Blame of the destiny

di MICHAELSMILE
(/viewuser.php?uid=556851)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ultimo giorno ***
Capitolo 3: *** Incontri, imprevisti, Australia ***
Capitolo 4: *** Ashton ***
Capitolo 5: *** Ci si rivede ***
Capitolo 6: *** Calum ***
Capitolo 7: *** Progettando un appuntamento ***
Capitolo 8: *** Ready for the date ***
Capitolo 9: *** Appuntamento con Calum Hood ***
Capitolo 10: *** "mi piaci" ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



CONSIGLIO: SE LA STORIA ALLA FINE DI QUESTO CAPITOLO TI SEMBRA NOIOSA PROVA A LEGGERE ANCHE IL CAP 3, 4 O 5 PRIMA DI DECIDERE DI NON ANDARE AVANTI A LEGGERE. LA STORIA INIZIA AD ARTICOLARSI DI PIU, MENTRE NEI PRIMI DUE CAPITOLI É SOPRATTUTTO UN'INTRODUZIONE :)

Mi svegliai di soprassalto, con il cuore a mille. Guardai la sveglia: erano le due di notte. La testa mi girava e avevo la fronte imperlata di sudore, le gambe mi tremavano ancora, avevo il fiatone. Pensai a quale poteva essere la causa di quell’incubo. La sera prima mia madre mi aveva detto che l’anno prossimo avrei frequentato un’altra scuola, nella città dove viveva mio padre, perché lei era stata trasferita per sei mesi in Europa per lavoro. Normalmente non sono contraria ai cambiamenti, credo che siano un modo per rimediare ai propri errori e ricominciare tutto da capo. E non mi sarebbe dispiaciuto neanche questo, se non fosse per il fatto che oltre a cambiare scuola, dovevo anche cambiare città, stato e continente.
Guardai di fianco a me. Mia sorella Jenna dormiva profondamente, ma stringeva i pugni e sussurrava qualcosa aggrottando le sopracciglia. Erano ormai cinque anni che i miei avevano divorziato ma lei ci soffriva ancora e spesso faceva incubi. La guardai intensamente ancora una volta: non avrei dormito con lei per un po’ di tempo, e il suo respiro pesante durante la notte, per me così familiare, mi sarebbe mancato.
Cercai di togliermi quel pensiero dalla mente, appoggiai la testa sul cuscino e chiusi gli occhi cercando di dormire. Tutto sommato avevo ancora l’intera estate davanti, e me la volevo godere nel migliore dei modi. L’avevo aspettata tanto e sarebbe statata la migliore di sempre. Io, la mia migliore amica e altri del nostro gruppo, da soli per tutta l’estate. Wow. Mi addormentai felice, con questo pensiero in testa.
Fui svegliata dalla voce di mia madre, la solita cantilena per svegliarmi:
“Amerikaaaaa! È tardi! Svegliaaaa!”
Non avevo dormito un gran che e mi sentivo stanchissima, quindi pensai di ignorarla e di dormire ancora un po’. Non sarebbe stato un dramma se fossi arrivata in ritardo l’ultimo giorno di scuola.
“AMERIKA!” mia madre aveva spalancato la porta della mia stanza. Ok non potevo dormire con le urla di mia madre nelle orecchie, dovevo alzarmi. E poi Keira mi stava aspettando.  Spostai le coperte dalle mie gambe di mala voglia, mi stropicciai gli occhi e aprii la finestra. In California è sempre soleggiato, ma oggi il cielo era coperto da uno strato sottile di nuvole grigie. Presi una canottiera color crema che lasciava fuori la pancia e degli shorts blu a vita alta. Mi guardai allo specchio, per vedere il risultato: come sempre ero mediocre. Non ero brutta, ma non abbastanza bella da essere definita tale. Mi guardai con più attenzione. Alta, di media stazza, abbastanza magra ma non troppo (o non il necessario, come la vedevo io), capelli ondulati,  di un colore troppo strano per essere chiamati biondi o castani, che arrivavano a fine schiena. Alcuni dicevano che ero bella. Ma io mi sentivo semplicemente banale. Tolsi quei pensieri dalla mia testa e mi concentrai sull’ultimo giorno di scuola e la fantastica estate che mi aspettava.
Cercai senza successo le ciabatte sotto il letto, e scesi le scale a piedi scalzi, dirigendomi verso la cucina. Il marmo freddo a  contatto con la pelle mi fece sussultare. Arrivata in cucina, vidi Jenna intenta a cercare una sorpresa nei cereali e la mamma appoggiata al tavolo che guardava verso la porta. Mi stava fissando, e la cosa non mi piaceva. Aveva gli occhi socchiusi e si mordeva un labbro. Quando si accorse della mia espressione preoccupata, mi fece un sorriso forzato e si spostò per farmi spazio. Mi versai del latte nella tazza e presi lo yogurt dal frigorifero. Tornando al tavolo ritrovai mia madre a fissarmi.
“Amerika avevi dei progetti per quest’estate?” mi chiese.
La sua voce era priva di emozioni, quasi fosse una domanda la cui risposta non sarebbe stata considerata in qualunque caso.
“Si ma’, volevo andare con Keira e Madison nella casa sul lago di Will. È da tanto che lo progettiamo e non vedo l’ora” dissi.
Era troppo strano. C’era qualcosa che non andava. Come se non avesse sentito la mia risposta mia madre disse
“Ho  dovuto anticipare il trasferimento. Jenna come stabilito verrà con me. Ma tu dovrai andare da tuo padre da questa estate. Mi ha chiamata prima e ha detto che verrà a prenderti lui qui, questo pomer..”
“NO!” non ci credevo “NON PUOI DIRMI QUESTO!”
“Amerika non iniziar..”
“NO! MI RIFIUTO!” non ci potevo credere, non potevo accettarlo.
“MER!!”
La mamma aveva alzato la voce. Non lo faceva quasi mai. Più per lo stupore che per l’urlo in sè mi zittii.
“Mer cerca di capire. Non dipende da noi, ti devi adattare! Tuo padre per farti pesare meno questa situazione viene fin qui dall’Australia, per non farti fare il viaggio da sola! E ha acconsentito a farti portare un’amica, pagherà lui le spese. Apprezza almeno questo. Lo so che provi rancore verso di lui, che ci ha lasciati, che se n’è andato per qualcun altro..” fece una pausa, abbassò gli occhi. Poi riprese fiato e disse
“Amerika sei grande. Cerca di capire e di comportarti come tale”. Poi chiuse gli occhi per qualche secondo e se ne andò.



