
Aprì lo
sportello dell'auto e scese sistemandosi la divisa.
-Sei molto bella.
-Non è
vero- uno sguardo esasperato la indispettì e chiuse la
portiera salutando con la mano.
Si voltò
verso l'imponente
edificio e si avviò al suo interno, cercando di non fare
caso
alle occhiate che le rivolgevano gli studenti. Essendo una scuola
privata si conoscevano tutti, dato lo scarso numero di alunni, e
avevano notato un viso nuovo. Sarebbe stata al centro dell'attenzione?
Oppure non l'avrebbero considerata?
Non le restava che
scoprirlo.
***
Bhè il
bilancio del primo
giorno al liceo privato 'Leonardo da Vinci' di Pisa non era proprio
come si era aspettata: aveva
conosciuto diverse persone ed i professori erano stati gentili con la
nuova alunna, ma grazie al cielo nessuno aveva avuto la smania di
diventare la sua vicina di banco; questo lo aveva pensato fino alla
terza ora quando, cambiando aula, si era imbattuta in Noemi, una
ragazza tutta pepe che appena presentata si era accomodata sul banco
accanto al suo e aveva iniziato a parlare di una fantomatica festa che
si sarebbe tenuta da lì a due settimane.
Stesso fatto accadde a
pranzo: si
era silenziosamente seduta ad un tavolo in solitario, aveva preso a
smangiucchiare svogliatamente una mela ed era sobbalzata quando quella
stramba ragazza le si era seduta accanto attaccando bottone divorando
un trancio di pizza e sporcandosi poi come una bambina.
Aveva riso quando le
aveva indicato dove si era sporcata, era troppo buffa!
Non rideva da mesi,
bhè da quando...da quando aveva saputo...
-Lavinia! Oh mamma
più dico
il tuo nome più mi sembra stupendo! Cosa ha spinto tua madre
a
chiamarti in questo modo?- Noemi interruppe il filo dei pensieri e
appoggiò i gomiti sul tavolo in attesa del nuovo professore.
-Si chiamava
così anche mia
nonna, sai stesso colore dei capelli, stessa sfumatura d'azzurro degli
occhi...mi hanno dato il suo nome- disse ovvia.
-Bello-
commentò lei mentre
annuiva pensierosa- io invece mi chiamo Noemi perché nel
sesto
mese di gravidanza mia madre entrò in una libreria e
afferrando
un dizionario dei nomi quello si spalancò sul mio
attuale
nome.
-Wow-
commentò poco
interessata volgendo lo sguardo verso la cattedra, dove si era
accomodato il professore e aveva appena iniziato la lezione.
-Hai fratelli o sorelle?
-Figlia unica.
-Fortunata! Io invece ho un fratellino più piccolo, una
bestia!
Non ti dico come mi riduce quando giochiamo insieme, mi picchia sempre!
-Deve essere bello. Avere un fratello cioè, non il fatto che
ti
picchi quando giocate.- spiegò la bionda ad una sua occhiata
stupita.
-Il ragazzo? Niente?- una scintilla di malizia illuminò i
suoi
occhi, mentre aspettava una risposta che probabilmente non sarebbe mai
arrivata. L'amore...
come no.
Molte volte pensava di essersi innamorata, poi ripensandoci lucidamente
aveva capito che erano state soltanto semplici cotte adolescenziali.
Una simpatia particolare, ecco. Molti dicevano che era bella ma alla
fine pretendevano soltanto una sola cosa: che aprisse le gambe ovvio, e
puntualmente lei rifiutava.
Non era una suora dato che non era vergine, ma non era neanche una
ragazza facile.
-Niente.- si chiuse nel suo mutismo calandosi i capelli davanti al viso. Per
oggi basta socializzazione.
-Come mai ti sei
trasferita a Pisa?- chiese sottovoce Noemi cauta.
Era passata una
settimana dall'inizio della sua “nuova vita” e ogni
singolo giorno la ragazza veniva torturata
attraverso interrogatori continui dalla sua nuova conoscente.
Per di più quel giorno aveva anche il mal di testa a farle
compagnia mentre rispondeva solamente alle domande che reputava
consone, non voleva aprirsi troppo per poi rimanere scottata.
Lavinia si
irrigidì immediatamente e si mosse irrequieta sulla sedia.
Cosa poteva
risponderle?
L'unica opzione era
fare finta di
non aver sentito e prestare attenzione alle parole dell'uomo dai
capelli bianchi davanti a lei. Sarebbe mai riuscita a dire a qualcuno
la verità? Sarebbe riuscita a superare quella fase?
Decine di domande le
vorticavano nella testa...ma non erano quelle giuste a suo giudizio: avrebbe mai trovato qualcuno
degno di queste confidenze?
Ecco. Questa era la
vera questione. Il nocciolo, il succo.
No.
Nessuno mai sarebbe
riuscito a non guardarla con compassione.
Perché non
era compassione
che lei cercava! Ogni singola volta che si recava a fare una visita,
ogni singola persona che veniva a conoscenza del suo...stato, la
guardava con sguardo dispiaciuto. Non sapevano fare nient'altro?
Respirò a
fondo e si massaggiò le tempie con una mano: mal di testa in aumento, perfetto,
pensò ironica.
-Scusi- disse con voce
sottile alzando leggermente il braccio- posso uscire un minuto? Non mi
sento molto bene...
Complice il pallore del suo volto e le occhiaie che contornavano i suoi
occhi, il professore non obiettò.
****
Se ne stava annoiato
con la testa
sul banco, sonnecchiava con le voci della classe in sottofondo.
Improvvisamente un colpo secco lo fece sobbalzare: la professoressa di
latino aveva sbattuto il libro sul suo banco.
-Allora Catini, cosa
ne dice? Ci
facciamo un bel giretto per far passare il sonno?- quell'odiosa arpia
sorrise maligna, ce l'aveva proprio con lui!
-Si magari mi prendo
anche un caffè- sorrise stiracchiandosi sulla sedia. La vecchiaccia
storse le labbra ben sapendo che non poteva fare nulla: il padre di
quell'odioso ragazzo era uno dei donatori di fondi più
influente, lo sapevano tutti, compreso lui che se ne approfittava
largamente.
Si alzò con
fare annoiato e
uscendo dal V° D, si diresse verso la macchinetta, forse un
bel
caffè era davvero l'unica opzione possibile per sopportare
altre
due ore di lezione: odiava fare pranzo in quella fottutissima scuola
privata.
Mise le mani nelle
tasche dei
pantaloni della divisa e svogliato svoltò l'angolo: la scena
che
gli si parò davanti lo spiazzò: una ragazza
appoggiata
alla macchinetta singhiozzava senza remore, il corpo scosso dagli
spasmi.
Che stesse male?
Si avvicinò
aumentando il passo, finendo con il fare una corsetta per poi
abbassarsi verso la biondina in questione.
-Ehi- le scosse
leggermente la spalla e quella alzò il viso: l'aveva
già vista!
Si, ma dove?
Ripercorse brevemente
con la mente tutte le biondine che aveva visto ma quegli occhi
così chiari non rientravano nelle sue conoscenze.
La ragazza non
sembrò neanche notarlo, chiuse gli occhi e svenne. Poco
prima...
Lavinia si
alzò uscendo
dal V° E, si diresse alla macchinetta del caffè
alla fine
del corridoio. Respirava male. Brutto segno, non andava bene. Doveva
calmarsi. Selezionò un tè caldo e
aspettò che
l'erogatore completasse il suo lavoro; una volta afferrato il
bicchierino, girò la bevanda con il bastoncino apposito e
restò a fissare il liquido bollente con sguardo perso e il
respiro corto.
Voleva tornare a
Genova.
Voleva tornare a casa.
Lo voleva con tutte le
sue forze.
Sentì gli occhi farsi umidi
e pizzicarle nel classico modo che preannunciava una crisi di pianto.
Non doveva lasciare che le lacrime vincessero ancora.
Avevano vinto troppe volte in quegli ultimi mesi, non voleva diventare
una debole.
Non sarebbe servito a nulla piangere, non avrebbe risolto di certo le
cose. Non sarebbe potuta tornare a casa, e non avrebbe potuto rivedere
le sue amiche d'infanzia, non dopo che le aveva allontanate senza
motivo. Eppure...
Il mal di testa aumentò
improvvisamente a dismisura, solo al pensiero delle sue amiche che la
riaccoglievano con un abbraccio. Prese a singhiozzare convulsamente
mentre i volti si facevano strada nella sua mente.
Laura, Caterina,
Marta...
Calde lacrime scesero
dai suoi occhi occhi azzurri appannandoli, istintivamente
li
stropicciò con una mano e
furiosa sbatté il bicchierino dentro il cestino, facendo
schizzare il tè sulle sue gambe nude. Il calore
sembrò riportarla per un attimo alla realtà e si
accasciò vicino alla macchinetta portandosi le ginocchia al
petto.
Perchè era toccato a lei? Di solito quando si pensa ad una
disgrazia, è sottointeso che non capiti ad una persona
vicina o
ad un conoscente, figuriamoci a se stessi.
Era una punizione, questo pensava da quando l'aveva scoperto.
Dio la stava punendo per qualcosa che aveva combinato, ma non sapeva
cosa.
Si poteva davvero punire una ragazza in questo modo? Con la malattia? Dannazione era stufa.
Non le restava altro da fare se non piangere.
Anche se questo avrebbe significato essere una debole, non le importava. Piangeva...
Piangeva
perché voleva le sue vecchie amiche, la sua vecchia vita.
Piangeva perché sapeva che mai nessuno avrebbe capito la sua
malattia.
Piangeva
perché sapeva che i
suoi genitori in fondo si vergognavano di avere una figlia in quello
stato anche se non lo avevano mai detto apertamente.
Piangeva perchè era stufa, e non lo aveva meritato.
Piangeva perché sapeva che non aveva nessuno scampo. Nessuna
via d'uscita.
********************************************************************** Allora,
ci tengo a precisare
che Lavinia ha avuto soltanto una piccola crisi di nervi, con un
conseguente... problema.
Molte mi hanno chiesto cosa abbia, bhè lo scoprirete a tempo
debito, vi rassicuro soltanto sul fatto che non e' cancro,
relax ragazze! Vi ringrazio moltissimo per l'entusiasmo con cui avete
accolto questa storia, tutte le visite e le recensioni e le
seguite/preferite/ricordate. Seriamente non pensavo!
Siete state molto carine a rassicurarmi, aw!
Vediamo un nuovo personaggio: Noemi.
Sarà fondamentale per l'evoluzione della storia ovviamente :)
Lavinia nonostante sembri di ghiaccio inizia ad aprirsi, piano, molto molto piano,
ma ci prova.
Ed è questo l'importante. Senza forza di volontà
non ce la farà mai.
Il prossimo capitolo penso fra
una settimana e mezza, la scuola mi tiene molto impegnata.
Approfitto per avvisarvi che ho postato una piccola oneshot robsten,
sono una sua grandissima fan e lo sclero di questi giorni di Cannes ha
tirato fuori questa cosetta leggermente
(?) demenziale. Qui il link "YES
WE CANNES!"
Se
volete contattarmi mi trovate qui: Il contatto su
facebook:
Athena Efp Il gruppo su
facebook: My
Crazy Stories. Sarò
felicissima di rispondere alle vostre domande! O semplicemente per
spettegolare un pochino ;)
A presto, Athena xx
Come sempre ringrazio Fiorels per lo splendido banner e tutta la sua
pazienza con cui
asseconda ogni volta le mie pazze richieste senza mandarmi a quel
paese
Si
grattò
una guancia con fare pensieroso.
Possibile che il
destino li avesse fatti rincontrare?
Solo dopo aver sentito
l'infermiera
nominare il nome della ragazza, un flash gli aveva attraversato la
mente: un paio di mesetti fa l'aveva incrociata all'ospedale dove
lavorava la madre. Lavinia
Rocci...
Ed ora frequentavano
addirittura la
stessa scuola, con le classi perfettamente una di fronte all'altra.
Wow. Non gliene importava proprio nulla.
Se rifletteva bene
sarebbe arrivato
ad una conclusione: era talmente menefreghista che se non ci fosse
stato nessun altro a parte lui in quello schifo di corridoio,
probabilmente avrebbe atteso che la soccorressero e avrebbe continuato
per la sua strada.
Eppure...
Non si era pentito
della scelta fatta.
Forse
perché non voleva
portare alla mente fastidiosi ricordi, non voleva che mai nessuno
passasse, anche solo minimamente, quello che era stato costretto a
vivere lui. Sospirò
pesantemente e si sistemò sulla scomoda sedia di plastica
dell'infermieria scolastica. Grazie al cielo erano in una scuola
privata, altrimenti sarebbero corsi immediatamente all'ospedale per uno
svenimento.
Era rimasto
lì, non era
rientrato in classe anche se la professoressa sicuramente lo aveva dato
per disperso, si chiedeva anche lui il motivo, ma non lo trovava.
Semplicemente non si era sentito di lasciare da sola quello...quello
scricciolo che ora riposava nella brandina.
La osservò:
dire che fosse
bella era un eufemismo; i capelli biondi le ricadevano morbidi fino al
seno ed avevano dei riflessi color miele, per niente artificiali come
molte sue compagne usavano farsi fare dal parrucchiere. Il viso era
un'ovale quasi perfetto, il naso piccolo, le palpebre abbassate che
però sapeva, celavano due zaffiri al posto degli occhi, e la
bocca rossa leggermente aperta. Sembrava irreale, una principessa delle
favole.
Cosa aveva ridotto
quell'esserino alla vista così fragile, in quello stato?
-Cosa ti è
successo...-mormorò sovrappensiero.
Molte persone
nascondevano degli
scheletri nell'armadio, degli avvenimenti che non volevano uscissero
fuori. Anche lui era così.
Nessuno sapeva cosa
gli era
realmente accaduto, e di certo non voleva farlo sapere. Lo affascinava
pensare ad un'eventuale causa di un volto triste, magari era cinico ma
era fatto così. Era
stupido pensare che la vita di ognuno fosse perfetta, che i volti di
ogni singola persona incrociata fossero felici e sorridenti. La
vita in fondo, faceva schifo.
Un rumore lo distrasse
dalla sua
visione pessimistica del mondo: che si fosse già svegliata?
Come
avrebbe spiegato il fatto che si trovava lì con lei?
Si impose di restare calmo,
agitarsi non sarebbe servito a nulla.
Alzò lo sguardo e si accorse che due occhi azzurri come il
cielo
lo fissavano decisamente irrequieti e spaventati:
-Chi sei?!- fu la
prima domanda della bionda, chi era quel ragazzo seduto?
-E perché
sei qui? Dove
sono? Come ci sono arrivata?- milioni di domande affollavano la mente
della poveretta, e le fece tutte nel giro di pochi secondi. Il
ragazzo la guardò in modo strano: si era fatta per caso?
Questo
avrebbe spiegato il pianto improvviso e lo svenimento.
Però non aveva lo
sguardo da fattona,
e neanche
le condizioni fisiche a quanto sembrava.
Probabilmente era soltanto
agitata, risvegliarsi in un posto
sconosciuto e completamente intontina non aiutava. Odiava parlare, ma
era necessario tranquillizzarla.
-Ben svegliata Bella
Addormentata:
chi sono e
perché sia qui non penso ti interessi, poi sei
nell'infermeria
della scuola e qual'era l'ultima domanda?- chiese confuso ma
sfottendola evidentemente. Aveva usato il sarcasmo per nascondere la
sua vera natura, come sempre d'altronde, non le doveva alcuna
spiegazione, l'aveva semplicemente soccorsa, nulla di più.
Lei invece, la prese molto
male: chi credeva di essere quel ragazzo?
Lavinia era confusa:
cosa ci faceva
nell'infermeria della scuola? Non si era sentita male in classe per
quello che ricordava...ma poi le venne in mente il fatto: si trovava
davanti alla macchinetta del caffè e aveva iniziato a
piangere,
poi tutto si era fatto scuro e non ricordava più nulla.
Forse
era svenuta, forse le era presa una crisi e avevano chiamato casa. Perfetto,
era stata salvata da uno sconosciuto.
-Mi hai portato tu
qui?- chiese
storcendo il naso al pensiero che si fosse mostrata debole davanti a
qualcuno, lo odiava. Era già abbastanza frustrante
ammetterlo,
anche comportarsi da malata era una sconfitta ogni
singola volta che era obbligata.
-Altrimenti secondo te
cosa ci
farei qui, Miss intelligenza?!- fece annoiato, era molto stupida
quella lì. Cosa diavolo ci starebbe a fare? A osservare il
panorama? Era ovvio che era stato lui a soccorerla, e già se
ne
stava pentendo. Come era petulante, ecco perchè non gli
andavano
a genio le ragazze.
-Scusa eh, non ricordo
molto,
comunque non pensare che adesso io ti sia debitrice a vita- disse
aggiustandosi i capelli. Non sopportava proprio chi pensava di avere
una schiavetta solo perché le aveva fatto un piccolo favore.
E
poi già lo odiava. Così, a prima vista e senza
alcun
motivo.
In realtà un motivo
c'era ed era sempre lo stesso che le
stava
torturando la mente da minuti ormai: chissà cosa avrebbe
raccontato in giro... "la
bionda
nuova, è svenuta con una crisi isterica, chissà
se
è sana di mente o se è sana e basta, cose da
pazzi..." sicuramente sarebbe andato a sbandierarlo
all'intera scuola il coglione e allora addio tranquillità e
anonimato.
Il moro dal canto suo,
non poteva
credere a quello che aveva appena sentito: l'aveva soccorsa anche se
non ne aveva ricavato nulla e aveva anche da ridire! Era
quello il
problema della gente, dava sempre tutto per scontato, quando invece
oggigiorno nessuno si sarebbe sognato di soccorrere qualcuno, poco
importava che si trovasse in una scuola. Quante volte al telegiornale
arrivavano notizie di persone morte per strada e non soccorse sui
marciapiedi in pieno giorno? Lui lo sapeva bene...
Un'improvvisa ondata di rabbia
lo travolse e strinse convulsamente i
pugni, cercando di mantenere la calma:
-Allora carina, prima
cosa io non mi aspetto nulla da te, chi ti vuole conoscere! Ero
lì e basta, non si nega aiuto a chi è in
difficoltà.- rabbrividì pensando a quando,
invece,
l'avevano negato a lui.
Lavinia strinse
convulsamente le lenzuola:
-Non fare l'eroe
adesso,
perché non lo sei, chiunque sarebbe potuto passare e
aiutarmi-
chiarì con voce ferma. Quanto si sbagliava, era facile
notare
che sapeva poco di come si stava al mondo. Non era colpa sua
però, semplicemente non voleva fare la parte della
principessa da salvare! Lei non era così, non aveva bisogno
di
nessuno. Bastava a se stessa, e avanzava anche.
-Non ho detto che sono
un eroe, ho
detto solamente che ti ho aiutata, punto. Vorresti negare anche
questo?- era una frecciatina per caso? No, era la semplice
verità. Il ragazzo iniziava davvero ad adirarsi a stare a
parlare con un'ingrata del genere. Bella, acida e stronza, che mix
letale.
Ora che lo sapeva se ne
sarebbe tenuto alla larga, non le avrebbe dato
confidenza.
-Non so chi tu sia
bell'imbusto, ma
non ho di certo bisogno di te per vivere! Evapora dalla mia vista!-
ecco si stava comportando esattamente come quelle ragazzine snob che
pensano di avere tutto nella vita, quelle che lei stessa non sopportava
e odiava. Per un attimo si vergognò moltissimo.
Perchè si
stava comportando in quel modo? Non se lo meritava quel poveretto,
nonostante fosse sarcstico e borioso l'aveva soccorsa e il minimo
sarebbe stato un "grazie" da parte sua. Forse stava
esagerando...
Okay senza il forse. Stava
esagerando.
Doveva darsi una calmata,
evitare di farsi prendere da un'altra crisi
isterica e respirare a fondo.
Ora si sarebbe rilassata e
avrebbe chiesto scusa, in fondo era stato
solamente così gentile
da aiutarla quando lei non era cosciente...
-Ma vaffanculo!-
proruppe lui nell'istante esatto in cui si era decisa a porgere le
scuse per i suoi modi forse
troppo bruschi.
-Cosa?!-
strabuzzò gli occhi
e si levò a sedere sul letto. Probabilmente aveva sentito
male.
Anzi, senz'altro era così. Lui non poteva averle detto...
-Acida e sorda? Ho
detto
v a f f a n c u l o!- esordì con la sua migliore faccia da
schiaffi, ma
chi cazzo era quella ragazza che pensava di poterlo trattare
così? Neanche la conosceva! La prossima volta avrebbe
lasciato
chiunque alla sua sorte e se ne sarebbe altamente fregato, avrebbe
fatto finta di non notare, tanto ormai era il motto di tutti quanti a
quanto pareva...
Si alzò
dalla scomoda sedia
di plastica e si avviò verso la porta, meglio uscire da
quella
stanza prima che si prendessero a schiaffi, non sarebbe stato
piacevole.. Lavinia nel frattempo era a
dir poco scioccata: nessuno l'aveva mai mandata a quel paese, nessuno!
Bhè...
forse si una
volta... quando aveva chiuso i rapporti con le sue vecchie amiche, loro
ce l'avevano mandata... ma un caso a parte! Non valeva! Lui invece...
lui neanche lo conosceva! Come osava rivolgerle quell'insulto? Se per
un attimo si era sentita in colpa, ora invece la sua rabbia era
aumentata a dismisura, toccando apici quasi mai inesplorati prima. E
tutto per un ragazzo sconosciuto! Un ragazzo irritante, stronzo,
dall'ironia velenosa e bellissimo. Ovviamente non era cieca, l'aveva
osservato prima. In pochi minuti che erano stati nella stessa stanza
era riuscita a carpire così tante caratteristiche? Wow,
forse
aveva trovato il mestiere adatto a lei: poteva fare la psicologa. Si,
certo, se lei per prima ne aveva bisogno, pff.
-Stronzo!-
strillò mandando
all'aria le coperte- chi ti credi di essere eh!?- non appena
sforzò la
voce le venne meno il respiro e si accasciò sul letto
tentando
di tenerlo regolare: non doveva sforzarsi per la miseria! Non ancora, non ancora...
-Ehi...va tutto bene?-
intanto il
ragazzo era tornato indietro e l'aveva afferrata per le spalle
controllando che il cuore battesse bene. Cosa le era capitato? Un
secondo prima stava strillando a pieni polmoni e un secondo dopo era
accasciata sul letto. Non era normale.
-Aspetta, chiamo
l'infermiera...
Anita! Anita!- alzò la voce quel tanto che bastava e subito
accorse una donna dalla mezza età. Aveva l'aspetto
decisamente
materno, con i capelli rossi-tinti- acconciati in una cosa disordinata
e occhi marroni. Indossava un camince bianco e portava delle ciabatte
anch'esse bianche, le ricordava molto l'ospedale.
-Che succede? Uh
signor!- la prese
per le spalle e le massaggiò la schiena, aspettando che
riprendesse a respirare normalmente. Dopo una manciata di secondi e dei
bei respiri profondi, la bionda riprese una parvenza di contegno.
Dopotutto ci era abituata, sapeva come fare in casi come quelli,
l'avevano istruita a dovere. Almeno si erano resi utili in qualche modo.
-Cara, ti senti bene?-
chiese la signora amorevole.
-Si...si.- No,
decisamente no.
-Hai
difficoltà a
respirare?- si informò. Per un attimo pensò di
mentire,
ma a cosa le sarebbe servito? Ormai avevano assistito al fattaccio, era
tutto fatto.
-Ogni tanto...- ammise
con sguardo basso. La faceva sentire debole ammetterlo ad alta voce.
-Ti capita spesso?-
chiese nuovamente.
-No.-
sussurrò. Si,
si, si.
-Va bene, allora-
cercò di fare mente locale e di riprendere in mano la
situazione- Catini esci di
qui subito! Tornatene in classe fannullone!- lo riprese facendo un
gesto con una mano. Così si chiamava Catini eh?! Ma di nome?
Sembrava il cognome adatto a lui però...
Quello rise, non era
di certo la
prima che lo riprendeva per la sua famosa voglia di studiare, si
passò una mano tra i capelli e guardando la ragazza con
intensità, uscì fuori.
Si appoggiò al muro
e scrocchiò le dita, cercando
di fare mente locale.
Prima piangendo e
singhiozzando la biondina era svenuta, poi strillando
come un'aquila non era riuscita a respirare. Che avesse qualche
problema era palese, ma che tipo di problema?
Non aveva voluto rivelarlo,
ovvio che fosse molto restia ma a quale
scopo?
C'era qualcosa che non andava,
l'aveva guardata quando aveva risposto
alle domande di Anita, il modo di sfuggire allo sguardo della donna, di
guardarsi freneticamente intorno, e lo strano tremolio delle labbra che
non lo convinceva affatto.. Cosa
nascondeva quella ragazza?
***
Sbatté
furiosamente la cartella sul banco. Che nervoso!
Era appena rientrata in aula,
finito l'intervallo, e sembrava
più acidella del solito a detta della sua ormai vicina di
banco.
Il motivo? Semplice: era andata a sbattere contro un ragazzo moro, e non uno qualsiasi, ma proprio lui!, e
lui non l'aveva degnata neanche di una semplice scusa. E non era di
certo la prima volta!
Quattro fottutissimi giorni che si
incrociavano per i corridoi, che si trovavano ad un palmo dal naso e
neanche un misero cenno con la testa!
Un semplice "ehi, come stai?"
oppure un "tutto bene?". Nulla, zero.
Non che l'avrebbe
dovuta salutare
con la riverenza, okay ma diamine! L'aveva mandata a quel paese, un
minimo di scuse doveva anche fargliele! O se proprio non voleva un
sorriso ogni tanto poteva anche dispensarlo eccheddiamine! Se la tirava
troppo per i suoi gusti, in fondo non era nessuno. C'erano circa
settanta studenti in quella scuola, lui non era nulla di speciale.
Poco prima Lavinia stava
tornando dal bagno e svoltato il corridoio se
lo aveva ritrovato davanti, con le classi una davanti l'altra come
poteva essere altrimenti?, e lui aveva fatto finta di non
conoscerla. Bene, d'ora in poi lei avrebbe fatto lo stesso! Non che le
sarebbe cambiato nulla, ma quella convinzione bastò
relativamente a calmarla. Almeno un pochino.
-Nervosa?- le chiese
Noemi inarcando un sopracciglio. Aveva notato che fosse
particolarmente... accellerata
per i suoi standard e nonostante fosse curiosa aveva imparato a tenere
a freno la lingua e aspettare i suoi tempi. Poco a poco si stava
aprendo.
-Io? No, ti sbagli- si
aggiustò la coda alta a cui era sfuggita una ciocca di
capelli e
alzò un sopracciglio- sto benissimo, è che il
tempo mi
rende nervosa. Volevo uscire questo pomeriggio ma la pioggia ha mandato
all'aria i miei piani.- una bugia migliore no eh? Il giorno
dopo
avevano anche compito di biologia, non le sarebbe passato neanche per
l'anticamera del cervello di uscire, avrebbe studiato fino a notte
fonda date le sue scarse conoscenze riguardo l'argomento e l'odio per
il professore.
-Sarà- le
sorrise Noemi
notando che osservava la porta. Era ovvio che stesse tentando di
guardare qualcuno, ma la domanda era: chi? Voleva scoprirlo, magari per
aiutare a sciogliere quella lastra di ghiaccio che era la sua nuova
amica.
-Cerchi qualcuno?-
provò a domandare, chissà
forse le avrebbe risposto.
-Come? No, figurati. Stavo...
mi era sembrato strano che la
professoressa ci mettesse tanto ad entrare, solo questo.-
mentì
iniziando a disegnare figure astratte sul libro di filosofia.
Certo, come no.
Sapevano entrambe che non
avrebbe mai ammesso il suo interesse?
verso
qualcuno. Cosa nasconde questa
ragazza?,
pensò Noemi ammiccando.
********************************************************************** Davvero io non so
più come fare con questi due.
E siamo giusto all'inizio della storia. Mi stanno già
esasperando o.o
Ma appunto perchè siamo agli inizi sono diffidenti e chiusi,
diamo loro tempo e vedremo cosa combineranno ;)
So che con queste frasi vi faccio fremere, ma è nella mia
natura fare così lol
Veniamo al capitolo: inanzi tutto scusate per la brevità ma
doveva finire ad 'effetto' diciamo, poi ecco cosa è successo
a Lavinia e come aveva previsto quella strega della mia Sabri ♥ è stata portata
all'infermieria scolastico da Alessandro. Ed è rimasto
lì e nonostante il loro battibecco (il PRIMO di
taaaaaaaaanti care) si è 'occupato' di lei. Spero siate
soddisfatte, io non molto ma è uscito così e dopo
ottomila correzioni non sapevo come altro sistemarlo. Vi aspetto
più o meno la settimana prossima, avete capito che non
c'è un giorno fisso ma spero di mantenere questo ritmo :) Vi
ringrazio come sempre per tutte le fantastiche recensioni e le
seguite/preferite/ricordate, nonchè le visite aw! Siete
fantastiche, davvero.
Come sempre se volete contattarmi: Il
contatto su
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Athena Efp Il gruppo su
facebook: My
Crazy Stories. Sarò
felicissima di rispondere alle vostre domande! O semplicemente per
spettegolare un pochino ;)
Un bacione, Athena xx
Come
sempre ringrazio Fiorels per lo splendido banner e tutta la sua
pazienza con cui
asseconda ogni volta le mie pazze richieste senza mandarmi a quel
paese
Ce la poteva fare, doveva
farcela. Un sospiro, due
sospiri.
No, non poteva
uscire. Non
voleva uscire. Ma... non poteva
deludere Noemi. Cosa doveva fare? Si passò
stancamente una
mano sul volto, stando attenta a non rovinarsi il trucco e i capelli.
Era stata così decisa fino ad un secondo fa...
Passeggiò stancamente avanti e indietro per l'ennesima
volta, ripensando alla sua scelta. Voleva
davvero
provarci, era stata
così gentile ad invitarla anche se si conoscevano appena e
lei
era la solita musona. Aveva creduto in lei.
Il motivo? Semplice: la fatidica festa dei diciotto
anni di Noemi.
Le aveva anche comprato il regalo- un magnifico paio di scarpe Prada,
che aveva intuito le piacessero-, uno sforzo poteva anche farlo
dopotutto.
Aveva tentato di addurre scuse improbabili, come il divieto dei
genitori, il fatto che non sapeva dove si trovava il locale, o che non
conosceva nessuno, ma nulla aveva impedito a Noemi di continuare a
sperare in una sua visita alla festa. E lei l'aveva assecondata. -Lavinia
muoviti, ti
accompagno- la voce di suo padre le arrivò debole a causa
della porta chiusa. Merda. Respirò a
fondo, inquieta.
Cosa fare? Andare? Non andare?
Decisioni, decisioni, decisioni...
Cosa ne avrebbe ricavato nel restare a casa? Si sarebbe annoiata,
avrebbe visto un film in bianco e nero sul divano con il suo pigiama di
flanella- probabilmente colazione da Tiffany- e si sarebbe pentita di
non essere andata ovviamente. Se fosse andata invece? Musica, cibo,
divertimento...
Sbuffò e girando più volte la testa,
afferrò la
borsetta viola e tossì; si sistemò poi
nervosamente il vestito nuovo che aveva comprato appositamente per la
festa, fino ad essere soddisfatta del risultato finale. L'aveva
acquistato la settimana prima, andando a fare spese con la madre visto
che si era stufata degli altri. Bugiarda. Lo aveva comprato
perché gli
altri le stavano troppo larghi, a causa del suo calo di peso graduale.
Le stavano troppo grandi sulla vita, sulle cosce... ed erano passati di
moda ecco.
Scusa plausibile, come no. Comunque quello era
davvero
più bello, viola scuro, in tinta con le scarpe altissime che
si
era decisa ad infilare e l'eyeliner che si era applicata. Nessun trucco
pesante, nessun accessorio azzardato. Nulla di
più. Arrivò
alla porta della stanza stando attenta a non uccidersi, appoggiandosi
al corrimano, e avanzando per il corridoio si ritrovò
nell'atrio
di casa. Sarebbe andata, si
sarebbe
presentata con un bel regalo e un sorriso finto stampato in volto,
avrebbe fatto finta di divertirsi stando alla lontana da fumo e alcool
e poi sarebbe tornata a casa ad un orario accettabile, le avrebbe fatto
bene un po' di sano svago. Si, avrebbe fatto
così, era ora di tentare, in fondo non avrebbe fatto male a
nessuno.
***
Cosa le aveva detto? “Affitterò
la
discoteca per noi: sarà una festicciola alla moda per amici
intimi, entrerà solo gente importante e che
conosciamo” la
voce di Noemi risuonava perfettamente nella sua testa. Si,
col cazzo. La festa era un vero e
proprio
putiferio: persone sudate e febbricitanti che si muovevano a scatti e
si strusciavano pensando di saper ballare, che si ubriacavano fino a
dimenticarsi il proprio nome, che avevano lo sguardo lucido per i
lunghi cannoni non identificati che si fumavano e compievano atti
osceni sui divanetti in ogni dove. Oh
bene. Era
circa mezz'ora che aveva perso di vista la festeggiata, non poteva
starle sempre attaccata alla gonnella perchè non conosceva
nessuno. Noemi era stata entusiasta del regalo che le aveva fatto e le
aveva presentato molte persone, di cui ovviamente aveva dimenticato il
nome subito dopo.
Dopo essersi separate, promettendole che si sarebbe divertita, aveva
fatto da tappezzeria, occupando un divanetto bianco molto chic. Si fermò al
bancone e mentre ordinò una semplice Coca Cola fu affiancata
da un ragazzo. Dio,
almeno stasera, ti prego. -Ehi bella bionda-
provò ad
attaccare bottone- come mai tutta sola?- l'alito sapeva di alcool e gli
occhi erano piuttosto lucidi: sbronzo perso tanto per cambiare.
Difficile trovare qualcuno sobrio lì in mezzo. Persino lei
che
non aveva toccato nulla da bere aveva un mal di testa allucinante. -Non penso ti
interessi.- sorrise
arrogante e si girò dall'altra parte. L'unico modo per
liberarsi
di quelle rotture era non degnarli d'importanza, e si sarebbero
sicuramente stancati prima o poi. Perché quando
ingurgitavano
qualche litro di alcool gli uomini diventavano magicamente attratti da
ogni essere possibile in gonnella? Stupidi ormoni adolescenziali. -Che ne dici se
andiamo a farci un
giro?- strascicò l'ultima sillaba, segno evidente di quanto
fosse partito. L'unico giro che avrebbe fatto in quelle condizioni
sarebbe stato fino al bagno. -No grazie.-
ripeté con voce
dura: odiava perdere tempo dietro alle persone che neanche conosceva e
la facevano spazientire. Aveva detto di no, perchè
esasperarla ancora? -Oh andiamo-
riprovò quello
accendendosi una sigaretta (almeno credeva che lo fosse) e sbuffandogli
il fumo in faccia. Improvvisamente, respirando l'aria satura di quella
schifezza, combinato al mal di testa crescente e alla musica che
rimbombava nel salone, di sentì venir meno e lasciando il
tipo
fatto al bancone, adocchiò l'uscita di emergenza. Doveva
raggiungerla ad ogni costo onde evitare strani svenimenti su un
pavimento sporco e appiccicaticcio, si
trascinò fin lì spalancandola e uscendo all'aria
aperta. Si appoggiò
al muro
sostenendosi e respirando a pieni polmoni, anche se le fitte le
scuotevano il petto. Cercò di rilassarsi, non poteva farsi
notare da qualcuno in quello stato, non voleva!
Era soltanto un capogiro, solo quello. Sarebbe passato presto e sarebbe
tornata a casa, si.
A mano a mano che i
secondi passavano si sentiva leggermente meglio, il peso che
le
opprimeva il petto si era alleggerito notevolmente e respirava senza
fatica ora. Grazie al
cielo. Da un po di tempo era
così:
ogni singola volta se sentiva puzza di fumo forte il corpo le reagiva,
forse proteggendosi da quello che, lo sapeva, era sbagliato e nocivo
per lei più di chiunque altro. Si passò
una mano tra i
capelli e ormai tranquilla si sedette sullo scalino affianco della
porta: si era spaventata abbastanza: non era di certo il momento esatto
per farsi venire una crisi, altrimenti addio “operazione passare
inosservata a scuola”; buffo, si preoccupava
più di quello
che della sua salute. Bhè più che buffo lei lo
avrebbe
definito normale, ma era un giudizio di parte. Ora non le restava che
prendere un bel respiro per riempirsi i polmoni al meglio e rientrare
in quella bolgia infernale, sperando che terminasse al più
presto, ma un rumore la fece immobilizzare sul posto.
