Daughters of Asgard

di Frostsliver
(/viewuser.php?uid=267851)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sigyn ***
Capitolo 2: *** Sigyn ***
Capitolo 3: *** Sigyn/Nanna ***
Capitolo 4: *** Sigyn ***
Capitolo 5: *** Idun/Lofn/Nanna/Sigyn ***
Capitolo 6: *** Cities in dust ***
Capitolo 7: *** Aggiornamento ***
Capitolo 8: *** Aggiornamento pt 2 ***



Capitolo 1
*** Sigyn ***


Image and video hosting by TinyPic

Would you do it with me
Heal the scars, and change the stars?
Would you do it with me
Turn loose the heaven within?







Il fiume.
Solo il fiume  ed il suo silenzioso, eterno scorrere.
 L’argentea voce delle sue acque non era altro che un soffio proveniente dal passato, racconti antichi come il tempo fatti a nulla più di un sussurro.
 Le acque giocavano allegre, s’intrecciavano con il vento in un’eterea, incalzante danza nell’aria mattutina, sottile come un filo di seta.  Gocce d’acqua cristallina s’infrangevano evanescenti contro le rocce che costellavano il corso d’acqua come oscure stelle . Esse erano immobili, tolleravano benevole il vocio leggero delle onde ed il lento, inesorabile incedere della terra sotto di loro, spinta dalla linfa vitale di quel mondo in continuo mutamento.
Quanti luoghi come quello avesse visto il fiume, quante terre avesse solcato, nessuno lo sapeva.
Le betulle, fiere guardiane della maestosa radura, seguivano impassibili lo spettacolo, cogliendone ogni forma.
Ne bevevano avidamente l’odore, ne assaggiavano l’anima attraverso le radici fitte come ragnatele, incastrate, avvinghiate le une alle altre per formare una rete talmente grandiosa da arrivare fino al cuore della terra.
Il sole, appena sorto, dal suo trono di limpido azzurro inondava la foresta con i riflessi della sua luce. Il tenue chiarore colorò la cima degli alberi, accarezzando le foglie assopite, correndo tra i rami ed esortandoli ad abbandonare il loro profondo torpore.
Tutto era pace, tutto era armonia.
Improvvisamente la serenità venne scalfita dal  lontano rumore di cavalli lanciati in un disperato galoppo.
Il musicale suono di una risata si fece prepotentemente strada tra il ritmico tuonare degli zoccoli contro la terra, una risata giovane, piena di vita ed innocente noncuranza.
Fecero la loro comparsa due enormi, nervosi stalloni. Bestie magnifiche  che simili a frecce sfolgoranti scoccate dal più potente degli archi attraversarono la radura.
Uno in particolare, bianco come una colomba, sembrava in procinto di spiccare il volo.
Al suo collo si stringeva una fanciulla dai capelli corvini, la risata apparteneva a lei. Balsamo purificante, il più prezioso dei cristalli dominato dalla luce del sole. Lei ed il suo destriero fantasma parevano non toccare terra mentre procedevano nella loro rovinosa fuga, ed il secondo cavallo dal manto color bronzo fuso seguiva le loro orme, portando con se il suo fiero cavaliere.
La corsa sembrò finire quando entrambi gli animali giunsero alle rive del fiume.
 Il rombare di tuono cessò e venne rimpiazzato da un ben più discreto brusio di voci frementi.
“Maledizione Sigyn, potevi farci ammazzare” Disse il giovane uomo tra gli ansimi, la slanciata figura piegata su stessa per cercare di placare il fuoco che pompava rovente nelle vene dilatate fino all’inverosimile.
“E tu dovresti essere un soldato?”Controbatté la fanciulla trattenendo a stento un risolino di scherno. I grandi occhi risplendevano di adrenalina.
L’uomo la scrutò divertito per qualche istante dalla sua posizione china, per poi ergersi con un sospiro in tutta la sua imponente statura.  
Osservò la fanciulla allontanarsi, spingersi fino alle placide acque del fiume con l’enorme stallone alle calcagna. Quell’animale seguiva la padrona come un cagnolino da compagnia, una scena quasi comica pensò il guerriero.
Non distolse lo sguardo dalla giovinetta neanche quando iniziò pacatamente a sfilarsi la lunga veste , rivelando il forte, florido corpo alla radura. Era girata di spalle, i muscoli della schiena vibravano inquieti al tocco dell’acqua che le inghiotti le gambe, le cosce, i glutei ed infine i fianchi, lasciando alla vista solo le candide spalle.
D’improvviso si voltò. 
Incastrò gli occhi in quelli di lui, intrappolandolo in una morsa di ghiaccio rovente.
Quegli occhi avevano la stessa potenza della natura,  era come se il creato avesse incastonato in quell’universo di cerulea meraviglia la stessa arcaica forza che spingeva il fiume, che donava vita agli alberi, che illuminava il sole.
Quegli occhi da guerriera gli ordinarono di affrettarsi.
Lui era solo lo schiavo di uno sguardo.
“Inizio a diventare troppo vecchio per queste cose” disse allo stallone che brucava, noncurante delle parole del suo padrone.  Sorrise sornione, ma tornò serio non appena si mosse verso il fiume per unirsi alla furia che silenziosamente lo aspettava. 
Quella ragazza lo terrorizzava più di qualsiasi cosa avesse mai vissuto nella sua longeva esistenza, e si odiava per essere cosi volubile al suo desiderio.
Durante il breve tragitto si sbarazzò dei vestiti, la stoffa gli bruciava la pelle. Le scarpe, la camicia, i pantaloni, tutto volò nell’aria adagiandosi poi qua e la, senza un rigore logico.
L’acqua era più fredda di quanto avesse immaginato, gelida, la pelle venne schiaffeggiata malamente mettendosi immediatamente sul chi vive.
L’uomo non se ne curò, aveva ben altro in mente.
Fu presto abbastanza vicino alla fanciulla da poterla toccare, le mani trovarono immediatamente il loro posto nell’incavo dei fianchi.
La ragazza sorrise, gli passò le dita tra i riccioli ramati, solcando poi la pelle tesa del collo possente e delle larghe spalle.
“Saresti in grado di trascinarmi ovunque” Disse l’uomo sommessamente. Poteva sentire i prosperosi seni contro il petto.
“E tu ti faresti trascinare” Rispose lei, il sorriso era ormai svanito da quel volto angelico.
Le labbra s’incontrarono.
Inizialmente il contatto fu lieve, quasi insicuro, ma ben presto la voracità crebbe. 
Lingue intrecciate fino a sfiorarsi l’anima, le mani esperte di lui desiderose di donare qualsiasi cosa a quel corpo che si plasmava come creta tra le dita.
 Voleva dimostrare di essere degno della fiducia che gli dimostrava concedendosi a cuore aperto al suo tocco, d’insegnarle a vivere, di regalarle un’esistenza lontana dal dolore e dalla paura.
Con lui sarebbe stata felice, la sua valichiria avrebbe deposto le armi per prendere le vesti di moglie.
Gli era stata promessa tutta la forza e la fragilità di una donna straordinaria, e a lui spettava la custodia di questo onore.
 
Uscirono dall’acqua ormai incapace di contenere il loro desiderio solo per gettarsi nell’erba ancora fresca di rugiada.
Iniziò una lotta di carne e bramosia in cui lui ebbe la meglio quando la sovrastò, inchiodandola a terra.
Con il viso affondato nella pece dei lunghi capelli poteva sentirla ansimare il suo nome, più e più volte, contorcersi sotto il peso di tanto ardore.
La bocca violò l’alabastrino collo, i denti grattarono la pelle come per forarla. Le mani si muovevano freneticamente, mosse da vita propria, stringendosi infine ai morbidi glutei solo per spingerla verso di sé.
Quando tutto esplose davanti ai suoi occhi sentì per un momento di non avere più paura.
 
Rimasero stretti l’uno all’altro, e per molto tempo non dissero una parola.
Fu lui a rompere il silenzio
“Credo che dovremmo muoverci, prima o poi qualcuno verrà a cercarci e sono pronto a scommettere che tuo padre mi farebbe tagliare la testa se ci trovassero cosi”
Lei rise sommessamente
 “Mio padre non ha interesse nel sapere dove sono o cosa fanno le sue figlie. Non preoccuparti, in fondo è stato lui ad unirci, no?”
“Non siamo ancora sposati Sigyn”
La ragazza si sedette di scatto
“Non usare quel tono con me, lo sai che lo odio”
“Quale tono?” rispose lui, sorridendo beffardo
“Quello da insegnante insoddisfatto”
“Beh, insoddisfatto non è proprio il termine che utilizzerei per qualificare il mio stato in questo momento”
Sigyn colpì l’uomo sul petto a mano aperta “Sei un idiota” disse, per poi alzarsi.
Subito dopo balzò in piedi anche lui.
“Ehi, stavo scherzando” disse, cingendole le spalle da dietro “Cosa ti è preso?”
L’uomo poté sentire il fremito della fanciulla tra le sue braccia
“Niente”
“Sei preoccupata per qualcosa?”
“Non voglio tornare a casa, voglio rimanere qui dove non devo abbassare lo sguardo appena mi passi davanti.”
L’uomo sorrise dolcemente
“Mio dolce amore, presto sarà tutto diverso.”
“Presto? Domani te ne tornerai alla corte, e non so nemmeno se potrò riaverti vivo”
“Sono una guardia reale, è il mio compito. Cosa pretendi che faccia?”
“Non lo so Theoric” ammise liberandosi dalla presa del suo compagno “Non lo so”
Theoric le afferrò una mano, la strinse per non lasciarla andare
“Tornerò, lo sai che tornerò. E quando lo farò ti porterò con me, te lo prometto” disse, portandosi la mano al volto. Lei si avvicinò
Lo sguardo si fissò nuovamente su di lui, le mani si strinsero al suo viso.
“Attenzione con le promesse” rispose.
 
Ripartirono  malvolentieri e con la nostalgia nel cuore, e questa volta lasciarono che i cavalli si muovessero con più calma.  Non avevano alcun desiderio di tornare indietro.
Presto furono costretti a separarsi per non destare sospetto. Si scambiarono qualche parola d’addio, lei promise che sarebbe venuta a salutarlo prima della partenza.
Osservò l’uomo che tanto amava allontanarsi, per poi spronare lo stallone a continuare in direzione del castello. 
 