LEGGI ANCHE IL SECONDO CAPITOLO DELLA STORIA DI AMERIKA. E RECENSICI, MI FAREBBE MOLTO PIACERE :3 --->

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Ultimo giorno ***


Non poteva dirmelo in quel modo. Non poteva farmi entrare in un vicolo cieco e impedirmi di uscirne. Era ingiusto. L’unica cosa bella che mi poteva capitare in questa noiosissima vita era appena andata in frantumi. Mi veniva da urlare, mi veniva da prendere quella tazza piena di latte e buttarla per terra, e scappare via da tutto e da tutti, e non tornare. Ma non potevo. Buttai la tazza sul tavolo, facendo uscire il latte, e me e andai in bagno. Non avevo più fame, non volevo più stare lì dentro, non ce la facevo. In quella casa mi sentivo quasi prigioniera. Accesi l’acqua fredda e la feci scorrere per qualche minuto. Intanto mi guardavo allo specchio e pensavo. La rabbia stava svanendo lasciando il posto a una tristezza che faceva male. Avvicinai le mani e le misi sotto il rubinetto, a contatto con l’acqua gelata. Sentivo una sensazione d’impotenza crescere, e da un momento all’altro sarebbe uscita fuori, esplodendo in un pianto. Allontanai il pensiero buttandomi l’acqua in faccia, che mi rinvigorì un pochino. Mi asciugai la faccia con delicatezza, mi misi un po’ di mascara; andai all’ingresso e mi infilai le Vans nere, presi la prima borsa mi capitò sotto mano e uscii dimenticando la porta di casa aperta. Non mi andava proprio di curarmi in quel momento. Ero distrutta, e la sensazione d’impotenza e di tristezza, mischiata alla consapevolezza che tutti i miei piani erano andati storti, si stava facendo risentire. Non ce la facevo più. Camminai a passo svelto e deciso, e appena fui sicura di essere abbastanza lontana da casa tirai fuori una sigaretta, e me la misi in bocca. Mi avrebbe fatto calmare un po’. Presi l’accendino viola che mi aveva regalato Keira, e cercai di accenderla. La fiamma si spegneva con il vento, e dopo svariati tentativi ancora non ero riuscita a fumarmi quella stupida sigaretta. “Cazzo anche tu ti ci metti ora?!” dissi, e buttai con rabbia l’accendino in mezzo alla strada. Andava tutto fottutamente storto, tutto quanto. A scuola non avevo molti amici, non ne avevo mai avuti. Il mio era un carattere complicato: ero permalosa, impulsiva e spesso brusca nelle risposte, e quando parlavo dicevo sempre la cosa sbagliata al momento sbagliato. Sentii il naso pizzicarmi e la vista annebbiarsi, facendo spazio alle lacrime. Il mascara scolava sulle guance lasciando rigagnoli neri sulla mia pelle. Mi fermai un attimo per prendere fiato e sistemarmi un po’ prima di arrivare all’incrocio dove mi incontravo sempre con Keira. Feci appena in tempo a tirare fuori lo specchietto che lei mi venne incontro. “CIAO MEEEER! Che cavolo fai con una sigaretta spenta in bocca e gli occhi da panda?” disse scherzosa. Sapeva che qualcosa non andava, ma cercava di farmi ridere, e questo lo apprezzavo tantissimo. Tirò fuori un fazzoletto dalla sua borsa e iniziò a tamponarmi con cura le guance e le palpebre. Chiusi gli occhi. Quel gesto mi rilassò tantissimo: inspiravo il profumo alla fragola del fazzoletto e mi facevo coccolare dalla mia migliore amica. Quando ebbe finito mi fece segno di andare, frugò nella borse e mi lanciò il suo mascara “Mettilo Mer” disse “non si sa mai che qualche ragazzo carino non abbia voglia di flirtare” disse strizzando l’occhio “qualcuno tipo…mm.. Josh! Ti dice niente?” aggiunse facendo la linguaccia. Poi si rigirò e iniziò a camminare. Già, Josh. Eravamo amici un tempo. Fu il mio primo bacio, circa un anno fa, ma niente di più, e dopo quell’esperienza non ne avevo avute altre. Ogni volta che lo vedevo suscitava in me qualche emozione, ma non ci parlavamo più da tempo, chissà perché.. chissà.. “MER!” mi risvegliai dal flashback e mi trovai la faccia di Keira davanti alla mia “si può sapere che cavolo ti prende oggi?!” “Niente di che, sono un po’ pensierosa” dissi. Mi guardò con un sopracciglio alzato e per un momento pregai che non mi facesse domande. Ma poi sorrise, mi prese a braccetto e mi trascinò per tutto il percorso fino alla scuola. Era la migliore amica che avessi mai avuto, eravamo molto legate. Aveva i capelli biondi e lunghi, un po’ più bassa di me, ma con la stessa corporatura, e due occhi azzurri che invidiavo. Il nostro carattere era molto simile in certi aspetti, per questo andavamo molto d’accordo e ci capivamo al volo, solo con un’occhiata. E proprio per questo Keira pur sapendo che qualcosa non andava, non mi aveva fatto domande. Sapeva sempre quello di cui avevo bisogno. L’entrata della scuola era sempre un caos, come di consueto. Entrai senza dare troppo nell’occhio, senza fissare nessuno. Mi diressi verso il mio armadietto, ormai semi vuoto. La mamma aveva già parlato con il preside riguardo il cambio di scuola e lui aveva chiesto di ripulire e riordinare il mio armadietto. Iniziai a staccare le foto e i disegni dall’antina dell’armadio, infilandomeli nella borsa. Intanto pensavo che sarebbe stata forse l’ultima volta che vedevo quella scuola, perché l’ultimo anno del liceo lo avrei fatto in Australia. “O MERDA L’AUSTRALIA!” pensai “devo dirlo a Keira”. Chiusi l’antina dell’armadietto aspettandomi di trovarla di fianco a me, ma lei era sparita. Mi guardai intorno ma non era nelle vicinanze. Decisi allora di andare in cortile per fumarmi quella sigaretta. Uscita all’aria aperta mi sedetti su un tavolo vuoto, in disparte, presi l’accendino che avevo trovato nel mio armadietto e accesi la sigaretta. Il fumo denso mi entrava nei polmoni e mi faceva solleticare la gola, ma mi dava un senso di calma di cui avevo proprio bisogno in quel momento. Sarei potuta restare lì tutto il giorno, da sola, a pensare, ma dovevo andare in classe. Di Keira non c’era ombra, quindi decisi di avviarmi da sola. Finite le lezioni non mi presi il disturbo di salutare i miei compagni, non avrebbe fatto la differenza. Cercai Keira, che era uscita per prima dall’aula, e la trovai sul viale d’ingresso a parlare con uno della squadra di baseball, un certo Tyler, che sospettavo le piacesse. Mentre mi avvicinavo pensavo a come dirle che mi trasferivo. La vacanza non era un problema ma sarebbe rimasta distrutta nel sapere che saremmo state lontane quasi un anno, e io con lei. Mi avvicinai, la presi per un braccio scusandomi con Tyler, e le dissi con tono allegro “Tu vieni con me” “Eh? Dove?! Io voglio parlare ancora con Tyler!” ”Non ora scema! Quest’estate!” dissi con una risatina. Lei mi guardò incredula “A fare cosa? Dobbiamo andare da Will ricordi?” “Non dire stronzate! Ti propongo qualcosa di molto meglio di Will! Che ne dici ..mmm.. di tre mesi in Australia?! Mio padre abita li e ho pensato che potremmo stare li per l’estate. Lui viene a prenderci sta sera così..” non feci in tempo a finire la frase che avevo le sue braccia strette al collo “Graziegraziegrazie! Sì, cavolo che vengo! Potrei anche lasciare stare Tyler e venire subito” disse raggiate “sei grande! Come ti è venuta in mente questa bella idea?!”. Tentennai. Avevo deciso di non dire del trasferimento, o del fatto che ero obbligata ad andare in Australia e non era una mia idea, e farla passare per una cosa temporanea e divertente. “Emmm mi è venuta in mente questa notte mentre dormivo” buttai lì. Lei rise, mi prese sotto braccio e mi trascinò verso casa. “Si va a fare le valigie, tesoro” disse raggiante, strizzando l’occhio.


NEL PROSSIMO CAPITOLO INIZIANO I CASINI CON I RAGAZZI. CHI INCONTRERà DEI 5SOS AMERIKA? LEGGETE IL 3 CAPITOLO E RECENSITE :3 ----->
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Incontri, imprevisti, Australia ***


Non ho mai trovato così tante difficoltà a fare le valigie come quel giorno. Keira doveva fare una valigia per tre mesi, io per quasi un anno! Così dopo due ore ero quasi al punto di partenza. Non potevo portarmi tutti i vestiti, non ci sarebbero stati nella valigia e avrei destato sospetti. Non volevo che Keira lo scoprisse, volevo che si godesse questa vacanza. Glielo avrei detto a tempo debito.
Sentii bussare alla mia porta, e poco dopo entrò mia madre, con un sorriso timido e una coppa di gelato in mano.
 “Pensavo avessi fame” disse, sedendosi vicino a me e porgendomi il gelato.
 “Grazie mamma” risposi, con gli occhi bassi.
 Mi dispiaceva averle urlato così quella mattina. Dopo tutto non l’avrei vista per un bel po’, e l’ultimo giorno insieme non me lo immaginavo così. Dopo un interminabile silenzio mamma  disse
“Mi raccomando Mer, stai attenta in Australia. Avrei preferito portarti con me, al posto che lasciarti con quello scapestrato di tuo padre, ma potevo portare solo una persona, e con me c’è già Jenna.  Tu sei più grande, te la saresti cavata meglio”, disse in tono di scuse.
 “Non preoccuparti mamma”, dissi “baderò a me stessa. E ti chiamerò tutti i giorni, promesso”.
Poi gli scoccai un bacio sulla guancia. Lei arrossii timidamente, poi si girò e mi sorrise
“Vado di sotto a preparare anche io le cose per la partenza”, disse uscendo.
 Dopo circa tre ore il campanello suonò. Contai fino a dieci e sentii un urletto eccitato alle mie spalle. Mi girai e vidi Keira con un cappello di paglia a falda larga, occhiali da sole enormi con la montatura rossa e il costume sotto la canottiera verde lime. Risi divertita
“Kia ma dove credi di andare?! Ahah stiamo solo andando all’aeroporto! Al mare ci andremo un’altra volta”. Fece un finto broncio e poi mi sorrise
“Io mi sono preparata per ogni evenienza. Non si sa mai che in aeroporto ci sia una piscina” disse con fare altezzoso, girando la testa da una parte, con gli occhi chiusi e le braccia incrociate. Scoppiammo a ridere tutte e due. Poi lei appoggiò le valigie e si mise a sedere per terra, vicino a me.
“Allora Mer, le valigie sono pronte?”
”Emm si, diciamo di si”. Bugia. Ma non importava, mi sarei fatta spedire i vestiti invernali da mia madre. “Quando viene tuo padre?”
 “Dovrebbe arrivare a momenti, credo” dissi.
E infatti si sentì un clacson suonare. Mi affacciai e vidi una macchina decapottabile bianca accostata sotto casa mia, e alla guida c’era quel montato di mio padre. Non si era neanche disturbato di entrare a salutare Jenna o la mamma, anche se non credo che a lei avrebbe fatto piacere. Io e Keira scendemmo in fretta, diedi un abbraccio forte a mia madre e a Jenna, e uscii.
Mio padre non si scomodò ad aiutarci a caricare in macchina le valigie, si limitò a schiacciare il pulsante del telecomando per aprire il bagagliaio. Dopo aver sistemato le valigie, salimmo nei posti dietro dell'auto. "Ragazze" disse mio padre senza salutare "lasciarmi qui da vanti da solo, come un tassista? Ahahah dai una di voi venga qui di fianco a farmi compagnia”
 "No grazie, stiamo bene qui" dissi fredda.
La mia risposta non lo turbò minimamente, si mise gli occhiali da sole che aveva in testa, accese la radio e mise in moto. Mi stupii di come mio padre non mi fosse mancato per niente, anche se erano due anni che non lo vedevo.
Il viaggio verso l'aeroporto fu breve. L'aria mi aveva scompigliato tutti i capelli, e aggiunto al nervosismo per la partenza, mi rendeva tremendamente irritata.
Arrivati all'aeroporto, dopo aver  aspettato mio padre che doveva consegnare la macchina, facemmo il check-in e salimmo sull'aereo. Il viaggio mi parve brevissimo, perché mi addormentai, immersa nei miei pensieri.
 Fui svegliata da uno strattone, e le urla di Keira mi rimbombarono della testa:
 "Svegliaaaa!"
"Dove sono?" chiesi rintontita
"Ma come?! Siamo in Australia, baby" disse indicandomi il finestrino dell'aereo.
Eravamo all'aeroporto. Il cielo ero terso e di un azzurro intenso. Mi guardai attorno: non c'era più nessuno, a parte me, Keira e mio padre. Scesi dall'aereo barcollando. La notte passata senza dormire si stava facendo sentire, nonostante la dormita durante il viaggio.
"Devo assolutamente andare a prendermi un caffè. Vengo con i mezzi pubblici a casa, ho bisogno di stare un po’ da sola. Mandami un sms con l'indirizzo" Dissi a mio padre dopo aver preso le valigie.
 Mi diressi a passo sostenuto verso un bar in lontananza. Mi misi in fila alla cassa, e ordinai un caffe doppio. Dovevo prendere un caffe nel giro di pochi secondi, o mi sarei addormentata in piedi. Finalmente il caffè arrivò, lo presi in mano e mi avviai verso l'uscita. Appena passate le porte dell'aeroporto, feci per bere un sorso del caffè quando.. "MERDA!!". La maglia bianca che indossavo era diventata marrone, e i pantaloni erano bagnati di caffè. Guardai con le sopracciglia corrucciate la persona che aveva combinato tutto quello. Era un ragazzo con la pelle molto chiara e gli occhi azzurri, alto un po’ più di un metro e 80. Ma la cosa più strana erano i capelli: neri e rossi, sparati da tutte le parti. Pensai che fosse il classico ragazzo che neanche ti chiede scusa e va oltre, e prima che lo facesse gli urlai contro:
 "Guarda che diamine hai combinato!"
 " Scusa ero di fretta" disse lui
 "Se si è di fretta gli occhi funzionano lo stesso. La prossima volta guarda dove vai!" ero furiosa
"Se ci siamo scontrati è perché anche tu non guardavi, no?" disse con un sorrisetto di sfida
 " Ero sovrappensiero! E questa maglietta era una delle mie preferite! Ora dovrò buttarla, probabilmente. E questo per colpa tua!"
"Dai ragazzina adesso non farne un dramma" disse con una risatina
 "Ragazzina?! Ma se ho la tua età!"
"Nah impossibile" disse lui visibilmente divertito.
Si stava prendendo gioco di me, si divertita a vedermi infuriata. E quel che era peggio era che io ne ero perfettamente consapevole. Ma ero stanca e irritata, e..  cavolo! Quella era la mia maglietta preferita! Se fosse stato una persona che conoscevo l'avrei finita lì, ma quel ragazzo non l'avrei più rivisto, quindi potevo cercare di farmi valere ancora un po’. Quindi ricominciai:
"sei maleducato! Cos'è tutta questa confidenz... Aaaaa! Aia, che botta" nel girarmi mi ero scontrata con un uomo distinto in giacca e cravatta che, dopo avermi guardato storto, proseguì verso l'aeroporto.
"Ahahahaha quindi anche miss perfettina si scontra con la gente?! Ahaha" disse scoppiando in una risata " 'guarda dove cammini' " mi fece il verso.
Non lo potevo sopportare un secondo di più. Lo guardai con gli occhi sbarrati e le guance rosse dalla rabbia e dall'imbarazzo, poi senza dire niente me ne andai con passo spedito.