La risata che infestava i suoi sogni da qualche settimana a quella
parte.
***
Alessandro stava
accasciato su un
divanetto di pelle bianca, rigirandosi tra le mani la bottiglia di
birra
ormai vuota. Era una bella festa dopotutto e Noemi era stata
così gentile da invitare le due classi anche se non
conosceva bene tutti e lui aveva accettato l'invito volentieri- non
avrebbe mai detto no ad alcool gratis e musica travolgente. E poi la
conosceva praticamente dal primo anno e si era ritrovato più
volte nelle ore buche a parlarci, era una ragazza molto simpatica. -Oh Alessà-
lo
apostrofò Paolo, il suo amico di sempre abbreviandogli il
nome- andiamo a
rimorchià qualcosa va, ci sono un sacco di belle ragazze
stasera!- ecco, perfetto, pensava solo a raccattare una ragazza per
finire in bellezza la serata, ma cosa si aspettava da lui dopotutto?
Non aveva nulla a cui pensare, se non la scuola e la squadra di
calcetto. Poi Xbox, donne, Gazzetta dello sport. Che
pensieri intelligenti eh. Non che lui fosse
diverso s'intende
riguardo a calcio e all'Xbox, ma le donne non erano il suo primo
pensiero la mattina di certo, anzi, neanche l'ultimo. Non ci pensava e
basta, non gli servivano. -No Pà-
rispose
stroppiando a sua volta il nome del compare- davvero, vado a fumare una
sigaretta e poi vediamo in caso, eh- gli batté una mano
sulla
spalla e si avviò verso l'uscita di emergenza. Gli sembrava
di
aver già visto qualcuno passare di lì poco fa, ma
sinceramente non ci aveva prestato molto interesse. Aveva bisogno di
nicotina se voleva resistere e restare lucido per il resto della serata
visto che avrebbe guidato lui onde evitare incidenti. Quando aprì
la porta estrasse il pacchetto e si portò una Malboro alla
bocca.
Alzò lo sguardo mentre stava per accenderla e fu allora che
la
notò, seduta su un gradino della scala anti incendio,
più
bella che mai.
Lavinia lo guardava con occhi ostili. Possibile che se lo ritrovasse
sempre in mezzo ai piedi? E sempre quando non si sentiva bene? Aveva la
puntualità di un orologio svizzero quel ragazzo. Avrebbe
potuto
fare il super eroe se solo non fosse stato così stronzo.
Un supereroe certo, le venne da ridire in modo isterico ricordando come
l'aveva "salvata".
Lui alzò un sopracciglio senza dire una parola e si
avvicinò. La ragazza si ritrasse impercettibilmente e si
decise a
parlare per non sembrare la solita stronza impettita:
-Ciao.- si costrinse a dire.
-Ciao bionda.- le rispose. Era la prima cosa che gli era venuta in
mente, lo aveva sorpreso, non pensava che gli avrebbe rivolto la
parola. Magari gli avrebbe fatto un cenno infastidita, ma invece non fu
così. Quella ragazza faceva sempre l'esatto contrario di
quello
che si aspettava. lo destabilizzava quasi. La prima volta gli aveva
gridato contro e poi aveva fatto la sostenuta, quando invece aveva
pensato che gli avrebbe fatto una scenata colossale; invece ora gli
aveva parlato, andando contro tutti i suoi propositi. Aveva risposto un
po' strafottente, come al solito.
-Ho un nome io, anche se forse non lo sai- rispose infastidita. Molti
stupidi la chiamavano così e la cosa non le andava molto a
genio. Non era la solita bionda senza cervello come spesso pensavano, e
non era una ragazza facile. Certo, le piaceva fare shopping e truccarsi
ma senza esagerare.
-Certo, Lavinia-
calcò
la voce sul suo nome, dimostrandole che al contrario delle sue
aspettative lo conosceva. Era sorpresa: che si fosse
interessato a tal punto da chiederlo in giro? Impossibile.
Non avrebbe mai... ma d'altronde lei non lo conosceva, non sapeva cosa
avrebbe o non avrebbe potuto fare. La cosa che non sapeva
però, era che il suo nome gli era stato rivelato da
un'infermiera pettegola, più di due mesi prima.
-Bene tu sai il mio... ma io non so il tuo, non mi sembra equo.
-Qualcuno ha mai parlato di cose eque?- le fece notare. Era un continuo
punzecchiamento da ambedue le parti. Sembravano nati apposta per
battibeccare.
-Lascia perdere, posso sopravvivere anche se non so come ti chiami...
-Chiamami come vuoi.- la interruppe, non volendo che tutto quello
finisse.
-Come?
-Mi chiamo Alessandro ma chiamami come vuoi.
-Va bene, Catini.-
piccola rivincita personale: lei sapeva il suo cognome.
Alessandro, Alessandro, Alessandro. Finalmente avrebbe potuto dare un
nome al ragazzo che popolava le sue notti, perchè si
trattava di
lui, ne era sicura.
-Sei davvero astuta, Rocci.-sapeva
anche il cognome, impossibile! Erano sempre alla pari, mai nessuno
riusciva a prevaricare sull'altro, incredibile! Sbuffò
contrariata. Se gli sguardi potessero
uccidere... pensò il ragazzo ridendosela.
Lei socchiuse maggiormente gli occhi e respirò a fondo
cercando
di ritrovare la calma. La irritava troppo, e neanche si
conoscevano. Avrebbero dovuto continuare la presunta conversazione?
Se ne sarebbe dovuto andare? O forse era lei che se ne doveva
andare. Forse.
Per non saper nè leggere nè scrivere si accese la
sigaretta che teneva ancora tra le dita e tirò una lunga
boccata
di fumo. Notò la ragazza irrigidirsi e spalancare gli occhi.
-Che c'è, non hai mai visto uno che fuma?- la
punzecchiò.
Subito il suo sguardo si fece come incandescente e rispose cattiva,
mentre una smorfia di disappunto compariva sul suo viso angelico:
-Si, non è per questo, ti sarei grata se ti spostassi e non
mi fumassi vicino...
-Altrimenti mammina e papino non ti fanno più uscire?-
continuò ridendo.
Era una perfettina che rispettava le regole, c'era da aspettarselo.
-Io esco come e quando voglio anche se puzzo di fumo- rispose punta nel
vivo.
-Allora sei una di quelle santarelline che non sopportano l'odore?
-Esatto, non sopporto semplicemente l'odor.. ehi!- si rese conto troppo
tardi dell'insulto celato nella frase del ragazzo. Lui se la rise
ancora di più, con un ghigno sul viso e lei sentì
le
lacrime trattenute ai lati degli occhi che premevano per uscire. Era
sempre così, quando qualcosa la irritava e la infastidiva
all'inverosimile le veniva da piangere per il nervoso. Doveva
smetterla.
-Ti capisco sai? Tu sei...- ecco la solita frase da rituale. Ti capisco. Ti comprendo. Come mi dispiace.
Ogni singola persona che scopriva la sua situazione glielo diceva e lei
era così stanca, così stressata che chiedeva
soltanto di
essere lasciata in pace. Invece si ostinavano a starle addosso e a
pretendere di capirla! Si alzò in piedi di scatto e quasi
gli si
scagliò contro:
-Cosa ne sai tu di me! Cosa? Come puoi soltanto avere l'arroganza di
sapere cosa passa nella mia testa! Eh?!- era diventata una furia ed
aveva alzato la voce, ma era così stanca che tutti si
arrogassero il diritto di stare nei suoi pensieri...
-Sei il solito ragazzino viziato che ha tutto!
-Come ti permetti? Che ne sai tu di me...
-Appunto! Come io non so niente della tua vita, tu non ti devi
permettere di giudicarmi, ragazza di imbecille!- si avvicinò
e
trattenendo il fiato gli diende una spinta mentre parlava. Alessandro
la guardò sconvolto in viso: possibile che una ragazza
così fragile avesse tutta quella forza? Forse era solo la
forza
della disperazione che traspariva dai suoi occhi: i due zaffiri ora
erano come ghiaccio, freddi, non emanavano nessun calore e neanche
l'ombra di un sorriso le increspava le labbra. Si era come tramutata.
Se prima aveva pensato che era un piccolo angelo, bhè ora
era
tutto il contrario.
Non voleva farla arrabbiare, ma gli veniva così naturale
risponderle a tono!
-Quelli come te mi fanno solo schifo!- lo guardò mentre il
disgusto emergeva dalle sue parole e si girò per andarsene,
inquieta. Rientrò in discoteca lasciandolo impalato contro
il
muro, mentre la sigaretta che teneva tra le dita, causa del loro
litigio, si spegneva ormai consumata.
********************************************************************** Chiedo scusa per il
ritardo, ma non ho internet a disposizione D:
Eccomi qui con il nuovo capitolo, come sempre non sono abbastanza
soddisfatta ma è uscito così, l'avrò
ricontrollato tremila volte come minimo ma spero che vi piccia :)
Altro evento, altro litigio. Ormai sembra che sappiano fare solo questo
°-°
Capiamo un po' di più il carattere di Lavinia e nei prossimi
quello di Ale. Non ho molto da aggiungere se non che vi ringrazio per
tutte le seguite/preferite/ricordate e per le recensioni. Non abbiate
paura di lasciarle, mi fate felice ** ora me ne vado, che sto crepando
dal caldo.
Come sempre se
volete contattarmi: Il contatto su
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Athena Efp Il gruppo su
facebook: My
Crazy Stories. Sarò
felicissima di rispondere alle vostre domande! O semplicemente per
spettegolare un pochino ;) Un bacione immenso, Athena xx
Capitolo 5 *** Capitolo 4: 'Thinking about you' ***
If you want - 5Non riesco proprio a capire
perchè ogni volta che li faccio parlare fanno tutto di testa
loro. E' inconcepibile
eppure non posso, e non
voglio?,
controllarli. Fuggono al mio controllo in una maniera quasi innaturale
e non sono capace di fare altro che scrivere e lasciare che il loro
carattere si tempri capitolo dopo capitolo. Forse sbaglio e dovrei
impormi, o forse no. Parlo come se
fossero miei figli, inizio a preoccuparmi o.o ma un po' lo sono, le mie
creature e le adoro troppo per arrabbiarmi con loro quando non fanno
come decido io.
Come sempre ringrazio Fiorels per lo splendido banner e tutta la sua
pazienza con cui
asseconda ogni volta le mie pazze richieste senza mandarmi a quel
paese
Fissava svogliata
i grafici disegnati alla lavagna mentre con la
mente fantasticava di trovarsi in una stupenda spiaggia caraibica,
circondata da palme e bevande con gli ombrellini servite in noci di
cocco. Era l'ora di matematica, quindi era permesso. Non le entravano
proprio in testa tutti quei calcoli inutili, non le sarebbero
mai
serviti a nulla nella vita quotidiana; per quella che avrebbe condotto
lei poi, figuriamoci. Il suono della campanella la riscosse e la fece
sospirare pesantemente: finalmente era arrivato l'intervallo e Noemi la
prese sottobraccio per dirigersi insieme alla macchinetta del
caffè. -Sono convinta che
prima o poi parlerai.- disse la moretta con lo
sguardo di chi la sapeva lunga. Più volte le aveva chiesto
come
mai se ne era andata improvvisamente dalla sua festa di compleanno, ma
aveva ricevuto soltanto risposte evasive dalla ragazza. Di certo non
avrebbe confessato neanche sotto tortura che se l'aveva filata per
colpa di quel coglione che le aveva rovinato l'umore. -Te l'ho ripetuto, non
mi sentivo molto bene.- ripetè per la
centesima volta la stessa scusa che aveva adottato nei giorni
precedenti ma Noemi non sembrava proprio voler demordere. Lavinia
sorrise sotto i baffi. Aveva cambiato
città perchè non voleva che le
persone le
si avvicinassero mossi solamente dalla pietà- come ormai
facevano le sue amiche di sempre- e invece si era ritrovata questa
buffa ragazza tra i piedi. Dopotutto la sua presenza non la
infastidiva, anzi, la metteva spesso di buon umore; nonostante fossero
quasi l'uno l'opposto dell'altra stavano bene insieme, ovviamente
quando Lavinia era serena e scompariva per qualche ora il muso lungo
che tentava di tenere giornalmente. Ma questo perchè lei non
sapeva ancora della sua malattia, altrimenti era sicura che sarebbe
diventata come tutti gli altri. Si irrigidì e
spostò il
peso da una gamba all'altra quando vide avvicinarsi un gruppetto di
ragazzi che si stavano certamente dirigendo in bagno a fumare. Uno di
loro faceva la classe davanti alla sua, perciò...
pregò
silenziosamente che tra di loro non ci fosse anche lui, ma evidentemente quello non
era il suo giorno fortunato. -Oh ma guarda chi
c'è! Ciao ragazzi!- esclamò una
gioiosa
Noemi zuccherando il suo caffè. Per queste semplici
esclamazioni
si era guadagnata il premio come 'migliore stronza' dell'anno, anche se
poverina non l'aveva fatto in cattiva fede. Il gruppetto si
avvicinò per ricambiare e lo vide ancora più
chiaramente:
Alessandro Catini. Quel nome sembrava
essere impresso a fuoco nella sua mente, eppure era
certa di non poterlo neanche sopportare: aveva un non-so-che che la
irritava a morte. Forse il suo sorrisino strafottente o forse gli
occhiali da sole che si ostinava a tenere infilati nella camicia della
divisa. Terribilmente da
pallone gonfiato. -La conoscete
già Lavinia, sì?- chiese con un
sorriso. No,
no, ti prego no,
pensò la ragazza dilatando gli occhi. Non
davanti a lui! Non le
interessava conoscere nuove persone, una era più che
sufficiente. -Ah, sei nuova
giusto?- le sorrise un ragazzo e allungò la
mano
verso di lei. La osservò per qualche secondo poi,
schiarendosi
silenziosamente la voce, si decise a stringerla e gli sorrise
debolmente, lo aveva intravisto qualche volta per il corridoio e le era
sembrato un tipo educato. -Paolo piacere.- le
sorrise cercando di metterla a suo agio e
apprezzò terribilmente quel piccolo gesto. Per di
più la
sua mano era calda e piacevole al tatto, non sudata fortunamente e
servì a fargli guadagnare qualche punto. -Piacere mio. -Loro sono Giovanni e
Riccardo- indicò i ragazzi al suo
fianco
che agitarono la mano in segno di saluto- e lui invece è
Alessandro.- concluse con un cenno in direzione del ragazzo che aveva
popolato i suoi pensieri per gli ultimi tre giorni. Ti pareva. Non la
degnò di uno sguardo e quando Paolo glielo fece
notare,
la ragazza penso che avrebbe risposto qualcosa tipo 'non mi interessa
di lei' oppure 'ciao sfigata' perfettamente in linea con la
personalità che gli aveva costruito addosso, e invece si
limitò a schiarirsi la voce: -Già ci
conosciamo. -Davvero?- chiese
Noemi strabuzzando gli occhi.- Dove vi siete
incontrati di già? La ragazza
sperò vivamente che non la deridesse raccontando
della sua crisi di respirazione e della consecutiva visita in
infermeria, dove si erano incontrati per la prima volta. Il loro di
certo non si poteva definire un incontro piacevole, si erano insultati
per tutto il tempo in cui erano stati nella stessa stanza.
Alzò
di scatto il viso e lo fissò negli occhi per un minuto
interminabile, e lui parlò non distogliendo lo sguardo dal
suo: -La tua festa, l'altro
giorno. Ci siamo incontrati al bar. -Ah ecco, ora
capisco.- furono interrotti dal suono della campanella,
che annunciò la fine dell'intervallo. -Cazzo neanche una
sigaretta ci siamo fumati- staccò il
contatto
visivo con questa imprecazione e sbuffò infastidito. -M...mi dispiace
avervi trattenuto. E' colpa mia.- ammise controvoglia.
Era vero, se non si fossero fermati a fare la sua conoscenza
probabilmente avrebbero avuto la loro sigaretta. -Non fa nulla,
davvero- sorrise Paolo- ci ha fatto piacere conoscerti.
Spero ci rincontreremo presto.- disse mentre affrettava il passo per
seguire i suoi amici che avevano già svoltato l'angolo.
Salutò con la mano e sparì nel caos studentesco.
Lavinia
sospirò perplessa e si perse per un attimo nei suoi pensieri
in
cui i protagonisti erano, Noemi ne era decisamente sicura, Alessandro
Catini e i suoi occhi magnetici.
****
-Merda!-
imprecò Alessandro
affrettandosi ad uscire dall'aula. Era stato trattenuto dalla strega ed
ora era davvero in ritardo. Percorse le scale saltandole a due a due e
finalmente si ritrovò nell'entrata-cortile della scuola
mentre
si accingeva a infilare nello zaino i libri che ancora teneva in mano,
non accorgendosi della figura davanti a lui, con la quale ci fu una
collisione. Stava per scusarsi- aveva la testa altrove- quando una voce
ancora poco conosciuta lo interruppe: -Vuoi guardare dove
metti i piedi? Guarda che disastro! Eccola. Più
cercava di evitarla, più se la
ritrovava tra i piedi, incredibile. -Non sono io che ero
con la testa tra le nuvole.- aveva risposto
prontamente, per togliersi d'impaccio e si aspettava una risposta
acida, ed invece la ragazza arrossì. Balbettò
qualcosa e
distolse lo sguardo. In verità
stava pensando a lui, stava provando a farlo
uscire dai suoi pensieri, e ovviamente non ci stava riuscendo. Si chinarono
contemporaneamente per raccogliere i libri e tanta la
fretta a causa del clacson di una macchina posteggiata lì
vicino
che infilò alla rinfusa i vari tomi all'interno della borsa
e
scappò via come un razzo. -Aspetta!-
gridò lui afferrando il diario che aveva
dimenticato
a terra- ti è caduto questo!- tentò di
avvertirla, ma
ormai era troppo tardi, la macchina si era appena immessa nel traffico.
E ora?, pensò rigirandoselo tra le mani e aprendolo alla
prima
pagina. C'era una sua foto con altre tre ragazze sorridenti e in pose
buffe, lei la si notava subito: lunghi capelli biondi come il grano e
occhi grandi e grigi, in mezzo a morette tutto pepe. Sembrava diversa
da ora, ed aveva un bellissimo sorriso. Sopra la foto vi era un piccolo
specchietto rotondo, probabilmente per avere sempre la situazione
"trucco" sotto controllo. Femmine, bha. Girò pagina e
trovò il classico elenco con le informazioni:
Nome: Lavinia Cognome: Rocci Classe: IV E Via:
Garibaldi n° 23 Città: Pisa
Andò alla
pagina del giorno dopo e notò quanto
fosse
piena di esercizi e appunti. Merda, doveva portarglielo altrimenti non
avrebbe potuto studiare. Si vabbè, più tardi ci
avrebbe
pensato, ora lo aspettavano per la partita di calcetto al campetto
vicino casa, poi studio e poi... poi casa Rocci.
****
Aveva perso il diario,
porca troia aveva perso il diario. Come avrebbe fatto
ora? Come si sarebbe organizzata? Dove le era
caduto? Sicuramente quando si era scontrata con l'idiota, ovvio. Poi
era arrivata sua madre e dovendo scappare non aveva prestato attenzione
a cosa le mancasse. Si poteva essere più distratte?
Difficile
davvero. Molte le dicevano che spesso era su un pianeta tutto
suo, ma se prima il fatto era causato da
normali filmini mentali ad occhi aperti da adolescente, ora era dovuto solamente al fatto
che pensava spesso- troppo- alla sua malattia. "Non preoccuparti,
andrà tutto bene" ripetevano, anche se
lei
non ci credeva. Affermavano che non fosse una malattia mortale, ma
avrebbe compromesso le sue capacità motorie e fisiche.
Odiava il
fatto che non potesse correre senza sentirsi affaticata o che non
potesse farsi una nuotata in santa pace senza rischiare costantemente
di annegare. Si stese sul letto,
affondando il volto nel cuscino. Dio che nervoso. Avrebbe potuto
benissimo chiamare Noemi e farsi dire i compiti ma non
ne aveva semplicemente voglia, si era stizzita troppo ed ora non aveva
voglia di fare nulla. Tutta colpa di quel deficiente, che nervi! Se avesse guardato
dove andava, anzichè travolgerla come un
tornado, non sarebbe successo nulla e non si sarebbero scontrati, e
invece no! Che emerito coglione. Sfogò un
piccolo urlo nel cuscino e battè
furiosamente i piedi sul copriletto blu. Magari se l'aveva
presa un po' troppo. Magari eh. Si girò a
pancia in sopra e portò un braccio a
coprirle
il volto, sbuffando e si addormentò con un unico pensiero
fisso
in testa: mannaggia
a te e a tua madre Catini.
***
-Cinque
minuti, ti prego, solo cinque minuti...- mormorò
contro il cuscino. Qualcuno le stava scrollando la spalla e non voleva
proprio saperne di svegliarsi. Il fastidioso movimento continuava
però, e si voltò alzando il braccio e colpendo
Cristina
proprio sul volto. -Lavinia!-
strillò e la ragazza si alzò a sedere
nel giro di due secondi. -Che c'è?
Non sono stata io! -C'è qui un
ragazzo che ti ha riportato il diario-
spiegò
massaggiandosi la guancia e indicando dietro di sè, dove lui
stava comodamente
appoggiato allo stipite della porta, curiosando sfacciatamente per la
sua stanza con lo sguardo. Non poteva essere. Era un incubo. Ora si sarebbe stesa
nuovamente, avrebbe chiuso gli occhi e li avrebbe
riaperti, constatando che la sua mente le faceva ogni giorno scherzi
sempre più di cattivo gusto. E ultimamente in qualche modo
lui
era sempre presente. Alessandro Catini
nella sua stanza. Incubo. Alessandro Catini che
la osservava appena sveglia. Incubo. -Bhè vi
lascio da soli- ammiccò sua madre
chiudendosi la porta alle spalle e spingendo il ragazzo all'interno. I n
c u b o. "Dio
se ci sei, predimi con te, o
fammi sprofondare, o fammi scomparire. Scegli te, ma che sia
più
rapido e indolore possibile." pensava la poveretta rossa
di
vergogna. Non lo conosceva neanche e se lo ritrovava nella sua stanza,
pochi avevano avuto questo, chiamiamolo onore, e lui non lo meritava. Dio, dio, dio, dio. Aprì meglio
gli occhi, ritrovando la lucidità
necessaria,
e si passò una mano tra i capelli, simili ad una criniera
indomata. Se almeno avesse avuto il tempo di sistemarsi... ma cosa? Per
lui? No, assolutamente no. Abbassò
la maglietta e si schiarì la
voce, alzandosi dal letto. -Sei stato molto
gentile a portarmi il diario- iniziò con
discrezione; lui sembrò svegliarsi da un torpore e battendo
gli
occhi allungò la mano passandole il diario e fissandola a
lungo.
Era stupenda anche appena alzata, dato di fatto che chiunque
avrebbe potuto constatare. Meglio della Bella Addormentata. E lui? Il
suo principe azzurro? Si ritrovò
a sorridere immaginandosi con un mantello a
cavallo, ridicolo. Eppure sembrava
proprio che la madre della bionda lo aveva immaginato
così poco prima, dagli occhi che si era ritrovata: a forma
di
cuoricino avrebbe osato dire. Forse stava già preparando gli
inviti al loro matrimonio. -Già, la
prossima fai più attenzione magari.- fu
più sgarbato del dovuto, ma il pensiero di loro due insieme
gli
faceva accapponare la pelle. Brrr. D'altronde lei poteva passare
benissimo per la regina delle nevi, quindi. -Parla
Mister-corro-come-un-pazzo-per-i-corridoi...-
borbottò
acida. In risposta, Alessandro sollevò un sopracciglio e
scosse
la testa come per scacciare un pensiero. -Carina comunque la
stanza.- infilò le mani nelle tasche dei
pantaloni della tuta e si dondolò sui talloni. La stava portando per
il culo? Era ironico oppure serio? -Grazie.- rispose
sospettosa. -Dico sul serio, me
l'aspettavo...diversa. -Del tipo
completamente rosa e piena di cose sbrilluccicanti in giro?-
il ragazzò arrossì, segno che Lavinia aveva
indovinato.
Si aspettava davvero che una ragazza di diciassette anni addobbasse la
sua stanza come quella di una principessa dei confetti? Odiava i soliti
stereotipi, sicuramente l'aveva pensato perchè era bionda,
pff. -Comunque- riprese
schiarendosi la voce- hai davvero buon gusto, mi
piace- si stravaccò sul pouff blu scuro sistemato al lato
opposto della stanza e afferrò un gufo di peluche- il suo
Anacleto!- e lo strinse al petto posandoci la guancia sopra. -E' morbido. -E' un mezzo cuscino
genio. -Lo so, ma
è morbido anche per gli standard dei peluche.-
rispose saccente. Lei sorrise e scosse la testa divertita. Non era poi
così male, stavano avendo una conversazione
civile incredibile ma vero. -Non ti addormentare
qui. -Sono stanco, ho
giocato a calcetto fino a poco fa.- spiegò
sospirando. -Tutto studio
eh...oddio sei sudato allora! Ridammi Anacleto, non me lo
appuzzare! -Anacleto?-
sollevò un sopracciglio, ma non sapeva fare
altro?,
e tentò di non scoppiare a ridere. Lavinia si
alzò dal
letto e gli strappò letteralmente il suo gufetto dalle
braccia. -Mai visto 'La spada
nella roccia' ignorante?- mugugnò
posandolo sul letto. -Certo, una decina di
anni fa, ma vedo che qui l'età media
di cervello è piuttosto bassa. -Stronzo- ecco, aveva
parlato troppo presto. -Come siamo gentili... -Sempre. Passò prima
qualche secondo di silenzio quando Alessandro si
decise a parlare. -Mi... mi rendo conto
che certe volte sono un po troppo brusco nei
commenti, ma ci tenevo sapessi che non è solo con te...
cioè lo faccio con tutti, non ho nulla contro di te ecco-
balbettò passandosi una mano tra i capelli. Rimase spiazzata da
quel piccolo chiarimento, non se lo aspettava
proprio, ma ovviamente ne era felice, ora toccava a lei dire qualcosa,
era stato così... carino... -Neanche io ce l'ho
con te, è che certe volte tendo ad
essere un
pochino acida... okay abbastanza- si corresse notando una sua occhiata
scettica- ma questo è il mio carattere, non posso farci
nulla-
si giustificò così. -Siamo due tipi
particolari dai, non c'è nulla di male- si
stiracchiò e si alzò- ora devo andare,
è tardi. -Certo ti accompagno
alla porta e grazie ancora. -La prossima volta non
sarò così gentile
snobbetta, ricordatelo.- le disse una volta arrivati alla porta. -Parli come se mi
avessi fatto un favore... -E' così
infatti. -Stai zitto e sparisci. -Va bene stronza. Gli stava per sbattere
la porta in faccia, decisamente irritata, quando
parlò di nuovo: -Se qualche volta vuoi
uscire...- no non ci credeva, le stava per
chiedere... oddio- conosco molte ragazze, mi sembri molto sola... L'ultima parte della
frase la colpì con la potenza di una
doccia gelata. L'aveva detto con compassione?
Si era offerto di cercarle delle amiche? Un improvviso senso di
vergogna la invase e sentì l'impulso di piangere. Andasse al
diavolo porca puttana, lui e il suo finto dispiacere! -No, non intendevo,
cioè... -Lascia stare, ho
capito.- deglutì con fatica e gli chiuse
la
porta in faccia, inventando una scusa- mia madre mi sta chiamando, ci
si vede in giro quando capita. Grazie ancora.
Alessandro
battè frustrato un pugno sul muro mentre
aspettava che arrivasse l'ascensore. Che cazzo aveva
sbagliato? Sembrava rilassata fino a quando non le
aveva proposto... merda. Le aveva dato
l'impressione sbagliata! Stava per chiederle di uscire
con la sua comitiva quando ci aveva ripensato. In fondo si conoscevano
poco e tutti avrebbero pensato che visto che se la portava dietro ci
volesse provare, così aveva proposto di presentarle altre
ragazze. Mossa sbagliata cazzo. Era sempre il solito
coglione.
***
Lavinia chiuse la
porta e respirando riprese il controllo. Non doveva
lasciarsi trasportare dalle emozioni.
Aveva dimenticato anche una domanda fondamentale che si era posta mille
volte quel pomeriggio: come mai aveva mentito ai suoi amici dicendo che
si erano incontrati per la prima volta alla festa di Noemi? Come mai
non aveva raccontato del loro incontro/scontro in infermieria?
Quel ragazzo era un continuo punto interrogativo, non si comportava mai
come prevedeva, bhà.
Distese le braccia in
avanti e lasciò un respiro rilassato,
non
sarebbe cambiato nulla, non gli avrebbe più parlato. -Allora?- Cristina
sbucò dalla cucina con un sorriso a
trentadue denti. -Allora cosa? -Mh?- alzò
un sopracciglio e sorrise allusivamente. -Mamma parli chiaro?-
fece camminando per il corridoio. -Chi era quel ragazzo? Oddio no. No. No. No. Sapeva sarebbe
arrivata quella domanda, ma
segretamente sperava
che sarebbe potuta sgattaiolare in camera senza destare alcun sospetto.
Non sapeva cosa rispondere: amico, conoscente, estraneo? Cosa era
Alessandro Catini per lei? Nulla, assolutamente
nulla. -Uno. Semplice, senza
pretese. -Uno? -Si uno. -Compagno di classe? -No.- l'ennesimo
sorrisino malizioso da parte della madre le
fece
saltare i nervi, e iniziò a gesticolare animatamente dopo
aver
posato il diario sul ripiano della libreria. -Si uno va bene? Che
c'è, improvvisamente ti interessi della
mia vita? -Lavinia... -Scusa okay. Ha
trovato il mio diario e me l'ha riportato, stop. -Credevo che lo
conoscessi però, magari viene alla tua
stessa scuola.- tentò nuovamente. -Bhè
credevi male- mentì. Sempre negare era il
suo motto-
ora vado a finire di studiare, non cucinare per me, non ho fame-
mentì, si sarebbe rimessa a rimuginare sul letto, poco ma
sicuro. -Qualcosa mi dice che
invece farai cena. -E cosa te lo dice? -Il fatto che ci sono
le scaloppine. -Per me doppia
porzione- sorrise andandole a dare un bacio. -Ruffiana. -Ti voglio bene anche
io mammina.- ritrovò il buon umore,
Cristina le diede un pizzicotto sulla guancia e quando ormai la figlia
era arrivata alla sua stanza la chiamò, facendola bloccare
allo
stipite della porta. -Lavinia, sai che non
si dicono le bugie? -Ovviamente.
Perchè me lo stai ricordando?- fece dubbiosa. -Non so...
naturalmente il fatto che abbia incontrato quel ragazzo
quando sono andata a consegnare i documenti per la tua iscrizione a
scuola e che l'abbia visto infilarsi nella classe davanti alla tua non
c'entra nulla...- così dicendo la madre si diresse
in
cucina mentre i suoi tacchi risuonavano nel silenzio della casa vuota,
lasciando una bionda ammutolita e rossa d'imbarazzo a fissarsi le punte
delle scarpe.
********************************************************************** Eccoci
qui :) Chiedo scusa per il
ritardo, ma l'estate è l'estate, lo sapete, gnè. Gli incontri
ufficiali finalmente! Pare proprio che Catini si sia comportato bene, e
nuove entrate in scena che fanno da contorno -Giovanni e Riccardo- e Paolo, che tutto sarà
meno che da contorno :D Okay... scherzo
tranquille. O forse no. Chi lo sa. Lavinia si ritrova
il ragazzo dei suoi incubi (non ci credo neanche un po') in casa e la
madre in cucina sghignazza per tutto il tempo, ve lo dico io. Sembrava
andare tutto bene fino all'ultima uscita infelice di quel coglione.
Cosa devo fare con lui *scuote la testa sconsolata* Ci terrei davvero
sapere se vi è piaciuto, è molto importante per
me :) Evaporo, mi vado a
piazzare sotto al condizionatore. Come sempre se
volete contattarmi: Il contatto su
facebook:
Athena Efp Il gruppo su
facebook: My
Crazy Stories. Sarò
felicissima di rispondere alle vostre domande! O semplicemente per
spettegolare un pochino ;)
Athena xx
Capitolo 6 *** Capitolo 5: 'Those sweet words you said' ***
If you want - 6
Come sempre ringrazio Fiorels per lo splendido banner e tutta la sua
pazienza con cui
asseconda ogni volta le mie pazze richieste senza mandarmi a quel
paese.
"What
did you say, I know you saw you saying it. My
ears won't stop ringing, long enough to hear Those
sweet words and your simple melody"
Nascosto
dalla porta, il ragazzo aspettava il momento esatto per
palesare la sua presenza.
Fu quando si chinò per raccogliere una moneta caduta che
decise di farsi avanti:
-Paolo!- ansimò lei per lo spavento, una volta in posizione
eretta. Non l'aveva sentito arrivare.
-Ciao Lavinia.- sorrise calorosamente evidenziando le due fossette ai
lati della bocca.
-Anche tu hai fatto una breve fuga per una bevanda?- cercò
di
essere gentile con quel ragazzo tanto bello quanto educato. Non le
aveva mai mancato di rispetto, l'aveva salutata ogni volta da quando
erano stati presentati e più di una volta le aveva tenuto
aperta
la porta con un sorriso. Aveva guadagnato
decisamente molti punti.
-Ho latino, quindi diciamo più che fuga per una bevanda,
diciamo
fuga e basta.- risero entrambi e la ragazza si appoggiò alla
macchinetta con una spalla. Bene, poteva aggiungere spiritoso alla
lista dei suoi pregi. Allora esistevano ancora ragazzi così
da
qualche parte nel mondo.
-Come biasimarti, io ho biologia.- una smorfia le si dipinse sul volto
al solo pensiero del professore che la odiava, e ovviamente il
sentimento era più che reciproco.
-Siamo messi bene a quanto pare...
-Già.- gli diede ragione bevendo il suo cappuccino, mentre
la campanella del cambio dell'intervallo suonava.
Il ragazzo si guardò attorno un po' nervoso,
sperò
davvero che lei non se ne accorgesse, e diede un leggero colpo di tosse
mentre il corridoio si riempiva di ragazzi:
-Senti... so che forse sono inopportuno, e se pensi che lo sia
ti prego non mondarmi a quel paese, ma...
Lavinia non sapeva dove voleva arrivare a parare, così lo
incitò con calma, promettendogli che non si sarebbe
arrabbiata e
ne tantomeno o avrebbe mandato a quel paese.
-Volevo chiederti se ti andava di venire al cinema con me sabato.
-Oh.- disse lei non aspettandoselo. Cioè proprio non se lo
aspettava. Ma proprio proprio no.
-Da amici naturalmente! Giusto per conoscerci un po' di più,
in
fondo ti sei trasferita da un mese e devi ancora ambientarti, insomma
mi farebbe piacere magari farti anche girare la città.- lo
disse
con una così grande naturalezza e sincerità che
non
potè fare a meno di sentirsi colpita e lusingata per le
attenzioni che le dava.
-Ma come amore mio, prima mi chiedi di uscire e poi ritratti da amici?
Così mi distruggi!- entrò in scena lui,
portandosi treatralmente una mano sulla fronte e facendo finta di
essere dispiaciuto. Da dove era uscito? Un secondo prima c'erano
solamente lei e Paolo e un secondo dopo Catini fra di loro, con una
faccia da stronzo che non prometteva nulla di buono. Perchè
aveva dovuto rovinare quel bel momento? Che gusto ci trovava?
-Come sempre il tuo tempismo e la tua ironia mi stupiscono
Alessà.- fece infastidito il moro.
-Sono sempre il migliore.- sorrise infilando una moneta nella
macchinetta. Ti ho rovinato la festa
eh?, si ritrovò a sogghignare stupidamente,
anche se non ne sapeva il motivo.
Si era stato divertente bloccare così la sua
pseudo-dichiarazione ma in fondo sentiva che era sbagliata, e non
doveva avvenire. Quei due non si dovevano legare, non sarebbero stati
bene insieme. Troppo diversi, lei era intelligente e bella per uno come
lui. Non che Paolo fosse stupido, ma non poteva starci e basta.
