L'amore conta

di lena30
(/viewuser.php?uid=14815)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***



Capitolo 1
*** I ***


L’amore conta
I
Poteva individuare il momento esatto in cui aveva avuto ancora la possibilità di scegliere, lo conservava limpido e chiaro nei meandri della memoria come accade per quegli istanti che non si sa bene per quale motivo, rimangono impressi indelebilmente nel ricordo….
Erano reduci da una giornata complicata e cercavano di riemergere alla vita dopo aver visto l’inquietudine, il mistero di quei terribili disegni, l’atmosfera tetra di quel collegio e quelle ragazze che cercavano invano di sfuggire alla cupezza di quel luogo …. ed una vi era sfuggita davvero, recandosi verso un viaggio senza fine e senza ritorno…
Ricordava quella sera, quella cena, il viso di lei illuminato dalla luce fioca del ristorante, il vino che lo aveva reso più leggero, la sua voce che gli raccontava di sé, della sua vita, dei malesseri e dei dolori di un’inquieta adolescenza, trascorsa in un collegio, del proprio desiderio di sapere, di conoscere, di ascoltare, quasi a voler scavare nei declivi della sua anima.
E poi, la passeggiata lungo le vie della città, il buio che li avvolgeva complici, l’aria pungente della notte scesa su Roma, ancora le sue parole, il suo stupore nell’essersi lasciata andare a confidenze così intime con un quasi sconosciuto … e lui che dentro sentiva di essere legato a lei in maniera quasi surreale e si sentiva avvolto dalle volute di quel vincolo quasi avvertendo su di sé gli effetti di quel monile maori che lei indossava sempre …, vittima di un legame che sfugge a qualsiasi convenzione, a qualsiasi definizione.
Lei poi lo aveva fissato con un’aria strana, maliziosa e birichina ad un tempo, come fosse consapevole di star per fare una sciocchezza ma nello stesso tempo fosse incapace di fermarsi … si era avvicinata a lui e poi lo aveva baciato …
Lei aveva indugiato sulle sue labbra con gli occhi chiusi …. con una strana fermezza, presa dal suo intento e dall’impulso irrefrenabile di prendersi ciò che voleva … certamente si aspettava una sua reazione … nessuno probabilmente era riuscito a resisterle … era bella Claudia ed era stimolante, intelligente, conturbante, un vortice dal quale lui si era sentito quasi travolto ….
Aveva sentito il suo profumo, la morbidezza delle sue labbra, la sentiva vicina, quel corpo morbido e flessuoso che, malgrado la sua condizione, non aveva potuto fare a meno di ammirare, di trovare estremamente gradevole ed attraente … ma era rimasto inerme per la sorpresa e per il tumulto di emozioni che aveva sentito crescere dentro di sé …. avrebbe voluto stringerla ed approfondire quel contatto, assaggiare il suo sapore … aveva chiuso gli occhi … avrebbe dovuto respingerla ma non l’aveva fatto e poi improvvisamente così come era cominciato, lei si era staccata da lui che era rimasto immobile, incapace di muoversi, di parlare, di fare qualsiasi altra cosa se non fissare inebetito le sue labbra, i suoi occhi ancora sconvolto dalla consapevolezza del potere che lei poteva avere su di lui…
Gli aveva chiesto scusa e lui, ancora incapace di articolare parole, aveva fatto un silenzioso cenno di diniego cercando di farle capire che non doveva scusarsi, non aveva bisogno di scusarsi ma non sapeva nemmeno lui il perché … anzi lo sapeva ma in quel momento era incapace di ammetterlo persino con se stesso, quel bacio, quel contatto fugace e quasi rubato gli era piaciuto immensamente  e non era giusto che lei si scusasse quando era lui ad avvertire maggiormente di aver peccato perché, nel momento stesso in cui lo aveva sperimentato aveva capito di averlo desiderato anche lui ….
La aveva accompagnata a casa e per tutto il tragitto aveva avvertito in maniera quasi dolorosa la sua presenza mentre dentro di sé cominciava ad infuriare la guerra tra la ragione ed il buon senso che gli suggerivano di dirle addio ed una forza spaventosa, incontrollabile che gli faceva apparire insopportabile l’idea di un vita senza il suo viso, i suoi occhi, la sua voce, il suo modo quasi irriverente di contrastarlo sempre quando lei contrapponeva la sua razionalità alle ragioni della fede … forse si in quel momento avrebbe ancora potuto scegliere e rinunciare a lei ma la sola idea lo atterriva perché gli faceva sembrare tutto così noioso, buio ed estremamente banale…
Aveva barato con se stesso, dicendosi che si trattava di un rapporto di nascente amicizia, che in fondo le sue competenze e la sua professionalità potevano essergli di aiuto nel suo lavoro e che avrebbe stroncato sul nascere ogni altra emozione, sentimento o desiderio… 
Così quando lei aveva tentato di restituirgli il casco convinta che non si sarebbero rivisti mai più, lui l’aveva invitata a tenerlo per una prossima volta … in realtà si era arreso a quella forza incontrastabile …. e da allora non aveva più potuto fare a meno della sua presenza, dei suoi consigli, della sua sottile ironia, del suono cristallino della sua voce, di tutto quello che era semplicemente “lei”.
O forse il momento in cui avrebbe potuto ancora tirarsi indietro risaliva ad un istante ancora precedente, quando uno strano scherzo del destino gli aveva posto dinanzi agli occhi l’annuncio della presentazione di quel libro e quando aveva letto il nome dell’autrice aveva solo pensato ad una curiosa coincidenza … era convinto che le loro strade si fossero divise per sempre dopo che le circostanze di quell’insolito fenomeno di levitazione li avevano portati entrambi lì, in quel luogo sperduto, a cercare di capire e di aiutare quei due sfortunati bambini, ognuno con il proprio modo di fare, con le proprie convinzioni, lui con la forza della fede e lei con il suo incrollabile scetticismo che la portava a credere sempre e comunque che doveva esserci un’altra spiegazione.
Ma quando aveva saputo che lei era lì a presentare il suo libro non aveva saputo resistere alla tentazione di rivederla, eppure avrebbe dovuto capire già allora che quello strano magnetismo che lo attirava verso di lei come una calamita verso il suo magnete avrebbe portato delle conseguenze inimmaginabili e soprattutto tanto dolore….
Non aveva saputo o forse meglio non aveva voluto dare un nome a quello strano senso di benessere che gli trasmetteva la sua sola presenza, il solo pensiero di lei … a volte pensava di essere stato semplicemente ammaliato da lei … come non gli era mai accaduto in tutta la sua vita, nemmeno prima degli anni del seminario … ricordava perfettamente che i turbamenti dell’adolescenza non avevano mai fatto vacillare la sua vocazione che era rimasta ben salda anche di fronte alla consapevolezza della possibilità di una vita diversa nella quale avrebbe potuto scegliere di amare e di essere riamato come un uomo qualsiasi … ma niente, pur essendo perfettamente consapevole ed in qualche modo non completamente indifferente rispetto alla gradevolezza di un aspetto femminile non aveva mai desiderato niente di diverso del cammino della sua fede spirituale   … e adesso invece … aveva rinunciato a cercare di dare una spiegazione razionale al tumulto di sensazioni che gli agitavano l’animo ed aveva deciso, più o meno consapevolmente di vivere alla giornata e di prendere quello che era possibile prendere da lei senza rinunciare a se stesso…  sapeva che era un scelta egoistica ma in fondo pensava di non far male a nessuno soprattutto di non far male a lei … sicuramente lei non provava le stesse cose e quel bacio rubato forse per lei era stato solo un capriccio, il modo per soddisfare una curiosità….
A volte, irritato con se stesso, dava la colpa a lei senza un reale motivo, anche perché era consapevole che Claudia non aveva usato armi femminili con lui, non era stata e non era per carattere allusiva o sfacciata, non c’era niente di costruito o di artificioso nei suoi modi e ciò malgrado ai suoi occhi sembrava circondata da un’aura di fascino così sottile ed allo stesso tempo così innegabile da renderla enormemente provocante e seducente in un modo totalmente inconsapevole …. persino  quando trangugiava quell’orribile cibo spazzatura, lui la trovava irresistibile…. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II ***


II
E così la sera dopo si era ritrovato a confrontarsi con lei sugli ultimi avvenimenti che erano accaduti al collegio ed insieme a lei aveva scoperto di possedere quel terribile potere quando un forza viscerale aveva preso possesso del suo corpo alla vista del corpo esanime di Agata e la aveva riportata “indietro”. Era svenuto allora, erano le prime manifestazioni del suo potere ritrovato e non era ancora in grado di controllarlo, aveva perso sangue e, mentre cadeva vittima del coma, aveva sentito la sua voce richiamarlo disperata, sotto il battito di una pioggia incessante che, alla fine, si era confusa con le lacrime di lei.
Avrebbe avuto tanta voglia di seguire il richiamo della sua voce che lo chiamava alla vita ma si sentiva esausto, sfinito, dopo le energie spese per riportare Agata alla vita, non sentiva più nessuna forza dentro di sé e si era lasciato inghiottire dal buio.
