RACCOLTE

di bice_94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** felicity kick ass ***
Capitolo 2: *** proposta!! ***
Capitolo 3: *** lontano e contro il mondo ***
Capitolo 4: *** the team arrow's night-parte 1 ***
Capitolo 5: *** the team arrow's night-parte 2 ***
Capitolo 6: *** mi chiamo Connor ***
Capitolo 7: *** the king and the queen ***
Capitolo 8: *** la vita gioca con regole strane ***
Capitolo 9: *** unkiss me ***
Capitolo 10: *** L'inferno in terra - parte I ***
Capitolo 11: *** L'inferno in terra - parte II ***



Capitolo 1
*** felicity kick ass ***


L’idea le aveva sfiorato la mente più di una volta da quando aveva conosciuto Digg ed Oliver. Anzi, aveva anche provato a realizzarla, ma appena dopo tre sessioni di allenamento con John, l’ex militare sembrava aver rinunciato. Felicity voleva essere in grado di difendersi, voleva smettere di essere una passività per la loro squadra e, se doveva essere sincera con se stessa, una piccola parte di lei voleva che l’essere in grado di combattere permettesse ad Oliver di riconsiderare la sua posizione riguardo al loro non-rapporto.
Dopo gli eventi che portarono alla sconfitta di Slade, molte cose erano cambiate.
Il “ti amo” di Oliver orbitava pericolosamente tra loro, rendendo qualsiasi contatto elettrico e quasi proibito. Laurel era entrata a far parte della squadra e Felicity imparò lentamente ad apprezzare la donna, nonostante un doloroso senso di gelosia la accompagnasse ogni giorno.
Era ovviamente molto bella, ma soprattutto era testarda e decisa. Niente a che fare con il relitto umano che era solo qualche mese prima. Aveva saputo che Sara le aveva praticamente passato il testimone come futuro vigilante di Starling City. Oliver era stato restio ad accettare quella idea, ma aveva finito con il capitolare.
Così, due settimane dopo aver ricostruito un nuovo covo, lui e Diggle avevano iniziato la formazione di Laurel. La donna sapeva già il fatto suo, ma era ancora ovviamente inesperta, lenta e, come John le aveva sempre detto, non particolarmente attenta a ciò che aveva intorno. Roy e Felicity avevano finito con il diventare ogni sera spettatori del loro allenamento ed entrambi sentivano il fastidio divorare il loro cervello.
Roy perché era stato praticamente messo in attesa e Felicity perché le era stata negata la possibilità di imparare quando evidentemente Oliver e Digg potevano benissimo insegnare. Se solo lo avessero voluto.
Già, Felicity infatti aveva chiesto loro se non avesse potuto aggiungersi a Laurel nell’allenamento, ma il no di Oliver fu più che risoluto. Nei suoi occhi bruciava decisione e qualcosa su cui la donna non era riuscita a mettere dito.
Tuttavia, molte cose potevano dirsi di Felicity, ma non che non fosse testarda. Non volevano aiutarla? Benissimo, avrebbe fatto da sola.
Fu così che iniziò un corso di auto-difesa e uno di kick-boxing nella palestra vicino a casa sua. Questo certamente non aiutava le sue giornate già affollate, ma non era pronta a rinunciare. Con il passare delle settimane imparò anche ad apprezzare quelle ore. Spesso il suo corpo usciva dolorante e stanco dalle sessione, ma in quelle serate la sua mente era lontana da ogni problema, da ogni preoccupazione. La sua rabbia e frustrazione si incanalavano nei suoi colpi e lasciava che il suo cervello smettesse di correre. Vide ben presto i primi risultati. Il suo corpo aveva trovato il ritmo con le sue attività, i suoi muscoli si erano delineati, ma non eccessivamente ingranditi. I suoi movimenti erano diventati fluidi e veloci, più precisi.
Perfino il suo istruttore, Tom, rimase sbalordito dai suoi progressi e decise di aiutarla a coltivare quell’attività in cui evidentemente metteva così tanto impegno. Le offrì delle sessioni private, ad un livello più avanzato. Non c’erano altri scopi nella sua offerta e Felicity fu più che soddisfatta di accettare. Iniziò ad apprendere qualche mossa di arti marziali e le sembrò di riconoscere qualche azione fatta da Oliver.
Si diede una pacca sulle spalle mentale.
Non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato dalla sua prima lezione, quando Roy scoprì il suo piccolo segreto. Evidentemente lei e il giovane avevano avuto idee piuttosto simili. Roy si era iscritto in palestra, ma si era dedicato allo sviluppo muscolare con pesi ed esercizi di cui Felicity non avrebbe mai capito del tutto il senso. La sorprese durante una lezione con Tom e, a giudicare dalla sua faccia, rimase sbalordito. Non gli fece domande in merito, visto che, probabilmente, le ragioni che li portarono in quella palestra erano più o meno simili. Felicity lo costrinse al silenzio almeno per il momento e Roy non potè fare altro che accettare, visto la minaccia che la donna rivolse ad ogni suo mezzo di comunicazione.
Anche Oliver iniziò a vedere i primi cambiamenti.
Non appena Laurel si era unita al gruppo avevano iniziato l’allenamento e Felicity li osservava con un’attenzione quasi morbosa. Sapeva il motivo della sua curiosità. Anche lei voleva imparare, ma l’uomo glielo impedì categoricamente. Istruire Felicity avrebbe significato portarla in missione con loro e Oliver non l’avrebbe permesso. Mai l’avrebbe messa di nuovo consapevolmente in pericolo.
Con il passare del tempo notò che Felicity smise di osservarli o per lo meno lo fece meno frequentemente. Vide anche la sua stanchezza accumularsi sulle spalle tese. Più di una volta aveva considerato di parlarle, ma finì sempre con il rinunciare. Anche la stanchezza fu una cosa passeggera. Certo, c’era ancora l’affaticamento fisico, ma vide anche il sollievo nella sua postura. C’era qualcosa che sembrava liberazione.
Notò che almeno tre volte alla settimana arrivava con mezz’ora di ritardo e il suo abbigliamento era diverso da quello che utilizzava di solito. Non che ci facesse caso ovviamente. Nelle ultime due settimane vide poi che, puntualmente, due delle tre volte in cui arrivava in ritardo, veniva insieme a Roy.
Oliver costrinse il suo cervello a non pensare a scenari che avrebbero potuto portarlo ad uccidere il ragazzo. I due divennero via via più vicini e sembravano abbastanza familiari l’uno con l’altro. Si ripetè come un mantra che Roy era innamorato di sua sorella. Notò anche lo sguardo geloso e dolorante che spesso Felicity cercava di nascondere quando lo vedeva sul tappeto di formazione con Laurel.
Riuscì a mettere i pezzi solo dopo parecchio tempo, durante una missione.
Il piano era semplice. Roy, Diggle e Laurel si sarebbero occupati delle guardie ai piani inferiori, mentre Felicity avrebbe hackerato il sistema di un’azienda finanziaria responsabile della rovina di decine di imprese. Oliver si sarebbe assicurato che Felicity fosse al sicuro.
Non sapeva come le cose fossero degenerate tanto velocemente. Erano entrati nella stanza dei computer quando almeno una decina di uomini li avevano sorpresi. Il ringhio di Oliver sarebbe stato abbastanza eloquente su quanto fosse infelice della situazione. Era in inferiorità numerica e di sicuro gli altri sarebbero stati impegnati ai piani inferiori. L’uomo si pose saldamente davanti al corpo della donna, cercando di fargli da scudo umano.
Si accorse che Felicity si era mossa alle sue spalle, solo per rivolgergli la schiena e stare quindi di fronte agli uomini armati. Bastarono pochi minuti prima che iniziasse lo scontro. Sapeva che difficilmente sarebbe uscito da lì illeso, ma avrebbe protetto Fel-..
Il pensiero gli si bloccò, quando con la coda dell’occhio vide i movimenti fluidi e precisi di Felicity sul corpo dell’uomo che si era scagliato contro di lei. Rimase senza fiato per un secondo e un pugno sul lato destro del suo volto lo riportò alla realtà.
La sua esperta informatica era diventata un’ottima combattente a quanto pare. Oliver si ritrovò a terra contro due uomini . Riuscì a mettere fuori gioco  il primo, ma quando si voltò per occuparsi dell’altro, notò Felicity con un’espressione soddisfatta ed eccitata sul volto. A quanto pare, aveva già fatto il lavoro sporco.
Oliver si trovò incapace di parlare ed evidentemente anche Diggle e Laurel erano rimasti a bocca aperta alla vista che li aveva accolti. L’unico a sembrare tranquillamente a suo agio fu Roy che sembrava quasi volersi congratulare con la bionda.
Doveva ancora fissarla perché Felicity lo guardò con un sopracciglio alzato. “Beh che c’è? Questo dovrebbe essere il momento delle congratulazioni. Ho contribuito a salvare il tuo culo.. tecnicamente il nostro culo. Non che tu e io abbiamo lo stesso culo.”
Sospirò come segno di frustrazione e Oliver non potè far altro che sorridere a quella donna.
“Sai, Oliver non dovresti essere sorpreso comunque. Ti ho detto che non volevo aver bisogno di qualcuno a proteggermi tutto il tempo. Non mi hai voluto aiutare ad imparare a combattere, quindi ho provveduto diversamente. Ormai dovresti sapere che non sono disposta a rinunciare tanto facilmente a quello che voglio”
Un sorriso pieno di orgoglio le illuminò il viso e Oliver sentì il suo cuore balbettare furiosamente nel petto.
Non seppe cosa lo spinse a farlo, ma si avvicinò a lei e la avvolse tra le braccia. Si chinò leggermente vicino all’orecchio e sussurrò gentilmente. “Non c’è tua qualità che amo di più Felicity o a quest’ora non mi avresti più permesso di essere al tuo fianco.”
Quando si staccò, Felicity era rossa in viso e la bocca spalancata. Oliver ridacchiò e si preparò ad allontanarsi, facendogli l’occhilino. “oh, a proposito, grazie per aver salvato il mio culo.”



p.s. allora che ne dite? vi piace?
oh, ho un consiglio da chiedere.. esiste un modo per aggiungere a questa raccolta le altre one shot che ho già pubblicato? spero di ricevere vostre recensioni!!! sia positive che negative. ogni opinione è ben accetta!!! ciaoooo e un bacio a tutti.. 

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Capitolo 2
*** proposta!! ***


Salve a tutti. So che probabilmente questo non è quello che vi aspettavate, ma ho una piccola proposta da farvi. Girando su alcuni siti di ff inglesi, ho visto una cosa che molti autori fanno e mi sono chiesta se anche noi saremmo riusciti a fare una cosa del genere. Il gioco coinvolge soprattutto voi lettori e dovrebbe essere piuttosto semplice. Chiunque voglia, può proporre una tematica, una parola chiave o uno scenario che vorrebbe leggere in una fanfiction e io vorrei provare a scrivere una one-shot su ognuna delle vostre proposte. Spero che questa sia una cosa che si possa fare. Ovviamente direi che, chiunque voglia partecipare, può mandare semplicemente le sue proposte a me per mp e io cercherò, nei limiti del possibili e delle mie poche capacità, a scriverci su qualcosa. Per quel che riguarda i tempi di risposta però non posso promettere niente, ma mi sforzerei di essere il più produttiva possibile. Aspetto di sapere cosa ne pensate e se ci fosse qualcuno che vuole partecipare io sarei più che felice. Oh, dimenticavo una cosa importante. Il centro di queste ff sarebbe la coppia olicity, ma ovviamente si può spaziare in qualsiasi campo, con il coinvolgimento di tuta la squadra o personaggi al di fuori di essa. (Mi dispiace, ma non credo sarò mai in grado di scrivere una lauliver. Sorry!). 
Detto questo, volevo solo dirvi che comunque, se nessuno fosse interessato, io continuerò a postare mie one shot.. beh, non appena il colpo di ispirazioni arriverà. Aspetto risposte, critiche ed ovviamente proposte. Fatemi sapere cosa ne pensate e se vi piace.
Un bacione a tutti voi e a presto. ;)

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Capitolo 3
*** lontano e contro il mondo ***


primo lavoro venuto fuori dalla proposta che vi avevo fatto. una ff stemily. ringrazio alex 1706 per la sua proposte e, essendo anche io una stemily, non posso che esserne felice! bene, spero vi piaccia. ah e se siete soddisfatti spero che anche qualcun altro voglia parteciapre al mio "gioco". 
e ora, buona lettura.

ci tengo a dire che questo è solo frutto della mia fantasia.