Nello stesso momento in cui varcò la soglia dell’imponente costruzione in pietra seppe che qualcosa stava per accadere. L’atmosfera era tesa, era come se l’aria stessa fosse in attesa di qualcosa.
“Sigyn, si può sapere dov’eri?”
La voce allarmata la colpì come un pugno in faccia. Si girò in direzione del grido, e vide Nanna in piedi in cima ad una rampa di scale. 
Sua sorella era conosciuta in tutto il regno per la sua bellezza, ed in quel momento era più radiosa che mai. Indossava uno dei suoi abiti da cerimonia, quello bianco che lasciava scoperte le spalle, l’ampio scollo era bordato con pelliccia di coniglio.
La cinta di cuoio le cingeva la vita mettendone in risalto la lieve curva, ed il tutto era accompagnato da un collare in argento costellato di piccoli  turchesi, stessa pietra che era stata sapientemente incastonata nelle lunghe trecce dorate.
Meravigliosa ed infuriata come una vipera.
 “Come mai ti sei tirata a lucido, che succede?”
“Cosa non succede vorrai dire. È arrivato il re, vuole parlare con nostro zio. Vatti a preparare che dovremo presenziare alla cena.”
Sigyn ebbe difficoltà ad incamerare le parole
“Il re?”
Nanna alzò gli occhi al cielo
“SI,  re, regina e principi. Tutta l’allegra compagnia e senza il minimo preavviso. Ti conviene muoverti, se ti vede Freya è la fine. Se la sta già prendendo con la servitù”
“Tanto per cambiare quindi”
Le fanciulle trattennero a stento una risata. Conoscevano entrambe il carattere tutt’altro che accondiscendente della madre.
“Vieni, ti aiuto” disse Nanna, allontanandosi dalle scale. Sigyn non poté fare altro che seguirla.
 
“Mi sento ridicola” Disse Sygin scrutando perplessa la sua immagine allo specchio.
Il viso era pulito, il pallore messo in risalto dal colore scuro del vestito. La morbida pelliccia bruna che contornava  lo scollo della stessa fattezza di quello di Nanna stuzzicava la pelle facendola prudere fastidiosamente, mentre il pesante tessuto blu notte l’avvolgeva in una morsa che le rendeva difficile anche solo respirare.
“Non lamentarti, sei bellissima” Rispose la sorella senza distogliere lo sguardo dalla spessa treccia che lentamente si andava formando tra le sue dita. 
“Secondo te cosa vuole il re?” chiese Sigyn, pizzicandosi le guancie nel disperato tentativo di dargli un minimo di colore.
Nanna scosse la testa “Non ne ho idea. Sarà qualche tediosa questione politica” rispose
“Ma perché non ha convocato lo zio a corte, che senso ha venire fin qui con tutta la famiglia?”
“Potrebbe trattarsi di politica matrimoniale”
Sigyn si voltò di scatto
“Sta ferma” esortò Nanna, sorpresa della reazione della sorella.
“Mi stai dicendo che andrai in moglie ad uno dei principi?”
La sorella abbozzò un piccolo sorriso
“è solo una teoria. Ma pensaci, Frey è uno degli uomini più potenti del regno, è il comandante dell’esercito reale ed il più fidato dei consiglieri di sua Maestà. Direi che siamo un ottimo partito per i principi”
“Peccato che io sia già impegnata allora” Disse Sigyn con tono canzonatorio. La sorella la colpì in testa con la spazzola. Era l’unica che sapeva quanto Sigyn e Theoric fossero entrati  in confidenza.
La fanciulla fremette al ricordo della giornata trascorsa in riva al fiume.
Nanna era più piccola di Sigyn di un anno, eppure sembrava molto più grande sotto qualsiasi punto di vista.
Educata, discreta, bella come un fiore, dall’ultima visita alla corte tutti avevano iniziato ad osannare la figlia di Iwaldi e Freya.
Improvvisamente l’idea di vederla sparire insieme ad un principe di Asgard non le sembrò cosi remota.
 
Il filo dei pensieri di entrambe le fanciulle venne spezzato dall’irruenta entrata di Idun e Lofn, entrambe vestite come delle vere nobildonne in due abiti dal taglio assolutamente identico.
Le gemelle parlottavano vivacemente finchè non notarono la presenza delle due sorelle maggiori, a quel punto le voci si fecero chiare e squillanti come campane nel porre domande di ogni tipo come “secondo voi cosa succederà?” “come saranno i principi?” “cosa mangeremo?” “ci sarà della musica?”, continuando in questo modo finchè sia Sigyn che Nanna iniziarono a considerare la possibilità di staccarsi le orecchie pur di non starle a sentire.
 Di certo non mancavano d’entusiasmo, le creature.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Sigyn ***


Image and video hosting by TinyPic

 

I am the journey
I am the destination 
I am the home
The tale that reads you   

 

“Forse faremmo meglio a tornare indietro, ci staranno cercando…”

“Nanna, è ancora presto. Non corriamo alcun pericolo”

“Non mi piace questo posto”

Sigyn scrutò la sorella. Il volto della giovane, pallido crucciato, era solcato dalle molte, spettrali dita appartenenti alle fiaccole che illuminavano scarsamente il più esteso corridoio di Castel del Nord, dita dalle grandi ombre in grado di stravolgere i più nobili dei lineamenti fino a condurli sull’orlo del grottesco.

I grandi occhi vagavano inquietamente, cercando di intercettare le irregolarità del pavimento scabro e roccioso cosi da evitare eventuali cadute.

Ogni movimento sembrava recarle dolore, come se il timore le stesse pizzicando la carne a sangue.

Aveva sempre avuto paura del buio, del buio e del silenzio.

Ed in quel luogo il silenzio regnava sovrano.

I loro passi ed un incessante cadere di gocce dal soffitto umido erano gli unici elementi che disturbavano il pesante incedere di quel tacere spesso come nebbia.

“Non mi piace questo posto”

Ripeté Nanna, la voce poco più che un sospiro.

“L’hai già detto.” Rispose Sigyn, distratta. La sua occupazione principale era cercare di individuare la superficie lucida di un ciondolo in argento.

“Come hai fatto a perdere la collana qui?” chiese la più giovane “Questo corridoio non viene più utilizzato da anni”

“Ci passo spesso a dire la verità.” Ammise la bruna ” Questo passaggio collega tutta la casa, un tempo veniva usato dalla servitù credo… È un peccato che sia caduto in disuso.” Fece una pausa “Mi chiedo perché”

“I servi sono convinti che questo corridoio sia maledetto” disse Nanna, la voce fievole venne percossa da un quasi impercettibile tremolio

Sigyn non poté evitare di emettere un verso di disapprovazione

“Non mi dirai che credi a queste vecchie leggende popolari, vero?”

Nanna rimase in silenzio per un istante

“Saranno solo vecchie leggende, ma qui c’è qualcosa di strano.”

Sigyn alzò gli occhi al cielo

“Si, topi, e se non ci sbrighiamo troveranno-“

Un rumore sordo la interruppe.

Il cuore imboccò il sentiero della fuga attraverso le vie aeree, minacciando di soffocarla.

“C-cosa era?” balbettò spaventata Nanna, stringendo il braccio di Sigyn in una morsa sorprendentemente ferma.

“Non lo so, ma probabilmente viene dalla Sala Grande, si trova proprio dietro l’angolo” rispose Sigyn, osservando il punto pochi metri più avanti dove il corridoio si diramava in un bivio. Sulla sinistra c’era la Sala Grande dall’esterno illuminato ed arioso, sulla destra invece l’oscurità procedeva indisturbata.

Un lampo di pericolosa curiosità percosse la giovane asgardiana.

“Frey ha ricevuto la famiglia reale li, vero?” chiese, riprendendo a camminare.

Nanna le scoccò un’occhiata scettica

“Per quanto ne sappia io, si”

“Ottimo, vieni”

La sorella non si mosse.

“Cosa hai intenzione di fare?” disse, i suoi occhi erano chiari come tizzoni ardenti nonostante la soffusa illuminazione.

 “Voglio farmi un’idea di quello che sta succedendo”

“Hai intenzione di spiarli.”

“Non lo definirei spiarli-“

“Ma sei completamente impazzita? ”

La voce della bionda si era fatta  dura come granito.

Sigyn sbuffò esasperata

“Avanti, anche tu muori dalla voglia di saperlo”

“Si, ma non per questo-“

“Senti” tagliò corto Sigyn “Se non hai voglia di seguirmi non farlo, vattene, io andrò in fondo a questa storia”

E con questo lapidario commento si allontanò a grandi passi.

Non arrivò lontano, perché il prepotente rumore di una pesante porta che si apre soppresse il coraggio lasciandola completamente spaesata.

Senza ragionare si trascinò la sorella vicino, spingendola contro il muro al quale lei stessa si era stretta.

“Stai zitta”

Sibilò autoritaria, Nanna non respirò nemmeno.

La porta si chiuse brontolando contrariata, per poi serrarsi con uno scatto che riecheggiò nel silenzio.

Passi, leggeri e irregolari, solcarono il pavimento in granito. Passi sconosciuti.

 Chiunque fosse il proprietario di quei passi, sembrò dirigersi nella direzione opposta alla loro, per poi fermarsi.

“Resta qui” disse Sigyn, lasciando la mano della sorella.

Si mosse silenziosamente verso il bivio, cosi come le era stato insegnato da bambina, rimanendo con la schiena ben aderente al muro. Il gelo intrappolato nelle pietre si fece strada attraverso il pesante tessuto dell’abito, ma la ragazza rimase impassibile al gelido tocco.

Raggiunto il limite del corridoio raccolse aria a pieni polmoni, cercando di calmare il selvaggio cuore, e quindi si sporse oltre l’angolo quanto bastava per avere una parziale vista di ciò che accadeva alla sua sinistra.

Di fronte a lei si stagliava la figura di un uomo.

Una creatura alta, slanciata, girata di spalle e occupata in ciò che sembrava la contemplazione di un maestoso, antico arazzo. Le mani erano saldamente congiunte dietro la schiena, i capelli corvini tenuti lunghi fino ad adagiarsi sulle spalle che nonostante la larghezza mantenevano un piglio aristocratico. A parte un leggero sussultare delle dita era completamente immobile.

Quel contegno, quel vestiario, quei capelli…

Il suono dello sfregamento di una scarpa contro il pavimento attirò l’attenzione di entrambi.

Sigyn fulminò la sorella con lo sguardo, ricevendo in cambio un’occhiata di paura mista ad una misteriosa eccitazione.

La bruna si portò l’indice alle labbra, per poi tornare ad osservare l’estraneo che per suo grande disappunto aveva volto il viso al bivio.

Era un viso duro, austero, dai lineamenti affilati e aspri. Un viso privo di tenerezza, dove la linea decisa degli zigomi s’incastrava con un naso forse un po’ abbandonate, ma ben disegnato. Le labbra sottili erano strette quasi fino a sparire. Gli occhi, cui fattezze rimasero velate dalla  lontananza, erano puntati inconsapevolmente su di lei.

Non l’aveva vista, questo era sicuro, ma il rumore aveva senza ombra di dubbio attirato il suo interesse.

Sigyn imprecò a denti stretti nel vederlo muoversi in direzione del bivio.

Doveva pensare velocemente.

Loro non potevano essere li, era stata esplicita richiesta del re di non transitare in quella zona durante la sua permanenza nella Sala Grande.

Tutta questa segretezza iniziava a darle sui nervi.

Non riusciva davvero a comprendere cosa potesse sollevare tutta questa necessità di riservatezza. Qualcosa di grosso, questo era certo.

Sigyn non conosceva le possibili conseguenze di quell’ innocente gesto di trasgressione, e non poteva correre il rischio di porre la sorella in cattiva luce con coloro che stringevano il suo futuro fra le dita. Nanna era destinata a diventare una principessa, e mostrare una tale mancanza di temperanza non era un buon modo per adempiere al proprio fato.

