You write your name across my heart

di thedgeofbreakingdown
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Imma make you bend your back ***
Capitolo 3: *** 2. 'Cuz we are one and the same ***
Capitolo 4: *** 3. I'm conscious but I'm lonely halfway dead ***
Capitolo 5: *** 4. Well, stop and erase ***
Capitolo 6: *** 5. But they don't know secrets that you just can't keep ***
Capitolo 7: *** 6. But you cover up won't let it show ***
Capitolo 8: *** 7.I'm here for you ***
Capitolo 9: *** 8. And then the cold came ***
Capitolo 10: *** 9.Catch me I'm falling ***
Capitolo 11: *** 10.'Cuz you make me strong ***
Capitolo 12: *** 11.I just wanna feel your body right next to mine ***
Capitolo 13: *** 12.It's amazing what you can hide just by putting on a smile ***
Capitolo 14: *** 13.This is a story that I have never told ***
Capitolo 15: *** 14.Dressing to impress the boy ***
Capitolo 16: *** 15.Tonight we could be more than friends ***
Capitolo 17: *** 16.I just don't care who is wrong or right ***
Capitolo 18: *** 17.I feel something so right doing the wrong thing ***
Capitolo 19: *** 18.But do you really want to be alone ***
Capitolo 20: *** 19.So numb but now I'm walking to myself in the middle of nowhere ***
Capitolo 21: *** 20.I wanna save your heart tonight ***
Capitolo 22: *** 21.This time doesn't need another perfect lie ***
Capitolo 23: *** 22.Let it snow! ***
Capitolo 24: *** 23.Put your lips on mine ***
Capitolo 25: *** 24.It's Christmas time ***
Capitolo 26: *** 25.Find me in the shadows in order that the cold never bother me anyway ***
Capitolo 27: *** Epilogo- You write your name across my heart ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 

Annabeth si passò una mano tra i capelli prima di mettere piede nell'enorme università di Harvard, dopo aver superato un vialetto in cemento, costeggiato da un prato verde e ben coltivato.

Matricola.

Dio, come odiava quella parola. La odiava con tutta sé stessa. La faceva sentire piccola, indifesa, ed era una cosa che aveva sempre, sempre odiato.

E non sapeva neanche lei, con precisione, per quale motivo, ma a diciannove anni odiava sentirsi dare della piccola e probabilmente, era anche per quello che faceva lotta.

Dimostrare a tutti che le ragazze potevano essere più forti dei ragazzi.

Fargli un culo grande quanto una casa, sul serio.

Era una delle cose alle quali ambiva oltre a diventare un bravo architetto, famoso, importante. Venire ricordata nel tempo e lasciare il segno, proprio come sua madre.

Si passò ancora una mano tra i capelli ricci e biondi prima di varcare l'atrio e dirigersi verso la presidenza, borsone alla mano destra e il foglio dell'iscrizione nella sinistra.

Solo dall'ingresso, amava già Harvard e si sentì ancora più fiera della scelta che aveva fatto. I soffitti incredibilmente alti e un po' austeri. I pavimenti eleganti. I quadri alle pareti che testimoniavano il numero degli studenti che avevano fatto esattamente i suoi stessi passi, che avevano avuto le sue stesse ambizioni, magari.

Suo malgrado, Annabeth sorrise andando più sicura verso la presidenza.

A Boston, voleva lasciarsi tutto alle spalle.

Voleva dimenticare la sua famiglia, il suo passato, troppo tormentato per i suoi gusti.

Voleva studiare alla grande, fare nuove amicizie e non innamorarsi, assolutamente no.

Ecco, quello voleva evitarlo ad ogni costo.

Le storie d'amore non servivano a nulla, ne era certa.

Dio, non aveva neanche idea che un ragazzo, proprio tra quei corridoi austeri le avrebbe rubato il cuore.

Annabeth Chase era una ragazza un po' troppo chiusa, che aveva bisogno di essere scavata.

Annabeth Chase era una ragazza intelligente, brillante, schietta, furba e incredibilmente forte, ma non avrebbe neanche potuto immaginare che un ragazzo le avrebbe rubato il cuore.

 

Percy Jackson era una fottuta forza della natura.

Diciannove anni di schiettezza, impulsività, sfrontatezza e forza.

Diciannove anni di risse e dormite fuori casa per le litigate con i genitori.

Diciannove anni di felpe enormi con il cappuccio calato sul viso e il cappellino con la visiera.

Diciannove anni di ribellione, tutto per colpa di una famiglia che non l'aveva mai capito. Per colpa di una prigione di cristallo. Per colpa di una vita che, probabilmente, non aveva mai voluto.

Ed ecco che cosa era diventato Percy Jackson per colpa della famiglia.

Era diventato un ragazzo duro, incredibilmente bello seppur non consapevole di esserlo.

Era diventato un ragazzo in apparenza privo di emozioni, privo di un cuore, ma nessuno poteva immaginare l'amore che era nascosto sotto le felpe grandi e il fisico atletico.

Nessuno poteva immaginare il dolore che nascondevano quegli occhi verdi e brillanti, e il sorriso furbo e dolce allo stesso tempo.

Nessuno poteva immaginare quanto, il suo cuore, fosse stato usato e spezzato, distrutto.

Nessuno poteva immaginare quando bisogno Percy Jackson avesse di essere portato in salvo.

 

E chi l'avrebbe mai detto che due vite completamente diverse come quelle di Percy e Annabeth sarebbero andate a incrociarsi?

Di certo, non loro due eppure, quel primo stesso giorno di università, il destino aveva iniziato a giocare la sua prima carta.





Angolo dell'autrice: 
Ehiiila<3
Finalmente sono tornata e con la famigerata long per giunta!
Oggi sono arrivata al capitolo venti e considerando che per finirla mi mancano altri cinque capitoli, ho deciso di pubblicarla oggi.
Questo è solo il prologo e come probabilmente avrete capito, Percy e Annabeth sono assolutamente normalissimi. Niente poteri divini e il mondo sovrannaturale lo conoscono solo grazie alle serie tv e ai film.
Spero che questo non vi abbia deluso ma avevo quest'idea in testa da un po' e spero che questo prologo (cortissimo ma i capitoli saranno decisamente più lunghi) almeno un po' vi abbia incuriosito.
Fatemi sapere che ne pensate se vi va, io aggiornerò esattamente tra una settimana, forse anche prima a seconda di quello che mi dite:**
Alla prossima,
Love yaa<3

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Capitolo 2
*** 1. Imma make you bend your back ***


Imma make you bend your back



- Ciao – sorrise Annabeth entrando nella sua nuova stanza, tenendosi la borsa che era scivolata nell'incavo del gomito e chiudendosi la porta alle spalle con un colpo di sedere.

 - Sono Annabeth – si presentò sorridendo e allungando il braccio libero per stringere la mano alla bella ragazza che aveva davanti.

E bella forse era riduttivo.

I capelli neri, lunghi fino al seno, erano legati in una treccia scura. Il volto magro cosparso di lentiggini, che facevano quasi a contrasto con l'eye-liner spesso che risaltava gli occhi grandi e blu elettrico.

Aveva il fisico snello e atletico come quello di Annabeth, le mani affusolate seppur il tutto quasi stonasse con i jeans aderenti neri strappati, la canottiera con le spalline sottili e lo smalto dello stesso colore.

- Io sono Talia, piacere di conoscerti – disse sincera stringendole la mano.

Aveva già personalizzato il suo lato della stanza, arricchendolo di poster di rock band un po' vecchie.

Annabeth le sorrise di rimando e poi buttò la borsa rossa sul letto, sedendocisi accanto e testando la morbidezza del materasso.

Andava bene e si abbandonò a pancia in su, con la testa sul cuscino soffice, osservando il soffitto bianco con un sorriso mentre Talia alzava un po' il volume della musica e continuava a sistemare poster.

- Allora, Annabeth – iniziò la mora guardandola da sopra la spalla, – da dove vieni? –

La bionda sorrise, lieta che fosse stata la sua compagna di stanza ad iniziare la conversazione.

- Dal sud, e tu? – fece mettendosi seduta e incrociando le gambe sul letto.

- New York, ma non sopportavo più quella stronza della mia matrigna e quella testa di cazzo di mio padre quindi sono venuta ad Harvard, tu? –

Annabeth rise prima di rispondere, – Mio padre è un idiota e la sua nuova moglie mi odia. Sono qui per le tue stesse ragioni –

Il volto di Talia si illuminò, aprendosi in un sorriso. Si girò verso Annabeth sporgendosi sul letto e allungando il braccio col pugno chiuso.

- Grande! Batti pugno, Bionda, noi due andremo d'accordo –

Annabeth rise facendo scontrare le sue nocche con quelle della mora, osservandola poi ritornare a sistemare gli angoli del poster mentre canticchiava e agitava i fianchi a ritmo di musica.

Come inizio non sarebbe potuto essere migliore.

 

- Ciao bello, sono Percy, come va? – esordì il ragazzo chiudendosi la porta alle spalle con un calcio.

Il ragazzo che si trovò davanti aveva il volto gentile, i capelli ricci e castani tenuti buoni da un berretto di lana nonostante il clima mite, un accenno di pizzetto e il fisico asciutto.

Non atletico come quello di Percy ma pur sempre asciutto.

Il ragazzo castano allungò il pugno chiuso verso quello di Percy che fece scontrare le loro nocche.

- Ciao amico, sono Grover –

Percy gettò il borsone sul letto guardando la stanza luminosa, la finestra sul fondo, la scrivania ad angolo e un piccolo divano accanto con la porta del bagno vicino.

Forse quello era l'inizio di una nuova vita.

Forse quella era la sua possibilità di lasciarsi il passato alle spalle.

Estrasse l'iPod dalla tasca esterna del borsone e srotolò veloce gli auricolari bianchi infilandoseli alle orecchie.

- Vado a farmi un giro – disse indicando la porta dietro di sé con il pollice senza far partire la musica, – vieni? – domandò.

Grover gli sorrise negando con la testa, – No, bello. Devo sistemarmi come si deve –

- grande, ci vediamo dopo allora – rispose Percy facendo partire la musica a tutto volume nelle orecchie senza sentire il “perfetto, a dopo” del suo nuovo compagno di stanza.

Si infilò l'iPod nella tasca posteriore dei jeans calati sui fianchi e si tirò il cappuccio sulla testa affondando le mani nelle tasche mentre varcava il corridoio bianco, diretto al cortile.

Scese le scale di corsa saltando gli ultimi sei gradini e cadendo facilmente sulle piante dei piedi. Ignorò un paio di ragazze che sospirarono e lo guardavano con insistenza.

Wow! Davvero in record per essere in quel college da meno di un'ora.

Scosse la testa e affondò ancora di più le mani nelle tasche della felpa appena uscì in cortile nella speranza di cancellare tutto ciò che precedeva il pre-salire sul pick up e lasciare New York alla velocità della luce.

Camminò sul prato soffice baciato da un dolce sole pomeridiano lasciando che la musica facesse da colonna sonora a quella merda che era la sua vita.

Sei ad Harvard, Percy. Devi ricominciare. Niente casini o impicci e ce la puoi fare.

Vagò con gli occhi verdi e luminosi per il campo, lasciando che indugiassero su ogni individuo che incontravano.

Niente di interessante comunque.

Tutti matricole arrapate o veterani montati.

Percy sbuffò mentre la musica, forse un po' troppo alta, gli risuonava nelle orecchie.

Niente aveva il potere di catturare la sua attenzione e il suo sguardo tranne.. Annabeth.

Lui non aveva idea di chi fosse ma incontrò la figura della ragazza, alla sua sinistra, leggermente lontano, un po' per caso, mentre osservava la piscina sul retro.

Il cuore quasi gli mancò di un battito quando la vide, era la ragazza più bella che avesse mai osservato.

I capelli biondi e ricci le sfioravano il sedere. Il fisico atletico era avvolto da una canottiera bianca aderente e una felpa grigia con la cerniera aperta che metteva in risalto gli occhi grandi e dello stesso colore contornati da lunghe ciglia. La carnagione era abbronzata, tipico dei californiani.

Era abbastanza alta e i jeans aderenti blu scuro non facevano altro che risaltare le forme già definite e le gambe toniche.

Rideva, rideva tanto tenendosi con una mano alla bella ragazza con i capelli scuri e le lentiggini accanto a lei, e con l'altra si reggeva lo stomaco.

Percy per un secondo, maledisse i Simple Plan che ci stavano dando dentro, e che gli impedivano di sentire la risata, sicuramente dolce e cristallina di quella ragazza bionda.

Percy la guardò senza dare nell'occhio e continuando a camminare, ed era sicuro, sarebbe potuto rimanere ad osservarla per tutto il giorno ma si sbatté violentemente a qualcuno.

Barcollò all'indietro mentre il cappuccio gli scopriva i capelli neri e un po' scompigliati, e si tolse gli auricolari, inchiodando gli occhi verdi in quelli azzurro cielo del modello mancato che aveva davanti.

- Ma dove diavolo stavi guardando, idiota? – domandò rabbioso il ragazzo biondo.

Percy strinse i pugni lungo i fianchi, – Ma dove stai guardando tu! – disse di rimando, – potevi anche evitarmi se avessi fatto attenzione, che ne pensi? –

Il ragazzo biondo rise.

Sovrastava Percy di un paio di centimetri e avrebbe incuto timore a chiunque con i jeans scoloriti calati sui fianchi e la canottiera bianca che gli evidenziava il fisico atletico e tonico. Trattenne un sorriso compiaciuto ma rise sarcastico.

- Sei in cerca di guai, matricola? –

Percy alzò le sopracciglia scure, – potrei dire la stessa cosa di te dato che hai chiamato 'idiota' uno sconosciuto senza sapere che potrebbe anche farti il culo – fece sorridendo sarcastico.

Il ragazzo biondo emise uno sbuffo che poteva anche sembrare un accenno di risata.

Affondò le mani nelle tasche dei jeans e voltò il capo verso sinistra.

Percy lo osservò. Osservò il braccio destro contratto, la mascella tesa e si fece trovare pronto.

Il biondo estrasse veloce il braccio destro dalla tasca, chiuse il pugno dirigendolo fulmineo verso il bel volto di Percy. Con sua sorpresa, il moro inarcò la schiena all'indietro lasciando che il pugno -che gli avrebbe sicuramente rotto il naso se lo avesse beccato- gli passasse a un centimetro dal volto.

Si risollevò velocemente caricando il braccio destro diretto al fianco del suo avversario che però lo bloccò prima che potesse colpirlo. Gli torse il polso e Percy gemette seguendo il braccio prima di dare una gomitata al fianco sinistro del ragazzo biondo, con il braccio libero, che lasciò la presa con un gemito.

Roteò su se stesso e quando stava per colpire nuovamente il ragazzo quello si aprì in un sorriso, passandosi una mano tra i capelli biondo sabbia e scompigliandoli ancora di più.

- Hai stoffa, amico – disse raggiante e Percy tornò dritto senza smettere di osservarlo, pronto per qualsiasi reazione. – sono Luke Castellan, capitano della squadra di lotta. Ti voglio con me – fece senza smettere di sorridere e porgendo la mano a Percy che la afferrò ancora sospettoso.

- Percy Jackson, e ci penserò –, ritrasse la mano infilandola nella tasca della felpa blu.

- Sei forte per essere una matricola – ammise Luke, sinceramente colpito.

Percy rise, ora tornato tranquillo, – ehi bello, sono di New York, questo per me è niente –

Stavolta fu il torno di Luke di ridere sincero e si affiancò a Percy, riprendendo a camminare insieme.

 - Sul serio, Percy, ti voglio nella mia squadra. Sei forte. –

Percy abbozzò un sorriso, gratificato per i complimenti, – Ero il più piccolo, in un modo o nell'altro dovevo imparare a difendermi –

- il più piccolo? – fece Luke curioso.

Percy rabbrividì riuscendo a non darlo a vedere. Odiava parlare del suo passato ma, nonostante tutto, aveva come l'impressione che Luke non fosse cattivo. In un certo senso, il sorriso grande e lo sguardo furbo gli davano un po' di fiducia.

Per strada, certe cose aveva imparato a riconoscerle. Decise di non raccontare tutto comunque.

- Sono vissuto praticamente nel Bronx per stare meno possibile a casa. Il risultato? Ho imparato a difendermi, da solo –

Luke gli sorrise guardandolo con un'ammirazione che non aveva mai riservato a nessuno.

- Mi piaci Percy, davvero. Hai fegato e conosci il mondo. Voglio che tu sia nella mia squadra. Ci riuniamo dopo pranzo, mi aspetto che tu ci sia – e accelerò il passo superando il moro, prima di voltarsi con un sorriso furbo, – la biondina può essere tua, la mora l'ho già puntata io –

Percy rise, mentre si rinfilava gli auricolari, con un sorriso che gli abbelliva il volto e un peso in meno nel cuore.

 

Annabeth sorrise mentre si dirigeva verso la palestra accanto a Talia.

Sarà che non aveva mai avuto migliori amiche, ma Talia le sembrava veramente fantastica. Avevano legato in meno di tre secondi netti. Era simpatica, dolce, forte, testarda e sfrontata e tutto questo, Annabeth l'aveva capito in pochissimo tempo.

Era fortunata ad averla trovata, ne era certa.

Varcarono le porte della palestra più grande che avessero mai visto. Non c'erano gli spalti poiché lo stadio era fuori, ma era abbastanza spaziosa da poter ospitare due campi di pallavolo con una distanza di venti metri l'uno dall'altro.

Sul fondo destro c'erano quattro spalliere divise a due a due da una porta a vetri con i maniglioni anti-panico che lasciavano entrare e illuminare con facilità l'ambiente dai raggi del sole.

Nel lato più vicino alla porta d'ingresso c'era un tappeto circolare bordeaux attorno al quale erano giù riuniti una quindicina di ragazzi che saranno stati almeno il doppio di Annabeth e Talia messe assieme. Solo alcuni non sembravano armadi.

Le due ragazzi però non se ne preoccupavano mentre tenevano lo sguardo verso l'alto guardando con avidità e un sorriso sul volto, ogni singolo angolo della palestra.

- che forza no, Bionda? – domandò Talia continuando a guardarsi attorno senza smettere di camminare mentre Annabeth si limitava ad annuire, assolutamente concorde davanti a quello spettacolo architettonico bianco.

Si fermarono una accanto all'altra a un centimetro dal tappeto bordeaux senza notare il bel ragazzo che stava dalla parte opposta alla loro e che aveva alzato lo sguardo appena Annabeth aveva varcato la soglia della palestra.

Per un attimo, si chiese come fosse possibile che una ragazza come la bionda, in apparenza così fragile, potesse entrare in una palestra dove si sarebbero quasi ammazzati a colpi, ma si sa, le persone sanno sempre sorprendere. Lanciò uno sguardo alla ragazza con la treccia scura al suo fianco e che aveva un viso incredibilmente familiare, ma quando il suo sguardo balenò nuovamente sulla bionda, smise di preoccuparsi su dove l'avesse potuto vedere.

Non se ne preoccupò assolutamente mentre osservava quella bellissima ragazza che aveva raccolto i capelli in una coda alta, sostituito i jeans con due pantaloncini corti e rossi che mettevano in mostra le gambe atletiche e toniche, mentre non aveva cambiato la canottiera bianca, in quel momento però, priva della felpa grigia. Ai piedi aveva delle All Star bianche basse.

Percy sorrise, lui le portava blu.

Si guardò attorno studiando tutti i ragazzi che circondavano il tappeto e sbuffando annoiati. Solo alcuni avevano la stoffa, ma il resto, per la maggior parte più armadi che ragazzi, erano i tipi che Percy conosceva meglio. Tanto grossi quanto dementi.

Tanto fumo e niente arrosto, diceva la madre.

Lo stomaco gli si chiuse in una morsa al ricordo della donna che era stata la più importante della sua vita.

Ricordò i suoi capelli castani e lunghi con qualche filo bianco. Ricordò il suo sorriso dolce e i biscotti e le caramelle azzurre che gli portava dal suo negozio quando lui era solo un bambino.

Poi la situazione era precipitata. Quel bambino con gli occhi verdi e un incisivo mancante era scomparso. Così come era scomparsa la donna spensierata che portava dolci azzurri solo perché era il colore preferito del figlio.

Fu Luke a distrarlo da quei pensieri dolorosi e ad evitare che si conficcasse ancora di più le unghie nei palmi.

- Ciao gente! – sorrise mettendosi al centro del tappeto mentre i brusii dei ragazzi si interrompevano. – Wow! Quante facce nuove che abbiamo qui –

Percy lanciò un'occhiata ad Annabeth che faceva un mezzo sorriso alla mora che aveva accanto.

- Smettila di mangiartelo con gli occhi, stai sbavando – le sussurrò mentre Talia si voltava verso di lei divertita.

- Ma lo vedo solo io quanto è bello? – le rispose riportando poi lo sguardo su Luke.

- Tante facce nuove ma chissà se sarete tutti all'altezza – continuò il biondo alzando un sopracciglio con un sorriso furbo. – Combatterete a coppie – annunciò scatenando una serie di sussurri che spaziavano dai terrorizzati agli eccitati. – deciderò io con chi e quando combatterete. Non demoralizzatevi se non vincerete. È il primo incontro e non mi aspetto che siate Chuck Norris da subito – un paio di risate nervose riempirono l'aria.

Percy abbozzò un sorriso divertito e lanciò uno sguardo alla bionda che quasi studiava Luke nonostante sorridesse alla battuta.

Luke sorrise rassicurante non parlando per un paio di secondi prima di battere le mani e sfregarle tra di loro, – bene! – indicò due armadi agli estremi l'uno dall'altro. – tu e tu – disse indicandoli.

Capelli castani rasati, colli taurini, maglietta bianca e pantaloni lunghi da baskettaro.

Percy alzò le sopracciglia. Era una sorta di scontro tra titani ma era certo che il ragazzone con gli occhi ambrati avrebbe vinto.

Lo aveva capito dal modo in cui studiava il suo avversario, dal modo in cui aveva ridotto gli occhi a due fessure, attento.

Così aveva imparato a riconoscere i bravi combattenti, dagli occhi.

Luke diede il via e Percy si permise di lanciare uno sguardo ad Annabeth che studiava i due avversari come se avesse dovuti mandarli al tappeto da un momento all'altro.

I due armadi si scagliarono contro, incassando e ricevendo pugni senza ritengo e senza risparmiarsi.

Alcuni ragazzi sussultarono alla potenza dei colpi ma una decina di minuti dopo, ciò che aveva pensato Percy si avverò. Il ragazzo con gli occhi ambrati stese, con un pugno ben piazzato sul naso, il suo avversario che roteò gli occhi prima di cadere rigido e con un tonfo sul pavimento.

Luke sorrise osservando il ragazzo, che poi si scoprì chiamarsi Clint, prima di scrivere il suo nome su una lavagnetta bianca che aveva alle spalle nella colonna dai ragazzi che avevano vinto. Fece portare il ragazzo vinto, Gus, via dalla prima matricola che gli capitò a tiro scrivendo poi il suo nome nell'altra colonna.

Dopo un paio di coppie chiamò Talia con un ragazzo che era forse un pochino più allenato di Percy.

Luke la osservò con un interesse del tutto diverso da quello che aveva mostrato verso gli altri ragazzi e se in un primo momento lei si mostrò intimorita davanti al biondo che aveva davanti, si smentì pochi minuti dopo mandandolo a tappeto con un calcio talmente forte sul petto che gli mozzò il respiro.

Luke le sorrise mentre scriveva il suo nome, Talia, sotto quello degli altri vincitori e rassicurava lo sconfitto che era particolarmente umiliato per esser stato battuto da una ragazza.

- Ok – fece Luke mentre erano rimaste poche coppie, – Percy e..

- Annabeth – rispose la bionda venendo incontro al ragazzo che logicamente non conosceva il suo nome. Si levò le scarpe con i piedi salendo sul tappeto mentre Percy faceva lo stesso senza staccarle gli occhi di dosso.

- Andiamo amico! – protestò il moro voltandosi verso il più grande – non combatterò mai contro una ragazza.

Luke gli sorrise, – non rompere e combatti, matricola.

- ma andi.. – ma si interruppe di colpo appena un pugno forte e fulmineo gli arrivò alla mascella. Si voltò di scatto incontrando gli occhi grigi di Annabeth ridotti a due fessure, i pugni alzati e i muscoli tesi.

- Non mi sottovalutare, Testa d'Alghe.
Percy si sistemò la mascella, saltellando e scrollando le spalle, sorridendo leggermente per quel soprannome.

- L'hai voluto tu – le rispose prima che Annabeth gli si potesse scagliare contro.







Angolo Autrice

Ehiila<3
Mi sto praticamente dando della deficiente da sola perché volevo pubblicare giovedì (il mio giorno della settimana preferito, non chiedetemi perché) ma oggi sono talmente felice per la puntata di Teen Wolf -anche se ho la mezza impressione che mi verrà un infarto- e perché ho salto scuola per farmi spiegare da due delle mie migliore amiche matematica e l'ho capita al volo.
Yeee viva me!
Ok, non vi interessa e parliamo della storia ahaha come vedete, in questo capitolo conosciamo Talia, Luke e Grover che però, a differenza dei primi due, non avrà assolutamente un ruolo rilevante nella storia. Non so eprché, ma è uscito così mentre scrivevo ahaha come potete vedere, Annabeth è una ragazza forte e decisa, abbastanza perché non si lasci intimorire da Percy ma anzi, sia quasi bramosa di sfidarlo e fargli vedere che gli può far male (scoprirete nel prossimo capitolo come andrà a finire^.^).
A si, il titolo è preso dalla canzone di Selena Gomez B.E.A.T che consiglio a tutti di ascoltare.
Un'ultima cosa ancora e poi vi lascio in pace ahah Talia è interpreta dalla bellissima Kaya Scodelario (http://it.tinypic.com/r/wv7eqv/8), teoricamente ci dovrebbe essere il collegamento..
Per Annabeth, Percy e Luke, ditemi quello che volete ma Alexandra Daddario, Logan Lerman e Jake Abel sono e saranno sempre perfetti per interpretarli.
Spero che la storia vi abbia incuriosito e aggiornerò tra una settimana, forse prima (come oggi ahahah) a seconda di quello che mi dite:**
Ciao ciao<3

Love yaaa<3

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Capitolo 3
*** 2. 'Cuz we are one and the same ***


'Cuz we are one and the same



Percy pensò, mentre evitava l'ennesimo pugno scartando a sinistra, di non aver mai combattuto con un avversario così veloce. E lui ne aveva vinte molte di risse.

Annabeth però, era una sorta di macchina da distruzione. Faceva partire pugni e calci a una velocità sorprendete, determinata e senza arrendersi. Incassando e schivando colpi.

Percy era certo che il loro fosse stato il combattimento più lungo ed era ancora più certo che, se già quella ragazza lo aveva incuriosito adesso era decisamente interessato a lei.

Annabeth cercò di colpirlo con un pugno forte al viso ma lui scartò a destra afferrandole il polso e tirandola verso di sé, fulmineo. Le torse il braccio portandoglielo dietro la schiena e bloccandole l'altro con la mano libera mentre i loro corpi ansimanti aderivano.

- Ecco perché non volevo combattere con te – le sussurrò all'orecchio.

Annabeth grugnì mentre il suo cervello logico lavorava velocemente. Fletté le dita un paio di volte prima di abbozzare una risata tesa.

- Non ti ricordi, prima? –

Percy ci pensò per un momento, ma fu Annabeth stessa a dargli la risposta, – ho detto che non mi devi sottovalutare –

Alzò il tallone colpendo Percy... in un punto dove non avrebbe mai dovuto colpire.

Lui gemette piegandosi su sé stesso mentre cercava di recuperare fiato e liberando Annabeth dalla presa che roteò su sé stessa fermandosi davanti a lui in posizione di combattimento e saltellando leggermente sui piedi.

- Forza, Percy. Alzati e combatti – intimò.

Il moro la scrutò truce mentre la palestra tratteneva il fiato dopo un paio di risate.

Percy respirò, si mise dritto e schivò l'ennesimo pugno colpendo Annabeth al fianco che gemette, mentre subito dopo con un calcio, lo colpiva alla gamba destra. Il ragazzo la piegò leggermente, l'adrenalina che scorreva a fiumi nel corpo di entrambi, prima che Annabeth roteasse all'indietro, sforbiciando le gambe e colpendo col collo del piede il mento di Percy che crollò a terra carponi mentre Annabeth si ristabilizzava senza difficoltà.

I ragazzi attorno al tappeto applaudirono e gridarono mentre Percy stringeva i pugni e si rialzava tremante.. di rabbia.

Si levò il sangue dal lato del labbro che Annabeth aveva colpito con un pugno.

- Vuoi fare sul serio? – domandò osservando il volto compiaciuto di Annabeth mentre un moto di ira gli percorreva il corpo, bollente. – facciamo sul serio –

E senza preavviso la colpì, pochi secondi dopo, al fianco con un calcio, roteando su se stesso e facendola cadere a terra anche se si rialzò subito dopo tenendosi la parte dolente con la mano.

Era stato umiliato, offeso.. nessuno poteva farlo.

Aveva giurato a sé stesso che non avrebbe mai messo le mani addosso a una ragazza ma quella Annabeth lo stava chiedendo col megafono. Non aspettò che si riprendesse, attaccò subito dopo con un pugno al viso mentre lei rispondeva con uno al fianco.

Lottarono, lottarono senza sosta senza mai fermarsi. Con rabbia, foga e odio.

Percy la colpì alla caviglia con un calcio, fermandola prima che potesse cadere e bloccandola , tenendole il suo stesso braccio attorno al collo.

Annabeth gli rifilò una gomitata al costato e si voltò di scatto appena Percy allentò la presa, solo per ricevere un calcio in pieno stomaco. Si riprese velocemente e roteò su stessa con il braccio teso mancando per un soffio la guancia di Percy che si abbassò appena in tempo.

Riuscì però a farlo cadere sulla schiena, e quando era certa di poterlo sovrastare, lui si rialzò con un colpo di reni facendo esattamente ciò che aveva fatto Annabeth.

Fece una capriola in aria all'indietro, colpendola al mento con il collo del piede. Lei riuscì a voltarsi, abbastanza in tempo per cadere sullo stomaco e non sulla schiena.

- Visto? – fece Percy appena fu saldo, con i piedi a terra, – lo so fare anche io –

Annabeth si rialzò fulminea con una rovesciata e quando stavano per scagliarsi nuovamente l'uno contro l'altra, Luke bloccò prontamente Percy per le braccia mentre Talia faceva lo stesso con Annabeth.

Appena furono entrambi certi che non si sarebbero ammazzati li lasciarono andare, ansimanti e sudati.

Annabeth con la coda sfatta, il labbro spaccato e lo zigomo un po' gonfio.

Percy dolorante, il labbro e il sopracciglio spaccati.

Luke li guardò torvo prima di sorridere e battere le mani contento. – O wow! Doppio, triplo wow ragazzi! – Annabeth si sistemò la canottiera bianca impettita mente Percy si passava una mano tra i capelli ancora ansimante. – Non vedevo un combattimento così bello da anni! Sarete nella mia squadra di lotta, in pieno! Gli allievi più promettenti degli ultimi trecento anni – esagerò sicuramente, riuscendo comunque a lusingare entrambi i ragazzi che dopo un po' di fulminate si sorrisero leggermente.
 

Percy uscì dalla doccia della sua stanza afferrando un asciugamano bianco e avvolgendoselo attorno alla vita. Spannò il vetro osservando il suo riflesso e passandosi una mano tra i capelli neri e scompigliati prima che potesse aprire la porta ad andare nella sua stanza, rabbrividendo per lo sbalzo di temperatura.

- mi hanno detto che oggi in palestra te le sei date con una ragazza – fece Grover curioso mentre guardava la sua bacheca di facebook dal computer fisso sulla scrivania ad angolo.

Percy sorrise pensando a quanto avrebbe voluto conoscere un po' meglio quell'enigmatica ragazza che era Annabeth.

Lo sapeva anche lui che non si doveva affezionare a una ragazza in quel modo.

Lo sapeva anche lui che rischiava di scottarsi in ogni momento, ma mai, mai nella vita una ragazza l'aveva intrigato tanto come lo intrigava Annabeth e la conosceva solo da qualche ora!

- Ti hanno detto bene allora – rispose divertito infilandosi i boxer neri da sotto l'asciugamano per poi scioglierselo dalla vita. – Era una tipa tosta, giuro –

Grover sorrise senza staccare gli occhi dallo schermo del computer, – come si chiama? –

- Annabeth –

E a quel punto, il castano ruotò con la sedia girevole verso Percy guardandolo con gli occhi scuri sbarrati, – Chase? – domandò subito dopo mentre Percy si infilava la prima maglietta pescata dalla borsa che doveva ancora svuotare.

- Non lo so. Forse, perché? –

Grover emise un verso di scherno tornando poi verso il computer e rispondendo a una modella mancata che gli aveva scritto sul profilo.

- La conosci? – domandò Percy improvvisamente curioso di conoscere i dettagli di vita del suo nuovo compagno di stanza.

- Ovvio. Quella ragazza nel sud era famosa, più che altro lo era la madre, ma anche lei non scherza –

- Perché? – chiese Percy curioso sdraiandosi sul letto e poggiandosi alla testiera mentre afferrava il telefono col solo scopo di giocare a Temple Run.

- Sua madre era l'architetto più famoso del paese e lei ha fatto non sono quante olimpiadi della matematica. So che però l'hanno espulsa da scuola un mucchio di volte –

Come me..

- Scherzi? – esclamò Percy dopo che quel pensiero gli balenò in mente, alzandosi dal letto e sedendosi sulla scrivania accanto a Grover.

- No, bello. Non so per quale motivo ma è stata espulsa e poi diciamo che la conosco sopratutto perché era scappata di casa ed è stata in riformatorio con me prima di scappare anche da lì – Grover si abbandonò a una risata senza staccare gli occhi dallo schermo.

- Sei stato in riformatorio? Perché? – fece Percy palesemente divertito.

- Si, amico. A scuola ero un po' una testa calda, non so se mi spiego – ammiccò il castano mentre Percy annuiva concorde.

Lo era anche lui ed aveva cercato di finire il prima possibile le scuole, nonostante le espulsioni, solo per lasciarsi casa sua e la sua vita del cazzo alle spalle.

- Sei stato espulso anche tu? – domandò Grover senza grande interesse.

- Eccome – e il discorso decise di chiuderlo lui stesso lì, infilandosi le cuffie nelle orecchie e lasciando che la musica partisse a palla mentre tornava a sdraiarsi sul letto.

Non voleva parlarne.

Non voleva parlarne a nessuno del perché fosse stato espulso così tante volte e del perché avesse scelto Boston invece di un'università a New York.

Non voleva parlarne del perché fosse cresciuto praticamente in strada e in balia di sé stesso finché non aveva imparato a difendersi, anche dal compagno della madre.

 

Annabeth si frizionò i capelli con un asciugamano bianco prima di legarli in una treccia veloce mentre camminava nella stanza in jeans e reggiseno nella speranza di trovare una maglietta decente per la cena di quella sera.

- bionda, sembri una cazzo di mina e mi stai facendo venire il capogiro – esordì Talia dal letto facendo ridere Annabeth che prese a frugare nel suo armadio.

- Non trovo nulla da mettermi – si giustificò divertita pescando poi una maglietta azzurra decente e infilandosela.

Talia la guardò curiosa mentre continuava a fumare la sua Winston blu.

Quella ragazza non gliela raccontava giusta per niente.

Dove diavolo aveva imparato a combattere in quel modo?

Quei calci, quei pugni così diretti non si imparavano in una semplice scuola come le aveva assolutamente giurato.

Lo avrebbe sicuramente scoperto.

Talia Grace non si sarebbe di certo arresa così facilmente.

Voleva scavare Annabeth, una ragazza che di certo era ancora vergine (motivo per stressarla).

Voleva scavare sotto quelle magliette aderenti e gli skinny jeans.

Voleva scavare sotto quel sorriso perché, ne era certa, dietro nascondeva molto di più.

Voleva scavare sotto i bracciali che portava al polso sinistro.

E ci sarebbe riuscita, ovvio.

Talia Grace non si era fermata davanti a un padre che comprava il suo affetto e davanti a una madre alcolista, figurarsi se si sarebbe fermata davanti a una ragazza che aveva bisogno di un'amica, più di ogni altra cosa.

- Quel Percy – esordì la mora senza smettere di aspirare dalla sigaretta nonostante ci fosse tanto di cartello che vietava fumare in camera.

- Umh – fece Annabeth mentre prendeva dei calzini bianchi e le fedeli All Star.

- Ti interessa? –

Annabeth si voltò di scatto, infilandosi con facilità le scarpe slacciate sdraiandosi poi sul letto, incrociando le caviglie davanti a sé.

- Non è neanche passato un giorno, no che non mi interessa – rispose con la fronte corrugata e un mezzo sorriso.

Talia sbuffò fuori il fumo, – e va bene, Sapientona, Percy ti incuriosisce, almeno un po'? –

- no – rispose velocemente Annabeth, fregandosi con le sue stesse mani.

Talia le sorrise furba passandosi una mano tra i capelli neri, ancora umidi per la doccia.

- Per me si, invece –

Annabeth sbuffò divertita guardandola con i suoi penetranti occhi grigi, – certo che mi incuriosisce ma ho giurato a me stessa che non mi sarei innamorata –

Talia alzò gli occhi al cielo buttando la sigaretta fuori dalla finestra e indossando velocemente una maglietta corta nera che, nonostante i pantaloni a vita alta, le lasciava scoperta un po' di pancia tonica. – dio, che stronzate.. –

Annabeth rise mentre si stirava la maglietta con le mani, pronta per andare a cena e rivedere quegli occhi verdi e luminosi.

- Stai pensando a lui, vero? – domandò Talia infilandosi gli scarponi scuri e guardando l'amica con un sorriso furbo.

Annabeth sbarrò gli occhi, una mano già sulla maniglia d'ottone. – e tu come diavolo hai fatto a capirlo? –

- ti si legge in faccia, Bionda! – si rialzò sorridente mettendole un braccio attorno al collo mentre camminavano lungo il corridoio dirette a mensa.

 

Percy afferrò un vassoio azzurro facendolo scorrere poi sul piano metallico davanti alle vetrinette che teoricamente, avrebbero dovuto contenere cibo. Anche se, quello che c'era esposto sembrava tutt'altro che cibo e Percy poté giurare a sé stesso di non aver mai visto niente di più disgustoso.

Si raccomandò di fare un salto al primo supermercato di Boston appena fosse stato possibile e si accontentò di un bicchiere d'acqua e qualcosa che somigliava vagamente a pizza per superare quella cena.

Si lasciò cadere nel primo tavolo libero e quando intercettò in lontananza gli occhi blu di Luke, gli fece un cenno con la testa mentre il biondo sorrise, felice di vederlo.

Grover attaccò il cibo come se non ne vedesse da giorni e per un momento, il moro si chiese come potesse ingurgitare schifezze simili, ma poi si ricordò che Grover era cresciuto in un riformatorio e non voleva neanche pensare a che cosa mangiassero i ragazzi lì dentro.

Smistò un po' il cibo con la forchetta, leggermente sovrappensiero, e probabilmente lo era più di quanto pensasse dato che sussultò appena Luke si sedette davanti a lui.

Cosa strana per essere uno dell'ultimo anno.

- come va, bello? – domandò felice portandosi una forchettata di qualsiasi cosa avesse nel piatto e mangiandola con gusto.

Percy inorridì, – oh Gesù, come fai a mangiare una cosa simile? – chiese divertito.

- Ehi, amico, sono qui da cinque anni, dopo un po' a questa merda di cucina ci fai il palato –

Percy e Grover risero e continuarono a chiacchierare allegri e con una confidenza che le due matricole non avevano mai riservato a nessuno.

Era bello però.

A Percy piaceva.

Sembrava di essere tornati all'asilo.

Dopo due secondi eri il migliore amico di una persona solo perché eri venuto a conoscenza del suo nome.

Si passò una mano tra i capelli neri mentre Luke si gettava un'occhiata alle spalle prima di sorridere furbo e inchiodare gli occhi azzurri in quelli verdi di Percy.

- Bombe sexi a ore dodici – sghignazzò mentre il moro guardava con discrezione prima che il cuore perdesse un battito.

Annabeth e Talia fecero il loro trionfale ingresso, senza sicuramente rendersene conto, ridendo e a braccetto, mentre metà della mensa aveva spostato lo sguardo dal tavolo dei ragazzi a loro due.

Afferrarono un vassoio ciascuna continuando a chiacchierare e Percy non poté fare a meno di pensare a quanto Annabeth fosse bella, anche stretta in un paio di skinny jeans e in una semplice maglietta azzurra con i capelli lunghi e biondi legati in una treccia.

Grover gli tirò una spallata guardandolo di sottecchi, – stai sbavando – canzonò mentre Percy borbottava e si massaggiava la spalla senza togliere gli occhi di dosso dalla ragazza, ignara di essere diventata il soggetto preferito di un paio di occhi verdi.

- Adesso le chiamo, così si siedono qui – esordì Luke.

Percy sbarrò gli occhi riprendendosi in quell'istante dal suo momentaneo trans.

- Non ti azzardare – intimò, puntandogli la forchetta di plastica bianca al viso.

- Ooh, voi scommettere? – fece il biondo divertito.

- Stai fermo! Non chiama.. –

- ehi ragazze! – esclamò Luke alzando il braccio e voltandosi quanto bastava perché le ragazze potessero incrociare il suo sguardo.

Annabeth e Talia si voltarono verso di lui, interrompendo le loro chiacchiere e risate per guardarlo, mentre Percy stava cercando un modo per scappare o ammazzarsi direttamente senza essere visto.

Incrociarono i loro sguardi e poi sorrisero andando verso il biondo e sedendosi nella panca accanto a Luke, posando il vassoio davanti a loro.

- Come va? – esordì Talia muovendo un po' il cibo con la forchetta prima di rinunciare del tutto a capire che cosa fosse e spingendo il vassoio lontano da sé.

- Alla grande, e voi? – domandò Luke lanciando uno sguardo verso Percy che intanto stava tentando di scivolare il più possibile sotto al tavolo mentre lanciava maledizioni in tutte le lingue che conosceva, al biondo.

- Tutto bene.. senti Percy, capisco che Annabeth non sia della compagnia migliore ma evita di andare sotto il tavolo – punzecchiò Talia divertita solo per vedere la reazione di entrambi.

Fu esattamente ciò che si aspettava.

Percy tornò dritto sbattendo un ginocchio sotto al tavolo e diventando completamente rosso per l'imbarazzo mentre Annabeth divenne degna compagna di un'aragosta, non prima di lanciare uno sguardo che se avesse potuto, avrebbe ucciso, alla mora accanto a lei.

- Caspita Talia, hai la capacità di mettere a proprio agio le persone che è pari a mille – borbottò Percy infilandosi le mani nelle tasche della felpa blu, tanto per fare qualcosa.

Talia gli sorrise, scrutandolo con più attenzione del dovuto coi suoi occhioni blu elettrico. Pensando a quei battibecchi talmente tanto naturali che le sembrava di averli già vissuti.

- E lo so – si buttò una ciocca di capelli dietro al collo, fintamente altezzosa, – è una dote naturale –

I ragazzi al tavolo risero mentre i due mori si guardavano con entrambi lo stesso pensiero.

Io già la conosco.

- Hai un viso familiare, Percy sai? – domandò Talia, schietta. Decisamente troppo familiare..

Percy le sorrise, lanciando un'occhiata ad Annabeth che stava seguendo la conversazione tra i due, apparentemente interessata. – Stavo pensando la stessa identica cosa –

- bella, batti pugno – esclamò Talia allungò il pugno chiuso verso Percy che fece scontrare le sue nocche con quelle della ragazza, divertito.

Dove ti ho già visto, dove ti ho già visto..

- ma certo! – esclamò Talia, lo sguardo improvvisamente illuminato e un bellissimo sorriso che le irradiava il volto. – ho capito chi sei! – trillò eccitata.

- Grande, chi sono? - domandò Percy.

- Sei Percy, Percy Jackson! – fece lei, senza che il suo entusiasmo potesse esser smorzato.

Percy alzò le sopracciglia mentre Luke rideva e Grover la guardava senza nascondere un sorriso.

Annabeth era l'unica che studiava entrambi.

- Ma non mi dire, Talia. Senza quest'informazione non ci saremmo mai arrivati – commentò sarcastico Luke.

- Aah, zitto tu – protestò Talia dandogli un pugno alla spalla, scavalcando Annabeth mentre lui gemeva e se la massaggiava, palesemente divertito.

- Tu sei Percy Jackson, dell'Upper Est Side! Quello in classe con la signorina Brown, all'asilo!

Percy ci pensò un attimo, prima di collegare e prima che anche il suo sguardo si illuminasse mentre sorrideva, felice.

- Tu sei Talia Grace con la signorina Mason! All'asilo ci scambiavamo la merenda –

- E nel Bronx ci spalleggiavamo finché non mi sono trasferita a Pittsburg – commentò lei un po' scocciata.

Percy si ammusonì in un attimo ma era troppo contento perché potesse subentrare il malumore.

Talia era stata la sua compagna d'armi fin da quando erano bambini. Avevano imparato a picchiare assieme per strada, avevano condiviso gioie, sogni e speranze.

Si sorrisero prima che si potessero alzare entrambi all'unisono.

- Vieni qui, Faccia di Pigna – sorrise allegro allargando le braccia.

- Subito, Cavalluccio Marino – trillò lei, prima di fare il giro attorno al tavolo e saltare in braccio a Percy.

Rise divertita quando lui la fece girare tenendola tra le braccia e non smise un attimo di dargli ripetuti baci sulla guancia.

Percy era forse l'unico vero amico che avesse mai avuto e l'unica persona che le fosse mancata davvero quando era stata costretta a lasciare New York.

Percy era il suo tutto ed era certa di esserlo stato anche lei per lui, e dal modo in cui l'abbracciava ne era praticamente certa.

Le aveva avvolto le braccia attorno alla vita in una presa delicata seppur decisa e non sembrava intenzionato a lasciarla andare.

Ed è proprio vero, i migliori amici non diventano ex.

Dovette constatare che Percy non era più il ragazzino timido di dodici anni con i capelli un po' troppo lunghi.

Era un uomo, con il fisico formato e lo sguardo attento.

E ci avrebbe anche provato se non l'avesse visto più come un fratello che come possibile ragazzo ed inoltre, Annabeth gli aveva già messo gli occhi addosso e la stava guardando come si guarda un mucchio di cacca, mentre stava tra le braccia del moro.

Percy era off-limits a prescindere, anche se non ci avrebbe mai provato.

Lei voleva Luke.

Annabeth non poté nascondere un sorriso intenerito mentre osservava il ritrovamento dei due migliori amici. Ed era contenta, sul serio, lo era davvero, ma non riusciva a capire che cosa fosse quella morsa che le chiudeva lo stomaco e che la costrinse a metterci due mani sopra.

Gelosia, forse?

 

Ok, era contenta per Percy e Talia, lo era sul serio.

Si erano abbracciati, baciati sulla guancia. Avevano parlato in piedi e tramite sguardi per, non sapeva neanche lei quanto tempo, ma adesso!

Strinse i pugni mentre cercava di calmarsi alla vista della mora seduta sulle gambe di Percy che le cingeva la vita con naturalezza mentre continuavano a parlare tranquilli, seduti sul muretto che dava sul prato, sotto un cielo ricoperto di stelle.

Ma non era gelosa.

Oh no.

Annabeth Chase non era e non sarebbe mai stata gelosa di Percy Jackson.

Aveva il labbro spaccato e lo zigomo gonfio per colpa sua.

Certo, lui aveva sia labbra che sopracciglio destro spaccati, ma quella era tutta un'altra storia.

Guardò fissa davanti a sé fingendo di non ascoltare le risate allegre dei due ragazzi e le loro chiacchiere.

Era talmente assorta nei suoi pensieri che quasi non si accorse di Luke quando le si sedette accanto.

- ehi – salutò con il solito sorriso e trentadue denti.

- Ciao – rispose lei, un po' piatta senza distogliere lo sguardo grigio dal cielo mentre stringeva un pungo di d'erba nel tentativo di ignorare Percy e Talia.

Luke le lanciò un'occhiata di sottecchi, più osservatore di quanto chiunque avrebbe mai potuto immaginare.

- Lo sai che stanno solo parlando, vero? – domandò divertito mentre Annabeth si voltava di scatto verso di lui, rossa in volto per l'imbarazzo.

Gli sorrise nervosa mentre Luke annuiva accondiscendente.

- Si certo. Io non ho niente in contrario al parlare –

Luke emise un verso che poteva essere simile a uno sbuffo e lanciò un'occhiata verso il pugno d'erba che Annabeth stava uccidendo nel pugno destro.

- Certo, pensa la stessa cosa quel po' d'erba che hai deciso di sterminare –

- che cos.. – e appena anche lei realizzò la situazione, arrossì ancora di più e aprì il palmo di scatto. – Non stavo facendo nulla – rise nervosamente guardando le stelle.

Luke la osservò di sottecchi con un sorriso in volto di chi ha già capito tutto.

- Percy ti piace? – domandò a bruciapelo mentre Annabeth sbuffava, senza voltarsi verso di lui.

- Ora tu, prima Talia. No, non mi piace Percy. Ci conosciamo da quanto, sette ore? –

Luke sorrise ammiccando, – mai sentito parlare di colpi di fulmine? –




Angolo Autrice: 
Ehiila<3
Ben quattro recensioni allo scorso capitolo! E' un pretesto per aggiornare prima?
Assolutamente si!
Sono così felice che la storia vi stia piacendo e come si intuisce dal capitolo, il titolo "We are one and the same" (canzone con Selena Gomez e Demi Lovato), è data dall'incontro tra Talia e Percy.
Non so perché, ma mentre scrivevo sono usciti migliori amici.
Non sottovalutate il loro rapporto, perché ha radici più solide di quanto possiate pensare.
Se poi non si sono riconosciuti subito, i motivi sono semplici, non si vedevano da sette anni e sono entrambi cambiati totalmente, non sono più bambini, sono giovani adulti e con un passato travagliato alle spalle che li ha totalmente trasformati!
Per quanto riguarda Annabeth, si, è gelosissima ma non lo vuole ammettere non solo agli altri ma anche a sé stessa, ha paura e leggendo capirete anche il perché.
Non dimenticatevi il pensiero di Talia, l'essere vergine, di Annabeth, dato che tormenterà gli animi perversi dei quattro protagonisti per un bel po' di tempo ahahh
A si, la lotta. Come vi è sembrata? Se faceva cagare ditemelo subito, accetto anche le critiche, giuro!
Quella tra Percy e Annabeth sarà una storia in continua evoluzione e spero che mi facciate sapere che ne pensate dato che per me, il vostro parere è davvero importante.
Alla prossima    x
Love yaa<3

 

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Capitolo 4
*** 3. I'm conscious but I'm lonely halfway dead ***


I'm conscious but I'm lonely halfway dead
 

Percy si passò una mano tra i capelli neri maledicendo chiunque avesse inventato la scuola e l'alzarsi presto per seguire una cavolo di lezione.

Era solo la quarta mattina che si svegliava nella camera bianca di Harvard con Grover nel letto accanto e già, di sentire quel suono infernale, non ne poteva più.

Aveva seguito non sapeva neanche lui quanti corsi di inglese avanzato e letteratura, e a furia di stare davanti al computer teneva gli occhi costantemente socchiusi, sempre un po' rossi e stanchi.

Certo, quello che faceva gli stava piacendo molto, stava iniziando una nuova vita, aveva ritrovato Talia e scaricava tutte le tensioni dandole di santa ragione al malcapitato che Luke gli metteva contro durante i corsi di lotta, ma alzarsi alle sei era ugualmente stancante.

Buttò giù le gambe dal letto mettendosi seduto e barcollando lievemente appena fu in piedi.

Sbadigliò e si diresse a occhi chiusi verso il bagno mentre Grover borbottava qualcosa a proposito delle enchiladas che facevano a mensa.

Percy si liberò dei boxer scuri ed entrò in doccia girando la manopola dell'acqua tutta verso sinistra, sperando che il freddo lo potesse far svegliare. Appena aprì il rubinetto, saltò e aprì gli occhi di scatto lavandosi a una velocità inaudita mentre il freddo gli faceva tremare il labbro inferiore e venire la pelle d'oca.

Lo faceva sempre, lavarsi con l'acqua fredda. Almeno aveva la certezza che in un modo o nell'altro sarebbe stato sveglio. Uscì dalla doccia avvolgendosi un asciugamano bianco attorno alla vita e passandosi l'altro sul busto e tra i capelli, scuotendo la testa e facendo finire alcune goccioline d'acqua sullo specchio rettangolare del bagno.

Si vestì velocemente, recuperando la sensibilità persa con la doccia gelata al corpo e lasciò la stanza con un Grover mezzo addormentato, i Simple Plan che ci davano dentro alla grande e Annabeth.

Avevano tutti i corsi assieme.

Decidete voi se chiamarla coincidenza o segno del destino.

 

Annabeth si alzò pimpante come al solito e come batté le mani un paio di volte per svegliare anche Talia, la mora afferrò il cuscino lanciandoglielo in faccia e portandosi le coperte fin sopra alla testa.

- sta' zitta, Bionda – mugugnò, la voce soffoca dal piumone bianco.

Annabeth rise mentre si toglieva la maglietta del pigiama rimanendo in reggiseno azzurro e infilandosi la prima canottiera celeste che pescava dal secondo cassetto, dove aveva ordinato le magliette a seconda della gradazione di colore.

Talia le aveva ripetuto almeno un centinaio di volte quanto fosse disturbata ma Annabeth si era limitata a ridere e scuotere la testa.

- Talia alzati, dai – chiamò la bionda saltellando per infilarsi gli skinny jeans. – non voglio fare tardi e voglio fare colazione. Daii – quasi implorò mentre apriva l'armadio dell'amica e toglieva fuori un paio di jeans neri strappati, una canottiera nera e un giubbotto smanicato verde militare a tasconi. Lanciò il tutto sulla testa della mora che le imprecò contro mentre si metteva seduta sul letto, i capelli neri che le cadevano davanti al viso a mo' di tendina scura.

- Sappi che ti sto seriamente odiando – protestò mentre si toglieva la canottiera del pigiama e si infilava quella per uscire, ancora addormentata.

Annabeth si mise facilmente le All Star bianche e slacciate ai piedi, raccogliendo i capelli biondi e un po' crespi in una treccia che le cadeva morbida sulla spalla sinistra.

- Sei pronta? – trillò allegra, come sempre quando si trattava di fare lezione.

Talia borbottò qualcosa di incomprensibile mentre si agitava un attimo per sistemarsi i jeans e gli scarponi. Si passò una mano tra i capelli neri e scompigliati guardando Annabeth truce mentre le andava incontro e la sorpassava.

- Sappi che ti sto seriamente odiando –

Annabeth rise mentre si infilava la chiave delle stanza nella tasca posteriore dei jeans e si chiudeva la porta alle spalle con un tonfo leggero. – secondo me, mi ami, invece – raggiunse l'amica felice, saltellando e mettendole un braccio attorno al collo mentre si dirigevano in mensa.

- Solo perché mi fai i compiti di ingegneria, non ritenerti tanto speciale –

Annabeth rise ancora, schioccando un bacio sulla guancia lentigginosa di Talia che, suo malgrado, sorrise mentre continuavano a camminare.

 

- buongiorno – salutò Annabeth scivolando nella panca accanto a Percy e iniziando ad aprire la confezione dov'era chiusa la sua brioche.

Percy la guardò sorridendole prima di tornare ad avvolgere le mani attorno alla tazza del latte.

- Ho sonno, Bionda. Non è un 'buongiorno' – borbottò Talia seduta accanto a un Luke ancora più addormentato di lei.

- Ma andiamo! Non posso essere l'unica sveglia – esclamò Annabeth guardando tutti i suoi amici, uno per uno, negli occhi.

Loro tre si scambiarono degli sguardi prima di annuire e pronunciare un “si” unanime mentre Annabeth protestava divertita abbassando lo sguardo sul cappuccino che aveva sotto agli occhi.

- Dimmi che non c'erano compiti di letteratura – pregò Percy inchiodando i suoi occhi verdi in quelli grigi di Annabeth che annuì mentre lui buttava la testa all'indietro. – Grande, adesso quell'idiota mi farà una testa grande quanto una casa sull'importanza di svolgere gli esercizi assegnati – borbottò tornando a guardare la tazza di latte.

Annabeth gli sorrise poggiandogli una mano sull'avambraccio e facendolo voltare verso di lei.

- Andiamo adesso in camera e ti do una mano a farli – estrasse il telefono dalla tasca per guardare l'ora, – abbiamo ancora mezz'ora e non è niente di così difficile –

Gli occhi già di per sé luminosi di Percy, brillarono ancora di più mentre il suo volto si apriva in un sorriso. Quasi senza pensarci, si sporse verso Annabeth attirandola a sé in un abbraccio.

Lei si irrigidì per un attimo, ma pochi istanti dopo stava già ricambiando quella presa. A contatto col petto caldo di Percy, fu come se le preoccupazioni si alleviassero per qualche secondo e giurò a sé stessa che sarebbe potuta rimanere così anche per tutto il giorno.

- Voi due, evitate atti osceni in luogo pubblico – prese in giro Luke mentre Percy si allontanava lentamente da Annabeth e lo mandava a quel paese senza mezzi termini. In tutta risposta, il biondo sorrise e Percy si alzò, porgendo una mano alla ragazza per aiutarla a sgusciare via dalla panca circolare e dal tavolo rotondo e azzurro.

Appena furono uno accanto all'altra, intrecciarono le dita, quasi istintivamente, e nessuno dei due diede segni nel volersi allontanare.

Uscirono dalla mensa chiacchierando riguardo ai compiti che avrebbero dovuto fare prima della lezione senza preoccuparsi di un paio di sguardi, fin troppo indiscreti o semplicemente, di quelli di tutta la mensa, che osservavano i ragazzi al loro tavolo come se fossero divi di Hollywood.

 

- Quindi, Shakespeare che modifiche sostanziali ha attuato in “Romeo e Giulietta”? – domandò Annabeth, libro di letteratura aperto davanti dopo almeno venti minuti che studiava con Percy un intero capitolo di, testuali parole del moro, “depressi senza una vita sociale che cercano di rovinare la mia”.

Percy ci pensò per un secondo, – fu la moralità che diede alla storia, quasi a voler mettere in risalto l'amore tragico e travagliato di questi due sfigati che divenne poi l'icona della storia d'amore perfetta –

Annabeth stava per sorridergli, fiera che sapesse tutto alla perfezione prima che Percy potesse borbottare, – ma perché storia d'amore perfetta? Loro due muoiono! E quel Romeo è anche un senza palle perché si avvelena mentre Giulietta si pugnala.. che razza di esempio vogliono dare alle coppie di oggi? “Ammazzatevi per amore e verrete ricordati?” –

Ed Annabeth attaccò a ridere buttando la testa all'indietro e tenendosi lo stomaco con una mano. Fece ridere anche Percy nonostante lui avesse cercato fino all'ultimo di mantenere un cipiglio serio. – Dico davvero! – esclamò, mentre la bionda aveva le lacrime agli occhi.

- O mio dio.. – esalò tra le risate appena riuscì a calmarsi, cinque minuti dopo. – Tu sei pazzo, Testa d' Alghe –

- No. Mi limito a dire le cose come stanno – ribatté il ragazzo facendola nuovamente ridere.

Ma appena Annabeth gettò uno sguardo al telefono, poggiato sul letto, accanto al libro di Letteratura, impallidì per un attimo e sbarrò gli occhi, fissandoli poi in quelli di Percy.

- Siamo in ritardo di dieci minuti! – strillò raccattando libro e astuccio mentre il moro balzava in piedi e le lanciava il telefono che lei prese al volo per poi infilarlo nella tasca posteriore degli skinny jeans.

- Corri, corri, corri! – incitò Percy mantenendo ad Annabeth la porta aperta e lasciando che si chiudesse alle loro spalle mentre attraversavano veloci il lungo corridoio dell'ala femminile del college per andare nell'aula di Letteratura e seguire la lezione tenuta da un'insegnante simpatica quanto un avvoltoio che, sicuramente, non li avrebbe risparmiati per il loro ritardo.

 

Percy ed Annabeth piombarono nell'aula di letteratura interrompendo il malcapitato studente che stava leggendo la relazione che dovevano fare su Shakespeare.

Per la foga, le All Star di Annabeth slittarono in avanti ma Percy la sostenne riuscendo a farla tornare dritta e soffocando la mega risata che stava per fuoriuscire dalle sue labbra.

La Harvey, meglio conosciuta come Avvoltoio, si abbassò gli occhiali sottili per posarli sulla cattedra e i fissare i suoi occhi, freddi come il ghiaccio, sui due ragazzi che, sicuramente inconsapevolmente, avevano ancora le dite intrecciate per la tensione, nascoste dietro la schiena di Annabeth che stava un paio di centimetri più avanti rispetto a Percy.

L'avvoltoio guardò l'orologio col cordoncino sottile di cuoio che portava al polso prima di riportare lo sguardo sui due ragazzi, – ditemi, signorina Chase e signorino Jackson, che ore sono? – domandò con fin troppa calma.

Annabeth deglutì, la gola improvvisamente asciutta, mentre Percy si grattava la nuca con la mano libera, lievemente imbarazzato nel sentire un paio di risatine e gli occhi della classe tutti puntati su di lui come se fosse stato l'attrazione principale per un circo.

- Le dieci meno un quarto – biascicò lui cacciando il pugno chiuso in tasca.

L'insegnante si sporse verso di lui, malefica, – come prego, non ho sentito –

E se Percy avesse dovuto dare retta al suo istinto e all'iperattività, avrebbe risposto con un:”Non mi prenda in giro, ha sentito benissimo” e sul serio, lo stava per fare, ma la presa sulle sue dita, di Annabeth, si fece più forte, come se fosse riuscita a percepire la tensione e il nervosismo nel corpo di Percy.

Lui serrò per un attimo gli occhi verdi prima di ripuntarli, senza timore, sull'insegnante.

- Ho detto che sono le dieci meno un quarto – scandì, con la voce tremava per la rabbia. La presa di Annabeth si fece leggermente più forte e la professoressa guadò i due ragazzi con odio prima di farli sedere e augurargli di aver fatto correttamente i compiti.

I due amici camminarono velocemente tra le file di banchi, posando borse e quaderni nei loro banchi liberi, in terza fila.

Percy si passò una mano trai capelli mentre Annabeth si contorceva le dita nervosa.

- Tutto ok? – le chiese Percy sporgendosi verso di lei e lanciando un'occhiata veloce all'insegnante che però stava continuando a tenere sotto torchio il malcapitato diciannovenne che non aveva pregato abbastanza.

Annabeth sobbalzò e si voltò di scatto quando Percy la riportò alla realtà dai suoi pensieri che comprendevano, per quella mattina, imprecazioni contro la Harvey.

- Eh? oh, si si, tutto ok, certo. Perché? – rispose curiosa in un sussurro e facendo saettare lo sguardo grigio da Percy alla professoressa.

Il moro le sorrise tranquillo, – niente, eri solo un po' distratta –

Annabeth emise un verso a metà tra un grugnito e uno sbuffo divertito, – nella mia testa, stavo insultando alla grande quell'essere che mi ha già stancato dopo quattro giorni. Ci andavo giù pesante, dico sul serio –

Percy soffocò una risata seppellendo la testa tra le braccia mentre Annabeth continuava a inveire, stavolta sottovoce, contro la professoressa.

Era solo un quarto d'ora di ritardo e, poteva giurarlo, per una buonissima causa se comprendeva aiutare e stare con Percy.

 

Talia si accese la solita Winston e diede una lunga tirata lasciando che il fumo le scorresse nella gola dandole il solito senso di tranquillità, anche se per un attimo.

Lo diceva lei, che aveva la testa troppo incasinata e la quinta sigaretta di quel pomeriggio (per non parlare delle altre sei che aveva fumato la mattina) non la stava aiutando come avrebbe dovuto.

Ciò che la faceva maggiormente incazzare però, era lo stare in pensiero e avere la mente carica di cazzate per colpa di un ragazzo!

Un ragazzo! E questo non era sicuramente da Talia che, per quanto la riguardava, con i ragazzi ci aveva sempre e solo giocato.

Non che le piacesse, ma era solo una distrazione alla vita che faceva a New York. Faceva la forte ma persino i guerrieri migliori hanno le loro debolezze e persino i guerrieri migliori crollano.

L'unica distrazione per Talia, era puro e semplice sesso, magari con il primo ragazzo che aveva provato ad abbordarla in quel pub lungo la quinta strada. O magari con quel ragazzo moro che aveva visto a scuola.

Diede un altro tiro alla sigaretta mentre guardava il prato e il mucchio di studenti che giocavano, ascoltavano musica o semplicemente leggevano all'ombra degli alberi verdi e rigogliosi.

Talia non se ne pentiva però. Era sempre rimasta del parere che la sua prima volta sarebbe arrivata con il ragazzo che davvero amava e per quanto fosse stato umiliante per lei, perderla con quel quaterback al primo anno, andava bene così. Sotto l'armatura e lo sguardo penetrante c'era una ragazza che credeva nell'amore con tutta sé stessa e che non avrebbe mai smesso di sperare di innamorarsi, un giorno.

Osservò con attenzione i ragazzi, chi della sua età e chi più grande, nel prato di Harvard e si chiese, per l'ennesima volta in diciannove anni di vita, per quale motivo lei non sorridesse come sorridevano loro. Per quale motivo lei non riuscisse più a essere davvero felice. Per quale motivo era stata costretta a crescere così schifosamente in fretta. Per quale motivo, a quattordici anni, era dovuta diventare adulta per forza di cose. Caricarsi sulle spalle una madre che beveva più alcool che acqua e sopportare un padre che non c'era mai e che pretendeva e basta.

Talia non era felice e la cosa più brutta, la cosa peggiore, era che nessuno se ne accorgeva mai e nessuno se n'era mai accorto.

Forse Percy, ma da bambini è difficile nascondere come si sta davvero ed era capitato, probabilmente troppe volte, che lei si rinchiudesse nei bagni pubblici della scuola materna solo per piangere. A quel punto, Percy c'era stato, Percy l'aveva aiutata quanto un bambino di sette anni era capace di fare, ma Talia poi, era cresciuta. E con lei erano cresciuti i problemi, già troppo per una bambina, figurarsi per una ragazzina.

Talia era stanca.

Talia era triste.

Talia era distrutta e nessuno se n'era mai accorto.

A star male però, a non essere mai felice, c'era abituata, c'era abituata benissimo, e quando, seppur per pochi attimi, le sembrava che quel peso che aveva sul cuore diminuisse un po', faceva quasi di tutto per farlo ritornare. Era come se fosse parte di lei, e a lei andava bene. Per lei era ok.

Talia era una guerriera e lo sapeva. Si era sempre alzata da sola, non si era mai arresa e non avrebbe mai smesso di farlo perché era forte, più di quanto credesse.

Ma ciò che la faceva incazzare e bestemmiare in turco anche se non lo conosceva, era il bisogno di aver un ragazzo, quel ragazzo accanto a sé.

Gettò la sigaretta a terra, con rabbia mentre si avviava verso la palestra. Mollare un paio di pugni le avrebbe fatto scaricare i nervi, ne era certa.

Maledisse Luke Castellan e i suoi occhi, e il suo sorriso e i suoi abbracci per tutti i cinque minuti che impiegò per andare esattamente dal carnefice di notti bianche e sonni in fascia protetta da ben una settimana.

Chiuse un attimo gli occhi e strinse i pugni. Nonostante tutto, non si fidava per nulla di Luke Castellan.

Aveva la mezza impressione che l'avrebbe fatta soffrire e per quanto la riguardava, era l'ultima cosa di cui aveva bisogno.





Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
Ben cinque recensioni allo scorso capitolo! Io vi amo tantissimo, dico sul serio.
Comunque, sto continuando oggi perché domenica sono andata in spiaggia dopo la festa dei sedici anni di una delle mie migliori amiche e sono stata praticamente tutto il giorno fuori e poi, perché sono particolarmente di buon umore. Oggi c'è la puntata sottotitolata di Teen Wolf, ho quasi finito di ripassare storia e non vedo l'ora di pubblicare i prossimi capitoli, spero questo non vi scoraggerà alla lettura, ma la vera storia deve ancora iniziare.
Mi scuso per il capitolo che è un po' una merda per quanto corto e, se ve lo state chiedendo, il titolo del capitolo è un verso di "Forget Forever" di Selena Gomez (in caso non si fosse capito, sono Selenators fino alle punte dei capelli e credetemi, li porto lunghi), ed è per il pezzo che parla di Talia, dove introduce un po' quello che è stato il suo passato e la sua vita molto difficile.
Percy e Annabeth sono lievemente più uniti, hanno tutti i corsi assieme e si tengono anche per mano a volte, ma la strada che farà concretizzare il loro rapporto è ancora lunga.
Continuerò prestissimo, lo prometto ahahh e fatemi sapere che ne pensate se vi va, mi fa sempre un sacco di piacere leggere quello che mi dite:**
Alla prossima,
Love yaa<3
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Capitolo 5
*** 4. Well, stop and erase ***


Well, stop and erase
 

- Sul serio, Annabeth! Dobbiamo ancora studiare? – chiese Percy in un chiaro tono di disperazione passandosi una mano sul viso.

La bionda rise, sistemandosi meglio sul letto e portando una ciocca di capelli biondi sfuggiti alla treccia, dietro l'orecchio.

- Si, Testa d' Alghe. Domani abbiamo il test d'inglese e tu non prenderai un brutto voto per colpa mia – disse Annabeth perentoria, seppur palesemente divertita.

Percy sbarrò gli occhi verdi e luminosi, guardandola come se fosse un'aliena.

- Scherzi, vero? Non sarebbe colpa tua, ma mia dato che non ho voluto studiare.. dai Annabeth! Andiamo in città a farci un giro! Voi ragazze fate sempre shopping, tu non vuoi fare shopping? – la ragazza sorrise scuotendo la testa e continuando a sfogliare le pagine del libro in cerca di quella giusta. – Ti porto io! – giurò Percy mettendosi una mano sul cuore e sporgendosi verso Annabeth, – e anche se non ho un soldo, ti pago tutto quello che vuoi comprare, ma ti prego, smettiamo di studiare – implorò congiungendo le mani davanti al viso di Annabeth e assumendo l'espressione più ferita del suo repertorio.

La bionda lo guardò senza che il sorriso potesse scomparirle dal volto.

Era passata una settimana da quando erano entrati tardi alla lezione di letteratura e lei poté affermare con certezza che mai con una persona aveva legato così facilmente come con Percy.

Erano praticamente sempre assieme.

Facevano colazione assieme.

Studiavano assieme.

Combattevano assieme.

Pranzavano e cenavano assieme.

Per non parlare dei contatti che tra loro erano diventati sempre più frequenti e naturali. Era quasi strano ormai, non camminare senza che Percy le mettesse un braccio sulle spalle o non abbracciarsi quando si allontanavano per qualsiasi motivo.

Ad Annabeth sembrava di correre troppo, e probabilmente era così sul serio ma non ci poteva fare nulla se tutto le sembrava tremendamente giusto se fatto con Percy.

Per non parlare del rapporto che si era instaurato con Talia e di quello che lei aveva con il moro e per non parlare della complicità tra Luke e Percy.

Erano forse le prime due persone che Annabeth vedeva capirsi con un solo sguardo. Osservarli era quasi snervante.

Cielo e mare si scontravano e poi attaccavano a ridere senza apparente motivo o concentravano l'attenzione su qualcuno in particolare.

Un complicità mai vista e instaurata in due settimane che si conoscevano.

Davvero un record ed Annabeth avrebbe potuto metterci due mani sul fuoco che quei due sarebbero diventati migliori amici, o forse lo erano già seppur non se ne fossero resi conto sul serio.

- no. voglio che a questo test vada bene. Prima studiamo e prima siamo liberi – disse Annabeth con un tono che non ammetteva repliche mentre Percy sbuffava e crollava con la schiena sul letto.

La bionda ridacchiò e lui si rialzò facilmente facendo leva sugli addominali. – ridi tu, che il mio cervello sta andando a fuoco –

- sei una Testa d' Alghe – disse divertita sfogliando pagine del libro.

Percy suo malgrado, sorrise senza che Annabeth potesse vederlo e si domandò in quale cavolo di guai stava andando a cacciarsi. Il suo cuore era stato usato abbastanza e non aveva certo bisogno di una ragazza che poi l'avrebbe deluso.

Percy Jackson non l'avrebbe mai ammesso, ma aveva paura. Una paura matta che Annabeth lo potesse fregare, esattamente come aveva fatto il suo primo amore.

Eppure, aveva come l'impressione che sotto il sorriso di Annabeth ci fosse molto di più. Che sotto quel sorriso si nascondessero, in realtà, sofferenze che lui di certo non poteva immaginare e che Annabeth non gli avrebbe mai confessato.

Percy l'aveva capito dalla prima volta che i suoi occhi verde mare avevano incontrato quelli grigio tempesta di Annabeth, che lei era una ragazza speciale, unica nel suo genere e che di certo sapeva che cos'era la vita.

Per picchiare forte quanto un ragazzo, la vita la dovevi conoscere per forza.

- Percy – chiamò Annabeth mentre il moro rimaneva perso nei suoi pensieri su di lei, anche se questo non glielo avrebbe mai detto, – Percy, uooh – chiamò ancora, sventolandogli le dispense si inglese davanti al viso.

Percy sbarrò gli occhi di colpo, esclamando e buttando un po' indietro la schiena per la sorpresa mentre Annabeth ridacchiava.

- Tutto bene? – domandò lei, fissandolo un po' preoccupata mentre lui si affrettava a fingere che fosse tutto ok.

- Si, stavo pensando – disse. Si sporse un po' verso la bionda per girare il libro e vedere che stavano facendo, quando Annabeth rise piano.

- Tu pensi, Testa d' Alghe? Wow! Dovremmo farne un comunicato stampaaAAAH! – gridò quando Percy scattò in avanti nel tentativo di acchiapparla e farle il solletico.

Annabeth balzò in piedi ridendo e cominciando a correre per la stanza saltando i letti mentre Percy teneva le braccia tese verso di lei e le intimava di fermarsi, così che le sua morte sarebbe stata meno lenta e dolorosa.

- Vieni qui, Sapientona, prima o poi ti prendo! – gridò Percy.

Annabeth si sbatté alla porta senza smettere di ridere e armeggiando con la maniglia per uscire. Scappò via mente Percy la inseguiva sbattendosi la porta alle spalle e inseguendola per il corridoio silenzioso se non fosse stato per le loro risate e i passi felpati sulla moquette.

- Ti preeendo – canzonò il moro mentre la bionda saltava gli ultimi sei gradini della rampa di scale finale e cadeva appallottolata su sé stessa. Tempo qualche millesimo di secondo ed era già in piedi, diretta verso il cortile soleggiato dove studenti studiavano o chiacchieravano tranquillamente.

Percy accelerò mentre Annabeth si lanciava di tanto in tanto occhiate sopra la spalla, nella speranza di vedere quanto distante era da Percy. Molto poco, ma lei non poteva mica sapere che il ragazzo avrebbe potuto raggiungerla facilmente se non fosse stato che.. non aveva mai giocato così con una ragazza. Non era mai stato amico di una ragazza tranne che con Talia, ma erano troppo piccoli per certe cose. Non aveva mai vissuto un'emozione simile. E per qualcuno può sembrare banale, anche stupido magari dato che a diciannove anni non ti metti a fare “acchiapparello” ma Percy, quel mix di emozioni che lo riportava all'asilo non l'aveva mai vissuto e voleva goderselo appieno. Per quello, non pompava al massimo i muscoli, ma giusto abbastanza perché stesse due o tre passi dietro Annabeth, che rideva e correva, per una delle poche volte in vita sua, senza pensieri.

Si inseguirono lungo il campus facendo slalom tra gli alberi, saltando qualche studente e spingendo quei malcapitati professori che avevano deciso di uscire fuori a prendere aria.

Annabeth accelerò ancora, incurante di esser diventata, assieme a Percy, l'attrazione centrale per tutti gli studenti nel campo. Non gli importava, gli importava solo di Percy e di come stavano giocando, quello era più che abbastanza.

Rise ancora e fu a quel punto che il ragazzo decise di accelerare, circondandole i fianchi con le braccia e sollevandola di un paio di centimetri da terra, facendola girare mentre lei si reggeva e rideva, con le gambe un po' piegate.

- Si piacciono, vero? – domandò Talia, le braccia incrociate e lo strano bisogno di non accendersi la sigaretta quando era con Luke.

Il biondo osservò i due amici. Percy che teneva Annabeth tra le braccia mentre giravano, le loro risate che si spargevano per il campus, e sorrise.

- Eccome. Peccato che l'abbiano capito tutti ma non loro due –

Talia annuì pensierosa guardando Luke di sottecchi e chiedendosi, oltre a come potesse essere così figo con una semplice canottiera bianca aderente e dei pantaloni color cachi, se stesse pensando esattamente ciò che pensava lei.

Decise di scoprirlo.

- Secondo te nascondono qualcosa? – domandò, diretta come sempre senza staccare lo sguardo dai due ragazzi che adesso si erano fermati. Annabeth continuava a stare tra le braccia di Percy senza però dargli più la schiena.

Luke guardò la scena, – sono assolutamente certo che nascondano qualcosa, non hai visto i sorrisi? –

- umh – concordò Talia.

E tu non l'hai visto il mio?

Ho visto anche il tuo, Tals.

***
 

Percy si tolse velocemente la maglietta e poi entrò in piscina, rabbrividendo leggermente per il contatto tra la sua pelle e l'acqua fredda. Amava l'acqua, sempre e comunque. In qualsiasi stagione e in qualsiasi momento.

Era come se fosse l'unico posto dove il suo cervello iperattivo riuscisse a calmarsi, l'unico luogo dove nessuno l'avrebbe criticato o deriso. Dove doveva solo essere sé stesso, lasciare che i capelli venissero portati indietro mentre nuotava, lasciare che la libertà lo pervadesse in pieno e lasciare che tutto, anche solo per i pochi secondi che rimaneva sott'acqua, andasse bene.

Si sedette sul fondo in piastrelle azzurre della piscina, incrociando le gambe e sbarrando gli occhioni verdi mentre si guardava attorno. Non gli pesava stare per molto senza respiro, da piccolo si allenava e quando Gabe era entrato a casa sua, stare sott'acqua nella vasca per evitare di sentire colpi che non avrebbe mai potuto impedire era diventata un'arma di difesa.

Riusciva a starci per intere mezzore e a volte, anche si dimenticava di star trattenendo il respiro, tanto la sua testa era invasa di ben troppi pensieri per un bambino piccolo come lo era lui.

Si sdraiò piano sul fondo, stando attento a non salire a galla e incrociò le braccia dietro la testa guardando le bolle che emetteva dal naso salire in superficie.

Preferiva la piscina quando era notte ed era solo illuminato dai raggi pallidi della luna. Tutto assumeva un che di più intimo, e anche se non l'avrebbe mai ammesso, amava andare in piscina la notte perché ogni volta che si nascondeva sotto l'acqua, vedeva la luce a risparmio energetico del suo piccolo bagno.

Osservò la luna, alta e luminosa nonostante fosse almeno a due metri sott'acqua, senza preoccuparsi della pressione un po' troppo forte al petto.

Non gli importava abbastanza; dopo un po' di anni alla mancanza di fiato aveva imparato a non badarci. Aveva scoperto che rilassandosi, pensando ad altro, poteva resistere.

Ma logicamente, due settimane ad Harvard non sarebbero mai state abbastanza per dimenticare diciannove anni di guerre, solo contro tutti.

 

Uscì in salotto. Aveva fame e la mamma gli aveva promesso delle caramelle azzurre dal suo negozio di dolci.

Sospirò mentre osservava quel ciccione barra tricheco sovrappeso di Gabe (suo amato patrigno) e la combriccola del poker, mentre infestavano il salotto di casa sua, impregnando l'aria di salsa piccante.

Ragazzo” gracchiò Gabe rivolgendogli un sorriso finto che Percy, nonostante i suoi dodici anni, riuscì a captare. Lo guardò diffidente e l'uomo lo chiamò con un gesto della mano mentre quei tre disperati che stavano attorno al tavolo, ridevano piano. “Vieni qui” ordinò.

Percy si avvicinò, guardingo, senza sapere, prima di allora, che avrebbe ricevuto uno schiaffo, abbastanza forte da farlo rotolare a terra.

 

Agitò la testa mentre le bolle salivano con più frequenza e il peso al petto si faceva più opprimente.

Si impose di calmarsi. Non voleva andarsene così preso dal luogo che preferiva di più in assoluto. Non voleva e di certo non avrebbe ceduto per un paio di ricordi schifosi che non avrebbe mai dovuto avere.

Doveva fermarsi e cancellare il suo passato. Doveva dimenticarlo perché gli faceva solo male riviverlo, e Percy, senza dubbio, riviveva troppo spesso esperienze che nessuno avrebbe mai dovuto vivere.

Provò a concentrarsi su altro, a pensare a ciò che adesso era e comprendeva la sua vita, ma era difficile, difficile quando il rumore degli schiaffi superavano la sottile porta di legno bianca della sua camera e lui non poteva fare nulla per impedire che la mamma soffrisse così tanto.

Fermati.

Fermati e cancella.

Fermati e cancella.

E quando capì che era inutile, uscì di scatto dall'acqua, ansimante e con i capelli attaccati alla fronte.

- Ce ne hai messo di tempo – trillò una voce familiare alla destra di Percy che si voltò di scatto incontrando un paio di occhi azzurri e dei capelli biondo sabbia.

- Luke – fece sorpreso, – che ci fai qui? –

Nuotò verso l'amico che aveva le gambe immerse nell'acqua fino ai polpacci e un asciugamano bianco stretto nella mano destra.

- La mia camera da' sulla piscina e volevo capire che diavolo ci facessi in acqua a quest'ora di notte, ma cavolo! - esclamò di punto in bianco, – sei uscito dopo almeno mezz'ora! – disse sorpreso mentre Percy faceva leva sui polsi per sedersi sul bordo della vasca accanto all'amico, che gli porse l'asciugamano.

- Stare in acqua mi aiuta a pensare – confessò mettendosi il telo sulle spalle e guardando la luna piena davanti a lui.

Luke lo osservò per un attimo, annuendo concorde, – certo – gli mise una mano sull'avambraccio, – fingeremo che tutto questo sia normale e che tu non sia un pazzo schizzato che va a nuotare alle due di notte, andata? – fece il biondo sorridente, il pugno proteso verso Percy che sorrise a sua volta, passandosi una mano tra i capelli neri.

- Andata –




Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
No, dico, 6 recensioni allo scorso capitolo! 6!
Crescono di volta in volta che pubblico e sono felicissima di sentire che a tanti continua a piacere la storia, lo sapete che amo leggere ciò che pensate, no?
Comunque, visto che non so che cosa fare dato che stamattina alle quattro ero al pronto soccorso per un'otite di merda, ho deciso di postare prima, almeno qualcosa di positivo questo schifo di mal d'orecchio l'ha portata..
Parliamo del capitolo^.^
Percy e Annabeth del mio cuore! Come vedete, si è stretto un legame un po' speciale tra i due, giocano ma hanno entrambi paura e questo li bloccherà per un po'.
Per quanto riguarda Luke e Talia, qualcuno mi ha chiesto di metterli un po' più in risalto e, don't worry, arriverà anche la loro storia solo che hanno caratteri particolari  tremendamente simili, sono un po' delle teste calde ahahah
In questo capitolo, vediamo anche un po' del passato di Percy e, in caso non l'avessi spiegato bene, l'acqua è una sorta di rifugio per quando quell'idiota di Gabe il Puzzone picchiava la madre. Lui era troppo piccolo per impedire che le facesse del male e andava sott'acqua per non sentire più nulla..
A si, il titolo del capitolo è una canzone di Selena Gomez (vi sorprende?) e che si riferisce ai ricordi che Percy non vorrebbe più avere ma che inveitabilmente ritornano.
Ho deciso di mettere anche Luke in questa "scappata notturna" di Percy, un po' per far vedere il legame e l'intesa tra i due e un po' perché è una sorta di "io ci sono" da parte di Luke dato che capisce e osserva molto più di quanto probabilmente pensiate (anche con Talia, sa che ha qualcosa ma non sa che cosa).
Spero che mi lascerete un parere come al solito, e io aggiornerò il prima possibile, lo prometto<3
Vi adoro, lo giuro

Love yaa<3
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Capitolo 6
*** 5. But they don't know secrets that you just can't keep ***


But they don't know secrets that you just can't keep



Finalmente -e Luke poteva affermarlo con certezza che era un finalmente- era sabato, dopo una seconda settimana di lezioni e test a non finire. Era il suo ultimo anno, l'unica cosa che voleva era andarsene, trovarsi un buon lavoro nella costa est e stabilizzarsi. Il college sarebbe stato solo un punto di transito, per quello non aveva avuto rapporto con nessuno a meno che non fossero esclusivamente per dei compiti o una sveltina in camera (quello per quanto riguarda le ragazze, ovvio). Eppure, aveva come il presentimento che quell'anno sarebbe stato assolutamente diverso e forse, una mezza idea del perché lo sarebbe stato, ce l'aveva.

Percy e le sue nuotate in piscina perché, a dispetto di quello che gli aveva detto la notte prima, era andato a trovarlo per un motivo ben specifico.

Annabeth, i suoi occhi grigi, il sorriso che nascondeva come stava davvero e l'espressione innocente.

Grover e quel cavolo di umorismo che si ritrovava.

E ultima, ma sicuramente non meno importante, Talia. Pensava a quegli occhi blu ventiquattro ore al giorno. Pensava alle sue mani piccole eppure così incredibilmente forti se chiuse a pugno. Pensava al suo sorriso luminoso. Al modo in cui le si assottigliavano le palpebre quando era arrabbiata. Pensava alla fascia nera che portava al polso sinistro. Pensava alla Winston che si portava un po' troppo spesso alle labbra. Pensava ai suoi anfibi, le magliette corte e i pantaloni aderenti a vita alta.

Pensava che forse, quella bella mora con le lentiggini le era entrata sotto la pelle, pensava che stesse diventando più importante di quanto fosse possibile e in troppo poco tempo.

Pensava che quella ragazza, all'apparenza innocua, era più forte di quanto chiunque avrebbe mai potuto immaginare e di certo non pensava alla forza fisica.

Luke lo sapeva bene.

Luke lo sapeva benissimo che Talia aveva sofferto e soffriva ancora. Come Annabeth. Forse quelle due ragazze potevano sembrare gli opposti ma avevano in comune molto più di quanto credessero. A partire dal sorriso che avrebbe potuto ingannare chiunque ma non di certo lui o gli occhi verdi e attenti di Percy.

Fissò il soffitto, il sole che sarebbe dovuto ancora sorgere ma era un bel po' di notti che non riusciva a dormire pensando a Tals. Non sapeva neanche lui perché si ostinasse a chiamarla così, ma le piaceva il modo in cui lei sorrideva quando lo pronunciava.

Si sistemò meglio le mani dietro alla testa lanciando un paio di maledizioni al giocatore di football che aveva accanto e che stava russando più di un bue in calore.

Per quel pomeriggio, Percy aveva implorato Annabeth di andare al centro commerciale e ovviamente, se Luke e Talia non si fossero messi in mezzo, niente sarebbe stato più lo stesso. Luke sorrise al ricordo di poche ore prima a cena, dove il moro l'aveva guardato talmente tanto male che se avesse potuto, l'avrebbe ammazzato seduta stante.

Si passò una mano sul viso, osservando la luna per un ultima volta, prima di dare le spalle alla finestra e tentare di dormire. Un paio di occhi azzurri e labbra sicuramente dolci che avrebbero di certo invaso i suoi sogni.

 

- ok, io mi auguro che voi non siate quelle ragazze che passano ore nei negozi e che lasciano i malcapitati ragazzi in un angolo con la carta di credito che sta tremando – fece Luke guardando Annabeth dallo specchietto retrovisore e Talia, seduta nel sedile anteriore del suo pick-up rosso.

Le due ragazze si lanciarono un'occhiata complice e Percy si sporse tra i due sedili di davanti. – Luke, siamo ancora in tempo per tornare indietro –

 

Volete sapere come finì? Non tornarono indietro ed Annabeth e Talia entrarono in tutti i negozi di scarpe e di abbigliamento che incontravano nell'enorme centro commerciale dal tetto a cupola che lasciava filtrare la luce del sole. Logicamente, Percy e Luke dovettero fare la parte dei:”poveri fidanzati con la carta di credito fra poco alleggerita”, rimanendo in un angolo del negozio ed andando poi a giudicare come stavano gli abiti alle due ragazze.

Nonostante i loro sforzi però, Talia e Annabeth li mandarono via senza troppi complimenti all'ennesimo “ti sta bene”, senza sapere che mai, i ragazzi erano stati più seri. Erano talmente belle e perfette ai loro occhi e, ne erano convinti, agli occhi di tutti, che anche un sacco della spazzatura sarebbe andato bene.

Dio cavolo, erano così belle da non sembrare neanche vere.

Dopo ore e molti, troppi, “ti prego” e “sto per morire”, si fermarono nel primo Burger King che trovarono lungo il secondo piano del centro commerciale e si fiondarono dentro mentre le ragazze prendevano i tavoli e Luke e Percy facevano la fila per prendere il pranzo a tutti.

 

- Tadaa – fecero i due amici, mettendo i vassoi blu davanti alle due ragazze che sorrisero, battendo le mani.

- Cosa c'è qui? – domandò Talia frugando nel vassoio tra lei e Luke e spostando dalla sua parte il bicchierone di Coca Cola col ghiaccio, i due panini con l'hamburger e le patatine, le due porzioni extra di patatine fritte e le crocchette di pollo da dodici.

Nonostante mangiasse più di un muratore, aveva il fisico perfetto, poi la natura umana non è strana..

- ma che bravi ragazzi – canzonò Annabeth mentre Percy sporgeva la guancia chiara verso di lei con un sorriso strafottente sul volto.

- Un bacio per averti pagato tutto? – fece divertito mentre la bionda rideva e posava le sue labbra piene sulla guancia dell'amico che poi tornò a sedersi, soddisfatto.

Mangiarono, tirandosi di tanto in tanto le patatine e ridendo ogni tre secondi senza pensare a nulla ma divertendosi e basta.

Erano tipo, prendiamoci una pausa dopo due settimane sui libri, ed erano certi di meritarsela al massimo.

- Comunque, sono del parere che Talia è quella che ci ha dato dentro di più – scherzò Luke mentre lei gli tirava l'involucro delle crocchette di pollo in fronte.

- Aah ma zitto idiota, non è vero –

- Allora con quanti sei andata a letto? – domandò il biondo, poggiando il mento sulla mano e guardando la ragazza che aveva difronte, con un'espressione fintamente innocente e sbattendo esageratamente le ciglia.

Talia rise mentre Percy e Annabeth li guardavano, palesemente divertiti.

La mora si ricompose, schiarendosi la voce e portandosi dietro l'orecchio un ciuffo sfuggito alla treccia.

- Dunque.. quattro o.. cinque più o meno – disse titubante mentre Luke sollevò un sopracciglio scettico e Percy e Annabeth attaccavano a ridere. Talia osservò tutti con aria truce nonostante un sorriso divertito che rovinava tutto. – Forse sei.. – il sopracciglio di Luke era ormai diventato un tutt'uno con i capelli che, per alcuni ciuffi gli ricoprivano la fronte e Percy e Annabeth stavano ridendo talmente tanto da non riuscire quasi a respirare.

- Ma perché non ve ne andate a cagare? – borbottò Talia divertita.

- Dai Tals – incalzò Luke, facendola inconsapevolmente sciogliere a quel soprannome.

- Dì la verità – fece Percy.

- Poi dovrò uccidervi – avvertì la mora mentre Annabeth stava ancora ridendo.

Talia prese un respiro, fintamente nervosa, – forse ho perso il conto – mormorò.

- Che cooosa? – e poi Luke attaccò a ridere buttando la testa indietro mentre Percy diventava completamente rosso e la risata di Annabeth si faceva ancora più forte. – Andatevene tutti a cagare, stronzi – berciò Talia, pescando una patatina dalla confezione di Luke.

- Adesso tocca te – disse decisa, fissando gli occhi blu elettrico in quelli azzurro cielo del biondo che aveva davanti, – quante ti sei portato a letto? –

Luke la guardò, le labbra schiuse e poi si voltò di scatto verso Percy, – dai, amico, tu quante ti sei portato a letto? –

- eh no! – esclamarono Talia e Annabeth mentre il moro dava un pugno alla spalla all'amico che gemette divertito dandogli una manata.

- Non me la scampi! A quante tacche sei arrivato? – domandò Talia, sporgendosi verso Luke e incrociando le dita lunghe e affusolate sul tavolo.

Il biondo la guardò e poi allungò il pugno verso di lei, – ho perso il conto anche io! – esclamò ridendo e la ragazza lo imitò facendo scontrare le loro nocche, palesemente divertita.

- Voi due siete un caso perso – constatò Percy mentre Talia e Luke si voltavano verso di lui di scatto puntandogli un dito contro.

- Tocca a te – fecero all'unisono e il moro indietreggiò un po' per l'impeto della domanda.

Alzò le mani come a difendersi mentre sorrideva, – cinque volte, mi sono fermato all'inizio di quest'anno come quella stronza della mia ex mi ha mollato –

Luke alzò le sopracciglia prima di ridergli in faccia e battergli una pacca sulla spalla, – povero piccolo. Una ragazza ha spezzato il tuo tenero cuoricino? – domandò sporgendo il labbro inferiore mentre Percy lo mandava a quel paese senza mezzi termini e senza smettere di sorridere.

Le ragazze risero e Annabeth si passò una mano tra i capelli, ignara che in quel momento, sarebbe stato il suo turno. Talia si voltò lentamente verso di lei, un sorriso da intenditrice sul volto, e annunciò poi, con voce da presentatrice, – e dopo me e Luke primi in classifica con un “non mi ricordo” e Percy al secondo posto con cinque, abbiamo la signorina Annabeth Chase direttamente fuori dal podio per il suo imene ancora intatto! – fece con una mano chiusa a pugno vicino alla bocca a mo' di microfono.

I ragazzi risero mentre Annabeth li guardava con un mezzo sorriso e un po' confusa.

- Ma veramente io non sono vergine – disse tranquilla, facendo ammutolire i ragazzi.

Talia teneva gli occhi sbarrati, Luke aveva la bocca talmente aperta che la mascella avrebbe sicuramente toccato le ginocchia di lì a breve e Percy aveva smesso di respirare, ingoiando la coca cola appena tirata su dalla cannuccia.

- Potre.. – Talia si schiarì la voce battendosi una mano sul petto con forza, – potresti ripetere quello che hai detto? – chiese, ancora scioccata.

- Non sono vergine – disse Annabeth, scandendo bene le parole e chiedendosi perché i suoi amici fossero così apparentemente sconvolti.

Per un attimo, al tavolo ci fu silenzio, prima che Talia e Luke potessero ridere e battere le mani con forza mentre Percy mostrava un sorriso teso.

- E io che pensavo fossi la regina della castità – ammise il biondo sorpreso.

- Non voglio avere storie, bla bla bla – smorfiò Talia, con una pessima imitazione della voce dell'amica che sorrideva in imbarazzo. – Non oso neanche chiederti chi ti abbia tolto il fiore, allora – fece, mentre Luke attaccava a ridere e Percy beveva Coca Cola come se fosse acqua naturale.

E a quel punto, successe una cosa strana.

Annabeth sbarrò gli occhi e fece grattare la sedia sul pavimento, alzandosi di scatto.

- Torniamo in college, che dite?

 

***

Percy andò sul fondo della vasca mettendosi le mani dietro la testa e osservando le bollicine che salivano verso la superficie quando venivano rilasciate dalla sua bocca.

Annabeth non era vergine.

Annabeth Chase, la ragazza che affermava di non aver mai avuto storie, che odiava le storie d'amore, non era vergine.

Non ci poteva credere.

Nonostante picchiasse come una professionista era fermamente convinto che nessuno l'avesse mai toccata, che nessuno l'avesse mai vista priva della sua solita armatura.

Era stato uno shock per lui e lo era ancora, mentre ci pensava sul fondo della piscina.

Chiuse per un attimo gli occhi perdendo la concentrazione per qualche secondo e salendo verso la superficie di un paio di centimetri. Si affrettò a tornare giù, lottando contro i ricordi che lo invasero senza il suo consenso.

“ Mamma, Gabe il Puzzone ti ha dato uno schiaffo?”, domandò con l'ingenuità di un bambino di undici anni. Sally sorrise triste tirando su col naso mentre gli passava una mano tra i capelli neri e Percy chiudeva gli occhi a quel contatto così dolce.

Non chiamarlo così, tesoro” disse teneramente.

Il bambino arricciò il naso a quell'ordine velato, “Ti ha dato uno schiaffo?” domandò ancora, senza sapere davvero che cosa volesse dire.

Sally sorrise ancora, “Va tutto bene, piccolo mio. Va' a dormire adesso, d'accordo?” mormorò dolce, prendendo il volto del figlio tra le mani e lasciandogli un bacio sul capo. Percy serrò gli occhi per i secondi che le labbra della mamma erano poggiate sui suoi capelli scuri e dopo un'ultima carezza, Sally si chiuse la porta di legno sottile alle spalle.

Percy era piccolo, ma non stupido per non accorgersi che la mamma non gli aveva risposto.

Probabilmente però non ce n'era bisogno, conosceva già la risposta anche se non voleva ammetterlo a sé stesso.

Gli mancò il fiato a quei ricordi e uscì velocemente dall'acqua, issandosi sul bordo con ancora il fiatone. In quel momento, la collana con l'iniziale della mamma gli sembrò fin troppo stretta e ci passò sotto due dita, il fiato corto e il cuore che batteva a mille.

Chiuse gli occhi passandosi una mano sul volto e crollando con la schiena sul pavimento e la gambe immerse in acqua fino al polpaccio. Osservò il cielo ancora estivo, seppur per poco, ricoperto di stelle e respirò lentamente mentre i battiti scendevano piano e lui iniziava a calmarsi.



Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
Esordisco con un: scusate il capitolo che è una vera e propria merda.
E' il classico di passaggio oltre a essere noioso è anche corto e la vera storia deve ancora iniziare.. abbiate un po' di pazienza ancora per un po'.
Comunque, Annabeth non è vergine a differenza di quello che pensavano tutti. Tenete bene a mente la sua reazione quando ha rischiato di dover dire con chi avesse avuto la sua prima volta perché sarà una parte molto importante per la storia.
Il titolo del capitolo è un verso della canzone di Selena Gomez "Kiss & Tell" ovviamente per ciò che Annabeth vuole tenere nascosto.
Spero mi facciate sapere qualche parere, anche se fa cagare cosa di cui sono abbastanza convinta ahahha e magari qualche teoria su ciò che la nostra Sapientona non vuole dire:**
Adesso scappo che devo finire di ripassare storia prima che carichino la puntata sottotitolata di Teen Wolf, qualche fan di Teen Wolf o Selenator che legge la storia? ahahah ci vediamo giovedì*-*
Vi adoro,
Love yaa<3

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Capitolo 7
*** 6. But you cover up won't let it show ***


But you cover up won't let it show

 

Il fine settimana passò fin troppo in fretta per i ragazzi che si ritrovarono catapultati in un lunedì incredibilmente freddo nonostante fosse ancora settembre. Subentrarono il vento e alcune gocce di pioggia che li costringevano a stringersi nelle loro (per ora) felpe mentre passavano da una parte all'altra del campus per seguire le lezioni ma, per quanto riguardava Annabeth, non vedeva l'ora che arrivasse l'inverno, lo amava con tutta sé stessa. Per questo sorrideva difronte alla finestra dalla sua stanza, le braccia strette attorno al corpo, il busto chiuso in un golfone blu e le gambe costrette dentro degli skinny jeans e le solite All Star.

- Bionda – gemette Talia girandosi verso di lei, ancora sotto il piumone bianco, strizzando gli occhi alla luce, seppur non fosse così forte.

Annabeth si voltò verso l'amica sorridendo, – Ehi – salutò allegra, – come va? –

Talia si passò i pugni sugli occhi, ancora mezza addormentata seppur fra pochi minuti sarebbero dovute andare a fare colazione. – Ho sonno – mugugnò la mora sorridendo mentre Annabeth ridacchiava tornando a guardare le nubi grige, fuori dalla finestra e le chiome degli alberi scosse dal vento. – Tu hai sempre sonno – constatò la bionda sentendo che Talia si stava alzando.

- Sai Bionda – esordì Talia, saltellando per infilarsi gli skinny jeans neri, – non pensavo che non fossi più vergine –

Annabeth sbarrò gli occhi e serrò la presa sui gomiti. Stavano entrando in campo minato e doveva essere abbastanza abile da uscirne senza che venisse scoperta.

Ridacchiò nervosamente tenendo lo sguardo fisso sul paesaggio esterno, mentre il suo cervello lavorava per trovare una soluzione. – Davvero? – fece con naturalezza, – come mai? –

Talia fece spallucce, intenzionata a sapere di più, – non lo so.. ti ho sempre vista casta – disse ridendo lasciandosi scivolare sul busto magro un golfo aderente nero.

- Faccio l'impressione della brava ragazza a tutti, devono essere i capelli – scherzò la bionda sedendosi sul letto di Talia mentre lei si infilava i soliti anfibi. Andò a farsi la treccia ma Annabeth la stoppò prima, – lasciali sciolti – disse e la mora sorrise mandando i capelli sulla schiena e scuotendo un po' la testa per ravvivarli. Non erano molto lunghi, superavano di poco il gancetto del reggiseno ma anche rasati a zero, su un viso perfetto come quello di Talia, sarebbero andati benissimo.

Annabeth si stiracchiò venendo per un attimo presa da un senso di capogiro e poi poggiò la schiena alla testiera del letto di Talia mentre l'amica si metteva accanto a lei, poggiandole la testa sulla spalla.

Dovevano andare a fare colazione, ma quei momenti di tenerezza erano rari per entrambe le ragazze, non avrebbero dovuto sprecarli, per questo, rimasero così nonostante dovessero andare a mangiare. Stettero così per un po', dicendosi tanto seppur fossero zitte.

Annabeth lanciò per caso un'occhiata all'orologio da parete situato sopra la scrivania. La colazione era iniziata da un quarto d'ora ma preferiva stare con Talia, se saltava il primo pasto per un giorno non sarebbe successo nulla.

Ed erano talmente assorte nei loro pensieri, che sussultarono quando sentirono una serie di scatti alla serratura e poi quella si aprì lentamente mostrando Percy con un vassoio pieno tra le mani e Luke con una forcina nella mano destra.

Entrarono in camera mentre le ragazze li guardavano incuriosite.

Luke si chiuse la porta alle spalle con un calcio e Percy avanzò lentamente verso il loro letto mentre le due amiche si sedevano a gambe incrociate.

- Se Maometto non va alla montagna – cominciò Luke.

- La montagna va da Maometto – completò Percy accennando al vassoio che posò sul letto, vicino alle ragazze che sorrisero intenerite, persino Talia che la tenerezza non sapeva neanche che cosa fosse.

- Ma siete dolcissimi! – trillò Annabeth sporgendosi verso il vassoio per prendere la brioche.

Talia guardò scettica Luke. – Che c'è? – chiese lui.

- Ho paura a chiederti come hai fatto ad aprire una porta chiusa a una mandata, con una forcina per capelli, che tra l'altro era mia –

Luke le sorrise furbo inchinandosi su di lei solo per darle un bacio sulla guancia, – trucchi del mestiere imparati da un padre ladro, Tals. E si, la forcina eratua, adesso è mia –

Talia borbottò qualcosa di incomprensibile mentre addentava un biscotto al cioccolato.

- Non siete scese a fare colazione e non potevamo lasciarvi morire di fame – disse Percy mentre Annabeth beveva un po' del suo cappuccino avvolgendo attorno alla tazza calda le mani coperte quasi interamente dal golfone blu.

- Non è vero – smentì Luke dopo un paio di secondi di pausa, – Percy era preoccupato perché Annabeth non scendeva ed ha attaccato a fare la femminuccia. Siamo venuti qui per cause di forza maggiore –

Le ragazze risero e Percy avvampò per un attimo prima di dare un pugno fortissimo alla spalla di Luke che gemette ridendo voltandosi di scatto verso l'amico e dirigendo un pugno verso il suo petto. Percy lo schivò facilmente pizzicandogli il fianco mentre le ragazze chiacchieravano tra loro, abituate a quelle dinamiche.

- E comunque io volevo solo controllare, l'idea di portare la colazione è stata tua, idiota – rivelò Percy mentre Talia guardava Luke con un sopracciglio alzato e un sorriso furbo.

Lui liquidò la faccenda agitando la mano quasi a voler scacciare un insetto fastidioso e poi rubò uno dei biscotti di Talia sedendosi dietro di lei e avvolgendole la vita con un braccio.

 

***

- Annabeth! – chiamò Percy, correndo lungo il corridoio della palestra per raggiungerla. Lei si fermò, i capelli che le cadevano morbidi fino al bacino e il fisico chiuso in una felpa azzurra e dei leggins neri, le solite All Star bianche ai piedi.

- Ehi – sorrise lei appena Percy le fu affianco dandole un bacio sulla guancia e riprendendo a camminare al suo fianco.

- Non vedo l'ora di combattere, sai? – confessò il ragazzo affondando le mani nelle tasche dei pantaloni di tuta blu.

Annabeth stava per rispondere, se non d'un tratto, non fosse arrivato un ragazzo, forse un paio d'anni più grande di loro, che sorrise ad entrambi battendo il cinque a Percy.

- Ciao amico, ora devo scappare – superò i due ragazzi salutandoli da sopra la spalla, – ci si vede in giro –

Percy e Annabeth si guardarono con la fronte corrugata prima di scoppiare a ridere, – ma io lo conoscevo? – domandò il moro mentre la bionda scuoteva la testa e sorrideva.

- Ha salutato te, non me, Testa d'Alghe – e quando stava per rispondere alla prima domanda che le aveva fatto Percy, quel ragazzo castano tornò indietro di corsa, stampando un bacio sulla guancia di Annabeth.

- Scusami se non ti avevo salutato prima, Chase. Ero un po' di fretta, ci si vede ragazzi! – e poi tornò a correre via.

I due amici aspettarono che quel ragazzo scomparisse dopo il corridoio prima di attaccare a ridere, completamente increduli, – ma scherziamo? – esalò Annabeth tra le risate, talmente tante per entrambi che furono costretti a fermarsi a metà corridoio per la palestra.

- Stanno tutti impazzendo qui! – esclamò Percy divertito e domandandosi chi diavolo fosse quel ragazzo.

Appena si furono calmati entrambi, ripresero a camminare e Annabeth guardò il moro di sottecchi, prima di rispondere – Anche io non vedo l'ora di combattere. Hai presente, voglio sfogarmi perché ho rabbia repressa – i due ragazzi risero ancora mentre si avvicinavano alle porte anti panico della palestra che soffocavano solo un minimo il rumore di colpi e gemiti.

Percy posò le mani sulla maniglia rossa aprendo la porta per Annabeth ed entrando subito dopo di lei. Qualcuno si voltò a osservare i nuovi arrivati, altri continuarono a combattere e a dire la verità, entrambi i ragazzi dovettero trattenere le risate alla vista di un paio di calci che terminavano con delle scivolate strepitose e pugni che concludevano con spanciate clamorose sul tappetino.

- Ragazzi – chiamò Luke dal centro della palestra, – Scaldatevi e poi date una mano a quelli nuovi, ce ne sarà bisogno – fece grattandosi la nuca per poi tornare a correggere il pugno di una matricola molto molto piccola.

Annabeth osservò i volti ormai familiari e incrociò Talia che eseguiva evoluzioni senza il minimo sforzo, colpendo di tanto in tanto il sacco che aveva difronte. Era una sua impressione o i ragazzi in palestra erano aumentati a dismisura? Per non parlare dei ragazzi e delle ragazze di tutte le età seduti sugli spalti.

Percy e Annabeth si scaldarono velocemente senza badare a tutti gli occhi puntati su di loro, prima di cominciare a girare per la palestra. Alcuni erano bravi davvero, ma altri erano in condizioni disastrose, il lavoro era lungo seppur divertente.

Annabeth gironzolò un po' tra le coppie e si fermò, colta dalla curiosità davanti a una delle coppie più bizzarre che avesse mai visto. Era formata dall'energumeno che aveva vinto lo scontro il primo giorno, Gus, contro un ragazzo talmente magro e lentigginoso da sembrare un Weasley fatto male.

Annabeth sollevò le sopracciglia quando il più mingherlino dei due schivò un cazzotto di fortuna e tentò di fuggire via dal tappetino. Gus lo afferrò per la canottiera bianca, che non faceva altro che mostrare quanto fosse piccolo, tirandolo indietro e colpendolo con un pugno a un fianco. Quello gemette piegandosi in due e prima che potesse incassare un altro colpo, Annabeth si intromise tra i due, spingendo il pel di carota via dalla traiettoria del nuovo cazzotto di Gus e riuscendo lei a schivarlo all'ultimo.

Il ragazzo non si arrese nonostante il suo avversario fosse cambiato e alzò una gamba verso il fianco destro di Annabeth che si abbassò di colpo facendo roteare le gambe sul pavimento e colpendo la sinistra di Gus, già instabile, buttandolo a terra.

Si rialzò di scatto sovrastandolo, – Chi diavolo ha fatto una coppia formata da te e lui? – chiese rabbiosa e con il fiatone mentre il castano si alzava con un colpo di reni, pronto a combattere ancora.

- Fatti gli affari tuoi, matricola – sibilò rabbioso.

Annabeth assottigliò le palpebre e strinse i pugni, – ho chiesto – fece lei furiosa, – chi diavolo ha fatto queste coppie? –. Scandì lentamente le parole, i muscoli tesi a qualsiasi evenienza mentre la maggior parte delle persone in palestra li osservavano come se dovessero scannarsi da un momento all'altro.

- Ehi, ehi, ehi – intervenne Luke mettendosi al fianco della bionda e guardando entrambi i ragazzi mentre Percy e Talia li raggiungevano, assieme a un altro po' di ragazzi. – Che sta succedendo qui? –

Gus osservò con rabbia Annabeth che reggeva con orgoglio il suo sguardo truce, – La biondina si è messa in mezzo – sibilò lui mentre Percy stringeva i pugni.

- Buono con i termini, Gus. Potrai far paura a molti qui dentro, ma non a me – disse Luke con decisione e rivolgendosi poi verso Annabeth, la esortò a parlare.

- Luke, Gus stava combattendo contro.. – e si voltò verso il Weasley uscito male, in cerca del suo nome.

- Steve – le venne in aiuto lui tenendosi il fianco dolorante con una mano.

- Steve – continuò Annabeth, – Ma Gus è più grosso e il quintuplo più forte di lui. Lo stava ammazzando! – esclamò.

Gus rise scettico, – Sta' zitta biondina, la stai facendo più grande di quanto è –

- Finiscila, lo stavi ammazzando sul serio – rispose decisa Annabeth.

E poi, successe tutto più veloce di quanto si sarebbero aspettati. Gus avanzò di un passo verso la bionda e caricò un pugno talmente forte che se l'avesse colpita, le avrebbe rotto sicuramente il naso. Percy la spinse via velocemente e poi gli diede un calcio alla mascella che lo fece cadere di schiena sul tappetino con un tonfo.

- Idiota – sibilò osservandolo dall'alto mentre quello si passava una mano sul viso. parecchio stordito.

- Percy! – esclamò Annabeth facendolo voltare di scatto verso di lei.

- Che c'è? – domandò innocentemente, – stava per tirarti un pugno! Il mio è stato un atto di cavalleria – si difese, soddisfatto di ciò che aveva appena fatto.

***

Dire che quella sera i ragazzi erano stanchi, era dire poco e fu praticamente un miracolo se riuscirono ad andare a cena nella mensa, la testa che minacciava di cadere sul piatto ogni tre secondi. Erano talmente stanchi che neanche notarono le consuete occhiate quando mettevano piede nell'enorme sala, quando si sedevano.. talmente stanchi che non notarono che le occhiate erano di gran lunga aumentate dall'ultima volta.

- voglio andare a dormire – biascicò Talia, poche forze anche solo per mangiare.

- Ci andiamo assieme, Tals? – scherzò Luke stanco mentre lei gli tirava un colpo alla spalla e sorrideva.

Annabeth teneva la testa poggiata alla spalla di Percy, mentre lui aveva accantonato l'idea di mangiare quel cibo (se così si poteva chiamare) di pietanza aliena che le signore della mensa si ostinavano a servire.

Il moro voltò un po' il capo per lasciare un bacio sulla fronte alla ragazza, che sorrise al contatto delle labbra morbide di Percy con la sua pelle. Strinse i pugni sotto il tavolo.

Non si doveva innamorare.

Lei non lo meritava e lei avrebbe sofferto.

L'amore non esiste, l'amore fa davvero schifo.

Ma Percy era diverso, Percy era talmente speciale che quasi le sembrava assurdo che potesse stare con una ragazza come lei.

E avrebbe continuato a pensare, avrebbe continuato a pensare e a farsi male, se non fosse stata interrotta da un paio di energumeni del football che scivolarono nella panca accanto a lei.

- Ciao ragazzi! – trillò il primo sporgendo il pugno verso Percy che batté le nocche incredulo mentre Annabeth si metteva dritta di colpo, improvvisamente sveglia, cercando di capire che diavolo stesse succedendo.

- Ciao – fece Percy con la fronte corrugata mentre Annabeth e Talia si guardavano senza capirci nulla.

L'altro compare imitò l'amico mentre Luke sorrideva, e se pensavano che per quel giorno le stranezze fossero finite, altri due ragazzi dell'ultimo anno accompagnati dalle rispettive fidanzate, si sedettero nel tavolo assieme a loro, chiacchierando come se si conoscessero da una vita.

Le due ragazze, una rossa e una mora, intavolarono un discorso su quanto i capelli di Annabeth fossero lucenti e su quanto Talia vestisse bene, mentre le due amiche continuavano a non capirci assolutamente nulla.

Ma che sta succedendo? Pensò Percy con un sorriso, senza però negare a sé stesso che tutte quelle strane attenzioni, un po' gli piacevano.

***

Passarono tre giorni da quando Percy aveva steso Gus e da quanto metà squadra di football si era seduta al tavolo con loro, e giovedì pomeriggio Annabeth e Talia decisero di uscire assieme e farsi un giro a Boston. Erano stanche di stare recluse in college e, ne erano convinte, una pausa se la meritavano eccome. E poi Talia aveva voglia di una bella cioccolata dello Starbucks ed Annabeth pure, quindi era d'obbligo che prendessero in prestito il Pick-up blu di Percy per andare in città, nonostante non fosse granché lontano dal college.

Il maltempo non era deciso ad andarsene, per nulla così entrambe le ragazze erano chiuse nei golfi, enormi e chiari per Annabeth, aderenti e scuri per Talia.

Dio, quelle ragazze erano l'opposto l'una dell'altra eppure, erano diventate abbastanza amiche perché in college potesse girare la voce che fossero lesbiche. Per un paio di secondi se n'erano preoccupate, ma poi Talia aveva gridato che le “piace il cazzo” testuali parole, in sala mensa e quello era bastato per convincere chiunque che tra le due ci fosse solo tanta tanta amicizia.

Talia parcheggiò davanti allo Starbucks in centro e quando spense il motore, entrambe le ragazze si prepararono psicologicamente per scendere dalla macchina.

Il vento tirava forte, le nubi grige oscuravano l'intera città ed erano certe che si sarebbe scatenato il diluvio universale di lì a poco ma, nonostante tutto, la voglia di cioccolata calda con la panna di entrambe, era più forte di qualsiasi altra cosa. Scesero dalla macchina stringendosi nei cappotti, i capelli, seppur fermati per entrambe da una treccia laterale gli sferzavano sul viso e si affrettarono a chiudere gli sportelli e correre dentro il calore dello Starbucks.

Appena entrarono, il caldo rese superfluo l'uso del giubbotto e le ragazze rimasero in golfo intente a cercare un tavolo libero che trovarono per miracolo vicino alla vetrina. Si sistemarono lì, un po' stipate, una difronte all'altra sfregandosi le mani ancora congelate e pregustandosi la mega cioccolata.

Le due amiche stavano parlando allegramente quando vennero interrotte da una cameriera di vent'anni circa, grembiulino verde, bloc notes e coda alta che le costringeva i capelli biondi, per ordinare. Fu scelta cioccolata per entrambe e dopo che la ragazza sorrise ancora, Annabeth e Talia rimasero sole. Sole nei limiti di un bar pieno zeppo e con talmente tante persone che chiacchieravano a voce alta che, nonostante le due ragazze distassero meno di quaranta centimetri l'una dall'altra erano costrette ad alzare la voce.

- Mi dici di te e Percy? – domandò Annabeth, lo stomaco che brontolava nella speranza che la cioccolata arrivasse il prima possibile.

Talia sorrise un po' intenerita e intrecciò le dita sulla superficie liscia e pulita del tavolo, inchiodando i suoi occhi blu elettrico in quelli grigi di Annabeth.

- Con Percy ci conosciamo da quando eravamo bambini, stavamo insieme dall'asilo.

La bionda drizzò la schiena, curiosa di conoscere altro di un ragazzo che, in poco tempo, le stava piacendo più del previsto, e tanto per essere chiari, questo non era affatto un bene.

- E la prima volta che ci siamo visti non potevamo sopportarci entrambi e a dirtela tutta, non mi ricordo esattamente come siamo diventati amici, penso perché per strada eravamo i più piccoli e lì funziona come nella savana o negli Hunger Games.

Annabeth rise al paragone dell'amica e tolse i gomiti dal tavolo sorridendo alla cameriera appena arrivò con le due enormi cioccolate con la panna ricoperta di cacao in polvere. Una bomba calorica ma alla fine, a nessuna delle due ragazze era mai importato dell'aspetto fisico nonostante fossero bellissime.

Il buffo era che neanche lo sapevano.

- Si, penso che fosse perché eravamo i più piccoli ed entrambi avevamo una vita difficile.

Annabeth corrugò la fronte e Talia serrò le dita attorno alla tazza, rendendosi conto di aver detto la cosa sbagliata.

- Hai presente? – fece per riparare, – la mia madre alcolizzata e mio padre coglione? Per Percy era praticamente lo stesso. Lui però il padre non sa neanche chi sia. Ci ha sempre sofferto per questo e la mamma, in diciannove anni, a quel che so anche io, non gli hai mai voluto dire niente, ma a essere sinceri, non so se lei sappia qualcosa.

Si portò una cucchiaiata di panna alla bocca mentre Annabeth ingoiava la sua. – scherzi? La mamma di Percy forse non sa chi è il padre di suo figlio? – chiese un po' scandalizzata mentre Talia annuiva, apparentemente tranquilla.

- Già. Siamo di New York, queste cose sono il pane quotidiano, Bionda. Poi però quello stronzo di mio padre, a dodici anni, mi ha portato via a Pittsburg e poi nel Mid-West e io ho lasciato Percy da solo e tutto il resto della mia vita.

- E hai legato con Percy in così poco tempo?

Talia rise, portandosi un altro po' di panna alle labbra, – non so se hai notato, ma è molto facile fare amicizia con lui.

Annabeth sorrise e nascose con abilità la fitta allo stomaco al pensiero del moro e alla voglia che aveva di averlo vicino.

Smettila, Annabeth!

- Da bambini è più facile. Il primo che capita diventa il tuo migliore amico solo perché sai il suo nome, ma io e Percy avevamo condiviso moltissimo. Mi è sempre mancato e ti giuro, mi sembra un sogno averlo ritrovato ad Harvard.

Annabeth la guardò stupita, – oh wow –

- cosa?

- Talia Grace ha un cuore, gente! – esclamò mentre la ragazza in questione le tirava una bustina di zucchero sul naso, ridendo e affermando che lei era “una persona dolcissima e sensibile” – ehi gente! – gridò Annabeth alzandosi di scatto, – Talia Grace ha un cuore! – fece senza abbassare la voce e facendo voltare un po' di clienti ai tavoli vicini.

La mora rise tirandola a sedere per il polso scuotendo la testa divertita, certa che l'amica fosse completamente uscita di testa.

- In questo momento ti sto seriamente odiando – sibilò Talia mentre Annabeth rideva e si portava alla bocca la cioccolata.

- Per me mi ami, invece – gongolò la bionda.

Talia ci pensò un attimo, l'indice sotto al mento e gli occhi blu puntati verso il soffitto, – Penso che siano i maglioni enormi che metti e il fatto che ogni volta mi spieghi Letteratura –

Annabeth rise di gusto avvolgendo le mani piccole e dalle dita affusolate attorno alla tazza di ceramica con il logo dello Starbucks sopra, in verde.

 

***

- Sei assolutamente certo di non volerti fare Annabeth? – domandò Luke scettico mentre giocava con una pallina di gomma, sdraiato sul suo letto, la musica a palla e Percy nel materasso accanto al suo dopo che avevano cacciato il giocatore di football.

- Si, Luke. Non voglio farmi Annabeth, sbattermela, portarla a ballare, la voglio solo come amica, tutto qui –

Il biondo acchiappò a pallina che aveva lanciato verso l'alto, stringendola nel pugno destro e si voltò in direzione di Percy, – Tu almeno ci credi a quello che hai detto? – chiese scettico mentre il moro rideva e gli faceva un cenno perché gli tirasse la pallina. Appena fu accontentato se la fece scorrere tra le dita e poi la lanciò di nuovo a Luke.

- Si, amico – affermò per la cinquantesima volta (minimo) in quella giornata.

Il più grande inchiodò i suoi occhi in quelli verdi del ragazzo che aveva a meno di un metro di distanza e poi tornò a guardare il soffitto dicendo con tono ovvio, – allora sei gay e quelle cinque ragazze che ti sei fatto erano Drag Queen

Percy rise forte mentre Luke affermava di essere assolutamente serio e preoccupato se l'amico fosse stato gay, per tutto il ben di dio che si stava perdendo.

- Non sono gay, tranquillo – giurò Percy mettendosi una mano sul cuore, ancora divertito per ciò che aveva pensato lui. – Annabeth è bellissima e il Percy di qualche mese fa non avrebbe esitato a portarla in stanza e dare due giri di chiave ma.. non so.. sono cambiato.

Il sopracciglio di Luke diventò un tutt'uno con i capelli, – davvero, bello, io sono un ragazzo dalla mentalità aperta, se sei gay, puoi dirmelo.

Il moro rise ancora. Non poteva di certo dire a Luke che ciò che gli aveva fatto la sua ex lo aveva fatto stare talmente tanto male da decidere di prendersi una pausa da tutte le ragazze, giusto? O meglio, avrebbe anche potuto dirglielo assumendosi le sue responsibilità. Luke l'avrebbe preso in giro finché non fosse anche lui diventato biondo.

- Ti giuro che non sono gay, lo prometto –

Luke lo studiò con occhio critico prima di convincersi che l'amico non fosse gay.

- Ok, da amico e fratello maggiore – esordì il biondo.

- Non per quoziente intellettivo –

- ma perché non te ne vai a quel paese? – esortò Luke mentre Percy rideva, – dicevo prima che mi interrompessi, da amico e fratello maggiore penso che tu stia cercando di seppellire ciò che realmente provi verso Annabeth anche se non so per quale motivo –

Percy lo guardò con gli occhi sbarrati, stupito che Luke potesse aver fatto un ragionamento del genere e poi scoppiò a ridere, – ma andiamo, Luke! Io non sto cercando di seppellire proprio niente, solo che non voglio ragazze per ora e Annabeth, seppur bellissima, è solo un'amica –

- sicuro che non sei gay? –

Percy scoppiò a ridere di nuovo e poi si alzò con l'intenzione di andare a prendersi una pizza per cena. Gli piaceva mangiare a mensa, ovvio, ma dopo un po' tutto quel caos al quale non era abituato, attorno al loro tavolo, lo stordiva. Erano giorni che ormai, tutta la squadra di football con fidanzate annesse, si sedeva con loro e c'erano talmente tante persone che erano stati costretti ad aggiungere un altro tavolo perché ci stessero tutti. Non che gli dispiacesse, ma cavolo, le persone erano davvero troppe!

- Andiamo in quella pizzeria in centro? – domandò infilandosi il giubbotto imbottito con la pelliccia, blu scuro.

- Perfetto, paghi tu, vero? –

Il moro sorrise infilandosi le chiavi della stanza nella tasca posteriore dei jeans e facendo uscire prima Luke per poi chiudersi la porta alle spalle. – Puoi sempre sedurre la cameriera – si ricordò che le chiavi non erano sue e le lanciò a Luke che si voltò, in tempo per riuscire a prenderle al volo.

- Si può fare.. oppure paghi tu –

Percy corse un po' per raggiungerlo e rise mettendogli un braccio attorno alle spalle, – tu si che sei un fratello maggiore come si deve –

Il biondo si voltò un po' verso di lui, il tanto che bastava per poterlo guardare negli occhi, – ehi, che fratello maggiore sarei se non sfruttassi le finanze del più piccolo? –

- uno a zero per te –

 

***

Non gli importava del freddo, lui aveva bisogno di andare in piscina, aveva bisogno di stare a contatto con l'acqua.

Come si tolse la maglietta gli venne la pelle d'oca. Nonostante sopra la piscina fosse stata innalzata una cupola, il freddo era abbastanza perché il labbro inferiore iniziasse a tremare.

Si tuffò velocemente, lasciando che l'acqua gli spazzasse indietro i capelli neri e si sistemò sul fondo, scrutando con gli occhi verdi e attenti la superficie.

Per una delle poche volte da quando non era in college, non pensò subito al suo passato ma la cena che aveva avuto con Luke. Si era divertito tantissimo, avevano riso, giocato, mangiato fino a scoppiare perché la pizza- e la cameriera- era talmente buona che dovettero prendersene una seconda.

Si erano tirati il pane e poi erano stati costretti a fuggire di corsa quando la mollica che aveva tirato Percy era finita dentro il bicchiere di vino della signora in pelliccia che era seduta difronte a loro.

Sorrise al ricordo e alcune bollicine salirono verso l'alto.

Il peso al petto si faceva sempre più opprimente e chiuse gli occhi per un secondo, cercando di concentrarsi su altro e come ci provò, una fitta più forte gli arrivò al cuore.

Ehi ragazzi, guardate chi c'è qui” chiamò il più grande. Percy si torse le mani, non sapeva neanche lui che diavolo stesse facendo lì, ma forse con Talia che si doveva trasferire di lì a pochi giorni, valeva la pena correre dei rischi, non ci sarebbe più stato qualcuno per cui valesse la pena fare da bravo.

Avrà dodici anni, Chris, lascialo in pace” disse un ragazzo dai capelli biondi che raggiunse quello che doveva essere il capo e che aveva chiamato tutta la banda.

Non ci fa nulla qui, a prescindere dall'età” intervenne un altro, il volto sfregiato da un taglio sopra l'occhio, “siamo nel Bronx, certe cose doveva aspettarsele”.

Josh ha ragione” fece il capo che si doveva evidentemente chiamare Chris, “Dacci una buona motivazione per non mandarti via a calci ma solo a pugni”

E dai, ragazzi! È solo un bambino” provò di nuovo a difenderlo il ragazzo biondo mentre Percy faceva di tutto per nascondere come stava davvero.

Ti fa compassione, eh Jake?” canzonò il castano, Josh, dandogli una spinta alla spalla.

Finiscila idiota, mi ricorda mio fratello” ammise il biondo nonostante gli occhi color ghiaccio fossero ridotti a due fessure.

Allora Kid” fece il capo, “come mai sei qui?” il tono un po' più dolce rispetto a prima nonostante a Percy sembrasse sempre un cane rabbioso.

Il moro si torse le mani dietro la schiena e la sua voce uscì più bassa del previsto, “Il fidanzato della mamma mi ha tirato uno schiaffo e penso che abbia fatto la stessa cosa con lei”

Gli occhi di Josh si strinsero in due fessure e chiuse talmente tanto i pugni che le nocche sbiancarono. Non ci volle molto per Percy fare due più due per capire chi gli avesse fatto il taglio sopra l'occhio.

Vediamo se vale la pena aiutarti allora, giusto?” fece Chris guardando gli amici da sopra la spalla che protestarono, un attimo prima che un pugno colpisse Percy al viso.

 

Uscì velocemente da sott'acqua e si maledisse per essere ancora così schifosamente vulnerabile, così schifosamente piccolo nonostante avrebbe potuto ammazzare a mani nude una persona.

Si issò sul bordo della vasca respirando a fatica e quando si sdraiò, guardando il cielo coperto dalle nubi, si chiese se Annabeth stesse pensando a lui.



Angolo Autrice: 
Ehiila<3
Allora, prima di tutto, vorrei esordire con un io vi amo profondamente!
cioé, 7 recensioni allo scorso capitolo! Tutte positive nonostante fosse corto e facesse cagare gli sticiti (cit. di una delle mie migliori amiche, ci tenevo a precisarlo).
Ero talmente contenta che avevo anche la mezza idea di postare prima ma poi mi sono attenuta ai piani originali e quindi ho deciso di aggiornare oggi ahaha
comunque, come potete notare, questo capitolo è molto più lungo, i ragazzi sono un po' spaesati da questa improvvisa popolarità anche se il titolo -canzone di Demi Lovato (loooove) "Heart Attack" - si riferisce a Percy e Annabeth. Entrambi provano una forte attrazione l'uno per l'altra solo che hanno paura e preferiscono non mostrarlo, proteggersi da quelli che sono i loro sentimenti a causa del loro passato che, tranquilli, verrà svelato.
Un altro scopo di questo capitolo era anche mettere in risalto quanto tutti protagonisti abbiano legato, Annabeth e Talia che prendono la cioccolata, Percy che la difende senza esitazione e che poi va a cena con Luke, considerandolo un fratello senza la minima esitazione.
C'è un altra pillola del passato di Percy e, forse l'avete intuito, forse no, sarà grazie a quei ragazzi nel Bronx che lui imparerà a combattere e togliere fuori il carattere.
Come al solito spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi chiedo di avere un po' di pazienza dato che la vera storia sta per iniziare! Non vedo l'ora di postere certi capitoli^.^ a buon intenditor, poche parole.
Mi farebbe piacere sentire i vostri pareri, ieri mi hanno rallegrato il morale, considerando che martedì è stata una giornata un po' no e sono ancora di malumore.
Ma logicamente non vi interessa e non mi va di annoiarvi oltre ahah
ci vediamo presto, lo prometto:**
Love yaa<3
x

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Capitolo 8
*** 7.I'm here for you ***


I'm here for you
 

Settembre passò, lasciando posto a un ottobre particolarmente gelido e ventoso. Lasciando posto a un ottobre che alternava forti piogge a freddo da polo nord al quale i ragazzi potevano combattere solo con cappelli di lana, sciarpe e giubbotti imbottiti.

Percy aveva iniziato a coprirsi di più per andare in piscina nonostante la frequenza in quelle due settimane fredde non fosse cambiata.

Annabeth, che si era ostinata a non portarsi la sciarpa dopo che usciva dalla palestra, aveva un mal di gola pazzesco e Talia si era ben vista da non farglielo simpaticamente pesare.

In compenso al freddo, erano iniziate le partite di football che, non si sa per quale motivo, davano a tutti i ragazzi in college un forte sentimento di appartenenza, abbastanza forte perché uscissero a guardare quella ventina di ragazzi che correva con una maglietta dalle spalle imbottite e una palla sformata sottobraccio.

Inutile dire che, se i ragazzi a settembre avevano già iniziato ad avvicinarsi, quelle due settimane che erano passate di ottobre erano servite per far si che la loro amicizia potesse radicarsi e formarsi un po' di più. Era davvero difficile che non andassero quasi tutte le sere a cena fuori o si riunissero un po' in camera di uno, un po' in camera dell'altro per chiacchierare fino a notte fonda. Anche se, c'è da dire che questo accadeva di solito in camera di Annabeth e Talia, così evitavano di disturbare malcapitati compagni di stanza.

Be', a essere sincere, era davvero complicato definire il rapporto tra quei quattro. Davvero davvero complicato. E loro era anche per loro, dico sul serio!

Talia stava entrando in crisi (“Mai un ragazzo mi ha fatto quest'effetto e adesso arriva 'sono figo e lo so che non mi fa dormire la notte' “) .

Annabeth aveva paura. Una paura matta che tutto potesse andare male, che Percy le potesse far del male seppur non sapesse neanche lei come diavolo definire il loro rapporto. Non ne aveva idea. Non lo sapeva assolutamente. Sentiva che Percy riusciva a capirla, che di lui poteva fidarsi ma non le sembrava mai abbastanza per potersi davvero aprire e spiegargli i bracciali al polso sinistro. O il perché del suo sorriso sempre triste seppur non lo sembrasse in apparenza, o il perché non volesse storie.

Ciò che neanche lei capiva o voleva semplicemente ammettere a sé stessa era che Percy stava diventando più importate del previsto. Troppo a dire la verità.

- Dunque, chi mi sa dire quali erano le caratteristiche delle opere del ciclo bretone? – domandò l'arcigna professoressa, appollaiata dietro la cattedra.

La mano di Annabeth scattò logicamente in aria e gli occhi grigi dell'insegnante vagarono blandi lungo tutta la classe nella speranza di vedere altre mani alzate. Percy sorrise, notando la difficoltà dell'insegnate e il fastidio nel concedere ad Annabeth la parola.

Lei rispose correttamente, la voce chiara e i termini corretti e Percy sorrise di nuovo consapevole che la sera prima si erano guardati un film assieme senza studiare nulla ma Annabeth sapeva ugualmente tutto.

- Bravissima Chase – rispose l'insegnante, particolarmente annoiata. Abbassò lo sguardo sul libro e poi continuò a spiegare mentre Percy si perdeva nei ricordi della sera prima, fissando un punto nel vuoto.

Bene, visto che so che razza di film sceglierebbero le ragazze ho portato dalla videoteca Fast&Furious, Arma Letale, Cani di paglia e Non aprite quella porta”

Annabeth rise e prese l'ultimo dei dvd che Percy aveva snocciolato inserendolo nel computer portatile e infilandosi sotto le coperte mentre iniziava. Percy si sistemò accanto a lei, certo che quella serata sarebbe andata a gonfie vele.

Venne riportato alla realtà da un paio di gomitate sul fianco e la voce stridula dell'insegnante che lo chiamava ripetutamente.

- Eh? – si passò una mano sul viso e sbatté un attimo gli occhi verdi nel tentativo di tornare alla realtà, – ok, ci sono. – disse, più a sé stesso che alla professoressa mentre nell'aula si sentivano un paio di risatine.

- Signor Jackson sarebbe così gentile da stare attento e dirci perché “L'Orlando furioso” diventa degno del suo nome? –

Percy strizzò gli occhi per un attimo e si maledisse per aver preferito guardare un film piuttosto che studiare assieme ad Annabeth.

- Per Angelica – suggerì Annabeth.

- Per un ragazza – ripeté Percy, non ricordandosi il nome mentre altre risate risuonavano per l'aula.

L'insegnante sbuffò certa che quel ragazzo fosse ormai un caso perso, – potrebbe mettere il tutto in una frase e aggiungerci qualcosa? –

Percy strinse i pugni.

- Voleva sposare Angelica ma lei amava un altro uomo, Medoro, che ha sposato al posto suo e alla fine lui è uscito di senno per colpa sua – suggerì ancora Annabeth mentre il moro faceva di tutto per ricordarsi ciò che gli aveva detto l'amica, senza molto successo.

- Lui voleva sposare questa ragazza ma lei si è messa con un altro e lui è impazzito invece di trovarsi un'altra, mettendo in ridicolo l'intera figura maschile del 1500 – concluse Percy mentre Annabeth si sbatteva il palmo della mano sulla fronte, rassegnata al fatto che lui non sarebbe mai stato accomodante verso gli insegnanti.