L’aveva vista da lontano, immersa nella luce blu che dominava la stanza. Un gruppo, del quale non riusciva a ricordare il nome, suonava una melodia orecchiabile e che spesso aveva sentito in radio. Era un personaggio dello spettacolo, quindi doveva ormai essere abituato a queste serate, ma non poteva fare a meno di essere ogni volta sopraffatto da tutta quella gente riunita in un’unica stanza.
Stephen intravide David e Paul parlare con Katie accanto al bar, ma non era lì colei che aveva attratto la sua attenzione. Notò i suoi capelli biondi legati in una mezza coda vorticare per la sala. Emily aveva una gonna fantasia e un top nero. Pensò che la sua pelle avrebbe dovuto essere fredda.
Fece istintivamente un passo verso di lei, ma notò Colton immediatamente alle sue spalle. Sapeva che quei due erano molto amici, ma questo non impedì ad un aspro sentimento di rabbia attraversargli le vene. Stephen sospirò stancamente e si diresse da Grant. Sapeva che non aveva il diritto di avere questi o qualunque altro tipo di pensiero su Emily, ma il suo cervello non sembrava essere d’accordo con la sua logica.
Ricordava perfettamente la prima volta che l’aveva vista sul set. Sembrava una ragazza molto timida e per un secondo si chiese come potesse fare l’attrice. Aveva uno stile molto semplice e non troppo sopra le righe e, vedendola lì, si ricordò di se stesso nel suo primo ruolo. Così le si avvicinò e cercò di metterla a suo agio. Non fu difficile. Quella ragazza era l’immagine della solarità, della genuinità. Emily aveva portato una ventata d’aria fresca. Tutti, nessuno escluso, finì con l’innamorarsi di quella ragazza sconosciuta ed inesperta. Si dimostrò anche una splendida professionista e il loro rapporto divenne qualcosa di veramente speciale. Era una sorta di nicchia segreta in cui rifugiarsi quando il lavoro diventava troppo soffocante.
Avevano dimostrato una chimica straordinaria sul set, ma in pochi avevano avuto la possibilità di vedere la loro chimica nella vita reale. Gli occhi di Stephen erano perfettamente consapevoli del corpo di Emily. Percepiva la sua presenza in una stanza prima di poterla vedere. Il suo corpo era attraversato da una scarica di pura elettricità. Aveva notato anche come Emily  finisse con il gravitare costantemente attorno a lui, toccandolo più del necessario, guardandolo in un modo che solo lei era in grado di fare.
Ricordava la sera in cui erano andati a cena in un locale insieme agli altri e lei aveva finito con l’appoggiarsi al suo fianco, incastrandosi perfettamente al suo corpo. Ben poco inconsapevolmente, Stephen aveva finito con il passare un braccio attorno alle sue spalle. Aveva ripetuto quello stesso gesto durante lo scatto di alcune foto. Il suo braccio attorno alle spalle di Emily e le dita di lei delicatamente strette attorno a quelle di lui.
Stephen ricordava il fastidio e il dolore che aveva letto negli occhi di sua moglie, alla vista di quelle. Una morsa di colpa gli attanagliò lo stomaco, la stessa colpa che sentiva ogni volta che guardava sua figlia.
Quella per Emily era una cotta o forse qualcosa di molto più profondo, ma non poteva permettere a tutto questo di rovinare la sua famiglia, di far ricadere la sua debolezza su Mavi. Così, lentamente aveva cominciato a fare a meno di quei piccoli frammenti di paradiso che aveva fino ad ora condiviso con Emily. Raramente si permetteva di rimanere da solo con lei, quegli stupidi scatti che lei amava fare durante il lavoro erano ora una rarità. Stephen ringraziò solo che tutto ciò era avvenuto a poche puntate dalla fine delle riprese.
C’era ancora un’unica cosa che riuscivano a condividere in silenzio, in modo discreto, ma con una potenza mozzafiato. Gli sguardi. Gli occhi chiari di Emily finivano con il diventare più scuri, sotto lo sguardo di Stephen e l’uomo sapeva che ogni fibra del suo corpo fremeva per raggiungerla veramente. Vide anche come divenne più imbarazzata accanto a lui, cancellando quella comodità che era stata solo loro.
Stephen in quegli istanti chiudeva gli occhi, nella speranza di resistere alla tentazione di abbracciarla e tenerla con sé per un tempo indefinito. Notò anche come, con il suo progressivo allontanamento, Colton diventava una figura predominante nella vita di Emily.
Erano già amici, ma si erano avvicinati, tanto che molti sul web parlavano di una possibile relazione. Erano i più giovani del cast e avevano finito con il trovare un ottimo sostegno l’uno nell’altro. Gli occhi di Colton però dicevano abbastanza, la sua vicinanza continuava urlava ancora più chiaramente quanto Emily fosse profondamente radicata nel suo cuore. Stephen finì con il sospirare, sapendo che sarebbe ingiusto desiderare di vederla da sola.
Grant lo riportò alla realtà, con chiacchiere distratte sul lancio di The Flash. Gli occhi di Stephen però non persero di vista Emily tra la folla, stretta nelle braccia di Colton. Riuscì anche ad incontrare i suoi occhi e, per un secondo, vi vide riflessa la stessa nostalgia che immaginò fosse presente nei suoi.
Emily si chinò con un sorriso radioso vicino all’orecchio di Colton e dovette sussurrargli qualcosa, perché il ragazzo annuì lentamente, lasciandola allontanare dalla sua presa. Stephen seguì attentamente i suoi passi, fino a quando non la vide uscire verso il grande balcone.
L’uomo trattenne il fiato per un secondo e poi fece la cosa più sbagliata che avrebbe anche solo potuto immaginare. I suoi piedi la seguirono rapidamente, cercando di rimanere nell’ombra, senza farsi notare.
Quella era l’unica cosa buona di tutta quella confusione.
Sgattaiolò fuori e quando la vide rimase senza fiato. Era appoggiata alla ringhiera, con le braccia avvolte attorno al tronco. L’aria fredda colpì il suo viso e immaginò che avesse freddo.
La raggiunse alle spalle, ma Emily sembrava perfettamente consapevole della sua presenza. Si voltò verso di lui e sorrise delicatamente. Stephen sentì un senso di pace avvolgerlo. “Ehy. Devo aspettarmi che David o Katie siano qui entro i prossimi 10 secondi?” L’uomo fu gettato per un attimo fuori equilibrio. Era ovvio che aveva visto quello che stava facendo. La stava evitando, ma non si aspettava quella franchezza. “Emily..”
Non riuscì a dare forma ad una frase e Emily continuò ad osservarlo. Sospirò e sembrò avere pietà di lui. Tornò alla sua posizione, guardando il panorama sotto di loro. “Tranquillo, stavo solo scherzando.”
La sua voce risuonò più piccolo di quanto non fosse in realtà e gli sembrò per un secondo più giovane della sua età. Avvolta su se stessa sembrava una creatura da dover proteggere contro il mondo, contro la durezza della vita. Stephen si appoggiò accanto a lei e non lasciò che i suoi occhi la abbandonassero.
Era solo e semplicemente bella. Il silenzio era per una volta confortevole. “Sai, a volte mi sento come Felicity. In attesa di qualcosa di impossibile, qualcosa che forse non arriverà mai. Poi guardo la realtà e mi rendo conto che sono messa ben peggio di Felicity.” C’era quasi una vena di tristezza nella sua voce e Stephen la guardò con il tormento nel cuore. La donna non si era spostata di un centimetro. “Oliver e Felicity finiranno insieme un giorno, lo sai?” Era una frase stupida, ne era consapevole, ma questo bastò per far voltare Emily. Stephen sorrise come se fossero secoli che stesse aspettando di farlo. “Beh, almeno qualcuno merita di essere felice.” L’uomo chiuse gli occhi e portò una mano sul viso della donna. La sentì irrigidirsi momentaneamente prima di rilassarsi contro il suo tocco. Emily chiuse gli occhi e Stephen rimase senza fiato. “Non l’ho immaginato vero? Io non ho immaginato tutto questo, tra te e me?” La voce della donna sembrava quasi una supplica. “No, non lo hai immaginato, ma non si può. Io non posso.” Emily non aprì gli occhi e si morse il labbro inferiore, Stephen portò anche l’altro mano al viso della donna. “Emily, guardami. Sei giovane, bellissima, intelligente e di talento. Ho desiderato averti per me più di quanto fosse sano. Più di quanto un padre e un uomo sposato dovrebbe fare, ma alla fine dei conti, questa è la realtà e non possiamo cambiarla. Ho preso un impegno verso la mia famiglia e non farò mai niente per distruggerla. Anche a costo di qualcosa che amo così profondamente.”
La sua voce era diventata roca e Emily aprì gli occhi, guardandolo con amore e terrore. La mani della donna coprirono quelle dell’uomo, ancora sul suo viso. “Baciami. Ti prego.”
Stephen aprì la bocca per rispondere, ma non ci riuscì. Voleva dire di no, doveva dire di no, ma non riuscì a fare nemmeno questo. Potè solo avvicinare il suo viso a quello di Emily. Il suo profumo gli invase la mente e le sue labbra furono il suo unico scopo. Quando si toccarono, l’incontro fu gentile, quasi riverente. C’era amore e nostalgia. Le loro lingue danzarono ad un unico ritmo, lasciando che per un solo istante esistessero solo loro. Si baciarono fino a quando non furono costretti a riprendere fiato. Stephen la strinse a se e sentì come Emily cercasse un rifugio nella sue braccia.
In quel momento, niente esisteva, niente al di fuori di loro due.
Fu Emily che si allontanò gentilmente. Lo guardò e rabbrividì alla perdita di calore. “Grazie. Per lasciare che per un momento riuscissimo ad essere solo io e te, lontano e contro il mondo.” Stephen gli sorrise e non potè fare a meno di pensare a quanto fosse un uomo fortunato e un povero maledetto allo stesso tempo.
L’accarezzò. “Devo tornare di là.” Emily non staccò gli occhi da lui e annuì leggermente. Prima di andarsene, però, Stephen si tolse la giacca e gliel’avvolse intorno. Vide che la donna stava per ribattere, ma non glielo permise. Le baciò la fronte e si allontanò, lasciando che quei pochi minuti, in quel terrazzo, fossero stampati nella sua testa per tutta la vita.
Emily seguì la dipartita di Stephen e si aggrappò a quella giacca. Inalò il suo profumo e chiuse gli occhi. Rientrò dopo quasi mezz’ora. Vide lo sguardo perso di Colton, ma non gli offrì spiegazioni. Si avvolse nella presa del giovane, senza però mai togliere quella giacca che di sicuro non avrebbe più lasciato il suo armadio.




p.s. per il vestito di Emily e la giacca di Stephen ho preso come spunto le foto di un qualche evento.

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Capitolo 4
*** the team arrow's night-parte 1 ***


nuova storia!!!! ringrazio ninni182 per la proposta. il gruppo alla "luce del sole" , un piccolo spazio di normalità. ho dovuto dividerla in 2 parti visto che sarebbe stata troppo lungo. spero che questa prima parte vi piaccia!!!!! ah, solo molto contenta che continuiate a proporre.. cercherò di scrivere tutto.. sono già a lavoro sulle altre.. questo gioco mi piace, mi piaceeee.. bene, grazie a tutti voi e vi auguro buona letturaaa.. :*







