Richiamo del sangue

di Chexemille
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** PRIMI DUBBI ***
Capitolo 3: *** TERRORE NELLA FORESTA ***
Capitolo 4: *** SI ACCORCIANO LE DISTANZE ***
Capitolo 5: *** FINALMENTE INSIEME ***
Capitolo 6: *** INCIDENTE DI PERCORSO ***
Capitolo 7: *** TRANSIZIONE ***
Capitolo 8: *** SETE DI SANGUE ***
Capitolo 9: *** UN AMARO ADDIO ***
Capitolo 10: *** FUGA ***
Capitolo 11: *** UN BRUTTO SOGNO ***
Capitolo 12: *** PREGIUDIZI ***
Capitolo 13: *** NEMICI DAL PASSATO ***
Capitolo 14: *** REAZIONE INASPETTATA ***
Capitolo 15: *** POTERE INASPETTATO ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***





PROLOGO 

20 Agosto 1998
 
La macchina correva veloce lungo la stradina di periferia.                            
Sieghard sapeva che i suoi inseguitori erano molto vicini, ma avrebbe fatto
di tutto pur di mettere in salvo la sua famiglia.        
La piccola Kyra piangeva disperata mentre Valerius tentava in vano di placare il suo pianto.                                                                     
I fari si avvicinavano sempre di più nello specchietto retrovisore.
All’improvviso sentirono un urto.                                                                    
Un altro ancora.                                                                                   
Sieghard prese la curva troppo velocemente e la macchina si ribaltò su se stessa.                                                                                      
L’urto violento fece perdere i sensi ai due piccoli.                              
Leila e Sieghard strisciarono fuori dall’auto per affrontare i loro inseguitori.                                                                                                        
Erano numericamente inferiori in un rapporto di 6:1
ma il desiderio di proteggere i loro piccoli gli diede la forza necessaria ad affrontarli.                                                                                                            
-Perché fai questo Magnus?- domandò Sieghard al suo ex braccio
destro mentre continuavano a combattere.   

-Lo sai molto bene amico mio, e se tu fossi davvero il nostro
Re avresti già eliminato la minaccia che incombe sulla
nostra razza
- disse Magnus rispondendo colpo su colpo.

-Sei forse impazzito, è mia figlia, è sangue del mio sangue.- rispose pugnalandolo alla spalla.

-Allora pagherete tutti per il tuo tradimento- dichiarò l’altro colpendolo con un dardo avvelenato.         
                                     
Sieghard cadde in ginocchio.                                                                            
La verbena contenuta nel dardo stava facendo effetto.                   
Qualche istante dopo anche Leila cadde colpita da numerosi dardi.

-Date fuoco all’auto- gridò Magnus ai suoi mentre sgozzava Sieghard.

-Nooooo!!!- gridò Leila prima che le frantumassero il cranio.

Mentre l’auto prendeva fuoco,
Magnus egli altri tre si allontanarono dal luogo del massacro
lasciando i due piccoli in balia delle fiamme.                                                                                             
Fu un puro miracolo che un’auto passasse lì vicino in quel momento.

-Guarda c’è un auto che prende fuoco.- disse Virginia.                   
 Paul inchiodò l’auto e corse a vedere se c’era ancora qualche superstite.

-Ci sono dei bambini nella macchina- disse angosciata udendo le urla terrorizzate dei piccoli.

-Chiama i vigili del fuoco- le gridò il marito mentre si avvicinava all’auto.                                                                                                             
Solo all’ora notò le due sagome riverse a terra in un lago di sangue.                                                                                                            
Si avvicinò a loro per vedere se ci fosse qualche superstite e fu allora che la donna aprì
gli occhi implorando di salvare i suoi piccoli.                                                                                                                       
Paul si sfilò la maglia, la arrotolò attorno la mano per evitare di ustionarsi e aprì lo sportello.                                                                             
Un bimbo di circa 10 anni corse fuori completamente avvolto dalle fiamme.                                                                                                         
L’istinto gli diceva di inseguirlo ma le urla disperate della neonata lo distrassero.                                                                                               
Afferrò la piccola, si voltò verso il bosco ma del bambino non vi erano già più tracce.

-Hey piccolo dove sei? Non aver paura, vogliamo aiutarti- gridò avanzando nella
direzione in cui aveva visto scomparire il piccolo. Lo cercarono per più di mezz’ora,
provarono anche a chiamare i soccorsi ma purtroppo in quel punto del bosco non c’era
segnale. Alla fine, le urla della piccola li costrinsero a prendere un'amara decisione,
corsero all’auto e si allontanarono più velocemente possibile.                                                                                                            
 Il loro primo pensiero fu quello di arrivare all'ospedale vicino che comunque distava a più di mezz’ora.                                                     
Appena Leila strinse la neonata a se questa smise all’istante
di piangere come se in qualche modo capisse che con lei era al sicuro.                                                                                                              
Finalmente arrivarono difronte al pronto soccorso,
la bambina dormiva tranquilla tra le braccia della donna.
Questa la scoprì per vedere l’entità delle ustioni e con grande sorpresa vide che
la bambina era completamente guarita.

-Questo non ha alcun senso!- esclamò la donna.

-Cosa?- domandò Paul.

-Guardala! Non ha più segni- gli fece notare Leila.

-Cosa stai dicendo, è impossibile! Ho visto io stesso che la bambina
aveva ustioni profonde
- disse l’uomo con la sua esperienza di infermiere.

-Eppure è così- rispose la donna.                                                          
L’uomo subito ingranò la marcia, allontanandosi dall’ospedale.

-Dovremmo avvisare la polizia, non ti pare?- propose la moglie.

-E cosa dovremmo dire, che la bambina è guarita miracolosamente?- domandò Paul.

-Non lo so, però ci sono due cadaveri e un bambino disperso nel bosco.
Qualcuno dovrebbe fare qualcosa
- gli ricordò lei.

-Ormai non c’è più nulla che possiamo fare per loro,
dobbiamo preoccuparci per la piccola
- dichiarò l’uomo.

-E cosa ne faremo di lei?-

-Per il momento la terremo con noi, decideremo più in la cosa fare- disse Paul
fermando la macchina nel viale dietro casa in modo che nessun vicino potesse vederli.
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ANGOLO AUTRICI

Sono Michelle e questa è la mia seconda ff. 
La storia è il prodotto dell'unione di due menti, 
a mia e quella di una mia amica, Donatella.
Speriamo il prologo vi piaccia.
Saremmo felici
 se ci lasciaste una recensione, brutta o bella, anche piccola. 
Se vi va, consigliatela. 
Grazie mille. 
Al prossimo capitolo. 

El e Donna

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Capitolo 2
*** PRIMI DUBBI ***





PRIMI DUBBI

15 anni dopo

Quella notte, per la prima volta sognai.
In realtà era più un incubo che un sogno.
Vedevo due occhi rossi che mi osservavano minacciosi, e poi all’improvviso
udì una voce gridarmi “Fuggi, sta arrivando!” Sentii un dolore fortissimo alla schiena.
Mi svegliai tra le mie urla, il cuore mi batteva forte in gola e avevo il respiro affannoso, come se avessi corso per davvero.
I miei genitori si precipitarono nella mia stanza spaventati dalle grida.

-Cosa è successo?- mi chiese mio padre.

-Solo un brutto sogno- dissi col fiato corto.

-Ti porto una tazza di latte caldo, ti rilasserà- propose rassicurante mia madre accarezzandomi la testa.

-Preferirei una cioccolata calda se non ti dispiace- le risposi.

-Ok, intanto vatti a fare una doccia. Sembra che tu abbia corso una maratona- disse sorridendomi e
scendendo in cucina seguita da mio padre.

Aprii il rubinetto regolando la temperatura, quando mi sembrò giusta mi infilai nella
doccia lasciando che l’acqua portasse via i miei brutti pensieri.
Ma per quanto ci provassi non riuscivo a togliermi quegli occhi dalla testa.
Uscii dalla doccia, presi il telo appeso al gancio di fronte a me e mi tamponai energicamente.
Mi vestii e li raggiunsi in cucina.
Varcai la soglia della cucina ma i miei non se ne accorsero e continuarono a parlare concitatamente.

-Pensi che dovremmo dirglielo?- chiese mia madre angosciata.

-È ancora troppo giovane, non capirebbe- rispose mio padre.

A quel punto feci un passo indietro nascondendomi oltre la soglia.
Sapevo che se avessi chiesto spiegazioni non mi avrebbero risposto come facevano tutte le volte che facevo domande.
Speravo di riuscire a scoprire qualcosa di più stando nascosta.
Fu così che vidi mia madre prendere una boccettina dal ripiano più alto e versarne il contenuto nel mio cioccolato caldo.
Era un liquido vermiglio molto denso, mi domandai cosa fosse.
E se fosse abitudine di mia madre mischiare quella sostanza tutte le mattine e sere al mio cioccolato?
Intanto i miei genitori continuarono a discutere finchè mio padre decise che per il momento non mi avrebbero detto nulla.
Tornai alle scale saltando due gradini alla volta facendo molto rumore per attirare la loro attenzione .
Entrai di corsa in cucina facendo finta di nulla.

-Giusto in tempo tesoro, il tuo cioccolato è pronto- disse la mamma porgendomi la tazza fumante.

La presi annusandone sospettosa il contenuto. Aveva il solito odore di sempre.
Quindi due erano le possibilità: o quel liquido era assolutamente inodore o mia madre era solita versarlo sempre nel mio cioccolato.

-Su, bevilo finchè è caldo- mi incoraggiò mia madre.

-È bollente, lo berrò nella mia stanza- dissi lasciando la cucina.

Corsi in bagno e versai l’intero contenuto della tazza nel lavandino.
Andai nella mia stanza e provai a dormire ma ogni volta che abbassavo le palpebre vedevo quegli occhi rossi che mi scrutavano nell’ombra.
Passai la notte completamente insonne, e questo mi diede tutto il tempo di riflettere su quanto era accaduto in cucina.
Da quel giorno cominciai a spiare i miei genitori, non era una cosa di cui andavo fiera,
ma non avevo scelta se volevo sapere cosa mi nascondessero.
Alle 7.30, come tutte le mattine, mio padre uscì per andare nell’istituto superiore poco distante dove lavorava come infermiere.
Quando io e mia madre finimmo le faccende domestiche ci dedicammo agli stuti quotidiani.
Io ero una di quei pochi ragazzi che non aveva mai messo piede in una scuola perché
soffrivo di una grave malattia chiamata fotosensibilità che mi impediva di espormi al sole.
Perciò i miei avevano deciso di darmi lezioni a casa. Mia madre aveva rinunciato al suo lavoro di avvocato
per non lasciarmi sola e occuparsi della mia istruzione. Vivevamo in un posto molto isolato nel cuore della foresta nera.
Il posto era davvero bello, peccato che non mi fosse permesso uscire.
Di giorno perché il sole mi avrebbe fatta stare male,
la sera perché gironzolavano diversi animali, come i lupi anche se i più pericolose restavano gli orsi.
Era trascorsa più di una settimana da quando aveva fatto quella strana scoperta.
Da allora quell’incubo era tornato tutte le sere, tanto che ormai non aveva più così paura.
C’era quella voce che mi guidava e il solo ascoltarla mi rassicurava in un modo che non riuscivo a spiegarmi,
inoltre ogni volta il sogno diventava sempre più chiaro. Quelli che inizialmente erano solo due occhi,
adesso avevano anche un volto e niente affatto confortante.
Quella mattina avevo appena terminato la mia lezione di geografia quando mia madre mi disse:

-Vado a fare la spesa, ti serve qualcosa?-

-Ho finito i miei cereali preferiti-

Qualche minuto dopo sentii sbattere la porta dell’ingresso.
Attesi ancora un po’ finchè il rumore dell’auto non fu altro che un suono indistinto in lontananza,
allora mi precipitai verso lo studio di mio padre, ruotai la maniglia ma come al solito era bloccata.
Provai a forzare e con mio sommo stupore mi ritrovai il pomello tra le mani.

-Oh cavolo, e adesso, che gli dico?- sospirai guardandomi intorno avendo l’impressione che qualcuno mi osservasse.

ENTRA” mi disse una voce nella mia testa.
All’inizio pensai di averlo solo immaginato ma poi la risentii “Forza, non hai molto tempo”.
A quel punto mi spaventai e corsi in camera mia e appena arrivai mi resi conto di averci impiegato solo qualche secondo.
Pensai che stessi dormendo così mi diedi un pizzicotto.
Ahi.

-No no, sono già sveglia-

Pensai di riprovarci e in un battito di ciglia ero già in cucina.

-È vero, sono una super eroina- dissi entusiasta.

Si, un tantino strana però” scherzo quella voce a me ormai nota.

-Cosa sei, fatti vedere!- ordinai alla voce.

Non sono un fantasma se è quello che stai pensando!” mi rispose .

-Non divagare, più tosto mostrati- intimai

Tempo al tempo!” disse enigmatico.

-Sono stufa di tutti questi segreti, FATTI VEDERE!-

Più nulla.
A quel punto volevo vederci chiaro ed entrai nello studio di mio padre, tanto il danno già era fatto!
Rovistai dappertutto ma non trovai niente che mi riguardasse .
Accesi il PC ma era protetto da una password, provai varie combinazioni ma non riuscii ad accedere.

-Al diavolo- dissi sentendo il rumore dell’auto di mia madre, subito spensi il PC,
rimisi tutto a posto, chiusi la porta e le andai in contro per aiutarla con le buste della spesa.
Dopo aver sistemato le provviste nella dispensa corsi in camera mia.
Ad un certo punto sentii la voce di mia madre gridarmi dal basso:

-Bridgit, cos’è successo alla porta dello studio di tuo padre?- mi chiese tra il nervoso e il preoccupato.

-Non ci crederai mai, volevo cambiare la disposizione dei mobili del salone e
per sbaglio ho urtato col divano vicino al pomello che è caduto
- spiegai.

-Ok, serve una porta nuova- disse sorridendo.

-Chiamo papà?- le domandai.

-Non ti preoccupare, tu va pure in camera, avviso io tuo padre- mi disse sistemando il latte in frigo.
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ANGOLO AUTRICI

Ciao C:
Vi è piaciuto il primo capitolo?
RECENSITE
Un bacio

El e Donna

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Capitolo 3
*** TERRORE NELLA FORESTA ***




TERRORE NELLA FORESTA
POV BRIDGIT  
 
Sentii lievi tonfi provenire dal basso.                                                                        
Accostai piano l’uscio origliando la conversazione dei miei genitori.  
                                                                              
-Come ha spiegato questo disastro?- domandando mio padre.

-Ha detto che voleva cambiare la disposizione dei mobili- rispose mamma
riordinando nella cassetta degli attrezzi.

-Credi sia la verità?- le domando lui.

-Onestamente non lo so, ma perché dovrebbe mentirci?- disse mamma.

-Ho paura che cominci a sospettare qualcosa- ipotizzò lui caricandosi la porta
a cui avevo tirato via la maniglia sulle spalle.    

-Mi apri la porta della cantina- chiese a mia madre con un po’ di fiatone. 

Mio padre non era certo il tipo di uomo che si teneva in forma in palestra,
anzi era il classico intellettuale pantofolaio, idem per mia madre.
Per quanto difficile da credere, ero proprio io, malgrado la mia malattia,
quella fissata per lo sport in famiglia.
Forse perché è una cosa che potevo fare tranquillamente in casa o perché mi aiutava a
scaricare la frustrazione che sentivo ogni volta,
che pensavo di non poter condurre la vita di una normale teenager.
Fatto stava che passavo almeno due ore al giorno divisa tra il tapis roulant e la consolle della Sony.
Andavo matta per lo zumba fitness.  
Avrei tanto voluto avere un computer per poter navigare su internet e farmi degli amici virtuali.
Ma i miei genitori pensavano che non fosse salutare e che non ci si
potesse fidare delle persone che non possiamo vedere in faccia.  
Mi rendevo conto che un’amicizia del genere non avrebbe mai potuto sostituire qualcuno in carne ed ossa,
ma mi domandai: quanta scelta poteva avere una come me che viveva praticamente da reclusa?
Nel giro di un mese avrei compiuto sedici anni.
Ero decisa a chiedere di nuovo ai miei di comprarmi il tanto agognato computer.
Credevo di essere abbastanza grande per poter navigare in maniera giudiziosa.
Era quasi ora di cena, non avrei potuto evitarli ancora per molto.
Speravo solo che non sospettassero nulla.                                                      
Quando li raggiunsi mia madre sta lavando l’insalata.           
                        
-Controlli il pollo nel forno?-mi chiese chiudendo il rubinetto dell’acqua.     
                                                                                                          
-Sicuro!- risposi prendendo un guanto da forno e infilandolo alla mia mano sinistra
-E’ quasi pronto- dissi richiudendo lo sportello del forno.                                                                                                                                                                                         
-Va a chiamare tuo padre nello studio intanto che io preparo la tavola- mi disse mamma.                                                                                           
Mi diressi verso lo studio con piedi di piombo, temendo di tradirmi.
Avrei tante cose da chiedere, ma mi mancava il coraggio di farlo.
Era strano ma sentivo che una volta scoperto ciò che mi nascondevano non sarei più potuta tornare in dietro.
E malgrado non amassi la vita che conducevo, mi spaventava di più l’ignoto.         
                                                   
-Tra poco si cena- lo informai facendo capolino dalla porta.              

- Ti ringrazio- rispose mio padre senza staccare gli occhi dal monitor.
Chissà cosa faceva di tanto importante mi chiesi con un po’ di invidia.
Perché a lui era concesso usare il PC, mentre se lo chiedevo io era un pericolo? Lo trovavo talmente ingiusto.                                                     
A tavola nessuno parlò, cenammo in fretta e poi mio padre tornò al suo studio.
Io e mamma riordiniamo la cucina e per le sette e mezzo ero di nuovo in camera mia.
Cominciavo a essere stufa di questa monotonia.
Volevo uscire, vedere gente, fare una corsa nel bosco una volta tanto.                                                                             
Così decisi che quella sera l'avrei fatto.                                                         
Finalmente sarei uscita.                                                                                            
Infondo che pericoli avrei potuto trovare nella foresta visto che era pieno inverno?                                                                                                               
Aprii piano la porta, scesi i gradini uno a uno tendendo l’orecchio.                                                                                                                     
La casa era silenziosa, avevo quasi l’impressione di essere l’unica anima tra quelle quattro mura.                                                                                        
Mi avvicinai furtiva alla porta dello studio sbirciando attraverso il buco della serratura.                                                                              
La scrivania era giusto di fronte a me e potevo vedere mio padre seduto alla sua solita
postazione e mia madre in piedi alle sue spalle.                                                                                                           
Erano talmente concentrati su quello che stavano facendo che sicuramente
per parecchio tempo non si sarebbero accorti della mia assenza.                                                                                                                     
Corsi alla porta, girai piano il pomello e finalmente sono fuori.             
Respirai a pieni polmoni l’aria frizzante di fine febbraio,
e avvertii una tale sensazione di libertà mai provata fin ora.                                                             
Candidi  fiocchi di neve cadevano leggeri.
Entro qualche ora avrebbero ricoperto di nuovo il viale.
Faceva freddo, sarebbe stato il caso di andare a prendere una giacca.
Scioccamente non ci avevo pensato prima di uscire, ma se fossi rientrata probabilmente
non avrei più trovato il coraggio di disubbidire ai miei.
Decisi di andare avanti, dubitavo che un po’ di freddo potesse uccidermi.
Infondo non intendevo stare fuori per molto.
L’adrenalina mi scorreva nelle vene come una scarica elettrica all’idea di allontanarmi da casa.                                                                                  
Richiusi la porta e cominciai a camminare, lentamente da principio, poi sempre più veloce,
finchè senza neppure accorgermene stavo correndo a zig zag tra gli alberi della foresta.    
I miei piedi affondavano nella neve alta, cambiai percorso, costeggiando il fiume, lì la neve è più rada.
Era bellissimo, mi sentivo così viva che avrei voluto non dover più tornare indietro.                                                                                                                               
Un rumore improvviso attirò la mia attenzione, ero indecisa se avvicinarmi per scoprire cosa lo avesse prodotto,
oppure andare nella direzione opposta.                                                                                 
Alla fine la curiosità prevale sul buon senso.                                                                                                                
Il rumore si ripetè permettendomi di orientarmi senza molta difficoltà.                                                                                                                       
C’era la luna piena questa notte, ma una grossa nuvola la copriva diffondendo intorno a me un sinistro bagliore.                                              
Ad un certo punto scorsi una sagoma in lontananza, avrebbe potuto appartenere ad un essere umano oppure a un albero,
era difficile stabilirlo dal punto in cui mi trovavo. Avanzai senza paura, e scoprii che si tratta di un uomo. 
Stranamente la vista di uno sconosciuto non mi preoccupò, avvertivo qualcosa di familiare in lui.
Come se lo conoscessi da sempre, eppure era la prima volta che lo vedevo.                                          
Anche lui si accorse di me e cambiando direzione, si avvicinò.
C’era qualcosa di strano nella sua andatura, sembrava quasi un felino pronto a balzare al collo della sua preda.
Questa considerazione fece scattare un campanello d’all’arma nella mia testa.
Provai a girarmi e fuggire via. Ma le gambe erano diventate come di pietra.
Alzai lo sguardo su di lui e in quel momento notai gli occhi rossi.
Subito mi ritorna in mente il sogno che mi ossessionava da più di una settimana.
Cominciai ad aver paura, tutta la sicurezza che avevo provato fino a qualche attimo prima sfuma come neve al sole.  

