If you want

di raimbowcomet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: 'Thinking about you' ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: 'Those sweet words you said' ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: 'You change your mind, like a girl changes clothes' ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: 'Every second is a highlight, when we touch don't ever let me go' ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 'Call me maybe' ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: 'I love the way you lie' ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: 'It's too late to apologize' ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11: 'Just give me a reason' ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: 'High Hopes' ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


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Ringrazio Fiorels per il fantastico banner, i ragazzi delle immagini sono proprio 'i miei bambini'.






"I'll never be the same, if we ever meet again"








Il fastidioso rumore di una lampada al neon.
Non ci era ancora abituata nonostante lo sentisse da sei mesi a quella parte, tutti i dannati venerdì pomeriggio mentre attendeva.
Eppure ogni cosa in quello squallido ospedale per lei, era nuova. Non si capacitava ancora di tutto il tempo passato tra quelle mura bianche scolorite, profumate di disinfettante medico e infestate da anime vaganti.
Quello non era il suo mondo.
E non lo sarebbe mai diventato.
Purtroppo però, anche se non sarebbe stato il suo mondo, sarebbe stata la sua seconda casa…non poteva fare altrimenti. Le crisi erano diventate più frequenti e per ogni sciocchezza dovevano correre in clinica e fare esami su esami.
Patetico.
Come se avesse davvero qualche speranza di sopravvivere.
Come se potesse davvero azzardarsi a ritornare quella che era.
Come se potesse davvero illudersi che fosse solo un sogno.
Ma non poteva, non più.
Forse prima avrebbe potuto.
Ma non ora.
Non ora che tutto stava andando a rotoli, un declino lento e impossibile da evitare. Avrebbe voluto con tutta se stessa saper chiudere gli occhi e immaginare l’ultimo periodo della sua vita in modo diverso.

Eppure non ci riusciva.
Era così deprimente.
Neanche immaginandolo e lavorando con la fantasia era possibile…neanche nella sua mente c’erano desideri abbastanza forti da creare un’immagine di lei sana.
La sua vita le faceva schifo.
Ma non era sempre stato così: prima aveva ottimi voti a scuola, amiche pronte a sostenerla in tutto anche se non aveva mai provato l’amore vero… era felice.
Ovvio…prima.
Prima che scoprisse di essere malata, prima che mandasse tutto a puttane, prima che si rinchiudesse nel suo mondo e si lasciasse deperire.
Era davvero ridotta male.
Se qualche mese prima le avessero detto che avrebbe fatto pensieri così depressivi, li avrebbe squadrati da capo a piedi e ridendo avrebbe offerto loro un bel gelato magari, invece ora sorrideva amara.
Una mano posata gentilmente sulla sua spalla la riscosse e la convinse ad alzarsi senza neanche guardare in faccia il suo interlocutore.
-Stanza numero 36 al secondo piano, repart...
-Lo so- proruppe brusca. Lo sapeva dannazione, lo sapeva! Ogni singola volta glielo ripetevano; avrebbe voluto urlare che ormai conosceva l’ospedale come se fosse casa sua, ma poi si tratteneva, non le sarebbe servito a niente.
Aggirò l’infermiera e si incamminò con passo pesante verso la sua meta, stando attenta a non sforzarsi troppo; l’avrebbero portata sulla sedia a rotelle ma si era rifiutata categoricamente, non era una malata terminale, a differenza di quello che pensavano tutti. Seguì le regole: non affaticarsi e respirare piano, niente scale e solo ed esclusivamente ascensore.
Arrivò dinanzi alla stanza 36 ed entrò senza pensarci due volte, spalancando annoiata la porta. Si diresse al suo solito armadio e ci buttò dentro la borsa con il cambio per quei cinque fottutissimi giorni. Poi si gettò a peso morto su uno dei tre letti e chiuse gli occhi, fece ripartire la musica dell’ ipod che aveva precedentemente stoppato e si estraniò da tutti, come sempre.

**

-Cara...cara sveglia...- qualcuno le scosse timidamente le spalle e lei si stiracchiò girandosi e si attorcigliò con i fili dell' ipod spento.
Si stropicciò gli occhi e li aprì piano per abituarsi alla luce artificiale.
Mugugnò e guardò male l'infermiera assottigliando gli occhi. Perché diavolo l'aveva svegliata? Stava dormendo così bene... solo nell'incoscienza riusciva ad essere serena, perché dovevano privarla anche di quelle poche ore?
Ecco, un semplice gesto le aveva rovinato il resto della giornata, doveva iniziare a dare una regolata ai suoi fastidiosi sbalzi d'umore.
-Si?- chiese con voce annoiata, rivolgendosi alla vecchia signora dal viso gentile.
-Il dottore Ruggeri ti vorrebbe vedere- spiegò appoggiandosi ad una sedia a rotelle che aveva notato solo ora, troppo addormentata.
Una visita il giorno stesso che era arrivata? Oh bene.
Si alzò dal letto controvoglia e si diresse verso il bagno:
-Aspettami qui- secca e lapidaria come aveva imparato ad essere.
Si rinfrescò velocemente e si lavò il viso, togliendosi tutta la cipria che aveva applicato la mattina per celare le pesanti occhiaie.
Afferrò la spazzola dal beauty e se la passò velocemente per dare volume a quella massa bionda informe. Era presentabile ora. Più o meno.
Senza aspettare che l'infermiera dicesse niente aprì la porta e sbucò nell'ampio corridoio. La signora si sbrigò a inseguirla, non aiutata affatto dall'ingombrante sedia dalle ruote cigolanti.
-Dovresti...
-No.
Evitò gli inservienti che camminavano veloci:
-Ma il dottore...
-Ho detto di no, non mi serve.
-Mi è stato ordinato di...
-Capisci l'italiano? No? Te lo ridico con calma allora: non me ne frega un cazzo di quello che ti ha detto il dottore, mio corpo, mia decisione- sputò acida e si girò, andando a sbattere contro qualcosa; rialzò lo sguardo e incontrò quello marrone di un ragazzo immobile davanti a lei che la stava fissando.
-Che hai tu da guardare?- lo spostò malamente- vado da sola- e continuò a camminare velocemente per seminarla.
Certo, velocemente per quanto le fosse concesso.
Si fermò in sala d'attesa e bevve un bicchiere d'acqua preso dal distributore per riprendere fiato, faceva schifo e non sapeva di niente.
Che palle.

**

L'infermiera si fermò e sospirò pesantemente guardandola allontanarsi e si rivolse al ragazzo davanti a lei:
-Che ci fai qui tu?- lo apostrofò.
-Mi annoiavo- alzò le spalle- piuttosto...chi era quella?
-Ah...si scusala è un carattere difficile da quanto mi hanno detto- disse pettegola.
-Voglio sapere il suo nome- ribatté.
-Perché non glielo chiedi tu?- un lampo di malizia passò negli occhi stanchi. Lui sospirò:
-Margherita ti ho solo chiesto il nome di quella ragazza!- iniziava ad innervosirsi davvero.
-E' bella eh?!- ridacchiò.
-Senti, fa niente- assottigliò gli occhi stanco di quel giochetto.
-Lavinia Rocci, starà qui cinque giorni per degli esami- si affrettò a riferire l'infermiera.
Lavinia Rocci...
-Bene, ciao- secco e lapidario.
-Ma come?! Non vuoi sapere nient'altro?- disse delusa la signora.
-Mh... no- perché mai avrebbe dovuto interessarsi ad una ragazza che aveva visto per pochi secondi? Aveva già abbastanza problemi di suo. Le aveva solo chiesto il nome, non aveva detto di volerla sposare.
Scosse la testa con forza, come per scacciare un'idea malsana e riprese a camminare seguendo la sua strada.
Addio sconosciuta.




**********************************************************************
Inizio con il dire che sono EMOZIONATISSIMA, visto che è la mia prima originale.  Non avrei mai pensato di poterne scrivere una, ma semplicemente guardando un'immagine questi due ragazzi si sono fatti spazio nel mio cuore e non se ne sono più andati.  Questa specie di prologo può risultare un po' depressivo, diciamo ma vi assicuro che la storia non sarà così. Mi scuso per la brevità ma i prossimi saranno decisamente più lunghi ;)
Vi ringrazio per aver letto, per essere arrivati fin qui e se vorrete posterò il primo capitolo esattamente la settimana prossima. Ci tengo a dire che dedico questo primo capitolo a quella stronza della mia migliore amica che mi ha assillato affinchè lo postassi oggi.
Ringrazio inoltre quella trota di Tati Yeah che ha letto ogni cosa in anteprima e mi ha spennato viva.
Okay mi ritiro e aspetto qualche vostro parere, sia positivo che critico ovviamente.
So che la canzone non ci dice molto, ma il titolo è perfetto 'Non sarò più lo stesso se ci rincontreremo ancora'.
Se avete consigli sono sempre ben accetti e se volete contattarmi potete trovarmi qui:
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Sarò felicissima di rispondere alle vostre domande!
O semplicemente per spettegolare un pochino ;)

Alla prossima settimana,
Athena xx

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


If you want - 2

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Come sempre ringrazio Fiorels per lo splendido banner e tutta la sua pazienza con cui
asseconda ogni volta le mie pazze richieste senza mandarmi a quel paese.



2 mesi dopo...


Sistemò il fiocco delle sue converse nere e si alzò in piedi: non stonavano così tanto sotto quell'orrenda divisa, che poi alla fine non era neanche brutta: faceva così tanto Gossip Girl.
D'altronde era stata lei a decidere: scuola privata.
Non ci pensava neanche ad andare in una pubblica dove tutti erano socievoli e normali, nelle scuole private erano tutti snob, nessuno avrebbe tentato di attaccare bottone e sarebbe passata inosservata.
Era un piano perfetto.
Era stata costretta a trasferirsi da Genova a Pisa, almeno quello lo aveva scelto lei. Si sedette davanti allo specchio a ginocchia incrociate, osservandosi le gambe diventate un po più magre dall'ultima volta che le aveva osservate bene.
Il giorno precedente aveva fatto un discorso con il suo Io interiore: si era detta che doveva ricominciare da capo, per lei e per la sua famiglia. Era davvero disposta a farlo, a provarci.
Voleva farlo.
Insomma, stavano già facendo il possibile per sconfiggere quella “fastidiosa” situazione, doveva applicarsi anche lei; per un secondo pensò alle sue amiche da una vita, a quelle che aveva lasciato a Genova e una lacrima solitaria scese prima che se potesse accorgere. Si sbrigò ad asciugarla per non rovinare la cipria applicata e sospirò: non era il momento per rivangare il passato, il destino aveva voluto quello, e lei doveva affrontarlo a testa alta.
Si ravvivò i capelli biondi.
Si, ce la poteva fare.

***

Si torse le mani sudate e si portò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.
-Vuoi che ti accompagni?
-No.
-Sicura?
-Si.
-Perchè se vuoi....
-Mamma ti prego.
-Scusa è che mi sembri agitata.
-Come sei perspicace.
-Che figlia acidella che mi ritrovo.
-Oh, sta zitta.- stiracchiò le gambe e tamburellò le unghie sul cruscotto.
Un volta.
Due volte.
Tre volte.
-Okay io vado- si decisse afferrando lo zaino- ci vediamo all'uscita.
-Va bene- Cristina sorrise alla figlia e le accarezzò i capelli- sono sicura che andrà bene vedrai.
-Se lo dici tu.- non era affatto convinta ma doveva pur aggrapparsi a qualcosa.
Aprì lo sportello dell'auto e scese sistemandosi  la divisa.
-Sei molto bella.
-Non è vero- uno sguardo esasperato la indispettì e chiuse la portiera salutando con la mano.
Si voltò verso l'imponente edificio e si avviò al suo interno, cercando di non fare caso alle occhiate che le rivolgevano gli studenti. Essendo una scuola privata si conoscevano tutti, dato lo scarso numero di alunni, e avevano notato un viso nuovo. Sarebbe stata al centro dell'attenzione? Oppure non l'avrebbero considerata?
Non le restava che scoprirlo.

***

Bhè il bilancio del primo giorno al liceo privato 'Leonardo da Vinci' di Pisa non era proprio come si era aspettata: aveva conosciuto diverse persone ed i professori erano stati gentili con la nuova alunna, ma grazie al cielo nessuno aveva avuto la smania di diventare la sua vicina di banco; questo lo aveva pensato fino alla terza ora quando, cambiando aula, si era imbattuta in Noemi, una ragazza tutta pepe che appena presentata si era accomodata sul banco accanto al suo e aveva iniziato a parlare di una fantomatica festa che si sarebbe tenuta da lì a due settimane.
Stesso fatto accadde a pranzo: si era silenziosamente seduta ad un tavolo in solitario, aveva preso a smangiucchiare svogliatamente una mela ed era sobbalzata quando quella stramba ragazza le si era seduta accanto attaccando bottone divorando un trancio di pizza e sporcandosi poi come una bambina.
Aveva riso quando le aveva indicato dove si era sporcata, era troppo buffa!
Non rideva da mesi, bhè da quando...da quando aveva saputo...
-Lavinia! Oh mamma più dico il tuo nome più mi sembra stupendo! Cosa ha spinto tua madre a chiamarti in questo modo?- Noemi interruppe il filo dei pensieri e appoggiò i gomiti sul tavolo in attesa del nuovo professore.
-Si chiamava così anche mia nonna, sai stesso colore dei capelli, stessa sfumatura d'azzurro degli occhi...mi hanno dato il suo nome- disse ovvia.
-Bello- commentò lei mentre annuiva pensierosa- io invece mi chiamo Noemi perché nel sesto mese di gravidanza mia madre entrò in una libreria e afferrando un dizionario dei nomi quello si spalancò sul mio attuale nome.
-Wow- commentò poco interessata volgendo lo sguardo verso la cattedra, dove si era accomodato il professore e aveva appena iniziato  la lezione.
-Hai fratelli o sorelle?
-Figlia unica.
-Fortunata! Io invece ho un fratellino più piccolo, una bestia! Non ti dico come mi riduce quando giochiamo insieme, mi picchia sempre!
-Deve essere bello. Avere un fratello cioè, non il fatto che ti picchi quando giocate.- spiegò la bionda ad una sua occhiata stupita.
-Il ragazzo? Niente?- una scintilla di malizia illuminò i suoi occhi, mentre aspettava una risposta che probabilmente non sarebbe mai arrivata. L'amore... come no.
Molte volte pensava di essersi innamorata, poi ripensandoci lucidamente aveva capito che erano state soltanto semplici cotte adolescenziali. Una simpatia particolare, ecco. Molti dicevano che era bella ma alla fine pretendevano soltanto una sola cosa: che aprisse le gambe ovvio, e puntualmente lei rifiutava.
Non era una suora dato che non era vergine, ma non era neanche una ragazza facile.
-Niente.- si chiuse nel suo mutismo calandosi i capelli davanti al viso.
Per oggi basta socializzazione.


-Come mai ti sei trasferita a Pisa?- chiese sottovoce Noemi cauta.
Era passata una settimana dall'inizio della sua “nuova vita” e ogni singolo giorno la ragazza veniva torturata attraverso interrogatori continui dalla sua nuova conoscente. Per di più quel giorno aveva anche il mal di testa a farle compagnia mentre rispondeva solamente alle domande che reputava consone, non voleva aprirsi troppo per poi rimanere scottata.
Lavinia si irrigidì immediatamente e si mosse irrequieta sulla sedia.
Cosa poteva risponderle?
L'unica opzione era fare finta di non aver sentito e prestare attenzione alle parole dell'uomo dai capelli bianchi davanti a lei. Sarebbe mai riuscita a dire a qualcuno la verità? Sarebbe riuscita a superare quella fase?
Decine di domande le vorticavano nella testa...ma non erano quelle giuste a suo giudizio: avrebbe mai trovato qualcuno degno di queste confidenze?
Ecco. Questa era la vera questione. Il nocciolo, il succo.
No.
Nessuno mai sarebbe riuscito a non guardarla con compassione.
Perché non era compassione che lei cercava! Ogni singola volta che si recava a fare una visita, ogni singola persona che veniva a conoscenza del suo...stato, la guardava con sguardo dispiaciuto. Non sapevano fare nient'altro?
Respirò a fondo e si massaggiò le tempie con una mano: mal di testa in aumento, perfetto, pensò ironica.
-Scusi- disse con voce sottile alzando leggermente il braccio- posso uscire un minuto? Non mi sento molto bene...
Complice il pallore del suo volto e le occhiaie che contornavano i suoi occhi, il professore non obiettò.

****

Se ne stava annoiato con la testa sul banco, sonnecchiava con le voci della classe in sottofondo. Improvvisamente un colpo secco lo fece sobbalzare: la professoressa di latino aveva sbattuto il libro sul suo banco.
-Allora Catini, cosa ne dice? Ci facciamo un bel giretto per far passare il sonno?- quell'odiosa arpia sorrise maligna, ce l'aveva proprio con lui!
-Si magari mi prendo anche un caffè- sorrise stiracchiandosi sulla sedia. La vecchiaccia storse le labbra ben sapendo che non poteva fare nulla: il padre di quell'odioso ragazzo era uno dei donatori di fondi più influente, lo sapevano tutti, compreso lui che se ne approfittava largamente.
Si alzò con fare annoiato e uscendo dal V° D, si diresse verso la macchinetta, forse un bel caffè era davvero l'unica opzione possibile per sopportare altre due ore di lezione: odiava fare pranzo in quella fottutissima scuola privata.
Mise le mani nelle tasche dei pantaloni della divisa e svogliato svoltò l'angolo: la scena che gli si parò davanti lo spiazzò: una ragazza appoggiata alla macchinetta singhiozzava senza remore, il corpo scosso dagli spasmi.
Che stesse male?
Si avvicinò aumentando il passo, finendo con il fare una corsetta per poi abbassarsi verso la biondina in questione.
-Ehi- le scosse leggermente la spalla e quella alzò il viso: l'aveva già vista!
Si, ma dove? Ripercorse brevemente con la mente tutte le biondine che aveva visto ma quegli occhi così chiari non rientravano nelle sue conoscenze.
La ragazza non sembrò neanche notarlo, chiuse gli occhi e svenne.


Poco prima...

Lavinia si alzò uscendo dal V° E, si diresse alla macchinetta del caffè alla fine del corridoio. Respirava male. Brutto segno, non andava bene. Doveva calmarsi. Selezionò un tè caldo e aspettò che l'erogatore completasse il suo lavoro; una volta afferrato il bicchierino, girò la bevanda con il bastoncino apposito e restò a fissare il liquido bollente con sguardo perso e il respiro corto.
Voleva tornare a Genova.
Voleva tornare a casa.
Lo voleva con tutte le sue forze.
Sentì gli occhi farsi umidi e pizzicarle nel classico modo che preannunciava una crisi di pianto. Non doveva lasciare che le lacrime vincessero ancora.
Avevano vinto troppe volte in quegli ultimi mesi, non voleva diventare una debole.
Non sarebbe servito a nulla piangere, non avrebbe risolto di certo le cose. Non sarebbe potuta tornare a casa, e non avrebbe potuto rivedere le sue amiche d'infanzia, non dopo che le aveva allontanate senza motivo. Eppure...
Il mal di testa aumentò improvvisamente a dismisura, solo al pensiero delle sue amiche che la riaccoglievano con un abbraccio. Prese a singhiozzare convulsamente mentre i volti si facevano strada nella sua mente.
Laura, Caterina, Marta...
Calde lacrime scesero dai suoi occhi occhi azzurri appannandoli, istintivamente
li stropicciò con una mano e furiosa sbatté il bicchierino dentro il cestino, facendo schizzare il tè sulle sue gambe nude. Il calore sembrò riportarla per un attimo alla realtà e si accasciò vicino alla macchinetta portandosi le ginocchia al petto.
Perchè era toccato a lei? Di solito quando si pensa ad una disgrazia, è sottointeso che non capiti ad una persona vicina o ad un conoscente, figuriamoci a se stessi.
Era una punizione, questo pensava da quando l'aveva scoperto.
Dio la stava punendo per qualcosa che aveva combinato, ma non sapeva cosa.
Si poteva davvero punire una ragazza in questo modo? Con la malattia?
Dannazione era stufa. Non le restava altro da fare se non piangere.
Anche se questo avrebbe significato essere una debole, non le importava.
Piangeva...
Piangeva perché voleva le sue vecchie amiche, la sua vecchia vita.
Piangeva perché sapeva che mai nessuno avrebbe capito la sua malattia.
Piangeva perché sapeva che i suoi genitori in fondo si vergognavano di avere una figlia in quello stato anche se non lo avevano mai detto apertamente.
Piangeva perchè era stufa, e non lo aveva meritato.
Piangeva perché sapeva che non aveva nessuno scampo.
Nessuna via d'uscita.

 
      





**********************************************************************
Allora, ci tengo a precisare che Lavinia ha avuto soltanto una piccola crisi di nervi, con un conseguente... problema. Molte mi hanno chiesto cosa abbia, bhè lo scoprirete a tempo debito, vi rassicuro soltanto sul fatto che non e' cancro, relax ragazze! Vi ringrazio moltissimo per l'entusiasmo con cui avete accolto questa storia, tutte le visite e le recensioni e le seguite/preferite/ricordate. Seriamente non pensavo!
Siete state molto carine a rassicurarmi, aw!
Vediamo un nuovo personaggio: Noemi. Sarà fondamentale per l'evoluzione della storia ovviamente :)
Lavinia nonostante sembri di ghiaccio inizia ad aprirsi, piano, molto molto piano, ma ci prova.
Ed è questo l'importante. Senza forza di volontà non ce la farà mai.
Il prossimo capitolo penso fra una settimana e mezza, la scuola mi tiene molto impegnata.
Approfitto per avvisarvi che ho postato una piccola oneshot robsten, sono una sua grandissima fan e lo sclero di questi giorni di Cannes ha tirato fuori questa cosetta leggermente (?) demenziale. Qui il link "YES WE CANNES!"
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Sarò felicissima di rispondere alle vostre domande!
O semplicemente per spettegolare un pochino ;)
A presto, Athena xx

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


If you want - 3

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Si grattò una guancia con fare pensieroso.
Possibile che il destino li avesse fatti rincontrare?
Solo dopo aver sentito l'infermiera nominare il nome della ragazza, un flash gli aveva attraversato la mente: un paio di mesetti fa l'aveva incrociata all'ospedale dove lavorava la madre.
Lavinia Rocci...
Ed ora frequentavano addirittura la stessa scuola, con le classi perfettamente una di fronte all'altra. Wow. Non gliene importava proprio nulla.
Se rifletteva bene sarebbe arrivato ad una conclusione: era talmente menefreghista che se non ci fosse stato nessun altro a parte lui in quello schifo di corridoio, probabilmente avrebbe atteso che la soccorressero e avrebbe continuato per la sua strada.
Eppure...
Non si era pentito della scelta fatta.
Forse perché non voleva portare alla mente fastidiosi ricordi, non voleva che mai nessuno passasse, anche solo minimamente, quello che era stato costretto a vivere lui. Sospirò pesantemente e si sistemò sulla scomoda sedia di plastica dell'infermieria scolastica. Grazie al cielo erano in una scuola privata, altrimenti sarebbero corsi immediatamente all'ospedale per uno svenimento.
Era rimasto lì, non era rientrato in classe anche se la professoressa sicuramente lo aveva dato per disperso, si chiedeva anche lui il motivo, ma non lo trovava. Semplicemente non si era sentito di lasciare da sola quello...quello scricciolo che ora riposava nella brandina.
La osservò: dire che fosse bella era un eufemismo; i capelli biondi le ricadevano morbidi fino al seno ed avevano dei riflessi color miele, per niente artificiali come molte sue compagne usavano farsi fare dal parrucchiere. Il viso era un'ovale quasi perfetto, il naso piccolo, le palpebre abbassate che però sapeva, celavano due zaffiri al posto degli occhi, e la bocca rossa leggermente aperta. Sembrava irreale, una principessa delle favole.
Cosa aveva ridotto quell'esserino alla vista così fragile, in quello stato?
-Cosa ti è successo...-mormorò sovrappensiero.
Molte persone nascondevano degli scheletri nell'armadio, degli avvenimenti che non volevano uscissero fuori. Anche lui era così.
Nessuno sapeva cosa gli era realmente accaduto, e di certo non voleva farlo sapere. Lo affascinava pensare ad un'eventuale causa di un volto triste, magari era cinico ma era fatto così. Era stupido pensare che la vita di ognuno fosse perfetta, che i volti di ogni singola persona incrociata fossero felici e sorridenti.
La vita in fondo, faceva schifo.
Un rumore lo distrasse dalla sua visione pessimistica del mondo: che si fosse già svegliata? Come avrebbe spiegato il fatto che si trovava lì con lei?
Si impose di restare calmo, agitarsi non sarebbe servito a nulla. Alzò lo sguardo e si accorse che due occhi azzurri come il cielo lo fissavano decisamente irrequieti e spaventati:
-Chi sei?!- fu la prima domanda della bionda, chi era quel ragazzo seduto?
-E perché sei qui? Dove sono? Come ci sono arrivata?- milioni di domande affollavano la mente della poveretta, e le fece tutte nel giro di pochi secondi. Il ragazzo la guardò in modo strano: si era fatta per caso? Questo avrebbe spiegato il pianto improvviso e lo svenimento.
Però non aveva lo sguardo da fattona, e neanche le condizioni fisiche a quanto sembrava.
Probabilmente era soltanto agitata, risvegliarsi in un posto sconosciuto e completamente intontina non aiutava. Odiava parlare, ma era necessario tranquillizzarla.
-Ben svegliata Bella Addormentata: chi sono e perché sia qui non penso ti interessi, poi sei nell'infermeria della scuola e qual'era l'ultima domanda?- chiese confuso ma sfottendola evidentemente. Aveva usato il sarcasmo per nascondere la sua vera natura, come sempre d'altronde, non le doveva alcuna spiegazione, l'aveva semplicemente soccorsa, nulla di più.
Lei invece, la prese molto male: chi credeva di essere quel ragazzo?
Lavinia era confusa: cosa ci faceva nell'infermeria della scuola? Non si era sentita male in classe per quello che ricordava...ma poi le venne in mente il fatto: si trovava davanti alla macchinetta del caffè e aveva iniziato a piangere, poi tutto si era fatto scuro e non ricordava più nulla. Forse era svenuta, forse le era presa una crisi e avevano chiamato casa.
Perfetto, era stata salvata da uno sconosciuto.
-Mi hai portato tu qui?- chiese storcendo il naso al pensiero che si fosse mostrata debole davanti a qualcuno, lo odiava. Era già abbastanza frustrante ammetterlo, anche comportarsi da malata era una sconfitta ogni singola volta che era obbligata.
-Altrimenti secondo te cosa ci farei qui, Miss intelligenza?!- fece annoiato, era molto stupida quella lì. Cosa diavolo ci starebbe a fare? A osservare il panorama? Era ovvio che era stato lui a soccorerla, e già se ne stava pentendo. Come era petulante, ecco perchè non gli andavano a genio le ragazze.
-Scusa eh, non ricordo molto, comunque non pensare che adesso io ti sia debitrice a vita- disse aggiustandosi i capelli. Non sopportava proprio chi pensava di avere una schiavetta solo perché le aveva fatto un piccolo favore. E poi già lo odiava. Così, a prima vista e senza alcun motivo.
In realtà un motivo c'era ed era sempre lo stesso che le stava torturando la mente da minuti ormai: chissà cosa avrebbe raccontato in giro... "la bionda nuova, è svenuta con una crisi isterica, chissà se è sana di mente o se è sana e basta, cose da pazzi..." sicuramente sarebbe andato a sbandierarlo all'intera scuola il coglione e allora addio tranquillità e anonimato.
Il moro dal canto suo, non poteva credere a quello che aveva appena sentito: l'aveva soccorsa anche se non ne aveva ricavato nulla e aveva anche da ridire! Era quello il problema della gente, dava sempre tutto per scontato, quando invece oggigiorno nessuno si sarebbe sognato di soccorrere qualcuno, poco importava che si trovasse in una scuola. Quante volte al telegiornale arrivavano notizie di persone morte per strada e non soccorse sui marciapiedi in pieno giorno?
Lui lo sapeva bene...
Un'improvvisa ondata di rabbia lo travolse e strinse convulsamente i pugni, cercando di mantenere la calma:
-Allora carina, prima cosa io non mi aspetto nulla da te, chi ti vuole conoscere! Ero lì e basta, non si nega aiuto a chi è in difficoltà.- rabbrividì pensando a quando, invece, l'avevano negato a lui.
Lavinia strinse convulsamente le lenzuola:
-Non fare l'eroe adesso, perché non lo sei, chiunque sarebbe potuto passare e aiutarmi- chiarì con voce ferma. Quanto si sbagliava, era facile notare che sapeva poco di come si stava al mondo. Non era colpa sua però, semplicemente non voleva fare la parte della principessa da salvare! Lei non era così, non aveva bisogno di nessuno. Bastava a se stessa, e avanzava anche.
-Non ho detto che sono un eroe, ho detto solamente che ti ho aiutata, punto. Vorresti negare anche questo?- era una frecciatina per caso? No, era la semplice verità. Il ragazzo iniziava davvero ad adirarsi a stare a parlare con un'ingrata del genere. Bella, acida e stronza, che mix letale.
Ora che lo sapeva se ne sarebbe tenuto alla larga, non le avrebbe dato confidenza.
-Non so chi tu sia bell'imbusto, ma non ho di certo bisogno di te per vivere! Evapora dalla mia vista!- ecco si stava comportando esattamente come quelle ragazzine snob che pensano di avere tutto nella vita, quelle che lei stessa non sopportava e odiava. Per un attimo si vergognò moltissimo. Perchè si stava comportando in quel modo? Non se lo meritava quel poveretto, nonostante fosse sarcstico e borioso l'aveva soccorsa e il minimo sarebbe stato un "grazie" da parte sua.
Forse stava esagerando...
Okay senza il forse. Stava esagerando.
Doveva darsi una calmata, evitare di farsi prendere da un'altra crisi isterica e respirare a fondo.
Ora si sarebbe rilassata e avrebbe chiesto scusa, in fondo era stato solamente così gentile da aiutarla quando lei non era cosciente...
-Ma vaffanculo!- proruppe lui nell'istante esatto in cui si era decisa a porgere le scuse per i suoi modi forse troppo bruschi.
-Cosa?!- strabuzzò gli occhi e si levò a sedere sul letto. Probabilmente aveva sentito male. Anzi, senz'altro era così. Lui non poteva averle detto...
-Acida e sorda? Ho detto v a f f a n c u l o!- esordì con la sua migliore faccia da schiaffi, ma chi cazzo era quella ragazza che pensava di poterlo trattare così? Neanche la conosceva! La prossima volta avrebbe lasciato chiunque alla sua sorte e se ne sarebbe altamente fregato, avrebbe fatto finta di non notare, tanto ormai era il motto di tutti quanti a quanto pareva...
Si alzò dalla scomoda sedia di plastica e si avviò verso la porta, meglio uscire da quella stanza prima che si prendessero a schiaffi, non sarebbe stato piacevole.. Lavinia nel frattempo era a dir poco scioccata: nessuno l'aveva mai mandata a quel paese, nessuno!
Bhè... forse si una volta... quando aveva chiuso i rapporti con le sue vecchie amiche, loro ce l'avevano mandata... ma un caso a parte! Non valeva! Lui invece... lui neanche lo conosceva! Come osava rivolgerle quell'insulto? Se per un attimo si era sentita in colpa, ora invece la sua rabbia era aumentata a dismisura, toccando apici quasi mai inesplorati prima. E tutto per un ragazzo sconosciuto! Un ragazzo irritante, stronzo, dall'ironia velenosa e bellissimo. Ovviamente non era cieca, l'aveva osservato prima. In pochi minuti che erano stati nella stessa stanza era riuscita a carpire così tante caratteristiche? Wow, forse aveva trovato il mestiere adatto a lei: poteva fare la psicologa. Si, certo, se lei per prima ne aveva bisogno, pff.
-Stronzo!- strillò mandando all'aria le coperte- chi ti credi di essere eh!?- non appena sforzò la voce le venne meno il respiro e si accasciò sul letto tentando di tenerlo regolare: non doveva sforzarsi per la miseria! Non ancora, non ancora...
-Ehi...va tutto bene?- intanto il ragazzo era tornato indietro e l'aveva afferrata per le spalle controllando che il cuore battesse bene. Cosa le era capitato? Un secondo prima stava strillando a pieni polmoni e un secondo dopo era accasciata sul letto. Non era normale.
-Aspetta, chiamo l'infermiera... Anita! Anita!- alzò la voce quel tanto che bastava e subito accorse una donna dalla mezza età. Aveva l'aspetto decisamente materno, con i capelli rossi-tinti- acconciati in una cosa disordinata e occhi marroni. Indossava un camince bianco e portava delle ciabatte anch'esse bianche, le ricordava molto l'ospedale.
-Che succede? Uh signor!- la prese per le spalle e le massaggiò la schiena, aspettando che riprendesse a respirare normalmente. Dopo una manciata di secondi e dei bei respiri profondi, la bionda riprese una parvenza di contegno. Dopotutto ci era abituata, sapeva come fare in casi come quelli, l'avevano istruita a dovere. Almeno si erano resi utili in qualche modo.
-Cara, ti senti bene?- chiese la signora amorevole.
-Si...si.- No, decisamente no.
-Hai difficoltà a respirare?- si informò. Per un attimo pensò di mentire, ma a cosa le sarebbe servito? Ormai avevano assistito al fattaccio, era tutto fatto.
-Ogni tanto...- ammise con sguardo basso. La faceva sentire debole ammetterlo ad alta voce.
-Ti capita spesso?- chiese nuovamente.
-No.- sussurrò. Si, si, si.
-Va bene, allora- cercò di fare mente locale e di riprendere in mano la situazione- Catini esci di qui subito! Tornatene in classe fannullone!- lo riprese facendo un gesto con una mano. Così si chiamava Catini eh?! Ma di nome? Sembrava il cognome adatto a lui però...
Quello rise, non era di certo la prima che lo riprendeva per la sua famosa voglia di studiare, si passò una mano tra i capelli e guardando la ragazza con intensità, uscì fuori.
Si appoggiò al muro e scrocchiò le dita, cercando di fare mente locale.
Prima piangendo e singhiozzando la biondina era svenuta, poi strillando come un'aquila non era riuscita a respirare. Che avesse qualche problema era palese, ma che tipo di problema?
Non aveva voluto rivelarlo, ovvio che fosse molto restia ma a quale scopo?
C'era qualcosa che non andava, l'aveva guardata quando aveva risposto alle domande di Anita, il modo di sfuggire allo sguardo della donna, di guardarsi freneticamente intorno, e lo strano tremolio delle labbra che non lo convinceva affatto..
Cosa nascondeva quella ragazza?

***

Sbatté furiosamente la cartella sul banco. Che nervoso!
Era appena rientrata in aula, finito l'intervallo, e sembrava più acidella del solito a detta della sua ormai vicina di banco. Il motivo? Semplice: era andata a sbattere contro un ragazzo moro, e non uno qualsiasi, ma proprio lui!, e lui non l'aveva degnata neanche di una semplice scusa. E non era di certo la prima volta! Quattro fottutissimi giorni che si incrociavano per i corridoi, che si trovavano ad un palmo dal naso e neanche un misero cenno con la testa!
Un semplice "ehi, come stai?" oppure un "tutto bene?". Nulla, zero.
Non che l'avrebbe dovuta salutare con la riverenza, okay ma diamine! L'aveva mandata a quel paese, un minimo di scuse doveva anche fargliele! O se proprio non voleva un sorriso ogni tanto poteva anche dispensarlo eccheddiamine! Se la tirava troppo per i suoi gusti, in fondo non era nessuno. C'erano circa settanta studenti in quella scuola, lui non era nulla di speciale.
Poco prima Lavinia stava tornando dal bagno e svoltato il corridoio se lo aveva ritrovato davanti, con le classi una davanti l'altra come poteva essere altrimenti?,  e lui aveva fatto finta di non conoscerla. Bene, d'ora in poi lei avrebbe fatto lo stesso! Non che le sarebbe cambiato nulla, ma quella convinzione bastò relativamente a calmarla. Almeno un pochino.
-Nervosa?- le chiese Noemi inarcando un sopracciglio. Aveva notato che fosse particolarmente... accellerata per i suoi standard e nonostante fosse curiosa aveva imparato a tenere a freno la lingua e aspettare i suoi tempi. Poco a poco si stava aprendo.
-Io? No, ti sbagli- si aggiustò la coda alta a cui era sfuggita una ciocca di capelli e alzò un sopracciglio- sto benissimo, è che il tempo mi rende nervosa. Volevo uscire questo pomeriggio ma la pioggia ha mandato all'aria i miei piani.-  una bugia migliore no eh? Il giorno dopo avevano anche compito di biologia, non le sarebbe passato neanche per l'anticamera del cervello di uscire, avrebbe studiato fino a notte fonda date le sue scarse conoscenze riguardo l'argomento e l'odio per il professore.
-Sarà- le sorrise Noemi notando che osservava la porta. Era ovvio che stesse tentando di guardare qualcuno, ma la domanda era: chi? Voleva scoprirlo, magari per aiutare a sciogliere quella lastra di ghiaccio che era la sua nuova amica.
-Cerchi qualcuno?- provò a domandare, chissà forse le avrebbe risposto.
-Come? No, figurati. Stavo... mi era sembrato strano che la professoressa ci mettesse tanto ad entrare, solo questo.- mentì iniziando a disegnare figure astratte sul libro di filosofia.
Certo, come no.
Sapevano entrambe che non avrebbe mai ammesso il suo interesse? verso qualcuno.
Cosa nasconde questa ragazza?, pensò Noemi ammiccando.



