Never forget being in me

di CassandraBlackZone
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuova sensazione ***
Capitolo 2: *** Mere coincidenze ***
Capitolo 3: *** Ricordare fa male ***
Capitolo 4: *** Torta al limone ***
Capitolo 5: *** Sonde ***
Capitolo 6: *** Dalila ***
Capitolo 7: *** impossibile, assurdo e nuovo ***
Capitolo 8: *** i TARDIS possono scrivere libri. Maestro chi? ***
Capitolo 9: *** Non sono io ***
Capitolo 10: *** Sogni scorretti ***



Capitolo 1
*** Nuova sensazione ***


Nuova sensazione
 
Il sangue cola viscoso dalla spalla destra fino al polso. Il fuoco accentua il suo terribile odore di ferro, come un diffusore di incensi.
Alzo lo sguardo  davanti a me, e mi accorgo che il corridoio mi appare o sempre più grande, o sempre più piccolo. Quanto odio le allucinazioni. Barcollando, cerco di appoggiarmi alla parete senza inciampare sui grossi cavi dell’alta tensione sparsi sul pavimento di metallo. Striscio sfinita sulla parete colorandola di rosso, mentre il sudore contribuisce a peggiorare la mia vista. Manca poco. La porta della sala comandi è a trenta metri da me. O sessanta. Grazie di nuovo, allucinazioni.
Con un po’ di fatica, tiro su la mano sinistra e l’avvicino alla parte destra del petto.
 
Tu-tum. Tu-tum. Tu-tum.
 
Poi la sposto a sinistra.
 


Bene. Un cuore è già andato. 
All’improvviso, sento la pressione abbassarsi vertiginosamente, le forze abbandonarmi, e infine cado in avanti a peso morto. Mi aspettavo un dolore lancinante, di urlare disperata, ma nulla. L’unica cosa che ho sentito è il tonfo nella mia testa per l’impatto col pavimento.
Il mio corpo non reagisce. Rimane immobile. È questo il segnalo che aspettavo? È così che funziona? Sì. Forse è davvero arrivato il momento. Forse è ora che io usi il mio asso nella manica, o per meglio dire: l’asso nella manica dei Signori del Tempo.
Inaspettatamente , increspo le labbra in un sorriso. Gli zigomi si alzano e i denti superiori si appoggiano sul labbro inferiore.
Che strano. Sto per morire, e io sorrido.  Si vede proprio che è la mia prima rigenerazione, ma non ci posso fare niente; è una nuova sensazione per me, e non vedo l’ora di provarla.
È davvero buffo. In questo preciso istante dovrei vedere la mia vita scorrermi davanti, come la vecchia pellicola di un film. Dovrei pensare ai miei genitori, ai miei amici, ai bei momenti passati con loro, e invece…  sto sperando con tutta me stessa che l’equipaggio di questa nave di salvataggio sia riuscita a raggiungere il pianeta più vicino con le loro capsule d’emergenza.
Beh, che dire. Io sono fatta così. Quando posso cerco di salvare più persone possibile, senza pensare minimamente a me. Tale padre, tale figlia, giusto? Oh, Perfetto… ora sto anche parlando da sola.
Accidenti… che cosa dirò alla mamma appena mi vedrà? Come spesso mi raccontava papà la rigenerazione è imprevedibile: potrei ritrovarmi con il corpo di un’adulta, o peggio, di un’adulto. Potrei diventare di colore, avere i capelli biondi, rossi, essere vecchia, bassa, alta e… oh, ma stai zitta… stai morendo.
Qualcosa nel mio petto inizia a pulsare violentemente, e un caldo tepore si espande in tutto il mio corpo, raggiungendo subito il cervello. Fa quasi solletico, ma fa anche terribilmente male. E ancora non riesco a muovere nemmeno un dito. Sento i neuroni che esplodono uno dopo l’altro, le cellule che muoiono e rinascono simultaneamente, e il sangue che ribolle nelle vene. Pian piano una luce dorata inizia ad avvolgermi leggera e, con un piccolo sforzo, decido in fretta il colore dei miei capelli.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
E dopo tanti ripensamenti… finalmente ho deciso di fare un sequel de A person to remember!! *dan dan daaaaan*  Ancora sto decidendo come sviluppare la storia, ma spero venga bene e che il mio cervello crei qualcosa di buono!! XD Di sicuro qualcosa di malato!! ahaha
Per ora non dico niente, e inizio così!! ;)
A presto!!
 
Cassandra

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Capitolo 2
*** Mere coincidenze ***


Matt sbottava un sorriso ad ogni singolo foglio ingiallito, lasciando che il bambino dentro di lui si ricordasse quando avesse fatto tutti quei disegni. Ancor prima che la dottoressa Miller gli porgesse la busta di plastica, lui li aveva riconosciuti dalle sue iniziali scritte con un pennarello blu all’angolo delle pagine.
“Te li ricordi, Matt?” gli chiese la donna togliendosi gli occhiali.
“Sì, me li ricordo.”
“Avevi poco più di sei anni. Sorpreso di rivederli?”
“Perché li ha conservati fino ad oggi?”
“Perché speravo che sarebbero serviti. Un giorno.”
L’uomo alzò gli occhi dai fogli e, imbarazzato, distolse lo sguardo appena incrociò quello della dottoressa. Aveva sempre odiato l’atteggiamento di qualsiasi dottore, che fosse un medico, uno psicologo o, come in quel caso, di uno psichiatra; avevano tutti quell’assurda calma che li aiutava a gestire qualsiasi tipo di persona che si presentasse davanti a loro. Talvolta Matt pensava che i veri pazzi fossero loro.
“Dimmi, Matt. Che cosa hai sognato questa volta?”
La seduta di solito iniziava così: la dottoressa Miller chiedeva a Matt che cosa avesse fatto durante il giorno dal risveglio fino alla cena, mentre lei segnava sul suo taccuino ogni singolo dettaglio che le sembrava importante appuntare, senza mai interromperlo. E poi, la fatidica domanda del sogno. Ciò che preoccupava maggiormente Matt.
“E’ davvero necessario?”
“Sì. E’ necessario.”
Matt si appoggiò sullo schienale della sedia massaggiandosi la fronte, intento a ricordare controvoglia il sogno della notte prima. Chiusi gli occhi, rievocò pian piano tutto ciò che aveva visto, fatto e sentito. “Sono… da solo. Non so bene dire dove, ma c’è del fuoco ovunque io vado.”
“Continua.”
“Forse… sono in un corridoio. Sì. Sono in un corridoio dalle pareti di metallo.”
“E il fuoco da dove viene?”
“Sul pavimento ci sono dei grossi fili che bruciano e… Ah.” All’improvviso Matt aggrottò la fronte e fece una smorfia di dolore portandosi la mano sinistra sul braccio destro.
“Qualcosa non va?” chiese Miller preoccupata.
“Il braccio. Mi fa molto male.”
“Allora sei ferito?”
“Credo di sì.”
“Che altro?”
Matt prese un bel respiro e si concentrò ancora di più “Sento… di avere paura, ma non mi fermo e continuo a camminare, anche strisciando sulla parete, poi…”
La dottoressa allungò le mani sulla scrivania senza smettere di guardare Matt “E poi?”
“Cado in avanti sfinito, ma senza provare dolore. Sono sia sorpreso che sollevato.”
“E’ probabile che hai perso il senso del tatto, ciò ti ha portato a non sentire più dolore.”
“Vedo una luce” continuò Matt ignorando la donna “ma non è una luce davanti a me.”
“Che tipo di luce è?”
Inaspettatamente, lui aprì gli occhi e avvicinò la mano destra al petto. “Una luce dentro di me.”
La dottoressa annuì tre o quattro volte con una certa soddisfazione, come se avesse visto qualcosa di eclatante ed oscuro al povero Matt “Davvero molto interessante.”
“Che cosa?” chiese sorpreso l’attore.
“Che si tratta di una semplice coincidenza.”
Matt scosse la testa confuso “Scusi, come?”
“Matt, io seguo il tuo caso ormai da diverso tempo. Nonostante siano passati più di vent’anni, ho continuato ad indagare attraverso i miei appunti e i tuoi disegni.”
“ E quindi?”
“Sono sempre più certa che tutto sia dovuto alla tua fervida immaginazione.”
“Questa non è la prima volta che me lo dice” disse Matt alquanto deluso.
“Questo perché ogni volta che vieni da me è quello che io vedo.”
“E allora che cosa dovrei fare?”
Sistemati i disegni di Matt nella pratica busta di plastica, Miller allargò un sorriso per assicurarlo “Matt. Comprendo bene che tu per paura di dirlo ai tuoi genitori ti sia aperto solo con me e tua sorella, ma devi stare tranquillo. Tutto ciò che finora hai sognato, i disegni, sono solo mere coincidenze.”
Due colpi di clacson attirarono l’attenzione di entrambi. Era Laura, la sorella di Matt.
“Credo che questa sia la fine della nostra seduta.”
“Sì” sistematosi una ciocca di capelli, Matt allungò una mano verso la dottoressa. “Arrivederci, dottoressa Miller.”
“Arrivederci, Matt. Se hai ancora qualche dubbio io sono sempre disponibile.”
“La ringrazio.”
Scambiati un paio di sorrisi forzati, Matt si allontanò dalla scrivania e uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
La dottoressa Miller si avvicinò alla finestra e, stando attenta a non farsi vedere da Laura, scrutò quest’ultima da dietro la tenda color porpora.
Solo io e Laura sappiamo di questo altro suo problema. Se mio marito lo venisse a scoprire, lo porterebbe direttamente da un manicomio. Gli era stato difficile accettarlo quando era piccolo, ma ora che è un adulto, lo farebbe solo preoccupare.
Non erano esattamente quelle le parole di Lynne, la madre di Matt e Laura, ma il concetto era ben chiaro, e l’unica persona di cui si fidava era proprio lei, Agatha Miller: l’unica psichiatra che aveva accettato il curioso caso del Dottore immaginario.
Non appena Matt uscì dal cancello, Laura corse per abbracciarlo. Mano nella mano, i fratelli andarono verso la macchina di lei, pronti a pranzare insieme.
La donna uscì dal suo nascondiglio per vedere i due allontanarsi di spalle e ripensò alla prima volta che Lynne portò il piccolo Matt di sei anni da lei , dopo la loro ultima chiacchierata in privato.
“Mere coincidenze.” Agatha tirò fuori dalla sua giacca l’unico disegno di Matt che non volle mostrargli, cosa che si pentì amaramente di non aver fatto.
 Il foglio era diviso in quattro da un pennarello nero dalla punta grossa e ogni parte fungeva da vignette che rappresentavo quattro diversi momenti. Nella prima vi era disegnato un lungo corridoio dalle pareti di metallo invaso dalle fiamme. Nella seconda un braccio destro che sanguinava. La terza era completamente colorata di nero e infine la quarta, che rappresentava un vortice di luce dorata che usciva da quelli che sembravano essere due cuori “Dico bene? Matt?”
 
Kevin lasciò che il suo gelato alla vaniglia scivolasse dal cono e cadesse rovinosamente sullo sterrato. I suoi piccoli occhi azzurri erano troppo occupati a fissare la buffa ragazza aggrappata alla statua più alta del parco, intenta a cercare qualcuno o qualcosa come un marinaio di vedetta.
Lei era là sopra da almeno quaranta minuti, e il piccolo si chiedeva se fosse ancora viva o se si fosse tramutata in una statua “Ehi! Signorina!” urlò con tutto il fiato che aveva “Che cosa sta facendo lì?!”
La ragazza abbassò lo sguardo di scatto assottigliando gli occhi e gli sorrise “A dir la verità, non lo so proprio!” rispose con estrema sincerità.
“Allora perché sta lì?!”
Lei aprì la bocca convinta di rispondere con certezza, ma improvvisamente il dubbio l’assalì impedendole di parlare. Non se lo ricordava più. Un paio di neuroni dovevano essere esplosi mentre ci stava pensando “Cielo… non me lo ricordo più…”
“Eh? Che cosa ha detto?!”
“Ehi, piccolo! Come ti chiami?!”
“Mi chiamo Kevin!”
“Bene, Kevin! Stai indietro che adesso scendo!”
Un po’ confuso, Kevin indietreggiò di quattro passi senza smettere di guardare la ragazza che si preparava a scendere, chiedendosi come ci sarebbe riuscita. Il piccolo pensò ad ogni modo possibile: un paracadute, una fune da spia, un trucco di magia, finché alla fine la risposta fu… volando.
Sotto gli occhi increduli del bambino di sei anni, la buffa ragazza-marinaio, fatto un piccolo salto, iniziò a levitare scendendo lentamente, metro dopo metro, fino a quando il suo piede destro non toccò leggero la terra.
Vista da vicino la ragazza aveva la pelle bella rosea, candida e incontaminata dai vestiti bruciacchiati. I suoi capelli biondi, ma che sotto al sole erano prossimi al ramato, era come se si allungassero, si accorciassero, arricciassero e lisciassero ogni tre secondi.
Kevin dovette stropicciarsi più volte gli occhi, pensando di stare per impazzire “Wo! Signorina! Ma lei… vola!” disse alla fine entusiasta.
La ragazza inarcò un sopracciglio guardando prima la statua da cui era scesa e poi il piccolo Kevin “Ti sbagli, amico mio.”, gli sorrise, “Io rigenero. O… mi sto rigenerando. O… mi rigenererò. Accidenti… sto andando un po’ in confusione.”
“Forse ha usato troppo i suoi poteri magici!”
“Nah, questa non è magia. Semplicemente ho sentito il mio corpo perdere di colpo peso e così ne ho approfittato. Oh…” fece un paio di salti sul posto sorridendo “ Ma tu pensa. Sono ritornati i miei sessanta chili. Hm… sono leggermente in sovrappeso. Ma ritorniamo a noi.”, si abbassò all’altezza del piccolo Kevin “Dimmi, Kevin. Che giorno è oggi?”
“Lei non lo sa?”
“No, proprio no. Altri tre neuroni sono esplosi. Dimmi anche dove siamo.”
“Oggi è il 26 febbraio e siamo a Londra. È sicura di stare bene, signorina?”
“Di che anno?”
“2013.”
“Uhhhh, perfetto! Almeno sono riuscita a impostare bene la data!” disse la ragazza strofinandosi le mani soddisfatta “Bene. Ora il problema è trovare…” altro vuoto di memoria “Uffa… di nuovo …  beh, almeno so chi devo cercare. Mi basta vederlo in faccia. Ma quando finirà questa fase?”
“I suoi capelli sono magici?” chiese Kevin ancora più curioso “Non fanno che diventare biondi e rossi. Oh! Ora ho visto dei capelli neri!”
“Te l’ho già spiegato, Kevin. Non è magia. Il mio corpo non si è ancora abituato. A quanto pare non sono riuscita a decidere in fretta e allora sta decidendo per me.”
“Posso decidere anche io il colore dei capelli? Me lo insegna?”
“Lo sai. Sei un bambino che fa un po’ troppe domande. Comunque…” gli avvicinò una mano all’orecchio e la riportò davanti ai suoi piccoli occhi con una banconota da dieci sterline tra le dita “Ricomprati un bel gelato, e offrine anche ad altri bambini.”
Il bambino non se lo fece ripetere due volte e prese al volo la banconota con gli occhi spalancati “ Lo sapevo!! Lei è una maga!”
“Se ti basta vedere qualcuno che scende da una statua alta circa dodici metri e che ha i capelli che cambiano forma e colore per definirlo un mago… Allora sì. Sono una maga.”
Arruffati i capelli di Kevin, la strana ragazza si allontanò dalla statua per dirigersi verso l’uscita del parco.
“Aspetti, signorina! Adesso dove va?”
“A fare quello per cui sono venuta qui!” urlò lei girata di spalle.
“Cercare quella persona?!” domandò di nuovo Kevin.
“Non lo so. Mi sono esplosi altri cinque neuroni.”
 
