The dawn of a new beginning

di OpheliaBlack
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Famiglie e ricordi- Parte I ***
Capitolo 3: *** Famiglie e ricordi- Parte II ***
Capitolo 4: *** Casa Malfoy ***
Capitolo 5: *** La festa ha inizio ***
Capitolo 6: *** Attacchi ***
Capitolo 7: *** Battaglie ***
Capitolo 8: *** Scacchi e spiegazioni ***
Capitolo 9: *** Piaceri, doveri e buoni propositi ***
Capitolo 10: *** Ritorno a scuola ***
Capitolo 11: *** Necessità complicità ***
Capitolo 12: *** Preludio ***
Capitolo 13: *** Veleni e Fatture ***
Capitolo 14: *** Ipotesi e movimenti ***
Capitolo 15: *** Situazioni complicate ***
Capitolo 16: *** Scoperti ***
Capitolo 17: *** Speranza ***
Capitolo 18: *** Vincere la morte ***
Capitolo 19: *** Decisioni difficili ***
Capitolo 20: *** Natale con sorpresa ***
Capitolo 21: *** Tre mesi ***
Capitolo 22: *** Verità relative ***
Capitolo 23: *** La Profezia ***
Capitolo 24: *** Risvolti inaspettati ***
Capitolo 25: *** Destini incrociati ***
Capitolo 26: *** Resistenze ***
Capitolo 27: *** Gli amanti ***
Capitolo 28: *** Liberazione amara ***
Capitolo 29: *** RINGRAZIAMENTI ***
Capitolo 30: *** The dawn of a new beginning ***
Capitolo 31: *** RIASSUNTO ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Eccomi qui con la mia prima storia=)
Se leggete per la prima volta, vi chiedo di proseguire nella lettura perché i primi capitoli possono sembrare noiosi ma si tratta di mettere le basi della storia e quindi l'azione, viene dopo. Lasciate traccia del vostro passaggio se vi va, mi fa piacere ricevere critiche e opinioni. Rispetto molto i personaggi di JKR e quindi cercherò di seguire al massimo i caratteri generali dei protagonisti.
Se avete già letto la storia, vi invito ad andare direttamente al capitolo 30, dove ho pubblicato un riassunto. La storia poi continua con i nuovi capitoli.  
Buona lettura =)

 
Ne è proprio sicuro Silente?”
Con la voce rotta dalle lacrime che a stento riusciva a trattenere, la stanca e cupa Susan Strongstone chiedeva conferma accarezzando la testa della piccola bambina di otto anni svenuta poco prima, quasi a voler rimanere aggrappata fino all’ultimo alla vana speranza di un destino migliore.
Il fantasma del vecchio Preside della scuola di Magia la guardò tristemente cosciente del fatto che non c’era via di scampo. Con voce calma e rassegnata si rivolse alla donna: “Purtroppo mia cara Susan è il fato che ha deciso. Sono sempre stato fermamente convinto che il destino dipendesse dalle scelte che facciamo, che ne siamo noi gli artefici. Ma aimè, questa volta devo ammettere che le mie credenze sono state in maggioranza distrutte.”
“E’ una profezia molto più antica e dettagliata dell’altra volta, Susan.”
Stavolta a parlare fu un uomo con la barba nera, i capelli lunghi e disordinati, gli abiti dismessi. La donna riconobbe il volto del fantasma alla destra di Silente. Si trattava di Sirius Black, il padrino di Harry Potter ingiustamente accusato di essere un Mangiamorte ai tempi della prima guerra magica.
“Ma lei è una ancora una bambina e anche gli altri. Credevo che il peggio fosse passato…”, stavolta una lacrima increspò il volto di Susan.
“Lo credevamo tutti. Speravo che almeno i miei nipoti potessero vivere una vita serena, una vita di pace…”
Dicendo ciò, James Potter trovò conforto nella vicinanza con la moglie Lily. Erano insieme nella morte e lo sono anche oltre.
Dopo qualche minuto di pesante silenzio, rassegnata e consapevolmente inerme di fronte alla crudeltà del destino, Susan proferì: “Non c’è speranza…farò come mi avete chiesto.”
Nel cerchio di anime che si era formato intorno alla donna e alla piccola bambina si udirono molti brusii, parole dette e non dette, alcuni si accasciarono a terra afflitti, come Remus Lupin, la cui unica consolazione era che il figlio non aveva ereditato il suo gene mostruoso.
In mezzo a tutte queste voci, il timbro autoritario ma sempre tranquillo di Albus Silente, si levò sopra gli altri: “Allora è tutto deciso. A questa dolce bambina verrà affidato uno spirito guida che la porterà sulla giusta strada, verso la più pena coscienza dei suoi poteri e per adempiere lei stessa al suo futuro ruolo. Susan Strongstone”, disse pronunciando il suo nome.
La guardò. I suoi furono qualcosa che Susan non dimenticherà mai.
“Lei si è appena resa partecipe dell’inizio della terza guerra magica.”
Un tuffo al cuore. Ecco cosa sentì Susan all’udire delle parole del Preside. Era la conferma. Era arrivata la resa dei conti.
“Ciononostante”, aggiunse il preside improvvisamente dato che gli spiriti stavano a mano a mano svanendo, “spero di rivederla il più tardi possibile signora Strongstone”.
Un lieve sorriso si disegnò selle labbra di Susan che aggiunse fintamente offesa: “Signorina, prego.”
Quella battuta, detta forse per smorzare la tensione, costituì il piccolo barlume di speranza alla quale Susan Strongstone non volle rinunciare.
 
 

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Capitolo 2
*** Famiglie e ricordi- Parte I ***


“Fa. Dannatamente. Caldo.”

Fred Weasley Jr. non era solito fare discorsi complessi . Figlio di George Weasley, il ragazzo sembrava sulla buona strada per diventare una mina vagante alla pari del  povero zio Fred, il gemello di suo padre rimasto ucciso durante la seconda guerra magica. Fortunatamente, nel giovane Weasley, c’era un poco di componente genetica della madre Angelina Johnson, forse la donna più santa e paziente di tutto l’universo, decisamente più tranquilla del marito.  Erano anni che tentava di addomesticare la sua famiglia, purtroppo con scarsi risultati da parte della figlia più piccola Roxenne( lei era una mina già esplosa da tempo, quasi incontrollabile). Fred Jr., nonostante la vicinanza con un altro scavezza collo come James, si poteva dire che fosse un tipo vivace, molto, molto, vivace nei limiti della normalità. Per sua madre, visti i precedenti dei gemelli Weasley e  di Roxy, era il figlio decisamente  meno impegnativo.

“Wow, cugino…che affermazione illuminante. Mi chiedo come mai il Cappello Parlante ti abbia smistato a Grifondoro. Meritavi di certo di finire tra le acute menti Corvonero.”

 Ecco il solito Al.

Albus Severus Potter, sarcastico e tagliante fino al midollo. Il suo secondo nome, diceva sempre nonno Arthur, è più che azzeccato: molte sue frasi, espressioni facciali e comportamenti,  ricordavano vagamente il professor Piton, il temibile insegnante di Pozioni di suo padre, uno dei presidi più valorosi e coraggiosi di Hogwarts.

Fred Jr. si alzò lievemente dalla sedia su cui era malamente seduto e con un tono sprezzante disse:

“Io tra quei fanatici? Per carità preferirei morire che essere come Ro…ROOOOSYYYY CARISSIMA”

Un’ accigliata e visibilmente infastidita  Rose Weasley spuntò di fronte ai due ragazzi reggendo un vassoio carico di thè freddo.

“Come chi non vorresti essere Freddy caro?”

Fred conosceva bene sua cugina Rose. Figlia di Ron Weasley e Hermione Granger, aveva decisamente ereditato il cervello della madre e anche il suo caratterino tutt’altro che accomodante. Cercò quindi di sviare il discorso:

“Grazie per il thè Rosy, sei così premurosa e gentile. Ora prendo la scopa e volo a chiamare James e zio Ron.”

Detto ciò, il ragazzo afferrò la scopa e sfrecciò in alto, il più lontano possibile dalla probabile furia della cugina.”

“Quel ragazzo è incorreggibile.”

“Credo anch’io cuginetta.” Nel dire ciò, Al concesse a Rose uno dei suoi rari sorrisi, rari perché erano davvero poche le persone che avevano avuto la fortuna di essere colpite da quel sorriso sincero e furbo del giovane Potter.

Rose sorrise di rimando al suo cugino preferito e guardando in alto vide le pericolosissime manovre che quei 3 folli esibivano a più di 30 metri da terra.

“Si ucciderà ne sono certa.

“Rose, Fred sarà anche…beh Fred, ma forse l’unica cosa che è in grado di fare è volare. L’anno scoro è stato il miglior battitore del torneo.”

“Lo so benissimo. Infatti non mi riferivo a lui ma a quell’uomo di mezza età che dovrebbe corrispondere alla definizione di “mio padre”. Per Merlino! Ma quanti anni crede di avere? Sedici? La mamma lo dice sempre, prima o poi lo andremo a riprendere a pezzi al San Mungo, e di certo non sarà colpa di un criminale a cui da la caccia!

“Immagino già i titoli dei giornali: ‘Auror che combatté contro il Signore Oscuro, trovato in mezzo alle sterpaglie con la scopa distrutta a causa di una Finta Wronsky*’. La degna conclusione di una carriera direi..ahahaha”

“Non ci trovo nulla da ridere  Al!!!”

Vedendo che i tre non accennavano a scendere la “proverbiale pazienza di Rose Weasley prese il sopravvento:

“Ehi voi!!! Sarà meglio che portiate i vostri sederi da grandi giocatori di Quidditch  a terra nel giro di dieci secondi, oppure giuro che vi lancio una fattura a costo di finire ad Azkaban!!!”.

“Così fine, così educata…” disse sornione Al

 ”AH AH AH” Rispose ironicamente Rose che, visto il caldo insopportabile di quel 15 luglio, decise di rientrare in casa.

La Tana era rimasta sempre la solita, anzi con qualche lavoretto di zio Harry e suo padre era migliorata decisamente rispetto a come se la ricordava da bambina.

 Sempre affollata da parenti e amici, non era di certo un luogo dove si poteva stare tranquilli, e questa forse era l’unica pecca che Rose riscontrava nella sua vita. Troppe persone.

Non che non volesse bene ai suoi mille cugini e zii anzi, non avrebbe mai potuto immaginare una vita senza di loro, ma a volte, la solitudine non le dispiaceva. Il silenzio di una stanza al fresco, leggendo un libro, accarezzando il suo gatto rosso Ginger, era ciò che più le mancava di Hogwarts.

Prima di arrivare in cucina si soffermò a guardare il suo fratellino Hugo e la sorellina di Al e James, l’ultima dei Potter, Lily. Erano delle piccole pesti, ma  in quel momento erano troppo presi dagli scacchi e quando si giocava a scacchi, non erano ammesse distrazioni.

Come sono carini. Tra poco più di un mese, cammineranno anche loro tra i corridoi di Hogwarts.

Guardando gli studenti del futuro, Rose si ritrovò a pensare al suo primo giorno di scuola, quasi 4 anni fa…

 

“Rose Weasley”

Minerva McGrannit aveva appena chiamato il suo nome.

“Ok Rose, ce la puoi fare. Dopotutto è solo un cappello, un vecchio cappello pieno di rattoppi. Si, un vecchio cappello che deciderà del mio futuro per i prossimi setti anni….Santo cielo!!! Come possono affidare ad un maledettissimo cappello parlante il destino di centinaia e centinaia di giovani maghi?!?! Mi manca l’aria, e sto iniaziando a parlare da sola come mia madre!!! Una cosa è certa non sarò mai una Grif...AHHHH”

Il monologo di Rose fu bruscamente interrotto, nel momento in cui la sua faccia si trovò spiaccicata al pavimento della Sala Grande che, come era prevedibile, scoppiò in una fragorosa risata generale.

Ohhh fantastico!!! Bella mossa Weasley… come inizi bene l’anno tu nessuno…

Cercò di ricomporsi nei limiti del possibile e raggiunse lo sgabello dove la professoressa le poggiò il cappello sulla testa:

“AHHHHHHH UNA NUOVA WEASLEY!! Vediamo…mmm…vedooo..intelligenza, molta intelligenza, portata per lo studio, voglia di apprendere, di conoscere ogni particolare di ciò che la circonda…”

Per adesso va tutto bene. Decisamente una descrizione che mi appartiene.

“…ma”

Miseriaccia.

“un caratterino degno di tua madre, troppo ligia al rispetto delle regole, rigida, introversa e scontrosetta…”

Scontrosetta???!

“..ma dove ti metto??? Tassorosso è escluso, Serpeverde forse…mmm..nono credo che la casa giusta per te sia…CORVONERO!”

Corvonero…beh si potrebbe piacermi.

Con questo pensiero e un sorriso sulle labbra, si diresse verso il suo tavolo, la sua seconda famiglia…

 

“Roseee!!!Puoi venire in cucina per favore?”

“Arrivo mamma!!”

 

 

 

“Ehi Al!!! C’è un gufo per te!!!”

L’urlo di suo fratello James, che aveva visto il gufo arrivare da lontano, impedì ad Albus di addormentarsi sul portico.

Un esemplare stupendo di gufo reale, planò sopra la sua testa, facendo ricadere sulle sue gambe una busta di carta pregiata, sigillata a caldo.

Appena Al scorse lo stemma del sigillo, un sorriso gli dipinse immediatamente il volto.

Incredibile. Se n’è ricordato.

Pensò divertito Albus Potter, cosciente del fatto che Scorpius Malfoy era un ottimo amico, ma aveva un problema enorme nel ricordare date e ricorrenze e di certo, non sperava ricordasse che il giorno dopo sarebbe stato il suo compleanno:

 

 

 

 

Ehi Al!!!

 

Togliti immediatamente quel ghigno e quell’espressione stupita della faccia e lo so che le stai facendo. Sono un migliore amico degno di essere chiamato tale, che ricorda compleanni, cibo preferito, colore preferito…no ok…cancella quest’ultima affermazione. Ne va della mia virilità.

Mi dispiace non poter venire a trovarti, anche se sono quasi certo che la famiglia Potter- Weasley non mi avrebbe invitato al banchetto di nonna Molly!

Anche Kòre ti augura buon compleanno e aggiunge, testuali parole:” Porta i miei saluti a tutta la tua famiglia, anche Fred e James.”. Io, mi dissocio dall’ultima parte della frase…

Ebony è in vacanza chissà dove nel mondo dei Babbani fino alla settimana prima dell’inizio del nuovo anno, ma mi ha scritto ordinandomi di farti gli auguri a suo nome e, porge i suoi saluti e i suoi più sentiti insulti a Fred e James (mi rifiuto di riportare le colorite parole spese soprattutto per James).

Spero di poterti vedere prima dell’inizio delle lezioni; chissà magari convinco mio padre a farti venire qui al Manor il week-end prima della partenza.

Solo tu però. Non so che gli hai fatto amico, ma sembra avere una vaga stima e sopportazione solo per te, tra tutto il “Clan”.

Ancora auguri amico mio, e salutami la Weasley. Dille che potrà godere della mia soave presenza  e indiscutibile bellezza molto presto e che sto contando le ore.

 

Scorp

 

“Ahahhahaha” . Ogni lettera di Scorpius faceva ridere Al, in un modo o nell’altro.

In questo caso aveva provato ad immaginare le possibili offese di Ebony nei confronti del  maggiore dei figli Potter. Quella ragazza, ragazza…Ebony era certamente una ragazza. Una bella per di più. Ma i suoi modi erano, come dire, un po’ esagerati e per nulla femminile.

Sorrise, al pensiero della dolce Kòre che, nonostante tutte le offese e le angherie che doveva sopportare da parte quelli che venivano considerati gli eredi di Sirius Black e James Potter Senior, rispettivamente suo cugino e suo fratello , non aveva ancora rinunciato a cercare di avere un rapporto per lo meno rispettoso.

Albusb tollerava gli scherzi che puntualmente colpivano Kòre ma non tollerava l’odio che quei due provavano nei suoi confronti.

Se c’era una cosa che i loro genitori gli avevano insegnato, era il rispetto e soprattutto giudicare le persone per chi sono e non per quello che fanno o hanno fatto le loro famiglie. E lui aveva preso alla lettera le parole del padre, anche fin  troppo.

Era diventato il migliore amico di Scorpius Malfoy, era un Serpeverde ed era buon amico di Kòre.

Era stata lei dopotutto a far avvicinare i due ragazzi. Fin dal primo giorno di scuola, sul treno per Hogwarts…

Ma dove diavolo si è cacciata Rose ???

Albus Potter era nel panico più totale. Era solo, su un treno pieno di gente che lo guardava come fosse un Troll gigante, un misto di riverenza, timore e curiosità.

Contare su suo fratello maggiore era un’ assurdità, aveva perso pure lui chissà dove.

Ma perché capitano tutte a me?

Giusto il tempo di pensare questa frase, si ritrovò disteso nel corridoio del treno sotto gli sguardi divertiti di…chiunque.

Qualche mente geniale aveva ben pensato di rovesciare Biglie Slittanti per  tutto il convoglio. Fu in assoluto il momento peggiore della vita di Al. Era ufficialmente uno sfigato.

Era immobile Albus, l’autocommiserazione aveva preso il sopravvento su di lui.

Passerò la mia vita qui, nel corridoio del treno, pieno di germi. Gli studenti passeranno sopra il mio cadavere e..

“Hai intenzione di morire steso lì per terra?”

Alzò lo sguardo da terra e sopra la sua testa vide una ragazzina dai capelli biondi, che le ricadevano disordinati sul viso. Gli occhi grandi, color nocciola, scrutavano Al.

“Dai alzati primino.”

Gli allungò la mano e lo aiutò a rialzarsi.

“Stavo cercando uno scompartimento libero, quando sono inciampato in queste stupide biglie..”

“Beh l’hai trovato, cioè non è libero ma puoi stare con noi. Dai entra”

Solitamente lo schivo Albus avrebbe rifiutato, ma quella ragazza gli ispirava fiducia e simpatia.

Non appena entrò però, si ricredette: appoggiata al finestrino, c’era una ragazza che riconobbe all’istante. James e Fred ne avevano parlato molto durante le vacanze estive. E, poco ma sicuro, non erano parole di stima.

“Oh buongiorno. Allora sei tu l’artefice delle risate che sentivamo.”

Gli rivolse un sorriso e miseriaccia  pure il suo sembrava sincero.

“Già…”

Fu l’unica parola che il cervello di Albus riuscì a partorire.

Non appena distolse lo sguardo dalla ragazza, sentì la terra mancargli sotto ai piedi

Non è possibile!!! Sono davvero uno sfigato!!!

Di fronte, stava niente meno che Scorpius Hyperon Malfoy.

Questo era uno di quei momenti in cui Albus Severus Potter avrebbe preferito fuggire in Romani con lo zio Charlie a cercare draghi, piuttosto che stare in quello che era, di fatto, un covo di Mangiamorte.

 

To be continued…

 

 

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Capitolo 3
*** Famiglie e ricordi- Parte II ***


“Alla Tana. Albus Severus Potter”, ordinò Scorpius Malfoy ad Ánghelos, il gufo di famiglia.

Aveva scritto quella stessa mattina all’amico Albus Potter, per augurargli buon compleanno dato che, come sempre, non avrebbe potuto portargli i suoi omaggi di persona.

Volendo, il giovane figlio di Draco Malfoy, si sarebbe potuto recare alla Tana. Suo padre infatti, aveva per così dire “accettato” l’amicizia che legava il suo unico erede al secondo genito di casa Potter. Aveva preso in simpatia Albus, evento storico per uno come suo padre, che mal sopportava persino i suoi vecchi compagni di scuola.

Non si sa per quale motivo: sarà perché Albus era stato fino ad allora l’unico tra la famiglia Potter - Weasley ad essere smistato Serpeverde, sarà che l’odio di suo padre nei confronti dei Potter con gli anni era affievolito, sarà per via del carattere di Al, furbo, scaltro e calcolatore che erano tutte doti largamente apprezzate da Draco, sarà per qualsiasi altro motivo. Sta di fatto che a  suo padre piaceva e  non avrebbe avuto nulla in contrario ad ospitare Albus per un po’ prima che iniziassero le lezioni.

Spesso chiedeva informazioni al figlio riguardo lo stato di salute dell’amico e ricordava con piacere il natale passato da Al a casa Malfoy l’anno precedente.

“Puoi invitare Potter quando vuoi Scorpius, anche a tua madre farebbe molto piacere”. Eh sì, Albus aveva fatto colpo pure su Astoria Malfoy, la magnifica coniuge di Draco.

Tuttavia, i due ragazzi avevano deciso di comune accordo, di non scombinare troppo l’ordine delle cose. Vero che la guerra era finita da tempo e che i Mangiamorte erano stati catturati o uccisi o si erano comunque rendenti. Vero anche che i rispettivi capo famiglia, Harry Potter e Draco Malfoy, avevano messo una pietra sopra sul passato, garantendo un sostanziale quieto vivere.  Anche se potevano sembrare condizioni perfette, c’erano ancora molti ostacoli da superare, risentimenti e rancori ancora vivi nei cuori di entrambe le famiglie, vecchie situazioni irrisolte e ferite aperte. Ma i due ragazzi erano sulla buona strada per risanare tutti i piccoli conflitti ancora aperti, anche se non pretendevano certo di unire due famiglie così diverse, così agli antipodi.

Scorpius sorrise al ricordo del suo primo incontro con quello che sarebbe diventato il suo migliore amico. Era il suo primo giorno, sul treno che l’avrebbe portato ad Hogwarts…

 

 

…“Vedrai Scorp! Hogwarts è mitica! Basta solo che non ti ficchi in qualche guaio…ma guardati! Sei così spaventato che non c’è pericolo che tu faccia stupidaggini!”, lo canzonò Ebony Autumn, migliore amica di Kòre.

“Ebony dai smettila di spaventarlo! Non si preoccupi Signorino Malfoy, andrà alla grande!”E nel dire ciò sorrise a Scorpius, che subito si tranquillizzò e rispose: “Kòre, ti prego non siamo al Manor, non sei una cameriera adesso. Sei una studentessa, di un anno più grande per di più, sono solo Scorpius”

“Hai ragione scusa. È solo che ho passato le ultime due settimane a doverti chiamare padroncino Scorpius o Signorino Malfoy e a darti del lei…avevo preso l’abitudine”.

Prima che Scorpius potesse rispondere, Ebony gli lanciò uno sguardo talmente truce e carico di rabbia che a confronto, suo padre era un cerbiatto indifeso.

“COSAAAAAA??? COME OSI RAGAZZINO VIZIATO!!!SENTI, BIONDINO ALTO UN METRO E TRENTA COME PUOI PERMETTERE CHE KÒRE SI RIDUCA COSÍ!!! SBAGLIO O SIETE CRESCIUTI INSIEME?? DOVRESTE ESSERE AMICI SE NON ADDIRITTURA FRATELLI!!!SE SENTO UN’ALTRA VOLTA QUELLE PAROLE…”

Grazie al cielo Kòre frenò la sfuriata dell’amica intervenendo:

“NONONO, Ebony, hai capito male lo giuro. Io e Scurpius come hai detto tu siamo praticamente fratelli, i suoi genitori non mi trattano di certo da cameriera. Solo che nelle ultime settimane di vacanza sono venuti a trovarci i nonni di Scorp e loro ecco come dire…”

In suo aiuto intervenne Scorpius, che con il solito tono ironico, sbrigativo spiegò:

“Sono degli Ex-Mangiamorte fissati con la storia della purezza del sangue e la superiorità della nobile casata Malfoy e bla bla bla…quindi non potevamo trattare Kòre come al solito, dopotutto anche lei è una specie di  Mezzosangue. Ha dovuto fingere di essere una scomoda ed indesiderata cameriera, che si trovava li solo per buon cuore di mia madre”, concluse il ragazzino, citando le stesse parole di sua nonna Narcissa.

La ragazza sembrò calmarsi e il colore del suo viso torno sulle normali tonalità rosate di sempre.

“Bene ora che è tutto chiarito, Ebony, come hai…”. Non fece in tempo Kòre a finire la domanda, quando un improvviso tonfo seguito da un turbinio di  risate portò l’attenzione dei tre al di fuori dello scompartimento.

“Ma che diavolo….”disse Ebony, che successivamente aprì lo sportello.

Scorpius e Kòre rimasero seduti in attesa di sapere chi o cosa avesse provocato un tale baccano. I dubbi furono presto risolti non appena Albus Severus Potter fece il suo ingresso.

Scorpius ricorderà per sempre il volto che si dipinse sul volto del povero Al,

segnato dal panico provocato dalla consapevolezza di trovarsi nello stesso luogo e a stretto contatto con parenti stretti di ex  Mangiamorte e di non avere vie d’uscita.

“Oh buongiorno. Allora sei tu l’artefice delle risate che sentivamo.”, furono le parole che Kòre gli rivolse subito dopo. Tuttavia Albus, doveva aver già capito chi era effettivamente Kòre e quindi, dalla sua bocca, uscì a stento un cenno d’assenso.

“Il poverino si è ritrovato faccia al suolo! Dovevate vedere che faccia…comunque piacere, io sono Ebony Autumn, secondo anno, e loro sono..”

Ma prima che potesse proseguire nelle presentazioni Albus si riscosse dal momentaneo stato catatonico nel quale era riversato e bruscamente disse:

“So benissimo chi sono…sono Albus Potter”

Lo sguardo prima stupefatto di Kòre  poi quello sbalordito e, Scorpius lo sapeva bene, infastidito di Ebony, lo spinsero ad intervenire per primo:

“Beh, anche se ci conosci, non vogliamo essere scortesi. Scorpius Malfoy, infelice di fare la tua conoscenza.

Eh si, l’inizio non fu dei migliori, ma quando si trattava di espressioni taglienti, Scorpius e Albus, davano il meglio di loro.

“E così sei il fratello minore di James! Beh, effettivamente un po’ gli somigli…ma guarda che fortuna! Sei al primo anno anche tu come Scorpius, potreste diventare amici!”

Non c’è che dire, a volte Kòre, faceva seriamente dubitare a Scorpius delle facoltà magiche del Cappello Parlante. Era una Corvonero, una delle più promettenti studentesse di Hogwarts, eppure se ne usciva con delle assurdità del genere.

Prima che uno dei due potesse rispondere, Ebony, in tono di sarcastico ma che non nascondeva un deciso risentimento, chiese:

“E…di grazia…mini-Potter, come faresti a conoscere Kòre? Perché, Scorpius, è ovvio che tu lo sappia…è facilmente riconoscibile...invece Kòre… da cosa lo hai dedotto? Dal suo occhio viola vero? Tuo fratello non avrà di certo mancato di descrivere nei minimi particolari, quell’essere orribile che è Kòre Dolohov?”

“Ebony, piantala.” Kòre aveva abbandonato il suo solito sorriso per fare spazio ad uno sguardo di rimprovero nei confronti dell’amica.

“Rispondi Albus Severus Potter” “O i figli e nipoti  di ex Mangiamorte non sono degni di una tua parola?”

Albus rimase pietrificato davanti alla fermezza e alla purtroppo veridicità delle parole di Ebony. Quante volte suo fratello e soprattutto suo cugino, gli avevano raccontato gli scherzi, le offese e tutto il dolore che infliggevano alla ragazzina, solo perché era la nipote  di Dolohov? Non era stato difficile, riconoscere nella strana ragazza con un occhio marrone scuro, quasi nero, e l’altro inspiegabilmente viola, Kòre Dolohov, figlia illegittima del figlio, anch’egli illegittimo, di Antonin Dolohov, tale Ater Dolohov.

“Adesso basta.”

Fu Kòre stessa a parlare di nuovo, molto più autoritaria di prima.

“Ebony, per favore, ti dispiacerebbe andare a comprarmi delle Cioccorane? Avrei un certa fame..”

Nonostante Kòre utilizzò una forma di cortesia, i suoi occhi, come sicuramente notò Ebony, lasciavano intendere che quella non era una richiesta, ma un chiaro ordine.

“Bene…come vuoi tu..”. Dicendo ciò la ragazza si alzò e, con poca grazia, uscì dallo scompartimento.

“Devi perdonare Ebony…”, esordì Kòre, che nel frattempo aveva riacquistato il controllo della situazione: ”E’ solo che per lei sono come una sorellina…e spesso sente il bisogno di proteggermi, quando sa benissimo che non è necessario…ma è comunque piacevole, non trovate? Poter contare così tanto per qualcuno, tanto da mettersi contro praticamente beh…gran parte del mondo direi…” Queste ultime parole, sia ad Albus che a Scorpius, fecero uno strano effetto. Dette con il sorriso, ma dalle quali traspariva chiaramente la tristezza e il disagio che provava Kòre.

Era una vita che non aveva scelto, ma che aveva accettato e che voleva a tutti costi rendere migliore.

“Credo che andrò a controllare che Ebony non abbia sfogato la rabbia su qualche poveretto a caso…voi mi raccomando, non vi uccidete.”

Entrambi i ragazzi si guardarono sconcertati e, per la prima volta, si scambiarono un mezzo sorriso.

Non appena la ragazza uscì, un silenzio imbarazzante invase lo scompartimento.

Beh, Al, ti sei sempre vantato di essere diverso da tuo fratello. Sarebbe il caso di provarlo. Magari non è così male questo Malfoy.

Se divento davvero amico di un Potter, mio padre mi ammazza. Un Avada, veloce e senza nemmeno sporcare per terra. Ma io voglio essere diverso. Diverso da quello che tutti si aspettano.

“La tua amica, è un po’ schizzata.” Fu Al il primo a parlare, la sua voce risuonò un po’titubante. Ciononostante, non sembrava provocatoria o offensiva.

“Ebony o Kòre?”

“Entrambe direi…”disse Al pensandoci un po’ “con la differenza che la bionda mi mette paura…”

Una risata. Scorpius Malfoy rise di gusto a quell’affermazione che tanto sembrava assurda.

“Beh?? Che c’è da ridere?” domandò Albus, seccato dalla reazione del biondo.

“No no no niente…è solo che…ti fa più paura Ebony della nipote di Dolohov o del figlio di Malfoy?”

“Ma l’hai vista bene quella? Voleva cruciarmi prima…e poi, James e Fred mi raccontano di quanto quella ragazza sia una specie di pericolo ambulante. Gli ha dato del filo da torcere a quei due l’anno scorso. Anzi adesso che ci penso, dovrei ringraziarla!! Gli ha fatto decisamente abbassare la cresta.”

“Si hai ragione. Anche Kòre mi raccontava quest’estate delle vendette messe in atto da Ebony. Ha paragonato la sua furia a quella di un Gigante rimasto senza cibo per 3 mesi…”

Iniziò così. I due cominciarono a ridere, a fare battute su Ebony, James e Fred, a raccontarsi aneddoti di ogni tipo.

Quando Ebony e Kòre fecero ritorno nello scompartimento, li trovarono piegati a pancia in giù dalle risate.

 “Vedi Ebony? Te lo dicevo io che sarebbero andati d’accordo!”

“Un Potter che forse non è un completo deficiente? Ho i miei dubbi ma, vedremo.”

 

 

“Scorpius!!!”

“Dimmi Kòre”

“Che facevi?”

“Niente. Ho scritto ad Albus e nel farlo, mi sono tornati in mente molti ricordi…rammenti quattro anni fa?”

Kòre sorrise. Certo che lo ricordava. Come dimenticare l’inizio della grande amicizia di quei due?

“Certamente.”

“Sai quando dicesti che saremmo potuti diventare amici, ho dubitato della tua sanità mentale, seriamente.”

“Ricorda bene, Malfoy, che le mie prime impressioni, sono sempre esatte! Io non sbaglio mai.”

“Su quell’idiota di un Weasley però ti sei sbagliata.”

Tasto dolente.

Kòre era convinta che in Fred Weasley si nascondesse chissà quale grande personalità, quando in realtà avrebbe dovuto odiarlo. Lui, la odiava.

“E’ solo questione di tempo” disse tristemente “vedrai, prima o poi, riuscirò a fargli cambiare idea sul mio conto! E sul tuo!”

“Grazie ma del rispetto di Fred Weasley me ne faccio un gran poco.”

“Tu ed Ebony siete incorreggibili.”

 

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Capitolo 4
*** Casa Malfoy ***


“Albus!!!!”

La voce di sua cugina Rose lo riscosse dai suoi pensieri.

“Ehi, Rose!”

“Beh, che hai tanto da sorridere Potter?”

“Sempre sulla difensiva Weasley, non posso essere felice del fatto che possa condividere attimi della mia vita con la cugina migliore che si possa desiderare?”

“Si come no…fatico a credere alle lusinghe di una serpe...a proposito, Malfoy è ancora dotato di organi respiratori?”

“Credo proprio di sì"

Rose con un’ espressione delusa e amareggiate disse:

“Che peccato!!!”

Se c’era una persona che Rose non riusciva proprio a sopportare, era Scorpius Malfoy. Per la gioia di Ron Weasley.

Albus non riusciva a capirne il motivo, ma si era comunque fatto un’ idea delle possibili motivazioni che spingevano sua cugina a volere la morte lenta e dolorosa del suo migliore amico.

Forse era la gelosia che Rose provava nei confronti del cugino. I due erano praticamente cresciuti insieme e, come da piccoli, anche ora erano inseparabili. Il fatto che lui avesse trovato qualcun altro con cui confidarsi, con cui condividere stralci di vita, aveva fatto temere a Rose di perdere il rapporto speciale che si era costruito con il passare degli anni.

Un altro motivo, poteva essere il fatto che Scorpius, obbiettivamente, godeva nel mettere in ridicolo la povera Rose.

Non sapeva nemmeno spiegare ad Albus il perché, ma prendere in giro sua cugina, vedere il suo volto tingersi di rosso, gli occhi schizzargli fuori dalle orbite, sentire le sue urla e i coloriti insulti che ella riservava solo a Scorpius, divertiva l’amico immensamente. Dopo il Quiddich, era il suo passatempo preferito.

Anche se quei due si odiavano, dovevano comunque sopportare, o almeno fingere di farlo, la presenza l’uno dell’altra, dato che Rose era diventata buona amica anche di Ebony e soprattutto Kòre.

Albus, che aveva rinunciato da tempo a cercare di farli andare d’accordo, si divertiva a punzecchiare entrambi:

“Rose, Rose, Rose”, disse con fare solenne “tutto questo interessamento a Malfoy mi stupisce. Com’è che dice sempre nonno Arthur? Chi disprezza, ama?”

Il viso di Rose si tinse del solito rosso accesso, che preludeva ad una delle sue solite sfuriate:

“ALBUS SEVERUS POTTER!!! Non ti permetto di sproloquiare certe illazioni!!!”

Albus rise di gusto, poi riprendendosi, rispose tranquillo:

“Okokok, non ti far venire un infarto cugina, stavo solo scherzando. Comunque ho appena finito di leggere una sua lettera e l’ultima parte è tutto per te.”

Dicendo ciò porse la lettera a Rose che subito focalizzò la sua attenzione sulla parte finale del foglio.

“Borioso, pompato, cervelloditrollcoccodimammafigliodipapà”.

Le ultime parole furono dette così velocemente che Albus fece fatica a comprenderle, anche se era sicuro si trattassero di insulti.

“Come fai a sprecare il tuo tempo con un tale…un tale…”

Un'altra strana situazione che si presentava quando Rose parlava di Scorpius. Rimaneva spesso senza parole. E per la degna figlia di Hermione Granger, era un avvenimento più che straordinario.

“D’accordo, Rose.”, dicendo ciò strappò dalle mani della ragazza la lettera “è ora della merenda se non sbaglio, coraggio.”

Rose guardò accigliata il cugino e sbuffando disse: “Si bravo, difendilo sempre tu!”.

 

 

 

Le cucine di villa Malfoy erano il luogo dove in assoluto, Kòre e Scorpius, passavano il tempo  più volentieri.

Si trattava di una grande stanza, sempre piena di gente che correva avanti e indietro, stracolma di cibi e bevande, dove aleggiava sempre un pizzico di caos, un caos bello, di persone che parlavano, scherzavano insieme e da dove si dirigeva tutta l’organizzazione della casa.

 Era una sorta di “quartier generale” della servitù.

Prima della legge contro lo sfruttamento degli elfi domestici, (portata avanti dalla zia di Albus, Hermione Granger), i domestici che fino a non molto tempo fa avevano abitato e tenuto le redini del Manor, erano elfi.

In seguito alle nuove leggi, invece, tutti i maghi che possedevano un elfo domestico, dovettero adattarsi al nuovo regime vigente, che garantiva condizioni molto più umane a questi piccoli esserini.

Molte famiglie inoltre, decisero di affiancare agli elfi della servitù umana. Erano per lo più, cameriere qualificate, tate e maggiordomi, anche se le tate, già facevano parte della tipica struttura famigliare, soprattutto quelle Purosangue.

Ed era stata proprio una tata a far preferire quel luogo ai due ragazzi, piuttosto dell’ enorme giardino o delle altre venti stanze che avevano a disposizione.

“Ciao Susan!”, disse Kòre raggiante, a colei che considerava una madre.

“Buongiorno Signore Strongstone”. Scorpius invece dava ancora del lei alla tata. Era più che altro un abitudine, il loro rapporto era infatti più simile a quello tra una zia e il suo nipotino preferito.

“Eccovi ragazzi! Siete giusto in tempo, la torta di zucca è pronta.”

 Susan Strongstone non era una donna giovane, ma i segni del tempo che scorre sembravano aver risparmiato la tata, che aveva dedicato la maggior parte della sua vita a prendersi cura delle famiglie Purosangue più in vista della comunità magica.

Non era un elfo, infatti, a essere il più ricercato per il posto che occupava la signora Strongstone: lei era il faro nella notte dei pargoli dal sangue puro che troppo spesso erano messi da parte dagli stessi genitori, inghiottiti dal loro super ego e troppo occupati a denigrare coloro che non erano nati con la loro stessa “fortuna”, Mezzosangue e Nati Babbani.

Erano centinaia le famiglie che richiedevano i suoi servizi, anche se la grande maggioranza di esse non era minimamente interessata a come la tata avesse intenzione di crescere i loro figli. Semplicemente avere la figlia di Margaret Strongstone, colei che fu la balia del più grande mago oscuro di tutti i tempi, a servizio, era un chiaro e inequivocabile segno della superiorità della famiglia stessa.

Le famiglie erano convinte che avere una Strongstone come tata, fosse la chiave per crescere i figli più potenti, orgogliosi e talentuosi, i Purosangue che sarebbero magari stati in grado di rovesciare il sistema, ripulire il mondo magico dalla plebaglia indegna di essere considerata parte integrante della nobile casta magica.

Mai convinzione fu più errata.

 Vero che, la madre di Susan, rispondeva a tali requisiti, tanto da creare una spaccatura nel rapporto con la figlia che non si sarebbe più risanato, nemmeno con la morte della leggendaria tata. Infatti, Susan Strongstone, aveva una concezione della vita, modi di essere e di fare, totalmente diversi dalla madre.

 Era una donna sempre allegra, regalava sorrisi a chiunque, anche se spesso non erano ricambiati. Per i piccoli che avevano avuto la fortuna di averla come nutrice, ella era diventata una madre o un padre o una sorella o un fratello. Racchiudeva in sé  tutte le figure tipiche dell’ambiente famigliare.

 La fama di sua madre, le aveva creato non pochi problemi; spesso, nel giro di pochi mesi, quando andava bene un anno, la tata veniva malamente messa alla porta dalle famiglie che l’avevano presa a servizio.

Succedeva talmente spesso che Susan pensò di dover cambiare lavoro, di rinunciare alla sua vocazione per il semplice ma essenziale motivo che di qualcosa, doveva pur vivere.

“Non ti azzardare a toccare quello stufato Back, o giuro su Merlino che sarà l’ultima cosa che farai”

Si, Susan Strongstone non era di certo una donnicciola piagnucolosa e timorosa. Anche il suo stesso aspetto fisico suggeriva tutt’altro: una donna alta, spalle larghe e ben piazzata, mani grandi e rovinate dai lavori manuali ma incredibilmente delicate quando accarezzava i suoi giovanissimi padroncini. Nonostante il suo aspetto fisico suggerisse un tipo di carattere austero e rude, bastava alzare lo sguardo verso i suoi occhi azzurri e profondi che emanavano dolcezza. I tratti gentili del viso, il naso a patata, le labbra sottili e i capelli perennemente raccolti in una crocchia perfettamente fissata, senza ciuffi fuori posto.

Dopo quel rimprovero l’elfo si smaterializzò in grande velocità.

“Allora, ragazzi…che mi raccontate di bello?”

Addentando un pezzo di torta, Kòre parlò per prima:

“Scorpius vorrebbe andare a trovare Al per il suo compleanno ma non lo fa perché ha paura.”, disse la ragazza dall’occhio viola con fare provocatorio.

“Io non ho paura!” rispose piccato Scorpius, “solo che non è ancora il caso che io mi presenti senza preavviso in casa sua.. Immagina le reazioni di tutti…e poi scusa dovrei presentarmi e dire cosa esattamente? ‘EHILAAA GENTE COME VA?’ POTTER, LA CICATRICE NON BRUCIA VERO???”

Immaginando la scena, sia Susan che Kòre risero di gusto. Passato il momento di ilarità, Kòre intervenne, come se di colpo le fosse venuta in mente un’ idea geniale:

“Andiamoci insieme!”

Scorpius guardò l’amica a dir poco sconcertato:

“Kòre ma sei stupida? Questa è la cosa più assurda che abbia mai sentito”

“Beh, era assurdo anche che tu e Albus diventaste amici, eppure è successo…e per fortuna!”

Aveva ragione. Non si era sbagliata, ma stavolta, era inconcepibile per Scorpius.

“Kòre tesoro, non credo sia una grande idea…”intervenne la signora Strongstone.

“Ha ragione Kòre, immagina la scena: io e te, che sbuchiamo al banchetto per il compleanno di Al, che riunisce praticamente tutti, famiglie e amici. È un suicidio sociale, più per te che per me.”

“E perché mai??”

“Kòre, ci hai messo cinque anni  per dimostrare a tutta Hogwarts che non sei solo la nipote di un ex- Mangiamorte tra i più vicini al Signore Oscuro.. e non ci sei ancora riuscita del tutto! Perché vuoi mandare tutto all’aria nel giro di minuto???”

“Appunto…non sono ancora riuscita a dimostrarlo a tutta Hogwarts. Guarda caso, il compleanno di Albus è l’occasione perfetta, dato che ci saranno sia Fred che James ovviamente.”

Inutile. Kòre sembrava davvero convinta e decisa.

Era una qualità che Scorpius ammirava nella sua amica. La forza d’animo e la voglia di mettersi sempre in discussione. Poteva sembrare una timida e insicura, a volte anche un po’ tra le nuvole. Ma era molto più cosciente di ciò che succedeva intorno a lei di molti altri. E come spesso aveva dimostrato, sapeva guardare al di là delle cose, coglieva particolari e sfumature che sfuggivano alla grande maggioranza dei suoi coetanei e degli adulti.

“E poi” continuò la ragazza che ormai sapeva di aver la situazione in pugno “ho voglia di rivedere anche io Albus, Rose e Lysander”

Scorpius sospirò, passandosi una mano tra i capelli biondo cenere, chiudendo gli occhi. Poi, rassegnato, disse:

“Quindi, vogliamo davvero presentarci come se niente fosse alla Tana domani sera e sperare che non ci schiantino?”

“Qualsiasi cosa vogliate fare..” intervenne inaspettatamente Susan Strongstone, che fino ad allora si era limitata a sospirare e a guardare contrariata i ragazzi, “suo padre non deve sapere niente signorino Malfoy. Se lei si reca dai Potter, è un conto…ma se è accompagnato da Kòre, il padrone non lo permetterà. Sa benissimo anche lui come ti trattano Fred Weasley e James Potter.”

“Susan ha ragione, non dobbiamo farci scoprire Scorp!”

Scorpius sembrò riflettere sulle possibili soluzioni. Forse una soluzione c’era.

“Domani sera mio padre e mia madre hanno un ricevimento a casa Nott o sbaglio?”

“No, non sbaglia.” Rispose Susan.

“Bene, basterà solo che io mi finga malato, così non gli accompagnerò.  Kòre, hai ancora vero le Pasticche Vomitose di Ebony?”

“E come no!!! Le ho requisito tutto il pacchetto!”

I due si guardarono, e anche Scorpius iniziava a credere che forse un miracolo, avrebbe trasformato quella serata nella serata della svolta.

“Allora è deciso! Ahhh, sono così eccitata!!!”

“Frena gli entusiasmi, dobbiamo organizzarci bene…”

Ma prima che Scorpius poté continuare, l’elfo Back ricomparve nelle cucine, dicendo che la Signora Malfoy desiderava parlare con il figlio nella biblioteca.

Scorpius si congedò dalle due donne e si avviò verso la grande biblioteca del Manor.

Approfittando della sua assenza, Susan Strongstone, si rivolse a Kòre, con voce preoccupata:

“Sei sicura che sia una buona idea? In casa dei Potter- Weasley? Non gli hai mai visti tutti insieme…”

Kòre si sedette su uno sgabello, sospirando rispose:

“Lo so che sembra assurdo…e credimi! Io sono molto più in panico di Scorpius anche se non sembra. Ma me l’ha detto lui che devo.”

Susan guardò con occhi spalancati la ragazza:

“Lui? Intendi…”

“ Il Fred Weasley originale, si.”

“Per me quello è fuori di testa…quando Silente disse che ti avrebbero affidato una guida, io speravo in qualcuno di un po’ più affidabile. Invece no! Ci affidiamo ad uno che prima di morire aveva un negozio di scherzi.”

Kòre sorrise alla preoccupazione di Susan, ma subito la tranquillizzò:

“Mi fido di Fred. È stato il mio primo vero amico…e, nonostante tutto, lui sa cosa fare!”

“Sarà…” “Io più che fidarmi di lui, mi fido di Silente. Ma esattamente, perché vuole che tu vada alla Tana?”

Kòre rimase in silenzio per un minuto.

Doveva rispondere? Doveva dire a Susan, colei che è stata una figura materna per lei, ciò che gli aveva detto Fred?...

 

 

…“Andare alla Tana?!?!?! Ma dico, ti sei rincretinito? Stai scherzando vero?”

Lo spirito di Fres Weasley, che Kòre sola poteva vedere come una persona del tutto normale, in carne ed ossa, non scherzava affatto:

“Senti, mi piacerebbe davvero che fosse solo una gran battuta e farmi quattro risate con te! Ma non lo è purtroppo. Tu e Scorpius non dovete trovarvi al Manor domani sera. Anzi, nessuno, deve trovarsi qui.”

Kòre si rabbuiò.

Sapeva che prima o poi sarebbe successo. Ragionando razionalmente, era ovvio che succedesse nel giro di poco tempo. Fino ad allora si poteva addirittura dire che erano stati fortunati.

Ripeteva a se stessa che sarebbe stata pronta, sarebbe stata preparata a tutto questo. Non pensava che messa davanti alla realtà imminente, il suo cuore avrebbe perso un battito e che l’ansia, avrebbe preso il sopravvento.

“Quanti?”, chiese non appena riprese il controllo dei suoi pensieri.

“Non lo sappiamo. Non molti però, quello per fortuna è certo. A dire il vero, non crediamo che sia il caso di prendersi male, forse non riusciranno nemmeno a superare le difese della casa. Ma SuperSilente ha deciso di limitare al massimo i possibili danni. Quindi tu e Malfoyuccio sloggiate. Sai, io l’ho detto al Vecchio che due o tre Punitori non sono niente a confronto delle feste alla Tana, ma non mi ha preso molto sul serio.”

Come riusciva quello a stare tranquillo e fare battute in un momento del genere? Pure da morto!

 “ E per la servitù?”

“Non ti preoccupare. Susan e gli altri verranno informati non appena tu e Malfoy ve ne sarete andati.”

Kòre fece un segno d’assenso, anche se non poté evitare di chiedere:

“Non ci capirò niente fino alla fine vero?”

Fred, sorridendo amaramente, rispose:

“Nessuno di noi ci capisce. E noi siamo dei fichissimi spiriti che in pochi possono vedere!”

 

 

“Ma esattamente, perché vuole che tu vada alla Tana?”

“Dice che una buona occasione per me di conoscere meglio le famiglie che a loro volta possono conoscere me e magari non, detestarmi…”

“Oh piccola cara, vedrai ti adoreranno. Io ti adoro”, e dicendo ciò, Susan passò il suo braccio intorno alle spalle e al collo di Kòre, depositandole un tenero bacio sulla testa.

Mi dispiace, Susan.

 

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Capitolo 5
*** La festa ha inizio ***


Era una notte tipica di luglio. Il cielo era sereno, coperto di stelle luminose e la luce naturale della Luna, piena, faceva si che sembrasse da poco passato il tramonto.

Scorpius Malfoy non sapeva che ore fossero. Forse le due o le tre. Non c’era verso di prendere sonno. E la colpa non era solo del caldo soffocante.

Il giorno dopo si sarebbe recato alla Tana.

Era un avvenimento storico. Pagine e pagine verranno scritte per raccontare ai posteri l’incontro del secolo.

Le famiglie che salvarono il mondo magico, liberandolo dal dominio di Voldemort e due tra i parenti più stretti di ex- Mangiamorte che parteciparono più che attivamente all’ascesa al potere del Signore Oscuro, nello stesso luogo, nello stesso momento.

Inutile dire che Scorpius era un fascio di nervi.

Come diavolo era venuto in mente a quella folle di presentarsi alla Tana così, indisturbati, come se niente fosse? E che cosa cavolo era scattato nella sua di mente, tanto da spingerlo ad accettare?

Voleva rivedere Al, questo era certo. E sarebbe stato carino se per una volta, avessero festeggiato il compleanno il giorno stesso del suddetto compleanno, e non come erano soliti fare, una piccola festicciola nel Dormitorio il primo week-end dall’inizio della scuola.

Agitazione, nervosismo, eccitazione. Si sentiva come un bambino nel giorno di Natale, trepidante ed impaziente di ricevere i suoi regali.

Chissà cosa succederà. Come reagiranno?

Una cosa era certa. Fred Jr. non gli accoglierà di certo a braccia aperte e con il sorriso sulle labbra. Lo stesso vale per James Potter, che di certo non se ne starà buono e tranquillo in un angolo.

Al pensiero di quei due deficienti, Scorpius si irrigidì. Quante volte avrebbe voluto schiantarli, (a volte lo aveva fatto), quante volte avrebbe voluto strappare quel sorriso beffardo dal volto di Potter, quante volte avrebbe volentieri stampato un pugno in faccia a Fred, tutte quelle volte che guardava Kòre con disprezzo e odio.

Lei gli aveva raccontato, di ritorno dal suo primo anno, di come quei due si fossero ripromessi di renderle la vita un inferno, di come senza Ebony forse non avrebbe retto e che molto probabilmente, sarebbe stato vittima del suo stesso destino. Tuttavia, Kòre gli promise che, ora che sapeva a cosa poteva andare in contro, lo avrebbe protetto, come Draco Malfoy le ordinò a settembre del primo anno del figlio.

Nonostante tutto, Kòre non provava odio verso di loro. Anzi. Lei, li compativa e, sentimento per Scorpius inconcepibile, li capiva.

Diceva che era normale che la odiassero, che ci odiassero. Il passato non si cancella. E odiarli non avrebbe fatto altro che alimentare altro odio.

“Odio chiama odio”, ripeteva di continuo.

Con questo spirito affrontò, tutti gli anni a seguire. Si fece in quattro per dare credibilità e fiducia alla sua immagine, alle provocazioni rispondeva con un sorriso. Si fece conoscere per come era in realtà Kòre Dolohov.

Piano piano raccolse sempre più consensi. La gente non l’additava più passando per i corridoi, i bisbigli si erano ridotti notevolmente e nessuno più credeva che cruciasse gli studenti nel sonno. Riuscì addirittura a crearsi un giro di amici, di persone fidate, oltre a lui ed Ebony.

Ovviamente tra questi vi era Albus, che ormai aveva già creato scalpore finendo a Serpeverde e diventando il migliore amico del figlio di Draco Malfoy. Lysander Scamander, gemello di Lorcan, un Corvonero dell’anno dì Kòre, amico intimo dei Potter-Weasley e Rose Weasley, la cugina nevrotica di Al.

Scorpius sorrise. Al pensiero della Weasley, il ragazzo ripensò a quella ragazzina coi capelli rossi e ricci, sempre in disordine, la vocina acuta e petulante che lo tormentava da quattro anni.

Non sapeva il perché, ma Scorpius Malfoy, detestava Rose Weasley.

Non arrivava certo all’odio che Ebony provava nei confronti di James Potter, ma era comunque una presenza seccante nella sua vita.

Fin dal primo anno, lei divenne la vittima perfetta di tutti i suoi scherzi e delle offese più originali che gli venivano in mente.

Trovava Rose Weasley la più saccente, arrogante, logorroica, nevrotica, acida, rompi pluffe ragazzina che avesse mai conosciuto. Ed era pure bruttina. E scoordinata. Scorpius non dimenticherà mai lo scivolone durante la cerimonia dello smistamento.

Aveva undici anni. Adesso, è diverso.

Con sua stessa sorpresa, Scorpius si ritrovò a ripensare al suo rapporto con la Weasley.

Fino all’inizio del terzo anno, lui l’aveva sempre considerata solo come la cugina antipatica di Al, un ottima vittima per i suoi scherzi e perché no, anche per qualche vendetta nei confronti di James e Fred, quando con i loro giochetti a Kòre, superavano i limiti.

Stessa cosa al secondo anno, anche se fu proprio quell’anno che diventò amica di Kòre, stupendo non poco il giovane Scorpius.

Non è come i suoi cugini. Forse allora, lei è sopportabile.

Fu il suo pensiero a fine anno.

 Al terzo anno, qualcosa cambiò.

Fred e James, avevano ridotto la dose di scherzi a Kòre, sostituendoli il primo con un odio e un’ indifferenza tale da far credere a Scorpius che suo padre fosse un simpaticone; l’altro, si intestardì nella faida ormai aperta da anni con la sua compagna di Casa e migliore amica di Kòre, Ebony Autumn.

La Weasley invece, si era molto attaccata a Kòre, la cui influenza positiva sembrava aver domato il caratterino della rossa.

E Scorpius…Scorpius non la vedeva più come la cuginetta sempre in mezzo alle scatole di Albus. Ai suoi occhi, Rose Weasley era diventata il motivo della sua allegria.

Non aveva infatti rinunciato alle battute o agli scherzi, che erano fortunatamente meno pesanti degli anni precedenti. Era più che altro cambiata la ragione che spingeva Malfoy a fare della Weasley la sua vittima preferita.

Si divertiva a vedere le reazioni esagerate della ragazza, le urla nel bel mezzo della sala grande, gli insulti che, e di questo andava fiero, rivolgeva solo a lui.

Era una sorta di rapporto preferenziale, a cui non voleva rinunciare.

Domani ci sarà anche lei.

Forse non voleva solo festeggiare con Al. Gli era mancato il suo migliore amico, certo. Forse però, gli erano mancati anche dei ricci ribelli.

 

 

 

“SVEGLIAAAAAAAAAAAA FRATELLINOOOOOOOO!!!!”

La porta si spalancò e un peso tutt’altro che indifferente, piombò sul letto di Albus Potter.

James Potter, di certo, non andava per il sottile.

Dopo essere saltato giù dal letto per lo spavento, Albus riprese conoscenza della situazione. Come ogni anno, suo fratello gli aveva augurato buon compleanno a modo suo.

“Sai, James…credo di odiarti”, disse caustico.

“Sisi…lo so, sono il fratello peggiore che tu potessi desiderare, bla bla bla. Ma, il tuo pessimo fratellone, ti ha comprato un regalo! BUON COMPLEANNO!”

E  nel dire ciò, porse ad Albus una specie di scatola mal impacchettata (nella mente alquanto creativa di James, quello doveva essere un modo originale di confezionare regali), piuttosto grande e rettangolare.

Albus era stupefatto. In tanti anni di compleanni e natali, non aveva mai ricevuto un regalo “serio” da parte del fratello.

Ricordava un sesto o settimo compleanno, quando ricevette, molto probabilmente obbligato da Rose, una confezione di gelatine tutti i gusti + uno.

“Che faccia è quella Severus? Non credi forse che il tuo unico fratello ti possa fare un regalo?”

“Sinceramente…no.”

“Aprilo e piantala di essere così…così…Serpeverde.”

Albus aprì quello che doveva essere un pensiero del tutto disinteressato del fratello non senza qualche preoccupazione. Non appena ebbe eliminato la carta che avvolgeva il regalo, successe qualcosa di inaspettato: Albus Severus Potter rimase senza parole.

James, con il suo regalo, aveva permesso ad Al di dare inizio alla realizzazione del suo più grande sogno. Diventare un Animagus.

“James…come…”, cercò di chiedere Albus, riprendendosi dallo shock.

“Puoi pure pensarla come ti pare fratellino, ma io sono pur sempre tuo fratello maggiore. Era da quando papà ci raccontò la storia dei Malandrini e di come fossero diventati Animagus per aiutare Remus, che il tuo sogno è quello di trasformarti in un gatto, un topo o chissà che altro animale.”

“James, questa è un edizione praticamente introvabile di “Maghi e animali: è possibile.” È antichissima e…quanto cavolo hai speso? Non l’avrai mica rubata?”

“Ma dico sei scemo!??! Va bene tutto, ma io non rubo! Era un po’ che mettevo i soldi da parte…ho trovato un tizio a Diagon Alley che aveva agganci non so dove e conosceva non so chi…una cosa tira l’altra e tac! Ecco il tuo libro.”

Nonostante il rapporto non sempre idilliaco tra i due, litigi, discussioni continue alimentate dall’appartenere a due Case agli antipodi, Grifondoro e Serpeverde, amicizie non condivise… erano fratelli.

 Era James che lo aveva sempre difeso. Era James che spesso placava l’odio di Fred nei confronti di Kòre nonostante ne condividesse il disprezzo. Era James che lo aveva spalleggiato davanti a zio Ron e suo padre quando aveva raccontato loro che oltre ad essere fiero di essere una serpe, aveva deciso di attribuire a Scorpius Malfoy il ruolo di migliore amico.

“Grazie, James. Era ciò che desideravo.”

“Ora non diventarmi smielato, Potter. Alzati dai, c’è la colazione dei festeggiati di nonna Molly!”

La famosa colazione dei festeggiati. Si, Albus sarebbe ingrassato di almeno 3 kg nel giro di 24 ore.

 

La giornata alla Tana trascorse, nei limiti del possibile, traquillamente.

Dopo la colazione più abbondante che casa Weasley avesse mai visto, le attenzioni si concentrarono sul festeggiato, impegnato per due ore buone ad aprire regali.

Ricevette molte cose interessanti, utili e che desiderava. Altre, invece, non lo fecero impazzire, ma finse che L’Amleto donatoli da Rose, fosse il più bel libro Babbano che potesse regalargli.

La sera arrivò presto, così presto che, senza quasi accorgersene, arrivarono il resto degli invitati alla grande cena.

Il suo professore di Erbologia ad Hogwarts, Nevile Paciock si presentò con moglie e figli, Alice e Frank. Alice aveva dodici anni e quindi andò subito a giocare con Lily, Hugo e Roxenne. Frank aveva la stessa età di Fred e James e i tre erano molto amici.

I gemelli Scamander, accompagnati dalla madre Luna Lovegood, che si scusò per l’assenza del marito, impegnato nella ricerca di non si sa quale strana creatura.

C’erano praticamente tutti: famiglia Potter al completo, famiglia Weasley tranne zio Charlie, i cugini di Bauxbatons, Teddy Lupin e Victoire Weasley, che a differenza dei fratelli, Domenique e Louis, aveva frequentato Hogwarts.

“Sei pronto festeggiato?”

Esordì Rose, presentandosi sul portico, con la prima di una lunga serie di portate.

“C-ciao R-Rose… non, non ti avevo ancora vista…”

Questo discorso titubante, appena accennato e goffamente balbettato, provenne dalla bocca di Frank Paciock. Ormai era ben chiaro ad Albus, che il ragazzo si era preso una bella cotta per la cugina.

“Sentirai che buoni questi, gli ho fatti io…oh ciao Frank…Lily Luna Potter lascia in pace Ginger!!!”

Purtroppo per Frank, Rose non sembrava considerarlo come qualcosa di più di un semplice amico.

“Su ragazzi, tutti a tavola!!!”, tuonò nonna Molly, eccitata dall’avere tutta la famiglia riunita.

Ma prima che ci si potesse mettere comodi, dei passi provenienti dal giardino adiacente il portico, catturarono l’attenzione di tutti.

Non appena la luce delle candele della Tana illuminò gli stranieri, Albus non potè che spalancare la bocca e dilatare gli occhi in un espressione di totale incredulità.

“Emh…sor….presa amico…”, fu tutto ciò che Scorpius Malfoy riuscì a formulare.

Visibilmente in difficoltà e in totale imbarazzo, e vista anche la mancanza di una qualsiasi reazione da parte della famiglia, Kòre, al fianco di Malfoy, mise in pratica l’unico insegnamento della sua guida fantasma Fred Weasley che ri tenesse essere degno di nota. Sorrise, poi disse con fare comico:

“Siamo due contro venti, consegniamo comunque le bacchette?”

Ricorda di sdrammatizzare, sempre e comunque.

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Capitolo 6
*** Attacchi ***


Consegniamo comunque le bacchette???

Ma che diavolo stava facendo? Non era certo il momento di fare battute spiritose.

Scorpius guardò stralunato l’amica, per poi posare il suo sguardo sulle famiglie che gli stavano di fronte.

Sembrava un plotone di esecuzione.

Nei volti di ogni commensale si potevano vedere differenti tipi di emozioni.

Albus era pietrificato, la Weasley nel panico, Lorcan sorrideva con quella sua solita espressione da ebete, così come sua madre. Lysander, che aveva ereditato la sanità mentale da non si sa chi ma per fortuna ce l’aveva, fissava Fred e James, preoccupato.

Quei due infatti, non avevano di certo l’aria di voler accogliere i ragazzi con una fetta di torta e un buffetto sulla spalla.

Fred sprigionava odio e frustrazione da ogni singola molecola del viso.

James, guardava il padre che, con aria interrogativa, si chiedeva cosa ci facesse Scorpius Malfoy in giardino.

Finalmente qualcuno si decise a parlare:

“Ma che b-bella sorpresa Al! I tuoi amici sono venuti di persona a farti gli auguri.”

Ginevra Potter, la madre di Al, tentò di rompere quel silenzio assordante, e sia Scorpius che Kòre gliene furono più che riconoscenti.

“Già…Ma Albus, che fai li impalato vai a salutarli come si deve! E anche tu Rose, Kòre è anche tua amica no? Vai, avanti.”

Fu un’ altra donna a parlare. Aveva lunghi capelli castani e, a giudicare dai ricci indomabili, doveva essere la madre di Rose, Hermione Weasley.

È la fotocopia di sua madre. Le ha parlato liberamente di Kòre, non credevo che avesse così tanto coraggio.

Si ritrovò a pensare Scorpius. Quella Weasley lo stava decisamente stupendo.

Dopo aver ripreso a respirare, Albus si diresse più felice che mai dagli amici:

“Voi siete fuori!!”

“L’idea non è stata di certo mia, amico. Ti voglio bene, ma non fino a questo punto.”

“Sei stata tu?”

Kòre, non senza imbarazzo, ammise:

“Beh…si. Insomma, Scorpius ci teneva a venire e anche a me mancavate. E mi sono detta, perché no? Anche se forse avrei dovuto immaginare questo tipo di reazioni.”

“Lascia perdere gli altri! L’importante è che siate qui!”, disse Rose abbracciando l’amica.

“Siate? Sono compreso anche io, Weasley? Non vorrai abbracciare anche me?”, disse sornione Scorpius.

“Malfoy, a differenza tua, forse, io penso al bene e alla felicità degli altri. E purtroppo mio cugino è felice quando tu sei nei paraggi, quindi…”, rispose  piccata la rossa.

“Ridi, Weasley, così forse un marito lo trovi…”

“Ok, non cominciate voi due. Coraggio venite…”

Non appena arrivati sul portico, Albus prese la parola per presentare al resto della famiglia i due nuovi arrivati. Non che ce ne fosse il bisogno a dire il vero.

“Famiglia, questi sono…”

Ma prima che potesse continuare nelle presentazioni, venne bruscamente interrotto da Fred:

“Lei non può stare qui!”

“Fred…” cercò di dire qualcosa, Rose, senza successo.

“NO! Cosa diavolo ti è saltato in mente Albus? L’hai invitata qui, quella schifosa..”

“Piano con le parole, Weasley. Non siamo venuti per portare guai, te l’assicuro.”

“L’assicurazione di un Mangiamorte serve a poco, Malfoy”, stavolta fu James a parlare.

“JAMES POTTER!”

Harry Potter redarguì il figlio, lanciandogli uno sguardo tale da far sussultare il ragazzo.

“Zio, James ha ragione! Albus ci ha portato in casa degli assassini!”

“Fred Weasley!!”, fu Angelina stavolta, ad alterarsi.

La situazione stava degenerando. Kòre decise quindi di prendere la parola:

“Ok ce ne andiamo, avevi ragione Scorpius non è stata una grande idea.”

“Cosa? NO, tu non te ne vai, nessuno se ne va! Siete miei amici, è il mio compleanno e per una volta lo possiamo festeggiare insieme. Voi restate. Mamma papà, possono restare vero?”, disse Albus, arrabbiato.

“Kòre ha ragione…è meglio se ce ne andiamo…”        

“Si da bravo Mangiamorte, segui il consiglio della tua amichetta…”

“Fred! Chiudi quella bocca o giuro che rimpiangerai di esserti svegliato stamattina!”.

La Weasley è davvero arrabbiata. Constatò Scorpius.

“ORA BASTA!”

Il vocione imponente e altisonante di Arthur Weasley che, nonostante l’età, era ancora in ottima forma, arrestò ogni protesta degli altri membri della famiglia.

“Bene…adesso che ho l’attenzione di tutti…voi due!”, disse indicando Scorpius e Kòre, “Potrei sapere chi siete?”

“Nonno, loro sono Scorpius Malfoy, il mio migliore amico” e queste ultime parole Albus le disse con calma e fermezza, guardando dritto il fratello e il cugino, “E  lei è..”

Ma prima che Al potesse concludere, fu Kòre stessa a presentarsi e con fermezza disse:

“Sono Kòre Dolohov, nipote di Antonin Dolohov, a mio malgrado aggiungerei…Io e Scorpius le chiediamo perdono per questa intrusione, ma mi creda, non siamo ostili.”

“Ovvio che non lo siete, siete solo dei ragazzi. Siete qui per festeggiare Albus giusto? Molto bene allora! Più siamo, meglio è! Molly cara, aggiungi due posti.”, disse il vecchio signor Weasley, gioviale e tranquillo, come se quei due fossero davvero “solo dei ragazzi”.

Il volto di Kòre si illuminò. In pochi erano stati così gentili, aperti e disponibili con lei. Soprattutto dopo che si presentava.

 Inoltre, il suo aspetto non le rendeva di certo agevole la socializzazione. Come se non bastasse il destino infausto del suo cognome, Kòre aveva una particolarità che non passava inosservata: un occhio era marrone scuro, quasi nero, tanto da faticare a distinguere l’iride dalla pupilla. L’altro era inspiegabilmente, viola. Un viola scuro, non eccessivamente, con sfumature lilla.

I capelli erano castani in realtà, ma era da due anni che sperimentava incantesimi cambia-colore. In quel momento, erano neri.

Si avvicinarono alla tavolata e, fortunatamente, Kòre venne messa a sedere tra Rose e quella che doveva essere la sorellina di Albus e James, Lily.

“Ma i tuoi occhi sono davvero così o è un incantesimo?”, chiese curiosa la ragazzina.

“LILY!!!”, la redarguì sua madre.

“Non si preoccupi. Si, sono davvero così, nessun incantesimo.”, ripose gentilmente la ragazza.

“Forteeeee!”

“E così sei compagna di casa di Rose e Lysander?”, domandò la madre di Rose a Kòre.

“Si. Sono dello stesso anno di Lys, James e Fred.”

“Allora affronterai anche tu i G.U.F.O quest’anno!!! Sei preparata?”

“Herm, mancano più di nove mesi…scusa Kòre. È sempre stata una fissata con lo studio. Piuttosto, Malfoy junior, sei pronto per il torneo? Ho sentito che tu e il mio caro nipote avete perso l’anno scorso…”, disse Ronald Weasley, molto più interessato al Quiddich e molto più infastidito dalla presenza di Scorpius Malfoy.

La serata sembrava trascorrere normalmente.

Kòre e Scorpius parlavano con i loro amici e rispondevano alle domande, mai sconvenienti o indesiderate, degli altri commensali. Kòre si stupì dell’atteggiamento del padre di Fred, George Weasley. Fin da quando si erano seduti, non aveva fatto altro che ridere con lei, parlare con lei, essere gentile con lei.

Aveva sempre immaginato George molto diverso dal suo gemello. Caratterialmente parlando, ovviamente. Pensava che, come il figlio, la odiasse a prescindere, giudicando solo il passato della sua famiglia. Invece era davvero la fotocopia della sua guida dell’altro mondo, un po’ pazza e irriverente.

 Sia Fred che James rimasero in silenzio, per gran parte della serata. Anche Teddy Lupin, sembrava meno loquace del solito. Era vagamente a disagio.

La sua fidanzata Victoire, sembrò accorgersene, quindi chiese:

“Amore, tutto ok?”

Ma prima che Teddy potesse rispondere, Fred, che si trovava di fronte a lui, si alzò di scatto e urlò:

“NO!!! Non è ok! Niente di questa serata, è ok!”

“Fred, siediti. Im-me-dia-ta-men-te.”, scandì suo padre George. Evidentemente aveva capito tutto fin dall’inizio.

 “Io non ti capisco papà. Sai benissimo chi è lei! Eppure te ne stai lì, a parlare scherzare e porgerle il sale, come se niente fosse. Suo nonno ha ucciso zio Fred! Lei è una schifosa Mangiamorte!”

“Signorino!!! Nella mia casa non accetto questo genere di linguaggio lo sai bene!”, tuonò Molly Weasley.

“Ma che diavolo dici Fred! Ritira subito ciò che hai detto e chiedi scusa! Non è il genere di cose che io e tua madre ti abbiamo insegnato!”

“ Mi avete insegnato che esiste il male e il bene. E quei due beh, sono il male.”

“ Non è stato Antonin Dolohov ad uccidere zio Fred! E tu lo sai benissimo! Come l’hanno raccontata a me e Hugo, anche a te avranno riferito come sono andate le cose.”

Fu Rose ad intervenire. Anche se sapeva benissimo che non sarebbe servito a molto.

Fred odiava tutti coloro i quali avessero avuto rapporti con i Mangiamorte. Loro avevano portato alla prematura scomparsa di quello zio che mai avrebbe conosciuto, la cui morte fece piombare suo padre in una profonda depressione, dalla quale si stava riprendendo da poco.

Aveva sentito suo padre urlare nel sonno, piangere, dimenarsi, litigare con sua madre per colpa di quella ingiusta morte di molti anni prima.

No. Non poteva perdonare. Anche se non era stata la famiglia di Kòre ad uccidere suo zio, non gli importava. Lei, loro, erano solo feccia.

“Non uccise zio Fred, ma che mi dici del padre di Teddy eh cugina? Te l’hanno raccontata, immagino…”

Kòre si voltò ad osservare la persona davanti a James. Non ci aveva fatto molto caso prima…c’erano talmente tante persone che non tutti le si erano presentati.

“Teddy Lupin…”, sussurrò la ragazza.

Il figlio di Remus Lupin e Ninfadora Tonks. Sapeva bene che suo nonno era l’artefice di quella morte. Entrambi i genitori uccisi nella Grande Battaglia.

Si era spesso immaginata come era cresciuto quel figlio che non poté mai conoscere il padre e la madre.

“Già, il tuo amato nonnino non è riuscito a farlo fuori..”, sibilò James.

“JAMES!!DI ANCORA UN’ALTRA PAROLA E ANCHE SE SONO TUO PADRE TI RINCHIUDO AD AZKABAN!”, tuonò Harry Potter.

La situazione stava decisamente degenerando, Scorpius notò che Kòre era visibilmente scossa, decise quindi che era giunto il momento di fare ritorno al Manor.

Non appena si alzò pronto per annunciare la loro uscita di scena, Kòre urlò di dolore, mise la mano al collo e strappò via la collana che portava sempre facendola cadere sul piatto.

Sul petto di Kòre c’era una forte bruciatura.

Scorpius guardò meglio la collana, poi capì: quello era un regalo di sua madre alla ragazza. Era una collana stregata. Se iniziava a bruciare, voleva dire solo una cosa. Qualcosa di orribile. Era un chiaro segnale di pericolo.

“Che succede Kòre?”, chiese allarmata la Weasley.

La ragazza non rispose, guardò Scorpius, nel cui animo sperava di sbagliarsi.

Purtroppo lo sguardo dell’amica non fece altro che togliere ogni dubbio.

“Stanno attaccando il Manor.”

Furono le sole parole che Scorpius riuscì a proferire, prima che in lui esplodesse il panico.

 

To be continued..

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Capitolo 7
*** Battaglie ***


Il vuoto. Scorpius Malfoy non vedeva ne provava nulla. Era tutto, vuoto. Nel momento in cui Kòre si strappò la collana, il figlio di Draco Malfoy, si sentì per la prima volta in vita sua, intrappolato. Intrappolato dalla sua stessa paura. Qualcuno aveva attaccato casa sua. Il luogo dove era cresciuto, il luogo in cui, a differenza di ciò che gli altri potessero credere, era stato felice. Il luogo dove aveva avuto la fortuna di conoscere Kòre, Susan, Ebony… Susan. Susan si trovava al Manor. Cosa le sarebbe successo? Lei lo aveva cresciuto, lo aveva seguito ed accudito quando i suoi genitori erano troppo occupati con il lavoro. I suoi genitori? E se fossero tornati prima? Adesso, si troverebbero là.

“Ron! Avvisa Parker, Longbridge e tutta la squadra due. Usa i medaglioni.”

I medaglioni erano un metodo che si era largamente diffuso tra gli Auror non appena Harry Potter venne messo a comando del Dipartimento. Era, infatti, il trucco ingegnoso inventato da Hermione Granger durante il loro quinto anno ad Hogwarts, quando dovevano fornire i dettagli degli incontri segreti agli altri membri del ES, ad essere utilizzato dalle varie squadre Auror in casi di emergenza.

“Malfoy”, disse proprio Harry Potter, rivolgendosi al biondo.

“Ci sono delle protezioni intorno alla Villa, o almeno dovevano esserci giusto?”

Scorpius sembrò uscire dallo stato confusionario nel quale era caduto poco prima.

“S-si… ci sono barriere fin dall’inizio della via, prima di arrivare al cancello. E non ci si può smaterializzare se non si è un membro della famiglia o della servitù. Come hanno fatto?”

“Questo non lo so, ragazzo. Ma so cosa faremo ora. Tu e Kòre rimarrete qui alla Tana, insieme a tutti gli altri. Io e Ron andiamo a casa tua attraverso la passaporta nel camino.”

Vedendo lo sguardo interrogativo di Scorpius, Harry, abbozzando un sorriso, disse:

“Odio i pregiudizi, ma tuo padre è un ex-Mangiamorte, su questo non ci piove… E, per quanto ora creda fermamente si sia redento, il Ministero ritenne necessario, qualche anno fa, attuare delle… misure di sicurezza per così dire. Io e alcuni altri Auror, abbiamo l’accesso alla passaporta che si trova nella tua biblioteca.”

Normalmente Scorpius si sarebbe offeso per la scarsa fiducia del Ministero nei confronti della sua famiglia ma, ora come non mai, ringraziava Merlino dell’esagerato riserbo che le autorità provavano nei confronti dei Malfoy.

“Ho fatto Harry. Possiamo andare.”, disse svelto Ron Weasley.

“Vi prego state attenti!”, Ginny Potter implorò sia il marito che il fratello.

“Tranquilla…Ted, ti muovi?”

Teddy Lupin guardò il padrino esterrefatto.

“Stai frequentando il corso per diventare Auror e se non sbaglio sei giusto in regola con il programma per una bella prova sul campo.”

“Dici davvero? Posso, posso venire?”

“L’importante è che non ti faccia uccidere”, intervenne Ron Weasley sarcastico.

“Hai dieci secondi, ragazzo mio.”  e ,così dicendo, i due Auror sparirono nel camino.

“NON PENSARCI NEMMENO TEDDY LU…”, Victoire Weasley tentò invano di fermare il fidanzato, che, dopo mezzo secondo aveva seguito gli altri due nella passaporta.

Il silenzio si impadronì di nuovo della Tana. Scorpius, poteva leggere nelle espressioni di tutti, la stessa preoccupazione, gli stessi timori.

La fidanzata di quello con i capelli strani, era nel panico. Le mogli Potter-Weasley, sembravano meno preoccupate. Forse in tutti quegli anni, avevano imparato a convivere con l’idea che i loro mariti sarebbero potuti non ritornare a casa e a mascherare ansia e paura per il bene dei figli.

Kòre era agitata. Scorpius se ne rese subito conto. Solitamente l’amica non faceva trasparire le sue emozioni così platealmente. Di certo, vedere lo sguardo fisso di Kòre, non lo tranquillizzava. Ad un certo punto, proprio la ragazza esordì dicendo:

“Io vado al Manor.”

“Sei fuori? Non esiste!”. Disse Albus Potter.

“Kòre sii seria, è pericoloso e zio Harry e papà ci hanno detto di restare qui.”

Kòre sembrava non interessarsi del parere dei suoi amici. Si diresse verso il camino.

“Eh no Signorina!”. Molly Weasley, le si parò davanti, impedendole il passaggio.

“Sono spiacente, ma da qui non se ne va nessuno. Non ti permetterò di rischiare la tua vita mia cara.”

“Signora Weasley… lei non capisce..”

“Io capisco benissimo invece. Ho vissuto gran parte della mia vita circondata da Auror, Prescelti, evasi e membri di società segrete, di cui beh, facevo parte anche io. E la metà erano giovanissimi, come te. Non permetterò che succeda quello che è già successo in passato. Ne a te ne  a nessun altro in questa stanza, chiaro?”. Molly Weasley era ferma e decisa come sempre. E inquietante, a detta di Scorpius. Le ricordava moltissimo Susan Strongstone, la sua tata che ora si trovava in pericolo.

A quel pensiero, il ragazzo ricadde nello sconforto.

Sedendosi su una poltrona, raccolse il volto tra le sue mani e sospirò.

Si sentiva inutile, inerme, un codardo. La sua casa, la sua famiglia erano attaccate da non si sa chi e lui cosa stava facendo? Niente.

“Ehi, andrà tutte bene, vedrai. Lo zio e papà sono in gamba.”

Fu la Weasley a rivolgergli la parola, posando la sua mano sulla spalla del biondo. Il sorriso dipinto sul volto della ragazza, non riusciva però a mascherare i suoi intensi occhi blu, colmi di paura.

Nonostante ciò, quel semplice gesto lo fece respirare di nuovo.

“Mi dispiace, davvero tanto, Signora Weasley per le perdite che ha dovuto subire nella sua vita. Mi creda. La conosco da poco più di due ore ma l’ultima cosa che vorrei è farle un torto. Ma devo.”

Il discorso di Kòre fu comprensivo, gentile ma tassativo. Si diresse verso il portico.

“Non lo stai facendo davvero…”, disse Scorpius, alzandosi dalla poltrona.

“Dolohov, ferma! È una follia!!”.

Con sorpresa di tutti fu James a parlare. Il ragazzo, per quanto la odiasse, non era così ottuso e meschino da farle compiere una pazzia del genere.

“Ci vediamo…spero…”, disse con un sorriso amaro Kòre.

“Come diavolo pensi di arrivarci, Dolohov? Con una scopa?”

Anche Fred aveva raggiunto il resto della famiglia sul portico, curioso di scoprire le intenzioni della ragazza.

All’udire la voce del ragazzo, Kòre si girò.

Sorridendo, disse candidamente:

“Una volta, a scuola, mi hai chiamata “essere disumano”. Non era una definizione del tutto errata.”

E dicendo ciò, la figura di Kòre si dissolse in un fumo nero e grigio. Il suo corpo sembrava sparito, ma lei doveva essere ancora li davanti a tutti.

Il fumo sembrò appiattirsi per un secondo, poi sfrecciò in alto, ad una velocità spaventosa. E Kòre, scomparse alla volta di Malfoy Manor.

 

 

 

Doveva andarsene dalla Tana.

Qualcosa era andato storto

Back avrebbe dovuto smaterializzarsi lì. Insieme a Susan.

Fred  gliel’ aveva assicurato.

“Non appena Back sarà di ritorno dopo avervi accompagnato alla Tana, avviseremo la servitù. Non preoccuparti del come lo faremo. Noi spiriti guida abbiamo i nostri metodi.”

“E dove andranno quando inizierà l’attacco?”

“Se, inizierà l’attacco. Sii positiva, ragazzina!!”

“E’ difficile essere positivi, quando ti informano che la tua casa verrà attaccata da esseri malvagi con il solo scopo di sterminare la famiglia per la quale lavori!!!”

“Non appena quegli idioti arriveranno armati e pronti a combattere, riceveranno un’amara sorpresa, dato che nessuno della famiglia sarà in casa. Se ne andranno di certo. Spaccheranno qualche vetro, rovineranno tappeti… nulla che un gratta e netta non posso risolvere!”

Lo sguardo scettico della ragazza convinse Fred a comportarsi, per una volta, da quasi adulto:

“Senti, se attaccheranno, la servitù al completo si smaterializzerà alla Tana. Ok?”

Kòre annuì.

Back non era arrivato. Susan non era arrivata.

Volava veloce, Kòre. Il battito del cuore accelerato.  Non poteva pensare, non riusciva a credere, che potesse essere capitato qualcosa a Susan.

Lei l’aveva trovata, poco più che neonata. Se n’era presa cura e l’aveva portata con se dai Malfoy quando aveva poco più di due anni.

Le diede la possibilità di vivere da privilegiata. Aveva diritto ala stessa istruzione impartita a Scorpius, l’accesso alla grande biblioteca, una stanza tutta sua.

L’unica condizione che i Malfoy chiedevano in cambio a Kòre era che lei lavorasse come cameriera. Cosa che non le era mai pesata minimamente.

Si era presa la responsabilità di crescere una come lei, con il destino segnato.

Si era resa partecipe di quella sconosciuta e pericolosa profezia. Una profezia incompleta, misteriosa persino per i morti.

E ora lei era in pericolo. Lo erano tutti, Kòre compresa.

I pensieri della ragazza furono interrotti da un boato non lontano da lei. Il Manor era vicino.

Atterrò a pochi metri di distanza dal cancello. L’unica cosa che poteva intravedere, erano dei lampi verdi e rossi provenienti dalla sala da pranzo.

Riprese a volare, basso.

Entrò dalla porta, spalancata, e rimase pietrificata: c’erano quattro uomini, coperti da mantelli neri, il volto anch’esso coperto da una maschera rosso sangue con strani ricami disegnati.

Stavano combattendo contro due Auror. In uno di loro, Kòre riconobbe il padre di Rose.

“Kòre!!! Vai via da qui!!!”, urlò Harry Potter, mentre si proteggeva dall’attacco di uno degli incappucciati.

La ragazza non capiva. Da quando era entrata, aveva visto solo quei quattro. Erano solo loro “quelli cattivi”. C’erano minimo dieci Auror a combatterli. Ma i loro attacchi non sembravano bastare.

 E di Susan, nessuna traccia.

Non appena decise che in qualche modo, avrebbe raggiunto le cucine per vedere se si erano nascosti tutti li, un  quinto invasore spuntò dalle scale che portavano alle camere da letto. Teneva nella mano destra quello che sembrava un pezzo di pergamena e nell’altra la bacchetta.

 Da quest’ultima fece scaturire un lampo di luce e, non appena gli altri lo videro, iniziarono a dileguarsi.

“Stanno scappando!!”, urlò un uomo. “Presto fermateli!!”

Alcuni Auror tentarono di bloccare le uscite. Tentativo vano, dato che i cinque fecero la stessa cosa che aveva fatto Kòre. Una nube oscura, infatti, li avvolse ed essi presero il volo, verso le finestre più alte.

Ma qualcosa andò storto: Teddy Lupin, riuscì a colpire uno dei cinque che cadde a terra un po’ stordito ma ancora in grado di combattere.

Non appena Teddy cercò di lanciare un altro incantesimo, l’uomo a terra si rialzò, scagliando un contro-incantesimo al giovane Lupin.

Accadde tutto in un secondo. Kòre si dissolse di nuovo in una nube nera, si scaraventò addosso a Lupin e la fattura ricadde al suolo e contro una sedia, disintegrandola.  

Kòre rimase intontita e per qualche secondo la sua vista si annebbiò. Si ristabilì in tempo per vedere i cinque incappucciati sfrecciare lontani.

“Ehi, tutto a posto!?!?!”. Un preoccupato Teddy Lupin sosteneva Kòre con un braccio dietro la schiena.

La ragazza usò l’appoggio di Teddy per alzarsi e constatare di avere una spalla insanguinata.

“Sto sanguinando…”, disse ancora un po’ intontita

“Lo vedo…”

Harry Potter e il resto degli Auror si avvicinarono ai sue ragazzi:

“Siete vivi?”, domandò Harry col fiato corto.

“Io per poco non ci lasciavo la pelle. Mi ha salvato appena in tempo.”

Sorrise, Lupin, verso Kòre che era sollevata nel vederlo vivo,  ma l’angoscia che provava non si placò. Di Susan e degli altri, non c’era traccia.

Harry Potter stava sicuramente per urlare contro a Kòre, che aveva disobbedito agli ordini del Capo del Dipartimento Auror, quando una voce, proveniente dall’ingresso, fece passare in secondo piano la ramanzina:

“Che. cosa. diamine. è successo. alla mia. Casa.?”

 

To be continued

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Capitolo 8
*** Scacchi e spiegazioni ***


Era passata si e no un’ ora da quando Harry Potter, Ron Weasley e Kòre Dolohov avevano lasciato la Tana alla volta di Malfoy Manor.

Al centro dell’azione. Al centro del pericolo.

Kòre aveva solo quindici anni. Per quanto fosse la strega più in gamba che Albus Potter avesse mai conosciuto, (insieme a sua cugina Rose), era pur sempre una strega all’alba del suo quinto anno ad Hogwarts. Come sperava di poter contrastare un attacco al Manor?

Era preoccupato per l’ amica, ma lo era ancora di più per suo padre. Era terrorizzato.

Quante volte aveva visto sua madre piangere di nascosto in bagno, perché il padre si trovava chissà dove, senza poter mantenere contatti per ragioni di sicurezza e segretezza assoluta della missione? E se non fosse più tornato?

“Albus, stare seduti a fissare il vuoto non serve un granché, quindi alza le chiappe e aiutami a sparecchiare.”

Ginny Potter, non era mai stata una di quelle donne piagnucolose e frivole, che aspettavano il marito a casa zitte e buone con la cena servita a tavola.

E lo si era capito già quando i due frequentavano Hogwarts. Lei non si era lasciata andare alla disperazione e alla depressione. Quando suo padre e i genitori di Hermione clandestinamente partirono alla ricerca degli Horcrux, lei entrò a far parte della Resistenza ad Hogwarts.

Tuttavia, James e Albus lo sapevano bene, Ginevra Potter era pur sempre un essere umano, una madre, una moglie.

Nonostante tutto quello che la famiglia Weasley aveva passato durante gli anni della guerra contro Voldemort, ogni preoccupazione, ogni situazione potenzialmente pericolosa, ogni momento passato nell’attesa di qualcosa, erano sempre un pugno allo stomaco.

Quello era uno di quei momenti. I momenti dove le ore sembravano non passare mai. Dove sembrava che il tempo si fermasse.

 

 

Scorpius Malfoy, seduto su una poltrona, focalizzava tutta la sua attenzione sul camino di casa Weasley.

La sua mente era sgombra, non riusciva a fare altro se non  fissare la passaporta. Era come se fosse caduto in una profonda trans, come se fosse stato ipnotizzato.

L’universo parallelo nel quale sembrava essersi rifugiato, si dileguò non appena un tonfo, lo fece sobbalzare.

Rose Weasley si era “accomodata” al suo fianco, seduta sul pavimento. Aveva trascinato davanti a sè un tavolino dove aveva appena appoggiato una scacchiera.

“Che stai facendo?”, chiese stranito il biondo.

“Non si capisce? Giochiamo a scacchi.”, rispose con sufficienza la rossa, come se fosse tutto perfettamente nella norma.

“Weasley, ma stai bene?”

Rose sbuffò, come se la domanda di Scorpius fosse del tutto inappropriata:

“Bianchi o neri?”, fu la sua risposta.

“Ok, non stai bene. E poi scusa, ti conosco abbastanza Weasley per sapere che tu odi giocare a scacchi.”, precisò il ragazzo.

“Ma piace a te, giusto?”

Scorpius ripiombò per qualche secondo nel suo universo parallelo.

La semplicità con la quale la Weasley pronunciò quella frase, lo pietrificò.

Era così naturale. Così spontaneo.

La ragazza sembrò accorgersi dello straniamento di Scorpius. Non riteneva necessario spiegarsi, tuttavia:

“Il tempo non scorrerà più velocemente se continui a startene li come un babbuino a fissare il camino. E non pensare a niente è forse peggio che pensare troppo. In queste situazioni, bisogna rimanere comunque lucidi, Malfoy. Tu, devi rimettere in moto il cervello, almeno quella poca materia grigia che possiedi. Io devo fermarlo. Quindi noi, adesso, giochiamo a scacchi.”

Il ragazzo guardò la giovane stupito e ammirato. I suoi occhi manifestavano chiaramente agitazione. Suo padre e suo zio a quest’ora sarebbero potuti essere feriti , o peggio. E questo lei lo sapeva bene. Ma Rose Weasley non si sarebbe mai lasciata andare alle emozioni. Non avrebbe permesso che qualcuno si preoccupasse per lei.

Ma ha chiesto aiuto a me. Certo, indirettamente, ma lo ha ammesso lei stessa che deve fermare il cervello. Può sostenermi, ma posso fare lo stesso per lei.

“Allora Malfoy, bianchi o neri?”

“Neri”.

 

 

 

“Che. cosa. diamine. è successo. alla mia. Casa.?”

Draco Malfoy, fece la sua comparsa nella grande sala d’ingresso, lo sguardo vacuo, in cerca di una spiegazione. Del tutto fondata come richiesta, viste le condizioni della casa. C’erano vetri e mobili rotti ovunque, pareti annerite dagli incantesimi scagliati non andati a segno. E, soprattutto, era piena di Auror.

“Santo cielo!!!Kòre!!! Stai bene cara? Scorpius…dov’è Scorpius??!”

Astoria Malfoy si avvicinò subito alla ragazza, vedendola ferita. Notando il volto impaurito e preoccupato della sua padrona, Kòre cercò subito di tranquillizzarla:

“Scorpius sta bene. È al sicuro alla Tana.”

“Cosa cavolo ci fa mio figlio a casa tua Weasley?”, chiese un innervosito Draco Malfoy.

Prima che l’Auror potesse rispondere, Kòre intervenne nuovamente dicendo:

“E’ stata colpa mia, Draco. Scorpius desiderava tanto fare gli auguri di persona ad Albus…Back ci ha smaterializzati li dopo che eravate usciti.”

Back. Dove diavolo era Back?

“Molto nobile da parte tua prenderti la responsabilità, Kòre. Ma sono sicuro che non sia stata solo una tua idea… e anche se fosse sono altrettanto certo che mio figlio non abbia opposto un’ incessante resistenza.”

“E’ stata una fortuna comunque, che siano venuti. Se fossero rimasti, non so cosa sarebbe potuto succedere.”, disse Harry.

“Dov’è il resto della servitù?”, intervenne Astoria.

Kòre stava per riferire che di loro, purtroppo non ce n’era la minima traccia, quando improvvisamente il ‘pop’ della smaterializzazione, fece allertare tutti i maghi presenti, che brandirono immediatamente le bacchette.

“PADRONIIII!!!!”

Tutti gli elfi di casa Malfoy si riversarono nella sala, accompagnati dal resto della servitù umana.

Kòre tornò a respirare per un secondo, attendendo di veder spuntare anche Susan, ma ciò non avvenne.

“Back. Dov’è Susan?!”

Lo sguardo dell’elfo, si rabbuiò:

“Back ha portato Susan di corsa al San Mungo. Lei ha cercato di difendere noi. Ma loro erano potenti. Back crede che ce la farà, ma Back ha avuto tanta paura.”

Al San Mungo. Susan era stata ferita.

Ma almeno era viva.

“Back, spiegami cosa è successo”, ordinò Malfoy Senior.

“Poco dopo la partenza di Kòre e padroncino Scorpius, Colin è entrato in casa e ha preso Susan. Diceva “disattiva le protezioni” e Susan l’ha fatto. Era l’unica a sapere come fare. Ma Back è certo, Signore, Colin ha stregato Susan, Susan non farebbe mai cose cattive e poi Back ha visto la bacchetta lanciare l’incantesimo, Signore, quello che controlla le persone.”

“Credo si riferisca all’Imperius.”,proferì Ron Weasley, “Malfoy, chi è questo Colin?”.

“E’ Colin Hart, lo stalliere. Ma è ovvio che Back si stia sbagliando. Colin è un magonò. Non è certamente in grado di scagliare un incantesimo.”

“NO!!!BACK NON MENTE!!!, Back è sicuro, chieda agli altri!”

Effettivamente, anche il resto della servitù confermò la versione di Back.

Una cameriera umana azzardò l’ipotesi che non fosse il vero Colin Hart, bensì uno di quegli uomini incappucciati  che ne aveva preso le sembianze. A detta della ragazza, era da un po’ di tempo, in effetti, che Colin non era più lo stesso. Era un ragazzo piuttosto giovane, sempre sorridente e amante dei cavalli.

Nel periodo antecedente all’invasione, i servi confermarono che si comportava in modo strano. Era distratto, imbronciato e a volte offensivo.

“Cos’è successo dopo Back?”,  lo esortò Kòre.

“Dopo che le ha disattivate, sono comparsi quegli esseri. Hanno colpito Susan, lei svenuta. Io e gli elfi non sapevamo cosa fare. Deciso di portare tutti al sicuro, alla residenza estiva dei Padroni. Back è corso a prendere Susan che si era ripresa, ma lei ha cominciato a combattere. Mentre combattevano, il finto Colin è andato su, alle stanze. Gli altri distruggevano ogni cosa.”

“Poi Susan colpita forte, allora Back deciso: ha rubato la bacchetta giusto il tempo per portarla via.”

Gli Auror, i coniugi Malfoy e Kòre, ascoltavano il racconto di Back, con attenzione e preoccupazione. Una volta che l’elfo ebbe finito di raccontare gli ultimi particolari che ricordava, Draco Malfoy disse:

“Molto bene Back. Ora tu e gli altri potete andare a riposare. È stata una lunga serata. Sei stato coraggioso.”

Harry e Ron rimasero di sasso alle parole di Draco. Kòre rise e pensò che forse i due si erano fermati al Draco Malfoy sedicenne che tentò di ammazzare il Preside di Hogwarts. Non erano abituati alla versione matura e adulta dell’ex- Mangiamorte rendento.

“ Bene. Potter, deduco che tu e Weasley passerete qui la notte a fare domande, indagare e quant’altro.”, disse un annoiato Draco Malfoy.

“Esatto.”

“Kòre, vai da Scorpius. Vorrà di certo sapere che sei viva e cosa è successo qui stanotte. Weasley, credimi, odio dovertelo chiedere ma, posso far rimanere i miei ragazzi in quella che tu definisci casa, per questa notte?”

L’Auror incassò la frecciatina e acconsentì alla richiesta di Malfoy Senior.

“Ma Draco, Kòre ha bisogno di cure.”, disse Astoria che fino ad allora aveva ascoltato il racconto dell’elfo con ansia crescente.

“E io voglio assicurarmi delle condizioni di Susan.”, intervenne la ragazza.

“Mi rendo conto che tu sia in pensiero, Kòre. Ma temo che se nemmeno un membro della famiglia si farà vedere stanotte, Scorpius darà di matto. Inoltre, non voglio che tu passi sola la notte al San Mungo. Sono sicuro che Back sarà ben disposto a vegliare sulla nostra Susan per questa volta. E poi è solo un graffio Astoria, una semplice medicazioni casalinga basterà.”

Kòre, nonostante pensasse fosse ingiusto non permetterle di andare da Susan, acconsentì alle richieste di Draco.

“Teddy, riporta Kòre alla Tana. Victoire forse non ti ucciderà se impegnata a curare lei.”, scherzò Ron Weasley.

“Grazie di tutto. A tutti voi.”, disse grata e sincera la ragazza dall’iride viola.

I due giovani, si apprestarono per fare ritorno alla Tana. Un ultimo pensiero di insinuò nella mente di Kòre: Fred Weasley Senior, non c’era. Non l’aveva visto nemmeno ad attacco finito. E quello che provò Kòre, fu tutt’altro che un buon presentimento.

 

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Capitolo 9
*** Piaceri, doveri e buoni propositi ***


“Hai perso Weasley, di nuovo.”, proferì un divertito Scorpius Malfoy.

Rose Weasley, era considerata una della studentesse più brillanti del suo anno, come lo era la madre dopotutto.

Lei e Kòre erano sempre le prime in tutte le materie. Ore ed ore in biblioteca, mano sempre alzata per rispondere alle domande dei professori, appunti dettagliatissimi. Non a caso, erano state entrambe smistate a Corvonero.

Vedere una con un curriculum del genere perdere sistematicamente da quasi due ore, non poteva che far sorridere Scorpius.

È riuscita a farmi sorridere, a farmi concentrare su qualcosa. Chissà se si rende conto di quanto abbia fatto.

Anche lui era uno studente brillante, ma svogliato. Preferiva passare il tempo facendo altro, giocare a Quiddich o a scacchi, gironzolare per il castello con Albus...praticamente preferiva dedicarsi a qualsiasi cosa, tranne che allo studio.

“Questo gioco è stupido.”, sbuffò una seccata Rose.

“Troppo facile dare la colpa al gioco, Weasley. Credo invece, che sia la tua testolina rossa ad avere dei problemi…stai per caso perdendo colpi Weasley?”

Prima che la replica piccata della rossa prendesse forma, dal camino della Tana si udirono dei rumori. Nel giro di pochi secondi infatti, fecero ritorno Kòre e Teddy Lupin.

“Kòre!!!!”, ulrò il biondo fiondandosi sull’amica.

Tutto il resto della famiglia di riversò in salotto. Nel vedere Teddy sano e salvo, Victoire esplose in un pianto di gioia e corse ad abbracciare il fidanzato.

 Scorpius, fu presto raggiunto da Albus e da Rose, che per prima di accorse della ferita sulla spalla della ragazza.

“Kòre sei ferita! O no…papà e zio Harry sono…”, per un attimo il panico si impossessò di Rose. Cosa avrebbe fatto se suo padre fosse morto?

Fortunatamente, prima che i viaggi mentali di Rose portassero a conclusione orribilmente sbagliate Kòre si affrettò a spiegare:

“Stanno bene tranquilla. Stiamo tutti bene. Per stanotte il signor Potter e tuo padre si fermeranno a casa nostra. Per dei sopraluoghi.”

Nel dire ciò, Kòre si rivolse anche alle rispettive mogli e al resto della famiglia. I volti di tutti, si distesero in un sorriso, rincuorati dal fatto che i loro cari stessero bene.

“Signora Weasley, il signor Malfoy chiede gentilmente il permesso di far passare a me e a Scorpius la notte qui da voi, se non è troppo disturbo.”

Molly Weasley, acconsentì senza indugi alla richiesta di Kòre:  

“Oh ma certo cara che potete restare, siete i benvenuti. Victoire, ti dispiacerebbe occuparti della sua spalla?”

La ragazza di Teddy Lupin, si avvicinò a Kòre, che rimase stupita dalla giovane.

È bella davvero. Albus continuava a tesserne le lodi a scuola, ma non pensavo che avere un pizzico di geni Veela portasse a questi risultati.

“Fammi vedere. Sai, sto studiando per diventare un Medimago. Quindi, ti puoi fidare.”, disse con un sorriso.

“Vic, appena finisci con lei devi occuparti di Fred e James.”

Già. Fred e James. Erano rimasti in disparte fino ad allora. Kòre aveva visto i loro sguardi preoccupati, come tutti del resto. E vide anche il sollievo sui loro volti non appena lei assicurò a tutti che gli altri stavano bene.

“Che intendi dire, tesoro? Fred e James non stanno m…”, prima che Victoire potesse finire la frase, Teddy Lupin aveva colpito con pungo diretto sul naso James Potter e subito dopo, sferrò un gancio in faccia a Fred Jr.

“TEDDY!!!”, urlarono all’unisono il signore e la signora Weasley.

Ginny Potter scattò in piedi dalla sedia su cui era seduta e urlò:

“MA SEI FUORI?!!? Ringrazia che non ci siano ne George ne Harry al momento! Ti avrebbero..”

“..detto di colpire più forte, e lo sai Ginny.”, proferì serio Teddy.

“Mo che ti è soltato in tosta?”, farfuglio il primo genito dei Potter, coprendosi il naso sanguinante con la mano.

Il ragazzo guardò gli altri due serio e fremente. La sua voce, non fece altro che confermare il suo essere infuriato. Si rivolse infatti ai due:

“Questo, è per il trattamento che avete riservato a Kòre non solo questa sera, ma anche per gli anni precedenti. Non so cosa vi sia preso, ma quello che provate e pensate di quella ragazza, oltre che ad essere totalmente sbagliato, non fa parte di ciò che sono sicuro i vostri genitori vi hanno insegnato. Come Harry ha fatto a suo tempo con il sottoscritto.

Quella “schifosa nipote di un Mangiamorte”, come l’hai amabilmente descritta tu Fred, mi ha salvato la vita stasera. Non sono sicuro che sarei sopravvissuto all’incantesimo di uno di quei tizi se non fosse intervenuta. Sperate che non scopra mai che continuate a darle fastidio, perché in tal caso, potrei riscoprire dei geni fin’ ora assopiti di lincantropia.”

Erano tutti pietrificati. Nessuno aveva mai visto Teddy Lupin così arrabbiato. E così serio. La stessa Victoire a stento riusciva a darsi una spiegazione di quell’ira improvvisa. Forse li aveva davvero dei geni da lupo mannaro.

Nel tentativo di riportare la situazione alla normalità e ansioso di sapere cosa era successo, Scorpius chiese il resoconto a Kòre delle ore precedenti passate al Manor, dei suoi genitori e di Susan.

Kòre e la famiglia Weasley- Potter, rimasero a lungo a parlare e a discutere riguardo all’attacco al Manor.

 Diede la triste notizia del ferimento di Susan, cosa che fece intristire molto Scorpius. In cuor suo sperava si riprendesse presto.

Si cercò anche di capire chi fossero gli invasori e cosa volessero, con scarsi risultati purtroppo.

La stanchezza prese alla fine il sopravvento su tutti quanti e si decise quindi di andare a dormire.

Scorpius venne sistemato sul divano in salotto. Kòre stava avviandosi verso la stanza di Rose e Lily quando James Potter le si avvicinò.

Con il naso ancora malridotto, voce titubante, imbarazzata e, Kòre ne era convinta, un’espressione chiaramente amareggiata disse:

“Senti Dolohov…so che forse è troppo tardi…ma ecco io…io ci tenevo ecco…o che diamine! Scusami! Ecco, volevo dirti che mi dispiace per…beh tutto. E ringraziarti per aver salvato Teddy.”

Kòre Dolohov era a dir poco stupita. Fantasticava a lungo sul fatto che un giorno Fred e James gli avrebbero chiesto perdono. Ma non pensava che ciò sarebbe accaduto nel breve periodo.

Albus Potter era orgoglioso del fratello. Non era una testa troll totale, dopotuto.

Rose e Scorpius si scambiarono un sorriso gioioso, che fece arrossire la ragazza in perfetto stile Weasley.

“S-si….cioè fico…cioè…accetto le tue scuse. Tutto passato.”, disse allegra la ragazza.

La gioia del momento però, durò assai poco. Fred Weasley Jr. passò accanto a tutti gli altri, sguardo basso e sprezzante. Si avviò da solo verso la sua stanza, senza salutare.

Lui non l’ho convinto. Beh, c’è tempo. E poi almeno James non mi odia più. Siamo a metà dell’opera.

Dopo questa lieta parentesi, Kòre si ritrovò a dover riportare la sua attenzione alla situazione allo stato attuale. Erano solo due per ora i dati di fatto:

Primo: non poteva raccontare a nessuno chi erano in realtà quegli esseri perché non era ancora giunto il momento. E secondo, aveva perso i contatti con la sua guida e sperava che nella notte, si facesse vivo.

 

La nottata passò in fretta.

Erano tutti molto stanchi e provati dopo tutto il movimento della sera prima.

Oltre ovviamente a Kòre e Teddy che avevano combattuto, il resto della famiglia non era certo stata pimpante e allegra. Lo stress psicologico e l’ansia a cui erano stati costretti, avevano fatto perdere le forze a tutti.

Scorpius Malfoy era uno di quelli più provati. La sua casa era stata attaccata, i suoi genitori sarebbero potuti essere in pericolo e la sua migliore amica si era lanciata a combattere maghi armati non certo di buone intenzioni.

Venne svegliato la mattina seguente da rumori di tazze appoggiate al tavolo, caffè versati, seggiole spostate.

Non appena aprì gli occhi, vide che per terra, accanto al divano su cui aveva dormito, c’erano delle coperto e un cuscino. Qualcuno doveva aver dormito li quella notte. Ma era certo che prima di addormentarsi non ci fosse nessuno.

Si alzò dal divano e si diresse verso la cucina dove la signora Weasley lo salutò in grande:

“Oh buongiorno caro! Prego siediti, caffè? Latte? Succo di zucca?”

“Buongiorno. Si, il succo va bene…Kòre non si è ancora alzata?”

Alla tavola infatti erano presenti solo James Potter, decisamente assonnato e ancora dolorante dopo il pugno di Lupin, Albus Potter, la signora Weasley e la sorella minore di Fred, Roxenne. Quei due erano uguali, notò Scorpius.

Con la differenza che Roxenne era una scavezzacollo peggio del fratello. Nessuno si capacitava del fatto che fosse finita nella casa di Kòre e della Weasley.

Già…dov’era la Weasley?

Fece appena in tempo a chiederselo, che la vide spuntare dalle scale. Camminava a stento e si reggeva la parte bassa della schiena, come un anziano con la scogliosi.

“Che c’è Weasley, dormito male?”, chiese ironico il biondo.

“Provaci tu a dormire per terra Malfoy!”

Dormire per terra? Era lei allora. Lei aveva dormito per terra, accanto a lui tutta la notte e non se n’era accorto.

“Hai…eri…sei stata tu allora a dormire accanto al divano?! Perché, Weasley?”, chiese sbalordito e curioso.

Rose non rispose. Sembrava imbarazzata, tanto da non riuscire a sostenere lo sguardo del biondo Serpeverde davanti a lei.

“Rose era preoccupata”, esordì Albus, “dice che ti ha sentito lamentarti nel sonno quando è scesa per prendere un bicchiere d’acqua, stanotte.”

“Mi…lamentavo? In che senso? Che dicevo?”

Rose fece un lungo sospiro e disse:

“Credo fosse colpa dello stress accumulato Malfoy…farfugliavi qualcosa sul dover proteggere la tua famiglia, Kòre…e comunque non ero preoccupata! Nella mia stanza eravamo già in troppe, e morivo di caldo, e il pavimento è fresco…e poi…. Se ti fossi svegliato e avessi avuto bisognodiqualcosaioerolì.”

Le ultime sei parole le disse velocemente e ficcando la testa nella tazza di thè il più possibile. Fu difficile capirle. A Scorpius sembrò impossibile. Doveva aver certamente sentito male. Le chiese dunque di ripetere l’ultima parte:

“Oooo insomma Malfoy! A mio malgrado, tu sei l’ospite. E nonostante tu sia tu, hai diritto ad essere trattato come tale.”

Aveva capito bene. La Weasley aveva passato la notte per terra solo per assicurarsi che lui stesse bene.

Nessuno ha mai fatto una cosa così per me.

 Ovvio, sia Albus che Kòre, si sono sempre comportati da ottimi amici. Ma spesso, non capivano a fondo i veri sentimenti di Scorpius. E non era colpa loro.

Scorpius era uno che preferiva essere lasciato in pace, non voleva che la gente gli stesse troppo addosso. Sempre abituato a cavarsela da solo, a vedersela da solo con se stesso e i suoi problemi. Non voleva sobbarcare Kòre di altre preoccupazioni. E anche Albus aveva i suoi problemi a cui pensare. Non mostrava niente Scorpius Malfoy .

Ma lei aveva capito. Di nuovo.

Scorpius sarebbe rimasto a fissare assorto Rose per altri dieci minuti buoni se non fosse arrivata Kòre, insieme al fratello di Rose e a Lily Potter.

“Buongiorno a tutti”, salutò educatamente la ragazza.

Risposero tutti sorridendole e chiedendole se avesse dormito bene e come stava.

“Sto bene grazie. Si ho dormito benissimo, ero stanchissima. Gli altri sono al lavoro?”

“Molto bene. Si, sono tutti partiti presto. Bill ha detto che Harry e Ron sono tornati stamattina presto e sono subito andati a casa a riposare.”

“Ci sono novità”, chiesero all’unisono Albus, Scorpius e Kòre.

“Purtroppo nulla di rilevante credo…Victoire è andata al San Mungo Kòre, ha detto che manderà un gufo prima di sera per farti sapere come sta la vostra tata Susan Strongstone.”

“La ringrazio molto, signora Weasley.”

Kòre, visibilmente scossa ma per lo meno riposata, prese una fetta di pane e cominciò a mangiare.

Fred Senior, non si era presentato. Nemmeno in sogno, dove teoricamente era più facile intraprendere quel genere di contatti. Se entro la fine della giornata non l’avesse contattata, lo avrebbe fatto lei.

A parte la provvisoria scomparsa del suo spirito guida, Punitori, Susan in ospedale e l’inizio ormai della Profezia Incompleta, Kòre riuscì a trovare una motivazione per sorridere.

Si guardò intorno per un attimo. Se qualcuno le avesse detto un mese fa, che si sarebbe ritrovata alla Tana, a fare colazione con la famiglia Potter- Weasley, con James Potter di fronte a lei che le stava passando la marmellata con un sorriso, lo avrebbe fatto ricoverare di corsa al San Mungo.

Non l’avevano cacciata, cruciata, ammazzata…niente. Erano stati cordiali, gentili, disponibili. L’avevano fatta sentire parte della famiglia.

Un risultato del tutto inaspettato dalla ragazza, a cui sarebbe davvero bastato che non la detestassero più di tanto.

Però mancava ancora qualcuno all’appello.

“Ehm…F-Fred? Dorme?”, azzardò Kòre.

“E’ uscito presto stamattina. Credo sia andato a fare un volo.”, ripose Molly Weasley.

Non vuole vedermi. Beh, andiamo bene…

“Senti, non è colpa tua…cioè nella sua testa lo è…ma non lo è in realtà…mi capisci? È fatto così, vedrai che gli passerà...Deve! Ormai tu e il biondino siete dei nostri!”.

Rose, Kòre, Scorpius e Albus, guardarono il ragazzo con occhi sgranati. Da quando James Potter era così gentile, accondiscendente e aperto?

“Ma tu ci odiavi”, constatò secco Malfoy Junior.

“Si è vero…ma era ieri. Oggi è un nuovo giorno!”, rispose semplicemente James.

Albus e Kòre sorrisero felici. James era così: non un gran cervello forse, ma un cuore immenso.

La mattinata trascorse tranquilla, all’insegna del relax.

La pace di quel momento fu interrotta dal rumore della smaterializzazione: Back era infatti apparso nella cucina della Tana.

“Back! Che ci fai qui? È successo qualcosa al Manor?”,chiese un allarmata Kòre

“Nono, Kòre tranquilla, tutto a posto. Gli Auror e padron Draco stanno indagando. Padroncino Scorpius state bene!??!!?”

E nel dire ciò Back si fiondò addosso al ragazzo, saltandogli in braccio e iniziando ad analizzargli ogni centimetro di pelle.

“Si-sis-sto bene!!! Back, ora scendi!”

Quel siparietto, suscitò l’ilarità di Rose.

La sua risata è un suono magnifico, si ritrovò a pensare Scorpius Malfoy, che si diede dell’idiota subito dopo.

“Back, perché sei qui?”, chiese Scorpius rosso in viso.

“Ah si!!! Back chiede che Kòre torni al Manor. Susan non c’è e noi da soli non possiamo sistemare tutto. Poi c’è da fare l’inventario, signorino. Suo padre ha chiesto di controllare tutti gli angoli della casa.”

“Hai perfettamente ragione Back. Scusami, mi sono completamente dimenticata dei miei doveri con tutto quello che è successo. Dammi due minuti e partiamo”, disse Kòre.

“Te ne vuoi andare? Ma sei in convalescenza!!!”, disse Albus.

“Se te ne vai vengo anche io.”, proferì Scorpius.

“No, tu resti qui dove sei. Verrà tuo padre a prenderti, come eravamo d’accordo. E poi che vieni a fare? Non saresti utile, anzi saresti d’intralcio.”, lo canzonò la ragazza.

“Io non sarei d’intralcio! E poi anche a te mio padre a detto di rimanere qui.”, rispose offeso il biondo.

“Si, ma io sono una cameriera, Padroncino, e i miei servizi sono richiesti al Manor. Arrivederci dunque.”, disse furbescamente Kòre.

“Giochi la carta della cameriera? Sul serio?”, domandò ironicamente Scorpius.

“La ringrazio di tutto signora Weasley”

“Chiamami Molly cara, vorrei che restassi comunque…”

“Mi creda ne sarei felice, Molly, ma i miei doveri mi chiamano. Ci rivedremo presto spero. Ragazzi” disse rivolgendosi ad Albus e Rose “noi ci rivedremo a settembre ma vi scriverò lo prometto!”, e abbracciò entrambi.

“Sai che potrei giocare la carta del padrone e ordinarti di restare?”, intervenne Scorpius.

“Sai che non ti darei retta”, rispose Kòre.

“Stai attenta Dolohov!”, disse James abbracciandola.

Ok, James Potter che mi abbraccia? Cosa ci può essere di più assurdo?

“Bene Back, possiamo andare”

“C-ciao Dolohov”

Una voce titubante, si udì dalla porta d’ingresso.

Fred Weasley Jr. era lì. Il capo chino, lo sguardo sfuggente. Kòre scorse i suoi occhi. Era un saluto sincero. Leggeva ancora la diffidenza e un poco di sfiducia nei suoi confronti. Ma le fiamme d’odio che sembravano bruciare sempre nei suoi occhi quando per sbaglio incrociavano quelli della ragazza, sembravano essere sparite.

“C-ciao Fred…”

Poi successe. Sorrise. Fred Weasley sorrise a Kòre Dolohov. Non un sorriso a 32 denti certo, appena appena accennato ma c’era.

Si. Questo è decisamente più assurdo.

Afferrò il braccio di Back e insieme si smaterializzarono alla volta del Manor.

“L’hai salutata…è un passo avanti, cugino.”, disse James.

“Oh ma sta zitto.”, tagliò corto Fred.

“Vedrete, quei due diventeranno inseparabili!”, disse con convinzione Albus.

“Ne dubito Albus…dopo tutto quello che è successo?”

“Il passato è passato Malfoy. Si certo, la strada è ancora lunga, ma credo che sia quella giusta.”, constatò Rose.

“Ragazzi, andiamo!!! Quei due inseparabili? Nah…due persone che si tollerano è già tanto a parer mio. Credetemi, è più probabile che Ebony Autumn cada tra le mie braccia, piuttosto che quei due…”

Una fumata dal camino, un tonfo e un occhio nero. Da quel giorno James Potter fu considerato un sensitivo.

Ebony Autumn si era letteralmente scaraventata tra le braccia di James, dopo aver utilizzato la passaporta della Tana.

 

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Capitolo 10
*** Ritorno a scuola ***


“POTTER!!! SEI PREGATO TI TOGLIERE LA TUA MANACCIA DAL MIO FONDOSCHIENA!!!”

Ebony Autumn era letteralmente piombata addosso a James Potter, facendoli finire entrambi a terra, l’uno sopra l’altra.

“Ebony???! Che diavolo ci fai qui? Non eri in vacanza?”, chiese Scorpius Malfoy, dopo aver realizzato che era davvero la sua amica quella psicopatica, bisbetica, sbucata inaspettatamente.

“AUTUMN!!! MI HAI ACCECATO!!! LA TUA GRAZIA MI STUPISCE SEMPRE PIÚ”, urlò James, coprendosi l’occhio destro sul quale si era “appoggiato” gentilmente il gomito di Ebony.