**********************************************************************
Davvero io non so più come fare con questi due.
E siamo giusto all'inizio della storia. Mi stanno già esasperando o.o
Ma appunto perchè siamo agli inizi sono diffidenti e chiusi, diamo loro tempo e vedremo cosa combineranno ;)
So che con queste frasi vi faccio fremere, ma è nella mia natura fare così lol
Veniamo al capitolo: inanzi tutto scusate per la brevità ma doveva finire ad 'effetto' diciamo, poi ecco cosa è successo a Lavinia e come aveva previsto quella strega della mia Sabri
è stata portata all'infermieria scolastico da Alessandro. Ed è rimasto lì e nonostante il loro battibecco (il PRIMO di taaaaaaaaanti care) si è 'occupato' di lei. Spero siate soddisfatte, io non molto ma è uscito così e dopo ottomila correzioni non sapevo come altro sistemarlo. Vi aspetto più o meno la settimana prossima, avete capito che non c'è un giorno fisso ma spero di mantenere questo ritmo :) Vi ringrazio come sempre per tutte le fantastiche recensioni e le seguite/preferite/ricordate, nonchè le visite aw! Siete fantastiche, davvero.
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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


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Ce la poteva fare, doveva farcela.

Un sospiro, due sospiri.
No, non poteva uscire.

Non voleva uscire.
Ma... non poteva deludere Noemi.
Cosa doveva fare?
Si passò stancamente una mano sul volto, stando attenta a non rovinarsi il trucco e i capelli.
Era stata così decisa fino ad un secondo fa...
Passeggiò stancamente avanti e indietro per l'ennesima volta, ripensando alla sua scelta.
Voleva davvero provarci, era stata così gentile ad invitarla anche se si conoscevano appena e lei era la solita musona. Aveva creduto in lei.
Il motivo? Semplice: l
a fatidica festa dei diciotto anni di Noemi.
Le aveva anche comprato il regalo- un magnifico paio di scarpe Prada, che aveva intuito le piacessero-, uno sforzo poteva anche farlo dopotutto.
Aveva tentato di addurre scuse improbabili, come il divieto dei genitori, il fatto che non sapeva dove si trovava il locale, o che non conosceva nessuno, ma nulla aveva impedito a Noemi di continuare a sperare in una sua visita alla festa. E lei l'aveva assecondata.
-Lavinia muoviti, ti accompagno- la voce di suo padre le arrivò debole a causa della porta chiusa.
Merda.
Respirò a fondo, inquieta.
Cosa fare? Andare? Non andare?
Decisioni, decisioni, decisioni...
Cosa ne avrebbe ricavato nel restare a casa? Si sarebbe annoiata, avrebbe visto un film in bianco e nero sul divano con il suo pigiama di flanella- probabilmente colazione da Tiffany- e si sarebbe pentita di non essere andata ovviamente. Se fosse andata invece? Musica, cibo, divertimento...
Sbuffò e girando più volte la testa, afferrò la borsetta viola e tossì; si sistemò poi nervosamente il vestito nuovo che aveva comprato appositamente per la festa, fino ad essere soddisfatta del risultato finale. L'aveva acquistato la settimana prima, andando a fare spese con la madre visto che si era stufata degli altri. 

Bugiarda.
Lo aveva comprato perché gli altri le stavano troppo larghi, a causa del suo calo di peso graduale. Le stavano troppo grandi sulla vita, sulle cosce... ed erano passati di moda ecco.
Scusa plausibile, come no.

Comunque quello era davvero più bello, viola scuro, in tinta con le scarpe altissime che si era decisa ad infilare e l'eyeliner che si era applicata. Nessun trucco pesante, nessun accessorio azzardato.
Nulla di più. Arrivò alla porta della stanza stando attenta a non uccidersi, appoggiandosi al corrimano, e avanzando per il corridoio si ritrovò nell'atrio di casa.
Sarebbe andata, si sarebbe presentata con un bel regalo e un sorriso finto stampato in volto, avrebbe fatto finta di divertirsi stando alla lontana da fumo e alcool e poi sarebbe tornata a casa ad un orario accettabile, le avrebbe fatto bene un po' di sano svago.
Si, avrebbe fatto così, era ora di tentare, in fondo non avrebbe fatto male a nessuno.

***


Cosa le aveva detto?
“Affitterò la discoteca per noi: sarà una festicciola alla moda per amici intimi, entrerà solo gente importante e che conosciamo” la voce di Noemi risuonava perfettamente nella sua testa.
Si, col cazzo.
La festa era un vero e proprio putiferio: persone sudate e febbricitanti che si muovevano a scatti e si strusciavano pensando di saper ballare, che si ubriacavano fino a dimenticarsi il proprio nome, che avevano lo sguardo lucido per i lunghi cannoni non identificati che si fumavano e compievano atti osceni sui divanetti in ogni dove.
Oh bene.
Era circa mezz'ora che aveva perso di vista la festeggiata, non poteva starle sempre attaccata alla gonnella perchè non conosceva nessuno. Noemi era stata entusiasta del regalo che le aveva fatto e le aveva presentato molte persone, di cui ovviamente aveva dimenticato il nome subito dopo.
Dopo essersi separate, promettendole che si sarebbe divertita, aveva fatto da tappezzeria, occupando un divanetto bianco molto chic.
Si fermò al bancone e mentre ordinò una semplice Coca Cola fu affiancata da un ragazzo. Dio, almeno stasera, ti prego.
-Ehi bella bionda- provò ad attaccare bottone- come mai tutta sola?- l'alito sapeva di alcool e gli occhi erano piuttosto lucidi: sbronzo perso tanto per cambiare. Difficile trovare qualcuno sobrio lì in mezzo. Persino lei che non aveva toccato nulla da bere aveva un mal di testa allucinante.
-Non penso ti interessi.- sorrise arrogante e si girò dall'altra parte. L'unico modo per liberarsi di quelle rotture era non degnarli d'importanza, e si sarebbero sicuramente stancati prima o poi. Perché quando ingurgitavano qualche litro di alcool gli uomini diventavano magicamente attratti da ogni essere possibile in gonnella? Stupidi ormoni adolescenziali.
-Che ne dici se andiamo a farci un giro?- strascicò l'ultima sillaba, segno evidente di quanto fosse partito. L'unico giro che avrebbe fatto in quelle condizioni sarebbe stato fino al bagno.
-No grazie.- ripeté con voce dura: odiava perdere tempo dietro alle persone che neanche conosceva e la facevano spazientire. Aveva detto di no, perchè esasperarla ancora?
-Oh andiamo- riprovò quello accendendosi una sigaretta (almeno credeva che lo fosse) e sbuffandogli il fumo in faccia. Improvvisamente, respirando l'aria satura di quella schifezza, combinato al mal di testa crescente e alla musica che rimbombava nel salone, di sentì venir meno e lasciando il tipo fatto al bancone, adocchiò l'uscita di emergenza. Doveva raggiungerla ad ogni costo onde evitare strani svenimenti su un pavimento sporco e appiccicaticcio, si trascinò fin lì spalancandola e uscendo all'aria aperta.
Si appoggiò al muro sostenendosi e respirando a pieni polmoni, anche se le fitte le scuotevano il petto. Cercò di rilassarsi, non poteva farsi notare da qualcuno in quello stato, non voleva!
Era soltanto un capogiro, solo quello. Sarebbe passato presto e sarebbe tornata a casa, si.
A mano a mano che i secondi passavano si sentiva leggermente meglio, il peso  che le opprimeva il petto si era alleggerito notevolmente e respirava senza fatica ora. Grazie al cielo.

Da un po di tempo era così: ogni singola volta se sentiva puzza di fumo forte il corpo le reagiva, forse proteggendosi da quello che, lo sapeva, era sbagliato e nocivo per lei più di chiunque altro.
Si passò una mano tra i capelli e ormai tranquilla si sedette sullo scalino affianco della porta: si era spaventata abbastanza: non era di certo il momento esatto per farsi venire una crisi, altrimenti addio “operazione passare inosservata a scuola”; buffo, si preoccupava più di quello che della sua salute. Bhè più che buffo lei lo avrebbe definito normale, ma era un giudizio di parte. Ora non le restava che prendere un bel respiro per riempirsi i polmoni al meglio e rientrare in quella bolgia infernale, sperando che terminasse al più presto, ma un rumore la fece immobilizzare sul posto.
La risata che infestava i suoi sogni da qualche settimana a quella parte.

***

Alessandro stava accasciato su un divanetto di pelle bianca, rigirandosi tra le mani la bottiglia di birra ormai vuota. Era una bella festa dopotutto e Noemi era stata così gentile da invitare le due classi anche se non conosceva bene tutti e lui aveva accettato l'invito volentieri- non avrebbe mai detto no ad alcool gratis e musica travolgente. E poi la conosceva praticamente dal primo anno e si era ritrovato più volte nelle ore buche a parlarci, era una ragazza molto simpatica.
-Oh Alessà- lo apostrofò Paolo, il suo amico di sempre abbreviandogli il nome- andiamo a rimorchià qualcosa va, ci sono un sacco di belle ragazze stasera!- ecco, perfetto, pensava solo a raccattare una ragazza per finire in bellezza la serata, ma cosa si aspettava da lui dopotutto? Non aveva nulla a cui pensare, se non la scuola e la squadra di calcetto. Poi  Xbox, donne, Gazzetta dello sport. Che pensieri intelligenti eh.
Non che lui fosse diverso s'intende riguardo a calcio e all'Xbox, ma le donne non erano il suo primo pensiero la mattina di certo, anzi, neanche l'ultimo. Non ci pensava e basta, non gli servivano.
-No Pà- rispose stroppiando a sua volta il nome del compare- davvero, vado a fumare una sigaretta e poi vediamo in caso, eh- gli batté una mano sulla spalla e si avviò verso l'uscita di emergenza. Gli sembrava di aver già visto qualcuno passare di lì poco fa, ma sinceramente non ci aveva prestato molto interesse. Aveva bisogno di nicotina se voleva resistere e restare lucido per il resto della serata visto che avrebbe guidato lui onde evitare incidenti.
Quando aprì la porta estrasse il pacchetto e si portò una Malboro alla bocca.
Alzò lo sguardo mentre stava per accenderla e fu allora che la notò, seduta su un gradino della scala anti incendio, più bella che mai.
Lavinia lo guardava con occhi ostili. Possibile che se lo ritrovasse sempre in mezzo ai piedi? E sempre quando non si sentiva bene? Aveva la puntualità di un orologio svizzero quel ragazzo. Avrebbe potuto fare il super eroe se solo non fosse stato così stronzo.
Un supereroe certo, le venne da ridire in modo isterico ricordando come l'aveva "salvata".
Lui alzò un sopracciglio senza dire una parola e si avvicinò. La ragazza si ritrasse impercettibilmente e si decise a parlare per non sembrare la solita stronza impettita:
-Ciao.- si costrinse a dire.
-Ciao bionda.- le rispose. Era la prima cosa che gli era venuta in mente, lo aveva sorpreso, non pensava che gli avrebbe rivolto la parola. Magari gli avrebbe fatto un cenno infastidita, ma invece non fu così. Quella ragazza faceva sempre l'esatto contrario di quello che si aspettava. lo destabilizzava quasi. La prima volta gli aveva gridato contro e poi aveva fatto la sostenuta, quando invece aveva pensato che gli avrebbe fatto una scenata colossale; invece ora gli aveva parlato, andando contro tutti i suoi propositi. Aveva risposto un po' strafottente, come al solito.
-Ho un nome io, anche se forse non lo sai- rispose infastidita. Molti stupidi la chiamavano così e la cosa non le andava molto a genio. Non era la solita bionda senza cervello come spesso pensavano, e non era una ragazza facile. Certo, le piaceva fare shopping e truccarsi ma senza esagerare.
-Certo, Lavinia- calcò la voce sul suo nome, dimostrandole che al contrario delle sue aspettative lo conosceva. Era sorpresa: che si fosse interessato a tal punto da chiederlo in giro? Impossibile.
Non avrebbe mai... ma d'altronde lei non lo conosceva, non sapeva cosa avrebbe o non avrebbe potuto fare. La cosa che non sapeva però, era che il suo nome gli era stato rivelato da un'infermiera pettegola, più di due mesi prima.
-Bene tu sai il mio... ma io non so il tuo, non mi sembra equo.
-Qualcuno ha mai parlato di cose eque?- le fece notare. Era un continuo punzecchiamento da ambedue le parti. Sembravano nati apposta per battibeccare.
-Lascia perdere, posso sopravvivere anche se non so come ti chiami...
-Chiamami come vuoi.- la interruppe, non volendo che tutto quello finisse.
-Come?
-Mi chiamo Alessandro ma chiamami come vuoi.
-Va bene, Catini.- piccola rivincita personale: lei sapeva il suo cognome.
Alessandro, Alessandro, Alessandro. Finalmente avrebbe potuto dare un nome al ragazzo che popolava le sue notti, perchè si trattava di lui, ne era sicura.
-Sei davvero astuta, Rocci.-sapeva anche il cognome, impossibile! Erano sempre alla pari, mai nessuno riusciva a prevaricare sull'altro, incredibile! Sbuffò contrariata.
Se gli sguardi potessero uccidere... pensò il ragazzo ridendosela.
Lei socchiuse maggiormente gli occhi e respirò a fondo cercando di ritrovare la calma. La irritava troppo, e neanche si conoscevano. Avrebbero dovuto continuare la presunta conversazione?  Se ne sarebbe dovuto andare? O forse era lei che se ne doveva andare. Forse.
Per non saper nè leggere nè scrivere si accese la sigaretta che teneva ancora tra le dita e tirò una lunga boccata di fumo. Notò la ragazza irrigidirsi e spalancare gli occhi.
-Che c'è, non hai mai visto uno che fuma?- la punzecchiò. Subito il suo sguardo si fece come incandescente e rispose cattiva, mentre una smorfia di disappunto compariva sul suo viso angelico:
-Si, non è per questo, ti sarei grata se ti spostassi e non mi fumassi vicino...
-Altrimenti mammina e papino non ti fanno più uscire?- continuò ridendo.
Era una perfettina che rispettava le regole, c'era da aspettarselo.
-Io esco come e quando voglio anche se puzzo di fumo- rispose punta nel vivo.
-Allora sei una di quelle santarelline che non sopportano l'odore?
-Esatto, non sopporto semplicemente l'odor.. ehi!- si rese conto troppo tardi dell'insulto celato nella frase del ragazzo. Lui se la rise ancora di più, con un ghigno sul viso e lei sentì le lacrime trattenute ai lati degli occhi che premevano per uscire. Era sempre così, quando qualcosa la irritava e la infastidiva all'inverosimile le veniva da piangere per il nervoso. Doveva smetterla.
-Ti capisco sai? Tu sei...- ecco la solita frase da rituale.
Ti capisco.
Ti comprendo.
Come mi dispiace.
Ogni singola persona che scopriva la sua situazione glielo diceva e lei era così stanca, così stressata che chiedeva soltanto di essere lasciata in pace. Invece si ostinavano a starle addosso e a pretendere di capirla! Si alzò in piedi di scatto e quasi gli si scagliò contro:
-Cosa ne sai tu di me! Cosa? Come puoi soltanto avere l'arroganza di sapere cosa passa nella mia testa! Eh?!- era diventata una furia ed aveva alzato la voce, ma era così stanca che tutti si arrogassero il diritto di stare nei suoi pensieri...
-Sei il solito ragazzino viziato che ha tutto!
-Come ti permetti? Che ne sai tu di me...
-Appunto! Come io non so niente della tua vita, tu non ti devi permettere di giudicarmi, ragazza di imbecille!- si avvicinò e trattenendo il fiato gli diende una spinta mentre parlava. Alessandro la guardò sconvolto in viso: possibile che una ragazza così fragile avesse tutta quella forza? Forse era solo la forza della disperazione che traspariva dai suoi occhi: i due zaffiri ora erano come ghiaccio, freddi, non emanavano nessun calore e neanche l'ombra di un sorriso le increspava le labbra. Si era come tramutata. Se prima aveva pensato che era un piccolo angelo, bhè ora era tutto il contrario.
Non voleva farla arrabbiare, ma gli veniva così naturale risponderle a tono!
-Quelli come te mi fanno solo schifo!- lo guardò mentre il disgusto emergeva dalle sue parole e si girò per andarsene, inquieta. Rientrò in discoteca lasciandolo impalato contro il muro, mentre la sigaretta che teneva tra le dita, causa del loro litigio, si spegneva ormai consumata.





**********************************************************************
Chiedo scusa per il ritardo, ma non ho internet a disposizione D:
Eccomi qui con il nuovo capitolo, come sempre non sono abbastanza soddisfatta ma è uscito così, l'avrò ricontrollato tremila volte come minimo ma spero che vi piccia :)
Altro evento, altro litigio. Ormai sembra che sappiano fare solo questo °-°
Capiamo un po' di più il carattere di Lavinia e nei prossimi quello di Ale. Non ho molto da aggiungere se non che vi ringrazio per tutte le seguite/preferite/ricordate e per le recensioni. Non abbiate paura di lasciarle, mi fate felice ** ora me ne vado, che sto crepando dal caldo.
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Capitolo 5
*** Capitolo 4: 'Thinking about you' ***


If you want - 5 Non riesco proprio a capire perchè ogni volta che li faccio parlare fanno tutto di testa loro.
E' inconcepibile eppure non posso, e non voglio?, controllarli. Fuggono al mio controllo in una maniera quasi innaturale e non sono capace di fare altro che scrivere e lasciare che il loro carattere si tempri capitolo dopo capitolo. Forse sbaglio e dovrei impormi, o forse no.
Parlo come se fossero miei figli, inizio a preoccuparmi o.o ma un po' lo sono, le mie creature e le adoro troppo per arrabbiarmi con loro quando non fanno come decido io.





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Fissava svogliata  i grafici disegnati alla lavagna mentre con la mente fantasticava di trovarsi in una stupenda spiaggia caraibica, circondata da palme e bevande con gli ombrellini servite in noci di cocco. Era l'ora di matematica, quindi era permesso. Non le entravano proprio in testa  tutti quei calcoli inutili, non le sarebbero mai serviti a nulla nella vita quotidiana; per quella che avrebbe condotto lei poi, figuriamoci. Il suono della campanella la riscosse e la fece sospirare pesantemente: finalmente era arrivato l'intervallo e Noemi la prese sottobraccio per dirigersi insieme alla macchinetta del caffè.
-Sono convinta che prima o poi parlerai.- disse la moretta con lo sguardo di chi la sapeva lunga. Più volte le aveva chiesto come mai se ne era andata improvvisamente dalla sua festa di compleanno, ma aveva ricevuto soltanto risposte evasive dalla ragazza. Di certo non avrebbe confessato neanche sotto tortura che se l'aveva filata per colpa di quel coglione che le aveva rovinato l'umore.
-Te l'ho ripetuto, non mi sentivo molto bene.- ripetè per la centesima volta la stessa scusa che aveva adottato nei giorni precedenti ma Noemi non sembrava proprio voler demordere. Lavinia sorrise sotto i baffi.
Aveva cambiato città perchè non voleva che le persone le si avvicinassero mossi solamente dalla pietà- come ormai facevano le sue amiche di sempre- e invece si era ritrovata questa buffa ragazza tra i piedi. Dopotutto la sua presenza non la infastidiva, anzi, la metteva spesso di buon umore; nonostante fossero quasi l'uno l'opposto dell'altra stavano bene insieme, ovviamente quando Lavinia era serena e scompariva per qualche ora il muso lungo che tentava di tenere giornalmente. Ma questo perchè lei non sapeva ancora della sua malattia, altrimenti era sicura che sarebbe diventata come tutti gli altri. Si irrigidì e spostò il peso da una gamba all'altra quando vide avvicinarsi un gruppetto di ragazzi che si stavano certamente dirigendo in bagno a fumare. Uno di loro faceva la classe davanti alla sua, perciò... pregò silenziosamente che tra di loro non ci fosse anche lui, ma evidentemente quello non era il suo giorno fortunato.
-Oh ma guarda chi c'è! Ciao ragazzi!- esclamò una gioiosa Noemi zuccherando il suo caffè. Per queste semplici esclamazioni si era guadagnata il premio come 'migliore stronza' dell'anno, anche se poverina non l'aveva fatto in cattiva fede. Il gruppetto si avvicinò per ricambiare e lo vide ancora più chiaramente: Alessandro Catini.
Quel nome sembrava essere impresso a fuoco nella sua mente, eppure era certa di non poterlo neanche sopportare: aveva un non-so-che che la irritava a morte. Forse il suo sorrisino strafottente o forse gli occhiali da sole che si ostinava a tenere infilati nella camicia della divisa.
Terribilmente da pallone gonfiato.
-La conoscete già Lavinia, sì?- chiese con un sorriso.
No, no, ti prego no, pensò la ragazza dilatando gli occhi. Non davanti a lui!
Non le interessava conoscere nuove persone, una era più che sufficiente.
-Ah, sei nuova giusto?- le sorrise un ragazzo e allungò la mano verso di lei. La osservò per qualche secondo poi, schiarendosi silenziosamente la voce, si decise a stringerla e gli sorrise debolmente, lo aveva intravisto qualche volta per il corridoio e le era sembrato un tipo educato.
-Paolo piacere.- le sorrise cercando di metterla a suo agio e apprezzò terribilmente quel piccolo gesto. Per di più la sua mano era calda e piacevole al tatto, non sudata fortunamente e servì a fargli guadagnare qualche punto.
-Piacere mio.
-Loro sono Giovanni e Riccardo- indicò i ragazzi al suo fianco che agitarono la mano in segno di saluto- e lui invece è Alessandro.- concluse con un cenno in direzione del ragazzo che aveva popolato i suoi pensieri per gli ultimi tre giorni. Ti pareva.
Non la degnò di uno sguardo e quando Paolo glielo fece notare, la ragazza penso che avrebbe risposto qualcosa tipo 'non mi interessa di lei' oppure 'ciao sfigata' perfettamente in linea con la personalità che gli aveva costruito addosso, e invece si limitò a schiarirsi la voce:
-Già ci conosciamo.
-Davvero?- chiese Noemi strabuzzando gli occhi.- Dove vi siete incontrati di già?
La ragazza sperò vivamente che non la deridesse raccontando della sua crisi di respirazione e della consecutiva visita in infermeria, dove si erano incontrati per la prima volta. Il loro di certo non si poteva definire un incontro piacevole, si erano insultati per tutto il tempo in cui erano stati nella stessa stanza. Alzò di scatto il viso e lo fissò negli occhi per un minuto interminabile, e lui parlò non distogliendo lo sguardo dal suo:
-La tua festa, l'altro giorno. Ci siamo incontrati al bar.
-Ah ecco, ora capisco.- furono interrotti dal suono della campanella, che annunciò la fine dell'intervallo.
-Cazzo neanche una sigaretta ci siamo fumati- staccò il contatto visivo con questa imprecazione e sbuffò infastidito.
-M...mi dispiace avervi trattenuto. E' colpa mia.- ammise controvoglia. Era vero, se non si fossero fermati a fare la sua conoscenza probabilmente avrebbero avuto la loro sigaretta.
-Non fa nulla, davvero- sorrise Paolo- ci ha fatto piacere conoscerti. Spero ci rincontreremo presto.- disse mentre affrettava il passo per seguire i suoi amici che avevano già svoltato l'angolo. Salutò con la mano e sparì nel caos studentesco. Lavinia sospirò perplessa e si perse per un attimo nei suoi pensieri in cui i protagonisti erano, Noemi ne era decisamente sicura, Alessandro Catini e i suoi occhi magnetici.

****

-Merda!- imprecò Alessandro affrettandosi ad uscire dall'aula. Era stato trattenuto dalla strega ed ora era davvero in ritardo. Percorse le scale saltandole a due a due e finalmente si ritrovò nell'entrata-cortile della scuola mentre si accingeva a infilare nello zaino i libri che ancora teneva in mano, non accorgendosi della figura davanti a lui, con la quale ci fu una collisione. Stava per scusarsi- aveva la testa altrove- quando una voce ancora poco conosciuta lo interruppe:
-Vuoi guardare dove metti i piedi? Guarda che disastro!
Eccola. Più cercava di evitarla, più se la ritrovava tra i piedi, incredibile.
-Non sono io che ero con la testa tra le nuvole.- aveva risposto prontamente, per togliersi d'impaccio e si aspettava una risposta acida, ed invece la ragazza arrossì. Balbettò qualcosa e distolse lo sguardo.
In verità stava pensando a lui, stava provando a farlo uscire dai suoi pensieri, e ovviamente non ci stava riuscendo.
Si chinarono contemporaneamente per raccogliere i libri e tanta la fretta a causa del clacson di una macchina posteggiata lì vicino che infilò alla rinfusa i vari tomi all'interno della borsa e scappò via come un razzo.
-Aspetta!- gridò lui afferrando il diario che aveva dimenticato a terra- ti è caduto questo!- tentò di avvertirla, ma ormai era troppo tardi, la macchina si era appena immessa nel traffico. E ora?, pensò rigirandoselo tra le mani e aprendolo alla prima pagina. C'era una sua foto con altre tre ragazze sorridenti e in pose buffe, lei la si notava subito: lunghi capelli biondi come il grano e occhi grandi e grigi, in mezzo a morette tutto pepe. Sembrava diversa da ora, ed aveva un bellissimo sorriso. Sopra la foto vi era un piccolo specchietto rotondo, probabilmente per avere sempre la situazione "trucco" sotto controllo. Femmine, bha. Girò pagina e trovò il classico elenco con le informazioni:

Nome: Lavinia
Cognome: Rocci
Classe: IV E
Via:  Garibaldi n° 23
Città: Pisa

Andò alla pagina del giorno dopo e notò quanto fosse piena di esercizi e appunti. Merda, doveva portarglielo altrimenti non avrebbe potuto studiare. Si vabbè, più tardi ci avrebbe pensato, ora lo aspettavano per la partita di calcetto al campetto vicino casa, poi studio e poi... poi casa Rocci.

****

Aveva perso il diario, porca troia aveva perso il diario.
Come avrebbe fatto ora? Come si sarebbe organizzata? Dove le era caduto? Sicuramente quando si era scontrata con l'idiota, ovvio. Poi era arrivata sua madre e dovendo scappare non aveva prestato attenzione a cosa le mancasse. Si poteva essere più distratte? Difficile davvero. Molte le dicevano che spesso era su un pianeta tutto suo, ma se prima il fatto era causato da normali filmini mentali ad occhi aperti da adolescente, ora era dovuto solamente al fatto che pensava spesso- troppo- alla sua malattia.
"Non preoccuparti, andrà tutto bene" ripetevano, anche se lei non ci credeva. Affermavano che non fosse una malattia mortale, ma avrebbe compromesso le sue capacità motorie e fisiche. Odiava il fatto che non potesse correre senza sentirsi affaticata o che non potesse farsi una nuotata in santa pace senza rischiare costantemente di annegare.
Si stese sul letto, affondando il volto nel cuscino. Dio che nervoso.
Avrebbe potuto benissimo chiamare Noemi e farsi dire i compiti ma non ne aveva semplicemente voglia, si era stizzita troppo ed ora non aveva voglia di fare nulla. Tutta colpa di quel deficiente, che nervi!
Se avesse guardato dove andava, anzichè travolgerla come un tornado, non sarebbe successo nulla e non si sarebbero scontrati, e invece no! Che emerito coglione.
Sfogò un piccolo urlo nel cuscino e battè furiosamente i piedi sul copriletto blu.
Magari se l'aveva presa un po' troppo. Magari eh.
Si girò a pancia in sopra e portò un braccio a coprirle il volto, sbuffando e si addormentò con un unico pensiero fisso in testa: mannaggia a te e a tua madre Catini.

***

-
Cinque minuti, ti prego, solo cinque minuti...- mormorò contro il cuscino. Qualcuno le stava scrollando la spalla e non voleva proprio saperne di svegliarsi. Il fastidioso movimento continuava però, e si voltò alzando il braccio e colpendo Cristina proprio sul volto.
-Lavinia!- strillò e la ragazza si alzò a sedere nel giro di due secondi.
-Che c'è? Non sono stata io!
-C'è qui un ragazzo che ti ha riportato il diario- spiegò massaggiandosi la guancia e indicando dietro di sè, dove lui stava comodamente appoggiato allo stipite della porta, curiosando sfacciatamente per la sua stanza con lo sguardo.
Non poteva essere.
Era un incubo.
Ora si sarebbe stesa nuovamente, avrebbe chiuso gli occhi e li avrebbe riaperti, constatando che la sua mente le faceva ogni giorno scherzi sempre più di cattivo gusto. E ultimamente in qualche modo lui era sempre presente.
Alessandro Catini nella sua stanza.
Incubo.
Alessandro Catini che la osservava appena sveglia.
Incubo.
-Bhè vi lascio da soli- ammiccò sua madre chiudendosi la porta alle spalle e spingendo il ragazzo all'interno.
I n c u b o.
"Dio se ci sei, predimi con te, o fammi sprofondare, o fammi scomparire. Scegli te, ma che sia più rapido e indolore possibile." pensava la poveretta rossa di vergogna. Non lo conosceva neanche e se lo ritrovava nella sua stanza, pochi avevano avuto questo, chiamiamolo onore, e lui non lo meritava.
Dio, dio, dio, dio.
Aprì meglio gli occhi, ritrovando la lucidità necessaria, e si passò una mano tra i capelli, simili ad una criniera indomata. Se almeno avesse avuto il tempo di sistemarsi... ma cosa? Per lui? No, assolutamente no.
Abbassò  la maglietta e si schiarì la voce, alzandosi dal letto.
-Sei stato molto gentile a portarmi il diario- iniziò con discrezione; lui sembrò svegliarsi da un torpore e battendo gli occhi allungò la mano passandole il diario e fissandola a lungo.  Era stupenda anche appena alzata, dato di fatto che chiunque avrebbe potuto constatare. Meglio della Bella Addormentata. E lui? Il suo principe azzurro?
Si ritrovò a sorridere immaginandosi con un mantello a cavallo, ridicolo.
Eppure sembrava proprio che la madre della bionda lo aveva immaginato così poco prima, dagli occhi che si era ritrovata: a forma di cuoricino avrebbe osato dire. Forse stava già preparando gli inviti al loro matrimonio.
-Già, la prossima fai più attenzione magari.- fu più sgarbato del dovuto, ma il pensiero di loro due insieme gli faceva accapponare la pelle. Brrr. D'altronde lei poteva passare benissimo per la regina delle nevi, quindi.
-Parla Mister-corro-come-un-pazzo-per-i-corridoi...- borbottò acida. In risposta, Alessandro sollevò un sopracciglio e scosse la testa come per scacciare un pensiero.
-Carina comunque la stanza.- infilò le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta e si dondolò sui talloni.
La stava portando per il culo? Era ironico oppure serio?
-Grazie.- rispose sospettosa.
-Dico sul serio, me l'aspettavo...diversa.
-Del tipo completamente rosa e piena di cose sbrilluccicanti in giro?- il ragazzò arrossì, segno che Lavinia aveva indovinato. Si aspettava davvero che una ragazza di diciassette anni addobbasse la sua stanza come quella di una principessa dei confetti? Odiava i soliti stereotipi, sicuramente l'aveva pensato perchè era bionda, pff.
-Comunque- riprese schiarendosi la voce- hai davvero buon gusto, mi piace- si stravaccò sul pouff blu scuro sistemato al lato opposto della stanza e afferrò un gufo di peluche- il suo Anacleto!- e lo strinse al petto posandoci la guancia sopra.
-E' morbido.
-E' un mezzo cuscino genio.
-Lo so, ma è morbido anche per gli standard dei peluche.- rispose saccente. Lei sorrise e scosse la testa divertita.
Non era poi così male, stavano avendo una conversazione civile incredibile ma vero.
-Non ti addormentare qui.
-Sono stanco, ho giocato a calcetto fino a poco fa.- spiegò sospirando.
-Tutto studio eh...oddio sei sudato allora! Ridammi Anacleto, non me lo appuzzare!
-Anacleto?- sollevò un sopracciglio, ma non sapeva fare altro?, e tentò di non scoppiare a ridere. Lavinia si alzò dal letto e gli strappò letteralmente il suo gufetto dalle braccia.
-Mai visto 'La spada nella roccia' ignorante?- mugugnò posandolo sul letto.
-Certo, una decina di anni fa, ma vedo che qui l'età media di cervello è piuttosto bassa.
-Stronzo- ecco, aveva parlato troppo presto.
-Come siamo gentili...
-Sempre.
Passò prima qualche secondo di silenzio quando Alessandro si decise a parlare.
-Mi... mi rendo conto che certe volte sono un po troppo brusco nei commenti, ma ci tenevo sapessi che non è solo con te... cioè lo faccio con tutti, non ho nulla contro di te ecco- balbettò passandosi una mano tra i capelli.
Rimase spiazzata da quel piccolo chiarimento, non se lo aspettava proprio, ma ovviamente ne era felice, ora toccava a lei dire qualcosa, era stato così... carino...
-Neanche io ce l'ho con te, è che certe volte tendo ad essere un pochino acida... okay abbastanza- si corresse notando una sua occhiata scettica- ma questo è il mio carattere, non posso farci nulla- si giustificò così.
-Siamo due tipi particolari dai, non c'è nulla di male- si stiracchiò e si alzò- ora devo andare, è tardi.
-Certo ti accompagno alla porta e grazie ancora.
-La prossima volta non sarò così gentile snobbetta, ricordatelo.- le disse una volta arrivati alla porta.
-Parli come se mi avessi fatto un favore...
-E' così infatti.
-Stai zitto e sparisci.
-Va bene stronza.
Gli stava per sbattere la porta in faccia, decisamente irritata, quando parlò di nuovo:
-Se qualche volta vuoi uscire...- no non ci credeva, le stava per chiedere... oddio- conosco molte ragazze, mi sembri molto sola...
L'ultima parte della frase la colpì con la potenza di una doccia gelata. L'aveva detto con compassione? Si era offerto di cercarle delle amiche? Un improvviso senso di vergogna la invase e sentì l'impulso di piangere. Andasse al diavolo porca puttana, lui e il suo finto dispiacere!
-No, non intendevo, cioè...
-Lascia stare, ho capito.- deglutì con fatica e gli chiuse la porta in faccia, inventando una scusa- mia madre mi sta chiamando, ci si vede in giro quando capita. Grazie ancora.
Alessandro battè frustrato un pugno sul muro mentre aspettava che arrivasse l'ascensore.

Che cazzo aveva sbagliato? Sembrava rilassata fino a quando non le aveva proposto... merda.
Le aveva dato l'impressione sbagliata! Stava per chiederle di uscire con la sua comitiva quando ci aveva ripensato. In fondo si conoscevano poco e tutti avrebbero pensato che visto che se la portava dietro ci volesse provare, così aveva proposto di presentarle altre ragazze. Mossa sbagliata cazzo.
Era sempre il solito coglione.

***

Lavinia chiuse la porta e respirando riprese il controllo. Non doveva lasciarsi trasportare dalle emozioni.
Aveva dimenticato anche una domanda fondamentale che si era posta mille volte quel pomeriggio: come mai aveva mentito ai suoi amici dicendo che si erano incontrati per la prima volta alla festa di Noemi? Come mai non aveva raccontato del loro incontro/scontro in infermieria?
Quel ragazzo era un continuo punto interrogativo, non si comportava mai come prevedeva, bhà.
Distese le braccia in avanti e lasciò un respiro rilassato, non sarebbe cambiato nulla, non gli avrebbe più parlato.