Chi sei?- gli domandai d’impulso.
Nessuna risposta. L’uomo era a qualche passo da me e mi girava intorno studiandomi con il capo inclinato di lato.                                 

Che cosa vuoi?- gli chiesi fuori di me dallo spavento. Il cuore mi batteva forte nel petto,
la testa cominciava a vorticare e la vista si faceva più sfocata. Sapevo che a breve avrei perso i sensi,
non era la prima volta, i segnali c'erano tutti. Solo che stavolta non mi trovavo con i mie genitori.
Ignoravo le intenzioni di questo sconosciuto e se non mi fossi più risvegliata? Non potevo rimanere lì, dovevo fuggire assolutamente.
Lui mi prese per la vita e allora gli mollai una gomitata nel fianco con tutta la forza che avevo.
Mi lasciò andare immediatamente piegandosi in due dal dolore, e io ne approfittai per scappare via.              
Fortunatamente non mi inseguì, eppure sentii ancora il suo sguardo di fuoco puntato sulla mia nuca.
Ad un certo punto sentii un urlo agghiacciante lacerare quell’innaturale quiete.                              
Continuai a correre come se avessi il diavolo alle calcagna, ormai ero quasi a casa, la salvezza era vicina.                                                              

Kyraaa!!!- udii riecheggiare nell’aria gelida prima di spalancare la porta dell’ingresso.                                                                  
Continuai a correre finchè non giunsi nella mia camera e una volta dentro chiusi a chiave la porta.
Andai alla finestra e scrutai fuori, avevo come la sensazione che lui fosse ancora nei paraggi. 
Perciò non mi stupii di vederlo spuntare da dietro un albero e fissare giusto nella mia direzione.
Pensavo di chiamare i miei genitori, ma poi la sagoma mi fece uno strano cenno con la testa che poteva passare
per un saluto e sparii nella notte così come era comparso.   ­         
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*ANGOLO AUTRICI*

Ciao C:
Vi è piaciuto il capitolo?
Secondo voi chi è il "ragazzo"?
Perchè l'ha chiamata Kyra?
RECENSITE :)
UN BACIO

EL e DONNA

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Capitolo 4
*** SI ACCORCIANO LE DISTANZE ***


 

SI ACCORCIANO LE DISTANZE
POV VALERIUS
 
-Amico, prepara i tuoi straccetti che stasera sloggiamo- dissi sbattendo la porta alle mie spalle.

-Dove si va di bello?- domandò Peter stropicciandosi gli occhi.

-Si torna a scuola- gli risposi sogghignando.

-Cosa? Scherzi vero!- disse finalmente sveglio spalancando gli occhi.

-Non scherzo mai su certe cose-

-HO PROMESSO CHE NON AVREI RIMESSO PIÚ PIEDE IN UNA SCUOLA,
e non intendo mancare alla mia parola, neppure per TE!
- mi disse Peter serio.

-È davvero importante, altrimenti non te lo chiederei.-    
Ora che sapevo con certezza dove trovarla non potevo lasciarmi sfuggire l’opportunità di avvicinarla con discrezione.       
              
-Ok, tu dammi una ragione valida e ti seguitò ovunque vorrai.
Altrimenti Val, da qui non mi schiodo.
- mi rispose e dal modo in cui mi guardava sapevo che era davvero così.

-L’ho trovata-

-Quando partiamo?!- disse saltando giù dal letto e tirando fuori indumenti dai cassetti.           
Sorrisi divertito dalla sua reazione, sapevo di poter contare sempre su di lui proprio come lui sapeva
come fosse importante per me riuscire a trovarla.                                                                         
Erano trascorsi quasi quindici anni da quando ci eravamo persi di vista e non vedevo l’ora di riabbracciarla.                                                
A parte Peter lei era l’unica famiglia che mi restava.                   
Contagiato dalla sua impazienza cominciai a fere le valigie.
Un’ora dopo eravamo pronti per partire.

-Dove andiamo o mio capitano?-

-Destinazione Germania, Foresta Nera-

-Ist mein Kapitän- mi disse in tedesco facendo un saluto cameratesco.

Saltammo sulla mia Audi Q7 grigio metallizzato e partimmo sgommando.                                                                                         
Accesi la radio e le note di Like toy soldiers di Eminem invasero l’auto.                                                                                                                     
Ci aspettava un lungo viaggio, da Bucarest a Forbach/Germania.  
Tra soste varie per rifornimenti di carburante, e qualche breve spuntino impiegammo una giornata.                                                           
Ci eravamo dati il cambio più volte durante il tragitto per evitare ulteriori ritardi. 
Alla fine eravamo letteralmente distrutti e con anche l’adorata Lilly, la mia auto.                                                          
Cercammo il più vicino bad and breakfast e prendemmo una doppia.
Trascorremmo tutto il giorno successivo a riprenderci dal viaggio.
Verso sera ero abbastanza in forze per riuscire a contattarla.                                                                                                                                                                             
-Hey Kyra come va?-  le chiesi curioso di sapere come se la passasse.              
                                                                                                                                   
-E chi sarebbe adesso questa Kyra?- mi domandò stupita.

-Tu!- le risposi.            
                                                                                           
-Io non sono questa Kyra, mi sa che stai infestando la casa sbagliata!- mi disse e dal tono
immagino che stesse sorridendo.    
                                                                            
-Ti ho già detto che non sono un fantasma,
quante volte ancora devo ripetertelo?
- le domandai un po’ infastidito.   
                                      
-Finchè non mi avrai convinta- ebbe l’ardire di rispondermi.
Questa ragazzina ha proprio bisogno di un corso intensivo di bon ton” pensai tra me e me.      
                                                                                   
-Molto presto te lo dimostrerò- promisi prima di salutarla.        
        ­
-Le hai parlato?- mi chiese Peter svegliandosi in quel momento. 
     
-Si ma non sembra sapere chi è veramente.
Pensa che credeva fossi un fantasma.
- gli rivelai provocando la sua ilarità.  
                                   
-Io non ci vedo proprio nulla di divertente-  gli feci notare.
L’idea che non mi avesse riconosciuto mi preoccupava molto. 
                                       
- In effetti!- constatò Peter costernato -Ma non devi preoccuparti per questo,
era troppo piccola per ricordare chi è,
sono sicuro che neanche gli umani che l’hanno cresciuta sanno cosa sia veramente
- mi disse rincuorandomi. 
                                                                 ­          
-Cosa faccio adesso?- chiesi più a me stesso che a Peter.   
                                                            
-Fossi in te ci andrei cauto.
Avvicinala e cerca di scoprire quanto più possibile su di lei
- mi suggerì saggiamente.  
                                                       
-E perché credi che stiamo tornando a scuola.
E’ il posto ideale per tenerla d’occhio senza destare sospetti
- affermai con perspicacia.       
                                                                                                         
-A ecco spiegata la storia della scuola, ma perché devo venirci anch’io?- mi domandò per nulla convinto. 
                                                                                                                                    
-Potrebbe servirmi qualcuno che mi guardi le spalle, non sappiano quali pericoli potremmo incontrare.
Meglio essere preparati
-  dissi tirando fuori un cambio di vestiti.    
                                           
-Usciamo?- chiese Peter.   
                                                                                 
-Andiamo a caccia amico, dobbiamo essere in forze per domani-   

-Sìì! Finalmente sento qualcosa di sensato- esultò Peter abbracciandomi forte.                                                                                                        
Appena fece buoi uscimmo dalla pensione scomparendo tra i vicoli più malfamati della città.    
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ANGOLO AUTRICI

Ciaooo, 
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EL e DONNA             

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Capitolo 5
*** FINALMENTE INSIEME ***




FINALMENTE INSIEME

POV VALERIUS ­           
 
-Cosa ti prende, perché sei così nervoso?- domandai appena entrato nella stanza.
Peter stava scavando un solco sul tappeto del salottino a furia di camminare avanti e indietro.  
 
-Non crederai mai a quello che mi è successo stasera- mi rispose fermandosi di colpo.

-E cosa ti sarà mai successo di così speciale, sentiamo un po’?- gli chiesi per nulla curioso.
Peter era uno di quelli che trovava interessante persino la forma degli schizzi dopo il pasto.
Chissà perché lui riusciva sempre a vederci qualcosa.

-Prima però promettimi di non reagire male! -pretese da me.

-Chi hai sventrato stavolta?-domandai. La sua richiesta mi mise subito sull’avviso.
Speravo non fosse stato tanto stupido da lasciare tracce riconducibili a noi.

-Non è questo tranquillo. La mia cena in questo momento dorme placida nel suo lettuccio.
Domani mattina si sentirà sicuramente un po’
debole e confusa, ma ancora tutta d’un pezzo
-  mi garantì torcendosi le mani.

Ora ero veramente preoccupato, Peter non era certo il tipo da stressarsi per stupidaggini.
Cosa gli era successo per ridurlo in quello stato? Mi chiesi cercando di non scuoterlo per costringerlo a sputare l’osso.

-Sono felice di sentirlo, anche se ho l’impressione che non sia questo che ti impensierisce tanto.-     
     
-Infatti!- confermò.

-E allora?- chiesi ormai esasperato.

-Penso di aver incontrato Kyra!- buttò lì come se discutesse del tempo.

-Dove? Quando? Stava bene? Che cosa le hai detto?- gli chiesi a raffica non potendo farne a meno.
Era da tanto tempo che non la vedevo, avevo  bisogno di sapere che stesse bene. 

-Nel bosco a pochi chilometri da qui. Circa un’ora fa e sì stava bene…più o meno.
Non ho potuto dirle nulla perché non me ne ha dato il tempo
-  mi rispose lui con la stessa
rapidità con cui io avevo formulato quelle domande.  

-Aspetta un attimo, che cosa intendi per più o meno?- volli sapere allarmato.

-Hai promesso di non arrabbiarti!- mi ricordò lui.          
                        
-No, non l’ho fatto, ma che importanza ha?- Adesso non ci capivo davvero più niente.

-Ok, te lo dico tanto tra poco lo verresti a sapere comunque.
Ho provato a morderla, Aspetta…
- mi disse vedendo il furore sul mio viso
non sapevo che fosse lei, te lo giuro.
Sembra una di loro, niente odore nè zanne
-  raccontò passandosi una mano tra i capelli.

-Impossibile! La scorsa settimana ha compiuto sedici anni. 
La trasformazione dovrebbe essere completa a questo punto
- dichiarai a metà tra il sorpreso e l’incredulo.

-E se invece non si fosse ancora nutrita?
Questo spiegherebbe il ritardo nella trasformazione?
- ipotizzò Peter accigliato.        
                           
È possibile, ma non lo sapremmo con certezza finchè non l’avrò vista- risposi mentre una miriade
di quesiti affollavano la mia mente. Non avevo mai sentito di un caso simile,
ma non per questo potevo escludere la possibilità. In fondo Kyra era cresciuta tra umani che ignoravano la sua vere natura.

-Non vorrai mica andare da lei?- indagò Peter allarmato.

-Tu cosa credi?-

-Credo che tu voglia andare da lei- mi rispose rassegnato.                 
Peter mi accompagnò alla casa in cui aveva visto entrare Kyra, facemmo un breve giro di ispezione,
tanto per capire a cosa andavamo incontro. Se Kyra ignorava ancora chi fosse,
come noi ormai sospettavamo era il caso di essere molto prudenti. 
Spaventarla era l’ultima cosa che volevo, ma dovevo comunque trovare il modo di avvicinarla.                                                                                       
Kyra!- la chiamai telepaticamente.

-Si può sapere chi diamine sei?- mi domandò alterata, evidentemente la disavventura di poco
prima nel bosco l’aveva scossa parecchio pensai, ricordandomi di strozzare Peter.

-Vieni fuori e lo vedrai da te!- le promisi.

-Che c’è, hai deciso di infestare un’altra casa?- mi chiese.

-Ti ho detto e ripetuto che non sono un fantasma e se ora vieni fuori potrai vederlo con i tuoi occhi- ribadii spazientito.
Questa storia del fantasma stava cominciando a stancarmi sul serio.

-Fossi matta, per stasera ho avuto già abbastanza emozioni!- mi rispose allarmata.

-Allora verremo noi da te- le dissi deciso.

-Noi! Noi chi?- chiese meravigliata.

-Se ti affacci lo scoprirai!-                                                                                     
Un attimo dopo vedemmo una sagoma che si avvicinava alla finestra.
Dopo aver scostato le tende appoggiò la fronte al vetro sbirciando fuori.
La salutammo con la mano per attirare la sua attenzione anche se, vestiti di nero com’eravamo,
era impossibile non notarci su quel manto di neve bianca.                                           
Kyra aprì la finestra sporgendosi all’esterno per studiarci meglio.

-Contento?- domandò dopo un minuto di silenzio non sapendo bene a chi dei due rivolgersi.

-Diciamo di sì- acconsentii osservandola bene.
Se l’avessi incontrata prima che iniziasse la sua trasformazione probabilmente non l’avrei mai riconosciuta.
Erano trascorsi circa quindici anni dall’ultima volta in cui eravamo stati vicini.
Ancora non ci credevo che l’avevo ritrovata. Era bellissima, potevo vederlo anche a quella distanza. 
Aveva una pelle candida come la neve sotto ai nostri piedi e un viso delicato.
I capelli erano neri come le piume di un corvo, ondulati e lunghissimi,
non ne era sicuro ma probabilmente le arrivavano quasi alla vita, calcolai.   

-Allora sei tu che mi parli nella testa?- mi domandò, un po’ perché ero stato io a risponderle,
un po’ perché aveva sicuramente riconosciuto la mia voce.

-Sì e finalmente ci si vede- concordai.

-Sentite voi due, questa storia del balcone mi ricorda tanto Romeo e Giulietta e vorrei
farvi presente che il lieto fine non è previsto.
Che ne dici piuttosto di scendere e presentarci come si deve
- intervenne Peter.

-Ma che razza di parazoni fai?- gli chiesi esasperato.

-Sai com’è, mi vengono così!- mi risponde e portai gli occhi al cielo.                                                                                                                       
Ad un certo punto non la vedemmo più però potevo sentire i suoi passi scendere le scale.
La porta dell’ingresso si aprì e lei uscì.

-Come mai alla fine ti sei decisa ad uscire?- le chiesi un po’ sorpreso ma decisamente felice che lo avesse fatto.

-Volevo evitare che attiraste l’attenzione di mio padre, siccome è aperta la caccia agli importunatori,
vi risparmio una brutta fine.
- ci disse ispezionando i dintorni.

-Come sei gentile- rispose Peter facendole un inchino. 

-Sì, e adesso ditemi in fretta perché siete qui e poi sparite- ci intimò.

-Volevamo solo presentarci Kyra, niente di più- le dissi cercando di rassicurarla.

-Insomma mi spiegate chi è questa Kyra? Io mi chiamo Bridgit, B.R.I.D.G.I.T.- disse lei scandendo lettera per lettera.                                            
Allora guardai Peter in cerca di aiuto.                                                            
Non avevo pensato che i suoi nuovi genitori le avessero cambiato nome.
Un po’ ingenuo da parte mia ma era così.

-Non hai notato nulla di strano ultimamente?- le chiese Peter provando a tastare il terreno.

-Strano in che senso, del tipo sentire voci di sconosciuti nella testa?- volle sapere.

-Anche, ma cose ancora più strane.
Che so io, forza abnorme, udito fino, ipervelocità e cose così
- le chiese ancora Peter.

-E se così fosse?- cercò di sapere lei aggrottando la fronte.                
Ero stufo di tutto quel tergiversare, quelle chiacchiere non ci avrebbero portato a nulla,
ma non sapevo come affrontare l’argomento. Peter dovette intuirlo perché ad un certo punto le disse:
-Senti non c’è un modo semplice e delicato per dirlo, per cui sarò brutale.
Tu non ti chiami Bridgit, ti chiami Kyra e non sei come tutti gli altri-

-Ti riferisci alla mia malattia?- gli domandò.

-Quale malattia?- chiedemmo in coro.

-Come? La mia allergia al sole. A cosa sennò?-

-Mi dispiace contraddirti piccola ma quello che hai tu, si chiama VAMPIRISMO!- le dissi a quel punto
avvicinandomi per mostrarle di cosa parlavo.
Stranamente lei non si spaventò, forse perché aveva riconosciuto qualcosa di familiare in me.

-Tu sei quello dei miei sogni!- esclamò avvicinandosi ancora di più per guardarmi meglio.

-Quali sogni?- provai a chiederle.                                                                    
Kyra si trovava a qualche passo da me, se avessi allungato la mano avrei potuto anche sfiorarla.                                                         
Mi arrivava quasi al mento, notai osservandola meglio e quei suoi incredibili occhi azzurri,
unici per quelli della nostra specie, sembravano leggerlo nell’anima.

-Da una settimana più o meno faccio sempre lo stesso sogno,
c’è qualcuno che mi minaccia e sento la tua voce che mi intima di fuggire
- raccontò lei.

-Allora non sei più al sicuro nemmeno qui, devi venire via con noi- dichiarai.

-Ma come, la mia fami…- cercò di dire prima che la interrompessi.

-Quelli la dentro non sono la tua famiglia, loro sono stati sterminati.
Io e te siamo gli unici superstiti.
- le confessai finalmente.

-In pratica io e te sapemmo fratelli- disse scettica.

-Perché lo trovi così strano?- chiesi.

-Non noti una certa somiglianza- le chiese Peter prendendomi il volto tra il pollice e
l’indice girandomi il viso da una parta all’altra per mostrarle entrambi i profili.
A quel punto Kyra non riuscì a trattenere un sorriso.
Era tipico di Peter sdrammatizzare sempre.