Claudia era sconvolta, non riusciva a capire cosa fosse davvero successo, aveva tentato di rianimare Agata, mentre Gabriel riemergeva dal pozzo in cui la ragazza si era gettata nel tentativo di togliersi la vita per sopprimere il senso di colpa che l’attanagliava, ma niente: la ragazza non respirava più e non dava alcun segno di vita,  poi, all’improvviso, Gabriel aveva stretto la mano di Agata; Claudia l’aveva visto cadere in una sorta di trance mentre alzava il capo rivolto verso il cielo e cominciava a perdere sangue dal naso e dalle tempie, lo aveva sentito lanciare un urlo lancinante come se fosse preda di un dolore insostenibile, poi, all’improvviso si era afflosciato su se stesso, aveva perso i sensi ed era caduto a terra svenuto, mentre Agata ricominciava a respirare.
Lo aveva chiamato disperata, consapevole solo del fatto che lui fortunatamente era ancora vivo perché sentiva i suoi respiri affannosi farsi strada faticosamente ed annaspare alla ricerca di aria.
Poi non aveva capito più niente, la corsa in ospedale, gli inutili tentativi di rianimarlo, alla fine lo avevano attaccato all’ossigeno per attenuare l’insufficienza respiratoria, tenendolo costantemente monitorato; poi era comparso quel medico che l’aveva chiamata per nome nonostante lei non l’avesse mai visto in vita sua. Le aveva detto che la situazione si era stabilizzata e l’aveva invitata ad andare via per lasciare Gabriel tranquillo; lei aveva tentato di rimanere rifiutando, in maniera cortese ma ferma, l’invito del medico fino a quando poi era comparso lo zio di Gabriel, il monsignore, e non aveva potuto più restare. L’avevano educatamente cacciata via, quando avrebbe tanto voluto rimanere ad aspettare che si svegliasse, che la guardasse di nuovo con quegli occhi che sembravano sempre penetrare a fondo nella sua anima. Voleva restare lì e non lasciarsi distrarre dal resto del mondo intorno a sé che continuava inutilmente a girare sul suo asse, non trovava posto per il resto adesso.
E così il giorno dopo era tornata in ospedale decisa a rimanere ma la stanza era deserta, Gabriel non c’era più, era solo riuscita a sapere che era stato trasferito ma non dove si trovasse e nemmeno il nome del “medico personale” della famiglia Antinori, come lo aveva definito l’infermiera che aveva trovato a riordinare la stanza.
E così si era fiondata su Internet alla disperata ricerca di notizie e fortunatamente aveva saputo del Dott. Gaslini e della sua struttura ospedaliera dove era convinta che Gabriel si trovasse in quel momento, aveva anche scoperto altro su di lui, la storia del suicidio del padre la aveva lasciata interdetta e sconvolta, lui non le aveva raccontato niente, le aveva solo detto che i suoi genitori erano morti quando era piccolo e che lui era stato cresciuto dallo zio.
Si era appostata davanti all’ospedale, decisa ad attendere fino a quando fosse stato necessario o meglio fino a quando non l’avesse visto uscire di lì, ed il suo desiderio si era avverato. Lui non l’aveva vista, con il cuore in gola lo aveva chiamato, presa dalla necessità impellente di guardarlo, di toccarlo per assicurarsi che stesse bene, di sentire la sua voce, di capire che non aveva riportato nessuna conseguenza da tutto quello che era successo.
Lui si era girato e l’aveva guardata sorpreso e sorridente, evidentemente contento di vederla; lei aveva solo avuto il tempo di confessargli che non aveva ben capito cosa fosse successo, lui l’aveva rassicurata dicendole che stava bene, poi era stato risucchiato dai suoi stramaledetti impegni nei confronti di quella onnipresente Congregazione.
Il turbinio degli avvenimenti poi aveva preso il sopravvento ma con la certezza di un’unica meravigliosa costante: erano sempre più spesso insieme e sembrava quasi che l’uno non potesse più fare a meno dell’altra; si nascondevano dietro i rispettivi impegni professionali per trovare occasioni e motivi di incontro, scoprendosi sempre più complementari e stranamente complici. Lui era sempre più affascinato dal contrasto tra il suo aspetto esteriore, raffinato, elegante, fine ed estremamente gradevole e la sua indole un po’ da maschiaccio, forte, pratica, razionale, ed osservava divertito i suoi modi un pò ortodossi e spesso per niente femminili.
Lei era convinta che non si trattasse solo della sua propensione alla fascinazione per il proibito come più volte le aveva rimproverato Teresa; semplicemente lui le piaceva, le piaceva il modo in cui la guardava, i suoi rari sorrisi, la sua tenerezza, il mistero che si nascondeva nel suo passato che rendeva misterioso e terribilmente affascinante anche lui.
Poi, però era successo qualcosa, si erano trovati ad affrontare una situazione rischiosa quando avevano aiutato Stefano  e lui, sopraffatto dal senso di colpa e tormentato dalla preoccupazione che potesse succederle qualcosa a causa sua e dei fantasmi che popolavano il suo misterioso passato, che si erano fatti vivi anche nella realtà del presente, aveva deciso di allontanarsi da lei.
Claudia si era sentita quasi morire quando aveva sentito quelle parole inaspettate, “per un po’ è meglio se non ci vediamo”. Lei voleva solo aiutarlo a recuperare i suoi ricordi per evitare che rimanesse imprigionato nelle maglie inestricabili del suo oscuro passato ma lui era stato irremovibile: doveva affrontarlo da solo perché non poteva sopportare l’idea che le succedesse qualcosa.
Ricordava ancora l’angoscia che aveva provato quando quel suo paziente aveva preso in ostaggio i passeggeri del battello e Claudia era lì mentre l’imbarcazione si avvicinava sempre più velocemente verso le rapide; la corsa disperata contro il tempo, la paura che potesse succederle qualcosa, il senso di colpa perché era stato lui, su richiesta di Munster, a cambiare il corso degli eventi, a salvare quella bambina e a far sì che quell’uomo potesse continuare il suo percorso di autodistruzione, coinvolgendo altre persone e soprattutto lei; non riusciva a smettere di pensarci: il destino aveva voluto vendicarsi di lui così come tanto tempo prima si era vendicato di Munster, togliendogli il bene più caro, sua figlia; adesso toccava a lui, la nemesi stava per abbattersi su di lui, cercando di colpire ciò che, in maniera così rapida e sorprendente, era diventato quello che di più prezioso aveva al mondo.
Ricordava il senso di sollievo che aveva provato quando tutto era finito; lei, come al solito, lo aveva rimproverato per il suo fatalismo; da razionale ed intransigente qual era, non poteva che essere una convinta sostenitrice del libero arbitrio; “tutto può essere cambiato” gli aveva detto, ma lui, in cuor suo, era rimasto talmente colpito da tutto quello che era accaduto, che le aveva fatto una silenziosa promessa: l’avrebbe protetta e mai più, per colpa sua, avrebbe dovuto rischiare o trovarsi in situazioni di pericolo: meglio saperla lontana ma viva.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III ***


III
Lei lo aveva visto andar via mentre la vista le si offuscava a causa delle lacrime che, del tutto involontariamente avevano cominciato a scorrerle sulle guance …. Ma non si era rassegnata, non poteva rassegnarsi, una forza misteriosa la spingeva, anche in contrasto con il suo scetticismo, a voler sapere, capire il suo passato, scoprire la ragione del suo incubo ricorrente forse perché così poteva avere la sensazione di stargli ancora vicino, di potergli essere d’aiuto in qualche modo.
Lui non aveva capito ovviamente, anzi si era addirittura arrabbiato con lei per la sua ostinazione quando lei gli aveva rivelato di aver continuato a cercare di scoprire cosa fosse davvero successo la notte di quel maledetto incidente, riuscendo anche a rintracciare il maresciallo che era intervenuto all’epoca; gli era sembrata incurante dei suoi desideri, della sua volontà anche perché lei non aveva saputo dargli una ragione plausibile della sua curiosità.
Quando, infatti, lui aveva cercato di capire le sue motivazioni si era trincerata dietro al suo “perché si” senza spiegargli che il suo tormento era diventato anche il proprio, perché ormai non riusciva più a smettere di pensare a lui, non immaginava più una vita senza e non ricordava nemmeno come fosse la sua vita prima di conoscerlo; non voleva e non poteva dare un nome a quella smania che ormai si era impadronita in maniera prepotente della sua volontà e tantomeno poteva confidarla a lui che probabilmente avrebbe pensato che lei era poco rispettosa del suo credo, della sua fede e quasi certamente sarebbe scappato via a gambe levate.
Ed allora aveva pensato che poteva provare almeno ad aiutarlo come psicoterapeuta per convincerlo ad affrontare i fantasmi che popolavano i ricordi sbiaditi del suo passato.