-Allora?- Cristina sbucò dalla cucina con un sorriso a trentadue denti.
-Allora cosa?
-Mh?- alzò un sopracciglio e sorrise allusivamente.
-Mamma parli chiaro?- fece camminando per il corridoio.
-Chi era quel ragazzo?
Oddio no.
No. No. No.
Sapeva sarebbe arrivata quella domanda, ma segretamente sperava che sarebbe potuta sgattaiolare in camera senza destare alcun sospetto. Non sapeva cosa rispondere: amico, conoscente, estraneo? Cosa era Alessandro Catini per lei?
Nulla, assolutamente nulla.
-Uno.
Semplice, senza pretese.
-Uno?
-Si uno.
-Compagno di classe?
-No.- l'ennesimo sorrisino malizioso da parte della madre le fece saltare i nervi, e iniziò a gesticolare animatamente dopo aver posato il diario sul ripiano della libreria.
-Si uno va bene? Che c'è, improvvisamente ti interessi della mia vita?
-Lavinia...
-Scusa okay. Ha trovato il mio diario e me l'ha riportato, stop.
-Credevo che lo conoscessi però, magari viene alla tua stessa scuola.- tentò nuovamente.
-Bhè credevi male- mentì. Sempre negare era il suo motto- ora vado a finire di studiare, non cucinare per me, non ho fame- mentì, si sarebbe rimessa a rimuginare sul letto, poco ma sicuro.
-Qualcosa mi dice che invece farai cena.
-E cosa te lo dice?
-Il fatto che ci sono le scaloppine.
-Per me doppia porzione- sorrise andandole a dare un bacio.
-Ruffiana.
-Ti voglio bene anche io mammina.- ritrovò il buon umore, Cristina le diede un pizzicotto sulla guancia e quando ormai la figlia era arrivata alla sua stanza la chiamò, facendola bloccare allo stipite della porta.
-Lavinia, sai che non si dicono le bugie?
-Ovviamente. Perchè me lo stai ricordando?- fece dubbiosa.
-Non so... naturalmente il fatto che abbia incontrato quel ragazzo quando sono andata a consegnare i documenti per la tua iscrizione a scuola e che l'abbia visto infilarsi nella classe davanti alla tua non c'entra nulla...- così dicendo la madre si diresse in cucina mentre i suoi tacchi risuonavano nel silenzio della casa vuota, lasciando una bionda ammutolita e rossa d'imbarazzo a fissarsi le punte delle scarpe.



**********************************************************************
Eccoci qui :)
Chiedo scusa per il ritardo, ma l'estate è l'estate, lo sapete, gnè.
Gli incontri ufficiali finalmente! Pare proprio che Catini si sia comportato bene, e nuove entrate in scena che fanno da contorno -Giovanni e Riccardo- e Paolo, che tutto sarà meno che da contorno :D
Okay... scherzo tranquille. O forse no. Chi lo sa.
Lavinia si ritrova il ragazzo dei suoi incubi (non ci credo neanche un po') in casa e la madre in cucina sghignazza per tutto il tempo, ve lo dico io. Sembrava andare tutto bene fino all'ultima uscita infelice di quel coglione. Cosa devo fare con lui  *scuote la testa sconsolata*
Ci terrei davvero sapere se vi è piaciuto, è molto importante per me :)
Evaporo, mi vado a piazzare sotto al condizionatore.
Come sempre se volete contattarmi:
Il contatto su facebook: Athena Efp
Il gruppo su facebook: My Crazy Stories.
Sarò felicissima di rispondere alle vostre domande!
O semplicemente per spettegolare un pochino ;)
Athena xx

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: 'Those sweet words you said' ***


If you want - 6


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Come sempre ringrazio Fiorels per lo splendido banner e tutta la sua pazienza con cui
asseconda ogni volta le mie pazze richieste senza mandarmi a quel paese.





"What did you say, I know you saw you saying it.
My ears won't stop ringing, long enough to hear
Those sweet words and your simple melody"









Nascosto dalla porta, il ragazzo aspettava il momento esatto per palesare la sua presenza.

Fu quando si chinò per raccogliere una moneta caduta che decise di farsi avanti:
-Paolo!- ansimò lei per lo spavento, una volta in posizione eretta. Non l'aveva sentito arrivare.
-Ciao Lavinia.- sorrise calorosamente evidenziando le due fossette ai lati della bocca.
-Anche tu hai fatto una breve fuga per una bevanda?- cercò di essere gentile con quel ragazzo tanto bello quanto educato. Non le aveva mai mancato di rispetto, l'aveva salutata ogni volta da quando erano stati presentati e più di una volta le aveva tenuto aperta la porta con un sorriso.
Aveva guadagnato decisamente molti punti.
-Ho latino, quindi diciamo più che fuga per una bevanda, diciamo fuga e basta.- risero entrambi e la ragazza si appoggiò alla macchinetta con una spalla. Bene, poteva aggiungere spiritoso alla lista dei suoi pregi. Allora esistevano ancora ragazzi così da qualche parte nel mondo.
-Come biasimarti, io ho biologia.- una smorfia le si dipinse sul volto al solo pensiero del professore che la odiava, e ovviamente il sentimento era più che reciproco.
-Siamo messi bene a quanto pare...
-Già.- gli diede ragione bevendo il suo cappuccino, mentre la campanella del cambio dell'intervallo suonava.
Il ragazzo si guardò attorno un po' nervoso, sperò davvero che lei non se ne accorgesse, e diede un leggero colpo di tosse mentre il corridoio si riempiva di ragazzi:
-Senti... so che forse sono inopportuno, e se pensi che lo sia  ti prego non mondarmi a quel paese, ma...
Lavinia non sapeva dove voleva arrivare a parare, così lo incitò con calma, promettendogli che non si sarebbe arrabbiata e ne tantomeno o avrebbe mandato a quel paese.
-Volevo chiederti se ti andava di venire al cinema con me sabato.
-Oh.- disse lei non aspettandoselo. Cioè proprio non se lo aspettava. Ma proprio proprio no.
-Da amici naturalmente! Giusto per conoscerci un po' di più, in fondo ti sei trasferita da un mese e devi ancora ambientarti, insomma mi farebbe piacere magari farti anche girare la città.- lo disse con una così grande naturalezza e sincerità che non potè fare a meno di sentirsi colpita e lusingata per le attenzioni che le dava.
-Ma come amore mio, prima mi chiedi di uscire e poi ritratti da amici? Così mi distruggi!- entrò in scena lui, portandosi treatralmente una mano sulla fronte e facendo finta di essere dispiaciuto. Da dove era uscito? Un secondo prima c'erano solamente lei e Paolo e un secondo dopo Catini fra di loro, con una faccia da stronzo che non prometteva nulla di buono. Perchè aveva dovuto rovinare quel bel momento? Che gusto ci trovava?
-Come sempre il tuo tempismo e la tua ironia mi stupiscono Alessà.- fece infastidito il moro.
-Sono sempre il migliore.- sorrise infilando una moneta nella macchinetta.
Ti ho rovinato la festa eh?, si ritrovò a sogghignare stupidamente, anche se non ne sapeva il motivo.
Si era stato divertente bloccare così la sua pseudo-dichiarazione ma in fondo sentiva che era sbagliata, e non doveva avvenire. Quei due non si dovevano legare, non sarebbero stati bene insieme. Troppo diversi, lei era intelligente e bella per uno come lui. Non che Paolo fosse stupido, ma non poteva starci e basta.
Non appena aveva svoltato l'angolo e li aveva visti ridere complici gli era scattato qualcosa dentro che lo aveva costretto ad avvicinarsi a grandi passi e a frapporsi fra loro. Forse senso di inadeguatezza? Si, poteva dare la colpa a quello senza ombra di dubbio, non poteva di certo essere geloso di una ragazza appena conosciuta con la quale aveva scambiato parola si e no cinque volte, e durante quattro stavano litigando.
E poi non avevano deciso di andare tutti insieme al cinema quel fine settimana?
Aspettò che il suo caffè fosse pronto, augurandosi che la macchinetta ci mettesse il doppio del solito, voleva proprio sentire la risposta della bionda. Lo incurosiva e una sensazione strana gli impediva di scollarsi da lì senza aver ascoltato il verdetto finale. Decisamente strano, nuovo.
-Sabato hai detto?- riprese la ragazza cercando di non guardarlo. Inutile, non sapeva se avercela con lui per aver sdrammatizzato salvandola in corner o per aver interrotto un momento davvero piacevole. Paolo annuì.
Cercò di riflettere velocemente: cosa aveva da fare sabato? E soprattutto, voleva andarci?
La seconda domanda era leggermente più difficile della prima ma non si fece scoraggiare, anzi, cercò di essere imparziale e non dare peso al ragazzo vicino a loro, che sembrava trafiggerle il viso con lo sguardo.
-Bhè...- era decisamente in difficoltà poverina. Non sapeva cosa rispondere dannazione! Da una parte l'idea di uscire con qualcuno dopo molto tempo la elettrizzava, la impauriva perfino, ma dall'altra sapeva che non era il ragazzo giusto e non voleva illudersi e illuderlo. Però era sempre stato così carino...
-Bionda il gatto ti ha mangiato la lingua?  O stai cercando un modo per rifiutare ancora compagnia umana?
-Oh, sta zitto.- rispose voltandosi verso di lui.
-Che c'è? Ho ragione, se fossi in lui avrei già ritirato l'invito vedendoti esitare.- il ghigno strafottente era nuovamente tornato ed era più irritante che mai. E bellissimo. E irritante, cosa più importante.
-Sto pensando agli impegni che ho sabato e poi almeno lui ha avuto il coraggio di chiedermi di uscire.
Ahia.
Frecciatina? Decisamente si.
Rivolta a lui? Chiaro come il sole.
Alzò un sopracciglio e lei distolse lo sguardo socchiudendo gli occhi.
-Perchè? Cosa è successo?- chiese Paolo.
-Niente.- risposero in coro guardandosi male.
-Comunque- continuò la ragazza- come stavo per dire prima di essere fermata...
-Buongiorno!- interrotta (o salvata?) nuovamente. Stavolta erano Noemi accompagnata da Giovanni e Riccardo che ridevano mentre tentavano di mantenere in equilibrio sul naso il cucchiaino che si era portata la sua amica da casa per mangiare lo yogurt. Sembravano due comici, erano una bella coppia.
-Di che si parla?- chiese la moretta salutando tutti.
-Nulla.- cercò di arginare Paolo, non volendo far sapere a tutti dei suoi piani.
-Cinema.- rispose invece Alessandro nascondendo un sorriso soddisfatto facendo finta di bere.
-Oh si, Vì mi ero dimenticata di dirtelo.- iniziò Noemi chiamandola con l'adorabile soprannome che le aveva  affibbiato. Veramente tutti la chiamavano così, fin da quando era piccola, accorciando il suo nome troppo altisonante e lungo per conversazioni fra amici e famiglia.
-Danno One Day, deve essere stupendo!
-Assolutamente no!- Giovanni la guardò male- avevamo deciso di andare a vedere Transormers 3!
Lei sbuffò ma non oppose resistenza:
-Va bene in caso ci ritorniamo io e lei da sole a vederlo, ma vi perdete una storia d'amore stupenda, davvero.
In tutta risposta i ragazzi la guardarono ancora più male per qualche secondo poi scoppiarono tutti a ridere, tutti tranne Paolo che sembrava davvero scocciato, Lavinia però lo prese come dispiacere e si affrettò a riparare:
-Si, Paolo mi stava invitando veramente, è stato molto gentile.- gli sorrise e per un attimo Alessandro strinse il bicchiere di plastica ormai vuoto troppo forte, facendolo accartocciare rumorosamente. Stranamente nessuno si accorse del sorriso leggermente sadico con il quale aveva parlato mentre lo gettava nel cestino.
-Perfetto quindi, si va al cinema. Tutti insieme.

***

-Solitamente il ritardo è una prerogativa delle donne, non lo sai Catini?- aveva sbottato acida, alzandosi finalmente dai divanetti nella hole del multiplex insieme a tutti gli altri. Lo stavano aspettando da venti minuti, avevano anche perso lo spettacolo che avevano prenotato,  e finalmente era arrivato.
Con il fiatone, i capelli scarmigliati e le labbra rosse per il freddo.
Oh, God.
Dovette premersi le unghie nei palmi per non saltargli addosso.
Ricordati che stiamo parlando del solito stronzo, si disse, ma non bastò a calmare i suoi ormoni.
Il suo carattere non avrebbe potuto competere neanche con il peggior microbo, ma l'aspetto compensava il tutto. Decisamente.
Le guancie rasate erano arrossate e per un istante, uno solo!, desiderò accarezzarle e morderle, chissà come sarebbe stato... arrossì e puntò indifferente lo sguardo sul tabellone con gli orari dei film, aspettando che tutti gli altri lo insultassero per bene, Paolo specialmente.
-Scusate, ho avuto un problema con mia madre.- tentò di giustificarsi riprendendo fiato.
-Cos'è, non lasciava uscire il suo bel bambino?- scherzò Riccardo dando una gomitata a Giovanni.
-Aveva un impegno e dovevamo aspettare l'idraulico.- spiegò non badando alla battuta, infilando le chiavi nel giaccone e passandosi una mano nei capelli ribelli. Colpo al cuore istantaneo per la bionda.
Noemi da parte sua alzò gli occhi al cielo e lo fulminò:
-Che non si ripeta mai più, ci siamo intesi?- Alessandro annuì in silenziò costernato e si offrì  di pagare i pop corn a tutti. Gli animi si calmarono immediatamente e tutti presero a scherzare sulla sua bontà improvvisa.
Lavinia Rocci non era stata mai una ragazza troppo seria, ma non si lasciava neanche abbindolare da un bel faccino. Aveva visto molti ragazzi nei suoi diciassette anni di vita, alcuni belli, altri brutti, altri decisamente splendidi ma mai nessuno l'aveva colpita come il moro che ora le stava vicino.
Aveva una bellezza fuori dal normale, almeno secondo lei, e si capiva da ogni suo più piccolo gesto.
Si imponeva di restare calma ma ovviamente le risultava difficile, si sentiva molto attratta da lui, fisicamente parlando, poichè mentalmente non c'era molto materiale da lavoro.
Da cosa dipendeva? Non avrebbe potuto trovare più attraente un altro ragazzo? Uno a caso... Paolo magari, che era così gentile e accondiscendente con lei al contrario dell'essere.
E invece no, dannatissimi ormoni adolescenziali.
A distrarla ci pensò Noemi, che la prese a braccetto e la condusse verso il bancone degli snack.
-Intanto che aspettiamo il prossimo spettacolo abbuffiamoci. Cosa prendi?- le chiese sorridendo.
-Non so...- iniziò a osservarsi intorno e notò che in realtà non avrebbe potuto mangiare nulla di quei cibi ultra grassi che sarebbero andati a intaccare la sua salute. Perchè ogni cosa che piace fa male? Il mondo è ingiusto!, pensò con stizza sposandosi i capelli oltre la spalla.
-Magari se evitassi di ciecarmi te ne sarei grato.- eccolo. E ti pareva.
-Passami a largo e vedi che non ti succederà nulla.- sorrise melliflua e lui ghignò di rimando.
Non l'avrebbero mai ammesso ma entrambi adoravano i loro continui punzecchiamenti.
Era qualcosa di così... divertente? Rilassante? Intimo?
-Come siamo acidelle Rocci, penso proprio che non ti offrirò i pop corn.- alzò un sopracciglio sornione in attesa della prossima sagace risposta della bionda che sapeva non lo avrebbe deluso.
Quella sorta di cameratismo non lo aveva avuto con nessuno, eppure si conoscevano poco.
-Oh non preoccuparti Alessà, li offro io a Vì, ovviamente- si intromise Paolo mentre si avvicinava, dividendoli e dando così le spalle all'amico- in fondo l'ho invitata io.- sorrise soddisfatto e la ragazza non potè fare a meno di sentirsi decisamente a disagio.
-Veramente posso pagarli da sola.
-Neanche per sogno!- esclamarono contemporaneamente i due ragazzi e poi si fissarono negli occhi.
Ecco che la sfida del testosterone stava iniziando, ottimo.Image and video hosting by TinyPic
-Ale tu pagali a Emi, io a Vì, mi sembra equo.
-Non chiamarmi Emi, sai che lo odio!- lo fulminò la moretta.
-Avevo promesso che li avrei pagati a tutti quanti per scusarmi per il ritardo, e mantengo sempre le promesse. Quindi non incappiamo in discussioni inutili, tanto sai che vincerei alla fine. I vostri gusti li conosco, andate a prendere i posti, noi intanto ordiniamo.- sorrise e si avvicinò a Lavinia, sussurrandole delicatamente all'orecchio:
-Coca cola o aranciata?- poteva essere la sua voce così dannatamente sexy anche mentre le rivolgeva una domanda così normale? Andò in iperventilazione e cercò di tenere a bada il tremore della voce.
-Thè al limone.- gracchiò con la voce secca. Panico.
-Abbiamo gli stessi gusti, dolcezza.- il suo fiato caldo le sfiorò l'orecchio come una carezza mentre entrambi cercavano di riprendere lucidità dopo essersi fatti ammaliare dalla vicinanza dell'altro.

***

Non guardarle le gambe, non guardarle le gambe, era il mantra di Alessandro mentre stava cercando di concentrarsi sui Deserticons che tentavano di conquistare la terra. Peccato però che la corta gonna che indossava Lavinia non lo stesse aiutando neanche un po', dato che lasciava scoperte le lunghe gambe fasciate dalle calze.
E che gambe.
Come erano finiti seduti vicini, quattro file dietro a tutti gli altri? Semplice, aveva truccato i posti.
Si erano dovuti accontentare dei posti che avevano trovato in quello spettacolo e a lui non era di certo dispiaciuto.
Infantile va bene, ma tutto pur di non farci mettere Paolo.
Erano sempre stati buoni amici ma stava iniziando a odiare il comportamento che aveva nei riguardi della Rocci, quando era chiaro che non le interessava minimamente. La fissava ogni secondo libero, attento a non farsi beccare da nessuno, ma lui se ne era accorto. Ogni. singola. volta.
Ora invece era lui che doveva darsi una calmata, sembrava un allupato. E infatti...
-Non penso che sulle mie gambe stiano trasmettendo il film sai?- gli aveva sussurrato sporgendosi verso di lui, per non farsi sentire dagli altri.
-Davvero?- l'aveva beccato, cazzo. Doveva mantenere il sangue freddo, non sarebbe stato difficile fare lo scemo.
-Già, mi dispiace smontare così le tue convinzioni, ma dovresti guardare davanti a te, in quello schermo gigante dove scorrono in rapida successione tutte quelle immagini, vedi?- fece divertita.
Averlo beccato a fissarle le gambe avrebbe dovuto innervosirla, e invece si sentiva lusingata.
Era strana, lo sapeva, ma non riusciva a mandare via quel vago senso di compiacimento che l'aveva invasa.
LUI STAVA GUARDANDO LE SUE GAMBE.
-Ma io preferisco questo di spettacolo, è meglio non trovi?- rispose sfacciato. Ormai la faccia ce l'aveva rimessa, quindi tanto valeva giocarsi il tutto e per tutto anche se non era abituato a parlare così alle ragazze, ma pensò che  al massimo si sarebbe preso un rimprovero; e anche in quel caso, ne era sicuro, sarebbe stata sexy lo stesso.
La bionda alzò un sopracciglio scettica, non era abituata a complimenti così diretti.
-Dici a tutte così Catini?- un colpo al cuore durante ogni singola parola pronunciata, perchè era sicuramente la verità. Giocava con le ragazze per illuderle, magari portarle a letto e poi via.
-Do questa impressione?- domandò quasi offeso.
Mentire o essere sincera? Fargli intendere come l'aveva immaginato oppure no? Sospirò:
-Bhè... si. Sembri un farfallone.
-Un farfallone? Addirittura? Si vede quanto poco mi conosci... l'ultimo mio legame sentimentale serio risale alle medie, con Debora Ferrara.- ghignò.
-Infatti non avevo detto 'legame sentimentale', ma scopata e via.- rispose secca adombrandosi.
Alessandro si zittì per un secondo, mentre sullo schermo scoppiava una bomba che riduceva New York in un cumulo di macerie e si permise di pensare. Cioè... lei...
-Fammi capire, tu pensi che io mi scopi un'infinità di ragazze così, senza neanche calcolare i sentimenti?
Detto così la faceva sembrare cinica e terribilmente stronza. Però l'aveva immaginato davvero.
Insomma era così bello che gli aveva costruito intorno la classica personalità da stronzo senza neanche conoscerlo veramente, ora si sentiva in colpa. Aveva sbagliato tutto con i suoi pregiudizi stupidi.
-Non volevo dire questo...- si affrettò a rimediare.
-Io invece penso proprio di si.
-E' che sembri così...
-Così cosa? Insensibile, stupido, superficiale, coglione? Bhè complimenti, dai un grande esempio di maturità nel giudicare senza appurare di persona prima!
-Bhè non puoi dire di essere stato il massimo della gentilezza nei nostri scorsi incontri!
Due ragazzi dietro di loro si affacciarono e gli intimarono il silenzio, ricordando loro che si trovavano in un cinema.
-Ha parlato Miss Acidità.
-Non sono acida!
-E invece si, quanto un limone.- fece il gesto di spremere proprio un limone e sogghignò mentre lei scuoteva il capo e socchiudeva gli occhi infastidita.
-Sei così infantile.
-E cosa c'è di male?
In tutta risposta lei alzò un sopracciglio, cercò di ignorarlo e si chiuse in un mutismo ostentato, cercando di capire come fosse realmente il ragazzo sedutole vicino. Le faceva scoppiare il cervello, ogni volta che pensava di averlo compreso ecco che spuntava fuori un nuovo indizio e mandava in fumo la precedente ipotesi.
Bello e dannato? Un po'.
Cinico e menefreghista? Leggermente.
Dolce e sensibile? Anche no. Oppure si?
Alessandro le si avvicinò e le sussurrò all'orecchio una frase che non si sarebbe mai dimenticata:
-Dovresti imparare a conoscere prima di giudicare sai? E' sintomo di stoltezza non dare possibilità di rivelare la vera natura delle persone. Per iniziare potresti conoscere me, naturally if you want, baby.
Tutti dentro la sala iniziarono a battere le mani e si accorsero dei titoli di coda che scorrevano sullo schermo. I loro amici si alzarono e si voltarono verso di loro, Paolo con una faccia da funerale, e fecero loro segno di raggiungerli all'uscita della sala. Lavinia sbattè le palpebre frastornata e osservò il moro vicino a lei, che la guardava con una tale intensità da farle tremare le gambe.
-Allora?- le sussurrò da sotto le sue lunghe ciglia.
-Allora cosa?- aveva la gola secca e sicuramente anche le labbra screpolate. Faticava a mantenere il contatto con la realtà. Si sentì sfiorare un braccio e solo in un secondo momento capì che era stato lui.
-Vuoi darmi la possibilità di mostrarti come sono realmente?
-If I want.- sorrise lei.
-If you want.- asserì lui- and... want you?
Vì ci pensò un attimo, poi si avvicinò al suo orecchio e respirò il suo profumo.
-I want.



**********************************************************
Ommiopadre santissimo. Non sapete che emozione scrivere queste parole, davvero. Ora mi commuovo T_T
Il titolo viene da qui: una muta, o non tanto, richiesta di scoprirsi con una persona, di mettersi a nudo e di dare la possibilità di mostrare quello che si è realmente, spero abbiate compreso. Non si tratta nè di una canzone, nè di una frase famosa o di un film, tutto frutto della mia mente bacata purtroppo. Si, questa è l'idea della storia ma non preoccupatevi, non è di certo finita qui, anzi il bello deve venire ;)
Interiormente sto sclerando, non rendo molto bene l'idea ma fidatevi se vi dico che è una soddisfazione immensa scrivere queste parole. Bando alle ciance, ora vi lascio ma prima ditemi, cosa ne pensate? Siete soddisfatti?
Io per la prima volta in vita mia si, ed è una bellissima sensazione °-°
Comunque, spero davvero che vi sia piaciuto, è uno dei miei capitoli preferiti :)
Vi ringrazio inoltre per tutte le recensioni nadskdnoiwdsnl ç__ç siete tutte tanto tanto belline.
Metterò inoltre delle immagini nei capitoli, quando ne trovo alcune che mi ispirano e sembrano i miei bambini aw. Spero vi piaceranno, io le adoro proprio nonostante non abbia dato un volto 'fisso' ai personaggi.

Vi importuno un secondo solo: la mia migliore amica ha appena postato la sua prima originale, merita davvero io l'ho letta in anteprima, ci fareste un salto? Il link qui, 'Suddenly' grazie mille belle.
Come sempre se volete contattarmi:

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Sarò felicissima di rispondere alle vostre domande!
O semplicemente per spettegolare un pochino ;)
Athena xx

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: 'You change your mind, like a girl changes clothes' ***


If you want - 7

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Dedico questo capitolo alle fantastiche Frallosa e turningpage8 che mi scassano ogni
giorno le balls su twitter con richieste di spoiler e suppliche per aggiornamenti in anticipo.
Siete troppo belle, vi adoro.






"You change your mind, like a girl changes clothes."











Non aveva mai e poi mai pensato che sarebbe tornata a sorridere.
Sorrisi veri, non come quelli finti che rifilava ai genitori per far finta che tutto andasse bene.
E invece a Pisa c'era riuscita. Anche se il merito ovviamente non era della città in sè e per sè.
Diciamo che il motivo del suo sorriso aveva un nome. E un cognome. E un sorriso da svenimento.
Forse le piaceva.
Forse.
Non ci sarebbe stato nulla di male in fondo, no?
Certo, non ci sarebbe stato nulla di male se anche lui avesse ricambiato, ma durante tutto il tempo che avevano passato insieme- ore scolastiche in palestra, pause pranzo e intervalli- aveva capito che erano diventati amici.
Amici. Bleah.
In quel momento nessun'altra parole le poteva sembrare peggiore. Non perchè non le piacesse essere sua amica, però... era lecito di tutte le ragazzine fantasticare insomma.
Non l'avrebbe mai detto ma Alessandro Catini aveva un favoloso senso dell'umorismo. Faceva battute azzeccatissime in ogni situazione e lei scoppiava a ridere per dei minuti interi, fino a trovarsi con le lacrime agli occhi e gli altri la guardavano come fosse un'aliena, o peggio, "non si vede che cerca di farsi notare eh" dicevano gli sguardi delle ragazze, ma non poteva farci nulla se le trovava divertenti.
Ovviamente non perdeva neanche tempo per portarla in giro facendole notare-come se lei da sola non l'avesse capito in diciotto anni- che non era affatto portata per la pallavvolo. La palla la odiava e naturalmente il sentimento era reciproco. Per non parlare poi del professore, dannatissimo stronzo che ce l'aveva con lei soltanto perchè aveva esibito un bel certificato medico che attestava la sua situazione. Così, mentre gli altri sudavano sette camicie dietro la palla e facendo addominali, lei o se ne stava comodamente seduta dedicandosi allo stretching, oppure se ne andava in giro ad arbitrare le varie partite. Decisamente meglio, no?
I giorni passarono così, con Noemi sempre più smaniosa di organizzare uscite con i ragazzi dell'altra sezione (guarda caso chi la frequentava...), con Paolo che sbucava dai posti più impensabili mentre lei era da sola, e con Giovanni e Riccardo che chiassosi e solari, riempivano i minuti liberi.
Alla faccia della comitiva che aveva a Genova! Non si era mai divertita così tanto!
Stava vivendo una fantastica normalità, in cui la sua malattia era chiusa in un cassetto insieme a tutte le altre preoccupazioni. Non pensava sarebbe stato possibile, eppure era così.
Anche sua madre vedeva il cambiamento: la mattina salutava sempre entusiasta e aveva iniziato a truccarsi un po' di più e faceva tardi di ritorno da scuola perchè si fermava a parlare. Pisa era stata davvero una ventata di novità e benessere per Lavinia.
Quel lunedì si era quasi appisolata sul banco- la sera prima aveva fatto tardi vedendo Titanic- quando la professoressa le poggiò il compito in classe di matematica corretto sul suo banco. Inorridì osservando quel quattro e mezzo scritto in rosso e firmato. Era impossibile. O forse no...
Osservò tutti gli errori che aveva commesso e si rese conto che erano elementari, non sapeva fare le equazioni di secondo grado! Pensava di aver imparato e invece si sbagliava di grosso. Faceva pena in quella materia e aveva provato più volte a rimediare, ma nè nella vecchia scuola, nè in questa ci era riuscita.
-Rocci così non va, comincia a pensare di prendere qualche ripetizione... non puoi rovinarti la media per una sola materia dai, so che sei sveglia in fondo.- le sorrise e ritirò il compito, per poi andarsene dalla classe.
Sbattè la testa sul banco scoraggiata e finalmente la campanella suonò in perfetto orario.
-Come è andata?- domandò la moretta.
-Solito.
-Ancora?
-Si- nascose il viso tra le mani e respirò profondamente- ha detto che devo andare a ripetizioni.
-Non ha tutti i torti... se potessi ti aiuterei io ma sai che con mia madre che non sta bene non posso.- rispose costernata l'amica e sapeva che l'avrebbe fatto veramente se avesse potuto.
-Tranquilla troverò qualcuno che non si faccia pagare tanto e che sia bravo, almeno spero.
Noemi annuì e uscirono dalla classe per andar finalmente in mensa. Lavinia non aveva molta fame ma sapeva che era importante per lei e per il suo organismo fragile mangiare, così prese un bel piatto di tortellini, una fettina di carne e un'insalata, niente frutta o sarebbe scoppiata. Afferrò una bottiglietta d'acqua e si diressero verso il loro,  ormai solito, tavolo.
-Ehi che cos'è quella faccia da cadavere?- le accolse Riccardo. C'erano soltanto lui e Paolo al tavolo, segno che Ale e Giò, sì era passata ai diminutivi, erano andati sicuramente a fumarsi una sigaretta.
-La Fratta ci ha riportato i compiti di mate.- spiegò Noemi- e ha detto a Vì che deve andare a ripetizioni.
-Davvero?- Paolo alzò la testa dal piatto e il suo sguardo si fece attento e la bionda annuì.
-Potrei aiutarti io.
-Dici sul serio?- la ragazza era scettica, aveva davvero bisogno di lezioni private.
-Certo, è dall'anno scorso che mi hanno messo come tutor per la matematica, ho nove in pagella sai?
Era davvero impressionata, il nove per lei era un miraggio, un voto mistico e impossibile da raggiungere.
Nel frattempo arrivarono Giovanni e Alessandro e salutarono tutti allegramente mettendosi seduti.
-Oddio, mi faresti un favore grandissimo, quanto prendi l'ora?
-Ma scherzi? Per te nulla ovviamente.- lo guardò negli occhi seria:
-No, mi sento in colpa così, rubarti del tempo libero per nulla...
-Per me sarà un piacere passarlo in tua compagnia.- lui la fissava di rimando con uno sguardo limpido come un  bambino eccitato per un nuovo giocattolo. Ugh.
Lavinia arrossì un pochino e puntò lo sguardo altrove, incontrando quello di Catini, leggermente ombroso.
-Di che si parla?- chiese infatti facendosi più attento.
-Darò ripetizioni a Vì.- spiegò sorridente Paolo.
-Davvero? Che materia?- sollevò un sopracciglio.
-Matematica.- solo il nome di quella materia le fece accapponare la pelle.
-Interessante, sono proprio curioso di vedere che numeri studierete.- ghignò. L'aveva capito solo lei il doppio senso? Che stronzo, poteva evitare visto che lei e Paolo erano soltanto amici.
...Però era sexy quando faceva lo stronzo. Decisamente.
Il silenzio scese sul tavolo e tutti si dedicarono al loro pranzo, ormai quasi freddo, tranne lui che fece soltanto finta, dato che i suoi pensieri erano altri:
Lo stronzo le avrebbe dato ripetizioni a casa sua, e sarebbero stati soli.
Era palese che in realtà mirasse altro dato come la guardava e la cosa lo infastidiva davvero davvero molto. Non avrebbe dovuto, ma lo faceva. Dannazione non poteva neanche impedirlo! Lui non eccelleva in matematica quindi non si sarebbe potuto neanche offrire volontario. E lei? Cosa avrebbe fatto?
Perchè era decisamente ovvio che Paolo stesse sfruttando la situazione a suo favore per farsi avanti.
Avrebbe ceduto alle sue avances? Oppure non le interessava?
Sbattè la forchetta di plastica nel piatto che allontanò sul tavolo e aprì svogliatamente il libro di chimica mentre gli altri parlavano. Non aveva proprio voglia di parlare. Fanculo a tutto.
Fece finta di ripassare per un po' ma poi si stufò e prese a sottolineare frasi a caso.
-Tu che ne dici Ale?- alzò lo sguardo dal libro e incontrò quello dei suoi amici.
-Su cosa?
-Dopo scuola volevamo andare al campetto di calcio per una partita con gli altri. Sei dei nostri?- disse Giovanni.
-Veramente io a Vì volevamo andare in biblioteca per prendere dei libri di matematica.- sorrise Paolo.
Per un secondo valutò l'idea di alzarsi e di fargli sparire quello stupido sorrisino dal volto, ma poi ci ripensò quando la ragazza bionda davanti a lui parlò:
-Ma dai, possiamo andarci anche domani, andiamo tutti al campetto.- sorrise e mai come in quel momento ringraziò la sua buona stella. Lei preferiva stare con gli amici piuttosto che da sola con lui...
Non era geloso, intendiamoci, ma non sapeva perchè vederli insieme lo infastidiva.
Era come se sapesse che non sarebbe stato giusto e basta. Ormai era diventato... amico? di Lavinia e ovviamente per un'amica si vuole solo il meglio no? Conosceva Paolo da molto tempo ma non ce li vedeva proprio insieme, il solo pensiero gli faceva rizzare i peli. Ugh.
Paolo a quanto pareva invece, non era dello stesso pensiero e stava cercando in ogni modo di irretirla:
-Ma mi fa male la gamba e non avrei potuto giocare lo stesso, volevo approfittarne...
-Potreste venire a vederli, così mi fate compagnia.- propose Noemi lasciando un'occhiata veloce ad Alessandro. L'aveva sempre detto che era intelligente quella ragazza.- non mi va molto di restare seduta da sola a guardarli correre dietro ad un pallone...
-Non ti abbandono tranquilla.- sorrise la bionda mentre Paolo stringeva i pugni sotto il tavolo. A quel punto non sapeva più cosa inventarsi e si dovette abbandonare allo sconforto.
Anche Riccardo e Giovanni si erano accorti dei tentativi di abbordaggio dell'amico, benchè velati, e non commentarono per paura di fargli un dispiacere. In fondo, quella nuova ragazza con lo sguardo perennemente triste piaceva loro e se fosse entrata a tutti gli effetti nella loro comitiva- come se già non lo fosse- sarebbe stato fantastico. Era l'unica che riusciva a tener testa a Catini e non si sarebbero mai annoiati.
-E andiamo a questo campetto allora!- esclamò in malo modo Paolo tornando a mangiare. Lavinia lo guardò stranita per quell'atteggiamento, ma non si fece domande, si limito a finire la sua insalata, non notando che il ragazzo di fronte a lei aveva un ghigno vincente stampato in viso.