-Ora che me lo fai notare- disse lei inclinando la testa su un lato.

-Se non mi credi sulla parola, allora credi hai tuoi occhi- dissi voltandomi e mostrandole la cicatrice sul collo.

-Non ti ricorda nulla?- le chiese Peter.

-Veramente NO.-

-Sicura di non averne una simile? - insistette Peter.                       
Lei a quel punto si portò la mano dietro al collo, cambiando immediatamente espressione.

-Che cos’è?- mi chiese allarmata.

-È il vostro simbolo, ogni famiglia nobile ne ha uno diverso- intervenne Peter mostrandole il suo.

-Allora è proprio vero, siamo fratelli!-  accettò spaesata.         
                 
-Che ne dite di fare le cose per bene?- propose Peter allungando la mano.

-Nel caso ti interessasse, io sono Peter Haas, il suo miglior  amico.
Poi spingendomi verso di lei disse: 
-Kyra Kraus ti presento tuo fratello Valerius,Val per gli amici.-
Io non sapevo
come comportarmi, avevo paura che mi rifiutasse,infondo non ero altro che uno sconosciuto per lei.
Perciò rimasi molto stupito quando lei ignorò la mia mano tesa, stringendomi invece in un caloroso abbraccio.

QUESTA É LA NOSTRA BRIDGIT/KYRA
 


VAL


PETER



IL SIMBOLO DELLA FAMIGLIA KRAUS


IL SIMBOLO DELLA FAMIGLIA HAAS


________________________________________________________________________________________________________________
*ANGOLO AUTRICI*

Tadà....
Val e Bridgit/Kyra sono fratelli *^*
Non ve lo aspettavate vero? xD
Ma non vi premetto che arriverà un ragazzo che farà innamorare Kyra C;
'Notte, un bacio

EL e DONNA

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Capitolo 6
*** INCIDENTE DI PERCORSO ***




INCIDENTE DI PERCORSO

POV BRIDGIT/KYRA
 
Era da un po’ che avevo intuito che nella mia vita c’era qualche segreto, certo non ne avrei mai immaginato la portata.
L’idea di essere una vampira inizialmente mi aveva turbata, ma ripensando agli strani flaconcini
che mamma nascondeva in cucina, la cosa cominciava ad avere un certo senso.                                                             
C’erano troppe cose che non quadravano, come la mia velocità, l’ipersensibilità alla luce del sole,
quello strano segno che avevo sul collo, per non parlare poi dei sogni che facevo.                                        
Inoltre perché quei due avrebbero dovuto inventarsi una storia così bislacca, cosa ci guadagnavano?                                                            
Li guardai meglio incuriosita.                                                                   
Peter sembrava il classico bontempone che non si cura mai di nulla,
quello che però mi colpì particolarmente fu l’ansia che leggevo nello sguardo di Val.                                                            
Sembrava tormentato per qualcosa.                                           
Abbracciarlo mi venne naturale e appena lo feci capì che tutto ciò che mi avevano detto era la pura verità.
C’era qualcosa che mi univa a lui, un legame profondo che andava al di là del tempo e dello spazio.

-Cosa è successo? Perché ci siamo separati?- gli domandai staccandomi da lui curiosa di sapere cosa fosse capitato.

-I tuoi non ti hanno detto nulla di quella notte?-

-Veramente non mi hanno detto nulla in assoluto, ho sempre creduto di essere figlia loro- risposi.   

-È accaduto circa quindici anni fa- iniziò a dire Val perso nei suoi ricordi -eravamo in auto, papà, mamma,
tu ed io
fuggivamo da un gruppo di traditori  deciso ad eliminarci tutti.
Alla fine ci hanno bloccati e dopo aver ucciso i  nostri genitori hanno dato fuoco all’auto.-
aggiunse con un sospiro.
Dall’espressione sofferta che mostrava era evidente quanto lo facesse soffrire rievocare quei momenti. 
Infatti fu Peter a raccontarle il resto della storia di come si fossero separati e lei fosse finita con i genitori adottivi.  

-Eri così piccolo, come hai fatto a salvarti?- gli domandai sconvolta dal resoconto di Peter.          
                                                    
-Come farebbe qualsiasi vampiro in difficoltà.    
Nutrendomi  di ogni cosa mi sia capitata a tiro-
rispose Val.                                            
Quella storia dei vampiri era decisamente assurda, non capivo perché si ostinassero a parlarne.  

-Stiamo parlando di cose serie, potreste evitare certi voli di fantasia.
Lo sanno tutti che i vampiri non esistono sono solo il frutto di una mente fantasiosa-
ricordai ai due.   
                                
-Fossi in te non ci scommetterei- mi rispose Peter.         
                                                                       
-Ascoltami bene, mangio aglio senza problemi, ogni volta che vado in bagno vedo il mio riflesso
nello specchio, non bevo sangue, non ho canini e di sera non svolazzo in giro sotto forma di pipistrello,
per cui mi spieghi che razza di vampiro sarei?-
 gli elencai stufa.

-Guardare tanta televisione l’ha proprio rovinata!- constatò Peter rivolgendosi a mio fratello.    
                                                                   
-Dovresti darle qualche lezione di storia, così non crederà a tutte
quelle fandonie che raccontano su di noi-
aggiunse poi sorridendo. 

-Lo trovi così divertente?- domandai  infastidita.

-Non prestare attenzione a quel pagliaccio- si scusò Val  -so che  può sembrare incredibile,
ma se prometti di spaventarti te lo dimostro-
disse mio fratello.

-Ci sto!- dichiarai senza sapere bene cosa                     
Allora lui aprì la bocca e vidi i suoi canini allungarsi come se avesse premuto qualche pulsante magico.
Gli occhi da castano scuro divennero di un rosso intenso.
All’inizio pensai che dipendesse dalla luce del faro che si era appena accesa, ma poi mi resi conto che sbagliavo.
Nello stesso momento realizzai che qualcuno doveva pur averlo acceso quel faro,
e fu allora che sentii la voce di mio padre gridarmi di allontanarmi da quei due.

-È tutto ok papà!- dissi mettendomi davanti a Val e Peter.                   
Mio padre però non sembrava molto convinto e continuò a tenere il fucile puntato nella nostra direzione.

-Ti ho detto di allontanarti da loro e  tornare immediatamente dentro- ripetè papà.                                                                                   
Non sapevo cosa fare, mi dispiaceva disubbidirgli, ma temevo che potesse fare del male a mio fratello.
Esitai un attimo di troppo.  Guardai  Val come per chiedergli un consiglio e un attimo dopo sentii un tremendo scoppio.
Mi voltai verso mio padre e lo vidi sospeso a mezzo metro da terra.
Peter gli aveva sfilato il fucile dalle mani e ora lo teneva per la gola.
Qualcosa in me si ribellò, scattai in avanti afferrandogli il polso in una tremenda morsa, lui lasciò subito la presa,
e appena mio padre fu libero lo spinsi lontano. Nemmeno mi accorsi che lo avevo scaraventato a una decina di metri.
Ero troppo in ansia per mio padre. Mi inginocchiai accanto a lui per controllare come stesse e
Peter ne approfittò per tornare alla carica.
Val conoscendolo, intuì immediatamente le sue intenzioni e intervenì bloccandolo da dietro.

-Cosa credi di fare brutto idiota!-  lo ammonì riportandolo alla ragione.
Lo sparo attirò anche mia madre che uscì di corsa per vedere cosa fosse successo.
Appena vide papà disteso a terra scoppiò a piangere temendo il peggio.

-Co…cosa è suc…cesso?- mi domandò tra i singhiozzi.    

-Tranquilla respira ancora- la rassicurai.                 
Intanto Peter si era calmato e Val lo lasciò libero.

-Posso dare un’occhiata?- mi chiese mio fratello muovendo qualche passo nella nostra direzione.
 
-Va bene, ma solo tu- precisai guardando male Peter.                        
Lui mi rivolse uno sguardo costernato prima di dire: -Sono spiacente per la mia reazione, volevo solo proteggerti.         

-Se sono questi i risultati forse faresti meglio a non farlo- gli feci notare ancora un po’ risentita.       

-E sia!- accettò lui chinando il capo.
Val si inginocchiò vicino a mio padre e dopo averlo esaminato mi fece segno di seguirlo.

-Cosa, c’è?- chiesi allarmata dalla sua espressione.

-Le condizioni dell’uomo sono piuttosto critiche,
se non viene portato subito all’ospedale morirà.-
mi informò a bruciapelo.

-Cosa stai dicendo?- non riuscivo a credere alle mie orecchie.

-Ha la spina dorsale spezzata, tra poco non riuscirà più a respirare da solo- continuò.   
    
-Ti prego, dimmi che non è vero!- implorai disperata. Non riuscivo a credere che stesse succedendo davvero.

-Ci sarebbe un modo per salvarlo, ma tu devi fidarti di me- mi disse Val fissandomi intensamente.

-Va bene, qualsiasi cosa-  acconsentii, quello che stava succedendo era tutta
colpa mia pensai fuori di me dalla preoccupazione.

-Lascia che Peter gli dia un’occhiata- suggerì allora mio fratello risoluto.

-Non esiste, ha fatto fin troppo per una sera sola!-  gli feci notare guardando l’altro con odio.

-Vuoi salvarlo o no? Lui può aiutalo.- ripetè.

-E come? Dandogli il colpo di grazia?-

-Si da il caso che io possegga la dote della guarigione- intervenne il responsabile di quella tragedia
-posso guarire qualunque danno o malattia. In fondo cos’hai da perdere, tanto peggio di così…- insinuò calmo.

-Va bene, ma dopo io e te facciamo i conti!- minacciai senza neppure sapere come mi fosse passato per la mente.               
Cosa avrei mai potuto fargli io?                                                               
Grazie all’intervento di Val riuscii ad allontanare mamma.               
Appena Peter mise le mani intorno al collo di papà si sprigionò una forte luce, feci per tornare da loro,
ma mio fratello mi trattenne dicendomi che andava tutto bene.
Dopo circa mezzo minuto la luce si spense, allora Peter prese in braccio papà e si diresse verso l’ingresso.

*ANGOLO AUTRICI*

Salvee :D
-Vi è piaciuto il capitolo?
-Che pensate di Peter? 
Poverino xD vorrebbe aiutare ma combina sempre guai.
-Secondo voi Paul (il padre adottivo di Bridgit) si salva?
Aspettiamo una vostra recensione.
Un bacio
EL e DONNA


 

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Capitolo 7
*** TRANSIZIONE ***




TRANSIZIONE

POV PETER
 
Era da tanto che non lo facevo, speravo di non aver perso il mio tocco magico.
Non che le sorti dell’uomo mi toccassero di persona, ma in un certo senso avevo verso di lui
un debito di riconoscenza per ciò che avevano fatto per Val e Kyra.                   
Fortunatamente sistemare qualche vertebra non era il compito più difficile che avessi affrontato finora.                                                  
Bastarono pochi secondi per rimediare e poi l’uomo desiderava fortemente vivere.
Ma guarirlo non fu l’unica cosa che feci, giacché c’ero pensai bene di dare un’occhiatina ai ricordi dell’uomo.
Kyra gli aveva riferito di non conoscere nulla del suo passato, eppure le persone che l’avevano allevata
dovevano aver notato per forza qualcosa fuori dal comune in lei? Mi dissi scrutando nella mente dell’uomo.
Scoprì che si chiamava Paul. Ora almeno poteva smettere di pensare a lui come all’uomo, pensai.
Inoltre scoprii che non erano gli umani sprovveduti che credevamo.
Avevano capito quasi subito chi fosse Kyra, per quanto la faccenda potesse apparire inconcepibile.
Proprio per questo avevano fatto tutto quello che gli era parso indispensabile per proteggerla.
Non sapendo a chi rivolgersi siccome erano convinti che lei fosse ormai sola, l’avevano tenuta nascosta a tutti,
isolata dal mondo, prigioniera del suo oscuro segreto. Appena terminai, sollevai Paul da terra e mi avviai verso l’ingresso.
Restai qualche minuto in attesa, la porta era spalancata, ma io non potevo entrare.
Kyra mi invitò ad entrare eppure non riuscire a varcare quella stramaledetta soglia.
C’era un solo motivo per quello che capitava. La trasformazione stava iniziando finalmente. 
Feci un colpetto di tosse per attirare l’attenzione di Kyra e Vale appena si voltarono verso di me gli dissi:
-Se tu Kyra gentilmente potessi chiedere a tua madre di invitarmi ad entrare te ne sarei grato.
Comincia ad essere
pesante-  aggiunsi facendo un cenno della testa verso Paul.  

-Entra pure- mi disse Kyra ancora allo oscuro di quanto stava avvenendo dentro di lei.

-Mi dispiace ma il tuo invito non è più valido, ho bisogno che sia
Virginia ad invitarmi-
 dissi guardando Val in modo eloquente.

-Mamma per favore di a Peter di entrare- chiese lei alla madre.
La donna guardò prima la figlia, poi Val  e infine puntò lo sguardo su di me che tenevo in braccio il marito.
Vidi il suo sguardo farsi più attento, come se all’improvviso avesse colto una verità finora nascosta.
Abbassò il capo sconsolata pregandomi di entrare.                       
Allora capii che lei sapeva cosa eravamo io e Val.                     
Probabilmente aspettava da quindici anni quel momento.                          
Il giorno in cui qualcuno si fosse presentato alla loro porta per riprendersi Kyra.
Forse non avevano solo cercato di proteggerla, realizzai  in un istante, volevano anche tenerla nascosta da noi.
Temevano di perdere quella che ormai consideravano loro figlia.                          
Entrai e adagiai Paul sul divano del salone, poi accostandomi a Val gli sussurrai all’orecchio che dovevamo parlare.

-Che c’è?- mi chiese allarmato dai miei modi riservati.

-Non qui- suggerii portandolo in un’altra stanza.                                  
Abbassai la maniglia della prima porta che vidi, era uno studio notai dando una veloce occhiata in giro.
Non ero molto interessato al posto, anzi non vedevo l’ora di andarmene da lì.

-Qui va bene?- chiese fissandomi accigliato-

-È Perfetto! Loro lo sanno- riferii senza troppi giri di parole.  

-Che cosa?-  domandò Val che non si era ancora accorto di nulla.
Non so se dipendesse dall’emozione di aver ritrovato la sorellina  
persa quindici anni prima o perché era in ansia per quanto stava avvenendo.

-Sanno chi siamo, sanno chi è Kyra e credo che la madre abbia capito
perché siamo qui stasera-
 gli confidai a bassa voce, volendo evitare che orecchie indiscrete ascoltassero la nostra conversazione.

-E allora? Meglio così, almeno capiranno perché deve venire con noi.
Sono la sua famiglia, il solo che può aiutarla quando la trasformazione comincerà -
dichiarò Val
con una risolutezza che non gli avevo mai visto fino a quel momento.
Kyra era la sua sorellina, l’unica vera famiglia che gli rimanesse e Val non avrebbe più
permesso a nessuno di tenerli lontani.  Di questo io era assolutamente certo, ci avrei scommesso i miei splendidi canini.

-A proposito di trasformazione… temo sia già in corso.
Forse prima eri un po’ scosso e non lo hai notato,
ma il suo invito non…-
gli stavo raccontando prima che mi interrompesse.

-È vero non ci avevo fatto caso.
Ma allora dobbiamo portarla subito via, prima che faccia qualcosa
per cui si odierà per tutta la vita-
disse tornando in salone.

-Dobbiamo andare!- annunciò prendendo Kyra per un braccio     
- non resta più molto tempo-  aggiunse preoccupato che succedesse il peggio.

-Lei non viene da nessuna parte con voi!- Dichiarò Virginia impugnando il fucile del marito.
Chissà quando lo aveva recuperato mi chiesi fissando la canna puntata alla mia testa.

-Non può impedirmi di portarla via, lei mi appartiene- rispose Val facendosi attento.
Non voleva ripetere la scena di pochi minuti prima, però neppure desiderava prendersi una pallottola,
potevo leggerglielo chiaramente in viso. Se anche noi vampiri non fossimo capaci di leggere i pensieri,
conoscevo troppo bene il mio amico per sbagliarmi.
Difatti la sua espressione gridava a chiare lettere: “col cavolo che mi faccio sparare!”

-Si che posso, lei non è un oggetto.
È mia figlia… e tu non la porterai via-
garantì la donna decisa a difendere i suoi diritti di madre.

-Tu sei una povera pazza, neppure immagini a cosa andresti incontro.
Abbassa quel fucile, lasciaci andare e nessuno si farà male-
promise Val spingendo Kyra verso l’uscio.

-Ti ho detto di lasciarla!- ripetè la donna togliendo la sicura del fucile.

-No mamma…ti prego non sparare- intervenne Kyra divisa tra il fratello e coloro che aveva sempre creduto i suoi veri genitori.

-Kyra ascoltami-  cominciò a dire Val prendendola per le spalle    
-non puoi più rimanere qui, non solo perché ti stanno cercando,
ma perché tra poco la trasformazione sarà ultimata e avrai bisogno di nutrirti-
 rivelò fissandola intensamente.                    
Kyra colse al volo il senso delle sue parole, provò ad obbiettare che si sbagliava, lei si sentiva quella di sempre.

-Oh ma insomma ragazzina, smettila di fare l’ostinata e ascolta chi ne sa più di te- le dissi stufo di quelle inutili chiacchiere.
 
-Nessuno ha chiesto la tua opinione!- mi rispose acida.

-Ascoltami attentamente ragazzina, rischio il collo schierandomi dalla vostra parte,
per cui il minimo che puoi fare e dare retta a noi grandi-
le gridai stufo del suo atteggiamento di superiorità. 
Lei mi guardò a bocca aperta, stupita dal mio tono furioso, subito dopo si voltò verso il fratello cercando conferma delle mie parole.

-Mostrale cosa ci succede quando terminiamo la transizione, poi vedremo se avrà ancora voglia di rimanere- dissi a Val.                               
Virginia intanto ascoltava il nostro scambio di battute indecisa sul da farsi.
Qualche attimo dopo anche Paul si riprese, domandando cosa stesse succedendo lì dentro.
Kyra gli corse incontro rassicurandolo che andava tutto bene. Non sembrava trovare le parole giuste a spiegargli l’accaduto.
Fu la moglie a dirgli tutto quello che avevano scoperto.

-Non potete portarcela via- supplicò l’uomo –Bridgit è la nostra bambina. Vi prego.

-Dobbiamo! Per il suo bene e per il vostro, sareste a rischio se lei rimanesse-  confessò Val dispiaciuto
per il dolore che stava dando a quelle brave persone. Li avevano salvato prendendosi cura di Kyra come se fosse figlia loro.
Di questo l’amico sarebbe sempre stato grato ai due, ma non avrebbe rinunciato a lei per nulla al mondo.

-Non ci credo, lei non è pericolosa…- provò a ribattere Paul.

-Non ancora, ma presto lo diventerà!- assicurò Val. Non potevano neppure immaginare
di cosa sarebbe stata capace la loro bambina senza nessuno in grado di controllarla al suo fianco.
All’improvviso Kyra lanciò un urlo straziante accasciandosi a terra. Il padre provò ad avvicinarsi quando lei,
sollevo la testa mostrando il volto in piena trasformazione. Gli occhi erano iniettati di sangue, le pupille dilatate,
e i canini erano diventati tanto lunghi da uscire dalla sua bocca. 
Paul si allontanò da lei spaventato.                                                                                                          
Val e io accorremmo immediatamente, pronti a bloccarla qualora fosse stato necessario.
Non ci aspettavamo certo una reazione così violenta. 
Kyra ci scaraventò vicino al muro con la stessa facilità con cui un orso si sarebbe scrollato di dosso un gattino.