Non appena aveva svoltato l'angolo e li aveva visti ridere complici gli
era scattato qualcosa dentro che lo aveva costretto ad avvicinarsi a
grandi passi e a frapporsi fra loro. Forse senso di inadeguatezza? Si,
poteva dare la colpa a quello senza ombra di dubbio, non poteva di
certo essere geloso di una ragazza appena conosciuta con la quale aveva
scambiato parola si e no cinque volte, e durante quattro stavano
litigando. E poi non avevano deciso di andare tutti insieme al cinema
quel fine settimana? Aspettò che il suo caffè fosse
pronto, augurandosi
che la macchinetta ci mettesse il doppio del solito, voleva proprio
sentire la risposta della bionda. Lo incurosiva e una sensazione strana
gli impediva di scollarsi da lì senza aver ascoltato il
verdetto
finale. Decisamente
strano, nuovo.
-Sabato hai detto?- riprese la ragazza cercando di non guardarlo.
Inutile, non sapeva se avercela con lui per aver sdrammatizzato
salvandola in corner o per aver interrotto un momento davvero
piacevole. Paolo annuì.
Cercò di riflettere velocemente: cosa aveva da fare sabato?
E soprattutto, voleva andarci?
La seconda domanda era leggermente più difficile della prima
ma
non si fece scoraggiare, anzi, cercò di essere imparziale e
non
dare peso al ragazzo vicino a loro, che sembrava trafiggerle il viso
con lo sguardo.
-Bhè...- era decisamente in difficoltà poverina.
Non
sapeva cosa rispondere dannazione! Da una parte l'idea di uscire con
qualcuno dopo molto tempo la elettrizzava, la impauriva perfino, ma
dall'altra sapeva che non era il ragazzo giusto e non voleva illudersi
e illuderlo. Però era sempre stato così carino...
-Bionda il gatto ti ha mangiato la lingua? O stai cercando un
modo per rifiutare ancora compagnia umana?
-Oh, sta zitto.- rispose voltandosi verso di lui.
-Che c'è? Ho ragione, se fossi in lui avrei già
ritirato
l'invito vedendoti esitare.- il ghigno strafottente era nuovamente
tornato ed era più irritante che mai. E bellissimo. E
irritante,
cosa più importante.
-Sto pensando agli impegni che ho sabato e poi almeno lui ha avuto il
coraggio di chiedermi di uscire. Ahia.
Frecciatina? Decisamente si.
Rivolta a lui? Chiaro come il sole.
Alzò un sopracciglio e lei distolse lo sguardo socchiudendo
gli occhi.
-Perchè? Cosa è successo?- chiese Paolo.
-Niente.- risposero in coro guardandosi male.
-Comunque- continuò la ragazza- come stavo per dire prima di
essere fermata...
-Buongiorno!- interrotta (o salvata?) nuovamente. Stavolta erano Noemi
accompagnata da Giovanni e Riccardo che ridevano mentre tentavano di
mantenere in equilibrio sul naso il cucchiaino che si era portata la
sua
amica da casa per mangiare lo yogurt. Sembravano due comici, erano una
bella coppia.
-Di che si parla?- chiese la moretta salutando tutti.
-Nulla.- cercò di arginare Paolo, non volendo far sapere a
tutti dei suoi piani.
-Cinema.- rispose invece Alessandro nascondendo un sorriso soddisfatto
facendo finta di bere.
-Oh si, Vì mi ero dimenticata di dirtelo.- iniziò
Noemi chiamandola con l'adorabile
soprannome che le aveva affibbiato. Veramente tutti la
chiamavano
così, fin da quando era piccola, accorciando il suo nome
troppo
altisonante e lungo per conversazioni fra amici e famiglia.
-Danno One Day, deve essere stupendo!
-Assolutamente no!- Giovanni la guardò male- avevamo deciso
di andare a vedere Transormers 3!
Lei sbuffò ma non oppose resistenza:
-Va bene in caso ci ritorniamo io e lei da sole a vederlo, ma vi
perdete una storia d'amore stupenda, davvero.
In tutta risposta i ragazzi la guardarono ancora più male
per
qualche secondo poi scoppiarono tutti a ridere, tutti tranne Paolo che
sembrava davvero scocciato, Lavinia però lo prese come
dispiacere e si affrettò a riparare:
-Si, Paolo mi stava invitando veramente, è stato molto
gentile.-
gli sorrise e per un attimo Alessandro strinse il bicchiere di plastica
ormai vuoto troppo forte, facendolo accartocciare rumorosamente.
Stranamente nessuno si accorse del sorriso leggermente sadico con il
quale aveva parlato mentre lo gettava nel
cestino.
-Perfetto quindi, si va al cinema. Tutti
insieme.
*** -Solitamente il ritardo è una prerogativa delle
donne,
non lo sai Catini?- aveva sbottato acida, alzandosi finalmente dai
divanetti nella hole del multiplex insieme a tutti gli altri. Lo
stavano aspettando da venti minuti, avevano anche perso lo spettacolo
che avevano prenotato, e finalmente
era arrivato.
Con il fiatone, i capelli scarmigliati e le labbra rosse per il freddo. Oh,
God.
Dovette premersi le unghie nei palmi per non saltargli addosso. Ricordati che stiamo
parlando del solito stronzo, si disse, ma non
bastò a calmare i suoi ormoni.
Il suo carattere non avrebbe potuto competere neanche con il peggior
microbo, ma l'aspetto compensava il tutto. Decisamente.
Le guancie rasate erano arrossate e per un istante, uno solo!,
desiderò accarezzarle e morderle, chissà come sarebbe
stato...
arrossì e puntò indifferente lo sguardo sul
tabellone con
gli orari dei film, aspettando che tutti gli altri lo insultassero per
bene, Paolo specialmente.
-Scusate, ho avuto un problema con mia madre.- tentò di
giustificarsi riprendendo fiato.
-Cos'è, non lasciava uscire il suo bel bambino?-
scherzò Riccardo dando una gomitata a Giovanni.
-Aveva un impegno e dovevamo aspettare l'idraulico.- spiegò
non
badando alla battuta, infilando le chiavi nel giaccone e passandosi una
mano nei capelli ribelli. Colpo al cuore istantaneo per la bionda.
Noemi da parte sua alzò gli occhi al cielo e lo
fulminò:
-Che non si ripeta mai più, ci siamo intesi?- Alessandro
annuì in silenziò costernato e si
offrì di
pagare i pop corn a tutti. Gli animi si calmarono immediatamente e
tutti presero a scherzare sulla sua bontà improvvisa.
Lavinia Rocci non era stata mai una ragazza troppo seria, ma non si
lasciava neanche abbindolare da un bel faccino. Aveva visto molti
ragazzi nei suoi diciassette anni di vita, alcuni belli, altri brutti,
altri decisamente splendidi ma mai nessuno l'aveva colpita come il moro
che ora le stava vicino.
Aveva una bellezza fuori dal normale, almeno secondo lei, e si capiva
da ogni suo più piccolo gesto.
Si imponeva di restare calma ma ovviamente le risultava difficile, si
sentiva molto attratta da lui, fisicamente parlando, poichè
mentalmente non c'era molto materiale da lavoro.
Da cosa dipendeva? Non avrebbe potuto trovare più attraente
un
altro ragazzo? Uno a caso... Paolo magari, che era così
gentile
e accondiscendente con lei al contrario dell'essere.
E invece no, dannatissimi ormoni adolescenziali.
A distrarla ci pensò Noemi, che la prese a braccetto e la
condusse verso il bancone degli snack.
-Intanto che aspettiamo il prossimo spettacolo abbuffiamoci. Cosa
prendi?- le chiese sorridendo.
-Non so...- iniziò a osservarsi intorno e notò
che in
realtà non avrebbe potuto mangiare nulla di quei cibi ultra
grassi che sarebbero andati a intaccare la sua salute. Perchè ogni cosa che
piace fa male? Il mondo è ingiusto!,
pensò con stizza sposandosi i capelli oltre la spalla.
-Magari se evitassi di ciecarmi te ne sarei grato.- eccolo. E ti pareva.
-Passami a largo e vedi che non ti succederà nulla.- sorrise
melliflua e lui ghignò di rimando.
Non l'avrebbero mai ammesso ma entrambi adoravano i
loro continui punzecchiamenti.
Era qualcosa di così... divertente? Rilassante? Intimo? -Come siamo acidelle Rocci, penso proprio che non ti
offrirò i pop corn.- alzò un sopracciglio
sornione in
attesa della prossima sagace risposta della bionda che sapeva non lo
avrebbe deluso.
Quella sorta di cameratismo non lo aveva avuto con nessuno, eppure si
conoscevano poco.
-Oh non preoccuparti Alessà, li offro io a Vì, ovviamente-
si intromise Paolo mentre si avvicinava, dividendoli e dando
così le spalle all'amico- in fondo l'ho invitata io.-
sorrise
soddisfatto e la ragazza non potè fare a meno di sentirsi
decisamente a disagio.
-Veramente posso pagarli da sola.
-Neanche per sogno!- esclamarono contemporaneamente i due ragazzi e poi
si fissarono negli occhi.
Ecco che la sfida del testosterone stava iniziando, ottimo.
-Ale tu pagali a Emi, io a Vì, mi sembra equo.
-Non chiamarmi Emi, sai che lo odio!- lo fulminò la moretta.
-Avevo promesso che li avrei pagati a tutti quanti per scusarmi per il
ritardo, e mantengo sempre le promesse. Quindi non incappiamo in
discussioni inutili, tanto sai che vincerei alla fine. I vostri gusti
li conosco, andate a prendere i posti, noi intanto ordiniamo.- sorrise
e si avvicinò a Lavinia, sussurrandole delicatamente
all'orecchio:
-Coca cola o aranciata?- poteva essere la sua voce così
dannatamente sexy anche mentre le rivolgeva una domanda così
normale? Andò in iperventilazione e cercò di
tenere a
bada il tremore della voce.
-Thè al limone.- gracchiò con la voce secca.
Panico.
-Abbiamo gli stessi gusti, dolcezza.-
il suo fiato caldo le sfiorò l'orecchio come una carezza
mentre
entrambi cercavano di riprendere lucidità dopo essersi fatti
ammaliare dalla vicinanza dell'altro.
*** Non guardarle le gambe,
non guardarle le gambe,
era il mantra di Alessandro mentre stava cercando di concentrarsi sui
Deserticons che tentavano di conquistare la terra. Peccato
però
che la corta gonna che indossava Lavinia non lo stesse aiutando neanche
un po', dato che lasciava scoperte le lunghe gambe fasciate dalle
calze. E che gambe.
Come erano finiti seduti vicini, quattro file dietro a tutti gli altri?
Semplice, aveva truccato i posti.
Si erano dovuti accontentare dei posti che avevano trovato in quello
spettacolo e a lui non era di certo dispiaciuto.
Infantile va bene, ma tutto pur di non farci mettere Paolo.
Erano sempre stati buoni amici ma stava iniziando a odiare il
comportamento che aveva nei riguardi della Rocci, quando era chiaro che
non le interessava minimamente. La fissava ogni secondo libero, attento
a non farsi beccare da nessuno, ma lui se ne era accorto. Ogni.
singola. volta.
Ora invece era lui che doveva darsi una calmata, sembrava un allupato.
E infatti...
-Non penso che sulle mie gambe stiano trasmettendo il film sai?- gli
aveva sussurrato sporgendosi verso di lui, per non farsi sentire dagli
altri.
-Davvero?- l'aveva beccato, cazzo. Doveva mantenere il sangue freddo,
non sarebbe stato difficile fare lo scemo.
-Già, mi dispiace smontare così le tue
convinzioni, ma
dovresti guardare davanti a te, in quello schermo gigante dove scorrono
in rapida successione tutte quelle immagini, vedi?- fece divertita.
Averlo beccato a fissarle le gambe avrebbe dovuto innervosirla, e
invece si sentiva lusingata.
Era strana, lo sapeva, ma non riusciva a mandare via quel vago senso di
compiacimento che l'aveva invasa. LUI
STAVA GUARDANDO LE SUE
GAMBE.
-Ma io preferisco questo di spettacolo, è meglio non trovi?-
rispose sfacciato. Ormai la faccia ce l'aveva rimessa, quindi tanto
valeva giocarsi il tutto e per tutto anche se non era abituato a
parlare così alle ragazze, ma pensò che
al massimo si sarebbe preso un rimprovero; e anche in quel caso, ne era
sicuro, sarebbe stata sexy lo stesso.
La bionda alzò un sopracciglio scettica, non era abituata a
complimenti così diretti.
-Dici a tutte così Catini?- un colpo al cuore durante ogni
singola parola pronunciata, perchè era sicuramente la
verità. Giocava con le ragazze per illuderle, magari
portarle a letto e poi via.
-Do questa impressione?- domandò quasi offeso.
Mentire o essere sincera? Fargli intendere come l'aveva immaginato
oppure no? Sospirò:
-Bhè... si. Sembri un farfallone.
-Un farfallone? Addirittura? Si vede quanto poco mi conosci... l'ultimo
mio legame sentimentale serio risale alle medie, con Debora Ferrara.-
ghignò.
-Infatti non avevo detto 'legame sentimentale', ma scopata e via.-
rispose secca adombrandosi.
Alessandro si zittì per un secondo, mentre sullo schermo
scoppiava una bomba che riduceva New York in un cumulo di macerie e si
permise di pensare. Cioè... lei...
-Fammi capire, tu pensi che io mi scopi un'infinità di
ragazze così, senza neanche calcolare i sentimenti?
Detto così la faceva sembrare cinica e terribilmente
stronza. Però l'aveva immaginato davvero.
Insomma era così bello che gli aveva costruito intorno la
classica personalità da stronzo senza neanche conoscerlo
veramente, ora si sentiva in colpa. Aveva sbagliato tutto con i suoi
pregiudizi stupidi.
-Non volevo dire questo...- si affrettò a rimediare.
-Io invece penso proprio di si.
-E' che sembri così...
-Così cosa? Insensibile, stupido, superficiale, coglione?
Bhè complimenti, dai un grande esempio di
maturità nel giudicare senza appurare di persona prima!
-Bhè non puoi dire di essere stato il massimo della
gentilezza nei nostri scorsi incontri!
Due ragazzi dietro di loro si affacciarono e gli intimarono il
silenzio, ricordando loro che si trovavano in un cinema.
-Ha parlato Miss Acidità.
-Non sono acida!
-E invece si, quanto un limone.- fece il gesto di spremere proprio un
limone e sogghignò mentre lei scuoteva il capo e socchiudeva
gli occhi infastidita.
-Sei così infantile.
-E cosa c'è di male?
In tutta risposta lei alzò un sopracciglio, cercò
di ignorarlo e si chiuse in un mutismo ostentato, cercando di capire
come fosse realmente il ragazzo sedutole vicino. Le faceva scoppiare il
cervello, ogni volta che pensava di averlo compreso ecco che spuntava
fuori un nuovo indizio e mandava in fumo la precedente ipotesi.
Bello e dannato? Un po'.
Cinico e menefreghista? Leggermente.
Dolce e sensibile? Anche no. Oppure si?
Alessandro le si avvicinò e le sussurrò
all'orecchio una frase che non si sarebbe mai dimenticata:
-Dovresti imparare a conoscere prima di giudicare sai? E' sintomo di
stoltezza non dare possibilità di rivelare la vera natura
delle persone. Per iniziare potresti conoscere me, naturally if you want, baby.
Tutti dentro la sala iniziarono a battere le mani e si accorsero dei
titoli di coda che scorrevano sullo schermo. I loro amici si alzarono e
si voltarono verso di loro, Paolo con una faccia da funerale, e fecero
loro segno di raggiungerli all'uscita della sala. Lavinia
sbattè le palpebre frastornata e osservò il moro
vicino a lei, che la guardava con una tale intensità da
farle tremare le gambe.
-Allora?- le sussurrò da sotto le sue lunghe ciglia.
-Allora cosa?- aveva la gola secca e sicuramente anche le labbra
screpolate. Faticava a mantenere il contatto con la realtà.
Si sentì sfiorare un braccio e solo in un secondo momento
capì che era stato lui.
-Vuoi darmi la possibilità di mostrarti come sono realmente?
-If I want.-
sorrise lei.
-If
you want.- asserì lui- and... want you?
Vì ci pensò un attimo, poi si avvicinò
al suo orecchio e respirò il suo profumo. -I want.
**********************************************************
Ommiopadre santissimo. Non sapete che emozione scrivere queste parole,
davvero. Ora mi commuovo T_T
Il titolo viene da qui: una muta, o non tanto, richiesta di scoprirsi
con una persona, di mettersi a nudo e di dare la possibilità
di mostrare quello che si è realmente, spero abbiate
compreso. Non si tratta nè di una canzone, nè di
una frase famosa o di un film, tutto frutto della mia mente bacata
purtroppo. Si, questa è l'idea della storia ma non
preoccupatevi, non è di certo finita qui, anzi il bello deve
venire ;)
Interiormente sto sclerando, non rendo molto bene l'idea ma fidatevi se
vi dico che è una soddisfazione immensa scrivere queste
parole. Bando alle ciance, ora vi lascio ma prima ditemi, cosa ne
pensate? Siete soddisfatti?
Io per la prima volta in vita mia si, ed è una bellissima
sensazione °-°
Comunque, spero davvero che vi sia piaciuto, è uno dei miei
capitoli preferiti :)
Vi ringrazio inoltre per tutte le recensioni nadskdnoiwdsnl
ç__ç siete tutte tanto tanto belline. Metterò
inoltre delle immagini nei capitoli, quando ne trovo alcune che mi
ispirano e sembrano i miei bambini aw. Spero vi piaceranno, io le adoro
proprio nonostante non abbia dato un volto 'fisso' ai personaggi.
Vi importuno un secondo solo: la mia migliore amica ha appena postato
la sua prima originale, merita davvero io l'ho letta in anteprima, ci
fareste un salto? Il link qui, 'Suddenly'
grazie mille belle.
Come sempre se
volete contattarmi: Il contatto su
facebook:
Athena Efp Il gruppo su
facebook: My
Crazy Stories. Sarò
felicissima di rispondere alle vostre domande! O semplicemente per
spettegolare un pochino ;)
Athena xx
Capitolo 7 *** Capitolo 6: 'You change your mind, like a girl changes clothes' ***
If you want - 7
Dedico questo capitolo alle fantastiche Frallosa e turningpage8 che mi
scassano ogni
giorno le balls su twitter con richieste di spoiler e suppliche per
aggiornamenti in anticipo.
Siete troppo belle, vi adoro.
"You change your mind, like a
girl changes clothes."
Non aveva mai e poi mai pensato che sarebbe tornata a sorridere.
Sorrisi veri, non come quelli finti che rifilava ai genitori per far
finta che tutto andasse bene.
E invece a Pisa c'era riuscita. Anche se il merito ovviamente non era
della città in sè e per sè.
Diciamo che il motivo del suo sorriso aveva un nome. E un cognome. E un
sorriso da svenimento. Forse le
piaceva. Forse.
Non ci sarebbe stato nulla di male in fondo, no?
Certo, non ci sarebbe stato nulla di male se anche lui avesse
ricambiato, ma durante tutto il tempo che avevano passato insieme- ore
scolastiche in palestra, pause pranzo e intervalli- aveva capito che
erano diventati amici.
Amici. Bleah.
In quel momento nessun'altra parole le poteva sembrare peggiore. Non
perchè non le piacesse essere sua amica,
però... era lecito di tutte le ragazzine fantasticare
insomma.
Non l'avrebbe mai detto ma Alessandro Catini aveva un favoloso senso
dell'umorismo. Faceva battute azzeccatissime in ogni situazione e lei
scoppiava a ridere per dei minuti interi, fino a trovarsi con le
lacrime agli occhi e gli altri la guardavano come fosse un'aliena, o
peggio, "non si vede
che cerca di farsi notare eh" dicevano gli sguardi delle
ragazze, ma non poteva farci nulla se le trovava divertenti.
Ovviamente non perdeva neanche tempo per portarla in giro facendole
notare-come se lei da sola non l'avesse capito in diciotto anni- che
non era affatto portata per la pallavvolo. La palla la odiava e
naturalmente il sentimento era reciproco. Per non parlare poi del
professore, dannatissimo stronzo che ce l'aveva con lei soltanto
perchè aveva esibito un bel certificato medico che attestava
la sua situazione.
Così, mentre gli altri sudavano sette camicie dietro la
palla e
facendo addominali, lei o se ne stava comodamente seduta dedicandosi
allo stretching, oppure se ne andava in giro ad arbitrare le varie
partite. Decisamente meglio, no?
I giorni passarono così, con Noemi sempre più
smaniosa di
organizzare uscite con i ragazzi dell'altra sezione (guarda caso chi la
frequentava...), con Paolo che sbucava dai posti più
impensabili
mentre lei era da sola, e con Giovanni e Riccardo che chiassosi e
solari, riempivano i minuti liberi.
Alla faccia della comitiva che aveva a Genova! Non si era mai divertita
così tanto!
Stava vivendo una fantastica normalità, in cui la sua
malattia
era chiusa in un cassetto insieme a tutte le altre preoccupazioni. Non
pensava sarebbe stato possibile, eppure era così.
Anche sua madre vedeva il cambiamento: la mattina salutava sempre
entusiasta e aveva iniziato a truccarsi un po' di più e
faceva
tardi di ritorno da scuola perchè si fermava a parlare. Pisa
era
stata davvero una ventata di novità e benessere per Lavinia.
Quel lunedì si era quasi appisolata sul banco- la sera prima
aveva fatto tardi vedendo Titanic- quando la professoressa le
poggiò il compito in classe di matematica corretto sul suo
banco. Inorridì osservando quel quattro e mezzo scritto in
rosso
e firmato. Era impossibile. O forse no...
Osservò tutti gli errori che aveva commesso e si rese conto
che
erano elementari, non sapeva fare le equazioni di secondo grado!
Pensava di aver imparato e invece si sbagliava di grosso. Faceva pena
in quella materia e aveva provato più volte a rimediare, ma
nè nella vecchia scuola, nè in questa ci era
riuscita.
-Rocci così non va, comincia a pensare di prendere
qualche
ripetizione... non puoi rovinarti la media per una sola materia dai, so
che sei sveglia in fondo.- le sorrise e ritirò il compito,
per
poi andarsene dalla classe.
Sbattè la testa sul banco scoraggiata e finalmente la
campanella suonò in perfetto orario.
-Come è andata?- domandò la moretta.
-Solito.
-Ancora?
-Si- nascose il viso tra le mani e respirò profondamente- ha
detto che devo andare a ripetizioni.
-Non ha tutti i torti... se potessi ti aiuterei io ma sai che con mia
madre che non sta bene non posso.- rispose costernata l'amica e sapeva
che l'avrebbe fatto veramente se avesse potuto.
-Tranquilla troverò qualcuno che non si faccia pagare tanto
e che sia bravo, almeno spero.
Noemi annuì e uscirono dalla classe per andar finalmente in
mensa. Lavinia non aveva molta fame ma sapeva che era importante per
lei e per il suo organismo fragile mangiare, così prese un
bel
piatto di tortellini, una fettina di carne e un'insalata, niente frutta
o sarebbe scoppiata. Afferrò una bottiglietta d'acqua e si
diressero verso il loro, ormai
solito, tavolo.
-Ehi che cos'è quella faccia da cadavere?- le accolse
Riccardo.
C'erano soltanto lui e Paolo al tavolo, segno che Ale e Giò,
sì era passata ai diminutivi, erano andati sicuramente a
fumarsi
una sigaretta.
-La Fratta ci ha riportato i compiti di mate.- spiegò Noemi-
e ha detto a Vì che deve andare a ripetizioni.
-Davvero?- Paolo alzò la testa dal piatto e il suo sguardo
si fece attento e la bionda annuì.
-Potrei aiutarti io.
-Dici sul serio?- la ragazza era scettica, aveva davvero bisogno
di lezioni private.
-Certo, è dall'anno scorso che mi hanno messo come tutor per
la matematica, ho nove in pagella sai?
Era davvero impressionata, il nove per lei era un miraggio, un voto
mistico e impossibile da raggiungere.
Nel frattempo arrivarono Giovanni e Alessandro e salutarono tutti
allegramente mettendosi seduti.
-Oddio, mi faresti un favore grandissimo, quanto prendi l'ora?
-Ma scherzi? Per te nulla ovviamente.- lo guardò negli occhi
seria:
-No, mi sento in colpa così, rubarti del tempo libero per
nulla...
-Per me sarà un piacere passarlo in tua compagnia.- lui la
fissava di rimando con uno sguardo limpido come un bambino
eccitato per un nuovo giocattolo.
Ugh.
Lavinia arrossì un pochino e puntò lo sguardo
altrove, incontrando quello di Catini, leggermente ombroso.
-Di che si parla?- chiese infatti facendosi più attento.
-Darò ripetizioni a Vì.- spiegò
sorridente Paolo.
-Davvero? Che materia?- sollevò un sopracciglio.
-Matematica.- solo il nome di quella materia le fece accapponare la
pelle.
-Interessante, sono
proprio curioso di vedere che numeri studierete.-
ghignò. L'aveva capito solo lei il doppio senso? Che
stronzo,
poteva evitare visto che lei e Paolo erano soltanto amici.
...Però era sexy quando faceva lo stronzo. Decisamente.
Il silenzio scese sul tavolo e tutti si dedicarono al loro pranzo,
ormai quasi freddo, tranne lui
che fece soltanto finta, dato che i suoi pensieri erano altri:
Lo stronzo le avrebbe dato ripetizioni a casa sua, e sarebbero stati
soli. Era palese che in realtà mirasse altro dato
come la
guardava e la cosa lo infastidiva davvero davvero molto. Non avrebbe
dovuto, ma lo faceva. Dannazione non poteva neanche impedirlo! Lui non
eccelleva in matematica quindi non si sarebbe potuto neanche offrire
volontario. E lei? Cosa avrebbe fatto?
Perchè era decisamente ovvio che Paolo stesse sfruttando la
situazione a suo favore per farsi avanti.
Avrebbe ceduto alle sue avances? Oppure non le interessava?
Sbattè la forchetta di plastica nel piatto che
allontanò
sul tavolo e aprì svogliatamente il libro di chimica mentre
gli
altri parlavano. Non aveva proprio voglia di parlare. Fanculo a tutto.
Fece finta di ripassare per un po' ma poi si stufò e prese a
sottolineare frasi a caso.
-Tu che ne dici Ale?- alzò lo sguardo dal libro e
incontrò quello dei suoi amici.
-Su cosa?
-Dopo scuola volevamo andare al campetto di calcio per una partita con
gli altri. Sei dei nostri?- disse Giovanni.
-Veramente io a Vì volevamo andare in biblioteca per
prendere dei libri di matematica.- sorrise Paolo.
Per un secondo valutò l'idea di alzarsi e di fargli sparire
quello stupido sorrisino dal volto, ma poi ci ripensò quando
la
ragazza bionda davanti a lui parlò:
-Ma dai, possiamo andarci anche domani, andiamo tutti al campetto.-
sorrise e mai come in quel momento ringraziò la sua buona
stella. Lei preferiva stare con gli amici piuttosto che da sola con
lui...
Non era geloso, intendiamoci, ma non sapeva perchè vederli
insieme lo infastidiva.
Era come se sapesse che non sarebbe stato giusto e basta. Ormai era
diventato... amico?
di Lavinia e ovviamente per un'amica si vuole solo il meglio no?
Conosceva Paolo da molto tempo ma non ce li vedeva proprio insieme, il
solo pensiero gli faceva rizzare i peli. Ugh.
Paolo a quanto pareva invece, non era dello stesso pensiero e stava
cercando in ogni modo di irretirla:
-Ma mi fa male la gamba e non avrei potuto giocare lo stesso, volevo
approfittarne...
-Potreste venire a vederli, così mi fate compagnia.- propose
Noemi lasciando un'occhiata veloce ad Alessandro. L'aveva sempre detto
che era intelligente quella ragazza.- non mi va molto di restare seduta
da sola a guardarli correre dietro ad un pallone...
-Non ti abbandono tranquilla.- sorrise la bionda mentre Paolo stringeva
i pugni sotto il tavolo. A quel punto non sapeva più cosa
inventarsi e si dovette abbandonare allo sconforto.
Anche Riccardo e Giovanni si erano accorti dei tentativi di abbordaggio
dell'amico, benchè velati, e non commentarono per paura di
fargli un dispiacere. In fondo, quella nuova ragazza con lo sguardo
perennemente triste piaceva loro e se fosse entrata a tutti gli effetti
nella loro comitiva- come se già non lo fosse- sarebbe stato
fantastico. Era l'unica che riusciva a tener testa a Catini e non si
sarebbero mai annoiati.
-E andiamo a questo campetto allora!- esclamò in malo modo
Paolo
tornando a mangiare. Lavinia lo guardò stranita per
quell'atteggiamento, ma non si fece domande, si limito a finire la sua
insalata, non notando che il ragazzo di fronte a lei aveva un ghigno
vincente stampato in viso.
**
-Passala razza di ritardato, passala!- un urlo disumano le
fracassò quasi i timpani.
Ecco perchè non amava il calcio. I ragazzi diventavano
inspiegabilmente violenti e inclini alla perdita di pudore ed
educazione. Finte, fischi, ammonimenti, espulsioni erano all'ordine di
ogni partita e in quella mezz'ora che stavano giocando i loro amici ne
aveva visti a dozzine. Peggio della serie A! Neanche fossero calciatori
professionisti oh.
Al contrario suo che non capiva nulla, invece Noemi sembrava
un'assatanata: aveva urlato almeno cinque volte 'che cazzo fai arbitro
cornuto', con un dito medio in risposta ogni volta, e scalpitava al suo
fianco ogni volta che qualcuno faceva gol. Avrebbe potuto fare la
cheerleader se fosse nata in America.
Così, poveretta, si era ritrovata con i timpani fracassati e
le
gambe addormentate mentre tentava di fare un impossibile esercizio di
matematica che gli aveva assegnato Paolo per tastare il suo
livello. Inutile dire che non sapeva dove mettere mano. Però
aveva avuto la sua ricompensa per questo sacrificio: un certo ragazzo
in pantaloncini corti e maglietta attillata che correva come un
forsennato da un lato all'altro del campo. E lei era esattamente sulle
panchine centrali, per non perdersi neanche un secondo. Persino mentre
giocava a calcio aveva il suo fascino, mentre sputava a terra e
insultava gli avversari. Okay, stava partendo per la tangenziale,
doveva fermarsi assolutamente. Ogni tanto però sbirciava
timida,
facendo finta di voler sapere a che punto del gioco fossero.
-Puoi anche smetterla di fare finta che non ti interessi.- le disse
Noemi ad un tratto, mentre vi era la pausa tra il primo ed il secondo
tempo.
-Cosa?
-Piuttosto dovresti dire chi,
cara.
-Non capisco, non mi interessa nessuno...
-Vediamo, il suo nome inizia per 'Ale' e finisce per 'ssandro' e il suo
cognome per 'Ca' e finisce con 'tini'. Ti ricorda qualcun di nostra
conoscenza per caso?- ammiccò la moretta verso l'amica.
-Ma che dici? Stai impazzendo?- quasi strillò. Non era vero,
non era affatto vero!
-Affatto, si vede che ti piace.
-Sì invece a quanto pare, stai iniziando a sparare una marea
di cazzate!- rise in modo isterico.
-No, ma tranquilla, anche tu gli piaci. L'ho visto guardare nella
nostra direzione almeno una decina di volte e fidati, quando c'ero io
da sola non mi degnava neanche di uno sguardo.
Lui la stava osservando? Davvero? Dio santissimo.
Si sistemò i capelli con un riflesso incondizionato e si
aggiustò le pieghe della gonna, per poi raddrizzarsi la
camicetta mentre la sua amica sghignazzava sotto i baffi.
-Non essere ridicola, io con quello lì non ci finirei mai,
neanche lo guardo.
-Certo, come no. Me lo puoi dire, non lo andrei a spifferare
di certo in giro.- le sorrise.
Non che non volesse confidarsi con lei, ma il fatto era che neanche lei
sapeva se le piaceva oppure no.
Fisicamente si ovviamente, come poteva non piacere con delle spalle
come quelle?, ma caratterialmente non ne era sicura. Da quando si erano
conosciuto sembrava che soffrisse di personalità multipla.
All'inizio arrogante, poi normale, poi freddo, poi simpatico... un po'
come lei insomma. Cambiava umore con un battito di ciglia.
Come diceva Katy Perry? "You
change your mind, like a girl changes clothes" era la
frase adatta a loro due.
Non sapeva cosa fare, come comportarsi, anche per capire cosa non
andava realmente.
-La verità è che non lo so Emi...- chiuse il
libro che
teneva aperto sul grembo con uno scatto- ancora non ci conosciamo bene
e non ho una perfetta opinione di lui.
-Non devi credere alle voci di corridoio che circolano...- la
avvertì.
-Quali voci?
-Quelle che dicono che si scopa le ragazze e poi non le cerca
più.- diretta e brutale.
Questa ancora non la sapeva, e avrebbe preferito non saperla mai.
Di bene in meglio, il classico stronzo. Perchè le capitavano
tutti a lei?
Era tale e quale ai tipi di Genova, altrochè. Bastava che le
ragazze aprissero le gambe ed erano felici come una Pasqua. Schifosi.
-Davvero dicono questo?- sussurrò guardandola negli occhi.
-Alcuni sì, ma non ci ho mai creduto. E' un bravo ragazzo e
anche se fosse, la colpa sarebbe delle ragazze che ci stanno eh,
potrebbero sempre rifiutare.- borbottò. Aveva ragione.
Annuì lentamente:
-Comunque non mi interessa, non ancora almeno.- rispose sincera alzando
le spalle- vedremo come si evolverà la situazione.- concluse
mentre prendeva a torturare la matita che aveva in mano.
-Come sei saggia- l'amica la strinse affettuosamente per le spalle
sorridendo- si vede che non sei mai stata innamorata...
-Perchè dici così?- aggrottò le
sopracciglia.
-Perchè le ragazze innamorate non hanno la tua mente lucida,
agiscono d'istinto senza ragionare e non provano neanche a negare di
provare un sentimento così forte.
-E tu che ne sai?
-Vogue
insegna molte cose cara Vì.
-Leggi Vogue?- chiese alzando un sopracciglio biondo mentre
notò
solo allora che gli altri avevano ripreso a giocare e non se ne erano
neanche accorte, troppo prese dal loro dialogo.
-Già, e d'ora in poi potrò condividere con te il
mio sapere!- sorrise soddisfatta.
-Se lo dici tu...- l'assecondò onde evitare battibecchi
inutili.
-Basta parlottare, ora godiamoci lo
spettacolo.-
ghignò, e dal modo in cui lo disse le sorse il dubbio che il
termine 'spettacolo' non fosse propriamente riferito alla partita,
bensì ai ragazzi senza maglietta in campo.
**
Stavano giocando ormai da un'oretta abbondante e i primi
segni
della stanchezza iniziavano a farsi sentire e a renderlo irritabile. Se
ci si metteva anche quel coglione di Paolo a fargli in continuazione
falli poi, non ne parliamo. Alessandro amava il calcio, ma non
sopportava le scorrettezze. Era un tipo leale, non gli piacevano i
sotterfugi e le bugie, e in campo questo suo aspetto veniva scoperto
più che mai: infatti non esitava neanche un secondo ad
ammettere
che un giocatore della sua squadra non era stato corretto se lo
meritava.
La lealtà prima di tutto.
Fu proprio per questo che si stupì immensamente quando, dopo
decisamente troppi sguardi verso Lavinia, Paolo tentò un
altro
fallo, e lui lo buttò a terra senza pensarci due volte.
Aveva tentato di intercettargli il pallone con una scivolata, ma
complice un suo casuale
sgambetto, ed era finito a terra, massaggiandosi la gamba. Alessandro
si chinò su di lui:
-Hai finito di fare il coglione per farti notare? Tanto è
ovvio che non ti vuole!- gli fece notare ghignando.
-E chi vorrebbe sentiamo, te?- rispose con un filo di voce.
-Sicuramente più di te.
-Vedremo.- questa volta fu il turno dell'amico a
sogghignare. Alessandro non capiva, cosa voleva dire?
Nel frattempo era arrivato l'arbitro- un loro amico-, dato che Paolo
non si era ancora rialzato. Come avvertì che era vicino, il
ragazzo chiuse gli occhi e indossò un'espressione dolorante,
prendendosi a massaggiare la gamba.
-Tutto apposto?- Paolo scosse la testa ed emise un gemito, mentre
Alessandro annuiva:
-Non ho fatto apposta, miravo alla palla.
-Mi ha fa colpito la gamba, mi fa malissimo.- insinuò invece
il ferito.
-Oh andiamo, non sarà nulla.
-Non riesco a muoverla!- bugiardo, l'aveva appena toccato! Che farsa.
L'arbitro lo aiutò a rialzarsi e lo sostenne.
-Sei uno stronzo.- lo guardò storto mentre i toni si
accendevano.
-Ah, ma sta zitto coglione. Non fare la femminuccia.