La professoressa sorrise con la stessa gentilezza di una Furia e incrociò le mani, ricche di anelli appariscenti, sul piano in legno chiaro della scrivania, – ma che brillante spiegazione, ammetto che io non avrei saputo fare di meglio – si inumidì le labbra sottili e puntò gli occhi grigi in quelli verdi di Percy che non aveva intenzione di abbassare o cedere lo sguardo a quella megera, – non trova che con la sua ignoranza anche lei, signorino Jackson, stia mettendo in ridicolo l'intera figura maschile? –

Percy strinse i pugni sotto al banco e cercò di respirare il più lentamente che poteva mentre i ricordi lo sopraffacevano come al solito.

- Io trovo che i ragazzi come te, Perseus Jackson, siano davvero ignoranti, sai? – berciò la professoressa.

Percy strinse i pugni ancora più forte respirando a fatica per la rabbia.

- Non mi chiami ignorante – intimò, gli occhi ridotti a due fessure e puntati senza paura in quelli dell'insegnante. Quella sorrise, quasi oltraggiata dalla velata minaccia di un diciannovenne.

- Perché non dovrei chiamarti ignorante se semplicemente sei un ignorante? –

Quei due o tre cocchi dell'insegnante risero, mentre il battito di Percy aumentava per la rabbia e il presente si mischiava inesorabilmente al passato.

- Parli tanto di degrado maschile, di Orlando che ha messo in ridicolo voi uomini – disse enfatizzando l'ultima parola, – quando sono ragazzi ignoranti come te che stanno rovinando la nuova generazione mettendo assieme un paio di parole in croce e sperando che possano andar bene – fece una pausa protendendosi oltre la cattedra, – non trova signorino Jackson che siano ignoranti come voi a rovinare la società? –

Il battito di Percy era salito fin troppo, i pugni tremavano per la rabbia e il respiro si era fatto più corto. Voleva alzarsi e spaccare la sedia in testa all'insegnante, ne avrebbe accettato le conseguenze ma sarebbe stato per una buonissima causa senza dubbio.

Non esisteva nient'altro, esisteva l'insegnante che continuava a schernirlo senza ritegno ed esisteva la rabbia che non avrebbe di certo esitato a sfogare in palestra.

Fece per spostare indietro la sedia ed alzarsi quando una mano piccola e dalle dita sottili si insinuò nel suo pugno facendo sì che le dita di entrambi fossero incastrate perfettamente. Annabeth gli strinse forte la mano accarezzandogli il dorso con il pollice, con dolcezza, nella speranza di calmarlo. E fu in quel momento che il battito di Percy decelerò ritornando regolare e quando l'insegnante finì di inveire contro di lui, si scoprì di non importargliene assolutamente, fintanto che le dita di Annabeth erano intrecciate alle sue.

 

***

Percy si portò i pugni chiusi davanti al viso prima di caricare il destro e colpire il guantone che avvolgeva la mano di Luke.

- Così – incitò il biondo, – forza, bello –

Gli occhi verdi di Percy si ridussero a due fessure e colpì in sequenza, pugno destro, pugno sinistro. Controllò la respirazione mentre i ricordi di quella mattina si facevano vividi nella sua mente facendo sì che i suoi colpi fossero ancora più forti.

Pugno destro, pugno sinistro.

La mano destra di Luke andò a colpirlo alla testa ma lui si abbassò in tempo per schivarla e colpì il guantone dell'amico con l'ennesimo, potente pugno.

Si portò le mani chiuse al viso per un secondo prima di ritornare a colpire mentre Luke lo incitava e lo coglieva di sprovvista cercando di beccarlo al viso e costringendolo ad acuire al massimo tutti i sensi.

Ormai era diventato meccanico: pugno destro, pugno sinistro, schiva, pugno destro.

Ma Percy ne aveva bisogno, aveva un bisogno fisico di buttare un po' della frustrazione che portava dentro di sé in quei pugni e più colpiva forte, più un pezzo di un passato che non voleva ricordare, se ne andava. Tirò un altro pugno, grugnendo e maledicendosi per esser stato ancora una volta schifosamente debole, abbastanza perché quei ricordi del cazzo lo potessero ancora condizionare così tanto.

- Forza Percy! – Luke lo incitò ancora, spingendolo a colpire più forte mentre si muovevano intondo e i muscoli del moro si flettevano di continuo, chi per colpire, chi per schivare e caricare.

Annabeth si fermò in quel momento voltandosi verso l'amico e beccandosi in piena mascella un cazzotto da Talia.

- Aaaii – gemette per un secondo mentre l'altra ragazza rideva e le chiedeva scusa senza molta convinzione. Annabeth si scordò del dolore mentre osservava quanto i pugni di Percy erano forti in quel momento. Non aveva mai caricato così tanto, non aveva mai avuto quell'espressione di odio negli occhi. C'era qualcosa che non andava, e quel qualcosa non andava da quando quell'idiota della loro professoressa di letteratura aveva parlato a vanvera, toccando tasti che per Percy erano ancora notevolmente taboo.

Talia la affiancò, osservando il suo migliore amico e la furia cieca che gli percorreva il corpo.

- Perché è così? – domandò ad Annabeth senza però staccare gli occhi da Percy.

La bionda non rispose subito, solo un paio di secondi dopo, non prima di essersi stretta la base della coda. – E' nervoso da stamattina, la professoressa l'ha chiamato ignorante –

Talia strinse le labbra e assottigliò lo sguardo, chiudendo talmente tanto i pugni che le nocche sbiancarono. Percy odiava venir chiamato così, lei lo sapeva benissimo, ma avrebbe potuto spiegarlo ad Annabeth?

Si portò un ciuffo ribelle sfuggito alla treccia dietro l'orecchio e poi diede un colpetto alla spalla di Annabeth, facendola uscire dalla sua sorta di trance.

- Forza, Bionda, riprendiamo a combattere, sono carica – respirò forte saltellando e l'amica tornò a rivolgerle lo sguardo solo dopo aver osservato i pugni furiosi di Percy per un altro paio di secondi.

 

- Ehi, Rocky Balboa – chiamò Talia, correndo leggermente per affiancare Percy che si stava dirigendo chissà dove, sul prato verde del college.

- Faccia di Pigna – fece lui di rimando, beccandosi un pugno alla spalla che lo fece sbandare. Rise divertito tornando alla stessa distanza di prima da Talia, che stava già protestando per quel soprannome che le era stato affibbiato all'asilo.

- Dio, Percy! Per quanto ancora mi chiamerai così? –

- Finché non mi dimenticherò dell'epico giorno dove la forte e impavida bambina Talia Grace ha avuto uno scontro frontale contro un albero – e serrò le labbra nella speranza di non ridere, ma poi, il divertimento ebbe la meglio e dopo che uno sbuffo fuoriuscì dalle sue labbra, attaccò a ridere sul serio, piegandosi in due e tenendosi lo stomaco con le braccia.

Talia riuscì a soffocare una risata ma non un sorriso e diede un'altra spinta giocosa a Percy che in quel momento, decise di smettere di ridere per la sua incolumità, – sei davvero uno stronzo – berciò Talia e Percy rise di nuovo, avvolgendole le spalle con un braccio e attirandola a sé.

- Lo so che mi vuoi bene – le stampò un bacio sulla guancia e la mora gli mollò un pugno al fianco, seppur accoccolandosi a lui pochi secondi dopo.

- Ti salva quello – camminarono così per un po', prendendosi in giro come quando erano bambini, prima che Talia decidesse di affrontare l'argomento serio della giornata. – Come stai? – domandò, diretta come al solito e maledicendo pochi secondi dopo la demenza che l'aveva spinta a mettersi una felpa leggera mentre il giubbotto con la pelliccia rideva nell'armadio.

Percy si passò una mano tra i capelli neri, sorridendo e sbuffando contemporaneamente, – hai parlato con Annabeth? –

- si – ammise senza giri di parole Talia, – mi ha detto dell'uscita di merda di quella testa di cazzo della Harvey –

Percy si guardò per qualche secondo le scarpe, sempre tenendo Talia stretta a sé e poi sorrise, – ti rendi conto di aver detto più parolacce tu in una frase che io in diciannove anni di vita? –

Talia lo guardò pochi centimetri più in basso di lui e assunse una finta espressione triste, – bu-uh-uh – pianse, prima che la sua espressione tornasse quella dura e decisa di sempre, – non provare a cambiare argomento con me, tesoro. Ho chiesto come stai, e non cercare di evitare un'altra volta la domanda –

Percy sorrise, grato di aver ritrovato un'amica come Talia, e continuarono a camminare, senza una meta ben precisa. – Ho scaricato in palestra –

- Non è quello che volevo sentire –

- Sto bene, Talia, dico sul serio, ma la maggior parte delle volte il passato è più forte di quanto creda e questo mi fa sentire debole –

Talia inchiodò i suoi occhi blu elettrico in quelli verde mare di Percy e gli batté due pacche sulla spalla, – ma tu sei debole –

- 'Fanculo –

- scherzo, prima donna – lo prese in giro Talia alzandosi lievemente sulle punte per dargli un bacio sulla guancia, – voglio una risposta alla mia domanda –

Percy sorrise ancora, il freddo gelido di metà ottobre che gli andava nelle ossa, – Non lo so come sto. Ecco la mia risposta. Non ho idea se sto male, se sto bene, se sono felice, se sono triste. Sono sia triste che felice, sto sia bene che male anche se non so come questo sia possibile –

Talia posò la testa sul petto di Percy mentre continuavano a camminare, – le cicatrici fanno male quando vengono aperte, in tutti i sensi – e gli passò una mano sulla bassa schiena facendo rabbrividire Percy.

Stettero zitti per un attimo mentre camminavano prima di andare a cena e cercare qualcosa di vagamente commestibile da mangiare.

- A si, tu, razza di porca con gli ormoni impazziti – esordì Percy mentre Talia alzava la mano e trillava un:”presente!” facendo ridere il suo amico, – che stai combinando con Luke? –

La mora sbuffò stringendosi nella felpa nera e leggera, – non sto combinando niente, è questo il problema –

- siete mai stati da soli insieme? –

- non per più di qualche minuto e non.. – alzò la voce per evitare che Percy la potesse interrompere, – e non ho intenzione di uscirci da sola. Luke è il classico ragazzo che si porta a letto la prima che le capita –

- e tu sei quel tipo di ragazza! Siete fatti per stare assieme! –

Talia gli mollò un pugno allo stomaco, – ma finiscila – mentre lui rideva e tornava a stringerla un po' di più a sé, capendo al volo la sua amica, nonostante fossero anni senza vedersi.

- Non penso che Luke ti farà soffrire – mormorò quasi Percy mentre Talia scuoteva la testa con un sorriso un po' triste.

- È diciannove anni che rischio e mi sono sempre fatta male – sospirò forte, aprendosi per la prima volta dopo anni, con qualcuno. Dio, Percy era così importante, speciale e fondamentale per lei.. – Sono stanca di soffrire. Crollo anche io, più spesso di quanto si pensi –

Percy la avvicinò a sé e le accarezzò il polso sinistro avvolto per metà da una fascia nera in tessuto, – è successo molte volte? –

Per la prima volta che qualcuno le prendeva il polso, Talia non lo levò, anzi, lo lasciò alle carezze dolci di Percy, carezze che le mancavano come l'aria.

- Un po' troppe – inchiodò i suoi occhi blu elettrico in quelli verdi di Percy, mentre entrambi si fermavano al limitare del college, – quando sei sola ti sembra l'unica soluzione, sai? –

E a quel punto, il moro la avvolse in un abbraccio, talmente spontaneo e giusto per quel momento, che se Talia fosse stata anche solo un po' più sensibile, si sarebbe messa a piangere. La abbracciò facendo sì che lei seppellisse la testa nel suo petto e gli stringesse delicatamente la felpa tra i pugni, piccoli e forti allo stesso tempo. Respirò il profumo del suo shampoo, così diverso da quello di Annabeth e le lasciò un bacio sulla nuca mentre Talia, per la prima volta da quando aveva lasciato New York, si sentiva a casa.

- Mi dispiace non esserci stato – le mormorò, – anche io ho avuto bisogno di te, in questi anni. Ho sempre e costantemente avuto bisogno di te in questi anni – confessò mentre la notte calava lentamente sul college.

Talia si allontanò il tanto che bastava perché si potessero guardare negli occhi senza però sciogliere l'abbraccio, – tutti hanno bisogno di me, sono troppo speciale –

Percy rise e le posò le labbra sulla guancia lentigginosa, delicatamente, prima che lei potesse fare il giro e saltargli sulla schiena, esattamente come facevano quando erano bambini.

***

In piscina faceva un freddo cane e appena Percy si spogliò la sua pelle venne cosparsa inesorabilmente di brividi. Sorrise però, certo che in acqua, sarebbe passato tutto, come al solito.

Si tuffò, posizionandosi sul pavimento e guardando la superficie, gli occhi verdi ben aperti, finalmente nella loro dimensione, e per la prima volta da quando era in college, lasciò che il passato lo avvolgesse senza problemi.

 

Il piccolo asino ignorante. Sei stato espulso da un altra scuola” lo sbeffeggiò Gabe mentre la sua combriccola del poker rideva in modo divertito e sguaiato.

Un Percy dodicenne strinse i pugni affondandoli nelle tasche posteriori dei jeans. Avrebbe perso e per quello non doveva dar modo a quel tricheco nel corpo sbagliato di prendersela con lui.

Sei deluso da te stesso, ignorante?” domandò di nuovo Gabe mentre gli amici attorno al tavolo ricoperto da una tovaglia verde ridevano ancora più forte di prima, facendo rovesciare la salsa wacamole.

Percy non rispose di nuovo. I ragazzi glielo avevano raccomandato, doveva mantenere la calma più assoluta e attaccare solo quando sarebbe stato anche in grado di difendersi.

Vieni qui, ignorante”

Percy si avvicinò, la rabbia che gli montava nel petto magro e i pugni che tremavano dalla voglia che aveva di picchiare Gabe.

I compagni di poker stettero zitti per un secondo mentre il tricheco osservava Percy con occhio attento. Poggiò le carte sul tavolo, attento che i suoi compari non le vedessero e si sfregò i salcicciotti che lui si ostinava a chiamare dita, sulle ginocchia coperte da vecchi jeans logori.

Io odio gli ignoranti e tu sei il primo degli ignoranti, sai Percy?” rise sguaiatamente e il bambino strinse ancora di più i pugni nel tentativo di calmarsi. “E tu, caro piccolo ignorante” disse Gabe piano, “sei il primo tra gli ignoranti”.

Lo schiaffo che seguì quelle parole, fu abbastanza forte da mandare Percy a terra.

 

Uscì velocemente dall'acqua, seppur fosse certo che ci sarebbe potuto rimanere un altro po' se non avesse avuto la malsana idea di pensare, pensare come al solito in modo esagerato.

Dio, il suo era senza dubbio una vera e propria forma di masochismo.





Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
Come andiamo?
Sono tornata e particolarmente di buon umore, indovinate perché? Esatto, oggi c'è Teen Wolf, ma non solo, Selena Gomez e Justin Bieber sono tornati insieme e ho la mezza impressione che se aprite la finestra mi sentirete urlare^-^
Comunque, parliamo del capitolo ahah mi dispiace un po' che la Percabeth non sia stata messa in risalto ma ritenevo importante anche far vedere quando Percy e Talia siano fondamentali l'uno per l'altra. Trovo che la loro sia un'amicizia magica e poi amo il personaggio di Talia dato che caratterialmente mi ci ritrovo parecchio ahaha
Abbiamo un'altra pillola del passato di Percy e qualcosa sul passato sia di Annabeth che di Talia. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto seppur non sia fondamentale come quelli che verranno. Odio le storie dove succede tutto subito, dove solo al capitolo 5 quelli stanno facendo sesso. Le cose a mio parere devono essere graduali, devono avere delle fondamenta e questa storia sarà così:))
In ogni caso, ci tenevo a dirvi che ho finito di scrivere l'intera storia e mi stavo anche per mettere a piangere ahah e che il titolo del capitolo è un verso di "Little Things" dei One Direction, riferito ovviamente all'amicizia tra Percy e Talia*-*
Vi ringrazio tantissimo per le vostre recensioni numerose e che mi fanno sclerare ogni volta come una deficente quanto le leggo HAHAH lasciatemi un parere se vi va, amo leggere ciò che pensate:**
Ci vediamo presto, lo prometto*-*
Vi adoro,
Love yaa<3
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Capitolo 9
*** 8. And then the cold came ***


And then the cold came
 

Era mercoledì e Annabeth non sapeva neanche bene per quale motivo, lei odiava i mercoledì, con tutta sé stessa. Le davano fastidio e non ci stavano a fare nulla nella settimana, ma forse tutto era dovuto al fatto che avesse il ciclo e quando aveva il ciclo le dava fastidio qualsiasi cosa, più del normale. Talia lo aveva in sincrono con il suo e avere due ragazze irritabili e col ciclo nella stessa stanza era il prologo per lo scatenamento della terza guerra mondiale.

Non uscirono neanche da sotto le coperte, i Green Day che ci davano dentro nello stereo di Talia, mentre entrambe avevano il piumone tirato fin sopra la testa e la pioggia batteva con insistenza sulle finestre.

- Dio, non ce la faccio più – protestò Annabeth, mettendosi a pancia in su nel letto e tenendosi lo stomaco con le mani.

- Stai zitta! – esclamò Talia, la voce attutita dal cuscino dove aveva seppellito la faccia.

- Vaffanculo, stronza – e poi bussarono dolcemente alla porta.

- CHI E'? – tuonarono le due ragazze voltandosi di scatto verso l'entrata della loro camera, i nervi tesi a mille.

 

Luke si passò una mano dietro al collo mentre Percy saltellava e respirava forte.

- ok, amico – fece Luke mettendo una mano sulla spalla del moro, fermando i suoi saltelli, – ce la possiamo fare, dobbiamo solo credere in noi e non farci prendere dal panico –

Percy respirò forte, – ma se ci faremo del male? –

Il biondo strinse le labbra, – noi siamo più forti di così. Sei pronto? –

Il più piccolo si sfregò le mani, come a darsi ulteriore carica, – pronto –

E Luke aprì la porta, – ciao ragazze! – fece all'unisono con Percy.

- ANDATE FUORI! – strillarono Annabeth e Talia lanciando la prima cosa che gli capitava in mano, ai malcapitati ragazzi che si abbassarono appena in tempo perché una spazzola viola e una bottiglietta d'acqua finissero nel corridoio.

- Siamo ancora in tempo per scappare – disse Percy mettendo una mano sulla spalla di Luke.

- Dobbiamo essere più forti di così, forza e ce la faremo –

Entrambi i ragazzi camminarono cauti verso i letti mentre Annabeth e Talia li guardavano con circospezione e nervosismo crescente.

- Si può sapere che volete? – domandò Talia mentre Percy si sedeva cauto sul letto della bionda, che si limitò a guardarlo male senza però dirgli nulla.

- Portarvi fuori dai letti e saltare le lezioni per un giorno – disse Luke con un sorriso mentre Talia si voltava verso di lui e lo guardava con la fronte corrugata, – lo sai che si possono saltare le lezioni anche nel letto? –

- che tra parentesi, è molto più comodo di quanto si pensi – continuò Annabeth cercando di tirarsi le coperte sul viso, lottando contro la mano di Percy che gliele teneva ferme.

Luke rise e si scambiò un'occhiata di trionfo con l'amico. Le ragazze si stavano calmando, le speranze di sopravvivere erano aumentate, – Ma andare in giro con noi è più divertente –

Percy scostò le coperte dal letto di Annabeth e ci si infilò sotto anche se era interamente vestito. Poggiò la schiena per metà alla testiera del letto ed Annabeth, forse presa da una necessità di coccole-come tutte le ragazze col ciclo-, si sistemò dolcemente sul petto di Percy, mentre lui si premurava di coprirla nuovamente col piumone scivolato quando si era mossa, e di abbracciarle dolcemente la schiena.

Sarebbe rimasto così in eterno, in quella posizione per molto, molto tempo. Era così bello, così bello sentire il corpo di Annabeth sul suo, il suo respiro regolare sul petto e il suo profumo che la contraddistingueva, rendendola semplicemente unica.

Lo stomaco gli si attorcigliò su sé stesso e si maledisse per quelle emozioni che non voleva assolutamente provare.

Aveva già sofferto troppo per amore, ma con Annabeth, anche se non era ancora nato nulla, gli sembrava di poter ricominciare, di poter star bene, almeno per un po'.

Scacciò quei pensieri mentre Annabeth si sistemava un po' meglio, poggiando la guancia sul petto di Percy e raccogliendo le braccia in modo da stare più al caldo e più vicina a lui.

- E dato che con noi è più divertente, adesso voi belle ragazze uscite, vi date una ripulita e poi andiamo a farci un bel giro che durerà tutto il giorno – fece Percy muovendo quasi per istinto le dita lungo la bassa schiena di Annabeth.

- Ci dobbiamo alzare per forza? Perché io in questo esatto momento starei benissimo – mugolò la bionda, la guancia premuta contro il petto di Percy che si mosse impercettibilmente mentre rideva.

- Quanto sei porca – berciò Talia che era riuscita a voltarsi a pancia in su e spingersi le coperte alla vita. Lo sguardo di Luke cadde sulla sua canottiera nera che le lasciava scoperta una piccola parte di pancia e che seguiva dolcemente i contorni del suo seno. Mosse il collo e strinse i pugni mentre Annabeth rispondeva simpaticamente all'amica, nel tentativo di calmarsi.

- Dai, Tals, inizia a prepararti – sorrise Luke e Talia borbottò qualcosa di incomprensibile, allungando una mano per far si che il biondo la afferrasse e la potesse tirare su.

La mano di Talia era piccola e un po' chiara rispetto a quella di Luke, che la fece sedere dolcemente mentre lei ricadeva con il busto in avanti poggiando la testa sulla spalla del biondo. Rizzò la schiena due secondi dopo e sorrise, scendendo con una certa difficoltà dal letto mentre Luke deglutiva e pensava a tutto tranne al corpo di Talia. Era in mutande nere e canottiera che le lasciava scoperta la pancia e le curve morbide dei fianchi.

Talia era già sexi con dei pantaloni a vita alta e una maglietta aderente, figurarsi semi nuda.

Percy incontrò lo sguardo di Luke e abbozzò una risata mentre Talia andava in bagno, assolutamente a suo agio nonostante non fosse granché vestita.

- Smettila di guardarmi il culo, razza di pervertito – disse con un sorriso e chiudendosi la porta alle spalle, senza guardarsi dietro.

- Se tu me lo metti così in bella vista non è colpa mia – si difese lui mentre Talia rideva dal bagno ed Annabeth e Percy con lei.

Luke si voltò verso loro due e li osservò stare abbracciati per un attimo, – sul serio, voi due mi fate venire il diabete –

- Luke, non metterti mai contro una ragazza col ciclo – lo avvisò Annabeth continuando a dargli le spalle per com'era abbracciata con Percy.

Il moro rise, mentre Luke alzava le mani e si poggiava alla testiera del letto di Talia con un sorriso.

***

Circa una mezz'ora dopo, i quattro ragazzi sgattaiolarono fuori dal college e salirono sul pick-up di Percy mentre il vento gli spazzava via i capelli e sbatteva violentemente sui loro corpi. Appena furono in macchina, Percy fu rapido ad accendere il riscaldamento e avvicinarci le mani prima di partire.

- Benissimo, andiamo a Boston e ci fiondiamo nel primo Starbucks, che ne dite? – propose Percy voltandosi a guardare Luke e Talia seduti dietro, particolarmente infreddoliti.

- Ottima idea – rabbrividì Annabeth portando le mani davanti getto dell'aria condizionata prima che Percy partisse sotto un cielo nuvoloso e grigio, carico e denso di pioggia.

Quando arrivarono in città stava piovendo talmente tanto che fu quasi difficile guidare e il moro parcheggiò davanti al primo Starbucks, fiondandocisi dentro e tenendo aperta la porta agli amici che si strinsero nei giubbotti nonostante il calore del piccolo bar.

Trovare un tavolo libero fu praticamente un miracolo, ma la fortuna almeno per quel giorno, era abbastanza dalla loro parte perché un tavolino all'angolo, vicino alla vetrata che dava sulla strada, fosse loro.

Ordinarono cioccolata calda per tutti, tranne Annabeth che prese il thè nonostante le proteste di Percy nel farle prendere qualcosa di più sostanzioso e le simpatiche prese in giro di Talia.

- Sapete che tra un mese quelli Sigma Tau organizzano una festa? – fece Luke rubando la panna dalla tazza di Talia mentre lei lo guardava in cagnesco.

- Sul serio? Dove? – domandò Percy portando alle labbra il cucchiaio pieno di cioccolata.

- Nella loro casa, è enorme e si da il caso che noi quattro siamo stati invitati – sorrise furbo il biondo mentre gli amici sbarravano gli occhi.

Annabeth corrugò la fronte prima di posare la tazza del thé caldo sul piattino bianco, – sul serio? Ma noi tre siamo matricole – disse, un po' restia nel credere che fossero stati invitati con così tanta facilità a una festa come quelle che organizzavano i ragazzi della Sigma Tau.

Erano conosciute praticamente in tutta la città, l'alcool non mancava mai, come la musica a palla e la polizia a fine nottata, ma quello non era mai stato un problema per nessuno. Quelle feste erano conosciute per il numero di ragazzi che ci andavano e al numero decisamente inferiore di ragazzi che poi potevano entrare. Le liste venivano spillate il mese prima e solo i veterani di quella confraternita potevano decidere chi portare e chi no. E si sapeva, lo sapevano tutti che alle matricole non era assolutamente permesso di andare, per nessun motivo al mondo.

- Lo so che siete matricole, Annie bella – cominciò Luke.

- Piantala – borbottò la bionda mentre il ragazzo sorrideva, prima di continuare.

- Siete matricole ma siete anche i migliori nel combattere e questo non passa inosservato, senza escludere il fatto che almeno la metà di quegli affamati hanno messo gli occhi su voi due – e indicò Annabeth e Talia, – e vogliono conoscere te – e poi indicò Percy che sbarrò gli occhi, assolutamente incredulo.

- Me? – domandò affondando il cucchiaio nella cioccolata, quasi a realizzare ciò che il suo amico gli aveva detto.

Luke rise, – certo che ti vogliono conoscere, Testa d'Alghe –

- è una mia esclusiva – scherzò Annabeth mentre il biondo alzava le mani davanti al petto e sorridere.

- Pardon. Comunque, certo che ti vogliono conoscere. La maggior parte di quei gorilla tutto muscoli e niente cervello fanno football e gli allenamenti si svolgono esattamente davanti alla palestra dove ci alleniamo noi – spiegò Luke mentre Percy ancora non capiva.

- ok.. e quindi? Perché mi vogliono conoscere e perché vogliono noi, tre matricole, alla loro festa di fine novembre? – domandò il moro mentre Luke lo guardava un po' esasperato, passandosi la mano tra i capelli biondi.

- Ma andiamo, non ci sei ancora arrivato? – Percy scosse la testa mentre un barlume di consapevolezza passava negli occhi grigi di Annabeth che intercettò lo sguardo di Luke che annuì, capendo in pieno ciò che gli aveva appena detto con gli occhi. – Forse voi non lo sapete, ma siete più popolari di quanto credete, andiamo ragazzi! Le occhiate in mensa, il fatto che tutti si vogliano sedere e parlare con voi, il perché ci sono così tante matricole agli allenamenti.. vogliono tutti essere come voi, vogliono conoscervi! Andiamo gente, non ditemi che ci siete arrivati solo adesso! Siamo i più chiacchierati a scuola e voi non ve ne siete mai accorti? –

- Ovvio – fece Annabeth immergendo un biscotto nel thé, – la squadra di football che si siede con noi, le loro ragazze che vogliono essere nostre amiche.. –

- che forza! – trillò Talia con un sorriso che le andava da orecchio a orecchio, – siamo stati invitati a una festa di ragazzi dell'ultimo anno, è davvero davvero pazzesco! –

 

Avevano saltato le lezioni ma questo non sembrava un problema per nessuno, tranne che per Annabeth, che si stava mangiando le unghie, combattuta tra il senso del dovere, i dolori del ciclo e il caldo dell'abbraccio di Percy. Erano seduti sui divanetti del bar e lui la stringeva delicatamente a sé mentre chiacchieravano con Luke e Talia.

Era assurda la calma e la tranquillità che c'era in quel momento, quasi surreale, un calma che nessuno dei quattro ragazzi erano abituati a vivere. Non era abituata Talia, costretta tutti i giorni a litigare con il padre, non era abituata Annabeth picchiata per la maggior parte del tempo in orfanotrofio o intimorita dalla sua stessa casa, non c'era abituato Luke costretto a nascondere i furti del padre e la schizofrenia della madre, prima che decidesse di andarsene, e non c'era abituato Percy che preferiva andare in strada o immergersi nella vasca da bagno, pur di non sentire i rumori dei colpi di Gabe alla mamma.

Era così strano essere tranquilli almeno una volta, tutti i muscoli rilassati, cullati dal torpore e dalle chiacchiere del bar.. sarebbero stati così per sempre se solo gli fosse stato possibile.

Avevano saltato le lezioni ed Annabeth si sentiva un po' in colpa per questo, ma era anche stato uno dei giorni più belli che Annabeth avesse mai vissuto. Era strano, ma tutto sembrava migliore assieme a quei tre idioti che riuscivano a capirla senza farle domande, che riuscivano a farla ridere ogni tre secondi.

Tutto stava cambiando ad Harvard, dalla prima all'ultima cosa.

Era diventata popolare e lei, la popolarità non l'aveva neanche mai capita. In collegio si picchiava con chiunque ed era “la sfigata senza padre”, nella sua famiglia era sempre stata messa in secondo piano, persino dalla madre che vedeva la costruzione di ponti e case più importante della sua unica figlia.

Annabeth non si era mai sentita amata o apprezzata, non si era mai sentita giusta, non si era mai sentita parte di un qualcosa, ma con Percy, Talia e Luke, finalmente sentiva di non essere più sola, finalmente sentiva di aver un motivo per sorridere la mattina, per studiare qualcosa che già sapeva solo perché lo faceva con loro.

Annabeth stava ricominciando a vivere, e dio, non c'era niente di più bello.

***

Aveva iniziato a piovere e per Percy fu più difficile riuscire a raggiungere la piscina per il consueto bagno notturno.

L'acqua batteva forte sulla cupola che proteggeva la piscina ma a lui non interessava, a lui interessava solo farsi quel bagno che l'avrebbe fatto pensare e riflettere, rilassare, anche se quella giornata era andata talmente bene che sembrava quasi surreale.

Si tolse la felpa azzurra e si fece scivolare i pantaloni lungo le gambe rimanendo in boxer, li scavalcò e poi si tuffò nell'acqua fredda della piscina mentre i capelli venivano spinti indietro e la pelle chiara si ricopriva di brividi.

Si sdraiò sul fondo, senza preoccuparsi del peso al petto per la mancanza di ossigeno. Era facile per lui, dopo un po' ci avrebbe fatto facilmente l'abitudine, lo sapeva bene. Incrociò le braccia dietro al capo mentre guardava la superficie dell'acqua.

Sorrise al ricordo di quella giornata.

Sorrise al ricordo di tutti i negozi in cui l'avevano portato Annabeth e Talia, tenendoli fissi da una parte per più di un'ora mentre si provavano magliette, jeans e vestiti che non gli sarebbe mai stati male.

Sorrise al ricordo della piccola lotta che aveva avuto con Annabeth per pagare un vestito. Alla fine, aveva vinto lui e aveva mentalmente ringraziato quell'idiota del padre che, nonostante fosse partito per una crociera sull'Atlantico senza mai tornare, gli aveva lasciato abbastanza soldi per pagarsi l'università e soddisfare qualche suo piccolo vizio.

Sorrise al ricordo di come avessero giocato con la panna della seconda cioccolata di quella giornata, del modo in cui, senza malizia, il dito di Annabeth era andato a prendere della panna per mettergliela sul naso.

Sorrise al ricordo degli abbracci che si erano scambiati.

Sorrise anche al ricordo di come Luke avesse baciato Talia sulla fronte dopo averla stretta a sé, quando erano passati davanti un cartellone pubblicitario che mostrava il padre in tutto il suo splendore. Luke non aveva fatto domande, si era limitato a portarla via e abbracciarla dopo che ebbe notato i suoi pugni chiusi e lo sguardo furioso.

E poi, quasi inaspettatamente, i ricordi tornarono a mangiare Percy.

 

Percy, possiamo parlare per favore?” domandò la ragazzina, i capelli neri tagliati corti con le forbici per le unghie solo per fare un dispetto al padre, il trucco pesante nonostante i dodici anni di età, il giubbotto in pelle e gli scarponi scuri.

Certo” rispose lui con un sorriso, che scemò lentamente appena vide l'espressione seria dell'amica. Si sedettero sotto il loro albero, a Central Park, quello più vicino al laghetto, con le fronde sempre rigogliose anche d'inverno, e il tronco ampio abbastanza perché i due dodicenni lo potessero usare come spalliera.

“ Che mi devi dire?” domandò Percy improvvisamente preoccupato, le gambe incrociate e chiuse in un paio di jeans un po' logori.

Talia si torse le dita, lo sguardo basso e gli occhi blu elettrico colmi di lacrime che Percy non poteva notare, “papà mi vuole portare via” disse quasi in un sussurro.

Il moro voltò lo sguardo verso di lei, sorridendo, “dai Talia, che mi devi dire?”

E fu a quel punto che la bambina sollevò lo sguardo, mostrando al suo migliore amico gli occhi pieni di lacrime, talmente tanto colmi che appena sbatté le palpebre due le scivolarono silenziose sulle guance lentigginose, “papà mi porta via, prima a Pittsburg e poi nel Mid-West”

E in quel momento, anche a maggio, Percy fu certo di sentire freddo.

La giornata era soleggiata, i bambini passeggiavano con i loro genitori, magari stringendo un cono gelato nella mano, le oche starnazzavano, ignare dell'inverno che aveva appena colpito il petto di Percy. Faceva freddo, un freddo che gli provocò le lacrime e gli fece tremare le mani più che mai.

Un freddo che arrivò all'improvviso, congelandolo dall'interno, il cuore prima di qualunque altra cosa.

Si voltò del tutto verso la migliore amica, imponendosi di scacciare le lacrime che minacciavano di uscire, “non è vero, dimmi.. dimmi che è uno scherzo” implorò, quasi cercando di convincere sé stesso che ciò che gli aveva detto Talia fosse solo una bugia e non una terribile verità.

La bambina scosse la testa, le lacrime che ormai le rigavano le guance mentre cercava comunque di parlare tra i singhiozzi, “Dice che non posso stare con una mamma alcolizzata, dice che mi deve portare via per forza. Partiamo tra una settimana, Percy”

Il cuore del bambino ebbe un tuffo e poi, fu impossibile trattenere ancora le lacrime, ma si limitò ad accogliere Talia nel piccolo petto, stringendola anche troppo forte per un ragazzino al quale stavano portando via tutto. Stringendola tanto, nel tentativo di dirle che lei era sempre stata il suo tutto, dicendole che aveva bisogno di lei, dicendole che non ce l'avrebbe fatta senza di lei.

I due bambini piansero assieme, consapevoli di ciò che avrebbero dovuto vivere di lì a breve, ma decisi di viversi quella settimana a pieno, e con un patto silenzioso, dopo che si furono asciugati le lacrime, decisero che sarebbero andati nel Bronx. Era l'unico modo che conoscevano per sfuggire a quella realtà che gli stava facendo fin troppo male.

 

Percy respirò forte appena uscì dall'acqua, il petto che si alzava ed abbassava velocemente prima che si issasse sul bordo della vasca mettendosi l'asciugamano sulle spalle e correndo velocemente fuori dalla piscina. Inviò il più veloce possibile un messaggio, certo che lei fosse ancora sveglia. Attraversò i corridoio senza che la velocità diminuisse, i vestiti che minacciavano di cadergli dalle braccia e il corpo che si stava freddamente asciugando a causa della sua corsa.

- Percy, ma che.. – fece Talia socchiudendosi la porta della sua camera alla spalle e passandosi una mano tra i capelli neri legati disordinatamente in una treccia. I vestiti caddero di mano a Percy mentre attirava Talia a sé, stringendola in un abbraccio e cercava di annullare quell'inverno che erano tornato nel suo petto, adesso più ampio e più allenato rispetto a quello dei suoi dodici anni.

Lei non fece domande, non parlò più ma si limitò a ricambiare l'abbraccio di Percy, respirando il suo profumo e la pelle ancora un po' umida per la piscina, seppellendo il viso nel suo petto.

Percy la strinse con delicatezza, affondando il viso nei capelli, consapevole che quell'inverno che sentiva, era finalmente scomparso.



Angolo Autrice:
Ehiiila<3
Probabilmente mi starete odiando perché non ho messo molta Percabeth in questo capitolo ma, che ci crediate o no, non è di passaggio. Come sapete, tutti i ragazzi hanno un passato con cui fare i conti e Percy, con quest'abbraccio con Talia, ha appena chiuso con una parte del suo.
Ha messo la parola fine a quella parte di passato che lo costringeva a pensare che Talia se ne sarebbe andata di nuovo.
Poi in questo capitolo si parla anche di una festa e non sottovalutatela perché succederanno talmente tante di quelle cosine che non vedo l'ora di arrivare a postare quel capitolo ahahahha
Comunque, hold on al capitolo dieci dove ci sarà un'importante svolta sia nella Thaluke che nella Percabeth mentre nel prossimo si vedrà un po' di più del passato di Talia e a quali fantastmi lei dovrà far fronte.
Il titolo è una canzone di Taylor Swift "Back to December" e si riferisce al freddo che sente Percy nel petto.
Sapete di cosa mi sono accorta? Che non vi ringrazio mai nello spazio autrice e be', vediamo di rimediare ahaha grazie a tutte quelle persone che hanno messo la storia nelle preferite, ricordate o seguite, grazie a chi si prende la briga di recensire (vi amo da morire) e grazie anche a chi legge silenziosamente perché, magari potrebbe non sembrare, ma quelle quasi trecento-quattrocento visite a capitolo mi fanno davvero tanto piacere.
Grazie mille a tutti perché senza di voi la storia non andrebbe mai avanti e grazie anche perché riuscite a farmi ridere in un periodo dove mi viene difficile anche solo sorridere.
Vi voglio davvero bene, gente e ci vedremo presto, lo prometto:**
Love yaa<3
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Capitolo 10
*** 9.Catch me I'm falling ***


Catch me I'm falling
 

Talia quel giorno era talmente arrabbiata che era intrattabile per tutti, persino per Percy che sapeva sempre come prenderla. Erano passati due giorni da quel giro nel centro commerciale, due giorni da quando Talia aveva visto un cartellone pubblicitario che raffigurava il padre in giacca e cravatta, in tutto il suo splendore.

Lo nascondeva bene, nascondeva bene che il suo malessere era per quello, ma era comunque nervosa, pronta a scattare alla prima parola sbagliata che qualcuno avrebbe potuto dire, pronta a tirare qualcosa a chiunque l'avesse provocata anche solo per scherzo.

Quella non era giornata per Talia e l'avrebbero dovuto capire, con le buone o con le cattive. Se poi avessero fatto domande, avrebbe potuto togliere fuori la scusa de ciclo, quella funzionava sempre.

Si passò una mano tra i capelli neri, quel giorno sciolti, maledicendo il suo essere diventata abbastanza popolare perché l'intera squadra di football con fidanzate annesse, iniziasse a sedersi al tavolo con loro.

C'erano davvero troppe persone, troppo caos per la sua testa già incredibilmente incasinata e carica di pensieri e di un passato che riusciva sempre a farle del male, nonostante fosse forte e nonostante non lo volesse.

Si passò ancora una mano tra i capelli mentre si portava meccanicamente la forchetta alla bocca senza sentire il sapore del cibo che stava mangiando -anche se questo poteva essere un bene considerando quanto facesse schifo la cucina della mensa- e si guardava attorno senza vedere davvero. Guardava Annabeth che parlava con una bellissima ragazza dai capelli neri lunghi e gli occhi azzurri e un'altra con i capelli ramati e gli occhi di ghiaccio.

Guardava Percy che faceva un paio di mosse di lotta con due energumeni del football che, non aveva mai capito per quale motivo, indossassero la giacca della divisa anche se non erano in campo.

Guardava Luke che stava parlando con una ragazza bionda, che sbatteva le ciglia ripetutamente, che sorrideva un po' troppo spesso per i suoi gusti, mentre un moto di gelosia la bruciava dall'interno e sul serio, non sapeva neanche lei per quale motivo. Sentiva ovattato, la testa le girava un po' troppo mentre i ricordi dolorosi della sua famiglia e la vista di come Luke parlava e sorrideva cordiale a quella tipa le facevano male.

Sentì il sangue scaricarsi nei pugni che presero inesorabilmente a tremare per il fastidio e li sbatté sul tavolo attirando le occhiate di Annabeth e Percy che la guardarono curiosi prima di ritornare a chiacchierare con i nuovi amici.

La popolarità fa schifo, si ritrovò pensare, desiderando che tutti quegli atleti e quelle oche venissero come minimo colpiti da una scarica elettrica di non sapeva neanche lei quanti volt.

Riportò lo sguardo al piatto, con qualcosa che probabilmente doveva somigliare a patate al forno. Ignorò del tutto quello che tentò di dirle il giocatore di football che aveva davanti, combattuta tra quel presente assurdo e quel passato doloroso, non sapeva cosa scegliere, non sapeva quale fosse il minore dei mali tra i due e ogni volta che tentava di proiettare la sua fantasia verso il futuro, vedeva tutto inesorabilmente nero.

 

Devi studiare, Talia! Non devi perdere tempo dietro a futilità, come tua madre!” gridò Zeus mentre la ragazza induriva lo sguardo.

Era finito il tempo della piccola indifesa.

Magari fossi rimasta con mamma!” gridò, “magari fossi stata con lei piuttosto che con te” strinse i pugni rabbiosa mentre un sorriso sarcastico le compariva in volto, “vuoi tanto ma non ci sei mai, che diavolo pretendi da me?! Che sia felice di stare qui? È due anni che sopporto tutta questa merda, che sopporto le cameriere e le tue pretese!” gesticolò forte scacciando le lacrime dagli occhi blu elettrico, così diversi da quelli grigio tempesta del padre, “se studio è solo per andare il prima possibile via da qui!” e urlò, troppo per quei sedici anni che il padre le aveva fatto buttare al vento, gridò, buttando fuori un po' di tutta la merda che si teneva dentro, certa che intanto, quell'idiota menefreghista che aveva davanti si sarebbe dimenticato il giorno dopo dell'accaduto.

Era sempre così, era sempre stata messa in secondo piano a qualsiasi cosa da quando era con il padre. Certo, aveva un attico, aveva una stanza enorme, ma non aveva amici, non aveva amore.. dio, Talia era così sola...

Era decisa ad andarsene in camera, prima che la mano, così sproporzionatamente grande rispetto alla sua, del padre, le arrivasse sulla guancia con una forza mai vista. Fortuna che era abituata a ben peggio degli schiaffi nonostante quello fu il più forte che avesse mai ricevuto.

Il padre le aveva appena dato uno schiaffo.

Il padre le aveva appena dato uno schiaffo invece di un abbraccio per come diavolo stava lei.

Si portò una mano alla guancia sbattendo le palpebre per evitare che le lacrime potessero rigarle le guance e sorrise, “Vaffanculo” disse tranquilla e poi uscì da quell'inferno, sbattendosi la porta alle spalle.

 

Venne ricatapultata violentemente nel presente mentre il rumore di chiacchiere e posate le inondava le orecchie, facendole corrugare la fronte per la sorpresa. Si toccò le guance, felice che fossero asciutte e non bagnate da quei ricordi che erano peggio di lame.

Osservò Luke e la mano di quella bionda tinta sulla sua coscia, puntò il suo sguardo elettrico sulla ragazza e poi rise attirando l'attenzione del tavolo e portando Luke a sbarrare gli occhi azzurri e levare velocemente la mano della ragazza dalla sua coscia, – Dio, quanto sei puttana – e poi si alzò uscendo impettita fuori dalla mensa mentre il biondo non sapeva che cosa fare, Percy si passava una mano nei capelli, fin troppo consapevole e Annabeth si era bloccata di colpo, osservando e rivivendo quella scena a ripetizione nella sua testa, indecisa su che cosa fare.

 

Talia corse lungo i corridoi, le lacrime che ormai le rigavano le guance senza che lei lo potesse impedire. Corse veloce, lasciando che i suoi passi risuonassero nella moquette, schiava di ricordi e consapevole che non avrebbe potuto fare nulla per dimenticarli o semplicemente smettere di pensarci.

Si odiava per essere così debole, si odiava per riuscire a cadere così facilmente, si odiava per essere così schifosamente...piccola.

Spalancò la porta della camera con una spallata singhiozzando forte e trattenendo un urlo di frustrazione che le stava per montare in gola.

Appena fu certa di essere totalmente sola e chiusa nella stanza, si lanciò nel suo comodino, frugando tra i cassetti, togliendo fuori il caricatore del telefono, assorbenti e un altro mucchio di cose inutili mentre cercava quella fottuta scatolina di latta.

 

Tua madre è morta, fattene una ragione. Ha deciso di mettersi alla guida quando era completamente ubriaca e ha fatto un frontale contro un camion” lanciò un'occhiata alla figlia, gli occhi blu elettrico colmi di lacrime seppur cercasse di trattenerle, i pugni stretti lungo i fianchi, la treccia un po' disfatta. “Non piangere razza di ragazzina, hai sedici anni”

 

Un singhiozzo fuoriuscì dalla gola di Talia senza che riuscisse a soffocarlo e si asciugò le lacrime appena trovò quella benedetta scatolina. Si inginocchiò sul pavimento mentre la teneva tra le mani tremanti e se la rigirò un paio di volte tra le dita osservandola attenta, pensando se, quello che aveva intenzione di fare, fosse la cose giusta, ma poi si alzò, andando verso il bagno.

Non era la cosa giusta.

Era la cosa migliore.

 

Annabeth osservò la porta dove Talia era scomparsa per un paio di minuti mentre si guardava con Percy, e Luke era in un assoluto stato di trans.

- Fa' qualcosa! – gli disse furiosa incatenando il suo sguardo grigio in quello azzurro del biondo, – è anche per colpa tua che se se n'è andata, fa' qualcosa! –

Ma Luke era totalmente e completamente bloccato. Non aveva idea di che cosa fare, era inerme mentre lo sguardo di tutti i ragazzi seduti al tavolo con loro lo inchiodava completamente.

Percy fece per alzarsi ma Annabeth lo precedette, scattando in piedi prima di lui e correndo verso la sua stanza, certa che Talia sarebbe stata lì.

Corse lungo i corridoio di Harvard mentre i suoi passi venivano attuti dalla moquette. Corse veloce e arrivò nella sua camera in qualche minuto. Ringraziò il buon Dio che le aveva consigliato di portarsi dietro anche la sua copia delle chiavi e la infilò piano nella toppa, girando lentamente per far sì che Talia non la sentisse entrare. Non seppe neanche lei per quale motivo decise di fare così, ma forse, aveva il timore che Talia stesse facendo qualche cavolata e coglierla sul fatto un po', e dico -un po'- l'avrebbe aiutata in un modo a lei ancora sconosciuto.

Si chiuse il più delicatamente possibile la porta alle spalle e poi gettò un'occhiata tutt'attorno alla stanza notando la porta del bagno chiusa e la luce che filtrava da sotto.

Si passò una mano tra i capelli biondi e sciolti e prese un profondo respiro, certa di quello che stava facendo Talia ma incapace di muovere sul serio un solo passo per paura di avere assolutamente e totalmente ragione.

Andiamo, razza di stupida!

E mosse il primo e silenzioso passo. Strinse le mani lungo i fianchi e dopo altri tre passi, arrivò alla porta bianca del bagno. Chiuse il pugno sulla maniglia d'ottone e fece un altro respiro, aprendo lentamente la porta ed entrando.

Non era esattamente quello che si aspettava ma, come al solito -e in quel caso, purtroppo- aveva ragione.

Talia era dall'altra parte del lavandino, le guance ancora rigate dalle lacrime seppur non stesse più piangendo, la mano sinistra che tremava leggermente mentre si legava la fascia nera attorno al polso e una lametta, bagnata e pulita, vicino a lei.

Annabeth si chiuse la porta alle spalle e inchiodò i suoi occhi grigio tempesta in quelli blu elettrico dell'amica, un groppo in gola talmente forte da non riuscire neanche a pronunciare mezza sillaba, e che lei non riuscisse a parlare, era davvero davvero grave.

Talia la guardò con un po' di sufficienza, mista a tranquillità e a quel dolore che quegli occhi non avrebbero mai potuto nascondere davvero mentre continuava a fasciare come se nulla fosse, come se si fosse tolta la benda solo per lavarsi le mani.

La bionda la guardò ancora, anche quando la ragazza che aveva difronte abbassò lo sguardo per controllare la fasciatura, prima di andare verso di lei e prenderle le mani tra le sue, senza parlare, senza riuscirci.

- Che c'è? – domandò Talia tranquilla tirando su col naso, un po' rosso e gli occhi ancora leggermente acquosi.

Annabeth la guardò ancora e la sua mano andò all'inizio della fasciatura. Talia ritrasse il braccio sinistro di scatto, una nuova espressione che le caratterizzava il volto: determinazione.

- Bionda – sorrise Talia, – sto bene, te lo giuro – ed Annabeth ebbe un tuffo al cuore davanti a quel sorriso finto e ben fatto, Annabeth ebbe un tuffo al cuore davanti all'ennesimo tentativo di Talia nel nascondere come stava davvero e in quel momento, capì che la più forte tra le due doveva essere lei. Non più la tosta con le lentiggini e gli scarponi, lei, la ragazza a prima vista un po' timida che amava i golfi enormi e i capelli sciolti anche se li legava quasi sempre in una treccia.

Prese un altro respiro e guardò Talia fissa negli occhi per, forse troppi secondi prima che potesse prenderle il braccio sinistro. Trattenne un sorriso appena la sua amica non lo ritrasse, e tenne il polso in una mano mentre levava delicatamente la fascia con la destra.

Solo in quel momento si accorse di quanto realmente lunga era e vide i piccoli muscoli di Talia contrarsi appena i giri stavano per finire. Tolse del tutto la fascia e la appallottolò nella mano, guardando il polso di Talia, quel polso candido ricoperto di tagli e cicatrici fino a metà braccio.

Quel polso candido ricoperto di troppe ferite di guerra che Talia, di certo, non si meritava.

Quel polso candido vittima della paura e del dolore di una ragazza logorata dal passato.

Quel polso candido segno della forza di Talia, una forza quasi esagerata per una diciannovenne.

Osservò i segni rossi e netti, freschi, precisi e un po' troppo profondi.

Non guardò Talia negli occhi, non fece domande, certa che, se avesse voluto, sarebbe stata lei a parlare. Continuò a tenerle delicatamente il polso nella mano sinistra mentre con la destra apriva il mobiletto bianco accanto allo specchio e toglieva fuori il disinfettante e il cotone. Lo aprì con una mano, quasi timorosa a lasciare il polso di quella che era, ne era certa, la sua prima migliore amica in diciannove anni di vita. Svuotò un po' quel liquido verde nel batuffolo e poi lo premette con delicatezza sul polso di Talia, immobile quasi quanto una statua di marmo.

Annabeth medicò piano, come se Talia si potesse spezzare da un momento all'altro. Quando fu certa di aver fatto un buon lavoro, nel più totale silenzio, avvolse piano la benda scura attorno al polso stretto di Talia esattamente come faceva l'amica e quando bloccò la fine della fascia sotto il resto del tessuto, una lacrima le cadde sul dorso della mano e a quel punto, alzò lo sguardo.

Talia era lì, difronte a lei, priva, per la prima volta da quando la conosceva, della sua armatura da battaglia, della sua armatura da guerriera che la contraddistingueva ogni volta. Non era più Talia Grace, la ragazza che avrebbe potuto fare il culo a chiunque, la ragazza che era andata a letto con un ragazzo diverso ogni sera, la ragazza menefreghista e incredibilmente forte. Era solo.. Talia. Talia la diciannovenne con un brutto passato alle spalle.

Talia, con gli occhi blu elettrico gonfi di pianto, il naso rosso e la possibilità di crollare da un momento all'altro, anzi, forse stava già crollando.

Talia, la ragazza che non aveva mai avuto un'amica.

Talia, la ragazza che aveva un paura matta a stare sola perché, da sola, c'era stata per troppo tempo.

Talia, la ragazza con un disperato bisogno di qualcuno perché per anni, troppi, se l'era sempre dovuta cavare da sola.

In quel momento, Talia era solo e semplicemente Talia, con un bisogno disperato di un abbraccio, ed Annabeth, be', Annabeth c'era e ci sarebbe sempre stata.

La mano della bionda, incredibilmente fredda, andò ad asciugarle la guancia e si guardarono negli occhi per secondi che sembrarono interminabili.

- Ti voglio bene – le sussurrò la bionda, il groppo in gola che sembrava sparito solo per quegli attimi necessari a dire quella frase di cui Talia aveva un tremendo bisogno. Si sporse verso di lei e l'abbracciò, mentre Talia ricambiava, altre lacrime che tornavano a rigarle le lacrime, ma non più per tristezza o dolore.

Non più.

Quelle erano lacrime di felicità mentre affondava il viso nei capelli biondi di Annabeth.

Quelle erano lacrime di gratitudine per aver trovato una persona come lei.

Quelle erano lacrime di sollievo perché lei stava crollando ed Annabeth l'aveva presa prima.

Si strinse al corpo di Annabeth mentre lei ricambiava con un po' più di vigore.

Si abbracciarono, consapevoli che quello fosse il primo abbraccio femminile che ricevevano entrambe.

Si abbracciarono e Talia la strinse leggermente di più mentre Annabeth sorrideva.

Anche io, le diceva Talia in quella presa un po' più forte.

Ti voglio bene, Bionda, le diceva dandole un bacio sulla guancia.

***

- Talia? – domandò Percy, i capelli scuri un po' scompigliati mentre correva nel corridoio del dormitorio delle ragazze per intercettare Annabeth.

La bionda sorrise mentre si affiancava a lui e camminavano vicini, le dita che si sfioravano continuamente e le farfalle negli stomaci di entrambi che non ne volevano sapere di stare tranquille, – Sta bene, Testa d'Alghe, tranquillo –

Percy si passò una mano tra i capelli con un sospiro di sollievo continuando a camminare senza una meta ben precisa, ma forse, inconsapevolmente, stavano andando entrambi nel bar di Harvard.

- Annabeth.. – si bloccò di colpo posizionandosi di fronte a lei e le bloccò i polsi con le mani passandoci un pollice sopra, – Talia.. –

E lei capì, mordendosi il labbro inferiore e pieno e annuendo leggermente.

Lo sguardo verde di Percy si assottigliò di colpo e la presa sui polsi si Annabeth si serrò per un attimo, prima di lasciarli di colpo, le mani che tremavano violentemente per la rabbia.

- Io lo ammazzo – disse tranquillo facendo per sorpassare Annabeth ed andare ovunque pur di cercare Luke.

La ragazza sbarrò gli occhioni grigi di colpo e si voltò di scatto afferrandogli la felpa blu e mettendosi davanti a lui.

- Spostati – intimò, la voce ferma come non lo era mai stata, soprattutto con Annabeth. Lei strinse le labbra riducendole a una linea sottile sbarrando una seconda volta la strada a Percy quando lui provò ad andare a destra, – Spostati, ho detto.

Annabeth alzò le sopracciglia, – non se ne parla. Tu non andrai da Luke, scordatelo – fece decisa, la voce ferma tanto quella di Percy mentre le mani del ragazzo tremavano ancora di più nonostante i pugni chiusi.

Annabeth serrò le palpebre per un attimo e poi insinuò le dita tra quelle di Percy, facendo in modo che si intrecciassero. Si avvicinò di un passo a lui, alzando leggermente il volto per guardarlo negli occhi, – Lei adesso sta bene, d'accordo? E sono certa che non avrà problemi a mettere le mani addosso a Luke in palestra, domani – rise, sorridendo ancora di più al suono della risata, -seppur debole- di Percy, – adesso andiamo in caffetteria, io mi prendo un thé e tu la solita cioccolata, che ne pensi? – domandò abbracciandogli la vita mentre il ragazzo la stringeva un po' a sé per la schiena.

- Andata – e sorrise di nuovo guardandola negli occhi e pensando che, senza dubbio, non c'era niente di più bello di Annabeth Chase.



Angolo Autrice: 
Ehiila<3
Perché sto aggiornando oggi e non martedì come al solito? Perché sono FELICISSIMA! No dico, nove recensioni allo scorso capitolo e questa storia è tra le più popolari del fandom.. cioé, ci mancava poco mi mettessi a piangere in giro con le mie amiche per la felicità! E poi, perché non vedo l'ora di postare il capitolo dieci dato che ci sarà una svolta stra-importantissimissima per la Thaluke e importante per la Percabeth*-*
Anyway, discutiamo del capitolo ahaha è forse uno dei più difficili, impegnativi e seri che mi sia mai ritrovata a scrivere in quindici anni di vita, datemi retta, ma comunque, sono abbastanza soddisfatta del risultato. L'aver vissuto un'esperienza così in prima persona mi ha aiutato parecchio, devo essere sincera.
E' solo grazie ad Annabeth che Talia non cade, non cade perché Annabeth la prende prima, la solleva e la aiuta, non fa domande, si limita solo ad esserci, ad esserci perché è giusto così e perché Talia è la sua prima vera migliore amica. Il titolo dice infatti questo e (strano?) è una delle mie canzoni preferite di Selena Gomez "A year without rain".
Per chiunque se lo stesse chiedendo, si, Luke è davvero un deficiente ma si riscatterà nel prossimo capitolo, lo prometto*-*
Inoltre, abbiamo capito che Annabeth è l'unica in grado di calmare Percy (manco copiato spudoratamente dalla Scallison nella prima serie di Teen Wolf..) e vi assicuro, che lui in quel momento avrebbe spaccato la faccia in dieci parti a Luke.
Amo molto questo capitolo per l'amicizia che viene messa in risalto e che, almeno per me, è la prima componente fondamentale della tua vita. Gli amici sono la famiglia che puoi sceglierti, no?
Grazie mille a tutti, grazie mille alle nove recensioni dello scorso capitolo, grazie mille alle persone che hanno messo la storia tra le seguite, ricordate e preferite e grazie anche a quei lettori silenziosi che, forse non lo sanno, ma sono più importanti di quanto credano.
Ci vediamo presto, lo prometto:**
Grazie mille ancora, per tutto, vi adoro.
Love yaa<3
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Capitolo 11
*** 10.'Cuz you make me strong ***


Vorrei dedicare questo capitolo a yoo_bro.
Leggendo capirai perché<3

 
'Cuz you make me strong
 

Luke si girò nel letto per l'ennesima volta, mentre una tempesta infuriava fuori dalla sua finestra.

Sono un coglione.

È due giorni che Talia non mi parla.

Sono un coglione.

Si girò un'altra volta guardando il soffitto e portandosi il piumone fin sotto al mento per il freddo.

Doveva farsi perdonare, doveva trovare un modo per far sì che Talia capisse quanto davvero lui era legato a lei, tutto per colpa di quella bionda ossigenata che aveva deciso di provarci con lui!

Ma alla fine, la cosa più assurda era che sentiva di doverle dare delle spiegazioni, sentiva di doversi farsi perdonare in qualche modo anche se loro, fondamentalmente, non erano.. niente. Certo, amici, quello si, ma niente di più, ed è ovvio che la gelosia in amicizia esiste ma quella che c'era tra loro due era quasi una sorta di possessione reciproca e di certo, quella non era storia da semplici amici, assolutamente.

Chiuse gli occhi azzurri per un attimo, preparandosi discorsi mentali che poi, ne era certo, non sarebbe mai riuscito a esprimere come avrebbe dovuto.

- Idiota – si disse, girandosi un'altra volta ancora e guardando la pioggia che cadeva fitta facendo da colonna sonora al sonno che stava per arrivare.

 

Annabeth si strinse i libri al petto e tirò su col naso -stupido raffreddore- mentre camminava lungo il corridoio diretta alla sua aula. Talia alla sua destra era scura in volto e la treccia mora un po' disordinata.

- quindi nessuna intenzione di perdonare.. – ma Talia la interruppe prima, fermandosi di colpo a metà corridoio e additandola con uno sguardo truce.

- Non dire quel nome – intimò, – non devi assolutamente dire quel nome – e si avvicinò di un passo all'amica che mantenne l'espressione terrorizzata per circa mezzo secondo, prima di attaccare a ridere piegandosi in due e facendo sciogliere in un sorriso anche Talia, – 'Fanculo – disse mentre la bionda rideva ancora.

- Non sei credibile, lasciatelo dire da me, che ti voglio tanto bene – fece Annabeth smettendo di ridere di colpo e poggiando una mano sulla spalla della mora che ridacchiò prima che potessero continuare a camminare una affianco all'altra.

- Che situazione.. – mormorò, mentre Annabeth la guardava di sottecchi sorridendo.

- Luke ti piace più di quanto tu non voglia ammettere.. –

E a quel punto Talia si fermò di colpo dandole un pugno alla spalla mentre Annabeth riprendeva a ridere, – TI AVEVO DETTO DI NON DIRE QUEL NOME – tuonò mentre la bionda rideva ancora.

 

Talia salutò Annabeth con un bacio sulla guancia appena arrivarono alla sua classe e poi continuò verso il laboratorio di lingue dove si sarebbe tenuta la sua lezione. Camminava con lo sguardo fisso davanti a sé, l'espressione seria mentre pensava a talmente tante cose che la testa quasi stava iniziando a farle male, talmente assorta che fu una sorpresa quando qualcuno la prese per il braccio, trascinandola verso di sé e portandola via dal corridoio.

Talia strinse il pugno destro e caricò il braccio prima che Luke potesse fermarle la mano a pochi centimetri dal suo volto, gli occhi azzurri sbarrati e i capelli disordinatamente scompigliati come al solito.

La ragazza corrugò la fronte rilassando di poco i muscoli prima di riportare il braccio lungo il fianco. Si sistemò il golfino aderente e nero che portava quel giorno e fissò Luke, incrociando le braccia sotto al seno.

- che vuoi? – domandò senza giri di parole, diretta come al solito.

Luke trattenne un sorriso davanti a quella schiettezza e si schiarì la voce mentre tutti i discorsi che si era preparato la sera prima si volatilizzavano.

Talia inchiodò i suoi occhi blu elettrico in quelli azzurri del biondo e deglutì senza darlo a vedere mentre pensieri ben diversi dal 'lo odio' si susseguivano nella sua mente, già incasinata -troppo- di suo.

- Io.. – cominciò il biondo, il groppo in gola che gli stava rendendo il tutto decisamente più difficile.

Talia iniziò a battere il piede a terra, impaziente, – tu.. – incalzò.

Luke si passò una mano tra i capelli e respirò forte facendo trattenere alla mora un sorriso intenerito per il nervosismo che aveva nel parlare con lei, – io.. volevo.. chiederti scusa, Tals, dico sul serio.. –

Talia corrugò la fronte e il piede che stava sbattendo fino a pochi secondi fa si fermò di colpo mentre Luke iniziava ad avere troppo caldo per una temperatura media di tre gradi.

- Scusa? E per cosa? – domandò Talia fissandolo con più intensità del dovuto mentre lui reprimeva l'istinto di prenderle il viso e baciarla in quello stesso istante.

Luke si passò un'altra volta la mano tra i capelli e respirò forte, l'ansia che cresceva assieme al calore sulla schiena, – scusa per.. – deglutì, – scusa per l'altro ieri a pranzo. Voglio dire, sai.. la storia di A.. –

E Talia proruppe in una risata isterica che la costrinse a piegarsi in due e tenersi lo stomaco con le braccia mentre Luke la guardava in un misto di confusione e irritazione.

- Perché ridi? – domandò, mentre l'ansia veniva sostituita dal fastidio.

- Tu – fece Talia tra le risate, indicandolo, – tu, Luke Castellan mi stai chiedendo scusa per quella troietta che voleva farti una sega a mensa? – smise di colpo di ridere, guardandolo quasi come se lo volesse uccidere, – sul serio, vai a fare il buon samaritano da qualche altre parte – sibilò rabbiosa stringendo i pugni lungo i fianchi per la rabbia.

Luke sbarrò gli occhi e in quel momento capì di aver fatto un gravissimo errore a chiedere scusa a Talia, doveva aspettarsi una reazione del genere, logico. Non doveva dire nulla, lasciare tutto com'era e portarsi a letto Abigail il giorno che stava flirtando con lui e non sentirsi in colpa per quella ragazza così insensibile e stronza.

- Davvero – iniziò Talia con un sorriso strafottente sul volto – tu hai potuto pensare che a me importasse davvero della prima ragazza che tu vuoi portare a letto? – rise sarcastica, - andiamo, Luke, pensavo fossi un po' più furbo! –

- che vuoi dire? – domandò lui con un ringhio mentre Talia alzava le sopracciglia sorpresa.

- Voglio dire che io ho già sofferto abbastanza, razza di idiota senza cervello! – gridò senza preoccuparsi di chi avrebbe potuto sentirli, – ho già sofferto abbastanza e non ho bisogno del primo coglione con bel fisico e begli occhi per farmi star male ancora! Vai pure con quella Angela.. –

- Abigail – la interruppe lui pentendosene di colpo alla vista degli occhi fiammeggianti di Talia.

- Non mi interessa come si chiama! – urlò ancora gesticolando forte mentre la voglia di tirare un pugno a quel viso era pari a mille, – non mi interesse come si chiama e non mi interessano i tuoi fottuti flirt! Non ho bisogno di star male ancora, chiaro? – lo fissò negli occhi riversando tutto il dolore accumulato in quelle parole, forse troppo forti, – non ho bisogno di uno stupido che non riesce neanche a capire quanto sia diventato importante! – parlò prima di rendersi conto di ciò che aveva appena detto.

Strinse i pugni.

Chi se ne frega, non posso tornare indietro.

- Non ho bisogno di un tonto che non riesce neanche a rendersi conto di quanto io stia male e di quanto bisogno di aiuto abbia, perché tu, Luke Castellan, non ti sei mai accorto di nulla! – prese fiato per un attimo prima di continuare, – non ho bisogno di un cazzone come te! – gridò dandogli un pugno forte alla spalla che lo fece gemere un po' mentre ci portava una mano sopra ma stava zitto, aspettando che Talia continuasse a parlare, il cuore spezzato in due alla vista dei suoi occhi lucidi dopo quasi tre mesi che la conosceva. – Non ho bisogno di un cazzone come te, che neanche si rende conto quanto riesce a farmi soffrire! Non ho bisogno di un cazzone come te che pensa solo a sé stesso e soprattutto, non ho bisogno di un cazzone che neanche si rende conto quando cavolo mi piace e quanto cavolo io sto male! – gli diede un altro pugno nello stesso identico punto del precedente e Luke stette ancora zitto, resistendo all'ennesimo impulso di stringerla tra le braccia e dirle che sarebbe andato tutto bene.

Lo guardò ansante, i pugni stretti lungo i fianchi e gli occhi lucidi di pianto imminente, stette zitta per un attimo prima di sbattere un piede a terra per la frustrazione ed evitare di mettere le mani addosso a Luke, – Dì qualcosa! – esclamò fissando i suoi occhi in quelli del ragazzo, – dì qualcosa perché io ho appena mandato a puttane il mio orgoglio femminile circa venti secondi fa! Ti ho detto che mi piaci, che sto male, che ho bisogno di te, cazzo! Dì qualcosa! – gridò, le lacrime dispettose che le rigavano le guance mentre Luke rimaneva inerme davanti a lei, dando le spalle al muro e ficcando i pugni nelle tasche dei jeans.

- Io le so queste cose, Tals.. – mormorò Luke guardandosi le scarpe che sembravano un'attrattiva migliore a quelli che erano gli occhi incredibilmente penetranti di Talia.

La mora abbozzò una risata sarcastica e scosse la testa asciugandosi le lacrime subito dopo.

Debole, sputò con rabbia nei suoi pensieri.

- No, Luke. Tu non sai nulla e non hai mai capito nulla perché, se tu sapessi qualcosa, anche la più minima cosa, mi avresti baciato già da un pe.. –

E fu in quel momento che il biondo non ce la fece più, non ce la fece più a vedere Talia così, la sua Tals così. Fu in quel momento che si affidò all'istinto attirandola a sé per i fianchi e premendo le labbra sulle sue mentre la faceva girare e scontrare contro il muro.