-Dobbiamo portarla via!- gridò Val temendo per la vita dei due umani.

-Troppo tardi amico, a questo punto possiamo solo provare a limitare i danni-  dissi sapendo che la tragedia era quasi certa.
Quello era il momento più delicato per la vita di un vampiro.
Se non riusciva ad ultimare la transizione Kyra sarebbe morta. In caso contrario sarebbero stati Paul e Virginia a morire.

-Deve pur esserci un altro modo?- disse Val cercando di pensare a una soluzione che tenesse in vita tutti.

-Io però non la conosco!- risposi  richiamandolo alla cruda realtà. Spettava a lui scegliere.

-Mi dispiace, non avrei voluto che finisse così!- dichiarò Val afferrando la donna  e trascinandola verso la sorella.

-Cosa vuoi da me?- chiese Virginia spaventata.

-Kyra ha bisogno di bere sangue altrimenti morirà!-  rivelò lui dispiaciuto per la fine che stava per fare.

-Aspetta non è necessario che uccida nessuno!-  supplicò la donna.

-E invece si- risposi io trattenendo Paul per le spalle 
-non dovevate essere voi, però forse era destino, già una volta le avete salvato la vita,
avete la possibilità di rifarlo- 
chissà se quindici anni prima l’avrebbero salvata
sapendo quello che gli aspettava, mi chiesi notando l’ironia della situazione.


*ANGOLO AUTICI*
 
Salvee,
scusate l'enorme ritardo ma non abbiamo avuto tempo :/
Vi è piaciuto il capitolo?
Secondo voi Virginia e Paul moriranno?
Secondo voi troveranno un modo per salvarli?
Vorremo sapere la vostra opinione :D
RECENSITE
Un bacio

EL e DONNA

 

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Capitolo 8
*** SETE DI SANGUE ***




SETE DI SANGUE

POV KYRA/BRIDGIT
 
D’un tratto mi sentì stranissima, qualcosa in me non andava.       
Lo capii appena quel dolore lancinante cominciò a perforarmi la testa.
Era come se un martello pneumatico lavorasse a pieno ritmo scavando dentro di me.                                                               
Crollai al suolo come prosciugata da ogni energia.                              
Mio padre si avvicinò spaventato dalle mie urla.                                  
Avvertii immediatamente come un impulso, qualcosa che mi spingeva verso la vena che pulsava veloce sul suo collo.                 
Potevo avvertire il suo odore, era qualcosa che assomigliava molto alla paura e chissà perché mi dette una sensazione inebriante.
Alzai la testa e lo fissai, in quel momento lo vidi ritrarsi terrorizzato.
C’era una lotta dentro di me, mi sembrava che qualcun altro cercasse di prendere il controllo del mio corpo.
Privai a resistere, soffrivo al pensiero che papà avesse paura di me, ma questo essere era troppo forte.
Non sapevo per quanto tempo ancora sarei riuscita a tenerlo a bada.
E poi avvenne, repentino, inarrestabile.  Sentivo qualcosa di duro e affilato farsi largo tra le mie labbra. 
Due paia di braccia mi afferrarono trattenendomi per le spalle.  Mi liberai quasi subito dalla loro presa.
Mi sentivo fortissima, invincibile, onnipotente. Val e Peter atterrarono contro le pareti ai lati della stanza.
Percepivo chiaramente la loro agitazione, avevano capito di non potermi fermare.
Ora nessuno poteva frapporsi tra me e la mia sete.  Era strano come le cose fossero finalmente chiare.
Tutto acquistava un suo senso. Val trascinò mia madre finchè non fu a qualche centimetro da me.
Vedevo le lacrime rigare le sue guance, le labbra si muovevano pronunciando parole che
giungevano distorte alle mie orecchie.
La sola cosa che importasse per me era affondare i denti in qualcosa di caldo e vivo.
Il cuore prese a battere più veloce, sincronizzandosi con quello della mia preda.
Ormai non pensavo più a lei come a mia madre, era solo un corpo pulsante, qualcosa di cui nutrirmi.
Ogni fibra di me gridava, esultava pregustando l’imminente abbuffata. 
Afferrai quel corpo tremante affondando i canini nel punto più comodo.                           
Bevvi bramosa il liquido denso, aveva un sapore strano pensai subito, ma forse dovevo solo farci l’abitudine.                                                              
Poi di colpo avvertii un crampo allo stomaco. Mi sembrava che le budella mi andassero a fuoco.
Mollai la presa allontanandola da me. Lei cadde a terra in una posizione innaturale, sembrava una bambola montata male.
Il bruciore diventava sempre più forte come se avessi ingoiato lava.  
Piegata in due, con le mani che premevano sulla pancia provai a fermare quell’agonia.
Finchè quel fuoco non risalì lungo l’esofago fino alla bocca. Capii che il mio corpo cercava di sopravvivere.
Dovevo espellere quel liquido se non volevo morire. Intorno a me udivo urla indistinte.
Il mio corpo era troppo concentrato sul vomitare quel fuoco rosso per comprendere il senso delle parole.  
Ai miei piedi si allargò una macchia grossa quanto un tavolino, lentamente il bruciore si placò lasciandomi debole,
la vista si fece sfocata, poi più nulla.

“Sto morendo” pensai con l’ultimo barlume di coscienza.                        
In fondo me lo meritavo, avevo ucciso colei che mi aveva salvata e allevata, ero un mostro, meritavo di morire.                                                      
Quando riaprii gli occhi scoprii di non essere morta.
Dio doveva essere davvero l’essere benevolo che dicevano se aveva avuto pietà di una come me.
Ero da sola, distesa nel mio letto come tutte le sere. Un pensiero mi folgorò, che stupida era stato tutto un sogno.
Ma certo come avevo potuto credere di essere una vampira e tutte quelle stronzate soprannaturali.
Era solo il mio desiderio di evasione che mi giocava brutti scherzi. Un brusio lontano mi distrasse dalle mie considerazioni.                                           
Affinai l’udito, mi sembrava di riconoscere la voce di mio che discuteva con qualcuno,
però non riuscivo a distinguere bene cosa dicessero. La discussione si fece più accesa. Chi poteva essere?
Era la prima volta che ricevevamo visite. La cosa mi preoccupò molto. Scostai le coperte e allungai i piedi fuori dal letto.
Li poggiai a terra toccando il freddo pavimento. Mi avvicinai alla porta e appoggiai la mano sulla maniglia pronta ad abbassarla.    
  
                                        
                                     POV VAL
 
-COSA DIAVOLO LE PRENDE!!!!!- gridai sollevandola da terra. Sembrava più morta che viva.
Cosa era andato storto? Perché con Kyra non aveva funzionato? Mi chiesi incredulo.

-E io come faccio a saperlo-  mi rispose Peter avvicinandosi per esaminare il sangue che il corpo di Kyra aveva rigettato.
Vi immerse l’indice portandoselo al naso, annusò storcendo il naso prima di avventarsi contro l’umano di nome Paul.       
                                
-Ci avete provato- disse sollevandolo di nuova da terra. Con un movimento rapidissimo gli fece un taglio sul viso annusando anche il suo sangue.

-I maledetti bevono verbena, per questo Kyra è ridotta in quello stato- mi informò buttandolo sul divano alle sue spalle.

-Non posso perderla, ti prego Peter aiutami a salvarla,
dobbiamo trovare subito del sangue non contaminato da quella merda!!!!-
urlai correndo verso l’ingresso.
Sapevo che era una corsa contro il tempo, ma non potevo proprio accettare l’idea che morisse.
L’avevo cercata per tanto e non mi sarei arreso adesso.

-Aspettate!- ci richiamò Paul debolmente -posso aiutarvi a salvarla- aggiunse mettendosi a sedere.

-Non mi fido di te, è colpa vostra se ora sta morendo- gli rinfacciai voltandogli di nuovo le spalle.

-No invece, è solo colpa vostra, abbiamo sempre provveduto a lei e non è stata mai male- mi fece sapere Paul
andando verso la cucina. Solo qualche secondo dopo udii un rumore di vetri infranti e poi i passi dell’uomo.
Tornò carico di boccettine, sembravano quelle delle spezie che gli umani usavano per aromatizzare i loro cibi.
Si avvicinò al tavolo e ve le lasciò cadere sopra.

-Datele questo, è buono- disse andando dalla moglie.

Peter non perse tempo, raggiunse il tavolo ne afferrò una e dopo averla stappata ne annusò il contenuto.
Fece una piccola smorfia prima di dire: -Non è di prim’ordine, ma pensò che viste le circostanze non troveremmo
di meglio nel  poco tempo che ci resta-


-A chi appartiene?- chiesi sospettoso.

-È sangue di vitello, conosco qualcuno che lavora al macello.
Me lo procura da quando siamo arrivati in questa città-
confessò Paul.

-Da quando lo sapete?- chiesi preoccupato che anche altri fossero a conoscenza del segreto di Kyra.

-L’ho scoperto quasi subito. Io sono un infermiere e quando ho visto che le sue
ustioni erano guarite come per incanto mi sono domandato come fosse possibile-
 raccontò.

-Così l’hai analizzata, studiata finchè non hai scoperto cosa fosse- terminai io al posto suo.
Poter leggere i pensieri degli altri aiutava a semplificare le spiegazioni. In pochi minuti rivide tutta la vita di sua sorella.
Scoprì che in fondo era stata molto fortunata perché Paul e Virginia erano due brave persone e le volevano davvero bene.                                                                                    
Peter raccolse tutte le boccette e me le portò, mentre lui le stappava io le infilavo in bocca a Kyra facendole ingoiare il loro contenuto.

-Ne hai dell’altro?- domandai sapendo che ne serviva molto di più.

-Si è in cantina- confermò facendo strada. Io rimasi dov’ero, non volevo lasciarla sola,
Peter invece lo seguì facendomi un cenno della testa. Non so proprio cosa avrei fatto senza di lui era il
miglior amico che un vampiro potesse desiderare, in tutti quegli anni sarei stato perso senza Peter.

-Non volevamo che stesse male, ma sapevamo che la verbena le avrebbe impedito di ucciderci…- disse l’uomo di ritorno.
Conservava il sangue in una fiasca da un paio di litri. Sarebbe bastato pensai sollevato.

-Capisco- risposi ed era davvero così, non potevo biasimarli se avevano cercato di proteggersi da qualcosa che non conoscevano affatto.
-Peter aiuta la donna, non merita di morire!-

Peter non se lo fece ripetere, si avvicinò a Virginia e la guarì.
-Appena starà meglio la porteremo via da qui, non può più rimanere non è sicuro per nessuno- Dichiarò Peter risoluto.        
Paul provò a ribattere, ma poi spostò lo sguardo sulla moglie e annuì. Sapeva che quella era la scelta migliore.
Finora erano riusciti a gestire quello che era Bridgit, ma dopo quanto era successo quella sera non poteva illudersi di riuscirci ancora. 

*ANGOLO DELLE AUTRICI*

Scusate per l'enorme ritardo, ma ultimamente non abbiamo molto tempo...
Vi è piaciuto il capitolo?
Recensite :D
Lo immaginavate che Paul e Virginia prendessero la verbena?
Secondo voi perchè stanno scappando? Da chi?
Alla prossima, un bacio :*

EL e DONNA

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Capitolo 9
*** UN AMARO ADDIO ***




UN AMARO ADDIO

POV BRIDGIT
 
 
-Non potete portarcela via è nostra figlia- provò a obbiettare colui che fino a qualche ora prima avevo creduto mio padre.

-Hanno ragione loro- risposi io scendendo lentamente le scale.
Mi sentivo ancora debole ma poco alla volta le forze stavano ritornando
-ho quasi ucciso la mamma ti rendi conto. Non ho potuto trattenermi e se resto potrei riuscirci, io…-
dissi prima di bloccarmi. Non trovavo le parole per spiegare come mi sentissi.
Era come se dentro di me convivessero due persone. C’era Bridgit, la figlia devota e ubbidiente,
che soffriva immensamente all’idea di lasciare tutto quanto avesse rappresentato un
caposaldo nella sua giovane esistenza: La sua casa, due genitori amorevoli e la sicurezza
che avevano sempre rappresentato per lei, ma che allo stesso tempo riconosceva
di non avere altra scelta se non voleva fare loro del male. 
E poi c’era Kyra, la neo vampira assetata di sangue, che smaniava alla prospettiva di
abbandonare quel mondo microscopico in cui aveva sempre vissuto.
Desiderosa di scoprire tutto quello che c’era la fuori, di allargare i suoi orizzonti. 
Avvertii un brivido lungo la schiena. Un misto di paura e aspettativa.  
Paura, perché al di fuori di quella casa c’erano i nostri nemici,
coloro che più di quindici anni prima avevano tentato di ucciderci, aspettativa,
perché sentivo che da qualche parte esisteva qualcosa per cui valesse la pena lottare e se necessario anche morire.
Non sapevo da dove mi venissero quei pensieri, finora non mi ero mai considerata un’idealista, al contrario,
mi sarei definita piuttosto una fatalista, rassegnata a vivere un’esistenza piatta e apatica.
Mai avrei immaginato che un giorno sarei diventata una vampira e che avrei dovuto sfuggire a nemici decisi a uccidermi.                                                 Appena raggiunsi il pian terreno Val mi abbracciò rassicurante.        
“Andrà tutto bene sorellina, non permetterò che nessuno ti faccia del male, te lo giuro!”
disse con aria solenne.
Non aveva mosso le labbra eppure io avevo sentito chiaramente le sue parole.

-Ma come…- provai a chiedere, non ero ancora abituata a comunicare telepaticamente,
avrei tanto voluto saperlo fare anch’io pensai.

“Se ti piace tanto sarà la prima cosa che ti insegnerò” mi disse ancora passando il braccio intorno alle mie spalle.
Un gesto così semplice che però servì ad infondermi sicurezza e fiducia nel futuro.

-Non che mi piaccia fare sempre il guastafeste, ma non credete che sia arrivato il momento che
l’uccellino lasci il nido e cominci a volare verso… che so io verdi pascoli.
No, quelli andrebbero bene per una pecora, allora…-
 Peter stava ancora cercando
un esempio più appropriato rovinando quel momento col suo solito tatto da giocatore di hockey,
quando Val lo interruppe alzando la mano.

-Non è necessario che ti affanni, hai reso comunque il concetto, e sì, hai ragione.
Prima ce ne andiamo e meglio sarà per tutti-
dichiarò poi rivolto all’uomo che mi aveva fatto da padre.
Di mia madre non c’erano tracce, dai loro discorsi però avevo capito che Peter aveva provveduto a
sistemare i miei guai, quindi doveva essere in camera sua a riposare. Pensai che avrei potuto evitarmi difficili addii.
Ero legata a Paul, non poteva essere diversamente. Mi aveva allevata e amata, mi aveva anche mentito certo,
ma solo perché credeva che fosse meglio per me. Virginia però era tutt’altra questione.
In quegli anni avevo condiviso quasi ogni attimo della mia vita con lei.
Il nostro si poteva quasi definire un rapporto simbiotico.
Dipendevo da lei in tutto e ora non sapevo se sarei riuscita a lasciarla.
Provavo una forte stretta la petto, come se i polmoni si rifiutassero di dilatarsi per prendere aria.             
Il pensiero di non rivederla più mi toglieva il fiato.                                                         
Senza neppure accorgermene cominciai a piangere. Calde lacrime rigavano il mio viso
senza che io potessi fare niente per fermarle. Il pianto pian piano si trasformò in una vera e
propria crisi isterica. Val cercò di calmarmi,
ma come mi spiegarono più tardi era troppo legato a me per reagire in maniera efficace.
I miei sentimenti stavano cominciando a condizionare anche lui.
Fu Peter a salvare di nuovo la situazione,
la cosa stava diventando una costante e se devo essere onesta a volte mi dava proprio sui nervi.
Mi afferrò per le spalle scuotendomi forte.
Temetti che la testa si staccasse dal collo tanto fu l’energia con cui mi riscosse dalla mia isteria.
Un ringhio sovrumano uscì dalle mie labbra prima che reagissi istintivamente afferrandogli
i polsi e costringendolo a mollare la presa. Non immaginavo di essere più forte di lui, 
ma doveva essere così perché sentii le ossa  sgretolarsi sotto la mia stretta e un urlo rabbioso lacerare l’aria.
Peter mi guadò dritto negli occhi era un misto di stupore e rabbia.  Val accorse dall’amico, valutando l’entità del danno.

-È tutto ok amico, respira profondamente e concentrati, vedrai passerà presto- disse guardandomi accigliato.

-Mi ha frantumato i polsi!- gli fece notare. Sembrava sconvolto, come se non capisse.

-Si lo so- rispose Val.

-Ma come ha fatto?- chiese tornando a guardarsi le mani che gli  pendevano  in grembo flosce.

-Kyra va in cucina, c’è una fiasca con del sangue, portamela immediatamente- mi ordinò Val senza mai allontanarsi dall’amico. 
Sembrava veramente in ansia, realizzai guardandoli furtiva mentre scomparivo in cucina.  
Tornai in un lampo portando l’oggetto richiesto, era rimasto circa mezzo litro di sangue, speravo che fosse sufficiente.

-Lasciateci soli- ordinò ancora Val. 
Io e Paul ci affrettammo a uscire. Ci rifugiammo nello studio, appena entrai avvertii una strana sensazione.
Ero entrata tante di quelle volte la dentro quando l’uomo che un tempo chiamavo papà vi si rinchiudeva a lavorare,
ma ora mi sentivo a disagio. Avrei voluto dire qualcosa, provai a parlare, però richiusi subito la bocca non trovando le parole.
Era tutto talmente assurdo, c’erano tante domande che avrei voluto fargli, ma ormai non avevano più importanza.
Le sole persone che potevano davvero aiutarmi erano nella stanza accanto, e dopo ciò che avevo fatto mi ero
certamente giocata l’appoggio di uno dei due ci avrei scommesso la testa. 
Mi sentivo osservata, sbirciai dietro di me e scoprii di non sbagliare.
Paul mi stava osservando, il suo sguardo era talmente triste e colpevole che non resistetti più.
Corsi da lui e mi buttai tra le sue braccia.
Lui mi accolse senza alcun timore, lo sguardo spaventato di qualche ora prima non c’era più.

-Mi dispiace tanto tesoro! Avremmo voluto dirtelo tante di quelle volte…
ma avevamo paura di perderti-
mi sussurrò prima di liberarmi dall’abbraccio.

-Non fa niente- rispondo. Non avrei saputo immaginare cosa avrei fatto se mi avessero
raccontato la verità prima che Val mi ritrovasse.
Più ci pensavo e più mi convincevo che fosse stato un bene per me che abbiano taciuto.
Non riuscivo proprio ad avercela con loro, ero certa che non avrei potuto avere genitori migliori di Paul e Virginia e glielo dissi.
Lui si commosse e cominciammo a piangere tutti e due, ci abbracciammo di nuovo restando
così finche Val non ci venne a chiamare.

-È ora!- sussurrò -Kyra dobbiamo metterci in viaggio- insistette vedendo che nessuno dei due accennava a lasciare l’altro.
Alla fine feci come diceva e lo seguii fuori dalla stanza. Peter stava di nuovo bene ma continuava a guardarmi in cagnesco,
mi aspetto che mi saltasse al collo alla prima occasione.