-Femminuccia a tua madre!-disse e Alessandro si gelò sul
posto.
-Che hai detto?
-Niente.- Paolo si fece piccolo piccolo, sapeva di aver osato troppo.
Il suo amico non era uno che se la prendeva, ma bastava mettere in
mezzo sua madre, anche per una minuscola e insignificante faccenda ed
ecco che scoppiava, prendendoti a pugni e strillando. Aveva combinato
un bel casino. Lo avrebbe picchiato, sicuro.
-Hai messo in mezzo mia madre?
-Io....i..io non...- una spinta. Era bastata una semplice spinta ad
innescare un meccanismo che, lo sapevano entrambi, non li avrebbe
portati ad altro che una furiosa litigata.
-Impara a tenere la bocca chiusa figlio di puttana!- sibilò
Alessandro mentre l'arbitro si era appena allontanato.
-Penso che la userò in modo costruttivo, con una certa
biondina
che conosco...- alzò un sopracciglio mentre usava quelle
parole.
Perfetto, ora sarebbe scoppiato il finimondo.
Catini caricò un pugno che si infranse sulla mascella
dell'altro, spedendolo nuovamente a terra.
Si sentirono diversi urli e persone che accorrevano, ma non gliene
importava nulla.
Se l'aveva decisamente meritato lo stronzo. Che cavolo c'entrava
Lavinia? Perchè si era dovuto fissare proprio su di lei? E
perchè faceva quelle stupide battutine inopportune?
-Ale ma che cazzo fai?- fu preso per le spalle dai suoi compagni mentre
vide avvicinarsi di corsa la suddetta biondina. Aveva visto che
qualcosa non andava proprio mentre Paolo finiva a terra, e lei e Noemi
si erano avvicinate lentamente, per poi accellerare un secondo prima
dello sferramento del colpo.
-Ma che ti salta in mente?- gli disse Vì chinandosi verso
Paolo- che c'è?
-C'è che quel pezzo di merda deve imparare a tenere la bocca
chiusa!- quasi ringhiò.
-Sei impazzito? Che ha fatto?
-Chiedilo a lui.
-Stronzo.- sussurrò quello a terra, con la mascella gonfia.
Alessandro fece per caricare di nuovo, ma fu afferrato da Giovanni e da
un altro ragazzo biondo. Lavinia alzò gli occhi su di lui:
-Secondo me sei malato, non ti ha fatto nulla di così grave
per meritarsi di finire in questo stato!
-Sta' zitta!- proruppe brusco, forse un po' troppo. La
guardò
negli occhi per un secondo e desiderò rivelarle cosa aveva
realmente detto Paolo, ma non lo fece, non lì davanti a
tutti
almeno. Vide il suo sguardo mutare: da aperto e fiducioso riconobbe
quello ostile e freddo dei primi giorni in cui si erano parlati.
-Va bene, starò zitta. Vaffanculo Catini.- si
chinò verso il suo ammiratore
e lo aiutò a rialzarsi- stai bene?- gli chiese sfiorandogli
la mascella tumefatta.
-Si, ora si grazie.- si appoggiò a lei e senza farsi vedere
sorrise al povero ragazzo. Chi
vince adesso?
-Muori.- sussurrò storcendo la bocca.
-Ma che cazzo dici?! Sei impazzito?- Lavinia lo fissò
sconcertata: che fine aveva fatto il suo Alessandro?
-Non rompere il cazzo pure tu va'!- si girò e con una
spallata
superò i suoi compagni, mentre Noemi stava tornando con la
borsa
del ghiaccio. Questo è
malato, seriamente. Che cavolo ha al posto del cervello?,
pensava la ragazza.
Non sapeva però, che era stato colui che stava accudendo a
scatenare ogni cosa. Paolo ora si sentiva un po' in colpa, come se un
peso gli opprimesse lo stomaco: aveva litigato con quello che pensava
fosse il suo migliore amico da praticamente una vita, per cosa poi? Ma
i sensi di colpa sparirono velocemente, aiutati dalle carezze sulla
testa di Lavinia.
***
Diede un poderoso calcio alla panchina nello spogliatoio, mentre
cercava inutilmente di calmarsi.
Come erano finiti a questo punto? Come?, cazzo. Come? Tutto per colpa sua. Era
tutta colpa sua.
Se lei non si fosse trasferita, se lei non si fosse avvicinata al suo
gruppo e non lo avesse sconvolto con il suo arrivo, se non avesse
sconvolto loro
così
tanto, ora non sarebbero in quella situazione. Anzi probabilmente
sarebbero stati sul campetto a congratularsi per la vittoria. Aveva
pensato che lei fosse una ventata d'aria nuova per la loro comitiva,
per lui,
ma forse si sbagliava. Doveva ricredersi? Non sapeva più che
pensare.
I pensieri gli vorticavano in testa alla velocità della
luce,
così per farli smettere afferrò la borsa e
uscì
velocemente dallo spogliatoio, per evitare anche che entrassero i suoi
compagni e gli facessero un cazzione con i contro fiocchi. Era partito
con l'idea di trascorrere un banalissimo pomeriggio tra amici, che
avrebbe scordato presto e invece quel pomeriggio non l'avrebbe mai
dimenticato: la prima volta che aveva fatto un fallo volontario.
Al suo migliore amico.
Per una ragazza che l'avrebbe poi insultato. Bella merda. Come si sarebbe dovuto comportare ora? Avrebbe dovuto
dispensare
sorrisi ovunque, come sempre quando lei era nelle vicinanze, o avrebbe
dovuto fare lo stronzo? Farle capire che non le interessava?
Ma poi per cosa, non sapeva neanche lui quello che provava per lei, e
non sapeva neanche se ricambiasse o meno.
Così, su due piedi prese una decisione. Avrebbe totalmente
cambiato tattica: voleva fare da crocerossina a quel coglione? Bene,
fatti suoi, che si fottesse pure. Non gli interessava più di
nulla, aveva avuto un'altra volta la dimostrazione
che le
ragazze erano delle ritardate. Uno cercava di farsele amiche, di
provare a scalfire la sua corazza da presunta regina delle nevi e lei?
Si lamentava perchè il cretino si era fatto male. Poteva
anche
correre da lui ora, voleva proprio vedere che avrebbe combinato il suo
amico con il territorio libero, era davvero curioso.
Perchè l'avrebbe lasciata perdere, ovvio.
Si, l'avrebbe lasciata perdere.
O almeno sperava.
Ma non c'era da fidarsi di quella decisione, d'altronde cambiava idea con la stessa
rapidità con cui le ragazze cambiavano i vestiti.
****************************************************** Alessandro,
perchè mi fai questo? Cosa ti ho
fatto di male? @__@ 'Sto ragazzo mi
farà morire prima o poi, e siamo solo
all'inizio. Comincio ad
assecondare Lavinia, secondo me soffre davvero di
personalità multipla. Abbiamo visto
quanto, con Paolo che si fa sempre più
sfacciato, lui diventi sempre più irritabile e scostante. E basta un nonnulla
per farlo scattare e fargli cambiare opinione.
Neanche avesse il ciclo oh u.u Lavinia se ne
è accorta e vediamo la sua
perplessità a
riguardo: non si pronuncia e vuole conoscerlo meglio, ma dopo questo
suo scazzottamento sarà ancora così?
Bhò, chi lo
sa u.u Apppproposito, vi piace Paolo vero? *ghigna* si anche a me molto :'D Come sempre vi
ringrazio tutte, siete sempre fantastiche! Vi ringrazio
per le fantastiche recensioni, che per inciso A D O R O, e per le 67
seguite, le 24 preferite e le 18 ricordate. Non mi sarei mai aspettata
una simile accoglienza per questi due testoni, aw. A tal proposito... ABBIAMO
UNA
LETTRICE CHE SI CHIAMA LAVINIAAAAAAAAAA! E' STATO UNO
SHOCK PER ME.
Sul serio, non me lo sarei mai aspettato, e le sue
recensioni mi fanno morire. Grazie cara, mi dispiace ma devi
condividere Ale con tutte loro... o a quanto pare no, chissà
LOL La smetto di fare la
stronza e mi eclisso, spero davvero di poter
leggere ancora altri vostri stupendi commenti :) Come sempre se
volete contattarmi: Il contatto su
facebook:
Athena Efp Il gruppo su
facebook: My
Crazy Stories. E aggiungo inoltre
il contatto twitter, dato che ci passo le mie
giornate. If
you want,
(ma quanto sono simpatica?) ladies, eccolo.@xstewnson Sarò
felicissima di rispondere alle vostre domande! O semplicemente per
spettegolare un pochino ;)
Athena xx
Capitolo 8 *** Capitolo 7: 'Every second is a highlight, when we touch don't ever let me go' ***
If you want - 7
Mi scuso per il ritardo, ma
non ho internet a casa e mi devo adattare quando vado da mio padre. Spero che il
capitolo vi piaccia, mi faccio perdonare decisamente con
questo ;)
"Every
second is a highlight,
when we touch don't ever let me go."
-Allora, facciamo una pausa?- le chiese Paolo con un sorriso smagliante.
Erano più di due ore che, completamente immersi
nell'universo
parallelo- e distante anni luce- dei numeri, non prendevano fiato. Se
la ragazza aveva avuto dei dubbi riguardo alle sue capacità
di
insegnante bhè, si era dovuta decisamente ricredere. Paolo
era
fantastico: paziente, accondiscendente e non si stancava mai di
ripeterle che ce la poteva fare. Un sogno insomma, non poteva chiedere
di meglio.
Bhè, in realtà...
-Certo.- sorrise scacciando il pensiero molesto che le stava nascendo
nella mente.
Aveva Paolo che era un fantastico insegnante e non doveva neanche
azzardarsi ad immaginare un altro ragazzo al suo posto.
D'altronde era lì soltanto per le ripetizioni. Il
suo amico
si alzò per prendere una bottiglia di succo di frutta e lo
seguì con lo sguardo: era davvero un bel ragazzo,
decisamente.
Ed era premuroso con lei come poche altre persone. Allora
perchè
non riusciva a farselo piacere? Sarebbe stato così facile
con
lui...
Le posò il bicchiere davanti, insieme ad una fettina di
ciambellone e arrossì.
-L'ho fatto io.- sussurrò imbarazzato.
-Davvero? Un ragazzo che cucina?- chiese spalancando gli occhi.
-Eggià.- si grattò la guancia.
-E sembra decisamente buona.- continuò lei sorridendo e
assaggiandola.
-Okay ritiro tutto:
è
decisamente buona, non lo sembra soltanto.- la risposta alla sua
affermazione fu un sorriso che sarebbe stato capace anche di oscurare
il sole. Era così dolce.
Se solo avesse saputo cosa aveva realmente combinato, era sicuro che
Lavinia non si sarebbe comportata così dolcemente con lui,
anzi.
Sarebbe diventata una belva e ne avrebbe avuto tutte le ragioni.
Era stato uno stronzo patentato ma non sapeva perchè, quando
si
trattava di quella ragazza scostante e bellissima non ragionava
più. Si era comportato in maniera inaccettabile con il suo
migliore amico! Quello con il quale si era spalleggiato per anni... era
una persona orribile. Si era ripromesso di non pensarci più
ma
ogni volta che si soffermava ad osservare la biondina gli ritornava in
mente.
La guardava mangiare con gusto e gioì: aveva notato
più
volte quanto poco accettasse cibo e quanto fosse magra. Quello che
Paolo non sapeva però, era che lei non lo faceva per una
qualunque sciocca fissa con il fisico, ma per la sua malattia, che le
toglieva l'appetito e le forze. Avrebbe voluto mangiare certo, ma non
sempre ne era in grado e la maggior parte delle volte ne faceva una
colpa personale. Stranamente quel giorno invece non appena aveva visto
quel fantastico ciambellone il suo stomaco aveva preso a brontolare e
non poteva esserne più felice.
Gustò per bene la sua porzione e poi annaffiò il
tutto
con il bicchiere di succo di frutta che l'amico le aveva porso. Si
asciugò la bocca e si massaggiò la pancia con
fare
plateale:
-Complimenti al cuoco allora, perchè è davvero
fantastico!- il suo sorriso illuminò la sala da pranzo. Era
così raro vederla sorridere, anche se ultimamente lo stava
facendo più spesso. Si era convinta che non sarebbe
più
stata felice ma a quanto pareva non era colpa degli altri: se lei li
avrebbe lasciati passare, loro sarebbero entrati e tutto sarebbe andato
per il meglio. Forse.
-Te non mangi?- gli chiede riprendendo la penna in mano. Paolo si
riscosse e annuendo morse anche lui la sua parte di dolce, mentre la
osservava concentrarsi nuovamente sull'equazione di secondo livelli che
le aveva proposto.
-Sai una cosa?- le chiese interrompendola, mentre lei alzava gli occhi
in attesa- avevi proprio ragione: è decisamente buona, sono
uno
chef modello.- si vantò gonfiando il petto. Per tutta
risposta
lei sbuffò, tirandogli la gomma e scuotendo la testa:
-Ah, sta zitto.
***
-Allora, come stanno andando le ripetizioni?
-Decisamente bene, non me lo sarei mai aspettata, davvero.
-Quindi il nostro Paolo è un bravo insegnante?
-Ottimo, oserei dire.
Alessandro Catini era comodamente appoggiato alla macchinetta del
caffè, mentre Lavinia cercava in tutti i modi di ignorarlo,
non
riuscendoci ovviamente. Continuava a riempirla di domande indagatrici
che la mettevano in ansia. Non sapeva perchè ma non voleva
rispondere alle sue domande, non
lo meritava.
Non dopo quello che aveva fatto al suo amico durante la partita, due
settimane prima.
Era ritornati al punto di partenza, come se quelle settimane passate a
ridere e a scherzare fossero sparite.
-Davvero?- inarcò un sopracciglio scettico.
-Certo, e non lo cambierei per nulla al mondo.- sorrise melliflua. Lo
stava sfidando ovviamente.
Avrebbe scambiato al volo Paolo per lui, senza neanche farselo ripetere
due volte, ma non doveva saperlo.
Lo sguardo di Alessandro si indurì velocemente, diventando
di ghiaccio.
-Allora tienitelo, ci mancherebbe bionda.
Certo, col cazzo. Come poteva preferire Paolo a lui, a lui?! Fin da
piccolo Alessandro non era mai passato inosservato, grazie alla sua
bellezza e alla sua dolcezza, tipici dei bambini, ma con il passare del
tempo il suo aspetto era mutato, infrangendo molti cuori ovunque
andasse. Non era colpa sua se le ragazze si illudevano di essere quella
giusta, di poter conquistare il suo cuore soltanto con un sorriso
malizioso e un vestito più corto del necessario. Faceva
volentieri a meno di quelle così. Preferiva rimanere da
solo.
Invece ora quella ragazza lo trattava come se fosse uno straccio, come
se l'idea di loro due insieme non le fosse passata neanche per
l'anticamera del cervello. Tutt'altro invece.
La biondissima Lavinia veniva catapultata in vividi sogni ad occhi
aperti, dove il protagonista era quello stronzo dagli occhi magnifici,
almeno due volte al giorno, ma lui non lo sapeva ovviamente. Talvolta
erano così veritieri che ritornava alla realtà
con il
respiro corto e lo sguardo perso nel vuoto. Fortuna che ancora nessuno
l'aveva vista o avrebbero pensato che facesse uso di sostanze
stupefacenti. Bhè, era lui la sua droga dopotutto.
Non lo avrebbe mai e poi mai ammesso, neanche con se stessa, ma non
passava giorno che non si sentiva tranquilla se almeno non lo
incrociava in un corridoio. Aveva paura di essere diventata una specie
di maniaca del controllo, con qualcuno poi che addirittura sembrava che
la disprezzasse. Doveva essere malata.
-Certo che me lo tengo.- afferrò il suo tè e
voltò la testa, irritata.
-Non ti agitare...
-Non sono agitata, sei tu che mi sfinisci.
-Ah si, ti sfinisco?- un sorriso malizioso e impertinente fu la sua
risposta e troppo tardi la ragazza capì il doppio senso.
-Oh ma che schifo, sei un pervertito.- non sapeva se ridere o se
piangere. Era impossibile.
-Pensavo che dovessi sentirti più rilassata, non il
contrario.- continuò insolente avvicinandosi.
Erano a pochi centimetri di distanza, solo al cinema si erano trovati
così.
Dove lui le aveva guardato le gambe, dove era stato così
carino. Non pensarci Lavinia,
non pensarci, si ripeteva. Ovviamente non riuscendoci.
Come poteva dimenticare il calore del corpo accanto al suo? La
freschezza dell'alito sul suo orecchio?
La dolcezza delle sue parole? La luce negli occhi, che si riflettevano
nei suoi?
Per un attimo, un attimo solo, aveva sperato che si avvicinasse e la
baciasse. Poi era rinvenuta e si era detta 'ehi, ma che stai facendo
Vì? Tu con lui non devi avere nulla a che fare, ti
spezzerà soltanto il cuore', accettando così di
diventare
sua amica. Troppo codarda per rinunciare alla sua vicinanza, troppo
spaventata per ottenere il suo amore. Come ogni patetica adolescente
che si rispetti.
Arrossì e gli voltò le spalle, bevendo il suo
tè.
-Ma non devi andare dai tuoi amici?
-Mh, nah. Stiamo parlando mi sembra, o no?
-Veramente stai facendo tutto da solo.
-Ma tu mi dai corda.
-Si chiama educazione, e consiste anche nel rispondere quando una
persona ti fa delle domande, per quanto stupide esse possano essere.-
fece leggermente acida.
-Oh, questa era cattiva.- fingendo un colpo, si portò una
mano al cuore, mimando una faccia dispiaciuta.
Non sapeva se sbattere la testa contro il muro, e sbatterci la sua.
Ardua decisione.
Si portò una mano al viso e lo scosse sconsolata, facendolo
ridere.
-Dai scherzavo.
-Lo spero per te.
-Acidella come sempre.
-Sai come è, ho mangiato yogurt scaduto a colazione...
-Madonna santa, sempre a pizzicarvi voi due!- furono
interrotti
da Noemi, apparsa misteriosamente alle spalle della sua amica-
riuscirete mai ad avere una conversazione normale?
-Quando la signorina farà colazioni normali sì.
-Te l'ho mai detto che odio la tua ironia?
-Non è vero, so che l'adori.- sorrise sornione e mise le
mani
nelle tasche della divisa. Aveva ragione dannazione. Quando faceva
così la faceva impazzire. Sbuffò e si
voltò verso
la moretta al suo fianco:
-Andiamo?- quella annuì e si incamminarono.
-Dove?
-In bagno, vuoi per caso seguirci anche lì?- proruppe
irritata la bionda voltandosi, con il viso esausto e paonazzo.
-Posso? Davvero?- chiese incredulo, sfottendola evidentemente.
-Se ti prendo ti riempio di schiaffi.- gli rispose avvicinandosi di
gran lega. Di tutta risposta lui scappò via ridendo come un
coglione, per andare ad infilarsi nella sua classe. Peccato
però, che in mezzo al trambusto della ricreazione, gli
fossero
cadute le chiavi di casa a terra. Si chinò a raccoglierle,
osservandole.
Lavinia sospirò sconfitta, mentre Emi al suo fianco
ridacchiava:
-Non parlo, non alludo e non faccio battutine perchè
altrimenti mi picchi. Dio grazie,
pensò lei, almeno
una che capisce al volo e sa tenere la bocca chiusa! -Ora gliele riporti tu però.-
ammiccò.
Tutta la gratitudine provata per la sua amica svanì veloce
come era arrivata.
****
Non appena Alessandro rientrò in classe ridacchiando, si
lasciò andare sul banco, ripensando a quanto lo divertivano
le
chiacchierate con Lavinia. Quella ragazza era una vera forza della
natura. Nessuna gli aveva mai risposto così, tutte ridevano
e
basta, credendo di fare bella figura con lui. Invece cercava una
ragazza in grado di tenerle testa, una compagna alla pari, non una
bambola passiva da esposizione.
Dato che il professore di scienze non era ancora arrivato si
girò verso Giovanni, dietro di lui, e gli chiese come fosse
andata la partita sabato pomeriggio, visto che sia lui che Paolo non
avevano giocato. Mentre tutta la classe parlava animatamente tutto d'un
tratto il rumore delle voci si abbassò di colpo.
Probabilmente
era entrato il caro Vignati, ma continuò a parlare con il
suo
amico, nonostante questo si fosse azzittito improvvisamente.
In verità tutti facevano silenzio, si udivano soltanto come
delle unghie che picchiettavano su qualcosa- un banco?- così
si
voltò anche lui, trovandosi davanti un busto fasciato da
un'aderente camicia bianca che lasciava intravedere un bel e (ri)pieno
reggiseno nero. Oh cazzo.
Deglutì a vuoto, mentre sentiva la gola riarsi e gli occhi
spalancarsi sempre di più.
Non poteva, e non voleva!, distogliere gli occhi da quella
meravigliosa vista, ma sapeva che doveva.
Perchè in fondo aveva capito a chi appartenesse tutto quel
bel vedere... ad una biondina di sua conoscenza. Calmati, e alza lo
sguardo, puoi farcela.
Davanti a lui svettavano due dolci colline seguite da un collo bianco e
longilineo. Starebbe benissimo con
qualche succhiotto... potrei propormi volontario.
Merda, ci mancavano solo i pensieri perversi ora. Si sarebbe preso a
schiaffi o, cosa più probabile, ci avrebbe pensato lei.
Già.
Proseguì il suo 'tour' e arrivò al mento
delicato, e poi
alle labbra peccaminose, perfette per essere riempite di baci. Rosse
come il sangue, morbide come due boccioli e torturate da denti
bianchissimi. O santo Padre aiutami
tu. Ti scongiuro.
Il piccolo naso all'insù e poi quegli occhi che lo avevano
tormentato per infinite notti.
Due zaffiri. Grandi e luminosi, ma avevano una parvenza di tristezza in
fondo, come sempre nonostante sembrasse relativamente serena e
divertita.
I capelli biondi tirati indietro da invisibili mollette marroncine
classiche, ricadevano in morbide onde luminose.
Gli passò davanti agli occhi l'indice, dal quale penzolavano
le sue chiavi di casa.
Come le aveva lei? Forse gli erano cadute prima...
-Dovresti stare più attento sai?- proruppe rompendo il
silenzio.
Sapientona come al solito.
-Perchè dovrei stare attento quando ci sei tu che pensi a
me?-
le rispose con un sorriso a metà tra lo strafottente/dolce e
l'ironico/relativo.
-Perchè non posso pensare sempre a te, sai?- rispose
inarcando un sopracciglio.
-Ah no?- chiese tirando il labbrino in fuori. L'avrebbe fatta
capitolare. O almeno ci sperava.
-No, ho altre cose da fare, Catini.- sorrise maligna e
spostò il
peso da una gamba all'altra, facendo oscillare la gonna. Ormai le sue
stupende gambe erano coperte dalle calze essendo Ottobre
inoltrato, ma lo attiravano sempre. Era sensuale in ogni singolo
movimento, anche se non se ne rendeva conto. Persino quando cadeva.
-Tipo le ripetizioni con quell'imbecille che stai salutando?- fece
scocciato, quando notò che la sua interlocutrice aveva
distolto
per pochi secondi l'attenzione da lui per agitare una mano e sorridere
nella direzione di Paolo che sembrava non riuscire a non farsi notare
da lei.
-Sì, tipo. Geloso?- socchiuse gli occhi distendendo le
labbra un
un ghigno soddisfatto decisamente malcelato, sedendosi sul bordo del
suo banco e offrendo una vista migliore delle sue gambe e di tutto il
resto. E io che provavo a fare
il bravo..., pensò Alessandro respirando a
fondo e fissandola negli occhi. Lei chiuse le mani con
le chiavi
all'interno, e intanto lui distese la testa sul banco, appoggiata sopra
agli avambracci, stando sempre attento a non interrompere il contatto
visivo. Era una delle cose più importanti tra di loro,
guardarsi
negli occhi, lo specchio dell'anima. Erano entrambi così
completamente criptici che non sapevano mai quando mentivano e quando
dicevano la verità. Stressante.
-Un po' se devo essere sincero.- mugugnò contro il braccio.
Lei si stupì della sua sincerità.
-Perchè?
-Perchè grazie a lui ti stai dimenticando di me...
Fu come una stilettata al cuore.
Dimenticarsi di lui?
Seriamente, esisteva qualcuno in grado di dimenticarsi di uno come
Alessandro Catini dopo averlo conosciuto?
Di dimenticare i suoi occhi magnetici che ti seguivano ovunque?
Il suo sorriso insolente quando capiva di averti messa in imbarazzo?
La sua smorfia che cercava di nascondere un sorriso dolce?
Il suo respirare agitato quando si trovava a disagio?
Il suo passarsi ripetutamente la mano nei capelli per calmarsi?
Piccole accorgenze, che rendevano impossibile anche solo pensare di
dimenticarsi di lui.
Almeno per lei, ovvio. Probabilmente altre persone non ci
avrebbero neanche fatto caso, ma lei era attirata in un modo spaventoso
da quei gesti tanto normali. Lo caratterizzavano. Lo facevano apparire
così... speciale.
Lavinia fece un debole sorriso, stava cercando di trattenersi, ma
l'aveva spiazzata.
-Oh, secondo te potrei?- sussurrò per non farsi sentire. Un
mugugno fu la sua risposta.
-Dai, ma ti pare? Chi si dimentica di Catini?- provò a
riscuoterlo, passandogli la mano tra i capelli.
Una scusa ovviamente.
Erano così soffici... così spettinati...
così perfetti...
Inaspettatamente la mano di Alessandro andò a coprire la
sua. Non se lo sarebbe mai aspettato.
Era quasi il loro primo contatto ravvicinato. Non c'era mai stato nulla
di così intimo
tra di loro, tralasciando il cinema. Ora invece le loro mani erano a
stretto contatto, più che sfiorarsi si stavano stringendo,
aggrappandosi l'uno a l'altro non distogliendo lo sguardo.
Quegli occhi tanto diversi eppure tanto simili. Ognuno poteva vedere le
tenebre che affliggevano il cuore dell'altro in fondo a quelle pozze
espressive. Ma la paura del ragazzo era legittima? Da dove era uscita?
Come... come era possibile che avesse paura che lo dimenticasse se lui
si comportava in quel modo?
La confondeva come nessun altro. La povera Lavinia non sapeva davvero
dove sbattere la testa.
Un secondo prima faceva il coglione, il secondo dopo il cucciolo
smarrito bisognoso di coccole.
E la cosa che la faceva davvero incazzare, con se stessa!, era che non
sapeva quale parte di lui adorasse di più.
Le dita di Alessandro strinsero leggermente le sue, per poi
accarezzarle con il pollice il dorso della mano.
Quante volte aveva sognato quel gesto? Semplice ma per lei
assolutamente romantico, le dava un senso di sicurezza che neanche un
bacio le avrebbe potuto dare. Fantastico.
Alcuni bisbigli ricordarono loro che erano in una classe affollata di
curiosi, appena dopo l'intervallo, ma non avevano voglia di rompere
quel loro primo piccolo momento. Stavano così bene.
-Sei stato fortunato che ho trovato le tue chiavi a terra, altrimenti
saresti rimasto chiuso fuori casa, tonto.- sussurrò con un
piccolo sorriso.
-Bhè, male che fosse andata, avrei avuto un posto d'onore
nella
tua camera vero? E' un po' che non saluto Anacleto...- i suoi occhi
divennero subito accesi grazie ad una scintilla di malizia mal celata.
-Chi è Anacleto? E sei stato in camera sua?- alle spalle del
ragazzo comparve Paolo, che seduto in fondo all'aula si era stufato di
vedere la ragazza alla quale era interessato intenta a tubare con il
suo migliore amico. Sembravano una dolce coppietta. Disgustoso. Poi non
stavano neanche bene insieme, ecco. Quando minchia entrava il
professore? Insomma va bene che non erano passati neanche dieci minuti
dal suono della campanella, però a lui erano sembrati
un'eternità osservandoli. Alla fine si era alzato, non ce la
faceva più ad ascoltare i pettegolezzi su quei due. 'Lei è quella
nuova no?' 'Ommioddio guarda come
è bella!' 'Ma stanno insieme?' 'Cielo guardali, che
carini!' 'Hai capito Catini, ci
ha visto lungo...' 'Minchia che gambe.'
Alessandro si voltò e lo fulminò con lo
sguardo. Proprio ora doveva venire a rompere il cazzo?
Finalmente riuscivano a parlare decentemente
senza stuzzicarsi e litigare, ed era così piacevole, e lui
gli
aveva rotto le uova nel paniere. Possibile che fosse arrivato a non
sopportare il suo migliore amico? Che deficiente.
-Non penso siano affari tuoi.- gli rispose scocciato.
-Perchè?
-Perchè non vedo come possa interessarti.
-Senti tu s...
-Paolo ha ragione Ale, sono cose nostre.- lo interruppe Lavinia e
segretamente il moro stava facendo i salti mortali. Ora cosa rispondi stronzo?,
strillava nella sua testa. Un sorrisetto di sfida gli naque spontaneo,
impossibile celarlo. Finalmente la sua
bionda stava tirando fuori gli artigli non solo con lui.
-La nostra era una conversazione privata, scusa.
-Non intendevo essere impiccione, scusa Vì- certo, come no?!,
pensò Ale alzando gli occhi al cielo- ma mi è
venuto spontaneo chiederlo...
-Non ti preoccupare Pà, solo non scaldatevi per certe
stupidaggini.
-Hai ragione, scusa.- ripetè e le sorrise dolce sperando di
riuscire a scioglierla. Si era arrabbiata con lui! Non era mai
successo, era sempre stato attento a comportarsi bene in sua presenza,
ma d'ora in poi evidentemente avrebbe dovuto evitare le sue discussioni
con l'amico quando c'era lei. Merda.
-Figurati, ora devo andare.- disse dando un'occhiata fuori dalla porta,
notando i loro professori fermi a parlare nel corridoio. Avrebbe fatto
meglio a muoversi prima che fossero entrati entrambi nelle classi.
-Ciao Vì.- la salutò Paolo nervoso e timido,
tentando di
riparare a prima. Lei contraccambiò arcuando le labbra per
un
breve momento, per poi spostare la sua attenzione completamente al
ragazzo seduto al banco, facendo bene intendere all'altro che ora la
sua presenza era diventata di troppo. Scocciato se ne andò,
grazie a Dio.
Si fissarono nuovamente negli occhi per un minuto interminabile,
accorgendosi che le loro mani erano ancora intrecciate. Stava per avere
un attacco di diabete, poco ma sicuro.
-Allora?- domandò lui alzandosi quando anche lei fece lo
stesso.
-Allora cosa?
-Non mi saluti?
-Ciao.
-Ciao?
-Sì, ciao.- nascose un sorriso.
-Bene.- voltò il viso fintamente offeso.
-Sei un bambino.
-Quindi?
-Quindi nulla, stupido.
Una ciocca bionda era sfuggita alle mollette, arrivando davanti al suo
viso.
Senza nessun preavviso e guidato completamente dall'istinto
l'afferrò con la mano libera e la spostò
indietro. Quel
piccolo gesto fece mancare il respiro a entrambi, e sicuramente non
solo nell'aula. Rimasero in silenzio, sorridendo leggermente fin quando
si accorsero che i professori stavano per entrare, allora Lavinia si
avvicinò alla porta fissandolo. Non sapeva cosa dire, cosa
fare.
Come si sarebbe comportata una conosciente, se un 'ciao' non era
abbastanza?
Stava per uscire quando una voce la fermò:
-Vieni a vederm... cioè
vederci al
campetto dopo?- le domandò ad alta voce, istintivamente.
Non aveva proprio pensato alla domanda, l'importante era dirle
qualcosa, rivederla in qualche modo.
Si voltò verso di lui, incurante di tutti gli occhi su di
loro, e annuì sorridendo. Si era corretto, voleva che lei
andasse a vedere lui.
Bhè di certo non ci sarebbe andata per gli altri.
-A dopo.- le disse timido, grattandosi la nuca, l'avrebbe riempito di
baci.
-A dopo.- confermò lei uscendo dall'aula con il viso in
fiamme e un sorriso ebete stampato in volto.
****************************************************************************** Questi due sono
l'amore. Ho finito di
scrivere questo capitolo all'una di notte ed avevo gli
occhi tutto cuori e miele. Inizialmente
dovevano litigare, lol vi amo anche io, ma
poi hanno fatto tutto da soli. Non mi sono potuta
fermare, ero loro schiava. Ho il respiro corto
dall'emozione per loro, cuccioli T_T Li prenderei
entrambi e li riempirei prima di schiaffi (sanno loro
perchè) e poi di baci e.e
Vi ringrazio
moltissimo per le 64 (!) stupende recensioni e
per tutto il supporto che mi date, siete favolose. Siete contente
della fine del capitolo? Eheheheheheh sono stata buona.
Per una volta. Siete curiose del
prossimo capitolo? Chissà cosa
succederà, se andrà tutto bene o no. Non odiatemi
ahahhahahah, grazie. Vi annuncio che stilando una scaletta
provvisoria della storia (al telefono con kresbiten, ridendo come delle
pazze) mi sono resa conto che non manca molto... ad una cosa che
aspettate tanto. Hanno
già aspettato e penato abbastanza, ma ci saranno dei piccoli
salti temporali,
come avete notato già, di qualche giorno o settimana.
Sarebbe noioso raccontare ogni giorno, in fondo si stanno conoscendo
come due comuni ragazzi e so che vi piacerebbe leggere ogni singola
parola che si scambiano, ma purtroppo è così lol
Basta sproloquiare,
la smetto e posto prima che qualcuno mi ammazzi.
Come sempre se
volete contattarmi:
Contatto facebook: Athena
Efp
Gruppo su facebook: My
crazy stories.
Contatto twitter: @xstewnson
In bocca al lupo per la scuola bellissime!
Athena xx
Mi scuso
per il
ritardo, ma ho finito i capitoli a disposizione e mi sono dovuta
mettere sotto. Per la canzone ho
scelto la versione con i modelli di Abercrombie (GODETEVI QUEGLI
GNOCCHI) Nulla togliendo ad
Ale ovviamente... ;)
"Hey, I just met you, and this is crazy,
but here's my number, so call me maybe!"
Sentiva decine e
decine di sguardi
sulla sua figura solamente perchè Alessandro Catini prima di
entrare nel campetto da calcio le era andato vicino e avevano parlato
per qualche minuto. Okay, forse erano più di pochi minuti,
ma
era lo stesso, e stranamente lui era stato dolcissimo. Nella sua testa
c'era solo posto per 'awwwww' e 'quanto è bello' come
un'adolescente scema. Va bene che nessuno poteva leggerle nella mente,
ma doveva darsi una regolata. Noemi vicino a lei la guardava
come se fosse malata, ma anche lei aveva
un dolce sorriso di comprensione. -Non guardarlo troppo o si
consuma e non ti rimane più nulla
dopo. -Non lo sto guardando.- disse
distogliendo lo sguardo e prestando
attenzione all'equazione nel libro. Dannata matematica, sempre lei. -Io non ho specificato chi
tu stessi guardando, hai fa fatto tutto da sola.- sorrise la mora.
Merda, si era tradita da sola. -Chiunque fosse non lo sto
guardando, sto cercando di risolvere
questa... cosa.-
indicò il libro disgustata. Inutile dire che la sua amica
aveva la faccia del gatto che aveva
appena mangiato il topo. -Certo, certo.- la
assecondò alzando un sopracciglio. -Dio, sta' un po' zitta.-
borbottò e Noemi simulò
di chiudersi le labbra con una zip, lo sguardo birichino sempre
presente però. Ora non sapeva cosa fare.
Guardandolo si sarebbe smascherata e non
guardarlo era letteralmente impossibile. Si schiarì la voce,
facendo finta di nulla. Ultimamente avevano ripreso a vedersi
più frequentemente e sembrava andare tutto bene. Le aveva chiesto di farsi
conoscere, e lei gliene aveva concessa la
possibilità e per ora non se ne era pentita: era diventato
più dolce e parlavano decisamente di più. Piano
piano
stavano costruendo qualcosa
di molto piacevole. Dopo l'episodio con Paolo e il successivo
'ignoramento' avevano ricominciato da capo. Erano ragazzi e lei non era
nessuno per mettere bocca nei loro bisticci, l'aveva capito poi, erano
amici da moltissimo tempo da quanto aveva capito e sapevano loro come
comportarsi. Si era dimostrato uno stronzo in quella situazione, ma non
sapeva perchè avesse fatto così, quindi meglio
metterci
una pietra sopra per il momento. Aveva sbagliato su di lui, lo
sapeva, ma tendeva ad essere
chiusa
e schiva con chiunque; ultimamente poi i suoi nuovi amici la stavano
trattanto in una maniera a lei sconosciuta. Nessuno le aveva mai
rivolto tutti quei sorrisi genuinamente gentili, la trattavano con
gelida cortesia e basta. Iniziava a pensare di non essersi mai
affezionata alle persone non per colpa sua, ma per gli
altri. Forse, in lei, non c'era nulla di male dopotutto. Alessandro, comunque, restava
un'incognita la maggior parte del tempo. Cambiava umore peggio di una
donna con il ciclo, passando dall'essere
schivo, arrabbiato e tagliente a dolce come una cucchiaiata di miele.