Roy entrò velocemente nel nuovo covo, dando solo uno sguardo distratto a Laurel, Diggle e Oliver nel bel mezzo di una sessione di allenamento. Vide come sia l’ex-militare che Oliver registrarono il suo arrivo, ma non ottenne niente di più che un debole cenno con il capo. Non che al ragazzo in quel momento importasse gran che. Si diresse a grandi passi alla scrivania di Felicity e appoggiò pesantemente una tazza di caffè sul piano di lavoro della donna, facendola sobbalzare per la sorpresa.
Gli occhi di Oliver erano su di loro costantemente, nonostante fingesse di interessarsi alle mosse di Laurel.
“Bene Blondie, ho il programma perfetto!” Felicity guardò Roy gli occhi spalancati e una mano drammaticamente appoggiata sul suo cuore. “Per la cronaca, mi ha appena fatto venire un infarto. E, solo per curiosità, di cosa stiamo parlando?” La donna abbassò il tono in modo cospiratorio, causando un leggero sbuffo divertito di Roy. “Ricordi la serata ‘anche noi abbiamo una vita sociale’? Ho fatto un programma perfetto.” Un’espressione di eccitazione attraversò lo sguardo di Felicity che battè le mani in segno di apprezzamento, ricordando un po’ un gesto infantile. Oliver osservava lo scambio con un po’ di curiosità, ma da lì non riusciva a capire cosa avesse causato l’entusiasmo dei due ragazzi. Laurel dovette notare la sua distrazione, perché si voltò verso la scrivania della bionda e sbuffò. “Scusa Felicity, ma non hai ancora trovato quello che ti ho chiesto?” Il tono dell’avvocato era piena di pretesa, di una superiorità che costrinse Diggle a trattenere un’esclamazione ben poco lusinghiera. Gli occhi di Oliver lampeggiarono pericolosamente sulla donna, prima di dirigere il suo sguardo su Felicity. Si era irrigidita all’istante, l’espressione giocosa di poco prima era stata sostituita con una di fastidio e Roy fissava Laurel come se volesse staccarle la testa. La bionda chiuse gli occhi, come se stesse calmando i suoi nervi. “No Laurel. I miei programmi stanno ancora cercando, esattamente come cinque minuti fa, quando me l’hai chiesto.” Il tono di Felicity risultò abbastanza duro da far sorridere sia Diggle che Roy e far provare un pizzico di orgoglio ad Oliver. Vide poi Felicity avvicinarsi a Roy. “Dimmi che si può organizzare tutto per domani sera?”
Il tono della donna sembrava una supplica e Roy la guardò confuso. “beh, credo di si. Perché?”
Felicity si appoggiò allo schienale della sua sedia, con un’espressione soddisfatta. “Diciamo che forse so che Laurel domani parte per Boston per una causa e tornerà dopo domani sera. Quindi..” Roy non riuscì a reprimere una grassa risata, attirando di nuovo l’attenzione di Oliver. “E’ una cosa cattiva da pensare, non è vero?” Il ragazzo diede una leggera stretta alla spalla della donna. “No, Felicity. Mi sembra un sano e legittimo desiderio.” Un lampo di divertimento attraversò i lineamenti della bionda. “Bene. Quindi, cosa avresti pensato party-planner?” Roy si sedette sulla scrivania e iniziò a parlare, continuando però a guardare gli altri tre in allenamento. “Cena a casa tua, con molto molto vino e poi visita al nuovo locale in centro.” Felicity si raddrizzò, guardandolo come se gli fosse appena spuntata una seconda testa. “Casa mia? E quando avrei detto di si?” Stava gesticolando e si rese conto di aver urlato perché i suoni dell’allenamento si fermarono per un secondo. Roy la guardò e scosse la testa. “La casa di Oliver è invasa dagli scatoloni, Diggle e Lyla sono in fase di trasloco. E questo lascia fuori te e me, ma, considerando che sono accampato sul tuo divano da poco meno di un mese, direi che non abbiamo molte opzioni.”
Felicity sospirò sconsolata. “Ok, ma sarai tu a pulire, chiaro?” Roy sembrò soddisfatto del risultato. Si lanciò in un eccitato elenco di ciò che avrebbero dovuto cucinare. L’entusiasmo del ragazzo contagiò ben presto anche Felicity. “Ok, quindi manca solo la parte più difficile ora.” Il ragazzo sembrò concordare. “Già, convincere gli altri due.”
“Convincere chi?” La voce di Oliver risuonò più vicina di quanto Roy e Felicity avessero calcolato e si ritrovarono a sobbalzare, sotto lo sguardo divertito di Diggle e uno curioso di Laurel. La bionda e il giovane si scambiarono un’occhiata di intesa e Felicity si lanciò in una delle cose che sapeva fare meglio. Divagare, parlare e parlare ancora per confondere le acque. “Sai l’altro giorno stavo sfogliando una rivista di elettronica. Oh non puoi immaginare quanta meraviglia. Monitor immensi, computer con una potenza mooolto più alta dei nostri. Capisco che il nostro badget è ora limitato, ma te lo immagini? Potrei-..”
Fu interrotta dallo sbuffo di Laurel e per una volta Felicity le fu grata. “Ragazzi, se non avete niente di importante per stasera, io andrei a casa. Domani mi aspetta una giornata stancante. Ah, Felicity se riesci finalmente a trovare qualcosa..” “si, io te li manderò via mail. Ciao Laurel” Roy e Diggle cercarono di coprire una risata, mentre Oliver fissava le due donne chiedendosi se mai fossero riuscite a trovare un punto di incontro.
“Ciao ragazzi.” L’ex avvocato lasciò il covo in fretta e Roy sospirò di sollievo. “Sai, credo che quella donna abbia veramente una grande quantità di simpatia repressa. Molto repressa.” Felicity ridacchiò e Oliver lo fulminò.
“Bene e ora Felicity puoi dirci chi dovevi convincere?” Diggle lo chiese con un sorriso onnisciente sul viso. Oliver si chiese come aveva fatto a farsi fregare dal fiume di parole della donna. Felicity sorrise imbarazzata e guardò Roy, come a chiedere aiuto. “Ok, allora.. io e Blondie avevamo pensato ad una cosa. Non so se avete notato, ma ultimamente è molto tranquillo qui. Non facciamo altro che allenarci e controllare su piccoli furti. Così.. perché non possiamo prenderci una serata normale?” Diggle e Oliver sollevarono quasi contemporaneamente su sopracciglio. “Oh, andiamo ragazzi. Si tratterebbe solo di una cena e di andare a ballare. Solo per una sera, tutti insieme.”
Gli occhi di Felicity sembravano eccitati solo all’idea. Diggle sembrò pensarci su e poi sorrise delicatamente. “Credo di essere vecchio per andare a ballare, ma, in fondo, si può fare, no? Non mi cacceranno vero?”
La donna quasi saltò sul suo posto “Oh Digg, nessuno ti caccerebbe, vedendo quelle braccia.” Felicity abbracciò l’ex soldato e, in quel gesto spontaneo, Oliver vide quanto quella ragazza avesse solo voglia di sentirsi normale. Rimase per un secondo in silenzio e osservò attentamente l’espressione di Diggle e Roy. Erano entrambi arrivati alla stessa conclusione e avevano organizzato ed accettato di partecipare a quella serata per Felicity, per lei che era sempre stata alle loro spalle, a sostenerli e a rischiare la sua vita per loro. Avrebbe potuto fare questo per lei, si disse. “E tu Oliver?” C’era una vena di speranza nelle parole di Felicity e Oliver si trovò a sorridere. “Non può far male, giusto?” La donna lo ripagò con un sorriso luminoso e un fiume di parole su ciò che avrebbero dovuto cucinare. Guardandola, Oliver capì che, in fondo, tutti loro avevano bisogno di un pizzico di normalità, solo per ricordarsi di essere poi solo dei normali esseri umani.
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Quando Felicity aprì la porta con un sorriso da un milione di watt, Oliver era sicuro che questa serata non sarebbe stata quello che si aspettava. Beh, in realtà non sapeva esattamente cosa si aspettava. “Ehy, Oliver ce l’hai fatta. Vieni dentro.” L’uomo si permise di osservarla con attenzione. Indossava jeans attillati e un semplice top azzurro. Le converse celesti ai suoi piedi la facevano sembrare più piccola di quanto non fosse abituato a vederla a lavoro. Ora che ci pensava non l’aveva mai vista senza scarpe con un tacco vertiginoso. Non aveva trucco particolare sul volto e i capelli erano raccolti in un piccolo chignon. “Grazie.” La seguì nell’appartamento e si prese un secondo per studiare l’ambiente. L’ingresso non era molto grande e poteva intravedere la sala, con un divano e una tv, impostata su una partita di baseball. Felicity seguì il suo sguardo. “Oh, andiamo in sala. I ragazzi sono già arrivati.” Lo precedette e l’uomo notò come la bionda sembrasse una persona quasi diversa da quella con cui aveva passato gli ultimi due anni. La sua postura era rilassata, la sua espressione completamente in pace. Era pienamente a suo agio nel suo ambiente, come se si sentisse protetta in quel piccolo appartamento. Oliver decise che amava vederla in quel modo, soprattutto dopo gli eventi che Slade aveva portato con sé. Si rese conto che non era mai stato a casa sua e non potè che rammaricarsene. Si riscosse dai suoi pensieri e raggiunse Felicity nella sala. Si ricordò di avere ancora in mano una bottiglia del vino rosso che lei amava e l’espressione completamente entusiasta della donna lo costrinse ad inspirare profondamente. Amava essere la causa di quel sorriso, anche se era solo per una bottiglia di vino. “Ehy capo!” Roy e Diggle erano rilassatamente seduti sul divano, mangiando patatine e bevendo una birra. Oliver si tolse la giacca di pelle e la abbandonò sulla sedia che Felicity gli aveva indicato. Notò che la donna tornò velocemente ai fornelli e l’uomo decise di raggiungere gli altri due. “Roy stasera non sono il tuo capo.” Oliver afferrò una manciata di patatine e si sedette. “Perfetto, allora Queen vedi di non far cadere molliche su questo divano perché si dà il caso che sia anche il mio letto.”
Diggle notò come i lineamenti di Oliver si oscurarono per un secondo e non potè fare a meno di sghignazzare. Era ovvio che l’arciere sapesse della sistemazione di Roy, ma un conto era sapere in senso teorico, un altro era sbattere la faccia sulla realtà dei fatti. Oliver decise di non commentare, ma una sensazione ben poco piacevole si era fatta strada  nel suo stomaco.
La partita si rivelò non particolarmente interessante, almeno per lui e finì sempre più spesso a gettare uno sguardo su Felicity che si muoveva velocemente in cucina. La vide muovere la testa ad un ritmo di musica che Oliver non riuscì ad individuare. Diggle distolse gli occhi per un secondo dal televisore e colse l’espressione interessata di Oliver. “Non sei mai stato a cena da Felicity, non è vero?” L’ex militare era tornato a rivolgere lo sguardo alla partita, mentre Oliver lo osservò con un’aria confusa. “No, quindi?” Roy si voltò di scatto verso l’arciere con uno sguardo incredulo, per poi rivolgersi a Diggle. “Sta scherzando?” L’ex militare ridacchiò. “No, non credo.” Roy sbuffò e affondò ancor più profondamente nel divano, prendendo un sorso di birra. “Quindi non conosce ancora le doti culinarie e canore di Felicity?” Oliver lo guardò non riuscendo a capire a cosa si riferisse. Per lo meno per quel che riguardava il canto. Diggle notò il suo sguardo perso. “Hai presente quella cosa che fa quando è nervosa, senza rendersene conto?” Oliver annuì. “Il balbettio? Un po’ difficile non notarlo.” L’ex militare sorrise con dolcezza. “Già. Beh, quando cucina tende a cantare senza rendersene conto.” Oliver spalancò un po’ la bocca ed, inevitabilmente, i suoi occhi si posarono su Felicity, del tutto ignara della loro conversazione. Roy lanciò un’occhiata veloce ad Oliver e scosse la testa in rassegnazione. Gli uomini tornarono a guardare la partita, ma l’attenzione di Oliver era da tutt’altra parte. Solo quando una delle due squadre fece punto, causando la reazione entusiasta di Roy e Diggle, sgattaiolò via, con una birra. Si avvicinò alla cucina e Felicity non notò minimamente la sua presenza. Si appoggiò alla parete, sorseggiando la sua birra e continuando ad osservarla. Gli altri due non stavano mentendo. Felicity stava cantando una canzone che Oliver era sicuro di aver sentito più volte. La sua voce era calda e perfettamente intonata e tutto il suo corpo seguiva le parole. Oliver non riuscì a reprimere un sorriso e decise di farle notare la sua presenza. “Niente male.” Felicity sobbalzò e le sue guance si fecero istantaneamente più rosse. “Oliver! Non ti avevo visto. È già finita la partita?” L’uomo negò con la testa e si avvicinò al bancone della cucina. “No, ma non ho mai avuto una gran passione per il baseball. E ho appena scoperto che Roy e Diggle avevano ragione, hai un talento nascosto sig.ina Smoak.” Se possibile, Felicity finì con l’arrossire ancora di più. “Oh, no! L’ho fatto di nuovo? Accidenti. Credo di avere seriamente qualcosa che non va.” Oliver sorrise. “Guarda il lato positivo. Sei intonata. Fossi stato io, probabilmente sareste scappati per proteggere i vostri timpani.” Felicity ridacchiò e tornò a concentrarsi sul suo sugo. Oiver bevve di quella visione così familiare che sentì il suo cuore balbettare. Visioni di lui lì, con lei, nella vita di tutti i giorni, balenarono nella sua mente. Oliver si schiarì la gola. “Posso aiutarti?” Felicity lo guardò con scetticismo. “Ehy, quello sguardo ferisce i miei sentimenti.” Felicity scosse la testa divertita. Quella versione di Oliver non era niente male, ma costrinse il suo cuore a non abituarsi a quello. Le crepe lasciate da quella sera, nella Mainor Queen erano ancora lì ed erano ancora dannatamente instabili. “Allora sig. Queen, direi che può tagliare le fragole.” Oliver sembrò entusiasta del suo compito. La superò e raggiunse la ciotola della fragole. Afferrò un coltello e si preparò a tagliarle. Sembrava un compito facile, ma non aveva la più pallida idea di come la donna le volesse. “Ehm, Felicity, come devo tagliarle?” La donna sorrise e abbandonò per un attimo la sua postazione e si avvicinò a lui. “Oliver non importa. Basta che le tagli.” Fece un altro passo, fino a quando il suo corpo aderì completamente al fianco di Oliver. Afferrò una fragola e sfilò delicatamente il coltello dalle mani dell’uomo, lasciando sulla sua mano grande una carezza involontaria. “Tagliale a metà e poi di nuovo a metà. A metà e poi ancora a metà.” Ripetè il gesto un paio di volte e Oliver non riuscì a staccare gli occhi dalle sue mani, non riuscì ad ignorare la sensazione del suo corpo premuto contro il suo. L’uomo avvicinò la sua mano a quella della donna e ripetè il gesto che lei aveva fatto poco prima. Le sfilò il coltello, indugiando, questa volta volontariamente, su di lei. Felicity alzò gli occhi su quelli dell’uomo e per un secondo rimase bloccata lì, accanto ad Oliver, incapace di sfuggire a quella sensazione che ogni volta la lasciava senza fiato. La donna si schiarì la gola e fece un passo indietro. “Bene, ora sono tutte tue.” Oliver sorrise, continuando a studiare il suo volto, e annuì. Felicity si allontanò velocemente e tornò alla sua postazione.
Pochi minuti dopo, Oliver si lavò le mani con grande soddisfazione per aver finito il suo compito. “Visto, devi avere fiducia nelle capacità del sottoscritto.” Felicity ridacchiò. “Va bene, la prossima volta, non dubiterò delle tue abilità da tagliatore di fragole.” Come spesso avvenne, la donna non notò i movimenti di Oliver, ma quando il suo corpo la incastrò contro il bancone era ben consapevole di lui premuto contro di lei. Felicity rimase senza fiato, mentre le braccia dell’uomo la circondarono da dietro, per appoggiare le mani sul bancone. Il respiro di Oliver le solleticò la guancia. L’uomo si prese il suo tempo, rimanendo inebriato dall’essenza di Felicity. Allungò un dito, lo immerse nel sugo e lo portò alla bocca. Mugulò e si allontanò dal corpo della donna, lasciandola confusa e completamente sconcertata. Oliver fece un passo indietro, ma era ancora pienamente nello spazio personale di Felicity. Un sorriso compiaciuto si aprì sul volto dell’uomo. “Wow. È davvero buono.” Sembrò che queste parole fecero tornare Felicity alla realtà. “Oliver Queen, avvicina di nuovo un tuo dito al mio sugo e sei un uomo morto.” Il suo tono era volutamente minaccioso mentre brandiva un mescolo, ma la scossa che l’incontro di poco prima aveva lasciato era ancora lì, appena sotto la superficie. “Me ne ricorderò.” Le fece l’occhiolino, prima di aggirare il bancone e riafferrare la sua birra.
Roy e Diggle avevano seguito l’intera scena e sorridevano molto apertamente. Il più giovane scosse la testa divertito, mentre l’ex militare sogghignò, prima di tornare a rivolgersi alla tv. “E’ così assolutamente fregato.”
Oliver si rivolse di nuovo alla donna. “Posso aiutare ad apparecchiare?” Felicity annuì. Gli indicò la tovaglia, ma prima che potesse aggiungere qualcosa, la voce di Roy raggiunse Oliver. “Queen, le posate sono nel primo cassetto sulla destra.”
Per la prima volta nella sua vita. Oliver Queen sentì il desiderio di essere l’unico uomo a sapere il cassetto delle posate di una donna.

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Capitolo 5
*** the team arrow's night-parte 2 ***


ed anche questa è finita.. a presto miei adorati.. :) 
spero vi piaccia... buona lettura.. :*




La cena si dimostrò veramente squisita. Felicity aveva un grande talento in cucina. Oliver ammise a se stesso di non averle dato molta fiducia, ma il risultato l’aveva sorpreso.
L’atmosfera era calda ed accogliente, in accordo con i colori sgargianti della casa. La conversazione era spontanea e divertente. Oliver notò che Felicity si era praticamente appropriata esclusivamente del vino che aveva portato. Sapeva che ama lo amava, ma non immaginava quanto.
Oliver Queen non poteva dirsi un intenditore, ma riusciva a gustare ed apprezzare una buona annata. Quello che Felicity stava facendo però era tutt’altra cosa. Ogni sorso sembrava per lei una passeggiata coinvolgente. La vedeva chiudere gli occhi ed assaporare il gusto di quel vino come se fosse qualcosa di assolutamente raro. Beveva lentamente, piccoli sorsi, attenti, misurati, ma pienamente amati.
Oliver non sapeva perché si fosse focalizzato proprio su questo, ma non riusciva a distogliere lo sguardo dall’espressione assolutamente conquistata di Felicity. Fece un appunto mentale per ricordarsi di portargli molte altre bottiglie di vino in futuro.
Roy e Diggle sembravano completamente rilassati. L’espressione malinconica di Roy era stata sostituita da una assolutamente divertita al racconto dell’ex militare su un episodio del college. Diggle sembrava aver lasciato per una volta le preoccupazioni che la gravidanza di Lyla aveva portato con sé fuori da quella casa.
Felicity era luminosa. Aveva iniziato a raccontare di come fosse stata quasi espulsa dalla scuola quando, durante il college, si era casualmente introdotta nel sistema per abbassare di un paio di voti il risultato della prova di letteratura francese di Sally “perfetta” Fuller. Fece spallucce quando spiegò che aveva copiato in maniera spudorata. Tutti gli altri furono trascinata in una risata convulsa.
Anche Oliver si ritrovò a raccontare come andarono veramente le cose la sera in cui, lui e Tommy, erano stati arrestati per atti osceni in luogo pubblico. I ricordi uscirono fuori come una culla piacevolmente accolta e non così terribilmente dolorosa come avrebbe immaginato.
Lasciò libera la sua anima, lasciò fuori i freni che gli avevano impedito di vivere, di ricordare, senza che il senso di colpa diventasse soffocante.
Diggle rise sonoramente e Felicity per poco non sputò tutto il suo vino. “Sono quasi ubriaco, ma credo che questa sia la serata più bella che io abbia avuto in molto tempo.” Roy si appoggiò pesantemente alla sedia e diede voce al pensiero che aleggiava ormai nella mente di tutti e quattro.
Oliver annuì e sorrise. Notò come gli occhi della donna si illuminarono guardandolo. “Dovremmo farne un appuntamento settimanale. The Arrow Team’s night. Che ne dite?” L’entusiasmo di Felicity era contagioso, perché un grosso sorriso si aprì sul volto di tutti. “Beh, penso possa essere organizzato, no?” Fu Oliver a parlare, lascando tutti completamente spiazzati. Non perché non fossero d’accordo, ma perché questo era totalmente fuori dal suo personaggio. L’imbronciato Oliver Queen aveva accettato con così tanta facilità da essere spaventoso.
Eppure l’uomo sapeva perfettamente il motivo di quella reazione. Lì, a casa di Felicity, si era sentito in pace, si era sentito l’uomo che era sopravvissuto ad un isola infernale per cinque anni, ma che era riuscito a lasciare lì i suoi fantasmi, le sue paure. Lì era riuscito ad essere solo Oliver, non l’amministratore delegato in rovina, non il figlio che aveva deluso la madre, non il fratello bugiardo, non il vigilante, non l’uomo così rotto da aver paura di amare.
Felicity gli sorrise con dolcezza e, senza rendersene conto, gli strinse la mano. “Oh, ho così tante idee!” La sua voce era piena di eccitazione, ma Oliver sapeva perfettamente cosa stava facendo.
Felicity aveva visto cosa l’uomo aveva realizzato e decise che per il momento sarebbe stato sufficiente, così riportò l’attenzione su di lei e sulle sue proposte bizzarre.
Finirono di cenare e, dopo l’ultimo bicchiere di vino, Felicity si alzò, allontanandosi da tavolo. “Bene, io dovrei andare a cambiarmi.” Gli uomini la guardarono con aria confusa. La bionda scosse la testa. “Potrete anche non vedermi in quel modo, ma anche io sono una donna e tengo al mio aspetto. Quindi non-guardatemi-così!” Lo disse con risentimento divertito e Roy fece una faccia che lasciava intendere che di sicuro non tutti loro non la vedevano in quel modo. Il ragazzo notò lo sguardo arrabbiato che Oliver gli lanciò e capì che probabilmente aveva ricevuto il messaggio forte e chiaro.
“Vai, Blondie. Vai e fatti bella. Qui ci pensiamo noi.” Felicity diede uno sguardo riconoscente a Roy e scomparve velocemente, mentre gli occhi di Oliver non si mossero dalla schiena della donna.
 