Eppure c’era qualcosa che la spingeva a pensare che non si trattasse di una passione a senso unico, forse perché, in qualche istante, quando lo aveva sorpreso a guardarla, aveva avuto la sensazione di essere messa a nudo sin nell’anima come se lui volesse carpirne i segreti, e quando, anche per caso ed in maniera non intenzionale, era successo che si fossero sfiorati o toccati, aveva sentito come una scarica elettrica, una forza magnetica correre tra di loro: ricordava bene quella sensazione: era successo  quella volta in cui le aveva medicato il braccio dopo l’ustione predetta da Munster: quando lui le aveva preso delicatamente la mano per ispezionare la ferita, Claudia aveva immediatamente avvertito una sorta di scossa ed un languore improvviso aveva preso possesso di lei; e poi quando lui aveva cominciato a spalmarle la pomata sfiorandola delicatamente con i polpastrelli e percorrendole il braccio lentamente dalla base del polso verso l’alto, non era riuscita a concentrarsi su altro che non fosse il tocco delle sue dita sulla pelle che bruciava a prescindere dall’ustione; e poi quando lui lentamente aveva cominciato a tracciare dei piccoli cerchi concentrici sul dorso del braccio per favorire l’assorbimento dell’unguento, avrebbe desiderato che quel dolce tormento non avesse mai fine perché era convinta che si trattasse della carezza più sottilmente erotica avesse mai ricevuto nella sua vita; avvertiva in cuor suo che, anche per lui era stato eccitante toccare la sua pelle perché aveva prolungato quelle carezze oltre il necessario ed il dovuto, e poi, ridestatisi entrambi dal velo di sottile imbarazzo che l’intimità della situazione aveva suscitato, lui aveva accettato il suo invito a bere qualcosa, probabilmente solo per non interrompere la magica atmosfera che si era creata e per avere la scusa per restare ancora con lei; poi solo una stupida  incomprensione ed il solito contrasto tra la sua ferrea razionalità che gli impediva di credere e di accettare quello che era successo con Agata e poi anche con Stefano come la manifestazione di un potere soprannaturale ed il desiderio spasmodico di lui che sperava che almeno lei che aveva visto, potesse credergli e dargli quella fiducia di cui sentiva di avere un bisogno quasi vitale, aveva rotto e spezzato quell’idillio, spingendo lui ad andar via; ma Claudia, in cuor suo, sapeva: in fondo le donne lo sanno, lo sanno comunque per prime [1]
Era stata riportata al presente dalla voce di lui che aveva chiuso il discorso dicendole che non voleva parlarne ma non aveva fatto i conti con la sua ostinazione; era ritornata ancora sull’argomento e lui era capitolato di fronte alla sua disarmante tenacia e forse semplicemente dinanzi a lei: la aveva guardata negli occhi raccontandole del suo incubo ricorrente, e poi, come sempre, nel guardarla aveva avvertito l’intenso desiderio di proteggerla, di tenerla lontana dal male che temeva potesse nascondersi nel suo passato; e poi, sempre più spesso gli succedeva di non riuscire a distogliere gli occhi da lei, non riusciva a smettere di guardarla: era più forte di lui e mentre la guardava cominciava ad avvertire il desiderio avvolgerlo, confonderlo: i suoi occhi, la sua bocca, la carnagione diafana, il leggero rossore delle guance, la linea sottile e delicata delle scapole, avrebbe potuto disegnarne i contorni anche ad occhi chiusi, il bisogno proibito ma sempre più impellente di scoprire se sotto gli abiti, spesso di taglio maschile ed austero, si nascondesse la stessa armoniosità delle forme, delle linee, dei colori: era costretto a scacciar via quei pensieri sempre più ricorrenti, ma quelli, incuranti della sua volontà, sembravano essere dotati di vita propria, e riaffioravano quando meno se lo aspettava: bastava un nonnulla e prendevano il sopravvento sulla sua razionalità: a volte bastava semplicemente addirittura uno sguardo o uno sfiorarsi improvviso e il buon senso ed il suo rigido autocontrollo scomparivano nel nulla.
Avvertiva l’intima sensazione, pur non avendone la certezza, che anche Claudia provasse le medesime sensazioni; lo sospettava, perché, al di là del bacio che lei gli aveva rubato ma al quale lui non si era minimamente sottratto, c’erano sguardi, parole non dette, la disponibilità di lei ad aiutarlo sempre e comunque, pur sottraendo magari tempo al suo lavoro, che lo inducevano a credere nella reciprocità delle emozioni e delle sensazioni causate dal loro essere insieme; o forse era soltanto una proiezione della sua mente, del suo inconscio, una consapevolezza di cui aveva bisogno anche, molto probabilmente, per giustificare il suo, di sentimento.
E poi, si era reso conto che lei gli  mancava; che, quando non riusciva a vederla, aveva quasi la sensazione di aver sprecato del tempo, di aver vissuto un giorno vuoto,  di avere solo una parvenza di vita alla quale mancava il senso più profondo; per questo sentiva come mai prima di allora di aver bisogno del suo aiuto; aveva la strana consapevolezza, pur non giustificata da fatti concreti, che lei c’entrasse, in qualche modo, in tutto quello che gli stava accadendo.  
E così, le aveva rivelato di voler tornare nella vecchia casa di suo padre, lì dove aveva trascorso la sua infanzia fino al momento di quel terribile incidente che aveva irrimediabilmente segnato il prima e il dopo della sua vita: non ce la faceva più a vivere senza ricordi e malgrado fosse quasi paralizzato dalla paura all’idea, era convinto che con il suo aiuto avrebbe potuto farcela: le aveva raccontato del suo incubo ricorrente quando nei suoi sogni compariva sempre più frequentemente il corridoio della casa di suo padre, la porta che apriva senza riuscire a vedere o a ricordare cosa ci fosse dietro ma solo la sensazione di grande terrore che lo prendeva al risveglio ed al ricordo, la stessa porta che aveva visto durante le manifestazioni del suo potere e che, secondo Munster, era la porta tra la vita e la morte.
Aveva deciso di accettare il suo aiuto: razionalmente si diceva che era stato sconfitto dalla sua tenacia, dalla sua testardaggine nel volerlo a tutti i costi aiutare a scoprire la verità sul suo passato cosa che, del resto, voleva anche lui anche per cercare di capire se il suo potere fosse legato alle sue misteriose origini, ma inconsciamente sapeva che c’era anche un’altra verità: era un altro modo per averla vicina, accanto a lui che ormai sembrava non riuscisse più a fare a meno di lei, come se si trattasse della cosa più naturale del mondo considerarla ormai imprescindibile, quasi un’appendice di se stesso; condividere con lei le sue angosce, le sue paure ed il suo dolore glielo rendeva quasi più sopportabile … sentiva finalmente di non essere  solo.
 
[1] Cit. da “Le donne lo sanno” di Luciano Ligabue.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** IV ***


IV
Avrebbe dovuto sentirsi soddisfatta, appagata: finalmente Gabriel si era lasciato convincere ad accettare il suo aiuto, finalmente aveva capito che la risposta agli enigmi della sua vita erano seppelliti nel suo passato ed aveva trovato la giusta determinazione per affrontarli, per cercare di capire cosa si nascondeva dietro la sua amnesia .
Eppure si sentiva solo un’idiota egoista: sapeva di non essere nella condizione di poterlo assistere durante il percorso terapeutico che lui avrebbe dovuto intraprendere: era troppo coinvolta, ma solo in quel momento sembrava rendersene conto, come se si fosse sollevato il velo di menzogne che aveva raccontato anche a se stessa per giustificare il suo interesse verso di lui.
 Cercò allora di essere sincera ed onesta con se stessa e fu costretta ad ammettere, seppure a malincuore, che non erano stati solo motivi altruistici a spingerla ad indagare su di lui, sul suo passato; dovette riconoscere che era rimasta affascinata da lui fin dal loro primo incontro quando non avrebbe mai potuto immaginare di trovarsi di fronte ad un prete, e forse quando lo aveva saputo si era sentita inspiegabilmente ed irrazionalmente ancora più attratta. 
Per giustificare con la propria coscienza il suo interesse lo aveva trasformato in un caso clinico; si era costruita nella propria immaginazione l’ipotesi di una infanzia spezzata dai lutti e dalla perdita dei genitori, il bambino che, per il senso di gratitudine che sentiva per chi lo aveva cresciuto, aveva inconsapevolmente seguito le sue orme, senza aver avuto realmente la possibilità di scegliere cosa diventare.
La costruzione di questa teoria presentava inoltre anche un’altra prospettiva allettante: le offriva la speranza di poter immaginare che un giorno, superati i traumi del passato, lui avrebbe potuto scegliere un’altra vita dove magari poteva esserci posto anche per lei; il sottile filo di quella speranza la aveva condotta sin lì, ora ne era consapevole, così come era consapevole del fatto che quella stessa speranza non le consentiva di affiancarlo nel percorso della terapia: era un tremendo conflitto di interessi che non le lasciava scampo; ora toccava a lei scegliere ma sapeva quale sarebbe stata la sua decisione, non avrebbe mai potuto ingannarlo così, qualsiasi cosa ci fosse o potesse esserci tra di loro avrebbe avuto un senso ed una possibilità solo se lei fosse stata sincera: doveva solo trovare il coraggio e la forza di dirglielo, anche perché lui, dopo essere stato così titubante e confuso, era diventato perentoriamente deciso e non intendeva più rinviare o sottoporsi al percorso di analisi che pure lei gli aveva consigliato; voleva immediatamente affrontare il ritorno alle sue origini, alla casa di suo padre e dava per scontato che lei lo accompagnasse.