“Oh piantala di lagnarti, Potter. Te lo sarai di certo meritato.”, tagliò corto la ragazza. “Ciao Rose! Albus, buon compleanno! Scusa ma non ho avuto il tempo di comprarti un regalo decente.”, disse Ebony con un tono pacato e gentile, totalmente diverso da quello seccato e colorito utilizzato con James.

“MALFOY!!! Dove diavolo è Kòre?!”

“E’ al Manor”, rispose titubante Scorpius. Sapeva dallo sguardo di Ebony, che era decisamente arrabbiata. Con lui. E non aveva la minima idea del perché. Ed era spaventoso.

“AL MANOR?!??!!? L’HAI LASCIATA ANDARE!?!? MA L’HANNO ATTACCATO IERI SERA PEZZO DI DEFICIENTE!!!”

Era a dir poco furente. Fortunatamente, Albus Potter si parò tra la ragazza e Scorpius, tentando di fermare la furia cieca della bionda.

“Ebony calmati!!! È vero, Kòre si trova al Manor, ma adesso è sicuro. Mio padre e gli altri Auror lo hanno controllato da cima a fondo. Sta bene. Kòre, sta bene.”  

Ebony tirò un sospiro di sollievo e i suoi occhi, fino a qualche minuto fa tinti di rosso fuoco, tornarono alla loro naturale pigmentazione.

“Si può sapere che ti è preso Autumn? Non puoi piombare in casa mia, rendermi quasi cieco e metterti ad urlare come una pazza nevrotica!”, sbottò James.

“Io piombo dove mi pare e piace, Potter. Soprattutto, quando la mia amica è in pericolo. E poi non è casa tua pezzo di idiota, è anche di Albus e Rose.”, rispose a tono Ebony.

Ci risiamo.

Albus Potter ricordava bene le possibili conseguenze di un ennesimo litigio tra i due. 

Fin dal loro primo anno, Ebony Autumn aveva dichiarato guerra a James Potter, il quale era ben disposto a contraccambiare.

Si odiavano. E di motivi ce n’erano molti.

Innanzitutto, Ebony aveva un caratterino tutto suo, peggio di quello della cugina Rose. Non aveva la minima idea di cosa fosse la diplomazia, il buon costume, i complimenti, le regole, le buone maniere. Era volgare, poco femminile, manesca, nevrotica, perennemente in lotta contro tutto e tutti. Nessuno metteva i piedi in testa ad Ebony Autumn.

Era un tipo piuttosto solitario ma non perché fosse timida anzi. Era indipendente, sicura di sé, non le mandava a dire a nessuno. La filosofia di Ebony era: “se ti piaccio così bene, altrimenti vai al diavolo.”

Aveva pochi amici su cui contare e non le dispiaceva. Non amava essere circondata da molte persone convinte di sapere tutto su di lei. Pochi ma buoni.

E tra quei pochi, Albus si riscontrava con orgoglio. Gli piaceva essere considerato dalla “Furia”, come la chiamavano a scuola. Ebony aveva il suo carattere certo, un carattere grazie al quale si era guadagnata il record di punizioni insieme a suo fratello e suo cugino, ma era una forte.

Forte. Non c’era altro modo di definire Ebony Autumn. Era determinata, schietta, leale, sempre in prima linea per difendere gli amici, per niente ipocrita, vera. Ebony era così. Prendere o lasciare. E fu grazie a lei che lui e Scorpius si conobbero il primo giorno di scuola, lo stesso giorno in cui conobbe anche Kòre, che per Ebony era come una sorella.

Era del tutto comprensibile quindi, lo stato d’ansia della ragazza.

“Ebony, come fai a sapere che il Manor è stato attaccato?”, chiese ad un certo punto Scorpius, interrompendo la discussione di quei due.

“Sono tornata prima. Non appena arrivata a casa, mi sono trovata fra le mani la Gazzatta del Profeta. Tuo padre è in prima pagina, Scorp.”

“Lo sanno già tutti? E cosa dice l’articolo?”, chiese Rose.

“Un cavolo di niente. Solo che dei maghi non ancora identificati, hanno attaccato la dimora dei Malfoy e che, fortunatamente, non ci sono state vittime. Gli Auror stanno comunque indagando”, disse seccata la ragazza.

Scorpius si rabbuiò. Una vittima seppur non grave, c’era stata.

“Veramente Susan è stata ricoverata al San Mungo.”

“Sul serio? Per la miseria, cosa aspettavi a dirmelo razza di idiota!!? Kòre lo sa? Come l’ha presa?”

“Si Kòre lo sa… e quest’idiota te l’avrebbe detto se non fossi scoppiata in una crisi isterica prima!”, rispose offeso Scorpius.

“Autumn, come facevi a sapere che la Dolohov e Malfoy sarebbero stati qui?”, chiese un ancora seccato James Potter.

“Vedi Potter, a differenza della media delle ragazze da te frequentate, che reputano il cervello meno rilevante della chioma perfettamente pettinata che lo ricopre, io ne faccio uso. Ho provato a mandare una lettera ma il gufo è tornato indietro. Credo che gli Auror controllino il traffico postale verso casa tua Scorp. Comunque, visto il fallimento di questo primo tentativo, non mi rimaneva altro che recarmi da qualcuno che sapesse qualcosa. Con la passaporta, mi sono ritrovata a Diagon Alley e ho chiesto in giro. Un elfo amico di un certo Back, mi ha detto che vi eravate rifugiati alla Tana ed eccomi qui.”

“Beh, Kòre non è qui evidentemente, quindi togliti dai piedi Autumn!”

“Come siamo scontrosetti Potter, sei a stomaco vuoto per caso? Lo sai che senza un’ adeguata dose di cibo il tuo cervelletto prende il volo e diventi un tantino prima donna”, disse sorridendo acidamente la ragazza.

L’odio di James nei confronti di quella ragazza era paragonabile solo a quello che Fred prova rispetto a Kòre. Anche se adesso, visti gli ultimi sviluppi, si sono posate le fondamenta per un armistizio tra i due, pensò Scorpius Malfoy.

La faida tra quei due iniziò fin dal loro primo anno. Da quello che gli aveva raccontato Kòre, Ebony si autonominò sua protettrice ufficiale dalle continue persecuzioni di Potter e Weasley. Con l’aggravante che James Potter racchiudeva in sé tutti gli atteggiamenti e il carattere che Ebony detestava.

Era vanitoso, stupido, impulsivo, irrazionale, borioso, immaturo, egocentrico, sbruffone, dongiovanni, fastidioso,  irritante e altri cento aggettivi che mille volte ripeteva e urlava nel bel mezzo della Sala Grande quando litigavano, cioè un giorno si l’altro pure.

La metà di quelle caratteristiche le ha anche lei, pensò un divertito Scorpius.

Essendo cresciute insieme, le ragazze erano molto più che amiche. Potevano considerarsi quasi sorelle.

Anche se Ebony fu affidata ad una famiglia babbana all’età di otto anni, le due non si erano mai separate. Ogni qualvolta era possibile, si incontravano al Manor. Quelle ragazze era come se fossero legate dalla mano invisibile del destino o altre stramberie divinatorie. Era stata Susan Strongstone infatti, a prendersi cura di entrambe le neonate abbandonate dai rispettivi genitori. Ad Ebony andò decisamente meglio che a Kòre. Nessuno sapeva chi fossero i suoi genitori biologici, a differenza del padre di Kòre che era, purtroppo, ben noto a tutti. Affidarla quindi ad una famiglia, era stato facile. Kòre invece, non trovò mai nessuno.

Beh a parte i miei. Loro l’hanno, di fatto, assunta come cameriera, ma ormai è una di famiglia.

“Autumn? Che ci fai qui?”

Fred Weasley apparve sulla soglia della cucina, stupito dalla presenza della ragazza.

“Tranquillo Weasley, me ne stavo andando…”

“Già te ne vai?”, chiese delusa Rose.

“Si, adesso che so che è tutto ok, posso tornarmene a casa.  Scorp, nel caso la vedessi prima di me, dille che ero preoccupata!”

Fece per andarsene verso la passaporta. Prima però, si girò verso James e Fred e, proprio a quest’ultimo, riservò un’ occhiata assassina. Disse:

“Se dovessi per caso scoprire che nel periodo in cui lei stava qui le avete detto o fatto qualcosa di male, farò pentire il Cappello Parlante di avermi smistata a Grifondoro. Voldemort, a confronto della mia ira, sarà un pivellino.”

E scomparve. Lasciando attoniti i cinque ragazzi nella stanza.

“Ragazzi? Che vi prende?”, chiese Molly Weasley, appena entrata in casa dopo essere stata fuori in giardino.

“N-niente nonna, tranquilla.”, disse a fatica James.

“Questo, è in assoluto uno dei compleanni migliori della mia vita. Esclusa l’invasione di casa tua, amico.”, disse divertito Albus Potter.

“Già…beh non ti ci abituare, non ho molte altre case da distruggere.”, replicò l’amico sorridente.

 

Quel mese e poco più che mancava al ritorno ad Hogwarts, passò molto in fretta.

Tra una partita di scacchi o di Quiddich, qualche passeggiata e un po’ di shopping per le signore, il momento della partenza era arrivato.

Era finalmente il primo settembre.

La stazione di King’s Cross come al solito era affollata di studenti che si accalcavano sul treno alla ricerca di uno scompartimento libero. Genitori indaffarati e presi dalle raccomandazioni nei confronti dei figli più piccoli, al loro primo anno. Ed Hermione Weasley era il capitano dei genitori in ansia:

“Mi raccomando Hugo, se hai problemi, qualsiasi tipo di problemi, vai da Rose. Lo so che reputi tuo cugino James un superuomo, ma è affidabile quanto tuo padre quando dice che va lui a fare la spesa.”

“Grazie, tesoro!”

“Oh guarda ci sono Lily e Ginny!!!”

E dicendo ciò, si diressero in contro alle due ragazze. Lily aveva i tipici capelli rosso Weasley, era identica a sua madre.

“Ciao Ginny!!”

“Buon primo giorno di scuola a tutti!”, rispose sorridente la signora Potter.

“Harry dov’è’?”, chiese Ronald Weasley.

“Al dipartimento. C’è stato un problemino con la squadra sette, credo.”

“Ah si, mi hanno informato. Quella squadra crea sempre casini.”, affermò un infastidito Ron.

“Perché? Che fanno che non va?”, gli chiese la moglie.

“Segreto professionale cara.”, dicendo ciò schioccò un veloce bacio sulle labbra di Hermione.

“Penosamente adolescenti…”

Una voce sprezzante li fece voltare. Davanti a loro stava Draco Malfoy, con relativo figlio da un lato e Kòre Dolohov dall’altro.

“Malfoy…che…no scusa non mi viene altro se non insulti.”, esordì Ron Weasley.

“RONALD!!!, lo ammonì la moglie, “ Draco, che piacere vederti, Scorpius! Kòre, cara stai bene?”.

Hermione era decisamente molto più diplomatica. Perché la Weasley non ha preso da lei?, si ritrovò a pensare Scorpius.

“Salve signora Weasley. Si sto bene grazie. Voi avete passato buone vacanze?”

 “Meravigliose, grazie. Oh, se volete raggiungerla, Rose è già sul treno e con lei credo ci siano anche Albus, James.”

“La Granger ha ragione. Coraggio ragazzi, in carrozza.”

E poi successe. Draco Malfoy abbracciò molto virilmente il figlio, che nonostante avesse solo quattordici anni, era decisamente alto. Poi si rivolse a Kòre, che salutò con un abbraccio molto più caloroso, protettivo, quasi da padre.

Ginny Potter e Ron Weasley erano basiti. Che fine aveva fatto il Furetto?

I ragazzi si incamminarono verso il treno, non senza attirare sguardi incuriositi da parte del resto della popolazione studentesca.

“Credo sia per la storia dell’attacco…”, bisbigliò Scorpius.

“Già… lo credo anch’ io.”, confermò Kòre.

L’attacco al Manor aveva creato non poco scalpore nella comunità magica.

Le notizie inizialmente erano frammentarie. Si sapeva solo che dei maghi avevano forzato le difese delle casa, ferito la servitù (per fortuna Susan andava sempre migliorando e presto sarebbe potuta tornare a casa) ma non avevano rubato nulla.

Purtroppo non era così. Qualcosa avevano rubato. Solo che era un’ informazione talmente riservata, che nemmeno Kòre avrebbe dovuto esserne a conoscenza.

 

Erano due settimane che non riusciva a contattare Fred. Incredibile. Quella guida si era rilevata uno degli spiriti più inutili che il mondo dei morti e non avesse mai conosciuto.

Finalmente, in una notte di fine luglio, quell’idiota si fece sentire:

“Psss, ehi!!!! Kòreeeee!!! Sveglia-sveglia tesorino…”

“Ancora cinque minuti Back…”, ripose Kòre assonnata e intontita.

“Back?!?! Ti sembro forse quell’elfo analfabeta!?!?!”

“FRED!!!!”, urlò la ragazza.

“Non osare mai più paragonare la tua guida ad un elfo domestico!”, ribatté lo spirito offeso.

“No, infatti hai ragione…è fin troppo lusinghiero paragonarti a Back!!!!DOVE CAVOLO SEI STATO ROSSO!?!?!?!?”, disse Kòre prima tranquillamente e poi urlando le ultime cinque parole.

“Rosso??”, chiese divertito Fred.

“Dove sei stato Fred Weasley Senior? Avevi promesso!!! Avevi promesso che sarebbero stati tutti al sicuro!”

“Ci sono stati…dei…come dire…piccoli intoppi…”

“Piccoli intoppi? Susan al San Mungo, il figlio di Remus Lupin quasi ci rimane secco, quei cinque maghi super invincibili… li chiami PICCOLI INTOPPI!!??”. Era decisamente furiosa. Cosa strana per Kòre Dolohov, il ritratto della pazienza.

“Ok ok!!!! Calmati adesso. Qualcosa è evidentemente andato storto. Ma non è colpa nostra.”

“Che vuoi dire?”

“Qualcuno ha tagliato i ponti.”

“Eh?!?”, chiese la ragazza esibendo una smorfia confusa.

“O ma devo sempre spiegarti tutto io?? Qualcuno ha tagliato i ponti. Devi sapere che per comunicare con noi tu, utilizzi dei ponti. E come lo sai fare tu, lo sanno fare anche gli altri Guardiani delle Anime. In particolare, c’è qualcuno molto molto più bravo di te, signorina. E questo qualcuno, ha fatto in modo di tagliarci fuori per due ore buone. Giusto il tempo per far si che i Punitori prendessero quello che dovevano prendere e facessero il casino che hanno fatto.”

“Nel caso non si notasse, ho quindici anni! Non sono una Guardiana navigata ed esperta! Comunque…che hanno preso? Abbiamo fatto l’inventario, non manca niente.”

“Sicura? Secondo scaffale, quinta fila dal basso…c’è un libro a cui manca una pagina…Scommettiamo?”

“Che libro? E che c’era scritto su quella pagina?”

“Mi stupisco che tu non lo sappia ragazzina! È un libro babbano molto famoso, una noia mortale a mio parere... la Divina Commedia.”

“La Divina Commedia? Quella Commedia? Quella di Dante?”

“Non credo esista un altro pazzo, fissato in grado di scrivere una cosa del genere!!!”

“Ma cosa può aver scritto di così importante un babbano del trecento?”

“Quel babbano, non sappiamo ancora bene come, ha fornito al mondo intero, senza forse nemmeno esserne cosciente, lo schema dettagliato del regno degli Inferi, casa tua insomma”.

Questo era un male. Molto molto male. Se prima le rimaneva una vaga speranza che le cose si sistemassero e che fosse tutta una coincidenza, ora ne aveva la triste conferma. Era iniziata. Il mondo non lo poteva ancora sapere, ma lei si. Lei sapeva.

“Miseriaccia.” Fu la sola cosa che la sua bocca riuscì a proferire in quel momento.

“Ah, i Weasley ti stanno entrando nel cuore eh?”

 

“Kòre!!!!”

Un urlo, la fece ritornare alla realtà.

I capelli biondi dell’amica e il suo sorriso smagliante le fecero scacciare per un attimo i cattivi pensieri.

“Buon primo giorno di scuola Ebony!!!”, salutò l’amica abbracciandola.

“Come fai a sorridere in un giorno triste come questo? Sta per iniziare l’anno più duro della nostra intera carriera scolastica! Devo sfogare l’ansia….dov’è Potter quando serve?”

“Ebony, ti prego…speravo che ora che James non mi odia più e Fred, beh…Fred non sembra più volermi vedere azzannata da un Basilisco, la tua specie di… non so nemmeno come definirla con Potter, fosse archiviata.”, disse sconsolata l’amica.

“Kòre, forse a te è stato concesso di firmare un armistizio. Per quanto mi riguarda, io e Potter siamo ancora in guerra.”. E, affermando ciò con il solito sguardo assassino che spaventava pure chi la conosceva bene, Ebony Autumn si dileguò tra la folla, alla ricerca del nemico.

“Quei due sono…”

“Incorreggibili?”, disse una voce dietro la ragazza

Prima che Kòre potesse finire la frase infatti, Fred Weasley Jr. la completò al suo posto.

Kòre era nel panico. Se ne stava li, ferma a fissare stralunata il ragazzo, che sembrava imbarazzato tanto quanto lei. Finalmente uno dei due si decise a parlare.

“I-io s-salgo. Ci vediamo, dopo…sei diventata Prefetto?”, chiese il ragazzo osservando la spilla che spuntava dalla giacca di Kòre.

“Chi? Io? Oh, s-si…anche Lys lo è…. Siamo noi due, i Prefetti di Corvonero, già…”, balebettò in qualche modo la ragazza.

“Si lo sapevo, di Lys intendo…a-anche io lo sono…siamo io e…non ho la minima idea di chi sia l’altro a dire il vero…”, disse sempre più rosso in volto.

“Tu un Prefetto?”. Kòre buttò fuori di getto le parole. Si accorse dell’enorme gaffe e tentò di rimediare:

“C-cioè!!! Non c’è nulla di sbagliato!! Nel senso, sei un ottimo giocatore di Quiddich e i tuoi voti non sono male…Non che io seguissi il tuo andamento scolastico intendiamoci…è-è-è- che Rose me ne parlava di tanto in tanto…E sei stato in punizione a volte ma dopotutto chi non c’è stato? A parte me, o Rose, O Albus…ma noi siamo così noiosi!! T-tu sei brillante..e-e- io non volevo dire….”

Fortunatamente il discorso quasi senza senso di Kòre fu interrotto dalla risata di Fred.

Questo che fa, ride? Ride di me? Beh certo che ride di te idiota!!!

“Tranquilla, nemmeno mio padre ci credeva… e sai, hai avuto quasi la stessa reazione di zia Hermione. Solo che il suo discorso era più balbettante e sgrammaticato del tuo.”

“Scusa…sarai un ottimo Prefetto, davvero.”, disse sincera Kòre.

“G-grazie, anche tu e Lys…si siete…una buona squadra. Ciao.”

Rosso pomodoro in viso, Fred Weasley sfrecciò verso la carrozza.

Sarà un anno difficile. Sotto ogni aspetto. Ma sento che sarà comunque ricco di sorprese gradite.

 

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Capitolo 11
*** Necessità complicità ***


Erano passati circa tre mesi dall’inizio delle lezioni.

Con il passare del tempo, le voci e i pettegolezzi sull’attacco a Malfoy Manor erano andate via via scomparendo.

Gli Auror dichiararono che si trattò semplicemente di un’azione commessa da un gruppo isolato di maghi fanatici, probabilmente mossi da sentimenti di rancore e odio nei confronti della famiglia Malfoy, vista la partecipazione attiva di quest’ultima nell’ascesa al potere di Voldermort.

 Anche se le dicerie sull’attacco erano quasi totalmente scomparse, non significava per i protagonisti poter vivere una normalissima e tranquillissima esistenza da adolescenti. Kòre, si trovava di nuovo al centro delle attenzioni di tutta la popolazione studentesca.

Non era sfuggita a nessuno infatti, la novità del secolo:  Fred Weasley non la tormentava più. Anzi, sembrava quasi che i due storici nemici, stessero diventando, al di là di ogni possibile immaginazione, amici.

Si salutavano nei corridoi, a Kòre non capitavano più quei tipici episodi spiacevoli a cui solitamente era avvezza, ossia i continui scherzi, prese in giro, manifestazioni di plateale odio da parte del ragazzo… a volte addirittura si intrattenevano a conversare del più e del meno.

Il popolo studentesco si sbizzarrì nel cercare una motivazione valida, spaziando dal possibile all’assurdo. C’era chi diceva che tra i due ci fosse del tenero. Altri che sostenevano una ritrovata sanità mentale di Fred. I più maligni, credevano ad una maledizione Imperius scagliata da Kòre, in virtù della sua parentela non propriamente nobile.

La verità era molto più semplice: Fred e Kòre si trovavano simpatici.

Entrambi trovavano piacevole il rapporto che si era venuto a creare. Non era equiparabile al rapporto di Fred con James o a quello di Kòre con Ebony e Rose, ma era comunque un inizio. Un buon inizio.

Albus Potter ne era più che felice. In realtà, tutto in quei mesi era più che felice.

Le cose erano cambiate in positivo dopo lo sfortunato attacco alla casa di Scorpius. Kòre era stata accettata ormai da tutta la famiglia Potter-Weasley, Fred sembrava più tranquillo e non in guerra con il mondo come lo era prima, James ed Ebony beh, loro non erano cambiati, ma il fatto che Ebony non dovesse più vendicare l’amica reduce dalle malignità dei neo Malandrini, aveva reso la battaglia tra i due meno astiosa e gli scherzi pesanti erano scomparsi. Adesso, vederli combattere era quasi divertente e non più terrificante.

Ma c’era un ulteriore cambiamento che aveva si fatto piacere ad Al, ma lo aveva allo stesso tempo perplesso. Scorpius e Rose sembravano sopportarsi.

Erano sempre meno le volte in cui Albus doveva intervenire per fermare una lite furiosa tra i due. Anche loro come James ed Ebony, sembravano divertirsi nel prendersi in giro. Era come se alla base di tutti gli scherzi, le offese, le schermaglie, ci fosse un sostanziale affetto reciproco.

Assurdamente, Scorpius Malfoy e Rose Weasley, potevano vagamente interessarsi l’uno alla vita dell’altra, essere, ed è una parola grossa ma era l’unica che veniva in mente ad Albus Potter, amici. Le due persone più importanti della sua vita stavano finalmente andando d’accordo. In un modo del tutto non convenzionale certo, ma c’era qualcosa negli sguardi che si scambiavano, nella complicità che a volte avevano, nei gesti che compivano, qualcosa che era solo loro.

Era proprio pensando ai suoi due migliori amici che Albus Potter fece il suo ingresso nella sala Grande per cenare con i compagni.

Arrivato al tavolo Serpeverde, non vedendo traccia del biondo compare, chiese sue notizie ad una ragazza di un anno più piccola di Al, Jocelyn.

“Ehi Jojo, hai visto Scorp?”

“Severus, osa chiamarmi ancora una volta Jojo e il mondo magico dovrà compiangere la prematura morte del figlio di Harry Potter.”

Jocelyn Green era famosa nella casata Serpeverde per la sua spiccata indole…beh Serpeverde. Era solo al terzo anno ma aveva già ampiamente dimostrato le sue qualità e il suo caratterino. Era una delle migliori studentesse, sempre voti altissimi. Veniva paragonata, a suo malgrado, a Rose e Kòre in quanto ad intelligenza. Era tuttavia, una ragazza piuttosto schiva, sempre imbronciata, arrabbiata con tutto e tutti. E questo atteggiamento era di certo controproducente. La ragazzina, anche se solo tredicenne, era davvero carina. Dimostrava più anni rispetto alle coetanee, aveva dei grandi occhi azzurro chiaro, la pelle diafana e i capelli lunghi, lisci, nero corvino.

Albus sorrise. Sapeva che Jocelyn odiava quel nomignolo.

Sbuffando, il ragazzo si corresse:

“Okokok…ricominciamo. Jocelyn Victoria Green, stimata compagna di casa, sapresti dirmi dove si è cacciato Scorpius?”

“L’ho visto uscire con Zabini e gli altri dal dormitorio, ma si vede che è stato rattenuto…loro sono seduti al solito posto.”

 

Ma che diavolo mi è preso?

Scorpius Malfoy si stava ripetutamente dando del cretino da almeno dieci minuti.

Erano dieci minuti che infatti, che se ne stava lì appostato dietro una colonna come un maniaco. E la osservava.

Rose Weasley, era seduta nel mezzo del corridoio che portava alle scale per arrivare alla Torre di Astronomia, gambe incrociate e sguardo fisso sul muro.

Era ufficialmente fuori di testa. Cosa cavolo stava aspettando? Che le cadesse il muro addosso?

L’aveva vista correre fuori dalla Sala Grande non appena lui ci aveva messo piede. Non aveva fatto nemmeno in tempo a rifilarle una delle sue solite battutine, che lei era già scomparsa.

Bastò un attimo, Scorpius le corse dietro.

Ed ora, eccoli lì. Uno, appostato come un serial killer, l’altra in trans davanti ad un muro.

Era una situazione assurda. Scorpius decise allora di mettere fine a quella pagliacciata:

“Weasley, quello per tua informazione, si chiama M-U-R-O.”, la schernì il ragazzo.

Rose scattò in piedi all’udire la voce di qualcuno alle sue spalle.

Miseriaccia. Tra tutti gli studenti che mi avrebbero potuta scoprire, lui. Cavolo.

“So benissimo che è un muro, Malfoy. Sai, quella intelligente sono io.”

“Giustissimo. Saprai allora darmi una spiegazione logica del perché tu stia fissando un muro da quasi venti minuti.”

E adesso che gli racconto???

Con un tono che voleva sembrare sicuro e non curante, Rose provò a dire:

“N-non sono affari che ti riguardano Malfoy. E poi lo dici sempre anche tu che sono strana.”

“Anche questo è vero. Ma vedi, per quanto tu sia strana, conosco bene l’appetito Weasley… Non salteresti mai la cena per fissare un muro senza un apparente motivo. Stranezza o no, ci deve essere un motivo. E io, me ne starò qui, placidamente seduto ad aspettare una tua spiegazione.”

E dicendo ciò, si sedette per terra, fissando la ragazza con il solito ghigno soddisfatto e l’espressione di qualcuno che sa di avere la vittoria in pugno.

Rose arrossì di rabbia fin sopra le orecchie, sbuffò e si mise a braccia incrociate sul petto, come una bambina.

Dopo qualche minuto di silenzio, si decise a parlare.

“Ohhh e va bene!!! Te lo dico, soddisfatto?”

“Si lo ammetto. Allora, che combini Weasley?”

Rose per un attimo si pentì della sua decisione. Doveva davvero raccontare a Scorpius Malfoy il perché si trovasse in quel corridoio, davanti a quel muro? L’avrebbe presa per matta? O forse già la credeva fuori di testa?

Ormai era comunque tardi per cambiare idea. Non aveva più vie d’uscita.

Prese un profondo respiro e cominciò:

“. Ho fatto un sogno…ma non era un sogno normale, era come se io fossi lì davvero, nel sogno. Sentivo tutto concretamente, tanto che la mattina ho faticato a convincermi che si trattasse solo di un sogno…mi segui?”

“S-si, cioè non sto capendo molto a dire il vero…sei contorta!”

“Non sono io contorta, sei tu che sei limitato!!!”

“Okok lasciamo stare, continua…magari andando avanti ci capisco qualcosa”

“Dicevo…ho fatto un sogno. Mi trovavo in questo corridoio, ma in realtà io dovevo salire, alla Torre. Mentre camminavo sono inciampata su qualcosa,”

“Sei scoordinata anche nei sogni Weasley!”, interruppe un divertito Scorpius.

“Zitto o altrimenti non continuo il racconto biondino!”

Malfoy fece un cenno con la testa e la ragazza continuò:

“…sono inciampata su qualcosa e un ragazzo mi ha aiutato ad alzarmi: il ragazzo in questione, ne sono più che certa, era mio zio Fred. Si, lo so che è morto, ma ti giuro che era lui. Ho visto le fotografie, era lui.”

Il ragazzo non interruppe il resoconto di Rose anzi, la intimò di continuare.

“Mi ha aiutata e io l’ho ringraziato. Lui mi ha sorriso e ha detto che ero la copia di mia madre e che dovevo smetterla di tenere il naso sui libri e divertirmi di più.”

Scorpius si permise una risata sommessa. Aveva ragione Fred Senior, quella ragazza doveva spegnere il cervello più spesso.

“Io gli ho risposto che i libri erano la mia vita e che per me erano importanti. Lui mi ha redarguita. Mi ha detto che non sempre i libri possono spiegarti la vita, dirti cosa fare… e che, per quanto ci provino, gli scrittori non riusciranno mai a spiegare i sentimenti. Poi mi ha indicato il muro, questo muro. Mi ha accarezzato la testa e mi ha detto una cosa strana, una cosa che ho capito solo ora:

“Vedi questo muro Rose? È solo un muro. Se andrai in biblioteca a controllare quel mattone che è Storia di Hogwarts, troverai scritto che è solo un muro del corridoio che porta alla Torre di Astronomia. Nella migliore delle ipotesi, ci sarà una piantina. Niente di più. Ma per certe persone, un semplice muro, può essere prezioso. Tu sei troppo attaccata a ciò che può essere spiegato, tutto ciò che non ha spiegazione ti fa paura. Ma non devi averne Rose.

Quello che per alcuni è irrilevante, per altri è vitale. Tu lo vedi come un muro, io ci vedo…una porta.”

E poi ha preso fuoco.”

Scorpius che fino ad allora era rimasto in silenzio ad ascoltare il racconto della ragazza, si animò alle sue ultime parole.

“Che? Cosa vuol dire che ha preso fuoco?”, chiese sbalordito.

“Vuol dire che ha preso fuoco. E io mi sono bruciata.”

“Ma come puoi esserti bruciata Weasley!!! Era solo un…”

Ma prima che Scorpius potesse terminare la frase, Rose alzò la manica della divisa: c’era davvero una bruciatura sul braccio destro della ragazza.

“Te lo dicevo che non era un sogno normale. Mi sono svegliata per via del dolore.”

Scorpius era senza parole. Non si era mai visto un sogno che avesse conseguenze fisiche sulle persone. Eppure la bruciatura c’era eccome. Che razza di sogno era?

“Sei andata da qualcuno?”, chiese il ragazzo.

“E da chi? È solo una bruciatura…e poi scusa, cosa avrei dovuto raccontare? Salve Preside, ho fatto un sogno nel quale Fred Weasley Senior, morto più di vent’anni fa, vaneggiava guardando un muro e prendeva fuoco?”.

Effettivamente, Aberforth Silente, successore di Severus Piton e fratello del grande Albus Silente, l’avrebbe presa per matta…o comunque non le avrebbe dato peso. Era un grande Preside, ma non lo contraddistingueva di certo la sua indole comprensiva e paziente verso i ragazzi.

Rimasero in silenzio per un po’. Fu Malfoy a spezzare quel momento.

“Non ho ancora capito una cosa però…perché sei corsa fuori dalla Sala Grande e ti sei piazzata qui, seduta davanti al muro?”.

Rose tentennò. Non era ancora sicura di voler dire tutto a Scorpius.

Beh, non è scoppiato a ridere come un idiota…e mi ha subito creduta, senza prendermi per matta. Massì Rose, tanto vale raccontare tutto.

“Credo di avere capito cosa intendesse dirmi Fred.”

“Tu credi che tuo zio morto volesse dirti qualcosa? Lo sai che è alquanto inquietante vero Weasley?”, commentò scettico Malfoy.

“Senti, sei libero di credermi oppure no, non mi interessa. Per me è così. Io lo sento ecco.”

Scorpius si passò una mano tra i capelli, sospirando disse:

“E sentiamo, cosa voleva dirti zio Fred?”

“Dopo quel sogno, ho passato giorni in biblioteca, nonostante zio Fred mi avesse detto che sarebbe stato inutile. Ed effettivamente, aveva ragione. Non c’era niente che potesse aiutarmi. Stavo per lasciar perdere ma a cena stasera, mi è venuta un’ illuminazione! Ora, tu di certo scoppierai a ridere, mi prenderai in giro per il resto dell’anno e tutti i tuoi amici rideranno di me quando gli racconterai quanto sia folle la Weasley e la mia già scarsa popolarità finirà per esaurirsi del tutto ma”, riprese fiato, “credo che io e te ci troviamo davanti alla…S-stanza delle Necessità.”

Silenzio. Scorpius Malfoy accennò un tentativo di risata che però si spense subito, trasformando l’espressione divertita del suo volto in una pensierosa.

Al primo momento gli era sembrato assurdo. La Weasley era davvero matta come sosteneva metà della popolazione studentesca. Poi però, il suo cervello mise insieme i pezzi.

Troppi libri sono inutili. Bruciatura. “Io ci vedo una porta.”

E se avesse avuto ragione lei?

Rose da parte sua, era senza parole.

Accade troppo spesso con questo qui.

Non aveva riso. Non l’aveva presa in giro. Stava seriamente considerando l’idea che lei avesse ragione.

“Paradossalmente Weasley, potresti avere ragione…ma la Stanza è andata distrutta durante la seconda guerra magica, da un amico dio mio padre per di più, nel tentativo di ammazzare i tuoi genitori e tuo zio.”, disse ironicamente il ragazzo.

“Lo so benissimo Malfoy, è solo che…ah non lo so! Sono certa che ci sia qualcosa qui.”, affermò risoluta Rose.

“Allora proviamoci.”

“A fare che?”

“Come a fare che? Ad entrare nella Stanza delle Necessità. Mio padre me l’ha spiegato una volta. Bisogna passarci davanti tre volte e pensare con intensità a ciò che si necessita. Mi stupisce che tu non ci abbia già provato Weasley, forse non lo sapevi?”

“Certo che lo sapevo genio, solo che ecco…avevo…può essere che fosse un tantino nervosa ecco.”

“Rose Weasley che ha paura! Questa si che è una novità! Beh, un motivo per cui tu non sia Grifondoro doveva pur esserci”.

Ecco il solito Malfoy. Sembrava troppo bello per essere vero.

Prima che Rose potesse replicare, Scorpius l’anticipò affermando che ci avrebbe provato lui.

“Sei sicuro Malfoy?”

“Ti preoccupi per me, Weasley?”

“Infinitamente”, rispose sarcastica.

Scorpius sorrise e chiuse gli occhi. Passo davanti al muro una prima volta. Poi la seconda. Ed infine una terza.

Non appena si fermò, fece appena in tempo ad aprire gli occhi. Una porta, la più grande che avesse mai visto, si materializzò davanti ai suoi occhi.

“Miseriaccia.”, boccheggiò Rose Weasley.

Dopo qualche secondo di puro stupore, fu di nuovo Scorpius a parlare:

“Allora che si fa?”

“Che intendi?”

“Weasley, ci è appena spuntata davanti una porta gigante. La porta che potrebbe essere quella della leggendaria Stanza delle Necessità. Qualcosa dovremo pur fare!”

“Hai ragione…l’apriamo.”, affermò risoluta Rose.

“Ma sei davvero tu Weasley?”, disse perplesso il ragazzo, sfiorandole la faccia per controllare che non fosse una specie di maschera.

“Ma certo che sono io deficiente!”

“CONTROLLAVO! Da te mi sarei aspettato un chiamiamo il Preside, gli Auror, il Ministero!!!”

“Al contrario di ciò che pensi, non sono così fissata con le regole. Insomma dai!!! Questa potrebbe essere la Stanza delle Necessità. Lo so che dovremmo dirlo a qualcuno ma muoio dalla curiosità!!!”, disse eccitata Rose.

Scorpius rimase piacevolmente sorpreso. Non era la solita bacchettona.

Quegli occhi desiderosi di sapere, quel sorriso coinvolgente…SMETTILA SCORP!

“Allora la apriamo?”

“Allora la apriamo.”

Wow. Wow. Wow. Che emozione!!!

Sono proprio curiosa di vedere che desidera Malfoy…

 

 


“Kòre, non ne sono certa, ma credo che Fred Weasley stia venendo qui a parlare con te.”

Kòre si era appena messa un boccone di arrosto in bocca quando una sua compagna di casa l’avvisò dell’imminente arrivo di Fred.

Oh cavolo!!!

Ecco che si agitava di nuovo. Ogni volta che parlava con lui, era un fascio di nervi. Aveva sempre paura di sbagliare qualcosa, di dire qualcosa di stupido. Dopotutto, l’ascia di guerra era stato sotterrata da poco tempo. Si sentiva ancora come dire, sotto esame.

“Ehi, Kòre!”

“B-Buona sera Fred! Cosa ti porta qui al tavolo dei secchioni?”

Sdrammatizzare. Sempre e comunque.

“Rose sta bene? Non la vedo qui…non è scesa per cena?”

“Oh si, è scesa. Ma si fiondata fuori dopo circa dieci minuti, dice che gli era venuta un’ illuminazione o qualcosa del genere…io non mi preoccuperei comunque.

Eh certo che non ti devi preoccupare. È stato quell’idiota di tuo zio ad intromettersi nei suoi sogni. Vai a capire perché abbia scelto proprio lei!!!

“Se lo dici tu…sarà di certo per un compito extra o altre vostre stramberie da geni.”, disse divertito Fred.

Kòre rise di gusto. Tutto di Fred Weasley, le metteva allegria. La sua semplicità, le sue battute, le sue buffe espressioni.

“Si forse hai ragione, dovremmo divertirci un po’ di più, altrimenti va a finire che ci verrà un esaurimento.”

“A proposito di divertimento…c’è una festa…cioè mi rendo conto che è presto per dirtelo…ma io te lo dico! Però forse Rose te l’ha già detto…beh in caso te lo dico di nuovo…e te lo ricorderò nel caso tu te lo dimentichi…che stavo dicendo?”

Il discorso di Fred era a dir poco sconnesso. Fortunatamente Kòre era abituata alle divagazioni senza senso di Lorcan e gli sproloqui di Ebony.

“C’è una festa…”, ricominciò Kòre.

“SI!!ESATTO!!! C’è una festa, la sera prima delle vacanze estive. Io e James la organizziamo ogni anno per Frank…per il suo compleanno. E…si ecco, potresti, DOVRESTI, venirci…se vuoi! Se puoi! Non sei obbligata…però sarebbe bello…”, disse Fred, contorcendosi le mani dal nervosismo.

“Ci sarò!”, si affrettò, forse troppo, a dire Kòre.

“Ah si? Davvero?”, chiese stupito.

“S-si davvero…insomma se per Frank è ok…”

“Sisisisi!!! Per lui è ok!”, si affrettò a dire Fred.

“Ok allora.”

“Ok”

I due si fissarono per un bel po’ di secondi prima che Fred riprendesse la connessione con il mondo reale.

“Ora…ora me ne torno al mio tavolo. Stare qui in mezzo a voi, mi fa sentire a disagio.”, disse sorridendo.

“Vai pure prima che ti contagino!!!”, rispose alla battuta Kòre.

Con l’espressione sognante in viso e un sorriso da ebete sulla faccia, Kòre ritornò alla sua cena.

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Capitolo 12
*** Preludio ***


Kòre Dolohov si stava tranquillamente dirigendo al suo dormitorio, dopo cena. Era così che accadeva sempre. Dopo una cena sostanziosa, la ragazza era pronta per tornare in stanza, dove l’attendevano le sue tre compagne che, con il tempo, avevano imparato a non avere il terrore di lei.

Erano ragazze a posto infondo. E in piena razionalità Corvonero, avevano ponderato a lungo sulla questione “abbiamo un’ erede Mangiamorte come compagna di stanza”, ed erano arrivate alla conclusione che Kòre era innocua.

Cosa che non si poteva dire di Jocelyn Green che tutto era tranne che una docile e simpatica tredicenne.

Era stata la ragazzina, ad interrompere la quotidianità di Kòre quella sera. Non fece in tempo a girare l’angolo per prendere le scale ad est, che si sentì strattonare e trascinare in un’ aula vuota con molta poca grazia.

“Buona sera anche a te Jocelyn. Si, grazie io sto bene, la cena era deliziosa.”, disse ironicamente Kòre, una volta entrate in una specie di vecchia aula, piena di banchi e sedie malandate.

Jocelyn la guardò truce:

“Beh scusami tanto se i miei modi non ti sono graditi, ma tendo ad irritarmi quando non mi vengono date direttive da seguire, o quando non vengo resa partecipe di un tuo piano!”.

“Sei sicura di avere tredici anni? Perché parli proprio come tuo fratello e la cosa è alquanto inquietante”.

“L’età è solo un numero quando fin da piccola ti insegnano l’arte della guerra.”, disse fieramente ma con una punta d’amarezza che non sfuggì a Kòre.

“Mi dispiace che tu debba vivere così…non è giusto. Dovresti poter essere una normale tredicenne.”, disse comprensiva Kòre.

“Normale in che senso? Normale come quelle il cui unico problema consiste in che rossetto mettere, quale può essere il miglior vestito per l’uscita ad Hogsmade o come riuscire a far colpo su uno a scelta dei fratelli Potter? No grazie. Preferisco così. E poi anche tu non stai certo messa meglio di me.”

Aveva ragione. Il loro destino era già segnato da tempo ormai. Si erano dovute adattare, erano cresciute in fretta e se solo gli altri studenti si fossero soffermati di più su di loro, se avessero cercate di capirle, se non si fossero limitati alle apparenze, lo avrebbero notato. Avrebbero capito che in quelle ragazze c’era qualcosa di diverso.

Ma forse è stato meglio così. Ci sarebbero state troppe domande, troppi sospetti, troppi rischi. Dovevano riuscire a restare il più possibile nell’ombra per il bene di tutti.

“Non siamo messe così male”, disse Kòre forse mentendo anche a sé stessa,“ e poi non te l’ha ordinato nessuno di odiare tutta la popolazione studentesca e di non farti degli amici oltre alla sottoscritta.”

Era vero che nessuno aveva ordinato a Jocelyn di comportarsi come un’eremita, isolata da tutti. Era stata una scelta. Diceva sempre, che preferiva non affezionarsi a nessuno. L’unica con cui riusciva a parlare era Kòre, ed Ebony quando capitava. Il resto del tempo era sempre sola.

“Scusa tanto se io non mi sono intestardita a voler diventare amica a tutti i costi dei Potter- Weasley”, disse piccata Jocelyn, “anche se devo dartene atto amica mia, ci stai riuscendo alla grandissima. Forse fin troppo…”, disse con un sorrisetto furbo la ragazzina.

“Che intendi dire?”, chiese Kòre senza capire l’insinuazione di Jocelyn.

“Oh niente di che, solo un balbettante Fred Weasley Jr. che ti invita ad una festa…”, disse fintamente disinteressata e piuttosto divertita.

Kòre deglutì a fatica. Rossa in viso, riuscì solo a dire:

“C-c-come fai a…”

“Saperlo? Kòre, non appena avete finito di parlare, una pettegola della tua Casa, credo si chiami Sarah o Jessica o un altro nome idiota, è andata a raccontarlo a chiunque e nel giro di cinque minuti tutti già sapevano.”

Ecco perché tutti sembravano guardare me a cena!!!

Non ci aveva dato molto peso, in fondo non era la prima volta che l’attenzione di Hogwarts fosse su di lei.

Kòre sbuffando disse:

“Tra me e Fred non c’è assolutamente nulla. Siamo solo due compagni di scuola, con amici in comune, che si portano rispetto reciprocamente, dopo anni di inutili battaglie.”

Perché non ci credo nemmeno io a quello che dico?!?!

“Come ti pare…comunque, non ti ho trascinata qui per parlare di Weasley. Cosa hai architettato?”, chiese curiosa la ragazza.

“Io non ho architettato proprio niente. Lo sai qual era il piano… Rose, sogno, Fred spirito che “dice e non dice”, bruciatura, ricerche inutili e boom! Stanza delle Necessità.”, disse soddisfatta Kòre.

Era uno dei suoi piani meglio riusciti. Ne andava molto fiera.

“E fin li c’ero anche io, ma quando hai deciso di farci entrare anche Scorpius?”

Chi? Scorpius? Che cavolo c’entra?

Kòre strabuzzò gli occhi e aprì la bocca più volte ma nessun suono riuscì ad uscire.

Cercando di ripristinare il controllo, Kòre azzardò:

“Scorpius? Scorpius Malfoy? Il tuo compagno di Casa?”

“Ne conosci altri?”, disse ironica Jocelyn.

“Non sai quanto vorrei…”, disse sconsolata, abbandonandosi  peso morto su una sedia, con il volto tra le mani.

“Ok…andiamo con ordine. Cosa è successo? Perché hai nominato Scorp?”

“Stasera a cena, Potter mi ha chiesto se avevo visto Malfoy. Io gli ho risposto che Zabini e compagnia bella erano arrivati ma di Scorpius, nessuna traccia.

Io sono uscita prima di te dalla Sala Grande. Ho visto Malfoy e la Weasley che si salutavano prima di recarsi ai loro dormitori.”

Kòre sembrò ponderare a lungo su ciò che aveva appena raccontato Jocelyn.

Sicuramente, quei due avevano scoperto la Stanza insieme, o non l’avevano scoperta, anche se dubitava fortemente che il cervello di Rose facesse cilecca. Era sulla strada giusta da tempo e a cena sembrava davvero aver trovato la soluzione.

“Va bene…non è andata esattamente come avevo previsto, ma può andare.  Anche se avrei voluto tenere fuori le persone a me più care il più tempo possibile.”, disse sconsolata Kòre.

“Sapevi che prima o poi sarebbe successo. Anche se fa tutto molto schifo.”

“Già…fa tutto schifo…”

 

Rose Weasley non riusciva a prendere sonno quella notte.

Era ritornata in stanza, dopo la fenomenale scoperta. Aveva raccontato alle sue compagne che si era completamente scordata di finire il compito di Pozioni per il giorno seguente ed era quindi corsa in biblioteca. Le avevano creduto, dopotutto erano Corvonero. Per lo studio questo ed altro.

Si rigirò più e più volte nel letto. Dai!!! Come cavolo era umanamente possibile dormire dopo quello che le era successo?

La Stanza delle Necessità. Avevano trovato la Stanza delle Necessità.

E lei aveva sognato suo zio Fred. E l’aveva bruciata.

Era solo un sogno? Avrebbe cominciato ricerche dettagliate in biblioteca già da domani.

Avevano. Eh si, lei e Malfoy avevano trovato la Stanza.

E’ stato carino. Mi ha aiutata e soprattutto non mi ha preso per matta.

Rose Weasley, si ritrovò di punto in bianco a pensare a quel suo nemico predestinato che ormai poteva essere descritto con tutti gli epiteti e insulti possibili ma nemico, non lo era più

Lui la sorprendeva. E non era affatto facile, poche erano infatti le cose che facevano rimanere Rose Weasley senza parole.

Lui sembrava capirla più degli altri, nonostante obbiettivamente la conoscesse meno. Non sapeva quale fosse il suo colore preferito, il suo cibo preferito, la sua canzone preferita…non conosceva ogni minuscolo particolare della sua vita come Albus o Kòre. Ma in un certo senso, era come se tutte queste cose perdessero di importanza con lui. Era come se Scorpius sapesse cosa dire o cosa fare, il come e il quando, sempre al momento giusto. A volte, Rose sospettava fosse un Legilimens.

Da parte sua, Rose, non riusciva bene ad inquadrare il biondo. Molto spesso era il solito Scorpius Hyperion Malfoy, ultimo erede della nobile casata Malfoy, bla bla bla…Altezzoso, seccante, sarcastico, lunatico, tenebroso, bello…

Bello??? Weasley ma sei fuori?

Però a pensarci bene, era bello davvero. Non una bellezza che spiazzava come quella di suo cugino Albus, che nonostante i suoi quattordici anni, aveva  già fatto strage nei cuori della popolazione femminile di Hogwarts.

Non una bellezza ostentata, come quella di James. Quel sorriso ammagliante e il look da ragazzo scapestrato, gli avevano donato una fama paragonabile a quella di suo nonno.

Stessa storia per suo cugino Fred, dotato di una bellezza si piò dire, esotica, grazie alla carnagione olivastra e i capelli neri di sua madre Angelina e gli occhi azzurri di zio George. Dalla loro quei due, avevano anche il fatto di essere considerati gli eredi dei Malandrini Sirius Black e James Potter e quindi, a dir poco leggendari.

Scorpius era diverso. Troppo sulle sue per essere oggetto del desiderio di molte ragazze. Troppo evasivo e freddo nei rapporti con gli altri. Troppo forse, il passato che lo tormentava. Il ruolo della sua famiglia nella seconda guerra, suo padre che quasi ammazza Albus Silente…sono cose che difficilmente si cancellano.

Era comunque considerato carino all’interno della scuola. I capelli biondo scuro, la carnagione chiara, gli occhi grigi di suo padre e il portamento nobile di sua madre.

Quella sera, da soli, nella neo scoperta Stanza delle Necessità, Rose Weasley era stata bene.

 

…Avevano appena varcato la soglia della grande porta che gli era magicamente apparsa poco prima.

Rose era a dir poco impaziente. Allo stesso tempo però era timorosa.

Cosa si sarebbe celato dietro quella porta? Cosa sarebbe successo a lei e a Scorpius? Stavano facendo la cosa giusta ad agire da soli e di nascosto da tutti?

Come si le stesse leggendo nel pensiero Scorpius disse:

“Weasley, tranquilla. Non stiamo infrangendo nessuna regola tecnicamente.”

Entrarono e la porta si richiuse subito dietro le loro spalle.

Era stato Scorpius a compiere “la magia”. Aveva pensato lui a cosa chiedere alla Stanza.

La Stanza che si presentò davanti a loro, era una riproduzione perfetta della cucina della Tana.

Il lungo tavolo era pieno zeppo di cibarie di ogni tipo.

Rose spalancò la bocca e con un’espressione da completa ebete si rivolse a Scorpius:

“Ma…come..perché?”

“Sai, avresti qualche chance con il genere maschile se evitassi quell’espressione stralunata dalla faccia. Avevo fame e se c’è una cosa che ho imparato su di te è il tuo attaccamento alla famiglia. E noto anche quando sei affamata. Ho unito le due cose.”

Rose era stupita. E curiosa.

“E si può sapere da quando ti interessa imparare cose su di me?”, chiese malandrina la rossa.

Scorpius sembrò raccogliere la sfida di Rose, perché senza  battere occhio disse:

“Ti dovevo una specie di favore Weasley. La storia del dormire per terra accanto a me la notte dell’attacco. Mi dispiace deludere le tue aspettative tesoro.”

“Malfoy, io ho molte aspettative su tutti ma con te ho imparato a pretendere meno dalle persone ed abbassare i miei standard.”

Erano pur sempre Scorpius Malfoy e Rose Weasley. La presa in giro e il punzecchiarsi l’un l’altra faceva parte del loro rapporto, perché checché ne potesse dire Rose, avevano un rapporto. Un rapporto che le sarebbe mancato durante le vacanze.

“Dai sediamoci Weasley.”

Si sedettero e iniziarono a mangiare di gusto.

Scorpius aveva decisamente ragione, Rose aveva una fame da lupi.

“Mi passi la salsa Weasley?”

“Certo tesoro”, lo scimmiottò lei.

Mangiarono in silenzio per un po’. Fu Rose a spezzare quel momento.

“Dici che dovremmo dirlo a qualcuno adesso?”

“Io per adesso non lo farei. Non ne sappiamo ancora niente di questa Stanza. Noi pensiamo che sia quella delle Necessità ma non possiamo esserne sicuri. E poi, tuo zio Fred te l’ha fatta trovare. Io me lo terrei per me, solo per i primi tempi.”

Rose sembrò ponderare a lungo sulla questione. Dopo qualche minuto proferì:

“Si, forse hai ragione. Per adesso, sarà un segreto tra te e me. Voglio scoprirne di più. Chiederò informazioni a mia madre.”

Scorpius smise di mangiare improvvisamente. Guardò Rose con uno sguardo compiaciuto e felice.

Tentò di sembrare spavaldo come sempre quando le disse:

“Allora…abbiamo un segreto?”

“Si, a meno che tu non voglia dire a tutti. Io non lo farò.”

“No no certo che no. Allora sarà il…NOSTRO  segreto.”, e rimarcò molto su quel nostro.

Passarono il resto della serata a parlare del più e del meno, senza litigare.

Rose scoprì che Kòre gli aveva trasmesso la passione per i libri Babbani, passione che le aveva fatte avvicinare e successivamente diventare grandi amiche.

“Non ti credevo un appassionato di roba babbana,  Malfoy.”

“Infatti non lo sono. Mi piace solo la loro letteratura.”

“Sono comunque sorpresa. E tu padre come l’ha presa?”

“Lui non è come lo dipingono tutti. Che tu ci creda o no, piacciono pure a lui i libri Babbani.”

E fu così che iniziarono a discutere delle loro vite famigliari. Scorpius le raccontò di come si sentisse fragile e solo il primo anno per via della fama della sua famiglia, di come se ne tirò fuori grazie a Kòre e soprattutto ad Albus.

Gli raccontò che in realtà, suo padre non era così male. Un po’ duro e rigido, ma non malvagio.

Rose da parte sua, gli raccontò di come adorasse la sua grande famiglia ma di come a volte, preferisse la solitudine, in compagnia solo di un buon libro. Gli disse che per lei era dura dover sopportare il peso di essere la figlia di Ron Weasley e soprattutto di Hermione Granger, una della più brillanti menti di Hogwarts, come lo era per Albus e James, che vivevano all’ombra del padre, il grande Harry Potter.

Passarono così circa due ore.

A Rose, piacquero molto quelle ore, tanto da essere dispiaciuta di dover abbandonare la Stanza, altrimenti si sarebbero tutti insospettiti troppo.

Una volta usciti, decisero che la settimana prossima si sarebbero incontrati di nuovo, stavolta ad un orario meno affollato. Dopo il coprifuoco.

“Allora siamo d’accordo, settimana prossima, davanti al tuo dormitorio Malfoy. Non tardare!!!”

“Rilassati un po’ Weasley, saresti più bella senza quell’espressione da bacchettona.”

Rose lo guardò stupita. Forse lui non se ne era nemmeno reso conto ma lo aveva detto.

“Più bella? Quindi già lo sono Malfoy?”

Scorpius stavolta non riuscì a dissimulare e il suo volto si tinse di un leggero rosso.

“Si, continua a sognare Weasley…buona notte!”, azzardò Malfoy, che subito girò i tacchi, si infilò le mani in tasca e si diresse alla volta del suo dormitorio.

“Notte, TESORO!!!”, disse ironica Rose Weasley, urlando l’ultima parola.

 

Forse non era solo per la scoperta della Stanza che Rose non riusciva a prendere sonno. Forse era colpa di un biondino irritante amante della lettura.

 

“Mio Re, porto buone notizie”

Un uomo sulla trentina, alto con i capelli scuri e gli occhi profondi, fece il suo ingresso in un grande salone pieno di dipinti, con al centro un grande trono dorato sul quale sedeva un altro uomo.

Era più vecchio rispetto a lui, i capelli con un accenno di bianco tra le ciocche biondo scuro. La pelle con qualche ruga, una barba molto corta, ben curata.

Anche lui, doveva essere alto, un po’ più magro dell’altro uomo che era decisamente ben piazzato.

Gli occhi vispi, verdi come le prime foglie a primavera, guizzarono in avanti verso l’uomo che aveva appena parlato.

“Parla Celsus.”, disse con voce pacata e profonda.

“La nostra giovane spia ad Hogwarts, ci informa che hanno trovato la Stanza delle Necessità, mio Re.”

“E quale brillante mente di Hogwarts è riuscita in una tale impresa?”, disse compiaciuto l’uomo sul trono.

“Crede si tratti di Rose Weasley.”

“Rose Weasley…”, ponderò a lungo l’uomo.

“La figlia di Ron Weasley ed Hermione Granger.”

“Granger hai detto? Ah, ora è tutto più chiaro.  I geni dopotutto non mentono mai. Sua madre era una Sanguesporco fastidiosamente scaltra.”

“Cosa facciamo ora mio Re?”

“La nostra mossa, caro Celsus. Ora tocca a noi…”

 

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Capitolo 13
*** Veleni e Fatture ***


Correva. Correva a per di fiato lungo un corridoio che sembrava non finire mai. Aveva fretta, una fretta morbosa. Se non l’avesse trovato alla svelta, si sarebbe arrabbiato, più di quanto già non fosse.

Eccola!!! La porta è quella lo sento

Albus era eccitato. Finalmente era riuscito ad entrare e presto, sarebbe stato suo.

Ma c’era qualcosa che non andava. Sentiva di stare sbagliando. Quello che stava facendo non era corretto, non era da lui. Perché non era se stesso.

 

“Albus!!! Ehi Al!!! AMICO SVEGLIATI!!!”

Le urla di Scorpius Malfoy, lo fecero ridestare di colpo e tornare alla realtà. Era scosso, sudato, col fiato corto.

“Ehi Al…tutto a posto amico?”, chiese preoccupato Malfoy.

Albus cercò di ristabilire l’ordine nella sua testa. Era successo di nuovo. Di nuovo quello strano sogno, dove lui correva a spasso in un enorme edificio alla ricerca di qualcosa. Ma stavolta, era tutto più amplificato. Stavolta si era avvicinato davvero a ciò che voleva.

Se solo sapesse di cosa si tratta, sarebbe tutto meno preoccupante.

“Si…credo…”, disse titubante Albus

“Di nuovo quel sogno vero? Dannazione amico, mi sto seriamente preoccupando adesso. Credo che dovresti…”

“Non ho intenzione di dirlo a mio padre, Scorp.”, tagliò corto Al.

Scorpius però insistette:

“Ma ti sta capitando la stessa cosa che succedeva a lui tempo fa, quando Voldemort gli entrava in testa!!!”.

“Ricordami di ringraziare più spesso il Prescelto per averlo sconfitto allora!!!”, rispose sarcastico e seccato.

“Stavi urlando Al! Urlavi cose del tipo: “non è giusto”, “no non lo posso fare, non voglio.”, disse con un tono tutt’altro che tranquillo Scorpius.

“Senti, Voldemort non c’è più, nessuna nuova minaccia ammazza Mezzosangue sembra presentarsi all’orizzonte e questi sono solo sogni. Sarà lo stress. Domani c’è la partita contro Grifondoro.”, cercò di giustificarsi il figlio di Harry Potter.

“Come ti pare Potter…buona notte.”, e dicendo ciò, un nervoso Scorpius Malfoy se ne tornò a letto.

Albus era dispiaciuto. Per via di questa storia dei sogni, litigava spesso con l’amico. Continuava ad insistere sul fatto che dovesse informare suo padre. Albus gli aveva raccontato tempo fa, quello che gli capitava quando Voldemort e Harry erano connessi per via della cicatrice ecc…

Lui non voleva dirlo a nessuno. Specialmente a suo padre. Gli sarebbe venuto un attacco di panico a dir poco. Scorpius non aveva idea di quanto Harry Potter desiderasse per i suoi figli una vita più che ordinaria. Di certo, se fosse andato da sua padre dicendogli: “Ehi Papà! Faccio sogni stranissimi nei quali vivo nei panni di qualcun altro, un po’ come succedeva tra te e Voldemort in quei bei tempi che erano la Seconda Guerra!”. No. Non poteva far ripiombare tutta la sua famiglia in questo genere di situazioni. Di nuovo.

Avrebbe cercato da solo una soluzione. Magari andando in biblioteca, a quanto pare Rose ci trovava tutte le risposte possibili immaginabili.

 

Era arrivato il giorno della grande partita Grifondoro contro Serpeverde. Erano le migliori squadre che la scuola avesse conosciuto da tempi ormai molto lontani. Grazie alla composizione delle due squadre, si era arrivato finalmente ad avere due formazioni equilibriate, con le stesse probabilità di vincere.

Per Kòre, era un giorno di pura ansia. Si trovava sempre nella spiacevole situazione di dover fare il tifo per entrambe le Case.

Ebony era una Cacciatrice Grifondoro e sua migliore amica.

Scorpius ed Albus, pure loro Cacciatori, Serpeverde e suoi migliori amici.

Per anni era stata indecisa. Se avesse tifato troppo per Grifondoro, Scorp e Albus non le avrebbero più rivolto la parola.

Se avesse tifato troppo Serpeverde, Ebony avrebbe dato la colpa a Jemes e Fred, alimentando l’odio di quei due nei suoi confronti. Non erano mai stati entusiasti del suo tifo a dire il vero.

Ma quell’anno era tutto diverso. C’erano un sacco di novità da considerare.

Prima di tutto, Jocelyn era entrata, con stupore di Kòre, nella squadra come Cercatrice. Ed era pure brava. Non aveva idea del talento nascosto della giovane amica.

Poi c’era da considerare la neo-nata riappacificazione tra lei e il clan Potter- Weasley. Ormai lei, Fred e James erano amici. (Si, amici. Poteva utilizzare quel termine da quando il primogenito di Harry Potter aveva urlato nel mezzo della Sala Grande: “Ehiii!!!! Kòreeeee !!!Ora che siamo tutti amici, mi presti i tuoi appunti di Storia della Magiaaaa??!!”, beccandosi successivamente un piatto di minestra bollente in faccia da parte di Ebony, dopo avergli urlato addosso di non trattare la sua amica come un’ enciclopedia umana.)

Presa dai questi dilemmi esistenziali, Kòre si diresse verso la Sala Comune del suo dormitorio.

Inaspettatamente, vi trovò ad attenderla un Fred Weasley visibilmente imbarazzato ma anche un po’ scosso.

“Fred? Che ci fai qui? Cerchi Roxenne?”, chiese Kòre.

“Ciao Kòre, ehm no…a dire il vero cercavo te…è successa una cosa ma niente panico! Adesso, è in infermeria…”

“Chi è in infermeria?!?”, disse una sempre più preoccupata Kòre.

“Ebony…qualcuno…l’ha avvelenata…”

 


“Ok ragazzi!!! Allenamento niente male, sono soddisfatto. Adesso, una doccia veloce e poi dritti a fare una buona colazione mi raccomando. Vi voglio in forze per la partita di oggi.”

Il capitano della squadra Grifondoro era stato tassativo. Sveglia all’alba, allenamento, ripasso degli schemi di gioco e poi riposo fino alle tre, ora della grande partita.

“Quello deve rivedere le sue priorità…”, proferì un a dir poco esausto Fred Weasley, mentre si dirigeva insieme ai compagni negli spogliatoi.

“Che ti aspettavi amico? Lui è un figlio d’arte.”, disse sorridendo James.

In effetti il giovane Potter aveva ragione. Il capitano era l’unico figlio di Oliver Baston e Katie Bell, due degli ex compagni di squadra di suo padre e grandi giocatori di Quiddich. Era ovvio quindi che avesse alte aspettative per la sua squadra.

“Fortuna che questo è il suo ultimo anno.”, si inserì l’altro battitore della squadra, Garret Tubby, un omone di un metro e novanta, corpulento e imponente.

“Qualcosa da contestare sui miei metodi Tubby?”, esordì proprio il capitano Adam Baston, appena uscito dalla doccia.

A discapito del suo aspetto fisico, Garret era tutto tranne che un ragazzo violento e avvezzo allo scontro. Era un bonaccione.

“Assolutamente nulla Capitano!”

“Sarà meglio per voi che facciate una Signora partita, mio padre verrà a vederci e non voglio fornirgli altri motivi per criticarmi..”, disse amaramente Adam.

Il rapporto tra padre e figlio infatti, non era idilliaco. Adam aveva sempre sentito la pressione dovuta alla fama di entrambi i genitori e sembrava che nulla di quello che facesse fosse abbastanza per loro, in particolare per Oliver Baston.

I ragazzi stavano tranquillamente finendo di rivestirsi, quando un urlo agghiacciante si distese per tutto lo spogliatoio. Proveniva dallo spogliatoio delle ragazze.

Il capitano e gli altri giocatori, si precipitarono nelle stanza riservate al cambio della componente femminile. Non appena entrarono videro una scena terrificante: Ebony Autumn era stesa a terra, svenuta. L’unico altro membro femminile della squadra, la Cercatrice Gwen Pondbleu, in lacrime al suo fianco delirante:

“Ha bevuto dalla mia borraccia!!! Era mia!!! L’avrei bevuta io!!!”

“EBONY!!! EBONY RISPONDIMI!!!”, gradò Adam, scuotendo e schiaffeggiando la compagna.

“Automn! Piantala di fare scherzi andiamo svegliati!!!”,  disse James Potter, pietrificato dal panico.

“Potter! Va a chiamare Madame Habbot e la McGrannit!! Digli che qualcuno ha avvelenato la mia giocatrice!!!”, tuonò Adam Baston.

James corse a più non posso verso il castello. Era tutto troppo assurdo. Ebony Autumn, che era stata la sua spina nel fianco fino a quel momento, aveva perso i sensi nello spogliatoio e non si svegliava.

Non seppe come arrivò sino all’ufficio della professoressa, né cosa le disse esattamente. Non sapeva nemmeno a cosa stava pensando. I pensieri di James si erano azzerati di fronte alla possibilità di non rivedere più la sua acerrima nemica. Se qualcuno gli avesse detto che aveva la possibilità di mettere k.o. la giovane Ebony, l’avrebbe presa al volo, senza troppi rimorsi ne dubbi. Ma vederla ora, stesa davanti ai suoi occhi… aveva reagito in uno modo del tutto inaspettato. Era spaventato. Era atterrito.

Portarono Ebony in infermeria, dove riscontrarono del veleno di Achillea millefoglie, molto raro perché cresce solo tra le vette più alte e quindi di certo non presenti nella verde pianura inglese.

Madame Habbot, riuscì comunque ad eliminare le tossine da Ebony quasi immediatamente in modo che non compromettessero ulteriormente gli organi interni.

Erano tutti al capezzale di Ebony quando Kòre, accompagnata da Fred, si precipitò a sincerarsi delle condizioni dell’amica.

“Come sta??!”, si rivolse subito alla McGrannit.

“Oh non si preoccupi signorina Dolohov. La signorina Autumn è forte, si riprenderà presto, ha solo bisogno di riposo. Ora, se non vi dispiace io sarei più interessata alla dinamica dell’incidente, signorina Pondbleu vorrei che venisse nel mio ufficio ad esporre i fatti…prego mi segua.”

Non appena la professoressa e Gwen lasciarono la stanza, Kòre venne resa partecipe degli avvenimenti accaduti poco prima.

“Quindi, qualcuno ha cercato di avvelenare Gwen…”, disse pensosa Kòre.

“Gwen?”, chiese uno stupito Fred.

“Si Gwen. La borraccia era sua. Chiunque abbia messo il veleno, il suo bersaglio era lei, il fatto che Ebony abbia bevuto per prima…è stato uno sfortunato/fortunato incidente.”, disse amaramente Kòre.

“Ma chi potrebbe volere così male alla Pondbleu? È totalmente innocua. Sempre sulle sue, timida, introversa…A volte mi chiedo come ci sia finita a Grifondoro! Non da fastidio a nessuno”, ponderò il capitano Adam Baston.

Prima che la discussione potesse continuare, l’infermeria di Hogwarts  si riempì ulteriormente di studenti in ansia: Albus Potter, Scorpius Malfoy e Jocelyn Green.

“Kòre!! Abbiamo saputo solo adesso!”, disse un tremante Scorpius.

“Kòre come sta?”, chiese Jocelyn, anticipando tutte le altre domande.

Kòre e gli altri raccontarono ai nuovi arrivati la possibile dinamica dell’accaduto, avanzando anche il dubbio che qualcuno volesse “far fuori” la povera Pondbleu.

“Ehi Green, sbaglio o tu sei la nuova Cercatrice? Non è che volendo fare bella figura all’esordio, hai pensato bene di eliminare la concorrenza?”, disse con tono accusatorio James

“James come ti permetti!!?!”, urlò Albus al fratello.

“Potter non sono accuse da lanciare alla leggera!”, lo redarguì lo stesso Adam Baston.

“Ohhhh vi prego! Non iniziate a fare i moralisti! Il mio è un dubbio del tutto lecito. Gwen è al sesto anno, ha più anni d’esperienza e non potete negare il suo talento come Cercatrice!”

Prima che la stessa Jocelyn sfogasse la sua rabbia fisicamente su James, un colpo di tosse e  una voce appena accennata, attirò l’attenzione sul letto dell’infermeria:

“P-otter..sei un vero deficiente…”

Ebony Autumn riaprì gli occhi. Era pallida, come un lenzuolo. Affaticata, spossata, ma viva.

“Ehi Eb!!”, le si avvicinò Kòre.

“E-h-iii…dai a quel babbuino un pugno d-da parte mia…non si a-azzardi più ad accusare una mia ami-ca…”

“Autumn…ci hai fatto prendere un bello spavento sai?”, disse Scorpius.

“Si può sapere dove credete di essere!?!? Questa è un infermeria e la signorina Autumn ha bisogno di riposo…via da qui! ORA”, sbottò l’infermiera Habbot.

I ragazzi la salutarono e si avviarono verso l’uscita.

“Ehi Ebony…”, disse a bassa voce Adam Baston, avvicinandosi al letto della ragazza, “non farmi più prendere un colpo del genere chiaro? Vengo a trovarti subito dopo la partita..”, e le posò un lieve bacio sulla fronte, gesto che sembrò rincuorare Ebony, che rispose con un sorriso appena accennato.

Quando anche lui uscì, Ebony sospirò…

“Perdonami Adam…”

 

Non ci fu il tempo per riprendersi del tutto dagli avvenimenti del mattino. L’ora della grande partita era arrivata.

Gli spalti gremiti di studenti urlanti, il cui entusiasmo era stato smorzato dall’episodio del mattino. La notizia dell’avvelenamento di Ebony aveva presto fatto il giro della scuola.

Adam Baston, era avvilito. La sua migliore Cacciatrice era fuori uso, era preoccupato per le sue sorti e non poteva darlo troppo a vedere, aveva convinto Gwen a giocare ma di certo non poteva contare su di lei al cento per cento, suo padre era tra gli spalti ad osservare ogni sua mossa…come se questo non bastasse, il sostituto di Ebony era Frank Paciock. Ora, Frank era una buonissima persona, un grade amico, un simpaticone…ma le sue qualità di giocatore erano a dir poco pessime.

Gli unici esaltati da quella situazione sembravano lo stesso Frank e suo padre, il professore di Erbologia Neville Paciock, che vedeva per la prima volta il figlio a bordo di una scopa, in una delle partite più importanti della stagione.

La sorella Alice, si era rifiutata di presenziare alla pubblica umiliazione del fratello.

“Ok ragazzi!!! Siamo in difficoltà, ma non partiamo sconfitti! Vinciamo anche per Ebony!!! FORZA!”, urlò il capitano tentando di infondere un po’ di fiducia alla squadra.

Nel frattempo, anche il capitano dei Serpeverde, Alexander Zabini, infondeva nei suoi una carica tutta particolare:

“Potter! Non me ne frega niente se nell’altra squadra c’è metà della tua famiglia…li voglio vedere piangere!!! Green, la loro Cercatrice è in uno stato catatonico, vedi di approfittarne, Malfoy….dove DIAVOLO è MALFOYYY?!?!!?”

Scorpius era da tutt’altra parte, verso le tribune. Aveva volato sino alla zona dove si erano messe a sedere Kòre e Rose.

“Weasley, ti prego di non urlare troppo quando segnerò”, disse sornione il biondo.

“Vedrò di trattenermi Malfoy”, rispose acida Rose.

“Buona fortuna Scorpius, anche se oggi, credo tiferemo per i grifoni”, disse allegramente Kòre.

“Traditrice!!! E sentiamo, per quale ragione tifereste per quegli idioti?”

“Sono obbiettivamente svantaggiati Malfoy. Dopo quello che è successo questa mattina…”, rispose Rose.

“Quindi tifi Grifondoro mossa dalla sola pietà?”

“Tifo Grinfondoro perché oggi il mio odio nei tupi confronti è incredibilmente alto. E poi, è la prima partita di Frank…FORZA FRANK!!!”, urlò Rose Weasley vedendo passarle accanto il giovane Paciok.

Non appena Frank capì che Rose stava facendo il tifo per lui, quasi cadde dalla scopa.

Scorpius, infastidito, si preparò a tornare dalla sua squadra, sentendo le urla del suo capitano inviperito dalla sua assenza.

“Ci si vede dopo la vittoria Weasley…”, disse deciso il biondo, per poi sfrecciare lontano.

La partita cominciò.

Quello che fino a quel momento era stato definito uno scontro alla pari, si rivelò essere una convinzione errata. La mancanza di Ebony si sentiva eccome. Frank non era in grado di adattarsi agli schemi di gioco che si basavano sulla sincronia e intesa tra James ed Ebony. Nonostante si odiassero, non appena cavalcavano una scopa, i due diventavano una cosa sola. Tutti gli screzi si appianavano, le faide sparivano. Erano un duo esplosivo ed insieme all’altro Cacciatore, il capitano Adam Baston, avevano costituito l’attacco migliore della stagione passata.

I Serpeverde passarono presto in vantaggio, potendo contare anche sul miglior portiere del torneo, Alexander Zabini.

Jocelyn, vedendo il totale sbandamento dei Grifondoro, decise che non appena ne avesse avuto la possibilità, avrebbe fatto di tutto per afferrare il boccino, in modo da mettere fine a quell’umiliazione. La sua rivale, non sembrava in grado di fare un granché. Era pallida, sull’orlo di una crisi di pianto.

Albus e Scorpius stavano facendo come sempre un ottimo lavoro di squadra, infilando quasi sempre i cerchi avversari.

Arrivati ad un punteggio imbarazzante di 120 a 40, Rose, perplessa, notò che qualcosa non andava con la scopa di James.

“Ehi Kòre, non ti sembra che James abbia qualche problema?”

Kòre osservò il giovane Potter. Effettivamente, qualcosa che non quadrava c’era. James era sempre perfettamente composto sulla scopa, un equilibrio invidiabile. Ora invece, volava al di sotto della media degli altri, la sua scopa sbandava pericolosamente, sembrava che ne avesse perso il controllo. Kòre cercò lo sguardo di Jocelyn che sembrò leggere il pensiero dell’amica, dato che anche lei aveva notato la stranezza del Cacciatore Grifondoro.

“POTTER!!! CHE CAVOLO FAI?!”, urlò Baston.

“NON SONO IO!!! NON SO COSA STIA SUCCEDENDO!!”, rispose a fatica James.

La sua scopa era come posseduta. Ne aveva perso completamente il controllo.

Ad un certo punto, un bolide sfuggito ai suoi battitori lo colpì forte, facendogli perdere completamente l’equilibrio.

Fortunatamente, il rapporto tra fratelli si fece sentire. Albus riuscì a prenderlo al volo e a trattenerlo penzolante per il braccio sinistro.  

“Grazie fratellinooo!!”, urlò James grato dei riflessi di Albus.

“Di niente….però ora la smetterai di crederti il migli…”

Non fece in tempo a concludere la frase. Una sfera d’energia, grigia, lo colpì in pieno volto. La luce abbagliante e la forza dell’urto, lo fecero cadere dalla scopa, trascinando con se anche James.

Accadde in un attimo. Nessuno degli altri giocatori poteva avere la prontezza di riflessi per cercare di riprenderli. Si sentirono le urla di Scorpius, Gwen, Adam, Jocelyn…

James era sicuro di sfracellarsi al suolo.

Poi accadde il miracolo. Un fumo nero, li invase. Vennero trascinati a terra con poca dolcezza ma in modo tale da azzerare la caduta che altrimenti sarebbe stata in picchiata. Una sorta di vento, di lingue d’aria, li trasportò.

Non appena James riprese coscienza di sé, si accorse di essere inginocchiato a terra, sul campo.

Davanti a sé c’era Kòre, china su suo fratello Albus, steso, inerme.

“Al!!Albus!!!”, chiamò James.

Non appena Kòre si scansò, James vide suo fratello. Gli occhi sbarrati, inespressivi, senza quella solita luce che li caratterizzava. Il verde brillante era svanito, lasciando il posto ad un verde scuro, quasi grigio. La pelle pallida, la bocca semichiusa, il corpo pietrificato.

James stava per toccarlo, quando il Preside, comparve alle sue spalle, afferrandogli il braccio:

“Non puoi toccarlo! NESSUNO TOCCHI POTTER!!”, tuonò Aberforth Silente alla piccola folla che si era radunata attorno ai ragazzi.

“Signorina Dolohov, vada a chiamare Madame Habbot…le dica di avvisare il San Mungo, reparto Fatture Ineliminabili. “

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Capitolo 14
*** Ipotesi e movimenti ***


 

Fatture ineliminabili. Non era positivo. Decisamente, non era positivo. Solo al sentire la parola ineliminabile, James Potter si sentiva mancare. Suo fratello, era stato colpito. Colpito per colpa sua, per salvare la sua stupida vita.

“E’ solo colpa mia. E’ sempre solo colpa mia.”

“Smettila James. Non sappiamo ancora cosa sia successo, ma non è di certo colpa tua.”

Rose Weasley, era come al solito pratica e razionale. Nonostante stesse lentamente morendo dentro. Il suo migliore amico, suo cugino, era stato trasferito d’urgenza al San Mungo. I ragazzi della famiglia Potter e i giocatori di entrambe le squadre che erano in campo, furono convocati nella torre di astronomia dal Preside. Il suo ufficio era troppo piccolo per poter ospitare tutti quanti. Ed era necessario che tutti i presenti, i testimoni involontari dell’accaduto, fossero insieme. Era accaduto qualcosa di orribile, certo. Ma era qualcosa di oscuro. Qualcosa che fece rinascere nell’animo di Aberforth Silente la paura, la sensazione del male che ritorna a farsi sentire.

Avevano ricevuto ordine proprio dal Preside di rimanere uniti nella Torre, finché non fosse tornato dal San Mungo.

“Potter, i tuoi genitori?”, chiese Adam Baston che cercava da buon capitano di mantenere la calma e il morale della squadra.

“La McGrannitt mi ha detto di averli avvisati, saranno con Albus ora…un momento… Dov’è Lily?”

La più giovane dei Potter, frequentava il primo anno. Si trovava sugli spalti insieme ai suoi compagni di casa, Tassorosso.

Si era completamente dimenticato di sua sorella. Che fratello inutile e incompetente.

“E’ con mio padre e mia sorella James, nella serra. Tranquillo.”, lo rassicurò Frank Paciock.

“Come sta? Ha visto tutto? Bel modo di iniziare il suo primo anno ad Hogwarts!! DANNAZIONE!”, sbottò James, alzandosi e calciando la sedia sulla quale era seduto.

“James!”, lo redarguì Rose.

“Potter, calmati! È meglio che stia con Alice e il professor Paciock. È una ragazzina e di certo non si sentirebbe a suo agio in mezzo a quattordici giocatori di Quiddich visibilmente scossi e incazzati. E mi spiace dirtelo amico, ma non saresti d’aiuto.”

A sorpresa fu Alexander Zabini, capitano dei Serpeverde a parlare. Rose aveva notato che tra tutti i presenti, era quello che aveva dimostrato più sangue freddo. Non si era scomposto, non aveva perso la calma. Era stato uno dei primi a fiondarsi sul corpo di Albus insieme al Preside, Kòre e James. Aveva ristabilito l’ordine della sua squadra. Non appena pronunciò quel discorso a suo cugino,  Rose maturò un’ ipotesi. Sembrava che Alexander non fosse nuovo a questo genere di situazioni. Uno che queste sensazioni di inutilità, di smarrimento, le aveva già provate. Che sapesse qualcosa che gli altri ignoravano?

Avrebbe voluto chiedere a Scorpius, ma non le sembrava il caso. Il biondo si era isolato da tutti. Se ne stava fermo davanti ad una grande vetrata, scrutando l’orizzonte. Aveva iniziato a piovere. Sembrava quasi che il cielo volesse rispecchiare l’umore dei ragazzi.

Rose decise di avvicinarsi. Sentiva di essere in qualche modo connessa a Malfoy. Sentiva che lui avrebbe potuto capire la disperazione che si portava dentro. E sentiva, più che altro sperava, che lui avrebbe potuto fornirle una spalla su cui piangere.

“Ehi.”

“Ehi.”

“Qualunque cosa succeda…”, iniziò titubante Rose prima di essere interrotta dallo stesso Scorpius:

“Ci vediamo stasera…solito posto, dopo il coprifuoco. Qualunque cosa succeda.”

Aveva capito. Scorpius l’aveva capita. Si erano capiti. Anche Scorpius sperava di trovare nella rossa un conforto. Il suo migliore amico era stato affatturato di fronte ai suoi occhi. La sua migliore amica, lo aveva salvato in extremis da uno schianto al suolo mortale. Non sapeva cosa gli fosse successo. Ma sapeva di aver bisogno di Rose. E Rose aveva bisogno di Scorpius.

Non sapevano quanto tempo fosse passato. Un bel po’, a giudicare dal sole che stava tramontando.

Improvvisamente delle voci fecero destare dallo strano oblio tutti i ragazzi.

Il Preside e la McGrannitt fecero il loro ingresso nella Torre, seguiti a ruota da Harry Potter e Ron Weasley

“Papà!!!”, esclamò Rose correndogli incontro per abbracciarlo.

“Papà!!”, James si alzò di scatto dalla sedia ma il suo slancio fu bloccato dallo sguardo pietrificato del padre. Aveva pianto e si notava. Il grande Harry Potter trasformato in un semplice, uomo distrutto. James temeva il peggio.

“Dov’è la mamma?”, chiese.

“E’ alla serra da Lily. James, lo so quello a cui stai pensando…non è colpa tua.”

“Quella fattura era rivolta a me e lo sai papà.”

“Questo non lo possiamo sapere Potter.”, intervenne Silente.

“Qualcosa o qualcuno ha disturbato James per tutta la durata della partita. Non si reggeva sulla scopa e Potter non è certo un novellino.”, disse Scorpius, dopo essere rimasto in silenzio per tutta la giornata.  

“Malfoy ha ragione. L’abbiamo notato tutti dal campo e anche dagli spalti…giusto Rose?”, disse Jocelyn Green.

Rose annuì con decisione. Cercò con lo sguardo Kòre che nel frattempo era rimasta in disparte, accanto a Fred, senza dire una parola.  Il giovane Weasley aveva provato ad interagire con la ragazza ma senza successo. Era visibilmente scossa, spaventata, sembrava quasi arrabbiata. Non sapeva bene cosa fare Fred, come comportarsi. Se da un lato, egoisticamente, avrebbe voluto che la ragazza lo rincuorasse, dall’altro sentiva il dovere di essere forte per lei. Dopotutto Albus era anche il suo migliore amico e lei aveva tutto il diritto di essere scossa. Si era buttata su di lui, smascherando quella che lei stessa definì la sua natura mostruosa. Ora, a ripensarci, Fred si chiedeva che genere di incantesimo fosse quello della ragazza. Non lo aveva mai visto.

“Come sta Albus?”, chiese Kòre ad Harry Potter.

Con fatica e la voce rauca, il Salvatore del mondo magico disse:

“Dicono che sia stabile…e questo è un bene. Non sanno ancora di che fattura si tratti nello specifico. Non ha ripreso conoscenza ma paradossalmente, è meglio così. Finché rimane privo di sensi, gli effetti della fattura non si manifestano, qualunque essa sia e di qualunque entità si tratti.”

“Quando si sveglierà?”, chiese Garret Tubby, l’omone dal cuore tenero con le lacrime agli occhi.

“Non lo possiamo sapere Tubby. Possiamo solo aspettare…e sperare.”, disse la professoressa visibilmente scossa.

Era tutto qui? Davvero non c’era nient’altro da riferire? Avevano aspettato per ore, figurandosi i peggio scenari e alla fine…bisognava aspettare e sperare?

I ragazzi vennero congedati e invitati ad andare a letto presto vista la giornata appena trascorsa. Tutti tranne Kòre, James e Gwen. Il Preside, voleva vederli in privato nel suo ufficio.  

“Secondo voi perché il Preside vuole parlare solo con loro tre?”, chiese Fred.

“Beh, è abbastanza chiaro che il bersaglio fosse Potter numero uno. E la Dolohov ha partecipato attivamente a tutto salvando Albus dalla caduta.”

Ancora una volta fu Alexander Zabini a rispondere.

“La sola cosa che non mi è chiara, è il coinvolgimento della Pondbleu.”

“Perché non è ovvio? Oggi Gwen doveva essere al posto di Ebony e James al posto di Albus. È chiaro che qualcuno ce l’ha con noi Grifondoro.”, disse Adam Baston.

Dopo quest’affermazione di Baston, il capitano dei Serpeverde si fermò di scatto:

“Perché la Pondbleu doveva essere al posto della Autumn?”, chiese allarmato Zabini.

“La borraccia era la sua Alexander…il veleno avrebbe dovuto berlo lei…credevo lo sapes…”, tentò di spiegarsi Scorpius.

“Cosa diavolo vuoi che ne sappia io di una stupida Grifondoro?!??!”, sbottò Alexander.

“Vedi di stare attento a quello che dici dei miei giocatori e dei miei compagni Zabini!”, lo affrontò Adam.

“Ragazzi smettetela! Non mi pare il caso di mettersi a fare gli spacconi ora!”, intervenne prontamente Rose.

“La Weasley ha ragione. Andiamocene tutti a dormire, è stata una lunga giornata.”, la spalleggiò Scorpius.

Con queste ultime parole, il gruppo prese strade differenti, ognuno diretto ai proprio dormitori. O almeno questo è quello che fecero quasi tutti. Quattro ragazzi, quella notte, non fecero ritorno nelle loro stanze, o per lo meno non subito. Rose e Scorpius avevano un appuntamento.

Jocelyn, aveva una missione.

Alexander, puntò verso l’infermeria in cerca di spiegazioni.

 

“UNA FATTURA INELIMINABILE CELSUS!?!! SUL SERIO?!?”

Ebony Autumn era imbestialita. Questo, non faceva parte del piano. A dire il vero, niente in quella giornata era andato come doveva andare!

Il veleno non avrebbe dovuto metterla così k.o. come in realtà successe. Nessuna fattura ineliminabile doveva essere scagliata. E soprattutto, Albus non doveva essere il bersaglio!

“Vedi di calmarti ragazzina! Ti sono superiore!”

“Oh beh…dopo questa genialata voglio proprio vedere se Lui ti vedrà ancora come mio superiore!”

“Vedi di non impicciarti ragazzina! Sbaglio o anche tu hai commesso un piccolo errore?”

Nonostante la differenza di età, il più maturo tra quei due era forse proprio Ebony. Celsus Groveling, era più anziano, più esperto, ma se possibile, più irascibile e avventato della ragazza. Smaniava per portare a termine la sua missione il prima possibile, spesso senza considerare a fondo le conseguenze della sue azioni.

“La pozione me l’ha preparata una ragazzina di tredici anni! Qual è la tua scusa?”, lo rimbeccò Ebony.

“Se quell’idiota di Albus Potter non si fosse mezzo in mezzo, ora il suo fratellone sarebbe gravemente ferito come minimo!”

“Appunto!!! Come minimo!!! Lo hai quasi ucciso! Non dovevamo ucciderlo!”

“Non dire assurdità! Non avrei mai lanciato una fattura ineliminabile se non sapessi come eliminarla!”.

“ Fantastico. Allora presentati spontaneamente dal Preside…’ salve Signore, sono l’artefice della fattura che ha quasi ucciso Albus Potter …ma tranquillo, so come toglierla. Oh, a proposito…sono membro di una società segreta che vuole riportare in vita Voldemort e ricreare un esercito di Mangiamorte, piacere di conoscerla!!!”

“Perché non ci sei morta con quel veleno maledizione?!Ora, se la pianti con il tuo puerile sarcasmo, ti illustro il resto del piano”

“C’è un resto del piano? Nonostante tu lo abbia mandato in fumo?”, rispose nuovamente sarcastica Ebony.

“Ammetto che le cose non sono andate come avevo previsto…ma poco importa. Vorrà dire che Albus Potter non sarà più solo una pedina. Ce ne serviremo per arrivare a James ma allo stesso tempo, faremo in modo da renderlo utile alla causa.”

“Che intendi fare?”

“Ho già mandato Jocelyn a recuperare il libro…ho fatto in modo che lo trovasse bello e pronto fuori dalle mura di Hogwarts. Dovrebbe essere abbastanza sveglia da arrivarci, prenderlo e tornare indietro senza troppi problemi. Non appena il vecchio Aberforth molla Kòre, le spiegherò tutto.”

“Tutto cosa Celsus?!?!”

Prima che l’uomo potesse rispondere, rumore di passi che si avvicinavano sempre più, lo misero in allarme.

“Sta arrivando qualcuno…fattelo spiegare dalla tua amichetta. E riprenditi, tesorino, ci servirà tutta la magia buona che riesci ad emanare”, disse Celsus, avvicinando il volto della ragazza al suo poggiandole le dita sul mento.

Ebony si scansò subito, nauseata dall’alito intrinseco di alcool e tabacco. Quell’uomo era viscido e schifoso.

“Ah, sei sveglia…meglio.”

“Tra tutti quelli che potevano venire a trovarmi non mi sarei immaginata proprio tu. Se sei venuto qui per darmi novità su Albus ok, altrimenti smamma.”

“Scusa se non sono il tuo fidanzatino segreto Autumn..”

Dannazione. Come fa a saperlo?

“Non so di cosa parli.”

“Andiamo Ebony…non prenderti gioco di me. Così mi offendi.”

“Taglia corto Zabini. Cosa vuoi?”

“Cosa voglio? Oh è molto semplice Autumn. Voglio risposte.”

 

Erano sdraiati su di un letto, matrimoniale. Non erano imbarazzati. Non c’erano tra di loro pensieri per così dire sconvenienti. Rose era stata la prima ad arrivare ed aveva chiesto una cosa molto semplice alla Stanza.

Aveva chiesto un luogo accogliente, calmo e caldo. Perché oggi erano stati fin troppo circondati dal freddo.

C’era un camino a riscaldarli. Scorpius era sdraiato a pancia in su, con le braccia incrociate dietro la testa. Rose, alla sua destra, era su un fianco, rivolta verso il ragazzo.

“Secondo te, Albus se la caverà?”

“Weasley, che razza di domande…certo che ce la farà. Deve farcela.”

Rimasero in silenzio per gran parte del tempo. Ognuno assorto nei suoi pensieri. Non c’era bisogno di parole di conforto. A Rose bastava scorgere il profilo distinto di Scorpius e sentire il suo respiro lento e profondo accanto a sé.

Al ragazzo, bastava sentire gli occhi blu di Rose su di lui, non indiscreti, comprensivi e dolci e il profumo dei suoi capelli che di tanto in tanto lo investiva timidamente.

Ad un certo punto, fu proprio Scorpius ad interrompere il silenzio:

“Weasley…devo dirti una cosa. Cioè non è che devo, ma visto ciò che è successo oggi ad Al ed Ebony oggi… e casa mia, quest’ estate…io…io credo che…”

“Malfoy, non arriverò a definirci amici ma credo che, vista la situazione, puoi condividere qualcosa con me…”

Scorpius si girò per la prima volta verso Rose. I suoi occhi luminosi, che spesso si erano scontrati con i suoi di ghiaccio, non gli erano mai sembrati così belli.

“E’ da un po’ che Albus ha qualcosa che non va. Fa sogni strani, spaventosi…”

Così Malfoy cominciò a raccontare delle notti insonni dell’amico, delle urla, della terrificante somiglianza a ciò che accadeva a suo padre anni orsono.

Rose ascoltò in silenzio.

Una volta finito il racconto, la ragazza si alzò a sedere.

“Tu credi, che sia tutto collegato? L’attacco a casa tua, l’avvelenamento, l’attacco fallito a James?”

“Non chiedermi come o perché…ma non serve essere te per dedurre che è tutto molto strano.”

“Effettivamente… anche tutto questo è strano..”

“Questo cosa?”

“La Stanza. Era andata distrutta Malfoy o almeno tutti la credevano tale. Io invece, illuminata dalla spirito di mio zio morto, l’ho ritrovata e ci sono dentro insieme a te.”

“E se succedesse di nuovo? Quello che è capitato ai nostri genitori?”, continuò Rose.

“Non può succedere. Voldemort è morto. Per sempre.”, cercò di rassicurarla ma anche egli stesso nutriva dei dubbi.

“Dovresti andare a dormire Weasley. Sarà molto tardi.”

Rose non seppe mai come e con che coraggio le uscirono quelle parole. In quel momento però le uscirono naturalmente.

“Non voglio stare sola stanotte. Le mie compagne già dormono e le sveglierei se tornassi ora. Resta qui con me.”

Scorpius rimase attonito per qualche minuto. Aveva sentito bene? Rose Weasley gli aveva appena chiesto di dormire con lei?

Malfoy si sentì avvampare. Un colorito rosso riempì le sue diafane guance.

“O-ok. Restiamo qui allora.”

“Ok.”

Prepararono il letto, chiesero alla Stanza dei pigiami. Non appena si coricarono Rose parlò per prima:

“Non è che adesso ci provi vero Malfoy?”

“Ma dico sei scema? Per chi mi hai preso!!?”

“Era solo per essere sicuri…Beh, buonanotte allora.”

“Notte Weasley.”

“Malfoy..”

“Giuro che non ti toccherò nemmeno con un dito Weasley!!”

“Volevo solo dirti…grazie…”

“Oh…beh..si insomma…nessun problema.  Te lo dovevo dopotutto.”

“Allora siamo pari.”

“Si, pari.”

 

 

CHIEDOOOO VENIAAAA!!!

QUANTO dico quanto ma quanto tempo è passato?!!? Troppo lo so…ragazzi mi dispiace ma avevo perso l’ispirazione per continuare questa storia e gli impegni universitari si sono accavallati.

Cosa posso dire? La trama si infittisce popolo..e sappiate che ci saranno sorprese!!! La nostra Ebony ebbene si è una cattiva. Ma lo è davvero? Dopotutto, è Grifondoro… e inoltre, cosa sarà successo nel colloquio tra il Preside e i rte ragazzi convocati? Korè sa evidentemente qualcosa che gli altri ignorano…e Fred Senior? Che fine ha fatto? Lo scopriremo nel prossimo capitolo=)

Nel frattempo, rinnovo l’inivto a recensire la mia storia =) ringrazio tutti quello che nonostante i ritardi nell’aggiornamento, continuano a seguirla!!!

Un bacio e alla prossimaaaa=)

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Capitolo 15
*** Situazioni complicate ***


 

La prima neve, aveva imbiancato le torri di Hogwarts. Ormai dicembre era arrivato.

Solitamente, era uno dei mesi preferiti dagli studenti. I cortili erano pieni di battaglie a palle di neve, pupazzi stravaganti, piccoli fortini. Ogni buco libero, era speso a giocare, ridere, inzupparsi dalla testa ai piedi in quello splendido manto bianco.

Un’ atmosfera magica. Gioiosa. Serena.

Quell’anno, pensava Kòre Dolohov, la serenità se n’era andata a quel paese. L’inverno, da sempre la sua stagione preferita, la nauseava. La neve, così candida, poetica, leggera e soffice si era trasformata in un inutile pioggia ghiacciata, bagnata, dura e pesante.

Albus Potter era ancora in coma. E nonostante tutti dicessero che fosse una cosa più che positiva, Kòre non riusciva proprio a farselo entrare in testa.

Era arrabbiata e delusa da sé stessa. Il fatto, era che lei possedeva la soluzione, la chiave per liberare Albus ma non aveva la minima idea del perché ce l’avesse e, anche nel caso lo avesse scoperto, non aveva idea di come usarlo!

Il libro. Quello stupido, dannato libro che studiava da anni ormai senza saperne il motivo. Aveva scoperto solo quattro mesi prima che quel libro era la risposta.

Bene. E dunque?

Le erano state insegnate la storia del libro, il perché del libro, la composizione del libro e le basi per usarlo. Ma tutte le sue conoscenze si fermavano lì.

Si era ritrovata sulla porta della sua camera, la notte dell’incidente di Al, Jocelyn che l’aspettava con quel coso in mano.

“Celsus dice che ti contatterà al più presto” “è tutto scritto qui”. Si. Certo. Quell’idiota di Celsus non aveva calcolato che quasi ammazzando il figlio di Harry Potter la scuola sarebbe stata invasa dagli Auror. Tutti gli accessi erano controllati, anche quelli segreti. Dopotutto era stato Teddy Lupin a donare la Mappa del Malandrino a James, così come Harry l’aveva ceduta a lui all’epoca del suo primo anno.

Quindi, ecco quello che avevano: Ebony che si era appena ripresa, Albus in coma, un libro e un umore nero.

L’unico barlume di luce che in quelle settimane aveva riscaldato l’anima di tutti, era che finalmente Susan si era del tutto ristabilita ed aveva ripreso a lavorare dai Malfoy.

Venne interrogata a lungo dagli Auror ma servì a poco. Non disse nulla più di quanto già non si sapesse sull’attacco al Manor.

Era tutto un casino. Un grande, enorme casino. Ed erano da sole. Non riuscivano a comunicare con i Punitori, fatto che importava poco alle tre ragazze.

Il problema era che non potevano comunicare nemmeno con gli altri. Quelli buoni. Non riuscivano a comunicare con la Nuova Resistenza.

 

FLASHBACK

 

“Jo-Jo! Stasera da Ebony. Devo parlarvi.”

Questo bigliettino, planò sulla tavolata Serpeverde, davanti a Jocelyn Green.

Finalmente, qualcosa si muoveva. Erano passate due settimane dall’attacco ad Albus e Jocelyn non ne poteva più di starsene con le mani in mano. Più che altro, voleva aiutare Albus.

Non lo avrebbe mai pensato, ma a quel Potter, un pochino, Jocelyn era affezionata.

No. Affezionata non rende l’idea. Jocelyn aveva stima di Albus Potter. Non solo come compagno di Casa. Il carattere della ragazza le aveva sempre precluso molte relazioni amicali con i suoi coetanei. Spesso, risultava altezzosa, antipatica, arrogante. E questi erano solo gli aggettivi con la a. Figuriamoci le altre lettere!

In pochi le rivolgevano la parola, spesso per paura che lei li schiantasse. Erano spaventati da quella ragazzina così bella ma così triste. Perché questo era quello che pensava la gente. Jocelyn era una ragazzina triste. Cupa.

Forse lo pensava anche Albus Potter, ma non lo dava per nulla a vedere.

La salutava ogni mattina con un sorriso. Beh, sorrideva a tutti obbiettivamente, ma sorridere pure a lei, era un’ impresa non da poco. E poi, era stato lui a chiamarla Jo-Jo per la prima volta. Così, senza un motivo particolare. Una mattina durante il loro terzo anno, a colazione, le aveva detto “Buongiorno Jo-Jo!”. Lei gli aveva dato uno schiaffo. Odiava quel nomignolo. Lo odia ancora. Ma da quel giorno, Jocelyn Green non era più così spaventosa. Gli altri studenti avevano sentito questo soprannome ed avevano concluso che forse, anche una come lei poteva avere degli amici. Anche lei poteva ridere. Perché se Albus Potter le aveva dato un nomignolo, voleva dire che lui la trovava simpatica. Anche se odiava ammetterlo, Albus era famoso. Non solo per la storia del padre salvatore del mondo. Era come James, a suo modo Malandrino. Sorriso furbo, affascinante, ironico, di bell’aspetto. Erano qualità lampanti, anche Jocelyn le aveva notate.

I Serpeverde avevano perso una bandiera, un ragazzo grazie al quale nessuno più osava rivolgersi ai componenti di quella casa come seguaci di Voldemort, purosangue viziati, deboli e vigliacchi.

Lei doveva salvare Albus Potter perché Albus Potter aveva salvato lei.

Quella sera si incontrarono dopo il coprifuoco non senza difficoltà. Kòre aveva chiesto a Scorpius di prendere dal baule di Al il mantello dell’Invisibilità che il padre gli aveva donato. Il ragazzo lo prese, senza fare domande, cosa di cui Kòre era grata. Sapeva perfettamente che Scorpius aveva iniziato a sospettare qualcosa con la complicità di Rose ma fortunatamente sia lui che la ragazza le portavano molto rispetto e soprattutto si fidavano di lei abbastanza da farla agire senza chiedere.

Jocelyn e Kòre si diressero verso l’infermeria. Non appena arrivarono al letto di Ebony, Jo-Jo saggiamente tirò le tende e pronunciò un Muffliato.

“Come mai non sei finita a Corvonero?”, disse stupita Ebony.

“Perché sono una stronza.”, rispose secca la ragazza.

“Bando alle ciance ragazze, abbiamo poco tempo. Prima di tutto, Eb come stai? Sai quando ti fanno uscire?”, chiese Kòre.

“Quasi certamente lunedì. Madame Habbot dice che non c’è più nemmeno l’ombra della tossina nel mio sangue. A proposito, grazie tante Green! Altro che stronza. Se non sei una Corvonero è perché non le sai fare le pozioni!”, disse stizzita la povera Ebony.

“Doveva essere credibile! Non potevo certo farti bere un veleno da due galeoni!”

“Jocelyn ha ragione Eb. Anche se ammetto che forse si è lasciata prendere un po’ la mano. Comunque, ha funzionato. Aberforth è preoccupato seriamente.”

“Che intendi?”, chiese Ebony.

“Dopo che quell’idiota di Celsus ha quasi ucciso Al, io, James e Gwen siamo stati convocati nel suo ufficio. Ha tentato di tranquillizzarci ma si vedeva chiaramente quello che provava. Non aveva la minima idea del perché in un solo giorno, qualcuno abbia attentato alla vita di due suoi studenti.

Ha chiesto a Gwen se aveva dei nemici all’interno della scuola, dei compagni che la infastidivano. Ovviamente ha detto di no, nessuno può avercela con lei, è sempre stata una ragazza piuttosto timida e riservata, una che non creava problemi.

Ha fatto la stessa domanda a James e stavolta, la risposta è stata ovviamente l’opposto.”

“Non capisco…che vuol dire?”, chiese Ebony.

“James Potter è un ragazzo se non IL ragazzo più popolare di questa scuola. Tutti conoscono lui e la sua famiglia. Ma il prezzo della fama è alto, sono molti quelli che odiamo James Potter e a molti piacerebbe vederlo fallire una volta tanto. O schiantarsi al suolo durante una partita di Quiddich.”, disse Jocelyn.

“Ma nonostante James abbia fatto un elenco dei suoi possibili nemici, questo non poteva certo giustificare una fattura del genere, dato che sembra essere molto complessa.”

“Grazie Celsus…”, disse caustica Ebony.

“Comunque, dopo Gwen e James, è toccato a me. Il Preside è a conoscenza delle mie origini e per questo sono stata interrogata da sola. Mi ha chiesto se quello che era successo poteva essere in qualche modo connesso al mondo dell’aldilà, se Fred Senior me ne aveva parlato. Ovviamente gli ho mentito e sono riuscita ad impedirgli di usare la Legilimanzia  ma credo inizi a sospettare di me.”

“Sei talmente integrata con quella dannata famiglia e sei così politicamente corretta, gentile ed educata tanto da farmi venir voglia di vomitare, come può dubitare di te?”, chiese allarmata Jo.

“Appunto. Avevi ragione anzi, avevate ragione entrambe. Non mi sarei dovuta affezionare così tanto ai Potter-Weasley. Mi sono intestardita nel voler diventare amica di tutti loro. Sapevo che James sarebbe stato colpito quel giorno, ma avevamo deciso di aspettare la fine della partita, con i giocatori a terra. Non appena ho visto la scopa di James che non rispondeva più ai suoi comandi, mi sono allarmata. Ho iniziato a guardarmi in giro e sono stata la prima a planare su Albus per non farlo sfracellare al suolo.”

“Gli hai salvato la vita Kòre…”, cercò di dire comprensiva Ebony.

“Lo so, lo so…ma sono stata troppo brava. Sono scattata prima che chiunque potesse accorgersene. Ho agito d’impulso. Mi sono giocata la scarsa vita sociale che avevo, ora tutti pensano di nuovo che sia un mostro. Al Preside non è sfuggito questo dettaglio.”

“Quel che fatto è fatto Kòre. Ora dobbiamo pensare ad Albus. Hai scoperto qualcosa sul libro?”, disse Jocelyn.

“Purtroppo no. Ho contattato Fred per lo meno. Mi ha detto che chiederà alle altre anime dato che il libro è ciò che ne permette il controllo. Inutile dire che era a dir poco furioso. Avevamo assicurato a tutti che non sarebbe successo nulla di grave…dannato Celsus.”

“Odio dovervelo dire ragazze, ma abbiamo un altro problema.”, disse Ebony attirando l’attenzione delle ragazze.

“Alexander Zabini, sa.”

Sa? Che vuol dire sa? Kòre le chiese di spiegarsi meglio.

“La notte dell’incidente, è venuto qui. Mi ha velatamente ricattato: se non gli avessi detto la verità, avrebbe raccontato a tutti di me e Adam.”

Già lei e Adam. Ebony e il capitano Grifondoro avevano da tempo una relazione. Una relazione segreta. Il padre di lui non avrebbe approvato che una ragazza lo distogliesse dal Quiddich e dallo studio. Allo stesso tempo lei non poteva permettere che i Punitori sapessero di lui. Era vero che lei, Kòre e Jocelyn godevano di una buona reputazione e stima da parte del loro Signore ma non si è mai troppo sicuri. Se c’era una cosa che Ebony aveva imparato bene, era non fidarsi mai di nessuno.

“E tu hai vuotato il sacco per Baston?!?! Sei scema?!!!?”, sbottò Jocelyn.

“Secondo te?! Ovvio che no, ma qualcosa ho dovuto dire…Zabini sa troppo. Mi ha chiesto perché volessimo avvelenare la Pondblue.”

Kòre sbiancò.

“Volessimo? Noi? Sa di noi?”

“Sa di me e di te, non sospetta di Jocelyn.”

“Cosa e soprattutto come diamine fa a sapere di noi?”, chiese alterata Kòre.

“Di specifico nulla. È abbastanza difficile immaginare quello che facciamo. Ma sa quello che era tua madre e vedendo il tuo show alla partita ha capito che anche tu eri una Guardiana. Mi ha detto che, constatando il tuo gene Mangiamorte, immaginava fosse stata tu a preparare il veleno per Gwen. Cosa che ti avrei chiesto di fare io.”

“E perché mai tu vorresti avvelenare la Pondblue?”, si chiese Jocelyn.

“Perché è innamorata di Adam.”, disse tranquillamente Ebony.

“Sul serio?”, dissero all’unisono Kòre e Jo-Jo.

“Oh ma vi prego! Dove vivete? Lo so pure io che quella ci muore dietro dal terzo anno!”

“E chi se ne frega no? Se Alexander pensa che sia soltanto un problema tra fidanzatini noi siamo a posto. Potrà anche sapere che Kòre è una Guardiana di Anime ma non può di certo arrivare al Re o alla Resistenza. Non so se lo avete notato ma le nostre vite sono piuttosto incasinate.”, disse ragionevolmente Jocelyn.

“Se Zabini si fosse fermato solo lì, non mi sarei preoccupata nemmeno io. Il problema, è che sa cosa hanno rubato dai Malfoy.”

Panico. Kòre Dolohov provava solo un gran panico.

“Il libro? Alexander Zabini sa del libro??!?”

“Eccome se sa…ne sa forse più di te amica mia. E prima che tu me lo chieda, lo sa per via di suo padre. A quanto pare Draco Malfoy mente ancora egregiamente. Ne ha parlato solo al padre di Zabini e il figlio ha origliato. Perfetto stile Serpeverde.”

“E scommetto che Alexander ha fatto delle ricerche…è un tipo in gamba e il migliore studente del suo anno. E soprattutto, non si fa scrupoli ad utilizzare metodi moralmente discutibili.”, disse Jocelyn.

“L’abbiamo notato”, disse Kòre, abbandonandosi sul letto di Ebony con le mani a coprirsi il viso.

“Di positivo c’è che Zabini sembrava più interessato alla Pondblue che al resto. Più che altro, credo non ne voglia sapere niente. Forse suo padre stesso gli ha detto di tenersi fuori da faccende di Mangiamorte e gente che parla con i morti.”

Dopo qualche minuto, Kòre si alzò e disse qualcosa che fece restare di sasso le amiche:

“Parlerò con Zabini.”

“Tu cosa?!?”, disse Jocelyn.

“Parlerò con Zabini. Eb, non gli hai detto nient’altro vero? Non sa niente delle Resistenza, dei Punitori, di Jo-Jo del tuo vero padre…”

“No non lo sa. Si è congedato dicendomi che non gli importava niente di cosa avessimo in mente ma che dovevamo trovare un modo per curare Albus. Lui non ne avrebbe fatto parola con nessuno.”

“Perfetto, allora ci parlerò io. Non vi preoccupate, non gli dirò niente, ma con il libro sono in alto mare e sinceramente, pensavo di essere l’unica a sapere della sua esistenza e della sua entità. Il fatto che esista qualcun altro che sappia qualcosa non può che aiutarmi.”

“Dobbiamo andarcene è quasi mezzanotte, c’è il cambio della guardia.”, disse Jocelyn.

“Hai ragione. Ebony mi raccomando riprenditi presto. Ci aggiorneremo il prima possibile.”

“Ok…ehi!”, disse Ebony fermando Kòre che si girò verso l’amica con fare interrogativo.

“Come…come sta James?”, chiese Ebony.

“Non bene…è uscito dalla sua stanza solo fue giorni fa.”

“Capisco…”

“Non preoccuparti Eb, staremo bene. Sistemeremo tutto.”

 

FINE FLASHBACK

 

Da quella notte, erano passate altre tre settimane e ne sapevano poco più di prima.

Kòre, parlando con Alexander Zabini, aveva scoperto che anche suo padre lo aveva obbligato a leggere la Divina Commedia. Si era offerto di aiutarla ad interpretarne alcuni passaggi poco chiari. E Kòre doveva ammettere che era davvero in gamba. Non chiedeva mai nulla, la aiutava e basta. E questo non poteva che farle piacere.

Ebony era uscita dall’infermeria e passava le sue giornate sulla torre di Astronomia.

Era pensierosa Ebony Automn. Odiava sentirsi impotente.

Tutti stavano, in qualche modo, reagendo. Kòre e Zabini si scervellavano su quel libro, Rose e Scorpius continuavano i loro incontri clandestini nella Stanza sicuramente cercando risposte, Jocelyn si era prodigata per far divertire la sorella minore di Albus, Lily, e ci stava pure riuscendo a dispetto del suo carattere.

Tutta Hogwarts faceva pervenire ogni giorno lettere, regali e pensieri alla famiglia o al San Mungo.

Lei non faceva nulla. Era come se fosse spenta. Nemmeno Adam riusciva a farla uscire da questo vortice di tristezza. Ci aveva provato per un po’, ma alla fine, aveva deciso di rinunciare ed aspettare che la ragazza se ne tirasse fuori da sola.

La verità è che Ebony non voleva uscirne. Uscire da quella bolla, da quella situazione di stallo, avrebbe voluto dire affrontare la realtà dei fatti. Affrontare l’insicurezza, l’ansia, l’angoscia di non sapere dove sbattere la testa, il dubbio. Voleva dire dover trovare la forza di rialzarsi e ritentare dopo l’ennesimo tentativo fallito. Per salvare Albus, ne erano stati fatti tanti.

Uscire da questo stato catatonico, voleva dire affrontare James.

Ebony non era pronta a rapportarsi con James ora. Non sapeva cosa fare. Si erano sempre presi in giro, lanciati maledizioni di ogni genere. Ma erano sempre allegri. Sembravano non avere mai nessun tipo di preoccupazione, di problema, quando cercavano di rovinarsi la vita rispettivamente. Erano belle giornate quelle passate a rincorrersi tra i corridoi.

Ebony avrebbe dovuto essere forte. O forse comprensiva? O solo ascoltare? Lui l’avrebbe voluta intorno? Con quale coraggio lei si proponeva come spalla su cui piangere? Era colpa sua dopotutto.

 Una consapevolezza che aveva precluso i rapporti anche di Kòre. Si era allontanata da tutti i Potter-Weasley, pure da Fred.

Erano sole. Come sempre. Per quanto ci avessero provato, erano sempre e comunque sole.

“Ehi”

Ebony scattò in piedi. Girando la testa, si ritrovò davanti proprio chi da giorni cercava di evitare: James.

“P-Potter…ciao”

“Che stai facendo?”

“Stavo…niente…stavo solo…”

“Nascondendoti?”

Miseriaccia.

“Io volevo stare..in pace.”

“In pace…se la trovi fammi un fischio.”, disse James sedendosi accanto alla ragazza.

“Posso cercare la pace qui con te? Giuro che..ti lascerò in pace”, disse accennando un sorrido il giovane Potter.

“Come ti pare Potter..”, disse Ebony sedendosi.

Non essere scorbutica almeno oggi!!! Si ripetè nella mente la ragazza.

“Sai…non so decidere se definirmi un bastardo o un vigliacco. Inizio a pensare ce ci sarei dovuto finire io a Serpeverde”, disse James dopo qualche minuto di silenzio.

“Potter…non è colpa tua, te l’abbiamo detto mille volte che Albus..”

“Non mi riferisco all’incidente. Cioè si, ovviamente mi riferisco a quello, ma ho smesso di darmi la colpa. Avrei fatto la stessa cosa per Al. E sono sicuro che anche Al si sarebbe sentito in colpa fino a quando anche lui avrebbe realizzato che non ci poteva fare niente. Forse ci arriverebbe prima di me, sai…quello intelligente è sempre stato lui.”

“Dico solo”, continuò James, “che mi sento un bastardo e un vigliacco. Sono settimane che mi sveglio, vado a lezione, a pranzo, faccio allenamento e la sera mi smaterializzo con due Auror al San Mungo insieme a Rose e Fred. Torno qui, vado in camera mia e dormo. Tutto questo si ripete ogni giorno. E  ogni giorno io ricevo lettere di incoraggiamento, pacche sulla spalla, solidarietà, offerte d’aiuto, sguardi colmi di pietà e comprensione. E li odio tutti."

Ebony sussultò:

“Cosa?”

“Io li odio tutti. Odio le lettere, gli sguardi, le pacche sulla spalla. Odio tutta la popolazione studentesca e gli insegnanti. Vorrei solo che evitassero di guardarmi come un cane bastonato. Non mi serve a niente la loro comprensione. Che usino la loro forza morale in un modo costruttivo e aiutino Albus, non me! Ecco… è per questo che sono un bastardo.”

Ebony era stupita. Non credeva che James Potter avesse una profondità tale da provare tutte queste sensazioni. Sapeva che poteva odiare, lo aveva dimostrato più volte nei confronti di Kòre. Ma non lo credeva capace di queste emozioni.

“E perché sei un vigliacco?”

“Sono un vigliacco perché non sono in grado di guardare mio padre negli occhi, non abbraccio mia madre da non so quanto tempo e non nemmeno prendermi cura di mia sorella, che preferisce Jocelyn Green a me. Sono un vigliacco perché ad ogni cambio dell’ora mi chiudo in un ripostiglio, lancio un Muffliato e urlo. Sono un vigliacco perché so benissimo che sia Rose che Kòre stanno cercando una soluzione e io non muovo un dito.”

Ebony allora capì. Erano più simili di quanto non credesse.

“Allora siamo in due Potter. Sono giorni che mi rinchiudo qui sopra. Sono una vigliacca e una bastarda. Stare qui, mi permette di fingere che non sia successo niente.”

Contro ogni possibile previsione, James Potter si mise a ridere. Di gusto.

“Potter ma sei fuori?”

“Scusa Autumn…”, disse continuando a ridere, “è esilarante. Siamo Grifondoro che si nascondono. Lo dicevo che il Cappello si sbagliava.”

Ebony si mise a ridere. Aveva ragione. Erano i grandi Ebony Autumn e James Potter, due capostipiti Grifondoro. E si stavano nascondendo sparando cattiverie su tutti.

James si ricompose, e guardando Ebony disse:

“Sai Autumn, sei più bella quando ridi.”

“E tu sei meno superficiale di quanto pensassi. Ciò non vuol dire che ora ti stimi Potter. Sogno ancora di ucciderti un giorno.”

“un giorno Autumn…forse un giorno…”,rispose ridendo James.

Stettero sulla torre per ore. A parlare di tutto. Nulla su Albus, nulla sull’attacco, nulla di brutto. Dopotutto erano i vigliacchi bastardi.

Ma dopo quella sera sulla torre, James Potter abbracciò sua madre ed Ebony Autumn raggiunse in biblioteca Kòre ed Alexander.

 

 

Ecco qua!!!!!

Si lo so, forse è un capitolo noioso…non c’è azione ma serve molto credetemi. Se state attenti ci sono un sacco di indizi che vi aiuteranno a capire meglio la storia.=) è un capitolo chiarificatore e allo stesso tempo serve da passaggio. Prometto più azione nel prossimo capitolo dove darò una sferzata alla storia.