Quattro sedute, quattro stessi esiti. Forse Matt era arrivato finalmente alla conclusione che avesse perso solo tempo, e che sarebbe stato meglio non ritornare dalla psichiatra da cui era solito andare forzatamente ventiquattro anni fa. Si sentiva stupido, se non anche nauseato, all’idea di averlo veramente fatto.
“Allora? Come è andata oggi?” la voce squillante della sorella riportò alla realtà Matt, assorto nel suo dilemma e tra le note di Go to sleep dei Radiohead, il suo gruppo preferito.
“Che intendi dire?”
“Intendo dire: è cambiato qualcosa?”
“Direi di no” le rispose mogio.
“Hai visto? Scommetto che la dottoressa Miller ti ha detto che sono dei semplici sogni e che t-…”
“Guarda la strada.”
“E che tu… caro il mio fratellino, ti stai facendo solo tanti problemi per nulla.”
“Senti, Laura. Io sentivo solo il bisogno di parlarne con qualcuno, ok? Questi sogni, questi… incubi, li sto avendo da troppo tempo e io volevo…” Matt si stoppò appena in tempo e si morse il labbro inferiore, tornando a fingere di guardare fuori dalla finestra.
Volevo che cosa?”
Essere sicuro che loro stessero bene. Matt scacciò subito quel pensiero, cercando di dimenticarsi della ragazza che si era preoccupata di portargli più di venti tazze di caffè per calmarlo, della donna che lo schiaffeggiò per assicurarsi che stesse bene. Dell’uomo che lo aveva aiutato ad affrontare le difficoltà da quando era piccolo.
Matt sapeva bene di non essere pazzo, che tutto ciò che aveva passato diversi mesi fa era tutto vero. Doveva essere vero. Sapeva che era un prezioso ricordo da non dimenticare, eppure quelle ultime quattro settimane erano state per lui le peggiori della sua vita;  voci che lo imploravano di scappare e di stare lontano da loro, senza sapere a chi o a che cosa si riferissero. Sogni in cui lui ne era protagonista e sentiva suoni, odori, sensazioni come se fosse effettivamente in essi.
Era come se fosse ritornato al punto di partenza, a quando aveva sei anni, ma senza qualcuno che lo rassicurasse e lo proteggesse. Senza il Dottore.
“Volevo essere sicuro che… fosse tutto frutto della mia immaginazione” mentì alla fine.
“E oggi ne hai avuto la prova, no? Eppure non mi sembri contento” commentò la sorella “Che cosa c’è che non va, Matt? Tu sai che a me puoi dirlo.”
“Questo lo so, ma è meglio se lasci perdere.”
“Dai, Matt…” lo implorò lei “ Così non posso aiutarti, lo sai? Ti ricordo che mi hai fatto venire un colpo quando hai chiamato me e la mamma nel bel mezzo della notte perché pensavi di stare per morire.”
Matt arrossì imbarazzato ricordandosi perfettamente di quel giorno. Era stato il suo primo di una serie di incubi “S-sì, lo so. Ma preferisco sbrigarmela da solo. Ora so che cosa devo fare.”
Laura sbuffò delusa e rassegnata “Uomini. Voi e il vostro orgoglio. Dove ti va di andare a mangiare?”
“Facciamoci un hamburger” propose Matt  “E’ da un sacco che non ne mangio uno.”
“Ok. Vada per l’hamburger. Così ti tiro un po’ su di morale.”
Poteva essere un’idea, pensò Matt, anche se la verità era che non voleva far preoccupare ulteriormente Laura ; con un sorriso e qualche risata l’avrebbe lasciata ritornare al lavoro tranquilla e l’avrebbe anche spinta a riferire tutta contenta alla madre che il suo piccolo Matthew stava bene.
Ma le voci e i sogni rimanevano comunque un problema che il povero Matt doveva affrontare da solo. Come, non lo sapeva, ciò che poteva fare in quel momento era conviverci e aspettare.
 Chi? Che cosa? Di sicuro non sperava nel ritorno di quella stella cadente blu.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Non so quante volte dovrò scusarmi, ma… che dire…. Era ora!!! Ho dovuto combattere per potermi avvicinare alla tastiera perché stavo ancora affrontando la scuola!! La tanto odiata scuola… Ma è possibile ridursi a fare verifiche e interrogazioni nelle ultime settimane dell’anno??? Bah!! Ma ora che ci sono le vacanze posso finalmente dedicare alla scrittura!! E non vedevo l’ora!! Ad essere sincera mi aspettavo un inizio un po’ più brillante… Spero vivamente di riuscire a recuperare bene andando avanti!! Intanto… godetevi questo capitolo!! ;) A presto!!
 
Cassandra

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Capitolo 3
*** Ricordare fa male ***


Matt lesse l’ora dal suo orologio da polso digitale: le otto e quarantasette del pomeriggio. Dentro di sé lui esultò più che soddisfatto avendo raggiunto il suo obiettivo. Aveva passato ben due ore e trentasei minuti con la sua amata sorellona, potendo così reputarsi il piccolo fratellino felice di sempre. I corsi di recitazioni non erano stati una perdita di tempo, dopotutto.
“Sono contenta di essere riuscita a passare un po’ di tempo con te” nonostante quel piccolo momento di gloria interiore, non appena lui vide  il sorriso di Laura, avvertì qualcosa di strano. Ai suoi occhi quel sorriso era tale e quale a quello della madre. Quella bruttissima sensazione dello stomaco attorcigliato, altro non era che il senso di colpa per averla spaventata con quella chiamata notturna improvvisa.
 
Aiuto… vi prego! Sto bruciando! Aiuto!
 
Matt rabbrividì al solo ricordo della voce preoccupata della madre all’altro capo del telefono. Dio solo sapeva  quanto volesse mollare tutto e andare da lei e abbracciarla, ma purtroppo non poteva farlo. Non in un momento critico come quello.
“Anche io,” disse Matt ricacciando indietro le lacrime alla chetichella “mi mancherai.”
“Oh, fratellino,” Laura gli stampò un bacio veloce sulle labbra “ è ovvio che ci incontreremo di nuovo. Mamma non vede l’ora di aggiornare Twitter.”
“Posso solo immaginarlo” ridacchiò lui sincero.
“Dovresti farti un account anche tu, sai?”
“Nah. Non fanno per me i social network.”
“Come se non lo sapessi già. Lo faccio per provocarti.”
Sganciate le cinture, entrambi i fratelli uscirono dalla macchina.
 Matt inspirò a pieni polmoni l’aria serale, mentre Laura squadrò con leggero disappunto il condominio davanti a loro; era il classico palazzo da sette piani con appartamenti da uno a tre locali, con mattoni a vista, in un quartiere poco conosciuto fuori Londra.
Se lo ricordava ancora il giorno in cui lo accompagnò a cercare una sistemazione temporanea. Sfortuna voleva che il suo appartamento si allagasse per colpa di un paio di tubature.
Con tutti i bei appartamenti che c’erano a centro Londra, pensò lei, doveva proprio prenderne uno qui?
“Bene, Laura. Grazie per avermi accompagnato e per la cena. Se ci passi, salutami mamma e papà.”
“Ah, aspetta! Matt!” prima che Matt potesse aprire il cancelletto, Laura urlò sorprendendolo.
“Fa piano! Sai che qui ci sono un sacco di anziani, no?”
“S-scusa. Senti, volevo solo chiederti una cosa.”
Sbuffando,lui obbedì alla sorella e ritornò indietro “Che cosa c’è?”
“Quando inizieranno le riprese dello speciale per il cinquantesimo anniversario?”
Matt fece per aprire bocca, ma la chiuse subito per fare mente locale “Il 2 di aprile. Inizieremo il 2 di aprile”
rispose con calma e annuendo.
“Ok, perfetto” annuì a sua volta Laura.
“Ah! Vedi di non dirlo in giro, hai capito?” l’avvertì Matt.
“Si si. So bene che voi della BBC non volete far sapere certe cose. Anche se non mi sembra esattamente un segreto.”
Lui scrollò le spalle “Non si sa mai.”
Finalmente Laura lasciò andare il fratellino con un leggero cenno della mano, e si preparò ad affrontare un lungo viaggio verso l’aeroporto.
Matt aspettò che la macchina girasse l’angolo e si apprestò ad entrare nel condominio. L’aria si era fatta improvvisamente gelida, nonostante non ci fosse  un filo di vento.
Con le mani vicino alla bocca per riscaldarle, Matt salì velocemente le scale a due a due, facendo attenzione a non scivolare sui gradini rovinati.
“Buonasera, Matt.”
Colto alla sprovvista, l’attore si appoggiò con la schiena sulla parete di marmo come una lucertola, ma si rilassò quando vide che era la signora Peaches, la proprietaria del condominio.
Agnes Harris, chiamata da tutti i vicini e da tutto il quartiere Mrs. Peaches per lo scialle color pesca che usava abitualmente ogni giorno. Era un’innocua vecchietta ottantenne e vivace che passava le sue mattinate a guardare fuori dalla finestra, i pomeriggi a giocare a carte, a dama o a scacchi con le sue coetanee e le sere a guardare la televisione fino alle otto e mezza. Un po’ curva con la schiena, ma sempre in continuo movimento, poiché  spesso e volentieri, quando si annoiava a guardare le macchine e la gente passare, si armava di bastone per farsi una bella passeggiata avanti e indietro per il quartiere.
Matt quasi la considerava una seconda nonna, tanto era gentile e si preoccupava di portargli una bella fetta di torta al limone ogni sera.
“Salve, Mrs. Peaches” le sorrise “Freddo stasera, vero?”
“Oh, puoi dirlo forte, giovanotto” ridacchiò lei “Sono spiacente, Matt. Oggi non ho fatto la torta al limone. Credevo che non saresti tornato, caro.”
“Oh, non si preoccupi! Lei è davvero troppo gentile.”
“La prossima volta la farò. Promesso.” Mrs. Peaches sfoggiò un sorriso largo fino agli zigomi, e riprese a scendere le scale gradino per gradino aggrappata al corrimano di legno.
“Vuole una mano?” disse Matt notate le borse di plastiche piene.
“Oh, non scomodarti. Sono solo vestiti. Grazie lo stesso, e comunque devo fare movimento. Fa bene alle mie ginocchia. Ordini del dottore.”
“Capisco. Beh, buonanotte, Mrs. Peaches.”
“ ‘notte, Matt. Ah, a proposito di dottore.”
“Mi dica.”
“Ieri ti ho visto all’opera in tv. Sei davvero molto bravo.”
Matt sorrise imbarazzato, ma allo stesso tempo lusingato “La ringrazio, Mrs. Peaches.”
“Ma devo dire che…” la donna allungò il collo intenta a guardare dietro a Matt “il tuo lato B e molto più bello dal vivo” ridacchiò.
“G-grazie.”
“Di nuovo buonanotte, Matt.”
“ ‘ notte.”
Assicuratosi che Mrs. Peaches non inciampasse sul gradino più malmesso della rampa di scale, Matt riprese a salire per arrivare al sesto piano. Al quinto era già pronto con le chiavi in mano, ma una voce lo fermò a metà delle scale. Era una voce femminile che cantava.
“Ma cosa?” Matt si lasciò trasportare dalla melodia della canzone che rimbombava leggera sulle pareti. Era così piacevole, ma anche così familiare. Dove l’aveva già sentita? Chi l’aveva cantata? Alla fine Matt realizzò: era God of Akhaten.
 
Akhaten. Oh god  of Akhaten
Lay down my king, Sleep now eternal
Sleep my precious king
 
Oh god of Akhatan
Lay down my warrior
Lay down my king, Sleep now eternal
 
Matt ricordava bene che quella canzone era un duetto tra il corista e la regina degli Anni, e sentirla cantata da una sola persona dava un certo effetto in quel silenzio spezzato dai suoi passi. Quasi voleva restare lì fermo per finire di ascoltarla, ma il freddo ritornò di nuovo, attaccando proprio i suoi piedi.
“Accidenti, ma che freddo f-…”
Arrivato davanti al suo appartamento, i suoi occhi caddero sulla strana ragazzina dai capelli corvini e lunghi fino ai fianchi, dagli occhi, uno verde e uno azzurro, vestita da una inconsueta tuta argentata, bruciacchiata e ormai a pezzi, che lo fissava dal basso in alto seduta sullo zerbino con le gambe incrociate.
Lei smise di cantare e sorrise al giovane attore allibito “Ciao. Finalmente sei tornato.”
“Che cosa fai?” chiese Matt con un tono meno sorpreso di quanto lo dimostrassero i suoi occhi spalancati “Chi sei?”
“ Sono venuta per incontrarti. Ti stavo cercando.”
“No, un momento. Non mi hai risposto. Chi sei?” tentò di nuovo.
Matt cercò di mantenere la calma e di prendere in mano la situazione col cuore a mille. Non era la prima volta che si trovava in una situazione del genere, ne aveva incontrati di fan particolari, gli bastò ricordare la-ragazza-del-cespuglio, ma quello era veramente il colmo: un’ astronauta.
 
Hai un nuovo messaggio.
 
*biiiiip*
 
“Ehi, ciao. Ti ho chiamato solo per dirti che le cose non sono cambiate per niente, a parte che è anche in grado di prevedere, credo che sia arrivato a quello stadio dal nome assurdo. Detesto ammetterlo, ma… avevi ragione tu. Per ora non è successo nulla, ma resterò comunque in allerta. Ho un brutto presentimento… magari passerò da lui per assicurarmi che tutto sia apposto.
Senti… io mi fido di te, ma spero che tu stia facendo la cosa giusta e che tu ti renda conto di quello che anche il tuo scricciolo sta facendo.
Ti aggiornerò al più presto. E fatti sentire anche tu ogni tanto!!
 
*biiiiip*
 
Fine messaggio.
 
Con un balzo, la ragazza si alzò con le braccia dietro la schiena. Istintivamente Matt indietreggiò.
 “Probabilmente ti arrabbierai, ma… al momento non te lo so dire. Mi dispiace.”
“C-come scusa?”
“Sai, no? Di mezzo c’è sempre quella tipica fase di amnesia, una cosa che sto odiando molto, ma non preoccuparti,” prese a gironzolare attorno a Matt “apparentemente so chi sono e perché sono venuta qui.”
“Non so bene dire che personaggio tu stia interpretando,” cercò di stare al gioco Matt “ ma ti stai immedesimando un po’ troppo, temo.”
La ragazza spostò leggermente la testa di lato “ Personaggio? Non so di cosa tu stia parlando.”
“Benvenuta nel mio mondo. Senti, sono certo che tu abbia faticato molto per trovarmi, perciò se vuoi posso farti un autografo veloce e così puoi tornare a casa, ok?” per quanto fosse curioso di capire che personaggio lei raffigurasse, sentì il gelo raggiungergli i polpacci. Voleva sbrogliare al più presto quella faccenda. Che si fossero rotti i riscaldamenti?
“Ma io ce l’ho il tuo autografo” rispose lei semplicemente.
“Oh, davvero?”
Annuì.
“Ah, beh… allora cosa…”
“Me lo facesti su un quaderno” lo interruppe lei.
“Ah, davvero? Perdonami, ma… proprio non mi ricordo di te. Sarà il costume. In quale convention sei stata?”
“Tu non ti ricordi di me perché non ero io.
“Oh, capisco,” forzò un sorriso“ allora te lo sei fatto fare da qualcuno.”
“E non lo hai fatto durante una convention.”
“Ah, no?”
Scosse la testa “Davvero lo hai dimenticato?” chiese delusa.
Matt si grattò la nuca imbarazzato “Senti… voi fan siete davvero tantissimi, perciò… non prendertela, ok? Non posso ricordarmi di tutti, io…”
“Avevi promesso. Glielo avevi promesso.”
Forse era la stanchezza, o la frustrazione per la ulteriore pessima seduta dalla dottoressa Miller, ma stava di fatto che Matt cominciava ad essere alquanto irritato. Senza contare che si sentiva sempre più infreddolito.
La cometa blu.
Matt sentì all’improvviso i muscoli delle braccia contrarsi. Per il freddo, pensò inizialmente, ma sapeva fin troppo bene che la causa furono quelle tre parole. Il suo cuore iniziò a battere freneticamente tanto quanto quello di un maratoneta. “Come… hai detto?”
“ Non lo hai dimenticato, vero? Non puoi averlo dimenticato.”
Lui cercò di non guardarla negli occhi e scelse di avanzare verso la porta fingendo di cercare le chiavi dalle tasche “Non so… di cosa tu stia parlando” in tutti i modi Matt cercò di oscurare l’immagine della piccola cabina blu, prima al centro di una sfera energetica azzurra e poi scomparire dal nulla lasciandosi una lunga scia turchese, ma invano: le voci dei suoi incubi erano già lì pronte a tartassare il povero Matt.
 
Te lo avevamo detto, no?
Stai lontano da lei. Non osare farla entrare.
Se lo farai, finirai nei guai.
Non devi fidarti. Chiudi subito la porta appena entri!
Fallo!

