Storie di mare e racconti di bosco

di Maiwe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inchiostro verde ***
Capitolo 2: *** Rosso vermiglio ***
Capitolo 3: *** Piove. Di nuovo. ***
Capitolo 4: *** Un gomitolo di strade ***
Capitolo 5: *** "Ad Ovest!" ***



Capitolo 1
*** Inchiostro verde ***


Pacchetto #2:
– Dove qualcuno compie un errore (grammaticale o non) e qualcun altro lo corregge.
Prompt: Inchiostro
Colore: Verde


“Devi mirare più in alto, se vuoi colpire il bersaglio.” Thranduil sorregge con una mano il braccio di suo figlio, e solleva leggermente il piccolo arco che sta impugnando. “Se stai così basso, questa freccia la incastrerai nel terreno ai tuoi piedi.”

Legolas prende nuovamente la mira e scaglia. Si sente estremamente soddisfatto: ha quasi colpito il centro del suo bersaglio di legno. E' entusiasta, Legolas, e con un balzo corre a raccogliere la sua preziosa freccia. Thranduil lo guarda e sa che dovrà lasciarlo andare, un giorno. Dovrà separarsene.

Il padre guarda il figlio corrergli incontro e spera che la linfa che scorre dentro di lui, l'inchiostro della sua storia, appena agli inizi, un giorno cambino il mondo, lo riscrivano con inchiostro verde, il colore della speranza.

Legolas Verdefoglia, però, adesso ha freddo e vuole rientrare a casa. Si lascia avvolgere nel mantello e corre verso il ponte.

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Capitolo 2
*** Rosso vermiglio ***


Pacchetto 1: 


- Fratelli non veri fratelli

- Mare

- Vermiglio


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“Tutto qui?”

Non riusciva a non essere Nano neanche per un secondo, a essere meno Nano.

“Tutto qui, sì. Ti pare poco? Un'immensa distesa di blu, che si fonde col cielo... l'infinito.”

“E capirai. E' acqua, mio caro, soltanto acqua. Solamente voi Elfi potreste perdere la testa per una cosa così banale e... e spaziosa!” Brontolando, Gimli si sedette. Guardarlo stare seduto sulla sabbia era un'immagine surreale. Un macigno rosso vermiglio che borbottava come un pentolone, circondato da aria, vento, nuvole leggiadre e salsedine che gli increspava la barba.

“E poi, guarda qui! Sabbia ovunque! Nella mia barba ne ho già un giacimento! Niente a che vedere con la polvere, la vera polvere d'oro: ah, quella sì che i Nani sanno apprezzarla. Polvere d'oro che ricopre ogni cosa, come pulviscolo dell'aria.”

Mi sedetti accanto a lui, scanzonato. Si stava davvero bene.

“Mi hai fatto fare i veri chilometri, e tutto per... per questa cosa! Per starcene seduti a guardare il vuoto!”

“Ma non è vuoto, quello che hai davanti agli occhi, amico mio. C'è l'orizzonte, le nuvole, il cielo... e, ovviamente, tutta la distesa del mare.”
“Se dici un'altra volta 'mare', ti strappo i capelli.”
“A proposito”, gli dissi, facendo finta di non averlo sentito, “Che ne hai fatto, poi? Dei capelli della Dama Galadriel, intendo.”
“Come avevo promesso, li ho custoditi cari, è stato un dono prezioso per il mio popolo. E per me.”

Era avvampato di rossore, come se il colore della sua barba si fosse esteso anche a tutta la faccia.

“Li ho custoditi gelosamente. Adesso sono incastonati in un grande vetro, decorato con un degna cornice, altrettanto grande. Li ho lavorati entrambi io, vetro e cornice, con le mie mani.” Se le guardò, le mani, grosse e tozze. Mani da lavoratore, e da soldato.

Continuava a fissarle. Passò le dita sui numerosi calli. Li sfiorò come se non riuscisse ancora a capacitarsi di aver davvero toccato, osare toccare, quella ciocca, i capelli d'oro della Dama della Luce.

Gli porsi del Lembas, e alzò lo sguardo.

“Seriamente? Ma le tue scorte non finiscono mai?”

“Mai, amico mio. Finché ci saranno Elfi, su questa terra, il Pan di Via non scarseggerà.”

Sorrisi, in attesa di quel che sarebbe seguito. Fu divertente osservarlo tentare di rispondere male, con sarcasmo e per istinto, ma trattenersi subito dopo: si guardò nuovamente le mani e sbiancò, per poi diventare, ancora una volta, una burbera pentola di fagioli color vermiglio.

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Capitolo 3
*** Piove. Di nuovo. ***


Ciao!  Qusto nuovo capitolo (una flash, ancora una volta), come vedrete, è diviso in due parti: la prima è un ricordo di Thranduil, la seconda riguarda l'approfondirsi dell'amicizia tra Legolas e Gimli. Ci tenevo a precisarlo per il semplice fatto che la prima parte si rifà direttamente al mio canone, che trovate esposto nella mia long "Eryn Lasgalen - Il Bosco delle Foglie d'Oro". Così, per amore di contestualizzazione.

Spero davvero vi piaccia. 