Spero che vi piaccia e un grazie va sempre a coloro che seguono la mia storia incasinata XD  baciiii alla prossimaaaa e ricordate se volete RECENSITE=)

 

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Capitolo 16
*** Scoperti ***


Era la città più umida e piovosa dell’Inghilterra. L’aveva scelta appositamente come quartier generale. Così triste, grigia e plumbea come il suo animo ma, allo stesso tempo, così stimolante e smaniosa di mostrare la sua superiorità. Newcastle era anche un luogo strategico. Erano pochi i maghi che vivevano lì e di conseguenza era una zona poco controllata dal Ministero. Non era ancora il momento per rivelarsi. Odiava dover passare il tempo e condividere aria con quegli spregevoli Babbani ma era necessario.
Odiava essere costretto a vivere in una tipica casetta ingelse, in legno, con la porta rossa. Così babbano, così schifosamente famigliare e accogliente all’apparenza.
Al suo interno ovviamente, aveva dato quel tocco che solo un degno ex Serpeverde, ultimo erede di una delle più importanti famiglie Purosangue poteva concepire.
Ambienti spogli, polverosi, lugubri. Libri, montagne di libri, malamente impilati per terra, le pareti umide, ragnatele ed esseri non ben identificati che si aggiravano per casa.
Poca mobilia e quindi scarsità di soprammobili, solo vecchi vasi, forse pregiati ma comunque corrosi dal tempo.
“Mio Re…”
Ecco l’idiota. Credeva di essere stato chiaro nell’esprimere la sua posizione.
“Celsus…cosa non ti è chiaro di ‘NON FARTI PIÚ VEDERE FIN QUANDO NON AVRAI RISOLTO IL TUO CASINO?”
“Ma…”, provò Celsus.
“Ma cosa, sottospecie di inutile tirapiedi?!”
“Io, io ho risolto, Signore. Sono qui appunto per informarvi che la Dolohov si è messa finalmente in contatto con me. E’ pronta.”, disse abbozzando un sorriso terrorizzato Celsus.
Finalmente qualcosa su cui poter lavorare. Quella ragazzina, non lo aveva deluso. Non lo aveva mai fatto a dire il vero. Sapeva bene di poter contare su Kòre Dolohov. Gli doveva troppo per non tentare l’impossibile per lui.
“Sapevo che non avrebbe fallito…a differenza di QUALCUNO..”, disse enfatizzando quel “qualcuno”.
“Mio Re vi ho già detto quanto sia dispiaciuto per quello spiacevole incidente..io..io non…”, tentennò Celsus. Sapeva bene di aver sbagliato con l’attentato alla partita. Non accettava che la ragazzina con l’occhio viola lo scavalcasse. Il suo Re, che aveva servito e riverito per anni, sostenendolo sempre ed essendo uno dei primi a credere in lui e nel suo grande progetto, portando nuovi adepti alla sua Setta. Era stato proprio lui a trovare la Dolohov, due anni prima. Non poteva credere che lei, quella nuova, una sudicia figlia illegittima, prendesse il suo posto nelle preferenze del Re.
“Risparmiami le tue scuse, Celsus. Le ho già sentite e non mi importa. Cosa dice la nostra cara Kòre?”
“Ha capito l’origine della mia fattura, non ho la minima idea del come abbia…”
“Semplice Celsus. Lei usa il cervello. Assurdo vero?”, disse interrompendo l’inutile discorso di quello che doveva essere il suo braccio destro.
“Comunque…nel capire l’origine della mia fattura ha anche realizzato che solo io avrei potuto eliminarla con un incantesimo…ma, la nostra carissima e amatissima Kòre, ha trovato un metodo alternativo.”
“Fai bene ad esserne geloso Celsus. Se la gelosia ti porterà a non fare più stupidaggini sarà tutto di guadagnato! Il metodo c’entra con il libro?”
“Si Signore…è rischioso. La Dolohov potrebbe non esserne in grado.”
“Zitto. D’ora in poi non mi servi più. E il tuo parere, mi è del tutto indifferente. ERIN!!!”, chiamò a gran voce il Re. Celsus si morse la lingua. Ancora una volta era stato messo da parte.
“ERIN!!!”, urlò nuovamente.
Al secondo richiamo, una donna alta e magra, si presentò nella stanza. Aveva lunghi capelli grigi, il volto segnato dall’età e dalle cicatrici. Gli occhi, sporgenti e azzurri, sembravano essere pieni di luce, in contrasto netto con il resto del corpo che suggeriva malessere, stanchezza, debolezza.
“Al suo servizio”, disse la donna con voce flebile.
“Erin, il momento di Kòre è giunto prima del previsto. È pronta?”, chiese il Signore.
La donna sembrò pensarci un attimo. Passeggiò per la stanza, sospirando. Poi, rivolgendo un sorriso al suo Padrone, proferì:
“Si, mio Signore. Non vi nascondo che sarà una dura impresa. Sono necessarie molta concentrazione e sicurezza. Senza contare che questo potrebbe incrinare la posizione favorevole delle nostre ragazze. Ma è fattibile.”
“Serve anche la biondina?”, si intromise Celsus
“Zitto Celsus.”, lo freddò il suo Re.
“Si, serve. Kòre non è in grado di sostenere tutta quella magia oscura, le serve l’influenza positiva di Ebony per non esserne sopraffatta.”
“Grazie Erin, puoi andare.”
“E’ stato un onore, mio Signore.”
Così dicendo, la donna si dileguò.
Un sorriso beffardo comparve sulla bocca di un uomo che intravedeva per la prima volta dopo molto tempo, uno spiraglio di vittoria.
“Celsus, vuoi farti perdonare?”
“Tutto mio Signore…Io farei di tutto per servirvi”
“Quando Kòre avrà rimediato al tuo errore e questa storia degli ‘Auror ovunque ti giri’ sarà finalmente finita, ho un compito da assegnarti: devi tenere d’occhio Ebony.”
“Ma…mio Signore…devo fare da balia ad una ragazzina?, disse perplesso e stizzito Celsus.
“Non ti lamentare. Devi solo ringraziarmi per averti lasciato in vita dopo il tuo scherzetto ad Hogwarts. Si, devi controllarla. Quella ragazza, non mi ha mai convinto. Se da un lato potrei scommettere la mia stessa vita sulla fedeltà di Kòre, quella di Ebony tentenna. Dopotutto, ha vissuto tra i babbani per troppo tempo, potrebbe esserne rimasta segnata.”
Celsus non capiva il perché di quella strana richiesta. Anzi, forse per la prima volta, trovava assurda la paranoia del suo Padrone. Se c’era qualcuno su cui dubitare paradossalmente era proprio Kòre. Lei era così schifosamente gentile, pulita, tranquilla… Ebony e Jocelyn invece, erano scontrose, vendicative. Il fuoco della rabbia bruciava dentro ai loro cuori. Il suo Re poteva  sostenere che la Dolohov era una perfetta doppia faccia, un’ ipocrita. Ma  Celsus non credeva possibile una tale abilità nella finzione.
Tuttavia, aveva perso troppi punti nei confronti del suo padrone e non poteva permettersi di contestare o anche solo azzardare un dissenso. A dire la verità, non si permetteva nemmeno quando godeva della sua stima.
“Farò come mi chiedete mio Re.”

Non appena Celsus, finalmente, si tolse di mezzo, rimase solo nella sua stanza. Si fermò ad ammirare una parete spoglia. Immaginava che sarebbe stato magnifico abbellirla. Forse, con un arazzo. L’arazzo della sua nobile casata, i Black.

 
Avevano un piano.
Un piano rischioso, quasi impossibile, da suicidio. Così lo aveva definito Scorpius quando Kòre lo aveva informato delle sue intenzioni.
Quella ragazza, era un’ idiota. Una pazza idiota. Dopo la storia dell’attacco al Manor, il giovane Malfoy si convinceva sempre più che la sua migliore amica sarebbe dovuta essere stata smistata a Grifondoro, tra i folli coraggiosi e impulsivi. Di certo, non tra i ponderati e attenti Corvonero.
Quello che avevano in mente, avrebbe definitivamente distrutto gli equilibri. Tutto ciò che aveva fatto Korè per non sembrare un mostro, si sarebbe vanificato nel momento stesso in cui si sarebbe venuta a sapere la sua vera natura.
Era la sua migliore amica, anzi la considerava come una sorella e doveva fare il possibile per proteggerla.
Per questo motivo, aveva dato appuntamento a Rose nella Stanza delle Necessità quella notte. Lei era l’unica che avrebbe potuto capire la situazione. Era l’unica che poteva aiutarlo.
Da quando Albus era stato attaccato, Scorpius sentiva il terrore bussare alla  porta ogni notte. La paura di non rivedere mai più il suo migliore amico, gli impediva di dormire da settimane. Oltre alla paura, il ragazzo era assalito dai rimorsi. Si perché lui sapeva. Sapeva degli strani sogni di Al e non ne aveva parlato con nessuno fatta eccezione di Rose. Non lo aveva aiutato, avrebbe dovuto convincerlo a parlarne con suo padre. Chi meglio di Harry Potter per risolverti un problema? Invece, non ne era stato capace. Era rimasto fermo, inerme, senza fare nulla. Come quel maledetto giorno dell’attacco al Manor o l’incidente di Albus.
Rose era arrivata prima di lui, sistemando tutta la stanza. L’aveva resa accogliente e sicura. Scorpius ne aveva bisogno. Aveva bisogno della sicurezza che solo Rose era in grado di dargli.
“Dobbiamo impedire a Kòre di fare un’ idiozia!!!”
“Buonasera anche a te Malfoy…si io sto bene tu?”, rispose sarcasticamente Rose.
“Weasley…lei è come una sorella…lei non può…”, tentò di giustificarsi Scorpius.
Rose, che aveva capito perfettamente la posizione del biondo, gli si rivolse con tono pacato, gentile ma fermo e diretto:
“Lei può fare ciò che vuole, Malfoy. So che sei preoccupato e credimi, lo sono pure io, molto. Non ho la minima idea di come funzioni il tutto ma ne so abbastanza per rendermi conto che si tratta di una cosa pericolosa. Ma è la nostra unica speranza.”
Scorpius non poteva obiettare. Kòre ed Ebony erano la loro unica speranza per riavere Albus. In fondo, sapeva bene che parlarne con Rose non sarebbe servito a dissuadere l’amica. Aveva solo bisogno di qualcuno che capisse la sensazione di angoscia e impotenza che lo tormentava.
A sapere del piano, erano in pochi. Lui, Rose, Kòre ovviamente, Ebony ed Alexander. Nemmeno Jocelyn, che solitamente veniva resa partecipe di ogni decisione da parte di Kòre sembrava saperne qualcosa.
Scorpius, non riusciva a non pensare che fosse una missione suicida. Avevano bisogno d’aiuto.
“Ok…allora lo diciamo a tuo zio.”
Rose, che nel frattempo si era dedicata a versare una tazza di the caldo al ragazzo, fulminò il biondo con uno sguardo folle intrinseco di panico misto a sbigottimento.
“Ma sei completamente scemo!??!? Non possiamo dirlo a mio zio!!! Lui è il Capo degli Auror nel caso l’avessi dimenticato!!!”.
“No che non l’ho dimenticato Weasley! Appunto perché è il Capo dovremmo dirglielo. Senti, Albus mi raccontava sempre di quanto suo padre fosse mentalmente aperto, che ne aveva passate troppe per limitarsi alla semplice applicazione delle regole avendole in gran parte infrante per la maggior parte della sua vita. Sono sicuro che capirà.”
Scorpius Malfoy era un deficiente. Questo pensava Rose, mentre guardava il ragazzo che le stava di fronte come si guarda solitamente un pazzo.
“Oh si certo…è davvero un’ ottima idea spiattellare tutto a mio zio! Ma si dai! Diciamogli che Kòre è una Guardiana di Anime ancora inerba che vuole temporaneamente uccidere uno a scelta tra Alexander Zabini, te o me per poi spedirlo nel regno dei morti a cercare l’anima intrappolata di Al seguendo le istruzioni di un mattone della letteratura italiana babbana del XIV secolo!!! Ah dimenticavo! Una volta trovata e liberata l’anima di Al, sperando che nessun spirito incavolato si prenda la briga di trattenerci per sempre, Kòre, grazie all’aiuto di Ebony, dovrebbe semplicemente “resuscitare” entrambi in tempo per Natale…Si Malfoy, dillo tu a zio Harry!”
Detta in un modo molto colorito e originale, il piano era sostanzialmente quello.
“Weasley calmati! Lo vedi, chiedere aiuto ad Harry Potter è la cosa giusta da fare. Da quando sei diventata così sarcastica?”
“Credo sia un meccanismo di difesa. Rendo tutto ridicolo ai livelli della parodia per zittire le voci nella mia testa che urlano di scoppiare a piangere e di correre terrorizzata da mia madre.”, disse la ragazza sedendosi su un piccolo divano con lo sguardo perso nel vuoto.
“Weasley..”, le si avvicinò Scorpius, “in questa situazione ci siamo dentro entrambi. Io credo che ce la possiamo fare. Ma ci serve una mano…e tu lo sai.”
“Ti rendi conto che se lo diciamo a zio Harry, tuo padre finirà nei guai per non aver denunciato il fatto che mancasse una pagina, quella pagina di quel libro?”
“Mio padre è un uomo adulto che ha fatto una scelta. Se si rivelerà sbagliata, ne pagherà le conseguenze.”, disse fermamente Scorpius.  

“E’ deciso allora…domani avverto zio Harry.”

 
 
Il giorno fissato per l’attuazione del piano era venerdì notte della penultima settimana di lezione. Aveva a disposizione tre giorni per raccogliere le energie che le servivano. Non erano ammessi errori.
Se Ebony avesse sbagliato qualcosa, non solo l’ anima di Albus sarebbe rimasta per sempre intrappolata nel regno dei morti. Ci sarebbe stata anche quella di uno tra Scorpius, Rose e Zabini che, per quanto non lo stimasse molto, era pur sempre una persona. Come se loro non bastassero, se le cose fossero andate nel peggior modo possibile, avrebbe potuto significare anche la perdita di Kòre.
Se non fosse stata in grado si mantenere il sangue freddo, la calma, la pace nel suo animo, non sarebbe servita proprio a niente.
Già la pace dell’anima. Come potevano pretendere che la raggiungesse in quelle condizioni?
Erano settimane che lei e James si incontravano ogni notte. Per parlare. O solo per passare un’ ora senza stress, senza pressioni, senza libri in cui cercare una soluzione che sembrava non arrivare mai.
Una volta trovata però la soluzione, di comune accordo con gli altri, aveva deciso di non dire niente a James. Meno persone sapevano meglio era per tutti.
Come se non fosse già abbastanza complicato, tutti gli incontri tra lei e James erano segreti anche perché sarebbe stato difficile per Ebony spiegare ad Adam la natura della loro “relazione”. Sinceramente, non se la spiegava nemmeno lei. La tentazione di raccontare tutto a Potter era forte. Ebony sapeva che Kòre aveva perfettamente ragione. Si sarebbero compromesse per niente. Anche l’amica faticava a tenere a bada i dubbi e le insistenze di Fred Weasley.
Paradossalmente, si erano ritrovate a dover evitare gli stessi che fino a tre mesi  fa o poco più, evitavano loro
Quella sera , Ebony aveva ricevuto un biglietto da Rose. “Riunione straordinaria in biblioteca dopo il coprifuoco. Urgente.”
Altro motivo di stress. La pace d’animo, stava inesorabilmente svanendo.
Appena arrivata in biblioteca, Ebony vide subito Kòre:
“Ehi, Kòre! Che succede?”
“Eb…non lo so, Scorpius mi ha detto che doveva parlarci.”
“Dolohov, il mio tempo è prezioso, spero sia una cosa importante.”, disse Alexander Zabini sopraggiungendo in biblioteca.
“Io non ho convocato questa riunione. Chi ti ha detto di venire qui?”
“Malfoy ha detto che dovevi parlarmi”, rispose Zabini.
“Lo sapevo che stavi nascondendo qualcosa!”
Fred Weasley fece la sua entrata in scena, con lo sguardo nervoso ma allo stesso tempo vittorioso per averli colti in flagrante.
“Weasley credimi, tu non sai proprio niente”, disse sarcasticamente Alexander.
“Fred, senti non è davvero il momento..”, iniziò sospirando Kòre ma prima che potesse continuare, vennero raggiunti da niente di meno che James Potter.
“Ragazzi! Che coincidenza trovarci tutti qui. Perché non ne approfittarne? Sputa il rospo Kòre…so che sai qualcosa che non vuoi dirci.”
“Potter…Kòre non…”, provò a spiegare Ebony.
“Sta zitta Autumn. Credevo che noi due ci dicessimo tutto, credevo…SPERAVO che almeno tu non mi considerassi un idiota inaffidabile!”
“Pretenzioso Potter…”, intervenne nuovamente Zabini.
“Taci Alexander”, disse Kòre.
“Dove sono la Weasley e Malfoy?”
“Siamo qui…”, disse una titubante Rose che avanzava verso i ragazzi con a fianco Scorpius.
“Rose! Vuoi dirmi che diavolo sta succedendo?”, chiese nervosamente Ebony.
Prima che potesse rispondere, alle spalle dei due ragazzi, apparve colui che avrebbe definitivamente vanificato l’intento di Ebony Autumn di mantenere un animo pacifico.
“Vorrei davvero saperlo anche io, signorina Autumn.”
Erano fregati.

“Sera…s-signor Potter.”, disse attonita Kòre Dolohov.
Pochi minuti dopo, i ragazzi si ritrovarono davanti all’ufficio del Preside. Kòre ed Ebony, erano entrate insieme ad Harry Potter per raccontare anche ad Aberforth il loro piano.
Il resto della compagnia, aspettava.
“Weasley, nei tuoi confronti, ho sempre provato un certo livello di stima. Eri diversa dalla marmaglia di cugini e fratelli che ti ritrovi. Ma avvisare tuo zio del piano…sei decisamente caduta in basso rossa.”, disse alterato Zabini.
“E’ stata mia l’idea, Alexander. Rose non era d’accordo.”, disse Scorpius. “Voi piuttosto, come facevate a sapere dell’incontro?, chiese Scorpius rivolgendosi a James e Fred.
“Io ho seguito Kòre...era tempo ormai che si comportava in modo strano, come se volesse nascondermi qualcosa. Ed effettivamente…”, disse sconsolato Fred.
“L’ha fatto solo per proteggerti. Non voleva crearti problemi, Fred.”, cercò di consolare il cugino Rose.
“Io l’ho scoperto per caso. Dovevo vedermi con Ebony alla torre tra poco ma sono arrivato prima e, non sapendo cosa fare, sono andato a cercarla al dormitorio e mi hanno detto che era in biblioteca.”
“Da quando tu e la Autumn avete un così bel rapporto?”, chiese sornione e curioso Zabini.
“Già..da quando?”, si interessò anche Rose.
Fortunatamente per James, la porta dello studio del Preside si aprì prima che fosse costretto a rispondere a domande imbarazzanti.
I primi a uscire furono  Ebony e suo padre.
“Cosa ti hanno detto? E Kòre?”, chiese subito Fred.
“Kòre è con il Preside…devono discutere ancora qualche dettaglio.”, disse sorridendo la ragazza.
Sorrideva. Come mai sorrideva? Dovevano essere nei guai, sarebbero dovuti essere stati in guai seri. Suo padre era arrabbiato. Ma nonostante ciò, Ebony sorrideva.
“Ok ragazzi. Vi sia chiara una cosa: quello che volevate fare era stupido, assurdamente rischioso, da pazzi. Sappiate che ho avvisato tutti i vostri genitori si Rose, anche i tuoi ovviamente. Hermione era abbastanza furiosa.”,disse fermamente Harry Potter.
“Ma zio Harry…io e James non abbiamo la benché minima idea di cosa volessero fare…di cosa stai parlando?”, chiese Fred desideroso di saperne di più.
“Ahhh beh…non ti cruciare Fred, lo scoprirai presto. Tu e James vi siete appena resi partecipi del piano per salvare mio figlio.”, disse con un po’ di tristezza il salvatore del mondo magico.
Allora si trattava di quello. Avevano trovato un modo per salvare Albus.
Prima che la gioia prendesse il sopravvento sui presenti, alle spalle di Harry, apparve una figura stranamente somigliante a Scorpius.
“Sono morto.”,proferì quest’ultimo, rendendosi conto che si trattava di suo padre.
“Malfoy! Felice di rivederti!”, disse sarcastico Harry Potter.
“La predica me la fai dopo Potter…TU!”, disse rivolgendosi subito al figlio: “Stavi davvero per mandare al suicidio Kòre? Che razza di piano era?!? Il buonsenso mi pareva di avertelo insegnato!”
“Non te la prendere con il ragazzo Malfoy. È stato lui a suggerire di chiamare me.”
“Sei un incosciente e un ingrato Scorpius. Questa storia, non finisce qui.”
Come se un papà arrabbiato e deluso non bastasse, a rincarare la dose arrivò un papà apprensivo e nel panico. Ron Weasley si era precipitato non appena Harry aveva accennato ad un coinvolgimento di sua figlia.
“Rose Ninfadora Wealey! Vuoi forse farlo morire papà?!?! Il REGNO DEI MORTI ROSE!!!MORTI!!! E’ stata un’ idea del baby- Malfoy vero? Lo sapevo che quel biondino slavato ti avrebbe creato dei problemi!”
“Papà! Scorpius non è un biondino slavato e se proprio lo vuoi sapere, sono stata io a trovare l’origine della fattura fatta ad Albus e sempre la sottoscritta non aveva l’intenzione di dirlo a zio Harry!”
“Ron, ricomponiti per favore. Adesso noi andiamo a scambiare quattro chiacchere con Draco mentre voi ragazzi, aspettate qui i vostri genitori. James, tra poco arriverà tua madre, dille di aspettarmi.”, disse Harry.
“Altre bugie e macchinazioni Malfoy?”, chiese beffardo Ron Weasley.
“Dove sarebbe la novità, Weasley?”, rispose saccente Malfoy.
“Coraggio signori, Teddy e il resto della squadra aspetta solo noi. Signorina Autumn, conto su di lei affinché informi il resto della compagnia delle decisioni prese stasera.”
“Ci conti signor Potter.”
I tre lasciarono il corridoio. Ebony, non appena vide svanire la testa del padre di Rose, andò di slancio ad abbracciare Scorpius con un trasporto tale da farlo quasi cadere a terra.
“Grazie…graziegraziegrazie!!! Scorpius, hai salvato la vita a tutti noi.”, disse la giovane.
Gli sguardi attoniti del resto del gruppo fecero sembrare Ebony una specie di folle con un sorriso a trentadue denti del tutto ingiustificato.
“Autumn, vuoi degnarti di spiegare che cosa diavolo è successo in quell’ufficio si o no?”
Finalmente, Alexander si decise a parlare.
“Tuo padre James, all’inizio era furioso. Nonostante capisse il nostro desiderio di salvare Albus, non poteva tollerare l’idea che avevamo. Era ed è rischiosa. Ma Kòre l’ha convinto. Più che altro, è riuscita a fargli capire che è l’unico modo. È la nostra unica speranza. Lei è disposta a farlo anche se forse Draco non ne sarà molto felice.”
“Non lo è infatti…”, disse sconsolato Scorpius che poi continuò: “ma perché prima dicevi che vi ho salvato la vita?”
“Se ci avessi fregato e non avessi chiamato Harry Potter, io e Kòre saremmo sicuramente morte. l’impostazione di base del piano è corretta. Ma non avevamo considerato una serie di fattori che non avremmo mai scoperto se il Preside non lo fosse venuto a sapere.”
“Io non ci sto capendo niente ragazzi…quale sarebbe il piano? E se è davvero così rischioso, perché non lo mette in pratica zio Harry o il Preside?”, domandò un sempre più confuso Fred.
“Perché lo posso fare solo io…”
Una voce proveniente dall’uscio della porta, attirò l’attenzione di tutti.
“Kòre!!!”, dissero in coro.
“Ti ringrazio per l’interesse Fred ma non c’è problema, davvero.”, disse accennando un sorriso compiaciuto e imbarazzato per la dolce preoccupazione del ragazzo.
“Allora Dolohov, siamo in ballo?”, disse sorridendo compiaciuto Zabini.
“Lo siamo.”
“Ora basta! O qualcuno mi spiega di cosa miseriaccia stiamo parlando o giuro che vi schianto uno per uno!”, esclamò James Potter, stufo di non capirci un acca.
“Chi ha scelto?”, chiese improvvisamente Ebony.
“CHI HA SCELTO CHI?!?!”, urlò nuovamente il giovane Potter allargando le braccia.
Kòre rivolse uno sguardo prima all’amica per poi dirigerlo proprio verso quest’ultimo.
Mettendosi le mani in tasca, la ragazza prese un bel respiro per poi uscirsene con una frase che difficilmente James Sirius Potter, avrebbe dimenticato.
“James…ti va di morire?”
E fu così che Ebony, salutò per sempre la pace nel suo animo.
 
 
TO BE CONTINUED…
 
 
 
TADAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!Ragazzi…che parto!! Sessione d’esami uguale zero tempo per scrivere… solo di notte…all’una!!! Sono stanca morta. Spero che non ci siano molti errori vista l’ora tarda. La storia sta prendendo una bella piega, avventurosa… nel prossimo capitolo preparatevi a scintille da ogni dove.=) tutto sarà più chiaro giuro=)
Per eventuali spiegazioni ecc…prego recensite e fatemi sapere cosa ne pensate=) grazie a tutti quelli che pazientemente hanno aspettato l’aggiornamento e che seguono la storia.
BESOSSSSSSS ALLA PROSSIMAAA!!!!

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Capitolo 17
*** Speranza ***


Nota dell’autrice: in questo capitolo e d’ora in avanti sarà presente un riadattamento personale della Divina Commedia. E’ finalizzato alla trama quindi non stupitevi se ci sono elementi che si discostano dalla versione originale. Ai puristi, se ce ne sono, di questo capolavoro rivolgo il mio affetto e spero che capiate la mia scelta dettata dalle necessità della storia. Buona lettura!

“James…ti va di morire?”

Aveva capito bene? Kòre gli aveva appena chiesto se gli andasse di morire. No che non gli andava!

“M-morire? Vuoi…uccidermi?”, chiese balbettante il povero James.

“Io non lo definirei un omicidio vero e proprio…è più una cosa temporanea…”, disse sorridendo nervosamente Kòre che gesticolava come al solito quando l’agitazione prendeva il sopravvento.

“Temporanea? Tu vorresti TEMPORANEAMENTE uccidermi?!?!”, urlò stavolta James.

“Potter frena la crisi isterica! Kòre, ti conviene spiegare una volta per tutte come stanno le cose. Prima lo fai, prima ce ne torniamo a dormire.”, intervenne sbrigativo Alexander Zabini.

“Alexander ha ragione. Fred, James…vi consiglio di sedervi, quello che vi dirò potrebbe inizialmente sconvolgervi un pochino.”, disse la ragazza dall’occhio viola.

I ragazzi seguirono il suo consiglio. Se c’era una cosa che avevano imparato durante questi primi mesi d’amicizia con Kòre era proprio quella di ascoltare la ragazza quando diceva che una situazione poteva essere preoccupante.

“Credo che entrambi siate a conoscenza delle mie origini paterne. Ater Dolohov nonostante il suo essere…beh… Ater Dolohov, ebbe la cortezza di non uccidere mia madre e di conseguenza la sottoscritta non appena venne a sapere della sua gravidanza.”

“E che motivo aveva di ucciderla?”, chiese un allarmato Fred Weasley.

“Voi siete stati molto discreti nei miei confronti ma credo abbiate notato la mia…particolarità”, disse Kòre indicandosi l’occhio sinistro. “Non è stato un incantesimo fallito o una fattura a procurarmelo… sono nata con un occhio viola.”

“E se voi foste stati attenti alle lezioni di Storia della Magia sapreste chi possiede questo tipo di particolarità!”, interruppe il racconto Rose che non poteva fare a meno di sottolineare la scarsa propensione allo studio dei cugini.

Kòre sorrise all’amica un po’ bacchettona, poi continuò:

“Occhi di colore diverso sono il segno di riconoscimento dei Guardiani di Anime. Sono maghi e streghe a cui è stato affidato il compito di vegliare e proteggere le anime dei defunti e sono i custodi degli accessi al Regno dei Morti.”

James e Fred avevano lo stesso identico sguardo. Sembrava che Kòre parlasse una lingua diversa dalla loro.

“Quindi…non solo esiste un posto dove finiscono i morti ma ci sono addirittura persone che li proteggono?”, disse Fred per tentare di fare il punto della situazione.

“Esatto Fred. Noi Guardiani sostanzialmente possediamo delle capacità che ci permettono di entrare in contatto con gli spiriti. Li possiamo vedere e  sentire. E anche loro ci vedono e ci ascoltano. ”

“Ma anche noi possiamo vedere i fantasmi…”, disse James.

“I fantasmi sono una cosa diversa Potter. Loro sono persone che hanno rifiutato di passare oltre, hanno scelto di restare in questo mondo. Gli spiriti sono le anime che hanno seguito la prassi per così dire. Sono morti e se ne sono andati nel loro Regno.”, spiegò Alexander.

“Solo che a volte capita che ci siano dei problemi. Gli spiriti si perdono, si rifiutano di entrate nelle porte del Regno dei Morti o vogliono scapparne. Ed è qui che entriamo in gioco noi. Ci mettiamo in contatto con lo spirito e utilizziamo i nostri mezzi per riportarlo al suo posto”, continuò Kòre.

“E che tipo di metodi utilizzate?”, chiese Scorpius che nonostante sapesse la natura della ragazza, non le aveva mai domandato nulla sul come svolgeva il suo “lavoro”.

“Io sono una novellina Scorp, non è che abbia chissà che metodi. La maggior parte delle volte cerco di parlarci e convincerli a tornare indietro. A volte mi è capitato di aver dovuto usare la forza ma credimi non è facile.”, rispose Kòre.

James e Fred sembrarono capire la spiegazione della ragazza. Erano decisamente sorpresi. Si chiedevano soprattutto se anche gli altri studenti fossero a conoscenza della sua natura di Guardiana. Di certo molti di loro erano stati più attenti alle lezioni di Storia della Magia e quindi avranno tratto le opportune conclusioni. Fred, ora che ci ripensava, ne aveva già sentito parlare da sua madre Angelina. Ricordava poco perché collegava la figura dei Guardiani ad una favola che gli raccontava; sapeva solo che questi maghi erano considerati una rarità, una specie protetta. Nonostante ciò, Fred continuava a chiedersi come mai Ater Dolohov avrebbe dovuto uccidere la madre di Kòre. Se lui fosse stato l’erede di un Mangiamorte, non si sarebbe di certo fatto scappare l’occasione di allevare a propria immagine e somiglianza un Guardiano di Anime. Erano un élite tra i maghi, considerati anche loro dei Purosangue.

“Ma io continuo a non capire come mai tuo padre avrebbe dovuto uccidere tua madre…”, disse proprio Fred dando voce ai suoi pensieri.

Kòre prese un profondo respiro, in modo da avere aria a sufficienza per riuscire a parlare. Quello che doveva dire non le creava particolari problemi; ma sapeva che poteva crearne ai suoi ascoltatori. Era un particolare della sua storia che non aveva raccontato nemmeno a Scorpius che fino ad allora aveva attribuito la possibilità che Ater uccidesse sua madre alla sua sola crudeltà.

“Mia madre, per quanto ne so, era diventata una prostituta… l’essere una Guardiana non l’ha salvata da un destino già scritto. La sua famiglia era malvagia, molto più di quella dei Dolohov. A quanto ne so erano una dinastia potente e mia madre risultò non essere all’altezza del potere e del prestigio della famiglia. Venne diseredata ed allontanata da casa sua. Era un donna fragile che cadde in miseria, fino ad arrivare a detestare la sua condizione di Guardiana e a non esercitare più i suoi poteri. Ater era un uomo senza dignità e senza scrupoli che letteralmente comprò mia madre come schiava. Quando scoprì la gravidanza, decise di passare sopra alla vergogna di avere un figlio “bastardo” e la  risparmiò solo perché avrebbe dato alla luce il suo erede che per di più era un possibile Guardiano. Mia madre sapeva che dopo la mia nascita però, l’avrebbe eliminata. Riuscì a scappare all’ottavo mese di gravidanza, mi diede alla luce il 31 Marzo e mi affidò ad un elfo a cui si era affezionata dai Dolohov, Back, il quale a sua volta trovò Susan che mi prese con sé.”

Scorpius aveva ascoltato attentamente le parole dell’amica. Era scioccato dalla sua storia. Non gli aveva mai detto niente e lui pensava che nemmeno lei sapesse nulla delle sue origini. Dopotutto quando lui nacque Kòre era già parte delle sua famiglia. Fino ai suoi tre anni era convinto di essere il suo fratellino e lei era la sua sorellona. Non appena Kòre fece il nome di Back, fu abbastanza facile rimettere insieme i pezzi del puzzle.

“Back si era ribellato ai suoi precedenti padroni quando mio padre lo accolse. Lui è un nostro elfo da quindici anni ormai…ed è arrivato insieme a Susan. Avrei dovuto capirlo subito…”, disse Scorpius.

“Non potevi immaginare nulla del genere Scorpius”, disse sorridendo amorevolmente Kòre.

“E…tua madre?”, chiese con voce flebile la dolce Rose.

“Aveva ragione…Ater la trovò e la uccise.”, rispose Kòre.

A Rose scese una lacrima sulla guancia destra, James guardava Fred che a sua volta rivolgeva lo sguardo verso Kòre. Alexander Zabini era stato educatamente in silenzio ed aveva ascoltato la storia della ragazza con interesse e malinconia. Poteva anche essere un Serpeverde dal cuore di ghiaccio ma non poteva restare indifferente a tutto questo. Ebony era l’unica a sapere la verità insieme a Jocelyn. Sapeva che doveva essere stato difficile per l’amica raccontare e rivivere questo incubo ma allo stesso tempo si sentiva sollevata poiché era convinta che ora Kòre stesse molto meglio senza quell’enorme peso sul cuore.

I ragazzi rimasero a lungo in silenzio. Nessuno osava riportare la conversazione al punto di partenza, cioè alla “morte temporanea di James”. Fu Kòre che prese coraggio e riporto tutti ad un clima più disteso per così dire.

“Stasera è la seconda volta che ho dovuto raccontare la mia triste vita ragazzi! Prima a tuo padre James che è stato molto diplomatico e comprensivo … ma dobbiamo andare avanti! Ho poco tempo per preparare tutti voi a quello che dovremo affrontare.”

“Kòre ha ragione. Allora, direi di cominciare con il dire chi parteciperà alla missione salviamo Albus Potter, non credi?”, disse Ebony spalleggiando l’amica.

“Giustissimo Eb. James, Fred, spiegarvi i dettagli sarebbe inutile e una perdita di tempo quindi sarò breve: in quanto Guardiana io ho pieno accesso al Regno dei Morti. Tuttavia, come ho già detto, sono ancora acerba e quindi per me è impossibile addentrarmi nel Regno senza che la mia anima ne rimanga intrappolata e in tal caso sarebbe un guaio dato che avremmo ben due anime imprigionate.”, disse pratica Kòre.

“Quindi mi stai dicendo che mio fratello è incastrato nel Regno dei Morti ma non è morto!?!?”, chiese allarmato James.

“Non avrei saputo spiegarlo meglio Potter…sì, è così.”, disse Alexander prendendo parola, “Albus è stato colpito da una fattura che spedisce l’anima di un vivente nel Regno dei Morti. Solitamente, quando questo accade, la suddetta anima sopravvive due o tre giorni al massimo se capita nel Girone sbagliato.”

“Il Girone sbagliato?”, chiese Fred che nel frattempo si era alzato in piedi così come James.

“Il Regno dei Morti ha una struttura ben precisa: si fonda su un sistema gerarchico, composto da tre macro livelli. Uno di questi è inaccessibile pure a noi Guardiani e quindi è impossibile che Albus si trovi lì mentre invece gli altri due sono di nostro dominio, soprattutto uno direi…è la Grande Bolgia; li finiscono i “cattivi” per definizione come ladri, assassini ecc…”, disse Kòre.

“Quindi Al si trova in compagnia di delinquenti? Fantastico, davvero fantastico!”, disse James arrabbiato.

“Calmati James…sembra assurdo ma una cosa positiva c’è: se Albus non è ancora morto e non lo è perché respira ancora e tutte ed è ancora in possesso di tutte le sue funzioni vitali, vuol dire che è nel Cerchio giusto.”, disse Rose che intervenne per calmare il cugino.

“Cerchi, Gironi…io non ci sto capendo niente!”, disse sconsolato Fred.

“Sarò più chiara: la Grande Bolgia è divisa in Cerchi alcuni dei quali sono a loro volta divisi in Gironi. I Cerchi sono nove e al loro interno sono imprigionate le anime che hanno commesso un determinato peccato, gli assassino stanno con gli assassini, i truffatori con i truffatori e così a seguire; più in alto si è meno è grave il peccato, ad esempio nel primo Cerchio ci sono gli smaniosi di fama, i cacciatori di dote, gli affamati di potere e prestigio. La cosa importante è che Albus si trova sicuramente nei primi cinque o sei Cerchi, quelli che non sono divisi in Gironi.”, spiegò Kòre.

“E come fai a sapere che si trova davvero lì? Lui sarà anche una serpe ma non ha mai commesso dei peccati tali da meritare la dannazione eterna!”, chiese James.

“La fattura che lo ha colpito agisce a prescindere dal fatto che si siano commessi o meno dei peccati…”, rispose Rose che per prima aveva intuito il tipo di incantesimo.

Kòre guardò Ebony, nella speranza che lei trovasse un modo consono per rispondere ulteriormente  al giovane Potter.

“Perché se non si trovasse in quei Cerchi,  Albus sarebbe già morto, James. È un ragazzo in gamba, deve aver trovato un modo per non soccombere alle altre anime ed è anche riuscito a sfuggire alla legge del Contrappasso.”, rispose proprio Ebony.

“Prima che lo domandiate, la legge del Contrappasso è la legge della Grande Bolgia. Essendo stati dei peccatori in vita, le anime pagano le conseguenze delle loro azioni da morti. Sostanzialmente vengono tormentate in qualsiasi modo possibile a secondo delle malefatte che hanno commesso.”, disse Scorpius che su questo campo almeno era informato.

I ragazzi sembrarono capire. Era una situazione assurda e avrebbero voluto fare altre mille domande ma sapevano che non era necessario al momento perché quello che contava era la salvezza di Albus.

“Io posso entrare nella Grande Bolgia senza che mi sia fatto nulla ma purtroppo non posso spingermi oltre al terzo Cerchio… non posseggo ancora le capacità necessarie e il potere per riuscire a sopravvivere oltre. Ed è qui che entri in gioco tu James: io potrò non avere le competenze per addentrarmi nella Grande Bolgia ma posso fare in modo che tu ci riesca. C’è una fattura…non quella che ha colpito Albus, quella non la so fare…” disse Kòre dispiaciuta, “ ma una che porta alla morte temporanea della persona che la subisce invece sì. Quella ti permetterà di entrare, cercare Albus e uscire…il tutto deve essere fatto nel giro di tre ore al massimo.”, spiegò calma Kòre.

James si prese qualche minuto per pensare. Era disposto a fare di tutto per salvare il fratello anche se non pensava di dover arrivare a tanto.

“Però c’è un problema…io non ho mai ucciso nessuno o altro… non credo di aver mai fatto niente di così malvagio per meritarmi di finire tra i cattivi.”, disse acutamente James.

“Io ne avrei mille di ragioni che varrebbero il soggiorno nella Grande Bolgia ma non sono io che decide, purtroppo. Comunque, Potter…sicuro di non aver mai rubato niente?”, disse canzonatorio Alexander Zabini, beccandosi gli sguardi ammonitori di tutti i presenti.

James stava per reagire dando un pugno sul naso a Zabini prima che una dura verità, sotto forma di un felice ricordo, gli si presentò alla mente:

James, questa è un edizione praticamente introvabile di “Maghi e animali: è possibile.” È antichissima e…quanto cavolo hai speso? Non l’avrai mica rubata?”

Per una volta James voleva fare un regalo vero al fratello. Voleva che finalmente avesse ciò che desiderava. Nessuno lo diceva apertamente ma lo smistamento di Albus tra i Serpeverde e in generale il suo carattere così diverso sia da quello dei Potter che da quello degli Wesley, aveva reso James il figlio “ideale”. Era il preferito dai nonni e anche dai piccoli della famiglia. Sua sorella Lily lo adorava, i suoi compagni lo stimavano. Anche Albus era molto apprezzato ma nel bene o nel male veniva sempre paragonato a suo fratello maggiore.

“Porca miseria…”, proferì James coprendosi il volto con le mani. “Come, come fai a…”

“Sapere che il libro che hai regalato ad Al era rubato? Scorpius ce lo ha detto.”, rispose Alexander.

Il giovane Potter guardò Malfoy con fare interrogativo.

“Albus sapeva bene che non potevi aver semplicemente trovato l’aggancio giusto. Sospettava l’avessi rubato, non ne era certo e quindi mi ha chiesto di inviare qualche elfo a Diagon Alley. Hanno scoperto che ad un noto mercante di articoli di contrabbando avevano rubato un libro dal grande valore questa estate.”, si rivolse stranamente comprensivo a James.

“James? Come ha potuto?”, chiese sgomenta Rose.

“Basta rubare un libro per finire là dentro?!?!”, urlò Fred, preoccupato per le sue passate malefatte.

“Ovvio che no razza di idiota! Ma Kòre può sfruttare questo fatto a suo favore e spedire Potter tra le anime perdute. C’è bisogno di un valido motivo.”, disse Alexander.

“Io credevo che questo fatto non fosse rilevante, pensavo di poter semplicemente “traghettare” la tua anima verso la Grande Bolgia. Tuo padre, fortunatamente, mi ha riportato alla realtà. Anzi, mi sento davvero una cretina, avevamo tutti così tanta fretta di riavere qui Al che non ho nemmeno pensato a tutte le possibili conseguenze.”, disse amareggiata Kòre, raccogliendo poi il conforto di Ebony che gli mise una mano sulla spalla.

 “In poche parole Potter, molti Guardiani sono un tantino permalosi. Se ne fai arrabbiare uno, può aggrapparsi ad un tuo piccolo crimine per farti finire in quello schifo. Ha una specie di diritto di voto sul tuo destino.”, spiegò Ebony.

“James, ti prego di non offenderti…ci tengo molto alla tua amicizia ma dovrò ucciderti ed avere una buona ragione per spedirti nella Grande Bolgia. Dovrò riaprire una piccola ferita del passato.”, riprese imbarazzata Kòre.

“E’ innegabile che tu e tuo cugino abbiate avuto degli screzi in passato con la Dolohov ed giunto il momento di una sana ed edificante vendetta!”, disse sorridente e tronfio Zabini.

“Praticamente devo ucciderti con astio.”, disse semplicemente Kòre.

“E lo sai fare? Cioè dico…essere ostile, vendicativa e tutto il resto?” chiese scettico Scorpius.

“Dei dettagli ce ne occuperemo nei prossimi giorni con tuo padre James. Ora siete a conoscenza del piano. Harry Potter e il Preside ci tengono a precisare che si tratta di una missione rischiosa alla quale nessuno di voi è obbligato a partecipare.”, disse giustamente Ebony.

“E’ mio fratello e dovevo esserci io al posto suo. Ci sto, a qualunque condizione.”, disse sicuro James. 

“Ci sto anche io, nonostante non sappia bene che cosa devo fare…”, disse Scorpius.

“Ci sono anche io”, si unì Rose.

“Vedere Potter morire? Non posso mancare!”, disse sarcastico Alexander.

“Io non credo di servire a molto ma sono dei vostri!”, disse infine Fred.

“Allora è deciso. Riprendiamoci Albus!” concluse Kòre, sapendo che stavolta poteva contare su tutti i suoi amici.

***

 

I ragazzi erano stremati. Nonostante non avessero compiuto alcun sforzo fisico, la serata era stata psicologicamente pesante. Fred Weasley in particolare, aveva dovuto far fronte ad un’ ingente quantità di informazioni, forse troppe in una volta sola. Era sempre stato un ragazzo un po’ spaesato, sempre tra le nuvole. Spesso la famiglia lo paragonava all’amico Lorcan Scamander, un tipo decisamente fuori dagli schemi. Per questo lui se la prendeva sempre ma quella notte avrebbe davvero voluto essere nei panni di Lorcan. Lui di sicuro sarebbe riuscito a dormire.

Pensava, Fred Weasley e non si dava pace. Nel suo letto continuava a girarsi cercando una posizione che lo facesse finalmente addormentare ma era tutto inutile.

“James? Ehi amico sei sveglio? James?”, bisbigliò il ragazzo nella speranza che il cugino si trovasse nelle sue stesse condizioni.

“Vorrei tanto non esserlo…”, rispose grave. Evidentemente il sonno mancava pure a lui.

“Sei preoccupato?”, gli chiese Fred a bassa voce per non svegliare gli altri compagni.

“Preoccupato per il fatto che devo morire? No, figurati! Certo che sono preoccupato Fred!”, rispose sarcasticamente James.

“Abbassa la voce idiota o sveglierai tutto il Dormitorio!”, ripose a tono Fred che poi continuò, “è ovvio che tu sia preoccupato…mi chiedevo solo se potevo fare qualcosa per alleviare la tua ansia.”

“Purtroppo né io né te possiamo fare un granché… a quanto pare la Dolohov ha tutto sotto controllo. Cruciarsi  ora però, è stupido. Il problema sorgerà quando dovrò morire…lì si che mi preoccuperò davvero!”, disse James.

“Tranquillo amico, Kòre sa quello che fa e non farebbe mai nulla senza essere sicura al mille per mille di riuscire nell’impresa.”, disse convinto Fred.

“Sai che sei strano cugino? Fino a tre mesi fa non avresti mai affidato la mia vita nella mani di Kòre Dolohov…anzi l’avresti sicuramente accusata di essere l’autrice dell’attentato ad Albus. Ora invece sembra che lei sia il tuo grande eroe dall’occhio viola! Non fraintendere, io le credo e mi fido di lei…ma è pur sempre una che mi vuole uccidere!”, disse James.

“Hai detto bene devi fidarti! Ha salvato Teddy il giorno dell’attacco a casa Malfoy e poi ti ricordo che ha salvato pure te e Albus quando stavate cadendo dalla scopa il giorno della partita. Lei ne ha passate tante…io non ne avevo idea. E noi quanto siamo stati infantili e meschini durante tutti questi anni…è così forte, determinata, dall’animo indistruttibile, generosa, altruista, bella, arguta, intelligente…”, Fred non riusciva più a trovare aggettivi che potessero dare l’idea di quanto stimasse Kòre.

“Si si ho capito! Amico…sembra quasi che tu sia innamo-….o Miseriaccia!”, stridette James Potter alzandosi di scatto dal letto.

“James! La voce porco Merlino!”

“E chissene frega della voce! Ti sei innamorato di Kòre Dolohov!!!”, disse sorridente il ragazzo che nel frattempo era riuscito nell’impresa di far svegliare i compagni di stanza.

“Ma si può sapere che sta succedendo?”, chiese Frank Paciock decisamente assonnato.

“Chse cabolo viii prenduooo?”, chiese sbadigliando Garret Tubby.

 “Niente ragazzi! Assolutamente niente! Tornatevene pure a dormire!”, disse Fred nel disperato tentativo di salvarsi da una spiacevole conversazione.

James Potter sembrò capire che per stavolta era meglio lasciar perdere. Gli altri avrebbero potuto fare delle domande scomode alle quali non avrebbero potuto rispondere.

“Fred ha ragione…tranquilli torniamo a dormire.”

Garret e Frank ascoltarono i loro amici e si rimisero nei rispettivi letti. La cosa sembrò finire lì e i ragazzi si scambiarono la buonanotte.

“Notte ragazzi e scusate per il casino”, disse James.

Frank rispose con un grugnito.

“Già scusate, buonanotte”, ripeté Fred.

“Nessun problema…ah Weasley, giusto per la cronaca…lo hanno capito tutti che hai una cotta per la Dolohov…buonanotte!”, disse tranquillamente Garret suscitando le risatine di James che finalmente aveva ritrovato la tranquillità per riuscire ad addormentarsi.

***

 

Stavolta l’aveva arredata in modo diverso. Rose aveva avuto carta bianca da Malfoy su cosa chiedere alla Stanza. Avevano deciso che avrebbero passato di nuovo la notte lì. Rose era riuscita ad imparare un incantesimo per depistare le sue compagne di stanza che la credevano sempre nel suo letto a dormire. Per Scorpius era più facile, nessuno dei suoi compagni avrebbe fatto domande semplicemente perché non gli interessava dove dormisse Malfoy.

C’era il solito letto comodo, a due piazze. Le pareti erano verdi, verde speranza. Lui le aveva detto una volta che uno dei pochi motivi per cui era felice e fiero di appartenere alla Casa Serpeverde erano i suoi colori. I colori permettevano ai Serpeverde di non sentirsi degli emarginati, di non sentirsi come al solito i cattivi, quelli sbagliati. L’aria tetra, cupa e cospiratrice che per lungo tempo aveva infettato l’ambiente Serpeverde non corrispondeva al verde accesso e all’argento che predominavano nella Sala Comune.

C’era una grande tavolata piena di dolciumi e delle torte preferite di Rose. Quando era nervosa mangiava, soprattutto zuccheri. Ricordava di quando sua nonna Molly le preparava una buonissima torta al rabarbaro durante il periodo scolastico più stressante e gliene spediva una fetta.

Fece apparire anche degli scacchi, pensando che forse Scorpius avrebbe voluto farsi una partita.

“Wow…ti sei data da fare…”, esordì Scorpius entrando nella Stanza delle Necessità.

“Si scusa…quando sono nervosa o preoccupata mi riempio di dolci fino a sentirmi male”, disse Rose imbarazzata.

Scorpius sorrise. Quella ragazza non aveva ancora smesso di stupirlo dal giorno del compleanno di Albus. Se qualcuno gli avesse detto che un giorno avrebbe visto in Rose Weasley una sorta di ancora di salvezza a cui aggrapparsi e di cui fidarsi, lo avrebbe di certo preso per matto ma era quella la realtà. E ne aveva avuto la prova anche quella sera quando lei lo aveva difeso di fronte a Ron Weasley, suo padre.

Non sapeva cosa provava Scorpius. Erano sentimenti simili a quelli che lo legavano ad Albus e ad altri suoi amici ma non li poteva definire uguali. Era come se a Rose Weasley potesse occupare un posto speciale nella sua vita. Non gli capitava mai di svegliarsi la mattina e di avere il volto di Alexander Zabini impresso nella mente se non alla vigilia delle partite ed era comunque un volto terrificante. Si ritrovava spesso distratto a lezione, ripensando a delle parole o a delle battute della ragazza. Frequentavano insieme Erbologia e si divertiva ad osservare le smorfie di Rose quando si trattava di maneggiare quelle piante assurde che tanto piacevano al professore.

Aveva un buon profumo Rose. Tutto di lei era piacevole.

“Ci sono anche gli scacchi…sicura di voler perdere di nuovo Weasley?”, le disse sedendosi sul bordo del letto.

“Perché no? Non posso essere sempre la migliore in tutto”, rispose sorridente Rose addentando poi un muffin al cioccolato.

“Rose Weasley che fa autocritica! Stasera le sorprese non smettono di fioccare.”, disse sarcastico e malinconico.

“Anche io ci sono rimasta di sasso…per tutto. La madre di Kòre, il libro rubato da James…”

“Sono sicuro che James non ha fatto quel che ha fatto con cattive intenzioni. Voleva solo dare ad Albus ciò che desiderava, voleva essere il fratello maggiore ideale.”, la rassicurò Scorpius.

“Scorpius Malfoy che ha parole di stima per mio cugino James Potter! Hai proprio ragione, stasera non smette di stupirci.”

Passarono la serata a dare voce ai loro pensieri, a come avevano reagito alle confessioni di Kòre e di James, mangiando dolci e intervallando il tutto con qualche partita a scacchi.

Arrivato il momento di mettersi a letto, Scorpius aveva ancora un peso da togliersi.

“Senti…Weasley, mi dispiace per non averti detto di James...”, disse vagamente imbarazzato Scorpius.

“Non ti preoccupare, lo capisco. Un tempo mi sarei arrabbiata perché ciò avrebbe significato che Albus aveva di nuovo preferito te a me. Tu sapevi e io no, come se non fossi degna della sua fiducia. Ho sempre avuto questa specie di complesso di inferiorità nei tuoi confronti…prima che ti monti la testa, riguardava solo il tuo rapporto con Al! Per tutto il resto io sono e sarò sempre migliore di te!”, disse Rose coricandosi.

“Non dovevi crearti tutti questi problemi…non sai quanto Albus ti stimi e ti apprezzi.”, le disse Scorpius.

Rose sorrise. Sapeva di avere il rispetto del cugino ma non credeva che tessesse le sue lodi anche con gli amici.

“Grazie Malfoy…grazie anche per avermi difesa con Zabini prima…”

“Dovere Weasley…buonanotte.”

“Sogni verdi Malfoy.”

Scorpius sorrise. Albus aveva ragione, Rose Weasley era davvero una ragazza fuori dal comune.

***

Ebony Autumn camminava accanto ad Alexander Zabini verso il dormitorio Serpeverde. Kòre aveva deciso di rendere Jojo partecipe del piano. Inizialmente ne era rimasta esclusa per preservare quel poco di innocenza che i suoi quattordici anni scarsi meritavano. Tuttavia sapevano bene che non sarebbero riuscite a tenere a freno quella ragazzina e ben presto avrebbe scoperto tutto da sola. Inoltre, non coinvolgere Jocelyn avrebbe destato i sospetti dei Punitori e del Re. Non potevano permettersi un tale lusso.

“Zabini, posso farti una domanda?”

“No”

“Perché ci stai aiutando? E non mi dire che lo fai solo per Albus Potter. Sarà anche tuo amico ma ti conosco abbastanza bene per poter dire che non ti immischieresti in questo tipo di faccende per nessuno.”, chiese Ebony fregandosi bellamente della risposta negativa precedente.

“Se mi conoscessi così bene saprai anche che non intendo risponderti in quanto sono solo ed esclusivamente fatti miei.”, rispose tranquillamente Alexander.

“Andiamo Alexander…non sono stupida. So che c’è qualcosa sotto, in qualche modo c’entra Gwen anche se non capisco proprio perché.”

“Nemmeno io sono stupido Ebony…so che tu e la Dolohov state nascondendo qualcosa di losco. Sinceramente, credo siate state voi ad attaccare Albus.”

Ebony si bloccò. Non erano state loro ad affatturare Albus ovviamente ma nel piano per colpire  James Potter c’erano dentro eccome. E se Zabini sapesse? No, non era possibile. Suo padre e la sua famiglia si erano chiamati fuori dalle faccende del Signore Oscuro molto tempo fa.

“Che c’è Autumn? Ho indovinato?”, chiese sorridendo vittorioso Alexander, girandosi verso la compagna che era rimasta indietro.

“Non dire assurdità!”, si salvò Ebony fingendo tutta la sicurezza di cui era capace.

“Sarà come dici tu…ma tanto perché tu lo sappia, non mi interessa minimamente quello che fate tu, la Dolohov o la Green, mi pare di avertelo già detto.”, disse Alexander che nel frattempo aveva portato Ebony sino alla porta del Dormitorio. “Vipera reale”.

Al suono della parola d’ordine la porta si aprì.

“Ricordati soltanto che un Serpeverde si aspetta sempre una ricompensa in cambio dei suoi favori…Dormi bene Ebony Autumn.”.

Dicendo ciò, Alexander Zabini scomparve verso la zona maschile del dormitorio lasciando Ebony curiosamente terrorizzata.

***

TO BE CONTINUED…

 

ECCOCI QUA!!! Nonostante la sessione d’esami scrivo comunque questo nuovo capitolo. Non potevo studiare serenamente altrimenti XD che dire… le cose si stanno finalmente chiarificando… Kòre ha un passato un pochino travagliato ma anche Ebony e nel prossimo capitolo spero appunto di poterle dare più spazio. Ringrazio ancora tutti coloro che seguono la mia storia o l’hanno messa tra le preferite=) Mi raccomando recensite se vi va mi fa sempre piacere ricevere le vostre opinioni. Un saluto e alla prossima!!!!

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Capitolo 18
*** Vincere la morte ***


Erano passati solo due giorni dalla “notte rivelatrice”. Harry Potter e Ronald Weasley, si erano temporaneamente stabiliti in infermeria ed utilizzavano l’ufficio del Preside come studio, destando la preoccupazione e curiosità di tutti gli studenti.

Aberforth Silente, si era mostrato più che furioso nei confronti dei suoi alunni per ciò che avevano architettato, pur capendone le motivazioni.

A James, venne ordinato di tenersi pronto in qualsiasi momento dato che non era possibile stabilire quando Kòre sarebbe stata in grado di “ucciderlo”. Si sentiva parecchio solo in quel momento dato che anche Ebony era stata praticamente sequestrata da suo padre per aiutare la Dolohov.

Passava le sue giornate gironzolando per la scuola, pensando, riflettendo. Nel giro di pochi mesi la sua vita era totalmente cambiata e, senza che se rendesse conto, anche lui era cambiato. Il James Potter arrogante e spensierato aveva lasciato posto ad un James perennemente in ansia e in balia degli eventi. Sentiva di essere diventato un debole. Forse, lo era sempre stato.

Perso in riflessioni che mai si sarebbe sognato di fare, non si accorse della presenza di Adam Baston alla fine del corridoio che stava percorrendo.

Adesso eviti il tuo Capitano, Potter?”, disse quest’ultimo, spaventandolo.

James si girò subito verso l’amico. Non poteva esserne sicuro ma intravedeva nell’espressione di Baston una specie di rabbia, di frustrazione.

Scusa Baston…ero sovrappensiero”, rispose James grattandosi il capo. “Come va?”, chiese successivamente.

Il Capitano Grifondoro mise le mani in tasca ed iniziò a passeggiare avanti e indietro: “Come va… come va….”, disse pensieroso Adam.

Come sta tuo fratello?”, chiese infine il ragazzo, finalmente fermandosi davanti a James.

Come al solito…stazionario…”, rispose mortificato.

Beh, mi dispiace Potter…davvero. Tuo fratello è un tipo in gamba.”, disse Adam. A James sembrava sincero anzi, lo era per certo ma qualcosa nel tono della sua voce continuava a rivelare uno stato di agitazione. Sembrava che Baston ce l’avesse con lui. Prima che potesse accertarsene o comunque chiedergli spiegazioni, Adam continuò:

Ed Ebony invece? Come sta la MIA Cacciatrice?”, chiese Baston, stavolta girando attorno a James come un avvoltoio pronto ad attaccare.

Credo stia bene Baston…lo sai che io la Autumn non andiamo molto d’accordo.”, mentì James. Tutta la scuola era abituata a vederli scannarsi a vicenda e non era il caso di alimentare voci indesiderate che avrebbero messo a rischio la buona uscita del piano.

Ma davvero? E io che invece pensavo aveste messo da parte i dissapori del passato dato che passa ogni notte con te alla torre di Astronomia.”, disse stizzito Adam, alzando anche il tono della voce.

Ora i due ragazzi si trovavano a pochi centimetri di distanza, occhi negli occhi. Lo sguardo del capitano Grifondoro era incandescente.

James era a conoscenza del carattere dell’amico. Non avrebbe mai alzato le mani contro di lui ma voleva di certo spaventarlo e, a dirla tutta, ci stava pure riuscendo. Perché Baston ce l’aveva così tanto con lui? Che gli aveva fatto? E soprattutto, cosa diavolo c’era tra lui ed Ebony?.

Mi ha solo confortato…per me queste ultime settimane sono state difficili. Si è comportata come una persona alla quale importa di Albus e cerca di fare del suo meglio anche per la sua famiglia.”, disse mantenendo un tono calmo ma fermo. James era pur sempre un Grifondoro fiero ed orgoglioso a prescindere da libri rubati e depressione crescente.

Adam sembrò credere alla versione di James tanto da farlo allontanare e sospirare lungamente.

Si, si Potter hai ragione tu…scusa amico. Ebony può non darlo a vedere spesso ma è una ragazza dal cuore grande.”

L’espressione tirata ed arrabbiata si era tramutata in una più distesa ma allo stesso tempo cruciata.

E scusami anche per averti attaccato…sono veramente uno stronzo insensibile.”, aggiunse imbarazzato Adam.

Nessun problema Capitano, puoi permetterti anche tu un attimo di nervosismo”, rispose James che però aggiunse, “comunque sono ben lontano dal definire la Autumn un’ amica”

Fondamentalmente era vero. James aveva delle amicizie femminili oltre le sue cugine. Gwen era sua amica, Kòre era sua amica…loro erano definite tali. Non Ebony. Quello che James Potter provava per Ebony Autumn era diverso, era qualcosa di più, era speciale. Se n’era reso conto da poco ma forse quel sentimento aveva sempre campeggiato nel profondo della sua anima. Dopotutto, lei era la sua nemesi e in quanto degno erede di James Potter Senior non poteva non desiderare qualcosa di impossibile, così come suo nonno desiderò Lily Evans.

Adam Baston rise all’ultima affermazione dell’amico, per poi rispondere sempre sorridente: “Fortunatamente per me in volo non mi create casini!”

Faccio quello che posso amico…”, rispose James.

Scusa ancora se me la sono presa con te Potter…Ebony ha saltato gli ultimi quattro allenamenti e lei non è giustificata come lo sei tu.”, disse dispiaciuto Adam. James aveva chiesto ed ottenuto una sospensione dal suo ruolo nella squadra.

Non sono io che la trattiene Baston…”, disse James un tantino infastidito.

Avrei preferito il contrario…almeno saprei cosa le passa per la testa!”, rispose Adam amareggiato.

Posso farti una domanda?”, chiese James stufo di assecondare l’amico per arrivare a scoprire la verità.

Devi proprio?”, chiese ironicamente Adam. Sempre mettendosi le mani in tasca, il ragazzo continuò, “so cosa vuoi chiedermi. Perché sono così interessato a quello che fa Ebony, come mai non ne parlo direttamente con lei…Giustificarti tutto questo come un attaccamento ai miei giocatori non basterebbe quindi a te, dirò la verità. Devi promettermi di non farne parola con nessuno Potter, sul serio.”, disse serio il capitano.

James annuì semplicemente attendendo il responso dell’amico.

Adam prese un gran respiro, un sorriso si dipinse sul suo volto: “Io ed Ebony stiamo insieme da quasi sette mesi ormai”.

James sentì un pugno perforargli lo stomaco. Ebony ed Adam Baston. Il suo volto sorpreso suggerì ad Adam di dover fornire ulteriori dettagli.

Sai, prima dell’inizio di quest’ anno scolastico era solo una storiella senza impegno, un divertimento. I mesi di vacanza mi hanno fatto pensare e mi sono reso conto di quanto in realtà Eb fosse importante. Lei non è mai stata una ragazza aperta e facile da leggere questo lo so bene; in questo periodo la vedo strana, stressata, distaccata... così una notte l’ho seguita e vi ho visti. Puoi immaginare che genere di finale abbia immaginato la mia mente.”, concluse Adam Baston.

James cercò di riprendersi dallo shock come meglio poteva: “Quindi…tu e la Autumn…caspita!”, disse ridendo nervosamente.

Io e la Autumn, già. Ti prego James…è di vitale importanza che nessuno lo venga a sapere. Mio padre non approva che mi distragga con le ragazze ed Ebony non vuole che si sappia in giro.”, disse seriamente.

Una serie di emozioni mai provate attraversarono l’animo del giovane Potter. Rabbia, dispiacere, tristezza, delusione. Ebony gli aveva mentito. James dovette tuttavia mettere da parte la sua ira non appena vide suo padre venirgli incontro.

James”, disse rigido, “è il momento.”

Buona sera signor Potter”, disse Adam cortesemente.

Ciao Adam…mi dispiace ma devo chiederti in prestito mio figlio per qualche ora.”, rispose Harry Potter cercando di sembrare il più naturale possibile.

Nessun problema Signore.”, rispose Baston che poi si rivolse a James dicendo, “allora ci vediamo in giro Potter”.

James cercò di riprendere il controllo della situazione. Lo sguardo di suo padre valeva più di mille parole e finalmente il momento era arrivato.

S-si Baston…ci si vede in giro.”, rispose James.

Il giovane Potter affiancò il padre ma non appena mosse qualche passo, si girò di nuovo verso l’amico ed aggiunse:

Tranquillo amico, finché vivrò sarà il mio segreto!”, disse ironico James visto il suo imminente destino. Ed era proprio il caso di dirlo dato che difficilmente sarebbe riuscito a tenersi dentro tutta quella rabbia a lungo.

***

Harry e James arrivarono presto al corridoio che collegava la Sala Grande alla Torre di Astronomia. James Potter pensò all’ironia di ritrovarsi tutti lì, così vicini al luogo dove lui e la Autumn avevano passato molte notti a parlare.

O a fare finta di farlo. Si ritrovò a pensare James.

Tutta la squadra era riunita e pronta: oltre ad Aberforth Silente c’erano ovviamente Kòre Dolohov, Ebony Autumn, Alexander Zabini, Fred Weasley, Rose Weasley e Scorpius Malfoy. A questi si erano poi aggiunti il padre di Rose, Ron Weasley, la professoressa McGranitt e, incredibilmente, Draco Malfoy.

Signori”, prese parola il Preside, ”ora che ci siamo quasi tutti, direi che possiamo cominciare. Signorina Dolohov, a lei l’onore..”

Si Signore. Prima di procedere alla spiegazione e alla successiva attuazione del piano, vorrei rinnovare un invito fatto in precedenza. Nessuno di voi è obbligato a prestarsi a tutto questo, siete liberi di andarvene e non verrete assolutamente giudicati.”, disse comprensiva ma seria la giovane strega.

Kòre, noi siamo con te. Non ci tiriamo indietro.”, rispose l’amica Ebony cercando lo sguardo di James per trovare conferma delle sue parole ma non appena incrociò il suo volto, un’occhiata piena d’odio e di rancore la investì. La stava guardando come tre mesi fa, come la solita rompi pluffe Autumn.

Kòre passò in rassegna i volti di tutti i presenti e nonostante vi lesse chiaramente della paura, la forza di volontà ed il coraggio erano più forti.

Perfetto. Dunque, alcuni di voi si staranno chiedendo come mai ci troviamo in questo luogo. Per compiere l’incantesimo ho bisogno innanzitutto di molto spazio e, cosa più importante, dovevamo trovare un luogo che non fosse rintracciabile. Nessun altro a scuola dovrà mai sapere cosa stiamo per fare.”, disse pratica Kòre.

E quindi lo facciamo in mezzo ad un corridoio? Non mi sembra per niente discreto Dolohov…”, disse come al solito ironico Alexander.

Kòre rivolse uno sguardo d’intesa verso Scorpius che sapeva molto bene cosa fare.

Il giovane Malfoy, si mise a passeggiare davanti al muro, ripetendo nella sua mente ciò che Kòre gli aveva chiesto.

Improvvisamente, il portone della Stanza delle Necessità si palesò davanti agli occhi stupiti di tutti i presenti.

Bene figlio, c’è altro di cui mi vorresti parlare? Oppure sono destinato a vivere nell’ignoranza!?!”, disse Draco Malfoy con un certo nervosismo.

Mi dispiace di non averti informato padre…ma non lo sapeva nessuno a parte il sottoscritto.”, disse Scorpius.

IO! Lo sapevo anche io!”, intervenne Rose. Aveva capito le intenzioni di Scorpius. Voleva proteggerla da suo padre e da suo zio che sicuramente si sarebbero arrabbiati se avessero scoperto che anche lei era a conoscenza dell’esistenza della Stanza.

Anzi… a dire il vero sono stata io a scoprirla. Malfoy ha solo assecondato il mio desiderio di non dirlo a nessuno.”

Il padre di Rose era esterrefatto. La sua piccola, dolce, seria e diligente primo genita aveva mentito.

Rose Ninfadora Weasley! Non ho idea di cosa ti stia passando per quel cervelletto fenomenale ma sappi che non sono contento di te signorina!”, disse a più deluso che alterato.

Ron, non è il momento. Coraggio signori, dopo di voi.”

Fu Harry Potter ad intervenire per ristabilire la calma come solo un vero leader era in grado di fare.

Il gruppo entrò nella Stanza che aveva perfettamente svolto il suo compito facendo comparire la grande Sala da Ballo del Manor, dove erano frequenti le feste e gli incontri mondani organizzati dai Malfoy.

Miseriaccia.”, esclamò Fred Weasley, “che posto è questo?”

E’ la nostra Sala da Ballo al Manor…”, rispose Draco Malfoy.

Era un ampio salone, con una scalinata centrale dai corrimano dorati, coperta al centro da un lunghissimo tappeto orientale.

Quindi? Che si fa Dolohov?”, chiese spazientito Alexander Zabini.

Prima che potesse dire qualcosa, la risposta che Kòre era intenzionata a fornire fece la sua apparizione nella stanza.

Scusate il ritardo…dovevo procurare degli oggetti per Kòre.”

Jocelyn Green, con sorpresa de parte della maggioranza dei presenti, portava con sé una grande borsa di tela nera che sembrava pesare molto.

E questa chi è ?”, chiese Fred Weasley non avendo la minima idea di chi si trovasse davanti.

Per coloro i quali non la conoscessero, vi presento la signorina Jocelyn Green, Serpeverde al terzo anno.”, rispose burbero e spazientito dalla perdita ti tempo il Preside che era rimasto indietro rispetto al gruppo appunto per poter permettere alla giovane di raggiungerli. “Ora siamo davvero tutti. Signorina Dolohov, il tempo stringe.”

Kòre annuì per poi procedere alla spiegazione del piano.

Ok…per la buona riuscita del piano è fondamentale che ognuno di noi svolga il proprio compito al meglio senza intaccare il ruolo di qualcun altro. Vi dico ciò perché è molto possibile che succedano cose strane e apparentemente pericolose, in particolare a me e a James. Conoscendo il carattere di Scorpius o quello di Fred so che potrebbero essere spinti ad intervenire. Dovete assicurarmi che non muoverete un dito.”, disse seria Kòre.

Scorpius era più preoccupato che mai ma sapeva bene che Kòre aveva ragione, quindi mosse il capo in segno di assenso.

Fred invece non reagiva. Incrociò lo sguardo di Kòre e questo non fece altro che peggiorare la sua ansia.

Tranquilla Kòre. Mio nipote non farà nulla di avventato.”, assicurò Ronald Weasley.

Ci conto signor Weasley. Bene, passiamo alla pratica!”

Detto ciò Kòre, Jocelyn ed Ebony iniziarono la preparazione. Dalla borsa portata da Jo-Jo, ne uscirono diversi oggetti: un grande libro che pareva essere antico, delle piccole boccette di vetro con all’interno della cenere molto scura e un pugnale.

Alla vista di quest’ultimo oggetto, James Potter sbiancò.

Ti prego dimmi che quel coltello serve per tagliare il pane per lo spuntino di mezzanotte…”, disse gemente più a sé stesso che alle altre ragazze.

Beh Potter…in qualche modo dovevi pur morire”, disse assurdamente tranquillo Alexander Zabini.

Figliolo credimi… se potessi prenderei il tuo posto, subito.”, disse sinceramente e con le lacrime agli occhi Harry Potter, cercando di confortare il figlio posandoli un braccio sulla spalla.

Il Salvatore e il primo genito Potter non avevano un gran rapporto fisico. Harry abbracciava spesso la piccola Lily e, assurdamente, il secondo genito Albus. James, fin da piccolo, aveva voluto essere considerato un ometto, il vice- papà, quello forte e poco incline a manifestazioni sentimentali. Ci teneva che suo padre lo considerasse perfettamente in grado di prendersi sulle spalle l’intera famiglia nel caso fosse successo qualcosa ad Harry Potter.

E perché non puoi farlo tu zio Harry?”, chiese Fred, preoccupato anch’egli per il cugino.

Mi permetto di intervenire perché la spiegazione mi diverte enormemente!”, disse Draco Malfoy che fino a quel momento era rimasto in disparte, “vedi ragazzo Weasley, il tuo caro zietto con gli anni si è fatto un bel po’ di nemici nel corso della sua missione ‘salverò il mondo dai cattivi perché sono il prescelto!’ e posso affermare con una buona dose di certezza che la metà degli allegri abitanti del Regno dei morti sarebbero più che felici di mettere le mani sulla sua bella testolina”.

Grazie per la spiegazione esaustiva Malfoy…”, rispose ironico Harry Potter.

Scorpius provava una sorta di pietà nei confronti del padre. Tutto quel suo odio ingiustificato nei confronti dei Potter non si era placato nemmeno in quel momento, anche se doveva ammettere che si era molto trattenuto rispetto al solito.

Potter! Malfoy! Silenzio!”, tuonò la professoressa McGranitt, stanca dei battibecchi dei suoi ex-alunni quarantenni. Fece poi cenno a Kòre di continuare nella sua spiegazione.

Ok James, il tutto si svolgerà così: Jo-jo sta spargendo per terra della cenere derivata da dei particolari alberi di faggio fino a formare un triangolo il più possibile equilatero; tu dovrai piazzarti in centro ad esso mentre io ne starò fuori. Una volta… morto,”, disse imbarazzata e con tutto il tatto che riusciva a trovare Kòre, “ti ritroverai catapultato nella Grande Bolgia. Io sono in grado di farti arrivare fino al Quarto Cerchio, quello dei ladri di strada, borseggiatori di professione e rivenditori di merce rubata relativamente preziosa.”

Che incredibile coincidenza, vero Potter?”, disse infido sorridendo beffardo Alexander Zabini, riferendosi chiaramente al libro rubato da James.

Zitto Zabini!”, lo redarguì Ebony.

James era visibilmente in imbarazzo e difficoltà ma fortunatamente Kòre continuò imperterrita nella sua spiegazione:

Stavo dicendo…tu finirai nel Quarto Cerchio e Albus si trova, secondo le nostre teorie, al massimo nel Sesto; questo significa che devi superare proprio il Quarto e il Quinto, dove troverai i violenti contro le creature magiche indifese o protette. In entrambi vige, come di consueto nella Grande Bolgia, la legge del Contrappasso che può essere di due tipologie: per analogia o per contrasto. Per quanto riguarda l' analogia, i peccatori subiscono una punizione simile al peccato che hanno commesso mentre invece, come potrai immaginare, la pena per contrasto è costituita dal contrario del peccato commesso. Nel caso del Quarto cerchio, la legge è per analogia. I condannati sono vittime di scippi e rapine da parte dei Poltergeist. Essi fabbricano piccoli oggetti di legno o di pietra ma la follia dei peccatori li porta a vederli come pietre preziose invogliandoli così a rubare questi inutili utensili. È una specie di circolo vizioso. Nel Quinto cerchio invece vige la legge per contrasto: coloro che in vita hanno perseguitato delle povere creature, vengono a loro volta costantemente inseguiti da esse e non possono fare altro che scappare.”

La spiegazione di Kòre era stata molto precisa ma James Potter non riusciva proprio a tranquillizzarsi.

Chi c’è nel Sesto Cerchio?”, chiese Rose.

Ci sono gli iracondi e i violenti, coloro che in vita si sono sempre messi a menare le mani per risolvere le dispute o per commettere dei reati.”, rispose Ebony Autumn che poi continuò, “per loro vale il contrasto: sono stati privati della forza vitale e della capacità di reazione. Sono destinati a starsene lì impalati a non fare niente costantemente infastiditi da vari spiriti e animali di ogni tipo.”

Quindi Albus potrebbe essere con dei pazzi che si rubano a vicenda pezzi di legno, inseguito da belve di ogni tipo o vertere in una specie di catalessi? Questo sì che è fantastico! Davvero fantastico!”, disse sarcastico ed amaro Scorpius.

Io ho finito Kòre.”, disse JoJo che nel frattempo aveva disegnato sul pavimento il triangolo in questione.

Ora James, arriva la parte spiacevole…”, iniziò a dire tristemente Kòre, “come già sai, devo ucciderti per poterti traghettare fino al Regno dei morti ma non posso farlo in un modo qualsiasi, c’è una prassi da seguire. Vedi questo pugnale?”, concluse porgendo l’oggetto in questione al giovane Potter.

James lo poté osservare meglio e capì subito che non era un semplice coltello: il contorno del manico era impreziosito da delle gemme violacee, la lama non era molto grossa anzi era piuttosto sottile. L’impugnatura, catturò la sua attenzione: nonostante i bordi preziosi, essa era principalmente costituita da una specie di fiala di cristallo.

Come puoi notare c’è questa specie di provetta come impugnatura. Il rituale prevede che il mio sangue e il tuo si mescolino all’interno di questa fiala. Il coltello ha una lama speciale, una lama magica: nel momento in cui la pelle viene incisa, il sangue inizialmente non scorre al di fuori della ferita, non cola per terra ma la lama lo assorbe e lo incanala nella fiala dell’impugnatura. Io mi praticherò una piccola incisione sulla mano ma invece tu…”.

Kòre non sapeva proprio come fare. Non riusciva a trovare la forza per dire quelle parole.

Coraggio Dolohov, dillo. Tanto, credo si aver capito anche se vorrei tanto sbagliarmi…”, disse James che ormai sapeva riconoscere lo sguardo da brutte notizie di Kòre.

Devo pugnalarti, James. Esattamente qui, al cuore.”, disse con le lacrime agli occhi la ragazza, indicando sul suo sterno il punto esatto dove avrebbe dovuto colpire James.

La preoccupazione era visibile negli occhi di tutti i presenti.

Quel che è peggio…”, disse Ebony ma venne interrotta da Fred Weasley che esclamò:” C’è qualcosa peggiore di questo?!!”

Il fatto è che come potete vedere, il coltello è sottile e una pugnalata al cuore, per quanto fatale, con questo tipo di lama è improbabile che si muoia sul colpo. James…non durerà molto ma la tua morte non sarà né immediata né indolore voglio che ti sia chiaro.”, disse Kòre.

Sapevo che non sarebbe stato come bere un bicchiere d’acqua Kòre, non ti preoccupare per me. Fai quello che devi”, rispose risoluto il giovane Potter.

Come la mettiamo con la storia della vendetta?”, chiese Fred che ricordava bene quella parte del piano. Oltre all’espediente del libro rubato dal cugino, Kòre doveva ucciderlo in uno stato d’animo particolare. Doveva odiarlo.

Ed è qui che entra in gioco la signorina Autumn.”, rispose il Preside facendo cenno a quest’ultima di continuare.

Esatto. Il mio spiacevole compito è quello di riportare alla mente di Kòre tutto quello che le avete fatto passare in questi ultimi cinque anni, tutti gli scherzi, le umiliazioni. Io devo farla arrabbiare prima di uccidere James e poi dopo, devo riportarla alla realtà e calmarla”, rispose Ebony rivolta verso i neo Malandrini.

Sono davvero curioso di sapere che genere di insulti avete rivolto a Kòre mini-Potter e mini- Weasley. Non vedo l’ora…”, disse visibilmente alterato Draco Malfoy.

Per una volta siamo d’accordo Malfoy”, disse spalleggiandolo Harry Potter.

Bando alle ciance signori, direi che possiamo partire…signorina Dolohov?”, disse la professoressa cercando un segno d’assenso da parte della giovane strega..

Sì certo professoressa. James, ricorda: hai solo tre ore poi sarò costretta a riportarti indietro con o senza Albus.”, disse Kòre.

Erano attimi di tensione. Anzi, di puro panico. Nessuno osava fiatare, respirare più profondo del dovuto o guardarsi negli occhi per più i cinque secondi. La stessa Ebony che già aveva visto l’amica praticare questo tipo di magia, era quasi pietrificata. Dopotutto, non erano mai arrivate al punto di dover uccidere qualcuno per comunicare con il Regno dei Morti. Era la prima volta che si spingevano tanto oltre ed erano sinceramente terrorizzate.

James si era portato nel frattempo al centro del triangolo. Diede un ultimo sguardo a suo padre e ne poté notare la disperazione negli occhi. Quanto avrebbe voluto prendere il posto del figlio e risparmiagli tutto questo.

Fred stava chiaramente avendo un crollo nervoso, Rose pure. Scorpius e Draco Malfoy erano seri e tetri come sempre.

Vedi di non morire sul serio Potter…”, disse Alexander Zabini che nonostante le loro lampanti differenze di carattere, rispettava il coraggio di James.

Sii prudente Grifondoro”, disse Jocelyn.

James evitò accuratamente lo sguardo di Ebony, non poteva permettersi alcuna distrazione. Rivolse nuovamente l’attenzione verso suo padre. Forse lui lo sapeva già ma voleva, sentiva il bisogno di confessargli la verità:

Papà…io, ecco vedi…il libro che ho regalato ad Al…”, cominciò titubante il ragazzo ma venne prontamente fermato da Harry Potter che gli rivolse un sorriso colmo d’amore e di comprensione.

Lo so. Riportaci Albus figliolo”.

Con rinnovato spirito e coraggio, James si sistemo' meglio all' interno del cerchio e prese un respiro profondo.

Coraggio Dolohov...sono pronto.”

Kore si mise esattamente di fronte a James impugnando il coltello nella mano destra. Non essendo necessaria per questo genere di incantesimo, consegno' la sua bacchetta a Jo-Jo e fece un cenno ad Ebony, segno che poteva cominciare. La giovane strega dall' iride viola, chiuse gli occhi e si preparo' a farsi guidare dalla voce dell’amica.

Preside, dovrebbe tenere pronta la bacchetta. Nel caso qualcosa andasse storto l' unico modo per fermare Kore sarebbe schiantarla. “, disse pratica Ebony.

Non si preoccupi signorina Autumn.”, rispose grave Aberforth.

Potter! Ricorda che dove stai per andare, odiano i Guardiani. Il sistema dei Gironi lo hanno creato loro e non godono di certo di una buona fama. Sii furbo per una volta”, disse pratico Alexander Zabini a James che gli rispose con un cenno di assenso.

Allora cominciamo...Kore, ora sgombra la mente...non pensare a nulla, rilassa i muscoli, segui la mia voce...”, disse Ebony.

Dopo qualche minuto che sembrava infinito, la ragazza pareva davvero essere più' rilassata, quasi in trans.

Adesso ti chiedo di fare un piccolo sforzo Kore, devi riportare i tuoi pensieri a Settembre di cinque anni fa, cerca di ricordare...era il nostro primo giorno di scuola ed eravamo spaventate perché' non sapevamo in quale Casa saremmo finite. Tu in particolare temevi di finire Serpeverde. Avevi paura del tuo cognome, della tua famiglia, della tua storia. Il Cappello ti mise a Corvonero, ti piace stare li' vero?”

Kore mosse il capo in segno di assenso. Ebony doveva controllare che fosse comunque abbastanza vigile da mantenere un minimo di contatto con la realtà'.

Gli altri studenti pero' ti evitavano, avevano paura di te. Tutto questo ti dispiaceva ma lo preferivi di gran lunga alle offese e agli scherzi maligni che ben presto si sarebbero presentati alla tua porta, ogni giorno. A James Potter tu non piaci, anzi lui ti odia. Anche suo cugino Fred Weasley ti detesta. All' inizio erano solo stupidi scherzetti da bambini... Tuttavia, mentre noi crescevamo, cresceva anche l' odio di Potter nei confronti tuoi e della tua famiglia. Tuo nonno ha ucciso Remus Lupin e sua moglie piccola Kore, questo non si cancella...”

Ebony, che all'inizio sembrava rivolgersi alla mente di Kore in modo sereno, gentile ed amorevole, ora aveva totalmente cambiato tono. Era cattiva, istigatrice, sadica.

Ricordi lo scherzo dei vestiti? Al terzo anno, ti hanno rubato la valigia e hanno cosparso tutti i tuoi indumenti di polvere orticante. La tua pelle si e' riempita di pallini rossi e non la smettevi di grattarti. E che dire dell' anno scorso eh Kore? Ti hanno scagliato un incantesimo e ti hanno fatto fare una bella nuotata nel lago in pieno inverno! Ricorda amica mia, ricorda... i bigliettini offensivi, le derisioni continue, gli spintoni, le voci deplorevoli che puntualmente metteva in giro proprio James Potter. Ti chiamava schifosa Mangiamorte, bastarda, essere disumano...Ti dava della puttana.”

James rabbrividì' all' udire le parole di Ebony anche perché' erano dolorosamente veritiere. Le aveva reso la vita un vero incubo.

Anche su Kore il discorso di Ebony sembro' avere effetto. Sul suo volto si dipinse una smorfia di rabbia, risentimento.

Ora, ti puoi prendere la rivincita Kore. Ora lo puoi uccidere. Lo so che sei arrabbiata e delusa, lui ti ha reso la vita un vero incubo. Quante lacrime hai versato la notte sul tuo cuscino? Quante ne hai versate sulla mia spalla? Era James che spingeva tutti gli altri ad odiarti, era lui che istigava la folla. Lui ti ha impedito di vivere serenamente gran parte della tua vita scolastica! E' solo un bugiardo Kore! Ora lui si finge tuo amico solo per poterti pugnalare alle spalle in seguito! Ma tu, puoi impedirglielo. Puoi ripagarlo con la sua stessa moneta proprio piantandogli il coltello nel petto. Infierisci su quel nobile cuore Grifondoro che ti ha distrutto l'anima Kore! Prenditi la tua rivincita, la tua vendetta!”

Nella mente di Kore, scatto' qualcosa: l'unica cosa a cui riusciva a pensare erano le malefatte di James, i suoi scherzi, le offese. Aveva dimenticato tutte le sofferenze che gli aveva creato, tutti gli ostacoli che gli aveva posto. Era tutta colpa sua e di Fred. Ora poteva finalmente porre fine a tutto. Voleva, con tutta se stessa, uccidere James Potter.

Kore apri' gli occhi. Era pronta.

Non appena Rose incontro' lo sguardo dell’amica sobbalzo': l' occhio viola, si stava piano piano tingendo di rosso sui contorni dell' iride, rosso sangue.

Potter, preparati...”, disse Ebony capendo che ormai era fatta.

Kore, porto' la lama del pugnale sulla sua mano sinistra ed inizio' ad incidersi la pelle. Come aveva detto, il sangue non colo' a terra ma inizio' lentamente a scorrere all' interno del manico, nella fiala.

Successivamente, Kore si abbasso' e fece cadere qualche goccia del suo sangue sul libro che era stato posto per terra, tra lei e James.

Al contatto con il sangue, il libro si alzo' da terra magicamente e si apri' davanti agli occhi di Kore che inizio' a pronunciare una specie di incantesimo.

Per me si va ne la città' dolente,

per me si va ne l' etterno dolore,

per me si va tra la perduta gente.”

Tra i presenti, solo Alexander riusciva a comprendere il significato delle parole di Kore dato che stava pronunciando i versi della Divina Commedia in lingua originale. Nemmeno il Preside o Draco Malfoy riuscivano a carpirne a pieno il senso. Erano terrificanti.

Il libro sembrava avere una volontà' propria, si sfogliava da solo e si mise sul lato sinistro rispetto a Kore per poterle permettere di avanzare verso James. Il suo occhio, era ormai completamente diventato rosso.

Qui si convien lasciare ogne sospetto;

ogne viltà' convien che qui sia morta.

Tu vedrai le genti dolorose

c' hanno perduto il ben de l' intelletto.

Ove udirai le disperate strida,

vedrai li antichi spiriti dolenti;

ch' a la seconda morte, ciascun,

GRIDA.”

Con quest’ultima parola, Kore sollevo' la mano destra e pugnalo' secco James Potter.

Il colpo venne sferrato perfettamente, colpendo il cuore. James non si sottrasse ma istintivamente porto' una mano su quella di Kore senza tuttavia fare alcuna pressione.

Kore stava sorridendo. Era un ghigno malvagio, soddisfatto, appagato. Nel frattempo, anche l'occhio destro si era tinto di rosso.

Invoco Voi, abitanti della Grande Bolgia!

Rivendico il sacro diritto dei Guardiani di porre fine ad una vita indegna.

James Potter!

Io ti condanno a passare l' eternità' circondato da coloro i quali si sono macchiati del tuo stesso peccato.

Il Quarto Cerchio sarà' il tuo esilio.

Queste parole vennero invece capite da tutti i presenti. James si accascio' a terra agonizzante. Kore scaglio' il coltello a terra provocando la rottura della fiala contenente il loro sangue. Il liquido rosso sembro' prendere vita ed inizio' a scorrere seguendo perfettamente i contorni del triangolo.

Un forte vento, investi' tutti quanti. Questo vento portava con se le urla, le strida di tutte le anime della Grande Bolgia che venivano a reclamare il loro nuovo abitante.

Erano cosi' forti che la maggior parte dei presenti dovette tapparsi le orecchie e reggersi la testa che sembrava scoppiare.

Quando Kore si rese conto che mancavano ormai pochi secondi alla morte di James, gli si rivolse un' ultima volta.

Si abbasso' a terra, a pochi centimetri di distanza dal suo volto.

Io, ucciderò' tutta la tua famiglia. La mia vendetta, sarà' completa. Addio giovane Potter.”, disse sussurrando.

Passarono pochi secondi poi, James Sirius Potter, esalo' il suo ultimo respiro.


 

Sentiva caldo, un caldo soffocante. Era sveglio, respirava e percepiva tutti i suoi organi vitali funzionanti ma non c'era verso di riaprire gli occhi. Erano come incollati. Per quanto si sforzasse non riusciva ad aprire le palpebre.

D'un tratto, sentì delle mani che gli toccavano le caviglie e lo trascinavano sul terreno umido sul quale era verosimilmente steso.

Finalmente, i suoi occhi trovarono la forza di aprirsi ma non appena si rese conto di dove si trovava, avrebbe preferito di gran lunga la cecità: degli uomini vestiti di stracci, lerci, con la gobba, puzzolenti! Anzi, tutto intorno puzzava ed era sporco.

Prima lo spenniamo e poi gli facciamo fare un giro sulla Belva”

Era stato uno di quegli uomini a parlare, uno di quelli che lo trascinavano per le gambe. Spenniamo? La Belva?

Queste parole di certo non erano tranquillizzanti. Kòre non aveva parlato di nessunissima belva nel Quarto Cerchio.

Guarda guarda chi si è svegliato! Benvenuto a casa ragazzino! Mollatelo pure...adesso può camminare da solo.”, disse l'ultimo uomo del gruppo non appena vide che James era sveglio. Erano in tre, due lo trainavano mentre lui se ne stava dietro.

Lo lasciarono malamente e poté alzarsi da terra.

Come ti chiami dannato?”, chiese ancora lo stesso uomo, l'unico che secondo James era in grado di proferire parola dato che gli altri due sembravano degli zombie.

M-mi chiamo...Tubby. Garret Tubby.”

Non gli sembrava il caso di rivelare la sua vera identità. Il fatto che non 'avessero riconosciuto era sicuramente una cosa positiva. Se suo padre avesse preso il suo posto di certo lo avrebbero riconosciuto. Tuttavia pensò che utilizzare il nome dell'amico di scuola sarebbe stata un ulteriore misura precauzionale.

Non sembri uno sbandato. Hai la faccia da bravo ragazzo e poi sei giovane...quanti anni hai?”

Quindici”, rispose secco continuando a camminare. Nel frattempo, si era guardato in giro. Non gli era mai capitato di immaginare il Regno dei Morti ma, se lo avesse fatto, non lo avrebbe mai descritto così. Erano in una caverna, le pareti incise di strani simboli e pervasa da un odore fortissimo di muffa e altri olezzi terrificanti.

Quindici? E come sei riuscito ad accumulare così tanti casini in soli quindici anni di vita per meritarti questo?”

Ho fatto arrabbiare una Guardiana e lei mi ha spedito qui.”, rispose secco e distratto James. Era lì per una missione, salvare suo fratello e niente e nessuno lo avrebbe distolto dall'obbiettivo.

Il compagno di Cerchio, lo guardò stupito ed ammirato tanto da far innervosire il giovane Potter che gli chiese cosa diavolo avesse da fissare. L'uomo, ripresosi dalla trans nel quale era caduto, rispose:

Una Guardiana eh? Qualsiasi cosa tu abbia fatto ti sei meritato la mia stima Garret Tubby. I Guardiani sono i responsabili della nostra misera condizione...quei bastardi schifosi! Sai che ti dico? Per te, niente Belva!”, disse nervoso e visibilmente alterato.

James fu felicissimo di aver evitato la Belva in una maniera così fortuita. Era decisamente partito bene.

Senti ma...i tuoi amici hanno perso la lingua?”, chiese il giovane Potter.

Si”, rispose semplicemente l'uomo. James pensò subito ad uno scherzo ma era evidente negli occhi del suo interlocutore la totale serietà.

Hanno tentato la fuga una volta... sono stati puniti. Loro sono qui da un sacco di tempo come puoi notare. Più passa il tempo più perdi la testa e non sai fare altro che eseguire gli ordini della anime più giovani che ancora posseggono i ricordi e gran parte delle emozioni umane.”

Tu come ti chiami?”, chiese James curioso di sapere chi si trovasse davanti.

Mundungus Flatcher, ragazzo. Piacere di conoscerti...ah! Eccoci arrivati! Casa dolce casa!”

James Potter si rese conto di dove si trovasse solo in quel momento: uscito dalla caverna, davanti a lui vide uno strapiombo, invaso dalle fiamme. Circa cento metri lo separavano dalla caduta in quell'abisso di fuoco. Guardò in alto, dove scorse altri tre Cerchi. In cima a quella specie di cono nel quale si trovava, c'era una grande luce bianca.

Quello è il posto dove vanno a finire i buoni?”, chiese a Mundungus.

Quello è il posto da dove sei arrivato. Si chiama Limbo. Non appena uno ci lascia le penne, viene spedito nel Limbo dove si decide della sua anima per l'eternità.”, rispose Flatcher che poi cambiò subito argomento, “tu sei veloce?”

Cosa?”

Quando eri in vita sarai stato sicuramente un tipo atletico no? Quindi sei veloce...”

Si...direi di si”, rispose stranito dalla domanda James.

Bene! Quegli spiritello dovranno darci l'oro prima o poi.”

L'oro? Di cosa p-...”

James si fermò di colpo. La legge del Contrappasso. Ricordava bene a quale pena fossero condannati quelli del Quarto Cerchio. Intorno a lui, c'erano centinaia e centinaia di anime nelle sue stesse condizioni o peggio. Vagavano senza uno scopo, una metà, parlottando tra di loro.

Ma a cosa ci serve l'oro se siamo morti?”, chiese ovviamente James.

Con l'oro compri le Guardie. Se compri le Guardie loro mettono una buona parola con il Consiglio dei Guardiani che si tiene ogni sei mesi e se sei fortunato, guadagni un Cerchio.”, disse con una luce negli occhi che quasi spaventò James.

Quindi si può cambiare Cerchio?”

Finora nessuno c'è ancora riuscito ma io sono certo che prima o poi sarò il primo!”

Povero illuso. James conservava ancora il lume della ragione per capire perfettamente che non avrebbero mai concesso una cosa del genere. Innanzitutto, l'oro non esisteva, erano solo pezzi di legno e pietra e, in secondo luogo, Kòre non aveva mai menzionato un Consiglio dei Guardiani. Secondo James, era tutta una balla per punire ancor più severamente i peccatori.

Quanto mi piacerebbe essere nel Primo Cerchio...”, disse sospirando Mundungus.

All'udire quelle parole, James sussultò: e si fossero sbagliati? Se Albus si trovasse nei primi tre Cerchi?

Kòre aveva detto che si sarebbe trovato AL MASSIMO nel Sesto. Al massimo. Aveva automaticamente scartato i primi tre senza un motivo? No, non era possibile. Di certo lei e il Preside ne avevano parlato ed erano arrivati a quelle conclusioni.

James fu però costretto ad interrompere le sue teorie perché la sua attenzione venne catturata spaventosamente da altro: i Dissennatori.

Erano a centinaia e volavano impietosi sopra la sua testa. Non ne aveva mai visto uno dal vivo, solo alle lezioni di Difesa contro le Arti Oscure aveva avuto a che fare con un Molliccio che si era trasformato nella più grande paura di un suo compagno di Casa.

Paura dei Dissennatori ragazzo? Non ti preoccupare...siamo morti. Per quanto gli riguarda siamo solo pezzi di carne.”, lo rassicurò Flatcher.

James apprezzò lo sforzo di quello strano tipo ma non gli era servito molto. Decise di concentrarsi sulla missione non solo perché il tempo scarseggiava ma anche per distogliere la sua mente dal panico più totale.

Mundungus, tu hai detto che ero giovane, troppo giovane per trovarmi qui... Che tu sappia, c'è in giro qualcuno della mia stessa età o poco più giovane?”, chiese sembrando il più possibile disinvolto e disinteressato.

L'uomo ci pensò a lungo. Dopo alcuni minuti finalmente rispose:

Si...c'è un tizio. Gira voce che nel Quinto ci sia un Fantoccio. I Fantocci sono i non realmente morti spediti qui da delle fatture. Comunque pare abbia la tua stessa età o poco più...Dissennatori e Inferi gli danno la caccia da un sacco di tempo ma quello se la cava sempre in qualche modo.”

Albus. Era sicuramente Albus, chi se no? Non era una cosa di tutti i giorni ricevere una fattura Ineliminabile. Quindi era nel Quinto Cerchio, ora si trattava solo di capire come cavolo arrivarci.

Prima che potesse porre quella domanda al suo nuovo compagno di sventure, vennero letteralmente travolti da un' orda di dannati.

Che cavolo succede?!!”, urlò James tentando di stare al passo con il resto della mandria.

E' partita la caccia ragazzo!”, gli rispose entusiasta Mundungus.

La caccia? Forse si riferiva al rubare gli oggetti “preziosi” dai Poltergeist. Fantastico, per rimanere nella parte sarebbe dovuto diventare un ladro fallito.

James decise di fare buon viso a cattivo gioco e seguire la massa. Ci mise poco a capire come funzionava. I Poltergeist correvano e svolazzavano ovunque, sventolando platealmente i cosiddetti “oggetti preziosi” e ne approfittavano per infastidire tutti i condannati che nel frattempo erano impegnati a tentare di rubare le pietre. Una volta riusciti a prendere una, c'erano due possibilità: o si ritrasformava in legno o le guardie capivano subito che si trattava di finti diamanti e oro.

Il giovane Potter non aveva decisamente tempo per queste sciocchezze.

Mundungus, come arrivo al Quinto Cerchio?”, chiese spazientito James.

L'uomo rimase sorpreso dalla domanda. Quale morto sano di mente vorrebbe cambiare Cerchio finendo più in basso e peggiorando quindi la sua condizione?

Ragazzo, sei matto? Perché cavolo vuoi andare...aspetta”, disse Mundungus che fermò il suo discorso per osservare meglio il ragazzo, “sei stato mandato qui per liberare il Fantoccio non è così?, chiese con un sorriso tirato.

James si trovava messo al muro. Non riusciva a concepite una scusa abbastanza plausibile per giustificarsi quindi, decise di confermare i dubbi di Flatcher e confermò la sua versione dei fatti.

Mundungus ne fu assurdamente molto felice. Rideva a crepapelle tanto da far credere a James che fosse più pazzo di quanto già non lo sembrasse.

Questo è fantastico ragazzo! Senti, ho una proposta da farti: io ti aiuto a ritrovare il Fantoccio; in cambio, tu metti una buona parola con la Guardiana che ti ha spedito qui appena ti riporta dall'altra parte.”

James ci pensò sopra. Nonostante fosse un peccatore, Mundungus Flatcher non aveva l'aria di un essere malvagio o pericoloso. Aveva sbagliato certo ma il Quarto Cerchio gli sembrava una punizione esagerata. Non sapeva se sarebbe servito davvero chiedere la grazia di Kòre, lui di quel mondo sapeva poco o niente; non avrebbe nemmeno voluto dare false speranze al quell'uomo che dopotutto era stato gentile con lui.

Non voglio mentirti amico...io posso parlarle e lo farò ma non so quanto questo potrà servire. Per te è ok?”, chiese il giovane Potter porgendogli la mano.

Andata ragazzo...”, rispose Flatcher stringendogli la mano. “Sai, mi ricordi un sacco un tizio che ho conosciuto molto, molto tempo fa. Era uno che voleva fare l'eroe. Chissà che fine ha fatto...”

***


 

 

James Potter giaceva sul pavimento della Stanza delle Necessità che aveva risposto alle richieste del giovane Malfoy. La Sala da Ballo del Manor, rendeva ancor più surreale la situazione al Salvatore del mondo magico. Harry Potter se ne stava lì, fermo, immobile, sconvolto ma allo stesso tempo risoluto.

Razionalmente, sapeva che avevano agito per il meglio, avevano fatto il possibile per salvare il figlio. Avrebbe però preferito essere lui steso su quel pavimento. Il suo primogenito, il suo adorato scavezzacollo pestifero James, si era sacrificato per il fratello, quel fratello così diverso e con cui tanto litigava.

Ron tentò di mantenere la calma, di non lasciarsi prendere dalle circostanze. Era stato accanto all'amico negli anni della guerra, in quel viaggio contro il tempo per cercare gli Horcrux. Lui e sua moglie gli sarebbero stati accanto sempre e per sempre.

Sua figlia Rose, piangeva. Non singhiozzava né si disperava, Rose Weasley non era certo il tipo da scenate. Le sue erano lacrime silenziose che scendevano sul volto di ormai giovane piccola donna.

Scorpius la guardava. Ammirava quella ragazza e ormai non ci poteva fare niente. Nonostante la vedesse triste e abbattuta, non poteva non notare la determinazione ed il coraggio nei suoi occhi. I suoi cugini si trovavano nel posto più orribile e pericoloso del mondo ed aveva appena assistito ad uno spettacolo straziante: la sua migliore amica si era trasformata in un essere spaventoso ed aveva pugnalato James. Lei però non si lasciava andare, non vacillava. Sarebbe stata una perfetta Grifondoro se non fosse così straordinariamente intelligente.

Scorpius si mosse per avvicinarsi a lei, per darle conforto ma la voce di Ebony catturò l'attenzione di tutti.

Kòre, devi calmarti ora. Devi tornare con me, hai capito?”, disse con voce spezzata la ragazza.

Io, ucciderò' tutta la tua famiglia. La mia vendetta, sarà' completa.”

Quella frase sussurrata all'orecchio di Potter l'aveva a dir poco preoccupata. L'aveva sentita spesso esprimersi in quei termini alle riunioni segrete con i Punitori, faceva parte della recita. L'odio verso i Potter e il resto della famiglia era necessario per la buona riuscita del piano.

Si sarebbe dovuta arrabbiare per portare a termine l'incantesimo ma non avrebbe dovuto perdere il controllo.

I suoi occhi non accennavano nemmeno a ritornare al loro colore naturale. Il sangue sulla sua mano, colava a piccole dosi sul pavimento. Sul suo volto, la soddisfazione.

Calmarmi? Io sono calmissima amica mia, come potrei non esserlo? James Potter è morto e per di più, l'ho spedito nella Grande Bolgia!”, urlò di gioia Kòre.

Signor Potter! Cosa ne pensa ,eh? Suo figlio, l'impavido, coraggioso, erede dei Malandrini che finisce tra i cattivi! Questa sì che è giustizia.”, disse gioiosamente e con un sorriso sadico proprio rivolgendosi ad Harry. “Vero Zabini?”, disse poi rivolgendosi ad Alexander.

Dolohov, torna in te non dire assurdità..”, rispose calmo e preoccupato.

Kòre tu non le pensi davvero queste cose! Lo sai anche tu, guarda dentro il tuo cuore!”, disse Ebony richiamando l'attenzione dell'amica.

IO NON HO UN CUORE! Me l'hanno strappato via, tutti quanti loro!”, rispose furiosa Kòre indicando Harry, Ron e il Preside.

Kòre, ascoltami...”, tentò di dire Draco Malfoy, chiaramente in ansia per quel comportamento così poco da lei, “ora sei arrabbiata e lo capisco. Io stesso ho odiato per gran parte della mia vita Potter e i suoi amichetti. Gli davo la colpa di tutto quello che era successo alla mia famiglia, per quello che ero diventato e quello che avevo fatto. Ma l'odio non è la strada da seguire.”

Kòre mio padre ha ragione...lo hai sempre detto anche tu, odio chiama odio.”, disse Scorpius spalleggiando il padre.

Draco lo sai che è vero! È vero! È colpa loro, è colpa sua!”, disse indicando nuovamente Harry Potter, “e tu, Scorpius piantala! Tu odiavi James e Weasley, non recitare una scenetta che non ti appartiene per fare colpo sulla piccola Rose, Serpeverde!”, disse rabbiosa Kòre.

Signorina Dolohov, posso capire il suo stato d'animo, mi creda. Ho passato molto più tempo di lei ad odiare profondamente e con tutta l'anima mio fratello. A differenza sua, io non covavo alcun sentimento di vendetta ma questo non mi rende esente da colpe. Volevo non avere più nulla a che fare con quello che rimaneva della mia famiglia. Eppure mi guardi ora: sono diventato il successore di un grande uomo, mio fratello, lo stesso fratello che per anni ho evitato come fosse un appestato. Nessuno di noi sceglie la propria famiglia, come saggiamente ha ricordato il signor Malfoy, ma il passato non deve permettere di ostacolare il futuro. Lei non odia veramente il signor James Potter...nemmeno la sua famiglia...e questo lei lo sa.”

Il Preside era stato fermo ma allo stesso tempo sorprendentemente comprensivo. Il suo discorso sembrò far vacillare la giovane Guardiana, tanto da spingere Fred Weasley ad intervenire:

Io sono stato un vero idiota, Kòre. E non mi riferisco solo a tutto quelle cose orribili che io e James ti abbiamo detto e fatto in questi anni. Non ti ho mai chiesto perdono...io...mi vergogno di ciò che sono stato! Io non mi merito nulla se non il tuo disprezzo...ma ti prego di ascoltare Ebony”, disse Fred con le lacrime agli occhi e la voce spezzata.

Sentito Kòre? Weasley ti ha chiesto scusa...ti devo un bel po' di Cioccorane ricordi?”, disse Ebony speranzosa che a quelle sue parole scattasse qualcosa nell'amica. Ed aveva ragione.

Nella mente di Kòre si insinuò un ricordo. Erano al loro terzo anno e Fred l'aveva appena umiliata davanti alla classe di Pozioni sabotando il suo calderone. All'ora di pranzo, raccontò l'accaduto ad Ebony che era già sul piede di guerra ma prima che potesse schiantare qualcuno, Kòre la fermò:

FLASHBACK

Hai già collezionato un bel po' di punizioni Eb, non ne vale la pena.”

Vedere il corpo di Weasley sbalzato dritto dritto sul tavolo dei professori ne vale sempre la pena!”

Non voglio fargli del male o peggio che tu gliene faccia...un giorno mi chiederà scusa, vedrai!”

Sì....certo. Ed io mi metterò insieme a James Potter!”

Scommetto cinque scatole di Cioccorane che prima della fine dei nostri sette anni ad Hogwarts lui si renderà conto dei suoi sbagli e chiederà ammenda! Ci stai?”

Ci sto Dolohov! Preparati a rimanere a bocca asciutta...”

FINE FLASHBACK

M-mi..ha..chiesto s-scusa...”, sussurrò a sé stessa Kòre.

SÌ!!! Sì lo ha fatto Kòre! Ti ha chiesto scusa perché siete amici, lo siamo tutti! Ti vogliamo bene, torna da me...”, disse entusiasta Ebony avvicinandosi all'amica e continuando ad insinuare in lei i bei ricordi, le emozioni, l'amore che la circondava:

Siamo qui...Draco è qui. Tu gli devi molto, lui ti ha accolta come una figlia ricordi? A te e a Susan...Susan ci aspetta tutti a Natale sai? Scorpius dice che si è ripresa...E quest'anno potrà venire anche Rose, vero?”, chiese rivolgendosi proprio alla strega dai capelli rossi.

Sì certo! Con piacere...e magari invitiamo anche Lys e Jocelyn”, rispose Rose.

Lysander...Jo-Jo...”

La voce di Kòre era appena percettibile e i suoi occhi stavano iniziando a schiarirsi.

Sono qui Kòre...”, disse richiamando l'attenzione proprio Jocelyn, “riprendi il controllo! Tu sei diversa, tu sei più forte. Fallo per noi, fallo per Albus, fallo per Noah...”

L'ultima persona nominata da Jo-Jo, sembrò fare colpo su Kòre: l'occhio “normale”, si era completamente tinto della sua colorazione originale marrone scuro e anche l'occhio viola piano piano si riavvicinava alla sua pigmentazione. Solo i contorni rimasero sfumati di rosso. Kòre, spaesata e visibilmente debole, si sporse verso Ebony che le aveva teso la mano.

Va tutto bene Kòre...tu hai il controllo...”

Non appena le loro mani sfiorarono, Kòre avvertì una dolosa fitta alla testa e cadde a terra, debole e stanca.

Ci sono riuscita?”, chiese flebile all'amica.

Sì...ce l'hai fatta Kòre! Sei stata bravissima!”

Grazie...per tutto.”, rispose sorridendo ad un Ebony quasi commossa.

Si rialzarono non senza qualche fatica da parte di Kòre che si era però completamente riallacciata alla realtà.

I presenti, tirarono un sospiro di sollievo. Fred Weasley si lasciò andare ad un breve pianto composto così come una lacrima di gioia scese anche dal freddo pezzo di ghiaccio Draco Malfoy.

Kòre spostò lo sguardo sul corpo di James.

Quanto tempo è passato?”, chiese Kòre ad Ebony.

Non lo so precisamente ma credo un'ora o poco più.”

Di già? Dannazione è tardi! Dobbiamo farlo adesso Eb...”, disse Kòre visibilmente agitata.

Sei troppo debole! Possiamo aspettare ancora un po'.”

No! È fuori discussione!”, disse perentoria Kòre.

Signorina Dolohov potrebbe degnarsi di spiegare anche ai presenti che diamine succede?”, chiese spazientito il Preside.

Kòre deve riconnettersi con James al più presto ma adesso è troppo stanca.”, rispose Ebony.

Preside, devo fare in modo che James mi senta, devo guidarlo.”

Comprendo l'entusiasmo signorina Dolohov ma sappiamo entrambe che sarebbe pericoloso agire senza pensare alle conseguenze...sia per lei che per i Potter.”, disse la professoressa McGranitt.

Kòre era cosciente del fatto che la professoressa avesse pienamente ragione ma non voleva desistere. Era stata colpa sua, anche se indirettamente. Il piano prevedeva di far del male a James Potter, spingendo tutti a credere che qualcuno ce l'avesse con i Grifondoro e allo stesso tempo dare un assaggio di ciò che avrebbero dovuto subire i Potter. Quell' idiota di Celsus aveva fatto un casino come al solito ma questo non placava il suo senso di colpa.

Improvvisamente, alla giovane strega venne un' idea:

Lo farai tu!”, affermò rivolgendosi ad Ebony Autumn.

Cosa? Ma sei fuori?! Io non sono Guardiana, non sono in grado Kòre!”, le rispose l'amica.

Non fa niente! Tu sarai solo il mio intermediario. Io farò l'incantesimo ma lo trasferirò su di te, così facendo azzeriamo anche i rischi che io impazzisca e uccida tutti quanti!”, disse euforica Kòre.

Il resto della banda, assisteva stranita a quelle scene più spaesata e sbigottita di prima.

Kòre, spiegazioni grazie...”, disse Draco Malfoy.

Per riportare James e si spera anche Albus tra noi, devo rimettermi in contatto con lui. Devo guidarlo altrimenti non riuscirà a cavarsela da solo nel Regno dei Morti.”, rispose la ragazza, “ma sono debole, c'è il rischio di peggiorare la situazione invece che migliorarla.”

Quindi vuoi trasferire il tuo potere ad Ebony? Beh, l'idea non è male... così facendo non dovresti preoccuparti di controllare l'influsso di magia nera che l'incantesimo comporta.”, intervenne Jocelyn stupendo la maggior parte dei presenti. Quella ragazzina era solo al terzo anno eppure mostrava una maturità fuori dal comune.

Lo posso fare io. Non mi va che un'altra ragazzina metta a rischio la sua vita per salvare i miei figli.”, disse sicuro di sé Harry.

Mi dispiace signor Potter...comprendo e apprezzo molto il suo gesto ma io sono la spalla di Kòre, non riuscirebbe ad entrare in contatto con la sua anima. Ci vuole pratica ed intesa tra le parti”, rispose Ebony Autumn che nonostante la preoccupazione, era disposta a seguire le volontà dell'amica.

Ok...facciamolo!”

Kòre non se lo fece ripetere due volte. Le due ragazze si misero al centro del triangolo, una davanti all'altra. Con il corpo di James che le divideva, si strinsero le mani.

Jo-jo, il libro per favore...”, chiese Kòre all'amica che prontamente raccolse il libro da terra e lo tenne in modo da permetterne la lettura alla Guardiana.

Ebony faticava a trovare la concentrazione necessaria avendo sotto gli occhi un cadavere ma avrebbe dovuto in qualche modo riuscirci se voleva che quel corpo riprendesse vita.


 

Per me si va ne la città' dolente,

per me si va ne l' etterno dolore,

per me si va tra la perduta gente.”


 

Kòre riprese i primi versi dell'incantesimo precedente ma stavolta successe qualcosa di diverso: il triangolo, dove prima scorreva il sangue di James, si irradiò di una luce piano piano sempre più luminosa.

Ebony chiuse istintivamente gli occhi. Sentiva una forte energia pervaderle tutto il corpo. Proveniva dal pavimento, dal corpo di James e soprattutto dalle mani di Kòre.


 


 

James Potter!

Quando sarai dinnanzi al dolce raggio

di quella il cui bell'occhio tutto vede.

Da lei saprai di tua vita il viaggio.


 

Stavolta gli occhi di Kòre non si tinsero di rosso, nemmeno quelli di Ebony che nel frattempo gli aveva riaperti di scatto, come se avesse preso una scossa.

Passarono parecchi minuti prima che Kòre finalmente parlò:

Eb? Ebony ci sei?”

S-si...io credo di sì...lo sento è qui vicino.”

Chi è vicino?!”, chiese Fred Weasley.

Ora lo spirito di Ebony si trova nel Regno dei Morti. Può comunicare con James deve solo trovarlo.”, rispose Jocelyn Green.

Eccolo!!!”, urlò di gioia la giovane strega dai capelli dorati.

James era proprio lì, davanti ai suoi occhi, in un certo senso. Era in compagnia di un uomo e sembrava prestare molta attenzione a ciò che gli stava dicendo.

Cambiare Cerchio è difficile se vuoi salire, ma se vuoi scendere è una passeggiata: devi far arrabbiare una guardia o un Dissennatore. Ed è gente suscettibile quindi non sarà un problema.”

Ha capito dove si trova Al ma deve cambiare Cerchio.”, comunicò Ebony.

Cambiare Cerchio? Più in alto o più in basso Autumn?”, chiese Alexander Zabini.

Basso, ovviamente.”

Che significa Zabini?”, chiese Scorpius al compagno di Casa.

Alexander non rispose. La Autumn non se n'era resa conto ma con quel “ovviamente” aveva messo a rischio la loro copertura o qualsiasi altra cosa nascondessero. Non sapeva cosa avessero in mente quelle due ragazze ma era certo che non erano estranee alla faccenda della fattura. La Weasley aveva individuato di che tipo fosse ma non poteva sapere in quale Cerchio sarebbe stato spedito Albus. La Dolohov e la Autumn avevano escluso fin da subito i primi tre senza un motivo apparente. Aveva deciso fin da subito di non curarsi di loro per il momento, di pensare solo alla salvezza dell'amico ed aspettare il momento giusto per sfruttare quelle ragazze misteriose a suo favore.

Sta prendendo dei sassi e li sta lanciando sui Poltergeist. Ma è scemo?”, disse nervosamente Ebony.

No è un genio! Se infastidisce i Poltergeist, questi cercheranno protezione nelle guardie. Lo spediranno di sotto sicuramente.”, disse sorridendo vittoriosa Kòre.

Forse aveva un tantino esagerato. Le guardie lo stavano rincorrendo per tutti i cunicoli di quell'inferno da parecchio tempo ormai. Mundungus gli aveva detto di non farsi prendere subito, doveva far arrabbiare anche i Dissennatori e il miglior modo era proprio quello di sfuggire alle guardie che sarebbero state costrette a chiedere l'intervento di quei mostri.

Potter!”

James si bloccò. Non poteva essere vero. Doveva avere le allucinazioni. La voce della Autumn rimbombò nella sua testa.

No! Non sei impazzito. Sei solo un cretino! Hai intenzione di farti sbattere nel Quinto Cerchio o no? Qui non abbiamo tutto il giorno!”

Ebony?”, disse James attonito.

Vedo che ti ricordi ancora di noi vivi bene!, rispose acida la ragazza.

Sì, era decisamente Ebony Autumn.

Cosa? Come? Tu...dove sei?!”

Sono qui...cioè non qui lì! Sono qui, qui! Kòre mi ha messo in contatto con te perché lei era troppo debole per farlo. Ascolta Potter, abbiamo poco tempo, devi arrivare al Quinto Cerchio e trovare Albus.”, disse pratica Ebony.

Cosa credi che stia cercando di fare adesso?!”, gli rispose spazientito James.