Quando riapparve quasi un’ora dopo, la reazione dei tre uomini fu più o meno la stessa. La fissarono con la bocca leggermente aperta. “Oh mio-..” L’esclamazione di Roy fu sorpassata da quella di Diggle. “Accidenti Felicity. Sei uno schianto.” La donna arrossì leggermente. “Sono contenta che vi piaccia.” Ridacchiò, ma il silenzio di Oliver non era passato inosservato.
Né per lei, né per gli altri due uomini.
Felicity aveva un abito di un azzurro molto acceso. I suoi occhiali erano stati sostituiti dalle lenti e un trucco delicato le illuminava i lineamenti. I capelli, mossi sulle punte, giacevano orgogliosamente sul lato destro del suo collo. La donna si schiarì la voce sotto lo sguardo intenso di Oliver. Solo lui sarebbe in grado di mettere a disagio qualcuno solo con i suoi occhi. “Bene, andiamo che ne dite?”
L’esortazione riportò tutti alla realtà. Afferrarono rapidamente le giacche e uscirono dall’appartamento. L’ultima ad uscire fu proprio Felicity. Aveva notato che Oliver era rimasto leggermente più indietro rispetto agli altri due uomini e, mentre stava per chiudere la porta, si abbassò vicino all’orecchio della donna, sfiorandole la guancia con il naso. “Sei bellissima.”
Felicity aprì la bocca per ringraziarlo, ma non uscì nessun suono. Gli occhi di Oliver si soffermarono per un secondo di troppo sulle labbra della donna. Sorrise e si allontanò lentamente, lasciando Felicity stordita per la seconda volta quella sera.
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“Beh, sembra che nonostante tu sia povero, tu sia ancora una star, quando si parla di locali.” La voce di Felicity era assolutamente divertita. Roy era semplicemente entusiasta. “Pare che sia ancora utile portanti in giro allora, amico.”
Oliver grugnì in risposta e Diggle diede una pacca soddisfatta sulla spalla del giovane, mentre riuscirono a farsi largo nel nuovo locale in centro. La musica era assordante e per un momento si trovarono disorientati dal rumore, le luci e la folla. Roy scomparve rapidamente e Diggle si diresse al bancone del bar. Felicity rallentò il suo passo e si uniformò a quello di Oliver. L’uomo spostò il suo sguardo su di lei, nonostante la donna sembrava non prestare veramente attenzione a lui. Era meravigliosa e sentì istintivamente il bisogno di sentirla accanto a lui. Le afferrò la mano e lasciò che le sue dita scivolassero tra le sue. Oliver distolse immediatamente lo sguardo, ma vide comunque lo sguardo sorpreso di Felicity e il sorriso delicato che lo seguì. Raggiunsero gli altri, nonostante la confusione e, senza rendersene conto, Roy li trascinò in mezzo pista.
Oliver ricordava perfettamente se stesso molti anni prima nella stessa situazione. Amava i corpi che si spintonavano al ritmo di quella musica assordante, amava il contatto inevitabile. Ora, si ritrovò infastidito da questo. Diggle fuggì poco dopo e l’arciere avrebbe voluto seguirlo, fino a quando vide Felicity.
Ballava lentamente, con piccoli movimenti, in accordo con la musica. Aveva gli occhi chiusi e i suoi capelli balzavano delicatamente sulle sue spalle.  Notò come fosse completamente rilassata, come avesse lasciato il resto del mondo fuori da lì. Era come se avesse lasciato in una scatola la sua parte razionale, quella che era perfettamente consapevole di quanto il mondo fosse ingiusto e doloroso, quella che aveva ottenuto solo un cuore spezzato da Oliver, quella che credeva che il “ti amo” che lui stesso gli aveva sussurrato in una casa troppo vuota e silenziosa fosse solo uno stratagemma per salvare un’altra donna e la città.
L’uomo rimase lì, davanti a quella donna ad osservarla e a desiderare di tenerla per sé. Roy, che era stato fino a quel momento insieme a loro, si dileguò. Oliver iniziò a muoversi lentamente, causando un sorriso soddisfatto sul viso di Felicity. L’uomo vide tuttavia che non era il solo ad apprezzarla.
Un ragazzo che avrà avuto più o meno l’età di Felicity, moro, alto e con uno sguardo non del tutto lucido le si avvicinò. Oliver sentì la rabbia attraversargli le vene, ma decise di non muoversi. Non era un suo diritto.
O almeno non lo era fino a quando non vide la reazione della donna.
Al contatto troppo invadente di quel ragazzo, Felicity si irrigidì e fece istintivamente un passo più vicino ad Oliver. Questo fu sufficiente.
Allungò un braccio e la portò possessivamente contro il suo corpo. Oliver non parlò, non ne ebbe bisogno. Guardò quell’uomo con uno sguardo degno di Arrow e questo bastò per farlo allontanare velocemente.
Felicity gli sorrise con riconoscenza. L’uomo le chiese se stesse bene e, solo dopo averla vista annuire con tranquillità, Oliver si decise a rilassarsi, ma senza abbandonare la presa su di lei.
La donna lo guardò con curiosità, ma di certo non si sarebbe lamentata, anzi, si strinse leggermente a lui e finì con l’aderire completamente al suo corpo.
Il calore che quella donna emanava era impressionante. Nonostante la puzza di alcool e fumo, Oliver poteva distinguere perfettamente l’aroma assolutamente unica di Felicity, poteva sentire il suo cuore pulsare violentemente nel suo petto. Per la prima volta da quando era tornato dall’isola, per la prima volta dopo due anni, in una squallida discoteca, Oliver Queen provò un senso di appartenenza in quell’abbraccio, un senso di pace.
Una mano vagò tra i capelli di Felicity. Immagini di lei, gli riempirono la mente. Il conte che la teneva legata ad una sedia, il fabbricatore di bambole, il re orologio, Slade. Aveva rinunciato a lei per tenerla al sicuro, ma non era riuscito a farlo. Si chiese se ci fosse un altro modo.
Si scostò leggermente da lei e le accarezzò il viso. Felicity lo guardò negli occhi e dovette vedere la sua tempesta interiore. Le iridi della donna si inumidirono, illuminandosi con una tenerezza che lasciò Oliver senza fiato. Nel sorriso di Felicity, Oliver trovò la risposta alla sua domanda.
Non avrebbe mai potuto proteggerla dal mondo che c’era al di fuori, ma non avrebbe mai lasciato il suo fianco.
Oliver le sorrise e la baciò, lasciando la donna sorpresa e stordita. Per un secondo rimase immobile sotto le labbra dell’uomo, ma non appena riuscì a riprendere il controllo di sé, si lasciò invadere dall’essenza di Oliver. La musica divenne una sfocatura e per un secondo rimasero solo loro, soli, due amanti sofferenti alla ricerca di qualcosa.
Quando si staccarono, Felicity lo guardò, sorridente. “Questo per cos’era?” Oliver non rispose, ma si abbassò e lasciò un tocco leggero sulle sue labbra di nuovo. “Volevo dirlo. Quella sera, ero sincero.” Cercò i suoi occhi e sperò che capisse, che capisse quello che non voleva dirgli lì, dove a mala pena riusciva a sentirla. Felicity lo prese per mano. “Andiamo a casa.”
Oliver la guardò, quasi a chiedere se fosse sicura di quello che stava facendo. Felicity diede una leggera stretta alle loro mani. Si avvicinarono di corsa al bancone, dove intravidero Roy e Diggle.
Oliver si abbassò sull’orecchio della donna. “Aspettami qui, vado a trovare un letto per Roy.” La baciò e si allontanò. Felicity lo vide parlare con Diggle e non mancò di vedere lo sguardo schifato del più giovane. La donna ridacchiò.
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Felicity si trovò a lottare con la sua porta. Scoprì che non era così facile girare una chiave quando Oliver Queen stava lavorando con le sue labbra sul suo collo. “Oliver..”
L’uomo si fermò e sorrise. Decise che nessuno aveva detto e mai avrebbe detto il suo nome in quel modo. Quel misto di amore, desiderio, esasperazione e quasi paura. Oliver sorrise alle sue spalle e le lasciò un piccolo bacio proprio dietro il suo orecchio, facendola sospirare.
Si allontanò leggermente da lei, permettendole di aprire.
Poco prima di richiudere la porta alle spalle, Oliver le afferrò la mano. “Dobbiamo fare una cosa domani..”
Fermandosi proprio prima di baciarlo, Felicity lo guardò con curiosità, mentre le sue braccia circondarono il collo di lui. “Dobbiamo spostare tutte le tue posate.”
La donna aprì la bocca, guardandolo come se fosse impazzito. Oliver scoppiò a ridere e prima di permetterle di chiedere, tornò a baciarla.

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Capitolo 6
*** mi chiamo Connor ***


Eccomi di nuovo.. voglio scusarmi con voi, perchè questa è farina del mio sacco, quindi per questa volta non ho esaudito nessuna proposta. spero che comunque vi piaccia. sto lavorando anche per voi nel frattempo.. spero comunque che vi piaccia.. fatemi sapere, un bacione




Erano passati 5 mesi esatti dalla sconfitta di Slade, quando Connor fece il suo ingresso nella vita di Oliver.
La madre, Susan, era morta di cancro qualche settimana prima e i servizi sociali riuscirono a determinare la paternità di Oliver solo dopo numerosi sforzi. Moira Queen aveva fatto un ottimo lavoro nel coprire le tracce. La vita ancora traballante dell’arciere divenne totalmente instabile.
Laurel riuscì a riconsegnargli l’azienda e divenne una figura sempre più presente in entrambe le sue identità. Non che Oliver non avesse notate il fastidio che aveva causato negli altri membri della squadra, ma pur cercando di limitarne l’ingerenza, le permise di rimanere. Per il resto, Laurel si propose come un’amica, nonostante potesse vedere palesemente le sue intenzioni reali.
Era lì anche quando Connor arrivò. Oliver chiese alla sua squadra una pausa e fu così che, proprio come un anno prima, dopo il terremoto di The Glades, Arrow si prese un periodo sabatico.
Non mancarono le chiamate di Felicity e Diggle, ma evitarono di raggiungerlo per non creare ancora più confusione nella vita del bambino.
Connor si dimostrò problematico. Parlava a monosillabi, rivolgendosi esclusivamente al padre, nonostante Laurel aleggiasse su di lui con apprensione soffocante, il suo atteggiamento era scontroso e riservato e sembrava che un fondo di sfiducia fosse costantemente nei suoi lineamenti.
Connor Queen incontrò per la prima volta la squadra Arrow al completo solo due settimane dal suo arrivo.
Laurel insistette per una festa di benvenuto e, nonostante la reticenza di Oliver, fu organizzato per un venerdi.
Quando Felicity, Digg e Roy varcarono la porta del nuovo attico trovarono ad aspettarli Oliver, Laurel e, nascosto dietro alle gambe del padre, Connor.
Il primo a farsi avanti fu l’ex militare. Era evidente che avesse esperienza con i bambini. Oliver vide un’espressione sul viso del suo compagno di armi che forse non aveva mai avuto il modo di vedere. Roy sembrava in difficoltà, ma la persona che riuscì letteralmente a conquistare Connor fu Felicity.
Oliver bevve della vista di lei. Era vestita molto casualmente, con un paio di jeans, un paio di converse e una camicia più larga, legata all’altezza di fianchi. I capelli erano legati in una coda di cavallo sbarazzina e gli occhiali fedelmente al suo posto. Notò come i suoi occhi si oscurarono per un secondo nel vedere Laurel, ma riuscì a nascondere tutto in fretta.
Si rivolse invece a Connor con un sorriso radioso. Si accovacciò alla sua altezza, ma non parlò. Il bambino la guardò con curiosità e si scostò dalle gambe del padre, spostandosi al suo fianco e davanti a Felicity.
La donna inclinò la testa di lato e allungò una mano per lui. “Ciao, io sono Felicity. E tu?”
Connor sembrava stregato da quella ragazza stravagante. La sua attenzione fu attratta dalle unghie colorate di Felicity. Un piccolo sorriso colorì il viso paffuto del bambino. “Ciao, mi chiamo Connor.” Sembrava ancora titubante, ma finì con lo stringere la mano di Felicity.
La donna provò uno strano senso di calore e non potè fare a meno di donare a Connor Queen un pezzo del suo cuore. La sua espressione doveva essere particolarmente eloquente, perché il bambino finì con lo staccarsi dal padre e avvicinarsi a lei, stringendo nella mano il tessuto della sua camicetta.
Felicity si prese un momento per osservarlo. Era veramente un bambino molto bello ed era probabilmente la fotocopia del padre da piccolo. I suoi capelli erano di un biondo brillante, ma i suoi occhi era verdi come due meravigliosi smeraldi. Le sue iridi però sembravano pieni di dolore e inquietudine. Conosceva la storia e sapeva quanto male avesse già visto quel bambino.
La donna gli sorrise e allungò la sua mano verso di lui, aspettando che l’afferrasse. Quando lo fece, il suo cuore battè più forte. “Che ne dici, dopo averlo chiesto a papà, di farmi fare un giro della tua casa?”
Una scintilla si accese negli occhi di Connor che si rivolse immediatamente ad Oliver. “Posso? Posso accompagnare City?” L’uomo si ritrovò senza parole.
Non aveva mai visto suo figlio in quel modo. Era stato scostante, chiuso in sé, in collera con il mondo e con lui. Ogni essere umano sembrava essere sgradito, ma Felicity era sicuramente una grande eccezione. L’aveva visto sorridere, nonostante una leggera ombra fosse ancora rimasta nei suoi occhi. E aveva sentito la sua voce per una frase completa. Fissò la donna con un misto di gratitudine ed incredulità.
Non riusciva a ricordare quando la sentì, ma Oliver ripensò ad una frase che Raisa gli ripeteva spesso. – I bambini riconoscono i puri di cuori- Connor aveva visto la bontà, la purezza e la luminosità della sua Felicity. Sentì una leggera pressione ai suoi occhi e pensò che stesse per piangere. “Certo.” Non fece in tempo a pronunciare il suo permesso, che suo figlio trascinò la donna verso le camera, accompagnato dal suono della risata di Felicity.
Quando rivolse lo sguardo sugli altri, vide reazioni differenti. Laurel sembrava sul punto di avere una crisi di nervi, Roy sorrideva con nostalgia e Diggle sembrava un padre fiero di sua figlia. Cercò di frenare il treno di pensieri che gli mostrava immagini familiari di se stesso, insieme a Felicity e Connor.
“Andiamo a cena, che ne dite?”
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Connor si sedette tra Oliver e Felicity e la postazione non passò inosservata, tuttavia nessuno ebbe il coraggio di parlare. Laurel sembrava scomoda nel suo ruolo di padrona di casa, nonostante non vivesse lì, né avesse una relazione con Oliver. Connor aveva iniziato a spiegare a Roy qualcosa su di soldatini, mentre Diggle gli descriveva un carro armato. Occasionalmente si rivolgeva a Felicity, assicurandosi che stesse ascoltando la loro conversazione.
Oliver si ritrovò a sorridere, guardando lo sguardo adorante che suo figlio lanciava alla bionda accanto a lui.
Nonostante questo, era evidente che Connor non era ancora a suo agio. Avevano notato che non amava particolarmente essere toccato, fatta eccezione per il padre. Laurel era probabilmente la persona che meno era riuscita a legare con lui. Era esigente con lui come lo era nella vita e questo, da una donna che non era sua madre, non era ben accetto dal bambino.
La conversione tra gli adulti si mosse con comodità e Oliver cercò di distrarre il bambino affidandogli il suo telefono. Si stava annoiando e le sue piccole spalle sembravano tese.
Non passò molto quando una musica orecchiabile partì. Tutti gli occhi si rivolsero al bambino. Laurel e Oliver gli tolsero immediatamente il telefono, lasciando Connor sull’orlo delle lacrime.
Felicity però lo osservò con attenzione. La tensione che il bambino irradiava era abbastanza per fargli capire quanto fosse scomodo ancora. Tuttavia la donna aveva notato come quella musica avesse portato un guizzo di pace in Connor. Immaginò che fosse qualcosa che lo faceva stare bene prima di arrivare lì.
Così la donna aspettò per un momento in silenzio e poi prese la sua decisione. “Oliver, hai un impianto stereo in casa?” La sua voce interruppe una qualche conversazione e gli occhi di tutti furono su di lei, guardandola come se fosse impazzita. “Ehm, si, ma non l’ho mai usato, perché?”
Felicity bevve un sorso d’acqua. “Connor, credi che potresti aiutarmi a trovare una canzone per il mio telefono?” Un lampo di gioia attraversò il suo volto. “Si si!!” Era quasi saltato sulla sua sedia. Felicity stava per dirgli di chiedere prima ad Oliver, ma il bambino fece tutto da solo. “Posso, posso?”
L’uomo dovette aver visto quel pizzico di gioia che la richiesta di Felicity aveva portato e non poter far altro che accettare.
La coppia scomparve velocemente e Laurel lanciò ad Oliver uno sguardo infelice. L’uomo fece finta di non sentire un’ondata di fastidio attraversargli lo stomaco. Gli adulti tornarono a parlare, ma il corpo di Oliver fremeva per raggiungere gli altri due.
Furono interrotti però da un boato e una musica assordante che invase la casa per un secondo. Tutti spalancarono lo sguardo, ma il silenzio tornò immediatamente. Sentirono la voce di Felicity parlare a raffica, dicendo che qualcuno doveva aver girato la manopola mentre era spento e poi alle loro orecchio giunse un suono che Oliver pensò che avrebbe ricordato per tutta la vita.
La risata piena e sincera di suo figlio. Non aveva mai sentito quel suono da quando lo aveva conosciuto, ma sapeva che avrebbe voluto riascoltarlo ancora e ancora. Il fuoco nel suo petto si riaccese e stava per alzarsi, quando Laurel lo fermò, dicendogli che avrebbe almeno dovuto assaggiare il suo dolce.
Non perse lo sguardo di Diggle, un misto di disapprovazione e compassione per lui.
---
Non si resero conto che era passata una buona mezz’ora. La musica si era riaccesa, ma ora giungeva in sala solo come un leggero sottofondo. Finirono di mangiarono e si diressero nella stanza accanto.
La vista che li accolse era assolutamente perfetta. Connor era in piedi sui piedi di Felicity e seguiva i suoi passi. Le sue braccia erano attorno alla donna e la sua espressione era assolutamente concentrata. “Sei molto bravo.” Connor ridacchiò. “Infatti sono più bravo di te.” Il bambino gli fece la linguaccia e si allontanò da lei, guardandola con sfida.
Felicity finse una faccia offesa e poi si lasciò andare ad una risata prima di rincorrere Connor.
Quando lo prese, iniziò a fargli il solletico, costringendo il bambino a ridere istericamente, supplicandola di lasciarlo andare. Oliver si immerse in quella vista e un improvviso bisogno di toccarli invase il suo corpo. Le lacrime premevano nei suoi occhi e un calore soffocante invase il suo petto.
Sapeva di amare Felicity Smoak da molto tempo, ma mai come in quel momento provò il bisogno fisico di averla con lui, di prendersi la vita che voleva. “Sembra che nessuno riesca a resistere a Smoaky.” Roy ridacchiò, causando una leggera risatina da Diggle. “E di certo non potevamo aspettarcelo da suo figlio.” Questo causò una risata e un’occhiataccia da Oliver.
Laurel si schiarì la voce e questo sembrò abbastanza da bloccare quella piccola scena di pace.
Felicity alzò lo sguardo e le sue guance si colorarono per l’imbarazzo. Liberò Connor e gli spettinò i capelli. Il bambino si staccò da lei e, in modo assolutamente inaspettato, si fondò tra le braccia di Oliver.
L’uomo rimase spiazzato e lo prese in braccia, tirandolo a sé. “Sai papà, voglio che Felicity sia la mia ragazza.” Oiver sgranò gli occhi, ma finì con lo scoppiare a ridere insieme a Diggle e Roy. “Tale padre, tale figlio” L’ex militare sghignazzò, ricevendo questa volta l’occhiataccia di Felicity.
“Connor tu sei il miglior ballerino con cui ho mai ballato, ma non posso essere la tua fidanzata, ancora.”
Il bambino la guardò, dalle braccia del padre, con il broncio. “Perché no?”
Felicity sorrise dolcemente. “Devi ancora crescere un po’, ma che ne dici se io e te siamo amici?”
Connor sembrò valutare a cosa e poi annuì con convinzione. “ Allora sarai la mia migliore amica.” La donna si avvicinò a lui e gli stampò un bacio sulla guancia. “E tu il mio migliore amico.”
Connor sembrò illuminarsi, ma poi, come se un pensiero si fosse fatto largo nella sua mente, si voltò verso il padre. “Allora Felicity è la tua fidanzata?”
Oliver e Felicity sgranarono gli occhi per lo shock, Laurel guardò il bambino con rabbia e Diggle e Roy scoppiarono a ridere. “Ragazzo, tu hai già capito tutto.” Roy sembrò soddisfatto di sé, ma Diggle volle provare ad aiutare. “Senti Connor che ne dici se andiamo a ballare?”
Questa fu la parola magica, perché il bambino si divincolò dal padre e raggiunse l’ex militare, dimenticando la domanda in sospeso. Roy vide Laurel con un’aria arrabbiata e decise che per una volta avrebbe sacrificato se stesso per salvare la vita di Felicity.
“Laurel, andiamo anche noi?” L’avvocato sembrò non intenzionata a lasciare la sua posizione, ma Roy le afferrò gentilmente la mano e la portò in mezzo alla sala.
Rimasero Oliver e Felicity, con un imbarazzo scomodo che aleggiava tra di loro.  “E’ un bambino veramente molto speciale.” L’uomo annuì, ma non distolse lo sguardo dalla donna. “Hai ragione, ma fino ad ora è stato come un automa. Sembrava in un mondo tutto suo in cui non riuscivo ad entrare. Io non so cosa hai fatto Felicity, ma hai aperto una porta, uno spiraglio.”
Sembrava quasi che stesse per piangere. “Grazie.” L’intensità che mise in quella parola fece quasi boccheggiare Felicity.
Oliver raggiunse le sue mani. “Oliver, lui aveva solo paura. Si è trovato da solo, con un padre di cui non conosceva l’esistenza e ora si domanda solo se riuscirà mai ad essere abbastanza per meritare l’amore degli altri, senza che se ne vadano nel frattempo.”
Le parole uscirono dalla bocca della donna con lentezza e con un dolore di fondo che portò Oliver a chiedersi se nono stesse parlando per esperienza. “Lui non ha bisogno di dimostrare niente.”
Felicity sorrise. “Lo so e riuscirai a farlo capire anche lui.” Oliver abbassò lo sguardo. “Non so se riesco a farlo.” La donna strinse le sue mani. “Te l’ho già detto. Tu non sei solo e credo in te. Sarai un padre meraviglioso ed ogni volta che vorrai sarò con te.”
Oliver la guardò negli occhi per un tempo infinito e poi la portò tra le sue braccia, tenendola addosso a lui come per paura di lascarla andare. “Io ti voglio con me. Sempre”
Felicity sospirò. “Ci sarò, solo se tu mi permetterai di farlo. Lo capisci?”
Quella conversazione fu così familiare che portò Oliver sul bordo del crollo. “si.”
Felicity si staccò leggermente da lui e sorrise. “Bene. E ora possiamo andare a ballare? O hai paura di tenere il confronto con tuo figlio?” Una risata genuina scaturì dall’uomo e, prendendo la sua mano, si diresse verso il centro della sala, dove Connor li raggiunse, abbracciando una gamba ad ognuno di loro.