**

-Passala razza di ritardato, passala!- un urlo disumano le fracassò quasi i timpani.
Ecco perchè non amava il calcio. I ragazzi diventavano inspiegabilmente violenti e inclini alla perdita di pudore ed educazione. Finte, fischi, ammonimenti, espulsioni erano all'ordine di ogni partita e in quella mezz'ora che stavano giocando i loro amici ne aveva visti a dozzine. Peggio della serie A! Neanche fossero calciatori professionisti oh.
Al contrario suo che non capiva nulla, invece Noemi sembrava un'assatanata: aveva urlato almeno cinque volte 'che cazzo fai arbitro cornuto', con un dito medio in risposta ogni volta, e scalpitava al suo fianco ogni volta che qualcuno faceva gol. Avrebbe potuto fare la cheerleader se fosse nata in America.
Così, poveretta, si era ritrovata con i timpani fracassati e le gambe addormentate mentre tentava di fare un impossibile esercizio di matematica che gli aveva assegnato Paolo per tastare il suo livello. Inutile dire che non sapeva dove mettere mano. Però aveva avuto la sua ricompensa per questo sacrificio: un certo ragazzo in pantaloncini corti e maglietta attillata che correva come un forsennato da un lato all'altro del campo. E lei era esattamente sulle panchine centrali, per non perdersi neanche un secondo. Persino mentre giocava a calcio aveva il suo fascino, mentre sputava a terra e insultava gli avversari. Okay, stava partendo per la tangenziale, doveva fermarsi assolutamente. Ogni tanto però sbirciava timida, facendo finta di voler sapere a che punto del gioco fossero.
-Puoi anche smetterla di fare finta che non ti interessi.- le disse Noemi ad un tratto, mentre vi era la pausa tra il primo ed il secondo tempo.
-Cosa?
-Piuttosto dovresti dire chi, cara.
-Non capisco, non mi interessa nessuno...
-Vediamo, il suo nome inizia per 'Ale' e finisce per 'ssandro' e il suo cognome per 'Ca' e finisce con 'tini'. Ti ricorda qualcun di nostra conoscenza per caso?- ammiccò la moretta verso l'amica.
-Ma che dici? Stai impazzendo?- quasi strillò. Non era vero, non era affatto vero!
-Affatto, si vede che ti piace.
-Sì invece a quanto pare, stai iniziando a sparare una marea di cazzate!- rise in modo isterico.
-No, ma tranquilla, anche tu gli piaci. L'ho visto guardare nella nostra direzione almeno una decina di volte e fidati, quando c'ero io da sola non mi degnava neanche di uno sguardo.
Lui la stava osservando? Davvero? Dio santissimo.
Si sistemò i capelli con un riflesso incondizionato e si aggiustò le pieghe della gonna, per poi raddrizzarsi la camicetta mentre la sua amica sghignazzava sotto i baffi.
-Non essere ridicola, io con quello lì non ci finirei mai, neanche lo guardo.
-Certo, come no.  Me lo puoi dire, non lo andrei a spifferare di certo in giro.- le sorrise.
Non che non volesse confidarsi con lei, ma il fatto era che neanche lei sapeva se le piaceva oppure no.
Fisicamente si ovviamente, come poteva non piacere con delle spalle come quelle?, ma caratterialmente non ne era sicura. Da quando si erano conosciuto sembrava che soffrisse di personalità multipla. All'inizio arrogante, poi normale, poi freddo, poi simpatico... un po' come lei insomma. Cambiava umore con un battito di ciglia.
Come diceva Katy Perry? "You change your mind, like a girl changes clothes" era la frase adatta a loro due.
Non sapeva cosa fare, come comportarsi, anche per capire cosa non andava realmente.
-La verità è che non lo so Emi...- chiuse il libro che teneva aperto sul grembo con uno scatto- ancora non ci conosciamo bene e non ho una perfetta opinione di lui.
-Non devi credere alle voci di corridoio che circolano...- la avvertì.
-Quali voci?
-Quelle che dicono che si scopa le ragazze e poi non le cerca più.- diretta e brutale.
Questa ancora non la sapeva, e avrebbe preferito non saperla mai.
Di bene in meglio, il classico stronzo. Perchè le capitavano tutti a lei?
Era tale e quale ai tipi di Genova, altrochè. Bastava che le ragazze aprissero le gambe ed erano felici come una Pasqua. Schifosi.
-Davvero dicono questo?- sussurrò guardandola negli occhi.
-Alcuni sì, ma non ci ho mai creduto. E' un bravo ragazzo e anche se fosse, la colpa sarebbe delle ragazze che ci stanno eh, potrebbero sempre rifiutare.- borbottò. Aveva ragione. Annuì lentamente:
-Comunque non mi interessa, non ancora almeno.- rispose sincera alzando le spalle- vedremo come si evolverà la situazione.- concluse mentre prendeva a torturare la matita che aveva in mano.
-Come sei saggia- l'amica la strinse affettuosamente per le spalle sorridendo- si vede che non sei mai stata innamorata...
-Perchè dici così?- aggrottò le sopracciglia.
-Perchè le ragazze innamorate non hanno la tua mente lucida, agiscono d'istinto senza ragionare e non provano neanche a negare di provare un sentimento così forte.
-E tu che ne sai?
-Vogue insegna molte cose cara Vì.
-Leggi Vogue?- chiese alzando un sopracciglio biondo mentre notò solo allora che gli altri avevano ripreso a giocare e non se ne erano neanche accorte, troppo prese dal loro dialogo.
-Già, e d'ora in poi potrò condividere con te il mio sapere!- sorrise soddisfatta.
-Se lo dici tu...- l'assecondò onde evitare battibecchi inutili.
-Basta parlottare, ora godiamoci lo spettacolo.- ghignò, e dal modo in cui lo disse le sorse il dubbio che il termine 'spettacolo' non fosse propriamente riferito alla partita, bensì ai ragazzi senza maglietta in campo.

**

 Stavano giocando ormai da un'oretta abbondante e i primi segni della stanchezza iniziavano a farsi sentire e a renderlo irritabile. Se ci si metteva anche quel coglione di Paolo a fargli in continuazione falli poi, non ne parliamo. Alessandro amava il calcio, ma non sopportava le scorrettezze. Era un tipo leale, non gli piacevano i sotterfugi e le bugie, e in campo questo suo aspetto veniva scoperto più che mai: infatti non esitava neanche un secondo ad ammettere che un giocatore della sua squadra non era stato corretto se lo meritava.
La lealtà prima di tutto.
Fu proprio per questo che si stupì immensamente quando, dopo decisamente troppi sguardi verso Lavinia, Paolo tentò un altro fallo, e lui lo buttò a terra senza pensarci due volte.
Aveva tentato di intercettargli il pallone con una scivolata, ma complice un suo casuale sgambetto, ed era finito a terra, massaggiandosi la gamba. Alessandro si chinò su di lui:
-Hai finito di fare il coglione per farti notare? Tanto è ovvio che non ti vuole!- gli fece notare ghignando.
-E chi vorrebbe sentiamo, te?- rispose con un filo di voce.
-Sicuramente più di te.
-Vedremo.- questa volta fu il turno dell'amico a sogghignare. Alessandro non capiva, cosa voleva dire?
Nel frattempo era arrivato l'arbitro- un loro amico-, dato che Paolo non si era ancora rialzato. Come avvertì che era vicino, il ragazzo chiuse gli occhi e indossò un'espressione dolorante, prendendosi a massaggiare la gamba.
-Tutto apposto?- Paolo scosse la testa ed emise un gemito, mentre Alessandro annuiva:
-Non ho fatto apposta, miravo alla palla.
-Mi ha fa colpito la gamba, mi fa malissimo.- insinuò invece il ferito.
-Oh andiamo, non sarà nulla.
-Non riesco a muoverla!- bugiardo, l'aveva appena toccato! Che farsa. L'arbitro lo aiutò a rialzarsi e lo sostenne.
-Sei uno stronzo.- lo guardò storto mentre i toni si accendevano.
-Ah, ma sta zitto coglione. Non fare la femminuccia.
-Femminuccia a tua madre!-disse e Alessandro si gelò sul posto.
-Che hai detto?
-Niente.- Paolo si fece piccolo piccolo, sapeva di aver osato troppo. Il suo amico non era uno che se la prendeva, ma bastava mettere in mezzo sua madre, anche per una minuscola e insignificante faccenda ed ecco che scoppiava, prendendoti a pugni e strillando. Aveva combinato un bel casino. Lo avrebbe picchiato, sicuro.
-Hai messo in mezzo mia madre?
-Io....i..io non...- una spinta. Era bastata una semplice spinta ad innescare un meccanismo che, lo sapevano entrambi, non li avrebbe portati ad altro che una furiosa litigata.
-Impara a tenere la bocca chiusa figlio di puttana!- sibilò Alessandro mentre l'arbitro si era appena allontanato.
-Penso che la userò in modo costruttivo, con una certa biondina che conosco...- alzò un sopracciglio mentre usava quelle parole. Perfetto, ora sarebbe scoppiato il finimondo.
Catini caricò un pugno che si infranse sulla mascella dell'altro, spedendolo nuovamente a terra.
Si sentirono diversi urli e persone che accorrevano, ma non gliene importava nulla.
Se l'aveva decisamente meritato lo stronzo. Che cavolo c'entrava Lavinia? Perchè si era dovuto fissare proprio su di lei? E perchè faceva quelle stupide battutine inopportune?
-Ale ma che cazzo fai?- fu preso per le spalle dai suoi compagni mentre vide avvicinarsi di corsa la suddetta biondina. Aveva visto che qualcosa non andava proprio mentre Paolo finiva a terra, e lei e Noemi si erano avvicinate lentamente, per poi accellerare un secondo prima dello sferramento del colpo.
-Ma che ti salta in mente?- gli disse Vì chinandosi verso Paolo- che c'è?
-C'è che quel pezzo di merda deve imparare a tenere la bocca chiusa!- quasi ringhiò.
-Sei impazzito? Che ha fatto?
-Chiedilo a lui.
-Stronzo.- sussurrò quello a terra, con la mascella gonfia. Alessandro fece per caricare di nuovo, ma fu afferrato da Giovanni e da un altro ragazzo biondo. Lavinia alzò gli occhi su di lui:
-Secondo me sei malato, non ti ha fatto nulla di così grave per meritarsi di finire in questo stato!
-Sta' zitta!- proruppe brusco, forse un po' troppo. La guardò negli occhi per un secondo e desiderò rivelarle cosa aveva realmente detto Paolo, ma non lo fece, non lì davanti a tutti almeno. Vide il suo sguardo mutare: da aperto e fiducioso riconobbe quello ostile e freddo dei primi giorni in cui si erano parlati.
-Va bene, starò zitta. Vaffanculo Catini.- si chinò verso il suo ammiratore e lo aiutò a rialzarsi- stai bene?- gli chiese sfiorandogli la mascella tumefatta.
-Si, ora si grazie.- si appoggiò a lei e senza farsi vedere sorrise al povero ragazzo. Chi vince adesso?
-Muori.- sussurrò storcendo la bocca.
-Ma che cazzo dici?! Sei impazzito?- Lavinia lo fissò sconcertata: che fine aveva fatto il suo Alessandro?
-Non rompere il cazzo pure tu va'!- si girò e con una spallata superò i suoi compagni, mentre Noemi stava tornando con la borsa del ghiaccio.
Questo è malato, seriamente. Che cavolo ha al posto del cervello?, pensava la ragazza.
Non sapeva però, che era stato colui che stava accudendo a scatenare ogni cosa. Paolo ora si sentiva un po' in colpa, come se un peso gli opprimesse lo stomaco: aveva litigato con quello che pensava fosse il suo migliore amico da praticamente una vita, per cosa poi? Ma i sensi di colpa sparirono velocemente, aiutati dalle carezze sulla testa di Lavinia.

***

Diede un poderoso calcio alla panchina nello spogliatoio, mentre cercava inutilmente di calmarsi.
Come erano finiti a questo punto? Come?, cazzo. Come?
Tutto per colpa sua. Era tutta colpa sua.
Se lei non si fosse trasferita, se lei non si fosse avvicinata al suo gruppo e non lo avesse sconvolto con il suo arrivo, se non avesse sconvolto loro così tanto, ora non sarebbero in quella situazione. Anzi probabilmente sarebbero stati sul campetto a congratularsi per la vittoria. Aveva pensato che lei fosse una ventata d'aria nuova per la loro comitiva, per lui, ma forse si sbagliava. Doveva ricredersi? Non sapeva più che pensare.
I pensieri gli vorticavano in testa alla velocità della luce, così per farli smettere afferrò la borsa e uscì velocemente dallo spogliatoio, per evitare anche che entrassero i suoi compagni e gli facessero un cazzione con i contro fiocchi. Era partito con l'idea di trascorrere un banalissimo pomeriggio tra amici, che avrebbe scordato presto e invece quel pomeriggio non l'avrebbe mai dimenticato: la prima volta che aveva fatto un fallo volontario.  Al suo migliore amico.
Per una ragazza che l'avrebbe poi insultato. Bella merda.
Come si sarebbe dovuto comportare ora? Avrebbe dovuto dispensare sorrisi ovunque, come sempre quando lei era nelle vicinanze, o avrebbe dovuto fare lo stronzo? Farle capire che non le interessava?
Ma poi per cosa, non sapeva neanche lui quello che provava per lei, e non sapeva neanche se ricambiasse o meno.
Così, su due piedi prese una decisione. Avrebbe totalmente cambiato tattica: voleva fare da crocerossina a quel coglione? Bene, fatti suoi, che si fottesse pure. Non gli interessava più di nulla, aveva avuto un'altra volta  la dimostrazione che le ragazze erano delle ritardate. Uno cercava di farsele amiche, di provare a scalfire la sua corazza da presunta regina delle nevi e lei? Si lamentava perchè il cretino si era fatto male. Poteva anche correre da lui ora, voleva proprio vedere che avrebbe combinato il suo amico con il territorio libero, era davvero curioso.
Perchè l'avrebbe lasciata perdere, ovvio.
Si, l'avrebbe lasciata perdere.
O almeno sperava.
Ma non c'era da fidarsi di quella decisione, d'altronde cambiava idea con la stessa rapidità con cui le ragazze cambiavano i vestiti.




******************************************************
Alessandro, perchè mi fai questo?
Cosa ti ho fatto di male? @__@
'Sto ragazzo mi farà morire prima o poi, e siamo solo all'inizio.
Comincio ad assecondare Lavinia, secondo me soffre davvero di personalità multipla.
Abbiamo visto quanto, con Paolo che si fa sempre più sfacciato, lui diventi sempre più irritabile e scostante.
E basta un nonnulla per farlo scattare e fargli cambiare opinione. Neanche avesse il ciclo oh u.u
Lavinia se ne è accorta e vediamo la sua perplessità a riguardo: non si pronuncia e vuole conoscerlo meglio, ma dopo questo suo scazzottamento sarà ancora così? Bhò, chi lo sa u.u
Apppproposito, vi piace Paolo vero? *ghigna* si anche a me molto :'D

Come sempre vi ringrazio tutte, siete sempre fantastiche! Vi ringrazio per le fantastiche recensioni, che per inciso A D O R O, e per le 67 seguite, le 24 preferite e le 18 ricordate. Non mi sarei mai aspettata una simile accoglienza per questi due testoni, aw. A tal proposito...
ABBIAMO UNA LETTRICE CHE SI CHIAMA LAVINIAAAAAAAAAA! E' STATO UNO SHOCK PER ME.
Sul serio, non me lo sarei mai aspettato, e le sue recensioni mi fanno morire. Grazie cara, mi dispiace ma devi condividere Ale con tutte loro... o a quanto pare no, chissà LOL

La smetto di fare la stronza e mi eclisso, spero davvero di poter leggere ancora altri vostri stupendi commenti :)
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Athena xx

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: 'Every second is a highlight, when we touch don't ever let me go' ***


If you want - 7

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Mi scuso per il ritardo, ma non ho internet a casa e mi devo adattare quando vado da mio padre.
Spero che il capitolo vi piaccia, mi faccio perdonare decisamente con questo ;)




"Every second is a highlight,
when we touch don't ever let me go."









-Allora, facciamo una pausa?- le chiese Paolo con un sorriso smagliante.
Erano più di due ore che, completamente immersi nell'universo parallelo- e distante anni luce- dei numeri, non prendevano fiato. Se la ragazza aveva avuto dei dubbi riguardo alle sue capacità di insegnante bhè, si era dovuta decisamente ricredere. Paolo era fantastico: paziente, accondiscendente e non si stancava mai di ripeterle che ce la poteva fare. Un sogno insomma, non poteva chiedere di meglio.
Bhè, in realtà...
-Certo.- sorrise scacciando il pensiero molesto che le stava nascendo nella mente.
Aveva Paolo che era un fantastico insegnante e non doveva neanche azzardarsi ad immaginare un altro ragazzo al suo posto.  D'altronde era lì soltanto per le ripetizioni. Il suo amico si alzò per prendere una bottiglia di succo di frutta e lo seguì con lo sguardo: era davvero un bel ragazzo, decisamente. Ed era premuroso con lei come poche altre persone. Allora perchè non riusciva a farselo piacere? Sarebbe stato così facile con lui...
Le posò il bicchiere davanti, insieme ad una fettina di ciambellone e arrossì.
-L'ho fatto io.- sussurrò imbarazzato.
-Davvero? Un ragazzo che cucina?- chiese spalancando gli occhi.
-Eggià.- si grattò la guancia.
-E sembra decisamente buona.- continuò lei sorridendo e assaggiandola.
-Okay ritiro tutto: è decisamente buona, non lo sembra soltanto.- la risposta alla sua affermazione fu un sorriso che sarebbe stato capace anche di oscurare il sole. Era così dolce.
Se solo avesse saputo cosa aveva realmente combinato, era sicuro che Lavinia non si sarebbe comportata così dolcemente con lui, anzi. Sarebbe diventata una belva e ne avrebbe avuto tutte le ragioni.
Era stato uno stronzo patentato ma non sapeva perchè, quando si trattava di quella ragazza scostante e bellissima non ragionava più. Si era comportato in maniera inaccettabile con il suo migliore amico! Quello con il quale si era spalleggiato per anni... era una persona orribile. Si era ripromesso di non pensarci più ma ogni volta che si soffermava ad osservare la biondina gli ritornava in mente.
La guardava mangiare con gusto e gioì: aveva notato più volte quanto poco accettasse cibo e quanto fosse magra. Quello che Paolo non sapeva però, era che lei non lo faceva per una qualunque sciocca fissa con il fisico, ma per la sua malattia, che le toglieva l'appetito e le forze. Avrebbe voluto mangiare certo, ma non sempre ne era in grado e la maggior parte delle volte ne faceva una colpa personale. Stranamente quel giorno invece non appena aveva visto quel fantastico ciambellone il suo stomaco aveva preso a brontolare e non poteva esserne più felice.
Gustò per bene la sua porzione e poi annaffiò il tutto con il bicchiere di succo di frutta che l'amico le aveva porso. Si asciugò la bocca e si massaggiò la pancia con fare plateale:
-Complimenti al cuoco allora, perchè è davvero fantastico!- il suo sorriso illuminò la sala da pranzo. Era così raro vederla sorridere, anche se ultimamente lo stava facendo più spesso. Si era convinta che non sarebbe più stata felice ma a quanto pareva non era colpa degli altri: se lei li avrebbe lasciati passare, loro sarebbero entrati e tutto sarebbe andato per il meglio. Forse.
-Te non mangi?- gli chiede riprendendo la penna in mano. Paolo si riscosse e annuendo morse anche lui la sua parte di dolce, mentre la osservava concentrarsi nuovamente sull'equazione di secondo livelli che le aveva proposto.
-Sai una cosa?- le chiese interrompendola, mentre lei alzava gli occhi in attesa- avevi proprio ragione: è decisamente buona, sono uno chef modello.- si vantò gonfiando il petto. Per tutta risposta lei sbuffò, tirandogli la gomma e scuotendo la testa:
-Ah, sta zitto.

***

-Allora, come stanno andando le ripetizioni?
-Decisamente bene, non me lo sarei mai aspettata, davvero.
-Quindi il nostro Paolo è un bravo insegnante?
-Ottimo, oserei dire.
Alessandro Catini era comodamente appoggiato alla macchinetta del caffè, mentre Lavinia cercava in tutti i modi di ignorarlo, non riuscendoci ovviamente. Continuava a riempirla di domande indagatrici che la mettevano in ansia. Non sapeva perchè ma non voleva rispondere alle sue domande, non lo meritava.
Non dopo quello che aveva fatto al suo amico durante la partita, due settimane prima.
Era ritornati al punto di partenza, come se quelle settimane passate a ridere e a scherzare fossero sparite.
-Davvero?- inarcò un sopracciglio scettico.
-Certo, e non lo cambierei per nulla al mondo.- sorrise melliflua. Lo stava sfidando ovviamente.
Avrebbe scambiato al volo Paolo per lui, senza neanche farselo ripetere due volte, ma non doveva saperlo.
Lo sguardo di Alessandro si indurì velocemente, diventando di ghiaccio.
-Allora tienitelo, ci mancherebbe bionda.
Certo, col cazzo. Come poteva preferire Paolo a lui, a lui?! Fin da piccolo Alessandro non era mai passato inosservato, grazie alla sua bellezza e alla sua dolcezza, tipici dei bambini, ma con il passare del tempo il suo aspetto era mutato, infrangendo molti cuori ovunque andasse. Non era colpa sua se le ragazze si illudevano di essere quella giusta, di poter conquistare il suo cuore soltanto con un sorriso malizioso e un vestito più corto del necessario. Faceva volentieri a meno di quelle così. Preferiva rimanere da solo. Invece ora quella ragazza lo trattava come se fosse uno straccio, come se l'idea di loro due insieme non le fosse passata neanche per l'anticamera del cervello.
Tutt'altro invece.
La biondissima Lavinia veniva catapultata in vividi sogni ad occhi aperti, dove il protagonista era quello stronzo dagli occhi magnifici, almeno due volte al giorno, ma lui non lo sapeva ovviamente. Talvolta erano così veritieri che ritornava alla realtà con il respiro corto e lo sguardo perso nel vuoto. Fortuna che ancora nessuno l'aveva vista o avrebbero pensato che facesse uso di sostanze stupefacenti. Bhè, era lui la sua droga dopotutto.
Non lo avrebbe mai e poi mai ammesso, neanche con se stessa, ma non passava giorno che non si sentiva tranquilla se almeno non lo incrociava in un corridoio. Aveva paura di essere diventata una specie di maniaca del controllo, con qualcuno poi che addirittura sembrava che la disprezzasse. Doveva essere malata.
-Certo che me lo tengo.- afferrò il suo tè e voltò la testa, irritata.
-Non ti agitare...
-Non sono agitata,  sei tu che mi sfinisci.
-Ah si, ti sfinisco?- un sorriso malizioso e impertinente fu la sua risposta e troppo tardi la ragazza capì il doppio senso.
-Oh ma che schifo, sei un pervertito.- non sapeva se ridere o se piangere. Era impossibile.
-Pensavo che dovessi sentirti più rilassata, non il contrario.- continuò insolente avvicinandosi.
Erano a pochi centimetri di distanza, solo al cinema si erano trovati così.
Dove lui le aveva guardato le gambe, dove era stato così carino.
Non pensarci Lavinia, non pensarci, si ripeteva. Ovviamente non riuscendoci.
Come poteva dimenticare il calore del corpo accanto al suo? La freschezza dell'alito sul suo orecchio?
La dolcezza delle sue parole? La luce negli occhi, che si riflettevano nei suoi?
Per un attimo, un attimo solo, aveva sperato che si avvicinasse e la baciasse. Poi era rinvenuta e si era detta 'ehi, ma che stai facendo Vì? Tu con lui non devi avere nulla a che fare, ti spezzerà soltanto il cuore', accettando così di diventare sua amica. Troppo codarda per rinunciare alla sua vicinanza, troppo spaventata per ottenere il suo amore. Come ogni patetica adolescente che si rispetti.
Arrossì e gli voltò le spalle, bevendo il suo tè.
-Ma non devi andare dai tuoi amici?
-Mh, nah. Stiamo parlando mi sembra, o no?
-Veramente stai facendo tutto da solo.
-Ma tu mi dai corda.
-Si chiama educazione, e consiste anche nel rispondere quando una persona ti fa delle domande, per quanto stupide esse possano essere.- fece leggermente acida.
-Oh, questa era cattiva.- fingendo un colpo, si portò una mano al cuore, mimando una faccia dispiaciuta.
Non sapeva se sbattere la testa contro il muro, e sbatterci la sua. Ardua decisione.
Si portò una mano al viso e lo scosse sconsolata, facendolo ridere.
-Dai scherzavo.
-Lo spero per te.
-Acidella come sempre.
-Sai come è, ho mangiato yogurt scaduto a colazione...
-Madonna santa, sempre  a pizzicarvi voi due!- furono interrotti da Noemi, apparsa misteriosamente alle spalle della sua amica- riuscirete mai ad avere una conversazione normale?
-Quando la signorina farà colazioni normali sì.
-Te l'ho mai detto che odio la tua ironia?
-Non è vero, so che l'adori.- sorrise sornione e mise le mani nelle tasche della divisa. Aveva ragione dannazione. Quando faceva così la faceva impazzire. Sbuffò e si voltò verso la moretta al suo fianco:
-Andiamo?- quella annuì e si incamminarono.
-Dove?
-In bagno, vuoi per caso seguirci anche lì?- proruppe irritata la bionda voltandosi, con il viso esausto e paonazzo.
-Posso? Davvero?- chiese incredulo, sfottendola evidentemente.
-Se ti prendo ti riempio di schiaffi.- gli rispose avvicinandosi di gran lega. Di tutta risposta lui scappò via ridendo come un coglione, per andare ad infilarsi nella sua classe. Peccato però, che in mezzo al trambusto della ricreazione, gli fossero cadute le chiavi di casa a terra. Si chinò a raccoglierle, osservandole.
Lavinia sospirò sconfitta, mentre Emi al suo fianco ridacchiava:
-Non parlo, non alludo e non faccio battutine perchè altrimenti mi picchi.
Dio grazie, pensò lei, almeno una che capisce al volo e sa tenere la bocca chiusa!
-Ora gliele riporti tu però.- ammiccò.
Tutta la gratitudine provata per la sua amica svanì veloce come era arrivata.

****

Non appena Alessandro rientrò in classe ridacchiando, si lasciò andare sul banco, ripensando a quanto lo divertivano le chiacchierate con Lavinia. Quella ragazza era una vera forza della natura. Nessuna gli aveva mai risposto così, tutte ridevano e basta, credendo di fare bella figura con lui. Invece cercava una ragazza in grado di tenerle testa, una compagna alla pari, non una bambola passiva da esposizione.
Dato che il professore di scienze non era ancora arrivato si girò verso Giovanni, dietro di lui, e gli chiese come fosse andata la partita sabato pomeriggio, visto che sia lui che Paolo non avevano giocato. Mentre tutta la classe parlava animatamente tutto d'un tratto il rumore delle voci si abbassò di colpo. Probabilmente era entrato il caro Vignati, ma continuò a parlare con il suo amico, nonostante questo si fosse azzittito improvvisamente.
In verità tutti facevano silenzio, si udivano soltanto come delle unghie che picchiettavano su qualcosa- un banco?- così si voltò anche lui, trovandosi davanti un busto fasciato da un'aderente camicia bianca che lasciava intravedere un bel e (ri)pieno reggiseno nero.
Oh cazzo.
Deglutì a vuoto, mentre sentiva la gola riarsi e gli occhi spalancarsi sempre di più.
Non poteva, e non voleva!,  distogliere gli occhi da quella meravigliosa vista, ma sapeva che doveva.
Perchè in fondo aveva capito a chi appartenesse tutto quel bel vedere... ad una biondina di sua conoscenza.
Calmati, e alza lo sguardo, puoi farcela.
Davanti a lui svettavano due dolci colline seguite da un collo bianco e longilineo.
Starebbe benissimo con qualche succhiotto... potrei propormi volontario.
Merda, ci mancavano solo i pensieri perversi ora. Si sarebbe preso a schiaffi o, cosa più probabile, ci avrebbe pensato lei. Già.
Proseguì il suo 'tour' e arrivò al mento delicato, e poi alle labbra peccaminose, perfette per essere riempite di baci. Rosse come il sangue, morbide come due boccioli e torturate da denti bianchissimi.
O santo Padre aiutami tu. Ti scongiuro.
Il piccolo naso all'insù e poi quegli occhi che lo avevano tormentato per infinite notti.
Due zaffiri. Grandi e luminosi, ma avevano una parvenza di tristezza in fondo, come sempre nonostante sembrasse relativamente serena e divertita.
I capelli biondi tirati indietro da invisibili mollette marroncine classiche, ricadevano in morbide onde luminose.
Gli passò davanti agli occhi l'indice, dal quale penzolavano le sue chiavi di casa.
Come le aveva lei? Forse gli erano cadute prima...
-Dovresti stare più attento sai?- proruppe rompendo il silenzio.
Sapientona come al solito.
-Perchè dovrei stare attento quando ci sei tu che pensi a me?- le rispose con un sorriso a metà tra lo strafottente/dolce e l'ironico/relativo.
-Perchè non posso pensare sempre a te, sai?- rispose inarcando un sopracciglio.
-Ah no?- chiese tirando il labbrino in fuori. L'avrebbe fatta capitolare. O almeno ci sperava.
-No, ho altre cose da fare, Catini.- sorrise maligna e spostò il peso da una gamba all'altra, facendo oscillare la gonna. Ormai le sue stupende gambe erano coperte dalle calze essendo Ottobre inoltrato, ma lo attiravano sempre. Era sensuale in ogni singolo movimento, anche se non se ne rendeva conto. Persino quando cadeva.
-Tipo le ripetizioni con quell'imbecille che stai salutando?- fece scocciato, quando notò che la sua interlocutrice aveva distolto per pochi secondi l'attenzione da lui per agitare una mano e sorridere nella direzione di Paolo che sembrava non riuscire a non farsi notare da lei.
-Sì, tipo. Geloso?- socchiuse gli occhi distendendo le labbra un un ghigno soddisfatto decisamente malcelato, sedendosi sul bordo del suo banco e offrendo una vista migliore delle sue gambe e di tutto il resto.
E io che provavo a fare il bravo..., pensò Alessandro respirando a fondo e fissandola negli occhi.

Lei chiuse le mani con le chiavi all'interno, e intanto lui distese la testa sul banco, appoggiata sopra agli avambracci, stando sempre attento a non interrompere il contatto visivo. Era una delle cose più importanti tra di loro, guardarsi negli occhi, lo specchio dell'anima. Erano entrambi così completamente criptici che non sapevano mai quando mentivano e quando dicevano la verità. Stressante.
-Un po' se devo essere sincero.- mugugnò contro il braccio. Lei si stupì della sua sincerità.
-Perchè?
-Perchè grazie a lui ti stai dimenticando di me...
Fu come una stilettata al cuore. Dimenticarsi di lui?
Seriamente, esisteva qualcuno in grado di dimenticarsi di uno come Alessandro Catini dopo averlo conosciuto?
Di dimenticare i suoi occhi magnetici che ti seguivano ovunque?
Il suo sorriso insolente quando capiva di averti messa in imbarazzo?
La sua smorfia che cercava di nascondere un sorriso dolce?
Il suo respirare agitato quando si trovava a disagio?
Il suo passarsi ripetutamente la mano nei capelli per calmarsi?
Piccole accorgenze, che rendevano impossibile anche solo pensare di dimenticarsi di lui.
Almeno per lei, ovvio. Probabilmente altre persone non  ci avrebbero neanche fatto caso, ma lei era attirata in un modo spaventoso da quei gesti tanto normali. Lo caratterizzavano. Lo facevano apparire così... speciale.
Lavinia fece un debole sorriso, stava cercando di trattenersi, ma l'aveva spiazzata.
-Oh, secondo te potrei?- sussurrò per non farsi sentire. Un mugugno fu la sua risposta.
-Dai, ma ti pare? Chi si dimentica di Catini?- provò a riscuoterlo, passandogli la mano tra i capelli.
Una scusa ovviamente.
Erano così soffici... così spettinati... così perfetti...
Inaspettatamente la mano di Alessandro andò a coprire la sua. Non se lo sarebbe mai aspettato.
Era quasi il loro primo contatto ravvicinato. Non c'era mai stato nulla di così intimo tra di loro, tralasciando il cinema. Ora invece le loro mani erano a stretto contatto, più che sfiorarsi si stavano stringendo, aggrappandosi l'uno a l'altro non distogliendo lo sguardo.
Quegli occhi tanto diversi eppure tanto simili. Ognuno poteva vedere le tenebre che affliggevano il cuore dell'altro in fondo a quelle pozze espressive. Ma la paura del ragazzo era legittima? Da dove era uscita?
Come... come era possibile che avesse paura che lo dimenticasse se lui si comportava in quel modo?
La confondeva come nessun altro. La povera Lavinia non sapeva davvero dove sbattere la testa.
Un secondo prima faceva il coglione, il secondo dopo il cucciolo smarrito bisognoso di coccole.
E la cosa che la faceva davvero incazzare, con se stessa!, era che non sapeva quale parte di lui adorasse di più.
Le dita di Alessandro strinsero leggermente le sue, per poi accarezzarle con il pollice il dorso della mano.
Quante volte aveva sognato quel gesto? Semplice ma per lei assolutamente romantico, le dava un senso di sicurezza che neanche un bacio le avrebbe potuto dare. Fantastico.
Alcuni bisbigli ricordarono loro che erano in una classe affollata di curiosi, appena dopo l'intervallo, ma non avevano voglia di rompere quel loro primo piccolo momento. Stavano così bene.
-Sei stato fortunato che ho trovato le tue chiavi a terra, altrimenti saresti rimasto chiuso fuori casa, tonto.- sussurrò con un piccolo sorriso.
-Bhè, male che fosse andata, avrei avuto un posto d'onore nella tua camera vero? E' un po' che non saluto Anacleto...- i suoi occhi divennero subito accesi grazie ad una scintilla di malizia mal celata.
-Chi è Anacleto? E sei stato in camera sua?- alle spalle del ragazzo comparve Paolo, che seduto in fondo all'aula si era stufato di vedere la ragazza alla quale era interessato intenta a tubare con il suo migliore amico. Sembravano una dolce coppietta. Disgustoso. Poi non stavano neanche bene insieme, ecco.  Quando minchia entrava il professore? Insomma va bene che non erano passati neanche dieci minuti dal suono della campanella, però a lui erano sembrati un'eternità osservandoli. Alla fine si era alzato, non ce la faceva più ad ascoltare i pettegolezzi su quei due.
'Lei è quella nuova no?'
'Ommioddio guarda come è bella!'
'Ma stanno insieme?'
'Cielo guardali, che carini!'
'Hai capito Catini, ci ha visto lungo...'
'Minchia che gambe.'
Alessandro si voltò e lo fulminò  con lo sguardo. Proprio ora doveva venire a rompere il cazzo?
Finalmente riuscivano a parlare decentemente senza stuzzicarsi e litigare, ed era così piacevole, e lui gli aveva rotto le uova nel paniere. Possibile che fosse arrivato a non sopportare il suo migliore amico? Che deficiente.
-Non penso siano affari tuoi.- gli rispose scocciato.
-Perchè?
-Perchè non vedo come possa interessarti.
-Senti tu s...
-Paolo ha ragione Ale, sono cose nostre.- lo interruppe Lavinia e segretamente il moro stava facendo i salti mortali. Ora cosa rispondi stronzo?, strillava nella sua testa. Un sorrisetto di sfida gli naque spontaneo, impossibile celarlo. Finalmente la sua bionda stava tirando fuori gli artigli non solo con lui.
-La nostra era una conversazione privata, scusa.
-Non intendevo essere impiccione, scusa Vì- certo, come no?!, pensò Ale alzando gli occhi al cielo- ma mi è venuto spontaneo chiederlo...
-Non ti preoccupare Pà, solo non scaldatevi per certe stupidaggini.
-Hai ragione, scusa.- ripetè e le sorrise dolce sperando di riuscire a scioglierla. Si era arrabbiata con lui! Non era mai successo, era sempre stato attento a comportarsi bene in sua presenza, ma d'ora in poi evidentemente avrebbe dovuto evitare le sue discussioni con l'amico quando c'era lei. Merda.
-Figurati, ora devo andare.- disse dando un'occhiata fuori dalla porta, notando i loro professori fermi a parlare nel corridoio. Avrebbe fatto meglio a muoversi prima che fossero entrati entrambi nelle classi.
-Ciao Vì.- la salutò Paolo nervoso e timido, tentando di riparare a prima. Lei contraccambiò arcuando le labbra per un breve momento, per poi spostare la sua attenzione completamente al ragazzo seduto al banco, facendo bene intendere all'altro che ora la sua presenza era diventata di troppo. Scocciato se ne andò, grazie a Dio.
Si fissarono nuovamente negli occhi per un minuto interminabile, accorgendosi che le loro mani erano ancora intrecciate. Stava per avere un attacco di diabete, poco ma sicuro.
-Allora?- domandò lui alzandosi quando anche lei fece lo stesso.
-Allora cosa?
-Non mi saluti?
-Ciao.
-Ciao?
-Sì, ciao.- nascose un sorriso.
-Bene.- voltò il viso fintamente offeso.
-Sei un bambino.
-Quindi?
-Quindi nulla, stupido.
Una ciocca bionda era sfuggita alle mollette, arrivando davanti al suo viso.
Senza nessun preavviso e guidato completamente dall'istinto l'afferrò con la mano libera e la spostò indietro. Quel piccolo gesto fece mancare il respiro a entrambi, e sicuramente non solo nell'aula. Rimasero in silenzio, sorridendo leggermente fin quando si accorsero che i professori stavano per entrare, allora Lavinia si avvicinò alla porta fissandolo. Non sapeva cosa dire, cosa fare. Come si sarebbe comportata una conosciente, se un 'ciao' non era abbastanza?
Stava per uscire quando una voce la fermò:
-Vieni a vederm... cioè vederci al campetto dopo?- le domandò ad alta voce, istintivamente.
Non aveva proprio pensato alla domanda, l'importante era dirle qualcosa, rivederla in qualche modo.
Si voltò verso di lui, incurante di tutti gli occhi su di loro, e annuì sorridendo. Si era corretto, voleva che lei  andasse a vedere lui. Bhè di certo non ci sarebbe andata per gli altri.
-A dopo.- le disse timido, grattandosi la nuca, l'avrebbe riempito di baci.
-A dopo.- confermò lei uscendo dall'aula con il viso in fiamme e un sorriso ebete stampato in volto.