Finalmente, i Dissennatori si erano decisi a dargli la caccia. James continuò a correre fino alla fine dell'ultima galleria ma prima che potesse rendersene conto, uno di quei mostri lo aveva già preso e sollevato da terra. James ben presto si ritrovò in volo, sopra quello spaventoso strapiombo.

Ricorda il patto Garret Tubby! E buona fortuna”, urlò Mundungus Flatcher vedendo che l'avevano preso.

Fortunatamente, il Dissennatore fece quello che Flatcher gli aveva preventivato e James venne scaraventato nel Cerchio sottostante.

Siamo arrivati!”

La voce di Ebony gli risuonò nuovamente in testa e, per quanto in quel momento potesse avercela con lei per la storia di Baston, ne fu alquanto felice.

Bene ora devo solo-...”

James non fece in tempo a finire la frase. La terra sotto di lui iniziò a tremare, aumentando sempre più di intensità. Quando si girò, vide in lontananza degli uomini che correvano inseguiti da una mandria di Unicorni.

MISERIACCIA!!!”

James iniziò a correre come non aveva mai corso in tutta la sua, per il momento breve, vita.

Potter ti conviene scappare!”

TU CREDI EBONY?! BEH, GRAZIE PER IL SUGGERIMENTO!”, rispose sarcastico il giovane Potter.

La sua folle corsa trovò finalmente la fine in una specie di grande tronco cavo, dove poté ripararsi dalla mandria inferocita.

Passarono parecchi minuti prima che James uscisse dal nascondiglio. Una volta fuori, notò subito alla sua destra una specie di laghetto, molto piccolo. Vi si avvicinò.

Vuoi farti un bagno adesso?”

Ma si può sapere che cavolo vuoi Autumn? Dov'eri prima, quando cercavano di incornarmi?!”

Siamo sempre qui Potter cosa credi!”, rispose arrabbiata la ragazza.

Siamo? Ci possono sentire?”, chiese speranzoso James. In quel momento avrebbe davvero voluto udire le parole rassicuranti del padre.

Sentono solo me...io riferisco soltanto quello che fai e dici.”, rispose a malincuore Ebony.

James sospirò. Un senso di tristezza iniziò a prendere il sopravvento su di lui ma d'un tratto, qualcosa o meglio, qualcuno, attirò la sua attenzione.

C'era un' ombra dall'altra parte del lago. Qualcosa che si muoveva insieme ad un Unicorno che nel frattempo si era fermato ad abbeverarsi.

Ti serve luce Potter?”, chiese Ebony.

Potresti farlo?”

Si...credo. Devo solo concentrarmi.”

Dopo qualche secondo, un lieve bagliore illuminò quella zona del lago.

La tristezza in James Potter, scomparve.”

Al..è Al! ALBUS!! AL!!!!”, urlò James.

Il ragazzo dall'altra parte, sentendosi chiamare, iniziò a muovere le braccia e si unì alle urla del fratello.

JAMES!!! SEI DAVVERO TU?!”

Entrambi iniziarono a correre più veloci che potevano. Quando si raggiunsero a metà strada i due fratelli si abbracciarono commossi.

Fratellino!!! Stai bene?”, chiese subito James non appena poté scorgere meglio il suo volto.

Sì, sì io sto bene! Ma tu..come hai fatto?!”, chiese sorridendo ma stupito.

Albus grazie al cielo sei vivo!”

Ebony? Dove...”, iniziò a dire un sempre più sorpreso Albus Potter.

Lascia perdere fratello, è una lunga storia. Adesso torniamo a casa.”

Purtroppo, il ritorno dei Potter non poteva essere così immediato. Dei Dissennatori gli avevano visti e ormai gli stavano circondando.

I Dissennatori!”, gridò Albus.

Autumn...qualche idea?”, chiese pietrificato dalla paura James.

Io si...CORRI!”, urlò Albus al fratello.

Mentre i due ragazzi tentavano di prendere tempo, Ebony si rivolse all'amica preoccupata.


 

Kòre ci sono i Dissennatori! Che facciamo?!”

Ci sono i cosa?!?!?”, stridette Rose.

Sai lanciare un Expecto Patronum?”

Forse...cioè di solito sì ma al momento fatico a trovare pensieri felici!”, urlò sempre più preoccupata.

Eb devi solo respirare. Prima mi hai fatta ritornare dall'oscurità ricordandomi tutte le cose belle della mia vita. Devi solo ricordare le tue Ebony...ci sono e lo sai.”, la incoraggiò Kòre.

Ebony fece come le aveva detto. Respirò a fondo e scavò nella sua mente.

C'era il Quiddich, le piaceva giocare a Quiddich. C'era Kòre, la sua grande amica, praticamente sorella. C'erano Rose, Scorpius...

Kòre non ci riesco! Non funziona!”

Autumn!”

James Potter si insinuò nella sua mente.

Ricordi quando al terzo anno mi hai ricoperto di fango il giorno della gita ad Hogsmade?”

Si che me lo ricordo ma non mi sembra il momento di rinfacciare il passato Potter!”, gli rispose spazientita.

E invece è proprio il momento adatto! Ricordi al secondo anno? Mi hai chiuso negli spogliatoi per una notte intera e io ho pianto come un lattante perché avevo ed ho tuttora paura del buio?”

Ad Ebony, si dipinse un sorriso sulle labbra. Quel Potter era davvero un...GENIO.

Erano pensieri felici. Erano allegri e divertenti. Quando faceva quegli scherzetti idioti a James lei si sentiva sempre felice perché una sfida alla pari. Lei e Potter condividevano quello strano legame da anni ormai. Non sarebbe riuscita ad immaginare una vita senza di lui.

I due fratelli Potter erano ormai alle strette e circondati. Un Dissennatore si fece sempre più vicino al volto di James.

 

Potter, solleva il braccio e pronuncia l' Expecto Patronum”, gli ordinò la ragazza

James ed Ebony, pronunciarono la formula all'unisono.

Una leonessa, tenne lontani i Dissennatori, proprio come una madre tiene lontano i predatori dai suoi piccoli.


 

Kòre adesso!”

Qui sé a noi meridiana face

di caritate, e giuso, intra mortali,

sé di speranza fontana vivace.

O somma luce che tanto ti levi

da concetti mortali, a la mia mente

ripresta un poco di quel che parevi,

il mio disio si come rota ch' igualmente è mossa,

l'amor che move il sole e l'altre stelle.


 

Successe tutto all'improvviso. Il triangolo sprigionò una luce accecante tanto da spingere i presenti a coprirsi gli occhi.

James ed Albus si sentirono come svuotati, deboli.

Ebony e Kòre, vennero spinte via l'una dall'altra da una strana forza, come se qualcuno gli avesse dato un pugno nello stomaco.

Piano piano, la luce si fece più flebile fino a scomparire.

Il primo a riacquistare una vista decente fu Ronald Weasley, seguito dal Preside e dal nipote Fred.

Kòre ed Ebony erano a terra, fuori dal triangolo, un po' intontite ma coscienti.

All'interno del triangolo invece, c'era James Potter, immobile come prima.

James?! Ehi cugino?”, chiese intimorito e preoccupato Fred Weasley avvicinandosi al corpo dell'amico.

Mhmmm...”

SEI VIVO!! ZIO HARRY! JAMES E' VIVO!!”

Che cavolo urli Fred...ho mal di testa...”, disse James tentando di rialzarsi.

Figlio mio!”

Papà!”

Harry Potter strinse James più forte che poteva.

Ehi papà, così mi soffochi! Sono già morto una volta, non vorrai uccidermi di nuovo”, disse sorridendo il giovane Potter che però cambiò subito espressione. Albus non c'era.

Albus...dov'è Al?”, chiese spaventato dal fatto di non vedere il fratello.

Nel frattempo Scorpius e Draco erano andati a sincerarsi delle condizioni delle due ragazze che sembravano essere solo molto stanche.

Ha funzionato?”, chiese Eobny a Kòre.

Io....io credo di sì. Albus è al San Mungo, dobbiamo controllare.”

La signorina Dolohov ha ragione, fuori di qui!”, disse pratico il Preside.

Jocelyn si incaricò di ripulire tutto quanto mentre gli altri si sarebbero recati di corsa all'ospedale. Non appena usciti dalla Stanza però, non fu necessario alcun viaggio.

Il Patronum di Ginevra Potter, corse incontro ai ragazzi.

Albus si è svegliato! Sta bene! È salvo!

La gioia pervase tutti i presenti. Jocelyn, una volta uscita, poté unirsi ai festeggiamenti ed abbracciò subito le sue due amiche.

Ce l'hai fatta Potter..”, disse Alexander Zabini che per una volta ostentava ammirazione nei suoi confronti.

James ricevette i complimenti di tutti ma non gli sembrava corretto. Lui non aveva fatto quasi niente.

E' solo grazie a te, Kòre”, disse il giovane Potter, “e anche a te, Ebony.”

il sorriso che rivolse a lei era più tirato rispetto a quello che aveva fatto a Kòre, come si dovesse sforzare. Non poteva esimersi dal ringraziarla visto tutto quello che aveva fatto ma ciò nonostante non riusciva a non pensare alla faccenda con Adam.

Ora, gli studenti sono pregati di tonare tutti nei loro dormitori. Vi serve un bel po' di riposo. Signori, noi ci dirigeremo al San Mungo. Signor Potter prima che lei protesti, sappia che sono irremovibile: vedrà suo fratello domani mattina.”, disse il Preside senza lasciare spazio a discussioni.

Kòre, a nome di tutta la nostra famiglia, io ti ringrazio infinitamente...”, disse Harry Potter abbracciando la giovane strega.

Per Albus questo ed altro signor Potter”, rispose sorridente.

Papà..davvero non posso venire con voi?”, chiese un'ultima volta James.

Il Preside ha ragione figliolo...e poi devo ancora dire a tua madre che per salvare Albus ho fatto uccidere il nostro primogenito, non sarà un bello spettacolo.”, rispose il padre, tristemente cosciente del fatto che Ginevra Potter lo avrebbe probabilmente ucciso quella stessa notte.


 

TO BE CONTINUED....

FINITOOOO!! FINALMENTE!!! vi giuro che questo capitolo è stato difficilissimo. Ho gli occhi che mi escono fuori dalle orbite da tante ore che ho speso davanti al pc!!

per questo capitolo mi sono davvero svenata e quindi vi pregherei di lasciare una miniminimi recensione!!!! mi basta un “ eh dai...carino”, sono una che si accontenta! XD

RINGRAZIO ancora tutti coloro che seguono questa storia e anche l'altra La Compagnia dei dannati che sarà presto aggiornata.

Un besoooo a tutti e alla prossimaaa!!! =)

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Capitolo 19
*** Decisioni difficili ***


Era passata una settimana da quando anche agli altri studenti era stato annunciato il risveglio di Albus Potter. Tutta la scuola assistette e diede vita a grandi festeggiamenti, soprattutto nella casata Serpeverde, solitamente poco avvezza a party chiassosi e affollati. In quelle settimane di apprensione, le differenze tra le quattro Case sembravano essere spartite. Gli studenti misero da parte stupide rivalità e giochi di potere perché realizzarono che quello che stava succedendo ad Albus, sarebbe potuto accadere ad uno di loro, a un loro compagno, ad un loro amico o a loro stessi.

Ovviamente, non era stata raccontata proprio tutta la verità: il Preside aveva infatti attribuito il merito del salvataggio del giovane Potter all'abilità dei Medimaghi del San Mungo, non nominando minimamente i veri fautori della missione.

A tutti i reduci della Stanza delle Necessità venne impedito di parlare dell'accaduto. Le ragioni di questa decisione erano varie: prima di tutto, Kòre non voleva che si venisse a sapere della sua peculiare caratteristica, quella di poter entrare in contatto con il Regno dei morti. Aveva faticato anni per guadagnarsi il rispetto dei compagni, per cancellare dalle loro menti anche il più piccolo dubbio sulla sua buona fede. Una “pubblicità” del genere, avrebbe vanificato tutti i suoi sforzi. In secondo luogo, fu lo stesso Harry Potter ad esigere il silenzio stampa dato che lui e i suoi Auror avevano avviato un'inchiesta sull'accaduto e non voleva che si spargessero voci che avrebbero potuto mettere a rischio le indagini.

Questa faccenda stava turbando il Prescelto che dal giorno in cui Albus si era risvegliato, passava ore al Dipartimento. La faccenda era diventata top secret, non poteva parlarne nemmeno con la moglie. Lui e Ron, erano convinti che i due attacchi, quello al Manor risalente al mese di luglio e quello al figlio, fossero in qualche modo connessi. Nonostante ciò, il Ministero riuscì nell'impresa di non allarmare nessuno, di far apparire tutto gioioso e tranquillo. Era meglio non fasciarsi la testa prima del tempo e non creare panico ingiustificato.

Mancavano ormai pochi giorni all'inizio delle vacanze natalizie e finalmente ad Albus fu dato il permesso di fare ritorno a scuola.

Non gli sembrava vero di poter varcare nuovamente quei cancelli. Se l'era vista davvero brutta. Il Preside gli aveva dato l'opportunità di tonare subito a casa, prolungando di fatto le sue vacanze ma Albus aveva deciso diversamente. Voleva passare del tempo con i suoi compagni, con i suoi amici, ringraziare fino allo sfinimento la giovane Kòre, Ebony, James...tutti quelli che avevano partecipato alla missione per salvarlo. Durante il suo spiacevole soggiorno in quel postaccio, pensava spesso che non ce l'avrebbe fatta a sopravvivere, che i Dissennatori si sarebbero accorti che non era un anima vera e propria e lo avrebbero perseguitato. Quando vide suo fratello dall'altra parte del lago, gli sembrò un'allucinazione, troppo bello per essere vero.

Da quella bruttissima esperienza però, aveva ricavato un prezioso insegnamento: mai perdere la speranza.

Nonostante fosse ovviamente felice di ritrovarsi nel regno dei viventi, Albus doveva ancora togliersi un peso dalla stomaco, qualcosa che ancora gli impediva di dormire: avrebbe raccontato dei suoi strani sogni al padre anche se non credeva che fossero collegati con la fattura che lo aveva colpito. Quelle voci, quei sogni... un brivido freddo percorreva sempre la spina dorsale di Albus, ogni volta che tornavano alla mente.

Questi pensieri bui, smisero fortunatamente di tormentarlo non appena mise piede di nuovo dentro quelle mura: la sua Hogwarts, bella come non mai.

Si diresse a passo svelto verso la Sala Grande, era quasi ora di cena e quindi tutti gli studenti sarebbero stati lì, in trepidante attesa di un buon pasto caldo.

Una volta varcata la soglia, applausi scroscianti e urla di gioia lo investirono. Venne rapidamente raggiunto dal migliore amico, Scorpius, che già era andato a trovarlo quando si era risvegliato all'ospedale, seguito a ruota dal clan Potter-Weasley.

Lui abbracciò tutti per poi accomodarsi al tavolo Serpeverde, felice di riavere una delle sue stelle tra loro.

“Va bene ragazzi e ragazze, silenzio ora. Signor Potter,”, disse il Preside, “a nome del corpo degli insegnanti e di tutti gli studenti, ben tornato. Siamo felici di riaverla tra noi.”

Aberforth si era alzato per mettere a freno gli entusiasmi dei suoi studenti e rivolse questo sincero saluto al giovane Potter con un sorriso complice, al quale Albus rispose con un cenno del capo mimando un grazie con la bocca.

“Sai amico, mi sei mancato”, gli disse il giovane Malfoy.

“Anche tu tesorino mio..”, rispose ironico Albus, beccandosi una bella gomitata.

“Ehi! Io sono in convalescenza!”

“Beh, tanto se muori sai cosa ti aspetta.”, ripose a bassa voce per non essere sentito.

“Credimi, potrei trasformarmi in un angioletto dopo quello che ho visto in quel posto...”, disse con lo sguardo cupo Albus.

“Posso immaginarlo. Anche qui lo spettacolo non è stato dei migliori...Kòre era terrificante ad un certo punto, irriconoscibile.”, gli rispose Scorpius.

Il padre di Albus gli aveva raccontato a grandi linee il come si era svolto il piano ma non aveva mancato di riferirgli lo sforzo sovra umano compiuto da Kòre per riuscire a riprendere il controllo di sé e di come senza l'aiuto di Ebony le cose sarebbero peggiorate.

“Le nostre parole sembravano non scalfirla minimamente...fortuna che c'erano Ebony e Jocelyn.”, continuò Scorpius, addentando la sua bistecca.

Albus quasi si strozzò con il succo di zucca che stava bevendo.

“Jocelyn? C'era anche lei?”, chiese sbigottito.

“Non te l'ha detto tuo padre? È stata lei a portare il necessario per l'incantesimo ed ha contribuito a far ritornare Kòre tra di noi. Ora che ci penso, ha fatto molto anche prima di quella notte: passava ogni giorno con tua sorella alla serra quando i tuoi non potevano essere presenti.”

Albus posò lo sguardo sulla ragazza in questione, seduta abbastanza lontano da lui, verso la fine della tavolata.

Sapeva che era una buona amica di Kòre ed Ebony ma non immaginava che si sarebbe prodigata tanto per la sua salvezza. I loro rapporti erano cordiali: un saluto alla mattina, qualche scambio di opinioni per i corridoi e, da quell'anno, gli allenamenti. Nonostante parlassero di più, non si poteva certo affermare che fossero amici.

Jocelyn sembrò accorgersi dello sguardo persistente del Serpeverde, tanto da voltarsi nella sua direzione. I loro occhi si scontrarono per qualche minuto, Jocelyn non era certo il tipo che lasciava la presa e sinceramente non capiva cosa diavolo avesse da fissare Potter. Albus, colpito dalla fermezza nello sguardo di Jocelyn, spostò l'attenzione sul piatto che si trovava davanti a lui.

“Amico, tutto ok?”, gli chiese Scorpius notando il suo straniamento.

“S-sì, sto ok. Ehi, che succede dai Grifoni?”, chiese Albus, spostando l'attenzione dell'amico da lui al tavolo dell'altra Casa.

In effetti, stava accadendo qualcosa di strano: Ebony Autumn si stava dirigendo a passo spedito verso Adam Baston che stava uscendo dalla Sala Grande insieme a degli amici.

“Adam!!!”, lo chiamò la giovane strega.

Il Capitano Grifondoro si voltò verso la ragazza che si fermò davanti a lui, sguardo risoluto e testa alta.

“Scusa”

Dopo aver detto ciò, Ebony si avvicinò ad Adam, gli prese il volto tra le mani e lo baciò.

Il ragazzo, inizialmente spaesato e stupito dal gesto di quella che doveva essere la sua ragazza SEGRETA, si lasciò successivamente trasportare dall'onda di emozioni che lo investiva ogni volta che sentiva quelle soffici labbra su di sé. Le sue mani le circondarono la vita ed Adam prese a rispondere al suo bacio. La sollevò da terra, facendola arrivare ad un' altezza superiore alla sua.

La Sala Grande si esibì nuovamente in applausi e fischi di ammirazione, fin quando la professoressa McGranitt riportò l'ordine.

“BASTA ADESSO! Signor Baston, signorina Autumn, ricomponetevi per l'amor del cielo!”

I due ragazzi eseguirono l'ordine della professoressa, guardandosi intorno visibilmente in imbarazzo.

“P-posso sapere a cosa devo questo exploit?”, chiese sorridendo Adama alla propria ragazza.

“Non volevo più nascondermi. Ti amo e voglio che sia ben chiaro a tutti quanti.”, gli ripose dolcemente Ebony, stringendosi nuovamente a lui.

“Non me lo avevi mai detto...”, disse stupito Adam.

“Ti da fastidio? Tu forse non mi ami?”, chiese preoccupata Ebony.

“Io ti amo alla follia Autumn ma credevo che mi avresti buttato giù dalla scopa se te lo avessi detto.”, rispose felice Adam che davvero non credeva possibile una dichiarazione del genere da parte di quella ragazza, tanto scontrosa ed irascibile.

Nel frattempo, ci furono varie reazioni da parte degli amici di Ebony.

“E' davvero successo quello che è appena successo?”, chiese stupito Scorpius ad Albus.

“Credo proprio di sì amico...”, rispose Albus sorridendo.

Jocelyn Green fece una smorfia di disgusto per poi cercare lo sguardo di Kòre al tavolo Corvonero.

“Ebony sta con Adam? E da quando?”, stridette Rose Weasley.

“Questo non va bene...”, disse preoccupata Kòre Dolohov. Che diavolo era preso all'amica? Era stata proprio lei a dirle che non avrebbe mai reso nota la relazione tra lei ed Adam per evitare problemi con i Punitori. Si era forse dimenticata che questa faccenda lo avrebbe potuto mettere in pericolo? Scambiò uno sguardo d'intesa con Jocelyn, dopo avrebbero preso da parte l'amica, a costo di usare la forza.

“Miseriaccia. Hai capito la Autumn!”, disse Fred Weasley.

James assisté alla scena impassibile. Una smorfia di rabbia e nervosismo tradì la sua espressione tanto da spingere l'amico Frank a chiedere che cosa gli stesse succedendo.

“James? Va tutto bene?”

“Ehi Potter, tu lo sapevi?”, chiese Garret Tubby.

James non rispose. Si alzò di scatto, lasciando il cibo intatto nel piatto e si diresse a passo spedito verso la porta, dove i due piccioncino stavano ancora parlando.

Non lo aveva notato ma insieme a lui si era alzata anche la giovane Gwen Pondbleu che lo aveva superato correndo. James poté vedere di sfuggita delle lacrime rigare il volto della ragazza ma non ci diede molto peso.

Arrivato davanti ad Adam ed Ebony, il suo primo istinto fu quello di prendere a pugni entrambi, tanto quella ragazza sapeva difendersi alla grande, ma alla fine decise di adottare un metodo che il suo caro fratellino gli aveva insegnato. Era un metodo subdolo e molto lontano dal suo stile ma sembrava adattarsi perfettamente alla situazione.

“Baston, Autumn...sono davvero felice che alla fine siate usciti allo scoperto. Auguri e figli maschi!”

Le facce di entrambi gli bastarono per stare subito meglio. Ebony era spiazzata, non immaginava nemmeno lontanamente che lui sapesse. Adam era imbarazzato e preoccupato per la possibile reazione della sua ragazza dato che aveva scoperto che James Potter sapeva.

Ebony, passato il momento di panico totale, si rivolse ad Adam con uno degli sguardi più truci che lui avesse mai visto.

“Amore...posso spiegare...”, disse titubante il ragazzo.

Fortunatamente per lui, Kòre Dolohov arrivò a passo svelto verso di loro.

“Scusa Romeo ma devo portarti via Giulietta per un secondo!”, disse di fretta Kòre, prendendo l'amica per un braccio e trascinandola fuori.

Adam tirò un sospiro di sollievo, Kòre lo aveva decisamente salvato.

Fu raggiunto dai suoi amici, che iniziarono a fargli i complimenti per essere riuscito a catturare Ebony Autumn.

“E bravo il nostro capitano!”

“Grazie Tubby...senti, tu sai per caso chi siano un certo Romeo e una certa Giulietta?”

***

 

“Mi vuoi mollare Dolohov!?!?”, stridette Ebony.

La ragazza l'aveva trascinata nel giardino della scuola, lontano da sguardi e orecchie indiscreti.

“Sei completamente fuori di testa Eb??!

“Sei piccolina ma sei forte cavolo!”, disse Ebony non badando alla domanda retorica dell'amica.

“Mi vuoi spiegare che cosa è successo là dentro?”

“Senti, lo so che ora sei arrabbiata ma non avevo scelta.”

“Che significa?”, chiese sbigottita Kòre.

Ebony, dopo aver preso un bel respiro, iniziò a raccontarle i fatti di due giorni prima...

 

FLASHBACK

 

Ebony si trovava nella Sala Comune Grifondoro, seduta su una poltrona in una posizione assurda che sarebbe stata scomoda per chiunque.

Era a dir poco nervosa. Albus si era risvegliato, tutto era andato per il meglio, erano tutti felici e contenti, tranne lei.

Quell'insulso Malandrino la evitava dalla notte del salvataggio di Albus. Evitava di rivolgerle la parola, di salutarla, perfino di incrociare il suo sguardo.

Che cavolo gli aveva fatto? Aveva sempre saputo che non c'era molta materia grigia in quel cervelletto bacato ma credeva che i dissapori del passato ormai si fossero quasi arenati. Dopotutto, avevano condiviso sentimenti e situazioni che difficilmente adolescenti normali hanno la possibilità di conoscere. Tutto questo sembrava essere sparito dalla mente di James Potter, come se non ci fosse anche lui in quelle notti alla Torre di Astronomia, come se non fosse stato lui quello incastrato nel Regno dei Morti, dove come guida aveva solo la sua voce.

Presa da pensieri omicidi nei confronti di James Potter non si accorse che un alunno del secondo anno cercava da svariati minuti di attirare la sua attenzione.

Signorina Autumn? Ebony? Ebony Autumn?”

Che c'è? Che vuoi ragazzino?”, disse Ebony malamente, dopo essersi accorta della fastidiosa vocina petulante che proveniva dalle sue spalle.

C'-c-è un ragazzo che la cerca, la-la sta aspettando fuori..”, rispose balbettante e impaurito.

Chiunque sia va a riferirgli che può andare al diavolo.”

H-ha detto di dirle che è arrivato il momento di restituire il favore se avesse risposto negativamente al suo invito.”

Ebony si districò da quella posizione scomoda per poi alzarsi di scatto in piedi.

C'era solo una persona a cui doveva un favore e avrebbe volentieri preferito non fosse così.

Congedò il ragazzino con uno sguardo, si diresse verso l'uscita del dormitorio preoccupata ma allo stesso tempo curiosa. Quel ragazzo aveva a sua disposizione una stuola di compagni pronti a fare qualsiasi cosa per lui, senza contare la potenza della sua famiglia. Cosa poteva volere da una come lei?

Arrivata a destinazione, lo trovò appoggiato beatamente su una colonna, braccia incrociate al petto e un sorrisetto saccente ben stampato in faccia.

Sei una che si fa attendere Ebony Autumn”

E tu sei uno parecchio insistente, Alexander Zabini.”

Voglio solo ciò che mi spetta, non lo trovi corretto?”

Non parlarmi di correttezza Zabini, non tu.”

Touché.”

Sai, tecnicamente è stata Kòre a chiedere il tuo aiuto non io. Perché non chiedi a lei?”, chiese Ebony. Non voleva mettere nei guai l'amica ma lei era decisamente più predisposta a stare ad ascoltare Zabini.

Lo farei se la Dolohov potesse darmi ciò che voglio ma purtroppo solo tu sei in grado di farmi felice Autumn.”

Taglia corto Serpe, che vuoi?”

E' molto semplice, voglio che la tua relazione con Baston sia resa pubblica. Tutti devono avere ben chiaro in testa che voi due state insieme.”

Ebony rimase di stucco. Non poteva. Era fuori discussione. La sua relazione sarebbe dovuta rimanere segreta, per il bene di Adam, per la sua incolumità.

C-come scusa?”, chiese balbettante la ragazza, sperando che Zabini stesse scherzando.

Hai capito bene cara. Non mi interessa il come o il dove succederà, se ne parlerai con Baston o deciderete di annunciarlo insieme, tutta la scuola deve sapere che lui è il tuo ragazzo prima che inizino le vacanze invernali. O lo fate voi, o lo faccio io.”, ripose sorridendo beffardo.

Tra tutto quello che avresti potuto chiedermi perché proprio questo?”, chiese arrabbiata Ebony.

Non sono affari che ti riguardano, tu fallo e basta.”, rispose Alexander che se ne stava già andando.

Sei uno stronzo.”

A quell'insulto, il giovane Serpeverde si girò nuovamente verso Ebony.

Tu credi? Sono stato fin troppo magnanimo nei vostri confronti. Avrei potuto riferire al Preside i miei dubbi su te e la Dolohov ma non l'ho fatto. Avrei potuto spiattellare io stesso la tua tresca a tutti quanti, invece, ti sto offrendo la possibilità di uscirne pulita, di non far passare questa tua relazione come una sordida scappatella tra una Cacciatrice e il suo Capitano. Non che mi interessi il tuo parere ma credo dovresti portare un po' più di rispetto verso chi sta salvando il culo a te e alla tua amichetta.”

Zabini era sicuro di sé, sicuro che la ragazza non avrebbe avuto possibilità di fuga. Ed aveva ragione. Ebony si era trovata messa alle corde da chi non avrebbe mai immaginato. Non avevano mai avuto nulla a che fare con la famiglia Zabini, dopo la fine della guerra avevano contribuito economicamente alla ricostruzione della scuola e si erano prodigati per ristabilire il nome di molte famiglie Purosangue, tra cui quella dei Malfoy. Nessun membro di quella famiglia aveva mai nutrito particolari sentimenti di vendetta come alcuni membri dei Punitori. Eppure eccola lì, fregata.

Dall'espressione arrendevole sul tuo viso deduco che abbiamo raggiunto un accordo. Molto bene Ebony, ti auguro una buona notte.”

Detto ciò, Alexander Zabini si diresse nuovamente al suo dormitorio,lasciando nello sconforto più totale la giovane ragazza.

 

FINE FLASHBACK

 

“Miseriaccia.”

“Miseriaccia? Tu stai troppo tempo in compagnia dei Weasley.”

“Non è il momento di scherzare Ebony! Adesso che facciamo?”, chiese impaurita Kòre.

“Niente, ormai ho fatto tutto io. Senti, dovremo solo essere discrete con il Re e gli altri Punitori.

Per adesso non ci sono problemi, non prenderanno di mira il mio ragazzo.”

“Hai detto bene Eb, per adesso. Ma cosa succederà quando arriverà il momento? Quando non saremo più nella top ten delle amicizie dei Punitori?”, disse nervosa Kòre.

“Quando quel momento arriverà, Adam non sarà più un problema. Questo è il suo ultimo anno, si stuferà presto di me e una volta diplomato sarà impossibile continuare questa specie di relazione.”, rispose Ebony, poco convinta dalle sue stesse affermazioni ma che alle quali doveva per forza credere.

In lontananza, videro Jocelyn Green arrivare a passo svelto verso di loro.

“Complimenti Autumn, adesso tutta la scuola parla di te.”, disse ironica la ragazza.

“Non ti ci mettere pure tu Jo-Jo.”, rispose sedendosi per terra Ebony.

“Ragazze, stanotte ho la ronda ma domani mattina, ne riparliamo e vediamo come agire.”, disse Kòre.

“Ora devo andare. Per stasera direi che abbiamo finito con le dimostrazioni di amore eterno, siamo intesi?”, disse con uno sguardo di rimprovero la giovane strega all'amica.

Kòre si allontanò dalle ragazze, diretta alla riunione dei Prefetti. Ebony fece un breve resoconto a Jo-Jo.

“Secondo te, perché Zabini ha così a cuore la tua relazione?”, chiese Jocelyn.

“Non ne ho la minima idea ma intendo scoprirlo. Tu sei Purosangue, vero?”

Jocelyn annuì.

“E tutti voi avete un' archivio di libri contenente la storia delle famiglie Purosangue...”

“Dove vuoi arrivare?”, chiese curiosa Jo-Jo.

“Dì ai tuoi elfi di preparare un letto in più, torno a casa con te quest'anno.”

***

 

“Quindi ragazzi mi raccomando, non voglio favoritismi. La politica della scuola...”

Lullaby Mason, parlava ininterrottamente da quasi un'ora ormai. In pochi erano riusciti a seguire quella cantilena. Era una ragazza simpatica la Caposcuola Tassorosso ma dal tono di voce decisamente soporifero. Il suo nome di battesimo non poteva essere più azzeccato di così. Emblematico era anche il fatto che uno dei suoi più cari amici fosse Lorcan Samander.

Kòre solitamente riusciva a stare attenta ma quella sera proprio non c'erano speranze che la riunione dei Prefetti fosse la sua priorità. Una domanda la tormentava: cosa poteva volere Alexander Zabini da loro? E perché non le aveva già denunciate? Non che la cosa le dispiacesse ma bisognava essere obbiettivi. Lui aveva tutti i motivi per incastrarle dato che sembrava sapere molte cose riguardo al essere una Guardiana, riguardo la relazione segreta di Ebony, riguardo l'attacco ad Albus.

Non pensava che un giorno proprio quel ragazzo sarebbe stato un problema.

“Ricapitolando, le ronde devono durare da un minimo di quaranta minuti...”

“Vi prego fermatela!”, sussurrò Lysander, seduto a fianco di Kòre.

La voce del ragazzo fece riprendere a Kòre il contatto con la realtà.

“Eppure dovresti esserci abituato, non è molto diversa da Lorcan.”

“Non farmici pensare. Quest'anno l'ha pure invitata a casa per una cena. Immagina la scena: mia madre, mio padre, mio fratello e la Mason seduti a tavola a controllarsi le teste a vicenda per contare quanti Gorgosprizzi ci girano intorno”, disse affranto.

“Gorgo che?”, chiese ridendo Kòre.

“Stendiamo un velo pietoso che è meglio...”, ripose lasciando cadere la testa sulla spalla destra dell'amica.

“Ora procediamo con l'assegnazione...”

“Coraggio Scamander, è quasi finita!”, disse Kòre.

Lullaby, molto lentamente, lesse le coppie e i luoghi per la ronda della serata.

“Lysander Scamander, Corvonero e Skylar Foster ,Serpeverde, ala est...”

“Oh fantastico!”, esclamò sarcastico Lysander. Skylar era una ragazza che a dir poco detestava.

“Ala ovest e prime due torri, Fred Weasley di Grifondoro e Kòre Dolohov, Corvonero.”

“Miseriaccia!”

“E' proprio azzeccata come parola Kòre, buona fortuna!”, disse sorridendo l'amico Lys.

La ronda con Fred. Doveva fare la ronda con Fred Weasley. Prima o poi sarebbe dovuto accadere, dopotutto l'anno era lungo e ci si alternava sempre tra Prefetti. Se lo aspettava e non c'era nulla di male ma allora perché aveva iniziato a mancarle il fiato e a sentire le labbra secche, la gola arsa come se non bevesse da settimane?

“Allora andiamo?”

La voce del ragazzo in questione la colpì alle spalle, facendola sobbalzare.

“Scusa! Non volevo spaventarti...”, disse imbarazzato Fred.

“N-no! Non mi hai spaventata, ero persa nel mio mondo”, rispose ridendo nervosa Kòre, “possiamo andare”.

Fred annuì e si incamminarono insieme verso la zona che gli era stata assegnata.

Per i primi dieci minuti, la ronda proseguì nel più assoluto mutismo. Kòre si sentiva a disagio in quella situazione. Da sola, con Fred Weasley, a vagare per i corridoi bui di Hogwarts. Lo stesso Fred, si solito sempre gioviale e loquace, sembrava aver perso l'uso della parola, camminava mani in tasca, accanto alla ragazza ma mantenendo comunque un certo distacco.

“Albus è tornato...sta bene?”, chiese Kòre per spezzare il silenzio imbarazzante.

“S-sì, sta bene. I Medimaghi hanno detto che si è ristabilito del tutto e il Preside gli aveva pure dato il permesso di tornarsene a casa prima ma ha preferito fare ritorno a scuola quel pazzo!”

“Albus ci teneva a rivedere tutti quanti prima delle vacanze.”, disse Kòre.

“Lo capisco ma quando qualcuno ti offre l' opportunità di saltare giorni di scuola senza conseguenze, la devi cogliere al volo e andare, senza voltarti!”

Kòre si mise a ridere di gusto.

“Non sei proprio un fan dello studio vero?”

“Non particolarmente... ma non sono un alunno pessimo. Non posso paragonarmi a voi geniacci Corvonero ma diciamo che me la cavo.”, rispose sorridente Fred.

La situazione era più distesa ora. Non si avvertiva più quell'aria pesante e Fred camminava più vicino a Kòre.

“Senti, posso farti una domanda?”, chiese titubante Fred.

“Certamente”, rispose Kòre con troppa naturalezza. Fred Weasley non poteva chiederle qualsiasi cosa.

“La storia dell'essere una Guardiana...chi ti ha insegnato come fare quello che sai fare?”, chiese il ragazzo sperando che il senso della sua domanda arrivasse nonostante le sue chiare difficoltà ad esprimersi.

“Ci sono pochi libri che spiegano i doveri di un Guardiano, i mezzi che ha a disposizione, come usarli, quando usarli e cose così...ci vogliono anni di preparazione, io stessa sono solo un' apprendista. Bisogna anche saper leggere, capire e tradurre l'italiano trecentesco.”

“Trecentesco?”, ripeté Fred sbigottito.

“Già, il libro che ho utilizzato per l'incantesimo dell'altra notte è stato scritto da un poeta italiano nel 1300, un poeta Babbano a quanto ne so.”, rispose Kòre.

“Babbano? E cosa ne potevano sapere i Babbani del Regno dei Morti e dei Guardiani?”

“Infatti per loro è solo un libro, è fantasia. Un capolavoro di fantasia ad essere sinceri. Ci sono varie teorie su questa faccenda: c'è chi dice che in realtà nel 1300 i rapporti tra Babbani e maghi erano ben diversi e che quindi fosse plausibile che uno di loro fosse a conoscenza di determinati aspetti della vita dei maghi. Altri sostengono che Dante, l'autore del libro, rubò alcuni volumi di storia della magia e ne prese spunto per scrivere la sua commedia. Per quanto riguarda i Guardiani, nel libro non veniamo menzionati quindi non so nemmeno io quale sia la verità.”, rispose sperando di essere stata il più chiara possibile.

“Sbaglio o hai detto commedia? Perché a me non sembrava molto divertente...”, disse stranito Fred.

Kòre, che nel frattempo aveva aperto la porta di una classe per controllare, si girò verso il compagno di ronda ridendo nuovamente.

“Beh? Che ho detto di così buffo?”, chiese scocciato il giovane Weasley.

“No, no. Non è colpa tua Fred, scusa...il libro si intitola Divina Commedia, e proprio come hai saggiamente detto tu, di comico non ha proprio niente. Deriva da Comedìa, significa 'canto del villaggio'. È greco, come il mio nome.”, disse ricomponendosi e chiudendo la porta della classe appena ispezionata.

“Mi sono sempre chiesto da dove venisse il tuo nome assurdo...e Kòre che significa?”, chiese interessato Fred.

“Letteralmente, vuol dire 'fanciulla, giovinetta' ma il motivo per cui mi chiamo così è un altro. Devi sapere che a ogni Guardiano viene attribuito un nome derivante dalla mitologia greca, non chiedermi il perché, credo lo facciano solo per darsi un tono...”, disse Kòre suscitano l'ilarità di Fred.

“Siete un tantino pomposi!”

“Non posso darti torto... Dicevo, tutti noi abbiamo un nome che ci viene affibbiato dal Estremo Consiglio dei Guardiani, una specie di Ministero speciale per quelli come me. Kòre era uno dei nomi con i quali veniva chiamata Persefone, figlia di Demetra, dea del grano. Il mito narra che un giorno, per volere di Ade, il dio degli inferi, Kòre fu condotta nel suo regno, suscitando la disperazione di sua madre che si rivolse a Zeus, il re degli dei, per liberarla. La parola di Zeus era legge e quindi Ade fu costretto a lasciarla andare ma fu scaltro: le fece ingoiare un seme di melagrana stregato che l'avrebbe obbligata a fare ritorno negli inferi per un terzo dell'anno.”

“Che brutta storia! Non finisce bene!”, disse deluso Fred Weasley che aveva prestato molta attenzione alle parole della ragazza.

“Non sempre c'è il lieto fine...”, rispose Kòre, alzando le spalle ed accennando un sorriso malinconico.

“Quindi, non sono i genitori a scegliere il nome del figlio?”

“In realtà sì...vedi, il nome da Guardiano lo decide il Consiglio, come ho detto prima. In famiglia, con gli amici e durante la vita di tutti i giorni, si è una persona come le altre, solo con un occhio diverso. Il mio è un caso a parte...quando Susan mi ha preso con sé, ero una neonata senza nome e senza genitori. Il Consiglio decise di chiamarmi Kòre e Susan non ritenne necessario darmene un altro.”

Fred si diede dell'idiota. Spesso si dimenticava che al mondo c'erano persone che non godevano delle sue stesse fortune. Kòre non aveva una famiglia o comunque le sue parentele non erano delle migliori. Aveva passato anni a sottostare alle vendette sue e di suo cugino, non reagendo mai e aspettando pazientemente che i loro cervelli bacati realizzassero che non era una ragazza cattiva.

“Mi dispiace davvero, Kòre.”, disse affranto Fred.

Kòre si fermò, anche perché lo stesso Fred si era bloccato poco dietro di lei.

“Fred, è tutto ok...anzi, io ti devo ringraziare. Nella Stanza delle Necessità, mi hai riportata indietro. Non ci sarei riuscita se non fossi intervenuto.”, gli disse Kòre, posandogli una mano sulla spalla ed alzando la testa leggermente verso l'alto, per poter guardare dritto nei suoi occhi.

“Non posso prendermi tutto il merito. Posso solo assicurarti che d'ora in poi non sarai più sola.”

“Ma io non sono...”, accennò Kòre che però venne interrotta subito.

Fred le cinse le spalle con le mani in una presa salda, dura ma non rude.

“Lo so, lo so. Intendevo dire che in futuro, devi considerarmi tra le persone da chiamare in caso di bisogno. Io per te ci sarò sempre. Voglio essere parte di te.”

Il corpo di Kòre, prima rigido e freddo, si rilassò al sentire quelle parole. Le grandi mani di Fred erano calde e avvolgenti. Si sentiva protetta, in una specie di cupola d'aria. Fred era un ragazzone e lei era decisamente minuta ma in quel momento sentiva di potersi perfettamente lasciare andare tra quelle braccia, senza paura di essere giudicata, senza timori, felice.

Era perfetto sì, ma sbagliato. Per un milioni di ragioni che poteva essere riassunte in un unico aggettivo: complicato, terribilmente complicato ma Kòre non riusciva davvero a trovare la forza per svicolarsi dalla sua presa e continuare la ronda.

Stavolta però, fu il destino a decidere al suo posto. Anzi, più che il destino, fu la sua guida incapace, tonta e stupida.

“Miseriaccia!!!”, esclamò Kòre, staccandosi subito da Fred che rimase di sasso ma accennò un sorriso al sentire l'esclamazione della ragazza.

Kòre aveva spostato lo sguardo dietro la spalla sinistra del ragazzo che la stava stringendo e si ritrovò davanti quella faccia da imbecille che le sorrideva malandrino.

“Hai un debole per noi Weasley eh?”, le disse ammiccando al nipote.

“Quanto sei idiota!”, gli ripose.

“Io?!?”, chiese stranito Fred, quello in carne ed ossa.

“Cosa? O no, no!!! Io non...”,, provò a giustificarsi in qualche modo Kòre.

“Beh, visto che siamo qui, tanto vale dirgli la verità. Presentami, forza!”, disse lo spirito di Fred Weasley Senior.

“Tu sei fuori di testa!”, rispose la ragazza, non ricordandosi di poter essere l'unica in grado di vedere gli spiriti. Di fatto, Fred pensava che stesse parlando con il muro.

“Kòre? Stai bene?”, chiese dubbioso il ragazzo.

“Sai, se continui a parlare con me senza dargli spiegazioni, quello penserà che tu sia matta.”

“Oh beh! Lo diventerò presto a causa tua! Non ti fai vedere per giorni e sbuchi dal nulla così, senza avvertire!?”, disse Kòre visibilmente alterata.

“Ma con chi ce l'hai??!”, chiese ancora una volta Fred Junior.

“Non trovi che un po' mi somigli? Certo, ha preso molto da Angelina ma credo che...”, disse lo spirito avvicinandosi al nipote.

“Ovvio che ti somiglia! Tu e suo padre siete gemelli!”

“Kòre, che stai dicendo?”, chiese stavolta nervoso Fred Weasley Junior. Non gli piaceva che la gente parlasse di suo zio anche se la persona in questione era Kòre.

“Coraggio ragazzina, glielo puoi dire, hai il permesso...”, disse Fred Senior.

“Sul serio?”, chiese conferma la ragazza.

Lo spirito annuì.

Poteva parlarne con qualcuno, finalmente.

“Fred dammi la mano.”

“Cosa?”

“Ti fidi di me?”

“Avrei detto sì senza problemi prima che iniziassi a parlare con i muri...”, le rispose Fred.

Kòre non gli diede ascolto, prese con la forza la mano destra del ragazzo e chiuse gli occhi.

Sfilò la bacchetta dalla divisa e sulle mani giunte pronunciò: Spiritus Revelatum.

“Ma che...”, provò a dire Fred.

“Girati.”

Nei suoi quindici anni di vita, Fred Weasley si era stupito poche volte. Solitamente, era una sua prerogativa quella di far restare di sasso le persone. Kòre Dolohov, riuscì nell'impresa di destabilizzare il Malandrino.

“Z-zio F-Fred?”

***

 

Albus Potter, si trovava nella Sala Comune Serpeverde, impegnato a tenere banco. Tutti quanti volevano sapere come stava, se si ricordava qualcosa di quanto gli era successo. Ricordava eccome ma come agli altri, gli era stato vietato di parlarne. Fortunatamente, gli veniva abbastanza facile rispondere in modo vago, senza particolari, pesando ogni singola sillaba che pronunciava. Era pur sempre Serpeverde e, nonostante le bugie non gli piacessero un granché, quando si trattava di fare buon viso a cattivo gioco, non si tirava certo indietro.

Finalmente, arrivò l'ora per tutti di ritirarsi nelle rispettive stanze.

“Vieni Al?”, gli chiese l'amico Scorpius.

“Arrivo tra un secondo...”, rispose Albus.

Aveva visto con la cosa dell'occhio Jocelyn, seduta su una sedia accanto al camino.

Non l'aveva notata durante il suo quasi comizio dato che era stata nascosta dalla mandria dei suoi compagni di Casa.

“Pensierosa Jo-Jo?”, chiese Albus, avvicinandosi a lei e sedendosi di fronte.

“Potter, sei appena tornato in vita, vuoi morire di nuovo? Non chiamarmi...”, iniziò a rispondere acida la ragazza.

“Jo-Jo...sì, sì lo so...riformulo: pensierosa Jocelyn?”, disse sorridendo Albus.

La ragazza incrociò le braccia e con la sua tipica espressione strafottente rispose:

“Che ti importa Severus?”

Per quanto lei continuasse a trattarlo male, come trattava male praticamente il resto degli altri studenti, lui le concedeva sempre un sorriso. Sembrava non arrabbiarsi mai Albus Potter. Era pacifico, sempre impeccabile, una specie di figura eterea.

E anche stavolta, nonostante la rudezza di Jocelyn, lui le rivolse un sorriso.

“Sempre sulla difensiva Green...ma io, so il tuo segreto.”

A Jocelyn, sembrò di affogare.

E se nel Regno dei Morti qualcuno sapesse? E se Potter lo avesse scoperto? Dopotutto, per quanto quel posto fosse controllato, i morti ne sanno sempre una in più dei vivi.

Era importante non farsi prendere dal panico. Negare. Negare anche l'impossibile.

“Io non ho segreti.”, rispose ferma e decisa.

“Tutti hanno dei segreti mia giovane compagna, anche tu. E volevo ringraziarti...”

Aveva capito bene? Albus Potter la stava ringraziando?

“Potter ma sei completamente scemo?”

“So quello che hai fatto per Lily. Scorpius mi ha detto che durante la mia gita con le anime dannate, ti prendevi cura di lei quando mia madre non poteva. Sinceramente, ho dubitato per un attimo della vista del mio migliore amico. Jocelyn Green che sta dietro ad una ragazzina di undici anni era difficile da credere.”, disse Albus.

“Grazie per la fiducia...”, rispose ironica Jocelyn.

“Tieni a freno la lingua, per una volta.”, le disse con tono dolce il ragazzo che poi continuò, “ho chiesto alla mia sorellina e mi ha confermato tutto. Lily ti ammira molto sai? Dice che sei una tosta e a volte un po' dura ma eri l'unica che la faceva smettere di piangere.”

Jocelyn si sentiva strana. D'un tratto, desiderò che i suoi lunghi capelli neri la facessero scomparire. Quelle di Albus Potter erano delle lodi e lei non le aveva mai ricevute. Era sempre quella sbagliata, quella piccola, quella inesperta e, la cosa che più detestava, era quella da proteggere. Suo fratello, Kòre, Ebony...si prodigavano affinché la sua innocenza rimanesse intatta, quando a lei di innocente era rimasto ben poco.

“E anche io, ti ammiro.”, concluse Albus Potter.

Ammirazione. Allora era questo che si provava quando qualcuno riconosceva il tuo lavoro.

L'ammira. Albus Potter l'ammira. E ora? Che doveva fare? Cosa si diceva in situazioni del genere? Lei era abituata ad offendere non a ricambiare complimenti! Non gli riceveva nemmeno, i complimenti!

Albus, sembrò rendersi conto delle difficoltà della ragazza. Il suo viso era diventato talmente buffo che a stento riusciva a trattenere le risate: gli occhi strabuzzati in avanti, la bocca semi aperta e le guance rosse in perfetto stile Weasley.

“In questi casi, si ringrazia e si ricambia il complimento.”, disse infine Albus, avvicinandosi al volto di Jocelyn.

“G-grazie...”, riuscì infine a dire la ragazza.

“E....”, rispose Albus, facendole cenno con la mano, come per esortarla ad andare avanti.

“Eeeeee SCORDATI CHE IO TI FACCIA UN COMPLIMENTO POTTER!”

Jocelyn aveva finalmente ripreso il controllo di sé e della situazione. Finché si trattava di ringraziare Albus era fattibile ma si rifiutava categoricamente di rivolgergli un qualcosa di anche solo simile ad un apprezzamento.

Scattò in piedi e si diresse a passo svelto verso il dormitorio femminile.

Il giovane Potter, non perse il sorriso nemmeno quella volta anzi, la stramberia di Jocelyn lo fece ridere.

“Buona notte Jo-Jo!”

“Ma allora sei sordo?!? Ti ho dett-...”

Non appena la giovane strega si voltò per la ramanzina, Albus era già scomparso sulle scale che portavano alla sezione maschile.

***

 

Era notte fonda ormai ma al Dipartimento Auror era in corso una riunione straordinaria.

“Signore e Signori, innanzitutto lasciate che vi porga le mie più sentite scuse se non siete ancora potuti tornare dalle vostre famiglie ma la situazione è preoccupante. Come già saprete, di recente Hogwarts è stata teatro di spiacevoli incidenti, così come la casa della famiglia Malfoy. Nonostante questi avvenimenti all'inizio non sembrassero collegati tra loro, purtroppo, alla luce di quanto emerso di recente, sono costretto a ricredermi.”

Harry Potter era sempre stato un lavoratore serio, un comandante in gamba, dedito al suo mestiere. Dal giorno in cui diventò Auror, si contraddistinse per onestà, impegno, passione. Lo sguardo fiero e deciso che lo aveva sempre accompagnato, ora sembrava essere svanito per sempre, come se non fosse mai esistito.

“Di che si tratta Capo?”, chiese Longbridge, uno dei primi ad arrivare al Manor quella sera di luglio.

“Draco Malfoy ci mentì quando sostenne che nulla era stato rubato dalla sua residenza. Una pagina strappata, proveniente da un libro intitolato la Divina Commedia, è stata portata via dal mago incappucciato che ha quasi ucciso Teddy.”, proseguì Harry, guardando anche il giovane Lupin, da poco promosso e di fatto membro ufficiale degli Auror.

“E' un libro babbano o sbaglio?”, chiese Derek Gallant, un giovane ragazzo poco più grande di Teddy.

“No, non sbagli ma si da il caso che si tratti anche del libro che i Guardiani di Anime usano per invocare spiriti e mettersi in contatto con il Regno dei Morti.”

Un brusio confuso, attraversò la stanza. I Guardiani erano sempre stati molto severi e conservatori: si sapeva molto poco di loro, dei loro metodi e dei loro incantesimi. Gli stessi Auror avevano accesso a un ristretto numero di informazioni.

“Silenzio prego...a fine riunione vi verranno fornite delle pergamene più dettagliate a riguardo. Per adesso dobbiamo concentrarci su altro. Io e Ron, siamo riusciti a scoprire la menzogna di Malfoy perché suo figlio e mia nipote ci hanno confessato che la giovane Guardiana, Kòre Dolohov, aveva in mente un piano per salvare mio figlio, piano di cui siete già stati messi a conoscenza.”

“E perché Draco Malfoy avrebbe dovuto mentire?”, chiese Temperance Tudor, un' altra giovane leva del Dipartimento.

“Perché è Malfoy...”, rispose con disprezzo Derek, guadagnandosi un' occhiataccia da parte della stessa Temperance.

“Gellant, niente pregiudizi! Lo sai come la penso e comunque, Malfoy non l'ha fatto per coprire sé stesso, l'ha fatto perché temeva per la vita di Kòre.”, intervenne nuovamente Harry.

“Signori, io lascerei le domande a dopo... fate continuare il Capo”, disse Ron Weasley.

“Come dicevo...pensavamo che l'attacco al Manor, l'avvelenamento della signorina Autumn e la fattura a mio figlio, fossero solo coincidenze ma poche ore fa, ho ricevuto una lettera proprio da Albus.”

Dicendo ciò, Ron Weasley, sfilò dalla tasca posteriore dei pantaloni una foglio di pergamena stropicciata. Voleva porla ad Harry, per poterla leggere a tutti quanti ma si ricordò del dolore, dello sconforto e della preoccupazione dipinti sul volto del suo migliore amico poco prima, quando la lettera era arrivata.

Iniziò allora a leggere Ron Weasley, volendo risparmiare ad Harry ulteriori pene.

 

Caro papà,

qui va tutto bene. Il ritorno è stato fantastico, mi è stato riservato un trattamento in grande stile. Scrivo questa breve lettera prima di andare a letto perché ho bisogno di confessarti una cosa: non sono stato del tutto sincero con te, quando mi hai interrogato dopo che mi ero ripreso dalla fattura.

Mi chiesi se prima di quell'episodio, io avessi avuto dei problemi, se qualcuno mi avesse infastidito. Io dissi di no ma in realtà, qualcosa è successo.

E' da circa tre mesi che faccio sogni strani: mi trovo in luoghi bui, vedo solo pareti intorno a me e qualche quadro. Corro, corro sempre veloce, come se qualcuno mi stesse inseguendo, come se stessi scappando ma quando mi volto indietro, non c'è anima viva. In questi sogni, direi anzi incubi, sento che devo fare qualcosa, ho una missione. Sono agitato, curioso, felice, euforico...poi, improvvisamente, mi rendo conto di non essere io, non sono io quello che corre. Allora riprendo il controllo di me stesso, capisco che in realtà quello che voglio fare è sbagliato. Mi ribello, cerco di tonare indietro ma qualcosa me lo impedisce. Di solito, arrivato a questo punto, mi sto dimenando come un folle nel letto, sudo e le mie grida attirano l'attenzione dei miei compagni e Scorpius mi sveglia.

Mi dispiace non averti informato prima ma non credevo fosse una cosa grave e non volevo ti preoccupassi. So che ti succedeva una cosa simile quando Voldemort spiava i tuoi pensieri.

Tuttavia, visto quello che è accaduto a me, ad Ebony e a alla casa di Scorpius, non credo di poter più fare finta di niente.

Se dovesse ricapitare, ti informerò prontamente.

Per adesso ti saluto, manda un bacio a mamma...”

“Ecc...”, concluse Ron, tagliando la parte finale dei saluti.

Gli Auror avevano ascoltato in silenzio le parole scritte da Albus Potter. Nonostante cercarono di non darlo a vedere, su molti volti dei presenti, si ripresentò lo sguardo preoccupato e in ansia di quei tempi lontani, quando ancora Voldemort era conosciuto come Colui- che- non- deve- essere- nominato.

Harry cercò di ricomporre i pensieri nella sua mente.

“Come avete avuto modo di ascoltare, qualcosa non va. Agli episodi accaduti agli studenti di Hogwarts, vanno aggiunte anche segnalazioni da parte di alcuni maghi che sostengono di aver visto aggirarsi per Diagon Alley delle vecchie conoscenze di Lord Voldemort, gli stessi a cui diamo la caccia da tempo.”

“Sono sbucati fuori, alla fine...”, disse adirato Longbridge.

“ Ci state dicendo che Voldemort è tornato? Per la terza volta?”, chiese stranito Teddy Lupin.

“No, Lord Voldemort è morto per sempre. Stiamo dicendo che i Mangiamorte, sono pochi ma vivi.”, rispose esaustivo Ronald Weasley.

“Compagni, è di vitale importanza che tutta questa storia non esca dalle mura del Dipartimento. Ne sappiamo ancora molto poco e l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che si diffonda il panico tra la gente.”, disse Harry Potter.

“Allora che facciamo?”, chiese Gellant.

“Indagare, per prima cosa. Tu, Teddy e Temperance dovete trovarmi tutte le informazioni possibili su Gwen Pondbleu, Alexander Zabini, Ebony Autumn e sulle rispettive famiglie...e quando dico tutto, intendo anche il loro dolce preferito, chiaro?”

“Capo, capisco che voglia saperne di più su Ebony ma che c'entrano Zabini e quest'altra ragazza?”, chiese interessata Temperance.

“Alexander sapeva molte cose sul mondo dei Guardiani e sul libro, forse un po' troppe e, per quanto riguarda la signorina Pondbleu, in realtà era lei il bersaglio dell'avvelenamento. Vogliamo capirne il perché...”, rispose Ron Weasley.

“Longbridge, Parker, Krieger, Wess...voi mi interrogate mentre sono sotto l'effetto del Veritaserum.”

Queste parole, colpirono i presenti come una pugnalata.

“Su cosa dovremmo interrogarla?”, chiese stupito Wess, uno dei migliori strateghi del Dipartimento.

“I miei figli sono direttamente coinvolti in tutto questo, la fattura era rivolta a James e Albus è vittima di quegli incubi. Dobbiamo raccogliere informazioni anche su di loro quindi..chi meglio del padre?”, disse cercando di non far trasparire il suo dolore.

“Harry...io ti posso capire ma addirittura il Veritaserum, io non-”, tentò di dire Parker, uno dei suoi storici colleghi.

“Ho deciso Parker. Il Veritaserum è una precauzione nel caso facessi fatica a ricordare. Potrò essere d'aiuto al cento per cento. Ed è questo quello che voglio.”

Essendo ben a conoscenza del fatto che una decisione del capo era irremovibile, tutti annuirono.

In quella buia e fredda notte di dicembre, Harry Potter si preparava a dare inizio ad una nuova era. Una terrificante, oscura e ignota era della quale, purtroppo, i suoi figli erano incolpevoli protagonisti.

 

TO BE CONTINUED....

 

QUESTO LETTORI/LETTRICI E' UN RECORD! Non ho mai aggiornato così alla svelta, giuro. Che dire di questo capitolo...rispetto a quello precedente pieno d'azione e di patos, è più disteso. Ho dato spazio alle sensazioni e alle emozioni dei protagonisti. Anche se non sembra, ci sono alcuni indizi che potrebbero essere utili in futuro. Il nostro Alexander che cosa avrà in mente? E finalmente Fred lo spirito è tornato! Devo dire che mi mancava XD

Spoiler!!!Nel prossimo capitolo, ritornerà anche Susan Strongstone, dato che sarà incentrato su una festa di natale a casa Malfoy alla quale parteciperanno tutti i nostri protagonisti. Per la prima volta, vi lascio una mini anticipazione del capitolo dato che molte parti di esso, le ho scritte tempo fa:

 

Senti un po’, chiunque tu sia sappi che sei un incapace. E totalmente deficiente dato che da me puoi ricavare pochi soldi e poche informazioni. E nel caso tu sia un inutile Mangiamorte, beh, ti porgo le mie più sentite congratulazioni, non so come tu sia sfuggito agli Auror così a lungo.

 

Stasera, visto che ormai è quasi mezzanotte e io aggiorno sempre dopo la mezzanotte, ho deciso di dedicare un grazie a tutti, ma proprio tutti, quelli che hanno messo la mia storia tra le seguite/preferite/ricordate e che hanno avuto la pazienza di recensire...QUINDI UN ENORME GRAZIE A.....

1-alheka
2 - Anonimadelirante
3 - Blueraven
4 - Bra_and_Goten
5 - Cerenyse

6 - chibidaphne87

7 - cioccorana96
8 - DeniWriter
9 - drhermxever
10 - Gabrielle Pigwidgeon
11 - GinnyW
12 - GossipGirl88
13 - Madelino1601
14 - odioinickname
15 - olivataggiasca
16 - PervincaBlack
17 - pinkprincess
18 - Pulce9_
19 - quiquoqua1234
20 - Rossa_MadeIn_Weasley
21 - sunbliss
22 - valepassion95
23 - viperas
24 - YouCanCallMeRose
25 - _niketta91_
26 - Erica160701
27- Kath3rine

28- Red_Roses

29 dubhe01
30 - valepassion95

 

Se ho dimenticato qualcuno chiedo umilmente scusa!!!! =)

00.01!!! posso pubblicare! Alla prossimaaaaaaa

 

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Capitolo 20
*** Natale con sorpresa ***


 

NOTA DELL'AUTRICE: spero non ci siano una miriade di errori, non ho fatto in tempo a ricontrollare. Provvederò sicuramente in caso di strafalcioni immensi.

 

 

 

 

 

 

Quindi...QUESTA, la chiamano semplicemente C-A-S-A?”

James Potter non poté esimersi dal fare un tale commento dinnanzi a quell'enorme cancello. Erano stati tutti invitati alla festa della vigilia di Natale al Malfoy Manor: lui, Albus, Rose, Ebony, Jocelyn e Fred, insomma, tutti quelli che avevano preso parte alla notte del salvataggio.

A dire la verità, non erano i soli ad essere stati invitati. Il party di Natale di casa Malfoy era molto famoso tra le famiglie Purosangue, era una specie di tradizione che quell'anno si sarebbe arricchita: Albus aveva detto che mai, in tutta la storia della famiglia Malfoy, le porte dei suoi cancelli erano state aperte per quell'occasione a dei Mezzosangue o comunque a delle famiglie considerate inadatte o inferiori ad un certo standard.

Inoltre, alla festa avrebbero partecipato anche le famiglie Potter-Weasley.

“Ti prego Al, non mi dirai che anche tutto il terreno circostante è di loro proprietà?”, chiese stranito Fred Weasley, dopo aver notato l'estensione della boscaglia intorno alla villa.

“Dove credi che abbia imparato Scorp ad evitare così bene bolidi e avversari a Quiddich? Si allena ogni estate in mezzo a quegli alberi.”, rispose Albus.

“Ma sono solo in tre!”, disse basita Rose.

Non si aspettava un tale lusso. Certo, era ovviamente a conoscenza della magnificenza e dell'enormità di denaro di cui la famiglia di Scorpius disponeva ma non aveva mai potuto vederla con i suoi occhi, fino ad allora aveva solo immaginato casa sua, grazie ai racconti di Albus. Scorpius non ostentava la sua ricchezza, anche se a volte si comportava da perfetto idiota,

“Sai quando arriveranno Jocelyn ed Ebony?”, chiese Al a Fred Weasley.

“Kòre mi ha detto che non sarebbero riuscite ad essere qui oggi ma le vedremo sicuramente domani sera alla festa.”

Appena finì di pronunciare quella frase, il cancello dinnanzi ai ragazzi iniziò lentamente ad aprirsi, producendo un rumore a dir poco inquietante.

D'un tratto, un elfo si smaterializzò accanto a James.

“E' un piacere rivedere amici di Kòre! Benvenuti al Malfoy Manor!”

Rose lo riconobbe, era l'elfo che quell'estate si era presentato alla Tana per richiamare Kòre alla villa, lo stesso che si era esibito in quell'esilarante abbraccio con Scorpius.

“Tu sei Back, vero?”, chiese la rossa.

“Signorina Weasley ricorda Back?!? Oh questo è grande onore, grandissimo onore!”, rispose con gli occhi lucidi e saltellando.

Rose arrossì copiosamente e rivolse un dolce sorriso a quello strano elfo.

“Prego, prego, entrate! Padroncino Scorpius aspetta voi!”

I ragazzi presero i loro bagagli e si incamminarono lungo il viale seguendo Back, fino ad arrivare finalmente ad un enorme portone.

Una volta entrati e dopo essersi ripresi dallo shock per via degli sfarzosi arredi, Back gli informò che potevano tranquillamente lasciare lì i bagagli e che ci avrebbe pensato il resto della servitù a portarli nelle rispettive stanze.

“Albus!!!”

Una donna alta, vestita con un uniforme grigia e un grembiule bianco, avanzò verso Albus a braccia aperte.

“Susan! Che piacere vederti! Ma guardati, stai una favola!”, rispose Al, abbracciando la donna.

Stupiti da una tale dimostrazione d'affetto da parte del secondo genito Potter, i ragazzi osservarono quella che doveva essere una cameriera. Doveva trattarsi di quella famosa Susan che venne presa in ostaggio il giorno dell'attacco al Manor e che poi fu ricoverata al San Mungo.

“Voi dovete essere gli amici di Kòre e Scorpius, giusto? Vediamo se mi ricordo...Tu,”, disse indicando James, “sei indubbiamente il fratello maggiore di Albus, James. Invece tu, sei il giovane Fred Weasley...sei un tipo interessante sai?”

“Non così tanto...”, si schernì il ragazzo.

“E tu, sei Rose, sei sicuramente Rose.”, disse avvicinandosi a quest'ultima, prendendole il volto tra le mani ed osservandola così da vicino da far sentire Rose in imbarazzo, “sei una ragazza bellissima, una di quelle che nemmeno si rendono conto di avere un oceano negli occhi. Ora capisco perché Scorpius...”

“EHI!!! RAGAZZI, CIAO!”, disse Scorpius Malfoy, entrando frettolosamente nell'atrio, visibilmente imbarazzato, “Susan, mio padre ti cerca, adesso...per favore.”

La donna fece un risolino e si congedò educatamente dal gruppo.

“Ben arrivati ragazzi..a proposito, come avete fatto? Credevo avreste usato la Passaporta.”

“Papà ha chiesto ad un Auror di smaterializzarci qui.”, rispose Albus, dando una pacca sulla spalla all'amico.

“C'è per caso una mappa o una piantina? Qui dentro ci si perde Malfoy!”, disse ironico James.

“Non è così grande come sembra Potter.”, rispose sornione Scorpius.

“Finalmente siete qui!”

Il viso di Kòre Dolohov, comparve dall'alto di una scalinata che si trovava alla sinistra dei ragazzi. Corse velocemente al piano sottostante dove incontrò subito l'abbraccio di Rose.

Un sorriso e un' espressione sognante, si dipinse sul volto di Fred Weasley. Ai suoi occhi, diventava ogni giorno più bella. Si era tagliata i capelli, adesso erano ricci e corti, mettevano in risalto i suoi occhi che troppo a lungo aveva tenuto nascosti per via della loro particolarità.

“Ragazzi vi accompagno nelle vostre stanze! Rose, tu per stanotte dormirai nella mia camera, poi sarai sistemata in una stanza per gli ospiti insieme ad Ebony.”

“Quando arriva?”, chiese rude James Potter.

“Credo domani dopo l'ora di pranzo, insieme a Jocelyn.”, rispose Scorpius.

Sapeva che ci sarebbe stata anche lei ma nonostante ciò, non era riuscito a mettersi il cuore in pace e a farsi passere la rabbia e il risentimento nei suoi confronti. Eppure, lei non aveva fatto nulla di sbagliato, lo riconosceva. Baston era un bravo ragazzo ma il fatto che Ebony non si fosse mai degnata di informalo riguardo questa sua relazione, lo mandava in bestia. Lei sapeva tutto di lui, tutto. In quelle poche settimane che avevano condiviso sulla Torre, si era aperto, si era confidato, si era fidato...e credeva che lei avesse fatto altrettanto.

I ragazzi salirono le scale da cui poco prima era scesa Kòre e vennero indirizzati nelle rispettive stanza. Albus si diresse automaticamente verso la camera di Scorpius, dormiva sempre lì quando lo andava a trovare; Fred e James trovarono la loro stanza degli ospiti e Rose seguì Kòre nella sua camera.

“Accidenti Kòre che bella camera!”, disse stupefatta quest'ultima, notando l'enorme letto a baldacchino e la grande finestra che dava sui giardini.

“Grazie! Credo sia una delle più piccole...dovresti vedere quella di Scorp, è enorme!”

“Come il suo ego...”, disse malefica la rossa.

“Roseeee...”

“Che c'è?”

“Ci dovrai passare pure l'ultimo giorno dell'anno, vuoi davvero litigarci? Non lo sai che quello che si fa a Capodanno si fa per tutto l'anno?”

“E questa da dove l'hai tirata fuori?”, chiese ridendo Rose all'amica.

“Me l'ha insegnato Eb! È un detto Babbano.”

“Ora che ci penso, mi sembra di averlo sentito ancora dire da mia madre...”

“A proposito di tua madre Rose...”

Il tono di voce di Kòre, cambio drasticamente. Era preoccupata e quasi in imbarazzo. Si sedette sul bordo del letto, con le mani giunte e cercando di fissare negli occhi l'amica.

“Tu sai cosa è accaduto qui, una ventina di anni fa?”

“In che senso?”, chiese Rose, sedendosi accanto a Kòre.

“Mi spiego...sai cosa è successo a tua madre qui al Manor all'epoca di Lord Voldemort? Cosa le hanno fatto?”

Rose si rabbuiò. Sapeva bene a cosa si riferiva l'amica, sua madre e suo padre avevano raccontato ad entrambi i figli le vicissitudini di quegli anni ed era quindi a conoscenza del fatto che Hermione Grenger fu torturata da Bellatrix Lestrange nella sala dove la sera successiva si sarebbe tenuto il gran Ballo dei Malfoy.

“Mio padre non voleva che mia madre venisse domani ma lei ha insistito dicendo che il passato ormai è passato. Credo abbia ragione quindi non ti preoccupare per me o per noi, staremo bene.”, rispose sorridendo rassicurante a Kòre.

“Allora direi di passare ad un'altra annosa questione...”

“Che sarebbe?”

“Tu possiedi un abito da cerimonia?”

Mentre le ragazze si dedicavano a vestiti e merletti, Fred e James stavano svuotando i bauli nei rispettivi armadi di cui disponevano.

Ad un tratto, il giovane Potter tirò fuori dalla sua borsa scolastica una copia del Profeta.

“Ehi! Hai visto questo stamattina?”, chiese a Fred, lanciandogli il giornale.

Il ragazzo aveva buoni riflessi e lo prese al volo. In prima pagina, campeggiava una fotografia di Alexander Zabini a fianco di suo padre Blaise Zabini mentre stringevano la mano a suo zio Harry.

“Tu l'hai letto? Di che parla?”, chiese Fred.

“In breve, mio padre ha convocato Alexander per fare luce su alcuni avvenimenti inerenti la fattura che ha accidentalmente preso Albus ed essendo ancora minorenne il padre lo ha accompagnato. C'è scritto che è stato un incontro del tutto informale, Zabini non è accusato di nulla...”, rispose James.

“Ma...?”, disse Fred, intuendo che il cugino aveva un' altra opinione.

“Ma la cosa non mi convince...Alexander non mi ha mai convinto in generale ma sento che in tutta questa faccenda c'è qualcosa di strano.”

“A quale faccenda ti riferisci?”, chiese Fred.

“Tutta quanta, l' avvelenamento mancato a Gwen, la fattura che doveva beccare me, Kòre e le sue anime morte!”, rispose James.

L'ultima affermazione, fece sussultare Fred.

“Beh, su Kòre non ci sono sospetti...insomma, ci ha detto tutto quanto, cosa ci trovi di strano?”, chiese agitato a James.

“Kòre gode della mia più totale fiducia ma questo non mi impedisce di trovarla ancora un tantino spaventosa... senza offesa amico, ma lei entra in contatto con i morti!”

James Potter non lo poteva sapere ma aveva decisamente centrato il punto. Nella mente di Fred, si fece vivo il ricordo dell'incontro con Fred Weasley Senior, avvenuto pochi giorni prima dell'inizio delle vacanze natalizie...

 

FLASHBACK

 

Z-zio F-Fred?”

In presenza e spirito, caro nipote! Ma guardati...hai ereditato gli occhi Weasley, i capelli nero corvino di Angelina, i suoi lineamenti e l'incarnato olivastro. Perfetta descrizione Kòre ma ti sei dimenticata di dirmi che fisico fenomenale! Sei ben messo ragazzo, Battitore come papà e me vero?”, disse Fred Senior.

Il giovane Weasley era sbigottito, confuso, attonito. Si trovava davanti l'esatta coppia di suo padre da giovane, aveva visto molte fotografie di quei tempi.

Fred, ti presento...Fred.”, disse imbarazzata Kòre.

Vorrei poterti stringere la mano ma sono impercettibile dato che beh, sono morto da un bel po' ormai e Kòre non ancora in grado di farti sentire la mia presenza.”

Beh scusa tanto se sono solo un' apprendista!”, rispose piccata la ragazza.

Emh...ragazzi...”, provò ad intervenire Fred Jr.

Un' ottima apprendista che si stava cacciando in guai seri per essersi avventurata in una missione quasi suicida! Miseriaccia, Harry non riusciva a stare fuori dai guai, figuriamoci i suoi figli!”, disse sempre sorridente Fred.

Si può sapere tu dov'eri quella notte? Sarebbe stato gradito un tuo aiutino!”

Ragazzi...”, provò nuovamente Fred.

Ehi, ho anche io le mie cose da fare ragazzina”

RAGAZZI!!!”, urlò stavolta il giovane Weasley, attirando l'attenzione dei due che subito si zittirono.

Grazie...”, disse Fred che poi aggiunse, “quindi tu, sei mio zio, il fratello di mio padre, giusto?”

Esatto, sono il gemello più carino”, rispose Fred Senior.

E conosci Kòre da quanto tempo?”

Io propongo di cercare un posto più tranquillo per parlare, seguitemi”, disse Kòre, indirizzando i due Weasley verso una classe vuota.

Dopo essere entrati, la ragazza prese la sua bacchetta e fece un paio di incantesimi di protezione alla porta per far si che nessuno entrasse o sentisse.

Che bella Hogwarts! Devo dire che mi è mancata nonostante la mia presenza qui sia stata un tantino turbolenta!”, disse ridendo a crepapelle Fred Senior.

Suo nipote, si era seduto su un banco, visibilmente scosso.

Tutto ok?”, chiese Kòre avvicinandosi.

S-sì, credo... insomma, pensavo fossi una tipa strana ma non mi sarei mai immaginato che avresti potuto presentarmi, lui...”, disse indicando lo zio.

Forse dovremmo dargli alcune spiegazioni”, intervenne Fred Senior.

Chiedi quello che vuoi...”, disse Kòre rivolgendosi al ragazzo.

La stessa domanda di prima, da quanto tempo vi 'conoscete'?”

Da quando la nostra piccola Kòre era una piccola e dolce bambina con lo sguardo triste”, disse Fred Senior, beccandosi un' occhiata di rimprovero da parte della ragazza che lo fece subito ammutolire.

Ad ogni Guardiano viene affidata una guida durante il suo periodo di apprendistato, un' anima proveniente dalle Alte Sfere, una delle zone che a noi Guardiani è interdetta...a me è toccato lui.”, disse con sufficienza Kòre.

Perché si sarebbe intestardita tanto altrimenti per riuscire ad essere accettata dalla nostra famiglia e soprattutto da te?”, intervenne Fred Senior.

Io non mi ero intestardita!”, disse imbarazzata la ragazza, sentendo lo sguardo di Fred Jr. su di lei.

Quindi tu hai sempre vegliato anche su di noi? Potevi vedere mamma, papà..?”

Oh eccome se vegliavo! Ero pure presente alla tua nascita ma non mi ha notato nessuno!”, disse sempre scherzoso lo spirito che poi continuò con un tono più serio, “c'ero anche quando tu e James vi davate da fare per rendere impossibile la vita alla mia protetta!”

Fred Jr. abbassò la testa e il sorriso scomparve per un attimo dal suo volto.

Fred non è necessario che tu gli faccia una ramanzina! Quello era il passato ora è tutto a posto, davvero”, disse Kòre, appoggiando una mano sulla spalla di del ragazzo per rassicurarlo sulla sincerità delle sue parole.

Miseriaccia, credo il mio tempo sia scaduto.”

Di già?!”, chiese deluso Fred rivolgendosi anche a Kòre.

Non è colpa mia, io potrei farlo restare così anche tutta la vita ma che tu ci creda o no, anche gli spiriti hanno dei doveri.”

Kòre ha ragione! Ragazzo, tuo zio è uno che conta pure da morto!”, rispose pavoneggiandosi Fred Senior che nonostante fosse ovviamente più vecchio di suo nipote, sembrava essere un suo coetaneo, vista la sua giovane età all'epoca della sua morte.

Io...io ti rivedrò?”, chiese il ragazzo speranzoso.

Ovviamente, te lo prometto! Ma devo, dobbiamo, chiederti un favore: questo incontro, non è mai avvenuto, nessuno deve sapere che sei riuscito a vedermi.”

Sul volto del giovane Weasley, la delusione prese il sopravvento. Si era già figurato nella sua mente, il momento in cui avrebbe raccontato a suo padre che era riuscito a parlare con il suo compianto fratello gemello, voleva dirgli che stava bene, che era come lo aveva sempre descritto.

So che vorresti dirlo alla tua famiglia ma potrei finire nei guai per questo. Non si potrebbero mettere in contatto gli spiriti con i famigliari, salvo qualche eccezione...potrei essere punita.”, disse Kòre cercando di far capire a Fred quanto le dispiacesse.

In che modo saresti punita?”

I Guardiani sono un tantino bacchettoni e parecchio inquietanti, troverebbero un modo decisamente efficace e terrorizzante per farle passare la voglia di trasgredire.”, rispose Fred Senior al posto della ragazza.

Fred Jr annuì e comprese la spiegazione dello zio. Non avrebbe mai voluto che Kòre finisse nei guai per colpa sua.

Bene ragazzi! Vi devo salutare...Fred, sappi che sono davvero molto, molto orgoglioso che tu sia mio nipote e che porti il mio nome quindi vedi di non sfigurare ragazzo! A presto e mi raccomando: giurate solennemente di non avere buone intenzioni!”

 

FINE FLASHBACK

“Io non la trovo affatto inquietante. Il suo è un dono!”

“Tranquillo cugino, non rovinerò la vostra futura relazione e sono sicuro che avrete degli splendidi bambini con gli occhi strani!”, disse il giovane Potter con un sorriso sornione. Alla provocazione del cugino, Fred reagì lanciandogli un cuscino in pieno volto scatenando così una battaglia all'ultimo sangue, fino a quando una cameriera non irruppe nella stanza per avvisarli che la cena era pronta. Presto avrebbero incontrato i genitori di Scorpius.

I ragazzi si riunirono nella grande sala da pranzo dei Malfoy. Un enorme tavolo rettangolare era posizionato al centro, elegantemente preparato per sette persone.

“Vi do il benvenuto nella nostra casa!”

Astoria Malfoy, fece il suo ingresso nella stanza, bellissima come sempre. Era una giovane donna, con i capelli neri, lunghi sino ai fianchi, gli occhi verde chiaro, uno splendido vestito nero le evidenziava la linea del corpo esile e slanciato.

“Signora Malfoy, incantato di rivederla.”, disse cortese Albus, “questi sono i miei parenti: mio fratello James, mio cugino Fred e mia cugina Rose.”

“La famiglia quasi al completo...ma che fortuna!”

Il commento sarcastico di Draco Malfoy, raggiunse i presenti.

“Draco...”, lo redarguì la moglie.

“Ben arrivato papà”, disse freddo Scorpius.

“Quindi voi sareste i nuovi Weasley...”, disse rivolgendosi a Fred e Rose.

“Buonasera Signor Malfoy, Rose Weasley”, pronunciò sicura la ragazza porgendo la mano in direzione del padre di Scorpius che rimase spiazzato dall'intraprendenza della giovane strega.

“Sei la figlia della Granger, vero?”, rispose Draco, stringendo la mano a Rose.

Scorpius osservò la scena preoccupato ma allo stesso tempo stupito: normalmente, suo padre avrebbe condannato quel gesto così sfrontato. Invece, sembrava stranamente interessato a Rose, lo sguardo era serio e rigido come sempre ma si poteva notare la curiosità di Draco nei confronti di quella ragazza.

“Coraggio ragazzi! Sarete affamati, prego sedete...”, disse Astoria Malfoy.

“Kòre non cena?”, chiese Fred, notando la mancanza di un posto a tavola.

“Lei cena con la servitù e prima che tu possa dare di matto in tipico stile Weasley, sappi che è stata una scelta di Kòre fin da quando ha iniziato a lavorare qui.”, rispose prontamente Scorpius.

“Vi raggiungerà in salotto per il dolce, caro.”, aggiunse Astoria.

La cena, si svolse abbastanza piacevolmente. La madre di Scorpius era una donna molto interessata alle vicende scolastiche del figlio e dei suoi amici, volle sapere tutto quello che era successo in quei mesi. Espresse tutta la sua comprensione nei confronti di Albus e della sua famiglia per via della fattura che lo aveva colpito durante la partita ma non fece cenno alla notte del suo salvataggio, dimostrando quindi di non esserne a conoscenza come praticamente tutto il resto del mondo magico.

Anche il padre di Scorpius sembrò apprezzare la compagnia dei Potter-Weasley, oltre ad Albus ovviamente.

Come la signora Malfoy aveva accennato precedentemente, Kòre raggiunse tutti loro in uno dei salotti della magione per il dolce. Ben presto, i ragazzi iniziarono a sentire la stanchezza prendere il sopravvento ed andarono a dormire nelle rispettive stanze aspettando l'indomani la sera del Gran Ballo.

 

***

 

Harry Potter non si trovava nelle condizioni per potersi preoccupare del soggiorno dei figli a casa Malfoy. Quella notte, lo avrebbero interrogato.

Non aveva segreti il Salvatore ma ciò nonostante, il fatto che i suoi colleghi lo sottoponessero ad un vero e proprio terzo grado con il Veritaserium lo inquietava e spaventava. Sarebbe stato messo a nudo, tutte le sue paure più intime, i suoi pensieri personali, i suoi sentimenti...ma era disposto a questo ed altro per la salvezza dei propri cari e del resto del mondo magico.

“Siamo pronti, Capo.”

Milton Wess, suo stretto collaboratore ormai da anni, entrò nel suo ufficio a capo chino, sguardo compunto e triste. Si sentiva come il boia che aspettava la sua vittima al patibolo. Aveva interrogato molti sospettati durante la sua lunga carriera ma mai si sarebbe immaginato che un giorno, sarebbe toccato ad Harry Potter.

“Milton, niente favoritismi o pietà. Trattatemi esattamente come se fossi un Mangiamorte della peggior specie, intesi?”

“S-si Signore.”, rispose poco convinto l'Auror.

“Non te lo sto chiedendo Milton, è un ordine.”

“Faremo come desideri anche se continuo a non condividere, per niente.”, disse stavolta più convinto Wess. Harry non era solo un capo per lui, era un amico.

“Grazie, davvero. So che è dura ma è l'unico modo.”, disse Harry, iniziando ad avviarsi insieme all'amico verso la sala degli interrogatori.

Non appena arrivarono, i presenti furono tutti fatti uscire, ad eccezione di Parker e Longbridge, gli altri membri più anziani del dipartimento e specializzati nell'interrogare i sospettati.

“Temperance!”, chiamò Harry, fermando la ragazza sulla porta mentre si apprestava ad uscire, “il tuo mentore è Longbridge giusto? Credo che per te sarebbe un' utile esperienza assistere a questo interrogatorio, che ne dici?”

“S-signore, io non credo che sia il caso...”, rispose titubante la giovane Auror.

“Niente storie Tudor, lo hai sentito il Capo. Benvenuta al tuo primo interrogatorio.”,intervenne John Longbridge, “chiudi la porta”.

La ragazza obbedì, eseguendo tutta la procedura necessaria per la “chiusura” della porta. Oltre a della normali serrature magiche, erano necessari svariati incantesimi di protezione, in modo da isolare completamente la sala da agenti esterni.

La stanza, non era particolarmente grande anzi, si poteva definire come un ripostiglio vagamente allargato. L'arredamento, era pressoché inesistente, una sola sedia era posta al centro della stanza: era poco più grande di una normale sedia di legno ma la sua inquietante particolarità erano le catene che dai braccioli arrivavano ai due lati opposti del muro, dove erano saldamente agganciate a dei grossi anelli di ferro.

Erano catene incantante, praticamente indistruttibili, servivano per placare e tenere a bada i criminali più pericolosi.

“Io, le catene, te le risparmierei Capo...a meno che tu non ci voglia uccidere.”, disse sorridendo ironico Parker.

Harry rispose con un sorriso tirato al collega ed annuì. Voleva essere trattato come gli altri ma non fino a quel punto.

“Krieger è ancora in missione?”, chiese poi il Capo degli Auror.

“Sì, ha mandato un gufo stamattina. Lui, Gellant e Lupin stanno cercando informazioni sulla famiglia della Autumn. Se la cavano bene tra i Babbani”, rispose Aron Parker, “E Ron si sta occupando di Gwen Pondblue e Alexander Zabini.”

Mentre i due si scambiavano queste semplici parole, Wess aveva provveduto a preparare l'occorrente per l'interrogatorio: Veritaserum a sufficienza, la bacchetta di Harry sottochiave in un apposita scatola magica, pergamena e piuma pronte a riportare nero su bianco e punto per punto le parole del Capo.

“Cominciamo?”, disse proprio Wess, porgendo la fiala ad Harry.

“Cominciamo...”, ripose prendendo dalle mani dell'amico la pozione e berne di getto tutto il contenuto.

Aspettarono qualche minuto per far si che la pozione sortisse tutto l'effetto desiderato.

“Ok Capo, per cominciare, qualche domanda di ricognizione per vedere se il Veritaserum è completamente entrato in circolo...Nome”, disse Wess.

“Harry”

“Cognome”

“Potter”

“E' sposato?”

“Sì”

“Con chi?”

“Ginevra Potter”

“Il suo cognome da nubile?”

“Weasley.”

“Ha dei figli?”

“Sì”

“Come si chiamano? I nomi completi, per favore”

“James Sirius Potter, Albus Severus Potter, Lily Luna Potter.”

“Direi che siamo a posto...John, apri pure le danze.”

John Longbridge prese il posto di Wess dinnanzi ad Harry.

Era un uomo all'apparenza abbastanza inquietante: alto, robusto, lo sguardo cupo, reso ancor più tetro dal colore marrone scuro dei suoi occhi. Con gli anni si era specializzato nell'interrogare i criminali, sapeva cosa chiedere, come chiedere e soprattutto come incutere abbastanza panico e rassegnazione nei sospettati tanto da rendere spesso inutile l'uso del Veritaserum, poco apprezzato dallo stesso Harry Potter che considerava l'utilizzo della pozione un'invasione della privacy e dell'intimità di una persona, anche se si trattava di potenziali nemici.

Avevano deciso una linea da seguire, lui e i suoi colleghi. Per la prima volta forse dopo anni, non ne era stato reso partecipe il loro Capo.

“Come si sente signor Harry Potter?”

“In che senso?”

“Cosa prova in questo momento?”

“Ansia, aspettative, paura...sono anche un po' speranzoso.”

“In cosa spera?”

“ Spero che questo possa portare ad un qualcosa di concreto, ad una soluzione.”

“Lei si definirebbe una persona onestà, signor Potter?”

“Sì”

“In tutti gli aspetti della sua vita?”

“Direi di sì, ma non ho capito la natura della tua domanda.”

“Le è mai capitato di mentire ai suoi colleghi, omettere delle considerazioni riguardo un caso?”

“No, ho completa fiducia nei miei collaboratori e anche loro ne ripongono in me.”

Un piccolo sorriso, increspò le labbra dei presenti. Era vero, Harry Potter era stato uno dei migliori Capi che il Dipartimento avesse mai avuto, degno della stima di tutti; una guida per le giovani leve e una sicurezza per i colleghi più anziani.

“Può affermare lo stesso per quanto riguarda la sua vita privata?”

Harry tentennò.

“N-no.”

Il sorriso che precedentemente gli aveva contagiati, scomparve dal viso di tutti.

“Con chi non è stato onesto?”

“Ginny”

“Sua moglie Ginevra? In cosa le ha mentito?”

“Le ho mentito due volte, due soltanto...io...non volevo”

Harry era evidentemente in ansia: sudava freddo, tremava, la voce era spezzata quasi stesse per scoppiare in lacrime.

“Risponda alla domanda: su cosa le ha mentito?”

“Augustus Rookwood. Lei sapeva che gli stavamo dando la caccia, fu lui che uccise Fred la notte della Battaglia di Hogwarts.”

“Lo abbiamo trovato, ricordo bene quell'operazione, eravamo entrambi delle matricole...è morto da molti anni ormai, ha vissuto i suoi ultimi giorni ad Azkaban.”

“Questo lo so e lo sa anche Ginny...se ricordi bene, ci fu un duro scontro a Diagon Alley tra la nostra squadra e ciò che rimaneva della famiglia Rookwood: Augustus, sua sorella Diana e la sua giovanissima moglie, Willow. Ci furono una vittima, Diana, un arresto, Augustus e un disperso, Willow. Lei ci sfuggì, ricordi?”

“Sì, lo ricordo bene...ma cosa c'entra sua moglie in tutto ciò?”

“Ginny, come del resto tutta la sua famiglia, provava rancore verso Rookwood, un odio tale da avvelenarsi il sangue. Non l'avevo mai vista sotto quella luce: non rideva più come prima, si svegliava nel mezzo della notte urlante e disperata, mangiava poco, pochissimo. Non appena seppe che io e Ron saremmo partiti alla ricerca di Augustus, mi fece giurare che non avrei risparmiato nessuno: avrei dovuto catturare ogni singolo membro della sua famiglia, amici, conoscenti...e se non fossi riuscito a prenderli, avrei dovuto ucciderli. Quando la missione venne dichiarata conclusa, di comune accordo con Ron, decidemmo di mentire. A Ginny e alla famiglia Weasley, avremmo raccontato che Rookwood era stato preso e il resto della sua famiglia ucciso.”

“E la seconda bugia?”

“L-la mia cicatrice...fa di nuovo male.”

“COSA?!?”

Questa esclamazione, provenne dalla bocca della giovane Temperance Tudor. Una reazione impulsiva e poco esperta ma certo ben rappresentava lo stato d'animo dei presenti che si scambiarono sguardi apprensivi e allarmati.

“Wess, il Veritaserum non ha funzionato!”, esclamò arrabbiato Longbridge.

“Ma che stai dicendo? Certo che ha funzionato!”, replicò il collega.

“Ma davvero? E allora come ti spieghi che prima ci abbia mentito?”

“A che ti riferisci John?”, chiese Aron.

“Prima gli ho chiesto se avesse mai mentito ai suoi colleghi ed ha risposto no, senza indugio. Vista la sua ultima edificante confessione, direi proprio che c'è qualcosa che non va!”, disse sarcastico Longbridge.

“Non c'è nulla di sbagliato nel Veritaserum John, sono stato io ad ingannarti.”

Harry Potter, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, alzò la testa, fissando dritto negli occhi il suo collega.

“Tu cosa??!?”, disse John visibilmente alterato, tanto da rivolgersi al suo Capo dandogli del tu.

“Il Veritaserum ti fa solo rispondere con sincerità alle domande che ti pongono, non ti fa parlare a ruota libera. Le tue domande non sono state abbastanza specifiche ed inoltre, ho usato un vecchio trucchetto che la signorina Tudor farebbe meglio a ricordare: se focalizzo intensamente la mia mente su qualcosa o su qualcuno, una parte di me non verrà intaccata dalla pozione della verità perché troppo impegnata a pensare ad altro. La tua fortuna John, è che io stavo pensando a Ginny e quindi, quando hai menzionato la mia famiglia, il fatto di avere il suo volto in testa mi ha fregato.”

“Ha fatto in modo che il pensiero di sua moglie prendesse così fortemente il sopravvento tanto da far credere alla sua stessa mente che le domande gliele stesse rivolgendo proprio Ginny.”, disse ammirato Wess.

“E' una cosa possibile?”, chiese stupita Temperance.

“Si lo è, bisogna essere dannatamente bravi ma è possibile. E aggiungerei anche dannatamente bastardi! Come diavolo ti è saltato in mente di provare a fregarci Potter!?”

“John adesso calmati e riprendi il controllo!”, lo redarguì Wess.

Longbridge seguì il consiglio del collega e, dopo aver preso un lungo respiro, si calmò per continuare l'interrogatorio. L'effetto del Veritaserum non sarebbe durato ancora a lungo.

“Quando ha iniziato a fare male la cicatrice?”

“Ricordo ancora l'esatto momento...mi sono sentito morire, come se tutte le mie forze mi avessero abbandonato repentinamente. Era il 15 maggio, ero qui, in ufficio. Avevo appena mandato un gufo a Ginny per informala che non sarei tornato per cena, troppe scartoffie. Sapevo che si sarebbe arrabbiata ma mi ero premunito e le avevo comprato una scatola di Cioccorane che sicuramente, l'avrebbero addolcita.

Ero in piedi, davanti alla finestra...ad un tratto vidi un'ombra passarmi davanti, come una specie di fantasma e subito dopo, avvertì quella fitta. Non riuscivo a crederci, non volevo crederci. Barcollai fino al tavolo e mi feci cadere a peso morto sulla sedia. Svenni. Mi ripresi soltanto quando il mio orologio suonò, alle 23 in punto.”

Il racconto di Harry Potter era dettagliato e preciso. John non avrebbe avuto bisogno di porgli ulteriori domande e l'interrogatorio si sarebbe presto concluso. Durante la sua confessione, si poteva percepire il dissidio interiore che stava provando: la sua ansia, le sue paure, la sua vergogna. Una lacrima aveva rigato per un attimo il volto del Capo degli Auror. Appariva così fragile, così indifeso. La giovane Auror Temperance Tudor, aveva ricevuto una lezione importante quel giorno, qualcosa che al corso per Auror non ti insegnano: che si tratti maghi o Babbani, i sentimenti, ti fregano sempre.

***

 

“Io quel coso non me lo metto!”

Rose Weasley sapeva che si trovava nel mezzo dell'adolescenza, che presto sarebbe cresciuta e avrebbe abbandonato il periodo dell'innocenza ma se maturare voleva dire essere obbligata ad indossare un enorme vestito a meringa e partecipare ad uno stupido ballo beh, avrebbe volentieri continuato a giocare a nascondino con i suoi cugini.

“Rose, è un ballo molto elegante e non sto assolutamente dicendo nulla sul tuo modo di vestire ma devi capire che in questi casi sono necessari alcuni accorgimenti!”, disse Kòre, mentre rovistava nel suo armadio e lanciava capi sul suo letto.

“Tu davvero ti sei messa questi...cosi?!?”, chiese la ragazza, notando la sfarzosità di alcuni abiti. Erano tutti molto belli, lunghi e preziosi. Sembravano quelli che venivano descritti nelle favole babbane che sua madre le raccontava da piccola, Cenerentola e la Bella Addormentata.

“Tu non hai idea di quanti balli, feste e cerimonie i ricchi si inventino!”, le rispose ridendo Kòre.

Era ormai pomeriggio inoltrato, mancavano circa quattro ore all'inizio della festa e le ragazze erano in piena crisi d'abito, soprattutto Rose. Niente sembrava andarle a genio e molti dei vestiti che a Kòre donavano molto, su di lei perdevano metà del loro fascino.

Rose Kòre avevano corporature e lineamenti completamente differenti: Kòre era di bassa statura, molto magra, fisico asciutto, il viso stretto e lievemente allungato.

Rose era più alta di lei nonostante avesse un anno in meno, il fisico più proporzionato, meno esile e muscoloso; nonostante non fosse una giocatrice di Quiddich come la maggior parte della sua famiglia, le piacevano gli sport, sopratutto correre e quindi, si manteneva allenata.

La provvidenza però, strizzò l'occhio alle ragazze quando alla porta della stanza di Kòre, bussò una domestica:

“Kòre, signorina Weasley, le vostre amiche sono arrivate e portano doni preziosi!”

Le ragazze si precipitarono al piano di sotto, per accogliere finalmente le amiche ma non appena arrivarono nel corridoio, videro Ebony e Jocelyn circondate da una dozzina di bauli.

“Ma cosa...?”, disse stupita Rose.

“Ehi, ce l'avete fatta!”, disse Kòre, meno sorpresa dell'amica nel vedere la quantità dei bagagli portati da quelle pazze.

“Perché ogni volta che vengo qui, sembra che questa casa si sia ingrandita?”, disse Ebony abbracciando Kòre.

“Io volevo starmene a casa...”, disse caustica Jocelyn guadagnandosi la solita occhiataccia di rimprovero da parte delle ragazze.

“Ragazze, staremo qui solo un'altra notte, che ve ne fate di così tanta roba?”, chiese Rose.

Le altre tre amiche si scambiarono uno sguardo complice.

“Weasley, Weasley, Weasley...tu non sai cosa ti aspetta”, rispose Jocelyn, posando la mano sulla sua spalla.

“Cos'è tutto questo baccano?”

Scorpius ed Albus, raggiunsero le ragazze.

“Ebony, felice di rivederti...Jocelyn, ti sei portata dietro l'intero armadio?”, chiese ironico il giovane Malfoy.

Jo-Jo gli si avvicinò, in modo da poterli sussurrare all'orecchio:

“Che ti posso dire Malfoy, qualcuno doveva pur rendere presentabile la tua bella rossa...”

Scorpius arrossì di colpo, rimanendo senza parole per rispondere a tono alla compagna di casa. Quella ragazzina avrà avuto solo tredici anni ma era più saggia e sveglia di molti adulti.

“Malfoy, dì alla tua servitù di portare di sopra i bauli, la trasformazione sta per avere inizio.”, disse Ebony Autumn, congedandosi insieme alle altre e trascinando Rose, terrorizzata.

Dopo tre ore e mezza, durante le quali le ragazze si erano rinchiuse nella stanza di Kòre, il momento della grande festa era giunto.

I primi invitati, avevano già varcato la soglia del Manor, compresa una parte della famigia Potter- Weasley: i genitori di Rose, quelli di Albus e James e i genitori di Fred.

“Tutto a posto, amore?”, chiese un preoccupato Ron Weasley, stringendo la mano della moglie.

“Tranquillo Ronald, è passato. E poi, come potrei essere terrorizzata circondata da tutto questo lusso e da questa atmosfera di festa?”

“Ben arrivati!”

Astoria Malfoy, li accolse a braccia aperte, fasciata in uno splendido abito rosso, elegante e magnifica, seguita dal marito Draco.

“Avremmo voluto invitare tutta la famiglia ma non volevo che un clan di teste rosse mi invadesse...AOH!”

Prima che il rampollo di casa Malfoy potesse dare il via ad un bisticcio degno di un brando di adolescenti, la moglie gli diede una dolce gomitata sullo sterno.

“Papà!!!”

James ed Albus corsero incontro ai genitori e agli zii, seguiti da Fred.

“Come siete carini ragazzi!!!”, disse Angelina quasi commossa nel vedere il figlio e i nipoti vestiti di tutto punto, in un perfetto completo nero con tanto di papillon.

“Sì lo so, a me sta bene qualsiasi cosa..”, ripose vanitoso come sempre Albus.

“Viva la modestia, fratello”

“Io mi sento un cretino..”

“Tu sei un cretino, Weasley.”, disse Scorpius aggiungendosi al gruppo che si era formato, dando vita ad una divertente discussione tra i ragazzi.

Ron Weasley approfittò di quel piccolo momento di distrazione per sincerarsi delle condizioni di Harry

“Tutto ok?”

“Sto bene. Gli altri?”

“Sono pronti.”

“Spero bene per voi che abbiate un piano e che funzioni.”, sussurrò Draco Malfoy ai due vecchi compagni di scuola.

La sera prima, mentre Harry era nel mezzo del suo interrogatorio, una lettera anonima era stata inviata nell'ufficio di Draco Malfoy, mittente anonimo, nella quale erano state scritte poche frasi ma significative:

 

Non riuscirete più a tenerci nascosti. L'ora è giunta e per un'entrata in grande stile, serve un Grande Ballo.”

 

Gli Auror vennero immediatamente avvisati da Draco che stavolta, non avrebbe permesso che la vita della sua famiglia fosse messa in pericolo.

Il capofamiglia Malfoy, non era l'unico ad essere in ansia quella sera: Kòre, Ebony e Jocelyn, sapevano che quella notte, avrebbe cambiato le loro vite.

Avevano ricevuto ordini precisi: disattivare le barriere del Manor, permettere ai Punitori di entrare, seminare il panico ed ostacolare gli Auror con qualsiasi mezzo possibile senza però uscire allo scoperto.

Il Re ovviamente, non si sarebbe mostrato. Il lavoro sporco, spettava a loro.

Kòre aveva provveduto ad avvisare Fred Senior che le aveva assicurato un aiuto, anche se ammetteva di avere ben poche risorse a disposizione. Ebony e Jo-Jo invece, ebbero più successo dell'amica, avvisarono la Nuova Resistenza che si dimostrò pronta all'azione.

Prima di scendere nella sala da ballo, Kòre si avvicinò ad Ebony:

“Allora, che vi hanno detto?”

“Nulla di preciso, ci hanno solo assicurato che non ci molleranno da sole a gestire il casino che verrà fuori.”

“Gli hai detto che non potremo intervenire, vero?”

“Certo che sì, mica sono scema!”

“Io detesto vestirmi così...”

“O piantala Jo-Jo! Piuttosto, sei pronta?

“Sì, sì, lo sono. Kòre, datti una calmata!”

“Scusate...è solo che...ho un brutto presentimento.”

“Signorine, gli invitati vi stanno aspettando!”, disse Susan Strongstone, entrando nella stanza.

“Mille grazie Susan!”, rispose Kòre.

“Mi viene da vomitare...”, disse depressa e pallida in volto Rose. L'agitazione, era la sua bestia nera.

“Tranquilla Weasley, poi passa!”, ripose Jo-Jo con poco tatto, uscendo dalla stanza.

“Coraggio Rose, andrai bene! Sei bellissima.”, disse Ebony, sorridendole.

Ad attenderle al piano di sotto, c'erano gli amici, impazienti e curiosi di vedere come le ragazze si sarebbero agghindate, specialmente James.

Aveva accuratamente evitato di salutare Ebony, nonostante avesse chiaramente sentito la sua voce quando arrivò nel pomeriggio.

A quella festa, era stata invitata anche la famiglia Baston ed Adam aveva già provveduto a salutare tutti i suoi compagni di scuola.

Era fastidiosamente eccitato perché finalmente, avrebbe presentato la sua ragazza a mamma e papà. Avrebbero ballato insieme? Lui sapeva ballare egregiamente, zia Hermione lo aveva obbligato ad imparare ogni tipo di danza. Detestava quei pomeriggi passati girare intorno alla cucina come un damerino ma ora come ora, non poteva che essere grato a sua zia. Avrebbe invitato Ebony sulla pista, bastava solo un ballo, uno solo e lei avrebbe capito quanto tempo stava sprecando con Baston.

“Miseriaccia...”

La voce del cugino Fred, lo fece ridestare dai suoi pensieri. Vide l'amico completamente assorto, con uno sguardo da ebete. Osservava rapito l'immagine che si era presentata sulle scale che portavano al piano superiore.

Kòre Dolohov, sembrava una dea: un vestito lungo, di chiffon, color smeraldo e impreziosito da nastri dorati sulla vita e sul corpetto; i capelli, nonostante fossero corti, erano raccolti con un fermaglio dietro la nuca, lasciando il volto scoperto. Solitamente, Kòre lasciava sempre che i suoi capelli ricadessero scompigliati su una parte del viso, quella con l'occhio viola, perché se ne vergognava. Ora invece, tutti avrebbero potuto ammirare il suo viso di porcellana.

Dietro di lei, apparve la giovane Jocelyn Green che, come spesso accadeva, dimostrava più dei suoi tredici anni. Il suo vestito era semplice, di un lilla molto chiaro. I capelli, erano raccolti in una complessa acconciatura e la sua immancabile frangetta copriva perfettamente la sua fronte, enfatizzando ancor di più i suoi occhi.

“Guarda, guarda...chi lo avrebbe mai detto...”, disse tra sé Albus Potter, stupito dalla leggerezza e naturalezza con la quale si muoveva la giovane compagna di Casa.

Il fratello James, non dovette aspettare a lungo per replicare la reazione del cugino:

Ebony Autumn fece il suo ingresso, raccogliendo sospiri e sguardi stupiti. Il suo abito era azzurro chiaro, non pomposo come quelli di alcune ragazze che erano presenti alla festa; il corpetto era pieno di lustrini e diamanti, la sua acconciatura era stata fatta in modo da farle ricadere i capelli sulla spalla destra in una coda morbida e un piccolo cerchietto d'argento impediva ad ogni piccolo ciuffo di caderle sul volto.

“Miseriaccia”

Non fu James a parlare, essendo rimasto totalmente inebetito dalla visione di Ebony. Fu il giovane Scorpius Malfoy che tutto quella sera si aspettava tranne quello che gli si era appena presentato davanti: Rose era un sogno.

Le ragazze, avevano decisamente fatto un ottimo lavoro: un lungo abito, come le altre, color grigio-argento, più morbido rispetto agli altri tre; i capelli sempre un po' in disordine e secchi, erano lucidi, splendenti, raccolti dietro con un fermaglio ma una buona parte di essi era fuori dall'acconciatura, ordinati sul volto in una frangia di lato. Un trucco scuro sugli occhi ne metteva in evidenza il blu acceso, lo sguardo non era più quello di una bambina sempre china sui libri, era una giovane donna.

“Che avete da guardare?”, disse Rose, raggiungendo gli altri.

“Rose Ninfadora Weasley...”

“Papà, non cominciare ti prego! Sì, sono ancora la tua bambina, solo un po' più grandicella e dannatamente a disagio...”

“Siete tutte magnifiche!”, disse Astoria.

“Potter, ciao.”, disse secca Ebony.

Prima che James potesse rispondere, Adam Baston raggiunse la sua ragazza, portandola via e lasciando il ragazzo a bocca asciutta.

“Stai molto bene vestito così Fred, quasi non sembri tu!”, disse Kòre.

Fred rise, grattandosi la testa come sempre faceva quando era in imbarazzo.

“Un elfo oggi è piombato nella nostra stanza con questi completi, non potevamo fare altrimenti. Kòre, tu sei...wow.”

Kòre si mise a ridere. Quel Fred Weasley che tanto l'aveva fatta piangere, era ora la sua fonte di sorrisi.

“Sono d'accordo.”

Il momento di spensieratezza di Kòre, venne spezzato nel momento in cui le sue orecchie udirono quella voce. Dietro Fred, la ragazza poté scorgere il suo profilo.

Ebony osservò la scena da lontano, cercando immediatamente lo sguardo di Jo-Jo.

“Chi è quello?”, chiese Albus proprio a quest'ultima, avendo visto anche lui il ragazzo arrivato dietro al cugino.

Prima che potesse rispondere, lo straniero si fece avanti, scavalcando Fred.

“Sei stupenda, amore mio.”

Un bacio. Lui l'aveva baciata.

Non un bacio sulla guancia, uno amichevole. Era un bacio vero, sulle labbra, leggero e tenero. E poi, c'era “amore mio”.

“Ma che cavolo fa? Chi è quello?”, chiese alterato James Potter al fratello.

“Lui è Noah.”, disse atono Scorpius Malfoy, avvicinandosi ai Potter insieme a Rose.

“È mio fratello maggiore”, aggiunse Jocelyn.

“Hai un fratello?”, esclamò Albus stupito.

“Ed è il ragazzo di Kòre.”, concluse Ebony, che spuntò alle spalle del gruppetto.

Quel Ballo, pensò Rose Weasley, sarebbe stato movimentato. E non solo per le danze.

La serata si stava svolgendo nel migliore dei modi per la maggior parte degli invitati.. Persone che conversavano amabilmente, persone che danzavano, chi mangiava le deliziose pietanze del buffet, chi esagerava con gli alcolici...tutto nella norma, tranne che per i giovani Potter- Weasley, impegnati per lo più, a sopravvivere a quella vigilia di Natale, in attesa della mezzanotte.

“Qualcuno di voi ha visto Fred?”, chiese Rose Weasley, avvicinandosi a Scorpius, Albus e James.

“Credo sia a prosciugare i suoi dispiaceri nell'alcool...”, rispose alterato suo cugino James.

“Impossibile, la servitù ha ricevuto ordini precisi: niente roba forte per noi minorenni. Sarà uscito a prendere una boccata d'aria fresca.”, disse Scorpius.

“Si può sapere da dove è saltato fuori questo Noah? Io non ne ho mai saputo niente...”, chiese avvilita Rose. Le dispiaceva che Kòre non gliene avesse mai parlato, si sentiva messa da parte, un' amica di serie b.

“Io so solo come si sono conosciuti. Due anni fa, Kòre venne invitata a casa di Jocelyn durante le vacanze estive. I genitori della Green la volevano ringraziare perché aveva preso sotto la sua ala protettrice la loro figlioletta. In quell'occasione incontrò Noah, il fratello maggiore di Jocelyn. Credo abbia appena compiuto diciassette anni.”, rispose Scorpius. Si sentiva in un certo senso in colpa, non ne aveva mai parlato con Albus, era un segreto che sarebbe dovuto rimanere tale, almeno così credeva. Kòre gli aveva fatto giurare solennemente di non farne parola con nessuno, nemmeno Albus. Ora non solo si sentiva in difetto nei confronti dell'amico ma anche verso Rose. Doveva sentirsi tradita dall'amica e anche da lui.

“Ora che ci penso bene, sapevo che Jo-Jo avesse un fratello...gira una storia strana sul suo conto tra i Serpeverde.”, disse assorto Albus.

“Non crederai davvero a certe stupidaggini?!”, disse sarcastico Scorpius.

“Di che storia state parlando?”, chiese interessato James.

“Noah ha frequentato Hogwarts...”,iniziò Scorpius che venne però interrotto bruscamente da Rose:

“Questo è impossibile. Se ha appena compiuto diciassette anni come tu hai detto, dovrebbe essere al settimo anno ma la vedo dura, visto che nessuno lo ha mai visto.”

“Ho detto che ha frequentato, non che frequenta. Si iscrisse al primo anno, venne smistato Serpeverde e la sua sembrava essere la normale carriera di un tipico studente di magia ma all'inizio del terzo anno, non si presentò. I genitori dissero al Preside che lo avevano iscritto a Durmstrang, ragioni di famiglia.”

“Ma...”, disse Rose, intuendo un seguito.

“Ma alcuni nostri compagni che hanno avuto o hanno famigliari e parenti a Durmstrang giurano che nessun Noah Green abbia mai messo piedi in quella scuola.”, concluse Albus Potter.

“E' un' assurdità!”, disse sprezzante Rose.

“Concordo con la Weasley. Al, non puoi davvero credere...”, cercò di dire Scorpius, prima di venire interrotto proprio dall'amico.

“Io non sto dicendo che ci credo ma dato che stasera è la prima volta che vedo questo tizio in carne ed ossa, qualche domanda me la pongo!”

“Che intendi fratellino?”, chiese James.

“Nella nostra Casa girava voce che Noah fosse un tipo particolare, per così dire. Non aveva molti amici, forse nemmeno uno, parlava poco, era schivo, sgarbato, a volte manifestava inclinazioni violente. Non si interessava molto alle materie scolastiche ma se volevi catturare la sua attenzione, bastava nominare il nome di...”

Albus prese un profondo respiro prima di pronunciare quel nome. Non c'era motivo di avere paura ma nonostante ciò, gli riusciva difficile non provare ansia in quel momento.

“Voldemort.”

“Ok, ora è ufficialmente assurdo!”, disse Rose Weasley.

“Ogni volta che qualcuno nominava Lord Voldemort, Mangiamorte o una qualsiasi storia sulla guerra combattuta dai nostri stessi genitori, lui si esaltava, diventava improvvisamente loquace. Dicono sapesse un sacco di particolari in più di cui erano a conoscenza in pochi e che attualmente stia cercando di ricostruire un esercito di neo-Mangiamorte.”, spiegò Albus.

“Oh bene, fantastico! Ci mancava solo il nostalgico dei bei tempi oscuri schizzato ragazzo di Kòre per completare questa serata!”, disse sarcastico James, dirigendosi poi a passo svelto verso il buffet. Quando era nervoso, la fame gli saliva improvvisamente.

L'argomento di conversazione dei ragazzi, aveva nel frattempo smesso di danzare con la sua dolce metà, per chiedere gentilmente un ballo ad Ebony Autumn.

Adam lasciò, non senza dispiacere, la mano della ragazza in quella di Noah.

“Che cazzo sei venuto a fare qui?”, chiese alterata Ebony.

“Potresti moderare il linguaggio Babbano?!”

“Lo farei ma tu hai lo straordinario potere di risvegliare i miei istinti omicidi!”

Tra Ebony e Noah, non scorreva buon sangue, soprattutto da quando lui e Kòre stavano insieme. Non gli piaceva l'influenza che quel ragazzo esercitava sull'amica anche se doveva ammettere che l'aveva aiutata molto. Quando Kòre si allenava ed esercitava il suo potere di Guardiana, spesso perdeva il controllo e solo loro due erano in grado di riportarla alla realtà. In un certo senso, Ebony poteva dirsi gelosa di Noah, lui le era sempre stato superiore in tutto, in grado, in bravura, in capacità, intelligenza, esperienza...ed ora, gli anche superiore nel cuore di quella che considerava come una sorella. Inoltre, era sempre cupo, scontroso. Per lui esisteva solo la missione, la Nuova Resistenza, combattere e sconfiggere. Era un soldato. Un soldato che mal sopportava il fatto che la sua ragazza fosse stata messa sotto copertura nel covo del nemico insieme ad una, Ebony, di cui non si fidava.

“Dovresti essere contenta che sia qui, che siamo qui.”

“Siete? Dove sono gli altri?”

“Qui in giro...ma siamo pochi. Non volevamo dare troppo nell'occhio visto che qui intorno è pieno di Auror.”

“Che ti aspettavi? Che Draco Malfoy non facesse il possibile per salvaguardarsi?”

“Mi aspettavo che il tuo Re fosse uno da elemento sorpresa, non il tipo che sbandiera ai quattro venti le proprie intenzioni.”

“E' un megalomane, pazzo e psicopatico.”

“Stai attenta a come ne parli...qualcuno ti segue da un po'.”

“Lo so, è Celsus. Non ho idea di come abbia fatto quell'incompetente a diventare praticamente il braccio destro del Re! Non sa nemmeno come pedinare senza farsi scoprire.”

“Lui sa che te ne sei accorta?”

“Ovviamente no.”

“Allora, sono quelli laggiù i Potter-Weasley?”

“Sì, manca solo Fred...Kòre ti ha mai parlato di lui?”

“Sì, è il tizio che vorrei uccidere, l'ha infastidita per anni.”

“Ora sono amici”

“Ciò non toglie che io non voglia ucciderlo”

“La tua ragazza potrebbe non esserne contenta. Si sono rilevati essere assai compatibili.”

Mentre i due continuavano a ballare e discutere, Adam Baston, raggiunse Rose, Scorpius ed Albus.

“A me, quello non piace.”, disse riferendosi a Noah.

“Tranquillo, non piace nemmeno a me. Ed è mio fratello.”

Jocelyn era apparsa dietro la sua schiena.

“Jo-Jo...scusa noi...”, iniziò Rose.

“Non ti preoccupare Weasley, so bene che voci girano sul suo conto e so anche che lui non ha fatto un granché per smentirle. Debbo però deludervi, mio fratello non sta creando un esercito di maghi malvagi, non beve sangue, non si è ritirato in una caverna circondato da Acromantule né vive da eremita nella Foresta Proibita. I miei hanno deciso di istruirlo a casa, visti i suoi problemi di integrazione. Tutto qui.”

Jocelyn pronunciò quel breve discorso con una naturalezza spiazzante, come se le voci sul conto del fratello non l'avessero mai minimamente infastidita.

“E poi sì, è uno stronzo.”, disse infine la ragazza, per poi dirigersi anch'essa verso il tavolo delle pietanze, lasciando attoniti tutti ragazzi tranne Albus che rise sommessamente per il comportamento di quella strana ragazzina.

Fred Weasley non sarebbe riuscito a sopportare la vista di Kòre mentre danzava con Noah. Decise quindi di cercare rifugio nelle cucine del Manor. Seduto su una sedia, di fronte ad un tavolo pieno di bicchieri di cristallo, rifletteva e, più che altro, si deprimeva.

Tra il via vai di elfi e servitù, Susan Strogstone, si accorse della presenza del giovane Weasley.

“Tesoro caro, che è quel muso lungo? Come mai non sei di là a divertirti?”

“Non sono in vena di festeggiare, tutto qui.”

“Tu, Fred Weasley, non in vena di festeggiare? Questa poi, non me lo sarei mai aspettata.”, disse la donna mettendosi le mani sui fianchi.

Fred la guardò sorpreso.