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Capitolo 7
*** the king and the queen ***


ooook, questo è veramente un gram esperimento. non so cosa sia uscito fuori, ma questi sono i risultati di ciò che viene scritto alle 2 di notte. beh, fatemi sapere.. un bacione a tutti



La prima volta che la vide era una mattina di primavera.
John, il suo scudiero e il suo compagno più fedele, lo aveva accompagnato per le vie della cittadella per il suo solito controllo delle condizioni del popolo. Il re, suo padre Robert, era morto tre anni prima. La madre, la regina scaltra e potente, aveva trovato nel conte di Erbury, il conte Steele, un sostituto buono e saldo nei suoi principi sia come nuovo marito che come reggente del regno.
Ad Oliver, il principe, era stato invece dato l’onore di guidare l’esercito del regno, aspettando il giorno della sua incoronazione. Quel ruolo aveva cambiato profondamente l’anima spavalda e ingenua del ragazzo che era partito cinque anni prima per affrontare i nemici ai confini. Aveva visto morte, sofferenza, aveva sperimentato la fame, la sete, aveva provato il dolore delle ferite sul suo corpo.
L’Oliver che era tornato era un uomo molto diverso. Un uomo in grado di guardare al suo popolo con gli occhi di chi aveva conosciuto il loro mondo. Così ogni settimana scendeva tra la gente, visitando anche le tenute più lontane.
Gli occhi di Oliver la scorsero tra le vie del mercato. La folla era impazzita attorno a lui, ma solo una ragazza bionda era rimasta in disparte, apparentemente non prestando attenzione all’arrivo del principe.  Solo quando un uomo la sbottò facendola cadere a terra, riuscì a scorgere il suo viso.
Era veramente molto bella, nonostante i vestiti logori e l’espressione stanca. I suoi capelli biondi erano sciolti sulle spalle, cadendo leggermente ondulati, i suoi occhi erano azzurri e profondi come l’inferno. Era esile e la pelle di alabastro. Oliver notò che, nonostante fosse molto giovane, il suo viso parlava di esperienze che sicuramente non avrebbe dovuto conoscere.
Non seppe perché lo fece, ma Oliver chiese a John di fermarsi e scese da cavallo. Lo scudiero lo guardò come se fosse impazzito, ma di certo non era così stupido da disubbidire a quel ragazzo.
Oliver si fece largo tra la folla e giunse fino alla ragazza. Si abbassò su di lei, ancora a terra e allungò una mano verso di lei. La donna alzò lo sguardo e il principe non riuscì a non rimanere senza fiato.
Chiunque fosse, mai in vita sua, Oliver aveva visto una creatura tanto bella.
Da parte sua la ragazza spalancò la bocca per la sorpresa e lo fissò incapace di parlare. “State bene?” Oliver le sorrise rassicurante. Lei non rispose, si limitò ad annuire e prendere la sua mano. “Io sono il principe Oliver e voi chi siete?” Il sorriso non aveva abbandonato il viso dell’uomo. La donna non lasciò andare la sua mano. “Io so chi siete, signore. Voi siete Lord Queen”. L’uomo scosse la testa. “Lord Queen era mio padre. Principe Oliver va più che bene con me.”
“Si, ma vostro padre è morto, ucciso voglio dire. Ma voi ovviamente no, così potete essere qui a raccogliermi e sentirmi balbettare e questo finirà tra 3.. 2..1” La ragazza lasciò andare la sua mano, mentre un rosso fuoco accese le sue guance.  “Oh mio dio, verrò giustiziata per questo? Sono così dispiaciuta, io proprio non vol-..” Oliver, che aveva cercato di trattenere un sorriso, la interruppe. “Quale è il vostro nome?” La donna riprese fiato, prima di abbassare lo sguardo. “Felicity. Felicity Smoak.”
Oliver la guardò e pensò che non poteva avere nome più azzeccato. “Felicity, voi non sarete giustiziato e sicuramente non per essere così rinfrescante.” L’uomo sorrise e per la prima volta sentì qualcosa nel suo petto risvegliarsi dopo tanto tempo di quiete. Emozione.
Il principe le afferrò di nuovo la mano e, notando l’inquietudine del suo scudiero, le baciò il dorso di essa, in segno di saluto. Prima di lascarla andare però, la portò leggermente più vicina a lui e abbassò la sua voce. “Potrò rivedervi?”
Non appena Oliver vide lo sguardo sconvolto della ragazza, si chiese perché diavolo quelle parole erano uscite dalla sua bocca. Lo shock sul viso di Felicity fu però presto sostituito da un sorriso genuino che portò il cuore di Oliver a battere un po’ più velocemente. Si inchinò di fronte a lui e lo guardò negli occhi. “Domani, prima del tramonto, alla Grande Quercia.”
E con quel sorriso luminoso, scomparve tra la folle, mentre la mente di Oliver correva nel piacere dell’attesa.
------------
Razionalmente sapeva quanto fosse sbagliato, ma ogni cellula del suo corpo fremeva per rivedere quella ragazza goffa e maldestra. Oliver conosceva ogni ragione per cui poteva dire che stava per fare il più grosso errore della sua vita, ma questo non gli impedì di raggiungerla.
Era stato promesso in sposo a Laurel, la figlia del re di un regno lì vicino. Poteva dire che era una bella donna, piena di ideali, ma anche così totalmente ignara del mondo reale da scatenare odio perfino in lui, che a rigor di logica apparteneva al suo mondo. Figurarsi nel popolo.
Inoltre lui era un principe, un futuro re e non avrebbe di certo dovuto essere lì, in un campo di fiori, al tramonto, con una popolana sconosciuta.
La sua mente però si fermò non appena la vide. Era seduta sotto la Grande Quercia, con un piccolo mazzo di fiori colorati tra le mani. Una viola era incastrata dietro al suo orecchio e le sue dita accarezzavano delicatamente le spighe di grano attorno a lei come se fossero un bene prezioso.
Oliver scese da cavallo e la raggiunse, senza staccare i suoi occhi da lei.
Le arrivò accanto e solo allora la ragazza si accorse di lui sobbalzando. “Mi dispiace non volevo spaventarvi.” Oliver le rivolse un sorriso e vide il volto di Felicity rilassarvi. “Nessun problema. È solo questa cosa.. è.. io non capisco.”
E di certo non poteva biasimarla. Perché le aveva chiesto di venire qui?
Notò però che amava parlare, quando era nervosa, suppose. Era adorabile e così totalmente lontana da quella falsità, da quei formalismi che lo avevano circondato per tutta la  vita. “Avete ragione, ma nemmeno io so come spiegarlo. So solo che stamattina ho visto in voi qualcosa, qualcosa di luminoso, di fresco. Qualcosa che purtroppo non sono in grado di trovare nel mio mondo.”
E fu così che ogni giorno, da quel giorno, il principe Oliver e la bella Felicity si incontrarono alla Grande Quercia. Lei iniziò a raccogliere fiori per Oliver e lui ne riponeva uno gentilmente tra i suoi capelli. Lì non esistevano regole, ranghi sociali. Niente.
La voce di lei era un lenitivo per la sofferenza del cuore del principe, schiacciato dalle responsabilità e l’infelicità che rischiavano di soffocarlo. Oliver iniziò a provare una necessità fisica di vederla. Non poterla raggiungere nel loro piccolo angolo di paradiso iniziò a diventare doloroso.
Capì che era nato qualcosa di travolgente, qualcosa di sbagliato, ma mai così giusto. Era potente, pericoloso e salvifico allo stesso tempo.
In uno dei loro pomeriggi, Felicity finì con l‘addormentarsi sulla sua spalla e Oliver ne ammirò il profilo per tutto il tempo, lasciando che la sua mano accarezzasse dolcemente la sua pelle.
Non poteva permetterle di entrare del tutto nella sua vita ancora. Non avrebbe rischiato la sua purezza per la cattiveria del suo mondo. Aveva paura, paura che, una volta che Felicity avesse avuto la possibilità di vedere cosa fosse effettivamente la realtà di principe, lo avrebbe lasciato, abbandonato alla sua solitudine.
Felicity si mosse e si strinse a lui.
Oliver sorrise e le baciò la fronte.
Un giorno. Un giorno tutto sarebbe stato diverso.
Un giorno lui sarà un grande re e allora combatterà per lei. Abbatterà i muri che ha costruito intorno a loro e farà si che il mondo possa vedere quanto luminosa sia la sua Felicity.
Un giorno lei diventerà la sua regina.
-----------
“Felicity Smoak? Sono Oliver Queen.”
L’esperta informatica alzò lo sguardo e vide lo splendido sorriso di quell’uomo che era evidentemente sopravvissuto all’inferno.
“So chi è lei, mr. Queen.” Oliver sorrise. “Mr. Queen era mio padre.”
“Già ma lui è morto. Affogato voglio dire. Ma tu no, così puoi venire al dipartimento IT e sentirmi balbettare e questo finirà tra 3.. 2.. 1”
Una strana sensazione di riconoscimento attraversò la mente di entrambi e un pizzico di speranza si fece largo in loro, nonostante non riuscissero a capirne il motivo.
Non appena il computer fu appoggiato sulla scrivania, l’attimo di riconoscimento era scomparso.