D’improvviso la giovane seppe cosa fare

Lanciò uno sguardo verso la sorella, comandandole con un leggero gesto del volto di rientrare nell’oscurità del corridoio. Inizialmente Nanna non capì, ma poi scosse bruscamente la testa. Non voleva lasciare la sorella sola in quella situazione, e l’idea di tornare in quel corridoio la spaventava visibilmente. Sigyn insistette, ed infine vide una luce di resa negli occhi della più giovane.

Nello stesso momento in cui Nanna iniziò a spostarsi verso il ventre del passaggio, Sigyn superò l’angolo con una falcata.

 

 

Fu solo quando si ritrovò faccia a faccia con il misterioso uomo che comprese la sua identità.

Lo sguardo vigile sfolgorò a contatto con il fuoco delle fiaccole, lasciando scintille smeraldine nell’aria consumata. La pelle diafana era tirata senza lasciare spazio ad indecisioni o mollezze.

Quelle erano le fattezze inconfondibili di un principe.

Loki.

Era stata colta in flagrante da Loki, il cadetto. Il cuore della giovane ragazza spiccò il volo, spingendo il sangue verso le morbide gote mandandole a fuoco.

L’uomo la osservò sorpreso, per poi sciogliersi in un ghigno tutt’altro che rassicurante.

“Noto con piacere che Castel del Nord ospita i topi più belli di Asgard” disse, la voce profonda era dominata da un tono canzonatorio che stimolò immediatamente l’antipatia della giovane fanciulla.

“Vostra altezza” rispose Sigyn, inchinandosi come di dovere.

“Al vostro servizio.” Disse il principe inchinandosi a sua volta senza smettere di sorridere, beffardo “Mia signora, qual è il vostro nome?”

“Sigyn, Vostra Altezza, Sigyn Iwaldidotter” rispose la fanciulla, senza distogliere lo sguardo dal volto del giovane uomo. Lo stesso volto che s’illuminò al sentire il nome della sua interlocutrice.

“Siete la primogenita di Freya” constatò Loki

“Si, Vostra Altezza”

“Non mi stupisce, quegli occhi sono la vostra firma. Li avevo notati già alla vostra prima ed unica visita alla corte, dieci anni fa”

Sigyn capì subito a cosa si riferiva il principe.

Sapeva di aver ereditato gli occhi della madre.

Occhi che si narrava potessero uccidere un uomo solo sfiorandolo. Occhi leggendari in grado di scovare la morte, ovunque essa si nascondesse.

Gli occhi della valchiria.

“E ditemi, Sigyn Iwaldidotter, quale commissione vi porta a questo luogo? Credevo che mio padre avesse dato l’ordine di allontanarsi dalla zona.” Disse Loki, senza mai abbandonare quella cadenza cosi pacata e saccente.

D’un tratto quell’uomo non parve più cosi duro. Solo odiosamente arrogante.

“Temo di essere arrivata qui per un grossolano sbaglio Vostra Altezza. Il passaggio da cui vengo è come una ragnatela malamente illuminata. Errore di valutazione”

Ovviamente il principe non le credette minimamente, ma decise di lasciar correre.

La osservò per qualche istante, incuriosito, per poi spingersi più vicino. Un odore di muschio e mistero la colpì in pieno volto, facendola rabbrividire.

“Che espressione arcigna avete mia signora. Vi ho offeso in qualche modo? Se questo è il caso vi chiedo umilmente perdono” disse, intrecciando le mani dietro la diritta schiena.

Sigyn sorrise cortesemente “Niente affatto Vostra Altezza, al contrario, sono io a dover chiedere perdono per l’interruzione. Non era mia intenzione trasgredire agli ordini, sono mortificata”

Loki si fece sfuggire un leggero risolino “Non siatelo Lady Sigyn, mio padre è talmente avvezzo a ricevere ciò che desidera con un solo schiocco di dita che ormai è convinto di poter irrompere in casa di altri senza il minimo preavviso e pretendere anche che tutti stiano alle sue regole”

“ Il sovrano ha queste facoltà Vostra Altezza” la giovane si morse la lingua non appena le parole ebbero lasciato le sue labbra.

“Ovviamente, ma anche un re dovrebbe mantenere una parvenza di cortesia. Non credete?”

Inizialmente Sigyn non seppe cosa rispondere, si limitò a scrutarlo in silenzio

“Sono certa che sua Sua Maestà abbia le sue buone ragioni per essere qui” disse infine.

“Riposta molto intelligente Lady Sigyn, me ne compiaccio.” Rispose il principe, lanciandosi uno sguardo alle spalle “Ora temo di dover rientrare, non vorrei che qualcuno venisse a cercarmi. È stato un piacere incontrarvi, questo breve scambio di idee mi ha liberato dalla noia che si abbatte su di me ogni volta che sono costretto a confrontarmi con la mia famiglia per più di cinque minuti. Con un po’ di fortuna potremmo continuare la nostra conversazione a cena. Per ora arrivederci, mia signora”

Prima che Sigyn potesse rispondere al saluto, le dita affusolate dell’uomo si strinsero alla sua piccola mano per poi spingersela dolcemente alle labbra e lasciarvi un lieve, caldo bacio.

Poi sparì, senza guardarsi indietro. La sola cosa che rimase di lui fu l'impronta infuocata delle strette labbra sulla pelle alabastrina della fanciulla.




ANGOLO DELL'AUTORE:
Ecco a voi un nuovo capitolo raccontato da Sigyn, presto entreremo nel vivo della storia, promesso xD
Un ringraziamento speciale va a Madama Pigna, creatrice del bellissimo banner qui sopra. Grazie ancora cara!
Per ora non ho altro da dire, spero che il capitolo vi piaccia. Per qualsiasi cosa non esistate a contattarmi, arrivederci!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Sigyn/Nanna ***


Saw you tonight
Life still danced in your eyes
You’re creased and tined
But your guardian angel’s with you judging by the way you walk.
 

 


                                                                                         Image and video hosting by TinyPic  


La luna proiettava i suoi freddi raggi nella grande stanza oscura.
 L’aria era stantia,  satura degli odori sconosciuti di misteriose erbe ed esotici medicinali. Il loro aroma era talmente forte da far lacrimare gli occhi e chiudere le vie aree in una morsa soffocante.
La donna cacciò indietro il conato di vomito. L’ultima cosa che voleva era mostrare il proprio sconforto.
.
La bambina era distesa sul letto, avvolta da pesanti strati di coperte. Il viso, nascosto dal bozzolo di lana grezza, era paonazzo e lucido di febbre. La fronte era madida di sudore, solcata da umide ciocche che avevano perso il loro originario splendore.
L’oro era stato tramutato in paglia dalla malattia che minacciava di strapparle l’anima.
La creaturina, ormai caduta in un sonno tormentato e  leggero come un filo di seta, emetteva piccoli rantoli interrotti solo da potenti attacchi di tosse. Tremava, si dimenava come se cercasse di liberarsi da tutta quella torbida sofferenza. I calmanti assopivano il dolore, ma non per questo la piccola poteva dormire sonni tranquilli. Per quello non c’era più spazio.
La madre sedeva accanto a lei, stringeva saldamente le piccole mani roventi tra le sue, gli occhi fissi su quel volto degente.
Sua figlia, il suo piccolo miracolo dai capelli dorati, stava morendo di fronte ai suoi occhi e lei non poteva fare nulla per impedirlo. Per la prima volta in vita sua si sentì impotente, vuota fino a star male.
Di fronte a lei si muoveva furtiva la guaritrice, giostrava febbrilmente con quelle sue erbe che nulla potevano se non alleviare la sofferenza della bambina. Non c’era nulla che lei potesse fare aveva detto, eppure l’aveva tenuta inchiodata in quel letto estraneo.
Cantava, la guaritrice, cantava una nenia in una lingua che appartenente ad antichi ricordi. Ricordi di quando da fanciulla aveva visto la madre spegnersi in preda a spasmi fin troppo simili a quelli che ora torturavano la figlia. Ricordi di una terra lontana, di rigogliose foreste e magia. Ricordi di Vanheim.
La guaritrice era una Vanir, proprio come lei.
Solo lei poteva salvare la figlia.
La guaritrice volse il viso rugoso alla donna, riservandole un sorriso triste e sdentato.
“La piccola è forte mia signora, ma come ho già detto temo di non poter fare molto per lei. La mia magia è debole di fronte al demone che vive dentro di lei”
La donna le scoccò un’occhiata di fuoco.
“Mia figlia è una guerriera. Deve sopravvivere, so che lo farà.”
La guaritrice annui sommessamente “Rimane attaccata alla vita con singolare ostinazione la creatura, il sangue vanir è poderoso .” Disse, prima di spargere una crema verdastra sulla fronte della bambina. Un tanfo dolce e penetrante colpi le narici della donna.
“Vuole vivere, e tu farai tutto ciò che è in tuo potere per aiutarla. Sono stata chiara?” la voce della madre era dura come la pietra. La guaritrice rispose con una risata spenta.
“Vedo che il tempo non ha ucciso il tuo spirito, Freya. La morte ti perseguita, ma tu rimani integra come il giorno in cui hai lasciato Vanheim.”
“Quella fanciulla non esiste più da tempo”
“Ma la sua forza si. Stessa forza che ora anima il corpo di vostra figlia”
“Salvatela, e sarete ricompensata a dovere.”
Ancora una risata
“No, niente ricompense. La sua sopravvivenza è l’unica cosa che conta.”
 
Passarono notti, trascorsero giorni. La lotta continuava, ora dopo ora, istante dopo istante. Freya rimase vicina alla figlia. Niente cibo, niente sonno. Non l’avrebbe lasciata sola.
 
Si salvò, la piccola Nanna, si salvò da quel demone.
Era nata per lottare, per vivere.
Un miracolo dicevano, ma Freya conosceva la verità
Il sangue non mente.