Come mai? Non riusciva a capacitarsene. Certo, anche lei non
scherzava, ma lui deteneva il primato. Decisamente. Avrebbe voluto tanto capirlo.
E magari trovare una soluzione... non
avevano un manuale su come comportarsi? No eh? Ne avrebbero avuto
bisogno entrambi. Con lo sguardo fisso sul libro
di esercizi, al quale non stava
prestando neanche la minima attenzione ovviamente, si
ritrovò a
pensare a come dovessero apparire ad occhi esterni. Poche ore prima
stavano quasi tubando sul banco di lui, mentre i loro amici il giorno
prima li avevano osservati litigare e scambiarsi battutine acide. Non ci capiva più
nulla. Doveva prendere le cose come
le arrivavano, non c'era altra scelta. Non sarebbe mai stata capace
di allontanarlo se si fosse avvicinato,
poco ma sicuro. Inizialmente sembravano
odiarsi, dopo amici per la pelle, poi di nuovo
frecciatine al vetriolo e poi colombi in amore. Cosa combinavano?
Perchè era ovvio che tra di loro ci fosse qualcosa, ma non
sapeva cosa. Sbuffò ed emise un
gemito soffocato, infastidita. Le si
sarebbe fuso il cervello prima o poi. -Non capisci una
disequazione?- sorrise melliflua Noemi, certa che non
fosse quello il problema. Lavinia si voltò verso di lei con
uno
sguardo decisamente confuso, poi lo abbassò sentendosi
arrossire; borbottò qualcosa di incomprensibile e chiuse il
libro con uno scatto. -No, tutto bene grazie. -Ne vuoi parlare?- l'amica le
mise una mano sul ginocchio, con un
sorriso incoraggiante. Si sentiva pronta?
No, ancora non lo era. La mora era davvero un'amica
eccezionale ma era ancora insicura sulle
sue emozioni. Piano piano sarebbe riuscita a
confidarsi, ma aveva bisogno di tempo. -Non saprei cosa dire...
-Ti piace?- decise di
risponderle, se lo meritava dopotutto: era sempre
silenziosa e niente affatto invadente, osservava e si limitava a
sostenerla senza forzarla, ma non esitava se aveva bisogno. L'amica
perfetta insomma.
-Non lo so.- ammise
tormentata, e ad un sopracciglio alzato di Emi, si
corresse- bhè, d'aspetto ovviamente, ma c'è
qualcosa
nella sua mente, nel suo comportamento che... non lo so, mi manda in
pallone e mi fa scoppiare la testa. Non sono sicura di nulla con lui
vicino. Divento una deficiente.- abbassò le testa sulle mani. -Bhè, allora non ti
resta che conoscerlo meglio, e vedrai
che troverai la risposta a molte domande, se lo vuoi.
Si sorrisero, Emi
l'abbracciò, e mentre la bionda annuiva,
tornavano con lo sguardo
verso la partita, dove un ragazzo di loro conoscenza giocava euforico,
sapendo benissimo chi sedeva tra gli spalti.
I want,
pensò Lavinia, eccome. ** Stava per cadere a terra dalla
spossatezza: non ce la faceva
più. Si stava distruggendo per cercare di fare bella figura
con
la bionda che lo osservava, ma credeva seriamente di aver strafatto.
Non aveva mai corso in quel modo assatanato nè segnato
così tanti punti per farsi notare. Gli stessi compagni di
squadra lo stavano guardando con dei ghigni strafottenti- sapevano
benissimo perchè si stava comportando così- e lo
stavano
lasciando fare. Vedere Catini così interessato ad una
ragazza
era un evento più unico che raro! In tutti quegli anni lo
avevano beccato ad uscire con due o tre ragazze massimo, strano per un
ragazzo diciottenne insomma. Invece ora scappava letteralmente dalla
classe al suono della campanella e lo trovavano sempre in compagnia
della bionda del IV D, tutto intento a ridere e a fare il dolce.
Contenti lui, contenti tutti. Certo, non era brutta ma se avesse voluto
ne avrebbe potute trovare a decine pronte ad aprire le gambe, invece si
era fissato. Forse si era innamorato, tanto meglio per lui. Ignaro dei propri compagni,
Alessandro tentava di non voltarsi verso
gli spalti, ma il suo cervello pensava perennemente a cosa facesse la
sua amica
e a cosa pensasse
di lui. Che fosse poco atletico? Che fosse un ragazzino immaturo? Che
il calcio fosse per gli stupidi? Per i bigotti? Si sarebbe mai messa
con un ragazzo così? A lui il calcio piaceva, era
un uomo per la miseria. Non era un fanatico, ma ad una
partita di Champions non preferiva
certamente uscire. E poi adorava correre dietro
ad un pallone, lo faceva da quando era
bambino, era la sua unica valvola di sfogo insieme al fumo. Gli faceva
scaricare velocemente la tensione- anche se quel pomeriggio non stava
funzionando molto bene: più di una volta l'aveva guardata di
striscio e l'aveva notata parlare fitta fitta con Noemi, mentre
sorrideva. Magari sorrideva a lui. O magari a Paolo, che stava giocando
con lui. Che nervi. No, non poteva
essere. Lui aveva
invitato lei
a per vederlo.
Lui, non
quel coglione. Che poi, perchè lo
chiamava 'coglione'?
Era il
suo migliore amico, ed era bastato così poco per
allontanarli? Va bene che non erano come le
donne che si telefonavano ogni secondo
per raccontarsi i loro affari, ma comunque avevano sempre avuto un bel
rapporto. Ora invece si guardavano e parlavano a malapena, quando era
preente Lavinia poi, un ecatombe. Si guardavano con astio e malcelata
sfida, sembrava stessero per scannarsi a vicenda nel giro di pochi
secondi. Era terribile e gli dispiaceva quella nuova situazione, ma non
avrebbe rinunciato a lei così facilmente, se ci sarebbe
stato da
lottare l'avrebbe fatto. Per ora però, si accontenta di fare
bella figura, segnando un altro gol e guardando che lo stava fissando
sorridendo. ** -Allora? Che ne pensi?- le
chiese un Alessandro soddisfatto, grondante
di sudore e decisamente su di giri, mentre respirava con il fiatone.
Era stupendo. Mai visto
qualcosa di più bello, pensò la
ragazza incantata. Un po' lo invidiava persino,
lei non avrebbe mai potuto fare tutto
quello sport senza stramazzare a terra in preda alle convulsioni.
Sospirò e decise di non farsi rovinare l'umore da quel piccolo particolare. -Non male.- lo tenne sulle
spine, facendo la finta smorfiosa. -Non male?- sollevò
un sopracciglio sornione, sapendo
benissimo che aveva risposto in quel modo apposta. -Già, ho visto di
meglio.- fece un sorriso malizioso e si
stupì di se stessa. Di solito non si comportava
così,
anzi. Invece con lui non si riconosceva più a momenti. La
ragazza posata e giudiziosa che tutti i parenti ammiravano scompariva,
sostituita da una Lavinia più libertina e sfrontata. Usciva
fuori il suo vero io. Roba da pazzi, sul serio.
Tutta colpa, o merito?, di Catini. -Sicura?- ad un suo cenno
affermativo, con un sorriso il ragazzo
continuò- Allora dovrò impegnarmi molto
prossimamente.
Vedrai a vedere i miglioramenti?- ammiccò. -Dipende.- si
spostò una ciocca dietro le orecchie. -Da cosa?- le si
avvicinò abbassando la voce. -Da cosa mi offri in cambio
dopo. STAVANO FLERTANDO. Per la miseria,
sì, stavano flertando e lo stavano facendo davvero bene. O madonna santa. Stavano sorridendo come due
idioti, senza motivo mentre si guardavano
negli occhi. -E cosa vorresti che ti
offrissi? -Non so, cosa hai in
repertorio? -Dipende dal genere che
preferisci. Ho di tutto e di più.-
la ragazza scosse la testa ridendo. -Stupiscimi allora. Voleva essere stupita eh?
L'avrebbe fatto. -Come torni a casa? -Devo chiamare mia madre, o in
autobus. Perchè? -Ti accompagno io, tanto sono
di strada. Le aveva appena proposto un
passaggio? No, lo aveva dato per scontato. -A proposito, non so neanche
dove abiti tu... -Ad un paio di isolati da casa
tua, siamo relativamente vicini. Passo
sempre davanti casa tua per venire a scuola. -E io mi devo ancora far
scarrozzare dai miei? Non potevi dirlo prima? -Quindi sottointendi che io ti
debba venire a prendere tutti i giorni? -Bhè sei di strada,
ammenochè la mia compagnia
sia
insopportabile e ti irriti terribilmente non vedo perchè no. -La scusa ufficiale quale
sarebbe? -Prevenzione dell'inquinamento
terrestre, risparmio di energia. -Mh, certo.- fece un sorriso
birichino e scosse la testa per
allontanare i capelli dalla fronte- comunque il caso vuole che la tua
compagnia non sia affatto insopportabile, la maggior parte delle
volte,- precisò accentuando il sorrisino da stronzo- e che
non
mi irriti, o per lo meno è qualcosa di sopportabile. Lavinia aveva scoperto il
perchè Alessandro guidasse
già:
era nato agli inizi dell'anno, più precisamente il dieci
gennaio
e aveva preso subito la patente: gli avevano preso una Fiat Idea nera
di seconda mano, ma sembrava praticamente nuova, come aveva notato
quando erano stati al cinema. Non vedeva l'ora di salirci e sentire se
profumava di lui. Aspetta, quelli erano pensieri
da ragazzine stupide e innamorate, e lei
non lo era. No. -Quindi mi stai dicendo che mi
passerai a prendere?- tentò
di parlare per scacciare via quei pensieri e un sopracciglio
inarcato con uno sguardo ovvio fu la risposta che ricevette. Cavolo, la
passava a prendere davvero. Lui. A lei. Ah. Bene. E se nel frattempo avessero
litigato? Se si fosse stancato di farle da
taxi? O peggio, se avesse portato qualche altra ragazza che magari
doveva andare a casa sua per
ovvi motivi?
Oddio. Che poi chi era la zoccola che
ci provava con lui? Le avrebbe cavato
gli occhi. E sgonfiato le tette. E picchiata. Trattamento completo, eh
sì. Dato il suo sguardo improvvisamente perplesso
e
preoccupato, Alessandro si affrettò ad aggiungere: -Non mi disturbi, stai
tranquilla, sono piuttosto solitari i miei
viaggi in macchina, mi farà bene un po' di compagnia. -Sicuro?- si morse un labbro e
gli occhi del ragazzo scattarono alla
sua bocca. Guardala in viso,
si ripeteva, ma non era molto facile. Affatto. -Certo, altrimenti non te lo
avrei chiesto.- le spiegò
sorridendo dolce. Aveva un sorriso che avrebbe
illuminato l'intero mondo se avesse
potuto. Denti dritti e bianchi, labbra curvate in una smorfietta piena
di miele e occhi birichini e luminosi. Uccidetemi adesso,
così sarà l'ultima cosa che vedrò,
come è bello..., pensò lei. Ma che
le passava per la testa? Si era completamente rimbecillita. Era carino
sì ma nulla di che. Cioè, c'erano
ragazzi più belli ne era conscia,
ma... lui
aveva quel non-so-chè che lo rendeva stupendo ai suoi occhi.
Solo ai suoi, almeno sperava. Come no. Mh mh. Anche no. Si era accorta di come lo
guardavano le ragazze, ma nessuna gli si
avvicinava. O forse era lui a non farle avvicinare, tanto meglio. Tutte
tranne lei. Vai con gli esulti silenziosi. -Bhè, allora
grazie.- diede un colpetto di tosse. -Bhè, allora
prego.- rise scuotendo la testa. -Stupido.- gli diede un
colpetto sulla spalla e scoppiò a
ridere. Cielo, sembrava proprio una di
quelle stupide tutte risatine e sorrisi.
Doveva smetterla, sul serio. Lui fece finta di farsi male e
rise con lei, appoggiandosi con la
spalla al palo della luce vicino. -Allora se aspetti che mi
faccio la doccia ti accompagno a casa. Che ne
dici? -Va bene.- si portò
una mano al collo e annuì.
Altrochè se andava bene. -Allora... io vado. Torno tra
poco. -Okay. -Okay. Lo guardò entrare
nello spogliatoio trattenendosi dal
gridare
come un'adolescente americana e si limitò a qualche smorfia
facciale dato che nessuno la poteva vedere, essendo girata. Stava
diventando patetica ma non le interessava. Se ad essere patetici ci si
sentiva così pieni di vita, allora le andava bene. ***** -Tiziano Ferro?-
alzò gli occhi al cielo quando lui
pronunciò quelle parole dopo che aveva cambiato stazione
alla
radio per l'ennesima volta, non avendo trovato nulla di interessante, e
si era fermata su una che trasmetteva 'Ti scatterò una foto'. -Cos'ha che non va Tiziano?-
assottigliò gli occhi. -Lo chiami per nome? Siete
amici? -Sì, intimi.
Qualcosa in contrario? -No, figurati. Solo che sono
quasi tutte uguali le sue canzoni... -Non è vero! -Sì che
è vero, e lo sai anche tu. Poi sono
depressive, ti fanno venire voglia di buttarti sotto un treno! -...Non tutte.- seppe
rispondere solo così. Aveva ragione
lui,
ma Ferro le piaceva, in certi momenti era davvero appropriato per il
suo umore. Metteva le cuffiette e si isolava dal resto del mondo. Lui alzò un
sopracciglio ma non rispose, pensando a scalare
marcia, e riportò entrambe le mani sul volante. Scese il
silenzio fra loro due, ma non era imbarazzante, con radio Subasio in
sottofondo il tempo era passato velocemente ed erano quasi arrivati. -Oddio no.- Lavinia
iniziò a ridere come una pazza mentre
alla
radio trasmettevano 'Call me maybe', uno dei tormentoni della scorsa
estate. Le piaceva troppo, ma ci era rimasta da schifo quando aveva
scoperto... -La canzone con il tizio gay?-
...che appunto il figone del video era
omosessuale. Inutile dire che si era rifiutata di crederci per giorni.
Le avevano distrutto sogni molto poco casti a riguardo. -Si lui, ci sono rimasta di
merda quando l'ho saputo, quanta roba
sprecata.- continuarono a ridere come due matti. Era una
complicità... perfetta. Gli piaceva da matti, non
avrebbe mai pensato che quella ragazza fosse così spiritosa.
Ad
un primo acchitto l'aveva classificata come
pallosa/stupida/superficiale, ma ora si stava ricredendo. Si sentiva
dannatamente bene con lei vicino, diventava un ragazzetto di quelli
'amore mio pucci pucci' per i pensieri che faceva, ma se ne fotteva
allegramente. Stava bene, ridevano, scherzavano e tentavano approcci
anche un po' più... emh... seri. Quel giorno si erano
sfiorati
in classe, era stata una delle sensazioni più forti della
sua
intera vita. Neanche ci fosse stata una connessione tra di loro, ma la
sua mano, così calda, così gradevole,
così piccola
tra la sua era fantastica. Era il suo posto. Avrebbe dovuto stare
lì per sempre, non l'avrebbe più lasciata andare
se gli
avesse dato la possibilità. Era arrivato sotto casa della
bionda, così
parcheggiò proprio mentre si avvicinava il ritornello: -Hey I just met you, and this
is crazy, but here's my number, so call
me maybe!- e così canticchiando Lavinia gli
attaccò un
post-it giallo sulla fronte, per poi scendere ridendo e lo
salutò da dietro al finestrino. Non credeva a quello che aveva
appena fatto, non sapeva quale oscura
presenza le aveva dato la forza ma c'era riuscita. Gli aveva appena
dato il suo numero e lui le stava sorridendo da dentro la macchina,
scuotendo la testa e staccandosi il foglietto dalla fronte. In
realtà lo aveva preparato in classe, dopo il loro incontro,
ma
quella canzone le aveva dato la forza necessaria, sembrava stupido ma
era stato così. Di solito erano i ragazzi a
chiederglielo, e lei era restia a
concederlo ma lui era... lui. Non glielo aveva ancora chiesto, quindi
probabilmente non lo voleva, però... però nulla. Era fatta, basta. Chissà se l'avrebbe
chiamata, o magari un messaggio... Stop pensieri, lui la stava
ancora osservando mentre si affeccendava
per trovare le chiavi di casa dentro lo zaino e sembrava più
imbranata del solito. Una volta trovate le infilò nella
toppa ma
una fitta le mozzò il respiro e fu costretta ad appoggiarsi
al
portone per riprendere fiato. Era stata così
occupata a vivere una vita normale
che la malattia le aveva dato tregua. Solo le varie medicine gliela
ricordavano. Ora invece, dopo un banale pomeriggio tornava a farle
visita, in modo del tutto inaspettato. Fece come le avevano insegnato i
vari medici, due respiri corti e uno lungo, per poter dare la
possibilità ai polmoni di riprendersi lentamente e
immagazzinare
aria. La odiava, odiava questa sua condizione. Si girò verso di
lui, imitando uno dei sorrisi che aveva
elargito per tutta la giornata, ma era solo un lontano miraggio.
Agitò una mano e prese un altro respiro. Lui le fece un
cenno
con il post-it in mano e aspettò che entrasse in casa per
poi
ripartire. Come era dolce. Lavinia chiuse la porta e
gettò lo zaino a terra, dandogli
un calcio e scivolando sul pavimento. Era stato tutto
così perfetto, ma bastava un nulla per
rovinarlo; si era dimenticata di quello che il destino le aveva
riservato, ed era stato un grande errore. Aveva vissuto in una piccola
favola dorata, lasciando fuori il resto e quello era stato il
risultato. Mentre calde lacrime tornavano a rigarle le guance dopo un
lungo lasso di tempo, pensò che non avrebbe più
dovuto
permetterlo. **************************************************************************** Ohohohoh, non odiatemi please
:') Dopotutto hanno tubato come
due piccioncini in amore e lei gli ha
lasciato il suo numero. Il finale è
trascurabile, giusto? ...NO.
AHAHAHHAHAHAHAHAHAHAH vi amo anche io. Dovevo riportarvi alla
realtà in qualche modo, sono due
capitoli
che tento di farli litigare/far incattivire la situazione ma non ci
riesco. Questi due mi strillano a gran voce che vogliono stare insieme,
purtroppo però ancora non è ora u.u e quindi
dovranno
aspettare e ne dovranno passare abbasanza prima di essere accontentati
u.u Ma ne varrà la
pena, almeno spero ;)
Non potevo evitare questo passaggio, non potete capire come mi sto
divertendo a scrivere i messaggi che si scambiano! Awww. Li adoro, sono
i miei pupetti. Poi, mi è stato chiesto come immaginavo
Lavinia e Noemi insieme, bhè vi ho messo una foto, sono
proprio loro secondo me, bellissime. ATTENZIONE:
con la scuola non riesco molto a scrivere, quindi ho deciso di postare
ogni due settimane, sempre il sabato.
Penso vada bene così giusto? Almeno non rischio di rimanere
senza capitoli e di sparire per poi farvi attendere inutilmente.
Comunque come ho già fatto, nel gruppo di faccialibro
posterò degli spoiler, quindi tranquille :)
Come sempre vi ringrazio infinitamente per l'affetto che dimostrate
verso questa storia e per Vì e Ale (quest'ultimo
particolarmente, chissà perchè eheheh u.u), siete
fantastiche. Ciao a quella cessa della mia migliore amica con cui sto
facendo web e piange scrivendo la sua storia 3 ily. Ora mi
eclisso.
Vi ricordo i miei contatti: Athena Efp
su facebook, il gruppo
e su
twitter @xstewnson
se volete.
Un bacione care,
Athena xx
Capitolo 10 *** Capitolo 9: 'I love the way you lie' ***
If you want - 9
Buonasera ragazze,
questo è un capitolo importantissimo.
Spero davvero vi piaccia. Godetevelo e non
arrabbiatevi troppo, sapete che il mio 'sadismo' (?)
è necessario ;)
Ps. da ora in poi per gli sms scambiati sappiate che ale è
quello azzurro e vì quella verde.
"Just
gonna stand here and watch me burn, but
that's alright because I love the way you lie. I love the way
you lie."
Seduta nella sala d'aspetto
dell'Ospedale attendeva pazientemente che sua madre Cristina finisse di
parlare con quella pettegola dell'infermiera del suo reparto,
Margherita. Intanto teneva tra le mani il suo iPhone, fremendo
d'impazienza, e scattando nel momento esatto in cui si illuminava. Era lui. Stavano
messaggiando.
Aveva provato ad allontanarlo, davvero, ma era stata lei a dargli il
suo numero, non poteva non rispondere ai suoi sms, sarebbe stato
oltremodo stronzo, oltre al fatto che non voleva ovviamente farlo: si
scrivevano con le scuse più impensabili agli orari
più
impossibili, ogni cosa era buona per iniziare la conversazione,
nonostante si lasciassero alle due di pomeriggio, dopo che l'aveva
riaccompagnata a casa, alle due e mezza già stavano parlando.
"Tim
informa: il tuo credito sta finendo. Ricarica
al più presto per non rimanere senza parole!" A
quanto pare è il messaggio più frequente che
ricevo negli ultimi giorni. Tutta
colpa tua bionda!
Lavinia sorrise, conscia di quanti messaggi si fossero scambiati.
Anche
il mio credito piange, che ti credi. Ma
se QUALCUNO avesse WhattsApp sarebbe tutto più comodo,
stupido!
Ma
io ce l'ho, saputella!
Certo,
nel cellulare rotto.
Sono
dettagli Miss io-ho-un-iphone-e-tu-no.
Anche
tu ce l'avresti se non gli avessi spaccato lo schermo, ritardato.
Quanti
complimenti, arrossisco! Cmq
fra poco arriva il 4S, tranquilla. Ancora
due giorni baby ;)
Ecco, perfetto. Lei cercava di andarci piano e invece era sicura che i
rapporti sarebbero diventati ancora più stretti.
Cioè, i
rapporti di amici si. Amici. Solamente.
Era strano per lei aprirsi in quel modo con qualcuno ma piano piano si
stava abituando. Era bello avere qualcuno che ti cerca e che ti scrive
senza ragione, solo per il piacere di farlo. La faceva sentire
apprezzata e desiderata.
Se quel qualcuno era lui
poi, ancora meglio.
Meglio
tardi che mai...!
Ma
stai zitta acidella. Sei
a casa?
Cosa avrebbe dovuto rispondergli?
'Ehi Ale, no non sono a casa, sono in ospedale, sai come è,
fra
un paio di mesi devo operarmi perchè sono malata e stavo
facendo
i controlli di routine!' certo, come no.
Yes. Perchè,
dove dovrei essere?
Non
so, chiedevo. Mi
annoio D:
Fai
qualcosa bhè!
Cosa?
Tipo....
studiare?
Prossima
opzione :D
Ahahahaha
va bene, io devo andare tonto. Ci
sentiamo dopo, e trovati qualcosa da fare ;)
Contaci
baby, QUALCOSA lo trovo sempre.
Rise come una stupida e si alzò dalla sedia, le guance in
fiamme. Se aveva ben capito in cosa consisteva quel qualcosa allora lui
era un idiota patentato. Cioè doppisensi a go-go. O cielo.
Però le piaceva. Argh.
-Lavi andiamo?- sua madre Cristina aveva finalmente finito di
spettegolare e solo allora si ricordava di lei, tipico.
Annuì e si alzò dalla scomoda sedia per seguirla
fino
all'ascensore, con lei non poteva percorrere le scale, altrimenti
l'avrebbe uccisa, non doveva affaticarsi e di certo tre rampe non
aiutavano.
-Devo andare a fare la spesa, andiamo al supermercato vicino casa va
bene?- le sorrise e le carezzò una guancia.
-Certo mamma.- acconsentì e controllò nuovamente
il telefono, ma si ricordò che non gli aveva risposto.
-Carina questa copertina per il telefono. Nuova?
-Si, l'ho comprata l'altro giorno. Ti piace?
-Molto.- sorrise osservando la cover dell' iPhone tutta azzurra con le
orecchie da coniglio, ne era stata subito conquistata e l'adorava.
Mentre l'acquistava si era sentita catapultata indietro nel tempo,
quando quelle cose frivole la eccitavano e la rendevano su di giri, e
bastava una seduta di shopping per aggiustare tutto.
-Anche a me.- sorrise mentre uscivano dall'ospedale e si accingevano ad
entrare in macchina.
Viaggiarono tranquille ascoltando la radio fino al negozio, poi scesero
e fecero comodamente la spesa.
Lavinia guardava con nostalgia tutte quelle merendine varie piene di
zucchero e quelle che facevano schizzare il colesterolo al limite del
consentito. Non si poteva neanche sognare di addentarla, pft.
Pagarono e mentre uscivano, si scontrarono con qualcuno.
Alzò lo sguardo e lo vide:
-Ehi bionda!
-Ale!
-Buon pomeriggio signora.- salutò la madre che lo stava
fissando con un sorriso sulle labbra.
-Buon pomeriggio a te caro.
-Sono... venuto a comprare il latte, è finito.
-Ah okay...- era rossa di imbarazzo e continuava a fissarlo.
-Tesoro io devo andare che qui si scongelano le cose, facciamo
così, puoi restare con lui e dopo ti fai accompagnare a
casa, va
bene?
-Emh.. posso anche tornare con te se vuoi, insomma...
-Va bene.- rispose invece Alessandro accentuando il suo già
enorme sorriso- non si preoccupi la riporto indietro integra per l'ora
di cena.
-Ma certo, mi fido eh.
La bionda vide la sua ancora di salvezza mentale allontanarsi in auto,
mentre il suo compagno la guardava.
-Ma non eri a casa tu?- le chiese mentre entravano nel supermarket,
tenendole la porta aperta. Okay, era un vero gentiluomo. Nessun ragazzo
l'aveva mai trattata così.
E ora? Cosa avrebbe dovuto rispondergli? Merda.
Non gli avrebbe potuto, e voluto,
dire che si trovava in ospedale, sarebbe arrivata l'ovvia domanda
successiva.
A quel punto che avrebbe fatto? Avrebbe mentito prima o poi. Non c'era
via di scampo. "Ehi fantastico ragazzo,
sai che facevo in ospedale? Dei controlli in vista di un qualche cazzo di
intervento che mi toccherà fare visto che sono schifosamente
malata.", questo gli avrebbe detto?
Se fino a pochi minuti prima aveva il sorriso che aleggiava sul volto,
ora le sue labbra erano tese in una linea dritta che stonava con il suo
aspetto da ragazza felice e su di giri. Non le piaceva mentire.
E a lui? Raccontava bugie facilmente? Oppure no?
Magari era il contrario di come appariva, magari era un ragazzo
pessimo, magari, magari...
Decise di rimanere in silenzio e, mentre Alessandro pagò la
busta di latte ed uscirono, Lavinia si calò gli occhiali da
sole
sugli occhi, per nascondersi al suo sguardo. Non ce l'avrebbe fatta a
guardarlo in quel momento.
Si tirò su i capelli in un gesto liberatorio e il suo amico si perse a
rimirarla mentre lo faceva.
I lucenti fili d'oro che si intravedevano lo catturarono come una
falena con la primaria fonte di luce e la camicia a scacchi che
indossava sopra i leggins lo fecero sorridere: era decisamente molto
più che carina, anche se lei si riteneva nella media. Che
idiozia. Era conscio di essere un bel
ragazzo, non era stupido, ma la domanda fondamentale era: piaceva a
lei?
Pensava di sì, dato che ogni singola volta che la guardava
malizioso lei arrossiva e voltava gli occhi per non incrociare i suoi,
ma era sempre così criptica che non sapeva cosa aspettarsi.
Meglio non montarsi la testa o sarebbe finito decisamente male per lui.
-Allora?- chiese.
-Allora cosa?- Lavinia trattenne il sospiro. Non
mollava l'osso eh?
-Allora dove eri prima. Avevi detto di essere a casa ma è
ovvio
che non mi hai detto la verità.- disse a bassa voce.
Minchia. Pensava che avesse fatto cadere il discorso così ma
a quanto pare non ne aveva proprio l'intenzione.
Perchè doveva essere così testardo?
Perchè dannazione? Lo detestava.
-Cosa te lo fa pensare?- era perplessa. Come pensava di sapere ogni
cosa?
-Lo so e basta, fidati. Allora?- ancora? Pensava sul serio che
gliel'avrebbe detto? Poteva anche sognare se voleva, ma non avrebbe
spiccicato una singola parola dannazione, col cavolo. Neanche sua madre
si comportava così con lei e non riusciva a farla sentire
una
bambina come invece ci riusciva lui.
-Sei arrogante lo sai?- gli disse infatti. Era giusto lo sapesse,
borioso come era.
-Eh?- Alessandro la guardò come se fosse una pazza.
Arrogante
lui? Si vedeva che non lo conosceva proprio. Era un tipo che se aveva
sbagliato lo ammetteva, ma ora non si stava comportando di certo
così. Non sopportava gli si mentisse, e se pensava che non
se ne
sarebbe accorto o si sarebbe lasciato trattare come un imbecille allora
aveva sbagliato ogni cosa.
-Sì, sei un arrogante.- ribattè lei. Che stronza!
-E perchè Sua Grazia?- anche l'ironico faceva ora? Come se
se lo potese permettere, argh!
-Perchè io non devo rendere conto a te di cosa faccio e dove
vado.- gli spiegò come se stesse parlando con uno stupido. A
lei
sembrava così ovvio che chiunque ci sarebbe potuto arrivare.
-Come scusa?- il ragazzo sperava di aver capito male, davvero.
-Hai capito benissimo.- alzò un sopracciglio biondo e
incrociò le braccia sotto al seno. Se non fossero stati nel
mezzo di una litigata con i fiocchi, il moro sarebbe rimasto a fissarla
con la bava alla bocca mentre il cervello andava lentamente in stand-by.
-Guarda che...- cercò di dire. Non intendeva che lei dovesse
riferirgli tutto, ma se anche non le andava di dirglielo, avrebbe
potuto evitare di mentirgli diamine! L'aveva scambiato per un fesso?
Bhè, decisamente non lo era.
-Guarda che niente! Io faccio quello che mi pare e non devo riferirlo
proprio a nessuno! Sono libera!- specificò. Libera
sentilmentalmente parlando? Lo sapeva, e non vedeva il motivo per
ribadirlo, lo faceva incazzare così tanto il fatto che si
sentissime sempre in obbligo di farlo chiaro.
Desiderava... desiderava così tanto che non lo fosse
più, ma evidentemente lei non era dello stesso avviso.
-Te la smetti di dirlo? Questo non ti da il diritto di comportarti da
stronza!- glielo aveva detto. Minchia, di solito non ci andava
così pesante con una ragazza, ma stava davvero perdendo la
pazienza.
-Cosa hai detto?- Lavinia sperava di aver capito male, con tutto il suo
cuore. Con quale coraggio le diceva quelle cose? Lui che per primo da
quando si erano incontrati si era finto-a questo punto pensava avesse
finto sempre- indifferente e non le diceva nulla.
-Che ti stai comportando da stronza!- lo aveva ripetuto. Ancora. Ora
non vi era proprio spazio per equivoci.
-Non è vero!- tentava anche di negare? Quella ragazzina non
sapeva contro chi si era messa. Va bene essere riservate ma questo
sfiorava i limiti del ridicolo.
-Si che è vero! Ti ho solo chiesto una cosa e tu sei partita
in
quarta!- le fece capire, ma lei non era dello stesso avviso. Non si
poteva permettere di mettere il naso nelle sue cose, non ne aveva il
diritto.
-Non devi impicciarti dei miei affari, è diverso!- lo
fronteggiò spostandosi vicino al muro, avevano voltato
strada
per raggiungere la macchina di Alessandro ma ora si erano fermati in
preda all'ira. Fosse stato per Lavinia già l'avrebbe
picchiato
da un pezzo, ma sapeva di non poterlo fare. Era una tipa piuttosto
manesca quando ci si metteva, e ora il sangue le stava decisamente
andando al cervello.
-Non mi sto impicciando!- contestò lui incazzato.
-Sì!- fece spiazzata. Stava tentando di mantenere la calma e
di
non alzare la voce, altrimenti le sarebbe venuta meno e sicuramente
avrebbe iniziato a respirare in modo convulso, in quel momento non
sarebbe stato di certo azzeccato a dirla tutta.
-NO! Sei solo pregata di non mentirmi quando parli con me!-
spiegò alterato e iniziando a gesticolare freneticamente-
Non me
ne fotte un cazzo di dove vai se vuoi proprio saperlo, solo non farmi fare la figura del
coglione!-
calcò decisamente sulle ultime parole, scandendole
perfettamente
ad un soffio dal suo viso e agitando la mano verso il basso
più
volte. Si era veramente arrabbiato, realizzò Lavinia, e non
voleva ottenere quell'effetto. Tentò di calmarlo, cercando
di
essere ragionevoli:
-Non cercavo di fartela fare! Andiamo, che bambino che sei!- bambino?
Ah certo, ora l'immaturo era lui, logico!
-Si invece, potevi semplicemente dirmi che non volevi farmelo sapere,
sarebbe stato meglio!- non sopportava chi mentiva, e il fatto che lo
facesse lei
lo aveva ferito-
e lo stava tutt'ora ferendo- particolarmente. Aveva sempre pensato
avesse un caratterino tutto pepe, ma questo andava contro ogni pensiero.
-Ah sì?- sfidava lei. Sicuramente si sarebbe incazzato a
morte e
avrebbero finito per discutere peggio di come stavano facendo ora. Ma
d'altronde, c'era da aspettarselo, la
verità veniva sempre a galla, e lei come una
stupida aveva pensato di poter omettere alcuni aspetti della sua vita.
-Sì dannazione! Non mi va di essere portato allegramente per
il
culo!- non lo permetteva a persone che conosceva da una vita e con cui
aveva passato l'infanzia, chi era lei per irrompere nella sua
quotidianità, sconvolgerla e farle fare la figura
dell'idiota?
-Ma non lo sto facendo, cazzo! Solo che devi capire che non posso dirti
ogni cosa!- non poteva e non voleva,
altrimenti sarebbe scappato a gambe levate oppure lo avrebbe guardato
con quello sguardo di rassegnazione e pena che usava chiunque
conoscesse il suo stato. Lo odiava, lo odiava e non voleva che anche lui iniziasse.
-E perchè? Perchè? Dimmelo andiamo!
-Perchè non sei nessuno per me!- esplose lei, messa
sottopressione dalle sue urla. Ecco, l'aveva detto. E in quel momento,
solo dopo aver combinato un macello dalle dimensioni colossali, si era
accorta che la cosa che l'avrebbe fatta stare più male,
probabilmente sarebbero stati gli occhi di Alessandro alle sue parole.
Rimase paralizzato, mentre nel cervello elaborava quanto appena
accaduto. Cosa poteva fare? Niente.
-Così non sono nessuno per te? Bene...
-I-Io non... non intendevo, lo sai...- tentò di correggersi
lei.
L'aveva detto solo perchè esasperata e aveva pensato che
l'avrebbe lasciata stare, ma si era immediatamente pentita. Non aveva
messo in conto di poter ferire i suoi sentimenti, e da quello che
vedeva, ci era riuscita benissimo.
-Tu cosa? Perchè credo che intendessi esattamente quello.
Sai
Lavinia? Avevo... avevo seriamente pensato che forse se mi fossi messo
in gioco avremmo potuto costruire qualcosa in più, ci tenevo
davvero, ma evidentemente mi sono sbagliato. Ho colto i tuoi
segnali come un incoraggiamento, ma sono stato solo uno sciocco.
Cosa stava dicendo? No, no! Cosa significava? Anche lui le piaceva non
doveva pensare di essere l'unico, non doveva vergognarsi,
perchè
anche lei stava vivendo emozioni mai provate prima. Non era colpa sua.
-Anche i..-provò a spiegarsi.
-NO. No. Non
dire che anche tu
sei pronta perchè non è vero.- lei non lo era,
altrimenti
non avrebbe reagito così, non si sarebbe chiusa a riccio e
non
l'avrebbe sbattuto fuori.
-Invece sì, però non puoi pretendere
che io mi lasci andar così velocemente perchè...