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Capitolo 8
*** la vita gioca con regole strane ***


Basato sulla richiesta di Catte90.. Mi scuso anticipatamente perchè non ho saputo rispondere bene alla tua richiesta, ma prometto che prima o poi ci ritornerò e ne scrivere un'altra, nella speranza che venga un pò meglio di questa. Nonostante questo, spero che sia almeno leggibile.
Grazie a chi vorrà avventuarsi nella lettura.
Un bacione.. :)





La vita spesso gioca con regole strane.
Oliver Queen lo sapeva bene.
Eppure in quella specifica occasione, l’uomo era ben consapevole che non aveva nessuno da biasimare se non se stesso. La situazione aveva iniziato ad evolversi, lentamente, piccoli passi alla volta, minuscoli in sè per sè, ma abbastanza evidenti da essere notati se solo non avesse cercato di nascondere a se stesso la realtà.
La situazione iniziò ad andare in malora dopo il loro ritorno da Lian Yu e il loro primo ed ultimo fallimentare appuntamento. Accidenti, Oliver sapeva che stava per fare qualcosa di molto sbagliato, ma aveva semplicemente ignorato le conseguenze. Aveva evitato qualsiasi tipo di dialogo impegnativo con Felicity e quelle tre parole appena sussurrate nel buio del suo palazzo, quella notte, durante la battaglia contro Slade, iniziarono a diventare solo un ricordo offuscato dal tempo. Il terribile appuntamento fu fatto scivolare sotto l’ormai enorme tappeto delle cose non detto.
L’arciere si disse che questo non avrebbe potuto fare più danni di quanti non ne avesse già fatti, si disse che era l’unico modo per proteggere la donna che amava, per proteggere se stesso.
Eppure un velo di tensione, di imbarazzo rimaneva incrostato in ogni parola, in ogni contatto abilmente evitato. Non che Felicity non provò ad ottenere un chiarimento, perché aveva provato e come, ma Oliver aveva scelto di ignorare semplicemente il fatto. Come decise di non vedere lo sguardo arrabbiato della donna trasformarsi lentamente in uno rassegnato e amareggiato.
E fu di lì a poco che iniziarono i primi segnali.
Felicity iniziò ad arrivare in orario la sera, non più con quella buona mezz’ora di anticipo che la contraddistingueva, cominciò a lasciare il nuovo covo non appena si fosse accertata che tutti fossero in un unico pezzo di ritorno da una missione. I suoi occhi lentamente smisero di vagare sul corpo di Oliver durante il suo allenamento, il suo corpo smise di rabbrividire per un contatto casuale delle loro pelli e lentamente la rabbia che, fino a quel momento imperversava silenziosamente in quei casuali sfoghi tipici di Felicity, sfuggì senza lasciare traccia.
Il covo tornò velocemente ad una situazione di equilibrio. Un piacevole equilibrio, in cui la donna aveva tornato ad assumere il ruolo di bilanciere, con il suo sorriso luminoso sempre presente in caso di bisogno.
Eppure tutti notarono una differenza sostanziale. La vita di Felicity aveva smesso di ruotare attorno al covo e soprattutto attorno ad Oliver Queen. Diggle e perfino Roy lo videro, ma nessuno ne fece parola, soprattutto quando l’arciere stava facendo tutto il possibile per fingersi cieco.
Ma, come sappiamo, la vita gioca con regole strane e la verità scoppiò in faccia ad Oliver come un palloncino pieno di acqua ghiacciata.
Tutto quel castello ideale costruito nella volontaria ignoranza crollò durante l’ennesima serata organizzata alla QC. Roy, Diggle e Oliver se ne stavano davanti al bancone del bar, ma gli occhi dell’arciere continuavano ad errare irrequieti per la stanza, alla ricerca di Felicity.
Gli altri due uomini notarono il movimento nervoso di Oliver e capirono che quella serata sarebbe stata più complessa di quanto non avessero previsto.
“Dov’è Felicity?” La voce dell’uomo sembrava impaziente e l’esitazione di Diggle e Roy non fece molto per aiutare. Qualcosa però sembrò attirare l’attenzione del più giovane. Roy sgranò gli occhi, si scambiò un’occhiata nervosa con l’ex militare e si parò davanti ad Oliver.
“Senti amico, mi dispiace ok? Ma non dire che non lo avevi visto arrivare.”
Oliver gli rivolse un’occhiata confusa, ma quando il giovano si spostò, capì a cosa fosse riferito quel commento.
Felicity era a dir poco mozzafiato. Un abito blu elettrico fasciava perfettamente il suo corpo, mentre i lunghi capelli dorati le coprivano le spalle. Riusciva a vedere la sua postura rigida mentre parlava con quello che riuscì a identificare come Karl Frauss, un dipendente di Scienze Applicate delle sua ex azienda di famiglia.
Oliver la vide sorridere forzatamente, almeno fino a quando un uomo le si avvicinò. L’arciere non si concentrò su di lui, ma sul viso della donna. Il cipiglio stanco fu sostituito da una scintilla gioiale. Le sue labbra si tirarono finalmente in un sorriso genuino e la vide muoversi quasi in automatico verso l’uomo.
Ray Palmer.
Oliver per poco non lasciò cadere il bicchiere di champagne che teneva ancora in mano, ma non per questo lasciò la vista.
Palmer la tirò a sé e lasciò un delicato bacio sulla sua guancia, mentre il corpo di Felicity sembrò sistemarsi contro il suo fianco, come se fosse un gesto familiare, un gesto in cui aveva trovato comodità, protezione, appartenenza. La vide spostare il suo sguardo sul viso di Palmer senza parlare, ma seguendo con gli occhi le espressioni dell’uomo.
Felicity era semplicemente radiosa, quasi adorante, quasi.. innamorata.
Un moto di rabbia e dolore attraversò l’animo di Oliver, mentre una morsa violenta attanagliò il suo stomaco e rese le sue mani trepidanti.
L’uomo non distolse lo sguardo, ma sentì la mano di Diggle raggiungere la sua spalla. “Beata ignoranza, vero?” Oliver gli rivolse uno sguardo stanco e l’ex militare scosse la testa. “Ascoltami bene Oliver. Tu hai creato questo. Hai scelto di ignorare ciò che ti stava offrendo, hai scelto di ignorare lei. E non sto parlando solo di questi ultimi mesi. Continui a farlo dall’inizio. Semplicemente non pensi alle conseguenze. Mckenna, Elena, Laurel, Sara. Ora sai cosa ha provato fino a questo momento. E nonostante questo non si è arresa. Beh, fino ad ora. E tu? Sei disposto ad arrenderti ora?”
Oliver tornò a guardare Felicity. La donna alzò lo sguardo e per un momento incatenò i suoi occhi a quelli di Oliver e sorrise delicatamente, prima di tornare a prestare a Ray.
L’arciere fissò per un secondo il suo bicchiere di champagne come se stesse cercando le risposte a qualche importante domanda. Si voltò e abbandonò il flute sul bancone, preparandosi ad allontanarsi.
Roy alzò un sopracciglio in confusione. “Ehy, dove vai?”
Oliver sorrise. “Devo andare a chiedere un ballo.”
“E pensi che ti dirà di si?”
L’arciere scosse la testa divertito. “Certo che no, ma continuerò a provare fino a quando non dirà si.”
E, facendogli l’occhiolino, si allontanò.



p.s. Oh my goooooooooood.. O.o da quanto non pubblico??? un'eternità!!! Vi dico la verità, mi sento alquanto arrugginita e questa ff purtroppo lo dimostra. Si, non sono per niente soddisfatta da come è uscita fuori, ma per il momento non sono riuscita fare di meglio. Probabilmente, ritornerò sulla stessa tematica perchè è veramente venuta male. Nonostante questo, ho voluto pubblicare, anche solo per ricordarvi che non sono scomparsa del tutto. ahahah.. :) bene, nonostante questo e tutto il tempo che è passato, spero che mi facciate sapere cosa ne pensate (anche critiche ovviamente).
Cercherò di rispondere alle altre richieste e se ne avete di nuove non esitate a mandarmele.
Un bacio a tutti quelli che avranno ancora la pazienza e la volontà di continuare a leggere le mie storie.
Ciao ciao, alla prossima.. :D

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Capitolo 9
*** unkiss me ***


Piccolo out dalle vostre richieste (che non ho dimenticato, non disperate).
Mi sono innamorata di una canzone, così ho deciso di inserirla nelle mie ff. Se volete leggere questa storia ascoltandola, vi consiglio di andare su youtube e cercare "Unkiss me" dei Maroon 5. Ovviamente non conosco i vostri gusti musicali, ma ve la consiglio comunque.. ;) Ah e non dimenticatevi di leggere la traduzione. Non si allontana poi tanto dai nostri personaggi :)
Spero vi piaccia.



Oliver entrò e lasciò distrattamente le sue chiavi sul piccolo mobile color mogano accanto alla porta.
Era diventata ormai una routine.
Abitava in casa con Felicity da un paio di mesi e, nonostante l’iniziale imbarazzo, erano riusciti a stabilire una comoda e tranquilla quotidianità. Dopo aver perso la madre, la sorella, l’azienda e la sua casa, Felicity non aveva offerto lui solo un posto in cui abitare, ma anche un appiglio contro la malinconia e il dolore che rischiavano di invaderlo.
Oliver vide perfettamente quanto quell’offerta fosse costata alla donna dopo la sua “falsa” dichiarazione, ma Felicity non disse parola, non mostrò apertamente alcun tipo di emozione. Almeno non volontariamente.
Eppure, come si dice, il tempo guarisce ogni ferita.
Ed in effetti non poteva che essere d’accordo.
La comodità che li aveva sempre fatti sentire l’uno parte dell’altra rinacque velocemente.
Oliver imparò a rispettare gli spazi di Felicity, imparò le sue abitudini, il suo piatto preferito, il suo pigiama preferito, il suo bisogno fisico di gelato durante giornate particolarmente dure, il suo amore incondizionato per Games of Thrones, il suo cipiglio concentrato, l’intensità del suo sguardo quando era impegnata a scegliere un cd, il rumore del suo respiro, il suo profumo, il piccolo mugolio che faceva quando finiva con l’addormentarsi sul divano.
Oliver imparò ad amare con un’intensità travolgente ogni singolo aspetto di quella donna.
Certo, non mancarono litigi per la tavoletta lasciata alzata, o il disordine cronico che, come Felicity diceva, doveva essere insito nella natura dell’uomo, eppure Oliver non avrebbe rimpianto nessun attimo di quei due mesi.
Tuttavia, fu quella sera, di ritorno da un lungo ed estenuante incontro con Laurel per cercare una soluzione per la sua azienda, che rimase abbagliato.
Felicity sembrava non essere in vista, nonostante fosse sicuramente in casa, così Oliver tolse finalmente la sua cravatta, la camicia e la giacca, infilando una comoda tuta, e si preparò ad andare in cucina.
Fu in quel momento che sentì un suono dal piccolo terrazzo che si apriva di fronte alla sala.
Sembrava una canzone, che però non riusciva ad indentificare.
Si avvicinò silenziosamente alla porta e, appoggiandosi allo stipite, rimase folgorato da quella visione.
Felicity gli dava le spalle. I suoi capelli biondi erano raccolti in una cipolla disordinata, una coperta rosa e bianca era distrattamente appoggiata sulle sue spalle.
Oliver riuscì ad intravedere un paio di leggins sportivi e calzettoni pesanti ai piedi. Davanti a lei, c’era un bicchiere di vino rosso abbandonato a se stesso sul tavolo. Ciò che però attirò la sua attenzione era la chitarra che Felicity teneva tra le mani.
Ricordava di averla vista in uno sgabuzzino, ma mai aveva visto la donna avvicinarsi allo strumento.
Ora sapeva che era stato veramente un peccato. Le piccole dita di Felicity si muovevano rapidamente e delicatamente sul manico della chitarra, mentre con l’altra mano evidentemente accarezzava le corde.
La sua voce era sorprendentemente melodiosa. Era una strana miscela. Era appena un sussurro, ma sembrava fosse impregnato di una potenza sconosciuta.
La luna quella sera sembrava un po’ più luminosa del solito e la sua chiara luce illuminò gentilmente il profilo della donna. Le note si confusero con l’aria gelida e Oliver non potè fare altro che sopportare quel violento magone che conquistò il petto. Quelle parole lo stavano consumando e la voce di Felicity cresceva progressivamente, come l’intensità dell’emozione che era in grado di sprigionare.

Don't protect me 
You can tell me, I can handle it 
Stop pretending, cause we're going down 
If you let go, then just let go 
It's disrespectful how you've handled this 
Never ending, kinda round around 

I lie to my heart cause I thought you felt it 
You can't light a fire, if the candle's melted 
No you don't have to love me 
If you don't wanna 
Don't act like I mean nothing 
But if you're gonna 
Well, then you're better off 

Unkiss me, untouch me 
Untake this heart 
And I miss this 
Just one thing 
A brand new star 

Can't erase this, can't delete this 
I don't need this, I can't handle it 
I just feel it, that you're over us 
If I wait here, if I see you 
It won't matter, what's the point of this? 
We're in pieces, because you're over us 

I lie to my heart cause I thought you felt it 
You can't light a fire, if the candle's melted 
No you don't have to love me 
If you don't wanna 
Don't act like I mean nothing 
But if you're gonna 
Well, then you're better off 

Unkiss me, untouch me 
Untake this heart 
And I miss this 
Just one thing 
A brand new star 
Unkiss me 
Unkiss me 

So baby let go 
Gotta let go 
It's disrespectful I can handle this 
Never ending, kinda round around 

Unkiss me, untouch me 
Untake this heart 
And I miss this 
Just one thing 
A brand new star 
So unkiss me 
So unkiss me 
Unkiss me


Se mi rispetti
Non proteggermi
Puoi dirmi che puoi reggerlo
Ma smetti di fingere, perché stiamo affondando
Se lasci andare, allora molli
E’ irrispettoso come hai affrontato tutto
Senza mai smettere, di girarci intorno
Mento al mio cuore perché pensavo che lo avessi sentito
Non puoi accendere un fuoco, se la candela è sciolta
No, non devi amarmi
Se non vuoi
Non far come se io non significassi nulla
Ma se lo farai
Beh, starai meglio
Non baciarmi, non toccarmi
Non prendere questo cuore
E mi manca questo
Solo una cosa
Una nuova stella
Non puoi cancellarlo, non puoi rimuoverlo
Non mi serve questo, non lo posso reggere
Lo sento, che sei andata oltre
Se aspetto qui, se ti vedo
Non importerà, qual è il punto di tutto?
Siamo a pezzi, perché sei andata oltre la nostra storia
Mento al mio cuore perché pensavo che lo avessi sentito
Non puoi accendere un fuoco, se la candela è sciolta
No, non devi amarmi
Se non vuoi
Non far come se io non significassi nulla
Ma se lo farai
Beh, starai meglio
Non baciarmi, non toccarmi
Non prendere questo cuore
E mi manca questo
Solo una cosa
Una nuova stella
Quindi lascia andare
Devi lasciar andare
E’ irrispettoso come hai affrontato tutto
Senza mai smettere, di girarci intorno
Non baciarmi, non toccarmi
Non prendere questo cuore
E mi manca questo
Solo una cosa
Una nuova stella
Quindi non baciarmi
Quindi non baciarmi
Non baciarmi
 