E quando, seppure debolmente, lei aveva provato a spiegargli che non era la persona più adatta ad aiutarlo, lui aveva zittito le sue fragili proteste, dicendole che in realtà lo stava già facendo. 
Alla fine, quando finalmente il momento era arrivato, glielo aveva detto: sarebbe stato molto difficile dimenticare la sua espressione smarrita ed interrogativa, sapeva bene che lui non aveva immediatamente capito cosa realmente intendesse dirgli perché era imbarazzata e ci aveva girato intorno dicendogli di non essere né la sua psicologa né tantomeno un’amica e di dover scegliere cosa essere per lui, poi quando aveva visto che lui ancora non capiva era stata costretta ad essere meno sibillina e rivelargli che il vero problema era quello che provava per lui, che era troppo coinvolta per aiutarlo; a quel punto lui non aveva replicato ma l’aveva guardata in maniera strana e lei incapace di sostenere oltre il suo sguardo, era andata via.
Lui era rimasto lì su quella panchina non sapeva per quanto tempo, con lo sguardo fisso al punto in cui la figura di Claudia, via via che si allontanava, si era confusa con la linea dell’orizzonte; la aveva guardata andar via incapace di distogliere lo sguardo, incapace di muoversi, di seguire l’istinto che, nel momento stesso in cui lei gli aveva svelato i suoi sentimenti, aveva sentito impellente dentro di sé e che gli rendeva quasi indispensabile toccarla, abbracciarla, tenerla stretta a sé per consolarla, per dirle che anche lui sentiva le stesse cose, l’identico impulso, il medesimo desiderio reso ancora più accentuato dalla consapevolezza che quelle sensazioni erano un qualcosa di proibito, qualcosa che gli era negato ma che voleva quasi disperatamente; e nello stesso tempo cominciava a formarsi dentro di sé l’idea che se quel qualcosa era nato non poteva essere sbagliato; e mentre quel tumulto di pensieri si agitava in lui, era rimasto immobile cercando di assorbirle; mai avrebbe potuto immaginare che anche lei provasse le stesse cose; era sorprendentemente piacevole ma allo stesso tempo spaventosamente terribile l’idea di Claudia che provava dei sentimenti per lui, che sentiva lo stesso desiderio, lo stesso impulso irrefrenabile; adesso che tutto era chiaro, palese tra di loro si chiedeva dove avrebbe trovato la forza per starle lontano, per non assecondare il suo istinto, il suo desiderio di amarla e di essere amato da lei.
Aveva lottato fermamente perché non accadesse: si era aggrappato alla ragione, al buon senso, alla sua fede, ma era stato tutto inutile; aveva tentato dapprima di ignorare e poi di maltrattare quel sentimento che gli stava scoppiando dentro ma poi aveva capito che non poteva opporsi; i suoi tentativi erano stati vani; pensava che sarebbe stato così meravigliosamente semplice prenderle la mano, trattenerla, impedirle di andare via, dare consistenza al suo desiderio di stringerla a sé e di baciarla così come desiderava fare da tanto tempo, fino a perdere il fiato e la ragione, potersi perdere in lei per ritrovare se stesso, ma non sarebbe stato giusto: lei non meritava i suoi dubbi, le sue incertezze, meritava qualcuno che la amasse senza riserve, qualcuno che scegliesse lei e non tornasse più indietro.
Non poteva farle questo ma non poteva nemmeno rinunciare a lei.
A fatica si era ridestato da quelle fantasie ad occhi aperti ed era stato nuovamente catapultato nella sua realtà; non aveva proprio messo in conto di dover affrontare i suoi demoni senza la presenza di Claudia accanto a sé e sentiva di essere quasi sopraffatto dall’idea; ma non poteva fare a meno di provarci; gli era costato tanto giungere a quella determinazione: aveva dovuto combattere con se stesso, con le proprie paure, le proprie angosce ed aveva anche dovuto subire le recriminazioni dello zio che era terrorizzato dall’idea che gli potesse accadere qualcosa e scaricava la colpa di tutto su Claudia che, a suo parere, non aveva fatto altro che riempire la sua vita di dubbi; ma lui aveva assolutamente bisogno di ricostruire il suo passato e poi anche lei non si sarebbe aspettata qualcosa di diverso da lui; doveva cercare di capire cosa si celasse al di là dei suoi incubi ed il punto di partenza era lì, la casa di suo padre.  

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** V ***


V
Aveva fatto una lunga doccia cercando di scrollarsi di dosso l’amarezza, la rabbia, la frustrazione; sentiva ancora su di sé lo sguardo di Gabriel, pieno di smarrimento e di un qualcosa di indefinito che non era riuscita a decifrare; e la colpa di tutto era sua: lei lo aveva convinto a scavare nella sua amnesia e poi si era tirata indietro, lasciandolo da solo; era sicura che lui non avrebbe rinunciato; gli era costato troppo giungere a quella decisione e non si sarebbe tirato indietro; sperava solo che lui riuscisse a trovare quello che stava cercando.
Sentì bussare alla porta; strano; non aspettava nessuno; per un fugace momento pensò potesse trattarsi di Gabriel ma scacciò subito quel pensiero; sapeva che lui avrebbe rispettato i suoi sentimenti e le sue emozioni; restò, quindi, senza parole, quando si rese conto che si trattava dello zio, Monsignor Antinori; non riusciva a spiegarsi il motivo, ma quell’uomo le metteva sempre una strana inquietudine addosso e non era per il ruolo che rivestiva o l’abito che portava; semplicemente non le piaceva il suo atteggiamento iperprotettivo nei confronti di Gabriel che in passato gli aveva impedito di compiere le sue scelte e continuava anche adesso ad ostacolare il suo cammino verso la verità, impedendogli di decidere liberamente.
Anche questa volta Claudia non sfuggì a quella strana agitazione, ma per reazione diventò quasi irriverente ed irrispettosa, accendendosi noncurante una sigaretta e sbuffandogli quasi il fumo in faccia, mentre lui, senza troppi convenevoli, la rimproverava per la sua imprudenza e per l’incoscienza che aveva mostrato nello spingere Gabriel ad indagare sul suo passato senza minimamente curarsi delle conseguenze; lei aveva provato a difendere il diritto di Gabriel a decidere liberamente perché si trattava di cose che riguardavano soprattutto lui e non altri, ma il cardinale aveva assorbito con aria di sufficienza le sue rimostranze, continuando a sottolineare il pericolo cui Gabriel si esponeva, mostrandole poi le prove delle sue affermazioni: erano le lastre di una tac; Claudia non aveva bisogno che il monsignore le spiegasse quello che aveva sotto gli occhi: la lesione per il trauma cranico che aveva provocato il coma di Gabriel a seguito dell’incidente che aveva subito da bambino non si era mai riassorbita; e quindi, pensò, era costantemente sottoposto a rischio, a maggior ragione se si fosse trovato in situazioni di forte emotività che potevano essergli addirittura fatali: ora riusciva a capire perché Gabriel era stato così male con Agata e poi con Stefano; le forti emozioni vissute in quei momenti di tensione avevano sicuramente avuto una palese conseguenza sulla sua situazione clinica e lo avevano esposto al rischio di una ricaduta nel coma; ora riusciva anche a capire meglio le ragioni dello zio; non era per la sua ansia di controllo sulla vita e sulle scelte del nipote; semplicemente era preoccupato per la sua salute; il suo senso di colpa cominciò ad aumentare a dismisura mentre il monsignore le dava il colpo di grazia dicendole che l’avrebbe ritenuta personalmente responsabile se fosse accaduto qualcosa a Gabriel.
Claudia non aveva bisogno che il monsignore la richiamasse alle proprie responsabilità; era lei che non avrebbe mai potuto perdonare se stessa se a Gabriel fosse successo qualcosa di male; lei lo aveva condotto sin lì e già si sentiva male all’idea di averlo lasciato da solo; adesso le sembrava tutto così assurdo, ora che riusciva a pensare solo al fatto che Gabriel era in pericolo, le sembrava insensata ed inconcepibile la scelta che aveva fatto di non continuare a stargli vicino per essere fedele ad una stupida idea di correttezza professionale; ora voleva solo essere lì con lui, sostenere il suo fardello, proteggerlo dalle sue paure, aver cura di lui.
Questo era l’unico pensiero coerente che riusciva ad articolare in quel momento, mentre si precipitava freneticamente verso casa Antinori, continuando invano a chiamarlo sul cellulare, sperando e pregando il Dio di Gabriel che non fosse già troppo tardi.