******************************************************************************
Questi due sono l'amore.
Ho finito di scrivere questo capitolo all'una di notte ed avevo gli occhi tutto cuori e miele.
Inizialmente dovevano litigare, lol vi amo anche io, ma poi hanno fatto tutto da soli.
Non mi sono potuta fermare, ero loro schiava. Ho il respiro corto dall'emozione per loro, cuccioli T_T
Li prenderei entrambi e li riempirei prima di schiaffi (sanno loro perchè) e poi di baci e.e

Vi ringrazio moltissimo per le 64 (!) stupende recensioni e per tutto il supporto che mi date, siete favolose.
Siete contente della fine del capitolo? Eheheheheheh sono stata buona. Per una volta.
Siete curiose del prossimo capitolo? Chissà cosa succederà, se andrà tutto bene o no.
Non odiatemi ahahhahahah, grazie. Vi annuncio che stilando una scaletta provvisoria della storia (al telefono con kresbiten, ridendo come delle pazze) mi sono resa conto che non manca molto... ad una cosa che aspettate tanto.
Hanno già aspettato e penato abbastanza, ma ci saranno dei piccoli salti temporali, come avete notato già, di qualche giorno o settimana. Sarebbe noioso raccontare ogni giorno, in fondo si stanno conoscendo come due comuni ragazzi e so che vi piacerebbe leggere ogni singola parola che si scambiano, ma purtroppo è così lol

Basta sproloquiare, la smetto e posto prima che qualcuno mi ammazzi.
Come sempre se volete contattarmi:
Contatto facebook: Athena Efp
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Contatto twitter: @xstewnson
In bocca al lupo per la scuola bellissime!
Athena xx

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 'Call me maybe' ***


If you want - 8



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Mi scuso per il ritardo, ma ho finito i capitoli a disposizione e mi sono dovuta mettere sotto.
Per la canzone ho scelto la versione con i modelli di Abercrombie (GODETEVI QUEGLI GNOCCHI)
Nulla togliendo ad Ale ovviamente... ;)





"Hey, I just met you, and this is crazy,
but here's my number, so call me maybe!"







Sentiva decine e decine di sguardi sulla sua figura solamente perchè Alessandro Catini prima di entrare nel campetto da calcio le era andato vicino e avevano parlato per qualche minuto. Okay, forse erano più di pochi minuti, ma era lo stesso, e stranamente lui era stato dolcissimo. Nella sua testa c'era solo posto per 'awwwww' e 'quanto è bello' come un'adolescente scema. Va bene che nessuno poteva leggerle nella mente, ma doveva darsi una regolata.
Noemi vicino a lei la guardava come se fosse malata, ma anche lei aveva un dolce sorriso di comprensione.
-Non guardarlo troppo o si consuma e non ti rimane più nulla dopo.
-Non lo sto guardando.- disse distogliendo lo sguardo e prestando attenzione all'equazione nel libro. Dannata matematica, sempre lei.
-Io non ho specificato chi tu stessi guardando, hai fa fatto tutto da sola.- sorrise la mora. Merda, si era tradita da sola.
-Chiunque fosse non lo sto guardando, sto cercando di risolvere questa... cosa.- indicò il libro disgustata.
Inutile dire che la sua amica aveva la faccia del gatto che aveva appena mangiato il topo.
-Certo, certo.- la assecondò alzando un sopracciglio.
-Dio, sta' un po' zitta.- borbottò e Noemi simulò di chiudersi le labbra con una zip, lo sguardo birichino sempre presente però.
Ora non sapeva cosa fare. Guardandolo si sarebbe smascherata e non guardarlo era letteralmente impossibile. Si schiarì la voce, facendo finta di nulla.
Ultimamente avevano ripreso a vedersi più frequentemente e sembrava andare tutto bene.
Le aveva chiesto di farsi conoscere, e lei gliene aveva concessa la possibilità e per ora non se ne era pentita: era diventato più dolce e parlavano decisamente di più. Piano piano stavano costruendo qualcosa di molto piacevole. Dopo l'episodio con Paolo e il successivo 'ignoramento' avevano ricominciato da capo. Erano ragazzi e lei non era nessuno per mettere bocca nei loro bisticci, l'aveva capito poi, erano amici da moltissimo tempo da quanto aveva capito e sapevano loro come comportarsi. Si era dimostrato uno stronzo in quella situazione, ma non sapeva perchè avesse fatto così, quindi meglio metterci una pietra sopra per il momento.
Aveva sbagliato su di lui, lo sapeva,  ma tendeva ad essere chiusa e schiva con chiunque; ultimamente poi i suoi nuovi amici la stavano trattanto in una maniera a lei sconosciuta. Nessuno le aveva mai rivolto tutti quei sorrisi genuinamente gentili, la trattavano con gelida cortesia e basta. Iniziava a pensare di non essersi mai affezionata alle persone non per colpa sua, ma per gli altri. Forse, in lei, non c'era nulla di male dopotutto.
Alessandro, comunque, restava un'incognita la maggior parte del tempo.
Cambiava umore peggio di una donna con il ciclo, passando dall'essere schivo, arrabbiato e tagliente a dolce come una cucchiaiata di miele. Come mai? Non riusciva a capacitarsene.
Certo, anche lei non scherzava, ma lui deteneva il primato. Decisamente.
Avrebbe voluto tanto capirlo. E magari trovare una soluzione... non avevano un manuale su come comportarsi? No eh? Ne avrebbero avuto bisogno entrambi.
Con lo sguardo fisso sul libro di esercizi, al quale non stava prestando neanche la minima attenzione ovviamente, si ritrovò a pensare a come dovessero apparire ad occhi esterni. Poche ore prima stavano quasi tubando sul banco di lui, mentre i loro amici il giorno prima li avevano osservati litigare e scambiarsi battutine acide.
Non ci capiva più nulla.
Doveva prendere le cose come le arrivavano, non c'era altra scelta.
Non sarebbe mai stata capace di allontanarlo se si fosse avvicinato, poco ma sicuro.
Inizialmente sembravano odiarsi, dopo amici per la pelle, poi di nuovo frecciatine al vetriolo e poi colombi in amore. Cosa combinavano? Perchè era ovvio che tra di loro ci fosse qualcosa, ma non sapeva cosa.
Sbuffò ed emise un gemito soffocato, infastidita. Le si sarebbe fuso il cervello prima o poi.
-Non capisci una disequazione?- sorrise melliflua Noemi, certa che non fosse quello il problema. Lavinia si voltò verso di lei con uno sguardo decisamente confuso, poi lo abbassò sentendosi arrossire; borbottò qualcosa di incomprensibile e chiuse il libro con uno scatto.
-No, tutto bene grazie.
-Ne vuoi parlare?- l'amica le mise una mano sul ginocchio, con un sorriso incoraggiante.
Si sentiva pronta?  No, ancora non lo era.
La mora era davvero un'amica eccezionale ma era ancora insicura sulle sue emozioni.
Piano piano sarebbe riuscita a confidarsi, ma aveva bisogno di tempo.
-Non saprei cosa dire...
-Ti piace?- decise di risponderle, se lo meritava dopotutto: era sempre silenziosa e niente affatto invadente, osservava e si limitava a sostenerla senza forzarla, ma non esitava se aveva bisogno. L'amica perfetta insomma.Image and video hosting by TinyPic
-Non lo so.- ammise tormentata, e ad un sopracciglio alzato di Emi, si corresse- bhè, d'aspetto ovviamente, ma c'è qualcosa nella sua mente, nel suo comportamento che... non lo so, mi manda in pallone e mi fa scoppiare la testa. Non sono sicura di nulla con lui vicino. Divento una deficiente.- abbassò le testa sulle mani.
-Bhè, allora non ti resta che conoscerlo meglio, e vedrai che troverai la risposta a molte domande, se lo vuoi.
 Si sorrisero, Emi l'abbracciò, e mentre la bionda annuiva, tornavano con lo sguardo verso la partita, dove un ragazzo di loro conoscenza giocava euforico, sapendo benissimo chi sedeva tra gli spalti.
I want, pensò Lavinia, eccome.

**

Stava per cadere a terra dalla spossatezza: non ce la faceva più. Si stava distruggendo per cercare di fare bella figura con la bionda che lo osservava, ma credeva seriamente di aver strafatto. Non aveva mai corso in quel modo assatanato nè segnato così tanti punti per farsi notare. Gli stessi compagni di squadra lo stavano guardando con dei ghigni strafottenti- sapevano benissimo perchè si stava comportando così- e lo stavano lasciando fare. Vedere Catini così interessato ad una ragazza era un evento più unico che raro! In tutti quegli anni lo avevano beccato ad uscire con due o tre ragazze massimo, strano per un ragazzo diciottenne insomma. Invece ora scappava letteralmente dalla classe al suono della campanella e lo trovavano sempre in compagnia della bionda del IV D, tutto intento a ridere e a fare il dolce. Contenti lui, contenti tutti. Certo, non era brutta ma se avesse voluto ne avrebbe potute trovare a decine pronte ad aprire le gambe, invece si era fissato. Forse si era innamorato, tanto meglio per lui.
Ignaro dei propri compagni, Alessandro tentava di non voltarsi verso gli spalti, ma il suo cervello pensava perennemente a cosa facesse la sua amica e a cosa pensasse di lui. Che fosse poco atletico? Che fosse un ragazzino immaturo? Che il calcio fosse per gli stupidi? Per i bigotti? Si sarebbe mai messa con un ragazzo così?
A lui il calcio piaceva, era un uomo per la miseria.
Non era un fanatico, ma ad una partita di Champions non preferiva  certamente uscire.
E poi adorava correre dietro ad un pallone, lo faceva da quando era bambino, era la sua unica valvola di sfogo insieme al fumo. Gli faceva scaricare velocemente la tensione- anche se quel pomeriggio non stava funzionando molto bene: più di una volta l'aveva guardata di striscio e l'aveva notata parlare fitta fitta con Noemi, mentre sorrideva. Magari sorrideva a lui. O magari a Paolo, che stava giocando con lui.
Che nervi. No, non poteva essere.
Lui aveva invitato lei a per vederlo.
Lui, non quel coglione.
Che poi, perchè lo chiamava 'coglione'? Era il suo migliore amico, ed era bastato così poco per allontanarli?
Va bene che non erano come le donne che si telefonavano ogni secondo per raccontarsi i loro affari, ma comunque avevano sempre avuto un bel rapporto. Ora invece si guardavano e parlavano a malapena, quando era preente Lavinia poi, un ecatombe. Si guardavano con astio e malcelata sfida, sembrava stessero per scannarsi a vicenda nel giro di pochi secondi. Era terribile e gli dispiaceva quella nuova situazione, ma non avrebbe rinunciato a lei così facilmente, se ci sarebbe stato da lottare l'avrebbe fatto. Per ora però, si accontenta di fare bella figura, segnando un altro gol e guardando che lo stava fissando sorridendo.


**

-Allora? Che ne pensi?- le chiese un Alessandro soddisfatto, grondante di sudore e decisamente su di giri, mentre respirava con il fiatone. Era stupendo. Mai visto qualcosa di più bello, pensò la ragazza incantata.
Un po' lo invidiava persino, lei non avrebbe mai potuto fare tutto quello sport senza stramazzare a terra in preda alle convulsioni. Sospirò e decise di non farsi rovinare l'umore da quel piccolo particolare.
-Non male.- lo tenne sulle spine, facendo la finta smorfiosa.
-Non male?- sollevò un sopracciglio sornione, sapendo benissimo che aveva risposto in quel modo apposta.
-Già, ho visto di meglio.- fece un sorriso malizioso e si stupì di se stessa. Di solito non si comportava così, anzi. Invece con lui non si riconosceva più a momenti. La ragazza posata e giudiziosa che tutti i parenti ammiravano scompariva, sostituita da una Lavinia più libertina e sfrontata. Usciva fuori il suo vero io.
Roba da pazzi, sul serio. Tutta colpa, o merito?, di Catini.
-Sicura?- ad un suo cenno affermativo, con un sorriso il ragazzo continuò- Allora dovrò impegnarmi molto prossimamente. Vedrai a vedere i miglioramenti?- ammiccò.
-Dipende.- si spostò una ciocca dietro le orecchie.
-Da cosa?- le si avvicinò abbassando la voce.
-Da cosa mi offri in cambio dopo.
STAVANO FLERTANDO.
Per la miseria, sì, stavano flertando e lo stavano facendo davvero bene.
O madonna santa.
Stavano sorridendo come due idioti, senza motivo mentre si guardavano negli occhi.
-E cosa vorresti che ti offrissi?
-Non so, cosa hai in repertorio?
-Dipende dal genere che preferisci. Ho di tutto e di più.- la ragazza scosse la testa ridendo.
-Stupiscimi allora.
Voleva essere stupita eh? L'avrebbe fatto.
-Come torni a casa?
-Devo chiamare mia madre, o in autobus. Perchè?
-Ti accompagno io, tanto sono di strada.
Le aveva appena proposto un passaggio? No, lo aveva dato per scontato.
-A proposito, non so neanche dove abiti tu...
-Ad un paio di isolati da casa tua, siamo relativamente vicini. Passo sempre davanti casa tua per venire a scuola.
-E io mi devo ancora far scarrozzare dai miei? Non potevi dirlo prima?
-Quindi sottointendi che io ti debba venire a prendere tutti i giorni?
-Bhè sei di strada, ammenochè la mia compagnia sia insopportabile e ti irriti terribilmente non vedo perchè no.
-La scusa ufficiale quale sarebbe?
-Prevenzione dell'inquinamento terrestre, risparmio di energia.
-Mh, certo.- fece un sorriso birichino e scosse la testa per allontanare i capelli dalla fronte- comunque il caso vuole che la tua compagnia non sia affatto insopportabile, la maggior parte delle volte,- precisò accentuando il sorrisino da stronzo- e che non mi irriti, o per lo meno è qualcosa di sopportabile.
Lavinia aveva scoperto il perchè Alessandro guidasse già: era nato agli inizi dell'anno, più precisamente il dieci gennaio e aveva preso subito la patente: gli avevano preso una Fiat Idea nera di seconda mano, ma sembrava praticamente nuova, come aveva notato quando erano stati al cinema. Non vedeva l'ora di salirci e sentire se profumava di lui.
Aspetta, quelli erano pensieri da ragazzine stupide e innamorate, e lei non lo era.
No.
-Quindi mi stai dicendo che mi passerai a prendere?- tentò di parlare per scacciare via quei pensieri e un sopracciglio inarcato con uno sguardo ovvio fu la risposta che ricevette. Cavolo, la passava a prendere davvero.
Lui.
A lei.
Ah.
Bene.
E se nel frattempo avessero litigato? Se si fosse stancato di farle da taxi? O peggio, se avesse portato qualche altra ragazza che magari doveva andare a casa sua per ovvi motivi? Oddio.
Che poi chi era la zoccola che ci provava con lui? Le avrebbe cavato gli occhi. E sgonfiato le tette. E picchiata. Trattamento completo, eh sì.  Dato il suo sguardo improvvisamente perplesso e preoccupato, Alessandro si affrettò ad aggiungere:
-Non mi disturbi, stai tranquilla, sono piuttosto solitari i miei viaggi in macchina, mi farà bene un po' di compagnia.
-Sicuro?- si morse un labbro e gli occhi del ragazzo scattarono alla sua bocca.
Guardala in viso, si ripeteva, ma non era molto facile. Affatto.
-Certo, altrimenti non te lo avrei chiesto.- le spiegò sorridendo dolce.
Aveva un sorriso che avrebbe illuminato l'intero mondo se avesse potuto. Denti dritti e bianchi, labbra curvate in una smorfietta piena di miele e occhi birichini e luminosi.
Uccidetemi adesso, così sarà l'ultima cosa che vedrò, come è bello..., pensò lei. Ma che le passava per la testa? Si era completamente rimbecillita. Era carino sì ma nulla di che.
Cioè, c'erano ragazzi più belli ne era conscia, ma... lui aveva quel non-so-chè che lo rendeva stupendo ai suoi occhi. Solo ai suoi, almeno sperava. Come no. Mh mh. Anche no.
Si era accorta di come lo guardavano le ragazze, ma nessuna gli si avvicinava. O forse era lui a non farle avvicinare, tanto meglio. Tutte tranne lei. Vai con gli esulti silenziosi.
-Bhè, allora grazie.- diede un colpetto di tosse.
-Bhè, allora prego.- rise scuotendo la testa.
-Stupido.- gli diede un colpetto sulla spalla e scoppiò a ridere.
Cielo, sembrava proprio una di quelle stupide tutte risatine e sorrisi. Doveva smetterla, sul serio.
Lui fece finta di farsi male e rise con lei, appoggiandosi con la spalla al palo della luce vicino.
-Allora se aspetti che mi faccio la doccia ti accompagno a casa. Che ne dici?
-Va bene.- si portò una mano al collo e annuì. Altrochè se andava bene.
-Allora... io vado. Torno tra poco.
-Okay.
-Okay.
Lo guardò entrare nello spogliatoio trattenendosi dal gridare come un'adolescente americana e si limitò a qualche smorfia facciale dato che nessuno la poteva vedere, essendo girata. Stava diventando patetica ma non le interessava. Se ad essere patetici ci si sentiva così pieni di vita, allora le andava bene.

*****

-Tiziano Ferro?- alzò gli occhi al cielo quando lui pronunciò quelle parole dopo che aveva cambiato stazione alla radio per l'ennesima volta, non avendo trovato nulla di interessante, e si era fermata su una che trasmetteva 'Ti scatterò una foto'.
-Cos'ha che non va Tiziano?- assottigliò gli occhi.
-Lo chiami per nome? Siete amici?
-Sì, intimi. Qualcosa in contrario?
-No, figurati. Solo che sono quasi tutte uguali le sue canzoni...
-Non è vero!
-Sì che è vero, e lo sai anche tu. Poi sono depressive, ti fanno venire voglia di buttarti sotto un treno!
-...Non tutte.- seppe rispondere solo così. Aveva ragione lui, ma Ferro le piaceva, in certi momenti era davvero appropriato per il suo umore. Metteva le cuffiette e si isolava dal resto del mondo.
Lui alzò un sopracciglio ma non rispose, pensando a scalare marcia, e riportò entrambe le mani sul volante. Scese il silenzio fra loro due, ma non era imbarazzante, con radio Subasio in sottofondo il tempo era passato velocemente ed erano quasi arrivati.
-Oddio no.- Lavinia iniziò a ridere come una pazza mentre alla radio trasmettevano 'Call me maybe', uno dei tormentoni della scorsa estate. Le piaceva troppo, ma ci era rimasta da schifo quando aveva scoperto...
-La canzone con il tizio gay?- ...che appunto il figone del video era omosessuale. Inutile dire che si era rifiutata di crederci per giorni. Le avevano distrutto sogni molto poco casti a riguardo.
-Si lui, ci sono rimasta di merda quando l'ho saputo, quanta roba sprecata.- continuarono a ridere come due matti.
Era una complicità... perfetta. Gli piaceva da matti, non avrebbe mai pensato che quella ragazza fosse così spiritosa. Ad un primo acchitto l'aveva classificata come pallosa/stupida/superficiale, ma ora si stava ricredendo. Si sentiva dannatamente bene con lei vicino, diventava un ragazzetto di quelli 'amore mio pucci pucci' per i pensieri che faceva, ma se ne fotteva allegramente. Stava bene, ridevano, scherzavano e tentavano approcci anche un po' più... emh... seri. Quel giorno si erano sfiorati in classe, era stata una delle sensazioni più forti della sua intera vita. Neanche ci fosse stata una connessione tra di loro, ma la sua mano, così calda, così gradevole, così piccola tra la sua era fantastica. Era il suo posto. Avrebbe dovuto stare lì per sempre, non l'avrebbe più lasciata andare se gli avesse dato la possibilità.
Era arrivato sotto casa della bionda, così parcheggiò proprio mentre si avvicinava il ritornello:
-Hey I just met you, and this is crazy, but here's my number, so call me maybe!- e così canticchiando Lavinia gli attaccò un post-it giallo sulla fronte, per poi scendere ridendo e lo salutò da dietro al finestrino.
Non credeva a quello che aveva appena fatto, non sapeva quale oscura presenza le aveva dato la forza ma c'era riuscita. Gli aveva appena dato il suo numero e lui le stava sorridendo da dentro la macchina, scuotendo la testa e staccandosi il foglietto dalla fronte. In realtà lo aveva preparato in classe, dopo il loro incontro, ma quella canzone le aveva dato la forza necessaria, sembrava stupido ma era stato così.
Di solito erano i ragazzi a chiederglielo, e lei era restia a concederlo ma lui era... lui. Non glielo aveva ancora chiesto, quindi probabilmente non lo voleva, però... però nulla.
Era fatta, basta.
Chissà se l'avrebbe chiamata, o magari un messaggio...
Stop pensieri, lui la stava ancora osservando mentre si affeccendava per trovare le chiavi di casa dentro lo zaino e sembrava più imbranata del solito. Una volta trovate le infilò nella toppa ma una fitta le mozzò il respiro e fu costretta ad appoggiarsi al portone per riprendere fiato.
Era stata così occupata a vivere una vita normale che la malattia le aveva dato tregua. Solo le varie medicine gliela ricordavano. Ora invece, dopo un banale pomeriggio tornava a farle visita, in modo del tutto inaspettato. Fece come le avevano insegnato i vari medici, due respiri corti e uno lungo, per poter dare la possibilità ai polmoni di riprendersi lentamente e immagazzinare aria. La odiava, odiava questa sua condizione.
Si girò verso di lui, imitando uno dei sorrisi che aveva elargito per tutta la giornata, ma era solo un lontano miraggio. Agitò una mano e prese un altro respiro. Lui le fece un cenno con il post-it in mano e aspettò che entrasse in casa per poi ripartire. Come era dolce.
Lavinia chiuse la porta e gettò lo zaino a terra, dandogli un calcio e scivolando sul pavimento.
Era stato tutto così perfetto, ma bastava un nulla per rovinarlo; si era dimenticata di quello che il destino le aveva riservato, ed era stato un grande errore. Aveva vissuto in una piccola favola dorata, lasciando fuori il resto e quello era stato il risultato. Mentre calde lacrime tornavano a rigarle le guance dopo un lungo lasso di tempo, pensò che non avrebbe più dovuto permetterlo.



****************************************************************************
Ohohohoh, non odiatemi please :')
Dopotutto hanno tubato come due piccioncini in amore e lei gli ha lasciato il suo numero.
Il finale è trascurabile, giusto? ...NO. AHAHAHHAHAHAHAHAHAHAH vi amo anche io.
Dovevo riportarvi alla realtà in qualche modo, sono due capitoli che tento di farli litigare/far incattivire la situazione ma non ci riesco. Questi due mi strillano a gran voce che vogliono stare insieme, purtroppo però ancora non è ora u.u e quindi dovranno aspettare e ne dovranno passare abbasanza prima di essere accontentati u.u
Ma ne varrà la pena, almeno spero ;)
Non potevo evitare questo passaggio, non potete capire come mi sto divertendo a scrivere i messaggi che si scambiano! Awww. Li adoro, sono i miei pupetti. Poi, mi è stato chiesto come immaginavo Lavinia e Noemi insieme, bhè vi ho messo una foto, sono proprio loro secondo me, bellissime.
ATTENZIONE: con la scuola non riesco molto a scrivere, quindi ho deciso di postare ogni due settimane, sempre il sabato. Penso vada bene così giusto? Almeno non rischio di rimanere senza capitoli e di sparire per poi farvi attendere inutilmente. Comunque come ho già fatto, nel gruppo di faccialibro posterò degli spoiler, quindi tranquille :)
Come sempre vi ringrazio infinitamente per l'affetto che dimostrate verso questa storia e per Vì e Ale (quest'ultimo particolarmente, chissà perchè eheheh u.u), siete fantastiche. Ciao a quella cessa della mia migliore amica con cui sto facendo web e piange scrivendo la sua storia Vi ricordo i miei contatti: Athena Efp su facebook, il gruppo e su twitter @xstewnson se volete.
Un bacione care,
Athena xx


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Capitolo 10
*** Capitolo 9: 'I love the way you lie' ***


If you want - 9


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Buonasera ragazze, questo è un capitolo importantissimo. Spero davvero vi piaccia.
Godetevelo e non arrabbiatevi troppo, sapete che il mio 'sadismo' (?) è necessario ;)
Ps. da ora in poi per gli sms scambiati sappiate che ale è quello azzurro e vì quella verde.






"Just gonna stand here and watch me burn,

but that's alright because I love the way you lie.
I love the way you lie."











Seduta nella sala d'aspetto dell'Ospedale attendeva pazientemente che sua madre Cristina finisse di parlare con quella pettegola dell'infermiera del suo reparto, Margherita. Intanto teneva tra le mani il suo iPhone, fremendo d'impazienza, e scattando nel momento esatto in cui si illuminava. Era lui. Stavano messaggiando.
Aveva provato ad allontanarlo, davvero, ma era stata lei a dargli il suo numero, non poteva non rispondere ai suoi sms, sarebbe stato oltremodo stronzo, oltre al fatto che non voleva ovviamente farlo: si scrivevano con le scuse più impensabili agli orari più impossibili, ogni cosa era buona per iniziare la conversazione, nonostante si lasciassero alle due di pomeriggio, dopo che l'aveva riaccompagnata a casa, alle due e mezza già stavano parlando.


"Tim informa: il tuo credito sta finendo.
Ricarica al più presto per non rimanere senza parole!"
A quanto pare è il messaggio più frequente che ricevo negli ultimi giorni.
Tutta colpa tua bionda!


Lavinia sorrise, conscia di quanti messaggi si fossero scambiati.


Anche il mio credito piange, che ti credi.
Ma se QUALCUNO avesse WhattsApp sarebbe tutto più comodo, stupido!


Ma io ce l'ho, saputella!


Certo, nel cellulare rotto.


Sono dettagli Miss io-ho-un-iphone-e-tu-no.


Anche tu ce l'avresti se non gli avessi spaccato lo schermo, ritardato.


Quanti complimenti, arrossisco!
Cmq fra poco arriva il 4S, tranquilla.
Ancora due giorni baby ;)


Ecco, perfetto. Lei cercava di andarci piano e invece era sicura che i rapporti sarebbero diventati ancora più stretti. Cioè, i rapporti di amici si. Amici. Solamente.
Era strano per lei aprirsi in quel modo con qualcuno ma piano piano si stava abituando. Era bello avere qualcuno che ti cerca e che ti scrive senza ragione, solo per il piacere di farlo. La faceva sentire apprezzata e desiderata.
Se quel qualcuno era lui poi, ancora meglio.


Meglio tardi che mai...!


Ma stai zitta acidella.
Sei a casa?


Cosa avrebbe dovuto rispondergli?
'Ehi Ale, no non sono a casa, sono in ospedale, sai come è, fra un paio di mesi devo operarmi perchè sono malata e stavo facendo i controlli di routine!' certo, come no.


Yes.
Perchè, dove dovrei essere?


Non so, chiedevo.
Mi annoio D:


Fai qualcosa bhè!


Cosa?


Tipo.... studiare?


Prossima opzione :D


Ahahahaha va bene, io devo andare tonto.
Ci sentiamo dopo, e trovati qualcosa da fare ;)


Contaci baby, QUALCOSA lo trovo sempre.


Rise come una stupida e si alzò dalla sedia, le guance in fiamme. Se aveva ben capito in cosa consisteva quel qualcosa allora lui era un idiota patentato. Cioè doppisensi a go-go. O cielo. Però le piaceva. Argh.
-Lavi andiamo?- sua madre Cristina aveva finalmente finito di spettegolare e solo allora si ricordava di lei, tipico.
Annuì e si alzò dalla scomoda sedia per seguirla fino all'ascensore, con lei non poteva percorrere le scale, altrimenti l'avrebbe uccisa, non doveva affaticarsi e di certo tre rampe non aiutavano.
-Devo andare a fare la spesa, andiamo al supermercato vicino casa va bene?- le sorrise e le carezzò una guancia.
-Certo mamma.- acconsentì e controllò nuovamente il telefono, ma si ricordò che non gli aveva risposto.
-Carina questa copertina per il telefono. Nuova?
-Si, l'ho comprata l'altro giorno. Ti piace?
-Molto.- sorrise osservando la cover dell' iPhone tutta azzurra con le orecchie da coniglio, ne era stata subito conquistata e l'adorava. Mentre l'acquistava si era sentita catapultata indietro nel tempo, quando quelle cose frivole la eccitavano e la rendevano su di giri, e bastava una seduta di shopping per aggiustare tutto.
-Anche a me.- sorrise mentre uscivano dall'ospedale e si accingevano ad entrare in macchina.
Viaggiarono tranquille ascoltando la radio fino al negozio, poi scesero e fecero comodamente la spesa.
Lavinia guardava con nostalgia tutte quelle merendine varie piene di zucchero e quelle che facevano schizzare il colesterolo al limite del consentito. Non si poteva neanche sognare di addentarla, pft.
Pagarono e mentre uscivano, si scontrarono con qualcuno. Alzò lo sguardo e lo vide:
-Ehi bionda!
-Ale!
-Buon pomeriggio signora.- salutò la madre che lo stava fissando con un sorriso sulle labbra.
-Buon pomeriggio a te caro.
-Sono... venuto a comprare il latte, è finito.
-Ah okay...- era rossa di imbarazzo e continuava a fissarlo.
-Tesoro io devo andare che qui si scongelano le cose, facciamo così, puoi restare con lui e dopo ti fai accompagnare a casa, va bene?
-Emh.. posso anche tornare con te se vuoi, insomma...
-Va bene.- rispose invece Alessandro accentuando il suo già enorme sorriso- non si preoccupi la riporto indietro integra per l'ora di cena.
-Ma certo, mi fido eh.
La bionda vide la sua ancora di salvezza mentale allontanarsi in auto, mentre il suo compagno la guardava.
-Ma non eri a casa tu?- le chiese mentre entravano nel supermarket, tenendole la porta aperta. Okay, era un vero gentiluomo. Nessun ragazzo l'aveva mai trattata così.
E ora? Cosa avrebbe dovuto rispondergli? Merda.
Non gli avrebbe potuto, e voluto, dire che si trovava in ospedale, sarebbe arrivata l'ovvia domanda successiva.
A quel punto che avrebbe fatto? Avrebbe mentito prima o poi. Non c'era via di scampo.
"Ehi fantastico ragazzo, sai che facevo in ospedale? Dei controlli
in vista di un qualche cazzo di intervento che mi toccherà fare visto che sono schifosamente malata.", questo gli avrebbe detto?
Se fino a pochi minuti prima aveva il sorriso che aleggiava sul volto, ora le sue labbra erano tese in una linea dritta che stonava con il suo aspetto da ragazza felice e su di giri. Non le piaceva mentire.
E a lui? Raccontava bugie facilmente? Oppure no? Image and video hosting by TinyPic
Magari era il contrario di come appariva, magari era un ragazzo pessimo, magari, magari...
Decise di rimanere in silenzio e, mentre Alessandro pagò la busta di latte ed uscirono, Lavinia si calò gli occhiali da sole sugli occhi, per nascondersi al suo sguardo. Non ce l'avrebbe fatta a guardarlo in quel momento.
Si tirò su i capelli in un gesto liberatorio e il suo amico si perse a rimirarla mentre lo faceva.
I lucenti fili d'oro che si intravedevano lo catturarono come una falena con la primaria fonte di luce e la camicia a scacchi che indossava sopra i leggins lo fecero sorridere: era decisamente molto più che carina, anche se lei si riteneva nella media. Che idiozia. 
Era conscio di essere un bel ragazzo, non era stupido, ma la domanda fondamentale era: piaceva a lei?
Pensava di sì, dato che ogni singola volta che la guardava malizioso lei arrossiva e voltava gli occhi per non incrociare i suoi, ma era sempre così criptica che non sapeva cosa aspettarsi. Meglio non montarsi la testa o sarebbe finito decisamente male per lui.
-Allora?- chiese.
-Allora cosa?- Lavinia trattenne il sospiro.
Non mollava l'osso eh?
-Allora dove eri prima. Avevi detto di essere a casa ma è ovvio che non mi hai detto la verità.- disse a bassa voce.
Minchia. Pensava che avesse fatto cadere il discorso così ma a quanto pare non ne aveva proprio l'intenzione.
Perchè doveva essere così testardo? Perchè dannazione? Lo detestava.
-Cosa te lo fa pensare?- era perplessa. Come pensava di sapere ogni cosa?
-Lo so e basta, fidati. Allora?- ancora? Pensava sul serio che gliel'avrebbe detto? Poteva anche sognare se voleva, ma non avrebbe spiccicato una singola parola dannazione, col cavolo. Neanche sua madre si comportava così con lei e non riusciva a farla sentire una bambina come invece ci riusciva lui.
-Sei arrogante lo sai?- gli disse infatti. Era giusto lo sapesse, borioso come era.
-Eh?- Alessandro la guardò come se fosse una pazza. Arrogante lui? Si vedeva che non lo conosceva proprio. Era un tipo che se aveva sbagliato lo ammetteva, ma ora non si stava comportando di certo così. Non sopportava gli si mentisse, e se pensava che non se ne sarebbe accorto o si sarebbe lasciato trattare come un imbecille allora aveva sbagliato ogni cosa. 
-Sì, sei un arrogante.- ribattè lei. Che stronza!
-E perchè Sua Grazia?- anche l'ironico faceva ora? Come se se lo potese permettere, argh!
-Perchè io non devo rendere conto a te di cosa faccio e dove vado.- gli spiegò come se stesse parlando con uno stupido. A lei sembrava così ovvio che chiunque ci sarebbe potuto arrivare.
-Come scusa?- il ragazzo sperava di aver capito male, davvero.
-Hai capito benissimo.- alzò un sopracciglio biondo e incrociò le braccia sotto al seno. Se non fossero stati nel mezzo di una litigata con i fiocchi, il moro sarebbe rimasto a fissarla con la bava alla bocca mentre il cervello andava lentamente in stand-by.
-Guarda che...- cercò di dire. Non intendeva che lei dovesse riferirgli tutto, ma se anche non le andava di dirglielo, avrebbe potuto evitare di mentirgli diamine! L'aveva scambiato per un fesso? Bhè, decisamente non lo era.
-Guarda che niente! Io faccio quello che mi pare e non devo riferirlo proprio a nessuno! Sono libera!- specificò. Libera sentilmentalmente parlando? Lo sapeva, e non vedeva il motivo per ribadirlo, lo faceva incazzare così tanto il fatto che si sentissime sempre in obbligo di farlo chiaro.
Desiderava... desiderava così tanto che non lo fosse più, ma evidentemente lei non era dello stesso avviso.
-Te la smetti di dirlo? Questo non ti da il diritto di comportarti da stronza!- glielo aveva detto. Minchia, di solito non ci andava così pesante con una ragazza, ma stava davvero perdendo la pazienza.
-Cosa hai detto?- Lavinia sperava di aver capito male, con tutto il suo cuore. Con quale coraggio le diceva quelle cose? Lui che per primo da quando si erano incontrati si era finto-a questo punto pensava avesse finto sempre- indifferente e non le diceva nulla.
-Che ti stai comportando da stronza!- lo aveva ripetuto. Ancora. Ora non vi era proprio spazio per equivoci.
-Non è vero!- tentava anche di negare? Quella ragazzina non sapeva contro chi si era messa. Va bene essere riservate ma questo sfiorava i limiti del ridicolo.
-Si che è vero! Ti ho solo chiesto una cosa e tu sei partita in quarta!- le fece capire, ma lei non era dello stesso avviso. Non si poteva permettere di mettere il naso nelle sue cose, non ne aveva il diritto.
-Non devi impicciarti dei miei affari, è diverso!- lo fronteggiò spostandosi vicino al muro, avevano voltato strada per raggiungere la macchina di Alessandro ma ora si erano fermati in preda all'ira. Fosse stato per Lavinia già l'avrebbe picchiato da un pezzo, ma sapeva di non poterlo fare. Era una tipa piuttosto manesca quando ci si metteva, e ora il sangue le stava decisamente andando al cervello.
-Non mi sto impicciando!- contestò lui incazzato.
-Sì!- fece spiazzata. Stava tentando di mantenere la calma e di non alzare la voce, altrimenti le sarebbe venuta meno e sicuramente avrebbe iniziato a respirare in modo convulso, in quel momento non sarebbe stato di certo azzeccato a dirla tutta.
-NO! Sei solo pregata di non mentirmi quando parli con me!- spiegò alterato e iniziando a gesticolare freneticamente- Non me ne fotte un cazzo di dove vai se vuoi proprio saperlo, solo non farmi fare la figura del coglione!- calcò decisamente sulle ultime parole, scandendole perfettamente ad un soffio dal suo viso e agitando la mano verso il basso più volte. Si era veramente arrabbiato, realizzò Lavinia, e non voleva ottenere quell'effetto. Tentò di calmarlo, cercando di essere ragionevoli:
-Non cercavo di fartela fare! Andiamo, che bambino che sei!- bambino? Ah certo, ora l'immaturo era lui, logico!
-Si invece, potevi semplicemente dirmi che non volevi farmelo sapere, sarebbe stato meglio!- non sopportava chi mentiva, e il fatto che lo facesse lei lo aveva ferito- e lo stava tutt'ora ferendo- particolarmente. Aveva sempre pensato avesse un caratterino tutto pepe, ma questo andava contro ogni pensiero.
-Ah sì?- sfidava lei. Sicuramente si sarebbe incazzato a morte e avrebbero finito per discutere peggio di come stavano facendo ora. Ma d'altronde, c'era da aspettarselo, la verità veniva sempre a galla, e lei come una stupida aveva pensato di poter omettere alcuni aspetti della sua vita.
-Sì dannazione! Non mi va di essere portato allegramente per il culo!- non lo permetteva a persone che conosceva da una vita e con cui aveva passato l'infanzia, chi era lei per irrompere nella sua quotidianità, sconvolgerla e farle fare la figura dell'idiota?
-Ma non lo sto facendo, cazzo! Solo che devi capire che non posso dirti ogni cosa!- non poteva e non voleva, altrimenti sarebbe scappato a gambe levate oppure lo avrebbe guardato con quello sguardo di rassegnazione e pena che usava chiunque conoscesse il suo stato. Lo odiava, lo odiava e non voleva che anche lui iniziasse.
-E perchè? Perchè? Dimmelo andiamo!
-Perchè non sei nessuno per me!- esplose lei, messa sottopressione dalle sue urla. Ecco, l'aveva detto. E in quel momento, solo dopo aver combinato un macello dalle dimensioni colossali, si era accorta che la cosa che l'avrebbe fatta stare più male, probabilmente sarebbero stati gli occhi di Alessandro alle sue parole. Rimase paralizzato, mentre nel cervello elaborava quanto appena accaduto. Cosa poteva fare? Niente.
-Così non sono nessuno per te? Bene...
-I-Io non... non intendevo, lo sai...- tentò di correggersi lei. L'aveva detto solo perchè esasperata e aveva pensato che l'avrebbe lasciata stare, ma si era immediatamente pentita. Non aveva messo in conto di poter ferire i suoi sentimenti, e da quello che vedeva, ci era riuscita benissimo.
-Tu cosa? Perchè credo che intendessi esattamente quello. Sai Lavinia? Avevo... avevo seriamente pensato che forse se mi fossi messo in gioco avremmo potuto costruire qualcosa in più, ci tenevo davvero, ma evidentemente mi sono sbagliato.  Ho colto i tuoi segnali come un incoraggiamento, ma sono stato solo uno sciocco.
Cosa stava dicendo? No, no! Cosa significava? Anche lui le piaceva non doveva pensare di essere l'unico, non doveva vergognarsi, perchè anche lei stava vivendo emozioni mai provate prima. Non era colpa sua.
-Anche i..-provò a spiegarsi.
-NO. No. Non dire che anche tu sei pronta perchè non è vero.- lei non lo era, altrimenti non avrebbe reagito così, non si sarebbe chiusa a riccio e non l'avrebbe sbattuto fuori.
-Invece sì, però non puoi  pretendere che io mi lasci andar così velocemente perchè...
-Perchè cosa? E' questo il punto. Ti ho concesso spazio, ci siamo andati molto piano, mi sono avvicinato come un amico, cercando di conoscerti, di capire cosa ci fosse sotto quella tua corazza e non è servito a nulla!- ci aveva provato sul serio, pensava che si meritasse di essere felice.
-E' troppo presto!- sussurrò lei. Non aveva mai avuto nessuno così vicino psicologicamente e si sentiva dannatamente insicura. Cosa avrebbe fatto se una volta fatto entrare nel suo cuore se ne sarebbe andato? Avrebbe dovuto raccogliere i frammenti di un amore passato come tutte e ragazze che vedeva nei film? Si sarebbe dovuta deprimere e ingozzarsi di cioccolata? Ah, no. Quasi l'aveva dimenticato: lei non poteva ingozzarsi di quelle cose, non poteva piangere a gran voce e non poteva sfogare il suo dolore gridando.
-Ti ho forse obbligato a passare del tempo con me? Ti ho forse fatto intendere che mi voglio buttare a capofitto in una relazione? No! E non te lo sto chiedendo. Volevo solo capire come tu realmente fossi, ma come posso se non me ne dai l'opportunita'? Come faccio se mi menti, Dio?
-Non era mia intenzione!
-Bhè, chi cazzo se ne frega, è quello che hai fatto! Non ce ne era bisogno, sarebbe bastato che mi dicessi 'Non mi va di parlarne' e io ti avrei detto 'va bene', perchè non voglio forzarti, cazzo!- sarebbe bastato così poco e lui avrebbe atteso un altro po', facendosi da parte ancora una volta, come sempre quando lei si irrigidiva e cambiava discorso. 
-Ne saresti stato capace? Non penso!- invece l'avrebbe fatto, per lei.
-Bhè pensi male saputella dei miei stivali! E' questo il problema, pensi di conoscermi, ma non importa se sai come mi piace il gelato o le canzoni che preferisco se non capisci cosa c'è qui dentro.- si portò una mano al cuore e scosse la testa lentamente, fissandola negli occhi.
Aveva ragione. Aveva fottutamente ragione. Si era concentrata sulle cose futili e non aveva cercato di aprire la sua anima. Era stata immatura e superficiale, era solo una ragazzina. Una sciocca ragazzina inutile e... innamorata? No, ancora non lo era.
L'amore non sapeva neanche dove stava di casa, fino ad ora non ne aveva avuto bisogno.
Eppure, arrivi ad un punto della tua vita che ti sembra impossibile vivere senza. Arrivi ad un punto che ti domandi 'cosa ho che non va? Perchè sono tutte innamorate tranne me?'. Arrivi ad un punto che ti innamori e non sai riconoscerlo perchè hai paura e ti sembra letteralmente impossibile.
-Non so cosa dire.- abbassò la testa e strinse fra le mani gli occhiali da sole che si era tolta, torturandoli.
-Neanche io, non c'è bisogna che tu dica niente.- ormai cosa voleva dire? Alessandro sapeva che quel silenzio sarebbe pesato come un macigno, ma non c'era più nulla di cui dovessero discutere.- sali in macchina, ti accompagno a casa.- sospirò, prendendo le chiavi della macchina e pensando che se non altro, aveva ancora cinque minuti da passare con lei. Gli ultimi attimi per osservarla da vicino, gli ultimi attimi per ammirarla nella sua bellezza innocente, gli ultimi attimi prima che si allontanasse inesorabilmente un'altra volta.
-Non ti disturbare, vado da sola.- rispose, ma non la lasciò finire.
-E' tardi, sali e non farmi incazzare ancora di più. Almeno questo.- la pregò. Non era tardi, ma non voleva abbandonarla. Nonostante avessero litigato come dei pazzi fino ad secondo prima non ce la faceva a lasciarla andare. Era un masochista, lo sapeva, ma non ne poteva fare a meno.
-Va bene.- sussurrò la bionda aprendo la portiera e sprofondando nel sedile. Profumava di lui, pensò tristemente. Si riempì le narici per l'ultima volta, aveva l'impressione che non sarebbe salita più su quell'auto.
Durante il viaggio, mentre Alessandro sospirava pesantemente e teneva gli occhi fissi sulla strada, rifiutandosi anche di guardarla di sottecchi, Lavinia tratteneva le lacrime.
Una volta sua nonna le aveva detto che amare significare piangere lacrime amare, pensando agli occhi dell'amato.
Scendendo di fretta senza neanche salutarlo e sbattendo la portiera, credette davvero di svenire, tanto il dolore che provava alla gola, era come se avesse il cuore spostato lì. Sentiva il battito incessante martellarla lungo l'esofago, espandendosi per tutto il corpo, arrivando al cervello e toccando ogni filamento nervoso.
Piangeva, perchè era certa di aver rovinato qualcosa che non ci sarebbe stato più.
Non poteva essere.
Quando entrò in casa, ignorando il saluto della madre e gettandosi a capofitto tra le coperte, affondando il viso nel cuscino, realizzò che quella sarebbe stata la prima volta in cui avrebbe pianto tutta la notte, per il ragazzo di cui si era innamorata senza preavviso e senza scelta.