 
Eccole, le voci. La prima volta le aveva scambiate per le stesse voci dell’illusione di mesi fa, ma se fossero state effettivamente le stesse, pensò lui, sarebbe già morto da tempo.
“Ehi? Che cosa ti prende?” chiese la ragazza preoccupata.
Al suono della sua voce, quelle nella testa di Matt si intensificarono e con loro gli avvertimenti. Ormai ne era certo: stava succedendo qualcosa di davvero pericoloso, più della prima volta, e lui ne era terribilmente spaventato.
Velocemente, Matt aprì la pronta senza girarsi, e si lasciò scivolare sull’uscio della porta con le mani sulle orecchie.
“Ehi! Aspetta! Ti devo assolutamente parlare! E’ importante!”
“ Smettila! Non parlare! La mia testa…  VATTENE!”
“No! Non posso!”
“Ma che cosa vuoi eh?! Sei qui per conto della dottoressa?! E’ un esperimento, forse?!”
“Dottoressa? Di quale dottoressa parli?”
“Sapevo che c’era dietro qualcosa! Lei mi ha mentito! Io… sto diventando pazzo!” tra le lacrime Matt si raggomitolò su se stesso e affondò la testa nelle ginocchia, come un bambino messo in punizione.
Ora più che mai, avrebbe tanto voluto non essere stato scelto come orologio. Ora più che mai, avrebbe tanto voluto dimenticare tutto quanto. Un bel ricordo da custodire? No. Era consapevole di essere stato proprio lui a dirlo, ma se doveva soffrire così tanto per tenerlo, allora non lo voleva più.
“ Non so cosa ti stia succedendo. Ma di sicuro non è peggio di quello che sto vivendo io in questo momento!”
Matt rimase in silenzio, premendo ancor di più i palmi sulle orecchie, finendo col sentirle pulsare.
“Credimi,” continuò lei “Non c’è niente di peggio… che ritrovarsi in un nuovo corpo senza sapere chi sei.”
Di nuovo silenzio.
“Io… sono più impaurita di te, lo sai? Ma nonostante tutto, sto cercando di affrontare la cosa perché so che passerà prima o poi.” La ragazza si avvicinò alla porta appoggiandosi con una guancia e una mano. Al primo contatto sentì un piccolo brivido di freddo che le rizzò quei pochi peli che aveva sulle braccia.
“Che… cosa intendi?” riuscì a dire Matt, senza urlare.
“Io mi sto rigenerando per la prima volta.”
Tra quegli irritanti bisbigli, Matt riuscì a sentire la voce della ragazza che tremava, intenta a non piangere per sembrare forte. Inaspettatamente, le voci diminuirono ogni cinque secondi.
“Io… non so chi sono, mi capisci? No, di certo non mi puoi capire. In questo momento i miei capelli stanno ancora cambiando. Ora ho delle ciocche bionde e non è affatto normale. Mi sento anche più alta. Sento ogni singola cellula cambiare ogni millesimo di secondo.”
Matt abbassò le braccia e appoggiò la testa sulla porta, rimanendo ad ascoltare. La sua voce si era fatta più bassa e affannata.
“So che ora sei spaventato, lui me lo aveva detto che sarebbe successo. Per questo io sono qui. Per aiutarti.”
Lui? Lui chi? Non appena le voci smisero di parlare, Matt poté tranquillamente pensare, e iniziò così a mettere insieme tutto ciò che in quel momento la ragazza aveva detto, finendo col trovare come parole chiave prima volta e rigenerando.
Non… non sarà mica…
“Sono io,” riprese lei “ti prego. Devi fidarti di me, io… ho dovuto portarti una caraffa di caffè bollente per calmarti.”
Matt si alzò pian piano strisciando sull’uscio della porta.
“Io ti ho salvato dall’inceneritore,  sono entrata nella tua testa, abbiamo corso insieme e poi… tu mi hai salvata. Tu, che pensavi che non ne saresti stato in grado.”
Lui era pronto con la mano sulla maniglia, ma qualcosa dentro di lui gli diceva che doveva aspettare. Doveva aspettare che dicesse qualcosa in più.
“Abbiamo giocato a calcio insieme, ricordi?” sorrise lei dolorante “Mi fa male ricordare, ma so che è stato bello. Sì. Io e te eravamo in squadra insieme, e ad un certo punto ho sentito odore di…” un forte mal di testa cominciò a pulsarle nelle tempie.
“…cheesecake.” Continuò Matt “Tu ti sei girata all’improvviso, e la palla che io ho calciato ti ha preso la testa in pieno.”
Entrambi risero insieme, lasciandosi alle spalle ciò che era accaduto una decina di minuti fa. Matt ne era certo. Era lei.
“E’ così assurdo. Quasi non riesco a crederci che tu sia ritornata. Dimmi che non sto sognando, Asia.”
Un leggero tonfo lasciò per un po’ perplesso Matt, finché non si allarmò del tutto e aprì la porta. Una folata di vento gelido gli arruffò i capelli. Sentì i suoi piedi calpestare qualcosa di morbido e, abbassati gli occhi, vide che era neve “Ma che diamine… ?”
Asia era davanti a lui priva di sensi  e distesa su una lastra di ghiaccio. Era ricoperta da un leggero strato di neve, pallida e con le labbra ormai violacee.
“Oh sant-.. Asia!" Matt la prese subito in braccio. Era completamente gelida “ Asia, resisti!”
Chiusa la porta, Matt sdraiò delicatamente Asia sul divano. Corse il più velocemente possibile in camera per prendere un paio di coperte e le usò per coprirla “Su, Asia. Ora ti riscaldi per bene. Non preoccuparti.”
In preda al panico, Matt afferrò il telefono di casa per chiamare un’ambulanza, ma si fermò subito, avendo realizzato di stare per commettere un gravissimo errore “Accidenti… no. Lei ha due cuori ed è per metà Signore del Tempo. Potrebbe morire.”  
Con la preoccupazione che gli premeva sullo stomaco, decise di chiamare la prima persona che gli venne in mente. Dopo soli due squilli, Laura rispose “Pronto! Laura! Ti prego, vieni subito qui è un’emergenz-… Non mi importa se sei già in aeroporto!! Ritorna indietro! Ora!!”

 

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Capitolo 4
*** Torta al limone ***


Solitamente Laura non amava superare un certo limite di velocità, nemmeno in autostrada, ma quella sera era un’eccezione. Con le mani strette sul volante, tenne il piede sull’acceleratore e gli occhi sull’orologio digitale sul cruscotto: se ci aveva messo trenta minuti ad arrivare, quindici sarebbero stati sufficienti per ritornare all’appartamento di Matt.
Nonostante fosse già al check-in, Laura chiese educatamente alla hostess di riprenderle il bagaglio e uscì dall’aeroporto con in mano il cellulare furiosa “Accidenti a te, Matt! Cos’è?! Hai avuto un altro incubo durante un pisolino?”
Come calcolato, girato l’ultimo angolo Laura si ritrovò nel quartiere in cui stava il condominio del fratellino, ma frenò di colpo, ritrovandosi una cinquantina di persone davanti a lei.
“Ma che diamine succede?” Parcheggiato vicino al marciapiede, Laura corse al condominio. Riconobbe la maggior parte dei vicini di Matt, tra cui La signora McFiller che abitava proprio davanti al suo appartamento “Signora McFiller!” la chiamò sventolando la mano destra “Signora McFiller!”
“Oh, Laura cara! Qual buon vento ti porta qui?” disse la donna sorridente. Era molto simile a Mrs. Peaches in fatto di costituzione, tranne che per lo scialle color cremisi e la sua lunga treccia appoggiata alla spalla sinistra.
“Non c’è male, ma si può sapere che è successo? Perché siete tutti quanti fuori?”
“Oh,tesoro, è successo tutto all’improvviso! E a tutti quanti, sai? I riscaldamenti si sono guastati in tutti gli appartamenti, e l’intero condominio… oh, non sia mai! Una cosa veramente assurda! Per questo siamo qui.”
“Che… cosa è successo?” Laura iniziò a preoccuparsi per Matt, e si maledisse più volte per averlo insultato nella sua testa.
“L’intero condominio è completamente ricoperto dalla neve. Neve!”
“N-neve? Sta dicendo sul serio?” neve, continuava a ripeterselo senza smettere di sorridere. Era impossibile.
“Sì, cara. Neve!”
“Un momento,” Laura si guardò attorno. Tutti quanti erano raggruppati tra di loro per parlare della singolare situazione, ma non riusciva a vedere Matt   “dov’è Matt? Lei lo ha visto?”
“Il giovane Matt? Il mio caro vicino?”
“Sì, Matt! Mio fratello.”
“Oh, io sono vecchia, ma di certo non cieca. Non mi pare di averlo visto uscire, sai? Magari si è addormentato, ma non ti devi preoccupare! I vigili del fuoco stanno per arrivare.”
“No… no no no!! Io ci ho parlato qualche minuto fa! Non posso aspettare!”
“Aspet-.. Laura!”
Laura chiese scusa tra uno spintone all’altro riuscendo finalmente a raggiungere il portone superato il cancelletto. Arrivata all’entrata non poté credere ai suoi occhi: i suoi tacchi erano veramente affondanti dentro un trenta centimetri di neve “Oh… mio… Dio…. Non può assolutamente essere vero!”
Con la mani già rosse da quanto faceva freddo, Laura strisciò lungo le parenti facendo attenzione a non scivolare dalle scale, lasciando che la sua preoccupazione per Matt le desse la forza di non fermarsi “Matt… Matt, sto arrivando!”
 Per sua grande sorpresa, Laura riuscì a raggiungere il sesto piano. Forse era una sua mera sensazione, ma il freddo si era intensificato di più e con lui i centimetri di neve. Con le mani serrate a pugni, lei iniziò a battere sulla porta “Matt!! Matt stai bene! Sono Laura! MAAATT!!”
E non urlare! Ci sento ancora,” disse tranquillamente una voce dall’altra parte dell’uscio. Era Matt “è aperto.”
Laura non se lo fece ripetere due volte, e subito entrò nell’appartamento, dove un’accogliente salotto ben illuminato dalla lampada ovale che lei stessa aveva scelto e un divano da tre posti nero, le si presentarono davanti.
I riscaldamenti? Dal momento che sentiva il bisogno di togliersi la giacca di dosso, e le sue mani non le sentiva più intorpidite, funzionavano più che bene.
“Ehi!” Matt arrivò correndo dalla cucina. Aveva ancora il cappotto da quando lo aveva lasciato. “Finalmente sei arrivata!”
Finalmente? Starai scherzando spero! Hai idea dello spavento che mi hai fatto prendere?! Fuori ci sono tutti i tuoi vicini, e il condominio è tut-…”
“Dopo! Questo è più importante! Io non so cosa fare e non sapevo chi chiamare se non te!”
“Cos-… aspetta!”
Presa per il polso la sorella, Matt la trascinò in camera, dove subito smise di insultare il fratello dopo aver visto una ragazza addormentata sul letto “Dimmi che è uno scherzo” chiese lei “Matt… che cosa ci fa una ragazza minorenne, e sottolineo,  minorenne in casa tua?!”
“Ehi, non pensare subito male, ok?! E’ svenuta davanti al mio appartamento qualche minuto fa. Prima che il condominio si riempisse di neve.”
“Ma allora… non me lo sono inventata!”
“Sì, e credimi ho provato a scendere, ma qualcosa mi ha bloccato!”
“Che vuoi dire? Non essere sciocco! Ora, prendiamo la ragazza e la portiamo in ospedale!”
“No, non se ne parla.”
“Ma che dici?” toltasi anche la felpa, Laura si avvicinò al letto e pose una mano sulla fronte della ragazza. Era bollente “Ha la febbre alta, Matt! Le hai messo un impacco di ghiaccio?”
“Sì! E in meno di venti minuti ben tre impacchi si sono sciolti!”
“Assurdo… Bisogna portarla in ospedale.”
“Ho detto di no.”
“Quando vuoi sai essere veramente testardo! Si può sapere perché non vuoi portarla da un dottore?!”
“Perché quei tipi di dottori la ucciderebbero! Lei non è umana!”
Laura cercò di soffocare una risata senza farsi notare, e fissò il fratello scuotendo la testa. Aspettò una ventina di secondi prima di parlare “Matt… stai dando veramente i numeri. Fare il Dottore ti ha dato un po’ alla testa. Avanti. Basta scherzare.”
“No, ti sbagli. Io non scherzo affatto.”
Per Laura non era difficile capire quando Matt scherzava o mentiva anche con un’espressione totalmente seria, erano fratelli dopotutto, e nonostante lo avesse fissato negli occhi per quindici interminabili secondi, ne era certa: era serio e totalmente sincero.
“Non… è uno scherzo?”
“No, e credimi… vorrei tanto non dovertelo dire, ma… non ho altra scelta.”
“Mi dovrei preoccupare?”
Matt invitò la sorella a sedersi all’angolo del letto, e lui la seguì sedendosi accanto a lei “Allora… ricordi la notte che chiamai te e mamma?”
“Sì, certo.”
“Ricordi che il giorno dopo tu venisti da me?”
“Sì, Matt.” Disse Laura spazientita “Vuoi arrivare al punto?”
“Bene, ecco... lei è Asia” disse Matt tutto ad un fiato, sentendosi di colpo leggero e fiero di averlo detto, mentre Laura alzò un sopracciglio.
Sperava vivamente che non sarebbe mai ricaduta in quella storia tra alieni, guerre tra specie, ma soprattutto del fatto che lui, Matt, si fosse ritrovato assieme a Dottore in una dimensione parallela in cui era reale. No. l’aveva già retta una volta, e le era più che bastato.
Il giorno dopo la chiamata Laura tranquillizzò la madre dicendole che sarebbe andata lei da lui, e così fece. Arrivata al suo appartamento lo trovò avvolto in una coperta in un angolo della camera da letto, in preda al terrore, e l’unica cosa che poteva fare era ascoltarlo pazientemente.
“Asia. Dici Asia la figlia del…”
“Dottore,” continuò Matt “e di River.”
“Ok. Adesso basta” decisa a rimettersi la felpa, Laura si apprestò ad uscire dalla stanza, quando Matt la fermò.
“Laura! Ti prego, devi credermi!”
“No, Matt! Hai davvero oltrepassato il limite! Sono davvero stanca, ok? Quel giorno avevo deciso di ascoltarti, ma ora ne ho abbastanza.  Ormai sei un adulto, vedi di crescere! Interpreti un essere millenario, no? Comportati come tale!”
“Sì, peccato che quell’essere come lo chiami tu cerca sempre di essere infantile.”
“Non provocarmi! Ho perso il mio volo per… questo?!” indicò Asia.
“Ok. Va bene, non mi credi? Allora credi a questo” Matt tirò fuori dalla tasca della giacca uno stetoscopio e lo porse alla sorella.
“Che cosa dovrei farci? Dove lo hai trovato questo stetoscopio?” chiese lei.
“Non importa dove l’ho preso. Controlla entrambi i cuori.”
“Cos-… noi umani abbiamo un cuore solo!”
“E’ vero. Asia è per metà umana, ma nel suo corpo domina di più il DNA di Signore del Tempo, e i cuori ne sono la prova.”
Impaziente di finirla lì e di andarsene, Laura si attaccò lo strumento medico alle orecchie e avvicinò il disco alla parte sinistra del petto di Asia.
 
Tu-tum
Tu-tum
Tu-tum
 
Poi, con una certa tranquillità, lo spostò sulla parte destra e la sua mano iniziò a tremare quando sentì:
 
Tu-tum
Tu-tum
Tu-tum
 
Laura fece un passo indietro facendo cadere lo stetoscopio a terra e si portò le mani alla bocca “Oh mio Dio… sono… sono due! Ha due cuori!” disse attraverso le dita “Ma… che trucco hai usato?!”
“Direi nessuno, visto che hai appoggiato il disco sotto la maglietta.”
“No, non può essere. Non è…”
“Sembri me quando sono entrato nel TARDIS, e dico il vero  TARDIS, ma te lo scordi che ti porto del caffè per calmarti, anche perché non ne ho.”
“Ah! I suoi capelli!”,continuò lei ignorando il fratello," si stanno... accorciando... e ora allungando!"
"Ah, ecco... mi sono scordato di dirti che è nel bel mezzo della sua prima rigenerazione" sintetizzò Matt.
"Ma… ma mica iniziava tutto con... una grossa esplosione?" obbiettò lei.
"Quella è diciamo la prima fase, poi... dipende! Le rigenerazioni non sono tutte uguali!"
Laura cercò di calmarsi e si sedette a fianco di Asia. La figlia del Dottore? Lei era davvero seduta vicino alla vera  figlia del Dottore? Quasi non riusciva a crederci, ma non riusciva a dimenticare quei quattro battiti consecutivi che aveva sentito di sfuggita dopo aver posizionato di poco lo stetoscopio al centro del petto.
"Io... ero davvero convinto di non essere più legato a loro. Ad Asia, a River e al Dottore, ma... questi sogni sono chiaramente dei segni che mi stanno indicando il contrario. E inoltre c'è anche la storia del condominio."
Laura stette ad ascoltare, senza togliere gli occhi di dosso da Asia.
"C'è veramente qualcosa che mi blocca, Laura. Appena provo a scendere le scale c'è come una specie di barriera, capisci?"
"M-ma la signora McFiller è scesa. E anche gli altri tuoi vicini del tuo piano."
"Non hai ancora capito? Qualcuno mi vuole trattenere qui."
"E chi? Ma soprattutto… perché?!”
Matt si portò una mano dietro alla nuca "Credimi. Vorrei saperlo anch'io..."
Il trillo del campanello fece trasalire Laura che bloccò il suo urlo con una mano “Tu… aspettavi qualcuno?”
“Veramente no. Rimani qui con Asia.”
“Cosa, io?! Matt!”
Lasciata la sorella in camera, Matt andò verso l’entrata “Eccomi, arrivo!”
Aperta la porta, davanti a lui gli si presentò una splendida torta alla crema al limone tra le mani delicate di Mrs. Peaches “Matt caro. Alla fine sono riuscita a fare in tempo la torta.” Gli disse sorridente la donna.
“Ma… Mrs. Peaches… che cosa ci fa qui fuori? Non vede che il condominio è pieno di neve?! Venga dentro!”
“Oh, gentile a preoccuparti per me, ma vedi? Indosso due scialli.”
“Ma… i suoi riscaldamenti funzionano?”
“A meraviglia! Dove l’appoggio?”
“Che strano… Oh, lasci pure a m-... Ah!” gli bastò un solo contatto con la sua pelle per sentire un intenso brivido di freddo lungo la schiena, che lo spinsero a far cadere l’intero vassoio. La mano di Mrs. Peaches era gelida.
“Oh, cielo!”
“Ah, mi… dispiace! Scusi! Pulisco immediatamente.”
“Non ti preoccupare, caro. Ora non c’è tempo.”
“Come dice?”
Mrs. Peaches non si curò del fatto che la torta fosse a terra, e ne prese un grosso pezzo per porgerlo a Matt.
“Mrs. … Peaches?”
“Avanti, Matt. Prendi un bel pezzo di torta. Vuoi?”
Matt prese ad indietreggiare fino al divano forzandosi di sorridere “Io… non mi sembra il caso, sa?”
“E perché? Ho sentito che è arrivata anche tua sorella Laura.”
“Ecco io… è caduta a terra perciò no-… aspetti un momento. Lei non ha mai visto mia sorella. Come fa a sapere che…”
“Te l’ho detto, Matt. Io l’ho sentita. Ho sentito il suo odore. Torta?”
La donna avvicinò pericolosamente la mano alla bocca di Matt, che invano tentò di chiedere aiuto alla sorella.

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Capitolo 5
*** Sonde ***


“Mark, Martin, Matthew, Merlin,Merrick ,Merton, Merv, Meyer, Micah…”
“La vuoi piantare?”
No. Milburn, Miles , Milford, Millard, Milo, Milton, Mitch, Mike, Michael…”
“Gli ultimi due sono la stessa cosa.”                                                       
Eh no. Il primo ha quattro lettere e il secondo ha sette lettere. Magnus, Malcolm, Maitlan, Malachi, Manfred,Marty, Marvin, Marshall… potresti almeno aiutarmi, no?
“Scordatelo.”
Oh, andiamo. Qui dentro non possiamo poi fare molto. Possiamo magari…. Arredare questo questo posto, che dici?”
“Dico che devi tacere”
“Allora continuiamo a cercare un nuovo nome per te, vuoi?”
“Ho detto di no.
Uffa… quanto sei noioso.”
“E tu sei fastidioso.”
Pazienta, amico mio. Fra poco lo potrai incontrare, se è quello che stai pensando da più di duecento anni.
“Duecentodiciotto. Per essere precisi.”
Oh, finalmente dici qualcosa di diverso da ‘taci’ o ‘finiscila’.”
“Te l’ho detto. Sei fastidosio.”
E io te l’ho detto e te lo ripeto: pazienta. Dopo entrerai in azione anche tu.”
“Scordatelo.”

