l'amore al tempo delle poleis

di Decmidia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le vergini di Atene ***
Capitolo 2: *** Un giovane venuto da lontano ***
Capitolo 3: *** Addio? ***



Capitolo 1
*** Le vergini di Atene ***


Le vergini di Atene


Era un giorno come un altro ad Atene: il sole splendeva sull'Attica e l'estate ormai incipiente bussava alle porte. Come ogni settimana, Eirene girava nell'Agorà per comprare da mangiare per le sue compagne. Non passava inosservata: non di particolare altezza come tutto il suo popolo, aveva dei bellissimi capelli scuri come la pece, intrecciati con fiori sempre freschi, e occhi di un blu intenso che spesso venivano comparati al blu del mare d'estate, sul viso tondo e guance rosate; le curve erano morbide e la semplice tonaca bianca legata in vita con una cordicella le cadeva perfettamente sui seni e sui fianchi. 
Eirene si faceva spazio tra la folla che mercanteggiava e i bambini che correvano qui e là spesso sbattendo sulle gambe degli adulti, mentre cercavano di arraffare qualcosa senza essere beccati. Alla fine della spesa torna al tempio, accaldata e stanca: lì incontra la più vecchia delle sacerdotesse, che era per lei una madre da quando ha abbandonato la sua famiglia per seguire la vita mistica.

"Dobbiamo parlare, Eirene"

Disse la vecchia, e le indicò di seguirla verso il giardino profumato riservato alle vergini sacerdotesse. Aveva la voce stanca e rauca, ma al contempo affettuosa e calda. Fece cenno di sedersi su una panca di marmo sotto il portico dipinto.

"Sai bene che dobbiamo preparare e organizzare il giorno dei sacrifici ad Atena, a cui sarà presente tutto il popolo: voglio che quest'anno sia tu a compiere uno dei sacrifici. Ho bisogno di ragazze ferme e decise, so che posso contare su di te.

Eirene non era felice, nonostante fosse un onore grandissimo: odiava il pensiero di dover crudelmente ammazzare un animale vivo sull'altare, ma non poteva ribellarsi. Rimase in silenzio qualche secondo, osservando le farfalle che si posavano per qualche istante sui fiori e poi volare via. 

"Va bene, signora Menodora. Come lei desidera"

La vecchia si alzò con fatica col suo bastone, le sorrise e se ne andò con passo lemme verso la sua stanza: l'età si faceva sentire. Eirene, appena Menodora si voltò, scattò in piedi e con passo veloce si diresse verso il grande giardino, per riflettere. Con passo veloce raggiunse il suo posto preferito per meditare: uno specchio d'acqua limpido circondato da fiori e muschi, formato dal fiume che scendeva lungo la collina, con cui si lavavano e facevano le abluzioni sacre. Si sedette sul prato e si mise le mani nei capelli: davanti a tutto il popolo di Atene avrebbe retto la pressione, oppure sarebbe crollata e così cacciata? Non aveva rinnegato la sua famiglia per mollare proprio adesso. Aveva un carattere forte e deciso, non avrebbe rinunciato alla sua decisione per niente al mondo. Aveva lottato con le unghie e coi denti, rifiutando mille pretendenti che aspiravano al suo corpo e alla sua dote. La sua famiglia, dell'antica aristocrazia, aveva perso i due figli maschi in guerra contro gli Spartani e gli rimaneva soltanto Eirene e la sorella minore: non erano disposti a lasciare la figlia in mano alle sacerdotesse e così perdere ogni contatto con lei. Non sono bastate le lacrimose preghiere della madre e le percosse del padre: lei aveva deciso di mantenere il nubilato e donare la propria esistenza alla matrona della città. 
Poi sentì in lontananza delle voci squillanti. Erano le bambine del tìaso accompagnate dalle altre sacerdotesse: la chiamavano per consumare il pasto. Lei si alzò, si scrollò la polvere dalla tunica e le raggiunse, col suo innato portamento elegante e seducente.