NEL PROSSIMO CAPITOLO: NUOVI INCONTRI CON I 5SOS IN AUSTRALIA. E QUALCUNO FARà BATTERE IL CUORE DI AMERIKA. MA CHI? SEGUITE LA FF ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ashton ***


Mentre aspettavo l’autobus numero 39 sentivo la rabbia salirmi dentro. Mi ero fatta prendere in giro da uno sconosciuto, che oltre ad avermi terribilmente irritata mi aveva ricoperta del caffè da capo a piedi, ed ora tutti mi fissavano. Perché mi ero fatta prendere dalla discussione? Perché non me ne ero fregata e non avevo tirato dritto per la fermata dell’autobus?! La discussione che avevo appena avuto non mi aveva certo ridato la mia maglia pulita, mi aveva solo fatto diventare ancora più di cattivo umore di quanto già non fossi. Alzai gli occhi e vidi l’autobus arrivare. Salii e mi diressi verso i posti in fondo. Non volevo dare troppo nell’occhio, conciata com’ero.
Dopo qualche fermata si mise di fianco a me un ragazzo con una bandana rossa attorno alla testa e una maglia dei Nirvana, che trovai molto carina. Fortunatamente non badò al colore tendente al marrone dei miei vestiti, si infilò gli auricolari e fece partire la musica a tutto volume.
Ripensai al ragazzo dell’aeroporto. Il suo atteggiamento sfacciato e la confidenza che si prendeva non mi piacevano, però a pensarci bene era davvero carino. Arrossii senza accorgermene.
Guardai fuori dal finestrino e mi accorsi che non sapevo dove scendere. Avevo guardato l’autobus da prendere sulla cartina ma non avevo controllato la fermata! Mi guardai intorno agitata. A chi potevo chiedere? La musica ad alto volume che proveniva dagli auricolari del ragazzo attirò la mia attenzione. Ogni tanto batteva il piede a ritmo e muoveva in uno strano modo le mani. Ad un certo punto alzò lo gli occhi e si accorse che lo stavo fissando. Arrossii. Si tolse gli auricolari e con un sorriso disse:
“Ei scusa. Ti da fastidio la musica?”
“No, non preoccuparti” dissi con un sorriso un po’ troppo forzato. Ormai avevamo iniziato a parlare, potevo approfittare per chiedere informazioni sulla fermata. Stava per rimettersi le cuffie quando dissi:
“Emm scusami posso chiederti una cosa?”
“Certo”
“Dovrei andare a questo indirizzo” gli feci vedere il messaggio che mi aveva inviato mio padre sul cellulare “Mi sai dire a che fermata devo scendere?”
“Ah è la prossima. La riconosci dal negozio di tavole da surf. Davvero un bel posto” mi disse sorridendo. Aveva un accento australiano davvero marcato, e la cosa mi fece sorridere.
“Non sei di queste parti, vero?” aggiunse sorridendo.
“No. Sono arrivata dalla California circa un ora fa. Sto andando nella mia nuova casa proprio ora”
“Wow, la tua nuova casa è sul mare? Sei davvero fortunata. Ti piacerà di sicuro. Anche un mio amico abita da quelle parti” disse sorridendo “Comunque io sono Ashton” aggiunse porgendomi la mano
“Amerika” risposi.
“Il tuo nome rispecchia il luogo da cui provieni ahah Davvero buffo” disse con una risatina "Perchè sei qui in Australia?"
"Devo stare da mio padre per un pò"
"Vacanza?"
"No, sto da lui per un anno"
"Allora frequenterai qui la scuola?"
"Si, l'ultimo anno di scuola superiore"
"Ultimo anno..mm..quindi.. Diciassette anni, giusto?"
"Si esatto."
"Sembravi piu grande, sai?"
"Ahah sul serio? Sei il primo che me lo dice. Tu quanti anni hai, invece?"
"Quasi diciannove"
Dopo una piccola pausa ripresi:
"Prima, quando ascoltavi la musica, ho notato che muovevi le mani a ritmo"
"Ahaha si è un vizio di chi suona la batteria"
"Suoni la batteria?!"
"Si, in un band"
"E siete bravi?"
"Si, abbastanza. Suoniamo nei teatri"
"Forte"
Ancora un'altra pausa di silenzio. Poi lui disse:
"Se vuoi, visto che non conosci ancora nessuno, posso farti compagnia qualche volta. Basta chiedere” disse sorridendo ancora.
“Grazie sei molto gentile. Ho con me un’amica, magari porto anche lei. Domani volevamo andare al mare”
“Ok perfetto vengo anche io con alcuni amici. Ci troviamo al chiosco delle bibite?”
“Perfetto” dissi con un sorriso. Questa conversazione era un sorridere continuo, pensai.
“Adesso però scendi ahah è la tua fermata”
Con una corsa scesi dall’autobus appena prima che si chiudessero le porte e salutai Ashton con la mano. Lui ricambiò con un sorriso. Cavolo, in America non avevo quasi nessun amico e qui già dopo un’ora avevo appuntamento con una comitiva di ragazzi. Mi sentivo realizzata.
Ashton non scherzava quando diceva che era davvero un bel posto. Dopo aver passato il negozio di tavole da surf mi diressi verso una via parallela e sbucai sul lungo mare. Era uno spettacolo. Era di un blu intenso e si mischiava con il cielo. Sarebbe stato difficile distinguere l’uno dall’altro se non fosse stato per le onde che increspavano la superficie dell’acqua. Inspirai profondamente l’aria di mare, che mi solleticava il viso e mi scompigliava i capelli.
Vidi in lontananza una zona residenziale e dopo averla raggiunta cercai il numero della casa di papà. Mi fermai davanti a una villa a tre piani dipinta di bianco con le inferiate azzurre. Era una casa enorme. “Papà si è sistemato bene” pensai “ Deve essere per questo che non è tornato a casa dalla mamma..”
Il cancello era aperto. Entrai in casa e dissi a voce alta “Sono arrivata!”
Da una porta sulla sinistra spuntò la faccia di Keira.
 “Ma allora sei viva!” disse “Pensavamo ti avessero rapito gli indigeni”
“Sto bene, sono solo un po’ stanca” dissi con un sorriso.
“Ma quanto dormi Mer?! ahah Non avevi comprato un caffè?!”
Le indicai la maglietta sporca.
“Oh” disse con una smorfia “Tuo padre è uscito a prendere da mangiare. La tua stanza è di fianco alla mia” . mi prese per un braccio e mi portò al piano superiore in una stanza enorme dipinta di lilla. Poi mi diede un bacio sulla guancia e se ne andò.
La luce del sole si stava facendo sempre più calda e arancione, e si rifletteva su tutte le pareti.
Mi guardai intorno. A destra della porta c’era un letto con una trapunta color crema con l’orlo di pizzo, e uno stereo super accessoriato. Alla parete opposta del letto era appoggiato un enorme armadio di legno verniciato di bianco. Al muro a fianco una cassettiera viola e una foto di papa, me e Jenna quando eravamo piccole. Eravamo felici allora, ma lui aveva rovinato tutto.
Dalla finestra priva di tende si vedevano perfettamente il mare e la spiaggia. La cosa mi fece molto piacere. Guardare quella distesa blu mi rilassava. Sotto la finestra c’era una scrivania anch’essa viola e una sedia girevole.
Misi le valige in un angolo di fianco all’armadio, mi buttai sul letto a una piazza e mezza e mi addormentai.