Le mani di Talia si aggrapparono alla felpa grigia del ragazzo, quasi fosse un'ancora a tutte le emozioni che quello scontro di labbra le stava facendo provare, emozioni che non aveva mai sentito con nessuno e che quasi, la costringevano a piegarsi in due.

Luke insinuò delicatamente la lingua tra le sue labbra, costringendola ad aprire la bocca mentre le emozioni aumentavano e lei stringeva la felpa ancora di più, totalmente sopraffatta da quelle cavolo di farfalle dalle labbra di Luke che di certo non si aspettava fossero così morbide.

Le loro lingue giocarono dolcemente assieme mentre le mani forse un po' troppo audaci e curiose di Luke si infilavano sotto il golfo aderente di Talia facendola automaticamente rabbrividire per la pelle fredda e per tutte le emozioni che la rendevano schiava di quel biondo che si era sempre accorto di tutto senza aver però abbastanza coraggio di fare il primo passo.

Le mani del ragazzo arrivarono al reggiseno, accarezzando delicatamente la pelle morbida sotto il ferretto mentre Talia gli allacciava le braccia al collo stringendolo un po' di più a sé e aumentando quei baci di fuoco che, ne era certa, le avrebbero lasciato le labbra rosse.

Si ritrovò a stringere i capelli di Luke nei pugni appena lui, senza smettere di accarezzarla, passò a baciarle in collo con quella dolcezza mista a quell'arroganza che lo contraddistingueva.

Nascoste i gemiti mordendosi il labbro inferiore e poi, quando il volto del biondo fu difronte al suo, gli diede ripetuti baci sulle labbra mentre gli schiocchi risuonavano -senza preoccuparli davvero- nei corridoi vuoti dell'università. Si baciarono a stampo ripetutamente, le labbra arrossate mentre sorridevano di tanto i tanto e abbozzavano risate che venivano subito soffocate.

Talia si mise leggermente in punta di piedi mentre gli afferrava delicatamente il labbro inferiore tra i denti e lo tirava verso di sé, certa che quei baci stessero diventando la droga più potente del mondo.

Luke premette il suo corpo contro quello di Talia e attaccò la fronte alla sua prendendole il viso tra le mani. Ridacchiarono entrambi mentre si guardavano e lui le lasciò l'ennesimo bacio sulle labbra, – andiamo, non sono poi così cazzone, giusto?

***

Quando Annabeth e Percy videro Talia e Luke entrare in mensa, lui con un braccio sulle sue spalle, sorrisero automaticamente.

- Hanno fatto pace, finalmente – fece il moro felice mentre guardava i due amici che parlavano e sorridevano. Pensò che fossero soltanto amici finché non vide Luke che con una naturalezza assurda si voltò verso Talia per posare le labbra sulle sue, e sputò l'acqua che stava bevendo in faccia a quella Abigail mentre la forchetta che Annabeth teneva in mano cadde sul piatto.

Si guardarono con gli occhi sbarrati prima di riportare lo sguardo su Talia e Luke che gli stavano andando in contro con un vassoio blu a testa e un paio di piatti sopra.

Percy era talmente impegnato a fissare i due amici che neanche sentì gli insulti di Abigail che poi si alzò infastidita appena Talia le mostrò un sorriso falsissimo.

- Come va? – domandò Luke mentre scavalcava la panca e si sedeva.

Talia alzò gli occhi al cielo con un sorriso, – che c'è? Perché siete incantati? – chiese osservando gli occhi e la bocca aperti di Annabeth e Percy mentre i consueti ragazzi che sedevano al tavolo con loro li osservavano, totalmente bloccati.

Il moro indicò prima Luke e poi Talia, almeno un paio di volte prima di parlare, – vi siete baciati – disse quasi a chiedere una conferma a ciò che aveva appena visto.

Luke gli batté le mani un paio di volte davanti al viso, – non so se sai come funziona una relazione, ma di solito, quando due persone stanno insieme, baciarsi fa parte del pacchetto, sai?

Percy si guardò con Annabeth prima di riportare lo sguardo sui due, adesso, fidanzati, – quindi state insieme? –

- no, baciare una persona è appena diventato un nuovo sport olimpico – disse Talia sarcastica portandosi alla bocca la forchetta con del cibo dalla provenienza sconosciuta sopra.

Percy si guardò ancora con Annabeth e poi guardarono contemporaneamente Luke e Talia.

- Ce l'avete fatta finalmente – sorrise la bionda tranquilla riprendendo a mangiare mentre la nuova coppia cominciava a ridere divertita, continuando a sentire gli sguardi della mensa su loro due.

Talia strinse i pugni e chiuse gli occhi cercando la calma e tentando di contare fino a dieci.

Arrivò a due.

Si alzò si scatto e batté le mani un paio di volte, – forza gente! Capisco che non abbiate vita privata e sociale ma smettetela di farvi i cazzi miei! – e quando tutti pensavano che lei si sarebbe risieduta, mentre i suoi tre amici ridevano, indicò anche metà squadra di football che sedeva al tavolo con loro e li guardò minacciosa, – e voi cercatevi un altro posto, cavolo! – quelli stettero fermi per un attimo e lei batté le mani un'altra volta, – evaporare, belli.

E come se glielo avesse ordinato chissà chi, quelli si alzarono spodestando dal tavolo vicino alla finestra quei cinque sfigati che non riuscivano a farsi rispettare.

Talia si sedette sulla panca con uno sbuffo continuando a mangiare come niente fosse e appena il chiasso della mensa ripresa, i tre ragazzi scoppiarono in una risata, – aah, erano una rottura! Dopo un po' una esplode – allontanò il vassoio da sé promettendosi di chiedere a Luke di accompagnarla a Boston per prendere qualcosa di commestibile e inchiodò lo sguardo elettrico su Annabeth, – adesso mancate solo voi due da fidanzare, così faremo le uscite a quattro e la verginella non sarà più verginella.

La bionda quasi sputò l'acqua che aveva in bocca mentre Percy toglieva fuori il solito:”siamo solo amici, smettila di mettere in imbarazzo chiunque o giuro che ti rapo a zero”.

- Merda! – Talia si tappò la bocca con la mano, – scusa Annabeth, tu non sei più vergine.. – disse per la prima volta che gli amici la vedevano, in imbarazzo.

Annabeth ingoiò l'acqua, tossì appena quando le andò di traverso, – tutto bene – disse tra un colpo di tosse e l'altro – dico sul serio.

- Che poi, chi è stata la tua prima volta? – domandò Luke curioso, portandosi alla bocca qualcosa che somigliava vagamente a carne.

Annabeth si passò una mano trai capelli, i ricordi che la rendevano schiava, un passato dal quale non sarebbe mai potuta fuggire, una merda che non avrebbe mai potuto dimenticare.

E pensò, pensò sul serio a cosa dire, pensò se fosse il caso di aprirsi, pensò se fosse il caso di aprirsi su qualcosa non aveva mai detto a nessuno e neanche si accorse di aver stretto il bordo del tavolo talmente tanto che le nocche sbiancarono, mentre i ricordi le passavano nella mente quasi fossero un montaggio di quei vecchi proiettori che si usavano negli anni cinquanta.

Pensò troppo, pensò troppo a quella persona che l'aveva usata, ferita, illusa e maltrattata, segnandola a vita.

Strinse ancora di più il tavolo, fissando il vuoto e morendo dentro per l'ennesima volta che la portavano, o lei o il suo subconscio bastardo, a pensare decisamente troppo.

Quando poi una lacrima le cadde sul palmo della mano, si rese conto di star piangendo.

- Annabeth.. – mormorò Luke mentre lei si asciugava velocemente le guance, – mi dispiace, io non pensavo.. –

Ma lei scosse la testa con un sorriso, – va.. va tutto bene, tranquillo – evitò lo sguardo di Percy che non le aveva tolto gli occhi di dosso e per un attimo riuscì a reggere il confronto con gli occhi di Talia, ma solo per un attimo prima di alzarsi e scavalcare la panca all'indietro. Fece il giro del tavolo andando verso la porta e le diede le spalle mentre si voltava verso gli amici indicandosi alle spalle con il pollice, e un sorriso che tentava di mascherare come stava davvero, – Devo studiare – abbozzò una risata, – ho compito di chimica e non sono molto brava –

Balle, pensò Percy, lei era brava in tutto.

- Ci vediamo dopo – salutò e poi corse via dando le spalle ai suoi tre amici che, inermi, non avevano idea di che diavolo avrebbero dovuto o potuto fare.

Talia guardò il suo ragazzo e poi il suo migliore amico, – ma che.. – e quando provò ad alzarsi, Percy era già scattato fuori dalla mensa, un unico pensiero in testa.

Annabeth.

 

Dove diavolo sei? Pensò il ragazzo mentre Annabeth non si trovava da nessuna parte.

Aveva escluso che potesse essere fuori, stava piovendo decisamente troppo e aveva cercato dappertutto, in camera sua, in ogni tipo di laboratorio, in piscina e perfino sul tetto, ma nulla e si bloccò nell'atrio, le mani nei capelli per cercare di trovare una soluzione e pensare lucidamente.

 

Devi ricordarti, Kid, che anche gli avversari più forti di te hanno un punto debole” gli sorrise Jake, inchinato per stare alla sua altezza, il bel volto che venne attraversato da un sorriso mentre puliva l'angolo del labbro inferiore di Percy dal sangue.

Come faccio a vincere?” domandò lui con l'ingenuità di un bambino di appena tredici anni.

Gli occhi di ghiaccio di Jake si illuminarono e poi tornò in piedi senza smettere di sorridere, “prenditi un po' di tempo, studialo, osserva i movimenti, impara la comunicazione non verbale e affidati all'istinto, non fallirai” gli assicurò facendogli l'occhiolino.

Percy annuì fiero e poi il suo stomaco brontolò, costringendolo a portarci una mano sopra.

Jake gli passò un braccio attorno alle spalle, “andiamo Kid, Chris e Josh avranno sicuramente preso qualcosa per pranzo”.

 

Percy strinse i pugni a quei ricordi, ma poi fece esattamente cosa gli aveva detto Jake. Chiuse gli occhi, rilassò i muscoli e pensò a tutto quello che sapeva di Annabeth, dandosi del deficiente da solo appena arrivò alla soluzione subito dopo. Si tirò il cappuccio sui capelli neri anche se era certo che, con quella pioggia, si sarebbe infradiciato in meno di tre secondi netti, e poi uscì dal college, schermandosi il viso con il braccio per vedere oltre la pioggia che cadeva fitta.

Imprecò per un paio di secondi, guardandosi attorno e cercando di scorgere la figura di Annabeth.

- Dove sei? – fece, saltellando per il nervoso e spostandosi i capelli completamente bagnati dalla fronte che gli impedivano la vista già di per sé scarsa.

Stava per entrare in panico quando si ricordò di quello che gli aveva detto Jake e si decise a stringere forte i pugni e pensare con lucidità e obbiettività per un secondo.

Ce l'avrebbe fatta.

Doveva farcela, assolutamente.

Destra.

Sentiva che era lì che doveva andare, dalla parte opposta alla piscina e alla palestra.

Corse veloce, stando attento a non cadere a causa del prato bagnato mentre i vestiti si appesantivano sempre di più e mentre la sua vista peggiorava terribilmente.

Corse ancora lungo quasi tutto il perimetro frontale del college, e quando stava per tornare indietro e cercare Annabeth altrove, sicuro di aver fatto un buco nell'acqua, scorse una figura esile, il golfo bianco, i jeans aderenti e i capelli biondi e bagnati che le aderivano alla schiena mentre camminava, forse lentamente (Percy non poteva stabilirlo da lì lontano), incurante della pioggia.

- Annabeth – mormorò lui mentre l'adrenalina gli scorreva nelle vene, potente e spingendolo a correre sempre e sempre di più.

La chiamò quando le fu a qualche centimetro di distanza e lei si voltò di scatto, sentendolo solo in quel momento a causa del suono fortissimo della pioggia.

Percy la osservò, osservò il suo corpo bagnato e terribilmente infreddolito.

Osservò i suoi occhi grigi e tristi, rossi di pianto anche sé, un osservatore un po' meno attento non avrebbe potuto dirlo.

Osservò le spalle basse e strette.

Osservò le dita rosse per il freddo che si contraevano continuamente in un 'tic' nervoso.

- Annabeth – mormorò piano allargando un po' le braccia, il tanto che bastava perché la ragazza ci si potesse buttare dentro con un singhiozzo.

Percy la strinse a sé, la strinse forte come se ne andasse della sua vita stessa mentre la pioggia non sembrava più un problema, ma anzi, solo compagna di quell'abbraccio che tolse il fiato ad entrambi.

Annabeth strinse la felpa di Percy tra i pugni mentre rabbrividiva e singhiozzava e mentre si faceva sempre più vicina al petto del moro, quasi cercando quella protezione che non aveva mai avuto, quella protezione che non aveva mai sentito, quella casa che desiderava da sempre e che in quel momento, era certa di aver trovato.

Seppellì ancora di più il viso nel petto del ragazzo appena lui le lasciò un bacio tra i capelli e le posò il mento sulla testa, stringendola ancora di più a sé, quasi a volerla proteggere da sé stessa.

- Va tutto bene – le mormorò mentre lei piangeva ancora, certa che mai, in diciannove anni di vita lei avesse ricevuto un abbraccio del genere.

Era uno di quegli abbracci pieni.

Uno di quegli abbracci che ti lasciano il vuoto dentro da colmare il secondo dopo.

Uno di quegli abbracci che nonostante il freddo, ti riscalda dentro.

Uno di quegli abbracci che ti rende più forte, perché, Annabeth in quel momento fu sicura che Percy Jackson la rendesse più forte.

La rendeva più forte con un sorriso.

La rendeva più forte con una battuta stupida che faceva comunque ridere.

La rendeva più forte con i baci sulla guancia e con le risate davanti a una cioccolata.

E infine, la rendeva più forte con quegli abbracci che avresti desiderato non finissero mai e in quel momento, Annabeth fu sicura di esser forte.

Si raggomitolò un po' al petto di Percy, andando contro il suo istinto che, in tutti i modi, le diceva di star lontano da lui, di stargli lontano perché l'amore non esisteva e se esisteva, faceva schifo e non valeva di certo la pena di esser vissuto, ma in quel momento, cercò di non pensarci, si impose di non farlo. Si impose di pensare al calore del corpo bagnato che le trasmetteva Percy.

Si impose di pensare a quanto, tra le sue braccia, si sentisse più forte.

Tu mi rendi forte.

E poi, stettero abbracciati in quel modo per un altro po' di tempo, incuranti della pioggia che sicuramente, li avrebbe tenuti inchiodati al letto per una settimana.

Dio, che situazione di merda.





Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
Allora, sono un sacco felice di pubblicare questo capitolo e, se devo essere sincera, è uno dei miei preferiti. C'è il primo bacio di tutta la storia ed ero gasatissima mentre lo copiavo qua su efp, vi giuro AHHAHA Comunque, oggi sono abbastanza felice. Si, c'è Teen Wolf*-* e ho anche preso nove e mezzo in italiano ma una mia amica è stata lasciata dal ragazzo dopo dieci mesi di relazione e vi giuro, che in cinque anni che la consco, l'ho vista piangere solo due volte, ed è stato straziante.. comunque ahahh passiamo alla storia.
Finalmente, sia Luke che Talia (discussione iniziale a parte) hanno messo da parte quel cavolo di orgoglio e hanno capito e ammesso quanto realmente si vogliono bene, ed era ora!
Per quanto riguarda Percy e Annabeth be', che dire, si scopre un po' di più del passato della nostra bionda ma per ora sono solo ipotesi ahah quando piange non riesce a reggere lo sguardo di Percy e lui, ovviamente, è lì per lei quando sta male, la aiuta e fa l'unica cosa da fare quando una ragazza sta piangendo: la abbraccia. Io ho dato abbracci del genere e sinceramente, credo che non ci sia cosa migliore del seppellire la testa nel petto del ragazzo e lasciarsi stringere.
Se c'è qualche ragazzo che legge questa storia, prenda in considerazione di abbracciare un po' più spesso una ragazza ahahah
Fra poco verremo a conoscienza del passato di Annabeth e seriamente, non vedo l'ora di postare quel capitolo e soprattutto, anche se qui non viene menzionata, anche la festa*-*
Spero come al solito che il capitolo vi sia piaciuto, e soprattutto il bacio, dato che ci tengo molto ahah fatemi sapere che ne pensate, se vi va, anche se fa cagare, sono del parere che le critiche siano costruttive^.^
Prima che me ne dimentichi (stavo pubblicando senza dirlo e poi sono tornata indietro ahahah) il titolo è un verso di "Strong" dei One Direction, riferito a ciò che prova Annabeth quando Percy l'abbraccia.
Ringrazio poi tutti le persone che mettono la storie nelle preferite, seguite e ricordate, chi recensisce e mi fa sorridere tipo così :D ogni volta e chi legge silenziosamente, le visite a capitolo non passano inosservate*-*
Ci vediamo presto, lo prometto:**
Vi adoro,
Love yaa<3
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Capitolo 12
*** 11.I just wanna feel your body right next to mine ***


A PandaSmile che mi ha chiesto di aggiornare oggi, per il suo compleanno,
anche se lo avrei fatto comunque.
Tanti auguri, Panda<3

I just wanna feel your body right next to mine
 

Percy si rotolò nel letto un'altra volta dando le spalle alla finestra dietro di sé e passandosi una mano tra i capelli.

Asciugò le lacrime di Annabeth con i pollici prendendole il viso tra le mani e guardandola negli occhioni grigi, “va tutto bene” mormorò, “sei con me adesso”

Lei attaccò a piangere ancora di più sentendo il bisogno di seppellire il viso nel petto del ragazzo un'altra volta.

Che è successo, Annabeth?” domandò Percy piano mentre le accarezzava i capelli e lei scuoteva la testa.

Che diavolo ti è successo, piccola mia? Pensò lui passandosi una mano tra i capelli mentre la pioggia fuori dalla finestra non era intenzionata a cessare da ben due giorni.

Si chiese come stesse, se avesse la febbre, o semplicemente mal di pancia, o se magari stesse piangendo sul cuscino, in silenzio per non farsi sentire da Talia.

Percy serrò gli occhi nel tentativo di calmare i suoi battiti improvvisamente accelerati e poi si rotolò nel letto con un gran frusciare di coperte, seppellendo la testa nel cuscino e ignorando i mugugni sconosciuti di Grover.

Non si era mai preoccupato così tanto di nessuno, forse nemmeno di Talia e tanto meno per sé stesso. Annabeth a quanto pare lo aveva fregato, e quella constatazione lo costrinse ad alzarsi di scatto dal letto posando i piedi sul pavimento freddo mentre il corpo si ricopriva di brividi.

Fece su e giù davanti al suo letto, le mani sui fianchi e il respiro corto, lasciandosi cullare dal suono della pioggia all'esterno mentre si infilava la prima maglietta che trovava sulla sedia e correva in piscina, certo che solo lì sarebbe riuscito a schiarirsi le idee.

Gli piaceva Annabeth Chase?

Si, o meglio, il suo cuore gli diceva così, la testa avrebbe voluto tutt'altro.

Questa era una buona cosa?

No.

Perché?

L'amore fa schifo.

E prima che lui stesso se ne potesse rendere conto, era già sott'acqua, il corpo che finalmente sembrava essere in contatto con il suo habitat naturale.

 

- Ah ah ah – fece Talia voltandosi di scatto alle sue spalle e puntando un dito verso Annabeth, – dove credi di andare tu? – domandò arrabbiata, esattamente come avrebbe fatto una mamma alla figlia capricciosa.

La bionda si passò la mano tra i capelli e tossì un paio di volte.

Si poteva dire che Annabeth Chase avesse avuto momenti decisamente migliori di quello. Era pallida, la gola le bruciava e aveva i brividi di freddo nonostante il suo pigiama fosse in pile. Appena si muoveva anche solo di un passo o stava semplicemente in piedi la testa le girava.. e nonostante tutto, voleva andare a studiare.

- A lezione – rispose lei ovvia, portandosi un pugno alla bocca e tossendo forte mentre si piegava in due.

Talia la guardò con un sopracciglio alzato e le mani sui fianchi, – Bionda – avanzò un passo verso l'amica e le posò la mano sulla fronte, ritraendola un instante dopo, – cazzo, hai la fronte talmente calda che ci potrebbe cucinare un uovo sopra! Tu non ti muovi assolutamente di qui – disse perentoria prendendola per le spalle e voltandola verso il letto mentre la spingeva a camminare e la bionda tossiva e rideva contemporaneamente.

- Devo andare a lezione! – protestò mentre Talia le scostava le coperte e ce la infilava sotto a forza.

- Zitta – disse fintamente autoritaria mentre le tirava il piumone fin sotto al mento e poi correva in bagno per metterle sul comodino un rotolo di carta igienica e una bottiglia d'acqua presa da sopra la scrivania comune.

Annabeth sorrise mentre si sistemava a letto e Talia finiva di prepararsi allacciandosi gli scarponi.

- Guai a te se ti vedo in giro o facendo i compiti appena torno, chiaro? – minacciò la mora mentre si infilava il telefono nella tasca posteriore dei jeans neri e strappati un po' dappertutto.

Annabeth sbuffò divertita dando le spalle alla finestra solo per osservare Talia che si dava un ultimo sguardo allo specchio, sistemandosi il maglione aderente grigio e la treccia scura che le cadeva morbida sulla spalla sinistra, – va bene, mamma –

La mora le fece una smorfia facendola ridere e tossire seppur senza volerlo, mentre Annabeth si lanciava maledizioni addosso per aver avuto la brillante idea di uscire sotto la pioggia solo perché stava male.

Chiuse gli occhi brucianti per un attimo e li riaprì di scatto quando sentì delle labbra posarsi sulla sua fronte.

Era Talia.

Talia le stava dando un bacio sulla fronte.

Talia.

La ragazza scontrosa di diciannove anni, si era preoccupata per lei e le aveva dato un bacio sulla fronte.

Scosse un attimo la testa mentre la guardava dirigersi verso la porta e lei le sorrise, mettendo una mano sulla maniglia d'ottone, – vengo a vedere come stai dopo pranzo, ciao Bionda – e le mandò un bacio volante chiudendosi la porta alle spalle, in tempo per sentire il:”ciao Talia” da parte di Annabeth.

 

Quando Percy si sedette al solito banco, quello nella terza fila a sinistra, accanto alla finestra e non notò Annabeth, si preoccupò per un istante, ma abbastanza perché potesse pensare a uno svenimento nel corridoio. Poi si disse di calmarsi e di smetterla di comportarsi come un bambino durante la sua prima cotta adolescenziale e le prime ore di lezione passarono abbastanza in fretta, seppur non avere Annabeth al suo fianco e non sapere neanche dove fosse era un bel po' strano.

 

- Come va? – domandò il moro scivolando sulla panca del solito tavolo circolare, senza preoccuparsi di aver interrotto Talia e Luke mentre si stavano baciando e giocando tra loro.

- Alla grande e.. – ma Percy interruppe l'amico prima che potesse finire di formulare la frase, rivolgendo gli occhi verdi verso Talia.

- Cos'ha Annabeth? –

- Amo il modo in cui ti preoccupi per me, dico sul serio – fece Luke prima che il più piccolo gli tirasse la prima patatina che gli capitava a tiro, schivandola per un soffio e mandandolo a quel paese con un sorriso.

Talia rise, portandosi alla bocca un po' di pasta e deglutendo a fatica, – ha la febbre altissima e voleva anche venire a lezione. L'ho praticamente costretta a rimanere a letto, ho la mezza impressione che non ne avesse tutte le intenzioni ma ho vinto io – sorrise trionfante mentre Percy la ringraziava mentalmente per essersi preso cura della sua Annabeth.

Sua?

Il ragazzo scosse la testa, – come sta adesso? – domandò giocando con il cibo che aveva nel piatto, muovendolo con la forchetta.

Talia annuì mentre deglutiva cibo che, se l'avessero visto degli assistenti sanitari si sarebbero senza dubbio suicidati, – sono passata a trovarla prima di venire qui e a quel che ho capito aveva tutta l'intenzione di riguardarsi Teen Wolf in streaming. C'erano talmente fazzolettini sul letto che il lenzuolo quasi non si vedeva –

Luke rise, promettendosi di andare a vedere come stesse il prima possibile, mentre di bisogno di Percy di sapere come stava era quasi fisico, talmente forte che anche stare seduto era quasi una fatica.

- Dopo andrò a trovarla anche io – disse Percy mentre Talia annuiva e poi iniziavano a parlare tutti e tre assieme, grati che non ci fosse più metà squadra di football al tavolo con loro anche se erano già stati invitati alla festa di Capodanno di ben tre confraternite.

Percy si passò una mano tra i capelli mentre il pensiero di cosa avrebbe fatto a Natale sorpassava tutti gli altri. Si impose di scacciare il passato almeno per quel momento e poi rise all'ennesima battuta di Luke, concentrandosi solo sul suo sorriso e sugli occhi finalmente luminosi di Talia.

Forse stava andando tutto per il verso giusto, non sarebbe stato lui a rovinare quello che sarebbe potuto essere un momento perfetto, nonostante non ci fosse Annabeth.

 

Appena le lezioni finirono, Percy si scusò con Luke per l'allenamento che avrebbe saltato mentre lui lo tranquillizzava con un:”tranquillo bastardo, domani ti ammazzo a forza di addominali. Salutami Annabeth!”

E dopo una risata il moro era corso via lungo gli enormi e lussuosi corridoio di Harvard, diretto il più velocemente possibile alla stanza di Annabeth, mentre il bisogno fisico che aveva di vederla diventava sempre più impellente.

Posò una mano sulla maniglia d'ottone, certo che la porta non sarebbe stata chiusa a chiave e infatti, quando si aprì con facilità sorrise entrando nella stanza e chiudendosela alle spalle.

Annabeth mugugnò qualcosa di incomprensibile, solo la nuca di capelli biondi che sbucava da sotto il piumone interamente coperto da fazzolettini bianchi, – Talia, sono anche troppo debole per andare in.. –

- Non sono Talia e non so se offendermi per questo scambio di personalità – si grattò la nuca, fintamente in imbarazzo, – sai, ne va della mia virilità maschile –

E al suono della sua voce, Annabeth alzò la testa di scatto aprendosi in un sorriso stanco, i capelli scompigliati e le occhiaie sotto gli occhi che, allo sguardo di Percy la rendevano comunque la ragazza più bella della terra. – Ehii – sorrise la bionda mentre il ragazzo le andava incontro, felice che, seppur leggermente ammaccata, lei stesse bene, – come mai qui? –

Percy alzò le sopracciglia divertito, – sono io Testa d'Alghe o sei tu? Volevo vedere come stavi –

Annabeth rise, tossendo subito dopo e Percy la guardò corrucciato per un istante mentre lei si apriva in un sorriso e gli dava un debole colpo alla spalla, – andiamo Testa d'Alghe, ho la febbre, non sto morendo – lo sguardo di Percy si incatenò al suono mentre la bionda rideva ancora intrecciando quasi istintivamente le dita alle sue, – sei carino quando sei preoccupato, aggrotti le sopracciglia in modo buffo –

- è strano vederti così piccola – confessò lui pentendosene pochi secondi dopo e riuscendo a nascondere con maestria il rossore alle guance.

Annabeth gli mostrò un sorriso intenerito prima di sbarrare gli occhi grigi un po' stanchi e giurando, che se stava per fare una cosa simile, era solo per il delirio della febbre, – vuoi vedermi ancora più piccola? – domandò allegra mentre Percy annuiva e lei, un secondo dopo, scostava le coperte e batteva la mano un paio di volte sul materasso, – vieni – invitò e il ragazzo, dopo un attimo di tentennamento, si levò velocemente le All Star, poggiandosi alla testiera del letto mentre Annabeth posava la testa sulla spalla, tirandosi le coperte fin sotto al mento.

- Si, sei davvero piccola così – ammise sorridendo facendo ridere la bionda che si sistemò meglio dopo aver preso il computer ed esserlo messo sulle gambe.

- Bene, io opto per un film e anche se non sei d'accordo lo mettiamo lo stesso perché sono la malata della situazione – aprì il portatile chiudendo gli occhi per un paio di secondi, il tempo che le labbra di Percy stettero a contatto con la sua tempia, e poi aprì internet andando sulla pagina di siti in streaming, sorridendo lievemente per il caldo che il computer e il corpo di Percy le stavano lentamente dando.

- Solo a una condizione di impose lui – sostenendo lo sguardo grigio e curioso di Annabeth, – niente film di Nicholas Sparks, vorrei evitare di vomitare –

Annabeth sporse il labbro inferiore in avanti, – neanche “The last song”? –

- No.

- Dear John?

- Fine orribile, scordatelo.

- I passi dell'amore?

- Lei muore!

- Voi ragazzi siete una palla – borbottò la bionda digitando sulla barra di ricerca “Getaway”. Percy sbarrò gli occhi di scatto alla vista della locandina con Selena Gomez e si sfregò le mani sotto la coperta, mentre la pioggia continuava a infuriare fuori dalla finestra.

- Un film con Selena Gomez, perfetto –

- Continui così e giuro che il computer te lo tiro in testa.

 

Annabeth si poggiò meglio alla spalla di Percy mentre il film finiva e Selena Gomez rotolava giù dalla macchina non venendo uccisa per un soffio.

Quell'idiota di Percy era stato a osservarla con un sorriso ebete in faccia da quando era entrata in scena ed era stato un po' snervante nonostante Selena Gomez fosse assolutamente irraggiungibile e fidanzata con Justin Bieber.

La febbre non era scesa ma non era neanche aumentata ed Annabeth si era preoccupata di nascondere il freddo che provava nonostante la vicinanza del corpo caldo del ragazzo per evitare inutili pensieri.

Percy sorrise mentre chiudeva il computer e lo poggiava ai piedi del letto privando per pochi istanti Annabeth del calore del suo corpo e facendola rabbrividire quasi impercettibilmente. Il ragazzo tornò a poggiarsi alla testiera del letto e pregò le farfalle nel suo stomaco di stare calme per altri dieci minuti appena Annabeth tornò ad appoggiargli la testa sulla spalla starnutendo un paio di volte.

- La prossima volta che vai a camminare sotto la pioggia, ti distruggo – minacciò scherzosamente Percy mentre la bionda rideva e si tirava un po' più su le coperte senza riuscire a nascondere l'ennesimo brivido di freddo.

Il moro si voltò di scatto mentre Annabeth gli rivolgeva uno sguardo un po' curioso dalla sua spalla, gli occhi stanchi per la febbre e la fronte che scottava ancora, – che c'è? – domandò lei intuendo già quello che le avrebbe detto il ragazzo.

- Tu hai freddo – disse ovvio senza smettere di guardarla .

Annabeth abbozzò una risata che venne interrotta da un paio di colpi di tosse e seppellì il viso nella spalla di Percy con un mugugno. Lui la osservò per un altro paio di secondi e poi si allontanò un po' da lei, abbastanza per consentirgli di levarsi la felpa blu scuro che portava e porgerla ad Annabeth.

- Tieni – disse tranquillo.

La bionda sbarrò gli occhi e scosse il capo mentre la testa le girava lievemente solo per quel piccolo movimento, – Ma così hai freddo tu! Prendine una delle mie, al massimo – protestò, interrotta di tanto in tanto da dei fastidiosi colpi di tosse.

Percy sorrise scuotendo la testa e gliela infilò lentamente scompigliandole i capelli biondi ancora di più, – questa è calda, le tue no, fidati di me, sto bene –

Non era vero, oh no.

Aveva un freddo cane e l'unica cosa che avrebbe voluto in altre situazioni sarebbe stata riprendersi la felpa, ma in quel momento, la consapevolezza che gli importasse molto di più di Annabeth che di sé stesso, lo spiazzò per un attimo, anche se poi si riprese, sorridendo alla vista della bionda con la felpa che le stava grande il doppio.

Sei bellissima.

E fu l'unica cosa che in quel momento riuscì a pensare mentre Annabeth si accoccolava di nuovo, con la testa sulla sua spalla.

Percy lanciò uno sguardo al comodino della ragazza dove, un orologio digitale con i numeri rossi, segnava che erano le 23:54.

Il moro sbarrò gli occhi e si passò una mano tra i capelli, maledicendo il tempo che, a parer suo era passato fin troppo in fretta. – Devo andare – annunciò, – altrimenti domani chi mi sveglia per andare a lezione? –

E quello che disse Annabeth dopo, fu senza dubbio per i deliri della febbre, obbligatoriamente lei avrebbe dovuto pensare così o, con molta probabilità, sarebbe anche impazzita, – Rimani con me – mormorò facendo girare di scatto Percy verso di lei, a guardarla come se fosse una qualche sorta di aliena. Annabeth si mise a ridere coprendosi il viso con la mano, – dio.. quanto sono stupida.. ok, vai, ci vediamo do.. – ma il ragazzo le prese il viso tra le mani lasciandole un bacio sulla fronte.

- Certo che rimango con te – mormorò guardandola negli occhi, i visi a pochi centimetri di distanza e i battiti dei cuori fin troppo accelerati mentre i due respiri si fondevano tra loro. E poi, Percy si sdraiò spegnendo la luce con un sorriso mentre Annabeth gli dava le spalle e si tirava le coperte fin sopra la testa facendo sorridere il ragazzo, che storse la bocca solo ai colpi di tosse della bionda.

Stettero zitti ad ascoltare il suono della pioggia per un paio di minuti prima che Annabeth potesse rabbrividire percettibilmente e tossire ancora, abbastanza perché fosse costretta a mettersi a pancia in su e posarsi una mano sullo stomaco.

Percy strinse i pugni e sbuffò, voltandosi su un fianco, verso la ragazza, – Vieni qui – disse tranquillo mentre Annabeth girava il collo dalla sua parte e lo guardava, per quanto la luce della luna che filtrava dalla finestra glielo permettesse.

- Cosa? – domandò lei con un fil di voce, lievemente incredula.

Percy abbozzò una risata e sorrise, – vieni qui – ripeté e, seppur dopo un tentennamento, Annabeth strisciò verso di lui poggiando la testa al suo bicipite mentre il braccio sinistro di Percy le avvolgeva i fianchi tirandola a sé e scaldandola più di quando la ragazza avrebbe mai potuto pensare.

Lei raggomitolò i pugni contro il petto del moro mentre i brividi diminuivano e, per una delle poche volte in tutta la sua vita, si sentiva.. protetta, a casa, certa di aver davvero trovato un suo posto nel mondo.

Annabeth Chase sapeva moltissime cose.

Annabeth Chase sapeva assolutamente ogni dettaglio dell'architettura mondiale.

Annabeth Chase sapeva risolvere un'equazione in meno di qualche secondo.

Annabeth Chase imparava a memoria anche la poesia più difficile senza il minimo problema.

Annabeth Chase sapeva davvero tanto, forse troppo, ma se c'era qualcosa che non sapeva, che non sapeva per nulla, era che cosa realmente fosse l'amore. E non necessariamente l'amore tra due fidanzati, l'amore tra due amici, un amore tra un ragazzo e una ragazza nato così, un po' per caso.

Annabeth Chase sapeva davvero tantissime cose, ma non sapeva di certo che un abbraccio aiuta più di qualsiasi parola perché, gli abbracci alla fine, che cosa sono se non mille parole non dette? Fu per quello, che quell'abbraccio quasi la destabilizzò, quasi le portò a chiedersi perché non avesse mai ricevuto abbracci come quelli, come quelli che era in grado di darle Percy senza il minimo sforzo.

E fu con quella consapevolezza, con la consapevolezza che tra le braccia di Percy non le sarebbe potuto succedere nulla che Annabeth Chase si addormentò, certa che non avrebbe e non aveva mai passato una notte migliore.

 

Talia aprì la porta della sua stanza tenendo la mano destra dietro la schiena, le dita intrecciate in modo in po' blando a quelle di Luke. Lasciò che la luce del corridoio filtrasse nella stanza per un secondo, prima che si potesse bloccare di colpo, sorridendo e sbattendosi al petto di Luke, che interruppe l'imprecazione prima di vedere la scena e ammutolire in un sorriso.

Osservarono entrambi Annabeth e Percy addormentati assieme, le lenzuola tirate fin quasi sopra la testa, un braccio di Percy avvolgeva i fianchi della ragazza mentre l'altro era quasi un cuscino improvvisato.

- Andiamo da me – sussurrò Luke indietreggiando e Talia non smise un attimo di sorridere mentre un alone di tranquillità avvolgeva i due ragazzi.

Ti prego, si ritrovò a pensare, ti prego, fa che questi momenti di allegria durino per più di cinque secondi, va bene?



Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
Allora, inizio col scusarmi per aver aggiornato con un giorno di ritardo. Stavo studiando biologia e poi avevo anche i consigli di classe, ho avuto praticamente zero tempo! L'assurdo è stato che poi la mia insegnante manco c'era oggi.-.
Comunque, io vi amo immensamenteOtto recensioni allo scorso capitolo e questo mi fa un piacere assurdo, vi giuro!
Passiamo al capitolo, lo ritengo un capitolo di passaggio dato che il boom si avrà fra pochissimo, due capitoli, honeeeys!<3 In ogni caso, Annabeth è malata per la passeggiata sotto la pioggia di ieri e Percy le lancia frecciatine perché vorrebbe cercare di sapere che le è successo, ma lei è decisa a tenerlo per sé, almeno per ora u.u poooi, Talia si prende cura di lei, e Annabeth non  c'è molto abituata, nel prossimo capitolo verrà accennato il perché, don't worry. E infine, loro due dormono assieme! Percy e Annabeth, yeeee! Ho amato scrivere quella parte, in un certo senso, i muri che si sono costruiti entrambi stanno crollando e questo è solo positivo ahahha
Il titolo è un verso di "Slow Down", di Selena Gomez, e si riferisce ovviamente ad Annabeth che chiede a Percy di stare con lei^.^
Faccio ancora gli auguri a PandaSmile e spero che il capitolo vi sia piaciuto, lasciatemi un parere, se vi va<3
Ringrazio tutte le persone che hanno messo la storia tra le preferite, seguite e ricordate, chi recensisce (love you!) e chi si limita a leggere silenziosamente, le visualizzazioni a capitolo non passano inosservate, almeno, non alla sottoscritta.
Ci vediamo presto, lo prometto:**
Love yaa<3
x

P.s. mi sembra giusto informarvi che Teen Wolf, con la puntata di martedì, ha distrutto i miei feelings
#oneherohasfallen
*autrice disperata*
No ok ahahah vi adoro, sul serio<3

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Capitolo 13
*** 12.It's amazing what you can hide just by putting on a smile ***


It's amazing what you can hide just by putting on a smile
 

Quando il fastidioso rumore della sveglia di Annabeth fece aprire gli occhi di Percy, lui si affrettò a spegnerla allungando un braccio oltre la ragazza per evitare che si svegliasse. Lei mugolò e basta e il moro sorrise, contento che stesse ancora dormendo e che quell'aggeggio infernale non l'avesse fatta svegliare.

Si tirò la coperta oltre la spalla e si prese qualche secondo per guardare la scena in cui si trovava. Era in camera di Annabeth. Erano solo le sei. Lei aveva la testa poggiata al suo petto, le braccia fredde -nonostante il piumone e il corpo caldo di Percy- raggomitolate contro il ragazzo. Il moro sorrise, avvicinandosi un po' di più a lei e abbracciandole i fianchi magri e scossi dai brividi di freddo, con un braccio.

Possibile che Annabeth fosse bellissima anche con la febbre, i capelli arruffati e le occhiaie?

Percy sorrise ancora e le baciò la fronte calda per un paio di secondi tornando poi a stringerla e a desiderare di rimanere così, in quella posizione per sempre.

In un momento di lucidità si chiese dove fosse Talia ma probabilmente, pensò, come li aveva visti assieme era andata in camera di Luke sfrattando il malcapitato giocatore di football. Immancabilmnete, i suoi occhi tornarono a guardare il volto di Annabeth e lui si chiese per l'ennesima volta, come facesse ad essere bella anche con le occhiaie, il viso pallido e i capelli scompigliati.

Quasi come se fosse stato mosso per istinto, baciò nuovamente la fronte di Annabeth, piano e trattenendo le labbra sulla sua pelle per un paio di secondi, rendendosi realmente conto di quanto la bionda fosse in realtà piccola e bisognosa di aiuto. Bisognosa disperatamente di un aiuto che gli aveva chiesto troppe volte senza parlare, e lui un po' si odiava per aver capito tutto solo dopo averla vista piangere e non aver colto i segnali da prima. Staccò le labbra dalla fronte della ragazza e sorrise intenerito mentre la guardava e si sistemava un po' meglio sul cuscino, quasi incapace di alzarsi.

Pochi minuti dopo, Annabeth mugolò qualcosa e si mosse impercettibilmente, portando i pugni al viso e sfregandosi gli occhi per scacciare il sonno. Percy sorrise ancora, rendondosi conto maggiormente quanto Annabeth fosse piccola e quanto lui fosse quasi in dovere di proteggerla da una realtà che le aveva già fatto troppo male.

- ehi – sorrise lui mettendosi un po' meglio per guardarla mntre lei alzava lo sguardo incatenando i suoi occhi grigi in quelli verdi del ragazzo.

- Buongiorno – gracchiò con un sorriso e voltandosi verso la porta mentre il corpo veniva scosso da due colpi di tosse che le graffiarono la gola e la portarono a tremare ancora nonostante avesse due felpe addosso di cui una era di Percy.

- Tu hai bisogno di un antibiotico – disse il moro perentorio e guardando l'amica con severità mentre lei abbozzava una risata e si stringeva di più a lui, cercando di combattere il freddo che aveva nelle ossa, – vado a pren..

- rimani con me – sussurrò Annabeth esattamente come la sera prima, senza quasi avere il coraggio di guardare in faccia quel ragazzo che, forse inconsapevolmente, si stava innamorando di quella bionda con un passato che avrebbe voluto scoprire ad ogni costo.

- Certo che rimango con te – sorrise Percy avvolgendola ancora di più e avvicinandola al suo petto nudo e allenato pensando che non ci fosse risveglio più bello di uno del genere.

Annabeth alzò di scatto la testa facendo incatenare nuovamente i loro sguardi.

- Hai la faccia di una che sta per dire qualcosa – esordì Percy facendola ridacchiare e poi tossire.

Lei mugolò qualcosa in protesta tirandogli un colpo al petto che non gli fece assolutamente male, – poi però, dopo devi andare a lezione e non voglio sentire ragioni, chiaro? – disse autoritaria mentre Percy combatteva contro sé stesso per non poggiare le labbra sulle sue, per non assaporare quelle labbra carnose e che era certo, a contatto con le sue sarebbero state morbidissime.

- Percy – lo chiamò la ragazza sorridendo e facendolo svegliare dal suo trance, – tutto bene? – domandò tossendo ancora e portando un pugno davanti alla bocca.

Il moro la guardò con occhio un po' critico seppur divertito e le sistemò una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio, – sono io che dovrei chiederlo a te.

- Ma se ti eri incantato!

- Questi sono dettagli, Sapientona, evita di rompere.

- Io non rompo mai – protestò lei assumendo l'espressione offesa e corruciata più tenera che Percy avesse mai visto in diciannove anni di vita, e anche in quel momento si dovette trattenere dal non pronunciare un “sei bellissima” che era certo avrebbe imbarazzato entrambi.

 

Talia scivolò sulla panca difronte a quella di Percy, ignorando un bel po' di occhiate da parte della mensa nel vedere il suo trionfale ingresso per mano con Luke.

- ehi Casanova – salutò il biondo lasciando la mano della sua ragazza solo per iniziare a mangiare.

- Ciao – salutò Percy con un sorriso e appuntandosi mentalmente di andare a comprare qualcosa di commestibile appena fosse stato possibile, magari quel pomeriggio.

Potrei fare una sorpresa ad Annabeth..

E poi si diede dell'idiota da solo per quei pensieri che erano degni di un ragazzino di dodici anni con gli ormoni a mille.

- Allora – cominciò Talia puntando i gomiti sul tavolo e poggiando il mento sulle sue mani giunte, fissando gli occhi blu elettrico in quelli verde mare del migliore amico.

Percy alzò lo sguardo su di lei solo in quel momento, quasi sull'attenti e spaventato per quello che la mora avrebbe potuto dirgli o semplicemente pensare.

- Che cosa vuoi, Faccia di Pigna? –

- Quando ti deciderai a metterti con Annabeth, Cavalluccio Marino? – chiese retorica Talia.

Percy sbuffò mentre si portava alla bocca una patatina e la masticava palesemente scocciato, – quale parte del “non ho voglia di innamorarmi e/o avere storie serie” non è chiara a nessuno di voi due? – domandò facendo scorrere il dito tra i due amici e inghiottendo la patatina a straforo.

- La parte del non – risposero all'unisono Luke e Talia ridendo e battendosi il cinque pochi secondi dopo.

Percy scosse la testa. Adorava quei due ragazzi ma sembrava che la sua vita fosse perennemente coinvolta in una telenovela degna di “Beautiful”. Tutti che gli dicevano cosa avrebbe dovuto fare o semplicemente si mettevano in mezzo alla sua vita come se fosse la loro. Amava avere degli amici come Luke e Talia al suo fianco, ma sentirsi costantemente dire che sarebbe dovuto stare con Annabeth era snervante.

Certo, Annabeth gli piaceva da morire, tantissimo, ma lei non voleva avere storie per un motivo che avrebbe scoperto solo quando lei sarebbe stata pronta a raccontarlo, e lui non voleva avere una relazione. Quando ti scotti una volta hai paura di bruciarti e fino a quel momento, l'essere solo amico di Annabeth era stato perfetto per il moro.

- Andiamo Percy! – protestò Talia puntandogli uan patatina contro a mo' di arma, – la scena che ho visto ieri sera è stata una delle scene più belle alle quali abbia mai assistito..

- Avevi un padre bastardo e sei vissuta nel Bronx.

- Vaffanculo. Comunque, eravate abbracciati e sembravate una vera e propria coppia, neanche io e Luke dormiamo così, e una coppia la siamo sul serio! – esclamò la mora con gli occhi sbarrati mentre il biondo continuava a mangiare, quasi indifferente al discorso anche se non si stava perdendo neanche una parola.

Percy puntò lo sguardo in quello elettrico dell'amica, – state insieme da quanto, due giorni?

- Ma che cosa c'entra! Tu e Annabeth siete perfetti per stare assieme.

Percy chiuse gli occhi chiedendo un muto aiuto a Luke che gli sorrise e annuì imprecettibilmente per non farsi vedere da Talia. Non aveva voglia di sentire i soliti discorsi, voleva andare a vedere come stesse Annabeth e parlare con Talia di qualcosa che non comprendesse il “ehi, bello dovresti metterti con la bionda!”.

- Questo non lo so, ma per ora mi va bene così e basta. Riuscirai ad accettarlo? – scherzò il moro mentre Talia gli tirava una patatina e lo beccava sul naso.

I tre ragazzi chiacchierarono un po' tra loro prima che potessero venir interrotti da una cheerleader che aveva la gonna talmente corta da sembrare una cintura. Talia la fulminò con lo sguardo senza troppi problemi facendo vacillare quel sorriso smagliante per qualche attimo.

- Ciao ragazzi – trillò la ragazza tirandosi quasi per istinto la base della coda castana bloccata da un fiocco abbinato alla divisa.

Talia continuò a guardarla con un sopracciglio inarcato mentre Percy le rifilava un calcio da sotto al tavolo e veniva mandato a quel paese pochi secondi dopo.

- Tu saresti..? – domandò Talia fintamente cortese mentre Luke si passava una mano tra i capeli biondi, scuotendo la testa con un sorriso.

La cheerleader la guardò, gli occhi azzurri luminosi quasi quanto quelli di Luke, – io sono Kayla – e allungò una mano ritirandola subito dopo alla vista dello sguardo per niente amichevole di Talia.

Se c'era una categoria di persone che odiava, quelle erano le cheerleader.

- Come mai sei qui? – domandò Luke cortese mentre la ragazza scivolava nella panca accanto a quella di Percy ignorando la fulminata di Talia.

Il sorriso di Kayla si allargò ancora di più mentre si stringeva ancora una volta la base della coda e per un attimo, Talia sperò e credette che le si strappassero i capelli, – verrete alla mia festa di novembre? –

Luke sbarrò gli occhi sorridendo, – è la tua festa, quindi? –

Kayla annuì un paio di volte sporgendo il labbro inferiore in un'espressione dispiaciuta, – ve ne avevano già parlato? Avrei voluto essere la prima – disse dispiaciuta mentre Talia alzava gli occhi al cielo e borbottava qualcosa a proposito delle galline.

- Seth è il mio compagno di stanza, è stato lui a dirmelo – disse Luke portandosi la bottiglietta d'acqua alle labbra e bevendo un paio di sorsi. La cheerleader annuì un paio di volte sorridendo subito dopo.

- Grande! La festa sarà il secondo venerdì del mese e voglio che voi ci siate! – trillò entusiasta battendo le mani un paio di volte.

Talia si passò le mani tra i capelli neri e occasionalmente sciolti di quella mattina, chiedendosi se le cheerleader le prendessero per il quozionte intellettivo inferiore a quello di una nocciolina.

Kayla si guardò intorno corrugando la fronte chiara e volgendo lo sguardo su Percy, – dov'è la tua ragazza? – domandò innocente mentre il moro sbarrava gli occhi verdi e per poco non sputava l'acqua che stava bevendo sul vassoio blu.

- Annabeth? – chiese con voce strozzata mentre rifilava un secondo calcio a Talia che stava per aprire la bocca a sproposito.

- Giuro che quella gamba te la taglio – tuonò stringendosi il ginocchio destro al petto e passandosi una mano all'altezza del polpaccio.

- Si, lei – sorrise Kayla mentre Percy scuoteva la testa e Luke baciava Talia su una tempia senza apparente motivo, facendola sorridere.

- Non stiamo assieme – disse il moro abbasando lo sguardo sul piatto in plastica che aveva davanti e giocando con una patatina.

Kayla mugolò qualcosa in dissenso, – sareste così carini assieme.. comunque – trillò riaprendosi in un sorriso mentre Talia sobbalzava dalla panca per lo spavento, – voglio che ci sia anche lei! Ci sono un paio di ragazzi del football che le hanno messo gli occhi addosso e.. – si sporse un po' verso Percy parlando però a voce abbastanza alta perché anche Talia e Luke potessero sentirla, – ovviamente non può mancare, oltre al fatto che ha dei capelli stupendi e vorrei proprio sapere che cosa usa per averli così perfetti – confessò con un'espressione quasi dispiaciuta non notando gli occhi al cielo di Talia e Luke che rideva per i gesti della sua ragazza.

La mezzora a disposizione per il pranzo terminò in quel momento e Kayla fece un cenno a un paio di energumeni del football e tre cheerleader di aspettarla, – ci si vede in giro, ragazzi – salutò dando un bacio sulla guancia a tutti come se fossero amici da una vita, – a si, Talia i ragazzi volevano anche te, ma poi hanno visto come picchia Luke e hanno cambiato idea – ridacchiò camminando all'indietro verso la porta e agitando la mano, – ciao ciao.

I due fidanzati risero apertamente, troppo impegnati per notare i pugni serrati di Percy, talmente tanto che le nocche erano sbiancate e le mani quasi tremavano per la voglia che avevano di prendere a colpi qualcosa.

 

- Percy calmati! – esclamò Luke tenendo il sacco da dietro mentre il moro, gli occhi assottigliati e le mani chiuse, dava pugni al sacco senza pietà controllando il respiro e caricando tutta la gelosia accumulata in quei colpi.

- Percy – chiamò ancora Luke anche se il diretto interessato non lo sentì davvero, troppo impegnato a scaricare la rabbia, talmente tanto che non si stava neanche proccupando delle nocche che si sarebbero presto spaccate a causa dell'assenza di guantoni.

- Adesso basta sul serio – disse Luke indietreggiando di un paio di passi e colpendo il sacco con un pugno, forte abbastanza da cogliere Percy di sorpresa e beccandolo in pieno viso. Quando il moro si riprese spostò il sacco con la mano e avanzò di due passi puntando gli occhi verdi in quelli azzurri dell'amico. Strinse i pugni lungo i fianchi mentre respirava forte nel tentativo di calmarsi. – che diavolo fai? – domandò fintamente controllato mentre Luke lo squadrava attento, preparandosi a ogni possibile mossa e ignorando gli sguardi degli altri ragazzi, puntati su loro due.

- Devi darti una calmata, Percy – rispose Luke tranquillo continuando a fissare il ragazzo, – devi darti una calmata e cercare di rilassarti. Non ho intenzione di comprare un altro sacco solo perché sei nervoso – avanzò di un passo verso Percy, i visi che distavano forse un centimetro mentre loro due si guardavano con odio e rabbia, – sono stato chiaro?

Percy abbozzò una risata di scherno e camminò all'indietro con le braccia aperte, – come vuoi – e poi girò per andare verso la porta antipanico e uscire dalla palestra. Aveva bisogno solo di una cosa e non era né il sacco né Luke.

Talia gettò la testa all'indietro scambiandosi uno sguardo con il suo ragazzo prima di voltarsi di scatto verso la ragazza di forse due anni più grande di lei e mollarle un pugno talmente forte che le fece scattare la mascella verso sinistra.

 

Annabeth chiuse lo schermo del computer dopo aver guardato l'ultima puntata di Teen Wolf e per un attimo, si chiese per quale motivo avessero introdotto quella Kira come nuovo personaggio.

Il suo corpo esile venne scosso da due colpi di tosse e si affrettò a infilarsi sotto le coperte e tirarsele fin sotto al mento.

Guardò la porta bianca, sperando che da un momento all'altro entrasse qualcuno perché, sul serio, non ce la faceva più a stare da sola.

Stare da sola voleva dire pensare.

Pensare voleva dire passato.

Passato voleva dire stare male e lei non voleva stare male ancora.

Chiuse gli occhi ascoltando il suono della pioggia, forte contro il vetro spesso della finestra e pensò a quanto fosse bello -quando ancora viveva sola con suo padre- sedersi davanti al camino del salotto, una coperta e una tazza di cioccolata calda tra le mani, un libro sulle cosce, pronto ad esser letto, divorato dai suoi occhi grigi e famelici, mentre il suo corpo si preparava ad esser sommerso da quelle parole che l'avrebbero portata via dalla realtà.

Quasi non si accorse di star piangendo finché una lacrima non le raggiunse le labbra e lei si affrettò ad asciugarsi le guance appena la porta della sua stanza si spalancò di colpo facendo entrare una Talia, stretta in un golfo nero e dei jeans aderenti e dello stesso colore.

- Ehi Bionda – salutò la mora allegra mentre Annabeth si sedeva sul letto e tirava su col naso, tossendo subito dopo. Talia la guardò con occhio un po' critico e scostò le coperte del letto dell'amica per sdraiarsi accanto a lei, scalciando con un po' di fatica gli scarponi neri. – Quando me ne parlerai? – domandò la mora, alludendo agli occhi un po' lucidi che Annabeth non era logicamente riuscita a nascondere, alludendo a quel pianto che non era riuscita a frenare, alludendo a quel sorriso sempre un po' triste e alludendo a quei bracciali che le coprivano il polso destro.

- Non adesso – mormorò Annabeth poggiando la testa sulla spalla dell'amica, che aveva già afferrato il computer pronta a vedere uno di quei film horror che la bionda odiava ma che, senza dubbio per non si sa quale motivo, l'avrebbero fatta sorridere.

 

- Ma buonasera, Principesse! – esclamò Luke entrando nella stanza di Annabeth e Talia reggendo non si sa quante buste bianche e seguito da Percy che sorrise e si chiuse la porta alle spalle con un piede per le mani impegnate.

Talia fece per mugolare qualcosa ma al profumo del cibo sbarrò gli occhioni blu elettrico e scattò a sedere, disturbando Annabeth esattamente accanto a lei.

- Ma io stavo dormendo.. – protestò, i capelli scompaigliati che le ricadevano sul viso mentre si teneva sui gomiti per guardare assonnata i due bellissimi ragazzi che erano appena entrati.

- Cibo cinese – rivelò Percy agitando le buste che aveva in mano, – non puoi voler dormire – e sorrise mentre gli occhi di Annabeth si illuminavano e, quasi spinta da una nuova forza, si sedette accanto a Talia che si stava già per alzare ad andare a sedersi accanto a Luke.

- ok.. come potete dormire alle sette e mezzo di sera? – domandò il biondo sdraiandosi sul letto della sua ragazza e attirandola a sé, facendole passare un braccio attorno alle spalle.

- È lei che mi ha contagiato il sonno – si difese Talia sbadigliando e accoccolandosi al petto di Luke che le lasciò un bacio sulla fronte facendola impercettibilmente sorridere.

Annabeth mugugnò qualcosa contro la spalla di Percy che si era appena steso accanto a lei, levandosi le scarpe e tirandosi le coperte sul petto per scaldare anche Annabeth, – sono io la malata qui, tu avresti dovuto farmi da infermiera – scherzò anche se l'espressione era abbastanza seria da risultare quasi credibile.

Luke batté le mani interrompendo la possibile risposta indignata di Talia e afferrò le due confezioni di cibo che aveva abbandonato sul comodino, – mangiare! – esclamò aprendo le buste al trillo di Talia che, lo poteva affermare in tutte le lingue del mondo, stava morendo di fame.

Fu una delle cene più divertenti che Annabeth avesse mai passato da malata. I ragazzi non stettero un attimo zitti e anche se aveva la mezza impressione che l'avessero fatto solo per farla ridere, questo le scaldò il cuore di un calore che a lei, prima di allora, era praticamente sconosciuto.

Lei non si meritava tutto questo.

Lei non si meritava degli amici come loro, sempre pronti a sostenerla, sempre pronti a metterla davanti ai loro bisogni solo per renderla felice.

Lei non si meritava tutta quella felicità, tutta quella gioia perché era così che doveva essere. Perché lei non doveva avere tutto quello, perché era sbagliato, perché, anche se lo avrebbe voluto, non era neanche la metà speciale di quanto lo erano loro.

Saper fare a pugni come un ragazzo o riuscire a nascondere tutti i suoi conflitti interni anche durante quella cena, non voleva dire essere speciali, voleva dire salvaguardare sé stessa. Voleva dire solo essere forte o perlomeno, far finta di esserlo.

Addentò l'ultimo pezzo di involtino primavera, ridendo per la battuta che aveva appena fatto Luke e che aveva addirittura fatto piangere Talia dalle risate.

Percy le lanciò un'occhiata di sottecchi prendendo poi il contenitore con il gelato e afferrandone un pezzo con la forchetta.

- non vuoi fare l'aeroplanino, vero? – domandò Annabeth leggermente intimorita.

- È esattamente quello che voglio fare – annuì Percy.

Talia esclamò qualcosa a bocca chiusa e si lanciò in avanti afferrando il telefono nero e tenuto malissimo, – questa la voglio filmare – disse puntando la telecamera contro i due ragazzi.

- Sei davvero una stronza – berciò Annabeth, voltandosi verso la finestra per tossire, portandosi il pugno chiuso davanti alla bocca.

- Se non lo faccio io, chi? – domandò retorica la mora facendo partire il video con un tenero “bip”.

Percy iniziò a fare qualche verso che doveva assomigliare a quello di un aereo e Annabeth nascose le risate mentre né Luke né Talia si trattenevano dal dirgli quanto fosero ridicoli.

- Dai piccola Annie – esclamò Percy con voce intenerita, la forchetta che teneva in equilibrio precario il gelato.

 

“ Dai piccola Annie” esclamò l'uomo e la bambina batté le mani un paio di volte mentre apriva la bocca, proporzionata per una bambina di sei anni e poi la richiudeva sui denti della forchetta, buttando giù la carne che il padre le aveva appena dato.

Brava la mia piccola!” fece felice scoccandole un bacio sulla guancia mentre lei rideva ancora.

 

Fai qualcosa, Annabeth!” urlò l'uomo, gli occhi un po' spiritati e leggermente fuori dalle orbite.

La bambina si strinse sulla poltrona mentre dalla cucina una donna gridava e dei bambini piangevano.

Il signor Chase ruggì qualcosa agitando le braccia e andando in cucina dalla nuova moglie.

Possibile che quella stupida di tua figlia non faccia mai nulla?” la sentì Annabeth gridare.

Trattene le lacrime che però pochi secondi dopo fu impossibile nascondere, “non ci posso fare nulla. Vorrei non averla mai avuta quella stupida”

 

A quanto pare sei scappata di casa a sette anni” l'uomo ghignò, “e come mai poi sei tornata?”

La dodicenne lo guardò con un misto di strafottenza e timore negli occhi grigi, “mi hanno ritrovata. Io non volevo tornare”.

L'uomo ghignò ancora, “tu non ti meriti un padre come lui”

Annabeth trasalì indietreggiando verso il divano e lui ghignò ancora, “semplicemente perché è stato abbastanza idiota da lasciarti sola a casa. Ma io sono il suo capo, si fida”.

La bionda sbarrò gli occhi e si scontrò con la spalliera del divano, il corpo che un po' tremava anche se, nel corso degli anni e negli orfanotrofi, aveva imparato a nasconderlo. Fletté le dita della mano destra, cercando di recuperare la sensibilità al polso che mr. Morrison le stava stringendo davvero troppo.

 

- eeeeh atterraggio! – esclamò Percy infilando delicatamente la forchetta nella bocca di Annabeth che sorrise mentre il freddo e il gusto del gelato le deliziava il palato.

Talia e Luke risero sguaitamente mentre il moro si univa a loro ed Annabeth deglutiva prima di venir contagiata.

- Direttamente su facebook! – trillò Talia mentre Luke la incitava a fare più veloce e Percy la insultava.

Annabeth rise divertita sbattendo gli occhioni grigi.

Era fantastico cosa poteva nascondere con un sorriso.



Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
Allora, inzio col dire che vi amo talmente tanto da star male! Dieci recensioni allo scorso capitolo, DIECI, e per me è un traguardo assurdo, ve lo giuro.
Non posso trattenermi molto, anche se vorrei, dato che devo finire latino e studiare storia e inoltre, ritargliarmi un po' di tempo per vedere Teen Wolf dato che oggi esce l'ultima puntata della 3B #noooo. Spero di non piangere come la settimana scorsa, anche perché credo di aver finito tutte le mie lacrime tra Teen Wolf e Allegiant, esiste un girone dell'inferno anche per quelle scrittrici bastarde come Veronica Roth.
Comunque, passiamo al capitolo ahahah se devo essere sincera, non mi piace per nulla, lo trovo anche noioso a livelli estremi, nonostante ci sia un Percy geloso come non mai e una parte del passato di Annabeth. Spero riusciate ad aspettare al prossimo capitolo, dato che la nostra bionda dirà che le è successo, anche se qui, si può intuire molto ahahhaha non sottovalutate il fatto che Annabeth creda di non meritarsi nulla dato che, nel corso della storia, questa convinzione la tormenterà di brutto.
In conclusion, spero tanto che questo capitolo vi sia piaciuto e che non abbia fatto totamente schifo, almeno, ahahah lasciatemi un parere se vi va e ringrazio tutte le recensioni dell'ultimo capitolo, siete dolcissime, beibes*-* Ringrazio anche tutte le persone che hanno messo la storia nelle preferite, seguite e ricordate e le lettrici silenziose, le visite al capitolo non passano inosservate, lo sapete, no?
Ci vediamo presto, lo prometto:**
Vi adoro,
Love yaaa<3
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Capitolo 14
*** 13.This is a story that I have never told ***


This is a story that I have never told
 

Erano ormai tre giorni che Annabeth era bloccata a letto con la febbre e per lei, che non stava mai un attimo ferma, stare sdraiata senza poter fare di nulla di diverso dall'andare in bagno era davvero frustrante.

- Ci vediamo dopo l'ora di pranzo, ciao Annie bella – salutò Talia chinandosi su di lei per darle un bacio sulla fronte, sempre splendida nei suoi pantaloni a vita alta scuri, le magliette corte aderenti e la treccia su una spalla.

Annabeth chiuse gli occhi a quel contatto così dolce e non si preoccupò di trattere una smorfia nel sentire quel nome, anche se era divertita.

- Sembra il nome di una bambina – protestò quando ormai Talia aveva la mano sulla maniglia d'ottone della porta. Si voltò a guardarla.

- Tu sei una bambina –

Annabeth inarcò le sopracciglia in una pura espressione scettica, – ma se sono più grande di te di due mesi!

Talia scacciò la questione con un gesto della mano aprendo la porta e facendo entrare, almeno un po', l'aria esterna e i rumori tipici di un college che ad Annabeth mancavano tanto, nella loro stanza, – assolutamente dettagli. Buona giornata, Bionda – le lanciò un bacio volante e poi sparì senza sentire il borbottio:”sarà entusiasmante come al solito” di Annabeth.

 

Percy si passò una mano nei capelli scuri cercando di capirci qualcosa di quella lezione di legge ma alla fine, senza Annabeth, tutte le lezioni sembravano più noiose del solito, il che era tutto dire.

Non vedeva l'ora che finisse e tolse il telefono dalla tasca dei jeans per guardare l'ora.

Fra poco sarebbe stata ora di pranzo e sorrise a quel pensiero dato che, il tempo di stare con Annabeth si stava avvicinando sempre di più.

Era andato ad Harvard con l'idea di non innamorarsi, ma poi aveva incontrato due paia di occhi grigi e tutti i suoi progetti erano andati a farsi fottere. Non poteva già dirsi innamorato di Annabeth, ma gli stava piacendo, decisamente più del dovuto.

 

- Ma ciao, Bionda! – trillò Talia entrando nella loro stanza e chiudendosi la porta alle spalle, il sorriso raggiante e i libri stretti al petto.

Annabeth distolse lo sguardo dalla tempesta che infuriava ormai da tre giorni fuori dalla finestra e sorrise alla sua amica prima di ricominciare a tossire forte. Si portò un pugno alla bocca e Talia rise davanti all'espressione scocciata della ragazza prima di posare i libri sulla scrivania e andare a sdraiarsi sul letto accanto a lei.

- Che hai fatto oggi? – domandò mordendosi il labbro nella speranza di non ridere.

Annabeth la guardò in una chiara espressione da “la devi seriamente smettere di prendermi per il culo” e Talia scoppiò in una risata buttando la testa all'indietro e battendo le mani un paio di volte.

- Lo sai di non essere divertente? – domandò retorica mentre l'amica continuava a ridere senza riuscire a smettere.

- Si che lo sono, Hermione Granger – la canzonò ed Annabeth sorrise a quel soprannome perché se c'era un personaggio fantasy che stimava era proprio lei.

- Com'è andata oggi? – domandò poi la bionda, tornando ad essere la ragazza diligente di sempre.

Talia sbuffò allungandosi sul comodino per prendere la barretta di cioccolato che Luke le aveva comprato il giorno prima dopo un bel po' di proteste, suppliche e baci. La porse ad Annabeth che negò con la testa aspettando la sua risposta che non tardò ad arrivare.

- Bene, ma quella stronza della Morrison ci ha messo un test a sorpresa di legge e la Nicolson ha fatto lo stesso per italiano.

Annabeth rise tossendo un po', – quante maledizioni hai lanciato ad entrambe?

Talia alzò le sopracciglia divertita voltandosi a guardarla e portandosi un po' di cioccolato alle labbra, – ho perso il conto.

Annabeth rise tranquilla e giocò distrattamente con i bracciali che aveva al polso sinistro, come sempre quando le capitava di annoiarsi o semplicemente di non sapere che cosa dire. Teneva lo sguardo perso nel vuoto, stampata nella mente l'immagine di due occhi verdi che, ne era certa, non si meritava assolutamente, e fu Talia a farla uscire da quel trans osservando le dita sottili e affusolate che giocavano con quei pezzi di tessuto.

- Me ne vuoi parlare? – il tono completamente diverso da quello giocoso e strafottente di sempre. Era un tono serio, un tono di chi sa fin troppo, un tono di chi è disposto a capire ed ascoltare perché, lo sa, è la cosa giusta da fare.

Annabeth chiuse gli occhi, pensando troppo o forse non abbastanza. Non sapeva se fidarsi, non sapeva se dirlo a qualcuno sarebbe stata la cosa giusta, ma ne aveva bisogno. Lei aveva bisogno di raccontare la sua storia a qualcuno per la prima volta. Lei aveva bisogno di esternare quello che provava perché erano sette anni che si teneva tutto dentro, che tentava di salvarsi da sola riportando davvero troppe ferite.