***

Arrivò il giorno dei sacrifici. Eirene si svegliò prima delle compagna, per l'ansia: il sole era appena sorto. Si diresse alla sua toeletta per lavarsi e pettinarsi, poi indossò gli abiti da cerimonia. Quella bellissima tunica rossa, ricamata con fili d'oro sui bordi le cadeva perfettamente, facendo risaltare le sue forme e il suo bellissimo viso tondo. Saltò la colazione, aveva un nodo alla bocca dello stomaco al solo pensiero della creatura che dovrà sgozzare. Le risatine dietro di lei le fecero intuire che le frivole compagne non la ritenevano degna, ma lei nonostante tutti i dubbi e le ansie era decisa a dimostrare a tutti che era all'altezza del compito. 
Partirono tutte insieme, dall'agorà in mezzo alla città. Il sole batteva forte e non c'era un fiato di vento quel giorno. La polvere alzata dalla strada soffocava, il caldo asfissiante non lasciava tregua ed Eirene non si sentiva per niente bene. Proseguì in testa alla processione, lungo la strada principale, preceduta soltanto dalla sacerdotessa più anziana. Ai bordi, il popolo che esultava e invocava inni ad Atena, protettrice della città. Lei cantava con le altre e guardava dritto avanti a sè, mettendo con attenzione un piede dopo l'altro. La processione era sontuosa, lasciava sempre tutti a bocca aperta. Tutte le ragazze, vestite da cerimonia, intonavano inni e canzoni alla dea, con dolci melodie e voci soavi. Spargevano fiori colorati e profumati, e portavano con loro gli oggetti sacri alla divinità. Dietro di loro, musicisti e ballerine accompagnavano i loro canti, con esotiche melodie e coreografie mozzafiato. La città si era travestita di mille colori, e tutti assistevano alla processione, finendo poi per seguire lo stuolo di vergini.
Terminata la via sacra e arrivate all'Acropoli, cadde un silenzio di tomba, e decine di migliaia di occhi si fissarono sull'altare dove avrebbe dovuto compiere il sacrificio. Con decisione, Eirene salì i gradini che la dividevano dall'ara, e le altre sacerdotesse appoggiarono una grossa pecora legata sull'altare. Belava e piangeva terrorizzata, Eirene aveva un groppo alla gola. Prese il pugnale, con mano tremante. Con la voce spezzata, pronunciò le formule di rito, chiuse gli occhi, e affondò il pugnale sul collo dell'animale. Sentì, in ordine, i belati affievolirsi, la folla esultare, e le mani affondare in un liquido caldo. Aprì gli occhi, e vide l'animale sgozzato. Tolse immediatamente le mani, e si girò verso la gente. Cercò di contenere più contegno possibile, sentiva un vuoto nel petto e la testa girare, diede colpa al sole che batteva sulla testa da ore: scese i gradini velocemente, raggiunse le sue compagne, e poi, il buio. 

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Capitolo 2
*** Un giovane venuto da lontano ***


Un giovane venuto da lontano


Fortunatamente, Eirene svenne in mezzo alle sue compagne sacerdotesse e pochissimi se ne accorsero, se no sarebbe scoppiato un putiferio. Le ragazze la portarono velocemente e senza farsi notare dentro il tempio.

Si sapeva, non ha stomaco per una cosa del genere.”

Si infatti. Quella vecchia di Menodora doveva scegliere qualcun’altra, l’ha scelta solo perché le sta simpatica.”

Nel chiacchericcio femminile fece irruzione un giovane: le ragazze si girarono sconcertate. Nessuno a parte chi addetto poteva entrare nel tempio. Prima che potessero protestare tutte insieme, il ragazzo parlò.

Sono un medico. Lasciatemi spazio.”

Il giovane aveva visto tutto, perché rapito dalla bellezza della ragazza l’aveva seguita con lo sguardo senza mai perderla di vista. Era biondo come Apollo, coi riccioli che scendevano sulla fronte. Gli occhi erano di un marrone intenso, quasi nero, che penetrava l’anima. Il corpo scolpito e la pelle abbronzata e irrobustita dalle lunghe peregrinazioni per l’Asia e il Peloponneso: era diventato un medico e viaggiava per i paesi per apprendere nuove tecniche e aiutare chi in difficoltà. Appena Eirene si risvegliò, incontrò lo sguardo preoccupato del ragazzo.

“Come ti senti?”