LEGGETE IL PROSSIMO CAPITOLO! AMERIKA INCONTRERÁ GLI AMICI DI ASHTON. SUCCEDERÁ QUALCOSA DI INTERESSANTE :)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Ci si rivede ***


La luce che filtrava dalle finestre mi svegliò. La finestra era aperta ed nella stanza entrava l'odore di mare. Mi alzai con calma e, ancora in pigiama e con i capelli arruffati, mi avviai erso la stanza di Keira. Bussai piano, ma nessuno rispose. Entrai in punta di pedi. La sua stanza era un pò piú piccola della mia, di un color giallo crema. L'arredamento era piú sobrio ed essenziale. Doveva essere la camera degli ospiti. Mi avvicinai senza far rumore, presi la rincorsa e mi buttai sul suo letto ridendo. Lei si rigiró un paio di volte, poi aprí gli occhi e se li stropicció.
"Sveglia Kia! Si va al mare!"
"..Mm..Mer.. Ma io ho sonno.."
"Ma non eri tu che non vedevi l'ora di andare in spiaggia?"
"Mm..forse.. Ma ora ho cambiato idea.. Voglio dormire.."
"Daiii.. Sai che abbiamo appuntamento con un ragazzo che ho conosciuto ieri sull'autobus? É molto carino e ha detto che porta degli amici.." dissi con un sorriso malizioso. Keira fece uno scatto e si mise seduta sul letto, fissandomi con gli occhi sgranati.
"Oddio giá un appuntamento?! Hai fatto colpo alla svelta Mer"
"Ahah ma cosa hai capito? Non mi interessa in quel senso . Ma non mi dispiacerebbe se diventassimo amici"
"E gli altri ragazzi? Come sono? Carini?" disse raggiante
"Non gli ho ancora visti. E non riusciremo mai a vederli, se non ti alzi subito"
"Ok, ok. Mi metto il costume e arrivo"
"Ok ci troviamo all'ingresso. Facciamo colazione in spiaggia, che ne dici?"
"Buona idea, a dopo".
Andai in camera e frugai nella valigia. Tirai fuori un costume bianco a triangolo con delle perline decorative. Lo indossai e ci misi sopra un vestitino prendi sole arancione. Presi la borsa da mare e ci buttai dentro occhiali da sole e crema. Andai in bagno e mi diedi una sistemata, mi feci una treccia alla francese, misi un filo di mascara e mi infilai le infradiro. Poi  scesi verso l'ingresso. Keira era già pronta: costume arancione che si intravedeva attraverso il prendisole semitrasparente, infradito fucsia e il cappello e gli occhiali del giorno prima. Ci avviammo verso la spiaggia, che era a pochi metri dalla casa. Arrivammo al chiosco e cercai con lo sguardo Ashton. Lo vidi seduto a un tavolino, con un ragazzo dai capelli neri che guardava il cellulare, e affianco altre due sedie vuote. Mi avvicinai e lo salutai:
"Ei ciao :)"
"Amerika! Ciao"
"Lei è Keira" dissi, indicandola.
"Piacere, Ashton. Lui è Calum".
Lo guardai, e lui ricambió con un sorriso e un cenno di saluto. Aveva gli occhi leggermente a mandorla e la pelle olivastra. Il viso un pò paffuto e gli occhi neri trasmettevano una sensazione di tenerezza, come se non potesse fare mai male a nessuno, nonostante fosse particolarmente robusto. Cavolo, era davvero carino. Ricambiai il sorriso.
"Amerika vuoi qualcosa da bere?" disse Ashton
"Mm si grazie, due caffè, uno per me e uno per Keira. Non abbiamo fatto colazione"
"Perfetto, vado a dirlo a dei nostri amici che sono in fila al bar".
Io e Keira prendemmo due sedie vuote e le aggiungemmo al tavolino. Mi sedetti vicino alla mia amica, di fronte a Calum, che era rimasto al tavolo e stava di nuovo guardando il cellulare. Ad un certo punto alzò la testa e si accorse che lo stavo guardando. Arrossii. Abbassò subito gli occhi verso il cellulare, come se non fosse successo nulla, ma un accenno di sorriso compiaciuto comparve sulle sue labbra.
Guardai verso il bar e vidi Ashton tornare, seguito da due ragazzi biondi. E fu quando furono abbastanza vicini che lo vidi. Lui. Il tizio dell'aeroporto. Quello con i capelli rossi e neri, ormai non più di quel colore. Quel tizio. E aveva in mano il mio caffè. Non era possibile.
"Ragazze loro sono Luke e Michael" disse Ashton.
Michael.. Il tizio del caffè. Lo guardai e notai che anche lui stava guardando me, con un sorriso beffardo stampato in faccia. Doveva avermi riconosciuta.
"Piacere io sono Keira!" sentii dire a fianco a me, con una voce squillante. Keira stava fissando Luke con un sorriso inquietante
"Io Amerika.." dissi, guardando da una parte.
"Attenta Amerika. Luke è calmo e buono come il pane, ma Michael a volte può essere irritane e non si sa mai che gli passa per la testa" sentii dire da Calum, che rideva e faceva la linguaccia. 
Michael mi porse il mio caffè con una risatina. Stronzo. Si stava divertendo.
"Dopo, se vi va, potremmo andare a fare il bagno" propose Luke.
"Buona idea!" disse Keira con un tono della voce un pò troppo acuto. La guardai, perplessa. Lei lo fissava intensamente, quasi lo contemplava, con un sorriso ebete stampato in faccia. Non aveva tutti i torti, Luke era un bel ragazzo: occhi azzurri, capelli biondi, alto. Finito il caffè ci alzammo, dirigendoci verso il mare. Io e Keira appoggiammo le borse sulla riva e ci togliemmo i prendisole. Ad un certo punto sentii tirare il nastro del costume: si era incastrato al braccialetto di Calum, e ora le perline colorate erano sparse per terra. Mi accovacciai per raccoglierle, con gli occhi fissi a terra. Appena alzai la testa per vedere se ce n'erano altre in giro, mi ritrovai il viso di Calum a pochi centimetri dal mio. Mi stava aiutando a raccigliere le perline, e anche lui aveva alzato nello stesso momento la testa. Mi ritrassi di colpo, rossa come un pomodoro. Lui mi guardó, anche lui rosso in viso, e si affrettò a dire:
"Scusami, non volevo rovinarti il costume.."
Non feci in tempo a rispondere che sentii Ashton gridare
"Ei voi, venite a fare il bagno o no?"
Ci alzammo di colpo e corremmo verso gli altri.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Calum ***


CIAO A TUTTE :) SCUSATE IL RITARDO, è UNA SETTIMANA CHE NON AGGIORNO. MA SONO STATA DAVVERO OCCUPATA, A RINCORRERE APPUNTO I 5SOS PER TUTTA MILANO. E ALLA FINE... CE L'HO FATTA, NON CI CREDO! LI HO ABBRACCIATI TUTTI E HO FATTO LA FOTO. QUETA ESPERIENZA MI HA ISPIRATA AHAH SPERO VI PIACCIA IL CAPITOLO. UN BACIO :*

L’acqua gelata del mare a contatto con i miei piedi mi fece rabbrividire. Erano già entrati tutti in acqua e si stavano divertendo a giocare a palla. Come cavolo aveva fatto Keira ad entrare con così tanta facilità? Osservai la scena: Calum, che era appena entrato in acqua con un tuffo, si stava spostando i capelli bagnati dalla fronte. Aveva un paio di tatuaggi sul petto che prima non avevo notato, e assieme alla pelle olivastra bagnata e al fisico robusto, dovevo ammettere che lo rendevano terribilmente sexy. Mi tolsi quel pensiero dalla mente scuotendo la testa.
Ashton lanciò la palla a Luke, che inciampò e cadde nell’acqua ridendo. Keira intanto andò a recuperare la palla, che stava andando al largo. Mi stavo per convincere che l’acqua era troppo fredda e che sarei stata seduta sulla riva a guardare il mare, quando mi accorsi che mancava Michael. Meglio così. Chissà dove si era cacciato.. Non ci volle molto a scoprirlo: qualcuno mi diede una forte spinta, e caddi nell’acqua fredda proprio nel momento in cui si infrangeva una grossa onda.  Appena mi resi conto di quello che era accaduto, mi tirai in piedi, e mi girai di scatto furiosa. Michael era piegato in due dalle risate, e stava venendo verso di me.
“Scusa, non ho resistito” disse ridendo
“Risparmiati le scuse, non è divertente. Lo sai che l’acqua è gelida?!”
“Ei scusa davvero. No te la prendere, dai. Lo so che dovrei farmi perdonare per ieri all’aeroporto, ma con te gli scherzi escono troppo bene!”
“Non sei simpatico..”
“Dai, mi dispiace. Non sapevo che fossi così permalosa”. Il suo tono era diventato meno sfacciato, un po’ più dolce.
“Ma lo sono, quindi vacci piano con gli scherzi”
“Ok va bene..”.
Si girò un po’ deluso, e si avvicinò agli altri. Mi dispiaceva di aver reagito così, forse voleva solo fare il simpatico, socializzare. Ma poteva farlo in un altro modo, che cavolo!
Mi unii anche io al gruppo. Giocammo a palla per qualche minuto, poi decidemmo di andare un po’ al largo a fare una nuotata. Calum si avvicinò.
“Scusa ancora per prima”
“Per cosa, scusa?” chiesi confusa
“Il costume”
“Ah! Ma non preoccuparti! Ce l’avevo da un sacco di tempo ed è ora che me ne compri uno nuovo ahah”
“Ahah ok, mi sento un po’ più sollevato. Prima mi sentivo terribilmente in colpa” disse mettendosi una mano dietro alla testa.
“Non preoccuparti” dissi con un sorriso. Un tremito mi attraversò il corpo. L’acqua fredda mi stava facendo venire i brividi.
“Ei tutto ok?” disse Calum, con lo sguardo preoccupato.
“Sì, ho solo un po’ freddo..”
Lui si avvicinò e mi prese la mano. Arrossii.
“Cavolo, hai le mani gelate” disse “Vuoi uscire?”
“Sì, magari è meglio” risposi
“Ti accompagno fuori”
Nuotammo verso la riva, e appena usciti frugai nella mia borsa. Dove cavolo avevo messo l’asciugamano?!
“Merda” mi lasciai sfuggire
Calum, che era di fianco a me, mi guardò con lo sguardo interrogativo
“Ho dimenticato l’asciugamano a casa. Che idiota..”
“Non preoccuparti, ti do il mio. Non ho freddo, e così mi faccio perdonare per il costume” mi disse con il sorriso più dolce che avessi mai visto.
Non riuscivo a staccarli gli occhi di dosso, e neanche ad aprire bocca, quindi mi limitai ad annuire.
Si alzò, e dopo qualche secondo mi mise il suo asciugamano sulle spalle.
“Ora scaldati, Amerika, se no ti prenderai un raffreddore”
“Chiamami Mer, Amerika è troppo lungo” dissi con una risatina. Mi sedetti sulla sabbia.
“Ok..Mer” disse lui, sedendosi di fianco a me.
Restammo così per dieci minuti, finché non ci raggiunse Ashton, seguito da Luke e Keira, che parlavano animatamente. Sorrisi nel vedere la mia amica farmi l’occhiolino.
Mi strofinai l’asciugamano sulle spalle e poi lo porsi a Calum “Grazie mille, Calum. Ora è meglio che vada. Non avevo avvertito mio padre che venivo in spiaggia. Magari si sta chiedendo dove sono finita. Kia vieni con me?”
“Ok va bene” disse lei. Diede il suo numero a Luke, e corse verso di me
“Grazie ancora, Calum”
“Ci vediamo” rispose lui con un sorriso
Salutai Ashton da lontano, scuotendo la mano. Poi mi avviai con Keira verso casa.
Camminando, notai che lei stava canticchiando tra sè e sè.
“Fatto colpo, Kia?” dissi, dandole una gomitata sul fianco.
“Vedremo..” disse lei ridendo.
Arrivate a casa, cercai mio padre. Era da quando eravamo arrivati all’aeroporto, il giorno prima, che non lo vedevo. Lo trovai in cucina: stava tirando fuori dai cartoni tre pizze. Appena mi vide disse:
Ei Mer, hai fame? Ho preso la pizza”
“Non tanta, ma apprezzo il gesto” dissi cercando di non essere troppo fredda.
Il pranzo fu molto veloce, e nessuno disse nulla. Quando finii la mia pizza, mi alzai e andai in camera mia. Mi butti sul letto e presi il cellulare. Avevo un messaggio da un numero sconosciuto. Chi cavolo poteva essere? Lo aprii incuriosita e lo lessi:
-Ei Amerika. Sono Ash. Il tuo numero l’ho chiesto a Luke, che l’ha chiesto a Keira. Mi serviva perché devo dirti una cosa. Appena sei andata via dalla spiaggia, Calum mi si è avvicinato con uno strano “devo parlarti”. Mi ha preso in disparte e mi ha detto una cosa-
Ero perplessa. Che razza di messaggio era quello?! Ashton aveva fatto tutto quel casino per trovare il mio numero solo per dirmi che Calum gli aveva parlato? Non ci capivo nulla. Ma gli risposi lo stesso:
-Ciao Ashton! Emm cosa centro io con quello che ti ha detto Calum scusa ahah?- digitai.
La risposta arrivò dopo qualche minuto, e mi fece rimanere di sasso:
-Mi ha parlato di te, Amerika. Mi ha detto che gli piaci-.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Progettando un appuntamento ***