“Kòre mi racconta di quanto tu sia sempre gioioso, allegro, con la battuta sempre pronta!”

“Forse Kòre non mi conosce così bene come crede...”, rispose acido e malinconico.

“Strano, lei è così brava a guardare dentro il cuore delle persone, il fatto che non si sia mai arresa con te, ne è la prova.”

Fred sapeva che Susan aveva ragione. Con quale diritto poteva essere arrabbiato con Kòre dopo tutto quello che le aveva fatto?

“Voglio raccontarti una storia ragazzo”, disse Susan sedendosi di fronte a Fred.

“Quale storia?”

“ Quella di come Kòre è entrata a far parte della mia vita.”

 

FLASHBACK

 

2 aprile 2005, ore 23.45

 

Quelli erano stati giorni difficili per Susan. Era stata appena licenziata dall'ennesima famiglia Purosangue che non l'aveva considerata in grado di svolgere a pieno i suoi doveri di educatrice ma quella sera, sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe cambiato la sua vita per sempre.

Stava camminando in un vicolo di Diagon Alley, sotto una pioggia battente, nella zona non proprio più sicura del borgo. Purtroppo con i suoi risparmi si era potuta permettere un minuscolo appartamentino umido, in una palazzina fatiscente, con vicini di casa non proprio raccomandabili.

Visto l’ambiente, Susan teneva gli occhi più che aperti e il fatto che qualcuno alle sue spalle la stesse seguendo, non la colse di sorpresa. Si era accorta di una presenza alle sue spalle ormai da dieci minuti buoni ma ogni volta che si girava per controllare, sembrava non ci fosse nessuno.

Preoccupata, strinse dentro al mantello la bacchetta, pronta a combattere. Si, combattere, perché anche se la seconda guerra magica era finita da tempo, gli irriducibili di Voldemort si erano dati alla macchia, inseguiti dagli Auror in ogni angolo del mondo sia magico che babbano.

Appena girato l’angolo, Susan decise di prendere in mano la situazione:

Chi è là?!?!?”, disse voltandosi.

Senti un po’, chiunque tu sia sappi che sei un incapace. E totalmente deficiente dato che da me puoi ricavare pochi soldi e poche informazioni. E nel caso tu sia un inutile Mangiamorte, beh, ti porgo le mie più sentite congratulazioni, non so come tu sia sfuggito agli Auror così a lungo.”

Non ricevendo nessuna risposta nemmeno stavolta, tirò fuori la bacchetta:

Lumos”.

La bacchetta produsse luce necessaria per illuminare il vicolo fino all’entrata della palazzina di Susan, ma a parte gatti randagi, sporcizia e insetti c’era ben poco di cui preoccuparsi

Scongiurato il pericolo, entrò in casa sbuffando e togliendosi le scomode scarpe come suo solito, buttò il borsone malamente in mezzo al corridoio stretto e si sdraiò sul divano, forse l’unica mobilia comoda della casa. Almeno, sdraiarsi era ciò che avrebbe voluto ma non appena tentò di buttarsi sopra di esso, si ritrovò a schiacciare con le natiche il naso stretto e lungo di una creaturina con le orecchie lunghe, vestito di stracci:

AHIAAAA!!!”

PER GODRIC!!!!”, si ritrovò ad urlare Susan, la cui voce mai aveva raggiunto un tale livello di decibel.

Prego Signora, perdonate Back, Back non voleva spaventare!!! Back è bravo elfo, Back…AHHHHHHHH”

L'elfo non riuscì a completare le sue scuse, Susan lo aveva già bello che schiantato dall'altra parte della stanza.

Perché mi stavi seguendo???!”, sbraitò la tata.

La creatura, faticando a rialzarsi ed emettendo qualche lamento, cercò di spiegarsi:

Me chiama Back. Mia padrona ordinato di portare bambina in salvo, lei grande futuro aspetta.”

Chi è la tua padrona?”

Hazel Dolohov.”

Dolohov??! O no! Non esiste proprio!”, disse tassativa Susan.

Lei non essere come padrone, lei buona. E bambina è speciale, tu viene!”

Senza che se ne rendesse conto, Back prese la mano di Susan e la smaterializzò in una specie di bosco, nel mezzo del nulla.

Dove cavolo mi hai portata!?”

Non molto lontano da casa, no preoccupa. Segue me, tu segue!”

Incredibilmente, Susan lo seguì. Per quanto ne sapeva poteva essere una trappola, un trucco per allontanarla da casa così da permettere ai suoi complici di svaligiarla. Ma in quell'elfo c'era qualcosa, qualcosa che la spingeva a fidarsi di lui ed addentrarsi in mezzo agli alberi.

Proprio sotto un'enorme quercia, un fagottino di coperte aveva trovato riparo dalla pioggia che quella notte sembrava non voler dare tregua alla terra.

Per la miseria! Sta bene?!”, chiese a Back, affrettandosi verso il neonato per sincerarsene lei stessa.

Sì, è bambina sana e forte.”

Era così piccola, così bella. Susan sentì una tale pace nel prenderla in braccio, tutto il resto sembrava sparito. La pioggia, il vento, i fulmini...tutto si era fermato nella mente della tata non appena quel dolce angioletto le era capitato fra le mani.

Dov'è sua madre?!”

A questa domanda, l'elfo si rabbuiò.

Padrona costretta a scappare...Padron Dolohov persona malvagia. Lei voleva salvare bambina da destino segnato. Tu deve leggere questo!”

Back porse a Susan un biglietto sgualcito e rovinato per via dell'umidità e dell'acqua.

Dopo aver letto quelle poche righe, Susan prese in braccio la creatura ed insieme a Back fece ritorno a casa. Giusto il tempo di raccogliere tutte le sue cose, non molte a dire il vero e di piazzare un cartello fuori dalla porta d'ingresso, con scritto: “entrata libera.” Non le interessava venderla e comunque il guadagno sarebbe stato assai scarso.

La Signora è pronta?”, chiese l'elfo.

Sì Back...e non azzardarti ai più a darmi della signora!”

Come desidera S-...usan!”

Si presero per mano e, con la bambina dolcemente addormentata, si smaterializzarono verso una nuova vita.

 

FINE FLASHBACK.

 

“Dove vi siete smaterializzati?”, chiese Fred che era stato attento e concentrato durante tutto il racconto.

“Qui al Manor, come diceva il biglietto che la madre di Kòre diede a Back. C'era scritto l'indirizzo di questa casa e una frase...”

“Che frase?”

“Lei vi guiderà”, disse Susan alzandosi.

“Kòre? Chi deve guidare?”, chiese stranito Fred Weasley.

“Non ho idea a cosa o a chi facesse riferimento Hazel ma so che Kòre ha guidato te fuori dalla spirale di odio in cui eri caduto, o sbaglio?”, disse Susan con un sorriso ammiccante.

Fred arrossì.

“Questo è vero...lei conosce Noah?”, chiese enfatizzando acidamente il nome del ragazzo in questione.

“Chi? Lo sbruffone?”

Prima che Fred potesse esprimere tutta la sua stima nei confronti della tata e condividere a pieno il suo pensiero, delle urla e rumori di persone che scappavano, provenienti dalla sala del Ballo, fecero sobbalzare entrambi.

“Che sta succedendo?!”, disse Susan precipitandosi nella sala, seguita a ruota dal giovane Weasley e dal resto delle servitù.

Non appena entrarono, davanti ai loro occhi si presentò una scena terrificante: degli uomini incappucciati, gli stessi che durante l'estate aveva attaccato il Manor, stavano disseminando il panico, spaccando tavoli, sedie, bicchieri e piatti.

In molti si erano diretti verso le porte, per poter uscire ma queste sembravano essere bloccate.

Fred vide suo padre e suo zio Ron tentare inutilmente di buttarle giù, con incantesimi di ogni genere ma non c'era verso di scalfirle.

Alcuni invitati avevano provato ad affrontare quegli uomini ma con risultati pessimi. La maggior parte era stata schiantata o pietrificata.

Gli unici che sembravano tenerne a bada qualcuno erano Draco Malfoy, Harry Potter, Ginny Potter ed Hermione Weasley.

Il primo pensiero di Fred fu quello di ritrovare i suoi amici e soprattutto, trovare Kòre. Non aveva visto però, uno di quei tizi avanzare verso di lui e scagliarli uno Schiantesimo. Fortunatamente, un contro incantesimo arrivò dietro le sue spalle.

“La tua famiglia sta bene adesso via da qui!”

Noah Green gli aveva appena salvato le chiappe e la cosa lo infastidiva.

“Fred! Vieni qui presto!”, lo chiamò il padre.

Era un casino. Un grande, enorme casino.

Questo era il pensiero comune di Harry e Draco. Gli Auror che pattugliavano l'esterno della casa dove diavolo erano? Stavano combattendo di certo, Harry sentiva dei rumori fuori, come se ci fosse una battaglia in corso. Inoltre, uno di quei bastardi incappucciati era stato scaraventato dentro casa dalla finestra del secondo piano ridotta in mille pezzi.

Draco non riusciva a capacitarsi del perché le protezioni della casa, non avessero funzionato. Sperava che suo figlio e sua moglie fossero in salvo ma non riusciva a vederli.

“Potter!”, urlò mentre si difendeva da una miriade di attacchi,” tu... mi... devi... una... casa nuova!!!”

“ Se ne usciamo vivi, vedrò di fare il possibile, Malfoy!”, rispose sarcastico il Capo degli Auror.

“PAPA'!!!!!!!!!!”

Questo urlo straziante che fece interrompere a tutti di combattere, provenne dall'alto della scalinata da dove poco prima, erano scese le ragazze.

Rose Weasley, era ferma, immobile sul penultimo scalino, con una bacchetta puntata sul petto. Un uomo, vestito a festa proprio come tutti gli altri invitati, la teneva stretta, cingendole le spalla destra.

“ROSE!!!”, urlò Ron Weasley che gia era pronto a precipitarsi verso di lei ma Harry lo bloccò prendendogli un braccio.

“Non credo le convenga, singor Weasley.”, disse ad alta voce l'uomo che teneva Rose in ostaggio, che poi aggiunse,“Signor Potter! Ordini a tutti quanti di cessare ogni tipo di incantesimo contro i miei uomini, le assicuro che loro faranno lo stesso”.

In un' altra occasione, Harry non avrebbe ceduto a questo genere di ricatti ma c'era sua nipote in pericolo e sapeva che non avrebbe potuto tenere a freno Ron ancora per molto.

“Fermi! Basta! Giù le bacchette!”

Coloro i quali stavano combattendo, gli obbedirono.

Uno strano silenzio sembrò impadronirsi della sala che fino a qualche attimo prima era inondata di musica e parole.

“Accidenti, devo riconoscere che lei ha certamente un ascendente sui maghi. Ne sono colpito.”

L'uomo iniziò a scendere le scale, accompagnato sempre da una terrorizzata Rose.

“Bella festa, Malfoy. Peccato che il mio invito sia andato smarrito.”, disse sorridendo sadico.

“Non credo di aver mai avuto il piacere di conoscerla...”, rispose sarcastico e sprezzante il biondo.

“Oh così mi offendi Draco, non ricordi nemmeno un vecchio compagno di scuola?”

Draco si voltò verso Harry e gli altri per capire se qualcuno di loro lo avesse mai visto ma a giudicare dal volto stupito, nemmeno loro sembravano ricordare.

“Le...Legacy...”

Hermione Weasley, si fece avanti sussurrando quel nome. Aveva le lacrime agli occhi, sua figlia era stata presa come ostaggio ma quel volto, le ricordava qualcuno.

Hermione Granger. Lo sapevo che tu non mi avresti deluso. Nonostante io stia puntando una bacchetta al petto della tua preziosa figlioletta, riesci comunque a ragionare. Chapeau!”, disse l'uomo, inchinandosi leggermente.

“Chi è quel bastardo, Hermione?”, chiese il marito alterato.

“Permettetemi di presentarmi: il mio nome è Legacy Black, anche se in molti di voi si ricorderanno di me come Legacy Hastings.”

Legacy Hastings. Ma certo! Ora Draco si ricordava di lui.

“Eri un Serpeverde del sesto anno. Arrivasti da non si sa dove l'anno in cui alcuni di noi decisero di ripetere il settimo anno per via della Guerra.”

“Vedo che ricordi!”

“Legacy, ti prego...la mia bambina...”, lo supplicò tra le lacrime Hermione.

“Hai detto di chiamarti Black? Com'è possibile che tu...”, iniziò Harry Potter.

“Com'è possibile che io sia in qualche modo imparentato con la famiglia Black? O credimi Harry Potter, è possibile. Ci sono cose sul tuo amato padrino Sirius Black, di cui tu non sei a conoscenza. Ma perché svelare il mistero ora e rendervi tutto più semplice? Lascerò che le vostre menti si scervellino un po', alla ricerca della soluzione di questo rebus.”

Lo sguardo, il tono di voce, le movenze...erano quelle di un pazzo. Un sadico.

“Io non lo farei, cara Astoria”.

Al piano di sopra, dietro Legacy e Rose, Astoria Malfoy reggeva saldamente la sua bacchetta e la puntava esattamente alla nuca dell'uomo.

“Non ti hanno insegnato a non attaccare un avversario alle spalle?”

“Lascia andare la ragazza, Legacy.”

L'uomo si girò leggermente verso la donna.

“Sei sempre bellissima, Astoria. Ovviamente, lo siete anche voi, Ginevra ed Hermione. Perdonate la mia scortesia del tutto non intenzionale.”

“Sei perdonato, ora levati di torno e porta via i tuoi amici da casa mia.”, disse sicura Astoria.

Non eri così coraggiosa ai tempi della scuola...eri così timida, introversa. Draco ti trattava come la sua bambolina personale, completamente alla sua mercé.”

“Zitto...”, digrignò fra i denti Astoria.

“Purtroppo credo tu ti sia svegliata troppo tardi.”

“Zitto!”

“Sono pronto a scommettere che non si è mai tolto la Mezzosangue dalla testa, vero Malfoy?”, disse voltandosi verso Draco per bearsi del suo volto dipinto dalla vergogna.

“Avada K-”

Un tonfo. Un urlo.

Successe tutto in un secondo.

L'incantesimo di Astoria, fu stroncato sul nascere da uno Schintesimo che la fece balzare all'indietro.

“Mamma!”, urlò Scorpius che era riuscito a raggiungere il padre.

Ebony Autumn, reggeva la sua bacchetta con qualche incertezza ma cercava in tutti i modi di mascherare il senso di colpa che stava provando per quello che aveva appena fatto e per ciò che stava per fare.

Il suo Re, sembrò essere stupito e compiaciuto dall'aiuto ricevuto.

“Guarda un po'...allora di te forse ci si può fidare. Sei stata avventata ma leale.”

Rose era attonita. La sua amica, aveva appena schiantato Astoria Malfoy. Lei stava dalla parte di quello che forse l'avrebbe uccisa.

“Credo che per stasera, abbiamo fatto abbastanza. Signore e Signori, vi ringrazio per l'attenzione! Sappiate che stasera, tutti voi siete stati i fortunati testimoni della nascita di una nuova era, un nuovo meraviglioso inizio! D'ora in poi, vorrei che tutti voi mi identificaste come il Re e con il nome di Punitori, i miei seguaci. Il nostro scopo, il fine ultimo della nostra missione, è ripulire la feccia magica che da troppi anni spadroneggia nei nostri uffici, nelle nostre scuole, nelle nostre vite. Anche voi, amici Purosangue, non potete certo definirvi incolpevoli! E per questo, coloro considerati indegni, verranno eliminati alla pari di Mezzosangue e Nati Babbani.

E se non ci credete in grado di commettere queste nefandezze, chiedetevi come mai stasera non sia presente il caro Blaise Zabini.

IN ONORE E MEMORIA DI LORD VOLDEMORT!”

Con queste ultime parole, Legacy lasciò brutalmente cadere Rose ai piedi delle scale e si dileguò insieme a tutti i suoi uomini, non prima di aver preso per mano la giovane Ebony Autumn per smaterializzarla via con sé.

Draco, Ron ed Hermione, andarono subito a controllare le condizioni fisiche di Astoria e Rose che per fortuna sembravano stare bene.

Scorpius non riusciva a trovare Kòre. Anche Noah mancava all'appello.

James era in ginocchio con le testa fra le mani. Quella non poteva essere Ebony.

Come lui, anche Adam Baston era spiazzato.

In quella che sembrava essere una dimensione parallela, un gufo planò all'interno della casa, segno che le protezioni non erano ancora in funzione come invece sarebbero dovute essere.

Lasciò nella mani di Harry Potter un biglietto, scritto a mano.

“Che sta succedendo Harry?”, chiese la moglie Ginny.

“Potter, che c'è scritto?”, chiese Draco Malfoy dopo averlo raggiunto.

Harry fece cadere le braccia lungo il corpo. Stanco, avvilito, sconfitto.

“Blaise Zabini è stato trovato morto un' ora fa. Si tratta di omicidio.”

La mezzanotte, scattò in quel esatto momento. Era il giorno di Natale.

 

TO BE CONTINUED....

 

Poche righe perché sto morendo di sonno!!!!! mi sono lasciata andare alle descrizioni degli abiti perché ho avuto il mio momento “donna femminile”...maschietti, abbiate pietà! I vestiti piacciono anche ad una come me.

Spero che la scena della battaglia e dell'entrata in scena del Re, vi sia piaciuta. Le carte iniziano a svelarsi! La nostra Ebony si è sputtanata (non so se si può dire ma dai, passatemi anche questa) la copertura ma che ne è di Kòre e del suo fidanzatino Noah? E si, ho ucciso Blaise. Vi informo fin da subito che non sarà l'unico a lasciarci le penne...non odiatemi ma non amo le cose semplici e l'happy ending a tutti i costi! XD

La mia fobia per le Dramione sta venendo fuori XD

Ringrazio ancora chi segue, ricorda e preferisce o chi semplicemente legge silenziosamente! Mi raccomando, lasciatemi una mini recensione se avete dubbi, rimostranze o opinioni, mi fa piacere sapere cosa ne pensate =)

ALLA PROSSIMA CHICOS!!!

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Capitolo 21
*** Tre mesi ***


Quel caffè, l'aveva fatta sentire meglio per una buona oretta filata.

Non si era mai resa conto del piacere immenso che si poteva provare semplicemente sorseggiando un buon caffè in un piccolo bar della periferia britannica.

NewCastle, non le dispiaceva. Non era mai stata un'amante del caldo, delle belle giornate estive, del sole. Al rumore delle onde che si infrangevano su una spiaggia, preferiva di gran lunga quello delle gocce di pioggia che si poggiavano lievi e costanti sui vetri delle finestre. Quel giorno, c'era il suo clima ideale: qualche folata di vento, pioggerellina fresca e poco fastidiosa, tanto da spingerla ad uscire senza ombrello.

Per la durata di un'ora, era riuscita a dimenticare tutto. Tutto quello che era successo a quella dannatissima festa, tutti quelli che aveva irrimediabilmente ferito e le conseguenze che ne erano derivate.

Da quel giorno, erano passati tre mesi. In fretta, senza che quasi se ne accorgesse, la sua vita aveva preso una piega che mai avrebbe immaginato.

Non aveva più avuto notizie da Kòre e nemmeno dai membri della Nuova Resistenza. Non che ci fosse un granché da pianificare: era stata costretta ad abbandonare la sua maschera, ad attaccare Astoria Malfoy e a schierarsi con il suo Re di fronte ad Harry Potter. E doveva essere spiacevolmente credibile a tutti che lei, era una traditrice doppiogiochista...

 

 

 

FLASHBACK

 

PAPA'!!!!!!!!!!”

L'urlo straziante di Rose Weasley, giunse chiaramente alle sue orecchie. Si trovava al piano superiore, poco lontano da dove Legacy Black aveva da poco preso in ostaggio la ragazza.

Pochi minuti prima dell'inizio di quell'attacco, lei e Kòre si erano recate nelle stanze private dei Malfoy, precisamente nella camera coniugale.

Era in quella stanza che si trovava la chiave.

Il Manor, dopo la caduta di Lord Voldemort, era purtroppo diventato uno dei simboli del Signore Oscuro, essendo stato il suo quartier generale. Aveva ospitato Mangiamorte, assassini, lupi...era stato teatro di torture, omicidi, processi, lacrime e sangue.

Era un luogo terrificante ma Draco Malfoy non volle abbandonarlo. Si ripromise che lo avrebbe riportato al suo antico splendore, che sarebbe diventato un luogo felice dove poter crescere i suoi figli e dove poter ospitare la sua futura moglie. Prima di tutto ciò però, doveva diventare un luogo sicuro.

Nella sua camera da letto, quella che poi avrebbe diviso con Astoria, aveva fatto incastonare su una parete una specie di piccola scatola di legno con al centro una serratura.

Al suo interno, erano racchiusi tutti gli incantesimi di protezione di cui godeva il Manor. Per attivarli, era necessario disporre della chiave dorata che doveva essere inserita nel buco della serratura e girata verso destra. Dopo qualche secondo, la chiave si sarebbe automaticamente riportata in posizione verticale, a significare che le protezioni erano state attivate correttamente e quindi era possibile toglierla.

Solitamente, le protezioni erano sempre attive e solo in occasioni eccezionali, venivano disattivate. Inoltre, a possedere le chiavi, erano solo in tre: Astoria, Draco e Susan Strongstone.

Kòre, aveva dovuto rubarla a Draco Malfoy, rischiando enormemente. Susan, dopo la brutta esperienza estiva, si era premunita, ed aveva iniziato a tenere la chiave al collo, come la sua padrona Astoria Malfoy. A loro, era quasi impossibile prenderla mentre invece, Draco Malfoy era solito nascondere i suoi oggetti più preziosi nella biblioteca del Manor.

La sua chiave infatti, era all'interno di un libro, al quale erano state tagliate delle pagine in modo da costituire una specie di scrigno di carta. Kòre aveva impiegato anni ed anni a cercare di capire che libro fosse, le aveva provate tutte: i libri di pozioni di Draco, i suoi autori preferiti, quelli di Scorpius, quelli di Astoria, volumi grandi, volumi piccoli, volumi antichi e nuovi, niente. Di quella stupidissima chiave non c'era traccia. Era sicura di aver spulciato ogni singola pagina di ogni singolo libro di quella biblioteca senza successo, tanto da farle quasi perdere la speranza finché un giorno, poco prima dell'inizio delle lezioni a settembre, Kòre ebbe un colpo di fortuna. Susan si trovava ancora al San Mungo e lei stava aiutando la servitù nelle pulizie, proprio nella stanza di Draco e Astoria. Kòre era una gran lavoratrice ma non era di certo famosa per la sua grazia ed equilibrio: inciampò sul secchio d'acqua che stava utilizzando per pulire, ricadendo goffamente e sbattendo rovinosamente il fondo schiena per terra. Quella botta enorme che si era ritrovata e il dolore immenso che aveva provato valsero la scoperta che fece poco dopo. Si era sempre chiesta come mai il pavimento della camera da letto dei Malfoy fosse in parquet, a differenza del resto dell'intera pavimentazioni in marmo della villa.

Un' asse, si era irrimediabilmente spostata, tanto da far credere a Kòre di aver combinato un danno come suo solito. Tentando di rimetterla a posto, la ragazza notò che in realtà, l'asse non era rotta, era appositamente mal fissata in modo tale da poterla sollevare.

Sotto di essa, c'erano dei libri, impolverati e un pochino mal messi. Ne prese uno e ne lesse il titolo: “Lo strano caso del Dr Jekyll e Mr Hyde.”

Kòre si sorprese molto di trovare quel genere di volume, era un libro babbano, Ebony glielo aveva anche prestato una volta.

I colpi di scena non finirono lì, c'erano altri sei o sette libri, tutti di scrittori babbani. Sfogliandoli, Kòre poteva sentire l'usura delle pagine, ingiallite e delicate. Dovevano essere stati letti più e più volte; su alcuni, vi erano pure delle didascalie scritte a mano, ai margini delle pagine. Non era la scrittura di Draco, era più fine, più piccola e veloce, come quella di una donna.

L'ultimo volume che le capitò tra le mani, era più leggero rispetto agli altri anche se dallo spessore delle pagine si intuiva un peso non indifferente, il suo titolo era “Cime Tempestose”. Non appena lo aprì, la chiave dorata le comparve dinnanzi agli occhi, lucida e perfettamente poggiata nella piccola cunetta scavata tra le pagine.

Quella notte, prese la chiave da dove pochi mesi prima l'aveva lasciata e la inserì nella scatola sul muro.

Ok, non appena disattivo le protezioni, hai esattamente cinque minuti per andare da Noah ed avvisarlo. Non devi fermarti a parlare con nessuno, evita chiunque, pure James.”

E perché dovrei andare a parlare con Potter?”, le chiese nervosamente.

Ebony, non è il momento per parlarne ma è chiaro che non potete andare avanti così! Non vi parlate da settimane e da quando siete qui non vi siete manco rivolti uno sguardo.”, ripose piccata Kòre.

Non è colpa mia se quello ha deciso di rivalutare la nostra 'qualsiasi cosa fosse'!”

Ah ah! Allora ammetti che avevate una relazione!”, ripose vittoriosa Kòre.

Sbaglio o ho detto ' qualsiasi cosa fosse'?!? Io non l'ho definita relazione!”

Il piccolo siparietto delle ragazze, fu però interrotto dall'arrivo alle loro spalle di un uomo, un Punitore.

Problemi Dominus?”, chiese sprezzante Ebony.

Controllavo...”, rispose atono. Dominus era un mago potente, uno dei tirapiedi favoriti di Legacy.

Non abbiamo bisgono di essere controllate.”, rispose seria Kòre che nel frattempo era pronta ad inserire la chiave.

Forse non tu Dolohov ma la biondina sì.”

Primo, la biondina ha un nome. Mi chiamo Ebony e lo sai. Secondo, perché tutta questo interesse nei miei confronti?”, chiese acidamente la giovane Autumn.

Sei stata allevata da dei Babbani, non si può mai dire.”

Ebony stava per reagire malamente a quelle che erano delle chiare provocazionim per cui Kòre, decise prontamente di intervenire.

Ti consiglio di andare di sotto, stiamo per cominciare. O preferisci che riferisca a Legacy che hai sprecato il tuo tempo a guardarci il sedere?”

Kòre sapeva essere minacciosa e soprattutto, sapeva di poter contare sulla fiducia del Re che in lei, riversava molte aspettative.

Dominus, obbedì a suo malgrado lasciando le ragazze da sole.

C'è qualcosa che non va...”, disse dubbiosa Kòre.

Beh, in questa storia c'è qualcosa che vada?”, rispose ironica Ebony.

No, non stasera. Qualcosa non mi convince. Legacy sarà anche un sadico ma non è un idiota. Perché diavolo rischiare così tanto ed avvisare Draco stasera? Tutto questo, poteva essere tranquillamente evitato. E poi, perché ti seguono tutti?”

Sono incredibilmente bella?”, rispose Ebony con una battuta non capendo dove stesse andando a parare l'amica.

Kòre si perse per un attimo nei suoi pensieri. Tutta quella fretta di rivelarsi al mondo, il cambio di piano così repentino, la nuova linea che sembrava sposare Legacy in quei giorni era “prima lo si fa meglio è”, in sostituzione alla solita filosofia della vendetta consumata fredda.

Ed Ebony...era sempre controllata, molti Punitori guardavano a lei con un sospetto sempre più crescente.

Quella sera, doveva in qualche modo essere collegata a tutto ciò. Ma la domanda era, come?

Kòre, non abbiamo tempo per i tuoi dubbi esistenziali, gira la chiave!”, disse Ebony ridestandola dai suoi pensieri.

Una volta disattivate le protezioni, Ebony si diresse subito in direzione di Noah ma la sua strada fu sbarrata da Oliver Baston, il padre di Adam.

Quell'uomo, non poteva avere tempismo peggiore. Come poteva sostenere una convesazione con il padre del suo ragazzo in quel momento?

La signorina Ebony Autumn immagino...ho sentito molto parlare di lei.”

Il suo tono era ostile, l'aveva appena squadrata dalla testa ai piedi.

Sigonor Baston, è un piacere.”, ripose tendendogli la mano, cercando di essere il più accomondante possibile.

Mio figlio è al suo ultimo anno...di certo si renderà conto di cosa questo comporti.” , disse Oliver, senza degnarsi di stringere la mano alla ragazza.

Una festa da sballo a fine giugno?”, rispose sarcastica Ebony. Le sue intenzioni di essere gentile erano decisamente sfumate.

Non lo trovo divertente.”

Non voleva esserlo.”

I due si fronteggiavano, occhi negli occhi. Ebony non era intimorita dal grande giocatore Oliver Baston

Conosco le ragazze come lei, siete belle, troppo belle. Senza rendervene conto svolazzate di cuore in cuore, ofuscando le menti di quei poveri ragazzi che hanno l'ardire di provarci con voi. So per certo che hai un caratterino niente male, dote che apprezzo ma non sei adatta a stare al fianco di mio figlio. Sei instabile, irresponsabile, orgogliosa e avventata. Non permetterò che tu ti intrometta nella carriera di Adam.”

Sul volto di Ebony si dipinse un sorriso sarcastico. Nello sguardo di Oliver si leggeva chiaramente il suo disappunto per quella reazione che era di fatto inaspettata.

Sa, ho sempre creduto che Adam esagerasse. Suo padre, non poteva essere un tale idiota ma adesso, devo riconoscere che è stato fin troppo magnanimo nei suoi confronti.”

Come ti permetti ragazz-...”, iniziò a dire Oliver, visibilmente alterato dalla totale mancanza di rispetto di Ebony.

Mi risparmi la predica! Anzi, mi permetta di suggerirle una cosa: parli di più con suo figlio perché non ha la minama idea di quanto lei gli sia distante!”

Non lasciandogli nemmeno la possibilità di ripondere, lo superò a passo svelto.

Come si era permesso? Giudicarla in quel modo senza nemmeno conoscerla!

Instabile, orgogliosa e avventata. Cos'era? Una specie di matta con la bacchetta?

Era vero, Ebony Autumn non era certo famosa per la sua pazienza o per la sua gentilezza gratuita. Era l'esatto opposto di Kòre, sempre riflessiva, affidabile, degna di fiducia.

Ebony si bloccò. Improvvisamente, tutto sembrava avere un senso.

Lei era l'essatto opposto di Kòre. Il motivo per cui Celsus la seguiva, per cui era costantemente controllata, per cui tutto il piano era stato cambiato. Era uno e uno solo: lei.

I Punitori, non si fidavano di lei e quella del Ballo era una prova. Una prova di lealtà. Doveva dimostrare di fronte a Legacy che era degna della stessa fiducia di cui godeva Kòre.

A pochi passi da lei, c'era Noah. Alla sua destra, c'erano Scorpius e Albus che ridevano. Alla sua sinistra, Harry Potter sorseggiava tranquillamente dello champagne.

Si voltò, incamminandosi seguendo la direzione da cui era venuta.

Se voleva davvero fare la cosa giusta, avrebbe dovuto fare quella sbagliata.

 

FINE FLASHBACK

 

Appena mise piede in quella casa un pò fatiscente, Celsus le venne incontro con la sua solita faccia da troll arrabbiato.

“Sei uscita, di nuovo! Vuoi rendere vita facile agli Auror!?”

“Quando ti sei accorto che mancavo?”, chiese con sufficienza.

Celsus non rispose.

“Come pensavo...ti sei accorto che ero uscita nel momento in cui ho varcato quella soglia, cioè trenta secondi fa. Se siamo fortunati e gli Auror hanno le tue stesse capacità deduttive, direi che posso stare tranquilla.”, disse annoiata e sarcastica.

Se andò dritta nella sua stanza, senza minimante dare ascolto alle repliche senza senso di quell'idiota di Celsus.

Chiuse la porta dietro di sè e si stese a peso morto sul grande letto a baldacchino.

Accanto al suo cuscino, c'era una fotografia. Per essere precisi, era la sua locandina da ricercata.

La prese in mano e la osservò come spesso le era capitato in quei tre mesi.

Era uscita bene. I capelli in ordine, lo sguardo da cattiva ragazza. Come tutte le foto magiche, era animata. Nella sua, si esibibiva in un sorrisetto sadico e furbo che avrebbe fatto le scarpe a Severus Piton.

Il fatto di essere una ricercata, le pesava. Dopo Natale, era stata tenuta nascosta in quella casa per quasi due settimane. Inizialmente, si era pensato di spedirla in un luogo più sicuro, da quelche parte nel nord della Francia dove a quanto sembrava, il suo Re aveva degli amici.

Alla fine, era stato invece Legacy a trasferirsi là, lasciando il suo vecchio quartier generale a lei, Celus e un elfo domestico di nome Moony.

Celsus odiava il fatto che il suo Signore lo avesse abbandonato lì a fare da balia ad una ragazzina ma credeva che fosse l'ennesima dimostrazione di quanto si fidasse di lui. Per Ebony era più verosimile credere che in realtà, Legacy non lo volesse tra i piedi.

La sua vita da fuggiasca, era deprimente, noiosa e triste. Ovviamente, non aveva più rapporti con nessuno dei suoi amici da quella notte. Harry Potter, aveva ufficialmente dichiarato lo stato di emergenza e nel giro di due settimane, tutto il mondo magico era come regredito al passato di Lord Voldemort. Il clima di paura e di incertezza, era palpabile.

Non sapeva che ne fosse stato di Kòre, di Jocelyn, di Rose, di Scorpius, di Adam. Non sapeva come avrebbero trattato il tema “sua figlia è una deliquente” con i suoi genitori adottivi. Non meritavano nulla di quello che stava per accadere.

Ebony Autumn, era da sola. Sola, come non era più abituata ad essere.

***

 

“Ricordate sempre che di fronte ad uno Schiantesimo è sempre utile sapere come proteggersi ma la prima cosa a cui dovete pensare è una via di fuga.”

Temperance Tudor e Derek Gellant stavano tenendo l'ennesima lezione su come difendersi da eventuali attacchi dei Punitori.

Kòre, come il resto dei suoi compagni, dedicava un'ora alla settimana ai due giovani Auror inviati dal Ministero affinché fossero a conoscenza dei pericoli che ormai si annidavano fuori dalle mura di Hogwarts.

“L'unico lato positivo di queste stupide lezioni è la bella presenza di Gellant.”, disse sottovoce Molly Weasley, sesto anno, Corvonero.

Molly non era famosa per il suo buoncuore e disponibilità. Lei stava per conto suo, non dava fastidio a nessuno e pretendeva che gli altri non ne dessero a lei. Trovava quelle lezioni inutili e non facevano altro che distrarla dal suo importantissimo percorso scolastico.

“Credo che anche loro preferirebbero essere altrove. Soprattutto Temperance.”, rispose Kòre che aveva notato l'insofferenza della giovane Auror.

“Ma a che cavolo serve? Siamo bloccati qui, c'è il coprifuoco, non possiamo ricevere lettere senza che esse non vengano scupolasamente controllate! Siamo in una dannatissima fortezza!”, disse Molly. Di rado le capitava di perdere la calma ma quella situazione le dava sui nervi.

“Weasley, abbassa i toni!”, la redarguì Lysander Scamandro. In qualità di Prefetto era suo compito mantenere l'ordine.

“Lys, trovati una ragazza su cui sfogare la tua frustrazione.”, gli rispose Molly. Erano mesi che il suo rapporto con Lysander non andava bene. Le loro famiglie, erano sempre insieme e quindi i due erano cresciuti come in simbiosi. Erano grandi amici ma ora litigavano spesso e non si frequentavano molto al di fuori delle lezioni che per forza condividevano.

“Hai notizie di Ebony?”, chiese Lys, rivolgendosi a Kòre.

“Mica sono un Auror, a me non dicono niente...”, disse amaramente la ragazza.

“Sì, sono troppo impegnati a farti il terzo grado ogni volta che possono.”, aggiunse Molly.

Dalla sera di Natale, Kòre era stata ufficiosamente inserita nella lista dei cattivi. Era la migliore amica di Ebony, la sua condizione di Guardiana e il suo cognome, non le rendevano la vita facile.

Aveva perso il conto di quante volte l'avevano interrogata, fortuntamente senza Veritaserum. Aberforth Silente, si era impuntato: se qualcuno si fosse azzardato a somministrare ad uno qualsiasi dei suoi studenti minorenni anche solo una goccia della pozione della verità, se la sarebbe vista con lui.

Ebony era ufficialmente una ricercata. Aveva capito il perché di quella sua azione, alla fine, ci era arrivata pure lei: l'aveva fatto per preservare la sua posizione all'interno dei Punitori dato che quella di Ebony cominciava a vacillare.

Finalmente, la lezione finì, con sommo sollievo della maggior parte degli alunni che poterono dirigersi alla Sala Grande per la cena.

Non era menefreghismo il loro, semplicemente, all'interno della scuola, si sentivano protetti, al sicuro.

Notizie di scontri tra Punitori e Auror giungevano ogni giorno, così come l'elenco dei ricercati si allungava sempre più.

A differenza dei vecchi Mangiamorte, i Punitori non attaccavano babbani, almeno non ancora. I loro obbiettivi erano maghi in vista dell'alta società, luoghi pubblici, luoghi di rilevanza culturale ed economica. Miravano a corrodere poco a poco le strutture consolidate, agivano svelti, pronti e puliti.

L'operazione più crudele che avevano compiuto, era l'omicidio di Blaise Zabini. Era stato trovato da una cameriera. Un Avada, probabilmente scagliato quando lui si trovava di spalle, era la causa del suo decesso. La moglie di Blaise, Amelia Breeland, era devastata, tanto da dover essere trasportata al San Mungo per un esaurimento.

Alexander invece, sembrava non esserne stato minimamente scalfito. Sembrava lo stesso di sempre, scostante, acido e solitario. Albus e Scorpius provarono a parlare con lui ma senza successo. Espressero il loro dispiacere per la sua perdita e Zabini ringraziò cortesemente ma nulla di più.

Coloro che erano presenti alla festa di Natale invece, portavano chiari ed evidenti segni di come quella sera gli avesse cambiati.

Adam Baston, sembrava un automa. Il suo rendimento scolastico era pessimo per non parlare di quello sulla scopa: aveva rinunciato al suo ruolo di capitano, affidandolo assurdamente a Frank Paciock, il sostituto di Ebony.

Non rideva più come una volta, parlava poco e sembrava essere completamente in balia degli altri. Seguiva la massa Adam Baston, cosa che non aveva mai fatto.

James Potter, reagì esattamente al contrario: sembrava essere tornato il James Malandrino Potter, sempre in vena di scherzi e perennemente in punizione. Era sempre circondato dagli amici, si allenava ogni giorno per almeno tre ore, era diventato il miglior realizzatore del torneo, i suoi voti erano assurdamente migliorati dato che i suoi compagni di Casa giurarono di averlo visto studiare, cosa alquanto inusuale per uno come James.

Inoltre, per la gioia della popolazione femminile di Hogwarts, il giovane Potter si era datto alla bella vita, cambiando ragazza ogni due giorni. Suo fratello Albus, lo descriveva come una prostituta bisognosa di attenzioni, definizione poco lusinghiera ma che non si allontava troppo dalla realtà.

Rose e Scorpius, non si rivolgevano parola. Il motivo era molto probabilmente sconosciuto pure a loro.

Albus sembrava comportarsi allo stesso modo di Alxander ma si vedeva che in realtà era preoccupato e in ansia. Quegli strani sogni non lo tormentavano più e di certo non poteva essere una coincidenza.

Jocelyn beh, era Jocelyn. Anche se qualcosa l'avesse turbata, non lo avrebbe certo sbandierato ai quattro venti.

Kòre, se la cavava, come sempre se l'era cavata. I contatti con i Punitori si erano fatti più rari ma sapeva di doversi tenere pronta da un momento all'altro così come Jo-Jo. Sperava che Ebony stesse bene. Era sicura che sarebbe stata in grado di sfuggire agli Auror per un pò ma erano già passati tre mesi e le cose non potevano che peggiorare.

Harry Potter, l'aveva interrogata più volte ma era riuscita a manetenersi vaga quando si parlava di Ebony. Gli chiese della sua famiglia adottiva babbana, lei rispose che sapeva solo i loro nomi, Janet e Matt Autumn, e il loro lavoro. Janet era una maestra d'asilo mentre Matt faceva l'assicuratore.

Anche Noah fu un argomento di discussione. Dopo la dipartita dei Punitori, era sparito nel nulla, senza lasciare traccia. Anche a Jocelyn venne chiesto che fine avesse fatto ma niente, nemmeno i suoi stessi genitori lo sapevano. Per loro, dissero poi ad Harry, era normale che il figlio sparisse per un pò, succedeva spesso e non sembravano essere minimamente preoccupati. Questo di certo non andava a favore della sua posizione e fino ad un mesa fa, gli Auror erano convinti che fosse un complice di Legacy, nonostante le proteste di Kòre che smentiva a gran voce questa bugia. Se lo avessero inserito tra i ricercati, la sua foto sarebbe sicuramente arrivata ai Punitori e questo, Jo-Jo e Kòre non lo potevano permettere. Avrebbe messo a rischio la loro posizione, dato che Legacy era perfettamente a conoscenza del fatto che Noah Green avrebbe fatto di tutto per eliminare lui e i suoi seguaci.

Fortunatamente, Fred Weasley, intervenne a favore del ragazzo di Kòre. Raccontò di come in realtà fu grazie a Noah se lui poteva essere ancora in grado di respirare dato che lo aveva salvato da una fattura. Altri testimoni, confermarono la versione di Fred e Noah, venne depennato dalla lista dei cattivi.

Kòre avrebbe voluto ringraziare il giovane Weasley ma lui, non le rivolgeva parola.

Ecco come aveva deciso di reagire Fred, con il silenzio e l'indifferenza. Inizialmente, Kòre non vi diede molto peso anche perché era completamente presa dalle sue lezioni private con Fred Senior. Finalmente, era arrivato il momento anche per lei di poter fare un passo in avanti con le sue doti di Guardiana e piano piano, stava imparando a controllare il suo potere. La sua guida, le aveva consigliato di non pensare troppo a quello che passava per la mente di un Weasley, loro erano troppo assurdi per essere capiti. Presto, Fred si sarebbe reso conto da solo delle sciocchezze su cui si scervellava e tutto sarebbe tornato come prima.

Erano passati tre mesi ma Fred non accennava nemmeno uno sgurdo verso di lei.

Kòre, forse era conoscienza del motivo che spingeva Fred a non calcolarla minimante ma non aveva intenzione di riunciare così, senza spiegazioni, alla sua amicizia con il ragazzo.

Quella sera, che Weasley lo volesse o meno, l'avrebbero dovuta passare insieme, a fare la ronda.

Lei lo aveva aspettato proprio davanti al dormitorio dei Grifondoro, con venti minuti di anticipo era impossibile per lui evitarla.

Non appena Fred varcò la soglia del suo dormitorio, la vide, sorridente in piedi di fronte a lui. Kòre si aspettava almeno un saluto, un cenno con il capo ma niente, semplicemente Fred la sorpassò aspettandosi che lei lo seguisse o piuttosto sperando che lei si volatilizzasse. Non un grande inizio.

Camminavano da quasi un quarto d'ora, sempre in silenzio.

Kòre Dolohov, decise di mettere in pratica nuovamente il consiglio datole anni prima da Fred Senior, “sdrammattizzare sempre e comunque.”

“Inutili queste ronde eh? Siamo circondati da Auror...immagini che ridere se trovassimo noi uno di quei tizi?”

“Se tu trovi divertente il fatto che ci uccidano beh, è tutto tuo.”, rispose acido e nervoso Fred, senza nemmeno degnarla di uno sguardo.

“Lo sai che non intendevo dire quello...”, disse Kòre, offesa dal suo comportamente e dal fatto che potesse anche solo pensare una cosa così stupida.

Fred rise ironicamente.

“Che c'è?!”, chiese spazientita la ragazza.

“No, niente...è che non sono più tanto sicuro di sapere qualcosa su di te.”

“Con questo cosa vorresti dire?”, chiese nuovemente Kòre, non capendo dove Fred voleva andare a parare.

“Beh, non mi hai mai detto che Ebony era stata adottata...”, disse con poco disinvoltura Fred. Era una bugia, si vedeva.

“Lo so che non è questo che intendevi Fred.”, disse Kòre fermandosì dietro di lui, “coraggio, dillo.”

Fred si voltò verso la ragazza che lo guardava con occhi duri, freddi, come se lo volesse sfidare.

Fece qualche passo verso di lei, poi alzando le braccia, lo disse:

“Vuoi che lo dica? Bene, lo farò. Noah Green.”

“Noah Green, cosa?”

“Credo che Noah Green sia la risposta a tutti i cosa e i perché che ti vengono in mente.”, rispose alterato Fred.

“Cosa vuoi sapere?”, chiese una Kòre che sentiva tutto il suo coraggio e la forza d'animo abbandonarla poco a poco, man mano che Fred si faceva più vicino.

“Non ho bisgono di sapere nulla, so già tutto quello che serve. Lui è il tuo ragazzo e stando a quel che dice Malfoy lo è da un bel pò!”

Fred era arrabbiato, Kòre non lo aveva mai visto così, nemmeno la sera del compleanno di Albus, quando lei e Scorpius si presentarono senza preavviso alla Tana.

“Sì, è vero.”, fu tutto ciò che riuscì a pronunciare. Gli occhi di Fred la bruciavano dentro.

“Allora vi aguro buona fortuna e una vita felice.”, disse secco per poi voltarsi e continuare a camminare.

Kòre, lo inseguì, intenzionata a chiarire quella situazione.

“Si può sapere perché sei così arrabbiato? Noah ti ha salvato la vita!”, urlò la ragazza, raggiungendo Fred che all'udire quelle parole si fermò di scatto per poi voltarsi, furente.

“E credi che mi faccia piacere?! Che sia contento che il mio culo si trovi ancora in questo mondo grazie al tuo prode cavaliere?! Mi avrà anche salvato la vita ma ciò non significa che io gli debba rispetto o che sia obbligato a farmelo piacere!”

“Non sto dicendo che deve piacerti per forza ma vorrei solo sapere perché lo odi”

“Io non lo odio...”

“Oh piantala Weasley!”, disse arrabbiata Kòre, “so bene che Noah non è molto bravo a relazionarsi con gli altri...”

“Quello è poco ma sicuro..”, disse sarcastico Fred, “Ebony sarà anche una traditrice ma sapeva giudicare bene le persone. Quello sta antipatico pure a sua sorella, come fai tu a starci insieme!?”

“Sono affari miei.”, rispose secca Kòre.

“Lo ami?”, chiese a bruciapelo Fred.

“Cosa?”

“Lo ami?”, ripetè più fermo e deciso di prima.

Kòre non era in grado di rispondere. Lo sguardo di Fred era talmente intenso da leggerle l'anima, non gli avrebbe potuto mentire, anche se avesse voluto farlo. Le si era fatto più vicino, la sua altezza la metteva in soggezione, lui la sovrastava.

“Noah Green è stato il primo ragazzo, forse la prima persona in assoluto che ha visto me. Non la Guardiana, non la cameriera, non la ragazza stramba con l'occhio viola, non la nipote del Mangiamorte che ha ucciso Remus Lupin e Ninfadora Tonks. Lui ha visto Kòre, solo Kòre. Quando il mondo intero mi voltava le spalle, quando a scuola venivo perseguitata da chiunque, lui c'era, c'è sempre stato. Io gli devo tutto, compresa la tua stupida vita Fred Weasley! Quindi, se vuoi prendertela con qualcuno, prenditela con te stesso, perché sei stato un cieco per anni!”

Kòre aveva pronunciato quelle parole con coraggio, fermezza, orgoglio e rabbia. Dopo anni, i suoi sentimenti venivano spiattellati in faccia a colui che aveva saputo renderle la vita un inferno. Aveva guardato Fred negli occhi, la sua altezza non la spaventava più. Il giovane Weasley era rimasto impietrito di fronte ad una tale collera, non se l'aspettava; quando i suoi genitori si arrabbiavano, urlavano e sbraitavano come matti. L'ira di Kòre era diversa, era fredda, radicata nel suo cuore da tempo. Non aveva urlato, non aveva gesticolato, il suo tono era pacato, scandiva ogni silliba affinché il suo discorso si imprimesse indelebile nella mente e nel cuore di Fred.

Era sbigottito e senza parole. Kòre, stette ferma qualche secondo, forse aspettandosi una risposta che però non ricevette.

“Finisci tu la ronda.”, disse poi incamminandosi a passo svelto nella direzione opposta.

Fred rimase lì, fermo. Kòre aveva ragione, lui era stato cieco, stupidamente cieco.

***

 

Quel giorno, Rose aveva solo due lezioni. Il martedì pomeriggio, si sarebbe potuta dedicare come suo solito alla pulizia della sua stanza, a mettere in ordine i suoi appunti, i suoi libri, a svagarsi in biblioteca. Era una specie di giorno libero per lei, molto più della domenica che dedicava interamente allo studio.

Fece una colazione veloce al tavolo dei Corvonero, anche perché Kòre non sembrava molto in vena di fare due chiacchere.

Tutta la storia di Ebony, l'aveva sicuramente destabilizzata.

Anche la piccola Rose era rimasta scossa da quegli avvenimenti, tanto che l'aggettivo piccola forse, non le si addiceva più.

Aveva dormito poco e male per un mese dopo che quell'uomo le aveva puntato una bacchetta al petto, dopo che Ebony Autumn aveva attaccato la madre di Scorpius e si era rivelata essere il nemico.

Scorpius. Tasto dolente.

Da quella sera, non si erano più parlati. Era come se non si fossero mai conosciuti, il loro rapporto si era totalmente distrutto. Non si erano mai evitati, mai, nemmeno quando si odiavano. Si prendevano in giro, si facevano scherzi di ogni genere ma si consideravano. Ora, erano due perfetti estranei e Rose non se ne capacitava. Decise di non pensarci più di tanto, almeno non quel giorno, il suo giorno libero.

La giovane Weasley non poteva però sapere che l'oggetto delle sue preoccupazioni si trovava nella sua stessa situazione.

Scorpius Malfoy aveva deciso di saltare le lezioni del mattino e di rifugiarsi nella Stanza delle Necessità.

Aveva chiesto alla Stanza una semplice poltrona su cui sedersi comodamente, qualcosa da magiare e da bere. Lui si era portato dei libri da leggere, per passare il tempo, per non pensare.

Erano tre mesi che non parlava più con Rose. Si salutavano a fatica nei corridoi, le poche volte in cui stavano più di cinque minuti a stretto contatto era solamente grazie ad Albus che li obbligava a convivere.

La realtà, era che Scorpius si sentiva un codardo.

Quando aveva visto Rose là, in alto sulle scale del Manor,il sangue gli si era gelato nelle vene.

Era paralizzato, inerme ed inutile. Lei stava rischiando la vita, quello squilibrato l'avrebbe sicuramente fatta fuori senza troppi problemi e lui, la fissava, come un perfetto idiota.

Sua madre invece, era intervenuta richiando la sua stessa vita per salvare quella di una ragazza che nemmeno conosceva più di tanto. Quando Scorpius le aveva viste entrambe in pericolo, aveva finalmente realizzato che nella sua vita, le certezze erano poche: suo padre, sua madre, Kòre, Albus e Rose. Due di quelle cinque certezze, stavano per dissolversi dinnanzi ai suoi occhi.

Poi ci fu l'attacco di Ebony, la paura che sua madre non ce la facesse, il sollievo nel vedere Rose scossa ma viva, l'annuncio della morte di Blaise Zabini.

Quel Natale fu uno dei peggiori, se non il peggiore, Natale passato da Scorpius e i mesi successivi non sembravano voler migliorare.

Il suo rendimento scolastico era peggiorato, il Quiddich non gli dava nessuna gioia, i suoi compagni avrebbe tanto voluto vederli schiacciati dal Platano Picchiatore.

Era di umore nero e tutti i tentativi di Rose di riuscire a parlargli non facevano altro che aumentare questo suo disagio. Avevano interroto gli incontri segreti nella Stanza delle Necessità, non parlavano mai a lezione, non studiavano più insieme. Rose aveva più volte tentato si tornare alla normalità ma per Scorpius non c'era verso: ogni volta che la guardava, nella sua mente appartiva ben nitida l'immagine di lei minacciata da Legacy Black e la sensazione di impotenza e disperazione che aveva provato.

Con questi pensieri infausti, il ragazzo decise di avviarsi verso l'infermeria, dove avrebbe finto un terribile mal di pancia che lo avrebbe giustificato per la sua assenza a lezione.

Poco prima di arrivare a destinazione, Scorpius notò che alla sua sinistra, seduta per terra e circondata da enormi tomi, Jocelyn Green sbuffava sonoramente.

La ragazza era talmente concentrata sul suo lavoro da non accorgersi della presenza del ragazzo di fronte a lei.

“Green?”, disse Scorpius, finalmente attirando la sua attenzione.

“Oh, ciao Malfoy...non dovresti essere a lezione?”

“Pure tu...”

Jo-Jo non rispose, affondando nuovamente il volto tra le pagine di quei libri. Scorpius, ne spiò il titolo di alcuni, constatando che si trattava della storia completa delle famiglie Purosangue. Ogni famiglia, ne possedeva almeno uno, era una specie di lascito, un cimelio che serviva per non dimenticare mai la superiorità che contraddistingueva le famiglie Purosangue, un' assicurazione sulla provenienza di ogni membro della famiglia. Scorpius, ricordava di averne visto qualcuno di recente, quando gli Auror vennero a casa sua per controllare se in quello della famiglia Black ci fosse traccia di quel folle.

“Vuoi riscoprire le tue origini? È facile, sei figlia della famiglia Green, punto. La tua è delle più antiche famiglie Purosangue che esista.”

Jocelyn sembrò non apprezzare molto la presenza del compagno di casa ma forse gli sarebbe stato utile.

“Tu sapevi che Oliver Baston è Purosangue?”, chiese la ragazza.

Scorpius ci pensò su, sedendosi accanto a lei.

“Sì, mi pare che di aver scorto il suo nome anche in qualcuno dei miei libri, perché ti interessa?”, chiese curioso il ragazzo.

“Affari miei.”

Scorpius non rispose, sapeva bene che il carattere scontrosetto di Jocelyn non le avrebbe impedito di affatturarlo in mezzo al corridoio.

“Allora io proprio non capisco...”, disse sbuffando.

“Cosa?”, chiese nuovamente il compagno.

“Adam non compare in nessuno di questi libri e, come hai detto tu stesso, la mia famiglia è antica e praticamente imparentata con chiunque. Lui non c'è, l'albero genealogico si ferma ad Oliver.”

“Ovvio che sia così, mi sorprenderebbe il contrario.”, disse come se nulla fosse Scorpius. Jocelyn, alzo lo sguardo nuovemente verso di lui, stupita e curiosa.

“Davvero non lo sai?”, chiese attonito Scorpius.

“Non mi stupisco facilmente Malfoy quindi no, davvero non lo so!”

“L'attuale signora Baston, è una Mezzosangue. Mi pare che il suo cognome da nubile fosse Bell. I nonni di Adam, nonostante si dimotrarono sempre aperti ed accomodanti verso i non puri di sangue, si fecero parecchi scrupoli quando il loro amato, puro, unico figlio, decise di sposare Katie Bell. La reputarono troppo...originale.”

“Per originale intedi una donna con le palle, Mezzosangue che mai sarebbe stata in grado di incarnare la perfetta idealizzazione di madre Purosangue?”

“Si può dire anche così, già...”

Prima della festa di Natale, lei ed Ebony avevano passato in rassegna ogni singolo volume genealogico di ogni dannatissima famiglia Purosangue solo per riuscire a capire come mai, Alexander Zabini, fosse così interessato alla sorte di Gwen Pondblue, tanto da spingerlo ad aiutare ed indirettamente partecipare a tutta quella follia.

Jocelyn credeva fermamente che se non si fosse intromesso, suo padre non sarebbe morto. Legacy non aveva nessun interesse nei suoi confronti, provava lo stesso identico odio che riservava a tutta quella schiera di maghi che secondo lui si erano venduti dopo la caduta del Signore Oscuro.

In quei libri, avevano scoperto che Gwen era la terzogenita della nobile famiglia Pondblue, proveniente da un sobborgo parigino di gran classe. A differenza dei suoi fratelli che avevano frequentato una scuola francese, lei era stata iscritta ad Hogwarts, con tutti i problemi annessi. Per undici anni, aveva parlato un'altra lingua e vissuto in un altro paese, non era stato facile per lei adattarsi alla sua nuova vita.

“E che mi sai dire dei Pondblue?”, chiese Jocelyn, provando a sfruttare le informazioni di cui Malfoy sembrava disporre.

“Non molto, non hanno mai frequentato molto spesso il Manor...a mio padre non stanno simpatici, credo. Come la quasi totalità del mondo...Comunque, non è una famiglia mondana. Come mai così curiosa? Stai cercando marito?”, chiese ridendo Scorpius.

Jocelyn rispose con un pungo per nulla amichevole, per poi alzarsi raccogliendo tutti i suoi libri. Scorpius fece lo stesso, tenendosi la spalla sulla quale la ragazza aveva sfogato la sua rabbia repressa.

“Ti sembrarà assurdo Malfoy ma per una volta, forse, non sei stato inutile.”

“Che posso dire, mi sto impegnando...”, rispose sarcastico.

“Siccome non ho intenzione di permetterti di vantare un debito nei miei confronti, accetta un consiglio: parla con la Weasley e tira fuori le palle. Siamo dei Serpeverde ma non siamo codardi, siamo furbi. Fatti furbo.”

Così dicendo, Jo-Jo si lasciò alle spalle il suo compagno di casa, visibilmente scosso e pensieroso.

Non ebbe quasi nemmeno il tempo per ripensare alle parole di Jocelyn che si ritrovò faccia a faccia con Rose.

“Ciao.”, disse atona.

“Ehi.”, rispose poco convinto.

“Non dovresti essere a lezione?”

“Sì...io...ecco...”

“Lascia stare, non sono affari miei. Buona giornata!”, disse nervosa Rose.

Prima che potesse proseguire dritta, Scorpius la fermò, afferandole il polso.

“Ti ho fatto qualcosa?”, chiese fermo.

“TU? Oh no Malfoy, tu non hai fatto niente, proprio NIENTE.”, rispose Rose, enfatizzando l'ultima parola.

“Siamo tornati al Malfoy?”

“Siamo sempre stati al Malfoy, così come siamo sempre stati al Weasley!”

“Ok, è evidente che ti ho fatto qualcosa...”, disse Scorpius lasciandole il braccio.

“Miseriaccia Malfoy quanto cavolo sei insistente! Ti ho detto che tu, non hai fatto niente! Ed è questo il problema: dalla notte di Natale, sei sparito. Fisicamente, mentalmente...sei una specie di fantasma che vaga per la scuola, salti le lezioni, eviti il mio sguardo, eviti di parlarmi, eviti di avere a che fare con me da tre mesi! Se c'è qualcuno che deve chiedersi se ha fatto qualcosa di male, sono io!”

Scorpius aveva assistito a quello sfogo stupito: mai gli era capitato di avere a che fare con una persona del genere. Rose non aveva paura dei suoi sentimenti, esternava tutto, era sicera, leale e, in quel particolare momento, arrabbiata, triste, delusa.

“Io lo so che sei scosso...che tutto questo è semplicemente assurdo. So che vedere tua madre affrontare quello squilibrato non dev' essere stato per niente facile, così come vedere la tua casa nuovamente attaccata...ma io ero qui, io sono qui e tu, non vuoi parlarmi...e io non so che fare perché mi sono ritrovata nell'assurda situazione di non essere felice se non mi parli.”, disse Rose, tutta d'un fiato. Il suo volto, prima adirato e contornato da un' espressione truce, era visibilmente più rilassato, il suo pallore era stato rimpiazzato da due gote rosse. I suoi occhi, sempre vispi e fermi, erano bassi, fissi sulle sue scarpe. I capelli, le ricadevano scomposti sul viso, coprendone alcuni tratti.

Scorpius sentiva il suo cuore battere, non aveva mai battuto così forte. Solo quella sera, di tre mesi fa, quando realizzò per la prima volta che Rose, era importante, spaventosamente importante. Come al solito, lei si era aperta, aveva messo le carte in tavola, gli aveva offerto l'ennesima possibilità per essere sè stesso, per dimostrarle che aveva molto da offrire. Lui però, era come raggelato, fermo, inerme dinnanzi a qualcosa che in quel momento, era più grande di lui.

Rose aspettava una risposta.

Jocelyn aveva detto che era furbo ebbene, quello era il momento di mettersi alla prova e testare la sua furbizia per togliersi da quell'impiccio.

“Il fatto è che sono rimasto un pò scosso dalle parole di quel tipo...quando ha insinuato che mio padre avesse una tresca con una Mezzosangue e trattasse mia madre come una bambola. Io non ne sapevo nulla.”

Non era una vera e propria bugia. Stupito, lo era davvero, gli avevano sempre raccontato che suo padre e suo madre erano una specie di coppia d'oro, l'unione che tutti sognavano.

“Credi si riferisse a qualcuno in particolare?”, chiese Rose.

“Credo più che altro che sia una balla bella e buona. Mio padre, con una Mezzosangue, a quell'epoca? La vedo dura.”

“Forse dovremmo indagare...”

“Dovremmo?”

“Beh, tu non sei certo in grado di farlo per conto tuo, mister sonoduesettimanechesaltognilezione! Devi recuperare, ti presterò i miei appunti.”

“Io non credo di volerlo sapere, non mi interessa con chi stava o no mio padre a diciassette anni!”, disse più rilassato Scorpius.

“Prima regola: conosci il tuo nemico meglio di quanto lui conosca te. Legacy Black ha un enorme vantaggio, su tutti noi. Nel mio piccolo, voglio essere utile.”

Scorpius sapeva che non sarebbe riuscito in nessun modo a far desistere la ragazza dalla sua missione per cui acconsentì a scavare nel passato di suo padre.

Era riuscito a tirarsi fuori da quel litigio nell'unico modo che sapeva sarebbe riuscito a spostare l'attenzione della Weasley: studiare e fare ricerche.

“Ti chiedo scusa, Rose.”, disse infine.

“Considerati perdonato, Scorpius.”

TO BE CONTINUED

 

Non uccidetemi!!! giuro, che io c'ho provato a scrivere più in fretta ma l'università mi prende moltissimo. Capitolo per così dire di passaggio. Era previsto molto, molto più lungo ma ho preferito staccare e concentrare le emozioni e le sensazioni post casino di Natale qui. Nel prossimo, si ripasserà all'azione!

Ringrazio molto chi lascia recensioni, in particolare Cindernella, tutti quelli che seguono, preferiscono e ricordano.

Rinnovo l'invito a recensire, a questo punto della storia vorrei scoprire cosa ne pensate perché ho una mezza idea di concluderla alla fine dell' anno scolastico dei miei personaggi per poi cominciare un sequel due anni dopo....beh basta, adesso smetto di rompere...sciaoooo =)

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Capitolo 22
*** Verità relative ***


 

eeeeeeeeeeeeee SORPRESAAAA!!! Già, solitamente non pubblico due capitoli, di una stessa storia, in un lasso di tempo così breve ma aimè, l'ispirazione mi ha colpita in testa come fulmine! Enjoy people e grazie a Cindernella che non manca mai una recensione =)

 

 

L'Ala Sainsbury della National Gallery di Londra, era stata costruita nel 1991, ad opera di architetti di fama mondiale quali Robert Venturi e Denise Scott Brown.

Si trattava di un ampliamento del celebre museo, per poter ospire all'interno delle sue sale le opere rinascimentali.

Era proprio in una di quelle stanze che si erano dati appuntamento, per la precisione la numero cinquantotto, davanti al dipinto Venere e Marte* di Sandro Botticelli.

Quando lui arrivò, lei lo stava già aspettando seduta su una panchina, di fronte a quel quadro che sembrava la perfetta rappresentazione di ciò che era stato il loro amore.

Essendo un giorno lavorativo, erano poche le persone che affollavano il museo, per lo più scolaresche che poco apprezzavano quegli strani disegni di angeli, dei e signore in vestaglia.

Si fermò qualche secondo ad ammirare la sua schiena: i suoi capelli raccolti, gli permettevano di godere della vista di quello splendido collo lungo e fiero su cui stampava baci focosi, di cui si impossessava ogni volta che poteva. Lo mordeva leggermente, lo accarezzava, lo assaggiava.

Si avvicinò lentamente, credendo che non lo avesse sentito. Ovviamente, si sbagliava.

“Ben arrivato”, disse, senza distogliere lo sguardo dal dipinto.

Draco Malfoy rise. Non si era girata nemmeno per un secondo eppure lei sapeva che lui era lì, che era dietro di lei e che si stava avvicinando. Ne fu in un certo senso onorato e lo fece sentire speciale il fatto che sentisse ancora la sua presenza.

Le si sedette accanto, con le mani in tasca.

“Hai una vaga idea di quanto sia difficile trovare un taxi a quest'ora?”

“E' per questo che io ho preso la metropolitana...”, disse sorridendo ma senza mai guardarlo negli occhi. Sembrava essere rapita da quel quadro, Draco sapeva che era uno dei suoi preferiti.

“Io su quella specie di treno della morte non ci salgo. Solo una volta, una pazza e sadica Mezzosangue, mi obbligò a farci un giro.”

Finalmente, il volto della donna si girò verso di lui, incontrando i suoi occhi. Erano visibilmente stanchi ma pur sempre luminosi, attenti, indagatori. Quegli occhi, gli avevano scavato nel profondo, sovvertendo ogni regola, abbattendo ogni muro, sconfiggendo ogni resistenza del suo cuore.

“E' stato divertente, ammettilo Malfoy!”, disse ridendo.

“Divertente? Abbiamo sempre avuto una concezione diversa della parola divertente, Granger. Un tizio vestito da donna mi chiese se poteva tagliarmi una ciocca di capelli per farne il suo nuovo portachiavi.”

Un'altra risata invase le orecchie e il cervello di Draco che non potè fare a meno di ridere a sua volta.

“Sai che è pericoloso incontrarsi in un momento come questo...”, disse poi quest'ultimo, tristemente.

“Si, lo so. A proposito, come state tu e Astoria?”, chiese preoccupata Hermione.

“Astoria sta bene, direi. È rimasta molto più sconvolta da Ebony che da Legacy, come lo sono stato io stesso. Abbiamo visto quella ragazza crescere, diventare una giovane strega di talento. Sinceramente, non mi sarei mai aspettato che un giorno avrebbe schiantato mia moglie.”, disse sarcasticamente Draco che poi aggiunse, “ci sono novità?”.

“A me non viene detto molto, lo sai. Non potrei nemmeno essere qui in questo momento. Ron dice che stavolta è diverso, non sono quelli come me i bersagli. Tutti, possono essere degli obbiettivi.”

Draco annuì. Il fatto che il suo amico Blaise Zabini fosse stata l'unica vittima, aveva messo in allarme tutte le famiglie Purosangue. Legacy era un nostalgico di Voldemort ma i suoi piani sembravano diversi, peggiori e terrificanti.

“Forse ti starai chidendo come mai ti ho chiamato...”, disse Hermione mentre rovistava nella sua borsa.

“Vuoi darmi un'altra lezione d'arte babbana?”, rispose scherzando Draco, riferendosi a quel giorno, di molti anni fa, quando lei lo obbligò a seguirla in quel museo perché voleva a tutti i costi che lui vedesse quel quadro.

“E' sempre magnifico, vero?”, disse lei, rivolgendo lo sguardo al dipinto.

Venere e Marte, raffigurava appunto i due Dei che si riposavano dopo aver fatto l'amore. Il loro era un amore proibito, adultero e osteggiato da tutti. Draco aveva sempre trovato ironico il fatto che a quel tempo, i Venere e Marte erano lui ed Hermione.

“Ieri mia figlia mi ha scritto una lettera...”, disse Hermione, ridestando Draco dai suoi pensieri e porgendogli una piccola busta.

Draco l'aprì e vi lesse il contenuto:

 

Cara mamma,

questa lettera non verrà controllata da nessun Auror, ti prego di non arrabbiarti e soprattutto di non dirlo a papà. Non chiedermi come abbia fatto, sappi solo che non è nulla di male. Se non voglio che la lettera venga intercettata, dovrò essere breve e concisa: a chi si riferiva Legacy Black la sera in cui mi prese in ostaggio quando disse a Draco Malfoy di non aver mai dimenticato la sua Mezzosangue?

Sfama ed utilizza il gufo che ti ha recapitato questa lettera, rispondi con poche righe sul retro di essa.

Ti prego ancora di fidarti di me, con affetto

Rose.

La richiuse con cautela, porgendola nuovamente ad Hermione.

“Non l'hanno intercettata davvero?”

“Non sarebbe mai arrivata nelle mie mani per cui no, non l'hanno intercettata.”

“Hai una figlia in gamba Granger ma anche molto ficcanaso.”

“Se Rose ha dovuto escogitare un modo per farmi giungere questa lettera e chiedermi direttamente ciò che voleva sapere è solo perché deve aver fallito nei suoi tentativi precedenti. Deve aver scandagliato ogni annuario, ogni possibile traccia che potesse in qualche modo collegarsi a te.”

“Vuol dire che siamo stati bravi allora...”, rispose Malfoy, lievemente acido.

Il silenzio, calò improvvisamente sui due, fin quando Draco, non lo interruppe.

“Sai, tua figlia ti somiglia molto. Non fisicamente, purtroppo per lei è stata colpita dalla maledizione Weasley che vuole tutti i suoi membri pel di carota...”, disse l'uomo beccandosi una gomitata da Hermione che ripose subito:

“Mia figlia è stupenda!”

“Lo è davvero.”, disse Draco guardandola negli occhi, ”è una bellissima ragazza e quando l'ho guardata, non ho potuto fare a meno di immaginare il tuo volto. Siete uguali: stesso cipiglio attento, stessa arguzia, gli occhi brillanti che mostrano una mente attiva e pensante, sempre pronta ad imparare, apprendere, osservare. Orgoglio, coraggio, concretezza...mi stupisco che non sia una Grifona, come sua madre.”

“E' molto più intelligente di me, ecco perché. Non è avventata, non si lascia trasportare, è razionale...caratteristiche che io alla sua età, non possedevo. Lei non si avventurerà alla ricerca degli Horcrux di un mago folle con il suo migliore amico.”

“Così come non si getterà tra la braccia del ragazzo sbagliato?”

Hermione raggelò a quelle parole. Erano passati anni, tanti tanti anni e lei era andata avanti, entrambi lo avevano fatto. Si era sposata, amava suo marito, davvero. Ron era un padre eccellente, un marito esemplare che la faceva ridere, la consolava, la sosteneva. Insieme avevano dato alla luce due splendidi figli, sani ed in gamba.

Però, c'era sempre stato lui. Draco Malfoy era un pensiero ricorrente nella sua vita, ogni giorno, anche solo per un minuto, per un secondo, la sua mente vagava e ritornava ai quei giorni, i giorni durante i quali lei era sua, solo ed unicamente sua.

Hermione fece finta di niente, soprassedendo all'ultima affermazione di Draco.

“Allora, che facciamo?”, chiese.

“E lo chiedi a me? La figlia è la tua, Granger.”

“Sì, ma mia figlia mi sta chiedendo di rivelarle con chi stavi tu, Malfoy.”

“Dille che non lo sai, ti crederà. Come potrebbe non farlo? Io sono Draco Malfoy, mia zia ti ha quasi uccisa...sarà facile per lei accettare il fatto che tra noi non ci siano mai stati rapporti.”

Hermione sembrò essere profondamente offesa da quelle parole.

“Va bene.”

Rimasero nuovamente in silenzio. Fu Draco, ancora, a rompere quel momento.

“Vorrei farti una domanda e vorrei che tu fossi sincera...”

“Lo sono sempre”, rispose secca Hermione.

“Capisco perché tu mi abbia informato, riguardava me e sono quasi sicuro che di mezzo ci sia invischiato in qualche modo pure mio figlio e di questo ti sono grato. Tuttavia, non comprendo come mai tu abbia voluto vedermi e soprattutto chiedere il mio parere.”

“L'hai detto tu stesso, la lettera riguardava te, è ovv-”

“La verità, Mezzosangue.”

Il tono di Draco Malfoy era duro, rude, quasi arrabbiato. Hermione e soltanto Hermione, avrebbe potuto percepire la realtà dei sentimenti di quell'uomo: nei suoi occhi, vi lesse nuovamente la disperazione, la negazione, la sfida, la rassegnazione. Sentimenti che in passato avevano attraversato il suo volto segnandolo per il resto della sua vita.

“Io...io non lo so, ok?! Mia figlia se ne salta fuori con questa domanda esistenziale, convinta che sua madre possa darle una risposta o per lo meno un indizio, così come ha sempre fatto perché lei è Hermione Granger dannazione! Ha una risposta per tutto, è la donna delle risposte, mano sempre alzata! E invece, mi sono ritrovata impreparata, per la prima volta dopo quasi venitre anni e, di nuovo, non avevo una risposta! Quindi scusa, Malfoy, se per cinque secondi ho pensato che forse tu, avresti potuto averla! Scusa se ho creduto che almeno stavolta non mi avresti abbandonata!”

Hermione Granger terminò la sua arringa infuriata, dopo aver attirato l'attenzione di molti visitatori. Prese la sua borsa e si alzò di scatto, diretta verso l'uscita.

Draco, dopo essersi ripreso dallo shock, la inseguì, raggiungendola con lunghe falcate e bloccandole il braccio.

“Ti pare il caso di fare scenate Granger? Sul serio?!”

“Oh piantala Draco! Cosa vuoi che importi a Legacy Black delle nostre liti! A quanto pare non siamo stati così bravi visto che lui sapeva!”, ripose Hermione scrollandosi di dosso l'uomo di fronte a lei.

“Cosa ti aspettavi che ti dicessi, si può sapere? 'Vai tranquilla Herm, dì pure a tua figlia che siamo stati amanti durante il nostro ultimo anno e che ci dovevamo sposare e che molto probabilmente non sarebbe mai nata!”, disse caustico.

“Sei sempre un idiota!”, ripose acida.

“E tu sei sempre bugiarda quando si parla dei tuoi sentimenti!”

“Ah, io sarei la bugiarda? Chi ci ha messo anni per capire di amare me? Chi ha giurato per primo davanti a quasi cinquecento persone di amare un'altra donna?Chi non riesce, dopo ventitre anni, a chiamarmi con il mio cognome da sposata?!”

Draco rimase inebetito dalle parole di Hermione. La loro, era stata una storia complicata, assurda, sbagliata, intensa, passionale, vera.

“Avevi ragione, non avrei dovuto disturbarti. Le scriverò che non ne so niente...dopotutto, sono un'ottima bugiarda a quanto pare.”

Con questa ultima freccia scagliata dritta nel cuore di Draco, Hermione si diresse nuovamente verso l'uscita. Lui, non la seguì.

***

 

“ Squadre cinque, sei e sette!!! Ricognizione ad Hogsmade, tra dieci minuti!”

Il vocione di John Longbridge, ridestò dall'assopimento gli Auror che si erano finalmente concessi un attimo di riposo. Quella giornata era stata davvero stressante e piena. Diversi attacchi da parte dei Punitori furono sferrati in verie zone di Diagon Alley, al di fuori del Ministero e pure in un reparto del San Mungo, mettendo così a rischio la salute stessa dei pazienti. Si stavano spingendo sempre più oltre, ad ogni attacco erano sempre più cattivi, numerosi, abili e imprevedibili.

Derek Gellant, era stato sballottato avanti e indietro, sempre in prima linea a combattere quei bastardi.

Non appena il suo tenente gli informò di quella ricognizione, sapeva che sarebbe nuovamente toccato a lui.

“Muoviti Gellant, abbiamo dieci minuti!”, disse Temperance Tudor, reggendosi il braccio sinistro.

“Tudor? Che ci fai qui?”, chiese stupito Derek. Come lui, anche la giovane Temperance era stata tutto il giorno impegnata a tenere a bada quegli schizzati, ed aveva riportato una ferita al braccio sinistro, abbastanza grave.

“Madame Habbot mi ha rimessa a posto, dice che posso tornare in servizio.”

“No invece!”, sbottò Derek.

“Come prego?”, chiese alterata la ragazza.

“Tudor! Vedo con piacere che sei ancora viva. Il braccio è a posto?”, chiese il tenente Longbridge, interrompendo i due.

“Sì Signore, è a posto. Ho il permesso di fare ritorno in squadra.”

“Sicura?”

“Sicura.”

“Scusi se mi permetto, Signore, non credo sia una buona idea. Temperance ha rischiato moltissimo al Ministero stamattina. Sono quasi le nove di sera, è stanca e non al cento per cento.”, disse Derek, beccandosi uno sguardo colmo d'odio da parte di Temperance.

“Sei un Medimago, Gellant?”

“No Signore.”

“Hai qualche nozione o qualifica che ti permetta di andare contro il parere dell'infermiera?”

“No, Signore ma...”

“Allora zitto e unisciti alla tua squadra. Avete sette minuti.”

John Longbridge si disinteressò di altre rimostranze e lasciò i ragazzi da soli.

Temperance, diede uno schiaffo dritto sulla nuca di Derek, talmente forte da far piegare il ragazzo in avanti, reggendosi quel punto.

“AOH!!!!!”, urlò Derek.

“SEI FUORI DI TESTA!? Ti rendi conto di avermi praticamente messa in ridicolo davanti al tenente? Non bastava essere membro della squadra sette, ora penserà che sono una flaccida, noiosa, petulante ragazzina che non sopporta il dolore! Grazie mille Derek!”, disse arrabbiata Temperance. La squadra sette, non era propriamente considerata quella di maggior rilievo. Tra le sue file vi erano solitamente gli Auror più scarsi, meno dotati, quelli a cui venivano assegnati compiti semplici. Tuttavia, l'emergenza Punitori aveva messo tutti in allarme e quindi tutte le squadre erano chiamate a dare battaglia.

“Oggi sei quasi morta, Tudor!”, rispose allargando le braccia.

“Quanto la fai tragica!”, disse con sufficenza.

“Tu dov'eri quando due Punitori ti hanno schiantata su un muro? Oh aspetta, ERI SVENUTA PERCHE' TI HANNO SCHIANTATA SU UN MURO!!!”

“Derek hai rotto! Sono ancora viva, no?

“Sei viva grazie a me, Temperance!”, disse Derek, ricordando alla ragazza di come fu lui stesso a smaterializzarla lontano, al sicuro da altri attacchi.

“Ti ho già ringraziato mi pare! È il tuo lavoro Derek, il nostro lavoro! Noi andiamo a farci fare il culo da dei tizi incappucciati visto che non siamo ancora riusciti a prenderne uno, vivo o morto che sia.”

“Fino ad ora siamo stati fortunati! Nessuno ci ha rimesso la pelle ma non so quanto durerà questo stato di grazia visto che tu, ti stai decisamente impegnando per morire!”

La lite tra i due si sarebbe protratta ulteriormente se non fosse stato per l'arrivo di Teddy Lupin.

“Ehi, ragazzi! Che succede?”

“Ehi Lupin, non ti hanno appena chiamato?”, disse acido Derek.

“Se è per questo ci hanno chiamati entrambi, squadra cinque, non hai sentito?”

Derek Gellant, detestava Teddy Lupin. Non era un cattivo ragazzo, alle volte era pure simpatico ma quel suo essere così gentile ed accomodante lo infastidiva. Tutti sembravano adorarlo, avevano una grande stima di lui.

“Temy, stai meglio? Ho sentito che oggi hai rischiato grosso...”, disse poggiando una mano sulla spalla della ragazza ferita che subito arrosì a quel contatto.

Temy, stai meglio? Gne, gne ,gne”, lo scimmiottò Derek. Un altrò motivo per cui lui odiava Teddy Lupin era perchè poteva permettesi di chiamare Temperance “Temy”. Una volta, ci aveva provato pure lui ed era finito gambe all'aria, letteralmente.

“S-sì, grazie Teddy...sto molto meglio.”

“Sicura che te la senti di venire? Sono certo che Longbridge capirà se volessi rifiutarti...”

“Stai attento Lupin, potresti beccarti un pugno in faccia per queste tue parole!”, disse ironico Derek.

“Sei molto gentile Teddy ma non c'è bisogno che ti preoccupi, mi sento bene.”

Derek era sconvolto. Gli aveva risposto con una tale tranquillità, pacatezza, gentilezza, sorridendogli come un' ebete.

“Va bene allora. Mi raccomando, occhi aperti piccola Temy!”, disse Teddy, poggiandole una mano sulla testa e scompigliandole un pò i capelli.

“Quattro minuti Derek!”, disse infine, prima di congedarsi.

“Perchè lui non l'hai pestato!?!”, chise sconvolto il ragazzo ma inutilmente. La sua collega era completamente rimasta in fissa sul fondoschiena di Teddy Lupin che piano piano si allontanava.

“O per Merlino Tudor! Ancora?”, disse sconsolato Derek.

“Ancora cosa?!”, chiese spazientita.

“Lui sta con Victoire, da una vita. Si sposeranno presto.”

“Tudor, Gellant!!! Muovete il culo o giuro che vi consegno personalmente a Legacy Black!”, tuonò il tenente Longbridge.

“Sì Signore”, risposero all'uniscono.

“Fatti gli affari tuoi Gellant! Dico sul serio!”, lo intimò Temperance, correndo verso la sua squdra.

In totale, gli Auror erano circa una ventina. Le squadre non erano mai state molto numerose, era stato provato che tanti piccoli gruppi erano più funzionali di una grossa squadra.

Doveva trattarsi di una semplice ricognizione ma il fatto che fossero state convocate ben tre squadre, voleva dire che qualcosa non andava. Infatti, poco dopo il loro arrivo davanti ai Tre Manici di Scopa, il tenente Longbridge riunì tutti intorno a lui.

“Ok pesciolini! Se non siete dei totali deficenti, avrete sicuramente capito che non si tratta di una semplice ricognizione. Abbiamo ricevuto una segnalazione anonima che reputiamo essere credibile. Tre Punitori si sarebbero intrattenuti a lungo in questo posto ben pensando di non pagare il conto. Non dovrebbero essere andati molto lontano, per cui occhi aperti!”

“Come ci dividiamo Signore?”, chiese un membro della squadra sei.

“Squadra cinque con me all'interno del pub, squadra sei perlustrate i negozi nei dintorni, squadra sette copertura.”

Temperance sbuffò. Copertura. Era sempre così, mentre le altre squadre partecipavano attivamente alle missioni, lei e la sua squadra sette se ne dovevano stare fermi, fare i pali e controllare eventuali attacchi a sorpresa che puntantualmente non accadevano mai.

La giovane Tudor però, non sapeva che quella notte, sarebbe stata la notte della svolta.

Mentre loro perdevano tempo a cercare tracce dei Punitori, ad Hogwarts la giovane Ebony Autumn, si era ritrovata ad aggirarsi furtivamente nei corridoi della sua amata scuola.

Purtroppo non aveva tempo per i sentimentalismi e la malinconia. Il giorno prima, Legacy era piombato a New Castle, sostenendo che ormai l'ora era giunta: finalmente il mondo magico avrebbe capito che lui faceva sul serio.

Le era stato ordinato di intrufolarsi nella scuola, trovare Albus Potter e ficcargli in gola la pozione a costo di immobilizzarlo. La cosa non le faceva per nulla piacere ma era necessario: la pozione non lo avrebbe ucciso e finché scorreva nel suo sangue lei avrebbe potuto controllare meglio lui e Legacy.

Inoltre, avrebbe approfittato di quella situazione per riuscire finalmente a parlare con Kòre e Jocelyn.

Entrare ad Hogwarts con la metà degli Auror occupati ad Hogsmade si era rilevato piuttosto semplice. Ebony si ripromise di informare il Preside sulla scarsità della sicurezza della scuola non appena tutta quella brutta storia fosse finita.

Si trovava nei sotterranei, poco lontana dal dormitorio dei Serpeverde. Albus doveva essere nel suo letto quindi si trattava solo di riuscire ad entrare.

I Prefetti sarebbero tornati di lì a breve per cui il piano di Ebony era quello di inchiodarli, stordirli ed obbligarne uno a cinguettare la parola d'ordine.

Si appostò saggiamente dietro un muro, ad aspettare. Se tutto fosse andato per il verso giusto, nel giro di quindici minuti i Prefetti sarebbero arrivati, gli avrebbe messi fuori gioco, sarebbe entrata in stanza e voilà, tutto finito in un massimo di venti minuti, in modo da tale da poter avere tempo a sufficenza per contattare le altre.

Tuttavia, Ebony dovette presto rettificare i suoi intenti. Due voci, provenienti dalle scale che si trovavano davanti all'ingresso del Dormitorio, catturarono la sua attenzione. Non potevano essere i Prefetti, era troppo presto.

Ebony si sporse ancora un pochino, pur rimanendo sempre nascosta. Intravide due sagome, appartenenti ad Alexander Zabini e Gwen Pondbleu. I due sembravano ridere, erano sereni, cosa alquanto strana per uno a cui era appena stato ammazzato il padre.

“Sai, tuo padre sarebbe molto fiero di te Alexander...”, disse la ragazza fermandosi dinnanzi a lui.

“Non so che diavolo mi sia preso, credimi. Tutto quello che sto facendo, è per lui...e per mia madre.”

“Lei come sta?”

“Questo mese un pò meglio, gli elfi mi hanno detto che sono riusciti a convincerla ad uscire di casa, a vedere le sue amiche...penso le faccia bene non stare da sola. Io, non la posso aiutare...”, disse tristemente Alexander.

Gwen gli pose amorevolmente una mano sulla spalla, cercando di confortarlo.

“Un giorno, lei saprà quanto sei stato forte e quanto tu abbia rischiato. Saprà che il sacrificio di tuo padre è servito a qualcosa...”

Alexander fece qualcosa che mai Ebony si sarebbe immaginata: l'abbracciò. Da quando quei due erano amici? E da quando Alexander Zabini abbracciava esseri umani?

“Gwen, devi stare attenta...non dovresti saperne niente di tutta questa storia, ti ho messa in pericolo, io...”

“Alexander...è tutto ok. Manterrò il segreto e starò attenta. Non tradisco la fiducia degli amici.”

Il ragazzo lasciò cadere le braccia lungo il corpo, come un peso morto.

“Amici...sì...”, disse incrinando il tono di voce.

I due si salutarono e Gwen si diresse svelta verso le scale. Alexander rimase fermo ad osservare la figura della ragazza che spariva dal suo campo visivo. Sospirando, si voltò pronto ad entrare nel dormitorio.

Ebony, decise di seguire il suo istinto: era evidente che quel ragazzo sapeva molto più di altri, così come suo padre. Ed era evidente che qualsiasi cosa stesse pensando o facendo, era per lei, per Gwen.

“Ci siamo fatti un giretto, Zabini?”, disse alle sue spalle, mostrandosi al ragazzo che si girò cautamente verso di lei.

“Questi Auror sono degli incompetenti se si lasciano abbindolare da una biondina...”, disse sarcastico.

“Questa biondina è abbastanza in gamba...”, rispose arguta.

“Hai dieci secondi...sfruttali bene.”, disse Alexander, sapendo dove Ebony voleva andare a parare. Non sembrava essere spaventato da lei, quasi come se fosse sicuro che fosse dalla sua parte.

“Non so tu da che parte stia ma posso dirti che quella in cui sto io, non è quella in cui in realtà sto.”

“Io sto dalla mia parte, Autumn. Dammi un buon motivo per voler stare anche dalla tua.”

“Il nome di quello che ha ammazzato tuo padre ti basta?”

Sul volto di Alexander, fino a poco prima campeggiato dal solito sorrisetto ironico, si dipense un'espressione seria. Sembrò pensare qualche secondo alle parole di Ebony poi, finalmente parlò:

“Voglio anche la verità, la tua verità. In cambio, ti dirò la mia.”

“Io ho solo dieci minuti e poi dovrò chiederti di fare una cosa che non ti piacerà per niente...sei disposto a correre il rischio?”

“Allora Autumn, vedi di essere molto convincente.”

***

 

L'avevano attaccata. I suoi stessi compagni, le avevano impedito di raggiungere il Tenente Longbridge, schiantandola a terra.

Temperance Tudor era ferita e sotto shock. Mentre pattugliava la zona, aveva notato un Punitore, riconosciuto grazie alla tunica nera che quasi gli copriva il volto, farsi largo tra le vie della cittadina, bacchetta alla mano pronto a dare battaglia.

Lei aveva dato subito l'allarme ma i suoi compagni le tapparono la bocca. Provò in ogni modo a divincolarsi, qualcuno riuscì pure a sbatterlo a terra ma niente da fare, lei era una e loro una decina.

Temperance cercò di riprendere il controllo, di alzarsi ma tutto quello che riuscì a fare fu urlare: urlò forte, sperando di attirare l'attenzione della squadra cinque all'interno del pub.

Derek e Teddy furono i primi a fiondarsi fuori. Si ritrovarono dieci bacchette contro.

“SONO TRADITORI!”, urlò in lacrime Temperance che era riusciuta a strisciare dietro una specie di impalcatura di legno, poco lontano dall'entrata dei Tre Manici.

“Noi traditori? Credo ti abbiano informata male, Mezzosangue.”, gli disse Norman Glow, colui che sarebbe dovuto essere il capo della squadra sette.

“Norman che cavolo stai facendo? Che cavolo state facendo tutti?!”, chiese nervoso Teddy.

“Ci riprendiamo ciò che è nostro di diritto Lupin, il potere!”, rispose sadico Norman.

“Glow...lo sapevo che eri uno stronzo.”, disse il Tenente, giunto con il resto della squadra cinque.

La squadra sei nel frattempo era sopragginta alle spalle di Temperance ed alcuni di loro le stavano prestando soccorso.

“Siamo in svantaggio...beh, vorrà dire che ci vedremo presto, Tenente!”

Così dicendo, la squadra sette scagliò vari incantesimi contro le altre due, per poi smaterializzarsi via da lì.

Uno schiantesimo, stava rovinosamente raggiungendo Temperance ancora a terra ma Derek riuscì a correre verso di lei e a bloccarlo appena in tempo.

Protego!!!”

Nel giro di pochi minuti, la squadra sette si era volatilizzata.

Derek si assicurò di avere nel suo campo visivo tutti i compagni, fortunatamente nessuno sembrava essere stato ferito gravemente. Si girò poi verso Temperance che si era faticosamente alzata in ginocchio. Non appena la ragazza alzò lo sguardo, vide il volto arrabbiato dell'amico.

“Che vuoi?!?”, gli chiese spazientita.

“Puoi smetterla, per favore, di cercare in tutti i modi di farti ammazzare oggi!?!?”

“Tudor! Gellant!”, urlò il Tenente, avvicinandosi ai suoi ragazzi, “State bene?”

“Io sì Signore.”

“Anche io, grazie a Derek.”, rispose Temperance guardando per un attimo il ragazzo che l'aveva nuovamente salvata. Spostando lo sguardo verso il suo braccio destro, la ragazza potè notare una lacerazione abbastanza profonda, forse causata dall'incantesimo diretto a lei. La sua barriera gli aveva protetti ma alcune zone del corpo di Derek erano rimaste scoperte.

“Coraggio, dovete tornare ad Hogwarts e farvi medicare.”, disse Longbridge.

“Lei non viene Signore?”, chiese Temperance.

“Devo andare al Dipartimento a fare rapporto ad Harry. Avevamo delle spie tra le nostre truppe e non escludo che ce ne possano essere altre.”

Derek aiutò Temperance ad alzarsi non senza qualche difficoltà, vista la sua ferita al braccio.

“Tudor, hai fatto un buon lavoro, devi essere fiera di te. Ci vuole fegato a contrastare i tuoi compagni.”, disse sorridendo il Tenente. Era fiero di quella ragazzetta. Quando l'aveva incontrata per la prima volta al corso per diventare Auror, le aveva dato due settimane, poi era certo che se ne sarebbe tornata con la coda fra le gambe a casa da mamma e papà. Invece, quella ragazza esile e troppo carina per essere un Auror con i cosiddetti, superò il corso, distinguendosi per il suo coraggio e caparbietà.

“Grazie Signore ma sinceramente, avrei preferito non dover essere costretta a combattere contro i miei compagni.”

Temperance e gli altri, fecero presto ritorno ad Hogwarts dove speravano in un pasto caldo e un letto comodo su cui riposare. Tuttavia, dovettero ben presto rinunciare ai loro sogni di relax perché la scuola era piombata nel più completo caos: gli studenti erano stati riuniti tutti nella Sala Grande, dove si preparavano a passare la notte.

“Che cavolo sta succedendo?”, disse Teddy Lupin allarmato.

Aberforth Silente, si fece largo fra i suoi studenti per andare loro incontro.

“La signorina Autumn ha eluso la sorveglianza ed è entrata nella scuola”, disse rudemente il Preside, “sbaglio a sentirmi un pò orgoglioso di quella ragazza? Ha fregato tutti.”

“Cosa?!?!”, esclamò Derek.

“Abbiamo avvisato i vostri capi ma credo sia inutile, si è volatilizzata...abbiamo perlustrato ogni centimetro del castello.”, disse la professoressa McGranitt, anch'essa sopraggiunta a fianco del Preside.

“Per quale motivo è entrata?”, chiese Temperance.

“Gli Auror siete voi, scopritelo!”, disse il Preside, dirigendosi a passo spedito verso il resto del corpo insegnanti.

“Abbiamo radunato quelli che erano i suoi amici più stretti, seguitemi.”

“Derek, tu e Temy andate a farvi curare, squadra sei, voi darete una mano qui intorno.”, disse Teddy Lupin che in mancanza del Tenente, era il capo.

La professoressa di Trasfigurazione, condusse Teddy Lupin e il resto della squadra cinque nella biblioteca della scuola. Ad attenderli c'erano Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Lysander Scamandro, Jocelyn Green ed Adam Baston.

“Perchè deve esserci sempre di mezzo un Weasley?”, si chiese Teddy rivolgendo uno sguardo a Rose. Teddy era praticamente cresciuto insieme a quella famiglia, così come a quella dei Potter e per lui, la ragazza era come una sorellina da difendere e proteggere.

“Dov'è Kòre Dolohov?”, chiese poi un membro della squadra cinque, notando l'assenza della persona fondamentale.

“Ho mandato Gaza a chiamarla, saranno qui a breve.”, rispose la professoressa.

“Ok ragazzi, sapete tutti perché siete qui. Ebony è entrata nella scuola e apparentemente non ha rubato nulla o creato casino quindi noi pensiamo che sia venuta per vedere i suoi amici o il suo ragazzo...”, disse pratico Teddy.

“Non guardate me, io non sono più il suo ragazzo...”, disse amaramente Adam.

“Lei lo sa?”, chiese acida Jocelyn.

“Dov'è Albus?”, interruppe Scorpius.

“Perché?”, chiese Teddy.

“Oh è vero, manca Potter...ho chiesto anche a lui di venire.”, asserì la McGrannitt.

“Ha detto che ci avrebbe raggiunto tra cinque minuti ma sono passati...”, disse preoccupato Scorpius.

“Professoressa! La Dolohov non c'è! Non è nella sua stanza, nessuno l'ha vista.”

Gaza era arrivato correndo, con il fiatone. Era vecchio ma quando si trattava di sorprendere studenti che infrangevano le regole ringiovaniva improvvisamente.

“Fermifermifermi...mi state seriamente dicendo che Albus e Kòre non si trovano?!”, disse nervosamente Teddy.

Lo sguardo dei presenti, fu inquietante ed inequivocabile.

“Miseriaccia!!!”

Il giovane Lupin e la sua squadra corsero verso la Sala Grande, in cerca del Preside ma furono bloccati da qualcuno o meglio, qualcosa, che non si sarebbero mai aspettati.

Di fronte a loro, comparvero sei Dissennatori. Da quando Voldemort era stato sconfitto, si era deciso che ad Azkaban non dovessero più essere i Dissennatori le guardie, in quanto simbolo di disumanità. Non cessarono però di esistere ma nessuno si era mai preoccupato della possibile fine che avessero fatto. Ed ora eccoli, dinnanzi a Teddy Lupin e pochi altri Auror, con tutta l'aria di non voler essere accomodanti.

“Emh...che si fa a-adesso?”, chiese titubante un membro della squadra.

Prima che Teddy potesse anche solo pensare ad un qualcosa di vagamente sensato da dire o fare, l'immagine di Kòre Dolohov alle spalle dei Dissennatori, lo catturò.

“Kòre via da qui! È pericoloso!”, urlò Teddy.

“Lo è più per voi che per me...”, rispose atona la ragazza non muovendosi manco di un centimetro.

Nella mente di Taddy si figurò uno scenario al quale non voleva credere.

“Oh no...Kòre...”, disse tristemente.

“Non ho altra scelta, Teddy Lupin. È nel mio sangue, nel mio cognome.”, rispose seria la ragazza. Nel frattempo, dalla Sala Grande provenivano rumori, urla e ragazzi che correvano presi dal panico invasero i corridoi, arrivando a trovarsi alle spalle di Kòre.

“SONO ANCHE QUI!!! PRESTO TORNIAMO INDIETRO!”, urlò una ragazzina impaurita. Signficava che ce n'erano altri, in giro per tutta la scuola a disseminare terrore.

“I Dissennatori non faranno del male a nessuno, questo è solo un avvertimento.”, disse nuovamente Kòre, sempre rivolgendosi a Teddy.

“E' per Ebony? La stai proteggendo?”, chiese quest'ultimo.

“Ebony sa difendersi benissimo da sola...io, eseguo un ordine.”

“Non può essere vero...”

La voce di Fred Weasley, la colpì alle spalle, come un coltello piantato dritto nella schiena. Quella era la sua prova, era il suo momento di dimostrare lealtà al suo Re. Se fosse riuscita a rendersi credibile con Fred, allora più nessuno avrebbe avuto dubbi su di lei.

Si voltò piano, sorridendo al giovane Weasley.

“Non sei fiero di te? Tutte le tue convinzioni si sono finalmente rivelate corrette! Complimenti Weasley.”, disse tranquillamente.

Teddy Lupin, dovette mettere da parte la riconoscenza che provava verso quella ragazza per averlo salvato l'estate precedente ed attaccarla ora che era distratta da Fred. Non appena impugnò la sua bacchetta, puntandola alla schiena di Kòre, uno schiantesimo lo raggiunse, facendolo barcollare a terra.

Alle sue spalle Jocelyn Green reggeva saldamente la sua bacchetta, il respiro un pò affannato e i capelli arruffati.

Si scambiò uno sguardo d'intesa con Kòre.

“Dissennatori, attaccate gli Auror!”

Non appena le creature udirono il suo ordine, essi si scagliarono contro l'intera squadra cinque, permettendo così a Kòre e Jo-Jo di dirigersi verso la Sala Grande.

Fred Weasley rimase immobile a fissare la loro fuga, inerme e sotto shock fino a quando la voce di suo cugino James riuscì finalmente a ridestarlo da quella specie di coma.

“Fred!!! ATTENTO!”

Un Dissennatore lo stava raggiungendo con il suo respiro ma fortunatamente un Auror riuscì ad evitare che Fred ne venisse colpito.

“NEI VOSTRI DORMITORI! ADESSO!”, urlò Teddy Lupin, dopo essersi ripreso ma Fred Weasley era di un altro avviso.

Si catapultò nella Sala Grande, seguito a ruota dal cugino che invano tentava di fermarlo.

Quella che i due ragazzi si trovarono davanti, fu una scena che non si sarebbe cancellata facilmente dalle loro menti: una moltitudine di Dissennatori seminavano il panico tra gli insegnanti e gli Auror accorsi in massa per arginare quell'emergenza, Punitori che scagliavano incantesimi contro chiunque osasse anche solo avvicinarsi a Legacy Black che in quel momento, sedeva pacificamente al posto occupato dal Preside durante i pasti.

Accanto a lui, Jocelyn Green, Kòre Dolohov ed Ebony Autumn, stavano ferme, in piedi, con lo sguardo perso nel vuoto. James scorse tra la folla di Auror pure suo padre che stava fronteggiando uno di quegli esseri immondi.

“Guarda guarda chi vuol fare l'eroe...non sono forse il giovane Fred Weasley e James Potter quei due sulla porta?”, chiese Legacy a Jo-Jo.

“Si mio Re, sono loro”, rispose la ragazza spersando che la sua voce non risultasse incrinata.

“Kòre, occupati di loro...”, disse con leggerezza Legacy, ben sapendo che la ragazza avrebbe colto al volo il messaggio: ucciderli.

“Mio Re, mi permetta di ricordarvi che non è ancora giunto il tempo per agire così impunemente...e-e poi, potrebbero servirci, in futuro...”

Kòre per un attimo tradì la sua forza d'animo e la sua maschera rischiava di cadere. Non poteva ucciderli. Non ci sarebbe riuscita.

“Osi contraddirmi, Dolohov?”, rispose tranquillamente Legacy, con una punta di accidia.

“Mio Re, lasciate che sia io ad occuparmene! Kòre deve tenere sotto controllo i Dissennatori.”

Ebony intervenne in aiuto dell'amica in evidente difficoltà.

“Allora vai, ragazzina. Non abbiamo molto tempo.”

Ebony si diresse a passo deciso verso i due ragazzi, sapendo che la sua avanzata non sarebbe stata fermata da nessuno grazie a Kòre e i suoi Dissennatori.

Quando James vide dinnanzi a sè Ebony, ebbe l'istinto di prenderla fra le braccia e portarla via da lì.

Durante quegli ultimi mesi, si era spesso interrogato su cosa avesse spinto la Autumn a compiere un tale gesto, a schierarsi dalla parte dei cattivi o peggio, ad esserne sempre stata parte.

Non ci credeva, non voleva crederci. Lei non era così e doveva esistere una spiegazione ma per quanto la cercasse, non riusciva a trovarla.

Decise quindi, di smettere di pensare: smise di pensare a tutte le cose che in qualche modo gli ricordavano la ragazza, troppo era il dolore da sopportare. Iniziò ad intraprendere relazioni con qualsiasi ragazza gli desse del semplice calore umano perché era quello che gli mancava, il calore che Ebony sapeva emanare semplicemente con la sua presenza.

Ed ora eccolo lì, davanti a lei e di nuovo potè sentirne il calore. Credeva che se un giorno l'avesse mai rivista, non avrebbe più provato quel senso di pienezza, quella voglia di stringerla a sè... ma lei, gli stava puntando la bacchetta addosso e James Potter, dovette reprimere i suoi sentimenti come spesso si era ritrovato a fare.

“Ebony no...”, disse semplicemente Fred portando istintivamente la mano alla bacchetta.

James seguì l'esampio del cugino, sfoderando anch'egli la sua.

“Dovreste vedere le vostre facce...così terrorizzate.”, disse Ebony gelida e inespressiva.

“Tu, Jocelyn, Kòre...ci avete sempre ingannato...avete preso in giro tutti noi!”, disse alterato Fred.

“Ahhh, la rabbia..”, asserì sorridendo Ebony, “sentimento comprensibile ma non essere così melodrammatico Weasley, vedila così: io, Jo-Jo e Kòre ti abbiamo fatto un bello scherzatto non è vero? L'abbiamo fatto a tutti! Direi che il titolo di Malandrine è quantomeno doveroso.”

Mentre i tre ragazzi si fronteggiavano verbalmente, Kòre creò un diversivo: aveva capito che l'intenzione di Ebony era quella di prendere tempo, almeno fin quando gli Auror di Teddy Lupin avessero raggiunto la Sala. Fece in modo che un Dissennatore sfuggisse per un attimo al suo controllo, andando ad attaccare Celsus che durante tutta la battaglia se n'era stato nelle retrovie.

“MIO RE!!! MIO RE!!!AIUTO!!!”, urlò come una bisbetica l'uomo, scappando dal Dissennatore.

“Quell'idiota, incompetente, decerebrato...Kòre, potresti fare qualcosa per quella cosa urlante?”, chiese spazientito e deluso dal suo suddito Legacy.

“Temo di no Signore, Celsus deve aver fatto qualcosa che lo ha reso nervoso. Non mi da ascolto e non sono ancora abbastanza potente ed allenata per impormi. Sono molto dispiaciuta.”, rispose falsamente in colpa la ragazza.

Legacy sembrò scocciato dalla situazione ma non aveva intenzione di alzarsi a prestare soccorso a quel deficente.

“Allora ci godremo un bello spettacolo per qualche minuto...Jocelyn, quanto scommetti sulla morte di Celsus?”, disse tranquillamente il Re girandosi e gustandosi la scena di Celsus che tentava di nascondersi sotto ogni tavolo o sedia.

Kòre sperava che quel siparietto riuscisse a distrarre il Re da quello che stava accadendo a qualche metro di distanza.

“E tu James, sei senza parole?”, chiese beffarda Ebony.

“Perchè?”, rispose solamente.

“Perché cosa Potter? Ho fatto tante cose alle quali sono certa non sai rispondere...”

“Ti dirò la verità, Ebony. In cambio, voglio la stessa cosa. Nonostante odi ammetterlo, credo di capire le motivazioni di Kòre e di Jocelyn. Il loro destino, è scritto nei loro cognomi...ma tu...perché?”

Gli occhi di James, la stavano implorando. Gli avrebbe fornito la spiegazione che l'aveva inizialmente portata, anni fa, ad abbracciare la causa di Legacy Black, per poi essere radicalmente convertita da Kòre e riportata sulla strada giusta.

Prima o poi, lo avrebbero comunque scoperto, tanto valeva essere lei stessa a confessare il suo segreto.

“E' come hai detto tu, Potter. Il nostro destino è nel cognome. Tu, hai la tua erdità di eroe mentre io, ho la mia di Mangiamorte.”

James e Fred si guardorono attoniti.

“Sai Fred, per anni hai perpetrato una guerra contro Kòre Dolohov, scaraventando su di lei e la sua famiglia le vostre tragedie. Ti renderai conto di quanto tu sia stato stupido quando realizzerai di avere di fronte il tuo capro espiatorio. Volete sapere chi é la mia madre naturale? Willow Rookwood.”

Rookwood. Ebony Rookwood.

Prima che i ragazzi potessero anche solo realizzare quella che per loro era un'assurdità, le voci della squadra cinque echeggiarono nel corridoio. Si stavano avvicinando alla Sala Grande.

Ebony pensò che era ora che si svegliassero. Se erano stati messi in difficoltà da qualche Dissennatore, sarebbe stata dura in futuro affrontare le minacce che Legacy aveva in serbo per loro.

“Ebony scappa!”

Quelle assurde parole, provennero dalla bocca di James Potter.

“James ma sei scemo?!”, disse stordito Fred Weasley.

“Sta arrivando Teddy muoviti!”

“Potter...hai afferrato quanto ti ho appena detto? Io sono Ebony Rookwood, ROOKWOOD.”, disse la ragazza enfatizzando il suo cognome.

“Tu sei solo Ebony per me.”

Fu allora la corazza della Furia, si incrinò. Non sapeva per quale motivo James Potter la stesse aiutando, non sapeva perchè riponesse così tanta fiducia in lei ma decise di cedere, di affidarsi a qualcuno che non fosse Kòre per la prima volta nella sua vita.

“Devi colpirmi Potter, uno schiantesimo abbastanza forte da stordirmi, lo sai fare?”

“Sì, credo di si.”

“Ma tu da che parte stai?!?!”, chiese sempre più confuso Fred Weasley alla ragazza.

“Scusami Weasley... PETRIFICUS TOTALUS!”

Fred venne colpito in pieno. Ora era il turno di James.

“Io non posso spiegarti tutto Potter lo sai...”, provò a dire la ragazza.

“Lo so, mi basta sapere che sei al sicuro...lo sei?”, chiese preoccuoto.

Ebony non gli rispose. Non poteva dire di essere al sicuro, la sua vita non era mia stata sicura. James sembrò comunque trovare conforto nei suoi occhi perché pochi secondi dopo, Ebony fu scaraventata a terra a diversi metri da lui.

***

 

Erano passate poche ore dall'attacco alla scuola di magia. Gli studenti, erano stati rimandati nei dormitori a riposare. Il giorno seguente che non sarebbe tardato ad arrivare visto che erano le tre di notte, l'avrebbero avuto completamente libero, con il solo obbligo tassativo di rimanere nelle loro stanze.

Per Auror e insegnanti, si prospettava una lunga notte: bisognava verificare i danni ingenti provocati di Punitori e Dissennatori. La Sala Grande era completamente distrutta, i quadri nei corridoi limitrofi erano rivinati, colonne e muri crepati.

Harry Potter era stato ospitato dal Preside nel suo ufficio, dove aveva convocato suo figlio James ed Albus che era stato finalmente trovato dopo la fine della battaglia. Era stato portato in infermeria da Alexander Zabini che sosteneva di averlo trovato gironzolare nella sala Comune Serpeverde, sonnambulo. Al suo risveglio, il ragazzo aveva detto di non ricordare assolutamente nulla di quanto era successo, rimase stupito nel sapere dell'attacco alla scuola.

“Albus, quali sono i tuoi ultimi ricordi?”, chiese gli chiese il padre.

Albus sbuffò, si mise una mano sulla faccia scuotendola nella speranza di non chiudere gli occhi per la stanchezza.

“Sono andato in stanza alle nove, ho letto un pò e poi mi sono addormentato. Credo fossero all'incirca le dieci. Dopo l'unica cosa che ricordo è il mio risveglio, accanto ad Auror con il braccio rotto e un gran casino intorno!”

“Ok...ora passiamo a te James..”, disse Harry Potter appoggiandosi sulla scrivania di Aberforth.

“Perché non mi vuoi credere!?”, chiese spazientito il ragazzo.

“Io voglio crederti James ma quello che stai dicendo sembra surreale! Ebony Autumn è in realtà Ebony Rookwood, figlia di Willow Rookwood a tutt'oggi dispersa che ha pietrificato Fred e ti ha chiesto di schiantarla solo per rendersi più credibile a Legacy Black perché in realtà è dalla nostra parte...non è proprio la versione più facile del mondo a cui credere!”, rispose nervosamente Harry Potter. Tutta quella situazione era assurda e il fatto che non ci capisse niente lo rendeva ancora più inquieto.

“Lei è dalla nostra parte. Avrebbe potuto ucciderci in un minuto se avesse davvero voluto farlo!”

“E le altre due?”

“Non lo so...credo che anche loro stiano fingendo ma non ne posso essere sicuro..”, rispose amaramente James.

“Sto con James papà.”, disse Albus a sostegno del fratello. Quando lo avevano informato del coinvolgimento di Jo-Jo e Kòre, qualcosa dentro di sè lo spingeva verso la stessa direzione di pensiero di James e non era solo la volontà di non credere che Jo-Jo e Kòre potessero essere delle traditrici.

“Mentre invece di Eobny ne sei certo?!”

“Sì! Lo sono!”

“Potter”, intervenne il Preside, “secondo me il ragazzo ha ragione”.

“Mi da ragione?”, chiese stupito James.

“Sono i fatti a darti ragione Potter, non ho improvvisamente riscoperto fiducia nella tue capacità”

“A che fatti si riferisce?”, chiese Harry.

“Ad un insieme di circostanze che se messe insieme forniscono un quadro incompleto ma chiaro: Kòre Dolohov ha salvato Teddy Lupin la notte dell'attacco al Manor o mi sbaglio? Tuo figlio è ancora tra noi e parla perché Ebony non l'ha ucciso quando avrebbe potuto benissimo farlo e in svariate occasioni anche prima di stasera. Sempre Kòre avrebbe potuto lasciare entrambi i tuoi figli a marcire nel Regno dei Morti.”

“Dimentica che Ebony ha attaccato Astoria Malfoy.”, disse Harry Potter.

“Legacy teneva in ostaggio Rose Weasley, forse ha agito per proteggerla.”, rispose il Preside.

“Dimentica anche che Kòre Dolohov è la stessa che durante il rituale per riportare indietro i miei figli, dopo aver pugnalato senza troppi problemi di coscienza James, ha mincciato di morte me e tutta la mia famiglia.”

“Sai bene che quella è magia oscura e può capitare di perdere il controllo. Tu stesso sai quanto labile sia il confine tra bene e male.”, gli ricordò Aberforth.

“Poniamo per cinque secondi che tutto questo sia vero, come ci sono finite delle adolescenti in mezzo ad una setta di matti?”, si chiese Harry Potter.

“Nello stesso modo in cui io sono finito a fare da balia a una mandria di sudici ragazzini in preda agli sbalzi ormonali, è capitato e basta.”, rispose il Preside.

“Non capita di diventare adepti di un tipo poco raccomandibile, deve essere successo qualcosa...un momento nelle vite di quelle ragazze che le ha spinte a fingersi protettrici di una causa a cui non credono e a rischiare la vita.”

“Cosa facciamo papà?”, chiese Albus Potter.

“Voi andate a dormire, avete già fatto fin troppo. Io devo ancora occuparmi delle talpe che infestavano il mio Dipartimento.”, disse Harry riferendosi alla squadra sette.

I piccoli Potter avrebbero solitamente protestato ma la stanchezza di faceva largo nei loro occhi, avevano bisogno di riposo.

Mentre per Harry Potter si prospettava ancora una lunga notte, Legacy Black si godeva il suo successo nel suo vecchio quartier generale a New Castle.

I suoi uomini brindavano alla buona uscita dell'incursione ad Hogwarts, tutti tranne Kòre e Jocelyn.

“Mie care ragazze, perché non festeggiate? Ve lo meritate”, disse il Re avvicinandosi alle due che avevano passato la serata appoggiate ad un muro in silenzio.

“Mio Re, siamo entusiaste della serata ma siamo preoccupate per Ebony.”, rspose Jocelyn.

“Oh capisco...non vi cruciate, quel Potter non sa nemmeno scagliare un incantesimo decente, domani sarà come nuova!”

“Mio Signore, noi siamo molto stanche. Non siamo forti come Voi, vi prego di darci il permesso per congedarci.”, disse accodiscendente Kòre.

“Permesso accordato stelline, potete andare.”, disse euforico Legacy.

Non appena si trovarono nella loro stanza, a fianco della quale c'era quella in cui Ebony riposava, Jocelyn e Kòre tirarono finalmente un sospiro di sollievo. Le cose, stavano andando bene anzi, forse meglio del previsto.

“Credi che James si fidi di noi?”, chiese Jo-Jo mettendosi in pigiama.

“Di noi, non saprei dire... ma si fida di Ebony.”, rispose Kòre.

“Secondo te ci perdoneranno?”

“Per adesso occupiamoci solo di tenerli vivi e vedrai che saranno costretti a perdonarci!”, rispose sorridendo all'amica.

Si coricarono a letto, augurandosi una buona notte.

“Ehi Kòre...”

“Mhhh?”

“Se ci chiama ancora una volta stelline, mando un gufo al Dipartimento Auror e spiattello tutto, sappilo.”

“Dormi, stellina!”, rispose ironica Kòre Dolohov che quella notte, riuscì a prendere sonno nonostante il timore che tutti i suoi amici, la considerassero una stronza traditrice.

 

TO BE CONTINUED...

 

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Eccomi qui again!!! allllorraaa capitolo breve ma intenso! A questo punto vi starete chiedendo..che caaaa...spiterina ha in mente sta scema? Beh, spesso non so nemmeno io cosa penso ma so che questa storia sta arrivando agli sgoccioli, mi ero prefissata un max di 30-32 capitoli e siamo già a 22 quindi...manca ancora una vita XD

Per chi segue anche l'altra mia storia, La Compagnia dei Dannati, sappiate che aggiornerò presto, prima che posso.