 
“Tutto questo è patetico”
“Per una volta in vita tua potresti cercare di non comportarti come una troglodita?”
“Stronza”
“Grazie”
Le sorelle erano in piedi di fronte all’ingresso della grande sala da pranzo. La bionda sovrastava l’altra di quasi una testa, facendo sentire la più bassa notevolmente a disagio. 
Era sempre stato cosi, Nanna aveva ereditato il filiforme corpo della madre, contrariamente a  Sigyn che era la versione femminile del padre. Stessa statura, stesso fisico saldo e forte che la faceva somigliare ad una contadina tra le altre sorelle delicate come fate.
 Nanna, come Lofn o Idunn del resto, poteva tranquillamente presenziare ad eventi importanti con le lunghe cascate di miele adagiate liberamente sulle spalle e risultare comunque adorabile, mentre Sigyn doveva lottare per dare un senso a quel groviglio di ciocche spesse come crini di cavallo, allungando di molto qualsiasi, tedioso preparativo. Inutile dire che per mantenere le acconciature che tanto detestava erano necessari fermagli resistenti quanto pietra.
L’unico che sembrava apprezzare quei capelli era Theoric, e a lei andava bene cosi.
Theoric era l’unico uomo cui giudizio valesse qualcosa per lei.
 Sigyn si guardò intorno, posando lo sguardo su tutti i presenti. La famiglia era al completo. Freya, la statuaria madre, con lo sguardo arcigno e rovente come le fiamme che correvano nei capelli ramati raccolti sulla nuca.
Sembrava una bestia in gabbia, come sempre.
Vicino a lei Iwald si contorceva, visibilmente sotto pressione. Il piccolo uomo era un intruso in casa sua, con il suo comportamento smodato e brusco, come Sigyn stessa d’altronde.
Le sorelle raggruppate a mo di candeline attendevano composte e silenziose. Gerd, la moglie di Freyr stava dando gli ultimi ritocchi al vestiario del giovane figlio Fjölnir. Il ragazzo la tollerava pacatamente mentre gli aggiustava la camicia, consapevole che quel comportamento era dovuto all’agitazione.
Quando alzò lo sguardo dalla testa bruna della madre notò immediatamente i penetranti occhi di Sigyn. Le iridi violacee del giovane erano talmente pieni di disperazione che la fanciulla fece fatica a trattenersi dal ridere.
In conclusione, mancava solo Frey.
“Sembra che qualcuno ti abbia infilato un bastone sotto la gonna cara sorella” sussurrò, rivolgendosi a Nanna cui impenetrabile espressione venne per qualche istante scalfita dal più totale disappunto.
“Hai mai qualcosa di rilevante da dire o ti limiti a fare commenti osceni con l’unico scopo di innervosire la gente?” rispose, piegando leggermente la testa verso destra.
Aveva una lingua tagliente la giovane, a Sigyn questo piaceva.
“Ne avrei di cose rilevanti da dire” s’interruppe per fulminare la sorella che si era presa la libertà di emettere un sommesso verso di derisione “ma preferisco di gran lunga darti fastidio”
“Ti diverti con poco allora”
“Esattamente”
La voce della madre si fece improvvisamente strada nella stanza come un tuono
“Sigyn, Nanna, fate silenzio”
Le ragazze conoscevano quel tono, e sapevano anche che disobbedire non era una possibilità da prendere in considerazione se non si voleva finire in un mucchietto di cenere a terra.
Quella donna sapeva come farsi rispettare, e non era di certo il tipo che minacciava a vuoto.
Alle giovani non rimase che smettere di battibeccare e tornare a fissare il vuoto.
Quante storie per una cena.
 
 
Le porte si spalancarono, facendo sobbalzare Sigyn che precedentemente era stata molto vicina all’addormentarsi in piedi.
Il primo ad entrare fu Frey, bellissimo nella sua veste nera finemente decorata con ricami in argento.
Il viso era impeccabilmente rasato, i capelli tenuti corti ed ordinati. Come al solito lo zio era il simbolo dell’eleganza.
Difficile pensare che un uomo dall’aspetto cosi raffinato potesse essere il più temibile dei guerrieri.
Senza una parola prese il suo posto accanto alla moglie che non lo degnò di uno sguardo. I due avevano smesso di sopportarsi molto tempo prima.
Passarono alcuni secondi, Sigyn vide Nanna trattenere il respiro.
Dopo ciò che sembrava un eternità fece il suo ingresso la famiglia reale.
Odino, dai lunghi capelli candidi ed i tratti somatici stravolti dalla ferita all’occhio, coperta proprio come narravano le leggende. Frigga era al suo fianco.
Il viso di quella donna irradiava pace ed era solcato da un sorriso tanto sereno quanto enigmatico.
L’abito che indossava era il più bello che Sigyn avesse mai visto.
 
Ed infine, i principi.
 
Il maggiore, Thor, fece la sua entrata in modo quasi sbarazzino.
Alzò la mastodontica mano in un breve saluto, i denti perfettamente bianchi dominavano il volto euforico. Capelli color miele, occhi come zaffiri.
Eppure non fu lui a rapire l’interesse di Sigyn.
Dietro di lui infatti, si mosse una figura dalla silhouette slanciata.
 
Loki, il cadetto.
 
Si spostò nella stanza in modo decisamente più discreto del fratello, e nonostante il suo sorriso fosse molto simile a quello della madre c’era qualcosa in lui che turbava la giovane fanciulla.
La sua non era era aria di superiorità, nemmeno indifferenza, era semplicemente… distacco.  Una sorta di divertito distacco.
Osservava tutto e tutti come se la stanza fosse un’immagine inanimata, appartenente a qualche libro. Non ci fu angolo di quella sala che non passò sotto lo sguardo di quell’uomo, ma niente sembrò riportarlo al presente. Era come se non ci fosse.
Gli occhi trovarono lei.
Nel arco di un istante un turbinio di ricordi ed emozioni volò tra di loro, poi Loki distolse lo sguardo.
Sigyn notò appena  i soldati che entrarono subito dopo, tutti coperti dalle peculiari armature delle guardie reali.
Ma poi entrò Theoric, e li non ci fu più posto per altro.
Si scambiarono una fugace occhiata, attenti a non farsi vedere da nessuno.
L’uomo doveva essere stato avvisato della presenza del re al suo rientro, ed ovviamente era stato suo dovere unirsi ai compagni.
 
Odino si avvicinò a Freya e Iwald, indirizzandogli parole di cortesia
“Vi ringrazio per l’ospitalità miei signori, e vi porgo le mie più sentite scuse per l’inaspettata visita”
Freya abbozzò un sorriso che non raggiunse gli occhi, risultando unicamente sgradevole
“Siamo più che lieti di avervi qui vostra Maestà, voi e la vostra famiglia siete i benvenuti quando più lo desiderate” nella bocca di Iwald quelle parole sembravano una filastrocca imparata a memoria.
Odino accettò le parole con un cenno della testa, e poi passò oltre.
Parlò alle gemelle, poi a Nanna, lodandola per la sua bellezza, finendo con lei.
Non ebbe nulla da dirle se non qualche frase fatta e che aveva ereditato gli occhi della madre.
Uno dopo l’altro passarono a porgerle i propri saluti, Frigga dallo sguardo dolce, Thor che a stento la guardò negli occhi, preso com’era da Nanna, e Loki.
“Vostra Maestà”
disse Sigyn, inchinandosi come di dovere.
Le parole che il principe le destinò la colpirono come un fulmine a ciel sereno
“Non inchinatevi, una creatura come voi non dovrebbe inchinarsi di fronte a nessuno”
E poi si allontanò, cosi, come se nulla fosse.
Sigyn poté sentire lo sguardo interrogativo di Nanna su di se.
“E quello, cos’era?” Disse, volgendo gli occhi alla famiglia di Odino in procinto di scambiare qualche parola con Gerd e Fjölnir.
Sigyn rispose sollevando le spalle.
 
 
 
 
“E fu cosi che vostro zio mi salvò da un’inferocita orda di nani nidavalliriani.” Disse Odino, concludendo il racconto di una delle innumerevoli avventure affrontate al fianco del valoroso Frey.
Una fragorosa risata rimbombò nella sala da pranzo di Castel del Nord, e Nanna si concesse un sereno sorriso.
La cena procedeva a gonfie vele. Dopo un primo momento di saluti e formalità i commensali avevano consumato il loro pasto a base di cinghiale e barbabietole, annaffiando il tutto con notevoli quantità di birra scura. La sterile etichetta era stata spazzata via dai fumi dell’alchol, ed il gruppo aveva iniziato a conversare in modo disinvolto ed allegro.
L’atmosfera era talmente piacevole che addirittura Freya sembrava a suo agio. Il che è tutto dire.
Nanna si voltò verso Sigyn, seduta al suo fianco. La giovane sembrava distante, presa da chissà quale pensiero.
“Sigyn, tutto bene?”
La sorella gli rivolse uno sguardo disattento, emettendo poi un verso di difficile interpretazione.
“Scusa ancora per prima, non so cosa mi sia saltato in testa. Non avrei dovuto lasciarti li da sola” disse Nanna mentre senti un ulteriore scossone di rimorso percuoterle lo stomaco.
“Non importa, mi è andata bene e questo è l’importante” rispose Sigyn spazientita
“Sei sicura che non dirà nulla?”
“No, non lo farà. Sarebbe stato diverso se ad uscire fosse stata una guardia reale, in quel caso sarei stata trascinata al cospetto della famiglia reale di peso. Ma in fondo non m’interessa, quella ad avere una reputazione da angioletto da difendere non sono di certo io. Perché è di quello che si tratta, reputazione.  Basta un solo passo falso per rovinarla, e so bene quanto tu ci tenga ad entrare nelle grazie del re e dei principi.”
Quelle parole risuonavano di biasimo. Nanna sapeva quanto Sigyn detestasse l’idea di dover scendere a compromessi con la realtà per garantirsi un futuro, cosa che a lei veniva più che naturale.
Quello che lei desiderava era vivere, vivere per davvero, e per farlo doveva allontanarsi dalla Valle del Nord. Quel posto avrebbe finito per  succhiarle via tutta la linfa vitale.
Cosa poteva saperne Sigyn? In fondo lei aveva un avvenire chiaro e splendente davanti a se.
Nanna lanciò un’occhiata verso Theoric.
L’uomo era in piedi in fondo alla sala, circondato dalle altre guardie reali. Il corpo longilineo e prestante era racchiuso nella lucida armatura riccamente lavorata, il viso serio contratto in un’espressione concentrata. Era un bell’uomo, talmente bello e cortese da essere conteso da diverse nobildonne a corte, o almeno era ciò che si raccontava.  Ma la guardia aveva occhi solamente per una donna, sua sorella.
Nonostante facessero il loro meglio per fingere disinteresse, la tensione tra i due era tangibile. Era quasi doloroso assistere a quello spettacolo.
Dopo un momento di battibecco con Frey, Odino riprese il suo favellare con una storia che apparteneva a tempi sconosciuti. Tutti vennero subito catturati dalla profonda voce, tutti, tranne Loki.
Nanna lo vide contorcersi, visibilmente tediato. Ogni tanto lanciava sguardi verso Sigyn, troppo presa dalla storia del re per accorgersene. Nanna non seppe come interpretare il comportamento del cadetto, con quel suo fare beffardo sembrava quasi desideroso di innervosire la sorella. Chissà cos'era successo durante l'incontro tra i due, Sigyn non aveva avuto il tempo di raccontarle nulla.
Nanna invece aveva avuto il suo bel da fare con il primogenito della famiglia reale. Rispondere rispettosamente le sue occhiate ardenti senza mostrare inopportuno interesse si era rivelato difficile.
Il principe era radioso come il sole. Gli occhi cerulei, il sorriso accattivante, tutto in lui irradiava gioia.
Era proprio come la fanciulla l’aveva sempre sognato.
Il suo destino viveva in quell’uomo, ormai ne era certa.