CIAO SCUSATE IL RITARDO MA SONO STATA DAVVERO IMPEGNATA. CERCHERò DI IMPEGNARMI AD AGGIORNARE PIU FREQUENTEMENTE. SPERO QUESTO CAPITOLO VI PIACCIA E VI DIVERTA TANTO QUANTO HA DIVERTITO ME SCRIVERLO. CIAOOO <3



Calma. Dovevo solo rimanere calma. Trattenni il respiro per qualche secondo, fissando il cellulare. Avevo le orecchie tappate, ero quasi isolata dal mondo che mi circondava. Sentivo solo in lontananza il verso dei gabbiani. I battiti del mio cuore rimbombavano, e stavano accelerando. Dovevo trovare una spiegazione plausibile all’assurdo messaggio di Ashton. La prima cosa che mi venì in mente fu che era ubriaco già alle 2 del pomeriggio. Si doveva essere così. Poi però mi accorsi di quanto forse ridicola quella spiegazione, e iniziai a pensare che fosse effettivamente come diceva il messaggio, che interessavo a Calum. Solo il pensiero mi fece rabbrividire.  È vero, lo avevo fissato per la maggior parte del tempo, in spiaggia, e avevo pensato che fosse davvero molto carino, ma non mi piaceva “seriamente”, stavo solo guardando. E non avrei mai pensato che gli sarei potuta piacere io. Magari Ashton aveva capito male.. Non potevo saperlo, avrei dovuto aspettare qualche giorno. Affondai la faccia nel cuscino e sospirai. Dovevo rispondere ad Ashton. Scrissi semplicemente:
-A davvero? Non me l’aspettavo- per essere molto vaga e non fargli capire che ero agitata.
Posai il cellulare sul comodino. Mentre aspettavo la risposta al messagio, mi alzai me mi cambiai, togliendomi il costume che ormai era quasi senza perline, e tirai fuori dalla tasca della borsa quelle raccolte in spiaggia. Ero riuscita a prenderne pochissime, perché mi ero subito trovata il viso di Calum davanti al mio. Sbuffai e buttai il mucchietto di perline nel cestino di fianco alla scrivania.
Il telefono vibrò, e io feci uno scatto verso il comodino, inpaziente di vedere la risposta.
-Lui mi ha detto così, prima. E sembrava anche sincero. Tu cosa ne pensi di lui?-
Merda. Merda, merda, merda. Io non lo sapevo proprio. Era davvero carino, sì, ma non lo conoscevo quasi per nulla. Scrissi questo ad Ashton, che subito rispose: -non c’è problema, vi conoscerete. Il modo per farvi incontrare lo trovo io, non ti preoccupare. Mi diverte un sacco creare nuove coppiette ahah. Se poi si tratta di uno dei miei migliori amici..-
Ashton era piu emozionato di me. La cosa mi fece sorridere. Decisi di stare al suo gioco, dopo tutto non ci perdevo nulla a conoscere meglio Calum. –E come faremmo a incontrarci?- scrissi.
Mentre aspettavo la risposta andai in bagno. Avevo ancora la salsedine sulla pelle e volevo farmi una doccia rinfrescante, che mi avrebbe aiutata anche a schiarirmi le idee su questa storia. mi tolsi i vestiti e rimasi in biancheria intima. Mi guardai intorno: la mattina non avevo notato quanto il sole risplendesse sulle piastrelle arancioni iridescenti delle pareti, che riflettevano sul soffitto, in tinta con la tendina della finestra in fondo alla stanza e i mobili. Il cellulare vibrò a lungo sul mobiletto di fianco al lavandino. Guardai lo schermo. Ashton mi stava chiamando. Risposi un po’ sorpresa:
-Ei Ashton!-
-Ei Mer-
-Non me lo aspettavo proprio quello che mi hai scritto riguardo a Calum. Sono davvero sorpresa.
-Se non te l’aspettavi allora sei ceca- disse lui con una risatina
-Non prendermi in giro dai-
-Ma ti interessa o no?-
-Credo, cioè non ne sono sicura, ma non costa nulla provare- dissi vaga
-Benissimo. Allora ho fatto bene a chiamarti. So come farvi incontrare.-
-Mi preoccupi- dissi ridendo
-Calum mi ha detto che voleva ridarti le perline del costume che aveva raccolto in spiaggia e che si era dimenticato di consegnarti, e che magari potevo portartele io-
Non mi importava proprio nulla di quel costume, ne tanto meno delle perline, le avevo appena buttate, ma feci finta di essere interessata
-ah giusto! Le mie perline!- dissi
-Appena me l’ha scritto ho preso la palla al balzo e gli ho detto che ci potevamo incontrare questa sera, e visto che un gruppo di nostri amici organizza una festa in spiaggia, potevamo approfittare per stare lì un po’-
-Sono felice per voi, ma come potrebbe interessarmi la cosa?- dissi incuriosita
-Quando arriverà in spiaggia, insieme a me ci troverà anche te-
Ok, mi doveva spiegare come facevano a venirgli in mente piani tanto assurdi. Sembrava una scena di un film! Troppo poco credibile, avrei fatto la figura dell’idiota con Calum, e non mi andava.
-Ash, apprezzo che ti interessi tanto per quello che fai, ma..-
Dal telefono uscì un frastuono allucinante, che mi costrinse a staccarlo dall’orecchio. Ma mi sembrò di sentire il rumore ancora più forte venire da fuori, anche se avevo allontanato il cellulare. Non era possibile, probabilmente ero solo rintontita. Riavvicinai il telefono all’orecchio, e sentii delle voci e poi Ashton che urlava in lontananza “perfetto”, e poi riprendeva in mano il cellulare.
-Mer ho avuto un idea, o meglio: HA avuto un’idea-
Ashton ti stavo dicendo che.. aspetta un attimo. Cosa vuol dire “ha”?
-Ti spiega tutto Michael-
Michael? MICHAEL? Non ci potevo credere, aveva messo in mezzo anche lui! Per quanto poco lo conoscessi, non mi sarei sorpresa se avesse cercato di sabotare tutto, facendomi fare figure da idiota e prendendomi in giro per il resto della mia vita. Non feci in tempo a replicare, che si sentii la voce di Michael:
-Eilà ragazzina! Cotta estiva in corso?-
-Cosa vuoi?- dissi sospirando.
-Sto solo aiutando Ashton a organizzare un appuntamento tra te e Cal, stai calma. È Ash che mi ha messo in mezzo, e visto che centri tu, non mi sono tirato indietro-
La cosa mi suonò alquanto confusa. Era una cosa positiva o negativa quella che aveva appena detto? Intendeva che si sarebbe divertito a farmi sembrare un’idiota, o che..
-Ah, e belle mutandine, comunque- disse.
-Ah ah. Non sei spiritoso- dissi. Scherzi idioti per far imbarazzare le ragazze. Ma quanti anni aveva, cinque?! Non pensava mica che me la sarei bevuta..
-Il rosa ti dona molto- aggiunse con una risatina.
Merda. Come cavolo faceva a sapere che avevo le mutandine rosa? Solo fortuna, ma decisi comunque di accertarmene.
-Guarda che non mi fai ridere. So bene che non mi stai guardando-
-Girati, scosta la tenda e guarda-
A quelle parole rimasi di stucco. Mi voltai verso la tendina arancione, tenendo il cellulare all’orecchio, la scostai e, affacciato alla finestra dei vicini, c’era Michael che mi salutava, con un sorriso idiota sulla faccia. Richiusi di scatto la tendina, che mi accorsi era semitrasparente, e appoggiai la schiena al muro di fianco alla finestra. Cosa ci faceva Michael nella casa dei vicini? Era un delinquente o qualcosa di simile? Così si sarebbe spiegato il rumore assordante che avevo sentito, magari era la porta scassinata. Ecco, lo sospettavo. Solo un delinquente poteva versare il caffè addosso a una signorina come me, all’aeroporto. Oppure..
-Ciao vicina­- sentii provenire dall’altoparlante del telefono.
Oh cazzo. Non ci potevo credere. Mi ricordai di quello che aveva detto Ash la prima volta che lo avevo incontrato, sull’autobus. Aveva detto che anche un suo amico abitava nella mia zona, vicino a me. Ma non avrei mai pensato che quell’amico fosse proprio Michael, e neanche che fosse COSì vicino.
-Dai Michael, non infastidirla e arriva al punto- sentii dire da Ashton, in lontananza –dobbiamo finire di provare, e non abbiamo tanto tempo da perdere-
Sentii ancora quel rumore assordante, che doveva essere una chitarra elettrica, e poi una batteria.
-Va bene ragazzina, cioè, Amerika. Ashton ha detto che devo accompagnarti io alla festa in spiaggia, perché lui sarà impegnato a portare Calum, e Luke magari sarà a casa tua a farsi quella fighetta della tua amica. Sai,verrà lì sta ser..- a sentire quelle parole mi venne un senso di ribrezzo
-Smettila!-
Il fatto che chiamasse Keira “fighetta” e me “ragazzina” mi diede un po’ fastidio. Appena mi accorsi della mia reazione esagerata, mi schiarii la voce e dissi.
 -Non mi devi raccontare i dettagli, grazie. Comunque no, posso andarci da sola alla festa-
-Dai, metti da parte l’orgoglio per un secondo. Non sai la strada, e non conosci nessuno, e sai bene che ti sentiresti a disagio da sola. Posso essere la persona che non ti sta  più a genio in questo momento, ma una tregua per una sera non ti costa nulla-
Aveva ragione. Come cavolo aveva fatto a capirmi? Sospirai –va bene, mi hai convinta. A che ora vieni?-
-Visto che Luke si è già messo d’accordo con la tua amichetta di venirla a prendere alle nove, vengo con lui. Per te va bene?-
-Perfetto-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Ready for the date ***