Lui intanto aveva tenuto fede alle proprie decisioni e dopo una lunga corsa in moto era finalmente arrivato lì dove tutto era cominciato: era un palazzo antico circondato da un grande parco, ma tutto era in uno stato di abbandono tale che rendeva l’atmosfera, se possibile, ancora più opprimente; il suo sguardo, quasi immediatamente, si era automaticamente diretto verso il tetto, lo stesso che compariva nei suoi incubi, lì dove quella terribile notte lui era salito, non ricordava più per quale ragione, e nella caduta che ne era seguita, sua madre gli aveva fatto da scudo con il suo corpo, sacrificando la sua vita per salvarlo.
E poi gli vennero in mente quelle strane figure che erano comparse nel suo presente, quel Bonifacio di cui gli aveva parlato Munster, quell’uomo misterioso che aveva comprato la casa dei gemelli e che aveva portato via Agata, quella sensazione di essere costantemente seguito, osservato, spiato, e poi la scoperta dell’esistenza di quella organizzazione che aveva lo stesso nome dell’opera di Giordano Bruno, “Il Candelaio”; non sapeva perché ma era convinto che tutte quelle strane coincidenze fossero collegate ai misteri del suo passato, racchiusi nel segreto di quella villa.
Aprì la pesante porta di ingresso e cominciò ad avanzare lentamente all’interno; ma quasi immediatamente cominciò ad avvertire un forte senso di oppressione al petto unita alla sensazione di non riuscire ad inspirare ossigeno sufficiente per respirare; dovette fermarsi ed appoggiarsi alla parete per calmarsi e riprendere il controllo del proprio corpo; tentò di avanzare ancora, ma l’ansia e l’agitazione presero nuovamente il sopravvento su di lui che fu costretto ad interrompere la sua esplorazione, sedendosi ripiegato su se stesso, mentre cercava di riprendere a respirare normalmente.
Fu così che lei lo trovò, comprese immediatamente il suo stato di prostrazione e gli si avvicinò, ponendogli una mano carezzevole sulla schiena, cercando di infondergli, ad un tempo, protezione e forza; lui si rialzò lentamente avvertendo il tocco delicato della sua carezza, era venuta da lui alla fine, pensò, mentre senza quasi rendersene conto, sul suo volto compariva un debole sorriso di involontario compiacimento; espresse quel pensiero ad alta voce, e lei, con un velo di imbarazzo, ma sincera come sempre, gli rivelava che non avrebbe mai potuto lasciarlo da solo.
Le parlò del vuoto della sua mente che non gli consentiva di ricordare niente malgrado, in quel posto, fossero morti i suoi genitori e fosse successo l’incidente che aveva così pesantemente condizionato la sua vita; lei allora gli ricordò del luogo che compariva nei suoi sogni, il corridoio, invitandolo con un cenno silenzioso a recarvisi, nella speranza che potesse stimolare i suoi ricordi assopiti. Salirono le scale che portavano al piano superiore e cominciarono a percorrerlo mentre Gabriel avvertiva la presenza di ombre oscure allungarsi su di loro che, unita alla consapevolezza di trovarsi nel luogo dei suoi incubi, scatenò in lui una reazione di panico paralizzante; cominciò a respirare faticosamente quasi annaspando alla ricerca di aria; Claudia capì immediatamente che stava cominciando a subire gli effetti di un attacco di panico, gli prese il viso tra le mani invitandolo a respirare profondamente; la sua carezza dolce, leggera, calda ebbe il potere di farlo tornare in sé; continuarono ad avanzare, fino ad aprire quella porta che era l’ultimo ricordo cosciente dei suoi incubi dai quali si risvegliava senza mai riuscire a scoprire cosa vi si nascondesse.
Si trovarono così nel vecchio studio di suo padre, ma i ricordi ancora non riaffioravano, iniziò allora ad aprire i cassetti dei pochi mobili rimasti alla ricerca di qualcosa che potesse stimolare la sua mente fino a che non trovò un carillon, la musica era la stessa dei suoi sogni; non riusciva a ricordare perché da bambino, la notte dell’incidente, si era diretto verso quella stanza ma rammentava perfettamente la sensazione di esserne stato irrimediabilmente attratto.
Decise di trascorrere lì la notte e lei assecondò il suo desiderio; cercarono di sistemarsi alla meno peggio in quello che doveva essere stato un ampio salone dove ancora campeggiavano un divano e delle poltrone dall’aria non molto comoda ed un imponente camino, fortunatamente ancora funzionante.
Lui era riuscito a trovare delle coperte ma niente di commestibile, solo una bottiglia impolverata di un vino pregiatissimo; qualche sorso avrebbe potuto essere d’aiuto a calmare i nervi messi a dura prova dagli accadimenti della giornata appena trascorsa; niente bicchieri; lei, come suo solito, non si perse d’animo ed apprezzando la qualità del vino, tracannò direttamente dalla bottiglia per poi passargliela ed invitandolo a fare altrettanto.
Lui rimase affascinato dalla inconsapevole sensualità di quel gesto e dall’intensità della propria reazione alla grande intimità che implicava; tanto che, quando anch’egli assaporò il piacevole liquido ambrato, ebbe quasi la sensazione di assaggiare il sapore delle sue labbra, come in una strana proprietà transitiva tra vino, bocca, bottiglia, labbra; ne ricordava ancora la morbidezza, quando lei lo aveva baciato e lui non aveva fatto niente per impedirlo; al solo pensiero, riaffiorò il solito senso di colpa ma ancora più potente ed irrefrenabile, il sangue che gli affluiva rapidamente al cervello ed una fitta al ventre che ebbe il potere di spaventarlo.
Poi si impose di porre un freno alle sue fantasie; doveva necessariamente perché la situazione non gli era assolutamente d’aiuto; la calda luce del camino, l’atmosfera soffusa della stanza, il vino che aveva avuto il potere di rilassare le sue membra e poi la vicinanza di lei, l’idea di trascorrere la notte insieme da soli conduceva la sua mente verso sentieri impercorribili ma sempre più desiderati; cercò di concentrarsi sulle sue parole anche se spesso era costretto a distogliere lo sguardo perché rischiava di essere distratto dalla dolcezza dei suoi occhi, dalla perfezione delle sue guance arrossate dal calore del fuoco, dall’invito che leggeva sulle sue labbra; eppure non era facile; gli avvenimenti di quella strana giornata lo avevano completamente destabilizzato mentre l’unico punto fermo al quale si era ritrovato ad aggrapparsi,  ben felice di farlo era lei; aveva quasi la sensazione che lei, in qualche modo, ci fosse sempre stata[1].
Si ritrovò quasi ipnotizzato a fissarla senza riuscire a trovare la forza e la volontà di smettere, mentre lei gli raccontava della sua adolescenza, dell’astio che ancora sentiva nei confronti dei suoi nonni, rei, a suo parere, di essere stati i responsabili del fallimento dell’unione tra i suoi genitori che, pur formando una coppia improbabile, sarebbero stati ancora insieme felici e innamorati, senza quelle ingerenze; e quando lui, quasi obbedendo ad una volontà non sua, ma ad un istinto ed un impulso incontrollabile, le si era avvicinato impercettibilmente, tentando di obiettare che lei stessa li aveva definiti una coppia improbabile, lei, guardandolo intensamente negli occhi, aveva replicato che erano si una coppia improbabile ma non impossibile…;
Ci fu qualcosa nel tono della sua voce o nell’intensità del suo sguardo che gli fece capire che ormai Claudia non stava più parlando dei suoi genitori, ma di loro stessi, di quello che provavano, del sentimento che poteva avere la speranza di una possibilità ed allora lui, nello stesso momento, la intravide quella possibilità e la desiderò ardentemente; improvvisamente sentì salire dentro di se un calore enorme che quasi lo fece vacillare e il respiro divenne affannoso, quasi come se avesse smesso di respirare; in quegli interminabili istanti si avvicinò sempre di più, ad occhi chiusi, avvertendo il suo profumo inconfondibile, assaporando lentamente l’idea della consistenza delle sue labbra, sentendo il suo respiro caldo raggiungergli le labbra ad un soffio dalle sue; arrivò a sfiorargliele in una interminabile e languida carezza a fior di labbra ed indugiò a lungo mentre sentiva che lei le aveva dischiuse pronta ad accoglierlo; sentiva di non potersi e di non volersi fermare mentre avvertiva il battito del suo cuore pulsare nelle tempie ed il sangue scorrere sempre più velocemente; era una follia, lo sapeva, ma avrebbe voluto tanto perdersi e sprofondare in essa; eppure non poteva, appoggiò per un istante la fronte alla sua per ritrovare la forza per staccarsi da lei, riaprì gli occhi per riprendere contatto con la realtà e si ritrovò addosso i suoi di occhi, interrogativi, delusi e sofferenti; si alzò senza parole, deciso a mettere la più ampia distanza tra di loro, incapace di sopportare il suo dolore e spaventato dalla forza del suo desiderio che, per un istante troppo lungo, gli era sembrato che lo travolgesse e dal quale forse avrebbe preferito essere travolto.