ANGOLO DELL'AUTORE:
Eccoci qua con un nuovo capitolo. Da cui in poi ci proietteremo direttamente nella storia che voglio raccontare, per ora spero che questo proseguimento possa interessarvi.
Le mie ragazze inizieranno ben presto il loro sentiero di crescita che riserverà, speriamo, delle sorprese per tutti. 
Per ora non ho altro da dirvi, per qualsiasi commento o critica non esistate a lasciare una recensione.
A presto!
Frostsliver

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Sigyn ***


Image and video hosting by TinyPic









Now that I now what I’m without
You can’t just leave me
Breathe into me and make me real
Bring me to life






Nella fresca aria mattutina risuonava il sordo battere delle spade in legno.
Un martellare ritmico, furioso, crudele . Non c’era spazio per esitazione tra quegli assordanti palpiti che, simili alle contrazioni di un grande cuore, davano vita a una danza tanto violenta quanto imprevedibile.
I due giovani seguivano frementi I passi di quella danza, animati da un fuoco interiore che invece di consumarli sembrava donargli forza.
Il ragazzo dai capelli color rame si proiettò in avanti, tentando di sfondare la difesa avversaria con un colpo dall’alto. Sapeva come trarre vantaggio dalla minuta statura del nemico, ma fece l’errore di non considerarne l’agilità. 
La rivale scartò sulla sinistra, evitando il pesante ma maldestro attacco solo per porsi nuovamente in attesa. 
Un sorriso feroce deformò il simmetrico viso, donando ai delicate tratti un’aria quasi demoniaca.
Fjölnir le scoccò un’occhiataccia
”Lo trovi divertente?” disse, sputando a terra con fare innervosito. 
Sigyn rispose con un breve cenno del capo, come per indicargli di rimettersi in posizione e ritentare. 
Il seguente colpo venne assestato con tale vigore che nel pararlo una fitta attraversò il corpo vigile dlla fanciulla. Il ragazzo percepì l’esitazione nello sguardo della cugina e si mosse velocemente, vibrando l’elsa in direzione della morbida coscia. Sigyn evitò l’arma nemica passando sotto il braccio armato del rivale, rapida come un serpente, e con un unico movimento roteatorio colpì il retro delle ginocchia del povero fanciullo che si ritrovò inaspettatamente a terra.
Fjölnir emise un verso frustrato, sbrigandosi a rimettersi in piedi.
”Colpo leale, complimenti.” Disse poi mentre si massaggiava la gamba dolente.
Sigyn incrociò le braccia sul petto, schioccando sfastidiata con la lingua. 
“Da quando essere più veloce è considerate sleale? Avanti, ricomponiti che non ci fai una bella figura.” Rispose, per poi scorrere lo sguardo sul piccolo gruppo di spettatori che si era andato formando durante l’ultima ora di allenamento.
“Non per offendere il tuo ego femminile, ma anche tu non sei proprio un fiore al momento”
Sigyn sorrise all’azzeccato commento del cugino. Era vero, la fatica e la sporcizia avevano lasciato le loro impronte sul corpo di entrambi.
Sigyn si sentiva bruciare, il sudore l’avvolgeva come una seconda pelle viscosa e piena di fastidiosa sabbia. I capelli legati in una fluente coda erano ormai fradici.
Aveva le sembianze di una stracciona, ma il fuoco continuava a inondarle le vene.
“Ora tu ti difendi”
Affermò, raccogliendo la piccola spada da allenamento da terra. 
Andò all’attacco con la voracità di un animale, e l’aleatoria coreografia riprese il suo incalzante ritmo.

Il silenzio calò sulle lame quando un improvviso richiamo attirò l’attenzione dei due giovani.
Oltre la steccionata la folla di spettatori era cresciuta, e tra i diversi presenti capeggiava Freya, accompagnata dagli onorati ospiti di Castel del Nord. Sigyn si ritrovò costretta ad abbassare la mano armata ed inchinarsi. Accanto a lei Fjölnir fece lo stesso, proprio come il restante gruppo di spettatori.
“Sigyn, Fjölnir,avvicinatevi” ripetè Freya, infastidita dalla mancanza di reazione al primo ordine.
I giovani ubbidirono, e a passi incerti raggiunsero la piccola compagnia.
La bellezza di Frigga e la solidita di Odino attrassero ancora una volta l’ammirazione della fanciulla. Alle loro spalle,Thor combatteva valorosamente contro una sbornia che sembrava in procinto di ucciderlo, cosa che a giudicare dallo sgradevole ghigno sembrava divertire il cadetto più del dovuto.
Sigyn li salutò tutti, ricevendo in cambio sorrisi e brevi cenni di capo, per poi indirizzare uno sguardo indagatore alle guardie reali che, silenziose, seguivano la scena a distanza.
Theoric era tra loro, intrappolato nella sua maschera di rigorosa inflessibilità.
Iinflessibilità che tra coltri di militare tempra custodiva il ricordo di teneri, fugaci segreti.
Non la degnò nemmeno di uno sguardo, ma quei segreti lo legavano a lei come invisibili catene.
“Vostra madre ha un’alta considerazione delle vostre capacità militari cara Sigyn” la voce calda della regina richiamò l’attenzione della ragazza che, nel sentirsi nominare, riemerse dagli abissi della sua mente.
”Per essere cosi priva di disciplina ha una straordinaria padronanza di sé” concordò Freya, squadrando attentamente sia la figlia che il nipote ”Maestro Sigfried sta compiendo uno splendido lavoro con entrambi”
”E dov’è ora il vostro maestro? intervenne Odino dal suo posto accanto alla moglie “Mi piacerebbe vedere queste giovani promesse combattere contro un soldato esperto ”
”Al momento è occupato nei preparativi per la vostra partenza insieme  agli altri soldati che prestano servizio qui a Castel del Nord, Vostra Maestà”
“Proporrei un combattimento con una delle nostre guardie allora” appaggiato alla steccionata della piccolo arena, Loki volse lo sguardo smeraldino al padre. Per un istante parve infinitamente soddisfatto di se stesso.
Sigyn fu pervasa dal desiderio di prendere a legnate il pallido viso del principe fino a cancellare quella linea compiaciuta dalle sottili labbra.
Odino invece ,sorrise entusiasta “Ottimo suggerimento,  scommetto che competere con un guerriero navigato di cui non si conosce lo schema di combattimento potrebbe  fornire qualche prezioso insegnamento”
Freya non si lasciò impressionare “Se posso permettermi Vostra Maestà, dubito che vostri uomini gradiscano l’idea, il loro compito è difendere voi, non giocare con dei ragazzini” disse , imperturbata.
“Non vedo minacce in giro, e poi siamo circondati dalle mura di un castello e da molti valorosi uomini, credo che potremo rinunciare ad una spada per qualche minuto.” Rispose Odino tranquillamente “Qualche volontario?”
La contrarietà dei soldati era quasi tangibile, e per qualche istante non accadde nulla.
Poi un uomo lasciò la sua postazione a grandi falcate.
“Mi offro io, Vostra Maestà”
Sigyn inchiodò il soldato con lo sguardo.
Theoric si ergeva davanti a lei,  nel vedere la sorpresa negli occhi della ragazza una piccolo ghigno increspo’ la stoicità della sua espressione.
“Ottimo” disse Odino “Theoric e Sigyn, iniziate voi”
“Con sommo piacere” pensò la fanciulla, ancora incapace di comprendere cose stesse succedendo.
 
Raggiunto il centro dell’arena Sigyn lanciò uno ultima occhiata al gruppo di spettatori. A parte Odino e Loki sembravano tutti sorpresi quanto lei. Freya dava l’impressione di essere in procinto d’ingoiare un limone.
“Concentrati” la voce di Theoric tuonò bassa. Sigyn reagì intraprendendo la posizione di difesa.
“A voi l’onore” disse
Theoric ridacchiò, giocherellando con la spada di legno come per testarne il valore.
Attaccò improvvisamente, con velocità e potenza tali da stordire la ragazza facendola stramazzare a terra.
Sparse risate inondarono il campo, infiammando il sangue della ragazza.
La vergogna bruciò più della caduta
”Concentrati” ripetè impassibile l’uomo. Aspettò pazientemente che Sigyn si rialzasse, per poi passare nuovamente all’azione con un vigoroso colpo di taglio proveniente da sinistra. La ragazza  riuscì a parare, costringendosi poi a spostare il peso all’indietro per schivare la saetta che prontamente cercò di sfondarle una spalla.
Negli istanti a venire la ragazza si ritrovò a evitare con qualsiasi mezzo a sua disposizione I pesanti colpi dell’amante che dimostrò, rovescio dopo rovescio, di non avere alcuna intenzione di trattenersi.
Sigyn tentò un timido attacco che venne scanzato con la stessa facilità di chi scaccia una zanzara. Nel farlo si scoprì troppo e, senza capire come fosse successo, si sentì stretta al vigoroso corpo dell’avversario che, tenendola bloccata in una morsa soffocante alla vita, le poggiò l’elsa dell’arma alla gola. La sua di spada giaceva nella polvere a metri da lei.
”Morta” le sussurrò, il respiro caldo le divorò l’orecchio come fuoco.
In quell momento qualcosa scattò nell’anima della ragazza.
Con un rapido movimento scaraventò la testa all’indietro, colpendo in pieno il viso di Theoric che, per sorpresa o per desiderio, la lasciò andare.
Non poteva rimanere disarmata. Senza esitare si gettò a terra e girando su se stessa raggiunse l’arma dal colore fin troppo simile a quello della sabbia. Era a stento riuscita ad afferrare l’oggetto di legno quando l’avversario le diede nuovamente contro. Non attese che la ragazza si rialzasse questa volta ma, al contrario, sfruttò la situazione a suo vantagio. Dalla sua posizione  Sigyn schivò maldestramente per  poi sfuggire alla minaccia aggirandola. Con un calcio ben assestato alla schiena fece perdere l’equilibrio al rivale, approfittandone per sbatterlo a terra con il peso del proprio minuto corpo.
Si ritrovarono entrambi a terra. Lei, seduta con le gambe a cingere i fianchi dell’uomo che le riservò un grande, fiero sorriso.
“Morto” sospirò Sigyn puntandogli la spade alla gola senza riuscire a staccare gli occhi da quelli di lui. Le catene invisibili si strinsero ancora. Tra I due passò un fulmine di orgoglio, amore, desiderio e promesse.
Dopo un istante di intrinseca eternità la ragazza abbandonò la propria vittima che si alzò agilmente per poi aiutarla a fare lo stesso.
Dall’altra parte della steccionata, gli spettatori sembravano essersi svegliati da un sogno. 
Odino fu il primo a rompere il silenzio con una fragorosa risata
“Questa poi, uno dei miei migliori soldati sbattuto a terra da una fanciulla.”
Theoric sorrise, passandosi una mano tra i capelli.
”Temo di averla sottovalutata Vostra Maestà, la ragazza sa il fatto suo per essere cosi giovane. Errore mio”
Sigyn alzò impercittibilmente gli occhi al cielo. Stentava a credere a quelle parole, e a giudicare dalle espressioni nessun’altro gli credette più di lei.
La ragazza era abbastanza saggia da capire quante possibilità l’uomo le avesse consapevolmente lasciato per batterlo, ma quella mezza vittoria la rese comunque felice.
“Forse dovrei dare il tuo incarico a lei” riprese il re scherzoso, per poi passare a Fjölnir.
“Allora ragazzo” disse “adesso è il tuo turno”
 