NUOVO CAPITOLO! FINALMENTE AMERIKA E L'APPUNTAMENTO :3 SPERO VI PIACCIA. UN BACIO :*

Che cavolo potevo mettermi per una festa in spiaggia?! In tutta la valigia non avevo trovato nulla di adatto, ed stavo fissando il mucchio di vestiti sul letto da un'ora. Dopo la chiamata di Michael mi ero fatta una doccia velocissima ed ero corsa subito in camera. Non so perche mi stavo comportando cosí, presa dall'angoscia, dopo tutto non mi piaceva sul serio Calum.
Diedi un altra breve occhiata all'ammaso di vestiti, poi mi buttai sconsolata sul letto, sospirando. Dopo qualche minuto passato a fissare il soffitto, girai svogliatamente la testa verso la parete dov'era appeso l'orologio. Le 5. Facevo in tempo ad andare a fare un giro per negozi. Mi alzai svogliatamente dal letto ed uscii dalla mia stanza. Mi fermai davanti alla porta della camera di Keira. Quello che aveva detto Michael, cioè che io ero una ragazzina e Keira una "fighetta", mi aveva fatto pensare. Forse era proprio per quello che ora i miei vestiti non andavano piu bene per una stupida festa in spiaggia con sconosciuti. Forse mi vestivo come una ragazzina, forse per quello Michael mi aveva creduta più piccola, all'aeroporto. Avevo bisogno della mia amica, avevo bisogno di un suo consiglio.
Feci un respiro profondo e bussai. Subito sentii Keira dire di entrare. Era sdraiata sul letto, e leggeva una rivista. Appena entrai, alzó gli occhi dalle pagine patinate e mi guardó. Poi mi sorrise. Ricambiai. Feci un respiro profondo.
"Senti Kia, ti devo dire una cosa.."
"Anche io! Devo assolutamente raccontarti" disse scattando in piedi e buttando la rivista sul comodino. 
"Hai presente Luke? L'amico di quello con la bandana?"
"Si"
"Ecco.. L'ho chiamato, dopo pranzo. Abbiamo parlato del piú e del meno. É davvero carino e dolce. Anche se a volte ho l'impressione che non segua molto quello che dico... Comunque, credo che mi piaccia, e credo di piacere anche a lui. Abbiamo deciso di uscire sta sera"
Chissá perchè la cosa non mi sprprendeva..
"Davvero?? Wow ma.. Ma è fantastico" dissi facendo di essere sorpresa.
"Sí, lo so che è fantastico! É così figo.."
"No, intendevo che era fantastico che uscite ahah"
"Sí, ma ammetti che anche lui non è per niente male"
Scoppiammo a ridere. Ora mi sentivo un po' più rilassata.
"Cosa volevi dirmi tu?"
"Se mi dai una mano a prendere un vestito"
"Un vestito?"
"Sí, o una gonna, o qualcosa del genere, non so.."
"Stai bene?" disse, posandomi la mano sulla fronte. Io mi scostai ridendo.
"Sono seria. Non ho niente da mettermi.."
" 'Niente da mettermi per...' ?"
Che cosa imbarazzante. La conoscevo abbastanza bene da sapere che dopo averglielo detto mi avrebbe punzecchiata tutto il tempo con le sue battutine. Distolsi lo sguardo.
".. Per... Un appuntamento"
"Cosa?! Sul serio? No, non ci credo. Intendi quello dal dentista?" disse ridendo.
"Dai Keira! Hai capito ahah Sono giá abbastanza in imbarazzo da sola"
"Che bello, la mia Mer ha un appuntamento!"
Scossi la testa divertira. Era semplicemente incorreggibile.
Mi prese per mano e mi trascinó giù per le scale.
"Keira cosa stai facendo?! Cosí mi fai cadere!"
"Ti porto a fare compere"
Ebbi appena il tempo di prendere la borsa e urlare "papá noi usciamo", mentre venivo trascinata fuori casa.
Riuscii a divincolarmi e a togliere la mia mano da quella morsa appena in tempo per passare davanti alla casa di Michael. Se mi avesse vista trascinata come una bambina con la mamma, non avrebbe avuto tutti i torti a chiamarmi ragazzina.
Girammo per le strade del centro per un'ora, senza trovare un negozio che facesse al caso mio. Ad un certo punto ci imbattemmo in un negozio con insegna rosa e la foto di una modella bellissima e magrissima in vetrina.
"Kia torniamo a casa, i pantaloncini e una canottiera andranno bene.."
"Non dire stronzate" disse.
Oddio, l'aveva presa proprio sul serio.
"Ora vado qui dentro e ti compro qualcosa io. Tu aspettami qui fuori!" aggiunse irritata.
Certe volte mi faceva paura. L'aveva presa troppo sul serio, io volevo fare solo un giro per vedere se c'era qualcosa di carino. Decisi di lasciarla fare.
Aspettai fuori dal negozio mezz'ora circa, poi la vidi tornare con il sorriso sulle labbra e una mini busta rosa in mano.
"Fatto" disse con un sorrisetto compiaciuto.
"Kia sicura di aver preso la taglia giusta? In quella busta non ci starebbe neanche il vestito di un bambino.."
"Non dire cavolate e fidati di me"
Sospirai. 
"Va bene" dissi sorridendo.
Mi innervosiva non sapere come mi sarei dovuta conciare per l'appuntamento, ma il fatto del "cambio del look" un pò mi divertiva.
Tornammo a casa in fretta, perchè si erano fatte le sette di sera e dovevamo prepararci per uscire. Passando davanti alla casa di Michael mi sorpresi a guardare verso la finestra dove si era affacciato qualche ora prima. Appena mi resi conto di quello che stavo facendo, distoldi lo sguardo e affrettai il passo. Cosa cavolo mi saltava in testa? L'ultima cosa che volevo era vedere Michael. Eppure..
Entrammo in casa e ci dirigemmo verso le nostre stanze. Prima di entrare nella sua, Keira mi porse il sacchetto, e mi fece l'occhiolino.
Io le sorrisi e chiusi la porta.
Ok, stavo per scoprire come mi sarei dovuta conciare quella sera. E se era qualcosa di fucsia, con i fiocchetti? Solo il pensiero mi fece rabbrividire.
Aprii calma un angolino della busta e sbirciai dentro. La richiusi sollevata. Niete di fucsia, almeno quello. Era ridicolo quante storie stessi facendo per dei vestiti. Dopo tutto me li aveva comprati Keira, non mia nonna. Rovesciai il contenuto della busta sul letto, poi presi i due capi che ne uscirono e li guardai attentamente. C'era una gonna di un tessuto leggerissimo, con una stampa floreale, di rose color rosa pastello. Ero sbalordita, era deliziosa. Forse un po' corta, ma davvero bellissima. L'altro capo era una maglia con maniche a tre quarti  e degli inserti in pizzo, con la scollatura ampia a barca, che quasi lasciava fuori le spalle.
Provai gonna e maglietta all'istante, e mi guardai. Non mi sarei mai immaginata vestita cosi, ma mi piacevo. Tanto. Dovevo ringraziare Keira. Cavolo quanto la adoravo.
Stavo per buttare nel cestino la busta vuota, quando mi accorsi che al suo interno c'era una collana dorata, che stava alla perfezione con la maglia. La indossai, e mi truccai come avevo visto fare in un tutorial: trucco stile Miley Cyrus, diceva la ragazza del video, basato su una liena di eye-liner e ciglia finte.
Spostai i capelli mossi da un lato, fissandoli con una spilla, misi le ballerine e mi guardai. Ero pronta.
Sentii il campanello suonare, i passi veloci di Keira giú per le scale, il saluto di Luke e Michael che chiedeva se ero in ritardo.
Mi controllai un'ultima volta, feci un respiro profondo e uscii dalla mia stanza. Mentre scendeco le scale, vidi Michael aspettarmi alla fine della scalinata, con una canottiera larga nera e dei pantaloni stretti, che si guardava in giro distratto.
"Ei, sono pronta. E non sono in ritardo. Perchè credi che sia un completo disastro?"
La testa di Michael si giró verso di me. Mi aspettavo una risposta sfacciata, che mi facesse sentire a disagio, nel suo stile. Ma l'unica cosa che fece fu fissarmi con quegli occhi verde chiaro, quasi grigi, senza espressione. Avevo qualcosa di sbagliato? Sembravo ancora una ragazzina?
"Che c'e?" dissi confusa "Se devi dirmi ancora che sono una ragazzina puoi.." mi interruppe
"Sei solo... Wow" disse.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Appuntamento con Calum Hood ***