-Perchè cosa? E' questo il punto. Ti ho concesso spazio, ci
siamo andati molto piano, mi sono avvicinato come un amico, cercando di
conoscerti, di capire cosa ci fosse sotto quella tua corazza e non
è servito a nulla!- ci aveva provato sul serio, pensava che
si
meritasse di essere felice.
-E' troppo presto!- sussurrò lei. Non aveva mai avuto
nessuno
così vicino psicologicamente e si sentiva dannatamente
insicura.
Cosa avrebbe fatto se una volta fatto entrare nel suo cuore se ne
sarebbe andato? Avrebbe dovuto raccogliere i frammenti di un amore
passato come tutte e ragazze che vedeva nei film? Si sarebbe dovuta
deprimere e ingozzarsi di cioccolata? Ah, no. Quasi l'aveva
dimenticato: lei non poteva ingozzarsi di quelle cose, non poteva
piangere a gran voce e non poteva sfogare il suo dolore gridando.
-Ti ho forse obbligato a passare del tempo con me? Ti ho forse fatto
intendere che mi voglio buttare a capofitto in una relazione? No! E non
te lo sto chiedendo. Volevo solo capire come tu realmente fossi, ma
come posso se non me ne dai l'opportunita'? Come faccio se mi menti,
Dio?
-Non era mia intenzione!
-Bhè, chi cazzo se ne frega, è quello che hai
fatto! Non
ce ne era bisogno, sarebbe bastato che mi dicessi 'Non mi va di
parlarne' e io ti avrei detto 'va bene', perchè non voglio
forzarti, cazzo!- sarebbe bastato così poco e lui avrebbe
atteso
un altro po', facendosi da parte ancora una volta, come sempre quando
lei si irrigidiva e cambiava discorso.
-Ne saresti stato capace? Non penso!- invece l'avrebbe fatto, per lei.
-Bhè pensi male saputella dei miei stivali! E' questo il
problema, pensi di conoscermi, ma non importa se sai come mi piace il
gelato o le canzoni che preferisco se non capisci cosa c'è
qui
dentro.- si portò una mano al cuore e scosse la testa
lentamente, fissandola negli occhi. Aveva ragione.
Aveva
fottutamente ragione. Si era concentrata sulle cose futili e non aveva
cercato di aprire la sua anima. Era stata immatura e superficiale, era
solo una ragazzina. Una sciocca ragazzina inutile e... innamorata? No,
ancora non lo era.
L'amore non sapeva neanche dove stava di casa, fino ad ora non ne aveva
avuto bisogno.
Eppure, arrivi ad un punto della tua vita che ti sembra impossibile
vivere senza. Arrivi ad un punto che ti domandi 'cosa ho che non va?
Perchè sono tutte innamorate tranne me?'.
Arrivi ad un punto che ti innamori e non sai riconoscerlo
perchè hai paura e ti sembra letteralmente impossibile.
-Non so cosa dire.- abbassò la testa e strinse fra le mani
gli occhiali da sole che si era tolta, torturandoli.
-Neanche io, non c'è bisogna che tu dica niente.- ormai cosa
voleva dire? Alessandro sapeva che quel silenzio sarebbe pesato come un
macigno, ma non c'era più nulla di cui dovessero discutere.-
sali in macchina, ti accompagno a casa.- sospirò, prendendo
le
chiavi della macchina e pensando che se non altro, aveva ancora cinque
minuti da passare con lei. Gli ultimi attimi per osservarla da vicino,
gli ultimi attimi per ammirarla nella sua bellezza innocente, gli
ultimi attimi prima che si allontanasse inesorabilmente un'altra volta.
-Non ti disturbare, vado da sola.- rispose, ma non la lasciò
finire.
-E' tardi, sali e non farmi incazzare ancora di più. Almeno
questo.- la pregò. Non era tardi, ma non voleva
abbandonarla.
Nonostante avessero litigato come dei pazzi fino ad secondo prima non
ce la faceva a lasciarla andare. Era un masochista, lo sapeva, ma non
ne poteva fare a meno.
-Va bene.- sussurrò la bionda aprendo la portiera e
sprofondando nel sedile. Profumava
di lui, pensò tristemente. Si
riempì le narici per l'ultima volta, aveva l'impressione che
non sarebbe salita più su quell'auto.
Durante il viaggio, mentre Alessandro sospirava pesantemente e teneva
gli occhi fissi sulla strada, rifiutandosi anche di guardarla di
sottecchi, Lavinia tratteneva le lacrime. Una volta sua nonna le
aveva detto che amare significare piangere lacrime amare, pensando agli
occhi dell'amato.
Scendendo di fretta senza neanche salutarlo e sbattendo la portiera,
credette davvero di svenire, tanto il dolore che provava alla gola, era
come se avesse il cuore spostato lì. Sentiva il battito
incessante martellarla lungo l'esofago, espandendosi per tutto il
corpo, arrivando al cervello e toccando ogni filamento nervoso. Piangeva,
perchè era certa di aver rovinato qualcosa che non ci
sarebbe stato più. Non poteva essere.
Quando entrò in casa, ignorando il saluto della madre e
gettandosi a capofitto tra le coperte, affondando il viso nel cuscino,
realizzò che quella sarebbe stata la prima volta in cui
avrebbe
pianto tutta la notte, per il ragazzo di cui si era innamorata senza
preavviso e senza scelta.
****************************************************************** ...non so cosa dire
sinceramente. Davvero. Questo
capitolo è importantissimo, Lavinia capisce
di essere innamorata di Ale (ce ne hai messo di tempo bella mia .-.) ma
ormai sembra essere troppo tardi. Non condannatela, sappiamo benissimo
che il nostro bel ragazzo ha avuto ragione nella litigata- chi vorrebbe
fare la figura del tonto?- ma neanche per lei è semplice.
Deve imparare a comportarsi in una relazione seria, ha capito il suo
errore state tranquille, è questo il punto della storia. Non
tanto le 'peripezie' che devono fare per stare insieme, quanto il percorso una volta
raggiunto, chiamiamolo obiettivo. Piano piano, e con
l'aiuto e l'amore reciproco ce la faranno
tranquille, anche se per ora la situazione è piuttosto nera
eh u.u ora mi ammazzate tutte ahahahahah, imploro
pietà. Dai su, non
può essere sempre tutto rose e fiori :/ ma vi
prometto che non manca molto. Come ho detto l'importante è
il 'dopo', anche se il 'prima' e cioè queti capitolo hanno
formato tutto il carattere dei miei amori, aw. Spero davvero che
questa storia vi piaccia, mi riempite di gioia.
Ringrazio le 82 seguite, le 34 preferite e le 17 ricordate. Le
originali erano un fandom inviolato per me, ma mi avete accolto
benissimo! Ps.
Per chi me lo ha chiesto, e vi ho visto molto titubanti, (so che molte
non ci crederanno data la stranezza) ma il mio vero nome è
Athena, per questo mi firmo così, non pensiate che
sia una specie di nick. LOL
Okay, mi eclisso.
Come sempre sapete dove trovarmi (facebook-gruppo
su facebook-twitter) Penso sia tutto,
lasciatemi tante belle recensioni e fatemi sapere :3 Un bacione care, Athena xx
Capitolo 11 *** Capitolo 10: 'It's too late to apologize' ***
If you want - 10
Mi scuso per il
ritardo, ma blablabla scuola e blablabla altro. Godetevi il capitolo :*
"It's too late to apologize"
Abbassò il
braccio da sopra gli occhi e sospirò esausto. Non ce la
faceva proprio.
Stava tentando di studiare in ogni modo possibile e immaginabile, ma si
trovava sempre allo stesso punto: steso sul letto a sognare ad occhi
aperti, i libri abbandonati sul copriletto e penne varie sparse a
terra. Decisamente non ci stava riuscendo bene, ma il perchè
era
semplice: oggi aveva rivisto Lavinia a scuola.
Dopo la loro epica litigata del giorno prima, aveva persino pensato di
non andare a scuola il giorno dopo ma poi aveva capito che non era lui
quello che si doveva vergognare, ma lei. Lui non aveva colpe, aveva
cercato di far andare tutto per il meglio, non aveva incasinato nulla,
lo stesso non si poteva dire per la bionda. Quando si erano incrociati
per il corridoio pensava che avrebbe abbassato la testa, invece l'aveva
fissato fino a quando le loro strade non si erano divise ed erano
entrati nelle rispettive aule. Aveva degli occhi particolari e stupendi
la sua
Lavinia: quando era
felice o rideva di cuore erano dell'azzurro più intenso che
avesse mai visto, invece quando si rattristava diventavano grigi.
Quella mattina, invece, li aveva trovati spenti e arrossati, segno che
durante la notte avesse pianto molto. Il suo colorito era
più
pallido del normale e la bocca aveva ripreso quel triste broncio
all'ingiù che aveva la prima volta che si erano incontrati
in
ospedale. Possibile che un semplice litigio l'avesse ridotta
così? Possibile che anche lei ci tenesse così
tanto al
loro rapporto? Dai suoi comportamenti emblematici non sapeva dirlo. Gli
diceva che aveva disturbi della personalità multipla, ma
anche lei non scherzava di certo.
La stessa mattina aveva trovato sul cellulare un messaggio da parte sua
in cui lo invitava a non disturbarsi a passarla a prendere, visto che
l'avrebbe accompagnata il padre. Perfetto, erano tornati punto a capo.
Sospirò affranto e fece cadere il libro sul pavimento, per
poi
allungarsi ad afferrare il computer sul comodino e accenderlo,
sistemandolo sul letto. Ormai non avrebbe concluso nulla, quindi tanto
valeva vedere cosa accadeva nel mondo circostante. Aspettò
che
il motore di ricerca si avviasse ed entrò su facebook, per
controllare notifiche e post vari. Nulla di nuovo, qualcosa sul gruppo
della classe e un tag su una foto da parte di Giovanni che gli aveva
scattato quella mattina durante l'intervallo, circondato dai suoi
compagni. Terminate le cose da fare, finì inevitavilmente sul suo
profilo: si sentiva davvero uno stalker. Per prima cosa le
controllò la bacheca, ma non trovò nulla se non
qualche
scritta probabilmente dei suoi amici di Genova che le chiedevano come
stava e qualche tag di Noemi, con delle frasi forse dette durante le
lezioni. Notò che aveva condiviso una canzone, 'Non me lo so
spiegare' di Tiziano Ferro, con dodici apprezzamenti, giusto qualche
minuto prima. Improvvisamente il flash del loro viaggio in macchina,
una settimana prima, gli ritornò vivo in mente e si
ritrovò a pensare a quanto si fossero divertiti quel giorno.
Sospirò lentamente e scorse con il touch del portatile lungo
la
pagina e non trovando altro da fare non potè fare a meno di
ammirare la foto che aveva come immagine del profilo: era stupenda. La
raffigurava accucciata con una macchina fotografica in mano, intenta a
scattare una foto, mentre evidentemente qualcun altro la stava facendo
a lei. I lisci capelli biondi erano tenuti fermi da un cerchietto nero
con un fiocchetto e si potevano notare le calze ricamate nere, segno
che indossasse un vestito o una gonna. Era davvero magnifica e
simpatica.
Incuriosito, la aprì e notò con piacere che aveva
circa
cinquantasette mi piace e davvero molti commenti in cui le persone le
facevano i complimenti, assolutamente meritati. Cliccò per
vedere chi avesse premuto l'aprezzamento, ma il touch si
bloccò
e finì per premere per sbaglio 'mi piace', senza neanche
accorgersene.
-Oh cazzo!- esclamò nel momento in cui si rese conto che le
sarebbe arrivata la notifica. Se avesse premuto 'non mi piace
più' le sarebbe arrivata ugualmente vero? Porca di quella
merda!
Che coglione!, lui e le sue tendenze da stalker. Merda, che avrebbe
fatto adesso? Il guaio era combinato e non poteva rimediare.
Lasciò andare il computer sul letto, chiudendo ogni pagina
in
fretta e mugugnò contro il cuscino parole incomprensibili.
Molto
probabilmente erano tutti insulti, rivolti per la prima volta, a se
stesso.
**
Lavinia fissava impietrita lo schermo del pc, non ancora realizzando
quanto accaduto. Aveva messo mi piace ad
una sua foto.
Lui. Poco fa. Praticamente in quell'istante.
O Santa Maria...
Cioè, non che fosse straordinario come fatto, ma...
cioè
nessun altro lo aveva fatto, segno che quindi la reazione 'a catena'
non si era innescata. Quindi lui sicuramente
era andato sul suo profilo e sicuramente
aveva aperto la foto e sicuramente
aveva premuto quel dannato pulsante. Mh, okay.
E... perchè
l'aveva fatto?, domanda da un milione di dollari.
Magari avesse conosciuto la risposta. Era un segnale? Stava cercando di
farle intendere qualcosa? Tipo 'non
ci parliamo ma ti tengo sempre d'occhio'? Che cosa
significava? Oh cielo.
Non sapeva come passare il pomeriggio? Bene, aveva appena trovato il
suo prossimo passatempo: cercare di leggere nella mente di Alessandro
Catini, che quindi era in linea. Aprì la lista della chat a
destra e constatò che effettivamente accanto al suo nome vi
era
il pallino verde, ma non ebbe neanche il tempo per decidere se
contattarlo o no, pazza!, che immediatamente la sua icona
finì
nella lista delle persone offline. Perfetto.
Cosa era significato per lui quel gesto? Possibile che fosse stato uno
sbaglio? Ma cosa ci faceva nel suo profilo? La stava controllando?
Possibile che fosse...
geloso?
No, ma che idea strampalata. Molto probabilmente si stava annoiando,
oppure cercava di capire il suo stato d'animo attraverso quello che
pubblicava e condivideva, come se la sua espressione quella mattina a
scuola non fosse stata abbastanza convincente ed esplicativa, pft.
Da sorpresa, stava passando a incazzata
nera.
Come cavolo si permetteva? Perchè la condizionava in quel
modo?
Che diritto aveva di sconvolgerla con una semplice azione? Non poteva,
non poteva lasciare che un cretino qualunque la trattasse
così!
Dio, che nervoso!
Sbattè una mano sulla scrivania talmente forte che il suo
prezioso iPhone sobbalzò, e per poco non cadde a terra. Ci mancava solo questa e lo
avrebbe odiato per sempre,
pensò la ragazza digrignando i denti. Poi, con un sospiro,
si
morse il labbro inferiore: rabbia? Odio? In quale mondo parallelo? In
quel momento l'unica cosa che avrebbe voluto fare era accoccolarsi tra
le sue braccia e piangere.
Era snervante essere innamorati.
Era snervante non sapere cosa stesse facendo la persona al centro dei
suoi pensieri.
Era snervante preoccuparsi di ogni minimo gesto, convinti che dietro ci
fosse dell'altro.
Era snervante non sentirsi all'altezza di provare quel sentimento.
Avrebbe semplicemente voluto carezzargli i capelli morbidi, sorridergli
e baciarlo, ma sapeva non essere possibile. Era stata colpa sua e ora
doveva accontentarsi di guardarlo passare per il corridoio ridendo e
scherzando con qualche oca della sua classe, non sapendo
però
quanto anche per lui fosse difficile in realtà.
Con uno scatto si alzò dalla scrivania e si gettò
sul
letto, afferrò Anacleto stringendolo al corpo e portando il
telefono all'orecchio, chiamò Noemi, che rispose dopo due
squilli.
-Ehi Vì! Come mai mi chiami? Di solito non lo fai mai, che
ti
serve?- chiese piena di vita. A sentire quelle parole le vennero le
lacrime agli occhi: era una pessima amica. Non la chiamava mai era
vero, solitamente parlavano su WhattsApp e a scuola, ma non aveva mai
sentito il bisogno di chiamarla. Solo ora, che le faceva
comodo,
ed aveva bisogno di parlare, si era decisa.
-Scusa, se ti disturbo...- disse con voce rotta- non sapevo che altro
fare, mi dispiace.- iniziò a piangere.
-Ehi, ehi, va tutto bene.- avvertì l'ansia nel suo tono ed
affondò il viso nel pupazzo, continuando a singhiozzare.
-Sc-scusa.- sussurrò.
-Vì, calmati, ci sono qui io, ora respira e parliamo okay?-
la
ragazza annuì, non rendendosi conto che non poteva vederla.
Avrebbe voluto averla accanto, per farsi abbracciare e rassicurare.
-E' per Ale vero?- domandò cauta. Temeva di far scoppiare la
diga, che le avrebbe travolte entrambe, ma qualsiasi modo
avrebbe
cercato per toccare quell'argomento, inevitabilmente sarebbe finita con
una ragazza ancora più in lacrime di quel momento. Infatti
Lavinia accentuò il livello dei singhiozzi e la mora
capì
che non vi era nessun possibile rimedio. Sospirò:
-Sfogati, su.- e con quello Vì partì in quarta.
-E' un coglione, uno stronzo, solo un deficiente! Lo odio, lo odio, lo
odio! Perchè mi fa stare così? Eh?
Perchè?- quasi
strillò a pieni polmoni, tanto che quasi le
mancò
la voce.
-Ma non se ne rende conto tesoro...- la rincuorò Noemi.
-Non ne ha il diritto, non ne ha il diritto.- ripetè
piangendo e singhiozzando.- io non volevo, davvero, non volevo!
Quando era sconvolta tendeva a ripetere gli stessi concetti
più volte, forse per capacitarsene, e questa volta sembrava
davvero irrecuperabile, tanto che Cristina bussò.
-Vì? Amore? Tutto bene?- chiese facendo capolino con la
faccia dalla porta. Aveva capito che c'era qualcosa che non andava da
due giorni a quella parte, ma aveva deciso di non forzare la mano.
-Va via mamma!- la scongiurò, non volendo vedere nessuno. Si
voltò dall'altra parte rispetto alla porta e la donna
notò la schiena scossa dai singhiozzi trattenuti. Si
avvicinò per accarezzargliela dolcemente, e le
sussurrò all'orecchio.
-Va bene, ma sai che per qualunque cosa ci sono, capito?- le
annusò i capelli profumati e le baciò la guancia
bagnata. La ragazza annuì tirando su col naso e si
asciugò furtivamente gli occhi, mentre Noemi dall'altro capo
del telefono attendeva paziente, cercando di capire cosa avesse
innescato quella bomba.
Non appena la porta si richiuse, la ragazza raccontò ogni
cosa all'amica, stupendosi per prima di come le venisse naturale, e di
quanto ormai fossero entrate in confidenza. A Genova non si sarebbe mai
sognata di avere una confidente del genere, aveva le sue amiche ma era
sempre rimasta un po' fredda nei loro confronti, non si fidava
veramente, aveva sempre avuto paura che avrebbero potuto raccontare i
suoi segreti in giro, quindi si limitava al minimo indispensabile.
C'era anche da specificare poi che lei non aveva mai avuto grandi crisi
riguardo a ragazzi e argomenti affini, quindi non si era presentato il
problema; ora invece le cose erano decisamente cambiate e ringraziava
di aver trovato una ragazza così disposta e dolce.
-Da quello che ho capito però, la colpa non è
solamente la sua...- azzardò la mora, con voce dolce, stando
ben attenta a non scatenare altri pianti o grida. Ora che Lavinia
iniziava a fidarsi di lei e ad aprirsi un po' di più non
voleva di certo perdere quello che aveva conquistato in due mesi.
Quella ragazza aveva un disperato bisogno di essere ascoltata e
rassicurta, l'aveva capito, anche se non l'avrebbe mai ammesso, ma ne
aveva bisogno.
-I-io, v-veram-mente non...- tentò di sussurrare la bionda,
ma le parole le morirono in bocca. Aveva ragione. Aveva assolutamente
ragione. Era stata colpa sua. Più volte in quei due giorni
aveva cercato di attribuire ad Alessandro colpe inesistenti, e non
aveva trovato nulla di convincente se non il suo comportamento ambiguo
all'inizio, che poi era anche giustificabile, visto il loro rapporto.
Era stata solamente lei l'immatura che aveva pensato di poter tenere
nascosta una parte della sua vita, senza tornar conto a nessuno.
La verità, e lo sapeva bene, era che se voleva costruire
qualcosa di importante con lui (cosa in quel momento impensabile vista
la piega degli eventi), avrebbe dovuto parlare, e anche alla svelta.
Avrebbe dovuto raccogliere il coraggio a piene mani e farsi avanti,
visto che quel povero ragazzo le aveva chiaramente confessato di essere
interessato, mentre lei lo aveva solo insultato. Mh, decisamente bene
insomma.
-Hai ragione- proruppe singhiozzando- hai ragione, è solo
colpa mia, tutta colpa mia.
-No tesoro,- tentò di consolarla- non è solamente
colpa tua, siete entrambi colpevoli. Lui non doveva aggredirti
così ma tu non dovevi neanche mentirgli! Perchè
gli hai raccontato quella bugia? Dove eri andata veramente?
Era arrivato il momento, qualcuno doveva pur saperlo. Da una parte era
contenta che Noemi lo sarebbe venuta a sapere per telefono,
così non avrebbe visto la compassione dipinta sul suo volto
nel momento in cui le avrebbe detto dove si trovava. Decisamente meglio.
Tentò di respirare a pieni polmoni, anche se le riusciva
difficile, e pronunciò con voce rotta:
-All'ospedale. Ero all'ospedale.- sputò quelle parole come
se si fosse liberata da un grande peso.
-Davvero? E allora che bisogno c'era di mentirgli? Che hai fatto, le
analisi?- chiese stranita.
Lavinia scosse la testa, dimentica del fatto che la compagna non la
potesse vedere e si passò una mano fredda sulla fronte,
scostandosi i capelli e deglutendo forte.
-Magari.- rispose mentre le passavano davanti agli occhi decine di
immagini di prelievi del sangue vari. Sarebbe stato meglio dire 'non solo', ma non
ce la faceva. Ma doveva, si, doveva. Ad ogni costo.
-E cosa stavi facendo allora?- domandò nuovamente Emi, con
un tono di voce strano.
Stava iniziando a capire? Se lo augurò con tutto il cuore,
almeno si sarebbe risparmiata i particolari. Esalò un brusco
respiro, per poi prendere coraggio:
-Dei contr...- iniziò a dire, ma cadde la linea.
Avvertì solo il bip telefonico mentre guardava lo schermo,
che segnava la chiamata appena terminata. Cosa era successo? Proprio
quando si era decisa? Evidentemente era destino che non lo avrebbe mai
detto a nessuno, si. Incredibile.
Tentò di ricomporre il numero dell'amica ma in quel momento
le arrivò alle orecchie il tipico rumore della chat di
facebook, e si ricordò del computer acceso sulla scrivania.
La chat di Noemi lampeggiava e si stava riempiendo velocemente di
messaggi:
Noemi Cisalpini: Vì! Scs ma mi
è morto il tel! Batteria scarica :( Ne approfitto per andare
a studiare, ma domani mi racconti tt eh! X favore non farmi stare
in ansia, se hai bisogno chiamami a casa!
Le rispose velocemente, onde evitare di farla preoccupare:
Lavinia Rocci: Emi calmati! Sto meglio
ora, già mi ero tranquillizzata! Vai a studiare, dopo ti
racconto ;)
Noemi Cisalpini: Sicura?
Lavinia Rocci: Si!
Noemi
Cisalpini:
Sicura sicura sicura?
Lavinia
Rocci:
Ho detto di si -.-
Noemi Cisalpini: Okok ma se ti serve sai
che ci sono!
Domani risolviamo ogni cosa, vedrai.
Scs ancora :(
Bacio :*
Lavinia Rocci: Tranquilla, poi ti dico.
Bacio!
Si, poi le avrebbe detto, come no.
Dove avrebbe trovato nuovamente il coraggio di mettere una persona a
conoscenza della sua malattia, ora?
**
Con un sospiro, si avvicinò ai suoi compagni di classe,
prendendo a parlare dei compiti per il giorno dopo, mentre lei gli
passava accanto, silenziosa e veloce. Odiava quella sua finta
indifferenza. Sapeva che se solo avesse potuto, l'avrebbe preso molto
volentieri a schiaffi. Più volte. Invece si limitava a
camminare
per i corridoi invisibile, con i capelli a formare una cappa tra lei e
il resto del mondo, lo sguardo perso.
Praticamente era ritornata a comportarsi come quando abitava a Genova,
e si sarebbe gettata sotto un treno da sola per questo. Aveva iniziato
ad essere una ragazza nuova lì a Pisa, finalmente era
ritornata
a sorridere e a uscire con gli amici... e invece ora tutto all'aria.
Per un ragazzo poi. Che merda.
Era stata colpa sua, lo ammetteva, ma anche lui non era di certo
innocente. Non poteva scaricare su di lei tutta la sua frustrazione!
Avrebbero dovuto trovare un punto d'incontro, ma per come si erano
messe le cose in quel momento sicuramente non si sarebbero parlati per
tutta la vita. Che situazione del cazzo, era il caso di dirlo.
Lavinia si diresse verso le macchinette alla fine del corridoio e prese
il suo solito tè caldo, il gusto non era dei migliori ma
purtroppo la scuola non offriva altro, quindi meglio accontentarsi.
Noemi era rimasta in classe a copiare i compiti di filosofia, quindi si
appoggiò al macchinario, mentre erogava la bevanda, ma fu
sorpresa da qualcuno che le aveva appoggiato una mano sulla spalla:
sussultò involontariamente e si girò di scatto.
-Ehi.- la salutò Paolo con un sorriso, aveva i capelli
perfettamente pettinati al contrario di lui
che li portava perennemente spettinati a regola d'arte, esibendo le
dolci fossette che aveva ai lati della bocca- come stai Vì?
-Ehi.- rispose, tentando
di sorridere- sto... bene.
Te?- sospirò afferrando il bicchierino pronto e
appoggiandosi
alla finestra poco distante, vicino l'angolo. Traduzione: vorrei
davvero scomparire dalla faccia della Terra ma purtroppo non posso,
quindi tiro avanti al limite del consentito.
-Dal tuo aspetto non credo che tu stia 'bene'.- la osservò
bene
notando gli occhi spenti e leggermente lucidi e il viso smunto,
così come le occhiaie coperte dal correttore e le labbra
screpolate piene di burrocacao alla ciliegia, colpa del freddo
improvviso di quei giorni. La ragazza sorrise tristemente e rispose
alzando un sopracciglio.
-E' un modo implicito per dirmi che oggi faccio schifo e sono
più brutta del solito?- chiese acida.
-Cosa? No, no! Ci mancherebbe, tu sei sempre bella.- disse prima di
accorgersene, per poi arrossire e abbassare lo sguardo. Era
così
dolce però. Non si accorgeva che se solo avesse voluto
avrebbe
avuto ai suoi piedi un numero esorbitante di ragazze? Quello che
però lei non sapeva, era che ne desiderava solamente una.
-Bhè grazie, anche se lo stai solo dicendo per placare la
mia
ira.- sorrise più tranquilla di prima, dandogli un piccolo
colpo
con la spalla, tentando di fare ironia e alleggerire la situazione.
-No, dico sul serio Vì.- sorrise amichevole grattandosi poi
la nuca.
-Certo certo.- gli concesse sorseggiando il suo tè. Era
davvero
bollente e sperava vivamente la riscaldasse anche all'interno, dove
sembrava essersi congelato qualcosa. E lei sapeva cosa... esattamente
da qualche sera prima.
-Comunque, hai notato miglioramenti con le ripetizioni?- le
domandò interessato. Ormai si vedevano due pomeriggi a
settimana
e piano piano la ragazza stava iniziando a capirci qualcosa.
-Sì! Oggi la La Fratta mi ha mandato alla lavagna e
l'esercizio
mi riportava!- esultò facendo un piccolo saltello,
rischiando di
far rovesciare il bicchierino colmo di liquido.
-Attenta!- esclamò Paolo prendendola per le spalle, mentre
scoppiavano a ridere- vedi che piano piano stai imparando? Sono davvero
contento Vì!- disse, e proprio mentre pronunciava quelle
parole
udì la porta del bagno a fianco a loro sbattere, chiusa da
Alessandro che li stava fissando con due tizzoni ardenti al posto degli
occhi. Sembrava davvero che da un momento all'altro avrebbe potuto
prendere Paolo e staccargli a morsi la mano che teneva sulla spalla
della sua
bionda. Perchè a lui era permesso toccarla? Non era giusto,
merda. Non era giusto!
-Oh, Ale!- tentò di fermarlo l'amico, ma quello era
già sparito, voltando l'angolo a passo decisamente incazzoso.
-Ma che ha?- domandò disorientato il ragazzo, ritornando a
guardare Lavinia al suo fianco che stava per avere una crisi di pianto:
tratteneva a fatica le lacrime e il petto era scosso da singhiozzi
silenziosi, mentre si mordeva freneticamente il labbro inferiore. Non
si sarebbe stupito se avesse iniziato a sanguinare da un momento
all'altro.
In uno scatto di coraggio, o pazzia?, si staccò da Paolo e
rincorse Catini dietro l'angolo. Si sbrigò e lo raggiunse,
afferrandolo per un braccio, ma quello si divincolò e la
guardò rabbioso.
-Che vuoi?- la aggredì.
-Ecco, io... v-volevo solo... riguardo l'altro giorno... -
tentò di parlare impacciata.
-Senti,- la interruppe sul nascere- se stai cercando di avere la
coscienza più leggera soltanto dicendo qualche frase di
circostanza, puoi anche andartene.- sventolò la mano con un
gesto infastidito, mentre in realtà dentro stava morendo.
Dio solo sapeva quanto gli costava dire quelle cose, ma non doveva
permettersi ancora di rimanere ferito. Si era esposto troppo, con la
conseguenza di aver fatto la figura del povero coglione.
-No, non voglio alleggerirmi la coscienza, voglio solo...-
cercò di spiegarsi, ma il ragazzo si allontanò
velocemente.
-Scusarti? Sai Lavinia, certe
volte è troppo tardi per scusarsi.-
sussurrò amaro e voltò l'angolo, entrando in
aula, mentre i loro compagni li guardavano incuriositi. Bhè,
almeno in quei giorni avrebbero avuto su cosa parlare.
******************************************************************* Abbiamo visto una
Lavinia decisamente sconvolta da un piccolo e casuale
gesto di Ale, inizia subito a farsi mille film mentali e a insultarlo,
ma come biasimarla? Non so voi, ma ci ho messo molto del mio in questo
suo comportamento lol e un Ale che del resto si da dell'idiota
all'inizio ma alla fine è molto fermo nel suo comportamento.
Finalmente la bionda voleva confidarsi con Noemi ma... ma...
l'autrice è troppo stronza :') Mi scuso per il
ritardo, ma ho avuto mille mila cose da fare tra scuola e altro, non
avevo neanche un secondo per accendere il pc. Dovevo dire molte cose ma
non me ne ricordo neanche una, sono di corsa perchè ho
internet a disposizione per pochissimo (odio mia madre per avermi tolto
la wifi) e penso si noti da queste note sparate a raffica (tra l'altro
sto vedendo Amici che ogni anno è sempre peggio, mammamia
°-°) e niente, spero che vi sia piaciuto, lo dedico a
tutte quelle belle personcine che lo aspettavano con ansia, frallosa del mio cuore dico a te! Se
ritarderò sapete che comuque non sono morta eh,
tornerò a tormentarvi muahahahahah. Scappo scappo scappo,
il tempo fugge e l'amore mi da alla testa. Scusate. Un bacione enorme,
Athena xx
Capitolo 12 *** Capitolo 11: 'Just give me a reason' ***
IYW
Note a fine capitolo, spero
che questo capitolo vi soddisfi come soddisfa me.
"Just give me a reason, just a little bit's enough, just a second we're not
broken just bent, and we can learn to love
again."
Lavinia aveva sempre pensato che fare sogni ad occhi aperti in classe e
scarabocchiare i libri scolastici con stupide frasi di canzoni fossero
cose per ragazzine da film americani, ma si era dovuta ricredere
facilmente perchè ne era diventata davvero il prototipo
perfetto. Passava ore ed ore a sospirare e a battere ripetutamente la
punta della matita sul banco, incurante degli sguardi scocciati dei
professori e di quelli preoccupati di Noemi.
Non ce la faceva proprio ad ascoltare discorsi riguardo Lucrezio o
Sant'Agostino o, ancora peggio, seguire i processi matematici spiegati
da La Fratta. Era più forte di lei.
La sua mente era completamente rivolta ad un certo ragazzo dell'altra
sezione e non riusciva a trovare una ragione valida per non pensare a
lui.
Chissà cosa stava facendo. E con chi lo stava
facendo.
Avrebbe dovuto smetterla, lo sapeva, ma era troppo tardi.
Se ne era innamorata, e una come lei, che difficilmente si lasciava
andare, una volta riconosciuti i suoi sentimenti li viveva appieno, che
fossero ricambiati o no. Per questo era corrosa dalla gelosia ogni
volta che lo incrociava in corridoio e lo vedeva parlare con una sua
compagna di classe, mentre lei abbassava gli occhi e desiderava
scomparire il più velocemente possibile. Non aveva problemi ad ammettere
che fosse gelosa. Odiava sapere che solo con lei era
freddo, che solo con lei non parlava e non aveva intenzione di farlo.
Poteva però biasimarlo? No, affatto.
Era stata tutta colpa sua, era stata lei a costringerlo a comportarsi
così; anche se inutilmente aveva provato a rimediare e lui
l'aveva respinta. Giusto. Non poteva sperare di cavarsela con uno
'scusa' e un sorriso di circostanza, avrebbe dovuto trovare qualcosa
per dimostrare il suo pentimento e il suo interesse, ma se ne sarebbe
occupata poi. Ora doveva assecondare la sua vicina che le stava
chiedendo incessantemente da diversi minuti di accompagnarla a prendere
il caffè.
-Dai Vì, per favore!- tentò di convincerla: non
ce la
faceva più a vederla così passiva, essendo
fermamente
convinta che quella sofferenza era davvero inutile, visti i soggetti.
-No Emi, non insistere.- la bionda sospirò nuovamente e si
massaggiò le tempie, percependo i postumi dell'ennesima
notte in
bianco.
-Su! Hai bisogno anche tu di una bella dose di caffeina, lo vedo.- la
prese e la sollevò di peso, mettendole in mano cinquanta
centesimi e spingendola leggermente verso la porta.
-Va bene, va bene. Smettila di spingere, per la miseria.- la riprese
sbuffando e passandosi una mano tra i capelli, per dar loro una
parvenza di ordine.- Sei terribile.
-Lo so,- sorrise la sua amica- è per questo che mi vuoi
bene.-
le disse sbattendo in modo plateale le ciglia e sorridendo come una
bambina. Lavinia scosse la testa e si incamminò lungo il
corridoio, guardandosi intorno.
Ed eccolo lì, vicino al termosifone a parlare con gli amici,
con
in mano il bicchierino del caffè, mentre rideva e scherzava
come
se nulla fosse accaduto, come se nulla lo avesse toccato, come se lei
non fosse neanche esistita nella sua vita. Forse si faceva troppi
problemi. Forse lei gli piaceva
ma nulla più. Forse aveva
già voltato pagina. Forse già
faceva l'idiota con qualche altra ragazza. A guardarlo in quel
momento,
Lavinia poteva anche eliminare tutti i 'forse', visto che sembrava
così a suo agio da farle venire voglia di correre in bagno
disperata e piangere fino al giorno dopo. Era lei quella nuova, era lei
quella che si sarebbe trovata in difficoltà maggiori tra
quei
corridoi, lui era di casa. Merda.
Eppure non le importava, no di certo. Avrebbe trovato il modo per
riscattarsi ad ogni costo, ne era sicura. Doveva solo prendere coraggio
e il gioco era fatto.
Nonostante l'indifferenza di Alessandro, lei non poteva smettere di
sperare.
Nella vita si fanno tanti errori, ma la vera vittoria è
saperli riconoscere.
In quel momento, appoggiata alla macchinetta delle bevande, era
riuscita a comprendere: era cambiata. Non sapeva se in meglio o in
peggio, ma era cambiata.
Si stava sciogliendo sempre di più e desiderava l'affetto di
una
persona, cosa che prima di allora non le era mai capitato. Crescendo si
cambia. Non era sempre un male, ci aveva riflettuto molto. Se adesso
sentiva il bisogno incessante di attirare l'attenzione, o meglio, la sua
attenzione, non poteva colpevolizzarsi: era naturale e giusto. L'unica
cosa sbagliata però, era il metodo. Doveva imparare ad
aprirsi e
a fidarsi delle persone.
Sorrise senza accorgersene mentre Noemi le dava un colpo con il gomito:
-Vì! Sta arrivando Ale!- la informò
concitatamente.
-Cosa? Ma che cazzo dici?- sgranò gli occhi e
iniziò a respirare affannosamente.- Ne sei sicura?