******************************************************************
...non so cosa dire sinceramente.
Davvero. Questo capitolo è importantissimo, Lavinia capisce di essere innamorata di Ale (ce ne hai messo di tempo bella mia .-.) ma ormai sembra essere troppo tardi. Non condannatela, sappiamo benissimo che il nostro bel ragazzo ha avuto ragione nella litigata- chi vorrebbe fare la figura del tonto?- ma neanche per lei è semplice. Deve imparare a comportarsi in una relazione seria, ha capito il suo errore state tranquille, è questo il punto della storia. Non tanto le 'peripezie' che devono fare per stare insieme, quanto il percorso una volta raggiunto, chiamiamolo obiettivo.  
Piano piano, e con l'aiuto e l'amore reciproco ce la faranno tranquille, anche se per ora la situazione è piuttosto nera eh u.u ora mi ammazzate tutte ahahahahah,  imploro pietà.
Dai su, non può essere sempre tutto rose e fiori :/ ma vi prometto che non manca molto. Come ho detto l'importante è il 'dopo', anche se il 'prima' e cioè queti capitolo hanno formato tutto il carattere dei miei amori, aw.
Spero davvero che questa storia vi piaccia, mi riempite di gioia. Ringrazio le 82 seguite, le 34 preferite e le 17 ricordate. Le originali erano un fandom inviolato per me, ma mi avete accolto benissimo!
Ps. Per chi me lo ha chiesto, e vi ho visto molto titubanti, (so che molte non ci crederanno data la stranezza) ma il mio vero nome è Athena,  per questo mi firmo così, non pensiate che sia una specie di nick. LOL

Okay, mi eclisso. Come sempre sapete dove trovarmi ( facebook - gruppo su facebook - twitter )
Penso sia tutto, lasciatemi tante belle recensioni e fatemi sapere :3
Un bacione care,
Athena xx



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Capitolo 11
*** Capitolo 10: 'It's too late to apologize' ***


If you want - 10





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Mi scuso per il ritardo, ma blablabla scuola e blablabla altro. Godetevi il capitolo :*






"It's too late to apologize"












Abbassò il braccio da sopra gli occhi e sospirò esausto. Non ce la faceva proprio.
Stava tentando di studiare in ogni modo possibile e immaginabile, ma si trovava sempre allo stesso punto: steso sul letto a sognare ad occhi aperti, i libri abbandonati sul copriletto e penne varie sparse a terra. Decisamente non ci stava riuscendo bene, ma il perchè era semplice: oggi aveva rivisto Lavinia a scuola.
Dopo la loro epica litigata del giorno prima, aveva persino pensato di non andare a scuola il giorno dopo ma poi aveva capito che non era lui quello che si doveva vergognare, ma lei. Lui non aveva colpe, aveva cercato di far andare tutto per il meglio, non aveva incasinato nulla, lo stesso non si poteva dire per la bionda. Quando si erano incrociati per il corridoio pensava che avrebbe abbassato la testa, invece l'aveva fissato fino a quando le loro strade non si erano divise ed erano entrati nelle rispettive aule. Aveva degli occhi particolari e stupendi la sua Lavinia: quando era felice o rideva di cuore erano dell'azzurro più intenso che avesse mai visto, invece quando si rattristava diventavano grigi. Quella mattina, invece, li aveva trovati spenti e arrossati, segno che durante la notte avesse pianto molto. Il suo colorito era più pallido del normale e la bocca aveva ripreso quel triste broncio all'ingiù che aveva la prima volta che si erano incontrati in ospedale. Possibile che un semplice litigio l'avesse ridotta così? Possibile che anche lei ci tenesse così tanto al loro rapporto? Dai suoi comportamenti emblematici non sapeva dirlo. Gli diceva che aveva disturbi della personalità multipla, ma anche lei non scherzava di certo.
La stessa mattina aveva trovato sul cellulare un messaggio da parte sua in cui lo invitava a non disturbarsi a passarla a prendere, visto che l'avrebbe accompagnata il padre. Perfetto, erano tornati punto a capo.
Sospirò affranto e fece cadere il libro sul pavimento, per poi allungarsi ad afferrare il computer sul comodino e accenderlo, sistemandolo sul letto. Ormai non avrebbe concluso nulla, quindi tanto valeva vedere cosa accadeva nel mondo circostante. Aspettò che il motore di ricerca si avviasse ed entrò su facebook, per controllare notifiche e post vari. Nulla di nuovo, qualcosa sul gruppo della classe e un tag su una foto da parte di Giovanni che gli aveva scattato quella mattina durante l'intervallo, circondato dai suoi compagni. Terminate le cose da fare, finì inevitavilmente sul suo profilo: si sentiva davvero uno stalker. Per prima cosa le controllò la bacheca, ma non trovò nulla se non qualche scritta probabilmente dei suoi amici di Genova che le chiedevano come stava e qualche tag di Noemi, con delle frasi forse dette durante le lezioni. Notò che aveva condiviso una canzone, 'Non me lo so spiegare' di Tiziano Ferro, con dodici apprezzamenti, giusto qualche minuto prima. Improvvisamente il flash del loro viaggio in macchina, una settimana prima, gli ritornò vivo in mente e si ritrovò a pensare a quanto si fossero divertiti quel giorno. Sospirò lentamente e scorse con il touch del portatile lungo la pagina e non trovando altro da fare non potè fare a meno di ammirare la foto che aveva come immagine del profilo: era stupenda. Image and video hosting by TinyPicLa raffigurava accucciata con una macchina fotografica in mano, intenta a scattare una foto, mentre evidentemente qualcun altro la stava facendo a lei. I lisci capelli biondi erano tenuti fermi da un cerchietto nero con un fiocchetto e si potevano notare le calze ricamate nere, segno che indossasse un vestito o una gonna. Era davvero magnifica e simpatica. 
Incuriosito, la aprì e notò con piacere che aveva circa cinquantasette mi piace e davvero molti commenti in cui le persone le facevano i complimenti, assolutamente meritati. Cliccò per vedere chi avesse premuto l'aprezzamento, ma il touch si bloccò e finì per premere per sbaglio 'mi piace', senza neanche accorgersene.
-Oh cazzo!- esclamò nel momento in cui si rese conto che le sarebbe arrivata la notifica. Se avesse premuto 'non mi piace più' le sarebbe arrivata ugualmente vero? Porca di quella merda! Che coglione!, lui e le sue tendenze da stalker. Merda, che avrebbe fatto adesso? Il guaio era combinato e non poteva rimediare. Lasciò andare il computer sul letto, chiudendo ogni pagina in fretta e mugugnò contro il cuscino parole incomprensibili. Molto probabilmente erano tutti insulti, rivolti per la prima volta, a se stesso.

**

Lavinia fissava impietrita lo schermo del pc, non ancora realizzando quanto accaduto.
Aveva messo mi piace ad una sua foto.
Lui. Poco fa. Praticamente in quell'istante.
O Santa Maria...
Cioè, non che fosse straordinario come fatto, ma... cioè nessun altro lo aveva fatto, segno che quindi la reazione 'a catena' non si era innescata. Quindi lui sicuramente era andato sul suo profilo e sicuramente aveva aperto la foto e sicuramente aveva premuto quel dannato pulsante. Mh, okay.
E... perchè l'aveva fatto?, domanda da un milione di dollari.
Magari avesse conosciuto la risposta. Era un segnale? Stava cercando di farle intendere qualcosa? Tipo 'non ci parliamo ma ti tengo sempre d'occhio'? Che cosa significava? Oh cielo.
Non sapeva come passare il pomeriggio? Bene, aveva appena trovato il suo prossimo passatempo: cercare di leggere nella mente di Alessandro Catini, che quindi era in linea. Aprì la lista della chat a destra e constatò che effettivamente accanto al suo nome vi era il pallino verde, ma non ebbe neanche il tempo per decidere se contattarlo o no, pazza!, che immediatamente la sua icona finì nella lista delle persone offline. Perfetto.
Cosa era significato per lui quel gesto? Possibile che fosse stato uno sbaglio? Ma cosa ci faceva nel suo profilo? La stava controllando? Possibile che fosse... geloso?
No, ma che idea strampalata. Molto probabilmente si stava annoiando, oppure cercava di capire il suo stato d'animo attraverso quello che pubblicava e condivideva, come se la sua espressione quella mattina a scuola non fosse stata abbastanza convincente ed esplicativa, pft.
Da sorpresa, stava passando a incazzata nera. Come cavolo si permetteva? Perchè la condizionava in quel modo? Che diritto aveva di sconvolgerla con una semplice azione? Non poteva, non poteva lasciare che un cretino qualunque la trattasse così! Dio, che nervoso!
Sbattè una mano sulla scrivania talmente forte che il suo prezioso iPhone sobbalzò, e per poco non cadde a terra. Ci mancava solo questa e lo avrebbe odiato per sempre, pensò la ragazza digrignando i denti. Poi, con un sospiro, si morse il labbro inferiore: rabbia? Odio? In quale mondo parallelo? In quel momento l'unica cosa che avrebbe voluto fare era accoccolarsi tra le sue braccia e piangere.
Era snervante essere innamorati.
Era snervante non sapere cosa stesse facendo la persona al centro dei suoi pensieri.
Era snervante preoccuparsi di ogni minimo gesto, convinti che dietro ci fosse dell'altro.
Era snervante non sentirsi all'altezza di provare quel sentimento.
Avrebbe semplicemente voluto carezzargli i capelli morbidi, sorridergli e baciarlo, ma sapeva non essere possibile. Era stata colpa sua e ora doveva accontentarsi di guardarlo passare per il corridoio ridendo e scherzando con qualche oca della sua classe, non sapendo però quanto anche per lui fosse difficile in realtà.
Con uno scatto si alzò dalla scrivania e si gettò sul letto, afferrò Anacleto stringendolo al corpo e portando il telefono all'orecchio, chiamò Noemi, che rispose dopo due squilli.
-Ehi Vì! Come mai mi chiami? Di solito non lo fai mai, che ti serve?- chiese piena di vita. A sentire quelle parole le vennero le lacrime agli occhi: era una pessima amica. Non la chiamava mai era vero, solitamente parlavano su WhattsApp e a scuola, ma non aveva mai sentito il bisogno di chiamarla. Solo ora, che  le faceva comodo, ed aveva bisogno di parlare, si era decisa.
-Scusa, se ti disturbo...- disse con voce rotta- non sapevo che altro fare, mi dispiace.- iniziò a piangere.
-Ehi, ehi, va tutto bene.- avvertì l'ansia nel suo tono ed affondò il viso nel pupazzo, continuando a singhiozzare.
-Sc-scusa.- sussurrò.
-Vì, calmati, ci sono qui io, ora respira e parliamo okay?- la ragazza annuì, non rendendosi conto che non poteva vederla. Avrebbe voluto averla accanto, per farsi abbracciare e rassicurare.
-E' per Ale vero?- domandò cauta. Temeva di far scoppiare la diga, che le avrebbe  travolte entrambe, ma qualsiasi modo avrebbe cercato per toccare quell'argomento, inevitabilmente sarebbe finita con una ragazza ancora più in lacrime di quel momento. Infatti Lavinia accentuò il livello dei singhiozzi e la mora capì che non vi era nessun possibile rimedio. Sospirò:
-Sfogati, su.- e con quello Vì partì in quarta.
-E' un coglione, uno stronzo, solo un deficiente! Lo odio, lo odio, lo odio! Perchè mi fa stare così? Eh? Perchè?- quasi strillò a pieni polmoni,  tanto che quasi le mancò la voce.
-Ma non se ne rende conto tesoro...- la rincuorò Noemi.
-Non ne ha il diritto, non ne ha il diritto.- ripetè piangendo e singhiozzando.- io non volevo, davvero, non volevo!
Quando era sconvolta tendeva a ripetere gli stessi concetti più volte, forse per capacitarsene, e questa volta sembrava davvero irrecuperabile, tanto che Cristina bussò.
-Vì? Amore? Tutto bene?- chiese facendo capolino con la faccia dalla porta. Aveva capito che c'era qualcosa che non andava da due giorni a quella parte, ma aveva deciso di non forzare la mano.
-Va via mamma!- la scongiurò, non volendo vedere nessuno. Si voltò dall'altra parte rispetto alla porta e la donna notò la schiena scossa dai singhiozzi trattenuti. Si avvicinò per accarezzargliela dolcemente, e le sussurrò all'orecchio.
-Va bene, ma sai che per qualunque cosa ci sono, capito?- le annusò i capelli profumati e le baciò la guancia bagnata. La ragazza annuì tirando su col naso e si asciugò furtivamente gli occhi, mentre Noemi dall'altro capo del telefono attendeva paziente, cercando di capire cosa avesse innescato quella bomba.
Non appena la porta si richiuse, la ragazza raccontò ogni cosa all'amica, stupendosi per prima di come le venisse naturale, e di quanto ormai fossero entrate in confidenza. A Genova non si sarebbe mai sognata di avere una confidente del genere, aveva le sue amiche ma era sempre rimasta un po' fredda nei loro confronti, non si fidava veramente, aveva sempre avuto paura che avrebbero potuto raccontare i suoi segreti in giro, quindi si limitava al minimo indispensabile. C'era anche da specificare poi che lei non aveva mai avuto grandi crisi riguardo a ragazzi e argomenti affini, quindi non si era presentato il problema; ora invece le cose erano decisamente cambiate e ringraziava di aver trovato una ragazza così disposta e dolce.
-Da quello che ho capito però, la colpa non è solamente la sua...- azzardò la mora, con voce dolce, stando ben attenta a non scatenare altri pianti o grida. Ora che Lavinia iniziava a fidarsi di lei e ad aprirsi un po' di più non voleva di certo perdere quello che aveva conquistato in due mesi. Quella ragazza aveva un disperato bisogno di essere ascoltata e rassicurta, l'aveva capito, anche se non l'avrebbe mai ammesso, ma ne aveva bisogno.
-I-io, v-veram-mente non...- tentò di sussurrare la bionda, ma le parole le morirono in bocca. Aveva ragione. Aveva assolutamente ragione. Era stata colpa sua. Più volte in quei due giorni aveva cercato di attribuire ad Alessandro colpe inesistenti, e non aveva trovato nulla di convincente se non il suo comportamento ambiguo all'inizio, che poi era anche giustificabile, visto il loro rapporto. Era stata solamente lei l'immatura che aveva pensato di poter tenere nascosta una parte della sua vita, senza tornar conto a nessuno.
La verità, e lo sapeva bene, era che se voleva costruire qualcosa di importante con lui (cosa in quel momento impensabile vista la piega degli eventi), avrebbe dovuto parlare, e anche alla svelta. Avrebbe dovuto raccogliere il coraggio a piene mani e farsi avanti, visto che quel povero ragazzo le aveva chiaramente confessato di essere interessato, mentre lei lo aveva solo insultato. Mh, decisamente bene insomma.
-Hai ragione- proruppe singhiozzando- hai ragione, è solo colpa mia, tutta colpa mia.
-No tesoro,- tentò di consolarla- non è solamente colpa tua, siete entrambi colpevoli. Lui non doveva aggredirti così ma tu non dovevi neanche mentirgli! Perchè gli hai raccontato quella bugia? Dove eri andata veramente?
Era arrivato il momento, qualcuno doveva pur saperlo. Da una parte era contenta che Noemi lo sarebbe venuta a sapere per telefono, così non avrebbe visto la compassione dipinta sul suo volto nel momento in cui le avrebbe detto dove si trovava. Decisamente meglio.
Tentò di respirare a pieni polmoni, anche se le riusciva difficile, e pronunciò con voce rotta:
-All'ospedale. Ero all'ospedale.- sputò quelle parole come se si fosse liberata da un grande peso.
-Davvero? E allora che bisogno c'era di mentirgli? Che hai fatto, le analisi?- chiese stranita.
Lavinia scosse la testa, dimentica del fatto che la compagna non la potesse vedere e si passò una mano fredda sulla fronte, scostandosi i capelli e deglutendo forte.
-Magari.- rispose mentre le passavano davanti agli occhi decine di immagini di prelievi del sangue vari. Sarebbe stato meglio dire 'non solo', ma non ce la faceva. Ma doveva, si, doveva. Ad ogni costo.
-E cosa stavi facendo allora?- domandò nuovamente Emi, con un tono di voce strano.
Stava iniziando a capire? Se lo augurò con tutto il cuore, almeno si sarebbe risparmiata i particolari. Esalò un brusco respiro, per poi prendere coraggio:
-Dei contr...- iniziò a dire, ma cadde la linea. Avvertì solo il bip telefonico mentre guardava lo schermo, che segnava la chiamata appena terminata. Cosa era successo? Proprio quando si era decisa? Evidentemente era destino che non lo avrebbe mai detto a nessuno, si. Incredibile.
Tentò di ricomporre il numero dell'amica ma in quel momento le arrivò alle orecchie il tipico rumore della chat di facebook, e si ricordò del computer acceso sulla scrivania. La chat di Noemi lampeggiava e si stava riempiendo velocemente di messaggi:

Noemi Cisalpini:
Vì! Scs ma mi è morto il tel! Batteria scarica :(
Ne approfitto per andare a studiare, ma domani mi racconti tt eh!
X favore non farmi stare in ansia, se hai bisogno chiamami a casa!

Le rispose velocemente, onde evitare di farla preoccupare:

Lavinia Rocci:
Emi calmati! Sto meglio ora, già mi ero tranquillizzata!
Vai a studiare, dopo ti racconto ;)

Noemi Cisalpini:
Sicura?

Lavinia Rocci:
Si!

Noemi Cisalpini:
Sicura sicura sicura?

Lavinia Rocci:
Ho detto di si -.-

Noemi Cisalpini:
Okok ma se ti serve sai che ci sono!
Domani risolviamo ogni cosa, vedrai.
Scs ancora :(
Bacio :*


Lavinia Rocci:
Tranquilla, poi ti dico. Bacio!


Si, poi le avrebbe detto, come no.
Dove avrebbe trovato nuovamente il coraggio di mettere una persona a conoscenza della sua malattia, ora?

**

Con un sospiro, si avvicinò ai suoi compagni di classe, prendendo a parlare dei compiti per il giorno dopo, mentre lei gli passava accanto, silenziosa e veloce. Odiava quella sua finta indifferenza. Sapeva che se solo avesse potuto, l'avrebbe preso molto volentieri a schiaffi. Più volte. Invece si limitava a camminare per i corridoi invisibile, con i capelli a formare una cappa tra lei e il resto del mondo, lo sguardo perso.
Praticamente era ritornata a comportarsi come quando abitava a Genova, e si sarebbe gettata sotto un treno da sola per questo. Aveva iniziato ad essere una ragazza nuova lì a Pisa, finalmente era ritornata a sorridere e a uscire con gli amici... e invece ora tutto all'aria. Per un ragazzo poi. Che merda.
Era stata colpa sua, lo ammetteva, ma anche lui non era di certo innocente. Non poteva scaricare su di lei tutta la sua frustrazione! Avrebbero dovuto trovare un punto d'incontro, ma per come si erano messe le cose in quel momento sicuramente non si sarebbero parlati per tutta la vita. Che situazione del cazzo, era il caso di dirlo.
Lavinia si diresse verso le macchinette alla fine del corridoio e prese il suo solito tè caldo, il gusto non era dei migliori ma purtroppo la scuola non offriva altro, quindi meglio accontentarsi. Noemi era rimasta in classe a copiare i compiti di filosofia, quindi si appoggiò al macchinario, mentre erogava la bevanda, ma fu sorpresa da qualcuno che le aveva appoggiato una mano sulla spalla: sussultò involontariamente e si girò di scatto.
-Ehi.- la salutò Paolo con un sorriso, aveva i capelli perfettamente pettinati al contrario di lui che li portava perennemente spettinati a regola d'arte, esibendo le dolci fossette che aveva ai lati della bocca- come stai Vì?
-Ehi.- rispose, tentando di sorridere- sto... bene. Te?- sospirò afferrando il bicchierino pronto e appoggiandosi alla finestra poco distante, vicino l'angolo. Traduzione: vorrei davvero scomparire dalla faccia della Terra ma purtroppo non posso, quindi tiro avanti al limite del consentito.
-Dal tuo aspetto non credo che tu stia 'bene'.- la osservò bene notando gli occhi spenti e leggermente lucidi e il viso smunto, così come le occhiaie coperte dal correttore e le labbra screpolate piene di burrocacao alla ciliegia, colpa del freddo improvviso di quei giorni. La ragazza sorrise tristemente e rispose alzando un sopracciglio.
-E' un modo implicito per dirmi che oggi faccio schifo e sono più brutta del solito?- chiese acida.
-Cosa? No, no! Ci mancherebbe, tu sei sempre bella.- disse prima di accorgersene, per poi arrossire e abbassare lo sguardo. Era così dolce però. Non si accorgeva che se solo avesse voluto avrebbe avuto ai suoi piedi un numero esorbitante di ragazze? Quello che però lei non sapeva, era che ne desiderava solamente una.
-Bhè grazie, anche se lo stai solo dicendo per placare la mia ira.- sorrise più tranquilla di prima, dandogli un piccolo colpo con la spalla, tentando di fare ironia e alleggerire la situazione.
-No, dico sul serio Vì.- sorrise amichevole grattandosi poi la nuca.
-Certo certo.- gli concesse sorseggiando il suo tè. Era davvero bollente e sperava vivamente la riscaldasse anche all'interno, dove sembrava essersi congelato qualcosa. E lei sapeva cosa... esattamente da qualche sera prima.
-Comunque, hai notato miglioramenti con le ripetizioni?- le domandò interessato. Ormai si vedevano due pomeriggi a settimana e piano piano la ragazza stava iniziando a capirci qualcosa.
-Sì! Oggi la La Fratta mi ha mandato alla lavagna e l'esercizio mi riportava!- esultò facendo un piccolo saltello, rischiando di far rovesciare il bicchierino colmo di liquido.
-Attenta!- esclamò Paolo prendendola per le spalle, mentre scoppiavano a ridere- vedi che piano piano stai imparando? Sono davvero contento Vì!- disse, e proprio mentre pronunciava quelle parole udì la porta del bagno a fianco a loro sbattere, chiusa da Alessandro che li stava fissando con due tizzoni ardenti al posto degli occhi. Sembrava davvero che da un momento all'altro avrebbe potuto prendere Paolo e staccargli a morsi la mano che teneva sulla spalla della sua bionda. Perchè a lui era permesso toccarla? Non era giusto, merda. Non era giusto!
-Oh, Ale!- tentò di fermarlo l'amico, ma quello era già sparito, voltando l'angolo a passo decisamente incazzoso.
-Ma che ha?- domandò disorientato il ragazzo, ritornando a guardare Lavinia al suo fianco che stava per avere una crisi di pianto: tratteneva a fatica le lacrime e il petto era scosso da singhiozzi silenziosi, mentre si mordeva freneticamente il labbro inferiore. Non si sarebbe stupito se avesse iniziato a sanguinare da un momento all'altro.
In uno scatto di coraggio, o pazzia?, si staccò da Paolo e rincorse Catini dietro l'angolo. Si sbrigò e lo raggiunse, afferrandolo per un braccio, ma quello si divincolò e la guardò rabbioso.
-Che vuoi?- la aggredì.
-Ecco, io... v-volevo solo... riguardo l'altro giorno... - tentò di parlare impacciata.
-Senti,- la interruppe sul nascere- se stai cercando di avere la coscienza più leggera soltanto dicendo qualche frase di circostanza, puoi anche andartene.- sventolò la mano con un gesto infastidito, mentre in realtà dentro stava morendo. Dio solo sapeva quanto gli costava dire quelle cose, ma non doveva permettersi ancora di rimanere ferito. Si era esposto troppo, con la conseguenza di aver fatto la figura del povero coglione.
-No, non voglio alleggerirmi la coscienza, voglio solo...- cercò di spiegarsi, ma il ragazzo si allontanò velocemente.
-Scusarti? Sai Lavinia, certe volte è troppo tardi per scusarsi.- sussurrò amaro e voltò l'angolo, entrando in aula, mentre i loro compagni li guardavano incuriositi. Bhè, almeno in quei giorni avrebbero avuto su cosa parlare.





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Abbiamo visto una Lavinia decisamente sconvolta da un piccolo e casuale gesto di Ale, inizia subito a farsi mille film mentali e a insultarlo, ma come biasimarla? Non so voi, ma ci ho messo molto del mio in questo suo comportamento lol e un Ale che del resto si da dell'idiota all'inizio ma alla fine è molto fermo nel suo comportamento. Finalmente la bionda voleva confidarsi con Noemi ma... ma...  l'autrice è troppo stronza :')
Mi scuso per il ritardo, ma ho avuto mille mila cose da fare tra scuola e altro, non avevo neanche un secondo per accendere il pc. Dovevo dire molte cose ma non me ne ricordo neanche una, sono di corsa perchè ho internet a disposizione per pochissimo (odio mia madre per avermi tolto la wifi) e penso si noti da queste note sparate a raffica (tra l'altro sto vedendo Amici che ogni anno è sempre peggio, mammamia °-°) e niente, spero che vi sia piaciuto, lo dedico a tutte quelle belle personcine che lo aspettavano con ansia, frallosa del mio cuore dico a te!
Se ritarderò sapete che comuque non sono morta eh, tornerò a tormentarvi muahahahahah.
Scappo scappo scappo, il tempo fugge e l'amore mi da alla testa. Scusate.
Un bacione enorme, Athena xx

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Capitolo 12
*** Capitolo 11: 'Just give me a reason' ***


IYW

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Note a fine capitolo, spero che questo capitolo vi soddisfi come soddisfa me.






"Just give me a reason, just a little bit's enough,

just a second we're not broken just bent,
and we can learn to love again."











Lavinia aveva sempre pensato che fare sogni ad occhi aperti in classe e scarabocchiare i libri scolastici con stupide frasi di canzoni fossero cose per ragazzine da film americani, ma si era dovuta ricredere facilmente perchè ne era diventata davvero il prototipo perfetto. Passava ore ed ore a sospirare e a battere ripetutamente la punta della matita sul banco, incurante degli sguardi scocciati dei professori e di quelli preoccupati di Noemi.
Non ce la faceva proprio ad ascoltare discorsi riguardo Lucrezio o Sant'Agostino o, ancora peggio, seguire i processi matematici spiegati  da La Fratta. Era più forte di lei.
La sua mente era completamente rivolta ad un certo ragazzo dell'altra sezione e non riusciva a trovare una ragione valida per non pensare a lui.
Chissà cosa stava facendo. E con chi lo stava facendo.
Avrebbe dovuto smetterla, lo sapeva, ma era troppo tardi.
Se ne era innamorata, e una come lei, che difficilmente si lasciava andare, una volta riconosciuti i suoi sentimenti li viveva appieno, che fossero ricambiati o no. Per questo era corrosa dalla gelosia ogni volta che lo incrociava in corridoio e lo vedeva parlare con una sua compagna di classe, mentre lei abbassava gli occhi e desiderava scomparire il più velocemente possibile. Non aveva problemi ad ammettere che fosse gelosa. Odiava sapere che solo con lei era freddo, che solo con lei non parlava e non aveva intenzione di farlo.
Poteva però biasimarlo? No, affatto.
Era stata tutta colpa sua, era stata lei a costringerlo a comportarsi così; anche se inutilmente aveva provato a rimediare e lui l'aveva respinta. Giusto. Non poteva sperare di cavarsela con uno 'scusa' e un sorriso di circostanza, avrebbe dovuto trovare qualcosa per dimostrare il suo pentimento e il suo interesse, ma se ne sarebbe occupata poi. Ora doveva assecondare la sua vicina che le stava chiedendo incessantemente da diversi minuti di accompagnarla a prendere il caffè.
-Dai Vì, per favore!- tentò di convincerla: non ce la faceva più a vederla così passiva, essendo fermamente convinta che quella sofferenza era davvero inutile, visti i soggetti.
-No Emi, non insistere.- la bionda sospirò nuovamente e si massaggiò le tempie, percependo i postumi dell'ennesima notte in bianco.
-Su! Hai bisogno anche tu di una bella dose di caffeina, lo vedo.- la prese e la sollevò di peso, mettendole in mano cinquanta centesimi e spingendola leggermente verso la porta.
-Va bene, va bene. Smettila di spingere, per la miseria.- la riprese sbuffando e passandosi una mano tra i capelli, per dar loro una parvenza di ordine.- Sei terribile.
-Lo so,- sorrise la sua amica- è per questo che mi vuoi bene.- le disse sbattendo in modo plateale le ciglia e sorridendo come una bambina. Lavinia scosse la testa e si incamminò lungo il corridoio, guardandosi intorno.
Ed eccolo lì, vicino al termosifone a parlare con gli amici, con in mano il bicchierino del caffè, mentre rideva e scherzava come se nulla fosse accaduto, come se nulla lo avesse toccato, come se lei non fosse neanche esistita nella sua vita.