CIAO A TUTTE :3 scusate davvero è un'eternità che non aggiorno. ho pronto questo capitolo da mesi ma non avevo il pc per caricarlo, e dal cellulare non me lo faceva mettere :/ questo capitolo mi è piaciuto un sacco scriverlo!!!! l'appuntamento tra cal e mer :3 spero piaccia anche a voi. SE è COSì, O SE AVETE CRITICHE, MI FAREBBE PIACERE UNA RECENSIONCINA PICCOLA PICCOLA. un bacione :*

Una marea di pensieri mi balenarono in testa. «Oddio. Me lo devo essere immaginato» pensai «Il mio inconscio non voleva sentirsi dire che sono una merda, quindi mi ha fatto sentire quello che volevo, si. Un momento. No no, non era quello che volevo sentire, io non voglio certo lasciare a bocca aperta Michael! Però, mentre mi mettevo il profumo alla vaniglia che uso solo nelle occasioni speciali, stavo proprio pensando.. No, impossibile. Sono pronta per andare ad un appuntamento con Calum, non posso pensare a quello. E poi Michael è un inconcludente, fastidioso, infantile, irritante, maleduc.. ei, perché continua a fissarmi? La deve smettere di piantare il suo sguardo nel mio, quasi mi ipnotizza, quasi mi ci perdo. Ma cosa sto dicendo, mi irrita e basta. Ora sarà meglio andare verso la porta, se no non arriviamo più in spiaggia». E mi incamminai verso la porta, staccando gli occhi da quelli di Michael, e superandolo senza dirgli nulla. Sentii i suoi passi dietro di me. Aprii la porta e  mi girai facendo segno a Michael di richiuderla. Ci incamminammo verso la spiaggia, in silenzio, uno di fianco all’altra. Il solo rumore era quello dei passi, e delle cicale dietro ad alcuni cespugli vicino al marciapiede. Si stava facendo buio, il cielo era un misto di blu, arancione e giallo, con qualche striscia rosa.
Dopo aver percorso alcuni isolati, girammo l’angolo e arrivammo sul lungomare. Lo spettacolo era bellissimo: il sole toccava l’orizzonte, e liberava  nell’acqua luci dorate. Mi fermai un istante per ammirare il panorama, e sentii un brivido lungo la spina dorsale, fino alla nuca. Michael mi aveva raggiunta, si era messo vicino a me ad ammirare il mare, e in quel momento le nostre mani si erano sfiorate. D’istinto avevo chiuso le dita come in un pugno. E poi sentii dire a Michael la prima cosa dopo quel “wow” a casa mia.
“Sarà meglio che ci sbrighiamo. O non vorrai far aspettare Calum. Alla festa ci sarà da bere, stai attenta a dove cammini. Non voglio assistere ad un’altra scenata come quella all’aeroporto” disse ridacchiando.
Ecco, era tornato come prima. Irritante. Ma cosa credevo? Il pensiero che mi era passato per un decimo di secondo in testa si era cancellato all’istante.
“non credo che berrò, quindi stai tranquillo” dissi, ricominciando a camminare verso la spiaggia.
“pff, ragazzina..” lo sentii sussurrare.
Perché mi doveva far star male in quel modo? Proprio non lo capivo. Sentii salirmi le lacrime agli occhi, e affrettai il passo per non far vedere gli occhi lucidi a Michael.
Arrivati davanti alla spiaggia feci un respiro profondo, e mi girai verso Michael.
Lui mi fece segno di andare avanti, così andai verso un gruppo di gente vicino a un falò, al suo fianco.
Appena arrivati mi sentii tutti gi sguardi addosso. E come biasimarli, non centravo niente lì, ero solo una ragazzina, che arrivava dall’altra parte dell’oceano e che non conosceva nessuno.
Dopo qualche secondo Michael iniziò salutare gente, e io mi misi in disparte a guardare il mare. Non mi andava proprio di stare con quella gente, mi sentivo disagio a stare con persone che non conoscevo. Il ricordo di Michael che mi prendeva in giro mi ritornò in testa, e mi fece tornare le lacrime agli occhi. Non volevo più parlargli, non volevo più neanche vederlo. Non capivo mai quello che pensava, quello che intendeva quando parlava. Era così impassibile, freddo, quasi racchiuso in una corazza, per non far uscire qualcosa di lui.
Mi girai di scatto e mi diressi verso il tavolo dove un ragazzo stava distribuendo da bere. Non avevo voglia di pensare a nulla in quel momento. Presi una birra e  mi sedetti sulla spiaggia, davanti al mare. Iniziai a bere la birra a grandi sorsi e la finii quasi subito. L’alcol scendeva giù per la gola lasciando un lieve calore nello stomaco. Accesi una sigaretta. Che cavolo dovevo pensare di Michael? Era contorto, strano, impenetrabile. Feci l’ultimo tiro e spensi la sigaretta sulla sabbia umida, poi tornai a prendere un’altra birra. E stavo per tornarmene seduta da sola, quando Michael mi si avvicinò.
“non dovevi evitare di rovesciare da bere?” disse.
“non sono affari tuoi”. Cavolo, gli avevo risposto proprio male. Vabbe, se lo meritava.
“stai calma” disse “volevo solo scherzare. Comunque Cal arriverà a momenti. Mi ha mandato un messaggio Ash dicendo che erano sul lungomare qualche minuto fa.
Sentii un nodo allo stomaco. Ommerda. Guardai di scatto verso la strada e vidi Ashton seguito da Calum. Istintivamente mi sistemai i capelli, ed mi avvicinai a Michael per essere il più indifferente possibile. Doveva sembrare una coincidenza trovarci entrambi lì.
Vidi Ashton dire qualcosa a Calum, e lui scoPPiare a ridere. Oddio, quanto era bello. Indossava dei pantaloni stretti neri, vans nere, una canottiera bianca che lasciava intravedere un tatuaggio e una camicia a scacchi slacciata, con le maniche arrotolate fino al gomito.
Mi girai dall’altra parte e feci finta di guardare qualcosa davanti a me. Sentii le voci avvicinarsi. Bevvi un alto sorso di birra, poi feci un respiro profondo. Non avevo mai avuto un appuntamento, non sapevo come comportarmi.
Sentii Michael di fianco a me girarsi e salutarli. Cosa dovevo far? Girarmi anche io, forse? Mi girai lentamente. I miei occhi si incrociarono con quelli di Calum, che appena mi vide sorrise e si avvicinò. Sembrava davvero sorpreso di vedermi. E felice. E questo mi fece sentire le farfalle nello stomaco.
“Mer! Cosa ci fai qui?” disse sorridendo.
“emm.. mi ha invitata Michael. Sai, siamo vicini di casa, e visto che non facevo nulla questa sera mi ha chiesto se mi andava di andare con lui in spiaggia” buttai lì.
Ci fu un breve silenzio, poi lui mi sorrise e disse
 “mi fa piacere che sei venuta, sai?”
Dovevo sembrare una vera idiota in quel momento, tutta rossa e con un sorriso ebete stampato in faccia. Non sapevo cosa dire.
“Anche a me” dissi guardando in basso. Che imbarazzo, cavolo.
I suoi occhi si illuminarono, e fece il sorriso più dolce che avessi mai visto.
“vado a prendere qualcosa da bere, vieni con me?”chiese.
Tirai su la bottiglia di birra per fargli capire che avevo già preso, e una punta di delusione passò sul suo viso.
“emm va bene vado io allora” disse mascherando la delusione con un altro sorriso.
Che idiota che ero. Vidi Ashton farmi segno di andare, così mentre Calum stava per girarsi dissi:
“però ti accompagno volentieri”
“ahah bene” disse lui ridendo.
Mi rigirai verso Ashton e lui mi fece l’occhiolino.
Ora eravamo da soli. Ero emozionata come noi mai, e il cuore mi batteva a mille. Dopo aver preso da bere ci fu un attimo di silenzio imbarazzante. Poi Calum disse
“allora, ti piace l’Australia?”
“emm per quello che ho potuto vedere in un paio di giorni sì. Mi sto ambientando in fretta”
“tutto grazie ad Ashton e hai suoi amici, cioè me. Ammettilo” disse in tono ironico, ridendo.
“che scemo che sei” dissi, dandogli una piccola spinta sul fianco.
Grazie alle due birre ora mi sentivo un po’ più rilassata.
“e il mare? Ti piace?”
“si, tantissimo. È pieno di colori, e sfumature. Sembra di essere in un film, e se ne potrebbe scrivere una poesia”
“che poetica che sei” disse lui ridendo
“no, solo romantica” dissi io alzando le spalle, con un sorriso.
“dai, facciamo una passeggiata, allora” disse, avvicinandosi al bordo dell’acqua
Lo seguii, e camminammo vicino al mare, in silenzio, vicini. In sottofondo musica proveniente dal falò e il rumore delle onde. Stavo davvero bene lì, vicino al mare, con il sole che si vedeva appena e la luna che già era in cielo.
Ad un certo punto Calum si tolse le scarpe e le buttò sulla spiaggia, e mi prese per mano. La sua pelle era calda, e liscissima, le sue mani grandi mi facevano sentire sicura. Ebbi appena il tempo di togliermi le mie scarpe, che lui iniziò a correre, con i piedi nell’acqua. In un primo momento lo guardai perplessa. Poi iniziai a correre anche io, dietro di lui, e lo raggiunsi. Lui si girò col fiatone, e disse
“ogni tanto lo faccio, quando sono nervoso. Mi aiuta a sciogliere la tensione”
“sei nervoso?”
“si un po’” disse lui, arrossendo. Poi fece un sorriso imbarazzato e si strinse nelle spalle.
Oddio, quanto era bello. Gli sorrisi e gli presi la mano. Lui guardò la mia, poi mi guardò negli occhi, e mi sorrise.
“facciamo a chi arriva prima alla boa rossa” dissi ridendo, e cominciai a correre. Gli schizzi di acqua mi entravano negli occhi, e mi bagnavano i capelli. Sentivo Calum dietro di me che correva, e quando mi raggiungeva mi toccava facendomi il solletico ai fianchi. Correvamo ridendo, girandoci per vedere se c’eravamo tutti e due, a volte ci prendevamo per mano.
Arrivati alla boa rossa, Calum si girò verso di me e iniziò a schizzarmi. Io lo guardai con gli occhi spalancati, ridendo.
“vuoi la guerra?” dissi. E iniziai a schizzarlo a mia volta. Sembravamo dei bambini giocando in acqua con i capelli e i vestiti bagnati, ridendo come non mai.
Dopo un po’ non ce la feci più. Ero esausta.
“tregua” dissi ridendo, mettendomi una mano davanti alla faccia per evitare gli schizzi. “sono stanchissima e mi fa male la pancia dal ridere” dissi con una risata.
“anche io” disse Calum, ridendo a sua volta.
Uscì dall’acqua e mi diede la mano per aiutarmi ad uscire a mia volta. Ci stendemmo sulla sabbia umida, a pancia in su, ancora col fiatone, mano nella mano. Il sole era tramontato lasciando il posto a un cielo stellato da sogno. Mentre mi perdevo in quella miriade di luci, sentii Calum accarezzarmi il dorso della mano con il pollice. Lo guardai e gli sorrisi. Poi mi avvicinai a lui e appoggiai la testa al suo petto. L’agitazione era passata. Ora mi stavo solo godendo quei momenti come se fossero gli ultimi.
Dopo qualche minuto passato  guardare le stelle, Calum si girò su un fianco e mi guardò.
“Ancora stanca?”
Feci segno di no con la testa. Mi sentivo protetta, tra le sue braccia. Sentivo il suo respiro sulla mia pelle, e le sue braccia forti che mi stringevano a lui. Chiusi gli occhi, godendomi quel momento.
“sei davvero bella, questa sera, Mer” disse “quando ti ho vista da dietro ho pensato <>. Poi ti sei girata ed eri tu. Proprio la persona che più volevo vedere in quel momento” disse sorridendomi.
“si?” dissi con un sorriso. Il volume delle nostre voci si era fatto più baso “anche io volevo vederti” dissi.
Lui mi diede un bacio sul collo, poi uno sulla guancia, poi appoggiò la sua fronte alla mia. Chiusi gli occhi. Un brivido mi attraversò la schiena.
“ancora nervoso?” chiesi.
“un po’” rispose. Le nostre voci si erano fatte sussurri.
“perché?”
“perché sto per fare questo”.
Le nostre labbra si sfiorarono. Lo guardai per un secondo, gli posai una mano sulla guancia e le mie labbra toccarono le sue. Mi abbandonai al bacio più dolce che vessi mai dato. Stavo bene in quel momento, tra le sue braccia. Non pensavo a nulla, non avevo paura di nulla. Non mi sentivo a disagio, non avevo paura di far qualcosa di sbagliato. Il calore del suo respiro mi rassicurava.
Dopo un lungo, interminabile bacio, ci guardammo intensamente, fronte contro fronte, sorridendo. Gli stringevo la mano e lui stringeva la mia, con le dita intrecciate.
Guardai verso il falò. E vidi un ragazzo, a una decina di metri da noi.
Michael ci fissava, con un’espressione negli occhi che non riconoscevo, che non avevo mai visto prima. 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** "mi piaci" ***