Sembrava quasi che si stesse sfogando contro la luna, contro il vento freddo che colpiva le guance della donna. C’era dolore, amarezza, dolcezza e amore.
Ogni singola emozione fuoriuscì da quel piccolo e minuto corpo rannicchiato contro una sedia, sbattendo con violenza contro quel cielo così sereno, così pacifico, così in contrasto con il turbolento animo di quella donna.
Lì, Oliver ebbe la conferma che quella sera, quella in cui le aveva detto di amarla, non aveva mentito. Aveva solo anticipato qualcosa che ancora non sapeva. Ora era suo compito rimediare.
Sentì la musica terminare e Felicity inalò bruscamente, quasi a cercare di ridare libertà ai suoi polmoni.
Oliver si allontanò dallo stipite della porta silenziosamente come era arrivato.
----
Felicity sentì i suoi polmoni bruciare non appena il vento gelido entrò attraverso le sue narici. Aveva da sempre amato la musica. Era un piccolo rifugio dal mondo esterno. Da adolescente era solita chiudersi in camera e suonare fino a quando le piaghe sulle dite non la costringevano a smettere.
La musica era qualcosa di perfetto, era armonia, era pace ed energia concentrata, era ordine nel caos. Era un’arma potente, era il suo mezzo di liberazione. Era come se la sua anima uscisse per qualche secondo da lei e si trasferisse in quelle corde che vibravano ordinatamente sotto il suo tocco.
Felicity aveva sempre trovato una piccola e momentanea via di fuga in quella vecchia e abbandonata chitarra acustica. E ora, ora che la sua vita sembrava essere veramente alla deriva, tornò a quella vecchia abitudine, cercando consolazione nella familiarità della musica.
Si era rifiutata di piangere ancora, di soffrire liberamente, accogliendo Oliver con lei. E, se da una parte la sua presenza fu come un lenitivo contro la sua paura e il ricordo costante del terrore che aveva provato due mesi prima, dall’altro era stato un difficile esercizio per la sua mente. Era rimasta in piedi fiera di fonte alla tempesta, ma dentro di lei il caos rischiava di soffocarla. Fino a quella sera.
I polpastrelli pulsavano, ma era ancora un dolore piacevole. La punta delle sue dita era arrossata e sapeva che, in un paio di giorni, i calli avrebbero iniziato a formarsi.
Felicity sentì la tensione fuoriuscire finalmente dai suoi muscoli, lasciandola una sensazione di vuoto mai così piacevole.
Sorrise a se stessa e non notò subito quando Oliver entrò di nuovo nel terrazzo.
Questa volta, anche lui era avvolto in una coperta e portava con sé due tazze di caffè.
Si sedette accanto a lei e la donna lo guardò, quasi con terrore, come se l’avesse appena scoperta in un territorio che non era disposta a condividere.
Eppure Oliver distolse immediatamente lo sguardo, andando a fissare la luna e stringendo saldamente la tazza di caffè. Il silenzio li avvolse come una coperta gentile e delicata.
Felicity lasciò la sua chitarra e si cullò nel calore del caffè.
Rimasero così, rapiti in uno spettacolo che forse nemmeno loro si sarebbero aspettati.
“Io non ho mentito. Non l’ho fatto.”
Oliver rilasciò quelle parole come fosse l’unica cosa degna di essere detta in quella bolla silenziosa. LA sua voce baritonale risuonò profonda e quelle parole echeggiarono nel vento che continuava ad accarezzare la loro pelle.
La bocca di Felicity si aprì leggermente, ma non uscì alcun suono. Oliver non si era voltato e sembrava quasi stesse parlando più con il cielo che con lei.
E forse era così.
Un leggero sorriso apparve sulle labbra di Felicity, ma continuò a non parlare.
Si limitò a spostare leggermente la sua sedia e, giunta a destinazione, lasciò che la sua testa si poggiasse sul petto di Oliver. Quella sera  conobbe una melodia che sapeva avrebbe continuato ad amare per il resto della vita: i loro cuori che iniziarono a battere all’unisono.


P.s. Allora, che ne pensate??? FF e canzone ovviamente!!
Ah grazieeeeeee... Non sapete quanto mi ha fatto piacere sapere che anche l'altro capitolo vi sia piaciuto!!!
Un bacioooooo..A presto

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Capitolo 10
*** L'inferno in terra - parte I ***


Ooooook, questa è altra farina del mio sacco. Mi sono ispirata ad un'immagine del fumetto uscita poco tempo fa. La mia mente ovviamente ha fantasticato. Sono probabilmente andata un pò OOC però spero vi piaccia. Vorrei sapere cosa ne pensate, essendo una tematica un pò fuori dagli schemi. Buona lettura miei cariii. :D



Felicity Smoak poteva essere definita in molti modi, ma l’essere un’illusa non era tra questi.
Era sempre stata una persona razionale, in grado di valutare una situazione nel modo più oggettivo possibile. Così, Felicity Smoak poteva dire con assoluta certezza quando tutta la sua vita era definitivamente andata a farsi fottere. Tutto si era sgretolato quando Nyssa al Ghul era entrata nella loro Fonderia in tutta la sua fierezza. Felicity aveva sentito il suo respiro bloccarsi nei polmoni e una scarica di adrenalina attraversarle le vene all’istante. Si presentò con coraggio e finta spensieratezza, ma riconobbe perfettamente la sorpresa e il riconoscimento scivolare negli occhi della donna.
Il pericolo imminente impersonato da Slade Wilson aveva di fatto impedito una risoluzione veloce a quella matassa, ma sapeva che non sarebbe passato molto tempo prima del disastro.
In effetti, Felicity fu sorpresa di dover aspettare un intero anno, anno nel quale aveva tentato in tutti i modi di proteggere le sue tracce, di preparare vie di fuga per tutti i suoi compagni, di costringere la sua mente a non farsi trovare impreparata.
L’arrivo di Ra’s al Ghul a Starling City non fu indolore. La scia di vittime che seguiva il suo passaggio aveva attirato l’attenzione di molti e Oliver aveva finito con il rischiare più volte la sua vita nel tentativo vano di trovare quella figura che aveva dell’irreale. Alla fine dei conti fu proprio Ra’s al Ghul a cercare l’arciere. Protagonista di una vicenda però solo secondario, nonostante non ne fosse consapevole.
Tutti erano pronti alla battaglia. Diggle aveva impugnato le sue pistole, Roy indossò il suo abito rosso fuoco, fiero delle abilità che ormai padroneggiava con maestria e Laurel aveva sfoggiato la sua tuta in pelle. Oliver si limitò a lasciare Felicity nella nuova base. La donna gli sorrise con delicatezza e gli lasciò un bacio delicato sulla guancia. Era strano, inusuale, con un retro gusto stonato. Oliver però era troppo impegnato sulla futura battaglia per prestare attenzione a quel dettaglio.
Non appena fu lasciata da sola, Felicity lasciò il seminterrato e si preparò a rispolverare una parte della vita che aveva sperato di poter abbandonare alle sue spalle.
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Il luogo dell’incontro era un luogo sperduto. Una radura ai confini della città. Il buio della notte era rischiarato solo dal bagliore della luna, piena e bassa, splendente in tutta la sua magnificenza.
La figura di Ra’s al Ghul spiccava davanti ad un gruppo di combattenti, tra cui Oliver riuscì a riconoscere Nyssa e probabilmente la testa bionda di Sara. Sperò ancora nella fedeltà della donna.
L’arciere si avvicinò alla figura oscura, mentre il resto del gruppo rimase qualche passo indietro.
Sul viso dell’uomo si apriva un ghigno soddisfatto.
“Finalmente ho il piacere di conoscere personalmente Arrow, o meglio dire Oliver Queen.”
La voce dell’uomo era profonda e completamente priva di emozione. Un brivido freddo attraversò la schiena del Team Arrow, ma nessuno mosse un singolo muscolo.
“Che vuoi dalla mia città?”
Il tono di Oliver rispecchiava quello del suo avversario. Ra’s al Ghul si lasciò andare ad una risata priva di umorismo. “Credi che questa sia la tua città? Lo è solo perché ho permesso che lo fosse. Sai, credo saresti stato un combattente notevole se solo fossi stato addestrato a dovere, se solo riuscissi a vedere la grandezza dello scopo finale, se solo riuscissi a comprendere i sacrifici che questo richiede. Il fatto è che non puoi essere all’altezza di questo compito ed è il momento di terminare questo ridicolo teatrino.”
Oliver osservò la postura rigida e perfettamente immobile dei combattente e in quel momento sapeva che con molta probabilità non sarebbe riuscito ad uscire vivo da quella radura. Pensò per un istante a tutto ciò a cui aveva rinunciato per continuare a svolgere il suo ruolo di protettore di una città che a breve sarebbe stata messa a ferro e fuoco. Gli occhi di Felicity raggiunsero la sua mente e in quell’istante avrebbe voluto che un anno prima non avesse rinunciato a lei dopo il loro disastroso appuntamento.
L’uomo si costrinse ad abbandonare questi pensieri.
“Perché ora?”
Ra’s al Ghul spostò per un istante il suo sguardo verso un albero alle spalle di Oliver per poi tornare a rivolgersi all’arciere. “Sai, ho sperato di trovare  in te un alleato, ma è evidente che questa possibilità non è in alcun modo realizzabile. Per cui devi essere eliminato, ma non ho potuto farlo fino a quando non sono riuscito a conoscere il tuo operato come era necessario e fino a quando non ho avuto la capacità di trovare mia figlia.”
Un lampo di confusione attraversò i lineamenti di Oliver e della squadra e questo non passò inosservato all’uomo che si lasciò andare ad un ghigno soddisfatto. L’espressione scomparve però quando scorse alle spalle del gruppo apparve un figura che si avvicinava lentamente.
“Bene, mi hai trovato. Questa è una questione che ormai riguarda me e la Lega. Lasciali fuori.”
Diggle, Roy, Laurel e Oliver si voltarono verso la voce alle loro spalle e il loro mondo iniziò a ruotare verso il basso con una violenza sconosciuta. Felicity si avvicinò con passo fiero, mentre il suo corpo era ora vestito con una tuta in pelle ed un corpetto rosso scuro, in cui erano ben visibili armi di vario genere. Un arco e una faretra erano fieramente fissate alle sue spalle. Gli occhiali erano scomparsi e i capelli erano liberi sulle sue spalle, donandole un aspetto regale.
“Felicity, che diavolo stai facendo?”
Quello di Oliver fu poco più di un ringhio riconoscibile. La donna non si voltò verso di lui, ma si fermò al suo fianco, continuando a fissare l’altro combattente che ora sembrava avere un’espressione molto più seria.
“Talia.”
Felicity sospirò.
“Padre.”
Oliver sentì un’ondata di nausea colpire il suo stomaco, mentre continuava a fissare impietrito la donna al suo fianco. La verità tormentava la sua mente. La Felicity che conosceva in quel momento non era nei paraggi al suo posto una donna che in quell’istante appariva come un’arma fatale.
“Felicity, che sta succedendo?”
La donna sentì lo sguardo dei suoi amici e della sua famiglia su di sé e il peso di tutte le sue azioni ricaddero sulle sue spalle come un macigno insopportabile. Le parole di Oliver erano uscite tremolanti e insicure e poteva sentire la paura, la confusione e la rabbia fuoriuscire dal suo corpo con violenza.
“Non hai ancora raccontato loro la verità, non è così? Non hai ancora detto loro perchè sei venuta a Starling City, Talia?”
Il tono divertito dell’uomo costrinse Felicity a chiudere gli occhi per un secondo, sperando che riaprendoli tutto sarebbe stato un ricordo lontano.
“Cosa sta dicendo Felicity?”
Ora Oliver sembrava disperato. Solo e disperato.
Le lacrime iniziarono a premere agli occhi di Felicity e, solo in quell’istante, permise ai suoi occhi di scivolare sui volti confusi e feriti dei suoi compagni e poi sul viso stravolto di Oliver. Il respiro le si mozzò in gola, ma sapeva di dover dare loro una spiegazione.
“Il mio vero nome è Talia la Ghul, Oliver. Sono stata mandata qui tre anni fa per tenerti sotto controllo e quando necessario, eliminarti.”
La sua voce apparve piccola e debole, ma la potenza di quella verità fu esageratamente devastante. Felicity scorse il dolore vivido negli occhi di Oliver e il tradimento luccicare nelle iridi degli altri.
“Mi dispiace. Ti prego..”
Provò, ma Oliver balzò all’indietro, guardandola con odio. Ra’s al Ghul scoppiò a ridere. Felicity annaspò alla ricerca di parole troppo difficili da trovare. Sospirò e si preparò a rilasciare tutta la verità.
“All’età di 6 anni sono stata portata a Nanda Parbat, dove ho iniziato il mio addestramento. Mi è stato insegnato a combattere, ad uccidere, ad odiare, a valutare il mio nemico e mi è stato permesso di studiare informatica. Il vero problema è che non ho mai ucciso. Sono stata punita per questo, più e più volte, ma non sono mai riuscita a farlo. Tu, Oliver, saresti stata la mia ultima possibilità. Così ho iniziato a lavorare per la Queen Consolidated e non è stato difficile raggiungerti, nonostante tu abbia fatto il più del lavoro. Ho inquadrato presto che tipo di uomo eri. Eri così accecato dalla rabbia, dal dolore, dalla voglia di vendetta. Avevo già visto quel genere di buio, lo avevo visto per tutta la mia vita, eppure sono riuscita a scorgere un briciolo di umanità in te. Non so perché l’ho fatto, forse per dare a me stessa la prova che era possibile risorgere da quel tipo di oscurità, ma ho cercato di aiutarti. E tu sei cresciuto, sei diventato ciò che più si avvicina ad un eroe, sei diventato un emblema di luce Oliver. Quando ho detto che credevo in te, beh, era vero. Completamente. Non potevo combattere al tuo fianco o mi avrebbero trovato, ma potevo ancora proteggerti. Ho coperto in ogni modo possibile le tue tracce e filtrato le notizie che arrivavano al mondo esterno su di te. Ho cercato di non corrompere la missione, sono riuscita a scomparire per il mondo fuori da Starling City, ma..”
“Ma poi sei stata tradita dal tuo stesso eroe, non è così?”
La voce del padre era carica di umorismo e lo sguardo pieno di odio che Felicity gli rivolse costrinse Oliver a sobbalzare.
“Sapevo che Nyssa mi aveva riconosciuta, ma non potevo fare niente per fermare le conseguenze a quel punto.”
Un singhiozzo strozzato ruggì nel petto di Felicity e Oliver vide tutta la disperazione di quella donna.
“Te lo giuro Oliver, mi dispiace, ma ora.. ora dovete andarvene. Ho preparato una via di fuga per tutti voi, ma ti prego vai via.”
L’uomo spalancò gli occhi e sentì le sue mani prudere per l’urgenza di prenderla tra le braccia e proteggerla dal dolore di quel mondo.
“Noi non andiamo da nessuna parte Felicity.”
Fu Diggle ad esprimere i pensieri che si imponevano con urgenza nelle menti del Team.
Felicity sorrise amaramente. “Non sapete quanto questo sia importante per me, ma non potete restare qui o morirete tutti. E tutto sarà stato inutile.”
“Direi che questa è stata un scena dal grande carico melodrammatico. Tuttavia, siamo qui per un motivo ed è ora di adempiere ai nostri compiti. Per te Queen è ora di morire e per te, Talia, il destino non sarà diverso. Conosci le regole.”
Felicity sorrise. “ Prima di uccidere lui, dovrai uccidere me.”
Oliver si preparò a parlare, ma non appena guardò la donna cambiò idea. Non c’era traccia di emozione sul suo volto, nessun segno di agitazione, paura, solo freddo calcolo.
“Sempre così debole, Talia. Così intelligente, ma così mediocre. Disposta a morire per l’uomo a cui non hai avuto il coraggio di dire chi sei, per l’uomo che meno di un anno fa ti ha dato come esca per salvare un’altra donna.”
Tutti sobbalzarono al ricordo e gli occhi di Oliver volarono selvaggi a quelli di Felicity. La donna invece si lasciò andare ad un sorriso carico di sfida nelle iridi scure.
“Sei tu a credermi debole, ma c’è un grande dettaglio che continua a sfuggirti. Tu, voi, combattete solo per l’oscurità, combattete conquistati dalla sofferenza, spinti dalla vendetta, dal dolore, ma non conoscete quanto sia potente l’altra arte. Non sai quanto sia forte chi combatte per qualcosa in cui si crede fermamente, per qualcuno che si ama profondamente. E per amare non serve essere corrisposti. Non è questo. Amare significa voler sacrificare se stessi perché è quello che è giusto, non per quello che se ne ricaverà.”
Oliver si mosse d’istinto più vicino alla donna, ma non parlò.
“Bene, mi sembra di capire che tutto ciò che si voleva dire è stato detto. E’ ora di iniziare.”
La voce di Ra’s al Ghul perse ogni leggera inflessione emotiva e mostrò l’aspetto spaventoso della macchina da guerra. Un leggero rumore alle spalle di Felicity attirò di nuovo l’attenzione di tutti e un gruppo combattenti che portavano lo stesso abito della Lega si affiancarono alla donna.
Oliver scattò in posizione di difesa, ma il volto calmo di Felicity lo costrinse a fermarsi.
“Sono in ritardo?”
Malcom Merlyn abbassò il suo cappuccio e rivolse un saluto esitante a Felicity.
“Giusto in tempo.”
La donna si rivolse ad Oliver. “Mi dispiace, ma non possiamo vincere da soli questa guerra.”
Gli occhi dell’arciere si agganciarono a quelli del nuovo arrivato e dopo pochi secondi di silenzio, vi fu un leggero assenso.
Felicity alzò per un secondo gli occhi alla luna. “E’ stato un onore conoscervi e essere parte della vostra vita.” Oliver e gli altri le rivolsero uno sguardo carico di emozione.
L’indicazione di Ra’s al Ghul fu chiara. “Lei è mia. Uccidete gli altri, ma lei è una mia responsabilità.”
E l’inferno si aprì in terra.