Un abbraccio,

Maiwe

Prompt: Giacca

Canzone: You are my life – Micheal Jackson



Pioveva. Grossi nuvoloni neri scaricavano il loro peso su di noi, sulle nostre teste, e rendevano fangoso e scivoloso il terreno. Eravamo in marcia forzata da giorni, e ancora non si vedeva la meta, il porto e la nave che ci avrebbero tratti in salvo.

Mio figlio dormiva, in braccio a me, profondamente. Quella marcia lo aveva ormai spossato e stancato.

Svegliandolo, mi accovacciai a terra, e lui si rizzò sulle gambe, indolenzite. Mi tolsi la casacca e ce lo avvolsi, tra le sue sentite proteste e i "Quando arriviamo?".

Lo sollevai nuovamente e lo avvolsi nel mantello.

"Sta calando la notte. Torna a dormire, Ion nìn."



"Piove. Di nuovo." Il Nano borbotta, stufo di quella pioggia incessante. "Non si vede neanche la meta, ancora."

Gimli, il Nano, ha freddo. Gimli è stanco per quella corsa infinita e trema dal freddo.

"Ho una mantella che non uso, nella sacca. Puoi prenderla."

Segue un silenzio sospeso, prolungato, che culmina nell'espressione irrigidita del Nano: si guardano come due che si siano appena offesi reciprocamente la madre e tutta la progenie.

Ma Gimli la accetta, la mantella, e, ignorando volutamente il fatto di star indossando un altro indumento elfico, oltre al mantello di Lorien, la indossa, smettendo di tremare e dedicandosi completamente al silenzio che nuovamente sta calando nell'aria.

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Capitolo 4
*** Un gomitolo di strade ***


Nome: Metafora

Prompt: Un gomitolo di strade.

Citazione: “Tomas allora non si rendeva conto che le metafore sono una cosa pericolosa. Con le metafore non c’è da scherzare. Da una sola metafora può nascere l’amore”. [L’insostenibile leggerezza dell’essere - Milan Kundera].

Obbligo: Un personaggio/i personaggi mantiene/mantengono il conto di qualcosa.


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Conta i passi. Conta i passi e si diverte.

“Uno, due, tre...”

Conta i passi e saltella sulle pietre del selciato.

“Guarda, Ada, ho imparato a volare.”

Si volta, il padre, e lo afferra da sotto le braccia, avvicinandoselo al petto e sollevandolo in alto.

“Come sarebbe, che hai imparato a volare?”
“Mi hai visto? Ero un'aquila. Una grande aquila coraggiosa e potente. Volavo lontano, oltre il confine della foresta.”

“Hai usato una metafora, lo sai?” Lo guarda severo il re.
“Cos'è una metafora?”
“Una metafora è qualcosa con cui non si scherza, sono cose pericolose.”

Il re stringe a sé il figlio e lo porta nuovamente all'interno dei grandi cancelli della fortezza di pietra.

“Dalle metafore può nascere l'amore.”

Legolas non sa cosa sia l'amore, ma non smette di contare.

Arriva a cento. Non sa come proseguire.

“Cosa c'è dopo il cento, Ada?”

Thranduil lo guarda e gli risponde in modo strano.

“Dopo il cento, Ion nìn, c'è un gomitolo di strade.”

E i cancelli si chiudono.

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Capitolo 5
*** "Ad Ovest!" ***


Sfidonzola di: Agne Sherlin

Argomento: The breacking of the Fellowship

Commento dell'autrice: il mio povero cuore non regge. Ringrazio Agne e Schnussen per il dolore inflittomi durante questa prima sessione di Sfidonzole delle Muse.
Non vedo l'ora arrivi la prossima edizione. Yay.


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Ricordo il silenzio.
Lo ricordo perché non era un silenzio come qualunque altro. Era silenzio di assenza. Silenzio di vuoto, che adesso riempiva l'aria.
Avevo sempre amato il mare, era sempre stato un mio grande desiderio poterlo rivedere.
Un enorme spazio vuoto che si rincorre instancabilmente. Un infinito.
Odiavo essere infinito.
Tutto il resto si era concluso, spezzato, restavo solo io: io e il mare. Due vuoti a perdere.
Ricordavo il silenzio perché avevo la mente offuscata da ricordi rumorosi: ricordi rossi di sangue e neri di tempesta. Ricordi di battaglie.
I fuochi accesi la sera, la guerra, la speranza, la redenzione, il sudore.
La musica. Il suono di un sorriso. La polvere.
Restavamo solamente io e il mare, e quella barchetta, fatta di legno grigio e vele di tela grezza.
Pronto a salpare, misi un piede sulla passerella di legno.
Ricordo che il vento cambiò improvvisamente, quando mi sentii afferrare per un braccio. Ricordo di aver sorriso, quando riconobbi davanti a me una testa fulva e dei piccoli occhi severi e commossi.
Senza dire una parola, Gimli si appoggiò a me e salì velocemente sulla nave, traballando più dello sciabordare delle onde.
Lo seguii.
Il silenzio è una strana malattia: il silenzio è una contraddizione, perché fa più rumore di cento assalti.
Nessuno di noi aprì bocca finché non fummo ormai lontani dall'ultima riva della Terra di Mezzo.
“Qui, su queste sponde, si scioglie la nostra Compagnia”, bofonchiò Gimli.
“Non necessariamente”, pensai. Ma non dissi niente.
E il vento che si levava forte spingendoci dolcemente verso largo mi dava ragione.


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