leggi anche gli altri capitoli :) 


Una marea di domande mi balenarono in testa. Non capivo il motivo della sua presenza davanti a noi: sembrava impietrito, con gli occhi chiari che ci fissavano senza espressione, quasi fosse in una situazione di trans.
Mi girai con la ridicola idea che stesse guardando qualcosa dietro di noi ma, ovviamente, non c’era nulla. Ok. Stava guardando dalla nostra parte. Per qualsiasi motivo ci stesse fissando, la cosa più giusta da fare in quel momento pensai fosse staccarmi da Calum  e andare da lui. Mi alzai a fatica, con i muscoli intorpiditi, mentre Calum faceva scivolare la sua mano, prima stretta sul mio fianco, lentamente a terra. Lo guarda i con uno sguardo dispiaciuto, mossi appena le labbra pronunciandola parola “scusa”, poi tornai lentamente a dirigermi verso Michael. I piedi a contatto con l’acqua mi fecero rabbrividire. Notai che Michael aveva ancora le scarpe, che si stavano bagnando, ma a lui non pareva importare.
Appena arrivata davanti a lui cercai di trovare nei suoi occhi una qualche espressione che mi facesse capire come si sentiva, e perché era lì, ma riuscii a scorgere solo uno sguardo vuoto e assente, con una punta di amarezza. Ormai neanche guardava più dalla mia parte. Teneva gli occhi fissi lì, dove stava Calum, e prima anche io con lui. Allungai una mano verso la sua spalla, ma mi ritrassi un secondo, prima di sfiorarlo appena. Sentii i suoi muscoli irrigidirsi, i suoi occhi scattare verso di me, la sua spalla che si liberava dalla mia mano con uno strattone, quasi avessi innescato qualcosa. Si girò dall’altra parte, e si diresse verso il falò a passo veloce. Dopo pochi metri si girò a guardare Calum per qualche secondo, prima di sparire lontano. Io lo osservai immobile, non sapendo cosa dire o fare. Non ci stavo capendo nulla. Sentii Calum chiamare Michael più volte, senza risposta. Poi si avvicinò a me, mi posò la mano sulla spalla dolcemente.
“Lascialo stare. Quando fa così l’unica cosa da fare è lasciarlo da solo. Non è tipo da raccontare i suoi problemi. Gli passerà presto, vedrai” e mi baciò sulla fronte, stringendomi a sé.
Feci un profondo respiro, poi lo guardai e con un sorriso pronunciai un flebile “Andiamo?” facendo un cenno con il capo verso il falò lontano.
Raggiunti gli altri, Calum andò a salutare degli amici (“Particolarmente allegri”, pensai), e io ne approfittai per fiondarmi verso il tavolo degli alcolici. Mi girava la testa, ero decisamente confusa e avevo bisogno di non pensare. Presi un bicchiere in mano e lo buttai giù. Non avevo la più pallida idea di che strano miscuglio fosse, ma era decisamente forte. E disgustoso. Sentii il liquido scendermi giù per la gola, e un tepore crescente nello stomaco. Mi guardai intorno. La luce del falò, ora che era buio, mi dava fastidio agli occhi. Cercai Calum con lo sguardo, e lo vidi vicino al fuoco, mentre scoppiava in una risata e poi buttava giù velocemente il contenuto di un bicchiere. Mi fece sorridere. Era davvero bello.
Guardai un po’ dappertutto, ma di Michael nessuna traccia.
“Che cosa gli avrò mai fatto, per farlo reagire così?” mi chiesi.
Presi un altro paio di bicchieri dal contenuto sconosciuto, e li bevvi tutto d’un colpo come il primo. La testa iniziò a girarmi di più, e il rumore della musica e le risate mi iniziavano a dare fastidio. Mi allontanai barcollando leggermente, e mentre camminavo presi una sigaretta e me la misi tra le labbra. Cercai l’accendino ma non riuscivo proprio a trovarlo. Non so perché la cosa mi fece davvero irritare. Ritornai scocciata verso il falò, barcollando sempre di più. Chiesi l’accendino ad un ragazzo sconosciuto, che mi fissò con uno sguardo strano, e sorrise. Che cazzo voleva, quello? Possibile che tutti i ragazzi di questo dannato posto mi guardavano in modo anormale? Beh, il campione indiscusso di sguardi impenetrabili e indecifrabili era di sicuro Michael. Gli angoli della bocca si sollevarono in un sorriso, senza accorgermene.
Da dietro la spalla del ragazzo dell’accendino vidi Calum dirigersi verso di me.
“Non stai bevendo un po’ troppo?” disse ridendo, appena fu davanti a me.
“Un pochino” borbottai.
“Anche io” disse lui, ridendo ancora.
Poi mi guardò intensamente negli occhi. La luce del fuoco si rifletteva nelle grosse iridi nere.
“Mi piaci, lo sai?” aggiunse infine.
 Gli sorrisi dolcemente, poi abbassai la testa imbarazzata e iniziai a giocherellare con una ciocca di capelli.
Si avvicinò ancora di più a me.
“Cosa c’è?”
“Nulla”
“Sicura?”
“No”
“Ahahah dai, dimmi”
Non ero abituata a dire certe cose. Ero orgogliosa e non particolarmente tendente a dire cose dolci.
“Io.. beh. Mi piaci anche tu…” sussurrai appena.
“Cosa? Non sento Mer”
Uff, possibile che non poteva venirmi incontro e rendermi le cose più semplici?!
Feci un respiro profondo.
“Dicevo che anche tu… Anche tu mi piaci” dissi tutto d’un fiato, con la voce un po’ più alta del dovuto.
Poi riabbassai la testa, rossa come un peperone. Stavo per andarmene, non riuscivo più a sopportare quel silenzio imbarazzante.
Mi girai lentamente, e feci per dirigermi verso il mare, quando Calum mi prese il polso, mi girò verso di lui, mi portò a sé mettendomi una mano dietro alla schiena, e mi baciò.
Mi lasciai trasportare da quel momento, mi lasciai perdere nei miei pensieri, con il fuoco che mi riscaldava la pelle, il profumo di Calum nelle narici, la voglia di non pensare a nient’altro. Niente più Michael, niente più casini con mio padre. Solo quel momento. E quanto mi stessi sentendo felice.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2621419