“…”
Allora?
“Allora cosa?”
Ti decidi o no?”
Decidere cosa?!”
Scegli un nome tra quelli che ti ho appena elencato, e ti lascerò stare.”
“… Davvero?”
Davvero.
“…”
Or dunque?
“…Marvin. Vada per Marvin.”
Bene, Marvin. Ti va una tazza di tè?”
“Assolutamente no.”
 
La lingua sfiorò a mal appena la crema al limone, accennando alle papille gustative  il retrogusto acidulo del frutto. In un attimo gli occhi di Matt passarono dalla fetta di torta alla luce abbagliante della lampada del salotto: qualcuno lo aveva tirato da dietro prendendolo dal bavero della giacca.
“Chiudi gli occhi,” gli disse una voce femminile da dietro, “ora!”
Matt ubbidì subito senza tante pretese , e non curandosi del dolore alla nuca si portò velocemente le mani agli occhi.
“Bene, ora a noi due.” Continuò la voce.
Matt poté distinguere lo scatto di una sicura e d’impulso si raggomitolò su se stesso, mentre la donna si preparò a sparare il colpo dritto sulla fronte di Mrs. Peaches.
“Bel travestimento, te lo concedo, ma resti sempre un fantoccio di cattivo gusto.”
“Vuoi anche tu una torta, cara?” disse l’anziana sorridendo e allungandole la fetta sbriciolata.
“No, grazie” e sparò.
Il colpo fece trasalire Matt che era rimasto con gli occhi chiusi, fino a quando la donna non le diede il permesso di riaprirli. Rimase per un po’ con lo sguardo basso cercando di non vedere il corpo di, se poteva chiamarla ancora così, Mrs. Peaches.
Quella dolce vecchietta che tanto reputava innocua, gentile e sempre sorridente, era in realtà qualcuno o qualcosa, che voleva fargli del male.
“Stai bene, Matt?” lo riportò alla realtà la sua salvatrice. “Niente di rotto, spero” gli allungò una mano guantata di nero, mentre lui l’afferrò dopo tre ripensamenti.
“G-grazie, io…”
“Sei sotto shock, lo so, ma credimi. Ti aspettano cose ben peggiori di questo, Matt Smith.”
Occhi color cenere, capelli raccolti in treccine, pelle pallida e rosea, naso piccolo e appuntito,  orecchie tempestate di piercing, il tutto in un corpo robusto, ma che manteneva la sua femminilità,e  rivestito da una tuta aderente mimetica munita di una cintura porta armi.
“Ma si può sapere cos’era quello spa-… Oddio!!” lasciate cadere le scarpe, Laura urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, avendo visto distesa a terra Mrs. Peaches ”Matt!! Che cosa è successo??!! Lei… lei non è mica la padron-….  Oddio!! E lei? Chi è?!”
“Ehi ehi, Laura! Ora calmati, ok? È tutto a posto” cercò di tranquillizzarla il fratello.
“Non è affatto ok! La tua padrona di casa è stata appena uccisa!”
“No, ti sbagli sono appena stato salvato! Salvato!”
Tra un singhiozzo e l’altro, Laura si avvicinò piano a Matt stringendosi al suo braccio sinistro “M-Mrs. Peaches… era…era…”
“Una piccola trappola per tuo fratello” intervenne fredda la donna “Ma è una fortuna che sia arrivata in tempo. Era solo una cavia, una creatura nata in laboratorio usata per distrarre il nemico o, come in questo caso, come trappola. A proposito di trappola,” da una tasca della cintura tirò fuori una pillola ovale rossa e la lanciò a Matt “prendi questa.”
“Eh? Cosa? E perché?”
“Niente domande e mandala giù.”
“O-ok.” Al primo contatto con la lingua il sapore della capsula era metallico. Senza pensarci due volte la ingoiò rapidamente, e pochi secondi dopo si ritrovò piegato in due urlante “Ah!”
“Matt, che hai?! Che cosa ti succede?!”
“Io… io non lo so… ah!”
“Che cosa le hai dato?!” ruggì Laura in lacrime.
“Calmati, sono solo sonde.”
“Sonde?”
“Esatto. Per eliminare le cimici.”
“Ci-… che vuoi dire con cimici?!”
“Nella torta che la cavia offriva a Matt abitualmente c’erano delle cimici di localizzazione, e quelle sonde servono per distruggerle. Vedi di resistere,” disse a Matt ormai in ginocchio “senti dolore per via delle loro scariche elettriche, dopo di che se ne andranno facendosi sciogliere nei succhi gastrici.”
Con entrambe le braccia al ventre, Matt annuì e tenne duro stringendo i denti.
“Coraggio, Matt,” lo incoraggiò Laura stringendogli un braccio “resisti!”
Il dolore di ogni singola scarica elettrica equivaleva ad un centinaio di denti che rosicchiavano lo stomaco e l’intestino di Matt; un’immagine che preferiva dimenticare prima di vomitare l’anima.
“Ok, sette secondi. Sei. Cinque. Quattro. Tre. Due. Uno. Le sonde hanno finito.”
All’ultima scarica elettrica Matt poté finalmente rilassare i muscoli, e quindi tirare un profondo sospiro di sollievo “Sono… finiti? Sono finiti sul serio?” chiese affaticato.
“Lo spero proprio” disse a denti stretti Laura.
“Sì. Puoi pure stare tranquillo.”, rispose la donna, “In quanto a te,” si avvicinò a Laura “tu ci sarai di peso. Non ci servi.”
“C-che cosa?! Che cosa vuoi dire con questo?!” si oppose lei.
“Vuol dire, che puoi anche dimenticare.” La sua mano fu così veloce, che entrambi i fratelli non videro cosa saltò fuori da una tasca della cintura.
“Ah!” urlò d’istinto Laura, proteggendosi con le braccia.
“Laura!”
La donna prese al volo un cuscino dal divano e lo lanciò sul pavimento ancor prima che Laura toccasse il parquet “Ecco. Così dovrebbe andare. L’ha toccata due volte, giusto?”
“Cos-… che vuoi dire?!” avvicinatosi alla sorella, Matt notò un piccolo essere strisciante vicino ai suoi piedi: era un grosso verme grosso quanto un salsicciotto, con due denti a tenaglia. “Oddio, che cos’è?!”
“Buffo che me lo chiedi. Eppure lo hai usato un paio di volte, no?”
“Eh? D-davvero?”
“Verme della memoria. Ti dice niente?”
Matt ci penso su, tenendo gli occhi sulla lampada ovale che fu costretto dalla sorella a comprare e si ricordò; lo usò con Jenna durante lo speciale The Snowmen “Ah, sì! Me lo ricordo!” disse alla fine quasi urlando.
“Perfetto. Una cosa in meno” sorrise la donna.
“Un tocco equivale a un’ora. Con due… fanno due ore?”
“Esatto. Centoventi minuti sono sufficientia farle dimenticare  questa sera. Non voglio avere altri esseri umani tra i piedi.” Sistemato il verme in un’ampolla di vetro, la donna prese Laura in braccio senza fare alcuna fatica e la sdraiò sul divano “Quando torneremo le dirai che dopo cena si è addormentata. Se la berrà sicuramente. Dov’è lo scricciolo?”
“Lo… scricciolo?” chiese Matt confuso.
“Si, lo scricciolo,” ripeté lei spazientita “ non abbiamo molto tempo. Ci starano sicuramente osservando, anche se ho eliminato le tue cimici.”
“Scricciolo… Scric-… intendi Asia?!”
“Bingo. Ci sei arrivato. Allora, dov’è?”
“E’ in camera mia.”
“Ok, allora sbrighiamoci ad andarcene.”
“A-aspetta!” nonostante fosse insicuro, Matt riuscì a prendere il polso nudo della donna “Ma tu chi sei?”
“Non mi pare il momento, sai?” rispose lei a denti stretti “Devo risponderti davvero ora?”
“Sì”
La donna si guardò l’orologio, o almeno così sembrava a Matt, sul polso e sbuffò “Beh, abbiamo giusto tre minuti; due per farti capire chi sono, e uno per lasciarti scioccato. Sei pronto?”
Matt deglutì un paio di volte e annuì.
“ In buona sostanza, io sono quella con cui hai parlato dei tuoi problemi giusto… tre ore e mezza fa. Hai afferrato?”
“Cos-.. cosa?”
“Andiamo. Puoi fare di meglio. Hai ancora un po’ di tempo” lo incitò lei.
“Tu… tu … sei la dottoressa Miller?!” Matt iniziò a balbettare indicando dalla testa ai piedi quella che doveva essere la dottoressa Miller; dov’erano finito il lungo camice bianco, il classico tailleur nero, i capelli grigi raccolti in uno chignon e gli occhiali a mezzaluna? Non poteva credere ai suoi occhi.
“Sì, ero la dottoressa Miller, ma da come avrai potuto constatare, in questo momento non lo sono.”
“Ma tu.. cioè.. lei non dovrebbe essere…”
“No. Ero solo travestita. Io non ho affatto una sessantina d’anni o più, come pensi. Ok, ora il tempo è scaduto. Ne parliamo dopo, vuoi?”
Afferratolo per il braccio destro, Matt venne trascinato in camera sua, dove Asia ancora dormiva tranquillamente, ignara della sgradevole visita.
“Bene. Prendi in braccio Asia e stammi vicino.”
“U-un momento dottoressa…”
“Dalila.”
“Eh?”
“Non chiamarmi dottoressa. Mi chiamo Dalila.”
“D-Dalila…” ripeté Matt.
“Bravo. Ce l’hai?” chiese Dalila indicando Asia.
“Si!”
“Perfetto. Astrid, inizio teletrasporto” disse lei al quadrante circolare che Matt scambiò per un orologio.
“Astrid? E chi è?”
“Il mio TARDIS d’emergenza.”
“Il tuo cosa?!”

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Capitolo 6
*** Dalila ***


La sala di comando brulicava di persone, ognuna con cinque o sei incarichi diversi: c’era chi doveva controllare le oscillazioni delle onde sonore nell’aria, chi la quantità di ossigeno assorbita, e quant’altro. Tanti piccoli compiti che insieme avrebbero dato le informazioni di cui avevano bisogno. Dopo tanto tempo, era il momento di lavorare come prestabilito da ormai trent’anni. Non era più una semplice esercitazione.
“Signore. È stata segnalata la presenza di un Occhio dell’Armonia. Credo sia un TARDIS!” urlò dopo venti minuti una ragazza da una postazione.
“Sarà un falso. Come tutti gli altri. Cerca di non agitarti” rispose una voce profonda al centro della sala, calma e annoiata,“Sarà il solito falso.”
“No, signore” continuò lei, con la voce che le tremava e il sudore che le colava dalle tempie al mento  “E’ lo stesso e identico Occhio dell’Armonia!”
L’uomo smise di tamburellare coi polpastrelli sul bracciolo della poltrona, e si alzò sogghignando “Ci siamo.”
Non curandosi degli spintoni che dava a chiunque fosse sulla sua strada, lui si avvicinò alla postazione, con gli occhi già puntanti sullo schermo “Combaciano gli schemi?”
“Sì, signore. Se spostiamo le due immagini, pur presentando delle incongruenze, sono compatibili” la giovane subordinata fece scivolare le dita sul pannello di controllo semisferico e fece combaciare i due diagrammi, riducendone la trasparenza in uno di questi ultimi.
“Trent’anni, eh?” L’uomo passò la sua lingua su tutti e trentadue denti soddisfatto “Bene. Molto bene. È giunto il momento. Lui ne sarà entusiasta.”
“Dobbiamo avvisarlo?”
“Oh, non ti preoccupare” l’uomo si picchiettò la fronte con l’indice destro “Lo sa già.”
 