Ringrazio di nuovo tutti quelli che seguono questa storia e siete davvero molti=)

Recensite mi raccomando, vorrei sapere i vostri pareri anche da voi, coloro che seguono sempre ma che fino ad oggi si sono nascosti!!! =)

SCIAOOOO

 

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Capitolo 23
*** La Profezia ***


Ho deciso di dedicare questo capitolo a Cindernella, che con una pazienza e una costanza non comuni, recensisce ogni mio obrobrio e segue con passione questa storia. Spero che nella seconda parte, apprezzerai le basi che ho piazzato per la Dramione e soprattutto l'ultima parte del capitolo =)
E' lunghissimo...non odiarmi XD  <3


Quando anni prima Harry Potter dovette affrontare la sua personale battaglia contro il Signore Oscuro, credeva che mai e poi mai in futuro, si sarebbe potuta ripetere una tale esperienza e, soprattutto, era convinto di aver avuto il ruolo più scomodo e potenzialmente più stressante dal punto di vista fisico e psicologico.
Per quanto riguardava il fisico forse era vero, dopotutto aveva passato mesi in fuga con i suoi migliori amici, correndo e saltando nel vuoto da un drago sputa fuoco.
Psicologicamente parlando, si sbagliava di grosso.
A diciassette anni, non gli era mai passato per la mente che il Capo degli Auror, era quello che se le prendeva tutte.
Cosa? Le conseguenze. Di qualsiasi azione, per quanto minima ed insignificante potesse essere, lui ne rispondeva, rispondeva di tutto e di tutti.
In seguito all'attacco ad Hogwarts, erano state mosse parecchie accuse e rimostranze verso l'ufficio Auror. Erano state criticate le misure di sicurezza, i suoi membri, la sua leadership, la sua politica indulgente, i metodi, le iniziative. Alcuni gentiori avevano deciso, forse troppo suggestionati, di ritirare i figli da scuola.
Per quanto Harry tentasse di salvaguardare le apparenze, doveva ammettere che il suo Dipartimento era in crisi, crisi nera.
Un'intera squadra composta da traditori aveva avuto accesso a tutti i loro dati, ai piani e agli archivi senza alcun tipo di problema. Lui e Ron sospettavano che qualcosa non andasse nella squadra sette ed era per questo motivo che di comune accordo con John Longbridge avevano inserito Temperance Tudor in quel gruppo. La ragazza si sarebbe meritata la squadra sei se non addirittura la cinque ma serviva una persona fidata e capace come tramite.
Quando Harry la informò di questo fatto, lei ne fu lusingata ma disse che avrebbe preferito saperlo prima, in modo da porter essere più utile. Il tenente Longbridge le rispose che avevano bisogno che lei stesse tranquilla e che si integrasse il più possibile nel gruppo, in modo da renderla insospettabile e salvaguardare la sua stessa sicurezza.
Come se la situazione lavorativa non lo stressasse già abbastanza, quello che affontava tra le mura domestiche era anche peggio.
Sua moglie Ginny, aveva scoperto entrambe le sue bugie, quella della cicatrice e quella sui Rookwood, gettando il suo matrimonio in un silenzio perenne e pieno d'astio.
Era proprio per colpa della giovane Ebony Rookwood che lui si stava dirigendo a Liverpool, città natale dei genitori adottivi della ragazza.
Non sapeva cosa aspettardi da loro: potevano essere a conoscenza delle reali intenzioni della figlia? E delle sue origini? Come mai durante tutti quei mesi non avevano mai provato a cercarla, a chiedere sue notizie ad Hogwarts?
Nessuna lettere era mai più stata recapitata a scuola dopo la notte di Natale e questo non faceva altro che insospettire Harry Potter.
Gli Auror non erano soliti immischiarsi negli affari dei babbani anzi, cercavano di ridurre al minimo ogni contatto, per proteggerli. Stavolta, avrebbe fatto uno strappo alla regola.
Arrivato nel quartiere di proveninza di Ebony, Harry ne rimase sorpreso: era un quartiere benestante, belle case, belle auto, belle persone. Si trovava poco fuori il centro di Liverpool, all'inizio della periferia. La casa degli Autumn era di modeste dimensioni rispetto a quelle dei vicini ma comunque molto elegante. Stava per dirigersi verso la porta quando improvvisamente il suo cammino fu bruscamente interrotto da una barriera invisibile.
“Ma che cavolo...”, disse Harry tentando nuovamente di avanzare senza successo.
Qualcuno aveva eretto con un incantesimo una barriera lungo l'intero perimetro del giardino.
“Posso esserle utile?”
La voce di una donna, lo fece voltare verso destra. Harry la osservò, notando un certo nervosismo sia nei suoi occhi che nella sua voce: stringeva saldamente al petto una busta di carta del supermercato, era pallida e preoccupata, con delle profonde occhiaie. Nonostante questo suo aspetto apparentemente trasandato, era una donna molto bella, alta e con i capelli biondi.
“Sì, se non le dispiace...”, rispose Harry, “starei cercando la famiglia Autumn, la casa è questa?”, chiese indicando con il dito la villetta.
“S-sì...ma potrebbero non essere in casa. Chi è lei?”, chiese spaventata ma decisa.
Harry non avrebbe dovuto fornire la sua identità ma qualcosa gli suggeriva che se si fosse guadagnato la fiducia di quella donna che stava chiaramente mentendo, sarebbe riuscito a farle cambiare atteggiamento e magarti a farle dire la verità.
“Mi chiamo Harry Potter, ho bisogno di discutere con i signori Autumn alcuni particolari riguardanti la vita scolastica della  figlia, Ebony.”, rispose sperando di attirare l'attenzione della donna nominando una fantomatica scuola.
“O santo cielo...”, disse sussurrando afflitta.
Harry notò lo sconforto e il terrore dipingersi sul volto di quella signora. Preoccupato, gli si avvicinò, poggiandoli una mano sulla spalla, contatto che la fece sussultare.
“Si sente bene?”, chiese lui.
“Se Harry Potter si prende il disturbo di venire fin qui, vuol dire che Ebony è nei guai vero? La prego mi dica che sta bene...”, disse sull'orlo delle lacrime.
Harry, dopo un iniziale momento di stupore, capì.
“Immagino che lei sia...”
“Janet Autumn.”, rispose precedendolo.
“Signora Autumn, sua figlia si è ritrovata in una situazione diciamo...spiacevole ed io ho davvero bisogno del suo aiuto, anche di quello di suo marito.”
“Matt sarà di ritorno fra pochi minuti”, disse guardosi l'orologio, “se si vuole accomodare...”, proseguì dirigendosi a passo spedito verso la porta di casa.
“Ecco veramente ci sarebbe un piccolo problema...”, disse Harry.
“Oh mi scusi! Mi ero dimenticata della barriera. Aspetti qui un minuto, disattiverò le protezioni da dentro casa poi potrà entrare.”
Harry rimase stupito dalla totale naturalezza con la quale Janet disse quelle parole, come se per un babbano fosse del tutto normale disattivare delle barriere magiche.
Dalla finestra del salotto, Janet gli fece segno di entrare e, come lo stesso Harry poté constatare, le barriere erano effettivamente cadute.
Janet Autumn lo fece accomodare in salotto, chiedendogli se desiderava qualcosa da bere.
“Io ho bisogno di una massiccia dose di the e credo che ciò sta per dirmi mi porterà automaticamente dal the al whisky quindi non si preoccupi e approfitti pure.”, disse la donna. Per quanto poco conoscesse Ebony, la trovava molto simile alla madre adottiva.
“Come è riuscita a far cadere la barriera?”, chiese Harry.
Janet tornò in salotto reggendo un vassoio con tre tazze vuote.
“L'orologio...”, disse indicando il quadrante posto sopra un mobiletto, “segna sempre le due, barriera attive. Se le disattivo, sposto la lancetta delle ore sul sei.”
“Janet tesoro, sei in salotto?”
Matt Autumn, fece la sua entrata notando immediatamente Harry Potter seduto comodamente sul suo divano.
“Lei è Harry Potter...E' per Ebony vero? Sta bene?!”, disse senza nemmeno presentarsi.
“Matt caro siediti...il signor Potter dice che è viva e che sta presumibilmente bene...”, disse Janet avvicinandosi al marito.
“Presumibilmente?!?!”, ripetè nervosamente Matt abbandonansosi sulla poltrona.
“Non ne posso essere sicuro ma sono propenso a credere che stia fisicamente bene.”, disse Harry, “signor Autumn, come ho detto prima a sua moglie, vostra figlia in questo momento si trova in una situazione piuttosto strana e delicata.”
“Allora diamoci del tu, in questo caso le formalità non sono necessarie.”, disse Janet.
“Perfettamente d'accordo Janet...ora, come vi dicevo, ho bisogno del vostro aiuto per capire cosa fare e come comportarmi. Siete a conoscenza di quello che sta succedendo a noi maghi in questo momento?”, chiese Harry.
I due coniugi si scambiarono un'occhiata, come a voler cercare l'approvazione l'uno nell'altra. Fu Janet a parlare per prima:
“Sappiamo molte cose Harry. Sappiamo chi sei tu, cosa hai fatto in passato e che figura rappresenti ora nel mondo magico...siamo babbani ma siamo pur sempre i genitori di una strega, dobbiamo essere informati. Vedi, Ebony è sempre stata una ragazza molto in gamba e indipendente, alle volte anche troppo! Ha sempre detto che non ci dovevamo preoccupare, che ormai lei se la sarebbe cavata sempre. A giugno dell'anno scorso, quando fece ritorno a casa, era diversa, era distratta, come se avesse la testa altrove. Un mese dopo, riunì me e mio marito in questo salotto e ci fece il discorso...”
“Che discorso?”, chiese incuriosito Harry.
“Ci disse che molto presto, avrebbe dovuto fare qualcosa di sbagliato...”, disse Matt, “qualcosa di pericoloso ma più grande di lei, più grande di tutti noi.”
“A cosa si riferiva?”
“Questo, non ce l'ha detto. Ci ha informati che qualcuno, aveva eretto la barriera intorno alla casa, in modo che nessun mago, nemmeno Ebony stessa, la potesse oltrepassare. Ha fatto le valige, dicendoci che non avremmo più ricevuto sue notizie per un bel pò, di non preoccuparci e soprattutto di non cercarla. Da quel giorno, non l'abbiamo più rivista”, rispose Janet.
“ E voi lo avete fatto sul serio?”, chiese stupito Harry. Loro erano i genitori, non avrebbero dovuto prendere ordini dalla figlia quindicenne.
“Nostra figlia sa sempre quello che fa e noi rispettimo le sue scelte...”, rispose convinta Janet.
“La scuola è iniziata a settembre...dove pensate abbia passato il resto delle vacanze estive e poi quelle di Natale?”, chiese Harry.
“Da Jocelyn Green, è una sua amica di scuola.”, rispose Matt.
Harry Potter si sorprese di quell'affermazione.  Al suo rutorno, i Signori Green avebbero dovuto fornirgli un bel pò di spiegazioni.
“E cosa mi sapete dire di Kòre Dolohov?”, chiese poi.
A quella domanda, gli Autumn guardorono il Prescelto in modo alquanto sospetto.
“Se ci chiedi di Kòre, vuol dire che Susan aveva ragione...nessuno lo sa.”, disse sconsolata Janet.
“Suasan? Intendi Susan Strongstone?!”, chiese stupito.
Matt strinse amorevolmente la mano della moglie.
“Dobbiamo dirglielo, ricordi? Ebony disse che potevamo fidarci solo di Harry Potter.”
Janet, era in procinto di scoppiare in lacrime così Harry decise di provare a consolarla.
“Janet, se mi aiutate a capire cosa passa per la mente di vostra figlia, io posso aiutare lei. Per farvela breve, siamo arrivati ad un punto in cui sembra essere imminente una guerra ed Ebony si trova dalla parte sbagliata. Io ho vissuto sulla mia pelle gli effetti devastanti di una guerra così come i miei genitori che hanno pagato con la propria vita. Avevo pressapoco l'età di Ebony quando vidi morire molti miei amici...”
Janet mosse il capo in segno di assenso, sospirando e trattenendo le lacrime.
“Bene... Ebony non è vostra figlia naturale, l'avete adottata. Dovreste sapere che i genitori naturali di Ebony sono-...”, provò a dire Harry Potter prima che Janet intervenisse:
“Augustus e Willow Rookwood...Mangiamorte.”
Harry rimase di sasso. Quando era partito alla volta di Liverpool, era certo che avrebbe portato solo lacrime e ansia alla famiglia di Ebony, gli avrebbe fatti cadere dalle nuvole. Invece, l'incontro strava prendendo la piega completamente opposta.
“Capisco il tuo stupore Harry ma come ho detto prima, sappiamo molte cose.”, disse Janet, “vedi, io purtroppo non posso avere figli e credimi, le abbiamo provate tutte.  Circa quindici anni fa, due donne bussarono alla nostra porta, reggendo un piccolo fagottino rosa. Si presentarono come Willow Rookwood e Susan Strongstone.”
“Willow era una ragazza molto giovane ma in precarie condizioni di salute e si vedeva chiaramente: era denutrita, pallida e spaventata...”, continuò Matt, “le facemmo entrare senza pensarci due volte, sembravano bisgnose d'aiuto. Demmo a Willow del cibo, dell'acqua e mia moglie le regalò dei vestiti puliti. Mangiò e bevve in silenzio assoluto, affidando la bambina a Susan. Janet le disse di andare  pure sotto la doccia, aveva bisogno di lavarsi. Lasciò la bambina nelle mani di mia moglie e pronunciò quattro parole, le sole che le sentimmo mai dire: lei si chiama Ebony.
Si diresse verso il bagno e non la rivedemmo mai più.”
“C-cosa?! E Susan?!”, chiese stupito Harry Potter.
“Mentre Willow si stava probabilmente calando fuori dalla finestra, Susan ci disse che saremmo stati i genitori di Ebony.”, disse semplicemente Janet.
“No questo è impossibile! Ci risulta che Ebony vi fu affidata all'età di otto anni. Quella ragazza passava una parte dell'estate dai Malfoy ne sono certo”, disse sicuro Harry.
“Questo è quello che risulta a voi ma non fu così. É vero che Ebony passava del tempo con la famiglia Malfoy ma il resto dell'anno, era sempre qui.”
“E voi accestaste?!?! Prendeste in affidamento una strega senza farvi domande?!”, chiese allibito Harry Potter.
“Ovviamente no, Susan dovette spiegarci in un'ora scarsa tutto quanto. Maghi, magia, Mangiamorte, guerre, Harry Potter, Prescelto, Voldemort, Hogwarts...tutto. Inizialmente, credetti di svenire e pregai mio marito di chiamare la polizia perché temevo che fosse una signora un bel pò matta. Poi però, ce lo dimostrò: il mio servizio da dodici spalancò la mia credenza e si mise a fluttuare sopra le nostre teste.”, spiegò Janet.
“E voi eravate disposti ad adottare una strega da due perfette scosciute?!”, chiese allargando le braccia ancor più stupito di prima.
“Lo so, può sembrare assurdo ma non puoi nemmeno immaginare quello che ho provato prendendola in braccio. Ebony aveva iniziato a piangere disperatamente ed io la presi e la sollevai poggiandola sul mio cuore: lei poco dopo smise di piangere e con la sua piccola manina strinse il mio mignolo con una forza sorprendente per un neonato di pochi mesi. Sentì che quella bambina meritava la vita migliore che avremmo potuto darle.”, rispose sorridendo Matt.
 Harry sorrise ad entrambi. Erano davvero delle persone meravigliose ed Ebony era stata incredibilmente fortunata tanto da farlo quasi ingelosire. Le loro storie di vita erano piuttosto simili e lui avrebbe davvero desiderato una famiglia come quella della ragazza.
“A cosa facevate riferimento prima, quando vi ho chiesto di Kòre e voi avere risposto che Susan aveva ragione?”, chiese ridestandosi dai suoi pensieri.
“Quando Susan si avviò verso la porta rimanemmo stupiti: Willow non era ancora scesa in salotto e stava abbandonando la bambina qui da noi. In quel momento ci disse che eravamo stati scelti per crescere questa nuova vita e salvarla dal suo destino. Susan disse anche che nessuno avrebbe fatto domande, né le autorità babbane né le vostre e così fu. Crescemmo Ebony come una normalissima bambina inglese fino al giorno in cui fece il suo primo incantesimo accidentale rompendo tutti i vetri della cucina.”, rispose Janet.
“Aggiunse che sarebbe tornata una volta all'anno, per fornirci più informazioni e per controllare che stesse bene. Noi ci innamorammo subito di nostra figlia ma credimi, non avremmo avuto altra scelta comunque. Un mese dopo mi recai all'anagrafe dove scoprì che il nome di Ebony risultava già iscritto nei registri sotto il nostro cognome, accompagnato da una serie di carte molto dettagliate riguardo la sua adozione. C'era scritto che la bambina fu abbandonata da madre sconosciuta davanti alle porte dell'ospedale St. Claire e che in seguito ad una nostra fantomatica richiesta d'adozione, lei ci era stata affidata in custodia provvisoria.”, spiegò Matt.
“Quindi avete avuto incontri annuali con Susan Strongstone per quanto tempo?”
“Dieci anni, poco prima che arrivasse la lettera dalla scuola. Ogni anno, Susan si portava dietro Kòre Dolohov e passavano qui il mese di giugno e poi al Manor quello di luglio.”, disse Janet, “Kòre è una brava ragazza, è nei guai anche lei vero? Quelle ragazze sono legate dalla Profezia...”
Ok. Harry Potter era ufficialmente caduto dalle nuvole e sfracellatosi al suolo.
Prima che potesse chiedere a quale diamine di Profezia stesse facendo riferimento Janet, degli strani rumori iniziarono a provenire dal caminetto posto sulla parete destra del salotto.
“Oh, questo si che è strano...”, disse Matt.
“Cosa é strano?”, chiese Harry.
“Sta arrivando Susan.”, rispose semplicemente Janet.
Pochi secondi dopo, una densa fumata grigia invase la stanza e non appena si diradò,  la figura di Susan Strongstone apparve dinnanzi agli occhi dei presenti.
Susan, dopo qualche colpo di tosse, finalmente parlò.
“Dovreste pulire la cappa...buonasera signor Potter, Janet, Matt...vi trovo in splendida forma.”, disse sorridente, ripulendosi il vestito dalla cenere.
“Susan, non aspettavamo una tua visita...sei anche tu qui per Ebony?”, chiese preoccupata Janet.
“Sì, purtroppo non posso trattenermi a lungo anzi, anche il signor Potter toglierà il disturbo a breve.”, disse tranquillamente.
“Noi stavamo per raccontargli della Profezia...lo so, non avremmo dovuto ma è la nostra bambina e...”. Stavolta Janet dovette interrompersi per via delle lacrime che ormai rigavano il suo volto. Il marito le cinse le spalle in un abbraccio consolatore.
“Janet, Matt...avete cresciuto una magnifica bambina che si è trasformata in una giovane donna molto forte. Non vi preoccupate, ora ci pensiamo noi.”, li rassicurò Susan.
“Andiamo Singor Potter?”, disse voltandosi verso la Passaporta nel camino.
Harry era a dir poco sconcertato da tutta quella situazione e parecchio seccato. Lui era in Capo degli Auror ma a quanto sembrava, era quello che ne sapeva meno di tutti. Decise di seguire la donna, in quella Passaporta illegale e non segnalata. Aveva concluso che i genitori adottivi di Ebony erano innoqui.
“Harry!”, lo richiamò Janet, “lo sappiamo che sono affari da maghi e che noi, non possiamo fare nulla ma ti prego, dimmi come sta mia figlia, la verità...è...viva?”
“Sì, sì è viva e sta bene per quanto ne sappiamo...”, rispose Harry, non fornendo ulteriori dettagli. Non aveva intenzione di comunicare alla famiglia di quella ragazza che si era schierata dalla parte dei cattivi ma che forse stava facendo un pericolosissimo doppiogioco. Anche lui era un genitore e non avrebbe voluto causare loro ulteriori sofferenze.
“Lei è la nostra unica figlia...vi prego, salvatela.”, disse Matt, porgendo la mano ad Harry che la strinse con vigore.
Con un cenno del capo, Susan si congedò, sparendo nel caminetto, seguita a ruota da Harry Potter.
Ci misero pochi secondi ad arrivare a destinazione.
Harry non aveva idea di dove sbucasse quella Passaporta. Cadde malamente su qualcosa di morbido, fortunatamente.
“Mi dispiace essermi intromessa così impunemente ma non potevo permetterle di raccontare la verità sull'attuale situazione di Ebony alla sua famiglia, ne avrebbero sofferto troppo e non se lo meritano.”
I suoi occhi erano ancora socchiusi per via della cenere ma poté vedere la figura di Susan Strongstone allontanarsi da lui dopo aver pronunciato quelle parole per poi essere rimpiazzata da un'altra sagoma: riuscì a mettere a fuoco la figura imponente di Draco Malfoy.
“Mi stai sporcando il tappeto, Potter.”
“Malfoy... deduco che pure tu ne sappia molto più di me riguardo tutta questa storia, vero?”, chiese sconsolato Harry, ripulendosi i vestiti.
“Io ne ho sempre saputo più di te Potter, abituatici.”
              ***

“Cosa è successo?”
“Signora Po-...”, provò a dire Temperance Tudor, prima di essere totalmente ignorata.
Ginny Potter, corse verso il figlio minore che sedeva atono e inerme su una sedia, fuori dall'infermieria.
“Albus! Albus tesoro mio parlami...cosa è successo?”, chiese inginocchiandosi per poterlo osservare. Era sconvolto.
“Io-....io non volevo...non lo so cosa ho fatto, io non me lo ricordo....”, disse iniziando a piangere....

FLASHBACK

Giaceva su quelcosa di freddo, umido e duro.
Albus Potter stava lentamente aprendo gli occhi, sicuro di non trovarsi più tra le coperte del suo comodo letto ma l'idea di scoprire la sua attuale posizione, lo terrorizzava.
Si fece coraggio in qualche modo e spalancò gli occhi: scaffali. Scaffali pieni di libri.
Si alzò in piedi guardandosi intorno ma non aveva fatto i conti con il mal di testa. Non appena si mise in posizione eretta, un capogiro lo fece barcollare e dovette reggersi ad uno di quegli enormi scaffali. Osservò alcuni volumi che erano caduti a terra dopo che lui ci si era malamente poggiato contro e dai titoli, intuì che doveva trovarsi nella biblioteca della scuola, nella sezione proibita.
“Oh fantastico...”, si disse sarcasticamente.
Come diavolo ci era finito lì?
Da quando Zabini lo aveva trovato a gironzolare doromiente per la Sala comune, l'infermiera gli aveva detto che molto probabilmente il suo sonnambulismo era dovuto allo stress e le aveva dato una pozione da prendere ogni sera prima di coricarsi. Quella notte l'aveva presa, come ogni notte ma era comunque arrivato nel reparto proibito.
“E adesso che faccio?”
Si guardò intorno, notando poco più avanti la sua bacchetta, per terra.
Si avvicinò per raccoglierla quando si rese conto che la sua mano destra era insanguinata. Preso dal panico, iniziò a toccarsi ogni parte del corpo, a controllare le sue pulsazioni ma lui sembrava essere a posto, nemmeno sulla mano c'erano dei tagli quasi come se quel sangue non fosse suo.
A quel pensiero, un orribile immagine si figurò nella mente di Albus: quello era il sangue di qualcun'altro. Osservando più attentamente dinnanzi a sè, vide che una piccola striscia rossa, faceva angolo verso gli scaffali di sinistra.
“Nonono...ti prego no....”, sussurrò nel panico.
Seguì la traccia che lo portò di fronte alla paura. Il corpo di una ragazza giaceva sanuginante al suolo.
Albus Potter era in tachicardia, respirava affannosamente e la sua vista era quasi completamente ofuscata dal panico più totale ma doveva avvicinarsi. Gli sembrava di aver visto il torace della ragazza muoversi quindi doveva essere ancora viva, almeno era quello che con tutto il cuore sperava.
Le si fece vicino in modo tale da poterle vedere il viso. Albus la  riconobbe subito, era Lullaby Mason, Caposcuola Tassorosso.
“Ti prego non essere morta, non essere morta...”, implorò cercando di sentire il suo respiro.
Un colpo di tosse proveniente da Lullaby lo fece sussultare ma per lo meno, era la prova che era ancora viva.
“P-perché...”, disse flebile la ragazza.
“Lullaby! Lullaby stai tranquilla ok? Adesso vado a cercare aiuto, tu cerca di non morire, siamo intesi?”, disse concitato Albus.
“Vo...volevi...u-uccidermi...”
“Io? Sono stato io a ridurti così!?”, stridette Albus.
La ragazza ripose con un cenno del capo.
“Io...io non volevo, te lo giuro...”, disse Albus piangendo.
Cosa gli stava succedendo? Perché l'aveva ridotta in quel modo?
“Aiutami...”
La fatica con la quale Lullaby implorò il suo aiuto, fece scattare Albus in piedi che subito si mise a correre come mai aveva corso prima di allora.
La scuola era ancora sotto il controllo degli Auror e fortunatamente ce n'erano due che stavano pattugliando l'entrata della biblioteca.
“Ehi!!!”, urlò il giovane Potter attirando la loro attenzione.
“E tu da dove diamine sbuchi ragazzino?”, gli rispose urlando il ragazzo.
“Ehi, Derek...quello è uno dei figli del Capo.”
“E' un Potter?”
“Dovete venire ad aiutarmi presto!!!”, disse svelto non appena gli fu davanti.
“Fermo lì, cosa ci facevi nella bilbioteca? E come ci sei entrato a quest'ora della notte?”, chiese Derek.
“Non c'è tempo! Una ragazza è ferita! Presto!”
Nell'udire ciò, gli Auror ed Albus corsero verso Lullaby.


FINE FLASHBACK

“Signora Potter...”, richiamò la sua attenzione Temperance.
“Vuole stare zitta per favore!?!”, rispose piccata la moglie di Harry.
Prima che la situazione degenerasse, Aberforth Silente raggiunse Ginny ed Albus.
“Ginevra, Albus...”, salutò con il solito tono serio.
“Aberforth, che è successo qui?”, chiese la donna preoccupata.
“Tuo figlio ha apparentemente attaccato una studentessa riducendola piuttosto male ed ha rubato dei volumi dalla sezione proibita.”, disse con una semplicità disarmante.
“Come sta Lullaby?”, chiese Albus preoccupato.
“La signorina Mason è forte si riprenderà...piuttosto è lei che non sta bene signor Potter. Vorrei mandarla al San Mungo per ulteriori analisi dato che è evidente che non non fosse realmente intenzionato a fare ciò che ha fatto.”
“Io non...non ricordo nulla...”
“Shhh tesoro, va tutto bene...ora andiamo all'ospedale e li sapranno certamente dirci qualcosa in più.”, disse Ginny cercando di essere il più sincera e tranquilla possibile.
Albus si alzò a fatica, scortato da Temperance verso la sua stanza dove avrebbe recuperato quelche vestito.
“Avete avvisato mio marito?”, chiese Ginny ad Aberforth.
“Sì, sarà qui a momenti se vuoi aspettarlo lag-..”
“No. Non ho tempo di aspettare i comodi del Prescelto...appena arriva gli dica che siamo al San Mungo e di non preoccuparsi di raggiungerci. Deve stare qui e capire cosa diavolo sta succedendo.”
Prima che il Preside potesse risponderle, Ginny Potter camminava già a passo spedito verso il dormitorio Serpeverde.
Il giorno seguente, tutta la scuola non faceva altro che parlare dell'aggressione avvenuta ai danni di  Lullaby Mason.
Genitori isterici inviavano lettere di protesta al Preside, agli Auror o a chiunque fosse in grado di fornire una qualche sorta di spiegazione.
Quasi nessuno era a conoscenza dell'identità dell'aggressore. Il Preside, in accordo con gli stessi genitori della ragazza, convennero che non era il caso di scatenare una caccia alle streghe tra gli studenti. Fortunatamente, i Mason erano persone in gamba, un pò strane certo ma fedeli e fiduciosi nel sistema del mondo magico e soprattutto nella famiglia Potter. Anni prima, combatterono contro Voldemort accanto ad Harry e agli altri compagni di scuola.
Nel pomeriggio, una volta finite le lezioni, Fred Weasley era stato invitato a fare visita alla Caposcuola essendo lui un Prefetto.
Non appena arrivò nei pressi dell'infermieria, vide che tra le persone ferme fuori ad aspettare, c'era anche sua cugina Rose.
“Ehi Rose, stai bene?”, chiese pensando che le fosse successo qualcosa.
“Ciao Fred, no io sto bene...sono qui per far visita a Lullaby.”
“Ah, siete amiche?”
“A dire il vero no ma sono stata invitata a farlo in quanto Prefetto.”, ripose lei.
“Pre-cosa? Ma non puoi essere...”, disse attonito Fred.
“A quanto pare, sono un'eccezione. Visto che Kòre è momentaneamente indisposta”, disse scegliendo le parole che avrebbero ferito meno il ragazzo, “il Preside ha deciso di affidare il ruolo a me. Non c'erano studenti del quinto anno disposti o in grado di svolgere questo compito quindi...eccomi qui.”
“Zia Hermione sarà al settimo cielo!”, disse ridendo Fred immaginando la reazione di pure gioia della zia.
“Ehi ragazzi...”
Lysander Scamandro, raggiunse i suoi amici.
“Lys...come sta Lorcan?”, chiese Fred sapendo che Lorcan e Lullaby erano molto legati.
“Insomma...tutto sommato credo bene. Dice che le ferite fisiche non sono nulla in confronto al danno psicologico che Lullaby può aver ricevuto.”, rispose tristemente.
“Lorcan ha davvero detto questo?”, chiese Rose stupita.
“In realtà no, ha detto qualcosa riguardo alla rottura della sua aura e altre cose...ho parafrasato...”
“Si sa qualcosa riguardo l'aggressore?”, chiese Fred, guadagnandosi occhiate di stupore da parte di entrambi,“beh, che ho detto di male?!”
“Non lo sai?! Non lo sa?”, chiese Lysander a Rose.
“A quanto pare no, James non ti ha detto niente?”, chiese Rose sussurrando.
“Non lo vedo da stamattina, credo abbia saltato di nuovo le lezioni...e perché stai sussurando?!”
“Albus...”, disse semplicemente Rose.
“Albus cosa?”
“E' stato Albus ad aggredire Lullaby...”
“COSA!?!?”, urlò il ragazzo.
“Abbassa la voce Weasley!!!”, lo redarguì Lys, “adesso ti raccontiamo”.
I due narrarono in breve la vicenda della notte precedente e Fred non poté fare a meno di pensare che qualsiasi cosa fosse successa, doveva essere opera di Kòre e le altre. Forse, James non aveva marinato le lezioni senza una buona ragione.
“Ragazzi, portate i miei saluti a Lullaby, io devo andare.”
“Cosa?! Fred!”, provò a dire Rose inutilmente dato che suo cugino aveva già svoltato l'angolo, alla ricerca del cugino.
“Emh...Rose...”, la richiamò Lysander.
“Sì Lys?”
“Quella laggiù...è tua madre?”, disse il ragazzo indicando il corridoio dinnanzi a sé.
Rose si voltò ed effettivamente, sua madre, stava camminando accompagnata da due Auror in direzione della biblioteca.
“Che ci fa qui?”, chiese Lysander.
Rose capì subito quello che stava succedendo.
“Fa i compiti...”, disse meditabonda.
   ***

L'odore di quella biblioteca le era mancato più di qualsiasi altra cosa.
Aveva passato anni là dentro, sommersa dai suoi amati libri, dai suoi appunti e dal suo ammasso di capelli.
La biblioteca fu tutto per lei: fu rifugio, consolazione, illuminazione, soluzione, inizio e fine.
Lì, iniziò la sua storia d'amore con Draco e lì, finì.
Quando Harry l'aveva richiamata all'azione, furono due le reazioni che ebbe: euforia e sconforto. L'una il contrario dell'altra ma dopotutto, la sua vita non era mai stata una conseguenza di scelte coerenti e ponderate.
L'euforia, derivava dalla sua voglia di buttarsi in qualcosa di nuovo, fecendo qualcosa che la rendesse utile davvero. Lo sconforto, arrivò quando suo cognato le comunicò che i loro figli, erano in pericolo.
Una volta messo piede nella stanza, non potè trattenere la sua gioia. Inspirò ed espirò ogni odore, a pieni polmoni.
“Signora Weasley, prego mi segua...”, disse un Auror.
Hermione abbandonò la zona grande della biblioteca con tristezza per raggiungere di fatto la reale ragione della sua presenza, la sezione Proibita.
Ad attenderla vi erano tre persone.
“Signora Weasley, le presento la sua squadra,” disse l'altro Auror che l'aveva accompagnata sin lì, “l' Auror Temperance Tudor, punteggio massimo in tutti i test teorici e in Storia della Magia avanzata; la signora Lux Mason, madre della ragazza aggredita Lullaby Mason, direttrice dell'archivio ministeriale e infine il signor Flea, folletto direttore degli archivi della Gringott.”
Hermione porse gentilmente la mano a tutti loro, concentrandosi maggiormente sulla signora Mason chiedendo notizie della figlia. Sapeva che l'autore dell'aggressione era suo nipote ed in cuor suo sperava che Lux non avesse problemi a lavorare con lei.
“Mia figlia è una ragazza in gamba cara e non ti preoccupare, di nulla.”, le rispose gentilmente. Quella donna le ricordava molto Luna Lovegood.
“Molto bene allora...vi lasciamo lavorare...”, disse un Auror.
“Apetti! Mi era stato detto che saremmo stati in cinque...siamo solo quattro.”, disse Hermione.
Prima che l'Auror potesse rispondere, alle sue spalle apparì il quinto membro del team:
“Sempre perfetta- Prefetta Granger...”
Draco Malfoy. Miseriaccia.
“Sempre in ritardo Malfoy...”, rispose Hermione, “e lui che parte fa?”, chiese nuovamente all'Auror che prima fece le presentazioni.
“Il signor Malfoy è collaboratore ufficiale del Dipartimento delle Catastrofi ed Incidenti Magici, sezione Pozioni. Visto che tra i volumi trafugati vi sono anche libri di pozioni, il suo aiuto è necessario.”, spiegò l'Auror.
“Inoltre in una squadra serve sempre quello bello”, disse con il suo solito sorrisetto ironico.
I due Auror si congedarono dal gruppo ed Hermione decise di prendere subito in mano la situazione:
“Molto bene compagni, direi di cominciare: io credo che dovremmo-...”
“Frena il cervello grifona, prima di cominciare le ricerche dovreste essere informati su cosa cercare, non pensi?”, disse Draco interrompendola.
“Sappiamo cosa cercare Malfoy...”, ripose acida.
“Davvero? Quindi immagino che sappiate già tutto della Profezia.”, ripose con sufficienza.
“Di cosa sta parlando?”, chiese Temperance.
“Avete un minuto per decidere se rendervi partecipi di quello che sto per rivelare, sappiate che una volta saputo, non si scappa. Ci sarete dentro completamente.”
“Malfoy, tutto questo è ridicolo! Harry non mi ha informata di nulla.”
“Lo sto facendo io ora Mazzosangue...minuto passato! Ragazzina Auror, tu ci stai?”
“Mi chiamo Temperance e sì, ci sto.”, ripose secca la ragazza.
“Stramba?”, chiese spiccio alla signora Mason.
“Ci sto in tutto e per tutto”, rispose Lux.
“Folletto?”
“Immaginavo che fosse qualcosa di pericoloso, mi hanno pagato troppo per spulciare qualche libro...non posso dire di no.”
“Ok...Malfoy parla chiaro! Che succede?”, disse spazientita Hermione.
“C'è una Profezia, una decisamente più dettagliata e dannatamente azzeccata, almeno fino ad ora.”
“Sento che devo sedermi...”, disse Hermione trascinando a sè una sedia.
“Non appena quel simpaticone di Voldemort morì, i suoi Mangiamorte si dispersero. Alcuni cercarono remissione, altri vennero catturati, altri uccisi...qualsiasi fine facessero erano soli, ognuno per sé. Tuttavia, i tirapiedi più fedeli al Mezzosangue sciroccato, rimasero uniti. La famiglia Rookwood, i Dolohov, gli Avery, i Travis... erano riusciti a creare una rete abbastanza fitta di contatti, con l'intento di creare un nuovo esercito che sarebbe stato poi al servizio di colui che avrebbe preso il comando, l'erede di Lord Voldemort.”
“Tiro ad indovinare, è Legacy Black?”, chiese ovvia Temperance.
“Un nome una garanzia...proprio lui. Ironico il fatto che l'erede di uno schizzato che voleva solo distruzione e potere sia il figlio di uno di un traditore del suo sangue.”
“Sirius non ha mai avuto figli...”, disse Hermione.
“Sai bene anche tu quanto sia facile nascondere scomodi segreti”, rispose ammicando Draco, “Sirius, pima di essere catturato e rinchiuso ad Azkaban, ebbe una relazione con una certa Dorcas Meadowes, una compagna di scuola di James e Lily Potter, da cui ebbe un figlio, Legacy.”
“Come cavolo è potuto succedere!?”, chiese nervosa Hermione.
“Sai com'è Mezzosangue...prima gli abbracci, poi baci e poi una mano scivola languida sotto il maglione e...”, disse Draco sarcastico prima che Hermione lo fulminasse con lo sguardo.
“Dorcas Meadowes fu uccisa da Voldemort in persona.”, disse Lux.
Improvvisamente, nella mente di Hermione si figurò un immagine raccapricciante.
“Fu un' esecuzione non è vero?”
“Sì...Voldemort uccise Dorcas Meadowes probabilmente dieci minuti dopo aver partorito.”, disse secco Draco.
“Ma perché non si è mai saputo niente di questo bambino? Insomma, è rimasto nascosto fino ad ora...”, disse il folletto.
“Non ne abbiamo idea, sappiamo solo che questo Legacy ha preso molto sul serio la Profezia.”
“Ora ci puoi dire di che miseriaccia di Profezia si tratta?”, chiese spazientita Hermione.
“Quindici anni fa, venni contattato da Hezel Dolohov...”
“La madre di Kòre Dolohov?”, chiese Temperance.
“Wow, devi essere una dei migliori del tuo corso...”, rispose sarcastico Draco.
“Stringi Malfoy!”, disse Hermione.
“Hezel era incinta di Kòre, sarebbe nata di lì a poco. Era in fuga, in fuga da Ater. Mi consegnò un biglietto con delle indicazioni per la Stanza delle Profezie. Ci andai ma durante le scorribande di Potter e i suoi amici, la Profezia venne distrutta.”
“Perché non informò il Ministero? Gli Auror?!”, chiese stupita Temperance.
Draco le concesse un sorriso beffardo.
“Già, chissà perché signorina Temperance...dopotutto, ho sempre intrapreso ottimi rapporti con le autorità.”
Temperance alzò gli occhi al cielo. La boria di quell'uomo era snervante.
“Kòre naque poco dopo e Susan bussò alla mia porta mostrandomi un altro biglietto, con scritto il mio indirizzo e la frase lei vi guiderà. La signora Strongstone non si rese conto che in realtà quel semplice foglietto racchiudeva di più, molto di più.”
Il tono serio e leggermente preoccupato di Draco, attirò l'attenzione di tutti i presenti.
“Verrà il giorno, dieci soli e nove lune dopo l'equinozio di primavera, in cui le acque quiete della pace si agiteranno con l'impercettibile primo respiro di una giovane Guardiana dall'iride viola, a cui spetterà la scelta che da millenni grava nel profondo di ogni uomo. Ella è pervasa dalla magia nera, sangue e anima, lei e solo lei guiderà il Re.
 Draco diede il tempo a tutti i presenti di recepire bene il messaggio.
“Il biglietto era incantato...una tecnica piuttosto usata dai Mangiamorte per scambiarsi messaggi complessi: si scrive il vero messaggio e si pronuncia Secretum Claustrum; poi si brucia il foglietto e le ceneri di esso vengono mescolate a dell'inchiostro e con quello si scarabocchia un altro foglietto. Per leggere il vero messaggio,  si pronuncia Secretum Clavis,  e il gioco è fatto! Il foglietto prende fuoco e dalle ceneri rinasce lo scritto originario”
“Che cosetta ingeniosa!”, disse allegra Lux.
“La Profezia va avanti e Granger, ti consiglio di prepararti...”, disse Draco osservando Hermione.
“Vai avanti Draco...”, disse Hermione, venendo meno alla sua rigidità e concedendosi di chiamarlo per nome.
Non sarà sola nel lungo cammino, colei che ripercorrerà la storia del Prescelto crescendo tra i non maghi, diverrà sorella non di sangue ma di spirito ed insieme serviranno il nuovo Re. Le generazioni che verranno, subiranno lo stesso destino che un tempo toccò a coloro i quali combatterono colui che rispondeva al nome di Tom O. Riddle. Sarà l'alba di un nuovo inizio.”
Sconcerto. Sconforto. Paura. Vuoto. Negli occhi di tutti, si leggevano queste emozioni.
Hermione Weasley, sembrava essere la più provata.
“Si sta ripetendo tutto...è tutto da capo...”, disse con la voce spezzata e reggendosi la testa fra le mani.
“C'è altro?”, chiese il folleto riferendosi alla Profezia.
“Sicuramente ma purtroppo, il resto del contenuto è stato cancellato.”
“Cosa? Come cancellato?”, chiese Lux.
“E' il motivo per cui Potter ha messo insieme questa squadra. Noi pensiamo che nemmeno Legacy sia a conoscenza del resto della Profezia e che sia alla ricerca dei mezzi necessari per scoprirlo. Ci risulta che siano stati trafugati due libri di pozioni e qualche volume di magia nera.”, disse pratico Draco.
“Noi dobbiamo scoprire cosa ha preso e perché lo ha preso rovistando ogni angolo di questo posto alla ricerca di una traccia o di un indizio in più.”, disse Hermione dopo essersi ripresa, “ed io ho intenzione di mettere sotto sopra l'intera biblioteca se necessario. Profezia o no, io non permetterò che succeda di nuovo, non alla mia famiglia.”
Draco rivide nei suoi occhi la tenacia e la caprbietà di un tempo, l'orgoglio e l'onore che l'avevano spinto ad odiarla prima ed amarla poi.
“Quante persone sanno di tutto questo?”, chiese Hermione.
“Compresi noi, solo le alte sfere di Ministero e Auror e i professori di Hogwarts. Nessun altro.”, rispose Draco.
“Bene...allora se non hai altro da raccontarci, iniziamo subito.”
“Ho finito.”, rispose Malfoy.
Quella notte, sarebbe stata la prima di una lunga serie.
 
***

Alexander Zabini era fermo da ore. Su quella stupida Torre tirava un'aria gelida.
La Autumn o meglio, la Rookwood, gli aveva dato appuntamento in quel luogo per discutere con lui di altri particolari riguardanti il suo ruolo in tutta quella faccenda.
Aveva utilizzato un metodo molto Mangiamorte per comunicare con lui, un metodo che anche suo padre gli aveva insegnato. Quando aveva visto quel bigliettino, aveva subito capito cosa fare.
Aveva eseguito tutto quello che gli era stato chiesto: la notte dell'attacco alla scuola, aveva fatto ingoiare a forza la pozione ad Albus, facendogli poi dimenticare l'accaduto. Sarebbe andato tutto bene se Ebony si fosse presa il disturbo di dirgli che molto probabilmente il suo compagno di casa si sarebbe trasformato in un potenziale ladro assassino. Era stato facile farsi raccontare da Scorpius il reale motivo per cui Albus era stato mandato al San Mungo poche ore prima.
Finalmente, la figura di Ebony Rookwood si materializzò dinnanzi ai suoi occhi.
“Buonanotte...”, disse ammonitore Alexander.
“Non cominciare a lamentarti Zabini! Non è mica facile sai?!”, gli rispose acida.
“Beh spero sia meno complesso per te spiegarmi perché Albus Potter ha quasi ammazzato Lullaby Mason! Non che la cosa mi interessi ma ci tengo che i miei giocatori non siano degli assassini.”
“Strano...ero sicura apprezzassi un pò di sana rivalità vecchio stile!”, rispose ironica, “a proposito, come sta lei?”
“Si riprenderà...allora, che vuoi?”
“Hermione Weasley è stata convocata qui stanotte, devi scoprire perché Harry Potter ha richiamato a servizio la mente del Magnifico Trio.”
“ Va bene...altro?”, chiese sbrigativo.
“Tieni d'occhio Al, potrebbe non essere un episodio isolato quello di stasera. Legacy lo controlla e non gli importa certo della vita di qualche studente se la sua missione viene intaccata.”, disse preoccupata la ragazza.
“Il tuo Re è un pò idiota sai? Si è scoperto troppo quasi ammazzando la Mason.”
“Non credo che ormai gli interessi essere discreto...è galvanizzato, sicuro di vincere.”
“Contento lui...sarà fatto, anche se non mi piace fare la balia ”, rispose con sufficienza Alexander.
“Ti ringrazio Zabini.”, disse sorridente Ebony.
Alexander si congedò da lei velocemente.
Ebony rimase qualche secondo a godersi l'aria di Hogwarts che le mancava da morire. Era rischioso stare lì ma si sarebbe concessa solo questo piccolo regalo.
Quando decise che era giunto il momento di andare via, un rumore alle sue spalle la fece sussultare. Sfoderò immediatamente la sua bacchetta ma non vide nessuno. Tuttavia, aveva un presentimento, sentiva che qualcuno c'era.
“Chiunque tu sia, vieni fuori!”, disse coraggiosamente. Poteva trattarsi di un Auror o di uno studente. In entrambi i casi, si sarebbe volatilizzata il prima possibile senza combattere. Quella era tutta scena.
Improvvisamente, la figura di James Potter le apparve di fronte.
“Ma che-... POTTER?!?!”, disse stupita mettendo via la sua bacchetta.
“Mantello dell'Invisibilità...molto utile...”, disse il ragazzo levandosi tutto il mantello di dosso.
“Sei fuori di testa?!? Vattene via subito! E se ti avessero seguito?! E se Zabini ti avesse visto?!”,
Ebony era fuori di sè. Quel ragazzo era un incoscente! Un cretino!
“Stai tranquilla! Non mi ha visto ne seguito nessuno...piuttosto, che c'entra Alexander Zabini in tutta questa storia?!”, chiese stupito James.
“Io non...non te lo posso dire...”
“Perché?!”, chiese nervoso James.
“Lo sai perché Potter! Per proteggerti, per proteggere tutti voi!”, rispose Ebony allargando le braccia.
“Ah davvero?! Allora stavi proteggendo pure Al quando ha quasi ucciso una ragazza stanotte!”, rispose arrabbiato James.
Ebony rimase zitta. Non poteva raccontargli tutto, non poteva e non voleva.
“Dimmi almeno che posso fare per impedire che si ripeta...”
“Mi hai sentita prima...controllatelo.”
“Legacy lo controlla!”, disse cupo in volto.
“Sì è vero... e so che sembra assurdo ma è meglio così! Finché lui controlla Albus, noi possiamo controllare lui. Legacy condivide tutti gli aspetti dei suoi piani solo con le persone di cui si fida cecamente e che fanno parte della sua ristretta cerchia di consiglieri. Per quanto creda in me, in Kòre e in Jo-Jo, siamo pur sempre delle ragazzine.”
James sembrò convincersi delle parole della ragazza e si calmò.
“Allora anche Kòre e Jocelyn sono dalla nostra, giusto?”
“Sì...”, rispose Ebony. Forse non avrebbe dovuto condividere quel segreto con James ma in quel momento, aveva bisogno di assicurazioni, di conforto, di qualcosa in cui sperare.
“Te lo prometto James, presto saprai. Per il momento, lascia fare a noi e a Zabini.”
“Ci si può fidare di lui? Di Zabini?”, chiese scettico.
“Alexander è egoista, saccente, calcolatore, al quale interessano solo i propri fini ma assurdamente, ci si può fidare.”
I due rimasero in silenzio per un qualche secondo.
“Ora è meglio che vada...”, disse la ragazza.
“Ti direi stai attenta ma a quanto pare te la sai cavare Autumn...”, disse sorridendo James che poi però si rese conto dell'errore.
“S-scusa Ebony! Io non è che ho qualcosa contro...cioè insomma...ero abituato così e..”
“Potter! Frena i neuroni, non ti preoccupare. E' vero, mi chiamo Ebony Rookwood, è il mio sangue e non ci posso fare niente...ma il mio cuore e tutto ciò che sono, lo devo ad Ebony Autumn. Io SONO Ebony Autumn.”, disse sorridendo al ragazzo.
Non se ne rese conto ma durante questo ultimo discorso, Ebony si era avvicinata a James, a dividerli, c'erano pochi passi.
Un colpo di vento, investi la chioma bionda della ragazza che come al solito le ricadeva spettinata sul volto. L'aria, fece in modo che i capelli si diradassero, in modo tale da permettere a James di godere della pienezza del suo magnifico viso.
Il giovane Potter, non seppe spiegare cosa scatto in lui. Forse il desiderio di sentirla di nuovo vicino a sè, o la volontà di farle capire che no, non era sola e che lui era sempre stato lì, nel bene e nel male, al suo fianco e che l'avrebbe aspettata anche una vita intera. Forse, fu invece la paura, paura che quella potesse essere l'ultima volta che l'avrebbe vista, che avrebbe sentito la sua voce.
Il corpo di James si mosse svelto e senza alcun controllo da parte del suo cervello.
Le si avvicinò con due soli passi; con una mano le prese il volto e con l'altra la portò a sè, cingendole la vita. Poi, la baciò. Era irruento, passionale, carico di promesse, di sentimenti, di speranza.
Un bacio al quale inizialmente Ebony non ricambiò, sorpresa dal gesto di quel Malandrino. Un bacio al quale poi, si abbandonò, rispondendo così alla silenziosa domanda che entrambi si erano posti.
Sei mia? Sì.
Sei mio? Sì.
TO BE CONTINUED...
SANTO CIELO CHE COSA DIFFICILISSIMAAAA!!!
sono tipo le 00.53 ed io sono qui...con mio padre che mi urla di andare a dormire, i miei occhi che chiedono pietà!!!
Alloraaa che ne pensate? Bello il capitolo? Spero di sì, mi ci sono impegnata davvero...
RIngrazio come sempre tutti quanti, chi segue, ricorda e preferisce=)=))=)
Lascatemi un vostro parere popolo! Ho bisogno di voi =)
Nel prossimo capitolo spazio all'azione anche se questo capitolo era molto importante, il prossimo lo sarà ancora di più=)

Sciaoooooooo
 

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Capitolo 24
*** Risvolti inaspettati ***


Avendo ricevuto un imperativo SCRIVI!, ho pubblicato il prima possibile. Spero non ci sia una marea di errori, in caso rimedierò.
Spero vi piaccia =)




Ginevra Potter, era solita preparare dei biscotti di zucca ogni sabato sera della settimana, in modo da poterne avere in abbondanza per il giorno successivo, domenica, giorno in cui la famiglia si alzava più tardi rispetto al solito e si riuniva per una sostanziosa colazione.
Conoscendo l'appetito dei figli, Ginny nascondeva sempre i biscotti in qualche angolo della casa, impedendo a James, Albus e alla piccola Lily di mangiarseli tutti prima del tempo.
Quando James Potter aveva sette anni, accadde qualcosa di diverso: Ginny, si dimenticò di nascodere i biscotti in un luogo sicuro, lasciandoli in bella vista sul tavolo in cucina.
La domenica mattina, non appena aprì gli occhi, si ricordò della sua mancanza a cui però non diede particolare importanza. Anche se non gli aveva nascosti, i bambini sapevano bene che era vietato toccarli o altrimenti, avrebbero passato dei guai seri.
Purtroppo, come ben presto Ginny Potter dovette imparare a sue spese, uno dei suoi figli non era particolarmente avvezzo al rispetto delle regole.
Quando scese in soggiorno, colse sul fatto James mentre si leccava le dita dopo aver ingurgitato l'ultimo pezzetto di biscotto.
Ciò che ne seguì, fu una ramanzina kilometrica e un mal di pancia che costrinse James a letto per due giorni consecutivi.
Nonostante il mal di pancia, James non rimpianse nemmeno per un minuto quella scorpacciata di biscotti. Se una cosa lo rendeva felice, se credeva fermamente di essere nel giusto, avrebbe continuato a fare ciò che voleva. Dopotutto, non gli sembrava di far del male a nessuno. Ai suoi fratelli, non importò più di tanto dei biscotti, c'erano tante altre cose sfiziose da mangiare e l'unico che aveva subito le conseguenze di quel gesto era lui e gli andava bene.
A distanza di otto anni, James si trovava pressapoco nella stessa situazione: Ebony gli aveva detto di starsene in disparte, di non interferire ma nonostante tutta la sua buona volontà, non gli sembrava giusto. Così, decise che avrebbe mangiato di nuovo i biscotti...



FLASHBACK



Erano passati solo tre giorni dalla notte in cui aveva incontrato Ebony alla Torre e James Potter già non ne poteva più.
Tutto, era in una situazione di stallo: Albus era estraniato dal mondo intero, troppo impegnato a non diventare nuovamente un killer; sua zia Hermione era rinchiusa giorno e notte in biblioteca insieme a Draco Malfoy in cerca di chissà quale illuminazione; suo madre era andata a stare da nonna Molly e nonno Arthur; suo padre passava il tempo nell'ufficio del Preside o al Dipartimento.
E lui? Lui si mangiava le mani e mordeva la lingua ogni volta che Alexander Zabini gli passava davanti.
Cercava di tenersi occupato in qualche modo, ad esempio, aveva ripreso a giocare a Quiddich, con grande gioia da parte di Adam Baston, anch'egli tornato Capitano della squadra, che sembrava aver sostituito l'amore per Ebony con l'indefferenza assoluta.
Durante il giorno, riusciva a distrarsi. I problemi sorgevano dall'ora di cena in poi, visto che erano tre notti che non chiudeva occhio.
Arrivato al tavolo, prese posto accanto al cugino Fred. Iniziò a consumare il suo pasto in silenzio, preso dai soliti pensieri e lanciando di tanto in tanto occhiatacce al tavolo Serpeverde.
James...”, provò a richiamare la sua attenzione Fred.
James Sirius Potter!”, riprovò ma senza successo.
Ok...proviamo così...”
Dicendo ciò, Fred Weasley prese il bicchiere pieno di succo di zucca di James e glielo buttò dritto in faccia.
MA CHE MISERIACCIA TI PRENDE WEASLEY!?!”, sbraitò il ragazzo.
Finalmente! Ho la tua attenzione cugino...che ti succede si può sapere?!”
A me? Non sono io quello che lava la faccia degli amici con del succo di zucca!”, rispose piccato mentre si ripuliva la faccia.
Sono giorni che sei strano James...tu nascondi qualcosa, lo so! L'altra sera, quando sono venuto a cercarti, stavi correndo giù dalla torre di Astronomia. Che è successo lassù?!”
Tu, sei paranoico.”, ripose cercando di sembrare il più normale possibile.
Può darsi ma se essere paranoici vuol dire preoccuparsi della propria famiglia beh, felice di esserlo!”
James guardò Fred dritto negli occhi. Lui era stato sempre il suo compagno di avventure, la sua spalla, il suo migliore amico. In quella storia, c'era dentro anche lui.
Hai ragione...qualcosa è successo ma non possiamo parlarne qui. Ci serve un luogo sicuro.”, gli disse seriamente.
Che ne dici della Stanza delle Necessità?”, disse Fred.
E' perfetta. Vediamoci stasera, dopo il coprifuoco. Dovremo arrivare separatamente per non destare sospetti.”
Cenarono entrambi molto velocemente. Dopo il coprifuoco, Fred riuscì abilmente ad evitare Prefetti ed Auror arrivando dinnanzi alla parete poco prima di James.
Ti hanno visto?”, chiese a quest'ultimo.
No. Tu?”
No...entriamo?”
Fred annuì ed insieme pensarono alla sala Comune Grifondoro, giusto per avere un ambiente famigliare in cui parlare.
Non appena la porta apparve e i due entrarono, rimaserò a dir poco stupiti.
Rose Weasley, Albus Potter, Lysander Scamandro, Frank Paciock e Scorpius Malfoy, li stavano aspettando.
Ma che ca-...”, provò a dire James.
Modera il linguaggio cugino!”, lo redarguì Rose.
Che cosa ci fate voi qui?”, chiese allargando le braccia Fred.
Potremmo farvi la stessa domanda ma questa sarebbe solo una perdita di tempo: per farla breve, Paciock ha origliato la vostra conversazione a cena, la Weasley è paranoica, Albus è fuori di testa e Scamandro...beh non ho idea del perché sia qui ma così è.”, disse riassuntivo Scorpius Malfoy.
James, devi dirci quello che sai.”, disse Lys.
James era all'angolo. Finchè si trattava di Fred, era tutta un'altra cosa, loro erano un duo, una squadra. Non avrebbe però potuto mettere a rischio la vita di suo fratello, di sua cugina Rose e degli altri.
E non tentare di scappare o sviare il discorso Potter! Sono più intelligente, più incazzata e più nevrotica di quanto tu possa immaginare!”, disse Rose, quasi intuendo i pensieri del cugino.
James, ho quasi ucciso Lullaby...tu devi dirmi cosa mi succede...”, disse implorando Albus.
James sembrò non avere altra scelta che vuotare il sacco.
Prese posto su di una poltrona, davanti a tutti.
Tre giorni fa, ho visto Ebony.”
Cosa? Dove? Come? Perché?”, sbraitò Rose.
Weasley, frena. Lascialo parlare...”, disse Scorpius poggiandole una mano sulla spalla.
Sulla Torre di Astronomia, si era appena incontrata con Zabini.”
Alexander? E che diavolo c'entra?”, chiese Albus.
Non lo so, Ebony non me l'ha detto. Ma c'entra eccome!”, rispose nervoso James.
Quindi è vero? Ebony in realtà ci sta aiutando?”, chiese Fred.
Sì, così come Jocelyn e Kòre. Sono dalla nostra parte ma stanno scherzando col fuoco.”
Che ti ha detto Eb?”, chiese Scorpius.
In pratica, Legacy Balck ha libero accesso alla tua mente Al. E lo so, sembra una cosa brutta e fondamentalmente lo è ma Ebony dice che è meglio così. Se Legacy ti controlla, loro possono controllare le sue mosse.”
Albus rimase zitto per qualche secondo, fissando un punto imprecisato della stanza.
Tutti quanti aspettavano la sua reazione. Il ragazzo, alzò lo sguardo verso il fratello.
Mi stai prendendo per il culo!?!?!!?”
AL!!!”, urlò Rose.
Al un corno Rose! Legacy Black è nel mio cervello e tu, James, mi vieni pure a dire che è positivo!?!?!?!CHE È MEGLIO COSÌ?!?!”
Quindi anche adesso lui ci sta ascoltando!”, disse in panico Frank.
Ma non dire sciocchezze Paciock!”, rispose Scorpius.
Tutti i presenti, guardono Malfoy come se fosse una specie di strana creatura che diceva cose senza senso.
Amico, da quando sei un esperto di controllo mentale?”, chiese Albus.
Da quando mio nonno mi obbliga da anni a leggere libri di arti oscure.”, rispose come se niente fosse.
Wow...ed io che mi lamento della mia famiglia...”, disse Lysander.
Sentite la cosa non piace nemmeno a me ma almeno ora, tutte quelle ore spese ad ascoltare le sue baggianate sono servite a qualcosa. Dovete sapere che qualsiasi tipo di controllo della mente non può essere eseguito se l'ospite è in grado di opporsi.”
Io sarei l'ospite?”, chiese Albus che poi aggiunse “e che vuol dire se sono in grado di oppormi? È ovvio che io voglia oppormi.”
Quello che vuoi è relativo dato che ci sono dei momenti durante i quali non potrai averlo il controllo. Per esempio, quando dormi.”
Ora che me lo hai detto tranquillo Scorp, dormire, sarà fuori discussione!!!”, disse nervoso Al, alzandosi ed iniziando a girovagare per la stanza.
Albus calmati...”, lo redarguì Rose.
Malfoy, che altro sai?”, chiese curioso James.
In ogni controllo della mente, ci sono ovviamente due attori principali: il padrone e l'ospite. E' assai difficile che il padrone riesca a controllare completamente l'ospite appunto perché non appena quest'ultimo si accorge di essere vittima di un controllo mentale, vi si oppone anche inconsciamente. Il rifiuto verso qualcosa di fondamentalmente sbagliato è intrinseco nell'animo umano.”
Meno filosofia e più fatti Scorpius!”, disse secca Rose.
Scorpius si prese quella strigliata mandando giù tutta una serie di insulti che voleva rivorgerle.
Dicevo...il controllo mentale di per se è facile. Il difficile è renderlo permanente e attivabile da lontano. Non è stata solo una magia o una fattura, devono averti dato una pozione o qualcosa che circola nel tuo organismo.”
Come fai a dire che non sia stata una magia?”, chiese Fred.
Uno: la scuola è piena di Auror; due: avrò anche il sonno pesante ma mi sarei accorto se Legacy Black fosse entrato in camera mia; tre: serve la parola d'ordine per entrare nel dormitorio. E potrei anche proseguire”, rispose saccente Scorpius.
Ebony però è entrata..”, gli fece notare Lys.
E' comunque impossibile che sia stata opera di una bacchetta. Sarebbe una magia lunga, complessa e troppo rischiosa.”, ripose Rose, anticipando Scorpius. Sicuramente, doveva aver letto qualcosa a riguardo.
Ok...come me la togliamo questa...cosa?”, chiese Albus.
A questo, ci stanno pensando tua zia e mio padre.”
Zia Herm?”, chiese stranito Fred.
Sono giorni che mamma è rinchiusa in biblioteca con Draco Malfoy e una squadra. Stanno cercando risposte, a qualsiasi cosa, tra cui la tua situazione.”, rispose tristemente Rose.
I ragazzi si immersero per qualche secondo nei propri pensieri. Rose era preoccupata per suo cugino Albus, Fred temeva che in qualche modo c'entrassero le abilità di Kòre, Frank era sul l'orlo di una crisi di panico.
Dobbiamo far parlare Alexander. Obbligarlo se necessario.”, proferì James.
Tutti i presenti sembrarono essere d'accordo ed insieme elaborarono un piano.



FINE FLASHBACK



Ed ora, eccolo lì: di nuovo dopo il coprifuoco, di nuovo di nascosto, di nuovo a mangiare i biscotti.
Gli altri lo stavano già aspettando davanti all'ingresso del dormitorio Serpeverde.
Fred, Scorpius, Lysander, Rose, Frank ed Albus lo salutarono con un cenno del capo.
“Allora, la parola d'ordine com'è? Sporchi Babbani? Viva Salazar?”, disse ironicamente Fred Weasley beccandosi gli sguardi di rimprovero da parte dei due Serpeverde.
“Coda di drago.”, disse semplicemente Scorpius.
I ragazzi entrarono notando subito che Alexander Zabini sedeva placidamente nella sala Comune, leggendo un libro dinnanzi al fuoco scoppiettante.
Con un semplice cenno della mano, Albus fece in modo che i pochi ragazzi rimasti nella sala si ritirassero nelle proprie stanze.
Alexander si accorse di quello strano comportamento e sorrise furbescamente.
“Beh Potter, c'è da dire che incuti abbastanza timore negli studenti, tanto da farli fuggire a gambe levate...i miei complimenti.”, disse senza alzare lo sguardo dal suo libro.
Il gruppetto gli si piazzò davanti e in quel momento il giovane Serpeverde non potè esimersi dall'interrompere la sua lettura e dar attenzione a quella combricola.
“Sono nei guai?”, disse sarcastico e con il solito sguardo di sufficienza.
“Se sarai collaborativo Zabini non ci saranno problemi.”, disse scuro in volto James.
“Potter numero uno, lascia che ti spieghi una cosa: non mi piace essere velatamente minacciato, mi rende molto irritabile e scontroso e non mi piace nemmeno perdere il controllo, sono un tipo pacato.”
“Sei subdolo e strisciante Zabini, come ogni serpe.”, disse Rose con astio.
Queste sue parole, colpirono molto profondamente Scorpius che ne rimase decisamente scosso.
Che pensasse questo anche di lui?
“Alexander mettiamo le carte in tavola, il tempo stringe:”, disse pratico Albus, “sappiamo che ti sei incontrato con Ebony e che c'entri con tutto questo casino.”
“Sto ascoltando...”, disse interessato il ragazzo.
“Devi dirci tutto. Tutto quello che sai.”, disse Scorpius.
Alexander si mise a ridere di gusto, tanto da stupire i ragazzi che si guardorono perplessi.
“Ma guardatevi! Le moderne leve Potter che si prodigano nuovamente per salvare il mondo! Non vi stancate mai?”, disse Alexander.
“Senti un pò brutto facccia di-...”, sbottò James Potter avvicinandosi pericolasamente al volto di Alexander. Fortunatamente, Fred e Lysander lo trattennero per le braccia.
“Voi Grifondoro...così passionali, così spavaldi e così stupidi! Cosa credi Potter eh? Che una volta saputa la verità, sarete in grado di risolvere questo schifo? È qualcosa più grande di voi, più grande di me, più grande di tutti quanti.”
“Alexander, dobbiamo sapere....per favore...”, lo implorò Albus.
“Un Serpeverde non implora!”, rispose alzandosi di scatto, pronto a ritirarsi nella sua stanza.
“Zabini!”, lo richiamò Scorpius attirando la sua attenzione. Il ragazzo di voltò verso di lui, annoiato.
“E' vero, i Serpeverde non implorano. Ma sappiamo contrattare.”, disse sorridendo e voltandosi verso il camino acceso.
“Scorpius Malfoy...degno figlio di tuo padre. Sentiamo, cosa hai tu da offrirmi tanto da spingermi a sottostare alle vostre richieste?”, chiese con aria di superiorità, convinto che il giovana Malfoy stesse solo bleffando.
“Posso fare in modo di realizzare il tuo sogno d'amore, cucciolotto.”, ripose ironico Scorpius.
Alexander tentennò. Nessuno aveva mai visto Alexander Zabini dubitare, essere nel panico, messo alle strette e in quel momento, Scorpius sembrava avere la vittoria in pugno.
“Tu non sai di cosa parli...”, disse tra i denti.
“Oh si che lo so. So che i tuoi genitori, combinarono un matrimonio con figlia maggiore dei Pondbleu.”, disse Scorpius.
“Gwen Pondbleu? La nostra compagna di squadra?!”, chiese stupito Fred.
“Proprio lei...sapete, il nostro Alexander e Gwen sono cresciuti insieme, le loro famiglie sono molto unite.”, contiuò il giovane Malfoy, “andavano d'amore e d'accordo ma purtroppo si sa, si cresce e si cambia e mentre Alexander scalpitava affinché arrivasse presto il giorno delle nozze, Gwen discuteva con i suoi genitori, accusandoli di non prendere in considerazione i suoi desideri. Per lei, Alexander è un fratello, un ottimo amico ma non di più. E così, per far felice la figlia, il padre François Pondbleu, annullò il patto l'anno scorso.”
“Dove vuoi arrivare Malfoy?”, chiese Frank.
“Bella domanda Paciock...”, si aggiunse lo stesso Zabini.
“Tuo padre è morto, sua era la firma sul contratto che le due famiglie stipularono sedici anni fa. Tu madre, non ha nessuna voce in capitolo perché Blaise Zabini affidò ad un'altra persona la tutela e l'applicazione dei suoi diritti legali e delle sue volontà nel caso in cui la sua dipartita avvenisse prima che tu arrivassi alla maggiore età.”, disse Scorpius all'interessato che prima di poter replicare si vide rivelata la verità: “Draco Malfoy”.
Albus Potter, era fermamente convinto che l'amico fosse completamente impazzito. Non poteva essere vero, stava sicuramente fingendo. Così come non credeva alla storia del grande amore di Zabini che tutto era tranne che un moderno Romeo, pronto a collaborare con loro solo per la mano di Gwen Pondbleu.
“Questo però, lo sapevi già Zabini, vero?”, chiese vittorioso Malfoy che in quel momento sembrava la copia del padre.
“Che tuo padre può decidere della mia vita sovrastando il parere e le volontà mie e della donna che mi ha messo al mondo? Sì Malfoy, lo sapevo e mio padre era uno stronzo.”, rispose arrabbiato.
“Alexander!”, lo redarguì Rose, “era pur sempre tuo padre, abbi un pò di rispetto!”
“Fatti gli affari tuoi Rossa!”, le rispose alterato.
“Mi sono permesso di controllare.”, continuò Scorpius, “l'annullamento era solo un accordo verbale, tuo padre e quello di Gwen volevano comunque aspettare che entrambi finiste la scuola per redigere i documenti ufficiali quindi, se mio padre non interverrà in maniera differente, il contratto valido sarà quello che porta la firma di tuo padre ergo, quello del matrimonio.”
“Stai dicendo che Draco prenderebbe posizione e impugnerebbe il contratto?”, chiese Alexander.
“No...sto dicendo che non prenderebbe NESSUNA posizione, se ne laverebbe le mani in quanto si tratta di un accordo stipulato da anni ormai e si sa che le parole si perdono facilmente nell'aria.”
Il resto del gruppo era rimasto a dir poco senza parole e attonito durante tutta quella discussione. Albus rimase stupito dal fatto che per la prima volta qualcuno era riuscito a fregare Alexander, ed era stato il suo migliore amico.
James, Fred e Frank, si appuntarono mentalmente che in futuro sarebbe stato meglio non far arrabbiare il giovane Malfoy visto che il modo di risolvere le cose dei Serpeverde era molto più pericoloso di quello dei Grifoni. Lysader si interrogò sul perché diamine si trovasse lì in quel momento per poi ricordarsi i precedenti delle famiglie Potter-Weasley e maledicendo il giorno in cui sua madre decise di farsi amico Harry Potter.
“Vorrete scherzare spero!?!?!?”
La voce di Rose Weasley, ridestò tutti dai loro pensieri. Solo lei vedeva in tutto quello che stava succedendo qualcosa di enormemente sbagliato?
“Ho la tua parola Malfoy?”, chiese Alexander disinteressandosi completamente di Rose che però non demorse.
“Zabini fai sul serio!? Santo cielo! Stiamo parlando dei sentimenti di una ragazza, di un matrimonio! MATRIMONIO! Tralasciando la tua ossessione per Gwen che è quasi da manicomio, non potete vincolarla per il resto della sua vita! E' ingiusto, immorale e illegale!”
“Veramente non c'è nessuna legge magica che lo vieti specificatamente ed è anche una pratica usuale in alcune popolazioni babbane...”, disse Lysander che nemmeno in questo genere di situazioni rinunciava a mettere i puntini sulle i.
“Io posso solo assicurarti che mio padre non interverrà. Poi sta a te.”, rispose Scorpius alla domanda posta prima della sfuriata di Rose.
Alexander si diresse nuovamente sulla sua poltrona, porgendo prima la mano a Scorpius che sanciva ufficialmente il patto.
“Spero non abbiate sonno, ci vorrà un pò per raccontavi tutta la storia.”, disse Zabini sedendosi.
“No!”, esclamò Rose, “io me ne vado”,
“Rose! Non volevi sapere la verità!?”, la richiamò James.
“Sì James! La volevo sapere ma non a queste condizioni, non se una ragazza deve pagare con l'infelicità eterna!”, disse acidamente e con le lacrime agli occhi.
Rivolse un ultimo sguardo colmo di astio e di rabbia a Scorpius per poi andarsene via.
“Ro-...”, provà a dire il biondo ma le parole gli si bloccarono in gola.
Non l'aveva mai guardato così, non più almeno. Gli sembrava di essere ritornato indietro al primo anno di scuola, quando Scorpius Malfoy era per lei lo sporco figlio di un Mangiamorte e lei una lurida Mezzosangue.
“Altri nobili Grifondoro che disprezzano la mia totale mancanza di umanità e il mio egoismo?”, chiese sorridendo placidamente Zabini.
Non ricevendo risposta alcuna, si preparò a rendere partecipe quel gruppo di folli sadici di quella che sarebbe potuta essere la loro rovina.
***



“Non ricordavo che questa biblioteca potesse contenere così tanti libri...”
Hermione Weasley era sconsolata, afflitta e stanca. Erano giorni che ormai se ne stavano rinchiusi là dentro, senza contatti con il mondo.
Suo marito Ron passava ore ed ore al Dipartimento con Harry e quindi sarebbe stato impossibile incontrarsi comunque. Lei e Ron non avevano mai passato così tanto tempo senza nemmeno parlarsi o comunicare in qualche modo, tranne nei periodi in cui lui ed Harry erano occupati in missioni segrete.
Il fatto più ironico di tutta quella situazione, era che Hermione avrebbe volentieri passato del tempo con i suoi figli, le mancavano così tanto quando cominciava l'anno scolastico. Invece, nonostante si trovassero nello stesso luogo, gli unici contatti umani che aveva erano con Temperance, Lux, Flea il folletto e Draco Malfoy.
“Davvero Granger? Eppure qui tu ci passavi ore ed ore...”, disse mellifluo proprio ques'ultimo.
Hemrione, ignorando il commento di Malfoy come aveva deciso di fare fin da quando aveva scoperto di dover lavorare con lui, si rivolse agli altri tre membri del team:
“Ragazzi, dovreste andare a riposare un pò...Temperance, il tenente Longbridge vuole un rapporto sui nostri sviluppi e Lux, tua figlia chiede di te, vai da lei.”
“Grazie per la considerazione..”, disse acidamente il folletto.
“Signor Flea vale anche per lei...se ne vada a dormire.”, rispose sbuffando Hermione. Quel folletto le dava sui nervi, quasi quanto Malfoy.
“Malfoy, non hai ricchezze da gestire o feste sontuose da organizzare?”, disse poi rivolgendosi al biondo.
“Ho imparato a delegare Granger...per quanto riguarda le feste, ci pensa Astoria.”, disse ripondendo l'ennesimo libro inutile nello scaffale.
“Io allora andre, signora Weasley”, disse Temperance salutando i presenti.
“Ci vediamo domani mattina Hermione cara!”, si aggiunse Lux.
“ 'Notte”, disse sprecandosi Flea.
I tre scomparirono nella penombra del corridoio, lasciando i vecchi compagni di scuola al lavoro.
Erano lì da talmente tanto tempo che le formalità del primo giorno erano andate a quel paese: Hermione, che con gli anni aveva cercato di mantenere un certo stile anche nel vestire in quanto ricopriva posizioni importanti, aveva abbandonato gonne e tacchi sostituendo il tutto con jeans, camicetta e scarpe basse. Lo stesso valeva per Draco, niente completi, niente cravatte, niente cappotti eleganti, solo pantaloni, camicia sgualcita e scarpe comode. Se qualcuno avesse visto il nobile Malfoy in quello stato, non ci avrebbe creduto.
Era seduto per terra, circondato da libri e scartoffie, cibi poco sani polvere. Hermione non stava certo messa meglio, anch'essa sedere a terra, capelli racconlti malamente in una specie di chignon con ciuffi sparsi un pò ovunque sul suo volto.
“Ok...facciamo il punto della situazione: Kòre Dolohov è una specie di faro nella notte che guiderà un ipotetico Re.”, disse Hermione pratica, “ un Re che a quanto pare si è già autoproclamato, Legacy Black. La sua migliore amica, Ebony Rookwood, dovrebbe essere colei che l'aiuterà...esatto?”
“Se abbiamo interpretato bene la Profezia sì...”, rispose placido Draco.
“E noi pensiamo che Kòre ed Ebony siano dalla nostra parte perché...?”
“Perché come hai detto tu stessa Legacy si è autonominato Re, Ebony ha salvato i tuoi nipoti e Kòre l'ho cresciuta bene.”
“Sai, quando mia figlia mi ha raccontato la storia della sua amica Kòre non credevo possibile che Draco Malfoy avesse seriamente accolto la figlia di un Dolohov.”, disse Hermione sempre intenta a spulciare ogni volume.
Draco rise. Nonostante tutto quello che avevano condiviso, quel briciolo di diffidenza nei suoi confronti le era rimasto.
“Sono solo due ragazzine...”, disse scosolata Hermione.
“Lo eri anche tu quando ti sei imbarcata con Potter e tuo marito alla ricerca delle anime di Voldemort”, rispose lui, non nascondendo un velo di rabbia.
“Appunto perché l'ho fatto non augurerei il mio stesso destino ad altri.”
Rimasero in silenzio per un pò, sfogliando pagine su pagine finché, ad un certo punto, l'attenzione di Hermione venne catturata da uno scritto interessante. Si trattava della trasposizione, in lingua originale, di quello che aveva tutta l'aria di essere uno stralcio della Divina Commedia.
“Ehi Malfoy...guarda qui...”, disse la donna porgendogli il libro. L'uomo, iniziò a leggere:

Cotal vantaggio ha questa Tolomea,
che spesse volte l'anima ci cade
innanzi ch'Atropòs mossa le dea.

E perché tu più volentier mi rade
le 'nvetrïate lagrime dal volto,
sappie che, tosto che l'anima trade

come fec' ïo, il corpo suo l'è tolto
da un demonio, che poscia il governa
mentre che 'l tempo suo tutto sia vòlto.

Ella ruina in sì fatta cisterna;
e forse pare ancor lo corpo suso
de l'ombra che di qua dietro mi verna.”

Finito di leggere ad alta voce, Draco si mise a pensare.
“Non mi suona nuovo...”, gli disse Hermione.
“Beh può essere...hai mai letto la Divina Commedia?”
“Sì una volta....ma certo! È un canto vero? Credo sia dell'Inferno!”, disse illuminata la strega.
“Il trentatreesimo per la precisione. E qui, Dante si trova nella Tolomea, tra i traditori degli amici...che diavolo di libro è?”
“E' di magia nera credo...”, disse Hermione giudicandolo dalla copertina.
“No, non è semplice magia nera. E' la magia dei Guardiani.”, disse entusiasta Draco.
“La magia dei Guardiani? Che vuoi dire?”
Draco si alzò in piedi, dirigendosi verso lo scaffale da cui Hermione aveva preso quel volume.
La donna lo seguì, sempre più convinta che Malfoy stesse impazzendo.
“I Guardiani delle anime utilizzano degli incantesimi diversi rispetto ai nostri, sono più complessi, più segreti e soprattutto, basati interamente su quel cavolo di mattone trecentesco. Quello che hai trovato potrebbe costituire proprio una magia per intrappolare l'anima di un essere ancora vivente nel Regno dei Morti.”
“Come quello che è successo ad Albus?”, chiese cercando di capirci qualcosa Hermione.
“No. La fattura che ha colpito il giovane Potter l'avrei potuta scagliare io stesso. Questo incantesimo è diverso. In quei versi, viene spiegato di come il Diavolo si impossessi del corpo dell'umano in vita e condanni l'anima alla dannazione eterna.”
“O santo cielo...”, disse sconvolta Hermione.
“Sì ammetto che non è il massimo ma è un grosso passo avanti Granger. Vuol dire che esistono dei volumi del genere qui e quindi, siamo vicini a scoprire quello che hanno preso o che Albus gli ha consegnato o che ne so io.”, disse preso dall' euforia.
“Ma a questo punto, non dovremmo avvissare i Guardiani? So che esiste una specie di consiglio...”, chiese la donna.
“Hai mai provato a metterti in contatto con quelli? Sono introvabili e non particolarmente interessati a ciò che ci succede. Sono certo che siano a conoscenza di ciò che ha fatto Kòre ma non interverrano...sono degli snob.”, rispose Draco.
“Loro sono snob ah?”, disse sorridendo.
“Coraggio Mezzosangue, aiutami con questi...”, le rispose divertito, porgendole altri volumi da leggere.
Hermione e Draco sembravano un'ingranaggio molto ben avviato. Eranbo così presi dal lavoro che non si resero conto della presenza di una giovane strega, nascosta poco più in là degli scaffali. Rose Weasley se ne stava quieta e a debita distana da sua madre ed il padre di Scorpius. Era scappata a gambe levate da quella stanza piena di matti maschilisti e senza cuore diretta verso la madre, dove sperava di poter trovare conforto nella sue parole. Non aveva intenzione di riverarle niente ma voleva solo sfogarsi per un'altro motivo: Scorpius l'aveva delusa. E stavolta, la delusione era stata talmente forte da farla piangere.
Non lo credeva in grado di agire in quel modo, totalmente incurante dei sentimenti altrui, senza scrupolo. Avrebbe voluto dire a sua madre che papà aveva avuto sempre ragione, tutti i Malfoy sono delle serpi inaffidabili ma a quanto sembrava, sua madre non la pensava in quel modo. Quei due, andavano più che daccordo, sembravano perfetti insieme, intelligenti, scaltri, impegnati. Si sorridevano quasi come due adolescenti innamorati.
Improvvisamente, un'illuminazione, colpì la giovane Corvonero:
Sono pronto a scommettere che non si è mai tolto la Mezzosangue dalla testa, vero Malfoy?”
Le parole di Legacy Black le ritornarono alla mente, come una bomba. Era stata così stupida da non capire.
La Mezzosangue, era sua madre. Draco Malfoy amò Hermione Granger.
***

Stava succedendo qualcosa di strano.
Quando si era svegliata quella mattina, Jocelyn Green, aveva avuto come una sorta di presentimento.
La conferma che qualcosa non andava, si trovava nella cucina di quella casa di New Castle: era colma di bagagli e bauli, come se si stessero trasferendo.
“Che cavolo sta succedendo?”, disse Ebony, arrivata alle spalle di Jo-Jo.
“Speravo me lo dicessi tu...Kòre?”, chiese la ragazza.
“Oggi aveva lezione presto con Erin.”
Erin era una Guardiana anziana che stava insegnando Kòre a controllare i suoi poteri. Di certo, non gli serviva il suo aiuto ma Kòre doveva salvaguardare le apparenze. Non le piaceva affatto prendere ordini da lei, forse anche meno di quanto non le piacessero gli ordini di Legacy. Erin era una Guardiana rinnegata, privata del suo nome ellenico. Non poteva esercitare nessun incantesimo ne comunicare con i morti o il Gran Consiglio l'avrebbe condannata per sempre.
“E' strano però...dovrebbe già essere qui.”, disse Ebony preoccupata.
Le ragazze, decisero di controllare di persona, dirigendosi al luogo solitamente utilizzato da Erin per insegnare. Era un capannone indutriale abbandonato, poco lontano da casa.
Stranamente, nessuno tentò di fermarle: a Legacy non piaceva che i suoi se ne andassero a spasso per le strande senza un motivo valido.
“Non mi piace Jo-Jo...non mi piace per niente.”, disse meditabonda Ebony. Per tutta la mattinata, non avevano visto nessuno, solo elfi domestici che impacchettavano la casa.
Arrivate al capannone, i loro dubbi iniziarono a trovare una risposta.
Al centro della stanza, c'era Kòre, girata di spalle, circondata da tutti i Punitori. Si trovava nel mezzo di un triangolo disegnato sul terreno con quella che sembrava essere sabbia.
“Ben arrivate ragazze...”
Legacy Black, era accanto ad Erin. Un sorriso sadico, gli circondava il volto.
“Mio Re...”, dissero all'unisono le ragazze inchinandosi.
“Sapete, se non dovessi uccidervi, vi suggerirei una carriera da attrici.”
Jocelyn ed Ebony persero un battito.
“Non fate quelle facce ragazze mie, non è mica colpa vostra. La Resistenza purtroppo non può vantare molti altri talenti naturali come voi. Mi è riuscito facile scovare le due inutili spie che vi stavano dietro.”, disse con una semplicità e tranquillità disarmante, “e mi è riuscito altrettanto facile turturarli e fargli vuotare il sacco....”
“E-Ebony...”
La voce rotta dal pianto di Kòre le fece definitivamente comprendere che ormai, erano state scoperte. Entrambe sfoderarono la bacchetta, provocando la stessa azione negli altri Punitori.
“Via via ragazzi...non c'è bisogno di essere così suscettibili...Kòre, voltati.”
La ragazza, si volse piano in direzione delle due amiche.
I suoi occhi erano rossi, rossi come quella notte nella quale spedì James Potter nel Regno dei Morti. Lacrime di sangue, le rigavano il viso.
“Kòre!!”
Ebony ebbe subito l'istinto di correre verso di lei ma Jo-Jo la trattenne per un braccio. Sapeva bene cosa stava succedendo. Erin le aveva fatto usare troppo potere che si stava impossessando di nuovo di lei.
“Sto perdendo il controllo Ebony...sta succedendo...i-io non volevo...Erano Alden e Ian....”, disse sconvolta Kòre. Alden ed Ian Lanscott erano due fratelli poco più che ventenni, non molto abili forse con la magia ma impeccabili negli appostamenti. Evidentemente, Legacy lo era di più.
“Voi lo sapevate vero? Sapevate che per riuscire ad avere accesso al resto della Profezia, la ragazza dall'iride viola avrebbe dovuto versare il sangue di tre maghi e risvegliare le antiche ombre dentro di sè...”, disse stavolta nervosamente Legacy, “com'è che fa Erin cara? Ricordamelo per favore...”
“Affinché si compia il destino che oramai è già scritto, il sacrificio di tre maghi è necessario per raggiungere il pieno potere. Il sangue di essi, scorrerà tra le mani di colei che ci guiderà. Così facendo, spalancherà le porte del Regno dei Morti e le anime perdute le dovranno eterno debito.”
“Avrei voluto uccidere io stesso quelle due spie ma solo Kòre poteva impugnare quello stambo coltello...a proposito, manca un sacrificio...”, disse avvicinandosi pericolosamente alle due ragazze che si strinsero il più possibile. “Potrei farle uccidere una di voi ma sarebbe troppo scontato, non trovate?”
“Erin! Dalle il coltello...Celsus! Porta la prigioniera!”, urlò invece spostandosi verso Kòre.
Una donna urlante di dolore e disperazione, venne portata al cospetto della ragazza e di Legacy.
“La riconosci dolcezza?”
Era Victoire. Victoire Weasley.
“No...per favore no...lei no!!!”, implorò la giovane Dolohov.
“Oh piccolina...ti senti in colpa? Il tuo nonnino ha ucciso entrambi i genitori del suo ragazzo mi sembra più che azzeccata come scelta non ti pare? La storia che in qualche modo si ripete!”, le disse porgendole il coltello, “prendilo.”
Kòre doveva per forza essere sotto la maledizione Imperius per obbedire così agli ordini senza opporre resistenza.
Victoire fu forzata a mettersi in ginocchio davanti, con il torace esposto affinché Kòre potesse pugnalarla.
“Mi dispiace..mi dispiacemidispiacemidispiace....”, continuava a ripetere disperata.
Victoire aveva smesso di urlare e di dimenarsi. Dovevavano averla picchiata e torturata per un bel pò prima di portarla lì. Gli occhi azzurro cielo della ragazza, incontrarono quelli rosso sangue di lei.
“Dis-lui que je vais l'aimer aussi dans la morte.”*
Victoire Weasley, sorrideva come se la morte non le facesse paura, come se Kòre non fosse il suo carnefice.
Per quel poco che riusciva a realizzare, Kòre capì che non la reputava colpevole ma poco le importava: avrebbe ucciso un innocente, la promessa sposa di Teddy Lupin. Era uguale a suo nonno e questo, la distruggeva.
Si chinò su di lei e con un colpo secco le trafisse il cuore. Gli occhi di Victoire, si spensero in fretta, il suo corpo cadde a terra, non facendo quasi rumore. La fiala del pugnale si era riempita e Kòre fece quello che aveva fatto poche ore prima, quando aveva pugnalato Ian e Alden. Sfilò la provetta dal manico e la strinse con forza tra le mani provocandone la rottura.
I vetri le avevano tagliato le mani e così facendo il suo sangue si sarebbe mischiato con quello dei sacrifici.
“Dillo”
La voce imperativa di Legacy, fece rialzare Kòre. Con i palmi insaguinati rivolti verso l'alto, pronunciò la sua rovina:

 


Quivi si piangon li spietati danni;
voglio che tu credi
che da quest'altra a più a più giù prema
lo fondo suo, infin ch'el si raggiunge
     ove la tirannia convien che gema.    
La divina giustizia di qua punge
quell'Attila che fu flagello in terra”



Successe tutto molto velocemente. Il terreno iniziò a tremare e dai vertici del triangolo diseganto con la sabbia si aprirono delle voragini profonde. Dalla terra, risalirono una moltitudine di Dissennatori, come se quelle fossero le voragini dell'Inferno.
Una risata terrificante, inondò la stanza: Legacy Black era un passo più vicino alla vittoria.
Ebony e Jocelyn cercarono di non perdere l'equilibrio aggrappandosi l'una all'altra. Il volto di Kòre, era una maschera orribile. Lo stesso sorriso di Legacy, la stessa malvagità neglio occhi: Kòre Dolohov, era persa.
“Mia adorata Kòre...sei magnifica!”, disse Legacy beandosi della vista: i Dissennatori erano inchinati dinnanzi a lei, pronti a ricevere ordini. Il resto dei Punitori, guardava piacevolmente stupito tutto quello che stava succedendo
“Che ne dici se proviamo subito il nostro nuovo esercito eh? Le voglio morte...”, disse indicando le ragazze.
Kòre alzò un braccio ma prima che potesse dare l'ordine, una fitta al cuore la bloccò, facendola vacillare.
Legacy le si avvicinò ma prima che potesse dire una parola, Kòre lo respinse con la bacchetta, schiantandolo.
“SCAPPATE!!!”, urlò in direzione della amiche. Si stava ribellando ma non ci sarebbe riuscita a lungo.
Jo-Jo ed Ebony corsero fuori, in direzione delle colline. Là, c'era un albero che fungeva da Passaporta di emergenza, nel caso in cui fossero dovute fuggire. Il caso, era decisamente arrivato.
Un gruppo di Punitori però, gli stavano alle calcagne e loro non erano abbastanza veloci. Avrebbero dovuto combattere.
Ebony, più esperta di Jocelyn, scagliò un Petrificus Totalus e qualche altro schiantesimo, mettendone fuori uso due.
Ne rimanevano altri tre che però sembravano avere la meglio su di loro.
“Legacy ne vuole solo una viva, non importa quale!”, urlò un Punitore fissando Jocelyn che stringeva la bacchetta.
“Di pure addio, ragazzina...Avada K-...”
Prima che potesse scagliare la Maledizione Senza Perdono, Ebony Rookwood gli fu addosso, placcandolo a terra e piazzando una serie di pugni sul volto.
“CORRI!”, urlò a Jocelyn. Inizialmente, la giovane Serpeverde non si mosse. Non poteva abbandonarla.
“JO-JO! VAI VIA!”, le ripetè Ebony prima di essere immobilizzata dalla presa di due Punitori.
Quello che aveva preso a pugni, si rialzò ciondolante e grondante di sangue dal naso. Si voltò verso la Green pronto a sfogare tutta la sua ira su di lei ma la ragazza riuscì appena in tempo ad entrare nella Passaporta. L'albero, venne preso in pieno da un incantesimo potentissimo che lo incenerì.
Ebony si dimenava ininterrottamente fin quando con un Petrificus un Punitore la immobilizzò definitivamente.
“Adesso prova un pò a picchiarmi, puttana.”



TO BE CONTINUED...

 
*Canto XXXIII
**dal francese: digli che lo amerò anche nella morte.
***Canto XII
Eccomiiii qui!!! Cosa ne pensate di questo capitolo? Spero vi piaccia anche se è più corto del solito... Nel prossimo non temete, spiegherò meglio quello che si sono detti Alexander e gli altri anche se un pò si dovrebbe già intuire da quello che succede tra Draco ed Hermione e alle ragazze nell'ultimo pezzo di capitolo.
Alla prossimaaaaaa
 

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Capitolo 25
*** Destini incrociati ***


NOTA DELL'AUTRICE: in questo capitolo c'è una parte un pochino...strong ecco. Non è proprio da definire come contenuti forti perché non descrivo nel dettaglio l'avvenimento ma è comunque intuibile.

Ringrazio chi segue questa storia da quasi un anno ormai e chi lascia traccia del proprio passaggio =) GRAZIE MILLE A TUTTI QUANTI! SEGUITE QUESTA STORIA ORMAI DA UN ANNO E SIETE SEMPRE DI PIU' =) BUON NATALE E BUON ANNO A TODO EL MUNDO=)


 


 


 


 

 Era il cinque Aprile. Come ci fossero arrivati ad Aprile senza impazzire, Fred Weasley non lo sapeva. Tutto il mondo si preparava ad una nuova guerra, la scuola era in allarme, gli Auror convocati da zio Harry in fretta e furia al Dipartimento, il Ministro della Magia, Kingsley Shacklebolt, non era più in grado di mantenere la situazione sotto controllo e fu costretto ad affermare che i seguaci di Lord Voldemort erano tornati sotto la guida di Legacy Black e che di fatto, i Punitori, erano i nuovi Mangiamorte.

Gli studenti di Hogwarts non furono immuni dalle vicende esterne ma il Preside aveva assicurato il castello e molti genitori avevano deciso di lasciare che i figli continuassero a stare a scuola, considerandola il luogo più sicuro al momento.

Ed effettivamente, Hogwarts era sicura. Entro le mura del catello, era tutto ma se c'era una cosa che Fred aveva capito in quei suoi pochi anni di vita, era che i Potter-Weasley, al sicuro, non ci volevano stare.

Erano scappati attraverso i passaggi segreti che suo padre gli aveva rivelato, utilizzando il mantello dell' Invisibilità di Harry Potter a turno, nell'ordine: lui ed Albus, James e Scorpius, Alexander e Lysander. La meta, era la Foresta Proibita.

“Ci siamo tutti?”, chiese James, non appena vide sbucare Alexander e Lys.

Per essere una notte di aprile, faceva freddo e il cielo chiamava pioggia se non addirittura una tempesta bella grossa in arrivo.

“Dove sono Paciock e la Weasley?, chiese Alexander.

“Rose si rifiuta di parlarmi e di conseguenza non l'ho resa partecipe del piano...”, rispose Albus.

“E il nostro sarebbe un piano?!?! Beh, non so voi ma io ho una diversa concezione della parola piano! Un piano prevede dei ruoli, dei tempi e delle regole!”, sbottò Lysander in piena crisi di panico.

“Il luogo è questo, l'ora è tra l'adesso e il sorgere del sole e i ruoli sono semplici: tu stai zitto e noi pensiamo a come non morire di freddo e non farci ammazzare da qualche strana creatura.”, ripose Alexander, poco empatico come sempre.

“Frank?”, chiese James, anche lui sorpreso del fatto che l'amico non fosse presente.

“Rose potrà anche odiarci ma è pur sempre Rose Weasley. Sa che abbiamo qualcosa in mente, ci conosce e sono pronto a scommettere che arriverà a capire dove siamo prima di Auror e professori. Ho chiesto a Frank di tenerala sotto controllo.”, disse pratico Albus.

“Paciock? Il Grifondoro meno grifone che esista?”, disse ridendo Alexander, “La Weasley lo metterà alle strette nel giro di venti minuti.”

“Non sottovalutare Frank, ha sempre avuto un certo ascendente su Rose...lei si fida molto di lui.”, rispose Lysander.

Scorpius digrignò i denti. Non ne sapeva nulla di questo fantomatico rapporto tra i due, lei non gliene aveva mai parlato. Dopotutto, non la conosceva così bene come credeva.

Non era certo il momento di pensare a quella testa rossa che da giorni lo evitava.

Insieme agli altri, si mise a cercare della legna per accendere un fuoco, non troppo evidente ma abbastanza vivo da porteli scaldare per il tempo necessario. Lysander, tremando, ergeva delle barriere piuttosto inutili intorno a loro.

Ammassando la legna, Scorpius riportò la mente a quatto anni addietro, poco prima che prendesse il suo primo treno per Hogwarts.

Mi raccomando Scorpius, comportati bene, dai sempre il massimo e stai attento.” Fu ciò che gli disse sua madre poco prima di abbracciarlo teneramente, come solo una madre affettuosa e in ansia da mesi per la partenza del figlio saprebbe fare.

Non abbassare mai la testa e sii fiero di te stesso, nonostante tutto.”

Queste invece furono le parole di suo padre, pronunciate con il solito tono autoritario e severo che tanto lo spaventava in tenera età. Più avanti nel tempo, riuscì a intravedere sempre più umanità nei suoi comportamenti ed anche in questo caso, potè percepire il livello di preoccupazione di Draco Malfoy, ex Mangiamorte, risparmiato dalla caccia alle streghe venutasi a creare dopo la fine della seconda guerra magica e annessa caduta del Signor Oscuro.

Erano passati quasi quattro anni da quel giorno e, fino a quel momento, poteva affermare con sicurezza e soprattutto orgoglio che si, come si raccomandò suo padre non aveva abbassato mai la testa. Si era comportato bene come voleva sua madre, dando sempre il massimo.

Avrebbe voluto poter affermare con rinnovata certezza di aver adempiuto anche all’ultima raccomandazione di sua madre, forse la più importante: “Stai attento”.

Aveva sbagliato. Non aveva dato ascolto ad un ordine di sua madre per la prima volta in 14 anni. Anzi, a dire il vero, disobbedì al suo ordine durante il primo viaggio ad Hogwarts diventando il migliore amico di Albus Severus Potter. E quando si comincia a fare parte della famiglia Potter, in un modo o nell’altro, finisce sempre male.


 

FLASHBACK


 

Ti ascoltiamo Zabini”, disse James sedendosi.

Come già avrete intuito, siamo sull'orlo di una nuova guerra e chiunque cerchi di convincersi del contrario è un idiota visionario messo peggio della madre di Scamandro.”, cominciò Alexander.

Grazie tante...”, disse caustico Lysander.

Dicevo..siamo sull'orlo di un'altra dannata battaglia per non si sa quale motivo idiota di cui si è fatto portavoce il figlio illegittimo del padrino di vostro padre, Sirius Black.”, disse Alexander, rivolgendosi soprattutto ai fratelli Potter.

Legacy Black allora è davvero figlio di Sirius...fantastico! L'ennesimo parente sciroccato...”, disse amaramente sarcastico Scorpius.

Vai aventi Zabini...”, disse Albus poggiando una mano sulla spalla dell'amico.

Quello che gli Auror e il Ministero ancora non sanno è che questa situazione era già scritta, in una profezia simile a quella di Harry Potter. Non chiedetemi cosa ci sia scritto o perché Kòre Dolohov, Ebony Rookwood e Jocelyn Green ne siano partecipi ma è così...e mio padre, lo sapeva.”, spiegò il giovane Serpeverde. “Fin da quando ero piccolo, mio padre mi ha obbligato a leggere ed interpretare la Divina Commedia. All'inizio, credevo che fosse solo un altro modo per rendermi la vita uno schifo insopportabile o dimostrare per l'ennesima volta quanto poco valesse suo figlio ma sbagliavo: più passavano gli anni, più mio padre faceva strani riferimenti ad un futuro incerto per tutti, un futuro nel quale gli amici si sarebbero rivelati nostri nemici. Ammetto di non essermi mai interessato della cosa fino al giorno in cui la Rookwood è finita in infermeria per aver bevuto il veleno dalla borraccia di Gwen.”

E come ci sei finito a fare comunella con Ebony?”, chiese Fred.

Dopo la storia del veleno, avevo capito che ne lei ne Kòre la raccontavano giusta. Tuttavia, se c'era una cosa che avevo imparato da Blaise Zabini era mai immischiarsi troppo con i Mangiamorte e i loro eredi...decisi comunque di approfittarne; minacciai Ebony, facendole credere che sapessi molto più di quanto in realtà sapessi a quel tempo; le dissi che avrebbe dovuto rendere pubblica la sua storiella con Baston e lei lo fece.”

Che ti importava di lei ed Adam?”, chiese Frank.

Alexander si irrigidì leggermete sulla poltrona, quello non doveva essere il suo argomento preferito.

Gwen è una sognatrice...fin troppo romantica, tanto da rendersi ridicola a volte ma a al vostro Capitano lei non avrebbe rinunciato. Volevo che la realtà dei fatti le fosse ben chiara.”, disse con lieve ira negli occhi e nella voce.

Tu sì che sai come conquistare una donna..”, disse sarcastico Fred.

Sempre meglio di te Weasley! Battuto da Noah Green...”, rispose sorridendo vittorioso il Serpeverde.

Tu cosa ne sai di Noah Green?”, chiese James.

E di Jocelyn? Che ci sai dire?”, si aggiunse Albus.

Non avevo idea che Jocelyn fosse coinvolta fino al giorno in cui partecipò alla tua specie di ressurrezione Potter. Ero convinto stesse dalla stessa parte del fratello...”

Quale parte?”, chiese Scorpius.

La Resistenza.”, ripose Alexander.

Se qualcuno avesse potuto immortalare quel momento, di certo si sarebbe fatto quattro risate. Le facce dei ragazzi erano contratte in una smorfia di dubbio, incertezza, sconcerto, confusione.

La Resi-...che?”, disse finalmente Frank.

Legacy non è l'unico a conoscenza della Profezia, altri prima di lui si resero conto che non era ancora finita. Harry Potter e i grandi eroi della Seconda guerra erano troppo occupati a piangere le perdite e a gioire del successo per rendersene conto ma mio mio padre, Draco Malfoy ed altri avevano ben poco da fare.”

Quindi mi stai dicendo che mio padre, il tuo e Noah Green sono membri della Resistenza?”, chiese più confuso di prima Scorpius.

Non esattamente...tuo padre ne è un membro involontario ed incosapevole dal giorno in cui accolse la Dolohov in casa vostra. Il mio, era più che altro un collaboratore esterno, silenzioso e poco informato. Non so nemmeno io il perché lo facesse, si è sempre interessato solo di se stesso...”, disse amaramente Zabini, “Noah invece ne è un membro vero e proprio. Le sue fissazioni sui Mangiamorte erano dovute a quella Profezia. Devo dire che è un tipo strano e pure sbruffone, peggio di te Weasley!”, spiegò Alexander.

E mio padre non ha idea di che diavolo sia questa Resistenza! Dovremmo dirglielo!”, disse Albus alzandosi in piedi.

Cosa c'é tra te ed Ebony?”, chiese James non considerando minimamente il fratello.

Oh ti prego Potter, evita la scena da fidanzatino geloso! Mi sembra abbastanza chiaro che sono già impegnato.”, rispose sbuffando il ragazzo.

Gwen non la pensa così...”, intervenne sibillino Fred.

Dì ancora una parola Weasley e giuro sul mio nome che vi sbatto fuori e la nostra chiaccherata si chiude qui.”, rispose alterato Alexander.

Continua Alexander... per favore...”, disse Albus.

La notte dell'attacco alla scuola, Ebony mi venne incontro davanti al dormitorio. Mi disse che lei, la Green e la Dolohov erano in realtà membri effettivi di questa cavolo di Resistenza e che tutto quello che stava per accadere sarebbe stato per il nostro bene, il bene di tutti. Io, gli raccontai di mio padre e lei stessa ne rimase stupita, non aveva idea che Blaise Zabini collaborasse con la Resistenza...evidentemente, svolgeva bene il suo lavoro, di certo meglio di come svolgeva quello di padre.”, disse amaramente Alexander, creando un certo disagio tra i presenti. Poi, continuò: “Disse che doveva entrare somministrarti la pozione, Albus.”

Albus Potter di ridestò in posizione eretta, sguardo stupito e risoluto.

Allora è stata lei? Perchè?!”, chiese Albus deluso e amareggiato.

Tuo fratello ha ragione Al...Ebony ti ha iniettato la pozione con una siringa e dalla sua bacchetta è scaturito l'incantesimo che l'ha sigillata dentro di te. Finché Ebony ha la sua bacchetta, potrebbe riuscire ad avere accesso alla tua mente. Non a controllarla certo...ma per lo meno può vedere e sentire quello che Legacy ti fa.”, spiegò Alexander, assurdamente comprensivo nei confronti di Albus.

Il giovane Zabini, socializzava di rado, preferiva di gran lunga la solitudine e condivideva particolari della sua vita con pochi eletti, tra i quali vi era il giovane Potter. Quel ragazzo, nonostante fosse più piccolo di lui, lo aveva sempre incuriosito: così diverso dal resto della sua famiglia, così maturo rispetto ai suoi coetanei, così simile a lui sotto certi punti di vista.

Perché non me l'hai detto?”, chiese Albus.

La filosofia, fino a venti minuti fa, era meno il mondo ne sa meglio è. Che tu ci creda oppure no, l'abbiamo fatto per il tuo bene.”, rispose Zabini.

Il Serpeverde, parve aver finito il suo resoconto.

I presenti, si presero qualche minuto per razionalizzare ed elaborare il tutto. Fred Weasley, da sempre dotato di un' ottima capacità riassuntiva, cerco di mettere ordine nella sua testa: Ebony, Kòre e Jocelyn facevano parte della Resistenza, società segreta che si proponeva come scopo quello di proteggere il mondo magico dai Punitori e da Legacy Black. Per portare a termine questa missione, si sono infiltrate tra i suddetti Punitori rischiando praticamente la vita ogni singolo giorno. Ora, dovevano fingersi delle stronze malefiche e struprare la mente del povero Albus.

La situazione era piuttosto pesante e per un momento, Fred Weasley considerò l'idea di rivelare un altro segreto di Kòre: la sua guida Fred Weasley Senior. Se gli altri lo avessero saputo, si sarebbero del tutto convinti dell'innocenza della giovane Guardiana ma allo stesso modo, si sarebbero potuti spaventare e questo avrebbe creato solo molto più panico e l'ennesima storia stramba da sopportare.

Ora che sapete tutto, vi faccio i complimenti e benvenuti nella Resistenza.”, disse infine Alexander, alzandosi dalla poltrona e dirigendosi verso camera sua.

C-Cosa?! Zabini! Ehi!”, disse James stupito. “Che vuol dire benvenuti nella Resistenza?”

Che vi aspettavate Potter? Vi ho spiattellato tutta la verità, le scelte sono due: o vi uccido o vi buttate nella mischia...e sì, Paciock, sono serio quando dico che vi uccido.”, disse alquanto convincente il giovane Serpeverde notando il terrore negli occhi del povero Frank.

Vogliamo incontrare i tuoi capi..”, disse sicuro James.

Vogliamo!?!”, si intromise petulante Lysander che sapeva di essersi messo nell'ennesimo casino per colpa dei suoi amici.

I miei capi non li incontro nemmeno io...a breve dovrò incontrarmi con alcuni membri della Resistenza. Appena succederà, verrete con me.”, disse spiccio.

Alexander!”, lo richiamò Albus, “grazie.” Lo sguardo fiero e deciso di Albus, fece tentennare il cuore di pietra di Alexander Zabini. Sapeva bene di aver deluso quel ragazzo nascondendogli la verità ma Albus sembrava aver capito le sue ragioni.

Mantieni la tua parola, Malfoy...”, disse solamente Zabini, fingendo di non curarsi dei ringraziamenti di Albus.

Nella Sala comune Serpeverde, rimasero solo i ragazzi che si chiusero nuovamente in un silenzio assordante finché Frank Paciock, diede voce al pensiero che aleggiava nella mente di tutti quanti:

Se non moriamo prima, i nostri genitori ci uccidono.”

FINE FLASHBACK


 

Eccoli lì. Senza Paciock che nel frattempo faceva da balia alla Weasley, al freddo, illuminati dalle fiamme di un piccolo fuocherello e dalla luce della luna.

Alexander non aveva permesso ai Potter di informare il padre, almeno fino a quella notte, quando avrebbero incontrato qualcuno della Resistenza.

Albus, molto più razionale e ragionevole di James, aveva acconsentito alla cosa ma aveva messo bene in chiaro che dopo l'incontro, Harry Potter sarebbe stato informato di tutto, a costo di schiantare i suoi stessi famigliari. Il suo non era senso del dovere o rispetto nei confronti del padre; semplicemente, Albus giudicava tutto quello che stava succedendo troppo grande, troppo duro, troppo mortale per dei semplici ragazzini. Lui non aveva il coraggio di suo padre e non aveva problemi ad ammetterlo.

“Giusto per sapere...quanto tempo dobbiamo stare qui?!”, chiese spazientito Fred Weasley.

Alexander, gli rispose sbuffando ed alquanto infastidito che sarebbero stati lì il tempo necessario. Non gli erano state date molte istruzioni, solo il luogo nel quale si dovevano recare. Comunicare con i membri della Resistenza diventava ogni girno più difficile, visto che ora come ora erano due i fronti che dovevano gestire, i Punitori e gli stessi Auror che non erano ancora a conoscenza della loro esistenza.

James non sapeva quanto tempo era passato dal loro arrivo nella Foresta Proibita ma ad un certo punto, nel bel mezzo della notte, un fruscio tra i cespugli fece sussultare i ragazzi.

“Sono qui?!”, chiese Scorpius.

“Non lo so...state assolutamente fermi e zitti.”, rispose sussurrando Alexander.

Istintivamente, i ragazzi sfoderarono le bacchette e, con voce flebile, Lysander pronunciò un Lumus.

“Siete davvero dei geni!”

Una voce, sprezzante ed ironica, provenne dall'oscurità, seguita successivamente da due ombre che poco a poco si rivelarono due ragazzi. Le barriere del povero Lysander, vennero presto fatte cadere-

Nonostante la luce fosse debole e velata, i ragazzi poterono riconoscere Noah Green e un altro giovane uomo, forse più grande di loro di qualche anno.

“Lumos? Sul serio?”, disse quest'ultimo rivolto a Lysander.

“Noah...ma che piacere...”, disse sarcastico Fred Weasley.

“Sono tutti?”, chiese Noah senza curarsi di nessuno e rivolgendosi solo ad Alexander.

“Mancano Rose Weasley che non sa tutto e Frank Paciock che la tiene d'occhio.”, rispose Alexader.

“Spero che siate preparati più di quanto abbiate dimostrato stanotte, accendendo un fuoco e illuminandoci con un incantesimo. Cosa avreste fatto se fossimo stati dei Punitori? Credete forse che vi sareste messi tutti quanti intorno alla fiamma scoppiettante a raccontarvi storielle?!”

James stava per rispondere a tono a quel tizio che nemmeno si era presentato ma fortunatamente, suo fratello Albus, lo bloccò prima che la sua bocca parlasse a sproposito.

“Ci dispiace, non siamo molto pratici di trame segrete e appostamenti...io sono Albus Potter. Lui, è mio fratello maggiore James, mio cugino Fred Weasley, Scorpius Malfoy e Lysander Scamandro.”, disse indicando con il dito ognuno di essi.

“I figli di Harry Potter...beh, è un onore.”, disse senza ironia e con una parvenza di rispetto nei loro confronti, “Killian Knight, caposquadra. Lui è Noah Green ma a quanto ho capito, già lo conoscete.”

“Purtroppo sì...”, rispose tra i denti Fred.

“Allora...che si fa?”, chiese Scorpius Malfoy.

Prima che uno dei due potesse rispondere, un rumore secco, come quello di un lenzuolo strappato, fece voltare Killian e Noah alle loro spalle, bacchetta alla mano pronti a dar battaglia. I minuti passavano ma niente, nulla sembrava essere nascosto o in procinto di arrivare.

“Chi è là?!”, urlò infine Noah.

Niente.

“Esci fuori!”, ripetè il ragazzo.

Una piccola sagoma che sembrava strisciare a terra, si fece strada tra la folta boscaglia.

“N-...No-ah...”

La voce rauca e stanca di Jocelyn Green, fece scattare il fratello maggiore che subito illuminò quella zona: il corpo pieno di graffi e ferito della sorella, arrancava a carponi verso i ragazzi.

“Jo-Jo!!!”, urlò Albus, raggiungendo subito la compagna di Casa insieme a Noah.

“Jocelyn! Che è successo Jo!?”, chiese preoccupato quest'ultimo, reggendo la testa della povera sorellina.

“S-siamo...Kòre...non si controlla più...”, rispose usando tutte le forze che le restavano. Era disidratata, denutrita e malconcia.

“Dobbiamo portarla al Castello! Ha bisogno di cure!”, disse Lysander, preparandosi a correre il più velocemente possibile verso la scuola.

“Jocelyn, siete state scoperte?”, chiese Killian avvicinandosi.

“S-sì...io sono riuscita a scappare...”, rispose faticosamente e ansimando, “Ebony...l'hanno presa.”

All'udire quelle parole, il cuore di James Potter sembrò arrivargli in gola.

“Noah dobbiamo andarcene, ora.”, disse perentorio Killian.

“Io non lascio mia sorella in questo stato!”, rispose arrabbiato il ragazzo.

“Ci penseranno Alexander e i ragazzi, noi non possiao stare qui e dobbiamo avvisare gli altri! E' un ordine Green!!!”

“Noah!”, disse Albus, “ci pensiamo noi. Ha ragione Killian, voi dovete andarvene.”

Le parole del ragazzo, sembrarono rassicurare Noah che affidò a James Potter il corpo della sorella.

“Che diciamo ai professori? E agli Auror?”, chiese Alexander prima che i due potessero sparire nella Foresta.

Killin si voltò, scuro in volto. Con tono grave, rispose che c'era solo una possibilità arrivati a quel punto:

“La verità. Ditegli tutta la verità.”

***


 

L'avevano rinchiusa in una cella. Almeno, questo era ciò che aveva potuto constatare dalle sbarre che le stavano davanti e sopra la testa, quella piccola finestra da cui filtrava della luce.

Era abbastanza intensa come luce, molto tiepida e duratura. Aveva sentito un rumore, come di onde infrante su di uno scoglio. Forse, si trovava in mezzo al mare e questo avrebbe spiegato anche l'odore salmastro che di tanto in tanto il vento le portava.

Perdeva spesso i sensi. La fattura che le avevano scagliato giorni prima, si faceva ancora sentire. Inoltre, il cibo le arrivava una volta al giorno.

Assurdamente, era sempre in ordine e pulita. Ogni sera, uno dei Punitori le apriva la cella, la stordiva con un incantesimo (cosa del tutto inutile vista la sua perenne debolezza), la caricava sulle sue spalle e la portava in una specie di ambulatorio dove veniva curata, lavata, rimessa in sesto. C'erano una vasca molto grande, un wc, un lavandino, delle spazzole, asciugamani morbidi...tutto il contrario di quella che a quanto pare era la sua stanza ufficiale.

Dopo la scoperta del loro tradimento, Legacy doveva aver abbandonato il rifugio di New Castle ed Ebony era stata trasferita in quello strano luogo di cui conosceva solo la cella e l'ambulatorio.

Un rumore di passi pesanti, anticipava l'arrivo di Dominus che come ogni giorno l'avrebbe fatta uscire per la sua solita ora di tolettatura. Fino ad allora, era sempre stata troppo stanca e debole anche solo per pensare e fare il punto sulla sua situazione ma ora che aveva recuperato le forze, si rese conto che la stavano trattando esattamente come un cane.

Lentamente, l'uomo le aprì la cella con un incantesimo. In quel momento, Ebony si chiese che fine avesse fatto la sua bacchetta, sperava che non l'avessero distrutta.

“Rookwood...oggi stai meglio?”, chiese con un sorriso sadico.

“Come se ti interessasse, Dominus”, ripose fiera lei.

“Questo è vero ragazzina...a me, non interessa.”

“A chi interessa?”, chiese Ebony.

“Al Re. Stasera devi farti bella, hai un invito.”, disse schifato Domius.

Ebony venne malamente sollevata da terra e strattonata fuori dalla cella. Mentre camminava, cercò di capire in che luogo si trovasse, di memorizzare qualche particolare utile ma l'ambiente circostante non le forniva certo degli spunti interessanti: solo muri, rocce, scale, corridio stretti.

Arrivata nella solita stanza, si aspettava di seguire l'iter di sempre, si faceva un bagno, si rivestiva con i jeans e maglitta e maglione che venivano pulti, lavati e piegati dall'infermiera che dopo l'avrebbe visitata. Quella sera, venne visitata subito e la donna comunicò a Dominus che le sue condizioni erano buone. L'uomo uscì dalla stanza, lasciandole sole.

“Molto bene tesoro! Ora vai a darti una ripulita. Io vado a prenderti il vestito.”, disse con un tono acuto, frivolo e fastidioso.

“Che vestito?”, chiese dubbiosa Ebony.

“Non vorrai davvero presentarti dal Re in quello stato! Questi vestiti babbani...sono un insulto alla moda!”, le rispose lanciando i suddetti vestiti in una cesta.

“Il Re mi vuole pulita e profumata prima di uccidermi? Beh, gentile da parte sua...”, disse sarcastica e rassegnata al suo destino.

“Uccidere? Oh no cara...nessuno ti ucciderà.”

Ebony era piacevolmente stupita ma allo stesso tempo, si chiedeva cosa diavolo stesse tramando quello psicopatico. Cosa poteva volere da lei? Cosa sperava di ottenere? Informazioni sulla Resistenza, non le avrebbe avute anche se ormai Kòre doveva aver già spiattellato tutto. Ebony si sarebbe aspettata torture, dolore, lacrime, sangue e morte. Invece, si era ritrovata ad essere viva, in salute e pulita.

“Lui mi ucciderà.”, disse perentoria Ebony.

“Non essere sciocca Miss Rookwood. Se ti avesse voluto morta, lo saresti già.”

Un punto per la svampita.

“Fai con comodo cara!”, disse poi, chiudendo la porta del bagno alle spalle di Ebony.

La ragazza seguì alla lettera l'esortazione della donna. Se quelle dovevano essere le sue ultime ore, se le sarebbe godute.

Uscita dalla vasca e rientrata nella stanza principale, si trovò davanti una sedia su cui poggiava un abito nero di pizzo, molto lavorato. Accanto, un paio di scarpe nere dal tacco proibitivo ma molto eleganti e sofisticate.

“Devo mettermi quella roba!?”, chiese preoccupata Ebony.

“Bello vero? Roba babbana pure questa ma d'alta moda! Su su, devo ancora truccare e pettinare!”

“Trucc-cosa?! Ma sei seria!?”, chiese nervosa Ebony.

E seria, lo era davvero. Nel giro di venti minuti, Ebony Rookwood si ritrovò vestita, truccata e pettinata come mai era stata prima.

Dominus venne richiamato a prenderla. La squadrò per un secondo e con un grugnito disse che poteva andare bene.

Finalmente, una nuova strada le si parò davanti, portava a delle scale a chiocciola molto anguste. Una volta percorse, si ritrovò ad aprire una specie di porta che portava in quello che aveva tutta l'aria di essere il corridoio di un abitazione. E che abitazione! Pareva quasi un castello: quadri enormi sui muri, specchi ed arredamente pregiati. Era molto simile a villa Malfoy ma forse era una casa babbana, i dipinti non si muovevano.

Arrivarono davanti ad una porta scorrevole e lì, Dominus l'abbandonò.

“Dove vai!?”, lo richiamò la ragazza.

“Io non sono stato invitato.”, rispose acido.

Sarebbe potuta scappare ma senza bacchetta la sua fuga era inutile. Decise quindi di entrare.