-Sì! E sembra proprio agitato, sai?- rispose osservandolo
con un sopracciglio alzato.
-Non ci credo... che devo fare? Oddio...
-Calmati,- la riprese- respira e vediamo cosa vuole.- la bionda
annuì e si passò una mano sul collo, facendo
finta di
nulla e schiarendosi lievemente la gola.
Se prima la vicinanza di Catini la rendeva irritabile e scostante, adesso
invece con la consapevolezza che sarebbe arrivato vicino a loro, il
cuore aveva preso a batterle ad un ritmo forsennato e non sapeva come
calmare il respiro che le era accellerato. I propri sentimenti
giocavano un brutto scherzo.
Alessandro, da parte sua, non sapeva cosa avesse in mente. Stava
andando da Noemi con una scusa qualsiasi, solo per guardare Lavinia da
vicino. In realtà la mora l'aveva avvertito nei giorni
passati
che lei
non era stata molto
bene anche a causa sua, aveva cercato di fare da intermediario sperando
di farlo cedere e di provocare qualche senso di colpa per spingere a
parlarle.
C'era riuscita, quella serpe.
La sua
Vì aveva provato
a scusarsi ma lui l'aveva allontanata. Si era offeso e aveva voluto
mantenersi su quella falsa riga per un po', convinto che avrebbe
trovato il modo per risolvere la situazione. In realtà era
arrivato solamente alla conclusione che potessero avere un semplice
rapporto, senza gridarsi contro, anche se non era quello che in
realtà desiderava. Quallo che desiderava veramente era
facile
immaginarlo.
Avrebbe voluto stringerla fra le sue braccia e non lasciarla
più
andare, riempirla di attenzioni e farla solo sua, ma non sapeva se ci
sarebbe mai riuscito.
-Ehi Emi!- finto allegro, ovviamente. Cos'altro poteva fare?
-Ciao Ale!- sorrise allusiva, ben sapendo il fatto suo.- Quale buon
vento?
Già, quale buon vento? Che minchia si inventava adesso?
-Emh... i-io... mi chiedevo se per caso avessi... un libro in
più di filosofia, sì ecco.- scusa accettabile.
Avevano lo
stesso in entrambe le sezioni, non sarebbe sembrato sospetto.
-Veramente questa mattina l'ho dimenticato a casa, puoi prestargli il
tuo, Vì?- sorrise angelica.
-Eh?- sbiancò quando i suoi occhi si puntarono in quelli di
lui.
Così profondi, così scuri.
Da quando non riusciva ad ammirarli? Tanto, troppo.
Eppure, nonostante tutte le sue previsioni, anche lui non sembrava al
massimo delle forze; appariva piuttosto sciupato e dallo sguardo
triste. Che fosse per...?
Scacciò quel pensiero funesto e si affrettò a
rispondere.
-Sì, certo. Tranquillo, v-vieni con me che te lo do.-
tentò di sorridere nervosa mentre si muovevano per il
corridoio
entrambi a disagio. In silenzio, cercavano di abituarsi nuovamente alla
presenza dell'altro, per scoprire poi, in segreto, che era come se non
fosse passato neanche un minuto da quando camminavano scherzando e
sperando in qualcosa di più, appena un mese prima. 'Chi scherza col fuoco
prima o poi si brucia', dice un detto. Ne erano la prova
vivente.
Ci avevano provato e si erano bruciati, nonostante fossero andati con
calma. Lavinia non ne era convinta fino alla fine e se ne era accorta
troppo tardi, semplice.
Come avrebbero fatto ora? Entrambi desideravano rompere il ghiaccio e
semplicemente ricominciare da capo, ma non era possibile. Avrebbero
dovuto imparare dai loro errori ed andare avanti, per cercare di
costruire un rapporto solido e duraturo.
Il punto era, ci sarebbero riusciti? O le loro differenze li avrebbero
pregiudicati, rendendo ogni sforzo vano?
Gli sguardi di tutti si puntarono su di loro non appena entrarono in
aula, e Alessandro squadrò tutti con cipiglio sbruffone,
alzando
un sopracciglio e sfindandoli con lo sguardo a fare qualche battutina.
Che ci provassero, poi avrebbero assaggiato la sua furia.
-Grazie.- sussurrò quando la bionda gli consegnò
il libro
e le loro dita si sfiorarono impercettibilmente: come se una scossa
avesse attraversato i loro corpi.
I loro sguardi saettarono l'uno verso l'altro e si incatenarono, non
avendo altra scelta.
-Io...-fu sul punto di dire il ragazzo, ma la campanella di fine
intervallo suonò e mise fine ad ogni possibile tentativo di
conversazione. Segno del destino? Bhe, se ne sarebbe altamente fregato
del destino, la sua vita era nelle sue
mani.
-Dimmi.- rispose velocemente Lavinia. Se lui aveva trovato il coraggio
di parlare, non poteva lasciarlo andare via così, per
nessuna
ragione al mondo; purtroppo però l'insegnante era appena
entrata
in aula, così Catini afferrò il libro e
uscì dalla
porta, mimandole l'atto dello scrivere sul cellulare.
Infatti passò l'ora restante a scambiarsi messaggi con lui
su
WhattsApp: aveva già controllato nei giorni passati che il
suo
nome le era comparso nell'elenco contatti e non aveva potuto fare a
meno di constatare che finalmente il tanto atteso iPhone era arrivato.
La loro situazione cambiava così velocemente che le faceva
venire il mal di testa, due secondi prima non si parlavano e due
secondi dopo invece tentavano di chiarirsi, anche se avevano aspettato
un bel po'. Erano proprio due adolescenti innamorati.
Scusa
sono dovuto scappare in classe...
Non
fa nulla tranquillo, solo mi chiedevo come mai ti sei deciso a parlarmi.
Volevo
solo
chiarire, e ho riflettuto più volte sul fatto che non devi
sentirti a disagio con me, cioè, forse sono stato troppo
avventato...
O
forse sono stata io troppo stupida... ancora non mi sono scusata
abbastanza, non avrei dovuto mentirti.
E Lavinia intanto prendeva il coraggio a due mani e sputava il rospo,
un po' perchè dietro uno schermo era più facile,
un po'
perchè non avrebbe voluto aspettare un altro secondo in
più per metterlo a conoscenza di tutto. Non ne poteva
più
e non voleva lasciare spazio ad altri fraintendimenti, come spesso
poteva capitare con quei mezzi di comunicazione.
No,
hai
ragione, non avresti dotuto, ma non mi devi niente tu, giusto? Sono un
tuo amico (se ancora mi consideri così!) e come tale devo
restare al mio posto, facendomi gli affari miei e accettando quello che
vuoi dirmi e quello che vuoi tenermi nascosto :)
No!
Non
è questo! Te l'ho detto, è che non sono abituata
ad
aprirmi e volevo un po' di tempo, ma a quanto pare ho rovinato tutto...
avrei dovuto fidarmi di te e invece non l'ho fatto, è tutta
colpa mia, sono una stupida!
Non
devi darti della stupida per farmi piacere.
Non
lo sto
dicendo per farti piacere, idiota, ci mancherebbe anche! Solo, ti sto
dicendo che ho sbagliato, quindi apprezza prima che ritiri tutto!
Ci
mancherebbe signorina ;) però vorrei chiarire faccia a
faccia,
si può? Credo che ancora non ci siamo detti tutto e queste
parole taciute non ci fanno bene.
Così scrisse Alessandro, ben sapendo a ciò che
andava in
contro. Aveva una folle paura di quello che gli avrebbe detto, del
rapporto che praticamente poteva essere troncato in ogni minuto e del
fatto che gli avrebbe detto una volta per tutte che non lo voleva.
Anche se ogni singolo muscolo gli faceva male solo a pensare concetti
del genere, non poteva tirarsi indietro: doveva affrontare una volta
per tutte quella piaga e sarebbe andato avanti. Probabilmente con il
cuore a pezzi, ma non poteva continuare così. Lavinia
acconsentì e lui sospirò posando la testa sul
banco,
consapevole che quella chiacchierata
avrebbe cambiato la sua giornata, se non la sua vita.
**
La ragazza camminava ansiosamente per la strada, cercando di
organizzare mentalmente le idee per decidere come prendere la
situazione. Cosa doveva fare? Come doveva comportarsi?
Alessandro le aveva chiesto di incontrarsi al parco a due isolati da
casa alle sei e lei era uscita di casa alle quattro e mezza. Fanculo lo
studio! Era proprio il suo ultimo pensiero.
Il telefono le squillò e sobbalzò
istantaneamente, già con il fiato corto e lo
afferrò con le mani sudate; fortunatamente era solo Noemi che
voleva sapere cosa avrebbe fatto. -Allora?-
le strillò nell'orecchio eccitata.- E' arrivato? -Ancora
no. Sono io ad essere in anticipo...-
sospirò agitata.
-Oh Vì sono così felice! Finalmente si
sistemeranno le cose, vedrai.- la ragazza non ci credeva neanche un
po', ma la speranza era l'ultima a morire. Si sarebbe limitata a fargli
le scuse e ad esprimere i suoi sentimenti, lui l'avrebbe ascoltata e le
avrebbe risposto che ormai era troppo tardi. Semplice.
Si, col cazzo.
Le veniva da piangere al solo pensiero ma non c'erano altri modi. Doveva farlo.
Le avevano sempre insegnato ad essere sincera e già troppe
volte non lo era stata, bisognava farla veramente finita,
perchè non si riconosceva più. Era cambiata e
voleva iniziare a fare le cose per bene.
-Lo spero davvero Memi, lo spero davvero.- disse chiamandola con il
nomignolo terribile che le aveva affibbiato qualche settimana prima. La
sua amica lo adorava, strano.
-Ma su, anima!- facile dirlo, per lei.
-Mh. Sono arrivata al parco.- la informò intanto,
guardandosi intorno.
-Ecco brava, mettiti seduta e fai un bel respiro!
-Va bene, va bene.- la assecondò cercando di rilassarsi.
Continuarono a parlare per un tempo indefinito, la bionda esprimendo le
proprie paure e la mora cercando di consolarla, senza riuscirci. Ad un
certo punto Noemi si fece triste:
-Io adesso devo andare tesoro, mi aspetta la parrucchiera, ma ci
sentiamo
questa sera, ti chiamo e mi dici ogni singola cosa eh! Bacione!- le
promise e riattaccò. Ora non le restava nulla da fare se non
aspettare che arrivasse Catini, perfetto. Non si era neanche accorta
che ormai erano le sei, persa tra sfoghi e paure. Per questo, quando
lui le spuntò dietro silenzioso, sobbalzò e
spalancò gli occhi.
-Ehi, non volevo spaventarti.- sorrise leggermente.
Alessandro aveva passato un pomeriggio terribile: si era persino
scritto un discorso e l'aveva provato davanti allo specchio, neanche
fosse in un film. Voleva fosse perfetto. Voleva convincerla.
-Figurati, ti stavo aspettando.- lo rassicurò e si
portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
-E' tanto che sei qui? Sono in ritardo? Scu...
-No.- lo interruppe.- calmati, se iniziamo ad essere agitati ora
è la fine.- risero entrambi, imbarazzati.
-Punto per te, bionda.- ammise e sorrise sghembo, passandosi una mano
tra i capelli e facendo mente locale: come avrebbe iniziato? Ora che si
trovava lì non ne aveva la minima idea e rischiava di fare
la figura dell'idiota ma era troppo tardi per tirarsi indietro. Aveva
fatto una passeggiata a piedi nonostante il tempo fosse nuvoloso ed ora
si sentiva infreddolito ed impaziente.
-Lo so, io vinco sempre.- si vantò, da brava snobbetta. In
realtà si sentiva molto tesa e cercava di mascherarlo in
quel modo, neanche dovesse operarsi o farsi prelevare un litro di
sangue.
Ne aveva passate di peggiori, ma quando si è adolescenti ed
inesperti le pene d'amore sembrano problemi insormontabili. E' buffo,
perchè poi da adulti ci si ripensa e si ride, ammettendo
l'imbranatezza e la timidezza.
-Già, sempre.- scosse la testa, come per scacciare un brutto
pensiero e la guardò negli occhi.
Quelli occhi che aveva imparato a conoscere e ad adorare, non avevano
più segreti per lui.
-Lavinia- iniziò- siamo qui per cercare di chiarirci,
giusto? Ebbene, non cerchiamo di prendere tempo e facciamola finita,
rimandare non serve più adesso.- fece, forse un po'
più brusco del necessario.
La ragazza capì male e subito percepì un fuoco
incendiarla dentro, portando a galla il suo lato battagliero e
insolente. Come si permetteva? Come se fosse stata lei ad evitarlo per
tutto quel tempo!
-Cosa? Speri di cavartela con poco e poi di tornare a casa come se
nulla fosse? Mi sembra ovvio,- sbuffò ironica- tanto cosa
cambia a te?
-Non spero di cavarmela con poco! Piuttosto spero che non sorgano
discussioni inutili!
-Inutili? Se sorgono vuol dire che servono, scemo!- si stava proprio
incazzando, cosa l'aveva chiamata a fare allora? Credeva di potersi
presentare, dirle che si era sbagliato e tornarsene a casa?
-Ecco, lo vedi che parti con gli insulti? Calmati!- provò a
dire, ma fu interrotto.
-No che non mi calmo e ti insulto perchè sei un'idiota!-
strillò alzandosi, mentre calde lacrime prendevano a rigarle
le guance. Si era ripromessa di non piangere, ma ultimamente faceva
sempre l'opposto di quello che pensava, dannazione. Voleva sembrare
forte e coraggiosa ma sapeva che in realtà non era affatto
così. Aveva capito di voler qualcuno che la consolasse e
vezzeggiasse, che la facesse sentire protetta e che le dicesse che
insieme avrebbero affrontato ogni cosa.
Voleva che fosse lui
quel qualcuno,
ma ogni secondo che passava comprendeva che le sue speranze erano
superflue e impossibili. Strinse forte i pugni e conficcò le
unghie nei palmi, cercando di trattenere le lacrime, altrimenti sarebbe
diventata un panda.
-Meglio idiota che bugiardo!- alzò la voce anche lui e le si
mise di fronte, fissandola rabbioso- Credi che sia stato facile per me
scoprire che mi avevi mentito?
-Era una piccola omissione!- alzò gli occhi al cielo e
calmò il tremore delle gambe, provando a riparare.
-Non mi interessa Lavinia, non mi interessa di che cazzo di bugia si
tratta!- alzò un braccio verso il cielo scuro e denso di
nubi, come a volerlo indicare, come a voler chiedere il parere di
qualcuno di invisibile.- E' il fatto che è alla base che non
va bene! Io mi sono fidato di te cazzo, lo capisci? Invece tu no!- lei
aveva soltanto finto di affezionarsi e gli aveva fatto capire che non
meritava neanche la verità.
-Perchè devi farne una tragedia? Ti ho già detto
che non stiamo insieme e non sono obbligata a dirti tutto!- perfetto,
stava sbagliando ancora. Per messaggio si erano detti determinate cose
e ancora una volta si strillavano contro quando si trovavano faccia a
faccia, era più forte di loro. Erano entrambi arrivati al
parco con il volere di sistemare ogni cosa e stavano nuovamente
mandando a puttane tutto.
-Si tratta di questo quindi? E' perchè non stiamo insieme
che pensi di potermi trattare come vuoi? Come se fossi il tuo
giocattolino? Sai, di solito sono gli uomini che si comportano
così, e voi ragazze vi lamentate piangendo, nel nostro caso
invece è il contrario!- fece sprezzante. Erano sempre stati
una coppia,
se si poteva usare quel termine, strana,
ma adesso si sfiorava il ridicolo.
-Non mi paragonare ad una stupida oca che gioca con le persone! Io non
sono così, dovresti saperlo!- rispose offesa, mentre
nascevano nuove lacrime di indignazione.
-Dovrei saperlo? Sul serio? Perchè arrivati a questo punto,
non sono più sicuro di sapere realmente chi sei, non sono
più sicuro che tu sia la ragazza che ho conosciuto e che ho
imparato ad apprezzare!- strillò roco, sbattendo un piede
per terra. La sua voce era cresciuta parola dopo parola, arrivando ad
attirare l'attenzione di alcune persone che stavano facendo jogging
lì vicino, nonostante fosse un'area piuttosto appartata del
parco. Fortunatamente stavano andando tutti a casa, visto che
iniziavano a cadere le prime gocce di pioggia, ma a loro non
interessava.
-Oh ma per favore!- ribattè acida la bionda- Parli proprio
tu, che con i tuoi sbalzi d'umore me ne hai fatte passare di tutti i
colori? Proprio tu che non sai quello che vuoi?
-Io non so
quello che voglio?- le afferrò velocemente il polso e le
impedì di voltarsi per andarsene.- Ne sei sicura? Io so perfettamente
quello che voglio e ho tentato di fartelo capire, ma sei troppo stupida
per capirlo!- stranamente, anche lui aveva gli occhi umidi. Non
l'avrebbe mai ammesso con nessuno, ma il suo cuore si stava spezzando
in quegli attimi. Aveva
creduto seriamente che non sarebbe più riuscito ad amare
nessuno dopo Sara ed invece, contro ogni aspettativa, c'era riuscito.
Aveva trovato una persona che lo completava e per cui valeva la pena di
lottare, ma non sapeva proprio come fare. Non ci era abituato e secondo
dopo secondo, sembrava che a lei non importasse nulla. La voleva. La
voleva disperatamente, ma certe volte non bastava, se il sentimento era
a senso unico. In una relazione si è in due, punto
fondamentale, e Lavinia evidentemente non voleva.
Sapeva che aveva detto 'basta' all'amore. Ma se dicevi 'basta' all'amore,
cosa rimaneva poi?
-Penso che invece sia il contrario, sai?- sussurrò questa
volta lei. Ne aveva fin sopra ai capelli delle loro urla, e anche se
adorava la sua voce, la preferiva quando era bassa e dolce, non quando
usava parole affilate come rasoi per ferirla.
-Non lo so più, Vì.- anche lui aveva abbandonato
immediatamente i toni alti, per parlare a voce roca.- Non sono
più sicuro di nulla.- sussurrò passandosi una
mano nei capelli che iniziavano a bagnarsi: nessuno dei due aveva un
ombrello e sarebbero dovuti correre a ripararsi, ma restarono a
fissarsi per secondi interminabili, immobili come pietre.
-Cosa vuoi dire?- sibilò lei, tremando, non sapeva se per
l'acqua che le trapassava i vestiti e le bagnava la schiena, o per
quello che avrebbero potuto significare le parole di Alessandro. Ormai
le lacrime si confondevano con le pioggia e in pochi secondi il
silenzio fu rotto dal rumore dell'acqua che scendava incessante e
copiosa.
-Voglio dire che penso sia meglio finirla qui, continua la tua vita con
tranquillità e non pensare a me, sarà come se non
fossi mai esistito...- scosse la testa sentendo il cuore
sempre più pesante, insieme ai vestiti impregnati d'acqua.
Le lasciò delicamente il polso, come se non riuscisse
più a toccarla, come se il solo contatto fisico gli
provocasse dolore e abbassò lo sguardo.
-E' questo quello che vuoi veramente?- domandò lei, con i
capelli attaccati al volto e il trucco colato. Rabbrividì
nuovamente e spostò il peso da una gamba all'altra. No.
-Sì.-
rispose Alessandro. Sperava di aver capito male. Nonostante lo avesse
solo sussurrato e la forte pioggia coprisse ogni cosa, era sicura che
non ci fossero fraintendimenti. Con il cuore che sembrava scoppiarle
nel petto e rimbombare nella gola e nelle orecchie, tirò su
con il naso, mentre il respiro le veniva meno. Lui si era girato e si
stava lentamente incamminando verso l'uscita del parco, tentando ci
coprirsi come poteva con il cappuccio del giaccone. Era dunque questa
la fine del loro rapporto? O meglio, la fine di qualcosa mai iniziato. No, non poteva essere.
Non poteva essersi ridotta in quello stato per poi rimanere con nulla
in mano.
Non poteva lasciare che la sua unica possibilità di
felicità le sfuggisse come una farfalla che vola lontana.
Non poteva e non voleva.
Prese a correre a perdifiato per raggiungerlo, incurante delle
conseguenze che le avrebbe portato quel gesto. Sapeva che probabilmente
non sarebbe servito a nulla, che l'avrebbe respinta e che si sarebbe
sentita ancora più umiliata, ma quando si è
innamorati si fanno cose stupide e lei non era da meno.
Lo afferrò per la camicia e lo voltò velocemente,
rischiando di cadere nel fango.
-E' quello che vuoi tu, brutto idiota, ma non è quello che
voglio io!- urlò a squarciagola, mentre la pioggia non le
permetteva di vedere e respirare bene. Non le importava, ormai era
fatta.
Alessandro spalancò gli occhi incredulo e se la
ritrovò attaccata al torace, mentre lo tempestava di spinte
e di parole dure:
-Voglio poter essere una coppia, sai? Voglio andare in giro mano nella
mano, e non sembrare una razza di disadattata in imbarazzo al tuo
fianco! Voglio poter essere sicura dei tuoi sentimenti per me,
perchè onestamente, razza di imbecille, non ho la
più pallida idea di quello che provi nei miei confronti!
Voglio poter urlare al mondo che ti amo, senza avere la paura di essere
rifiutata!- la voce le venne a mancare mano a mano che andava avanti, e
i colpi che tentava di dargli divenivano sempre più deboli
ma nonostante tutto, non si era interrotta ed aveva sputato fuori tutto
quello che la opprimeva e le impediva di andare avanti.- Ma tu non
capisci, tu non mi vuoi!- pigolò disperata, attaccandosi a
lui, terrorizzata dal fatto che la potesse respingere. Non voleva
separarsi da lui.
Avrebbe trovato un modo di stargli per sempre accanto, anche se lui non
la voleva.
Alessandro nel frattempo era come bloccato, come se il tempo si fosse
cristallizzato e i suoi neuroni avessero cessato di funzionare tutti
insieme. Non appena realizzò le parole della bionda, la
avvolse tra le sue braccia e la strinse a se, facendole mancare il
respiro. Non ci credeva!
Lei... Lei... Lei era innamorata di lui.
Non... cioè... era...
-Non ti voglio, brutta scema?- le sussurrò all'orecchio
piangendo mentre lei si stringeva ancora di più- Ma se sono
innamorato pazzo di te quasi dal primo momento in cui ti ho vista.-
rise con la voce che gli veniva meno. Non avrebbe mai ammesso con
nessuno che aveva pianto, ma non poteva farne a meno in quell'istante:
lei lo amava!
-Cosa?- alzò immediatamente il viso, incurante di tutto, e
lo fissò negli occhi- Non è vero...- non ci
credeva neanche un po' ma nonostante ciò non poteva impedire
al suo cuore di battere ancora più velocemente e a quel
pizzico di speranza rimasta di moltiplicarsi.
-Si che è vero, pensavo lo avessi capito e che semplicemente
non mi volessi...- infilò il volto tra il suo collo e la
spalla e ispirò forte, avvertendo il profumo di pioggia e di
pesca, mentre lei lo stringeva ancora più forte, pronta a
ridere istericamente.
-Siamo due coglioni, lo sai?- rise contro le lacrime e scosse la testa,
incredula.
-Si, ma ora ci siamo trovati, e non ti lascerò andare per
nessuna ragione al mondo.- sorrise leggermente e le prese il viso tra
le mani, carezzandole dolcemente le guance e le labbra.
-Ti amo.- ammise guardandola fisso negli occhi- E scusa se ti ho fatto
penare così tanto.
-Non fa nulla.- la bionda scosse impercettibilmente la testa, felice.-
E sei fortunato, perchè ti amo anche io, nonostante tutto.
Sorrisero ancora una volta e avvicinarono tremanti i loro volti, per
far incontrare finalmente le loro labbra. Dopo tutte le incomprensioni,
tutti i litigi, tutti i momenti brutti e quelli belli, dopo le occhiate
furtive e i sorrisi nascosti, finalmente potevano essere loro stessi.
Potevano amarsi alla luce del sole e crescere insieme, far evolvere il
loro rapporto senza problemi ulteriori.
Anche se per entrambi non era il primo bacio, era come se lo fosse.
Dapprima fecero scontrare delicatamente le labbra, non essendo ancora
sicuri se quello fosse un sogno oppure la realtà, e
successivamente iniziarono a prendere confidenza. Schiusero le bocche,
facendo incontrare le loro lingue e assaporando i loro sapori,
mordendosi le labbra e carezzandosi. -Sarebbe
meglio trovare un posto dove ripararci però,-
sorrise Alessandro- non vorrei che prendessimo una polmonite.
Lavinia annuì e si staccò, afferrandogli la mano
e iniziando a correre verso l'uscita del parco; il ragazzo la condusse
verso una vecchia cabina telefonica lì vicino e dopo averla
fatto entrare, chiuse
alle loro spalle la porta, respirando a pieni polmoni.
-Per la miseria, fortuna questa, già siamo fradici!- ammise
tentando di strizzare la felpa.
-Direi che ce la siamo cercata, eh!- fece con il solito tono da
sapientina la bionda.
-Siamo rimasti ad urlarci contro sotto la pioggia chissà per
quanto...
-Già, ma ne è valsa la pena.- le mise le mani sui
fianchi e l'attirò a sè, facendo nuovamente
incontrare le loro bocche. Si baciarono a lungo, mai sazi.
-Quello che è fatto è fatto, ora è
tempo di iniziare da capo.- disse mentre lei sorrideva e gli carezzava
una guancia- Ce la possiamo fare, Vì.
-Sarà difficile, lo sai?- le prese il mento tra due dita e
la costrinse a guardarlo:
-Non fa nulla, sei troppo importante per me, non posso lasciarti andare
per nessuna ragione al mondo, non dopo tutto quello che abbiamo
passato. Non siamo
rotti, siamo solo piegati, possiamo amare.
Si strinsero, incapaci di proferire altro dopo quelle parole, e
restarono così, colmi di amore e speranza.
************************************************ Bene, eccomi qui dopo
cinque mesi di assenza. Inizio con il dire
che c'è stato un motivo (anzi, più di uno) ma vi
basti sapere che non ho più a disposizione un mio pc e mi
devo accontentare di un acer vecchio quanto il cucco solo il sabato e
la domenica- quando mi va bene- e sono stata emarginata dal mondo
virtuale per davvero tanto. Ho messo un avviso
sul mio gruppo ma mi è stato impossibile farlo qui, quindi
scusate. Ho perso il capitolo
che avevo scritto e ho dovuto ricominciarlo completamente da capo e se
ci sono altre autrici fra i miei lettori, spero sappiate quanto sia
frustrante. Però piano piano mi sono rimessa di buono
spirito e in due giorni ce l'ho fatta. Ho scritto di getto, non potendo
più fare a meno di lasciare questa storia così
fino a che non avessi trovato una soluzione. Questa è
temporanea, ma finchè dura, bene. Non posso promettervi
aggiornamenti regolari, perchè avrete capito che non
è una situazione facile ma non vi abbandonerò del
tutto. Ci sarò. A rilento, ma ci sarò ;) Questo capitolo
è esattamente come lo avevo immaginato e spero davvero sia
di vostro gradimento, dopo 12 capitoli era questa la mia idea perfetta
per questi due. La
storia non è finita (come molti di voi si
chiederanno giustamente) e anzi, ora arriva la mia parte preferita
tutta pucci pucci (almeno per un po' emh emh u.u) e vedremo come si
evolverà il loro rapporto di coppia :) Chiedo scusa per
eventuali errori se mi sono sfuggiti e mi ritiro nel mio angolino,
sperando che qualcuno abbia ancora la voglia di lettere questa storia e
di lasciare un parere magari. Al prossimo capitolo
care! (non dico a presto perchè sarebbe impossibile definire
il mio 'presto' lol) Un bacione, Athena xx
PS. frallosa, Sabri e Chiara: vi voglio
bene tesore e vi ringrazio per il sostegno, nonostante tutto :*
"High Hopes, when you
let it
go, go out and start again."
Quando sua madre l'aveva vista rientrare completamente bagnata fradicia
da capo a piedi, aveva scatenato un putiferio.
L'aveva
accusata di essere un'irresponsabile, di non aver cura di se stessa e
di non capire a fondo la gravità della sua malattia.
In un altro
contesto Lavinia avrebbe iniziato a gridarle contro, ma quel giorno
aveva sorriso, chinato la testa, ed era andata ad abbracciarla. Aveva
sospirato e le aveva chiesto scusa, correndo immediatamente a fare una
doccia calda per evitare di ammalarsi, non l'avrebbe aiutata di certo.
Anzi, doveva pregare di non ammalarsi o sarebbero stati davvero cazzi
amari per lei, pensò insaponandosi i capelli. Dannazione. In
quel
momento però, era il suo ultimo problema: avrebbe dovuto
chiamare Noemi
per raccontarle tutto.
**
-Sì. Ti giuro, per un
momento ho davvero pensato di essermi immaginata tutto. Ancora non ci
credo!- sospirò Lavinia, posando la guancia sul cuscino. Era
al
telefono con l'amica da un'oretta abbondante ormai, nonostante
ciò
ripeteva quasi sempre le stesse frasi. La ragazza, dall'altro capo
della
cornetta, ridacchiava da sola, conscia del fatto che nulla avrebbe
potuto fermarla.
-Mi chiedo chi ti farà uscire dalla tua bolla d'amore!- la
punzecchiò contenta: aveva sempre patteggiato per lei e
Alessandro, e sapere che finalmente le cose si erano risolte la rendeva
felice come non mai. Si meritavano un po' di tranquillità.
-E perchè mai dovrei uscirne?- ridacchiò,
scalciando via le ciabatte e posando i piedi sul letto.
-Bhè, per prima cos- iniziò la mora, ma fu
interrotta dal trillo di arrivo di un messaggio.
-Awww!- esclamò Lavinia, notando il mittente.- Mi ha
già scritto, dopo due ore che non ci vediamo!
-Ritorna in te, ti prego.- scherzò Emi, facendo la finta
esasperata, in realtà adorava vederla così.
-Ti metto in vivavoce, così gli rispondo.- la
avvertì con una nota di impazienza nella voce.
-Va bene, cosa ti dice?- domandò interessata. Voleva proprio
vedere come era il suo amico in veste di fidanzatino innamorato, era un
aspetto della sua vita che le mancava.
-"So che sembro patetico
ma già mi manchi, domani mattina ti passo a prendere e
andiamo a scuola insieme, ti va?" e ci ha aggiunto un
cuore alla fine! Awwwww!- strinse il telefono e sorrise ancora di
più.
-Riesco a vedere i tuoi occhi a cuoricino fino a casa mia, sai?- la
riprese scherzosamente.
-E ti piacciono?- aggrottò le sopracciglia mentre rifletteva
su cosa rispondere e scalciava sul piumino.
-Da morire! Ora però dimmi un po', come vi comporterete
domani a scuola? Come dei colombi?- domandò interessata.
La bionda si bloccò, conscia del fatto che non avevano
discusso
del comportamento da tenere in generale. Lei non era una tipa che si
attaccava, solitamente, ma con lui aveva sempre un senso di
apprensione, voleva sempre sapere cosa stesse combinando, se stesse
pensando a lei e se altre ragazze gli si avvicinavano; ma non era da
biasimare, giusto? Cosa avrebbe dovuto fare?
-Non ne ho la minima idea.- sussurrò spalancando gli occhi.-
Cioè, sono spiazzata dai suoi comportamenti per il novanta
percento del tempo, quindi non so cosa aspettarmi.- ammise, grattandosi
la testa e controllandosi poi lo smalto.
-Dai, ti comporterai di conseguenza, spero. Voglio dire, l'unica cosa a
cui devi fare attenzione è non rovinare quello che avete
costruito questa sera!- la mise in guardia. Ci mancava solo che
litigassero di nuovo!
-Questo mai!- proruppe spaventata.- Ora che finalmente ci siamo
chiariti di certo non c'è più posto per le
incomprensioni!- disse in modo chiaro e coinciso. Non ne voleva proprio
sapere di altre discussioni e lacrime varie.
-Appunto, quindi vai tranquilla Vì e non fasciamoci la testa
prima di romperla.- cercò di fare ironia per alleggerire
l'aria
fattasi improvvisamente tesa. Non voleva rattristarla, voleva solamente
metterla in guardia visto il carattere caldo dei due ragazzi.
-Come sei ottimista Memi...- sospirò la bionda. Non riusciva
proprio a capacitarsi di come la sua amica sperasse sempre per il
meglio. Lei puntava sempre al peggio, era davvero catastrofica. Era il
tipo di persona che vedeva tutto nero da quando si era ammalata.
-Analizzo semplicemente le situazioni e ti espongo la più
probabile, cara.- fece con aria birichina.
-Sai sempre come tranquillizzarmi, grazie.- sorrise dolcemente; non
aveva parole per descrivere il suo stato d'animo momentaneo, ma era un
mix letale di amore, gratitudine, felicità e voglia di
vivere:
emozioni così nuove per lei alle quali doveva ancora
abituarsi
del tutto.
-Non lo devi neanche dire, sono così felice di essere
diventata
importante per te, inizialmente avevo paura di starti antipatica, sai?-
confessò. Aveva subito notato che quella ragazza bionda ce
l'aveva con il mondo intero ma quello non l'aveva di certo fermata dal
provare a diventare sua amica, a poco a poco. Non si era arresa grazie
al cielo, e aveva guadagnato un'ottima confidente.
-Ma no!- rise Lavinia,- E' che determinate situazioni mi hanno
portato ad essere un tipo solitario per la maggior parte del tempo, poi
alcune amicizie mi hanno fatto rinchiudere ancora più a
guscio e
quindi...- tentò di spiegare. Non voleva passare per la
solita
ingrata che si aspetta che la gente si pieghi al suo passaggio.
-Capisco, non devi spiegarti, tesoro. Volevo solo farti sapere che ti
voglio bene.- sorrise Noemi dall'altra parte del telefono. Lavinia
tacque improvvisamente, mentre calde lacrime le si addensavano negli
occhi, e parlò con voce rotta:
-A-an-che io ti voglio bene, davvero. Non sai quanto significa per me
il tuo supporto.- tirò su con il naso e si
asciugò le
guance con la manica del pigiama.- Ci sei sempre quando ho bisogno,
nonostante inizialmente non sia stata uno zuccherino.- anzi, a dirla
tutta era stata proprio una stronza con ognuno di loro. Ora invece, si
era
accorta che non sempre la gente trama alle tue spalle, ma esistevano
ancora persone gentili e amorevoli, come la sua amica e il suo ragazzo.
La mora rimase piacevolmente colpita, non si sarebbe aspettata certe
parole.
-Tranquilla, sono contenta di aver insistito con te. Ne vali davvero la
pena.- chiarì, anche lei commossa.
**
-Di solito di prima mattina sembra che ti sia passato sopra
un
autobus, mentre oggi sei perfetta, che succede?- chiese Cristina non
appena la figlia entrò in cucina sorridente, con i capelli
stirati e un trucco perfetto; alzò un sopracciglio e le
versò il tè nella tazza.
-Mi sono alzata con il piede giusto, non si può?- sorrise
mettendosi seduta e afferrando un biscotto.
-Certo, certo.- prese la sua tazzina con il caffè e
iniziò a bere, continuando a squadrarla con sguardo
scettico, una
madre certe cose le sentiva. La ragazza
trangugiò la sua bevanda, quasi ustionandosi
lingua e
palato, e corse a lavarsi i denti, lasciando la madre sempre
più
perplessa in cucina,chissà cosa
le prendeva, pensò.
Ritornò più agitata di prima, e
Cristina
sbuffò:
-Vieni qui, ti sistemo i capelli va.- le disse, notando che li spostava
continuamente.
-Va bene, ma fammi carina!- le intimò, con una certa nota di
ammonimento nella voce, mentre la madre alzava gli occhi al cielo.
-Si può sapere cosa c'è?- le domandò
una volta
fermatale la treccia che aveva fatto. Non fece in tempo a concludere la
frase che il campanello suonò, e la figlia scattò
in
piedi, correndo ad aprire, non prima di essersi controllata nello
specchio.
La donna capì tutto nel preciso istante in cui vide
Alessandro
sbucare dalla porta di casa, con la camicia della divisa fuori dai
pantaloni, la giacca poggiata sul braccio e un timido sorriso estasiato
disegnato sul volto. Adesso era tutto molto più chiaro,
decisamente.
-E' permesso?- chiese schiarendosi la voce e seguendo Lavinia nel
corridoio, tenendola per mano.