 
 
 
Dal suo nascondiglio Sigyn vide la guardia reale varcare la soglia della stalla private, per poi dirigersi verso l’unico animale rimasto. L’enorme stallone Kattla, il favorito.
L’imponente bestia scalpitò impaziente alla vista del suo padrone. La sella in cuoio scuro si amalgamava alla perfezione al manto quasi nero dell’animale, la lunga criniera pendeva lungo il possente collo come una coltre oscura.
Una bestia magnifica, ed un guerriero instancabile.
Sigyn aspettò che l’uomo si allontanasse da lei per poi uscire silenziosamente allo scoperto.
Ovviamente ogni tentativo di sorprendere il soldato si rivelò inutile
“Sigyn, cosa ci fai qui?” disse nel voltarsi. La ragazza gli sorrise dolcemente
“Credi davvero che ti avrei lasciato andare cosi?” rispose, la bocca a qualche centimetro da quella dell’uomo che la osservò senza fare una mossa.
“É meglio se vai, non devono vederci insieme.”
”No, non me ne vado”
“Possibile che devi rendere sempre tutto cosi difficile?” la voce profonda dell’uomo  assunse un tono infastidito. La fanciulla non se ne curò.
“Mi hai lasciato vincere, vero?”chiese, avvicinando le mani ai fianchi dell’amato per poi stringerli teneramente. Theoric la scanzò con convinzione
“No, non qui.” Ordinò fermamente “e non ho neanche intenzione di discutere la tua cosidetta vittoria. Sii soddisfatta di te stessa, hai fatto un ottimo lavoro. Ora vai”
Un suono fece scattare Theoric, allontanandolo da lei.
“A quanto pare ho interrotto qualcosa qui”
Sigyn reagì  a contatto con quella voce.
“Vostra Maestà, in cosa posso esservi utile?” la precedette Theoric
Il principe scanzò le formalità con la mano. Si guardò intorno con estrema attenzione, per poi fissure gli occhi sullo stallone.
Gli occhi Verdi scintillarono compiaciuti.
“Avete un bellissimo animale Theoric, qual’è il suo nome?”
“Kattla, Vostra Maestà” rispose il soldato.
“Kattla, uno stallone quindi”
“Si, Vostra Maestà”
“Che strano, ero convinto aveste una preferenza per le giumente.” Disse il principe nel posare le affusolate dita sul corpo dell’animale “Dovete sapere, cara Sigyn, che le stalle della corte vantano alcune delle bestie più belle del reame, e molte di esse appartengono proprio a Theoric.”
Il silenzio calò sulla compagnia, ed un’istante dopo Loki inchiodò gli occhi nella fanciulla “Invidio molto la sua capacità di scegliere sempre e solo il meglio”
Sigyn non capì il senso di quel discorso, ma vide I lineamenti di Theoric incordarsi lievemente.
”Vi ringrazio Vostra Maestà” disse freddamente
”Non ringraziatemi” rispose il principe senza staccare gli indagatori occhi da Sigyn. La ragazza sentì il disagio montare  come un’onda, disagio che si calmò solo quando il cadetto distolse gli occhi da lei.
“Piuttosto sbrigatevi, non vorrete far attendere le vostre giumente ancora, no?”
E con quest’ultimo commento abbandonò la stalla, lasciandosi dietro solo la scia di quel misterioso odore.
I muscoli indispettiti di Theoric si rilassarono di colpo
“Cosa voleva dire Theoric?” chiese Sigyn, sospettosa
“Non ne ho idea. Adesso vattene, non voglio che qualcun altro ci veda.” Ripose con tono lapidario “Questa cosa ci creerà problemi, non peggiorare la situazione.”
“Ma…”
“Vattene”
Fu come ricevere una frustata.
Senza una parola la ragazza se ne andò, trascinandosi dietro un cuore pesante come pietra.
 
 
 
 
Quella mattina la famiglia reale lasciò Castel del Nord, lasciando dietro se solo nubi  di dubbi e paure.
 
 
 
 
 
ANGOLO DELLO SCRITTORE:

E dopo amen ecco il nuovo capitolo. Sono consapevole di aver promesso un twist of plot, ma ho deciso di aggiungere un avvenimento in più cosi da non rendere lo stacco troppo pesante.
Devo ammettere che scrivere questo capitol è stato un vero e proprio parto, quindi qualsiasi appunto o critica è ben accetta. Vorrei anche precisare che, trovandomi in Svezia, sono costretta ad utilizzare il computer dei miei nonni a cui non posso ASSOLUTAMENTE cambiare alcun tipo di impostazione. Risultato: Microsoft word impostato su svedese che mi cambia le parole a cazzen. Credo di aver sistemato la maggior parte di queste dannate correzioni automatiche, ma sicuramente me ne saranno sfuggite a vagonate. Chiedo venia.
Grazie per aver letto
Frostsliver
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Idun/Lofn/Nanna/Sigyn ***


 Image and video hosting by TinyPic


 

                                                                                                                                                      Cause I'm only a crack

                                                                                                                                                       In this castle of glass...

 



La notte stese d'un tratto il suo manto di oscurità sulle cime spoglie degli alberi. Ombre come fieri mastini, pronti a cacciare la luce del giorno da quelle terre ancora calde di sole.
L’Inverno affondò i propri artigli nelle lignee carni della foresta, trasformandola in una caotica distesa di ghiaccio e morte.
Il silenzio, sceso dal cielo plumbeo come neve,  giaceva sulla terra in cumuli alti almeno due piedi. Neve candida, selvaggia, ben diversa dagli ammassi di gelo e fango che si combatteva nei centri abitati.
La ragazza si guardò intorno disorientata, perdendosi nella moltitudine di tronchi che, simili a scheletrici fantasmi, si ergevano statuari in ogni direzione.
La paura le montò dentro come un’onda.

Era in trappola.
 
Il vento alzò di colpo la sua frusta, flagellando il corpo della giovane fanciulla con una forza tale da farle mancare il respiro. Le lunghe ciocche argentate si mossero come animate da vita propria, cosi come la stoffa quasi evanescente della camicia da notte.
Fu allora che si accorse di non sentire freddo.
A piedi nudi nella neve, sola, circondata dall’ oscurità, eppure la sua pelle era rimasta calda e rosea.
Un familiare odore di pelli e sonno le sfiorò il naso, riempiendola di sollievo.
Stava sognando.
Un sogno molto vivido, certo, ma pur sempre un sogno.
Un sogno, un sogno.
 
Con convizione risanata iniziò ad esaminare lo spazio circostante, alla ricerca di una  via d’uscita da quella foresta. Una via d’uscita da quel sogno. 
 
Voltati
 
La voce nella sua testa risuonò autoritaria, e la ragazza ubbidì.
Le labbra piene si rilassarono fino a formare un piccolo sorriso trionfante.Un sentiero si andava materializzando davanti ai suoi occhi. Una superficie stretta e serpeggiante, estesa fino a svanire nella notte.
I piedi si mossero rapidi nella neve, cadendo presto in una corsa disperata.
Stava per farcela.
Sarebbe uscita da li.
 
La caduta fu rovinosa.
La terra si aprì sotto di lei, facendo precipitare il piccolo corpo nel nulla. Quando toccò terra una fitta lancinante le attanagliò la schiena, la testa picchiò duramente contro il suolo ghiacciato.
 
Un infernale coro di risate si alzò all’improvviso, e la ragazza si dimenticò immediatamente del dolore che nient’altro era se non un’illusione.
Si dimenticò di trovarsi in un sogno, si dimenticò di proseguire.
La sua mente era piena di risa.
 
Volse lo sguardo in direzione di quel demoniaco verso, cercando disperatamente di rimettersi in piedi.
Li, su un ramo appesantito dalla neve, giacevano tre figure appollaiate.
*Uccelli.* pensò
Ancora quella risata.
La ragazza si avvicinò di soppiato per non spaventarli, il cuore batteva all’impazzata in una cassa toracica che sembrava in procinto di scoppiare.
Non erano uccelli.
Non erano animali.
 
Arpie
 
Demoni alati dal viso di donna che popolavano gli incubi di qualsiasi bambino.
Bestie orribili, presagio di morte.
 
La fanciulla scattò all’indietro, inciampando su se stessa.
Gli occhi vitrei delle creature la seguirono,e  le labbra livide di una di loro si schiusero per far uscire parole. Parole non umane, parole destinate a marcire nelle tenebre degli inferi.
“Salvaci, salvaci!” gracchiò, e le altre la seguirono. Il canto macabro riempì l’aria in un susseguirsi di “Salvaci, salvaci!” che si mischiarono fino a non significare più nulla.
La ragazza si portò le mani alle orecchie per chiudere fuori il caos, il suo grido di aiuto si perse nello strepitare delle arpie.
Tre tonfi secchi.
Silenzio.
La ragazza aprì gli occhi.
Le creature giacevano a terra, immobili. Le bocche aperte in grottesche smorfie e gli occhi fissi nel vuoto.
Solo una respirava ancora.
Quella che aveva gridato per prima.
Era talmente vicina che la fanciulla non dovette fare altro che allungare il collo per poterla osservare.

Quello che vide le fece esplodere la gola in un singhiozzo secco, e lacrime di ghiaccio presero a perforarle le gote come spilli ghiacciati.
Quegli occhi, quel naso...
 Un viso identico al suo, ma con grandi occhi scuri.
 
Lofn

Sua sorella.

Le labbra formarono un ultimo, ansimante, “salvami”, poi anche lei tacque per sempre.
 
 
 
Nel tepore della sua camera, Lofn spalancò gli occhi di colpo.
Le coperte frusciarono rumorosamente quando se ne liberò, cadendo in un groviglio a terra.
Il rumore sordo e martellante che l’aveva strappata al sonno continuò a riecheggiare tra le mura di pietra.
Qualcuno bussava alla porta, e quel qualcuno aveva fretta.
La fanciulla dovette ricorrere a tutta la forza di volontà che aveva in serbo per liberarsi dal torpore, riuscendo in fine ad alzarsi e a dirigersi a passi incerti verso l’ingresso.
La grande porta scricchiolò quando venne spostata quel che bastava per permettere alla ragazza di sporgersi oltre la soglia, per poi rimanere in silenzio.
In piedi davanti ad una finestra spalancata c’era Idun, la luce della notte tesseva fili d’argento nella lunga chioma mossa dal vento. L’arazzo destinato a coprire l’apertura giaceva nelle sue mani.
“Idun, ma cosa...”
La fanciulla sentì una mano stringersi al braccio con sorprendente forza.
“Lofn, dobbiamo andare via.” Disse Idun, la voce tormentata e lontana.
“Mi fai male, lasciami” rispose Lofn, cercando di ritirare il braccio. Come risultato ebbe solo una strattonata tale da farla quasi cadere in avanti.
“Ma sei impazzita?” sibilò
“Non possiamo rimanere qui, per favore. Verranno a prenderci. Devo salvarti.”
Le parole della fanciulla erano sconnesse e deliranti, ma animate da un fuoco che sembrava in grado di bruciarla dall’interno.
Lofn ne ebbe paura.
“Entra, stanotte dorm...”
Un’ulteriore strattonata la gettò a terra. Lofn cercò di divincolarsi, gridare, ma la sorella la inchiodò a terra con il peso del proprio corpo.
“Tu vieni con me, mi hai sentito? DEVO SALVARTI”
Le ultime parole uscirono rimbalzarono contro le pareti come un ruggito.
 