Un soffitto infinito. Pareti di metallo. Un enorme rotore cilindrico sull’enorme consolle di controllo.
Matt si aspettava tutti i classici elementi che era abituato a vedere quando aveva il suo TARDIS, e non si aspettava di certo una foresta amazzonica con tanto di ruscelli, laghetti, alberi secolari e paludi.
“Astrid, com’è la situazione fuori?”
“E’ tutto tranquillo, Dalila. Possiamo pure procedere con lo squarcio del vortice del tempo.”
“Perfetto. Tieniti pronta.”
“Cos-… un momento!! Come sarebbe a dire squarcio?!” si allarmò Matt, ancora perso in quel cielo azzurro macchiato di nuvole. Era menta peperita quella che sentiva nell’aria? In una foresta amazzonica?
“Guarda che puoi appoggiare Asia sull’erba. Non ci sono insetti velenosi, li ho tolti questa mattina.”
“Ah, questo mi tranquillizza di più.”disse sarcastico Matt mentre si inginocchiava.
Asia sembrava non avere più la febbre, respirava di gran lunga meglio e dormiva più serenamente. I suoi capelli avevano smesso di allungarsi e accorciarsi, e il colore si era fermato su un bel rosso ramato. Erano lunghi e leggermente mossi come quelli della sua collega e amica Karen prima che se li tagliasse. Sul naso e sotto gli occhi, la pelle era puntellata di lentiggini poco visibili. In sé la corporatura era rimasta la stessa, o così parve a Matt. Che sia questo il suo aspetto definitivo, si chiese.
“E’ davvero impressionante,” Dalila si avvicinò e si sedette accanto a Matt con in mano il suo palmare “ la sua rigenerazione è avvenuta circa cinque ore fa e le sue cellule si sono riformate già tutte. Si vede proprio che è una ragazza speciale.”
“Ora… sta bene?”
“Non lo vedi con i tuoi occhi? Sta benissimo. Ha solo bisogno di riposare. E anche tu.” La donna era pronta a rialzarsi, quando Matt la tirò giù prendendola per il polso “Oh, ma ce l’hai proprio con il mio polso, eh?”
“Voglio che ora mi spieghi tutto. Per filo e per segno. Che cosa è successo?”
“Senti, abbiamo molto da fare. Non è facile spiegare tutto così…”
“Non sono stupido. Siamo su un TARDIS, abbiamo tutto il tempo.”
“E’ un TARDIS d’emergenza. C’è una bella differenza.”
“Allora riassumi.”
Dalila imprecò a bassa a voce in fretinan, la sua lingua locale. Sapeva che avrebbe avuto a che fare con l’ennesimo umano curioso e impaziente, ma sapeva anche che avrebbe avuto a che fare con un essere umano determinato e incurante dei pericoli a cui sarebbe andato incontro. Su questo ne era certa: qualcosa del Dottore gli era veramente rimasto.
Doppelganger.”
“Come?”
“E’ così che si riferiva a te, in questi ultimi tre anni.”
“Tre anni? Da voi sono già passati tre anni? Ero convinto che…”
“Il progetto MAGEIA si occupa anche del tempo di distacco fra i nostri mondi. Credimi, tre anni su qualche mese è già un grande traguardo.”
MA…GEIA?” ripeté confuso Matt.
“Allora aveva ragione. Il tuo subconscio ne era a conoscenza, ma solo indirettamente.”
“E’… una cosa importante?”
“Non per te, ma per me sì” Dalila aggiornò velocemente il suo palmare aggiungendo quel fatto a lei singolare “davvero interessante.”
“Scommetto che il taccuino era una copertura. Tutte le nostre sedute le registravi con quello” scherzò Matt.
L’aliena annuì inarcando un sopracciglio “Come sei perspicace. Allora non sei stupido.”
Matt smise di sorridere incredulo “Avevo… ragione?”
“Ma lo sei abbastanza da non capire che non lo sei.”
“Quindi… tu ti sei sempre finta la dottoressa Miller?”
“Non ho finto, io lo ero. Non esiste nessuna dottoressa Miller laureata in psichiatria nel tuo universo.”
“Ah, capisco.”
“E’ stato il Dottore ad ordinarmi di tenerti d’occhio.”
“Il… Dottore?”
“Quel verme! Mi ha lasciato un misero biglietto scritto in rosso con tutto il suo folle piano! Mi ha fatto prendere Astrid in fretta e furia, per non parlare degli ologrammi.”
“E per trent’anni sei rimasta a Londra?”
“Ovviamente no,” rispose lei roteando gli occhi, “ho sempre usato Astrid.”
“Ma… non avevi detto che era un TARDIS d’emergenza?”
Io posso viaggiare solo  da Londra alla nostra dimensione.”,si intromise la voce squillante di Astrid, “Per quello sono d’emergenza.”  
“Sentita la ragazza?”
“S-sì… Ho afferrato.”
“Il suo occhio dell’Armonia viene dallo stesso occhio del TARDIS del Dottore. Per quello è così… frizzante? Si dice così?”
“Sì, penso sia appropriato.”
“Ma nonostante tutto, è un gran bel TARDIS.”
Ti ringrazio.
Tra quel verde immenso, la voce di Astrid e Dalila, Matt si sentiva come in un déjà vu. Proprio come fece Asia, Dalila lo salvò da morte certa. Come si sentì prima a disagio e poi al sicuro, così si sentì lui dopo aver iniziato a conversare con le due donne. Man mano che parlavano gli argomenti passano da com’era la vita di attore di Matt, a come era stato vivere come il proprio personaggio e infine a come è stato vincere la guerra.
“Allora anche tu fai parte della Lega, dico bene?”
“Sì, diciamo che è così.”
“Perché?”
Era evidente, già solo dagli occhi, che Dalila si sentiva a disagio nel rispondere. Le ci vollero venti secondi buoni prima di poterlo fare. “Se devo essere sincera io è il Dottore eravamo nemici.”
“Davvero?”
“Io vengo da Fretin-X34, uno degli ultimi pianeti ad aver deciso di far parte della Lega. Il nostro sovrano ne era contrario.”
“E il motivo sarebbe…”
“Che voleva essere il solo è unico sovrano dell’Universo.”
“Oh… insomma… il classico cliché.”
“Esatto.”
“Beh, lo era solo il sovrano, giusto? Voi tutti volevate questa alleanza.”
“Non esattamente.”
Matt si sporse in avanti senza dire nulla. Dalila si accorse della curiosità dell’umano e sbuffando riprese a parlare. “Io facevo parte dei traditori del re. Effettivamente ero contro le sue decisioni, ma non ero pienamente d’accordo sull’alleanza. Avevo paura.”
L’aliena avvicinò le ginocchia a se e si perse nello scorrere del ruscello davanti a loro. Il suo sguardo era fisso su una foglia rinsecchita che si lasciava trascinare dalla corrente.
“Paura di cosa?” la riportò alla realtà Matt.
“Che sarebbe stato come lui. Il Dottore. Già il nome incuteva terrore tra di noi. Così decidemmo di attaccarlo. Ma alla fine…”
“Alla fine scommetto che vi ha fermati con una bella parlantina.”
Dalila spalancò gli occhi sorpresa. Era come lui le avesse letto nel pensiero. Che non fosse veramente umano, pensò.
“Fa sempre così. Lui è l’uomo, o meglio, l’alieno che non usa mai le armi. O almeno… so che lui non userebbe mai delle armi.”
“Difatti era così. Noi tutti eravamo armati fino ai denti, mentre lui ne era privo. Ha alzato le mani e ha chiesto venia.”
“Un classico.” Sogghignò Matt immaginandosi la scena. Ricordava bene che il suo Dottore era sempre costretto ad alzare mani e arrendersi, o semplicemente perché credeva l’unica soluzione possibile. Era sempre divertente vedere Steven ridere di lui sotto i baffi e dietro la cinepresa.
“Poi… non lo so. E’ stato molto breve, e alla fine cedemmo. Lasciammo che ci desse anche dei nomi ad ognuno di noi, prima di far parte della Lega.”
“Un nome? E perché?”
“Noi traditori in realtà eravamo un clan, uno dei tanti. In essi i fretiniani non sono considerati tali, e perciò invece di un nome viene assegnato un numero.”
“Ma cos’è? Un carcere?!”
“Benvenuto nel mio mondo.”
“Beh è una cosa positiva, no? Vi ha aiutati in fondo!”
“Positivo un corno! Io lo detesto il mio nome!”
“Eh?”
“Me lo spiegò, sai? Il suo significato. Dalila significa traditrice in una lingua terreste chiamata ebraico! Non è molto confortante come cosa!”
In un impeto di rabbia, Dalila si alzò e calciò un sasso, poi due, tre, fino ad arrivare a cinque. Infine, urlò a pieni polmoni tutta la sua frustrazione.
“Non sono affatto orgogliosa di essere una traditrice. Per tutto questo tempo ho fatto ciò che mi chiedeva perché mi sentivo in debito con lui. Dei suoi grazie e sei la migliore non me ne faccio proprio nulla! Maledetto codardo! Ti odio!”
“No. Non è affatto vero.” Una voce giovane e calma, coprì parzialmente quell’eco di urla e insulti “Tu non lo odi, e non pensi sia un codardo.” Più continuava, più l’eco spariva pian piano, fino a diventare un nuovo eco con un timbro più dolce e rilassato.
“A…Asia?” riuscì solo a dire Matt, poiché impegnato a sorridere.
Lentamente, la giovane signora del Tempo si alzò per sedersi incrociando le gambe. Scosse la testa e si pettinò con le mani la chioma rossa per snodare i nodi e controllare la loro lunghezza. Sbatté più volte le palpebre, affinché i suoi occhi, che erano rimasti uno verde e uno azzurro, si abituassero alla forte luce del sole artificiale.
“Asia!” balbettò velocemente Dalila arrossendo “Già… già sveglia?”
“Ma come? Non lo avevi detto tu prima? Io sono speciale.” Scherzò lei.
“Un momento… allora vuol dire che eri già sveglia?”
Asia annuì sincera e sghignazzando sotto i baffi “Mi dispiace tanto, Dalila. Davvero.”
“Tu… tu non dirai nulla a tuo padre, vero?”
“Oh, ma dai! Come se lui non lo sapesse già!”
“Che vuoi dire?”
“Sa bene che tu lo odi, ma nonostante tutto lui ti vuole bene! Non disperare.”
Di nuovo l’aliena arrossì violentemente “Ma… chi si dispera?! Piccola insolente!!”
“Ahahah!”
“Asia? Sei… veramente tu?”
Asia si girò di scatto verso un Matt ancora scioccato, con gli occhi ormai prossimi alle lacrime e il corpo completamente pietrificato. L’emozione che l’attore provava in quel momento era al di sopra di qualsiasi altra cosa avesse mai provato. Al di là degli incubi, in fondo lui ancora sperava di poter incontrare il Dottore, River, ma soprattutto  Asia: la sua Asia. Che fosse un sentimento paterno ereditato dal Dottore, non gli importava. Era e sarebbe rimasta la più bella sensazione mai provata in vita sua.
“Sì, Matt,” rispose lei semplicemente, allargando un sorriso “sono proprio io.”
Il risultato era prevedibile. Asia allargò subito le braccia, prima che Matt si gettasse su di lei. Fortuna per lei che dietro ad aspettarla ci fosse della morbidissima erbamela per attutirle la caduta. Sulla spalla destra, delle calde lacrime di gioia scesero fino al braccio.
“Asia! Oddio! Non sai quanto mi sei mancata! Asia!”
“Piano! Piano Matt! Così mi strozzi!! Ahaha!”
“Oh, Asia. Ma guardati! Hai i capelli rossi!” disse lui tra le lacrime e accarezzandole i capelli.
“Sì, lo so. Li adoro!”
“Ho paura…. Che tuo padre si arrabbierà con te per questo. Lo sai, no?”
“Non è mai stato rosso!”
I due amici ritrovati risero all’unisono riabbracciandosi di nuovo,questa volta piangendo insieme.
Dalila rimase in silenzio, vicino al ruscello.
“Bene. Sono davvero contenta di aver finito di rigenerarmi. Ora dobbiamo passare alle cose più importanti. Sai del segreto di Dalila e l’hai conosciuta quanto basta.”
“Aspetta, che vuoi dire con cose importanti? E’… successo qualcosa?”
Asia si morse il labbro inferiore, cercando di evitare gli occhi preoccupati dell’umano “Purtroppo… è successo qualcosa di terribile.”
“Al Dottore?”
“Non solo.” disse Asia con la voce che le tremava.
Matt le strinse le spalle per rassicurarle “Dimmi, Asia. Che cosa è successo?”
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Ok… mi dispiace… mi dispiace davvero… purtroppo quest’estate ho dovuto combattere con due materie… l’anno scorso, avendo dovuto affrontare un’operazione, durante l’estate ho avuto a che fare con la fisioterapia… ma ora… Ho recuperato, sono in quinta liceo ( mamma che paura!!) e penso proprio che sono pronta per riprendere a scrivere!!
Ad essere sincera… mi aspettavo di scrivere di meglio… ma volevo assolutamente pubblicare!! Perciò… ecco qui!! Spero vivamente di riuscire a pubblicare ogni settimana da ora in poi!!
A presto!!
 
Cassandra

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Capitolo 7
*** impossibile, assurdo e nuovo ***


“-ra… -ura… Laura… Laura! Svegliati.”
Una voce fece eco nella testa della povera Laura, che con un po’ di fatica riaprì le palpebre, svegliandosi così da un sonno inconsapevole di averlo fatto. Fitte terribili la indussero a portarsi le mani alle tempie.
“Ehi, va tutto bene?”
“Da…David?” riacquistata la vista, la donna riconobbe i due grandi occhi color nocciola, uno ben aperto e l’altro leggermente socchiuso, il volto per niente colpito dall’avanzare dell’età, che la fissava preoccupato inginocchiato davanti a sé.
Questi sorrise sollevato “Uh, menomale! Non ci speravo più, sai? Ho tipo continuato a chiamarti una trentina di volte.”
“Che… che cosa ci fai qui?”
“Penso per il tuo stesso motivo. Per venire a trovare Matt. Un amico è passato da qui e mi ha detto dello strano caso della neve nel condominio, ma quando sono arrivato non era che rimasta acqua.”
Ancora confusa e con i forti dolori alla testa, Laura si alzò dal divano per guardarsi attorno. Per un attimo fissò il parquet davanti alla porta d’ingresso. Aveva la sensazione che mancasse qualcosa lì sopra, o meglio… qualcuno. Di morto.
“Laura? Che hai?”
“Lì… lì non doveva esserci un corpo?”
David ridacchiò con la bocca chiusa “Ma che dici! Un corpo? Andiamo! Dov’è Matt?”
Altro vuoto di memoria. Ignorato l’amico, lei corse velocemente nella camera da letto: le lenzuola e le coperte erano ben fatti, esattamente come Matt solitamente le sistemava. Non vi era nessuno moribondo sopra.
“Io… io non lo so” urlò alla fine senza togliere gli occhi di dosso dai cuscini grigi “Non so dove sia.”
“Ah, capisco” David la raggiunse perplesso “magari è andato a denunciare la cosa come il resto del condominio.”
“Sì… è possibile.”
“Che disgraziato. Lasciare la sua sorellona ad aspettarti fino a tardi.”
“Eh? Come fino a tardi?” chiese Laura con la fronte aggrottata.
“Beh, sai com’è,” l’attore controllò l’ora sul display del suo cellulare “ ormai è passata la mezzanotte.”
“Mez-.. mezzanotte? Ma non è possibile! Io l’ho appena riportato a casa. Abbiamo cenato fuori.”
“Wo… che strano cenare a mezzanotte” ridacchiò David.
“Ti sbagli. Erano le più o meno le ot-…” col braccio allungato verso l’orologio sul condominio, Laura rimase sconvolta da ciò che lesse. Si stropicciò gli occhi incredula e ripeté più volte nella sua testa l’ora per confermarla:  le lancette segnavano le dodici e ventidue.
Ricorda, Laura, ricorda. Hai preso Matt dalla dottoressa Miller con la macchina, lo hai portato a mangiare fuori e lo hai riportato a casa e alla fine sei andata il aereoport-…
“Laura? Sei sicura di stare bene?”
La voce di David si intromise nella brainstorming di Laura, ma alla fine capì che c’era veramente qualcosa che non andava.
“Come posso essere qui” disse infine “io dovrei essere all’aeroporto!”
“Ok, Laura, ascoltami. Si vede invece che tu ti sia stancata e abbia deciso di salire con Matt, e…”
“No. Ero al check-in pronta ad imbarcarmi, fino quando Matt non mi ha chiamata tutto sconvolto.”
“Allora sei tornata indietro dopo la sua telefonata. Semplice no?”
Certo, doveva essere così. David non aveva tutti i torti, ma ancora lei non ne era convinta. Non lo era per niente. C’erano sicuramente dei particolari che le erano sfuggiti, dall’ingresso di casa al letto, lei sapeva che mancava qualcosa.
Neve.
“Aspetta… David? Che cosa avevi detto prima?” il suo cuore aveva preso a battere così velocemente che dovette portarsi una mano al petto. La preoccupazione era in procinto di uscire da lì da un momento al’altro.
“Ho detto… che sei tornata indietro dopo la telefonata, e…”
“No, intendo appena sei entrato. Che cosa hai detto che c’era nel condominio?”
Un po’ confuso David iniziò a balbettare e a gesticolare. D’altronde era notte fonda e l’aveva passato bevendo assieme a degli amici, non era del tutto lucido, nonostante la sua buona tolleranza con l’alcol “Ho detto che c’era della neve nel condominio, ma che ora è solo acqua.”
“Però era pur sempre neve.”
“Che? Asp-… Laura.”


Sai, dopo essere ‘diventato’ il Dottore ho capito che la realtà non è mai quella che sembra. Insomma, voglio dire, qualsiasi cosa incontrassi era qualcosa di assurdo, di impossibile… di nuovo! Non puoi immaginare quanto fosse eccitante! Chissà, è probabile che un giorno persino in un mondo come il nostro io, te o chiunque altro potrebbe incontrare davvero qualcosa che possa stravolgere l’intero genere umano, come fa il Dottore.
 
Mentre mangiavano, Laura non aveva minimamente preso sul serio le parole del fratello, e solo ora si era resa conto di quanto invece fossero importanti. Gli occhi con cui le pronunciava, la serietà del suo tono, il sorriso malinconico che tirava ad ogni parola: erano chiari segni che Matt avesse veramente assistito a qualcosa di altrettanto assurdo, impossibile, ma soprattutto nuovo, e come una stupida lei non gli aveva creduto. Fin da quando erano piccoli.
 
Ma è vero! Lui mi parla nella mia testa! All’inizio mi faceva paura, adesso no! Lui mi insegna tante cose! E mi ha detto che da grande sarò ‘fantastico’!
 
“Oh, io sono davvero una stupida!” ricordando amaramente quei momenti, Laura imprecò più volte, dandosi della pessima sorella, e raggiunto l’ingresso di corsa uscì.
Come aveva detto David, il pavimento era completamente bagnato. Persino lo zerbino era zuppo.
“Laura, che ti prende tutto ad un tratto, eh? Vuoi che ti porti all’ospedale?”
“Questa è nuova.”
“Come, scusa?”
“Io non ricordo nessuna neve, e una cosa così assurda non la posso aver dimenticata.”
“Beh, in effetti non hai tutti i torti.”
“Neve in  un condominio. Andiamo, è totalmente folle e impossibile.”
“Ok, fin qui ci arrivo, ma qual è il punto?”
Laura si abbassò sullo zerbino e vi avvicinò lentamente la mano “Allora ciò significa, che quest’acqua mi saprà dire cos’è successo a me e dove sia andato Matt.”
 
“Laura!! Laura!! Oggi il Dottore mi ha insegnato una cosa nuova! La vuoi sentire?”
“Che cosa ti ha insegnato?”
“Mi ha insegnato che se non si vuole dimenticare chi si è o cosa si ha fatto, allora è meglio cercare ogni stranezza che si incontra e aspettare.”

“Stranezza? E perché?”
“ ‘Cosa c’è di meglio della stranezza per iniziare?’ così ha detto.”

 
 