P.S allora? allora??? Com'era? può andare? Che ne pensate? Consigli o critiche?
Fatemi sapere.. Ovviamente c'è una seconda parte che pubblicherò a breve.
Aspetto vostre notizie.
Un bacio.. :)

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Capitolo 11
*** L'inferno in terra - parte II ***


L’odore del sangue iniziava a riempire l’aria. Rumori e gemiti di dolore facevano da sottofondo soffocato ai ai movimenti dei corpi di quei combattenti.
Il caos la stava circondando velocemente, ma la mente di Felicity rimase lucida. Sentì il suo corpo prepararsi alla lotta, proprio come aveva imparato molti anni prima. L’adrenalina inondò le sue membra, i muscoli erano tesi e pronti a scattare all’azione, il respiro divenne più accelerato, gli occhi attenti analisti di ciò che continuava a vorticarle attorno. La sua attenzione e la sua mente erano però immobili, vigili su quello che avrebbe dovuto essere suo padre.
Quando a sei anni fu strappata dalla sua vita per raggiungere un padre sconosciuto, era spaventata, ma un briciolo di speranza aveva illuminato il suo cuore. La Felicity bambina aveva immaginato un mondo pieno di amore, di attenzione. Tutto ciò che trovò invece fu solitudine e buio. Un buio in cui spesso aveva creduto di essere precipitata completamente, senza possibilità di riscatto.
Eppure aveva combattuto per la sua umanità, per la sua integrità, per il suo rispetto per la vita. E Starling City non era stato altro che il primo bagliore di luce della sua esistenza. Aveva trovato uno scopo, un ideale, persone a cui affidarsi completamente. E per quelle persone non avrebbe esitato a morire.
Ra’s al Ghul la stava fissando e Felicity sentì il suo corpo irrigidirsi all’esame. Erano anni che aveva abbandonato l’allenamento con la Lega, ma questo non significava che aveva smesso di esercitarsi. Inoltre, aveva imparato ad acquisire con gli occhi. Aveva studiato i movimenti di Diggle e Oliver. Avevano sicuramente una preparazione buona, ma assolutamente rudimentale. Tuttavia aveva intravisto tecniche interessanti che non avevano fatto altro che arricchire il suo patrimonio.
Felicity poteva percepire perfettamente i lamenti dei suoi compagni, ma si costrinse per il momento a lasciarli fuori dalla sua attenzione. Chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e infine accontentò la richiesta che i suoi muscoli continuavano a gridarle. Si scagliò contro il padre.
Oliver si permise di osservare con la coda dell’occhio la figura di Felicity. Il suo corpo era scattato con una prontezza spaventosa. Le sue braccia erano più muscolose di quanto non avesse mai effettivamente notato e le sue gambe erano altrettanto allenate. I suoi movimenti erano fluidi, padroneggiati con una maestria eccellente, di sicuro migliore della sua. Le ricordò per molto aspetti il modo di combattere di Malcom, ma Felicity era agevolata da una massa corporea molto più leggera e da una velocità fuori da comune. Il suo viso poi sembrava quasi trasformato. I suoi occhi espressivi si erano spenti e rimaneva solo una ferocia e un dolore che Oliver non avrebbe mai creduto di poter collegare a Felicity. Ra’s al Ghul sembrava non essere particolarmente in difficoltà, ma poteva vedere che l’abilità della donna lo avevano confuso e sorpreso. Continuava ad allontanarsi ed avvicinarsi come una danza, crudele, ma perfettamente coordinata.
L’attenzione di Oliver fu forzatamente allontanata dalla coppia, quando il sibilo di una freccia sforò il suo orecchio. Questa si piantò nel centro del petto di un combattente della Lega e Oliver fu improvvisamente consapevole che qualcuno aveva risparmiato la sua vita. Si voltò immediatamente e rimase senza fiato. Thea Queen nella sua tuta viola brandiva ancora il suo arco, mentre il suo volto sembrava avere qualcosa di selvaggio. I loro occhi si incontrarono e Oliver pensò che fosse improvvisamente tutto troppo anche per lui. “Thea..”
La ragazza si avvicinò a lui e, mettendosi alle sue spalle, si preparò a mirare al prossimo avversario.
“Non ora. Pensa a sopravvivere.”
Non servì altro e Oliver tornò a brandire il suo arco, mentre la sua schiena era premuta contro quella della sorella che dalla parte opposta aveva assunto la sua medesima posizione. I fratelli Queen insieme contro la morte.
Sara era invece al fianco di Roy, Diggle e Laurel e, dopo un inziale risentimento, cercarono insieme di resistere all’ondata della Lega. I loro corpi erano stanchi e doloranti, ma nessuno sembrava ancora disposto a rinunciare.
Il grido di dolore di Felicity squarciò l’aria, ma la lotta non si fermò per questo, nessuno sembrò prestare attenzione, nonostante il cuore di Oliver balbettò con prepotenza. Cercò di avvicinarsi a lei, ma erano troppi. I combattenti della Lega sembravano ovunque e sapeva con certezza che non avrebbero resistito a lungo. Sentì una presa improvvisa alla sua gola e reagì immediatamente, ma i colpi alla sua schiena continuarono. Riuscì a sentire il grido della sorella, ma lei non sarebbe riuscita a raggiungerlo, troppo impegnata a cercare di proteggere la sua di vita.
La mancanza di ossigeno rendeva la sua testa pesante e nonostante i suoi sforzi non riuscì a liberarsi. I suoi occhi corsero verso Felicity, ma la sua voce lo raggiunse per prima.
“Digli di lasciarlo. Ora”
La voce della donna era un ringhio irriconoscibile. Rabbia, ferocia e letalità sembrava racchiusi nel suo tono roco. Probabilmente non seppe mai come fosse stato possibile, ma Oliver vide perfettamente Ra’s al Ghul in ginocchio davanti a Felicity, mentre la stessa donna puntava il suo arco contro la persona che Oliver aveva alle spalle. La presa su di lui vacillò per un secondo e riuscì a vedere il suo aggressore: Nyssa.
Malcom si avvicinò verso Felicity e puntò la sua freccia contro Ra’s al Ghul ancora a terra, mentre la mira di Felicity non si spostò di un millimetro.
“Ti ho detto di ordinare di finire questa carneficina.”
L’uomo a terra sogghignò, ma non si mosse.
“Stai morendo Talia, credi veramente che potrei prendere sul serio una tua minaccia?”
Gli occhi di Oliver studiarono il corpo di Felicity. Riuscì ad intravedere un rivolo di sangue fuoriuscire dal suo addome. Il suo volto era pallido e sudore imperlava la sua fronte. Eppure le sue mani erano perfettamente immobili.
“Hai ragione, sto per morire, ma lei viene con me.”
Un’espressione selvaggia attraversò il suo viso e un brivido freddo attraversò la schiena di Oliver. Tutti si fermarono nelle loro posizioni, mentre l’attenzione si rivolse a Felicity e il padre.
“Uccideresti la tua stessa famiglia?”
Un ghigno si fece strada sul volto della donna.
“Non siete la mia famiglia. Non lo sei ora e non lo sei mai stato. Quindi no non ucciderei la mia famiglia, ucciderei la fonte di tutta la mia sofferenza per proteggere chi amo.”
L’uomo scosse la testa.
“Credi mi interessi?”
Gli occhi di Felicity e le sue braccia rimasero immobili e Oiver potè sentire il corpo di Nyssa irrigidirsi dietro di lui.
“Prima o poi scopriranno la tua fonte di immortalità. Molto prima di quanto tu creda. Se io ora uccidessi la tua unica erede, quali credi che sia la fine della Lega? Pensi veramente che il nome di un assassino invisibile al mondo rimanga nella storia? No. Tu morirai e con te la tua follia.”
Ra’s al Ghul si immobilizzò all’istante e rimase in silenzio a fissare un punto indefinito tra le sue figlie.
“Ora, ordina a tua figlia di rilasciarlo e a tutti voi di sparire da qui. Io sto pagando la mia punizione. Quindi considero chiusa la questione, padre.”
Sputò l’ultima parola con disprezzo e rabbia. Il silenzio solo l’accolse. Felicity attese, mentre sentiva il suo corpo diventare sembra più debole. Il freddo si stava insinuando nelle sue ossa e la sua vista iniziava a vacillare. Tirò la corda del suo arco a sé e sentì come tutti i combattenti si prepararono a colpirla.
Fu però la voce di Ra’s al Ghul a mettere fine a tutto quello.
“Lascialo. La Lega abbandona questa luogo. Ora”
Gli occhi di Nyssa brillarono di incredulità, mista a rabbia, ma lentamente la donna rilasciò la presa sul Oliver. Gli altri combattenti sparirono così velocemente come erano apparsi, lasciando gli altri a fissare la scena con occhi sconvolti.
Felicity rilassò il suo arco e Ra’s al Ghul si mosse più velocemente di quanto si fosse aspettata, arrivando proprio di fronte a lei.
Il grido animalesco di Oliver nell’avvicinarsi lasciò tutti di sorpresa, ma quando raggiunse la coppia, non vide ciò che si sarebbe aspettato. Il padre stava guardando negli occhi Felicity.
“Mi sono sbagliato su di te, Talia. Sei diventata una combattente. Mi dispiace solo che tu abbia fatto scelte che non ti permetteranno di vivere il destino che ti sarebbe appartenuto di diritto. Buona fortuna Talia.”
E con questo sparì nel nulla, inspiegabilmente.
Felicity sentì le sue ginocchia cedere soto il peso del suo corpo, mentre il dolore al suo addome diventava quasi insopportabile. La donna intravide Sara allontanarsi.
“Sara, mi dispiace. Per tutto.”
In risposta le sorrise. “Hai fatto ciò che dovevi Felicity.”
Oliver raggiunse Felicity con disperazione, ma anche con rispetto e ammirazione dentro di lui. La donna che aveva amato per la sua gioialità, per la sua innocenza, si era dimostrata la combattente più potente che aveva mai conosciuto, capace di tener testa al capo della Lega, capace di sacrificare se stessa per lui, per la sua squadra.
Quando la raggiunse, si accucciò accanto a lei e non riuscì a fermare la mano che con troppa familiarità si posò delicatamente sulla sua guancia. Felicity sobbalzò leggermente, ma, non appena i suoi occhi si legarono a quelli dell’uomo, si appoggiò completamente al suo tocco.
“Mi dispiace.”
Oliver poteva ora vedere tutto il suo dolore e la sua stanchezza. Le afferrò gentilmente le spalle e la prese in braccio, nonostante ogni singolo muscolo gridasse in protesta a quel movimento.
“Va tutto bene, Felicity.. giuro. Solo ora devi rimanere con me, ok?”
Felicity sorrise stancamente, mentre le sue palpebre diventavano improvvisamente troppo pesanti.
“Sono contenta sia finita così. Sono felice di averti detto la verità.”
Oliver la strinse a sé, mentre il suo petto era ora stretto nella morsa dell’angoscia.
“Niente è finito Felicity. Mi hai capito? Hai detto che avresti combattuto per  me, per tutti noi, quindi ora devi mantenere la tua parola. Non ti azzardare a lasciarmi ora.”
La voce dell’uomo divenne un grido animalesco e, mentre il buio più freddo e sconosciuto avvolgeva Felicity, lacrime disperate attraversarono il volto di Oliver, sotto lo sguardo impotente e arrabbiato dei loro compagni.
Avvicinò il suo volto a quella della donna, fino a quando la sua guancia non fu premuta a quella fredda e pallida di Felicity.
Malcom alzò il suo sguardo da quella scena e incontrò lo sguardo della figlia. Thea era premuta contro il fianco di Roy, mentre con una mano copriva la bocca nel tentativo di trattenere un singhiozzo.
L’arciere più anziano sospirò e sperò che un giorno non avrebbe finito con il pentirsi di quella decisione.
Si avvicinò a Oliver e gli toccò gentilmente la spalla.
“Andiamo.”
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Mentre Oliver continuava a fissare il corpo di Felicity serenamente disteso nella sua camera da letto, cercava di convincersi che tutto ciò che avevano vissuto negli ultimi tre giorni non erano solo frutto della sua fantasia.
Aveva visto per la prima volta una delle “Fosse di Lazzaro”. Aveva visto immergere il corpo ormai privo di vita di Felicity in quelle acque. Ricordava perfettamente il dolore, il terrore e la speranza che aveva vissuto.
Rimase però stampato nella sua mente più di tutto il sollievo e la gioia che provò non appena sentì il cuore di quella donna così apparentemente fragile tornare a battere sotto le sue dita.
“Oliver..”
Il sussurro affaticato e insicuro di Felicity trascinò Oliver lontano dai suoi pensieri.
Un sorriso illuminò i suoi occhi e le afferrò la mano come fosse un bene prezioso.
“Dove sono?”
L’uomo le baciò gentilmente il dorso della mano.
“Benvenuta a casa, Talia.”



P.s eh anche questa è finita. So che èmolto fuori dal suo personaggio, però mi intrigava dare a Felicity un pò più di movimento.
Inutile dire che sono completamente sconvolta dal primo episodio (se non lo avete ancora visto, vi consiglio di rimediare, perchè è assolutamente un CAPOLAVORO!! )
Comunque, spero mi facciate sapere cosa ne pensate.
A presto , miei cari lettori.. D:
ah e come sempre ribadisco l'invito a darmi suggerimenti da sviluppare.
Buon weekend a tutti.. :*

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