Forse si faceva troppi problemi.
Forse lei gli piaceva ma nulla più.
Forse aveva già voltato pagina.
Forse già faceva l'idiota con qualche altra ragazza.
A guardarlo in quel momento, Lavinia poteva anche eliminare tutti i 'forse', visto che sembrava così a suo agio da farle venire voglia di correre in bagno disperata e piangere fino al giorno dopo. Era lei quella nuova, era lei quella che si sarebbe trovata in difficoltà maggiori tra quei corridoi, lui era di casa. Merda.
Eppure non le importava, no di certo. Avrebbe trovato il modo per riscattarsi ad ogni costo, ne era sicura. Doveva solo prendere coraggio e il gioco era fatto.
Nonostante l'indifferenza di Alessandro, lei non poteva smettere di sperare.
Nella vita si fanno tanti errori, ma la vera vittoria è saperli riconoscere.
In quel momento, appoggiata alla macchinetta delle bevande, era riuscita a comprendere: era cambiata. Non sapeva se in meglio o in peggio, ma era cambiata.
Si stava sciogliendo sempre di più e desiderava l'affetto di una persona, cosa che prima di allora non le era mai capitato. Crescendo si cambia. Non era sempre un male, ci aveva riflettuto molto. Se adesso sentiva il bisogno incessante di attirare l'attenzione, o meglio, la sua attenzione, non poteva colpevolizzarsi: era naturale e giusto. L'unica cosa sbagliata però, era il metodo. Doveva imparare ad aprirsi e a fidarsi delle persone.
Sorrise senza accorgersene mentre Noemi le dava un colpo con il gomito:
-Vì! Sta arrivando Ale!- la informò concitatamente.
-Cosa? Ma che cazzo dici?- sgranò gli occhi e iniziò a respirare affannosamente.- Ne sei sicura?
-Sì! E sembra proprio agitato, sai?- rispose osservandolo con un sopracciglio alzato.
-Non ci credo... che devo fare? Oddio...
-Calmati,- la riprese- respira e vediamo cosa vuole.- la bionda annuì e si passò una mano sul collo, facendo finta di nulla e schiarendosi lievemente la gola.
Se prima la vicinanza di Catini la rendeva irritabile e scostante,
 adesso invece con la consapevolezza che sarebbe arrivato vicino a loro, il cuore aveva preso a batterle ad un ritmo forsennato e non sapeva come calmare il respiro che le era accellerato. I propri sentimenti giocavano un brutto scherzo.
Alessandro, da parte sua, non sapeva cosa avesse in mente. Stava andando da Noemi con una scusa qualsiasi, solo per guardare Lavinia da vicino. In realtà la mora l'aveva avvertito nei giorni passati che lei non era stata molto bene anche a causa sua, aveva cercato di fare da intermediario sperando di farlo cedere e di provocare qualche senso di colpa per spingere a parlarle.
C'era riuscita, quella serpe.
La sua Vì aveva provato a scusarsi ma lui l'aveva allontanata. Si era offeso e aveva voluto mantenersi su quella falsa riga per un po', convinto che avrebbe trovato il modo per risolvere la situazione. In realtà era arrivato solamente alla conclusione che potessero avere un semplice rapporto, senza gridarsi contro, anche se non era quello che in realtà desiderava. Quallo che desiderava veramente era facile immaginarlo.
Avrebbe voluto stringerla fra le sue braccia e non lasciarla più andare, riempirla di attenzioni e farla solo sua, ma non sapeva se ci sarebbe mai riuscito.
-Ehi Emi!- finto allegro, ovviamente. Cos'altro poteva fare?
-Ciao Ale!- sorrise allusiva, ben sapendo il fatto suo.- Quale buon vento?
Già, quale buon vento? Che minchia si inventava adesso?
-Emh... i-io... mi chiedevo se per caso avessi... un libro in più di filosofia, sì ecco.- scusa accettabile. Avevano lo stesso in entrambe le sezioni, non sarebbe sembrato sospetto.
-Veramente questa mattina l'ho dimenticato a casa, puoi prestargli il tuo, Vì?- sorrise angelica.
-Eh?- sbiancò quando i suoi occhi si puntarono in quelli di lui.
Così profondi, così scuri.
Da quando non riusciva ad ammirarli? Tanto, troppo.
Eppure, nonostante tutte le sue previsioni, anche lui non sembrava al massimo delle forze; appariva piuttosto sciupato e dallo sguardo triste. Che fosse per...?
Scacciò quel pensiero funesto e si affrettò a rispondere.
-Sì, certo. Tranquillo, v-vieni con me che te lo do.- tentò di sorridere nervosa mentre si muovevano per il corridoio entrambi a disagio. In silenzio, cercavano di abituarsi nuovamente alla presenza dell'altro, per scoprire poi, in segreto, che era come se non fosse passato neanche un minuto da quando camminavano scherzando e sperando in qualcosa di più, appena un mese prima.
'Chi scherza col fuoco prima o poi si brucia', dice un detto. Ne erano la prova vivente.
Ci avevano provato e si erano bruciati, nonostante fossero andati con calma. Lavinia non ne era convinta fino alla fine e se ne era accorta troppo tardi, semplice.
Come avrebbero fatto ora? Entrambi desideravano rompere il ghiaccio e semplicemente ricominciare da capo, ma non era possibile. Avrebbero dovuto imparare dai loro errori ed andare avanti, per cercare di costruire un rapporto solido e duraturo.
Il punto era, ci sarebbero riusciti? O le loro differenze li avrebbero pregiudicati, rendendo ogni sforzo vano?
Gli sguardi di tutti si puntarono su di loro non appena entrarono in aula, e Alessandro squadrò tutti con cipiglio sbruffone, alzando un sopracciglio e sfindandoli con lo sguardo a fare qualche battutina.  Che ci provassero, poi avrebbero assaggiato la sua furia.
-Grazie.- sussurrò quando la bionda gli consegnò il libro e le loro dita si sfiorarono impercettibilmente: come se una scossa avesse attraversato i loro corpi.
I loro sguardi saettarono l'uno verso l'altro e si incatenarono, non avendo altra scelta.
-Io...-fu sul punto di dire il ragazzo, ma la campanella di fine intervallo suonò e mise fine ad ogni possibile tentativo di conversazione. Segno del destino? Bhe, se ne sarebbe altamente fregato del destino, la sua vita era nelle sue mani.
-Dimmi.- rispose velocemente Lavinia. Se lui aveva trovato il coraggio di parlare, non poteva lasciarlo andare via così, per nessuna ragione al mondo; purtroppo però l'insegnante era appena entrata in aula, così Catini afferrò il libro e uscì dalla porta, mimandole l'atto dello scrivere sul cellulare.
Infatti passò l'ora restante a scambiarsi messaggi con lui su WhattsApp: aveva già controllato nei giorni passati che il suo nome le era comparso nell'elenco contatti e non aveva potuto fare a meno di constatare che finalmente il tanto atteso iPhone era arrivato.
La loro situazione cambiava così velocemente che le faceva venire il mal di testa, due secondi prima non si parlavano e due secondi dopo invece tentavano di chiarirsi, anche se avevano aspettato un bel po'. Erano proprio due adolescenti innamorati.


Scusa sono dovuto scappare in classe...


Non fa nulla tranquillo, solo mi chiedevo come mai ti sei deciso a parlarmi.


Volevo solo chiarire, e ho riflettuto più volte sul fatto che non devi sentirti a disagio con me, cioè, forse sono stato troppo avventato...


O forse sono stata io troppo stupida... ancora non mi sono scusata abbastanza, non avrei dovuto mentirti.


E Lavinia intanto prendeva il coraggio a due mani e sputava il rospo, un po' perchè dietro uno schermo era più facile, un po' perchè non avrebbe voluto aspettare un altro secondo in più per metterlo a conoscenza di tutto. Non ne poteva più e non voleva lasciare spazio ad altri fraintendimenti, come spesso poteva capitare con quei mezzi di comunicazione.


No, hai ragione, non avresti dotuto, ma non mi devi niente tu, giusto? Sono un tuo amico (se ancora mi consideri così!) e come tale devo restare al mio posto, facendomi gli affari miei e accettando quello che vuoi dirmi e quello che vuoi tenermi nascosto :)


No! Non è questo! Te l'ho detto, è che non sono abituata ad aprirmi e volevo un po' di tempo, ma a quanto pare ho rovinato tutto... avrei dovuto fidarmi di te e invece non l'ho fatto, è tutta colpa mia, sono una stupida!


Non devi darti della stupida per farmi piacere.


Non lo sto dicendo per farti piacere, idiota, ci mancherebbe anche! Solo, ti sto dicendo che ho sbagliato, quindi apprezza prima che ritiri tutto!


Ci mancherebbe signorina ;) però vorrei chiarire faccia a faccia, si può? Credo che ancora non ci siamo detti tutto e queste parole taciute non ci fanno bene.


Così scrisse Alessandro, ben sapendo a ciò che andava in contro. Aveva una folle paura di quello che gli avrebbe detto, del rapporto che praticamente poteva essere troncato in ogni minuto e del fatto che gli avrebbe detto una volta per tutte che non lo voleva.
Anche se ogni singolo muscolo gli faceva male solo a pensare concetti del genere, non poteva tirarsi indietro: doveva affrontare una volta per tutte quella piaga e sarebbe andato avanti. Probabilmente con il cuore a pezzi, ma non poteva continuare così. Lavinia acconsentì e lui sospirò posando la testa sul banco, consapevole che quella chiacchierata avrebbe cambiato la sua giornata, se non la sua vita.

**

La ragazza camminava ansiosamente per la strada, cercando di organizzare mentalmente le idee per decidere come prendere la situazione. Cosa doveva fare? Come doveva comportarsi?
Alessandro le aveva chiesto di incontrarsi al parco a due isolati da casa alle sei e lei era uscita di casa alle quattro e mezza. Fanculo lo studio! Era proprio il suo ultimo pensiero.
Il telefono le squillò e sobbalzò istantaneamente, già con il fiato corto e lo afferrò con le mani sudate; fortunatamente era solo Noemi che voleva sapere cosa avrebbe fatto.
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 -Allora?- le strillò nell'orecchio eccitata.- E' arrivato?
-Ancora no. Sono io ad essere in anticipo...- sospirò agitata.
-Oh Vì sono così felice! Finalmente si sistemeranno le cose, vedrai.- la ragazza non ci credeva neanche un po', ma la speranza era l'ultima a morire. Si sarebbe limitata a fargli le scuse e ad esprimere i suoi sentimenti, lui l'avrebbe ascoltata e le avrebbe risposto che ormai era troppo tardi. Semplice.
Si, col cazzo.
Le veniva da piangere al solo pensiero ma non c'erano altri modi. Doveva farlo.
Le avevano sempre insegnato ad essere sincera e già troppe volte non lo era stata, bisognava farla veramente finita, perchè non si riconosceva più. Era cambiata e voleva iniziare a fare le cose per bene.
-Lo spero davvero Memi, lo spero davvero.- disse chiamandola con il nomignolo terribile che le aveva affibbiato qualche settimana prima. La sua amica lo adorava, strano.
-Ma su, anima!- facile dirlo, per lei.
-Mh. Sono arrivata al parco.- la informò intanto, guardandosi intorno.
-Ecco brava, mettiti seduta e fai un bel respiro!
-Va bene, va bene.- la assecondò cercando di rilassarsi.
Continuarono a parlare per un tempo indefinito, la bionda esprimendo le proprie paure e la mora cercando di consolarla, senza riuscirci. Ad un certo punto Noemi si fece triste:
-Io adesso devo andare tesoro, mi aspetta la parrucchiera, ma ci sentiamo questa sera, ti chiamo e mi dici ogni singola cosa eh! Bacione!- le promise e riattaccò. Ora non le restava nulla da fare se non aspettare che arrivasse Catini, perfetto. Non si era neanche accorta che ormai erano le sei, persa tra sfoghi e paure. Per questo, quando lui le spuntò dietro silenzioso, sobbalzò e spalancò gli occhi.
-Ehi, non volevo spaventarti.- sorrise leggermente.
Alessandro aveva passato un pomeriggio terribile: si era persino scritto un discorso e l'aveva provato davanti allo specchio, neanche fosse in un film. Voleva fosse perfetto. Voleva convincerla.
-Figurati, ti stavo aspettando.- lo rassicurò e si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
-E' tanto che sei qui? Sono in ritardo? Scu...
-No.- lo interruppe.- calmati, se iniziamo ad essere agitati ora è la fine.- risero entrambi, imbarazzati.
-Punto per te, bionda.- ammise e sorrise sghembo, passandosi una mano tra i capelli e facendo mente locale: come avrebbe iniziato? Ora che si trovava lì non ne aveva la minima idea e rischiava di fare la figura dell'idiota ma era troppo tardi per tirarsi indietro. Aveva fatto una passeggiata a piedi nonostante il tempo fosse nuvoloso ed ora si sentiva infreddolito ed impaziente.
-Lo so, io vinco sempre.- si vantò, da brava snobbetta. In realtà si sentiva molto tesa e cercava di mascherarlo in quel modo, neanche dovesse operarsi o farsi prelevare un litro di sangue.
Ne aveva passate di peggiori, ma quando si è adolescenti ed inesperti le pene d'amore sembrano problemi insormontabili. E' buffo, perchè poi da adulti ci si ripensa e si ride, ammettendo l'imbranatezza e la timidezza.
-Già, sempre.- scosse la testa, come per scacciare un brutto pensiero e la guardò negli occhi.
Quelli occhi che aveva imparato a conoscere e ad adorare, non avevano più segreti per lui.
-Lavinia- iniziò- siamo qui per cercare di chiarirci, giusto? Ebbene, non cerchiamo di prendere tempo e facciamola finita, rimandare non serve più adesso.- fece, forse un po' più brusco del necessario.
La ragazza capì male e subito percepì un fuoco incendiarla dentro, portando a galla il suo lato battagliero e insolente. Come si permetteva? Come se fosse stata lei ad evitarlo per tutto quel tempo!
-Cosa? Speri di cavartela con poco e poi di tornare a casa come se nulla fosse? Mi sembra ovvio,- sbuffò ironica- tanto cosa cambia a te?
-Non spero di cavarmela con poco! Piuttosto spero che non sorgano discussioni inutili!
-Inutili? Se sorgono vuol dire che servono, scemo!- si stava proprio incazzando, cosa l'aveva chiamata a fare allora? Credeva di potersi presentare, dirle che si era sbagliato e tornarsene a casa?
-Ecco, lo vedi che parti con gli insulti? Calmati!- provò a dire, ma fu interrotto.
-No che non mi calmo e ti insulto perchè sei un'idiota!- strillò alzandosi, mentre calde lacrime prendevano a rigarle le guance. Si era ripromessa di non piangere, ma ultimamente faceva sempre l'opposto di quello che pensava, dannazione. Voleva sembrare forte e coraggiosa ma sapeva che in realtà non era affatto così. Aveva capito di voler qualcuno che la consolasse e vezzeggiasse, che la facesse sentire protetta e che le dicesse che insieme avrebbero affrontato ogni cosa.
Voleva che fosse lui quel qualcuno, ma ogni secondo che passava comprendeva che le sue speranze erano superflue e impossibili. Strinse forte i pugni e conficcò le unghie nei palmi, cercando di trattenere le lacrime, altrimenti sarebbe diventata un panda.
-Meglio idiota che bugiardo!- alzò la voce anche lui e le si mise di fronte, fissandola rabbioso- Credi che sia stato facile per me scoprire che mi avevi mentito?
-Era una piccola omissione!- alzò gli occhi al cielo e calmò il tremore delle gambe, provando a riparare.
-Non mi interessa Lavinia, non mi interessa di che cazzo di bugia si tratta!- alzò un braccio verso il cielo scuro e denso di nubi, come a volerlo indicare, come a voler chiedere il parere di qualcuno di invisibile.- E' il fatto che è alla base che non va bene! Io mi sono fidato di te cazzo, lo capisci? Invece tu no!- lei aveva soltanto finto di affezionarsi e gli aveva fatto capire che non meritava neanche la verità.
-Perchè devi farne una tragedia? Ti ho già detto che non stiamo insieme e non sono obbligata a dirti tutto!- perfetto, stava sbagliando ancora. Per messaggio si erano detti determinate cose e ancora una volta si strillavano contro quando si trovavano faccia a faccia, era più forte di loro. Erano entrambi arrivati al parco con il volere di sistemare ogni cosa e stavano nuovamente mandando a puttane tutto.
-Si tratta di questo quindi? E' perchè non stiamo insieme che pensi di potermi trattare come vuoi? Come se fossi il tuo giocattolino? Sai, di solito sono gli uomini che si comportano così, e voi ragazze vi lamentate piangendo, nel nostro caso invece è il contrario!- fece sprezzante. Erano sempre stati una coppia, se si poteva usare quel termine, strana, ma adesso si sfiorava il ridicolo.
-Non mi paragonare ad una stupida oca che gioca con le persone! Io non sono così, dovresti saperlo!- rispose offesa, mentre nascevano nuove lacrime di indignazione.
-Dovrei saperlo? Sul serio? Perchè arrivati a questo punto, non sono più sicuro di sapere realmente chi sei, non sono più sicuro che tu sia la ragazza che ho conosciuto e che ho imparato ad apprezzare!- strillò roco, sbattendo un piede per terra. La sua voce era cresciuta parola dopo parola, arrivando ad attirare l'attenzione di alcune persone che stavano facendo jogging lì vicino, nonostante fosse un'area piuttosto appartata del parco. Fortunatamente stavano andando tutti a casa, visto che iniziavano a cadere le prime gocce di pioggia, ma a loro non interessava.
-Oh ma per favore!- ribattè acida la bionda- Parli proprio tu, che con i tuoi sbalzi d'umore me ne hai fatte passare di tutti i colori? Proprio tu che non sai quello che vuoi?
-Io non so quello che voglio?- le afferrò velocemente il polso e le impedì di voltarsi per andarsene.- Ne sei sicura? Io so perfettamente quello che voglio e ho tentato di fartelo capire, ma sei troppo stupida per capirlo!- stranamente, anche lui aveva gli occhi umidi. Non l'avrebbe mai ammesso con nessuno, ma il suo cuore si stava spezzando in quegli attimi. Aveva creduto seriamente che non sarebbe più riuscito ad amare nessuno dopo Sara ed invece, contro ogni aspettativa, c'era riuscito. Aveva trovato una persona che lo completava e per cui valeva la pena di lottare, ma non sapeva proprio come fare. Non ci era abituato e secondo dopo secondo, sembrava che a lei non importasse nulla. La voleva. La voleva disperatamente, ma certe volte non bastava, se il sentimento era a senso unico. In una relazione si è in due, punto fondamentale, e Lavinia evidentemente non voleva.
Sapeva che aveva detto 'basta' all'amore. Ma se dicevi 'basta' all'amore, cosa rimaneva poi?
-Penso che invece sia il contrario, sai?- sussurrò questa volta lei. Ne aveva fin sopra ai capelli delle loro urla, e anche se adorava la sua voce, la preferiva quando era bassa e dolce, non quando usava parole affilate come rasoi per ferirla.
-Non lo so più, Vì.- anche lui aveva abbandonato immediatamente i toni alti, per parlare a voce roca.- Non sono più sicuro di nulla.- sussurrò passandosi una mano nei capelli che iniziavano a bagnarsi: nessuno dei due aveva un ombrello e sarebbero dovuti correre a ripararsi, ma restarono a fissarsi per secondi interminabili, immobili come pietre.
-Cosa vuoi dire?- sibilò lei, tremando, non sapeva se per l'acqua che le trapassava i vestiti e le bagnava la schiena, o per quello che avrebbero potuto significare le parole di Alessandro. Ormai le lacrime si confondevano con le pioggia e in pochi secondi il silenzio fu rotto dal rumore dell'acqua che scendava incessante e copiosa.
-Voglio dire che penso sia meglio finirla qui, continua la tua vita con tranquillità e non pensare a me, sarà come se non fossi mai esistito...- scosse la testa sentendo il cuore sempre più pesante, insieme ai vestiti impregnati d'acqua. Le lasciò delicamente il polso, come se non riuscisse più a toccarla, come se il solo contatto fisico gli provocasse dolore e abbassò lo sguardo.
-E' questo quello che vuoi veramente?- domandò lei, con i capelli attaccati al volto e il trucco colato. Rabbrividì nuovamente e spostò il peso da una gamba all'altra.
No.
-Sì.- rispose Alessandro. Sperava di aver capito male. Nonostante lo avesse solo sussurrato e la forte pioggia coprisse ogni cosa, era sicura che non ci fossero fraintendimenti. Con il cuore che sembrava scoppiarle nel petto e rimbombare nella gola e nelle orecchie, tirò su con il naso, mentre il respiro le veniva meno. Lui si era girato e si stava lentamente incamminando verso l'uscita del parco, tentando ci coprirsi come poteva con il cappuccio del giaccone. Era dunque questa la fine del loro rapporto? O meglio, la fine di qualcosa mai iniziato.
No, non poteva essere.
Non poteva essersi ridotta in quello stato per poi rimanere con nulla in mano.
Non poteva lasciare che la sua unica possibilità di felicità le sfuggisse come una farfalla che vola lontana. Non poteva e non voleva.
Prese a correre a perdifiato per raggiungerlo, incurante delle conseguenze che le avrebbe portato quel gesto. Sapeva che probabilmente non sarebbe servito a nulla, che l'avrebbe respinta e che si sarebbe sentita ancora più umiliata, ma quando si è innamorati si fanno cose stupide e lei non era da meno.
Lo afferrò per la camicia e lo voltò velocemente, rischiando di cadere nel fango.
-E' quello che vuoi tu, brutto idiota, ma non è quello che voglio io!- urlò a squarciagola, mentre la pioggia non le permetteva di vedere e respirare bene. Non le importava, ormai era fatta.
Alessandro spalancò gli occhi incredulo e se la ritrovò attaccata al torace, mentre lo tempestava di spinte e di parole dure:
-Voglio poter essere una coppia, sai? Voglio andare in giro mano nella mano, e non sembrare una razza di disadattata in imbarazzo al tuo fianco! Voglio poter essere sicura dei tuoi sentimenti per me, perchè onestamente, razza di imbecille, non ho la più pallida idea di quello che provi nei miei confronti! Voglio poter urlare al mondo che ti amo, senza avere la paura di essere rifiutata!- la voce le venne a mancare mano a mano che andava avanti, e i colpi che tentava di dargli divenivano sempre più deboli ma nonostante tutto, non si era interrotta ed aveva sputato fuori tutto quello che la opprimeva e le impediva di andare avanti.- Ma tu non capisci, tu non mi vuoi!- pigolò disperata, attaccandosi a lui, terrorizzata dal fatto che la potesse respingere. Non voleva separarsi da lui.
Avrebbe trovato un modo di stargli per sempre accanto, anche se lui non la voleva.
Alessandro nel frattempo era come bloccato, come se il tempo si fosse cristallizzato e i suoi neuroni avessero cessato di funzionare tutti insieme. Non appena realizzò le parole della bionda, la avvolse tra le sue braccia e la strinse a se, facendole mancare il respiro. Non ci credeva!
Lei... Lei... Lei era innamorata di lui. Non... cioè... era...
-Non ti voglio, brutta scema?- le sussurrò all'orecchio piangendo mentre lei si stringeva ancora di più- Ma se sono innamorato pazzo di te quasi dal primo momento in cui ti ho vista.- rise con la voce che gli veniva meno. Non avrebbe mai ammesso con nessuno che aveva pianto, ma non poteva farne a meno in quell'istante: lei lo amava!
-Cosa?- alzò immediatamente il viso, incurante di tutto, e lo fissò negli occhi- Non è vero...- non ci credeva neanche un po' ma nonostante ciò non poteva impedire al suo cuore di battere ancora più velocemente e a quel pizzico di speranza rimasta di moltiplicarsi.
-Si che è vero, pensavo lo avessi capito e che semplicemente non mi volessi...- infilò il volto tra il suo collo e la spalla e ispirò forte, avvertendo il profumo di pioggia e di pesca, mentre lei lo stringeva ancora più forte, pronta a ridere istericamente.
-Siamo due coglioni, lo sai?- rise contro le lacrime e scosse la testa, incredula.
-Si, ma ora ci siamo trovati, e non ti lascerò andare per nessuna ragione al mondo.- sorrise leggermente e le prese il viso tra le mani, carezzandole dolcemente le guance e le labbra.
-Ti amo.- ammise guardandola fisso negli occhi- E scusa se ti ho fatto penare così tanto.
-Non fa nulla.- la bionda scosse impercettibilmente la testa, felice.- E sei fortunato, perchè ti amo anche io, nonostante tutto.
Sorrisero ancora una volta e avvicinarono tremanti i loro volti, per far incontrare finalmente le loro labbra. Dopo tutte le incomprensioni, tutti i litigi, tutti i momenti brutti e quelli belli, dopo le occhiate furtive e i sorrisi nascosti, finalmente potevano essere loro stessi. Potevano amarsi alla luce del sole e crescere insieme, far evolvere il loro rapporto senza problemi ulteriori.
Anche se per entrambi non era il primo bacio, era come se lo fosse.
Dapprima fecero scontrare delicatamente le labbra, non essendo ancora sicuri se quello fosse un sogno oppure la realtà, e successivamente iniziarono a prendere confidenza. Schiusero le bocche, facendo incontrare le loro lingue e assaporando i loro sapori, mordendosi le labbra e carezzandosi.
Image and video hosting by TinyPic-Sarebbe meglio trovare un posto dove ripararci però,- sorrise Alessandro- non vorrei che prendessimo una polmonite.
Lavinia annuì e si staccò, afferrandogli la mano e iniziando a correre verso l'uscita del parco; il ragazzo la condusse verso una vecchia cabina telefonica lì vicino e dopo averla fatto entrare, chiuse alle loro spalle la porta, respirando a pieni polmoni.
-Per la miseria, fortuna questa, già siamo fradici!- ammise tentando di strizzare la felpa.
-Direi che ce la siamo cercata, eh!- fece con il solito tono da sapientina la bionda.
-Siamo rimasti ad urlarci contro sotto la pioggia chissà per quanto...
-Già, ma ne è valsa la pena.- le mise le mani sui fianchi e l'attirò a sè, facendo nuovamente incontrare le loro bocche. Si baciarono a lungo, mai sazi.
-Quello che è fatto è fatto, ora è tempo di iniziare da capo.- disse mentre lei sorrideva e gli carezzava una guancia- Ce la possiamo fare, Vì.
-Sarà difficile, lo sai?- le prese il mento tra due dita e la costrinse a guardarlo:
-Non fa nulla, sei troppo importante per me, non posso lasciarti andare per nessuna ragione al mondo, non dopo tutto quello che abbiamo passato. Non siamo rotti, siamo solo piegati, possiamo amare.
Si strinsero, incapaci di proferire altro dopo quelle parole, e restarono così, colmi di amore e speranza.



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Bene, eccomi qui dopo cinque mesi di assenza.
Inizio con il dire che c'è stato un motivo (anzi, più di uno) ma vi basti sapere che non ho più a disposizione un mio pc e mi devo accontentare di un acer vecchio quanto il cucco solo il sabato e la domenica- quando mi va bene- e sono stata emarginata dal mondo virtuale per davvero tanto.
Ho messo un avviso sul mio gruppo ma mi è stato impossibile farlo qui, quindi scusate.
Ho perso il capitolo che avevo scritto e ho dovuto ricominciarlo completamente da capo e se ci sono altre autrici fra i miei lettori, spero sappiate quanto sia frustrante. Però piano piano mi sono rimessa di buono spirito e in due giorni ce l'ho fatta. Ho scritto di getto, non potendo più fare a meno di lasciare questa storia così fino a che non avessi trovato una soluzione. Questa è temporanea, ma finchè dura, bene. Non posso promettervi aggiornamenti regolari, perchè avrete capito che non è una situazione facile ma non vi abbandonerò del tutto. Ci sarò. A rilento, ma ci sarò ;)
Questo capitolo è esattamente come lo avevo immaginato e spero davvero sia di vostro gradimento, dopo 12 capitoli era questa la mia idea perfetta per questi due. La storia non è finita (come molti di voi si chiederanno giustamente) e anzi, ora arriva la mia parte preferita tutta pucci pucci (almeno per un po' emh emh u.u) e vedremo come si evolverà il loro rapporto di coppia :)
Chiedo scusa per eventuali errori se mi sono sfuggiti e mi ritiro nel mio angolino, sperando che qualcuno abbia ancora la voglia di lettere questa storia e di lasciare un parere magari.
Al prossimo capitolo care! (non dico a presto perchè sarebbe impossibile definire il mio 'presto' lol)
Un bacione, Athena xx

PS. frallosa, Sabri e Chiara: vi voglio bene tesore e vi ringrazio per il sostegno, nonostante tutto :*

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Capitolo 13
*** Capitolo 12: 'High Hopes' ***


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"High Hopes, when you let it go, go out and start again."







Quando sua madre l'aveva vista rientrare completamente bagnata fradicia da capo a piedi, aveva scatenato un putiferio.
L'aveva accusata di essere un'irresponsabile, di non aver cura di se stessa e di non capire a fondo la gravità della sua malattia.
In un altro contesto Lavinia avrebbe iniziato a gridarle contro, ma quel giorno aveva sorriso, chinato la testa, ed era andata ad abbracciarla. Aveva sospirato e le aveva chiesto scusa, correndo immediatamente a fare una doccia calda per evitare di ammalarsi, non l'avrebbe aiutata di certo. Anzi, doveva pregare di non ammalarsi o sarebbero stati davvero cazzi amari per lei, pensò insaponandosi i capelli. Dannazione. In quel momento però, era il suo ultimo problema: avrebbe dovuto chiamare Noemi per raccontarle tutto.


**

-Sì. Ti giuro, per un momento ho davvero pensato di essermi immaginata tutto. Ancora non ci credo!- sospirò Lavinia, posando la guancia sul cuscino. Era al telefono con l'amica da un'oretta abbondante ormai, nonostante ciò ripeteva quasi sempre le stesse frasi. La ragazza, dall'altro capo della cornetta, ridacchiava da sola, conscia del fatto che nulla avrebbe potuto fermarla.
-Mi chiedo chi ti farà uscire dalla tua bolla d'amore!- la punzecchiò contenta: aveva sempre patteggiato per lei e Alessandro, e sapere che finalmente le cose si erano risolte la rendeva felice come non mai. Si meritavano un po' di tranquillità.
-E perchè mai dovrei uscirne?- ridacchiò, scalciando via le ciabatte e posando i piedi sul letto.
-Bhè, per prima cos- iniziò la mora, ma fu interrotta dal trillo di arrivo di un messaggio.
-Awww!- esclamò Lavinia, notando il mittente.- Mi ha già scritto, dopo due ore che non ci vediamo!
-Ritorna in te, ti prego.- scherzò Emi, facendo la finta esasperata, in realtà adorava vederla così.
-Ti metto in vivavoce, così gli rispondo.- la avvertì con una nota di impazienza nella voce.
-Va bene, cosa ti dice?- domandò interessata. Voleva proprio vedere come era il suo amico in veste di fidanzatino innamorato, era un aspetto della sua vita che le mancava.
-"So che sembro patetico ma già mi manchi, domani mattina ti passo a prendere e andiamo a scuola insieme, ti va?" e ci ha aggiunto un cuore alla fine! Awwwww!- strinse il telefono e sorrise ancora di più.
-Riesco a vedere i tuoi occhi a cuoricino fino a casa mia, sai?- la riprese scherzosamente.
-E ti piacciono?- aggrottò le sopracciglia mentre rifletteva su cosa rispondere e scalciava sul piumino.
-Da morire! Ora però dimmi un po', come vi comporterete domani a scuola? Come dei colombi?- domandò interessata.
La bionda si bloccò, conscia del fatto che non avevano discusso del comportamento da tenere in generale. Lei non era una tipa che si attaccava, solitamente, ma con lui aveva sempre un senso di apprensione, voleva sempre sapere cosa stesse combinando, se stesse pensando a lei e se altre ragazze gli si avvicinavano; ma non era da biasimare, giusto? Cosa avrebbe dovuto fare?
-Non ne ho la minima idea.- sussurrò spalancando gli occhi.- Cioè, sono spiazzata dai suoi comportamenti per il novanta percento del tempo, quindi non so cosa aspettarmi.- ammise, grattandosi la testa e controllandosi poi lo smalto.
-Dai, ti comporterai di conseguenza, spero. Voglio dire, l'unica cosa a cui devi fare attenzione è non rovinare quello che avete costruito questa sera!- la mise in guardia. Ci mancava solo che litigassero di nuovo!
-Questo mai!- proruppe spaventata.- Ora che finalmente ci siamo chiariti di certo non c'è più posto per le incomprensioni!- disse in modo chiaro e coinciso. Non ne voleva proprio sapere di altre discussioni e lacrime varie.
-Appunto, quindi vai tranquilla Vì e non fasciamoci la testa prima di romperla.- cercò di fare ironia per alleggerire l'aria fattasi improvvisamente tesa. Non voleva rattristarla, voleva solamente metterla in guardia visto il carattere caldo dei due ragazzi.
-Come sei ottimista Memi...- sospirò la bionda. Non riusciva proprio a capacitarsi di come la sua amica sperasse sempre per il meglio. Lei puntava sempre al peggio, era davvero catastrofica. Era il tipo di persona che vedeva tutto nero da quando si era ammalata.
-Analizzo semplicemente le situazioni e ti espongo la più probabile, cara.- fece con aria birichina.
-Sai sempre come tranquillizzarmi, grazie.- sorrise dolcemente; non aveva parole per descrivere il suo stato d'animo momentaneo, ma era un mix letale di amore, gratitudine, felicità e voglia di vivere: emozioni così nuove per lei alle quali doveva ancora abituarsi del tutto.
-Non lo devi neanche dire, sono così felice di essere diventata importante per te, inizialmente avevo paura di starti antipatica, sai?- confessò. Aveva subito notato che quella ragazza bionda ce l'aveva con il mondo intero ma quello non l'aveva di certo fermata dal provare a diventare sua amica, a poco a poco. Non si era arresa grazie al cielo, e aveva guadagnato un'ottima confidente.
-Ma no!- rise Lavinia,- E' che determinate situazioni mi hanno portato ad essere un tipo solitario per la maggior parte del tempo, poi alcune amicizie mi hanno fatto rinchiudere ancora più a guscio e quindi...- tentò di spiegare. Non voleva passare per la solita ingrata che si aspetta che la gente si pieghi al suo passaggio.
-Capisco, non devi spiegarti, tesoro. Volevo solo farti sapere che ti voglio bene.- sorrise Noemi dall'altra parte del telefono. Lavinia tacque improvvisamente, mentre calde lacrime le si addensavano negli occhi, e parlò con voce rotta:
-A-an-che io ti voglio bene, davvero. Non sai quanto significa per me il tuo supporto.- tirò su con il naso e si asciugò le guance con la manica del pigiama.- Ci sei sempre quando ho bisogno, nonostante inizialmente non sia stata uno zuccherino.- anzi, a dirla tutta era stata proprio una stronza con ognuno di loro. Ora invece, si era accorta che non sempre la gente trama alle tue spalle, ma esistevano ancora persone gentili e amorevoli, come la sua amica e il suo ragazzo. La mora rimase piacevolmente colpita, non si sarebbe aspettata certe parole.
-Tranquilla, sono contenta di aver insistito con te. Ne vali davvero la pena.- chiarì, anche lei commossa.