Matt aveva la faccia affondata nelle mani. Gli occhi erano chiusi e intenti a scacciare le parole di Asia, ripetendo dentro di sé più volte che non poteva essere vero.
Era evidente la preoccupazione di Asia, poiché trafelava dai suoi occhi lucidi e carichi di lacrime, ma che con tutta la forza che aveva, le tratteneva.
Subito lui rimpianse amaramente la sua insistenza “Asia, io… mi dispiace… non volevo…”
“No, Matt” lo interruppe Asia sorridendogli “Hai il diritto di sapere.”
 “Ma non e così facile, Matt Smith,” Dalila  colse l’occasione per avvicinarsi ad Asia con una coperte celeste. Appoggiatola sulle sue spalle, le si sedette accanto, stringendole le spalle “ha appena finito di rigenerarsi. Non puoi pretendere che ti dica proprio tutto ora. Devi lasciarla riposare.”
“Ma Dalila, io sto bene.”
“Senti, scricciolo, tuo padre mi ha detto di farti riposare appena ti saresti rigenerata. Se non faccio come mi ha ordinato passerò dei guai.”
“Come se papà fosse capace di punire.”
“Ti porto qualcosa da bere. E tu?” si rivolse con lo sguardo truce verso Matt “Vuoi qualcosa?”
L’umano scosse la testa impaurito “N-no. Io sono a posto.”
“Bene.” Ringhiò con le sue branchie fretianiane. Erano piccole fessure giallastre, che Matt notò ingrossarsi un paio di secondi per poi ritornare piatte.
Dato l’ordine ad Astrid, davanti all’aliena si aprì dal nulla una portale dalla forma rettangolare, da cui uscì un buon profumo di carne arrosto e rosmarino.
Matt inspirò a pieni polmoni, fino alla chiusura del portale.
“Quello che senti è la nostra cena. Penso sia quasi pronto.” Gli sorrise Asia timidamente.
“Oh, come ho detto sono a posto. Ho già mangiato due bei cheeseburger.” Disse più rilassato.
“Allora lo mangerai domani.”
“Giuro che dopo questa non ti chiederò più nulla.”
“Tranquillo, parla pure. L’ho mandata via apposta, così che potessimo parlare in santa pace.” Asia tirò fuori lentamente uno strumento metallico dalla punta verde. Subito Matt lo riconobbe e allargò un sorriso: era il piccolo cacciavite sonico costruito da lei stessa “ Ora il mio cacciavite sonicizza anche ad una distanza molto elevata. Avrà qualche problema con il frigorifero.”
Matt si concesse un momento per immaginarsi la scena, e ritornò serio, lasciando che il sorriso scomparisse spontaneamente.
“Tu ci servi ancora, Matt.”
Il cuore del giovane attore perse un battito.
“Non esserne così sorpreso. Ti ha detto papà in che rapporti sei con lui, no?”
“Ma io sono un essere umano. Non sono nessuno” rispose lui con lo sguardo perso nell’erbamela.
“Devo per caso riprendere il discorso?”
“Asia, tu non capisci! Io sono un semplice attore che fa cose da… attori!”
“In parole povere cose noiose.”
“Oi!”
“Non volevo offenderti, scusa, ma una cosa è certa, Matt. Un semplice attore non sognerebbe in prima persona la mia prima rigenerazione.”
Matt aprì bocca per parlare, o meglio, così voleva fare. Accortosi che non usciva una parola, la richiuse in silenzio.
“Sì, Matt. So che tu hai sognato la mia rigenerazione. E lo sai perché?”
Scosse la testa.
“Perché io invece ho sognato il giorno in cui tu ti perdesti in montagna quando aveva sette anni.”
Matt spalancò gli occhi incredulo, e con la bocca che cercava invano di dire qualcosa di sensato.
“Mentre stavo morer-… mi stavo rigenerando, prima pensai all’equipaggio e a come sarei venuta fuori, ma poi vidi solo neve. Dopo il tepore che mi accompagnò fino alla sala comandi, sentii dei brividi di freddo mai provati. Nonostante fossi coperta dalla tuta spaziale, era come se in realtà indossassi solo un paio di jeans e una maglietta a maniche corte. Finché poi non realizzai che ero finita nel sogno di qualcun altro, ovvero il tuo.”
“La gita in Trentino in Italia,” si ricordò Matt “ ci ero andato con la mia famiglia da piccolo.”
“Hai visto? Alla fine anche io e te siamo legati. Dopotutto, anche se non eri propriamente tu, mi hai liberata dall’energia rigenerativa.”
Lui aggrottò la fronte quasi arrabbiato senza farsi notare. Ricordava bene anche lui, l’uomo, se lo poteva definire tale, che gli prese il posto poco dopo aver liberato il Dottore dalla capsula. Era riuscito a malapena a salutarlo, che subito si era sentita tirare indietro per poi ritrovarsi in un’enorme stanza buia e infinita, e sentiva tutto ciò che succedeva nel mentre, senza che lui potesse avvisare dell’impostore.
Ora che ci pensava, Matt ricordò chiaramente cosa lo avesse spinto ad uscire dal bungalow quella notte.
“E’ stato lui.” Disse a bassa voce.
“Di che parli, Matt?” chiese Asia preoccupata.
“E’ stato lui ha farmi uscire dal bungalow. Mi aveva detto che sarebbe andato tutto bene, e che in maniche corte sarebbe stato più facile”
“Sì. Ricordo anche io una voce. Ma… non so se fosse…”
 “Ma dopo venti minuti ritornò la voce del Dottore, che  tutto spaventato mi disse che dovevo tornare indietro.”
“Un momento… io non l’ho mai incontrato, quindi non posso sapere che voce fosse, mentre tu…”
“Era identica a John Simm.” disse tutto ad un fiato Matt  “Sì, era lui. Era la voce del…”
Taci.
“Ahi!”
“Dalila, ma che fai!”
La giovane aliena ritorno con in mano un paio di lattine di cola, quando non le lasciò cadere a terra per prendere per il collo Matt. Quest’ultimo si sollevò di almeno dieci centimetri, col volto prossimo al porpora.  La sua vista iniziò ad offuscarsi per la troppa pressione e boccheggiò alla ricerca di aria.
“A-aiuto… non… respiro.”
“Dalila, smettila!”
“Tranquilla, scricciolo. So fin troppo bene che questo pidocchio ci serve. Tu vai a riposarti.”
“Dalila!”
“Astrid. Teletrasporta Asia nella sua stanza.”
Ricevuto.”
“No, un momento!” cercò di ribellarsi la ragazza.
Scusami, Asia.”
Inutile fu per la giovane gallifreyana alzarsi e correre verso Dalila. Tutto il suo corpo svanì in una colonna di luce, prima ancora che potesse raggiungerla.
Ora sono morto, pensò Matt ormai arresosi.
“Bene. Ora possiamo parlare in santa pace.”
Senza la minima delicatezza, Dalila lasciò andare l’attore.
Tra un tossicchio e l’altro Matt prese avide boccate d’arie, seguite da un sospiro di sollievo. Era vivo. “Grazie… al cielo… cof…”
“Per essere un essere umano, non hai il minimo tatto, eh?” ringhiò l’aliena irritata “Gli assomigli davvero troppo per i miei gusti.”
“Che… vuoi dire?”
“Che voglio dire? Hai il coraggio pure di chiedermelo?! Non ti sono bastati i suoni dei tamburi per capire che era a disagio?”
“Ecco… io… m-mi dispiace…”
Da come fissava il vuoto, Dalila capì che Matt era sinceramente pentito e cercò quindi di calmarsi respirando a pieni polmoni. Raccolte le lattine, gli si sedette accanto e gliene porse una “Lei li ha visti.” Lo schiocco della lattina fece alzare la testa dell’uomo.
“Visti? Chi?”
“Stava aiutando un’astronave per conto di sua madre ad atterrare senza problemi su Adipose 3. Andava tutto bene, finché non successe.”
Matt sorseggiò la cola, lasciando che le bollicine le saltassero sulla lingua “Cosa… successe?”
“Alcuni passeggeri li sentirono. I tamburi.
Il sangue raggelò nelle vene di Matt, mentre Dalila stringeva lentamente la sua lattina già vuota “Una cinquantina, o forse una settantina su due mila, iniziarono ad impazzire, tenendo la loro testa con entrambe le mani – o più – e ad uccidere involontariamente. Asia cercò in tutti i modi di aiutare, e così fece. Fece salire i passeggeri ancora sani di mente in tutte le navi di salvataggio, ma purtroppo per lei fu ferita e si rigenerò.”
“Ma aspetta un attimo. Detti così sembrano gli stessi sintomi delle…”
“Voci dell’illusione? Non credere che nessuno ci abbia pensato, tutti avevano temuto un possibile ritorno dell’epidemia del Dottore, ma non sono quelle.”
“E cosa vi ha fatto credere che sia ritornato? Insomma, dovrebbe essere morto, no? Nella mia dimensione lui è apparentemente morto e…”
Apparentemente non significa che non sia morto. Eppure ero convinta che ti avessero spiegato come funzioni qui.”
“Sì, certo che lo so.”
“Anche se per certi versi, la sua cosiddetta morte coincide con entrambe le dimensioni.”
“Vuoi dire che…”
“Sì. Ma non è questo il problema. Astrid, apri l’ologramma numero ventisette.”
Ricevuto. Ricerca in corso.
Per mostrare gli ologrammi, Astrid dovette ridurre il cielo amazzonico in un’enorme cupola a specchi. Su di essi si formò il profilo di un uomo in giacca e cravatta, entrambi neri, e una camicia bianca.
“Ascolta con molta attenzione. Questo ologramma, diversamente degli altri, è assai importante.”
“Altri?”
“Dopo la prima massa impazzita, ovvero di tre anni fa, Ogni giorno girarono in ogni angolo dell’Universo diversi ologrammi con diversi messaggi.”
“E perché questo è il più importante?”


Salve a tutti, abitanti dell’Universo.
 
Una voce sarcastica rimbombò per tutta la foresta, e fu allora che Matt alzò lo sguardo verso l’enorme immagine dell’uomo finalmente ben visibile. Eccolo. Con la sua corporatura minuta, gli occhi piccoli e scuri, un sorrisetto accennato e i capelli corti e castani: il Maestro.
 
Come ben sapete, io sono il Maestro. Il vostro caro Maestro.
Sono così felice di vedervi tutti con gli sguardi rivolti verso di me, sapete? Mi rende davvero molto, molto felice! Ma bando alle ciance! Quest’oggi ho un importante annuncio da fare, diverso da solito conquisterò l’intero Universo e di conseguenza le vostre menti, no! Questa volta io mi rivolgo ad una sola persona. Anzi, due.
La prima: Dottore. Dopo molti giorni passati a parlare con questa feccia inutile, finalmente mi decido a chiamarti. Da quanto tempo, eh? Spero che tu non abbia seriamente pensato che io fossi morto, mi offenderei profondamente! Sai fin troppo bene che non ti libererai facilmente di me.
Propongo una sfida a te e alla tua cara Lega. Ho avuto modo di assistere al magnifico salvataggio che hai fatto. CBM2? Così li chiamavi? Davvero un ottimo lavoro. Mi congratulo.
 
Il Signore del Tempo batté le mani lentamente quattro volte con un sorriso palesemente falso.
 
Ma ormai si sa, dico bene? Le voci dell’illusione se gestite bene sono facili da controllare. Sono davvero curioso di vedere come farai con i miei cari e vecchi tamburi, Dottore. Stessa situazione, ma esiti, secondo me, totalmente diversi. Sai perché? Sono sicuro che in questo round non vincerai. Perché lo faccio, ti starai chiedendo? Beh, è ovvio!! Mi diverte!
 
Il modo in cui rideva era così sadico e rivoltante, che Matt digrignò i denti indignato. Veder morire degli innocenti lo divertiva veramente? Vederli soffrire? Era davvero, pensava Matt, un amico del Dottore?
 
E ora vorrei rivolgermi alla seconda persona. Vorrei parlare con il mio amichetto… Matt Smith!
 
Matt cercò di mantenere la calma serrando entrambe le mani a pugno, gli occhi fissi su quelli da serpe del Maestro e rimase in ascolto.
 
Prima di tutto… mi dispiace. Mi dispiace davvero tanto. Ma ti ho mentito, sai? Non sempre il buon vecchio Dottore ti raccontava la favola della buonanotte. Temo… di aver interferito un paio di volte.

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Capitolo 8
*** i TARDIS possono scrivere libri. Maestro chi? ***


Sebbene sapesse che fosse una semplice proiezione, Matt avanzò verso l’enorme figura del Signore del Tempo con la rabbia negli occhi.
I cinque minuti successivi erano dedicati a tutte le morti che aveva provocato il Maestro. Diverse zone di diversi pianeti distrutte dai propri abitanti in preda alla follia. Immagini crude, inconcepibili, inguardabili, quasi più delle guerre presenti nella sua dimensione. Uomini, donne e alieni comuni che ridevano mentre impugnavano un’arma da fuoco o da taglio per poi uccidere chiunque trovassero sulla loro strada; navicelle spaziali che si scontravano a vicenda a tutta velocità e per finire; l’esplosione finale dei pianeti.
Matt stava inconsciamente piangendo dallo sdegno. Erano coinvolti anche dei bambini innocenti.
 
Ti starai sicuramente chiedendo perché ti abbia citato, caro il mio Matt.
 
Continuò l’alieno.
 
 Perché? Ma è semplice! Io so che ritornerai, so che il Dottore ti userà nuovamente come un’arma. Sigh… mi spiace davvero… anche se… non nascondo la mia eccitazione nel rivederti.
 
“Se non vedi l’ora di vedermi… allora vieni! Vigliaccio!” urlò a gran voce l’umano.
“Vedi di darti una calmata, ok?” Dalila lo tirò indietro con uno strattone “E’ solo un ologramma registrato.”
“Ora non dirmi che non ti sia mai venuta la voglia di prenderlo a calci, eh? Io non credo.” Disse a denti stretti Matt . “Hai visto cosa ha fatto?! Hai visto?!”
“Sì! Ho visto!!” lo aggredì l’aliena iraconda puntandogli un indice sulla spalla “Tu non hai idea di quello che abbiamo passato in questi tre anni!! Quante persone innocenti abbiamo dovuto abbattere perché dovevamo farlo!”
Matt non riuscì a controbattere e rimase in silenzio. Un enorme senso di colpa gli appesantì il petto.
“Mentre tu giocavi a fare il Dottore, milioni di umani e alieni hanno lottato per l’intero Universo, perciò… non osare urlare contro di me, Matthew Robert Smith!”
“E allora perché non mi avete chiamato prima?”
Dalila aprì la bocca per poi richiuderla. Si girò per imprecare nella sua lingua, e ritornò a guardare Matt. “Perché è stato quell’idiota del Dottore a volerti dopo il messaggio del Maestro.”
 
Beh… che dire… non c’è altro.
 
Umano e aliena alzarono la testa al cielo un’ultima volta.
 
Penso che chiuderò il collegamento qui. Aspetto con ansia il tuo ritorno, Matt. Spero di divertirai nel mio caos.
Ciao ciao!
 
Finita la registrazione, la figura minuta del Maestro in giacca e cravatta svanì in milioni di pixel, lasciando di nuovo posto al cielo senza nuvole.
“E adesso?”,chiese Matt con lo sguardo perso  ancora nell’azzurro, “ Che cosa facciamo?”
Dalila lo ignorò fingendo di controllare il suo palmare, e aprì un portale per la sua stanza “Io vado a riposare. Prendi.”
Goffamente, Matt prese al volo un piccolo bracciale nero con un quadrante ovale e due pulsanti, uno rosso e uno blu.” Che cosa dovrei farci?”
“Blu: stanza. Rosso: ritorni qui. Ti chiamerò appena dovremo ritornare indietro.”
Neanche il tempo di protestare, che lei era già scomparsa assieme al portale. Matt era rimasto da solo.
Dopo tutto quello che era successo, l’inaspettato incontro con Asia, la verità su Mrs. Peaches e il ritorno del Maestro, come poteva anche solo schiacciare un pisolino?
Confuso tra mille pensieri, Matt si sedette ai piedi dell’albero secolare a fianco del ruscello, a pensare a ciò che Dalila gli aveva urlato.
 
Mentre tu giocavi a fare il Dottore, umani e alieni hanno lottato per l’intero Universo!
 
Le lacrime iniziarono a scendere copiosamente dagli occhi fino al mento di Matt. Invano tentò di smettere di singhiozzare, a costo di insultarsi.
“Sono… un vero idiota. Che cosa ci faccio qui?! Sono inutile!! Che cosa ho fatto io, eh? Niente!”
Owww… piccolo essere umano di carne… Non mi piace vederti piangere. Mi fai tenerezza.
“Cos-… A-… Astrid?” disse lui sorpreso e asciugandosi velocemente la faccia. La vergogna lo assalì facendolo arrossire.
No ti prego! Sto raccogliendo dell’ottimo materiale!”, contestò la macchina con la sua voce squillante, “Insomma… quello che voglio dire è che sto scrivendo un libro sugli esseri umani! Perciò ti chiedo: mentre eri in preda alla rabbia, che cosa hai provato? O mentre piangevi disperato, perché piangevi? Voglio sapere tutto ciò che hai provato!
Inaspettatamente, Matt rispose all’entusiasmo di Astrid con una fragorosa risata tenendosi persino con una mano lo stomaco da quanto stava ridendo.
“Tu… sei davvero impossibile! Ahah! Mi fai morire!”
Ehi ehi ehi!! Piano!! Non sono pronta a scrivere il capitolo sulla morte !! Non mi puoi morire così!!
“Ahah!! Era solo un modo di dire! Ahah… Grazie, Astrid.”
Di… niente? Anche se non ho ben capito che cosa ho fatto.” Disse lei innocente.
“Un TARDIS che scrive un libro. Questa mi mancava nella lista delle cose impossibili.”
Beh, allora aggiungila pure. Allora? Mi dici che cosa hai provato?
“Senza accorgertene lo hai detto.” Ridacchiò l’umano.
Beh… purtroppo io sono diversa da mia madre… Non capisco al volo como lei.”
“Ma-… Madre?! Un momento.. di che madre parli?!”
Ma di Idris, no? Mi pareva ovvio.”
“Un momento… i TARDIS… possono accoppiarsi?”
Oh, ma che sciocchino. Certo che no! O meglio… non lo so. So solo che il mio occhio dell’Armonia viene dal TARDIS del papà di Asia, affinché potesse avere un TARDIS tutto per lei.
“Oh… questa… è…”
Da lista. Lo so. A differenza di Idris io però non so nulla sugli essere umani. Sai com’è, ho solo tre anni mentre lei è decisamente mooooolto più vecchia di me. Sono ancora inesperta. E ho  pensato che scrivendo giorno per giorno cosa imparo avrei potuto capirli.
“Beh, ma allora si tratta di un diario.”
Astrid smise di parlare per una decina di secondi, prima di ricominciare “Che bello avere un essere umano a bordo! Sto davvero raccogliendo un bel po’ di materiale per il mio libro!
“Ahah, felice di essere d’aiuto almeno a un TARDIS.”
Oh, giovane Matt Smith. Credi a me, Dalila non diceva sul serio. E’ solo preoccupata per le sorti dell’Universo. Come tutti, del resto.
“Ma ha comunque ragione,” ,ammise l’umano, “io… sono inutile.”
Oh, certo. Tu sei l’essere umano più inutile dell’intero Universo. Sì. Hai ragione! Tanto hai solo sognato la rigenerazione di una giovane gallifreyana mentre era in un’altra dimensione, sei stato attaccato da una cavia, salvato da un’aliena sexy che era la tua dottoressa e ora stai parlando con una macchina del Tempo matricola completamente pazza e con la parlantina.”
Matt era così occupato ad ascoltarla, che si accorse solo dopo del suo tono sarcastico. Si sentì tremende stupido. “Non capisco… dove vuoi arrivare.”
Svegliati, giovane Matt! Mi hanno raccontato di te, sai? E da quel che so tu non sei mai stato un umano qualunque. Tu sei stato scelto per contenere  l’essenza del Dottore, e sempre tu hai combattuto per salvarlo, e proprio tu, tre anni fa, hai salvato l’Universo. Da una morte certa.”
Matt non sapeva se essere lusingato oppure imbarazzato. Aveva già affrontato questo discorso con lo stesso Dottore, ma ancora non ne era convinto.
Trent’anni fa, il giorno in cui nacque, in cui il Dottore si nascose dentro di lui, era stata semplice fortuna, niente di più. Non poteva essere una sorta di prescelto o altro.
“No,”, disse dopo una lunga riflessione, “E’ stato solo un caso.”
“Invece ti sbagli, Matt.”Avvolta in una coperta a pois blu e azzurra, Asia si sedette vicino a Matt e si appoggiò alla sua spalla. “Tu sei davvero importante per me. Per papà, mamma, anche per Dalila. Per tutti. Puoi fidarti di me.”
“Su Dalila avrei qualche dubbio,”, cercò di riderci su, “mi odia a morte.”
“Nah, è solo che le fa strano vedere qualcuno assomigliare al suo salvatore. Tutto qui.”
“Questo dovrebbe rilassarmi?”
“Sì.”
Matt inspirò con gli occhi chiusi l’aria artificiale della sala comandi. Il delicato profumo della menta selvatica e dell’erbamela, quello sì che lo rilassava davvero. O almeno per quel tempo che gli rimaneva per goderselo.
“Andrà tutto bene, Matt” ,disse Asia come le gli avesse letto nel pensiero, “te lo prometto.”
Matt sorrise e la baciò sulla testa profumata di pesche “Non ne dubito.”
 