-Non per così poco!- rispose Peter e io capisco che per tutto il tempo sapeva cosa pensassi.
Lo detestavo anche per questo, aveva l’insopportabile abitudine di leggermi la mente e questo mi metteva davvero a disagio. 
Mi chiesi se un giorno sarei  riuscita ad avere dei pensieri che fossero tutti miei.
Quanto avrei voluto rendergli la pariglia, chissà cosa frullava in quel cervello, pensai.

-Tranquilla un giorno ci riuscirai!- rispose lui, ma non capii a cosa si riferisse,
se alla possibilità di leggere i suoi pensieri o quella di nascondergli i miei.                                                                                      
All’improvviso Peter si alzò dal divano e mi venne incontro. Aveva una strana espressione,
allora pensai che volesse farmela pagare per l’incidente di prima.
Lui continuava  ad avanzare sembra quasi una scena a rallentatore,
avevo tutto il tempo di ripensare alle cose importanti della mia vita che poi si riducevano a una sola: I miei genitori.  
Malgrado le sue parole e la calma che traspariva da ogni suo movimento quel tipo mi inquietava.
Era a meno di due metri da me e pensai: “Ok, ci siamo”.  Inaspettatamente lui si piegò davanti a me,
posando le mani sul ginocchio sollevato mentre l’altro toccava terra e chinò la testa.

-In nome dell’amicizia che mi lega a tuo fratello ti assicuro tutta il mio sostegno,
ti chiedo solo una cosa in cambio, la prossima volta che sentirai il bisogno di farmi a pezzi,
potresti tenerlo presente?-
mi chiese sollevando la testa, con un luccichio divertito nello sguardo.

Quel vampiro mi spiazzava, aveva l’assurda capacità di fare sempre l’opposto di quello che mi aspettavo,
sembrava divertirsi molto a vedere il dubbio sul mio viso. Non sapevo se prenderlo sul serio o no.
Mi voltai verso Val in cerca di un segno che mi aiutasse a decifrare quel comportamento,
lui annuì sereno come per dire: “Ti puoi fidare”.

-Ci proverò, ma solo perché ci fa comodo avere un medico in famiglia!- risposi ironica.

-Ora mi offendi, io sono molto di più di semplice dottore, sono guaritore.
Loro giocano a fare Dio, io sono un Dio!-
replicò tirandosi in piedi in tutta la sua maestosa persona.

-Come ho fatto a non capirlo?- finsi di chiedere contagiata dal suo buonumore. 
Per quanto mi stesse sulle scatole dovevo ammettere che era proprio un bel tipo.
Sembrava uno di quei classici modelli da copertina, alto circa un metro e novanta, biondo, occhi castani bello in modo fastidioso.
Aveva sempre il sorriso pronto, come se la vita fosse una giostra continua per lui, in pratica il sogno di ogni ragazza.
Ma poi c’era l’altro lato di Peter, quello che perdeva la calma se provocato e allora i suoi occhi diventavano di un rosso luminoso,
le zanne affioravano dalle sue labbra trasformandolo in una macchina da morte, l’incubo di qualsiasi essere vivente.  
Peter era giusto l’opposto di Val, non solo esteriormente ma anche caratterialmente.
Mi domandavo come avessero fatto a legare tanto quei due.
Mio fratello era un po’ più basso di Peter, aveva i capelli neri e gli occhi blu proprio come me.
Era più muscoloso rispetto all’amico, sempre serio come se non ci fosse tempo nella sua vita per il divertimento, bello e tormentato.  
Peter stava fissando fuori dalla finestra, era quasi l’alba, ormai eravamo bloccati lì fino al tramonto
pensai ricordando la mia allergia al sole. 
-Ci toccherà ritardare la partenza- dissi ai due –tra poco il sole sorgerà.

-Non è necessario, raccogli le tue cose e saluta, partiamo tra poco.
Voglio mettere quanta più distanza tra noi e i nostri inseguitori.
Sono sicuro che non ci metteranno molto a rintracciarci-
mi informò avvicinandosi a Peter e mormorandogli
qualcosa che nonostante l’udito fino non riuscii a sentire, l’altro annuì e uscì fuori.

-Credevo che il sole fosse letale per voi- intervenne Paul poco convinto.

-È davvero così per alcuni, ma noi siamo diversi- disse Val.

-Non Bridgit, quando era piccola ha provato ad uscire ed è quasi morta-  raccontò l’uomo
ricordando quel giorno come fosse adesso. La figlia aveva visto una lepre fuori dalla sua finestra,
era uscita per acciuffarla e qualche attimo sotto ai cocenti raggi estivi l’avevano fatta urlare
come se le avessero dato fuoco gettandole benzina addosso.

-Finchè non avviene la transizione siamo deboli e quasi tutto può ucciderci,
ma adesso lei è immune al sole, non corre alcun rischio.
Pensi che la metterei in pericolo altrimenti?-
domandò, sembrava infastidito dall’atteggiamento protettivo di mio padre.  
Mezzora dopo avevo raccolto quello che reputavo indispensabile e scesi di sotto.
Erano riuniti tutti in salone, c’era anche la mamma che ora stava benissimo constatai con sollievo. 
Avrei voluto dire tante cose, ma riuscii a dire solo tre parole: Vi voglio bene!”- dopo di che Val mi prese per le spalle portandomi via.       

*ANGOLO AUTRICI*   
Vi è piaciuto il capitolo?
Secondo voi dovre andranno?

Che vi pare del del rapportro che si è creato tra Peter e Kyra?
Secondo voi, dove andranno ci saranno altri come loro?
RECENSITE, aspettiamo impazienti il vostro parere.
UN BACIO
EL e DONNA

 

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Capitolo 10
*** FUGA ***




FUGA
POV BRIDGIT
 
Ci muovemmo veloci attraverso il bosco, la neve sotto i piedi attutiva il rumore dei nostri passi.
Peter procedeva avanti a noi sondando il terreno, di tanto in tanto lo vedevo annusare l’aria oppure
tendere l’orecchio pronto a percepire qualsiasi cambiamento intorno al gruppo. 

-Perché tutte queste precauzioni?- domandai a Val che pure scrutava furtivo i dintorni. 
Un cumulo di neve cadde dal ramo dell’albero a cui mi ero appoggiata per riprendere fiato.
Erano ore che camminavamo su per quel pendio. Non avevo nessuna idea della nostra meta,
ogni volta che provavo a chiedere Val mi zittiva facendomi capire che non era il momento di fare domande.                            
Ci muovevamo a zig zag tra i quei tronchi scheletrici finchè non raggiungemmo finalmente la sommità dell’altura. 
Ora vedevo solo neve, il sole era alto in cielo, mi coprii gli occhi con la mano per schermarli dai suoi raggi abbaglianti. 
Ancora non riuscivo a credere di essere all’aperto, era come un sogno per me. 
Iniziai a girare come una trottola le braccia protese ai lati fino a quando la testa prese a girarmi talmente forte
da farmi perdere l’equilibrio. 
Caddi a terra, il mio corpo sprofondò nella neve alta e soffice lasciando l’impronta del mio corpo.
Istintivamente,  mossi gambe e braccia come avevo visto fare in tanti film disegnando un angelo nella neve.
Un po’ assurdo a pensarci bene che un vampiro facesse certe cose mi dissi mentre Peter mi afferrava per un braccio tirandomi su.

-Non è il momento di giocare questo ci sono quasi addosso-  disse cominciando a scendere lungo il versante opposto.
Camminavamo da molto ormai e per quanto sbirciassi in tutte le direzioni non riuscivo a scorgere questi
fantomatici inseguitori di cui parlavano  Val e Peter.  Ma poi tutto d’un tratto udii  un forte latrato seguito da molti altri.   

-Hanno portato anche i cani- disse mio fratello  -dobbiamo correre Kyra, è l’unico modo per riuscire a sfuggirgli.
E dal momento che ci hanno individuati non ha più alcun senso cercare di nasconderci.


-Ma chi sono?- chiesi spaventata dalla reazione di Val.

-Sono cacciatori!- rispose lui.

-Stai scherzando?- mi sembrava così assurdo che dei cacciatori ci inseguissero.  

-Magari!- fa lui  -quelli sono cacciatori di vampiri, nostri acerrimi nemici-  mi rivelò dandomi  
la mano e riprendendo a correre a perdifiato. Eravamo vampiri quindi ci muovevamo a grande velocità,
il mio corpo però non ero ancora abituato a quei ritmi, e dopo una decina di chilometri ero completamente sfinita.

-Non ce la faccio più- dissi a corto di fiato buttandomi a terra.

-Ancora un piccolo sforzo principessina, ci siamo quasi-  mi stuzzicò Peter.
Se in quel momento avessi avuto un solo briciolo di energia lo avrei strozzato pensai fissando torva la sua faccia da schiaffi.

-Lasciarlo perdere, non c’è tempo per queste scaramucce!- mi ricordò Val abbassandosi e
facendomi segno di salirgli sulla schiena.       
                                                                                                          
-Ce la faccio, tranquillo- assicurai, aveva certamente ragione Val non avevamo il tempo  di discutere ma
appena al sicuro gliele avrei fatte scontare tutte pensai decisa a rimettere il tipo al suo posto.  
                                                                                 
-Non vedo l’ora!- disse Peter con un sorrisetto sfrontato.                      
Maledizione perché mi dimenticavo sempre che poteva leggere il pensiero? Era proprio una seccatura.                                                                
Ancora qualche chilometro e raggiungemmo un piccolo chalet ai margini di un campeggio.                                                                             
Val tirò fuori una chiave la infilò nella serratura spalancando la porta.                                                                                                                                               
-Prego!- mi disse facendomi segno di entrare- riposa un po’ mentre noi raduniamo le nostre cose- continuò cominciando
a infilare le sue cose in un borsone. Peter invece si preoccupò di spruzzare deodorante dappertutto rendendo l’aria quasi irrespirabile.
Per fortuna che eravamo vampiri pensai. Ma perché si preoccupa di rendere profumato quel posto se dovevano lasciarlo?
Mio fratello si era scelto proprio un amico svitato, chissà dove cavolo lo era andato a pescare.     
                                 
-Loro non sanno che ci sei anche tu, meglio mantenere questo vantaggio-
dichiarò Val infilando il portatile nella
custodia senza neppure voltarsi.                                                                                                          

-Accidenti! Dovreste proprio smetterla, di origliare i miei pensieri- mi lamentai infastidita.                                                                     

-Scusami, non era mia intenzione, ma se non impari a bloccare la tua mente qualsiasi vampiro sentirà cosa
pensi come se lo avessi pronunciato-
mi spiegò mio fratello ispezionando bene la casetta.                                                                                                             
-Dovrai insegnarmi- dissi –poi ripensai alla sua risposta e gli domandai: Che cosa centra il deodorante con me?

-I cacciatori sentono il nostro odore perciò ci hanno trovati, sono convinti di inseguire solo me e
Peter perché la fuori il tuo odore si è confuso, ma qui lo avrebbero individuato certamente-
rispose rendendo ancora più incomprensibile tutta quella faccenda. Mi sarebbe tanto piaciuto saper leggere il pensiero come loro, così almeno avrei tutte le risposte senza stare lì a lambiccarmi il cervello.

-È presto detto- intervenne lo svitato come ormai avevo deciso di soprannominarlo –quando un vampiro è in transizione come sei tu in questo momento, emette un odore intenso e dolciastro molto simile alla vaniglia.
Capirebbero subito che ti abbiamo trovata e non vogliamo che lo scoprano
altrimenti li avremmo tutti addosso.                                                                                                         
-Ma perché, cosa vogliono da me?-
chiesi sempre più spaventata da questa minaccia.
                                                                                              
-Appena saremo lontani da loro ti racconterò tutto- promise Val avviandosi verso la porta, lo seguii con Peter che chiudeva la fila.
Girammo intorno alla casa, sul retro era parcheggiato un SUV grigio scuro, mentre loro due caricavano i borsoni,
il computer e la mia sacca, diedi un’occhiata in giro, non c’era segno dei nostri inseguitori.
Presi una ciocca di capelli e l’annusai per verificare quanto mi avevano detto,
quella mattina li avevo lavati con lo shampoo alla ciliegia, quindi a rigor di logica avrebbero dovuto odorare di ciliegia,
e invece no, sentivo anch’io un odore che poteva confondersi con la vaniglia proprio come aveva detto Val.
Salimmo sull’auto e partimmo direzione nord-est. Non sapevo ancora quale fosse la nostra meta,
né perché venivamo inseguiti, ma onestamente in quel momento la cosa che mi premeva di più era mettere quanta
più distanza possibile tra noi e i nostri nemici. Abbassai il finestrino sporgendomi un po’ volevo sentire
ancora il tepore dei raggi del sole accarezzarmi la pelle. Era una sensazione così nuova, per la prima volta
nella mia vita mi sentivo davvero viva anche se in realtà dovevo essere già morta per essere una vampira,
mi dissi scuotendo la testa cercando di schiarirmi le idee.                                                                                                                        

-Lo dico sempre che tutti quelle storie che raccontano su di noi sono spazzatura,
adesso si metterà in testa di essere morta e risorta-
 sentenziò Peter accelerando l’andatura.                                  

Non sei morta, non devi credere a quello che vedi nei film o che leggi nei libri.
Contrariamente a quanto raccontato vampiri si nasce, non vi è modo di trasformare un umano in vampiro. 
Il gene del vampirismo viene trasmesso al momento del concepimento,
perciò almeno uno dei due genitori deve possederlo-
iniziò a spiegarmi Val, cercando di farmi conoscere
di più sui miei simili e ammetto che per quanto l’argomento fosse interessante e mi riguardasse in prima persone
ero troppo stanca per  reggere ancora. Così appoggiai la testa selle braccia e chiusi gli occhi.
Quando li riaprii la luna era già alta nel cielo. L’aria era diventata gelida notai sentendo il vento entrarmi nelle ossa.
Non era stato questo a svegliarmi però, il freddo non sembrava infastidirmi più di tanto,
era stato il volto di un vampiro a farmi trasalire. Mi scrutava con ostilità additandomi come se mi accusasse di chissà quale colpa.
L’auto procedeva a velocità sostituta, c’era Val alla guida adesso mentre Peter schiacciava un pisolino.
Pensai che forse avrei potuto riposare ancora un po’, almeno finchè non fossimo arrivati a destinazione,
ma quel volto continuava a tornarmi in mente impedendomi di riaddormentarmi.

-Dove andiamo?- domandai a Val, se non potevo riposare tanto valeva approfittarne per saperne
di più su chi eravamo e perché ci volessero morti mi dissi sedendomi sul sediolino centrale per poter vedere il viso
di mio fratello riflesso nello specchietto retrovisore.
Un’altra di quelle incongruenze che raccontavano su di noi pensai osservando i lineamenti delicati di  Val.                                         

Non saprei, siamo in fuga, quindi un posto vale un altro, anche se una volta seminati dobbiamo
metterci alla ricerca di qualcuno che ci possa aiutare-
mi rispose prima di riportare l’attenzione sulla strada.           
Io tornai a guardare fuori cercando di non fargli troppe pressioni anche se non vedevo l’ora di sapere tutto.
________________________________________________________________________________________________________________
*ANGOLO AUTRICI*

Scusate il ritardo, 
l'abbiamo cominciato la settimana scorsa ma non abbiamo avuto tempo per finirlo.
L'abbiamo finito solo ieri sera ma ero stanchissima per pubblicarlo.
Spero ne sia valsa la pena ritardare.
Vi piace?
Lasciate una recinzione, siamo curiose del vostro parere.
Secondo voi dove andranno?
Bridgit avrà mai una vita normale?
P.s.: Per il prossimo capitolo non faremo così tardi ;D
Un bacio
EL e DONNA


 

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Capitolo 11
*** UN BRUTTO SOGNO ***




UN BRUTTO SOGNO

POV BRIDGIT
 
Erano ore che viaggiavamo, tra poco avrebbe fatto di nuovo notte e nessuno di noi tre aveva ancora toccato cibo,
la cosa strana era che non avvertivo i morsi della fame.                                                                                                   
Prima di quella che i miei compagni di viaggio chiamavano transizione,  io mi nutrivo con regolarità,
come ogni altro essere umano, a parte il sangue che mia madre nascondeva nel cioccolato caldo ovviamente.    
Ancora non capivo come avessero fatto a scoprire cosa fossi veramente e forse un giorno li avrei rivisti
e avrei avuto l’opportunità di domandarglielo, ma in ogni caso gli ero grata, senza di loro non sarei sopravvissuta.                                                                                            
Finalmente Peter fermò la macchina e disse che così potevamo scendere a sgranchirci le gambe.                                                           
Non mi sentivo indolenzita e come scoprii più tardi neppure loro due lo erano.
Ma avevano bisogno di andare a caccia e quale posto migliore di una stazione di servizio?                                                

-Rimani vicino all’auto, saremo di ritorna tra poco- mi assicurò Val avviandosi in direzione dei bagni.    
Sapevo di dovergli dare retta, ma la curiosità vinse sul buon senso spingendomi a seguirli.                                                                   
Arrivati ai bagni, tirarono dritto verso il boschetto poco distante.                  
Intanto i viaggiatori entravano e uscivano in continuazione, cosa stavano aspettando quei due?
Mi chiesi guardando il punto in cui li avevo visti sparire.                                                                                         
In un primo momento non riuscì a vedere nulla, ma poi ad un esame più attento scorsi due sagome nascoste tra i cespugli. 
Erano molto distanti da me ma sapevo che se mi concentravo sarei riuscita a sentire cosa si dicevano. 
Non essendo molto pratica mi arrivarono solo piccoli frammenti della conversazione,  però una cosa la capì esattamente.
I due parlavano di me di qualcosa che non potevo ancora sapere.                                     
Peter voleva dirmi tutto, mentre mio fratello insisteva che era troppo presto.
Alla fine Peter si arrese accettando la decisione di Val.  Cosa mi stavano nascondendo?
Perché mio fratello non voleva che lo sapesse?  Continuavo a chiedermi sempre più preoccupata.                                                                      Li vidi tornare sui loro passi, una volta giunti in prossimità delle toilette attirarono l’attenzione di due turiste,
e dopo qualche scambio di battute  le portarono in un posto più appartato.                  
Dieci minuti più tardi ed eccoli ricomparire abbracciati,  il tempo di un saluto affettuoso e ognuno proseguì per la sua strada.              
Corsi subito all’auto facendo finta di niente, con l’intenzione di scoprire per conto mio ciò che Val si ostinava  a nascondermi.                    

-Andiamo!- suggerì Peter dando un ultimo sguardo alle sue spalle.
Aveva un modo di fare così circospetto che mi metteva ansia.                                                                                                                 

-Va bene- risposi montando in auto.                                                                    
Val partì e Peter abbassò lo schienale per riposare meglio.                        