Prese un altro respiro come se potesse aiutarla a far uscire la voce e serrò gli occhi, incapace di incrociare lo sguardo blu di Talia per non sapeva neanche lei quale motivo.

- Lo sai con chi ho perso la verginità? – domandò con un mezzo sorriso sarcastico sul volto, continuando a giocare con i braccialetti del polso sinistro.

Talia agrottò le sopracciglia continuando a masticare il cioccolato che si era portata alla bocca, quella storia l'aveva sentita davvero troppe volte, – l'hai persa a quattordici anni con il solito coglione che alla fine ti ha spezzato il cuore – disse, certa di averci azzeccato in pieno ma ricredendosi davanti al sorriso sarcastico di Annabeth e la sua testa che si muoveva in segno di diniego.

- Io avevo dodici anni.

- La mia puttanella – sospirò Talia con un sorriso portandosi un altro pezzo di cioccolata alla labbra.

- Lui si chiamava Robb ed era il capo di mio padre.

A Talia passò la fame.

 

Non voleva più che continuasse.

Non voleva più che continuasse a parlare di quei ricordi che le facevano ancora male.

Non voleva più che continuasse a trattenere le lacrime perché per lei era un vero strazio.

Non voleva più che continuasse a dirle il modo in cui quell'idiota l'avesse obbligata, dicendole che era la cosa giusta, dicendole che ormai era abbastanza grande.

Non voleva più che continuasse a raccontarle cosa le diceva mentre entrava in lei con prepotenza, una prepotenza che non poteva di certo esser utilizzata con una bambina di dodici anni perché Annabeth altro non era che una bambina.

Non voleva più che continuasse a ripeterle esattamente ciò che lui le aveva detto, quelle parole troppo crude e che nessuno si sarebbe mai meritato perché, andiamo, nessuno può meritarsi un “non ti meriti niente di quello che sto facendo, lo faccio comunque perché per te, un briciolo di pietà lo ho”, “non meriti niente di tutto questo, meriti il male che stai provando ora, meriti di capire a cosa non servi”.

Non voleva più che continuasse a raccontarle cosa aveva provato, le lacrime bastarde che ormai le rigavano le guance senza sosta.

Non voleva più perché la sua Annabeth, la ragazza bionda che sapeva tutto, la ragazza un po' so tutto io, la ragazza con il sorriso sulle labbra, non avrebbe mai dovuto vivere tutto quel dolore. Lei si meritava una vita perfetta, una vita ricca d'amore che le era stato privato da troppo presto, un amore che lei aveva solo sognato e mai conosciuto. Un amore che era certa di non meritare perché le parole di Robb si erano radicate troppo in lei perché potesse dimenticare davvero.

- Ho provato a dirlo a mio padre, ma non mi ha mai creduto. Vedeva i lividi e dava la colpa al mio essere scalmanata anche se non avevo neanche più il coraggio di uscire di casa – Annabeth tirò su col naso e tornò a fissare gli occhi in quelli blu spalancati e scioccati di Talia, – alla fine, sono scappata di nuovo, ma quella volta, sono stata più brava. Ho preso il primo autobus e sono andata in un orfanotrofio nel Connecticut – rise, – lontano da San Francisco, no? Sono andata lì e la mia vita non ha mai più avuto sede fissa finché non sono andata a Pittsburg, Cleveland, Detroit – elencò, – sono stata espulsa da tutte le scuole ma era quello che volevo. Volevo depistare le ricerche inutili di mio padre, volevo che non mi trovassero più e poi, sono venuta a Boston – altre lacrime le corsero lungo le guance, – e sto.. tentando di ricominciare – disse con la voce rotta, – ma è più difficile del previsto – e pianse ancora, pianse come poche volte aveva fatto in vita sua perché sembrava quasi che, con Talia, la sua armatura fosse crollata del tutto. Quell'armatura che la rendeva quello che era, quell'armatura che la rendeva forte, insensibile alla maggior parte delle cose, era crollata, crollata del tutto per non sapeva neanche lei quanto tempo o quanto forte.

E alla fine, neanche Taulia riuscì a nascondere più il suo dolore, si sporse verso di lei e la strinse tra le braccia esili e allenate il più forte che poteva. Il più forte possibile perché, lo sapeva, Annabeth ne aveva un bisogno disperato.

Annabeth era stata forte troppo a lungo, era stata forte anche per Talia stessa e adesso, lei era pronta per prendere le sue veci. Era pronta per essere la roccia di cui Annabeth aveva bisogno, era pronta ad essere la mano che l'avrebbe aiutata ad alzarsi.

Era pronta perché Annabeth era la prima vera amica che avesse mai avuto in diciannove anni di vita, ed era pronta perché, lo sapeva, Annabeth era talmente speciale da essere una sorta di edizione limitata.

Era abbastanza speciale da essere rara, unica nel suo genere e Talia non se la poteva lasciar scappare, Talia doveva preservare Annabeth perché lei non ce l'avrebbe più fatta da sola.

 

Quando Percy e Luke entrarono in camera delle ragazze non notarono più nulla di strano, forse gli occhi di entrambe erano un po' lucidi ma diedero la colpa al film che stavano guardando. Alla fine, anche se picchiavano come dei maschi, erano comunque femmine e un po' di sensibilità l'avevano ancora.

Dopo che Luke le ebbe prese sufficentemente in giro, porse ad entrambe le cioccolate e i biscotti che avevano comprato allo Starbucks prima di arrivare in camera e guardarono il nuovo film di Rachel McAdams tutti insieme.

Fu inutile cercare di far star zitti Luke e Percy per quanto riguarda le, testuali parole “curve davvero niente male” dell'attrice ma alla fine, guardarsi un film così era anche più divertente.

C'era qualcosa di diverso però, qualcosa che di certo, non sfuggì agli occhi attenti di Percy e allo sguardo indagatore di Luke. C'era come qualcosa, quasi un filo invisibile che univa le due ragazze più del solito. Non che non fossero già unite di loro, ma sembrava un che di quasi più radicato, importante e prezioso, un qualcosa che andava ben oltre gli occhi attenti di entrambi i ragazzi.

Si era creata una sorta di complicità che prima non c'era e che nessuno dei due amici aveva visto nelle due ragazze o in nessun'altra amicizia femminile. Era una sorta di complicità attraverso lo sguardo, era il capirsi velocemente e senza il minimo sforzo esattamente come loro due, esattamente come Percy e Luke perché, inutile negarlo, la loro era una complicità mai vista prima.

Ma Percy sapeva bene, o almeno immaginava, che c'era qualcosa di più perchè, se lui e Luke avevano iniziato a capirsi così al volo dopo che si erano entrambi aperti l'uno con l'altro riguardo al loro passato, allora qualcosa di molto simile doveva essere capitato ad entrambe le ragazze, qualcosa che le aveva unite. E per quanto Percy avrebbe voluto sapere che cosa si erano dette, non fece domande, non fece domande perché odiava quando venivano fatte a lui e figurarsi se avrebbe fatto la stessa cosa.

Si limitò a sorridere davanti a quel rapporto che sembrava essersi creato in meno di mezzo secondo, si limitò a sorridere e lasciare un bacio sulla guancia a Talia e uno sulla fronte ad Annabeth per tornare nella sua stanza assieme a Luke.

Cercò di alleggerire il peso che aveva al petto e che sembrava quasi opprimente mentre si spogliava rimanendo in boxer e infilandosi sotto le coperte.

Grover non era nella sua stanza ma a lui andava bene così. Voleva stare da solo anche se non sapeva bene il perché.

Voleva stare da solo, il cuore impregnato del sorriso che lui considerava il più bello del mondo, la testa carica di una risata che avrebbe ascoltato ventiquattro ore su ventiquattro.

Non pensare a lei -si diceva- non è la cosa giusta, non ci pensare.

Ma come non puoi pensare a una persona che ti è entrata sotto la pelle?





Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
Allora, innanzi tutto, mi scuso per il capitolo corto ma mi farò perdonare tra due capitoli. Il prossimo sarà uno di passaggio e nel quindicesimo, la famigerata festa, preparatevi, bebieees:**
In ogni caso, passiamo al capitolo... finalmente Annabeth parla. Annabeth parla e racconta per la prima volta che le è successo. Lo fa con Talia, lo fa con lei perché ormai è la sua migliore amica, la prima migliore amica, e aveva un bisogno matto di pronunciare quelle parole. Era un qualcosa che non riusciva più a tenersi dentro e Talia c'è stata per abbracciarla e ascoltarla (le amo!). Ve lo aspettavate? Alcune me lo avevano scritto e ovviamente non potevo fare spoiler ahahha love yooou
Poi, Percy sta ammettendo di starsi innamorando della nostra meravigliosa bionda e mi sta semi-venendo la depressione perché la storia è quasi a metà:((( A si, inoltre, sta iniziando a capire che sotto c'è qualcosa, anche se non fa e non farà domande. La rispetta e aspetterà che sia lei e dirgli tutto^.^
In conclusion, prima che me ne dimentichi come lo scorso capitolo (sono una testa di cazzolina), il titolo del capitolo è il primo verso di "Warrior" di Demi Lovato e che si riferisce al passato che Annabeth racconta per la primissima volta in vita sua. Quello dello scorso capitolo invece, era "Believe in me" sempre di Demi (la amo*-*) e si riferiva ad Annabeth che nasconde ai suoi amici come sta davvero, solo grazie a un sorriso.. sono certa che in tanti hanno brevettato questo sistema del:"sorridi così nessuno ti fa domande e così tutti crederanno che vada tutto bene".. Oh Gesù, bella merda HAHAHAHA
Adesso concludo sul serio ahahh ringrazio tutte le persone che hanno messo la storia tra le preferite, ricordate e seguite, chi si prende la briga di recensire facendomi gridare come una deficiente per la felicità sul divano di nonna (lei ritiene che io non sia del tutto normale..) e chi legge silenziosamente. Ormai lo sapete, no? Le visite a capitolo non passano inosservate:**
Aggiornerò presto, lo prometto!
Vi adoro,
Love yaa<3
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PRIMA CHE ME NE DIMENTICHI! C'è qualcuno che si guarda di Teen Wolf e che ha visto la puntata finale della 3B? Ho riso e pianto, solo quella cavolo di serie può farmi quest'effetto. A si, un'ultima cosa e poi vi lascio dato che l'angolo autrice è più lungo del capitolo, praticamente ahahha Talia chiama Annabeth "Hermione Granger", mi è sembrato giusto paragonarla a uno dei personaggi più forti e che più amo della letteratura. Inoltre, Harry è un'altra delle mie saghe del cuore, non potevo non menzionarla! Il mio personaggio preferito è Sirius, ma mamma mi ha sempre paragonata ad Hermione.. da poco ho capito di essere più Harry ahah
Ok, adesso me ne vado sul serio:**
Vi amo.


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Capitolo 15
*** 14.Dressing to impress the boy ***


Dressing to impress the boy
 

Talia si lasciò sfuggire un sospiro troppo forte e Luke le soffocò gli altri con le sue labbra, cecando invano di non ridere mentre faceva vagare le mani sotto la sua maglietta e toccava tutto quello che le dita fameliche trovavano..

Era già eccitante stare con Talia, ma il tutto era reso ancora migliore dal farlo di nascosto, nei vicoli dei corridoi di Harvard.

Talia gli strinse i capelli tra le dita mentre le loro lingue proseguivano la languida esplorazione del palato, mentre le mani di Luke erano quasi insaziabili del corpo atletico della mora, delle sue forme proporzionate e tutte da sentire.

Luke smise di baciarle la bocca e le mordicchiò il labbro inferiore gonfio e arrossato per i precedenti morsi, passando al collo e Talia quasi fu costretta ad aggrapparsi alle sue spalle muscolose per resistere ai brividi che la lingua e le labbra di Luke le stavano facendo provare.

Cercò di non farsi sfuggire mugolii mentre il biondo continuava la tortura più dolce del mondo e Talia inarcava il collo verso destra per lasciare ancora più spazio a quelle labbra che, cavolo, ci sapevano davvero fare.

- Mi stai facendo impazzire – esalò lei, gli occhi chiusi nel tentativo di resistere a tutte quelle emozioni, forse troppo forti perché riuscisse a sopportarle.

Luke rise sulla pelle candida del suo collo e succhiò ancora, deciso a lasciare il segno, deciso a far vedere a tutti che Talia era sua e di nessun altro, – e non è ancora tutto – continuò a succhiare delicatamente, leccare e mordicchiare mentre la mano destra scivolava lentamente via da sotto la maglietta per andare sull'intimità della mora che sbarrò gli occhi per un secondo, prima di venir nuovamente sopraffatta dalle emozioni. E se avesse avuto un minimo di lucidità, si sarebbe data della ridicola da sola, ridicola per la gamba di Luke che stava tra le sue, ridicola per la mano di Luke che le toccava delicatamente l'intimità facendola gemere silenziosamente, ridicola per le labbra di Luke che continuavano la loro lenta tortura sul suo collo e ridicola per aver ceduto a Luke così facilmente, ma forse, non era mai riuscita a resistergli sul serio.

Talia cercò le labbra di Luke che non esitarono ad accontentarla, lasciando finalmente il collo e decise ad accarezzare quelle bramose e ancora arrossate della mora.

Le labbra piene di entrambi tornarono a volersi, mordersi, assaporarsi e prendendolo quasi alla sprovvista, le mani di Talia si insuarono sotto il golfo verde militare di Luke, accarezzandogli l'addome piatto e tonico, la schiena tesa e inarcata verso una Talia più bassa di lui di almeno una decina di centimetri.

Luke fu costretto ad allonarsi dalle labbra di Talia, giusto un paio di centimetri, tenendole il viso con le mani, il petto ansante e il respiro corto, – sei tu che fai impazzire me, Tals – e a quel soprannome, la mora allacciò le mani al collo di Luke e saltò per legare le gambe attorno alla sua vita.

Luke riprese possesso di quelle labbra che già gli mancavano e si sbatterono al muro, troppo travolti dalle emozioni e da quello che erano in grado di farsi provare da non sentire neanche la campanella che annunciava l'inzio delle lezioni. Ma forse, a nessuno dei due importava abbastanza perché la smettessero di baciarsi.

 

- Annabeth! – esclamò Percy vedendola entrare in classe dopo una settimana esatta che era mancata per la febbre.

- Ehi – sorrise, il volto ancora un po' pallido e delle leggere occhiaie sotto quegli occhi che Percy non aveva mai visto più belli.

Il moro fece il giro del banco facendo slalom tra un paio di studenti e avvolse Annabeth tra le braccia senza pensarci un secondo di più. La avvolse a sé lasciando che seppellisse il viso nel suo petto e sorrise appena sentì le dita esili della ragazza che stringevano il retro del suo golfo blu scuro.

Respirò lo shampoo al limone e quel profumo che rendeva Annabeth più unica di quanto già non fosse e rimasero così, uno vicino all'altro, per degli istanti che parvero interminabili, senza preoccuparsi davvero delle occhiate degli studenti, dei mormorii perché, cavolo, quella coppia era discussa dall'inizio dell'anno.

Si allontanarono un bel po' di tempo dopo e Percy continuò a tenere le dita intrecciate dietro la schiena di Annabeth mentre lei raggomitolava le braccia tra il suo petto e quello del moro.

- Come stai? – domandò lui anche se si erano visti il giorno prima.

Annabeth sorrise e annuì, poggiando la testa al petto tonico di Percy appena rispondeva, – adesso decisamente meglio – e mai, in diciannove anni di vita era stata più seria che in quel momento.

 

- Bionda! – esclamò Luke vedendo entrare Annabeth in mensa, un braccio di Percy attorno alle spalle e il viso più raggiante di quanto si aspettasse dopo aver passato una settimana con la febbre.

- Luke! – sorrise lei felice e si staccò dalla stretta calda e confortante di Percy per andare tra le braccia dell'amico che la strinse a sé per poco lasciandole un bacio sulla fronte.

- Come stai? – domandò tenendola per gli avambracci mentre lei sorrideva tranquilla e lanciava un bacio volante a Talia che era rimasta seduta sulla panca invece di alzarsi come aveva fatto il fidanzato.

- Alla grande – disse lei sincera e poi si voltò verso Percy che le mostrò il secondo vassoio che aveva preso per lei mentre faceva la fila per entrambi, – ci vediamo fra un paio di minuti – Annabeth sorrise di nuovo mentre andava verso il moro che le lasciò un bacio sulla guancia quasi fosse l'azione più abituale che avesse mai compiuto nei confronti di quella ragazza splendida.

 

- Perché ci guardano tutti? – domandò Annabeth scavalcando la panca e posando il vassoio blu sul tavolo circolare, facendo la cernita del cibo che aveva preso, con lo sguardo.

Talia alzò gli occhi blu al cielo lanciando un'occhiata alla mensa e sbuffando scocciata, – sei tornata dopo la febbre, sei entrata in mensa con Percy, lui ti ha dato un bacio sulla guancia – elencò annoiata e ovvia gesticolando con la forchetta che aveva infilzato nella pasta scotta, – questo cavolo di college vive delle nostre vite.

Annabeth abbozzò una risata mentre si portava quel cibo di provenienza sconosciuta alla bocca. Sorrise subito dopo, prendendo atto del fatto che non fosse affatto male e sorrise a Percy che si stava preoccupando di lanciare fulminate alla squadra di football che osservava il loro tavolo.

- Tieni a bada i pugni, amico – intimò Luke notando lo sguardo del moro che decise di abbassare gli occhi verdi sul piatto contenente la carne, ignorando la gelosia e il fastidio crescente.

- Stasera andiamo a mangiare fuori? – propose poi quasi dal nulla.

Gli occhi di Talia e Annabeth si illuminarono e Luke si sbatté un palmo della mano sul viso, scuotendo la testa rassegnato, – scherzi, vero? Lo sai che dovremmo pagare noi?

Talia gli tirò uno schiaffo al braccio facendo ridere Annabeth, – quanto sei stronzo! – protestò dando un altro schiaffo e facendolo esclamare dal dolore, – e comunque è logico che paghiate voi.

- Troppo poco convenzionale i conti separati – annuì Annabeth masticando.

- Quindi voi ci spennate dietro la scusa del convenzionale? – domandò Percy guardando le amiche che assunsero l'espressione più indignata del loro repertorio.

- È sempre stato così da secoli, Testa d'Alghe!

- E non credete sia ora di modernizzarsi un po' e ognuno paga il suo? – intervenne Luke beccandosi uno schiaffo da Talia e un calcio da Annabeth, – ma andiamo! Nessuno picchia Percy, eh? – protestò indignato, indicando l'amico che rideva sotto ai baffi portandosi alle labbra qualcosa che somigliava vagamente a una patatina fritta.

- Ciao ragazzi! – e i quattro amici si voltarono al suono di quella voce incrociando gli occhi azzurri, il sorriso radioso e la coda di cavallo castana di Kayla.

- Come va?

- Ehi – salutarono loro, per niente sorpresi di quella visita al tavolo.

La ragazza si lasciò scivolare accanto ad Annabeth che fu costretta a scalare, ritrovandosi attaccata a un Percy per niente dispiaciuto della situazione.

Kayla posò i gomiti sul tavolo guardando i ragazzi felice, – verrete alla festa della confraternita a metà novembre, vero?

Talia roteò gli occhi mentre i ragazzi si limitarono a sorridere.

- Sarà almeno la quarta volta che ce lo dici – protestò la mora facendo assumere un'adorabile espressione perplessa alla castana che sorrise subito dopo.

- Volevo essere assolutamente certa che Annabeth lo venisse a sapere – ridacchiò felice, – a metà novembre allora.

I ragazzi risero appena Kayla fu abbastanza lontana e Talia roteò nuovamente gli occhi, – Cheerleader – e lo disse come se fosse una parolaccia, facendo rideregli amici seduti con lei, ancora di più.

 

 

Novembre arrivò prima che tutti gli studenti di Harvard se ne potessero davvero rendere conto. Arrivò tra folate di vento, pioggia continua intervallata a volte a della neve, forse un po' troppo timida per rimanere al suolo.

Percy rimaneva comunque fiducioso e certo che avrebbe nevicato alla grande come a New York che, anche se non lo avebbe mai ammesso, gli mancava più del dovuto. Non che lì non stesse bene, ma la sua metropoli, con il caos e i tassisti che ti prendono a parolacce anche se è colpa loro, era fin troppo speciale perché Boston e Harvard, per quanto bella, potessero sostituirla.

C'era una certa agitazione nell'aria per la festa di metà mese nella confraternita e assieme a Luke aveva sentito di un paio di ragazze che stavano già decidendo che cosa mettersi.

Ancora non riusciva a capire che problemi avessero le persone per preoccuparsi di una festa della quale non si sarebbe neanche ricordati considerando i fiumi di alcool che i ragazzi della Sigma Kappa avevano intenzione di comprare.

Si passò una mano nei capelli osservando un gruppo di ragazze che gli passava davanti velocemente, i volti rossi per la camminata veloce, i sorrisi eccitati perché:”ho visto un vestito fa-vo-lo-so!” che probabilmente, pensò Percy, costa più della tua casa.

Smise di stare fermo in corridoio e bussò alla camera delle ragazze. Una Talia in mutande e golfo nero andò ad aprirgli e gli lasciò un trafelato bacio sulla guancia prima di tornare a saettare per la camera alla probabile ricerca dei pantaloni.

- dimmi, che problemi di affliggono? – domandò alla migliore amica che continuava a rimanere senza pantaloni cercando frenetica qualcosa.

- Fanculo – rispose lei sbattendosi la porta del bagno alle spalle e chiudendocisi dentro con dei leggins nell'incavo del gomito.

Percy si sedette sul letto di Talia indicando la porta da dov'era sparita con il pollice, – quali problemi la affliggono? – domandò rivolto verso Annabeth che rise.

Percy si ritrovò ad osservarla, incapace di capire come una ragazza potesse essere bellissima anche con un golfo bianco che le arrivava quasi alle cosce, dei semplici skinny jeans e degli hug chiari un po' sporchi sulle punte.

- È qualcosa che devo ancora capire – annuì Annabeth, l'eco della risata ancora sul volto mentre si stendeva sul suo letto incrociando le caviglie.

Pochi attimi dopo, Luke aprì la porta della stanza infilandosi la solita forcina nera nella tasca posteriore dei jeans scoloriti.

- È un po' inquietante il fatto che tu riesca a entrare senza chiave – disse Annabeth voltandosi a guardarlo.

Luke sorrise chiudendosi la porta alle spalle, – qualcosa di buono papà me l'ha insegnata. Dov'è Talia?

Annabeth stava per rispondere, ma la voce attitutita dalla porta del bagno della mora la precedette, – qui! – urlò e Luke sorrise camminando verso di lei.

- Spero che tu non sia vestita – esclamò prima di entrare nella piccola stanza.

Percy e Annabeth sentirno Talia ridere prima che la porta si chiudesse alle spalle del moro.

-Che sia una sveltina! Voglio il mio frappé prima che il centro commerciale chiuda!

- Fanculo, Percy – berciarono tutti e due all'unisono facendo ridere i due ragazzi che erano rimasti sdraiati sui letti.

 

- Voci di corridoio dicono che sarà la festa più bella dell'anno – affermò Talia succhiando poi dalla cannuncia il suo frappé al cioccolato.

Annabeth sollevò le sopracciglia, ingoiando il liquido freddo e al gusto di vaniglia che aveva deciso di prendere nonostante il gelo che faceva all'esterno.

- Vedremo. Sono qui da cinque anni e per ora, nessuno è riuscito a superare la festa di Billy Clarke – intervenne Luke poggiandosi allo schienale della sedia verde scuro abbinato ai divanetti di quel piccolo bar che avevano scelto per il loro frappé.

- Il giocatore di football? – domandò Percy.

Luke annuì e sorrise, probabilmente al ricordo di quelle festa epica, – si, è stata una bomba. L'ha fatta a casa sua in luglio di due anni fa. Piscina, bagni, musica e band dal vivo, per non parlare dell'alcool e del cibo che è bastato per tutta la notte. Giuro che non ho mai sentito musica così bella ad una festa, e io sono stato davvero a tantissime feste – affermò, certo di quello che aveva detto.

- Sul serio è stata così bella? – domandò Annabeth leggermente restia a questo genere di cose.

Il biondo mosse la testa in assenso, – è stata pazzesca e ancora la ricordano tutti anche se lui ha lasciato l'università due anni fa.

- Davvero notevole – ammise Talia, – e quelli della Sigma Kappa che vogliono fare quest'anno?

Luke alzò le spalle, – non ho saputo molto. Ho amici nella Kappa ma non mi hanno voluto dire niente, probabilmente vogliono preservare la sorpresa.

- Stanno facendo stressare davvero troppe ragazze con questa festa. Ne ho visto almeno una decina agitarsi nei corridoi per un vestito.. – mormorò Percy poggiandosi allo schienale della sedia come l'amico e osservando il suo frappé al cioccolato finito per metà.

Gli occhi di Annabeth e Talia brillarono e lui capì troppo tardi dell'errore madornale che aveva fatto.

- Sei un coglione – gli disse Luke senza mezzi termini appena la mora batté le mani un paio di volte ed Annabeth si stava già infilando il cappotto scuro.

- Muovetevi che dobbiamo guardare un po' di vestiti! – trillò contenta inziando a muoversi sulla sedia come se ci fossero degli spilli.

- Te l'ho già detto che sei un coglione? – domandò retorico Luke.

- Si, lo so – mormorò Percy afflitto per tutto lo shopping che, era sicuro, le ragazze avevano intenzione di fare.

 

Talia batté le mani un paio di volte trascinando Annabeth per la mano all'interno dell'ennesimo negozio mentre Luke e Percy arrancavano dietro di loro con non sapevano neanche quante buste per braccio.

- ti odio – sibilò Luke in direzione dell'amico che sorrise seguendo le ragazze.

- Si, l'hai detto giusto un paio di volte da quando siamo usciti dal bar.

- Sei un coglione.

- Hai già detto anche questo.

- Coglione.

- Stasera ti offro la pizza.

- Sei il migliore amico dal mondo! Dammi le buste di Annabeth, dai.

Percy rise dandogli un pugno alla spalla e Luke lo mandò a quel paese un'altra volta.

- Le buste te le prendi lo stesso? – domandò il moro.

Luke lo guardò, un sopracciglio biondo alzato, – ti stavo solo lecchinando per la pizza, non ti porterò mai le buste – ed entrò nel negozio prima che Percy potesse rispondere.

Il moro si limitò a ridere scuotendo la testa e poi seguì l'amico pensando che, forse, quel pomeriggio non stava davvero andando così male come pensava.

 

Alla fine, in pizzeria ci andarono lo stesso anche se ognuno pagò il suo conto o meglio, i ragazzi pagarono anche per Talia e Annabeth nonostante le loro proteste, come sempre, quando mangiavano fuori tutti assieme.

Mancava solo una settimana al grande party e la loro cena, anche se facevano finta che non gli importasse davvero, verteva su quella festa che prometteva musica da sballo e alcool a volontà.

Annabeth e Talia avevano comprato abbastanza vestiti per regalargli a tutte le ragazze del primo piano del college e avevano solo l'imbarazzo della scelta su cosa avrebbero indossato. Ovviamente non avevano intenzione di pensarci già da subito e nonostante avessero idee su cosa mettere, stettero zitte perché, testuali parole:”sarà una sorpresa per voi maschietti, non rompete i coglioni”.




Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
Dunque, io vi amo sempre di più perché le recensioni sono ogni volta dolcissime e il numero di preferite, seguite e ricordate aumenta molto ogni volta e vi giuro che sclero quando vedo quei numeri salire AHHAHAH
Comunque, oggi sono particolarmente contenta perché vado a trovare la mia nonnina che non vedo da tipo un mese e ho anche trovato due modelle che mi stavano facendo impazzire nella loro ricerca, ve lo giuro ahaha in ogni caso, l'unica cosa che mi lascia così è questo capitolo di passaggio ma, prometto, che mi farò perdonare con il prossimo dato che sarà il capitolo della festa^.^ Per farmi perdonare, vi ho messo all'inzio un po' di Thaluke (yoo_bro probabilmente mi starà amando) e poi, un abbraccio Percabeth (adesso mi sta amando Ale_Mellark che sclera più di me per questa coppia ahahah).
Sappiate che in ogni caso vi amo tutti indistintamente, siete i miei amori!
Poi ahahah io amo Talia, vi giuro! Probabilmente perché caratterialmente è molto simile a me, ovvero, se una persona mi sta sul cazzo non lo mando a dire ahaha quando siamo in giro, le mie amiche ridono ogni tre secondi dato che squadro e rispondo male a chiunque non mi piaccia, ma vabbe.. mi definisco strana anche io, credetemi.. infine, mi ha divertito tantissimo scrivere di Luke e Percy, hanno dei battibecchi assurdi:))
Prima che me ne dimentichi, il titolo del capitolo è un verso di "A night to remember" presa dal migliori film della Disney in assoluto," High School Musical 3, Senior Year". Dio solo sa quanto cavolo ami quei film! Zac Efron è il mio primo amore^.^
In conclusion, mi piacerebbe sapere che vi aspettate dalla festa e soprattutto, dai vestiti delle ragazze. Come credete si vestiranno? E che ne pensate di Luke e Talia? Il bacio è stato troppo spinto? Ditemelo se è così perché in certe scene starò più attenta..odio cadere nel volgare? E Percy e Annabeth? Che succederà tra loro^.^?
Un bacio enorme a tutti quelli che recensiscono, mettono la storia tra le preferite, seguite e ricordate e tutti quei lettori silenziosi, vi amo tutti, babieees:**
Ci vediamo presto, lo prometto*-*
Vi adoro,
Love yaa<3
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Capitolo 16
*** 15.Tonight we could be more than friends ***


Voglio dedicare questo capitolo ad Ale_Mellark.
Leggendo capirai il perché<3



Tonight we could be more than friends
 

I giorni passarono veloci tra lezioni, test a sorpresa, compiti, la mensa che faceva schifo, le cene fuori e le merende allo Starbucks.

I giorni passaron veloci e il venerdì della festa arrivò prima che i ragazzi potessero realmente rendersene conto. Venerdì arrivò portandosi dietro le emozioni della maggior parte delle ragazze del college, la gioia e l'euforia dei ragazzi e la disperazione di quei pochi che non erano stati invitati, un po' per spazio e un po' perché la Sigma Kappa non voleva i secchioni.

Quella mattina, Percy non si sorprese nel vedere che metà classe femminile era assente. Alla fine era logico, dovevano tutte essere occupate con trucco e parrucco quasi fosse una prima cinematografica e sorrise quando vide Annabeth entrare in aula, i libri stretti al petto e il fisico tonico dentro degli skinny jeans e un golfo bianco che le sottolineava le curve seppur fosse un po' largo.

- Buongiorno – sorrise lei scivolando come al solito nella sedia accanto alla sua.

- Ehi – replicò il ragazzo allegro, – tu non salti le lezioni per i capelli?

Annabeth si voltò a guardarlo con un sopracciglio alzato posando sul banco i libri e la penna che aveva fermato tra le pagine, – è già tanto se verrò in vestito e tacchi. Non ci penso proprio ad andare dalla parrucchiera – si prese una ciocca di capelli biondi tra due dita e li osservò, – e poi me li taglierebbe di certo e Dio solo sa quanto tempo ci ho messo per farmeli crescere così lunghi – rise lasciando ricadere la ciocca bionda sul bacino e Percy si unì a lei prima che la lezione iniziasse.

Si scoprì ansioso per quella festa anche se non sapeva neanche bene per quale motivo. Anzi, forse il motivo lo sapeva anche se non voleva davvero ammetterlo.

Voleva vedere Annabeth, voleva vedere Annabeth stretta in un vestito che le avrebbe abbracciato il fisico perfettamente.

Voleva vedere Annabeth ancora più bella del solito e quello, senza dubbio era tutto dire perché c'erano poche ragazze belle quanto Annabeth.

Voleva vedere Annabeth priva dei suoi soliti freni inibitori, priva di quel po' di vergogna e imbarazzo che la costringevano a non sbloccarsi del tutto o almeno, non quanto avrebbe voluto.

Fu probabilmente la prima volta in diciannove anni di vita che lui non desiderò altro che fosse sera per andare in una casa di persone già ubriache alle nove di sera.

L'ingresso dell'insegnante lo distolse per un secondo dai suoi pensieri ma poi riportò lo sguardo su Annabeth. Per lei ne valeva assolutamente la pena andare in una casa di persone già ubriache alle nove di sera.

 

- Luke Castellan, non ho intenzione di farti entrare in camera mia! – tuonò Talia, in slip e reggiseno neri, i capelli sciolti fino al ferretto dell'intimo, tenendo ferma la porta con tutte le sue forze.

- Ma perché no? Io e Percy vogliamo vedervi in vestito! – piagnucolò lui.

- Non mettermi in mezzo.

- Zitto, idiota. Dai e apri!

Talia sbuffò premendo il suo corpo contro la porta bianca e chiedendo l'aiuto di Annabeth a gran voce anche se lei era davvero troppo impegnata a ridere per riuscire anche solo a camminare.

- Ci andiamo con Silena e Katie alla festa, voi andate e non rompete le palle! – urlò rabbiosa.

Ruggì quando sentì la forcina di Luke infilarsi nella serratura per tentare di aprire la porta che aveva chiuso a chiave e lei gli cacciò via la mano, – FUORI! – tuonò e si liberò in una risata appena sentì i ragazzi fare lo stesso e i loro passi che si allontanavano lungo il corridoio, attutiti dalla moquette.

Annabeth era ancora troppo impegnata e ridere e prima di entrare nuovamente in bagno per sistemarsi il trucco, osservò il vestito bianco che Talia aveva tanto insistito per farle comprare e le scarpe nere col tacco che, se non fosse stata spinta dall'amica, non avrebbe neanche mai guardato.

- Forza Bionda! – Talia la risvegliò dalla sua contemplazione battendo le mani un paio di volte e saltellò verso il suo vestito nero, – muoviamoci a prepararci per la festa!

 

Silena e Katie passarono nella loro camera splendidamente in ritardo intorno alle nove di sera, splendide nei loro abiti corti, blu per una e floreale per l'altra.

- Siete bellissime! – trillò la prima agitando involontariamente i lunghi capelli neri e lisci. Probabilmente non aveva neanche idea di quanto bella fosse lei in quell'abito blu e aderente impreziosito da delle paillettes che facevano risaltare i suoi occhi azzurri ancora più del solito.

- Anche voi! – esclamò Talia convinta e uscì dalla stanza aspettando che una Annabeth un po' a disagio facesse lo stesso.

Silena la guardò con un sorriso sulle labbra e la tirò verso di sé facendola barcollare sui tacchi alti, – su, principessa! Sei bellissima e i ragazzi sbaveranno per te. Adesso muoviamoci che siamo già abbastanza in ritardo.

Annabeth si liberò in una risata e Talia intrecciò le dita alle sue dopo aver chiuso la porta della loro stanza, camminando velocemente (tacchi permettendo) lungo il corridoio e pregando tutti gli dei perché non prendessero storte sulla moquette.

Fu leggermente scomodo entrare nella porsche scura e tremendamente bassa di Silena a causa dei vestiti stretti, ma in qualche modo, riuscirono a sedersi senza far vedere le mutande, e quello era senza dubbio un traguardo ambito da tutte e quattro le ragazze.

 

Luke e Percy bevvero ancora una volta dal loro bicchiere di plastica rosso chiedendosi a quale cavolo di punto fossero le loro ragazze.

Erano le nove e mezzo e ancora non si erano viste. Non che fosse facile, considerando che l'enorme salotto della confraternita era stra-pieno di studenti che ballavano e si strusciavano tra loro a ritmo della musica che quel genio di Lee Fletcher mixava perfettamente dalla console.

I ragazzi del football non scherzavano quando dicevano che sarebbe stata la festa migliore dell'anno.

L'alcool era almeno il doppio di quello che c'era alla festa di Billy Clarke, la musica ancora più alta e lo spazio disponibile decisamente maggiore seppur non ci fosse la piscina, ma in ogni caso, era novembre e sarebbe stata un po' una stronzata farsi il bagno con meno dieci gradi all'esterno.

Gli occhi attenti di Luke e Percy sondarono la stanza osservando tutti i corpi che ballavano appiccicati l'uno all'altro, salutando ragazzi che conoscevano bene e fermandosi a chiacchierare di tanto in tanto, ridendo la maggior parte delle volte e bevendo con moderazione perché volevano avere il controllo della situazione che, ne erano certi, sarebbe sicuramente degenerata.

Avevano ancora gli occhi fissi sulla pista mentre parlavano del modo in cui Kayla si strusciava sul giocatore di football che le era andato dietro per ballare, quando un boato generale attirò la loro attenzione verso la porta di ingresso.

Corrugarono la fronte con un sorriso, curiosi di scoprire chi fosse appena entrato.

Appena la folla si diradò, sentirono prima l'urlo divertito di Silena Beauregard, splendida nel suo abito azzurro, che si lanciava verso la pista salutando e riaprendo le danze, poi videro l'abito floreale di Katie Gardner:”un nome, una garanzia” disse Luke sporgendosi verso Percy e facendolo ridere. E alla fine, capirono perché i ragazzi di tutta la sala avessero urlato e capirono perché, Annabeth e Talia fossero al centro dell'attenzione senza neanche essere entrate del tutto all'interno della confraternita.

Erano le ragazze più belle che i due amici avessero mai visto in vita loro e le osservarono con gli occhi spalancati cercando di imprimersi nella memoria i loro corpi messi in risalto dai vestiti che sembravano esser stati cuciti per loro, tanto erano perfetti.

Il vestito di Talia era nero e aderente, le spalline sottili e lo scollo che le segnava le curve proporzionate. Il fisico era messo in risalto dal tessuto lucido dell'abito che sembrava quasi una seconda pelle.

La gonna le arrivava a metà coscia e le gambe magre e totalmente prive di imperfezioni erano coperte dalle calze a rete, e slanciate da delle scarpe nere e col tacco davvero davvero alto. I capelli erano sciolti e mossi sulle spalle, gli occhi più blu del solito.

Rise salutando un paio di amiche e volteggiò su sé stessa per far vedere il vestito facendo scoprire al migliore amico e al fidanzato quanto la schiena fosse realmente scoperta e la fascia che la stringeva sul costato.

Percy ammirò l'amica ma il suo sguardo cadde su Annabeth che teneva le dita intrecciate a quelle di Talia e sorrideva lievemente in imbarazzo per i complimenti che le stavano facendo.

Il moro sbarrò gli occhi e si chiese perché avesse lasciato il telefono in camera. Avrebbe dovuto fare una foto a quella ragazza così dannatamente perfetta da non sembrare neanche vera.

Indossava un vestito bianco che le cadeva morbido fino a metà coscia. Era un po' accocolato e il bordo era rifinito da delle pietre chiare e verticali.

Le scarpe erano degli stivaletti alti e neri, intrecciati finamente fino al collo del piede e aperti in punta.

I capelli erano ricci come al solito e sciolti lungo la schiena, il viso poco truccato e gli occhi grigi più che mai.

Annabeth Chase era l'unica ragazza perfetta vestita anche in quel modo così semplice. L'unica ragazza che riusciva ad attirare l'attenzione di tutti con quel sorriso mozzafiato senza neanche accorgersene.

Luke non ci pensò un secondo di più e andò verso Talia prendendole il volto tra le mani, fregandosene delle amiche e baciandola come se non toccasse le sue labbra da giorni. La portò sulla pista da ballo facendola leggermente incespicare sui tacchi, dietro le urla dei giocatori di football che incitavano una scopata sul tappeto da mettere su you tube.

Annabeth osservò gli amici ridendo e poi il suo sgurdo andò su Percy che stringeva il bicchere di carta rosso e quasi svuotato della birra che c'era all'interno. Gli sorrise alzando la mano in segno di saluto e Percy ricambiò, incapace di muoversi perché -cavolo!- quella ragazza era davvero troppo bella.

 

Era almeno mezzanotte ed Annabeth non ci stava più capendo davvero nulla.

Aveva ballato un sacco con Talia e aveva bevuto.. davvero troppo.

Non voleva esagerare ma un bicchiere tira l'altro e lei conosceva o meglio, la conoscevano, davvero troppe persone a quella festa. Aveva parlato con tutti e aveva bevuto da tutti i bicchieri che le avevano offerto.

Non era una ragazza che beveva, non era mai neanche andata a una festa come si deve e voleva sempre tenere sotto controllo la situazione ma in quel momento, non aveva la più pallida idea di cosa le stesse succedendo. Non che non capisse o non fosse abbastanza cosciente, semplicemente non le interessava abbastanza.

Non le interessava ballare con ragazzi che non aveva mai conosciuto se non visti per caso nei corridoi.

Non le interessava che lo shot che stava bevendo in quel momento era il decimo e aveva la bocca talmente anestetizzata dall'alcool da non sentire neanche il sapore della menta.

Non le interessava dei capelli che la stavano facendo un po' sudare.

Non le interessava dei tacchi che le stavano facendo male.

Le interesseva soltanto ballare, divertirsi perché, quel ragazzo carino e con i capelli castani che le stava tenendo i fianchi se n'era fregato della sua aria da secchiona ed aveva il corpo un po' troppo vicino a quello di Annabeth.

Anche se a lei non interessava.

Rubò un bicchiere dal contenuto sconosciuto dalle mani di una ragazza e quando quella si voltò a guardarla male, lei attaccò a ridere e la mora lasciò perdere perché, di ragazze ubriache ne aveva viste ed Annabeth Chase era messa davvero davvero male.

Ma a lei non interessava.

Rise di nuovo portando l'attenzione sul tipo che continuava a tenerle con un po' troppa possessività i fianchi e gli allacciò le braccia al collo iniziando a cantare una delle sue canzoni preferite.

 

Wo-ah tonight, tonight we could be more than friends

Wo-ah tonight, tonight we should be more than friends..

 

Il ragazzo cantò con lei e l'alito che puzzava di alcool le arrivò dritto in faccia.

Se fosse stata almeno un po' sobria avrebbe storto il naso.

Ma non le importava.

 

We're in the corner of crowded room

I want your lips, your body, boy, how soon?

 

E poi lo vide, lo vide oltre la spalla di quel ragazzo che la stava per baciare. Lo vide ballare con una ragazza castana che decisamente non era lei e strinse i pugni.

Ecco, di quello le importava.

Sgusciò via dalla presa di quel ragazzo barcollando sui tacchi e non sentì gli insulti che gli lanciava dietro, un po' perché era davero ubriaca e un po' perché la musica era troppo alta e aveva i sensi più inebetiti che mai.

Che diavolo ci faceva Crissy Morrison con le braccia attorno al collo di Percy?

Fu forse l'unico pensiero logico di tutta la serata, e senza badarci, si insinuò nel poco spazio che c'era tra i due ragazzi spingendo la castana che protestò risentita prima di prendere i piedi e andarsene via.

 

And if you like what we doin' why don't we give it for the night?

 

E allacciò le braccia al collo di Percy, cantando il ritornello e ricominciando a respirare appena lui le posò le mani calde e grandi sui fianchi attirandola delicatamente a sé e continuando a farla ballare.

 

From the first time that I saw the look in your eyes,
I've been thinking about you for all of this time,
Wo-ah tonight, tonight we could be more than friends.

 

Percy non aveva mai visto Annabeth in quel modo ma di certo, ragazza ubriache come lei, si.

Gli occhi grigi erano lucidi, il sorriso strano, non allegro come suo solito ma quasi malizioso e cavolo, non era affatto da Annabeth quel sorriso.

Una cosa non poté negare però, non poté negare quanto, ballare con lei, gli stesse piacendo. Gli sembrava quasi che quella canzone l'avessero messa apposta per loro due e cercò di ignorare i brividi che gli pervasero tutto il corpo appena le mani fredde di Annabeth gli sfiorarono la pelle del collo sotto la camicia.

I loro corpi erano attaccati, i fianchi si muovevano all'unisono scatenando in Percy pensieri che, a contatto con Annabeth aveva sempre cercato di seppellire. Ma in quel momento, gli era praticamente impossibile.

Respirò il profumo di Annabeth che, nonostante l'alcool e il sudore era ancora percebile e un sorriso gli increspò le labbra alla consapevolezza che la bionda avesse cacciato via Crissy per ballare con lui. E si sa no? Vino veritas.

 

Annabeth era alta quanto lui con i tacchi e sul serio, non ci stava capendo nulla, voleva solo ballare con ballare con Percy e baciarlo fino a che le labbra non le avrebbero fatto male perché -cavolo- quelle labbra rosee le erano davvero troppo vicino e lei voleva assaporarle, sentirle sue, voleva sapere che cosa volesse dire baciare una persona per la quale provava qualcosa.

La testa non c'era più, la canzone le aveva intorpidito del tutto i sensi e lei voleva baciare Percy. Stava diventando un bisogno fisico e i loro volti erano talmente vicini che sentiva il respiro caldo del ragazzo mischiarsi col suo.

 

Percy sbarrò gli occhi verdi fissandoli in quelli grigi di Annabeth che lo guardavano un po' annebbiati dai fumi dell'alcool.

Annabeth non lo avrebbe mai baciato.

Se Annabeth non fosse stata così ubriaca non avrebbe neanche mai ballato con lui e questo lo sapeva bene.

Non voleva che il loro primo bacio fosse così seppur sembrasse quasi che le labbra carnose di Annabeth lo stessero chiamando e lui aveva tutte le intenzioni di rispondergli a gran voce, esaudire il loro desiderio perché, lo sapeva, la bocca di Annabeth lo bramava tanto quanto la sua.

Sarà lei a baciarmi se vuole, pensò, non mi aprofitterò di lei da ubriaca.

 

- Voglio baciarti – gli sussurrò Annabeth a qualche millimetro dalle sue labbra, più seria che mai seppur Percy fosse certo che lei fosse completamente ubriaca. E prima che lui potesse rispondere con un:”fallo”, lei gli premette le labbra fra le sue e per Percy fu decisamente abbastanza.

Le abbracciò i fianchi facendole inarcare la schiena nell'impeto di quel bacio che stavano già iniziando ad approfondire. I loro petti aderirono tra loro e Annabeth mugolò per le labbra del moro che finalmente sapeva avessero il sapore più buono del mondo e per lo stomaco stretto in una morsa che, per fortuna, non aveva intenzione di abbandonarla presto.

Annabeth schiuse le labbra piano, lasciando che la lingua di Percy potesse giocare con la sua e gli strinse il colletto della camicia bianca nella speranza di non cadere per le gambe che tremavano vistosamente.

Percy le mordicchiò il labbro inferiore con un sorriso, chiedendosi dove diavolo fosse una camera libera e le accarezzò il corpo portandole le mani al collo e poi sulle guance. Una carezza che la fece rabbrividire e le gambe tremarono ancora di più. Si strinse ancora di più a lui e Percy sorrise senza che il bacio, quel bacio di fuoco che gli stava mozzando il fiato, potesse finire.

Le loro labbra si separarono con uno schiocco per un paio di secondi e si guardarono negli occhi per degi istanti, prima di tornare a cercarsi, volersi e bramarsi più che mai.

Annabeth affondò le mani nei capelli di Percy e si lasciò andare a un sospiro sulle sue labbra mentre le braccia di Percy tornavano ad abbracciarle i fianchi e a portarla ancora di più a sé.

Volevano sentirsi, volevano sentirsi più vicini che mai. Volevano liberarsi di quei tessuti che li tenevano, anche se di poco, separati e loro, di quella cavolo di distanza non ne potevano più.

Percy giocò con le sue labbra facendola ridacchiare prima di tornare alla carica, prima di farle aprire la bocca delicatamente trovando la sua lingua pronta ad accogliere la propria. Trattenne un grugnito d'approvazione quando le mani di Annabeth gli strinsero la camicia bianca attirandolo ancora più vicino a sé. Lo sapevano entrambi che non ne avrebbero mai avuto abbastanza e Annabeth non riusciva neanche a spiegarsi per quale motivo, ma quel bacio le stava piacendo e le stava provocando emozioni, più del dovuto.

Si baciarono ancora e ancora, mai sazi l'uno delle labbra dell'altro e Annabeth sorrise quando le mani di Percy scivolarono sulla sua schiena senza mai toccarle il sedere.

Si baciarono a stampo, consapevoli degli schiocchi delle loro labbra e poi, Annabeth aprì gli occhi incontrando quelli verdi di Percy. Ci vide amore, ci vide felicità, ci vide passione.

Si liberò lentamente dalla presa del moro combattendo contro il proprio corpo che già reclamava quel calore piacevole. Se ne andò, se ne andò verso la cucina, o verso la veranda, non sapeva neanche lei bene dove. Sapeva solo che era più stordita di prima e che, sicuramente, lei non si meritava né amore né passione e neanche felicità.

Mr. Morrison glielo diceva sempre, giusto?




Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
Allora, prima di tutto, scusatei se sto aggiornando solo adesso ma ero a casa di una mia amica e non potevo farlo prima, seconda cosa.. IL BACIO!
Sono così contenta di postare questo capitolo, vi giuro ahahah probabilmente starete provando sentimenti contrastanti nei miei confronti per come è terminato il capitolo, ma le parole di quello stronzo si sono radicate troppo in Annabeth perché Percy gliele possa far dimenticare.. subito. In ogni caso, avevo l'idea di questo bacio alla festa da un po' e spero tanto tanto tanto tanto che non vi abbia deluso. Ditemelo in caso, va bene?
Poi, trovo che siate le lettrici migliori del mondo, visto e considerato che anche quando i capitoli sono corti mi lasciate recensioni stupende e vi scusate se(secondo la vostra testa) sono troppo lunghe.. pipol! Io amo leggere ciò che mi dite, d'accordo? Scrivetemi tutto ciò che volete, dalla storia a cosa avete mangiato per pranzo.. non so ahahaha
La canzone che ballano Percy e Annabeth è More Than Friends, a mio parere una delle canzoni da discoteca migliori che siano state inventate dal genere umano. FATE SANTO DADDY YANKEE!
Ok, basta HAHAHAH il vestito di Annabeth è quello che ha indossato Alexandra Daddario ai People Choice Awards quest'estate. Io l'ho trovato perfetto anche per Annabeth ahahaha no, sul serio, a questo capitolo ci tengo da morire! Sono felicissima di postarlo dato che in tantissime mi stavano chiedendo di un cavolo di bacio della Percabeth.. chi mi conosce sa come la penso, odio che le cose accadano tutto e subito e anche se vi ho fatto penare fino al quindicesimo capitolo... spero davvero ne sia valsa la pena:**
Comunque, grazie mille a tutti tutti tutti, senza di voi la storia non andrebbe avanti, lo sapete no?
Ci vediamo presto con un capitolo di passaggio ma è solo la calma prima della tempesta, quindi don't worry^.^
Vi voglio bene gente,
Alla prossima,
Love yaa<3
x


    

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Capitolo 17
*** 16.I just don't care who is wrong or right ***


I just don't care who is wrong or right
 

Quando Annabeth si risvegliò la mattina dopo, promise a sé stessa e alla sua testa che non avrebbe mai più bevuto così tanto, mai mai più.

Le tempie le pulsavano e la testa le girava terribilmente seppur si fosse solo seduta.

Talia, nel letto accanto al suo, mugugnò qualcosa prima di mettersi a pancia in su e portarsi un braccio sopra gli occhi.

- Ho decisamente bevuto troppo – esordì con la voce ancora impastata e chiedendosi, esattamente come Annabeth, come avesse fatto ad arrivare nel suo letto e ad essersi infilata nella maglietta del pigiama, visto e considerato che non si ricordava assolutamente nulla.

Annabeth mugugnò qualcosa in risposta e cercò di fare mente locale di ciò che era successo dato che i suoi ricordi almeno un po' lucidi si fermavano al terzo bicchere di birra e al quinto shottino.

Il resto era tutto un oblio.

Ricordò di aver ballato con un ragazzo castano che aveva visto un paio di volte e ricordò anche che aveva chiacchierato con tutti, riso e bevuto decisamente troppo.

Corrugò le sopracciglia mentre sprazzi di ricordi le invadevano la mente.

Lei che spostava Crissy Morrison da.. Percy?

Lei che ballava con Percy..

Lei che.. – oh cazzo – esclamò alzandosi di scatto e crollando nuovamente sul letto per la testa che le girava.

La schiena le si ricoprì di brividi e Talia si voltò ad osservarla, un misto tra preoccupazione e curiosità.

- Che cosa? – domandò la mora mentre lo stomaco di Annabeth si stringeva in una morsa e le labbra quasi pulsavano perché desiderose di quelle di Percy più che mai. Le volevano, le volevano adesso e subito e il corpo tremò per un istante costringendo Annabeth a stringere i pugni per far fronte a tutte le emozioni che stava provando in quel momento.

- Oh cazzo.. – ripetè, – oh cazzo, cazzo, cazzo – disse a raffica e sbarrando gli occhioni grigi. Si passò una mano tra i capelli biondi e districò le dita dandosi uno schiaffo da sola.

- Annabeth.. io non so che problemi di affliggono, ma possiamo risolverli insieme, ti prometto che andremo nella giusta casa di cura e salveranno il salvabile – fece Talia melodrammatica.

Annabeth chiuse le palpebre, talmente sotto shock da non riuscire neanche a ridere a una battuta che, in altre occasioni, l'avrebbe fatta sbellicare dalle risate.

- Ho baciato Percy – sbottò tutto d'un tratto prima che la paura, l'ansia e l'imbarazzo potessero prendere il sopravvento su di lei.

Talia si alzò a sedere di colpo imprecando pochi attimo dopo per il capogiro, ma ciò non le impedì di voltarsi verso Annabeth, gli occhi blu elettrrico spalancati e fissi in quelli dell'amica, – tu che cosa?

- Ho baciato Percy! – fece isterica la bionda, – ho baciato Percy! – strillò come se avesse ucciso una persona pochi secondi prima.

Talia la guardò seria prima di scoppiare a ridere, battere le mani e saltellare sul letto, – era ora! – esclamò felice e rise di nuovo, non notando l'espressioone da funerale di Annabeth e non perché quel bacio non le fosse piaciuto, ma perché lei non si meritava niente del genere, assolutamente non se lo meritava.

 

Quando Percy aprì gli occhi quella mattina, ci mise un po' per realizzare che cos'era successo e un sorriso gli increspò le labbra anche se sapeva perfettamente che Annabeth non voleva relazioni e a parte quel bacio, ne era certo, non ci sarebbe più stato nient'altro fra loro due.

Si passò una mano tra i capelli e lanciò un'occhiata fugace a Grover che russava nel letto affianco al suo.

Chiuse gli occhi cercando di ricordare il più possibile le sensazioni che quel bacio era riuscito a dargli, le sensazioni del corpo di Annabeth premuto sul suo, le sensazioni che le sue labbra, le sue mani erano riuscite a regalargli senza apparente sforzo.

Dio.. pensò senza poter fare a meno di sorridere.

Cercò a tentoni il telefono sul comodino e senza neanche guardare, con gli occhi verdi assottigliati per la luce, avviò la chiamata.

- Che cavolo vuoi? – gracchiò Luke con la classica voce di chi è stato appena svegliato dopo una sbronza clamorosa.

Percy rise, – vestiti stronzo, andiamo a fare colazione fuori.

- Fanculo, lasciami dormire.

- Pago io.

- Fra dieci minuti in camera mia.

 

Luke lanciò un'occhiata all'amico avvolgendo le mani attorno alla tazza di cappuccino che la cameriera carina e bionda gli aveva portato pochi secondi prima. Osservò Percy sorridere come un ebete mentre girava il suo di cappuccino e dopo aver preso una cucchiaiata della schiuma, il biondo si decise a parlare, – allora, dammi una buona motivazione del perché mi hai buttato giù dal letto all'alba.

Percy lo guardò inarcando un sopracciglio scuro, – ti rendi conto che sono le undici e mezzo, vero?

Luke lo guardò come se fosse ovvio, – per me è l'alba, tonto. Su, dammi una buona motivazione – fissò gli occhi azzurri in quelli verdi dell'amico, studiò il suo sorriso e lo sguardo più vispo del solito. Buttò il cucchiaino nella tazza facendo girare un po' di persone ai tavoli vicini per il cozzare di metallo e ceramica, – con chi ti sei baciato? – domandò capendo al volo e curioso di scoprire chi fosse.. la sfortunata o la sfigata a seconda di come baciasse Percy.

Il moro non poté fare a meno di sorridere ancora, – Annabeth – disse tranquillo ottenendo la reazione che si aspettava.

- Cosa?! – Luke sbarrò gli occhi e lasciò nuovamente cadere il cucchiaino nella tazzina, schizzando un po' di cappuccino sul tavolo anche se non se ne preoccupò. Si sporse verso l'amico e lo afferrò per la maglietta azzurra che portava mentre Percy continuava a ridere, – Voglio. I. Dettagli.

Lasciò la maglia del moro e lui se la sistemò velocemente, sorridendo e portandosi alle labbra la schiuma del cappucino, – è stato stupendo.

- E adesso state assieme?

- No, perché?

Luke corrugò la fronte, guardandolo come se avesse qualche grave problema alla testa, – scherzi, vero? – Percy lo osservò dubbioso e il biondo scosse la testa, – mi hai svegliato alle undici dopo che sono andato a letto alle cinque del mattino per parlarmi di Annabeth, mi dici che il bacio è stato stupendo e posso solo immaginare quanto avete slinguazzato.. e tu mi dici “no, perché?” – Percy rise per quello sclero, – sul serio, amico. Sicuro di non avere qualche malformazione mentale? Trovo che tu sia un po' tardo.. – ci pensò per un attimo, – la maggior parte delle volte.

Percy rise buttando la testa all'indietro e strappando un sorriso anche a Luke nonostante stesse cercando di mantenere la facciata da severo e deluso fratello maggiore.

- Lei non vuole relazioni e ho intenzione di rispettare la sua scelta – spiegò Percy tranquillo e Luke lo osservò impassibile per un istante prima di dargli un pugno alla spalla senza il minimo di preavviso.

Percy si portò una mano alla parte dolorante, – ma sei coglione?

- Il coglione sei tu! – caricò un altro pugno che Percy, preparato, quella volta riuscì ad evitare, – sii uomo, cazzo! Sbattila al muro e baciala, dille quello che provi! Che razza di stronzata è:”non vuole relazioni e ho intenzione di rispettare la sua scelta?”

- Non è una stronzata, è la verità.

Luke ruggì, – Fanculo Percy. Sono stronzate belle e buone e questo lo sai benissimo – il biondo sbatté una mano sul tavolo facendo girare un paio di persone nelle vicinanze, – non puoi mettere ciò che provano gli altri davanti a te e pensare che questo sia amore!

Il moro strinse il bordo del tavolo maledicendo ciò che aveva detto l'amico perché, lo sapeva, aveva centrato il punto.

- L'ho sempre fatto, perché dovrei smettere adesso? – domandò tranquillo e bevendo un altro po' di cappuccino.

L'ho fatto rimanendo a casa con mamma anche se quel tricheco picchiava sia lei che me.

L'ho fatto per i ragazzi, rischiando sempre per loro.

L'ho fatto per Talia in tutta la mia infanzia.

Perché non dovrei farlo per Annabeth?

Luke chiuse gli occhi e prese un respiro prima di rispondergli, – perché è sbagliato, Percy. Perché non puoi annullare te stesso, non puoi metterti al secondo posto dietro chiunque – strinse i pugni sul tavolo, – nessuno, nessun amico, nessuna ragazza, nessuno varrà mai il primo posto nella tua vita. Tu vieni prima e non è egoismo, è sopravvivenza, è salvaguardia della tua persona.. – perché non voglio che ti annulli, non voglio che tu smetta di credere in te, non voglio che tu smetta di essere te, e basta.

Ma non lo disse anche se non seppe neanche lui il perché.

 

Era notte e come al solito da più di un mese, pioveva alla grande.

Ma a Percy non importava davvero. Sgattaiolò in piscina e si chiuse delicatamente la porta alle spalle. Osservò l'acqua con un sorriso e si spogliò velocemente rimanendo in boxer scuri e non esitò ancora nel prendere la rincorsa e tuffarsi in acqua come se fosse la sua unica salvezza cosa che, tra l'altro, poteva anche esser vera.

Lasciò che il fresco gli spazzasse indietro i capelli, lasciò che l'acqua gli sferzasse il viso sorridendo perché era nella sua seconda dimensione e niente, niente in acqua gli avrebbe potuto mai fare del male.

L'acqua l'aveva sempre protetto. Protetto dai colpi di Gabe sulla mamma, colpi che non avrebbe mai potuto impedire. Protetto dal dolore delle ferite che si procurava a furia di picchiarsi nel Bronx con ragazzi più forti di lui, consapevole che un giorno gli avrebbe battuti senza il minimo sforzo.

Protetto come solo una mamma riesce a fare con suo figlio e fece un capriola prima di uscire a prendere fiato e sdraiarsi sul fondo, osservando il più che poteva la superficie ancora increspata per i suoi continui movimenti e la luna che dominava nel cielo scuro seppur stesse piovendo.

 

Allora Kid, te la senti?” domandò Chris mettendogli le mani sulle spalle, posizionato dietro di lui.

Il tredicenne deglutì e strinse i pugni facendo schioccare i polsi e guardando la donna in pelliccia a una ventina di metri di distanza da lui.

Kid” intervenne Jake fissando i suoi occhi di ghiaccio in quelli verdi del bambino, “se ancora non ti senti pronto per noi va bene, d'accordo?”

non va bene per nulla” borbottò Josh beccandosi un pugno sulla spalla dal biondo, “ahia, stronzo”

Jake lo fulminò con lo sguardo, “impara a chiudere la bocca”.

Ragazzi” li richiamò perentorio Chris e i due amici si fermarono di colpo, come se avessero appena ricevuto una scossa, “se non se la sente può anche tirarsi indietro ma sappi” disse rivolgendosi direttamente a Percy, “che il figlio di quella stronza che vedi laggiù ti ha fatto finire dalla polizia la prima volta”.

E quello fu abbastanza perché la determinazione di Percy tornasse più forte che mai, “sono pronto”

Chris sorrise ai due amici da dietro le spalle del bambino, attento a non farsi vedere, “ecco cosa devi fare..”

 

E l'acqua, al Percy diciannovenne, andò di traverso perché sapeva benissimo che cosa sarebbe successo dopo, e i segni sull'avambraccio glielo ricordavano ogni volta.

Si ricordava perfettamente di quel tentativo di furto andato male, del figlio della donna che assieme ad altri amici, decisamente più grandi di lui, gli avevano chiesto chi l'avesse mandato.

“Non mi ha mandato nessuno” aveva detto, “sono da solo”.

Percy uscì velocemente dall'acqua, il fiato corto, e fu costretto a tossire un paio di volte perché potesse tornare a respirare normalmente. Si issò sul bordo puntando le mani sulle mattonelle azzurre e poi si sdraiò, la schiena poggiata al pavimento freddo e il petto ansante.

Aveva bisogno di un appiglio, di qualcosa che non lo facesse crollare neanche quella volta.

Annabeth fu il suo primo pensiero.

Annabeth e il suo sorriso mozzafiato.

Annebeth e i suoi occhi sempre un po' tristi.

Annabeth e le sue mani gentili.

Annabeth e il suo bacio caldo, ricco di emozioni che non aveva mai realmente provato, lui se lo sentiva.

Aveva rischiato per Chris, Jake e Josh tantissime volte, avrebbe fatto lo stesso anche per lei.

Anche se stava una merda, avrebbe continuato a mettere lei davanti a lui.

Anche se stava una merda e voleva tutto tranne che un'amicizia con Annabeth.

Anche se stava una merda l'avrebbe fatto perché per Annabeth ne valeva la pena.

Non era un problema se lui stava male. Aveva passato diciannove anni a resistere, a combattere ogni giorno.

Farlo anche per Annabeth non avrebbe cambiato assolutamente nulla.



Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
Allora, io vi amo da morire! Quattordici recensioni allo scorso capitolo che non solo mi hanno fatto un piacere immenso, ma mi hanno anche fatto ridere in una maniera assurda HAHAHAH i vostri scleri erano la cosa migliore, vi giuro HAHAHAHAHH
In ogni caso, già dallo scorso capitolo vi avevo anticipato che questo sarebbe stato di passaggio ma don't worry perché arriveranno una serie di capitoli niente male. Tutti i ragazzi devono chiudere con il loro passato e per Annabeth questo step è un po' difficile, infatti non riesce ad accettare l'idea che si sia baciata con Percy e che le sia piaciuto. E' convinta di non meritarselo e questa cosa andrà avanti per un po', purtroppo.. ma per chi mi conosce, sa che le mie storie hanno un lieto fine, quindi don't worry parte due ahahha qualcuno era anche preoccupato che lei non si potesse ricordare nulla ma sarei stata una grandissima stronza se avessi fatto così e poi, va contro la mia natura rovinare in questo modo il primo bacio di una delle mie coppie preferite, eheh
Poi, parlando del capitolo, la parte tra Luke e Percy è spudoramente copiata dal mio film preferito "Noi siamo infinito" che, per la cronaca, ho anche letto come libro e lo adoro seppur la pole positione la detenga Percy Jackson^.^
Il titolo del capitolo è un verso di "Sick of you" di Selena Gomez, riferito a Percy che, talmente abituato ad annullarsi per gli altri, ritiene giusto continuare a farlo, è un qualcosa di scontato e per lui sarebbe strano non comportarsi in questo modo ogni volta..:(
Dico sul serio, grazie grazie grazie grazie grazie mille! Perché senza le recensioni, il numero di preferiti, seguite e ricordate e le visite al capitolo, la storia non andrebbe avanti e voi siete sempre dolcissimi con me anche se il capitolo fa schifo trovate sempre le parole giuste e che mi gratificano a tal punto da farmi sorridere e sclerare. Ogni recensione è un grande traguardo per me e non scherzo quando dico che non potrò mai ringraziarvi abbastanza per questo. Riuscite a mettermi sempre di buon umore anche se oggi ho fatto compito di geografia e spagnolo e domani ho latino, la materia più inutile del secolo.
Comunque, tornerò prestissimo con il prossimo capitolo e spero mi lascerete un vostro parere sulle reazioni di entrambi i ragazzi e su quelle di Luke e Talia che lottano perché i loro amici siano felici.. io li amo!
A prestissimo, lo prometto!
Vi adoro,
Love yaa<3
x



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Capitolo 18
*** 17.I feel something so right doing the wrong thing ***


I feel something so right doing the wrong thing
 

Passarono due giorni da quella festa (e quel bacio) e tutto il college ne parlava come se fosse stato un evento di stato.

Quella festa, senza dubbio, aveva superato quella di Billy Clarke e i ragazzi avevano raddopiato la popolarità che, anche prima del party, non era assolutamente poca.

Annabeth in quei due giorni aveva incessantemente pensato a quel bacio e si odiava per questo. Non riusciva a farne a meno però, non riusciva a fare a meno di pensare alle mani gentili di Percy, al suo tocco confortante, alle sue labbra morbide che sembrano esser state fatte apposta per lei.

Si erano visti sia domenica che lunedì e pareva che nel loro rapporto non fosse cambiato nulla, ma Annabeth lo sapeva che era cambiato qualcosa in lei, non in loro due.

Era cambiato qualcosa in lei perché adesso, era come se il peso che aveva allo stomaco si fosse raddoppiato, era come se il peso che aveva al cuore si fosse ridotto e il che era assurdo e anche un controsenso ma poteva una persona stare bene e male allo stesso tempo?

Dio, era più incasinata di un camaleonte in una scatola di smarties e per quanto ci provasse, non riusciva a considerare quel bacio un errore, non poteva perché era stato qualcosa di talmente bello che non poteva essere uno sbaglio, non poteva perchè, come può una cosa che ti far star bene essere un errore?

E lei, che riusciva a trovare una risposta a tutto senza il minimo sforzo, mentre camminava verso l'aula di letteratura, non riuscì a trovare una risposta per il casino che aveva in testa.

Non riusciva a trovarla semplicemente perché la risposta era lei, era il blocco che si imponeva di avere, erano le mura che si imponeva di erigere attorno al suo cuore.

Passò lungo l'aula andando a sedersi al solito banco e per un attimo si chiese dove fosse finito Percy dato che la lezione sarebbe iniziata di lì a breve.