 
[1] Cit. parafrasata di “Ci sei sempre stata” Ligabue

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** VI ***


VI
Era stata una notte terribile; aveva fatto fatica a prendere sonno per l’agitazione ed il tumulto che quel bacio mancato aveva suscitato in lui; bruciava ancora di desiderio represso come sicuramente stava bruciando anche lei, nel buio e nel silenzio che non osavano infrangere; e poi, averla così vicina non gli era assolutamente di aiuto. Dopo un po’che si era rivoltata alla ricerca di una posizione un po’ più comoda, anche lei si era assopita accovacciata sul divano ed avvolta in una coperta, e così anche Gabriel:  la stanchezza aveva avuto la meglio sulle sue membra affaticate ed aveva potuto rifugiarsi nell’oblio del sonno.
Non riusciva ad avere consapevolezza di quanto tempo fosse trascorso ma all’improvviso aveva aperto gli occhi perché aveva udito distintamente quella melodia; per un momento aveva pensato di star sognando perché, nell’aprire gli occhi, gli era sembrato strano ritrovarsi anche nella realtà, nel luogo dei suoi sogni; per un momento pensò alle strane implicazioni di quel pensiero, vivendo sulla sua pelle il dilemma che aveva mosso tutti i filosofi sin dall’inizio dei tempi, se cioè il suo mondo fosse costituito da cose vere o piuttosto se fosse circondato dalla coscienza e se fosse più reale il sogno o la vita vera e se fosse possibile distinguere tra l’uno e l’altra.
Non ebbe però il tempo di rifletterci perché il cigolio di una porta che si apriva attirò la sua attenzione mentre continuava a sentire quel suono; si diresse verso la direzione da cui proveniva la musica e si ritrovò nuovamente nell’antico studio di suo padre: il carillon era lì, stranamente aperto, si guardò intorno per accertarsi di essere solo, poi lo sollevò e si ritrovò a fissare la sua immagine riflessa nello specchio che ricopriva la parte superiore dell’apparecchio; lo richiuse e, nello stesso istante, un’immagine terribile si rivelò ai suoi occhi: era il fantasma di suo padre con gli occhi sbarrati dal terrore, la bocca aperta in un urlo silenzioso, la camicia inondata dal sangue rappreso.
Fece un balzo all’indietro per la paura e l’autentico terrore che provava; trovò alle sue spalle la parete della stanza che gli impediva di allontanarsi ancora e si accasciò paralizzato contro di essa mentre il suo urlo lancinante riecheggiava lungo le stanze ormai semideserte fino a raggiungere Claudia che dormiva al piano di sotto.
Lei si svegliò di soprassalto, vide che lui non era più sulla poltrona dove si era sistemato per dormire e si precipitò in direzione dell’urlo straziante che aveva udito; lo trovò rannicchiato in un angolo della stanza, sconvolto, tremante, con lo sguardo perso nel vuoto, incapace anche di parlare mentre cercava di respirare profondamente per tentare di riacquistare il controllo su di sé; gli aveva chiesto immediatamente cosa fosse successo, pregandolo di parlarle e prendendogli il viso tra le mani per attirare la sua attenzione. Lui l’aveva fissata con uno sguardo vacuo e poi gli aveva rivelato l’incredibile: aveva visto il fantasma di suo padre.
In quel momento, lei non aveva pensato all’assurdità della situazione; non era stata nemmeno sfiorata dall’idea di cercare una spiegazione razionale alla visione di Gabriel né tantomeno le era balenata nella mente, l’idea di non credergli; semplicemente, nel vederlo così indifeso ed impaurito, aveva seguito il suo istinto e lo aveva attirato verso di sé, stringendolo in un abbraccio, carezzandogli il viso ed il collo ed avvicinando il suo volto a quello di lui per fargli sentire il suo calore e per acquietare la sua paura.
La luce del mattino non aveva scacciato i fantasmi della notte appena trascorsa; Gabriel continuava a vedere l’urlo muto del fantasma di suo padre ma adesso riusciva a controllare la sua paura; aveva solo il desiderio di capire, di comprendere quale potesse essere il senso di quella visione e soprattutto quell’urlo senza suono; aveva quasi la sensazione che suo padre volesse comunicargli qualcosa e quindi continuava a guardarlo per tentare di decifrare quel mistero; e poi, un’amara consapevolezza si faceva strada dentro di lui che gli sembrava l’unica spiegazione plausibile: era stato suo padre a spaventarlo da bambino e perciò lui aveva tentato di scappare trovando una via di fuga sul tetto del palazzo con tutto ciò che ne era conseguito; però non riusciva a capire il perché; e poi c’era un altro dubbio che lo assillava; a lui avevano sempre raccontato che suo padre si era impiccato e non si spiegava, invece, perché gli apparisse in quel modo, con quella ferita al petto come se la causa della morte fosse stata un’altra.
I suoi pensieri furono interrotti da Claudia che lo cercava per assicurarsi che stesse bene; lui aveva eluso la sua domanda perché non stava affatto bene ma sentiva tuttavia di aver fatto un passo avanti; almeno adesso ricordava cosa lo avesse spaventato da bambino: era stato il fantasma di suo padre; ma Claudia, alla luce del giorno, aveva riacquistato la sua fredda razionalità e lo aveva guardato con sguardo scettico, senza profferire parola al riguardo ed esprimendo soltanto il desiderio di tornare a casa; ma non ce ne era bisogno, lui aveva capito, ormai la conosceva e sapeva che non gli credeva.
Erano usciti senza guardarsi e nel silenzio più assoluto: lui era irritato dal quel suo voler trovare sempre un senso a tutto soprattutto perché al contrario lui viveva di arcani, di fatti inspiegabili e pensava non fosse possibile spiegare ciò che non può essere spiegato né con la ragione nè con la fede e che in quel non so che di mistero c’era qualcosa di incredibilmente appassionante; era irritato anche con se stesso perché non riusciva a spiegarsi per quale motivo avvertiva il bisogno quasi vitale della sua approvazione e della sua fiducia; e poi aveva paura, paura che lei pensasse che stesse perdendo il lume della ragione e lo abbandonasse alle sue visioni; senza di lei, senza il suo aiuto non ce l’avrebbe fatta.
Claudia era perfettamente consapevole dello stato d’animo di Gabriel, sapeva che in quel momento ce l’aveva con lei e comprendeva anche il suo bisogno di scaricare la tensione per tutto quello che era successo; anche lei, però stava vivendo un forte tumulto interiore, faceva fatica ad entrare completamente nel suo mondo anche perché avrebbe significato rinnegare tutto quello in cui aveva sempre creduto; nello stesso tempo sentiva però che l’avrebbe seguito in capo al mondo se questo avesse potuto significare stargli vicino; malgrado tutto e nonostante il suo atavico bisogno di incasellare ogni cosa, si fidava di lui, rinunciando per una volta a chiedersi quale potesse essere il senso di tutto quello che stava accadendo: quello che provava, ciò che sentiva era più forte della sua urgenza di dare un ordine razionale all’irrazionale.
E soprattutto sentiva l’esigenza impellente di dirglielo, non poteva consentire che lui andasse via così, nell’incomprensione, nel non detto, lasciando che quel distacco scavasse un solco insormontabile tra di loro; questo pensava Claudia mentre si avvicinava lentamente alla sua automobile; allora, d’impulso era tornata indietro verso di lui per esprimergli quello che provava: “Senti … io non lo so se quello che hai visto è il fantasma di tuo padre o una tua proiezione … però, volevo dirti … che mi fido di te” gli aveva detto mentre la sua mano, in maniera istintiva ed incontrollabile, era salita a carezzargli il viso.
Lui l’aveva guardata negli occhi ed aveva capito che lei era pronta a sconfessare se stessa e tutto quello in cui aveva sempre creduto per lui; comprese che quelle semplici parole, quel “mi fido di te” erano l’espressione manifesta di una forma di amore sublime proprio perché esaltato dall’idea del sacrificio; era anch’esso un sacramento anche se di tipo diverso.
Ed in quel preciso istante sentì che non esisteva più niente: la ragione, il buon senso, la fede, il suo credo, la congregazione: c’erano solo loro e quel legame più forte di ogni convenzione; la mano di Gabriel salì a prendere la sua che ancora percorreva lentamente il suo viso, lì dove sentiva che la pelle bruciava: vi intrecciò le dita e, poi, senza più pensare a niente, la baciò: l’aveva desiderato ed immaginato da sempre, ma non poteva certamente immaginare l’effetto che quel contatto ebbe su di lui: la realtà andava ogni oltre sogno, oltre ogni umana immaginazione: le braccia di lei gli salirono intorno al collo, le sue braccia la cinsero alla schiena, spasmodiche; sentiva le labbra morbide, dolcissime e bollenti di lei ed allora perse completamente il controllo mentre si insinuava nella sua bocca alla immediata ricerca di un contatto più profondo, più intimo, cercando di avvicinarsi sempre di più: aveva la sensazione di non riuscire a tenerla stretta quanto bastava per placare l’urgenza che sentiva crescere dentro e poi la percezione di non avvertire più il proprio corpo ma di sentire le ossa sciogliersi e diventare fuoco liquido; la sentiva appassionata e fremente sotto il suo assalto e l’intensità della reazione di lei, così calda e sensuale, lo infiammò ancora di più e continuò ad insinuarsi nella sua bocca, avido e pieno di passione; la sua lingua la cercava come un assetato; il corpo caldo di lei tremante contro il suo; il suo sapore inebriante, la loro essenza intrappolata sulle sue labbra che gli infiammava il sangue ed il cervello: nessun pensiero, nessuna idea, nessuna ragione; solo la voglia di lei, pura e semplice: desiderava che fosse sua anche solo per una volta ed avrebbe voluto che quel contatto non avesse mai fine.