Lungo il corridoio una porta si aprì di scatto.
“Ma cosa diamine state facendo?”
La voce distrasse Idun per un istante, e Lofn ne approfittò per liberarsi.
Dal fondo del corridoio Sigyn le indirizzò uno sguardo tanto interrogativo quanto furioso.
Idun tentò di risbattere la sorella a terra, ma con un movimento fulmineo Sigyn fu da lei, afferrandola per un polso e bloccandola al muro.
“Qualcuno è tanto gentile da spiegarmi per quale fottuta ragione siete qui fuori a prendervi a botte nel cuore della notte?”
Idun farfugliò qualcosa, per poi tentare di sfuggire alla presa della maggiore. Sigyn la spinse contro la pietra senza troppi complimenti.
“Dunque?” disse poi, volgendo gli occhi a Lofn.
“Non lo so. Quando le ho aperto ha iniziato a dire cosa senza senso...”
“Dobbiamo andare via!” la interruppe Idun
“Ecco, appunto” continuò. Sigyn storse la bocca in una smorfia contrariata per poi lanciare un’occhiata sospettosa a Idun che, immobile, sembrava reggersi a stento in piedi.
“Sta dormendo” constatò in fine “aiutami a portarla in camera sua”
“No, dorme da me” insistette Lofn.
Sigyn alzò le spalle, per poi caricare di peso la sorella esanime. Lofn si mosse per darle il suo aiuto, ma venne scanzata con un rapido movimento della mano.
“Tranquilla ce la faccio. Vai a svegliare Nanna, è l’unica qui che sa come gestire una situazione del genere. Lo ha fatto altre volte”
“Sono qui” la voce di Nanna giunse come un sussurro, e la sua figura si stagliò davanti a loro simile ad un’apparizione. Cosi vestita di bianco e con i capelli sciolti lungo la schiena poteva tranquillamente essere scambiata con uno spirito della foresta. Con fare gentile sollevò l’arazzo caduto a terra per  rimetterlo al suo posto, sempre cercando di non fare rumore.
“La porto dentro” disse Sigyn, per poi sparire nell’oscurità della stanza.
 
 
 
Idun giaceva silenziosa sul letto. Da quando si era svegliata non aveva proferito parola, limitandosi semplicemente a torturarsi le mani e a scrutare il vuoto con sguardo spento.
Le sorelle si erano sistemate in diversi punti della camera illuminata dalla lattea luce della luna. Nanna sedeva accanto alla sorella, le accarezzava i capelli mormorando parole impossibili da udire mentre Lofn osservava la scena con espressione preoccupata.
Sigyn invece si muoveva a grandi falcate attraverso la stanza, comportandosi come un animale in gabbia.
“Idun, cos’è successo di là?” tentò Nanna, continuando a giocare dolcemente con le ciocche argentate. “Vuoi raccontarcelo?”
“È stato orribile” la voce di Idun era rotta e piena di pianto.
“Cosa, il sogno?”
“Non era un sogno.”
Nanna tacque per qualche istante, cercando di capire quale significato nascondessero quelle parole.
Sigyn sbuffò impercettibilmente.
“Certo che era un sogno” disse con tono brusco
“Sigyn” la ammonì  Nanna.
“Cosa?”
Nessuna risposta.
Silenzio.
“Una di loro aveva il volto di Lofn” disse Idun d’un tratto. Le sorelle si scambiarono sguardi interrogativi.
“Chi Idun?” chiese Lofn
“Le arpie. Una aveva il tuo volto, mi ha detto che dovevo salvarla e...”
Una crisi di pianto colpì Idun, costringendola ad interrompere il racconto.
Nanna cinse le braccia intorno al piccolo corpo, e Idun  affondò il viso nella cascata di capelli biondi della sorella.
“Tranquilla piccola mia, è tutto finito”
Idun si liberò dall’abbraccio con una spinta, visibilmente turbata mentre le lacrime continuavano a rigarle le guance.
“No, non è tutto finito! Dobbiamo andare via, so che succederà qualcosa” le parole piacchiarono l’aria come pietre.
“Siamo al sicuro qui, non devi.”
“Sta zitta”
Nanna lanciò uno sguardo indignato verso Sigyn.
“Scusa, per quale motivo...”
“Ti ho detto di stare zitta” la interruppe nuovamente, lo sguardo fisso sulla foresta dall’altra parte della finestra che era stata liberata per far entrare aria fresca.
“Cos’hai?” Disse Lofn, raggiungendo la sorella. Volse gli occhi verso l’esterno, tentando di capire cosa avesse attirato l’attenzione della maggiore.
Inizialmente non vide nulla, ma poi, delle ombre si mossero tra gli alberi.
Uomini, uomini a cavallo.
“C’è qualcuno” disse Sigyn, le sorelle trattennero il respiro “Devo svegliare Freya e Iwaldi. Restate qui”
“Nemmeno per sogno, ci penseranno le guardie ad avvisarli.” Lofn si aggrappò al braccio di Sigyn come per fermarla.
“Non essere sciocca, quel branco di cani è inutile. Barricate la porta finchè non torno”
Nanna si alzò dal letto per porsi tra la sorella e la porta.
“Sigyn, non andare” la voce di della giovane risuonò di paura repressa.
“Stai tranquilla, sicuramente non è nulla.”
Un coro di grida si alzò nella notte.
Sigyn si precipitò a raggiungere la finestra, seguita a ruota dalle altre quattro.
Un sussurro strozzato salì dalla gola di Lofn
“Ci attaccano”




ANGOLO DELL' AUTORE:
Salve gente! Eccomi con il continuo della storia che spero che possa soddisfare la vostra voglia di colpi di scena. Sto già lavorando al seguito, giuro che non vi farò attendere cosi tanto per sapere cosa succederà poi. Devo darmi una regolata o non arriverò mai alla fine.
Bene, per qualsiasi cosa sapete dove trovarmi.
Alla prossima!
Frostsliver
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Cities in dust ***


Image and video hosting by TinyPic





Water was running, children were running
You were running out of time
Under the mountain, a golden fountain
Were you praying at the Lares shrine?
But ohh, oh your city lies in dust, my friend
Ohh, oh your city lies in dust
My friend





La notte esplose in un turbinio di fuoco e grida quando  uomini, simili a creature demoniache, emersero dalle tenebre per incendiare tutto ciò che si poneva tra loro e le possenti mura della fortezza.
La foresta si riempì di luce accecante, i rovi ardenti proiettarono le loro invocazioni al cielo sottoforma di pilastri di fumo denso a tal punto da stendersi come nebbia tra il mondo circostante e l’inferno che andava formandosi sotto gli occhi increduli delle fanciulle.
Nella stanza il panico era entrato silenzioso, e per una frazione di secondo che parve un’eternità nessuno disse niente.
Sigyn fu la prima a svegliarsi dal torpore. La ragazza si allontanò dalla finestra, per poi dare l’ordine di coprire l’apertura intervallata da spesse grate in ferro battuto.
“Sprangate la porta quando esco.” Disse, dirigendosi verso l’uscita con una convinzione che non le apparteneva. Nanna tentò di tenerla a sé, ma venne presto allontanata aggressivamente.
“Non andartene” implorò, senza riuscire a smuovere la pietà della sorella che, anzi, sembrava sul punto di prenderla a schiaffi.
“Cerca di ricomporti, per amor del cielo. Sai perfettamente cosa succederà se riusciranno a superare le mura.” Urlò, ormai in preda all’ira.
“Non ci riusciranno. L’hai detto anche tu, siamo al sicuro qui.” Intervenne Lofn, la paura era dipinta sul piccolo viso mentre si stringeva saldamente alla gemella che, a differenza delle altre, sembrava ancora immersa in un limbo senza fine.
Sigyn osservò le creature, chiedendosi come mai avrebbe fatto a proteggerle da se stesse.
“Possa il cielo avere pietà di noi.” Pensò, senza rispondere alle cieche autoconvinzioni delle sorelle.  Si limitò semplicemente a liberarsi dal nuovo tentativo di Nanna di tenerla bloccata, per poi imboccare l’uscita. Nel corridoio riecheggiò il suono dei suoi passi, seguito dal pesante stridore di una serratura.
 
 
“Torna nelle tue stanze, Sigyn. Non ha tempo per te ora.”
Sigyn inchiodò uno sguardo di ghiaccio nella madre che, dal centro dell’armeria, era impegnata nell’impartire ordini ai suoi uomini.
I soldati si muovevano nel ampio spazio come comandati da una forza superiore, dando vita alle disposizioni della donna con ordine quasi meccanico. La fanciulla si stupì ancora una volta della calma che si respirava in quella stanza, mentre al di fuori il caos mieteva vittime tra i civili di Castel del Nord. Un’oasi di raccoglimento e metodo in un deserto di fuoco e terrore.
Dopo qualche istante Sigyn tornò ad osservare la madre, sentendo la rabbia in petto come un masso.
“Cosa vuoi fare, lasciarci a marcire li dentro finché qualcuno non si prende la briga di violentarci ed ucciderci?” disse, senza ragionare.
Freya si voltò di scatto, i lunghi ricci ramati frustarono l’aria come flagelli.
 Con fare tutt’altro che gentile afferrò la figlia per il mento, portando il viso esangue al suo. I grandi occhi infilzarono la giovane come spade di ghiaccio.
“Non osare nemmeno proferire un’altra parola, mi hai sentito? Credi di essere una guerriera, ma in realtà non sei altro che una bambina viziata e indisciplinata. Vuoi difendere le tue sorelle? Bene, fallo, ma sappi che se ti azzarderai a fare di testa tua condannerai tutte voi ad un fato ben peggiore dello stupro e della morte.”
Sigyn rimase impietrita nella morsa della donna che nello sputare parole velenose si era accesa simile ad una fiaccola. Non l’aveva mai vista cosi furiosa.
La fanciulla deglutì, liberandosi poi dalla stretta.
“Dimmi cosa devo fare” disse, massaggiandosi il mento. Freya annuì impercettibilmente.
“Prendi delle armi ed abiti da addestramento. Sai dove sono. Fai cambiare le tue sorelle e barricatevi in una delle stanze, manderò degli uomini a sorvegliarvi finché non sarà tutto finito. Abbiamo la situazione sotto controllo, ma se dovesse degenerare verrò personalmente a prendervi.” Freya si interruppe di colpo, volgendo lo sguardo oltre la figlia. Sigyn si voltò, capendo immediatamente cosa aveva attirato l’attenzione della donna.
Dietro di lei Fjölnir era nel pieno dei preparativi per l’imminente battaglia.
“Porta Fjölnir con te, non ho intenzione di sacrificare l’unico figlio di mio fratello.” Continuò Freya, attirando il giovane a sé con un breve cenno della mano.
Il fanciullo accettò gli ordini senza protestare, ponendosi sul chi vive accanto alla cugina.
Ora andatevene, ho una difesa da organizzare.” disse Freya con tono che non permetteva ulteriori discussioni, e Sigyn la lasciò alle proprie mansioni senza proferire parola.
I due fanciulli caricarono l’occorrente il più velocemente possibile, trovandosi ben presto sommersi di abiti in cuoio e corte lame di pugnali. Per quanto la ragazza si sforzasse non riusciva ad immaginare le sorelle con un’arma in mano, e si ritrovò presto a sperare di non doverle mai costringere ad impugnarne una.
Come inseguiti da tutti i demoni dell’inferno i giovani volarono attraverso la fortezza, superando la distesa di disperazione che la abitava.
Per la seconda volta la ragazza pregò, pregò di avere la forza di sorreggere sé stessa e la purezza di tre anime che avrebbe difeso a costo della vita.
 