-Faresti meglio a dormire anche tu, ci vorrà ancora molto- mi informò prima di chiudere gli occhi.
                                                                                                   
-Ho dormito a sufficienza, non sono mica un ghiro come te- risposi incavolata .
Non sopportavo che mi tenessero nascoste delle cose.                                                                                                
Peter aprì gli occhi e si voltò verso di me
Va bene, fa come vuoi-  disse dopo un accurato esame.                                                                                                

-Lo farò puoi giurarci- assicurai fingendo di guardare il paesaggio che scorreva veloce fuori dai finestrini.
                                                    
-Ehi, non è certo con me che te la devi prendere-
mi ricordò prima di addormentarsi. 
Oh cavolo, Peter sapeva tutto, ne ero più che certa. Lo avevo capito dal modo in cui mi aveva guardata.
Sapeva che li avevo spiati.  Avrei dovuto stare più attenta con lui in futuro, mi ammonii mentalmente dandomi della stupida.
Non so dire con precisione quanto durò il viaggio perché ad un certo punto vinta dalla noia mi addormentai anch’io.                        
Mi svegliai tra le mie urla, con la fronte madida di sudore e il cuore che mi batteva in petto come un tamburo.  
Val mi scuoteva  per svegliarmi.                                                                                             

-È tutto ok, nessuno ti farà del male- mi disse rassicurante.                          
Io però non riuscivo e levarmi dalla mente il sogno che avevo fatto.
Sembrava così reale che non potei impedirmi di sentirmi male.                            
Vedevo quel volto furioso incombere su di me e sapevo che mi avrebbe uccisa.
Lui mi odiava,  potevo leggerlo nel suo sguardo di fuoco, ma non capivo il perché.                                                                             
Cominciai a correre a perdifiato, sentivo i suoi passi dietro di me farsi sempre più vicini. 
Imboccai il corridoi buio, ma per qualche strano motivo riuscivo a vedere dove andavo,  a quel punto non avvertii più nessun rumore.
Sperai che l’uomo si fosse finalmente arreso, mi voltai  per esserne certa, lui era ancora lì fermo, che mi guardava con odio.
Ripresi a correre sempre più spaventata, provai ad abbassare la maniglia di una porta ma era chiusa e così pure tutte le altre che afferrai.
C’era un ascensore ma sapevo che non avrei avuto il tempo di entrarci così spinsi la porta sul lato opposto e mi lanciai verso le scale. 
Saltando sui gradini arrivai giù in un batter d’occhio con quell’uomo sempre alle costole.
Avrei voluto gridare ma dalla mia gola non usciva alcun suono e poi non c’era anima viva che potesse aiutarmi.
Ero tutta sola  a parte il mio terrificante inseguitore che non accennava a mollare la presa.
Spinsi la porta in volata e lasciai l’edificio, diedi appena un’occhiata alla strada prima di
ripartire a rotta di collo con quel pazzo che continuava a starmi dietro.
Non avevo idea di dove stessi andando, l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era come seminarlo.
Mi mancava il fiato e sentivo una fitta fortissima al fianco,  non ce la facevo più, ma non potevo fermarmi e 
allora continuai a correre arrancando lungo il piccolo sentiero che passava dietro una serie di fabbricati. 
Mi voltai  per controllare dove fosse e così non notai il ramo che ostacolava il passaggio, inciampai e cadendo urtai la testa su un sasso.
Sentii un dolore allucinante, mi portai la mano alla testa come se quel gesto potesse placare il dolore e sentii
qualcosa di caldo e appiccicaticcio colarmi tra le dita. Spostai la mano per controllare cosa fosse e mi accorsi che era sangue.
Il taglio doveva essere piuttosto profondo perché in pochi secondi mi inzuppò un lato della maglietta.
Premetti di nuovo la  mano sulla ferita per arrestare la perdita, non volevo morire dissanguata pensai mentre
cominciavo a vedere sfocato. In realtà non volevo morire in nessun modo, ma sapevo che presto sarebbe successo.
L’uomo mi aveva raggiunta e ora incombeva su di me come un angelo della morte.
Sollevai lo sguardo e lo fissai attraverso un filtro opaco. Stavo per svenire, me lo sentivo.                                                        
Quando riaprii gli occhi ero convinta di essere morta e finita chissà dove  e invece ero ancora su quel sentiero.                                           
Il mio inseguitore era sparito, al suo posto c’era una ragazza con corti capelli biondi e una divisa tipica delle scuole private.
Aveva un’espressione preoccupata e continuava a indicarmi qualcosa in lontananza, non capii subito di cosa si
trattasse finchè non vidi le fiamme alzarsi alte nel cielo e l’uomo che mi dava la caccia che si allontanava dal luogo dell’incendio.                                            
-Corri, mettiti in salvo, stanno venendo per te- urlò mostrandomi una mezza dozzina di uomini che procedevano verso di noi.                                                                                          
-Perché? Cosa ho fatto per farli arrabbiare tanto?-  le chiesi fuori di me dallo spavento.                                                                                         
-Esisti!-  fu la sua laconica risposta.                                                                                                                               
Ci avevano quasi raggiunti, cercai di tirarmi su ma le gambe non mi reggevano, mi sentivo completamente svuotata da ogni energia.

-Sbrigati!- mi spronò porgendomi la mano.                                                       

-Non ce la faccio-  risposi con un filo di voce.                                                                         

-Si invece, ora scappa- ripetè tirandomi su di peso.                                        
La guardai grata, la sua sicurezza cominciava ad infondermi  fiducia, ma le mie gambe continuavano a non collaborare.                    
La giovane lanciò uno sguardo alle sue spalle e senza dire altro iniziò a correre trascinandomi dietro di se. 
Percorremmo quasi un chilometro muovendoci a zig-zag  tra gli alberi del bosco, poi lei si bloccò di colpo.                                                        

-Adesso dovremo saltare- mi disse indicando il dirupo sotto di noi.                                                                                                               Eravamo in trappola, saremmo morte sia che saltassimo, sia che decidessimo di restare lì.
Non ebbi neppure il tempo di decidere, che lei mi spinse giù seguendomi a ruota.                                                                                             Urlai e poi due braccia forti mi scossero riportandomi alla realtà.  
-É stato spaventoso, credevo di morire- dissi cominciando a raccontargli quel sogno spaventoso.
__________________________________________________________________________________________________                                       ANGOLO DELLE AUTRICI
Scusate tantissimo per il ritardo ma la scuola non ci permette di scrivere.
Cercheremo di aggiornare più velocemente :)

Ma il capitolo com'è?
Vi è piaciuto?
Secondo voi chi è la ragazza? O cos'è?
Cosa deciderà di fare la protagonista?
RECENSITE, vorremo sapere il vostro parere.
Un bacio 
EL e DONNA                                                                                                                                                                                                                                                     
 
 

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Capitolo 12
*** PREGIUDIZI ***




PREGIUDIZI

DUE MESI DOPO
POV CHRIS

Quella giornata si annunciava di una noia mortale.
Guardai fuori dalla finestra nella speranza di cogliere qualcosa che mi rianimasse un poco.
Detestavo le lezioni di economia domestica,
ma purtroppo come ultimo arrivato non avevo trovato posto in nessun corso che mi attirasse di più.  
La scelta era tra quello o il corso di poesia e onestamente visti i soggetti che lo frequentavano
avevo optato per le lezioni della prof Woger,
lì almeno non c’era nessuno sfigato che viveva in un mondo tutto suo.                                                                                       
Fuori aveva iniziato a piovere, la squadra di calcio interruppe gli allenamenti tornando agli spogliatoi in fila indiana.
L’allenatore era un tipo che teneva parecchio alla disciplina come scoprii il giorno stesso del mio arrivo.
I dieci giri di campo che mi fece fare solo per aver parlato durante il suo interminabile sproloquio
me lo ricordano costantemente.                                                                                 
Riportai la mia attenzione alla lezione del giorno: mousse al cioccolato. 
Mi diressi alla mia postazione insieme a Rita e cominciammo a tirare fuori gli ingredienti.                                                    
Non vedevo l’ora che terminasse il semestre, a quel punto mi sarei accontentato anche una sufficienza,
era chiaro che non sarei mai diventato uno chef ma la mia compagna era talmente negata, da trasformare
ogni ricetta in una vera tortura per coloro che assaggiavano le nostre creazioni culinarie.                                                
Ormai neppure la prof si azzardava più ad assaggiarle, si limitava ad annusarle e storcere il naso prima di darci un’insufficienza.        
          
-Lascia fare a me stavolta- le dissi prima che cominciasse a mescolare gli ingredienti.
Ero deciso a superare il corso, ma se la lasciavo fare non ci sarei riuscito.
Non potevo permettermi di essere bocciato altrimenti addio alla borsa di studi.                          
Mia madre faceva due lavori per mantenerci, ma non avrebbe mai potuto permettersi la retta della Wolfang & Bräun e di certo
le sarebbe dispiaciuto se avessi dovuto cambiare di nuovo scuola. La mousse superò lo spietato esame,
la Woger ci diede addirittura un sette, ero proprio soddisfatto di me, evidentemente non ero poi il disastro che credevo.                                     

-Visto che sei così bravo lascerò a te l’ingrato lavoro-
  annunciò Rita a bassa voce per non farsi sentire dalla prof.                                      

-E tu cosa farai allora?-  le chiesi incuriosito da quell’aria da furbetta.                                                                                                                                                   
-Oh io mi limiterò a raccogliere gli allori!-  rispose serafica e appena suonò la campanella raggiunse la gemella
e le altre compagne che l’aspettavano in corridoio.                              
Uscii dall’aula e mi diressi agli armadietti, svoltai l’angolo e scorsi
Leo che tentava di sfuggire a quella piovra di Andrea la gemella di Rita.
Mi lanciò uno sguardo supplichevole come di un animale preso in trappola. 
A prima vista Andrea sembrava una ragazza tutto miele, ma quando la conoscevi meglio scoprivi che nascondeva
degli artigli affilatissimi e una volta trovata la sua preda lei li affondava bene in profondità impedendole di liberarsi.   
Da buon amico ebbi pietà e andai in suo soccorso.
Mi avvicinai con disinvoltura trascinandolo via senza curarmi di
Andrea che pronunciava una serie interminabile di insulti nella mia direzione.   
La ignorai e tirai dritto finchè non fummo lontano da lei e dalla sua gang.                                                                                                     

-Non so proprio cosa farei se non ci fossi tu amico
- disse Leo una volta al sicuro.                                                                                                                        

-Troveresti comunque il modo di liberarti di lei ne sono certo-  gli assicurai confidando in lui.                                                                
Leo era il solo con cui avessi legato dal mio arrivo. Non ero un asociale,
ma per me far parte di qualche gruppo non era così importante come per gli altri.
Probabilmente dipendeva  dal modo in cui ero cresciuto.
Vivere sei mesi in un posto, un anno in un altro e delle volte solo poche settimane in un altro ancora
mi induceva a non legare con nessuno in particolare.                                       
Le prime volte che ho dovuto lasciare i miei amici ci rimasi piuttosto male, perciò decisi di non affezionarmi troppo alle persone.                          
Speravo che un giorno saremmo finalmente riusciti a trovare un posto in cui stabilirci definitivamente,
ma fino ad allora avrei seguito quella politica.                                                                                                  
Leo era l’eccezione alla regola, quando lo vidi la prima volta era alle prese con D.J. e la sua cricca.  
Erano i bulli della scuola e chiunque non facesse come volevano loro,
diventava un bersaglio mobile.                                                                                                              
La colpa di Leo invece era stata quella attirare l’attenzione di Andrea
che per lui aveva lasciato Lucas amico di D.J. e suo aguzzino.                    
Qualcosa dentro di me, mi spinse a intervenire e levarlo dalle rogne,
non avevo mai sopportato le ingiustizie e se fossero stati uno contro
uno anziché in quattro avrei sicuramente ignorato la cosa.                                                                                                                  

-Perché non lo lasciate in pace?-  li invitai afferrando quello che poi scoprii chiamarsi  
Adam per un braccio e tirandolo via dalla mischia.                                                                                           
-Di cosa t’impicci tu? Sparisci o sarai il prossimo!-  minacciò con rabbia.                                                                                                                                        
-E se non volessi?- chiesi con la sua stessa arroganza.                                   

-Sei nuovo vero? Lascia che ti spieghi come funzionano le cose qui-  Intervenne D.J. facendosi avanti 
-nessuno ci dice cosa fare, altrimenti fa la sua fine-  aggiunse indicando Leo che cercava di tamponare il naso sanguinante.                        
Per tutta risposta gli mollai un pugno in pieno viso mandandolo a gambe all’aria.                                                                                              
D.J. mi guardò con sorpresa, e così anche gli altri, evidentemente prima d’ora nessuno aveva mai osato sfidarlo,
ma onestamente quello più sorpreso ero io. Quella era la prima volta che facevo a botte, non immaginavo di essere così forte.                         
Si sentì un vocio e la folla che si era radunata sparì in un baleno.   

-Vi voglio tutti in presidenza. Immediatamente!-
   dichiarò una voce autoritaria alle mie spalle.                                                                     
Era un uomo sulla cinquantina con i capelli brizzolati e il viso magro e allungato. 
Portava una giacca marrone e dei pantaloni beige. Una maglietta bianca e scarpe da ginnastica.
Sembrava che quella mattina si fosse vestito con le prime cose che avesse trovato,
invece nei giorni a venire scoprii che quello era il suo stile personale,
accettabile in un giovane ma decisamente inusuale in un uomo della sua età.                                                                                        
Lo seguimmo come mucche al macello. Pensai che era proprio una sfiga farsi espellere il primo giorno di scuola,
doveva essere un record, avrebbe potuto entrare nei guinness.                                                   
L’uomo fece entrare prima il quartetto, chiedendo a me e Leo di aspettare fuori.                
Qualche minuto più tardi i quattro uscirono con dei volti scuri.                     

-Con voi facciamo i conti più tardi!-   promise Adam minaccioso.                                       
Io annuii  pensando che probabilmente non li avrei neppure incontrati se venivo cacciato.                                                                            

-Che state aspettando voi due, un invito scritto?- urlò il Preside dall’ufficio.                                                                                                
Leo e io ci guardammo per qualche secondo e imboccammo la porta.                                                                                                                           
-La farò breve-  esordì puntando il suo inquietante sguardo ora su Leo ora su me 
-sono stanco di queste continue risse, lo so-  disse interrompendo Leo che cercava di spiegarsi 
-so che non sei stato tu a cominciare, ma non posso ignorare il tuo coinvolgimento.
Per questa
volta avrai solo un richiamo,
ma se capiterà ancora mi vedrò
costretto a sospenderti-  lo avvertì aprendo l’agenda che teneva sulla scrivania. 

-Le assicuro che farò del mio meglio per evitare che si ripeta-  promise Leo sperando di riuscire a mantenere la parola.                                     

-Fili in classe adesso, con lei ho finito-  lo informò puntando di nuovo lo sguardo su di me.                                                                         

-Questo sarebbe il suo primo giorno giusto?-  esordì riprendendo a sfogliare la sua agenda.                                                                                       

-Sì- risposi mesto.                                                                                                            

-Sa come farsi notare, devo dargliene atto,
peccato che questa sia una scuola e non un ring-
disse con una certa ironia nella voce.        
Non conoscendolo, non sapevo come interpretare la sua uscita.
Ci pensò lui a togliermi subito il dubbio mostrandomi dei biglietti di box che conservava nell’agenda.
Era quelli che cercava pensai quando me li mise d’avanti.                                                                         

-Dopo quanto ha fatto io dovrei espellerla, non si è mai vista una cosa del genere-  annunciò alzandosi e prendendo
a camminare per la stanza che per altro era grandissima.                         
Lo seguii con lo sguardi aspettando il  “ma”  che sapevo sarebbe seguito.                                                                                                                      

-Però, in considerazione del gesto altruistico verso un compagno in difficoltà,
le voglio offrire la possibilità di rimanere- 
disse tornando a sedersi.                                                                                              
Io lo ascoltavo in silenzio pensando che avrei accettato qualsiasi cosa volesse che facessi. Non volere deludere mamma.                       

-Le propongo di entrare nella squadra di box della scuola, lì almeno potrà sfogarsi senza rischiare di essere punito.
Cosa mi risponde?-  
mi chiese con ansia.                                                                                      

-Se mi permetterà di restare dico sì, assolutamente. Ma  devo avvertirla che non ho mai tirato di box,
il colpo di prima è stato pura fortuna-  
ammisi. Non volevo che si facesse false speranze.                                      

-A questo penseremo noi, lei deve solo promettere di impegnarsi.  
C’è del potenziale in lei, mi creda so quello che dico- riferì l’uomo con convinzione.                                                             
Quel giorno stesso mi presentò al resto della squadra e nel pomeriggio feci la mia prima lezione.                                                    
Erano quasi cinque mesi ormai che frequentavo la Wolfang & Bräun e avevo già vinto diversi incontri contro le squadre del nostro Distretto,
trasformandomi nel pupillo del Preside e l’idolo di tutte le ragazzine facilmente impressionabili.                                       
Non capivo come essere un buon atleta potesse attirare stuoli di  ammiratrici, la trovavo una cosa così superficiale,
e onestamente anche fastidiosa giacché tutte le varie reginette si aspettavano che le scegliessi per partecipare
ai vari eventi organizzati dalla scuola.                            
Un paio di volte ero stato al gioco solo per scoprire che quella tortura non era fatta per me,
come facessero poi gli altri ragazzi a sopportarla era un vero mistero.                                                              
Col mio atteggiamento indifferente dovetti ferire più di un orgoglio, perché non tardarono parecchio a circolare voci sulla mia virilità,
o meglio mancanza di virilità.                                                           
La cosa mi infastidiva non poco, cosa ne sapevano quelle oche di me?
Non volevo essere costretto a stare con qualcuno che non mi piaceva solo per dimostrare quanto si sbagliassero.                                  
Il fatto poi che io e Leo fossimo diventati inseparabili  e che lui rifuggisse Agata come la peste, non fece che avvalorare la lo tesi.      
Nessuno dei ragazzi aveva il coraggio di esprimersi apertamente, ricordavano troppo bene la figuraccia di D.J. ma sotto,
sotto sapevo che pensavano la stessa cosa.                                                                                               

-Ciao signorine!-  ci accolse Camille la peggiore di tutti nonché ex di D.J.                                                                                                                
Doveva bruciarle ancora il mio rifiuto pensai notando l’accanimento col quale diffondeva false notizie.                                                                     

-Ignorala! Sei il primo che la mette al suo posto-  mi consolò Nicole.                                                                                                                     
Era una dei pochi che non ci dava grane. Un tipino simpatico anche se pure lei se ne stava un po’ sulle sue.
L’avevo conosciuta dopo la mia prima vittoria quando mi aveva intervistato per il giornalino della scuola per cui scriveva.                                                     
Faceva piacere che qualcuno fosse dalla nostra parte, anche se era solo una piccola minoranza.                                                                       
Scoprii più tardi che malgrado Nicole fosse un tipo riservato aveva un grosso seguito,
la sua solidarietà in qualche modo riuscì ad oscurare le maldicenze delle reginette.                                                                                                         
C’era ancora qualcuno che ogni tanto faceva battutine o sorrisetti dementi ma la maggior parte era convinto che
a farle parlare fosse la vanità offesa.                              
Un giorno però accadde qualcosa che finalmente tolse il dubbio a tutti. 
Era appena suonata la prima campanella, ognuno di noi si affrettava a raggiungere la propria aula e prendere posto.
L’insegnante di chimica il professor Gros Mann entrò seguito da una ragazza. In quel momento pensai
che fosse la più bella che avessi mai visto.
Rimasi a guardarla per un po’ come in trance.          
Leo mi diede una gomitata nelle costole riportandomi tra loro.                           

-Cosa ti prende?-  domandò  sorpreso dalla mia reazione.                         
Il professore intanto aveva presentato quella visione a tutta la  classe.                                                                                                                

-Mi aspetto che la facciate sentire una di voi-  stava dicendo -prego prendi posto-  aggiunse voltandosi verso la cattedra.  
                                       
-Spostati!-  bisbigliai a Leo.    
                                                                            
-Come?- chiese, non capiva il motivo di quel cambiamento.            
               