David era rimasto in sala d’attesa da almeno una quarantina di minuti. Aveva avvisato Georgia  che si trovata al Royal Brompton Hospital per assicurarsi che Laura stesse bene.
Per l’ennesima ripensò a ciò era successo quaranta minuti prima alla casa di Matt.
Tutto ciò che Laura fece fu solo toccare con una mano l’acqua sullo zerbino di casa del fratello, e un secondo dopo era a terra svenuta. Una serie di convulsioni allarmarono l’attore, che subito chiamò l’interevento di un’ambulanza.
Più ci ripensava, più stringeva le sue mani congiunte per pregare, per quanto gli era possibile, che lei stesse bene.
“Signor David Tennant?”  la voce dell’infermiera interrupe la preghiera di David.
“Sì… Sì, mi dica pure!”
La donna allungò il collo per vedere se ci fosse qualcun altro nella sala d’aspetto “C’è solo lei? Nessun parente della signoria Laura Smith?”
“No, purtroppo no. Li ho comunque avvisati e mi hanno detto che potete pure riferire a me la sua situazione.”
“Io non credo che sia possibile, lei non è un parente.”
“La prego, faccia un’eccezione, almeno per questa volta.”
La giovane infermiera arrossì di colpo non appena David si avvicinò a lei e le prese le mani. Deglutito un paio di volte annuì arresasi “O-ok… le credo sulla parola.”
“Gli occhi di David si illuminarono e allargò un sorriso “La ringrazio molto! Mi dica, come sta Laura?”
“Ora sta molto meglio, può stare tranquillo. Sono bastati un paio di sedativi per calmarla.”
“E… sa a cosa erano dovute le convulsioni?”
L’infermiera di morse il labbro inferiore intenta a formulare bene la rispsota “Ecco… ad essere sincera il dottore non ha trovato nulla di anomalo, a parte…”
“A parte cosa?”
“C’è stato un momento in cui la signorina Laura ha detto: non posso perdere tempo.”
“Non posso perdere tempo?” ripeté lui.
“Sì. Sa che cosa voleva dire?”
David ci pensò su strofinandosi una mano sulla barba incolta. “Penso… che parlasse di Matt, suo fratello. Non sappiamo dove sia finito, ed è parecchio preoccupata.”
“Ah, capisco. Senta, signor Tennant, le conviene tornare a casa, sarà stanco.”
“Sì, me ne andrò appena avrò visto che Laura sta bene. Posso?”
“Certo. Ha a disposizione cinque minuti.”
“Sono sufficienti.”
Seguita da David, l’infermiera lo guidò fino al secondo piano con l’ascensore. Girati un paio di corridoi, l’attore lesse sulla porta color beige numero undici Laura Jayne Smith.
“Eccoci qua. Lei si trova qui.”
“Ok, grazie.”
“Cinque minuti.”
“Sì.”
Aperta la porta, la debole luce della lampada che illuminava Laura addormentata rilassò notevolmente David. Il peso della preoccupazione era svanito del tutto. Le sue preghiere erano state ascoltate.
Nella stanza riecheggiava il suono della macchina a cui era collegata, mentre lei era sdraiata sul letto vicino alla finestra.
Lui si avvicinò piano per non rischiare di svegliarla “Oh, Laura”, disse a bassa voce, “sono contento che non ti sia successo niente di grave.”
Il volto sereno di Laura, indusse l’attore ad allungare una mano alla sua fronte, ma qualcosa l’afferrò saldamente prima ancora di avvicinarsi. Era la mano di Laura.
“Ma… ma cosa?!” più David cercava di divincolarsi, più la stretta era più forte.
“Sei davvero gentile ad essere preoccupato,” disse Laura aprendo gli occhi “ma sto bene.”
Lasciato il suo polso, David corse verso la porta. Quest’ultima sbatté violentemente davanti a lui.
“Signor Tennant?!” lo chiamò preoccupata l’infermiera dall’altra parte “Che cosa sta facendo? Apra la porta!”
“Non sono stato io!! Chiami aiuto, la prego!”
“E’ inutile. Non si aprirà.”
David sussultò appena si ritrovò a pochi centimetri dal naso di Laura, se la poteva chiamare così. “Laura? Che cosa… ti succede?” cercò di dire con quel poco di saliva che le rimaneva in bocca “No… tu non sei Laura… vero?”
La donna allargò un sorriso ambiguo e annuì senza sbattere nemmeno una volta le palpebre “Ma bravo. Sei davvero bravo. Non mi stupisce che tu sia uno dei Dottori preferiti di questa dimensione.”
“Io… non capisco. Tu… chi sei?”
“Oh, beh. Di sicuro ricorderai il vecchio trucco dell’acqua, no?” alzò una mano muovendo le dita. “Andiamo. So che te lo ricordi.”
David fissò prima Laura e poi la mano, fino a quando non capì “L’a-… l’acqua su… Marte?” tentò.
“Esatto! Bravo! Ovviamente non sono quello che credi, a quest’ora avrei allagato l’intero ospedale e andrei in giro con un orribile filtro in bocca. Decisamente non un bello spettacolo. Ho solo usato lo stesso principio, se lo si può definire così. Che se non erro… avevo già usato tanto tempo fa.”
“Dov’è Laura? Che cosa ne hai fatto di lei?!”
“Devi stare tranquillo, David Tennant. Lei sta bene. Ho solo preso in prestito il suo corpo, e non ho molto tempo. Dobbiamo agire alla svelta, ti spiegherò strada facendo.”
Confuso più che mai, David si limitò a balbettare, ma al tempo stesso seguire Laura alla finestra “Che cosa vuoi fare?! Me lo dici chi sei?!”
Busserà quattro volte.
David si fermò di colpo per ripetere quelle tre parole nella sua testa.
“Sono riuscito a scappare dalle sue grinfie, e ora posso agire.” Giratasi verso l’attore, i suoi occhi brillarono di una luce dorata “Io sono il Maestro.”


ANGOLO DELL’AUTRICE:
Ok… siamo appena ad ottobre, eppure ci riempiono già con verifiche e interrogazioni a non finire… help T.T Sono tremendamente in ritardo e sono in ballo con tre storie diverse ( forse quattro)…. Sono pazza…
Daaaaaaaaaah!!
 
Cassandra

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Capitolo 9
*** Non sono io ***


Avevo sbagliato in passato. La follia mi aveva portato sulla strada sbagliata, mi aveva indotto a commettere azioni che non posso dimenticare e di cui tutt’ora non vado fiero, ma nonostante tutto non ti eri mai arreso nei miei confronti. Mi avevi sempre teso una mano, e io sempre rifiutata; ciò però non ti ha fermato e hai continuato e continuato, finché alla fine non l’ho accettata. Mi ci sono voluti diversi secoli, ma alla fine ho ceduto.
Mi hai dato la possibilità di rimediare, di rifarmi una vita, e io l’ho fatto, veramente, e anche con un certo entusiasmo, ma putroppo… qualcosa è andato storto.
Mi dispiace. Mi dispiace davvero tanto. Ho abbassato la guardia, e ora sicuramente mi odierai, ma ti prego, se puoi… non farlo. Non è colpa mia. Non sono io.
 
Marvin… Marvin…  Marvin… quando finiranno questi soliloqui? Anzi… non sono proprio soliloqui visto che ci sono anche io, no?
 
Fa male. Non smettono più. Sono insopportabili e io non ho alcun controllo su di loro. Non posso fermarli.
Qualcuno mi aiuti.
 
Allora? Sei deciso a collaborare?Se lo fai, ti libererò da questa vana agonia.
 
Aiuto. Aiuto,per favore.
 
Oh, non puoi chiedere aiuto a nessuno, mio caro Marvin. Siamo solo io, te e questa splendida sedia con le cinghie. A proposito… troppo stretto per le tue caviglie e i tuoi polsi?
 
Uno. Due. Tre. Quattro. Uno. Due. Tre. Quattro.
 
Ti metti anche a contarli, ora? Andiamo! Dovresti cercare di non farlo, così ti farai solo del male.
 
La mia testa pulsa quattro volte ogni due secondi ininterrottamente. Il dolore si fa sempre più forte e la mia lucidità viene sempre meno. Sono arrivato al limite. Non resisto.
 
Ed eccolo che ricomincia a parlare come se io non ci fossi. Non avresti dovuto approfittarne, lo sai? Hai fatto davvero una cavolata. Lasciatelo dire. A quest’ora non saresti in questa situazione. Non avevo scelta.
 
Uno. Due. Tre. Quattro. Uno. Due. Tre. Quattro.
 
Testa dura, eh?Beh, a questo punto devo darti un piccolo incoraggiamento. Lui ti ha aiutato in passato a rimuoverli, ricordi?
 
Fa male. Fa troppo male.
 
Ma… ovviamente non ha pensato che io sapessi come farli tornare… i tuoi vecchi amici tamburi. Vero, Marvin?
 
Fa male…. Dottore…  Aiutami.
 
David se ne accorse dopo aver percorso una decina di metri, fino a quando non vide il corpo di Laura accasciato a terra “L-Laura!” urlò lui indeciso su come chiamarla. Il povero scozzese era ancora confuso e incredulo sulla situazione in cui era finito. Il Maestro? Quello dentro la sorella del suo collega, nonché amico Matt era veramente il Maestro?
La porta e la strana sfumatura dorata dei suoi occhi erano sicuramente assurdi, ma… che il telefilm da lui sempre amato è reale in un mondo parallelo, nessuno sarebbe stato così pazzo da crederci. Tutti tranne lui, probabilmente.
“Mi sembrava di avertelo detto” disse l’alieno portandosi entrambe le mani alla testa “io non sono Laura.”
“S-scusa… mi ci devo ancora abituare.”
“Ti credo sulla parola.. ahia…” il Maestro premette le dita sulle tempie fino a far diventare le unghie bianche. Una fitta di dolore gli stava attraversando dall’ipotalamo fino alla fronte. Che stesse per perdere il contatto con quel mondo?
“Mi ha… mi ha scoperto…” riuscì a dire con un fil di voce.
David lo aiutò impacciato ad alzarsi tenendolo per un braccio e alzò lo sguardo al cielo. Avevano raggiunto il tetto dell’ospedale attraverso la scala antincendio. In quel mare nero e privo di nuvole, brillavano sì e no un centinaio di stelle con poca intensità.
“Chi ti ha scoperto?” chiese l’umano senza distogliere lo sguardo. C’era qualcosa che lo disturbava, anche se non sapeva esattamente cosa.
“Te ne sei accorto, eh?”
David spalancò subito gli occhi e si girò verso il gallifreyano camuffato “Ecco io… non so… sento solo qualcosa di diverso… Dovrei preoccuparmi?”
“Quello che senti, è questo” il Maestro tirò una mela rubata all’ultimo momento nella stanza dell’ospedale, e la lanciò a vuoto. Quest’ultima si disintegrò e il cielo si riempì di crepe dorate per una decina di secondi.
“Wo! C-che… che cos’erano quelli?!” si allarmò David indietreggiando.
“Hai presente le crepe, se la possiamo definire così, nell’era di Matt Smith?”
“S-sì…”
“Beh, dimenticale. Perché queste non sono crepe dell’universo, ma crepe del vortice del tempo.”
“Del vortice?”
“Sì. Quell’inetto. Sta tramando qualcosa di veramente grosso, e io ho bisogno di avvisarlo.”
“Chi? Il Dottore?” chiese David con un certo entusiasmo
“No.”
L’attore gesticolò confuso finendo col arruffarsi nervosamente i capelli “Ma scusa, mica era il Dottore che dovevi avvisare?”
“Lo so, ma pensaci, David Tennant, se ora provassi a contattarlo direttamente quel folle se ne accorgerebbe. Tra l’altro… sono arrivato al limite.”
“E allora con chi dovresti metterti in contatto?”
“Con colui a cui si era collegato da quando era nato, che aveva addestrato e protetto fino al giorno della guerra. Sto parlando Matt Smith.”
 
Allarme. Allarme. Lo squarcio nel vortice del Tempo sta per chiudersi. Ripeto: lo squarcio nel vortice del Tempo sta per chiudersi.
“Oh no” Allarmatasi, Asia si alzò lasciandosi scivolare la coperta dalle spalle e fissò spaventata un punto rosso lampeggiante che segnava la loro attuale posizione, sullo schermo virtuale nel cielo. Vicina ad esso lampeggiava più velocemente una crepa dorata ormai pronta a scomparire “No, questo non va affatto bene.” Disse preoccupata la ragazza.
“Che succede, Asia? Che vuol dire che lo squarcio sta per chiudersi?”
“Significa, Matt Smith”, si materializzò Dalila, “che se non ci sbrighiamo ad entrare rimarremo rinchiusi nell’interspazio.”
“Oh cavolo!”
“Ma non è possibile! Avevamo ancora un po’ di tempo! Non posso aver sbagliato i calcoli.”
I tuoi calcoli erano perfetti, Asia. C’è qualcuno che sta cercando di rinchiuderlo forzatamente. Sto cercando di tenerlo il più aperto possibile, ma voi dovete muovervi.”
“Ok, Astrid. Grazie! Dalila, aprì subito un portale per la sala comandi. Forse coi controlli manuali potrò aiutare Astri-…” Asia era pronto a correre verso il portale che la fretiniana avrebbe dovuto aprire, ma si ritrovò la sua pistola laser puntata dritta in fronte “Da… lila? Che cosa stai facendo?”
L’aliena ignorò fredda la gallifreyana senza muoversi, con l’indice appoggiato sul grilletto.
“Dalila, che ti prende? Perché stai puntando la pistola su Asia?!” cercò di farla ragionare l’umano. Mani e gambe tremavano all’idea che gli potesse sparare, ma lentamente riuscì ad avvicinarsi all’amica per mettersi davanti a lei “Abbassa l’arma, ok?”
“Seguo gli ordini” rispose lei semplicemente.
“Gli ordini? Di chi?”
“Tu non mi freghi, Matt Smith. Non sei il Dottore e non lo sarai mai, neanche sforzandoti.”
“Dalila, che cosa significa? Quali sono le tue intenzioni?”
“Asia, non ti preoccupare. Io non avevo alcuna intenzione di spararti, fidati di me.”
“Fidarmi? Come credi che possa farlo ora?!”
“Perché i l mio vero bersaglio non eri tu” Dalila premette con decisione il grilletto. Dalla pistola uscì un piccolo dardo che andò a colpire il braccio destro di Matt. Quest’ultimo oscillò un paio di volte per poi cadere di lato.
“Matt! Ehi Matt! Va tutto bene?”
“Ho voluto usare un classico. Sonnifero”, disse trionfante Dalila, “umani. Non riescono nemmeno a distinguere una pistola laser da una spara dardi.”
Asia inarcò un sopraciglio e allargò un sorriso forzato “Tu… mi hai fatto prendere un colpo, lo sai?”
“Oh, andiamo. Sono già stata una traditrice la prima volta. Mi ero ripromessa di non esserlo più, ricordi?”
“Ma perché hai fatto addormentare Matt? Che bisogno c’era?”
Caricato sulle spalle Matt, l’aliena aprì un portale per la sala comandi “Era il modo migliore per farli incontrare.”
“Incontrare?” Asia si portò la mano destra al mento corrugando la fronte, finché non capì di chi stesse parlando. Era arrivato il momento.
“Vedo che hai capito. Sai, credo che certe cose le dovresti segnare su un diario raccogli-sogni-premonitori.”
“Non sono sogni premonitori.” Protesto la neorossa.
“In passato non lo erano, ma quelli di tre anni fa sì.”
“E se… non lo fossero invece? Insomma…  mamma non mi ha nemmeno creduto. Stesso vale per papà.”
“Questo perché le uniche che ti sanno veramente ascoltare siamo io, Vastra e Jenny. Sono troppo occupati con il loro stupido progetto MAGEIA.”
Lo squarcio!” le avvisò Astrid quasi cantando.
“Forza, allora. Vediamo di filare via dall’interspazio.”
 