Eirene non aveva mai parlato a un uomo, era confusa. Non le era permesso avere rapporti con l’altro sesso, e adesso questo tipo mai visto la stava guardando, parlando, toccando.

“Bene, sto bene. Non c’era bisogno di disturbarsi.”

Si alzò velocemente ma barcollò, ancora con la pressione bassa. Il ragazzo la tenne per i fianchi, un brivido la percorse per la schiena a quel tocco.  Lui la guardava fisso, lei era turbata. Si staccò da lui e raggiunse le sue compagne che ridevano. Eirene mise il broncio.

“Mi chiamo Herakleides, sono un medico. Ti prego, permettimi di visitarti: hai avuto un brutto colpo di sole. Basterà un infuso e starai subito meglio.”

Eirene era sempre più ostile nei suoi confronti: chi era lui per trattarla così affabilmente? Si guardarono intensamente per qualche secondo negli occhi, e lei sentì delle sensazioni nuove partirle dal ventre e inebriarle la testa. Ma quando si rese conto di ciò che stava succedendo distolse lo sguardo, imbarazzata.

“La ringrazio, ma sto bene così. Arrivederci.”

Girò i tacchi e se ne andò, seguita dalle altre sacerdotesse che saltellavano intorno a lei chiedendosi chi fosse quel giovane misterioso. Eirene era silenziosa, adombrata: era successo qualcosa nel suo profondo. Qualcosa era cambiato e lei ne era cosciente, anche se non riusciva a spiegare cosa fosse accaduto. Si unirono al corteo e seguirono il resto della cerimonia, senza che nessuno si fosse accorto di niente. Eirene si girò verso il tempio, un po’ sperando di vedere Herakleides uscire e raggiungere la processione, ma sembrava essersi volatilizzato nel nulla. Scosse la testa, cercava in tutti i modi di cacciare questi pensieri impuri, e concentrarsi sulla lode di Atena. Ma per tutta la giornata, nonostante incanalasse tutte le sue forze alla celebrazione, una parte dei suoi pensieri non riuscivano a dimenticare ciò che era successo.

Si fece sera, ed Eirene si diresse stanca verso il giardino per rilassarsi un po’.  La giornata era stata lunga e pesante, aveva bisogno di riposare la mente nel suo angolo preferito. Chiuse gli occhi e ascoltò il rumore dell’acqua, accompagnato dal primo frinire dei grilli. La mente volò a quel misterioso ragazzo incontrato in quelle strane circostanze: le sembrava che la dea avesse organizzato tutto. La fortuna, una delle dee del pantheon, aveva messo mano tra quei due ragazzi. Era chiaro che un filo li avrebbe legati, sempre. Aprì gli occhi lentamente, e lo trovò dall’altra parte del laghetto.

“Ma che cavolo!”

Eirene si alzò di scatto e si allontanò velocemente.

“Sei pazzo?! Se ti trovano qui mi cacciano via!”

Lui sorrise, malizioso.  Lei lo guardò sconcertata. Si fissarono a lungo negli occhi, come nel tempio. Un brivido scorse lungo la schiena della ragazza, lui sembrava impassibile nella sua seducente maliziosità.

“Volevo vederti.”

“Cosa vuoi da me?!”

“Solo conoscerti.”

Si squadrarono a lungo, l’un l’altro: attraversarono i loro corpi in ogni centimetro con lo sguardo. Poi lui si tuffò nello specchio d’acqua. Nuotò fino all’altra sponda, e completamente bagnato uscì dal laghetto. Quella tunica bagnata metteva in risalto quel fisico dannatamente, troppo sensuale. Si scrollò un po’ via l’acqua di dosso, e si avvicinò a lei. Eirene rimase impalata, non aveva la forza di muoversi: il cuore sembrava battere così forte che presto sarebbe uscito dal petto e dal basso ventre partivano le stesse sensazioni provate al mattino. Herakleides si scostò i riccioli biondi dalla fronte, con fare ammiccante.

“Non conosco ancora il tuo nome, bella fanciulla.”

“Come hai fatto a sapere che ero qui?”