Poggiò i libri sul banco e ascoltò il piacevole chiacchiericcio di tutti gli studenti mentre piano piano entravano, chi sbadigliava stanco e annoiato, chi chiacchierava con i vicini di banco e chi stava cercando un modo di ricopiarsi i compiti che lei aveva fatto cinque giorni prima, prima che arrivasse l'insegnante.

Quella sorta di avvoltoio entrò in classe dopo pochi istanti e il silenzio che scese nell'aula fu automatico.

Annabeth lanciò un'occhiata alla porta e prima che potesse chiudersi del tutto, un trafelato Percy entrò in aula incespicando e facendo ridere un paio di ragazzi. Quel gesto attirò l'attenzione delle ragazze in aula e Annabeth le fulminò con lo sguardo, una morsa allo stomaco e la gelosia che si spandeva nel suo corpo come un fiume ghiacciato.

“Dio, Annabeth! Finiscila!” si impose scuotendo la testa e serrò i pugni sotto al banco quando Percy ammiccò a un paio di ragazze che sorrisero e sospirarono, – galline – borbottò.

- Il signor Jackson si è degnato di.. onorarci con la sua presenza – disse l'avvoltoio sarcastica e sistemando gli innumerevoli libri sulla cattedra.

Percy sorrise affabile, – lo dica prof., la lezione senza di me non è la stessa cosa.

- Si, è decisamente migliore.

Percy si portò una mano al petto, una finta espressione ferita sul volto, – sta logorando i miei sentimenti.. io sono sensibile! – e la maggior parte degli alunni rise accompagnando Percy fino al suo banco.

Annabeth gli sorrise, – buongiono, Casanova.

Percy si sporse verso la ragazza lasciandogli un bacio sulla guancia e sistemando poi libri e penne sul banco, – ehi, bionda – sorrise fingendo di non notare quello di Annabeth, un misto tra imbarazzo e gratificazione.

- Come va? – domandò Annabeth cominciando a prendere febbrilmente appunti appena l'insegnante cominciava a parlare.

Percy abbozzò una risata, la sua secchiona.. – alla grande. Ho voglia di cioccolata calda con panna – disse poi di punto in bianco e Annabeth alzò lo sguardo dal foglio puntando i suoi occhi grigi in quelli verdi di Percy.

- Caffetteria, dopo? – domandò e Percy annuì con un sorriso dandole un altro bacio sulla guancia.

Dio, spostati un po', un po' più verso sinistra..

Ed Annabeth si ritrovò a darsi della stupida, dell'idiota, della masochista per quei pensieri che non avrebbe e che non dovrebbe mai avere.

 

Percy intrecciò le dita alle sue e si lasciò trascinare dalla bionda che quasi saltellava lungo il corridoio verso il bar del college.

“Voglio un lavoro di coppia sui sonetti di Shakespear e non gioite, illusi, le coppie le ho fatte io” aveva gracchiato l'avvoltoio e neanche a farlo apposta, i cognomi Chase e Jackson erano stati accoppiati assieme al simpatico commento dell'insegnante:”Chase è abbastanza intelligente per entrambi, con la speranza che non retroceda”.

Annabeth non sapeva se essere triste o felice, ma visto che era stanca della prima opzione aveva scelto la seconda e adesso stava saltellando verso la caffetteria, le dita di Percy intrecciate alle sue, che rideva ogni due per tre e ogni tanto la tirava col solo scopo di far scontrare i loro corpi.

- I sonetti di Shakespear! Non è meraviglioso? – trillò eccitata guardando il ragazzo oltre la sua spalla ed entrando nella caffetteria con un po' di studenti all'interno che si prendevano una meritata pausa dopo le lezioni.

  • Si, Annabeth, meravigliosi quasi quanto me con i capelli biondo platino.

    Annabeth lo osservò con occhio critico mentre si sedevano uno di fronte all'altra nel primo tavolino libero che trovarono, – non staresti male.

    Percy districò le dita da quelle di Annabeth e giunse le mani per poggiarci sopra il mento. Osservò Annabeth come se fosse un bambino e disse quasi con spensieratezza, – dimmi, Annie bella, in quale lingua vuoi essere mandata a fanculo.

    - Dimmi Testa d'Alghe, quand'è che capirai che odio essere chiamata così?

    - Quando smetterai di dire che i sonetti di Shakespeare sono belli.

    Annabeth sbuffò assumendo la più bella espressione imbronciata che Percy avesse mai visto in tutta la sua vita, – ma sono belli sul serio – piagnucolò sporgendo il labbro inferiore in avanti.

    Vorrei baciarti, Annie bella..

    - Non attacca, due cioccolate con panna? – le domandò vedendo la cameriera quarantacinquenne con i capelli scuri e corti che si avvicinava al loro tavolo.

    - Si, ma sono belli sul serio! – disse spiccia con il tono fintamente lamentoso.

    Percy la guardò con la fronte corrugata, – due cioccolate con panna e no, non sono belli. Grazie – sorrise alla cameriera e appena quella finì di appuntarsi le ordinazioni li lasciò nuovamente soli.

    Annabeth sporse il labbro inferiore ancora di più, – daaaaaaaaaaaaaaaaiiii – implorò congiungendo le mani come se pregasse e Percy tentò di rimanere serio mentre guardava il volto adorabile della ragazza e ringraziando tutti gli dei perché il comportamento di Annabeth, dopo quel bacio, non era cambiato assolutamente, anzi, era addirittura migliorato.

    - No, Annie bella.

    Lei borbottò qualcosa incrociando le braccia sotto al seno e poggiandosi allo schienale della sedia, il volto imbronciato e lo sguardo fisso sul tavolo, aspettando che Percy facesse qualcosa.

    Intravide il sorrisetto che increspava le labbra del ragazzo e poi si allontanò un po' dal tavolo allargando le braccia, – vieni qua, Annabeth – esclamò e lei sorrise balzando in piedi e facendo il giro del tavolo per potersi sedere sulle sue ginocchia. Gli allacciò le braccia al collo e lo guardò, i volti a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro.

    - Allora, sono belli i sonetti di Shakespeare? – domandò come se la riposta fosse ovvia.

    Percy chiuse gli occhi cingendole un po' meglio i fianchi con le braccia, – si.. – mormorò.

    - E li studierai con me?

    - Si..

    Annabeth batté le mani un paio di volte prima di tornare a cingere il collo di Percy con le braccia e prendendo a dargli ripetuti baci sulla guancia facendolo ridere e valutare la possibilità di voltare il viso, così che le loro labbra si potessero incontrare.

    - Sei – bacio, – una – bacio – Testa – bacio, – d'Alghe – e Percy rise ancora di più per i baci di Annabeth che sembravano non avere fine, una fine che lui non desiderava assolutamente.

    La bionda si bloccò solo quando la cameriera arrivò con il vassoio e due tazzone di cioccolate calde con la panna sopra. Osservò i due ragazzi, osservò Annabeth seduta sulle gambe di Percy e le braccia del ragazzo che le cingevano i fianchi, e poi decise di posare le tazze sullo stesso lato del tavolo, rivolgendo un sorriso alla coppia.

    Annabeth batté le mani come una bambina e poi prese il cucchiaino da sopra il vassoietto di Percy. Prese una punta di panna e la portò verso le labbra del ragazzo facendo un verso che, nella sua testa, somigliava tantissimo a quello di un aereo.

    - Stai scherzando? – domandò Percy, un sopracciglio scuro inarcato e l'espressione scettica.

    Annabeth si fermò di colpo, i braccio a mezz'aria e l'espressione arrabbiata, – no, Testa d'Alghe, ho intenzione di fare l'aereoplanino con te quindi apri la tua fottuta bocca e fammi fare l'aereoplanino – disse severa e il ragazzo dovette fare di tutto per trattenere l'imminente risata. Serrò le labbra per un paio di secondi prima di aprire la bocca e chiuderle sul cucchiaino, lasciando che la panna gli si posasse sulla lingua e permettendo poi ad Annabeth di estrarlo dalla sua bocca.

    - Tocca me! – esclamò il ragazzo dopo aver ingoiato e prese il cucchiaino di Annabeth immergendo la punta di panna ed estraendolo subito dopo.

    Annabeth aprì la bocca speranzosa e Percy imitò il rumore di un aereo per un paio di secondi dirigendo il cucchiaio verso le labbra della bionda e dirottando la direzione pochi attimi prima che la panna potesse finire sulla lingua di Annabeth, sporcandole il naso.

    Lei esclamò indignata e Percy rise, buttando la testa all'indietro, – sei buffissima! – esalò tra le risate e Annabeth lo guardò indispettita prendendo la panna sul dito e mettendogliela sulla guancia.

    Percy stava per vendicarsi ma una ragazza piccola e bionda li interruppe, – ciao – disse un po' timida attirando l'attenzione di entrambi i ragazzi che si fermarano pulendosi le parti del viso sporche in meno di un secondo.

    - Ciao – salutarono Percy e Annabeth all'unisono, – hai bisogno di qualcosa? – domandò la bionda con un sorriso e la ragazza annuì torcendosi le mani sul ventre.

    - Siete davvero belli, da quanto tempo state assieme? – domandò tutto d'un fiato come se avesse potuto perdere il coraggio da un momento all'altro.

    Percy e Annabeth corrugarono le sopracciglia e si guardarono per un paio di secondi, – noi non stiamo assieme – rispose Percy facendo avvampare quella ragazza terribilmente.

    Sbarrò gli occhi castani e si portò una mano alla bocca come se avesse commesso chissà quale errore madornale, – oddio! Scusatemi! io..io non lo sapevo – si affrettò a dire e i due amici scossero la testa con un sorriso.

    - Nessun problema – fece Annabeth e dopo che la bionda li ebbe salutati, i due ragazzi si guardarono e risero, prima che Annabeth si potesse alzare e togliersi dalla presa confortante di Percy per andare a sedersi sulla sua sedia, incredibilmente fredda a differenza delle gambe del ragazzo e della braccia che riuscivano sempre a confortarla più di qualunque altra cosa.

 

Annabeth sfogliò le pagine del libro di letteratura aperto davanti a sé sul letto e quando trovò il sonetto giusto si fermò e lo lesse con gli occhi prima di incrociare lo sguardo terribilmente annoiato di Percy.

- Che c'è? – domandò lui e Annabeth lo guardò eloquente facendogli spalancare le braccia e poggiarsi alla testiera del letto, – andiamo, è noioso!

Annabeth si sbatté un palmo della mano sulla fronte, – sono bellissimi invece, solo che tu non ci capisci niente Testa d'Alghe – replicò tranquilla e puntando con la matita tutti i sonetti che avrebbero dovuto parafrasare e analizzare.

- Sei assurda, te lo giuro – fece lui.

Annabeth lo guardò un po' storta alzando lo sguardo dal libro che aveva davanti a sé, – che c'è di male se mi piace imparare?

Percy si liberò in una risata buttando indietro la testa, – imparare a parafrasare un disperato che andava in bianco tutte le notti e che aveva la mano destra che gli faceva male? – alzò la voce sovrastando quella di Annabeth perché, lo vedeva, voleva intervenire, – e non era per il troppo scrivere.

La bionda serrò le labbra, – ok, questa era cattiva – e serrò nuovamente le labbra per evitare di ridere.

Percy la guardò puntandole un dito contro, – stai per ridere.

Annabeth scosse la testa, le labbra ancora serrate, una linea sottile e quasi bianca nel tentativo di non dare soddisfazione al moro.

- Sii, stai per ridere! – esclamò scostando la schiena dalla testiera del letto e sporgendosi verso Annabeth che serrò le labbra ancora di più prima di scoppiare a ridere, ondeggiando sulle gambe incrociate.

Buttò la testa indietro lasciando che la coda di cavallo le spazzolasse la schiena, chiuse gli occhi e arricciò il naso mentre la sua risata riempiva l'aria e Percy, un po' la guardava e un po' la imitava, convinto che la sua fosse la risata più bella del mondo e ancora più convinto che stesse davvero scendo nel ridicolo tipo “Beautiful”.

Annabeth ritornò dritta, la risata ancora sul volto e alcuni ciuffi ribelli che le erano sfuggiti dalla coda le ricadevano sul viso un po' arrossato.

Percy la fissò più intensamente di quanto pensasse e il sorriso scomparve dal viso della ragazza venendo sostituito da un'espressione un po' preoccupata, – che c'è? – domandò arrossendo leggermente e giocando con la matita che stava ancora tenendo in mano.

Percy abbozzò un sorriso e le portò un ciuffo biondo dietro all'orecchio, davvero troppo vicino a quel viso perfetto e a quelle labbra che avrebbe voluto baciare ogni secondo di tutta la vita.

- Sei bellissima – disse come se fosse la cosa più scontata del mondo ed Annabeth alzò lo sguardo inchiodando gli occhi grigi in quelli verdi del ragazzo, a quella vicinanza, ancora più verdi del normale.

E poi, fu come se entrambi venissero attirati da una sorta di calamita e si fissarono negli occhi mentre i loro respiri si fondevano e mentre le loro labbra si sfioravano.

- Annabeth – chiamò il ragazzo, – ti sto per baciare – e prima che la bionda potesse dire un:”anche io”, Percy la attirò a sé per i fianchi facendo scontrare i loro petti e le loro labbra. Schiusero la bocca quasi in sincrono e Annabeth si ritrovò a sospirare forte contro il ragazzo, un po' perché le emozioni erano troppe e un po' perché Percy baciava talmente bene da togliere il fiato.

Le mani di Annabeth affondarono nei capelli scuri del moro mentre lui le abbracciava la schiena facendogliela inarcare per l'impeto di quel bacio che la fece anche gemere. Percy la avvicinò ancora di più a sé facendola mettere a calvalcioni sulle sue gambe e le accarezzò la pelle morbida dei fianchi, sotto al golfo bianco che la ragazza portava.

Annabeth si sistemò meglio su di lui e le loro labbra si allontanarono con uno schiocco per qualche secondo. I loro occhi si inchiodarono e fu unanime la decisione di tornare a baciarsi, di lasciare che le loro lingue potessero esplorarsi, pazienti e senza fretta.

Le mani di Percy salirono leggermente lungo la schiena di Annabeth che, in tutta risposta, si attaccò ancora di più a lui mentre rabbrividiva sulle sue labbra e la morse che aveva allo stomaco si faceva ancora più forte di prima. Ringraziò di essere seduta perché, se un bacio del genere l'avesse dato in piedi sicuramente le gambe non avrebbero retto.

Percy le succhiò il labbro inferiore e Annabeth rise arricciando il naso appena lui le baciò la punta.

Alzò il viso cercando quelle labbra che già reclamava e si baciarono ancora mentre Percy la teneva stretta a sé e Annabeth giocava con i suoi capelli.

Non te lo meriti.

Non te lo meriti.

E quella voce rude risuonò chiara nella sua mente, fin troppo chiara e precisa nonostante tutti gli anni che erano passati.

E poi, sembrò quasi che Annabeth recuperasse il senno, recuperasse la coscienza e il controllo che aveva sempre avuto e che si era sempre imposta di mantenere saldo dentro di sé.

Si allontanò dal ragazzo scendendo dalle sue gambe e dal letto e dandosi dell'idiota pochi istinti dopo perché il suo corpo già reclamava un contatto con quello di Percy.

Si tirò giù il golfo e tentò inutilmente di ricomporsi, – mi dispiace – sussurrò uscendo dalla sua stanza.

Non te lo meriti, stupida.




Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
No, io vi amo tantissimo! Lo scorso era un capitolo di passaggio e ho ricevuto comunque moltissime recensione e non potrò mai ringraziarvi abbastanza per questo! Siete i migliori, lo giuro:**
Comunque, passando al capitolo^.^ mi dispiace un po' che non si vedano Luke e Talia ma comunque, è tutto Percabeth e amo questa cosa ahhahaha non è un capitolo molto lungo e loro due si baciano tanto tanto anche se poi Annabeth se ne va'. Alcuni di voi forse troveranno esagerata questa cosa ma ci tengo a spiecificare che Annabeth è stata violata a soli dodici anni. Non ha avuto possibilità di scelta, non ha avuto una prima volta perfetta come invece sognamo praticamente tutte noi ragazze ahahah nessuno che la incorragiava, nessuno che le diceva:"prima o poi questo dolore andrà via". Non ha avuto possibilità di scegliere con chi fare questo passo importante e come se non bastasse, chi le ha fatto del male è stato un uomo di quarantanni. L'essere violentati è un qualcosa che ti alcera dentro e si, Percy la aiuterà ma dimenticare certe cose è davvero difficile e sarebbe assurdo se lei riuscisse subito a sbloccarsi, a fare la cosa giusta. Credetemi! Lei lo vorrebbe ma non ci riesce e forse questo vi farà incazzare ma uno stupro non è da prendere sotto gamba.. scusatemi se vi farò penare un po' ahahah
Mi ha fatto comunque molto piacere scrivere questo bacio tra loro due anche se non so bene il perché ahahha diciamo che amo scene del genere^.^
In conclusione, il titolo del capitolo è un verso di "Counting Stars" dei One Republic riferito ad Annabeth e ai suoi pensieri mentre vanno in caffetteria, mi pare ahhaha davvero, è forse uno dei capitoli che preferisco della storia*-*
Non posso rispondere appena pubblicato il capitolo alla vostre recensioni perché vado di fretta, mi impegnerò per farlo appena tornata a casa, lo prometto!
Grazie mille ancora e sembrerò ripetitiva ma davvero, siete meravigliosi!
A presto, lo prometto:**
Vi adoro,
Love yaa<3
x




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Capitolo 19
*** 18.But do you really want to be alone ***


But do you really want to be alone?
You’ll never know how to make it on your own
And you’ll never show weakness for letting go
I guess you’re still hurt if this is over
But do you really want to be alone?
One Direction, Over Again

 

Percy attaccò il sacco rosso con tutta la froza che aveva, assottigliando lo sguardo e stringendo i pugni nudi.

La canottiera bianca era madida di sudore esattamente come la fronte e il collo, ma non gli importava.

Erano passati altri due giorni da quel bacio con Annabeth e per il nervoso che aveva addosso avrebbe potuto demolire qualsiasi cosa gli capitasse davanti a suon di pugni.

Per non sbagliare, la bionda lo stava anche evitando come se avesse un non so che di malattia rara, incurabile e contagiosa. A lezione non gli rivolgeva neanche uno sguardo, a mensa stava iniziando a sedersi con Silena, Katie e i gorilla del football e rivolgeva la parola solo a Talia e Luke.

Sembrava stesse andando così bene! Sembrava che tutto stesse procedendo per il verso giusto e adesso, tutte le certezze che aveva Percy erano andate a farsi fottere allegramente.

Le nocche nude iniziarono ad aprirsi a furia di colpire il sacco di pelle rossa senza sosta ma a lui non importava.

Più le mani gli facevano male, più il nervosismo scemava e più, di conseguenza, stava meglio.

Fu per quello che continuò a colpire ignorando gli sguardi di qualche matricola come lui che andavano dal preoccupato all'ammirato.

Ignorando gli sguardi di studenti più grandi che quasi osservavano la portata dei suoi pugni, il modo in cui controllava il respiro e lo sguardo minaccioso e assottigliato.

 

Luke lo osservò dall'estremità della palestra, le braccia incrociate sul petto e si accorse di Talia che gli si avvicinava, con la coda dell'occhio.

Si sistemò la treccia scura sulla spalla e osservò il migliore amico, – di questo passo si ucciderà le mani – disse anche se, ovviamente, la sua preoccupazione era ben altra.

Luke abbozzò una risata senza distogliere lo sguardo dall'amico che continuava a darci dentro come se fosse questione di vita o di morte, – ho più paura per il sacco.

Talia fece saettare lo sguardo da Percy ad Annabeth che si stava allenando con una ragazza alta e grossa il doppio di lei. Nonostante tutto, quella non riusciva a starle dietro e i pugni erano talmente veloci e forti che, Talia ne era sicura, aveva tutti sensi allerta per evitare di venir malamente colpita, – quei due devono risolvere la situazione.. in un modo o nell'altro.

Luke chiuse gli occhi azzurri per un paio di secondi, l'ombra di un sorriso sul bel volto, – già, se non si mettono le mani addosso prima di aver concluso qualcosa.

 

Il pomeriggio dopo Percy era abbastanza risoluto a chiarire una volta per tutte con Annabeth considerato che ci stava davvero merda in quella cavolo di assurda situazione.

Alla fine era solo un bacio, no?

No. certo che non era solo un bacio e non sarebbe mai stato solo un bacio, ma almeno ci voleva provare. Annabeth valeva di più dei suoi stupidi sentimenti che avrebbe di certo imparato a nascondere, sopprimere e uccidere, come sempre.

C'era sempre riuscito nel corso negli anni, non sarebbe di certo stato difficile neanche in quel momento. Era certo delle sue capacità di nascondere ciò che provava davvero, fino a quel momento non l'avevano mai deluso.

Sapeva che Annabeth, verso le quattro del pomeriggio, rientrava nella sua stanza per poter riprendere a studiare dopo aver preso qualcosa alla caffetteria del college. Poteva comunque usare come scusa l'imminente progetto di letteratura visto e considerato che erano tremendamente in ritardo e l'unica cosa che avrebbe potuto fare in modo che non gli mollasse un cazzotto in faccia appena l'avesse visto era solo tirare in ballo la scuola. Si sentiva abbastanza fiducioso.

Poggiò la spalla coperta da una felpa scura allo stipite della porta e osservò il corridoio notando la figura di Annabeth che si faceva sempre più vicina.

Osservò i capelli stretti in una treccia bionda e abbandonati sulla spalla sinistra, osservò il fisico minuto imbotigliato in un paio di skinny jeans chiati e in un golfo grigio topo e poi osservò i suoi occhi, leggermente più aperti del normale per la sua vista e il sorriso che avrebbe tanto voluto vedere ma che in quel momento non sembrava una qualità propria di quella ragazza.

- Che c'è? – domandò appena furono abbastanza vicini e Percy si morse la lingua per dieci secondi per evitare di sbraitarle contro per quella domanda così cogliona e acida.

- Siamo in ritardo per il progetto di letteratura, Annabeth – disse come se fosse una ragazza che aveva appena conosciuto e che non aveva intenzione di conoscere ancora.

La bionda serrò i pugni e cercò di nascondere quel gesto affondando le mani nelle tasche degli skinny jeans. Respirò forte ignorando la morsa che aveva deciso di stringerle lo stomaco al pensiero di quel bacio di due giorni prima che le aveva mozzato il fiato e poi i suoi occhi grigi si puntarono in quelli verdi di Percy, quasi spaventandolo per quanto erano freddi.

- Entra, ci mettiamo sotto adesso – e poi entrò nella sua stanza senza neanche aspettarlo e rivolgergli uno sguardo come al solito.

Percy strinse i pugni fino ad infilarsi le unghie nella carne.

Aveva voglia di urlare, gridare contro a quella ragazza che sembrava fin troppo cieca all'amore che lui era disposto a darle, a ciò che provava per lei. Quella ragazza fredda come il ghiaccio che avrebbe tanto voluto sciogliere e dura come il marmo che avrebbe voluto spaccare.

Annabeth scalciò via le scarpe e si sedette a gambe incrociate sul letto allungandosi verso la scrivania per prendere il libro di letteratura e aprirlo davanti a sé.

- A che sonetto eravamo arrivati? – domandò piatta sfogliando il libro.

Percy prese un forte respiro e affondò le mani nelle tasche per evitare di colpire qualcosa, – Annabeth possiamo parlare?

- Dei sonetti? Fra poco ne parafraserai uno, Jackson.

E Percy a sentirsi chiamare in quel modo sbarrò gli occhi e si passò una mano nei capelli cacciandola subito dopo in tasca per il timore di far danno.

- Non me ne fotte nulla dei sonetti, Annabeth – disse duro ottenendo il risultato sperato.

La bionda alzò lo sguardo dal libro e lo puntò sugli occhi verdi del ragazzo, fissandoli nel modo più glaciale di tutto il suo repertorio e per un secondo, Percy fu convinto che per guardare una persona in quel modo bisognasse avere una dote naturale.

- Di cosa vuoi parlare allora?

- Di me e di te.

Annabeth corrugò la fronte, confusa e seccata allo stesso tempo, – trovo che su noi due non ci sia assolutamente niente da dire, Jackson. Adesso vieni che dobbiamo studiare.

Percy scosse la testa e si sedette difronte a lei, – questa non sei tu, Annabeth.

Lei emise un verso di scherno facendo cadere pesantemente la matita tra le pagine del libro, – vuoi dirmi tu chi sono, allora? Visto che hai la pretesa di conoscermi così bene?

Percy corrugò la fronte guardandola come se fosse un'aliena, – mi prendi in giro? Annabeth che cavolo ti ho fatto per meritarmi un comportamento del genere?

- Nulla, adesso dobbiamo fare Shakespeare – e quando tentò di abbassare nuovamente lo sguardo sul libro, Percy lo chiuse di scatto togliendoglielo da sotto il naso e nascondendoselo dietro la schiena.

- Può anche andare a farsi fottere Shakesperare per quanto mi riguarda – esclamò, la rabbia che stava seriamente rischiando di prendere il sopravvento su di lui, – adesso parliamo, che ti piaccia o no!

Annabeth assottigliò lo sguardo, – conviene che ti calmi seriamente. Ti ho già preso a pugni e ci sono andata piano.

Percy rise sarcastico, – sul serio questa sarebbe la vera te? La vera Annabeth non mi avrebbe mai detto una cosa simile!

La bionda si alzò di scatto dal letto, le braccia aperte in un segno di pura esasperazione, gli occhi lucidi e le lacrime che minacciavano di sgorgarle le guance da un momento all'altro, – no, Percy! Questa sono io! Questa sono esattamente io! Sono una stronza, acida che non vuole bene a nessuno e tu faresti bene a starmi alla larga perché finiresti solo per farti del male e io non voglio farti del male! – gridò, la voce leggermente rotta da un pianto che stava cercando di trattenere a tutti i costi, – io non ho bisogno di te, né di nessun altro! Non ho bisogno di te che cerchi di fare l'eroe di turno o che cerchi di farmi da piscologo per degli stupidi baci!

Non mi merito una persona come te. Non me la merito perché sei davvero troppo speciale per una ragazza sclerotica come me.

Io non mi merito te, Percy Jackson, perché tu sei talmente unico da dover ambire a molto di più che ad una ragazza idiota e complessata come lo sono io.

- Ma che diavolo stai dicendo, Annabeth! Lo colleghi il cervello quando parli?

- Lo collego sempre il cervello – sputò acida e serrando i pugni, – quello che deve collegare il cervello tra i due al massimo sei tu, cerchiamo di riequilibrare i ruoli.

Percy rise ancora, in un modo talmente amaro che quasi fece venire i brividi ad Annabeth che -cavolo- ce la stava mettendo davvero tutta per fargli capire che l'avrebbe dovuta dimenticare, che non avrebbe dovuto voler avere niente con lei perché Percy si meritava molto molto di più.

- Annabeth.. – disse con un tono talmente dolce che il suo cuore fece una capriola, – Annabeth perché fai così?

- Così come?

- Così come se non ti importasse niente di nulla e di nessuno. Io so che per te non è così, io so che tu sei diversa dall'immagine che stai tentando di darmi e io so per certo che tu tieni a me più di quanto non stia dando a vedere in questo momento – non distolse mai lo sguardo dai suoi occhi grigi e lottò con tutto sé stesso per non asciugare una lacrima che stava appena rigando la guancia di Annabeth, – e poi tutti hanno bisogno di un eroe, lascia che io sia il tuo.

E prima che lei potesse fare qualcosa, prima che potesse respingerlo in qualche modo, Percy le abbracciò i fianchi magri attirandola a sé e premendo le labbra sulle sue in un misto perfetto di forza e dolcezza che l'avevano sempre contraddistinto.

Annabeth gli si aggrappò alla felpa, stringendola come se fosse la sua ancora, come se Percy fosse l'unico in grado di salvarla, in grado di ripotarla su dall'oblio nel quale si stava imponendo di cadere.

E pianse, pianse durante quel bacio che fu capace di di mozzarle il fiato e pianse quando Percy la stringeva a sé, quasi avesse paura di perderla in qualche modo.

La lingua del moro chiese gentilmente il permesso alla sua bocca di aprirsi e non venne deluso trovando Annabeth pronta e anche un po' bramosa di accoglierglielo.

Lasciò che le loro lingue giocassero assieme proseguendo nella languida esplorazione di uno della bocca dell'altra e quando Percy si stava convincendo che stesse andando tutto bene, quando era certo che Annabeth fosse tornata in sé, lo schiaffo che gli colpì la guancia fu abbastanza forte da fargli rimangiare tutto quello che aveva pensato fino a quel momento.

- Devi starmi lontano! – gridò Annabeth, il volto rigato dalle lacrime e gli occhi che dicevano il contrario di quello che le sue labbra avevano lasciato uscire.

- Devi starmi lontano, Percy! È davvero così difficile da capire? – e lo sguardo che le rivolse Percy fu talmente furioso, rabbioso e ferito che le lacrime di Annabeth aumentarono anche se non le importò abbastanza del suo dolore per carcare di fargli fronte abbracciando il ragazzo che aveva davanti.

- È vero, non hai bisogno di nessuno. Sei forte abbastanza per riuscire a stare da sola senza l'aiuto di qualcuno che in te, ci aveva sempre creduto – allargò le braccia sbattendosi forte i palmi delle mani sulle cosce coperte da dei jeans un po' scoloriti, – vuoi stare da sola? Perfetto. Io me ne vado con la coscienza pulita sono; stanco di dare tanto per poi non ricevere niente – fissò i suoi occhi verdi dentro quelli grigi della bionda che aveva davanti, – fanculo, Annabeth.

E uscì dalla stanza sbattendosi la porta alle spalle.

E se Annabeth crollò a terra, strisciando contro la porta, per le forze che le vennero meno, per le lacrime alle quali non riuscì a far fronte, anche Percy stava crollando, anche Percy crollò con quel pugno, talmente forte che gli spaccò le nocche, con quel pugno che non servì davvero a fargli scaricare la rabbia ma solo a farlo sentire ancora più uno schifo di quanto già non si sentisse.

Si impose di non piangere, un ragazzo non avrebbe mai dovuto piangere e Chris, Jake e Josh glielo ripetevano di continuo.

Aveva bisogno di vedere il mare, avevano bisogno di staccare, non pensare per un po', ascoltare solo il rumore delle onde perché, lo sapeva, solo quello lo avrebbe fatto star bene sul serio.

 

- Annabeth, che cavolo è successo? – domandò Talia entrando nella stanza. Si chiuse la porta alle spalle e la guardò per un momento con apprensione prima di sedersi accanto a lei per terra.

Annabeth alzò lo sguardo in quel momento, gli occhi lucidi e le guance ancora rigate dalle lacrime che non aveva di certo finito di piangere.

- Sono un'idiota.

Talia abbozzò una risata divertita, – si, questo l'avevo capito da Percy che sbraitava contro chiunque e diceva qualcosa a proposito di ragazze bionde e stronze.

Suo malgrado, Annabeth non poté fare a meno di sorridere.

Talia la osservò portandole un ciuffo ribelle e che era scappato dalla treccia dietro l'orecchio, – perché non vuoi aprirti con lui? Perché non vuoi che ti salvi? – domandò senza distogliere lo sguardo da quegli occhi grigi che le erano sempre piaciuti e certa che a quella domanda, Annabeth sarebbe defiitivamente crollata.

Fu in quel momento che vide altre lacrime rigarle le guance già bagnate e fu in quel momento che capì sul serio quanto in realtà la sua amica si sentisse male per quello che si era costretta a fare.

Talia lo sapeva benissimo quanto Annabeth fosse forte ma sapeva anche bene quanto facilmente le persone potessero crollare e -cavolo- crollano i muri, figurarsi lei che non era fatta di cemento.

- Io non me lo merito – mormorò lasciando che Talia la abbracciasse e che interpretasse male il vero significato di ciò che aveva detto.

Io non merito Percy, non mi merito te, non mi merito nessuno.

Mr. Morrison l'ha detto.

Io sono sbagliata, io non mi merito niente di buono.

Io non mi merito degli amici.

Io non mi merito di sorridere.

Io sono sbagliata.




Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
Ciao bellissimi! Lo sapete che vi amo tanto tanto tanto tanto? Fate parte di quei pochi che riescono a famri sorridere ogni volta e un grazie non sarà mai davvero abbastanza, almeno per me. Non pensavo che questa storia potesse piacere così tanto e invece vedo che quei cavolo di numeretti quando vado su:"guarda chi segue le tue storie" crescono di volta in volta e in potrei esserne più felice!
Oggi sono particolarmente di malumore ma diciamo che un po' un periodo di merda. Non vedo l'ora che inizino le vacanze e mandarci affanculo la scuola per un po' ahah inoltre, i martedì senza Teen Wolf non hanno più un senso compiuto, ve lo giuro:((
Ma adesso passiamo al capitolo ahahah mi dispiace tanto se vi sto facendo penare con la storia di Annabeth ma lei è stata e sta malissimo. sarebbe assurdo se Percy riuscisse a salvarla subito quindi, nonostante in questo capitolo cerchi di sembrare forte anche da sola, Percy le legge dentro anche se lei lo respinge ancora.. mi sono fatta perdonare con il bacio o almeno spero ahaha come minimo mi vorrete uccidere ma non vi preoccupate, nei prossimi capitoli succederà un po' di casino ahahah
Se devo essere sincera, tengo molto a questo capitolo anche se non so bene il perché.. in ogni caso, sono solo felice di pubblicarlo e come al solito, spero tanto che vi sia piaciuto:))
Adesso devo scappare a studiare storia, grazie mille a tutti e ormai lo sapete, no? Siete i migliori^.^
A prestissimo, lo prometto:**
Love yaa<3



                   

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Capitolo 20
*** 19.So numb but now I'm walking to myself in the middle of nowhere ***


So numb but now I'm walking to myself in the middle of nowhere
 

Né Annabeth né Percy stavano frequentando le lezioni.

Si evitavano entrambi a vicenda e -notizia del giorno- avevano deciso di barricarsi nella loro stanza.

Percy usciva solo la sera per andare a nuotare nonostante le proteste e le minacce di Luke e i blandi tentativi di Grover di fargli capire che stava sbagliando.

Nell'ultima settima, che aveva portato ancora più freddo di quanto già non ce ne fosse, la routine per Percy era sempre stata la stessa: sveglia, doccia, letto, bagno, letto, tv, letto, piscina, letto.

Una monotonia che lo stava lentamente uccidendo ma per lui era sempre meglio così piuttosto che girare per i corridoi e magari incrociare lo sguardo gelido di Annabeth che non sarebbe mai riuscito a sostenere.

 

Per Annabeth, la routine quotidiana era leggermente diversa se si aggiunge la quantità spropositata che stava mangiando di gelato e le urla di Talia nella loro stanza che erano decisamente moltiplicate rispetto al normale.

Era tutta colpa sua.

Colpa sua se Percy stava male.

Colpa sua se avevano litigato.

Colpa sua se si erano dati quel primo bacio alla festa che -cavolo-sembra esser successo secoli fa.

Colpa sua se adesso si ritrovava nel suo letto con la tv accesa e che mandava in onda “Beautiful”, e con una vasca di gelato alla stracciatella, per essere precisi, la terza in una settimana.

- Annabeth, di questo passo diventerai un tricheco – disse Talia passando davanti all'amica dopo essersi cambiata per andare a a cena con Luke.

La bionda mugugnò qualcosa di incomprensibile prima di affondare il cucchiaino dentro il gelato e toglierne fuori una quantità enorme di dolce ficcandoselo tutto in bocca senza la minima esitazione.

- Io esco con Luke se c'è qualche problema – piegò la testa da un lato riflettendo su ciò che aveva appena detto, – anche se ne dubito fortemente, chiamami. Ciao tricheco – su chinò su di lei per darle un bacio sui capelli biondi e che avevano sicuramente bisogno di una doccia e Annabeth rispose in modo un po' strascicato osservando l'amica uscire dalla loro stanza.

Si stava annullando, e lo sapeva.

Si stava annullando, cercando una spiegazione al suo comportamento anche se, alla fine, la riposta era sempre la stessa. Era sempre quel “me lo merito” che voleva dire tutto e niente allo stesso tempo.

Lei aveva bisogno di essere salvata anche se questo non l'avrebbe mai ammesso.

Lei aveva bisogno di Percy anche se questo non l'avrebbe mai ammesso.

Lei aveva bisogno di uscire, staccare la spina per un po' e cercò a tentoni il coperchio del gelato che era certa aver lasciato sul comodino. Lo chiuse e lo allontanò da sé lasciandoci il cucchiaino all'interno e zampettò in bagno ignorando Brooke che stava cercando di portarsi a letto l'ennesimo uomo sposato.

 

Erano almeno le sei dal pomeriggio e a Percy Annabeth mancava come l'aria.

Camminava per le strade di Boston sentendosi sempre e inesorabilmente solo e neanche il freddo che gli passava sotto la felpa o i Simple Plan che ci davano dentro nelle sue cuffie sembravano aiutarlo sul serio o smuoverlo o far sì che il suo cuore si sciogliesse un po'.

Era come ai diciassette anni, dove aveva imparato a far sì che tutto gli scivolasse addosso, dove aveva imparato a far sì che niente riuscisse più a scalfirlo.

Pensava fosse diventato di legno, pensava fosse ormai ghiaccio, ma poi era arrivata Annabeth e tutte le certezza, tutti i suoi propositi erano svaniti nel nulla, completamente.

Annabeth aveva fatto cadere tutti quei muri che i ragazzi e lui stesso gli avevano insegnato a erigersi attorno e affondò i pugni nella tasca centrale della felpa tentando di non pensare perché non voleva che i ricordi lo incastrassero come al solito.

Continuò a camminare per le strade di Boston senza davvero sapere dove andare, senza davvero avere una meta precisa o un'idea precisa di dove fosse perché -cavolo- i pensieri lo stavano rendendo più schiavo di quanto non volesse ammettere e stavano prevalicando sul resto, inesorabilmente.

La musica si interruppe di colpo e Percy estrasse il telefono per guardare chi lo stesse chiamando, – Talia?

- Dove cazzo sei? – gridò lei dall'altra parte del telefono.

- Ma ciao Percy, ti ho mai detto che sei il migliore amico del mondo? Mi manchi tanto, come stai? – fece lui sarcastico facendo sbuffare la ragazza.

- Si, si, quelle robe lì – e Percy se la immaginò muovendo la mano irritata dall'altra parte della cornetta, – ho detto dove sei – ripeté.

- In giro – rispose Percy evasivo rendendosi conto di essere vicino alla piazza centrale di Boston, a soli quindici minuti da dove aveva lasciato il pick-up.

Talia sbuffò e Percy sentì la voce di Luke in sottofondo, – sai dov'è Annabeth per caso?

Percy alzò le soppracciglia anche se sapeva benissimo che Talia non lo avrebbe potuto vedere, – hai presente? Non ci parliamo da più di una settimana.

Talia imprecò e lui rise osservando il sole che stava lentamente per sparire dal cielo, – è successo qualcosa? – domandò, un lieve sfumatura di preoccupazione nella voce.

- Si, Annabeth non mi risponde al telefono.

Percy sbuffò passandosi una mano tra i capelli e facendo l'ochiolino a quella ragazza che lo stava fissando da almeno cinque minuti, – possibile che sia in camera e lo abbia spento? – fece ovvio e anche un po' seccato per la morsa che gli aveva chiuso lo stomaco al sentire il nome di Annabeth.

- No, non è spento, squilla a vuoto e ho mandato Silena a vedere dove fosse e la camera è vuota – e fu in quel momento che il cuore di Percy precipitò di colpo al solo pensiero che Annabeth potesse essere in pericolo.

- Stai scherzando? – domandò cominciando a camminare dritto davanti a sé velocemente.

- No, fammi sapere se sai qualcosa.

- Ovvio, a dopo Tals – e chiuse la chiamata staccando gi auricolari e cercando Annabeth tra i contatti.

 

Talia chiuse la telefonata con Percy e si infilò il cellulare nella tasca posteriore dei jeans con un grugnito di rabbia, passandosi una mano tra i capelli scuri, stretti in una crocchia ordinata.

Luke la guardò, la guardò senza sapere davvero che cosa fare.

La guardò e notò le mani affusolate tremare vistosamente nonostante lei facesse di tutto per nasconderlo. Notò gli occhi blu elettrico sempre più lucidi e poi, notò una singola lacrima scorrere lungo la sua guancia lentigginosa.

Talia strinse le palpebre e schiuse le labbra senza riuscire a calmare il tremito alle mani.

Basta piangere, devo essere forte.

E Luke, come se l'avesse letta nel pensiero, a quel punto smise di star fermo, smise di guardarla e basta. Fece un passo verso di lei attirandola contro il suo petto e stringendola a sé perché, lo sapeva, era esattamente ciò di cui Talia aveva bisogno perché, ogni tanto, anche i guerrieri hanno bisogno di piangere.

 

Lei era sbagliata.

Lei non serviva a niente e a nessuno.

Lei riusciva solo a far star male gli altri e Percy ne era la prova.

Lei meritava di star male, di piangere ogni secondo perché, anche la sua risata era inutile e stupida.

Lei non meritava neanche di vivere, Robb glielo diceva sempre.

Lei non era mai abbastanza e mai lo sarebbe stata.

Lei era inutile, stupida, uno sorta di spreco di spazio che faceva male a tutti, anche a sé stessa, e c'era cosa più stupida del far del male a sé stessa?

Strinse i pugni mentre continuava a camminare per Boston, gli auricolari di Talia infilati nelle orecchie e la musica che non riusciva a superare il rumore dei suoi pensieri, ma forse era meglio così. Era meglio che pensasse troppo, che pensasse a tutti gli errori che aveva fatto, a tutte le persone che aveva fatto star male e quando vide il nome di Percy sul display, il suo cuore precipitò ancora.

Gli chiuse la chiamata in faccia.

Non voleva sentire nessuno, nemmeno lui, ma forse perché era troppo importante per lei, troppo avanti per lei, semplicemente troppo per una ragazza sbagliata come lei.

Teneva la musica alta nelle orecchie, abbastanza perché i rumori attorno a lei non venissero neanche sentiti.

Abbastanza perché avesse rischiato di venir investita almeno un paio di volte ma, alla fine, non le importava davvero.

Tanto era sbagliata.

 

– Cazzo, Annabeth! Rispondi a quel fottuto telefono! – ringhiò Percy che stava seriamente iniziando a preoccuparsi, ma preoccuparsi sul serio.

Aveva cercato in tutti i posti dove era convinto di trovare Annabeth: al parco, allo Starbucks, a quel cavolo di coso di astronomia.. tutti posti che a una cervellona come lei avrebbero attirato di certo, lasciandolo però deluso.

Camminò ancora per strade dai marciapiedi larghi, superando negozi che aveva visto un sacco di volte e alla fine, la vide.

Vide la sua figura in lontananza, pronta per attraversare la strada.

Le mani infilate nelle tasche della felpa, gli auricolari che si intravedevano grazie al collo scoperto dalla coda.

Le gambe strette nel solito paio di skinny jeans.

Il suo sguardo corse verso destra.

Una di quelle Prius vecchio modello terribilmente ammaccata, il conducente forse della sua età che agitava la testa a ritmo di quella musica che Percy poteva sentire anche a quella distanza.

Puntò di nuovo gli occhi verdi su Annabeth che stava attraversando la strada, lo sguardo basso, il corpo scosso e i piedi che si muovevano lenti. E il suo sguardo saettò verso la macchina e verso quel conducente che, la strada non la stava neanche guardando.

Percy cominciò a correre.



Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
Vi prego, vi prego.. non uccidetemi dopo questo capitolo! E' corto e vi lascia con Percy che sta correndo verso Annabeth che ha appena deciso di giocare a fare il moscerino contro una macchina ma, lo prometto, mi farò perdonare al prossimo capitolo che sarà decisamente più lungo e.. e poi non vi dico nient'altro perché voglio che sia una sorpresa^.^
Comunque, se devo essere sincera, la parte che ho preferito è stata quella di Luke e Talia. Si vede quanto Talia tenga ad Annabeth e quanto sia preoccupata per lei e sopratutto, si vede quanto Luke ami Talia. Non fa domande ma la abbraccia e basta e Gesù, Dio solo sa quanto sono belli gli abbracci dati da un ragazzo*-*
Vi giuro, vi giuro su tutto quello che ho di più caro, che con il prossimo capitolo mi farò perdonare per questa cosa, davvero!
In conclusione, vi ringrazio tantissimo per il supporto, per le recensioni sempre positive e dolcissime e perché siete alcune delle poche persone che riescono a farmi ridere, anche dietro a un computer. Siete i migliori!
A prestissimo, lo prometto:**
Vi adoro,
Love yaa<3
x




           

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Capitolo 21
*** 20.I wanna save your heart tonight ***


**  due asterischi in rosso per segnalare l'inizio di una parte a rating rosso

I wanna save your heart tonight
What you want, what you need
Has been right here,
I can see that you're holding back those tears,
I wanna save you save,
Wanna save your heart tonight
One Direction, Save you tonight
 

Avrebbe voluto gridare, dirle di fermarsi, ma sapeva benissimo anche lui che con la musica nelle orecchie tutto il resto passava in secondo piano e sapeva benissimo che quella macchina Annabeth l'aveva vista, l'aveva vista e aveva visto anche il pazzo scalmato che Percy avrebbe picchiato appena fermo, che non stava assolutamente guardando la strada.

Percy accelerò, accelerò perché se avesse perso Annabeth avrebbe perso anche sé stesso.

Accelerò perché Annabeth ormai era una parte fondamentale di lui e non poteva lasciarla andare.

Corse con l'adrenalina che pompava nelle vene meglio di ogni tipo di droga che l'essere umano avrebbe potuto inventare e quando la macchina era a soli quaranta centimetri dalla ragazza, lui le si buttò sopra senza pensarci due secondi, facendola rotolare verso l'altro marciapiede.

Gli auricolari le volarono via e rovinarono entrambi a terra ma Percy fu attento a proteggere il viso di Annabeth con le mani perché non si facesse male, era stato il suo primo pensiero.

Cozzarono contro il bordo del marciapiede, i petti di entrambi ansanti e gli occhi di Annabeth gonfi di lacrime.

Percy era steso sopra di lei e rotolò via, sedendosi e prendendola tra le sue braccia, soffocando contro il suo petto un singhiozzo che le uscì dalla bocca contro ogni preavviso e nonostante i tentativi di soffocarlo della bionda.

- Va tutto bene – le sussurrò baciandole i capelli e accarezzandoglieli piano, – ci sono io adesso, va tutto bene – e strinse ancora di più il corpo minuto e tremante di Annabeth certo di dover essere la sua ancora in quel momento perché, a dispetto di ciò che gli aveva detto una settimana prima, nessuno ce l'avrebbe mai fatta da solo, neanche lei che era forte, più di quanto lei stessa pensasse.

Intanto quell'idiota aveva inchiodato davanti ai due ragazzi e quando scese dalla macchina, se Annabeth non fosse stata tra le gambe e stretta tra le sue braccia, singhiozzando, Percy sarebbe anche scoppiato a ridere.

Era uno dei ragazzi più stupidi che Percy avesse mai visto in vita sua, ridicolo in quei jeans scuri che gli arrivavano alle ginocchia, la felpa nera che non nascondeva la pancia indiscutibilmente da bevitore di birra sul divano, il capellino con la visiera all'indietro e la barba da un giorno che secondo la sua testa doveva fare uomo vissuto ma che in realtà faceva solo:”non avevo voglia di radermi e mamma mi ha messo in punizione e non mi ha dato soldi per il dopobarba”.

- Hai appena rischiato di investirla – ringhiò Percy sentendo il corpo di Annabeth irrigidirsi a quel tono.

Il ragazzo lo guardò strafottente molleggiando sulle ginocchia, la musica che si sentiva forte dall'abitacolo della macchina, – lei poteva guardare – rispose con la voce un po' acuta e quindi, assolutamente ridicola in un individuo del genere.

- E io posso anche farti saltare tutti i denti ma non lo faccio perché non sarebbe la cosa giusta, esattamente come te che stavi pensando alle seghe che ti farai sulla foto di quella ragazza che non te la darà mai perché sei troppo ridicolo, invece di guadare la strada – rispose Percy calmo, non riuscendo a trattenere un sorriso per il corpo di Annabeth scosso non più dal pianto, seppur stesse continuando a stringere la sua felpa e a tenere la testa seppellita nel suo petto.

Il ragazzo sbarrò gli occhi castani che si assotigliarono in quella che doveva essere un'espressione minacciosa che fece solo sbuffare Percy per quell'egocentrismo che avrebbe smorzato del tutto se Annabeth non avesse avuto bisogno di lui.

- Vuoi che ti faccia il culo, frocetto? – disse con scherno, – e dopo, potrò anche valutarmi l'idea di farmi la tua ragazza se è carina.

Il corpo di Annabeth si irrigidì di colpo così come le braccia di Percy che la stringevano. Il moro strinse lo sguardo e quello prima tanto straffotente del ragazzo difronte, vacillò visibilmente anche se tentò di darsi un contegno pochi secondi dopo.

- Ringrazia che..

- Percy – lo interruppe Annabeth alzando lo sguardo dal suo petto e osservandolo, gli occhi lucidi e gonfi per le lacrime ma lo sguardo fermo, fisso nel suo, – fagli il culo – e per la prima volta, il moro vide un sorriso sincero sulle labbra della ragazza.

Si alzò porgendole una mano per fare lo stesso e le avvolse il braccio sinistro attorno alle spalle attirandola a sé prima di ricominciare a camminare lentamente.

Il ragazzo, che non aveva evidentemente capito con chi avesse a che fare osservò Percy con scherno, – ma che diavolo vuoi f.. – ma la gomitata che gli arrivò in viso appena il moro gli passò affianco fu talmente forte da fargli scattare la testa all'indietro e zittire di colpo.

- Coglione – borbottò Percy stringendo Annabeth a sé mentre camminavano verso il suo pick-up.

 

Percy decise di portare Annabeth in camera sua.

Sapeva che Grover era andato dalla sua famiglia per il Ringraziamento e sarebbero stati un po' in pace senza una Talia davvero fin troppo preoccupata e incazzata che li potesse disturbare.

Annabeth si sdraiò nel letto di Percy dopo essersi scalciata via le scarpe e il ragazzo la osservò per un attimo alla luce dell'abat-joure che lei aveva appena acceso.

Gli occhi rossi e gonfi, le guance rigate dalle lacrime e i capelli appicicati al viso e lui la vedeva comunque bellissima.

Camminò piano verso di lei, cauto perché -cavolo- aveva una paura di assurda di sbagliare di tutto, di farla scappare, di non riuscire a dirle davvero o semplicemente come avrebbe voluto, quello che provava.

Si scalciò le scarpe e scostò le coperte per sdraiarsi accanto a lei, le avvolse le spalle con un braccio e lei si abbandonò a quel contatto che le era neccessario come l'aria, poggiando il viso sul petto allenato del moro e coperto da una felpa scura.

- Non pensavo che saresti riuscito a trovarmi – esordì lei imponendosi di far uscire la voce dalla gola anche se un po' strozzata.

Percy sorrise, – neanche io a dire il vero. Ho più o meno pregato tutti i santi mentre correvo come un disperato nel tentativo di provarci – rise, – ho anche fatto promesse che non posso mantenere!

- Ad esempio? – domandò Annabeth, la voce fioca seppur con una sfumatura di divertimento.

- Ho detto che sarei andato tutte le domeniche in chiesa e che avrei smesso di guardare il culo di qualcuna stretto dentro dei jeans aderenti. Capisci benissimo che è impossibile, no?

E il cuore gli si fece più leggero quando Annabeth rise, ancora un po' triste ma comunque rise, – l'unico che riesce a farmi ridere anche dopo che una macchina mi stava per investire, dovrebbero darti un premio per questo – scherzò la bionda tirando su col naso e Percy sorrise prima di tornare serio pochi secondi dopo.

- Ci ho pensato tanto in questa settimana che non ci siamo visti, ci ho pensato tantissimo e alla fine, credo di essere arrivato alla conclusione giusta.

Annabeth si irrigiì di colpo scostandosi dall'abbraccio per guardarlo negli occhi verdi, timorosa che Percy avesse esattamente centrato il punto.

- Tu pensi di non meritare di essere felice – disse tranquillo, la voce quasi ridotta ad un sussurro mentre la guardava fissa negli occhi grigi e ancora lucidi, – tu sei convinta di non meritare niente. Di essere sbagliata, di far male agli altri, di provocare solo dolore nelle persone che hai attorno a te – le asciugò una lacrima appena sgorgata con il pollice e Annabeth si abbandonò al suo tocco.

Non riusciva più a fare la dura, con Percy non ci era mai riscita davvero e il suo cuore, davanti alla verità, aveva perso un paio di battiti.

- Tu sei convinta di non meritare niente di bello e sul serio, Annabeth – fece il moro, – non ho neanche idea del perché! Sei una delle ragazze più speciali che io abbia mai conosciuto e non so perché tu sia arrivata ad odiarti, non te lo chiederò. Se non me lo hai detto finora c'è un motivo, ma voglio dirti una cosa, una cosa che forse ti scandalizzerà – Annabeth lo guardò con una leggera sfumatura di panico negli occhi grigi e Percy sorrise, dolce come la sua voce appena parlò e come la carezza della sua mano sulla guancia liscia di Annabeth, – tu meriti di essere felice.

Non conosceva il passato di Annabeth se non tutti gli orfanotrofi che l'avevano ospitata. Non conosceva niente di lei quando era solo una bambina ma era quasi certo di esser in grado di aiutarla più di quanto lei credesse sul serio.

Percy aveva il bisogno di aiutarla, il bisogno di renderla felice, il bisogno di vederla sorridere per davvero perché, forse di Annabeth non sapeva tutto ma di certo, sapeva che il suo sorriso non era davvero felice.

- Tu meriti di essere felice. Meriti tutto l'amore del mondo, meriti tutto ciò che di bello ti può dare la vita ma devi permettere, devi lasciare che questo possa realizzarsi – Percy portò anche la mano sinistra alla guancia di Annabeth asciugandole le lacrime che sembravano stessero diventando inarrestabili, – devi lasciarti aiutare, devi lasciare che ti salvi perché io lo so che hai bisogno di qualcuno che ti salvi esattamente come ne ho bisogno io – le baciò la fronte dolcemente prima di continuare, – tu hai bisogno di qualcuno che ti faccia ridere, hai bisogno di qualcuno che ti tratti un po' come una bambina, una bambina che non sei mai stata realmente, hai bisogno non più di stare bene ma di stare meglio e devi lasciarti amare – le accarezzò la guancia sorridendole piano, – devi lasciarti amare e devi lasciare che le persone che ti circondano ti amino. Io lo so che lo vuoi perché altrimenti non mi avresti baciato a quella festa.

- Era l'alcool.

- Balle – rise Percy che aveva capito che quella di Annabeth era solo una battuta. Tornò serio pochi secondi dopo, – devi lasciarti amare, Annabeth, devi lasciare che le persone che ti amano ti salvino – si avvicinò a lei continuando a cingerle il viso con le mani. Le loro labbra a pochi millimentri di distanza, i respiri che si fondevano e gli sguardi fissi l'uno in quello dell'altra, – devi lasciare che io salvi il tuo cuore, stasera. Devi lasciare che io ti salvi e devi lasciare che io ti ami, esattamente come meriti.

E fu in quel momento che premette le sue labbra su quelle di Annabeth, sorridendo alla consapevolezza che lei non si sarebbe scostata.

**

E poi, quel bacio che non sarebbe dovuto essere niente di più che un casto scontro di labbra, fece schiudere la bocca ad entrambi, perché, anche se non lo volevano ammettere, si volevano davvero troppo.

La loro lingue si accarezzarono assieme, trovandosi pronte l'uno nella bocca dell'altra, mordibe, calde e lente al punto giusto da far impizzire entrambi e senza che quel'esplorazione languida si potesse interrompere, le mani di Percy andarono lentamente sui fianchi di Annabeth spingendola dolcemente verso il materasso con un fruscio di coperte che si affrettarono a sistemare.

Non sapevano che diavolo stesse succedendo, non sapevano che cosa avrebbero fatto ma non riuscivano più a resistersi ancora, non ci riuscivano più e forse non lo sapevano, ma quella stanza, a causa di quel bacio stava iniziando a caricarsi di energia statica.

Si allontanarono l'uno dalla bocca dell'altra con uno schiocco, il petto ansante, le labbra gonfie e morbide e si guardarono negli occhi, Percy la guardò negli occhi con un'intesità che quasi la fece sciogliere e gli affondò le mani tra o capelli, sporgendosi e attirandolo a sé e tornando a premere le labbra sulle sue perché -adesso basta, sul serio- non aveva più intenzione di stargli lontano più del dovuto.

Quel bacio si fece famelico, infuocato, diventando uno scontro di lingue che -lo sapevano- non sarebbe mai state abbastanza sazie l'una dell'altra.

Le dita affusolate di Annabeth affondarono tra i capelli scuri del ragazzo e le mani calde di Percy cercarono la pelle nuda e morbida dei suoi fianchi. Quando la trovarono, dopo aver alzato il golfo che la bionda portava, iniziarono a fare dei movimenti circolari che riempirono il corpo di Annabeth di brividi e la fecero ansimare sulla bocca del ragazzo, costrigendoli solo in quel momento a fermarsi per mezzo secondo prima di tornare a baciarsi.

Percy le mordicchiò il labbro, succhiandolo e tirandolo verso di sé delicatamente con i denti e Annabeth sorrise sulla sua bocca, rabbrividendo ancora per le mani di Percy che erano stanche di rimanere ferme sui suoi fianchi e stavano lentamente salendo lungo il busto, accarezandoglielo piano quasi fosse il fiore più bello o il gioiello più pregiato, quasi dovessero presevarne la cura.

E Annabeth sorrise di nuovo, trattenendo le lacrime per ciò che stava per succedere e per come stava per succedere perché, mai in diciannove anni di vita, qualcuno l'aveva trattata con così tanta gentilezza, neanche in quell'occasione.

Le mani di Percy continuarono ad accarezzarla piano trovando il tessuto del reggiseno chiaro e sfiorandolo con le dita, quasi timorose di sapere quale sarebbe stato il prossimo passo.

Gli occhi verdi Percy sondarono il corpo della bionda con un sorriso e poi smisero, loro malgrado, di baciare quelle labbra carnose e che stavano rimpiangendo pochi secondi dopo, per passare alla guancia, alla mascella e al collo in una lenta sequenza, senza che le sue mani potessero fermare la loro lenta tortura sul reggiseno e senza che quelle di Annabeth smettessero di accarezzargli la schiena allenata e coperta da quella felpa che stava seriamente iniziando a rompere i coglioni.

Percy si dedicò al suo collo sinuoso, sorridendo su quella pelle di candida nel sentire i gemiti che la ragazza stava riservando solo a lui, gemiti di piacere che non aveva mai conosciuto se non fino a quel momento, emozioni che non aveva mai provato se non prima di incontrare Percy e questo bastò a convincerla a darsi della stupida per aver rischiato di farselo scappare.

La bocca di Percy baciò, succhiò e morse quella pelle che bramava da troppi mesi, deciso a lasciare il segno, deciso a far capire a tutti che Annabeth adesso era più sua che mai, più di quanto non lo fosse già stata in precedenza.

Lui ne era convinto che Annabeth gli era sempre appartenuta, come era sempre convinto che lui fosse suo, in tutte quelle sfaccettature che inizialmente gli facevano solo paura ma che adesso lo facevano sorridere, forse rendendosi conto di ciò che si stava perdendo a causa dei timori infondati di entrambi.

Scese lentamente lungo il collo, lasciando una scia umida di baci che fece rabbrividire e ansimare lievemente la ragazza, gli occhi grigi chiusi per il piacere e ormai, anche le sue mani sotto la felpa di Percy, ad accarezzargli la schiena allentata e a godersi i brividi che era capace di fargli provare.

Le labbra di Percy arrivarono alla sua pancia scoperta e baciarono anche quella pelle morbida prima che potesse tornare a stendersi sopra Annabeth, il fiatone, le labbra gonfie e gli occhi luminosi dentro quelli infuocati della ragazza. Cercò di ignorare lo stomaco in subbuglio, i brividi al corpo intero mentre formulava un unico pensiero che la ragazza colse al volo e che accolse con un sorriso e un bacio che aveva tutta la neccessità di essere approfondito subito.

Le loro lingue, le loro labbra continuarono a cercarsi ancora in un turbine di emozioni e di voglie che non sorpresero più entrambi ma furono abbastanza perché il golfo di Annabeth le venisse sfilato dalla testa velocemente e buttato a terra.

Percy si soffermò a guardare quella ragazza che aveva sotto di sé, si soffermò a guardare i piccoli seni imbottigliati nel reggiseno chiaro, si soffermò a guardare l'addome piatto e poi guardò il suo viso, illuminato da un sorriso imbarazzato e le gote un po' più rosee del normale.

Percy abbozzò una risata e poi cercò le sue labbra un bacio tenero, dolce, uno di quelli da godersi senza fretta e che sanno sempre, in un modo o nell'altro, toglierti il fiato, – sei bellissima – esalò sulle sue labbra e Annabeth trattenne le lacrime perché -cavolo- quelle emozioni erano davvero troppe e davvero troppo belle perché riuscisse a resistergli.

Lo attirò a sé per il collo e quando parlò, le sue labbra si scontrarono ripetutamente con quelle di Percy, vogliose di quel contatto e di quel sapore così bello e del quale non ne sarebbero mai state sazie.

- Ti voglio.

Percy rise, – io di più.

 

E il bacio che ne seguì dopo, fu solo la prima prova a ciò che si erano appena confessati.

La loro labbra continuarono a cercarsi vogliose, mai sazie l'una dell'altra, senza mai averne abbastanza.

Le loro mani continuarono ad accarezzarsi, chiedendosi perché non l'avessero mai fatto prima e consapevoli che non avrebbero mai rifiutato tocchi così delicati e mozzafiato.

Le dita leggere di Annabeth corsero lentamente lungo la schiena di Percy finché la felpa non gli salì alle spalle e il ragazzo potesse aiutare la bionda a sfilargliela dalla testa. La lanciò da qualche parte nella stanza, inconsapevolmente sul golfino grigio della ragazza e poi quel baciò continuò, quello scontro di labbra così dolce, quel cercarsi lento di lingue che non avrebbero mai voluto avesse una fine anche se Percy lo interruppe per tornare a guardare quegli occhi grigi che, un po', erano stanchi di non poter ammirare il loro soggetto preferito.

Gli occhi di Percy non si staccarono mai da quelli di Annabeth mentre le sue mani correvano lente dalle spalle al gancetto del reggiseno.

Mantennero il contatto, gli stomachi in subbuglio e la mente mica tanto lucida.

Le dita di Percy slacciarono il gancetto piano, aprendo quell'indumento che gli stava dando fastidio da un bel po' e Annabeth annuì imprecettibilmente prima che lo aiutasse a sfilarglielo dalle braccia e alla fine, l'aria si caricò davvero di energia statica.

La bocca di Percy le baciò il collo proseguendo alla spalla e continuando verso il busto lasciando una scia di baci umidi lungo la pelle della ragazza e facendole chiudere gli occhi, un po' per far fronte al piacere che non si aspettava così forte e un po' per le emozioni che le turbinavano nello stomaco e che aumentarono quando la bocca di Percy si chiuse su un suo seno.

Baciò e succhiò lentamente facendola ansimare mentre le mano sinistra le torturava l'altro con una lentezza che quasi la fece morire.

Percy si fermò per un istante guardandola dal basso, guardando le sue labbra chiuse e, – voglio sentirti – ansimò piano, – voglio sentirti, Annabeth.

E quando la sua bocca si richiuse sul suo seno, Annabeth mandò affanculo tutto ciò che si era imposta di non fare.

Schiuse le labbra sentendo la lingua di Percy muoversi piano, la mano accarezzarla con delicatezza e non nasconse più i gemiti di piacere sperando inconsciamente che Percy la fecesse sua.

Il ragazzo interruppe quella bellissima tortura ma continuò a baciarle la pelle candida dello stomaco fino ad arrivare al bottone dei pantaloni. La guardò dal basso, quasi a chiederle un consenso che lei non tardò ad acconsentirgli muovendo impercettibilmente il capo.

Percy le sbottonò lentamente i jeans tirandoglieli giù delicatamente, sfiorando la pelle morbida dei suoi fianchi e osservandola con solo gli spli chiari addosso e non esattamente abbinati al reggiseno di una tonalità più scura.

Le lasciò baci nell'interno coscia e la mani di Annabeth andarono a stringere quasi istintivamente una il materasso e l'altra i capelli di Percy, senza trattenere i gemiti a quello che stava per succedere.

Un dito di Percy si infilò sotto l'orlo degli slip e ci giocò per un attimo prima di sfilarglieli piano e lasciandola splendidamente nuda davanti a sé .

Le avvolse i fianchi con le mani mentre le si avvicinava e soffiava piano sul clitoride, facendola ansimare forte prima di prendere a baciarla proprio lì e scaturendole un piacere talmente dolce che quasi la sorprese.

Gli strinse forte i capelli, ansimando a labbra schiuse mentre il ragazzo continuava a darle quel piacere così intenso che per un attimo scordò il resto ed Annabeth si lasciò sfuggire un gemito più forte degli altri.

Rabbrividì, lo stomaco in subbuglio e il corpo che ne voleva ancora e ancora, quasi fosse una droga che -ne era certa- non avrebbe mai potuto farle del male.

Gli strinse forte i capelli certa di star arrivando al culmine quando Percy si fermò, risalendo su di lei e lasciando l'ennesima scia di baci sul suo corpo, sullo stomaco, la pancia, nell'incavo tra i seni, nel collo e poi sulle labbra piene che gli erano mancate.

Annabeth armeggiò con i pantaloni e glieli tirò giù senza troppi complimenti osservando i boxer scuri che non riuscivano più a contenere l'erezione e forse, con più audacia di quanto si aspettasse, gliela avvolse con la mano, facendogli schiudere le labbra e serrare gli occhi.

Strinse la federa del cuscino accanto alla testa di Annabeth e poi non resistette più.

Scalciò via i boxer velocemente e si poggiò sui gomiti per non farle male, guardandola negli occhi mentre entrava delicatamente in lei, quasi avesse paura di farle male, quasi fosse la sua prima volta anche se era assolutamente consapevole del contrario

Annabeth era comunque la sua piccola, la sua piccola da proteggere e affondò in lei un'altra volta ancora, mentre le mani leggere della ragazza gli arpionavano la schiena e lui infilava la testa nell'incavo tra la spalla e il collo.

E poi non esistette atro.

Esistettero solo i gemiti che diventarono una cosa sola mentre Percy spingeva dentro di lei con una delicatezza che non pensava neanche di possedere.

Esistettero solo i loro corpi che erano diventati inesorabilmente una cosa sola.

Esistettero solo le loro mani che, nonostante le emozioni che scuotevano il corpo di entrambi, non smettevano di cercarsi e di intrecciarsi quasi fossero l'uno l'ancora dell'altro.

E quando alla fine vennero assieme, furono certi che niente avrebbe mai potuto eguagliare quel momento, niente avrebbe mai potuto essere alla pari delle emozioni che avevano appena vissuto e niente avrebbe più potuto dividerli perché Annabeth era ormai inesorabilmente di Percy e Percy era ormai inesorabilmente di Annabeth.

Quando il ragazzo uscì da lei, crollò sul materasso, stanco e con un sorriso sul volto che, lo sapeva, sarebbe rimasto tale per tutta la notte.

Tirò su le coperte e prese Annabeth tra le braccia baciandole le labbra stanche e arrossate, la punta del naso e la fronte, facendo cerchi immaginari con le dita sulla sua bassa schiena.

Annabeth sorrise, poggiando la testa al suo petto, certa che Percy Jackson le avesse appena insegnato a fare l'amore. E Percy sorrise a sua volta perché se lui aveva insegnanto ad Annabeth a fare l'amore quella notte, lui invece, era appena stato salvato. Era appena stato salvato da un paio di occhi grigi, da dei capelli biondi e da un sorriso che non avrebbe mai potuto dimenticare.



Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
Allora, sto aggiornando con un anticipo assurdo ma ho detto:"domenica è Pasqua e non sono a casa. Lunedì è pasquetta e sono a bere assieme alle mie amiche. Martedì sarò coricata da pasquetta. Mercoledì mia zia mi deve sfruttare in ufficio (ma mi pagano^.^) e a quel punto li farei aspettare troppo". Per cui, TA-DAAAAA uno dei miei capitolo preferiti in assoluto.
Annabeth si è fidata di Percy, si è fidata di lui in tutti i sensi e alla fine, ha avuto la prima volta che voleva.. non esattamente effettiva ma pur sempre una prima volta. Spero che vi piaccia tanto quanto a me è piaciuto scriverlo e credetemi, ho amato scrivere questo capitolo anche se rileggendolo non mi convince granché ahahha
Comunque, c'era qualcuno che pensava facessi investire o Annabeth o Percy.. ma dai! Come avrei potuto far investire uno dei due? Mi sarei odiata da sola, cazzo e poi non avrei mai potuto.. cioé, io li amo tantissimo*-----* e poi, qualcuno aveva anche intuito che sarebbe successo qualcosa di forte e sappi, tesoro, che ci hai azzeccato in pieno HAHAHA era ora, Dio mio, non trovate?
Inoltre, Percy parla con Annabeth e be', anche se non sa che le è successo, è riuscita a capirla, a leggerla dentro ed è un po' questo chespinge Annabeth a fidarsi finalmente di lui. lo so, vi ho fatto aspettare mezzo secolo ma non potevo far succedere tutto subito, poi non ci sarebbe neanche stato gusto, eheh^.^
In ogni caso, grazie mille per le recensioni dolcissime che sono state molte nonostante il capitolo fosse corto e fosse finito con davvero troppa suspance ahahah grazie mille a tutti perché senza di voi (e le urla delle mie amiche) la storia non sarebbe neanche andata avanti e sul serio, siete meravigliosi!
Adesso non adagiatevi sugli allori perché, davvero, questa è solo la calma prima della tempesta^.^
Spero tantissimo che il capitolo vi sia piaciuto e anche in caso contrario, fatemelo sapere, fatemi sapere se dovrei migliorare o correggere dato che scrivere scene dove i protagonisti fanno l'amore è abbastanza delicato.. almeno credo sia così ahah lo considero tipo sacro ahahah
A si, prima che me ne dimentichi: se leggo ancora qualcuno che mi chiede scusa perché la recensione è "lunga" vi prendo a sprangate via internet! Ma dico, vi scusate per una recensione? A parte il fatto che amo quelle lunghe e poi, è il vostro parere, è ciò che pensate, le costre emozioni e sensazioni e andrà sempre, sempre bene, d'accordo?
A proposito, visto che sono una testa di minchietta, nello scorso capitolo mi sono dimenticata di dirvi che il titolo era un verso di "Middle of Nowhere" di Selena Gomez^.^
Alla prossima,
Siete i migliori, giuro.
Vi adoro,
Love yaa<3
x




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Capitolo 22
*** 21.This time doesn't need another perfect lie ***


This time doesn't need another perfect lie
 

Percy passò due dita lungo la spina dorsale di Annabeth mentre lei gli stava poggiata al petto e ci tracciava linee immaginarie sopra.

Erano le tre del mattino e nessuno dei due aveva realmente voglia di dormire, forse un po' troppo eccitati da quello che era successo da davvero poco tempo.

Percy si sistemò meglio sul cuscino e Annabeth gli sorrise ignorando i brividi che il tocco delicato del moro gli stava provocando lungo la schiena, – è stato decisamente meglio di quanto mi aspettassi.

Annabeth corrugò la fronte senza che un sorriso curioso le potesse scomparire dal viso, – ti eri fatto delle aspettative?

- Forse – disse guardandola malandrino e facendola ridere.

Gli baciò il petto e pochi secondi dopo, lui cercò le sue labbra, avvicinandola a sé e sporgendosi contemporaneamente verso di lei. Le prese il labbro inferiore tra le sue e rimasero così per un paio di secondi prima di allontanarsi e tornare a sorridersi.

- Programmi per Natale? – domandò ad un tratto il moro.

Annabeth abbozzò una risata sarcastica scuotendo la testa e posando il mento sul petto di Percy per continuare a guardarlo, – a parte rimanere qui e portarmi avanti con i compiti? Nessuno.

Percy sospirò, neanche lui aveva programmi così come Talia e Luke.

Era davvero brutto non avere una famiglia e la maggior parte delle volte l'assenza di casa si sentiva più forte del solito.

Prese ad accarezzarle la schiena piano ed Annabeth si abbandonò a quel tocco così delicato, vivendolo per la prima volta in diciannove anni di vita.

- Possiamo passarlo assieme, che ne pensi? – domandò ad un tratto il moro, cogliendo di sorpresa la ragazza che sbarrò gli occhioni grigi fissandoli nei suoi.

- Scherzi?

- No. Io, tu, Luke e Talia. Il posto lo troveremo in qualche modo e domani mattina ne parliamo con quei due, che ne pensi?

Annabeth lo guardò imperscrutabilmente per qualche secondo prima di salire lungo il busto e sdraiarsi sopra di lui.

Percy le abbracciò la schiena solo dopo che le ebbe assicurato la coperta e poi Annabeth premette le labbra sulle sue in un bacio caldo che gliele fece subito schiudere, un bacio caldo e lento che riempì il corpo di entrambi di brividi.

Le mani di Percy le passarono lateralmente sul sedere, camminando poi lungo la schiena e fermandosi sulle spalle. Le accarezzò le scapole e poi Annabeth si allontanò da lui un paio di centimetri, guardandolo con un sorriso.

- Quindi pensi che sia una buona idea?

Annabeth premette nuovamente le labbra sulle sue, – trovo che sia una splendida idea – e quando si baciarono di nuovo, sentì una scarica elettrica che la scosse per intero e pensò che anche Percy l'avesse avuta a giudicare dall'impeto in cui aveva preso a baciarla e al fatto che l'aveva fatta rotolare, posizionandosi sopra di lei.

- Sicuro che Grover sia fuori? – domandò Annabeth, un'omba di dubbio e timore negli occhioni grigi, le mani posate sul petto del moro.

Percy scosse la testa e le baciò la punta del naso, – certo.

 

Per quella mattina, fu la sveglia di Percy a disturbare il sonno di entrambi.

Fu il risveglio più dolce che ebbero mai avuto, le gambe incastrate tra di loro, le braccia di Percy che avvolgevano il busto di Annabeth e il viso seppellito nel petto del ragazzo.

Si baciarono tanto e fecero l'amore un altra volta prima di vestirsi (Annabeth con una felpa di Percy e il paio di skinny jeans della sera prima) e scendere in mensa per fare colazione.

 

Talia scattò su dalla sua sedia e Luke la riportò seduta tirandola per un braccio, un sorriso di sollievo sul volto nel vedere Annabeth e Percy entrare in mensa assieme, il braccio del moro ad avvolgere le spalle esili della ragazza bionda, che tra l'altro, indossava una felpa bordeaux, troppo grande per essere sua.

Fin qui niente di strano, pensò Luke osservando i due amici e resistendo all'isitinto di corrergli incontro ad abbracciarli. Sapeva che avrebbe dovuto trattenere Talia dato che quella ragazza stava respirando in una maniera tale che a un toro faceva un baffo e aveva tutta l'aria di voler tirare un cazzotto a entrambi gli amici.. Luke corresse il suo pensiero appena Annabeth si voltò verso Percy e lui le sorrise sulle labbra prima di darle un leggero bacio a stampo e poi passare al naso, facendoglielo arricciare teneramente e sorridere.

- Decisamente hanno qualcosa da dirci – esordì Luke ovvio beccandosi un'occhiataccia da Talia che riuscì a sfuggire alla sua presa andando in contro alla nuova coppia.

Appena la videro, sbarrarono entrambi gli occhi, un velo di paura nello sguardo di tutti e due.

Talia gli si fermò davanti, i pugni chiusi lungo i fianchi. Chiuse gli occhi e respirò forte, osservando poi la sua amica con odio, che cercò di farsi piccola dietro alla schiena di Percy.

- Aaah, Fanculo – borbottò Talia muovendo la mano come se dovesse scacciare una mosca e saltando poi al collo di Annabeth con talmente tanto impeto che la fece sfuggire alla presa di Percy. – Hai idea di quanto mi hai fatto preoccupare, eh? – domandò continuando a tenerla stretta e godendosi le risate dell'amica e di Percy che, ne era certa, le stava osservando con un sorriso.

- Mi dispiace tanto.. – mormorò sincera Annabeth stringendola forte e poi sorrise appena si allontanarono, guardandosi negli occhi.

- Perdonata – Talia le fece l'occhiolino, – hai un sacco di cose da raccontarmi.

Annabeth arrossì e poi, cogliendola di sorpresa, Talia si voltò verso Percy dandogli un pugno alla spalla e attirando gli sguardi di altri studenti (come se l'attenzione di metà mensa non fosse già abbastanza), – ahia! Ma sei fuori? – esclamò il ragazzo portandosi una mano al punto che Talia aveva colpito.

- Tu – ruggì lei puntandogli un dito contro, – ti sei fatto la mia amica?

Percy sbarrò gli occhi cercando lo sguardo che Annabeth si costringeva a puntare sulle sue all star bianche, – forse – rispose poi torcendosi le mani sul ventre.

Talia lo guardò come se lo volesse uccidere, e poi si aprì in un sorriso, – era ora! – esclamò felice dandogli un secondo dopo un altro pugno.

Percy imprecò e gemette, guardandola con un odio del tutto nuovo, – e questo per che cos'era?

Talia ruotò gli occhi, – per tutto il tempo che ci hai impiegato prima di togliere fuori i coglioni, idiota.

 

Luke annuì portandosi alla bocca una delle sue patatine fritte, – io ci sto e credo che mio padre abbia una casa al confine col Canada – guardò gli amici negli occhi con un sorriso furbo che gli increspava le labbra, – che ne dite?

- Io ci sto – annuì Percy senza smettere di giocare con le dita di Annabeth sul tavolo, – è un po' lontano ma il pick-up l'ho preso per questo, giusto?

 

E fu così che arrivò Dicembre, tra spensieratezza e risate.

Arrivò tra corse per non fare tardi a lezione, baci rubati, serate tutti insieme in pizzeria, anche nei pub quando capitava.

Arrivò tra i pugni dati al sacco per sfogarsi in palestra e ai baci sul letto che portavano via tutto le stress e le preoccupazioni di quella giornata.

Arrivò tra capitoli interi di letteratura da studiare, progetti che vennero portati a termine tra baci e film romantici.

Arrivò Dicembre che si portò dietro un po' di neve e quel clima di Natale che Luke e Annabeth stavano vivendo per la prima volta e che Talia e Percy stavano tornando a sentire.

 

Partirono per le vacanze di Natale un venerdì, a una settimana esatta dal ventiquattro Dicembre, consapevoli che andare da Boston al Canada comprendeva viaggiare per quelle che erano delle ore.

Annabeth si sedette davanti, esattamente accanto a Percy e Talia si sporse tra i due sedili anteriori col solo intento di alzare il volume della musica.

Percy aveva la mezza impressione che si potesse sentire tutto dall'esterno, anche se i finestrini e gli sportelli erano chiusi e stava piovendo davvero davvero troppo per i loro gusti.

Adesso che ci pensava, erano giorni che pioveva con piccole soste di qualche ora.

Non se ne preoccupò però, a lui era sempre piaciuta la pioggia e lo vedeva quanto anche Annabeth l'amasse.

Quegli occhioni grigi si illuminavano sempre di più a guardare le gocce che battevano su qualsiasi tipo di superficie e il sorriso si allargava e allora, sarebbe potuto anche cadere il mondo ma l'unica cosa che a Percy importava era quel benedetto sorriso.

Si fermarono per un paio d'ore davanti al primo fast food che incontrarono sulla statale che stavano percorrendo, un paio di ghirlande e decorazioni natalizie fatiscenti. Ma a solo altre tre ore dalla casetta di Luke al confine col Canada, quindi andava davvero bene come opzione.

 

- Buon appetito – sorrise Annabeth, e neanche il tempo di risponderle, Talia si era già fiondata sulle sue patatine, ingurgitando tutto velocemente.

Luke la guardò e per un attimo si chiese come facesse a mantenere un fisico del genere, ma poi lasciò perdere quei dubbi esistenziali e si portò la coca-cola alle labbra prima di addentare l'hamburger e schizzando ketchup sul piatto di Percy.

I ragazzi si bloccarono di colpo, Talia con le fauci aperte sul suo panino, Annabeth con la bibita a mezz'aria e Percy con gli occhi sbarrati perché -cavolo- non se lo aspettava.

Fissò gli occhi verdi in quelli azzurri di Luke e osservò le labbra strette in una linea sottile nel tentativo di non scoppiare a ridere.

Il moro gli puntò un dito contro, – ma allora sei proprio stronzo – fece retorico e causando così le risate di tutti i ragazzi.

Attirarono le attenzioni un po' di tutta la clientela composta per la maggior parte da famigliole e camionisti che erano lì solo per provarci con la cameriera trent'enne dietro al bancone che continuava a servire birre nella speranza di farli ubriacare e renderli innocui.

- Giuro che se mi finsice il ketchup sulla felpa ti prendo a colpi, non sto scherzando – disse in tono di finta minaccia.

- Mi devo preoccupare? – domandò Luke con occhio critico mentre Annabeth e Talia stavano guardando la scena divertite.

Percy si scrocchiò le dita, – assolutamente si.

Luke gli tirò la bustina della maionese al petto, – ma per favore! – e quando Percy scagliò la patatina nella sua direzione cacciò un urlo buttandosi sotto al tavolo e facendo ridere le due ragazze accanto a loro e il bambino che stava nella panca dietro a quella dei ragazzi e che, probabilmente, dall'alto dei suoi sei anni, già voleva un'amicizia come quella di quei quattro scalmanati.

 

Per l'ultima parte del viaggio fu Luke a guidare, seduto nei sedili anteriori con Talia mentre faceva una strada che ormai conosceva abbastanza bene da riuscire a fare a memoria.

Percy e Annabeth eran seduti dietro di loro. La bionda accoccolata al petto del ragazzo che le cingeva i fianchi e dormicchiava assieme a lei con la testa poggiata al finestrino.

Arrivarono che erano almeno le due del mattino, passando su una stradina in terra battuta e costeggiata da un po' di neve che stava iniziando a cadere e che avrebbe senza dubbio attecchito nel corso della notte.

Luke e Percy erano gli unici svegli nell'abitacolo del pick-up e dopo un paio di minuti che percorrevano quella strada sterrata si fermarono davanti alla tipica casa di montagna, il tetto spiovente e le pareti in legno e un'atmosfera di casa che i due ragazzi potevano percepire anche dall'esterno.

Luke girò le chiavi e spense il pick-up abbandonandosi al sedile e sbuffando mentre chiudeva gli occhi per qualche istante.

- Portiamo dentro le ragazze? – domandò incociando gli occhi verdi di Percy dallo specchietto retrovisore.

Il moro annuì sbadigliando e stiracchiando un po' le braccia, stando attento a fare più piano quanto sentì Annabeth mugolare anche se non si svegliò.

Luke aprì piano la portiera e la richiuse con altrettanta delicatezza facendo il giro dell'auto e andando poi ad aprire lo sportello dalla parte di Talia. Si fermò togliendosi le chiavi della casa e mettendosele in bocca per avere meno problemi appena sarebbe arrivato all'ingresso e aprì lo sportello, facendo scivolare un braccio sotto le ginocchia della sua ragazza e l'altro all'altezza delle scapole. La sollevò senza difficolòtà e rivolse a Percy uno sguardo un po' malandrino, esortandolo a fare lo stesso.

Il moro sbuffò divertito, godendosi ancora per un secondo il tiepido calore dell'abitacolo del pick-up prima di scendere dall'auto e rabbrividire per il freddo.

Lanciò un'occhiata a Luke che si era sistemato la testa di Talia all'altezza del petto e poi si sbrigò ad aprire lo sportello dalla parte di Annabeth e prenderla in braccio esattamente come aveva fatto Luke.

Camminarono uno dietro l'altro, attenti a non scivolare sulla neve e a non sbatacchiare troppo le ragazze dato che fino a quel momento non si erano assolutamente svegliate.

Arrivarono davanti alla porta grande e in legno, lievemente invecchiata dal tempo e Luke armeggiò un po' con le chiavi all'interno della serratura reggendo il corpo di Talia con il ginocchio e un solo braccio sulla schiena. Riuscì ad aprire la porta dopo un bel po' di tentativi e fu assurdo come, solo entrati in quella piccola baita, l'idea del Natale avvolse i quattro ragazzi.

Mancava solo una settimana alla grande festa e già Percy si immaginava come sarebbe stato fare l'albero senza nessuno che sbraita contro per i colori troppo accesi.

Luke cercò a tentoni l'interruttore della luce e Percy sorrise nel vedere un salotto piccolino e con le pareti rivestite in legno. Un camino che stava esattamente davanti ai due divani un po' vecchi, un tappeto circolare e un tavolino basso e in legno.

Una televisione decisamente antica accanto e un po' di foto sulla cappa bianca del camino.

C'era un appendi-abiti alla sinistra della porta e proseguendo per la parete una porta che portava alla cucina ed esattamente davanti a loro, seppur a un po' di metri di distanza, delle scale che portavano a due camere e un bagno alla fine del corridoio.

- Come ti sembra? – domandò Luke lanciandogli un'occhiata e corrugando la fronte per sistemarsi il berretto grigio che si era calato sui capelli biondi.

Percy sorrise senza smettere per un secondo di guardarsi attorno, quasi drogandosi di quella casetta che sembrava gridare “Natale” a gran voce.

- È perfetta – disse sincero e se Luke avesse avuto le mani libere gli avrebbe anche dato una pacca sulla spalla.

- Vieni – disse facendo un cenno con la testa alle scale e attraversando il piccolo corridoio dietro uno dei divani prima di salire il primo scalino lentamente, un po' per il peso di Talia e un po' perché non voleva che lo scricchiolio del legno vecchio si sentisse troppo.

Arrivarono al pianerottolo e Luke guardò l'amico, indeciso su quale delle due stanze andare, – tu destra, io sinistra – decise il biondo aprendo con un calcio leggero la porta di legno.

Percy fece lo stesso e accese con il gomito la luce soffusa che gli diede mostra della carinissima camera che aveva davanti.

Il letto matrimoniale aveva la testiera addossata alla parete, dei comodini ambo i lati, una finestra sulla parete del fondo e una cassettiera alta e in legno difronte al letto.

Sorrise e poi adagiò dolcemente Annabeth sul letto, ripromettendosi di cambiarla e metterla sotto le coperte appena fosse ritornato con le borse di ciascuno di loro.

Uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle e scese le scale il più silenziosamente possibile trovando Luke sul pianerottolo nel procinto di uscire e andare alla macchina. Si strinsero nei giacconi, sfidando il freddo di quella notte e afferrarono i borsoni velocemente mentre Luke chiudeva la macchina e quasi correva verso il calore della casa.

 

Percy osservò Annabeth raggomitolata su sé stessa su un lato del letto, rabbrividendo un po'.

Sorrise intenerito nel guardarla e abbandonò i due borsoni accanto alla porta, chiudendola poi delicatamente e andando verso la ragazza.

Le sbottonò i jeans stretti sfilandoglieli piano e beandosi della vista di quelle cosce lisce e sode che lui aveva il privilegio e il piacere di toccare e baciare ogni volta che voleva. Non le tolse i calzini ma le tolse il cappotto nero e la sciarpa, facendola mugolare e prestando ancora più attenzione mentre le sfilava il golfo bianco, lasciandola splendidamente in biancheria sotto i suoi occhi.

Sarebbe stato ad osservarla per ore, ma poi il benessere della sua ragazza prevalse sul resto e si apprestò a sfilare da dentro il suo borsone una maglia a maniche lunghe. Gliela infilò senza problemi e poi scostò le coperte per coricarla sul materasso e tirarle il piumone fin sopra la spalla.

 

Scese silenziosamente le scale e appena uscì in soggiorno, vide un Luke intento a portare un bel po' di legna tra le braccia, prima di farla cadere pesantemente a terra anche se il rumore venne attutito dal tappeto spesso e un po' logoro.

- Sai accedendere un fuoco? – domandò Percy curioso.

Luke batté le mani fra loro per levarsi lo sporco e scaldarle un attimo, prima di rivolgere un'occhiata a Percy, – no, porto la legna per sport.

- Ahah ahah vuoi un thé Mister Simpatia? – chiese il moro senza azzardare a togliersi la sciarpa scura dal collo.

- La tua prima buona idea in mesi che ci conosciamo.

Percy trattenne una risata mentre andava in cucina e frugava dentro un paio di scaffali prima di trovare una teiera argentata e che sarebbe stata perfetta nonostante gli anni, – se ti arriva una tazza in testa – gli gridò piano dalla modesta cucina, – non ti dovresti sorprendere – continuò togliendo fuori le prime due tazze che trovò dentro il ripiano che stava accanto al frigo. Le posò sul tavolo di legno che stava al centro della stanza e sorrise quando trovò due bustine nello scaffale alla sinistra dei fornelli.

Riempì la teiera d'acqua e poi accese il fuoco mettendocela sopra e tornando in cucina con ancora il giubotto addosso, in tempo per vedere Luke che sistemava la legna e le dava fuoco senza esitazione.

- Visto, New York? Sono forte? – domandò retorico il biondo sfregando le mani vicino alle fiamme e sorridendo per il tepore.

Percy abbandonò il giubbotto scuro sul divano dietro di sé e gli andò affianco voltando il viso verso di lui, – si, ma se te lo dico troppo spesso poi diventi più montato di quanto non lo sia già .

Luke sbuffò divertito e buttò la testa all'indietro, quasi a prendere il coraggio per dire qualcosa.

Chiuse gli occhi azzurri per un paio di secondi e Percy fissò lo sguardo sull'intonaco un po' vecchio che ricopriva la cappa del camino. Si ripromise che avrebbe portato ancora più vita a quella casa e considerando che ci sarebbero stati per due settimane, non era affatto difficile da prevedere.

- Ci venivo con mia madre, qui – parlò in quel momento Luke, la testa sempre buttata all'indietro e le mani vicino al fuoco, quasi avesse paura di incrociare lo sguardo indagatore di Percy, o semplicemente quegli occhi verdi che riuscivano sempre a leggerlo dentro.

Il moro gli lanciò un'occhiata di sottecchi prima di focalizzare la sua attenzione sulle fiamme che crepitavano vivaci.

Stette zitto perché, lo sapeva, se avesse detto anche solo una parola, Luke non si sarebbe aperto più facilmente.

- Ci sono venuto fino ai sette anni, ci venivamo anche con mio padre – sorrise un po' amaramente continuando a sfregarsi le mani davanti al fuoco, – stavamo qui e poi ci raggiungevano tutti i nostri parenti su al nord. Io giocavo a palle di neve con miei cugini e i genitori preparavano il miglior pranzo di Natale di sempre – sospirò forte quasi non riuscisse a continuare come avrebbe dovuto, – a volte, venivamo qui anche per il Ringraziamento, o per Pasqua e stavamo noi tre assieme.

Percy serrò le labbra e diede all'amico trenta secondi di silenzio prima di parlare, – e poi che è successo? – quasi lo mormorò, quasi avesse paura che Luke non gli parlasse più, che Luke non si aprisse più.

Si rese conto solo in quel momento che il biondo non aveva mai parlato di sé, se non qualche volta.

Si rese conto di aver sempre dato per scontato -e a quei pensieri- si diede del coglione da solo, che Luke fosse sempre felice. Era logico che Luke non fosse mai del tutto felice, era logico perché si nascondeva dietro al sarcasmo e dietro all'ironia costante e -Gesù- Teen Wolf glielo avrebbe dovuto far capire che il suo era solo uno scudo per proteggersi. Invece, come un idiota, aveva fatto l'errore più grande di tutti: si era fermato alle apparenze.

- E poi mamma ha scoperto che papà aveva perso il lavoro e rubava per mantenerci, ha scoperto che qualcosa la insegnava anche a me, nonostante non sapessi assolutamente di tutta questa storia – si tolse il berretto e lo gettò sul divano dietro di sé, – l'ha cacciato di casa ed è impazzita. Io sono fuggito e papà non si è più preso cura di me. Addio casa sulla baita e bella famiglia felice – concluse con malcelata amarezza.

Percy chiuse gli occhi verdi e serrò le labbra, stava per dire qualcosa, voleva dire qualcosa, ma la teiera iniziò a fischiare e lui corse in cucina per evitare che svegliasse le ragazze.

Fermò l'acqua bollente nelle tazze e chiuse gli occhi quando questi incontrarono il vapore, – sei forte Luke – disse a voce alta senza nemmeno accorgersene, seppur sperò di non esser stato sentito.

Qualcuno gli diede un paio di pacche sulla spalla e si voltò di scatto con il manico della teiera ancora in mano, semplicemente per incontrare lo sguardo malandrino e brillante di Luke, – uno dei due lo deve pur essere.

Percy rise scuotendo la testa e seguendo l'amico con gli occhi, che aveva preso la tazzina e stava tornando in salotto.

Sei davvero forte, stronzo. 




Angolo autrice: 
Chiedo umilmente perdono!
Mi dispiace tantissimo perché sono secoli che non aggiorno ma tra compiti, uscite e feste il computer l'ho visto solo di sfuggita. Mi dispiace moltissimo, vi giuro! Prometto che posterò con regolarità da oggi in poi, dico sul serio!
In ogni caso, cosa avete combinato a pasquetta? Io ero a casa di una mia amica assieme alle mie amiche e.. non credo che questo vi importi quindi passiamo al capitolo aahahha
Percy e Annabeth sono moooolto uniti e si vogliono un bene assurdo. Entrambi soffrono molto per non avere una famiglia ma insieme ce la faranno ed è per questo che poi passiamo subito a dicembre con loro che vanno a festeggiare il Natale in una baita^.^
Mi ha colpito la vostra curiosità sulla reazione di Luke e Talia alla storia di Annabeth e Percy, se devo essere sincera ma TAAA-DAAA Talia prima si incazza ma alla fine è felicissima per gli amici.
Vi ho già detto quanto amo questa ragazza, si? 
Per concludere, il titolo del capitolo è un verso di "Secrets" di Selena Gomez ed è riferito a Luke che per la prima volta parla a qualcuno del suo passato e quel qualcuno è Percy. Amo il rapporto che c'è tra quei due ma mi piacerebbe sentire anche i vostri pareri a riguardo.
Cercherò di farmi ulteriormente perdonare con un paio di gif sotto.
Siete i mgliori, lo giuro:**
Alla prossima,
Love yaa<3
x

Prima che me ne dimentichi! Missing moment sulla Thaluke I'm Yours passate se vi va:**


     

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Capitolo 23
*** 22.Let it snow! ***


Let it snow!

- Buongiorno – salutò Percy tirandosi le braccia sopra la testa ed entrando in cucina, indossando dei pantaloni di flanella e una maglietta a maniche corte blu.

- Ehi! – sorrise Annabeth distogliendo per un momento lo sguardo dalla padella dove stava facendo cuocere del bacon con una maglietta del ragazzo che le arrivava alle cosce e delle calze a righe multicolor che aveva adibito a ciabatte.

Luke mugugnò qualcosa e Talia fece lo stesso con la testa poggiata sul pugno mentre stava seduta a tavola.

Percy diede un bacio sulla guancia all'amica prima di andare dietro la sua ragazza e metterle le mani sui fianchi.

Annabeth si morse un labbro sorridendo e piegò la testa all'indietro toccando con la nuca la spalla del ragazzo, mentre le mani di Percy le accarezzavano i fianchi lentamente e le lasciava un bacio sul collo.

- Sei bellissima – le mormorò lui e Annabeth voltò un po' il viso nella sua direzione per far si che le loro labbra si potessero scontrare dolcemente.

- Evitate di fare bambini in cucina, voi due – biascicò Luke con la voce ancora impastata per essersi appena svegliato.

Percy lo fulminò con lo sguardo senza togliere le mani dai fianchi della sua ragazza e Annabeth rise, tornando poi a dedicare la sua attenzione al bacon, – li porti a tavola? – domandò dolcemente facendo un cenno con la testa ai pancake accanto alla cucina.

Percy le diede un bacio sulla guancia prima di prendere il piatto in ceramica bianca e posarlo davanti a Talia che si svegliò di colpo alla vista di quella bontà. Batté le mani un paio di volte prima di afferrare un pancake senza neanche aspettare lo sciroppo d'acero che Percy portò pochi secondi dopo.

- Sono la migliore a fare i pancake – esordì Talia con la bocca ancora piena.

Luke la guardò e scoppiò a ridere beccandosi il primo tovagliolo che capitò sottomano alla ragazza.

- Vediamo – fece Percy e ne prese uno da sotto il naso della mora che protestò indignata tentando di dargli un pugno alla spalla che lui schivò facilmente con una risata, – calma piccola Godzilla.

- Io sono la migliore a fare uova e bacon – sorrise Annabeth mettendo al centro del tavolo cibo profumato e fumante, – buona colazione – esordì con un sorriso sedendosi e godendosi gli amici che si buttarono su quel ben di dio in pochi secondi.

 

- Dopo pranzo andiamo a fare la spesa? – domandò Annabeth portandosi alle labbra la tazza di cappuccino caldo.

Talia annuì, la bocca sempre piena di cibo, – si, ho una fame assurda.

Percy si voltò verso di lei di scatto, facendo cadere la forchetta sul piatto che tintinnò a contatto con la ceramica, – stai scherzando?

Talia corrugò la fronte e deglutì un pezzo troppo grande di bacon, – assolutamente no.

- Sei a conoscienza che mangi più di noi quattro messi assime? – domandò Luke dalla parte opposta del tavolo e guardando la sua ragazza come se fosse un'aliena.

Talia si portò il succo d'arancia alle labbra facendo spallucce mentre Annabeth seguiva quella conversazione con un sorriso, – ce ne faremo tutti una ragione.

 

- Ragazze! Siete pronte? – gridò Luke dal pian terreno mentre Percy rideva e si sistemava la cuffia scura sui capelli che gli lasciavano libero un ciuffo nero sulla fronte.

- Arriviamo – rispose Annabeth e i ragazzi sentirono passi afrettati e porte chiudersi.

Luke si sbatté le mani sulle ginocchia e sistemò il cappotto grigio abbottonandoselo fino al bavero per il freddo che, ne era certo, lo avrebbe aspettato fuori, – donne – disse un sospiro facendo ridere l'amico.

- State rischiando di venir uccise da un biondo qui presente! – urlò Percy sentendo la risata di Annabeth e lo sbuffo di Talia.

- Vedi di calmarti o non te la do.

Luke sbarrò gli occhi azzurri, – prenditi tutto il tempo che vuoi, tesoro!

Percy lo guardò indignato e gli tirò un colpo alla spalla, – uomo senza palle.

- Lo faresti anche tu se Annabeth ti minacciasse, ne sono certo.

E prima che il moro potesse rispondere, le due ragazze scesero una dietro l'altra velocemente.

Portavano entrambe dei beanie sui capelli, degli skinny jeans -strappati come al solito per Talia- e scarpe pesanti. Annabeth si era portata dietro degli hug oltre alle All Star a differenza di Talia che non si separava mai dai suoi anfibi neanche d'estate.

I ragazzi sorrisero, – era ora – sbuffò Luke e Talia gli diede uno scappellotto appena gli passò affianco.

Luke fu fulmineo e la afferrò per il polso catturandola velocemente in un bacio un po' sfacciato che la fece ridere mentre gli portava le mani alla schiena.

Percy e Annabeth li osservarono per qualche minuto prima che lui le potesse mettere un braccio attorno alle spalle e stringerla a sé mentre superavano la soglia della casa e si dirigevano verso il pick-up.

 

I quattro ragazzi entrarono dentro il supermercato più grande di quanto si aspettasero per essere situato in un paese piccolo come quello vicino alla casa di Luke.

Si aprirono i giubbotti istintivamente appena l'aria tiepida gli arrivò sul corpo e Talia si precipitò a recuperarare un carrello mentre il Luke si batteva una mano sulla fronte rassegnanto e Percy e Annabeth ridevano, il braccio del moro sui suoi fianchi senza un apparente motivo.

- Cibo! – trillò Talia correndo con il carrello lungo una delle tante corsie.

Luke affrettò il passo per starle il più vicino possibile ed evitare che prendesse più del dovuto mentre Percy e Annabeth già pensavano a cosa avrebbero potuto fare per cena.

 

Talia passò accanto allo scompartimento delle cioccolate calde e buttò tutte le confezioni all'interno del carrello passando un braccio sullo scaffale.

- Quelle le paghi tu – esordì Luke infilando nel carrello della carne e sughi già pronti.

Percy e Annabeth arrivarono pochi secondi dopo con pasta, zucchero, latte e uova e Talia osservò con aria critica il carrello prima che il suo sguardo si potesse illuminare come quello di una bambina in un negozio di bambole.

- Torte e biscotti! – trillò correndo e girando in un'altra corsia slittando con gli scarponi sul pavimento lucido del supermercato.

Luke si voltò verso i due amici, – sul serio, quanti anni ha?

- Biscotti! – la sentirono gridare e attaccarono a ridere senza preoccuparsi di quella donna sulla cinquantina con la pelliccia che li aveva appena guardati male.

 

Quando Percy e Annabeth raggiunsero Luke e Talia, quest'ultima stava per azzannare una mano del biondo se lui non l'avesse tolta in tempo.

- Che problemi vi affliggono? – domandò Percy, le dita della mano destra intrecciate a quelle di Annabeth.

- Io? – disse Luke voltandosi verso di lui e indicandosi, – è lei che mi voleva morsicare una mano! – strillò stizzito.

Talia gli tirò una confezione di caramelle in testa prima di afferrare del pane per hamburger e metterlo nel carrello già strapieno, – lui non voleva che prendessi il cioccolato!

Annabeth osservò il carrello che aveva più roba dolce al suo interno che altro, – ne hai già preso tanto..

Talia scacciò la questione come se fosse un insetto fastidioso, – aaah zitta bionda, sto crescendo e ho bisogno di nutrirmi.

- Ma se hai diciannove anni!

- Zitto, Luke.

 

La cassiera sulla cinquantina impallidì nel vedere tutta quella roba nel carrello dei ragazzi ma poi sorrise nell'osservare Talia eccitata, le guance rosse e lentigginose per l'emozione, Luke che, anche se sembrava scocciato la guardava con dolcezza e Percy che ogni tanto baciava Annabeth sulla tempia come se ne dipendesse dalla sua vita.

Per un momento si chiese come avrebbero fatto a pagare tutta quella roba, domanda più che lecita dato che non sapeva dei soldi che continuavano a mettersi da parte da quando erano solo bambini.

Non si preoccuparono di quelle persone dietro di loro che aspettavano impazienti di tornare a casa o magari fare gli ultimi regali e si fermarono per un secondo con il carrello carico di cibo appena pagato. La loro attenzione si focalizzò sul paesaggio esterno, sui bambini che, eccitati più di Talia davanti a una bistecca, attaccavano il naso alle vetrine dei negozi e le loro mamme sorridevano perché, ovviamente, quel giocattolo glielo avrebbero fatto trovare sotto l'albero il venticinque Dicembre.

 

Le buste erano troppe e i ragazzi ne portavano due per mano mentre, nonostante alcune flebili proteste, le ragazze ne tenevano solo una.

Uscirono dal supermercato per la brutta figura che aveva fatto Talia davanti a un bambino di sei anni quando, presa dalla noia e dal fastidio aveva borbottato un:”Se le mamme non raccontassero la stronzata di Babbo Natale adesso i bambini non romperebbero i coglioni alla sottoscritta”. Era avvampata quando la mamma di quel piccolo l'aveva guardata male prima di inchinarsi verso il figlio, e poi era fuggita via dietro le risate e le parole di scherno degli amici.

Li avevi mandati a quel paese senza mezzi termini e pochi secondi dopo si era già ripresa da quella gaffe e stava fantasticando su ciò che avrebbe potuto mangiare a cena con tutto il ben di dio che avevano comprato pochi attimi prima.

Annabeth rise di nuovo, ringraziando il suo buon senso che le aveva consigliato di mettersi il berreto di lana e il giubotto più pesante, prima che una voce la potesse far voltare di colpo.

Annie bella..

E si girò velocemente. I capelli biondi sferzarono l'aria per qualche secondo e assottigliò lo sguardo cercando di nascondere il tremore alle mani perché -cazzo- quella voce la conosceva fin troppo bene.

Annie bella..

Eccola, eccola di nuovo quella voce che la costrinse a fermarsi e a scrutare con più attenzione senza vedere, anche se non sapeva se definire il tutto una fortuna o una sfortuna.

- Annabeth – chiamò Percy che si era fermato un paio di metri più avanti. La scrutò in volto con una sfumatura leggermente preoccupata negli occhi verdi, – tutto bene?

La bionda scrutò un'ultima volta davanti a sé, – si – disse prima di voltarsi verso di lui, – mi era solo sembrato di sentire una voce ma doveva essere qualche bambino.

Si affiancò al suo ragazzo avvicinandosi a lui e facendo sì che le loro braccia si toccassero.

Percy la scrutò ancora, attento, – sicura che vada tutto bene?

- Voi due, sbrigatevi! Sto morendo di freddo! – urlò Talia a una decina di metri di distanza prima di salire sul pick-up di Percy.

- Arriviamo! – rispose il moro prima di tornare a fissare gli occhi verdi in quelli grigi della sua ragazza.

Annabeth annuì, riprendendo a camminare ma assicurandosi che il suo braccio e quello di Percy fossero sempre a contatto, – va tutto benissimo.

 

- Ed eccola, la campionessa nel girare frittate, Annabeth Chase! – esclamò la ragazza portando via da sopra i fornelli la padella grigiastra mentre quei tre deficienti in cucina con lei battevano le mani su qualsiasi superficie avessero davanti a mo' di tamburo.

- Pronti? Quanti giri vogliamo?

- Quattro, bella Bionda, non uno in più, non uno in meno – esclamò Talia seduta sul tavolo dopo aver finito di apparecchiare.

E quando Annabeth era pronta per dare il colpo di polso che avrebbe fatto saltare la padella in aria Luke la fermò di scatto.

- Che c'è? – domandò Percy, una sfumatura di preoccupazione nella voce.

Luke estrasse il telefono dalla tasca dei jeans, puntando la telecamera contro il viso di Annabeth. Al 'bip' della partenza del video, la bionda sorrise e salutò con la mano libera, annunciando ciò che stava per fare.

- Ok, quattro giri..

-Ee dato che non ci riuscirai, zio Luke è qui a riprendere ogni singola cosa.

Annabeth lo fulminò con lo sguardo mentre Talia batteva un cinque al suo ragazzo prima che la bionda tornasse a concentrarsi sulla padella.

Aspettò altri quattro secondi e poi diede un colpo di polso facendo saltare la frittata verso il soffitto.

Gli occhi degli amici saettarono verso l'alto e Annabeth contò velocemente i giri che compiva la frittata pregando tutti gli dei perché non si spiaccicasse a terra.

Uno... due...tre...

- merda, il quarto! – esclamò andando sotto alla frittata dopo che ebbe girato per l'ultima volta, prendendola al volo.

Ci fu per un attimo silenzio, prima che potessero esplodere in un boato di gioia pura.

Annabeth rise tornando a poggiare la padella sui fornelli e spegnendo il fuoco, – la campionessa dei giri alla frittata! – esclamò con le braccia in aria mentre Talia applaudiva senza smettere di ridere assieme a Percy mentre Luke continuava a riprendere.

- Il primo posto sul podio delle stronzate, signori e signori, va ad Annabeth Chase! Per aver fatto fare quattro giri alla sua frittata dopo aver rischiato di sporcare tutta la cucina! – annunciò Talia con una mano portata a pugno davanti alla bocca e facendo ridere gli amici ancora di più.

Il concetto di famiglia era sempre stato alieno per quei quattro ragazzi, ma in quel momento, 21 dicembre, quella parola prima tanto strana e priva di significato, non sembrava poi tanto tale.

***

Annabeth si svegliò presto come al solito e sorrise nel guardare il bel volto di Percy assolutamente rilassato e addormentato accanto a lei.

Si passò una mano tra i capelli biondi e lanciò uno sguardo alla finestra che faceva entrare nella stanza una luce incredibilmente bianca.

E poi, li vide. Li vide quei fiocchi bianchi che svolazzavano tranquilli fermandosi alla finestra o proseguendo fino alla strada.

Neve!

Stava nevicando!

Esclamò felice cadendo giù dal letto con un tonfo.

Rise ingnorando il leggero dolore al fianco e incespicò per arrivare al cassetto dal quale tolse fuori un paio di mutande e un reggiseno a fantasie diverse.

- Percy! – trillò eccitata, – svegliati! Sta nevicando! Dai, alzati! – disse con la felicità di una bambina pescando i primi jeans che trovava e una felpa che le arrivava alle cosce di Percy.

- Che cos.. – provò a dire lui mezzo addormentato prima che un paio di boxer neri gli arrivasse dritti in faccia, – ma che diavolo hai? – domandò divertito e infilandosi le mutande prima di scendere dal letto e ridere davanti ad una Annabeth che saltellava per infilarsi i jeans, sbattendosi alla cassettiera quando rischiò di cadere.

La bionda lo guardò con un sorriso prima di infilarsi la felpa velocemente e mettersi gli hug chiari, – nevica! – esclamò puntando un dito verso la finestra. Si imbronciò appena vide l'espressione indecisa di Percy.

- Annabeth, tesoro mio – inziò cauto facendole roteare gli occhi al cielo, – io sono di New York e lì nevica per tutto l'inverno, anche in primavera secondo come gira al tempo.

Annabeth sbuffò prima che il sorriso potesse tornare ad abbellirle il volto, – e io vengo dalla California, hai presente quante volte ho visto la neve in tutta la mia vita? – non aspettò la risposta di Percy e si avvolse una sciarpa chiara al collo, – davvero poche quindi adesso muovi il culo che voglio giocare a palle di neve.

Percy rise andando verso la cassettiera e seguendo Annabeth con lo sguardo prima che uscisse come un turbine dalla loro stanza per andare in quella di Talia e Luke che, fortunati loro, dormivano ancora.

Sembrava una bambina davanti alla prima nevicata e Percy giurò a sé stesso di non aver mai visto niente di più bello.

 

- Forza! Sta nevicando! In piedi! – trillò felice Annabeth spalancando le finestre e tirando via le coperte da sopra i corpi degli amici, ringraziando il cielo che sia Luke che Talia fossero vestiti.

- Che cosa? – domandò Luke, i capelli biondi scompigliati e gli occhi azzurri semi-chiusi per il risveglio improvviso.

Annabeth batté le mani un paio di volte, – nevica! – trillò ancora mentre frugava nel loro armadio togliendo vestiti a caso e buttandoglieli sul letto.

Talia grugnì qualcosa schermandosi gli occhi con una mano per la luce improvvisa, – bionda, che ore sono? – biascicò.

Annabeth chiuse l'ultimo cassetto e si tolse il telefono dalla tasca posteriore dei jeans stretti, – le sei e mezzo – disse non curante, – nevica!

Talia ruggì e si sedette sul letto solo per afferrare il cuscino, – le sei e mezzo?! Io ti ammazzo, Annabeth Chase!

La bionda urlò divertita correndo fuori dalla stanza e afferrando la mano di Percy che era comparso in corridoio in quel momento.

- Dai, dai! – disse concitata tirandolo per giù le scale mentre lui rideva e si sistemava il beanie scuro sui capelli.

- Arrivo, evita di farmi morire a diciannove anni! – rise ancora mentre Annabeth spalancava la porta, trillando felice davanti a quella distesa infinita di bianco.

- È bellissimo – mormorò, talmente impegnata a guardare la neve che neanche si accorse della mano di Percy che era lentamente scivolata via dalla sua. Non si accorse dei suoi passi leggeri che si allontanavano di poco e non si accorse neanche della palla di neve che stava accompattando a mani nude.

Quando poi quella stessa palla di neve le arrivò in faccia, si accorse di che cosa stesse facendo il suo ragazo.

- Perseus Jackson – tuonò minacciosa mentre lui si piegava in due dalle risate, – giuro su dio che ti ammazzo! E non sono neanche credente!

Percy rise ancora di più e imprecò quando una bomba bianca made-Chase era in procinto di arrivargli addosso.

La schivò velocemente ed Annabeth trattenne una risata lanciandogli insulti a tutto spiano.

- L'hai voluto tu, biondina! - esclamò compattando altra neve e tirandogliela addosso.

Annabeth si abbassò di colpo, abbastanza velocemente perché non la prendesse in faccia ma un po' di neve le andò comunque sul berretto chiaro e quando una seconda palla le entrò addirittura oltre il bomber si alzò lentamente fissando il suo ragazzo con aria minacciosa.

- Io. ti. Distruggo. – e si abbassò velocemente tirandogli una palla di neve talmente forte e veloce che lo colpì in pieno petto.

Escamò felice con le braccia al cielo, – dieci punti ad An.. – ma della neve le andò in bocca, zittendola di colpo.

Percy attaccò a ridere forte, piegandosi in due e tenendosi lo stomaco che gli faceva male con le braccia, – è stato esilarante! – esalò con un po' di difficoltà, incapace di smettere di ridere nonostante le mani rosse per il freddo, socchiudendo gli occhi verdi per il divertimento.

Un po' lo sorprese il fatto che non gliene importasse proprio nulla.

E senza che neanche se ne accorgesse, furia-Annabeth gli saltò addosso buttandolo carponi sulla neve.

- Non so se essere arrabiato o felice per la posizione in cui siamo adesso – sorrise mettendole le mani sui fianchi mentre lei stava seduta sul suo bacino e lo guardava con un'espressione furba in volto.

- Valuta tu – mormorò prima di prendere della neve dai lati della sua testa e buttargliela sul viso.

Lui grugnì mentre Annabeth rideva divertita e poi, fu talmente veloce che neanche si accorse delle mani di Percy che scivolavano dai fianchi alle cosce ribaltando le posizioni e mettendosi sopra di lei.

- Ok, questo era giocare sporco – disse lei, i visi così vicini che era certa di poter descrivere alla perfezione ogni singola sfumatura di quelle iridi verdi.

Percy scosse la testa, – no, non era giocare sporco – si inumidì le labbra prima di parlare ancora, – questo è giocare sporco – e poi si fiondò sulle labbra di Annabeth con una delicatezza che quasi la soprese.

Fu automatico schiudere le labbra per lasciare che la lingua di Percy accarezzasse piano la sua, certa che i brividi che le percorrevano il corpo non fossero solo perché era sdraiata sulla neve.

Affondò le dita rosse per il freddo sotto al berretto del moro, toccando i capelli morbidi e sorridendo appena nel sentire che il suo ragazzo stava facendo la stessa cosa.

Piegò le gambe stringendole leggermente e lasciò che Percy le mordicchiasse il labbro inferiore prima di posarle una mano sul collo tracciando linee immaginarie su quella pelle candida e che ormai era soggetta continua a suoi morsi e baci.

- Si, decisamente questo è giocare sporco – sussurrò Annabeth prima che si potessero baciare ancora e prima che una palla di neve arrivasse addosso a entrambi.

Percy si voltò di scatto fulminando con lo sguardo Luke e Talia che se la ridevano alla grandissima per aver interrotto quel momento.

Annabeth chiuse gli occhi scuotendo la testa divertita mentre Percy si alzava e poi le porgeva la mano per fare lo stesso, – ma allora siete proprio stronzi – berciò pulendosi il giaccone con un paio di colpi.

Si inchinò compattando della neve e facendosi rimbalzare la palla sul palmo della mano destra per un paio di volte nonostante fosse convinto di perderla per quando era fredda.

- Adesso vediamo un po' chi vince.

 

E fecero la battaglia di neve fino alle dieci del mattino, prima che decretassero un non vincitore e Luke propose di fare dei pancake per tutti.

Considerando che avevano la nutella, fu quasi strano che Talia non si fose lanciata subito dentro casa ma era stra-impegnata in una sfida a palle di neve con Annabeth e nessuna delle due aveva intenzione di perdere.

Avevano riso tantissimo, avevano schivato e preso neve e nonostante la pelle bianca per il freddo e le dita quasi congelate, avevano realizzato che ridere era decisamente più soddisfacente di tutto il resto.

 

Si sedettero tutti sul divano, vicino al camino che Percy aveva acceso senza difficoltà apparente.

- Bonne appettite! – esclamò Luke posando sul tavolino basso del salotto due piatti pieni di pancake e un barattolo di nutella e coltello accanto.

Annabeth ci si tuffò sopra prima di Talia che le imprecò contro prima di rivolgerle una serie di complimenti perché quel pancake con la nutella andasse a lei.

La bionda lo porse a Percy che la baciò sulla fronte per un paio di secondi prima di dare il primo morso.

- Sei davvero una stronza! – esclamò Talia indignata mentre Annabeth preparava un altro pancake e lo dava a Luke. Il ragazzo lo sventolò davanti all'affamata che poi, senza mezzi termini, lo mandò affanculo e fissò il vuoto, imbronciata, – sai, mi sto pentendo di tutti i favori che ti ho fatto, bionda – borbottò mentre Annabeth preparava un altro pancake.

- Lo sai che andassi in cucina a prendere un altro coltello a quest'ora staresti già mangiando? – domandò ovvia la bionda porgendo poi l'ennesimo pancake pronto alla sua amica.

Gli occhi blu elettrico di Talia brillarono e aprì la bocca in attesa che Annabeth le mettesse l'intero pancake sulla lingua.

- Tu sei fuori Talia Grace – sorrise Annabeth mentre Percy si scaldava al fuoco e la guardava come mai aveva fatto nessun altro.

Sorrise mentre Luke prendeva in giro la sua ragazza e continuava a mangiare.

Sorrise, chiedendosi perché quei ragazzi così speciali non fossero entrati prima nella sua vita, chiedendosi perché avesse dovuto soffrire così tanto prima di essere felice.

Sorrise, certa che quei tre pazzi fossero la sua famiglia, dopo anni che non ne aveva avuta una.

 

- Guardate che ho trovato nello stanzino! – esclamò Luke posizionando in un angolo della sala un albero di natale sintetico un po' impolverato e alto fino al lampadario vecchio stile.

Percy arrivò pochi secondi dopo con due scatole in plastica una sopra l'altra e non fu difficile per le ragazze intuire, almeno dal rumore di oggetti che sbattevano, che lì dentro ci fossero tutte le decorazioni per un albero di Natale.

- Facciamo l'albero! – esclamarono Talia e Annabeth assieme alzandosi velocemente dal divano e catapultandosi sulle scatole in plastica, levando i coperchi azzurri velocemente.

Le palline erano di tutti i colori, spaziavano dal verde al dorato, assieme alle lucine che Annabeth dubitava funzionassero ma era certa che sarebbero andate comunque benissimo.

- Forza Bionda, diamo vita a questa stanza – disse Talia decisa togliendo le prime decorazioni e osservando il pino sintetico che Luke aveva appena stabilizzato a terra.

 

Fu divertente fare l'albero assieme. Un po' perché era inevitabile che non si lanciassero le palline, un po' perché ridevano ogni tre secondi e Luke aveva lasciato il suo telefono in salotto quindi stavano ascoltando musica a tutto volume decorando l'albero senza una logica ben precisa e cantando a squarciagola.

Il bello di non avere nessun vicino di casa era che il casino sarebbe rimasto all'interno dei loro confini. Gli unici che ci perdevano erano forse Luke e Percy ma dato che erano in cucina a fare non si sa che cosa, sia Annabeth che Talia se ne fregavano altamente.

Fecero girare attorno all'albero l'ennesima decorazione argentata muovendo i fianchi stretti negli skinny jeans a ritmo della nuova canzone di Avicii e dopo che Talia fu salita sul bracciolo del divano mentre Annabeth lo teneva dalla parte opposta, ed ebbe messo la stellina dorata, il loro albero era finalmente finito.

Era un tripudio di colori, un'esplosione di luci colorate che per miracolo funzionavano ancora e le ragazze giurarono a loro stesse che non avevano mai visto albero più bello, nemmeno nei film.

Alto fino al soffitto sembrava quasi che sprizzasse Natale da ogni ramo sintetico e le ragazze lo guardarono con un sorriso prima che Luke e Percy potessero entrare in salotto con due tazze di cioccolata con la panna a testa.

- But if I'm far from hoooooome – cantò Luke muovendo la testa prima di fermarsi di colpo e guardare ciò che avevano fatto le due ragazze.

- Wow.. – mormorò Percy facendo un paio di passi per poggiare le tazze in ceramica che teneva in mano sul tavolino basso in legno scuro, – è stupendo, ragazze – disse sincero.

Talia e Annabeth lo guardarono da sopra la spalla, – lo sappiamo – fece Talia fintamente altezzosa battendo il pugno contro quello dell'amica che rise prima di sedersi accanto al suo ragazzo e prendere una tazza di cioccolata tra le mani.

Percy le fece mettere le gambe sulle sue e Annabeth si poggiò allo schienale del divano facendo sì che le loro braccia si toccassero.

- Questo si chiama Natale.. – mormorò Luke sperando quasi di non essere sentito, un po' per la musica alta e un po' perché Talia stava cantando senza preoccuparsi del tono di voce.

Percy gli rivolse uno sguardo e un mezzo sorriso mentre Annabeth accendeva la televisione a un canale che stava trasmettando una soap opera americana senza fine e che lui non aveva mai sopportato.

- Eccome se lo è – gli rispose a bassa voce ma certo che lo avesse sentito.


Angolo Autrice: 
Ehiila<3
sono leggermente in anticipo rispetto alla mia tabella di marcia ma mi sentivo in colpa per non aver aggiornato nulla in una settima quindi, eccomi qui! hahah
In casa non si fosse capito, ho scritto questo capitolo in pieno periodo di Natale e il girare la frittata di Annabeth è accaduto davvero durante una serata pancake. Tipo che mi sono praticamente sbattuta al muro pur di prendere il pancake ma alla fine ho vinto comunque contro le mie amiche_|_
A si, è successo davvero anche la storia del supermercato, io stavo correndo col carrello e le mie amiche dietro mi stavano inseguendo HAHAHAH è stata una scena meravigliosa, ve lo giuro!
Dopodiché, la voce che sente Annabeth, non sottovalutatela in alcun modo, io vi ho avvertiti^.^
Infine, Annabeth e Talia fanno l'albero. Mi ha divertito molto scrivere quelle scene anche perchè loro sono ragazzi che non hanno mai avuto un vero e proprio Natale o almeno, non per molto tempo. E' praticamente tutto tutto nuovo per loro ma stanno finalmente capendo di essere una famiglia e piano piano questa consapevolezza si radicherà in loro sempre sempre di più*-*
Prima che me ne dimentichi, mi sembra giusto dirvi che questi erano due capitoli che alla fine ho deciso di unire perché troppo corti ed entrambi di passaggio e la canzone che canta Luke mentre entra in sala con le cioccolate è "Hey Brother" di Avicii, a mio parere una delle canzoni migliori del secolo!
Vi ringrazio moltissimo per le recensioni sempre dolci e il numero di preferite, seguite e ricordate che aumenta sempre facendomi sorridere come un ebete aahha la storia sta praticamente per finire e ho intenzione di rallentare un po' dato che non voglio affatto mettere la bandierina su "completa" molto presto:**
Alla prossima,
Vi adoro,
Love yaa<3



               

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Capitolo 24
*** 23.Put your lips on mine ***


Put your lips on mine
Got me losing my mind,
No, it's never too late,
Put your lips on mine
Selena Gomez, Save the day

- Buongiorno – salutò Annabeth stirandosi le braccia sopra la testa appena entrò in soggiorno.

Percy distolse lo sguardo dalla tv che stava mandando una puntata di Supernatural, – ehi, piccola.

Annabeth si guardò intorno.

C'era davvero troppo silenzio.

- Dove sono Luke e Talia? – domandò lasciandosi cadere accanto a Percy e tirando la sua magliettona bianca un po' più giù sulle cosce.

Percy la attirò leggermente a sé baciandole una tempia, – sono usciti a comprarci i regali e qualcosa di già pronto per pranzo.

Annabeth si voltò verso di lui lasciando che le loro labbra si sfiorassero mentre parlava, – da quanto sono usciti?

- Cinque minuti – soffiò Percy facendo correre le mani sotto la maglietta di Annabeth e stringendole un po' fianchi.

Annabeth sospirò per quelle carezze buttando la testa all'indietro e chiudendo gli occhi mentre le sue dita affondavano nei capelli scuri e morbidi di Percy.

Le labbra del ragazzo le baciarono lentamente il collo facendoglielo flettere all'indietro ancora di più mentre le mani di Percy -forse troppo curiose- le accarezzavano i glutei passando sotto l'elestico delle mutande che portava.

Annabeth si sollevò leggermente sulle ginocchia e cercò le labbra del ragazzo che non esitarono ad accontentarla.

La sua lingua fece dolcemente schiudere la bocca di Annabeth, trovandola pronta ad accogliere la sua. Non smise per un secondo di accarezzarla, neanche mentre la baciava dolcemente, concedendosi quell'esplorazione languida della sua bocca, incurante di Dean e Sam in sottofondo che se la facevano con l'ennesimo fantasma.

- Voglio fare l'amore con te – esalò Annabeth sulle sue labbra prima di tornare a baciarlo e posargli le mani sul collo in un intreccio di braccia.

Percy non se lo fece ripetere due volte e le mise le mani sotto le cosce sode sollevandola senza il minimo sforzo.

Non smise per un secondo di baciarla, neanche mentre la portava su per le scale o la adagiava dolcemente sul letto.

Voleva fare Annabeth sua.

Voleva sentirla sotto di sé, voleva sentire le sue mani piccole e dolci che gli accarezzavano la schiena e voleva sentire i suoi respiri e i suoi gemiti che riservava solo a lui.

Le sfilò la sua maglietta bianca lasciandola in intimo sotto di sé e la accarezzò piano facendole piegare un po' la gamba destra prima di coricarsi su di lei facendo leva sui gomiti per non pesarle troppo.

Lasciò che le loro lingue si accarezzassero assieme, lasciò che proseguissero nella languida esplorazione delle bocche, lasciò che quel bacio prendesse vita e diventasse speciale come al solito, ma alla fine, cosa non era speciale se era fatto con Annabeth?

Le mani della bionda camminarono fino ai fianchi del ragazzo e gli sollevarono l'orlo della maglietta blu sfilandogliela velocemente e toccando vorace ogni porzione di pelle che veniva scoperta.

Dio, quel ragazzo era uno spettacolo e con solo i boxer scuri addosso, Annabeth si rese davvero conto di quanta fame avesse di lui.

Si, fame.

Fame del suo corpo.

Fame della sua pelle.

Fame dei suoi baci.

Fame delle sue labbra.

E capovolse velocemente la situazione mettendosi a cavalcioni su di lui.

Percy si lasciò scappare una risata e le strinse i fianchi con le mani, curioso di vedere come sarebbe continuata.

Annabeth si catapultò sulle sue labbra mordendole, succhiandole a più non posso e godendo delle mani di Percy che le correvano sulla schiena e della sua bocca che rispondeva prontamente alla sua senza mai deluderla e con la sua stessa fame.

Fame d'amore e fame di desiderio a più non posso.

Quella fame che ti fa contorcere le viscere e che ti fa perdere i freni inibitori meglio di qualunque altra cosa.

Gli baciò la gola, il petto e la sua scia di baci non si fermò finché non arrivò all'orlo dei boxer e in quel momento, Percy la attirò a sé di scatto riportandola sotto di lui.

- Adesso tocca a me – le mormorò all'orecchio facendola rabbrividire di piacere.

Annabeth si aggrappò alle sue spalle e Percy la baciò lentamente, piano, facendo scorrere la mano dalla curva dei seni ai suoi fianchi e la infilò, con la stessa lentezza sotto l'orlo degli slip.

Arrivò piano alla sua intimità, un tocco caldo che la fece rabbrividire ancora e quando Percy inserì un dito lei increspò le labbra contro le sue, respirando forte e sperando ardentemente che lui la facesse sua il prima possibile.

Inserì un altro dito e lei si ritrovò a inarcare la schiena mentre la bocca infuocata del ragazzo le lasciava baci sul collo e segni che stavano solo a testimoniare quanto si appartenessero.

Percy continuò a muovere le dita lentamente, godendo dell'espressione di piacere sul bel volto di Annabeth.

Estrasse le dita dopo un po' di tempo, portando le mani sulla schiena bianca della ragazza e slacciandole il reggiseno senza problemi.

Resistette all'impulso di baciarlo come ormai faceva spesso e poi le sfilò gli slip prima che lei facesse lo stesso con i suoi boxer sfiorando intenzionalmente la sua eccitazione.

E poi, Percy entrò in lei delicatamente, com'era solito fare, quasi avesse paura che le potesse provocare del male.

Diede spinte lente, intrecciando le dita a quelle di Annabeth accanto alla sua testa. E si baciarono, si baciarono spesso tra i gemiti, baciarono quelle labbra sia stanche che vogliose l'una dell'altra mentre il piacere si faceva largo nei corpi di entrambi come se fosse lava bollente.

Annabeth si sporse verso il ragazzo, il petto ansante mentre lui rallentava le spinte anche se non le interrompeva, – sono tua.. – esalò cercando poi le sue labbra e soffocando il gemito più forte in un bacio che già di per sé, le avrebbe tolto il fiato.

 

Talia e Luke erano tornati a casa una mezzora dopo ma non si erano neanche sognati di bussargli in camera o preparare il pranzo.

Annabeth non lo sapeva ma era appena mezzogiorno e anche i loro amici avevano voglia di starsene relativamente buoni per un po'.

Voltò il capo verso Percy addormentato accanto a lei.

Era bellissimo, una mano sotto al cuscino e l'altra che le circondava i fianchi, l'espressione rilassata e la bocca schiusa, il respiro leggero e le palpebre abbassate.

Avevano le coperte fino al bacino e Annabeth decise di alzarsi lentamente per evitare di svegliare il ragazzo coricato accanto a lei. Non si preoccupò di essere completamente nuda, tanto Percy aveva già visto tutto quello che c'era da vedere e la porta era chiusa a chiave.

Voleva vedere che cosa avessero comprato per pranzo Talia e Luke e magari cercare di capire che cosa avrebbero avuto lei e Percy per Natale.

Andò verso la cassettiera prendendo le prime mutande e il primo reggiseno e che le capitarono a tiro e li indossò velocemente lasciandosi poi scivolare addosso un maglione verde bottiglia di Percy.

Si voltò a guardarlo e fu in quel momento che la notò.

Aveva fatto l'amore con Percy innumerevoli volte e l'aveva visto nudo altrettante eppure, quella cicatrice lunga una spanna, biancastra e alla base della schiena, proprio non l'aveva notata se non in quel momento.

Sbarrò gli occhi e corrugò la fronte per un attimo prima di avvicinarsi lentamente al suo ragazzo e osservare con circospezione quel taglio enorme e che non aveva mai visto.

- Cazzo.. – mormorò perché non sapeva molto del passato di Percy ma una mezza idea di come e chi gliel'avesse fatta ce l'aveva.

Si portò una mano alla bocca cercando di non pensare al dolore che un taglio del genere doveva avergli provocato e sfiorò tutta la sua lunghezza con i polpastrelli.

E Annabeth non lo sapeva che a quel tocco, Percy stava ricordando di nuovo.

 

“ Mamma.. che cosa ti ha fatto?” mormorò Percy sfiorando con le dita il livido violaceo sotto gli occhi di solito vivaci della madre, in quel momento più lucidi che mai.

Lei inghiottì un groppo in gola, “va tutto bene, tesoro”mormorò, “va tutto bene” disse portando una mano sulla guancia del figlio e accarezzandola piano.

Percy scosse la testa, sottrandosi a quel tocco come se bruciasse, “ho sedici anni, mamma! Non ne ho più dodici! Non va affatto bene, non posso vederlo solo io” fece brusco senza preoccuparsi di moderare il tono finché Gabe il tricheco fosse stato fuori di casa.

Gli occhi di Sally si inumidirono ancora di più e cercò di scacciare le lacrime davanti al figlio, “va tutto bene” disse imperterrita ma con la solita dolcezza nella voce che la contraddistingueva sempre.

Percy si alzò di scatto dal letto della sua camera, “balle. Ti sta picchiando ancora e sono stanco di nascondermi sotto l'acqua o uscire di casa pur di non sentire i colpi!” esclamò, “voglio fare qualcosa!” tornò a inchinarsi verso la mamma prendendole delicatamente il viso tra le mani, “non voglio più vederti soffrire..” mormorò dandole un bacio sulla fronte.

“ E dove vorresti andare, Percy? Lavoro in un negozio di caramelle, non posso permettermi un affitto..”

Mamma!” esclamò Percy lasciandole il viso e tornando ad alzarsi, “lo denunceremo! La tua faccia sono le prove contro di lui, capito?”

Sally aprì la bocca per dire qualcosa, ma il rumore di una serratura che scattava in lontananza la fece zittire di colpo, “dove sei, puttanella?” domandò la voce di Gabe e la cosa assurda e che Percy non riusciva neanche a concepire era che fosse completamente e totalmente sobrio.

Picchiava la mamma per il solo e semplice gusto di farlo.

E per quello, non ci vide più.

Non ascoltò i richiami della mamma, le sue suppliche per evitare che andasse da Gabe.

Aprì la porta della sua camera di scatto e attraversò il corridoio come una furia.

Il patrigno gli rivolse un sorriso sghembo che si spense appena vide la sua espressione e appena Percy lo spinse dalle spalle. Barcollò per un paio di passi e il pugno che gli arrivò in pieno viso lo spiazzò del tutto.

Giù le mani da mia madre!” gridò Percy guardandolo con un odio che riservava solo a lui, “giù le mani da lei o giuro che ti ammazzo, bastardo” sputò.

Gabe lo fissò come si fissa un pezzo di carne ben condita e poi tentò di colpirlo con un pugno ma per Percy fu facile schivarlo e bloccargli il polso a mezz'aria tirandolo in avanti e facendolo cadere a terra con un tonfo.

Percy!” strillò Sally correndo verso di loro, senza curarsi degli insulti di Gabe che la incolpavano di aver fatto un figlio così deficiente.

Giù le mani da mia madre!” urlò ancora il ragazzo guardandolo dall'alto, i pugni stretti lungo i fianchi e che quasi fremevano per la voglia che avevano di colpirlo.

Pensò ai ragazzi, sarebbero stati fieri di lui.

Sei un ragazzo stupido, ignorante e idiota” berciò Gabe alzandosi a fatica. Sally tentò di aiutarlo ma lui la spinse via bruscamente facendo assottigliare ancora di più lo sgaurdo di Percy e facendo aumentare la voglia che aveva di colpirlo ancora.

Il ragazzo camminò lentamente verso il patrigno e lo afferrò per il collo della maglieta sudata, avvicinando il viso al suo, talmente tanto che i loro nasi quasi si toccavano, “tocca ancora mia madre e ti giuro su Dio, Gabe, io ti ammazzo con le mie mani”.

Lo spinse facendolo barcollare contro il tavolo del poker e poi gli diede le spalle. Voleva andare in camera, chiamare Jake e chiedergli di entrare dalla finistra. Avrebbero chiacchierato chiusi nella sua stanza come facevano quasi tutte le sere e poi sarebbero usciti nuovamente dalla finestra e si sarebbero mangiati una pizza a Times Square.

Stava già per togliere il cellulare rubato dalla tasca quando l'urlo terrorizato della madre precedette il dolore che ne seguì dopo. Fu un dolore fulmineo che diventò sempre maggiore di secondo in secondo.

Era un taglio freddo, profondo e Percy cadde carponi sul pavimento. Boccheggiò per un secondo facendo mente locale di ciò che gli avevano detto Josh e Chris la sera prima.

Il coltello ti provocherà un dolore lancinante, freddo, Kid e tu devi resistergli ad ogni costo”.

Ecco che cos'era: un coltello.

Il dolore si propagò dalla bassa della schiena a tutto il corpo e sbatté gli occhi scacciando il nero che stava incominciando a vedere e che precedeva lo svenimento.

Non doveva svenire. Non poteva assolutamente, non con Gabe davanti.