 
 
Tre pesanti battiti affondarono nel legno della porta, scatenando il timore delle tre fanciulle.
Altri battiti. Nessuna reazione.
“Nanna, sono Sigyn. Apri questa stramaledetta porta o giuro che la faccio saltare a calci”
La voce della sorella investì Nanna, riempiendola di sollievo. La fanciulla si mosse velocemente, e ben presto due figure ricoperte di stracci e acciaio entrarono rumorosamente nella grande stanza.
“Ce ne hai messo di tempo.” Disse Sigyn, gettando il proprio carico sul letto. Nanna scosse la testa.
Lofn e Idun, che sembrava essersi ripresa dall’iniziale terrore, lanciarono un’occhiata timorosa ai vestiti riversi davanti a loro.
“Cambiatevi, se sarà necessario muoverci questi abiti vi serviranno.” Suggerì Fjölnir, per poi girarsi galantemente verso il muro per non disturbare l’intimità delle cugine.
Le ragazze lo osservarono dubbiose per qualche istante, ma passarono presto all’opera.
Sigyn si ritrovò costretta ad aiutare le sorelle a stringere gli abiti troppo grandi alla ben e meglio, terminando comunque col far assomigliare le tre fanciulle ad ammassi informi di cuoio e cinghie strette fino all’inverosimile.
“Prendete queste” disse nel porgere tre pugnali alle creature.
Nanna osservò la piccola arma nelle sue mani, quasi timorosa di impugnarla.
“Non sappiamo come usarle” disse Idun, riservando uno sguardo acceso di eccitazione alla maggiore. Sigyn sorrise, per poi pronunciare il primo insegnamento che avesse mai ricevuto.
“Infilzateli con la punta”
 
 
 
Il tempo prese a scorrere lentamente, cosi come fa quando il mondo cade in pezzi senza che tu possa fare nulla per impedirlo.
Il piccolo gruppo sedeva immobile, pesando il silenzio più di mille parole. Non c’era nulla da dire, il suono della battaglia che aleggiava intorno a loro rivendicava tutta l’attenzione dei giovani che nient’altro potevano fare se non ascoltare il rumore di una realtà che si sgretola.
“Da quanto tempo siamo qui?” disse poi Lofn, attirando a sé gli sguardi. Nanna sospirò, per poi tornare a fissare la fiamma di una candela che rispecchiava il suo calore nelle profonde iridi cerulee.
“Non ne ho idea” confessò poi “mi sembra di essere bloccata qui da un’eternità”
“Perché ci mettono tanto a cacciare un branco di briganti?” chiese Idun dalla sua posizione supina, stringendo la mano della sorella tra le sue.
“Probabilmente perché non sono briganti” suggerì Sigyn. Nanna inchiodò lo sguardo nella sorella.
 “Non vorrai dire che sono dei soldati ad attaccare le mura, vero?” chiese, incredula.
Sigyn alzò le spalle.
“Dico solo che è molto raro che dei briganti riescano ad organizzare un’offensiva del genere. Staremo a vedere”
Un fragoroso rumore proveniente dall’interno interruppe il filo dei pensieri delle fanciulle, facendole scattare. Sigyn e Fjölnir furono in piedi ancora prima che il rimbombo lasciasse nuovamente il suo posto al silenzio, pronti a reagire a qualsiasi minaccia.
Passi, passi pesanti e veloci, presero a martoriare le orecchie dei giovani. La paura e l’eccitazione impregnarono l’aria con il loro odore.
Colpi secchi alla porta, poi ancora silenzio. Una voce si stagliò alta e decisa, una voce che le fanciulle riconobbero all’istante.
La madre era venuta a prenderle.
“Aprite immediatamente.” Disse Freya dall’altra parte delle spesse mura di pietra, tornando a colpire il legno della porta.
Sigyn si affrettò a spalancare l’ingresso, cosi da permettere alla madre di entrare.
La donna, incastrata nella sua leggera armatura, fece capolino nella stanza con una guardia alle sue spalle. Era Sigurd, il maestro d’armi. Sigyn fu felice di vederlo.
Nanna lasciò il suo posto sul letto, per poi procedere in avanti
“Madre cosa sta…”
“Non abbiamo tempo di discutere, venite con me.” La interruppe Freya, per poi lasciare la stanza.
I giovani si sollecitarono a vicenda finendo per imboccare il corridoio a seguito della madre che, senza lasciar spazio ad esitazioni, le condusse verso la parte più recondita del castello.
Sigyn intraprese il suo posto accanto alla donna, scoccandole un’occhiata preoccupata.
“Cosa succede? Dimmi la verità” disse poi, cercando di tenere il passo di Freya.
“Stanno per sfondare le nostre difese. Maledetti noi, ci siamo impigriti a tal punto da non riuscire nemmeno a sedare un assedio.”
La donna sputò le parole come veleno, notevolmente irata con se stessa. Sigyn invece ebbe difficoltà ad incamerare le parole.
“Cosa facciamo?” Chiese con voce spezzata dalla paura.
“Al di fuori delle mura ci sono dei cavalli ad attendervi, Sigurd vi condurrà al sicuro.”
“Voi cosa farete?”
“Il mio posto è qui” risposte la donna senza degnare la figlia di uno sguardo “rimarrò a difendere ciò che ho costruito”
“Iwaldi dov’è?”
La domanda della fanciulla fece vacillare l’espressione di pietra della guerriera, e non ci volle molto prima che una nuova consapevolezza mettesse radici nella giovane psiche, mandandola in pezzi.
“no…” sussurrò, incapace di dare ordine ai pensieri
“Vostro padre ha combattuto valorosamente, Sigyn. È morto proteggendo la sua famiglia, siate fiere di lui” disse Freya, ritrovando la propria convinzione.
“E quando avevi intenzione di dircelo?”
“A tempo debito vi sarebbe stato comunicato. Adesso la mia principale preoccupazione è farvi uscire da qui. Vi salverò, fosse l’ultima cosa che faccio.”
 
 
 
I cavalli, posizionati strategicamente all’uscita del passaggio segreto, scalpitarono nervosamente alla vista degli esseri umani che, rapidamente, si avvicinarono a loro.
Il maestoso albino si lasciò sfuggire un breve nitrito, e Sigyn provò una fitta di sollievo nel trovarlo sano e salvo.
Lejonhjärta, il suo più fedele compagno di vita. Erano cresciuti insieme, una coppia di anime tormentate destinate a rimanere legate fino alla morte.
La fanciulla si mosse verso l’animale, afferrando le briglie che le venivano poste da un giovane stalliere. Conosceva il ragazzo, ma non riusciva a ricordarne il nome.
“Grazie” disse, riservandogli un breve quanto triste sorriso. Il fanciullo rispose inchinandosi goffamente.
“Sigyn” l’interesse della giovane venne immediatamente attirato dall’ autoritaria voce della madre. La donna si avvicinò, fino a trovarsi a nemmeno un passo da lei.
“Promettimi che farai ciò che è in tuo potere per proteggere le tue sorelle.”
Sigyn annuì.
“Lo prometto” disse, senza allontanare lo sguardo da quello ferreo della guerriera che si limitò a porgerle un minuto scrigno.
“Cos’è?” chiese la fanciulla, palpando l’oggetto con delicatezza.
“L’unica cosa che devi sapere è che potrebbe distruggerci tutti. Consegnalo a Frey quando lo vedrai, e a Frey soltanto. Nessun’altro deve conoscerne l’esistenza, la sua creazione fu un tremendo errore.”
Sigyn osservò lo scrigno, chiedendosi perché la madre avesse riposto un oggetto tanto potente nelle sue mani. Il desiderio di conoscerne la forza si fece quasi insostenibile, ma ricacciò indietro la curiosità. Ripose il fardello nella tasca dei pantaloni, per esaminarlo più tardi.
“Madre, cosa ne sarà di voi?”
La voce di Idun fece capolino come proveniente da un sogno. Freya si girò, volgendo lo sguardo ad ognuna delle sue figlie.
“Non so cosa riservi il futuro per me” disse onestamente “ma so per certo che voi supererete la notte se sarete tanto coraggiose da andarvene ora. Fuggite, e non voltatevi mai.”
Delle grida strapparono il silenzio in mille pezzi. Grida provenienti dal tunnel che le aveva condotte fin lì.
Freya sfoderò la spada con un unico, agile movimento.
“Ora!” sbraitò, per poi girarsi verso l’infernale clamore.
A Sigyn e Nanna non rimase che montare in sella, per poi aiutare le gemelle ad intraprendere il loro posto alle loro spalle.
“Reggiti” Suggerì Sigyn a Idun che cinse immediatamente le snelle braccia intorno alla sua vita. La maggiore poté sentire il calore del piccolo viso contro il collo, e il dolore di lacrime altrui che presero a bagnarle la pelle. Accanto alle fanciulle, Fjölnir attendeva sulla sua inquieta giumenta pomellata.
Sigurd, il maestro, diede il comando di procedere, e ben presto la compagnia si ritrovò a volare in un galoppo disperato lungo il margine della foresta incendiata.
 
 
 
Trasgredendo agli ordini di Freya, Sigyn si voltò, solo per vedere il corpo della madre circondata da sei uomini. Le viscide creature erano riuscite a disarmare la donna, la stringevano tra le grinfie come un uccello in trappola. Il giovane stalliere giaceva riverso in una pozza di sangue, sventrato come un animale da macello.
L’ultima cosa che la fanciulla vide prima di distogliere lo sguardo fu un’immonda ferita aprirsi lungo il diafano collo della donna, la carne disgiungersi in un grottesco sorriso sotto il tocco di una corta, rozza lama.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Aggiornamento ***


Salve a tutti! Scusate il mio lungo silenzio, ma tra i diversi impegni con la scuola, un'editoria e un viaggio a Londra sono un po' incasinata al momento. Prometto che l'aggiornamento arriverà tra una settimana o due, parola di lupetto! A presto Frostsliver

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Aggiornamento pt 2 ***


Perdonatemi per la lunga assenza che probabilmente si protrarrà ancora. Frequento il quinto anno e non mi stanno dando un attimo di pace, quando avrò tempo aggiornerò, e spero presto perché a questa storia ci tengo. Quindi vi esorto a rimanere con me, piano piano le cose si sbloccheranno.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2615418