Disse Eirene con voce aggressiva, ma era chiaramente fragile come non mai. Herakleides rise, sinceramente divertito dall’atteggiamento della ragazza. Si sedette e le fece cenno di sedersi accanto a lei: la ragazza rimase in piedi.

“Ho le mie fonti. Allora, come ti chiami?”

“Eirene.”

La giovane sacerdotessa lo disse quasi con riluttanza, lui era sempre più divertito dalla situazione.

“Eirene… Bellissimo nome: significa ‘pace’.”

“Lo so.”

“Non mi sei sembrata molto pacifica oggi però. Non sei svenuta per il sole,  vero?”

Eirene si irrigidì molto: come l’aveva capito? Lui rise ancora.

“Dai siediti, non ti mangio mica.”

Lei si sedette, distante. Lui si avvicinò; lei si allontanò ancora.
Lui continuò a farle delle domande sul suo conto, con fare gentile. Eirene si sentì sempre meno minacciata da quella presenza maschile entrata così brutalmente nella sua vita. Ignorò il coprifuoco che vigeva, e continuò a parlare con Herakleides nel corso della notte. Anche le prime lucciole che si aggiravano nell’erba si erano spente. Intorno a loro, la natura taceva. Lui avvicinò il volto a quello di lei. Eirene sentiva il suo respiro caldo sulla pelle, era terribilmente attratta da lui: il cuore la spingeva tra le sue braccia, ma il suo cervello le ricordava che era una sacerdotessa, e che essendo tale doveva rimanere vergine.  I profondi occhi di lui si fissarono nel blu dei quelli della giovane: entrambi si persero negli occhi dell’altro. Le mani si sfiorarono, poi intrecciarono le proprie dita. La mano libera del giovane, accarezzò delicatamente la morbida guancia della fanciulla, poi scorse verso i capelli, fino alla nuca. E così si avvicinò ancora di più: le loro labbra si sfioravano. Lei tremava, aveva paura da un lato, ma dall’altro non aspettava altro che aprirsi in un bacio. Lui con aria triste ma determinata, disse:

“Tornerò. Aspettami qui ogni notte un’ora dopo che è scattato il coprifuoco. Fai in modo che nessuno veda dove stai andando.”

Herakleides si alzò, e così fece anche Eirene. Non voleva che se ne andasse.

“Mi porterò un tronco per oltrepassare il fiume la prossima volta, così non mi bagnerò tutto.”

La strinse forte a sé, in un interminabile abbraccio. Lei appoggiava l’orecchio direttamente sul suo cuore, e ascoltava i battiti lenti e forti, mentre i suoi sembravano veloci come il battito d’ali di un colibrì. Si inebriò dell’odore della sua pelle, e il ragazzo immerse il viso tra i capelli di lei. Poi si scostò e le prese il viso, le diede un tenero bacio sulla fronte e disse:

“Tornerò.”

E come si staccò da lei, si ributtò nel laghetto e scomparve nella foresta, e poi tutto tacque.

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Capitolo 3
*** Addio? ***


Ho cancellato e modificato il capitolo! Ho ritenuto più giusto correggere questo che aveva diverse imperfezioni piuttosto che rimediare con quello successivo. Buona lettura e spero di aver fatto un lavoro migliore. Peace!