Ed anche lei si era persa; aveva sentito le sue labbra morbide e calde ed allora aveva dischiuso le proprie, lasciandolo entrare nella sua bocca; sentiva il corpo di lui che la stringeva frenetico e fu costretta ad aggrapparsi a lui perché aveva la sensazione di cadere nel vuoto; si era lasciata andare allo sfiorarsi dolce delle labbra, agli sfioramenti delle loro lingue dapprima timorose poi più provocanti a penetrare nella bocca dell’altro per scoprire il senso di loro stessi; la sua lingua non le dava tregua e lei rispose in maniera appassionata a quelle carezze, a quei gesti nuovi ed inaspettati, con il fiato spezzato ed i pensieri confusi; lo baciò quasi disperatamente per la forza di quel desiderio troppo a lungo inappagato e si lasciò trascinare a lungo in quel contatto: ma era lei quella razionale, avvertiva che Gabriel non avrebbe avuto in quel momento la forza per fermarsi: dal momento in cui aveva ceduto alla passione ed al desiderio, sensazioni per lui nuove ed inarrestabili, non sarebbe stato in grado di frenarsi: e lei non voleva essere solo un momento di follia, voleva che la sua scelta fosse pienamente consapevole e soprattutto che non tornasse più indietro.
Ed allora fu lei a staccarsi per prima mentre lui continuava ad inseguire le sue labbra deciso a baciarla ancora ed ancora fino a perdersi completamente in lei mentre, guardandola negli occhi, riusciva a formulare un solo pensiero coerente: non avrebbe potuto più vivere pensando di dover fare a meno di quelle sensazioni e se avesse dovuto rinunciare a viverla completamente: aveva già perso fin troppo tempo nel combattere una battaglia in cui si sentiva l’unico perdente; lei l’aveva guardato con dolcezza e determinazione insieme ed allora lui aveva capito che Claudia voleva lasciargli il tempo ed il modo di riflettere e di assimilare quello che era successo.
In quel momento, nessuno dei due poteva nemmeno lontanamente immaginare che quel momento così intimo aveva avuto un silenzioso testimone che aveva immortalato quegli istanti e che ciò avrebbe influito in maniera così determinante sulle loro scelte.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** VII ***


VII
Pietro aspettò fino ad essere sicuro che Gabriel e Claudia fossero andati via e poi, anche lui tornò indietro, portando con sé il suo ingombrante fardello; per un momento aveva pensato di buttarle via, di cancellare quelle foto che aveva rubato, violando con l’inganno e i sotterfugi quel momento così intimo che doveva restare assolutamente segreto per le conseguenze che sarebbero potute derivare se quelle immagini fossero finite nelle mani sbagliate; ma, in fondo, si fidava di padre Isaia: era sicuro che voleva bene a Gabriel e credeva a quello che gli aveva detto e cioè che era preoccupato per lui e che voleva solo aiutarlo; anzi era contento di poter condividere quel segreto con qualcuno che avrebbe saputo, meglio di lui, come gestire la situazione; o forse era solo un alibi: aveva un assoluto e disperato bisogno di quella borsa di studio.
Scacciò quel pensiero e con esso le angosce che comportava e la sua mente tornò a quello che aveva visto; in fondo non era stato colto di sorpresa; lui e Giulia avevano capito già da tempo che la dottoressa si era innamorata di Gabriel e che anche lui non era completamente indifferente al suo fascino; negli ultimi tempi erano sempre più spesso insieme, a tratti sembravano davvero una coppia e lui e Giulia ci avevano anche scherzato su, tra di loro, nel ricordare l’espressione smarrita di Claudia quando aveva saputo che Gabriel era un sacerdote; poi lui era comunque un prete sui generis: era quello che invitava i suoi studenti a farsi le domande piuttosto che cercare le risposte; probabilmente anche lui continuava a porsi delle domande, quelle che non trovavano una risposta assoluta nella sua fede e Claudia, forse, poteva esserlo, una risposta.
Aveva dovuto ricredersi però; quando aveva consegnato le foto a padre Isaia, gli aveva visto una strana luce negli occhi, un ghigno quasi maligno che lo aveva spaventato ed irritato; e, poi quella insinuazione maliziosa sul fatto che Gabriel e Claudia avessero trascorso la notte insieme quasi come se fosse certo che tra di loro ci fosse stato qualcosa di più di quel bacio; e la connotazione che aveva dato a quel qualcosa, come se fosse peccaminoso, frutto degli istinti più bassi e non magari l’espressione più alta di un sentimento puro, limpido, sincero che poteva essere nato tra di loro; avrebbe dovuto prevederlo; in fondo conosceva bene l’intransigenza di Isaia, il suo integralismo quasi fanatico che gli impediva di cogliere le sfumature più profonde di quello che poteva esserci oltre l’apparenza.
Ma oramai era fatta; si era venduto come Giuda per quella maledetta borsa di studio; pregò in cuor suo che Gabriel non scoprisse mai quello che aveva fatto e che non gli accadesse nulla di male a causa del suo tradimento….
Gabriel intanto, era tornato alla sua vita, ai suoi impegni, ai suoi doveri o almeno cercava di farlo nel tentativo di sospendere i pensieri che lo assillavano: i misteri che ancora popolavano il suo passato ed il desiderio quasi inarrestabile di abbandonarsi alla voglia che aveva di lei: stranamente, non provava nessun senso di colpa per quello che era successo; sentiva che era stato inevitabile, una forza maggiore alla quale, pur provando, non aveva potuto opporsi; lo aveva desiderato tanto, ma fino a quando aveva pensato che si trattasse di una emozione a senso unico, era riuscito a trattenersi, a soffocare i suoi impulsi ed i suoi sentimenti; ma tutto era cambiato quando aveva capito che anche Claudia provava le stesse cose; da allora non aveva più potuto impedire alla sua immaginazione di fantasticare su loro due insieme; non c’era niente da fare: lo desiderava ancora anzi sentiva di volere di più perché quel bacio non aveva placato la sua sete, anzi: lontano da lei, il solo pensare a quei momenti gli accelerava il respiro, averla sentita così arrendevole, appassionata tra le sue braccia lo aveva letteralmente trascinato via; dimentico di tutto, era rimasto consapevole solo delle sue labbra, delle sue carezze, del tumulto del suo cuore impazzito, quasi sul punto di esplodere; ma sapeva di aver ancora bisogno di riflettere, di capire, perché la sua vita, il suo stato era incompatibile con il sentimento che provava e doveva compiere delle scelte che avrebbero sconvolto totalmente tutto ciò che era stato fino a quel momento; Claudia non meritava niente di meno né tantomeno la forza del suo sentimento e la sua morale gli avrebbero consentito alcuna sorta di compromesso.
Aveva tratto un sospiro di sollievo quando aveva capito che lo zio lo aveva cercato solo per sottoporgli un altro caso all’apparenza inspiegabile, una ragazza che era rimasta incinta, pur essendo vergine, e che presentava uno strano simbolo quasi impresso a fuoco sull’addome; avrebbe potuto così sottrarsi al suo sguardo inquisitore, alle sue domande imbarazzanti, non voleva parlarne con lui, non avrebbe saputo cosa dirgli, anche perché alle immagini terrificanti del fantasma di suo padre si sovrapponevano, sempre più prepotentemente, i ricordi dei momenti di intimità vissuti con Claudia e quasi non riusciva più a scindere, nella sua mente, tra gli uni e gli altri.
Eppure non aveva potuto sottrarsi a quel confronto perché lo zio, dopo aver congedato Isaia, aveva voluto sapere se gli aveva fatto male tornare alla casa di suo padre; ed allora aveva mentito, tacendogli la verità, ed aggiungendo peccato a peccato; cominciava a chiedersi dove sarebbe andato a finire continuando di quel passo, ma poi aveva pensato che era meglio così: suo zio gli era sembrato particolarmente affaticato e non voleva dargli altri pensieri, ansie o preoccupazioni, scaricandogli addosso i suoi problemi; non era il momento.
L’aveva rivista subito dopo e, cosa strana, tra loro non vi era stato alcun imbarazzo, come se tutto fosse estremamente naturale; solo, forse, la voglia di averla vicina espressa in maniera più palese, meno nascosta e lo sguardo di lei che lo accarezzava  ancora più dolcemente e quel sorriso che aveva il potere di rasserenarlo, di farlo sentire al sicuro.