-Va indietro, sbrigati!-  ripetei dandogli una spinta. Usai troppa forza e lui cadde a terra.
Leo però fu veloce  a riprendersi e dopo essersi alzato disse:

-Prego accomodati qui!-                                                                                         
La ragazza lo ringraziò e prese posto accanto a me. La guardai attentamente, da vicino era ancora
più bella e poi aveva un profumo  così dolce.
Non credo di aver mai sentito qualcosa di così delicato e inebriante al tempo stesso.                                                       

-Sono Christopher Hahn, ma tutti mi chiamano Chris, puoi farlo anche tu se ti va-  mi presentai trovando un certo autocontrollo.                      
Lei si voltò, guardò prima la mano tesa, poi sollevò gli occhi a   incontrare i miei e allora mi fissò come se avesse di fronte una specie rara.          
Dopo qualche attimo sollevo lentamente la mano e stringendo la mia disse:

-Piacere io sono Bridgit Roth-                                                                

-Il piacere è tutto mio!-  dichiarai  elettrizzato.                                  
Speravo che anche lei fosse rimasta colpita da me come io da lei. Non mi aspettavo certo che mi svenisse tra le braccia.     

_____________________________________________________________________________________________________________________
*ANGOLO AUTRICI*

Vi è piaciuto? 
è troppo lungo?
chi è in realtà Chris? Perchè Bridgit è svenuta?
Cosa sarà successo a Bridgit in quei mesi?
Recensite e ditemi il vostro parere :) le risposte le troverete nel prossimo capitolo.

EL e DONNA xx                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                 
 

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Capitolo 13
*** NEMICI DAL PASSATO ***


                                                   
                                                                                                              (Randulf)

NEMICI DAL PASSATO

DUE MESI PRIMA
POV MAGNUS
 
Erano trascorsi più di quindici anni, di tanto in tanto mi capitava di ripensare a quella notte.
I sensi di colpa mi assalivano al pensiero di ciò che avevo fatto, l’unico modo per metterli a tacere era ricordare che
lo avevo fatto per proteggere tutti. Il mio gesto aveva assicurato la sopravvivenza dell’intera specie.
Per tutto quel tempo avevo creduto di averli uccisi, che eravamo al sicuro dalla profezia. 
Ma ora i segni che preannunciavano il cambiamento si stavano avverando uno ad uno e il
dubbio si insinuò nella mia mente già tormentata.                                                                                                               
Prima la morte di un potente per mano di un semplice mortale, seguito dalla nascita di due gemelli,
cosa mai avvenuta in migliaia di anni e ora quella luna rossa. Era proprio come aveva predetto Farmund. 
Non poteva trattarsi di una coincidenza, eppure lei era sicuramente morta, l’avevo vista bruciare tra le fiamme.        
              
-Cosa vedi?- chiesi ansioso di fare chiarezza.               
                                  
-É giunto il tempo. La sovrana tornerà, creando un nuovo ordine-  mi disse il veggente.                                                                                   
Farmund era un vampiro originale, l’ultimo della sua stirpe ancora in vita, ne ignoravo l’età,
ma lo ricordavo già vecchissimo quando ero solo un giovane vampiro.  
L’originale aveva sempre goduto della piena fiducia dei reali e lui come tutti i miei predecessori non facevo eccezione.                   
                                    
-Cosa intendi? Chi è questa sovrana?- chiesi ancora.  
                                    
-Come l’araba fenice rinascerà dalle sue ceneri e tornerà per occupare
il posto che le spetta per diritto di sangue- 
disse ancora prima di chiudere gli occhi.                                                                                                  
Avrei voluto fargli altre domande, ma Farmund si era già chiuso in meditazione ,
perso in una dimensione che andava oltre il tempo.                                                                                                            
Aveva annunciato l’arrivo di una sovrana, tornata ad occupare un trono suo di diritto,
ma non poteva essere Kyra, lei era morta e se anche così non lo fosse stata il trono non sarebbe andato
a lei ma al fratello maggiore, Valerius o a Drake in caso di sua morte.                                       
In quindici anni di Valerius non si erano avute notizie e Drake non aveva mai rivendicato il suo diritto a governarli,
anzi si era detto addirittura felice che fosse lui ad accollarsi tale onere.                                                                                                       Che esistesse un’altra sovrana? Impossibile!
Dunque doveva trattarsi proprio di Kyra Kraus, ma come aveva fatto a salvarsi?
Dovevano averla aiutata. Mi domandai se ci fosse qualcuno ancora fedele alla famiglia Kraus,
qualcuno disposto a mettere in pericolo tutto il nostro mondo per un’ideologia che li avrebbe condotti all’estinzione.      
                                                                                 
-Folker!-  gridai richiamando il mio fidato braccio destro.        
                         
-Eccomi Magnus, perché mi hai convocato?- mi chiese notando immediatamente che qualcosa turbava il suo re.
                                                   
-L’incubo non è ancora finito. Lei non è morta in quelle fiamme-  Non fu necessario che aggiungessi altro,
Folker comprese immediatamente a chi mi riferivo.                                                           
                                
-Non può essere, l’abbiamo vista bruciare in quell’auto e poi c’è stata l’esplosione.
È impossibile che qualcuno si sia salvato-
 mi ricordò incredulo.                                 
                                                              
-Ho appena visto il veggente, è non sembra del tuo stesso avviso.  
Dobbiamo prepararci al peggio!-
  annunciai con una smorfia.
Era stato tutto inutile, non ero riuscito a fermare l’inevitabile.  
Avevo ucciso un caro amico per nulla.                                                            
                                                
-Non è detto che le cose debbano andare veramente così.
Infondo è una ragazzina tutta sola. Sì ammetto che è stata fortunata a sopravvivere finora,
ma  contro di noi non ha speranze-
 mi suggerì Folker proponendo un’alternativa alla resa.    
                             
-Hai ragione! Se è davvero lei avrà appena superato la transizione,
per quanto forte non è ancora capace di sfruttare al meglio i suoi poteri-
 convenni e facendo un rapido
calcolo mentale stimai che dovesse aver appena compiuto sedici anni.     
                                         
-Stavolta ci assicureremo che non rimangano altro che ceneri di lei.
Rappresenta un pericolo troppo grande per tutti,
anche se è una di noi non possiamo avere pietà- 
aggiunse il mio braccio destro ricordando perché lo facevamo.
                                                        
Organizzare le ricerche era compito di Lazar, una specie di generale dei vampiri.
Era il più abile di tutti a scovare i nostri nemici, che di solito erano cacciatori,  
qualche volta streghe, dare invece la caccia a un vampiro era una cosa che capitava raramente.
Poteva succedere però che qualcuno di noi perdesse del tutto il controllo attirando troppo l’attenzione e allora bisognava intervenire.
Non solo per tenere nascosta la nostra esistenza a coloro che ci sostentavano
ma per evitare visitine da parte dei nostri nemici naturali, gli spietati cacciatori di vampiri. 
                                                                                                                                                                                                               
 
POV RANDULF
 
-Che notizie mi portate?- chiesi ai tre battitori di ritorno per fare rapporto.                                                                                                                                                       
-Li ho rintracciati nella zona di Hessen- mi informò Kurt.
                                                                      
-Cosa aspettiamo allora, andiamo a prenderli-  ordinai scattando in piedi.

-Non è così semplice, li ho persi di nuovo!-  mi confessò infastidito che le sue prede fossero riuscite sfuggirgli.          
                                 
-Maledizione!- imprecai in preda alla rabbia.                                                        
Da quando era stato scelto come nuovo capo dei cacciatori, aveva mietuto un successo dopo l’altro,
liberando il mondo da decine di abomini.                                                                                           

-Avvertite tutti che stiamo per levare le tende- ordinai  aprendo sul tavolino una cartina della zona -mostrami esattamente
dove
li hai persi-  chiesi a Kurt dopo aver congedato gli altri due.                        
Lui mi mostrò la zona, facendomi notare che da lì potevano aver preso più di una direzione.                                                                                
-Sei sicuro che fossero due originali?-  gli chiesi ancora, non riuscendo a credere alla nostra fortuna.
Finora non avevamo mai cacciato uno di loro, era quasi impossibile individuarli,
e adesso ne scovavano addirittura due.
Doveva esserci in ballo qualcosa di grosso se si arrischiavano a muoversi senza scorta.    
                                       
-Più che sicuro, ho visto i marchi delle famiglie-  garantì Kurt.     
              
-Sai chi erano allora?-

-Non saprei con certezza, mi trovavo abbastanza lontano da loro e poi quei maledetti simboli
si assomigliano tutti-
 mi rivelò grattandosi la nuca.                                                                                                  

-Non ha molta importanza sapere chi sono-  lo rassicurai  -quello che conta è non lasciarceli scappare.-

Pochi minuti più tardi eravamo già in strada.
Chiunque ci vedesse avrebbe pensato a un gruppo di campeggiatori o perché no, anche degli zingari.
C’erano sette roulotte che usavamo per lo più per dormire e lavarci, tre Pick-up, quattro quad,
una decina di moto da cross e un furgone con il quale trasportavamo i cani.
Attrezzati com’eravamo potevamo inseguire una preda su qualsiasi terreno,
era praticamente impossibile che ci sfuggisse.                                                                                                                     
Era quasi buio quando raggiungemmo il luogo dell’avvistamento. Il buon senso suggeriva di aspettare l’alba per iniziare le ricerche.
Se Kurt aveva visto giusto e quei due erano veramente degli originali, la notte li avrebbe resi molto più forti di quanto già non fossero.
Andare la fuori era un rischio, ma non volevo che le tracce svanissero, già così trovarli poteva essere un’impresa. 
Afferrai gli occhiali per la visione notturna, pistola lanciarazzi e tutto l’armamentario
che potevo trasportare senza rallentarmi troppo e uscii dalla roulotte.                                                                               
Kurt, Jacob e Marlin erano già pronti vicino ai quad.                                                           

-Questa è la prima volta che affrontiamo degli originali, sarà meglio muoversi in gruppo,
non sappiamo cosa ci aspetta-
 dissi montando sul veicolo e partendo in direzione del bosco.
Gli altri mi seguirono sgommando.  Appena ci inoltrammo nel folto fummo costretti a rallentare per
seguire il sentiero impervio e pieno di buche. I rami degli arbusti  si allungavano chiudendoci il passaggio,
rallentammo ancora di più per evitare di ferirci al volto e alle braccia. 
Meglio non lasciare tracce di sangue con dei vampiri nelle vicinanze. 
Continuando ad avanzare a velocità sostenuta giungemmo in una radura.
Un posto perfetto per dei campeggiatori pensai vedendo i fuochi di bivacco.
Arrestai il quad e scesi ad annusare l’aria. 
Riuscire ad individuare l’odore dei vampiri era una delle tante doti che avevamo affinato negli anni di caccia,
insieme a velocità e forza.                                                           
Ispezionando la zona notammo uno chalet, a prima vista sembrava disabitato da tempo,
ma poi notammo che l’erba sul vialetto era schiacciata, quindi qualcuno ci viveva o quanto meno era stato lì da poco.
Feci segno agli altri tre di girare intorno alla casa in modo da bloccare ogni uscita e mi avvicinai furtivo strisciando tra i cespugli.
Ora avvertivo chiaramente l’odore di quegli abomini, Kurt annuì facendomi capire che anche lui lo aveva sentito.
Eravamo nel posto giusto, tra poco avremmo affrontato due originali. Mi sentivo eccitato e preoccupato allo stesso tempo.
Era la prima volta che lo facevamo, non sapevamo bene come combatterli,
né esistevano resoconti di alti cacciatori che lo avessero fatto. Il desiderio di liberare il mondo da quella piaga fu
sufficiente a spingermi ad agire.                                                     
Avvertii gli altri che stavo per fare irruzione usando il nostro codice fatto di gesti e versi di animali notturni e mi buttai verso la porta.
Ci fu un forte schianto, caddi a terra, mi rotolai subito di lato impugnando la pistola lanciarazzi. 
Anche se potevano uscire al sole i vampiri non sopportavano le luci forti, mi augurai che valesse anche per gli originali.
Ero pronto ad ingaggiare una lotta all’ultimo sangue perciò quando guardandomi intorno scoprii che il posto era stato
già abbandonato ci rimasi molto male. Feci un fischio per richiamare gli altri e ci mettemmo subito all’opera.
Dopo aver controllato tutto lo chalet scoprimmo che li avevamo mancati per poco.
Risalimmo sui quad e tornammo all’accampamento. Mentre raccontavo cos’avevamo scoperto Kurt e
Jacob presero i cani e partimmo alla volta dello chalet. Una volta lì li lasciammo liberi, le bestiole erano ben addestrate,
sapevano cosa cercare e senza perdere tempo presero a trascinarli nella direzione presa dai vampiri. 
Percorremmo molti chilometri, temevo di averli persi ma i cani continuavano ad avanzare spediti,
segno che non avevano perso le tracce, ad un certo punto iniziarono a latrare forte,
così diedi l’ordine di liberarli.                                                                                                      

-Eccoli!-  gridò Marlin indicando tre sagome che si arrampicavano sulla cima innevata.  
Erano due maschi e una femmina, sicuramente degli abomini a giudicare  dalla velocità a cui si muovevano.
Un attimo erano davanti a loro e quello subito dopo non c’erano più.                                    

-Dove diavolo sono finiti?-  chiesi a Kurt appena raggiungemmo la cima.                           

-All’inferno vorrei dirti, ma sappiamo entrambi che non è così!-   mi disse prendendo a calci la neve.

_______________________________________________________________________________________________________________
*ANGOLO AUTRICI*                                                                                                                                                                                   
Che ne pensate?
Nel capitolo precedente parlavamo di due mesi dopo e ora siamo ritornate a prima per spiegare cosa è successo in quei due mesi...
non è ancora finito perciò continueremo ma spero vi sia piaciuto :)
Vorremo sapere cosa ne pensate e se avete domande noi risponderemo prestissimo :D
UN BACIO
EL e DONNA

 

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Capitolo 14
*** REAZIONE INASPETTATA ***


         

Reazione inaspettata

 
Pov Chris

Quella era la prima volta che una ragazza reagiva in
maniera così estrema in mia presenza, onestamente
non sapevo cosa pensare se non che stesse male già da prima.
Di certo non poteva essere colpa mia, in fondo mi ero solo presentato.
Tempo pochi secondi e nella classe si scatenò il putiferio.                                                              
Il prof. Gros Mann si avvicinò scansando tutti gli altri per controllare come stesse Bridgit.
Lei era ancora priva di sensi.  

-La porto in infermeria- disse il prof. intenzionato a prenderla di peso.
Io però lo anticipai tirandomi su con Bridgit tra le braccia.
Ero deciso a portarcela io stesso, per qualche motivo che allora ancora
non capivo ero restio a separarmi da lei. Sentivo che spettava a me prendermene cura.
Un tantino assurdo ma era così.                                                                                                                   

-Andiamo allora!-  disse lui facendo spostare i mie compagni affinché io potessi
passare tra i banchi senza rischiare di farla sbattere da qualche parte.                                                                
Bridgit era un po’ fredda e pallida, probabilmente era malata pensai.
Anche se quando avevo posato lo sguardo su di lei la prima volta mi era parsa il ritratto della salute.                                                     
Arrivammo in infermeria e la signora Bren mi fece segno di stenderla sul lettino.                                                                                  

-Potete andare, mi prenderò cura di lei e avvertirò la famiglia-  disse sbrigativa.
Non vedeva l’ora di liberarsi di noi per poter accudire al meglio la ragazza.                                                                        

-Posso rimanere finchè non si riprende?- domandai d’istinto.

-Non è il caso- rispose l’infermiera.                        
                                         
-Aspetterò fuori, voglio solo essere sicuro che stia bene e poi tornerò in classe, promesso!- supplicai.                                         
Dovetti riuscire a intenerirla perché dopo un attimo di riflessione mi concesse di attendere fuori dalla porta. 
Il prof. rimase sorpreso dalla velocità con cui la signorina Bren era capitolata  dandomi il permesso di restare,
perché aveva la fama di essere un vero mastino. Ma io che la conoscevo bene sapevo che in realtà era una pasta di pane.
Amava molto il suo lavoro e non sopportava di avere scocciatori tra i piedi, però si prendeva buona cura dei pazienti.                                                                                       
Nei cinque mesi in cui ero in quella scuola mi era capitato spesso di avere a che fare con lei,
praticando la box potevano capitare degli infortuni. Anche se il più delle volte ero andato in infermeria
solo per accompagnare qualche compagno messo peggio di me.     
Dovetti attendere più di mezz’ora prima di vederla uscire dalla porta alle mie spalle. 
Ero in ansia per quella ragazza che per me era una perfetta sconosciuta e per quanto
potesse sembrarmi assurdo, mi sentivo anche un pochino in colpa per le sue condizioni.  
Chissà perché non riuscivo a levarmi dalla mente che era colpa mia se era svenuta.                                                                                     

-La tua amica ha ripreso conoscenza, è ancora un po’
stordita ma tutti i parametri vitali sono nella norma-
mi disse placando la mia ansia.

-Posso vederla?- domandai meravigliato dalla mia stessa richiesta.
Stranamente malgrado le parole rassicuranti dell’infermiera sentivo il bisogno
di accertarmi personalmente che Bridgit stesse bene.                                                  
                               
-Solo un attimo, ho avvisato il fratello, sta venendo a prenderla- mi informò prima di farmi passare.                                                         
Entrai immediatamente temendo che cambiasse idea, ma quando mi trovai di fronte a
Bridgit mi mancarono le parole, non sapevo cosa dirle, in fondo ci eravamo appena presentati.
Fu proprio lei a trarmi dall’impaccio parlando al posto mio.      
                                      
-Chris vero?- mi chiese un po’ incerta.                                                          
Annuii contento che anche lei ricordasse il mio nome.                            

-L’infermiera mi ha detto che sei stato tu a portarmi qui e che sei rimasto
ad aspettare mie notizie, sei stato davvero gentile, ti ringrazio-
mi disse con un leggero sorriso.                                                   

-Non è niente, figurati- risposi imbarazzato.                                                    

-Mi dispiace se ti ho fatto prendere un colpo, ma non è niente,
a volte quando sono sotto stress mi capita di andare in panico-
confessò lei.                                                                                                                                              

-Sul serio?-  le chiesi incredulo, era la prima volta che incontravo qualcuno che soffrisse di crisi d’ansia.                                                     

Sì, vedi per me questa è la prima volta che frequento una vera scuola e la cosa mi preoccupa,
non sono abituata a compagni i professori, è tutto così nuovo-
 mi disse imbarazzata.                              
L’unica cosa a cui riuscivo a pensare era a quanto ero stato fortunato che con tutte le scuole
che c’erano nel paese lei avesse scelto proprio quella che frequentavo anche io.                                             
Forse eravamo destinati a incontrarci pensai in un assurdo delirio.                     
Ora mi sentivo veramente stupido, come un personaggio dei  romanzi rosa che s’innamora
a prima vista della sua bella. Eppure mi ritrovai a sperare che il nostro incontro fosse veramente predestinato.
Quella ragazza mi piaceva molto, e non solo perché era bella, era più una
questione di chimica non sapevo come altro spiegarlo. 

 
 
POV BRIDGIT/ KYRA
 
Certo che se volevo farmi notare ci ero riuscita alla grande pensai studiando
il ragazzo che mi stava di fronte. Era stato davvero carino a preoccuparsi per me,
dovevo averlo spaventato a morte quando gli ero crollata tra le braccia.
Che figuraccia! Pensai provando il forte impulso di coprirmi la faccia con le mani.                
Non capivo cosa accidenti mi fosse preso, mi domandavo ancora perché mi fossi sentita
male appena lo avevo toccato. Non poteva essere una coincidenza, doveva dipendere per forza da lui.
Eppure a guardarlo sembrava un comune essere umano,
ma  forse ero io che ancora non riuscivo a distinguere gli umani da quelli delle altre razze.
Infatti come scoprii qualche giorno dopo  la mia transizione, oltre ai vampiri e ai cacciatori,
esistevano anche licantropi, streghe, maghi, elfi, sirene, fate e tante altre                   
creature che avevo sempre considerato frutto di fantasia.                          