Matt non sapeva come spiegare la strana sensazione che provava in quel momento. Forse… era un déjà vu, non ne era pienamente sicuro: era passato così tanto tempo dall’ultima volta che si era ritrovato a galleggiare in aria che quasi si era dimenticato perché galleggiasse in aria. Nulla sopra la testa, nulla sotto i piedi. Il nero più totale, la straordinaria sensazione di fluttuare come un astronauta.
“Oh no” la sua voce rimbombava in quel vuoto seguita dai suoi sospiri rassegnati “ Sono… finito nella mia testa… di nuovo!” Purtroppo per lui, ricordava bene quello che gli successe tre anni fa, arrivato nel mondo parallelo del Dottore.
Prima ancora che scoprissero la vera natura dell’epidemia, lui venne contagiato da essa e, sotto l’influenza delle voci delle illusioni, finì col svenire e rifugiarsi in una piccola zona della sua testa per sfuggire ai sintomi.
E ovviamente non poteva non mancare quella voce, la voce che lo stava per portare alla follia, la stessa con cui aveva avuto diverse conversazioni ambigue sulla dimenticanza e che prese momentaneamente il controllo del suo corpo.
Spoiler. Ricordava bene anche la sua domanda privata della sua risposta.
“Come sei perspicace. Ciò significa che fino adesso non sei mai entrato in questo bello spazio silenzioso quando vuoi riflettere con calma?”
A Matt non ci volle molto per dimenticare i vari flashback della sua precedente avventura, poiché non poté non riconoscere l’inconfondibile voce di sua sorella maggiore “Laura? Laura sei tu?”
Giratosi attorno più volte, alla quinta si fermò avendo visto la figura slanciata della sua amata sorellona. I suoi occhi si illuminarono dalla felicità “Lau-…”
“Shh! Non urlare!” la presunta Laura gli mise una mano davanti alla bocca. Speranze di poter riabbracciare la sorella svanirono in un istante, appena Matt si accorse che gli iridi di lei brillano d’oro “Non dobbiamo farci scoprire.”
“Tu… tu non sei Laura” disse con la gola secca Matt “Chi sei? Che ne hai fatto di mia sorella?”
“Oh, ti prego. Già ho dovuto spiegare tutto a David, non farmelo ripetere. Devo sbrigarmi assolutamente.”
“David?”
“Sì, David. David Tennant, ma non è questo il punto, concentrati!”
“I-io… o-ok!”
“Innanzitutto,” gli mise le mani sulle spalle “Io non sono Laura, questo lo avrai sicuramente capito, io… sono qualcun altro.”
“Ah, beh. Fin qui ci sono. Ma chi sei?”
“Io… non posso dirtelo.”
“Ma che razza di spiegazione è, scusa?!”
“Non è così facile, sai? E’ molto probabile che lui ci stia ascoltando, e di conseguenza potrebbe finire male, molto male. Mi dispiace.”
Matt si sforzava di stare dietro a quella spiegazione assurda e confusa. Non poteva di certo immaginare chi ci fosse dietro il volto della sua amata Laura.
“Ascoltami bene, devi fidarti di me. L’Universo, il nostro, ovvero quello del Dottore è in grave pericolo, ma non per causa mia! Devi dirglielo!”
“U-un momento… che vuoi dire?”
“Ti prego, Matt Smith. Tu sei la mia unica speranza! Dovete aiutarmi! Non sono io!” la voce di Laura tentava invano di non tremare, di mascherare la disperazione e l’agonia che Matt faticava a percepire. Era evidente attraverso le sue espressioni  che mentre parlava, stava sopportando uno sforzo disumano “Non sono io… non sono io…” ripeté più volte scivolando sull’umano.
“Ehi… che succede? Non stai bene?”
Il corpo pareva diventare trasparente e inconsistente ogni secondo che passava “Devi… devi dirglielo, Matt… ti prego… ho bisogno di aiuto…” e sparì del tutto, al tentativo dell’attore di prenderle la mano.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
il quinto anno di liceo è un vero inferno… non riesco a stare al passo su niente… sono estremamente in ritardo, lo so, ma cercherò di rimediare in queste vacanze… ci proverò davvero… la scuola mi staveramente distruggendo… mi scuso per il disagio…
 
Cassandra

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Capitolo 10
*** Sogni scorretti ***


Impacciato più che mai e con le dita rigide per il freddo, David prese al volo il Maestro prima che cadesse. Al primo contatto la sua pelle era rovente e scivolosa “E-ehi! Va tutto bene?” gli scostò delle ciocche di capelli dalla fronte sudata.
“S-sì… tutto bene… anzi, veramente no…  sto male” cercò di sorridere l’alieno “Il mio tempo… è scaduto… il corpo di Laura non riuscirà a contenermi ancora per molto.”
Per comodità David si inginocchiò ignorando i suoi jeans ormai bagnati e appoggiò la testa di Laura sulle sue ginocchia “P-posso fare qualcosa?” tentò con la gola secca.
“No” lo tranquillizzò con un filo di voce “Fra un po’ non avrò più forze, e me ne andrò dal suo corpo.”
“E… tornerai nella tua dimensione?”
Fece spallucce “Più o meno. Non sarà un bello spettacolo.”
Un imbarazzante silenzio si intromise tra l’attore scozzese e il gallifreyano, lasciando che di tanto in tanto i tentativi di respirare correttamente di quest’ultimo lo spezzassero.
David si trovava tremendamente inutile. Aver sentito il nome di Matt gli stava provocando da un po’ una strana sensazione inspiegabile, se di ammirazione o gelosia non lo sapeva, ma sentiva che doveva fare qualcosa.
“Oh, ti prego… non fare così…”
L’umano rilassò le sopracciglia aggrottate involontariamente “Eh? Che cosa?”
“Quella faccia la fai quando ti senti inferiore rispetto a qualcuno… Non farla…”
“Io? Sentirmi inferiore? Non so di cosa stai parlando.”
“Non ti preoccupare, David, so che è così visto che sei tale e quale al decimo Dottore della nostra dimensione.”
Stranamente quell’incoraggiamento sembrò tranquillizzarlo davvero, al punto da dimenticarsi di Matt.
“Ah, questa posizione… in realtà mi tenevi con entrambe le braccia…” disse il Maestro strofinando la guancia sulla coscia di David, con gli occhi colmi di nostalgia.
“Ricordi? Ti incontrai quando mi ero rigenerato e inventato il nome di Harold Saxon per entrare in politica e avere il controllo sulla specie umano. Ero completamente pazzo” ridacchiò dolorante.
“Sì” rispose semplicemente David.
“Sai… quando stavo per morire, mentre cercavi di convincermi a rigenerarmi… ho pensato per un momento, dimenticandomi di quegli stramaledetti tamburi, alla nostra casa, a Gallifrey, e ai momenti passati lì. Ti chiamavo Theta Sigma, ricordi? Beh, un po’ come tutti all’università.”
David accolse quel suo sorriso nostalgico annuendo a tono. Era ovvio che se lo ricordava, da piccolo si segnava su un taccuino ogni pseudonimo e soprannome che gli affibbiavano, o almeno tutti quelli che riusciva a scrivere, tra cui c’era anche Theta Sigma.
Non sapeva bene dire perché, ma David si sentì tremendamente triste, tanto quanto il Signore del Tempo sulle sue gambe.
“Ah, David…” l’alieno avvicinò la mano destra al viso dell’attore per accarezzargli la barba incolta “che mi dici del quasi ritorno dei Signori del Tempo? Alla fine pensai che fosse troppo tardi per rimediare e così… sono andato avanti con la mia conquista del pianeta Terra.”
L’uomo sentì la sua mano diventare sempre più calda.
“Ma dopo aver scoperto… che erano stati proprio loro a rendermi pazzo… non ci ho visto più… presi per l’ultima volta una decisione folle e…”
“… E ti sacrificasti per rimandare indietro Rassilon” lo precedette lo scozzese.
“Ti correggo: avevo pensato di sacrificarmi per rimandare indietro Rassilon, finché qualcuno non mi tirò tirandomi per il cappuccio della felpa.”
Gli occhi pulsanti dorati del Maestro erano palesemente diretti verso David, accompagnati da un sorriso beffardo, ma soffrente. Quest’ultimo sbatté più volte le palpebre prima di indicarsi con un indice.
“Quello sciocco… prima si sacrificò per salvare il vecchietto umano assorbendo un’enorme quantità di radiazioni e poi si disturbò di salvare il suo acerrimo nemico.”
“Ti correggo: io credo che… si disturbò di salvare un amico.”
Il gallifreyano si lasciò andare in una breve risata sopportando il dolore. Due lacrime roventi gli rigarono le guance “Dici… dici che mi perdonerà?” chiese con la voce tremante e soffocata dal rimpianto.
David si limitò ad annuire e a sorridere.
L’alieno allargò a sua volta un sorriso pur avendo le sopracciglia aggrottate. Era davvero arrivato al limite della sopportazione, il mal di testa aumentava, non riusciva più ad ignorare i tamburi e sentiva fitte ai polsi e alle caviglie, segno che quell’essere gli stava stringendo ancor di più le cinghie.
“Se… se io posso fare qualcosa… dimmelo… io… ti aiuterò” tentò l’umano prima che il Maestro chiudesse gli occhi.
“Oh, il tuo cuore da bravo fan batte più di quello di un normale Signore del Tempo, lo sai?”
“E’ come se adesso dentro di me ne battessero dieci.”
“Dieci?  Sul serio? A quest’ora saresti già morto di infarto.”
“Ti prego” insistette lui quasi impaziente. Cosa voleva davvero ottenere, pensò imbarazzato. Che cosa mai poteva fare lui? Non era come Matt. Eccola. La gelosia.
“I figli.”
“Come?”
“Laura… sta pensando ai suoi figli. Le mancano.”
“Posso immaginare.”
“Devo lasciarla andare, ma… spero che mi possa perdonare.”
“Le spiegherò io la situazione, tranquillo.”
“Temo che non potrai farlo.”
“Eh?”
Con le ultime forze che gli rimanevano, l’ultima briciola di coscienza e i neuroni non ancora implosi da Signore del Tempo, pensò: ‘Poteva funzionare. Anche solo per poco’ e avvicinò al viso dell’attore anche l’altra mano per portarlo vicino al suo.
David non si oppose, si lasciò guidare fino a raggiungere le labbra di Laura, dove un intenso tepore lo scaldò dall’interno.
 
Matt si alzò di colpo col fiatone, come se per tutto il tempo in cui era svenuto avesse trattenuto il respiro. La sua gola era secca e la fronte bagnata di sudore, uno strano formicolio gli attraversava dalle mani fino alle spalle. Il suo viaggio nella sua testa era finito.
“Matt! Finalmente ti sei svegliato! Come stai? Ai male da qualche parte?” Asia sembrava essere del tutto ignorata dall’amico, che era pronta con una bibita fresca e uno straccio bagnato per rinfrescarlo, mentre lui si voltò verso quella che era l’ultima consolle del TARDIS,col i suo rotore centrale a luci al neon oscillanti, senza però i pannelli girevoli rotanti, il tutto immerso nella sua solita sala futuristica dai colori freddi e metallizzati.
“Ehi, Matt Smith. Allora? Hai qualche novità per noi?” gli chiese fredda Dalila “Avrai di certo compreso il perché ti abbia fatto addorm-… ehi! Mi stai ascoltando?”
Ignorata persino Dalila, Matt si avvicinò ai pannelli di controllo per giraci attorno. Perfetto, pensò soddisfatto, i comandi sono tali e quali.
“Bene” Matt iniziò a premere e ad abbassare con decisione e precisione tutti i comandi di cui aveva bisogno.
Tra una manovra e l’altra Astrid sembrò acconsentire con stupore “Wow! Caspita! Sei bravo, eh? Niente male.
“Un momento! Che diamine fa! Asia?” chiese furibonda l’aliena.
“Io… io non lo so.”
“E glielo lasci fare?!”
“Sarà meglio,” rispose Matt continuando a manovrare “perché così facendo non eseguirei gli ordini"
"Mi stai forse prendendo in giro, umano?"
"Forse sì o forse no, chi può dirlo? Ora se non ti dispiace, gradirei che tu la smettessi di comportarti da sontaran e mi lasciassi lavorare in pace, se non vuoi che ci scoprano."
"Tu piccolo... ti vorrei rammentare che tu non fai parte di questa dimensione e non sai cosa sia successo mentre ..."
"Doppelganger.”
“Come, scusa?”
Matt si concesse dieci secondi per girarsi verso l’aliena confusa “Lo hai detto così come me lo ha detto il Dottore. Prima che tu possa sbraitare qualcos’altro parlo io, se non ti dispiace, e ti ripeto doppelganger.”
Per qualche strano motivo Asia non riusciva a smettere di sorridere. Era davvero contenta che fosse ritornato il Matt di sempre.
 L’uomo alzò poi le braccia come un presentatore televisivo e sorrise “Io sono il doppelganger del Dottore che ti piaccia o no, e questo l’ho finalmente accettato dopo la bravata che hai fatto ovvero farmi ritornare nella mia bella testolina” si picchiettò con un indice le tempie.
Dalila inclinò la testa ancora più confusa girandosi verso Asia. Quest’ultima la guardò a sua volta con gli occhi spalancati.
“Beh? Che c’è? Ho detto qualcosa che non va?”
“Matt, mi stai forse dicendo che finora sei stato… nella tua testa?”
“Sì… perché?”
“Chi hai incontrato?” gli si avvicinò Dalila “Chi?!”
“I-io…  ho incontrato mia sorella! Anzi… in realtà non era proprio mia sorella, continuava a dire che non lo era senza dirmi propriamente chi era. Mi spiegate che succede?”
“Tu avresti dovuto metterti in contatto con mio padre a casa nostra.”
Matt aprì la bocca senza riuscire a dire nulla.
“Anche se siete divisi se ad una adeguata distanza papà può comunque mettersi in contatto con te. Dopotutto siete insieme nello stesso corpo per una trentina d’anni.”
“Mettersi in contatto con me? E’ perché?”
“Per spiegarti la faccenda. Vedendoti manovrare Astrid ero convinta che ti avesse dato delle istruzioni.”
“Io non… mi dispiace. Ma non ho visto il Dottore.”
Allora mi spieghi come hai fatto a riparare i diversi squarci che c’erano nel vortice?” si intromise Astrid tutta eccitata “Solo che ora c’è un problema.”
“Quale sarebbe?” chiese Asia col naso all’insù.
Che ho captato un segnale sospetto che si è agganciato a noi.”
 
La soddisfazione che brillava nei suoi occhi infondeva una certa carica anche alla sua subordinata.
Quel delizioso puntino rosso lampeggiante tanto atteso, era finalmente ben visibile sullo schermo “Magnifico. Splendido! Siamo pronti ad agganciarci! Che stupidi, si devono essere distratti, ma ora non hanno più scampo!”
“Sì, signore. Ha ragione. E’ stata una grande idea quella di aspettare!”
“Fate assolutamente in modo che non vi scoprano. Continuate con la procedura.”
“Agli ordini, signore!” la deliziosa novellina bionda uscì correndo ( più saltellando) dalla sala principale. Chiuse le porte, l’uomo smise di sorridere e ritornò a sedersi sulla sua solita poltrona girevole “Oh, Signore… con chi mi tocca collaborare! Sono stufo.”
Vedrai, ti ci abituerai.” Cercò di confortarlo una voce nella sua testa “Sai, mi sa tanto che ti sta facendo il filo.”
“Come se non lo avessi già capito… non è nemmeno l’unica.”
Oh, modesto.
“Vorrei vedere te al commando di questi tizi che non sanno nemmeno per chi e cosa stanno lavorando.”
Eh, lo so. E’ dura, ma almeno sono facili da controllare.
“A proposito di controllare. Vorrei sperare che io sia ben sistemato.”
Stai pure tranquillo. Fidati di me. Torniamo a parlare delle donne che ti vanno dietro? E’ divertente! Mi sto annoiando.
“Potrei aggiungere che anche gli uomini mi vanno dietro.” Disse l’uomo quasi divertito.
Noooo! Sul serio? Vai alla grande!
“Ma taci!”
Quasi con un balzo, il moro si rialzò dalla poltrona per avvicinarsi ad un porta affianco a quella principale. I filtri di percezione funzionano sempre in un modo impeccabile “Tanto lo sai bene. Non mi è possibile aver nessun tipo di relazione con loro”  aperte le porte con l’apposita carta magnetica, un vento gelido lo investì senza provocargli nessun tipo di brivido. Era una cella frigorifera dalle dimensioni colosso lai, dove giacevano tutti ammucchiati corpi di uomini e donne dalla pelle ormai bluastra per il freddo. Da quanto tempo erano lì? Lui stesso non lo sapeva. D'altronde, erano semplici pedine da sfruttare in quella particolare occasione, quasi tutte trovate per strada “dopotutto, sono tutti morti. No?”
 
Le dita di Asia scivolavano leggere sulla tastiera virtuale. La giovane gallifreyana aveva controllato che nulla fosse entrato in contatto con l’occhio dell’Armonia di Astrid. “Bene, almeno non si sono avvicinati a te, Astrid.”
Questo è un sollievo.
“Allora significa che ne hanno approfittato mentre richiudevo gli squarci.”
“Allora? Che facciamo?” gli chiese Dalila “Sai già come procedere?”
“Ora come ora… non possiamo fare molto. E’ importante invece che mi portiate dal Dottore. Ho bisogno di parlargli a quattrocchi.”
“Matt”
“Sì, Asia?”
La ragazza gli si avvicinò lentamente fissandolo negli occhi. Con prima una mano e poi con l’altra, prese ad accarezzare entrambe le guance dell’amico che lasciò fare “Stai bene, Matt?”
Lui annuì “Certo che sto bene. Perché non dovrei?”
“Beh, sono successe molte cose, sarai stanco.”
Matt sorrise davanti a quel tenero faccino mortificato per chissà quale misfatto. A tono, rispose con un bel bacio sulla fronte, come era solito fare il Dottore “Puoi pure stare tranquilla. Sto bene.”
“Dunque, non sai chi hai incontrato nella tua testa, eh?” interruppe l’atmosfera Dalila “Hai detto che era tua sorella, ma non lo era.”
“Aveva preso le sue sembianze. Non era lei.” Cercò di spiegare l’attore.
“E come facevi a saperlo?”
“I suoi occhi. Brillavano d’arancione e oro.”
“Arancione e oro?” ripeté l’aliena con un sopracciglio alzato.
“Sì. Mi disse anche che non poteva dirmelo perché qualcuno molto probabilmente ci stava ascoltando.”
“Ne sai qualcosa a riguardo Asia?”
La ragazza scosse la testa “I miei sogni mi avevano rilevato che Matt avrebbe incontrato papà e non… qualcun altro. Il che è strano…”
“Io non la vedrei in questo modo.”
“Eh? Che vuoi dire, Matt?”
“Nel senso… solitamente i sogni sono mere immagini della nostra testa.”
“Il suo caso è diverso. Da poco i suoi sogni sono premonitori.”
“Premonitori o meno, Nei sogni è sempre possibile cambiare qualcosa. Sognando è pur sempre possibile viaggiare sia nel tempo che nello spazio. In questo caso il momento era giusto, ma l’incontro no.”
Prima di riprendere a parlare, Dalila sembrò per un attimo persa nel discorso dell’umano “Asia… è una cosa possibile?”
“Io… non saprei… Matt, un giorno mi dovrai spiegare come fai a fare certi discorsi. A volte sembri davvero mio padre.”
“Lo prendo come un complimento” ridacchiò.
“Bene, basta parlare. Il Dottore ci sta aspettando.”
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Ok, innanzitutto… BUONE FESTE A TUTTI!! L’anno nuovo si sta avvicinando!! Tanti tanti auguri tutti!!! Vi chiederei estrema pazienza, ma tra vacanze in famiglia… la mia testa è annebbiata e di conseguenza lo sono anche le mie idee… gli ultimi due capitoli non sono il massimo, lo so… devo cercare di riprendermi bene… lo prometto!! Come al solito vi chiederei di segnalarmi ogni tipo di errore!! Grazie e ancora auguri!!
 
Cassandra

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