Una grande tavolata apparecchiata per due, occupava la quasi totalità della stanza che era illuminata da luci soffuse e candele.

Fece pochi passi, quelli necessati per chiudere la porta alle sue spalle.

“Ti stavo aspettando...”

Quella voce, le impedì di andare oltre.

Il braccio di Legacy Black che reggeva un calice di vino, le fece capire che il Re si trovava ovviamente seduto a capo tavola. Si alzò e si girò verso di lei.

Ebony, da fiera Grifondoro, non si mosse dalla sua posizione e guardò fisso Legacy, sperando che non percepisse il suo terrore.

L'uomo avanzò lento verso Ebony, osservandola in ogni minimo particolare.

“L'attesa è valsa il risultato...da togliere il fiato.”, disse porgendole il braccio.

Ebony glielo avrebbe piacevolmente spezzato in due ma non si trovava nella posizione ideale per rifiutare le sue attenzioni.

Con tutta la sua forza di volontà, accettò quel gesto e Legacy la scortò al posto apparecchiato alla sua sinistra.

Ebony si sedette senza rivolgere nemmeno uno sguardo a Black.

“Ti senti meglio? L'infermiera Nora mi ha assicurato che ti sono state somministrate tutte le cure necessarie.”, chiese con un tono assurdamente pacato.

Ebony, non ripose.

“Spero ti piaccia la cucina italiana. Mi hanno informato che non hai mangiato molto in questi giorni.”, disse nuovamente l'uomo ma ancora nessun segno di risposta da parte della ragazza.

“Ebony, io sto cercando di essere un gentile, nonostante tu e le tue amiche mi abbiate preso in giro per tutto questo tempo. Fossi in te, non mi comporterei da perfetta Grifondoro proprio ora.”

Stavolta il suo tono era leggermente alterato ma ciò non smosse di un millimeto la posizione di assoluto silenzio della ragazza.

“Bene...proviamo in questo modo: vuoi sapere come stanno le tue amiche?”

Quel bastardo di Legacy, era riuscito a toccare l'unico argomento su cui Ebony non poteva fare finta di niente.

Mosse la testa in direzione del suo interlocutore e lo guardò negli occhi sperando di trasmettergli tutto l'odio che provava nei suoi confronti.

“A quanto pare sono riuscito ad attirare la tua attenzione. Quei caldi occhi marroni sanno essere così raggelanti.”, disse mellifluo.

“Dove sono.” Quella di Ebony, non voleva essere una domanda.

“Kòre è nella sua stanza. Tu, avendo passato le giornate in una cella non lo potevi sapere ma ci troviamo in una piccola isoletta poco al largo della Manica. Questo piccolo castello apparteneva alla famiglia Dolohov. Kòre ora si trova in quella che sarebbe dovuta essere casa sua da sempre. Sta bene.”

“Sì...bene...”, rispose sarcastica, “Jo-Jo?”

“Jo-Jo...”, ripetè ridendo Legacy, “è una ragazzina in gamba. I miei l'hanno cercata ed inseguita ma di lei non c'è più traccia da due giorni. Non so dirti se sia viva oppure no.”

Era viva. Jocelyn Green era una tosta e ce l'avrebbe fatta. Doveva farcela.

“Cosa hai fatto a Kòre?”, chiese Ebony.

“Ti senti così a tuo agio da potermi dare del tu?”, disse con un sorriso sadico Legacy.

“Non devo più fingere rispetto nei tuoi confronti o stima o timore... non ti devo più niente Legacy.”, rispose fiera. Forse non era una mossa saggia trattarlo come il traditore, bastardo e mostro che era ma alla Ebony Autumn cresciuta nei sobborghi di Liverpool, era stato insegnato a non mentire.

Legacy Black ebbe un sussulto di rabbia ma fu subuto sostituito da un espressione che pareva di stima e di sfida.

“Orgogliosa fino alla morte.”, disse infine.

“Dato che si sta avvicinando, tanto vale morire con stile.”, rispose acida.

“Tu non morirai Ebony Rookwood...e per varie, validissime, ragioni.”, disse sorseggiando nuovamente il suo vino.

“Quali sarebbero queste valide ragioni?”, chiese la ragazza.

Legacy sorrise nuovamente. Ebony stava iniziando a stancarsi di tutti quei sorrisi che nascondevano chiaramente qualcosa di malvagio ed orribile.

“Prima ceniamo.”, rispose il Re, iniziando a mangiare ed invitando nuovamente Ebony a prendere la forchetta.

Nonostante odiasse quella situazione, il suo stomaco era vuoto e gli spaghetti troppo invitanti per non essere assaggiati.

La cena proseguì nell'assoluto silenzio, solo il rumore delle posate sui piatti e della bocche che si muovevano risuonava nella stanza. Un cameriere, portò i piatti seguenti, fino a che i due terminarono con un dolce.

“Allora?”, richiese imperterrita Ebony.

“Allora cosa, cara?”

“Per quale motivo sto ancora respirando?”

Legacy si alzò dalla sua sedia ed iniziò a girovagare per la stanza con l'ennessimo bicchiare di vino.

“La tua famiglia era importante, servì il Signore Oscuro sempre e comunque, fino alla fine. Erano fedeli e dediti alla causa di Voldemort. Verso di loro, si può dire che abbia una specie di debito d'onore, non posso uccidere la loro ultima erede.”

Ebony rise sommessamente attirando l'attenzione del Re.

“Se anche gli altri motivi seguono questa tua linea di pensiero, tanto vale che mi uccida: la mia famiglia non sono i Rookwood.”, disse fieramente Ebony.

Legacy incassò quelle parole con fin troppa disinvoltura.

“Sapevo che avresti detto qualcosa del genere...ti conosco meglio di quanto tu creda. Comunque, avrei risparmiato anche la vita di Jocelyn se avessero catturato lei invece che te quel giorno, nel caso Kòre avesse avuto bisogno di un aiuto con i nuovi poteri.”

“Hai Erin...lei ne sa molto più di noi.”, disse Ebony.

“Questo è vero ma nemmeno Erin saprebbe cosa fare se la situazione di Kòre sfuggisse di mano, ecco.”

Legacy Black non era certo uno sprovveduto. Sapeva che quello di Kòre era un equilibrio precario e che difficilmente Erin sarebbe stata in grado di gestire un suo crollo.

“Sai, quando i miei ragazzi sono tornati con il tuo corpicino in spalla, sono stato davvero felice...sarebbe stato uno spreco...”, disse avvicinandosi a lei sempre di più.

Ebony, indietreggiò d'istinto ma andò a sbattere contro il muro.

Legacy era a pochi centimetri dal suo viso.

“Sei bella, lo sai? Stento quasi a credere che tu abbia solo quindici anni.”, sussurrò l'uomo al suo orecchio sinistro, mentre giocava con un ciuffo di capelli tra le mani.

“Che hai intenzione di fare?”, chiese con voce tremante Ebony.

“A volte, mi sento solo. Ho bisogno di scaricare lo stress, ho bisogno di un corpo caldo che sollevi le mie pene...”, disse cercando di baciare la ragazza che si divincolò prontamente e lo schiaffeggiò.

“Tu sei un mostro!”

Legacy si tocco il volto, quella sberla era potente.

“Ah sì? Bene...lascia che ti dimostri quanto posso essere mostruso!”

Il Re afferrò entrambe le braccia di Ebony che cercò in tutti i modi di liberarsi dalla sua presa, urlando e scalciando. Legacy la strattonò sul tavolo, facendo cadere tutti i piatti e le posate.

Mise emtrabe le braccia di Ebony sopra la sua testa e le tenne ferme per i polsi con una sola mano, mentre l'altra si faceva largo tra le sue gambe.

“MI FAI SCHIFO! LASCIAMI STARE! HO DETTO LASCIAMI!”

“Urla fin che ti pare ragazzina! Nessuno, ti aiuterà.”

Legacy la baciò voracemente, con ira, tappandole la bocca per sempre.


 

***


 

“Ma che sta succedendo?”

Temperance Tudor, come ogni giorno, si era recata alla biblioteca pronta a cominciare il suo lavoro. Appena arrivata però, si ritrovò dinnanzi ad una miriade di persone che si abbracciavano e singhiozzavano sommessamente. C'erano il Preside, alcuni insegnanti, Harry Potter, Ron Weasley, i suoi colleghi Auror...ci saranno state una quarantina di persone, tra le quali si riconoscevano molti membri della famiglia Weasley.

Derek Gellant, le venne incontro con uno sguardo da cane bastonato che mai gli aveva visto in volto.

“Derek...che fanno tutti qui?”

“Hanno...hanno trovato Jocelyn Green nella Foresta Proibita. Sembrava che stesse scappando da Legacy Black.”

“O santo cielo! Ed è...ancora viva?”, chiese preoccupata, collegando l'immagine di poco prima a quello che gli aveva appena detto Derek.

“No, no, no...lei è viva. Messa male ma ce la farà...”

“Oh che sollievo...ma allora come mai tutte queste facce da funerale?”

“Kòre Dolohov.....”, disse faticosamente Derek ma prima che potesse dare alla ragazza questa notizia spaventosa, l'urlo strozzato di Teddy Lupin squarciò l'aria.

“NO!NONONONONO! VICTOIRE NO!”

Teddy era seduto a terra, con la testa fra le mani, in lacrime.

Temperance guardò spaesata prima lui e poi Derek che le rivelò quanto accaduto.

“Kòre Dolohov ha ucciso Victoire Weasley.”

Jocelyn Green, dopo essere stata curata e rimessa a nuovo, fu interrogata dagli Auror senza Veritaserum in quanto minorenne. Quando e se fossero riusciriti a contattare i genitori della ragazza, avrebbero chiesto loro l'autorizzazione a somministarle la pozione.

Jocelyn giurò di dire la verità e stando a quello che Derek raccontò a Temperance, sembrava davvero sincera.

Disse che Kòre avendo perso il controllo per volere di Legacy e di una certa Erin, Guardiana rinnegata, non fosse più in grado di rispondere delle sue azioni.

Lei è male allo stato puro ora.” Parole tutt'altro che accomodanti.

Raccontò che fin dall'inizio, lei, Ebony e Kòre, facevano parte di una società segreta, La Resistenza e che mai si erano trovate a condividere di loro spontanea iniziativa le atrocità e le idee dei Punitori.

Temperance non ci capì molto e nemmeno Derek ma i loro capi gli avevano assicurato che presto sarebbe stato tutti più chiaro.

“E che c'entrano i piccoli Potter-Weasley, Zabini, Scamandro e gli altri?”, chiese Temperance.

“Quelli in qualche modo c'entrano sempre. Per adesso, so solo che siamo stati convocati nella Sala Grande, riunione straordinaria degli Auror.”

“A che ora?”

“Mezzanotte...”

Temperance lasciò la biblioteca a passo svelto e con lo sguardo perso nel vuoto, tanto da non accorgersi che Derek Gellant la stava seguendo.

“Tudor! Dove te ne vai?”

“Devo stare sola Derek...ci vediamo stanotte.”, rispose con le lacrime agli occhi e la voce atona.

“Tem-...” , provò a richiamarla Derek ma la ragazza era già sparita.

Sapeva bene cosa le passava per la testa. Per anni, da quando era iniziato il loro addestramento Auror, aveva amato Teddy Lupin. Quella che era partita come una semplice cotta, si era trasformata con il tempo in un'attrazione forte, in un amore mai corrisposto e mai svelato. Teddy non aveva idea che quella ragazza avrebbe fatto qualsiasi cosa per attirare la sua attenzione. Temperance, osava solo sognare un futuro con Teddy perché mai e poi mai si sarebbe intromessa tra lui e Victoire, era troppo leale, definita dal Preside Silente l'emblema vivente della Casa Tassorosso.

Non si azzardava nemmeno a sfiorare l'idea che si potessero lasciare un giorno, sarebben stato un pensiero troppo orribile per lei, anche se segretamente, nel suo inconscio, forse aveva desiderato che Victoire Weasley non esistesse.

In quel momento, vanuta a sapere della sua morte, Temperance Tudor si era sentita terribilmente, schifosamente, colpevole.

La giovane Auror, non era l'unica a sentire un peso sulla coscienza. Draco Malfoy, si era rintanato in guferia, come erano soliti fare durante il suo settimo anno.

Era una dei loro posti. Lui ed Hermione avevano dovuto escogitare molti stratagemmi per non dare nell'occhio e si vedevano sempre di nascosto.

La loro relazione fu così, breve, intensa, fuggente, peccaminosa, clandestina, maledetta.

“Sapevo di trovarti qui...”

La voce di Hermione, non lo stupì più di tanto. La sua perfetta Prefetta non falliva mai, anche se gli anni passavano.

“Non è il momento adatto, Granger...”, ripose atono.

La donna, gli si avvicinò comunque. Erano in piedi, uno accanto all'altra, a scrutare l'orizzonte dalla piccole finistre.

“Continua a succedere...”, disse Draco dopo qualche minuto di silenzio. La sua voce era incrinata, nervosa, quasi arrabbiata.

Hermione gli rivolse uno sguardo interrogativo.

“Continua a succedere. In un modo o nell'altro, la mia famiglia riesce a distruggere la tua...io, ti distruggo.”, disse iracondo.

“Non è stata colpa tua Draco...così come non è colpa di Kòre.”, disse con voce spezzata Hermione. Victoire era sua nipote, una giovane e promettente Medimaga strappata alla vita troppo presto. Tuttavia, anche se il dolore per la sua famiglia era incalcolabile, non poteva dare la colpa ad una ragazzina. Il vero responsabile era Legacy Black, un mostro senza scrupoli che si avvaleva di una quindicenne per raggiungere i suoi scopi.

“Ho sbagliato tutto! Io dovevo proteggerla, non ho saputo fare nemmeno quello! E Legacy Black...degno di quella folle di zia Bellatrix!”, disse a voce alta, sbraitando ed agitandosi.

“Draco...”, provò Hermione.

“Cosa credevo di fare...di essere migliore di mio padre? Della mia intera famiglia? Io sono Draco Malfoy, ho quasi ucciso Albus Silente, ho quasi ucciso tuo marito, ti ho quasi sposato...sono l'uomo del quasi, Hermione! Un mezzo uomo, uno che ci è sempre arrivato vicino ma non ce l'ha mai fatta perché è un codardo, incompetente, buono a nulla e debole!”

“Immagina se fossi riuscito ad uccidere Silente o Ron! Questo non ti avrebbe reso un uomo ma un assassino! Credi davvero che ti avrei spostato dopo tutto questo?!”, rispose a voce alta Hermione sperando di farlo ragionare.

“Una cosa giusta, una sola...volevo crescere bene i miei figli, volevo che fossero migliori di me, ed ho fallito. Scorpius mi detesta e Kòre...”

“Scorpius è un ragazzo meraviglioso, Draco...guarda cosa è diventato! Il migliore amico di Albus Potter! E Kòre Dolohov era una povera orfana senza grandi speranze e tu l'hai trasformata in una giovane donna in gamba e indipendente. Senza di te, senza Astoria, Scorpius e Susan, la sua natura avrebbe preso il sopravvento ancor prima di oggi. E sono convinta che tornerà...tornerà quella di una volta perché lei non può averti dimenticato.”

Draco Malfoy prese dei profondi respiri. Le parole di Hermione sembravano averlo calmato.

“Dobbiamo...”

“Dobbiamo cosa?”

“Dobbiamo chiamare Susan Strongstone. Lei potrebbe saperne più di noi...”

“Perché dovrebbe saperne di più?”, chiese Hermione.

“Ho sempre sospettato che Kòre mi nascondesse qualcosa. Non in cattiva fede ma molti particolari della sua vita da Guardiana non mi erano chiari. Susan invece sembrava essere sempre a conoscenza di quello che le passava per la testa.”

“Ok...lo diremo alla riunione stanotte.”

Draco ed Hermione si guardorono negli occhi per un minuto.

“Sono addolorato...per Victoire.”, disse sinceramente costernato Draco.

“Lo siamo tutti...è come se Fred fosse morto di nuovo...sembra che per i Weasley non ci sia pace.”, disse guardando distrattamente fuori. Una lacrima, le rigò il volto. Hermione aveva deciso di smettere di piangere. Ne aveva versate troppe in gioventù per potersi permettere altro dolore.

Con un gesto delicato della mano, Draco le asciugò quell'unica goccia, provocando dei brividi ad Hermione. Il suo tocco, nonostante la mano fosse gelida, le aveva procurato come un bruciore dentro di sè.

“Io...”, iniziò titubante Draco, “vorrei abbracciarti. Posso?”

Negli occhi di Draco si poteva leggere una speranza ed un desiderio non misurabile. La semplice richiesta di un abbraccio, sembrava essere paragonabile a quella di un bicchiere d'acqua da parte di un uomo che non beveva da giorni.

Hermione sorrise flebile ed acconsentì a farsi cingere dalle braccia dell'uomo che un tempo amava.

Il suo corpo, si adattava a lui ancora perfettamente, come se fosse stato fatto apposta per essere lì. Per esserci sempre.


 

TO BE CONTINUED...


 

BUON NATALE!!!!!

Ce l'ho fatta! Un nuovo capitolo eccolo qui...non ho molto da dire...nel prossimo mi dedicherò meglio a Kòre qui lasciata un pò n disparte e vedremo le conseguenze dello stupro ad Ebony =(

Ringrazio ancora chi segue, preferisce, ricorda. =)=)

In questo capitolo c'è anche uno spunto per una piccola one-shot che scriverò a breve sempre Dramione.
Alla prossimaaaaa


 

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Capitolo 26
*** Resistenze ***


Chiedo perdono!!!!!!!!!! Lo so sono pessima =( Ragazzi/e sono in piena sessione e non ho veramente tempo per scrivere. Questo capitolo non mi soddisfa molto lo avrei voluto ancora più lungo ma purtroppo per adesso è questo quello che riesco a fare. Chiedo perdono anche per i possibili errori...appena ho tempo lo rileggerò per bene e correggerò.






Quella casa non le piaceva affatto. Arredi di pessimo gusto, polvere ovunque, umidità a livelli astronomici. Se quella sarebbe dovuta essere casa sua, Kòre Dolohov fu ben lieta di aver vissuto insieme ai Malfoy sino ad allora.
Passava le sue giornate ad annoiarsi, gironzolando per quell'enorme casa, leggendo i libri di una biblioteca più fornita di quella del Manor e forse di Hogwarts stessa.
Legacy le aveva assicurato che prima o poi i suoi servizi si sarebbero resi utili ma per adesso doveva solo rilassarsi ed ascoltare i consigli di Erin.
Il Re era molto sicuro si sè, sentiva di essere già a metà dell'opera anche se Kòre lo aveva messo in guardia: la battaglia era appena cominciata e non bisognava sottovalutare la Resistenza e soprattutto Harry Potter e i suoi amici.
Ma il suo Re, sembrava non preoccuparsene e alla giovane strega nemmeno interessava. Il suo unico obbiettivo era quello di ucciderli tutti, tutti i Potter- Weasley, e se per riuscire a farlo doveva sottostare alle regole e ai colpi di testa di uno squilibrato mentale, poco le importava.
Era andata a trovare Ebony nella segrete ma non l'aveva trovata. Quando chiese che fine avesse fatto la biondina, le venne risposto che Legacy le aveva riservato una delle tante stanze della villa, controllata 24 ore su 24 ed autorizzata ad uscire solo sotto suo ordine. Kòre immaginò il motivo di questa nuova sistemazione. A Legacy, Ebony era sempre piaciuta. Non la vedeva come una quindicenne qualunque, non la considerava una ragazzina come lei o Jocelyn. Ebony era un diamante pregiato, bella, decisa, scontrosa, orgogliosa. Legacy non sarebbe riuscito ad averla mai, nemmeno se fosse stato diverso, se fosse stato uno dei buoni ma lui la voleva. In lei si era sempre riconosciuto, una povera anima vessata dal destino e costretta a vivere circondata da persone che non erano degne della sua presenza. Quando la giovane strega crebbe, lui non la vide più come una bambina da salvare da un infausto cammino ma piuttosto come una donna da plasmare a sua immagine e somiglianza, degna di stare al suo fianco. Il fatto che fosse incredibilmente bella e che Legacy fosse un uomo senza scrupoli, aveva portato la mente del Re a pensare ad altri aspetti che gli piacevano di Ebony.
Kòre raggiunse la stanza nella quale era stata rinchiusa. Due Punitori stavano di guardia alla porta ma furono facilmente fatti allontare. Da quando era finalmente libera di sprigionare tutta la sua magia nera, i suoi compagni la temevano. Mossa molto stupida dato che potenzialmente erano tutti più forti di lei, tutti con più esperienza nelle arti magiche e nei combattimenti ma a quanto pare, bastava avere gli occhi rosso sangue e parlare con gli spiriti per guadagnarsi rispetto.
Entrò senza bussare, trovando la ragazza seduta su una specie di cassapanca, sguardo rivolto all'enorme finestra che dava sul mare. Kòre non poteva sapere che Ebony in quei primi giorni che aveva passato nella sua nuova prigione d'orata, aveva preso seriamente in considerazione l'idea di buttarsi di sotto, a picco sul mare. Pensò anzi che se era fortunata, avrebbe prima sbattuto la testa su uno scoglio perdendo i sensi o perché no, uccidersi spaccandosi il collo.
Tuttavia, ci fu qualcosa che smosse l'animo della giovan strega, sentiva che doveva restare perché c'era ancora speranza, c'era ancora una luce per cui combattere.
“Cosa ti hanno fatto?”, sussurrò Ebony alla vista dell'amica, accorgendosi della sua presenza.
Era così...così non Kòre. I suoi occhi erano spaventosi, il suo volto inespressivo.
“Non credo tu sia nella posizione di chiedermelo. Quella messa peggio sei tu.”, le rispose atona.
Ebony dovette fare mente locale: quella non era la sua migliore amica, non era la Kòre Dolohov così come l'aveva conosciuta. Era schiava del suo essere Guardiana, schiava del suo potere. Decise di stare al gioco, di comportarsi come se di lei non gliene importasse e vedere se riusciva a farla arrabbiare. Se fosse stata in grado di scaturire in lei una qualsiasi emozione, anche una negativa, qualcosa nel suo animo si sarebbe smosso e si sarebbe potuta ribellare. Era un tentativo azzardato ma valeva la pena tentare.
“Dici? Non sono io quella che deve passare interi pomeriggi con Erin. Sai che spasso...”, le rispose ironica.
“Di certo non mi diverto come te e Legacy tra le lenzuola.”
Ebony accusò il colpo ma dovette ricacciare le lacrime al loro posto. Non avrebbe permesso a quell'essere che aveva preso le sembianze della sua migliore amica di metterla ko. Erano passate circa tre settimane da quella notte, quella in cui Legacy Black la possedette su un tavolo. Ebony aveva smesso di magiare e di dormire per giorni fino a che lo stesso Legacy diede l'ordine di farla trasferire in quella stanza ed obbligarla a mandare giù almeno un boccone. Nel giro di poco aveva ripreso le forze ma la sua ferita interna era aperta e sanguinante. Non sarebbe riuscita a richiuderla perché Legacy tornava da lei ogni notte ed ogni notte tutto si ripeteva allo stesso modo, come un copione già scritto: lei doveva lavarsi, pettinarsi, farsi bella per il suo Re e poi concedervisi senza lamentele, senza pianti, senza opposizioni. Ebony trovò tutta quella situazione un bizzatto scherzo del destino. Molte delle sue compagne di Casa, si buttavano su qualsiasi essere dotato di organi maschili, come se quello che concedevano non fosse roba loro. Ricordava quanto le aveva denigrate e prese in giro, spesso pesantemente. Lei non aveva la minima intenzione di farlo con Adam, non fino a quando non si sentisse pronta perché questo le aveva insegnato sua madre e cioè che lei valeva più di una scopata.
E invece eccola lì, prigioniera in una villa in mezzo al nulla, ogni notte tra le mani di Legacy Black. A differenza di quella prima orribile volta, il Re aveva cambiato il suo rapportarsi con Ebony. La ragazza aveva capito che se voleva restare in vita (e lo voleva sia per aiutare Kòre che per sé stessa), si sarebbe dovuta comportare come una brava schiava. Era diventato più lento, meno feroce, senza quello sguardo folle che sarebbe rimasto indelebile per sempre nella mente di Ebony. Ormai, non piangeva nemmeno più, dopo. Il senso di vergogna e smarrimento, era stato sostituito dal disgusto, disgusto soprattutto per i suoi baci. Ebony poteva sopportare tutto il resto ma quando quella sua malefica bocca, la stessa che aveva ordinato a Kòre di uccidere tre innocenti, toccava la sua, la giovane strega doveva trattenere il senso di nausea che la pervedeva.
“Sai...”, disse Kòre mentre si aggirava per la stanza, “devi avere qualcosa che a Legacy piace particolarmente.”
“La cosa che piace tanto a Legacy ce l'hai anche tu. Non credo di essere speciale.”, le rispose.
“Sei davvero ingenua e poco attenta se la pensi così. Tu, sei speciale per lui. Ragiona: se fosse solo per il sesso, ti avrebbero usato anche altri. E invece, la settimana scorsa uno dei ragazzi ha azzardato l'ipotesi di farsi un giro sulla bella bionda Grifondoro e Legacy lo ha spedito nelle segrete senza cibo acqua per tre giorni.”
“Che posso dire...Il tuo Re ha degli evidenti problemi a condividere.”, rispose nuovamente sarcastica Ebony.
“Questo è vero. Non gli piace che qualcuno tocchi i suoi giocattoli.”
“Sei venuta qui per ricordarmi quanto faccia schifo la mia vita o la tua visita ha uno scopo?”, le chiese Ebony alzandosi ed incrociando le braccia.
“Credevo volessi sapere che fine ha fatto la nostra cara Jo-Jo.”
Kòre aveva decisamente attirato la sua attenzione.
“A quanto pare ti interessa...si è salvata. Sembra che abbia trovato rifugio ad Hogwarts. Potrebbe aver spiattellato tutto ad Harry Potter e quindi presumo che ora la Resistenza sia finalmente uscita allo scoperto.”
“Presumi? Deve essere frustrante e scomodo per Legacy non avere spie a disposizione vero?”, le disse Ebony.
“Lo sai benissimo anche tu che noi eravamo un ostacolo. Abbiamo solo ritardato l'inevitabile. Cosa speravamo di fare? Siamo solo delle ragazzine.”, disse Kòre.
“Io sono stata violentata e tu hai gli occhi iniettati di sangue...potremmo essere di tutto ma non siamo ragazzine...non più ormai.”
“Prima o poi, doveva succedere.”, rispose atona Kòre, dirigendosi verso la porta.
“Cosa doveva succedere Kòre?! Legacy che mi mette le mani addosso? Jo-Jo che quasi viene ammazzata? Tu che ti trasformi nel tuo incubo peggiore!?!”, le urlò contro l'amica.
Kòre si voltò di scatto, puntando quegli occhi rossi su di lei. Ebony sussultò e fece un passo indietro, quello era uno sguardo colmo d'odio.
“Loro mi hanno resa così! Sono diventata quello che hanno sempre sospettato! Kòre Dolohov, degna erede di un assassino!”
“Devo ricordarti di chi sono figlia io?! Siamo state sfortunate Kòre, le nostre famiglie fanno schifo ma ce la siamo sempre cavata! Tu con i Malfoy, io con quelli che considero i miei veri genitori! Contro tutto e contro tutti, ricordi?”
Queste ultime parole, forse avevano colpito nel segno. Kòre provò più volte ad aprire bocca ma nessun suono riuscì ad uscire.
Improvvisamente, Kòre si mise le mani tra i capelli e un urlo di dolore pervase la stanza.
“Kòre che ti succede?!”, chiese preoccupata Ebony avvicinandosi.
“STAMMI LONTANA!”, le urlò Kòre che si era accasciata a terra in posizione fetale.
“Kòre...che devo fare? Chiamo le guardie?”
“Ferma...Stai. Solo. Ferma.”, le disse con più calma la ragazza.
Passarono pochi minuti prima che Ebony prese l'iniziativa di abbassarsi a livello dell'amica, facendosi più vicina.
“Li ho uccisi..”, sussurrò Kòre.
Ebony potè intravedere uno strano fenomeno negli occhi di Kòre: il rosso sangue dell'occhio sinistro stava lentamente scemando, quasi si riusciva a scorgere il viola.
“Kòre...sei tu?”
“Ebony...mi dispiace tanto...”, disse piangendo la ragazza.
Ebony non le permise di continuare a scusarsi, l'abbracciò forte, scoppiando a anch'ella a piangere.
“Lo sapevo che c'eri ancora...non è colpa tua! Non eri tu, mi hai capito bene!?”, le disse Ebony prendendole il volto e obbligandola a guardarla negli occhi. L'occhio era quasi totolmente tornato al suo viola naturale, anche se l'altro rimaneva rosso.
La ragazza però non le rispondeva.
“Kòre? Mi hai sentita? Kòre?”
“Ebony abbiamo poco tempo.”, le disse levandosi dalle guance le lacrime.
“Poco tempo per cosa?”, chiese spaesata Ebony.
“Io mi sto ribellando, con tutta me stessa ma non riuscirò a mantenere il controllo per molto!”
“Controllo? Kòre non sto capendo!”
“C'è qualcosa dentro di me ed è forte. La magia nera che ho sprigionato è in ogni centimetro del mio corpo e ogni giorno che passa mette radici più profonde. A volte riesco a prendere il sopravvento, come oggi: incosciamente, sono riuscita ad arrivare nella tua stanza.”
“Ma ora mi stai parlando e sei tu! Insomma sei Kòre, la vera Kòre.”
“E quanto pensi che durerà genio!?!?”, le rispose acidamente per poi darsi un sonoro schiaffo sul viso ed aggiungere: “Scusami, non volevo apparire così stronza!”
“Tranquilla, ora assomigli soltanto alla maggioranza delle nostre compagne di scuola.”
Questa battuta riuscì a strapparle un sorriso che però fu presto spento.
“Ebony...non so dirti quanto sia distrutta per quello che ti ha fatto quel mostro...è orribile, disgustoso, malvagio, da carogne! E non puoi capire quanto mi costi chiedertelo...”
“Cosa? Farò tutto quello che mi dirai, lo giuro.”
“Devi resistere. Legacy presto si stancherà di possederti ogni notte, tu ormai non gli dai più soddisfazione. Nella sua mente malata, è riuscito a domarti ed ora sei troppo docile per i suoi gusti. Ma se Legacy si stanca di te, ti ucciderà.”
“Kòre cosa mi stai chiedendo esattamente?”, chiese preoccupata Ebony.
“Tu...lo attiri. Non so se nel caso di un folle come lui sia la defizione più adatta ma si potrebbe dire che gli piaci. Devi fingere di volerlo anche tu.”
Ebony la guardò dritta negli occhi per qualche secondo, sperando che anche quella richiesta assurda fosse frutto dell'altra metà che albergava nel suo corpo.
“Mi stai dicendo che d'ora in avanti il fatto che Legacy Black abusi di me ogni notte non dovrà più essere un abuso ma sarò io stessa a volerlo!? Devo diventare la sua...amante?”
“E' una cosa terrificante lo so ma non ci sono altre soluzioni Eb!”
“SCORDATELO!”, disse perentoria.
“Ebony se non lo fai, morirai!”, le disse disperata l'amica.
“E allora morirò! Morirò piuttosto che essere la sua puttana.”
“Non capisci? Se tu muori, siamo finiti tutti! Come credi che riesca a ribellarmi? Penso a tutto quello che mi è rimasto di positivo e credimi, dopo aver ucciso due miei compagni e Victoire Weasley, è difficile scovarlo! L'unica cosa che mi impedisce di abbandarmi completamente alla mia natura malvagia sei tu e il fatto che sei ancora viva e sei qui con me.”
“Sei forte Kòre! E ci sono mille altre persone a cui pensare! Noah, Jocelyn, i Malfoy, Rose, Fred Weasley! Loro ti vogliono bene!”
“Ci ho già provato ma ogni volta mi ricordo che ho rovinato la vita a tutti loro! Tu ed io eravamo destinate a tutto questo, loro no.”
Ebony non sapeva cosa fare. Da un lato, riconosceva che il ragionamento di Kòre non faceva una piega. Dall'altro, c'era la prospettiva di ciò che le sarebbe successo, di quello che sarebbe diventata.
“Lascia perdere la Profezia, la Resistenza, tutto questo casino per un secondo...pensa a Matt e Janet, i tuoi genitori. Cosa ne sarà di loro se perderanno l'unica figlia che hanno?”
Lo doveva fare. Lo avrebbe fatto per i suoi genitori, per Kòre, per tutti i suoi amici, per la salvezza di tutti quanti.
“Lo farò.”
Kòre le sorrise amaramente. Capiva quanto le sarebbe costato.
“Ora devo andarmene.”, disse poi barcollando verso la porta.
“Dove vai?!”
“Via da qui. Le guardie si insospettirebbero e poi sento che sto perdendo il controllo, di nuovo.”, le rispose a fatica. “Non so ancora dove abbiano nascosto la tua bacchetta ma giuro che la troverò...sperando poi di non fare la stronza e lanciartela in mezzo al mare.”
“Stai attenta...”
“Cerca di sopravvivere Ebony...ce la faremo.”
Kòre abbracciò forte l'amica sperando che quel gesto riuscisse ad esprimere tutto quello che provava il suo cuore, almeno la metà buona. Ebony avrebbe combattutto la sua battaglia ed ora toccava a lei: avrebbe ripreso il controllo di sè stessa, ogni giorno avrebbe sofferto e lottato anche solo per dieci secondi di sanità mentale. A costo della sua stessa vita, Kòre Dolohov avrebbe portato a termine la sua missione: sarebbe stata la guida del Re ma di certo, non quella di Legacy Balck.

***

Erano passati più di vent'anni dall'ultima volta in cui Hogwarts era diventata quartier generale degli Auror ma ad Harry Potter e ai suoi amici, sembrava solo ieri.
Nonostante le lezioni continuassero a svolgersi normalmente, il clima era tutt'altro che scolastico: guardie ai cancelli, sulle torri, coprifuoco più rigido di prima, Prefetti e Caposcuola accompagnati da due Auror ad ogni ronda.
L'unica cosa che si voleva evitare, era che Hogwarts divenisse nuovamente un campo di battaglia perché in quel caso, sarebbe stata subito evaquata grazie ad un piano studiato con il Preside e i professori. Fortunatamente, non sembrava essere prossimi ad uno scontro così diretto.
Susan Strongstone, era stata convocata la sera precedente ed aveva partecipato alla riunione straordinaria indetta dal Capo degli Auror. Come Draco Malfoy aveva previsto, la donna era riuscita a fornire qualche dettaglio in più su Kòre Dolohov.
Susan confessò di aver intrapreso delle ricerche molti anni fa riguardanti il passato dell'allora piccola Kòre. Ai tempi, Ater Dolohov era ancora vivo, per miracolo, rinchiuso ad Azkaban. Un giorno la donna si recò da lui e, grazie ad alcune conoscenze all'interno della prigione, riuscì ad ottenere un colloquio.
Da quel uomo orribile ricavò ben poche informazioni e stette molto attenta a cosa dire. Mentì sulla sua identità, affermando di essere la donna che aveva aiutato a partorire la creatura ormai morta di Hazel Dolohov. All'udire della morte di sua figlia, Ater non fece una piega anzi, disse che quella dannata donna non era stata nemmeno in grado di mettere al mondo un bambino.
La cosa che però sbalordì tutti quella notte, fu la rivelazione che Susan Strongstone fece riguardo alla madre di Kòre...



FLASHBACK



Erano tutti riuniti nella Sala Grande, Auror, professori, Preside e pure Fred Weasley.
Lo sapevo. Hai fatto un casino, vero?”
Angelina Weasley aveva accompagnato il marito a quell'incontro in quanto persone informate dei fatti e furono quelle le prime parole che disse al figlio.
Mamma! Cos'è tutta questa sfiducia?”
Caro, io ti voglio un bene dell'anima ma cerca di capire...tuo padre è tornato a casa dicendomi che avrenmo partecipato ad una specie di riunione segreta ad Hogwarts per via della nuova minaccia dei Punitori e che nostro figlio sarebbe stato presente!”, rispose ansiosamente Angelina.
Calma tesoro! Nostro figlio non potrà aver fatto peggio di me o di zio Fred.”, disse George Weasley ridendo.
Suo figlio abbozzò un sorriso, tentando di sembrare convincente. Pensandoci bene, non era detto che lui fosse riuscito a fare peggio dei gemelli Weasley. Aveva solo omesso di aver parlato con lo spirito di suo zio grazie a Kòre Dolohov, forse non era così grave.
Il Preside ed Harry Potter informarono tutti degli sviluppi sulla vicenda Punitori. Non c'erano novità di rilievo purtroppo. Gli attacchi che mettevno a segno non seguivano uno schema logico, non c'era un filo conduttore se non il fatto che fossero principalmente contro maghi e streghe e fortunatamente pochi babbani.
Sul volto di tutti, era presente lo sconforto per la perdita di Victoire Weasley, omicidio che di fatto, rimaneva irrisolto. Nessuno sapeva come avesse fatto a finire nelle mani dei Punitori, gli ultimi a vederla viva erano stati dei compagni del corso per medimaghi al San Mungo, luogo da dove poi sarebbe dovuta tornare a casa.
Questa Resistenza da chi diamine sarebbe composta?”, chiese il tenente Longbridge.
Jocelyn dice che loro sono maghi e streghe la cui vita è stata seriamente minacciata durante la seconda guerra in quanto non sostenitori di Voldemort.”, spiegò Harry.
Esistevano seriamente delle famiglie Purosangue contro quel matto a parte la nostra?”, disse George.
A quanto pare ce n'erano molte. Famiglie come quella dei Green, i Pondblue, gli Zabini...tutti i Purosangue pieni di soldi che non sostennero mai apertamente Tom Riddle.”, spiegò Derek Gellant che nel frattempo teneva sott'occhio l'emotività di Temperance.
Non tutti potevano lanciarsi al suicidio contro Lord Voldemort.”, intervenne duramente Draco Malfoy, “e queste persone sono state bellamente dimenticate dal tuo Dipartimento Potter!”
Questo non è vero Malfoy!”, rispose Ron Weasley.
Ron, lascia stare...”, cercò di dire Harry.
Oh no Potter! La Donnola ha perfettamente ragione, eccome se ci avete pensato! Installando Passaporte nelle nostre case direttamente collegate in una stanza da interrogatorio!”
Piantatela, tutti quanti! Tutto questo è controproducente! Abbiamo due ragazzine da salvare e un matto da rinchiudere!”, intervenne il Preside che ristabilì la calma.
Signora Strongstone...lei è in grado di dirci qualcosa, qualsiasi cosa, riguardo Kòre che noi ignoriamo?”
Susan sembrava essere invecchiata di dieci anni da quando aveva saputo che la sua piccola Kòre era passata dalla parte oscura. Contorceva le mani livide dai lavori domestici, agitata e messa in soggezione da tutte quelle persone.
Sapevo che prima o poi sarebbe successo...ma lui avrebbe dovuto proteggerla!”
Lui chi?”, chiese Harry Potter.
Fred Weasley sapeva bene a chi si riferiva la signora Strongstone. Decise quindi di intervenire lui stesso e, finalmente, si sarebbe liberato di quel peso.
Lo zio Fred.”, disse semplicemente.
Susan osservò stupita il ragazzo, pensava che nessuno oltre a lei ed Ebony fosse a conoscenza di quel particolare della vita di Kòre.
Lo stupore non era solo della tata, tutta la stanza e tutti i presenti erano inebetiti. L'unico a non sembrare sorpreso da quella rivelazione fu Aberforth Silente che infatti fu il primo a parlare:
Lei mi porterà al pensionamento anticipato Weasley! Allora, ci ha parlato con suo zio?”
Cosa?! Lei gli crede?!?”, esclamò la professoressa McGranitt.
Ovvio che sì, la signorina Dolohov è una Guardiana ed ogni Guardiana ha una guida. Purtroppo a lei è toccato Fred Weasley. Senza offesa George.”
Mi sento svenire...”, disse Angelina accasciandosi addosso al marito.
Fred ma ti sembrano cose da dire!? Non si scherza sulla morte di mio fratello!”, lo redarguì Ron.
Fermiamoci tutti un minuto!”, intervenne la giovane Temperance Tudor, prendendo in mano le sorti di quella riunione. Derek ne rimase ampiamente sorpreso, visti gli ultimi avvenimenti. Credeva che la ragazza si sarebbe abbandonata alla tristezza e ai sensi di colpa per via di Teddy a cui era stato dato un congedo speciale da passare a Villa Conchiglia, insieme alla famiglia di Victoire.
Ragioniamo”, riprese la ragazza, “Kòre Dolohov interagisce con lo spirito del defunto Fred Weasley. Come facevi a saperlo?”, chiese rivolgendosi a Fred.
Perché l'ho visto.”, rispose il ragazzo osservando il volto del padre.
Tu...tu hai visto Fred?”, chiese quest'ultimo con un filo di voce.
Per poco...lei non avrebbe potuto farmelo vedere.”
Già, non avrebbe dovuto.”
Questa frase fu pronunciata da Jocelyn Green, entrando nella Sala Grande, accompagnata da Alexaner Zabini.
Che ci fate voi due qui?”, chiese Harry Potter.
Sono stato io a convocarli, Harry. La signorina Green sostiene che ci siano altre informazioni che potrebbero esserci utili. Stesso discorso per il signor Zabini.”, rispose il Preside.
Lei è il figlio di Blaise Zabini?”, chiese stupita Susan Strongstone.
In persona...lei chi è?”, chiese come sempre svogliato Alexander.
Allora credo sia giunto il momento. Jocelyn sono molto felice di vedere che stai meglio.”, disse Susan per poi rivolgere nuovamente l'attenzione verso Preside e Auror.
Il momento per cosa Susan?”, chiese Draco Malfoy.
Alexander, giusto? Penso che dovrebbe prepararsi a quello che sto per dire, potrebbe stravolgere completamente l'idea che aveva di suo padre.”
Alexander Zabini difficilmente si interessava o si scomponeva per qualcosa ma quella donna sembrava davvero in possesso delle risposte che tanto aveva cercato.
Blaise Zabini non era un membro marginale nella Resistenza, era qualcosa di più: custodiva un grande segreto ed era uno dei capi.”
COSA?!?”, dissero all'unisono molti dei presenti.
Non è possibile. Mio padre non era il tipo...mettersi alla guida di una resistenza segreta è roba da Grifondoro non da Serpe.”, disse deciso Alexander.
Invece è un tipico comportamento da Serpeverde ragazzo...nessuno sapeva che ci fosse lui dietro tutto quanto, nemmeno Kòre e le altre.”
L'attenzione si spostò totalmente verso Jocelyn.
Confermo. Sino al giorno della sua morte non avevamo idea da chi ci provenissero gli ordini. Quando tuo padre fu assassinato ci informarono che aveva commesso un errore e Legacy aveva scoperto il suo ruolo di rilevanza all'interno della Resistenza.”
Che genere di errore commise?”, chiese Hermione.
Non lo sappiamo. Credo fosse qualcosa riguardante la sua vita privata dato che la Resistenza all'epoca dei fatti non aveva subito conseguenze e non avevamo fatto errori.”, rispose Jocelyn.
Tu lo sapevi?”, chiese Alexander a Draco.
Tuo padre era il mio migliore amico ma i segreti li sapeva tenere fin troppo bene...”, rispose amaramente.
Che genere di segreto doveva custodire tanto da giustificarne la morte?”, chiese Hermione Granger.
Signora Weasley...il povero Blaise Zabini fu custode di due enormi fardelli. In primo luogo, era a conoscenza di una parte della Profezia sconosciuta sia a Legacy che a Kòre e no, prima che me lo chiediate, non ne ho idea nemmeno io. E secondo...”
Susan Strongstone dovette prendere un bel respiro per rivelare quella verità che avrebbe molto probabilmente messo a rischio il suo lavoro.
Hezel Dolohov è viva.”
Sbigottimento e smarrimento erano presenti chiaramente sui volti di tutti, dal Preside a Jocelyn Green che ritrovò la parola per prima.
Lei lo sa? Kòre sa che sua madre è viva?”
No...ed è stato meglio così.”, rispose Susan.
O sì come no!”, interruppe Fred Weasley arrabbiato.
Fred!”, lo resarguì la madre.
Fred un corno! Come può essere stato meglio così? Essere convinti per quasi sedici anni che il proprio padre abbia ucciso la propria madre...è davvero il sogno di una vita!”
Capisco che possa sembrare un'atrocità e una totale mancanza di rispetto nei confornti di Kòre ma c'è un motivo per cui sua madre l'abbandonò e fece credere a tutti di essere morta!”, ripose la donna cercando di spiegare le sue ragioni.
No. No, no, no, no....Susan, lei si sta sbagliando. Io stesso ho stilato il rapporto sulla morte della signora Dolohov, ho visto il suo cadavre e ho assistito alla confessione spontanea di Ater.”, disse Harry Potter.
Li ha mai catturati?”, chiese Susan sapiente.
Catturati chi?”, chiese Ginevra Potter che sino a quel momento era rimasta in silenzio, accanto al fratello George a seguito della notizia di Fred, “mio marito sostiene di aver catturato molte persone sa, deve essere specifica.”, concluse in tono sarcastico, riferendosi alla faccenda dei Rookwood.
Gli esecutori dell'omicidio no ma Ater era il mandante ed ha confessato.”
Ater avrebbe dovuto madare gente più in gamba, Hezel li spedì nel Regno dei morti in meno di dieci minuti.”, rispose Susan.
Tutto questo è un gran casino!”, sbottò il tenente Longbridge, “signora Strongstone, una volta per tutte, ce lo vuole dire per quale cavolo di motivo Hezel Dolohov avrebbe finto la sua morte?”
Per ogni Profezia c'è un sensitivo che la pronuncia. Hezel Dolohov fu colei che lo fece.”
E dov'è lei ora?”, chiese Ron Weasley.
A questo potrebbe rispondere il qui presente Alexander.”
Io non ne ho idea!!!”, rispose il giovane notando che tutti gli sguardi erano posti su di lui.
Sì che ce l'hai ragazzo...tuo padre ti ha lasciato scritto qualcosa riguardo ad una villetta babbana nei pressi di Liverpool o sbaglio?”
Alexander fu stupito che la donna ne fosse a conoscenza. Suo padre, prima di morire, lasciò un messaggio per il figlio nelle sue ultime volontà: avrebbe dovuto mandare degli efli a sgomberare quella casa per poi metterla in vendita ad un prezzo stracciato per i babbani. Alexander non seppe di questa proprietà sino al giorno dell'apertura del testamento e non immaginava che fosse la dimora segreta della madre di Kòre Dolohov.
Credevo fosse solo una casa dove mio padre portava le sue amanti...ma io l'ho fatta sgomberare, non c'era nessuno prima e di certo non c'è nessuno adesso!”
Lo so ma risulta essere l'ultimo posto dove stava Hezel. Suggrisco agli Auror di cominciare da lì.”

FINE FLASHBACK

In seguito a quella sconvolgente notte, tutto cambiò.
A Jocelyn Green era stato ordinato di mettersi in contatto con i suoi capi, con i suoi compagni, anche con il gufo della Resistenza se necessario. Questa specie di bicameralismo doveva finire all'istante. Gli attacchi di Legacy si erano fatti più concentrati e più intensi, ad Hogsmade, a Diagon Alley, persino al San Mungo.
Fred Weasley era stato messo sotto torchio dal tenente Longbridge riguardo la faccenda dello spirito di suo zio ma a ben poco era servito se non a far uscire di testa la madre Angelina e a riaprire una vecchia ferita nel cuore del padre.
La casa di Alexander Zabini fu letteralmente messa sottosopra alla ricerca di qualsiasi indizio riguardante l'attività secondaria del padre come membro dell Resistenza. La moglie Amelia, sembrava essere caduta dalle nuvole quando venne informata di tutto ed ebbe l'ennessimo crollo nervoso con successivo ricovero al San Mungo.
Harry Potter si diresse con alcuni Auror in quella famosa casa di Liverpool ma effettivamente, la trovò vuota. Alexander giurò di non aver trafugato nulla e che tutto quello che gli elfi trovarono, per lo più cianfrusaglie e vecchi mobili, furono smaterializzati in una discarica poco fuori Liverpool.
Hermione Weasley non era mai stata così stressata. Il rischio che suo marito non facesse ritorno da lei vivo era triplicato e ad ogni attacco i Punitori erano più forti, aveva definitivamente abbandonato la sua casa per trasferirsi in una camera messa a disposizione del Preside ad Hogwarts e tutto questo non faceva altro che far riaffiorare in lei vecchi ricordi e cicatrici non del tutto sanate. L'unico lato positivo era il poter passare del tempo con i suoi figli così come stava facendo in quel momento, passeggiando per i corridoi con la figlia maggiore.
“Sei preoccupata?”, le chiese la madre.
“Non credo si possa definire preoccupazione. E' più...sono in attesa. Sono mesi che sono in attesa, come se qualcosa dovesse accadere e io stessi solo aspettando che mi piombi addosso.”, rispose Rose.
“Siamo tutti in attesa. Ma sai cosa c'è di positivo nell'aspettare? Ci si può preparare e noi siamo preparati a qualsiasi cosa.”, disse Hermione sperando di sembrare il più possibile sincera. In realtà sua figlia aveva centrato il punto, loro stavano aspettando una mossa, un segno, un qualcosa che potesse fargli capire cosa fare dopo perché in quel momento non ne avevano idea.
“Come stanno a Villa Conchiglia?”, chiese tristemente Rose.
“Non molto bene...Fleur è a Bauxbatons da Dominique e Louis, Bill è alla Tana. Teddy è rinchiuso nella sua stanza e l'unica che a volte riesci a portargli qualcosa da mangiare è Temperance. Non vuole nemmeno parlare con tuo padre o Harry.”
“E papà come sta?”
“Essere un Auror ed aver vissuto ciò che abbiamo vissuto noi in passato è una benedizione e un incubo allo stesso tempo...ci ha resi psicologicamente pronti al peggio ma anche atarassici. Non ne parla semplicemente...”, rispose con amarezza Hermione.
“Fred ci ha detto che Kòre parlava con il fratello di zio George...”, disse Rose cambiando discorso, avendo capito il disagio della madre.
“Pazzesco vero? Quella ragazza non può essere il male...non se al suo fianco ha avuto Fred Weasley per tutti questi anni.”
“Dici che incontreremo la Resistenza?”
“Harry dice di sì...molto presto anche. Jocelyn Green dovrebbe contattarli stasera. Mi dispiace tanto Rose...”, disse tristemente.
“Per cosa mamma?”
“Per tutto questo. Io e tuo padre volevamo una vita diversa per voi, abbiamo combattutto affinché ciò accadesse.”
“Immagino che a volte succedano cose indipendentemente dal nostro volere. È il destino.”
“Ora capisco perché sei Corvonero! Alla tua età non godevo di una tale saggezza.”, le rispose la madre, prendendola sotto braccio.
“Ehi, quello non è il giovane Malfoy?”, chiese Hermione constatando l'arrivo di Scorpius dinnanzi a loro.
“S-salve...”, disse vagamente imbarazzato. Non parlava con Rose dalla notte in cui aveva praticamente offerto in sposa su un piatto d'argento Gwen a Zabini, in perfetto stile medioevale come se fosse un pacco da scartare.
“Ciao Scorpius, come stai?”, chiese Hermione.
“Abbastanza bene direi...piuttosto lei come sta, signora Weasley?”, chiese il ragazzo osservando però Rose. Avrebbe voluto porla direttamente a lei quella domanda ma non trovava il coraggio nemmeno per sorreggere il suo sguardo. Lo guardava con occhi arrabbiati, acidi e pieni di risentimento.
“Ho vissuto giorni migliori ma anche peggiori come dicevo prima a Rose.”, rispose sorridendo.
“Ti serve qualcosa Malfoy?”, chiese rudemente Rose.
“Stavo cercando Albus, non è venuto agli allenamenti oggi...”
“Non lo abbiamo visto.”, disse atona la giovane Weasley.
“O-ok...ci vediamo in giro, credo.”
“Ciao.”
“Ciao Scorpius.”, disse più gentilmente la madre di Rose.
“Arrivederci signora Weasley.”, disse congedandosi velocemente.
Hermione Weasley non aveva mai dovuto ricorrere al suo sguardo ammonitore con la figlia maggiore, solitamente era Hugo il destinatario delle sue famose prediche. In quell'occasione però, sua figlia l'aveva delusa: un atteggiamento così sgarbato, così scontroso non era per nulla degno di lei.
“Che c'è?!”, chiese la figlia notando la posa della madre, braccia incrociate e testa piegata verso destra.
“Rose Ninfadora Weasley! Cos'era quell'atteggiamento?”
“Io e Malfoy siamo sempre stati così.”, rispose evasiva.
“Non vi siete mai piaciuti un granchè ma il rispetto c'è sempre stato.”
“Ah, rispetto? Scorpius Malfoy non sa nemmeno cosa voglia dire rispetto!”, rispose la figlia allontanadosi dalla madre.
“Rose!”
“Non a tutti piace spassarsela con i Malfoy mamma!”
Hermione rimase attonita. Non poteva averlo scoperto. Per quanto sua figlia fosse sveglia lei e Draco erano sempre stati molto attenti e ormai era una storia vecchia e sepolta.
“Vi ho visti in biblioteca...non siete solo vecchi amici.”
“Rose tu non sai di cosa stai parlando...”
Prima che la figlia potesse rispondere alla madre, alle spalle di Hermione, Albus Potter ciondolava per il corridoio. Si fermò davanti ad un quadro, quello di Sibilla Cooman, scomparsa pochi anni.
“Al?”, lo richiamò la cugina.
“Albus?”, si aggiunse la zia.
Il giovane Potter si voltò verso le due donne, bacchetta alla mano. Hermione notò subito l'aspetto vitreo dei suoi occhi: stava succedendo di nuovo. Quello non era Albus ma Legacy che ne controllava il corpo e la mente.
“ROSE CORRI!”
Fece appena in tempo ad avvertire la figlia, prima che suo nipote le scagliò addosso uno Schiantesimo. Hermione fortunatamente riuscì a spostarsi in tempo, rimanendo ferita di striscio, nascondendosi dietro una colonna.
Rose si assicurò che sua madre fosse in salvo prima di correre come non mai a cercare aiuto.
Hermione osservava il nipote da lontano, controllando le sue mosse. Sembrava stesse pronunciando un incantesimo rivolto al quadro che prese immediatamente fuoco. In quel momento, la donna pensò di intervenire ma alle sua spalle apparve niente meno che Jocelyn Green.
“Se si intromette, Legacy capirà che sappiamo. Non gli succederà niente.”, disse sussurrando.
Il fuoco si spense spontaneamente ed Albus cadde a terra, svenuto.
***



Ebony Rookwood aveva avvertito una scossa in tutto il suo corpo. Quello era il chiato segnale che Legacy aveva preso il controllo di Albus. Era di fondamentale importanza per lei recuperare la sua bacchetta. Se fosse riuscita ad averla, avrebbe potuto pronunciare l'incantesimo che le avrebbe permesso di vedere ciò che vedeva Albus e magari di comunicare con qualcuno.
Come ogni notte, Legacy sarebbe venuto da lei ma a differenza delle altre volte, c'era speranza. Kòre non era ancora persa per sempre, sentiva che Jocelyn era ancora viva e che presto sarebbero venuti a prenderla.
Si vestì per la notte che avrebbe passato con lui. Se voleva sopravvivere era necessario che diventasse indispensabile per il suo Re.
“Buonasera carissima!”
Era di buon umore. Ovviamente, non bussò, lui non lo faceva mai. Chiuse la porta dietro di sé e si sedette sul letto scalzandosi le scarpe. Per essere uno che millantava la grandiosità del Signore Oscuro e la superiorità dei Purosangue, si vestiva spesso come i babbani, completi eleganti e scuri.
“Come mai così euforico?”, chiese fintamente annoiata Ebony.
Legacy si voltò verso la ragazza, sorridendole.
“Non dovrei renderti partecipe ma ormai che potresti fare? Sei mia prigioniera. Ho fatto trovare ad Albus Potter un altro pezzetto di Profezia.”
“Ah sì? E dov'era nascosta?”, chiese preoccupata.
“Ad Hogwarts. Pensa... avevate un pezzo di Profezia proprio sotto al vostro naso!”
Ebony trattenne l' istinto di sputargli in faccia.
“E cosa dicono queste nuove illuminanti righe?”
“Non ti riguarda cara, non più.”
Per quella sera era abbastanza. Il sangue di Ebony stava ribollendo nel sapare che una parte di quella cavolo di Profezia era nascosta proprio lì a scuola.
Legacy si stava slacciando i bottoni della camicia e la ragazza si disse che ormai non c'era tempo per rimpiangere una cosa ormai fatta.
Si diresse verso di lui, gli si piazzò davanti e finì di slacciargli la camicia. Legacy osservò i movimenti di Ebony con curiosità, stupore e attenzione. Era delicata, le sue mani furono piuttosto svelte. Una volta sbottonata, Ebony fece scivolare le sue dita magre sulle spalle del Re per togliere del tutto l'indumento. Legacy le diede una mano inarcando un poco la schiena e levando di mezzo la camicia.
Ebony gli si inginocchiò di fronte, pronta a slacciarli anche i pantaloni. Tutto quello spirito di iniziativa, insospettì Legacy che prese la ragazza per le spalle alzandola e sbattndola violentemente sul letto
“Cosa stai tramando piccola Rookwood?!”, le disse a pochi centimetri dal suo volto.
“Ma sei impazzito?!?!”, rispose cercando di non sembrare spaventata.
“Ogni volta che ti scopo tu a malapena mi guardi, a malapena reagisci. Come altro dovrei reagire nel vederti così ansiosa di avermi?”
“Dovresti essere meno paranoico e concederti una pausa...qui non sei il Re, sei solo Legacy Black, un uomo che deve mandare avanti un esercito e prepararsi alla guerra.”
“Guerra?!”, disse ridendo Legacy, sollevandosi dal letto e trascinando con sè anche la ragazza. In piedi, lui iniziò a levarle il maglione che indossava.
“Non arriveremo a quel punto...la tua amata Resistenza sta perdendo colpi, Harry Potter non sa più dove guardare e Kòre diventa ogni giorno più forte.”
“A cosa ti serve ancora Kòre?”, chiese Ebony non opponendosi a Legacy.
“Abbiamo un sacco di domande stasera...”
“Ho un sacco di tempo per pensare. Se non vuoi che mi ponga domande, tienimi occupata.”, rispose Ebony seducente.
“So che c'è qualcosa sotto...”, disse Legacy non convinto di quel repentino cambio.
“Può essere...anche se fosse ti importerebbe?”, disse la ragazza portando a termine quello che Legacy aveva iniziato, restando in intimo.
Legacy restò ipnotizzato dalla creatura che gli si trovava di fronte, non tanto per il suo fisico che conosceva bene, erano i suoi occhi: c'era desiderio, era maliziosa, divertita.
“Ebony Rookwood...piccola tentatrice. Sarai la mia rovina?”, chiese a pochi centimetri dal suo volto.
Ebony gli rispose baciandolo, con tutta la passione che era in grado di fingere. Immaginò che al suo posto, vi fosse James e che si trattava del loro secondo bacio, dopo quello rubato sulla torre di astronomia.
“Se lo vorrai...sarò la tua
rovina.”
***



“Che cosa è successo??!”
Harry Potter era accorso in Infermeria, dove si trovava suo figlio Albus. Rose era corsa subito da Ron ma non appena arrivò sul posto, Hermione stava già provvedendo a portare Al da Madame Abbott.
“Cosa credi sia successo Harry?!?! Tuo figlio è sotto il controllo di uno psicopatico! E tu non c'eri!”, rispose arrabbiata Ginny.
“Sono il Capo degli Auror Ginevra, ho delle responsabilità!”
“Hai anche dei doveri verso la tua famiglia!!!”
“Signori Potter mi dispiace disturbare il vostro litigio ma vostro figlio si sta svegliando.”, disse Jocelyn Green.
Albus si alzò dal letto a fatica. Chiese cosa gli era successo e sua zia Hermione lo raccontò sia a lui che a Harry. In seguito a quel episodio era svenuto e quindi era stato portato lì.
“Beh, il lato positivo è che ora abbiamo un dato in più su cui lavorare...”, disse Harry Potter.
“Di cosa si tratta?”, chiese Hermione.
“Ogni volta che Legacy prende il controllo di Albus, la cicatrice mi fa male. Credo che le due cose siano connesse.”
“Quello che mi sta succedendo è molto simile a quello che capitava a te anni fa... come facevi a conviverci?”, chiese amaramente Albus.
“Non è esattamente lo stesso caso. Io ero collegato a Voldemort, in me viveva una parte di lui. Tu sei vittima di una pozione e di un incantesimo.”
La conversazione tra i cinque fu bruscamente interrotta dall'arrivo di Frank Paciock, col fiatone.
“Tesoro che ci fai qui?”, chiese la madre Hannah.
“Si-....Silente...Sala...Grande...TUTTI!”
“Credo voglia dire che Silente ci aspetta tutti in Sala Grande.”, tradusse Albus alzandosi dal letto, vincendo le proteste di Madame Abbott e di sua madre.
Arrivati a destinazione, Harry Potter si ritrovò davanti ad una massa di sconosciuti, una cinquantina. Insieme a loro, c'erano tutti, da Draco Malfoy all'ultimo Auror. Fortunatamente, gli studenti erano quasi tutti nei dormitori eccezion fatta per i suoi figli maggiori, Rose, Fred, Frank, Alexander, Scorpius, Lysander e Jocelyn.
“Aberforth”, salutò il Prescelto.
“Harry”, rispose il Preside.
“Chi sono questi?”
Il Preside, dopo due colpi di tosse, esclamò ad alta voce:
“Signore, Signori, professori e studenti...vi presento la Resistenza.
Albus Potter si reggeva in piedi grazie all'aiuto di Jocelyn che non aveva smesso di sorridere da quando erano entrati in Sala Grande. Quella era la sua famiglia, la loro salvezza.
Erano maghi e strghe di tutte le età, alcuni poco più giovani di Jocelyn, altri molto anziani. Harry ebbe quasi la sensazione di rivedere tra di loro dei vecchi compagni di scuola, creduti forse morti o dispersi.
“Potrei avere l'onore di parlare con un portavoce o un capo?”, chiese poi, cercando di vincere lo stupore.
La piccola folla si aprì piano piano, liberando un corridoio per fare spazio alla camminata di un uomo.
Teneva le mani in tasca, passo elegante e cadenzato. Secondo Rose aveva più o meno l'età dei suoi genitori, alto, magro, capelli con qualche accenno di grigio.
“Non mi dire...”, disse Draco Malfoy, esibendo un ghigno di apprezzamento e uno sguardo alquanto divertito.
Il biondo si fece avanti sino a rimanere al fianco di Harry.
“Capo della Resistenza...sul serio?”, chiese sorridendo Draco.
“Qualcuno doveva pur farlo, no?”, rispose l'uomo con voce calma e condividendo lo stesso sorriso di Draco.
“Tu sai chi è?”, gli chiese Harry.
“Ma come Potter?! Non mi dire che non mi riconosci!”, disse l'uomo.
“Non te la prendere...Potter era occupato a sfornare bambini e controllare noi Purosangue dissidenti.”, rispose ironico Draco.
“Noi Purosangue?”, chiese nel frattempo Rose, più a sè stessa che agli altri ma in quel momento sarebbe stato comodo un riscontro da parte di Scorpius che però sembrava essere spaesato tanto quanto i suoi compagni.
“Theodore.... Nott?!”
Fu Ginevra Potter a parlare, avanzando di qualche passo. La fisionomia di quell'uomo aveva fatto scattare in lei il ricordo di quel ragazzino taciturno, solitario e che fino a cinque secondi prima risultava essere morto anni prima.
“Venti punti Grifondoro per la tua signora Potter.”, ripose il capo.
“Per Godric...”, riuscì a dire Harry.
Lo sguardo e le menti di tutti erano praticamente vuote da tanto era stato lo stupore.
“Allora! Che deve fare un uomo per avere un pasto caldo? I miei hanno fame!”, disse infine Theodore.
Il Preside diede ordine di predisporre le cucine e gli elfi affinchè assicurassero una cena più che dignitosa.
Draco Malfoy si avvicinò all'amico di vecchia data.
“Ma tu non eri morto?”, chiese con una punta di divertimento e posandoli una mano sulla spalla.
“Sì...un paio di volte...”



TO BE CONTINUED....



Che ne pensate? Vi piace la storia fino ad ora? Abbiamo svelato un pò di misteri ma ce ne sono ancora non credete!!! Ringrazio chi segue, ricorda o solo legge e chiedo ancora perdono per il ritardo. Preparatevi per i prossimi capitoli perché i nostri eroi non resteranno fermi a lungo!!!! Lasciatemi un parere se vi va... alla prossimaaaaa=)

 

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Capitolo 27
*** Gli amanti ***



 

HOLA POPOLO!!! LE SCUSE E LA PARTE DOVE MI FUSTIGO PER IL RITARDO È NELLA DISCALIA INFONDO CHE INVITO A LEGGERE PERCHÈ C'È UNA SORPRESA!!!!

CAPITOLO CHE NON IMMAGINAVO COSÌ CORTO MA HO PREFERITO TAGLIARE E DARE SPAZIO ALLA PARTE DI KÒRE ED EBONY NEL PROSSIMO CAPITOLO. FORSE NON CAPIRETE UNA MAZZA VERSO LA FINE MA PROMETTO CHE NEL PROSSIMO SARÀ TUTTO PIÙ CHIARO.

ENJOY!!!

P.S. CinderNella ce l'ho fatta!!!! XD


 


 

Il mese di maggio era arrivato e, nonostante la situazione fosse più che tesa, gli studenti di Hogwarts non erano giustificati a dormire sugli allori. I G.U.F.O e i M.A.G.O erano imminenti e lo studio era triplicato per tutti.

Lysander Scamandro era intenzionato ad approfittare di quel clima da esami per cacciare via i brutti pensieri. Kòre gli aveva insegnato che quando la sua mente era satura di negatività e non riusciva a smettere di pensare, il trucco era pensare di più: concentrarsi sui compiti, sullo studio, nella lettura...tenere occupato il cervello, ricoprendo di nozioni ogni suo angolo. In questo modo, sarebbe stato talmente saturo di pensieri che si sarebbe scordato quell'unico tarlo che all'inizio sembrava proprio non aver intenzione di andarsene.

Studiava ogni giorno, concedendosi una pausa per i pasti. Se avesse continuato con quel passo, avrebbe avuto il risultato migliore agli esami.

Si stava dirigendo in biblioteca dopo due estenuanti ore di Pozioni, pronto per ributtarsi sui libri.

“Lysander!”

Il fratello gemello lo aveva raggiunto dal lato opposto del corridoio.

“Ehi Lorc...non hai lezione di Babbanologia?”, chiese curioso Lysander.

“Il professore ci ha dato il permesso di uscire prima, per ripassare. Stavo andando in biblioteca ma fuori c'è uno dei primi veri soli dell'anno. Ce lo vogliamo perdere?”, disse come al solito naturale e spensierato.

“Io devo studiare...”, cercò di dire Lysander ma suo fratello non volle sentir ragioni. Lo prese di forza e lo trascinò con sé in giardino, poco lontano dal campo di Quiddich.

“Lorcan...dobbiamo studiare!”

“Lysander...hai praticamente imparato a memoria l'intero programma del quinto anno, lo so. Fai sempre così quando sei preoccupato. Credo che solo Rose Weasley sarà in grado di fare meglio di te il prossimo anno.”

“Io non sono preoccupato.”, rispose piccato.

“Lo sei.”, ribadì tranquillamente Lorcan.

“Ok! Lo sono! E come non esserlo?! Gli unici che riescono a convivere beatamente con questo casino siete tu, nostra madre e Lullaby Mason. E lei è quasi morta! Colpita da una fattura scagliata da Albus.”

“Lily non sembra essere preoccupata...”, disse giocando con dei fili d'erba.

“Lily ha undici anni. Non le viene detto tutto.”, disse secco Lysander.

“Jocelyn e Alexander sono tranquilli...”

“Sul serio? Stiamo seriamente considerando Jocelyn Green e Alexander Zabini degli esseri umani capaci di emozioni tali come l'ansia, il dubbio e la preoccupazione?”, chiese scettico il gemello.

“Anche loro hanno un cuore. Anzi, a giudicare da ciò che mi hai raccontato riguardo Alexander e la sua storia con Gwen direi che se il suo amore è tale da giustificare un atto così estremo, deve possedere un cuore davvero molto grande.”

Ecco. Come sempre Lysander si ritrovò spiazzato dalla straordinaria capacità del fratello di stravolgere completamente il suo pensiero, utilizzando una logica degna di Priscilla Corvonero. Spesso si chiedeva se il Cappello Parlante non si fosse sbagliato smistando lui tra le menti argute dei corvi e suo fratello invece tra i tassi.

“Non ti spaventa nemmeno un po' questa storia della Profezia, dei nuovi Mangiamorte che si fanno chiamare Punitori, nome tutt'altro che accomodante?”, chiese curioso Lysander.

“Ovvio che sia spaventato. Solo gli stupidi non conoscono la paura. Tuttavia, credo che le cose si risolveranno per il meglio. L'amore vince sempre.”, rispose Lorcan, ricordando uno dei massimi insegnamenti del vecchio Preside di Hogwarts, Albus Silente.

“Quindi, secondo te, si tratta solo di questo? L'amore che sconfigge l'odio? Luce contro ombra?”

Lorcan annuì sorridente.

“E' un tantino semplicistica come visione non trovi?”

“Chi l'ha detto che la soluzione migliore sia quella più complicata?”

“Touché, fratello.”, rispose sorridendo. Lysander sapeva bene che Lorcan lo aveva trascinato in giardino solo per tranquillizzarlo, sicuramente lo aveva visto nel pieno della sua follia da ape operaia no stop e voleva salvarlo da un tracollo emotivo imminente.

“Quello non è Frank?”, disse qualche minuto dopo Lorcan, intravedendo il giovane Grifondoro dirigersi proprio verso di loro.

Richiamarono l'attenzione del ragazzo che li raggiunse con una piccola corsa.

“Ehi ragazzi! Che facevate?”, chiese Frank.

“Lorcan mi stava illuminando con uno dei suoi lampi di genialità...tu invece?”, rispose Lys.

“Io...ecco...”, iniziò a dire Frank grattandosi il capo nervosamente, “devo vedermi con Rose.”

“Finalmente una buona notizia Frank. Sono davvero molto felice per te.”, disse Lorcan.

“Non esagerare Lorc...non è nulla di particolare...”, rispose un imbarazzato Frank.

“Mi sono perso qualcosa?”, chiese uno stralunato Lysander.

“Lys! Non dirmi che non ti sei accorto di quello che il nostro Frank prova per la giovane Rose Weasley!”, gli disse Lorcan. Lysander stava decisamente rivalutando il suo spirito d'osservazione.

“Ti piace Rose? Sul serio?”

Frank faticò a dare una risposta sensata senza balbettare o attorcigliare la sua divisa.

“Non avrai strane intenzioni vero?”, chiese assottigliando gli occhi minaccioso il gemello Corvonero.

“Ma che vai a pensare?!?! Le mie intenzioni sono più che dignitose! Rose poi ha solo quattordici anni!”, rispose allarmato Frank.

I tre ragazzi rimasero a scherzare e parlare dell'amica per un po', con annessi momenti di imbarazzo totale per il giovane Paciock.

“E' strano però...sono settimane che ci diamo appuntamento qui e Rose è sempre arrivata in anticipo.”, disse pensieroso Frank.

“A volte anche la perfetta Rose Weasley pecca.”, disse ridendo Lorcan.

“E' in ritardo?”, chiese Lysander.

“No...non ancora. Arriverà.”, disse sicuro Frank.

Quel giorno Rose Weasley non si presentò. Lysander e Lorcan avrebbero lasciato solo il giovane Paciock, evidentemente deluso dalla buca clamorosa della ragazza. Si chiese a lungo se la ragione di quel mancato incontro fosse solo una sfortunata coincidenza. Forse aveva avuto un contrattempo improvviso. Si decise anche ad andarla a cercare, pensando che le fosse capitato qualcosa di grave: passò dalla Biblioteca, poi in Infermeria, poi al Dormitorio. Nulla. Nessuno sembrava averla più vista dopo l'ultima lezione.

Frank si arrese al fatto che forse Rose si era semplicemente stancata di lui. Dal giorno in cui Albus gli chiese di tenerla occupata mentre con gli altri si incontrava con la Resistenza, la loro amicizia si era come rafforzata. Per anni lui era stato solamente l'amico dei suoi cugini, il figlio del professor Paciock, uno di famiglia certamente ma non altro. Non parlavano spesso durante l'anno scolastico, non si frequentavano intenzionalmente ed erano sempre in compagnia dei Potter-Weasley e di altri amici.

Quella notte, lui le fece compagnia per ore e, finalmente, ai suoi occhi era diventato solo Frank.


 

FLASHBACK


 

Era riuscito a trarre Rose in inganno. L'aveva convinta a venire nel dormitorio Grifondoro, nella camera che divideva con Garret, Fred e James. Mentre i due rischiavano la pelle nella Foresta e Garret era occupato in una specie di torneo clandestino di un un gioco babbano, il Poker, lui avrebbe rinchiuso la povera ragazza nella sua stanza. Superata la remora morale che la situazione gli creava (lui e lei rinchiusi in una stanza oltre il coprifuoco), si emozionò a tal punto da mettersi a pulire ogni angolo della camera.

L'ora x era arrivata. Una bussata veloce anticipò l'entrata di Rose. Appena la vide, Frank si illuminò. Era bella Rose, una bellezza forse ancora acerba ma quasi pronta a sbocciare. La cotta per la rossa, da che riusciva a ricordare Frank, c'era sempre stata. Fin da piccoli lui aveva deciso che quella strana bambini dagli occhi blu sarebbe diventata sua moglie. Certamente il pensiero di un bambino di quattro anni era notevolmente cambiato con l'avanzare del tempo e non sognava un matrimonio imminente con lei. Tuttavia, sperava in qualcosa di più, qualcosa di bello.

L'aveva accolta con i suoi dolci preferiti ed aveva gettato le basi per l'alibi dei suoi compagni. Le disse che entrambi erano impegnati in quel torneo di poker e nonostante la ragazza non condividesse la trasgressione accettò il fatto che i cugini non erano controllabili.

Passarono due ore buone a parlare, ridere e scherzare. Tutto quello che stava succedendo intorno a loro era come sparito, sovrastato dai loro sorrisi. L'aria pesante che si respirava in quei giorni si era fatta più leggera, un vento lieve di primavera.

“Quanto dovrebbe durare questo torneo?”, chiese la ragazza.

“Molto. Molto a lungo.”, rispose nervosamente.

“Sai chi è stato ad insegnare a Garret come si gioca a poker?”, chiese Rose camminando per la stanza.

“Credo suo padre...i suoi sono babbani.”

“Esatto. Il padre di Garret venne ospite alla Tana qualche anno fa. Insegnò a nostro nonno a giocare a poker come un professionista. Lui, a sua volta, lo insegnò agli uomini di casa.”

“Ah ah...”, rispose poco convinto.

“La cosa divertente è che mio nonno non aveva capito la metà delle regole del poker e James era pessimo a giocare.”

Lo sapeva. Ingannare Rose Weasley era quasi impossibile e il suo giochetto non avrebbe retto ancora per molto.

“Rose...”, cominciò lui ma le parole gli si bloccarono in gola nel momento in cui la ragazza gli si avvicinò abbracciandolo.

“Grazie.”, disse sempre stringendogli le spalle.

Frank rimase stupito da quell'abbraccio e dalle parole di Rose.

“Non so cosa stia succedendo o perché la mia intera famiglia sia nuovamente coinvolta ma so che avrei passato una serata terribile e in preda all'ansia se non fosse stato per te. Hai sempre saputo come calmarmi sin da piccola.”

“Loro stanno agendo con buone intenzioni Rose. Siamo solo stanchi di non sapere nulla, stanchi che tutti ci dicano che dobbiamo aspettare.”, rispose Frank sperando che la ragazza capisse.

“Non è per quello che non ho voluto partecipare. Anche io voglio sapere, due delle mie migliori amiche potrebbero essere potenziali criminali! Sarei disposta a tutto ma se per scoprire la verità è necessario mentire, ricattare e rovinare il futuro di un innocente...non lo accetto.”, disse seria Rose. Frank intravedette nelle sue parole un chiaro riferimento alla storia di Gwen e al comportamento tenuto da Scorpius.

“Rose...Malfoy ha solo-...”

“Non voglio più nemmeno sentire il suo nome Frank! Per favore...”

Il ragazzo acconsentì alle sue parole e la serata procedette sino a quando, in piena notte, James e gli altri riportarono scuola una malridotta Jocelyn Green.

FINE FLASHBACK


 

***


 

“Sul serio?”

Alexander Zabini si era trovato davanti Fred Weasley, James Potter ed Albus Potter che lo fissavano con quello che lui aveva definito “il tipico cipiglio da eroe.”

“Sei stato convocato nell'ufficio del Preside da nostro padre. Vogliamo venire con te.”, disse Albus.

“Dovresti smetterla di frequentare troppo la tua famiglia Albus. Stai diventando scemo. Non potete presentarvi con me, non ho diritto ad invitare degli ospiti.”, rispose sfacciato Alexander.

“Voi non potente entrare ma io sì.”

La figura di Rose Weasley apparve alle spalle di Alexander Zabini. In mano reggeva il mantello dell'Invisibilità.

“Come hai fatto a-...”, iniziò a dire James , sicuro che il mantello si trovasse al sicuro nella sua stanza.

“Non è difficile corrompere Garret.”, rispose secca.

“E di grazia piccola Weasley...come credi di poter entrare?”, chiese con il solito ghigno sarcastico Alexander.

“Non è ovvio? Io sto sotto al mantello, dietro di te.”

“Tu non ci vai da sola.”, disse Albus.

“E chi mi dovrebbe accompagnare sentiamo...tu Al? Sei ancora in convalescenza dopo il tuo attacco a mia madre e voi due”, disse indicando Fred e James, “siete quasi un metro e ottanta se non di più. Non ci starete mai sotto questo coso!”

“Vi consiglio di sbrigarvi. Sono in ritardo.”, disse annoiato Zabini.

“Va bene, va bene. Rose”, disse James, “stai super attenta e non farti scoprire.”

La ragazza si diresse verso l'ufficio del Preside insieme ad Alexander Zabini. Aveva dato buca a Frank e di questo se ne rammaricava moltissimo ma da quando lei e sua madre erano state attaccate da Albus non era più riuscita a smettere di pensare. Sentiva dentro di sé una nuova minaccia in avvicinamento, qualcosa che avrebbe messo nuovamente a dura prova la sua famiglia.

Alexander sogghignò sommessamente osservando Rose.

“Beh? Che hai?”, chiese bruscamente lei.

“Moi? O nulla di che...mi chiedevo solo cosa penserebbe il giovane Malfoy di questo tuo cambio di rotta.”

“Ma di che diamine stai parlando? Io non ho cambiato nessuna rotta e poi non mi interessa minimamente l'opinione di Malfoy.”

Zabini affondò le mani nella tasche sospirando.

“Docile e nobile Rose Weasley”, disse calmo, “hai appena corrotto Tubby affinché ti facesse entrare nel dormitorio maschile Grifondoro e rubato il mantello di tuo cugino. Stai per intrufolarti ad una riunione segreta con la mia complicità. Hai fatto un bel passo dalla parte dei cattivi non trovi?”

“I cattivi sono quelli che hanno quasi ammazzato Jo-Jo, quelli che tengono prigioniera Ebony e controllano Kòre. Tu e Malfoy siete solo dei ragazzini viziati ed egoisti, ben lontani dall'essere considerati una minaccia.”, rispose acida.

“Come ti pare Weasley. Sappi solo che la linea di demarcazione tra bene e male è molto meno netta di quanto tu creda.”

Arrivarono a destinazione e Rose, dopo aver raccomandato ad Alexander di aprire bene la porta per permetterle di entrare, si mise il mantello.

Lo scoglio principale era superato. Una volta entrata Rose doveva solo stare ben attenta e mettersi in disparte.

“Grazie di essere venuto Alexander.”, disse il professor Riddick, curatore della Casa Serpeverde e insegnante di Pozioni. Era un uomo abbastanza giovane, molto elegante e dai modi gentili. Tutto il contrario di quello che era Severus Piton.

“Dovere Signore. In cosa posso essere utile?”

Tra i presenti vi erano i genitori di Rose, suo zio Harry e sua zia Ginny, Draco Malfoy, qualche Auror tra cui Derek e Temperance, quelli che sembravano essere i membri della Resistenza, il professor Paciock, Jocelyn Green con il fratello e Theodore Nott.

Tutti erano rimasti sorpresi nell'apprendere che il capo della Resistenza fosse lui, per il semplice fatto che tutti lo credevano morto.

In seguito alla guerra, le famiglie dei Purosangue coinvolte con il Signore Oscuro furono arrestate e sottoposte a dure misure repressive e di controllo. In molti sostennero che si trattava di una specie di crociata, una caccia alle streghe fomentata dal desiderio di vendetta. Il padre di Theodore ebbe l'infausta sorte di perire per la causa di Voldemort ma fu abbastanza sveglio da non far marchiare il figlio a differenza di Draco Malfoy. Il Marchio Nero, utilizzato in passato da Tom Riddle per richiamare a sé i suoi Mangiamorte, diventò il nuovo metodo di controllo del Ministero. Rose si ricordò che una volta Ebony lo definì il GPS dei maghi: ogni spostamento era intercettato dal Dipartimento Auror che era riuscito a convertire la fattura oscura del marchio in una specie di incantesimo localizzatore. Questa assurda invasione della privacy terminò dopo qualche anno, grazie alle battaglie pacifiche messe in atto dal padre di Zabini ed altri figli e parenti di Mangiamorte, tra i quali vi era anche Theodore Nott.

Dopo circa sei o sette anni dalla fine delle ostilità, quello strano ragazzo sempre timido e riservato era partito per non si sa dove, in cerca, a detta dei tanti, di una nuova vita. Le cronache dei suoi mirabolanti viaggi intorno al mondo divennero presto materiale per giornalisti e scrittori che sostenevano di averlo visto combattere contro draghi rarissimi e scovare nuovi tesori. Era una specie di leggenda vivente anche se molti lo ritenevano un ciarlatano. La notizia della sua morte scosse l'animo di molti sino a quanto un agricoltore francese dichiarò di aver visto chiaramente la figura di Theodore Nott aggirarsi nei suoi campi. Da quel momento in poi, l'opinione pubblica si divise tra i sostenitori della sua morte e quelli che invece lo ritenevano vivo e vegeto. Evidentemente avevano ragione i secondi.

“Ragazzo”, disse proprio Theodore, “a nome anche della Resistenza voglio porti le mie più sentite condoglianze per la perdita di tuo padre. E' morto per una buona causa.”

“Mi sarebbe piaciuto saperlo prima ma grazie.”, rispose secco Alexander.

“Sei qui per un motivo preciso Alexander. Dobbiamo sapere qualunque cosa. Lo so che tu hai già detto che eri allo scuro di tutto ma devi davvero sforzarti. C'è altro che potresti esserti dimenticato?”, chiese Harry Potter.

“Vorrei essere più d'aiuto ma sul serio...ho detto tutto quello che sapevo. Appena capì che la Dolohov e la Rookwood nascondevano qualcosa mi sono limitato a farmi gli affari miei sin quando Ebony mi ha chiesto la parola d'ordine per entrare nel nostro dormitorio.”

Bugia. Grossa bugia. Rose dovette trattenere una risatina. Alexander si era dimenticato di menzionare il patto con Scorpius per il cuore di Gwen, la storia di Adam ed Ebony...

“Cosa ti ha offerto in cambio?”, chiese il professor Riddick.

“Come prego?”, chiese stranito Zabini.

“Ebony Rookwood. Per farsi dare la parola d'ordine...cosa ti ha dato in cambio?”, chiarificò l'uomo.

Bella mossa pensò Rose. Si notava che era stato un Serpeverde.

“Il nome di quello che ha ucciso mio padre.”, ripose con la rabbia negli occhi il ragazzo, “Celsus Groveling.”

“Idiota. Celsus era ed è un idiota.”, rispose Nott.

“Lo conosci?”, chiese Ron Weasley.

“Ho avuto la sfortuna di averci a che fare qualche volta...”, rispose il Capo della Resistenza.

“Avrei una domanda.”, disse Zabini.

“Dì pure ragazzo...”, rispose un uomo accanto a Theodore.

“Killian, giusto?”, chiese per conferma Alexander.

L'uomo annuì con il capo e lo invitò ad andare avanti con la domanda.

“Perché mio padre si è messo a proteggere Hezel Dolohov?”

“So quello che pensi...non è così.”, intervenne Draco Malfoy.

“Che significa?”, chiese il Preside.

“Mio padre aveva l'abitudine di trovarsi sempre nuove amiche, non so se mi spiego...Se Hezel fosse una di quelle non mi stupirei.”, rispose acido Alexander.

“Non lo è. Non lo è mai stata. E non parlare così di tuo padre!”, lo ammonì nuovamente Malfoy.

“Dopo la fine della guerra la famiglia Zabini ritenne saggio allontanarsi per un po' da tutto e da tutti. Blaise fu spedito in Polonia, da alcuni lontani parenti di sua madre. Il caso volle che in quella casa vi prestasse servizio una ragazza poco più che maggiorenne dall'iride viola, Hezel Karol.”, disse Theodore.

“La sua famiglia d'origine l'aveva diseredata in quanto non seppe adempiere al suo ruolo di Guardiana. Che ci crediate oppure no esiste una specie di esame ed Hezel non lo passò.”, spiegò Killian.

“Hezel non fu una delle tanti amanti di tuo padre perché si affezionò a lei quasi come a una sorella. E cercò pure di salvarla dallo sposare Ater Dolohov proponendosi lui stesso come possibile marito. I suoi genitori però avrebbero ricavato molto più denaro dalla dote offerta dai Dolohov.”, aggiunse Noah Green.

“Non sappiamo come sia riuscita a scappare né come sia stata in grado di fingere la sua morte pure con gli Auror ma sta di fatto che abbiamo una prova certa che sia ancora viva.”, disse Draco.

“E sarebbe?”, chiese Alexander.

“Abbiamo riesumato il cadavere. Almeno, quella era l'intenzione. Immaginate che bella sorpresa quando abbiamo scoperto che non c'era nessun cadavere da riesumare.”, disse Ron Weasley.

“Mi viene da vomitare...”, disse verde in volto il povero Neville che aveva già figurato nella sua mente l'immagine di uno scheletro.

“E voi non sapevate che Zabini proteggeva la madre di Kòre?”, chiese in tono accusatorio Derek.

“Lo sospettavamo ma non ne eravamo certi e sinceramente c'erano cose più importanti a cui pensare.”, rispose severamente Theodore.

“Con il senno di poi ci saremmo tutti comportati in maniera differente Gellant.”, lo redarguì il tenente Longbridge.

“Tuo padre”, riprese Theodore, “era custode di un altro segreto, questa volta per lo meno lo sapevamo anche noi.”

“Sul serio?!”, intevenne Jocelyn. Era da molto tempo che Rose non sentiva la sua voce. Era più marcata, più ferma, più cattiva. Quello che le era successo doveva averla toccata nel profondo.

“Jo...”, provò a dire suo fratello.

“Jo un bel niente Noah! Sapevate che c'era un pezzo della Profezia nascosto qui a scuola e non ce lo avete detto!?”

“Non è stato per mancanza di fiducia in voi. Lo abbiamo fatto per proteggervi.”, le rispose Killian.

“Proteggerci da cosa?!”, strillò Jo-Jo.

Killian e Theodore si guardarono imbarazzati, quasi come se sapessero benissimo il motivo ma avessero timore di dirlo.

“Proteggervi dalla tentazione di fare indagini e porre domande scomode alle persone sbagliate.”, provò a rispondere Noah.

“Ma sei scemo??!? E questo che cosa cavolo vorrebbe dire?!”

Noah riconobbe di aver detto una cosa che poteva apparire del tutto senza senso.

“Signore...io credo che tanto vale dire la verità. Sono tutti adulti adesso.”, disse rivolgendosi al suo Capo.

“Noah giuro che quando fai il misterioso ti spaccherei la faccia!”

“Chi ormai è adulto?”, chiese Harry Potter.

“Calmati Jocelyn...ora tutto vi sarà più chiaro.”, disse Killian.

Nel frattempo Alexander si era seduto su una poltrona mentre Rose era rannicchiata su una colonna alla sua sinistra.

“Una volta passata l'estate in Polonia Blaise fece ritorno ad Hogwarts, già a conoscenza di una parte della Profezia. Si può dire che fosse lui il primo tra noi a scoprirla. Io, Killian e altri lo venimmo a sapere solo due anni dopo.”, spiegò Theodore.

“Quindi voi la sapete?”, chiese Ginevra Potter.

“Se così fosse, non avremmo messo in piedi una Resistenza. Purtroppo, da quando tu e il resto di quello che era l'Esercito di Silente avete distrutto la Sala delle Profezie esse sono solo parole al vento. Hezel pronunciò l'intera Profezia, niente e nessuno ne prese atto.”, disse Theodore non nascondendo un sorrisetto sarcastico.

“Fortunatamente,”, continuò il Preside, “la giovane Hezel sfruttò il suo potere di Guardiana per cercare di scovare dentro di sé qualche stralciò di quella Profezia. Gli esaminatori dei Guardiani di Anime devono essere degli idioti dato che lei riuscì a mettersi in contatto con gli spiriti che gliela pronunciarono tutta. Salvo poi fargliela dimenticare.”

“Molto utile.”, disse sarcastico Malfoy.

“Come facevano gli spiriti ad esserne a conoscenza?”, chiese Hermione.

“I morti sanno sempre almeno una cosa in più dei vivi.”, disse saggiamente il professor Riddick.

“Hezel la scrisse tutta quanta su dei foglietti, in ordine sparso. Ne affidò un pezzo a Blaise, uno a Susan e chissà quanti altri e a quante altre persone. Doveva averla spaventata a tal punto da ritenere molto più saggio rendere il suo ritrovamento il più complesso possibile.”, disse Killian.

“Noi crediamo che ne abbia lasciato un pezzo anche a Legacy o a qualcuno della sua cerchia. Purtroppo, Hezel si era fidata di alcune persone sbagliate. La parte affidata alla signora Strogstone già la sapete...”, disse Theodore per poi interrompersi.

“Allora? Vai avanti, di cosa parla la parte affidata a Blaise? Per quale assurdo motivo io e le altre avremmo rischiato di cedere a chissà quale tentazione?!”, chiese stizzita Jocelyn.

Theodore Nott prese un lungo respiro.

Il vero amore non conosce guerre né confini, la sua fiamma non trema, non si affievolisce. Il loro sangue, blu e rosso, si tingerà come l'iride viola. I giovani amanti che il destino infausto ha separato sin dalla nascita, risorgerà dalle ceneri.”

Tutti i presenti si presero qualche minuto per riflettere sulle parole di Nott. Negli sguardi di molti, la giovane Rose vide la perplessità, lo sbigottimento, l'enorme sforzo mentale al quale stavano sottoponendo i loro cervelli al fine di capire cosa volesse dire tutto quanto.

Che cosa sciocca. Per lei era così chiaro, così ovvio, così lampante. A stento si convinse a non uscire allo scoperto in quel momento perché sapeva bene che anche sua madre aveva capito tutto. Così come suo padre.

Ron Weasley guardava un punto indefinito tra le sue scarpe e quelle del cognato Harry che gli stava accanto.

Hermione si sedette su una sedia, sospirando e portandosi le mani sui capelli.

Draco Malfoy era imperscrutabile.

“Sono solo io oppure anche voi altri non ci avete capito molto?”, chiese Derek.

“Herm? Che sta succedendo?”, chiese Ginevra Potter.

La donna non riusciva a parlare. Come poteva confessare di aver mentito a quella che era come una sorella per lei? Per tutti questi anni lei aveva recitato la parte delle moglie perfetta, madre impeccabile, ottima lavoratrice, eroina del mondo magico. Nessuno immaginava l'enorme peso che si portava sul cuore, l'unica macchia del suo passato, una macchia che non rimpianse mai di avere e che mai tentò di cancellare.

Hermione Weasley, la donna delle risposte, avrebbe tanto voluto non dover rispondere. Prima che potesse finalmente prendere coraggio, la risata sommessa di suo marito Ron la fece sussultare. Tutti i presenti osservarono la reazione a dir poco assurda dell'uomo.

“Stai seriamente ridendo Ronald?”, chiese Hermione.

L'uomo cercò di ricomporsi e, sempre intervallando risate e parole riuscì a mettere insieme una frase di senso compiuto:

“Scusa...ahahah! No davvero cara, ridere non è proprio la reazione corretta ahahaha! Ma devi ammettere che è tutto molto ironico! Insomma dai! Tu e Draco Malfoy vivete una relazione clandestina durante il vostro ultimo anno e durante tutto quel periodo c'è il pezzo di una Profezia nascosta in un quadro che decanta il vostro amore. Divertente, non trovi anche tu Malfoy?”

Draco era inebetito e non solo dalla scoperta che una parte della Profezia riguardava lui ma anche dal fatto che Hermione avesse raccontato tutto quanto a suo marito.

“Lui lo sapeva?”, chiese proprio quest'ultimo alla donna.

“Certo che lo sapevo Malfoy...mia moglie non sarebbe riuscita a sposarmi con un tale peso sulla coscienza!”, rispose con ira Ron Weasley.

“Hermione....”, riuscì a sussurrare Ginny Potter, in un misto di sconcerto, inquietudine e sbigottimento.

Alexander Zabini si guardava intorno preoccupato. Sperava che Rose sarebbe stata in grado di non farsi scoprire, magari reagendo malamente a quelle rivelazioni. Da un certo punto di vista era dispiaciuto per lei. Draco Malfoy era riuscito a riabilitare il nome della sua famiglia con gli anni ma di certo non era molto apprezzato all'epoca del Signore Oscuro. Suo padre gli raccontava spesso di come lui e Draco fossero spesso vittima di scherzi, prese in giro, a volte vere e proprie spedizioni punitive durante il loro ultimo anno ad Hogwarts, dopo la sconfitta di Voldemort. Hermione Weasley aveva avuto una storia con quello che all'epoca era conosciuto come uno dei partecipanti alla morte di Albus Silente.

“Ok...questo è imbarazzante.”, disse Temperance Tudor.

“A dire il vero la Profezia va avanti”, disse Theodore interrompendo qualsiasi genere di discorso che si sarebbe potuto creare in quel momento, “e non è riferita alla storia tra Malfoy ed Hermione.”

“Che significa?”, chiese Ron Weasley.

Della loro sorte il fato solo è a conoscenza, il loro amore non potrà essere consumato in tempi di pace. Essi riusciranno in ciò in cui i loro predecessori hanno fallito, avranno il coraggio di combattere.”

“Io continuo a non capire.”, disse Derek Gellant, beccandosi l'ennesima gomitata da parte di Temperance.

“Anche Blaise inizialmente non capì molto. Era convinto che si trattasse di Draco e Hermione ma non si capacitava di queste ultime righe. Loro hanno obbiettivamente consumato il loro amore in tempi di pace.”, rispose Theo.

“Questo è poco ma sicuro...”, aggiunse ironico Ron, riferendosi alla relazione passata della moglie. Sapeva bene che i due non si limitavano a baci e carezze.

“Blaise era sempre preoccupato.”, disse Draco Malfoy pensieroso, “più la storia con la Granger andava avanti, più lui sembrava sospettoso, paranoico a volte più di me.”

“Era convinto che foste voi due ma evidentemente si sbagliava. Avete sposato altre persone ed avete condotto vite completamente separate.”, aggiunse Killian.

“Quindi siamo punto e capo. Ottimo.”, disse Harry Potter, sedendosi e sospirando.

“Suggerisco di prenderci una notte per riflettere sugli elementi che abbiamo. Domani mattina saremo tutti meno stanchi e scossi. Potremo ragionare.”, disse saggiamente il Preside congedando tutti.

Alexander fu l'ultimo ad uscire dalla stanza per assicurarsi che Rose lo seguisse.

Ginevra ed Harry Potter seguirono due strade separate, la prima ignorando completamente l'amica Hermione. Draco Malfoy era indeciso su cosa fare e cosa dire. Aveva appena scoperto che la sua relazione segreta non era poi così segreta e nella sua mente iniziarono ad affiorare ricordi di quando Blaise lo mise in guardia riguardo ai suoi sentimenti verso la Granger. Ora gli era tutto più chiaro.

“Dobbiamo scoprire chi siano questi due amanti.”, disse atono Ronald Weasley.

“E come? Potrebbe trattarsi di chiunque...”, disse Draco.

“Dalla Profezia si capisce che debbano essere giovani, uno Purosangue e l'altro no. Non è molto ma almeno è qualcosa da cui partire.”, riprese Hermione, “ci lavorerò su insieme alla squadra della biblioteca e vedo cosa riesco a scoprire.”

“Cosa credi di trovare sui libri?”, le chiese sprezzante il marito.

“Non conosco solo i libri Ronald ho anche altre risorse.”, rispose acidamente.

“Che hai intenzione di fare?”, chiese curiosamente Draco.

“La coppia che stiamo cercando è osteggiata dal mondo intero e quindi si staranno nascondendo. Per quanto possano essere bravi lasceranno degli indizi da qualche parte. Se il loro amore è davvero così forte, prima o poi verrà fuori anche senza il nostro intervento. Dobbiamo solo accellerare i tempi.”, rispose Hermione.

“Sono certo che tu e Malfoy sapete bene come scovare una relazione clandestina. Buon divertimento.”

Ronald Weasley sparì velocemente dal corridoio lasciando il resto del gruppo che poco a poco si disperse verso varie direzioni.

Alexander Zabini sapeva di stare camminando ancora accanto alla Weasley. Doveva riportare il mantello ad Albus che si trovava nel dormitorio.

“Ora puoi levarlo. Via libera.”, disse il ragazzo.

Rose si sarebbe potuta togliere il mantello molto prima ma le era servito per coprire le sue lacrime. Sua madre e suo padre le avevano mentito per tutti quegli anni, decantando il loro grande amore come se fosse stata una benedizione, qualcosa di impossibile da ripetere. Invece, l'eroina del mondo magico ebbe una relazione con colui che non aveva mai perso l'occasione per deriderla, umiliarla e quasi ucciderla.

“Weasley...”, provò a dire Alexander.

“Zitto Zabini. Non ne voglio parlare.”, lo gelò la ragazza.

“Come ti pare.”, rispose disinteressato il ragazzo. Per un attimo aveva pensato che sarebbe stato educato chiederle come si sentisse e ci aveva provato. A dire il vero, sperava che gli rispondesse in quel modo, non sarebbe riuscito a portare avanti una conversazione del genere, soprattutto senza Jocelyn che se n'era andata subito dopo la riunione.

Come se la situazione non fosse già abbastanza tesa ed imbarazzante, la figura di Scorpius Malfoy fece la sua apparizione dinnanzi al dormitorio Serpeverde.

“Che ci fai tu qui?”, chiese duramente Rose.

“E' il mio dormitorio fino a prova contraria. Jocelyn è già tornata, vi stiamo aspettando tutti dentro per il resoconto della riunione.”, ripose a tono Scorpius. Rose lo guardava con odio e disprezzo e per quanto la cosa lo facesse stare male non era intenzionato a cedere e chiedere scusa.

“Io me ne torno in camera mia.”, disse Rose buttando addosso ad Alexander il mantello dell'Invisibilità ed incamminandosi a passo svelto verso la torre Corvonero.

“Fossi in te la seguirei Malfoy.”, suggerì Zabini.

“Perché dovrei?”, chiese stranito il biondo.

“Perché quello che sto per dire a Potter e compagnia preferirai sentirlo dalla rossa.

Scorpius rimase sbigottito dalla risposta del suo Capitano ma decise di seguire il suo consiglio e rincorse Rose.

“Weasley!”, urlò per farla fermare ma senza successo.

“Weasley!!!”

“Rose!”

Dannata ragazza. Siccome non accennava nemmeno a diminuire il passo, Scorpius accelerò e le prese il braccio per farla voltare.

“Che vuoi!?!?”

“Spiegazioni.”, ripose secco Malfoy.

“Tu vuoi delle spiegazioni? Perché non le chiedi al tuo paparino?”, gli ripose Rose incatenandolo con lo sguardo.

“Che diamine stai dicendo Weasley?”

“Ricordi che volevamo scoprire chi fosse la Mezzosangue di cui si era invaghito tuo padre? Siamo stati talmente sciocchi da non capire che avevamo la soluzione a portata di mano! Era il solito cliché: lui il nemico mortale e lei la nobile paladina della giustizia.”

Scorpius non riusciva davvero a capire. Era sovrastato dall'odio e dalla crudeltà con cui Rose gli si stava rivolgendo.

“Non ci arrivi vero Malfoy? Era mia madre. La Sanguesporco con cui Draco Malfoy se l'è spassata l'ultimo anno era Hermione Granger!”

Suo padre e la madre di Rose. Draco ed Hermione. Una Granger e un Malfoy. Lo sguardo di Scorpius divenne vuoto, spento. La forza con cui ancora teneva stretto il braccio della ragazza scomparve, in modo da permettere a Rose di liberarsi e fuggire via.

Scorpius non se ne rese nemmeno conto. Una marea di interrogativi invasero la sua mente: sua madre sapeva? Altri sapevano? Perché nessuno glielo aveva mai detto? Perché tenerlo nascosto dopo tutti questi anni?

Improvvisamente, riaffiorano in lui una serie di ricordi, degli episodi e delle frasi che se analizzate a dovere, gli avrebbero permesso di capire subito tutto quanto.

C'erano i libri babbani che suo padre non gli impediva di leggere, i musei babbani che da piccolo aveva visitato, gli apprezzamenti verso Rose alla cena prima di Natale.

“Scorpius! Che ci fai in giro a quest'ora?”

La voce autoritaria del protagonista dei suoi pensieri lo raggiunse. Suo padre gli arrivò davanti, con il solito sguardo sospettoso.

“Non dovresti essere nel tuo dormitorio?”, chiese serio Draco senza ricevere alcuna risposta.

“Stai bene?”, chiese stavolta leggermente preoccupato.

“Hermione Granger...”, ripose semplicemente Scorpius.

Draco Malfoy capì immediatamente. Il suo volto non lo tradì mostrando stupore o agitazione ma quando chiese al figlio come l'avesse scoperto, la sua voce si incrinò.

“Mamma lo sa?”

“Alexander Zabini non ha decisamente ereditato la dote di farsi gli affari suoi dal padre.”

“Non è stato Alexander.”

“Jocelyn Green?”

“C'era Rose Weasley alla riunione, nascosta dal mantello di Albus.”

“La figlia di Hermione quindi lo sa...lei invece ha decisamente ereditato tutto da sua madre...”, rispose sarcastico.

“Non mi hai riposto.”

“Sì. Astoria lo ha sempre saputo.”

Scorpius Malfoy si mise a ridere.

“L'avrei dovuto capire molto tempo fa! Questo spiega molte cose.”

“Non che debba giustificare a mio figlio quasi quindicenne le mie azioni ma è finita. Sono sempre stato fedele a tua madre sin dal primo giorno del nostro matrimonio.”, disse freddo Draco.

“No papà. Tu non mi devi giustificare proprio niente tranquillo. Puoi scoparti tutte le Mezzosangue che ti pare e piace!”

A quelle parole Draco Malfoy reagì prendendo suo figlio per le spalle, avvicinando i loro visi e stringendo saldamente.

Scandendo ogni singola parola, sospirò rabbioso:

“Lei. Non. Era. Una. Scopata. E NON OSARE MAI PIU' UTILIZZARE QUESTO TIPO DI LIGUAGGIO.”

Normalmente Scorpius si sarebbe spaventato e ritratto subito indietro di fronte all'ira del padre ma quella volta non era intenzionato a farlo. Era arrabbiato, era confuso ed era tutta colpa sua. Prima che però potesse dare sfogo alla sua rabbia inveendo contro Draco, il rumore di vetri rotti fece scattare suo padre che lasciò la presa sul figlio per afferrare subito la bacchetta.

Accanto a loro vi era una finestra infranta. Una specie di fumo nero-grigio, aleggiava al di sopra dei cocci rotti.

Scorpius era finito a terra dopo la spinta del padre.

“Scorpius! Alzati!”, gli ordinò Draco.

“Che roba è?!”, chiese spaventato, facendo ciò che le aveva detto suo padre e sfoderando anch'egli la bacchetta.

Il fumo iniziò a prendere una forma più definita. Draco vi riconobbe subito un uccello, forse un corvo.

“Non può essere...”, disse sconcertato.

“Cosa non può essere?”, chiese il figlio.

Dei sussurri quasi impercettibili provennero da quello strano fumo.

Île du Sang. Île du Sang. Île du Sang.

“Isola del sangue?”, azzardò Scorpius grazie a quel poco di francese che sua madre gli aveva imposto di imparare.

Il corvo si dissolse quasi subito e, come se avesse preso fuoco, si posò a terra della cenere grigia.

“Papà...che significa? Cos'era quel coso?”

“Era un Patronus. Il Patronus di Kòre. Dobbiamo cercare San Potter, muoviti.”, disse sbrigativo Draco.

“Che succede?”, chiese il figlio seguendo il padre.

“Un bel casino Scorpius. Un gran bel casino.”


 

TO BE CONTINUED....


 

SCUSATEEEEE!!! sono una brutta persona lo so. Non ho aggiornato per tempo ma non mi uccidete! Sono un po' presa in sto periodo!!!

Beh che dire,,, ecco qui! Signore e signori preparatevi perché stiamo giungendo alla fine di questa storia, credo che arriverò al 30esimo capitolo o giù di lì. Ebbene sì. Sarà una fine non fine: diciamo che ho deciso di seguire le orme di zia JKR, ad ogni libro un anno di scuola. Qui siamo giunti quasi alla fine del quarto anno per Rose e Scorpius, il quinto per gli Kòre, Ebony ecc... Per quelli che seguono questa storia e si sono appassionati(mica tanti ma va bhe io continuo lo stessoXD) non temete! Ci sarà ovviamente un seguito!!! Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, recensite, preferite, odiate, sputateti su...insomma fate tutto quello che vi sentite di fare!

Volevo fare una proposta indecente a coloro che mi seguono di più: la mia è una storia in evoluzione ed io non ho immaginato una fine o un proseguo definito. Ho solo una linea generale che sviluppo mano a mano che scrivo. Siccome questa storia è anche vostra, volevo sapere come la fareste continuare, cosa vorreste che accadesse, degli episodi che vorreste che io raccontassi. Mi farebbe davvero piacere costruire qualcosa anche con voi e magari così facendo spingo tutti i lettori silenziosi ad esprimere un parere o ad insultarmi pesantemente. =) ASPETTO LE VOSTRE RISPOSTE SE VI VA!!!!

ALLA PROSSIMAAAAAA


 

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Capitolo 28
*** Liberazione amara ***



Allora. Le scuse per la mia totale mancanza di professionalità sono sotto. Qui vi annuncio che (squillo di trombe) questo che segue è il penultimo capitolo! Ebbene sì, ancora uno e poi puff! La storia sarà temporaneamente finita. Dico temporaneamente perché come avevo già anticipato ho intenzione di fare un sequel. Questa storia avrà un finale aperto appunto perché andrà avanti, sempre qualcuno sia disposto a seguirla. Ora vi lascio alla lettura dello scempio qui..non badate agli errori. Prima o poi, li riguardo tutti!XD


Un gran mal di testa.
Kòre Dolohov si era svegliata quella mattina come se l'avessero presa a pugni tutta la notte, malmenata sino allo svenimento e poi buttata malamente in un angolino aspettando che il dolore la facesse svenire.
Era vestita come il giorno prima, il leggero trucco che era solita mettere sugli occhi era colato sul suo viso, come se avesse pianto per ore.
Si guardò intorno cercando di capire cosa diamine fosse successo a lei e alla sua stanza: c'erano specchi in frantumi, sedie e mobili per aria, la finestra spalancata. Fortunatamente, la leggera calura di maggio le aveva impedito il congelamento durante la notte anche se non riusciva a capacitarsi del perché la finestra fosse rimasta aperta. Portando una mano alla testa, Kòre si rese conto che il suo braccio era pieno di lividi scuri e la manica della sua maglietta era sporca di sangue. Si diresse velocemente in bagno dove forse vi era l'ultimo specchio interamente intatto di quella camera. Il dubbio che si era appena insinuato in lei trovò presto una risposta: c'era riuscita.
I suoi occhi, in precedenza entrambi rosso sangue, si erano trasformati di nuovo e stavolta perennemente. L'occhio sinistro era tornato ad essere viola mentre nel destro il rosso non era più così intenso.
“Stronza.”
Kòre uscì imbestialita dalla sua stanza, direzione alte sfere. Non c'era tempo per parlarne con Erin, le serviva Legacy immediatamente. Schivando una miriade di Punitori che non facevano altro che farle perdere tempo con inutili convenevoli, la ragazza cercò di rimettere i pezzi in ordine per capire come diavolo avesse fatto la vecchia Kòre a riprendere controllo di una parte del suo corpo. Qualcosa doveva essere successo la notte precedente e, a giudicare dal casino della sua camera, aveva lottato con le unghie e con i denti.

FLASHBACK
Quella giornata era stata particolarmente impegnativa. Erin la fece allenare due ore in più rispetto al solito, segno inequivocabile che Legacy era ansioso di avere a portata di mano la sua arma segreta al più presto possibile.
Nonostante desiderasse prima passare dalla Rookwood a vedere come se la passava e giocare un po' con i suoi sentimenti da nobile Grifondoro, era troppo stanca anche solo per camminare fin sopra quella torre e optò quindi per andarsene direttamente a letto. Inoltre, vi era una buona probabilità che la ragazza stesse intrattenendo il suo Re.
Arrivata in stanza, si soffermò a guardare la sua immagine riflessa nell'ampio specchio accanto all'armadio dove notò qualcosa di inusuale scendere dal suo occhio sinistro: una lacrima.
Si passò velocemente la mano sulla guancia, per cancellare ogni traccia di quello che era sicuramente un fatto sporadico, dovuto forse alla polvere presente nella stanza.
Purtroppo per lei, la situazione sarebbe peggiorata.
Dei crampi allo stomaco la fecero piagare e mettere in ginocchio, sembrava che qualcuno le stesse dando ripetutamente dei calci. Non appena i dolori all'addome iniziarono a farsi più sopportabili, la sua testa venne presa d'assalto. Fitte prolungate e un fastidiosissimo fischio nelle orecchie la stava facendo impazzire. Voleva urlare, chiamare aiuto ma la sua gola era bloccata, come se qualcuno le stesse impedendo di usare le corde vocali. Stava succedendo di nuovo, quella dannata ragazzina si stava ribellando alla magia oscura per l'ennesima volta. Strisciando, la ragazza riuscì ad arrivare a pochi passi dalla porta ma qualcosa o meglio, qualcuno le si piazzò davanti bloccandole il cammino.
“Da qui non si passa.”
Fred Weasley Senior se ne stava lì, presenza e spirito, a bloccare la sua uscita. Kòre doveva trovare la sua bacchetta anche se non aveva idea di come o cosa fare. Fred era uno spirito, uno che già era bello che morto!
“Tu...non...puoi fermarmi!”, disse a fatica la strega.
“Sicura?”
Improvvisamente, il corpo di Kòre fu sollevato da terra e proiettato indietro fino allo specchio che si ruppe all'istante, lasciando solo un pezzo di lastra ancora incastonato nel legno. La schiena e le braccia di Kòre sanguinavano e tutto il suo corpo era ridotto male. Evidentemente, lei non poteva scalfire quello stupido fantasma ma lui invece sì.
“E' così che tratti la tua protetta, Weasley?”, disse sadica e a fatica la ragazza che continuava ad essere preda di atroci dolori.
“Mai stato uno di tante parole. Preferisco far trapelare le mie intenzioni con i gesti.”, le rispose avvicinandosi.
“Quindi? Ora ci ucciderai?”, chiese ridendo cinicamente.
“Questi erano i patti. Se Kòre avesse perso il controllo, avrei dovuto trovare un modo per ucciderla.”
“Molto bene Weasley. Permettimi di suggerirti una morte a portata di spirito: con il tuo giochetto di prima, mi catapulti fuori dalla finestra e in trenta secondi abbiamo finito! Lo strapiombo di venti metri e le scogliere faranno il resto!”, disse incurante della morte Kòre.
“Il fatto è...”, disse Fred accovacciandosi affinché potesse guardarla negli occhi, “che non sono mai stato nemmeno uno affidabile.”
Lo spirito del gemello Weasley prese tra le mani il volto di Kòre, premendo con una forza tale da farlo sembrare umano.  Il dolore che sentiva era inesprimibile, cercava in qualche modo di liberarsi da quella presa ma senza successo.
Sentì venir meno le forze e si abbandono a terra poco a poco. Fred si allontanò dalla ragazza, lievemente spaventato e non del tutto convinto che il suo piano avesse funzionato. Lo spirito guida, prendendole il volto tra le mani, aveva fatto sì che nella mente di Kòre si riproponessero tutti i suoi ricordi più belli, le sensazioni positive che aveva provato nella sua vita, tutto l'affetto che egli provava per quelle che era come una sorellina minore.
Il respiro affannoso di Kòre gli fece per lo meno capire che era ancora viva ma dalla sua bocca provenne anche una risata aspra e malvagia.
“Stupido spirito di un altrettanto stupido ragazzo...cosa credi di poter fare eh? I suoi ricordi positivi non valgono niente se confrontati con quelli negativi. Noi abbiamo ingannato, noi abbiamo tradito”, disse sadica, “noi abbiamo ucciso.”
La reazione che si aspettava di vedere in Fred Weasley non si avvicinava minimamente a quella che in realtà ebbe. Un sorriso vittorioso apparve sul volto dello spirito, tanto sospettoso da far rialzare Kòre nonostante il dolore.
“Ti fa tanto ridere la morte?”, chiese seccata.
“Tutto il contrario. A me fa ridere la vita.”, rispose indicando quello che rimaneva dello specchio.
Kòre non poteva crederci. L'occhio viola era tornato a campeggiare su quel volto.
“E' passeggero! Non resisterai a lungo.”, urlò il riflesso dentro allo specchio.
Fred Weasley ne aveva viste tante, sia quando era in vita che dopo la sua morte ma non avrebbe mai immaginato di trovarsi dinnanzi ad una scena così assurda. Kòre era una persona sola ma in quel momento sembrava essersi sdoppiata. La sua seconda personalità era intrappolata nello specchio mentre lei cercava di combatterla.
“Fred vattene! Trova il modo di avvisare gli altri spiriti. Sta per arrivare il momento.”, disse la Kòre fuori dallo specchio con tutta la fermezza di cui era capace.
Lo spirito non se lo fece ripetere due volte, scomparve dalla stanza nel giro di un secondo.
Kòre si mosse a fatica, in cerca della sua bacchetta.
“Che vuoi fare??!”, urlò lo specchio, “Non so come tu sia riuscita ad intrappolarmi qui ma sai che non durerà! Tornerò nel mio corpo!”
“E' IL MIO CORPO!”, le rispose arrabbiata la ragazza, “E' il mio corpo, la mia vita, la mia anima. Sei sicura che non durerà? Sento la tua preoccupazione, la tua paura! Lo sai di essere compromessa ormai!”
Era vero. Qualsiasi cosa Kòre e Fred Weasley avessero fatto, la forza oscura che si era impossessata della Guardiana si era indebolita, aveva perso intensità ed aveva reso Kòre meno controllabile.
“Potrai anche essere riuscita a riprendere una parte di te stessa ma non puoi sconfiggermi! L'unico modo per farmi sparire è ucciderci.”, disse sadico lo specchio.
“Smettila di parlare al plurale! Non c'è nessun noi! Siamo solo io e te, due entità separate e, se sarà necessario, MORIRÒ!”, rispose coraggiosamente Kòre che finalmente era riuscita a trovare la sua bacchetta.
Spalancò la finestra, puntando la bacchetta verso il cielo.
“Vorresti evocare il tuo Patronus?!”, chiese ridendo scettica l'altra Kòre, “sul serio? Credi davvero di farcela? Tutti i bei ricordi che quello spirito idiota ti ha inculcato in testa stanno già svanendo. Io lo posso sentire!”
“Sta zitta!”
“Non vuoi che si usi il plurale? Bene! TU sei solo un'assassina, una traditrice, un essere spregevole! Hai abbandonato tutti, la famiglia Malfoy, i tuoi amici, Ebony, Jocelyn! Hai lasciato che la Rookwood diventasse la puttana di Legacy!”
“Basta! Basta! BASTA!”, urlò Kòre cadendo in ginocchio sotto il peso di quelle parole.
“Loro non ti perdoneranno mai! Fred Weasley non ti guarderà nemmeno più in faccia! E cosa dirà il prode Noah? Lui forse sarebbe in grado di perdonare la tua parentesi da omicida ma non credo sarà felice di sapere che non lo ami, che non lo hai mai amato e di essere stato scartato per chi?  Quel sempliciotto di Fred Weasley!”
Kòre sembrava essere definitivamente sconfitta, la testa bersagliata da tutte quelle cose orribili che sapeva di aver fatto.
“Sei solo una ragazzina debole, insicura, un fallimento di Guardiana. Senza di me, sei solo la strana nipote bastarda di Antonin Dolohov!”, disse vittorioso il riflesso.
“Hai ragione...”, disse flebile Kòre, “sono un omicida, una traditrice, una bugiarda, la strana nipote di un Mangiamorte.”
La ragazza si rialzò da terra, stringendo la bacchetta con forza e determinazione.
“Non riesco a ricordare nemmeno un frammento di felicità. La mia mente è pervasa da immagini oscure.”, continuò con uno strano sorriso in volto che fece insospettire il riflesso.
“Ma l'equilibrio del mondo si regge sui pilastri di odio e amore, egualmente potenti.”
“Cosa stai facendo?!”, chiese allarmata la Kòre nello specchio, vedendo i movimenti della bacchetta della sua nemesi.
“Ti sei dimenticata di dire una cosa mentre elencavi tutto ciò che sono...”, disse Kòre che nel frattempo stava riportando alla mente tutti i ricordi negativi della sua vita.
“Non è possibile!!!”, esclamò il riflesso.
Kòre Dolohov sorrise. Aveva battuto l'oscurità con la sua stessa arma.
“Io sono Kòre Dolohov. E sono una Corvonero. EXPECTO PATRONUM!”