-Certo, vieni, io vado a prendere lo zaino!- la bionda sorrise dolce e
scappò in camera, lasciando soli ragazzo e madre. Si
guardarono
negli occhi per un decimo di secondo e poi sorrisero
contemporaneamente: Alessandro un po' impacciato ma felice e Cristina
finalmente con il cuore traboccante di contentezza per la
figlia;
aveva davvero sperato che a Pisa trovasse un po' di
tranquillità, qualche amica e magari l'amore, e
così era
stato. Trasferirsi era stata una delle scelte più
intelligenti
che avessero mai potuto fare, adorava vedere la sua bambina con il
sorriso sulle labbra, anche se qualche settimana prima sembrava caduta
in un tunnel depressivo, probabilmente prima di chiarire con il ragazzo
davanti a lei. Ora, però, sembrava tutto sistemato e non
c'era
cosa migliore del vedere due giovani innamorati, perchè era
sicura che lo fossero.
-Vuoi accomodarti?- gli chiese, mentre dalla camera della figlia
provenivano rumori sospetti: probabilmente stava mandando all'aria
tutto l'armadio per trovare una sciarpa o un cappello.
-Arrivo!- gridò petulante la bionda, mentre faceva a lotta
con,
appunto, una sciarpa incastrata: voleva coprirsi per non ammalarsi,
altrimenti sarebbe stata la fine. Per giunta con la fretta si era
dimenticata di prendere le medicine mattutine, e si sarebbe dovuta
inventare qualcosa per ingurgitarle senza farsi notare da Alessandro.
Ancora non si sentiva pronta per condividere con lui questa parte della
sua vita, ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto farci i conti se il
loro rapporto fosse evoluto, sia per una questione prettamente
salutare, sia per una prettamente di fiducia: basta bugie.
Più e più volte avevano tentato di farle capire
che la
sua malattia non era qualcosa di cui vergognarsi, ma per un tipo
indipendente e orgoglioso come lei era un punto debole da nascondere.
Ricordandosene, infilò anche la pompetta per gli attacchi
asmatici nello zaino mentre percorreva il corridoio sistemandosi il
cappotto, era stata una sprovveduta a dimenticarsene per tutto quel
tempo, solitamente l'aveva sempre con sè.
-Oh, no grazie, si figuri.- rispose il ragazzo in modo educato e
facendo attenzione a non urtare nulla mentre scuoteva la testa. Quella
mattina si sentiva davvero bene, chissà perchè, e
avrebbe
avuto la forza e la voglia di correre per tutta la città; si
stava schiarendo la voce quando ritornò Lavinia.
-Possiamo andare!- sorrise entusiasta dopo aver trafficato in cucina
con le medicine, stando attenta a non farsi notare, e
allungò un
bacio sulla guancia alla madre, per poi trascinare Alessandro fuori
dalla porta. Non vedeva l'ora di restare da sola con lui per poterlo
baciare e accarezzare, per sentire il suo profumo e sentirsi calda e
protetta dalle sue braccia: l'aveva sognato per tutta la notte e ogni
secondo lontana da lui le sembrava una tortura terribile.
-E' stato un piacere signora,- tentò di dire mentre veniva
trascinato nel pianerottolo- buongiorno e a presto!-
continuò
nel frattempo che la ragazza lo spingeva nell'ascensore. Non voleva
sembrare maleducato alla madre della propria ragazza ma in
realtà anche lui non vedeva l'ora di restare da solo con
lei.
Era passato troppo tempo dall'ultima volta che aveva assaporato il
sapore delle sue labbra.
Cristina sorrise dal tavolo della sala da pranzo, poggiando la guancia
su una mano e agitò l'altra in segno di saluto, pensando che
come coppia non erano niente male.
Non appena si chiusero le porte dell'ascensore si avventarono entrambi
famelici sulle labbra dell'altro, non dando neanche il tempo di provare
a protestare. Alessandro le infilò le mani nei capelli,
mentre
lei gli si stringeva contro, non volendo neanche lasciare il minimo
spiraglio tra i loro corpi.
-Come mi sei mancata.- sussurrò tra un bacio e un altro,
ansante. Le passò il naso sulle guance e poi sul collo,
inspirando a pieni polmoni il suo profumo, si sentiva in Paradiso. La
bionda sorrise e aprì lentamente gli occhi, beandosi di
quella
visione che era lui.
-Anche tu.- rispose baciandogli il collo a sua volta, creando un
incastro perfetto; se ne stavano così, immobili nella loro
piccola bolla di felicità, incurante che il tempo passasse e
che
avrebbero dovuto staccarsi. Alessandro rise, stringendola ancora un po'
di più e poi la lasciò andare, continuando
però a
tenerle le mani.
-Buongiorno.- inclinò la testa, sorridendo leggermente. La
osservò a lungo, intensamente, mentre si beava della sua
bellezza: era qualcosa di straordinario. Gli occhi grigi, i capelli
biondissimi e lentiggini dorate sul naso, quasi invisibili.
-Buongiorno a te.- rispose di rimando la ragazza sospirando.
L'ascensore si aprì e arrivarono al pianerottolo, uscirono
dal
palazzo e una folata di vento freddo li investì; Lavinia si
strinse al suo ragazzo e lui la strinse a sè, baciandole la
testa. Le prese poi la mano e la portò alla bocca,
sfiorandole
il polso con le labbra; Lavinia rabbrividì, non tanto per il
freddo quanto per quel contatto favoloso e intimo, a cui non era ancora
abituata. Avrebbe dovuto farlo presto, decisamente.
Salirono in macchina e parlarono del più e del meno, e anche
nei
minuti di silenzio si guardavano con occhio innamorato e si sfioravano
ogni volta possibile, sarebbero stati una gioia da ammirare. Una volta
arrivati a scuola scesero e Lavinia si ritrovò stranamente
(oppure no?) agitata, a pensare a cosa avrebbe dovuto fare. Quel tarlo
le stava rodendo il cervello, normalmente sarebbe andata per la sua
strada, aspettando che qualsiasi altro ragazzo la seguisse o no, non le
sarebbe importato, ma con Alessandro era diverso, lei era
diversa. Voleva sentire il suo calore, voleva vederlo
sorridere,
ridere, e fulminare ogni singola ragazza che avesse osato avvicinarlo.
Evidentemente, persa nei suoi pensieri, doveva essersi imbambolata,
perchè lui la scosse e le carezzò il dorso della
mano con
il pollice, la strinse a sè e dissipò ogni suo
dubbio con
un sorriso malizioso e un 'andiamo
amore' sussurrato.
**
Furono la novità della giornata. Qualsiasi studente si
voltava a
guardarli e, subito dopo il loro passaggio, parlavano tra di loro e si
chiedevano come fosse successo. Eppure loro non se ne curavano,
continuavano a parlare tranquillamente delle lezioni che avrebbero
avuto, stuzzicandosi a vicenda e salutando di tanto in tanto qualche
conoscente, o almeno questo Alessandro, visto che lei non conosceva
molte persone. Il brutto delle scuole private: pochi alunni, quindi
tutti sanno tutto di tutti. Arrivati al loro piano i suoi compagni di
classe sorrisero in modo malizioso e alzarono i sopraccigli in modo
concitato, dandosi gomitate e facendo allusioni a gran voce, mentre
Lavinia arrossiva. Non era da lei vergognarsi di qualcosa, ma in
qualche modo probabilmente non si sentiva all'altezza e non voleva
essere considerata la nuova arrivata che cedeva al fascino di un
bell'imbusto qualsiasi per non rimanere sola, ma Alessandro non era un
bell'imbusto qualsiasi, era un ragazzo meraviglioso e fantastico.
Problema loro, avrebbero potuto pensare cosa volevano, l'importante era
che lui non cambiasse idea sul loro rapporto, non esisteva
nè in
cielo nè in terra che esterni rovinassero la loro storia.
-Devo andare assolutamente a ripassare un po' di chimica,- proruppe la
bionda, iniziando a preoccuparsi.- ieri non ho studiato nulla e se mi
interroga sono letteralmente fottuta.
-Va bene piccola, è anche colpa mia, quindi corri a tentare
di
salvare il salvabile.- la rassicurò tirandola a
sè per
scoccarle un bacio sulle labbra. Lavinia arrossì ancora di
più ma non si tirò indietro, e, ottenuto il suo
degno
saluto, si defilò in classe, torturando la sciarpa. Dietro
la
porta c'era Noemi, che la stava aspettando con un ghigno che metteva i
brividi, iniziò a ridere in modo psicopatico e a fare
piccolissimi saltelli molleggiati, dirigendosi verso i loro banchi.
-Stai iniziando a farmi paura.- la avvertì l'amica,
scuotendo la testa.
-Non è vero, lo sai anche tu.- alzò un
sopracciglio.- Dai, sù, raccontami!
-Ma se ieri sera siamo state al telefono quasi due ore!- Lavinia
appoggiò lo zaino sul banco e si sedette, tentando di
ignorare
gli sguardi dei loro compagni, le davano i brividi.
-Di questa mattina, stupida! Come si è comportato allora?-
chiese in modo ovvio, come se l'amica avesse un deficit della
comprensione. Voleva i dettagli, le erano sembrati così
dolci!
-Ah. Emh, niente, dai.- arrossì istintivamente, e divenne
ancora
più rossa di qualche minuto prima, non le piaceva
sbandierare la
sua vita ai quattro venti, ma non per Emi, bensì per tutte
quelle pettegole vicino a loro che facevano finta di nulla ma intanto
stavano con le orecchie tese, pronte a captare qualsiasi piccolo
dettaglio. Davvero odiose. Arpie.
La mora sembrò capire e uno sguardo piuttosto denso di
significati le disse:
-Allora vorrà dire che dopo
mi racconterai, intesi?
-Ovviamente.- Noemi assottigliò gli occhi mentre
Vì se la rideva silenziosamente.- Fammi studiare ora.
Tre stressanti ore scolastiche e vari messaggi su WhatsApp dopo,
finalmente suonò l'intervallo e la bionda si alzò
di
scatto dal banco, mentre la sua vicina scuoteva la testa.
-Forse ti preferivo musona.- la apostrofò,- Sto scherzando.-
chiarì dopo un'occhiataccia.
-Dici che lo devo aspettare davanti la sua classe?- aggrottò
le sopracciglia, bloccandosi improvvisamente.
-Ecco a voi Lavinia
Rocci, Regina delle Complicazioni, Signori e Signore!-
sospirò con aria teatrale l'amica, passandosi una mano sul
volto.
-Ma cosa vuoi?- sussurrò la bionda.- E' tutto
così nuovo
per me.- spostò il peso da una gamba all'altra mentre tutti
i
compagni di classe si affrettavano ad uscire dall'aula per quei dieci
minuti abbondanti di libertà: molti andavano a fumare in
bagno,
altri ai distributori e altri ancora semplicemente passeggiavano per i
corridoi spettegolando.
-Era solo una battuta, ma dove ce l'hai il senso dell'umorismo?- Noemi
mise il muso per finta.
-Non vuoi che ti risponda davvero.- insinuò la bionda con un
sorriso birichino.
-Okay.- entrambe scoppiarono a ridere da sole, mentre si accingevano a
varcare la porta.
Al diavolo tutto, pensò Lavinia, mi comporterò di
conseguenza. Non credo che gli dispiacerà vedermi.
Non appena uscì dalla classe trovò il ragazzo
appoggiato
alla parete di fianco alla porta, in sua attesa, bello come sempre.
Anzi, forse più di sempre, con quel sorriso vago ad
illuminargli
il viso.
-Ehi, finalmente.- le disse avvicinandosi.- Credevo foste morte
là dentro.
-Ti sarebbe piaciuto eh?- sorrise indulgente la mora.
-Oh Emi, per favore.- alzò gli occhi al cielo Ale,
afferrando la
mano della sua ragazza e facendo un cenno con la testa verso i
distributori.
-Mi accompagnate? Non ho preso il caffè stamattina.- le
informò, districandosi nel 'traffico' adolescenziale del
corridoio del loro piano.
-Come mai?- chiese Vì, perplessa.
-Sarei stato in ritardo per venirti a prendere.- confessò
con sguardo colpevole Catini.
-Non ci provare mai più! Mangia la mattina, o ti picchio!-
lo
intimorì con uno sguardo piuttosto incazzato.- Hai capito?-
continuò picchiettando il dito sul petto del ragazzo.
-Sì Capo!- sorrise Alessandro e si chinò a darle
un bacio
con lo schiocco, mentre aspettava che la macchinetta erogasse la
bevanda. Proprio in quel momento sentirono un fischio di apprezzamento
e si girarono sorpresi: Paolo stava arrivando, e il suo viso era una
maschera insondabile. Li aveva innegabilmente visti. Ah. E adesso?
Cioè, non che avrebbe dovuto preoccuparsene, però
insomma, le dispiaceva che fosse venuto a saperlo così.
Mano a mano che il ragazzo avanzava, il suo passo si faceva sempre meno
sicuro e la presenza di Ale accanto a lei diventava sempre
più
imponente, e Lavinia sentiva crescere un panico irrazionale. Per cosa
poi? Ridicolo. Non c'era nulla per cui essere agitati.
-Buongiorno, ragazzi. Come va? Ci sono novità?-
inarcò il
sopracciglio destro, invitando gli amici a dissentire o a metterlo al
corrente di eventuali novità. E che novità. Aveva
visto
Alessandro quella mattina, aveva osservato i suoi occhi gioiosi e il
suo sospiro felice, scrutando il suo messaggiare frenetico e sentito le
voci che giravano per la classe. Si era fatto molte domande, ed ora,
con tutta probabilità, era arrivato il momento delle
risposte.
Intanto si erano avvicinati anche Giovanni e Riccardo, appena usciti
dal bagno, portando un vago sentore di fumo e risate. Paolo aveva un
viso che era tutto un programma, e l'aria si era caricata di
elettricità. Troppe persone vicine, e contrastanti.
-Oh, nulla, a parte che Vì e Ale devono offrirmi una bella
cena
con i controfiocchi.- sorrise Noemi, cercando di smorzare i toni,
avvertendo la tensione.
-E come mai?- sorrise l'amico, non volendo sentire davvero la risposta.
Era successo l'inevitabile, dunque? Si erano giurati amore eterno? Non
aveva più speranze con lei?
-Perché io ho sempre detto che si sarebbero messi insieme!-
rispose con fare ovvio la mora, come se avesse detto che il cielo era
azzurro e le rose rosse. Niente di più facile.
-Ah, quindi... state insieme?- chiese infilando le mani in tasca e
gonfiando il petto. Fissò Alessandro negli occhi e fu come
se
tutti avessero smesso di respirare e i rumori si fossero attutiti,
nonostante si trovassero in pieno corridoio e fosse in corso una
ricreazione con i controfiocchi. Si fronteggiarono con lo sguardo e
Catini non mollò neanche un secondo. Alla fine il bip che
annunciava che il caffè era pronta interruppe quella gara di
sguardi, e Lavinia sorrise, imbarazzata.
-Già.- proruppe Alessandro, spavaldo, mettendo il braccio
sulle
spalle di Vì. Era stupido, e lo sapeva, ma aveva bisogno di
marcare il territorio quanto più possibile dopo quello che
era successo con il suo amico.
Dopo anni passati ad essere inseparabili era bastata una semplice
ragazza a dividerli, e nessuno dei due se ne capacitava, ma ormai la
frattura era stata fatta. E non si sarebbe fatto sfuggire Lavinia, dopo
le insinuazioni di Paolo. Affatto.
-Sì.- sorrise la bionda, guardandolo con occhi luminosi.
Nulla
avrebbe potuto scalfire la sua felicità, e Paolo lo sapeva,
inoltre, non voleva farla soffrire, così sorrise (forse in
modo
troppo arrogante) e li salutò, dileguandosi:
-Auguri e figli maschi allora, ragazzi.- augurò loro
sarcastico
con un cenno del capo, svoltando l'angolo, mentre una smorfia gli
deturpava lentamente il volto. Non ci credeva. Alessandro c'era
riuscito. Nonostante il suo comportamento da stronzo l'aveva
conquistata, mentre lui che era sempre stato gentile e accomodante con
lei, l'aveva aiutata in matematica e l'aveva fatta sorridere quando era
triste era rimasto fregato. Scosse la testa: era proprio vero,
più le trattavano male più loro li volevano.
**
La settimana passò in fretta e per Lavinia e Alessandro fu
tutta
da scoprire: i loro telefoni chiedevano pietà, in quanto
presi
d'assalto ventitrè ore su ventiquattro, e le loro labbra
erano sempre
più gonfie di baci e sorridenti. La ragazza ancora non ci
credeva, le sembrava di vivere in un Mondo ovattato, o peggio ancora,
in un fantastico sogno e aveva il terrore di potersi svegliare da un
secondo all'altro, di scoprire che niente di tutto ciò era
realmente accaduto, che lei si trovava ancora triste e sola a riempirsi
la testa di pensieri oscuri e lacrime trattenute.
Invece era tutto vero. Lo stava vivendo. Viveva Alessandro.
E non c'era cosa migliore.
Era tutto così fantastico con lui, rendeva ogni singola cosa
migliore, la colorava.
Aveva bisogno di colori, e lui c'era. Sempre.
Come quando il sabato la portò al cinema e non seguirono
neanche
mezzo secondo del film che avevano scelto di guardare, troppo occupati
a ridere e a baciarsi, in perfetto stile adolescenziale. Era stato un
pomeriggio perfetto, che le aveva fatto tornare la mente a quell'uscita
di diverse settimane prima durante la quale lui le si era seduto
accanto e con un semplice sussurro, 'If you want',
le aveva aperto un mondo intero pieno di possibilità. Quella
volta però era stato diverso, e la mano stretta nella sua lo
confermava: niente più ripensamenti, niente più
dubbi.
Niente più lacrime.
Quando la portò a cena in un piccolo pub arrivò
il primo momento sbagliato
dell'intera giornata. Alessandro aveva sempre saputo che c'era qualcosa
che non andava sotto il punto di vista salutare fin da quando l'aveva
soccorsa a scuola, ma non ne avevano mai parlato. Quando
però
lei diventò più pallida del solito e si
appoggiò
allo schienale della sedia riprendendo fiato mentre una fitta le
scuoteva il petto, iniziò seriamente a preoccuparsi e gli
sembrò opportuno parlarne. La affiancò
immediatamente
massaggiandole la schiena e scostandole i capelli dal viso, cercando di
farla calmare; Lavinia indicò la borsa tremante e quando
gliela
ebbe passata iniziò a cercare freneticamente la pompetta
asmatica e aspirò due volte, cercando di tenere a bada gli
spasmi che la squassavano da capo a piedi. Il ragazzo, dal canto suo,
non sapeva che fare e continuava a ripetere parole senza senso.
-Vì? Ehi? Come ti senti? Ehi? Ti prego, che devo fare? Vuoi
dell'acqua? Riesci a respirare?- diceva in un crescendo di isteria,
mentre la ragazza piano piano si calmava e respirava nella tipica
maniera che le avevano insegnato. Era stato inaspettato e adesso
avrebbe dovuto dargli delle risposte, perchè, ne era sicura,
ci
sarebbero state molte domande. Nel frattempo che i suoi delicati
polmoni riprendevano lentamente aria, la sua mente iniziò a
viaggiare in modo frenetico e calde lacrime fecero capolino dagli
occhi. Alessandro inaspettatamente fu invaso da una scarica di
adrenalina e riacquistò in modo immediato il sangue freddo
che
era scomparso nel momento in cui aveva visto la sua ragazza sentirsi
male.
-Ehi, calma, va tutto bene. Tesoro non piangere, ti prego.- Il ragazzo
le accarezzò la guancia.- Ti senti meglio? Riesci a
respirare?-
La ragazza annuì piano ed estrasse il flacone di pillole che
teneva sempre nella borsa per le emergenze. Provò, con
scarso
risultato, ad aprirlo e quando non ci riuscì a causa delle
mani
tremanti e sudate, scoppiò in un piccolo pianto disperato,
attirando lo sguardo del cameriere che chiese loro se avevano bisogno
di aiuto. Alessandro scosse la testa congedandolo e prese il viso di
Lavinia tra le mani, le asciugò le lacrime dalle guance e le
baciò la fronte.
-Shh.- le sussurrò- Calmati, ci sono qui io.- le
ripetè
come un mantra finchè lei non si calmò davvero,
poi prese
il flacone e lo aprì senza esitazioni.- Quante te ne
servono?-
le domandò versandole dell'acqua nel bicchiere e
tamponandole il
tovagliolo sugli zigomi ancora bagnati. Lavinia tirò su con
il
naso e si schiarì piano la voce:
-Due.- sillabò respirando ancora una volta con due respiri
brevi
e uno lungo. Quando le capitavano attacchi del genere era abituata a
cavarsela da sola, nella peggiore delle ipotesi era aiutata dai suoi
genitori. Si sentiva spossata e confusa. Mai un'altra persona, esclusi
medici e infermiere, l'avevano aiutata e non riusciva a perdonarsi
l'attacco davanti al suo ragazzo. Cosa gli avrebbe detto ora? Cosa
avrebbe pensato di lei? Avrebbe iniziato a comportarsi in modo
compassionevole? L'avrebbe lasciata?
Eppure, guardandolo porgerle l'acqua e le pillole, sembrava avere lo
stesso sguardo di sempre, solo leggermente più preoccupato e
ombroso. Si sbrigò a ingollare il tutto e respirò
a pieni
polmoni per saggiarne la resistenza dopo la crisi. Sembravano reggere
bene. Grazie a Dio.
Ma dove era il suo Dio quando le capitavano cose del genere? Non la
osservava da lassù e non provava un minimo di compassione?
Non
aveva voglia di aiutarla e di evitarle il peggio?
-Hai ancora fame?- le chiese dolcemente carezzandole la mano sopra il
tavolo, dopo essersi riseduto al suo posto.- Allora?-
continuò,
notando che lei non accennava a rispondere.
-Non molta...- borbottò contrariata, riponendo tutto nella
borsa.
-Dovresti mangiare qualcosina però.- Alessandro la
guardò
scoraggiato, cercando di riunire le idee e dar loro un senso. L'unica
cosa che contava al momento era la salute di Vì e
comprendere
cosa era accaduto per poi trovare una soluzione o, almeno, parlarne.
-Non ho bisogno della balia!- proruppe acida la bionda, alzando lo
sguardo. Si sentiva ferita, probabilmente perchè con quella
frase il ragazzo aveva innescato la bomba: proprio quello che non
voleva, che lui la trattasse come una malata. Poteva già
sentire
la pietà trasudare dal suo tono di voce ed era la cosa che
più la feriva al Mondo: mai, mai avrebbe voluto
ciò ed
era per questo che non gli aveva detto della sua malattia. Ora, capendo
quanto davvero contasse l'opinione nei suoi confronti, si sentiva messa
a nudo. Certo, gliel'avrebbe detto prima o poi, ma non così
presto: aveva bisogno di altro tempo, sia per elaborare il modo in cui
l'avrebbe comunicato, sia per preparare mentalmente e psicologicamente
se stessa. Adesso si sentiva delusa, triste e senza forze. E quando si
sentiva così iniziava ad essere cattiva ed acida, rischiando
di
ferire le persone intorno a lei, proprio come aveva tentato di fare in
quel momento. Alessandro si bloccò, interdetto, e
aggrottò le sopracciglia mentre a poco a poco capiva il
perchè del comportamento della ragazza.
-Non parlarmi così.- scosse la testa lentamente e la
guardò fisso negli occhi.- Lo dico perchè tengo a
te, non
per farti da balia o altro. Permetti che sia un po' preoccupato, eh?-
ribattè in modo più duro. Non si sarebbe di certo
lasciato trattare male ogni volta che sarebbe successo qualcosa
relativo alla sua salute, era meglio metterlo subito in chiaro.
-Scusa. Non volevo.- ammise mortificata. Non ne combinava una giusta,
era inutile.
-Direi che è giunto il momento di parlare, che ne dici?-
provò il ragazzo, prima che l'atmosfera si facesse ancora
più pesante e iniziassero i fraintendimenti. Lavinia lo
guardò negli occhi, sospirò e, abbassando lo
sguardo, prese coraggio, sapendo che non aveva più scelta.
Aprì la bocca, ma un groppo in gola le fece trattenere le
parole. Come avrebbe fatto?
Per caso c'era una guida? Come si comunicava alla persona che amavi che
eri malata?
-I-io...- si bloccò e scosse la testa, fissando il
tovagliolo sul tavolo. Doveva dirglielo. La sua reazione le avrebbe
fatto male, ma aveva il diritto di sapere. Se lui avesse avuto una
malattia, lei al suo posto avrebbe voluto saperlo ad ogni costo.
Sospirò, e scandì ad alta voce le parole che le
avrebbero cambiato la vita.
-Io ho un enfisema.
Chiuse le mani a pugno e incanalò lì tutta la
tensione che le stava montando in corpo.
Non sapeva cosa aspettarsi ed essere impreparata non era una cosa che
le capitava frequentemente.
Alessandro, dal canto suo, rimase paralizzato sulla sedia, la schiena
contratta e lo sguardo fisso su Lavinia. Un enfisema? Non aveva idea di
cosa fosse, ma dalla sua reazione non sembrava qualcosa di leggero. Per
un attimo desiderò essere uno di quelli sempre informati,
che sapeva ogni cosa, per togliersi dall'imbarazzo di chiedere cosa mai
fosse.
La bionda trovò il coraggio di sollevare gli occhi e
incontrare quelli di Alessandro, e spiegò:
-Ho un enfisema polmonare. Praticamente i miei polmoni sono a rischio
costante di collasso.- sorrise, cupa. Era una semplificazione assurda
della sua malattia, ma essenzialmente era il succo del discorso.
-Cosa?- era scioccato. Voleva dire che poteva... da un momento
all'altro?
-Già. La cosa positiva
è che non è allo stadio più avanzato,
quindi non devo andare in giro con una bombola di ossigeno per il
rischio d'ipossia. Ma sono a rischio costante. Non posso farci nulla,
oltre che a qualche cura palliativa. Però potrebbe
peggiorare.- Disse sincera e sganciò la bomba:
-Potrei morire.
-Non dirlo.- sibilò Alessandro. Non poteva neanche pensarci,
non era minimamente concepito dalla sua mente il fatto che lei potesse
morire, non ora almeno. Era giovane e piena di vita, aveva ancora mille
cose da fare e esperienze da provare. Il suo sorriso migliorava le
giornate e la sua risata era balsamo per il suo cuore. Era lei il suo
cuore. Cosa avrebbe fatto senza il suo cuore?
-E' così.- tentò di fargli capire. Doveva entrare
in quell'ottica, non poteva sperare inutilmente.
-Non è vero.- si intestardì lui. Avrebbe trovato
il modo, non gliel'avrebbero strappata ora che l'aveva trovata. Non
aveva ancora metabolizzato il tutto e freddi brividi scendevano lungo
la schiena.
-Sì, invece.- ribattè dura Lavinia. Basta negare!
-Non...- milioni di pensieri si affollavano nella sua mente, non sapeva
cosa dire, non sapeva cosa fare, non riusciva neanche a respirare,
paradossalmente.
-Sai cosa ho fatto appena ho saputo di essere malata?- lo interruppe.-
Ho googlato il nome della malattia, e ho scoperto non so quanti
personaggi famosi morti di enfisema. Non volevo crederci. Me l'avevano
posta come una situazione blanda, poi invece ho scoperto tutte le
possibili complicazioni. Potrebbe peggiorare, di molto.
-E le cure? Insomma, si cura, no?- gli mancò il fiato,
spaventato.
-La terapia può arrestare la progressione dell'enfisema ma
non può far scomparire le lesioni già presenti. I
miei polmoni rimarranno per sempre danneggiati, ce ne siamo accorti
troppo tardi.
-Come, c-come ve ne siete accorti? No, scusa, non-
-Tranquillo.- lo rassicurò, ormai l'argine era rotto e le
parole uscivano come un fiume in piena, non le sembrava vero poterne
finalmente parlare con qualcuno.- Il primo sintomo è stato
il fiato corto. Non sono mai stata una tipa atletica ma ho iniziato ad
avere delle piccole crisi che interferivano con la vita di tutti i
giorni, così, dopo qualche mese mia madre mi ha portato dal
medico, dopo aver notato che avevo le unghie bluastre, uno dei sintomi.
Alessandro rimase in silenzio, non sapendo cosa dire in una situazione
come quella. Si limitava a fissarla intensamente, riempiendosi del suo
volto, dei suoi capelli e di tutta la sua figura.
-Ho fatto esami su esami, non avevano idea di cosa fosse, hanno persino
avuto paura che fosse cancro...- la voce le si incrinò, al
ricordo di quelle terribili settimane e il ragazzo, già
provato dalla notizia, sbiancò ulteriormente, aggrappandosi
al tavolo fino a far sbiancare le nocche.- Invece hanno scoperto che
era un enfisema. Erano felicissimi, io un po' meno, nonostante fossi
ovviamente sollevata che non fosse cancro.
Il ragazzo scosse la testa, come se un peso gravasse su di lui e stesse
tentando di liberarsene.
-Ne vuoi sapere di più? Il mio tipo di enfisema solitamente
è legato all'assunzione di marijuana, tabacco, fumi
industriali o polvere di carbone, invece il mio dal deficit di una
proteina. Non ce ne è abbastanza nel mio corpicino e la devo
assumere tutti i giorni.
-Ti fa stare meglio?- sussurrò speranzoso. Da quando l'aveva
conosciuta le sembrava più in salute, anche se di poco. Era
un buon segno, no?
-Insomma. Inoltre ho sempre con me i miei fidatissimi
broncodilatatori,- agitò le pillole che aveva preso da
poco.- rilassano le vie respiratorie e mi aiutano, anche se non sono
molto efficaci. In generale sono per chi ha l'asma, ma io ne assumo in
dosi da cavallo.- alzò il sopracciglio e rise, cercando di
sdrammatizzare. Odiava quelle pillole, ma in più di
un'occasione le avevano salvato la pelle.
-Ti stanca?- che domanda sciocca, se ne accorse solo dopo averla posta.
-Quando mi sento spossata devo assumere ossigeno in modo da rifornire
il corpo in maniera totale.
-Non ti ho chiesto cosa devi fare, ma come ti senti.- aveva tentato di
rigirare la domanda ma non glielo avrebbe lasciato fare. Era astuta, ma
lui lo era quanto lei. La ragazza si irrigidì.
-Male. Era questo che volevi sentirti dire? Volevi che lo ammettessi?
Ora sei contento?- alzò un po' la voce, aggredendolo
verbalmente. Non capiva che stava solo cercando di far uscire tutta la
rabbia repressa che aveva in corpo.
-Voglio solo capire cosa ti passa per la testa.- le fece notare,
ritrovando il controllo.
-Oh, non anche tu! Hanno cercato di farmi entrare in un gruppo di
auto-aiuto, sai? La scena più ilare del secolo. Avresti
dovuto vedermi, ero così arrabbiata in quel periodo.-
sorrise.
-Penso sia normale.
-Più che altro ero arrabbiata con Dio, ecco. Poi la cosa
peggiorava, ci si mettevano anche tutti quelli che mi circondavano con
i loro sguardi compassionevoli e i "Come stai Lavinia? Ti serve
qualcosa Lavinia? Tesoro, non stare così! Sù con
la vita!", ma cosa pretendevano facessi? Che saltassi ovunque come un
grillo, sprizzando felicità da ogni poro dopo aver saputo di
essere malata?
-Non devi giustificarti. Non posso dire che so di cosa stai parlando,
ma posso immaginarlo.
-Grazie.- torturò l'orlo del top che indossava.- Ed ora?
-Ed ora cosa?- alzò un sopracciglio. Non sarebbe cambiato
nulla, ovviamente. Ma sapeva di doverla rassicurare.- Sono contento che
tu ti sia confidata con me.- le prese una mano e le
accarezzò dolcemente il dorso, per stabilire un contatto con
lei.
-Mi sono tolta un peso enorme, ad essere sincera.- sussurrò
imporporandosi e fissando l'intreccio sul tavolo, mentre il cameriere
arrivava con le loro ordinazioni. Non poteva crederci, l'aveva presa
meglio di quanto avesse potuto immaginare!
-Avevi paura?- le domandò, mangiando un pezzo di pane.
-Ne ho ancora.- lo guardò e sorrise sghemba, constatando
l'ovvio. Bhè, l'ovvio per lei.
-Perchè? Sono qui.- la rassicurò ancora una
volta, baciandole il palmo e premendoselo contro la guancia calda. Le
mani le tremavano mentre entravano a contatto con la sua pelle
vellulata e leggermente ispida a causa dell'accenno di barba.
-Non scapperai a gambe levate?- chiese con gli occhi che si facevano
lentamente lucidi.
-Dovrai cacciarmi tu. Fino a quel momento nulla mi impedirà
di essere al tuo fianco.- scosse il volto e strinse ancora di
più la mano contro di lui. Il 'ti amo' non serviva, i loro
sguardi comunicavano tutto e dopo quelle confessioni così
importanti le parole erano superflue.
-Sai come sono fatta. Non sarà facile.- lo
avvertì per l'ennesima volta, quasi a volersi autosabotare,
ma non voleva che lui avesse dei ripensamenti o potesse pentirsi in
seguito. Alessandro chiuse lentamente gli occhi, intrecciò
le loro mani e con il pollice le sfiorò le vene nell'interno
del polso, facendola ricoprire di brividi da capo a piedi. La sua voce
era roca, sia dalla commozione che dalla magia:
-Non importa. Ci riusciremo. Hograndi speranze.
Buonasera. Sono qui
ad un anno di distanza dall'ultimo aggiornamento e
mi sento decisamente in imbarazzo. Non posso e non voglio
giustificarmi, sappiate solo che la vita non è facile e le
mie priorità sono cambiate. Tra studio, impegni vari e
problemi non mi è stato possibile mettermi con calma a
finire questo capitolo fondamentale. Non volevo forzarlo, visto che
è il fulcro di tutta la storia e devo dire che ne sono
abbastanza soddisfatta. Avevo iniziato a scriverlo più di un
anno fa, poi l'ho ripreso piano piano, una riga alla volta quando avevo
tempo, e finalmente oggi sono riuscita a concedermi una giornata di
riposo e scrittura. Ora ho un'emicrania spaventosa ma ne è
valsa la pena. Spero ci sia ancora qualcuno disposto a leggere questa
storia senza pretese, a far vivere i miei bambini e ad emozionarsi con
loro. Voglio ringraziare
con tutto il cuore Angela, che
nonostante la mia latitanza non ha smesso un attimo di spronarmi ed
attendere, spero sarai ricompensata con questo enorme capitolo
fluffissimo tesoro, è tutto per te, lo meriti più
di chiunque altro. Finalmente sapete
cosa ha Lavinia e come sta evolvendo il loro
rapporto, che adoro. Vi lascio alcune
informazioni sull'enfisema
polmonare,
ricordate che non sono una studentessa di medicina o un medico, quindi
mi sono solo documentata a fondo. Non prendete per oro colato le
seguenti spiegazioni, eh, che inoltre sono semplificate per fare in
modo che tutte possiate capire più o meno in cosa consiste.
Dunque: L'enfisema polmonare
è una
patologia che interessa i polmoni e viene classificata tra i tipi
polmonari ostruttive. Si verifica quando gli alveoli perdono man mano
funzionalità e diminuisce anche la quantità di
ossigeno che va a finire nel sangue. E' caratterizzata da dilatazione
degli spazi
aerei a valle dei brionchioli terminali, distruzione delle loro pareti
e assenza di evidente fibrosi, cioè mancata ricostruzione di
un danno tissutale. La lesione essenziale
è la rottura dei setti interalveolari,
causando il parziale collasso delle aree sane circostanti. La carenza
ereditaria di alfa1-antitripsina, una proteina, predispone
allo sviluppo dell'enfisema. Per questo i malati devono assumerla
quotidianamente.
I sintomi principali sono la dispnea (respirazione faticosa con
conseguente rischio di collasso polmonare) ed espirazione forzata,
oltre a tosse, respiro sibilante e mancanza di ossigeno
frequente.
Gli esami fatti da Lavinia sono la radiografia toracica e tomografia
computerizzata (TAC), oltre a vari esami del sangue. Penso sia tutto.
Grazie a chi ha letto questo capitolo conoscendo già la
storia e a chi è capitato qui per caso.
Scrivere per me è una gioia ma purtroppo non sempre
miè possibile. Credo che avrò più
tempo in futuro, anche se ne dubito. Non so dirvi con esattezza quando
arriverà il prossimo capitolo ma state sicure che
arriverà. Non posso lasciare questa storia incompiuta.
Fidatevi ;)
Spero che qualcuno abbia voglia di farmi sapere cosa ne pensa e la
storia vi è piaciuta fino ad ora.
Se volete contattarmi potete farlo su Twitter, dove
potete trovarmi 24
ore su 24!
Un bacione immenso care,
Athena xx