***


  Le lune passavano e Eirene viveva con tormento questa sua doppia vita: di giorno, straziata dai sensi di colpa, era diventata ombrosa e schiva; di notte, raggiante di felicità, tornava la ragazza gioiosa di un tempo. Nonostante l'assiduità con la quale vedeva Herakleides, il loro rapporto non si era mai spinto oltre: lei aveva ancora la forza di mantenere la sua purezza, nonostante l'enorme desiderio di amore e di affetto. Lui, nonostante fosse abituato ad avere tutto quello che volesse subito, vedeva il lei qualcosa di speciale, e rispettava la sua pudicizia. Si limitavano a sfiorarsi le mani o accarezzarsi il volto. Il loro respiro si interrompeva ogni volta che i loro occhi si incontravano nell'oscurità. Nessuno sospettava che Eirene avesse rapporti con una persona esterna al tìaso: aveva preso tutte le sue accortezze per restare in incognito. Il tìaso era diventata la sua casa, ormai. Era diventata una maestra per quel gruppo di ragazze che venivano educate per essere poi date in spose a uomini importanti. Amava quel posto, con tutte le sue contraddizioni e i suoi torbidi segreti. Più volte, passando silenziosa nei corridoio, sentiva spasmi d’amore placarsi nell’ombra. Lei ha preferito non avvicinarsi a questa realtà troppo sensuale: troppo radicata ai suoi fondamenti, nonostante la curiosità e il desiderio che divampavano.  
Lui passava le giornate illuminate da Apollo che scruta i cieli a nascondersi nella città e a pensare a Eirene. Aveva trovato alloggio presso una signora malata che gli dava alloggio in cambio di cure mediche. Non amava esporsi, non usciva mai dall’abitazione se non di notte, e poi scappava invisibile con l’aiuto dell’oscurità. Aspettava che la signora dormisse prima di indossare il suo mantello nero e prendere la strada verso la tanto desiderata ragazza. Neanche lui sapeva cosa lo aveva spinto a seguirla quella notte. Nel corso della sua vita le donne venivano da lui a vendere il loro corpo per avere medicine, non le aveva mai considerate se non come oggetti e non aveva mai sentito tale sentimento divampare nel suo petto. Quando la guardava gli sembrava che il tempo si fermasse, che nient’altro era importante in quel momento se non loro due. Era ormai un uomo, deciso e ambizioso, e niente lo avrebbe distolto dalla fonte della sua felicità. Almeno era quello che lui pensava.
Ultimamente la situazione politica si era fatta complessa, e la paura di tutti si erano avverata: Atene aveva deciso di scendere in guerra contro i Persiani. La città era già stremata dalle guerre precedenti, e anche il sistema interno ne stava molto risentendo. I giovani già fremevano e aspettavano di andare in guerra contro i Barbari per dimostrare quanto fosse forte la loro patria, mentre le madri piangevano disperate cercando un modo di convincerli a non partire in qualche modo: in pochi tornavano dalla guerra, chi moriva e chi scappava, chi si stanziava e chi passava dalla parte opposta. Le speranze di vittoria si frantumarono nel momento in cui scoprirono che i Persiani erano già nel Peloponneso, e si muovevano con velocità incalzante verso l’Attica. A niente sono servite le truppe ausiliari e gli alleati per rallentarli, l’avanzata era inesorabile e la loro furia distruttrice non poteva essere fermata. Ovunque passassero distruggevano le città, razziavano le campagne, massacravano la popolazione e facevano schiavi donne e bambini. Herakleides non poteva sopportare l’idea di staccarsi dalla sua amata, e più volte ha provato a convincerla ad andare via con lui e a mettersi in salvo. Non riuscì mai a convincere Eirene, perché lei sentiva sulle spalle il dovere di proteggere quella che era la sua famiglia. 
I giorni passavano, e non si decisero mai ad andarsene e lasciare tutto e tutti, per vivere una vita insieme, più tranquilla e lontano dalla guerra. Lei aveva un peso sul cuore, di dover aiutare le altre in un momento tanto difficile e di rendere grazie a loro per averla accolta come una sorella; lui, nonostante lo volesse con tutte le sue forze, sentiva in fondo che il suo dovere di medico era rimanere e aiutare chi era stato abbastanza fortunato da rimanere ancora in vita. 
Era l’ultima notte, i nemici erano ormai alle porte di Atene, la città un tempo potente invincibile, adesso era piegata e in preda all’anarchia.
"Scappiamo insieme Eirene, ti prego. Abbiamo fatto tanta fatica, perchè buttare la nostra vita in pasto ai Barbari?"

Ogni volta che Herakleides toccava questo argomento le veniva una fitta al cuore. Come poteva abbandonare le sue compagne? Rimaneva pur sempre una sacerdotessa: il suo compito era rimanere e aiutare la popolazione. Rimase in un doloroso silenzio, finchè lui non le scrollò le spalle.

"Ragiona, Eirene. Se rimarrai qui morirai, se verrai via con me ti salverai e potremmo vivere insieme senza più nasconderci."

"Non abbandonerò nessuno. Se pensi sia meglio andarsene vai pure, nessuno ti costringe a rimanere."