Le aveva chiesto di aiutarlo con il caso che gli era stato assegnato dalla Congregazione e lei aveva accettato senza alcuna esitazione, felice che lui sentisse la necessità del suo aiuto, della sua vicinanza, della sua presenza accanto a lui e compiaciuta perché era l’unica a conoscere i segreti che aveva scoperto alla villa di suo padre; lui non aveva detto niente nemmeno allo zio e la cosa la aveva sorpresa in maniera piacevole: era un momento solo loro ed  il fatto che solo loro ne fossero a conoscenza li rendeva ancora più complici ed uniti; e poi, anche lei avvertiva il bisogno quasi vitale di stare con lui.
E Gabriel, fortunatamente, aveva potuto contare sulla presenza di Claudia perché altrimenti non sapeva come avrebbe fatto a superare quei momenti; era successo di tutto: suo zio ricoverato in ospedale per un collasso, il ritrovamento del fascicolo relativo alla morte di suo padre che, con la complicità di Alonso, aveva trafugato dall’archivio segreto della Congregazione, in cui aveva trovato la conferma del decesso per impiccagione, in contrasto con quanto aveva visto durante l’apparizione dello spirito di Sebastiano; l’impossibilità di chiedere lumi a suo zio, confinato in un letto di ospedale; la conferma dello stato depressivo di cui era caduto vittima suo padre prima del suicidio, senza tuttavia riuscire a scoprirne le ragioni perché il vecchio collega di lavoro di Sebastiano, al quale si era rivolto per avere notizie, non aveva saputo o voluto dirgli di più… e poi, quel maledetto incubo che aveva cominciato a perseguitarlo; rivedeva se stesso, coperto di sangue, si guardava allo specchio e non poteva fare a meno di urlare senza avere più fiato e poi si risvegliava terrorizzato, realizzando che aveva sostituito se stesso con l’immagine che gli era apparsa del fantasma di suo padre; Claudia continuava a dirgli che si trattava solo di una sua proiezione, ma lui sapeva che non era così; quella visione era così reale, così agghiacciante che non poteva essere solo il frutto della sua fantasia.
E poi, quel caso così inquietante, e le sue strane implicazioni; Sara, la ragazza di cui si stava occupando aveva perso l’amore della sua vita, Mattia, in un incidente aereo dai contorni misteriosi: il suo corpo non era mai stato ritrovato ed il desiderio di Sara di continuare ad avere un contatto con lui l’aveva trasformato, nella sua mente, in una sorta di angelo che tornava a trovarla; Sara era convinta che il bambino che aspettava fosse di Mattia e non era disposta ad accettare una verità diversa.
Ed allora Gabriel non poteva fare a meno di pensare alla tenacia di quell’amore, così assoluto, così dirompente, più potente del destino, più forte della morte e non poteva fare a meno di chiedersi se anche il suo amore sarebbe stato in grado di sconfiggere i dubbi, le incertezze che lo attanagliavano, ma era tristemente consapevole di non essere in grado di dare ancora una risposta a quelle domande; alla fine dei conti e quasi in maniera paradossale, era Sara che rappresentava un esempio da seguire e non un caso da risolvere.
Eppure non aveva potuto fare a meno di cercare il conforto di Claudia, il suo consiglio, raccontandole del suo ultimo incubo, quello in cui sovrapponendo l’immagine di se stesso a quella di suo padre, si rivedeva coperto di sangue, paralizzato nello stesso urlo muto; aveva meditato a lungo su quella visione ed alla fine aveva ipotizzato che il significato di quel sogno non fosse poi così simbolico come aveva pensato in un primo momento, e come la stessa Claudia era propensa a credere che, cioè, si trattasse del desiderio di dare voce a qualcosa di profondo.
Gli era venuto in mente San Romano che era sì un santo al quale avevano tagliato la gola, ma anche il nome di una località in cui c’era una casa di campagna dove suo padre l’aveva portato spesso da bambino.
Questa volta la corsa in moto l’avevano fatta insieme; entrambi con la mente ancora persa nel ricordo di ciò che era accaduto l’ultima volta che si erano ritrovati insieme alla ricerca delle verità perdute;  lui dolorosamente e spaventosamente consapevole della sua presenza dietro di sé, delle sue braccia strette intorno ai suoi fianchi e lei che, stranamente incerta, faceva fatica ad aggrapparsi a lui, anche a discapito della sua sicurezza; aveva paura Claudia, paura di illudersi, paura di assaporare ancora quel contatto per poi essere costretta a rinunciarvi per sempre: sapeva di non avere la forza di sopportare quella perdita.
Poi erano finalmente arrivati; erano entrati all’interno della casa e la loro attenzione era stata immediatamente attirata da un baule pieno di libri antichi, tutti di natura esoterica; vi era anche una copia de “Il Candelaio”, l’opera di Giordano Bruno cui si ispirava la setta che aveva incrociato la loro strada; Gabriel non riusciva a spiegarsi il collegamento che poteva esserci stato tra suo padre e quella gente;  poi la sua attenzione era stata attirata da un vecchio proiettore ed immediatamente avevano tentato di azionarlo; per fortuna era ancora funzionante; rimase pietrificato nell’osservare le immagini di se stesso da bambino, intento a dissotterrare il cadavere di un gatto al quale aveva restituito il soffio della vita mentre la stanza si riempiva della voce di suo padre che parlava dell’evoluzione del suo potere aggiungendo che le relative manifestazioni rimanevano tuttavia ad uno stato subcosciente ed inconsapevole.
Poi, all’improvviso avevano sentito un suono assordante, lacerante, insopportabile che sembrava penetrare nelle loro teste fino al punto di avere la sensazione che stessero per esplodere; erano stati costretti a precipitarsi fuori nel tentativo di sottrarsi a quel rumore lancinante; si erano accasciati a terra e prima di perdere completamente i sensi, Gabriel aveva fatto in tempo a vedere l’uomo misterioso che si avvicinava a lui e gli sottraeva la copia de ”Il Candelaio” che era stata di suo padre e che lui aveva riposto in tasca; non aveva avuto la forza di opporsi; era svenuto e su di lui era calato il vuoto, il buio.
Poi aveva ripreso i sensi non riuscendo a capire quanto tempo fosse trascorso; il suo primo pensiero era stato per Claudia che era ancora svenuta ed allora l’aveva chiamata per assicurarsi che stesse bene; fortunatamente lei si era ripresa quasi immediatamente; il loro sguardo era stato attirato dal fumo che si sprigionava dalla casa; era avvolta dalle fiamme ed oramai era perduta così come tutto quello che conteneva.
Non aveva avuto nemmeno il tempo di soffermarsi a pensare a quanto era accaduto e sul perchè ogniqualvolta si avvicinava ad un pezzo del puzzle del mistero, sembrava che qualcosa lo ostacolasse sempre, rendendogli l’impresa, già ardua, quasi impossibile: Alonso lo aveva cercato perché aveva altre rivelazioni da fargli, qualcosa che riguardava la misteriosa setta; aveva scoperto l’esistenza di una versione alternativa della famosa opera di Giordano Bruno che sembrava contenesse un messaggio contro la Chiesa, quasi una sorta di antivangelo; ma si trattava di voci, di illazioni perché il libro era introvabile e non era presente in alcun archivio, quasi come se fosse una specie di leggenda alla quale però probabilmente i membri di quella misteriosa organizzazione si ispiravano; aveva chiesto ad Alonso di indagare più a fondo; poi lo zio, finalmente dimesso dall’ospedale lo aveva cercato e questa volta non aveva potuto sottrarsi al confronto; gli aveva raccontato tutto, dalla visione del fantasma di suo padre fino all’agghiacciante scoperta che aveva fatto a San Romano, ovverosia che suo padre lo stava studiando, perché era a conoscenza del suo potere; che quindi, quel dono non era una acquisizione recente, come aveva ritenuto in un primo momento, ma una capacità posseduta sin da piccolo; aveva visto lo zio titubare un momento di troppo ed allora aveva capito: anche lui sapeva e gli aveva taciuto tutto per tutti quegli anni: si sentiva tradito, offeso, preso in giro; vedeva crollare miseramente tutto ciò in cui aveva sempre creduto, tutte le persone alle quali aveva dato la propria fiducia; era troppo da sopportare; non sapeva più in cosa ed in chi credere ed allora non aveva avuto nemmeno la forza di rispondere alla chiamata di Claudia che, visto il suo prolungato silenzio, era in pena per lui, nel timore che gli fosse successo qualcosa; aveva bisogno di stare da solo per raccogliere le idee, per capire cosa stesse succedendo e poi non gli sembrava giusto scaricare addosso a lei altri problemi: avrebbe voluto darle il meglio di sé; non meritava niente di meno e non voleva farle del male, procurarle altro dolore; eppure, in quel momento, si sentiva talmente sopraffatto da tutto ciò che era accaduto da sentirsi tristemente consapevole di non poter trasmettere altro che sofferenza: ed allora aveva lasciato che il telefono continuasse a squillare mentre tentava di confondersi col buio della notte.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2530347