**

 -Di solito di prima mattina sembra che ti sia passato sopra un autobus, mentre oggi sei perfetta, che succede?- chiese Cristina non appena la figlia entrò in cucina sorridente, con i capelli stirati e un trucco perfetto; alzò un sopracciglio e le versò il tè nella tazza.
-Mi sono alzata con il piede giusto, non si può?- sorrise mettendosi seduta e afferrando un biscotto.
-Certo, certo.- prese la sua tazzina con il caffè e iniziò a bere, continuando a
Image and video hosting by TinyPic squadrarla con sguardo scettico, una madre certe cose le sentiva.
La ragazza trangugiò la sua bevanda, quasi ustionandosi lingua e palato, e corse a lavarsi i denti, lasciando la madre sempre più perplessa in cucina, chissà cosa le prendeva, pensò.  Ritornò più agitata di prima, e Cristina sbuffò:
-Vieni qui, ti sistemo i capelli va.- le disse, notando che li spostava continuamente. 
-Va bene, ma fammi carina!- le intimò, con una certa nota di ammonimento nella voce, mentre la madre alzava gli occhi al cielo.
-Si può sapere cosa c'è?- le domandò una volta fermatale la treccia che aveva fatto. Non fece in tempo a concludere la frase che il campanello suonò, e la figlia scattò in piedi, correndo ad aprire, non prima di essersi controllata nello specchio.
La donna capì tutto nel preciso istante in cui vide Alessandro sbucare dalla porta di casa, con la camicia della divisa fuori dai pantaloni, la giacca poggiata sul braccio e un timido sorriso estasiato disegnato sul volto. Adesso era tutto molto più chiaro, decisamente.
-E' permesso?- chiese schiarendosi la voce e seguendo Lavinia nel corridoio, tenendola per mano.
-Certo, vieni, io vado a prendere lo zaino!- la bionda sorrise dolce e scappò in camera, lasciando soli ragazzo e madre. Si guardarono negli occhi per un decimo di secondo e poi sorrisero contemporaneamente: Alessandro un po' impacciato ma felice e Cristina finalmente con il cuore traboccante di contentezza per la figlia;  aveva davvero sperato che a Pisa trovasse un po' di tranquillità, qualche amica e magari l'amore, e così era stato. Trasferirsi era stata una delle scelte più intelligenti che avessero mai potuto fare, adorava vedere la sua bambina con il sorriso sulle labbra, anche se qualche settimana prima sembrava caduta in un tunnel depressivo, probabilmente prima di chiarire con il ragazzo davanti a lei. Ora, però, sembrava tutto sistemato e non c'era cosa migliore del vedere due giovani innamorati, perchè era sicura che lo fossero.
-Vuoi accomodarti?- gli chiese, mentre dalla camera della figlia provenivano rumori sospetti: probabilmente stava mandando all'aria tutto l'armadio per trovare una sciarpa o un cappello.
-Arrivo!- gridò petulante la bionda, mentre faceva a lotta con, appunto, una sciarpa incastrata: voleva coprirsi per non ammalarsi, altrimenti sarebbe stata la fine. Per giunta con la fretta si era dimenticata di prendere le medicine mattutine, e si sarebbe dovuta inventare qualcosa per ingurgitarle senza farsi notare da Alessandro. Ancora non si sentiva pronta per condividere con lui questa parte della sua vita, ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto farci i conti se il loro rapporto fosse evoluto, sia per una questione prettamente salutare, sia per una prettamente di fiducia: basta bugie.
Più e più volte avevano tentato di farle capire che la sua malattia non era qualcosa di cui vergognarsi, ma per un tipo indipendente e orgoglioso come lei era un punto debole da nascondere.
Ricordandosene, infilò anche la pompetta per gli attacchi asmatici nello zaino mentre percorreva il corridoio sistemandosi il cappotto, era stata una sprovveduta a dimenticarsene per tutto quel tempo, solitamente l'aveva sempre con sè.
-Oh, no grazie, si figuri.- rispose il ragazzo in modo educato e facendo attenzione a non urtare nulla mentre scuoteva la testa. Quella mattina si sentiva davvero bene, chissà perchè, e avrebbe avuto la forza e la voglia di correre per tutta la città; si stava schiarendo la voce quando ritornò Lavinia.
-Possiamo andare!- sorrise entusiasta dopo aver trafficato in cucina con le medicine, stando attenta a non farsi notare, e allungò un bacio sulla guancia alla madre, per poi trascinare Alessandro fuori dalla porta. Non vedeva l'ora di restare da sola con lui per poterlo baciare e accarezzare, per sentire il suo profumo e sentirsi calda e protetta dalle sue braccia: l'aveva sognato per tutta la notte e ogni secondo lontana da lui le sembrava una tortura terribile.
-E' stato un piacere signora,- tentò di dire mentre veniva trascinato nel pianerottolo- buongiorno e a presto!- continuò nel frattempo che la ragazza lo spingeva nell'ascensore. Non voleva sembrare maleducato alla madre della propria ragazza ma in realtà anche lui non vedeva l'ora di restare da solo con lei. Era passato troppo tempo dall'ultima volta che aveva assaporato il sapore delle sue labbra.
Cristina sorrise dal tavolo della sala da pranzo, poggiando la guancia su una mano e agitò l'altra in segno di saluto, pensando che come coppia non erano niente male.
Non appena si chiusero le porte dell'ascensore si avventarono entrambi famelici sulle labbra dell'altro, non dando neanche il tempo di provare a protestare. Alessandro le infilò le mani nei capelli, mentre lei gli si stringeva contro, non volendo neanche lasciare il minimo spiraglio tra i loro corpi.
-Come mi sei mancata.- sussurrò tra un bacio e un altro, ansante. Le passò il naso sulle guance e poi sul collo, inspirando a pieni polmoni il suo profumo, si sentiva in Paradiso. La bionda sorrise e aprì lentamente gli occhi, beandosi di quella visione che era lui.
-Anche tu.- rispose baciandogli il collo a sua volta, creando un incastro perfetto; se ne stavano così, immobili nella loro piccola bolla di felicità, incurante che il tempo passasse e che avrebbero dovuto staccarsi. Alessandro rise, stringendola ancora un po' di più e poi la lasciò andare, continuando però a tenerle le mani.
-Buongiorno.- inclinò la testa, sorridendo leggermente. La osservò a lungo, intensamente, mentre si beava della sua bellezza: era qualcosa di straordinario. Gli occhi grigi, i capelli biondissimi e  lentiggini dorate sul naso, quasi invisibili.
-Buongiorno a te.- rispose di rimando la ragazza sospirando. L'ascensore si aprì e arrivarono al pianerottolo, uscirono dal palazzo e una folata di vento freddo li investì; Lavinia si strinse al suo ragazzo e lui la strinse a sè, baciandole la testa. Le prese poi la mano e la portò alla bocca, sfiorandole il polso con le labbra; Lavinia rabbrividì, non tanto per il freddo quanto per quel contatto favoloso e intimo, a cui non era ancora abituata. Avrebbe dovuto farlo presto, decisamente.
Salirono in macchina e parlarono del più e del meno, e anche nei minuti di silenzio si guardavano con occhio innamorato e si sfioravano ogni volta possibile, sarebbero stati una gioia da ammirare. Una volta arrivati a scuola scesero e Lavinia si ritrovò stranamente (oppure no?) agitata, a pensare a cosa avrebbe dovuto fare. Quel tarlo le stava rodendo il cervello, normalmente sarebbe andata per la sua strada, aspettando che qualsiasi altro ragazzo la seguisse o no, non le sarebbe importato, ma con Alessandro era diverso, lei era diversa.  Voleva sentire il suo calore, voleva vederlo sorridere, ridere, e fulminare ogni singola ragazza che avesse osato avvicinarlo. Evidentemente, persa nei suoi pensieri, doveva essersi imbambolata, perchè lui la scosse e le carezzò il dorso della mano con il pollice, la strinse a sè e dissipò ogni suo dubbio con un sorriso malizioso e un 'andiamo amore' sussurrato.

**

Furono la novità della giornata. Qualsiasi studente si voltava a guardarli e, subito dopo il loro passaggio, parlavano tra di loro e si chiedevano come fosse successo. Eppure loro non se ne curavano, continuavano a parlare tranquillamente delle lezioni che avrebbero avuto, stuzzicandosi a vicenda e salutando di tanto in tanto qualche conoscente, o almeno questo Alessandro, visto che lei non conosceva molte persone. Il brutto delle scuole private: pochi alunni, quindi tutti sanno tutto di tutti. Arrivati al loro piano i suoi compagni di classe sorrisero in modo malizioso e alzarono i sopraccigli in modo concitato, dandosi gomitate e facendo allusioni a gran voce, mentre Lavinia arrossiva. Non era da lei vergognarsi di qualcosa, ma in qualche modo probabilmente non si sentiva all'altezza e non voleva essere considerata la nuova arrivata che cedeva al fascino di un bell'imbusto qualsiasi per non rimanere sola, ma Alessandro non era un bell'imbusto qualsiasi, era un ragazzo meraviglioso e fantastico. Problema loro, avrebbero potuto pensare cosa volevano, l'importante era che lui non cambiasse idea sul loro rapporto, non esisteva nè in cielo nè in terra che esterni rovinassero la loro storia.
-Devo andare assolutamente a ripassare un po' di chimica,- proruppe la bionda, iniziando a preoccuparsi.- ieri non ho studiato nulla e se mi interroga sono letteralmente fottuta.
-Va bene piccola, è anche colpa mia, quindi corri a tentare di salvare il salvabile.- la rassicurò tirandola a sè per scoccarle un bacio sulle labbra. Lavinia arrossì ancora di più ma non si tirò indietro, e, ottenuto il suo degno saluto, si defilò in classe, torturando la sciarpa. Dietro la porta c'era Noemi, che la stava aspettando con un ghigno che metteva i brividi, iniziò a ridere in modo psicopatico e a fare piccolissimi saltelli molleggiati, dirigendosi verso i loro banchi.
-Stai iniziando a farmi paura.- la avvertì l'amica, scuotendo la testa.
-Non è vero, lo sai anche tu.- alzò un sopracciglio.- Dai, sù, raccontami!
-Ma se ieri sera siamo state al telefono quasi due ore!- Lavinia appoggiò lo zaino sul banco e si sedette, tentando di ignorare gli sguardi dei loro compagni, le davano i brividi.
-Di questa mattina, stupida! Come si è comportato allora?- chiese in modo ovvio, come se l'amica avesse un deficit della comprensione. Voleva i dettagli, le erano sembrati così dolci!
-Ah. Emh, niente, dai.- arrossì istintivamente, e divenne ancora più rossa di qualche minuto prima, non le piaceva sbandierare la sua vita ai quattro venti, ma non per Emi, bensì per tutte quelle pettegole vicino a loro che facevano finta di nulla ma intanto stavano con le orecchie tese, pronte a captare qualsiasi piccolo dettaglio. Davvero odiose. Arpie.
La mora sembrò capire e uno sguardo piuttosto denso di significati le disse:
-Allora vorrà dire che dopo mi racconterai, intesi?
-Ovviamente.- Noemi assottigliò gli occhi mentre Vì se la rideva silenziosamente.- Fammi studiare ora.
Tre stressanti ore scolastiche e vari messaggi su WhatsApp dopo, finalmente suonò l'intervallo e la bionda si alzò di scatto dal banco, mentre la sua vicina scuoteva la testa.
-Forse ti preferivo musona.- la apostrofò,- Sto scherzando.- chiarì dopo un'occhiataccia.
-Dici che lo devo aspettare davanti la sua classe?- aggrottò le sopracciglia, bloccandosi improvvisamente.
-Ecco a voi Lavinia Rocci, Regina delle Complicazioni, Signori e Signore!- sospirò con aria teatrale l'amica, passandosi una mano sul volto.
-Ma cosa vuoi?- sussurrò la bionda.- E' tutto così nuovo per me.- spostò il peso da una gamba all'altra mentre tutti i compagni di classe si affrettavano ad uscire dall'aula per quei dieci minuti abbondanti di libertà: molti andavano a fumare in bagno, altri ai distributori e altri ancora semplicemente passeggiavano per i corridoi spettegolando.
-Era solo una battuta, ma dove ce l'hai il senso dell'umorismo?- Noemi mise il muso per finta.
-Non vuoi che ti risponda davvero.- insinuò la bionda con un sorriso birichino.
-Okay.- entrambe scoppiarono a ridere da sole, mentre si accingevano a varcare la porta.
Al diavolo tutto, pensò Lavinia, mi comporterò di conseguenza. Non credo che gli dispiacerà vedermi.
Non appena uscì dalla classe trovò il ragazzo appoggiato alla parete di fianco alla porta, in sua attesa, bello come sempre. Anzi, forse più di sempre, con quel sorriso vago ad illuminargli il viso.
-Ehi, finalmente.- le disse avvicinandosi.- Credevo foste morte là dentro.
-Ti sarebbe piaciuto eh?- sorrise indulgente la mora.
-Oh Emi, per favore.- alzò gli occhi al cielo Ale, afferrando la mano della sua ragazza e facendo un cenno con la testa verso i distributori.
-Mi accompagnate? Non ho preso il caffè stamattina.- le informò, districandosi nel 'traffico' adolescenziale del corridoio del loro piano.
-Come mai?- chiese Vì, perplessa.
-Sarei stato in ritardo per venirti a prendere.- confessò con sguardo colpevole Catini.
-Non ci provare mai più! Mangia la mattina, o ti picchio!- lo intimorì con uno sguardo piuttosto incazzato.- Hai capito?- continuò picchiettando il dito sul petto del ragazzo.
-Sì Capo!- sorrise Alessandro e si chinò a darle un bacio con lo schiocco, mentre aspettava che la macchinetta erogasse la bevanda. Proprio in quel momento sentirono un fischio di apprezzamento e si girarono sorpresi: Paolo stava arrivando, e il suo viso era una maschera insondabile. Li aveva innegabilmente visti. Ah. E adesso? Cioè, non che avrebbe dovuto preoccuparsene, però insomma, le dispiaceva che fosse venuto a saperlo così.
Mano a mano che il ragazzo avanzava, il suo passo si faceva sempre meno sicuro e la presenza di Ale accanto a lei diventava sempre più imponente, e Lavinia sentiva crescere un panico irrazionale. Per cosa poi? Ridicolo. Non c'era nulla per cui essere agitati.
-Buongiorno, ragazzi. Come va? Ci sono novità?- inarcò il sopracciglio destro, invitando gli amici a dissentire o a metterlo al corrente di eventuali novità. E che novità. Aveva visto Alessandro quella mattina, aveva osservato i suoi occhi gioiosi e il suo sospiro felice, scrutando il suo messaggiare frenetico e sentito le voci che giravano per la classe. Si era fatto molte domande, ed ora, con tutta probabilità, era arrivato il momento delle risposte.
Intanto si erano avvicinati anche Giovanni e Riccardo, appena usciti dal bagno, portando un vago sentore di fumo e risate. Paolo aveva un viso che era tutto un programma, e l'aria si era caricata di elettricità. Troppe persone vicine, e contrastanti.
-Oh, nulla, a parte che Vì e Ale devono offrirmi una bella cena con i controfiocchi.- sorrise Noemi, cercando di smorzare i toni, avvertendo la tensione.
-E come mai?- sorrise l'amico, non volendo sentire davvero la risposta. Era successo l'inevitabile, dunque? Si erano giurati amore eterno? Non aveva più speranze con lei?
-Perché io ho sempre detto che si sarebbero messi insieme!- rispose con fare ovvio la mora, come se avesse detto che il cielo era azzurro e le rose rosse. Niente di più facile.
-Ah, quindi... state insieme?- chiese infilando le mani in tasca e gonfiando il petto. Fissò Alessandro negli occhi e fu come se tutti avessero smesso di respirare e i rumori si fossero attutiti, nonostante si trovassero in pieno corridoio e fosse in corso una ricreazione con i controfiocchi. Si fronteggiarono con lo sguardo e Catini non mollò neanche un secondo. Alla fine il bip che annunciava che il caffè era pronta interruppe quella gara di sguardi, e Lavinia sorrise, imbarazzata.
-Già.- proruppe Alessandro, spavaldo, mettendo il braccio sulle spalle di Vì. Era stupido, e lo sapeva, ma aveva bisogno di marcare il territorio quanto più possibile dopo quello che era successo con il suo amico. Dopo anni passati ad essere inseparabili era bastata una semplice ragazza a dividerli, e nessuno dei due se ne capacitava, ma ormai la frattura era stata fatta. E non si sarebbe fatto sfuggire Lavinia, dopo le insinuazioni di Paolo. Affatto.
-Sì.- sorrise la bionda, guardandolo con occhi luminosi. Nulla avrebbe potuto scalfire la sua felicità, e Paolo lo sapeva, inoltre, non voleva farla soffrire, così sorrise (forse in modo troppo arrogante) e li salutò, dileguandosi:
-Auguri e figli maschi allora, ragazzi.- augurò loro sarcastico con un cenno del capo, svoltando l'angolo, mentre una smorfia gli deturpava lentamente il volto. Non ci credeva. Alessandro c'era riuscito. Nonostante il suo comportamento da stronzo l'aveva conquistata, mentre lui che era sempre stato gentile e accomodante con lei, l'aveva aiutata in matematica e l'aveva fatta sorridere quando era triste era rimasto fregato. Scosse la testa: era proprio vero, più le trattavano male più loro li volevano.

**

La settimana passò in fretta e per Lavinia e Alessandro fu tutta da scoprire: i loro telefoni chiedevano pietà, in quanto presi d'assalto ventitrè ore su ventiquattro, e le loro labbra erano sempre più gonfie di baci e sorridenti. La ragazza ancora non ci credeva, le sembrava di vivere in un Mondo ovattato, o peggio ancora, in un fantastico sogno e aveva il terrore di potersi svegliare da un secondo all'altro, di scoprire che niente di tutto ciò era realmente accaduto, che lei si trovava ancora triste e sola a riempirsi la testa di pensieri oscuri e lacrime trattenute.
Invece era tutto vero. Lo stava vivendo. Viveva Alessandro.
E non c'era cosa migliore.
Era tutto così fantastico con lui, rendeva ogni singola cosa migliore, la colorava.
Aveva bisogno di colori, e lui c'era. Sempre.
Come quando il sabato la portò al cinema e non seguirono neanche mezzo secondo del film che avevano scelto di guardare, troppo occupati a ridere e a baciarsi, in perfetto stile adolescenziale. Era stato un pomeriggio perfetto, che le aveva fatto tornare la mente a quell'uscita di diverse settimane prima durante la quale lui le si era seduto accanto e con un semplice sussurro, 'If you want', le aveva aperto un mondo intero pieno di possibilità. Quella volta però era stato diverso, e la mano stretta nella sua lo confermava: niente più ripensamenti, niente più dubbi. Niente più lacrime.
Quando la portò a cena in un piccolo pub arrivò il primo momento sbagliato dell'intera giornata. Alessandro aveva sempre saputo che c'era qualcosa che non andava sotto il punto di vista salutare fin da quando l'aveva soccorsa a scuola, ma non ne avevano mai parlato. Quando però lei diventò più pallida del solito e si appoggiò allo schienale della sedia riprendendo fiato mentre una fitta le scuoteva il petto, iniziò seriamente a preoccuparsi e gli sembrò opportuno parlarne. La affiancò immediatamente massaggiandole la schiena e scostandole i capelli dal viso, cercando di farla calmare; Lavinia indicò la borsa tremante e quando gliela ebbe passata iniziò a cercare freneticamente la pompetta asmatica e aspirò due volte, cercando di tenere a bada gli spasmi che la squassavano da capo a piedi. Il ragazzo, dal canto suo, non sapeva che fare e continuava a ripetere parole senza senso.
-Vì? Ehi? Come ti senti? Ehi? Ti prego, che devo fare? Vuoi dell'acqua? Riesci a respirare?- diceva in un crescendo di isteria, mentre la ragazza piano piano si calmava e respirava nella tipica maniera che le avevano insegnato. Era stato inaspettato e adesso avrebbe dovuto dargli delle risposte, perchè, ne era sicura, ci sarebbero state molte domande. Nel frattempo che i suoi delicati polmoni riprendevano lentamente aria, la sua mente iniziò a viaggiare in modo frenetico e calde lacrime fecero capolino dagli occhi. Alessandro inaspettatamente fu invaso da una scarica di adrenalina e riacquistò in modo immediato il sangue freddo che era scomparso nel momento in cui aveva visto la sua ragazza sentirsi male.
-Ehi, calma, va tutto bene. Tesoro non piangere, ti prego.- Il ragazzo le accarezzò la guancia.- Ti senti meglio? Riesci a respirare?- La ragazza annuì piano ed estrasse il flacone di pillole che teneva sempre nella borsa per le emergenze. Provò, con scarso risultato, ad aprirlo e quando non ci riuscì a causa delle mani tremanti e sudate, scoppiò in un piccolo pianto disperato, attirando lo sguardo del cameriere che chiese loro se avevano bisogno di aiuto. Alessandro scosse la testa congedandolo e prese il viso di Lavinia tra le mani, le asciugò le lacrime dalle guance e le baciò la fronte.
-Shh.- le sussurrò- Calmati, ci sono qui io.- le ripetè come un mantra finchè lei non si calmò davvero, poi prese il flacone e lo aprì senza esitazioni.- Quante te ne servono?- le domandò versandole dell'acqua nel bicchiere e tamponandole il tovagliolo sugli zigomi ancora bagnati. Lavinia tirò su con il naso e si schiarì piano la voce:
-Due.- sillabò respirando ancora una volta con due respiri brevi e uno lungo. Quando le capitavano attacchi del genere era abituata a cavarsela da sola, nella peggiore delle ipotesi era aiutata dai suoi genitori. Si sentiva spossata e confusa. Mai un'altra persona, esclusi medici e infermiere, l'avevano aiutata e non riusciva a perdonarsi l'attacco davanti al suo ragazzo. Cosa gli avrebbe detto ora? Cosa avrebbe pensato di lei? Avrebbe iniziato a comportarsi in modo compassionevole? L'avrebbe lasciata?
Eppure, guardandolo porgerle l'acqua e le pillole, sembrava avere lo stesso sguardo di sempre, solo leggermente più preoccupato e ombroso. Si sbrigò a ingollare il tutto e respirò a pieni polmoni per saggiarne la resistenza dopo la crisi. Sembravano reggere bene. Grazie a Dio.
Ma dove era il suo Dio quando le capitavano cose del genere? Non la osservava da lassù e non provava un minimo di compassione? Non aveva voglia di aiutarla e di evitarle il peggio?
-Hai ancora fame?- le chiese dolcemente carezzandole la mano sopra il tavolo, dopo essersi riseduto al suo posto.- Allora?- continuò, notando che lei non accennava a rispondere.
-Non molta...- borbottò contrariata, riponendo tutto nella borsa.
-Dovresti mangiare qualcosina però.- Alessandro la guardò scoraggiato, cercando di riunire le idee e dar loro un senso. L'unica cosa che contava al momento era la salute di Vì e comprendere cosa era accaduto per poi trovare una soluzione o, almeno, parlarne.
-Non ho bisogno della balia!- proruppe acida la bionda, alzando lo sguardo. Si sentiva ferita, probabilmente perchè con quella frase il ragazzo aveva innescato la bomba: proprio quello che non voleva, che lui la trattasse come una malata. Poteva già sentire la pietà trasudare dal suo tono di voce ed era la cosa che più la feriva al Mondo: mai, mai avrebbe voluto ciò ed era per questo che non gli aveva detto della sua malattia. Ora, capendo quanto davvero contasse l'opinione nei suoi confronti, si sentiva messa a nudo. Certo, gliel'avrebbe detto prima o poi, ma non così presto: aveva bisogno di altro tempo, sia per elaborare il modo in cui l'avrebbe comunicato, sia per preparare mentalmente e psicologicamente se stessa. Adesso si sentiva delusa, triste e senza forze. E quando si sentiva così iniziava ad essere cattiva ed acida, rischiando di ferire le persone intorno a lei, proprio come aveva tentato di fare in quel momento. Alessandro si bloccò, interdetto, e aggrottò le sopracciglia mentre a poco a poco capiva il perchè del comportamento della ragazza.
-Non parlarmi così.- scosse la testa lentamente e la guardò fisso negli occhi.- Lo dico perchè tengo a te, non per farti da balia o altro. Permetti che sia un po' preoccupato, eh?- ribattè in modo più duro. Non si sarebbe di certo lasciato trattare male ogni volta che sarebbe successo qualcosa relativo alla sua salute, era meglio metterlo subito in chiaro.
-Scusa. Non volevo.- ammise mortificata. Non ne combinava una giusta, era inutile.
-Direi che è giunto il momento di parlare, che ne dici?- provò il ragazzo, prima che l'atmosfera si facesse ancora più pesante e iniziassero i fraintendimenti. Lavinia lo guardò negli occhi, sospirò e, abbassando lo sguardo, prese coraggio, sapendo che non aveva più scelta. Aprì la bocca, ma un groppo in gola le fece trattenere le parole. Come avrebbe fatto?
Per caso c'era una guida? Come si comunicava alla persona che amavi che eri malata?
-I-io...- si bloccò e scosse la testa, fissando il tovagliolo sul tavolo. Doveva dirglielo. La sua reazione le avrebbe fatto male, ma aveva il diritto di sapere. Se lui avesse avuto una malattia, lei al suo posto avrebbe voluto saperlo ad ogni costo. Sospirò, e scandì ad alta voce le parole che le avrebbero cambiato la vita.
-Io ho un enfisema.
Chiuse le mani a pugno e incanalò lì tutta la tensione che le stava montando in corpo.
Non sapeva cosa aspettarsi ed essere impreparata non era una cosa che le capitava frequentemente.
Alessandro, dal canto suo, rimase paralizzato sulla sedia, la schiena contratta e lo sguardo fisso su Lavinia. Un enfisema? Non aveva idea di cosa fosse, ma dalla sua reazione non sembrava qualcosa di leggero. Per un attimo desiderò essere uno di quelli sempre informati, che sapeva ogni cosa, per togliersi dall'imbarazzo di chiedere cosa mai fosse.
La bionda trovò il coraggio di sollevare gli occhi e incontrare quelli di Alessandro, e spiegò:
-Ho un enfisema polmonare. Praticamente i miei polmoni sono a rischio costante di collasso.- sorrise, cupa. Era una semplificazione assurda della sua malattia, ma essenzialmente era il succo del discorso.
-Cosa?- era scioccato. Voleva dire che poteva... da un momento all'altro?
-Già. La cosa positiva è che non è allo stadio più avanzato, quindi non devo andare in giro con una bombola di ossigeno per il rischio d'ipossia. Ma sono a rischio costante. Non posso farci nulla, oltre che a qualche cura palliativa. Però potrebbe peggiorare.- Disse sincera e sganciò la bomba:
-Potrei morire.
-Non dirlo.- sibilò Alessandro. Non poteva neanche pensarci, non era minimamente concepito dalla sua mente il fatto che lei potesse morire, non ora almeno. Era giovane e piena di vita, aveva ancora mille cose da fare e esperienze da provare. Il suo sorriso migliorava le giornate e la sua risata era balsamo per il suo cuore. Era lei il suo cuore. Cosa avrebbe fatto senza il suo cuore?
-E' così.- tentò di fargli capire. Doveva entrare in quell'ottica, non poteva sperare inutilmente.
-Non è vero.- si intestardì lui. Avrebbe trovato il modo, non gliel'avrebbero strappata ora che l'aveva trovata. Non aveva ancora metabolizzato il tutto e freddi brividi scendevano lungo la schiena.
-Sì, invece.- ribattè dura Lavinia. Basta negare!
-Non...- milioni di pensieri si affollavano nella sua mente, non sapeva cosa dire, non sapeva cosa fare, non riusciva neanche a respirare, paradossalmente.
-Sai cosa ho fatto appena ho saputo di essere malata?- lo interruppe.- Ho googlato il nome della malattia, e ho scoperto non so quanti personaggi famosi morti di enfisema. Non volevo crederci. Me l'avevano posta come una situazione blanda, poi invece ho scoperto tutte le possibili complicazioni. Potrebbe peggiorare, di molto.
-E le cure? Insomma, si cura, no?- gli mancò il fiato, spaventato.
-La terapia può arrestare la progressione dell'enfisema ma non può far scomparire le lesioni già presenti. I miei polmoni rimarranno per sempre danneggiati, ce ne siamo accorti troppo tardi.
-Come, c-come ve ne siete accorti? No, scusa, non-
-Tranquillo.- lo rassicurò, ormai l'argine era rotto e le parole uscivano come un fiume in piena, non le sembrava vero poterne finalmente parlare con qualcuno.- Il primo sintomo è stato il fiato corto. Non sono mai stata una tipa atletica ma ho iniziato ad avere delle piccole crisi che interferivano con la vita di tutti i giorni, così, dopo qualche mese mia madre mi ha portato dal medico, dopo aver notato che avevo le unghie bluastre, uno dei sintomi.
Alessandro rimase in silenzio, non sapendo cosa dire in una situazione come quella. Si limitava a fissarla intensamente, riempiendosi del suo volto, dei suoi capelli e di tutta la sua figura.
-Ho fatto esami su esami, non avevano idea di cosa fosse, hanno persino avuto paura che fosse cancro...- la voce le si incrinò, al ricordo di quelle terribili settimane e il ragazzo, già provato dalla notizia, sbiancò ulteriormente, aggrappandosi al tavolo fino a far sbiancare le nocche.- Invece hanno scoperto che era un enfisema. Erano felicissimi, io un po' meno, nonostante fossi ovviamente sollevata che non fosse cancro.
Il ragazzo scosse la testa, come se un peso gravasse su di lui e stesse tentando di liberarsene.
-Ne vuoi sapere di più? Il mio tipo di enfisema solitamente è legato all'assunzione di marijuana, tabacco, fumi industriali o polvere di carbone, invece il mio dal deficit di una proteina. Non ce ne è abbastanza nel mio corpicino e la devo assumere tutti i giorni.
-Ti fa stare meglio?- sussurrò speranzoso. Da quando l'aveva conosciuta le sembrava più in salute, anche se di poco. Era un buon segno, no?
-Insomma. Inoltre ho sempre con me i miei fidatissimi broncodilatatori,- agitò le pillole che aveva preso da poco.- rilassano le vie respiratorie e mi aiutano, anche se non sono molto efficaci. In generale sono per chi ha l'asma, ma io ne assumo in dosi da cavallo.- alzò il sopracciglio e rise, cercando di sdrammatizzare. Odiava quelle pillole, ma in più di un'occasione le avevano salvato la pelle.
-Ti stanca?- che domanda sciocca, se ne accorse solo dopo averla posta.
-Quando mi sento spossata devo assumere ossigeno in modo da rifornire il corpo in maniera totale.
-Non ti ho chiesto cosa devi fare, ma come ti senti.- aveva tentato di rigirare la domanda ma non glielo avrebbe lasciato fare. Era astuta, ma lui lo era quanto lei. La ragazza si irrigidì.
-Male. Era questo che volevi sentirti dire? Volevi che lo ammettessi? Ora sei contento?- alzò un po' la voce, aggredendolo verbalmente. Non capiva che stava solo cercando di far uscire tutta la rabbia repressa che aveva in corpo.
-Voglio solo capire cosa ti passa per la testa.- le fece notare, ritrovando il controllo.
-Oh, non anche tu! Hanno cercato di farmi entrare in un gruppo di auto-aiuto, sai? La scena più ilare del secolo. Avresti dovuto vedermi, ero così arrabbiata in quel periodo.- sorrise.
-Penso sia normale.
-Più che altro ero arrabbiata con Dio, ecco. Poi la cosa peggiorava, ci si mettevano anche tutti quelli che mi circondavano con i loro sguardi compassionevoli e i "Come stai Lavinia? Ti serve qualcosa Lavinia? Tesoro, non stare così! Sù con la vita!", ma cosa pretendevano facessi? Che saltassi ovunque come un grillo, sprizzando felicità da ogni poro dopo aver saputo di essere malata?
-Non devi giustificarti. Non posso dire che so di cosa stai parlando, ma posso immaginarlo.
-Grazie.- torturò l'orlo del top che indossava.- Ed ora?
-Ed ora cosa?- alzò un sopracciglio. Non sarebbe cambiato nulla, ovviamente. Ma sapeva di doverla rassicurare.- Sono contento che tu ti sia confidata con me.- le prese una mano e le accarezzò dolcemente il dorso, per stabilire un contatto con lei.
-Mi sono tolta un peso enorme, ad essere sincera.- sussurrò imporporandosi e fissando l'intreccio sul tavolo, mentre il cameriere arrivava con le loro ordinazioni. Non poteva crederci, l'aveva presa meglio di quanto avesse potuto immaginare!
-Avevi paura?- le domandò, mangiando un pezzo di pane.
-Ne ho ancora.- lo guardò e sorrise sghemba, constatando l'ovvio. Bhè, l'ovvio per lei.
-Perchè? Sono qui.- la rassicurò ancora una volta, baciandole il palmo e premendoselo contro la guancia calda. Le mani le tremavano mentre entravano a contatto con la sua pelle vellulata e leggermente ispida a causa dell'accenno di barba.
-Non scapperai a gambe levate?- chiese con gli occhi che si facevano lentamente lucidi.
-Dovrai cacciarmi tu. Fino a quel momento nulla mi impedirà di essere al tuo fianco.- scosse il volto e strinse ancora di più la mano contro di lui. Il 'ti amo' non serviva, i loro sguardi comunicavano tutto e dopo quelle confessioni così importanti le parole erano superflue.
-Sai come sono fatta. Non sarà facile.- lo avvertì per l'ennesima volta, quasi a volersi autosabotare, ma non voleva che lui avesse dei ripensamenti o potesse pentirsi in seguito. Alessandro chiuse lentamente gli occhi, intrecciò le loro mani e con il pollice le sfiorò le vene nell'interno del polso, facendola ricoprire di brividi da capo a piedi. La sua voce era roca, sia dalla commozione che dalla magia:
-Non importa. Ci riusciremo. Ho grandi speranze.
 



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Buonasera. Sono qui ad un anno di distanza dall'ultimo aggiornamento e mi sento decisamente in imbarazzo. Non posso e non voglio giustificarmi, sappiate solo che la vita non è facile e le mie priorità sono cambiate. Tra studio, impegni vari e problemi non mi è stato possibile mettermi con calma a finire questo capitolo fondamentale. Non volevo forzarlo, visto che è il fulcro di tutta la storia e devo dire che ne sono abbastanza soddisfatta. Avevo iniziato a scriverlo più di un anno fa, poi l'ho ripreso piano piano, una riga alla volta quando avevo tempo, e finalmente oggi sono riuscita a concedermi una giornata di riposo e scrittura. Ora ho un'emicrania spaventosa ma ne è valsa la pena. Spero ci sia ancora qualcuno disposto a leggere questa storia senza pretese, a far vivere i miei bambini e ad emozionarsi con loro.
Voglio ringraziare con tutto il cuore Angela, che nonostante la mia latitanza non ha smesso un attimo di spronarmi ed attendere, spero sarai ricompensata con questo enorme capitolo fluffissimo tesoro, è tutto per te, lo meriti più di chiunque altro.
Finalmente sapete cosa ha Lavinia e come sta evolvendo il loro rapporto, che adoro.
Vi lascio alcune informazioni sull'enfisema polmonare, ricordate che non sono una studentessa di medicina o un medico, quindi mi sono solo documentata a fondo. Non prendete per oro colato le seguenti spiegazioni, eh, che inoltre sono semplificate per fare in modo che tutte possiate capire più o meno in cosa consiste. Dunque:
L'enfisema polmonare è una patologia che interessa i polmoni e viene classificata tra i tipi polmonari ostruttive. Si verifica quando gli alveoli perdono man mano funzionalità e diminuisce anche la quantità di ossigeno che va a finire nel sangue. E' caratterizzata da dilatazione degli spazi aerei a valle dei brionchioli terminali, distruzione delle loro pareti e assenza di evidente fibrosi, cioè mancata ricostruzione di un danno tissutale.
La lesione essenziale è la rottura dei setti interalveolari, causando il parziale collasso delle aree sane circostanti. La carenza ereditaria di alfa1-antitripsina, una proteina,  predispone allo sviluppo dell'enfisema. Per questo i malati devono assumerla quotidianamente.

I sintomi principali sono la dispnea (respirazione faticosa con conseguente rischio di collasso polmonare) ed espirazione forzata, oltre a tosse, respiro sibilante e mancanza di ossigeno frequente. 
Gli esami fatti da Lavinia sono la radiografia toracica e tomografia computerizzata (TAC), oltre a vari esami del sangue. Penso sia tutto.
Grazie a chi ha letto questo capitolo conoscendo già la storia e a chi è capitato qui per caso.
Scrivere per me è una gioia ma purtroppo non sempre miè possibile. Credo che avrò più tempo in futuro, anche se ne dubito. Non so dirvi con esattezza quando arriverà il prossimo capitolo ma state sicure che arriverà. Non posso lasciare questa storia incompiuta. Fidatevi ;)
Spero che qualcuno abbia voglia di farmi sapere cosa ne pensa e la storia vi è piaciuta fino ad ora.
Se volete contattarmi potete farlo su Twitter, dove potete trovarmi 24 ore su 24! 
Un bacione immenso care,
Athena xx

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