-Ti sbagli Kyra è tutto vero, credi forse che noi siamo gli unici esseri sovrannaturali al mondo? 
Ricorda che dietro ogni racconto c’è sempre un fondo di verità-
mi aveva detto Peter
mostrandomi un libro che ne descriveva parecchie specie.                                               
Per me era incredibile che riuscissero a passare inosservate pur conducendo una vita
del tutto normale, ma forse la mia meraviglia dipendeva dal fatto che io non era cresciuta tra i miei simili.
Virginia e Paul avevano fatto del loro meglio ma non sapendo esattamente come era essere un vampiro si
erano limitati a tenermi nascosta al mondo inventando la scusa della malattia.                                                                                                               
Non vedevo l’ora che arrivasse Val così almeno avrei smesso di domandarmi se ero in pericolo
o se invece quello che avevo di fronte a me era un innocuo ragazzo.                                                           
Per un po’ ci guardammo in silenzio e francamente quello fu forse il momento più imbarazzante della mia vita,
anche perché in realtà prima di allora non avevo avuto molte occasioni di mettermi in certe situazioni.                                                                                    
Pensai che potevo ringraziarlo, così almeno avrei rotto quel silenzio.                                                                                                         
Lui mi sorrise sminuendo il suo gesto e in quel momento mi sembrò l’essere più inoffensivo al mondo,
non riuscivo a credere che potesse rappresentare un pericolo per me.                                               
In ogni caso tra qualche minuto sarebbe arrivato Val e mi sarei tolta il dubbio.                                                                                                     

-Come facevi avevi un istitutore privato-   mi chiese dopo la mia rivelazione.                                                                                                            

-Una specie, in realtà era mia madre a darmi lezione, ma io ero stanca di studiare da
privatista così ho dato gli esami e ora eccomi qui- 
gli raccontai. Fin lì era stato tutto facile,
quando era andate per iscriversi a scuola, le avevano detto che avrebbe dovuto sostenere un
esame d’ingresso per valutare il suo grado di   conoscenze e stabilire se poteva frequentare il terzo anno.
Kyra aveva temuto di non essere abbastanza preparata e invece lo aveva superato con il massimo dei voti.
Il Preside si era detto felice di accogliere alla  Wolfang & Bräun una studentesse così brillante e di buone
speranze e le aveva permesso di scegliere qualsiasi corso preferisse anche se erano già al completo
promettendo di trovarle comunque un posto. Fu così che al suo primo giorno di scuola si era trovata nel
corso più frequentato di tutti, quello di chimica. Quando era riuscita a trovare un posto si era detta che
quello doveva essere il suo giorno fortunato, dubitava che il Preside avesse fatto in tempo a far
aggiungere un banco quindi quel giorno qualcuno doveva essere assente.                  
Scesi dal lettino e scoprii con mio grande sollievo di riuscire a muovermi senza
incertezza la testa non mi girava più e non sentivo più quel continuo ronzare come
se fossi alle prese con uno sciame di calabroni.
Non sapevo se aspettare lì l’arrivo di Val e andare
in classe con lui per ritirare le mie cose oppure prenderle
subito e ritornare in infermeria.  Alla fine decisi di rimanere
dov’ero, volevo che mio fratello vedesse assolutamente
Chris ed ero sicura che una volta tornato in classe il signor
Gros Mann non lo avrebbe fatto uscire più, visto che praticamente si era perso tutta la lezione.                        
Fui felice quando vidi la sagoma di Val svoltare l’angolo, un po’
meno quando mi accorsi che dietro di lui c’era anche Peter, ma ormai
mi ero rassegnata alla sua presenza. Ovunque andasse mio fratello lui lo seguiva come un’ombra.

-Come ti senti?- mi chiese raggiungendomi fuori dall’infermeria.  

-Sto bene, tranquillo è stato solo l’ansia-  dissi ripetendo la frottola che avevo propinato a Chris.                                                         

–Sicura?- indagò guardandomi intensamente.                                    

–Al cento per cento- garantii un po’ a disagio per la sua apprensione. 

-Vado a parlare con l’infermiera- annunciò scomparendo oltre l’uscio.                                                                                                          
Peter invece si fermò davanti a noi e ci guardò alquanto sconvolto.                                                                                                          

-Tu non hai tutte le rotelle a posto- mi gridò fissandomi in cagnesco, poi guardando Chris aggiunse
-e tu sparisci ,hai fatto già abbastanza danni, anzi se proprio vuoi farle un favore, lasciala in pace…
altrimenti potresti pentirtene-
lo minacciò freddo.                                                                                                                          
Io rimasi allibita dalla sua reazione, non capivo perché lo avesse trattato così male ,
ma poi ricordai che poteva leggere il pensiero.
Possibile che avesse visto nella mente di Chris qualcosa che lo avesse fatto scattare in quel modo?                                                     
Vedendo che Chris non si decideva a sparire come gli aveva ordinato,
mi prese per il polso tirandomi vicino a se e poi mi mise un braccio attorno alla vita con fare possessivo.
A quel punto non riuscivo a capire se era un modo eloquente per fargli
intendere che ero fuori dalla sua portata o quella fosse una vera scenata di gelosia.                                                                                                                     
Non riuscivo a immaginare che nutrisse sul serio qualche interesse per me,
forse perché io lo vedevo più o meno come un’estensione di mio fratello,
dunque una sorta di consanguineo, però stava reagendo troppo male.                                                            
Chris anziché essere spaventato dalla sua minaccia lo ignorò bellamente rivolgendosi a me.                                                                

-Vuoi che vada via?-  mi chiese con tutta la calme possibile.                    
A essere franchi  non volevo che andasse via, perlomeno non dopo la sfuriata di Peter,
temevo che si facesse idee sbagliate convincendosi che quel prepotente che mi teneva
per la vita fosse sul serio il mio ragazzo, però non mi sembrò il caso di mettere alla prova la pazienza di Peter.

-Lo preferirei- risposi mortificata ricordandomi di uccidere quel arrogante
bell’imbusto che non accennava a mollare la presa.                                       
Quando Chris andò via gli piantai una gomitata tra le costole liberandomi finalmente di lui.                                                                     

-Sei morto!-  sibilai per non essere udita da nessun altro.               
_________________________________________________________________________________________________  
*ANGOLO AUTRICI*
Non abbiamo potuto aggiornare scusateee ma prometto che
lo faremo più frequentemente, forse domani :)
Vi è piaciuto il capitolo?
Vorremmo sapere cosa ne pensate...
_Mich e Donna xx
               
                                                                                                                                                 

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Capitolo 15
*** POTERE INASPETTATO ***



                                           
POTERE
INASPETTATO

POV  RANDULF
 
Quei maledetti mostri erano riusciti a far perdere del tutto le loro tracce.
Ancora non riuscivo a crederci, eravamo la squadra al completo, più i cani e ce l’avevano fatta lo stesso.
Ora capivo perché non mi era mai capitato di sentire di qualcuno che avesse eliminato degli originali.
Non erano come gli altri della loro razza. Erano più forti, più veloci, più agili, più astuti, insomma, più tutto.
Se volevamo sperare di avere la meglio su di loro, tutte le nostre strategie andavano rivedute,
ma per farlo dovevamo conoscerli meglio. Per la prima volta dopo secoli,
da cacciatori dovevamo trasformarci in osservatori.
Ormai avevo deciso, non m’importava quanto tempo dovessimo impiegare per ottenere le loro teste,
la mia squadra avrebbe eliminato gli originali.
Che dei vampiri comuni si occupassero pure gli altri, io avevo già scelto la mia prossima battaglia.                                                                            
Inoltre c’era un’altra cosa che ancora non avevamo capito.
Chi era la vampira che si era unita ai due originali? Perché che fosse anche lei una vampira era ormai fuori discussione.
Riusciva a stare al passo dei suoi compagni senza alcuna difficolta,
cosa che tutti i miei uomini e me compreso che venivamo addestrati fin dall’infanzia,
non eravamo riusciti a fare.
Al primo avvistamento le staffette avevano parlato solo dei due maschi,
quindi era giusto presumere che fossero lì per lei. E se era davvero così,
chiunque fosse, doveva essere molto importante, se degli originali si erano disturbati a
uscire allo scoperto pur di recuperarla. Ma chi poteva essere? Era anche lei un’originale?
Probabile! Ma non si era mai sentito che degli originali facessero la scorta a un altro della loro specie.
Che quella femmina fosse qualcos’altro? Qualcuno molto più importante?
Dovevo sapere, decisi di consultare tutti i testi che avevamo nell’archivio della sede generale.
Erano ore che mi lambiccavo il cervello senza riuscire a venire a capo di nulla e non potevo continuare così.                                                                                                  

-Le staffette hanno trovato una pista- mi informò Erik entrando trafelato. Aveva il fiatone e il viso
paonazzo di chi ha appena compiuto un grosso sforzo. Appoggiò le mani sulle ginocchia e si
piegò in avanti inspirando ed espirando sonoramente.  Ad un certo punto cominciò a tossire forte e
gli feci segno di bere un po’ d’acqua.                                                                                                             
Appena riprese fiato mi indicò sulla cartina la zona dell’ultimo avvistamento,
mostrandomi i vari punti in cui si erano disposti i miei uomini.                                                                                                

-Attendiamo solo un tuo ordine per entrare in azione- riferì uno degli ultimi acquisti della mia squadra.                                                          
Erik era un ragazzo di diciassette anni, che aveva superato da un mese l’ultima prova per essere ammessi nella setta dei cacciatori.
Erano parecchi quelli che intraprendevano quella strada. L’idea di essere dei paladini
dell’umanità allettava molti giovani desiderosi di avventura. Ma solamente in pochi riuscivano  a diventare dei cacciatori. 
La selezione era spietata. Per prima cosa, solo chi era figlio di un cacciatore o una cacciatrice
riusciva a essere ammesso all’addestramento, gli altri per quanto forti e preparati,
mancavano di quelle doti indispensabili che venivano trasmesse soltanto mediante il retaggio genetico.
Difatti noi cacciatori pur essendo assolutamente umani, a causa delle doti che possediamo,
eniamo considerati dagli studiosi delle diverse razze, degli esseri sovrannaturali,
al pari dei mostri a cui diamo la caccia.  Un cacciatore è più forte di qualsiasi altro uomo,
più veloce, ha i sensi più sviluppati, una capacità di analisi paragonabile a quella di un PC,
per non parlare del sesto senso e tante altre capacità ancora. E malgrado ciò, sono veramente
pochi quelli che diventano dei cacciatori. I più mollavano dopo qualche mese, altri entro i primi anni,
ma anche quelli che riescono a ultimare l’addestramento, devono superare un ultimo scoglio.
La prova del fuoco la chiamo io, che consiste nel dare la caccia e uccidere  da solo il primo vampiro. 
Solamente così si diventa cacciatori a tutti gli effetti. In pratica su cento che intraprendono quella strada
alla fine meno di una decina riesce a realizzare lo scopo. Quell’anno era stato ancora più scarso dei precedenti,
oltre a Erik soltanto altri tre ragazzi ce l’avevano fatta. Mi ero affezionato parecchio a quel ragazzo,
un po’ perché lo avevo addestrato personalmente e quindi era il mio orgoglio, ma soprattutto perché
era il figlio dell’unica donna che avessi mai amato. Anche lei era una cacciatrice,
ci eravamo conosciuti durante l’addestramento, ma non aveva mai ricambiato i miei sentimenti,
scegliendo invece il mio miglior amico.  Quando tutti e due erano morti, mi era sembrato naturale
prendermi cura del bambino, crescendolo come se fosse figlio mio. Erano trascorsi sette anni da allora,
ma il dolore per la morte di Abigail non era mai scemato. Però anziché lasciarmi annientare da quella sofferenza,
l’avevo usata per alimentare la mia sete di vendetta, finchè finalmente il mese prima,
eravamo riusciti a rintracciare il mostro responsabile della sua morte. Fu proprio Erik a stanarlo e farlo fuori,
dando finalmente sollievo al mio cuore straziato dal dolore, e superando la prova decisiva.                                                                                                             
Lo seguii fuori dalla roulotte e ci dirigemmo alla mia jeep, qualche attimo dopo eravamo già sulla strada maestra diretti al luogo dell’avvistamento.                                                                                   
Parcheggiai più lontano, poi ci avvicinammo furtivi al furgone di Jacob e ci infilammo dentro.                                                                              

-Ci sono novità?- chiesi prendendo il binocolo che Jacob mi stava passando per guardare meglio l’abitazione.                                                

-Sono appena ritornati- mi disse.                                                                        

-Cosa hanno fatto finora?-  volli sapere curioso di scoprire come potevamo annientarli.                                                                                               

-Questi originali sono dei pazzi devi credermi. Non immaginerai mai come hanno passato la giornata- dichiarò Jacob ancora incredulo.                                                                                                            

-Cosa hanno fatto di così folle?- chiesi, a quel punto mi aveva incuriosito ancora di più.                                                                                         

Ascolta e dimmi tu se non ho ragione, stamattina uno dei due maschi e la femmina sono usciti,
si sono fermati al Coffee Shop e hanno fatto colazione, ma questa non è ancora la cosa strana.
Dopo sono andati in un negozio all’angolo e lei ne è uscita con indosso la divisa di un collegio.
Da quando i vampiri frequentano la scuola?-
mi chiese esterrefatto.                                          

-Questa è nuova anche per me- ammisi non riuscendo a dire altro.
-E poi?-  chiesi intuendo che il racconto non fosse ancora concluso.                                                                                                                  

-E poi lei è andata sul serio a scuola- mi disse sempre incredulo.                       

-Aspetta, riepiloghiamo. Hanno mangiato del cibo comune?- chiesi e Jacob annuì 
-E lei è andate a scuola come una normale ragazza?- continuai tanto per essere sicura di non sbagliare.                  

-Esatto!- mi disse lasciandomi senza parole.                                                

-Siamo sicuri che siano davvero dei vampiri? Finora non hanno fatto nulla che possa convincerci che sono dei succhia sangue. 
Non saranno per caso degli elfi, degli stregoni o ninfe, infondo per molti versi quelle tre razze si assomigliano,
non staremo dando la caccia alle creature sbagliate?-
domandò Erik, che come tutti noi cominciava ad avere le idee molto confuse.                                                                        

-Ma io ho visto i sigilli sui loro colli- ricordò Kurt.                                                      

-Però hai ammesso tu stesso di non aver riconosciuto le famiglie di appartenenza!-  replicai, avevo una tale confusione nella testa.       
In quel momento un’auto parcheggiò nel vialetto di fronte a noi. I tre che tenevano d’occhio scesero dalla vettura,
e dopo aver squadrato velocemente i dintorni, si avviarono verso la porta. Dal punto in cui stavamo appostati,
avevamo un’ottima visuale. Li avevo studiati bene e non somigliavano a nulla che avessi cacciato finora.
Se non li avessi visto in azione nel bosco io stesso, avrei pensato che erano dei comuni esseri umani,
ma li avevo visti,quindi sapevo che in qualche modo quei tre erano più che umani. Sì, ma cosa diavolo erano?                                                              

-Voglio due pattuglie a sorvegliarli, giorno e notte tre cacciatori per gruppo.
Organizzeremo dei turni di guardie, voglio scoprire cosa sono, prima di decidere il da fare- 
ordinai spiandoli con il binocolo.                                                                                                                

POV  VAL

-La signora Bren immagino- dissi rivolto alla donna seduta alla scrivania.                                                                                                     

-E lei deve essere il signor Roth-  ipotizzò lei squadrandomi da testa a piedi, non so se lo avesse capito
per la mia somiglianza con Kyra o perché aspettava solo me.                                                                    

-In persona- confermai allungando la mano per stringere la sua.
Non mi aspettavo certamente che lei ne approfittasse per bloccarmi faccia a muro in una presa d’acciaio.
Chi diavolo era quella? Mi chiesi provando a liberarmi.                                                                            

-Ora tu mi dici cosa ci fate qui o giuro che ti ridurrò in cenere in men che non si dica- minacciò glaciale e io non
ebbi alcun dubbio che lo avrebbe fatto se non soddisfavo la sua curiosità.                     
Non sapevo chi fosse lei, ma era chiaro che lei sapesse benissimo cos’eravamo io e Kyra.
Per fortuna ignorava la presenza di Peter, in due potevamo neutralizzarla.                                                                                    

-Peter!- lo chiamai telepaticamente.                                                            

-Che succede Val?-  mi chiese lui subito allerta.                                                

-Sono nei guai, l’infermiera sa cosa siamo. Mi ha immobilizzato, vieni a darmi una mano-  gli trasmisi mentalmente.                                               
Il tempo di registrare il senso delle mie parole e lo vidi irrompere nella stanza,
Kyra stava alle sue spalle e ci guardava a turno senza capire cosa stesse succedendo.                                                                                                             
Appena vide Peter l’infermiera mollò la presa guardandoci in cagnesco.                                                                                                                                 

-Te lo ripeto di nuovo, perché siete qui?-                                                                   

-Tranquilla non abbiamo cattive intenzioni-
 le dissi tenendo le mani davanti a me per farle capire che non intendevo aggredirla. 

-Cerchiamo una persona e abbiamo motivo di credere che frequenti questa scuola-  rivelai sperando che una volta capito che
non rappresentavamo un pericolo per lei, ci avrebbe aiutati.               

-Chi state cercando?­-  mi chiese per nulla tranquilla.                                 

-Non conosciamo il suo nome, sappiamo solo che è una ragazza bionda e che quasi sicuramente frequenta,
o ha frequentato questa scuola-
risposi sapendo di non averle dato molti indizi.                                                                              

-E perché mai la state cercando?-                                                                              

-L’ho sognata-
rispose Kyra intervenendo  -so che frequenta questa scuola,
perché ho riconosciuto la divisa. Devo trovarla assolutamente, sono certa che lei sappia
qualcosa che possa aiutarmi a capire chi vuole uccidermi- 
ammise mia sorella.                

-Non vi conosco, perché dovrei aiutarvi? Come faccio a sapere che non le farete del male?-  ci chiese per niente amichevole.     
                                                                                                                 
-Perché quando avremo scoperto ciò che vogliamo sapere, ce ne andremo via e tutto tornerà come prima – le risposi semplicemente
sperando che l’idea l’allettasse abbastanza da indurla ad aiutarci nella nostra ricerca.                                                              

-E se lei invece non volesse parlarvi?-  ipotizzò la signora Bren.                                                        

-Lei sai chi è?- le domandai realizzando solo in quel momento che in realtà non aveva mai chiesto altro circa l’aspetto
fisico della ragazza che cercavano, la sua sola preoccupazione era stata scoprire cosa volessimo noi da lei.                                                                  

-Non ho detto nulla del genere-  si affrettò a dire.                                              

-Non ha detto neppure il contrario però?-  le feci notare.                   

-Andatevene, le riferirò che la cercate. Se vorrà parlarvi, sarà lei a farsi viva-  ci disse lasciando intendere
che per lei il discorso poteva dirsi concluso.    

-Le dica anche che è una questione di vita o di morte-  aggiunse Peter restio a cedere tanto facilmente.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          

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