Fu la risata sguaiata di quel mostro e il pianto della madre a dargli la forza e l'orgoglio per alzarsi.

Si portò una mano alla base della felpa e premette sul taglio con il palmo.

Il dolore era talmente forte che gli sembrava di vedere a rallentatore e sentire ovattato.

Non ci pensò un attimo.

Cercò a tastoni la maniglia della porta e uscì da quell'inferno sperando che almeno uno dei ragazzi fosse nei paraggi.

 

Il Percy diciannovenne aprì gli occhi di scatto e si puntellò sugli avambracci. Boccheggiò per qualche attimo e Annabeth si voltò verso di lui, la preoccupazione evidente negli occhi grigi.

- Percy.. – sussurrò andando verso di lui e sedendosi sul bordo del letto, – che è successo?

Lui deglutì e si passò una mano sul viso, girandosi poi a pancia in su e poggiando la schiena nuda alla testiera del letto.

- Niente, tutto bene – Annabeth lo guardò leggermente critica e lui si impose un sorriso tirato, – solo un incubo.

E senza pensarci un secondo di più -perché lo Annabeth lo sapeva che quello era sicuramente più di un incubo- si sedette sulle lenzuola bianche che coprivano il bacino del ragazzo e gli avvolse le braccia attorno al collo, tenendolo stretto e facendo aderire i loro petti.

Non gli avvolse le braccia attorno al busto, non le raggomitolò contro il corpo perché, in quel momento, era lui che aveva bisogno di protezione e per un attimo, lo sentì che rimase interdetto, ma poi la strinse a sé, affondando il viso nei suoi capelli e respirando il profumo di shampoo al limone.

Gli diede un bacio sulla guancia e poi gi sorrise prima di premere le labbra sulle sue per qualche secondo, – adesso mi puoi dire che va tutto bene – sorrise Annabeth facendo ridere anche Percy che la sistemò meglio sulle sue gambe, stringendola un po' di più.

- Usciamo questo pomeriggio? – Annabeth corrugò la fronte e piegò un po' la testa guardandolo negli occhi, – solo io e te. Facciamo i regali a Luke e Talia e ce ne andiamo in giro sotto gli addobbi di Natale come quelle coppiette dei film.

Annabeth rise e annuì un paio di volte premendo di nuovo le sue labbra su quelle di Percy, – andata.

 

Andarono in centro verso le cinque del pomeriggio con il pick-up di Percy e poi, stretti nei loro cappotti e accompagnati da quella sera fredda ma incredibilmente allegra, andarono in giro per il paese.

Percy teneva un braccio sulle spalle di Annabeth e lei le dita intrecciate a quelle della mano che le penzolava dalla spalla.

Schivavano bambini, osservavano negozi illuminati da mille addobbi, guardavano le madri che uscivano indaffarate dai negozi e con trilioni di buste per braccio, maledicendosi per essersi ridotte all'ultimo come ogni anno e ripromettendosi che poi sarebbe cambiato tutto anche se alla fine era sempre la stessa storia.

Annabeth sorrise, sorrise sentendosi protetta a contatto col corpo di Percy e camminando accanto a lui senza pensieri.

Era tutto ciò che aveva sempre sognato, il massimo che avrebbe potuto sperare nella vita e le sembrava quasi assurdo che adesso lo avesse ottenuto.

Una parte di lei era sempre lì a dirle che non si meritava niente del genere, una parte crudele e che non era per niente decisa a lasciarla in pace, ma l'altra... se una parte di sé viveva di odio, paura e rancore, l'altra parte viveva delle risate dei suoi amici, degli abbracci di Percy e delle notti passate a fare l'amore con lui. Viveva dei pomeriggi a bere cioccolata calda e delle serate a guadare i talk show di David Letterman e cantare Selena Gomez a squarciagola.

Furono quei pensieri che la spinsero a fermarsi e posizionarsi davanti a Percy allaccandogli le braccia al collo e osservandolo con un sorriso.

Percy le intrecciò le dita sulla schiena, – tutto apposto? – domandò fissando i suoi occhi verdi e luminosi in quelli della sua ragazza che quasi brillavano alla luce delle decorazioni.

Erano al centro di un marciapiede gremito di gente ma quasi non si preoccupavano dei passanti perché loro erano in un bolla, una bolla fatta di loro, dei sorrisi che continuavano a rivolgersi e delle mani che non potevano fare a meno di toccarsi.

- Va tutto alla grande – mormorò lei, – è questo il punto.

E Percy abbozzò una risata avvicinando il viso al suo e premendo le labbra su quelle di Annabeth in un bacio casto e che non sarebbe mai stato approfondito davanti a così tanta gente.

Percy sfregò il suo naso contro quello di Annabeth e sorrise lasciandole un altro bacio e deciso ad offrirle una cioccolata calda con la panna in quel bar che aveva visto l'ultima volta quando erano andati a fare la spesa.

Sarebbero rimasti così ancora per un po' prima che una vocina trillasse nella loro direzione. I due ragazzi si voltarono di scatto senza però staccarsi, incrociando lo sguardo vispo e scuro di una bambina di almeno cinque anni. Indossava un cappottino che le stringeva il corpo piccolo e un berrettino rosa con il pon pon calato sui capelli e che le lasciava scoperta la frangetta scura.

- Mamma – disse indicandoli e facendo saettare lo sguardo dalla donna che le assomigliava tanto e con un paio di buste per braccio alla sua destra a Percy e Annabeth.

- Tesoro, non indicare – fece dolcemente la donna tirandole un po' il braccio mentre i due ragazzi la guardavano curiosi, – mi dispiace – disse con un sorriso imbarazzato a Percy e Annabeth che però la guardavano tranquilli. Tirò per un braccio la figlia ma lei si oppose per un paio di passi continuando a guardare i due ragazzi.

- Mamma, mi innamorerò anche io come loro due? – domandò con un'ingenuità che può contraddistinguere solo le bambine e continuando a guardare Percy e Annabeth che si lanciarono un'occhiata spaesata prima di riportare gli sguardi su quella bambina.

La donna sbarrò gli occhi in un chiaro senso di imbarazzo e rabbia, – andiamo via, Maggie, forza – disse con il tono più duro di quello che aveva usato prima.

- No, aspetti! – chiamò Annabeth allontanandosi piano da Percy e accovacciandosi all'altezza della piccola. Allungò le braccia verso di lei mentre il moro la guardava in un misto di curiosità e orgoglio, – Maggie, vieni qui, dai – fece dolcemente e la bambina mosse un paio di passi interdetta prima che Annabeth potesse intrecciare le dita alle sue. Le sistemò un ciuffo ribelle e la guardò negli occhi con un mezzo sorriso, – voglio prometterti una cosa, Maggie anzi, due cose.

La bambina annuì un paio di volte concitata e Annabeth rise prima di continuare, – ti prometto che ti innamorerai e sarà bellissimo. Inizialmente ti farà un po' male, magari avrete degli alti e dei bassi, ma l'amore ti ricorderà sempre e farà sempre in modo che vuoi due vi ritroviate o vi incontriate, a prescindere di quello che potrà succedere – strinse un po' di più la presa sulla dita della piccola, – te lo prometto, d'accordo? Tu ti innamorerai esattamente come lo sono io.

La bambina sorrise felice, – e la seconda promessa? – domandò senza preoccuparsi della mamma che guardava Annabeth come una dea scesa in terra e Percy, con un orgoglio nello sguardo che avrebbe potuto notarlo anche uno stupido.

- La seconda? – Annabeth rise, – che sei una bambina talmente speciale che se mai avrò una figlia la chiamerò come te, che pensi? – fece poi facendole battere le mani.

La piccola annuì di nuovo e poi, senza il minimo preavviso, le gettò le braccia al collo aspettando pazientemente che Annabeth ricambiasse la stretta, – grazie – le sussurrò guardandola negli occhi appena si allontanò, – spero tanto che l'amore mi ricordi come ha fatto con te – e poi corse verso la mamma che non poté fare a meno di sorridere a quella ragazza tanto speciale e che stava quasi tentando di metabolizzare quello che le era appena successo.

Annabeth si rialzò verso Percy, la fronte corrugata e un mezzo sorriso interdetto sulle labbra.

Il moro la guardò colpito tornando a prenderla tra le braccia, – sei stata fantastica, Annabeth!

- Tu credi? – domandò lei felice e lui la baciò piano sulle labbra, annuendo e sussurrando un “anche io” che sperò davvero lei avesse sentito.

- Cioccolata? – chiese Percy mettendole un braccio attorno alle spalle.

Annabeth rise e annuì un paio di volte.

Non te lo meriti..

E si bloccò di colpo, guardandosi intorno con una sfumatura di terrore nello sguardo.

- Annabeth – chiamò Percy preoccupato, – tutto bene?

La bionda si guardò attorno per ancora un po' prima di sorridere e dargli un bacio sulle labbra, – alla grande.



Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
Allora.. vi avevo detto che avrei rallentato.. ma non ci sono riuscita e aggiornato comunque due volte alla settimana ahahah ho controllato e mancano due capitoli più l'epilogo per la fine:((
In ogni caso, passiamo al capitolo ahahha Luke e Talia praticamente non ci sono ma si rifaranno nel prossimo capitolo che, by the way, è quello di Natale e con quattro dementi come loro, non aspettatevi niente di tranquillo ahahah
Percy e Annabeth sono a casa da soli e fanno i porcellini ma mi piace un sacco scrivere di loro due in quel senso, devo essere sincera^.^ Quando loro vanno in giro e incontrano la bambina, Maggie, non so neanche da dove mi sia venuto in mente di mettercela in mezzo se devo essere sincera ma io adoro i bambini quindi giustifico l'apparizione di Maggie così ahahah
A si, per quanto riguarda il passato di Percy, sono tornati i flashback e abbiamo la spiegazione di un paio di ferite di guerra ahah non so se vi ricordate l'accenno alla cicarice del capitolo 7 "Talia posò la testa sul petto di Percy mentre continuavano a camminare, – le cicatrici fanno male quando vengono aperte, in tutti i sensi – e gli passò una mano sulla bassa schiena facendo rabbrividire Percy." anche se non ve lo ricordate, eccolo spiegato con un flashback e spero di non aver fatto un casino ahaha
Cercherò di aggiornare una volta alla settimana così da rallentare almeno un po' ahahha
Grazie mille a tutti, alle recensioni sempre dolcissime e al numero di preferite, seguite e ricordate che aumenta di volta in volta^.^
Siete i migliori!
Vi adoro,
Love yaa<3



      

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Capitolo 25
*** 24.It's Christmas time ***


It's Christmas time
 

Era il ventiquattro Dicembre e né Percy né Annabeth avevano intenzione di starsene a casa, anche perché, in un modo o nell'altro e attraverso una serie di messaggi impliciti, Luke e Talia gli avevano fatto capire che dovevano muovere il culo e andarsene velocemente.

A loro era comunque andata bene e stretti in giubbotti e sciarpe, andavano in giro per il paese, osservando le vetrine illuminate dei negozi, ragazzi che facevano i regali all'ultimo e bambini che erano riusciti a convincere i genitori a farsi comprare una cioccolata calda anche se i grandi avrebbero dovuto preparare una cena per chissà quanti ospiti.

C'era una sorta di clima di festa, quasi un'allegria che impediva a Percy e Annabeth di non sorridere e alla fine era tutto troppo bello perché non lo apprezzassero con un sorriso o con quegli occhi luminosi e bramosi di osservare ogni cosa.

Si tenevano per mano, le dita intrecciate che non soffrivano il freddo e parlavano, parlavano tantissimo evitando mamme indaffarate e famiglie in ritardo.

Le vie erano gremite di persone che rendevano il tutto ancora più speciale anche se né Percy né Annabeth riuscivano a spiegarsi come.

Il moro si fermò tirando Annabeth verso di sé e lasciando che i loro corpi aderissero. Le portò una mano fredda sul collo accarezzandole la guancia con i polpastrelli e sorridendo sulle sue labbra, prima di baciarle piano, senza pretese.

Portò anche l'altra mano al lato del collo della bionda mentre lei gli cingeva la vita e sorrideva per quel contatto così dolce che era comunque riuscito a farle intrecciare lo stomaco come impazzito.

Percy le accarezzò il labbro inferiore col pollice e poi la baciò di nuovo, gli angoli della bocca piegati verso l'alto che si congiungevano a quelli di Annabeth, esattamente nella stessa posizione.

- Percy – chiamò una voce che lui conosceva troppo bene.

Si irrigidì aprendo gli occhi di scatto e Annabeth lo guardò confusa a pochi centimetri dal suo viso prima di voltarsi verso la ragazza che aveva parlato.

Percy di istinto fece scivolare le dita tra quelle di Annabeth, attirandola a sé e stringendo un po' la presa, scatenando in lei domande che non avrebbe fatto a meno che lui non avesse sentito il bisogno di parlarne.

- Cassie – disse lui trovandosi davanti quella ragazza. Quella ragazza che lo aveva illuso e usato, che gli aveva promesso il suo amore per poi lasciarlo, come se non avesse mai significato niente, al primo nuovo paio di addominali.

La ragazza con gli occhi e i capelli scuri che lo aveva sedotto, che aveva fatto finta di aiutarlo, che aveva fatto finta di salvarlo.

Quella parte di passato che Percy non era mai riuscito a buttare giù, quella parte di passato che lo aveva inciso fin troppo.

Gli occhi scuri di Cassie vagarono per il corpo del moro prima che si fermassero su Annabeth e le loro dita intrecciate.

Percy quasi non riusciva a respirare, bloccato sul posto, non aveva idea di che cosa fare perché, se era convinto di aver chiuso definitivamente con il suo passto, si sbagliava di grosso.

- Ciao, sono Annabeth – salutò la bionda facendo un passo verso Cassie senza che le sue dita si sciogliessero da quelle di Percy ma porgendo la mano libera alla ragazza che sorrise, stringendogliela per qualche secondo.

- Io sono Cassie, voi due state assieme? – domandò senza un briciolo di malizia ma solo banale curiosità.

Annabeth riportò la mano lungo fianco, sorridendo e annuendo, – si, voi vi conoscete già, quindi?

Cassie annuì, – è stato il mio ragazzo per un po' – confessò infine facendo ridere Annabeth e irrigidire Percy ancora di più.

- Wow, non mi ero mai trovata in una situazione del genere, dico sul serio! – ammise ridendo e contagiando anche la mora.

Scrutò Annabeth, la osservò attenta senza poter fare a meno di sondare tutti i particolari. I capelli biondi lasciati sciolti, il berrettino sopra la testa, il bomber e i jeans stretti, il sorriso amichevole, gli occhi luminosi e che brillavano quasi di più quando guardava Percy.

- Sei quella giusta, Annabeth – disse ad un tratto, spiazzando entrambi i ragazzi, – tienitelo stretto, d'accordo? Io non l'ho fatto e a distanza di anni, mi do ancora della deficiente.

Rise assieme alla bionda che annuì, – certo che me lo terrò stretto – le rispose con un fil di voce e Cassie le rivolse un mezzo sorriso puntando poi i suoi occhi scuri in quelli verdi di Percy, occhi verdi che non aveva mai dimenticato.

- Sei felice? – gli domandò e Percy deglutì prima di annuire.

- Si, Cassie, sono felice.

Lei gli si avvicinò dandogli un bacio sulla guancia, un bacio che voleva dire talmente tante di quelle cose che per un ragazzo attento come Percy era difficile non capire. Un bacio che voleva dire scusa, mi dispiace, meriti di essere felice, sei speciale e anche lei lo è.

E Percy le sorrise avvicinando un po' di più Annabeth a sé che li scrutava curiosa, senza neanche riuscire a capire perché non fosse gelosa.

- Ci si vede in giro, Cassie – salutò il moro con un cenno della testa al quale la ragazza rispose allo stesso modo. Annabeth agitò la mano e le sorrise un'ultima volta prima che Percy potesse sorridere. Un sorriso a trentaquattro denti e quasi liberatorio che precedeva un bacio con Annabeth nonostante la gente che gli passava affianco, un bacio che se ne fregava di tutto e di tutti perché escludeva il resto.

Un bacio che voleva dire:”ho chiuso con il mio passato, adesso sei tu il mio presente e sarai tu il mio futuro”.

 

***

 

Annabeth si affrettò a spegnere la sveglia per evitare di far alzare anche Percy addormentato accanto a lei.

Era Natale.

Era Natale e per la prima volta dopo dodici anni, lei si svegliò con il sorriso.

La sera prima erano andati in uno di quei ristoranti costosissimi e con i lampadari di cristallo per la cena del ventiquattro e per quel pomeriggio voleva preparare un pranzo degno di nota assieme a Talia.

Si infilò i primi leggins chiari che trovò fuori dall'armadio e invece di prendere una felpa di Percy come al solito, indossò un suo golfo chiaro con il collo alto e si infilò le ciabatte a forma di animale ai piedi.

Zampettò fuori dalla sua stanza il più delicatamente possibile e poi aprì piano la porta della camera di Luke e Talia, trovando la sua amica già sveglia.

- Ciao Bionda – salutò allegra e in un sussurro.

Annabeth le lanciò un bacio volante e la aspettò sulla soglia della porta prima di scendere e fare colazione per poi preparare il pranzo.

 

Scaldò il latte nel pentolino mentre Talia si affacendava ai fornelli accanto a lei, sbadigliando di continuo, – a si – esordì Annabeth voltandosi verso l'amica, – buon Natale, Talia – le augurò con un sorriso, sporgendosi verso di lei e lasciandole un bacio sulla guancia lentigginosa.

Talia le sorrise togliendo la padella dal forno e facendo scivolare un pancake sopra gli altri, – buon Natale anche a te, Bionda.

 

Quando Percy e Luke scesero in cucina appena furono svegli, di certo non si sarebbero mai aspettati un pranzo di Natale del genere.

Annabeth e Talia si erano cambiate, indossavano entrambi i soliti golfi, chiaro per una e scuro per l'altra, dei jeans stretti e le ciabatte da casa ma la cosa migliore era il volto stanco, stanco per le ore di sonno che avevano perso pur di fare un pranzo che fosse degno del Natale, pur di soprendere quei due ragazzi talmente speciali che pranzi del genere se ne sarebbero meritati a migliaia.

Rimasero bloccati un attimo sulla porta, i fisici asciutti di entrambi chiusi all'interno di un cardigan grigio e una maglia bianca per Percy e un golfo blu per Luke.

Osservarono le due ragazze che si affacendavano in cucina: Annabeth che saettava da una parte all'altra della stanza rifinendo un qualcosa che per Percy era già perfetto e Talia, che controllava il forno regolarmente e girava qualcosa in pentola.

Si prendevano in giro come al solito, si dicevano che fare e poi ridevano, ignare di due ragazzi che dalla soglia della cucina le osservavano come se non ci fosse niente di più bello al mondo, cosa che tra l'altro sarebbe anche potuta esser vera.

Fu Talia che si accorse di loro due e si voltò verso di loro, sorridendo felice e facendo bloccare Annnabeth al centro della stanza con un piatto fra le mani.

- Come va? – domandò la mora senza una logica ben precisa, ed entrambi i ragazzi sorrisero entrando in cucina affamati, un po' di cibo e un po' d'amore.

- Alla grande – le rispose Luke posandole le mani sui fianchi da dietro e lasciandole un bacio sul collo che la fece ridere prima di scansarlo spingendo il sedere verso l'esterno.

- A tavola, Castellan – disse fintamente autoritaria mentre il ragazzo sorrideva e alzava le mani in segno di difesa, prendendo posto accanto a Percy che si era già seduto e stava guardando il pollo, il tacchino, la pasta, le patate, l'arrosto e le salse ai mirtilli.

Annabeth andò a girare il Mince Pie in senso anti orario come buon auspicio e Talia passò un dito sul bordo dell'impasto un attimo prima che Annabeth potesse colpirla con il cucchiaio.

- Brutta bionda stronza – berciò succhiandosi il dito sul quale era rimasto dell'impasto.

Annabeth mantenne un cipiglio severo per circa tre secondi prima di liberarsi in una risata e prima che un po' di farina le arrivasse sul viso.

Si bloccò di colpo facendo cadere il cucchiaio nella ciotola in ceramica. Fletté le dita voltandosi lentamente verso Talia mentre Luke frugava nella tasca dei pantaloni beige in cerca del telefono.

Fece partire il video puntando la telecamera verso le due ragazze.

- Non ci credo.. – mormorò Percy trattenendo una risata impellente.

Talia si morse il labbro tentando di non ridere e Annabeth boccheggiò per qualche attimo sbattendo le palpebre incredula, – non l'hai fatto davvero – disse cercando quasi di autoconvincersi che non avesse la testa piena di farina, abbastanza perché un po' le potesse scivolare anche sul naso, le ciglia e le guance.

- A quanto pare si, bionda – fece Talia compiaciuta e di certo ignara di ciò che stava per fare Annabeth. Non fece in tempo ad esclamare che lei aveva già preso un uovo dalla scatola e glielo aveva rotto sulla testa.

- O cazzo! – esclamarono Luke e Percy ridendo, – questo va su Facebook, bello mio – trillò quasi eccitato il biondo.

Talia respirò forte ed Annabeth cercò di non ridere anche se fallì miseramente nel suo intento dopo due secondi. Si piegò in due tenendosi lo stomaco e arricciando la radice del naso mentre rideva forte, rideva senza neanche riuscire a respirare davanti ad una Talia furente e con un cappellino arancione improvvisato che gli stava colando sul bel viso.

- Ridi bionda, ridi – fece Talia in un tono che era davvero vicino alla minaccia, immergendo la mano nella farina e stringendo il pugno.

Quando Annabeth rialzò la schiena di certo non si sarebbe mai aspettata di vedersi una nuvola bianca arrivarle addosso e chiuse gli occhi di scatto mentre la farina le andava in posti dove non sarebbe mai dovuta stare.

E poi, i ragazzi risero, risero forte senza riuscire più a trattenersi davanti a una scena simile, risero perché ciò che stava appena accadendo era ridicolo, abbastanza da risultare unico e Annabeth affondò le dita nella farina, tirando quella polvere in direzione di Talia che si abbassò di colpo, incurante che dietro di lei ci fosse Percy.

Luke rise prima che il moro potesse ripagarlo della stessa moneta, costringendolo a posare il telefono sul tavolo, vittima del lancio di farina. Afferrò una patata e mirò al suo viso, beccando però i capelli di Talia e dando il via a una battaglia di cibo che, lo sapevano, sarebbe durata fin troppo tempo ma comunque, mai abbastanza.

Si lanciarono le patate, le verdure, si spruzzarono anche il ketchup e quella salsa ai mirtilli che Luke non aveva mai potuto sopportare. E risero, risero ancora senza preoccuparsi della farina sul viso e che dava fastidio agli occhi, senza preoccuparsi degli abiti sporchi e delle uova tra i capelli.

Si limitarono a non pensare anche se era impossibile non ritenere quel Natale il più bello, il più divertente e il più buffo di sempre.
E ridevano, ridevano come se non ci fosse un domani. Ridevano continuamente lanciandosi cibo e senza pensare a tutto il casino che avrebbero dovuto pulire dopo sia dal muro che dai vestiti. Ridevano senza preoccuparsi di nulla e sentendosi vivi come non mai. Ridevano e basta perché -cavolo- le loro risate che riempivano l'aria erano senza dubbio la cosa più vicina alla perfezione che ci potesse essere.
Ridevano perché era giusto così e perché andava bene così e perché alla fine si sa che in famiglia si ride spesso.
Perché, la loro era senza dubbio una famiglia e quello era senza dubbio un Natale in famiglia.
Un Natale in famiglia, perché si -cavolo- se non erano loro una famiglia coi fiocchi, allora quale sarebbe potuta esserla?

Ok, magari una famiglia un po' strana, formata da ragazzi da un passato difficile, da una bionda con di muri attorno al cuore che stavano piano piano crollando.

Da una mora con del ghiaccio sul petto che si stava piano piano sciogliendo.

Da un biondo che stava iniziando a sorridere e ridere per davvero e da un moro che, dal suo passato, ne era ancora terribilmente dipendente.

Era una famiglia strana, fuori dal normale e che, anzi, non sarebbe mai stata davvero normale ma era proprio questo che la rendeva perfetta.

La presenza di ragazzi che avevano finalmente trovato un posto da chiamare casa, un posto dove rifugiarsi quando ne avevano più bisogno, un posto dove sarebbero sempre stati accolti e mai giudicati.

E andiamo, se non era famiglia questa allora cosa lo era?


Angolo Autrice:
Ehiiila<3
Eccomi qui col capitolo sul Natale, davvero cortissimo ma non vi preoccupate perché è solo la calma prima della tempesta. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo prima dell'epilogo e non vi aspettate la calma che hanno vissuto i ragazzi fino ad adesso ahahaha
Questo sarà anche un capitolo corto e di passaggio ma non è da sottovalutare dato che Percy ha fatto i conti con una parte del suo passato: Cassie, la famigerata stronza ahaha finalmente questa tizia ha un volto e non mi sono soffermata molto a descriverla o a descrivere ciò che prova Percy nel vederla semplicemente perché con Annabeth al suo fianco è tutto diverso, adesso. Lui riesce anche a reagire meglio ad una ragazza che l'ha profondamente segnato solo grazie ad Annabeth.
Dio solo sa quanto amo la Percabeth ahahah
Poi, ecco il Natale. Ovviamente i ragazzi fanno casino e attaccano a fare un battaglia di cibo. Il suo seguito verrà poi spiegato nel prossimo capitolo così come i regali di Natale che hanno recivuto tutti. Per chi se lo stesse chiedendo, la Mince Pie è una torta che fa parte della tradizione natalizia americana e a quanto sta a dire la ricetta deve essere abbastanza uno schifo ma vabbé AAHAHAHAH
In ogni caso, grazie grazie grazie! Grazie per il supporto, per le recensioni sempre dolcissime, per le visite a capitolo che sono sempre tantissime e mi fanno sorridere come un ebete davanti allo specchio del computer ma per voi ne vale la pena, giusto? A si, qualcuno me l'ha chiesto e mi dispiace dirvi che no, per ora non neanche la minima idea per iniziare a stendere un sequel..:(
Preparatevi per il prossimo capitolo, questa è solo la calma prima della tempesta, io vi ho avvisato^.^
Fatemi sapere che ne pensate, anche se qualcosa non vi è piaicuto. Considerando che le visite a capitolo sono molte mi farebbe piacere sentire i vostri pareri:**
Vi lascio sotto una gif di Dylan O'brien e Tyler Posey che hanno l'amicizia esattamente identica a come vedo io quella di Percy e Luke e Britt Robertson. Io amo Alexandra Daddario nel ruolo di Annabeth e lo sapete ma lei è esattamente identica a come la descrive Rick Riordan nei libri! Il fatto che sia anche la fidanzata del mio amore (Dylan O'brien) dice moltissime cose^.^
Un'ultima cosa prima di lasciarvi, risponderò alle recensioni un po' più tardi dato che devo uscire tra pochissimo ma prometto che lo farò:**
Siete i migliori!
Vi adoro,
Love yaa<3
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Capitolo 26
*** 25.Find me in the shadows in order that the cold never bother me anyway ***


Find me in the shadows in order that the cold never bother me anyway
 

Era il trentuno di Dicembre.

Erano passati sei giorni da quel Natale mozzafiato e che si era concluso con quattro ragazzi scalmati che si erano seduti a mangiare con abiti e capelli completamente sporchi per il cibo lanciatosi.

Si erano scambiati i regali dopo che Annabeth e Talia avevano fatto un bel po' di biscotti dato che l'impasto per la torta era finito sulle magliette di tutti e quattro i ragazzi. Erano però rimasti talmente felici di quel Natale che per una delle poche volte in vita loro, avevano desiderato non finisse mai.

I regali erano stati perfetti e alla fine, ogni ragazzo si era impegnato per scegliere il più adatto.

Talia aveva ricevuto un completino intimo in pizzo da Luke (“sei un grandissimo pervertito stronzo”), un golfo nero e corto assieme a un paio di jeans strappati da Annabeth, e da Percy uno di quei cd di band metallare che ascoltava solo lei e una felpa degli acdc che stava sognando da secoli.

Per Luke i regali erano deicisamente stati più semplici date le poche pretese che aveva il ragazzo: due golfi e un cardigan da Percy e Annabeth e delle mutande rosse con la renna sul sedere da parte di Talia. Era stata una scena a dir poco esilarante e dire che i ragazzi avevano riso, era dire davvero poco.

A Percy erano toccate una camicia e una felpa da parte di Luke e Talia e un golfo blu scuro da parte di Annabeth che lui aveva adorato e subito messo.

Annabeth aveva ricevuto da Talia un vestito bianco e talmente corto e aderente che Percy aveva tentato di lanciarglielo nel caminetto accesso appena la mora si era distratta ma poi, dopo essersi beccato un pugno dalla dolcissima migliore amica, aveva cercato di accettare l'idea che Annabeth se lo sarebbe messo a capodanno. Da parte di Luke erano arrivate delle scarpe col tacco abbinate a quel vestito, segno che c'era sotto lo zampino di Talia e da Percy invece, uno di quei golfi enormi che lei amava alla follia e un anello, un anello semplice e argento con scritto “save” in un bel corsivo, al suo interno.

Era stato un Natale perfetto, all'insegna del divertito e ai film che mettevano ogni anno e che avevano sempre la stessa fine, ma che comunque sarebbero sempre piaciuti.

 

- Bionda, fatti vedere! – le urlò Talia dalla sua camera mentre si infilava le decolleté nere abbinate al vestito scuro e aperto sulla schiena che avrebbe indossato per quella sera.

Si sistemò l'orlo dell'abito e agitò un po' le spalle lasciando che i capelli scuri le sfiorassero la schiena fino al gancetto del reggiseno a fascia di Annabeth.

- Come sto? – domandò la bionda avvampando leggermente appena gli occhi blu elettrico di Talia si posarono sulla sua figura stretta in un abito bianco eleborato dalla linea semplice e aderente che le fasciava il fisico magro fino alle cosce e le metteva in risalto le gambe magre e toniche.

- Sei bellissima! – esclamò Talia battendo le mani e guardandola ancora, apprezzandosi sempre di più per il suo formidabile gusto estetico.

- Non è un po'.. troppo? – chiese Annabeth leggermente insicura e un po' a disagio in quel vestito che era decisamente fuori dal suo stile.

Talia sollevò gli occhi al cielo battendo le mani un paio di volte e avanzando verso l'amica.

- Annabeth sei bellissima. Evita di rompe i coglioni ancora, d'accordo? – disse facendola ridere e superandola per poi fermarsi sulla soglia della porta.

- Anche tu sei bellissima, comunque – ammise Annabeth voltandosi verso di lei e muovendo un paio di passi sui tacchi alti.

Talia si spazzolò la gonna corta e aderente del vestito girando lentamente e mostrando la schiena scoperta, – Luke non sarà felice ma chi se ne frega.

- Lo farai impazzire – rise Annabeth seguendola lungo il corridoio e poi giù per le scale.

Si chiese come facesse Talia ad andare così spedita su quei trampoli ma poi lasciò stare e si concentrò su come evitare di spezzarsi l'osso del collo e arrivare al pub sana e salva.

 

Affiancò Talia appena mise anche lei piede nel salotto e a giudicare dalla voci e dalla luce accesa della cucina, Luke e Percy dovevano essere proprio lì dentro.

- Muovitevi! – sbraitò Talia muovendo passi sicuri verso l'appendi-abiti e afferrando il cappotto scuro. Fece per infilarselo ma la voce di Luke la precedette.

- Vai. Immediatemente. a. cambiarti – disse scandendo bene le parole una a una e cercando il sostegno negli occhi verdi di Percy che però era troppo impegnato a trovare un modo per coprire di più la figura snella di Annabeth.

Talia si voltò verso di lui lentamente tenendo il cappotto nero stretto in una mano, – non esiste, tesoro bello. Amo questo vestito.

Luke sbarrò gli occhi prendendo un profondo respiro, – anche io lo amo, ma non quando stiamo andando in un pub con almeno una cinquantina di ragazzi arrapati.

Talia si passò una mano tra i capelli e Annabeth rise, un po' per l'amica e un po' per lo sguardo di supplica che Percy le stava rivolgendo nel tentativo di farle cambiare d'abito e mettere qualcosa di più comodo e che non le segnasse le tette in quel modo.

- Luke lo sai che potrei rompere il polso a tutti quei ragazzi con un colpo, vero?

- Si, ma..

- E lo sai che sarà facilissimo togliermi questo vestito appena arriveremo a casa?

- Si, ma.. – sbarrò gli occhi alle parole della sua ragazza che gli rivolse un sorriso furbo. Luke alzò un pugno al cielo afferrando il cappotto che aveva lasciato sulla spalliera del divano, – forza gente! Tutti al pub!

 

Erano in un pub dal nome improponibile da almeno qualche ora. Si stavano divertendo però: erano al terzo giro di birra, la musica era una bomba e il tutto davvero molto caratteristico e intimo; le pareti, le sedie, il bancone e le tavole in legno, le mensole ricche di alcool e la musica che usciva alta dalle casse. La pista gremita di persone e Percy, Luke, Talia e Annabeth che ci stavano dando dentro a risate e birre senza preoccuparsi del resto.

Avevano fatto amicizia con un paio di ragazzi del posto e si erano offerti bibite vicendevolmente prima che continuassero a chicchierare e ridere, forse un po' lontani dall'essere sobri.

- Annabeth, devo andare a pisciare! – urlò Talia ridendo due secondi dopo e attirando l'attenzione di Percy e Luke che risero a loro volta senza un motivo ben preciso.

- Vuoi una birra? – domandò Luke dando poi una pacca al ragazzo castano che aveva accanto e che non aveva mai visto in vita sua. Anche quello rise, le gote rosse e gli occhi scuri un po' lucidi per l'alcool e mise qualche dollaro sul bancone offrendo da bere a lui e Percy.

- Andiamo a pisciare – disse Annabeth prendendo il polso di Talia e ridendo pochi attimi dopo. Cercò di stabilizzarsi sui tacchi ma barcollarono assieme sbattendosi a un paio di persone e salutando ragazze che non avevano mai visto.

Trovarono il corridoio del bagno, anche quello in legno, un po' a tentoni e risero mentre varcavano la soglia ed entravano in un anti-camera fredda, rispetto al resto della sala.

Talia entrò in bagno senza smettere di ridere ed Annabeth la imitò, puntando le mani ai lati del lavandino e guardandosi allo specchio. I capelli le ricaddero per un po' davanti al viso e si osservò. Osservò i suoi occhi grigi un po' lucidi rispetto al normale, le gote arrossate e la fronte imperlata leggermente di sudore. Poi, osservò il suo sorriso, un sorriso un po' brillo a dirla tutta ma pur sempre un sorriso talmente ampio che la fece sorridere ancora di più.

Era felice.

Annabeth Chase era felice.

Niente più ombre nella sua vita, niente più ombre che l'avrebbero potuta rapire o incatenare. Niente più ombre perché adesso, le sembrava tutto stramaledettemente perfetto.

 

Talia uscì dal bagno pochi minuti dopo.

Il trucco un po' colato, le guance rosse tanto quanto quelle di Annabeth ma il sorriso ampio e le braccia già stirate verso l'alto in un'esplicita richiesta di ballare ancora.

Passò un braccio sulle spalle della bionda che invece le avvolse la vita e barcollarono assieme in equilibrio precario su quei trampoli, reso ancora più difficile dall'alcool che avevano in corpo.

Attraversarono il corridoio e poi, Annabeth lo vide.

Vide prima il suo sorriso calcolatore, gli occhi di ghiaccio che scrutavano Percy e la birra accanto sé.

Vide i capelli castani tirati indietro.

Vide il volto solcato da rughe, un volto che lei non era mai riuscita a farsi piacere.

Vide le spalle strette in una giacca scura.

Vide quelle mani grandi che non avevano mai avuto rispetto per lei e la testa iniziò a girarle vorticosamente ed era certa che non fosse per l'alcool.

Barcollò scusciando via dalla presa di Talia e incrociando i piedi prima di sbattersi violentemente al muro con la spalla destra.

Le gambe le cedettero mentre il cuore le batteva così tanto forte che sembrava volesse uscirle dal petto.

Il respiro divenne affannoso e l'aria iniziò a mancarle mentre scivolava verso terra prima di venir sorretta da Talia.

- è qui.. – mormorò, la lingua intrecciata e le mani che tremavano senza controllo.

- Chi è qui? – domandò Talia che sembrava avesse ripreso il controllo in pochi attimi e che aveva già un'idea di chi potesse essere la persona alla quale si riferiva Annabeth.

- È qui.. – ripetè Annabeth senza riuscire a controllare il respiro e i suoi battiti.

Talia la riportò dritta e lei barcollò ancora, le gambe che non volevano saperne di rispondere al suo volere, – andiamo via – decise Talia risoluta tentando di portarsela dietro.

Annabeth sembrava non fosse in grado di muoversi mentre il panico prendeva il sopravvento su di lei e le gambe cedevano di nuovo, rischiando che Talia crollasse a terra se non fosse riuscita a reggerla.

- Annabeth devi combattere, sono stata chiara? – disse Talia, gli occhi blu elettrico ridotti a due fessure, il viso a pochi centimetri da quello dell'amica e le mani sulle sue guance, quasi obbligandola a guardarla negli occhi, – tu sei più forte di così, devi lottare.

Lo sguardo di Annabeth era vacuo, spento. Le pupille dilatate e gli occhi grigi terrorizzati.

Scosse la testa senza più riuscire a controllare il pianto imminente e sgusciò via dalla presa di Talia, barcollando ancora, – non me lo merito – gemette, – non me lo merito.

- Cosa? Cosa non ti meriti? – domandò Talia cercando di non entrare nel panico e andando incontro all'amica che si era addossata al muro, schiava di quelle ombre che solo un attimo prima pensava di aver sconfitto.

- Voi – rispose soltanto e poi andò via nonostante le proteste di Talia.

Accelerò il passo appena capì che l'amica l'avrebbe seguita, il cervello che non riusciva più a distinguere la cosa giusta dalla cosa sbagliata.

Passò accanto a Percy che smise di chiacchierare con Mr. Morrison per bloccarla da un polso, – ehi, Annabeth. Lui è Robb e.. – e Annabeth incrociò quegli occhi di ghiaccio che ancora le facevano paura. Si asciugò le lacrime e poi strattonò il polso uscendo velocemente dal locale, dietro al ghigno di un bastardo che già pensava a come farla nuovamente sua.

- Annabeth! – non si voltò al richiamo di Percy e lasciò che l'aria fredda le potesse scompiglaire i capelli e schiarirle la mente.. nel modo sbagliato. – Annabeth, ma che ti prende? – domandò il moro indeciso se essere arrabbiato o preoccupato.

- Non mi prende niente! – urlò lei lottando contro le lacrime e il freddo dal quale il vestito bianco, nonostante le maniche lunghe, non riusciva a proteggerla, – mi devi lasciar stare.

Percy corrugò la fronte e sbarrò gli occhi verdi, – ok, siamo entrambi palesemente ubriachi, adesso torniamo a ca..

- Ci tornate voi a casa, io non vi merito! – disse, per Percy senza una logica ben precisa ma non per lei, con un freddo e delle ombre che la avvolgevano più fitta che mai. Un freddo e delle ombre che sembrava essersi lasciata alle spalle ma che in realtà non l'avevano mai abbandonata.

Ed era vero.

Mr. Morrison aveva sempre avuto ragione. Lei non meritava niente di bello.

Lei non meritava l'amore di Percy, i sorrisi di Luke e gli abbracci di Talia.

Lei era sbagliata.

Lei meritava solo ciò che Mr. Morrison era disposto a darle, solo ciò che lui poteva donarle.

Lei meritava violenza e odio, non abbracci e risate.

Lei non aveva mai meritato Percy o Talia o Luke perché non era mai stata degna di persone speciali come loro. Lei non era neanche lontanamente vicino a quei tre ragazzi in grado di spaccare il mondo.

Lei era sempre stata un peso, qualcosa per cui non valesse la pena combattere o cercare nelle ombre.

Lei non andava salvata perché era già morta.

- Annabeth.. – tentò Percy capendoci sempre meno, – torniamo a casa, per favore – e glielo disse quasi in un sussurro allungando una mano verso di lei che significava molto di più di un:”adesso ce ne andiamo”perché quella mano significava: “ti sto salvando”, significava: “tu non sei sola”.

Quella mano era come un'isola dopo giorni di mare, era come la luce infondo al tunnel, era come un appiglio mentre cadevi nel burrone.

Annabeth pianse, pianse ancora di più perché non si meritava niente del genere e perché non si meritava una persona come Percy disposto a darle tanto senza ricevere niente.

Annabeth pianse ancora di più, avvolta dalle ombre che non volevano lasciarla andare e gridando un “trovami” che forse Percy non aveva mai sentito realmente

Annabeth se ne andò, se ne andò perché alla fine, quell'isola è la tana del ciclope, la luce infondo al tunnel è un treno e quell'appiglio poi si spezza.

Corse via tenendosi i tacchi in mano, scappando da Percy, dalla sua voce e dal suo corpo.

Scappando dal suo amore e da tutto ciò che lui era disposto a darle.

Scappò perché non conosceva altre via di fuga, scappò entrando sempre di più in quelle ombre che le avevano fatto paura per tanti anni ma che erano la strada giusta e lo sarebbero sempre state.

Scappò lasciando che il freddo le intorpidisse il corpo e l'aria le bruciasse i polmoni.

Corse senza neanche guardare dove stesse andando tenendo i tacchi stretti nella mano destra e piangendo, piangendo forte come aveva fatto poche volte in vita sua perché adesso, ne era sicura, aveva perso ciò che di più importante aveva nella vita.

Corse senza pensare ma alla fine, a cosa mai avrebbe potuto pensare?

Corse prima di sbattersi contro qualcuno.

Le lacrime le offuscavano la vista e barcollò all'indietro se quel qualcuno non le avesse afferrato possessivamente i polsi.

Freddo.

Ombre.

- Annie bella – fece Robb con un ghigno e il respiro di Annabeth si mozzò appena la vista iniziò a rischiararsi e i suoi occhi incontrarono quelli di ghiaccio dell'uomo che più aveva odiato in vita sua.

Per un attimo pensò a Percy, a Talia che le diceva di combattere e a Luke che le insegnava come fare e tentò di liberare i polsi ma poi si arrese e capì, capì che andava bene perché lei si meritava tutto questo: lei si meritava di star male.

I muscoli smisero di contrarsi, le braccia di lottare, gli occhi di piangere perché andava bene così, perché quelle ombre e quel ghiaccio che erano sempre stati parte di lei e andavano benissimo.

E si lasciò portare in un vicolo buio, illuminato da un lampione solitario ma che nessuno avrebbe mai notato, non a Capodanno, non con chissà quanti litri d'alcool in corpo e la voglia di far festa.

Dio, quell'uomo era talmente squallido che preferiva portarla in un vicolo, talmente irrispettoso nei confronti di Annabeth da non avere neanche la decenza di portarla a casa sua. Talmente malato che dei suoi occhi e del suo corpo da diciannovenne ne faceva la sua eccitazione e la sbatté al muro con forza facendole cozzare la testa contro il cemento e facendola gemere.

- Mi sei mancata, Annie bella – le respirò forte sul collo e Annabeth rabbrividì per quelle labbra da cinquantenne così diverse da quelle morbide di Percy che sapevano sempre coccolarla al punto giusto. Così diverse e strane che il freddo aumentò mentre le mordeva forte la pelle preoccupandosi di farle male.

Ma ad Annabeth andava bene, andava bene perché se lo meritava, perché era giusto così.

Annabeth gemette di dolore appena quella mano ruvida le strinse troppo il fianco e gli occhi di ghiaccio di Robb si fissarono sulle sue iridi, – te lo meriti, puttana.

Ed Annabeth chiuse gli occhi lasciando che due lacrime le scorressero veloci sulle guance seguite poi da altre che non riuscì a controllare nonostante il suo volere fosse diverso.

La mano di Robb vagò per il suo corpo. Le strinse forte il seno facendola gemere per il dolore ancora una volta e poi le andò sull'intimità facendo arrivare un'altra ondata di gelo e tenebre.

Era così diverso dal tocco dolce di Percy e che era sempre capace di farla star bene, era un tocco rude, irrispettoso e che le fece male e la fece piangere ancora di più.

Trovami nelle ombre affinché il freddo non mi faccia più del male, Percy.

E pregò, pregò mentre la mano di Robb si divertiva sulla sua intimità e lui ghignava, pensando a quello che le avrebbe potuto fare dopo.

Trovami.

Trovami.

- Te lo meriti, puttana.

Trovami.

Trovami.

E pianse, pianse senza riuscire a vedere più un'uscita da quelle ombre.

Sfregò le dita della mano sinistra per resistere a un freddo che non passava e sentì il tocco gelato dell'anello di Percy.

Abbassò lo sguardo sull'anulare e osservò quel cerchietto argento.

“Save” diceva l'incisione. Lo aveva da sei giorni e per sei giorni aveva incessamente pensato a cosa volesse dire “Save”. Per sei giorni, il suo cervello aveva lavorato senza sosta, cercando una spiegazione a quell'incisione che non aveva mai visto da nessun'altra parte. Ma solo a quel punto, solo incollata contro a un muro freddo e avvolta dalla paura, Annabeth capì e si diede della stupida per non esserci arrivata prima.

Quel “Save” non era riferito a Percy, non era riferito a lui che l'avrebbe salvata.

Andiamo, cavolo! Percy l'aveva salvata talmente tante volte che aveva anche perso il conto. Percy l'aveva trovata nelle ombre e riscaldata dal freddo talmente tante volte che Annabeth non lo aveva neanche realizzato.

E Annabeth a quel punto capì. Capì che quel “Save” era sempre dipeso da lei, capì che l'essere salvata era sempre dipeso da lei.

Capì che Percy l'aveva trovata ma lei doveva lasciarsi portare in salvo.

Capì anche che si era sempre lasciata salvare permettendo che la sua vita fosse guidata da qualcun altro ma adesso, era il suo turno di manovrare la partita.

- Io non me lo merito – mormorò e Robb si fermò di scatto senza togliere quella mano fastidiosa dlal'intimità di Annabeth.

- Che cos.. – ma la gomitata che gli arrivò sulla bocca fu abbastanza forte e fulminea da fargli scattare la testa all'indietro. Barcollò per un paio di passi e Annabeth fletté i polsi, lo sguardo assottigliato e il corpo che tremava.

Non per il freddo.

Non per la paura.

Per la rabbia. Rabbia che aveva accumulato in sette anni e rabbia che nutriva nei confronti di quel verme che non aveva mai meritato neanche una sua lacrima.

Robb si portò una mano al labbro che sanguinava vistosamente e si mise dritto sputando sangue e osservando Annabeth con odio e scherno, – puttana – disse avventandosi su di lei.

Annabeth schivò lateralmente e lo colpì sulla schiena con un calcio talmente forte che lo fece finire a terra sbattendo la testa contro il cemento.

Gli si inginocchiò accanto sollevandolo per i capelli sulla nuca e inchiodando gli occhi grigi e freddi in quell'azzurro ghiaccio che non le era mai piaciuto.

- Io. merito. Di essere. Felice – disse scandendo le parole e lasciando poi ricadere la testa di Robb a terra.

Si rialzò sistemandosi il vestito salito un po' sulle cosce e si poggiò al muro per infilarsi le scarpe col tacco.

Si era lasciata trovare nelle tenebre, aveva permesso che venisse portata in salvo e adesso, quel freddo che inevitabilmente sentiva sempre attorno al cuore -ne era certa- non le avrebbe più dato fastidio.

E poi, aveva una festa di capodanno alla quale andare.



Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
Oh Gesù.. l'ultimo capitolo prima dell'epilogo. Sto iniziando ad odiare la prossima settimana, lo giuro.
Quando ho letto l'ultima frase, mentre corregevo, mi sono salite le lacrime. Questo è uno dei miei capitoli preferiti perché Annabeth fa finalmente i conti col suo passato. Chiude per sempre con quel qualcosa che le aveva sempre fatto male. Riesce a riscattarsi, a ribellarsi quasi a sé stessa e sembrerà strano ma sono fiera di lei. Ero gasatissima mentre scrivevo questo capitolo e adesso, quasi quasi, non voglio più pubblicarlo perché questo vuol dire che con il prossimo metterò fine a questa storia..
In ogni caso, spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto nonostante sia un po'.. forte e che non vi abbia affatto deluso. Ci tengo molto quindi fatemi assolutamente sapere che ne pensate, anche se fa schifo ahaha
Per quanto riguarda l'anello di Annabeth, non vi preoccupate, tutto verrà raccontato a dovere nell'epilogo^.^
Sinceramente pensavo avrei detto molto di più su questo capitolo eppure le parole non riescono quasi ad uscire.. non lo so, forse vi aspettavate qualcosa di diverso, qualcosa del tipo Percy che eroicamente arriva e salva tutti ma io odio le storie dov'è sempre neccessario un uomo per sistemare la situazione. Annabeth era abbastanza forte per farlo da sola, almeno per me..
A si, per il titolo ho mischiato "Undercover" di Selena Gomez e "Let it go" di Demi Lovato che, by the way, trovo che come canzone rappresenti al meglio la situazione di Annabeth.
Grazie mille a tutti per le recensioni sempre dolcissime e positive e, ripeto, pero tanto che questo capitolo non vi abbia deluso:**
Alla prossima (purtroppo.. epilogo:'( )
Love yaa<3
x




   

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Capitolo 27
*** Epilogo- You write your name across my heart ***


Epilogo - You write your name across my heart
It's your name across my heart
Written in gold
A permanent mark, let them grave
It's what we are, more than words,
This love is art.
Poetry emotion, put it right here
Deeper than skin, crystal clear
Let us don't fade, titanium made.
Further here, forever safe.
Selena Gomez, You write your name

 

 

Cara mamma,

è da un sacco di tempo che non ti scrivo, e non sto parlando di giorni, sto parlando di anni.

Mi dispiace tanto, ma la mia vita è stata un po' un casino in questo periodo.

No, non ti preoccupare, a scuola sono sempre la migliore della classe ma ho avuto un qualche problema con il tempo passato, sai com'è.

Comunque, non credo che ti interessi granché ma ci tenevo a dirtelo e scriverti questa lettera mi sta facendo bene. Sarà che maggio e la primavera mettono di buonuomore.

Ho quasi finito il mio primo anno ad Harvard e se dovessi stare qui a scriverti tutto quello che è successo, non farei in tempo per le sette di questa sera e, tanto per la cronaca, sono le dieci del mattino!

In ogni caso, ci tenevo a dirti che adesso sono una persona un po' diversa. E non nel senso che mi sono tinta i capelli o ho preso dieci chili. No, ho ancora il mio fisico e i capelli sono sempre lunghi e biondi, ma finalmente, ho trovato il mio posto nel mondo e ti sembrerà assurdo leggerlo ma credimi, è assurdo anche per me che te lo sto scrivendo, sai?

Ho capito che merito di essere felice e tre idioti mi hanno aiutato in questa mia sorta di lavoro sulla mia persona.

Sai mamma, Robb, il capo di papà, è stato arrestato un paio di mesi fa. Sorpresa, vero? A quanto pare adorava giocare con i bambini e una di loro, finalmente si è decisa a parlare. Aveva solo dieci anni e sono davvero fiera di quella piccola, forse un po' più delusa da me stessa perché non ho avuto lo stesso coraggio, ma va bene così. Sono riuscita anche io a risollevarmi quindi, non ti preoccupare.

A scuola tutto bene, ho il massimo dei voti e Talia, la mia nuova migliore amica, mi porta tutti i sabati in discoteca. Dice che mi sta insegnando a vivere e io non posso che trovarmi d'accordo, stai tranquilla, i nostri ragazzi sono davvero dei grandi.

A già, mamma, mi sono fidanzata.

Si chiama Percy, nome buffo, no? Ho la mezza impressione che non ti piacerebbe, anche se non so bene il perché. Da quello che ricordo di te non ami molto i ragazzi come lui, ma va bene così, alla fine è a me che deve piacere e io credo proprio di amarlo.

A proposito del mio ragazzo, mi sta aspettando da un po' giù nell'atrio e non mi va di farlo aspettare ancora, non se lo merita. A pensarci bene, neanche tu meriti una mia lettera dato che in tutti questi anni non sono praticamente esistita per te, ma mi sto impegnando per essere una persona migliore e, come dicono Talia e Luke:”se fai sentire una persona una schifo, stai diventando automaticamente una persona migliore”.

Non ti giudico per questo, va bene così.

Io ho trovato la mia famiglia e se devo essere sincera, non mi dispiace per niente che né tu né papà ne facciate parte, non avete mai fatto niente per esserlo.

 

Ti voglio bene nonostante tutto,

tua Annabeth

 

 

Annabeth poggiò la penna accanto a sé e sorrise soddisfatta piegando il foglio prima bianco e adesso carico delle sue parole.

Si sentiva quasi svuotata da un peso scrivendo quella lettera alla madre, stava quasi meglio e il suo sorriso era ancora più largo del solito.

Si, negli ultimi mesi Annabeth sorrideva ancora di più, il che era un bene perché Percy lo diceva sempre che era più bella quando sorrideva.

Si alzò dalla sedia comoda sgranchiendosi le gambe e stirando le braccia sopra la testa. Si lisciò la maglietta bianca davanti allo specchio e sorrise alla sua immagine riflessa.

Strinse la base dalla coda bionda e alta prima di infilarsi le chiavi della stanza nella tasca posteriore degli skinny jeans e chiudersi la porta alle spalle.

Corse lungo il corridoio, i passi attutiti dalla moquette e schivò un paio di ragazze che uscivano dalle loro camere in quel momento salutandole frettolosamente, senza mai fermarsi.

Scese le scale di corsa e poi lo vide in lontananza. Lo vide che dava le spalle alla porta in vetro e guardava il giardino davanti a sé, le mani infilate nelle tasche dei jeans strappati, i capelli neri e scomigliati, i muscoli rilassati.

Annabeth saltò gli ultimi sei gradini, cercando quasi di far fronte all'euforia che le faceva venir voglia di gridare e corse ancora aprendo le porte e saltando sulla schiena di quel ragazzo meraviglioso che rise passandole le mani sulle cosce e abbassandosi un po'.

Voltò il capo verso di lei con un sorriso e Annabeth rise ancora lasciandogli un bacio all'angolo delle labbra per poi posizionarsi davanti a lui, i piedi ben saldi a terra.

Percy le allacciò le mani sui fianchi avvicinandola a sé e lei intrecciò i polsi dietro al collo, fregandosene della maggior parte dei ragazzi che li guardavano dal prato perché, alla fine, esistevano solo loro due.

- Come va? – domandò Percy baciandole il naso.

- Adesso alla grande – rispose Annabeth facendolo ridere e spingendolo a sfiorare le sue labbra con le proprie.

Percy slegò le braccia dalla sua vita per cercare le dita di Annabeth e intrecciarle con le sue, sfiorando l'anello che lei non toglieva mai.

Alla fine, Annabeth gli aveva raccontato tutto, gli aveva raccontato tutto dei suoi dodici anni, gli aveva raccontato di Robb dalla prima all'ultima cosa e un bel po' di cioccolata e fazzoletti dopo, questo aveva spinto Percy a fare ricerche su di lui con l'aiuto di Luke. Ricerche abbastanza dettagliate perché potessero informare la polizia della California di un uomo di altezza media e di cinquant'anni che passava troppo tempo dentro un asilo.

Una bambina poi aveva parlato e si poteva dire che il passato di Annabeth fosse solo.. tale, appunto.

Certo, le cicatrici erano rimaste ma la rendevano solo più forte e questo, con ogni probabilità era un gran bene.

- Smettetela di fare bambini in cortile, voi due!

E sia Percy che Annabeth sorrisero voltandosi verso il suono di quella voce che avrebbero riconosciuto tra mille.

Talia venne loro incontro verso sinistra, il braccio destro allungato dietro di sé mentre teneva le dita intrecciate a quelle di Luke che la seguiva schivando ragazzi e salutando chiunque. Aveva sempre quel sorriso malandrino sulle labbra, gli occhi azzurri brillavano e i capelli biondo sabbia erano scompigliati come al solito.

Fratello.

E Percy quasi dovette trattenersi per non andare lì ad abbracciarlo. Luke era davvero il fratello maggiore che non aveva mai avuto. Luke era una delle cose migliori che gli potessero capitare nella vita, ne era certo.

- Dopo questo, non sarai mai la madrina di mia figlia – le rispose Percy appena furono abbastanza vicini e Annabeth rise poggiandosi al suo petto e lasciandosi avvolgere dal riparo migliore del mondo che costituivano le braccia del ragazzo che amava.

Talia si portò una mano al cuore, la treccia scompigliata che gli cadeva su una spalla e che accompagnava l'espressione fintamente oltraggiata, arricchita dagli occhioni blu elettrico sbarrati, – dopo questo, hai ferito i miei sentimenti, Percy Jackson, lo giuro.

Luke la guardò fintamente compassionevole, – povera la mia piccola..

Talia si votò verso di lui, la fronte aggrottata in un'espressione assolutamente scettica, – come mi hai chiamato?

Luke roteò gli occhi con un sorriso, – stai zitta, razza di stupida – e le prese il volto tra le mani baciandola pochi attimi dopo con quel po' di violenza che la fece comunque ridere mentre gli stringeva la t-shirt bianca.

Percy e Annabeth andarono verso il pick-up del moro. Avevano deciso di andare in spiaggia tutti assieme per quel fine settimana. La mamma di Percy aveva una casa a Montauk e con un po' di fortuna, sarebbero anche riusciti a vederla nel negozio di caramelle che gestiva a New York.

Percy poggiò i fianchi un po' più su dello sportello e affondò le mani nelle tasche dei jeans che portava con lo sguardo perso nel vuoto e la mente che pensava, forse troppo.

Magari è cambiata.

Magari non mi vuole.

Magari si è trasferita.

- Testa d'Alghe – lo chiamò dolcemente Annabeth poggiandosi alle sue gambe e sistemandogli le mani sul petto mentre si avvicinava a lui. I suoi occhi grigi si incatenarono in quelli verdi del moro che le sorrise a labbra chiuse, leggermente assente. – Lo sai che andrà tutto bene a prescindere da ciò che succederà, vero? – gli domandò inclinando un po' il capo.

Percy si costrinse a sorridere, ignorando la guerra nel suo petto. Annuì un paio di volte e si passò una mano tra capelli togliendola dal fianco della bionda, – lo spero – soffiò e Annabeth si sporse verso di lui lasciandogli un bacio sulla guancia.

Intrecciò le dita con le sue e lasciò che le loro labbra si sfiorassero leggermente mentre parlava, – ti prometto – sussurrò, – che andrà tutto bene. Lo giuro Percy, andrà tutto bene.

- Ti amo – le sussurrò lui baciandola sulle labbra pochi secondi dopo, tenendola dolcemente con le mani grandi che le coprivano i fianchi e la schiena. Annabeth strinse la presa sulla sua t-shirt azzurra con un sorriso un po' ebete sul bel volto. – Tu mi ami? – domandò a pochi millimetri dal suo viso.

Annabeth si inumidì le labbra senza staccare gli occhi da lui, – tu scrivi il tuo nome dentro il mio cuore, Testa d'Alghe. Amarti è riduttivo.

E mai Annabeth aveva trovato frase più adatta. Mai Annabeth avrebbe potuto pensare a frase più corretta che potesse coronare la sua vita.

Talia, Luke e Percy, quei tre idioti che le avevano insegnato il vero significato della parola vivere, scrivevano il loro nome dentro il suo cuore continuamente.

Quei tre idioti che le avevano insegnato a vivere incidevano il loro nome dentro il suo cuore ogni secondo, ogni istante, lasciandole la cicatrice più bella del mondo.

Quei tre idioti erano entrati nel suo cuore, erano entrati in quel ghiaccio che nessuno era mai riuscito a sciogliere, scaldandolo come mai prima d'ora.

Quei tre idioti le avevano insegnato ad amare, le avevano insegnato cosa volesse dire non essere soli e cosa volesse dire avere degli amici che non ti abbandonano mai. Amici che, inersorabilmente, sono il tuo cuore.

E Percy sorrise per le troppe parole che non volevano saperne di uscire dalla sua bocca, per le troppe parole che -lo sapeva- anche Annabeth avrebbe tanto voluto dirgli. Ma alla fine, cosa meglio di quei baci imperdibili che potevano dire tutto e niente allo stesso tempo?

E Annabeth avvicinò le labbra alle sue con un sorriso mentre Percy si sporgeva verso di lei perché quei pochi centimetri che li dividevano, erano decisamente troppi.

E Annabeth si inclinò verso di lui, poggiandosi al suo petto per non cadere e portandogli una mano al collo mentre quelle labbra che riuscivano ogni volta a stordirla, facevano il loro dovere alla perfezione, come al solito.

E Annabeth sorrise, godendosi le mani gentili di Percy alle quali ormai aveva fatto l'abitudine e delle quali aveva bisogno ogni secondo, che le cingevano la schiena e i fianchi dolcemente.

E alla fine, sorrisero un po' entrambi mentre schiudevano le labbra in sincrono, quasi fosse un comune accordo.

E certo, ne avrebbero voluto parlare, avrebbero voluto parlare e dirsi tanto e niente allo stesso tempo ma baciarsi, senza dubbio, era decisamente più importante.

 

Annabeth salì in camera leggermente confusa. Era certa che Percy le avesse preso altro oltre a quel maglione che già adorava e che si sarebbe messa il giorno seguente.

Si passò una mano tra i capelli biondi e si chiuse la porta della loro stanza alle spalle sedendosi sul letto e abbandonando le mani sul grembo, con un sorriso. Era stato il Natale migliore di sempre senza il benchè minimo dubbio e si perse nei ricordi di quel pranzo all'insegna del divertimento prima che la porta si potesse aprire, interrompendo il flusso di pensieri.

Percy entrò nella loro stanza con un sorriso, un braccio dietro la schiena e un sorriso imbarazzato che, agli occhi di Annabeth (e di chiunque) lo rendeva ancora più bello.

Si sedette sul letto accanto a lei e le prese il mento con la mano libera lasciandole un bacio sulle labbra piene e facendola sorridere, prima di intrecciare le dita alle sue.

Buon Natale, piccola” e la baciò ancora prima di mostrarle il braccio che teneva nascosto dietro la schiena, “regalo aggiuntivo”. E gli occhi di Annabeth brillarono. Allungò una mano verso il palmo di Percy ma lui lo ritrasse con un sorriso, “ah-ah. Te lo aprirò io” e le lasciò un bacio sulla guancia davanti a quell'espressione così buffa e dolce.

Sistemò la scatolina in velluto blu davanti al viso di Annabeth e poi la aprì piano, mostrando il suo interno: era un anello semplice, argentato e Annabeth si portò una mano sulla bocca per evitare di piangere dalla felicità.

Percy le mostrò un sorriso e poi lo prese delicatamente tra due dita posandolo sulla mano della sua ragazza. Annabeth lo prese delicatamente tra l'indice e il pollice, osservandolo e scorgendo, inciso all'interno, una scritta in un bel corsivo elegante, “Save” lesse, prima di guadardarlo curiosa, “perché?” domandò, la fronte lievemente corrugata, un sorriso che non voleva abbandonarle il volto.

Percy le prese delicatamente l'anello tra le dita e glielo infilò nell'anulare sinsitro con delicatezza, tenendo lo sguardo sulle mani della sua ragazza, quasi incapace di sostenere quegli occhi grigi e penetranti.

Appena ebbe infilato l'anello del tutto, si decise a guardare Annabeth negli occhi, le sorrise ancora e si bagnò le labbra, beandosi della vista di quel volto stupendo, il volto di chi ha pianto e ora sorride.

Le guardò le sfumature di quegli occhi grigi, le guardò le ciglia lunghe, le sopracciglia perfettamente arcuate. Le guardò i capelli biondi e lunghi che -non riusciva a capirne il motivo- aveva sempre trovato perfetti, senza il minimo difetto.

Guardò quella ragazza che scriveva continuamente il suo nome sul suo cuore, ogni singolo secondo. Annabeth Chase scriveva il suo nome nel cuore di Percy Jackson e il moro dovette serrare i pugni per un secondo, cercando di far fronte a emozioni talmente belle che non riusciva neanche a spiegarsele.

Intrecciò di nuovo le dita a quelle di Annabeth che lo osservò con un sorriso curioso sulle labbra.

Percy sorrise ancora nel toccare l'argento freddo dell'anello e poi, i suoi occhii verdi si fissarono in quelli grigi di Annabeth. Gli sguardi quasi si incatenarono mentre il resto del mondo scompariva, lasciando solo loro due, “perché ti amo” e quello, pensò Annabeth senza il minimo dubbio mentre rideva e si lanciava sopra di lui con talmente tanto impeto da farlo ridere e sdraiare sul materasso, fu il Natale migliore di sempre.

Aveva una mezza idea di dirglielo, ma le braccia di Percy le allacciarono la schiena e le sue labbra sfiorarono le sue.

Lo avrebbe fatto, glielo avrebbe detto ma, in quel momento, aveva decisamente altro a cui pensare.


Angolo Autrice: 
Ehiiila<3
Oh gesù, l'ultimo "ehiila<3" di questa storia è anche l'ultimo angolo autrice.. da una parte, sono contenta di star pubblicando questo capitolo: la storia è finita, loro stanno bene e Annabeth ha scritto quella lettera alla madre che mi ha gasato un sacco stendere eppure, questo vuol dire che smetterò di scrivere dei miei Percy e Annabeth, del sarcasmo di Talia e delle battute di Luke.. sono un po' triste se devo essere sincera perché, se già Percy e Annabeth avevano scritto il loro nome sul mio cuore con i libri di zio Rick, scrivere una storia tutta mia su di loro e senza dubbio un'altra musica che mi ci ha fatto affezionare ancora di più ahahah
In ogni caso, tengo davvero moltissimo a quest'epilogo e mi piacerebbe specificare un paio di cose:
- nel corso della storia, Percy non sa assolutamente nulla di quello che è successo ad Annabeth, nell'epilogo accenno al fatto che alla fine lei glielo abbia raccontato;
- ho voluto inserire il ricordo di Natale, quando Percy da ad Annabeth l'anello perché trovo che sia stato talmente importante quel gioiello per lei, che meritava di venir descritto ahahah
- non so se ci avete mai fatto caso ma tutti i fatti ecclatanti accadono nei capitoli che hanno a che fare col numero cinque: capitolo 1, Percy Annabeth si incontrano. Capitolo 5, si scopre che Annabeth non è vergine. Capitolo 10, Percy recupera Annabeth da sotto la pioggia e lei inizia a fidarsi realmente di lui. Capitolo 15, il loro primo bacio alla festa. Capitolo 20, la loro prima volta. Capitolo 25, Annabeth fa finalmente i conti col suo passato una volta per tutte. Questo perché ho una sorta di fissazione con il numero cinque ahahha
Mi fa un po' strano sapere che appena avrò postato le ultime gif mettero la bandierina su completa, dico davvero ahahaha
Quello che mi consola è che ci sono tanti Missing Moment che potrebbero essere scritti quindi, questa storia non sarà mai del tutto finita^.^
E adesso, passiamo ai ringraziamenti che sono senza dubbio d'obbligo:
Grazie a quelle stronze delle mie amiche che mi hanno sempre incoraggiato a continuare, anche quando avevano l'ispirazione sotto ai piedi;
Grazie a zio Rick per aver creato Percy e Annabeth, Talia e Luke senza i quali questa storia non sarebbe mai stata scritta;
Grazie a Selena Gomez che con la canzone:"You write your name" ha saputo darmi l'ispirazione per questa storia e ha saputo rappresentare in pochi versi, l'amore tra Percy e Annabeth;
e infine, grazie a voi.
Grazie a voi per le recensioni sempre positive e dolcissime anche se i capitoli erano infinitesimi e di passaggio.
Grazie a voi per il supporto che mi avete dato, probabilmente senza neanche accorgervene sul serio.
Grazie a voi che avete imparato ad amare Percy e Annabeth e perché no, anche un po' me.
E per concludere, grazie a voi che siete riusciti a scrivere il vostro nome sul mio cuore senza neanche rendervene conto.
Alla prossima,
Lo prometto! Una long è già in corso anche se non ha come protagonista la Percabeth nonostante ci sia ahaha
Vi adoro,
Love yaa<3
x


                

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