"Ti supplico Eirene! Vien via con me!"

Gli occhi di lui erano pieni di dolore, nella loro fermezza. Le fissava il volto, ma lei guardava per terra, afflitta: non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi e dirgli di no. Una lacrime scese sulla sua guancia, per la stanchezza e il dolore, era ormai al limite. Se l'asciugò, rapidamente; non le piaceva mostrarsi fragile.

"Te lo ripeto un ultima volta -disse con voce spezzata- io rimango. Tu fai quello che ti pare."

Lui aspettò qualche istante, prima di rispondere.

"Senza di te non vado da nessuna parte."

La abbracciò forte, e rimasero così per un tempo che loro non riuscirono a quantificare. Gli occhi di lei si riempirono di lacrime, che scesero veloci sulla guancia; non un singhiozzo uscì dal suo petto. Da lontano si sentivano le urla che laceravano l’aria e il cuore dei due innamorati, e la luce fiammeggiante dell’esercito nemico accompagnato da canti pieni di terrore in una lingua esotica. Lui non riusciva a pensare ad altro che non si sarebbe mai perdonato se lei non ne fosse uscita viva, ma soprattutto per non averla convinta ad andarsene; lei preferiva godersi quegli ultimi istanti con la mente vuota e stanca, concentrandosi sul calore dei loro corpi uniti. Lui la staccò con dolcezza e guardò intensamente i suoi occhi gonfi di dolore rimanendo ancora una volta sorpreso da quanto fossero belli. Non poteva lasciarla così, fece ciò che il cuore ordinava di fare da tanto tempo: si avvicinò velocemente alle sue labbra e la baciò, lasciandola sbigottita. Eirene non capì subito cosa stesse succedendo, ma la guidò l’istinto: schiuse la labbra e le lingue si incontrarono, scambiandosi un lungo bacio caldo e pieno di tenerezza. Lei era piena e vuota allo stesso tempo, sentiva l’amore che le infiammava tutto il corpo e il basso ventre contorcersi piacevolmente. Tutto era chiaro per lei, adesso. Eros che scioglie le membra si era impossessato dei loro corpi legandoli indissolubilmente. Si staccarono e si guardarono negli occhi. Lui le asciugò le ultime lacrime rimaste sul viso.

“Ti amo” –le disse Herakleides scandendo con dolore le parole, sapendo a cosa stavano andando incontro.

“Non mi lasciare, ti prego”

Herakleides sperava davvero di poter mantenere quella promessa, ma non disse niente: troppo dolore nel suo petto per proferire parola. La prese per mano e la invitò ad alzarsi. I Persiani erano entrati dalle porte della città. A passo spedito la guidò verso i corridoi presi dal panico, tanto che nessuno si preoccupò della presenza dell’uomo. Le donne correvano di qua e di la, chi andava a prendere le bambine che piangevano terrorizzate e chi cercava di trovare un modo per aiutare gli altri. I Persiani avrebbero profanato l’area sacra? Si sperava di no, ma comunque non avrebbero potuto custodire tutta la cittadinanza all’interno dell’acropoli. I primi rifugiati già erano arrivati, prevalentemente erano donne coi bambini e anziani. Il flusso si faceva sempre più intenso e per la coppia andare contromano verso l’uscita era sempre più difficile. Herakleides si faceva spazio con forza col braccio libero, mentre con l’altro la teneva stretta a sé per non perderla nella folla. Arrivati all’uscita le diede un ultimo bacio sulle labbra e poi teneramente sulla fronte, poi le lasciò la mano. La guardò qualche istante prima che lei lo perse di vista in mezzo a tutte quelle persone. Eirene si sentiva vuota, e scoppiò in un pianto pieno di dolore, in preda agli spasmi che le sconquassavano il petto mentre immergeva la faccia nelle mani. Non pensava ad altro che la sua vita non sarebbe potuta andare avanti senza di lui e che sarebbe dovuta scappare, aveva condannato entrambi. Poi alzò il viso e si guardò intorno: era lì e non poteva rimanere inerme, quello che era stato deciso non si poteva cambiare e avrebbe dovuto fare tutto il possibile per rimanere in vita, per rivedere lui. 

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