FINE FLASHBACK

Era riuscita a creare una specie di Patronus utilizzando solo i ricordi negativi. Come diamine aveva fatto quella ragazzina a portare a termine quell'incantesimo? Era praticamente impossibile!
Correva tra i corridoi di quell'enorme villa nella speranza di riuscire a scovare Legacy.
“Kòre? Siamo mattiniere vedo...”, disse Erin che le stava venendo incontro.
Non era il Re ma lei forse avrebbe saputo cosa fare. Stava per aprir bocca quando improvvisamente la sua mano si mosse senza il suo controllo, prese la bacchetta e schiantò la strega con un solo colpo.
“Ora si gioca con le mie regole.”
***  

“Non ne sono sicuro al cento per cento ma credo che stia per succedere qualcosa di grosso.”
Lorcan Scamandro se ne uscì con queste illuminanti parole nel momento in cui assistette, insieme ai suoi amici, a quella che aveva tutta l'aria d'essere la preparazione ad un'imminente battaglia. Auror che correvano ovunque per la scuola, pozioni e piccole armi magiche di vario tipo, professori sfuggenti che non fornivano spiegazioni. C'erano addirittura due draghi che riposavano bellamente sul nel campo da Quiddich.
“Ma non mi dire Lorc...”, rispose ironico il fratello.
“Qualcuno di voi ne sa qualcosa? Rose?”, chiese James Potter.
“Perché io?”, chiese stizzita la ragazza.
“Perché tu sai sempre tutto.”, rispose Fred Weasley guadagnandosi uno sguardo inceneritore da parte della cugina.
“Scorpius non è tornato in stanza ieri...”, disse meditabondo Albus Potter.
“Senti...qualcosa?”, chiese titubante Jocelyn Green.
“Intendi forse se sento che uno psicopatico stia prendendo il controllo del mio corpo? No, per adesso direi di no ma per sicurezza...”, disse Albus porgendo la sua bacchetta ad Alexander Zabini.
“E di questa che me ne faccio?”
“Se Legacy decide di farsi un giro nella mia testa non ho intenzione di rendergli la vita facile e fornirgli un'arma.”
Alexander annuì alle argomentazione del compagno e infilò la bacchetta accanto alla sua.
James scorse il padre tra la folla e lo raggiunse intenzionato a farsi dire cosa stesse succedendo.
“Papà!”
“James...non è proprio il momento.”, disse un indaffarato Harry Potter.
“Invece è proprio il momento! Cosa sta succedendo?”, chiese con fermezza il giovane.
Harry sospirò pesantemente. Sapeva che non sarebbe mai riuscito a convincere James a lasciar perdere e quindi si arrese alle richieste del figlio.
“Sappiamo dove si trovano Kòre ed Ebony, il rifugio di Legacy e dei Punitori. Stiamo andando a stanarli.”
James Potter provò una serie di sentimenti discordanti. C'era la gioia di sapere finalmente dove fossero finite le ragazze ma allo stesso tempo c'era preoccupazione e ansia per quello che sapeva sarebbe stato un duro scontro.
“Lo so a cosa stai pensando figliolo...ma abbiamo delle carte a nostro favore! Legacy non ha la minima idea che stiamo per arrivare e se le cose stanno davvero come ha detto Jocelyn potremmo avere la complicità di Ebony...sempre che la ragazza sia ancora viva.”, disse tristemente pensieroso Harry Potter.
“Lei è viva!”, rispose deciso James.
“James-...”, iniziò a dire il padre, cercando di trovare le parole per spiegare al figlio che il lungo periodo di prigionia poteva esserle stato fatale.
“No! Papà la mia non è cieca convinzione! Sono certo che sia vive perché a Legacy serve Ebony. E' l'unica che può in qualche modo contrastare la magia oscura di Kòre! L'ho visto quando ero nel Regno dei Morti...”
Suo figlio aveva ragione. C'erano buone possibilità che la ragazza fosse ancora viva, dopotutto Legacy non poteva pretendere di avere il controllo assoluto su una ragazzina che lo aveva odiato sino a quel momento. Per quanto Kòre potesse essere controllata dal male, qualcosa di buono doveva essere rimasto in lei e la prova era quel Patronus assurdo ma geniale che era riuscita a far pervenire ad Hogwarts.
“Voglio venire con te!”
Harry Potter guardò al suo primo genito con comprensione e un pizzico di orgoglio. Era proprio tale e quale a lui.
“No James. Ti ho già visto morire una volta e vorrei evitare che si ripetesse.”
“Ma...”, provò a protestare il figlio senza successo dato che il padre si era già incamminato lontano da lui.
James ritornò dai suoi amici, visibilmente alterato e nervoso.
“Quindi ce ne dobbiamo stare qui fermi senza fare nulla?!”, sbottò Rose Weasley.
“Almeno tuo padre ti ha detto dove siano diretti?”, chiese Alexander.
Prima che James potesse rispondere negativamente alla domanda, Scorpius Malfoy sopraggiunse accompagnato da suo padre Draco.
Zabini osservò distrattamente la reazione di Rose che non tardò ad arrivare: ad un normale osservatore poteva sembrare tutto nella norma ma i pugni stretti della ragazzina e lo sguardo fisso tradirono la proverbiale compostezza di Rose Weasley.
“Malfoy! Mai stato così felice di vederti!”, esclamò Fred, subito dopo che il padre di Scorpius avanzò in un'altra direzione.
“Ehi amico...è successo qualcosa?”, chiese preoccupato Albus.
“So dove stanno andando.”, disse sicuro.
Lo stupore si dipinse sul volto di tutti i ragazzi presenti.
“E' un posto chiamato Île du Sang...ti dice qualcosa?”, chiese Scorpius rivolgendosi a Jocelyn.
“Ma certo!”, esclamò la ragazza, “è una specie di minuscola isola nel mezzo della Manica. Era di proprietà dei Dolohov, credo che qualche mio parente sciroccato vi abbia fatto visita durante gli anni della prima guerra.”
“Se solo ci fosse un modo per arrivarci!”, disse assorto Albus.
“Sei impazzito Potter?!”, esclamò Jocelyn.
“Non voglio certo morire ma nemmeno restare sotto il controllo di Legacy Black è un'idea che mi allieta! Questa cosa deve finire e alla svelta!”
“Io potrei avere un'idea.”, disse con la sua solita spiazzante semplicità Alexander.
“Ci aiuteresti? Sul serio?”, chiese Rose allibita.
“Io non sto aiutando proprio nessuno. Voi avete bisogno di un modo per arrivare su quell'isola, io mi annoio a starmene qui. E' un reciproco scambio di favori.”
“Ti rendi conto che rischi di rimanerci secco?”, disse dubbioso Fred Weasley che mai avrebbe pensato ad Alexander come ad un possibile alleato.
“Che posso dire...voi Potter-Weasley non siete gli unici aspiranti martiri in questo pazzo mondo.”
Mentre i giovani studenti di Hogwarts si preparavano a disobbedire ad una serie lunghissima di regole e divieti, altri giovani, più esperti, erano intenti a sistemare gli ultimi dettagli per la loro delicatissima missione.
Derek Gellant era euforico solo al pensiero che finalmente l'avrebbero fatta pagare a quegli schifosi. Fra loro sperava di trovarvi anche i membri della squadra sette, la stessa che aveva teso un agguato a lui e ai suoi compagni, mettendo in pericolo la vita di Temperance.
Stava facendo un po' di flessioni, nel caso si fossero rese necessarie le sane e vecchie consuetudini babbane. Non gli sarebbe affatto dispiaciuto prendere a pugni la faccia di Legacy Black. Accanto a lui, fece la sua comparsa Teddy Lupin, creando un bel po' di stupore all'interno della stanza nella quale di trovava assieme a qualche Auror.
“Lupin...”, disse accennando un saluto Derek.
“Gellant”, rispose atono il ragazzo.
Teddy era cambiato. Dopo aver ricevuto la notizia della morte di Victoire, aveva passato qualche settimana con la famiglia di lei e per lo più da solo, senza parlare, mangiando a malapena. Nessuno lo aveva più sentito, nemmeno Temperance, nonostante si fosse spesso offerta di portagli conforto. Era tornato circa dieci giorni prima di quella sera e  a tutti era sembrata totalmente un'altra persona: scortese, fuggente, senza il suo solito sorriso che lo aveva accompagnato sino a quel momento.
Derek rimase sorpreso nel notare che Teddy si stava preparando alla battaglia proprio come lui e gli altri, anche se aveva ricevuto un congedo temporaneo.
“Che stai facendo?”, chiese sorpreso Gellant.
“Quello che stai facendo tu, amico”, rispose superficialmente Teddy.
“Appunto. Tu vieni?”, chiese sorpreso.
“Sono un Auror, è il mio lavoro. Ovvio che io venga.”
“Credevo che-...”, provò a dire Derek prima di venire bruscamente interrotto da Teddy: “Credevi cosa? Che me ne sarei rimasto qui, tra queste mura, dove io e Victoire ci eravamo giurati amore eterno? No grazie. Preferisco di gran lunga andare ad ammazzare qualche Punitore, con un po' di fortuna magari pure Black!”
Ted si era alzato in piedi, attirando su di sé tutti gli sguardi dei presenti. Derek non si tirò indietro dinnanzi all'irruenza del compagno.
“Vedi di stare calmo Lupin! Mi stavo solo assicurando di non trascinarmi dietro un problema in più stanotte!”, sibilò il ragazzo.
Da quando era tornato ad essere una parte integrante dell'organico della sua squadra, Teddy si era sentito come una specie di fenomeno da baraccone, additato e squadrato da tutti. Avevano pena per lui, lo commiseravano e il giovane Lupin odiava tutto ciò. Il suo unico obbiettivo era quello di mettere le mani e la bacchetta su quell'assassino, non gli importava della pietà delle gente, dei loro sorrisi e delle lacrime che avevano speso per la sua Victoire. Vendetta. Teddy voleva solo quella.
“Comunque...”, continuò Derek, “tu sei in seconda linea.”
“Cosa?!?!”, esclamò nervoso Teddy.
“Hai capito bene! Seconda linea. Dopo la tua vacanzina il tenente Longbridge ha messo me a capo delle reclute.”, disse perentorio Derek.
Teddy, nonostante la rabbia, sembrava aver capito la situazione e comunque non ci poteva fare molto. Se gli ordini venivano dall'alto, Derek era costretto ad eseguirli.
“Scusami Gellant...non volevo fare lo stronzo.”, disse sinceramente dispiaciuto il giovane Lupin.
“Nessun problema. Ti voglio concentrato per stasera Lupin.”, lo redarguì il compagno.
“Lo sarò. Le devo almeno questo...”, sussurrò.
“A chi devi qualcosa?”
“A Kòre Dolohov.”
Tra tutte le persone che Teddy avrebbe potuto nominare certo Derek non si sarebbe mai immaginato la ragazza Dolohov. Lo sguardo di stupore che gli rivolse, fece capire al giovane Lupin di dovere alcune spiegazioni.
“Quella ragazzina ha sedici anni, è lontano dai suoi amici, dalla sua scuola. Anzi, è completamente lontano dalla realtà. Mio padre ha passato l'adolescenza convivendo con il suo essere un licantropo solo grazie al padre di Harry e agli altri Malandrini. Nessuno me l'ha mai voluto raccontare ma sono quasi certo che Remus abbia fatto del male a qualcuno. Kòre Dolohov non ha nessuno e, se questo incubo finirà, dovrà convivere con la consapevolezza di aver ucciso tre persone. L'ultima cosa che le serve è il mio odio.”
Derek boccheggiò per qualche secondo prima di essere in gradi di proferir parola.
“Wow. Non me l'aspettavo da te Lupin.”
“Ammetto che non la pensavo così all'inizio. E' stata Temy a farmi ragionare.”
“Temperance?”, chiese curioso Derek. Non gli aveva detto nulla a riguardo e avrebbe giurato che Teddy non avesse visto o parlato con nessuno dopo la morte di Victoire.
“Riuscivo a comunicare solo con lei. Non mi giudicava per i miei pensieri e credimi erano decisamente poco onorevoli. La notte non dormivo pensando a quando e come avrei ucciso Kòre.”
Quella ragazza non aveva ancora smesso di stupirlo da quando l'aveva conosciuta. Lei e Derek erano compagni al corso per diventare Auror ed avevo litigato sin dal primo giorno. Lei era un'anima pura, cresciuta tra le mura accoglienti di una buona famiglia e studentessa modella in una scuola di magia irlandese. Temperance era mite, gentile, disponibile, giusta e mossa da sentimenti onorevoli. Sapeva anche tirare fuori grinta, una grande forza d'animo e non si lasciava prendere dallo sconforto. Derek era stato attirato da lei fin da subito, non era come le altre ragazze che gli capitava di frequentare. Aveva un sorriso sincero che aveva il potere di spiazzarlo ogni volta. Anche se giovani, si erano ritrovati spesso in situazione pericolose e condizioni spiacevoli ma Temperance era sempre stata in grado di risollevare l'animo delle truppe, di non demordere e di combattere.
“La Tudor è sempre stata dotata di una straordinaria empatia...”, disse leggermente critico Derek. Con gli anni, la loro amicizia era diventata più forte nonostante continuassero a litigare ogni giorno. Per il giovane Gellant, essere solo un amico era diventato scomodo, un ruolo che non avrebbe più voluto interpretare. C'erano dei giorni in cui odiava la disponibilità di Temperance: regalava sorrisi a tutti, sorrisi che egoisticamente avrebbe voluto essere solo rivolti a lui.
“Dovresti dirglielo.”, disse Teddy alzandosi e dirigendosi verso l'uscita.  
“Dire cosa a chi?”, chiese stranito Derek.
“Lo sai cosa e sai a chi. Il tempo non aspetta nessuno.”, rispose con una vena di tristezza il giovane Lupin che si congedò con un cenno del capo.
Anche se avrebbe voluto meditare sulle parole del compagno, Derek dovette mettere da parte ogni altro pensiero: il momento era giunto.
Tutti gli Auror si erano riuniti nella Sala Grande, al cospetto del Preside, di alcuni professori e dei Capi squadra.
“Compagni!”, prese parola Harry Potter, “quella che ci accingiamo a compiere, non è una missione facile. Stiamo per fare irruzione nel covo di Legacy Black il che significa che partiremo svantaggiati. Non abbiamo idea di come sia strutturata la casa, quanti Punitori vi siano appostati a fare guardia, quale tipo di barriere ci troveremo davanti. E' un salto nel buio, amici miei. Per questo, lasciatemi dire che siete gli uomini e le donne migliori che io abbia avuto il piacere di incontrare. Uniti, ce la possiamo fare! Noi siamo Auror e il nostro dovere è servire e proteggere!”
Un boato di approvazione si alzò dalla folla, galvanizzata dalle sincere parole del loro Capo. Harry Potter aveva dimostrato di non essere infallibile e per questo era diventato un simbolo. La sua umanità lo aveva reso uguale agli altri che si sentivano fratelli, compagni uniti dagli stessi valori, dal coraggio ma anche dalle stesse paure e insicurezze.
A seguito di Harry, presero parola i vari Capi squadra per i ragguagli degli ultimi minuti. Alcuni di loro erano mebri della Resistenza segnalati dallo stesso Theo Nott che si era unito ad Harry e agli Auror per questa missione.
Il piano era semplice ma potenzialmente efficacie: tre squadroni, difesa, attacco e contenimento.  
La squadra d'attacco, la più numerosa e della quale faceva parte Derek, avrebbe svolto il compito più pericoloso: fare breccia in quel castello. Draco Malfoy aveva fornito agli Auror un dipinto, molto vecchio, di quella che era la magione estiva dei Dolohov a  Île du Sang. Da fuori, sembrava una roccaforte medioevale, difficilmente raggiungibile dal mare ma grazie a quel quadro la smaterializzazione aveva senso d'esistere. Con la destinazione ben impressa nella mente, gli Auror si sarebbero catapultati nel bosco tra il castello e la spiaggia ed avrebbero dovuto aspettare.
A quel punto, la squadra di difesa, quella di Temperance, si sarebbe smaterializzata in cielo, a cavallo delle scope. Se vi  fossero state della barriere magiche attorno al castello, cosa alquanto probabile, era loro compito abbatterle per permettere l'avanzata della squadra d'attacco.
Una volta entrati, la due squadre avrebbero fatto fronte comune mentre la terza ed ultima squadra, quella di Teddy, avrebbe contenuto i danni, prendendo sia il posto della squadra uno in terra, che della due in cielo. A loro spettava il compito di catturare eventuali fuggitivi, contrastare eventuali minacce e fare da tramite tra Hogwarts e il castello dei Dolohov. Per l'occasione infatti, la scuola era a tutti gli effetti diventata una sorta di campo base, dove venne allestito un piccolo ospedale.
Harry e Draco sarebbero andati con la prima squadra mentre Ron era a capo della difesa.
Ginevra Potter aveva evitato il marito per più di due mesi ma non poteva fuggire di fronte alla possibilità di non rivederlo mai più.
“Dove sono i ragazzi?”, chiese Harry raggiungendo la moglie.
“Lily dorme, Albus e James penso siano insieme a Rose. Staremo bene, noi ce la caviamo.”, disse fiera e sicura Ginny.
“Lo so... Tu te la sei sempre cavata egregiamente.”, rispose sorridendo malinconico.
“Capo!”, venne richiamato Harry.
“Vai Harry...riportaci a casa le ragazze.”, disse Ginny respingendo le sue lacrime.
Hermione non riusciva a scovare suo marito in mezzo a tutta quella folla di Auror ma al momento poco le importava. Sarebbe andata insieme a loro, in battaglia. Ron non era stato per nulla contento e accondiscendente all'inizio, non voleva che sua moglie lo seguisse rischiando di lasciarci le penne. Avevano dei figli e almeno un genitore sarebbe dovuto restare in vita per non renderli del tutto orfani. Tuttavia, la caparbietà tipica di Hermione Weasley aveva avuto la meglio sulle rimostranze dell'intera famiglia.
“Dove pensi di andare?!”
La camminata spedita della donna fu bruscamente interrotta dalla salda presa sul suo braccio da parte di Draco Malfoy.
“Sono nella squadra uno e staremmo partendo se non te ne sei reso conto!”, rispose divincolandosi.
“Lo so. Io stesso sono nella squadra uno ma tu non parti!”, disse fermo.
“Ti hanno eletto nuovo Capo Auror per caso?”, chiese sarcastica.
“Se servisse per non farti venire dovrebbero!”, rispose nervoso Draco.
“Malfoy...sono una donna adulta che sa badare a sé stessa.”
“Tu sì ma i tuoi figli?!”, esclamò. “Cosa ne sarà di loro se perderanno entrambi i genitori?! Per Salazar mezzosangue, pensa a loro!”
“Secondo te per quale cavolo di motivo sto partendo insieme a voi?!? Credi che abbia il sadico passatempo di mettermi in situazioni potenzialmente mortali?! Lo faccio per loro, affinché non siano costretti in futuro a farlo loro stessi!”
I due si fronteggiarono per qualche secondo prima che Draco, quasi ringhiando, le disse di fare ciò le sembrava giusto.
Quella donna era impossibile! Dopo aver rischiato la morte plurime volte per colpa della Donnola e dello Sfregiato ai tempi della scuola, ora era pronta a farlo ancora. Come potesse permettere suo marito che accadesse una cosa del genere, Draco davvero non riusciva a capirlo. Sua moglie si  era tenuta ben lontana da tutto quel casino, seguendo i dettami del marito ma soprattutto perché non era una manica suicida! Nonostante ci fosse la vita di Kòre in ballo, sapeva che il suo posto era a casa, pronta a tenere in piedi la famiglia Malfoy nello sventurato caso in cui lui fosse morto.
Al pensiero di Kòre, l'uomo si rabbuiò. C'era una parte del piano che non era stata resa nota a tutti gli Auror ma solo agli ufficiali e a lui. Erano quasi certi che avrebbero trovato entrambe le ragazze vive ma il problema era che non sapevano se sarebbero state con loro o contro di loro. Nel primo caso, l'ordine era quello di fare il possibile per salvarle e riportarle finalmente indietro. In caso contrario, l'ordine era quello di neutralizzare la minaccia, con qualsiasi mezzo, anche arrivando all'uccisione.
“Signor Malfoy...si sente bene?”, chiese la giovane Tudor, arrivata accanto dell'uomo.
“S-sì...tutto a posto.”
“Può avere paura sa? Io ne ho...e tanta.”, disse timidamente la ragazza. Draco alzo il sopracciglio destro, scettico. Abbozzò poi un sorriso diverto.
“E fai bene ad averne Tudor. Forse grazie a quella rimarrai viva, a differenza di molti tuoi compagni.”
Temperance non era sicura se quello fosse una sorta di complimento ma decise comunque di sorridere e annuire alle affermazioni di Malfoy.
“Tudor...tu in che squadra sei?”, chiese curiosamente Draco.
“Seconda, gioco in difesa.”, rispose la ragazza.
“Se ti dessero ordine di uccidere Ebony o Kòre Dolohov, lo faresti?”
Temperance rimase interdetta e sconcertata da quella domanda.
“Cos-...ma no! Noi non dobbiamo-”, inziò a dire prima di realizzare veramente. “Oh no...volete ucciderle...”
“Nessuno vuole uccidere nessuno ma se Kòre ed Ebony si rivelassero ostili...l'ordine ultimo è quello, sì.”
“Ma hanno sedici anni!!!”
“Non urlare!”, la redarguì Draco, “voi non dovreste essere a conoscenza di questo piano. Spetterebbe ai comandanti ucciderle, nel caso si rendesse necessario.”
“Allora perché mi ha chiesto se sarei in grado di ucciderle?”
“Perché molti dei tuoi compagni sarebbero felici di farlo. Mi serve qualcuno che ripudi a tal punto l'idea da essere disposto a proteggerle.”
“Cosa mi sta chiedendo esattamente signor Malfoy?”
“Ti sto chiedendo di disobbedire ad un ordine.”, rispose senza tanti giri di parole.
Temperance Tudor era riuscita a diventare un Auror anche grazie alla lealtà che aveva sempre dimostrato con i compagni e gli altri colleghi. Aveva fatto del regolamento il suo mantra quotidiano ed ora, un ex Mangiamote le stava chiedendo di buttare tutto all'aria.
“Se dico di sì...”, iniziò titubante la ragazza, “non sarò sola. Le ragazze sono due ed io ho bisogno di una spalla. E' una persona fidata, te lo posso giurare!”
“Da quando ci diamo del tu, ragazzina?”
“Da quando mi stai chiedendo di voltare le spalle a tutto ciò in cui ho sempre creduto mettendo fine alla mia carriera!”
Draco, alzano le spalle, disse: “Abbastanza corretto come ragionamento. Allora, abbiamo un accordo?”
“Direi di sì.”, rispose Temperance, porgendo la mano all'uomo che le stava di fronte.
***
Nonostante non facesse praticamente nulla durante il giorno, Ebony fece ritorno nella sua stanza quasi stremata. Aveva passato le ultime ore alla ricerca della sua bacchetta perduta o, per meglio dire, tenuta segregata in qualche anfratto di quella specie di castello regale.
Legacy le aveva dato il permesso di girovagare libera per la casa senza più bisogno che una guardia la seguisse ad ogni passo. La cosa aveva fatto storcere il naso a non pochi Punitori tra i quali vi era anche una delle più accanite detrattrici della ragazza, Eva Isakov, una specie di bellona russa che avrebbe fatto qualsiasi cosa per prendere il suo posto nel letto di Legacy. Ebony avrebbe volentieri ceduto la sua posizione a quella donna ma doveva salvare le apparenze se voleva rimanere viva.
Ebony si stava spogliando lentamente. Il Re sarebbe arrivato in tarda notte e lei aveva tutto il tempo per rilassarsi e farsi un bel bagno. Levò la camicetta, rimanendo con in reggiseno ma prima di poter levare anche i jeans, una specie di lampo di luce la fece voltare verso la finestra.
“Che strano...”, disse fra sé e sé la ragazza. Il cielo era stato chiaro e limpido tutto il giorno e fino a poco prima non vi era nemmeno l'ombra di una nuvola. Ebony si avvicinò alla finestra aperta, con lo sguardo verso l'alto. Niente. Tutte le stelle erano ben visibili.
Si era appena convinta di aver visto male quando, improvvisamente, un incantesimo potentissimo si scagliò sulla sua finestra mandandola in frantumi e l'immagine di un enorme dannatissimo drago sfrecciò davanti ai suoi occhi. Ebony, con un balzo a dir poco felino, riuscì a rintanarsi sotto al letto.
Cocchi di ceramiche rotte, vetri e addirittura pezzi di muro. Si era formata una specie di voragine che dava direttamente a strapiombo sul mare. Strisciando, Ebony si avvicinò a quella che sino ad un attimo prima era la sua finestra. Non si immaginava certo di ritrovarsi dinnanzi a quello che sembrava essere uno spettacolo pirotecnico e suggestivo: una cinquantina se non più di scope sfrecciavano nel cielo, accompagnate da incantesimi che erano stati in grado di infrangere la barriera protettiva intorno alla casa e che ora si schiantavano sulle sue mura.
Era la Resistenza. Erano venuti a salvarle.
La sua felicità venne però bruscamente interrotta dal rumore della porta che si apriva violentemente.
Legacy le stava di fronte, visibilmente preoccupato. La ragazza non ricordava di averlo mai visto in quello stato.
“Tieni!”, disse lanciandole la bacchetta Finalmente! La sua bacchetta era tornata in suo possesso.
Legacy le si avvicinò pericolosamente, prendendola per le spalle e stringendo le sibilò:
“Niente scherzi Rookwood. Non credere che siano venuti a salvarti! Ti vedranno al mio fianco e ti reputeranno una minaccia. Non esiteranno ad ucciderti!”
Il Re la prese per mano, trascinandola fuori così, mezza vestita. Correvano a perdi fiato su e giù per le scale della villa, schivando i Punitori a cui era stato l'ordine di recarsi all'ingresso, a difesa della casa.
“Dove stiamo andando?!?”, chiese spazientita.
“Da Kòre.”, rispose secco Legacy.
Poco dopo arrivarono in un enorme sala da pranzo. Ad Ebony gelò il sangue nel vedere l'amica intrappolata in una specie di cerchio magico. Si contorceva per terra, sotto gli occhi di Erin.
“Che cosa le state facendo!?!?”, urlò Ebony.
“La tua amica si sta ribellando!”, le rispose Erin, “devi convincerla a non farlo, a smettere di lottare!”
“Se non lo farai, morirà!”, disse Legacy, “la magia oscura dentro di sé troverà il modo di uscire. Poco importa se in questo mondo o nell'altro.”
“Io non so come fare! Ho sempre fatto il contrario, la riportavo alla realtà con i pensieri positivi!”
“Non mi interessa come farai. Lei è la mia arma per vincere questa guerra e se non la salverai non basterà il tuo bel faccino a farti sopravvivere!”
Ebony fronteggiò lo sguardo truce di Legacy che l'abbandonò presto in compagnia della migliore amica e di Erin.
“Erin”, disse decisa, “devo sapere cosa avete in mente per Kòre.”
“Non posso...”, rispose preoccupata la donna. Erin era certamente una donna dall'animo malvagio ma aveva a cuore la salute di Kòre, l'aveva sempre difesa. Ebony era arrivata a credere che forse Erin l'aveva protetta in quegli anni in cui Kòre faceva pratica con l'arte dell'essere Guardiana.
“E-Ebony...”
Il sussurro strozzato di Kòre, attirò l'attenzione della ragazza.
“Ehi...ciao...”, disse Ebony accovacciandosi per terra, “leva questa stupida protezione!”, ordinò successivamente ad Erin.
“NO!”, esclamò Kòre, “non può. E' molto più sicuro per tutti se resto qui.”
“Wow...sembri aver ripreso tutto il controllo.”
“Quasi...Ironicamente, questo sembra essere il modo più sicuro per me di morire!”, disse ridendo amaramente.
“Tu non morirai Kòre!”, disse sicura l'amica.
Improvvisamente, la porta della grande sala si spalancò facendo apparire di fronte alle ragazze un manipolo di Auror.
Erin si smaterializzò all'istante lasciando Kòre bloccata in dentro quel cerchio ed Ebony a fronteggiare dei maghi provetti.
Con le bacchette puntante addosso, uno di loro intimò le ragazze di non muoversi. Ebony alzò le mani, in segno di resa ma non appena vide avvicinarsi gli Auror, dovette ricorrere anch'ella alla bacchetta.
“Ebony Rookwood le consiglio di arrendersi!”, tuonò l'uomo che sembrava essere il capo.
“Crede sul serio che una sedicenne rapita e seviziata per mesi abbia la benché minima intenzione di attaccare una squadra di Auror in reggiseno?!”, rispose caustica la ragazza.
“Allora abbassi la bacchetta...”, la intimò l'uomo.
“Non voglio combattervi ma non posso farvi avvicinare a Kòre. Non ancora.”, disse Ebony sinceramente, sperando che l'Auror capisse le sue vere intenzioni.
“Signorina Rookwood...”
“E la pianti una buona volta di chiamarmi signorina Rookwood! Dovete fidarvi!”
“Eb devi tenerli occupati ancora un po'...”, le sussurrò Kòre.
“Ci sto provando ma se arriveremo a dover combattere non penso proprio che riuscirò ad avere la meglio.”
“Manca poco...presto sarà tutto finito...”, disse flebile.
“Cosa?! No!”, esclamò Ebony capendo il significato delle parole dell'amica.
Sarebbe morta. Kòre Dolohov sarebbe morta nel tentativo di salvare tutti quanti. Ebony poteva chiaramente sentire la battaglia che infuriava nelle altre zone della casa, tra Punitori, Auror e membri della Resistenza venuti a salvarle.
“Va bene così”, disse sorridendo la Guardiana, “questo era il mio ruolo fin dall'inizio. Sono stata fortunata a condividere una Profezia con te, Ebony.”
“Kòre Dolohov! Azzardati a morire e giuro che il Regno dei Morti non sarà nulla a confronto della mia rabbia!”, disse disperata Ebony. Lacrime scorrevano come un fiume in piena dagli occhi castani della giovane strega.
“Devi fare delle cose per me...devi dire a Teddy Lupin che Victoire l'ha amato fino al suo ultimo respiro e che mi dispiace, davvero davvero tanto.”, disse Kòre ormai con un filo di voce e annaspando un respiro.
“No! Smettila!”, urlò devastata Ebony, “e voi state indietro!!!”, intimò agli Auror.
“Noah...digli che...mi ha salvata. Digli che gli auguro di trovare pace e una ragazza che lo ami sopra ogni cosa... e F-Fred...”
Non appena pronunciò il suo nome, la grande finestra che dava sul cortile interno della villa andò in frantumi e nella sala, a bordo delle proprie scope, Fred Weasley, James ed Albus Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy e Alexander Zabini, planarono dinnanzi alle ragazze.
“Che diavolo state facendo!?!?”, esclamò un Auror.
Fred non gli diede ascolto. La sua attenzione fu subito catturata dall'immagine di Kòre a terra, in ginocchio e visibilmente debole.
“Potter-...”, disse commossa Ebony. Prima che i due ragazzi potessero salutarsi, Legacy Black, accompagnato da alcuni Punitori, colse gli Auror alle spalle ed iniziò ad attaccarli.
“Stupeficium!”
Rose Weasley beccò in pieno uno di quegli incappucciati, guadagnandosi il plauso di Alexander che si era unito alla battaglia.
I ragazzi erano riusciti ad arrivare grazie al giovane Adam Baston. Lui era stato il migliore all'esame di Smaterializzazione e, pertanto, Zabini aveva pensato bene di sfruttare questa sua capacità. Era stato praticamente obbligato ad aiutarli, minacciato dal Serpeverde che non gli aveva lasciato possibilità di replica.
Si erano smaterializzati in aria, grazie al cielo già a bordo delle scope. Grazie Jocelyn e ad un vecchio atlante, erano stati in grado di fornire ad Adam un'idea abbastanza realistica e concreta del luogo in cui dovevano recarsi. Baston rimase indeciso sino all'ultimo se seguire o meno gli altri. Alla fine, prevalse la ragione dettata da Rose, secondo la quale se Adam fosse morto, loro non sarebbero riusciti a tornare.
Il piano originariamente era entrate cercando di non farsi notare, sperando che gli adulti fossero troppo impegnati con la battaglia, trovare le ragazze e scappare. Come era ovvio, nessun piano dei Potter-Weasley è mai andato secondo i piani!
“Prendete la Dolohov!”
Uno degli Auror aveva urlato questo ordine, indirizzando l'attenzione di quelli che non erano impegnati a combattere verso il gruppetto di studenti.
Ma prima che qualcuno potesse anche solo avvicinarsi a lei, Temperance Tudor si piazzò sulla strada di chiunque avesse osato torcerle un capello.
Insieme alla ragazza, c'era Derek e qualche membro della Resistenza, tra cui Noah Green. Derek era stata la prima persona che le era venuta in mente quando Draco Malfoy le aveva affidato il compito di tenere in vita le ragazze. Fu lui ad avere l'idea di confidare il piano anche ad alcuni della Resistenza che di certo avrebbero fatto qualsiasi cosa per proteggere Ebony e Kòre.
Albus Potter intravedette la sagoma di Lagacy mentre combatteva contro un Auror. Un ghigno spavaldo, sadico. Provava piacere ad infliggere dolore a quelle persone. Albus notò che erano già tre i cadaveri a terra. Impietosamente, il Re ci camminava sopra, calpestandoli come fossero formiche.
La rabbia si impossessò del corpo di Albus che si scagliò contro Legacy. L'uomo non venne preso alla sprovvista e con un agile movimento di bacchetta, spazzò via il giovane Potter, scaraventandolo rovinosamente a terra. Lo raggiunse a grandi falcate e, prendendolo per la gola, lo sollevò.
“FERMATEVI TUTTI!!!”, tuonò.
Vedendo Legacy che teneva Albus in ostaggio, l'attenzione dei presenti fu totalmente rivolta al centro della sala. Tutto si era fermato, nessuno più combatteva.
“Completa il rituale ragazzina o giuro che lo ammazzo!”
“Al!!!”, esclamò Scorpius, facendo realizzare a Kòre cosa stava accadendo.
“Kòre non lo fare!”, la intimò Noah.
“Oh e invece dovresti, piccola Kòre. O il tuo amico morirà ed avrai sulla coscienza l'ennesimo omicidio.”, disse sadico Legacy.
“Sei spregevole!”, ringhiò Temperance.
“Finisci. Il . Rito.”, disse perentorio Black.
Kòre tentò di alzarsi in piedi, raccogliendo le ultime forze che le restavano.
“Kòre non azzardarti a farlo!”, ripeté Noah.
“Ma ucciderà Albus!!!”, si disperò Rose.
“Lo ucciderà comunque!”, ribadì arrabbiato.
“Invece no! Lui è connesso ad Albus, qualsiasi cosa gli accada, accade anche a Legacy!”, si ricordò Scorpius, sorridendo vittorioso.
“Sei veramente un cretino Malfoy!”, lo schernì Legacy, “tuo padre, almeno fino a quando non si è fottuto il cervello con la Mezzosangue, era uno sveglio! E' vero, io sono connesso a Potter ma siamo due entità separate, ciò che ci tiene uniti è una pozione ed un incantesimo. La pozione non sono io ad averla in corpo e l'incantesimo...non sono stato io a lanciarlo. Ad essere connessi non siamo solo io e Potter.”
Lo sguardo di Ebony divenne improvvisamente torbido, vuoto. Fissò per qualche secondo quello di Legacy, il suo aguzzino. Nei suoi occhi vi leggeva la pazzia, la perdità di ogni contatto con la realtà e, assurdamente, del timore.
“Io non capisco...”, disse fra sé Rose.
“Io sì.”, intervenne scioccato James, “se Albus muore, muore anche Ebony, la persona che ha scagliato l'incantesimo.”
“Hai rischiato un bel po' Legacy! Sarei potuta morire il giorno che io e Jocelyn siamo scappate.”, disse Eobny.
“Era un rischio che doveva correre tesoro.”

 

“Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto,
là dove terminava quella valle
che m'avea di paura il cor compunto”


Questa cantilena indistinta di Kòre, ridestò gli animi e le paure dei presenti. Noah tentò di bloccarla correndo verso di lei ma la protezione di Erin era forte e reggeva ad ogni incantesimo che a turno Temperance e Derek provavano a lanciare.
“Kòre no!!!!”, urlarono tutti quanti.
Legacy allentò un poco la presa sul collo del giovane ma non lo lasciò. Prestava attenzione alle parole di Kòre, in attesa del grande momento.

 

“Ma non cinquanta volte fia raccesa
la faccia de la donna che qui regge,
che tu saprai quanto quell'arte pesa.”


Una scossa di terremoto fortissima fece perdere a tutti l'equilibrio. Albus venne ributtato a terra, privo di sensi.


“Male e bene, da sempre divisi, si ricongiungeranno. Nessuno è morto. Nessuno è vivo. La danza delle anime avrà inizio e balleranno sulla terra, in aria, in acqua e nel fuoco. Tutto sarà uguale. Tutto sarò diverso.”


Kòre volse lo sguardo ad Ebony che rimase stupita nel vedere che i suoi occhi erano di nuovo normali, uno viola e uno marrone scuro. Accennò un sorriso amaro, distaccato.
"Kòre...", disse flebile Fred Weasley.
La Guardiana spostò l'attenzione sul giovane. Il suo volto era inespressivo, quasi privo di vita.
"Le porte sono aperte.", disse infine atona.
Un'orda di Dissennatori attraversò la sala, circondando Kòre. Legacy e Punitori si erano smaterializzati chissà dove e gli Auror, insieme alla Resistenza, si dirigeva verso quella sala. L'ennesima scossa. Poi un urlo. Tutti caddero a terra, privi di sensi, come in un profondo sonno. Infine, ci fu il silenzio.

TO BE CONTINUED....

note di quella sfigata di un' autrice sfigata:

Io le scrivo ste note anche se mi meriterei di essere mandata affancuore da tutti! Sono in ritardo di...non oso nemmeno sapere quanto, sono le 00.56 e il testo è pieno di errori, sicuro. Popolo, MI DISPIACE! A mia difesa posso citare problemi sociali, rinnovato interesse per la corsa e università sempre presente e stressante. Spero che almeno vi piaccia il capitolo e per il prossimo, visto che è l'ultimo, giuro che mi impegnerò al massimissimo!
Sciaoooooo

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Capitolo 29
*** RINGRAZIAMENTI ***


Ed eccoci qui...siamo arrivati alla fine di questa storia.
Forse ora vi starete domandando quale razza di megalomane dedica un intero capitolo ai ringraziamenti. In verità sono semplicemente una che ha ben radicato il senso di gratitudine. E poi, finire una storia con 29 capitoli non mi piaceva proprio.
Questa è stata la mia prima storia, la prima che ho cndiviso con altre persone. Mi è entrata dentro e ho messo tutta me stessa in ogni riga, ogni personaggio, ogni punto e virgola (spesso la punteggiatura l'ho messa a caso ma non sono Dante.) A proposito di Dante, credo di dover ringraziare anche lui, che mi ha fatta innamorare della sua Divina Commedia all'età di sedici anni e che ancora oggi non smette mai di emozionarmi.
Ringrazio il mio alter-ego Kòre Dolohov che mi ha permesso di dare vita alla persona che vorrei essere.
Ed ora ringrazio voi, i lettori che si sono prestati a seguire questa piccola storiella senza pretese. Vorrei ringraziarvi uno e baciarvi i piedi ma visto che viviamo nel magico mondo della tecnologia, immaginate me che bacio lo schermo!
Grazie, davvero tantissimo!
Un ringraziamento in particolare va a tutti coloro che hanno lasciato un segno del loro passaggio con una recensione. Grazie a loro ho potuto constatare concretamente che vi eravate affezionati ai personaggi, che la storia piaceva e mi avete stimolata ad andare avanti.
Ringrazio in particolare Cindernella che non ha mai mancato un appuntamento con la mia storia, minacciandomi spesso e volentieri per velocizzarmi!
Niente,...direi che ho detto tutto. Vi lascio con una citazione che per me è un mantra e, soprattutto, alla lettura dell'ultimo capitolo.


"Bisogna esser sempre ubriachi. Tutto sta in questo: è l'unico problema. Per non sentire l'orribile fardello del Tempo che rompe le vostre spalle e vi inclina verso la terra, bisogna che vi ubriachiate senza tregua.
Ma di che? Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro, ma ubriacatevi.
E se qualche volta, sui gradini d'un palazzo, sull'erba verde d'un fossato, nella mesta solitudine della vostra camera vi risvegliate con l'ubriachezza già diminuita o scomparsa, domandate al vento, all'onda, alla stella, all'uccello, all'orologio, a tutto ciò che fugge, a tutto ciò che geme, a tutto ciò che ruota, a tutto ciò che canta, a tutto ciò che parla, domandate che ora è; e il vento, l'onda, la stella, l'uccello, l'orologio, vi risponderanno: "È l'ora di ubriacarsi! Per non esser gli schiavi martirizzati del Tempo, ubriacatevi; ubriacatevi senza smettere! Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro."



C.BAUDELAIRE

UN SALUTO DA UNA BABBANA QUALUNQUE.

 

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Capitolo 30
*** The dawn of a new beginning ***



 

Kòre Dolohov aveva sempre amato le stagioni fredde, l'autunno sopratutto. Lo trovava poetico, con le sue foglie ingiallite che cadevano a terra al minimo soffio di vento, effimere e stanche come un essere umano al termine di quel lungo ed intenso viaggio che era la vita. Ebony le ripeteva spesso che questo suo pensiero era a dir poco terrificante e per nulla piacevole; le diceva che non c'era nulla di magico e poetico nella morte. All'epoca, Kòre era convinta del contrario: credeva fermamente che quando quel giorno sarebbe arrivato anche per lei, sarebbe stata pronta e, soprattutto, felice. Nonostante fosse una Guardiana perfettamente a conoscenza di come sarebbero andate le cose se in vita si fosse comportata male, non sapeva cosa succedesse agli altri, a quelli buoni. Immaginava che sarebbe finita in un'isola sperduta nel cielo, circondata da altre persone, dai suoi cari; credeva che la sua vita dopo La Vita, sarebbe proseguita tale e quale, magari senza tutte le preoccupazioni e le ansie che l'avrebbero accompagnata per tutti gli anni che avrebbe vissuto. Non ne aveva timore, forse perché vi aveva avuto a che fare fin dalla tenera età. Chissà, pensava, forse sarebbe diventata come Fred, una guida per altri Guardiani.

Tutte le sue aspettative vennero però bruscamente disattese. La morte era una cosa veramente stupida. Non aveva avvertito nulla, né fisicamente né mentalmente. Non c'era stata poesia, nulla di epico, nulla di trascendentale. Niente caldo, niente freddo, niente di niente. Solo buio.

Ebony le avrebbe sicuramente detto: “Che ti aspettavi eh? La morte fa schifo.”. Ed aveva proprio ragione.

L'unica cosa che riusciva a percepire l'oscurità che l'avvolgeva, opprimente e quasi soffocante. Riusciva ancora a sentire il suo corpo, le sue mani, le gambe, la testa...tutti i pezzi erano al loro posto e lei ne aveva coscienza. Non poteva vedere ma decise di provare a camminare e si sorprese nel sentire che i suoi piedi poggiavano effettivamente su di una superficie dura, un terreno sconnesso tanto da farlo sembrare vero. Erano sassi, non molto grandi ma nemmeno piccoli, intervallati regolarmente da delle lastre lisce. Dopo qualche passo, Kòre si protrasse in basso pensando che se era in grado di sentire la terra sotto di lei, anche le sue mani potevano esserle utili. Toccò attentamente tutto quello che poteva e cercò anche di annusare qualche odore che le facesse riportare alla mente qualcosa. Dopo questa piccola analisi, era certa che le lastre fossero di legno ma nulla di più era emerso.

Sbuffando, si incamminò di nuovo verso il nulla ma doveva essersi spostata troppo verso sinistra perché inciampò in un nuovo ostacolo cadendo rovinosamente a terra.

“MISERIACCIA!!!”, esclamò Kòre reggendosi il polso.

Dolore. Sentiva dolore. Decisamente atipico per un morto.

La sua mente era ancora stordita da quella rivelazione quando la sua attenzione venne catturata da una fioca luce in lontananza. Si rialzò acciaccata ma integra, socchiudendo gli occhi per scorgere qualche particolare in più. Sentì un fischio e dei rumori che le ricordavano vagamente quelli di un treno. Rimase qualche secondo a pensare, cercando di rimettere insieme i pezzi ed improvvisamente realizzò: sassi, assi di legno, rumori di un treno in corsa...era nel bel mezzo di una rotaia!

Si mise a correre cercando di non inciampare nuovamente ma la luce, invece che spostarsi lontano da lei, la seguiva ed ogni volta se la trovava davanti, più chiara e luminosa. Non ce la faceva più e il treno era ad un centinaio di metri. Kòre si accovacciò, coprendosi la testa e chiudendo gli occhi, in attesa di quella che sarebbe stata la sua fine effettiva. Se l'iter della morte prevedeva essere investiti da un treno in corsa, Ebony ci aveva preso in pieno con la sua teoria sulla morte.

Pochi secondi all'impatto e tutto sarebbe finito. Kòre si ritrovò a contare:

“Tre. Due. Uno.”

Tenne gli occhi serrati per altri cinque secondi prima di realizzare che non era successo nulla. Era viva. O morta. Qualsiasi cosa le fosse successa la sua condizione era identica a prima che il treno la colpisse. Aprì entrambi gli occhi e notò che non si trovava più sulle rotaie: era dentro al treno.

Si alzò lentamente, guardandosi intorno. Quello non era un treno come altri, era l'Espresso per Hogwarts.

Era nel vagone dei Prefetti ma non ne riconobbe nemmeno uno e loro sembravano non averla nemmeno notata. Kòre si avvicinò ad un ragazzo passandogli la mano sulla faccia e, come si aspettava, nessuna reazione. Lei era invisibile.

Avanzò di qualche passo quando una risata cristallina e conosciuta la fece tremare. Alla sua destra, sedeva in compagnia di alcuni amici Victoire Weasley, giovane e come sempre raggiante.

Le lacrime iniziarono a pizzicare gli occhi della ragazza e le si formò un nodo alla gola che le impediva quasi di respirare.

Non poteva credere di aver messo fine alla vita di una ragazza del genere.

“Ragazze! Questo è il nostro ultimo anno e deve essere indimenticabile!”, disse una studentessa piuttosto carina, dai capelli color cioccolato.

“Sì...indimenticabile...”, disse malinconica un'altra ragazza, “io preferirei dimenticarmi dei M.A.G.O!”

“Oh andiamo Nova!”, intervenne Victoire, “sei una dei migliori studenti di tutta la scuola e agli esami farai un figurone!”

“Certamente migliore della figura che farai tu Weasley!”

Accanto a Kòre si presentò la figura di Teddy Lupin da giovane. Era piuttosto strano vederlo nelle vesti di studente, con la divisa e lo stemma Grifondoro cucito accuratamente.

“Lupin...non mi pare che sia stato richiesto il tuo parere!”, rispose piccata Victoire.

“No infatti! Ma so quanto ci tieni a sentire la mia voce almeno una volta ogni ora.”, disse sorridendo sornione.

“Pietrificati!”, gli ripose la ragazza.

Sembravano così giovani, così reali.

“Ero piuttosto carina vero?”

Kòre si voltò per vedere a chi appartenesse quella voce che sembrava davvero rivolgersi a lei. Rimase sorpresa nel ritrovarsi dinnanzi alla Victoire Weasley contemporanea, quella che aveva pugnalato poche settimane prima. Al solo pensiero, Kòre si rabbuiò anche perché significava che forse anche lei stessa era morta.

La ragazza boccheggiò parecchie volte, pervasa dal panico, dalla sorpresa e da mille domande. Il suo volto doveva aver suscitato l'ilarità di Victoire dato che ridendo beata le disse non c'era motivo di preoccuparsi. Non era matta.

“Allora sono...morta?”, disse allargando le braccia e sorridendo amaramente.

“Assolutamente no! Non credi ci siano stati fin troppi morti in un solo anno?”, le rispose gioviale. “Coraggio piccola Guardiana, seguimi.”

Victoire si incamminò a passo svelto verso la testa del treno. La cosa strana è che lei apriva le porte normalmente, schivava gli studenti e a volte li prendeva pure a spallate ma loro non si smuovevano, erano invisibili in quella che aveva tutta l'aria di essere una specie di realtà parallela.

“Dove stiamo andando?”, chiese spaesata Kòre.

“Ti servono delle risposte Kòre. Stiamo andando da qualcuno che può dartele.”

“Risposte a cosa? Io non nessuna domanda!”

“Sul serio? Non ti sei chiesta perché ti trovi qui? Perché non sei morta alla fine del rituale?”

Kòre dovette ammettere che forse un paio di domande le aveva ma erano del tutto logiche e giustificabili.

L'ultima porta che aprì Victoire, quella che sarebbe dovuta essere l'entrata per la carrozza di testa, si aprì invece in una stanza che Kòre ricordava bene: l'ufficio del Preside.

“Ma che-...”, disse Kòre prima che le parole le morissero in gola alla vista di Fred Weasley Senior.

“Fred!!!”, esclamò la ragazza che automaticamente gli si precipitò fra le braccia.

Fred l'accolse felice e sorridente, alzandola addirittura da terra.

“Eccola qui la mia protetta! Hai fatto un bel casino laggiù!”

Kòre piegò la testa, gli occhi fissi a terra.

“Lo so...ma non aveva altra scelta. Non potevo permettere che Ebony o Albus morissero a causa mia. La Profezia può dire quello le pare e piace ma io non servirò mai più il Re! Preferisco morire!”, disse fieramente Kòre.

“E ci sei andata vicino! Hai rischiato molto quella notte.”, la redarguì Fred.

“Sei stata sconsiderata Kòre.”, si aggiunse Victoire.

“Quella notte?”, chiese pensierosa la ragazza.

“Non sei morta ma di certo non stai un granché bene Kòre!”, le rispose Fred, “Cosa credi che sia tutto questo?”, le chiese aprendo le braccia.

“Un...sogno?”, azzardò l'ipotesi la ragazza.

“Molto vicino amica mia! Non è proprio un sogno...qui la chiamano percezione estesa.”, le spiegò Victoire.

“Percezione estesa?”, ripeté scettica Kòre, “Tu non hai idea di quello che voglia dire vero?”, disse rivolgendosi a Fred.

“Ehi! Noto della sfiducia nelle mie capacità. Diciamo che ho scoperto da poco che cosa fosse...”, disse Fred grattandosi la testa colpevole. “Devi sapere che oltre al sottoscritto, il mondo pullula di spiriti, alcuni dei quali sono guide come me mentre altri, semplicemente, vagano di tanto in tanto per vedere come se la passano i vivi. Non possono essere visti da nessuno nemmeno dai Guardiani a meno che non si tratti del proprio, nel tuo caso fichissimo, spirito guida perché appartengono alle alte sfere, non sono anime dannate del Regno dei Morti. Tuttavia, capita che a volte questi spiriti necessitino di colloquiare con voi Guardiani. Ed ecco che entra in gioco la percezione estesa.”

“Si tratta fondamentalmente di una specie di stato di trance, nel quale il Guardiano può mettersi in contatto con noi. E' come se fossi in coma.”, chiarificò la giovane Weasley.

“In coma? Da quanto tempo lo sarei?”, chiese allarmata Kòre.

“Quasi tre giorni ormai...”, le rispose Fred, “è per questo che bisogna fare in fretta. La percezione estesa è molto pericolosa. Si rischia di perdersi per sempre all'interno di questa realtà fittizia.”

“Che devo fare?”, chiese risoluta Kòre.

“Quello che ha sempre fatto, signorina Dolohov.”

Alla destra della ragazza, apparve l'imponente figura di Albus Silente. Improvvisamente, la stanza si riempì di varie entità che Kòre non fece fatica a riconoscere. Vi erano i genitori di Harry Potter, Remus Lupin, Andromeda Tonks, Cedric Diggory...tutte le vittime delle due precedenti guerre.

A colpirla fu soprattutto la presenza di Sirius Black e Dorcas Meadows.

“S-salve...”, disse guardandosi intorno la giovane strega.

“Sei stata davvero molto nobile, Kòre. Non hai esitato a sacrificarti per mio nipote e per tutti quanti.”, disse James Potter.

“L'ho cresciuta bene!”, rispose orgoglioso Fred Senior.

“Kòre...”, disse con voce flebile Dorcas, “io sono così dispiaciuta. Quello non è il mio bambino! Mi è stato strappato pochi attimi dopo la sua nascita e cresciuto con odio e rabbia.”

“Lo so...”, la rassicurò Kòre, “so che non è colpa vostra. Io stessa, se non fossi stata data in affidamento ai Malfoy e con l'aiuto di Susan, sarei stata cresciuta come un'assassina senza scrupoli. A quanto pare, non sono riuscita comunque ad evitarlo...”, disse amaramente ripensando ai momenti nei quali non era lei stessa.

“Non si azzardi nemmeno a sentirsi in colpa, signorina!”, intervenne il vecchio Preside, “lei non si rende conto di ciò che è riuscita a fare?”

“Signore... con tutto il rispetto ma io tre giorni fa ho spalancato le porte del Regno dei Morti. Ora sono tutti liberi di vagare tra i vivi, portando violenza, sangue e morte. Molti di essi covano sentimenti di vendetta e rivalsa da millenni.”

Il Preside l'aveva lasciata finire di parlare sempre sorridendo sotto quella barba lunga e incolta.

“Ed è stata stupefacente. Non è cosa da tutti giorni sa? Molti Guardiani la invidieranno ed io potrò vantare tra gli alunni di quella che fu la mia scuola una personalità eccezionale come la sua.”

Kòre cercò di capire se fosse serio intercettando lo sguardo di Fred ma l'unica cosa che ottenne fu una risatina sommessa.

“Io continuo a non vederci un lato positivo...scusi...”, disse la giovane Dolohov.

“Lei, signorina, si è ribellata. E' vero che ha tristemente portato a termine il rituale raggiungendo l'obbiettivo di Legacy Black. Purtroppo per il Re egli non potrà disporre della forza da lei scatenata.”

“Io non-...”, si interrogò Kòre.

“Lei ha scatenato le anime perdute, anime che di certo non sono famose per il loro autocontrollo o rispetto delle autorità. Sono alla sbando, senza un capo, senza nessuno che le controlli. A Legacy serve ben poco disporre di un esercito se esso non obbedirà ai suoi ordini. L'unica persona che sarebbero disposti a rispettare è lei, signorina Dolohov, per il semplice motivo che come è riuscita a farli uscire potrebbe farli rientrare nel Regno dei Morti.”, le spiegò il Preside.

“Ma io non ho idea di come rimediare. Non so...come chiudere le porte!”

“Lo saprebbe se fosse ancora pervasa dall'oscurità ma grazie al cielo non è più così.”, disse Silente.

Kòre si prese qualche secondo per pensare alle parole del Preside.

“Quindi lei mi sta dicendo che per sbattere nuovamente le anime nel Regno dei Morti dovrei tornare ad essere l' omicida, assetata di sangue e, passatemi il termine, stronza psicopatica che ha reso possibile l'apertura delle porte del suddetto Regno dei Morti?!”

“Direi che ha fatto una buona sintesi..”, rispose Remus Lupin sorridendo a quella giovane ragazza coraggiosa.

“Perché non sono morta? Era quello il mio destino, non sarei dovuta sopravvivere al rituale se in me vi era ancora della bontà, della positività...non sarei dovuta sopravvivere se avessi avuto un'anima!”

Albus Silente le si avvicinò con un passo cadenzato, le mani giunte e gli occhi luminosi.

“Ha studiato bene il manuale della perfetta Guardiana e ha letto attentamente la Divina Commedia signorina, plauso a lei e alla sua guida ma vede...”, disse il Preside posando le mani sulle spalle di Kòre, “non sempre la vita è spiegabile con i libri e il destino è sempre dietro l'angolo, pronto a stravolgere l'ordine dell'universo che sino a quel momento sembrava esserci così chiaro e lampante.”

Kòre stava per chiedere spiegazioni ma il respiro iniziò a venirle meno. La pressione del Preside esercitata sulle sue spalle la fece inginocchiare a terra. Annaspava in cerca di un briciolo d'aria sentiva le forze abbandonarla piano piano.

“Mi perdoni i modi bruschi, signorina Dolohov, ma in qualche modo dobbiamo riportarla indietro.”, disse tranquillamente Silente.

Finalmente lasciò libera la ragazza ma ormai la sua vista era appannata e la testa le girava vorticosamente. Intorno a Kòre, i vari spiriti fecero la stessa cosa del Preside, posando una o due mani sulle sue spalle. Ogni volta che veniva toccata sentiva come un pizzicore, come se qualcosa continuasse a pungerla. Alla fine, fu il turno di Fred Weasley Senior.

“Ho un regalo per te, ragazzina.”, le disse affabile.

A Kòre sarebbe piaciuto rispondergli nei peggiori modi o per lo meno picchiarlo ma ormai non riusciva quasi nemmeno a pensare.

“Prima di crederti spacciata, prova ad avere un altro pezzo del puzzle a disposizione...”

Fred le rimise le mani sulle tempie, come fece la notte della sua ribellione alle forze oscure a villa Dolohov. Kòre vedeva le sue labbra muoversi ma era tutto così confuso.

L'ennesimo pizzicore e poi fu di nuovo il buio ma stavolta durò poco: come se qualcuno l'avesse appena tirata fuori dall'acqua perché in procinto di affogare.

Spalancò gli occhi e si sollevò cercando più aria possibile. Un urlo la fece voltare. Derek Gellant era a terra, bacchetta puntata verso di lei, visibilmente in panico.

Kòre si guardò intorno: era su un letto d'ospedale, il San Mungo e, a quanto sembrava, la sua uscita dal come doveva aver scosso parecchie persone. I Medimaghi la osservavano terrorizzati, compresi gli altri pazienti intorno a lei.

“Gellant!”, lo richiamò lei dopo aver riorganizzato le idee.

Il ragazzo si ridestò in piedi,, cercando di riprendere il controllo.

“Hanno sempre detto che il risveglio dopo il coma sia lento e graduale. Decisamente sbagliato.”

“Sembrerebbe di sì...devo parlare con Theo ed Harry Potter. Adesso. E quanti Auror ci sono a farmi da guardia!?!”, chiese stizzita Kòre notando che Derek non era il solo.

“Non che tu abbia fornito dei buoni motivi per fidarci di te”

“Ora li ho.”, rispose sicura e sorridendo vittoriosa.

“Sarebbero?”, chiese scettico e ancora leggermente spaventato da quel risveglio inaspettato.

“La parte mancante della Profezia vi basta?”

***

 

L'infermeria possedeva le mura più spoglie di tutta Hogwarts. Da che potesse averne ricordo, Ginevra Potter era certa di aver visto per ogni aula, in ogni buco, in ogni stanzino almeno un quadro o uno stendardo. In quel posto c'era solo qualche vecchio specchio e delle specie di tele dipinte. Aveva imparato a riconoscere ogni anfratto e angolo di quel posto, dato che da tre giorni era diventata la sua seconda casa.

L'attacco a Île du Sang si era concluso con un totale di cinque perdite, tre Auror e due membri della Resistenza. I feriti avevano smesso di contarli dopo nemmeno venti minuti dall'inizio della battaglia, quando in molti fecero ritorno in pessime condizioni.

C'era stato qualche prigioniero ma a quanto pare nessuno era arrivato vivo. Ron le aveva confessato che quasi nessun Punitore era stato ucciso con un incantesimo ma erano stati loro stessi a togliersi la vita, ingurgitando del veleno, piuttosto che vedersi interrogati dagli Auror.

Quando anche suo marito fece ritorno, di certo non si aspettava di vederlo reggere il corpo svenuto di Albus; così come non immaginava scorgere la cognata Hermione con in braccio sua figlia Rose, seguita a ruota da altre persone che trasportavano tutti i membri della sua famiglia e il povero Alexander Zabini.

Aveva litigato furiosamente con il marito, avendolo accusato di non essere stato presente e di aver traviato i suoi figli. Non si sarebbero mai messi in quella situazione se non fossero stati i figli del Prescelto.

Ginny aveva vegliato su tutti loro per un giorno interno sin quando anche l'ultimo, Scorpius, si svegliò, stanco ma vivo.

I suoi figli e nipoti stavano bene e si erano ripresi quasi subito. A crearle maggiori preoccupazioni era Ebony Rookwood. Come gli altri era arrivata svenuta e in reggiseno sorretta da Teddy. Madame Habbot notò immediatamente dei segni di lotta sul suo corpo, graffi e lividi sulla schiena. Inizialmente pensarono che fossero dovuti ad uno schiantesimo molto potente che aveva fatto sbattere violentemente la ragazza su qualcosa ma in molti testimoni della scena avvenuta in salotto giurarono che nessuno l'aveva colpita, nemmeno i Punitori stessi.

Si era svegliata per prima, poche ore dopo il suo arrivo ad Hogwarts ma era riuscita a pronunciare solo poche parole: “Kòre...”. La sua unica preoccupazione era la sorte dell'amica e Ginny le rispose che si trovava al San Mungo in condizioni più gravi delle sue ma ancora viva.

Ebony accennò un sorriso prima di riaddormentarsi, stavolta per molte ore.

Al suo risveglio però, non voleva mangiare, né parlare con nessuno. Era come se fosse diventata un vegetale, in un perenne stato catatonico, senza emozioni.

Jocelyn Green aveva invano tentato un approccio con l'amica, così come Theo ed altri membri della Resistenza che meglio conoscevano la ragazza. Adam Baston si presentò più volte al suo capezzale ma venne mandato via sistematicamente.

Camminava meditabonda fuori dall'infermeria Ginny Potter, in attesa che Hannah le desse qualche informazione in più sulle condizioni psico-fisiche di Ebony. I suoi pensieri furono interrotti dalla presenza di tre figure che si stavano avvicinando velocemente a lei: poteva riconoscere Harry, suo marito ma non aveva idea di chi fossero gli altri due, un uomo e una donna.

“Ginevra...”, disse Harry fermandosi, “loro sono Janet e Matt Autumn. Signori, lei è mia moglie Ginevra.”

La donna le porse la mano tremante. Ginny conosceva bene lo sguardo che accompagnava quei due genitori, lo aveva visto spesso balenare tra gli occhi di sua madre e suo padre ai tempi della seconda guerra, quando lei e tutta la sua famiglia si erano imbarcati in quell'avventura. Non capiva, ai tempi, quanto potesse essere stressante e devastante per una madre vedere i propri figli mettere a rischio la propria vita per un'ideale, per la liberazione. Ora che i suoi figli si erano praticamente buttati tra le braccia del nemico, riusciva a comprendere meglio i sentimenti di Molly Weasley.

“Chiamatemi pure Ginny.”, rispose stringendo la mano ad entrambi.

“Ok, Ginny...tuo marito dice che hai vegliato su nostra figlia sino ad ora. Come sta?”, chiese pratica Janet. Osservandone i modi, la postura fiera e lo sguardo coraggioso, Ginny rivide Ebony in tutto e per tutto. Sapeva bene che Janet e Matt non erano i suoi veri genitori ma l'avevano cresciuta loro e la ragazza aveva acquisito dalla madre tutta la sua forza d'animo. Anche Matt dava l'idea di essere un uomo tutto d'un pezzo, con la differenza che dai suoi occhi verde scuro traspariva una dolcezza e una bontà d'animo infinita.

“Per quanto grave sia stata l'intera faccenda, vostra figlia sta fisicamente abbastanza bene, a parte qualche livido ed escoriazione.”

“Ma...”, la incitò Matt a continuare.

“Fatica a mangiare, a bere, a dormire. Non vuole incontrare nessuno, parlare con qualcuno sembra impossibile. Nessuno dei suoi amici riesce ad interagire con lei.”, spiegò Ginny.

“Dev'essere successo qualcosa durante la sua prigionia.”, intervenne Harry, “Madame Abbot sostiene che possa trattarsi di un disturbo da stress post-traumatico.”

“Cosa potrebbero averle fatto?!”, chiese con le lacrime agli occhi la madre.

“Non lo sappiamo. Potrebbe aver visto o sentito qualcosa che l'ha particolarmente turbata.”, disse il Prescelto.

“Conosco bene mia figlia, Harry. Non è il tipo che si traumatizza di fronte alla paura.”, rispose Matt.

“Vogliamo vederla.”, disse perentoria Janet ma la sua richiesta sarebbe stata vana. Hannah Abbot aveva appena raggiunto il piccolo gruppo riferendo che sarebbe stato meglio che quell'incontro non avvenisse.

“Quando ho comunicato a vostra figlia che oggi sareste venuti a farle visita è esplosa: ha iniziato ad urlare, a dimenarsi e a piangere. Mi ha intimato che se vi avessi fatti entrare lei mi avrebbe schiantata o peggio.”, spiegò l'infermiera.

Matt e Janet si strinsero l'uno con l'altra, singhiozzando.

“La mia bambina-...”, sussurrò Janet, “Matt cosa le sarà successo? Lei non oserebbe mai...Lei non è cattiva!”

“Lo so per certo, signora Autumn.”, rispose rassicurante Hannah, “Ma se continua così, peggiorerà soltanto. Se non affronta ciò che la turba, qualsiasi cosa essa sia la mangerà dall'intero e nulla sarà più come prima.”

“Matt, Janet...”, prese parola Harry, “io e Madame Abbot ne abbiamo discusso ed avremmo un'idea. Vi informo fin da subito che non sarà piacevole né per Ebony né per voi. Vorremo somministrare a vostra figlia del Veritaserum.”

“Cosa?!?”, esclamò Ginny suscitando la preoccupazione dei genitori Babbani.

“Ginevra...”, provò a redarguirla il marito.

“Ginevra un corno Harry! Ha sedici anni! Da quando si somministra il Veritaserum ad una ragazzina di sedici anni!?Hannah tu sei d'accordo?!”

“Scusatemi!”, intervenne Janet, “noi vorremmo sapere di cosa state parlando.”

Prese parola Harry che in breve enunciò le modalità e il genere di pozione con la quale volevano estrapolare la verità da Ebony.

“Non è una pratica usuale per voi e me ne rendo conto. Credetemi, nemmeno a noi maghi piace dover ricorrere a certi metodi. La scelta sta a voi, non possiamo somministrare nulla a vostra figlia senza il vostro consenso.”, concluse Harry.

“Le farà male?”, chiese titubante Matt dopo qualche minuto di silenzio.

“Fisicamente no.”, rispose l'infermiera.

“Come siamo arrivati a tanto?”, disse devastata Janet mentre si guardava intorno, persa in chissà quale pensiero. “Devono drogare mia figlia affinché riveli qualcosa che potrebbe segnarla per sempre.”

Harry se ne stava in silenzio, senza sapere cosa fare o cosa dire. Hannah fece ritorno in infermeria, probabilmente per preparare il necessario e farla finita il più presto possibile.

Ginny camminò verso Janet e, posandole una mano sulla spalla le disse:

“Andrà tutto bene.”. Bugia. Niente sarebbe andato bene, niente sarebbe stato più come prima ma aveva bisogno di dire quelle parole, di sentirle dentro di sé per convincere se stessa prima di Janet Autumn.

***


 

Scorpius Malfoy vagava spesso per i corridoi della scuola. Era un'abitudine che aveva iniziato a prendere sin dal primo anno. Il fatto di essere arrivato ad Hogwarts ed essersi fatto degli amici, non aveva eliminato del tutto la sua personalità di natura solitaria. Gli piaceva camminare e pensare, oppure non pensare affatto; gli piaceva sentire il rumore dei suoi passi, il vuoto intorno a lui, nessuno studente, nessun insegnante. Solo lui, le sue scarpe e qualche quadro.

Quella sera però, il uso scopo non era quello di camminare da solo e basta.

La stava cercando, da giorni ormai. Rose non si era più fatta vedere da quando erano tornati da quella missione quasi suicida.

Sperava di poterla trovare nel loro posto. Più che altro, sperava di poterlo ancora definire tale.

A quanto pareva qualcuno aveva accolto le sue preghiere perché la giovane Weasley se ne stava seduta a terra, gambe incrociate e sguardo pensieroso. Scorpius ripensò a quando la vide quel giorno lontano, incerta su cosa fare e soprattutto incerta sul confidarsi con lui riguardo al suo sogno e alla Stanza delle Necessità.

Era cambiata, Rose. In quei mesi trascorsi tra l'inquietudine generale e lo stato di allerta sempre ai massimi livelli, si era trasformata in una piccola giovane donna, una nuova maturità era nata in lei, maturità che si sposava perfettamente con il suo corpo in constante cambiamento: era più alta, più robusta, il viso angelico da docile bambina aveva lasciato spazio a dei lineamenti più marcati, in un certo senso più duri.

“Ehi!”

Scorpius richiamò la sua attenzione. Dallo sguardo che Rose gli lanciò, capì di non essere una delle persone più gradite della ragazza ma ciò nonostante le si sedette accanto.

“Malfoy...notizie di Kòre?”, chiese piatta Rose.

“Ancora nulla dal San Mungo. Susan è andata a controllare la situazione stamattina ma non è ancora tornata.”, rispose tristemente.

“Potrebbe essere un buon segno. Kòre potrebbe essersi svegliata e Susan le sta comunicando le ultime novità.”

“Che sarebbero?”, chiese ironico Scorpius.

Di fatto, non vi erano novità di rilievo. Kòre aveva completato l'incantesimo che tanto stava a cuore a Legacy, scatenando chissà quale minaccia che per il momento non si era ancora manifestata. Ebony era diventata l'ombra di sé stessa, cupa e perennemente sotto sedativi. Albus era, secondo il parere di tutti i medici consultati dalla famiglia, ufficialmente libero dal controllo mentale di Legacy anche se il come questa cosa fosse successa non era chiaro a nessuno. James Potter aveva tentato in ogni modo di avvicinarsi ad Ebony ma venne sistematicamente allontanato da Auror e professori ogni dannatissima volta. Lysander Scamandro si era preso la “colpa” per la loro improvvisata al castello dei Dolohov sostenendo che era stata una sua idea. In questo modo, Adam avrebbe potuto concludere il suo percorso scolastico senza nemmeno una macchia sul suo perfetto curriculum da studente modello e Alexander beh, era riuscito a farla franca.

“Come l'hanno presa i tuoi genitori?”, chiese Scorpius capendo che la domanda precedente sarebbe rimasta senza risposta.

Rose rise tra sé. La sua era una risata amara, quasi sarcastica.

“Quando siamo svenuti mio padre mi ha riportata indietro convinto che fossi morta. Mia madre è riuscita a farlo ragionare ed è riuscito a constatare che ero solo priva di sensi, ha vegliato su di me sino al mio risveglio. Quando finalmente ho ripreso conoscenza lui e mia madre mi hanno inveito contro. Ed io, da brava Grifondoro mancata, non ho usato il cervello come invece, di norma, una Corvonero dovrebbe fare. Ho risposto per le rime, non sono stata zitta e ho concluso la mia arringa rinfacciando loro che sono la degna figlia di quelli che accompagnarono Harry Potter alla ricerca degli Horcrux.”

“Mia madre ha consumato la sua scorta di fazzoletti di seta.”, disse il ragazzo. “Mio padre invece mi ha stupito: quando ho ripreso i sensi, si è presentato di fronte al mio letto, mi ha chiesto se stessi bene e poi mi ha abbracciato.”

“E cosa ci sarebbe di così strano?”, chiese sarcastica Rose.

“Mio padre non abbraccia. E di certo non mi aspettavo di ricevere una dimostrazione d'affetto dopo quella notte. Draco Malfoy non è un sostenitore degli atti eroici da suicidio.”

“Il nostro non è stato un atto eroico. E' stato solo un atto molto stupido ed egoista!”, sbottò Rose scura in volto.

Si era alzata di scatto, lasciando di stucco il povero Scorpius.

“Egoista? Come puoi definire ciò che abbiamo fatto un atto di egoismo?”, chiese sbalordito alzandosi anche lui in piedi.

“E come altro dovrei definirlo Malfoy?! Degli studenti inesperti si sono catapultati nel covo di un assassino pensando di poter salvare il mondo! Misericcia Scorpius! I miei genitori hanno ragione! Siamo stati degli sciocchi, irragionevoli, avventati e boriosi! Egoisticamente, abbiamo creduto di poter fare meglio di un intero dipartimento Auror e una Resistenza formata dai migliori maghi in circolazione!”

Rose era irriconoscibile. Il volto paonazzo, gli occhi spalancati e la voce rotta dalla rabbia.

“E' vero siamo stati avventati ma loro sono nostre amiche! Kòre è una sorella per me, non potevo starmene con le mani in mano!”, rispose Scorpius che a differenza di Rose aveva mantenuto il tono di voce relativamente calmo e basso.

“O ti prego Scorpius piantala, ok? Smettila di comportarti da nobile guerriero con l'armatura verde-argento! Hai dimostrato in parecchie occasioni la tua vera natura da serpe!”

“Prendi un po' troppo sul serio il sistema delle Case Rose! Sia io che Alexander abbiamo dimostrato che c'è di più sotto la veste dei Serpeverde!”, rispose ora alterato Scorpius.

“Certo che c'è! C'è altra arroganza, altro egoismo e altri doppi giochi!”

“Mi sembra che nemmeno tuo cugino James abbia sempre incarnato il perfetto Grifondoro! O ti sei forse dimenticata la sua piccola parentesi da ladro!?!”

“Non lo metto in dubbio! Se tutti noi ci fossimo comportati come le nostre Case richiedono forse non sarebbe successo...”, disse Rose sull'orlo di una crisi di pianto. In quel momento Scorpius capì che c'era qualcosa sotto quella rabbia e quello scatto d'ira. Era senso di colpa.

“Rose-...”

“Io sono una Corvonero. Sono la migliore Malfoy! La migliore del mio anno e molto probabilmente una tra le migliori studentesse della scuola. Mio zio Fred mi è apparso in sogno ed io non ho saputo sfruttare quella possibilità. Avrei potuto fare delle ricerche più approfondite, parlarne prima con mia madre o con zio Harry ma no!”. Ora le lacrime scendevano copiose sul suo volto. “Ho preferito sprecare il mio tempo con te per Merlino solo sa perché!”

Scorpius si sentì ferito da quelle parole ma cercò comunque di capire il punto di vista di Rose.

“Non è colpa tua Weasley...quello che è successo era inevitabile!”

“E' da vigliacchi dare la colpa al destino.”, rispose perentoria. Si asciugò in fretta le lacrime dal volto e iniziò a camminare lontano dal ragazzo. Scorpius la raggiunse con due passi svelti e afferrandole il braccio la fece voltare.

“Non lo fare Rose! Non permettere ai sensi di colpa di distruggerti!”, le intimò il biondo cercando di essere fermo ma rassicurante.

Rose gli rivolse uno sguardo che sperava di non rivedere mai più, lo stesso sguardo di disgusto che la ragazza fece la notte in cui praticamente combinò un matrimonio tra Zabini e Gwen.

“Credo sia meglio che noi due ritorniamo ad ignorarci Malfoy. Non siamo amici, non lo siamo mai stati e non lo saremo mai.”

Scorpius lasciò il braccio di Rose, inebetito e incredulo.

Osservò la ragazza andarsene a passo svelto. I suoi capelli rossi ondeggiavano sparsi sulla sua schiena.

Non riuscì a razionalizzare bene ciò che era appena accaduto ma uno dei suoi primi pensieri fu rivolto a suo padre. Era davvero il destino dei Malfoy non riuscire ad ottenere il rispetto e l'amore di una Granger? In quel momento, pareva proprio di sì.

***

 

Il piacevole tepore del sole al tramonto le penetrava nella pelle, invadendo ogni sua singola cellula. Le piaceva il sole, nonostante fosse inglese. Hermione avrebbe potuto stendersi all'ombra di uno dei tanti alberi del giardino della scuola, così come era solita fare quando era studentessa ma preferiva abbrustolirsi un po' piuttosto che rintanarsi nell'oscurità di una quercia. C'era stata troppa oscurità in quei mesi.

“Lo sai che è sconsigliato agli anziani esporsi ai raggi del sole?”

La donna sorrise tenendo però gli occhi chiusi. Non era necessario aprirli per vedere chi le avesse rivolto parola. La sua voce era inconfondibile.

“Provvederò affinché gli anziani lo sappiano.”, rispose mettendosi a sedere.

Davanti a sé c'era un Draco Malfoy visibilmente segnato più dalle vicissitudini degli ultimi mesi che dal tempo in generale. Tra i suoi capelli vi era un accenno di bianco, un brizzolato candido e luminoso. Gli occhi erano marcati dalla mancanza di sonno e il viso era stanco ma nel complesso sembrava stare bene.

Draco si appoggiò alla corteccia dell'albero, all'ombra. Il sole non era mai stato di suo gradimento.

“Ci sono novità?”, chiese Hermione.

“A dire il vero sì ed è per questo che sono qui. I genitori di Ebony hanno dato il consenso all'interrogatorio con il Veritaserum. L'inizio è previsto tra mezzora. Non so se tu voglia assistere.”

“Sì, verrò.”, rispose senza tentennamenti la donna. “Tu ci sarai?”

“La pozione l'ho preparata io... quindi sì.”

“Ok.”

Rimasero in silenzio per quelle che sembrarono ore. Alla fine, fu Draco a prendere parola.

“Non credevo che lo avrei visto.”

“Chi?”, chiese Hermione senza capire.

“Mio figlio. Dentro di me sapevo che la tua famiglia avrebbe fatto qualche stupida, stupidissima improvvisata eroica ma non immaginavo di certo che Scorpius li seguisse a ruota.”, disse con uno strano sorriso sulle labbra.

“Beh...sei stato più lungimirante di me. Ricordi quando ti dissi che mia figlia non si sarebbe mai avventurata in qualche missione mortale?”, disse ironicamente Hermione.

“E' la figlia di Ron Weasley di Hermione Granger. Che ti aspettavi, Mezzosangue?”, ripose ridendo Draco.

“Se le fosse accaduto qualcosa, Ronald ed io non saremmo riusciti a sopportarlo.”, disse poi Hermione, con un tono del tutto differente. Era preoccupato, colpevole e cupo.

“Quello che sto per dire ora mi renderà il candidato ideale a padre peggiore dell'anno ma non sono mai stato così fiero di mio figlio come lo sono stato in questi mesi.”

Hermione si voltò verso l'uomo chiedendosi cosa intendesse dire.

“Scorpius è sempre stato diverso. Diverso da me, da Astoria, dalla totalità delle nostre famiglie. All'epoca del suo Smistamento ero certo che sarebbe finito ovunque tranne che a Serpeverde e la cosa mi spaventò a dir poco. Non avevo mai avuto nulla in comune con lui, non potevo certo sperare che stesse nella mia stessa Casa. Invece, con mia somma sorpresa, venne messo tra i verdi-argento. Questo fatto mi rallegrò: finalmente, mi dissi, avrei avuto qualcosa da condividere con lui. Forse mio figlio non era anni luce distante da me.”

“Tu e tuo figlio siete più simili di quanto tu creda Draco.”, gli disse Hermione.

“Spero davvero che tu ti stia sbagliando Mezzosangue!”, le rispose sorridente suscitando la perplessità della donna.

“Il mio momento di euforia durò poco. Iniziai a domandarmi se e quando mio figlio sarebbe diventato come me e fu così che realizzai: il mio più grande desiderio, avere qualcosa in comune con Scorpius, si era rivelato essere la mia più grande paura. Presto sarebbe diventato calcolatore, spietato, egocentrico, egoista, insensibile, codardo e in completamente incapace di provare sentimenti di amore o affetto. Ma gli anni passarono e, fortunatamente, Scorpius non sembrava risentire dell'effetto Serpeverde: diventò il migliore amico di un Potter, si relazionava abbastanza bene con gli altri compagni, mostrava interesse per il Quiddich, per la lettura, per le persone. Mio figlio si stava salvando e ne ho avuto la prova definitiva nel momento in cui l'ho visto svenuto in quella casa. In perfetto stile Potter, si era lanciato al salvataggio di Kòre ed Ebony senza pensare a sé stesso o al fatto che fosse una cosa davvero molto idiota.”

“Tuo figlio non si è salvato da solo. Se è così di chi credi che sia il merito?”, chiese con ovvietà Hermione. Draco era solito colpevolizzarsi troppo per tutto. Scorpius era un ragazzo in gamba e in parte era merito di suo padre.

“Di Astoria e...”, disse tentennando un secondo, “tuo.”

Hermione boccheggiò un paio di volte prima di riuscire a dire qualcosa di vagamente sensato.

“M-mio?”

“Io sono stato un codardo, insensibile, manipolatore, traditore, quasi assassino, represso ecc...”, disse in tono sarcastico per poi tornare serio ed aggiungere, “ma tu mi hai cambiato. Hai fatto di me un marito e un padre degno di essere chiamato tale, mi hai reso umano. Tu mi hai fatto respirare di nuovo.”

Un soffio d'aria tiepida attraversò il corpo di Hermione che sembrava essersi raggelato dopo le parole di Draco. I loro occhi, nonostante non fossero particolarmente vicini, si scontrarono come ai vecchi tempi e si incatenarono indissolubilmente. La tensione tra i due era palpabile ma era così piacevole ed Hermione sapeva bene cos'era la cosa giusta da fare.

“Io-...”, disse alzandosi di scatto, “E' meglio che vada via.”

Draco si protrasse velocemente in avanti, bloccandole il braccio e facendola voltare. Hermione si scontrò contro il suo torace ma non azzardava alzare lo sguardo. Sentiva la mano calda di Draco sul braccio, l'altra le accarezzava il fianco dolcemente. Se ne sarebbe potuta andare. La presa non era così forte da non permetterle di muoversi, avrebbe potuto facilmente spingerlo via. Il fatto è che non voleva farlo.

“Un bravo marito non dovrebbe farlo...nessuno di noi due dovrebbe farlo.”, riuscì a sussurrare.

“Lo so...ma ho rischiato di perderti tre giorni fa. E non riesco a capacitarmene.”

La mano che reggeva il braccio di Hermione andò a posarsi sul suo viso, sollevandolo e facendo in modo che i due si guardassero negli occhi. Non c'erano più parole.

Il movimento fu praticamente all'unisono. Hermione e Draco si avventarono l'uno sulla bocca dell'altro, in cerca d'aria, la loro aria. Era un bacio che attendevano da più di vent'anni e anche se ormai non erano più ragazzi, la passione era ancora viva e scorreva nelle loro vene impetuosa. La presa di Draco si fece più solida, più esigente: sollevò il corpo di Hermione, spostandolo contro il tronco dell'albero. Caddero i primi indumenti e fu allora che si smaterializzarono.

La Torre di Astronomia sarebbe stata vuota e di nuovo solo per loro. Insieme come sarebbe dovuto essere, anche solo per una notte.

***

Ebony Rookwood non aveva mai provato un tale mal di testa e una tale nausea. Ironico, dato che non ricordava il suo ultimo pasto solido.

Sentiva dei mormorii intorno a sé, tante persone che parlavano fra loro. Poco a poco riuscì ad aprire gli occhi e ad emettere un suono gutturale per attirare l'attenzione.

“Ben svegliata Ebony.”

Quella voce la riconobbe subito. Era Madama Abbot, dolce e premurosa come sempre. La aiutò a sollevarsi dal letto, mettendola seduta. Non appena Ebony riuscì ad avere una visuale completa della stanza, si rese conto di trovarsi davanti ai suoi genitori, Harry Potter, Ginevra Potter, il Preside, Theodore Nott ed altri due Auror.

“Ehi mostro...”, la apostrofò dolcemente suo padre.

Ebony voleva urlare, picchiare qualcuno, piangere. Aveva dato preciso ordine di non voler assolutamente vedere i suoi genitori ma il suo corpo e la sua mente erano come intorpiditi.

“Mi avete dato un calmante?”, disse rivolgendosi al Preside.

“Sì, l'abbiamo sedata signorina Rookwood. Abbastanza per renderla calma ma non troppo da stordirla.”

“Vorrei avere le forze per spaccarle la faccia Madame Abbot...”, disse Ebony strabuzzando gli occhi subito dopo. Non voleva dare voce a quel pensiero. Era scortese e indelicato. I suoi genitori le avevano insegnato l'educazione e, seppur senza enormi successi, sapeva quando tacere.

“O porca...io non volevo dirlo! L'ho solo pensato ma io non-...”

Improvvisamente, tutto le fu chiaro: dopo aver platealmente offeso l'infermiera, nessuno dei presenti si era indignato o stupito per la sua linguaccia. La comprensione e la pierà aleggiava negli occhi di chiunque fosse in quella stanza.

“Veritaserum...”, sussurrò Ebony per poi scoppiare in una risata fragorosa. “Il degno finale per una storia come questa. Vengo trattata alla stregua dei Mangiamorte.”

“Non crediamo che tu sia colpevole di qualcosa Ebony. Lo facciamo per aiutarti a superare qualsiasi cosa ti sia successa laggiù.”, disse Ginny.

“Sono stra fatta signora Potter. In questo momento vorrei piangere e urlare finché ho polmoni per farlo ma tutta la roba che mi avete dato mi ha resa una specie di bambola ritardata. La prego di risparmiarmi la sua dannatissima compassione.”

“Ebony!”, la redarguì sua madre avvicinandosi al suo letto.

“Stammi lontano! Potrò anche essere obbligata a dire la verità ma non voglio essere toccata!”

Nonostante il suo volto fosse inespressivo il suo tono era di voce era riuscito ad aumentare abbastanza da rendere l'idea: era arrabbiata.

La porta dell'infermeria si aprì, facendo voltare tutti. Ron Weasley si avvicinò velocemente al suo capezzale.

“L'hai trovato?”, chiese Harry Potter.

“No...dovremo farlo senza di lui. Ci sono stati problemi?”, chiese osservando la ragazza bionda.

“Per adesso no e non credo ce ne saranno. Direi di cominciare.”, rispose Harry, cercando il consenso di Theo che annuì.

“Chi staremmo aspettando?”, chiese Ebony sedendosi in posizione più eretta. Se doveva subire un interrogatorio, lo avrebbe fatto a testa alta.

“Draco Malfoy. E' stato lui a preparare il Veritaserum visto che mischiato alla dose di calmanti rischiava di non sortire il risultato auspicato.”, rispose Aberforth.

“Scampato pericolo allora! Sono un fottutissimo libro aperto!”

Stavolta né Matt né Janet intervennero, capendo che ormai le parolacce sarebbero state ordinaria amministrazione.

“Signorina Rookwood,” prese parola un Auror, “sono il tenente Longbridge, dirigerò il suo interrogatorio. Anche se abbiamo appurato che il siero ha fatto effetto, devo comunque porle qualche domanda.”

Ebony annuì sempre sorridendo beffarda.

“Nome. Completo, per favore.”

“Quale vuole?”

“Come prego?”

“Quale vuole sapere...quello da Babbana o quello da figlia di un assassino?”

Il tenente guardò per una frazione di secondo il suo Capo. Non gli piaceva affatto condurre quell'interrogatorio.

“Quello che preferisce.”, disse infine. Non era quella la prassi. Avrebbe dovuto chiederli entrambi ma infierire su una ragazzina era disdicevole.

“Ebony Autumn.”

“Chi sono i suoi genitori?”. Altra domanda scomoda ma stavolta Longbridge decise di togliersi da inutili impicci. “Quelli di sangue, se non le dispiace.”

“Augustus e Willow Rookwood.”

“Elenchi i nomi di tre persone importanti nella sua vita.”

“Matt Autumn. Janet Autumn e Kòre Dolohov.”

“Perché loro?”

“Matt e Janet sono i miei genitori e Kòre è come una sorella. Sono la mia famiglia.”

Stando attenti si poteva intendere il tono di voce della ragazza leggermente incrinato nonostante i calmanti.

“Ammette di essere membro di un gruppo chiamato La Resistenza?”

“Lo chieda a lui!”, rispose indicando Theo.

“Ebony rispondi alle domande, per favore.”, la riprese comprensivo il suo Capo.

Sbuffando, la ragazza rispose di sì.

“Ammette anche di essersi infiltrata tra i Punitori per ordine del qui presente Theodore Nott?”

“Lo avrei fatto anche se non me l'avesse ordinato. Era la Profezia.”

“E' lei? Lei è colei che aiuterà la ragazza dall'iride viola?”

“Pensavo che ormai fosse abbastanza logico.”

“Perché Legacy Balck non l'ha uccisa dopo averla catturata?”

Ebony deglutì rumorosamente.

“Gli servivo.”

“Per cosa? Per riportare indietro Kòre durante qualche incantesimo pericoloso?”

“Ormai non c'era più niente da riportare indietro!”, rispose abbozzando un sorriso malinconico.

“Allora perché?”

“E' davvero necessario che rimangano i miei genitori?”, chiese ferma Ebony.

“Sei minorenne Ebony. Loro devono restare altrimenti l'interrogatorio non è valido.”, rispose Harry Potter.

“Si pentirà di essere stato così fiscale Harry Potter.”

“Signorina Rookwood...”, la richiamò Longbridge. Quel “signorina Rookwood” le dava davvero sui servi.

Ebony era completamente in balia di tutto ciò che le avevano rifilato ma nella sua mente sentiva una voce urlarle di non dire niente, di impedire che la verità uscisse fuori in quella situazione con sua madre e suo padre a guardarla come se fosse un cucciolo ferito. Nulla sarebbe stato più come prima.

“Io sono una bella ragazza. E badate bene, ho detto bella. Non carina. Bella. Sono bella perché non dimostro sedici anni, se voi uomini non mi conosceste e foste sotto l'effetto del Veritaserum sono certa che qualche pensiero non proprio onorevole vi sfuggirebbe!”

“Ebony!”, la redarguì nuovamente Theo.

“Sto rispondendo!”, scattò la ragazza. “Sono bella perché ho un bel faccino, i capelli biondi, gli occhi grandi e un bel corpo. E' la verità, ovvio che lo sia. Oliver Baston aveva ragione quando a Natale disse che io ero troppo bella.

Un terrificante scenario si costruì nella mente del tenente Longbridge. Ebony sembrò accorgersi che in lui qualcosa era cambiato dato che si rivolse direttamente a lui:

“Vuole sapere come sono riuscita a restare viva? Quale trucco, quale strategia io abbia elaborato? Molto bene Tenente Longbridge, ecco a lei e a tutti voi la complessa e contorta verità: a Legacy Black piacciono le cose troppo belle.”

Janet Autumn cadde a terra in ginocchio. Il marito borbottava diniego e ogni tipo di insulto verso Legacy. Ginevra pianse. Harry e Ron erano allibiti mentre Hannah si coprì la bocca con la mano, per bloccare i singhiozzi. Theodore Nott faticava a reggersi in piedi, tanto da dover ricorrere alla sedia che aveva accanto.

“E'-...”, provò a dire il Tenente. “E' stata vittima di abusi da parte di Legacy Balck?”

“Ogni. Singola. Notte.”

Dopo quelle parole, fu il caos. Matt Autumn si catapultò su Harry Potter sferrandogli un pugno e accusandolo di non aver protetto la sua bambina. Ron, Theo e i due Auror intervennero per sedare la rissa mentre Ginny raggiunse Janet che era ormai completamente a terra in preda ad una crisi di pianto. Aberforth Silente, sino ad allora una spettatore silenzioso, sfoderò la bacchetta e, puntandola contro Ebony, pronunciò un incantesimo per farla addormentare. L'ultimo ricordo della ragazza fu il buio e il silenzio. Di nuovo.

***


Albus e James Potter non potevano immaginare quello che stava succedendo nell'Infermeria. Camminavano per i corridoi, precisamente quello che portava al dormitorio Serpeverde.

“Come stai?, chiese Al.

“Dovrei essere io a chiedertelo. Sono il fratello maggiore...”, rispose malinconico James.

“Vero...ma io non ho la ragazza che amo segregata in Infermeria.”

James rise. Nessuno aveva mai detto una parola sul rapporto che era nato tra lui ed Ebony. Fino ad allora, lui stesso non si era mia posto la domanda, quale forza fosse quella che lo spingeva verso di lei. Ma Albus Potter era Albus Potter.

“Da quanto tempo lo sai?”

“Da prima che lo scoprissi tu!”, rispose ridendo. “Ma se proprio devo dire una data...direi il primo settembre di cinque anni fa.”

“Lei non vuole vedermi. Questo non fa ben sperare.”, disse James infilandosi le mani nelle tasche.

“James Potter pessimista e arrendevole? Non sono sopravvissuto a questo fantastico quarto anno per vederti in questo stato!”

“Come va con la storia del controllo mentale?”, chiese James cambiando discorso.

“Scomparso. E' come se mi sentissi più leggero. La pozione che avevo in corpo ormai è stata quasi totalmente espulsa dal mio corpo e, per quanto l'incantesimo fosse potente, è stata la bacchetta di Ebony a scagliarlo e solo la sua bacchetta potrebbe re-innescarlo. Conto sul fatto che gli sto simpatico.”, disse con il suo solito sarcasmo leggero.

Arrivarono dinnanzi alla porta del dormitorio.

“Non serve che mi accompagni fino alla porta James...”, disse schernendolo Albus.

“Lo so. Serve a me.”, rispose candidamente James. “Se non sapessi che le dimostrazione di affetto ti disgustano, ti abbraccerei!”

“Ti prego non lo fare...”, gli rispose scettico Albus. I due fratelli si rivolsero un sorriso complice. Erano diversi, sotto ogni punto di vista ma poco importava.

Albus entrò nel dormitorio, convinto che ormai tutti gli studenti fossero andati a letto. Si sbagliava: Jocelyn Green era seduta su una poltrona, reggendo un libro sulle gambe. Il suo volto era illuminato da qualche candela che riusciva a celare quel poco che era rimasto dei suoi lividi in seguito alla sua fuga da Legacy. Il suo cipiglio concentrato aveva attirato Albus sin dal primo giorno in cui l'aveva vista. Non si distraeva mai, non dava peso a ciò che le succedeva intorno, cascasse il mondo lei avrebbe continuato nelle sue attività.

“Ho la tua bacchetta Potter.”

La sua voce lo fece sussultare. A quanto sembrava, il mondo circostante in qualche modo la toccava.

“Emh...grazie. Te l'ha data Alexander?”

Jocelyn annuì porgendogliela senza staccare gli occhi dal suo libro.

“Tu stai bene?”, chiese Albus.

La domanda sembrò attirare l'attenzione di Jocelyn che scostò gli occhi dal suo libro.

“Perché me lo stai chiedendo?”, chiese scettica.

“Perché credo che nessuno te l'abbia mai chiesto.”

Jocelyn rimase interdetta e stupita. Chiuse il libro e si alzò di scatto.

“Nessuno ha chiesto perché non ce n'è bisogno.”

“Avere qualcuno che si preoccupa per te non è un male Jo-Jo. Le emozioni non sono bestie pericolose.”

“E perché cavolo tu dovresti preoccuparti per me Potter!?”, chiese sarcastica.

“Perché siamo amici.”, rispose semplicemente.

Jocelyn rimase nuovamente senza parole. Quando diamine è successo? Da quando lei ha un amico? E soprattutto... perché?

Albus le sorrise vittorioso e si diresse verso la sezione maschile.

“Potter!”, lo richiamò la ragazza, “da quando siamo amici?”

“Non so...un bel po' credo.”

“Un bel po?! Io non sono un'esperta in fatto di amicizia ma credo che essa richieda un accordo tra le parti. Io non ho espresso il mio consenso.”

“Se aspettasi il tuo consenso non saremmo mai amici. Ho deciso che il tuo parere non mi interessa.”, rispose gioviale.

Albus scomparve tra le scale del suo dormitorio lasciano inebetita una povera Jocelyn Green.

Stava per trasgredire a tutte le regole della scuola per raggiungere Potter ma improvvisamente il professor Riddik fece il suo ingresso nella stanza.

“Green! A rapporto nell'ufficio del Preside.”

“Che ho fatto?”, chiese sconcertata.

“Kòre è qui.”

Jocelyn corse fuori insieme al suo curatore verso l'ufficio.

Appena arrivarono al suo interno, c'era una gran folla: professori, Derek, Temperance, Teddy Lupin e altri Auror; membri della resistenza tra i quali suo fratello Noah, Theo ed altri; Susan Strongstone stava accanto ad Harry Potter e Ron Weasley, con la faccia stranamente tumefatta; subito dopo Jo-Jo e Riddik, seguirono a ruota Draco Malfoy ed Hermione Granger che andò subito a sincerarsi delle condizioni del marito.

Al centro della stanza, sorretta da Ginny Potter, c'era Kòre, malmessa e debole ma viva. Il posto della coniuge di Harry Potter venne preso da lei e da suo fratello che insieme la fecero sedere. Kòre rivolse un sorriso alla piccola e coraggiosa Jo-Jo.

“Signore e Signori!”, tuonò Aberforth. “Scusate l'ora tarda ma quando una mia studentessa scampa alla morte il tempo diventa relativo. Signorina Dolohov, bando alla ciance! Ci esponga quello che vuole...”

Kòre prese un profondo respiro.

“Ringrazio tutti i presenti per ciò che hanno fatto in questi mesi. Io non ero me stessa e mi dispiace. Mi dispiace per tutto.”

Dicendo quell'ultima frase si rivolse automaticamente verso Teddy Lupin che non evitò il suo sguardo, bensì le sorrise.

“Credo di dovervi molte spiegazioni per cui vedrò di essere breve. Il rituale che sono stata costretta a portare a termine viene chiamato Risveglio. In poche parole...ho aperto le porte del Regno dei Morti ed ora le anime lì rinchiuse possono entrare e uscire quasi in totale libertà.”

“Porco Merlino!”, esclamò Derek beccandosi una gomitata da Temperance.

“Sì...porco Merlino. Sembra spaventoso e lo è. Il lato positivo è che io sono solo una Guardiana inesperta e, molto probabilmente, mi verrà presto impedito dal Gran Consiglio di esercitare ancora i miei poteri. Il mio incantesimo è incompiuto: le porte, di fatto, non sono spalancate. E' come se fossero socchiuse. Solo gli spiriti dei primi otto o nove Cerchi potranno uscire. Lo spirito di Voldemort è segregato nelle Profondità del Regno e non c'è rischio che esca. Lei, signor Potter, è stato vittima dell'inganno e dell'incantesimo della sua squadra di traditori. Erano loro che le facevano sentire il bruciore della cicatrice.", disse dispiaciuta.”

“Quindi il fatto che che tu abbia fallito è un vantaggio?”, chiese Hermione.

“Mai stata così felice per un insuccesso accademico!”, rispose sorridendo.

“Era questo che voleva Legacy Black?”, chiese il Preside.

“Lui voleva un esercito. Un esercito immortale.”, rispose Theodore. “L'unico modo per ottenerlo era possedere uomini già morti.”

“Le anime possono nuocere ai vivi?”, chiese Temperance.

“Sì. Sono come noi, si feriscono come noi ma non muoiono. Cioè non muoiono di nuovo.”

“Questo è davvero fantastico...”, disse ironicamente Ronald.

“C'è un incantesimo che posso insegnare a tutti voi. Li rispedirà nel Regno dei Morti per sempre. Il mio incantesimo permette alle anime di uscire, è vero ma solo un volta. Una volta rientrati perdono ogni possibilità di uscire di nuovo. Inoltre, non è detto che le anime giurino fedeltà a Legacy. Sono criminali, dopotutto. Non sono propense a prendere ordini.”

“E come contava Black di convincere le anime a seguirlo?”, chiese un Auror.

“Contava su di me. Se avessi portato a termine correttamente l'incantesimo, l'oscurità mi avrebbe avvolta per sempre e avrei avuto abbastanza potere da controllare le anime. Io le avrei liberate e loro mi avrebbero seguita, volenti o nolenti.”

“Ti informo che il Gran Consiglio ti ha convocata nella sua prossima assemblea.”, le disse Theo.

“Lo immaginavo. Loro faranno in modo di chiudere le porte ma ci vorrà tempo.”

“Quanto?”, chiese Noah.

“Un bel po'...”

“E noi cosa dovremmo fare nel frattempo?”, chiese Teddy Lupin.

Prima che Kòre potesse rispondere il Preside prese parola.

“Combattere. Siamo abbastanza bravi nel farlo. E anche abbastanza scemi da metterci sempre nei pasticci.”

“Legacy ha perso i suoi punti di riferimento. Presto scoprirà che le anime del Regno dei Morti non é gente accomodante.”, disse sicura Kòre.

Dei mormorii invasero ala stanza e gli adulti si misero a parlare fra loro. Kòre lasciò andare Noah che prese parte alla discussione. Lei, afferrò il braccio di Jocelyn portandola al suo livello.

“Devi farmi un favore...”, sussurrò.

“Quello che vuoi.”

“E' una cosa brutta Jo. Ti metterà in una posizione spiacevole.”, la avvertì Kòre.

“E quando mai la mia è stata una posizione piacevole?! Coraggio parla!”

“Dovrai mentire...o meglio, dire una mezza verità...oh non sono nemmeno io cosa sia! L'anno prossimo io non frequenterò più la scuola.”

“COSA?!?MA SEI SCEMA!?”

Kòre le intimò di non alzare la voce. Jocelyn le chiese se il Preside e Susan ne fossero a conoscenza.

“Certo che sì. Loro approvano.”

“Ma...i G.U.F.O.?”

“Non credo che la mia preparazione sia sufficiente per sostenerli. A meno che l'uccidere tre persone non faccia parte del programma!”

“Cosa farai?”

“Andrà a stare da Noah e collaborerò con la Resistenza e gli Auror. Non posso permettermi lo studio quando il mondo è invaso da criminali che io stessa ho liberato.”

Jocelyn era sconcertata ma sapeva che non avrebbe potuto far cambiare idea all'amica.

“E io che c'entro in tutto questo?”

“Dovrai assicurarti che tutti quanti sappiano che io e Noah stiamo insieme e che quando tutto questo sarà finito...ci sposeremo.”

“I morti ti hanno fuso il cervello?! Mio fratello? Ma perché?”

“Perché è la verità. Io e Noah stiamo insieme, lo sai.”

“Seh...e so anche che tu ami Fred Weasley. E non fare quella faccia stupita! Mica sono scema!”, disse Jocelyn notando lo stupore negli occhi di Kòre.

“Ed è soprattutto a lui che dovrà essere ben chiaro.”, rispose malinconica la Corvonero.

“Fammi capire...tu sei innamorata di Fred ma vuoi che lui creda che invece tu lo sia di Noah.”

“Esatto!”

“La domanda sorge abbastanza spontanea... Perché?!”

“Perché succederanno cose brutte Jo! La mia vita sarà pericolosa e la sua famiglia dovrà già sopportare un altro peso! Non c'è davvero bisogno che Fred si accompagni con una che metterà a repentaglio la sua vita!”

“Ma di che peso stai parlando?”

Prima che potesse rispondere, Harry Potter la richiamò, esortandola a continuare nel caso ci fosse altro da dire.

“Veramente...sì.”, rispose seria.

“L' ho completata.”, disse rivolgendosi a Theo sicura che avrebbe capito. Infatti, l'uomo di accese immediatamente di una nuova luce.

“La Profezia!”, riuscì a dire con voce flebile.

Tutti i presenti si unirono al fremito di ansia e gioia nel sapere che finalmente avevano tutta quanta la Profezia. Tuttavia, gli occhi di Kòre non erano affatto gioiosi.

“Kòre...”, chiese Ginevra Potter, “c'è qualcosa che non va?”

La ragazza pensò che fosse ironico che proprio Ginny Potter le avesse rivolto quella domanda.

“La Profezia è completa ma non dice come andrà a finire questa guerra.”

“La prego di illustrarcela, signorina Dolohov.”, disse il Preside.

Kòre prese l'ennesimo, profondo respiro:

Verrà il giorno, dieci soli e nove lune dopo l'equinozio di primavera, in cui le acque quiete della pace si agiteranno con l'impercettibile primo respiro di una giovane Guardiana dall'iride viola, a cui spetterà la scelta che da millenni grava nel profondo di ogni uomo. Ella è pervasa dalla magia nera, sangue e anima, lei e solo lei guiderà il Re.Non sarà sola nel lungo cammino, colei che ripercorrerà la storia del Prescelto crescendo tra i non maghi, diverrà sorella non di sangue ma di spirito ed insieme serviranno il nuovo Re. A lei vi si aggiungeranno i giovani amanti che il destino infausto ha separato sin dalla nascita.

Il vero amore non conosce guerre né confini, la sua fiamma non trema, non si affievolisce. Il loro sangue, blu e rosso, si tingerà come l'iride viola.“Della loro sorte il fato solo è a conoscenza, il loro amore non potrà essere consumato in tempi di pace. Essi riusciranno in ciò in cui i loro predecessori hanno fallito, avranno il coraggio di combattere.

Male e bene, da sempre divisi, si ricongiungeranno. Nessuno è morto. Nessuno è vivo. La danza delle anime avrà inizio e balleranno sulla terra, in aria, in acqua e nel fuoco. Tutto sarà uguale. Tutto sarò diverso. Solo uno stralcio del passato è destinato a ripetersi. Il primogenito di colui che fu il Prescelto, così è scritto, porterà su di sé la maledizione del padre perché nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive. Un solo Re. Un solo sangue.

Le generazioni che verranno, subiranno lo stesso destino che un tempo toccò a coloro i quali combatterono colui che rispondeva al nome di Tom O. Riddle. Sarà l'alba di un nuovo inizio.”

Silenzio. Era incredibile di come quasi venti persone riuscissero a non emettere nemmeno un suono.

James. Il futuro del mondo era nelle mani di James Potter.

Ginny svenne. Cadde a terra, come un peso morto. Kòre lascià la stanza tra la confusione e lo sgomento, accompagnata fuori da Noah Green.

“Dovresti riposare...”, le disse Noah.

“Bene. Portami in Infermeria. Devo vedere Ebony.”

“Non credi sia meglio che a dirglielo sia qualcun' altro?”

“James Potter è stato una delle poche ragioni, se non la sola, grazie alla quale Ebony non si sia arresa in questi mesi. Spetta a me dirle che ora quella ragione potrebbe morire.”

Noah non ribatté. Prese saldamente Kòre per le spalle iniziò a camminare lentamente. La notte era ormai calata su quello che per molti era stato l'ultimo giovedì dell'anno scolastico. Quello che in molti ignoravano, era che non si trattava solo di un ultimo giovedì. Era il primo giorno di quella che sarebbe stata una lunga, lunghissima serie di giorni.

Nel giro di poche ore, sarebbe stata l'alba di un nuovo inizio.


 

FINE

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Capitolo 31
*** RIASSUNTO ***


RIASSUNTO

RIASSUNTO:

 

The dawn of a new beginning è ambiantata circa ventitré anni dopo l'ultimo libro e tiene conto dell'epilogo, con qualche piccola differenza (c'è qualche variazione d'età, dovuta ad esigenze di trama, ad esempio Lily Luna Potter è al suo primo anno). I protagonisti sono la nuova generazione Potter- Weasley, insieme agli altri amici e studenti di Hogwarts.

 La storia si apre con un la presenza di due nuovi personaggi, Susan Strongstone e Kòre Dolohov.(15 anni). Susan è una tata anziana e di grande esperienza, Kòre è la figlia di Ater Dolohov, figlio di Antonin e di Hazel Karol, una Guardiana di Anime.

 I Guardiani (anch'essi di mia invenzione), sono maghi che hanno il compito di controllare e vigilare sul Regno dei Morti, l'equivalente dell'Inferno dantesco. Infatti, Dante e la Divina Commedia sono temi ricorrenti nella storia. La Divina è di fatto la Bibbia dei Guardiani.

 Kòre viene abbandonata ancora in fasce dalla madre ed affidata alle cure di Susan. Cresce tra la famiglia Malfoy, riabilitatasi dopo la guerra, dove viene amata ed apprezzata da Draco Malfoy che, insieme alla moglie Astoria, trattano come una figlia e dal figlio Scorpius, che la considera una sorella.

 I suoi primi anni ad Hogwarts trascorrono però in modo burrascoso, in quanto vittima dell'odio incondizionato di James Potter e Fred Weasley ( 15  anni, entrambi Grifoni).

La ragazza può contare sul supporto dei suoi amici Rose Weasley (14-anni) compagna di casa Corvonero, Lysander Scamandro(15-Corvonero), Albus Potter ( 14-Serpeverde), Scorpius ( 14- Serpeverde e migliore amico di Albus), Jocelyn Green (13 anni Purosangue Serpeverde) ed Ebony Autumn, Grifondoro, migliore amica di Kòre sin da quando erano piccole, nemica mortale di James Potter che reputa essere solo un ragazzino viziato. In seguito si scoprirà che il vero cognome della ragazza è Rookwood ed è la figlia di Augustus e Willow Rookwood.

 

In occasione del compleanno di Albus, Kòre e Scorpius si recano alla Tana, creando scompiglio all'interno della famiglia. La serata si interrompe bruscamente quando Villa Malfoy viene attaccata da degli strani maghi che ricordano i Mangiamorte. Durante uno scontro, Kòre salva la vita di Teddy Lupin (aspirante Auror) e questo le permette di entrare nelle grazie di Fred e James.

 

Si scopre che Kòre possiede una guida, Fred Weasley Senior, che ha il compito di guidarla durante il suo apprendistato da Guardiana. Nel frattempo, cose strane stanno succedendo nel mondo magico: una nuova minaccia, i Punitori, ed un nuovo “Voldemort”, Legacy Black, personaggio dal misterioso passato e  figlio di Sirius Black e Dorcas Meadows.

 

La situazione si complica ulteriormente quando si scopre che Kòre, Ebony e Jocelyn fanno parte di questo nuovo gruppo che minaccia la pace e che esiste una nuova Profezia.

 

Esiste però anche una Resistenza, composta da Blaise Zabini (che viene ucciso dai Punitori) ed altri maghi Purosangue che non avevano sostenuto apertamente Lord Voldemort. A capo di tutto ciò c'è Theodore Nott che aveva elaborato un piano per impedire l'avverarsi della Profezia: in realtà Ebony, Kòre e Jocelyn sono membri della Resistenza sotto copertura tra i Punitori.

Tutto sarebbe andato per il meglio ma Legacy scopre l'inganno delle ragazze. Riesce a far sì che Kòre venga pervasa dalla magia nera necessaria per portare a termine la Profezia, obbligandola a commettere tre omicidi. Tra le vittime, vi è Victoire Weasley, fidanzata di Teddy.

Jocelyn riesce a scappare ma Ebony viene catturata e tenuta prigioniera da Legacy che abusa della ragazza.

Ad Hogwarts, i ragazzi non ci stanno a starsene fermi in disparte e cercano di salvaguardare il buon nome delle amiche. Durante l'anno, Ebony si è avvicinata a James anche se fidanzata segretamente con Adam Baston. Lo stesso vale per Kòre che approfondisce il rapporto con Fred nonostante sia fidanzata con il fratello di Jocelyn, Noah (17), membro della Resistenza e ragazzo piuttosto schivo.

Anche Rose e Scorpius diventano più intimi ma tutto finisce nel momento in cui scoprono che i genitori, Hermione e Draco, ebbero una relazione clandestina durante il loro ultimo anno di scuola. Inoltre, Rose non apprezza il fatto che Scorpius e gli altri collaborino con Alexander Zabini. (16-Serpeverde)

E' grazie all'aiuto del figlio di Blaise, che i ragazzi riescono ad ottenere informazioni. Alexander è un ragazzo spregiudicato e furbo, il cui unico interesse è Gwen Pondblue(16- Grifondoro), amica da sempre con la quale vorrebbe avere qualcosa di più. Estorce un accordo a Scorpius, creando una frattura tra il ragazzo e Rose, con il quale si assicura un matrimonio con Gwen in virtù di un precedente accordo stipulato tra Blaise, passato a miglior vita, e la famiglia Pondbleu.

Un altro motivo spinge i giovani studenti alla lotta: Albus Potter, in seguito ad una fattura durante una partita di Quiddich, cade vittima di un incantesimo che permette a Legacy di prendere il controllo del corpo del ragazzo così come accadde al padre all'epoca di Voldemort.

Kòre viene invasa dalla magia nera necessaria affinchè le anime possano vagare libere sulla terra ma riesce a riprendere il controllo nel momento in cui Auror e Resistenza fanno irruzione nel luogo dove Legacy e i Puntori si erano rifugiati. Il piano prevedeva se necessario l'eliminazione fisica delle due ragazze ma grazie all'intervento di Draco Malfoy e due giovani Auror, Temperance Tudor e Derek Gellant, questo viene impedito. Tuttavia, durante la battaglia, Kòre porta del tutto a termine l'incantesimo pur sapendo che dopo sarebbe morta. 

 

La battaglia si è conclusa senza un vincitore. Legacy e i Punitori si sono dati alla macchia mentre invece Kòre versa in uno stato di coma al San Mungo da cui però si risveglia rivelando per intero la Profezia.

Nel frattempo Hogwarts cura le ferite dei suoi eroi ma purtroppo non tutte sono rimarginabili: sotto l'effetto del Veritaserum Ebony confessa di aver avuto dei rapporti sessuali con Legacy ed è quello il motivo per cui è ancora viva. Rose non si da pace per quello che è successo a Kòre e si incolpa del fatto di aver perso tempo con Scorpius mentre il mondo crollava.

Harry e Ginny ormai faticano anche solo a guardarsi negli occhi. La donna lo considera responsabile per il fatto che ora i suoi figli siano in pericolo. Draco ed Hermione vengono pervasi dalla passione che un tempo li unì e finiscono per fare l'amore nonostante siano entrambi sposati.

 

La storia termina con l'annuncio da parte di Kòre dell'intera Profezia davanti al corpo docenti, il Preside Aberforth, la Resistenza e gli Auror, fatto che scatena reazioni di sconcerto e disperazione. 

 

  Verrà il giorno, dieci soli e nove lune dopo l'equinozio di primavera, in cui le acque quiete della pace si agiteranno con l'impercettibile primo respiro di una giovane Guardiana dall'iride viola, a cui spetterà la scelta che da millenni grava nel profondo di ogni uomo. Ella è pervasa dalla magia nera, sangue e anima, lei e solo lei guiderà il Re.

Non sarà sola nel lungo cammino, colei che ripercorrerà la storia del Prescelto crescendo tra i non maghi, diverrà sorella non di sangue ma di spirito ed insieme serviranno il nuovo Re. A lei vi si aggiungeranno i giovani amanti che il destino infausto ha separato sin dalla nascita.

l vero amore non conosce guerre né confini, la sua fiamma non trema, non si affievolisce. Il loro sangue, blu e rosso, si tingerà come l'iride viola.“Della loro sorte il fato solo è a conoscenza, il loro amore non potrà essere consumato in tempi di pace. Essi riusciranno in ciò in cui i loro predecessori hanno fallito, avranno il coraggio di combattere.”                                                 

Male e bene, da sempre divisi, si ricongiungeranno. Nessuno è morto. Nessuno è vivo. La danza delle anime avrà inizio e balleranno sulla terra, in aria, in acqua e nel fuoco. Tutto sarà uguale. Tutto sarò diverso. Solo uno stralcio del passato è destinato a ripetersi. Il primogenito di colui che fu il Prescelto, così è scritto, porterà su di sé la maledizione del padre

perché nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive. Un solo Re. Un solo sangue.

Le generazioni che verranno, subiranno lo stesso destino che un tempo toccò a coloro i quali combatterono colui che rispondeva al nome di Tom O. Riddle. Sarà l'alba di un nuovo inizio.”

 

 

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